You are perfect to me

di heyitsgeorgia13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** so sick ***
Capitolo 2: *** coming back home ***
Capitolo 3: *** let's get the party started ***
Capitolo 4: *** welcome back to your old life. ***
Capitolo 5: *** Will you marry me? ***
Capitolo 6: *** you can't judge me for this ***
Capitolo 7: *** this little secret ***



Capitolo 1
*** so sick ***


 Questo è il sequel di My life would suck without you e per chi non l’ha letto sarà un po’ difficile capira, ma farò comunque accenni a quella fanfiction non vi preoccupate.

 
- Fai come ti pare, io me ne vado – urlò prima di sbattere la porta dello studio più forte che potè.

 Questi litigi andavano avanti da più di un mese ormamai. Sapeva che erano entrambi stressati per via del lavoro e dell’imminente matrimonio di suo fratello, che si era incaricato di preparare, ma le cose non potevano andare avanti così.
Era stufo di ritornare a casa la sera, stanco e stressato, e di dover affrontare l’ennesima “guerra” in quella casa. Gli mancava quel periodo in cui tutto era “perfetto”, quando le urla non erano l’unico modo di comunicare tra i due.
I suoi pensieri furono interrotti dal suono del campanello.
Presi i suoi ultimi disegni, indossò il giubbotto, rigorosamente firmato, e finalmente andò ad aprire la porta.
- Oh eccovi – esclamò – Scusaci, ma il parrucchiere l’ha tirata per le lunghe e abbiamo anche trovato traffico – si scusò la ragazza entrando in casa. Lui sorrise e sospirò – Grazie per essere venute. Devo portare queste bozze in ufficio e prendere le cose per Rachel. Vedi se riesci a tirare fuori quell’essere dal suo studio, è li dentro da ieri sera. Ho tentato di parlargli più volte, ma l’unica cosa che sono riuscito a fare è stata farlo urlare. E sono decisamente stufo – disse in tono esasperato.
La ragazza abbozzò un sorriso – Non ti preoccupare, ci penso io. Tu vai pure in ufficio, e non fare tardi – gli disse dolcemente e il giovane la abbracciò.
- Zio, zio..ti piacciono i miei nuovi capelli? – la bambina, in piedi sul divano, urlò tutta contenta attirando la sua attenzione.
L’espressione corrucciata sul volto del ragazzo si trasformò in una di pura adorazione – Sei bellissima piccola mia – gli rispose avvicinandosi e accarezzandole la guancia. Lei gli fece un sorrisone e lui si sciolse del tutto – Okay scricciolo, ora devo andare in uffici. Appena torno, però, ti prometto che giocherò con te alle principesse – la bimba gli si gettò al collo e gli schioccò un bacio sulla guancia.
- Okay nana, lascia andare tuo zio o non tornerà più a casa e niente coroncina e sciettro – la piccola ubbidì e il ragazzo, sorridendo, riuscì finalmente ad uscire di casa per andare all’ufficio.
- Eveline abbiamo un compito importantissimo da fare. Pronta? – le chiese la giovane tirandola giù dal divano – Prontissima mamma! – esclamò la bimba saltellando accanto a lei.
La madre sospirò profondamente e, insieme, si diressero, mano nella mano, verso lo studio. La porta era chiusa – Blaine Anderson, ti voglio fuori da quello studio al mio tre! Uno..due.. – la porta prontamente si aprì e il ragazzo uscì, dirigendosi, senza darle ascolto, in cucina.
Le due lo seguirono – Zioo! – strillò Eveline prima di saltare in braccio a Blaine. Lui la stinse forte a se – Piccola sei bellissima. La mamma ti ha portata dal parrucchiere? – la piccola annuì senza staccarsi dal collo dello zio.
- Eve fa la brava e scendi. Io e mio fratello dobbiamo parlare un secondo – la bimba scosse la testa – Zio Bliane, io voglio rimanere qua – si lamentò e lui sorrise dolcemente – Piccola hai solo cinque anni, quando sarai più grande potrai assistere ai discorsi dei grandi – le spiegò dolcemente.
Eveline mise il broncio e Nicole rise – Andiamo nana, quella faccia con Blaine non attacca – la informò – Vai pure in camera mia, puoi vedere i cartoni li – le disse lui facendola scendere.
Ubbidì e saltellando si diresse verso il corridoio – E comunque zio, io faccio sei anni la prossima settimana – lo informò prima di correre definitivamente in camera.
- Ha preso tutto da te – commentò il moro ridacchiando e versandosi, successivamente, un bicchiere d’acqua.
Lo bevve in rigoroso silenzio, sperando di dover rimandare quel discorso ad un altro giorno. Al contrario sua sorella era pronta a riempirlo di parole.
Rimasero in silenzio, a guardarsi, ancora per qualche secondo, poi finalmente la ragazza parlò – Spiegami che sta succedendo – gli ordinò e lui la fulminò con lo sguardo – Nicole non abbiamo più diciotto anni e.. – ma lei lo interruppe subito – E sono cambiate tante cose da allora, io sono la prima a dirlo – disse indicando in direzione della camera da letto – Ma di certo, di cervello, tu hai meno di diciotto anni – aggiunse mentre il ragazzo faceva una smorfia.
-  Allora hai intenzione di dirmi perché continui a trattare Kurt uno schifo? Perché continui ad urlare con lui per ogni minima cosa? – insistette. Il moro abbassò lo sguardo – Io..non lo faccio di proposito. Sono solo stressato e avevo bisogno di stare un po’ da solo per finire quel benedetto articolo, prima di partire per l’Ohio. Il mio capo mi sta con il fiato sul collo da più di un mese, continuando a dire che ogni articolo che scrivo è sempre più “smorto” e voglio che questo sia perfetto. Kurt non fa altro che dirmi che gli dedico poco tempo, e lo so che è così. Lo amo più di qualsiasi altra cosa, e anche io vorrei passare più tempo con lui..voglio solo finire questo lavoro e per il prossimo intero mese, sarò solo ed esclusivamente suo. Lo so che sto esagerando con questo comportamente e mi sento uno schifo per questo. Appena tornerà a casa dall’ufficio gli chiederò scusa, okay? – spiegò in tono triste.
La sorella gli si avvicinò e gli fece alzare il volto – Blaine, l’unica cosa che devi fare è metterti in questa testolina, ormai andata in pappa per le quintalate di gel che ti metti nei capelli, che te e Kurt state insieme da dieci anni ormai, tra alti e bassi. Lui ti conosce meglio di quanto tu conosca te stesso e ti caprirà se gli dici che sei stanco e stressato, e che sempre ti starà accanto – lo rassicurò dolcemente.
Blaine, al contrario sbuffò rumorosamente – Posso dirti una cosa? – le chiese e lei annuì – Non penso che questo sia il vero motivo per cui io mi senta così..strano quando lui è qui con me – disse timidamente.
La ragazza lo guardò visibilmente confusa – Voglio chiedergli di sposarmi, e ho paura che mi dica di no – le confessò.
 
- Sei stata fantastica come sempre – disse appoggiando il mazzo di rose, comprato prima di arrivare in teatro, sul bancone.
Non riuscì neanche a terminare la frase che si ritrovò un paio di labbra a catturare le sue in un baciò appassionato.
Sospirò in quel bacio, mentre cingeva la vita della ragazza con le braccia – A cosa devo tutto questo? – chiese una volta che si staccò da quelle labbra per prendere fiato.
La sua fidanzata gli sorrise – Al fatto che ti amo più di qualsiasi altra cosa – le rispose – E che fra meno di un mese sarò finalmente la signora Rachel Barbra Berry-Hudson – esclamò tutta eccitata.
Finn rise divertito – È un po’ che non ti vedo così – la prese in giro e lei fece una smorfia – Lo sai che lo spettacolo mi sta uccidendo. Meno male che riprenderò tra tre mesi, ho proprio bisogno di una vacanza. Poi c’è tuo fratello che mi sta tirando pazza per preparare questo matrimonio – si lamentò, mettendosi a sedere davanti allo specchio e cominciando a struccarsi.
Il ragazzo scosse la testa e la imitò, sedendosi nella sedia accanto alla sua – Sicura che non sei te quella che lo sta facendo impazzire? – chiese senza malizia, ma lei lo guardò malissimo.
Ancora una volta lui scoppiò a ridere – Va bene, lo ammetto – disse, infine, Rachel – Voglio solo che tutto sia perfetto. Me lo merito, non credi? – confessò, senza togliere gli occhi dalla sua figura riflessa nello specchio.
Lui sorrise e annuì – Ti meriti questo e altro Rachel – confermò per poi allungarsi e lasciarle un bacio sulla tempia.
Rimasero in silenzio finchè lei non finì di struccarsi completamenmte – E comunque, amore, abbiamo ancora tantissime cose da fare – lo informò. A quelle parole il ragazzo la guardò spaventato – Non mi guardare in quel modo, dobbiamo e basta – lo ammonì lei per poi scoppiare a ridere.
Lo vide sospirare – Allora ho chiamato Shelby e ha detto che verrà a Lima con Beth solo una settimana prima del matrimonio. Anzi no, Shelby mi ha detto che Beth è già in Ohio, mi ero dimenticata. Quinn e Sam verranno con noi e Amanda, domani – Finn la interruppe immediatamente – Amanda? Non dirmi che viene anche lei – si lamentò.
A quel punto Rachel gli tirò un leggero pugno sulla spalla – Lo so che non puoi vederla e che non vi state tanto simpatici. Ma lei è la mia migliore amica e pretendo che tu la tratti bene. Ci siamo capiti? – intimorito si limitò ad annuire.
La ragazza andò avanti – Poi..Blaine, Kurt, Nicole e la piccola Eveline ci raggiungeranno sabatonel pomeriggio. La stessa cosa penso faranno Tina, Mike, Brittany e Santana. No apetta, hanno detto che verrano anche loro venerdì sera. Comunque gli altri, invece, sono già a Lima, o comunque nell’Ohio. Mercoledì ho promesso a Schuester che lo andremo a trovare, e così faremo tutti. E quando dico tutti, intendo tutte le New Direction. – lo informò e lui annuì per tutto il tempo.
Rachel rimase comunque pensierosa – Giustamente tu andrai a stare dai tuoi, e io dai miei – la guardò malissimo – Ci vedremo tutti i giorni e potrai stare da me a dormire qualche sera – lo rassicurò – Ah e domenica dobbiamo ricordarci che a casa Anderson c’è il compleanno di Eve – aggiunse.
Sul volto di Finn si dipinse un’espressione di puro terrore – Non dirmi che ti sei dimenticato di andare a ritirare il suo regalo? – le chiese lei in tono stizzito e lui annuì leggermente.
Vista quella reazione la ragazza scosse la testa sconsolata – Vedrò di farmelo spedire a Lima – disse più a se stessa che a lui – Se non ci fossi io, il mondo andrebbe a rotoli – aggiunse poi.
Il ragazzo le si avvicinò la baciò dolcemente – Ed è per questo che ti amo così tanto – le confessò.
 
Quel venerdì sera Santana uscì dal suo ufficio in largo anticipo. Erano solo cinque del pomeriggi, ma, essere il capo li dentro, ogni tanto le dava un po’ di libertà.
Cosa che invece non faceva il traffico di New York. Infatti, ci mise più di un’ora per arrivare alla scuola di danza che Mike e Brittany avevano aperto tre anni prima.
Parcheggò la macchina e si diresse, correndo, verso l’entrata. Una volta dentro lo stabile andò direttamente verso la sala dove avrebbe trovato la sua Brittany.
- Santana eccoti – la ragazza fu però fermata da Tina che le veniva in contro – Hey Tina – la salutò con quel suo modo quasi scontroso, che non l’aveva abbandonata anche a distanza di dieci anni.
L’asiatica le sorrise e lei si accorse che aveva per mano i due bambini – Ciao Andrew, hai fatto il bravo con la zia Tina? – chiese e il bambino annuì, mordendosi il labbro – Sono sempre bravo, mamma. E poi mamy e zio Mike hanno insegnato a me e Bella dei nuovi passi di danza – le spiegò tutto contento.
L’ispanica sorrise radiosa a suo figlio – Sei tutto tua mamma – gli disse dolcemente, per poi dargli un bacio sulla guancia.
 - Eccoti finalmente, credevo non saresti più arrivata – disse una voce alle loro spalle. La mora si girò e sorrise – Scusa ma ho trovato traffico – rispose per poi abbracciarla e baciarla dolcemente sulle labbra.
I due bambini si guardarono – Le tue mamme sono bellissime lo sai? – Bella commentò e Andrew annuì – Come la tua mamma e il tuo papà – confermò lui vedendo Mike e Tina sorridersi dolcemente.
- Non devi scusarti, l’importante è che tu sia arrivata – le disse Brittany, stofinando il naso con quello di lei.
Mike interruppe quel momento romantico – Allora pronti ad andare all’aereoporto? Lima ci aspetta – esclamò, prendendo le borse e uscendo per caricarle in macchina.
I bimbi sembravano i più eccitati – Si! – strillarono – Non vedo l’ora di andare a vedere dov’è sono nate le mie mamme – commentò il piccolo – E andare al compleanno di Eve e fare la damigella al matrimonio di Rachel – aggiunse la bambina.
- Andiamo dai – asclamarono Brittany e Tina all’unisono.
Andrew e Bella ubbidirono, e prendendo per mano le loro mamme si diressero in macchina, pronti per andare all’aereoporto e partire, finalmente, per l’Ohio.


Nota dell’autrice:
 
Buonasera a tutti!
Ebbene si sono tornata e vi tocca tornare a leggere queste schifezze che scrivo ahah
Spero vi piaccia e boh questa nota è corta ma tornerò prestissimo.
Fatemi sapere, un bacio,
 
-Georgia



 

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Capitolo 2
*** coming back home ***


- Tesoro vedi di finire i compiti prima che arrivi tuo padre o si arrabbierà con me – Quinn entrò in sala con in mano un piatto pieno di biscotti appena sfornati e lo posò sul tavolino accanto alla bambina.
Lei sorrise – Papà non si arrabbia mai con te – la rassicurò ma la ragazza scosse la testa – Quando eravamo alle superiori lo faceva sempre, fidati. Lo puoi anche chiedere a Sam – la informò ridendo e lui annuì.
- Comunque  mi manca questo problema e poi ho finito tutto – esclamò tutta  contenta – Sammy mi potresti aiutare che non l’ho capito? – chiese poi al ragazzo seduto sulla poltrona di fronte a lei.
Lui distolse lo sguardo dal libro che stava leggendo e le sorrise dolcemente – Certo Beth, fammi vedere – le rispose poi alzandosi e andandosi a sedere a terra accanto alla piccola.
I due si concentrarono e in meno di cinque minuti i compiti erano finalmente conclusi.
Beth allora andò a sedersi sul divano a guardare la tv, con in grembo il piatto di biscotti, mentre Sam tornò al suo libro. Quinn invece si sedette accanto a sua figlia e cominciò a sfogliare le riviste di moda.
- Sono emozionata per il matrimonio di Rachel – esclamò, dopo diversi minuti di silenzio, la giovane – E poi lei mi permetterà di fare la sua damigella, sono troppo contenta – era davvero su di gira da quando la sorellastra le aveva comunicato la notizia.
La bionda alzò gli occhi dalla rivista e le sorrise – Sarai bellissima. Conoscendo Kurt, avrà preso per te il vestito più bello di tutti – disse accarezzandole i capelli – Rachel ha detto che la prossima settimana devo andare a provarlo con loro, non vedo l’ora! – la informò euforica.
Pochi secondi dopo però il sorriso sulle sue labbra si spense e sul suo volto si disegno un’espressione triste – Che c’è piccola? – le chiese Quinn preoccupata. La bimba alzò le spalle – Mi manca la mamma – dispose spostando poi il piatto dalla sue gambe, appoggiandolo sul tavolino da caffè davanti a lei.
La ragazza le accarezzò ancora una volta i capelli – Lo so tesoro, ma lo sai che Shelby doveva andare a New York per finire quella serie tv. Vedrai che il tempo passerà in fretta e lei sarà qui prestissimo – la rassicurò e la piccola abbozzò un sorriso – Lo spero tanto mamy – disse appoggiango poi la testa sulla sua spalla.
Quell’ultima parola scaldò il cuore di Quinn. Non capitava tutti i giorni che Beth la chiamasse mamma.
In fondo lei era poco presente nella vita di suo figlia, cosa che non si poteva dire per Puck. Infatti il ragazzo negli ultimi sei anni aveva vissuto insieme a Shelby, in Ohio, e aveva fatto il papà della bambina a tutti gli effetti. Lei, invece, vivendo a New York insieme a suo marito, Sam, aveva poco tempo da passare con la sua bimba e riusciva a vederla solo pochi giorni al mese.
Amava quella creatura con tutto il suo cuore e, anche se molto spesso veniva chiamata solo Quinn e la cosa faceva male, la capiva e non per questo le voleva meno bene. Alle volte però, sentir chiamare Puck e Shelby, papà e mamma senza problema, la feriva moltissimo, ma lo accettava e se ne faceva un ragione.
In mometi come questo, però, quando Beth trovava il coraggio di chiamarla mamy..beh erano i momenti più belli della sua vita.
I suoi pensieri vennero però interrotti dal suono del campanello – Vado io – disse Sam alzandosi e dirigendosi verso la porta.
- Dov’è l’unica vera donna della mia vita? – Puck entrò in soggiorno, urlando. Beth saltò su e gli corse in contro – Papà – stillò a sua volta abbracciandolo come se non si vedessero da anni, e invece era solo da quella mattina.
Poi i due si andarono a sedere, lei vicino alla sua mamma e lui vicino all’amico – Allora hai fatto tutti i compiti? – le chiese e lei annuì – Si, mi ha aiutato Sammy – rispose sorridendo.
- E questo fine settimana, visto che non hai compiti da fare, che facciamo? – le chiese ancora e questa volta la bimba si limitò ad una alzata di spalle.
Quinn intervenne nel discorso – Ieri mi ha chiamato Kurt e ha detto che domenica ci sarà il compleanno di sua nipote, Eveline, e siamo tutti invitati. Domani potremmo andare a fare shopping e comprarti un vestito bello per la festa. Che ne dici Beth? – chiese sorridendo.
La piccola non sembrò pensarci su – Si, voglio andare alla festa. Possiamo andare alla festa papà? Voglio conoscere tutti i tuoi migliori amici, quelli che non conosco già volevo dire. E poi voglio conoscere Eveline, Quinn dice che è una bambina stupenda. Penso che ci sarà anche Rachel..non vedo l’ora di riabbracciarla, possiamo papà? – chiese a sua volta saltellando, eccitata, sul divano.
Puck non sembrava della stessa idea – Amore non è che andresti un secondo in camera di Quinn a giocare? Così noi tre possiamo parlare – le ordino gentilmente mentre lei mise il broncio – Papà ho undici anni, posso benissimo sentire quello che avete da dire. Non sono più una bimba – protestò, ma Noah sembrava irremovibile – Dobbiamo parlare della festa, ti spiego dopo okay? – la informò e lei riluttante ubbidì sparendo su per le scale.
Il ragazzo prese un respiro profondo – Per nipote di Hummel..tu inteni la figlia di Nicole? – chiese abbassando lo sguardo. Sia Sam che Quinn annuirono.
Poi il biondo, prese la parola – Lo sappiamo che tu e lei non siete più in buoni rapporti, ma pensa che sia un’occasione per stare di nuovo tutti insieme..noi del Glee intendo. E poi Beth sembra entusiasta, e vuole andarci – gli spiegò.
- Non è quello..io..sono più di sei anni che non la vedo e, l’ultima volta che ci siamo parlati, quattro anni fa, abbiamo litigato di brutto. Non credo di riuscire a guardarla negli occhi dopo quello che è successo – a sua volta spiegò.
Quinn scosse la testa esasperata – Puckerman, tu e Shelby non state più insieme da tre anni ormai. Sappiamo quanto lei fosse gelosa del fatto che tu provassi a riallacciare i contati e scusarti con lei. Ora potresti andare la e provare a fare quello che che hai sempre voluto fare da sei anni a questa parte – lo rassicurò.
Puck annuì – Allora andiamo alla festa – sembrava convinto.
 
- Allora Rachel ci ha detto che i bambini a scuola ti fanno disperare, non è vero? – chiese Leroy, uno dei padri della ragazza.
Era sabato mezzogiorno e Finn era stato invitato a casa Berry per il pranzo.
Mandò giù il boccone (si finalmente, a ventotto anni, aveva imparato a mandar giù prima di parlare) e rispose – Si signore, abbastanza. L’altro giorno stavo insegnando loro a saltare la corda e due di loro hanno preso la fune, me l’hanno legata ai piedi e sono..beh caduto. Ma nulla di che, sono dei bravi bambini dopo tutto – gli spiegò.
Tutti gli sorrisero mentre Amanda, la migliore amica di Rachel, scoppiò a ridere – Sei proprio un’imbranato Finn – lo prese in giro.
Il ragazzo abbassò lo sguardò sul piatto e cominciò a giocherellare con il cibo. Nessuno, eccetto Rachel, si accorse dell’espressione che si era dipinta sul suo volto. Istintivamente lei allungò una mano e accarezzò il dorso della sua con il pollice.
Lui sapeva di essere un’imbranato, non era la prima persona che glielo diceva, ma Amanda usava sempre un pizzico di cattiveria nel dirgli le cose e a lui questo dava davvero fastidio.
- E tu Amanda, che fai? – le chiese Hiram, sorridendole. La ragazza si schiarì la voce – Io insegno musica alla scuola vicino casa mia e amo quel lavoro. I miei bambini sono degli angeli, non fanno mai arrabbiare e sono calmissimi. Ma forse non sono loro il problema, ma sono io, che rispetto a Finn, riesco a gestirli. Invece lui.. – lasciò cadere la frase non volendo infierire.
Il ragazzo irritato da quelle parole scattò in piedi – Rachel mi ha chiesto di trattarti nel migliore dei modi e ti pregherei di fare lo stesso con me, da persona educata. Non so quale sia il tuo problema nei miei confronti, ma ti pregherei di non trattarmi uno schifo, visto che io non lo sto facendo con te – le disse leggermente alterato.
- Ora scusate ma devo tornare a casa. Kurt, Blaine, Nicole e Eveline tornano oggi pomeriggio e ho promesso a mamma di essere a casa per allora – spiegò loro – Grazie mille per il pranzo signori Berry – poi si rivolse a Rachel – Noi ci vediamo da me stasera alle sette per la cena – le sussurrò un “ti amo” all’orecchio prima di baciarla velocemente – Grazie ancora e arrivederci – disse prima di uscire.
 
La porta di casa Hummel-Hudson si aprì immediatamente, appena il campanello suonò. Burt, come sempre con il suo amato cappellino in testa, apparve sulla soglia con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia – Figliolo! – esclamò allargando le braccia.
Kurt si catapultò letterelmente contro di lui, permetterdogli di stringerlo in un fortissimo abbraccio – Mi sei mancato – gli disse – Anche tu papà, tanto – disse il ragazzo a sua volta.
- Su, basta smancerie. Lasciamo entrare anche gli altri in casa – disse l’uomo sorridendo.
Il giovane sorrise ed entrò in casa per salutare Carole e il suo fratellastro.
Poi Burt abbracciò una sorridente Nicole – Buuuurt! – strillò Eveline saltandogli in braccio – Nanerottola, finalmente sei tornata – le disse facendola girare. Per lui quella bambina era come una terza figlia. Adorava riempirla di attenzioni, viziarla e spesso sua madre lo sgridava, scherzando, per le tantissime cose che faceva per lei.
- Guarda chi c’è? – la informò appoggiandola poi a terra ed indicando verso sua moglie e Finn che aspettavano la bambina a braccia aperte. Lei gli saltò addosso e si lasciò coccolare.
L’ultimo ad entrare in casa fu Blaine – Figliolo – lo salutò l’uomo abbracciandolo – Burt – fece lui ricambiando l’abbraccio con la stessa intensità.
Quando si staccarono, l’uomo lo esaminò per bene. Aveva l’aria stanca e anche un po’ malaticcia – Tutto bene? – gli chiese.
Il ragazzo guardò Kurt negli occhi, che gli sorrise debolmente, per poi voltarsi verso Carole – Si tutto bene. Il lavoro mi ha stancato parecchio, ma ora posso riposare – rispose, mentendo, in parte. E questo a Burt non scappò, ma decise di non affrontare quel discorso in quel momento, l’avrebbero fatto un altro giorno.
- Vado a portare le borse in camera mia – Kurt informò la famiglia – Ti accompagno? – gli chiese timidamente Blaine.
Il controtenore si voltò verso il suo ragazzo e lo guardò dritto negli occhi – Non ti preoccupare – gli sorrise – So cavarmela anche da solo – e con questo si rivoltò e si diresse al piano superiore, mentre il riccio lo fulminava con lo sguardo. Eccola la frecciatina che aspettava da quando si era svegliato quella mattina.
Tutti si accorsero del loro comportamente ma nessuno fiatò – Blaine, Nicole, andate pure in salotto con Finn. Io porto Eveline a prendere i colori che le ha comprato Burt – disse Carole, prendendo la piccola per mano e portandola in cucina.
- Burt, non lo hai fatto davvero, vero? – le chiese la giovane sorridendo. Lui le scoccò un sguardo colpevole e i due scoppiarono a ridere – Grazie – gli disse prima di seguire il fratello e l’amico in salotto.
Si sedettero sul divano – Comunque tra un paio di minuti dovrebbe arrivare Rachel e poi mangiamo – li informò Finn ma Nicole era già pronta a tartassare il fratello di domande. Stava per cominciare ma la figlia irruppe nella stanza – Mamma mamma..guarda che cosa mi hanno regalato? – disse sventolandole davanti l’album da colorare – È stupendo amore – le rispose lei accarezzandole la guancia. Poi la piccola si voltò verso Finn – Posso mettermi qua sul tavolino a colorarli? – gli chiese e lui scoppiò a ridere – Non devi neanche chiederlo nanetta. Certo che puoi – e le fece spazio sul tappeto.
- Allora? Gli hai parlato o no? – Nicole, parlando sottovoce per non farsi sentire dalla figlia, ma abbastanza da farsi sentire dall’amico, finalmente riusci a chiedere a suo fratello.
Lui si passò una mano tra i ricci scompigliati – Ci ho provato, ma..lo hai visto come mi tratta. O non mi parla proprio, o mi lancia quelle frecciatine o cominciamo ad urlare – rispose esasperato.
Hudson li guardò confuso – Che è successo? – chiese preoccupato e Blaine gli sorrise tristemente – Nulla davvero. Lo sai com’è fatto, tuo fratello è leggermente schizzato a volte – gli rispose e sua sorella scosse la testa.
Alle loro spalle arrivò una voce stridula – Ah ed io sarei schizzato? Buono a sapersi. Blaine veramente io mi sono.. – ma fu subito interrotto dalla migliore amica – Kurt ti prego. C’è Eveline lì, non mi va che vi senta litigare – lo implorò – Per favore – disse rivolgendosi successivamente a tutti e due.
Poi nella stanza calò un silenzio imbarazzante, interrotto solo diversi minuti dopo dalla vocina melodiosa di Eve – Zio Kurt – disse attirando la sua attenzione – Vieni a colorare con me? – gli chiese e l’espressione sul volto del ragazzo si addolcì immediatamente – Certo piccola, fammi spazio – le rispose sedendosi a terra, accanto a lei. 
Alle sette in punto arrivò Rachel e tutti quanti si sedettero a tavola per cenare. Mangiarono in rigoroso silenzio, parlando del più e del meno, ma la tensione era palpabile.
Dopo cena Kurt si preoccupò di accompagnare a casa gli Anderson.
- Figlioli miei! – esclamò Anne, accogliendo i suoi due “piccoli” in casa – Mamma ti prego mi stai soffocando – si lamentò Nicole cercando di togliersi la madre di dosso, con poco successo. Allora ci penso sua figlia – Nonnaa! – urlò Eveline saltandole addosso.
La donna la strinse forte a se, per poi farla sedere sul tavolo – Guardati sei diventata grandissima. E domani farai sei anni – disse dandole un bacio sulla fronte. Poi si voltò per abbracciare anche Kurt – È bello rivederti – gli disse – Anche per me è bello rivederti Anne – gli rispose con un sorriso.
Dopo il loro discorso, avvenuto la sera dell’ultimo ballo, le cose tra loro erano solo migliorate e ora erano davvero in sintonia.
- Vostro padre ha detto che passa domani per il compleanno, poi però dovrà partire per San Francisco per lavoro. Penso che non ci sarà molto, ma non è una novità – spiegò loro. I sognori Anderson, dopo che Blaine e Nicole erano partiti per New York, avevano deciso di prendersi qualche tempo per riflettere sui loro errori e sul loro rapporto. Questo periodo di “riposo” però aveva solo portato al divorzio tra i due.
- Okay, vi aiuto con queste borse e poi torno a casa – li informò Kurt sorridendo. La signora Anderson, preoccupata, fece passare lo sguardo da suo figlio al suo ragazzo, senza però dire nulla. Era sicura che se ci fosse stato qualcosa che non andava Blaine gliel’avrebbe detto.
Così fecero: Nicole prese in braccio sua figlia e salì in camera, seguita da Kurt che portava le valige. Blaine, invece, prima di salire diede un bacio a sua madre e le fece un sorriso rassicurante. Poi pian piano, salì le scale e entrò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle.
Non fece in tempo a gettare le borse a terra che la porta si riaprì – Io..ho finito quindi andrei. Ci vediamo domani al compleanno di Eve. Arriverò per le dieci, o giù di lì. Dobbiamo preparare tutte le cose, ma ce la faremo, o almeno spero – gli spiegò – Buonanotte – disse poi con un sorriso e si voltò pronto per scenderele scale e tornare a casa.
Ma Blaine con uno scatto lo prese per il polso – Aspetta – gli disse e Kurt si voltò guardandolo confuso – Io.. - cominciò a dire ma si sentiva la gola secca e la bocca impastata – Domani è il compleanno di Eve e..ti prego rimani qui a dormire – lo implorò.
Il controtenore scosse leggermente la testa – Non farlo per me, fallo per lei – insistette. A quelle parole il giovane sospirò profondamente – Va bene – acconsentì.
Il moro lo condusse sul letto e i due si sdraiarono uno accanto all’altro. Senza pensarci due volte il riccio lo strinse a se, permettendogli di appoggiare la testa sul suo petto – Buonanotte Kurt – sussurrò – Buonanotte Blaine – disse sollevando di poco la testa per potergli dare un leggero bacio sul collo.
Rimasero così per qualche minuti – Ti amo Blaine – disse poi in un sussurro – Ti amo anche io Kurt – mormorò l’altro baciandolo sulla testa, prima che il sonno si impossessasse di loro.


 Nota dell’autrice:
 
Buonasera a tutti!
ecco il nuovo capitolo. Lo so, lo so, ora mi starete odiando tutti ma..vi posso promettere che non farò mai più lasciare Blaine e Kurt, dovete stare tranquilli (o forse no?)
comunque mi avevate chiesto dove fosse finito Puckerman, quindi eccovelo qui.
Lo so che ora vi starete chiedendo perché lui e Nicole non stanno più assieme e io vi dico..leggete i prossimi capitoli e lo scoprirete ahah
Piccola anticipazione: il prossimo capitolo sarà incentrato sul compleanno di Eveline e ritroveremo tante belle persone e gli amori della mia vita, ma non vi dirò chi sono!
Per ultimo volevo ringraziare la mia beta Jekka e Katia..perchè beh è stupenda <3
Il prossimo capitolo però vi devo avvisare che non arriverà prima di mercoledì, causa esame di storia moderna e problemi famigliari.
Fatemi sapere che ne pensate..a presto, un bacio..
 
-Georgia


 

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Capitolo 3
*** let's get the party started ***


- Sveglia, sveglia! – strillò Eveline, seduta sulla schiena di Blaine.
 

Quella mattina si era alzata prestissimo e immediatamente aveva svegliato sua madre. Successivamente era corsa in camera dei suoi zii e aveva fatto alzare Kurt, implorandolo di prepararle la colazione che lei amava tanto.
Con un dolce sorriso stampato in faccia il ragazzo si era scrollato di dosso il suo fidanzato, cercando di non svegliarlo, e, dopo aver lasciato un bacio sulla fronte alla sua nipotina, era sceso in cucina a preparare la colazione per tutti.
Ora la piccola stava saltellando neanche tanto delicatamente sulla schiena dell’altro zio, cercando di svegliarlo ma Blaine, non curante del dolore che ben presto le avrebbe provocato, continuava imperterrito a dormire.
- Zio ti vuoi svegliare? – alla fine Eve decise di urlargli in un orecchio. Il ragazzo fece un verso tra il frustrato e il dolorante, e si girò facendo finire la bambina sdraiata a pancia in su in mezzo al letto.
Poi voltò lo sguardo verso di lei e le sorrise – Ti sei svegliato finalmente – gli disse mettendosi a sedere.
Lui sbuffò divertito – Io dire che sei stata tu a svegliarmi, se no starei ancora dormendo – la informò e la bimba lo guardò malissimo – Zio è la stessa cosa. Ti sei svegliato, ti ho svegliato io, hai comunque gli occhi aperti – rispose con ovvietà.
Il giovane scoppiò a ridere – Sei uguale a tua madre, te l’ho mai detto? – chiese e lei annuì – Tutti i giorni e stai diventando noioso – lo prese in giro.
A quelle parole Blaine spalancò gli occhi – Io sarei noioso? – le chiese ancora e la bimba si limitò ad annuire – E ora ti faccio vedere io quanto sono noioso – l’avvertì.
Senza darle tempo le si avvicinò e, posando le mani sui suoi finachi, cominciò a farle il solletico. Eveline dapprima cominciò a contorcersi leggermente, poi scoppiò in una risata sfrenata mentre cercava di divincolarsi e liberarsi dalla presa di suo zio.
- Ti prego basta zio – disse con le lacrime agli occhi. Blaine si bloccò immediatamente, risdraiandosi accanto a lei e stingendola forte a se.
Le baciò dolcemente la testa – Buon compleanno piccola mia – le sussurrò. Sul volto della piccola si aprì un immenso sorriso – Grazie zio – gli rispose per poi alzarsi e scattare giù dal letto – Andiamo a fare colazione? Mamma e zio Kurt sono già in cucina e credo che ci stiano aspettando – lo informò.
Il moro la imitò e prendendosela in spalla uscì dalla stanza e cominciò a scendere le scale – Su principessa andiamo a mangiare – esclamò entrando poi in cucina.
Ad aspettarli c’era una tavola imbandita e tutto era pronto per essere divorato.
Blaine fece sedere Eve sulla sedia, arruffandole i lunghi capelli neri, poi si avvicinò a Nicole e le stampò un bacio sulla guancia. Infine andò a salutare Kurt, intenro a preparare gli ultimi pancakes.
Lo abbracciò da dietro, posando il mento sulla sua spalla – Buongiorno – gli sussurrò all’orecchio. Il controtenore sorrise affettuosamente e poi voltò il viso, lasciando un leggero baciò sulla guancia del suo fidanzato – Buongiorno a te – rispose mettendo poi quello che aveva appena cucinato nel piatto.
- Su bambinone vai a sederti vicino alle tue donne che la colazione è pronta – lo prese in giro e quando si girarono videro madre e figlia che li fissavano con sguardo adorante.
I due le guardarono straniti, poi si sedettero al tavolo e i quattro cominciarono a mangiare.
Allora tu e zio Blaine avete smesso di litigare? – chiese dopo un po’ la piccola. Kurt la guardò tristemente e poi cercò di abbozzare un sorriso – Si amore mio, abbiamo smesso – le rispose in tono non tanto convincente, ma a lei, ancora così piccina ed innocente, quelle parole sembravano come oro colato. Gli credeva, era tutto per lei e per il momento andava bene così, non voleva farla soffrire più di quanto lui e Blaine non avessero già fatto.
- Ora mangia – aggiunse – Che poi io e tuo zio dobbiamo darti il regalo – le confessò.
Eveline sembrò eccitata a quelle parole e, in rigoroso silenzio, finì la sua colazione.
 
Verso le tre cominciarono ad arrivare tutti gli invitati alla festa.
I primi in verità erano stati Rachel e Finn, accompagnati da Burt e Carole, che erano arrivati per pranzo e subito Eveline aveva cominciato a tartassare la ragazza con commenti sul regalo che Kurt e Blaine le avevano fatto: un vestitito color lilla e bianco, che poi aveva indossato alla festa.
Poi erano arrivati Tina, Mike, Santana e Brittany con i rispettivi bambini che erano andati subito a giocare con la festeggiata.
E in seguito era arrivato il resto delle New Direction, alcuni Warblers, tra cui Thad, Jeff, Nick, Wes e David che avevano immediatamente assalito Blaine e Kurt.
Gli ultimi ad arrivare furono Quinn, Sam, Puck e Beth.
- Quinny! – urlò Eve correndole in contro – Principessa auguri – le rispose lei abbracciandola.
Lo stesso fece poi Sam, che la sollevò da terra facendola ridacchiare.
Quando poi venne posata per terra squadrò l’uomo davanti a se – E tu chi sei? – chiese incuriosita. Il sorriso di Nicole, sorpresa della sua presenza, vaccillò – Noah – mormorò e lui le sorrise per poi rivolgersi alla bimba – Io mi chiamo Noah, ma puoi chiamarmi Puck – le rispose – E questa è mia figlia Beth – aggiunse – E tu devi essere Eveline, giusto? – la bimba annuì – Auguri – le fece allora con un sorriso.
La piccola abbozzò un sorriso, continuando a guardare l’uomo dritto negli occhi – Quanti anni fai Eveline? – le chiese Beth, ridestandola dai suoi pensieri – Sei, e tu quanti anni hai? – le chiese a sua volta.
La ragazzina sorrise – Io ne ho undici – rispose – Vuoi venire a giocare con noi? – chiese ancora la festeggiata e lei accettò volentiri lasciandosi prendere per mano e trascinare verso i giochi.
- È davvero una bella bambina – disse Puck guardando le due allontanarsi. Nicole gli sorrise timidamente – Beth è cresciuta tanto dall’ultima volta che l’ho vista – constatò e il ragazzo annuì senza dire nulla.
Tra i due poi calò un silenzio imbarazzante. Erano esattamente tre anni che non si vedevano ne sentivano e Nicole, anche solo a guardarlo negli occhi di sfuggita, sentiva le proprie guance andare a fuoco come le succedeva quando aveva diciotto anni.
La rabbia verso di lui però, sinceramente, non era diminuita di una virgola in quei sei anni che erano stati separati.
In suo aiuto arrivò per fortuna Santana – Puckerman hai deciso di portare il tuo bellissimo sedere alla festa? Ci sei mancato – gli disse abbracciandolo – Tu non tanto Lopez – rispose lui ridacchiando, per poi raggiungere Finn, Sam e Mike intenti a parlare.
- Tutto a posto? – chiese poi rivolta all’amica. Nicole si morse brevemente il labbro inferiore mentre tutte le sue amiche, proprio come succedeva quando erano al liceo, vennero in suo “soccorso” – Si, grazie ragazze. Sarà una lunghissima giornata ma ce la farò – le rassicurò sorridendo.
 
La festa stava procedendo bene, tutti si stavano divertendo e i bambini si stavano abbuffando di torta al cioccolato.
Kurt, che si era preoccupato insieme a Blaine della preparazione della festa, stava sistemando il tavolo dei cibi mettendo a posto i vari pacchi di patatine, quando il suo fidanzato lo abbracciò da dietro e gli lasciò un leggero bacio sul collo.
Dapprima il controtenore rabbrividì a quel gesto così dolce e affettuoso, poi dentro di lui qualcosa scattò. Immediatamente si staccò dal quell’abbraccio e guardò il moro quasi con rabbia – Che ho fatto? – gli chiese allora Blaine preoccupato – Non è questo il momento per queste cose. È il compleanno di nostra nipote e questa è la priorità, chiaro? –rispose lui a denti stretti.
Blaine rimase a fissarlo senza riuscire a dire una parola. Sembrava che durante la mattinata tutto fosse tornato alla normalità, che dopo quella notte erano tornati il Blaine e Kurt di sempre. Anche quando l’aveva sentito, con le sue stesse orecchie, dire a Eveline che avevano finalmente smesso di litigare, ci aveva sperato, aveva davvero sperato che fosse tutto a posto.
E invece si sbagliava di grosso.
- Kurt.. – cercò di dire allungando una mano per afferrare la sua, ma il ragazzo lo interruppe immediatamente – Blaine quella faccia da cucciolo bastonato non attacca più con me, lo sai bene. Sto solo cercando di rendere Eveline, una delle persone più importanti della mia vita, la persona più felice a questo mondo anche solo per un giorno. Se lo merita dopo tutto quello che ha passato, o sbaglio? Ma tu non ci arrivi, o forse non ti interessa – disse cercando di tenere il tono di voce abbastanza basso da non raggiungere le orecchie degli altri invitati.
Il moro non riusciva a credere alle proprie di orecchie – Non mi interessa? Spero che tu stia scherzando Kurt. Eveline è mia nipote, sangue del mio sangue, è come una figlia per me. L’ho vista crescere, diventare quello che è ora e, anche se ha solo sei anni, io sono fiero di lei e di potermi chiamare suo zio. Quindi, forse, qui quello a cui non interessa nulla sei tu. Cercavo solo di starti vicino, perché sei ancora il mio ragazzo, o almeno posso chiamarti ancora così, e a lei di certo non sarebbe dispiaciuto vederci abbracciati e felici, perché la rendiamo felice a sua volta. Ma sai cosa? Pensavo anche che dopo ieri sera le cose tra noi si fossero sistemate e invece mi sbagliavo. Non perdi mai occasione per sgridarti, urlarmi dietro e dirmi che sono un buono a nulla. Nella mia vita ci sono state troppe persone che lo hanno fatto, partendo da mio padre, e speravo che almeno tu mi trattassi in modo diverso – disse – Lasciamo perdere che è meglio. Quando ti sarà passato tutto questo e avrai finalmente capito quanto tu mi stia facendo soffrire, sai dove trovarmi – aggiunse allontanadosi.
- Non sai quanto tu mi stia facendo soffrire, Blaine, in questi ultimi mesi – disse Kurt con le lacrime agli occhi, ma il moro era già dall’altra parte del giardino, troppo lontano per sentirlo.
Santana, che aveva assistito da lontano alla scena, decise di non intervinire, cosa che era davvero strana per lei.
Ma si era comunque ripromessa che, molto presto, avrebbe fatto una chiaccherata con entrembi per riportarli sulla retta via.
Quella litigata però non era passata inosservata anche alle migliori amiche di Kurt. Infatti, quando lo beccarono finalmente da solo, lo placarono e Rachel, agitata, gli chiese subito che cosa fosse successo. Nicole era l’unica, in un certo senso, che sapeva che cosa c’era tra i due, ma non era mai andata a fondo alla questione e non aveva mai chiesto al suo migliore amico il perché si comportasse così.
- Ragazzi vi dispiace lasciarmi solo? Non me la sento di parlare ora – rispose loro, ma Mercedes non voleva sentire ragione – Mi dispiace zuccherino ma..no. Vogliamo sapere che succede, e lo vogliamo sapere subito – insistette.
Anderson invece prese l’amico sotto braccio e lo fece sedere – Kurt non devi per forza dirci che succede – le amiche cercarono di interromperla ma lei le fulminò con lo sguardo – Ma penso che ti faccia bene parlarne. Questa storia va avanti da un po’ ormai e mi fa male vedervi così – gli confessò.
Il contotenore sospirò profondamente – Okay, ma vi prego non giudicatemi – disse e loro annuirono – Blaine mi tradisce – mormorò.
Le tre ragazze rimasero a bocca aperta – Kurt.. – cominciò Rachel senza riuscire a dire altro se non che le dispiaceva. Mercedes lo abbracciò mentre Nicole scosse la testa – È impossibile – esclamò.
A quelle parole fu il turno del controtenore di scuotere la testa – Nicole penso sia vero – tentò l’ebrea – È diverso Rachel – la interruppe lui – È vero. Torna sempre a casa tardi la sera e esce prestissimo ogni mattina. Non fa altro che parlare del suo adoratissimo capo, di quanto sia bello, intelligente e pieno di talento. Continua a dire che lo riempie di complimenti e regali, gli ha dato pure l’aumento il mese scorso. Mi stupirei se non stessero già progettando di sposarsi segretamente. Anzi, mi sa che lo stanno già per fare. L’altro giorno stavo sistemando il suo cassetto e ci ho trovato dentro una scatoletta di velluto con un anello di fidanzamento – spiegò loro.
Le tre ragazze si l’un l’altra trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
Qualche metro più, intanto, in la stava succedendo più o meno la stessa cosa.
- Blaine Anderson siediti e dicci che succede – la voce di Wes arrivò forte e chiara alle orecchie del moro.
Si voltò verso i suoi amici e scosse la testa sconsolato – Non ora ragazzi, ho una festa da mandare avanti – disse loro. A quel punto Nick e Jeff lo presero di peso e lo adagiarono sulla prima sedia che trovarono – Non farmi ripetere hobbit, parla! – gli ordinò Thad in tono serio.
Il ragazzo sbuffò, incontrando poi gli occhi scuri di David e lanciandogli un segnale di aiuto, che però l’altro non colse – Okay, basta che la smettete di guardarmi così – disse prima di prendere un respiro profondo e cominciare a raccontare.
Spiegò loro della situazione che c’era tra lui e Kurt, dei continui litigi, delle proposta di matrimonio che voleva fargli e della sua paura che l’altro lo rifuitasse.
Il ragazzi si guardarono l’un l’altro – Blaine sei proprio sicuro che Kurt ti dica di no? – chiese Jeff incredulo e lui annuì – Andiamo vi amate dal primo momento che vi siete visti, non può dirti di no – spiegò Nick sicuro di quello che stava dicendo.
- Fermi tutti – esclamò Thad – Ho un’idea e sono sicuro che andrà tutto per il verso giusto – li informò.
Gli ex Warblers lo guardarono seriamente preoccupati, non bisognava mai fidarsi di Thad Harwood.



Nota dell’autrice:
 
Buonasera a tutti!
ecco il nuovo capitolo. Okay ora mi starete odiando TUTTI, ma avevo in mente questa cosa da quando ho iniziato a pensare a questa ff e dovevo farla.
Non vi preoccupate, si sistemerà tutto prima o poi.
Comuque forse alcuni volevano vedere un po’ più di movimento per quanto riguarda la festa ma devo spiegarvi una cosa. Io ho deciso di creare il personaggio di Eveline per far vedere come è cambiata la vita di Nicole nel corso degli anni, e per vedere come Blaine e Kurt si rapportino con lei. e sinceramente penso di avervi dato un esempio in questo capitolo.
Okay ora passiamo alle cose serie: dato che non aggiornerò fino alla prossima settimana..BUON NATALE A TUTTI!
Fatemi sapere che ne pensate. A presto, un bacio..
 
-Georgia


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Capitolo 4
*** welcome back to your old life. ***


Alla fine della festa di compleanno, gli ex componenti delle New Direction avevano deciso che, un giorno o l’altro, sarebbero ritornati tutti insieme al McKinley per ritrovare i loro vecchi professori, conoscere i nuovi componenti del Glee Club e dare loro qualche dritta su come vincere le Nazionali.
 La scelta ricadde sul mercoledì seguente, giorno in cui tutti erono sicuri di essere liberi da eventuali impegni.
Quella mattina Finn si alzò molto presto e particolarmente eccitato. Gli era mancato il MacKinley, lo doveva ammettere. Gli erano mancati i corridoi, la palestra, il campo da football e gli spogliatoi, ma più di tutto quelli di cui sentiva di più la mancanza era l’auditorium e la choir room.
Per non parlare di Schuester. Si erano visti un paio di volte dopo il diploma, ma era tutt’altra cosa da vederlo tutti i giorni e ascoltare perennemente i suoi consigli. Era stato come un padre per lui, e questo non l’avrebbe mai dimenticato.
Si vestì alla bene e meglio e corse in cucina a fare colazione, dove Kurt lo aspettava già vestito di tutto punto e con le chiavi della macchina in mano.
- Dobbiamo passare anche a prendere gli Anderson? – gli chiese inghiottendo il boccone che stava masticando. Il fratello scosse la testa esasperato – Se passiamo a prendere anche loro non ce la faremo poi a passare a prendere anche Rachel. Blaine ha detto che andranno con la loro macchina – gli spiegò – E ora muoviti a finire che siamo già in ritardo. Come al solito, direi – aggiunse in tono esaprerato.
Finn finì il caffè, cercando di non strozzarsi, e prendendo le chiavi che il controtenore gli porgeva, corsero in macchina diretti verso casa Berry.
Un quarto d’ora dopo la macchina era parcheggiata nel vialetto della casa della ragazza – Cinque minuti e torno – avvisò il fratello prima di correre fino alla porta. Suonò il campanello e due secondi dopo la porta si spalancò – Eccoti amore – esclamò Rachel alzandosi in punta dei piedi e lasciando un bacio sulla guancia del suo ragazzo. Poi si voltò – Papà io sto andando, ci vediamo più tardi – strillò sorridendo.
Gli occhi di Hudson però stavano vagando dietro di lei, dove una figura ben conosciuta era intenta ad indossare il cappotto.
- Rachel, non verrà anche lei, vero? – bisbigliò all’orecchio della sua fidanzata, la cui testa scattò nella direzione in cui lui stava indicando – Amanda che stai facendo? – chiese poi alla migliore amica.
La giovane sorrise ampiamente – Vengo con voi ovvimante. Non vedo l’ora di vedervi esibire tutti insieme. I tuoi papà mi hanno raccontato che siete bravissimi e io devo per forza assistere oggi – spiegò.
Finn non riusciva a credere alle orecchie – No – esclamò senza neanche farci caso. Entrambe le ragazze lo guardarono male – Non puoi venire con noi – si affrettò ad aggiungere – Questa è una riunione tra sole New Direction. Tu ne hai mai fatto parte? Non mi sembra. Avrai altre occasione per sentirci cantare tutti isieme, al nostro matrimomio, o un altro giorno – spiegò.
Rachel annuì leggermente mentre Amanda lo guardava con espressione quasi scandalizzata – Rachel? – chiese aiuto alla sua migliore amica che però le rispose – Penso che Finn abbia ragione, potrai ascoltarci altre volte – poi si rivolse al suo fidanzato – Però chiedile scusa – gli disse a bassa voce, cosa che però lui non fece.
A quel punto Amanda sembrava davvero arrabbiata – Va bene, come volete. Ma Finn..me la pagherai – disse prima di correre su per le scale.
I due fidanzatini si guardarono e il ragazzo sospiro profondamente – Okay ora possiamo anche andare, non voglio dover subire anche la furia di Kurt – informò Rachel e lei ridacchiando lo prese per mano, facendosi condurre fino alla macchina.
 
Alle undici in punto tutti i vecchi componenti delle New Direction si trovavano nel parcheggio del McKinley. E quando dico tutti, dico proprio tutti.
- Oddio Antony, quanto tempo. Dove eri finito? – trillò Tina saltando al collo del ragazzo. Poi a turno tutti gli altri lo abbracciarono.
Il ragazzo rise nervosamente – Come..come sapete io e Dave avevamo deciso di rimanere qui in Ohio e frequentare la Columbus University. E le cose sono andate bene fino alla fine del college, e dopo la laurea..beh io e lui abbiamo cominciato a litigare ogni santissimo giorno, per cose futili – Blaine e Kurt si guardarono e quest’ultimo sorrise nervosamente – Alla fine non ce la facevo più, mi sembrava di impazzire, e ho deciso di lasciarlo. I miei mi hanno pagato il viaggio, sono tornato in Inghilterra e ho cominciato ad insegnare Letteratura al vecchio liceo che frequentavo. Non so che fine abbia fatto David, non lo sento da allora. Sono tornato qui in Ohio un paio di mesi fa, ho provato a contattarlo ma sembra sparito nel nulla – spiegò.
Nicole non era sicura se dover confessare quello che sapeva ma, dopo essersi beccata una gomitata da Santana, decise di parlare – Io l’ho sentito a maggio, se non sbaglio, e mi ha detto che stava bene e viveva ancora a Columbus. Ma siamo stati poco al telefono perché stava.. – non riusciva a finire la frase, cosa che però fece Santana, sempre con poco tatto – Stava traslocando nell’appartamente che lui e la sua nuova fidanzata avevano comprato – spiegò.
Il silenzio calò tra le New Direction – Va bene, è normale no? – disse infine Antony cercando di sorridere, con poco successo – Dai ragazzi è meglio se andiamo, Schuester ci aspetta – aggiunse poi cercando di cambiare discorso.
Nessuno parlò. In silenzio entrarono nell’inferno che avevano lasciato dieci anni prima e si diressero verso la choir romm.
Lì li aspettavano Will, Emma e la coach Beiste con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, abbracciandoli poi, uno per uno.
- Bentornati a casa – esclamò il professore eccitato – Ed ecco a voi le New Direction – disse poi indicando i ragazzi seduti sulle seggiole.
Tra di loro si potevano riconoscere un paio di Cheerios, qualche giocatore della squadra di football e,  per il resto, erano i soliti ragazzi sfigati che facevano parte della classe inferiore della scuola, proprio come lo erano stati loro all’ora.
Successivamente la Pillsbury presentò ai più piccoli i vecchi componenti del Glee Club e poi viceversa – E per ultimi, vorrei presentarvi i due solisti – disse Schue.
Una ragazzina dai lunghi capelli biondi scattò in piedi, sorridente, mentre un’altra più bassina e con la divisa delle cheerleader la imitava – Alice – tuonò rabbiosa – Siediti o ti apro in due – la minacciò.
Il professore sospirò esasperato –Debby, per favore, smettila. Non devi farti sempre riconoscere. Alice, siediti ti prego – le invitò.
Santana guardò la scena divertita: quella nanerottola era lei in miniatura.
- Comunque stavo dicendo – Will attirò di nuovo l’attenzione di tutti – La solista è Alice Sanders – disse indicando la biondina di prima – È del terzo anno ed è dal primo anno che è la nostra solista – li informò.
Poi spostò lo sguardo su un ragazzo alto, con i capelli castano chiari e gli occhi color del cielo – E invece lui è il nostro solista, Sebastian Smythe. È arrivato quest’anno dalla Francia, ha diciannove anni e frequenta l’ultimo anno – disse loro.
Il ragazzo salutò con un sorrisino malizioso stampato in faccio. Sorriso che si ampliò maggiormente quando posò i suoi occhi chiari su Blaine.
Kurt si accorse subito di quell’espressione e si avvinghiò, con fare possessivo, al braccio del suo fidanzato.
Sebastian, però, si ostinò a fissare il moro e a sorridergli come se nulla fosse – È davvero un piacere conoscervi – disse con voce melensa – Non vedo l’ora di vedere dal vivo quello che sapete fare – aggiunse facendo un veloce occhiolino a Blaine.
Nicole tossicchio, facendogli distogliere finalmente lo sguardo e il suo migliore amico gli mimò un “grazie”.
- Okay ragazzi, andiamo in auditorium – li informò il professore e tutti, chiaccherando tra di loro, usciro dalla stanza e andarono dove detto.
Ad aspettarli c’era la nuova preside: Sue Sylvester.
 La donna battè le mani –Bene, bene. Guardate chi è tornato al McKinley: le New Direction originali. Non vedo l’ora di rivedervi zompettare su questo palco – disse in tono sarcastico.
Brittany, Santana e Quinn le sorrisero – Ci è mancata anche lei coach – le disse, quest’ultima, dolcemente. Sue trattenne un sorriso – Voi no. E ora muovetevi a salire qua sopra, prima che cambi idea e vi faccia rincorrere dai miei due piccoli bulldog, finchè non scapperete a gambe levate dalla mia scuola – disse cercando di intimidirli, cose che però non aveva più effetto.
Tutti i vecchi membri del Glee Club, salirono sul palcoscenico ridacchiando, mentre i nuovi membri e i professori si sedevano in platea.
Le luci si abbasarono, poi la musica iniziò.
 
Don’t stop believin’
Hold on to that feelin’
Streetlight people


Era un’emozione unica ritornare a cantare tutti insieme.
Era mancato a tutti il palcoscenico, ma più che altro era mancato loro l’essere insieme, l’avere accanto a se qualcuno di cui si fidavano ciecamente. Era come essere ritornati in famiglia dopo aver fissuto parecchi anni lontano da casa.
Era una sensazione indescrivibile e molti di loro finirono la canzone in lacrime.
Tutti si alzarono i piedi e cominciarono ad applaudire estasiati da quella esibizione.
- Siete stati fenomenali, come sempre – esclamò Schuester – Saranno anche passati un bel po’ di anni dall’ultima volta che vi siete esibiti tutti insieme ma è come se non aveste mia smesso – aggiunse raggiungendoli sul palco.
Rachel saltellò tutta emozionata – Grazie signor Schue, grazie – poi si rivolse a tutti i suoi amici – Siete stati tutti bravissimi davvero. Mi eravate mancati – esclamò.
Tutti si strinsero in un forte abbraccio di gruppo.
Poi la campanella suonò – Dai ragazzi, correte in classe – il professore informò i suoi alunni, ma Finn li fermò – Prima che andiate volevo dirvi che saremo onorati di tornare e magari aiutarvi nella preparazione delle Provinciali – spiegò – E ovviamente verremo a vedervi – aggiunse Sam sorridendo.
 
- Aspetta Nicole – stavano uscendo da McKinley, dopo la loro esibizione, e Puck cercò di fermare la ragazza. Lei si girò e gli sorrise timidamente – Dimmi – rispose.
Il ragazzo la guardò per svariati secondi, senza riuscire a dire nulla, poi finalemtele parole uscirono dalla sua bocca – Ehm..mi stavo chiedendo se ti andava di venire a prendere un caffè con me – le chiese incerto.
Il sorriso che gli offrì la ragazza, però questa volta, sembrava triste – Mi dispiace Noah, ma ora non posso – disse con un filo di voce – Mia madre è fuori città e ho dovuto lasciare Eveline da Carole, prima di venire qui. Non mi va di disturbarla ulteriormente quindi devo tornare a prenderla – gli spiegò.
Il ragazzo sembrò capire e annuì senza dire nulla – Però.. – continuò lei – So che mia madre torna domani, quindi venerdì sarei liberissima. Se ti va possiamo andare a prendere qualcosa di più che un caffè – lo informò.
A quelle parole il volto di Puckerman si illuminò – Va benissimo – accettò – Passo a prenderti io per mezzogiorno e andiamo a mangiare qualcosa da Breadstix – le spiegò. La ragazza ridacchiò – Esiste ancora? – lui annuì – Va bene, alle dodici da me – disse prima di offrirgli un ampio sorriso e voltarsi per dirigersi verso la macchina.
Lui rimase a guardarla per qualche secondo, poi anche lui corse verso la macchina per tornare dalla sua Beth.
Intanto Kurt e Blaine si trovavano nella macchina di quest’ultimo e aspettavano che Nicole li raggiungesse.
Erano soli, lontano da orecchie indiscrete. Questo voleva dire solo una cosa: il piano di Thad Harwood entrava in azione.
Il moro si schiarì la voce – Wes, David e Thad mi hanno detto che venerdì vogliono fare una riunione dei vecchi Warblers alla Dalton – il controtenore si limitò ad annuire – E visto che anche tu ne hai fatto parte..beh ovviamente sei invitato – lo informò.
- Okay, va benissimo. E tanto che non vedo alcuni di loro, sarà divertente – rispose l’altro sorridendo.
Adesso fu il turno di Blaine di annuire. Sarebbe andato tutto bene.


Nota dell’autrice:
 
Buon pomeriggio a tutti!
Ebbene si, questo è l’ultimo capitolo dell’anno.
Volevo precisare alcune cose:
- Antony: dovevo far tornare anche lui. in fondo faceva parte delle New Direction e essendo una loro riunione lui doveva esserci.
- David: a me un po’ manca in Glee (si non sono normale ahah) e capisco che sembra strano il fatto che ora abbia una ragazza, ma più in la capirete. Ci sarà poco, ma ci sarà.
- Debby: non la vedremo più, era solo perché mi piaceva evere una piccola Santana nelle New Direction.
- Alice: anche lei la rivedremo poco, solo interagirà con Rachel qualche volta.
- Sebastian: dovevo metterlo. Io amo il suo personaggio e, anche se sono sicura che è praticamente innocuo [cit. B.Anderson] e che e due piccioncini non si lasceranno, è bello che ci sia in Glee e movimenti le cose. Beh sappiate che questo Sebastian è tale e quale a quello in Glee.
Okay ora passiamo alle cose serie (?).
AUGUI DI BUON ANNO, sperando che sia migliore di quello appena passato e che sia…DA FINE DEL MONDO!
Vabbè fatemi sapere che ne pensate. A presto, un bacio..
 
-Georgia


 

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Capitolo 5
*** Will you marry me? ***


- Eccoli sono arrivati – esclamò Jeff e le teste degli altri quattro Warblers scattarono verso il parcheggio dal quale, mano nella mano, arrivavano Kurt e Blaine.
I due ragazzi andarono incontro ai loro amici che li accolsero a braccia aperte – Kurtie ci sei mancato – disse Nick abbracciando l’amico – Nick..Nick.. – il controtenore cercò di liberarsi dalla sua stretta senza tanto successo – Duvall lascialo respirare – lo ammonì allora David.
Kurt intanto ridacchiava – Anche tu mi sei mancato Nick, anche se ci siamo visti meno di una settimana fa – disse – È comunque troppo tempo – gli spiegò a quel punto Jeff, che successivamente lo abbracciò.
- Ragazzi, lasciate in pace Kurt – Wes attirò la loro attenzione – E comunque è meglio che ci muoviamo, gli altri Warblers sono nella sala comune che ci aspettano, da più di un quarto d’ora – li informò.
Allora, chiaccherando del più e del meno, entrarono alla Dalton.
Silenziosamente Thad si avvicinò a Blaine – Pronto a mettere in scena il piano di Thad Harwood? – gli chiese sottovoce. Il moro, leggermente perso nei suoi pensieri, sussulto – Scusa – disse scuotendo la testa – Si..credo di si – gli rispose poi un po’ insicuro.
Harwood gli sorrise – Andrà tutto bene, fidati di me – lo incitò, mentre tutti e sette entravano nella sala comune.
- Oddio Blaine, Kurt, quanto tempo! – strillò Trent appena i due ragazzi misero piede nella stanza. Subito saltò addosso ai due e li strinse in un forte abbraccio, seguito subito dopo dal resto dei Warblers.
Parecchi di loro non si vedevano da dieci lunghissimi anni e, per loro, era bello essere di nuovo li a Westerville e rivedere le persone che avevano segnato i loro anni di liceo.
Wes, sempre con il suo fare autoritario, si schiarì la voce – Okay, Trent..ragazzi lasciare respirare Kurt e il nostro solista, che ci servono – disse ridacchiando.
Blaine, sorridendo, si liberò dalla stretta dell’amico – In tutta sincerità il solista è Nick, io non lo sono più da undici anni – precisò.
A quelle parole Thad e David poggiarono un braccio intorno alla spalle del ragazzo – Duval sarà anche stato il nostro solista, ma per oggi lo sarai tu. Quindi poche chiacchere e più musica – disse poi il più basso dei due.
Il moro ridacchiò prima di voltare lo sguardo verso il suo ragazzo – Kurt – lo chiamò e il ragazzo, voltandosi, allacciò gli occhioni blu ai suoi – Dimmi – mormorò, come se fosse in imbarazzo tutto ad un tratto.
Stesso imbarazzo che si poteva leggere sul viso del riccio – Noi..vorremmo fare una canzone e..vorrei che tu la stessi a sentire. Poi potremmo cantare tutte le canzoni che vuoi – gli rispose.
Il controtenore annuì sorridendo – Certo, come vuoi – disse e il solista scosse energeticamente la testa – Promettimi che la ascolterai attentamente – insistette e a quelle parole l’altro scoppiò a ridere – Va bene, te lo prometto Blaine – disse con dolcezza – Ora vai a cantare che sono leggermente curioso di sapere che canzone hai scento – aggiunse poi spingendolo verso il resto del gruppo, già posizionato e pronto per cominciare.
Blaine fece un respiro profondo, poi decise di parlare – Prima di cantare volevo dire due parole – cominciò – Beh meno di due..ehm Kurt questa canzone per te e spero che ascoltandola tu possa ricordare un momento bello della tua vita – disse nervosamente e poi, con un cenno del capo, i Warblers, dietro di lui, cominciarono ad armonizzare.
 
Before you met me
I was alright but things
Were kinda heavy
You brought me to life
Now every february
You’ll be my Valentine
Valentine
 
Kurt già dopo le prime parole era in lacrime.
Era parecchio che Blaine non gli cantava quella canzone, ma si ricordava benissimo tutte le emozioni che essa portava.
La prima volta che l’aveva sentito cantarla era stata la prima volta che l’aveva visto, quando proprio in quella scuola, su quelle scale di marmo bianco, l’aveva conosciuto.
Tutti sapevano della fissa di Blaine per Katy Perry e per Teenage Dream, ma lui più di tutti lo adorava quando la intonava.
Doveva anche ammettere che, appena si erano messi insieme e per i mesi successivi, gliel’aveva cantata un giorno si e l’altro anche e lui era arrivato persino ad “odiarla”.
Ma il segreto che nessuno sapeva era che dal primo minuto quella canzone era stata la suoneria personale di Blaine sul suo cellulare.
 
I finally found you
My missing puzzle piece
I’m complete.
[...] No regrets, just love
We can dance, until we die
You and I
Will be young forever
 
Quando la canzone finì, il controtenore si asciugò velocemente le lacrime che gli bagnavano il viso e lentamente si avvicino al suo ragazzo.
Blaine gli sorrideva dolcemente e lui non resistette: senza pensarci due volte gli si gettò al collo e lo strinse in un forte abbraccio – Grazie – mormorò, posando poi le labbra sul collo dell’altro e lascirci un leggero bacio.
Questa canzone e lui gli avevano finalmente fatto aprire gli occhi.
Non gli importava quanto i litigi potessero andare avanti, non sapeva quando le cose si sarebbe sistemate tra di loro, l’unica cosa certa era che avrebbe sempre amato quel nanerottolo dai capelli ricci, le sopracciglia triangolari e gli occhi color del miele.
Quell’abbraccio durò minuti che sembrarono interminabili e quando si staccarono Kurt cominciò a mordicchiarsi il labbro e a fissare il pavimento.
- Dai – sibilò Wes alle spalle del solista. Quel sibilò però arrivò anche alle orecchie dell’altro. Poi sentì il suo ragazzo allontanarsi di qualche passo, mentre l’ombra si stava spostando. Allora rialzò lo sguardo per posarlo su quello del suo fidanzato.
Blaine gli offrì un sorriso mentre allungava la mano che, timidamente, Kurt accettò.
- Dove mi stai portando? – gli chiese poi preoccupato – Ora vedrai, ma so che ti piacerà – rispose l’altro trascinandoselo dietro.
Si fermarono dietro un massiccio portone di legno che, pochi secondi dopo, si aprì.
E così Kurt capì. Si trovavano dove tutto era cominciato.
La saletta era proprio come lui se la ricordava: spoglia, con quell’odore di legno presente in tutta la Dalton, ma, soprattutto, quel tavolo rotondo era nell’esatto posto in cui si era trovato undici anni prima. Addirittura are cosparso di scatolette, colla e glitter di ogni colore.
Blaine gli sorrise ancora una volta e gli fece cenno di andare a sedersi. Lui ubbidì e il suo ragazzo lo imitò, occupando la seggiola accanto a lui. Poi gli strinse forte la mano e la appoggiò sul tavolo.
Entrambi si guardarono intensamente negli occhi mentre arrossivano come due adolescenti alla prima cotta.
- Kurt - - Blaine – esclamarono all’unisono, prima di scoppiare in una risata quasi liberatoria.
Alla fine, però, fu quest’ultimo a prendere la parole – Kurt, ti starai chiedendo perché ho deciso di portarti qui – il controtenore annuì – Beh..volevo chiederti scusa per come sono andate le cose negli ultimi mesi. Mi sono comportato da vero stronzo con te, mi dispiace da morire. Litigare così pesantemente per cose inutili mi ha fatto davvero male, e non voglio che succeda mai più. Ti prego perdonami – gli disse tristemente.
Kurt, di nuovo sull’orlo delle lacrime, si lasciò scappare un sospiro tremolante – Blaine se c’è qualcuno che deve chiedere scusa qui, quello sono io. Non ho fatto altro che urlarti contro per ogni minima cosa. Mi dispiace di averti chiamato buono a nulla, perché tu non lo sei, anzi. Sei l’uomo che amo e..scusami. Ti prego perdonami – gli disse, mentre una lacrima solitaria gli rigava la guancia che il moroprontamente asciugò.
- Ti perdono Kurt, ma tu perdona me ti prego – disse con un filo di voce e il volto dell’altro si illuminò leggermente – Sempre – disse solamente.
I due, poi, rimasero in silenzio a contemplarsi.
Silenzio che, però, venne interrotto, ben presto, dal più grande dei due – Kurt, che c’è che non va? – gli chiese.
Ecco se ne era accorto. Dopo almeno due mesi, Blaine Anderson si era finalmente accorto che c’era qualcosa che non andava nel suo fidanzato.
Il controtenore scosse la testa – È tutto a posto – mentì ma, ovviamente, il riccio se ne accorse – Kurt – insistette allora.
A questo punto era arrivato il momento di dirglielo. Prese un respiro profondo – Blaine ho paura – confessò mentre l’altro lo guardava preoccupato – Ho paura che tu abbia intenzione di lasciarmi per un altro, ho paura che tu posso amare qualcun altro. Anzi questa è una convinzione Blaine. Io sono sicuro che tu abbia un altro e, per questo, faccio fatica a starti accanto e mi irrito spesso. Non fai altro che parlare del tuo capo: “il mio capo di qui, il mio capo di la” e a me questo fa male. All’inizio pensavo che fosse solo ammirazione, ma, adesso, sono più che certo che sia amore. Quindi, Blaine, se lo ami più di quanto tu possa amare me, ti prego falla finita in fretta perché non credo di poter andare avanti così – gli spiegò.
Blaine ascoltò la sua “sfuriata” in silenzio e con un’espressione scioccata dipinta in volto.
Alla fine, però, era solo molto divertito da tutto quello che il suo ragazzo gli aveva appena detto, e, infatti, scoppiò a ridere.
Kurt rimase senza parole a quella reazione – Cosa.. – disse incredulo mentre Blaine si teneva la milza, dolorante a causa del troppo ridere.
Poi fece qualche respiro profondo, cercando di tornare in se – Dimmi che stai scherzando – esclamò ma il controtenore scosse leggermente la testa – Oddio Kurt, tu credi veramente che io sia innamorato di Grant, il mio capo? – questa volta l’altro annuì – Amore Grant è..cento per cento etero, sposato e ha anche sue figlie – lo informò.
A quella notizia Kurt divenne bordeaux e abbassò lo sguardo – Hey – disse allora il moro, posandogli un dito sotto il mento e facendogli alzare il volto – Io amo te e soltanto te Kurt. Ti amo più di qualsiasi così. Ti amo così tanto che alcune volte fa male – gli confessò.
Il ragazzo sorrise e si porse in avanti per avere quel bacio che aspettava ormai da giorni. Però l’altro si allontanò di scatto – Blaine? – disse allora incredulo, ma, dato lui non gli rispose, continuò – Ti amo anche io, ti amo Blaine – aggiunse quasi disperatro.
Blaine sospirò – Kurt lo so che mi ami, solo..prima devo dirti una cosa – confessò, tutto ad un tratto nervoso e agitato come non mai.
Il controtenore era visibilmente confuso e allo stesso tempo spaventato – Ti chiedo, per favore, due cose. Fammi finire il discorso, o credo che non lo porterò mai a termine, e voglio che tu mi risponda siceramente, okay? – gli chiese il moro e lui annuì.
Poi lo vide alzarsi dalla sedia e, successivamente, inginocchiarsi davanti alla sua. Tremate, decise di voltare il corpo verso di lui, per poterlo guardare meglio negli occhi.
Blaine fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi. “Ora o mai più” si disse. E così fece: aprì gli occhi e cominciò a parlare – Sai che con le parole non sono mai stato tanto bravo, ma ci proverò lo stesso. Undici anni fa, più o meno, ci siamo conosciuti in questa scuola, su quelle scale, e quello è stato uno dei giorni più belli della mia vita. Spesso mi chiedo “e se quel giorno Puck non l’avesse mandato a spiarci? E se avesse deciso di fermare qualcun altro su quella scala?” ma poi penso che comunque il destino ci avrebbe fatto incontrare, in un modo o nell’altro. Eri la creatura più bella che avessi mai visto, e lo sei tutt’ora – sorrise dolcemente – Ti ho fatto soffrire davvero troppe volte e spesso mi maledico per l’immensità di tempo che ho fatto passare prima di capire, finalmente, che ero follemente innamorato di te. Quando ho posato per la prima volta le mie labbra sulle tue ho visto i fuochi d’artificio e ho capito che tu eri quello giusto, eri il vero amo. E di te mi innamoro sempre di più ogni giorno che passa, sperando di poterlo fare fino alla fine dei miei giorni – disse asciugandosi una lacrima solitaria che gli rigava il volto.
Poi fece una cosa che il suo ragazzo non si sarebbe mai aspettato. Tirò fuori, dalla tasca interiore della giacca che stava indossando, una piccola scatolina di velluto blu.
Infine lo guardò dritto negli occhioni blu, resi ancora più limpidi dalle lacrime - Quindi, Kurt Elizabeth Hummel..mi vuoi sposare? – gli chiese in tono speranzoso, mentre apriva la scatolina per rivelarne il contenuto: una semplice fedina in oro bianco, con all’interno inciso Je t’aime.
Kurt, incredulo, fece passare per svariati minuti lo sguardo da Blaine all’anello e viceversa, senza però dire una singola parola. E questo stava davvero preoccupando il moro che, passati quasi cinque minuti, decise di parlare di nuovo – Kurt..questo sarebbe il momento in cui tu rispondi o si o no – lo informò mentre tremava per l’attesa.
Il controtenore sbattè più volte le ciglia, come se si stesse ridestando da un sogno durato anni, e annuì energeticamente – Oddio si..si. Si, Blaine Anderson, ti voglio sposare. Si sposiamoci – disse per poi scaraventarsi letteralmente addosso al ragazzo e baciarlo con passione sulle labbre, facendo finire però entrambi distesi sul pavimento della saletta e la scatolina contenente l’anello a pochi centimetri da loro.
- Ti amo Blaine, ti amo più di ogni altra cosa al mondo – gli sussurrò a fior di labbra – Ti amo anche io Kurt – gli rispose l’altro – Non ci credo che sarai mio marito – aggiunse poi stofinando il naso con quello del suo ragazzo.
Kurt rise ancora incredulo – Tuo marito, per sempre? – mormorò – Per sempre – gli fece eco Blaine mordicchiandosi il labbro inferiore.
Poi ripresero a baciarsi, come se fosse l’unica modo per espreimere quanto si amasse, con la consapevolezza che quel “per sempre” li avrebbe accompagnati, tenuti insieme e resi felici fino alla fine dei loro giorni.


Nota dell’autrice:
 
Buon pomeriggio a tutti!
Lo so, lo so, ci ho messo una vita a partorire questo capitolo ma c’è una spiegazione: avevo zero ispirazione.
Comunque n’è valsa la pena no? Vi immaginavate una cosa del genere? Io si ahahah
No, a parte gli scherzi, ho seriamente pianto nello scrivere l’ultima parte e livelikegangsta lo può confermare.
Per quanto riguarda la canzone: beh ho messo le mie parti preferito, lo so che non c’entrano un fico secco tra loro ahah
Spero davvero che vi sia piaciuto perché ci tengo davvero tanto a questo capitolo.
Una piccola anticipazione per il prossimo: vedremo un po’ di Kurt-Rachel con le bimbe e l’appuntamente di Puck e Nicole.
Vabbè fatemi sapere che ne pensate. A presto, un bacio..
 
-Georgia


 

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Capitolo 6
*** you can't judge me for this ***


Il giorno successivo Kurt decise di passare un po’ di tempo con le sue donne.
A fare cosa? Vi chiederete voi. Shopping ovviamente.
Alle dieci, più o meno, bussò a casa Anderson. Ad aprirgli fu una nervosissima e alquanto agitata Nicole – Eccoti – gli disse facendolo entrare e dandogli un bacio veloce sulla guancia – Blaine dorme ancora, stranamente – il controtenore rise divertito dal tono sarcastico dell’amica – Ora ti vado a chiamare Eveline, stava finendo di vestirsi – lo informò poi salendo le scale e lasciandolo da solo.
Il ragazzo si guardò in giro. Quella casa lo aveva sempre attratto e affascinato fin dal primo giorno che ci aveva messo piede dentro. La sua attenzione, però. venne attirata immediatamente da un chiacchericcio proveniente dalla cucina. Senza pensarci due volte si avvicinò ed entrò senza fare tanto rumore.
Seduti al tavolo c’erano gli ex coniugi Anderson che parlavano fitto fitto tra loro.
La donna, però, si accorse della sua presenza e alzando lo sguardo gli sorrise – Buongiorno Kurt – lo salutò. Il controtenore sorrise imbarazzato – Buongiorno Anne, signor Anderson – fece di rimando.
L’uomo si voltò verso di lui e abbozzò un sorriso – Kurt è un piacere rivederti – disse allungando la mano che prontamente Kurt afferò – Anche per me – rispose con sincerità.
- Comunque – continuò l’uomo, voltandosi verso l’ex moglie – Forse è meglio che vada, devo ancora finire la valigia e il mio aereo parte questo pomeriggio alle quattro – la informò.
La donna cercò di fermarlo ma lui si alzò e si diresse verso la porta della cucina – Anne salutami tu i ragazzi e Eveline. Ci sentiamo quando torno – disse – Kurt, alla prossima – aggiunse prima di uscire e pochi istanti dopo i due sentirono la porta d’ingresso chiudersi.
Si guardarono e Anne scosse la testa esasperata mentre il ragazzo la rassicurava con un sorriso.
- Nonno! – esclamò la piccola entrando in cucina pochi minuti dopo. Quando, però, vide che l’uomo non era più li, ci rimase parecchio male. La madre la prese in braccio e la posò sul tavolo per poterle allacciare meglio le scarpe – Dov’è andato? – chiese poi senza distogliere lo sguardo dai lacci delle scarpe della figlia.
Sentì sua madre sospirare – Era qui fino a pochi istanti fa – le spiegò – Poi sono arrivato io. È scattato in piedi come una molla e se n’è andato – aggiunse Kurt in tono triste.
 Dopo tutti quegli anni, ancora ci rimaneva male per il trattamento che Richard Anderson gli riservava ogni volta che si trovavano nella stessa stanza.
- Kurt se quell’uomo è ignorante non è colpa tua. Non devi starci male ogni volta – disse all’amico – Mamma non dire quelle parole – l’ammonì però la figlia.
Nicole sorrise divertite – Invece per questo è colpa tua. Non posso dire mezza cosa che mi salta in testa – e Kurt scoppiò a ridere – Dai scricciolo salta in braccio allo zio e dagli un bacio – bisbiglio allora all’orecchio della figlia.
La piccola non se lo fece ripetere due volte. Aprendo le braccia, permise che Kurt la prendesse in braccio e lei in cambio gli diede un bacio sulla guancia.
- Va bene nanerottola, forse è meglio se andiamo. Le altre ci stanno aspettando e siamo già in ritardo – disse poi il controtenore poggiandola dolcemente a terra – Amore mi prometti che farai la brava con lo zio? – gli chiese allora sua madre e la bimba annuì.
Kurt la prese per mano e insieme si diressero verso la porta d’ingresso – Non ti preoccupare Nicole, ci penso io a lei. A più tardi – saluto – Nicole saluta la mamma e la nonna – disse poi rivolto alla nipote che sventolò la mano sorridendo.
- Ah Nicole – il controtenore si bloccò sulla soglia – Ricordi a Blaine che ci troviamo più tardi per pranzare al solito posto a Westerville? – gli chiese e lei annuì – Ci penso io, ora vai o la Berry ti decapita – gli ordinò ridendo, per poi chiudere la porta alle sue spalle.
Il ragazzo fece salire la bambina sul sedile posteriore e, dopo essersi messo al volante, guidò fino a casa Berry, dove Rachel, Mercedes e Beth li stavano aspettando.
- Ditemi perché io dovrei viaggiare nei posti dietro insieme alle bimbe – si lamentò Rachel dopo svariati minuti che erano in macchina.
Kurt e Mercedes si scambiarono uno sguardo complice – Perché la tua altezza è quella Rachel – le rispose quest’ultima facendo scoppiare a ridere l’amico.
Anche Beth ridacchiava divertita, mentre Eveline guardava la scena confusa. Poi sospirò guardando la ragazza accanto a lei – Mamma ha ragione Rachel. Stai sempre a lamentarti e non ti va mai bene nulla – esclamò innocentemente.
Nella macchina calò il silenzio per qualche secondo, poi tutti, eccetto la dirette interessata, scoppiarono a in una fragorosa risata – Pasticcino tu sei la bambina più bella che io abbia mai visto – disse Mercedes a Eve, voltandosi e sorridendole – Grazie mille – fece lei di rimando sorridendo a sua volta.
Una mezz’oretta dopo erano all’interno nel negozio di abiti da sposa di Westerville*.
Le prime a provare il loro vestito da damigella furono Beth e Eve. Dopo il sesto o settimo vestito, finalemente, Rachel riuscì a decidersi, anche se la sua scelta non andava molto bene a Kurt che sicuramente avrebbe fatto cambiare idea all’amica.
Poi toccò a Mercedes e per ultima a lei.
Ogni vestito che indossava era stupendo ma non riusciva a soddisfarla a pieno. Il controtenore, invece, continuava ad emettere versi di apprezzamento, tipo ‘mmhm’, senza però darle tanta attenzione.
Dopo il quarto vestito la ragazza se ne accorse e, come sempre, perse le staffe – Kurt hai intenzione di darmi retta o no? – quasi strillò, facendo sobbalzare Mercedes che stava tranquillamente sfogliando una rivista di vestiti da sposa insieme alle bambine.
Entrambe le ragazze posarono gli occhi sul loro amico e si accorsero che era completamente su un altro mondo. Il loro sguardo, però, venne attratto da qualcosa di luccicante che lui portava al dito e che continuava a far girare e rigirare.
- Kurt – Rachel alzò ancora di più la voce, ridestandolo finalmente dai suo pensieri – Kurt che succede? – chiese Mercedes preoccupata.
Il controtenore scosse la testa – Nulla – disse poco convinto – Che cos’è quello? – chiese allora Rachel curiosa, indicandogli la mano.
Lui posò gli occhi azzurri sull’anello e sorrise dolcemnte – Oh mio dio Kurt..Bliane.. – cercò di dire Mercedes e lui annuì. A quel punto entrambe stillarono e gli corsero incontro, abbracciandolo – Oddio, oddio..Kurt vi sposate, oddio – continuava a ripetere Rachel eccitata mentre Mercedes lo stringeva forte e lui rideva.
Beth e Eveline, d’altro canto, stavano seguendo la scena confuse. La più piccola lanciò all’altra uno sguardo interrogativo ma lei si limitò ad alzare le spalle.
Allora decise di chiedere spiegazione – Zio – chiamò Kurt, che immediatamente la guardò negli occhioni blu – Dimmi tesoro – le rispose, liberandosi dall’abbraccio delle amiche per poi accucciarsi accanto a lei – Tu e zio Blaine cosa? – le chiese confusa.
Lui sorrise teneramente e l’abbracciò – Visto che oggi, qua, non concludiamo nulla, che ne dite se raggiungiamo Blaine e gli altri al ristorante così ne parliamo? – chiese a tutte e così fecero.
 
L’appuntamento tra Puck e Nicole alla fine fu spostato a quello stesso sabato, visto che quel giorno non c’era nessuno a casa.
Kurt aveva portato Eveline a fare shopping, Blaine era uscito con Sam e Finn a fare dio solo sa che cosa, e sua madre era al circolo con le amiche.
Noah passò a prenderla per mezzogiorno e lei gli aprì sorridente – Ciao – la salutò con un filo di voce mentre la ragazza ricambiò il saluto con un altro semplice sorriso.
Era agitata come mai lo era stata prima e aveva paura di parlare, paura di aprire la bocca e di cominciare a balbettare dal nervoso.
Il ragazzo la squadrò da capo a piedi e rimase a bocca aperta da quanto era bella – Sei bellissima – esclamò senza riuscire a trattenere le parole, poi sorrise impacciato. Le guance di Nicole presero immediatamente colore – G..grazie – balbettò, abbasando lo guardo – Andiamo o faremo tardi – disse allora lui, cercando di toglierla da quel momento di pure imbarazzo.
Salirono in auto e insieme andarono da Breadstix. Le cose tra loro erano leggermente strane, ma comunque si trovavano a loro agio l’un con l’altro.
Durante il pranzo parlarono del più e del meno, e verso le due e mezza il ragazzo la riaccompagnò a casa.
- Nicole possiamo sederci qui un secondo? – le chiese una volta davanti a casa Anderson. La ragazza si limitò ad annuire ed entrambi si sedettero sui gradini del portico. Un silenzio imbarazzante cadde tra loro.
- Nicole.. – finalmente Noah interruppe quel silenzio – Io volevo..chiederti scusa. So che probabilmente non le accetterai mai, ma mi spiace veramente tanto, mi dispiace di everti detto quelle parole – disse mentre lei cercava nei suoi occhi scuri la sincertità.
Dato che la ragazza non rispose Puck proseguì – Ma ti prego capiscimi. Quando ho scoperto che tu ti eri rifatta una vita, che avevi addirittura una figlia e che era successo tutto così in fretta io non ci ho visto più. Eveline ha sei anni, tanti quanti sono gli anni da cui non stiamo più insieme, e mi ha fatto male sapere che subito dopo che tra noi è finita ti sei trovata un altro uomo e ci avevi fatto una figlia assieme – le spiegò in tono esasperato.
A quelle parole la rabbia cominciò a ribollire nelle vene di Nicole. Non poteva credere a quello che Noah stava dicendo, non stava parlando sul serio.
Deglutì rumorosamente – Stai scherzando spero? – chiese in tono sarcastico – Dio Puck ma che hai in quel cervellino, segatura? No perchè l’ultima volta che ci siamo sentiti, quando hai scoperto dell’esistenza di Eveline, mi ha chiamato puttana e ora mi stai dicendo che io..ti ho spezzato il cuore – quasi urlò.
La rabbia, insieme alle lacrime, era diventata incontenibile – Se qui c’è qualcuno che ha avuto il cuore spezzato, beh quella sono io. Sono tornata prima da lezione e tu eri nel mio letto, nel nostro letto, con Shelby e stavate facendo sesso. Ho dovuto dormire con la Berry per mesi perché mi faceva schifo dormire nello stesso letto in cui tu mi hai tradita. Pensavo che prima o poi Hummel e mio fratello mi avrebbero cacciata di casa perché non facevo altro che piangere e stare male. Ho perso quasi un’anno di college e ho dovuto smettere, andare a lavorare e, soprattutto, rinunciare al mio sogno. Quindi non mi venire a dire che io ho rovinato la tua vita, perché non è così. Se c’è qualcuno la cui vita è stata rovinata qui, quella sono io. Ed è tutta colpa di uno stronzo come te – ora stava davvero urlano.
Scattò in piedi, si diresse verso la porta di casa e l’aprì – E credo di aver avuto tutto il diritto di rifarmi una vita. Eveline è la cosa migliore che mi sia mai capitata e non ti permetto di giudicarmi per questo – disse prima di entrare e sbattersi la posta alle spalle, lasciando Puck sul portico.
Si accasciò contro la porta e cominciò a piangere.
 
La porta di casa Anderson si riaprì qualche ora più tardi e tre persone, decisamente chiassose, entrarono.
- Mamma, mamma – strillò la piccola Eveline correndo in salotto, sicura di trovare la madre proprio li. La stanza, però, era completamente al buio, fatta eccezione per la flebile luce che arrivava dall’abat jour posta su uno dei comodini vicino al grande divano.
La bimba corse fino a ritrovarsi davanti ad esso e accorgersi che sua mamma era seduta proprio li, dove immaginava.
Cominciò a saltellare tutta contenta – Mamma, mamma – ripetè ma la ragazza continuava a tenere il volto abbassato – Mamma – insistette ma lei non diede retta.
Esasperata Eveline decise di raccontarle lo stesso tutto quello che aveva da dirle – Lo sai che mi hanno detto oggi zio Blaine e zio Kurt? Che si sposano e io sarò la loro damigella – la informò battendo eccitata le mani.
Nicole, a quella notizia, alzò lo sguardo su sua figlia e fece incontrare i loro occhi blu.
Guardando la propria mamma negli occhi, la piccola capì che c’era qualcosa che non andava. La ragazza aveva i lunghi capelli neri raccolti in una coda da cavallo, ma quello era niente in confronto al resto**. I suoi occhi erano rossissimi, vitrei e limpidi. Anche le sue guance erano rosso, di un rosso acceso, ed erano bagnate dalle lacrime. E dalle sue labbra secche fuoriuscirono un paio di singhiozzi.
Eveline la guardò preoccupata e allo stesso tempo spaventata – Mamma – tento ma lei non disse nulla – Mamma..perchè piangi? – le chiese tristemente.
Blaine, che stava portando in casa quello che avevano appena comprato, fece cadere le borse che aveva in mano. Kurt, che stava andando in cucina a preparare qualcosa da sgranocchiare per la nipote, si bloccò a metà strada.
Entrambi si guardarono e bastò quello sguardo per capire quello che stava succedendo.
Il controtenore sospirò – Eveline tesoro, perché non vai in camera tua? Quando è pronta la merenda ti richiamo – le disse dolcemente ma dal salotto arrivò un secco “no”.
Il moro, allora, la raggiunse. Si piegò sulle ginocchia e la guardò negli occhi – Amore vai, per favore. La mamma sta bene, ha solo bisogno di stare un po’ da sola. Quando è pronto vengo a chiamarti io e ti porto in cucina in spalla, okay? – le spiegò.
Senza dire nulla la bambina si sporse per dare un bacio sulla guancia a sua madre e corse in camera sua.
Qualche momento più tardi Blaine si trovava seduto sul tavolino da caffè, che si trovava davanti al divano, mentre Kurt era seduto, su di esso, accanto a Nicole.
Il moro scosse la testa – Nicole che ha fatto quell’essere? – le chiese cercando di trattenere la rabbia – Blaine – lo ammonì immediatamente il fidanzato, che, po,i docemente posò una mano sul ginocchio dell’amica e lo strinse leggermente per darle conforto.
- Non devi per forza dirci quello che è successo, ma sappi che noi ci saremo sempre per te – cercò di consolarla Kurt.
La ragazza emise un sospiro tremolante, poi si schiarì la voce – Stava andando tu..tutto bene. Si..siamo andati a mangiare da Breadstix, ci siamo d..divertiti , abbiamo riso e parlato. Poi quando..quando mi ha riportata qui lu..lui mi ha chiesto scusa per come si era comportato e ha..ha detto che io l’ho ferito. Io, vi..vi rendere conto? – la rabbia stava tornando – A..allora non ci ho visto più. Gli ho spiegato quanto lui abbia fatto soffrire me e di..di come io sia stata in questi s..sei anni. E..oddio – si asciugò le lacrime che avevano ripreso a scendere sul suo volto.
Il controtenore stinse ancora di più la presa sul suo ginocchio mentre suo fratello cercava di stare calmo. Aveva visto quanto lei aveva sofferto in quegli anni ed era stufo di vederla in quello stato.
Nicole prese un altro respiro profondo – Stavo per dirgli tutto, stavo..stavo per farlo davvero – confessò tutto d’un fiato.
Entrambi i ragazzi si guardarono preoccupati – E..non lo hai fatto? – chiese timoroso Kurt. A quella domanda la ragazza scosse la testa – Non posso dire a quell’essere, incapace di tenersi l’uccello nei pantaloni, che è il padre di mia figlia – esclamò per poi scoppiare in un pianto quasi isterico.
Immediatamente due corpi caldi entrarono in contatto con il suo, mentre quattro braccia la stringevano forte. E per l’ennesima volta si sentiva protetta da quelle due persone che erano diventate la sua vita da sei anni a quella parte.


Nota dell’autrice:
 
Bonsoir a todos!
Linciatemi, vi do il permesso. Ma vi giuro mi è venuto un blocco assurdo. Non sapevo come mettere giù questo capitolo e sinceramente non è che mi piaccia molto. Nel senso non mi entusiasma come l’ho scritto.
Okay re cose devo spegificare (*) non so se esiste un negozio di abiti da sposa a Westerville ma per me si perché non dovevano trovarsi in giro per Lima punto ahah (**) è una cosa mia, odiavo vedere mia mamma con i capelli raccolto e pensavo che non stesse bene quando li aveva così.
Mi scuso per come ho dipinto Puck, so che probabilmente è così ma capirete il perché. La stessa cosa vale per Nicole: non è una santa, ha sbagliato anche lei e presto saprete anche le sue ragioni.
Mi scuso anche perché sta diventando troppo triste sta ff, troppo angst, ma prima o poi migliorerà tutto.
Comunque anticipazione: vedremo perché Finn odia così tanto Amanda e poi..non vi dico il resto!
Vabbè fatemi sapere che ne pensate. A presto, un bacio..
 
-Georgia

 

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Capitolo 7
*** this little secret ***


Ho tante cose da dire e come sempre le dirò alla fine.



Il resto della settimana successiva fu un vero e proprio inferno. Kurt, con l’aiuto della sua preziosissima assistente Nicole, continuava a correre avavnti e indietro per Lima e Westerville, cercando di soddisfare tutti i bisogni e i desideri della sua futura cognata. Blaine fu costretto più volte a fare da babysitter a Eveline e spesso si incontrava con Sam o Quinn, per farla giocare un po’ con Beth, e con Brittany e Tina per farla stare un po’ con i loro bambini.
Per quanto riguarda Finn e Rachel, loro si stavano semplicemente godendo gli ultimi giorni da fidanzati, prima del matrimonio che si sarebbe svolto di lì a una ventina di giorni.
Ed era proprio quello che stava succedendo quel venerdì pomeriggio. I due futuri sposi si trovavano rannicchiati nel letto della ragazza a scambiarsi coccole e baci, fregandosene completamente del mondo che li circondava.
Quella tranquillità, però, venne interrotta dallo squillare del cellulare di Rachel. Riluttante si alzò a sedere e, allungandosi sopra il proprio fidanzato, riuscì a raggiungerlo per poter ripondere.
- Pronto – disse con voce leggermente impostata – Rachel finalmente – si lamentò immediatamente Kurt, dall’altra parte della cornetta. La ragazza sbuffò – Sperò che tu abbia bisogno di qualcosa di importante, perché ero momentaneamente impegnata – mentì mentre Finn tratteneva una risata – Ho bisogno che tu mi dica i codici del tuo vestito e di quello delle damigelle – le spiegò.
Lei non se lo fece ripetere due volte e scappò fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Finn guardò la scena divertito e, una volta che la ragazza fu uscita dalla camera, si alzò, sedendosi comodo sul letto ad aspettare il suo ritorno, leggendo una delle tante riviste presa dal comodino di lei.
Qualche minuto più tardi, però, qualcuno bussò alla porta. Non poteva essere Rachel, pensò, visto che non avrebbe mai avuto il bisogno di bussare per entrare nella propria stanza.
La porta si aprì senza che lui potesse dire “avanti” e sulla soglia apparve Amanda, con addosso una vecchia tuta e i capelli raccolti in una coda alta.
Lo guardò quasi schifata – Dov’è Rachel? – gli chiese in tono piatto e lui sospirò, riposando la rivista dove l’aveva presa – Ha chiamato Kurt qualche minuto fa. Penso che sia al piano di sotto a parlare con lui del matrimonio – rispose cercando di imitara il tono di lei.
- Okay l’aspetto qui – lo informò, sedendosi poi sull’angolo del letto. Finn la fissò per qualche attimo, in silenzio, poi sbottò – Si può sapere qual è il tuo problema? Va bene che mi odi, che non mi puoi vedere, ma almeno posso sapere il perché? Penso che sia un mio diritto dopotutto – disse cercando di non alzare troppo la voce.
Amanda lo guardò di sfuggita negli occhi e scoppiò a ridere – Vuoi davvero sapere il perché? – chiese sarcasticamente e lui annuì – Perché penso che tu stia facendo l’errore più grande della tua vita sposando Rachel – spiegò mentre lui la guardava confuso e allo stesso tempo arrabbiato – Non lo vuoi proprio capire vero? Io ce l’ho con te perché dopo tutto quello che è successo pensavo che qualcosa sarebbe cambiato, e invece no. Pensavo che lei cambiasse idea e poi mi viene a dire che vi sposate, a Lima, che sono invitata ma che, anche se sono la sua migliore amica, non sono neanche una damigella. Bella consolazione – aggiunse in tono esasperato.
Finn soprirò profondamente - Amanda te l’ho detto mille volte: quello che è successo più di tre anni fa è stato un grossissimo errore e me ne pento ancora adesso. Era la nostra ultima festa al college, abbiamo bevuto ed è successo. Ringrazio chiunque ci sia lassù perché Rachel mi ha perdonato e tu dovresti fare lo stesso – le disse alzando pian piano la voce.
- Ma io ti amo – quasi urlò lei e il ragazzo scosse la testa – E io amo Rachel. La amo dal primo momento in cui l’ho vista, credo, e sempre lo farò. Ci stiamo per sposare e io..Amanda non cosa si prova ad amare qualcuno e non essere ricambiati, ma devi andare avanti. Prima o poi troverai qualcuno, ti innamorerai di questo qualcuno e lui ricambierà i tuoi sentimenti – le disse in tono dolce, mentra la rabbia l’aveva di nuovo abbandonato.
La ragazza tirò su con il naso, asciugandosi una lacrima, poi annuì – Mi dipsiace – disse Finn mentre lei gli sorrideva debolmente.
Fuori dalla parta Rachel aveva sentito tutti. Era fortunata, penso, perché presto si sarebbe sposata e quell’anello al loro dito sarebbe stato il simbolo dal fatto che si sarebbero appartenuti per sempre. Nessuno si sarebbe più messo tra loro e le cose, finalmente, sarebbero andate come dovevano andare.
 
Quella stessa sera l’intera ciurma Hudmelsonberry (*) si riunì a cena a casa Hummel-Hudson.
Per tutta la settimana Kurt era rimasto a casa Anderson per evitare sia le domande di suo padre riguardanti l’anello, di cui si sarebbe accorto immediatamente, sia perché così poteva tenere d’occhio, insieme a Blaine, Nicole e farsi aiutare da lei con i preparativi del matrimonio.
Appena misero piede in casa, Eveline corse tra le braccia di Burt, seduto sulla poltrona a guardare una delle tante partite di football che davano in tv insieme a Finn, mentre Nicole e Kurt furono sequestrati da Carole che li portò in cucina per far si che aiutassero lei e Rachel a finire di preparare la cena.
Blaine si sedette accanto all’amico sul divano, mentre continuava a dire alla nipote di calmarsi e di smetterla di saltare sulle gambe di Burt.
Una volta in cucina Carole cominciò a tartassare i tre ragazzi di domande sul matrimonio e su quello che avevano fatto durante quest’ultima settimana, senza lasciarli respirare neanche per un secondo.
- Le cose stanno andando bene, è quesi tutto pronto. Manca solo l’ultima prova dei vestiti delle damigelle, di Quinn e Mercedes e della sposa – spiegò il contotenore– E ovviamente manca anche l’approvazione del menù da parte di Rachel e Finn. Solo se si decidessero a fare un salto ad incontrare quelli del catering – si lamentò lacinado un’occhiataccia all’amica e alzò leggermente le spelle e gli sorrise, come per dire che ci avrebbe pensato lei e che non c’era nulla da preoccuparsi.
Carole sorrise divertita, ma l’espressione sul suo voltò mutò nell’istante in cui posò gli occhi su Nicole. Le si avvicino, non dando più retta al solito battibecco di Rachel e Kurt, e le passò un coltello con cui poteva tagliare le verdure.
La giovane lo prese abbozzando un sorriso – Tesoro è tutto a posto? – le chiese e nella stanza calò immediatamente il silenzio. Tutti la stavano fissando e lei non sapeva che rispondere – Io..possiamo parlarne domani vi prego? – chiese a sua volta ma Rachel scosse la testa – Si tratta di Noah? – domandò e la giovane annuì debolmente – Allora fregatene. Per quanto io gli voglia bene quel ragazzo non ha il diritto di farti stare male ogni volta che apre la bocca per parlare con te – la ammonì – Quindi ascoltami bene: non lasciare che ti butti giù ancora e vai avanti con la tua vita. Hai Eveline a cui pensare, hai noi che ti amiamo ed è questo l’importante – le spiegò per poi abbracciarla.
- Grazie mille Rachel, ci proverò – disse Nicole stingendola a sua volta.
Mezz’ora più tardi si trovavano tutti a tavola a mangiare le prelibatezze che i quattro avevano preparato e a cercare di far star zitta Eveline. Infatti la bambina aveva più volte tentato di spifferare ai quattro venti il vero motivo per il quale Kurt, Blaine, lei e la sua mamma quella sera erano andati li a mangiare.
Ogni cinque minuti lei cominciava con – Burt, Carole lo sapete che gli zii hanno deciso di venire qui perché.. – e uno dei due li bloccava – Perché era un po’ che non ci vedavamo – diceva – Nanerottola non parlare con la bocca piena che non è educazione – la riprendeva la madre anche quando non aveva fatto assolutamente niente o aveva deglutito prima di parlare.
E ogni volta che la piccola ripeteva quelle parole Burt diventava sempre più preoccupato. Aveva visto, o meglio sentito, l’aria che tirava tra suo figlio e il suo ragazzo appena avevano messo piede in casa, qualche settimana prima, e la cosa non gli piaceva per niente.
Sperava con tutto il cuore che le cose non andassero così male. Ormai Blaine faceva parte della famiglia, era come un terzo figlio per lui, ma soprattutto non voleva che Kurt soffrisse ed era sicuro che una loro rottura lo avrebbe completamente devastato.
Dall’altro canto sapeva che non poteva trattarsi di una rottura. Aveva passato tutta la settimana a casa Anderson, con lui, e, se c’erano veramente problemi tra loro, non lo avrebbe mai fatto. In più li aveva fissati per tutta la serata e li vedeva sereni e felici, uno accanto all’altro. Continuavano a lanciarsi sguardi pieni d’amore, si sorridevano e Blaine aveva pure chiamato Kurt “amore”.
Allora cosa stava succedendo davvero?
La risposta arrivò subito dopo cena, durante il dessert. Suo figlio aspetto che tutti ebbero finito la loro fetta di torta alla crema e poi si schiari la voce.
Quel gesto attirò l’attenzione dell’intera tavola – Bene – disse mentre il panico cominciò ad assalirlo. E se qualcosa fosse andato storto? Non poteva, se lo era ripetuto tante volte durante quella settimana.
Blaine da sotto il tavolo gli strinse forte la mano, infondendogli coraggio.
Si sitemò megli sulla sedia e respirò profondamente – Quello che Eveline sta cercando di dirvi da tutta la sera è vero: io e Blaine siamo venuti perché dobbiamo dirvi una cosa – iniziò e, quando incorociò lo sguardo di suo padre leggendovi preoccupazione, decise che doveva partire dagli inizi – Come tutti avete capito, quando siamo arrivati da New York qualche settimana fa le cose tra me e Blaine non andavano bene. Continuavamo a litigare per le cose più futili e tutto quello ci stava ferendo parecchio. Avevamo i nostri motivi, stupidi direi, ma per noi avevano importanza. Io pensavo che lui mi tradisse con il suo capo. Cosa che non sta succedendo papà, non ti preoccupare – aggiunse immediatamente.
Blaine sorrise – Burt non sto tradendo suo figlio, glielo prometto – lo rassicurò e l’uomo annuì – Comunque dicevo – proseguì il controtenore – Io avevo questo dubbio mentre Blaine aveva i suoi e per un po’ siamo andati avanti a trattarci davvero male. Ma poi ne abbiamo parlato e le cose sono migliorate. Ora è come se tutto non fosse mai successo e ci amiamo più che mai – concluse sorridendo al suo fidanzato.
Burt sospirò – Pensavo aveste intenzioni di dirmi che avevate deciso di lasciarvi o qualcosa del genere. Mi avete seriamente preoccupato – disse lui, sollevato.
Entrambi sossero la testa – Comunque Blaine se posso chiedere, qual’era la tua preoccupazione? – domandò curioso e il moro si morse il labbro – Io..avevo paura che se avessi chiesto a Kurt di sposarmi lui avrebbe rifiutato – confessò, abbassando lo sguardo.
Nella sala da pranzo regnava il silenzio – Beh se mai glielo chiedi mai lo saprai. È semplicissimo amico – constatò Finn che fino a quel momento era stato in silenzio.
Nicole e Rachel si guardarono sorridendo mentre i due in questione si fissavano negli occhi, indecisi sul da farsi.
- Kurt.. -  mormorò Carole mentre Burt aveva di nuovo sul volto un’espressione preoccupata.
Il controtenore aprì e chiuse più volte la voce senza emettere nessun suono. Lo stesso fece il suo ragazzo – Burt – la vocina di Eveline lo ridestò dai suoi pensieri – Lo sai che zio Kurt e zio Blaine si sposano? Mi hanno detto che farò la damigella – esclamò tutta eccitata.
Il segreto era svelato, ne Kurt ne Blaine dovevano più dire nulla. Tutti sembravano contenti di quella nuova notizia e si complimentavano con i due.
Poi gli occhi azzurri di Burt incontrarono quelli azzurri del figlio e in quello sguardo si dissero tutto. 



Nota dell’autrice:

E dopo praticamente un mese e mezzo ce l’ho fatta ad aggiornare questa ff.
Mi scuso tantissimo per non averlo fatto prima ma il blocco dello scrittore ha colpito anche me. Infatti, come potete vedere, questo capitolo è decisamente corto e non è un granchè ma meglio di niente no?
Comunque ho deciso cercare di aggiornare ogni mercoledì, a meno che il blocco con colpisca ancora (speriamo di no).
Ora passiamo al capitolo: penso di aver fatto Finn troppo intelligente, continuerò ad odiare Amanda fino alla fine e non vi preoccupate, le cose cominceranno ad andare meglio per tutti.
Per quando riguarda la nota (*)  Hudmelsonberry è una parola che ho inventato io ahah
Okay me ne vado ma volevo dedicare questo capitolo a livelikegangsta lo aspettava da una vita <3
Altra cosa: leggete Nothing happens by chance la mia altra ff che aggiornerò ogni mertedì e venerdì.
A mercoledì e spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Un bacio,
 
-Georgia

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