Borderline

di CillyScarlet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima seduta: L'arrivo. ***
Capitolo 2: *** Seconda seduta: Dissociazione ***



Capitolo 1
*** Prima seduta: L'arrivo. ***


Prima seduta: L'arrivo

 

Quella mattina il sole non splendeva alto, anzi il cielo era di un grigio disarmante, di un colore che gli anziani avrebbero definito come portatore di sventura, ma io non sono mai stata una supersitiziosa, anzi per me quel giorno non era altro che una giornata lavorativa uguale alle altre.
Il mio nome è Kuchiki Rukia, in quel periodo avevo ventisette anni e avevo finito il mio percorso di studi circa due anni prima. Avevo appena iniziato a lavorare come assistente psichiatra nel reparto psichiatrico del carcere maschile della mia città, quando li incontrai per la prima volta.
Sono sempre stata affascinata da ciò che riesce a creare la mente umana, ma soprattutto, la cosa che mi ha sempre attratto più di tutte sono le esperienze vitali che si trovano nel background di un individuo che crea, inconsciamente, un distacco dalla realtà; ovviamente è questo il motivo per il quale ho scelto questo lavoro, diciamo che adoro affascinarmi alle storie altrui, per quanto disumane e disastrose possano essere. Le trovo tutte estremamente interessanti.
In quel periodo vivevo da sola in un discreto appartamento sulla Royal Mile, la via più caratteristica di tutta la città di Edimburgo, ero single, più per praticità che per scelta, e avevo abbandonato le follie da studenti dedicando anima, mente e corpo alla mia nuova vita.
Quella fatidica mattina avrei iniziato il mio turno alle nove, per cui la sveglia suonò per le sette meno dieci, ho sempre avuto il vizio di puntare la sveglia prima, per potermi criogiolare nel letto ancora 10 minuti; questa volta, però, mi alzai dal letto immediatamente, sentivo una strana sensazione, un misto tra ansia e eccitamento. Feci colazione con un caffè all'italiana, ricordo dei miei trascorsi estivi a Firenze, e un paio di biscotti. Dopo essermi preparata uscii di casa e scesi a piedi fino al Weverly Bridge per aspettare l'autobus che mi avrebbe portato a lavoro.
Stava iniziando a piovere, anche se con una consistenza talmente fine da sembrare condensa e questo la rendeva particolarmente fastidiosa al mio sistema nervoso. Ho sempre odiato la pioggia, così triste e apatica… Possibile che in alcune lingue pioggia sia sinonimo di Dio?
Il mezzo si fece strada nel traffico e si fermò direttamente davanti a me, salita presi posto al piano superiore, accanto al finestrino martellato dalla pioggia leggera che in quel momento bagnava la città, rendendo la sua architettura incredibilmente più malinconica del normale.
Il mio posto di lavoro si trovava appena fuori, in direzione di “The Rock”, il monte che delinea i confini a sud della città, più mi facevo vicina, più la mia sensazione incrementava e io non ne comprendevo il motivo. Scesi dall'autobus e, anche se decisamente in anticipo, mi diressi spedita verso il mio ufficio salutando distrattamente i colleghi, militari e non.
Aprii la porta ed entrai, mezza infreddolita, non mi accorsi che il mio supervisore era seduto alla scrivania osservando incuriosito i miei movimenti impacciati.
Siamo in anticipo, Kuchiki.” La mia reazione fu un visibilissimo salto terrorizzato, era difficile incontrarlo in ufficio a quell'ora. Mi girai con una faccia coperta di terrore, che si trasformò in imbarazzo appena realizzai che si trattava di lui. Non dissi parola.
E ancora nel mondo dei sogni, direi.” mi derise.
Non ha importanza,” disse tirandomi una cartella clinica “abbiamo in arrivo un nuovo 'ospite', ma io non posso occuparmene, quindi questo è il primo paziente sul quale lavorerai da sola.” Senza attendere risposta uscì dalla stanza, lasciandomi sola con la cartella da studiare.
Quando lessi il nome impresso rimasi allibita.
Hichigo Shirosaki. Uccise un membro importante del partito laburista scozzese qualche mese prima, dopo l'arresto affermò di essere arrivato come salvatore da una certa “Soul Society” allo scopo di liberare il mondo dalla presenza tanto opprimente e malvagia, quanto invisibile, di esseri che denominava “Hollow”.
Fu dichiarato affetto da una grave forma di psicosi e il giudice lo fece internare nell'ospedale psichiatrico di Glasgow, ma dato che non era idoneo per ospitare questo tipo di soggetti venne trasferito nella nostra struttura poco tempo dopo.
L'arrivo era previsto per l'ora di pranzo.
Ricordo bene il momento in cui arrivò, avevo iniziato a compilare le solite scartoffie con ordini medici e quant'altro quando sentii bussare alla porta e vidi entrare un ragazzo alto, dai capelli insolitamente arancioni, gli occhi di un castano talmente chiaro da sembrare gialli ed un fisico scolpito che la maglietta bianca lasciava immaginare, accompagnato dal solito carceriere sgarbato e insolente.
Non ho mai sopportato la polizia penitenziaria, “omuncoli” forti della loro autorità, convinti di sentirsi in diritto nello scaricare la loro frustrazione su indifesi detenuti.
Mi alzai in piedi, e ordinai, in malo modo, che gli venissero tolte le manette, fatto ciò mi lasciarono sola con lui.
Io sono Kuchiki Rukia, la responsabile della tua terapia all'interno della struttura.”
Ah, quindi tu sei la mia strizzacervelli?! Cos’ha in serbo questo bocconcino per me? Hai per caso qualche “pillola della felicità” da darmi?” Il suo tono era estremamente menefreghista, non gli interessava affatto trovarsi in un luogo in cui vengono rinchiusi gli instabili mentali, non gli interessava affatto che io fossi li per tentare di curarlo. La sua voce era di un acuto raggelante.
Prima di tutto non ti permettere di rivolgerti a me in quel modo, secondariamente io non sono uno spacciatore, di conseguenza non otterrai nessun tipo di droga da me!” intervenni estremamente irritata.
Mi osservò per qualche istante senza parlare.

Hai dei begli occhi!” esordì, poi, sorridendo in un modo strano, un brivido di angoscia mi percorse la schiena.
Sai perché ti trovi qui?” domandai fredda.
Certo, ho solo ucciso un laburista!
Se tu avessi “solo” ucciso un laburista, come dici tu, non ti troveresti in un carcere psichiatrico. Sei qui perché oltre all'omicidio hai anche affermato di provenire da un luogo inesistente, mandato per salvare l'umanità dalla presenza malevola di un essere altrettanto fantasioso che hai identificato in un membro del nostro governo. Ora, vorrei capire se la tua è stata una psicosi derivata dall'assunzione di droghe oppure da una malattia mentale.
Iniziò a ridere di gusto e in modo incontrollabile, rimasi senza parole ad osservarlo. I suoi occhi brillavano di una luce strana, sdraiato sulla sedia si teneva l'addome con la mano destra e con la sinistra ne picchiettava il bracciolo. Rimasi in silenzio in attesa che si controllasse da solo.
Sai, il tuo modo di parlare fa a botte con il tuo aspetto fisico: occhi di un blu intenso, capelli di un nero corvino, minuta, uno non si aspetterebbe mai questo atteggiamento così autoritario! Ti trovo interessante
Rise ancora per un istante, ma poi il suo volto cambiò divenne teso, gli occhi si strinsero in fessure piccolissime, si alzò in piedi violentemente e si avvicinò al mio viso fino a ad arrivarne a pochi centimetri. Adirato. Non mi mossi.
Dicono che sono pazzo, ma non è così. Io posso vedere ciò che gli altri non possono o non vogliono, posso ascoltare quando parlano di un bene superiore e fare la loro volontà. Io sono un paladino, ma nessuno mi vuole ascoltare!
Entrarono di corsa le guardie, lo atterrarono saltandogli addosso, urlarono alle infermiere di portare un calmante perché lui, Hichigo Shirosaki, cercò di opporsi. Le infermiere lo sedarono, dopodiché venne portato via, ammanettato e legato ad una barella. Ancora urlava mentre lo rinchiusero nella cella.
Rimasi inerme, ghiacciata, fino a quando smisi di sentire le sue urla; mi attaccai ansante alla seggiola sulla quale ero seduta, forse tentai di proteggermi, da cosa poi? Lui non si trovava più nella mia stanza. Poi presi la sua cartella clinica e un foglio con una penna. Iniziai a prendere appunti.

Quel giorno, dopo averlo incontrato, rimasi a lungo chiusa nel mio studio a studiare la sua cartella, a leggere i referti psichiatrici contraddittori di altri colleghi. Alcuni affermarono una psicosi reattiva, altri un disturbo illusorio, altri ancora parlarono di schizofrenia, ma mi domandai come fossero arrivati a queste conclusioni, senza aver effettuato analisi specifiche, sedute continuative o regressioni.
Decisi che prima di somministrare una terapia farmacologica sarei dovuta venire a capo della situazione attraverso una serie di sedute mirate alla diagnosi del disturbo.
Ad un certo punto realizzai che continuavo a pensare al suo caso. Perché? Cosa lo rendeva tanto interessante rispetto agli altri psicotici che avevo seguito in passato?




Note dell'autrice: questa fiction non è ambientata in Giappone per il semplice fatto che conosco molto poco gli usi e i costumi dei giapponesi, quindi ho scelto una città europea. Perché Edimburgo? Perché è una citta che adoro e che conosco abbastanza bene senza contare che credo abbia un'atmosfera molto particolare e quindi che possa essere un'ottima citta per l'ambientazione di questa fic. A parte queste cose un po' tecniche, spero che possiate trovare la lettura piacevole almeno quanto abbia trovato piacevole io scriverla, probabilmente in futuro aggiungerò dei nuovi avvertimenti a seconda di come si evolverà la storia. 
Buona Lettura a tutti.
Cilly!

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Capitolo 2
*** Seconda seduta: Dissociazione ***


Seconda seduta: Dissociazione

-Esseri mistici e sconosciuti le cui maschere bianche dalle forme e dalle dimensioni differenti ne nascondevano i volti, le cui tuniche nere tentavano di coprire i corpi visibilmente deformati o addirittura inumani che imperavano, enormi, sopra la città. Un buco, perfettamente circolare trapassava gli esseri all'ipotizzabile bacca dello stomaco. Io, inerme e insignificante li osservavo. Attendevano. “Cosa?” continuavo a domandarmi esasperata dall'attesa di una loro mossa, e loro rimanevano immobili, sembrava stessero aspettando qualcosa, sembrava stessero aspettando me. Finalmente riuscii a muovermi, ma nell'intento di scappare feci più rumore di quanto mi sarei mai aspettata. Si girarono di scatto verso la mia posizione. Si mossero velocemente...-

Mi svegliai di soprassalto sudata e tremante, mi resi conto di essere stata preda di un incubo. Ringrazia il cielo. Qualcosa di strano, però, continuava ad opprimere i miei sensi; guidata da non so quale forza, mi affacciai alla finestra. Forse, anche se inconsciamente, sperai di scorgere qualcosa nell'immensità del cielo.
Non vidi nulla.
Sospirai senza capire se fossi sollevata o delusa dal nulla che filtrava dalla finestra.
Guardai l'ora, erano appena le due e venti, così tornai a letto. Mi riaddormentai poco dopo.

Era ormai passato qualche giorno dal mio primo incontro con lui; avevo praticamente abbandonato gli altri casi per via del mio insano interesse nei confronti di questo, mi giustificai con il mio supervisore spiegando che essendo questo il mio primo paziente ufficiale avrei avuto bisogno di dedicargli più tempo rispetto a quanto non avessi fatto in precedenza. Stranamente acconsentì.
Arrivò il momento della prima vera seduta a scopo diagnostico, oggi l'avrei sottoposto a una serie di esami clinici finalizzati nello scoprire una probabile causa neurologica.
A quell'ora la struttura si riempiva di gente, tra visitatori e dipendenti dello stato, come me. Avevo la sensazione di trovarmi all'interno di una alveare che non ronzava affatto colmo di api assenti e stranamente silenziose; I toni erano bassi e le parole quasi sospirate come se tutti sperassero di non essere ascoltati o addirittura di non essere notati. Questo luogo era ed è tutt'ora pregno di terrore e ansie, pregno di incomprensibili pensieri deliranti e angosciati.

La giornata era appena iniziata e già mi sentivo stanca morta, oppressa dall'idea che mancasse qualcosa all'appello, che quello che sembrasse in realtà non fosse o almeno in parte.
Mi diressi nella corsia numero cinque sita al terzo piano dell'ala ovest, quella in cui si trovava Shirosaki, vidi del movimento inconsueto e sentii delle urla provenire dalla cella numero 13. Non riuscii a distinguere le singole parole, probabilmente non mi concentrai su di esse.
Corsi fino a raggiungere il luogo da cui provenivano le urla, senza rendermene conto spinsi via le infermiere e mi avvicinai al paziente.
Shirosaki era crollato, o meglio, pensai che fosse la sua maschera di ferro ad esserla.
Lo trovai accasciato in un angolo intento a difendersi dai secondini affannati nel tentativo di bloccarlo, lui era sgusciato via ma aveva scelto la parte sbagliata nella quale cercare rifugio.
Li osservava con uno sguardo terrorizzato mentre il suo corpo veniva scosso dai brividi. Scostai le guardie in malo modo e mi avvicinai.
Rimase in silenzio per diverso tempo, con la testa china sulle ginocchia, le mani, le cui dita si erano scarnificate vicendevolmente per via del nervosismo, tenevano strette le gambe in una morsa difensiva ma inutile.
Istintivamente mi chinai e appoggiai la mano sulla sua spalla, mi resi conto successivamente del gesto incauto che feci, ma il fato decise di risparmiarmi. Rimase immobile per interminabili secondi, poi, lentamente, sollevò la testa e mi guardò dritto negli occhi.
Parlò.
“Chi sei? Dove sono?”
Spalancai la bocca incredula, non poteva trattarsi di amnesia, nessuna causa poteva averla scatenata, che mentisse? Quale utilità avrebbe avuto? Eppure non mi sembrava mentisse, gli occhi non mentono.
“Io sono Kuchiki Rukia, la responsabile della tua terapia all'interno della struttura. Ti trovi all'interno di un carcere psichiatrico.” dissi allibita.
Lui rimase di stucco, come se non sapesse nulla di quello che fosse successo. I suoi occhi continuavano a fissarmi spaventati, era davvero inconsapevole.
Disturbo dissociativo di identità, mi dissi. Deduzione logica, ma allora quante personalità sono nascoste nel suo Sé? Quale di queste è quella reale e quale quella fittizia? E soprattutto, cosa aveva scatenato il manifestarsi della seconda personalità?
“Qual'è il tuo nome?”
“Ichigo” rispose.
Hichigo? Non è mai stato documentato un caso in cui le identità distinte assumessero lo stesso nome. Era improbabile che avessi scoperto una nuova tipologia di disturbo. Qualcosa non quadrava.
Ordinai che venisse accompagnato, cosa che sottolineai con foga, nello studio.
Feci in modo che si sedette esattamente di fronte a me, ma questa volta non volli rischiare e permisi ad un ufficiale di rimanere all'interno della stanza.
Iniziai ad osservarlo attentamente finché i suoi occhi non si incrociarono con i miei, credo di essermi imbarazzata. Distolsi lo sguardo immediatamente e mi schiarii la voce prima di parlare.
“Signor Shirosaki, lei afferma di non ricordare nulla di quello che è accaduto. Sa dirmi che giorno è oggi?” Il secondino mi osservò curioso.
Hichigo aggrottò le sopracciglia pensieroso.
“Il 6 dicembre. Comunque sarebbe 'Kurosaki'.” rispose infine
Allora le due personalità non interagiscono tra loro. Quindi lui è un prigioniero di se stesso. Prigioniero in un subconscio spezzato, le cui parti sono indipendenti e inconsapevoli l'una dell'altra.
Oggi è il 14 dicembre.
Fu in quel momento che ebbi la brillante idea di fargli scrivere il suo nome.
Gli porsi un foglio e una penna, lui mi guardò stranito, ma non disse nulla.
“Puoi scrivere il tuo nome su questo foglio?”
Da quel momento mi concentrai e scrissi ogni minimo particolare della sua personalità e del suo modo di stare.
Era destrorso e impugnava la penna appoggiandola sulla falange distale del dito medio per poi tenerla salda tra il pollice e l'indice, il suo modo di essere seduto era particolarmente composto e la schiena dritta. Tipica postura di chi è abituato a studiare.
Quando mi rese il foglio notai prima di tutto che il suo nome era scritto senza l'h iniziale e che quindi, nonostante si pronunciassero allo stesso modo, non era lo stesso, ma cosa più importante, il cognome era differente, anzi erano la nemesi l'uno dell'altro.
Shirosaki e Kurosaki, in giapponese shiro e kuro si riferiscono al bianco e al nero, i colori che, per antonomasia, posseggono il contrasto maggiore, che secondo le religioni e le superstizioni si riferiscono alla luce e all'oscurità, al bene e al male. Se fossi stata una credente mi sarei domandata quale dei due è il male e quale il bene, ma sono una donna di scienza e so perfettamente che ogni uomo è fatto di luci ed ombre.
“Mi scusi, ma io ancora non conosco il motivo per il quale sono qui.” disse facendomi cambiare punto focale.
Non risposi, ma cambiai discorso.
“Ti è mai capitato di svegliarti in luoghi a te sconosciuti senza sapere come hai fatto ad arrivarci?”
“Sì”
“E ti sei mai accorto di un rumore o una immagine particolare che senti o vedi quando ti stai per svegliare?” cercai di capire cosa avesse scatenato il suo manifestarsi.
“No, ma non ha ancora risposto alla mia domanda. Per quale motivo mi trovo qui?” rispose con un tono lievemente irritato.
Decisi di rispondergli nel modo più chiaro possibile.
“Sei qui perché hai ucciso un membro del partito laburista scozzese e hai anche affermato di provenire da un luogo inesistente, mandato per salvare l'umanità dalla presenza malevola di un essere altrettanto fantasioso che hai identificato in un membro del nostro governo.” Mi fermai e presi un respiro profondo, lui non disse una parola.
“O meglio una parte di te stesso l'ha fatto. La tua personalità è divisa in più parti evidentemente non comunicanti, purtroppo ancora non sono in gradi di dirti esattamente quante. Per ora, quelle che si sono mostrate, sono due.”
Mi accorsi di un particolare al quale prima non avevo fatto caso, la sua voce era molto più profonda, il tono più grave e i termini da lui utilizzati molto più consoni alla situazione.
Rimasi a lungo ad osservare i suo movimenti e a cercare di capire ciò che pensasse, mentre la mia mente iniziò a riempirsi di domande. A quel punto mi resi conto che il problema principale non era la psicosi in se, ma il fatto che ne soffrisse solo ed esclusivamente una parte del suo sé, mentre l'altra sembrasse perfettamente lucida ed equilibrata. La situazione aveva preso una piega decisamente complessa, interessante ed inaspettata.


Note dell'autrice: con questo capitolo entriamo finalmente nel punto della storia, anche se ci saranno ancora molti colpi di scena XD. Ringrazio miciuzumachi e Chidori_ per aver commentato questo mio delirio, ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia nei preferiti, nei ricordati e nei seguiti, ma soprattutto mi scuso per aver aggiornato in mega ritardo... purtroppo sono fatta male e di conseguenza lo sono anche le mie tempistiche! Ah, ci tengo a precisare che riferimenti a fatti, cose e persone è puramente casuale e che i personaggi di questa fiction sono di proprietà di Tite Kubo. Detto questo, come al solito, "spero che possiate trovare la lettura piacevole almeno quanto abbia trovato piacevole io scriverla" [autocitazione].
Buona Lettura.
Cilly!

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