Crush on gossip

di bittersweet Mel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No I ***
Capitolo 2: *** No II ***
Capitolo 3: *** [No. III ] ***



Capitolo 1
*** No I ***


Titolo: Crush on gossip
Autore: bittersweet Mel

Fandom: Kingdom Hearts
Personaggi: 
Axel, Roxas, un po' tutti

Rating: Verde, direi. Oh, magari arriverà a giallo ...
Note: Allora, questo è il seguito di una storia che avevo pubblicato il precedenza, anche se non serve affatto averla letto per capire quello che succede.
Faccio un piccolo riassunto giusto per farvi capire il punto della situazione. ( Se interessa la storia è
Like a superstar  )
Allora: Axel è un attore famoso, trasferitosi a Twilight Town da qualche giorno. Roxas e i suoi amici lo vengono a sapere e decidono di andare sotto casa sua per riuscire a scattare qualche foto interessante. Roxas, non essendo d'accordo con tutta quella faccenda, ripete più volte che avrebbe di gran lunga preferito restarsene a casa sua. Kairi e Sora lo convincono ad accettare una scommessa, e così Roxas si ritrova a scavalcare il cancello che porta dentro casa di Axel.
Una volta entrato i suoi amici scappano via e rimane da solo. Entra nella casa e incontra l'attore. Iniziano a parlare e Axel prova subito interesse per Roxas, allora decidono di conoscersi meglio.
Le stop. Oddio, è un riassunto molto ... riassunto(!?), però centra la questione.
Note 2: La storia doveva essere inizialmente una one shot, ma ho deciso di dividerla a più capitoli. Sarebbe stato troppo faticosa da leggere tutta, eh! Ho già pronti i primi due, quindi spetta a voi dirmi se vi piace e se volete leggere il seguito.
Altimenti me la tengo tutta per me e per quell'idiota di
AvengedianaSixx_Radke, a cui è dedicata la storia. Sì, anche questo seguito è per questa brutta pustola che mi tocca il culo ogni volta che ci vediamo.
Sei una scimmia, sappilo <3


C r u s h    o n    g o s s i p

[ no. I ]

 

Salve a tutti, mi chiamo Roxas Lief e in questo momento sono molto arrabbiato.
Volete sapere il motivo? Oh, non c’è cosa più facile da spiegare.
Per capire tutto bisogna tornare indietro di qualche mese, più precisamente il 18 aprile di quest’anno.
Che cosa è successo in quel giorno, vi chiederete?
Ah, che cosa lo domando a fare? Sono sicuro che tutti voi sapete benissimo che cosa è successo quel giorno perciò questa, come quella di prima, è una risposta fin troppo ovvia e facile da dire: quel dannatissimo giorno ho incontrato Axel Keith.
Sì, proprio lui. Esatto, parlo di quel tipo li, quello alto con la faccia da scemo e la risata assordante.
Proprio così, Axel Keith l’attore.
Scommetto che mentre state leggendo queste righe vi chiederete come mai sto parlando direttamente con voi, cari lettori ( notate l’ironia, seppur non udibile), e beh … Usate un po’ di inventiva, ok?
Non ho idea se questa mia “lettera” arriverà mai a qualche redazione o in qualche stupido giornale scandalistico, però io la scrivo lo stesso.
Comunque, stavo dicendo: sono arrabbiato, molto.
La colpa non è solo di Axel, per l’amor del cielo; direi che la colpa va attribuita specialmente ad una mia amica – è così definibile quel piccolo mostro in gonnella?- , che con una scommessa subdola mi ha fatto intrufolare a casa dell’attore e li uhm, beh, quelli non sono affari vostri.
Esatto, avete letto bene: quelli-non-sono-affari-vostri.
Quindi stop, basta, è finita.
Sono stufo di essere seguito fuori da scuola, a casa, nei negozi e perfino in bagno solamente perché sono il ragazzo di quel cosiddetto attore da quattro soldi.
Ok, siamo fidanzati. Io sto con Axel e Axel sta con me punto, queste non sono cose di cui dovreste impicciarvi.
Quindi vi pregherei di smetterla di mandarmi lettere minatorie scrivendo cose del tipo : “ Se non lasci Axel giuro che te la faccio pagare” o robe del genere. Tanto non lo lascio, non se me lo dite voi.
Ci siamo capiti, spero. Voi vivetevi le vostre vite e io proverò a vivere la mia, per quanto passarla con quello li ( intendo Axel, nh ) è già abbastanza complicata di per se.
Cordiale saluti,  da un incavolato Roxas.


 

«Certo che sei stato particolarmente schietto in questa lettera, eh?»
«Non ne posso più di tutti questi pettegolezzi su di me, Xion. Voglio solo tornare ad essere il solito ragazzo di sempre senza nessuno che lo pedina per chiedergli di che colore sono le mutande che indossa oggi Axel»
«A proposito, di che color-» «Xion!»
Roxas sbuffò, lasciando cadere la testa sopra al tavolo della cucina. Al suo fianco la ragazza sorrise dolcemente, passandogli una mano tra i capelli biondi.
«Dai, lo sai che queste cose passeranno di moda. Come quella volta che andavano tanto i capelli alla texana e tutti avevano iniziati a comprarli»
Il biondo voltò il capo di lato, osservando di sottecchi l’amica e sorridendo lievemente anche lui.
«Sora ne aveva comprati due e ci dormiva anche la notte»
Xion ridacchiò, appoggiando anche lei il capo sul tavolo e muovendo circolarmente le dita sopra la testa del biondo.
«Era proprio buffo»
«Quando mai non lo è?»
Rimasero per qualche attimo in silenzio, godendosi la tranquillità che inspiegabilmente aleggiava il casa Lief.
Stranamente il telefono non squillava di continuo, nessuno bussava alla porta e sembrava che nemmeno un fotografo si fosse intrufolato in casa sua per fare delle foto.
Quel giorno tutto andava bene in pratica.
«Roxas », iniziò a parlare Xion con delicatezza, «Axel che cosa ne pensa di questa storia?»
Il biondo mugolò qualcosa di indefinito, scuotendo la testa.
«Quel bastardo si sta divertendo come non mai, ecco tutto. Per lui è tutto un “ oh guarda Rox, sei sui giornali” e un “ A quanto pare il nostro ultimo bacio è finito in copertina”»
La corvina sghignazzò alle parole dell’amico, immaginandosi la faccia dell’attore mentre diceva quelle parole.
«Almeno non te lo fa pesare»
«Tu dici? A me pare il contrario» brontolò il ragazzo, tamburellando la mano sopra al tavolo liscio.
Ah, per fortuna c’era Xion li con lui! Era l’unica tra i suoi amici con cui riusciva a confidarsi, ed era anche l’unica persona con cui poteva prendersi il lusso di lamentarsi come un bambino senza nessuna vergogna.
«Se fossi in te sarei felice, sai? »
«Uhm?»
La ragazza sorrise apertamente, mostrando una fila di denti bianchi e perfettamente dritti che gli illuminarono il viso e gli occhi.
«Andiamo Roxas … Tu sei sempre stato una di quelle persone che diceva che l’amore fa schifo, che non esiste e che non avresti mai provato nulla di più che affetto per qualcuno; e invece guardati ora, cavolo! Hai una relazione stabile da più di tre mesi con Axel, e questo è tutto dire visto che lui è famoso per non voler nessuno al suoi fianco. Vi siete trovati, punto. Ti piace, e non come ti può piacere un gelato.
Capisci quello che intendo? Sai, Roxas … Credo che tu ne sia innamorato, solo che sei troppo testardo e cocciuto per ammetterlo o anche solo pensare di esserlo.»
Roxas rimase in silenzio fino alla fine del monologo dell’amica, limitandosi ad arrossire lievemente per le sue parole.
Certo, Axel gli piaceva e anche tanto ma … Arrivare a dire che ne era innamorato non era un po’ troppo? Nemmeno lui lo sapeva con certezza, quindi come poteva esserne sicura lei?
Si passò una mano sugli occhi e poi sorrise, strofinando la guancia sopra al tavolo come in una carezza.
«A volte dimentico il fatto che anche tu ragioni come una ragazza»
«Che vorresti dire con questo?» ringhiò in risposta l’amica, tirandogli una ciocca di capelli.
«Ahi, Ahi, scherzavo dai! Solo che quando sono con te mi sembra di essere con il mio migliore amico»
La mora ringhiò ancora una volta, tirando ancora più forte i capelli del biondo e strizzando gli occhi con rabbia.
«Stupido, stupido Roxas. Non si dicono queste cose»
«Ha ragione, sai?»
Entrambi i ragazzi si voltarono verso quella voce, stupiti dall’intrusione inaspettata.
L’ultima volta che avevano guardato per la casa non c’era nessun’altro, oltre loro due. Come diamine aveva fatto ad entrare?
«Nessuno ti ha interpellato, mi pare» sbottò Roxas, cercando si staccare la mani di Xion dai suoi capelli.
La ragazza sospirò, imbonciandosi lievemente. Mollò la presa dalle ciocce dell’amico e scosse la testa.
«Vedi? Anche Axel la pensa come me»
Il biondo ignorò il commento della ragazza e si chinò nuovamente sul tavolo, sbattendoci due volte la testa sopra.
Il rosso gli si avvicinò, chinandosi poi sopra di lui. Appoggiò il mento sopra la spalla di Roxas e gli cinse i fianchi in un abbraccio, mormorando un saluto.
«Ancora alle prese con i giornali, Blondie?»
Roxas mugolò una rispostaccia e cercò di scrollarsi di dosso il giovane uomo, imbarazzato dalla sua vicinanza.
Insomma, un conto stare vicini quando erano da soli – magari anche in camera da letto, eh- , ma con Xion li vicino non riusciva a rilassarsi.
Specialmente perché la mora era una fan tremenda di Axel e della loro relazione.
Quasi a leggere nei suoi pensieri, Xion, si alzò dalla sedia e si stiracchiò, alzando le braccia al cielo.
«Si è fatto tardi, è meglio che vada. Ci vediamo domani a scuola, ok?»
Ah, Roxas l’aveva già detto che adorava Xion e la reputava la “migliore migliore amica” che si potesse desiderare?
«Va bene, a domani» mormorò Roxas, sollevando una mano in segno di saluto.
La ragazza gli sorrise ampiamente, poi si voltò verso il rosso e ripeté la stessa azione.
«Buona notte per dopo, allora»
Entrambi i ragazzi rimasero in silenzio finché non sentirono il ticchettio dei tacchi di Xion allontanarsi da loro fino a sparire, insieme al rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle.
Allora Roxas sospirò, allungando le braccia distese sopra al tavolo.
«Mi da fastidio, lo sai»
Axel lo strinse un po’ più forte, mugolando un “ sì” di assenso.
«Però se siamo da soli non mi dai fastidio, eh» riprese il biondo a parlare, inclinando la testa di lato per lasciare spazio alle labbra di Axel.
«Ti conosco abbastanza bene, nanerottolo» mormorò in risposta l’attore, passando lentamente la bocca sul collo del ragazzo sotto di lui.
«Nh, non esserne così sicuro razza di spilungone»
«Ah ah, perché non stai mai zitto?» domandò Axel con un sorriso, mordicchiando l’orecchio a Roxas per rafforzare il concetto.
Il biondo sorrise lievemente, contorcendosi sotto il ragazzo per il solletico. Diavolo, l’orecchio era il suo punto debole e quel bastardo ne approfittava ogni volta.
«Colpa tua che non sei capace di chiudermi la bocca»
«Ah sì?» domandò ironicamente l’attore ridendo sopra la giugulare del ragazzo, lasciandogli infine un bacio sopra.
«Sì»
Axel socchiuse gli occhi e appoggiò la testa sopra la spalla di Roxas come poco prima, strofinando la guancia contro l’incavo del collo.
Accarezzò dolcemente lo stomaco del biondo e ci tamburellò sopra, sorridendo.
Passò le mani sopra ai fianchi di Roxas, incantato da quanto fossero belli nonostante appartenevano ad un ragazzo e non avevano quella forma morbida tipica delle femmine.
Ma Roxas gli andava bene così.
Gli piaceva il suo sguardo azzurro e profondo, quasi sempre perso in contemplazione di qualcosa.
Gli piaceva il suo naso lievemente a patata che lo imbarazzava tanto.
Gli piacevano le labbra non troppo carnose e non troppo sottili che baciava ogni giorno.
Gli piaceva il fisico acerbo da ragazzo che si ritrovava.
Gli piacevano le sue mani, forse troppo grandi rispetto al resto del corpo.
Gli piacevano anche le gambe, esili ma veloci.
Ma soprattutto gli piaceva Roxas. Roxas e il suo carattere da prendere a calci, il suo sorriso sbilenco di quando gli rinfacciava qualcosa e il tono di voce da saputello.
Roxas e il suo sorriso, la sua passione per il tramonto, i film gialli e quelli di fantasia.
Gli piaceva quando Roxas lo svegliava la mattina presto lamentandosi del fatto di dover andare a scuola, mentre lui poteva restare a casa a dormire.
Gli piacevano perfino i piccoli pugni che il biondo gli tirava quando faceva qualche battuta sconcia, oppure quando cercava di mascherare l’imbarazzo.
Sì, quel ragazzo gli piaceva davvero nonostante erano due opposti.
Lo strinse più forte di prima, ignorando il leggero lamento di dolore che uscì dalla bocca del biondo.
Axel avrebbe potuto anche spaccargli le costole in un abbraccio; tutto, tutto pur di stringerlo così forte da farlo diventare un un’unica cosa con lui.

Che maledetto sia il giorno in cui questo marmocchio si è intrufolato in casa mia.
Perché odiava essere innamorato, eppure al tempo stesso non poteva farne a meno.
Le “farfalle nello stomaco”, il “ batticuore improvviso”, tutte cose che non voleva provare ma che quel biondo gli scatenava in lui.
Il respiro che si appesantiva quando rivedeva Roxas dopo una settimana, il calore che sentiva invadergli la gola quando il biondo gli sorrideva, il cuore che non se ne voleva decidere di stare a posto e, diavolo, quelle maledette farfalle nello stomaco!
All’inizio aveva anche provato a bere un insetticida, giusto per ammazzare quelle bestiacce che gli svolazzavano nella pancia, ma adesso non gli importava più niente.
Avrebbero potuto perfino farci delle uova, li dentro.
Infondo non si meritava di morire a causa di un intossicazione, eh.
Al massimo sarebbe morto a causa di Roxas, anche se gli sembrava troppo eccessivo anche solo pensare di poter morire per qualcuno.
Ma, come aveva già pensato poco prima, ora come ora non gli importava.
Posò la bocca sopra la guancia di Roxas, depositandoci un piccolo bacio.
«I tuoi genitori ci sono?»
«No» mormorò Roxas, osservando di sottecchi il rosso e sorridendo. Sollevò entrambe le mani e le portò verso la testa di Axel,  passando le dita tra i capelli irsuti dell’attore.
«Uhm, e Sora?» domandò il rosso con voce roca, allungando il collo così da baciare Roxas sulla bocca.
«E’ uscito con Kairi»
«Ottimo. Te l’ho detto che adoro quella ragazza?»
Roxas ridacchiò leggermente, scuotendo la testa. «Sì, me l’hai detto fin troppe volte»
Il giovane uomo sogghignò e mormorò un “geloso”, per poi riposare le proprie labbra su quelle di Roxas.
Questa volta approfondì un po’ di più il bacio, lasciando scivolare la sua lingua contro quella del biondo.
Gli occhi chiusi, il respiro accaldato e la voglia di poter restare così per sempre.
Già, non era affatto male.
Roxas si alzò dalla sedia, sciogliendo per un attimo lo strano abbraccio che avevano creato poco prima.
Affiancò Axel e gli prese la mano, indicando con un cenno del capo la sua camera da letto.
«Signorsì signore» esclamò Axel imitando una posa militare, poi prese in braccio il biondo e lo trascinò verso la camera.






-

La tomba di Mel ( sì, vorrei davvero dormire in una tomba almeno una volta in vita mia )
Stop, non ho altro da dire. E allora perché aggiungere questo pezzo a fine storia? Semplice: avevo voglia di scrivere qualcosa di randomico. Tanto quasi nessuno legge, eh! Cioè, io lo faccio sempre, ma solo perché adoro farmi gli affaracci degli altri.
Non camperò mai cento anni, eh?
Vabbò, me ne torno a mangiare ghiaccioli all'ananas ~







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Capitolo 2
*** No II ***


[ no. II ]

 

«Dannazione, l’hanno rifatto!» urlò Roxas, aprendo la porta della classe con un colpo secco.
I pochi presenti nell’aula alzarono gli occhi, leggermente intimoriti.
Il biondo ignorò gli sguardi indagatori dei compagni e si diresse a passo veloce verso i suoi amici, che se ne stavano raggruppati vicino alla finestra.
Con un movimento fulmineo sbatté uno dei tanti giornali di gossip sopra ad un banco e disse ai suoi amici di guardare.
Sopra la copertina, incorniciata da dei cuori rossi e rosa, spiccava la foto di un bacio tra Roxas e Axel.
Si vedeva chiaramente il biondo seduto sopra la sedia della sua cucina intendo a dare un bacio all’attore; se si guardava con più attenzione si riuscivano anche a scorgere le mani del rosso appoggiate contro l’addome del ragazzo e un segno rosso alla base del collo.
«Questa è violazione della privacy, per Dio!» ululò Roxas, sempre più arrabbiato e rosso in volto.
Olette, Kairi e Sora si guardarono di sbieco, cercando di trattenersi dal ridere in faccia al biondo visto che la sua reazione non sarebbe stata molto carina ed educata.
«
‘fanculo, ora mai non esiste più quella cosa chiamata privacy, eh? » rincalzò Roxas,  battendo ritmicamente il piede sinistro per terra a causa del nervosismo. Al suo fianco il gemello sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla con fare complice.
«
Se ti fai Axel no, direi che non esiste nessuna privacy che tenga »
Roxas si limitò a guardarlo male, ritenendo inutili eventuali insulti in quanto quell’ameba di Sora non avrebbe comunque capito.
Kairi sospirò lievemente e si affiancò al moretto, strattonandolo per la manica.
«Se non vuoi morire ti consiglio di allontanarti»
«Per una volta ascolta quello che ti dice quel pazzo: questa volta ne va della tua vita» continuò Riku, pensando di sfottere entrambi i gemelli in un colpo solo e, quindi, di farsi figo.
Lui sì che si riteneva soddisfatto di sé, con il comportamento schivo, il carattere tutto d’un pezzo e lo sguardo ammaliatore.
Peccato che le sue parole non sortirono l’effetto desiderato da parte di nessuno dei due ragazzi, che sembravano non averlo nemmeno sentito.
Un po’ demoralizzato si allontanò dal gruppo, borbottando qualcosa sulla cattiveria dei due “piccoli bastardi quasi uguali”.
Olette ridacchiò di quel comportamento e spedì Hayner – con un movimento autoritario del capo-  a parlare con l’albino, giusto per non lasciarlo completamente solo. Certe volte quel ragazzo gli faceva leggermente pena, visto quanto poco  veniva considerato certe volte.
Poi  la mora , con passo leggiadro – letteralmente, visto che si incamminò saltellando come una ballerina- si appoggiò al banco vicino a Roxas e lo osservò dritto negli occhi, sbattendo un paio di volte le ciglia.
«E tu che vuoi adesso?» gli domandò brusco il biondo, non aspettandosi nulla di buono da uno sguardo come quello.
«Volevo sapere giusto una cosina …»
Roxas sospirò, mentre Sora e Kairi tesero le orecchie, sperando di captare qualche nuovo pettegolezzo da usare in futuro.

Coppia malefica.
«Dimmi, allora»
Olette parve illuminarsi ancora di più, mentre le sue mani sbatterono una contro l’altra per l’esaltazione.
Ecco, adesso Roxas si pentiva ancora di più di aver tralasciato il particolare di quell’occhiata scintillante da ragazza che, solitamente, portava con sé sempre e comunque delle domande imbarazzanti.
«Tu e Axel avete già fatto sesso?»
Come non detto.
Roxas sbatté le palpebre un paio di volte, non sapendo cosa fare se non arrossire miseramente.
Perché la mente delle ragazze doveva essere così perversa e spudorata? Cioè, anche quella dei ragazzi, ma in quel momento preferiva prendersela con il sesso femminile.
Quindi il biondo tossì un paio di volte, ignorando il silenzio che si era formato e gli sguardi puntati su di lui, e si grattò leggermente in imbarazzo un guancia.
«Questi  … non sono affari tuoi» mormorò dopo una piccola pausa, sperando di aver reso la sua voce abbastanza decisa sulla questione.
«E’ un sì» sbottò Sora, ridacchiando
«Indubbiamente» approvò Kairi, portandosi una mano alla bocca per nascondere le risate.
«Lo si capisce dallo sguardo» sopraggiunse Riku, ritornato più deciso che mai a dire la sua. E poi non aveva voglia di starsene in disparte con Hayner, che non faceva altro che parlare di Olette e di quanto non lo infastidisse quel suo comportamento da secchiona.
«E poi quando si siede certe volte fa delle smorfie. Gli farà male il sedere!»
«Delicato come sempre, Sora» borbottò la mora – Olette -  tirando un piccolo pugno sopra la spalla del ragazzo.
«Però è vero. Ti fa male, per caso?»
«Ma la volete finire!?» ululò Roxas, rosso come un peperone e con le pupille assottigliate a causa della rabbia.
«Ma è così divertente prenderti in giro» ridacchiò subito Kairi, seguita da un cenno d’assenso di tutti i presenti e qualche esclamazione divertita.
«Io non ci trovo nulla di divertente» mormorò il biondo incrociando le braccia al petto e fingendosi offeso. Cioè, si fingeva offeso, ma un po’ lo era davvero. Che brutto argomento da andare a toccare, specialmente in una scuola e con delle orecchie indiscrete intorno.
«Non ci trovi nulla di divertente perché tu non ti diverti mai» ma come sempre ci pensava Sora a sollevare il morale, no?
Roxas si voltò verso il gemello e scosse la testa, spazientito.
«Per lo meno il mio cervello funziona da solo e non ha bisogno di criceti che lo facciano muovere»
«Ma io non ho dei criceti nel cervello, stupido!»
«Oh scusa, volevo dire pantegane» esclamò Roxas fingendosi afflitto, portandosi perfino una mano al petto.
Il resto dei ragazzi se ne stava in silenzio, spostando lo sguardo da Sora a Roxas come se stessero seguendo una partita di ping pong dove, ora come ora, conduceva Roxas due a uno.
«E che cosa sono queste pantegane?»
«Facciamo così: tu te ne vai in biblioteca e cerchi la parola pantegana sul dizionario, mentre noi qui facciamo qualcosa di utile, come il tirarmi fuori da questa situazione. Ok?» domandò spazientito il biondo, spostando lo sguardo dal gemello moro a tutti i suoi amici.
E allora tutti sospirarono all’unisono, lamentandosi quasi in contemporanea di quanto fosse noioso Roxas e il suo modo di parlare.
«Oh, andate al diavolo!» sbottò di rimando il giovane, afferrando il giornale dal banco e allontanandosi di qualche passo dai suoi cosiddetti amici.
«Mi arrangerò da solo. Meglio soli che male accompagnati, no?» si lamentò durante il tragitto, guardando con la coda dell’occhio il sorriso di Olette e degli altri.
Mpf, avrebbe chiesto a Xion nel pomeriggio magari. Perché doveva essere in un altra classe, perché?
«Attento che da solo rischi di non arrivare da nessuna parte, corto come sei» gli urlò dietro in risposta la brunetta, scatenando le risate di tutto il gruppo e anche quelle di Roxas.
«Ah ah » borbottò di rimando Roxas, aprendo la porta della classe con la speranza di potersene andare a prendere un caffè.
Eppure davanti a lui si piantò la figura possente del professor Xaldin, che lo guardava dal’alto in basso con uno strano ghigno.
«Dove pensi di andare, funghetto?»
Il biondo storse il naso a quel soprannome, mentre le braccia andarono ad incrociarsi intorno al suo petto.
«Volevo prendere un caffè»
L’uomo scosse la testa con veemenza, facendo dondolare per aria la massa enorme dei suo capelli.
«Alla tua età non fa bene bere caffè.  Per di più non voglio immaginare che effetto possa avere su di te la caffeina, quiiiiindi » gli posò una mano sulla spalla, facendolo ruotare verso la lavagna «ti interrogo, così non hai bisogno di nessun tipo di sostanza per rimanere sveglio»
«Cos-?»  Roxas evitò di commentare, preferendo lasciare la frase in sospeso. Digrignò i denti e si avvicinò alla lavagna, senza dimenticarsi di mostrare il dito medio a quell’idiota di Riku che ridacchiava alle sue spalle.
Fortunatamente il professor Xaldin non era male come insegnante, a parte quella volta in cui si era messo a lanciare noci in testa agli studenti affermando che “ le vostre teste sono talmente dure che ci posso rompere sopra quel che voglio”.
Ovviamente non l’aveva detto con molta calma e compostezza, infatti Roxas ancora si ricordava degli schizzi di saliva che erano arrivati fino al suo banco in terza fila.
Però ora come ora non gli importava: prima l’interrogazione – con un bel voto annesso, magari- e poi tutto il resto.
E il resto comprendeva anche un piano super geniale per far smettere i paparazzi di tormentarlo.
Ma quale?
Un piano di riserva ce l'aveva, ma sperava proprio di non doverlo usare.

 

 

 

Nel pomeriggio le strade di Twilight Town erano affollate. Le vie erano ghermite di persone, per lo più bambini, che si affrettavano a raggiungere una qualsiasi destinazione con un sorriso sulle labbra.
Solitamente i più piccoli correvano verso il famoso Ring di sabbia, dove si disputavano vari incontri sportivi: si poteva passare di li un giorno e ammirare un incontro di struggle, poi  passare il giorno dopo e vedere tanti ragazzi in bilico sullo skate pronti a fare incredibili tricks.
Insomma, il ring di sabbia apparteneva ai ragazzi e ai bambini, mentre gli adulti preferivano girare per le strade della tranquilla cittadina ad osservare le boutique oppure a spettegolare con il fioraio.
Ah, il fioraio di quella città Roxas proprio non lo sopportava.
Era un uomo fisicamente,  ma se si trattava del carattere e della personalità, beh… Quella era tutta un’altra storia: sembrava una pettegola, continuava a farsi la manicure, ed era sempre e comunque informato su tutto.
Per di più aveva un sorriso inquietante e degli orribili capelli rosa, eppure tutti in città andavano da lui per conversare. Tranne il biondo, lui preferiva tenersi alla larga.
In ogni caso, per lui, camminare per la strade cittadine era tremendamente divertente. Specialmente da quanto tutti quelli che posavano lo sguardo su di lui sapevano chi era e con chi stesse.
Insomma: il ragazzo della celebrità, il suo fidanzato maschio.
Se prima quando camminava per i vicoletti di Twilight Town quasi nessuno lo osservava, adesso poteva vantare il primato di “ persona più osservata “ dell’intera città. Sempre che ci fosse un premio del genere, poi.
E insieme a tutti quegli sguardi incuriositi e saluti amichevoli c’era anche la risatina ambigua di Marluxia – il fioraio- che ogni volta che lo vedeva passare gli lanciava addosso una margheritina.
Strana la gente, eh?
Ma, e c’è sempre un ma, insieme a quell’atmosfera di divertimento che seguiva Roxas quando camminava in città, arrivava a pari passo anche l’imbarazzo.
Insomma, prima solamente gli studenti della sua scuola e i suoi genitori sapevano del suo orientamento sessuale, mentre adesso aveva come la sensazione che gli sguardi della gente gli scolpissero addosso la parola “ GAY” a lettere cubitali.
Fortunatamente nessuno diceva nulla a riguardo, se non i soliti idioti capeggiati  da Seifer, e probabilmente il fatto di essere gay ma con un fidanzato molto famoso aiutava.
Eccome se aiutava!
In ogni caso non erano quelli i pensieri che ronzavano nella mente di Roxas in quel momento; il biondo sembrava molto più interessato a trovare un modo per salvarsi la sua privacy.
Esatto, la sua amata privacy che ultimamente sembrava tanto essere sottovalutata e lasciata in disparte.
Quindi il ragazzo camminava con il capo all’insù, entrambe le mani addossate nella grossa felpa verde che indossava e la mente rivolta a tutto tranne a chi gli stava intorno, quanto meno alla macchina che gli si era accostata di fianco con il finestrino semi abbassato.
«Ehi ragazzo» gli disse il guidatore, appoggiando il gomito sopra al finestrino « Sali in macchina»
Roxas sobbalzò leggermente, sentendo le orecchie fischiare dall’imbarazzo e dalla paura. 
Lentamente si girò verso la macchina e osservò la persona che aveva appena parlato con quella strana voce che sembrava quasi finta.
Sbatté le palpebre un paio di volte, completamente incredulo da quello che gli si mostrava davanti agli occhi: l’uomo che l’aveva appena fermato indossava un grosso cappello nero che gli ricopriva tutti i capelli, portava degli occhiali da sole e aveva una mascherina che andava a coprirgli  gran parte del viso sottile e la bocca.
Altro che maniaco sessuale, eh!
Ma quel giorno Roxas non era proprio in vena per essere rapito da uno strano pervertito, anche se quel tizio sembrava troppo giovane per esserlo.
Insomma, solitamente i pervertiti erano vecchi e indossavano gli impermeabili, no?
«Ma certo, così puoi darmi anche un bel lecca-lecca eh? Non penso proprio» gli rispose a tono il biondo, tirando fuori il cellulare e continuando a camminare per la sua strada, il più lontano possibile dal bordo del marciapiede.
«Non essere stupido» ridacchiò l’autista, accelerando leggermente per poter raggiungere Roxas «Non rapisco bambini: ho uno standard decisamente alto, io! E comunque ho solo pensato di farti un favore ed accompagnarti in macchina dove devi andare»
Roxas sollevò un sopracciglio, indispettito. Eppure quella voce l’aveva già sentita da qualche parte. 
Peccato per quella specie di mascherina che rendeva la voce molto più roca e lievemente incomprensibile; così non riusciva a sentirla bene.
Il biondo allungò lievemente il collo per poter osservare meglio la figura di quell’uomo, mentre si fingeva totalmente disinteressato.
«Ma sì, certo. Sono sicuro che i tuoi “ standard” siano molto elevati»  non aveva assolutamente voglia di parlare con quel tipo, così disse la prima cosa che gli passava per la testa nella speranza di chiudere li quella conversazione.
Intanto si passava tra le mani il cellulare, il numero della polizia già digitato, nel caso dovesse mettersi in salvo da eventuali attacchi.
E se non avessero risposto i poliziotti non importava: c’erano sempre le ambulanze, i pompieri, la vicina di casa armata di fucile e tanto altro. 
Anche il cane che abbaiava sempre nel cuore della notte andava bene.
«In ogni caso no grazie, non sono interessato a quel genere di favori » borbottò il ragazzo, osservando di sottecchi il guidatore « e se non le dispiace, adesso, gradirei andare a casa di una persona senza essere molestato, penso che sia uno dei miei diritti costituzionali»
Il guidatore scoppiò a ridere,  mettendo un braccio fuori dal finestrino e sbattendo la mano sopra la portiera.
«Oh, ma andiamo …  Che c’è, per caso non ti fidi?»
Roxas lo guardò con sufficienza, come se fosse un malato mentale.
«No, no guarda. Solitamente mi fido di persone sconosciute completamente coperte da cose nere»
«Effettivamente …» mormorò in risposta l’uomo, arricciando le labbra sotto la mascherina. Cavolo, quanto gli sarebbe piaciuto scoppiare a ridere e dire quello che davvero aveva in mente,  ma così sarebbe stato scoperto subito e al diavolo il divertimento!
«Però dimmi un po’, biondino, come mai non vieni con me? Sei per caso fidanzato?»
Roxas sollevò gli occhi al cielo e aumentò il passo, maledicendo il fatto che la via che stava percorrendo non aveva diramazioni e, quindi, era completamente dritta. Nessuna via di fuga, eh?
«Se non mi rispondi vuol dire che sei single, eh?»
Il biondo, sempre deciso ad ignorarlo, scosse la testa e si voltò verso la macchina con lo sguardo più infastidito e arrabbiato che conoscesse.
«Ascoltami bene: sono fidanzato »
L’uomo sghignazzò, passandosi una mano sotto l’attaccatura del cappello per grattarsi. Iniziava a prudere, quel dannato berretto!
«E non vorresti tradirlo?»
Roxas ringhiò leggermente, fermandosi sul lato della strada e sbuffando dal naso.
«No, non vorrei tradirlo per nulla al mondo. E’ il mio ragazzo e, nonostante sia un’idiota, voglio solo lui. Quindi sparisci, non hai possibilità!»
L’uomo dentro la macchina sgranò gli occhi, arrossendo sulle gote; dopo un po’ si lasciò sfuggire un sorriso.
Si sporse fuori dalla macchina e ridacchiò, allungando una mano.
«Non posso nemmeno palparti il sedere una volta?»
Il biondo fece un balzo all’indietro, allungando il cellulare e mostrando il numero della polizia già digitato.
«A-Allontanati subito o ti faccio fare un culo così dai poliziotti, chiaro?» quasi lo urlò, attirando l’attenzione di qualche passante.
L’uomo in macchina scoppiò a ridere nuovamente, le lacrime agli occhi sotto gli occhiali e il mal di pancia dalle troppe risa.
«Roxas, sono io!»
Il biondo sollevò un sopracciglio, assottigliando lo sguardo e osservando meglio il guidatore.
L’uomo si abbassò di poco gli occhiali scuri, facendoli scivolare sul naso così da mostrare gli occhi verdi.
Il più piccolo sbarrò gli occhi, digrignando i denti. Quel … deficiente!
Roxas scosse la testa, stringendo gli occhi per la rabbia.
«Brutto … Coglione, idiota, psicopatico, pazzo!»
Axel, sempre con addosso cappello, occhiali e mascherina, rise ancora più forte. Non riusciva a dire nemmeno una parola, da quanto stava ridendo.
«P-Piantala di ridere! Tanto l’avevo capito che eri te, volevo solo reggere il tuo stupido gioco!» urlò come risposta alle risa il biondo, avvicinandosi velocemente alla macchina e battendo un paio di volte i pugni sul cofano.
Il rosso, dopo aver ripreso fiato, lo guardò negli occhi. Tempo due secondi e riprese a ridere, aggrappandosi ai bordi del finestrino per non cadere in avanti.
Il più piccolo si accigliò, gli scoccò un’occhiataccia e si allontanò dedicandogli – con tanto amore- l’alzata del suo dito medio.
Axel rise ancora più forte e accelerò un po’, raggiungendo nuovamente il ragazzo.
«Dai, salta su pulce»
«Fottiti!» gli arrivò come risposta, secca.
Axel scosse la testa, allungando la mano e tirando uno scappellotto sopra la testa bionda di Roxas.
«Non essere volgare»
«E tu non imitare un maniaco sessuale!» ululò di risposta Roxas, voltandosi di scatto verso il fulvo e afferrandogli il cappello, levandoglielo.
Il rosso ridacchiò ancora, zittendosi subito dopo allo sguardo del suo fidanzato.
«Ok, prometto che non mi travestirò più da maniaco sessuale» disse, portandosi una mano al petto e annuendo.
Il biondo lo scrutò attentamente, per poi sospirare e fare il giro della macchina.
Aprì la portiera e si accomodò dentro l’abitacolo, appoggiando la schiena contro al comodo sedile e stendendo le gambe.
«Allora, destinazione casa?» domandò subito Axel, allungando una mano e appoggiandola sopra la coscia di Roxas.
Il biondo gli scoccò un’occhiataccia, afferrando la mano del ragazzo e scacciandola via.
«Direi di sì»
«Bene allora, si paaaaarte!» esclamò appoggiando la mano sulla marcia e accelerando. Subito dopo riposò la mano sopra la gamba di Roxas, punzecchiandolo.
Roxas ripeté la stessa operazione di prima, non senza però lasciarsi sfuggire un risata.
Continuarono così per qualche minuto, finché la rabbia di Roxas sbollì del tutto.
«E così tu sei fidanzato e vuoi solo me, eh?» iniziò a parlare con voce soave il fulvo,  guardando di sfuggita il ragazzo al suo fianco.
«Vattene al diavolo, idiota!»
Uhmf, ma alla fine la rabbia ritornò praticamente subito a far visita al corpicino di Roxas.
Strano come un tappetto alto un metro e una cicca potesse contenere così tante emozioni, poi.
«Quando arriviamo a casa dobbiamo parlare,  Axel»
Non si sa mai il perché, ma quel tipo di frase mette ansia. E sì, anche ad un attore famoso come Axel capace di sopportare scatti fotografici tutto il giorno.

.

Si può leggere come no, tanto sono solo i miei scleri mattutini

Bene, il sole non è alto su nel cielo e sembra che stia per nevicare ma so che non lo farà, quindi sono depressa. Un po' di neve ci starebbe, no?
Mi tira su di morale, e ultimamente mi servirebbe. 
E parlo della scrittura,
anche se a nessuno importa
In ogni caso c'è gente che scrive bene, meravigliosamente bene, e l'invidia mi logora da dentro. Sì, so che non è una cosa bella ma che ci posso fare? Quindi dedico questo capitolo a tutti i miei lettori, che sono tanto stupidi da dirmi che scrivo bene. Forse le idee sì, ma non mi sembra di riuscire a scrivere al meglio, nemmeno un po' *aura funebre*
Quindi questo capitolo allegro - un anticipo per qello deprimente che ci deve essere in ogni storia- è tutto per i lettori.
Perciò spero vi piaccia, eh -w-


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Capitolo 3
*** [No. III ] ***


[No. III ]

 

Erano ben cinque minuti che trascorrevano nel più totale silenzio.
Ma non era uno di quei bei silenzi tranquilli, che ti fanno sentire al caldo e protetto come se fossi tra le braccia di tua madre. No, quello era carico di tensione e veniva spezzato solo da qualche colpo di tosse e il ticchettio della pioggia di Marzo che cadeva sopra il vecchio tetto della villa.
Axel se ne stava seduto sopra al bracciolo del divano, la schiena ricurva verso il basso e la testa sorretta dal palmo della mano destra aperto.
Osservava leggermente preoccupato Roxas, che continuava a guardarsi intorno come se quella fosse la casa di uno sconosciuto.
Il più piccolo rimaneva in piedi, irrigidito e con lo sguardo leggermente intimorito. Si torturava entrambe le mani e qualche volta si portava un dito o due alla bocca per masticarsi le unghie oppure le pellicine.
Un altro colpo di tosse da parte di Axel, seguito da un tuono in lontananza.
«Roxas … » cominciò il fulvo, rizzando la schiena e osservando l’altro ragazzo dritto negli occhi. «Avanti, dimmi che succede. E non dirmi che non è niente perché si vede che non è così.»
Meglio arrivare subito al sodo, soprattutto quando quel silenzio minacciava di spezzarlo in due dall'ansia.
Roxas si mordicchiò per l’ennesima volta il labbro inferiore, scuotendo la testa.
Si sentiva stupido, tremendamente, ma il discorso non poteva non tornare a galla.
Durante il breve viaggio dal centro di Twilight Town a casa di Axel avevano parlato nuovamente dei paparazzi e adesso dentro la testa di Roxas sfrecciavano nuovamente le immagini della sua vita privata spiattellata sulla bocca di tutti.
Lui non era quel tipo di persona, a Roxas andava bene una vita tranquilla.
Non voleva essere l’eroe della sua storia – quella parte poteva pure lasciarla a Sora e alle sue manie di eroismo-, gli bastava solamente scriverne una parte e gustarsi le piccole cose, forse le più belle.
Che gusto c’era nell’essere travolti in piena dall’amore quando poi la fama te lo porta via a furia di scatti fotografici e notizie false?
Perché non potevano semplicemente essere Roxas e Axel di Twilight Town, senza nessun altro aggettivo affibbiatoci vicino?
Forse il suo era un pensiero un po’ egoista, ma come poteva anche solo non desiderare di trascorrere del tempo tranquillo insieme al suo ragazzo?
Roxas sospirò nuovamente, passandosi una mano sopra la fronte e scostando la frangia bionda che gli solleticava le palpebre. Prese fiato e parlò, sempre giocherellando con le dita.
«Pensavo a tutta questa storia del gossip … Tutto qui.»
Axel incrociò per un attimo il suo sguardo azzurro, che però sgusciò via, e sorrise lievemente.
Si portò  una mano tra i capelli e li spettinò, ridacchiando.
«Ci farai l’abitudine, tranquillo.» disse il rosso, con un sorriso a trentadue denti e un’alzata di spalle.
Roxas digrignò un attimo i denti, sollevando di scatto il volto e osservando Axel malamente.
«Magari io non mi ci voglio abituare, però. Non mi piacciono, lo sai! »
Il rosso ridacchiò ancora, roteando gli occhi al cielo e sorridendo leggermente beffardo.
«Te lo ripeto: dopo un po’ non ci farai nemmeno caso.»
Roxas abbassò ancora il capo, lievemente ferito dalle parole dell’altro.
Proprio non capiva, eh? Non era facile vedere la propria vita, la propria storia, presa di mira da persone sconosciute che ti giudicavano male solamente per un tuo gesto.
Roxas andava a scuola e non passava la mattina a casa con Axel? Cattivo fidanzato.
Roxas prendeva un brutto voto? Non meritava affatto di stare con Axel.
Roxas era basso? Axel si meritava una persona più alta e bella.
No, il rosso non riusciva a capire cosa si provava a vedere la propria privacy buttata al vento e questo Roxas poteva anche capirlo.
Non gliene faceva  affatto una colpa, figurarsi. Probabilmente per Axel era così naturale ritrovarsi sotto i riflettori che nemmeno faceva più caso ai flash e a quanto tutte quelle luci potessero spaventare e intontire.
«Axel, ascoltami un attimo. » sospirò, sollevando lo sguardo e osservando la faccia sorridente del suo ragazzo. «Io non ci riesco. Non posso continuare a guardarmi le spalle per vedere se sono seguito o stare attento a quando faccio qualcosa di male perché poi tutti lo vengono a sapere!»
Prese un respiro, grattandosi velocemente il naso che iniziava a pizzicare.
«Axel, secondo me dovremmo …»

«Aspetta.» lo interruppe il maggiore, saltando con un movimento veloce giù dal bracciolo del divano e raggiungendolo. «Ho un’idea per sistemare tutto.»
Roxas sbatté le palpebre un  paio di volte, assumendo poi un atteggiamento scettico. Possibile che avesse capito che cosa provasse?
«Avanti, spara.»
Axel sorrise e sollevò la mano destra, facendo il segno della pistola. Poco prima che potesse davvero “ sparare” Roxas lo interruppe, afferrandogli di colpo la mano e stringendola tra le sue dita.
«Fallo e sei morto.»
«Ma sei tu che mi hai det-»
«Era un modo di dire Axel, solo un modo di dire.» sbuffò Roxas, non riuscendo però a trattenere un piccolo sorriso. Ancora non sapeva se davvero Axel fingeva di essere così sempliciotto oppure lo era davvero. Beh, che fosse l’uno o l’altro a Roxas non importava, non quando riusciva a strapparli un sorriso anche nei momenti tristi come quello.
«Sii più preciso la prossima volta, però.»
«Va bene,  va bene.» acconsentì il biondo, annuendo come se l’altro fosse un bambino piccolo. «Allora? Questa idea?»
«Semplice: ignorali.» rispose Axel, allungando entrambe le mani e posandole sopra le spalle del più piccolo, accarazzandolo.
Roxas scosse la testa, allontanandosi di qualche passo dal rosso. Come non detto: proprio non riusciva a capire o ... O forse voleva solamente ignorare il problema?
«Questa non è un’idea … E’ solo quello che vuoi te, perché a te sta bene così.» mormorò il biondo, abbassando lo sguardo e deglutendo leggermente.
Il ticchettio della pioggia era aumentato e adesso copriva perfino quello dell’orologio a pendolo in cima alle scale che portavano al piano superiore.
Axel assottigliò lievemente gli occhi, facendo qualche passo in avanti e rimettendosi di fronte all’altro.
«E allora che cosa vuoi fare? Che cosa posso farci se sono famoso? Cos’è, devo smettere di fare il mio lavoro per te?» domandò, una nota di cattiveria e di accusa nella voce.
Roxas sobbalzò lievemente, stringendo le mani a pugno e scoccando un’occhiata terribilmente arrabbiata verso il maggiore.
«Non ti chiederò mai una cosa del genere,  lo sai!»
«E allora che cosa mi stai chiedendo, dannazione! Dimmelo, perché io da solo non ci arrivo.» sbottò Axel esasperato, alzando entrambe le mani al cielo e poi sbattendosele sopra le cosce.
Roxas socchiuse un attimo gli occhi, prendendo il coraggio per dire quello a cui pensava da un paio di giorni.
Era una delle idee che più gli girava nella testa quando pensava a come risolvere la situazione, ma l’aveva sempre scartata perché sapeva bene che Axel non l’avrebbe presa bene.
Però ora come ora era l’unica cosa che poteva fare, anche se non era certamente la cosa giusta.
Infondo … Era solo per un periodo, solo finché la notizia non sarebbe stata accantonata da qualche parte. Poi sarebbe tornato tutto come prima, esattamente così com'era.
Quindi sospirò ancora e prese il coraggio a due mani, ignorando il sudore alle mani e la gola secca.
«Dovremmo lasciarci.»

Ecco, quella sembrava proprio una scena di un film drammatico, pensava Axel.
Subito dopo le parole di Roxas un tuono aveva squarciato il cielo e il silenzio aveva avvolto la casa.

Proprio come in un film.
Però questa volta Axel non interpretava nessuna parte e Roxas nemmeno.
Quindi quella frase pesò come un macigno sopra il cuore del rosso,  quasi come a schiacciarlo.
Scosse la testa e sollevò lo sguardo verso Roxas, continuando imperterrito a negare con il capo.
«Smettila di dire cazzate, nanerottolo. Che razza di idea sarebbe?»
Roxas continuava a tenere lo sguardo basso e non rispondeva,  si limitava a spostare il capo da destra a sinistra.
Axel strinse forte le mani a pugno, digrignando i denti e sentendosi sempre più impotente.
Che cavolo di idea era quella? Perché, che stava succedendo?

Non avrebbe mai voluto che a causa di stupide foto o altro tutto quello che avevano creato si distruggesse.
Non voleva rinunciare alle serate con Roxas, alle loro uscite in incognito oppure alla colazione al bar dietro la chiesetta con il cappuccino e la brioches.
Entrambi si definivano a vicenda come “ventata d’aria fresca”, visto che quando stavano insieme lasciavano perdere tutti gli altri problemi e si rilassavano.
E per loro era sempre stato così, il loro rapporto. Semplice, facile, come respirare.
E proprio per quello Axel non riusciva a credere alle sue orecchie. Fece un passo avanti, esitante, e afferrò una mano di Roxas.
«Dimmi solo una cosa, solo questa .» il rosso deglutì,  non del tutto sicuro di voler sapere la risposta del biondo. «Sei innamorato di me?»
Roxas sollevò lo sguardo di colpo, mentre il cuore perse un battito. O forse non era il termine giusto, visto che il suo cuore continuò a battere come al solito, solo che sembrò fremere dentro la gabbia toracica.
Certo, certo che lo sono.

Aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, boccheggiando. Sulle gote intanto il rossore si espandeva come una macchia d’olio.
Eppure, nonostante la risposta a quella domanda continuava a rimbombarli nel cervello e sentiva il cuore gridarla, dalla sua bocca non uscì nulla.
Axel aspettò, aspettò e aspettò, ma dopo un po’ abbassò lo sguardo, ferito.
Lasciò scivolare la mano via da quella di Roxas e la lasciò ciondolare contro il suo fianco.
Sempre senza alzare lo sguardo da terra si girò, dando le spalle a Roxas, e scosse la testa.
«Se nemmeno sai rispondere a questa domanda forse sì, è meglio lasciarci per davvero.»
E prima che Roxas potesse anche solo dire qualcosa, se ne andò via.
Afferrò la prima giacca che si ritrovò sottomano e uscì di casa, sbattendo la porta.
Roxas rimase fermo in mezzo al salotto con le lacrime agli occhi finché non sentì le ruote della macchina di Axel sgommare e partire, finché non rimase solamente il rumore dei tuoni e dei singhiozzi.

 

 

 

 

La testa di Axel si addossò sopra al bancone del bar, sbattendo ritmicamente un paio di volte fino a fermarsi.
Rimane con la fronte schiacciata contro al legno scuro per qualche minuto, finché non voltò il volto verso destra e pressò la guancia contro la superficie tiepida.
Si passò una mano sugli occhi, mentre un lungo sospiro gli scivolava fuori dalle labbra dischiuse.
«Barista, dammi un altro bicchiere di whiskey» biascicò senza nemmeno tentare di alzare lo sguardo verso l’uomo dietro al bancone. Ma forse era meglio così, altrimenti avrebbe visto la sua espressione esasperata e lievemente irritata.
«Axel … » iniziò a parlare l’uomo, portandosi una mano sul fianco e chinandosi verso il rosso. «Hai intenzione di ubriacarti qui per molto?»
L’attore inizialmente non rispose, pensandoci su. Poi annuì e allungò una mano, roteandola.
«Dammi da bere e non rompere, Xigbar.»
Il barista sospirò, slegandosi i capelli per poi rifarsi la coda, questa volta più in alto.
«Come ti pare, ma sappi che non ti accompagnerò a casa quando collasserai qua sopra.»
Axel ridacchiò lievemente, strusciando la guancia sul bancone e trattenendo un gemito.
«Tanto non ho intenzione di tornare a casa.»
Xigbar, che era intento a versare il liquido ambrato nell’ennesimo bicchiere, si voltò stranito verso l’attore e sollevò un sopracciglio. Poi scosse la testa e ridacchiò raucamente, portando il bicchiere verso Axel e curvandosi vicino a lui, i gomiti appoggiato contro al bancone.
«Hai ancora litigato con il tuo orsetto-pucci?» domandò con voce in falsetto, sperando di prendere un po’ in giro il suo cliente abituale e lanciando anche dei finti baci in direzione dei vari clienti. «Ah, Axel, Axel … Quante volte ti ho detto di non affogare i dolori nell’alcool? Anche se ora che ci penso tu non ti sei mai ubriacato, uhm?»
Il fulvo chiuse gli occhi, che già minacciavano di inumidirsi, e si schiarì la voce.
«Non abbiamo litigato, diciamo.»
«E allora che ci fai qui? Come mai non sei tra le sue braccina rachitiche?»
«Perché mi ha lasciato, ecco perché!» sbottò Axel, sollevando finalmente la testa dal bancone e sbattendoci una mano sopra. 
Subito dopo abbassò il volto e scosse la testa, appoggiando entrambi i gomiti sopra il bancone e prendendosi la testa tra le mani.
«Lo ammazzo quello stupido, lo ammazzo. »
Xigbar tentennò per un attimo, sollevò una mano e allungò il braccio verso la schiena di Axel per consolarlo. Eppure si fermò a pochi centimetri dalla spalla tremolante dell’attore, non sapendo con certezza se l’altro volesse essere consolato o meno.
L’uomo sospirò e si passò una mano sulla fronte, osservando due giovani che cercavano di richiamare la sua attenzione per essere serviti.
«Vado a sentire che vogliono quei pischelli e poi torno qui, per questa sera sei ospite del Bar Shoot!» esclamò, lanciando uno sguardo alla testa di Axel che annuiva mestamente.
«Grazie … »
Il giovane attore aprì uno spiraglio dalle mani che teneva sul volto e osservò il barista allontanarsi, permettendosi di far scendere una lacrima dai suoi occhi verdi.
« Mi piacerebbe che fosse solo un film e che Roxas fosse bravo a recitare.»
Peccato che Axel sapeva fin troppo bene che il biondo non era in grado nemmeno di nascondere una malefatta, figurarsi a recitare.
Già, era tutto vero alla fine.

.

.

Speakers' corner

Bene, è arrivato anche questo capitolo qui. Non è lungo come gli altri, ma seriviva per creare uno stacco; prendetelo come un punto svolta. Poi si sa, no? Senza un capitolo drammatico non c'è divertimento!
Quindi ecco qui Axel e Roxas che litigano, questa volta non per qualche cavolato ma per un motivo serio. Penso che chiunque dopo un po' si sentirebbe soffocare in una situazione del genere, quindi io comprendo Roxas e poi sono di parte -W-
Anyway, spero che il capitolo vi piaccia. Commentate, voglio i vosti insulti gente.
E ascoltate questa canzone, che mi ha fatto da sottofondo alla stesura del capitolo <3
http://www.youtube.com/watch?v=lPApO5yCsVQ&feature=related

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