The border between black and white

di Joelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prologo - Sul Confine ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 - Il Verdetto ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 - L'Addio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 - Cappuccetto Rosso e il Cacciatore ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione

Il Bianco è il niente del tutto, un infinito senza passato e senza futuro.
Il Bianco è la pace del caos, la purezza del peccato.
È un'indifferenza immortale.

 

Il Nero è l'immaginazione, che offusca e inghiotte la realtà.
Il Nero è passione impura, è l'ignoto che abbaglia la certezza.
È un sentimento mortale.

 

Il Bianco e il Nero sono sempre stati considerati nemici, perchè per una volta non potrebbero essere anime gemelle?
Il Nero non dovrà più nascondersi dietro la luce del bianco, durante il giorno, e il Bianco non dovrà mai più temere il buio della notte.


Il Bianco contiene il vuoto.
Il Nero racchiude il bianco: il tutto.

 

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Capitolo 2
*** Prologo - Sul Confine ***


Prologo
Sul Confine





Camminavo tranquilla lungo questo confine, senza curarmi dell'infrazione che stavo commettendo; una leggera nebbia mattutina ricopriva l'orizzonte, lasciando intravedere solo i pochi raggi del Sole, che riscaldavano il freddo di questo inverno. Nessun albero danzava con il vento, e nessun ruscello cantava l'inno del suo popolo: era come se tutta la natura si fosse addormentata, nell'istante in cui il freddo aveva fatto la sua entrata in scena, rovinando lo spettacolo a tutti gli spettatori.
Notai, con estrema curiosità, una formica che cercava di arrampicarsi invano lungo la muraglia: era così testarda, che avrebbe sprecato anche tutta la vita per riuscire nel suo intento. D'altronde lei non poteva rendersi conto del grande passo che voleva fare, ma io ne ero consapevole, e per questo mi faceva una tale pena, che avrei tanto voluto prenderla con me, magari anche come guida nella mia avventura: l'avrei, di certo, trattata con estrema delicatezza come se fosse una regina di carta, come una piccola statuetta di cristallo che raffigurava una colomba in volo; perchè lei era quello, o almeno anche lei, come me, voleva poter esser libera dai dolori che rovinavano la vita.
Era buffo come ogni singola creatura di questo mondo avesse qualcosa per cui lottare, anzi per cui vivere; anche il lavoro di una sola formica contribuiva all'equilibrio della natura, come pure il sistema riproduttivo di una cellula.
Ognuno era destinato ad avere uno specifico obbiettivo nella vita: ma chi, come me, non riusciva ad accettarlo, oppure nel poco arco di tempo non riusciva a trovarlo, di che cosa poteva andar fiero e orgoglioso di se stesso?

Risvegliandomi dai miei pensieri, mi concentrai sulla missione che dovevo compiere, sicura di non aver altra scelta. Guardandomi intorno, rimasi stupita dallo scenario che trovai di fronte a me.

Dall'altezza di questo muro potevo ben contemplare l'immensità della pianura circostante, ormai quasi completamente rasa al suolo, che impotente piangeva i suoi caduti: ma perchè continuano a farsi guerra tra loro? – mi chiedevo spesso – perchè hanno voluto innalzare questa muraglia che li avrebbe divisi per sempre? Perchè siamo giunti ad odiarci?

Per le strade ormai non c'erano più bambini che giocavano, o che rincorrevano divertiti i piccioni mezzi zoppi; d'altronde, come accade nei periodi di guerra, tutti erano rintanati nelle loro case, aspettando con ansia la fine del conflitto. Sembrava di vivere nel deserto del Sahara, dove solo il vento e qualche scorpione dominavano su tutto l'ambiente: l'aria era pregna di grida e pianti, la terra bagnata da lacrime e sangue, la natura martoriata da morti e distruzioni, mentre io, in piedi su questo muro, morivo dal dolore di non poterlo più vedere.

“Signorina White, scenda immediatamente da quel muro!” urlò una guardia dall'armatura nera da una parte.

“Brutta canaglia! Torna al tuo posto!” sbraitò un milite dalla corazza bianca dall'altra.

Odio e amore, quale delle due parti dovrà prevalere? Quale quella forza che dovrà dominare il mondo, annientando l'altra? – pensai tra me e me – ma al diavolo tutto! Se veramente gli opposti si attraggono, oggi sarà il mio giorno fortunato.

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 - Il Verdetto ***


Capitolo 1
Il Verdetto


Era una fredda – e maledetta! – serata d'inverno, quando per la prima volta Lo incontrai.
Un'altra settimana era passata, e il popolo si preparava a “L'Addio”, una sagra celebrata ogni anno prima dell'arrivo della primavera, nella piazzia principale del paese, in cui tutti, grandi e piccini, si affidavano a Dio per esser condotti sulla via della felicità: al centro un fuoco ardeva come la passione che pervade i cuori dei lussuriosi; ballate e canti rallegravano i volti dei bambini che si dipingevano di un sorriso luminoso; anche la stessa cittadina partecipava divertiva ai giochi di colore che si creavano nel buio della notte. Mentre si dilettavano in danze improvvisate, tutti aspettavano intorno al falò l'inizio della festa.
L'unica persona però che se ne stava in disparte ero io, annoiata e quasi scocciata da quella grande gioia che non mi apparteneva: dall'alto del mio scanno, scomodo e ormai logorato dagli anni, troneggiavo come se fossi la Regina di Cuori, che impassibile decretava la morte di ogni singola stella. Quella sera la stella più lucente era Lui, che gironzolava tranquillo per il paese: era il classico ragazzo bello ed impossibile, con un fisico palestrato da nuotatore incallito ed un sorriso smagliante che faceva invidia persino agli angeli, consapevole del fatto che ogni ragazza impazziva per lui, eccetto me.
Conosciuto anche con l'appellativo “Il Casanova”, il suo sguardo magnetico – secondo i racconti mitici delle mie compaesane – come un fulmine a ciel sereno, incantava ogni donzella che impotente cadeva ai suoi piedi. Si narrava inoltre che molte facessero la fila sotto casa sua ogni giorno, anche solo per osservarlo da lontano e che non uscisse senza quel suo gruppetto di “fan” che, ammaliate dal suo “fascino”, lo pedinavano. Che scemenza! Perchè sprecare così tanto tempo dietro ad un completo idiota come lui?!
Chiunque in questo stupido borgo lo ammirava e lo amava, lodandolo come se fosse il sommo dio sceso sulla Terra per metter fine alle nostre sofferenze. Che rabbia mi faceva, e quanto odio avrei riversato su quel viso angelico, se solo ne avessi avuto l'opportunità!

La festa stava per iniziare e si avvicinava anche il momento di aprire le danze: infatti vigeva l'obbligo che solo gli esponenti delle due casate, che in quel periodo soggiornavano nel paese, potessero dare inizio ai balli popolari per mezzo di un sorteggio: quella dei Blackenwoud, che possedeva i territori dell'Est e trovava il suo successore in Black, e quella dei Whitenstorm, che possedeva la parte Ovest e di cui ero l'erede.
Era risaputo che, fin dai tempi dei tempi, le due dinastie gareggiassero per assicurarsi la fama e la stima del popolo. Secondo alcune leggende, si misuravano addirittura per il titolo di “Il cavaliere senza cuore”, che veniva attribuito all'uomo in grado di cavare con una sola freccia la pupilla di un orso. Che crudeltà!, penserete voi, ma dovete sapere che, in quei tempi, quello era il passatempo più gettonato tra i nobili, e adesso fortunatamente è stato sostituito dalla caccia alla volpe.
Dalla parte opposta della piazza sedeva Black con quell'aria arrogante e quel suo atteggiamento da sbruffone, era intento in ben altre faccende anziché assistere all'estrazione dei due nomi, una delle quali era quella di autografare una dozzina di vestiti delle sue varie spasimanti.

“Signori e signore, madame e messier, il momento decisivo è arrivato: quest'anno chi sarà il fortunato?” gridò un giovane giullare da un palcoscenico decadente che si sosteneva per miracolo.

Tutti gli occhi erano rivolti verso il foglio che teneva in mano, mentre io giocherellavo distratta con una ciocca di capelli rosso mogano: voleva tirarla ancora per le lunghe quel gongolate giullare?

“Chi rappresenterà la casata dei Blackenwoud?” chiese alla gente.

“Black! Black! Black!” la folla lo acclamava, e questo mi irritava ancor di più.

“La voce del popolo ha parlato, e la fortuna ha scelto: ebbene sì, in questa sera si esibirà per noi “Il Casanova!” sentenziò soddisfatto.

Un'applauso di consenso si diffuse per tutta la piazzia, alzandosi sino al cielo, e le urla delle sue fan lo accompagnavano mentre saliva sul palco.

“E adesso tocca alla famiglia dei Whitenstorm! Chi sarà la sua compagna di ballo?”.

A quella domanda rispose solo il silenzio, qualche viso che sbadigliava e un grillo lontano che cantava: era evidente ormai quanto questi abitanti ci odiassero, e la colpa era solo di Lucifero, come osavano spesso chiamarmi. Ma questa è un'altra storia!

“La sorte ha deciso: il verdetto è.. White!”

A quel punto tutti ammutolirono, giusto per sentire la mia voce inorridita urlare: “C-che cosa?”

Allora il mondo mi crollò addosso.


Paradiso di Joelle
Ai miei lettori (se ce ne sono)
sareste curiosi di vedere come potrebbero
essere i due protagonisti di questa storia?
Fatemi sapere che cosa ne pensate.
A presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 - L'Addio ***


Capitolo due 
L'Addio

“Su amore, tocca a te adesso: sorridi e sii composta, cammina a testa alta e non esser goffa” mi consigliò mia madre con un sorriso finto e angoscioso. Cercava inutilmente di rassicurarmi, ma il suo sguardo diceva fin troppo: era imbarazzata, imbarazzata di aver avuto una figlia come me, e non uno come quel maledetto Black che tutti veneravano.

“Ti prego, per l'amor del cielo, non farmi fare brutte figure” mi raccomandò prima di darmi un bacio sulla fronte: non era da lei, ma nessuno lo sapeva. Tutti credevano, infatti, che fosse una madre premurosa e gentile, dall'infinita pazienza e bontà, con una sola pecca però: sua figlia, una scalmanata ed irrispettosa bambina, che già all'età di 4 anni aveva portato scompiglio fra la popolazione. Da qui la mia fama di Lucifero: che coraggio paragonare un timoroso ed indifeso fantasma al Diavolo in persona, vero?
E che sciocca sono stata! Mi ero illusa di poter piacere almeno a mia madre, ma anche lei, come tutti gli altri, mi vedeva solo come un'intrusa, una persona scomoda e bugiarda, indegna del suo amore.

Uno scroscio di risolini e commenti mi accompagnò fin quando non giunsi al fianco di Black, che mi aspettava a braccia aperte, nel vero senso della parola: cercai di stargli il più lontano possibile, per quel che mi era concesso, ignorando i pettegolezzi che già circolavano per l'aria. Non so bene se si accorse del disgusto che la sua vicinanza provocava, o dei brividi che mi salivano lungo la schiena, ma di una cosa ne ero certa, quel che fece dopo fu solo frutto di una stupida ripicca!
La sua mano prese la mia, volgendomi verso di lui, mentre l'altra si appoggiò sul fianco, facendo svolazzare il vestito dalle grandi falde color beige rosato: in un batter d'ali di farfalla, mi ritrovai tra le sue braccia, viso contro viso, occhi negli occhi.
Di colpo tutto tacque, e il tempo sembrò fermarsi: rimasi a guardarlo per un istante che parve eterno, perdendomi nell'immensità di quel cielo, che mi fece volare verso il mare impetuoso.
A destarmi da quella pace, fu solo il sorriso radioso e beffardo che solcò il suo volto:

“Dolcezza, non cadermi così in basso..” mormorò al mio orecchio.

“Allontanati da me!” gli intimai a gran voce, ritornando in me stessa e sciogliendo quell'abbraccio perfetto.

“Calma, piccolo Lucifero, il bello deve ancora arrivare” concluse in un sussurro.

“Oh-oh-oh, l'aria si è riscaldata amici miei. E allora, che siano aperte le danze!” proclamò il giullare pieno di sé.

Black mi porse gentilmente il suo braccio, ed io a malincuore dovetti accettare l'invito, trattenendomi dallo sputargli in faccia. Mentre ci avvicinavamo al centro della piazza, una dozzina di sguardi si soffermarono su di me, lanciandomi occhiate sdegnate, che mi facevano venire la pelle d'oca. Quando giungemmo al punto stabilito, una musica iniziò a risuonare in sottofondo, per poi alzarsi esplodendo dalla gioia.

“Pronta, mia dama?” mi domandò strafottente.

“Stai zitto, e balla!” risposi seccata, iniziando a muovermi con quell'eleganza che mi mancava.

“Come desidera” e si avvicinò a me, stringendomi in una morsa di passione.

Danzammo assieme per un po' di tempo: l'insicurezza, causata dalla mia goffaggine, man mano mi abbandonava, e un passo dopo l'altro mi sentivo sempre più sicura; seguendo ogni sua mossa, riuscii persino ad andare a tempo con la musica, e in un certo senso a divertirmi.
Mai giudicare un libro dalla copertina, mi ripeteva sempre mia madre, e per una buona volta aveva ragione, o forse avevo parlato troppo presto? A quel pensiero rabbrividii, e lui se ne accorse.

“Hai freddo, bambola? Se vuoi ti riscaldo io..” bisbigliò, mordendomi un orecchio.

Sbalordita dal suo gesto, gli pestai un piede, continuando a ballare come se nulla fosse successo.

“Ahi-ahi-ahi, ho trovato il tuo punto debole, mia cara” ammise, tirandomi a sé.

“Meglio che finisca qua, Black, se non vuoi fare una brutta fine..” gli raccomandai, ma lui non era intenzionato a mollare. Poco dopo, infatti, ebbe il coraggio di stuzzicarmi un orecchio con la sua lingua, e a quel punto non ci vidi più: noncurante dello scandalo che avrei provocato, gli mollai un destro in pieno viso, concentrando tutta la mia rabbia in quel pugno.

“Per caso stasera hai deciso di buscarle da me?” urlai sovrastando la musica.

Le coppie che danzavano vicino a noi, si fermarono allarmate: molto probabilmente si chiesero se il loro Dio si fosse fatto male.

“Vedete com'è arzillo” osservai, rivolgendomi a loro, mentre indicavo Black. Tutti erano sconcertati dal mio comportamento, ed io ne andavo fiera.

“Ma andate al diavolo!” conclusi infine, piantandolo nel bel mezzo della festa.

***

La serata si concluse relativamente in fretta, anche perchè riuscii con facilità a sgattaiolare via, senza che nessuno si accorgesse della mia assenza.
Tuttavia non notai che una persona, tra tutta quella gran confusione, mi tenne d'occhio durante la mia disperata fuga: Black!

Quello non fu altro che l'inizio della fine.
 

Paradiso di Joelle
Ai miei presunti lettori,
alla fine ho deciso di testa mia, 
quindi spero che non vi dispiaccia.
Mi auguro che sia stata una buona lettura,
altrimenti non mangiatemi.
Per adesso è tutto!

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 - Cappuccetto Rosso e il Cacciatore ***


                                                                                              Capitolo 3
                                                                             Cappuccetto Rosso e il Cacciatore






Non dovevo smettere di correre, altrimenti lui mi avrebbe preso e non sarei più riuscita a scappare: i suoi occhi azzurro ghiaccio mi avrebbero incatenata al suo sguardo, al quale non avrei potuto sottrarmi, mentre la sua salda presa avrebbe consacrato la nostra unione; e questo era proprio quello che non volevo.

“Dove fuggi, Lucifero? Lo sai anche tu che sono più veloce di te. Così ritardi solo la tua fine!” mi fece notare Black.

“I-io non.. non mi.. arrendo” risposi con fiato corto e affannoso. 

Sentii martellare nella testa il cuore che mi batteva all'impazzata; a causa della grande corsa, ero tutta accaldata, e piccole gocce di sudore imperlavano il viso, mentre i miei capelli cadevano appiccicosi sulla fronte.
Per quanto ancora devo fuggire da lui? Non ce la faccio più, pensai tra me e me. Un dolore accecante mi prese tutto il corpo, facendomi irrigidire. La milza chiedeva pietà, ma non potevo fermarmi, non mi potevo abbandonare al calore accogliente delle sue braccia. La vista si appannò e le gambe si fecero pesanti, come se al posto dei piedi avessi avuto due blocchi di piombo. Mi precipitai verso le scale che portavano alla mia camera, tranquilla che lì sarei stata al sicuro, ma nella furia inciamp
ai, slogandomi una caviglia: la rabbia di esser così debole e la paura di poter esser catturata esplosero in un pianto disperato, che inghiottì il silenzio di quella grande reggia.

In lontanza sentii i passi del Cacciatore avvicinarsi, lo scricchiolio del parquet piegarsi sotto il suo peso e il rimbombo dei miei singhiozzi che picchiava le pareti: l'ansia si impossessò di me, mentre un freddo pungente penetrava nelle mie ossa.

Una risata.

Questa è musica per le mie orecchie; un suono così dolce e sensuale può provenire da una boccaccia come quella? – mi domandai, terribilmente gelosa della sua bellezza.

Un'altra risata, più sarcastica e diabolica di prima.

Allora si diverte a farsi beffe di me!? Che gusto perverso ci trova? – osservai sconcertata – Che ragazzo ignobile!

“Eccomi qua, Cappuccetto Rosso, mi aspettavi?” esclamò subito dopo aver voltato l'angolo “Che bimba frign..” e si immobilizzò. Il suo sguardo assunse un'espressione preoccupata, quasi fosse addolorato per la mia caduta: corse velocemente su per le scale, e in un batter di ciglio si trovò di fronte a me.

“Ma che ti sei fatta? Fammi vedere..” e mi prese la caviglia per assicurarsi che non fosse nulla di grave.

“Ahi!” esclamai, mentre mi allontanavo da lui.

“Che ti prende?” sbottò Black confuso.

“Non mi toccare!” risposi tra le lacrime, rifiutando la mano che mi aveva offerto per aiutarmi a salire. “Sei un essere spregevole! Come fai a divertirti, quando io mi sono fatta male?”

“Ma che stai dicendo?! Io non mi permetterei mai..”

Mi faceva male la testa, e non avevo voglia di discutere, tanto meno con lui: con il viso rigato dalle lacrime ed un piede che pulsava, cercai invano di fare gli ultimi scalini, questa volta più lentamente. Vedendomi in difficoltà, Black mi porse il suo braccio come sostegno, ma io lo ignorai e continuai per la mia strada. Restammo in silenzio fino davanti alla porta della mia stanza.

“Vuoi che ti aiuti ad entrare?” mi propose lui, rompendo il disagio che si era creato.

Non lo ascoltai, e mentre stavo per aprire, la sua mano mi fermò.

“Che vuoi adesso? Non pensi di esserti divertito troppo oggi?!” domandai gelida. Fu allora che rimasi colpita dalla tristezza dei suoi occhi, dal rimorso e dalla vergogna di non esser riuscito a evitare l'inevitabile.

“I-io non.. non volevo f-farti soffrire” si scusò, balbettando leggermente, forse perchè preso dall'imbarazzo.

Lo scrutai per qualche istante, senza spiccare una sola parola. Era proprio buffo in quel momento: con i capelli scompigliati per la corsa e le guance rosse per lo sforzo, sembrava un'angioletto senza aureola. Lui continuò ad osservarmi, implorando perdono, ma nessun suono usciva dalla mia bocca, attorno a noi solo il silenzio. Le ampie pareti attutivano i nostri sospiri, mentre fuori la neve cadeva copiosa, comprendo l'intera pianura di un soffice manto bianco.

“Che grandi occhi che hai!” mormorai sotto voce, più a me che a lui.

“Per guardarti meglio..” rispose divertito.

Allora si fece più coraggio, e dopo un profondo respiro, proseguì:

“Mi dispiace che tu ti sia fatta male.. Se solo fossi stato più attento..” e si inginocchiò davanti ai miei piedi, come un fedele cavaliere davanti alla sua regina.

“Mi perdoni, White?” concluse speranzoso.

C-cosa?! Mi aveva chiamato per nome, o me lo ero immaginato o forse è la fine del mondo?! –pensai stupita dal suo gesto. Purtroppo non sono mai riuscita a tenergli il muso, e anche quella volta non riuscii a resistere a quei magici occhi, che risaltavano con il biondo miele dei suoi capelli.

“Alzati, sù! Non ti abbasserai mica a questi livelli, vero?” e lo abbracciai. “Perchè non entri?” gli domandai dopo.

“Come vuoi tu, Cappuccetto Rosso..”

                                                                          E in quel momento entrai nelle fauci del Cacciatore. 

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