Antiproiettile

di Fatelfay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro - l'agitazione è una cattiva ragazza ***
Capitolo 2: *** La ferita - Il dolore cancella tutto ***
Capitolo 3: *** Il ritardo - la sensazione è di essere fuori posto ***
Capitolo 4: *** La realtà - l'impotenza è non riuscire a contraccambiare il favore ***



Capitolo 1
*** L'incontro - l'agitazione è una cattiva ragazza ***


L'incontro - L'agitazione è una cattiva ragazza


Non l’avevano previsto. Veramente nessuno ci aveva mai pensato. L’S.I. era proprio lì davanti a lui, la pistola in mano ed era nervoso. Hotchner era entrato nella casa abbandonata tranquillamente, solo per dare un’occhiata ed ora si trovava senza il giubbotto antiproiettile e la pistola in mano.
- Mettila giù.- Disse tranquillo, cercando di ottenere tempo per farsi raggiungere dai colleghi. Pregò mentalmente che a qualcuno fosse passato per la mente di seguirlo o di venirlo a cercare solo per una “brutta sensazione”.
- Sì. Così tu mi ammazzi. Mettila giù tu.-
- Sai che non posso. È contro il regolamento.- Rispose Hotch. Il serial killer era agitato, lo vedeva chiaramente senza bisogno di tracciare alcun profilo. E l’agitazione era una cattiva ragazza: portava molto spesso a fare gesti disperati e insensati. Come sparare.
- Non ti sparerò mai, almeno che tu non me ne dia motivo.-
- Io tanto sono comunque morto. Se non mi spari tu, lo farà qualche tuo collega. Ma loro forse non sanno che sei qui. Comunque, non fa differenza. Non metterò mai giù la pistola per primo. Mai.- Era una situazione di stallo molto pericolosa. Hotch aveva i nervi a fior di pelle. Doveva tornare a casa vivo e vegeto dalla sua famiglia. Senza togliere l’attenzione dall’avversario, pregò chiunque esistesse lassù di mandargliela buona quel giorno. Anche se forse quello era il suo ultimo giorno. Un rumore in sottofondo di auto.
- Senti. Dai. Se ti arrendi ti faccio accorciare la pena. Posso farlo. Posso far sì che non ti diano la pena di morte, se vuoi.- Doveva guadagnare ancora qualche minuto e coprire quei rumori. Ce la poteva fare.
- Non ci casco, profiler.- Sputò l’altro uomo come se l’appellativo fosse veleno.
- Siamo in una posizione di stallo, te ne sei reso conto? Se tu spari, io sparo. Altrimenti rimaniamo qui all’infinito. Non inizi a sentire un po’ di stanchezza? È notte fonda e io non ho chiuso occhio. Con tutto quello che è successo in questi giorni neanche tu devi esserti riposato molto. No?-
- Stai zitto.-
- Dai, fidati di me. Non voglio fregarti. Voglio solo che tutto si risolva nel migliore dei modi.-
- Stai zitto!- Hotch sentì la porta di casa cigolare nell’aprirsi. Sperò che l’S.I. non se ne accorgesse.
- Come preferisci. Ma se non ti aiuti, io non potrò fare niente per te.- I passi di qualcuno si avvicinarono nonostante cercassero di non farsi sentire.
- Ti ho detto di fare silenzio! Ma cos’è questo rumore? Sono arrivati i tuoi colleghi. Li avevi avvisati. Allora lo sapevi che ero qui. Ma perché non hai messo il giubbotto? Perché…-
- Non li ho avvisati. Posso spiegarti tutto.-
- Ti ho detto di fare silenzio!-
Slam! Bang!
Bang!
 

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Capitolo 2
*** La ferita - Il dolore cancella tutto ***


I personaggi qui sotto citati non sono di mia invezione ma appartengono al telefilm Criminal Minds.


La ferita - Il dolore cancella tutto


L'S.I.  cadde a terra, lasciando andare la pistola. Hotch sbatté violentemente contro il pavimento. Dalla porta aperta entrarono gli altri agenti che circondarono il ricercato. Aaron si guardò attorno perplesso. Sentiva ogni muscolo dolergli per la caduta e qualcosa di pesante che lo schiacciava a terra. Qualcosa di caldo gli impregnò la camicia all’altezza del petto.
- A-Aaron? T-tutto b-bene?- Chiese una voce famigliare molto vicino al suo orecchio. Provò a voltare leggermente la testa per vedere chi gli stesse parlando. Nella stanza c’era poca luce ma riconobbe la sagoma atletica di un uomo sdraiato sopra di lui a mo’ di scudo. La maglia nera si confondeva con il colore scuro della pelle.
- Derek?- Chiese ancora frastornato dalla caduta.
- E-e c-chi se-sennò?- Rispose con voce rantolante il collega. Respirava affannosamente e dopo aver deglutito faticosamente domandò:- A-Allo-ra c-capo. T-tu-tutto be-bene?-
- Sì. Ma pesi. Mi stai schiacciando. Tu, piuttosto, sei tutto intero?- Morgan annuì chiudendo gli occhi e si trascinò fino a toccare il pavimento per poi lasciarsi cadere supino. Hotch si mise seduto e controllò il punto dove aveva sentito il liquido caldo. Si tastò: non gli faceva male.
- Ho-Hotch? S-sei f-fe-rito? Ha-hai del s-san-gue s-sulla c-ca-mi-cia.-
- Non è mio Derek.- Constatò il capo della squadra. Guardò il collega che rantolava, disteso a terra. La maglia nera del collega si stava impregnando di sangue. E finalmente capì.
- È tuo.- Derek spalancò gli occhi quasi sorpreso, alzò leggermente la testa per capire ma non riuscendoci la lasciò cadere indietro. Sentiva bruciargli il petto e gli doleva da impazzire. Chiuse gli occhi e iniziò a respirare lentamente.
- Reid! Chiama un ambulanza! Hanno ferito Morgan.- Mentre Spencer sbiancava per poi apprestarsi a prendere il cellulare e ad uscire per fare la chiamata d’emergenza, Aaron si tolse la giacca e la usò per tamponare la ferita.
- Derek, apri gli occhi! Guardami, per la miseria, guardami Derek! Devi rimanere sveglio, ok?- Il collega annuì con il capo e aprì gli occhi scuri.
- E-ehi? S-sta a-anda-do t-ta-nto m-male? S-sta-nno t-tu-tti b-be-ne gli al-altri? L’a-ve-te p-pre-so?-
- Non parlare. Sì stanno bene. Sì l’hanno preso. L’abbiamo preso. Ma tu concentrati sul rimanere vi… sveglio.-
- C-ce-rto, c-ca-po.-
- Reid! Quanto ci mettono ad arrivare?-
- Ancora qualche minuto!- Gridò il giovane da fuori.
- Sentito, Derek? Qualche minuto e andrà tutto a posto. Resisti ancora un po’.- L’agente steso a terra inghiottì un po’ di saliva. Un lieve sorriso gli increspò le labbra: ce l’aveva fatta. Chiuse gli occhi mentre il suo capo gli gridava di non farlo. Respirò tranquillamente, cercando di non aumentare il dolore che sentiva. Quando aveva raggiunto la porta sapeva che entrando avrebbe avuto solo qualche millesimo di secondo. L’S.I. si sarebbe spaventato e avrebbe sparato. Così aveva respirato profondamente ed era entrato buttandosi sul capo per impedirgli di finire ammazzato. Era andato tutto bene, per fortuna. L’avevano preso. Lui l’aveva preso. Tutta la squadra l’aveva catturato. Aveva sentito come Hotch aveva marcato quel “abbiamo”. Voleva dirgli che lui faceva ancora parte della squadra, che non l’avrebbe lasciato morire. Eppure Morgan non era tanto sicuro che ce l’avrebbe fatta. Non distingueva più le parole che diceva Aaron. C’era uno strano rumore in lontananza, un suono che aumentava e diminuiva di intensità ad intervalli regolari. Prese un ultimo respiro profondo e si lasciò andare all’oblio del dolore che voleva cancellare lui e se stesso.












Angolo del Delirio

Ok, finalmente ho capito come funziona il tutto.
Comunque... Ciao.
Questa è la prima fanfiction che posto su questo sito.
A me non sembra male e se è piaciuta anche a voi sono felice.
Se invece non è un granchè, scusatemi, ma sono alle prime armi.
Non ho la più pallida idea di cos'altro dire, cioè scrivere, quindi oltre a...
cercherò di aggiornare ogni giorno
e non sarà molto lunga (ancora due capitoli e finisce)...
beh, vi saluto.
Ciao!

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Capitolo 3
*** Il ritardo - la sensazione è di essere fuori posto ***


Il ritardo - La sensazione è di essere fuori posto

Si svegliò di soprassalto nel suo letto. Aveva il fiato corto e non sapeva perché. Si alzò prese la pistola e il distintivo dal comodino e uscì di casa diretto al lavoro. Fece qualche passo e si ritrovò davanti alle porte della base dove lavorava. Le varcò tranquillamente e salì le scale per raggiungere il suo ufficio.
- Ciao, Derek! Come va?- Chiese qualcuno passandogli accanto. Morgan aprì la bocca per rispondere ma non fu sicuro di aver detto qualcosa. Comunque l’altro rispose con un:- Bene anch’io, grazie. Ci vediamo!- L’agente cercò disperatamente un orologio. Aveva la strana sensazione di essere in ritardo per qualcosa, ma sui muri non ne trovò nessuno. Come non trovò nessuna persona in tutto l’ufficio a cui chiedere l’ora. Iniziò ad accelerale il passo e si ritrovò a correre. Si ritrovò sulla balaustra dalla quale poteva vedere la sua scrivania e quella dei colleghi. Vide i suoi compagni lì tranquilli e per niente preoccupati.  Morgan si tranquillizzò e scese i gradini che lo avrebbero portato dagli altri. Ma quando si avvicinò si accorse che c’era qualcosa di strano.
- E tu che ci fai qui?- Aaron lo scrutava con un’espressione preoccupata e molto malvagia, quasi fosse indignato dalla presenza della persona che gli stava davanti.
- Hotch, che c’è?- Chiese JJ avvicinandosi. Appena vide Morgan la sua espressione si incupì e si avvicinò al suo capo. Ben presto tutta la squadra, ad eccezione di Reid seduto su una scrivania, si era radunata davanti a Derek e lo guardavano tutti con astio.
- Tu non dovresti essere qui.- Ringhiò Haley, la moglie di Aaron, senza provare a dissimulare il suo odio. Tra lei e il marito stava il piccolo Jack, anche lui arrabbiato.
- Ehi, che sta succedendo? Che ho fatto?- La squadra era troppo numerosa e minacciosa. Derek guardò meglio mentre si sentiva assalire dal panico. La sensazione di essere in ritardo per qualcosa aumentò. JJ era affiancata da un uomo e teneva in braccio un bambino piccolo anche lui con uno sguardo pieno di odio nei suoi confronti. Ellen Greenaway era stretta tra le braccia di un uomo che teneva una mano tra quelle della donna poggiata sul ventre gonfio. Garcia era accoccolata tra le braccia di un qualcuno che le carezzava i capelli. Gideon, affiancato dal figlio, si teneva stretta una donna dallo sguardo pieno di rammarico fisso su Derek. La sua famiglia stava unita, suo padre lo guardava con rimprovero, una decina e più di bambini erano radunati intorno alle sua gambe. C’erano anche tutti gli altri radunati lì, affiancati o abbracciati alle loro relative famiglie.
- Ma-madre, padre? Che sta succedendo? Non capisco.- Il padre si accigliò e il suo sguardo si rabbuiò e i bambini iniziarono a guardare Derek con astio.
-Spencer, dai, dimmi che succede!- Gridò Morgan, non ricevendo risposta, voltandosi a guardare il piccolo genio. Per tutta risposta, quello si volse e gli lanciò un’occhiataccia. Scese dalla scrivania dove era seduto, tenendo per la mano una giovane donna alquanto scocciata dall’interruzione. Appena ella vide l’agente però il suo viso si adirò.
- Non hai ascoltato.- Disse freddamente Jason.
- Non hai ubbidito agli ordini.- Continuò Jennifer, guardandolo con odio.
- Reid? Vuoi darmi una spiegazione?- La sensazione di essere in terribile ritardo per qualcosa di importante aumentò, accompagnata da una sottile nebbia di paura.
- Sono occupato.- Rispose quello e tornò a baciare la sua ragazza.
- Ti avevo detto di tenere gli occhi aperti.- Alzò la voce Hotch.
- Tu non dovresti essere qui.- Ripeté la compagna di Gideon.
- Tu devi sempre fare di testa tua.- Sputò la frase come se fosse veleno Garcia.
- Perché non impari ad ascoltare?-
- Volete darmi una risposta? Non capisco a cosa vi riferiate.- Derek retrocedette di un passo. La squadra colmò la distanza.
- Reid? Mi sembri l’unico con la testa a posto. Che sta succedendo?-
- La pianti di disturbarmi?- Rispose sgarbatamente il giovane.
- Dovevi eseguire gli ordini.-
- Non ascolti mai nessuno oltre a te stesso.- Disse un bambino.
- Non dovresti essere qui.- Continuò il padre di Morgan.
- Ti avevo detto di tenere gli occhi aperti.-
- Reid! Aiutami, ti prego. Che sta succedendo?- Chiese ancora Derek, sempre più terrorizzato dalla situazione e con la pressante sensazione di essere fuori posto. Le persone che gli stavano dinnanzi intanto, continuavano a dire quelle frasi senza senso e piene di astio, e cominciarono a coprirsi a vicenda. La squadra si avvicinò ancora di un passo. Lui indietreggiò.
- Reid!- Il piccolo genio si staccò dalla sua ragazza, si voltò adirato, si avvicinò e portò una mano al fianco.
- Ti avevo detto di tenere gli occhi ben aperti.-
- Non dovresti essere qui.-
- Non hai obbedito agli ordini.-
- Reid!- Il giovane si avvicinò di un altro passo.
- Non dovresti essere qui.- Disse e sfilò la pistola dalla fondina. Tutti i suoi colleghi con i loro parenti estrassero altrettante pistole e gliele puntarono contro.
- Non ascolti mai.-
- Dovevi tenere gli occhi aperti.-
- Fai sempre di testa tua.- Le sicure vennero tolte.
- Devi imparare a seguire gli ordini.-
- Non dovresti essere qua.- Gli indici premettero sui grilletti. Derek prese la sua pistola e sparò. Il sangue riempì l’atrio, gli agenti della B.A.U. e i loro parenti caddero a terra. Nel petto di Morgan esplose un dolore lancinante. E cadde nel vuoto.
Era in ritardo.












Angolo del Delirio

In questo capitolo mi è sembrato di ripetermi un po'... ma non sapevo come risistemarlo meglio.
Per chiunque adori Derek Morgan avviso che non ho niente contro di lui, anzi... (vi lascio immaginare come divaga il mio cervello, anche se il mio preferito è Spencer Reid), e che quello che è successo in questo capitolo non deve essere per forza ciò che sembra ma... ma è meglio che non parli, prima che dica quello che succederà dopo.
Non so se si è capito davvero il senso di tutto quello che è accaduto, ma spero che con il prossimo (ed ultimo) capitolo io riesca a spiegarvi tutto.
Vi chiedo solo una cosa, anche se forse è troppo presto: un piccolo commentino per sapere che ne pensate, per favore!
Adesso non mi resta che salutarvi.
Ciao, a domani con il prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** La realtà - l'impotenza è non riuscire a contraccambiare il favore ***


Ultimo capitolo!

La realtà - L'impotenza è non riuscire a contraccambiare il favore

- Derek.  Dai! Non mollare adesso. Derek!-
L’agente Morgan aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco la notte che si stendeva sopra di lui. Una forte luce proveniva da dietro la sua testa e un dolore lancinante gli tartassava il petto ad ogni respiro. Un uomo con dei rettangoli di plastica in mano si allontanò dicendo al collega che era tutto a posto. Derek volse lo sguardo alla sua sinistra dove un altro uomo preoccupato gli metteva un fagotto sul petto. Aprì la bocca per parlare ma gli uscì solo un rantolo soffocato.
- No. Non parlare. Sono arrivati. Tieni duro ancora per un po’. Non cedere, per favore.- Sospirò di sollievo Hotchner. Quando il cuore del collega si era fermato per quella che gli era parsa un’eternità, non ci aveva creduto. Aaron si era sentito cadere il mondo addosso per l’impotenza di non essere riuscito a contraccambiare il favore. Poi però i medici gli avevano ridato il collega, che aveva riaperto gli occhi.
- M-mi di-di-spia-ce. P-per-do-na-mi. M-mi di-spia-ce.- Gemette Morgan.
- E di cosa? Mi hai salvato la vita. Ma adesso non parlare. Tieni duro e riposati.- Derek scosse la testa. La barella scivolò sulla strada, avvicinandosi sempre di più all’ambulanza.
- N-non v-vo-le-vo. V-vi ho s-spa-ra-to. M-mi di-spia-ce.-
- Derek, no. Stai delirando. Tu non mi hai sparato. Mi hai salvato la vita.- Lo corresse il capo. L’agente negò ancora con il capo. Si sentiva pizzicare gli occhi e il cuore a pezzi.
- Lo-ro. Ho spa-ra-to a t-tu-tti. N-non c-ca-pi-vo. A-ve-vo pa-u-ra.- Le ultime parole furono soffocate da un attacco di tosse.
- Che stai dicendo?- Chiese il capo chinandosi sul collega per capire meglio i rantolii.
- Hotch? Va tutto bene? Ci sono problemi?- Reid si avvicinò con passi veloci subito raggiunto da tutti i colleghi.
- C’è qualcosa che non va?- Derek si guardò intorno per capire chi si era avvicinato. Tutti i suoi colleghi erano lì, vivi e vegeti. E molto preoccupati per la sua salute. Sospirò di sollievo e ingoiò un po’ di saliva. Allora era stato tutto un sogno.
- T-tu-tto be-ne.- Disse e lasciò che lo caricassero sull’ambulanza e lo portassero in ospedale.
Lo operarono immediatamente: la pallottola aveva rotto una costola e solo graffiato un polmone per fermarsi vicino alla spalla. La notte e tutto il giorno seguente lo passò nella sua stanza perché i dottori volevano controllarlo. Avevano detto che l’operazione era semplice ma che c’era una minima possibilità di rischio di embolia e non volevano rischiare. “1%” aveva precisato poi Spencer per sbaglio, perché non voleva mettergli paura ma solo dire una statistica. “Non dirmi quando è morto l’ultimo di embolia, per favore.” Aveva poi scherzato Derek, vedendo il piccolo genio chinare la testa imbarazzato sotto gli sguardi dei colleghi. Erano tutti venuti a fargli visita. Aaron aveva avvisato la sua famiglia e il comodino della stanza di Derek era invaso da biglietti, una scatola di cioccolatini, il modellino di una mountain-bike, il peluche di un orsacchiotto gigante e dei palloncini. Quando Morgan se ne accorse sorrise, pensando che molto probabilmente sembrava più la stanza di un bambino che quella di un agente dell’FBI. Ma non gli importava granché. Finiti gli ultimi esami, fu dimesso ma non poté tornare subito sul campo: con un braccio da tenere immobile e una costola che provava a ricomporsi, avrebbe dovuto starsene alla scrivania per un bel po’. Si era fatto dire dai medici che cosa era successo per tutto il tempo in cui non era stato cosciente e loro gli dissero che aveva avuto una forte emorragia e un piccolo infarto di mezzo minuto.
Quando tornò al lavoro e vide le scrivanie  e i suoi colleghi, gli tornò in mente il sogno fatto quando aveva perso conoscenza. Non aveva capito il senso di tutte quelle strane frasi dette dai suoi colleghi. Ma quando arrivò e tutti si voltarono a guardarlo ed ad applaudirlo, venendogli incontro felici, capì.
Lui non doveva essere lì. Nel sogno.
Lui non aveva obbedito agli ordini. Del capo-collega.
Lui faceva sempre di testa sua. Per non perdere le persone a cui voleva bene.
Lui non aveva tenuto gli occhi aperti. Sul presente.
Ed era stato terribilmente in ritardo.
Per ritornare alla vita.











Angolo del Delirio

Con questo capitolo si chiude la storia "antiproiettile".
Scrivere tutto questo non è stato facile, soprattutto perchè a volte mi mancava il vocabolo giusto al momento giusto.
Però sono arrivata alla fine.
L'idea di scrivere qualcosa di questo tipo sull'agente Morgan è nata guardando (ovviamente) il telefilm e con l'osservazione "secondo me Derek si prenderà un giorno una pallottola al posto di qualcun altro, pur di salvare tutti". In effetti, qui se l'è presa.
Non ho idea di dove collocare temporalmente questa fanfiction, onestamente. lascio a voi lettori la scelta. Anche se nel capitolo precedente ho citato Ellen Greenaway e Jason Gideon, che sono presenti solo nelle prime serie, beh, quello era solo un sogno di Derek, quindi credo potesse esserci chiunque, vivo o morto che fosse. I bambini invece erano quelli che aveva salvato.
Non so perchè sento il bisogno di scrivere tutto questo. Forse perchè non voglio lasciare punti interrogativi in sospeso. Forse perchè non voglio chiudere la storia. Forse perchè non ho tutte le rotelle a posto. Oppure per qualsiasi cosa stiate pensando.
Mi è piaciuto però molto a scrivere questa storia.
Quindi... Ciao!

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