an unnamed creature

di Final Alex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Le urla non cessavano, le urla gli straziavano le orecchie

Le urla non cessavano, le urla gli straziavano le orecchie. Pianti e grida interminabili.

Quattro mesi.

Quattro mesi di urla, piagnistei, latte e merda.

Quattro mesi di solitudine ed angoscia, di fame e sete.

 Solo quattro mesi con lei in un luogo apparentemente abbandonato da Dio.

“Non puoi farcela da solo, lascia che ti aiuti”.

Invece no, doveva farcela e ce l’avrebbe fatta, per lei.

“Per noi amore mio, per noi la crescerò, te lo prometto”

Una promessa difficile e rischiosa, per la quale avrebbe fatto di tutto.

Le urla non cessavano, le urla gli straziavano le orecchie. Pianti e grida interminabili.

Aveva fame, quella bestia aveva ancora fame.

L’aveva nutrita tutto il giorno per quattro interminabili mesi ed aveva ancora fame.

Afferrò una bustina e l’aprì. Versò dell’acqua calda in un biberon di plastica e vi svuotò il contenuto della busta. Puzzava. Mescolò velocemente mentre le sue orecchie ormai sanguinavano al suono di quelle strazianti grida. Chiuse il tappo in lattice e lo inserii in una tettarella artificiale.

Entrò nella stanza alla bestia adibita e le urla cessarono.

Si avvicinò alla culla.

Le lacrime da un lato della pelle candida colarono bagnando il cotone delle lenzuola turchesi.

Gli occhi neri e vuoti della creatura lo fissavano immobili e voluttuosi. La bocchiuccia umida e rossa era ancora aperta ma silenziosa.

Le piccole mani vennero protese verso l’alto, verso  il ragazzo e la tettarella che aveva in mano.

Si chinò per afferrare la bestia. Ella lo guardò senza apparente espressione ma era contenta. Si strinse al suo braccio mentre lui le la portava al petto mettendola all’altezza della tettarella.

“eccoti servita”

Le piccole e sottili labbra avvolsero il lattice stringendolo come per strapparlo via, mentre ciucciava con tutta la forza che aveva il liquido biancastro e caldo del biberon.

Le iridi scure lo fissavano con gratitudine, chiudendosi ogni tanto.

Alla fine della poppata il ragazzo posò il biberon e tenne in braccio la bambina.

La teneva stretta al suo corpo, lasciando che la testolina bionda guardasse alle sue spalle mentre lui saltellava per farla digerire bene.

Sentì l’aria che usciva dalla bocca della creatura e rammentò che era da molto che non mangiava.

Un gorgoglio ambiguo si levò dal suo stomaco attorcigliato su se stesso.

Con la mano libera si tocco il ventre incavato. Sentiva al tatto le costole sporgenti e le vibrazioni delle sue viscere che si contorcevano. Si guardò allo specchio : era smunto e pallido, quasi spaventoso.

Sempre allo specchio notò la bestia tra le sue braccia, un ciuffetto biondo di una testolina di schiena, il corpicino paffuto nella tuta lilla.

Sorrise.

Le accarezzò la schiena dolcemente.

Dimenticò il suo orripilante aspetto, e continuò ad accarezzarla, a sentire il suo respiro sulla scapola, a sentire il piccolo cuore battere più velocemente del suo.

 

DLIN DLON sentì il campanello. Era un suono che credeva ormai di aver dimenticato.

Andò verso la porta facendo lo slalom tra i diversi giocattoli, vestiti e pannolini sparsi sul pavimento del salotto.

Girò il pomello tenendo stretta la creatura. “ciao Cho, che piacere vederti” sorrise.

Il giovane paffutello di fronte a lui lo guardò preoccupato “come stai?”quello continuava a saltellare “come al solito Cho, tutto bene” l’altro annuì poco convinto “posso entrare?” guardò alle spalle del padrone di casa e notò il disordine che vi regnava “non è proprio il momento, c’è un gran casino” fece finta di guardarsi alle spalle anche se sapeva benissimo in che condizioni stava vivendo.

L’Akimichi restò a lungo in silenzio, guardandosi i piedi, respirando lentamente.

Stava pensando tra se e se una cosa che sicuramente aveva tentato di prepararsi nel tragitto fino a quella dimora, ma era stato inutile.

C’erano cose che anche dette nel migliore dei modi avranno sempre un sapore amaro.

Alzò lo sguardo un’ultima volta, prima di andarsene senza voltarsi, poiché non ne avrebbe avuto il coraggio.

“vogliono portartela via, Shika

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Ale-kun:

eccomi di ritorno gente con una nuova ed entusiasmante fic

lo so che parte gia piena di misteri e domande ma tutto a breve verrà alla luce

per chi mi segue non è una novità non capire una mazza nei primi capitoli xD

se la cosa vi piace fatemelo sapere, sono sempre ben accette le recensioni

a brevissimo il prossimo capitolo

Ale

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Capitolo 2
*** 2 ***


Tzunade poteva aiutarlo

Tzunade poteva aiutarlo.

“vogliono portartela via, Shika

Non gliel’avrebbe mai permesso.

Aveva lasciato dormire la creatura quella mattina, mentre lui si infilava nella doccia. Si era spogliato e l’unico suono che in quel momento aveva avuto il piacere di udire era lo scrosciare lento ed inesorabile dell’acqua, che lavava via il suo sudore e la puzza di latte in polvere. Aveva lasciato colare i capelli scuri sulle spalle ossute.

Prese il sapone e si accarezzò il corpo con attenzione, come se non lo riconoscesse.

Si lavò il petto piatto, il ventre incavato,le anche sporgenti, le gambe affusolate. Si sfiorò il viso, notò gli zigomi prominenti sotto gli occhi stanchi, le labbra secche e la barba incolta.

Apprezzò la solitudine come mai in vita sua.

Udiva solo il suo respiro e l’acqua colargli sul corpo, era una sensazione piacevole.

Non sentiva alcune urla, ne grida ma il gorgoglio del suo stomaco che si contorceva. Erano giorni che non ingeriva qualcosa.

Chiuse l’acqua ed uscì velocemente dalla doccia coprendosi prima con un asciugamano e poi vestendosi.  Si guardò allo specchio sopra il lavandino e accese la luce gialla per vedersi meglio: doveva darsi una sistemata.

Prese la schiuma da barba e la spalmò sul viso, col rasoio cominciò la rasatura ma continuava a tagliarsi, non ricordava fosse così difficile.

L’innaturale magrezza doveva aver reso la pelle fin troppo sottile.

Si risciacquò e medicò con alcol, si riguardò allo specchio: poteva andare.

Si asciugò e legò i capelli nella sua solita coda alta prima di andare nello sgabuzzino dove avrebbe trovato un passeggino mai usato prima.

Andò in camera da letto, attento all’essere il più silenzioso possibile.

Avvicinandosi alla culla odorò la puzza che quella bestia emanava ed udì il suo respiro lento e leggero.

Avvicinatosi la vide dormire a pancia in su, nella sua tutina lilla, con le braccia larghe ed i pugnetti chiusi.

Sorrise.

Come potevano volergliela portare via? era così visibilmente sana e felice.

Era perfetta.

Lentamente si chinò su di lei afferrandola sotto le braccia e delicatamente la posò nella culla, avvolgendola con una copertina calda. Ella corrucciò il viso ma non smise di dormire.

Afferrò le chiavi di casa, un pacchetto di sigarette e portò fuori dall’abitazione il passeggino e la creatura che vi dormiva beatamente dentro.

Un violento raggio di sole mattutino lo ferì in pieno volto così istintivamente si portò una mano sugli occhi mentre con l’altra tirava giù la tendina del passeggino.

Non era più abituato alla luce del sole.

Cominciò a camminare cauto  respirando a pieni polmoni quell’aria pulita che non ricordava nemmeno esistesse. Aveva respirato aria satura e puzzolente di latte per mesi.

Aveva dimenticato l’odore di Konoha.

Passeggiava piano piano ed ogni tanto controllava che la creatura stesse ancora dormendo.

Sentì il fragore della folla di Konoha che per qualche strano caso era sveglia quella mattina.

Tentò di ricordarsi che giorno fosse ma non ne aveva idea.

La gente camminava per le stradine e c’erano signori anziani in mezzo alle piazze. Dedusse che doveva essere domenica.

Notò che al bar  vicino al negozio di ramen alcuni visi noti lo guardavano come si guarda un fantasma, con un espressione a dir poco stupita.

Fece un cenno col capo e tirò dritto, doveva raggiungere l’ufficio dell’Hokage al più presto.

Dopo qualche minuto di camminata si trovò di fronte all’imponente edificio ed entrò nel buio delle sue alte pareti. Dovette caricarsi di peso il passeggino tentando di tenerlo in equilibrio per le scale fino all’ultimo piano. La creatura emesse qualche lamento di disapprovazione per lo sballottamento. Egli sbuffò, quell’edificio avrebbe dovuto essere attrezzato per evenienze del genere.

Arrivato posò delicatamente le ruote sul pavimento ed in quel momento il pianto disperato della creatura cominciò ad echeggiare per i corridoi bui. Il ragazzo tirò su la tendina e guardò la bestiolina dimenarsi e spalancare le fauci rosse senza denti. La prese in braccio posizionandosela come di solito sul petto ed accarezzandola. “ssh buona” le sussurrava dolcemente cominciando a saltellare sul posto.

Con la mano libera spinse il passeggino fino ad un’alta porta di fronte alla quale v’era una donna dai capelli scuri a caschetto. “Salve Shikamaru, vuole parlare con l’Hokage?”

Annuì in risposta. La donna così sparì dietro al portone.

Il ragazzo attese in silenzio e notò solo in quel momento che il pianto era cessato. Guardò la bambina sulla sua spalla.

I suoi occhioni neri ed enormi lo fissavano spaesati, poiché non riconoscevano i lunghi corridoi, così diversi dal solito salotto. La abbracciò con delicatezza, baciandole la guancia paffuta “non ti porteranno via da me” le sussurrava all’orecchio, incapace ancora di comprendere.

In quel momento sbucò dal portone la testa bruna della donna “ha detto che puoi entrare”. Posò la neonata nel passeggino e lo spinse all’interno della stanza.

Tzunade lo guardava autorevole dietro la scrivania dall’altra parte dell’ufficio. “buongiorno Shikamaru”  lo salutò “buongiorno signorina Tzunade

Non si aspettava di vederlo in giro, men che meno nel suo ufficio “che cosa ti porta qui da me?” ,chiese; “ alcune voci”  rispose.

Decise di arrivare subito al dunque:  “vuole portarmi via la bambina, signorina Tzunade?” era diventato improvvisamente serio.

 L’Hokage incrociò le mani posando i gomiti sulla scrivania, coprendosi così il volto. Chiuse gli occhi per qualche secondo, rispondendo così alla domanda appena postale.

Il ragazzo si scompose.

“la guardi, non ve n’è motivo, sta benissimo!” gliela indicò mentre quella ciucciava la coperta che la riscaldava “è in forma e ben nutrita, perché mai dovrebbe farlo?”

Aveva leggermente alzato la voce. Tzunade aveva dato un’occhiata alla neonata per poi chiudere nuovamente gli occhi, come in meditazione.

Quando li riaprì aveva un’espressione terribilmente seria “la vedo la bambina Shikamaru, ma vedo anche te e tu non stai bene!”.

Egli rimase di stucco. Non si aspettava una risposta del genere poichè non capiva come questo potesse centrare.

“sei spaventosamente magro..aveva un tono di voce preoccupato, quasi come quello dell’Akimichi il giorno prima.

“ Da quant’è che non mangi decentemente?! Da quant’è che non dormi?!

La donna respirò piano, fissandolo piena di amarezza

“non puoi farcela da solo..è evidente”

Il ragazzo si voltò a guardare la bambina che rimandava uno sguardo confuso. Tornò a guardare l’Hokage con un tono decisamente diverso

Urlò “non è vostro compito giudicarmi!!”.

Passarono pochi secondi prima che Tzunade rispondesse sbattendo entrambe le mani sulla scrivania, spaventò la creatura.

“è mio compito decretare se sei in grado di occuparti di lei!! e non lo sei!”

Si alzò in piedi. Il Nara non mostrò segni di inquietudine ma dal suo viso incavato le ferite grondavano.

Rimase per un po’ in un soffocante silenzio.

“come puoi dirlo?” la voce era più lenta, abbattuta “non vede quanto sta bene?” era disperata.

L’Hokage sbuffò nuovamente “il problema non è lei, sei tu, Shikamaru”

Tornò a sedersi. Guardò il ragazzo malnutrito che aveva di fronte. Dagli occhi determinati della donna si poteva leggere la pena e la sua preoccupazione.

quando sarai morto di fame chi si occuperà di lei, eh?” disse, per la prima volta abbassando lo sguardo, mostrando la sua umanità.

Egli strinse i pugni lungo i fianchi, colpito nel segno.

Era da tempo che non mangiava o dormiva decentemente, era vero, ma solo perché non ne aveva avuto il tempo. Si era concentrato talmente tanto su quella creatura da essersi dimenticato di se stesso e del suo corpo.

Non era riuscito a far altro che dedicarsi a quella bambina, assecondando i suoi pianti e i suoi bisogni, trascurando completamente i propri.

“fatti aiutare da qualcuno Shika, o sarò costretta ad affidarla a qualcun altro”.

Il ragazzo non rispose, si girò spingendo il passeggino fino all’uscita della stanza. Aprì il portone e sparì senza salutare, svanendo nel buio dei corridoi di quel palazzo.

Tzunade sola nel suo ufficio si lasciò scivolare entrambe  le mani tra i capelli, accarezzandosi la cute.

“quante vite vuole portarsi via quella bambina?”

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Ricordava ancora il giorno in cui si erano trovati l’uno di fronte all’altra, nella casa nella quale aveva convissuto per quasi due anni

Ricordava ancora il giorno in cui si erano trovati l’uno di fronte all’altra, nella casa nella quale aveva convissuto per quasi due anni. Ricordava gli occhi blu cupi, più scuri del solito. Ricordava le splendide gambe incrociate sul divano bordeaux  e i caldi calzettoni da casa che indossava

“Shika…aspetto un bambino”.

Ricordava più di ogni altra cosa i mille e contrastanti pensieri che gli avevano affollato la mente.

 

Erano giovani, forse troppo.

Forse non avevano avuto abbastanza tempo per loro e per la loro vita.

Forse non era ancora il momento per averne un’altra, di vita.

Erano ancora dei ragazzini.

Guardando però il suo viso, così terribilmente imbarazzato e pieno di sensi di colpa non aveva potuto fare a meno di pensare ad una creatura con quegli stessi lineamenti e quegli stessi splendidi occhi azzurri.

Il frutto del loro amore.

Le aveva preso le mani fra le sue mentre lei alzava lo sguardo in attesa di un giudizio.

Sorrise rassicurante.

“è una cosa bellissima, Ino”.

Quella aveva improvvisamente colorato quel cupo blu in un azzurro pieno di gioia e l’aveva stretto forte “sono così felice”

E lo era.

Era quello che voleva, e Shikamaru avrebbe deciso che era quello che voleva anche lui.

 

 

 

Circa un anno dopo, in quello stesso salotto, quello stesso ragazzo raccoglieva il disordine sparso in terra.

Pannolini, varie bustine di latte in polvere, vestiti sporchi, giocattoli, libri e cd.

Approfittava del momento di pausa nella quale la creatura riposava.

Ella dormiva beata al centro del suo letto matrimoniale, ormai da tempo inutilizzato.

Dopo aver messo in ordine alla meglio si spostò in cucina dove cominciò a scavare in cerca di qualcosa di commestibile.

Niente.

Avrebbe dovuto comprare qualcosa quella mattina durante la sua passeggiata.

Ogni scorta alimentare era finita e chissà da quanto, non aveva avuto modo di controllare.

Sentiva il suo stomaco lamentarsi.

Sapeva di non poter uscire lasciando la bestiola in casa ma non poteva nemmeno portarsela dietro rischiando così di svegliarla e quindi sentirla urlare per un’altra mezzora.

Si lasciò cadere a peso morto sul divano.

Era esausto.

Sentiva la stanchezza in ogni cellula del suo corpo.

Socchiuse gli occhi ed in poco tempo cadde nel sonno.

Un urlo agghiacciante gli ferì i timpani e si ritrovò dritto in piedi per poi correre in camera da letto.

Guardò di sfuggita l’orologio appeso al muro: era riuscito a dormire dieci minuti scarsi.

Afferrò la neonata tentando di tranquillizzarla. Tra le sue braccia ed il calore del suo corpo subito si era calmata ma come aveva ritentato di sdraiarla sul letto aveva ripreso a piangere.

Shikamaru era esasperato.

Si mise le mani sulle orecchie “ti prego smettila”

Aveva detto “smettila smettila smettila!” stava alzando la voce.

Ma la bestia non si fermava.

La riprese in braccio e quella si calmò nuovamente.

“vuoi stare con me, vero?” le aveva chiesto, come se potesse rispondere “va bene..”

Si era chinato posandola al centro del letto e le si era sdraiato affianco, guardandola negli occhi.

“sei così maledettamente bella” le aveva sussurrato.

Gli occhi neri lo fissavano contenti. Dimenò le zampe sulla sua faccia, accarezzandogli il naso e le labbra.

Lui sorrise. “però ora dormiamo” le aveva detto.

 

 

Un suono acuto e fastidioso lo svegliò di soprassalto. Il campanello.

Si era alzato in fretta correndo verso la porta d’ingresso e chiudendosi quella della camera alle spalle. La bambina fortunatamente dormiva ancora.

Aprì e si trovò davanti un paio di occhi verdi. “ciao Shika”. Era stupito di vederla “ehi ciao, che ci fai da queste parti?” guardò fuori, era ancora pomeriggio: doveva aver dormito un’oretta.

“sono passata a vedere come stavi”. Il ragazzo notò il cestello che quella teneva fra le mani

“ti ho portato qualcosa da mangiare” aveva detto gentilmente, quello sorrise a quella notizia.

“ah bene, entra pure” le aveva fatto largo.

Si guardò intorno. La casa non era di certo splendente ma la situazione era sicuramente migliorata da quella mattina. “avevo giusto scoperto di non aver nulla da mangiare in casa, sei stata gentile a passare” le indicò il divano bordeaux “accomodati pure”

Ella si sedette sul divano posando il cestello sul tavolino basso li di fronte. Ne estrasse un contenitore in silicone giallo “prendi, queste le ho fatte oggi a pranzo”

Era carne. Aprì il contenitore ed inspirò quell’odore a lui così lontano.

Si fiondò in cucina portandosi dietro il cestello.

Aveva sentito odore di latte per troppo tempo.

“Dio Sakura non sai che gioia mi porti”, quella rise “si vede!”

“scusami le maniere ma sono affamato” quella annuì comprensiva.

Come affondò i denti nella prima fettina si udì dall’altra stanza in richiamo della creatura.

“merda” si era dovuto alzare. La giovane dai capelli rosa si levò in fretta facendogli segno di rimanere seduto “stai tranquillo ci penso io. Tu mangia pure”.

Quello rimase colpito. “ma no Sakura figurati, faccio io” aveva posato la carne ed era andato in cerca della bustina di latte in polvere che aveva da poco messo via.

“Shikamaru davvero lasciami fare”. Gli occhi neri penetrarono quelli della ragazza, fulminandola “sono capace di prendermi cura di mia figlia, Sakura!” aveva alzato la voce.

La ragazza rimase immobile. Calò il silenzio.

Si sentivano i piagnistei in sottofondo.

 Il giovane aveva afferrato il biberon con la tettarella e l’aveva riempito d’acqua calda mentre l’ospite si sentiva sprofondare nel pavimento. Guardò la ragazza e si sentì un idiota. Quella mugugnò piano “scusami, volevo solo essere gentile”

Shikamaru le si avvicinò “lo so, perdonami…è che sono stanco e…” Sakura gli toccò una guancia, zittendolo “capisco, non c’è problema… se non hai bisogno di me me ne vado”

Il Nara prese la bustina di latte e gliela porse “devi mischiarlo all’acqua calda, versatene un po’ sul dorso della mano per vedere se non è bollente” l’Haruno l’ascoltava “infila il silicone del biberon nella tettarella e poi..” ella gli prese l’occorrente tra le mani “lo so lo so” gli fece l’occhiolino sparendo dietro la porta della camera.

Shikamaru inizialmente un po’ in ansia cominciò a mangiare non udendo più le grida della bambina. Tirò un respiro di sollievo.

Sakura tornò quando aveva finito di mangiare. “missione compiuta”

Aveva posato il biberon nel lavandino per sciacquarlo “è davvero bellissima, avete fatto un ottimo lavoro” gli sorrise, ma il Nara non ricambiò la stessa gioia.

Imbarazzata l’Haruno chiese “come si chiama?”

Shikamaru sciacquava il contenitore giallo “non si chiama…”  aveva risposto secco. Era evidentemente un argomento che non gli stava troppo a genio

“come non si chiama…non capisco”. Il Nara gli fece cenno di lasciar perdere la questione. La ragazza trovatosi ancora più in imbarazzo di prima decise di provare a sistemare un po’ il disordine regnante. “Sakura smettila di mettere a posto ,lascia stare” disse annoiato. Non era abituato ad avere gente che gli girava per casa toccando le sue cose. Vedendo che quella non si fermava Shikamaru la placcò prendendole una mano intenta a raccogliere un giocattolo “per favore…hai fatto già troppo”

Ella arrossì, guardando a terra “volevo solo rendermi utile”, l’altro annuì come se comprendesse questo suo strano istinto “ti ha mandato Tzunade lo so, per controllare che fosse tutto a posto” l’Haruno rimase di stucco, provò a ribattere “apprezzo comunque che tu ti sia preoccupata per me e che ti sia presa la briga di venire a trovarmi, sei stata gentile”

Il ragazzo l’ accompagnò alla porta, come se avesse fretta di ritrovarsi nel suo solito e pacato silenzio prima della bufera. Sakura uscì e lo guardò per la prima volta fissandolo fermamente negli occhi “si, Tzunade mi ha detto della tua situazione ma..” avvicinò una mano al suo petto “se sono venuta e perché voglio aiutarti a tenerti stretta tua figlia” gli accarezzò la guancia.

Shikamaru non rispose, rimase immobile soprattutto visto quel contatto che non si sarebbe aspettato.

“lascia che ti aiuti” si alzò sulle punte dandogli un caldo e carnoso bacio sulla guancia“ a domani”.

Il ragazzo rimase pietrificato sullo stipite, guardandola andare via per la stradina verso il centro del villaggio.

Era quasi il tramonto.

 

 

 

 

 

 

 

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