[Sophia] Il delicato equilibrio dei mondi

di Alice Moonriver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** [1] Di specchi e pazzie ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


[Prologo]
 
Quella non era stata affatto una buona serata.
Sophia se lo sentiva già mentre aspettava il suo turno che quella sarebbe stata una serataccia. Dal tavolino che il proprietario del locale le aveva riservato per bere qualcosa prima di esibirsi era riuscita a vedere il “pubblico” : un gruppetto di ragazzi già per metà ubriachi, qualche coppietta sognante e un’orda di gallinelle in attesa di scroccare quante più bevute possibili e magari anche l’ingresso in discoteca.
Le odiava quelle cretinette strinte in abitini firmati, a suo dire erano l’anticristo di ogni ragazza rispettabile. E i ragazzi ubriachi poi … dio quanto erano insopportabili con i loro apprezzamenti della malora.

Quando il povero mago che era stato sul palco con scarsi risultati fino ad un attimo prima ebbe finito, Sophia trasse un profondo sospiro e gli dette il cambio: era pronta per la sua parte. Il pianista le dette un’occhiata di intesa e poi partirono. Più o meno ogni sabato ripeteva lo stesso repertorio di canzoni calme e rilassanti, preludio perfetto per le coppiette sognanti, l’unica parte del pubblico che lei non odiava. Si può dire che cantasse solo per loro …
Eseguirono cinque brani come da copione, Sophia con la sua voce languida riusciva sempre ad accattivarsi un sacco di sguardi, cosa che al proprietario non dispiaceva affatto. Tra una canzone e l’altra riusciva a servire un sacco di drink e cocktail.

Intorno alle una di notte il locale cominciava a svuotarsi, Sophia era seduta al bancone a chiacchierare con una delle bariste. Non le piaceva andare via subito dopo aver cantato, dentro di sé nutriva la segreta speranza che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto di lei e magari le avrebbe chiesto un contatto, un numero di telefono … ma la speranza si affievoliva ogni sera un po’ di più, e al mattino la cantante dalla voce vellutata lasciava il posto alla cassiera del supermercato. Qualcosa doveva pur fare per sopravvivere.
<< Tesoro sono quasi le due, tra poco chiudiamo >> le disse la più giovane delle tre bariste, Anna  << Se mi dai cinque minuti per cambiarmi possiamo fare un po’ di strada insieme>>
<<  Non importa, sta tranquilla >> sorrise Sophia << Sei gentile, ma non può succedere niente.  Allungo un po’ la strada e passo dalla via principale che è ben illuminata, non c’è problema. >>
Anna accennò una smorfia di disapprovazione, ma prim’ancora che riuscisse a rimproverarla Sophia aveva già messo la borsa a tracolla e se ne stava uscendo dal locale, con la saracinesca già abbassata per metà, salutando allegramente con la mano << Ci vediamo sabato prossimo! >>.

Si avviò quindi con passo spedito verso il viale principale, nonostante facesse la spavalda aveva una paura matta di quelle strade di notte. L’aria era gelida e le faceva soffiare aliti di vapore da sotto la sciarpa.

Ad un tratto il rumore monotono dei suoi stivali perse il solito ritmo: che qualcuno la stesse seguendo? Si voltò di scatto, un po’ agitata, ma non vide nessuno. Fece ancora qualche passo e si voltò di nuovo: niente. << Probabilmente è solo la mia immaginazione. Accidenti ad Anna e le sue paranoie! >> Riprese a camminare, mancava poco alla palazzina dove abitava, ancora qualche metro e sarebbe arrivata allo svincolo della sua piccola viuzza. In quella zona della città il ciottolato al suolo era più sconnesso e la luce scarsa della piccola via dove abitava non aiutava di certo.
Cercando di non inzuppare i piedi in una delle mille pozzanghere fece un passo più lungo del previsto, intercettò una crepa del ciottolato e inciampò. Sembrava una bambina, in ginocchio per terra, come quando si cade giocando a rincorrersi.
<< Ohi ohi … ma che cavolo, proprio stasera che ero riuscita a non storcermi le caviglie con quei tacchi vertiginosi sul palco! Dovrei comprarmi una torcia da campeggio o qualcosa di sim… ! >> le parole le si strozzarono in gola. Le luci della via principale proiettavano davanti a lei un’ombra troppo grande per essere la sua. Cercò di rialzarsi per allontanarsi ma il panico le bloccò le gambe, si sentì afferrare per un braccio, costringendola a voltarsi.
<< Lasciami! Lasciami!!! >> strillò Sophia terrorizzata. Cercò di infilare la mano libera in borsa per afferrare qualcosa in un gesto sconnesso, la figura le prese immediatamente il polso e alzò le sue mani all’altezza del viso. Ora riusciva a vederlo in faccia, mentre le teneva con fermezza le braccia, quasi la volesse alzare di peso ma … non aveva un volto, se non due occhi neri come la pece ed un’infinità di simboli tatuati ovunque. Cominciò a piangere. << Ti prego lasciami, aiuto!!! >>  Cercava di dimenarsi, scalciare, ma niente. << AIUTO! >>
L’uomo aprì finalmente la bocca per dire qualcosa, aveva la lingua simile a quella dei serpenti, Sophia non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo, credeva di morire dal terrore.
<< Smettila di dimenarti, se smetti di opporti non ti farò del male. Devi solo star ferma e lasciare che io… >>

TUMP!

Sophia udì un suono secco, l’uomo allentò la presa dei suoi polsi e cadde a terra inerme. Non riuscendo a capacitarsi di cosa succedesse, cominciò a guardarsi intorno con fare frenetico.
<< Chi – chi è là? Chi sei? >> Nessuno le rispose.
Da dietro un portico uscì un uomo di alta statura, silenzioso. Non riusciva a capire da dove fosse uscito, tutto quello che riuscì a fare fu dire un mesto  << G-grazie…>> e cercare in fretta le chiavi di casa in borsa.
L’uomo le si avvicinò, una flebile luce lo illuminava ma non abbastanza da permetterle di vederlo in viso. Le tese una mano e sussurrò << Adesso venga con me, per favore… >>.
Sophia non poteva credere alle sue orecchie, due maniaci nel giro di un quarto d’ora era veramente troppo.
Lanciò un grido sperando di svegliare qualcuno, poi si gettò di corsa contro il portone della palazzina, lo aprì e corse a perdifiato su per le scalinate senza mai voltarsi indietro. Arrancò per aprire la porta del suo appartamento, la sbattè alle sue spalle e solo allora guardò nello spioncino.

Quell’uomo non l’aveva seguita, probabilmente il portone si era chiuso prima che lui riuscisse ad entrare.
Corse trafelata alla finestra e guardò giù, in strada. Non c’era più nessuna traccia né del suo aggressore, né dello strano tipo che lo aveva succeduto. Si abbandonò a terra in un pianto liberatorio, singhiozzando come una matta. Quando si fu ripresa fece un bagno caldo e si mise a letto, sperando di riuscire a prendere sonno.

<< Me lo sentivo che sarebbe stata una serata di merda >>

 

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Capitolo 2
*** [1] Di specchi e pazzie ***


[1]
 
Il mattino dopo Sophia dormì a lungo, avvolta dal tepore del letto caldo.
La domenica era l’unico giorno che poteva dedicare a sé stessa: durante la settimana lavorava come cassiera nel supermercato poco lontano dal suo appartamento, il sabato si esibiva al locale e ogni sera c’era sempre una scusa diversa delle sue amiche per portarla da qualche parte.
Si erano fissate che volevano trovarle un fidanzato a tutti i costi.

<< Sophia, sei così carina e ancora non ti decidi a trovarti un ragazzo come si deve! >> le dicevano sempre.
<< Se tu trovassi qualcuno con cui stare, potremmo fare delle belle uscite di sole coppie >>
Sua madre rincarava spesso la dose << Hai quasi 25 anni, dovresti smetterla di pensarla come una diciottenne che vuole godersi la vita. >> come se fosse tutte le notti a vivere la movida della città…

Ma Sophia all’amore non ci pensava neanche lontanamente. Aveva lottato tanto per guadagnarsi la sua indipendenza, perché barattarla proprio adesso? Dopo il diploma l’unico lavoro che era riuscita a trovare era lo stesso che portava avanti tutt’oggi. Per carità, era un lavoro tranquillo … ma non uno che ti permette di comprarti il guardaroba dei tuoi sogni, per esempio.
A fatica era riuscita, nel giro di qualche anno, a prendere in affitto il piccolo appartamentino dove viveva, tre stanzette appena.  Ikea l’aveva salvata da debiti altissimi per la mobilia si, ma doveva pur vivere … e la cara vecchia Firenze per quanto meravigliosa non era una delle città più economiche dove abitare.
Poi lei gli uomini non li capiva proprio.
Aveva dormito male quella notte, l’agitazione per l’aggressione che aveva subìto non era ancora passata del tutto. Master invece dormiva beatamente ai piedi del suo letto, acciambellato al calduccio, le zampette perse nel lungo pelo da Siberiano. Sentendo lo spostamento dei piedi di Sophia sotto le coperte si voltò seccato, emettendo un timido “meow”. Master era il suo migliore amico, l’unico che l’ascoltava sempre senza sommergerla di sentenze o, peggio ancora, delle sue chiacchiere vuote e inutili come faceva la maggior parte delle persone. Dopo averti sentito parlare per più di due minuti si sentivano in diritto di poterti rovesciare addosso tutte le loro lamentele e frustrazioni, sicuri del fatto che gli fosse più che dovuto.
Sophia uscì lentamente dalle coperte e si diresse immediatamente alla finestra, poi di nuovo allo spioncino della porta. Non c’era nessuno, per fortuna. << Adesso basta, non è successo niente di che, piantala >> pensò.

Si diresse più sollevata verso il bagno, tirandosi a malapena dietro le gambe. Allo specchio ogni domenica mattina era sempre la stessa storia: i capelli neri diventavano una massa arruffata che cadeva goffamente sulle spalle, gli occhi grigi si gonfiavano e il viso era ancora leggermente pasticciato dei residui di make-up della sera prima.
<< Santo cielo, perché non sono carina come quelle ragazze dei film che si svegliano perfette al mattino con tanto di eyeliner e fondotinta? >>
Cominciò pigramente a lavarsi i denti, poi il viso. Allungò una mano per aprire l’anta dell’armadietto del bagno che fungeva anche da specchio, vide qualcosa muoversi. Fece un passo indietro, incredula, poi ritentò. Lentamente tese la mano verso lo specchio, poggiò un dito sulla superficie macchiata di dentifricio e … << Ma che cavolo … succede … >>

Sul vetro apparvero tante piccole increspature concentriche, come se Sophia con il dito avesse toccato la superficie dell’acqua. Arretrò di nuovo, questa volta più allarmata. Non poteva credere ai suoi occhi.
Immediatamente dopo sentì un gran fracasso venire dalla cucina, seguito da un lamentoso miagolìo di Master. Corse allarmata in cucina, e se fosse stato un ladro? Dopo ieri sera non lo avrebbe certo escluso!
In realtà il micione aveva solo rovesciato le stoviglie che erano vicino all’acquaio, quasi sicuramente per bere dal rubinetto che perdeva.
Sophia sgridò sonoramente il povero gatto  << Accidenti a te Master, ma ti sembra il caso di fare una cosa simile? Vuoi far morire d’infarto la tua padrona? !>>  e ancora accaldata gettò il pigiama sul letto sfatto per cambiarsi. Non restare in pigiama l’aiutava ad attivare il cervello al mattino.
Tornò quindi in bagno, aveva già dimenticato del bizzarro movimento dello specchio. Dopotutto si era appena svegliata, sicuramente l’immaginazione le aveva giocato un brutto scherzo.
Prese la spazzola e cercò di domare la sua chioma, poi le cadde lo sguardo sui cosmetici ancora sparsi dalla sera precedente.
<< Ma si , un po’ di mascara ci sta sempre bene>>.
Svitò l’applicatore e cominciò a truccarsi con un’espressione non troppo intelligente sul volto.

Nel bagno echeggiò una risata cristallina.
Il mascara scivolò lentamente dalle mani di Sophia, rotolando per terra.
<< No non è possibile, io sto impazzendo>> si guardò intorno.
<< Andiamo che scherzo è questo, basta! Anna ci sei forse tu di mezzo? Hai nascosto qualche microfono, cimice o cazzate del genere? Potrei veramente incazzarmi!  >>
Silenzio. Da buona fifona aveva già un nodo alla gola, le veniva da piangere di nuovo.
Ancora niente, silenzio totale … che fosse ancora la sua immaginazione? Magari si era spaventata così tanto la notte scorsa da confondere i rumori.
Si chinò a raccogliere il piccolo contenitore del mascara e una lacrima, nonostante tutto, le scivolò su una guancia. Rimise al suo posto l’oggettino, sentendosi veramente sciocca e si asciugò la lacrima con il dorso della mano.
<< Mi dispiace molto. Non era mia intenzione farti piangere>>

Sophia alzò lo sguardo e vide nello specchio il volto di un giovane, incredula. Lo fissava a bocca aperta.

<< Ti chiedo ancora perdono, ma non ho saputo trattenermi. Puoi scusarmi?>> e dicendo questo allungò una mano fuori dallo specchio, increspandone la superficie proprio come era accaduto a Sophia poco prima.
<< Ma … ma … >> le tremavano le gambe << Com’è … possibile che… >>
<< Non avere paura, non voglio farti del male. Questa notte il mio compagno non è stato molto eloquente, so che ti ha spaventata e me ne scuso. Sai, non è abituato a … Oh!!! >>

La ragazza non aveva retto ed era caduta a terra rovinosamente, svenuta.

<< Oh accidenti Darda, per quale motivo dobbiamo occuparcene proprio noi? Questa ragazza non fa che urlare, piangere e sentirsi male. Sarà come buttarsi in mare con un macigno al collo. >>
<< E’ una fanciulla di un altro mondo e regno mio buon Raven, abbi pazienza con lei. Credo che dovrà svenire ancora molte volte, e piangere forse di più >>.

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