Here without you.

di S o p h i e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo sapevi che i pianeti erano fatti di ceralacca? ***
Capitolo 2: *** Ti giuro che ti sposo. ***
Capitolo 3: *** Over the sky. ***
Capitolo 4: *** Che cosa succede all'anima quando si frantuma? ***
Capitolo 5: *** E chi lo dice che di amore non si muore? ***
Capitolo 6: *** Eve la Masochista ***
Capitolo 7: *** Nella tana del Bianconiglio ***



Capitolo 1
*** Lo sapevi che i pianeti erano fatti di ceralacca? ***


Lo sapevi che le stelle erano fatte di ceralacca?                                                                                          


                                                                                                                                         You could be my unintended 
Choice to live my life extended 
You could be the one I'll always love.
Unintended - Muse


Si diceva che nulla era impossibile se si lavorava in un circo. Non che Eve potesse esserne certa, dato che non era una circense, ma illudersi che fosse possibile non le dispiaceva affatto. Per questo passava intere giornate in compagnia di quel mondo. Sin da bambina, quando i genitori la portavano con entusiasmo, lei si emozionava, gli occhi iniziavano a brillare, e il suono della sua risata ricopriva l’intero universo.
Poi da quando quel luogo magico li aveva fatti incontrare, chi poteva più farne a meno. 
Si erano incontrati come si incontrano due comete di orbite opposte, c’è chi lo avrebbe chiamato incontro fortunato, chi, invece, destino.
“Lo sapevi che i pianeti erano fatti di ceralacca?”
Eve si era voltata,e scontrandosi con due intensi occhi cerulei, sorrise. “Non vorrei sbagliarmi, ma non era la luna, quella?” Gli aveva chiesto mostrandole una schiera di denti bianchi e perfetti.
Il ragazzo scosse la testa, “no, la luna è fatta di formaggio, i pianeti,invece, sono fatti di ceralacca.” 
Eve lo guardò. La pelle rifletteva i suoi sogni, le labbra i suoi desideri.
“Ti piacce lo zucchero filato?” gli aveva chiesto senza smettere mai di guardarlo.
“Si.”
Eve lo prese per mano, creando un meccanismo chimico sulla superficie della loro pelle. 
“Lo hai un nome astronauta?” Gli aveva chiesto mentre conficcava un dito nella sostanza rosa e appiccicosa.
Eve pensò di essersi persa e nel frattempo ricomparsa. Lui aveva gli occhi grandi, occhi che la perforavano da parte a parte.
“Robert.”
“Evelyn.”
Si presentarono con le mani sporche di dolci speranze, rimanendo appiccicati per tutto il resto della serata, e non solo a causa dello zucchero filato rimasto tra le loro dita.
Come il bastoncino dello zucchero filato, Eve aveva conservato ogni cosa dei loro incontri
Lui aveva un bel nome, anche se per Eve troppo lungo, così preferiva chiamarlo Rob.
Eve e Rob.
Rob e Eve.
Rob con la testa troppo in alto, sopra le nuvole, tra le galassie e le asteroidi.
Rob con i capelli arruffati e le mani al vento, mentre invocava la pioggia danzando come un pellerossa, anche se di rosso aveva poco e niente.
Rob con la bocca che profumava di nicotina, mentre sputava parole da acciuffare come farfalle.
Rob con indosso una vecchia camicia a quadri bianca e nera e nelle mani una sigaretta ormai consumata.
Rob con la testa ancora di un ventenne piena di sogni e di aspettative.
Rob che non aveva voglia di crescere, l’eterno bambino.
Rob che poteva ancora fare tardi il sabato sera, con la bocca che sapeva di Foster’s e Chesterfield.
Rob che quando vide Eve smise di cantare insieme al suo gruppi di amici. 
Rob che le si avvicinò con le mani che sudavano come un adolescente alle prime armi, porgendole un sorriso che non le avrebbe mai fatto pagare.
Rob che ancora credeva si trattasse di un gioco.
Rob che fece un provino.
Rob che venne preso in quel provino.
Rob che dovette volare in America.
Rob il grande attore.
Rob che senza mai rendersene conto una stella lo era sempre stato.
“Rob quando arriverai sul palco, con in mano una statuetta d’oro massiccio e le gambe molli come un moccioso, voglio che tutto ciò che dirai sarà solo il mio nome.”Rideva la dolce Eve, spensierata e felice per il suo innamorato.
Chi sa che fortuna, pensava, avere un fidanzato tra le stelle di Hollywood, con addosso sempre abiti firmati e nel cellulare il numero di Orlando Bloom.
Rob la guardò, perdendosi in tutta quella bellezza. Il corpo esile e bianco,come la panna montata, si nascondeva dietro la sua maglia taglia 44 dei Rolling Stone, che sapeva ancora di quel concerto visto insieme. Rob cercò di acciuffarla, ma lei sembrava un grillo saltellante. 
I capelli si muovevano a ritmo di una musica immaginaria e teneva il sorriso rivolto al sole.
Quando riuscì a prenderla, la strinse forte tra le sue braccia.
“Allora farò scena muta, perché non voglio condividere niente di te, con nessuno, mia piccola Eve. Neppure il tuo nome.”
Quello che accadde dopo quella dichiarazione rimase segreto tra le mura di quella piccola stanza. Però ancora oggi, a distanza di anni, le pareti profumano del loro amore.
Eve che era il sole e la pioggia.
Eve che era una bugia e una verità perfetta.
Eve che era tutto ciò che Rob desiderava di più nella vita.
Eve che quando incontrò Rob divenne la forza gravitazionale che lo manteneva in vita.
Eve che credeva fermamente nelle capacità del suo Rob.

Eve che in tutti quei mesi passati lontano da lui, non aveva mai creduto alle parole che le gettavano addosso. 
Eve che non leggeva i giornali.
Eve che odiava i saloni di manicure e le vecchiette alle fermate del bus.
Eve che lo aspettava.
Eve che sapeva di averlo perso per sempre.
Eve che come la cometa Biela fu vista rompersi in due pazzi, quando Rob non pronunciò più il suo nome.



Scritta di getto, con ancora la bocca che sa di fragole e coca cola.
Rob e Eve, due anime strappate. Una storia d'amore. Una storia straziante.
Un pò come chi l'ha scritta.
Vi chiedo scusa, non sarà nulla di chè, ma mi nasce dal cuore. Da dentro le viscere, forse un pò troppo lontana dalla realtà, ma mia.
Questa storia parla del mio Rob. Si, qui sarà il mio. Dove fuori non potrà mai esserlo.
Sophie.

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Capitolo 2
*** Ti giuro che ti sposo. ***


                                                                                                                                 


I'm here without you baby,
but you're still with me in my dreams,
and tonight it's only you and me.
Here without you - 3 Doors Down

Le promesse Rob le aveva sempre odiate. Sapeva che era difficile mantenerle, sapeva che non era bravo poi a farsi perdonare. Certo, tutto questo prima di incontrare Eve.
Eve che era una promessa fatta tra le stelle.
Eve che il modo di farsi perdonare di Rob l’aveva sempre adorato.
Si erano conosciuti sotto un cielo che profumava d’ illusioni, ma troppo presi l’uno dall’altra per accorgersi di ciò che avrebbe prodotto quella loro fretta di amarsi.
Loro erano sempre stati così spregiudicati, che quando furono costretti a dirsi addio si accorsero di quanto fosse stato caro il loro affronto.
Robert lo sapeva bene.
“Niente sesso prima del matrimonio, non te l’hanno mai detto?” Gli aveva sussurrato all’orecchio mentre si lasciava spogliare. Il tocco di Rob le faceva venire la pelle d’oca, il suo respiro s’infrangeva sulla pelle di Eve, scottandola.
Robert la sollevò delicatamente permettendo un contatto più profondo,“l’avrò sentito dire una volta o due, ma chi ha inventato questo detto non ti aveva mai incontrata, Eve.” La ragazza smise di respirare contorcendosi sotto le mani di Rob. Lui aveva l’amore negli occhi. Irradiava qualcosa di tossico, era peggio di mille raggi ultravioletti. Eve chiuse gli occhi, lasciandosi andare mentre lui la spogliava.
Via la maglietta.
“Profumi di mirtilli.”
Via la gonna troppo corta.
“Ti giuro che ti sposo.”
I gemiti aumentarono quando lui le accarezzò l’interno coscia.
“Mi vedrai nuda.”
Eve e la sua timidezza. Eve era quel genere di ragazza che non esisteva se non all’interno di qualche sogno. Rob voleva prenderla in tutti i modi possibili, renderla umana, renderla sua da qui al per sempre.
“Io ti voglio vedere nuda, vestita, in accappatoio e anche con un costume da samurai.”
Via i pantaloni.
“Indosserai un completo blu o nero?”
Via l’intimo viola che nascondeva le forme perfette.
Lei teneva gli occhi chiusi e sorrideva, lui la fissava venerandola in ogni modo possibile. Eve andava contemplata, custodita come il santo Graal. “Tu come lo vorresti, mia piccola Eve?”
Le parole divennero sussurri. Rimasero parecchio in silenzio, quando capirono che labbra e parole non potevano avere lo stesso ritmo. Lui l’assaggiava, lei si lasciava mangiare.
“Io, se fosse per me direttamente nudo, ma sai cosa, non vorrei far arrapare mia nonna.” E rise, di quella risata limpida e cristallina da far capovolgere i poli terrestri, e Robert pensò che fosse arrivata davvero la fine del mondo.
La portò sul letto, dove la fece sdraiare. “Mi reputi tanto capace?”
La pelle di Eve era bianca, come le lenzuola. Le mani di Robert ripercorsero tutto il corpo della ragazza, stando attento a non svenire, per la troppa bellezza.
“Oh Pattinson, io ti reputo capace di tutto.”
Eve aveva gli occhi dello stesso colore dell’anima. “Apri gli occhi.”
“Mi brucerai.”
“Prometto di fare piano.” Le sussurrò entrando lentamente in lei.
Eve sospirò, “ti sposo, giuro di prenderti come marito.”
Eve gemette e pensare che non era Vergine neppure di segno. Ma lui, bè, lui sarebbe stata la sua prima volta ogni volta che l’avrebbe guardata, ogni volta che l’avrebbe baciata. Lui sarebbe stata la sua prima volta anche dopo, quando i pianeti si sarebbero accartocciati sui loro corpi nudi, anche dopo che tutte le stelle presenti nel firmamento sarebbero esplose ricoprendoli di luce. Lui sarebbe stato sempre la sua prima volta.
“Io sarò il ragazzo sull’altare.”
Rob l’avrebbe sposata.
“Io quella tutta nuda che ti viene incontro.”
Eve l’avrebbe sposato.
Quando Robert riaprì gli occhi non era più nella stanza color indaco di Eve. Non l’aveva più tra le braccia a respirare l’amore tra i suoi capelli. Quando Robert riaprì gli occhi la vista si appannò.
I movimenti erano profondi.
Il corpo che lo stringeva non aveva nulla di caldo, il suono di quei versi non aveva nulla a che vedere con la voce della sua Eve.
Le mani che l’esploravano sembravano aghi, il suo corpo era cenere e si sentì sporco.
Sporco perché non aveva mantenuto la sua promessa.
Sporco perché non riusciva più a riprendersi.
Sporco perché lui era stato per lei come la sua prima volta tante volte.
Sporco perché si erano lasciati.
Sporco perché Kristen non era Eve.




Lo so è corto. Lo so fa schifo. Lo so che non dovrei postare queste cose eppure lo faccio lo stesso.
Sono davvero un caso senza speranza di guarigione. Sono masochista, anche questo so bene.
So che Rob ama Eve ma la tradisce.
So che Eve ama Rob e che senza di lui non riesce neppure ad alzare le tapparelle.
So che Rob è un ottetto e Eve un orbitale vuoto.
Lo so che chimicamente parlando sono fatti per unirsi, ma la vita è un altra cosa.
Soffro come Eve, perchè non lo può più avere, ma l'invidio, perchè almeno per un pò è stato suo.
Come per me non lo sarà mai.

Allora se non possiamo amarci per sempre, amiamoci stasera, almeno per questa notte sii mio Robert.
Ringrazio Lua93 per avermi detto di essere la sua assassina, Elly4Ever per aver pianto con me nello scorso capitolo e Cris87 per le parole (spero che il tuo esame sia andato bene, nel frattempo ti abbraccio virtualmente).
Ringrazio anche chi abbia solo letto.


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Capitolo 3
*** Over the sky. ***





                                                                                           


You still my heart 
And you take my breath away 
Would you take me in 
Would you take me deeper now.
Everything - Lifehouse


Il cielo era un ammasso di nuvole antracite, ed Eve era convinta che per mantenerle così salde l’una con le altre, il Padre Superiore avesse dovuto usare della Vinavil, perché altrimenti, pensò, era impossibile vederle così unite.
Così si chiese perché invece lei e Rob, così resistenti non lo erano stati, che dopo tanti temporali la ripassata nessuno l’aveva fatta e loro si erano sgretolati come intonaco, staccandosi.
E si sentiva sempre un po’ meno piena di lui a ogni ticchettio del tempo, perdendosi facilmente tra i sospiri della gente che involontariamente la risucchiavano a ogni respiro.
“Lo sai Rob che cosa dicono di te?”
Robert pensò che dovesse essere normale sentirsi così ogni volta che gli occhi di Eve si posavano sui suoi, eppure ancora non riusciva a capacitarsene.“No, e sarebbe troppo sdolcinato dirti che a me importa solo ciò che pensi tu su di me?”
“Dicono che vivi troppo su costellazioni ancora da scoprire.”Aveva soffiato la ragazza, come a voler nascondere quella confessione al vento.
“Ed è la verità?”
Eve lo fisso per dodici secondi. “Direi di no, perché io ti ho trovato da un pezzo Rob.”
Ancora non l’aveva capito il mondo che quei due erano entrambi di Universi diversi, entrati in collisione scatenando una tempesta cosmica. Ma il tempo era passato e la via Lattea si era avariata, forse era finito il suo tempo, forse era semplicemente scaduto, e se poteva scadere il latte sulla Terra, perché quello del cielo doveva durare più a lungo?
Però a Evelyn e a Robert nessuno aveva detto di aver inciso sopra una data di scadenza, così si ritrovarono acerbi, buoni solo per fare volume nell’immondizia.
 
Il cielo di Londra piangeva ancora quei due innamorati, e anche se Eve lo poteva osservare ogni volta che desiderava, per Rob era diventato più difficile.
Santa Barbara aveva un cielo luminoso, azzurro come la camicetta che indossava Eve il giorno in cui Rob le presentò Tom. Ma sotto quel cielo non c’era Eve, e neppure l’allegria che portava il suo sguardo spensierato. Sotto quel cielo Rob vedeva solo lunghi tappeti rossi calpestati da gente che aveva accantonato la propria vita per costruirsene una nuova. Ma Rob questo cielo di ciniglia proprio non lo sopportava, e forse sarebbe stato più bello vedere lo spettacolo accanto a qualcuno che avesse capito il trucco, invece di essere circondato da gente che cercava di fingere nella commedia.



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Capitolo 4
*** Che cosa succede all'anima quando si frantuma? ***


                                               
                                                                                                     

Sing it for the boys, sing it for the girls

Every time that you lose it sing it for the word.
My Chemical Romance - Sing


“Che cosa succede all’anima quando si frantuma?”
Christine si voltò verso l’amica, fissandola come se fosse impazzita, come se non lo sapesse che Evelyn quanto poneva certe domande era perché aveva bisogno di risposte.
 “Non lo so.” Le aveva replicato, liquidandola con un alzata di spalle e un sorriso tirato fino alle tempie, che se fosse stato possibile la pelle si sarebbe strappata per il troppo sforzo. Eve un giorno gliel’avrebbe detto che quando sorrideva così le ricordava tanto lo Stregatto di Alice. Peccato che non fossero simpatici uguali, pensò mentre si alzava dalla fredda panchina sulla quale era seduta.
Christine e le altre ragazze neppure se ne accorsero che Eve aveva imboccato il sentiero, andandosene senza neppure salutarle.
Il cielo quel giorno aveva un colore brillante, come se dentro ogni pezzo di volta celeste avessero incastonato diamanti pronti a risplendere non appena venissero colpiti dalla luce. Eve lo fissava spesso il cielo, a volte rimaneva ore a osservarlo, tanto che quando poi abbassava lo sguardo le sue iridi ne riflettevano ancora il colore. Ma quel giorno di guardare il cielo non ne aveva proprio voglia, che se fosse stato possibile avrebbe chiuso gli occhi per un minuto o due, giusto il tempo di dimenticare quanto a volte potesse fare male vedere. E ci mancava solo che il manto sopra tutte le teste degli uomini avesse lo stesso colore degli occhi di Rob.
Rob che era l’unico che riusciva a darle le risposte che cercava, l’unico che quando pioveva non si metteva a ridere se la vedeva correre scalza nel piccolo giardinetto del suo palazzo. Che la felicità non era fatta di attimi distanti anni luce l’uno dall’altro e che non esistessero solo rette parallele.
Rob che di equazione  ne capiva meno di niente riusciva sempre a trovare le soluzione a tutte le incognite di Eve.
E Evelyn ormai si era convinta che esistesse una sesta essenza, che oltre l’etere ci fosse anche Robert. E si metteva sempre a ridere al pensiero di Aristotele e Rob, che se si fossero conosciuti il primo avrebbe scelto di fare il cuoco, che un filosofo come lui non si era mai visto.
Ma ora che Rob non era più con lei, Eve quelle domande non sapeva come porgliele in maniera educata, senza ferirlo ulteriormente, che lo sapevano bene entrambi come il suo linguaggio fosse colorito. Forse quel giorno però una lavata alla sua bocca l’avrebbe data, che come le diceva la madre la candeggina una volta o due l’avrebbe dovuta usare anche come dentifricio.
Però non poteva più chiamarlo, che con tutti gli agenti che aveva la sua voce non l’avrebbe più riconosciuta, e lei non voleva essere soltanto un ricordo. La verità e che le era bastata quella volta in cui l’aveva chiamato a notte fonda, dopo aver visto un documentario sulle tigri del Bengala, anche solo per sentirlo respirare. Uno squillo, due squilli, il pensiero di riattaccare, per poi sentirsi rispondere da una ragazza.
Fu quel giorno che Eve morì, e dato che lei una Fenice non lo era, dalle sue ceneri non riuscì a rinascere.
Forse Rob promesse non avrebbe mai dovute farle, che a mantenerle non era bravo. Di dimenticare non c'era riuscito e nemmeno a sostituirla, ma questo Eve non lo poteva sapere, così pensò che invece per lui fosse stato tutto più facile.
Forse la prossima volta si sarebbe vista un documentario in più, piuttosto che chiamare l’attore più in voga del momento, che niente era stato a parte il suo Rob.
Suo come nessun altro sarebbe stato.
Ma questo, nessuno l’avrebbe mai saputo.
Così tornò a casa, che forse era arrivato davvero il momento in cui avrebbe fatto per la prima volta ciò che la mamma le aveva detto.

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Capitolo 5
*** E chi lo dice che di amore non si muore? ***









La mano di Robert accarezzava il soffice divano, ricoperto da un tessuto rosso simile alla ciniglia. Ascoltava Tom parlare, mentre si scolava la terza bottiglia di birra in un quarto d’ora. Che dove lo infilasse tutto quel liquido ancora Rob non l’aveva capito, però gli piaceva vederlo tentare di fare un discorso serio, anche se buone parole non era in grado di pronunciarle neppure da sobrio.

Come quella volta in cui Tom gli disse che la sua capacità di rimorchiare ragazze da sobrio era la stessa di quanto era ubriaco. E Rob che le scommesse le adorava, gli strinse la mano, lasciando che l’amico si avvicinasse a una biondina. Ma Tom non poteva sapere che le possibilità di conquistare una donna sposata sono le stesse, sia da sobrio che da ubriaco. Robert quel giorno si portò a casa venti sterline oltre un migliore amico sbronzo.
Oggi però Robert non aveva voglia di scommettere e neppure di seguire i ragionamenti di Tom. Oggi Robert voleva solo tornare a casa, che di parole ormai ne era pieno. E il fatto di essere tornato a Londra, il fatto di essere di nuovo sotto lo stesso cielo, non l’aiutava per niente, che Eve ormai l’aveva abbandonata e non sapeva più come riprendersela. E quante batterie dei cellulari lasciate bruciare per tutte le volte che aveva provato a chiamarla, per tutte le volte che si era ripromesso di dirle la verità. Che le mancava, che non riusciva a respirare, che era stato uno stupido.
Dirle che voleva riabbracciarla, che senza di lei era come camminare con gli occhi bendati, e lui non ci riusciva a vedere al buio.
Dirle che quando l’ultima volta avevano fatto l’amore, lui non avrebbe mai voluto uscire da lei, che senza non ci riusciva a stare.
Dirle che non c’era riuscita nessun altra ragazza a riportarlo in vita, e dirle anche che i discorsi senza logica di Tom senza di lei che cercava di interpretarli, non avevano alcun senso.
E allora diglielo Rob, che non sei riuscito a smettere di fumare da quando non c’è più lei a rubarti il pacchetto di sigarette. Che dei tuoi polmoni non te ne frega più niente, e ti sei arreso allo smog di tutte le città che hai visto.
Diglielo che della tua carriera non te ne frega un cazzo da quando non c’è più lei a baciarti dopo ogni scena provata. Che dei baci di Emily e di Kristen non te ne fai nulla, che come le sue di labbra non c’è ne sono.
Diglielo che stai morendo lentamente, da quando l’hai abbandonata in lacrime su quelle bianche lenzuola della sua stanza. Che il suo volto sconvolto non riesci a togliertelo più dal cuore, che stai male per le troppe volte in cui con l’alcool hai cercato di annebbiare il ricordo. E diglielo Rob, che hai sbagliato a chiudere con lei qualcosa che non ha ne chiave ne serratura.
E diglielo Rob che la ami, che non puoi vivere senza di lei, che durante questi due anni non sei mai riuscita a dimenticarla.
Ma c’era un motivo se i suoi amici lo chiamavano vigliacco, e non era certo per le scommesse se, veniva chiamato così.

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Capitolo 6
*** Eve la Masochista ***


                                                                                                       


E infine legò i capelli, perché a tenerli sciolti ormai non c’era più abituata.
Indossò il maglione rosso sfregandoselo addosso in cerca di un po’ di calore. Non quello di cui aveva appena usufruito, perché i corpi degli altri erano sempre troppo ghiacciati e vuoti, rispetto al corpo di Rob. Ma ormai pensò di averci fatto l’abitudine, infondo c’era sempre qualcuno disposto a riscaldarle una parte di letto, peccato che nessuno fosse più in grado di riscaldarle il cuore.
«Dove stai andando?»
Una lacrima solcò il suo pallido viso, scavato fin dentro le viscere di una sofferenza troppo grande per essere descritta. Non si voltò nemmeno quella notte, perché sapeva che farlo, guardando negli occhi, l’avrebbe annientata.
«Si è fatto tardi.»Rispose con un sospiro, cercando a gattoni le sue converse nell’oscurità.
Matt, il ragazzo della lavanderia,  si sollevò dal materasso, «perché stai andando via? Non ti è forse piaciuto?» Le domandò con voce ancora assonnata.
Evelyn rise. Una risata amara, triste, che non tentò affatto di mascherare.
«Potremmo rifarlo se ti va.»
Lei smise di ascoltarlo.
Se c’era una cosa che la ragazza odiava più dei giornaletti di gossip, erano le notizie date al telegiornale, soprattutto quando parlavano di lui.
Per Eve non era stato per nulla facile, cercarlo nella carne degli altri uomini, e probabilmente non l’avrebbe mai trovato in un corpo che non contenesse nelle vene il sangue del suo primo amore. Ma avrebbe continuato a provare, Eve la Masochista. Così avevano deciso di chiamarla i suoi amici. Loro che ad alzarsi ogni giorno non ci mettevano nulla, come avrebbero potuto comprendere le sue difficoltà?
Si vestì in fretta, nel silenzio che tanto la caratterizzava e spaventava. Afferrò il cappotto e l’indossò, ignorando le parole del ragazzo.
«Se non vuoi più vedermi almeno dimmi una cosa, perché sei venuta a letto con me se non sono stato capace di soddisfarti?» Le domandò impedendole di aprire la porta. Gli occhi di Eve si posarono sul corpo nudo di Matt sperando, ancora una volta, di provare una scintilla, un brivido, che la facesse sentire di nuovo umana. Ma quella sensazione non arrivò, così i suoi occhi si chiusero, perché la gente non poteva capire quanto fosse distrutta dentro.
«Rivestiti.» Disse dando le spalle a Matt, nudo come un verme sull’uscio di una comune casa di Notting Hill.
La notte non era poi così buia, non più da quanto sia Eve che Rob sapevano di respirare sotto lo stesso cielo. Ma la consapevolezza non avrebbe impedito loro di vincere i troppi momenti passati lontani, le troppe vite sfiorate senza poterle condividere.

Non ti cercherò amore mio, non lo farò più. Ho tentato così tante volte di ricomporre il mio cuore, sapevo bene che solo i cerotti non sarebbero bastati, ma speravo almeno di riuscire a risolvere con la Vinavil. Forse il mio cuore si rimarginerà quando smetterò di chiamarti, dopo tanti anni, ancora amore mio.






Non dite nulla, sono mesi che non aggiorno questa storia. Vi chiedo infinitamente scusa per questo.
In verità, non so come finirà tra Eve e Rob, forse torneranno insieme, forse no. Nel frattempo questo è quello che succede quando si smette di amare.

Sophie.

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Capitolo 7
*** Nella tana del Bianconiglio ***


 
                                                                                                   
                                                                                                         
                                                                                                        Red - Hymn For The Missing



Aveva gli occhi rossi Evelyn, gonfi come se avesse smesso di dormire da anni. Teneva le palpebre abbassate, perché diceva che al buio si soffriva meno. Eppure, continuava a piangere.
Forse perché fuori pioveva.
Forse perché il suo corpicino era troppo gracile per sopportare tutte quelle parole.
“Non hai mica bisogno di lui per vivere.”
“Guarda che a rimetterci sei solo tu, non lo vedi come riesce benissimo a farcela anche senza di te?”
“Eve, credo tu stia esagerando.”
“A Natale dovresti brillare un po’ di più, non sei mica una batteria di luci made in china.”
La verità era che stava sprofondando. Precipitava, proprio come accadde ad Alice nella buca del Bianconiglio. E chissà quanto avrebbe voluto una di quelle pozioni magiche per renderla piccola piccola, per farla scomparire. Un piccolo cuore non avrebbe retto un così grande dolore, così alla fine si sarebbe fermato. Ed era proprio quello che Eve desiderava. Fermarsi.
Si sentiva tanto come il vecchio busker di Regent’s Park. Un tempo non vi era giorno senza che l’aria si riempisse delle sue canzoni. Cantava sempre, con una voce che a detta di alcuni, faceva tremare il Mondo. Tutti si arrestavano per ascoltarlo, la gente smetteva di correre, la fretta cessava, non vi era più nulla, eccetto lui. Era ammirato da tutti.
Poi, un brutto giorno, qualcosa dentro di lui si ruppe, e il vecchio busker, non riuscì più a cantare.
I giorni passarono e la gente che tanto adorava ascoltarlo, non sentendo più la sua voce, riprese a correre, a scappare, dimenticandosi di lui. Dimenticandosi delle sue canzoni.
Eve si sentiva proprio come quel vecchio cantante dimenticato. Senza di Rob non riusciva più a cantare. Le sue corde vocali si erano attorcigliate e nelle sue vene non scorreva più sangue caldo, ma solo neve.
Quando lo rivide, il 16 Dicembre, dentro il vecchi pub che tante volte l’aveva visti felici, Eve non poteva di certo immaginare che lui fosse tornato, questa volta per restare.
Infondo Rob aveva un debito con lei.
Doveva ridarle la luce.
Doveva renderla capace di cantare ancora.





Che dire, almeno a Eve un lieto fine vorrei tanto regalarglielo.

Chissà che questa volta non riesca ad essere felice accanto al suo Rob.
Grazie a tutte voi, siete delle lettrici eccezionali.
Un abbraccio particolare ad Annina88, questo capitolo lo dedico a te.
Sophie.

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