La nostra Seconda Stagione - Ep.20 - Awakening- Risvegli

di Mick St John
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** quarta parte ***
Capitolo 5: *** Quinta parte ***
Capitolo 6: *** Sesta parte ***
Capitolo 7: *** Settima parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Grazie... a tutti voi che continuate a leggere le nostre fanfic e ci incoraggiate in questo progetto. E io devo anche ringraziare la mia socia alla pari Lady Maeve che ormai ho assunto a tempo pieno e lavora gratis! La nostra grafica doc Sarah, Dani e anche RominaMoonlight che mi ha aiutato nelle informazioni scientifiche di cui è esperta! Naturalmente tutte le informazioni storiche sono prese come sempre da Wikipedia.

Non ci resta che augurarvi buona lettura dell'ep. 20!!




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Awakening
Risvegli


Episodio 20
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Intro

Diane era appena uscita dal night club sulla Maine.
Quella sera non avrebbe lavorato come al solito, aveva un altro impegno e il suo capo lo sapeva bene. Era passata solo per salutare le sue amiche e si era avviata al parcheggio per raggiungere la sua auto, poi aveva infilato la mano nella borsa in cerca delle chiavi, ancora col sorriso ben delineato sulle lebbra. Un sorriso che proprio non riusciva a contenere, era immensamente felice. Ma quando finalmente riuscì a pescare il portachiavi e tirò con una certa energia, il tutto le cadde dalle mani e si chinò per raccoglierlo.
In quel momento sentì una voce familiare alle sue spalle, chiamarla per nome.
Diane si voltò e salutò cordialmente il ragazzo che stava dietro di lei con le mani nelle tasche dei jeans. Poi si scusò per non averlo cercato e non avere comunicato anche a lui la bella notizia, ma sapeva che avrebbe capito. Quando gli spiegò la situazione, lui infatti si avvicinò per abbracciarla forte con un sorriso rassicurante.
Diane rispose a quello slancio d’affetto e gli posò un caloroso bacio sulla guancia.
La sua vita stava per cambiare.


Anche la vita di Matt stava per cambiare.
Si era infilato nel letto dopo avere detto le sue preghiere e già pianificava la fantastica giornata dell’indomani.
La mamma gli avrebbe preparato la colazione con pane, burro e marmellata che adorava tanto e aveva già deciso di strafogarsela tutta d’un fiato, perché avrebbe avuto appuntamento con i fratelli Marvin, quelli che vivevano in fondo alla strada.
Da quando si erano trasferiti a Rockspring non c’era molto da fare la mattina del sabato e così sarebbe andato ad esplorare i dintorni, come faceva di solito, con loro e il piccolo Robert Marton.
Nonostante avesse solo otto anni, sapeva che un giorno avrebbe fatto qualcosa di straordinario per cui tutti lo avrebbero ammirato.

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1.

Ben, stretto nel suo vestito grigio scuro, aveva appena bussato alla porta con la targhetta dorata su cui era inciso il cognome “Morrigan” a caratteri corsivi.
Teneva stretto in una mano un piccolo bouquet e nell’altra una bottiglia di champagne.
Non sapeva che genere di gusti avesse Cindy.
In realtà non sapeva praticamente niente di lei a parte il fatto che fosse una donna incredibilmente sexy e che avesse dimostrato interesse per lui.
Quell’invito non lo aveva neanche sperato e quando lei lo aveva chiamato, lì per lì non aveva esitato un attimo ad accettare, anche se non era proprio da lui buttarsi a capofitto in una storia con una perfetta sconosciuta.
Ora però, mentre attendeva che lei gli aprisse, cominciava a pensare di essere stato troppo avventato, o di avere frainteso le intenzioni della profiler.
Magari si stava illudendo di piacerle, mentre lei probabilmente si sentiva solo in colpa per averlo quasi investito sulla 7th Avenue.
Ma quando Cindy gli aprì la porta avvolta in un magnifico abito azzurro dello stesso colore dei suoi occhi, sfoderando un sorriso smagliante, Ben restò abbagliato e ogni dubbio si paralizzò all‘istante.
"Ciao! Sei puntualissimo... Benvenuto, entra pure." Lo invitò con cordialità, spostandosi da una lato. Ben si destò dal suo stato di ammirata contemplazione, varcando la soglia, riuscendo ad accennare un imbarazzato sorriso di risposta.
"Ciao Cindy... Ti ho portato questi, un piccolo pensiero, per ringraziarti dell‘invito... Sei stata davvero molto gentile ad invitarmi."
Cindy prese con accortezza il mazzetto che lui le porgeva e annusandone il profumo, lo guardò piena di riconoscenza.
"Per me è un vero piacere e tu sei un gentiluomo, non dovevi disturbarti... Vado a metterli subito in un bel vaso! La bottiglia, puoi appoggiarla lì sul tavolo. Io torno subito, accomodati pure... "
Gli indicò la sala da pranzo e proseguì verso l’interno della casa per poi svoltare in cucina, da cui proveniva un piacevole profumo.
Ben invece infilò una mano in tasca per ingannare quel lieve residuo di imbarazzo che aveva ancora e si avvicinò incuriosito al tavolo della sala che era stato apparecchiato con particolare cura, per due.
L’ambiente era decisamente romantico e accogliente, l’aperitivo era già stato versato nel bicchiere giusto, Cindy aveva acceso anche un paio di candele profumate e a centro tavola c’era addirittura un menù scritto a mano.
Notandolo, a Ben scappò una risata di stupore.
“Che splendore! Hai fatto tutto da sola?” Domandò alzando un po’ il tono perché sentisse dall‘altra stanza.
"Si, temo che dovrai accontentarti! Non sono una cuoca straordinaria!” Rispose lei dalla cucina prima di riavviarsi nel corridoio e raggiungerlo con il vassoio ancora fumante in mano.
“Però... Spero di essermela cavata! Cambiando argomento, ti ho visto in tv ieri, mentre cercavi di domare la folla fuori dalle industrie Kostan..." Esclamò Cindy raggiungendolo con uno dei suoi sorrisi smaglianti.

Ben nel frattempo si era accomodato sulla sedia e Cindy, da brava padrona di casa, si preoccupò di servirlo al meglio.
Sistemò nel piatto la porzione per lui, ma non riempì il suo e Ben notandolo, aggrottò le sopracciglia stranito da quella novità, ma prese tempo per le spiegazioni.
"Si...beh per fortuna è andato tutto bene. Grazie all'intervento di un investigatore privato impiccione che mi ritrovo sempre in mezzo ai piedi... Ma è una grande fortuna. Quell’uomo è sorprendente. Senza il suo aiuto non avrei risolto molti casi difficili." "Un investigatore? Lo conosco, forse..." Azzardò lei, alzando lo sguardo.
"Non so, ma non mi sorprenderebbe. Si chiama Mick St. John."
Cindy fissò per un attimo Ben negli occhi con il piatto a mezz'aria. Poi glielo porse, riprendendo sicurezza.
"Ah si! E‘ vero, è molto in gamba, abbiamo lavorato ad un caso insieme... E‘ anche un tipo molto affascinante!" Le sfuggì con spontaneità.
Ben ricambiò lo sguardo intenso di Cindy e replicò prontamente.
"Ti prego fammi pensare ad altro mentre mangio, non voglio che mi si chiuda lo stomaco e questo profumo mi fa pensare che si tratti di una prelibatezza. Voglio gustarmela, perciò non nominarmelo più. Ho già chi lo fa di continuo!"
"No, certo, stasera, niente lavoro!”
Aggiunse subito Cindy mentre le sue labbra rosse scoprivano i denti perfetti in un sorriso delizioso.
“Avanti assaggia... Sono curiosa di sapere se ti piacerà. Te lo leggerò in faccia... Questo è uno dei vantaggi dell‘essere profiler! Perciò evita di mentire, quando mi farai i complimenti!"Spiegò lei ridendo.
Ben rise a sua volta e prendendo forchetta e coltello, si preparò ad assaggiare.
"Hai fatto bene a ricordarmelo." Commentò prima di portarsi il boccone alle labbra.
Cindy si concentrò sulla sua espressione, mentre masticando, lui assaporava la sua creazione culinaria.
"Mmmh..." Mugugnò perplessa. "Andiamo viceprocuratore! Non può essere tanto buono, non ci casco!" Lo rimproverò con dolcezza mentre Ben inghiottiva leggermente imbarazzato, prima di ridere.
"E‘ buonissimo, invece... E‘ l‘arrosto più buono che abbia mai mangiato! Sono stupito quanto te!" La provocò.
"E‘ una ricetta secolare... della mia cara nonna. Però erano anni che non la mettevo in pratica! Sono contenta che ti piaccia."
Gli occhi azzurri e luminosi di Cindy si incrociarono con quelli di Ben, dalla tonalità leggermente più scura e lui ne approfittò per farle notare la stranezza di quella situazione.
"Se sai che è tanto buono, perché non lo mangi? Hai intenzione di fissarmi tutto il tempo mentre mangio da solo?"
Le labbra di Cindy si inarcarono in un sorriso più delicato, mentre abbassava stancamente lo sguardo sul piatto vuoto.
"No, ho già assaggiato abbastanza di là in cucina mentre preparavo. E sono perennemente a dieta."
"Più che a dieta, mi sembri a digiuno..."
Precisò Ben provando a convincerla.
"E hai una forma perfetta, non ti serve una dieta."
"E‘ di contenimento... Non vorrai farmi tornare cicciona!"

Ben scoppiò a ridere a quella frase insulsa.
"Non credo proprio che tu fossi grassa, forse in un‘altra vita! E saresti splendida comunque, anche con qualche chilo in più."
Cindy adorava le frasi dettate dalla galanteria, ma quelle dette da Ben erano ancora più emozionanti. Se avesse potuto farlo, sarebbe arrossita di certo.
"Oh zitto tu! Smetti di fare l’adorabile! Ma si, dite sempre così voi uomini, poi a quarant’anni scappate con le ventenni con il fisico da modelle! Non mangerò, però vorrei assaggiare lo champagne che hai portato..."
"Come vuoi, ai tuoi ordini."
Sussurrò Ben asciugandosi le labbra con il tovagliolo e stappando la bottiglia, le versò da bere nel bicchiere di cristallo che iniziò a ribollire di una piacevole schiuma. Poi sollevando il calice, propose un brindisi.
"Alla magnifica cuoca, e alla Nonna con le sue preziose ricette!"
Cindy sbottò in una risata argentina e poi, bevendo una sorsata ricca di bollicine, azzardò un commento più piccante.
"Ho sbagliato, avrei dovuto farti il menù afrodisiaco che avevo preparato... Hai letto?" Chiese, indicando il biglietto a centrotavola. Ben restituì lo sguardo malizioso che si era sentito addosso, mentre sorseggiava anche lui il suo champagne e rispose prontamente, riappoggiando con accortezza il calice sul tavolo.
"Gli ho dato uno sguardo... Come mai hai cambiato idea?"
Cindy sospirò con le labbra socchiuse, passandosi una mano tra i capelli morbidi.
"Perché stavolta ho voluto fare affidamento solo sul mio fascino... " Gli spiegò posando il calice a sua volta e alzandosi per avvicinarsi a lui.
Ben alzò lo sguardo incuriosito verso di lei, la vide piegarsi inaspettatamente verso di lui e prendere il suo viso tra le sue mani infreddolite. Restò a fissare la sua espressione seria e i suoi occhi languidi, aspettando con ansia che facesse ciò che stava immaginando di fare anche lui da quando era arrivato.
Eppure prendeva tempo per assicurarsi che fossero entrambi certi delle proprie sensazioni.
Cindy si avvicinò ancora di più al suo viso, posò le labbra sulle sue per baciarlo, e chiudendo gli occhi, Ben si sentì trasportare in un’altra dimensione, abbandonandosi a quel bacio così intimo e travolgente.
Non credeva potesse essere così emozionante, eppure sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, il cuore pompare sempre più veloce. Il suo corpo reagiva senza alcun possibile controllo a quegli stimoli, mentre le loro bocche si esploravano a vicenda scambiandosi il loro sapore.
Quando Cindy si allontanò da lui, Ben si accorse di avere il respiro più affannoso.
Lei piegò la testa per spostare le labbra sul suo collo, mentre si imponeva, sedendosi sulle sue gambe e Ben fece scorrere le mani sui suoi fianchi, accogliendola nel suo abbraccio, accondiscendente.
Con suo grande piacere, la vampira inarcò la schiena per strofinarsi lievemente sul corpo dell’uomo teso sotto di lei, decisa a provocare in lui un’eccitazione maggiore. Poi infilò le dita tra i capelli castani per solleticargli la nuca, mentre avvertiva distintamente le vene di quel collo forte pulsare sotto la sua bocca.
Cindy faceva fatica a controllare i propri canini e ad un tratto, strizzò gli occhi, tirando la testa all’indietro, come se fosse stata ferita.
"Non posso, Ben... Non posso." Sussurrò sciogliendosi dal suo abbraccio e alzandosi a malincuore.
"Scusami, io... Non dovevo farlo. Non avrei dovuto."
"No... Non dire così! Vieni qui..."
La pregò lui cercando di riavvicinarla a sé, ma Cindy si voltò decisa ad allontanarlo.
Ben allora si alzò con il respiro ancora tremante e lo sguardo annebbiato dall’eccitazione intensa che non aveva ancora smaltito.
Era fuori di sé. Sentiva il suo corpo chiamare disperatamente Cindy così come era sicuro del contrario. Ma non capiva perché ora lei lo respingesse, dopo avergli fatto assaggiare tutta la dolcezza del suo bacio e avere acceso in lui un desiderio incontenibile.
Cindy invece, sapeva perfettamente di doversi fermare prima di commettere l’irreparabile.
Non aveva mai fatto l’amore con un mortale senza morderlo. Non ci sarebbe riuscita nemmeno quella volta. Anzi sarebbe stato ancora più difficile, perché di Ben le piaceva tutto.
Voleva trovare il modo di spiegargli cosa davvero fosse e quale fosse il suo segreto, era per quello che lo aveva invitato, ma la serata stava andando così bene che aveva avuto l’impressione di rovinarla con quella confessione.
Il suo sesto senso le diceva che Ben non avrebbe capito, non era ancora pronto per accettare la sua vera natura. Aveva bisogno di conoscerla meglio.
Se gli avesse rivelato di essere un’immortale di 300 anni, lo avrebbe fatto fuggire, perdendolo per sempre.
Quel timore l’aveva paralizzata, ma ora non sapeva davvero come giustificare il suo atteggiamento. E avvertiva il contrariato stupore negli occhi azzurri di Ben che la fissavano intensamente.
Lui si avvicinò cercando di controllare il suo istinto e le posò le mani sulle spalle, facendole scivolare lungo le braccia nude.
Avvicinò anche il corpo al suo di modo che si sfiorassero e che lei avvertisse tutto il suo calore. Era infreddolita e lui cercava premurosamente di scaldarla, trasferendole parte del suo tepore, come a volerla rassicurare.
"Lo so... forse stiamo correndo troppo. Ma non mi era mai capitata una cosa così..."
Cindy invece capiva bene tutto.
La passione che può suscitare il contatto tra un umano e un vampiro è qualcosa di assolutamente irrazionale e incontrollabile.
Si crea un’attrazione tra due creature opposte e complementari che si cercano a vicenda e si possiedono insaziabilmente.
Ma Cindy conosceva bene anche il risultato della fusione di quelle due energie.
Una delle due finiva sempre per assorbire l’altra completamente, facendola sua.
Così il vampiro talvolta abbracciava l’umano, trascinandolo di forza nel suo mondo, attraverso la morte, ed era quello che era successo a me con Coraline.
Oppure l’umano convinceva il vampiro a trasformarlo, nella speranza di poter condividere con lui la stessa immortalità.
E questo era quello che era accaduto a Josef e Sarah.
In entrambi i casi, sia il vampiro che l’umano erano destinati a perdere entrambi.
L’unica vera vincitrice di quell'amore restava la morte.
Cindy aveva ragionato su questo e ad un tratto si voltò per dargli una carezza con l‘espressione più triste che aveva.
"Fai come ti dico, Ben... Torna a casa. Io sento che tra noi potrebbe funzionare, ma tu devi darmi un po‘ di tempo per capire. Puoi aspettare?"
Ben sospirò profondamente, sentendosi mancare.
Era confuso, ma si stava facendo coinvolgere troppo e anche lui capiva quanto fosse compromettente.
"Hai ragione, certo che posso aspettare. Me ne vado... Ma tu, chiamami domani." Si raccomandò, sforzandosi di sorridere.
"D’accordo... Grazie per la tua comprensione."
Ben le sfiorò le labbra con un nuovo bacio, meno invadente, per salutarla e si avviò verso la porta senza aspettare che lo accompagnasse.
Attendendo di sentire il rumore della porta d‘ingresso chiudersi, Cindy fissò per qualche secondo i fiori che le aveva portato.
Presto sarebbero appassiti, perdendo la brillantezza di quei colori vivaci.
Anche Ben un giorno sarebbe appassito tra le sue braccia. Ma questo non le faceva pensare affatto di rinunciare a lui, al contrario, glielo faceva desiderare immensamente.

********
2.

Allo spuntare dei primi raggi di sole, le creature della notte erano rientrate nelle loro tane per il riposo, mentre quelle del giorno riprendevano ad uscire dalle loro dimore, restituendo alla città la propria vitalità.
Tuttavia erano in molti a non avere chiuso occhio, quella notte di plenilunio.
Uno di questi era il tenente Carl Davis, che era ancora nel suo ufficio a stilare il rapporto della vicenda Collins.
La sera prima era andato a trovare Mark alla prigione di stato e insieme, per qualche ora, avevano ripercorso i ricordi dei bei tempi passati, con il sorriso sulle labbra. Ormai mancava poco da scontare perchè fosse finalmente libero. Poi era rientrato in commissariato per il turno di notte ed era ancora fermo alla sua scrivania a compilare i moduli.
Ad un tratto la sua porta si spalancò e uno dei suoi agenti si scusò con un gesto, spiegando il perché della sua irruzione.
“Tenente... C’è un ragazzo che ha chiesto di lei. Ha detto di chiamarsi Leon.”
Carl aggrottò le sopracciglia e poggiò la penna nera sui fogli.
“Leon?”
Era uno dei suoi informatori e il tenente Davis non si aspettava di trovarselo alla porta senza una convocazione. Perciò si alzò con una certa rapidità e lasciò l’ufficio per raggiungere il corridoio e invitare il ragazzo ad entrare.
Leon nell’attesa si stava aggiustando la sua bandana sulla fronte, guardandosi intorno con disagio.
“Ehi, non ti ho fatto chiamare... Che è successo?” Gli domandò, avvicinandosi.
Il ragazzo lo guardò fisso negli occhi riprendendo sicurezza e gli allungò una busta da lettera.
“Ho questa per te. Un tipo mi ha chiesto di consegnartela, diceva che era importante che arrivasse al più presto nelle mani di un poliziotto.”
Anche Carl si guardò attorno prima di prendere la lettera e poi gli fece segno di seguirlo in ufficio e lì, mettendola in controluce sulla finestra, lo minacciò con sguardo severo.
“Andiamo, che diavolo c‘è qui dentro? Non dirmi che l‘hai portata senza sbirciare il contenuto!”
“No, si vede che non ci sono soldi, altrimenti non mi avresti proprio visto, amico!”
Rispose il ragazzo con un sorriso strappato.
“Pare sia una fotografia, ma perché me lo chiedi? Apri! Non sembra una bomba!”
Carl era sicuro di dover informare la scientifica, ma si infilò un paio di guanti usa e getta e la aprì. Dentro c’era in effetti una fotografia con una splendida ragazza nuda seduta sul bordo di una lussuosa piscina.
Girò la foto e lì trovò una scritta che lo mise subito in allarme.
Lei è morta.
“Mio Dio...” Esclamò trasalendo.
Non poteva essere uno scherzo.
Leon si strinse nelle spalle confuso e lui gli mostrò la foto. L’agente sulla porta avanzò ad un suo cenno e Leon si ritrovò suo malgrado con il sedere sulla sedia mentre due grosse mani poco delicate gli imponevano di restare fermo.
“Ma che cavolo fai?!? Sbirro, toglimi le mani di dosso!”
“Leon, chi ti ha dato questa foto?”
Lo interrogò subito il tenente con espressione tesa.
“Non ne ho la più pallida idea! Era un tipo normale, mi ha solo allungato un biglietto da 50 dollari chiedendomi di portarti la busta! Non mettermi in mezzo, fratello, io ho solo fatto da postino! Non so un cazzo di questa storia!”
Carl si passò una mano sulla fronte e ordinò di far chiamare il viceprocuratore immediatamente e Ben entrò di lì a pochi minuti nel suo ufficio, chiudendosi velocemente la porta alle spalle.
“La conosci?” Domandò Talbot mostrandogli la foto per la seconda volta.
Leon la guardò appena e girando gli occhi per la stanza, sbuffò infastidito. Poi tornò a fissare il tenente con determinazione.
“E’ una del quartiere ma la conosco solo di vista, non so nemmeno come si chiama! E’ straniera e si è trasferita da poco... ”
“Ma certo... ”
Commentò Ben annoiato da quella risposta scontata. E il ragazzo alzò ancora di più il naso fieramente rispondendogli con tono urtato.
“Senti bello, credi che se conoscessi una così, passerei il mio tempo in strada? Quella è roba da ricchi! E poi ha sempre avuto la puzza sotto al naso! Se non le mostri la carta di credito, una così, te la sogni soltanto! Proprio ieri sera l’ho vista salire in macchina con Kostan. Sai, quel milionario da fare schifo...”
“Josef Kostan? Quel Josef Kostan?”
Domandò Carl allibito mentre Ben spalancava gli occhi.
“Spero che ad L.A. non ce ne siano altri con una cazzo di Ferrari rossa F430 da sballo come quella, fratello! Una vera figata! Con una macchina come quella è difficile che le pollastre non ti aprano le cosce!”
Ben roteò gli occhi infastidito, dopo avere ascoltato con attenzione ogni singola parola. Quel caso gli era appena piombato addosso come un macigno e doveva ancora riprendersi dal colpo.
“Te l‘ho detto, Davis, non so altro! Lasciatemi tornare ora, devo guadagnarmi il pane anche io!”
Con uno strattone cercò di allontanare la mano dell’agente e Carl fece segno di lasciarlo andare.
“Che facciamo?” Domandò poi guardando Ben preoccupato.
“Non possiamo sottovalutare questo...”
Talbot rimase a fissare la foto con attenzione per qualche secondo.
“Potrebbe essere solo una falsa pista, Ben. Perché darci una foto come quella? La ragazza nemmeno si vede bene.”
“Ma è nuda... ed è a bordo piscina... questo è un indizio.”

Ci aveva riflettuto su, ma non gli ricordava nulla che avesse già visto.
“Vai a prendere Kostan e parliamoci. Io intanto faccio qualche telefonata e cerco di scoprire chi è questa ragazza. Ma mi raccomando, con molta discrezione.” Concluse serio, mentre Carl annuiva convinto.
Stuzzicare Josef Kostan mettendo a dura prova la sua pazienza era l’ultimo dei pensieri di Ben. Ma non poteva esimersi dall’indagare e doveva seguire l’iter, anche se sperava che quella ragazza fosse ancora viva.

********
3.

Due pattuglie della polizia parcheggiarono nel giardino di Josef e Carl si avviò alla porta da solo, distanziando gli agenti.
“Aspettatemi qui.” Ordinò loro e si avvicinò silenziosamente all’ingresso, bussando con gentilezza, ma non avendo ricevuto risposta, bussò una seconda volta in modo più convinto.
Quando Josef si accorse del rumore, si voltò tra le lenzuola dell'alcova refrigerante e cercò di articolare un grido.
“Consuelo!! Non sente la porta? Vada ad aprire!!”
Poi si ricordò di avere dato il giorno libero al suo personale già dalla sera prima e soffocò un’imprecazione poco elegante, premendo con forza la bocca sul cuscino.
Dopo pochi secondi passati a darsi inutilmente dell’idiota, apparve alla porta avvolto nella sua vestaglia di seta blu con gli occhi semichiusi.
La luce accecante del giorno gli stava mettendo a dura prova le pupille e avrebbe preferito avere quel colloquio nel tardo pomeriggio.
“Che succede? Le mie domestiche hanno un giorno di permesso e io stavo riposando.” Il tono di voce basso e lento che usava, lasciava trasparire tutto il fastidio che Carl gli aveva procurato.
“Tenente, spero abbia un buon motivo per disturbarmi a quest‘ora!” Mormorò con tono intimidatorio.
“Mi dispiace averla svegliata, Mr Kostan, ma dovrebbe seguirmi in centrale. Stiamo conducendo un‘indagine e vorremmo farle qualche domanda.” Spiegò Davis senza giri di parole.
Josef si accigliò, ma non diede molto peso a quella frase.
Si voltò per fare uno sbadiglio lento e profondo, poi spalancò la porta con uno scatto per farlo entrare.
“Si accomodi, io vado a mettermi qualcosa addosso.”
Stava cercando di ricordare a quale dei tanti omicidi commessi, la polizia fosse arrivata, ma nella sua infinita sicurezza, non provava alcuna preoccupazione. Ogni sua manovra era sempre studiata nei particolari proprio per non lasciare tracce che portassero a lui, perciò era sicuro che non avessero prove per incolparlo di nulla.
Mentre spariva al piano di sopra, Carl osservò l’interno della casa e quando posò gli occhi sul meraviglioso paesaggio oltre la vetrata, restò di stucco.
La collina su cui la villa era posizionata permetteva di ammirare buona parte di Los Angeles e il tutto con la possibilità di rinfrescarsi nella piscina pensile di una considerevole grandezza.
“Bella, vero? E’ uno dei miei invidiatissimi gioiellini!” Esclamò Josef con un sorriso soddisfatto mentre Carl annuiva lentamente.
Poi notò i vetri rotti intorno al bordo e una vetrata infranta.
“Cosa... Cosa è successo?” “Ah, ladri! Per fortuna non hanno rubato nulla perché sono rientrato e loro sono scappati! Ma mi hanno fatto qualche danno, in effetti. Già che andiamo al commissariato, inoltrerò la denuncia.”
“Accidenti... ”
Commentò Davis pensando al fatto che fossero vetri antisfondamento e domandandosi come diavolo fossero riusciti ad infrangerli.
“Già... Non si può stare mai tranquilli qui ad L.A. Comunque, sono pronto, possiamo andare.”Josef deviò il discorso e presi gli occhiali da sole, li inforcò con decisione prima di seguire il tenente ancora sgomento, fuori dalla sua proprietà.
Quando rientrarono al commissariato, il plurimiliardario Josef Kostan si ritrovò in una delle sale da interrogatorio e prima di entrare, Carl prese da parte Ben per spiegargli ciò che aveva visto.
“La piscina... A me sembra la stessa della foto. Avresti dovuto vedere che spettacolo!”
Ben aggrottò la fronte e fece un profondo sospiro prima di entrare e porre tutti gli interrogativi del caso al suo primo indiziato con l‘accusa di presunto omicidio, mentre pensava con sempre maggiore convinzione che stava per mettersi in un mare di guai.

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


********
4.

Beth si era appena svegliata e aveva allungato la mano sul lenzuolo dalla parte in cui ero sdraiato.
“Mmm... Mick?” Domandò, socchiudendo gli occhi a fatica, con espressione contrariata.
Non ero dove mi aveva lasciato e questo l’aveva turbata.
“Mick!” Chiamò con più convinzione mentre si sollevava a sedere, accarezzandosi il viso assonnato.
Si guardò un po’ intorno, cercandomi nella stanza senza capire dove fossi finito.
“Sono qui... Buongiorno, Beth.” Risposi dal basso e lei si sporse sul bordo del letto per capire cosa stessi facendo all’altezza del pavimento.
“Buongiorno...” Mi rispose poi, strizzando gli occhi confusa. “Perché non sei rimasto a letto?”
“Non riuscivo a dormire, così ho fatto qualche flessione... Mi dispiace se ti ho svegliata.”

Mi alzai in piedi e socchiudendo le labbra la salutai con un bacio, poi tornai a sedermi sul letto accanto a lei mentre la osservavo ammirato. Già di prima mattina era stupendamente bella.
“No... no Mick non mi hai svegliata! E‘ solo che mi mancava il tuo contatto.”
Il fatto che fossi sveglio, mi aveva reso più attivo ed energico e volevo prendere in mano la situazione.
“Ah si? E se il workout lo facessimo insieme?” Azzardai, pronunciando a denti stretti quella richiesta audace, strofinando il naso sul suo collo profumato.
Improvvisamente Beth sentì il corpo reagire e chiuse gli occhi sfiorando le mie braccia con le mani, troppo immersa nelle sensazioni che quella carezza le dava, per fare qualcosa di più concreto.
"Ottima idea..." Soffiò dolcemente al mio orecchio. Sentiva il mio sguardo intensificarsi mentre la guardavo.
In quello scambio di carezze e in quegli sguardi profondi avevo letto il si cui aspiravo fin da quando mi ero svegliato dal mio dormiveglia, ma sentire il suo sussurro all'orecchio fu in grado di provocarmi un vero e proprio brivido che mi fece chiudere gli occhi per un istante, mentre sentivo l'adrenalina entrarmi in circolo.
Chinai la testa da un lato per poi scendere a sfiorare la pelle tesa del suo collo, candido e caldo a contatto con le mie labbra più fredde.
Ad un tratto mi fermai per tornare a guardarla negli occhi e accarezzarle delicatamente il viso con la mano ben aperta. Volevo sentire sulle mie dita la sua guancia liscia e morbida che si avvicinava sempre di più a me, concedendosi alle mie carezze. Più la guardavo, più mi rendevo conto di quanto fosse perfetta per me, di quanta dolcezza suscitasse nel mio cuore anche solo un tocco semplice e casto come quello.
Ma mentre fissavo le sue labbra, provavo dentro una voglia sempre crescente di farle mie, di stringerle dolcemente e di poter bere da esse tutta la dolcezza che desideravo e che solo lei era in grado di donarmi.
Beth, ad occhi chiusi, si godeva intanto quelle carezze sul collo esposto a me, ma quando avvertì che mi stavo rialzando, aprì gli occhi e comprese che volevo cominciare dall'inizio, per baciarci come facevamo sempre.
Le sue labbra si incresparono in un sorriso dolce, di quelli che lei sosteneva che solo io riuscissi a farle fare, così come il calore, salirle dal cuore.
Speravo che non si stancasse mai di sorridermi in quel modo.
Immaginai che potesse davvero vedere dietro le mie iridi chiare il desiderio e la voglia che avevo di lei e che fosse così sensibile da capire la mia lotta interiore.
Una parte di me, quella più irrazionale, voleva prenderla subito, senza riserve, mentre l'altra desiderava fare le cose con calma, gustandosele con esasperante lentezza.
Forse interpretando quel mio stato d’animo, Beth mi seguì docile, mentre piano la avvicinavo a me, e sollevò una mano per posarla dolcemente dietro la mia nuca e accarezzarmi la base dei capelli.
A quel gesto, il desiderio che provavo era diventato un cavallo impazzito che non avrei potuto domare senza dargli ciò che a gran voce stava chiedendo.
Mentre i canini scendevano lentamente sulle mie labbra e socchiudevo la bocca in un respiro crescente, lasciai scivolare la mano lungo il suo splendido corpo steso davanti a me, giocando con la punta delle mie dita. Ma quel malizioso solletico non aveva altro scopo che stuzzicare il piacere cui avevamo fretta di abbandonarci entrambi completamente.
Beth mi dava la sensazione di essere in grado di assorbire la mia energia, come se potesse rubare parte del mio essere soprannaturale, restituendomi una parvenza di natura umana.
Placava la fame del vampiro che era in me, assecondando l'istinto di entrambi e nello stesso tempo stimolando in me un'eccitazione tanto intensa da farmi male.
Sentivo il profumo del suo sangue risvegliare e stimolare i miei sensi, che facevo fatica a placare.
A quel punto persi il controllo, afferrandola per i fianchi per sistemarla meglio sotto di me e sovrastandola con il mio corpo, mi imposi su di lei, sorreggendomi sulle braccia.
Ebbi solo un attimo di esitazione, prima di adagiarmi a contatto con il suo corpo, e fu solo per godermi il richiamo della sua intimità che sentivo attrarmi e pretendermi con voglia incontenibile. Non mi restava che farmi spazio tra le sue gambe tese e appagare quell'istinto al possesso reciproco che ci stava dominando, alimentando e appesantendo i nostri respiri.
"Mick... "
Soffiò nel mio bacio, allungando le braccia per accarezzarmi le ampie spalle, mentre sentiva il suo corpo totalmente sveglio, reclamarmi. Poi sospirò tremante di piacere, facendo vibrare anche il mio respiro, mentre allungandosi impercettibilmente contro di me, sospirò ancora, iniziando a passare le unghie sulle mie spalle, senza forzare troppo.
Sapeva che ero fatto di roccia, ma lei non era mai stata una tipa violenta e le piaceva stuzzicarmi dolcemente.
Così alzò il bacino verso il mio, approfondendo il bacio e fece leva sull'abbraccio per avvicinare anche il mio petto al suo, sfiorandolo dolcemente.
Riuscivo già a sentire il piacevole calore del suo corpo, sprigionarsi in quell’avido sfregamento, mentre iniziavo a muovermi su di lei, assecondando quel delirio di sensazioni. Ma ad un tratto mi bloccai di colpo, avvertendo il trillo del telefonino, in quello che si è soliti definire un tempismo perfetto.
Il suo Iphone stava squillando insistentemente, interrompendo quel piacevolissimo preambolo ad un momento di beatitudine tutto nostro.
Voltammo la testa entrambi per fissare lo smartphone per qualche secondo.
Essere interrotti sul più bello era l’inconveniente che poteva rovinarti l’umore per l’intera giornata.
No. Pensai amaramente, socchiudendo gli occhi, rammaricato.
Beth si sentiva in colpa, perché in fondo al cuore sapeva chi fosse a chiamare e nel mio sguardo deluso, capiva che non era un mistero neanche per me.
Allungò il braccio sul comodino per prendere il telefono e rispose, mentre io mi scansavo con un sospiro profondo, ritirandomi in silenzio e stendendomi, su un fianco accanto a lei.
“Pronto, Ben?”
“Ciao Beth! Scusa l‘orario... So che è presto ma abbiamo un caso particolare su cui lavorare e ti vorrei in centrale al più presto. Ti chiedo solo di non dire niente a Mick.”
L’ultima frase che chiedeva di escludere me per l’ennesima volta, faceva sentire Beth sempre più in colpa.
E lei, sbuffando per mascherare i sentimenti che sentiva affiorare sul volto, restò per un attimo a pensare.
"Ciao Ben, tranquillo non è un problema..." In realtà pensava l’esatto contrario, guardando il soffitto.
No, certo... Perchè dovrebbe essere un problema? Replicai dentro di me e sfogai con uno sbuffo.
"Mi dai venti minuti?" Provava ad immaginare o di prevedere il motivo per cui non doveva dire niente a me, poi si sforzò di non guardarmi, ma sentiva già il suo cuore accelerare e sapeva che me ne sarei accorto.
Intuivo che stava cercando qualcosa di convincente da dirmi per giustificarsi o forse semplicemente meditava se dirmi la verità, come ci eravamo ripromessi.
Niente segreti tra noi, eh Beth?
Ben intanto alzò lo sguardo verso il suo scomodo ospite scalpitante e sospirò rassegnato.
"Venti minuti? Okay, ma fa’ presto... Ti spiegherò i particolari quando sarai qui e potrai vedere di persona... A dopo."
La salutò e chiuse la telefonata, lasciandola con mille interrogativi.
Quando anche Beth chiuse la chiamata, mi fissò rammaricata di dover lasciare tra di noi le cose in sospeso per correre alla centrale, ma prima che trovasse le parole di spiegarmi, accennai un debole sorriso e provai a riparare.
“Indagini coperte, vero? Ben mi vuole fuori dalle scatole.”
“Hai... hai sentito?”
Domandò lei incerta, scrutando il mio sguardo serio.
“No, non ho sentito, l‘ho capito dalla tua espressione.”
Avrei potuto origliare, ma non l'ho fatto.
"Ha detto che non vuole che ti dica niente... Non so perchè." Disse, sporgendosi verso di me per baciarmi.
"Ma tieniti libero per stasera, voglio finire questo discorso..." Ridacchiò maliziosa.
“Non preoccuparti, è tutto okay.” Cercavo di essere il più determinato possibile per rassicurarla.
Mi avvicinai al suo viso per darle un ultimo bacio più convinto e più profondo del primo, per poi rassegnarmi a lasciarla andare a prepararsi.
"Ti amo." Sussurrò lei prima di alzarsi, come se volesse in realtà chiedermi scusa. Infine, sospirando, si diresse in bagno, continuando ad evitare il mio sguardo.
Non voleva rischiare di voler ricadere in quel letto e mandare al diavolo il suo bel lavoro, nonostante fossi la sua tentazione più grande. Io al contrario, continuavo a guardarla con attenzione.
“Anche io ti amo.” Sospirai e mi lasciai cadere tra i cuscini.
Quando Beth sparì in bagno, restai a guardare il soffitto per qualche minuto, svuotando la mente da ogni pensiero a parte questo.
Non devo prendermela... Ognuno ha il suo lavoro da fare e Ben ha le sue reticenze con me, non è un mistero. E’ lui che non si fida ancora del tutto di me. E poi sono qui a riposarmi, sdraiato nel letto di Beth, in un piacevolissimo risveglio, dopo avere passato una delle notti d’amore più belle della mia vita! Devo solo essere contento.
A fatica scivolai anche io sulle lenzuola per alzarmi e recuperare i miei vestiti, gettando un’occhiata in bagno per sbirciare la mia bionda, mentre si preparava.
Già sento che sarà una giornata impegnativa... Pensai rinfilandomi i boxer.
Molto impegnativa.


********
5.

Arrivata al suo posteggio riservato, nel parcheggio dell'ufficio del procuratore, Beth si mise la borsa sulla spalla, spingendo poi al loro posto gli occhiali da sole che le erano scivolati sul naso.
Sospirò, ripensando ancora alla "mattinata interrotta" e si diresse con passo deciso verso l'ufficio, rispondendo al saluto, con un sorriso tirato, a chiunque la conoscesse e la salutasse, dandole il buongiorno.
Aveva tutta l’aria di chi pensava con una certa insofferenza e di colpo alzò il volto in un accenno di saluto, mentre si avvicinava al suo capo.
"Buongiorno Ben." Disse guardandolo, poi aggiunse senza aspettare che rispondesse
"Allora, cosa succede?"
Talbot ricambiò lo sguardo, sorridendo quasi a forza e le porse la foto, iniziando a spiegare, senza perdere tempo
"Ciao... Un informatore di Carl ha portato questa foto stamattina."
Le diede il tempo di guardarla, senza notare l'improvviso pallore.
Beth sentì la testa girarle e chiuse gli occhi per un istante.
"Questa è la villa di Josef Kostan..." Ben annuì per confermare.
Lì per lì non si sorprese nemmeno del fatto che la riconoscesse.
"E' per questo che ti ho fatta venire, è una delle persone più in vista di LA, è una bella gatta da pelare... gira la foto."
Lei eseguì e vide l’inquietante scritta a penna che c’era sul retro.
"Oh, Dio..." Esclamò passandosi nervosamente una mano sulla fronte.
"Hai portato qui Kostan?" Chiese poi guardandolo.
Sottintendendo, in quello sguardo, le frasi di Beth che aveva già immaginato, Ben annuì e fece per aprire la porta della sala, quando lei lo bloccò.
"Aspetta... cosa sappiamo?" Voleva conoscere esattamente tutto quello che Ben aveva capito e quanto compromettente questa faccenda fosse per i vampiri e per Josef stesso.
"Leon, l'informatore di Carl, ci ha detto di aver visto questa ragazza salire in macchina con Kostan ieri sera, lo abbiamo fatto portare qui, ma non è molto collaborativo, per questo ti ho fatta chiamare." Disse guardandola.
"Abbiamo solo questo?" Il viceprocuratore annuì mesto.
"Vieni, andiamo. Potremmo non avere molto tempo, se quella ragazza è ancora viva."

“VOGLIO il mio avvocato!”
Urlò Josef sbattendo il pugno sul tavolo con un colpo secco, facendolo traballare sul pavimento.
“Ve l‘ho già detto decine di volte e sono stanco di ripeterlo! Non conosco il suo nome! Non posso conoscere tutti quelli che partecipano alle mie feste! E‘ di sicuro un’amica di amici!”
“Allora ci fornisca la lista dei suoi invitati, dei suoi amici!
“Ma gliel‘ho detto, non posso farlo! E‘ gente riservata!”

Josef fissò Beth che entrava nella stanza con uno sguardo implorante aiuto e comprensione, almeno da lei.
Non avrebbe mai potuto tirare in ballo i più ricchi tra i vampiri e le personalità di Los Angeles. Era come chiedergli di stilare un’altra “lista” e il solo pensiero lo ripugnava.
“Bene signor Kostan, se non vuole dirci nulla su questa ragazza, sarò costretto a trattenerla per 24 ore.” Replicò Ben a tono.
“NO!” Urlò subito il vampiro facendo per alzarsi, ma l’agente gli si accostò rapido come un falco, pregandolo gentilmente di riaccomodarsi, ma senza osare toccarlo.
Josef lo freddò con il suo sguardo d’acciaio, ma sospirando e riassestandosi la giacca, tornò a sedersi, cercando di riprendere il controllo dei nervi.
“Io ho altri impegni, viceprocuratore Talbot! Pensa che possa perdere il mio tempo insieme a voi? Ho un‘azienda da gestire e se non dovesse saperlo, è una delle colonne portanti della città!”
“Lascia parlare me ora...”
Sussurrò piano Beth sporgendosi verso Talbot e intervenendo con fare paziente.
Si avvicinò allora a Josef, che nervoso, picchiettava le dita sul tavolo dell'interrogatorio.
Quando la vide prendere in mano la situazione, lui reagì con un sorriso sollevato, sperando che almeno con lei fosse più facile ragionare.
Beth gli sorrise di rimando e si sedette di fronte a lui notando che Ben era rimasto in disparte dietro di lei per lasciarle campo libero, almeno per quello che poteva.
"Buongiorno Signor Kostan." Aveva deciso di cominciare con un tono più formale per rassicurare Ben di fare bene il suo dovere.
"Buongiorno." Rispose lui col suo solito fare da gentiluomo d'affari seguendo le regole del gioco.
Lo guardò preoccupata, chiedendosi distrattamente da quanto tempo fosse fuori casa e da quanto avesse mangiato, ma Josef sembrava stare bene e questo la rincuorò.
"Allora Signor Kostan..." Cominciò guardandolo intensamente, rimanendo però sul professionale. "Sa perchè è qui?"
Josef sbuffò rumorosamente cercando di lanciarle qualche segnale di aiuto e Beth non si voltò indietro per chiedere il parere del suo capo, prima di mostrargli la foto una nuova volta.
"Conosce questa ragazza?"
Josef la fissò intensamente ignorando la fotografia che ormai conosceva bene. Poi rispose con determinazione cercando di mantenersi gentile, nonostante fosse davvero snervante sentirsi fare sempre le stesse domande, da tante persone diverse. La tecnica dell'interrogatorio prevedeva uno sfinimento mentale che portasse alla confessione o per lo meno all'emergere di diverse versioni di dichiarazioni che potessero far intuire il coinvolgimento dell'indiziato.
Josef veniva perciò tartassato da più di un'ora, con interrogatori procedurali standard e anche un vampiro attempato come lui iniziava a spazientirsi.
"Conosco solo il suo nome, si chiama Diane, da quello che mi sembra di ricordare."
Beth annuì e disse con calma guardandolo
"Avrei bisogno di sapere perchè questa ragazza è nuda a bordo della sua piscina." Mentre i suoi occhi in realtà gli chiedevano. "Josef, è forse una tua freshie?"
Il vampiro si irrigidì a quella richiesta e sospirò a fondo, abbassando per un attimo lo sguardo sul tavolo.
Poi tornò a fissarla con nuova sicurezza.
"Mi ascolti, Beth..." Gli sfuggì con tono più confidenziale.
"Non sarebbe la prima donna nuda a bordo della mia piscina. Alle mie feste ci si diverte anche così! Non posso sapere con esattezza come decidano di passare il loro tempo in casa mia, ma non capisco cosa ci sia di male nel farsi un bagno rilassante! E' un reato, adesso?"Domandò a sua volta con una smorfia.
Beth sorrise a quella smorfia e sospirò.
"No, non è un reato, ma capirà che dobbiamo indagare nel momento in cui c'è anche solo il sospetto che questa ragazza sia stata sequestrata o uccisa. Nessuno la sta incolpando di niente, anzi, siamo qui proprio per scagionarla da ogni sospetto." Precisò sorridendo, poi si voltò verso il viceprocuratore.
"Ben, ci porteresti due caffè?" Con gentilezza, cercava di farsi lasciare sola.
Sapeva che stava rischiando, ma doveva parlare con Josef senza veli. Sapeva che sarebbe stato molto difficile cavar fuori le parole a Josef, ma lo sarebbe stato ancora di più con il viceprocuratore Talbot appollaiato lì dietro come un avvoltoio.
Ben annuì, anche se a malincuore, e si voltò, lasciando però uno degli agenti fuori dalla porta socchiusa.
Prima di andarsene lanciò a Beth uno sguardo carico di raccomandazioni e sparì nel corridoio.
Beth allora andò a socchiudere la porta, guardando in cagnesco l'agente che all'ordine di Ben si era sistemato in modalità "Origliatore DOC" e tornò da Josef, facendogli segno di tenere il volume della voce, basso.
"Josef... che cosa sta succedendo?"
Il vampiro fece un nuovo sospiro, ma stavolta quasi di liberazione.
Era più sollevato, ora che Ben lo lasciava respirare senza il suo fiato sul collo, ma alla domanda di Beth, spalancò gli occhi stupito.
"E lo chiedi a me? Non ne ho la più pallida idea! So solo che il tuo amico mi ha mandato degli agenti a casa per prelevarmi dopo che non ho chiuso occhio, stanotte! Mi sono ritrovato chiuso in questa sala da interrogatori con Talbot che mi faceva domande strane su questa foto, ma non conosco davvero questa Diane! Sarà stata a casa mia al massimo un paio di volte! Mi dispiace, non so se l'abbiano uccisa. "
Beth mise una mano su quella di Josef per rassicurarlo.
"Finchè non c'è un cadavere, non c'è un vero omicidio, ma devo essere sicura che davvero fosse semplicemente una tua invitata e non una freshie o qualunque altra cosa collegata al vostro mondo! Sei sicuro che nessuno dei tuoi invitati si nutrisse di lei?" Strinse la presa e Josef fissò per un istante quella mano delicata che si era poggiata premurosamente sulla sua. Era circondata da un tepore rassicurante, al contrario della sua, fredda di morte, immobile sul tavolo.
Quel contatto gli ricordò improvvisamente Sarah e i suoi occhi si riempirono di dolcezza, ammorbidendo la sua espressione tesa.
"Beth... Non posso sapere se fosse la freshie di qualcuno. E' possibile, ma non la mia, comunque. Se le è accaduto qualcosa, non sono stato io."
Il suo sguardo tornò sulla fotografia e le sue labbra si piegarono in un sorriso triste.
"E' davvero molto bella. Spero che la ritroviate viva."
E non parlava solo per interesse personale. Nei suoi occhi si leggeva il rispetto profondo per cui, chiunque lo conoscesse bene come me, avrebbe capito che non le avrebbe fatto del male.
Beth sorrise di rimando, intuendo proprio questo.
"Si sistemerà tutto, vedrai" Annuì convinta. "Josef... tu come stai?" Chiese poi ancora preoccupata.
Le aveva detto che non dormiva dal giorno prima e ora si domandava da quanto non mangiasse.
"Hai chiamato Simone? Chiamala e chiedile di portarti da mangiare." Poi si fermò un momento, pensando alle implicazioni di quella frase e scosse la testa, spiegando ancora.
"Hai diritto ad un colloquio privato col tuo avvocato, potrai mangiare in pace, se ne hai bisogno." Si rendeva conto di essere paranoica, ma oramai considerava Josef un caro amico, dopo tutto quello che avevano passato.
La sua mente tornò a Dean Foster per un momento, poi concluse con più sicurezza.
"Avvertirò Mick. Ce ne occuperemo io e lui, tu non preoccuparti di nulla, ok? Quando arriverà Simone, parlerò anche con lei, se ce ne sarà bisogno."
Josef annuì stancamente a tutto ciò che lei gli aveva consigliato.
Dormire era stata un'impresa impossibile per tanti motivi che era ben deciso a tenersi per sè, ma non si aspettava che lei gli chiedesse come stava. Beth era molto gentile con lui e non era propriamente abituato ad avere rapporti d'amicizia così confidenziali con donne da cui non prendesse la sua razione giornaliera di "linfa vitale".
"Simone... si, chiamerò il mio avvocato se questi gorilla in divisa mi faranno usare il cellulare!"Imprecò a voce alta guardando con fare minaccioso l'agente che stava silenzioso e sull'attenti, immediatamente fuori dalla porta.
Aveva un sottilissimo e terribile presentimento che gli strisciava viscidamente sulla nuca, facendolo irritare ancora di più.
"Non te l'hanno permesso?" Domandò Beth stranita guardando fuori dalla porta e decidendo che avrebbe fatto due chiacchiere con Ben anche riguardo a quella procedura.
"Appena finiamo qui, puoi chiamarla." Gli assicurò annuendo comprensiva.
"Allora, Josef, negli ultimi due giorni, dove sei stato?" Continuò "Hai un alibi da poter fornire per ieri notte?"
Lui si passò con finta disinvoltura una mano sui capelli, sentendo le punte setose fargli un piacevole solletico sotto il palmo, poi lentamente rispose, sorridendo come suo solito.
"Ti prego, basta! Non farmi domande retoriche di cui conosci già le risposte. Ieri pomeriggio sei stata da me con Mick, sai in che stato era casa mia, esattamente come l'ha trovata stamattina il tenente Davis."
Si fermò un attimo a guardarsi la mano e poi strinse il pugno con forza.
"Sono stato per i fatti miei, e non ho ucciso nessuno. Dovrai credermi sulla fiducia."
Beth annuì pensando a cosa fare, poi gli sorrise incoraggiante.
"Io ti credo, ma non dipende da me, sto solo cercando di aiutarti. Sei fortunato che Ben mi abbia chiamata. Pensa se avesse voluto tenermi fuori da questa storia..."
Si passò una mano sulla spalla per spostarsi i capelli e all'improvviso ricordò.
"Quelle due ragazze... Mick ha detto che le avevi addormentate! Quando sono andate via, ti hanno visto?" Domandò speranzosa. "Potrebbero testimoniare che fossi con loro."
Josef scosse debolmente la testa e alzò la mano per indicarle un tre con le dita, poi rispose, voltandosi a guardare di nuovo la porta.
"Erano tre, ma non sono reperibili. Posso fare la mia telefonata, adesso?" Domandò evasivo a sua volta, cercando di sottrarsi a quell'interrogatorio del tutto sgradevole per lui. Non voleva far capire a Beth cosa fosse accaduto quella sera dopo che eravamo andati via.
Beth per tutta risposta, assottigliò lo sguardo e lo irrigidì.
Stava solo cercando di aiutarlo, ma a quanto pareva, Josef non voleva farsi aiutare. Era determinato a non collaborare e Beth temeva di sapere perchè. Aspettava me.
"Ha il suo cellulare?" Chiese allora freddamente, tornando a dargli del lei per l'irritazione.
Il vampiro capì di avere toccato una corda delicata in seguito alla reazione di Beth e si portò la mano sulla tasca, stringendosi nelle spalle.
"Certo che ce l'ho, detective!"
"Perfetto, può chiamare il suo avvocato."
Lo autorizzò alzandosi e spalancando la porta, avvisò l'agente.
"Il Signor Kostan chiama il suo avvocato, adesso." Poi si voltò di nuovo verso Josef, guardandolo negli occhi piena di delusione.
Fu allora che lui cercò di rimediare in qualche modo.
"Beth." L'aveva chiamata con volce ferma, prima che uscisse, piantandole addosso i suoi occhi d'ambra.
"Grazie."
Pronunciò quella parola in modo leggero, sperando che potesse coglierne la sfumatura impercettibile che nascondeva i suoi veri sentimenti di preoccupazione e di riconoscenza. Ma aveva fatto una promessa a se stesso che non voleva ancora infrangere.
Quel grazie la fece sorridere e fece passare la rabbia. Dopotutto Beth e Josef condividevano un segreto, lui l'aveva aiutata quella volta a risolvere un “piccolo” problema nei miei riguardi e lei lo avrebbe aiutato in questa occasione, restituendo il favore, senza fare troppe domande.
Annuì, per fargli capire che era tutto a posto, uscì dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle e si rivolse alla guardia.
"Dov'è Talbot?"
L'agente si voltò verso le scale e le indicò la stanza del procuratore dove era chiuso con alcuni dipendenti.
"La sta aspettando in ufficio, può entrare."
In realtà la voce squillante del viceprocuratore si sentiva oltre la porta mentre litigava con toni poco pacati con qualche impiegato per alcune pratiche ancora ferme.
Beth ridacchiò ed entrò nella stanza ignorando gli impiegati, felice che fosse al di sopra di tutto quello.
Era indecisa su cosa dire a Ben, ma qualcosa avrebbe inventato. Era ciò che le veniva meglio, districarsi nelle situazioni complicate.
"Se continui ad urlare così ti scoppieranno le coronarie, Ben!" Rise, sedendosi.
A quella battuta, Ben moderò i toni e si affrettò a concludere.
"E' la quarta volta che chiedo di quel carteggio! Possibile che siate così lenti nell'esaminare la domanda che vi ho inoltrato? E' importante! Devo fare un esposto al giudice per poter avere un po' di attenzione? Sparite dalla mia vista... e domani è meglio che vi presentiate con quei documenti o giuro che vi mando a dirigere il traffico!"
L'ufficio si svuotò in tutta fretta e Ben tornò a guardare la sua investigatrice preferita con una scintilla negli occhi.
"Non fare la spiritosa, Miss Turner, ce n'è anche per te... Dimmi che Kostan ha cantato o per lo meno che ti ha dato una traccia!"
Beth alzò un sopracciglio e replicò a tono.
"Ce n'è anche per me?" Poi protestò, sporgendosi verso di lui. "Io non credo proprio." E sbuffando aggiunse. "No, ha detto le stesse cose che ha detto a te, sta chiamando il suo avvocato. Ma Ben, io non credo che stia mentendo e sai meglio di me che il suo avvocato lo tirerà fuori di qui in meno di dieci minuti."
“Che esca di qui, non credo proprio!" Rispose, urtato, riprendendo le sue parole e cercando di mantenere la calma.
“Ben, proviamo a chiamare St. John." Propose finalmente, guardandolo più intensamente.
"Sono amici, è vero, ma io lo conosco, ci darà una mano."
Ben scosse lievemente la testa con un sorrisetto di sarcasmo sulle labbra.
"Beth, so che lo conosci... Credi davvero che se coinvolgessimo il tuo investigatore nelle indagini e il nostro indiziato fosse colpevole di omicidio, St. John non farebbe di tutto per evitare il suo arresto? Andiamo... non prendermi in giro anche tu. Capisco che ti fidi, ma cerca di essere obiettiva!”
"Potrei seguirlo io, sarebbe sotto la mia responsabilità!"
Esclamò allora, cercando di trovare qualcosa per convincerlo. "Quanto pensi che ci voglia prima che Kostan lo chiami e lo assuma per farsi scagionare? Tanto vale che ci muoviamo d'anticipo e facciamo fronte comune!" Poi la sfiorò un’idea sospettosa. "O pensi forse che persino IO sia compromessa?" Lo fissava accigliata, aspettando una risposta sincera.
"E' proprio per questo che non gli ho fatto fare la telefonata. Avevo paura che invece di chiamare il suo avvocato, telefonasse a lui. E se ho chiamato te..." Si fermò per sospirare a fondo e poi continuò mentre si sistemava le mani sui fianchi, scansando i bordi della giacca.
"L'ho fatto perchè di te mi fido. Ho bisogno del tuo intuito per trovare Diane."
Fece ancora una pausa pensando a quella proposta intelligente che lei gli aveva fatto e guardandola nel suo sguardo vivace e limpido non potè fare a meno di accontentarla.
"Va bene... Okay hai vinto. Ma SOLO se lo segui costantemente e mi tieni aggiornato su tutto. SU TUTTO, sono stato chiaro?" Chiese agitandole l'indice davanti al naso.
"Niente sotterfugi strani, capito?"
Beth si alzò a guardarlo negli occhi con decisione.
"Ti ho mai dato modo di dubitare di me? La troveremo e non avrai motivo di pentirti della tua decisione. Mi metto subito al lavoro, Capo!" E si avviò alla porta.
"E’ vero, non mi sono mai pentito. Ma... Sei comunque pregata di tenerlo al guinzaglio. Si raccomandò serio, prima che Beth si gettasse con estremo entusiasmo in quella nuova avventura.
Si affrettò a chiamarmi e forse non si stupì più di tanto del fatto che al terzo squillo non le avevo ancora risposto.
Un vampiro investigatore come me non sa stare con le mani in mano per più di due ore.

********
6.

Mentre Beth era impegnata con il suo caso, io ero andato da Logan per fargli cercare altre informazioni su Sebastian, ma lui mi aveva preceduto.
“Mick, io non volevo dirtelo ma... ho una traccia. Ho contattato un amico che ne aveva sentito parlare e lui mi ha raccontato di un posto dove Bastian e i suoi si radunavano. Grungen town, lo conosci?” Ci pensai su per qualche secondo e poi risposi scuotendo la testa.
“No... Dove si trova?”
“Eh... “
Sospirò Logan. “E‘ un paese minuscolo, di pochi abitanti, vicino al fiume Talmon. Ora è stato sfollato a causa di un allagamento della valle e il perimetro è stato recintato per evitare incursioni da parte di curiosi. Onestamente ho un brutto presentimento, ma sono sicuro che tu ci andrai lo stesso, vero?”
Lo fissai in un silenzio eloquente prima di salutarlo e dirigermi alla scala del suo rifugio e salire i gradini a due a due per raggiungere la porta.
“Hai fatto un ottimo lavoro, Logan. A più tardi.”
“Mick!”
Tentò lui per richiamare la mia attenzione, ma desistendo, si limitò a borbottare.
“Quel vampiro non cambierà mai... MAI.”
Rientrando nella mia Mercedes azionai il navigatore dell’Iphone deciso a raggiungere questo paese di cui ignoravo completamente l’esistenza.

KEEP OUT

Assottigliai lo sguardo leggendo il cartello arancione che campeggiava sulla rete con filo spinato a circa due metri d‘altezza.
Era una tiepida giornata di sole e pensavo che il calore mi avrebbe dato più fastidio, in quel luogo scoperto della vallata. Invece notai con un po’ di sollievo che gran parte del paese era all’ombra della montagna.
Ci guadagnavo per comfort ma ci perdevo per quel che riguardava l‘impatto emotivo.
Era come se una mano grigia pendesse pesantemente sulla cittadina, creando un forte contrasto luce/ombra che dava quasi fastidio agli occhi, tanto da costringermi a togliere gli occhiali da sole.
Fossi stato un mortale lo avrei definito, senza dubbio alcuno, lugubre ed inquietante.
Scavalcai la recinzione, aggrappandomi alle maglie della rete e saltai all’interno della zona vietata.
Un intero piccolo agglomerato di case era stato improvvisamente isolato dal resto del mondo e la faccenda era già così parecchio intrigante. A questo si aggiungeva la mia curiosità di conoscere qualcosa di più sugli usi dei miei “ex cognati”.
Quando cominciai ad avanzare verso gli edifici abbandonati, mi resi conto che avevo gli scarponi impantanati nel fango.
Il terriccio su cui avanzavo si faceva sempre più morbido e melmoso dandomi una sensazione spiacevole nel camminare e dovevo stare anche attento a non scivolare.
Chiusi gli occhi cercando di capire in che direzione dovessi andare, nella speranza di cogliere qualche odore che potesse guidarmi, ma in realtà ne sentivo troppi e tutti mescolati per poterli distinguere, perciò mi ero convinto a dovermi avventurare all’interno.
Quando alzai lo sguardo stupito sui palazzi ormai privi di abitanti, mi resi conto di quanto fossero in uno stato di degrado. Alcuni presentavano delle crepe profonde e mi domandavo come potessero essere ancora in piedi. Ma il flusso di interrogativi che avevo, fu interrotto dallo scalpiccio del mio piede che si ritrovò in una pozzanghera troppo alta per essere definita tale.
“Ma che cavolo... ?”
Avvertii la sensazione fastidiosa dell’acqua che mi entrava negli scarponi e mi resi conto che più avanzavo verso il centro del paese, più il livello saliva.
In quell’istante il mio Iphone vibrò nella tasca dei jeans e un brivido mi corse su per la schiena. Mi affrettai a rispondere senza nemmeno guardare il display.
Capii subito che dall’altro capo della linea avevano altrettanta fretta di parlare.
“Mick, sono io. Non riagganciare.”
“Logan? Che c‘è?”
“C‘è che voglio rimanere in contatto con te, sei vero?”
“Si, sono arrivato da circa 10 minuti.”
“Ok, ho la planimetria del posto e posso dirti dove ti trovi. E soprattutto se ti capitasse qualcosa, Beth ucciderebbe anche me, perciò se dovessi avere bisogno d‘aiuto, almeno posso mandarti rinforzi!”

Mi sfuggì una risata nervosa a quella sua affermazione.
“Okay Logan, resto in linea... Non ti agitare. Sembra proprio un villaggio fantasma, mi trovo sul lato est in questo momento, venendo dalla statale. Ho scavalcato la recinzione e sto andando verso il centro. ”
“Mh mh... Ok, hai due edifici più grandi alla tua destra, evitali. Qui sono dati come fortemente pericolanti
“Va bene, ma... è normale che abbia l‘acqua alle caviglie? Man mano che avanzo è sempre più alta, e a giudicare dalla puzza, le fognature sono andate a farsi benedire. Questo posto è ancora allagato?”
“Si Mick, la versione ufficiale è che si sia allagato per via di una sorgente che è riaffiorata in superficie. All‘inizio alcuni abitanti hanno notato tracce di umidità sui muri, muffa sul soffitto, roba così... Ma ad un certo punto le pareti hanno cominciato a sudare o a piangere, usa il sinonimo che più ti piace.”

Mentre ascoltavo, mi ero accorto di avere raggiunto una sorta di piazza e l’acqua mi era ormai arrivata al polpaccio.
Sapevo come mantenere il sangue freddo, ma quel posto mi metteva addosso la stessa tensione che avevo provato incrociando lo sguardo di Bastian. Era come se ne avvertissi il potere, che come un alone, inglobava l’intera area.
“Non mi piace per niente. Non mi piace proprio per niente...” Sussurrai ad un tratto sentendo un rumore provenire dalla mia sinistra.
Poi però vidi un gatto balzare su un muretto di cinta di quello che doveva essere un giardinetto privato.
Mi fissava con intensità e cattiveria, mentre avanzavo e ad un tratto iniziò a soffiarmi, ma senza avere il coraggio di avvicinarsi.
“Miao.” Lo salutai gentilmente.
I suoi occhi verdi dalla pupilla ristretta ed allungata mi lanciarono uno sguardo affilato dalla paura che fece reagire i miei pensieri.
Non guardarmi così, io sono più preoccupato di te.
Camminai oltre, trovandomi davanti una abitazione un po’ più grande delle altre, ma ridotta peggio di tutte quelle che avevo incontrato lungo la strada. Lì sentii davvero un odore diverso.
“C‘è odore di morte qui. E c‘è un cartello che non riesco a leggere, ma pare ci sia scritto qualcosa con Chance... ” Sussurrai, mentre Logan rispondeva con un sospiro.
“Questo è male, molto male. Sulla mappa non è segnato...”
“Adesso entro.”
“Non avevo dubbi, Mick.”
Affermò lui con tono sconsolato.
Varcai la soglia, spostando appena la porta di legno e mi infilai all’interno.
Sembrava una sorta di locanda.
C’era un bancone di legno chiaro e a sinistra, a circa un metro e mezzo cominciava invece una scala che dava sul piano superiore dove presumibilmente c'erano delle camere per eventuali ospiti.
Restai fermo per qualche minuto a pensare, incerto se salire o meno, quando un rumore sordo di travi rotte fece sobbalzare Logan sulla sedia.
“MICK! CHE CAVOLO SUCCEDE?”
Esitai per qualche secondo nel rispondergli, mentre mi voltavo verso l’entrata.
“Niente... era la porta. E’ andata! E‘ completamente marcia e ha ceduto di colpo.”
Logan si massaggiò il collo, cercando di abbassarsi i capelli ritti sulla nuca.
"Okay... sto salendo. Voglio vedere se c'è traccia di qualche visitatore che ha alloggiato qui."
Poggiai un piede sul primo gradino e l'altro sul secondo, aspettando che il legno si assestasse sotto il mio peso, senza cedere di colpo.
Sembrava essere meno soggetto all'umidità, in quanto proteso verso il secondo piano, lontano dall'acqua.
Una volta in cima, notai che tutte le porte che davano sul corridoio erano aperte. Alcune socchiuse, altre spalancate. Il tutto aggiungeva un tocco di macabra spettralità a quel luogo già abbastanza destabilizzante.
Potevano essere state lasciate distrattamente in quel modo perchè gli ospiti della locanda erano stati sfollati in tutta fretta. Restava il fatto che fosse molto più comodo per me controllarne l'interno.
Ce n'erano otto in tutto, quattro per lato. Avanzai di qualche passo per trovarmi di fronte alle prime due e poter sbirciare all'interno. Erano sobrie e semplici, con una tappezzeria verde damascata alle pareti e la moquette in tinta. Ogni stanza aveva uno specchio appeso su un piccolo scrittoio e l'armadio a due ante accanto al letto e il cassetto. Non c'era nulla che avesse attirato il mio sguardo e tutto sembrava ordinato. Probabilmente lì non ci aveva alloggiato nessuno prima dell'esodo. Procedendo con accortezza sul pavimento di legno raggiunsi le altre due stanze successive. Quella alla mia destra aveva una piccola differenza rispetto alla sua gemella, un quadro che ritraeva una caccia alla volpe, alquanto ricorrente come motivo delle tele d'albergo.
Nulla che comunque potesse interessarmi.
"Mick... Quante stanze ti mancano?"
"Altre quattro, sono a metà del corridoio. Perchè?"
"Dimmi più o meno quanti metri ti mancano per arrivare alla fine del corridoio..."
"Saranno sette circa... perchè? "
Chiesi di nuovo, preoccupato.
"Sulla cartina, l'edificio non c'è, ma c'è come uno spiazzo indicato con un cerchio, forse una sorta di tombino. Credo corrisponda all'ultima stanza alla tua sinistra."
Alzai lo sguardo per verificare il numero, era la numero 8.
"Adesso entro a controllare."
Anche questa stanza era in ordine ma qui a differenza delle altre, c'era un quadro diverso. Mi bastò intravederlo per soffermarmici subito con più attenzione. C'era una casa su due piani, da cui partiva un sentiero di sabbia che conduceva alla spiaggia. Sulla destra c'era la scogliera con un faro e sulla sinistra invece una sorta di collina.
La stranezza era proprio lì.
Sulla cima c'era una sorta di scultura che raffigurava qualcosa di difficile interpretazione. A prima vista mi sembrò una statua con un leggio ma non ne ero sicuro.
"No... non mi pare ci sia nulla qui."
"Guarda a terra... vedi qualche botola?"
Abbassai lo sguardo ad ispezionare il pavimento ma senza successo.
"No... e sinceramente non avrei voglia di guardare nell'armadio... Però mi è venuta in mente una cosa."
"Mick... dove stai andando? Mick?!?"

Tornai sui miei passi per scendere al piano di sotto con un salto e raggiungere di nuovo il bancone. Sporgendomi verso l'interno, notai dietro di esso una porta che dava sulla cantina.
"Si, forse ho capito che cosa indica quel cerchio."
Non potevo non notare con curiosità che la porta era stata incatenata. “Credo di avere trovato qualcosa...” Sussurrai
“Cosa? Che hai trovato?” Logan aveva quasi paura a domandare.
“C‘è una porta chiusa con una catena.”
Stavolta nemmeno provò a dirmi di non aprirla, ma in compenso iniziò a mangiarsi le unghie con un certo nervosismo.
Facendo attenzione, mi avvicinai al bancone, poi sedendomi e facendolo scricchiolare pericolosamente, scivolai su di esso per arrivare alla porta sigillata. Con poco sforzo, facendo leva con due dita, allentai gli anelli della catena, cercando di non spezzarli.
Avevo tutta l’intenzione di rimetterli a posto non appena avessi finito lì dentro.
Quando separai i due anelli, adagiai con cura il metallo sul pavimento e aprii lentamente la porta con un cigolio agghiacciante che non avevo previsto e che riecheggiò notevolmente.
Logan tremò dall’altra parte della cornetta e lo avvertii benissimo dalla sua voce incerta.
“Mick... adesso se c’è ancora qualcuno in quel posto dimenticato da Dio, sa perfettamente dove ti trovi! Giuro che giocare a Resident Evil è meno adrenalitico! Che cosa vedi?”
C’era una scala che conduceva al seminterrato di cui un lato era in penombra per via della luce che filtrava a fatica da due sottilissime finestre chiuse con delle travi inchiodate distrattamente, mentre nel resto del sottoscala c’era il buio completo.
L’intera area era stracolma di botti e provviste andate a male che avevano provocato un puzzo quasi irrespirabile.
Alzai istintivamente il braccio, cercando di aspirare l’aria, filtrandola con la manica del capotto, ma era un’impresa disperata. Per fortuna l’olfatto si stava abituando a quella nuova situazione e ben presto non ci avrei più fatto caso.
Scesi i gradini usufruendo della mia vista da vampiro che mi permetteva di vedere anche nel buio più profondo e fermandomi ad osservare su quello che era uno degli ultimi scalini, capii che anche lì c’erano almeno 30 cm d’acqua.
“Per fortuna non posso morire annegato. Anche qui è tutto allagato! E Logan, a parte la puzza di muffa e di marciume, qui c‘è odore di sangue. Un ottimo sangue.”
Proseguii nella mia ispezione, bagnandomi ormai del tutto le gambe fino alle ginocchia e mi resi conto che dietro l’ultimo degli scaffali c’era un ampio spazio sgombro.
Non sono affatto convinto che qui dentro ci sia vino… Pensai adocchiando una delle file di bottiglie ben allineate.
“L‘ho trovato.” Mormorai ad un tratto.
“Cosa?” Chiese Logan allontanando le dita dalle labbra. “Che c‘è?”
“C‘è un lato della cantina con strane scritte e segni alle pareti. Alcuni sembrano croci più o meno storte. Aspetta in linea.” Lasciai Logan in attesa mentre impostavo la fotocamera del telefono per fare alcune foto alla stanza. Poi ripresi la comunicazione.
“Logan, sento odore di sangue vergine. Non voglio nemmeno immaginare quanti bambini abbiano ucciso qui dentro.”
Logan intanto continuava a mangiarsi le dita per evitare di implorarmi di tornare in città e dalla posizione che aveva assunto, sembrava fosse seduto su un sedile fatto di chiodi.
“Hanno fatto dei sacrifici umani qui. ”
Girando lo sguardo notai anche una bottiglia rotta su uno dei ripiani e un vetro di non ben identificabile provenienza, ancora sporco di sangue rappreso.
D’istinto feci qualche passo per recuperarne un frammento e portarlo via, ma quando la mia mano fu sopra la bottiglia, accadde qualcosa di imprevisto.
Logan sentì solo il tonfo e spalancò gli occhi sullo schermo, spaventato.
“MICK??”
“OUCH!”
“MICK!”
“Argento...”
Spiegai ansimando.
“C‘è dell’argento, qui dentro. Ho urtato qualcosa nell’acqua, ci ho messo il piede per sbaglio e la caviglia mi ha ceduto all‘istante!”
Ero caduto come un sacco di patate, completamente indebolito per qualche secondo.
La gamba aveva perso ogni energia sentendo la forza dell’argento, quando avevo calpestato qualcosa.
Tastai il pavimento in cerca di quell'oggetto che avevo maldestramente infranto e le mie dita toccarono il vetro rotto di una fialetta che sollevai dall’acqua con una smorfia.
Avevo cominciato a prendere familiarità con quella robaccia che con molta probabilità era simile a quella che avevano sparato anche a me, direttamente endovena.
Maledizione! Se non l‘avessi schiacciata, a quest‘ora ne avrei un campione!Però ora è chiaro che qui si riuniva Bastian a fare baldoria con la sua comitiva di sbandati e a fare pulizia sono passati quelli della Legione...
Il respiro mi si era fatto affannoso, più per la brutta sorpresa che per la caduta e quando riuscii a rialzarmi ancora grondante, mi allontanai in fretta, tornando verso le scale.
Mentre infilavo in tasca quel pezzo di vetro sporco di sangue che avevo preso, qualcosa mi fermò di colpo sui gradini, facendomi esitare.
Avevo sentito un rumore di vetri rotti proveniente dal piano di sopra e uno sgambettare rapido sulle assi di legno.
Aggrottai le sopracciglia preoccupato, incerto se restare ancora nascosto lì sotto o se uscire allo scoperto a vedere di cosa si trattasse.
“MICK! Per favore! Non fare cavolate!!
Logan aveva ragione, ma non potevo restare lì dentro per ore e così alla fine mi decisi a salire.
Quando mi affacciai dalla porta annusando l’aria, notai il vetro rotto e una pallina da baseball in mezzo alle schegge.
Spaziai con lo sguardo lungo il bancone per osservare i tavoli e notarne la disposizione, sentendo un’altra presenza nella stanza.
Avvertivo un battito cardiaco frenetico e un odore di marmellata alla pesca.
Appoggiai l’Iphone sul bancone perché Logan potesse sentire ciò che accadeva e cercai di capire cosa fosse successo.
D’improvviso lo sguardo cadde su un paio di gambette esili nascoste in malo modo sotto uno dei tavoli ai lati del bancone.
Così, lentamente, mi chinai a raccogliere la pallina ai miei piedi che con ogni probabilità aveva infranto la finestra, rivelando la mia presenza.
Lo sguardo di quel piccolo visitatore mi scrutava con attenzione da sotto il legno.
“Vieni fuori.” Ordinai perentoriamente e il bambino tremò vistosamente sotto il tavolo ma senza accennare movimento.
“Ti ho detto di uscire. O vuoi che venga a prenderti?”
Non avrei mai voluto terrorizzarlo, ma era molto importante che non tornasse più in quel posto e che nemmeno ci pensasse mai più. Odiavo fare il duro con una creatura innocente come quella, ma non avevo scelta.
Sospirai con un gesto di insofferenza e poi appoggiai la mano sotto il tavolo. Era mezzo marcio e senza il minimo sforzo lo ribaltai, scaraventandolo sul pavimento, lontano di qualche metro da noi e lasciando il bambino scoperto alla mia vista.
Una volta senza copertura e vistosi perduto, alzò il viso spaventato verso di me con gli occhi gonfi di lacrime e iniziò a piagnucolare senza in realtà farsi capire.
Era pietrificato dalla paura.
“Come ti chiami?” Domandai senza far trasparire inflessioni nella mia voce.
“Matt, signore...” Sussurrò allora lui prendendo un po’ di coraggio.
“Io... Io... Non volevo disturbare... Posso riavere... la mia palla?” Balbettò mentre cercava di inghiottire a vuoto tra i singhiozzi.
I miei occhi cangianti si fecero di ghiaccio mentre lo inchiodavo col mio sguardo severo.
Matt restò ancora immobile a guardarmi, chiedendosi forse che razza di mostro si fosse ritrovato davanti, e sicuro che nessuno avrebbe creduto al suo racconto di quella esperienza incredibile.
I fratelli Marvin gli avevano detto che lì non abitava più nessuno, che potevano esserci solo i fantasmi. Ecco perché avevano scommesso che non sarebbe mai andato a recuperare la sua pallina. Invece lui si era incaponito e nonostante l’acqua che rappresentava già di per sé un fastidio, si era fatto il segno della croce ed era entrato, passando attraverso un buco nella rete.
Adesso era lì a tendere la mano ad uno sconosciuto vestito di nero che lo fissava in modo inquietante e che era sicuro non fosse umano.
Sebbene avesse allungato timidamente, ma con coraggio, il braccino verso di me in attesa di ciò che gli apparteneva, la sua mano tremolante rivelava il suo irrefrenabile terrore.
Allora alzai il braccio a mia volta e appoggiai la pallina nel suo palmo, ma con una mossa fulminea, lo afferrai per il polso trascinandolo in alto perché si alzasse.
A Matt sfuggì un grido soffocato dal panico di essere ormai in trappola, ma con suo stupore, quando fu ritto in piedi, anche se con pochissima stabilità di equilibrio, gli indicai la porta, e dato che ero trasformato, gli mostrai la bocca in una sorta di morso a vuoto.
Gli bastò scorgere i canini per spalancare gli occhi e la bocca in un urlo strozzato, strisciare i piedi il più rapidamente possibile verso la soglia e poi di corsa a perdifiato nell’acqua, fino alla strada, mentre gli gridavo dietro le mie minacce.
“Non ti farò niente ora, ma va' fuori di qui! E non provare a farti vedere più in giro o la prossima volta ti farò provare il mio morso! HAI CAPITO, MATT?”
Nella mente di Matt restò stampata a vita, quell'esperienza indelebile di un giorno che io gli avevo reso indimenticabile. Per parecchio tempo avrebbe ribadito di avere avuto un coraggio da leone ad entrare in quel posto e poi di avere incontrato un essere che somigliava ad un vampiro. Qualcuno avrebbe anche cominciato a credergli.
Perdonami Matt, ma tu, in questo dannato posto, non devi tornarci mai più.
Sospirai di nuovo, in modo liberatorio stavolta, e recuperai l’Iphone dove Logan era ancora in linea.
“Santo Dio Mick, vattene anche tu, da lì! Non hai avuto ancora abbastanza emozioni forti per oggi?”
“Okay Logan, puoi chiudere. Ritorno alla macchina.
” Gli spiegai mentre rimettevo a posto la catena.
Tornai rapidamente verso la strada e una volta raggiunta di nuovo la rete con il filo spinato, scavalcai di nuovo, mentre l‘Iphone vibrava per l‘ennesima volta.
"Mick! Ma quanto ci hai messo a rispondere?" La sua voce era stranamente irritata.
Aprii la bocca per rispondere a quella domanda, ma Beth ripartì a grande velocità, senza darmene il tempo.
"Devi venire qui prima di subito... Josef è in centrale e sulla sua testa pende un’accusa di omicidio colposo, probabilmente con qualche bella aggravante! Ho convinto Talbot ad assumerti, quindi sei sotto la mia responsabilità, indaghiamo insieme a questo caso."
Beth aveva parlato a raffica, avvisandomi anche che Simone stava arrivando e sapeva che Ben si sarebbe appigliato a tutti i cavilli del codice penale e civile pur di trattenere Josef più che poteva. Di certo non avevamo tempo per i convenevoli.
Ero stato inattivo per così poco tempo, eppure la situazione si era ingarbugliata a tal punto che ora le servivo immediatamente e, sentir nominare un certo vampiro miliardario di mia conoscenza, accentuò la mia agitazione.
"Omicidio? Josef? Ma... maledizione! Senti Beth, stavo andando al laboratorio BioAnalysis a portare qualcosa." Le spiegai mentre entravo in macchina e mi tiravo fuori dalla tasca il vetro incrostato di sangue rappreso. "Il tempo di arrivare, forse una mezz’ora e sono lì. Fai il possibile per tenerlo calmo." Forse avrei dovuto dire "tenerli calmi"...
"Con Simone almeno mangerà." Disse lei passandosi una mano sul viso con un sospiro.
“Io ci ho già parlato, ma con me non vuole proprio sbottonarsi, per questo ho chiamato la Cavalleria! Tu saprai come fare... Ti aspetto qui, fai in fretta!"
"Perfetto! Farò più in fretta che posso."
Cercai di rassicurarla.
Beth sospirò ancora e chiuse la telefonata.
"Bio analysis?" Si chiese poi accigliata, prendendo nota di chiedermi spiegazioni.

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Capitolo 3
*** Terza parte ***



********
7.

Beth mi squadrò da capo a piedi, rendendosi conto con orrore che ero zuppo dalle ginocchia in giù e lasciavo dietro di me ancora una scia di fango maleodorante. Ma d’altronde non potevo passare da casa a cambiarmi, considerando la fretta che mi aveva messo senza spiegarmi nulla in modo chiaro. Quelle informazioni allarmanti sparate a raffica mi avevano solo fatto capire che eravamo in guai molto grossi.
Continuò a guardarmi senza trovare le parole.
"Ma cosa...?" Si passò di nuovo una mano sugli occhi, accigliata e con l'altra mano sul mio petto, cominciò minacciosamente.
"Stammi bene a sentire... Per convincere Ben a chiamarti mi sono esposta in prima linea, chiaro? E l'ho fatto per voi!" Finì con un sussurro, schiacciandomi l'indice sul petto.
"Spero per te che tu abbia una scusa molto molto convincente per questa figuraccia!" Disse guardando gli addetti dell'ufficio che mi fissavano ridacchiando e fulminandoli con gli occhi.
Istintivamente anche io mi guardai le gambe aprendo le braccia desolato.
Non avevo una spiegazione plausibile pronta per giustificarmi.
"Ehm...Ecco io..." Accennai un sorriso imbarazzato.
"Poi te lo spiego... con calma, più tardi..."
Neanche stavolta riuscii a difendermi come dovevo, ma ascoltai attentamente ogni parola di Beth, che continuò subito a illustrarmi la situazione nei dettagli.
"Vieni, "lumacone"... Josef è di là." Mi guidò porgendomi poi la fotografia.
"Un informatore di Carl ieri notte gli ha consegnato questa foto, il retro dice che è morta ma per noi è ancora scomparsa fino a che non troviamo il cadavere. L'informatore inoltre dice che ha visto salire questa ragazza sulla ferrari di Josef."
Raccontò tutto con tono secco e distaccato mentre camminava verso la porta e io gli tenevo dietro.
"Non gli ho chiesto molto, ma d'altronde ho capito che con me non vuole parlare. Quindi..."Solo quando finì di darmi tutte quelle informazioni, notai Ben che ci raggiungeva, guardandomi a sua volta stranito dal mio look poco presentabile.
Ebbe comunque la decenza di non fare domande indiscrete, cosa che apprezzai notevolmente e che non poteva valere certamente per Josef, che senza darmi nemmeno il tempo di entrare nella sala degli interrogatori, già aveva percepito il mio odore e lo stava ampiamente commentando.
"Cos‘è questa puzza?" Domandò con una smorfia disgustata prima di girare gli occhi verso di me, quando Ben mi fece entrare nella stanza.
I nostri sguardi acuti si incrociarono con reciproco stupore, dal quale lui era sempre più bravo di me a riprendere il controllo.
“Ah, ciao Mick! Era questo che intendevano dire con E' arrivata la cavalleria? Beh, l‘odore è molto somigliante!” Esclamò con tono irrisorio, volgendo uno sguardo di complicità a Beth.
Lei sospirò, trattenendo una risata e alzando gli occhi al cielo, sperando di non doversi pentire di avermi voluto nella sua indagine, mentre prendeva posto fra me e Ben.
Josef intanto, passandosi una mano sul mento, sorrideva in modo arrogante come suo solito. Poi girò la testa verso la porta per osservare il resto della comitiva che gli aveva appena fatto visita.
Dopo me, Ben, e Beth entrò anche Simone, la quale gli strappò per un attimo un sorriso più disteso e non solo per il fatto che fosse il suo avvocato.
“Finalmente sei arrivata a salvarmi! Di a questi tre che io devo tornare ai miei affari! Mi hanno già trattenuto abbastanza da farmi pensare di fargli causa!”
“Josef non preoccuparti, ti farò uscire di qui molto presto... Ma cerca di calmarti ora.”
Tentò Simone accarezzandogli il braccio per rassicurarlo.
"Io sono calmo."
Beth la osservò per qualche istante prima di riportare l'attenzione generale sul caso.
"Possiamo cominciare, allora."
A quel punto mi ripassò la foto della ragazza e guardandola non potevo negare di riconoscere la piscina di Josef.
Così cercai di fare leva su di lui per capire di chi si trattasse e se veramente lui c’entrasse qualcosa.
“Chi è questa ragazza?”
Josef sbuffò sonoramente e cercò di farsi schermo con la mano per evitare di guardarmi negli occhi, alzando il tono della voce.
“Mick smettila... Ho già detto a loro che NON SO CHI SIA! Si chiama DIANE ma non so altro!”
“Okay... Dove l'hai conosciuta allora? E che ci faceva a casa tua?”
“Era amica di qualcuno... L‘hanno portata a casa mia ma io non la conosco.”
Rispose un'altra volta con tono carico di determinatezza.
“Continua a ripeterlo da un paio d'ore... sempre con la stessa cadenza, sempre le stesse parole.” Spiegò Ben con voce esasperata.
Josef nascondeva qualcosa, lo vedevo bene, per quanto lo conoscessi e guardando Beth capivo che anche lei ne era fermamente convinta.
Poi mi venne il pensiero che forse Josef non avrebbe mai parlato davanti a Simone e Beth, e così fui costretto a reagire di conseguenza.
Josef non era di certo timido, ma la presenza femminile in certi frangenti poteva non essergli gradita.
“Scusate signore... potreste lasciarci soli per qualche minuto per favore.”
“Josef...”
Cominciò a protestare Simone, ma Josef annuì e lei fu costretta ad assecondare la mia richiesta.
Beth cercò subito di rassicurare Simone, le sorrise e cingendola con un braccio, l'accompagnò fuori, cercando di non manifestare troppo la sua contrarietà.
Rimosso "l’ostacolo", mi aspettavo di sentire la verità e perciò mi chinai in avanti verso Josef per incitarlo a parlare.
“Adesso... Dimmi chi è. E' una prostituta?” Azzardai, accigliandomi.
Josef mi fissò con più intensità e poi negò con la testa.
“E‘ una spogliarellista.” Replicò lentamente.
“Ecco perché era nuda... Te la sei portata a letto?”
“Questo c'entra con le indagini?”

Mi fissava con la testa piegata da una parte con estrema sicurezza nella voce e in questo io mi sforzavo di leggere la sua innocenza anche se più passavano i minuti più capivo che aveva parecchio da nascondere.
Ben avanzò verso di lui, ma restando in silenzio.
Voleva forse essere sicuro di non perdersi una sola parola di quanto gli stavo facendo dire.
“Okay... dove l'hai conosciuta?”
“In un locale, sono andato ad una festa di addio al celibato di uno dei miei manager dipendenti e lo spettacolo mi è piaciuto. Così le ho chiesto di partecipare ad alcuni dei miei parties... Suppongo che te li sia persi, Mick! Certi strip te li saresti ricordati...”

Accennai un sorriso stanco, lanciando un’occhiata di comprensione a Ben.
“Si, suppongo di si. Ma a quando risale questa foto?”
Josef abbassò di nuovo lo sguardo sul tavolo.
“Mah... non so, forse un paio di settimane fa. Non la vedo da diverso tempo."
"Beh... è strano, sai? Perchè c'è qualcuno che dice di averti visto sotto casa sua ieri sera, mentre te la caricavi in macchina!"

A quelle parole Josef sobbalzò sulla sedia e soffocò una risata nervosa.
"E' pazzesco! Io non so nemmeno dove abita! E di certo non le ho dato un passaggio, meno che meno ieri sera!"
Di quello ero più che sicuro, ma soltanto io.
“Questo sarà difficile da dimostrare... A meno che tu non abbia un alibi. Ieri sera dove sei stato?”
“Ero a casa.” Rispose lentamente chinando di nuovo la testa.
“Da solo. Non c‘era nessun altro e io non ho un alibi, Mick. Ricordi che ho dato al mio personale un giorno di riposo? Bene... è stato il giorno sbagliato! Ero solo in casa e non c'è anima viva che possa confermarlo!”
Sbuffai ricordando il combattimento che avevamo avuto in seguito alla sua crisi. Avevamo anche rotto un paio di vetrate e la cosa non poteva essere sfuggita alla polizia.
“Richiederò un mandato di perquisizione della sua villa per la scientifica.” Sentenziò Ben voltandosi a recuperare il rapporto.
“Così sapremo se a casa era solo o se c'era anche qualche altra ospite. Se ha la coscienza pulita, non ha nessuna ragione di preoccuparsi, Mr Kostan...”
E mentre lo diceva io e Josef ci scambiammo uno sguardo pieno di preoccupazione.
C’erano state tre freshies la sera prima, come aveva ricordato bene Beth e tutte e tre avevano certamente lasciato tracce ematiche sul pavimento del salotto di casa Kostan, che non sarebbero mai sfuggite alla prova del luminol.
Le stesse ragazze avrebbero avuto addosso ancora i segni evidenti dei morsi che lui gli aveva lasciato addosso, prove inconfutabili del fatto che le avesse coinvolte in qualche giochetto sadico che poteva benissimo essere sfociato in un incidente mortale per una delle malcapitate.
Ce n’era abbastanza per fare si che Josef fosse sbattuto in galera ad interim in attesa di un altro capo di accusa.

Quando uscii da quella sala avevo una tale confusioni in testa che mi stava montando una rabbia difficile da nascondere.
Incrociai lo sguardo di Beth, ferma nel corridoio in compagnia di Simone e sospirai pesantemente. Avevo molte cose da dirle, ma non sapevo nemmeno da dove cominciare ed ero rimasto lì fermo nell'altro lato del corridoio, in attesa di riorganizzare il da farsi.
Ben mi aveva superato senza curarsi molto della mia presenza, ma sembrava molto soddisfatto di avere qualcosa su cui lavorare.
Beth invece si accorse che ero ormai fuori dalla sala e dalla mia faccia capì che le cose non dovevano essere andate bene.
"Scusa, c'è bisogno di me." Le spiegò semplicemente mettendo una mano sul braccio di Simone, sorridendo.
Poi si diresse verso di me con un sorriso di comprensione che non aveva bisogno di parole. Tuttavia Beth non rimase in silenzio, perché capiva il bisogno che avevo del suo conforto, che non si fece attendere.
“Okay Mick, non disperarti...” Col suo tono carezzevole sperava di alleviare la mia preoccupazione e nessuno sapeva farlo meglio di lei.
"Forse Diane è ancora viva e potrà confermare che Josef non le ha mai fatto del male. Troveremo un modo per tirarlo fuori dai guai, ma mi servi combattivo come al solito!" Mi incitò posandomi una mano sulla spalla. "Andiamo a cambiarci e iniziamo subito."
Ci avviammo giù per le scale mentre ragionavamo su quella situazione. Tentai di scuotermi e di riprendermi.
“Io sono combattivo. Aspetta che metta le mani su questo Leon e poi vedrai! Non mi va proprio giù questa storia. E' un vero e proprio complotto ai danni di Josef, Beth!” Le dissi accigliato.
“Comunque ora hai ragione, andiamo. Così passo da casa a mettermi qualcosa di pulito e profumato... Mentre ti racconto come ho passato la mia mattinata.” Mi sforzai di sorridere e insieme raggiungemmo il parcheggio per recuperare la mia Mercedes.


********
8.

Aprii lo sportello della Mercedes per invitarla a salire e Beth mi ringraziò con un sorriso. Finalmente avevo messo qualcosa di più appropriato che non facesse voltare l'intero mondo a fissarmi nauseato.
"Quindi vuoi parlare con Leon... Hai letto il rapporto di Carl?" Mi chiese lei salendo di nuovo in macchina.
"Si, ha mentito e questo è certo. Voglio capire perché ha fatto il nome di Josef." Beth incrementò la forza del suo sguardo nel mio, senza battere ciglio.
“Mick, come fai ad essere sicuro che la sua testimonianza sia falsa?”
A quella domanda mi limitai a farle un leggero sorriso.
“Sul rapporto c’è scritto che ha dichiarato di averlo visto fermarsi in Blackburn avenue. E su questo ha mentito, perché so che Josef non fa mai quella strada, fa la parallela, cioè Drexel Avenue. E’ abituato a passare sotto casa mia e si ferma praticamente sempre, per questo sono sicuro che non passi mai di lì se non per sbaglio.”
“Oppure per andarci apposta!”
Azzardò Beth.
"Hanno avuto una storia, secondo te?"
"Non me lo ha voluto dire, ma non credo... dice di non vederla da due settimane, perciò se anche sono stati insieme è stata una cosa di poco conto."
"Se vuoi il parere di una donna, per come abbiamo trovato ieri Josef, gli unici rapporti che ha avuto con le donne riguardano il cibo, nel suo caso specifico..."
Sospirò. "Non l'ho visto proprio in vena, di avere rapporti... Con nessuna. Simone mi ha detto che le cose fra loro non vanno per niente bene."Spiegò guardandomi per un momento. "Tu lo conosci meglio di me... ma non ci vuole un genio per capire che non sta bene."
"Si... per questo ti dico che quel ragazzo si è inventato tutto. Quello che dobbiamo scoprire è se è stata una sua iniziativa, oppure se chi ha fornito la fotografia ha studiato tutto nei particolari. Deve essere qualcuno che ce l'ha con Josef..."
Beth alzò le spalle. Aveva un'altra idea in testa.
"Potrebbe anche essere che sia stato lui stesso e incolpa il primo personaggio pubblico che gli è venuto in mente, magari confidando nel fatto che possa uscire presto su cauzione. O copre qualcuno vicino a lui...un po' come quella ragazzina, Bonnie, la figlia di Kent che aveva fatto tutto quel giro di e-mail per far venire fuori la storia di sua madre. Magari qui è il contrario... Abbiamo troppe ipotesi e nessuna certezza, almeno non finchè non lo troviamo."
Stavamo rigirando i pezzettini di quel puzzle fra le mani nell'attesa di avere il colpo d'occhio per incastrarli bene.
In effetti non avevo pensato a quella eventualità e mi resi conto che l’ipotesi di Beth era un’ottima intuizione investigativa.
"E si spera che col tuo savoir faire da vampiro riusciamo a tirargli fuori una bella confessione di quello che è realmente accaduto. Abbiamo il suo indirizzo?" Chiese poi prendendo il telefono per chiamare Carl, ma io la fermai.
“No, non preoccuparti, non mi serve l‘indirizzo. So dove trovarlo. Facciamo a modo mio.”
Quando imboccai la strada, aguzzai la vista nell’attesa di trovare qualcuno cui chiedere informazioni su Leon. I teppisti come lui vivevano la maggior parte del loro tempo per strada e ad un certo punto vidi una coppia di ragazzi neri che sbucava da un vicolo sugli skateboards.
“Forse ci siamo...” Sussurrai cercando di spingere lo sguardo verso l’interno più che potevo. Parcheggiai nelle vicinanze e mi voltai verso di lei, prima di scendere.
“Immagino sia inutile dirti di restare in macchina... tanto alla fine fai come ti pare. Ma, prima di avvicinarti, aspetta che io lo abbia preso da parte.” Beth alzò gli occhi e scese protestando.
"Aspetto che tu lo abbia afferrato, ma non ho intenzione di perdermi la scena! Senza contare che sei sotto la mia responsabilità e non devo perderti di vista nemmeno mezzo secondo." Disse con un sorrisetto beffardo e sfacciato sul volto.

Una volta scesi dalla macchina, Beth si era appoggiata allo sportello, garantendomi che avrebbe atteso con calma il mio lasciapassare. Perciò, senza aspettare ancora, entrai nel vicolo in cui avvertivo un odore umano decisamente intenso.
Doveva essere una band di ragazzi riunitasi nei soliti gruppi di perdigiorno, ma tra quelli avvertivo anche l’odore che mi interessava di più in quel momento, uno dei due di cui era rimasta traccia sulla foto. L’altro odore, ma per il momento non era nei paraggi, apparteneva certamente all’altro umano, proprietario della foto, che aveva cominciato questo strano gioco di indizi con la polizia e che a mio parere aveva architettato un piano piuttosto elementare per incastrare Josef.
In casi normali, sarebbe stato un ovvio buco nell’acqua, ma quella sera Josef era stato colpito nel momento in cui era più vulnerabile e per quella che poteva essere una stupida ragazzata, stava rischiando grosso.
Vedendomi arrivare, i ragazzi si guardarono stupiti l’uno con l’altro e uno di loro abbassò il volume dello stereo acceso.
Io ruppi il silenzio che era piombato tra loro, alzando la voce in modo chiaro.
“Sto cercando Leon. Sei tu, vero?” Dissi indicando uno dei ragazzi più grandi con una bandana bianca e nera calata sulla fronte.
“E tu chi cavolo sei? Che cosa vuoi da me?” Rispose subito lui cambiando espressione.
“Un amico.” Risposi sorridendo e mi voltai verso la strada facendo segno a Beth di avvicinarsi. Leon, intravvedendola sbucare dalle ombre, fece segno a sua volta ai suoi amici di andarsene e loro si allontanarono in silenzio sparendo negli altri vicoli.
“Voglio solo farti qualche domanda sulla posta che hai recapitato! Non ci metteremo molto.” Gli spiegai avvicinandomi a grandi passi.
“Ho capito, sei uno sbirro! Senti, io non so altro, vi ho detto già tutto quello che sapevo.”
“Si... che hai visto Josef Kostan passare da questa strada e caricarsi una rossa con un abitino da urlo che lasciava davvero poco all'immaginazione! Ma non hai ancora detto chi è stato a pagarti per raccontare questa bella favola.”
“Di che parli, fratello? Mi hanno pagato per portare la busta e io l‘ho fatto! Perché diavolo volete mettermi per forza in mezzo?”
“Perché tu ci sei già dentro, Leon... fino al collo.”

Ora che aveva abbassato la guardia e i suoi amici se ne erano andati, avevo la possibilità di dargli una bella strapazzata.
Con una mossa felina lo spinsi contro il muro, reggendolo per la collottola e avvicinai il viso al suo perché cogliesse appieno le mie minacce.
“Allora... finora abbiamo giocato, ma adesso facciamo sul serio! Ti dico io come sono andate le cose. Sei uno spacciatore di quartiere che non conta niente qui, ma tutti ti conoscono, e qualcuno ti ha ricattato, offrendoti dei soldi per fargli un favore. Tu hai portato la busta al tenente Davis come ti hanno detto e hai messo in mezzo Kostan come ti era stato richiesto esplicitamente. Chi ti ha pagato? Voglio il nome.”
“No... non... non lo so chi era...”

Aumentai la stretta al collo, sentendo la vena giugulare pulsarmi sotto le dita mentre Leon aveva lo sguardo sgranato dalla paura.
“IL NOME! O non basterà una fotografia per identificare la tua faccia, quando ti ritroveranno con i connotati cambiati!” Per rendere più efficace l’effetto delle mie parole, allungai il pugno libero verso le stereo, colpendolo in modo deciso e accartocciandolo come fosse di cartone.
“Dimmi la verità o ti faccio fare la fine del tuo stereo!” Mormorai a denti stretti, mentre facevo fatica a trattenere i canini.
“NON LO SO CHI ERA! TE LO GIURO!” Gridò lui implorante.
In quel momento intervenne Beth a calmarmi i nervi e a tentare di risolvere facendo la parte del poliziotto buono. Aveva assistito alla scena lasciandomi fare, poi però si era avvicinata e aveva posato una mano sul mio braccio teso.
"Lascia provare me." L’avevo sentita dirmi gentilmente con un sorriso.
Mi voltai a guardarla, cercando di dominare l'istinto, ma senza ammorbidire la mia stretta, aspettai che fosse lei a fargli tutte le domande del caso.
Beth prese la foto e si tolse gli occhiali, spostandoli sui capelli, per guardarlo negli occhi.
"Stammi a sentire Leon." Gli mostrò nuovamente la foto e il ragazzo si portò le mani alla gola, sperando di poter allentare la mia stretta.
"Guardala... vogliamo solo aiutarla."
Quando spostò lo sguardo sul corpo nudo di Diane nella foto, sembrò quasi intristito e la cosa non sfuggì a Beth. Notò con attenzione il guizzo che lo sguardo aveva fatto quando si era posato sulla ragazza nell'immagine.
"Devi dirci qualcosa su di lei, se speri come noi di ritrovarla viva. Perchè non vuoi aiutarci?" Chiese incalzandolo con voce ferma, ma dolce allo stesso tempo.
"Devi dirci quello che sai, prima che sia troppo tardi." Insisteva Beth. Mirava ad intaccare il suo senso di pietà e il ragazzo la guardò per un istante smarrito, poi capitolò.
“Oh... okay...” Sussurrò, indicando la strada mentre allentavo la presa. “Abita lì dietro, il quarto portone a destra, nel sottoscala. E‘ una brava ragazza... ma per paura che mi dessero la colpa, ho fatto finta di non conoscerla. Però vi giuro che non so chi sia quel tipo che mi ha dato i soldi per la busta... e anche per mettere in mezzo quel miliardario. Spero che la troviate.”
Spalancai gli occhi, esterrefatto per quelle inaspettate informazioni e d’istinto mi voltai verso Beth per complimentarmi con un sorriso, mentre Leon si massaggiava il collo con un sospiro, allontanandosi di corsa tra i viottoli del quartiere.
“Vedi? Non c‘è bisogno di essere tanto violenti!” E ammiccò, complice.
“Oggi sembra che io non possa fare a meno di terrorizzare e disgustare chiunque mi trovi davanti! Ma d’altronde è questo che fanno i vampiri, no? E tu, come... come hai fatto?”
Domandai, piacevolmente colpito.
Beth, senza smettere di sorridere compiaciuta, rispose con semplicità. "E' stato per come l'ha guardata, non era un semplice ragazzo che osserva una donna nuda, era uno sguardo apprensivo... Anche tu la guardi così, senza malizia."
Con una smorfia di meraviglia, alzai le sopracciglia divertito da quel suo colpo d’occhio. E mi stavo accorgendo che era diventata davvero brava.
"E' un bene che ci sia io con lei, Signor Investigatore... e che io non sia terrorizzata e disgustata. Sei molto sexy, anche quando tiri fuori il lato violento." Si avvicinò per posarmi un lieve bacio sulle labbra, approfittando del vicolo scuro.
"Andiamo, Mister Vampiro!" Indicò con un cenno della testa la direzione che ci aveva dato Leon e tornammo alle nostre ricerche.

********
9.


Io e Beth raggiungemmo il palazzo indicatoci da Leon e tirai fuori dalla tasca il kit che avevo sempre appresso per quelle eventuali violazioni di domicilio che eravamo soliti fare noi investigatori.
Lanciai uno sguardo acuto a Beth al mio fianco poi aprii la porta senza troppa fatica.
Facendole segno di aspettare, recuperai la pistola che avevo incastrato nella cintura e a bassa voce le sussurrai le mie raccomandazioni.
“Stammi vicina e resta dietro di me. Niente gesti inconsulti, Beth.”
Beth fece una smorfia di protesta ma sorrise contenta di sapere che mi preoccupavo per lei e guardandomi con la pistola le venne in mente che forse anche lei avrebbe dovuto prenderne una, e che doveva prendere mentalmente nota di chiedere a Ben per il porto d'armi.
Spinsi delicatamente la porta per poter entrare, abituando subito il mio sguardo a quella nuova gradazione di luce.
Nonostante fuori il sole fosse ancora alto, lì dentro era tutto in penombra.
Il posto era un lugubre sottoscala poco e male illuminato, ma spaziando con lo sguardo notai che era anche un ambiente molto piccolo e facile da controllare. Ci sembrò subito che non ci fosse anima viva.
C’erano due stanze, l’angolo cottura e una piccola porta socchiusa che presumibilmente doveva essere quella del bagno.
Fu allora che avvertii il suo odore.
Beth era entrata in modalità "brava investigatrice" e assottigliò lo sguardo, tirò fuori dalla borsa un paio di guanti in lattice e infilandoseli, mi sorpassò e si diresse subito verso la porta socchiusa.
La scostò delicatamente mentre la seguivo e restò congelata sull'arcata rendendosi conto di quanto era accaduto.
Una morsa gelata le strinse il cuore e abbassò lo sguardo per un momento.
"Mick..." Chiamò piano, con un tono grave nella voce che sapeva io non avrei faticato a riconoscere.
Era uno spettacolo indecente, e non solo perchè era una bella ragazza, ma per come l'avevano buttata lì avvolta nella plastica come se fosse stata una Barbie che una ragazzina oramai adulta non volesse più.

"E' terribile..." Disse rassegnata con un profondo sospiro.
“Siamo arrivati troppo tardi...” Commentai sommessamente rimettendo a posto la pistola e avanzando nel bagno.
Mi chinai a terra per aprire la plastica e tastarle la gola, ma ero sicuro che fosse già morta. Non sentivo più il battito.
Dato che ad un primo sguardo non avevo notato né ferite né lividi, mi concentrai, chiudendo gli occhi per capire cosa fosse successo. Anche se confusamente, mi ero reso conto che all’improvviso si era portata le mani alla gola, sentendosi mancare il respiro.
“Non sembra ferita... probabilmente è morta soffocata ma non ha avuto nessuna colluttazione. E‘ molto strano, perché sento un chiaro odore umano su di lei, ma non deve essere stato lui ad aggredirla. Forse è stato un incidente...”
Beth abbassò lo sguardo triste per incrociare il mio.
"Mick, rimetti tutto com'era prima... Non voglio che Carl mi uccida perchè abbiamo inquinato le sue prove."
“Io inquinerei le prove?”
Domandai tra me e me richiudendo la plastica con un certo scetticismo e rialzandomi.
Beth invece sospirò, sentendo però una gran pena per quella ragazza.
"Io do un'occhiata in giro..." Mi avvisò prima di recarsi in cucina e iniziò ad aprire mobili e cassetti.
Mentre rovistava, notò una pentola sui fornelli spenti, si avvicinò e alzò il coperchio.
"Roastbeef..." Pensò ad alta voce piano, riconoscendolo. Seguendo il suo intuito, decise di prendere un cucchiaio e iniziando a rimestare, sollevò un po' di brodo, scrutandolo accigliata.
"Mick! Mick vieni qui per favore!" Mi chiamò voltandosi e aspettando che la raggiungessi.
Quando sentii Beth chiamarmi dalla cucina stavo ispezionando la camera della ragazza senza però trovare niente che attirasse la mia attenzione a parte il letto sfatto e una grande confusione di vestiti.
Così la raggiunsi subito sperando che almeno lei avesse trovato qualcosa di utile.
“Che succede?”
Beth si voltò piano e indicò la metà di una capsulina celeste di plastica nel cucchiaio.
"Mi servirebbe per un momento il vampiro-laboratorio portatile!" Spiegò con un sorriso dei suoi.
"E' una pillola...vero?" Chiese avvicinando il cucchiaio al mio naso.
Aggrottai la fronte sentendo la sua richiesta e annusai a fondo.
“Si... antibiotico, mi sembra. Se preso in dosi massicce può portare a collassi cardiorespiratori. Non credo ci sia finito per caso, lì dentro... Anche se in giro non ho trovato blister o flaconi vuoti. Adesso cominciamo a farci un’idea di quello che è successo. Complimenti per l'intuizione, Beth!” Le posai una mano sulla spalla e le indicai il corridoio.
“Vado a vedere se trovo qualcos'altro.”
E in effetti, percorrendo quei pochi metri tra la camera e la porta d'ingresso, scovai inaspettatamente una porta nascosta nel muro di quello che credevo uno sgabuzzino e d’istinto feci per aprirla.
Fu grande il mio stupore nel capire che era stata accuratamente chiusa a chiave e mi venne il sospetto che potesse nascondere un’altra stanza.
“Beth... ” La chiamai io, stavolta, attendendo di incrociare il suo sguardo, per indicare davanti a me e cercando di non alzare troppo la voce.
“Sono costretto ad inquinare la scena del crimine...”
Mi scusai con aria desolata, poi caricai il colpo e sfondai la porta con un paio di spallate.
Dentro era completamente buio e non mi ci volle molto per identificare all’interno una sorta di branda e la sagoma di un congelatore.
Beth sbuffò davanti a quell'ennesimo sfoggio di potere vampirico.
"Non potevi semplicemente forzare la serratura?" Mi chiese a voce bassa, seguendomi.
"Era bloccata, probabilmente è stato fatto di proposito per non farla più aprire." Tentai di giustificarmi.
Avanzando però, Beth inciampò sul pavimento, finendo con la faccia contro la mia schiena.
"Ahi... Cavoli se sei duro!" Si massaggiò il naso dolorante e si guardò intorno, stringendo gli occhi, cercando di distinguere qualcosa con la poca luce che penetrava dall'entrata a cui io avevo appena sradicato la porta.
"Che diavolo c'è qui dentro?" Chiese poi sussurrando, appendendosi d'istinto alla mia giacca. Il non riuscire a vedere la rendeva nervosa.
Trovai allora l’interruttore e provai ad accendere la luce.
Una serie di lampadine al neon frizzò con incertezza e ad un certo punto l’illuminazione si stabilizzò.
“Tutto okay?” Le domandai cingendole le spalle in un mezzo abbraccio per accertarmi che stesse bene e le accarezzai la guancia per rincuorarla.
"Mi sono solo ammaccata un pochino il naso!" Rispose sorridendo e stringendosi leggermente a me.
Prima di guardarsi intorno prese un bel respiro e indicò il freezer.
"Abbiamo trovato una camera da letto?" Chiese guardandomi poi negli occhi perchè cogliessi la sua allusione e io ricambiai il suo sguardo intenso.
Poi girando gli occhi per guardarmi intorno, commentai.
“Forse...Qui ci si è nascosto qualcuno. Sembra una sorta di bunker, ma per avere conferma, bisogna fare solo una cosa.”
Mi avvicinai al frigo, Beth mi seguì e trasalì quando aprii lo sportello davanti a noi con grande curiosità e ne scorgemmo entrambi il contenuto. C’erano diverse bottiglie piene di un liquido troppo rosso e denso per non essere sangue. Spalancai gli occhi e la bocca stupito e riportai lo sguardo su Beth al mio fianco ma senza dire una parola.
"Ok, forse questa è la dispensa..." Propose subito prendendo una bottiglia.
"Si beh... la scorta annuale di Bloody Mary?"
"L'esperto sei tu"
La aprì e me la porse gentilmente. "Dimmi tutto..."
Mi guardava negli occhi fiduciosa e io ero stupito ancora di più dalla sua reazione così misurata e sicura. Annusai anche l'odore di quel liquido e scossi la testa.
"No, non è sangue umano. Però è sangue." Confermai con un sospiro, riaprendo gli occhi per guardarla.
Beth si accigliò alla mia risposta.
"Quale vampiro non beve sangue umano?" Chiese poi voltandosi e guardandosi intorno.
"Oh, ecco cosa mi ha fatta sbattere contro la tua schiena sexy!"
Si accucciò a terra, indicando delle schegge piuttosto grandi di specchio. Poi si rialzò e guardò la metà dell'oggetto ancora appesa alla parete.
"Un vampiro brutto?" Chiese poi accigliata e si voltò a guardarmi implicitamente, alzando un sopracciglio.
"Ne esistono?"
“Beth... io non sento odore di vampiro. Come è possibile?”
Chiesi a voce alta anche sapendo che lei non poteva rispondermi e aspettava invece che io chiarissi i suoi dubbi. Ma io ero ancora più confuso.
Mi ricordai il momento in cui mi ero risvegliato nel mio letto matrimoniale e Coraline era al mio fianco, pronta a rassicurarmi.
Quando mi ero reso conto di non essere più lo stesso, mi ero rifugiato in bagno e guardandomi con orrore allo specchio, avevo finalmente capito cosa era cambiato in me.
I miei canini aguzzi spuntavano fieramente tra le labbra e il sangue che mi colava ancora lungo il collo, mi aveva inzuppato la camicia del vestito da sposo che ancora avevo addosso.
Non avrei mai dimenticato quella sensazione agghiacciante nel capire che non ero più vivo e che non volevo nemmeno esserlo.
Eppure non ero neanche morto.
Avrei voluto rompere quello specchio che mi rimandava un’immagine di me che non volevo credere mi appartenesse.
Non mi riconoscevo più e nonostante la mia Sire fosse lì non mi ero mai sentito tanto solo, incompreso e terrorizzato.
“E‘ difficile accettare di essere diventati dei mostri..." Mormorai lentamente per spiegarle ciò cui stavo pensando.
Beth si avvicinò a me, fissandomi seria.
"Tu non sei un mostro." Mise in chiaro con sguardo intenso per un istante prima di tornare al caso.
"Non senti odore di vampiro..." Ripetè mentre si guardava intorno in cerca di qualcos'altro di rilevante. Trovò allora delle riviste, delle coperte, ma niente di troppo eclatante. Ma le rotelline del suo cervello si erano messe in moto, mentre il suo sguardo volava attento, nella stanza.
"Ok, supponiamo per un momento..." Si voltò verso di me allargando le braccia.
"Supponiamo che quello che abita qui dentro sia un vampiro diverso... Magari ne esistono altri, diversi da voi, altri che magari non si riflettono nello specchio..." Disse indicando lo specchio rotto.
"Che non hanno bisogno di congelatori per dormire e che non bevono sangue umano!" Ipotizzò sentendo che la cosa era un pò traballante.
"Quello che intendo è... Se fosse un essere totalmente diverso da te, sarebbe plausibile pensare che il tuo naso-radar non lo percepisca?"
Stavamo parlando di un vampiro che fuggiva la luce, dormendo in quel tugurio, che teneva scorte di sangue animale in frigo e che aveva appena ucciso una ragazza, avvelenandola. Aveva parecchie caratteristiche che cozzavano anche con il genere cui io appartenevo.
Era come una creatura a metà tra l’umano e il disumano.
“Non conosco nessuno con caratteristiche da vampiro che non sia un vampiro. Mi stai chiedendo se esiste un altro mostro che somiglia ad un vampiro, ma non lo è? In quel caso suppongo che la risposta alla tua domanda sia si, visto il caso.”
Non ero affatto convinto e presi tempo, riportando la sua attenzione sulla nostra indagine.
“Beth, che sia un vampiro o meno, cerchiamo quel tizio che voleva che la polizia accusasse Josef. E’ molto probabile che sia lui l’omicida. E ora puoi chiamare Ben, perché noi abbiamo finito e qui serve la scientifica.”

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Capitolo 4
*** quarta parte ***



********
10.

Gli agenti rovistavano ancora in casa di Diane in cerca di tracce importanti.
“Finestre sbarrate, sangue in bottiglia in frigo... specchi rotti. Manca solo la bara al centro del salotto! Ma ci viveva Dracula qui dentro?”
Carl esprimeva a Ben le sue perplessità mentre il viceprocuratore si massaggiava il mento preoccupato. Poi si allontanò dagli altri agenti e prese il telefono.
"Phil... Kostan è ancora in centrale. Abbiamo trovato la ragazza, morta, ma credo che lui non c'entri con l'omicidio... Va bene. D'accordo, a più tardi."

Nel frattempo Jim tamburellava con le dita sul volante nell'attesa che il suo amico risalisse a bordo e quando poi anche lui si accomodò sul sedile, sistemandosi il borsone tra le gambe, cominciò a esprimergli i suoi dubbi.
"Phil quello che ancora non riesco a capire è perchè i Duvall si facciano comandare da quel pazzo furioso."
"Semplice, perchè ne hanno paura."
Rispose il legionario con ovvietà, richiudendo la sacca esterna, piena di proiettili d'argento.
"Lo temono perchè lui li ha creati e in un istante può distruggerli. Lance non è uno stupido, sa benissimo che non può batterlo. Ma magari stavolta ci siamo davvero. Forse dopo 300 anni riusciremo a fermarlo."
"Pensi che Kostan ci aiuterà? Ti fidi così tanto di lui?"

Phil aprì la mano destra dove stringeva ancora con forza la cimice.
La osservò, riflettendo in silenzio per qualche secondo, poi si voltò a guardare Jim negli occhi con nuova determinatezza.
"Si. Sento che devo farlo."


********
11
"Va bene, grazie Ben... A dopo."
Beth chiuse la telefonata cercando il mio sguardo.
"Ok, abbiamo un po' di informazioni. La vittima si chiama Diane Dorieska, di origine russa, lavorava allo Shades, uno strip club molto famoso di Beverly Hills. L'appartamento in cui abitava è intestato ad un certo Stuart Jalapa... Hanno dato un'occhiata alla storia dei contratti di affitto e prima di lei ci sono state molte altre ragazze straniere, per la maggior parte est-europee, probabilmente c'è qualcosa sotto. Jalapa è irreperibile e Ben ci ha chiesto di trovarlo visto che siamo tanto bravi!" Mimò facendo una smorfia soddisfatta.
"Se continuiamo così, probabilmente ti assume!"
“Si beh... non so se voglio lavorare per lui. Forse una detective della polizia basta, in famiglia...”
Risposi voltandomi a fissarla provocatoriamente, mentre le aprivo la porta della sala d’autopsie dove Guillermo ci stava aspettando per informarci di tutto.
Prima che potesse replicare, le domandai.
“Stuart Jalapa, hai detto? Forse è lui il vampiro del tugurio...” Azzardai mentre cercavo Guillermo con lo sguardo.
“Ciao Beth, ciao Mick! Cadavere di femmina caucasica a vostra disposizione.” Esclamò lui, spostando il lenzuolo perché potessimo vedere il viso di Diane.
“Guillermo...Allora? Che cosa hai per noi?” Domandai avvicinandomi.
“Per te il solito, Mick!” Rispose lui ridendo e indicandomi il pacchetto che mi aveva preparato.
“Non sei più passato a prenderli, ho pensato che ti servissero!” Spiegò sorridendo anche a Beth, poi tornò al corpo della vittima.
“La morte è sopraggiunta per soffocamento a causa di un’alta dose di antibiotici. Ma questo lo sapete, vero?” Chiese notando che non sembravamo affatto stupiti.
“Ok, vi dirò qualcosa che non sapete. A quanto pare ha avuto un rapporto sessuale protetto prima di morire. Il medico ha trovato tracce del lattice del preservativo, ma non ha segni di violenza. E poi... non hai notato nulla?” Domandò rivolto a me.
Mi avvicinai per annusare più intensamente e notai in effetti qualcosa che con la plastica non avevo sentito.
“Fragola... cos‘è? Sapone intimo? Lubrificante?”
“Preservativo alla fragola.”
“WOW...”
Mi sfuggì sommessamente.
"Altro che laboratorio della scientifica..." Commentò Beth accigliata, trattenendo un moto di irritazione e disgusto, vedendomi avvicinarmi tanto alla ragazza.
Sembrava che stesse pensando che nonostante fosse morta, non esistesse una giustificazione nel doverla annusare, nemmeno a scopo investigativo. Dopotutto era fermamente convinta che non avrei dovuto nemmeno assaggiare Simone, indagine o meno.
Quando Beth si ridestò dai suoi pensieri, guardò entrambi con espressione di rimprovero.
"Preservativo alla fragola..." Ripetè poi cercando di impedire al fastidio di incrinarle la voce.
"No, per quanto possa essere un particolare decisamente intrigante non lo ritengo rilevante, ma ho preso nota!" Fulminò Guillermo con lo sguardo, poi prese un bel respiro e lo indicò, socchiudendo gli occhi all'intensità dei suoi pensieri.
"Puoi dirci se ha mangiato prima o dopo il rapporto? E se gli antibiotici sono specifici di una malattia in particolare? Magari se sappiamo la composizione, risaliamo alla ricetta, a chi li ha prescritti e per chi, visto che non abbiamo trovato i flaconcini in casa."
Guillermo dal canto suo, si sorprese molto per quella domanda del tutto professionale, ma non aveva mai visto Beth in azione come investigatrice e basta.
"Ha ingurgitato un cocktail di antibiotici e antistaminici che sono utilizzati per una quantità indescrivibile di malattie, Beth. Chiunque in questa città ha bisogno di quei medicinali o ne conserva in casa una scorta considerevole, però si, ha mangiato prima dell'omicidio, non so dirti con precisione se prima del rapporto, ma è morta approssimativamente tra le 21 e le 24, quindi credo che abbia semplicemente cenato."
"Quindi questo esclude un cliente del night club... e se volete sapere la mia opinione, il signor Jalapa sta affondando lentamente!"

Beth prese dalle profondità della sua immensa borsa un'agendina coi fogli bianchi e una penna e iniziò a scrivere.
"Dobbiamo saperne di più su questo signore..." Scrutò il foglio coi suoi appunti per poi ritornare alla ragazza, smorzando un sospiro."L'ennesima vittima del sogno americano... dovrebbero abolirlo."
“Potrebbe essere un delitto passionale... forse lei voleva lasciarlo, lui ha perso la testa e le ha fatto fare una brutta fine.”

Mentre parlavamo il telefono le squillò nella tasca del maglioncino, Beth si sentì a disagio per non aver tolto la suoneria così allegra e rispose subito mimando uno "scusate" che forse era rivolto più alla ragazza sul tavolo che non a noi due.
"Ehi, ciao Ben... Dimmi." Rimase in silenzio mentre apprendeva le istruzioni e tutte le novità che Ben le stava descrivendo.
"Oh, beh si... Va bene, no credo che andremo direttamente al night, voi state lontani da lì o ci spaventate i testimoni!" Ancora altro silenzio che mi diede tutto il tempo di alzare gli occhi al cielo, gesto a cui Guillermo rispose nascondendo un sorriso altrettanto irriverente dietro la mano.
"Si a questo punto la cospirazione sembra la cosa più probabile... Si certo ti chiamo appena abbiamo notizie, a dopo!"
Beth sorrise e iniziò a parlare, mentre riposava il cellulare nella tasca
"Buone notizie, la casa di Josef era immacolata e il nostro amico è libero di andare! Inoltre abbiamo scoperto che il Signor Jalapa di cui sopra, è l'orgoglioso proprietario di un sexy shop..."
"Ora mi spiego il preservativo alla fragola..."
Dissi interrompendola per un attimo.
"Credo che Ben ci abbia mandato prima la SWAT e poi la scientifica, ma non hanno trovato nessuno e anche lì il CSI L.A. non ha trovato niente di interessante. Quindi resta il night!" Aggiunse guardandomi con determinatezza.
"Molto bene." Commentai con un sorriso più rilassato sentendo che Josef era stato rilasciato. Ma la notizia sulla Goldstein mi lasciò piuttosto stupito.
"Ma è molto strano, sai? Ho telefonato alla pulitrice mentre ero su nel mio appartamento per cambiarmi e non mi ha risposto nessuno. Ormai temevo il peggio... Mi domando come abbiano fatto. Forse Josef è riuscito a richiamarla. Mah, l'importante è che sia libero."Tornai a guardare il mio amico per salutarlo.
“Grazie Guillermo. Ah... una cosa importante, potresti guardare nell'archivio dell'ospedale se c'è qualche informazione su un certo Stuart Jalapa?"
"Certo, vi farò sapere più tardi. Buon lavoro!"

Beth mi fece eco, seguendomi nel corridoio.
"Ciao Guillermo, grazie di tutto!"
Ma uscendo non riuscì proprio a trattenersi.
"Dovevi avvicinarti proprio così tanto a lei?"
"No... Beth, quella ragazza è morta! Non sto invadendo la sua intimità per piacere personale, lo faccio per trovare il suo assassino!"

Mi ero irritato anche io per quella sua reazione come se avessi dovuto giustificarmi riguardo ai metodi utilizzati nella mia indagine.
Beth sospirò, ero sicuro che non volesse litigare ma non si aspettava forse una risposta così decisa da parte mia.
In fondo desiderava solo che capissi il suo disagio.
"Si, va bene... Lascia stare." Alzò le spalle e trattenendo l'ennesimo sospiro, continuò a camminare in silenzio. Solo allora mi resi conto di avere esagerato, ero riuscito a zittirla completamente, un pessimo segno per una come Beth.
"Eh no, aspetta un momento..." Mi fermai lungo il corridoio, allungai il braccio per afferrarle la manica e attirarla verso di me.
Poi sospirando a fondo cercai di riprendere il controllo delle parole.
"Scusami... Non... Okay senti, pensiamo a sistemare questa faccenda, comincia a venirmi fame e... e poi non capisco che sta succedendo. Questa storia non è come le altre, è strana. Perchè, se Stuart è un vampiro, ha ucciso questa ragazza dopo averci fatto l'amore? Come si può dire di amare una persona e poi ucciderla?" Per un attimo mi era passata per la testa la mia prima notte di nozze e tutto ciò che aveva comportato. E poi lei, la mia Beth, che qualunque altro vampiro probabilmente non avrebbe esitato ad abbracciare per averla tutta per sè per sempre.
Beth sollevò la mano e mi accarezzò una guancia.
"Se hai fame dovremmo passare prima a mangiare qualcosa, tutti e due." Sussurrò con dolcezza per poi replicare ai miei dubbi.
"Non lo so, non so come si possa uccidere qualcuno che si ama è una cosa che non ho mai capito, a dirti la verità." Mi sorrise leggermente guardandomi dritto negli occhi mentre io cercavo di spiegarle il mio stato d'animo.
"Io ho una sensazione strana. Tra l'altro se è un vampiro, non capisco perchè si sia preoccupato di avvelenarla. Ci avrebbe messo meno a ucciderla in un altro modo e avrebbe sofferto meno anche lei. Mi viene da pensare che abbia scelto questo metodo perchè non aveva il coraggio di alzare la mano su di lei e di farle del male... Non so cosa pensare. Più ci penso più mi rendo conto che è una storia contorta."
Cercavo risposte e Beth invece si stava preparando a dirmi qualcosa che mi avrebbe sconvolto, ma per aiutarmi a trovarne almeno una.
"Se tu dovessi uccidermi, come lo faresti?" Domandò senza smettere di tenere gli occhi nei miei.
A quella domanda restai di sasso. Per un attimo distolsi lo sguardo dal suo, così penetrante, ma poi tornai a fissarla con nuova sicurezza.
"Beth, ma di che parli? Io non potrei mai ucciderti."
"Ma se fossi costretto a farlo? se te lo chiedessi io?" Forse non era sua intenzione torturarmi, ma cercava di venire a capo di quel mistero. Sapeva che nonostante fossi un vampiro, la amavo con tutto me stesso e se il nostro fantomatico assassino avesse ragionato come me, forse ne saremmo venuti a capo.
Mai avrei voluto rispondere ad una domanda come quella. Sapevo che era per motivi di indagine, ma io non potevo nemmeno pensare di fare del male a Beth. Per anni l'avevo solo protetta e avevo intenzione di continuare a farlo.
Ok, devo pensare come un assassino... Ho già quasi ucciso Coraline, saprò immaginare di eliminare anche la mia ragazza!
Restai a riflettere in silenzio per qualche minuto e poi cercai di tradurre in parole chiare la mia risposta.
"Istintivamente... ti direi che punterei al dissanguamento. Ma è troppo lento e provocherebbe troppa sofferenza, per cui non potrei mai arrivare alla morte con quel metodo. Sarebbe più rapido e misericordioso un colpo secco che miri a spezzare l'osso del collo. Come alternativa resta solo il cuore. Per un vampiro colpire con una certa forza non è un grande problema, anche se è provato emotivamente. Basterebbe una pugnalata sul cuore per spezzarlo immediatamente e provocare una morte istantanea. "
Lei sorrise dolcemente e si guardò intorno per essere certa di avere campo libero, poi con un passo si avvicinò e si strinse a me abbracciandomi. Era quello, il suo modo di farsi perdonare per avermi fatto dire cose che per me erano terrificanti.
Beth restò qualche momento sul mio petto, mentre la stringevo a me, poi a malincuore, si staccò.
"Questo ci dice che non è un vampiro, o che per lo meno, è diverso da te. Anche se non avevo dubbi." Aggiunse poi tornando più professionale.
Ricambiai il suo abbraccio pieno di tenerezza che mi lasciava senza fiato ogni volta che lo ricevevo.
"E' decisamente diverso da me. Io vivo per proteggerti." Aggiunsi con un sorriso mentre mi strofinavo il naso cercando di nascondere un pizzico di imbarazzo.
"Allora... andiamo al night dove lavorava Diane... Hai l'indirizzo?" Domandai tornando anche io nel mio ruolo da investigatore mentre le aprivo la portiera.
"Certo che ce l'ho!" Rispose annuendo e prese il cellulare.
"Martens Ave 769 BH." E mi mostrò il messaggio di Laurel, la segretaria di Ben. "Sicuro che non vuoi magiare prima?"
Chiese di nuovo, leggermente preoccupata.
"No tranquilla, sto bene. E poi ho le scorte che mi ha dato Guillermo!" Le spiegai indicando il sedile posteriore con la borsa dei rifornimenti.
"Tu hai fame?" Chiesi entrando in macchina e sedendomi accanto a lei.
"No, per adesso no." Con un sorriso, si tese ad accendere la radio d'epoca nella macchina.
"Funziona, vero?" Mi prese in giro trattenendo una risatina.
"Certo che funziona! E anche molto bene!" Risposi fingendomi stizzito ma mi sciolsi subito in un sorriso.
"Come hai detto che si chiama il Night Club?"
Lei sorrise di rimando e alzò gli occhi al cielo.
"Shades, Mick... Si chiama Shades! E' anche abbastanza famoso!"
Si strinse nelle spalle e prese l'iphone per cercare il sito.
"Eh si, molto famoso... C'è una bella lista di Signori e Signore del cinema a luci rosse che ci va a festeggiare le notti!" Mi spiegò quasi storcendo il naso per poi aggiungere con sarcasmo.
"Evviva l'amore!"
"Ah già... Beh si è un ottimo passatempo per chi non ha voglia di dormire..."
Commentai trattenendo una risata mentre stringevo le dita attorno al volante.
"Perfetto, allora..." Schiacciando l'acceleratore aumentai le marce per poter arrivare prima possibile.


********
12.

Entrammo nel Night Club Shades che nonostante l'ora pomeridiana cominciava già ad avere qualche cliente.
Mi guardai intorno con circospezione individuando il bancone per poter parlare con qualcuno e farmi dare informazioni. Ma prima di avvicinarmi al tizio del bar, che sembrava tutto intento ad asciugare i bicchieri appena lavati, cercai di mettermi d'accordo con Beth.
"Mmmh... Sei mai entrato in un locale così?"
"No... sono entrato in bar dove facevano degli spogliarelli, ma non era roba professionale così, era molto più amatoriale... Ti dispiace se parlo io? Vorrei spacciarmi per un cliente, prima di far scappare qualcuno."

Beth mi guardò accigliata, ma alzò le spalle.
"Va bene, ma come giustifichi la mia presenza?" Chiese sorridendomi.
"Tu resta al bancone, ordina qualcosa da bere e io intanto chiedo degli spettacoli, okay? Qui la gente non fa domande, te lo assicuro."
"E va bene..."
Rispose ubbidiente.
Ci avvicinammo al bar e Beth si accomodò su uno degli sgabelli aspettando che il barista le si avvicinasse, prendendo intanto il menù e cercando qualcosa di leggero fra una donna nuda e l'altra.
A quel punto richiamai l'attenzione su di me per attaccare bottone, sfoderando un sorriso di circostanza.
"Salve, sono un amico di Diane... so che lavora qui da voi. Mi ha detto che avrei trovato la sua migliore amica a fare il turno. E' possibile vederla?"
"Diane? Ah si, forse le ha parlato di Veruska."
"Si esatto... Veruska!"
Esclamai facendo finta di averne appena ricordato il nome.
"La trova alle cabine. A quest'ora fa lo spettacolo in cabina e poi il one to one."
"One to one?"
Sospirai a fondo immaginando già i pensieri tormentosi di Beth.
"Lo spettacolo dura venti minuti circa... Vuole una card?" Domandò subito raccogliendo con lo straccio le scolature dal bancone, davanti allo sgabello di Beth.
"Si...me ne dia una." Capitolai con un sospiro.
"Da quanti minuti?"
"Da 10 ci sono?"
"Certo."
Rispose lui con un sorriso malizioso.
"Me la dia da 10 minuti...."
"Sono 10 dollari."
Mi porse la card che aveva recuperato da un cassetto e lanciò l'ennesima occhiatina di controllo a Beth, che scrutava ancora il menù.
"Grazie..."
"A lei."
Disse lui intascando i soldi e indicandomi le cabine del peep show.
"Okay, vado e torno... Tu cerca di resistere agli assalti." Sussurrai all'orecchio della mia bella accompagnatrice, mentre andavo nella direzione indicata.
Stavolta ho davvero toccato il fondo...
Beth mi seguì con lo sguardo sconvolto mentre mi dirigevo alle cabine e si schiacciò una mano sulla fronte, quasi schiaffeggiandosi. Aveva resistito anche troppo nel controllarsi.
"Oh povera me..." Si disse sconsolata.
Poi cercò di entrare nell'ottica della situazione prettamente lavorativa, ma non le fu molto di aiuto e sentì la rabbia e la gelosia mischiarsi all'irritazione e salirle alla gola.
In un moto di nervosismo sbattè la mano sul bancone e urlò al barista.
"Ehi! Cos'è, se i clienti sono donne, non li servite in questo posto?" Era irritata e decisa a sfogarsi col povero malcapitato.
Io intanto avevo raggiunto la zona del night indicatami.
Sapevo come funzionava anche se non ne avevo mai fatto esperienza diretta. I vetri delle cabine erano schermi al quarzo dove un timer digitale era in grado di stabilire la sequenza e la durata delle esibizioni.
La smart card che stringevo nella mano, simile ad una scheda telefonica, era il mio pass per accede a una delle 12 cabine, situate attorno ad un altro piccolo palcoscenico.
Una volta entrato nella mia, mi sarebbe bastato inserirla nella fessura apposita e lo schermo al quarzo, da opaco, sarebbe diventato trasparente, per farmi assistere a quello spettacolo erotico, fino a che il mio credito non si fosse esaurito.
Voltai lo sguardo, individuando lo spazio a mia disposizione, ma non mi sarei seduto su quella poltrona nemmeno se mi avessero pagato oro colato. Tuttavia, quando inserii la card, la luce si accese improvvisamente al di là del vetro, rivelando una ragazza bionda in un essenzialissimo completino intimo, piegata in due con la testa tra le gambe, mentre si afferrava le caviglie, mostrandomi in primo piano il suo scultoreo fondoschiena in quella posa decisamente sexy.
Restai per un attimo frastornato da quell'apparizione così provocante, mentre la vedevo sollevarsi e muoversi con fare sinuoso e accattivante, poi infilai prontamente la mano in tasca per recuperare il mio portadocumenti. Lo aprii e lo appoggiai sul vetro perchè potesse dare un'occhiata alla mia licenza investigativa e bussando con le nocche, richiamai la sua attenzione.
Lei smise di ballare con lo sguardo perplesso, e si avvicinò al vetro per leggere meglio.
"DEVO PARLARTI! ESCI DI QUI!" Urlai cercando di farmi sentire, ma potevo solo sperare che leggesse le mie labbra.
Lei annuì ma mi indicò l'uscita, rispondendo.
"Non qui... nel privè! Prima porta a sinistra!!"
Io uscii dalla cabina per raggiungerla dove mi aveva indicato e mi infilai nella stanza accanto.
Era un salottino per incontri privati. Il famoso "One to one".
Veruska arrivò immediatamente.
"Qui no sexo, solo esibizione faccia a faccia. Mi dica... io sono regolare."
"No, non sono dell'immigrazione... sto cercando informazioni su Diane, so che eravate molto amiche. Da quanto non la vede?"
Domandai rinfilando il portadocumenti in tasca.
Veruska mi squadrò accigliata.
"Ieri sera, mi ha detto che partiva stamattina per Russia..." Rispose posandosi le mani sui fianchi.
Ero sicuro che fosse sincera, ma prima di darle quella notizia terribile, cercavo di farmi dire di più.
"Abbiamo avuto una segnalazione riguardo a lei. Qualcuno pensa che le sia accaduto qualcosa di molto brutto e stiamo indagando sul giro di gente che la frequentava..." Mi mantenevo sul vago di proposito.
Non avrebbe potuto nemmeno continuare a lavorare se le avessi detto la verità.
"Sarebbe utile se mi dicessi qualcosa del suo privato. Magari hai notato qualche cliente che sembrava interessato a lei più degli altri... Qualcuno che le ronzava intorno insistentemente?"
La ragazza assunse un'aria preoccupata e iniziò a tormentarsi uno dei laccetti che pendevano dal microtanga dorato che indossava.
Sapevo che non avrei dovuto notarlo, ma inevitabilmente seguivo i suoi movimenti.
"Diane non ha tanti amici, solo due, Stuart e Nick." Puntò gli occhi nei miei, sgranandoli e mi concentrai su quello sguardo prepotente.
"Mai piaciuti... Tipi strani, stranissimi!" Lasciò andare finalmente il laccetto e inziò a gesticolare.
"Stuart? Mai visto di giorno, nemmeno Diane... Solo di notte. In Russia significa cosa molto brutta!" Accennò vagamente.
"Nick...lui, perverso! E' maiale... lui tocca tutte e non può, abbiamo regole!" Esclamò schifata.
"Viene e ogni tanto, sceglie una e porta via, per suo lavoro. Fa foto di ragazze, ha chiesto anche me, ma ho rifiutato... Lavoro qui mi piace e sono protetta."
"Aspetta...Una cosa alla volta. Stuart... che vuoi dire, che significa in Russia? Di che cosa brutta parli?"
Avevo paura di domandare perchè già avevo intuito che la risposta non mi sarebbe affatto piaciuta.
"Assassino!" Chiarì quasi urlando, come se stesse accusando me.
"Ladro! Mostro!" Tutte parole decisamente appropriate per un nottambulo.
"Chi cammina di notte non ha animo puro, no animo buono. Chi cammina di notte è demonio! E i suoi occhi... "
"Cos'hanno i suoi occhi?"
"Oh... non so dire bene ma... Ok, io non sono superstiziosa, ma Stuart è bianco, come malato. In terra di sole nessuno è così bianco! Lui come morto! "
"Oh... okay, si, credo di avere afferrato il concetto..."
Questo era un punto decisamente a favore della teoria di Beth.
"Apparte il pallore e uno sguardo un po' inquietante, pensi che abbia mai fatto del male a Diane? Che potesse pensare di farle del male?"
Veruska si strinse nelle spalle.
"Non so, Diane stravede per lui e lui geloso, molto geloso. Però non so...dovresti chiedere a Nick, lui è migliore amico di Stuart."

Se questo Stuart era davvero colpevole, di certo Diane doveva essersi fidata di lui fino all'ultimo momento.
"Questo Nick di cui mi parli... Viene spesso qui, quindi?"
Lei annuì in modo deciso.
"Si, lui viene qui tutte le sere, dopo le dieci." E sottolineò con una pausa eloquente.
"Tutte le sere."
In quel caso avevamo buone speranze di rintracciarlo. Se fosse stato coinvolto nell'omicidio, Nick avrebbe continuato a seguire le sue abitudini per non dare troppo nell'occhio e di certo anche quella sera si sarebbe dovuto presentare.
"Okay, ti ringrazio Veruska..." Le dissi con un sorriso facendo per andarmene.
La ragazza però mi fermò per la giacca e mi fece voltare.
"Ehi..." Sussurrò provocante, passandosi la mano libera sul seno prima e facendola scendere sul ventre.
Sentendo quella pressione riattirarmi verso di lei, mi voltai a guardarla corrucciato, e per l'ennesima volta non potei fare a meno di guardarla più del dovuto.
"Non vuoi spettacolo?" Mi domandò languidamente.
Alzai lo sguardo, mentre mi spuntava sulle labbra un sorriso di leggero imbarazzo.
"No, Veruska, davvero... Tu sei bellissima ma... Non sono dell'umore giusto, credo..."
Lei alzò un sopracciglio scettica e poi si strinse nelle spalle.
"Allora tu deve me 50 dollari."
Mi spiegò tranquillamente porgendo la mano in attesa dei contanti.
Il mio sorriso si smorzò immediatamente, mentre la fissavo inebetito.
"50 dollari... 50 DOLLARI?!? Mah... Abbiamo parlato solo 10 minuti!"
Lei rise leggermente alle mie proteste con aria dispettosa.
"Questa è la sala per one-to-one, se tu non vuoi spettacolo non sono fatti miei, ma mio tempo è denaro e mentre sono stata con te, clienti fuori non hanno avuto loro show! Questa sala si paga, 5 minuti 25 dollari, 10 minuti 50 dollari, 20 minuti 100 dollari, è regole!"Concluse candidamente.
"Eh... è regole!" Ripetei con una punta di stizza nella voce.
Quasi ci stavo ripensando sul fatto che ballasse per me, ma sapevo che calmare Beth dopo sarebbe stata un'impresa disperata.
La fissai con sguardo famelico, mentre pescavo il portafoglio dalla tasca e sfilavo la cifra che mi aveva chiesto.
"Aspetta..." Sussurrai però senza mollare la presa dalla banconota.
"Nessuno saprà di questa nostra conversazione. Io torno nel locale al turno delle 22:00... sarò al bancone ad aspettare e appena tu vedrai Nick, verrai a dirmelo, sono stato chiaro?"
Veruska sembrava d'accordo apparte un particolare.
"Va bene, ma io alle dieci ballo su palco di lap dance, tu siediti vicino al palo... non posso smettere di ballare per te."
Alzai le sopracciglia pensando che avevano delle tattiche ben studiate per accalappiare i clienti nella loro rete, ma erano davvero molto brave a non darlo troppo a vedere, fingendosi innocentemente disponibilissime.
"Perfetto allora... Ricordati che quei 50$ sono miei per il disturbo." Ammonii indicandola.
"Ci sarò." E salutandola con un cenno, imboccai la porta per tornare al bar dove avevo lasciato Beth, che era ancora lì, seduta al bancone.
Mi avvicinai a lei e le spiegai a bassa voce il succo della mia "preziosa" conversazione.
"Sai, credo che dovremo diventare anche noi frequentatori di questo posto, stasera... Mi ha parlato di un certo Nick, amico di Stuart, e mi ha assicurato che tutte le sere passa dal locale... Se è abbastanza furbo come credo, non romperà la tradizione e si farà vedere anche oggi. Veruska ha detto che me lo indicherà, appena lo vedrà entrare, stasera alle 22:00."
Beth alzò un sopracciglio ed emise un verso di assenso rivolgendosi poi ancora al barista.
"Ma sei sordo? Ti ho chiesto il conto!" Gli urlò dietro mentre lui, piuttosto nervoso, si affrettava a battere sulla calcolatrice.
"Ma che hai? Stai bene?" Domandai accorgendomi della completa assenza di reazione alla mia proposta.
"Sto benissimo!" Rispose lei secca, pagando il conto e lanciando un'occhiata storta al barista.
"Tanto ci vediamo stasera..." Gli sibilò contro e si alzò, ignorando le sue proteste e lamentele.
"Andiamo?" Mi domandò poi con noncuranza.
Per quanto cercasse di ignorare il problema, ogni singolo movimento e ogni sguardo di Beth rivelavano il suo stato di tensione e così, senza girare ulteriormente il dito nella piaga, provai a riparare ai danni, mentre uscivamo dal Night club e tornavamo alla Mercedes.
"Si, andiamo... Ma, non hai idea... Non ho mai speso tanto per NON guardare un nudo integrale!" Esclamai aprendole la portiera, cercando di condividere con lei la stizza per quel furto che avevo appena subito. Ma cambiai subito argomento.
"Invece, stavo pensando... che magari tu potresti metterti qualcosa di più... appropriato all'ambiente." Spiegai aprendo la mano ad indicare il posto. Me ne ero pentito subito dopo averlo detto.
"E' perverso, vero?"
Se Beth fosse stata in un cartone animato, avrebbe avuto una vena pulsante sulla testa di dimensioni astronomiche.
"Stai dicendo che di solito spendi di meno... e che vuoi che IO mi scopra per mostrarmi a QUELLA gente?" Sibilò guardandomi male come non aveva mai fatto. E io cercai di deglutire, sebbene avessi la gola completamente secca.
"A dire la verità di solito non pago per vedere un nudo integrale..."
La fissai rientrando in macchina e poi presi qualche secondo prima di accendere il motore. Volevo essere sicuro che si fosse un po' calmata.
"Si... E' perverso, il mio piano di lasciarti ammirare dagli occhi di qualcuno che non farebbe affatto pensieri puliti su di te, Beth."
Confessai appoggiando le mani sul volante e rimanendo a fissarle, senza spostare lo sguardo su di lei. Nemmeno io riuscivo a capire da dove mi venisse la forza per farle una proposta così indecente.
Non era proprio da me.
"Te la sentiresti di fare da esca?"
Solo a quella torbida domanda tornai a cercare il suo sguardo. Sapevo che era il momento più sbagliato per chiederle un favore, ma sapevo anche che lei ci aveva già pensato, esattamente come me.
"Sono sicuro che Nick non potrebbe mai resisterti..."
Beth mi guardò per alcuni immensi secondi, poi sbuffò lievemente.
"Non credo che abbiamo altra scelta, di certo tu non gli piaci!" Mestamente distolse lo sguardo dal mio, portandolo oltre il finestrino immersa nei suoi pensieri per qualche istante.
"Veruska mi ha detto che Stuart gli ricorda il demonio." Conclusi sommessamente mentre la vedevo turbarsi sempre di più.
Non potevo sopportare di vederla reagire in quel modo senza che mi desse una spiegazione. Mi voltai verso il suo sedile e le poggiai una mano sul braccio per farla girare verso di me.
"Ehi... Dimmi che succede, e non rispondermi niente!"
Beth si voltò, tornando a fissarmi con aria stanca.
"Niente... di grave. Adesso passa, non preoccuparti... Mi sento soltanto un pò giù. Scusami... Non so cosa mettere per stasera." Aggiunse poi.
Restai a guardarla con attenzione seguendo i suoi movimenti. Non riuscivo a capire cosa le passasse per la testa, ma l'unico modo che avevo per calmarla e rassicurarla come le serviva, era farle capire che ero sempre lì con lei. Mi avvicinai ancora di più, prima di accarezzarla e posare le labbra sulle sue, in un bacio lento e caldo che aveva il potere di unirci completamente almeno per qualche intensa manciata di secondi.
Quando tornai a guardarla negli occhi, a pochi centimetri dalla sua bocca, sussurrai appena.
"Ti amo... Non dimenticartelo. Qualunque cosa metterai, sarai bellissima, come sempre."
"Non devo essere bellissima, no?"
Replicò prontamente.
"Devo essere appetibile e provocante!" Fece una breve pausa, aspettando che recepissi il messaggio, ma poi mi aprì il suo cuore come faceva sempre.
"Ti amo anche io Mick... Ma è stato difficile vederti andare lì dentro e sentirti dire che devo farmi bella per qualcun'altro. Lo so, è stupido, ma è più forte di me..." Un suo sospiro tremolante mi accarezzò il mento, mentre la ascoltavo in silenzio.
"Sono gelosa e possessiva e certe cose non riesco a scinderle dal lavoro, mi dispiace." Forse si vergognava un po' di quello che mi aveva confessato e spostando lo sguardo fuori aggiunse, rimproverandosi da sola. "E' poco professionale."
Quando mi accorgevo di essere la causa dei suoi malesseri, non riuscivo a fare a meno di esasperare anche i miei, prendendomela con me stesso.
"Ma io non ci sono andato per divertirmi... Cosa avrei dovuto fare? Mandarci te, a vedere lo spogliarello? Vogliamo tutti e due che quell'assassino venga fermato prima che uccida altre ragazze innocenti. E non voglio che tu ti faccia bella per qualcun altro, ho detto una stupidaggine!" Mi fermai per un istante di silenzio, interrotto da un mezzo sbuffo.
"Stai tranquilla, anche se ami il rischio, non te ne farò correre nessuno. So quello che faccio, perciò fidati di me. "
"Non è il rischio che mi spaventa, Mick. E' solo che sono gelosa, tutto qui... Lo sei tu e lo sono anche io. Lo sono di Cindy e lo sono di tutte quelle che ti girano intorno!" Tornando a guardarmi, mi prese la mano lentamente e io accennai un sorriso compiaciuto.
"Devi essere gelosa." Risposi poi con soddisfazione.
"Sono una creatura rara. Dove pensi di trovarlo un altro vampiro così sexy e dall'animo sensibile!" E Beth si sforzò di sorridere in modo più rincuorante.
"Passerà... Cerchiamo di pensare solo al caso, ora. Prendiamo quell'uomo, ok? Mi dispiace, ho lasciato che questa storia mi turbasse troppo. Ti prometto che non succederà più. E comunque... Non sono tanto sicura che tu non ti sia divertito, lì dentro." Azzardò, assottigliando lo sguardo e prendendomi in giro.
Io risposi al suo sguardo, serissimo per farle capire che al contrario non scherzavo affatto.
"Si, torniamo all'indagine. Ma ricordati che non ho bisogno di guardare le altre. Ho il mio angelo biondo e non mi interessa nient'altro."Spiegai con tono pacato ma convinto.
Poi girai la chiave, facendo rombare il motore e stavo per fare manovra quando l'iphone squillò avvisandomi di un sms.
Ripescai rapidamente il telefono dalla tasca, leggendo di sfuggita e lo passai a Beth.
"Kostan è tornato alla postazione di comando, ordina che lo raggiungiamo, che dici, abbiamo tempo?"
"Certo, abbiamo tempo, non sono così lenta a prepararmi... Anche se non ho la tua velocità!"
Mi provocò cacciando fuori la lingua.
"Sicuro che voglia anche me? Magari è una cosa fra vampiri..." Improvvisamente si era ricordata di quel particolare.
"Non lo so, ma sono io che ti voglio con me. Se c'è qualche problema "solo per vampiri" te lo dirà lui senza giri di parole, conosci Josef. Per adesso vieni con me." Risposi con estrema determinazione.
"Allora vediamo che cosa vuole... e speriamo che non ci siano altri problemi." Dissi con un sospiro, dirottando verso il palazzo delle Kostan Industries.

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Capitolo 5
*** Quinta parte ***



********
13.

Quando io e Beth arrivammo nell'ufficio di Josef, riconobbi subito un odore molto antico che non era come quello del mio amico. Istintivamente frenai Beth, mettendole un braccio davanti.
"Aspetta. Qualunque cosa dicano, fai parlare me a meno che non ti facciano domande dirette. E soprattutto resta incollata al mio fianco." La ammonii guardandola più intensamente del solito.
Lei ricambiò lo sguardo poi si accigliò e sorrise.
"Wow...fa molto Dungeons and Dragons" Ridacchiò.
"Se vuoi chiamo un taxi e vado via, Mick... Non voglio darti noie."
"Beth... ne abbiamo già parlato. Non ho cambiato idea, d'accordo? Non me lo dire più, per favore."
La rimproverai cercando di controllare la leggera tensione che provavo.
La verità era che non mi aspettavo di trovare Josef in compagnia, soprattutto di un non-morto così attempato.
Quando svoltammo l'angolo insieme, ci ritrovammo davanti alla porta spalancata e notai Josef in compagnia di un uomo di mezza età, alto e dal fisico robusto. Sembrava vestito da ranger, con il cappello da cowboy e la camicia azzurra a quadri infilata con cura nei jeans scoloriti.
Josef si accorse del nostro arrivo e ci accolse con un sorriso evidentissimo.
"Ehi... ecco i miei amici! Mick, Beth, entrate pure! Voglio presentarvi John, ci conosciamo da diversi... secoli!" Esclamò con occhi luminosi.
Entrati nella stanza Beth sorrise a Josef e al suo ospite, stringendosi impercettibilmente di più a me.
"Buonasera..." Salutò timidamente senza spegnere il sorriso.
Io invece avanzai di un passo in più verso di loro, porgendo la mano tesa allo sconosciuto, il quale ricambiò il gesto e mi diede una stretta vigorosa.
"Mick St. John."
"Piacere Mick, Josef mi ha parlato molto di te. Io sono John Alden."

Impiegò una frazione di secondo a spostare lo sguardo penetrante su Beth al mio fianco, rendendosi conto che si trattava di un'umana più che appetitosa.
"Signorina..." Si presentò a Beth con un sorriso molto più aperto.
"Una bella presenza femminile fa sempre molto piacere... Anche tu hai l'abitudine di portarti dietro "l'aperitivo"?" Mi domandò tornando a fissarmi con attenzione.
Io mi irrigidii all'istante, ma Josef intervenne con prontezza a specificare.
"No, John... Miss Turner è un'ospite molto speciale nonchè una cara amica. Nessuno beve da lei, è zona off limits."
Alden si affrettò ad annuire e si scusò immediatamente, direttamente con Beth.
"Perdonatemi, ma conosco le abitudini di Mr Kostan e credevo... beh, vogliate scusarmi. Non era mia intenzione offenderla, Miss Turner."
Beth lo guardò con sicurezza e sorrise.
"Non si preoccupi, non mi sono offesa..." Lo rassicurò garbatamente.
"E' un errore più che legittimo, credo di essere l'unica eccezione a questa regola!" Josef annuì alle parole di chiarificazione di Beth e cercò di placare gli animi.
"Bene, ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni del caso, direi che possiamo parlare di cose serie."
Voleva parlare di cose serie davanti a quell'Alden e io non ero proprio convinto che fosse la cosa migliore.
"Quali cose serie, Josef? Mi hai messo fretta per venire qui e parlare dei vostri ricordi dei vecchi tempi?" Domandai con una punta di insofferenza nella voce.
"No, Mick... John è in grado di darti molte informazioni su quello che sei andato a cercare a Grunge Town..." Cominciò con fare allusivo. Era chiaro che sapeva bene come avevo passato la mia mattinata.
Logan questa me la paga...
Senza preoccuparsi della mia espressione corrucciata, Josef ci versò da bere e ne offrì a tutti.
"Vuoi un bicchiere d'acqua, Beth?" Domandò gentilmente, prima di cominciare a spiegarmi quello che era più utile capire.
"Magari, grazie Josef." Sorridendo, mi tirò per la manica del cappotto per incitarmi a sedermi accanto a lei e di fronte ai due vampiri anziani, aspettando il suo bicchiere d'acqua. E io ricambiai lo sguardo preoccupato che mi aveva rivolto, cercando di farle capire che poteva stare tranquilla, anche se io ero ancora in allerta.
"Questo vampiro ha avuto un'esperienza notevole nel campo su cui stai indagando." Josef si fermò un istante per portare il bicchiere d'acqua a Beth e John ci sorrise fieramente, mentre si godeva quella serie di considerazioni e di elogi sulla sua persona.
"Così ho pensato... chi meglio di uno scampato all'inquisizione può parlarci della Legione?"
Ancora non riuscivo a capire bene a quale gioco stessimo giocando. Sapevo solo che portare Beth non era stata una mossa prudente.
Ero però convinto che Josef si circondasse solo di gente fidata, per cui probabilmente dovevo essere meno ottuso.
"Okay, John. Ora siamo curiosi."
"Anche io... "
Sussurrò però John con un sibilo mentre indicava stupito il mio petto e l'anello all'indice.
"Tu... porti il Fiore di re Luigi addosso." Quando mi ero chinato per sedermi evidentemente il ciondolo doveva essermi uscito dalla camicia e la mia mano era ben in evidenza sul bracciolo della poltrona di Josef.
Beth si voltò di colpo a guardarmi per un momento e poi tornò a fissare i due vampiri, seguendo attentamente ogni parola.
"Come?" Domandai corrugando la fronte.
"La croce gigliata che hai sull'anello..." Sussurrò indicando il mio indice della mano destra. Io seguii il suo sguardo e precisai.
"E' l'unico regalo di Coraline che ho tenuto volentieri. Me lo regalò dopo avermi reso vampiro...insieme al ciondolo. Li porto da allora."
"Mick è stato sposato con Coraline Duvall..."
S'affrettò a precisare Josef scambiandosi con Alden un'occhiata particolarmente allusiva. John invece si voltò a fissare me con maggiore intensità.
"Sai almeno che cosa significa?"
"No. Ha un significato particolare?"
Chiesi allora turbandomi.
"Direi di si... Il giglio è un simbolo della dinastia francese dei Luigi a cominciare da Luigi VII che lo adoperò come stemma, probabilmente per la somiglianza con la punta di una lancia. E' simbolo di potere.
Quello dimostra che tu appartieni alla loro famiglia, che sei della loro stirpe pur non essendo un Duvall. Ma questo lo possono capire solo pochi vampiri all'antica come me... Vero Kostan?"
"Io non ho mai portato roba di quel tipo e nè mi interessa farlo!"
Protestò Josef con una smorfia di disprezzo.
"Non ci avevo pensato, sinceramente. E' per questo che ti ho chiamato, John, tu conosci bene le antiche dinastie di vampiri."
"Si, le conosco bene. Abbastanza bene da capire che Mick è stato vampirizzato da un Duvall e dunque deve a loro rispetto."
"Un patto che Mick non ha proprio rispettato alla lettera, diciamo che ha tentato di uccidere Coraline e ci è andato davvero molto vicino..."
Spiegò Josef da parte mia, mentre abbassavo lo sguardo mordendomi il labbro.
"Possiamo evitare commenti poco piacevoli sulla mia vita coniugale?" Chiesi allora al limite della sopportazione cercando di ricordare a Josef che Beth era lì presente e quel discorso le riapriva antiche ferite. A quelle parole in effetti, lei si passò una mano fra i capelli nervosamente e accavallò le gambe sistemandosi col peso dal lato opposto al mio, restando però in silenzio e ascoltando attentamente, mentre tormentava il bicchiere d'acqua con la mano libera.
"Si, hai ragione Mick. Non siamo qui per parlare dei Duvall. Siamo qui per la Legione e io ti dirò di cosa si tratta, sperando di chiarire i tuoi dubbi." Si corresse Alden.
"Vedete, l'inquisizione è nata per proteggere la religione cattolica, ma la Legione Black Moon ha un ruolo a sè stante.
I sorveglianti che la rappresentano, non difendono una religione in particolare, il loro ruolo va ben oltre, anche se molti di loro sono dei ferventi cattolici.
Qui si tratta di proteggere la razza umana da tutto ciò che rappresenta un "pericolo" e che va fuori dall'ordine delle cose.
Questa gente combatte per difendere l'umanità dal diverso, perciò controlla tutto ciò che è in disarmonia con le regole dell'universo o che in qualche modo si oppone ad una legge naturale.
L'immortalità è contro natura. Nutrirsi dei propri simili, succhiandone il sangue, mangiandone la carne, rubandone energia vitale, è contro natura.
Usare arti magiche al servizio di un essere votato al male, è contro natura.
Nel 1982 in Argentina c'erano sacerdoti come il Monsignor Miguel Medina, il vicario generale delle Forze Armate, che fomentavano la rivoluzione sostenendo che "a volte la repressione fisica è necessaria, è obbligatoria e, in quanto tale, lecita."
E la Legione è appunto costituita da uomini e donne con particolari doti e con un codice comportamentale inflessibile. Sono persone votate alla conservazione della specie umana e tu, Mick, hai avuto modo di vedere da vicino come si muovono efficaciemente in perfetto anonimato, come ombre nella notte, quasi quanto noi.
L'inquisizione che la B.M. attua non è votata alla tortura fine a sè stessa, è un mezzo per proteggere la razza umana. E se io e te fossimo ancora umani non potremmo che stare dalla loro parte!
I mostri siamo noi... E non è un mistero per nessuno.
Anche se alcuni uomini sono peggiori dei mostri, la nostra razza rappresenta un grosso problema per l'umanità intera. Immagina se qualcuno di noi si svegliasse improvvisamente con la brillante idea in testa di conquistare il mondo. Pensi che non potrebbe riuscirci? Uno solo di noi con un buon grado di preparazione, può sterminare intere città.
Ecco perchè la Legione agisce indisturbata, è protetta da personaggi molto influenti in difesa della vita, Mick... E dato che noi siamo contro natura, è contro di noi che si accaniscono, soprattutto quando cerchiamo di prevaricare ed invertire l'ordine delle cose.
Qui non si tratta di credere o meno a Dio o al Demonio. Qui si tratta della sopravvivenza del mondo.
Come sapete, è stato necessario stabilire delle regole affinchè il nostro mondo vivesse in equilibrio con quello della razza umana.
Ultimamente questo equilibrio è stato turbato da diversi eventi che evidentemente hanno preoccupato la Black moon e che tuttora preoccupano il consiglio. E dato che anche nel giardino del re crescono le erbacce, qualcuno deve preoccuparsi di estirparle.
Noi vampiri "civili" abbiamo istituito il sistema di pulitura che riporta l'ordine lì dove possano esserci disordini.
Da quando abbiamo raggiunto un accordo, la Legione finora si è sempre occupata solo di sopperire alle mancanze del nostro servizio di contenimento, affinchè tutto proceda come deve.
Io ho sempre vissuto lontano da tutto questo, da quando ho avuto uno scontro diretto con l'inquisizione. Mi sono ritirato nel mio ranch e da allora vivo lì, lontano dagli altri vampiri e anche dagli umani, cercando un contatto con loro solo in casi di estrema necessità. Sono un solitario per scelta, lavoro e vivo meglio da solo. Ma ora la situazione sembra essere preoccupante a causa di questa "lista" di cui abbiamo scoperto l'esistenza e su cui si presume ci siano i nomi di moltissimi vampiri, tra cui quelli più antichi e importanti. Non ho capito chi sia stato il primo ad infrangere i patti, se loro abbiano pestato per primi i piedi a noi, o qualcuno dei nostri abbia azzardato troppo nei loro confronti.
So solo che siamo in pericolo e se vogliamo che torni la pace, dobbiamo capire cosa vogliono da noi, anche se ormai a me sembra chiaro come il sole."
Concluse con un sospiro.
"Cosa? A me non sembra chiaro per niente, John. Che cosa vogliono?"
"Vogliono la nostra estinzione, Mick. Avranno convenuto che non siamo utili alla loro causa e ora vogliono eliminarci definitivamente. Il Grande maestro della Black Moon, il padre di tutti i Legionari, credeva nella nostra specie. Era convinto che solo 10 di noi al servizio dell'umanità potessero salvare il mondo dalla distruzione. Per questo ha voluto che si trovasse un accordo che ci facesse vivere in pace insieme agli umani. Ma solo alcuni di noi si sono adattati alle regole, alcuni preferiscono seguire ancora l'istinto primordiale. Qualcun'altro ha manie di grandezza e crede di poter avere il controllo."
"Adesso ho capito... Ma da come parli sembra che il Consiglio voglia tenersi in buoni rapporti con la Legione. Allora stiamo parlando di pochi ma deleteri elementi di disturbo. Se riusciamo a fermare quelli, forse la Legione la smetterà di attuare l' H.O.P.E.!"
* ( vedi ep. 18 - Death Symphony, letto al contrario sta per "Executive Plan Of Hunting" )
Era un'ottima idea, ma non avevo nè il potere nè le conoscenze per indire una folle crociata contro questi vampiri sanguinari e per ora potevo solo rimandare.
"Beh gentiluomini, grazie per l'aiuto." Dissi alzandomi con un leggero sorriso sulle labbra.
"Le tue informazioni saranno di grande utilità per noi. Resti nei paraggi per qualche giorno, John?" Gli domandai porgendogli di nuovo la mano per ringraziarlo più cordialmente.
"Si, credo che mi tratterrò per qualche tempo a Los Angeles. Non ho fretta di rincasare e nessuno che aspetti il mio ritorno."
"Allora, ci vediamo. Piacere di averti conosciuto!" Annuii salutandolo e cercai lo sguardo di Josef per ringraziare anche lui.
"Tu fatti sentire, se c'è qualche novità. Io e Beth abbiamo parecchio lavoro da sbrigare e il nostro tempo è pochissimo, non è vero?"Spiegai loro specchiandomi infine nel suo sguardo limpido.
"Si, certo." Si alzò con un sorriso luminoso dei suoi. "Grazie dell'aiuto, arrivederci." Annuì col capo in cenno di saluto e si rivolse al vampiro rosso, prima di avviarsi alla porta aspettando che io la seguissi.
"Ciao Josef..."
Ci avviammo insieme all'ascensore per tornare in strada e ne approfittai per esprimerle subito i miei pensieri in merito a ciò che avevamo sentito.
"Questa Legione è una vera e propria setta. Io ho visto come fanno. Purificano con riti sacri tutto ciò che è venuto a contatto con il soprannaturale. Ma io non credo che ci vogliano tutti morti, basterà dimostrare loro che di qualcuno fanno bene a fidarsi. E' una cosa molto difficile, ma ci dobbiamo provare... Abbiamo ancora un paio d'ore."
"Passiamo in biblioteca, hanno volumi molto vecchi anche di provenienza europea, forse possiamo trovare qualcosa"
Propose con sicurezza.
"Quando stavo al Buzzwire, per quell'articolo sui vampiri ho trovato molto materiale..."
Annuii alla sua proposta sperando di trovare anche qualche informazione di più sul nuovo ospite di Josef.

********
14.

Rimasti soli, Alden si avvicinò a Josef con aria molto sospettosa. Si era accorto che Josef evitava accuratamente il suo sguardo.
"Kostan... Guardami in faccia e dimmi che Mick è tornato vampiro in modo spontaneo, quando è finito l'effetto della cura..."
Josef alzò lo sguardo dal bicchiere ed esitò un ultimo istante prima di voltarsi a fissarlo come gli aveva chiesto. Ma non rispose.
"No... non l'hai fatto, vero? Non puoi averlo fatto consapevolmente!"
Il silenzio e la determinazione nello sguardo vigoroso di Josef non gli lasciava dubbi.
"Lo hai fatto... Kostan, tu devi essere completamente PAZZO! Non si è mai verificata una cosa del genere in tanti secoli! Come hai potuto generare una creatura più forte di te? Il ragazzo... non sa niente vero?"
"Calmati, John..." Il mio amico, al contrario, non era affatto turbato dalla reazione di Alden. Probabilmente se la aspettava già.
"Mick non lo sa e non deve saperlo. Gliene parlerò io quando sarà il momento."
"Non posso crederci... Non posso credere che tu lo abbia fatto. E' razionalmente incoerente! Tu poi, che hai una naturale attitudine al comando! Come diavolo ti è saltato in mente?"

La domanda che aveva fatto gli restò in gola, mentre improvviso come un lampo, un'ipotesi illuminante si faceva strada nei suoi pensieri oscuri.
"Ah, aspetta, credo di avere capito... Lo avevi in mente fin dall'inizio, vero? Avevi progettato tutto." Scuotendo la testa, gli sfuggì un sorrisetto nervoso. Josef invece aggrottò le sopracciglia stranito.
"Cosa?"
"Si, sei diventato amico di Coraline e l'hai incoraggiata ad abbracciare un umano senza fargli consultare Philipe. E solo perchè volevi arrivare a questo."
"Ti sbagli John, io non ho mai incoraggiato Coraline ad abbracciare Mick, al contrario! Non ho mai pensato che..."
Prima che potesse spiegarsi, Alden lo aggredì di nuovo con le sue calunniose accuse.
"Kostan smettila di nascondere la verità a te stesso. Tu hai architettato tutto questo per vendicarti dei Duvall! Ma io ti capisco benissimo... In fondo loro hanno ucciso Kramer e sterminato la tua Famiglia... Chiunque avrebbe organizzato una vendetta terribile al tuo posto, ma questo... non ti credevo capace di arrivare a tanto! Sono davvero colpito!"
Ragionando su quella strana supposizione, Josef si lasciò cadere sulla poltrona, agitando una mano con un gesto di insofferenza, quasi a scacciare nell'aria certi pensieri assurdi e spostò alcune delle sue carte nervosamente, per avere una scusa valida e distogliere lo sguardo.
"Non dire scemenze, Alden, io non ho programmato nulla, è stato Mick a venire da me e a chiedermi di riabbracciarlo dopo che Coraline gli aveva dato la cura! Non potevo dirgli di no in quelle circostanze...Non avevo scelta"
"Ah si? Sai cosa credo? Credo che questo sia quello che ti piace pensare. C'è sempre una scelta, Kostan. Io sono convinto che in fondo non ti sia affatto dispiaciuto. Inconsciamente hai cercato tutto questo! Ora devi prenderti la responsabilità del tuo gesto e spiegare a Mick cosa lo hai fatto diventare... Lui si fida ciecamente di te, non puoi rischiare di perderlo. Ora è dalla tua parte e devi fare in modo che ci resti. Sai bene perchè. Se i Duvall scoprono quello che hai fatto, prima che lo sappia il consiglio..."

Stavolta fu Josef ad interrompere John, ad alzarsi e a piantargli il suo sguardo affilato negli occhi, zittendolo di colpo.
"Mi preoccuperò io della faccenda, come ho sempre fatto. Tu restane fuori e tieni la bocca chiusa come fai sempre, John. E chiudiamo qui questo discorso."

******
15.

Beth aveva scelto quattro volumi di dimensioni enciclopediche e si era messa a sfogliarli attentamente, tossendo ogni tanto per la polvere e imprecando sommessamente ogni qual volta era costretta a cacciare via qualche insettino che aveva fatto, delle pagine antiche, la sua casa. Era ormai al terzo libro, quando si accigliò e si avvicinò alla pagina, leggendo con attenzione.
"Ooooh..." Sussurrò piano, richiamando la mia attenzione.
"Ehi, guarda questo! L'ho trovato!" Esclamò soddisfatta.
Era già da una buona mezz'ora che stavamo scartabellando tutti i testi di storia moderna in cui c'era un qualche sentore di vampiri, della legione della Black Moon e naturalmente su tutto ciò che riguardava l'inquisizione.
Mentre mi sedevo accanto a lei, dopo avere recuperato un'altra pila di volumi spaventosamente alti, mi ero sporto verso Beth per rendermi conto della sua scoperta.

Photobucket


"Wow... hai trovato l'enciclopedia del vampiro? Chi ha scritto questa classificazione così accurata?" Domandai incapace di credere a quanto fosse minuziosamente dettagliato quel capitolo sulle razze.
Lei voltò la pagina e indicò una riga.
"Due studiosi appassionati di soprannaturale, nei primi anni del '900, Lord Stuart Garroth e Lady Maeve Wester!" Spiegò con un sorriso.
"A quanto pare erano appassionati di magia e occulto e hanno stilato questa lista, basandosi su documentazioni medievali e incontri ravvicinati con i vampiri predisposti a parlare." Tornò poi alla prima pagina del libro.
"Demoni e altre creature del fantastico." Lesse adocchiando il titolo.
"E' una ristampa degli anni '30" Così indicava la foggia più o meno moderna del libro.
"Ne hanno classificati un bel pò... Fotocopiamo?"
"Si certo...E io sarei un azzurro?"
Domandai scettico, abbassando ancora di più la voce ad un semplicissimo soffio mentre riaprivo uno dei tomi e agitavo davanti a me la mano per scacciare la nuvola di polvere che avevo alzato.
"A quanto pare si" Rispose lei convinta.
"Non ti piace?"
"Se mi piace? Ah, non ho problemi con i colori, anzi il blu mi piace! Sarei solo curioso di sapere se sono vampiri anche questi studiosi e sanno davvero di cosa parlano. Comunque per ora è l'unica classificazione che hai trovato, vero?"
"Si, è l'unica classificazione che ho trovato, però se ci pensi è vero, i tuoi occhi diventano azzurri quando ti trasformi..."
Sussurrò piano prendendo il volume con entrambe le mani, praticamente abbracciandolo e portandoselo alla macchina fotocopiatrice per fare le copie.
"Eh si...in effetti si. E Stuart secondo te a che razza appartiene?" Domandai prima che si allontanasse per poi tornare ai miei libri.
"Pensaci mentre fotocopi, così poi me lo spieghi... Intanto cerco informazioni qui."
Accarezzai la copertina di tessuto scolorito, prima di aprire il volume e scorrendo velocemente le pagine, con la mia capacità di lettura decisamente rapida per un umano, trovai però tracce di una delle storie più inquietanti, riferite alla caccia al maligno.
La vicenda delle streghe bambine di Salem.
Fatta la fotocopia, Beth le diede un'occhiata prima di riportare il libro al tavolo e continuare a sfogliarlo mentre mi spiegava la possibile risposta alla mia domanda.
"Probabilmente Stuart è un neutro." Andò alla pagina successiva, leggendo velocemente.
"Perchè?"
"Qui spiega che i vampiri possono nutrirsi tranquillamente di sangue animale così come fanno di quello umano, senza che ci siano particolari distinzioni, a parte quella fra la razza dei viola e dei dorati e specifica che nonostante il sole non nuocia a quest'ultima razza, non possono farsi vedere comunque esposti ai raggi solari."

La sua teoria mi sembrava in effetti quella più plausibile, dato che aveva studiato attentamente le fonti che aveva rintracciato.
Ma non aveva ancora finito di leggere.
"A quanto pare la loro pelle diventa dura e liscia al punto che riflette la luce innaturalmente..."
"Sul serio? Bel problema...scintillare al sole può essere affascinante ma un po' troppo evidente per uno che vuole mimetizzarsi nella folla!"
"Già... Ma li escluderei, Mick, per via dei poteri mentali. Se Stuart fosse appartenuto ad una razza con questi poteri, avrebbe potuto ricattare Diane o plagiarla per farla rimanere. Abbiamo appurato che non è come te per via del freezer, e che non è un giallo perchè non si sarebbe riflesso nello specchio..."
Spiegò guardandomi fisso.
"Quindi non restano che i neutri, dato che i Vampiri Primordiali si sono estinti....per fortuna."Aggiunse ridendo.
"Oddio, non ti sono sembrata totalmente matta?" Rise di nuovo per quella lunga dissertazione che aveva appena tenuto sui vampiri, fonti alla mano. Se fossi stato un professore di scienze occulte l'avrei promossa con il massimo dei voti.
"No, Beth...Non sei matta. Dovrei farti di nuovo i complimenti ma eviterei per non farti montare troppo la testa, biondina! Ma mi fai un po' paura, perchè sei diventata troppo esperta, ormai! Anche se credo che tu abbia ragione su tutto." Confermai con un sorriso e poi le spiegai.
"Almeno tu hai trovato qualcosa di originale... Io sto leggendo dissertazioni e codici inquisitoriali da mezz'ora... Come ad esempio questo:
Anche all'autorità civile, il tribunale dell'inquisizione raccomanda di eseguire la sentenza, evitando di spargere il sangue del condannato. Perchè questa frase mi suona particolarmente inquietante?"
Mi domandai a voce alta mentre Beth sorrideva soddisfatta, prima di immergersi di nuovo nelle sue letture. Poi ad un tratto, assottigliai lo sguardo, incuriosito.
"Okay, come non detto. Forse anche io qui ho travato qualcosa che voglio farti leggere. Ne avevo sentito parlare ma non ne conoscevo i particolari... Senti qui.
Il processo alle streghe, nel villaggio di Salem, presso Boston, cominciò con tutti i suoi orrori, nel 1691, dopo che alcune giovani dichiararono d'essere state vittime d'un maleficio. Le ragazze, tra cui la figlia e la nipote del reverendo Samuel Parris, Betty ed Abigail, erano solite incontrarsi per "prevedere" il loro futuro. Tra loro c'era anche una giovane di nome Sarah Cole e proprio quest'ultima una sera, dichiarò d'aver visto uno spettro sotto forma di bara in quella che utilizzavano come sfera (un albume sospeso in un bicchiere pieno d'acqua). Da quel momento, le bambine cominciarono ad assumere comportamenti strani (bestemmiavano, avevano attacchi epilettici violentissimi e improvvisi, cadevano in stati di trance) Come una sorta di malattia, questa "epidemia"si diffuse a molte altre giovani del paesino ed essendo i medici incapaci di giustificare tali sintomi, venne dichiarato che le giovani erano vittime di Satana. Venne istituito un vero e proprio tribunale. Furono incarcerate e giustiziate 20 persone tra cui donne, uomini e bambini. La prima fu la schiava dei Parris, Tituba, che confessò d'essere una strega e aggiunse d'aver incontrato un uomo alto proveniente da Boston che per i giudici era, ovviamente, Satana. Ma una delle bambine, la piccola Abigail, additò un uomo del pubblico durante il processo, identificandolo con Lucifero stesso.
Il suo nome era John Alden."

Alzai per un attimo lo sguardo dalle pagine per voltarmi verso Beth.
"Era vivo nel 1691... E probabilmente era già vampiro." Commentai prima di continuare a leggere su un altro volume sotto la voce corrispondente al suo nome cui avevo messo il segno.
"John Alden fu un rispettabile capitano di mare. La sua famiglia era giunta in America nel 1620 a bordo della Myflower. Venne accusato dalle bambine di Salem di fare malefici e quando le incontrò e le guardò negli occhi, esse caddero preda di convulsioni ed egli rispose ai magistrati una frase rimasta nella storia.
"Se io sono Lucifero, perchè non cadete a terra anche voi, quando vi guardo?"
Alden riuscì a corrompere il carceriere e fuggi, tornando solo quando la caccia alle streghe fu finita.
Quell'isteria generale si concluse nell'autunno del 1692 e il 12 ottobre 1693 il governatore Phips sciolse "La Corte" (il tribunale creato per processare le streghe) e istituì una Corte di giustizia che, dopo aver preso in esame 52 casi, assolse 49 detenuti e commutò la pena di 3 condannati a morte. Da allora non si è più assistito ad altri casi di stregoneria.
Okay Alden mi sembra un testimone attendibile... Ma ho trovato anche informazioni sull'inquisizione e queste cose sono anche più raccapriccianti.


Archivio servizi della BBC

Il 6 novembre 1994, la BBC ha trasmesso un documentario dal titolo The Myth of the Spanish Inquisition (Il mito dell'Inquisizione spagnola). Il documentario si diceva basato su anni di studio degli archivi e rivelava particolari sui metodi inquisitori. Dopo una breve lettura, cercai di tirare le somme.
"Ti rendi conto Beth? Questo tizio studiava l'inquisizione e improvvisamente ha deciso di ritrattare tutto quello che aveva ipotizzato, affermando che l'inquisizione non era affatto un sistema bigotto e un temibile strumento di tortura, sfruttato politicamente. Ma che al contrario l'inquisizione fosse vittima di infamia perchè tassello debole nel mosaico della potenza spagnola. Della serie, come rigirarsi la frittata! E' incredibile... Adesso però credo sia meglio andare." Sussurrai controllando l'orologio. "Non vorrei che il nostro uomo ci sfuggisse."

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Capitolo 6
*** Sesta parte ***



*******
16.

"Allora, sei pronto a parlare di affari?"
"NO lei vuole qualcosa che io non posso e non VOGLIO consegnarle! NON cederò ai suoi sporchi ricatti! Ci ho ripensato, le do tre secondi per sparire con la promessa di non tornare mai più, o giuro che la elimino io seduta stante!"
Il vampiro era molto più agitato e Phil cercò di calmarlo.
"Josef... credo che lei mi abbia frainteso. Lei ha aiutato St. John a combattere l’effetto dell'argento. Ha usato del sangue? Cos’altro ha usato? Se lei me lo dirà, potremmo fare delle ricerche e potremmo risvegliare Sarah! Perché non lo vuole capire? Si fidi.... nessuno si farà male!" Parlava freneticamente cercando di catturare la sua attenzione toccando il tasto più sensibile nel cuore di Josef. E ci riuscì.
Josef sospirò sentendo quel nome che era in grado di riempirgli l'anima, ammesso che ne avesse ancora una.
Era incerto se credere o meno a quelle parole. Da quando lo aveva incontrato la prima volta nel parcheggio delle Kostan Industries, aveva avuto subito l’istinto di saltare al collo di quel tipo e strappargli la giugulare a morsi, per mille motivi e tutti più che validi. Era un assassino della nostra razza, mi aveva quasi ucciso, ed era di certo un torturatore che aveva lasciato dietro di sè una scia di sangue lunga quanto la sua.
Forse era anche un bravissimo bugiardo e ora voleva probabilmente incastrarlo, riempiendosi la bocca di tante belle promesse.
Per questo Josef tentennava, eppure c'era qualcosa che lo affascinava nel modo che Phil usava per persuaderlo. Cercava un modo civile di accordarsi con lui e non se l'era sentita di aggredirlo per primo.
"Io, Josef... Perdonami se ti do del tu... Ma so davvero molto di te. So che hai amato Sarah alla follia e quello che è successo, è stato terribile..."
"Ho capito che sei il mio sorvegliante."
Il legionario lo fissò dritto negli occhi senza paura e annuì.
"Lo sono, da più di 20 anni ormai. Ma Sarah era già stata trasformata. Io ti avrei impedito di farlo... Avrei saputo che non avrebbe funzionato."
"Mio Dio... Perciò voi mi seguivate a NY?"
Josef era nauseato da quel loro modo di interferire.
"Noi o qualcuno per noi. Paula è..."
"Paula? Vuoi dire che bastava una tua telefonata e Paula avrebbe ucciso Sarah?"
Domandò Josef con gli occhi penetranti che cominciavano ad accendersi di rabbia.
"No... non fraintendermi Josef. Paula ha solo collaborato con noi. Una volta che abbiamo capito che Sarah era inoffensiva abbiamo chiesto a Paula di vegliarla anche da parte nostra."
"Dunque Paula è una sorvegliante?"
"Una specie... Ma l'episodio di Sarah ci ha fatto capire che tu non volevi ucciderla. Che avevi sviluppato una tua etica ed eri stanco di uccidere. Questo sarà un'ottima attenuante..."
"Attenuante?"
Josef era letteralmente instupidito.
"Si. Ora Josef devi dirmi se sei pronto a patteggiare. Noi possiamo provare a risvegliare Sarah, non sono sicuro del risultato, ma voglio sapere se sei disposto a darmi ciò che pretendo in cambio, anche nel caso in cui io non debba riuscire."
Josef alzò lo sguardo sconvolto per fissare il suo sorvegliante che non perdeva mai la calma. Poteva uccidere in uno scatto quell'omino insignificante che gli stava davanti, eppure lui gli parlava con sicurezza, senza alcuna paura, cantandogli le sue condizioni.
"E che cosa vorresti in cambio?"
"La tua immortalità, Josef."
"Tu devi essere pazzo..."
Reagì il vampiro con un sorrisetto derisorio.
"Ascolta... Se Sarah dovesse risvegliarsi, significherebbe che siamo sulla buona strada per trovare la cura. Quando sarà il momento, tu dovrai lasciarti prendere dagli inquisitori, dovrai farti processare, confesserai i tuoi crimini, e ascolta bene, ripeto, confesserai ogni tua colpa, ogni omicidio, ogni atto contro la moralità umana che ti verrà imputato. E poi chiederai la pietà della corte, implorando che ti venga restituita la tua umanità. Solo così potrai stare in pace con Sarah, Josef... Questa è l'unica soluzione."
Josef si guardò le punte dei piedi con gli occhi spalancati. Aveva sentito tutto ma non aveva capito una sola parola.
Ci impiegò diversi minuti per rendersi conto di quello che Phil gli aveva appena chiesto.
Rinunciare alla vita eterna, ammettere davanti ad un tribunale di umani di essere un mostro sanguinario e rinnegare la propria attuale natura per implorare di tornare alla mortalità.
La sua mente rifiutava anche solo il pensiero di tanta umiliazione. Amava comunque non invecchiare, non soffrire, non dover patire tutte le disgrazie legate alla vita. Tutto questo però per Sarah.
Lei rendeva tutto più accettabile. Il pensiero del suo sorriso, delle sue carezze, dei suoi caldi baci.
L'immortalità di secoli non era mai stata in grado di dargli ciò che aveva avuto da Sarah in un solo anno.
Questo cambiava completamente la sua prospettiva.
"Lo so, figliolo... So bene quanto possa essere difficile scegliere. Ma non si può avere tutto dalla vita, nemmeno quando puoi vivere in eterno. La perfezione non è di questo mondo, Josef. Ma con Sarah ne hai avuto un assaggio. Hai avuto la fortuna di incontrarla e la sfortuna di perderla. Io... o meglio noi, Possiamo darti l'opportunità di sfruttare un'altra chance. L'ultima che avrai per poter tentare di riportarla a nuova vita. Hai tempo, ma fossi in te non aspetterei ancora dopo 50 anni."
E infatti Josef aveva già la sua risposta pronta tra le labbra. Era il suo corpo a rifiutarsi di pronunciare quelle parole, ma vinse il suo cuore.
"Tu riporta da me Sarah e farò tutto quello che mi chiederai. " Lì per lì l'aveva detto credendoci. Ma un vampiro innamorato dice tante cose senza pensare.
E riflettendoci su, Josef si sarebbe accorto che dopo aver vissuto per 408 anni, pensare di iniziare ad invecchiare e a morire piano, era una cosa che poteva farlo impazzire.
Sarah era l'unica che poteva evitare che accadesse, ma per farlo, doveva riaprire i suoi occhi in questo tempo.

*******
17.

Beth si voltò verso di me, proprio davanti all'entrata del locale.
"Sei sicuro che sia vestita bene?" Era l'ennesima volta che mi faceva quella domanda, passandosi il palmo sudato sul vestito attillato. Era nervosa.
"Forse avrei dovuto mettere qualcosa di più corto..." Sbuffò, facendo volare una delle ciocche che le ricadevano sul viso, dall'acconciatura che aveva fatto.
"Menomale che almeno non fa freddo." Constatò senza aspettare la mia risposta, apprezzando il venticello tiepido che le accarezzava la schiena scoperta e si insinuava nella leggera stoffa nera, seguendo lo scollo alla Marilyn. Aveva il busto coperto sul davanti, lasciando comunque intravedere le forme dalla profonda scollatura a forma di goccia che le partiva dalla clavicola e scendeva generosa fino al suo seno.
"Mick, dì qualcosa per favore! Sto bene?" Si tolse distrattamente un capello dalla parte inferiore del vestito che le arrivava fino a poco sopra il ginocchio e sbuffò di nuovo.
"Beth..." Cominciai allora cercando di mantenermi calmo.
"Sei anche troppo bella... e io te l'ho già detto almeno quattro volte da quando siamo usciti da casa tua. Cerca di stare tranquilla, stai agitando anche me. Andrà tutto bene, nessuno potrebbe resisterti, fidati!" Esclamai fissandola col mio sguardo tra il grigio e l'azzurro mentre le schioccavo un bacio sulle labbra prima di aprirle la porta del locale.
"Non sono agitata, è solo che preferirei che fosse lui ad avvicinarsi..." Mi spiegò prima di entrare nel locale. Riuscivo benissimo a comprendere il suo stato di tensione e per quanto cercassi di tranquillizzarla, eravamo consapevoli che fosse una dura prova per entrambi.
Una volta all'interno del night, notai Veruska già sul palco, impegnata in una delle sue performance al palo. Mi catturò con lo sguardo, indicandomi i posti liberi e guidai Beth esattamente dove ci voleva.
"Se tutto va come deve, sarà di sicuro lui a correre da te, non ti preoccupare. Ci ho pensato anche io..." Le cinsi le spalle con il braccio e la accompagnai ai tavoli perchè potessimo accomodarci molto vicini alle due ballerine, già mezze nude.
Lei si accomodò, accavallando le gambe, per poi osservare le ballerine, trattenendo una smorfia, quando poi una delle due, con una piroetta, finì praticamente addosso a me e iniziò a ballarmi addosso.
Beth cercò di mascherare il disgusto e si voltò, facendo finta di non conoscermi. Veruska, invece approfittò della vicinanza che aveva creato con quel sotterfugio, per sussurrarmi all'orecchio il suo suggerimento.

"Uomo abbronzato al bancone, capelli lunghi, castani, barba, camicia bianca, completo scuro, ciondolo con zanna di squalo..."
Poi si staccò e tornò al suo palo, continuando con il suo numero, mentre l'amica le sorrideva per l'ottima riuscita che aveva fatto la sua improvvisata, iniziando ad imitarla con i clienti che sembravano essere più facoltosi.
Veruska aveva fatto come promesso, e giocando d'astuzia era riuscita a darmi le coordinate che le avevo chiesto. Grazie alle sue indicazioni, individuai la posizione di Nick, che era appena entrato nel locale e si era fermato al bancone a comprare da bere. Era un tipo con i capelli lunghi, un pizzo ben curato e l'aria decisamente strafottente.
Dopo avere recuperato il suo drink si incamminò verso il centro della sala dove si stavano esibendo le due ragazze nella lap dance e si guardò intorno con una certa sicurezza nello sguardo.
Io ero più che certo che fosse a caccia.
Dopo avere spaziato con lo sguardo tra i presenti, aveva adocchiato anche me e Beth. Su di lei il suo sguardo si era soffermato più di quanto avessi immaginato. E mi bruciava dentro come non avevo previsto, ma per quel colpo di coda della mia gelosia non potevo di certo mandare per aria i nostri piani.
"E' arrivato..." Sussurrai a mia volta all'orecchio di Beth per informarla.
"Io vi controllo a vista. Ma tu stai attenta..." Mi raccomandai e la guardai intensamente negli occhi sperando che capisse quanto apprezzavo il suo coraggio e la sua capacità di essere professionale.
"Ti amo..." Soffiai infine al suo orecchio prima di alzarmi e lasciare libero il posto accanto a lei, proprio sotto il palco.
Nick si accorse con una certa incredulità, della poltrona diventata improvvisamente libera e proprio accanto alla bionda mozzafiato che aveva notato. Si passò una mano tra i capelli con falsa disinvoltura e si avvicinò alla sua preda, convinto di doversi giocare al meglio le sue carte.
Si mise a sedere accanto a Beth e impiegò qualche secondo per fissare in silenzio il suo magnifico profilo.
Poi schiarendosi la voce, si chinò verso di lei per farsi sentire, nonostante la musica.
"Ciao..." La salutò sfoderando un sorriso a 32 denti, aspettando di raccogliere la reazione al suo tentativo di approccio.
"Ciao." Rispose lei di rimando guardandolo e sorridendogli, senza scomporsi troppo. Se Nick era un cacciatore, Beth aveva tutta l'intenzione di fare la difficile e rendergli la caccia intrigante.
Vedendola ben disposta al dialogo, il ragazzo prese coraggio e cercò di attaccare bottone facendo leva sulla cosa più ovvia che gli era saltata subito all'occhio.
"Che ci fa una donna bella come te in un posto così squallido?" Domandò guardandosi un attimo intorno.
"Tu sei una donna di classe... Non sei come loro." Spiegò indicando le ballerine.
"E magari hai anche rifilato un due di picche a quel tipo che si è appena alzato! Io sono molto contento che mi abbia lasciato il posto libero accanto a te."
Beth si voltò di scatto verso di lui, con una espressione lievemente disgustata e lo squadrò con sufficienza.
"E vorrei ben dire, che sono diversa!" Lo rimproverò senza smettere di guardarlo negli occhi.
"Mi diverte stare qui a vedere questa massa di idioti andare su di giri per un paio di belle gambe e qualche mossa ben studiata... Siete tutti uguali." Aggiunse prima di sorridergli maliziosamente.
"E non montarti troppo la testa... Appartieni ancora alla massa di idioti, finchè non dimostri di essere degno di far parte delle eccezioni..." Sussurrò piano, scandendo bene le parole e accavallando le gambe al contrario.
"Quel tipo che era qui prima, evidentemente non lo era." Concluse allora prima di voltarsi ancora verso lo spettacolo e sistemandosi però in modo da provocare i suoi sguardi.
Grazie al mio udito da vampiro potevo sentire tutta la conversazione anche a distanza, nonostante fossi ormai tornato al bancone e dunque lontano dal palco.
Ah beh, è vero... meriteresti di meglio, Beth. Commentai tra me e me con un sorriso spento e ordinai al barista.
"Fammi un whisky doppio senza ghiaccio, per favore."
Proprio in quel momento, Veruska concluse il suo balletto con l'ultima piroetta e lasciò lo spazio ad un'altra collega. Prese una vestaglia rossa e dopo averla indossata distrattamente si diresse al bar, puntando dritta verso di me e facendo un cenno di saluto al barista. Mi aveva già puntato e mi si avvicinò, indicando verso Beth.
"Pensavo volevi parlare con Nick, non fare giochetto erotico con lui!"
Protestò subito e poi provocatoriamente aggiunse.
"Vi serve terzo? Io sono libera..."
La osservai con attenzione mentre si sedeva accanto a me e recuperai il mio bicchiere prendendone una bella sorsata, prima di risponderle.
"No, ancora non siamo pronti per una cosa a tre." La rassicurai.
"Piuttosto, vuoi qualcosa da bere anche tu? Basta che hai staccato, o per altri 10 minuti mi costerai altri 50 dollari!" Precisai ridendo, mentre tornavo a tenere d'occhio i due piccioncini.
Nick intanto si sentiva incoraggiato da quel modo di fare e in più aveva già abbassato lo sguardo sulle sue gambe per godersi lo spettacolo, mentre le riaccavallava.
"Io so riconoscere le donne speciali, da quelle qualunque. Sei... una modella, vero?"
"No."
Rispose Beth senza voltarsi verso di lui, iniziando a giocare con una ciocca di capelli, poi gli lanciò un'occhiata di sfuggita.
"Prova ancora." Si assicurò che lui la osservasse mentre gli lanciava uno sguardo intenso prima di spostarsi di nuovo sulla ballerina.
"Sul serio? Che strano... Mi sembra di averti già vista da qualche parte... Beh, comunque potresti benissimo diventarlo! Credimi, io me ne intendo di bellezza femminile... faccio il fotografo. Mi chiamo Nick. Nick Carter... e tu?" Le porse gentilmente la mano per presentarsi.
Ecco, adesso devi inventarti un nome... e anche una professione, se non vuoi fare troppo la misteriosa. Pensai dando una seconda sorsata al mio whisky liscio. Non ne sarebbero bastati 10 per farmi sbollire la gelosia che mi stava dando alla testa quando avevo visto Nick controllare la lunghezza della gonna di Beth e immaginare cosa portasse sotto. Forse era un bene che Veruska mi avesse raggiunto per farmi compagnia.
"Si, mister St. John... Sono in pausa." Mi rispose lei guardandomi con un sorriso e facendo un altro cenno al barista perchè le porgesse il suo solito.
"E comunque io qui bevo gratis." Scendendo dallo sgabello, si sistemò davanti a me, pretendendo audacemente il mio sguardo.
"Sai che è da maleducati non guardare chi parla?" Avava un tono stizzito per non avere ottenuto tutta la mia attenzione.
Veruska aveva ragione, ma io avevo Carter, impegnato a provarci con la mia bionda, da tenere sotto controllo. Tutto il resto passava in secondo piano.
E Beth si era appena voltata verso di lui a stringergli la mano. Anche un gesto così semplice poteva scatenare pensieri proibiti.
"Nelson, Kathrine Nelson." Precisò e, ritirando la mano mentre Nick ne approfittava per accarezzarla, con un cenno del capo, indicò le ballerine.
"E' probabile che tu mi abbia già vista, sono una stilista. Disegno quei costumi e molto spesso giro nei locali per fare pubblicità alla ditta." Sorrise furba, ignorando il complimento.
"Ah, adesso capisco... Comunque, io più che altro mi dedico a scatti un po'...piccanti. Sai, le foto hot sono quelle che vendono e rendono di più..." Fece una breve pausa per fissare con più intensità lo sguardo nel suo.
"Visto che hai dei modelli tuoi, mi farebbe molto piacere farti qualche foto, magari in costume, o in biancheria intima... Saresti meravigliosa! Potresti venire a trovarmi nel mio studio, magari domani a cena..." Aveva azzardato, cercando di procurarsi un appuntamento per il giorno successivo, ma noi non avevamo tutto questo tempo.
Proprio in quel momento Veruska mi si era parata seriamente davanti, impedendomi definitivamente la visuale.
"Veruska... scusami, ma io devo tenerli d'occhio... Puoi spostarti un po' più a destra?"Domandai prendendola per le spalle e guidandola di lato perchè potessi tornare a guardare.
"Sei davvero molto gentile a farmi compagnia, sono io che sono un po' impegnato..."
Beth a quel punto colse la palla al balzo e si sporse verso di lui maliziosamente.
"Scatti piccanti? Mmmh... mi piace!" Esclamò con fare da gatta morta "Perchè aspettare fino a domani?" Si alzò di scatto, guardandolo eloquentemente, mentre Nick seguiva i suoi movimenti aggraziati con una scintilla nello sguardo languido.
Non credeva nemmeno lui a quella proposta insperata.
In uno slancio di entusiasmo, le cinse la vita con il braccio, posandole con disinvoltura una mano sul fianco per avvicinarla a sè e avvicinarsi pericolosamente alla sua bocca. Ma capendo di esagerare nel rubarle un bacio sulle labbra, deviò prontamente su un lato, posandosi semplicemente sulla guancia.
Poi si accostò al suo orecchio per invitarla.
"Allora, usciamo. Abito a cinque minuti da questo posto. E sinceramente non vedo l'ora di ammirare il tuo corpo stupendo... E di immortalarlo in foto degne di questo angelo biondo." Le accarezzò una ciocca con le dita e tornò a sorriderle. Quella fu l'ultima scena che Veruska mi fece vedere.
La mia informatrice sexy, sempre più stizzita, aveva deciso che doveva avere tutta la mia attenzione concentrata su di sè. Si era posizionata in modo tale da coprire completamente la mia visuale e per di più, improvvisamente, mi aveva allungato una carezza sul petto scivolando sinuosamente sulla camicia con entrambe le mani.
"Io conosco molti modi per rilassare gli uomini forti e virili come te..." Disse piano, facendo scorrere le mani sui miei fianchi, spingendosi all'interno del cappotto e cingendomi la vita con entrambe le braccia, avvinghiandosi stretta a me.
Quella sua manovra mi aveva spiazzato completamente, rubando la mia attenzione per qualche minuto tuttavia importantissimo.
Con tutta la delicatezza possibile, le scansai entrambe le mani, tenendole strette nelle mie. Poi, piantando, gli occhi nel suo sguardo vivace, cercai di farle capire che davvero non avevo tempo per quei giochetti, e ancor meno voglia di farne.
"Veruska..." Cominciai con un profondo respiro.
Ma quando spostai di nuovo lo sguardo nel punto dovevo avevo lasciato Beth in compagnia di quel damerino che faceva la mano morta, i miei occhi si persero nel vuoto del locale.
Li cercavo rapidamente senza trovarli, mentre sentivo salirmi il panico impastato all'adrenalina.
"Devo andare!" Le spiegai con tono fermo, lasciandola lì al bancone per affrettarmi a raggiungere l'uscita.
Una volta fuori dallo Shades, raggiunsi correndo il parcheggio, annusando l'aria come un segugio nell'attesa di percepire anche solo una parvenza del profumo della pelle di Beth.
Mi voltavo da ogni lato, come impazzito, sperando di scorgere la sua sagoma tra le auto, nel buio della notte.
"Dannazione!" Imprecai a denti stretti pensando a quanto ero stato imprudente.
"Ecco, le mie brillanti idee!" Avrei voluto prendermi a schiaffi se solo fosse servito a qualcosa. Ma non potevano essersi volatilizzati in quei soli due minuti che avevo perso.
Giuro che non farò mai più una cosa del genere... Mai più. Carter... prova solo a sfiorarla con un dito e dovrai cambiare mestiere!

Beth abbassò con noncuranza lo specchietto del parasole, controllando attraverso quello, che io li stessi seguendo. Era rimasta un attimo spiazzata dal bacio e dalla mezza mano morta di Nick che l'aveva praticamente spinta fuori dal locale, ma non poteva rischiare di guardarsi intorno e insospettirlo, così si era limitata a sorridergli e ad afferrargli la giacca sulla schiena, seguendolo docilmente.
"Allora..." Iniziò, cercando di fare conversazione mentre si ripassava il rossetto per prendere tempo e adocchiare la Mercedes che ancora non si intravedeva
"Eri allo Shades per passione o per lavoro?" Chiese mentre continuava a fingere di sistemarsi il trucco perfetto.
"Un po' tutte e due le cose... Unire l'utile al dilettevole non è una prerogativa di tutti. Immagino che la cosa valga anche per te, Kate. Dio...Hai davvero un nome bellissimo." Rispose lui sorridendo e guardandola per un istante prima di tornare a fissare la strada.
"Oggi sono stato particolarmente fortunato!"
"Beh no, in effetti no, io ero lì per lavoro, quelle ragazze sono le nostre clienti più... preziose."Chiuse lo specchietto, non avendo più niente da fingere di sistemare e provò ad insistere.
"Fortunato?" Si fingeva palesemente ingenua, per spingerlo a credere che lei volesse i suoi complimenti e sperando che potesse solo farlo esaltare di più.
"Molto fortunato..." Sussurrò lui, sfiorandole il ginocchio col dorso della mano.
"Non mi capita spesso di conoscere donne fantastiche come te, mi capita solo di sognarle, generalmente..."
"Sei stato fortunato che io dovessi lavorare in quel locale, stanotte."
Beth cercava di non rabbrividire e di restare ferma dopo quella carezza da cui non poteva fuggire.
"Se la nostra cliente numero uno non fosse scomparsa, me ne sarei stata a casa mia, nella mia vasca da bagno con fragole e champagne..." Riuscì a sorridere, appoggiandosi allo schienale con la testa e dandosi delle arie. Nick vedendola accondiscendente, deglutì rumorosamente, cercando di controllare i suoi istinti e sforzandosi di tenere gli occhi sulla strada.
Non aveva mai desiderato arrivare a casa in così poco tempo e senza ragionarci troppo, schiacciò il piede sull'acceleratore, pregustandosi già uno spogliarello del tutto privato.
"Io ho una vasca abbastanza grande per tutti e due. Per lo champagne si può rimediare... mi dispiace per le fragole, ma cercherò di sopperire personalmente a questa mancanza, okay?"
Beth sorrise ancora, nascondendo magistralmente il disgusto e non potè fare a meno di far saettare i suoi occhi sullo specchietto retrovisore laterale del suo lato, in cerca di quella Mercedes verde che rappresentava la sua salvezza, mentre gli rispondeva a tono.
"Attento a quello che prometti, potrei prenderti a morsi fino a farti sanguinare." Il suo sorriso si acuì di malizia al pensiero della sorpresa che aspettava quel bellimbusto, pallone gonfiato.
"Parlando di cose serie, scegli sempre così le tua modelle?" Chiese poi felice di cambiare discorso.
"Dipende... La maggior parte delle volte è meno faticoso chiedere la disponibilità per certi scatti ad una donna abituata a spogliarsi. E poi le ragazze del night sono sempre molto disponibili e tutte bellissime. Ne conosci qualcuna in particolare?"
"Ne conosco molte..."
Rispose lei facendo la finta tonta.
"Allo Shades ci sono Diane Dorieska e Veruska Ipatiev che sono le nostre migliori acquirenti. Le ragazze di quel club di solito scelgono dal catalogo tutte insieme e fanno un ordine di gruppo a nome di una delle due, poi Diane passa a ritirare. Stasera non c'era però, peccato... Volevo dirle che il suo ordine è pronto." Terminò quella frase così, sbirciando le sue reazioni.
"Sul serio? Conosci bene Diane?" Domandò lui reagendo con stupore.
"Oh non benissimo, era una mia cliente..."
"Capisco...Io frequento assiduamente lo Shades ed è davvero strano che non ti abbia mai notata... Tra l'altro Diane è una mia grande amica, lei più di Veruska... Con Veruska c'è stata una piccola... incomprensione. Da allora è più scostante con me, non ha gradito le mie attenzioni."
Spiegò con tono allusivo, ma poi si irrigidì un po'.
"Comunque, hai ragione, Diane non c'è e non credo che tornarà."
Beth si incuriosì a quella affermazione e decise di giocarsi quell'ultima carta.
"Perchè non tornerà? Mai più?" Domandò.
"Ma perchè? Le è successo qualcosa?" Lo incalzò.
"Mi toccherà fare un cambio ordine... ci vorranno dei secoli." Aggiunse parlando fra sè e sè fingendo uno sbuffo.
"Ma che dici, Kate? Mi prendi in giro? Guarda che lo so anche io che quelle ragazze vestono quasi tutte le stesse misure..." Replicò, accennando un sorriso stanco.
"Ah si vede che non sei pratico di questo mestiere. Non parlavo di misure, ma di intestazione di ordine. Può ritirare la merce solo l'intestataria e nessun'altro." Spiegò ridendo di rimando usando le sue conoscenze di shopping selvaggio.
"Ah... Comunque, è che Diane dovrebbe essere già partita, per tornare al suo paese... So solo che ora è libera da tutto questo schifo e spero tanto che sia felice." I sui occhi si fecero lucidi mentre teneva lo sguardo dritto davanti a sè.
"Mi ero affezionato molto a lei, mi mancherà...mancherà a tutti." Aggiunse sommessamente con voce bassa e calda.
"Oh...capisco... beh buon per lei!" Beth tornò seria di colpo, stringendo il pungo attorno al poggiamano per la rabbia.
"Ecco, finalmente siamo arrivati..." Sospirò Nick contento di avere imboccato finalmente il vialetto di casa. Scese dalla macchina e andò ad aprire la portiera alla sua aspirante modella. Aspettò che scendesse e la accompagnò alla porta. Poi ripescò le chiavi dalla tasca e si impegnò ad aprire la porta d'ingresso. Dopo avere litigato per qualche secondo con la serratura, entrò in casa facendole strada.
"Benvenuta nella dimora dei Carter!" Esclamò senza voltarsi, sicuro di essere seguito. Uno strano presentimento però lo avvertì che alle sue spalle non c'era più la creatura angelica che aveva appena rimorchiato e un po' titubante si girò a controllare.
Appena i suoi occhi smarriti furono in grado di distinguere la sagoma che gli stava dietro minacciosamente, tentò di correre ai ripari con uno scatto rapido della porta.
Ovviamente non fu difficile per me bloccarla con la mia mano sullo stipite per impedirle di chiudersi e farmi largo nella sua abitazione.
Nick capì subito la gravità di quel gesto e si affrettò a scappare nel patetico tentativo di sfuggirmi.
Lo inseguii lungo il corridoio verso la sala e con un balzò lo atterrai sul tappeto persiano ai piedi del suo tavolino
"Ti prego, ti prego non farmi del male... ti darò tutto quello che vuoi, ma non uccidermi! i soldi, sono su in camera!" Lo fissai sconvolto da tanto acume. Mi aveva preso per un rapinatore a viso scoperto.
"Accidenti! Non sei proprio un Cuor di Leone, eh? Però hai talento nel fare il polipo!!" Lo rimproverai.
"Non sono un tossico che cerca soldi... sono un investigatore privato! Alzati!" Lo sgridai, afferrandolo per tirarlo su.
"Sei amico di Stuart Jalapa e lui si è messo in un grosso pasticcio! Sei stato tu a fare le foto a quella ragazza alla Goldstein House e sei stato tu a pagare Leon perché la portasse alla polizia e indirizzasse le indagini su Kostan! Questo per dare il tempo al tuo amico di sparire, giusto? Adesso se ci tieni a restare intero, ti consiglio di collaborare e dirmi dove posso trovare il tuo amico."
"Non so di che parli! Non conosco nessuno di questi tizi, non so chi sia Kost... aaah... "

Lo strattonai, piegandogli un braccio per farlo parlare.
"Se non vuoi dirmelo con le buone, posso sempre usare metodi più convincenti..." Minacciai a denti stretti, reprimendo l’istinto di mostrare i canini ma girandogli il braccio con forza.
"AH IL BRACCIO! COSI’ ME LO SPEZZI! NO NO! OKAY ASPETTA!" Piagnucolò e io allentai un po' la presa, ma lo costrinsi ad aprire la sua mano deciso a farlo soffrire lentamente.
"Hai ragione, comincio a strapparti le unghie e poi le dita, una dopo l'altra...così vediamo quante foto ancora riesci a scattare!" Minacciai con una certa soddisfazione nella voce.
"Guarda che non sto scherzando...ALLORA?" Afferrai l'indice stringendo con forza mentre gli davo un serio motivo per lamentarsi con quella sua espressione straziata.
"PARLA! DOVE SI TROVA STUART?"
"Non lo so dov'è... te lo giuro!! L'ultima volta che l'ho visto... eravamo a casa sua... la sera che è morta la ragazza... ma io sono andato via prima che la uccidesse, sempre se è stato lui! Io non lo so!"
"Perchè eri lì? C'era una festa?"
"No... lui era con lei e voleva qualche scatto... A Stuart piacciono le mie foto... Te lo posso provare, là dentro! C'è una foto che ho scattato quella sera per lui, mentre era con Diane."

Mi avviai alla porta indicata, trascinandomelo dietro di peso afferrandolo per il mento, ma quando aprii di colpo la porta, capii subito che era una stanza oscura. Serviva a Nick per sviluppare le fotografie.
Era piena di acido e cloruro d'argento, il peggior veleno per me.
"Emulsione d'argento? Usi ancora una vecchia macchina fotografica? Niente digitale?"Domandai perplesso.
"Scherzi? le foto migliori vengono solo con le Canon manuali! Niente batte la vecchia tecnica!"Replicò lui disgustato.
“Vai a prendermela!” Gli ordinai con tono fermo.
"La foto! Valla a prendere e portamela!" Nick mi fissò esterrefatto, spalancando la bocca. Per fortuna Beth arrivò proprio in quel momento.
"Ci penso io." Si avviò con passo sicuro verso la camera oscura e, accendendo la luce rossa, rovistò fra le foto.
"Ma piace sul serio questa roba?" Si domandò sbuffando poi la trovò. "Eccola..." Mormorò con un sospiro, uscendo per mostrarmela.
"Io e il tuo amico abbiamo parecchio in comune... Ho saputo che due mesi fa hanno chiamato il 911 per una sua crisi respiratoria e mentre lo portavano in ospedale lo hanno dichiarato clinicamente morto. Ma ad un certo punto lui si è risvegliato ed è voluto scendere, dicendo che stava benissimo! Penso che questo sia in grado di confutare ogni dubbio! Stuart deve essere fermato prima che uccida ancora, dimmi come lo troviamo!" Urlai contro Nick mentre Beth mi portava la foto.

"Non è possibile..." Esclamai fissando l'immagine con gli occhi sgranati.
"No... non può essere. E' uno scherzo?"
"E' l'unica foto con Diane che ho trovato, ma se è diverso da te..."
Affermò in modo allusivo.
"Se Stuart è diverso da te, probabilmente può apparire in foto come questa."
"No... NON c‘è creatura della notte che possa tollerare l‘argento! NON esiste, Beth!”
La fissai attonito, incapace di credere a quello che vedevo.
"Se è così non possiamo fare niente per fermarlo, lo capisci?"
"E guarda che sorriso ha questa ragazza... era stupenda. Che diavolo gli ha fatto? Perchè l'ha uccisa?"
Serrai di nuovo il braccio di Nick nella mia stretta, strappandogli un altro urlo.
Nick era confuso da tutte le nostre chiacchiere, oltre che dalla violenza che usavo su di lui, ma lo aveva colpito la dichiarazione che avevo fatto.
"Tu cosa avresti in comune con Stuart? Non sai niente di lui! NIENTE!"
Prese fiato per un istante e poi riprese a gridarmi contro le sue ragioni.
"Stuart amava Diane... Non so cosa gli è preso, a volte impazzisce per il dolore e la depressione della sua malattia... per quanto abbia cercato di nasconderla, era sicuro che gli avrebbe rovinato la vita. Era sempre più forte di tutto, come una bestia che non riusciva mai a tenere a bada. Gli ha rubato i suoi anni più belli, passati chiuso in casa al buio, spesso da solo. Costretto a mangiare e bere in modo diverso dagli altri. Una vita di sacrificio e di sofferenza che lo ha consumato nel corpo e nello spirito... Diane è stata il suo sollievo dalla solitudine, l'unica che gli ha fatto credere di poter avere una vita quasi normale. Ora che l'ha persa, non farà più del male al nessuno, ve lo assicuro. E' stanco di combattere. E sono stufo anche io, di mentire. Vi dirò dov'è, ma rispettate la sua scelta. Tutto quello che ha fatto è stato solo cercare di soffocare il suo dolore straziante."
Sentendolo parlare in quel modo, Beth si chinò accanto a Nick e lo guardò negli occhi, poggiando una mano sul mio braccio per calmarmi.
"Nick, devi dirci dove si trova! Che malattia ha Stuart? Ha ucciso lui Diane? E Perchè?"Chiese dolcemente e con calma, cercando di farlo ragionare.
"Spiegaci cosa è successo o non potremo aiutare nessuno."
Nick fissò Beth negli occhi con sguardo ferito. Era caduto in trappola in modo indecoroso, convinto di avere davvero conquistato una ragazza bella e intrigante come lei. E ora era deluso dal fatto che fosse stato solo un bellissimo sogno ad occhi aperti. Non era facile per lui fidarsi e credere alle sue parole, ma sapeva di non avere scelta.
"Stuart è sempre stato solo, da quando aveva 8 anni. I suoi genitori sono morti in un incidente aereo e lui è rimasto con i suoi nonni, che lo hanno cresciuto come meglio potevano. E' malato di porfiria... Sapete di che cosa si tratta?"
Beth scosse il capo e guardò me, confidando nelle mie conoscenze mediche.
"La conosci?" Chiese alzandosi e aspettando una mia spiegazione.
"Si Beth... la conosco. Sono stato un idiota a non pensarci prima. E' una forma rarissima di anemia, ma non avevo ricollegato tutte queste particolari caratteristiche. Era più semplice pensare ad altro... E tu lo sai bene."
La notizia di Guillermo sul risveglio del paziente ormai dato per morto, mi aveva convinto quasi del tutto che Stuart fosse un vampiro, ma la fotografia poi mi aveva fatto ricredere all'istante. Probabilmente ci sarei arrivato solo dopo molto altro tempo speso a capire come mai questo vampiro fosse tanto diverso di me. Ora sapevo cosa dovevo rispondermi.
Semplice... non è un vampiro.
"E' possibile... Anche se la Porfiria è una malattia oggi quasi scomparsa del tutto e comunque totalmente curabile con una buona terapia. E’ una sindrome clinica determinata da un alterato metabolismo delle porfirine, dovuta a mutazioni nei geni del sangue, e ne esistono vari tipi a seconda dei principali sintomi. Il nostro malato ha combattuto l'anemia con concentrati di sangue animale, ma non è l'unico problema che ha. Il suo più grande ostacolo è di certo la fotosensibilità alla luce del Sole. Stuart deve evitare di esporre la pelle direttamente ai raggi UV, altrimenti si ustionerebbe in modo gravissimo e potrebbe riportare anche gravi danni alla vista. In genere oltre alla depressione dovuta all'isolamento, si hanno grossi disturbi al sistema neurologico, come una forte paralisi che lascia il soggetto in uno stato di catalessi anche per giorni e che può essere fraintesa con il decesso. Ecco perchè la chiamata al 911 e il conseguente risveglio del paziente "impaziente" di andarsene... E' stato un
evidente caso di morte apparente! Infine c'è l'estrema forza fisica da considerare, perchè i soggetti malati di profiria sono iperattivi, soffrono d'insonnia, hanno spesso degli scatti di aggressività che non riescono a controllare, sono sovreccitabili e godono di una prorompente forza sessuale che a Stuart di certo non mancava. Molti, come lui, sono affetti da eisoptrofobia, il forte disagio nel vedere la propria immagine riflessa. Ricordi lo specchio rotto? Probabilmente Stuart non sopporta di vedere il suo volto deformato dalla malattia, scavato e impallidito tanto da sembrare diverso... Direi che tutto torna."
Le spiegai nella maniera più sintetica che ero riuscito a trovare.
"Nick, perchè hai detto che non farà più del male a nessuno? Cos'ha in mente?"
"Chiedeteglielo voi. Si trova da qualche parte ad Apple Valley... "
"Beth... Dovresti telefonare a Ben e dirgli che abbiamo trovato un pentito che gli racconterà tutta la storia. Io e te invece andiamo da Stuart."


*******
18.

Logan ci informò prontamente di tutte le informazioni scovate su Stuart e fu in grado di darci l'indirizzo di una casa di proprietà della famiglia Jalapa ad Apple Valley. Se Nick ci aveva detto la verità, io e Beth lo avremmo trovato. Lungo la strada non avevo fatto altro che ricordare Victorville e l'inferno vissuto lì.
Se non fosse stato per Beth, il deserto mi avrebbe ucciso. Il caldo torrido che faceva in quelle zone era ai limiti di quello che potevo sopportare e di giorno, sotto il solleone, non avrei resistito per più di due ore. Paradossalmente anche Stuart non poteva esporsi ai raggi del sole, lui addirittura più di me, pur essendo un umano.
"Spero che sia rinchiuso in casa... Tra poco sarà l'alba. Ecco, dovrebbe essere quella laggiù..."
Parcheggiai silenziosamente lungo la strada per evitare che si accorgesse del nostro arrivo.
"Beth, per sicurezza, prendi la pistola..." Le indicai il portaoggetti prima di scendere, anche se sapeva bene ormai dove la tenevo.
"Probabilmente non ci servirà, ma la prudenza non è mai troppa..."
Beth annuì aprendo prontamente il portaoggetti, prese la pistola e scese.
"Lo senti? E' qui?" Sussurrò, affiancandomi e afferrandomi il cappotto con una mano. Non c'erano molte fonti di luce e non godeva della mia vista da vampiro. La luce della luna e le stelle rendevano sicuramente l'atmosfera romantica e surreale, ma creavano anche ombre che lei non sapeva definire, e l'ultima cosa che voleva, era sparare a vuoto in un momento di panico immotivato.
"Ehi, ora dalla a me, questa." Avevo notato che era spaventata dal fatto che non vedesse bene e così presi la pistola dalle sue mani per evitare che si facesse male.
"Sento tanti odori, Beth. Tabacco... menta piperita... cannella... sangue di cavallo... Ma non sento presenza umana qui, forse è dall'altro lato della casa. Dobbiamo entrare!" Le spiegai indicando una finestra che affacciava dalla nostra parte.
"Mi serve un pezzo di stoffa... qualcosa con cui coprirmi il pugno. Hai qualche idea?" Le spiegai subito.
Lei non rispose nemmeno, si portò subito le mani sulla testa e sciolse la fascia che aveva usato per legare l'acconciatura, lasciando che i capelli le cadessero scomposti sulle spalle, in una cascata di riccioli biondi.
Poi mi porse la stoffa gentilmente.
"Ogni tuo desiderio è un ordine." Sussurrò mestamente e si passò le mani nei capelli per sistemarli alla buona.
Presa la fascia che mi aveva gentilmente messo a disposizione, ringraziai con un sorriso e la avvolsi con cura intorno alla mano per evitare di fare troppo rumore, rompendo il vetro. Poi con un colpo deciso, mandai in pezzi la finestra, scrollandomi le schegge via dal pugno, prima di infilarmi nella stanza. Una volta all'interno, mi affacciai per porgere la mano a Beth ed aiutarla a scavalacare a sua volta.
"E' stato qui... lo sento bene. Proviamo sul retro." Le feci segno di andare verso la portafinestra che affacciava sulla veranda, ma una volta lì, mi resi conto che ci era sfuggito.
"Se n'è andato. Maledizione..." Annusai a lungo l'aria intorno aspettando di percepire la direzione giusta. Ma intorno a me c'era solo polvere e la landa desolata del deserto. In più il cielo si era schiarito molto, avvisandoci che mancavano pochi minuti all'alba.
"Non lo troveremo in tempo... Ma è andato da quella parte!" Urlai ad un tratto, individuando la posizione. Dopo qualche passo, trovai la sua maglietta a terra.
"E' impazzito... Si sta spogliando."
Beth mi aveva seguito e aveva visto anche lei la maglietta a terra.
"Ma perchè?" Iniziammo a correre nella direzione indicata.
"Dobbiamo trovarlo Mick!" Urlò voltandosi.
Procedemmo fianco a fianco per un po', mentre mi sforzavo di tenere gli occhi ben aperti nonostante i primi raggi di sole mi sferzassero le pupille con prepotenza. Speravo di individuare la sagoma di Stuart e ad un tratto, coprendomi lo sguardo accecato con la mano, mi voltai verso Beth.
"Beth! Lo vedi anche tu? Credo sia lì!"
Stuart strisciava carponi nella polvere, tentando di avanzare nonostante il dolore delle piaghe.
Aveva la pelle del dorso ustionata dal sole e il viso pieno di bolle. Con estrema fatica cercava di sfuggirci anche se ormai lo avevamo raggiunto.
Beth chiuse gli occhi e trattenne un'esclamazione di sorpresa.
"Questo è un suicidio." Mormorò piano posando una mano sulla spalla di Stuart per fermarlo.
"Che cosa hai fatto..."
"Stuart! Aspetta!"
Cercavo di farlo ragionare, ma capii immediatamente che non era cosa possibile.
Mi tolsi il cappotto di fretta, appoggiandoglielo sulla schiena mentre lui, con un grido di protesta, alzava lentamente la mano per allontanarmi.
"Chi siete?" Sussurrò con un soffio "Lasciatemi... lasciatemi in pace..." Le poche energie che aveva lo abbandonarono all'istante mentre io e Beth lo aiutavamo a sdraiarsi supino. Controllai i suoi occhi, rendendomi conto che aveva le pupille fortemente dilatate e opache.
"Il sole gli ha bruciato parzialmente la retina, non vede molto." Spiegai a Beth.
"Stuart... ma perchè lo hai fatto?"
"Non... non volevo ucciderla... Io la amo... ma lei... lei voleva andarsene e io... ho perso la testa. Ho pensato di poterla tenere con me... in un'altra vita. Ora... questa è la giusta punizione, per me. Smetteremo di soffrire entrambi... e forse saremo ancora insieme."
"Mick!" Beth mi chiamava, con gli occhi già pieni di lacrime nel vederlo così ridotto.
"Dobbiamo portarlo in ospedale!" Mi implorò guardando prima me e poi Stuart.
"Non possiamo aspettare!"
Io la fissai negli occhi lacrimosi che aveva, scuotendo la testa lentamente. Non c'era nient'altro che potessimo fare per lui. Sentivo il suo cuore debolissimo e capivo Stuart, sapevo che aveva già deciso la notte in cui Diane era morta. Aveva organizzato la sua fine nel modo più triste, esattamente come tristemente aveva vissuto prima di conoscere l'amore di Diane.
C'era un parallelismo troppo forte tra quella sua malattia e la nostra vita da vampiri. La depressione e il decadimento fisico lo avevano fatto sentire solo e incompreso, come già morto.
La porfiria lo aveva costretto a fuggire il sole, a bere sangue per la forte anemia, a rifiutare la sua stessa immagine e la sua vita piena di privazioni, con la consapevolezza di chi non può vivere come un umano normale, ma fa finta di poterlo essere ancora. Perdere l'unica donna che gli aveva reso quell'esistenza meno insopportabile, lo aveva fatto impazzire dal dolore. Provavo una profonda pena per la povera Diane, ma ora anche per lui, che era agonizzante tra le mie braccia, mentre Beth in lacrime cercava di rincuorarlo, per fargli capire che non era solo, almeno in quel momento.
"Tu... sei bella come un angelo." Pronunciò appena quella frase, cercando di sfiorarle il viso con la mano dal dorso raggrinzito di ferite, ma un istante dopo il suo respiro si fermò per sempre.
Sentirlo spirare così, le spezzò il cuore e si abbandonò ai singhiozzi, coprendosi il volto con le mani per un momento, solo un secondo. Poi si aggrappò a me stringendomi più che poteva.
"Mick..." Si sforzava in tutti i modi di controllare le lacrime.
"Dobbiamo andare via di qui, il sole non ti fa bene." Era tipico di Beth, combattere la sua tristezza, prendendosi cura di chi amava di più.
"Non preoccuparti per me... Tu stai bene?" Le chiesi cercando di asciugarle il viso con le mie carezze.
"Non potevamo fare altro... Aveva già deciso tutto, noi gli abbiamo solo messo un po' di fretta. Non è facile sopportare una vita da mostro quando perdi l'unica persona che rappresenta tutto ciò che hai. Stuart ha voluto scontare così il rimorso di avere ucciso la donna che amava perchè, alla fine, credo abbia scoperto di amarla davvero e non per puro egoismo." Poi le posai un bacio leggero sulle labbra.
"Non voglio lasciarlo qui." Mi spiegò allora scuotendo la testa e aprendo la borsetta a tracolla prese l'iphone e avviò la chiamata.
"Ben... ho bisogno di un permesso per spostare un cadavere. Sto bene, non preoccuparti." Si fermò per tirare su col naso, passandosi una mano sugli occhi.
"E' Stuart Jalapa... Siamo in mezzo al deserto... Grazie." Lo salutò chiudendo la telefonata, tornando a guardarmi.
"Non doveva finire così..." Sussurrò piano.
"Nessuno dovrebbe finire così."
"Lo so... Lo so Beth." Le scansai indietro i capelli, accarezzandola ancora, mentre il mio Iphone squillava per l'arrivo di un nuovo sms. Non avevo voglia di leggerlo, ma era mio dovere controllare.
"E' Logan." Le spiegai oscurandomi in volto.
"Un'assemblea straordinaria." Cercai il suo sguardo, accigliandomi con un brivido.
"E' molto strano anche questo. Non promette nulla di buono. Oggi non c'è proprio pace."
Beth sospirò, chiudendo gli occhi.
"Mick, ti prego... qualunque cosa dovesse accadere, oggi, domani, fra un mese... ti prego. Promettimi che tornerai da me." Riportò quel suo sguardo azzurro nei miei occhi e ricambiai con altrettanta intensità, accennando un sorriso.
"Non dovresti avere dubbi, Beth. Io torno sempre da te. Non riesco proprio a starti lontano..."Le spiegai candidamente. "Ma se ti fa stare più tranquilla, d'accordo. Te lo prometto." La rassicurai, posandomi la mano destra all'altezza del cuore in quel giuramento che forse non avrei potuto mantenere, solo per darle conforto.

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Capitolo 7
*** Settima parte ***



*********


19.

Avevo lasciato Beth a casa sua e senza nemmeno provare a rilassarmi per cinque minuti, mi ero scolato un altro bicchiere di A+ ed ero uscito di nuovo per recarmi al magazzino. Avevo appena parcheggiato ed ero sceso dalla Mercedes, quando una limousine blu mi aveva affiancato. Il finestrino si abbassò con un sibilo e vidi il viso sorridente di Josef spuntare dal buio dell'abitacolo.
"Ciao, investigatore. A quanto pare siamo in ritardo tutti e due." Aprì lo sportello e scese dando le ultime direttive ad Ian.
"Ehi Josef, e la Ferrari?"
"Beh ho pensato che fosse meglio evitare di usarla per un po', dato che è stata particolarmente notata in quest'ultimo periodo..."
"Capisco..."
Josef mi posò la mano sulla spalla e cercò di rincuorarmi.
"Scusami, Mick. Non vi ho ancora ringraziato per avermi tirato fuori dai guai... Ma tu hai davvero una brutta faccia. Dove hai lasciato la tua bella?"
"Dorme... come avrei dovuto fare anche io. E' stata una giornata piena di complicazioni. Speravo di entrare nel mio congelatore per riprendermi ma a quanto pare, oggi non c'è verso. Che è successo? Sai il perchè della convocazione?"
"Ehm... veramente no, ma so che Logan mi ha mandato altri 3 sms per sollecitarmi."
"Si... anche a me. Ma non è colpa mia se ero nel bel mezzo del deserto!"
Gli spiegai incrociando il suo sguardo e lui annuì, ma non avevo ancora finito di dirlo che i nostri telefoni squillarono all’unisono. Un altro messaggio ci era arrivato contemporaneamente.
"Okay, sbrighiamoci, la cosa comincia ad allarmarmi."
Temevo che non fossero buone notizie ma quando, aprendo la porta del magazzino, trovammo la sala stracolma di vampiri, mi si gelò il sangue nelle vene.
“Dannazione... Ma che è successo?” Imprecò lui avvicinandosi alle due pulitrici che aveva puntato in quel marasma di gente e io lo seguivo in silenzio. C’erano troppe ipotesi che mi passavano per la testa e tutte ugualmente catastrofiche. Rabbrividii ancora di più, notando che una delle due ragazze aveva gli occhi arrossati di pianto. L’altra abbassò lo sguardo incapace di sostenere quello risoluto di Josef.
“Vi stava aspettando.” Rispose solo con un filo di voce indicando il suo capo che già ci stava venendo incontro. Con il suo solito sguardo affilato ci rimproverò prima silenziosamente per poi imporre la sua determinazione con estrema chiarezza.
“Era ora! Seguitemi, tutti e due.” Aveva un tono più autoritario del solito e d’istinto raccolsi lo sguardo preoccupato che Josef mi aveva rivolto. Non c’era bisogno che esprimesse il suo pensiero in quel momento, perché era identico al mio.
Siamo nei guai...
Avevamo motivi diversi perchè il consiglio volesse riprendere la nostra condotta, ma nessuno dei due sapeva bene cosa l'altro nascondesse in fondo al cuore.
Sospirai, mentre tenevamo dietro alla pulitrice che a grandi passi ci conduceva sul retro, facendosi strada tra la folla incuriosita e borbottante. Era evidente che nessuno sapesse il perché della convocazione e c’era un’agitazione notevole che non avrebbero potuto contenere a lungo.
La pulitrice spalancò una delle porte che davano verso il corridoio interno e dopo qualche metro si trovò di fronte all’ultima porta, la più proibita alla nostra curiosità.
Con mano sicura abbassò la maniglia e spinse la porta facendoci segno di entrare. Josef fu il primo a mettere piede in quella stanza, ma io dietro di lui avevo già avvertito un terribile odore di sangue e decomposizione che mi paralizzò per qualche secondo sulla soglia. Il mio amico non poteva esitare davanti a quella scena che si era ritrovato improvvisamente davanti agli occhi, non era una cosa per lui nuova e avanzò nella stanza di qualche passo.
Lo vidi barcollare nella penombra della stanza e poi lo sentii pronunciare flebilmente solo una parola.
“No...”
Quando allungai lo sguardo oltre le sue spalle fu tutto chiaro anche ai miei occhi. Stesi a terra, in un lago di sangue, c’erano una decina di corpi di uomini e donne, decapitati e disposti in cerchio.
Non mi fu difficile immaginare che doveva trattarsi del nostro consiglio. Vampiri antichi, considerati tra i più saggi della nostra comunità cui tutti dovevano un profondissimo rispetto per avere istituito le regole che ci permettevano di vivere insieme agli umani.
Le pulitrici dipendevano direttamente da loro e come tali, questi membri erano la casta aristocratica della nostra razza. Ero certo che Josef li conoscesse tutti, e bene anche.
Gli appoggiai una mano sulla spalla mentre osservavo il suo sguardo vagare da un corpo all’altro, ripercorrendo forse con la mente ricordi dolorosi ma preziosi che lo legavano ad ognuno di loro.
Avrei voluto avere il potere di entrargli nella testa per poter capire quale immensa perdita stesse vivendo, ma gli leggevo sul volto tutta la tensione che quella terribile scoperta gli stava comportando.
Non mi veniva in mente una sola parola che potesse confortarlo anche se avrei voluto tanto trovare l’espressione giusta. Mi facevo mille problemi che la pulitrice ovviamente non poteva avere.
Il suo lavoro consisteva anche in quello.
“Erano tutti qui... Sono morti tutti e dodici.”
“Chi è stato?”
Domandò lui con tono durissimo.
Io annusai a fondo, cercando di distinguere quegli odori mescolati tra loro, ma non c’era sentore umano. Uno di quelli però mi sembrava di averlo riconosciuto vagamente.
“Qualcuno dei Duvall, credo... Hanno un odore particolare.” Aggiunsi con voce bassa e Josef si voltò a guadare me.
“Vogliono riprendere il dominio. Ma noi non glielo possiamo permettere.” In quel momento entrò la pulitrice che avevo notato alla porta, con lo sguardo ancora lucido. I suoi occhi scuri si soffermarono per un attimo su uno dei cadaveri riversi sul pavimento.
Forse era il suo sire... Pensai con una certa riluttanza rendendomi conto di quanta fatica facesse a non manifestare il suo dolore.
“Stanno... aspettando. Ma non hanno più voglia di farlo. Non riusciremo a trattenerli ancora per molto.”
La pulitrice annuì e fece segno a noi di seguirla, tornando in salone, ma non appena i nostri piedi toccarono il marmo gelido del pavimento dello stanzone, parlò lei a nome di tutti.
“Fratelli... I membri del consiglio sono stati trucidati da una famiglia di vampiri, ribelle alle nostre leggi. Per il bene di tutti è necessario nominare un nuovo consigliere che abbia l’esperienza e il carisma necessari a portare a termine il compito già iniziato dai nostri compagni più anziani di cui piangiamo la terribile scomparsa quest‘oggi.” Nel mormorio generale, impastato di gridolini di stupore e sguardi timorosi, gli altri vampiri cercavano di realizzare quanto pesassero quelle parole, ma la pulitrice non diede loro nemmeno il tempo di capire bene cosa stesse succedendo.
Il suo compito era quello di fare doverosa pulizia e di rimettere ordine, nel modo più efficiente e rapido possibile.
Il suo sguardo si posò su un uomo in mezzo a tanti tra la folla e io riconobbi subito quel cappello da cowboy ben calato sulla fronte.
Alden alzò la testa e se lo levò con mano sicura.
"Perchè guardi me, signora. Lo sai che non sono io il più anziano, qui dentro." Alzò un braccio mentre gli altri si voltavano a guardarlo e seguivano a loro volta il suo dito, puntato verso di noi.
“L'uomo che cerchi è Konstantin. Quando sono nato io, lui aveva già 30 anni da un po'.” Lo indicò voltandosi e convergendo lo sguardo di tutti su di lui.
A quella chiamata mi ritrovai il cuore in gola e Josef sbiancò ancora di più in viso, per quanto gli fosse possibile. La pulitrice gli si avvicinò mantenendo però il tono di voce abbastanza alto per farsi sentire da tutti.
"Benissimo allora. Josef Kostan... Sei l’unico che li abbia conosciuti bene tutti. E sei il vampiro più anziano della nostra comunità. Ovviamente si tratterà di una reggenza momentanea nell'attesa che venga nominato un nuovo consiglio di più elementi. Tuttavia, da oggi, noi prenderemo ordini solo da te."
Ascoltare quelle parole mi provocò una sorta di vuoto nella testa.
Il mio migliore amico era improvvisamente diventato il capo della comunità vampirica di Los Angeles.
Che fosse abbastanza anziano era indubbio, ed era anche sufficientemente ricco. Queste due cose facevano di lui uno dei più potenti e temibili vampiri della città. Ma rendersi conto che Josef avrebbe in un certo senso incarnato la nostra razza agli occhi di chiunque, fu un’emozione ben diversa.
Mi sentivo improvvisamente come un cavaliere che scopre di avere davanti a sè il suo nuovo re. Il suo Sire.
Il rispetto che avevo per lui andava ben oltre l’obbligo gerarchico, ma ora, una parte di me gli doveva anche obbedienza.
Josef deglutì a fatica e si voltò a guardarla con una luce nuova negli occhi, sebbene fosse accigliato per la sorpresa.
Finchè la legione non fosse entrata in campo, tutto questo non sarebbe stato un problema. Ma ora che si affacciava sulle nostre vite la possibilità di scegliere se voler restare dalla parte degli umani o tornare alla vita cui eravamo condannati dall’inizio, di assassini esiliati, come tanti Dracula, avere un ruolo di potere rappresentava davvero una posizione scomoda, di grande responsabilità.
Ma d'altronde, di tempo per decidere ce n'era veramente poco e la folla attendeva, trattenendo il respiro, che Josef esprimesse il suo pensiero in merito a quella nomina che gli era stata praticamente imposta.
Lui fissò me per qualche secondo, poi gli sguardi di alcuni di quelli che lo circondavano più da vicino.
Non era spaventato, era fiero di essere stato nominato consigliere, ma era ancora irritato per quella strage di cui aveva visto gli effetti devastanti e profondamente offeso, come tutti noi, dalla prepotenza e dall’arroganza di un atto così barbaro ai danni di un proprio simile.
La pulitrice aveva ragione e come me, l'intera assemblea ragionava sul fatto che Josef fosse la scelta più giusta.
Senza di lui saremmo stati un corpo senza testa, proprio come una delle vittime del consiglio. Dopo qualche passo ci saremmo accasciati a terra inerti e invece, dovevamo andare avanti.
Josef aveva un motivo in più per accettare. Qualcuno gli aveva fatto notare che senza di noi, vampiri moderati, gli umani erano destinati ad essere governati dai vampiri sanguinari e il mondo sarebbe caduto in una sorta di dittatura folle.
Josef si era già ripromesso di fare qualcosa per impedire che questo accadesse e ora aveva l’occasione di dimostrare che non aveva paura e che non bleffava.
Anche se avesse voluto, probabilmente non avrebbe potuto rifiutarsi, ma in quel momento si sistemò la giacca e poi alzò la testa con fierezza come faceva sempre nei momenti difficili. Si schiarì la voce e con un sorriso modesto, si presentò come il “capo” di cui avevamo tutti bisogno.
Logan e Guillermo sorridevano, avvicinandosi a noi, mentre si facevano strada tra la gente e cominciavano a realizzare che tutto stava per cambiare.
“Se non c‘è nessun altro, più anziano di me, che voglia prendere il mio posto o affiancarmi in questo compito, farò del mio meglio per gestire la nostra comunità. Sono abituato a dirigere una grande azienda come molti di voi fanno già da secoli, esattamente come me. Ormai ho imparato che non si raggiunge alcun obiettivo senza un po' di ambizione e tanta buona volontà, ma soprattutto senza aiuto. E con il vostro aiuto e la vostra collaborazione, ci toglieremo questo dente marcio!” Esclamò scoprendo i canini in un morso.
“Vi prometto che i colpevoli saranno stanati e puniti per quanto hanno osato fare e riavremo le nostre vite pacifiche di sempre! Ora tornate alle vostre case, ma restate in guardia e se doveste avere anche solo il sospetto di qualche attività poco chiara ai nostri danni, vi prego di contattare immediatamente il nostro servizio di pulitura.” Il suo sorriso dai denti acuminati si accentuò maggiormente mentre le teste dei suoi ascoltatori annuivano alle sue parole e si esprimevano con frasi di assenso. Per un attimo quella scena mi diede davvero l’impressione che li avesse messi tutti d’accordo, anche se in realtà non poteva essere possibile.
Se i Duvall e i loro scagnozzi erano arrivati al consiglio, era stato possibile solo grazie all’aiuto di qualcuno che li aveva informati della loro presenza nel magazzino per una riunione. Per me era ovvio che ci fosse una spia tra noi e di questo avrei dovuto parlare al più presto con lui.

*******
20.

"Come sei silenzioso... E' stato lo shock di quella strage, quello per la mia promozione, o è solo la stanchezza?" Non avevo detto una sola parola da quando eravamo usciti dalla riunione.
"Un po' tutto, sire Konstantin. E' questo il tuo vero nome, no? Konstantin. Bene, dì ad Ian che può tornarsene a casa. Da solo." Il mio tono stizzito lo fece voltare stupito.
"Come?"
"Si, e sali in macchina. Io e te dobbiamo parlare."

Josef, mi accontentò, congedando il suo autista, poi entrò nella Mercedes senza smettere di fissarmi.
"Mi vuoi fare da guardia del corpo? Non sono il presidente degli Stati Uniti...Ok, Mick, dimmi cosa c'è che non va." Il mio silenzio lo turbava sempre di più.
"C'è che mi stai nascondendo qualcosa. Innanzi tutto mi hai teso quasi un agguato con Alden, del tutto inaspettatamente. Perchè ho avuto la forte impressione che tu mi abbia fatto un grosso favore? C'è per caso qualcosa che devi farti perdonare?"
"Ma che razza di idee ti vengono in mente?"
Protestò lui mentre si metteva la cintura.
"Josef... non sono in vena di scherzare. Sono serissimo."
"Lo vedo... Rallenta... Non voglio sporcarmi il completo d'Armani"
Si chinò alla curva, cercando di prendere tempo per pensare.
"E non correre così, non vorrai distruggere il tuo gioiellino del '65! Potresti fondere il motore."
"Josef!"

"Ok! L'ho capito che John non ti piace, ma non era mia intenzione tenderti un'imboscata. Non potevo sapere che ti saresti presentato con Beth, ma che differenza fa? E' solo questo il problema?"
"No."
Dissi inchiodando nel parcheggio sotto casa.
"Qualcuno ha voluto che tu diventassi il capo della comunità... Ti vogliono allo scoperto, Sire Konstantin". Incalzai di nuovo.
Josef roteò lo sguardo e si massaggiò il mento soddisfatto.
"Io ho sempre detto che hai talento, Sir St. John! Vuoi che ti nomini subito mio campione o aspettiamo l‘investitura a cavaliere nella cattedrale?" Commentò ridendo in modo poco riverente, nonostante la mia espressione scocciata.
"E va bene... Konstantin era il mio nome di battesimo, ma non lo voglio sentire. E ti ricordo che ora sono io che comando, perciò calma e rispetto!"
"Si certo. Scendi."
Ordinai senza cambiare tono.
Salimmo nel mio appartamento e, mentre mi levavo il cappotto, gli indicai la poltrona, sperando che si mettesse comodo. Avevo tutta la giornata da dedicargli se fosse stato necessario.
"Adesso tu ti siedi, e NON te ne vai di qui senza avermi detto cosa diavolo hai fatto l'altra sera!"
"Mick, mi stai accusando di avere organizzato lo sterminio del consiglio?"
"No voglio sapere dove sei stato e cosa dannazione hai fatto!"
"Ah, Mick... Ci conosciamo da tanti anni ormai, credimi... sei un libro aperto per me. Ma andiamo per gradi. Si, lo so già."
Iniziò all'improvviso lui con un sorriso a metà mentre si sedeva con un sospiro.
"C‘è una talpa. E' questo che ti ha innervosito, vero? Pensi che Alden ci abbia traditi." Aggrottai la fronte tornando a fissarlo e mi lasciai cadere sull'altra poltrona.
"Lo sospetti anche tu?"
"No... ma ho trovato una cimice l'altra sera, in casa mia. Non ho fatto in tempo a parlartene per colpa di Talbot. Non può essere stato Alden a mettercela, era ancora al ranch quando l'ho contattato ieri."
"Allora, anche la tua sarà della Legione...”
Azzardai io e lui scosse la testa lentamente.
“No... Phil mi ha assicurato che non è sua. La tua, si, ma la mia, non gli appartiene.” Aggrottai le sopracciglia, assottigliando lo sguardo. Detestavo quando mi faceva quei giochetti senza chiarirmi bene quello che sapeva. Voleva farmici arrivare con il ragionamento per testare le mie qualità intuitive e io odiavo sbagliare strada.
"Phil? Chi cavolo è Phil?"
"Phil è il capo della Legione Black Moon."

Quella frase mi lasciò completamente inebetito.
"Dei due era quello bassino con il cappellino." Specificò per darmi il tempo di riprendermi.
Protendendomi in avanti, poggiai i gomiti sulle ginocchia e incrociale le dita delle mani, serrandole davanti a me. Poi mi sfuggì un sorriso nervoso, rendendomi conto che non ci capivo più nulla, e non solo per la stanchezza.
"Josef, ricordi cosa ci siamo detti riguardo alla sincerità, alla tua festa? Beh è il momento di dimostrarmi che sei il mio migliore amico e credere fino in fondo nella nostra fratellanza, fidandoti di ME. Raccontami tutto dall'inizio o potrei anche diventare matto."
"Dall'inizio, Mick? Sei sicuro?"

Annuii sperando di poter comprendere meglio quello che stava succedendo.
"Quando ti ho detto che volevo stare dalla tua parte, non l'ho detto per paura. Io sono consapevole di essere più forte di te. E dipende solo dal fatto che sono più vecchio di te! Tu sei molto forte, per essere così giovane, ma si prende una maggiore padronanza di sè col passare del tempo, così come si acquisiscono poteri sempre più forti, che tu non hai ancora.
Sono fuori allenamento, questo è certo, lo sai che io non sono un combattente, mi diverto a fare altro... Ho detto quella frase perchè ti sono amico e non voglio stare contro di te.
Ma ci sono vampiri immensamente più forti di me e di te messi insieme. E io non voglio mettermi contro di loro, perchè ho la certezza che soccomberemmo entrambi.
I vampiri in senso stretto, Mick, non vivono come noi, a contatto con gli umani! Sono schivi, sono lontani da ogni forma di divertimento sano che abbiamo io e te. I veri vampiri vivono nell'ombra di un castello arroccato e per sopravvivere rapiscono vergini dal villaggio vicino, oggi come 500 anni fa! Hanno dei servitori, si fanno chiamare ancora Maestri! Prendi Lance ad esempio, uno come lui non può vivere come noi! E non è solo... Lui è uno dei più giovani.
Sono i vampiri come noi che hanno creato la razza moderna, immortali che non accettano davvero la loro condizione solitaria e si sforzano di vivere in questo modo, ma con delle regole che li vincolano. Siamo noi ad essere fuori luogo e fuori tempo! Gli umani hanno tutto il diritto di difendersi. Ma noi Mick...Noi siamo di un'altra specie. E sappiamo che non saremo mai amalgamati del tutto a loro perchè siamo dei diversi. E questo ci farà soffrire in eterno... Non può funzionare come dovrebbe, tra vampiro e umano, ma è l'unica possibilità che abbiamo per il momento.
E nemmeno io, come te, voglio rinunciarci. Ho commesso un errore con Sarah e ora farò qualunque cosa per rimediare. Qualunque cosa quelli dell'inquisizione mi chiedano! E io sono pronto a patteggiare.
Mi hanno fatto una proposta. Va interamente contro gli interessi riferiti alla mia persona, ma mi ridarà quello che più desidero al mondo, Mick... Voglio vedere di nuovo il riflesso dei miei occhi in quelli di Sarah. E credo di avere aspettato abbastanza da purificarmi di tutto il male commesso in 408 anni. E' stata una vera tortura per me e ora voglio il mio riscatto.
Spero solo che Dio mi conceda il suo perdono e mi restituisca l'unica donna che amo."

Ero ammutolito da quello che mi aveva appena confessato.
E lo guardavo assorto. Lo stavo stimando più di quanto avessi già fatto in vita mia, anche perchè Josef non era solo l'unico fratello che avevo. Era una persona incredibilmente passionale in tutto ciò che faceva. E quel fuoco, riuscivo a vederlo più di prima, nei suoi occhi.
La sua determinatezza e l'entusiasmo nel suo sguardo mi affascinavano. Perdere la propria amata in quel modo avrebbe distrutto chiunque.
Ma Josef era stato molto forte e a parte qualche momento di estrema debolezza che di certo non potevo rimproverargli, non aveva mai perso la speranza di riaverla.
Perchè in fondo al cuore sentiva che era la cosa giusta e ci credeva fermamente.
"Cosa hanno chiesto in cambio?" Domandai calmo, sapendo che lui aveva già accettato.
"Proveranno a svegliarla con una cura sintetica ancora sperimentale. Se dovesse funzionare la perfezioneranno e io dovrò costituirmi, farmi processare e chiedere di tornare mortale. Quando sarò umano loro mi lasceranno in pace."
Sembrava avere accettato la cosa, ma in realtà non era così. Ero sicuro che non si rendesse davvero conto di quello che gli avevano chiesto, ma era stravolto dalla situazione che lo aveva paralizzato. L'idea di risvegliare Sarah aveva annebbiato la percezione di tutte le altre informazioni.
Ero sicuro che in condizioni normali da lucido, non avrebbe mai potuto concepire una vita da mortale. Non dopo 408 anni.
"Josef...se la trovano, tu davvero ti sottoporrai alla cura?" Chiesi incredulo. Io lo avrei fatto istantaneamente se me lo avessero proposto, ma Josef, il Josef che conoscevo, avrebbe avuto una seria crisi d'identità.
E d'altronde chi al suo posto non sarebbe impazzito?
"Josef... ascoltami...Quello che tu hai deciso di fare è ammirevole. Per amore si può rinunciare a tutto. Tu moriresti per Sarah...è la più grande prova d'amore che puoi darle, esattamente come farei io con Beth! Ma sei proprio sicuro che sia questo, quello che vuoi? "
"Non sono impazzito Mick... So a cosa devo rinunciare. E so anche che ho rinunciato a Sarah troppo a lungo. Voglio anche io la mia piccola fetta di felicità, come per te e Beth. Non ho paura di morire...forse ne ho un po' di invecchiare e soffrire... Ok, no ne ho una paura fottuta, ma posso farlo. E lo farò, per lei."
"Quando?"
"Quando voi mi darete il vostro aiuto."
"Che vuoi dire?"
"La cura sintetica che sta sperimentando la legione ha delle carenze. Phil è convinto che manchi un ingrediente fondamentale."
"Quale?"
Domandai con voce tremante.
"Il sangue di Beth." Rispose immediatamente lui con altrettanta emozione nella voce. Aveva notato il mio sguardo imbarazzato e spaventato perdersi nell'abisso che quella frase aveva creato nella mia mente.
"L'A0 negativo..." Sussurrai con un filo di voce.
"Esatto. Pensi di poterne parlare con lei?"
"Io Josef, vorrei davvero aiutarti. D'accordo... più tardi andrò da lei, le spiegherò tutto e ti farò sapere. Ma ora scusami... Devo andare a sdraiarmi."
Improvvisamente avevo avvertito tutta la stanchezza che avevo sulle spalle.
Josef annuì comprensivo e non provò nemmeno ad insistere. Si ritirò silenziosamente lasciandomi solo con i miei pensieri.


*******
21.

Quando, quel pomeriggio andai da Beth, bussai con gentilezza alla sua porta, aspettando che mi aprisse. Non avevo riposato molto, ma ormai non ne avevo più nemmeno la voglia. Era importante per me levarmi quel peso dalla coscienza.
Beth guardò dallo spioncino e poi mi aprì la porta.
"Ehi..." Sussurrai appena, mentre avvicinavo il viso al suo per darle un bacio a mezze labbra.
"Ehi, Ciao!" Mi salutò e si scostò per invitarmi ad entrare.
"Non hai una bella faccia, è tutto ok?" Chiese subito preoccupata.
"Ti ho disturbata? Lo so che avrei dovuto chiamare ma... Si, sto bene, solo...Ti devo parlare di una cosa importante e non potevo aspettare." Feci qualche passo nel salotto e mi avvicinai al divano per sedermi.
"No, ero sveglia da un pò." Si sedette accanto a me e prendendomi la mano d'istinto fra le sue.
"E' per l'assemblea, vero? Dimmi tutto..."
Strinsi la mano che mi porgeva, così calda e morbida sotto le mie dita.
"Ho fatto una lunga chiacchierata con Josef. C'è stato un problemino, giù al magazzino..."
Beh...problemino è decisamente riduttivo...
"Ora Josef è diventato uno dei pilastri portanti della nostra comunità, avrà diversi incarichi e... Ha anche preso contatto con i legionari." La stavo prendendo un po' alla larga, ma non era facile per me arrivare dritto al dunque.
"Sembra ci siano delle notizie sulla cura. Josef mi ha spiegato che la Black Moon sta creando in laboratorio una cura simile a quella che aveva Coraline. E Phil... uno dei capi della Legione, gli ha proposto di provarla su Sarah. E' convinto che ci siano delle buone probabilità di svegliarla."
Lei spalancò la bocca di colpo.
"Dici sul serio?" Un sorriso dolcissimo le si era dipinto sulle labbra. "Risvegliare Sarah? Ma è fantastico! Josef sarà al settimo cielo!" Esclamò felice. Ma poi si accorse che mancava qualcosa.
"No, aspetta..." Disse poi fissandomi. "Non sono buone notizie se hai quella faccia, sputa il rospo Mick!"
Sapevo di non poterle nascondere nulla e nemmeno volevo. Cercavo solo il modo più delicato per spiegarle tutto.
"Si ma... ecco... La cura che ha la legione, manca di un particolare indispensabile, secondo Phil. Il sangue. Stanno cercando un donatore di A0 negativo, Beth." Conclusi infine con un sospiro mentre abbassavo lo sguardo dai suoi occhi per un brevissimo istante.
"Senti... io non voglio chiederti nulla, non voglio che tu ti senta obbligata a farlo, però mi sembrava giusto che te ne parlassi prima a quattr'occhi. So che per Josef è molto importante, ma se non te la senti io glielo spiegherò con calma e lui se ne farà una ragione, non ti devi preoccupare." Le dissi subito per rassicurarla.
"Mmmh..." Beth socchiuse gli occhi."Aspetta. Fammi capire bene, ok? Loro hanno questa cura, è sperimentale e manca del sangue. Se io accettassi, quanto sangue dovrebbero prendermi?" Era tesa perchè qualcosa ancora non le quadrava.
"Non me lo avresti chiesto se volessero uccidermi dissanguata, no?"
"Certo che no. Non lo so quanto sangue gli serve, ma non sarà una quantità che metterà a repentaglio la tua vita. Vogliono che ti metti a loro disposizione per le ricerche, ma i legionari proteggono gli umani, siamo noi gli esseri che vengono cacciati."
Le spiegai fissandola intensamente mentre le sfioravo una guancia.
"Non ho paura che ti uccidano, ho paura del tuo coinvolgimento. Non so se questo può comportare dei problemi. Diciamo che è solo una sensazione... Josef direbbe che sono paranoico."
"Posso parlare con uno di loro?"
Domandò allora prendendomi in contropiede. "Magari, con questo Phil..."
"Penso di si... Josef lo deve vedere tra un'ora per dargli la conferma della partenza per New York, vogliamo andarci anche noi?"
"Io voglio svegliare Sarah, ma voglio parlare con questo Phil prima... Da sola e senza super orecchie indiscrete."
Specificò. "Andiamo anche noi." Decise poi alzandosi per andare a vestirsi.


Una volta arrivati nel parcheggio delle Kostan Industries, Phil scese dal furgoncino e si avvicinò a Josef, mentre Jim restava fermo al volante.
"Buon pomeriggio a tutti voi... Mick, sono felice di vedere che stai bene. Mi dispiace per quell'incidente, il mio amico..." Spiegò indicando il furgone. "E' davvero mortificato. Speriamo di riuscire a farci perdonare! E lei Miss Turner, è un vero piacere conoscerla!" Le disse allungando la mano verso di lei.
Beth guardò il legionario e tese la mano.
"Il piacere è mio..." Guardò i due vampiri per un momento prima di rivolgersi ancora a Phil.
"Se non le spiace vorrei parlare un attimo con lei in privato, abbastanza lontani da qui in modo che anche i miei amici possano lasciarci la nostra privacy!" Enfatizzò dolcemente la parola amici mentre Phil annuiva.
"Ma sicuro!" Esclamò con un sorriso evidentissimo. "Mi segua..." Si voltò, avviandosi verso la strada e lei lo seguì silenziosa.
Josef era rimasto in silenzio mentre io stringevo i denti per evitare di farmi sfuggire qualche parola di troppo. In realtà Phil era un tipo più rassicurante ed ero quasi certo che non avesse preso bene il mio tentato omicidio da parte dell'amico. Eppure era quell'omino apparentemente debolissimo a comandare i legionari, stando a quanto mi aveva detto Josef, dunque era lui il più pericoloso di tutti, il vero braccio armato della Black Moon.
Beth continuò a camminare fino al cancello di delimitazione del parcheggio, con il furgone con il secondo legionario e noi vampiri a debita distanza.
"Veniamo al sodo, Phil." Cominciò con lo sguardo severo. "Avete tentato di uccidere l'uomo che amo, ma sono sicura che lei questo lo sappia già!" Il suo sorriso divenne freddo come il suo sguardo. "Quello che voglio sapere io è perchè, nonostante questo, io debba aiutarvi. L'unica cosa che mi interessa in questo momento è Josef, voglio ridargli la sua Sarah e lo farò, ma voglio sapere perchè poi dovrei continuare ad aiutarvi." Ribadì con tono grave. Phil ci pensò per qualche istante senza smettere di sostenere il suo sguardo.
"Sarò molto sincero con lei, Beth. Come dicevo, mi dispiace molto per ciò che è accaduto. Non era nostra intenzione fare del male al suo fidanzato, è stato un incidente perchè la situazione ci è sfuggita di mano. So che non ci scuseremo mai abbastanza per quello che è successo e io capisco benissimo le sue incertezze. Ma per quel che riguarda la cura... è fondamentale per noi. Dobbiamo contenere i danni che alcuni vampiri ribelli stanno facendo. Seminano morte e distruzione in entrambe le razze, uccidendo anche i loro simili. Sono ormai fuori dal controllo ed è necessario convertirli. Lei non è obbligata a farlo, ma io glielo consiglierei perchè so che il signor St. John ha già provato la cura e sono certo che gradirebbe tornare umano."
"Oh, non ci provi nemmeno!"
Lo sgridò."Tirare in ballo Mick e me non le servirà a farmi passare dalla sua parte!" Cercò poi di contenere la rabbia e sospirò a fondo.
"Mi scusi, ma deve perdonarmi se non riesco a vederla come uno dei buoni..." Chiuse gli occhi per un momento e poi ricominciò. "Come faccio ad avere le garanzie che non vogliate fare del male ai miei amici?"
"In verità, è molto semplice. Se avessimo voluto, lo avremmo già fatto, signorina. Vuole una prova? Chi pensa che abbia ripulito la villa di Josef Kostan da tutte quelle tracce incriminanti, prima che arrivasse la scientifica? Non è stata la pulitrice, glielo assicuro. Aveva altro a cui pensare."
Le spiegò mantenendo il suo sorriso rassicurante stampato sulla faccia. "In più, i suoi due amici sono due fondamentali alleati perchè noi possiamo fermare il capo dei ribelli. Le giuro sulla mia vita che non faremo mai del male a nessuno dei due e le assicuro che non sono mai venuto meno ad un giuramento. Le dimostrerò con i fatti che voglio solo il bene di tutti voi."
"Voi avete..."
Beth sgranò gli occhi."Voi ci state tenendo d'occhio!" Urlò arrabbiata. "Con quale diritto siete entrati nelle nostre vite?" Chiese stringendo le mani a pugno. Detestava l'idea che qualcuno ci spiasse così, usandoci come marionette e non aveva ancora capito bene quanto la pressione della legione facesse leva sulle persone a lei più vicine come Ben.
"Posso sapere per quale motivo voialtri siete convinti che, solo perchè sono vampiri, non meritino di essere trattati con rispetto? Il fatto che loro, o almeno alcuni di loro, fra cui Josef, rispettino voi in quanto umani, davvero non conta niente?" Domandò cercando di non urlare.
"Si sbaglia." Replicò lui tornando serio di colpo.
"Noi supervisioniamo anche per proteggere i nostri vampiri. Se solo avessimo sorvegliato prima Josef, gli avremmo impedito di abbracciare Sarah. Sappiamo che con il suo gruppo sanguigno c'è una scarsa percentuale di riuscita della trasformazione. Io lo avrei fermato, ma purtroppo non aveva ancora un sorvegliante a quel tempo." Fissò Beth nei suoi occhi limpidi e precisò. "Noi rispettiamo loro, quando loro rispettano noi. Non verrò mai meno ad un patto con quelle creature!" Aggiunse, indicandoci. "Anche se lei sa benissimo che capita molto spesso che uccidano, più o meno giustificati dalle circostanze! Io comunque voglio solo aiutarvi e aiutarci. Ora mi dica, accetta di collaborare?"
Beth lo squadrò perplessa.
"Se non avessi voluto accettare, non sarei nemmeno venuta qui." Gli spiegò calma. "Non mi interessa cosa pensa di loro, quello che mi riguarda è solo la salvezza di tutti noi, non voglio che venga fatto del male a nessuno!" Aggiunse tendendogli la mano di nuovo. "Vi aiuterò, ma nessuno deve farsi male."
"Questo non dipende da noi, ma da loro. Lei è un'umana e sa che loro sono i più forti. Noi cerchiamo solo di difenderci, come possiamo."
Phil prese la mano che gli tendeva e la strinse forte. "Sono molto felice di averla incontrata, Miss Turner. Spero che questo sia l'inizio di una buona collaborazione tra noi, proprio per costruire la pace tra queste due razze."
"Lo spero anche io."

*******
22.


Beth Voiceover

Quando Paula ci aprì per la seconda volta, eravamo tutti pronti a quell'ennesima prova di vita.
Phil si accostò a Mick e Josef e gli chiese di restare fuori dalla stanza di Sarah, non so nemmeno con quale coraggio.
"Entreremo solo io e Miss Turner. Sarai troppo coinvolto emotivamente e io non sono sicuro che tu possa sopportare di nuovo la delusione, se non dovesse funzionare. Aspetta qui e noi ti chiameremo appena avremo finito." Spiegò a Josef.
"Resto io con lui." Precisò Mick annuendo, poi mi sfiorò la guancia con un bacio.
"Tienilo d'occhio tu. Io mi occupo di Josef... Ha ragione Phil, ci metterebbe un secondo a staccargli la testa se le cose non andassero bene. Buona fortuna." Concluse con un sorriso, stringendomi la mano prima di lasciarmi andare.
Paula ci portò in camera da Sarah e come la prima volta mi si strinse il cuore a vederla su quel letto legata a tutti quei macchinari.
Phil spostò un pò di cose dalla scrivania e sistemò lì la sua attrezzatura. Io mi voltai a guardarlo, girando per un attimo le spalle alla Bella Addormentata e riconobbi un laccio emostatico, una siringa, un pugnale dall'aria truce e alcuni ingredienti fra cui supposi dovesse essere la famosa cura. Ero curiosa di vedere il risultato.
Lo lasciai ai suoi preparativi e tornai a guardare Sarah.
Avevo capito da sola che la cura l'avrebbe fatta tornare umana... Erano cambiate tante cose dagli anni in cui lei aveva vissuto e mi chiesi distrattamente come dovesse essere risvegliarsi in un mondo totalmente diverso da quello che ricordi.
Probabilmente da sola non ce l'avrebbe mai fatta, ma con lei c'era Josef e io ero sicurissima che il loro affetto avrebbe superato tutto.
Mi sentivo particolarmente legata a lei, anche se non la conoscevo, sentivo che eravamo simili.
Entrambe eravamo disposte ad andare oltre i limiti del nostro stesso essere, per non rinunciare a quell'amore che ci legava a delle creature fuori dagli schemi della natura, entrambe avevamo il mondo contro e qualcosa mi diceva che tutte e due avremmo continuato a lottare perchè il sentimento che ci lega ai vampiri è qualcosa che davvero può capire solo chi lo vive.
Mi voltai ancora verso Phil, lui era diverso, il bene primario per lui era la sopravvivenza degli umani, mentre io e lei volevamo solo essere libere di amarli come volevamo.
Ma quando tornai a guardare Sarah, le sfiorai una mano, come se fossi sua amica da sempre.
"Andrà tutto bene..." Sussurrai pianissimo senza farmi sentire da Phil che nel frattempo si era voltato verso di me.

"Ok... possiamo cominciare Miss Turner, io sono pronto."
Mi voltai verso di lui e mi avvicinai.
"Cosa devo fare?"
"Devo solo tirarle un po' di sangue, tutto qui... Non ci vorrà molto."
"Bene."
Mi sedetti sulla sedia e alzai la manica della camicia per fargli mettere il laccio emostatico.
"Non si preoccupi non le farà male." Mi rassicurò e io lo guardai accigliata.
"Phil... Ho salvato Mick grazie al sangue che mi sono prelevata da sola, non mi tratti come una bambolina delicata, non lo sono!"
Il suo sguardo sorpreso mi diede una soddisfazione difficile da spiegare.
"Si è tirata il sangue da sola?" Mi chiese poi e io annuii in modo deciso.
"Più di una volta, so che il mio sangue è prezioso, e pensavo che una piccola scorta nel frigo di Mick sarebbe tornata utile e infatti è stato quello a salvarlo dalla vostra bravata..." Dissi severa mentre lui mi disinfettava la pelle prima di inserire l'ago.
"Come le ho già detto, ci dispiace sul serio." Ripetè mortificato.
"Non si preoccupi, l'importante è che lui sia con me, sano e salvo."
Mi soffermavo a guardare il mio sangue che riempiva il cilindro della siringa pensando che tutto si riduceva a questo.
Il mio sangue sembrava essere la soluzione a tutti i problemi dei vampiri e degli umani coinvolti con essi.
Phil premette il cotone sull'ago e lo estrasse, facendomi segno di tenere l'ovatta ferma, io ubbidii mentre lui me la bloccava con un cerotto.
"Ecco fatto." Annunciò iniziando poi ad armeggiare con gli altri ingredienti e mischiandoli insieme al mio sangue.
"Fra un po' ci siamo..." Accese il registratore mettendo in sottofondo la "voce degli angeli" ( vedi ep.18 - Death Symphony) Prese il pugnale e la ciotola con quella che sembrava una crema rossa, all'interno.
Staccò Sarah da tutti i macchinari di monitoraggio, lasciandole solo la flebo e poi, prendendole un braccio, la ferì lievemente e col pugnale coprì con la cura il sangue che iniziava ad uscire dal taglio.
Quando lo vidi ferirla, mi fu chiaro il perchè Josef fosse rimasto fuori. Probabilmente lo avrebbe ucciso solo per averla toccata, io stessa avevo serie difficoltà a controllare l'impulso negativo che quella scena mi aveva provocato.
Ma Phil fasciò con cura la ferita e rimase ad aspettare, mentre io trattenevo il fiato.
Passarono dei secondi interminabili, probabilmente un minuto, quando all'improvviso e senza nessun preavviso, Sarah spalancò gli occhi, strappandomi un sussulto.
Si guardò intorno, facendo saettare gli occhi nella stanza con lo sguardo sperduto e spaventato, fissò prima Phil, poi me.
Io feci per avvicinarmi con un sorriso ma lei scattò seduta e urlò a gran voce come presa dal panico.
"CHARLES!!!"

Fine episodio 20

Continua...

Cast delle fanfic fino ad ora:
image Mick St. John: Alex O’Loughlin
image Beth Turner: Sophia Myles
image Josef Kostan: Jason Dohring
image Benjamin Talbot: Eric Winter
image Logan Griffen: David Blue
image Carl Davis: Brian White
image Sarah Withley: N.P
image Cindy Morrigan: Naomi Watts
image Long John Silver/Jim: Michael Chiklis
image Phil: James D. Dever
image Diane Dorieska: Charisma Carpenter
image Stuart Jalapa: Cillian Murphy
image Nick Carter: Jack Huston
image Matt : Freddie Highmore
image Leon : Lupe Fiasco
image John Alden: Perry King
image Veruska Ipatiev : Adrienne Frantz

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