A Kuroshitsuji Christmas carol

di SilentWings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - Quel Bocchan, tiranno. ***
Capitolo 2: *** The Ghost of Christmas Past ***
Capitolo 3: *** The Ghost of Christmas Present ***
Capitolo 4: *** The Ghost of Christmas Future ***
Capitolo 5: *** The Last Verse ***



Capitolo 1
*** Prologue - Quel Bocchan, tiranno. ***


Salve e benvenuti alla mia personalissima versione di "A Christmas carol". Spero che possa divertire voi come ha divertito me scrivendola!

Quella vigilia di Natale, il giovane conte Ciel Phantomhive stava seduto con aria annoiata nel suo studio, valutando le entrate e le uscite della sua azienda di giocattoli e dolci, la Funtom Company, e firmando assegni con aria assente.
Nella stessa stanza, il suo maggiordomo Sebastian si stava affaccendando nei lavori domestici, spolverando i mobili e dando la cera al parquet.
Seccato, Ciel gli lanciò un'occhiataccia. -Sebastian, perchè non hai ancora finito? E dov'è la mia merenda? Perchè non hai ancora lucidato le finestre, eh?-
Il maggiordomo guardò perplesso il piccolo padrone.
-My lord, non dovete mettervi in testa che solo perchè sono un demone sono capace di fare qualche centinaio di faccende contemporaneamente!-
Irritato, il conte alzò un sopracciglio -Tsk! Sarà meglio per te imparare, o mi vedrò costretto a licenziarti. E ora avanti, fai ciò che ti ho ordinato. Subito!.-
Sconvolto, Sebastian uscì dalla stanza per recuperare un secchio e una spugna per pulire le vetrate, e per preparare qualcosa da mangiare per il suo signore.
In quel momento, un piccolo tornado rosa e "kawaiiiii!" irruppe nello studio e corse ad abbracciare il giovane Phantomhive, che con un rantolo sommesso si ritrovò intrappolato senza possibilità di fuga tra le braccia della sua fidanzata.
-Cieeeeeeeeel! Oh mio caro Ciel! Hai visto che bello? Nevica! Dai, usciamo a fare una passeggiata romantica nella neve! -
Liberandosi da quell' abbraccio asfissiante color confetto, Ciel squadrò la sua ragazza dall'alto in basso.
- No Lizzy. Proprio no.-
Gli occhi azzurri della giovane si riempirono di sorpresa.
-P... perchè no?-
Il piccolo conte indicò seccato una pila di lettere ammonticchiate sulla scrivania.
- Ho un sacco di lavoro da sbrigare, Lizzy. Oggi... oggi proprio non ho tempo per te.-
Scoppiando in lacrime e correndo fuori, Elizabeth singhiozzò -Tu non hai mai tempo per me, Ciel, mai!-
Dopo un attimo di attonito silenzio, il giovane sbuffò esasperato -Aaaahhh, ragazzine!-
Alla sera, Ciel cenò da solo come suo solito, nella sala da pranzo silenziosa. Prima di ritirarsi, radunò tutta la servitù nell'atrio.
- Domani è il giorno di Natale. Sveglia alle quattro del mattino per tutti voi, e vedete di essere in forma, perchè ci sarà da lavorare fino a tarda notte. E niente scuse, non verrete pagati di più o esonerati dai vostri doveri solo perchè è il venticinque dicembre!-
E così, lasciando i suoi servitori perplessi e con l'amaro in bocca, il conte Ciel Phantomhive si avviò verso la sua stanza per prepararsi per la notte.
Una notte che, ancora ne era ignaro, non avrebbe mai dimenticato.

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Capitolo 2
*** The Ghost of Christmas Past ***


Fu un tocco leggero come un fiocco di neve a svegliarlo.
L'aprirsi delle sue palpebre fu salutato da una debole luce delicatamente azzurrata. Una mano scheletrica gli stava sfiorando una guancia.
Ciel si tirò a sedere di scatto: davanti a lui, una strana figura brillante. Un ragazzo vestito a scacchi bianchi e neri, con i capelli rossi raccolti in numerose treccine, gli occhi viola e uno strano segno a forma di lacrima tatuato su uno zigomo.
Aveva un insolito, indescrivibile sorriso, reso ancora più particolare da dei canini molto appuntiti.
Il ragazzo riuscì solo a sillabare -C... che diamine...?-
L'apparizione sorrise pacatamente. -Io sono lo spirito dei Natali passati: per colpa tua molte persone hanno sofferto e stanno soffrendo tuttora. Io e i miei fratelli abbiamo deciso di mostrarti a cosa conducono le tue azioni prive di rispetto e amore per gli altri. Io ti mostrerò i dolori legati al passato...-
E così lo spirito prese Ciel per mano, facendolo quasi morire di orrore al contatto con le ossa di cui era formato l'arto superiore destro del fantasma. In un bagliore bianco, la camera da letto sparì, e al suo posto comparve un giardino silenzioso ed innevato. Ciel si guardò intorno: era il giardino della villa. Ma quella fontana che ci faceva lì? Non era andata distrutta nell'incendio, due anni prima?
Ad un certo punto una risata cristallina ruppe la tetra pace di quella scena: una bambina bionda stava cercando di trascinare fuori dalla porta un bimbo dagli occhi blu, svogliatissimo e mingherlino, che somigliava incredibilmente a Ciel.
Il conte, colto di sorpresa, strabuzzò gli occhi -M... ma quelli... siamo io e Lizzy da piccoli!-
Lo spirito sorrise -Ti ho detto che ti avrei mostrato il passato. Presta attenzione ora...-
Il giovane osservò la scena: il piccolo Ciel si era seduto nella neve con aria imbronciata, mentre la bambina lo tirava per la sciarpa, quasi strozzandolo.
- Forza Ciel, vieni! Che ne dici di fare un pupazzo di neve?-
Il bambino si imbronciò ancora di più, incrociando a fatica le braccia sotto i cinque strati di indumenti che sua madre lo aveva obbligato a indossare, conferendogli una dimensione vicina a quella di un barile.
-No.-
-Ma perchè no, Ciel? Su, fallo per me!-
-E perchè mai dovrei farlo per te? Io stavo meglio dentro, al caldo. Perchè mi hai trascinato qui fuori al freddo, e con questo tempo da lupi per giunta?-
Lizzy rise, con gli occhi brillanti di felicità -Ma perchè la neve è cosi kawaiiii! Così bianca, morbida e soffice!-
- Così fredda, bagnata e scivolosa.- rimarcò Ciel, seccato.
-Uffa, come sei noioso!-
-Io di qui non mi muovo. Anzi, dato che sono qui, quasi quasi me ne torno in casa...-
La piccola lady tirò su col naso, assumendo un'aria altezzosa.- Non vuoi mai stare con me, Ciel. Perchè fai così?-
Il bambino, esasperato, rispose - Perchè? E tu mi chiedi anche perchè? Perchè quando fai così non ti sopporto Lizzy! Anzi, direi proprio che ti odio!-
Senza parole, la piccola lo fissò per un attimo, prima che gli occhi le si riempissero di lacrime. Si girò e fuggì piangendo.
Il fantasma osservò Ciel, che si stava rosicchiando le unghie con un'espressione ansiosa dipinta sul volto.
-Capisci quanto l'hai fatta soffrire, quel Natale? Che bisogno c'era di trattarla così?-
-Che bisogno c'era? CHE BISOGNO C'ERA? Mi stava facendo impazzire assillandomi con le sue strane manie, cos'avrei dovuto fare?-
-Voleva solo giocare, eravate bambini! Pensa a come l'hai fatta stare male, Ciel Phantomhive, pensaci...-
Con un bagliore più deciso, lo spirito scomparve, riportando Ciel nell'oscurità della sua stanza, dove si addormentò poco dopo, esausto.

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Capitolo 3
*** The Ghost of Christmas Present ***


Un gridolino eccitato e una risata stridula rapirono Ciel dalle braccia di Morfeo.
-OH, YESSSS!!!- esclamò di nuovo la voce.
Sembrava che appena fuori dalla camera del conte, qualcuno si stesse dando alla pazza gioia.
A piedi nudi, rabbrividendo al contatto col marmo freddo del pavimento e cercando di non fare rumore, Ciel si avvicinò quatto quatto alla porta, girando la maniglia.
Nella stanza attigua, un uomo (o forse era una donna?) vestito di rosso dalla testa ai piedi, guardava dalla sua parte, dedicandogli un sorriso bieco fatto di una mostruosa quantità di denti aguzzi.
-Conte!- lo accolse l'essere
Se ne stava seduto  (o meglio ,stravaccato) su un lussuoso divanetto scarlatto, della stessa tonalità dei suoi capelli e dei suoi indumenti.
Ciel lo fissò, stralunato e ancora intontito dal sonno. -Ah, e tu saresti...-
-Ma il fantasma del Natale presente, ovviamente! Non ti sembro abbastanza affascinante per un ruolo simile?- ridacchiò lo spirito.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, con espressione allucinata, girando i tacchi -Tanto piacere di averti conosciuto, me ne torno a dormire.-
-Eh no, non così velocemente, giovane lord.- Lo spirito lo prese per il colletto della camicia da notte, attirandolo a sé e forzandolo a sedersi al suo fianco. Ciel si accomodò, urlando di paura e sorpresa quando notò che il pavimento sotto ai suoi piedi stava cominciando a diventare trasparente.
-Io sono qui per mostrarti i dispiaceri che le tue azioni scellerate stanno provocando nella presente notte di Natale. Ammira.-
Il conte si sporse: nella stanza sotto ai suoi piedi, Sebastian si stava togliendo la divisa, spogliandosi della giacca e della camicia per rimanere a petto nudo.
Ciel osservò preoccupato il fiotto di sangue che scaturì all'improvviso dal naso dello spirito, che lo tamponò prontamente con la manica della giacca
Notando che il giovane lo fissava, l'uomo lo rimproverò. -Non guardare me, guarda sotto di te, diamine!-
Il maggiordomo aveva aperto il guardaroba e stava estraendo, uno alla volta, una gran quantità di gatti dai meandri oscuri dell'armadio.
Con la cura e la delicatezza di una madre, Sebastian tirò fuori per ultimi due minuscoli micini appena nati, non più grandi della sua mano.
Stette fermo a fissarli, in un misto di pena e tenerezza. -Poveri cuccioli. Siete arrivati voi e la vostra mamma ha lasciato questo mondo. Almeno potessi assentarmi qualche minuto dal lavoro ogni tre ore, vi darei io stesso un po'di latte col contagocce, ma se il mio padrone scoprisse la mia assenza, e soprattutto la vostra esistenza, mi licenzierebbe! E quel che è peggio, mi costringerebbe ad abbandonarvi in strada...- concluse il moro sconsolato.
Accarezzò con lo sguardo i gattini che miagolavano debolmente tra le sue mani. -Se solo... se solo potessi aiutarvi!-
Ciel alzò un sopracciglio. Quel demone dagli istinti melodrammatici teneva dei felini in casa sua? Gliel'avrebbe fatta pagare.
Con sguardo severo, lo spirito dai capelli rossi lo invitò a guardare in un'altra sala. Dall'altra parte della casa, Bard, MeyRin, Finny e Tanaka se ne stavano seduti in cerchio, rintanati in salotto.
-Io domani volevo andare a provare il mio nuovo bazooka nel bosco- sospirò il cuoco.
-Io volevo andale a fale un po' di acquisti a Londla...- singhiozzò triste la cameriera.
-Domani volevo vedere gli episodi speciali del "Conte Scatenato". Bwahahahah!- si disperò il giardiniere.
-Ohohoh!- rimarcò Tanaka, serissimo.
Osservando la così evidente tristezza dei suoi servitori, Ciel si sentì leggermente in colpa.
Lo spirito lo prese per mano e la scena cambiò. Si trovava fuori dalla finestra della camera da letto di Lizzy. La piccola lady, accoccolata sul letto, stava piangendo disperata. Accanto a lei, la sua dama da compagnia Paula, stava cercando di farla sorridere, o forse di assordarla, muovendo dei campanellini dorati vicino alle sue orecchie. Ciel non l'aveva mai vista così: il vestito spiegazzato, i capelli in disordine e arruffati, gli occhi rossi... non sembrava nemmeno lei.
Incredibile... stava piangendo ancora da quel pomeriggio? Eppure non gli sembrava di essere stato eccessivamente duro.
Guardò lo spirito con aria colpevole, ricevendo in cambio uno sguardo severo.
-E tutto ciò è causato da te, conte. Sei ancora in tempo per salvare la felicità di queste persone...-
E così dicendo, lo spirito si dissolse nell'oscurità in un turbinio di fiocchi di neve
Ciel trattenne il fiato, mentre il cuore cominciava ad accelerare i battiti, raggiungendo presto una folle velocità.
Nel buio, dei respiri rauchi.
Lì, da qualche parte, c'era qualcuno. Qualcuno che, lo sentiva, non aveva buone intenzioni.

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Capitolo 4
*** The Ghost of Christmas Future ***


Una fitta nebbia fredda aveva cominciato ad impregnare i vestiti di Ciel.
Il rumore di passi si faceva ogni istante più vicino. Ad un certo punto, il ragazzo si girò per andarsene, ritrovandosi però a cacciare un urlo di paura. Alle sue spalle, silenzioso e furtivo, era apparso uno strano personaggio.
Aveva una lunga tunica nera, attraversata da una striscia di stoffa grigia che partiva dalla spalla sinistra e terminava con un nodo al fianco destro. I capelli grigi e lunghi gli coprivano tutta la schiena, e gli occhi erano celati sotto una folta frangia. Il volto era attraversato da una profonda cicatrice, così come il collo e il dito mignolo della mano destra. Un bizzarro cappello nero con tanto di strascico completava il ritratto di quell' insolito uomo .
I due si fissarono in silenzio per qualche istante, nonostante Ciel trovasse difficoltà a credere che quel tizio potesse vedere qualcosa, da sotto la frangia.
Di certo incuteva paura. Non aveva l'aspetto gentile, o perlomeno umano, degli spiriti incontrati in precedenza. Egli se ne stava in piedi, immobile e muto, con un sorriso ambiguo stampato sulle labbra. Un sorriso che, Ciel avrebbe potuto giurare, avrebbe fatto fuggire a gambe levate il diavolo in persona.
Il ragazzo prese il coraggio a due mani -Sono... al cospetto dello spirito dei Natali ancora da venire?-
Il fantasma non rispose. Dalla sua bocca uscì solo una risatina tetra.
Ciel alzò un sopracciglio -Ehm, chiedo venia, non ho capito la risposta.-
-Gnehehe!- sghignazzò nuovamente lo spirito.
Il conte sospirò. Che individuo bizzarro. Beh, probabilmente non poteva aspettarsi risposte molto più serie, da un tipo così.
Con un movimento repentino, il fantasma afferrò Ciel per il collo.
-Coooonte!- gli sibilò in un orecchio
Il fanciullo, terrorizzato da quel gesto improvviso riuscì solo a sillabare un miserissimo -Sì?-
-Coooonte. Cos'hai fatto?- sibilò di nuovo lo spirito nel suo orecchio, il fiato freddo che gli solleticava la pelle.
-C...cos'ho fatto?- balbettò Ciel, cominciando a sudare freddo.
-Lo sai beeeeeeenissimo cosa hai fatto. Altrimenti non mi troverei qui.-
Lo spirito allentò la stretta, per poi scaraventare il ragazzo a terra con violenza.
Il giovane Phantomhive si massaggiò il collo dolorante. -Io... io lo so cos'ho fatto. E immagino che tu mi mostrerai i dolori che causerò nel futuro. Non è così, spirito?-
Il fantasma lo riagguantò, trascinandolo con sé nel fitto della nebbia.
Davanti a loro, la porta della stanza di Sebastian Michaelis.
Ormai Ciel aveva capito che, essendo solo ombre, i protagonisti delle scene che viveva non potevano accorgersi della sua presenza. Così, senza porsi ulteriori problemi, varcò la soglia. Ma appena il contenuto della stanza si svelò ai suoi occhi, si bloccò, impietrito.
Era quasi completamente buio, salvo per una candela languente che gettava macabri bagliori biancastri sulle pareti. Il suo maggiordomo si trovava seduto sul materasso, e teneva in mano qualcosa.
Il conte si avvicinò, cercando di capire cosa stesse catturando l'attenzione di Sebastian. Mosse i suoi passi sul pavimento cerato, per sedersi al fianco del moro, che ovviamente non si mosse. Poi gettò un'occhiata all'oggetto che giaceva tra le mani guantate dell'altro. Una fotografia, un po'rovinata, di una ventina di gatti che dormivano con aria beata sul copriletto del maggiordomo. In primo piano c'erano due gattini particolarmente piccoli e gracili, che sonnecchiavano uno vicino all'altro. Uno teneva addirittura una zampa di traverso sul collo dell'altro. Ciel vide una piccola goccia brillare sulla superficie di vetro della cornice. Sconvolto, il conte abbassò lo sguardo.
Come? Com'era possibile? Sebastian... stava piangendo?
-Tutti.. tutti...- sospirò triste il demone. -Per colpa sua i più piccoli sono morti di fame, e cacciando gli altri dalla villa, ha sentenziato la loro morte per assideramento.-
Sebastian sospirò di nuovo, poggiando la fotografia sul letto, accanto a sé.
Interdetto, Ciel se ne stette boccheggiante per un po'. Non riusciva a crederci. Un diavolo che... che piangeva per dei gatti? Inaudito...
Provò però una certa pena nei confronti del suo maggiordomo. D'altronde pretendeva da lui tutto, e ora sembrava lo avesse privato anche dei suoi amati felini. Non pensava che tra Sebastian e quegli animali ci fosse un legame così profondo... una piccola lacrima di dispiacere gli solcò la guancia pallida.
-Piangi, cooooonte?-
-Io... io mi sto rendendo conto di essere davvero crudele...-
Il fantasma lo prese di nuovo con sé.
Ora si trovavano all'esterno della villa. Stava nevicando e il candore del manto nevoso che riluceva nel buio della notte era colorato dal rossore delle fiammelle dei lampioni accesi lungo il viale d'accesso alla villa. Con le mani in tasca e un cappello calcato in testa, Bard stava fumando la sua inseparabile sigaretta. Finny, MeyRin e Tanaka, seduti con aria triste su alcuni bauli, fissavano il terreno.
Ad un certo punto il cuoco parlò.
-Su con la vita gente. Una volta che saremo fuori di qui potremmo sempre trovarci un nuovo padrone da servire! Qualsiasi cosa sarà meglio di questo tiranno infame del conte Phantomhive.!-
Gli altri tre, un po' rincuorati, raccolsero le loro cose, caricandole su un carro.
Ciel li osservò, perplesso.
-Spirito, dove stanno andando i miei servitori?-
-Ma mi pare chiaro, cooooonte. Chi mai vorrebbe essere tiranneggiato da un essere insensibile e viziato come te? Gnehehe!-
Sconsolato, Ciel assistette alla partenza dei suoi servitori. Poi, con voce mesta sussurrò -Spirito... portami via di qui. Non farmi vedere oltre.-
Il fantasma non disse nulla.
La nebbia li avvolse di nuovo, trasportandoli lontano, nel buio più remoto.
Quando la bruma si diradò, il conte capì di trovarsi nei pressi della dimora della sua fidanzata Lizzy.
La casa, di solito illuminata a festa nel periodo natalizio, era avara dei canti e profumi che la caratterizzavano abitualmente nel mese di dicembre.
Scrostando il ghiaccio dalle finestre con una manica della camicia da notte, Ciel guardò all'interno.
Paula e la zia Francis, madre di Elizabeth, se ne stavano sedute alla luce di una candela, e piangevano. I loro singulti disperati si sentivano anche con le finestre sprangate. Ciel non aveva mai visto piangere sua zia, una donna incredibilmente energica e mostruosamente forte.
Le due donne sembravano molto invecchiate. Quanti anni erano passati? Cinque? Dieci? Venti?
Entrambe erano vestite di nero, e dei veli scuri coprivano parzialmente i loro volti.
Ad un certo punto, Lady Francis parlò.
-Paula, ma Elizabeth non ti aveva mai parlato delle tue pene? Non si era confidata nemmeno con te?-
La dama scosse il capo, tra i singhiozzi. -No, niente, mia signora. Sono stata all'oscuro di tutto fino alla lettura di quella lettera. Santo cielo... una ragazza così piena di voglia di vivere... com'è possibile che sia arrivata a questo?-
La Lady si asciugò gli occhi con un fazzoletto su seta. -Lei era così innamorata, così innamorata. Non ha retto quando mio nipote, con i suoi modi brutali e la rinuncia definitiva al matrimonio, l'ha allontanata da sé. Avevo previsto che avrebbe sofferto, ma non pensavo che tutto ciò l'avrebbe condotta al... al...- la donna inghiottì a vuoto, prima di pronunciare l'ultima parola -...al suicidio.- . E così dicendo si gettò tra le braccia di Paula, scatenando in entrambi una terribile crisi di pianto.
-SUICIDIO?- gridò Ciel in preda all'orrore. Poi cominciò a piangere disperato. -Oh no, oh no, spirito, non è possibile che ciò accada. Non è possibile! Come potrei mai condurre Lizzy al suicidio?-
Il fantasma guardò dalla sua parte impassibile. -Gneheheh! Eppure è ciò che accadrà, coooonte, se le cose non cambiano.-
Ad un certo punto, una voragine fiammeggiante si aprì ai piedi del ragazzo.
Lo spirito lo spinse dentro.
-E qui, conte Phantomhive, passerai il tempo infinito della dannazione eterna, se gli eventi non cambiano. Redimiti, coooonte, finché sei in tempo. Non indugiare nel peccato, non crogiolarti nei vizi. Sii attivo, e fai in modo che lo spirito vero del Natale viva in te ogni giorno. Salva te e le altre povere anime che da te dipendono, conte. Fai in modo di non incontrarmi di nuovo!-
E con questo, il fantasma scomparve, mentre Ciel continuava a precipitare, pensando che, una volta toccato il fuoco sul fondo, la sua vita sarebbe giunta al termine.
Fino a quando una voragine nera e profonda lo inghiottì, spegnendo il bagliore delle fiamme.

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Capitolo 5
*** The Last Verse ***


Eccoci all'ultimo capitolo! Ringrazio chi con pazienza e affetto ha recensito e seguito la mia storia. L'autrice si agura che questo Natale possa essere per voi fonte di gioia e felicità. TANTI AUGURI A TUTTI!

La prima cosa che sentì, fu una strana fitta alla fronte. Ciel si tirò a sedere con cautela, toccandosi la testa con dita tremanti.
Sotto i polpastrelli, sentiva lo spessore di uno splendido bernoccolo che, avrebbe potuto giurarlo, non era più piccolo si una noce. Cercò di capire la sua ubicazione: si trovava sul pavimento di legno della sua stanza. Doveva essere caduto dal letto ed aver battuto la testa.
Si alzò in piedi. Nessun segno di fantasmi, spiriti o ectoplasmi di sorta.
Aprì la finestra. Una folata di vento gelido lo investì, lasciandolo per qualche istante senza fiato e sull'orlo dell'assideramento.
Nel giardino sottostante, Finny stava trascinando i piedi nella neve, ancora troppo intontito dal sonno per camminare in linea retta.
-Finnian!- urlò Ciel dalla finestra. Il giardiniere sobbalzò, e si voltò con l'aria terrorizzata di chi vede di fronte a se il diavolo che lo trascinerà all'inferno.
-S... Signorino?! Ma come, siete già sveglio?-
-Ma certo! Non abbiamo predisposto la sveglia per le quattro del mattino? Sono un po' in ritardo, essendo le quattro e tre minuti, e me ne dolgo. Forza Finnian, forza, non c'è tempo da perdere!-. E così dicendo sprangò la finestra, sotto lo sguardo allibito del ragazzo biondo, che scosse la testa tra sé e sé, cominciando a distruggere qualche albero del giardino.
Ancora in camicia da notte, il conte scese correndo in cucina, sorprendendo Bard, che quasi inghiottì la sigaretta dallo stupore.
-Signorino! La cucina non è posto per voi.- Ciel aveva preso con la punta del dito un po' di crema da una ciotola, e lo aveva portato alla bocca. Poi sorrise all'ex soldato. -Molto buono Bard, molto buono. Continua così.- e se ne andò fischiettando. La mascella del cuoco collassò all'improvviso, e la sigaretta cadde definitivamente dalle sue labbra.
Proprio in quel momento, MeiRin stava scendendo le scale, con una pila di asciugamani e lenzuola tra le braccia, che minacciava di crollare da un momento all'altro. All'improvviso, la cameriera vide un paio di piccole mani liberarla di parte del carico. Si ritrovò di fronte un Ciel che le sorrideva con aria affabile.
-P...padrone? Ma cosa state facendo?-
-Ti aiuto, MeiRin, non posso?-
La cameriera guardò il piccolo conte scendere le scale canticchiando un motivetto natalizio.
Oh santo cielo. Cosa diamine era successo a quel bambino? Forse i miracoli di Natale esistevano davvero?
Una volta finito di aiutare i suoi servi, Ciel si avviò verso la camera del suo maggiordomo, reggendo tra le braccia alcune grosse bottiglie di latte. Bussò alla porta, e quando Sebastian si affacciò, sfoderò un sorriso radioso.
-Buon Natale, Sebastian. Tieni, questo è per quei deliziosi gattini che tieni nascosti nell'armadio. Ci vediamo a ora di pranzo!-
Il maggiordomo rimase immobile, totalmente incapace di muoversi e di formulare un pensiero coerente sul motivo della scenetta di cui era appena stato protagonista. Di certo, il demone non era un tipo che rimaneva scioccato per eventi particolari e soprannaturali, ma questo... questo superava ogni immaginazione! Come diamine faceva a sapere quel marmocchio dei gatti che teneva nell'armadio? Mah, i misteri del mondo.
Verso le dieci del mattino, la campanella all'ingresso suonò. Ciel si precipitò ad aprire. Timida e ritrosa alle spalle della zia Francis, c'era Elizabeth, che cercava di scappare allo sguardo del giovane Phantomhive. Il quale, con un elegante inchino le prese la mano e la invitò ad entrare.
-Benvenuta, mia Lady. Ti stavo aspettando con ansia. Benvenuta zia Francis. Prego, accomodatevi!-
Entrambe sorprese da quel cambiamento nel comportamento del conte, lo fissarono, titubanti.
Elizabeth azzardò il gesto di toccargli una spalla.
-Ciel... ti senti bene?-
Il ragazzo rise. -Mai stato meglio in vita mia, Lizzy. Anzi, ti chiedo perdono per il mio riprovevole comportamento di ieri. Questo pomeriggio, nessuno ci priverà di una splendida passeggiata a cavallo sotto la neve.-
Commossa, la lady lo abbracciò, quasi sull'orlo delle lacrime. -Grazie Ciel, grazie!-
Fu il più bel Natale per Ciel dai tempi della sua infanzia. Si stupì di quanto poco bastasse per rendere felici le persone che gli stavano accanto. Un sorriso, una parola, una carezza.
E comprese quante occasioni aveva perso fino a quel momento, perso nei suoi schemi rigidi e nel suo egocentrismo. Giurò a sé stesso che mai avrebbe reso qualcuno infelice. La vita era troppo breve per crogiolarsi in dispiaceri e rimorsi.
Da quel Natale, il conte Ciel Phantomhive diventò una persona nuova. Molti ridevano dei cambiamenti che si erano operati in lui. Ciel li lasciava ridere, felice di aver finalmente compreso quali fossero le cose  che veramente contavano: la felicità delle persone che amava e il loro benessere. Di lui si disse che sapeva come far vivere lo spirito del Natale tutto l'anno. Mille e mille volte, il conte ringraziò in cuor suo gli spiriti, che gli avevano permesso di diventare una persona migliore. Avevano permesso la nobiltà non solo del suo titolo, ma anche del suo spirito.
Avrebbe onorato e rispettato il Natale fino alla fine dei suoi giorni, agendo in suo nome in ogni circostanza possibile.
Sempre sorridendo di fronte a chi, ancora incredulo, si stupiva del suo meraviglioso cambiamento.


Fin

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