Crush on gossip di bittersweet Mel (/viewuser.php?uid=121748)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No I ***
Capitolo 2: *** No II ***
Capitolo 3: *** [No. III ] ***
Capitolo 1 *** No I ***
Titolo: Crush
on gossip
Autore: bittersweet
Mel
Fandom: Kingdom
Hearts
Personaggi: Axel, Roxas, un po' tutti
Rating: Verde,
direi. Oh, magari arriverà a giallo ...
Note: Allora,
questo è il seguito di una storia che avevo pubblicato il
precedenza, anche se non serve affatto averla letto per capire quello
che succede.
Faccio un piccolo riassunto giusto per farvi capire il punto della
situazione. ( Se interessa la storia è Like
a superstar )
Allora:
Axel è un attore famoso, trasferitosi a Twilight Town da
qualche giorno. Roxas e i suoi amici lo vengono a sapere e decidono di
andare sotto casa sua per riuscire a scattare qualche foto
interessante. Roxas, non essendo d'accordo con tutta quella faccenda,
ripete più volte che avrebbe di gran lunga preferito
restarsene a casa sua. Kairi e Sora lo convincono ad accettare una
scommessa, e così Roxas si ritrova a scavalcare il cancello
che porta dentro casa di Axel.
Una volta entrato i suoi amici scappano via e rimane da solo. Entra
nella casa e incontra l'attore. Iniziano a parlare e Axel prova subito
interesse per Roxas, allora decidono di conoscersi meglio.
Le stop. Oddio, è un riassunto molto ... riassunto(!?),
però centra la questione.
Note 2: La
storia doveva essere inizialmente una one shot, ma ho deciso di
dividerla a più capitoli. Sarebbe stato troppo faticosa da
leggere tutta, eh! Ho già pronti i primi due, quindi spetta
a voi dirmi se vi piace e se volete leggere il seguito.
Altimenti me la tengo tutta per me e per quell'idiota di AvengedianaSixx_Radke,
a cui è dedicata la storia. Sì, anche questo
seguito è per questa brutta pustola che mi tocca il culo
ogni volta che ci vediamo.
Sei una scimmia, sappilo <3
C
r u s h o
n g
o s s i p
[
no. I ]
Salve
a tutti, mi
chiamo Roxas Lief e in questo momento sono molto arrabbiato.
Volete sapere il motivo? Oh, non c’è cosa
più facile da spiegare.
Per capire tutto
bisogna tornare indietro di qualche mese, più precisamente
il 18 aprile di
quest’anno.
Che cosa è successo
in quel giorno, vi chiederete?
Ah, che cosa lo domando a fare? Sono sicuro che tutti voi sapete
benissimo che
cosa è successo quel giorno perciò questa, come
quella di prima, è una
risposta fin troppo ovvia e facile da dire: quel dannatissimo giorno ho
incontrato Axel Keith.
Sì, proprio lui.
Esatto, parlo di quel tipo li, quello alto con la faccia da scemo e la
risata
assordante.
Proprio così, Axel Keith l’attore.
Scommetto che
mentre state leggendo queste righe vi chiederete come mai sto parlando
direttamente con voi, cari lettori ( notate l’ironia, seppur
non udibile), e
beh … Usate un po’ di inventiva, ok?
Non ho idea se
questa mia “lettera” arriverà mai a
qualche redazione o in qualche stupido
giornale scandalistico, però io la scrivo lo stesso.
Comunque, stavo dicendo: sono arrabbiato, molto.
La colpa non è solo
di Axel, per l’amor del cielo; direi che la colpa va
attribuita specialmente ad
una mia amica – è così definibile quel
piccolo mostro in gonnella?- , che con
una scommessa subdola mi ha fatto intrufolare a casa
dell’attore e li uhm, beh,
quelli non sono affari vostri.
Esatto, avete letto
bene: quelli-non-sono-affari-vostri.
Quindi stop, basta,
è finita.
Sono stufo di
essere seguito fuori da scuola, a casa, nei negozi e perfino in bagno
solamente
perché sono il ragazzo di quel cosiddetto attore da quattro
soldi.
Ok, siamo
fidanzati. Io sto con Axel e Axel sta con me punto, queste non sono
cose di cui
dovreste impicciarvi.
Quindi vi pregherei
di smetterla di mandarmi lettere minatorie scrivendo cose del tipo :
“ Se non
lasci Axel giuro che te la faccio pagare” o robe del genere.
Tanto non lo
lascio, non se me lo dite voi.
Ci siamo capiti,
spero. Voi vivetevi le vostre vite e io proverò a vivere la
mia, per quanto
passarla con quello li ( intendo Axel, nh ) è già
abbastanza complicata di per
se.
Cordiale saluti, da
un incavolato Roxas.
«Certo
che sei stato particolarmente
schietto in questa lettera, eh?»
«Non ne posso più di tutti questi
pettegolezzi su di me, Xion. Voglio solo tornare ad essere il solito
ragazzo di
sempre senza nessuno che lo pedina per chiedergli di che colore sono le
mutande
che indossa oggi Axel»
«A proposito, di che color-»
«Xion!»
Roxas sbuffò, lasciando cadere la testa
sopra al tavolo della cucina. Al suo fianco la ragazza sorrise
dolcemente,
passandogli una mano tra i capelli biondi.
«Dai, lo sai che queste cose passeranno
di moda. Come quella volta che andavano tanto i capelli alla texana e
tutti
avevano iniziati a comprarli»
Il biondo voltò il capo di lato,
osservando di sottecchi l’amica e sorridendo lievemente anche
lui.
«Sora ne aveva comprati due e ci dormiva
anche la notte»
Xion ridacchiò, appoggiando anche lei il
capo sul tavolo e muovendo circolarmente le dita sopra la testa del
biondo.
«Era proprio buffo»
«Quando mai non lo è?»
Rimasero per qualche attimo in silenzio,
godendosi la tranquillità che inspiegabilmente aleggiava il
casa Lief.
Stranamente il telefono non squillava di
continuo, nessuno bussava alla porta e sembrava che nemmeno un
fotografo si
fosse intrufolato in casa sua per fare delle foto.
Quel giorno tutto andava bene in pratica.
«Roxas », iniziò a parlare Xion con
delicatezza, «Axel che cosa ne pensa di
questa storia?»
Il biondo mugolò qualcosa di indefinito,
scuotendo la testa.
«Quel bastardo si sta divertendo come non
mai, ecco tutto. Per lui è tutto un “ oh guarda
Rox, sei sui giornali” e un “ A
quanto pare il nostro ultimo bacio è finito in
copertina”»
La corvina sghignazzò alle parole
dell’amico, immaginandosi la faccia dell’attore
mentre diceva quelle parole.
«Almeno non te lo fa pesare»
«Tu dici? A me pare il contrario»
brontolò il ragazzo, tamburellando la mano sopra al tavolo
liscio.
Ah, per fortuna c’era Xion li con lui! Era l’unica
tra i suoi amici con cui
riusciva a confidarsi, ed era anche l’unica persona con cui
poteva prendersi il
lusso di lamentarsi come un bambino senza nessuna vergogna.
«Se fossi in te sarei felice, sai? »
«Uhm?»
La ragazza sorrise apertamente, mostrando
una fila di denti bianchi e perfettamente dritti che gli illuminarono
il viso e
gli occhi.
«Andiamo Roxas … Tu sei sempre stato una
di quelle persone che diceva che l’amore fa schifo, che non
esiste e che non
avresti mai provato nulla di più che affetto per qualcuno; e
invece guardati
ora, cavolo! Hai una relazione stabile da più di tre mesi
con Axel, e questo è
tutto dire visto che lui è famoso per non voler nessuno al
suoi fianco. Vi
siete trovati, punto. Ti piace, e non come ti può piacere un
gelato.
Capisci quello che intendo? Sai, Roxas … Credo che tu ne sia
innamorato, solo
che sei troppo testardo e cocciuto per ammetterlo o anche solo pensare
di
esserlo.»
Roxas rimase in silenzio fino alla fine
del monologo dell’amica, limitandosi ad arrossire lievemente
per le sue parole.
Certo, Axel gli piaceva e anche tanto ma
… Arrivare a dire che ne era innamorato non era un
po’ troppo? Nemmeno lui lo
sapeva con certezza, quindi come poteva esserne sicura lei?
Si passò una mano sugli occhi e poi
sorrise, strofinando la guancia sopra al tavolo come in una carezza.
«A volte dimentico il fatto che anche tu
ragioni come una ragazza»
«Che vorresti dire con questo?» ringhiò
in risposta l’amica, tirandogli una ciocca di capelli.
«Ahi, Ahi, scherzavo dai! Solo che quando
sono con te mi sembra di essere con il mio migliore amico»
La mora ringhiò ancora una volta, tirando
ancora più forte i capelli del biondo e strizzando gli occhi
con rabbia.
«Stupido, stupido Roxas. Non si dicono queste cose»
«Ha ragione, sai?»
Entrambi i ragazzi si voltarono verso
quella voce, stupiti dall’intrusione inaspettata.
L’ultima volta che avevano guardato per la casa non
c’era nessun’altro, oltre
loro due. Come diamine aveva fatto ad entrare?
«Nessuno ti ha interpellato, mi pare»
sbottò Roxas, cercando si staccare la mani di Xion dai suoi
capelli.
La ragazza sospirò, imbonciandosi
lievemente. Mollò la presa dalle ciocce dell’amico
e scosse la testa.
«Vedi? Anche Axel la pensa come me»
Il biondo ignorò il commento della
ragazza e si chinò nuovamente sul tavolo, sbattendoci due
volte la testa sopra.
Il rosso gli si avvicinò, chinandosi poi
sopra di lui. Appoggiò il mento sopra la spalla di Roxas e
gli cinse i fianchi
in un abbraccio, mormorando un saluto.
«Ancora alle prese con i giornali,
Blondie?»
Roxas mugolò una rispostaccia e cercò di
scrollarsi di dosso il giovane uomo, imbarazzato dalla sua vicinanza.
Insomma, un conto stare vicini quando erano da soli – magari
anche in camera da
letto, eh- , ma con Xion li vicino non riusciva a rilassarsi.
Specialmente perché la mora era una fan tremenda di Axel e
della loro
relazione.
Quasi a leggere nei suoi pensieri, Xion, si alzò dalla sedia
e si stiracchiò,
alzando le braccia al cielo.
«Si è fatto tardi, è meglio che vada.
Ci
vediamo domani a scuola, ok?»
Ah, Roxas l’aveva già detto che adorava
Xion e la reputava la “migliore migliore amica” che
si potesse desiderare?
«Va bene, a domani» mormorò Roxas,
sollevando una mano in segno di saluto.
La ragazza gli sorrise ampiamente, poi si voltò verso il
rosso e ripeté la
stessa azione.
«Buona notte per dopo, allora»
Entrambi i ragazzi rimasero in silenzio
finché non sentirono il ticchettio dei tacchi di Xion
allontanarsi da loro fino
a sparire, insieme al rumore della porta che si chiudeva alle sue
spalle.
Allora Roxas sospirò, allungando le braccia distese sopra al
tavolo.
«Mi da fastidio, lo sai»
Axel lo strinse un po’ più forte,
mugolando un “ sì” di assenso.
«Però se siamo da soli non mi dai
fastidio, eh» riprese il biondo a parlare, inclinando la
testa di lato per
lasciare spazio alle labbra di Axel.
«Ti conosco abbastanza bene, nanerottolo»
mormorò in risposta l’attore, passando lentamente
la bocca sul collo del
ragazzo sotto di lui.
«Nh, non esserne così sicuro razza di
spilungone»
«Ah ah, perché non stai mai zitto?»
domandò Axel con un sorriso, mordicchiando
l’orecchio a Roxas per rafforzare il
concetto.
Il biondo sorrise lievemente,
contorcendosi sotto il ragazzo per il solletico. Diavolo,
l’orecchio era il suo
punto debole e quel bastardo ne approfittava ogni volta.
«Colpa tua che non sei capace di
chiudermi la bocca»
«Ah sì?» domandò ironicamente
l’attore ridendo
sopra la giugulare del ragazzo, lasciandogli infine un bacio sopra.
«Sì»
Axel socchiuse gli occhi e appoggiò la
testa sopra la spalla di Roxas come poco prima, strofinando la guancia
contro
l’incavo del collo.
Accarezzò dolcemente lo stomaco del biondo e ci
tamburellò sopra, sorridendo.
Passò le mani sopra ai fianchi di Roxas,
incantato da quanto fossero belli nonostante appartenevano ad un
ragazzo e non
avevano quella forma morbida tipica delle femmine.
Ma Roxas gli andava bene così.
Gli piaceva il suo sguardo azzurro e
profondo, quasi sempre perso in contemplazione di qualcosa.
Gli piaceva il suo naso lievemente a
patata che lo imbarazzava tanto.
Gli piacevano le labbra non troppo
carnose e non troppo sottili che baciava ogni giorno.
Gli piaceva il fisico acerbo da ragazzo
che si ritrovava.
Gli piacevano le sue mani, forse troppo grandi rispetto al resto del
corpo.
Gli piacevano anche le gambe, esili ma veloci.
Ma soprattutto gli piaceva Roxas. Roxas e
il suo carattere da prendere a calci, il suo sorriso sbilenco di quando
gli
rinfacciava qualcosa e il tono di voce da saputello.
Roxas e il suo sorriso, la sua passione
per il tramonto, i film gialli e quelli di fantasia.
Gli piaceva quando Roxas lo svegliava la
mattina presto lamentandosi del fatto di dover andare a scuola, mentre
lui
poteva restare a casa a dormire.
Gli piacevano perfino i piccoli pugni che
il biondo gli tirava quando faceva qualche battuta sconcia, oppure
quando
cercava di mascherare l’imbarazzo.
Sì, quel ragazzo gli piaceva davvero
nonostante erano due opposti.
Lo strinse più forte di prima, ignorando
il leggero lamento di dolore che uscì dalla bocca del biondo.
Axel avrebbe potuto anche spaccargli le costole in un abbraccio; tutto,
tutto
pur di stringerlo così forte da farlo diventare un
un’unica cosa con lui.
Che maledetto sia
il giorno in cui questo marmocchio si è intrufolato
in casa mia.
Perché odiava essere innamorato, eppure al tempo stesso
non poteva farne a meno.
Le “farfalle nello stomaco”, il “
batticuore improvviso”, tutte cose che non voleva
provare ma che quel biondo gli scatenava in lui.
Il respiro che si appesantiva quando rivedeva Roxas dopo
una settimana, il calore che sentiva invadergli la gola quando il
biondo gli
sorrideva, il cuore che non se ne voleva decidere di stare a posto e,
diavolo,
quelle maledette farfalle nello stomaco!
All’inizio aveva anche provato a bere un insetticida, giusto
per ammazzare
quelle bestiacce che gli svolazzavano nella pancia, ma adesso non gli
importava
più niente.
Avrebbero potuto perfino farci delle uova, li dentro.
Infondo non si meritava di morire a causa di un intossicazione, eh.
Al massimo sarebbe morto a causa di Roxas, anche se gli
sembrava troppo eccessivo anche solo pensare di poter morire per
qualcuno.
Ma, come aveva già pensato poco prima, ora come ora non
gli importava.
Posò la bocca sopra la guancia di Roxas, depositandoci un
piccolo bacio.
«I tuoi genitori ci
sono?»
«No» mormorò Roxas, osservando di
sottecchi il rosso e sorridendo. Sollevò entrambe le mani e
le portò verso la
testa di Axel, passando
le dita tra i capelli
irsuti dell’attore.
«Uhm, e Sora?» domandò il rosso con voce
roca, allungando il collo così da baciare Roxas sulla bocca.
«E’ uscito con Kairi»
«Ottimo. Te l’ho detto che adoro quella
ragazza?»
Roxas ridacchiò leggermente, scuotendo la
testa. «Sì, me l’hai detto fin troppe
volte»
Il giovane uomo sogghignò e mormorò un
“geloso”, per poi riposare le proprie labbra su
quelle di Roxas.
Questa volta approfondì un po’ di più
il bacio, lasciando scivolare la sua
lingua contro quella del biondo.
Gli occhi chiusi, il respiro accaldato e la voglia di poter restare
così per
sempre.
Già, non era affatto male.
Roxas si alzò dalla sedia, sciogliendo
per un attimo lo strano abbraccio che avevano creato poco prima.
Affiancò Axel e gli prese la mano, indicando
con un cenno del capo la
sua camera da letto.
«Signorsì
signore» esclamò Axel imitando
una posa militare, poi prese in braccio il biondo e lo
trascinò verso la
camera.
-
La
tomba di Mel ( sì, vorrei davvero dormire in una tomba
almeno una volta in vita mia )
Stop, non
ho altro da dire. E allora perché aggiungere questo pezzo a
fine storia? Semplice: avevo voglia di scrivere qualcosa di randomico.
Tanto quasi nessuno legge, eh! Cioè, io lo faccio sempre, ma
solo perché adoro farmi gli affaracci degli altri.
Non
camperò mai cento anni, eh?
Vabbò,
me ne torno a mangiare ghiaccioli all'ananas ~
|
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Capitolo 2 *** No II ***
[ no. II
]
«Dannazione,
l’hanno rifatto!» urlò
Roxas, aprendo la porta della classe con un colpo secco.
I pochi presenti nell’aula alzarono gli
occhi, leggermente intimoriti.
Il biondo ignorò gli sguardi indagatori
dei compagni e si diresse a passo veloce verso i suoi amici, che se ne
stavano
raggruppati vicino alla finestra.
Con un movimento fulmineo sbatté uno dei
tanti giornali di gossip sopra ad un banco e disse ai suoi amici di
guardare.
Sopra la copertina, incorniciata da dei
cuori rossi e rosa, spiccava la foto di un bacio tra Roxas e Axel.
Si vedeva chiaramente il biondo seduto
sopra la sedia della sua cucina intendo a dare un bacio
all’attore; se si guardava con più attenzione si
riuscivano anche a scorgere le mani del
rosso appoggiate contro l’addome del ragazzo e un segno rosso
alla base del
collo.
«Questa è violazione della privacy, per
Dio!» ululò Roxas, sempre più
arrabbiato e rosso in volto.
Olette, Kairi e Sora si guardarono di
sbieco, cercando di trattenersi dal ridere in faccia al biondo visto
che
la sua reazione non sarebbe stata molto carina ed educata.
«‘fanculo, ora mai non esiste
più
quella cosa chiamata privacy, eh?
» rincalzò
Roxas, battendo
ritmicamente il piede
sinistro per terra a causa del nervosismo. Al suo fianco il gemello
sorrise,
appoggiandogli una mano sulla spalla con fare complice.
« Se ti fai Axel no, direi che non
esiste nessuna privacy che tenga
»
Roxas si limitò a guardarlo male,
ritenendo inutili eventuali insulti in quanto quell’ameba di
Sora non avrebbe
comunque capito.
Kairi sospirò lievemente e si affiancò al
moretto, strattonandolo per la manica.
«Se non vuoi morire ti consiglio di
allontanarti»
«Per una volta ascolta quello che ti dice quel pazzo: questa
volta ne va della tua vita» continuò Riku,
pensando di sfottere
entrambi i gemelli in un colpo solo e, quindi, di farsi figo.
Lui sì che si riteneva soddisfatto di sé, con il
comportamento schivo, il
carattere tutto d’un pezzo e lo sguardo ammaliatore.
Peccato che le sue parole non sortirono
l’effetto desiderato da parte di nessuno dei due ragazzi, che
sembravano non
averlo nemmeno sentito.
Un po’ demoralizzato si allontanò dal gruppo,
borbottando qualcosa sulla
cattiveria dei due “piccoli bastardi quasi uguali”.
Olette ridacchiò di quel comportamento e
spedì Hayner – con un movimento autoritario del
capo- a parlare con
l’albino, giusto per non
lasciarlo completamente solo. Certe volte quel ragazzo gli faceva
leggermente
pena, visto quanto poco veniva
considerato certe volte.
Poi la mora , con
passo leggiadro –
letteralmente, visto che si incamminò saltellando come una
ballerina- si
appoggiò al banco vicino a Roxas e lo osservò
dritto negli occhi, sbattendo un
paio di volte le ciglia.
«E tu che vuoi adesso?» gli domandò
brusco il biondo, non aspettandosi nulla di buono da uno sguardo come
quello.
«Volevo sapere giusto una cosina …»
Roxas sospirò, mentre Sora e Kairi tesero
le orecchie, sperando di captare qualche nuovo pettegolezzo da usare in
futuro.
Coppia malefica.
«Dimmi, allora»
Olette parve illuminarsi ancora di più,
mentre le sue mani sbatterono una contro l’altra per
l’esaltazione.
Ecco, adesso Roxas si pentiva ancora di più di aver
tralasciato il particolare
di quell’occhiata scintillante da ragazza che, solitamente,
portava con sé
sempre e comunque delle domande imbarazzanti.
«Tu e Axel avete già fatto sesso?»
Come non detto.
Roxas sbatté le palpebre un paio di
volte, non sapendo cosa fare se non arrossire miseramente.
Perché la mente delle ragazze doveva essere così
perversa e spudorata? Cioè,
anche quella dei ragazzi, ma in quel momento preferiva prendersela con
il sesso
femminile.
Quindi il biondo tossì un paio di volte, ignorando il
silenzio che si era
formato e gli sguardi puntati su di lui, e si grattò
leggermente in imbarazzo
un guancia.
«Questi
… non sono affari tuoi»
mormorò dopo una piccola pausa, sperando di aver
reso la sua voce abbastanza decisa sulla questione.
«E’ un sì» sbottò
Sora, ridacchiando
«Indubbiamente» approvò Kairi,
portandosi una
mano alla bocca per nascondere le risate.
«Lo si capisce dallo sguardo»
sopraggiunse Riku, ritornato più deciso che mai a dire la
sua. E poi non aveva
voglia di starsene in disparte con Hayner, che non faceva altro che
parlare di
Olette e di quanto non lo infastidisse quel suo comportamento da
secchiona.
«E poi quando si siede certe volte fa
delle smorfie. Gli farà male il sedere!»
«Delicato come sempre, Sora» borbottò la
mora – Olette - tirando
un piccolo pugno
sopra la spalla del ragazzo.
«Però è vero. Ti fa male, per
caso?»
«Ma la volete finire!?» ululò Roxas,
rosso come un peperone e con le pupille assottigliate a causa della
rabbia.
«Ma è così divertente prenderti in
giro»
ridacchiò subito Kairi, seguita da un cenno
d’assenso di tutti i presenti e
qualche esclamazione divertita.
«Io non ci trovo nulla di divertente»
mormorò il biondo incrociando le braccia al petto e
fingendosi offeso. Cioè, si
fingeva offeso, ma un po’ lo era davvero. Che brutto
argomento da andare a
toccare, specialmente in una scuola e con delle orecchie indiscrete
intorno.
«Non ci trovi nulla di divertente perché tu non ti diverti mai» ma come
sempre ci
pensava Sora a sollevare il morale, no?
Roxas si voltò verso il gemello e scosse
la testa, spazientito.
«Per lo meno il mio cervello funziona da
solo e non ha bisogno di criceti che lo facciano muovere»
«Ma io non ho dei criceti nel cervello,
stupido!»
«Oh scusa, volevo dire pantegane»
esclamò
Roxas fingendosi afflitto, portandosi perfino una mano al petto.
Il resto dei ragazzi se ne stava in
silenzio, spostando lo sguardo da Sora a Roxas come se stessero
seguendo una
partita di ping pong dove, ora come ora, conduceva Roxas due a uno.
«E che cosa sono queste pantegane?»
«Facciamo così: tu te ne vai in
biblioteca e cerchi la parola pantegana sul
dizionario, mentre noi qui facciamo qualcosa di utile, come il tirarmi
fuori da
questa situazione. Ok?» domandò spazientito il
biondo, spostando lo sguardo dal
gemello moro a tutti i suoi amici.
E allora tutti sospirarono all’unisono,
lamentandosi quasi in contemporanea di quanto fosse noioso Roxas e il
suo modo
di parlare.
«Oh, andate al diavolo!» sbottò di
rimando il giovane, afferrando il giornale dal banco e allontanandosi
di
qualche passo dai suoi cosiddetti amici.
«Mi arrangerò da solo. Meglio soli che
male accompagnati, no?» si lamentò durante il
tragitto, guardando con la coda
dell’occhio il sorriso di Olette e degli altri.
Mpf, avrebbe chiesto a Xion nel pomeriggio magari. Perché
doveva essere in un altra classe, perché?
«Attento che da solo rischi di non
arrivare da nessuna parte, corto come sei» gli
urlò dietro in risposta la
brunetta, scatenando le risate di tutto il gruppo e anche quelle di
Roxas.
«Ah ah » borbottò di rimando Roxas,
aprendo la porta della classe con la speranza di potersene andare a
prendere un
caffè.
Eppure davanti a lui si piantò la figura possente del
professor Xaldin, che lo
guardava dal’alto in basso con uno strano ghigno.
«Dove pensi di andare, funghetto?»
Il biondo storse il naso a quel
soprannome, mentre le braccia andarono ad incrociarsi intorno al suo
petto.
«Volevo prendere un caffè»
L’uomo scosse la testa con veemenza,
facendo dondolare per aria la massa enorme dei suo capelli.
«Alla tua età non fa bene bere
caffè. Per
di più non voglio immaginare
che effetto possa avere su di te la caffeina, quiiiiindi »
gli posò una mano
sulla spalla, facendolo ruotare verso la lavagna «ti
interrogo, così non hai
bisogno di nessun tipo di sostanza per rimanere sveglio»
«Cos-?»
Roxas evitò di commentare, preferendo lasciare
la frase in sospeso.
Digrignò i denti e si avvicinò alla lavagna,
senza dimenticarsi di mostrare il
dito medio a quell’idiota di Riku che ridacchiava alle sue
spalle.
Fortunatamente il professor Xaldin non era male come insegnante, a
parte quella
volta in cui si era messo a lanciare noci in testa agli studenti
affermando che
“ le vostre teste sono talmente dure che ci posso rompere
sopra quel che
voglio”.
Ovviamente non l’aveva detto con molta
calma e compostezza, infatti Roxas ancora si ricordava degli schizzi di
saliva
che erano arrivati fino al suo banco in terza fila.
Però ora come ora non gli importava:
prima l’interrogazione – con un bel voto annesso,
magari- e poi tutto il resto.
E il resto comprendeva anche un piano super geniale per far smettere i
paparazzi di tormentarlo.
Ma quale?
Un piano di riserva ce l'aveva, ma sperava proprio di non doverlo usare.
Nel
pomeriggio le strade di Twilight Town
erano affollate. Le vie erano ghermite di persone, per lo
più bambini, che si
affrettavano a raggiungere una qualsiasi destinazione con un sorriso
sulle
labbra.
Solitamente i più piccoli correvano verso il famoso Ring di
sabbia, dove si
disputavano vari incontri sportivi: si poteva passare di li un giorno e
ammirare un incontro di struggle, poi passare
il giorno dopo e vedere tanti ragazzi
in bilico sullo skate pronti a fare incredibili tricks.
Insomma, il ring di sabbia apparteneva ai ragazzi e ai bambini, mentre
gli
adulti preferivano girare per le strade della tranquilla cittadina ad
osservare
le boutique oppure a spettegolare con il fioraio.
Ah, il fioraio di quella città Roxas proprio non lo
sopportava.
Era un uomo fisicamente, ma
se si
trattava del carattere e della personalità, beh…
Quella era tutta un’altra
storia: sembrava una pettegola, continuava a farsi la manicure, ed era
sempre e
comunque informato su tutto.
Per di più aveva un sorriso inquietante e degli orribili
capelli rosa, eppure
tutti in città andavano da lui per conversare. Tranne il
biondo, lui preferiva
tenersi alla larga.
In ogni caso, per lui, camminare per la strade cittadine era
tremendamente
divertente. Specialmente da quanto tutti quelli che posavano lo sguardo
su di
lui sapevano chi era e con chi
stesse.
Insomma: il ragazzo della celebrità, il
suo fidanzato maschio.
Se prima quando camminava per i vicoletti
di Twilight Town quasi nessuno lo osservava, adesso poteva vantare il
primato
di “ persona più osservata “
dell’intera città. Sempre che ci fosse un premio
del genere, poi.
E insieme a tutti quegli sguardi
incuriositi e saluti amichevoli c’era anche la risatina
ambigua di Marluxia –
il fioraio- che ogni volta che lo vedeva passare gli lanciava addosso
una
margheritina.
Strana la gente, eh?
Ma, e c’è sempre un ma, insieme a
quell’atmosfera di divertimento che seguiva Roxas quando
camminava in città,
arrivava a pari passo anche l’imbarazzo.
Insomma, prima solamente gli studenti della sua scuola e i suoi
genitori
sapevano del suo orientamento sessuale, mentre adesso aveva come la
sensazione
che gli sguardi della gente gli scolpissero addosso la parola
“ GAY” a lettere
cubitali.
Fortunatamente nessuno diceva nulla a riguardo, se non i soliti idioti
capeggiati da
Seifer, e probabilmente il
fatto di essere gay ma con un fidanzato molto famoso aiutava.
Eccome se aiutava!
In ogni caso non erano quelli i pensieri
che ronzavano nella mente di Roxas in quel momento; il biondo sembrava
molto
più interessato a trovare un modo per salvarsi la sua
privacy.
Esatto, la sua amata privacy che ultimamente sembrava tanto essere
sottovalutata e lasciata in disparte.
Quindi il ragazzo camminava con il capo all’insù,
entrambe le mani addossate
nella grossa felpa verde che indossava e la mente rivolta a tutto
tranne a chi
gli stava intorno, quanto meno alla macchina che gli si era accostata
di fianco
con il finestrino semi abbassato.
«Ehi ragazzo» gli disse il guidatore,
appoggiando il gomito sopra al finestrino « Sali in
macchina»
Roxas sobbalzò leggermente, sentendo le
orecchie fischiare dall’imbarazzo e dalla paura.
Lentamente si girò verso la
macchina e osservò la persona che aveva appena parlato con
quella strana voce
che sembrava quasi finta.
Sbatté le palpebre un paio di volte, completamente incredulo
da quello che gli
si mostrava davanti agli occhi: l’uomo che l’aveva
appena fermato indossava un
grosso cappello nero che gli ricopriva tutti i capelli, portava degli
occhiali
da sole e aveva una mascherina che andava a coprirgli gran
parte del viso sottile e la bocca.
Altro che maniaco sessuale, eh!
Ma quel giorno Roxas non era proprio in
vena per essere rapito da uno strano pervertito, anche se quel tizio
sembrava
troppo giovane per esserlo.
Insomma, solitamente i pervertiti erano vecchi e
indossavano gli impermeabili, no?
«Ma certo, così puoi darmi anche un bel
lecca-lecca eh? Non penso proprio» gli rispose a tono il
biondo, tirando fuori
il cellulare e continuando a camminare per la sua strada, il
più lontano
possibile dal bordo del marciapiede.
«Non essere stupido» ridacchiò
l’autista,
accelerando leggermente per poter raggiungere Roxas «Non
rapisco bambini: ho
uno standard decisamente alto, io! E comunque ho solo pensato di farti
un
favore ed accompagnarti in macchina dove devi andare»
Roxas sollevò un sopracciglio,
indispettito. Eppure quella voce l’aveva già
sentita da qualche parte.
Peccato per
quella specie di mascherina che rendeva la voce molto più
roca e lievemente incomprensibile;
così non riusciva a sentirla bene.
Il biondo allungò lievemente il collo per poter osservare
meglio la figura di
quell’uomo, mentre si fingeva totalmente disinteressato.
«Ma sì, certo. Sono sicuro che i tuoi “
standard” siano molto elevati»
non aveva
assolutamente voglia di parlare con quel tipo, così disse la
prima cosa che gli
passava per la testa nella speranza di chiudere li quella conversazione.
Intanto si passava tra le mani il cellulare,
il numero della polizia già digitato, nel caso dovesse
mettersi in salvo da
eventuali attacchi.
E se non avessero risposto i poliziotti non importava:
c’erano sempre le ambulanze, i pompieri, la vicina di casa
armata di fucile e
tanto altro.
Anche il cane che abbaiava sempre nel cuore della notte andava
bene.
«In ogni caso no grazie, non sono
interessato a quel genere di favori » borbottò il
ragazzo, osservando di
sottecchi il guidatore « e se non le dispiace, adesso,
gradirei andare a casa
di una persona senza essere molestato, penso che sia uno dei miei
diritti
costituzionali»
Il guidatore scoppiò a ridere,
mettendo un braccio fuori dal finestrino e
sbattendo la mano sopra la portiera.
«Oh, ma andiamo …
Che c’è, per caso non ti
fidi?»
Roxas lo guardò con sufficienza, come se
fosse un malato mentale.
«No, no guarda. Solitamente mi fido di
persone sconosciute completamente coperte da cose nere»
«Effettivamente …» mormorò in
risposta
l’uomo, arricciando le labbra sotto la mascherina. Cavolo,
quanto gli sarebbe
piaciuto scoppiare a ridere e dire quello che davvero aveva in mente, ma così sarebbe
stato scoperto subito e al
diavolo il divertimento!
«Però dimmi un po’, biondino, come mai
non vieni con me? Sei per caso fidanzato?»
Roxas sollevò gli occhi al cielo e
aumentò il passo, maledicendo il fatto che la via che stava
percorrendo non
aveva diramazioni e, quindi, era completamente dritta. Nessuna via di
fuga, eh?
«Se non mi rispondi vuol dire che sei
single, eh?»
Il biondo, sempre deciso ad ignorarlo, scosse
la testa e si voltò verso la macchina con lo sguardo
più infastidito e
arrabbiato che conoscesse.
«Ascoltami bene: sono fidanzato »
L’uomo sghignazzò, passandosi una mano
sotto l’attaccatura del cappello per grattarsi. Iniziava a
prudere, quel
dannato berretto!
«E non vorresti tradirlo?»
Roxas ringhiò leggermente, fermandosi sul
lato della strada e sbuffando dal naso.
«No, non vorrei tradirlo per nulla al
mondo. E’ il mio ragazzo e, nonostante sia
un’idiota, voglio solo lui. Quindi
sparisci, non hai possibilità!»
L’uomo dentro la macchina sgranò gli
occhi, arrossendo sulle gote; dopo un po’ si
lasciò sfuggire un sorriso.
Si sporse fuori dalla macchina e ridacchiò, allungando una
mano.
«Non posso nemmeno palparti il sedere una
volta?»
Il biondo fece un balzo all’indietro,
allungando il cellulare e mostrando il numero della polizia
già digitato.
«A-Allontanati subito o ti faccio fare un
culo così dai poliziotti, chiaro?» quasi lo
urlò, attirando l’attenzione di
qualche passante.
L’uomo in macchina scoppiò a ridere
nuovamente, le lacrime agli occhi sotto gli occhiali e il mal di pancia
dalle
troppe risa.
«Roxas, sono io!»
Il biondo sollevò un sopracciglio,
assottigliando lo sguardo e osservando meglio il guidatore.
L’uomo si abbassò di poco gli occhiali scuri,
facendoli scivolare sul naso così
da mostrare gli occhi verdi.
Il più piccolo sbarrò gli occhi,
digrignando i denti. Quel … deficiente!
Roxas scosse la testa, stringendo gli
occhi per la rabbia.
«Brutto … Coglione, idiota, psicopatico,
pazzo!»
Axel, sempre con addosso cappello,
occhiali e mascherina, rise ancora più forte. Non riusciva a
dire nemmeno una
parola, da quanto stava ridendo.
«P-Piantala di ridere! Tanto l’avevo
capito che eri te, volevo solo reggere il tuo stupido gioco!»
urlò come
risposta alle risa il biondo, avvicinandosi velocemente alla macchina e
battendo un paio di volte i pugni sul cofano.
Il rosso, dopo aver ripreso fiato, lo
guardò negli occhi. Tempo due secondi e riprese a ridere,
aggrappandosi ai
bordi del finestrino per non cadere in avanti.
Il più piccolo si accigliò, gli scoccò
un’occhiataccia e si allontanò
dedicandogli – con tanto amore- l’alzata del suo
dito medio.
Axel rise ancora più forte e accelerò un
po’, raggiungendo nuovamente il
ragazzo.
«Dai, salta su pulce»
«Fottiti!» gli arrivò come risposta,
secca.
Axel scosse la testa, allungando la mano
e tirando uno scappellotto sopra la testa bionda di Roxas.
«Non essere volgare»
«E tu non imitare un maniaco sessuale!»
ululò di risposta Roxas, voltandosi di scatto verso il fulvo
e afferrandogli il
cappello, levandoglielo.
Il rosso ridacchiò ancora, zittendosi
subito dopo allo sguardo del suo fidanzato.
«Ok, prometto che non mi travestirò più
da maniaco sessuale» disse, portandosi una mano al petto e
annuendo.
Il biondo lo scrutò attentamente, per poi
sospirare e fare il giro della macchina.
Aprì la portiera e si accomodò dentro
l’abitacolo, appoggiando la schiena
contro al comodo sedile e stendendo le gambe.
«Allora, destinazione casa?» domandò
subito Axel, allungando una mano e appoggiandola sopra la coscia di
Roxas.
Il biondo gli scoccò un’occhiataccia, afferrando
la mano del ragazzo e scacciandola
via.
«Direi di sì»
«Bene allora, si paaaaarte!» esclamò
appoggiando la mano sulla marcia e accelerando. Subito dopo
riposò la mano
sopra la gamba di Roxas, punzecchiandolo.
Roxas ripeté la stessa operazione di prima, non senza
però lasciarsi sfuggire
un risata.
Continuarono così per qualche minuto,
finché la rabbia di Roxas sbollì del tutto.
«E così tu sei fidanzato e vuoi solo me,
eh?» iniziò a parlare con voce soave il fulvo,
guardando di sfuggita il ragazzo al suo fianco.
«Vattene al diavolo, idiota!»
Uhmf, ma alla fine la rabbia ritornò
praticamente subito a far visita al corpicino di Roxas.
Strano come un tappetto alto un metro e una cicca potesse contenere
così tante
emozioni, poi.
«Quando arriviamo a casa dobbiamo
parlare, Axel»
Non si sa mai il perché, ma quel tipo di
frase mette ansia. E sì, anche ad un attore famoso come Axel
capace di
sopportare scatti fotografici tutto il giorno.
.
Si può
leggere come no, tanto sono solo i miei scleri mattutini
Bene, il
sole non è alto su nel cielo e sembra che stia per nevicare
ma so che non lo farà, quindi sono depressa. Un po' di neve
ci starebbe, no?
Mi tira su di morale, e ultimamente mi servirebbe.
E parlo della scrittura, anche
se a nessuno importa
In
ogni caso c'è gente che scrive bene, meravigliosamente bene,
e
l'invidia mi logora da dentro. Sì, so che non è
una cosa bella ma che
ci posso fare? Quindi dedico questo capitolo a tutti i miei lettori,
che sono tanto stupidi da dirmi che scrivo bene. Forse le idee
sì, ma
non mi sembra di riuscire a scrivere al meglio, nemmeno un po' *aura
funebre*
Quindi questo capitolo allegro - un anticipo per qello deprimente che
ci deve essere in ogni
storia- è tutto per i lettori.
Perciò spero
vi piaccia, eh -w-
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Capitolo 3 *** [No. III ] ***
[No. III
]
Erano
ben cinque minuti che trascorrevano
nel più totale silenzio.
Ma non era uno di quei bei silenzi tranquilli, che ti fanno sentire al
caldo e protetto
come se fossi tra le braccia di tua madre. No, quello era carico di
tensione e
veniva spezzato solo da qualche colpo di tosse e il ticchettio della
pioggia di
Marzo che cadeva sopra il vecchio tetto della villa.
Axel se ne stava seduto sopra al
bracciolo del divano, la schiena ricurva verso il basso e la testa
sorretta dal
palmo della mano destra aperto.
Osservava leggermente preoccupato Roxas, che continuava a guardarsi
intorno
come se quella fosse la casa di uno sconosciuto.
Il più piccolo rimaneva in piedi, irrigidito e con lo
sguardo leggermente intimorito. Si torturava
entrambe le mani e qualche volta si portava un dito o due alla bocca
per
masticarsi le unghie oppure le pellicine.
Un altro colpo di tosse da parte di Axel, seguito da un tuono in
lontananza.
«Roxas … » cominciò il fulvo,
rizzando la
schiena e osservando l’altro ragazzo dritto negli occhi.
«Avanti, dimmi che
succede. E non dirmi che non è niente perché si
vede che non è così.»
Meglio arrivare subito al sodo, soprattutto quando quel silenzio
minacciava di spezzarlo in due dall'ansia.
Roxas si mordicchiò per l’ennesima volta
il labbro inferiore, scuotendo la testa.
Si sentiva stupido, tremendamente, ma il
discorso non poteva non tornare a galla.
Durante il breve viaggio dal centro di Twilight Town a casa di Axel
avevano parlato
nuovamente dei paparazzi e adesso dentro la testa di Roxas sfrecciavano
nuovamente le immagini della sua vita privata spiattellata sulla bocca
di
tutti.
Lui non era quel tipo di persona, a Roxas andava bene una vita
tranquilla.
Non voleva essere l’eroe della sua storia – quella
parte poteva pure lasciarla
a Sora e alle sue manie di eroismo-, gli bastava solamente scriverne
una parte
e gustarsi le piccole cose, forse le più belle.
Che gusto c’era nell’essere travolti in piena
dall’amore quando poi la fama te
lo porta via a furia di scatti fotografici e notizie false?
Perché non potevano semplicemente essere Roxas e Axel di
Twilight Town, senza
nessun altro aggettivo affibbiatoci vicino?
Forse il suo era un pensiero un po’
egoista, ma come poteva anche solo non desiderare di trascorrere del
tempo
tranquillo insieme al suo ragazzo?
Roxas sospirò nuovamente, passandosi una
mano sopra la fronte e scostando la frangia bionda che gli solleticava
le
palpebre. Prese fiato e parlò, sempre giocherellando con le
dita.
«Pensavo a tutta questa storia del gossip
… Tutto qui.»
Axel incrociò per un attimo il suo
sguardo azzurro, che però sgusciò via, e sorrise
lievemente.
Si portò una
mano tra i capelli e li
spettinò, ridacchiando.
«Ci farai l’abitudine, tranquillo.» disse
il rosso, con un sorriso a trentadue denti e un’alzata di
spalle.
Roxas digrignò un attimo i denti, sollevando di scatto il
volto e osservando
Axel malamente.
«Magari io non mi ci voglio abituare,
però. Non mi piacciono, lo sai! »
Il rosso ridacchiò ancora, roteando gli
occhi al cielo e sorridendo leggermente beffardo.
«Te lo ripeto: dopo un po’ non ci farai
nemmeno caso.»
Roxas abbassò ancora il capo, lievemente
ferito dalle parole dell’altro.
Proprio non capiva, eh? Non era facile vedere la propria vita, la
propria
storia, presa di mira da persone sconosciute che ti giudicavano male
solamente
per un tuo gesto.
Roxas andava a scuola e non passava la mattina a casa con Axel? Cattivo
fidanzato.
Roxas prendeva un brutto voto? Non meritava affatto di stare con Axel.
Roxas era basso? Axel si meritava una
persona più alta e bella.
No, il rosso non riusciva a capire cosa si provava a vedere la propria
privacy
buttata al vento e questo Roxas poteva anche capirlo.
Non gliene faceva affatto
una colpa,
figurarsi. Probabilmente per Axel era così naturale
ritrovarsi sotto i
riflettori che nemmeno faceva più caso ai flash e a quanto
tutte quelle luci potessero spaventare e intontire.
«Axel, ascoltami un attimo. » sospirò,
sollevando lo sguardo e osservando la faccia sorridente del suo
ragazzo. «Io
non ci riesco. Non posso continuare a guardarmi le spalle per vedere se
sono
seguito o stare attento a quando faccio qualcosa di male
perché poi tutti lo
vengono a sapere!»
Prese un respiro, grattandosi velocemente
il naso che iniziava a pizzicare.
«Axel, secondo me dovremmo …»
«Aspetta.» lo interruppe il maggiore, saltando con
un
movimento veloce giù dal bracciolo del divano e
raggiungendolo. «Ho un’idea per sistemare
tutto.»
Roxas sbatté le palpebre un
paio di volte, assumendo poi un atteggiamento
scettico. Possibile che avesse capito che cosa provasse?
«Avanti, spara.»
Axel
sorrise e sollevò la mano destra,
facendo il segno della pistola. Poco prima che potesse davvero
“ sparare” Roxas
lo interruppe, afferrandogli di colpo la mano e stringendola tra le sue
dita.
«Fallo e sei morto.»
«Ma sei tu che mi hai det-»
«Era un modo di dire Axel, solo un modo
di dire.» sbuffò Roxas, non riuscendo
però a trattenere un piccolo sorriso.
Ancora non sapeva se davvero Axel fingeva di essere così
sempliciotto oppure lo
era davvero. Beh, che fosse l’uno o l’altro a Roxas
non importava, non quando
riusciva a strapparli un sorriso anche nei momenti tristi come quello.
«Sii più preciso la prossima volta,
però.»
«Va bene,
va bene.» acconsentì il biondo,
annuendo come se l’altro fosse un
bambino piccolo. «Allora? Questa idea?»
«Semplice: ignorali.» rispose Axel,
allungando entrambe le mani e posandole sopra le spalle del
più piccolo, accarazzandolo.
Roxas scosse la testa, allontanandosi di
qualche passo dal rosso. Come non detto: proprio non riusciva a capire
o ... O forse voleva solamente ignorare il problema?
«Questa non è un’idea …
E’ solo quello
che vuoi te, perché a te sta bene
così.» mormorò il biondo, abbassando lo
sguardo e deglutendo leggermente.
Il ticchettio della pioggia era aumentato e adesso copriva perfino
quello
dell’orologio a pendolo in cima alle scale che portavano al
piano superiore.
Axel assottigliò lievemente gli occhi,
facendo qualche passo in avanti e rimettendosi di fronte
all’altro.
«E allora che cosa vuoi fare? Che cosa
posso farci se sono famoso? Cos’è, devo smettere
di fare il mio lavoro per te?»
domandò, una nota di cattiveria e di accusa nella voce.
Roxas sobbalzò lievemente, stringendo le mani a pugno e
scoccando un’occhiata
terribilmente arrabbiata
verso il
maggiore.
«Non ti chiederò mai una cosa del genere,
lo sai!»
«E allora che cosa mi stai chiedendo,
dannazione! Dimmelo, perché io da solo non ci
arrivo.» sbottò Axel esasperato,
alzando entrambe le mani al cielo e poi sbattendosele sopra le cosce.
Roxas socchiuse un attimo gli occhi,
prendendo il coraggio per dire quello a cui pensava da un paio di
giorni.
Era una delle idee che più gli girava nella testa quando
pensava a come
risolvere la situazione, ma l’aveva sempre scartata
perché sapeva bene che Axel
non l’avrebbe presa bene.
Però ora come ora era l’unica cosa che poteva
fare, anche se non era certamente
la cosa giusta.
Infondo … Era solo per un periodo, solo
finché la notizia non sarebbe stata accantonata da qualche
parte. Poi sarebbe tornato tutto come prima, esattamente
così com'era.
Quindi sospirò ancora e prese il coraggio a due mani,
ignorando il sudore alle
mani e la gola secca.
«Dovremmo
lasciarci.»
Ecco,
quella sembrava proprio una scena
di un film drammatico, pensava Axel.
Subito dopo le parole di Roxas un tuono
aveva squarciato il cielo e il silenzio aveva avvolto la casa.
Proprio come in un
film.
Però questa volta Axel non
interpretava
nessuna parte e Roxas nemmeno.
Quindi quella frase pesò come un macigno
sopra il cuore del rosso, quasi
come a
schiacciarlo.
Scosse la testa e sollevò lo sguardo
verso Roxas, continuando imperterrito a negare con il capo.
«Smettila di dire cazzate, nanerottolo.
Che razza di idea sarebbe?»
Roxas continuava a tenere lo sguardo
basso e non rispondeva, si
limitava a spostare
il capo da destra a sinistra.
Axel strinse forte le mani a pugno,
digrignando i denti e sentendosi sempre più impotente.
Che cavolo di idea era quella? Perché, che stava succedendo?
Non avrebbe mai voluto che a causa di stupide foto o
altro tutto quello che avevano creato si distruggesse.
Non voleva rinunciare alle serate con Roxas, alle loro uscite in
incognito
oppure alla colazione al bar dietro la chiesetta con il cappuccino e la
brioches.
Entrambi si definivano a vicenda come “ventata
d’aria fresca”, visto che quando
stavano insieme lasciavano perdere tutti gli altri problemi e si
rilassavano.
E per loro era sempre stato così, il loro rapporto.
Semplice, facile, come respirare.
E proprio per quello Axel non riusciva a credere alle sue orecchie.
Fece un passo avanti, esitante, e afferrò una mano di Roxas.
«Dimmi solo una cosa, solo questa
.» il
rosso deglutì, non
del tutto sicuro di
voler sapere la risposta del biondo. «Sei innamorato di
me?»
Roxas sollevò lo sguardo di colpo, mentre
il cuore perse un battito. O forse non era il termine giusto, visto che
il suo
cuore continuò a battere come al solito, solo che
sembrò fremere dentro la
gabbia toracica.
Certo, certo che lo sono.
Aprì la bocca e la richiuse un paio di volte,
boccheggiando. Sulle gote intanto il rossore si espandeva come una
macchia
d’olio.
Eppure, nonostante la risposta a quella domanda
continuava a rimbombarli nel cervello e sentiva il cuore gridarla,
dalla sua
bocca non uscì nulla.
Axel aspettò, aspettò e aspettò, ma
dopo un po’ abbassò
lo sguardo, ferito.
Lasciò scivolare la mano via da quella di Roxas e la
lasciò ciondolare contro
il suo fianco.
Sempre senza alzare lo sguardo da terra si girò, dando le
spalle a Roxas, e
scosse la testa.
«Se nemmeno sai rispondere a
questa
domanda forse sì, è meglio lasciarci per
davvero.»
E prima che Roxas potesse anche solo dire
qualcosa, se ne andò via.
Afferrò la prima giacca che si ritrovò sottomano
e uscì di casa, sbattendo la
porta.
Roxas rimase fermo in mezzo al salotto con le lacrime agli occhi
finché non
sentì le ruote della macchina di Axel sgommare e partire,
finché non rimase
solamente il rumore dei tuoni e dei singhiozzi.
La testa di Axel si
addossò sopra al bancone del bar,
sbattendo ritmicamente un paio di volte fino a fermarsi.
Rimane con la fronte schiacciata contro al legno scuro per qualche
minuto,
finché non voltò il volto verso destra e
pressò la guancia contro la superficie
tiepida.
Si passò una mano sugli occhi, mentre un lungo sospiro gli
scivolava fuori
dalle labbra dischiuse.
«Barista, dammi un
altro bicchiere di
whiskey» biascicò senza nemmeno tentare di alzare
lo sguardo verso l’uomo
dietro al bancone. Ma forse era meglio così, altrimenti
avrebbe visto la sua
espressione esasperata e lievemente irritata.
«Axel … »
iniziò a parlare l’uomo, portandosi una
mano sul fianco e chinandosi verso il rosso. «Hai intenzione
di ubriacarti qui
per molto?»
L’attore inizialmente non rispose,
pensandoci su. Poi annuì e allungò una mano,
roteandola.
«Dammi da bere e non rompere, Xigbar.»
Il barista sospirò, slegandosi i capelli
per poi rifarsi la coda, questa volta più in alto.
«Come ti pare, ma sappi che non ti
accompagnerò a casa quando collasserai qua sopra.»
Axel ridacchiò lievemente, strusciando la
guancia sul bancone e trattenendo un gemito.
«Tanto non ho intenzione di tornare a casa.»
Xigbar, che era intento a versare il
liquido ambrato nell’ennesimo bicchiere, si voltò
stranito verso l’attore e
sollevò un sopracciglio. Poi scosse la testa e
ridacchiò raucamente, portando
il bicchiere verso Axel e curvandosi vicino a lui, i gomiti appoggiato
contro
al bancone.
«Hai ancora litigato con il tuo
orsetto-pucci?» domandò con voce in falsetto,
sperando di prendere un po’ in
giro il suo cliente abituale e lanciando anche dei finti baci in
direzione dei
vari clienti. «Ah, Axel, Axel … Quante volte ti ho
detto di non affogare i
dolori nell’alcool? Anche se ora che ci penso tu non ti sei
mai ubriacato,
uhm?»
Il fulvo chiuse gli occhi, che già
minacciavano di inumidirsi, e si schiarì la voce.
«Non abbiamo litigato, diciamo.»
«E allora che ci fai qui? Come mai non
sei tra le sue braccina rachitiche?»
«Perché mi ha lasciato, ecco
perché!»
sbottò Axel, sollevando finalmente la testa dal bancone e
sbattendoci una mano
sopra.
Subito dopo abbassò il volto e scosse la testa, appoggiando
entrambi i gomiti
sopra il bancone e prendendosi la testa tra le mani.
«Lo ammazzo quello stupido, lo ammazzo. »
Xigbar tentennò per un attimo, sollevò
una mano e allungò il braccio verso la schiena di Axel per
consolarlo. Eppure si
fermò a pochi centimetri dalla spalla tremolante
dell’attore, non sapendo con
certezza se l’altro volesse essere consolato o meno.
L’uomo sospirò e si passò una mano
sulla
fronte, osservando due giovani che cercavano di richiamare la sua
attenzione
per essere serviti.
«Vado a sentire che vogliono quei
pischelli e poi torno qui, per questa sera sei ospite del Bar
Shoot!» esclamò,
lanciando uno sguardo alla testa di Axel che annuiva mestamente.
«Grazie … »
Il giovane attore aprì uno spiraglio
dalle mani che teneva sul volto e osservò il barista
allontanarsi,
permettendosi di far scendere una lacrima dai suoi occhi verdi.
« Mi piacerebbe che fosse solo un film e
che Roxas fosse bravo a recitare.»
Peccato che Axel sapeva fin troppo bene
che il biondo non era in grado nemmeno di nascondere una malefatta,
figurarsi a
recitare.
Già, era tutto vero alla fine.
.
.
Speakers'
corner
Bene, è
arrivato anche questo capitolo qui. Non è lungo come gli
altri, ma seriviva per creare uno stacco; prendetelo come un punto
svolta. Poi si sa, no? Senza un capitolo drammatico non c'è
divertimento!
Quindi ecco qui Axel e Roxas che litigano, questa volta non per qualche
cavolato ma per un motivo serio. Penso che chiunque dopo un po' si
sentirebbe soffocare in una situazione del genere, quindi io comprendo
Roxas e poi sono di parte -W-
Anyway, spero che il capitolo vi piaccia. Commentate, voglio i vosti
insulti gente.
E ascoltate questa canzone, che mi ha fatto da sottofondo alla stesura
del capitolo <3
http://www.youtube.com/watch?v=lPApO5yCsVQ&feature=related
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