Now I'm Katerina Petrova

di Delenanelcuore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno o son desta? ***
Capitolo 2: *** Entrare nella parte ***
Capitolo 3: *** Chi è Elena? ***
Capitolo 4: *** Le regole di un vampiro. ***
Capitolo 5: *** Le cose cambiano ***
Capitolo 6: *** La storia si ripete ***



Capitolo 1
*** Sogno o son desta? ***


Che fosse questione di tempo l’avevo sempre saputo.
Non mi ero mai illusa di poter vivere l’idillio amoroso che ogni ragazza sogna con il proprio ragazzo, non se questo, è il predatore più temuto al mondo, un Vampiro.
Ne avevamo passate davvero tante io e Stefan in quell’anno così incredibilmente pieno di colpi di scena.
Quello che sino a pochi mesi prima, mi sembrava il frutto di magistrale immaginazione, si era trasformato in perfetta e assurda realtà, tanto affascinante quanto pericolosa.
A nulla erano valsi i miei sforzi di allontanare da me fonte di tanto pericolo, ma l’amore per il mio uomo e quell’irrazionale attrazione del proibito, mi avevano condotto ad accettare quella realtà alla quale non mi sarei ma potuta sottrarre nemmeno volendolo.
Ero la sosia perfetta di una vampira nata e cresciuta nella Mystic Falls del 1864, a quei tempi, non sapevo delle bulgare origini di Katherina Petrova.
Quelle poche nozioni che mi erano state concesse dal mio vampirico uomo, erano se non che pochi tasselli, di una storia più complessa e intrigante.
Ero stata fortemente provata da quella somiglianza che aveva introdotto nel mio rapporto con Stefan, lo spettro di una sua voglia di rivivere con me, l’amore perduto con la sua mai dimenticata Vampira.
La vita a Mystic Falls non divenne tanto meno più semplice con l’arrivo in città di Damon Salvatore, simpatico ed ironico fratello del mio fidanzato, venuto per rovinare la vita a Stefan e trovare la sua amata Katherine. Ancora lei.
I triangoli amorosi erano davvero antichi come il mondo stesso, e sapere che qualcuno con il mio identico viso fosse stato al centro di una contesa amorosa tra il mio attuale ragazzo e il suo sadico fratello, mi inquietava e non poco.
Nonostante gli sfavorevoli pronostici su una cordiale e civile convivenza con Damon, il nostro rapporto aveva preso una piega a dir poco inaspettata nell’ultimo periodo.
Ci eravamo trovati ad essere alleati nel fronteggiare il male che minacciava le nostre vite quotidianamente, facendo vacillare gli originari propositi del più irascibile dei Salvatore.
Ebbi la prova del nove di quell’accenno di cambiamento, dopo il giorno della fondazione.
Si comportava come se tra di noi fosse successo qualcosa a cui lui attribuiva assoluta importanza.
Solo pochi giorni dopo capimmo il motivo di tanto scompiglio, Katherine aveva preso il mio posto e aveva portato Damon a credere che fossi a tal punto affezionata a lui da baciarlo.
Follia allo stato puro, ero totalmente ed incondizionatamente innamorata di Stefan, perché mai avrei dovuto volere un bacio con suo fratello?
Eppure, contro ogni ragionevole aspettativa, Damon si era illuso che potessi ricambiare e fu quello probabilmente il punto di svolta nel rapporto tra noi due.
Rapporto che si stava facendo complicato e pieno di aspettative che venivano puntualmente deluse da una parte e dall’altra.
Se l’amore per Katherine nel 1864 aveva diviso i fratelli Salvatore, l’odio per la stessa donna centocinquanta anni dopo li aveva riuniti e resi una squadra, pronta a difendere l’attira catastrofi vivente più sfortunata al mondo, Elena Gilbert.
Avevamo contattato Bonnie per capire se le magie contenute nel suo grimorio, contenessero la chiave per liberarci di Katherine, difendendomi e proteggendomi magari attraverso qualche incantesimo. 
Avevamo programmato ogni minimo dettaglio per incastrare Katherine durante il ballo in maschera che si sarebbe tenuto di lì a poco a Mystic Falls.
-“Bonnie voglio che tu ne sia completamente sicura..non voglio che questo incantesimo possa in qualche modo metterti in pericolo..” - sospirai mentre le dicevo quelle parole cariche di sincera preoccupazione.
La mia migliore amica, che per me era a tutti gli effetti una sorella, mi guardò come se avessi detto un eresia.
Bonnie era una ragazza davvero testarda e l’aver scoperto l’eredità che la nonna e le sue antenate le avevano lasciato, l’aveva resa ancora più cocciuta, indisponente in certe occasioni.
“Elena tu, non devi preoccuparti di nulla. Abbiamo visto e rivisto il piano con i Salvatore allo sfinimento ormai, e ti dico che funzionerà”- mi disse ribadendo il concetto e facendomi sentire come sempre, la donzella medievale in terribile pericolo.
Avevano intenzione di bloccare Katherine in una delle stanze della villa in cui si sarebbe tenuto il ballo in maschera e lì, Stefan e Damon avrebbero posto la parola fine alle avventure di Miss Pierce una volta per tutte.
Damon aveva tuttavia insistito affinchè Bonnie, praticasse su di me un incantesimo di protezione.
Non credevo che l’apprensione spasmodica nei miei riguardi facesse parte del pacchetto di un vampiro.
Non mi ero ancora abituata a vedere come Bonnie trasformasse la stanza quando doveva praticare un incantesimo.
Candele ovunque e atmosfera a dir poco lugubre.
“Passami il ciondolo Elena” –disse facendo avanzare la sua mano verso di me.
Mise il mio cimelio al centro di un cerchio ovviamente fatto di candele e cominciò a recitare le sue formule.
“Armnya largior, Anìmum ad bonam spem proclivis, Armnya largior…” – cantilenò davanti ai miei occhi mentre il ciondolo cominciava a levitare come se non avesse peso o massa corporea e quando le parole di Bonnie si fecero più incisive e penetranti, le candele si spensero e rimanemmo al buio.
“ Bonnie..? Sei ancora qui o sei sparita anche tu?” – dissi con tono sarcastico ma inquietato allo stesso momento.
Facendomi sobbalzare accese una torcia porgendomi il ciondolo.
“Non fare la fifona Elena, tieni questo ciondolo e vai a farti una bella dormita, tra qualche giorno non avrai più una Katherine Pierce di cui preoccuparti”- sentenziò con sguardo fiero e sicuro su come sarebbero andate le cose.
Andai via dalla casa di Bonnie e quella notte mi preparai a dormire sonni tranquilli.
Mi fidavo di lei, come mi fidavo di Stefan e Damon. Presto, avremmo avuto meno problemi e più tempo per viverci in pace le nostre già abbastanza complicate vite.
Mi distesi nel mio letto e con più che motivata stanchezza crollai nel sonno.
Non sognai quella notte, fu come se mi avessero imbottito di farmaci per svegliarmi dopo dodici ore di sonno indisturbato.
Stranamente il mattino seguente non fu la sveglia a destare il mio riposo, ma una voce.
Una donna, dall’aria impaurita e dall’atteggiamento quasi reverenziale.
Aprii gli occhi, ora disturbati dalla luce che filtrava dalle finestre.
Non era zia Jenna e non ero nella mia stanza.
Come diamine aveva fatto quella donna a portarmi via dalla mia camera, era tutto così dannatamente assurdo.
Poggiai di istinto una mano sul comodino alla ricerca di un cellulare che evidentemente non avrei trovato.
“Dove..dove sono?”- chiesi con flebile voce e animo incredulo.
La ragazza finì di aprire le tende e si avvicinò a me con un finto sorriso stampato sul viso.
“Come dove si trova.. nella sua stanza Signorina Pierce.. i fratelli Salvatore l’aspettano di sotto per la colazione”.
 

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Capitolo 2
*** Entrare nella parte ***


Nonostante fossi ormai da tempo abituata ad ogni sorta di sovrannaturale follia, quello che dovetti metabolizzare il più velocemente possibile, fu quanto di più mostruoso potesse capitarmi.
Avevo salutato una Mystic Falls, sopita nel buio della notte, nei panni di Elena Gilbert e mi ero destata dal mio non proprio rinvigorente riposo, nei panni di Katerina Petrova.
La ragazza che mi fissava con sguardo di timorosa riverenza, non aveva dubbi.
Ero la mia perfetta sosia e la famiglia Salvatore, al completo, mi stava attendendo di sotto per la colazione.
Colazione? 
Cominciai a rimuginare velocemente sulle possibili abitudini di una sadica vampira ultra centenaria.
Era solita Katherine deliziarsi della nobile compagnia dei Salvatore a colazione? 
Evidentemente quel giorno era nei suoi programmi e io, dovetti sbrigarmi a calarmi in fretta nei panni della mia più che somigliante amica.
“Oh..si, il sonno della notte appena trascorsa non mi ha particolarmente giovato..” – dissi con tono incerto.
Mi accorsi immediatamente dello sguardo meravigliato della mia giovane interlocutrice.
Solo pochi istanti dopo mi resi conto, che probabilmente quella ragazza non era abituata ad avere conversazione di così cordiale fattezza con la sua amabile padrona.
“Devo prepararle il suo consueto corsetto Miss Pierce?” – mi chiese lasciandomi ancora sul letto, incredula e intontita, mentre frugava con immotivata paura, nei cassetti di un enorme ed antico mobile.
La scrutai e capii che quel rituale mattutino fosse qualcosa di importante quanto pericoloso, se modello di tale indumento fosse stata la vera Katerina.
“Quante volte devo dirti che la mattina, al mio risveglio, voglio ogni cosa al proprio posto, senza una tale perdita di tempo a chiedermi banalità…”- volevo aggiungere il suo nome, peccato che non lo sapessi.
“Certo che voglio il mio consueto corsetto…”- proseguii mentre mi alzavo dal letto e andavo verso quello che sperai fosse il bagno della camera. 
Richiusi la porta e vi poggiai la schiena, respirando a fatica, pregando che fosse solo un fervido incubo, ma la paura,l’ansia e la sudorazione elevata rendevano tutto troppo reale per essere solo una fervida immaginazione della mia sopita mente.
Presi dell’acqua dalla bacinella di ceramica finissima, posta su una base di ferro battuto e mi diedi una rinfrescata al viso, mentre la ragazza al di là della porta faceva un gran rumore di passi.
“Ha ragione signorina Pierce, provvedo a sistemarle tutto”- disse mentre la sua voce si faceva flebile, probabilmente per raggiungere la cassettiera più lontana della camera.
Misi la mano sul pomello della porta e lentamente, socchiudendo gli occhi, aprii e mi diressi verso la specchiera ad altezza d’uomo.
Lasciai che la ragazza mi aiutasse ad indossare il corsetto e cercai di non protestare per quanto fosse stretto.
Non potevo obiettare sui modi di fare della gente che avrei conosciuto o avrei destato sospetti su una Katherine troppo diversa rispetto a quella cui erano abituati.
“Avete un nuovo ciondolo signorina Pierce?” – mi disse poi spiazzandomi e facendo in modo che il mio cuore battesse impazzito, per quel particolare diverso che poteva minare la mia vera natura. Se non con lei, con i Salvatore sarei dovuta essere più Katherine possibile.
“Si, ma non amo portarla spesso”- dissi slacciandola dal mio collo.
La verbena mi sarebbe stata utile in quelle circostanze, ma non potevo permettermi di essere scoperta.
“Riponila nel mio porta gioielli e mi auguro di non doverne scoprire presto il furto…”- dissi con non voluto tono di serietà. 
Pochi istanti dopo ero nel corridoio del grande palazzo. 
Rischiavo di perdermi ad ogni porta, ad ogni corridoio, ma fortunatamente trovai presto la scalinata che dai piani superiori conduceva alla stanza da pranzo all’interno della quale mi aspettava qualcuno.
Varcai la soglia del salone e il signor Salvatore si alzò elegantemente porgendomi la mano.
“Signorina Pierce, i miei figli stanno per arrivare, sapete come sono fatti, nell’attesa sono andati a far due passi nel nostro giardino”- mi disse accompagnandomi al tavolo, regalmente imbandito con ogni sorta di pietanza.
“Siete gentile Signor Salvatore, li aspetterò seduta a tavola in vostra compagnia”- cantilenai impaurita, mentre il padre di Stefan scostava la mia sedia affinchè mi accomodassi. 
Era surreale. Stavo parlando con il padre dell’uomo che amavo, nella sua vecchia casa e molto presto, avrei conosciuto una parte di Stefan e Damon che altrimenti non avrei mai potuto vedere, la loro umanità.
Sebbene Stefan mi avesse da sempre mostrato il lato umano e mite del suo carattere, la stessa cosa non potevo dire di Damon, il quale si era sempre mostrato coperto da una corazza di sfrontatezza e sfida.
“Quante volte devo dirle di chiamarmi Giuseppe?”- mi disse sorridendo e con tono cordiale- “Ma ditemi, come avete trascorso la notte Miss Pierce?”.
La somiglianza con Stefan e Damon era impressionante, mi sentii come al primo appuntamento in casa del proprio fidanzato. Peccato che Giuseppe Salvatore poco sapesse dei misteri e dei colpi di scena che presto, avrebbero coinvolto la vita dei suoi figli,anche in campo sentimentale. 
“Siete gentile come sempre e cortese a domandarmi della notte appena trascorsa.
Dormito egregiamente signor salvatore, grazie”- dissi scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
Cosa potevo fare per uscire da quella dannata situazione? Raccontare tutto a Stefan? 
Il mio uomo nel 1864 non sapeva nemmeno che esistesse un’Elena Gilbert ed in effetti, a quell’epoca di me non vi era traccia.
Mentre affrontavo quelle mille problematiche, che nella mia testa echeggiavano come assordante stridere di unghie su liscia superficie, sentii le voci dei fratelli, giungere a me attraverso le pareti del corridoio.
Pochi istanti dopo rimasi a bocca aperta, nel vedere quanto fossero belli ed affiatati Stefan e Damon da umani.
Deglutii, incapace di far qualsiasi cosa. Gli occhi di entrambi, bramosi e indagatori, erano rivolti su di me, che già evidentemente ero il centro delle loro amorose contese. 
Stefan prese posto nell’altro capo della tavola, dinanzi al padre, mentre Damon prese posto di fronte a me. 
Sollevai lo sguardo e i miei occhi incrociarono davvero per la prima volta quelli del vero Damon Salvatore.

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Capitolo 3
*** Chi è Elena? ***


Non ci si abituava mai a quella condizione di eternità, almeno non del tutto.
Si, noi vampiri avevamo il grande vantaggio di mandare a puttane ogni sorta di sentimento, tanto da sembrare addirittura felici di quell’eterno vagabondare, ma in fondo mai nessuno di noi, davvero, si sarebbe abituato a quella condizione di morte Eterna.
Le cose mi andavano comunque discretamente bene nella Mystic Falls del 1864.
Pearl non faceva altro che dirmi di quanto fosse preoccupata per le voci che giù in città, si dicevano sui vampiri e su un congegno che pareva potesse individuarci.
Io ero calmissima, ma la mia bella e alquanto poco furba amica aveva fatto l'errore più madornale che si potesse fare nella vita, innamorarsi! 
Che cosa stupida quando si è come noi.. l'amore non è fatto per i vampiri, soprattutto per i vampiri stupidi che si prendono una cotta per gli umani impossibili.
Si è vero, avevo scelto due umani per le mie notti insonni.. ma avevo in mente un progetto per loro,mentre Pearl...beh Pearl si era innamorata di Jhonatan Gilbert... che stupida.. Quell’uomo non avrebbe mai accettato una cosa simile.. era risaputo che amava passare il suo tempo con chi dava la caccia a quelli come noi. 
Stavo sognando i Salvatore quella notte, Stefan, il più dolce, mentre Damon ..Damon aveva il fuoco nelle vene.. non a caso lui era l'unico dei due che sapesse di me, mentre Stefan viveva nella finzione di un amore idilliaco.
Ma io li volevo entrambi e presto, lo sarebbero stati...miei.... per sempre.
Ma quei piani di un futuro radioso furono bruscamente interrotti quella mattina, che mai probabilmente avrei dimenticato.
Fui destata da un profumo invitante, una fragranza dalle dolci connotazioni, brioche  e marmellata probabilmente.
Quando aprii gli occhi, nel quasi totale buio della mia camera, mi resi conto di quanto fosse strano che il profumo della colazione giungesse sino alle mie stanze.
Il mio stomaco brontolava, abbastanza da spingermi ad aprire gli occhi del tutto e prepararmi a quella terrificante sorpresa.
Stavo per scendere dal letto, le lenzuola non mi erano mai sembrate così ruvide come quel mattino e stavo quasi per cantarne quattro a quell’idiota che avevo per dama di compagnia, quando una donna entrò furtiva nella mia camera.
Rimasi impietrita nel mio letto, mentre seguivo la sua sagoma scorrere a passo leggero verso le finestre.
“Come diamine ti permetti di entrare in camera mia senza bussare, per di più quante volte devo dirti che le tende vanno scostate solo se…” – non mi fece finire la frase che aveva già tirato via la tenda dalla finestra.
Freneticamente mi toccai il collo alla ricerca del mio ciondolo, che fortunatamente era ancora saldamente ancorato al mio corpo,
Quella strana donna mi guardò, mentre ero intenta a domandarmi dove diavolo fossi, quella non era di certo la mia stanza.
“Bel ciondolo Elena, regalo di Stefan? Hey ma che diavolo ti prende, non sei così nervosa di solito al risveglio”- farneticò mentre, raccogliendo la mia biancheria sporca, lasciava la mia stanza senza possibilità di replica.
Mi toccai il ciondolo completamente stranita da tutto quello che mi stava capitando in tempo reale.
Il mio stomaco continuava a brontolare, ma stranamente non era sangue quello che la mia fame stesse agognando in quel momento.
E poi come diavolo mi aveva chiamata? Elena?
Mi affacciai alla melensa finestra di quella camera insignificante e di certo quello che vidi fuori, non erano i giardini di casa Salvatore nel 1864.
“Che diamine succede…” – pensai a voce alta, mentre con le dita affusolate giocherellavo con il mio ciondolo.
Un’idea malsana cominciò a balenarmi nella mente, mentre ormai giunta davanti allo specchio notavo la perfetta corrispondenza della mia immagine riflessa, tranne che per un particolare, io non portavo mai i capelli lisci.
Toccai lo specchio con stupore e sconcerto.
Non vi era dubbio che quella persona che rimiravo nello specchio fossi io, i tratti somatici non mi ingannavano, eppure qualcosa di sicuro non andava.
Sganciai il ciondolo con immane coraggio e dopo averlo poggiato su quello strano scrittoio mi recai di nuovo alla finestra.
Chiusi gli occhi con terrore, nell’attesa di sentire la mia pelle bruciare, sarebbe stata la prova del nove che stessi facendo un sogno davvero troppo reale.
Ma non avvenne..la mia pelle rimase perfettamente intatta, mentre i miei sospetti prendevano atrocemente corpo.
Ero un’altra persona, perfettamente identica a me…ma pur sempre un’altra persona e a quanto sembrava il mio nuovo nome, non era più Katerina..ma Elena.

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Capitolo 4
*** Le regole di un vampiro. ***


*Non mi ero accorta fino a quel momento, di come fosse più intensa la luce che illuminava la stanza di quel pomposo salone.
Non era un caso che probabilmente la camera di Katherine fosse volutamente oscurata, di più rispetto ad una normale camera, come ulteriore precauzione per “un’allergia” al sole, contro la quale la bella vampira poco avrebbe potuto fare.
I momenti che seguirono  quel improvviso ragionamento furono devastanti per la mia già provata sanità mentale, dopo quell’ennesima follia che mi ero ritrovata a vivere.
Ripercorsi ogni passo, ogni movimento fatto da quando sconvolta e terrorizzata dall’aver capito che mi ero destata dal sonno in un altro corpo, ero giunta fino alla sala da pranzo in compagnia dei Salvatore al completo.
Nemmeno un raggio di sole aveva colpito la mia ora diafana pelle e sebbene sapessi che Katherine aveva l’ausilio del suo prezioso ciondolo per camminare alla luce del sole, non mi meravigliai che la furba vampira di casa Salvatore, avesse reso il percorso ancora più sicuro.
Tutto ruotava attorno a quella donna, tutto in quella casa e negli atteggiamenti delle persone ch avevo incontrato, mi lasciava presagire che Katherine fosse la vera padrona li dentro.
Ma le brutte notizie non erano finite e la più sconvolgente verità stava per mostrarsi al mio sapere.
Le grandi vetrate della sala, erano coperte da tende di scura tonalità e spessa consistenza del tessuto.
Sebbene la luce filtrasse copiosa ad illuminare la stanza, i raggi ne erano affievoliti per intensità e raggio di azione.
La parte del tavolo alla mia destra però, beneficiava della presenza di un ampio scorcio di luce, là dove sedeva pacifico, il cestino del pane.
Avrei potuto chiedere a Stefan o a Damon  di passarmelo, ma ero così imbarazzata e terrorizzata, da decidere di prendermi da sola il cibo che, nonostante la fame che sentivo, non appagava la mia voglia.
Nell’esatto momento in cui allungai la mano verso la zona illuminata del tavolo, questa venne trafitta da una dolora scarica di bruciore.
Avrei giurato che la pelle avesse per un momento mutato aspetto, come marchiata a fuoco da ferro incandescente.
Mi sembrò persino di scorgere del fumo, ma non indugiai oltre in quella posizione e tirai via la mano.
Probabilmente Damon si era accorto della faccenda e solo allora mi venne in mente che lui, aveva saputo sin dall’inizio della vera identità di Katerina Petrova.
Ero nel corpo di Katherine…e questo significava solo una cosa..ero vampira ed ero in grossi, grossissimi guai.
“Katherine si sente bene?” – una voce irruppe nei miei pensieri, era Giuseppe Salvatore.
“Si…si.. dovete scusarmi..ho dei capogiri e non vorrei dover ricorrere ad un medico per cui forse è il caso che io mi ritiri nelle mie stanze”- dissi cercando di svignarmela immediatamente.
“Non avete fatto in tempo a rispondere ad una domanda che volevo porvi, ma certo, vada a riposare Miss Pierce, la salute prima di ogni cosa..”- continuò Giuseppe sotto lo sguardo contrito di entrambi i Salvatore.
“Vi accompagno io Miss Pierce”- cantilenarono quasi in coppia Damon e Stefan.
Come erano diversi e nello stesso tempo quelli di sempre nel loro aspetto esteriore.
Gli abiti d’epoca li rendevano buffi, ma la bellezza di entrambi era rimasta intatta nel tempo .
Mi alzai con immane attenzione, evitando le zone ben illuminate della sala, ora che avevo capito di esser giunta sana e salva  a colazione, solo per fortuna e puro caso.
Mi congedai con compostezza, facendo un lieve inchino nella direzione di tutti i presenti e qualche istante dopo ero al sicuro in camera di Katherine.
Notai che le mura della camera, proteggevano alcune zone, compresa quella del letto, dai raggi del sole più accesi, ulteriore precauzione insieme ad un ciondolo che permetteva alla vampira di scorazzare indisturbata per Mystic Falls.
Ma perché io non avevo il suo ciondolo? Come era possibile che la collana si fosse smaterializzata di colpo nel passato?
A quelle domande non avevo risposta alcuna, così come non ne avevo sulla mia presenza nel 1864.
Pensai di ricontrollare se fosse davvero il ciondolo alla verbena, quello che avevo riposto nello scrittoio di Katherine.
Adesso, consapevole di essere una vampira ad ogni effetto, nell’attimo esatto in cui pensai di raggiungere lo scrittoio, temendo di bruciarmi, anche se impossibile, lo scrittoio giaceva in una zona d’ombra, feci uno scatto sovrumano e in un nano secondo fui davanti allo specchio.
“Oh mio Dio…è tutto vero…”-cantilenai con voce attonita, mentre le mie mani ormai avevano con se l’inconfutabile prova che il ciondolo di Stefan mi avesse seguita nel passato.
Dovevo trovare un modo per camminare al sole o le cose si sarebbero messe male per me…anche troppo.
Stavo per uscire nuovamente dalla camera quando udii bussare alla porta.
Pensai che si trattasse della mia dama di compagnia e mi affrettai ad essere sgarbata quanto bastasse a sembrare Katherine.
“Vi ho detto di non disturbare, sto poco bene, mi lasci in pace”- dissi quasi sull’orlo di un esaurimento nervoso.
Ma i problemi non erano che al loro inizio e ne fui ormai certa, quando udii le parole della persona al di là della porta.
“Katherine sono io…Damon, fatemi entrare. Ho notato la vostra difficoltà a tavola, a me non siete costretta a mentire…vi prego.” – incalzò Damon alla porta.
Poggiai la mano sul pomello e mi apprestai ad aprire, la mia recita stava davvero per iniziare.

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Capitolo 5
*** Le cose cambiano ***


Il destino beffardo giocava al gatto e al topo con la sottoscritta, non avevo ormai alcun dubbio.
Mi ero destata dal sonno notturno nel corpo di una certa Elena, umana e dannatamente uguale a me nelle sue fisiche fattezze.
Come se la cosa non fosse già di per se assurda e priva di qualsiasi logico fondamento, non avevo più bisogno del ciondolo per camminare alla luce del sole..ero umana esattamente quanto lei!
Mi presi qualche secondo per metabolizzare l’accaduto e fare in modo di non uscire pazza nei successivi minuti di quella assurda giornata.
Pensai a cosa diavolo avessi fatto la sera precedente, ma non mi sembrò di aver chiesto ad Emily Bennett qualche sorta di incantesimo, tale per cui oggi ne stessi pagando i “danni collaterali”.
Ma se io non ero la fonte di quel sortilegio, allora la causa del mio atroce vagare in una Mystic Falls avanti negli anni, risiedeva in quell’epoca che io non avevo mai neppure immaginato.
Mi ritrovai  a camminare tra i corridoi di quella casetta provinciale, che nulla aveva in comune con la reggia dei Salvatore.
Mobili di cattivo gusto e uno strano odore nell’aria, che però faceva brontolare il mio stomaco come non mi accadeva dai tempi in cui, non perseguitata da quel pazzo di Niklaus, mi dilettavo a rimanere umana ed in carne ed ossa.
Puntai le scale che portavano al piano di sotto, cercando di capire se qualcuno dei vampiri che un tempo conoscevo di queste zone, abitasse ancora la mia amata Mistyc Falls, ammesso che mi trovassi ancora li.
Improvvisamente, un damerino pelle ossa mi strattonò, facendomi sbattere contro la parete.
Rideva come un idiota e mi guardava come se fosse stato l’autore di un gesto eroico di portata mondiale.
Presa dalle mie solite vecchie e buone maniere, mi avventai su di lui, arricciando il naso, facendo mutare consistenza alla pelle del mio viso.
Un ringhio cupo, almeno così me lo sarei aspettato, uscì dalle mie ora umane viscere , scagliandomi su quel damerino.
Quando però udii la sua risata e non urla di dolore, mi accorsi che il suo collo era pregno di saliva, non di sangue e dall’immagine riflessa nello specchio del corridoio, mi accorsi di avere l’espressione di un animale in fase di indigestione.
A quel punto l’idiota parlò*
 “Elena, ti stai facendo prendere troppo la mano da quella vampira, stamattina addirittura sembri più matta del solito..”- cantilenò mentre mi superava per scendere le scale prima di me.
Inarcai un sopracciglio e sentii la donna chiamarlo dal piano di sotto.
“Jeremy, Elena, la colazione è pronta!!”- cinguettò con quella melensa voce la maleducata di qualche istante prima.
Quel ragazzo, che ora avevo scoperto si chiamasse Jeremy, si voltò verso di me e mi disse con voce da perfetto idiota “Andiamo “Katherine” procacciamoci il cibo”.
Ebbi un sussulto, mi aveva riconosciuta, come diavolo sapevano della mia esistenza in Dio solo sapeva quale epoca?
Mi affrettai a mettere una mano sulla sua spalla e lo fermai.
“Come fai a conoscermi? Parla, adesso!” –sbottai in tono minaccioso.
Jeremy mi guardò con occhi a metà strada tra il divertito e l’incredulo.
Mi rivolse un sorriso sarcastico e disse, “ Elena, tu mi stai seriamente preoccupando”.
Qualche secondo dopo ero a colazione con quei bambocci, cercando di captare qualche indizio che potesse tirarmi fuori da quella situazione.
Eppure nemmeno Jeremy che pochi secondi fa mi aveva chiamata Katherine, sembrava accennare al discorso “Vampiri”.
Mentre mi riscoprivo affamata e alla prese con una fetta di pane con la marmellata, Jenna, così si chiamava quella fastidiosa umana,  interruppe la mia colazione.
“Hai dimenticato il telefono di sotto ieri,  stamattina ha chiamato..” – stava per terminare la frase quando suonarono al campanello.
“Deve essere proprio lui, va tu ad aprire Elena, io tolgo questi piatti e scappo a lavoro”- mi ordinò con voce tranquilla.
Mi alzai, un po’ incredula, avviandomi verso la porta.
Misi la mano sul pomello e quando aprii la grossa porta di legno, rimasi di sasso.
Avevo davanti agli occhi Stefan Salvatore.
 

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Capitolo 6
*** La storia si ripete ***


Quegli attimi prima di aprire la porta della stanza di Katherine furono interminabili.
Nella mia mente si affollavano scorci di improbabili piani di fuga, nella speranza di trovare quello adatto alla situazione alquanto compromessa.
Ero completamente immersa nella vita e nel corpo di Katherine e al di là di quella porta sottile, Damon Salvatore mi stava offrendo il suo aiuto.
Valutai l’ipotesi di raccontar lui l’intera verità dei fatti, ma quel’intento si dissolse immediatamente.
Come avrei potuto spiegare ad un Damon umano e assolutamente ignaro del futuro che lo attendeva, che esattamente centocinquanta anni dopo avrebbe avuto a che fare con la sosia della donna che amava?
E come potevo rivelare a quell’uomo che mi offriva in modo incondizionato il suo aiuto, che quella stessa donna lo avrebbe solo fatto soffrire?
Ad ogni modo i suoi colpi sulla porta divennero insistenti e nel disperato tentativo di evitare che l’attenzione si focalizzasse su di noi, aprii mio malgrado.
Damon non perse tempo e precipitandosi all’interno della camera, si guardò intorno, scrutando i corridoi e accertandosi che nessuno della servitù o della sua stessa famiglia, lo avesse seguito fin da me.
“Non tenetemi ancora sulle spine Miss Pierce, non tratterò a lungo mio fratello dal venirvi a cercare”- incalzò una volta entrato, mantenendo però un tono di voce tendente ad un sibilo.
Si avvicino a me, cingendomi i fianchi e guardandomi negli occhi in modo decisamente inequivocabile.
Possibile che Katherine concedesse ad un umano come Damon, il lusso di avere incontri così ravvicinati?
Evidentemente erano ad uno stato così avanzato del loro rapporto da permettergli di toccarla e fare Dio sa solo cos’altro.
Deglutii, pensando che se dovevo calarmi a pieno nella parte, non potevo fare la schizzinosa rifiutando quelle attenzioni, ribadendo il mio amore per suo fratello Stefan e ponendo dei paletti nel nostro rapporto.
In poche parole non dovevo essere Elena Gilbert.
A quel punto, spinta dall’incalzante sguardo di Damon, il fascino dei suoi occhi color ghiaccio era assolutamente rimasto intatto nel tempo, parlai con voce tremula.
“Damon io non voglio mettervi nei guai con vostro padre quindi ve ne prego, lasciate la mia stanza e non abbiate timore, risolverò da sola la questione”- dissi risoluta e speranzosa che le mie parole lo placassero.
Ma ovviamente quel suo temperamento testardo era radicato nel Damon del 1864 il quale, non volle minimamente accennare a cedere.
Si staccò da me, quel poco che  bastava a farmi riprendere fiato e continuò a premere con le sue domande.
“Andiamo Katherine io vi conosco e so che qualcosa non va…Non chiedetemi di starne fuori, sapete bene che non ne sarei capace”- cantilenò con occhi totalmente persi nei miei.
Era assurdo quanto dell’attuale Damon scorgessi negli occhi dell’uomo fatto di carne ed ossa davanti a me.
“Vi siete bruciata al sole Miss Pierce, me ne sono accorto e come me anche Stefan.
“Perché non portate la vostra solita collana? “- continuò lui, ora nuovamente vicino a me.
Balbettai, cercando di accampare una spiegazione plausibile e alla mente mi sovvennero tanti ricordi di una vita che ora mi sembrava lontana anni luce.
“Io..io credo di averla persa, ieri durante il mio solito giro in città….” – sperai che Katherine fosse solita fare un “solito giro in città” o sarei stata in guai seri.
La mia scusa sembrò plausibile e Damon, si avvicinò a me, stavolta riuscendo quasi a sentire il suo fiato sulle mie labbra.
Ricordai di quando venne nella mia stanza, dopo aver scoperto a malincuore che la donna che aveva baciato sul portico di casa mia non fossi io ma Katherine, per dirmi che mi amava e che sapeva che stessi mentendo a Stefan e a me stessa sui miei sentimenti per lui.
Poi Jeremy, la reazione spropositata di Damon al mio rifiuto e la nostra amicizia che sveniva sotto il mio orgoglio e il mio rancore.
“Troveremo il modo di farvi camminare nuovamente al sole Katherine…adesso devo andare”.
“Stanotte, solito ritrovo, fate in modo di non essere seguita”- sentenziò mentre le sue labbra, pericolosamente, erano quasi a contatto con le mie,interrompendo quei pensieri e quei ricordi.
Non potevo contraccambiare quel bacio , non amavo Damon e non volevo tradire Stefan nemmeno nel 1864.
Eppure dovevo mantenere la parte della vampira sanguinaria fino in fondo o la mia copertura sarebbe saltata in un battito di ciglia.
Sentii le mani di Damon, sfiorarmi il collo sensualmente, mentre il mio corpo veniva percosso da spasmi di immotivato desiderio.
Solo allora ricordai di quanto amplificate fossero le emozioni dei vampiri ed io adesso, ero una di loro a tutti gli effetti.
Non davano libretto di istruzioni per vivere nel corpo di una ultra centenaria e sadica vampira e questo era un grosso punto a mio sfavore in quella situazione assurda.
Inarcai il collo, socchiudendo gli occhi.. “Che diavolo fai Elena” , pensai tra me e me, mentre mi riscoprivo desiderosa di avere quei contatti in modo più marcato e diretto.
Quello di cui non mi stavo accorgendo era che il mio volto aveva cambiato espressione, i miei occhi si erano fatti intrisi di un rosso sanguigno e le mie guancie, perfette e lisce, avevano lasciato spazio a delle mascelle serrate e a dei denti affilati.
“Katherine…”- quasi implorò Damon mentre ormai sentivo il controllo abbandonare la mia mente.
A quel punto Katherine ebbe il sopravvento su Elena e in un raptus di sete cocente, mi ritrovai a succhiare il sangue dal suo collo in modo avido e senza controllo.
Lasciai che i primi fiotti di quel delizioso sangue, spegnessero l’ardore della mia prorompente sete.
Ero rapita da un vortice di emozioni, un turbinio di sensazioni contrastanti, mentre il sapore della pelle di Damon, si mescolava a quello del suo liquido ematico.
Pian piano però, mi resi conto che il corpo che avevo tra le braccia, stava esaurendo la sua energia vitale, nel disperato tentativo di dimenarsi per sottrarsi alla mia presa.
Ringhiai, facendo un balzo inumano all’indietro, verso la parete.
Una zona di luce tradì il mio corpo il quale cominciò a bruciare violentemente. Gli occhi di Damon erano terrorizzati e puntati su di me che, in un gesto disperato avanzai verso l’ombra della camera.
“Che cosa vi succede Katherine?”- riuscì a sibilare Damon, quasi privo di forze.
Non potevo sopportare più quella situazione, la mia mente sebbene ora fosse più elevata ed infallibile rispetto a quella umana, era fortemente provata da tutto quello che mi stava accadendo.
“Andate via, via!!!”- urlai quasi con le lacrime agli occhi.
Tentò di obiettare ma fui repentina nel zittirlo.
“Katherine vi amo…”- mi confessò o forse non era la prima volta che lo diceva alla vampira, questo io non potevo saperlo.
“Buona notte Damon”- seppi solo dire mentre con passi lenti abbandonava la mia stanza, annuendo alle mie parole e voltandosi un’ultima volta prima di sparire dietro la porta.
La storia si ripeteva sempre, sembrava che fossi destinata a ferire Damon in ogni caso, in ogni circostanza, poco importava che fossimo nel 1864.

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