L'Annunciatrice di Morte

di Due Di Picche
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [-29] - Primo giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 2: *** [-28] - Secondo giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 3: *** [-27] - Terzo giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 4: *** [-26] - Quarto giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 5: *** [-25] - Quinto giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 6: *** [-24] - Sesto giorno dell'ultimo mese ***
Capitolo 7: *** [-23] - Settimo giorno dell'ultimo mese - Parte 1 ***



Capitolo 1
*** [-29] - Primo giorno dell'ultimo mese ***


“Gli Annunciatori di Morte sono creature fredde, senza battito cardiaco, ombra e colore dell’iride.
Non provano sensazione umane, non li è permesso.
Non hanno bisogno di soddisfare bisogni umani.
Non conoscono né il dolore, l’Inferno, né la beatitudine, il Paradiso.
Vagano tra il caos Terrestre e l’indifferente Purgatorio.
Erano umani.
Ora sono anime.
Hanno rinunciato alla vita di loro volontà e ora eseguono il compito di rubare l’anima altrui dando loro il colpo di grazia.
Avendo buttato via la loro esistenza non gli è concesso conoscere il valore della vita.
Non hanno memoria.
Sono visibili solo all’umano “scelto” a cui annunciano i giorni rimasti, e possono apparir loro al massimo un giorno prima.
Io ho fatto il maledetto errore di comparire un mese prima: uno sciocco capriccio per noia.
Il peggiore sbaglio nella mia vita.
Anzi no, nella mia morte!”

 


 

1. [-29] Primo giorno dell’ultimo mese
Non credevo ai fantasmi e al sovrannaturale, non credevo neanche nell’amore finché non ho incontrato lei: la mia Annunciatrice di Morte.
Dopo la vita sarei andato sicuramente all’inferno, lo sapevo. Ero uno sporco narcisista ed egoista. Amicizie per opportunismo, ragazze per divertimento, e nonostante avessi una media scolastica più che accettabile, il mio voto in condotta abbassava di gran lunga la media.
Voci di corridoio la sapevano lunga su Luka Fontana, il magnifico me. Ero uno che spiccava parecchio in quella scuola: per il mio aspetto, per la mia intelligenza, per la mia moto.
Nulla poteva andarmi storto, io ero l’artefice della mia vita, e nonostante la pessima reputazione che aumentava di sabato sera in sabato sera, amavo stare al centro dell’attenzione.
Niente poteva cambiare la mia vita, o almeno così pensavo, finché in un giorno qualunque, mi si presentò davanti la Morte sotto le sembianze più sexy che avessi mai visto.
Uscivo da scuola salutando il mio gregge di poco di buono, e facendo l’occhiolino alle ragazze che, di tanto in tanto, lanciavano gridolini eccitati al mio passaggio. Con gli occhi, però, cercavo solo l’unica vera cosa che da un po’ occupava i miei pensieri: la mia moto.
L’avevo parcheggiata di fronte alla scuola, nel parcheggio dall’altra parte della strada vicino ai cinquantini scadenti e sfasciati. Lei, bella e lucida, rossa e nera, spiccava come non mai.
Mentre camminavo sul marciapiede sospirai pensando all’ebbrezza della corsa forsennata che mi attendeva fino a casa. Quella si che mi soddisfaceva!
A pochi centimetri dalla mia bella però mi fermai. I miei occhi azzurri inquadrarono una sagoma seduta sopra al mio motociclo: una ragazza.
Quella figura mi tolse il respiro immediatamente.
Ricordo ancora ora quelle labbra rosse come il sangue che si distinguevano anche da lontano a causa della carnagione lattea della pelle. Era bianca, pallida da fare paura, e i suoi occhi erano scuri, neri come la notte, incorniciati da una lunga e fluente chioma platino.
Una creatura dotata di bellezza misteriosa e accattivante era seduta sulla mia moto.
Deglutii e mi avvicinai. Indossava un gotico vestito nero. Il corpetto le metteva in risalto il seno, e le braccia erano avvolte da delle lunghe maniche piene di buchi. Snelle gambe spuntavano da una corta gonna vaporosa, coperte da un paio di scuri stivali in pelle dal tacco vertiginoso.
Mi passai una mano tra i capelli castani, il look un po’ spettinato faceva sempre colpo, e poi sfoderai un sorriso abbagliante: sarei dovuto passare tra le sue gambe assolutamente.
«Ehilà Angioletto, lo sai che quella è la mia moto?»
Si limitò ad annuire con espressione seria e forse un po’ scocciata.
«Cosa vuoi? Numero di telefono? Appuntamento? Avventura?» un breve elenco di cose che di solito le ragazze volevano da me.
Per la prima volta ricevetti la richiesta più assurda della mia vita:
«Solo la tua anima tra un mese.» un battito di ciglia. Un sorrisetto. Stava scherzano?
«Bella scusa per abbordare.»
«E io ti terrò compagnia per un mese. La mia falce non vede l’ora di entrare in azione»
Solo in quel momento notai l’imponente falce argento che teneva salda nella mano sinistra. Era tutto così irreale. Perché nessuno non la fissava? Commentava? E poi quell’arma avrebbe dato sicuramente nell’occhio. Non era né Halloween né Carnevale.
Decisi di stare al gioco facendo strane fantasie erotiche «E come dovrei morire?»
Fece spallucce e successivamente picchietto con le sue dita affusolate la mia moto«Lei ti accompagnerà alla fine.»
Questa volta il sorriso della giovane diventò quasi sadico. Deglutii. Morire in sella alla cosa che amavo di più in quell’ultimo periodo? Ridicolo. Pessimo scherzo. Eppure un po’ di paura ce l’avevo.
Stavo impazzendo? In quel momento, alle mie spalle spuntò Nicola, uno dei pochi fidati amici che avevo, dalle tendenze un po’ emo nello stile. «Tutto bene, Luka?.»
Scossi la testa e gli indicai la ragazza con un’espressione sconcertata «La vedi anche tu questa bomba sexy?»
Gli occhi verdi del ragazzo mi fissarono preoccupati «Ancora con questa moto? Ma non puoi trovarti una ragazza?»
«Non mi sto riferendo alla moto idiota. Che mi dici della falce?»
Con un rapido gesto mi fece voltare e mi appoggiò una mano sulla spalla. Sospirò. «Senti, sono io quello che legge fumetti giapponesi con falci e spade. Luka, ma ti senti bene?»
Balbettai qualcosa spostando lo sguardo da Nicola alla ragazza che non si era ancora schiodata dalla sella del mio destriero.
«Io sto benissimo!»
«Continui a guardare il vuoto sopra la tua moto.»
«Non guardo il vuoto … guardo …»
«La tua Annunciatrice di Morte.» la giovane parlò dando la più incomprensibile delle spiegazioni. La guardai di nuovo. Il sorriso sadico era stampato su quelle rosse e invitanti labbra. Non capivo se mi stesse prendendo in giro o cosa. Perché Nicola non diceva niente in merito e faceva finta che non esistesse?
La giovane schioccò la lingua e scese dalla moto. Era dietro di me. Molto vicina da sentire il suo respiro gelido sul collo. Mi venne la pelle d’oca.
Non conoscevo l’odore della morte ne la sensazione che essa poteva darti, ma lei “puzzava” di tutti quegli aromi che ti mettevano ansia a tristezza.
«Io sono la tua Annunciatrice di Morte caro Luka Fontana. Tra un mese esatto mieterò la tua anima dopo un mortale incidente. La tua fine è vicina, viscido egoista»
In quel momento la mia vita fu sconvolta da una “ragazza” maledettamente bella.
Mi scrollai dalla presa del mio amico e mi voltai verso di lei urlando «La vuoi smettere?!»
Lo scherzo stava diventando di pessimo gusto!
Silenzio. Lei continuava a sorridermi mentre gli occhi di tutti gli studenti erano rivolti nella mia direzione. Nicola mi guardava sconvolto. Perché nessuno diceva niente? Ero su Candid Camera?
Lei parlò di nuovo «Tutti pensano che parli da solo» soffocò una risata «Tu mi vedi, gli altri no.»
Confusione. Se mi ero tirato una figura di merda o meno, non me ne fregava niente. Abbandonai Nicola e anche quella “ragazza”. Mi infilai il casco e salii sulla moto il più velocemente possibile. Non salutai nessuno. Dovevo andare a casa prima che la situazione precipitasse. Ero da ricovero?
Come poteva la Morte avere un aspetto così “angelico”?
 
«Mamma, sono a casa. Non pranzo, vado a dormire»
Non mi ricordo cosa rispose la vecchia perché ero così confuso che corsi immediatamente in bagno a lavarmi il viso. Ero solo. Non c’era traccia di stranezze. Mi tolsi felpa e t-shirt restando a petto nudo.
Caldo. Sudavo. Ansimavo. Tremavo. Mi guardai allo specchio. Ero pallido e impaurito. I miei occhi azzurri erano confusi e i miei capelli castani più arruffati che mai.
«Io sono giovane. Ho a malapena diciassette anni, non posso morire tra un mese. Tutto ciò è un’idiozia.»
Incominciai a lavarmi il viso con l’acqua gelata per calmarmi. Funzionò, però mi ci voleva ancora una bella dormita per dimenticare il tutto.
Con un asciugamano al collo, spalancai la porta di camera mia. Mi bloccai.
Pensavo che il mio incubo fosse finito, ma mi sbagliavo:  la “ragazza” di poco fa era distesa comodamente sul mio letto e sfogliava con aria tranquilla uno dei miei tanti giornalini porno.
Mi irrigidii di colpo. Com’era entrata? Che ci faceva lì?
La falce era accuratamente appoggiata contro il mio armadio. Dio, allora non me l’ero sognato, aveva proprio una falce tra le mani.
Silenzio, non dissi niente e aspettai che lei staccasse il suo sguardo dubbioso da quella rivista poco fine.
Non passò troppo tempo prima che lasciasse scivolare il giornalino sul pavimento. I suoi occhi cenere si posarono su di me e, seri, incominciarono a fissarmi.
«Che brutta cera. Sicuro di stare bene?»
Non mi sarei mai lamentato di trovare una ragazza in quelle “condizioni” sul mio letto, ma avrei preferito che sparisse, e poi se io ero sconcertato era solo colpa sua. Poco facesse dell’ironia!
«Come sei entrata in camera mia?»
Sorrise accavallando le gambe e incrociando le braccia «Posso essere dovunque io voglia.»
Avrei preferito una risposta più sensata ma mi accontentai. «Chi sei?»
«La tua Annunciatrice di Morte, mi pare di avertelo già detto, no?»
«Si certo.» Le sue parole erano troppo tranquille. Non stava mentendo, ma tutto ciò era troppo assurdo.
Sbuffai chiudendo la porta di camera mia. Se mia mamma avesse trovato una scostumata simile sul mio letto mi avrebbe rimproverato per la millesima volta.
«Fai come vuoi, al Purgatorio mi hanno detto così e ho accettato l’incarico.»
«Purgatorio?»
Sbatté più volte le lunghe ciglia sbuffando «Tanto è sicuro che andrai all’inferno.»
La ragazza stava sclerando. Che razza di discorsi assurdi. Mi avvicinai. Era inquietante ma allo stesso tempo maledettamente sensuale.
«Penso di non capire.»
«Tu tra trenta giorni morirai e io mieterò la tua anima e la porterò all’inferno.»
Scossi la testa e sorrisi incredulo «Di cosa ti fai? Cocaina? Eroina? Chi ti dice che morirò?»
«Sciocco umano.»
Decisi di riformulare la più comune delle domande che le avevo fatto sino ad ora, perché, veramente, non ci stavo capendo niente.
«Chi sei?»
«Stupido: la tua Annunciatrice di Morte.» pensavo che risposta fosse finita lì, invece aggiunse un’ultima parola. Quattro lettere che, da quel momento avrebbero sconvolto la mia vita «Lily.»
Il suo nome era Lily. Lily.
Ci fissammo per un lungo istante. Pensai di essere malato. Magari avevo le allucinazioni o ero diventato schizofrenico.
Com’era possibile che una sconosciuta, tutto d’un tratto, mi fosse apparsa per annunciarmi la mia morte??


***

Due Di Picche …

Che l'esperimento abbia inizio!
Per prima cosa ringrazio la mia compagna di banco che naviga anche su EFP (Alyce_Maya) per le correzzioni durante le noiose ore che di tanto in tanto passiamo quotidianamente assieme e poi ringrazio chi è arrivato fino a qua con la lettura!
E' la prima "Love-Fantasy" che scrivo, di solito mi cimento in cose più "normali" e meno tetre, ma ho voluto lanciarmi a capofitto in questa idea assurda che secondo me non è riuscita neanche tanto male. Lui è il protagonista e, nonostante lo abbia creato mooolto, antipatico a me piace molto *w*... ah! che gusti! Principalmente parlerà Luka durante tutta la vicenza a puntate ma ci saranno, per staccare un pò gli avvenimenti, delle brevi riflessioni di lei. 
E' stato difficile pensarla al maschile ma mi sono divertita ad immedesimarmi nell'altro sesso, soprattutto in un soggetto così "vanitoso" XD
Bene vi lascio a riflessioni o commenti e suggerimenti. 
Baci
Due di Picche

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Capitolo 2
*** [-28] - Secondo giorno dell'ultimo mese ***



1. [-28] Secondo giorno dell’ultimo mese
Un suono monofonico mi svegliò interrompendo un sogno assurdo: la più bella dell’Inferno, anche se si era definita del Purgatorio, era venuta ad annunciare la mia morte. Tra un mese avrei dovuto lasciare la vita mentre lei, con la sua imponente falce d’argento, mi avrebbe rubato l’anima.
Che sogno stupido, pensai accennando un sorriso. Anche lei nel sogno aveva sorriso. Una risata sadica su un paio di accattivanti labbra rosse.
Mi alzai dal letto e scossi il capo. Da anni ormai non dormivo così bene, il pomeriggio precedente dovevo esser stato stanco morto per aver dormito fino la mattina.
Erano le sette e tra un’ora sarei dovuto essere a scuola. Di malavoglia mi alzai dal letto con addosso solo i boxer e una canottiera con l’intento di avviarmi in bagno per farmi una doccia.
Per sicurezza mi guardai attorno. Nessuna falce, nessuna bomba sexy, solo qualche vestito e qualche giornalino porno sparso sul pavimento. Tutto normale.
Era solo un sogno!
Doveva essere stato un sogno!
Spalancando però la porta del bagno tutte le mie convinzioni si sciolsero come neve al sole.
Continuavo a sbattere le palpebre incredulo. Non avevo fumato, non avevo bevuto, avevo solo dormito e sognato eppure quella Annunciatrice di Morte era davanti a me. Ancora!
Lily. Così aveva detto di chiamarsi. Lily era seduta sulla tazza del gabinetto (chiusa) che sfogliava una mia rivista di moto.
Chiusi la porta di scatto. Scossi la testa e serrai gli occhi per riaprirli subito dopo: Lily era ancora là.
Immersa nella lettura, con i biondi capelli che le coprivano il viso e quell’abbigliamento gotico ma provocante. Era sempre lei: la ragazza del mio sogno, anzi no, della mia realtà.
Continuavo a chiudere e riaprire la porta, ma Lily rimaneva sempre là.
«La smetti di fare l’idiota? Ho perso il segno.» la sua voce arrivò alle mie orecchio più vera che mai. Si lamentava. E io che avrei dovuto dire allora?
«Non è stato un sogno» deciso, entrai nel bagno chiudendomi la porta alle spalle. Continuavo ad osservarla incredulo mentre la sua espressione riluttante non faceva altro che mettermi a disagio.
La “ragazza” sbuffò ma si immerse nuovamente nella lettura facendo finta di niente.
«Io mi dovrei fare la doccia. »
Lily non si scompose ma agitando una mano disse « Fai pure»
Voltò pagina ignorandomi completamente. Forse nel Purgatorio non si lavavano o avevano un lavaggio automatico, forse lei non capiva le mie esigenze in quanto umano o forse desiderava vedermi nudo più di quanto io desiderassi spogliarla.
Idiota, non farti fantasie erotiche su di lei!, pensai.
« Preferirei che sparissi per una decina di minuti, insomma non è necessario che tu mi stia appresso di continuo, no?» sinceramente incominciavo a preoccuparmi.
L’Annunciatrice fece spallucce « Non ho altro da fare. E poi non mi scandalizzo a vederti nudo, non penso che sarai un gran che.»
Ma come si permetteva! Io ero bello punto e basta, e bello era anche poco per descrivermi dato che conoscevo tutti gli aggettivi più “cool” che mi attribuivano le ragazze della scuola, se non della città.
Cercai di non perdere la pazienza « Se devi seguirmi per un mese, stiamo incominciando con il piede sbagliato. Io ho bisogno di privacy nella vita e, a meno che non ti metta nuda anche tu … »
Incominciai a delirare.
Finalmente Lily alzò lo sguardo. Mi fissò accigliata «Non prendermi per una tizia di quelle tue schifose riviste. » disse riferendosi al giornalino che aveva sfogliato la sera precedente.
Strinsi i pugni e sbuffai con imbarazzo. Ilgiorno prima ero stato troppo in preda al panico per ricordarmi di quel piccolo particolare della rivista.
«Non volevo paragonarti ad una modella porno. »
«Luka, a chi stai dando della modella porno?» una voce interruppe la nostra conversazione. Cavolo! Non mi ero accorto che mia mamma aveva aperto la porta.
Mi voltai stringendo i denti e vidi la cinquantenne dai tinti capelli neri, fissarmi perplessa.
« Sei da qualche minuto che non fai che urlare. Da quando parli da solo?»
«Io non sto parlando da solo ma con la mia Annunciatrice di Morte. » ecco! Ora ero nella merda perché finalmente mi ricordai che nessuno poteva vedere Lily. L’espressione di Nicola c’è l’avevo ancora impressa nella mente, ed era molto simile a quella di mia mamma in quel momento.
« Sei strano. Hai dormito troppo, urli in bagno e adesso salta fuori anche un’Annunciatrice di Morte.»
Fissai mia madre e poi, corrugando la fronte, spostai i miei occhi su Lily che fissava altrettanto la divertente scena. Anche se il comportamento della “ragazza” mi infastidiva parecchio non dovevo cedere alla tentazione di urlare a vuoto verso il water.
«Senti mamma, va tutto bene. ora mi faccio una doccia e poi vado a scuola»
La donna fortunatamente uscì dal bagno e imprecai in silenzio fissando Lily con rabbia.
La “ragazza” fece spallucce e schioccando la lingua, scomparve nel nulla.
Farlo prima no eh? Stavo impazzendo e questo mio secondo giorno del mio ultimo mese di vita era incominciato malissimo, speravo soltanto che mia mamma non contattasse un psicologo.


Dal mio banco osservavo il cielo. Era azzurro proprio come i miei occhi, un azzurro che io non avrei mai raggiunto perché mi attendeva l’inferno.
Nicola era tutto preso dall’allettante lezione di matematica mentre io, come al solito, pensavo ad altro. Lily non si era più fatta vedere e, adesso che ripensavo agli eventi della mattina, mi ricordai di non aver notato la sua orrenda falce in bagno. Non capivo perché stessi pensando a lei anche se, in fin dei conti, era normale dato che ora la mia vita dipendeva interamente da quell’Annunciatrice.
«Fontana, sono belle le nuvole? » la professoressa Ricci, con la sua tremenda e stridula voce riuscì a riportarmi alla realtà.
Dalla cattedra mi fissava con aria imponente, più nervosa che mai. La menopausa l’aveva resa più isterica che mai ultimamente.
«Fontana!» odiavo quando pronunciava il mio cognome «Stiamo cercando di risolvere questo logaritmo che ha creato discreti problemi ai tuoi compagni di classe nei compiti a casa, tu gli hai fatti i compiti?»
«No! » sincero e diretto. E poi lo sapeva che non facevo mai i compiti.
In quel momento sentii Nicola sussurrarmi «Imbecille, te le cerchi nuovamente.»
Lo ignorai e fissai con attenzione l’esercizio alla lavagna.
«Non mi meraviglia questa tua risposta Fontana.»
«Però lo so risolvere.»
Portò le mani sui fianchi e mi guardò con sfida «Non fai gli esercizi per casa e ti vanti di saperlo risolvere? »
Stupida donna. Conosceva la mia mente geniale e continuava a fare del sarcasmo. Era sin troppo ovvio che sapevo risolvere quel maledetto logaritmo.
Non ci pensai due volte e mi alzai. La sedia strusciò violentemente sul pavimento. Con passo blando e sotto gli occhi di tutti mi diressi alla lavagna.
Presi il gesso tra le mani e analizzai il “problema” della classe. Ridicolo! Una sciocchezza del genere gliela avrei risolta in meno di un minuto.
Sorridendo, incominciai a picchiettare sulla lavagna. Marcavo forte il gesso con aria decisa. Io ero Luka Fontana e un esercizio così idiota l’avrei risolto sicuramente.
Tra i professori ero noto per due cose: la mia sfacciataggine e la mia intelligenza. Dio non mi aveva fatto solo di bell’aspetto ma anche particolarmente furbo e dotato di buon cervello.
Perché un soggetto perfetto come me aveva solo ancora un mese da vivere?
Avrei potuto aver tutto nella vita. Fama, donne e soldi. Ero convinto di ciò che ero e dei miei ideali. Perfetto! Troppo perfetto!
«Le va bene professoressa o vuole anche il passaggio inverso?» lasciai cadere il gesso nell’apposita scatoletta di legno. Silenzio. Come sempre tutti mi guardavano a bocca aperta. Nicola sorrideva divertito come ogni volta. Riuscivo a sorprendere tutti.
« Posso andare in bagno se non le dispiace? Questa lezione non è al mio livello.»
Vidi la Ricci prendere la penna rossa e scarabocchiare qualcosa sul registro.
«Ti sei preso una nota per la sfacciataggine Fontana. Esci subito dalla classe se la lezione ti annoia.»
Non esitai un istante e, con il mio solito sorriso canzonatorio, mi avviai verso la porta. Passai tra i primi banchi e scrutai con riluttanza quei secchioni: né belli né intelligenti. Loro avrebbero dovuto morire tra un mese, non io. Dalla rabbia per il mio destino ingiusto, sbattei violentemente la porta.




“Era l’essere umano più viscido e schifoso con cui avessi mai avuto a che fare. Troppo perfetto per vivere e maledettamente giusto da far morire. Quelli come lui dovrebbero essere spazzati via dalla terra.
Un mese mi sembrava un’eternità, ma cos’era il tempo per una come me?
Uno strano sesto senso mi diceva che Luka Fontana sarebbe stato la mia rovina!”



Mi recai immediatamente nel bagno dei ragazzi del piano inferiore. I servizi in quella scuola erano scadenti, e a dire il vero, non ero nemmeno certo che fosse il bagno dei maschi visto che vidi uscire Silvia Conti.
«Oh! Luka, non sono sorpresa di vederti gironzolare per la scuola.» Silvia Conti faceva il quinto anno. Ragazza dotata di fascino e carisma, era molto desiderata dall’altro sesso. Il suo punto debole? Lo conoscevo troppo bene: io.
Si diceva che avesse il ragazzo, ma visto che lo tradiva ogni settimana con l’illustre sottoscritto, non ne ero più tanto convinto.
Le sorrisi fissando quei sgargianti occhi verdi pieni d’energia e di rimmel «Solita scusa del ciclo vero?»
Si spostò con grazia una ciocca dei lunghi capelli biondo scuro e con sicurezza rispose «Ovviamente.»
In un certo senso ci assomigliavamo molto, peccato che a scuola non fosse per niente brillante. Mi ero offerto diverse volte di darle ripetizioni, ma alla fine mi ritrovavo sempre a sfilarle i pantacollant.
Entrai in bagno. Silvia mi seguì. Ogni volta che mi trovava da solo non mi mollava più, e già conoscevo l’esito di questo incontro.
Bevvi un po’ d’acqua e poi mi fissai allo specchio.
«Stai bene?» mi sussurrò Silvia appoggiando le sue mani sulle mie spalle e incominciando a massaggiarmele «Sei più teso del solito. Inoltre gira voce che ieri ti sia messo a parlare da solo.»
Un ghigno beffardo mi si dipinse in volto e ricordando la colossale figura di merda.
«Un po’ di stress.» mentii.
Mi voltai verso di lei e Silvia incominciò ad accarezzarmi il petto. Tutte le ragazze avevano un debole per il mio fisico, ed io, sinceramente, apprezzavo molto quello della fortunata che avevo di fronte.
Un intenso incrocio di sguardi. Finalmente occhi umani che mi fissavano. Calore umano, odore umano. Non so perché ma in quel momento mi chiesi se, oltre che vedere Lily, l’avrei potuta anche toccare.
«Di cosa hai voglia Luka? Ti consolo un po’?» la sua voce era scaltra ed eccitante, per non parlare delle sue mani che scivolavano sempre più giù.
Silvia si staccò un attimo e chiuse la porta principale del bagno attaccandoci il solito cartello “GUASTO” che ogni tanto appendevamo noi studenti.
Mi appoggiai al lavandino e lei mi raggiunse nuovamente. Continuava a fissarmi mentre fremeva dal desiderio di baciarmi.
«Tu si che mi capisci.» le sussurrai in maniera sensuale facendo aderire il suo corpo al mio. Aspettai. Silvia si era già messa in azione nella maniera che avevo desiderato.
Sentii una sua mano arrivare alla cintura dei miei jeans. Si bloccò un istante e poi la slacciò.
Chiusi gli occhi mentre il suo corpo scivolava velocemente verso il basso abbassando leggermente i mie jeans e levando l’ultima barriera per raggiungere la mia intimità.
Silvia era incredibile. Sapeva sempre di cosa avevo bisogno e sapeva trattarmi nel migliore dei modi. Anche se eravamo a scuola non me ne importava niente. Quante volte avevo già avuto rapporti del genere?! Nessuno se n’era mai accorto o mai lamentato.
Fremevo di un piacere che aveva i minuti contati. Sapevo che sarebbe finito molto presto, ma quello che mi preoccupava di più era che tra un mese non avrei mai più potuto provare niente di tutto ciò. Sarei morto, ed ero già al secondo giorno.
Quando Silvia finì le regalai un sorriso e le promisi che molto presto sarei venuto a casa sua a darle ripetizioni di fisica. E la fisica che intendevamo noi era molto divertente, perciò non mi sarebbe dispiaciuto aspettare un po’, pur avendo i giorni contati.
«Ci vediamo Luka.» mi disse salutandomi con un ampio sorriso.


Arrivai a casa nel tardo pomeriggio. Avevo pranzato fuori e fortunatamente i miei erano ancora al lavoro. Avevo casa libera per rilassarmi.
Quando entrai in camera mia mi accorsi, però, di non essere solo.
Lily era distesa sul letto a pancia in giù, vestita come sempre con tanto di scarpe. Della falce non c’era traccia per fortuna. La fissai un attimo. Stava sfogliando nuovamente una rivista porno. Avrei dovuto comprarle qualche libro più intelligente o qualche giornalino femminile.
La fissai per un breve istante in silenzio e la paragonai a Silvia Conti: non c’era confronto! Lily era fatta di tutt’altra pasta rispetto alla mia compagna di scuola. Si vedeva che non era “umana” in tutti i sensi. Chissà se gli Annunciatori portano la biancheria intima?, pensai.
«Ehilà!» la salutai richiamando la sua attenzione.
Mi fissò per un istante e poi ritornò con gli occhi sulla rivista.
Mi abbandonai sulla sedia della scrivania. C’è l’aveva ancora con me per sta mattina? Mah, valle tu a capire le donne.
«Oggi ho pensato molto riguardo questa assurda situazione e ai miei ancora trenta giorni di vita.»
«Ventotto non contando oggi.»
Mi voleva proprio smontare. «Non sono né pronto a morire né pronto a credere a questa assurda storia di te e la mia morte, però una maniera per convinderci c’è.» sospirai. Lily non mi degnava minimante della sua attenzione «Se tu esisti per me, e ti vedo, posso anche toccarti?»
Silenzio.
L’Annunciatrice si voltò di scatto, abbandonò il giornalino e fisso i suoi occhi minacciosi nei miei «Non ho mai toccato una mia vittima. Non lo so.»
Sembrava curiosa. Mi avvicinai a lei. La vedevo sin troppo bene. sembrava proprio “viva”, anche considerato che il materasso aveva preso la forma del suo corpo.
Mi accucciai di fronte a lei «Pensi che possa accadere qualcosa di brutto?»
«Non lo so» fece spallucce «Si può provare, sinceramente sono curiosa anch’io di toccare una mia vittima.» Ci fissammo per un lungo istante. Leggevo nei suoi occhi un minimo di tensione.
Le tesi la mano «Questo gesto riuscirà a farmi capire molte cose: soprattutto che non sono pazzo.»
Allungò la sua mano affusolata dalle lunghe unghie rosse. Esitò per un istante ma finalmente fece la mossa decisiva e l’appoggiò sulla mia.
Sentii freddo. Tanto freddo e tanta tristezza. L’odore di “morte” era tremendamente forte però io potevo toccare Lily. Era qualcosa, era viva, c’era.
Accennai un sorriso quando incominciai ad accarezzarle quelle dita pallide e ghiacciate.
«Esisti.» sussurrai compiaciuto mentre le disegnavo un cerchio sul dorso per poi discendere tra le dita.
Lei si rivelò semplicemente sorpresa e tutto quello che riuscì a dire, rimanendo ferma immobile fu «Caldo.»
Intrecciai leggermente la punta delle sue dita con le mie e osservai quello smalto color del sangue. Era di una bellezza inquietante ed io ero capace di coglierla.
«Ventotto giorni mi restano per divertirmi?»
«Si.»
«Andrò all’Inferno?»
«Ovviamente»
«Anche se fredde, sono molto belle le tue mani.»
Silenzio.
Restammo lì ancora qualche istante poi, visto che non c’erano i miei la invitai nelle altre stanze della casa.
Ormai non avevo altra scelta che attendere la fine dei mie giorni insieme a lei.



“Si rivelò curioso toccare Luka, fin troppo piacevole.
Il calore della sua pelle era qualcosa di magico.
Sentire l’odore ferreo del sangue si rivelò fantastico.
La cosa che mi abbagliò di più, però, fu la sua necessità di capire se io esistessi o meno, la necessità di conoscermi.
Nessun umano aveva mai provato ad avvicinarmi, nessuno mi aveva mai trattata come una ragazza umana”



***

Due Di Picche …

La storia sta andando a gonfie vele, almeno per me e sul mio PC. Il tema macabro mi ispira molto e ogni volta che descrivo le “visuali” di Luka, mi diverto un sacco!
Ringrazio Alyce_Maya per la correzzione e recensione e anche Se7f per la recensione, e grazie a chi ha aggiunto la storia tra le seguite **
Questo secondo giorno di Luka ci da una visuale genere di che genere di ragazzo è. I primi capitoli saranno un po’ introduttivi perché sono i primi giorni di questa macabra convivenza, ma dal 4-5 capitolo in poi incomincerà la “conquista” per il paradiso da parte di lui e la “confusione più assurda” da parte di lei. Ma nn vi voglio anticipare niente e perdermi in chiacchere.
Spero solo che la storia vi piaccia e che sia una lettura piacevole e “romanticamente divertente!”

Baci
Due di Picche

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Capitolo 3
*** [-27] - Terzo giorno dell'ultimo mese ***



3. [-27] Terzo giorno dell'ultimo mese
Quella mattina sarei entrato due ore dopo a scuola ma, nonostante questo, mi ero alzato presto perché avevo l’ansia di non svegliarmi più. Meno ventisette giorni. Già tre dì erano volati via e io non gli avevo utilizzati nel migliore dei modi.
Andai in cucina e diedi delle riviste femminili, che avevo acquistato il giorno prima, a Lily.
«Anti noia.» le dissi sospirando.
Osservai le sue mani prendere con lentezza i due giornali. Poteva toccare le cose.
Sbuffò «Quello che girava a casa tua andava bene. Non ti dovevi scomodare.»
In quel momento incrociò le braccia al petto; un gesto usuale che le metteva sempre in risalto il seno. E sinceramente, sin dalla prima volta che l’aveva fatto, mi era caduto l’occhio. Umana o non umana era una creatura femminile ben fornita.
«Non mi va che le ragazze leggano certe riviste.» mi riferivo ai giornalini poco fini sparsi per la mia stanza.
«Comunque grazie.»
«Non c’è di che, dobbiamo convivere per un mese perciò cerchiamo di sopportarci.»
Già, perché avevo sempre l’impressione che Lily mi detestasse.
«Senti.» visto che il clima era quasi piacevole e i miei erano usciti, decisi di dar sfogo a qualche mia piccola curiosità «Io non solo ti vedo ma ti posso anche toccare, tu puoi toccare gli oggetti e allo stesso tempo sei capace di “teletrasportarti” ovunque tu voglia, ma come mai gli altri non ti vedono?»
Esitò inizialmente. Non mi aspettavo una risposta a dire il vero. Si sedette sul tavolo e accavallò le gambe. I miei occhi percorsero la sua coscia e poi incominciarono a fantasticare su quel quarto di gonna che le copriva le parti intime.
«Perché io sono tua.» alzai lo sguardo verso di lei abbandonando i miei film mentali. La vidi un po’ imbarazzata, forse per la risposta troppo esplicita  «Solo tu puoi vedermi perché io ho scelto di seguire te. Ho scelto la tua anima.»
«E perché hai scelto me?»
Si portò un dito sulle labbra rosse e spostò più volte lo sguardo «Pensavo che avrei trovato soddisfazione nell'eliminare un narcisista come te dalla faccia della terra.»
Per poco il caffè non mi andò di traverso. Certo che non aveva proprio un minimo di tatto quell’Annunciatrice di Morte.
«I perfetti non sono destinati al lieto fine?» chiesi cercando, magari, di scavarmi una via di fuga da quell’assurdo destino.
«Se usano la perfezione nel modo giusto forse si, ma questo non è il tuo caso. Perciò sei inutile all’umanità.»
«Definisci perfetto.» io potevo parlare di perfezione perché ero uno stupido vanitoso, ma sentire quel termine uscire dalla bocca di qualcun altro mi aveva incuriosito.
«Una persona senza difetti.»  Il tono sicuro della sua voce mi invogliò a mandare avanti quell’assurda conversazione «Bello esteticamente, intelligente e piacevole. La prima e la seconda qualità sono quelle che risaltano di più, ma tutte e due dipendono dalla terza: il carattere.» Mi piaceva il modo in cui Lily gesticolava mentre parlava. «Le persone innanzitutto ti devono amare per ciò che sei e non per come sei.»
«Non ho problemi: mi amano tutti.»
Lily sospirò e mi guardo in modo tenero, così dolce da sembrare quasi che mi stesse prendendo in giro «Oh Luka! Non immagini nemmeno quante persone ti detestano, forse quelle che consideri meno sono quelle che ci tengono di più.»
Tutto ciò mi diede la conferma che gli Annunciatori di Morte mancavano proprio di tatto.
«Cosa sono io ai tuoi occhi allora?»
«Luka Fontana un diciassettenne, bello, intelligente, viscido schiavo delle sue qualità. Praticamente colui che si crede il “Bello del Reame” e non vuole essere secondo a nessuno.»
Sorrisi ironicamente voltandomi verso di lei. Mi appoggiai al frigorifero e portai le mani nelle tasche dei jeans. Feci spallucce divertito «Che lingua tagliente, Lily. Siete tutti così di carattere al Purgatorio?»
«Non è che decidono al Purgatorio come siamo»
«E chi lo decide?»
«La ricombinazione genetica dei caratteri dei nostri antenati. Da me dovevano essere tutti sfacciati.»
Mi stavo perdendo. Anche nell’aldilà c’erano famiglie? Qualcosa non quadrava. «Perciò si studia per prendere il ruolo di Annunciatore di Morte?»
«No, ci si suicida.»
Per un attimo persi l’equilibrio. Rischiai di scivolare a terra dallo shock a causa di quella parola che Lily aveva pronunciato con troppa naturalezza. «Su … su … suicidio?» balbettai.
Lei annuì con un cenno del capo «A dire la verità non dovrei rivelarti niente del mio mondo, non l’ho mai fatto con nessuna vittima, ma visto che sei giovane e hai i giorni contati posso trasgredire a questa piccola regola: le persone che nella vita umana si suicidano rifiutando la vita stessa diventano a loro volta, andando nel Purgatorio, Annunciatori di Morte per l’eternità. Teoricamente ci dovremmo sentire uno schifo ad “ammazzare” gente altrui rubandone l’anima, ma alla fine ci è indifferente perché non ricordiamo la “stupidità” che ci ha portato a toglierci la vita.»
«Quindi tu esistevi davvero? Eri umana?»
Annuì con un cenno del capo. «L’unica cosa che so e che sono legata a questa città. Sai, appena si arriva al Purgatorio ci assegnano per la provenienza.»
«Perché parli con tanta naturalezza del suicidio? È una cosa orrenda.»
«Brutta o meno, non mi ricordo niente della mia vita precedente perciò è come se non fossi mai esistita e poi, dato che sono morta, la morte stessa non mi fa alcuna paura. Non mi manca niente e non ho risentimenti, ma avendo rifiutato la vita sono destinata a vagare tra la Terra e il Purgatorio, conducendo le anime al Paradiso o all’Inferno. Non riceverò mai né la beatitudine né il dolore.»
Io avevo sempre considerato la vita come un dono, come una cosa meravigliosa. Al solo sentir parlare di suicidio mi si contorse lo stomaco.
Non che conducessi un’esistenza santa e buona, ma davo significato ad ogni mio gesto, anche il più stupido, perché era ciò che volevo, era la vita che desideravo.
Annullare questo corso, nonostante anch'io, contro il mio volere, avessi i minuti contati, la vedevo come la cosa peggiore che potesse capitare.

 
Quella mattina Lily mi aveva spiegato alcune cose importanti su di lei, ma nonostante gli strani discorsi sul suo mondo e sulla sua natura, io la consideravo più umana che mai. Mi diede particolarmente fastidio solo il discorso del suicidio. Io non sarei mai riuscito a parlarne con tanta naturalezza, ma essendo già morta non le doveva fare né caldo né freddo. Chissà chi era stata in precedenza?
Composi alla macchinetta il codice della merendina, che subito dopo scese. Immerso nei miei pensieri non facevo minimamente caso al brusio che mi circondava.
Mi abbassai a raccogliere la merenda.
Non ebbi nemmeno il tempo di estrarre la mano dall’imboccatura della macchinetta che immediatamente mi arrivò uno schiaffo sul collo.
Mi alzai di scatto e mi voltai. Chi voleva fare a botte di buon mattino?
«Luka sei un idiota!» quella voce squillante non mi sorprese. Era particolarmente infantile e fastidiosa: la riconobbi subito. Solo una ragazza osava trattarmi in malo modo all’interno del mio regno.
«Tu la grazia non c’è l’hai proprio nel DNA, eh?»
Jessica Fontana, con i suoi occhi azzurri e quei formidabili riccioli rossi, mi stava rivolgendo la sua solita espressione di sfida. Perché mia cugina aveva scelto la mia stessa scuola?
Jessica aveva due anni in meno di me, ma si permetteva di trattarmi con famigliarità davanti a tutti. Un po’ di rispetto per il fantastico me mai, eh?! Le avevo chiesto esplicitamente di ignorarmi nonostante avessimo gli stessi cognomi (figlia del fratello di mio papà), ma ormai era conosciuta a scuola per essere “La cugina di Luka Fontana”. Tutte le ragazze tentavano di diventare sue amiche per arrivare a me, ma per fortuna Jessica era sveglia e furba, e invece di fare il loro gioco, raccontava cretinate per persuaderle. (secondo me era solo invidiosa della mia popolarità che la metteva in secondo piano)
«Si può sapere che cosa hai combinato ieri in classe? Mi è giunta voce che hai preso un’altra nota.»
Mi spostai vero la finestra e lei mi seguì accompagnata da due amichette.
«La “voce” si chiama Nicola vero?»
Lei annuì. Sapevo fin troppo bene che il mio migliore amico andava dietro alla mia cuginetta, ed ogni pretesto era buono per rivolgerle la parola.
«Non dirmi che ti sei di nuovo messo in mostra? Sfrutta la tua intelligenza in maniera migliore. Prendi me, per esempio: lo sai che sono passata alle Olimpiadi di Matematica del biennio?»
Scartai la merendina e l’addentai «Se è per questo anche io, del triennio.»
«Immaginavo.» sbuffò spostandosi un ricciolo ribelle e corrugando la fronte. Come sempre le nostre menti erano in competizione e Jessica era perennemente infastidita dal fatto che, nonostante non mi sforzassi per niente in nessuna materia, ottenevo sempre risultati brillanti.
«Ma non ho intenzione di partecipare. Sai che perdita di tempo.»
Lei mi guardò con rabbia. Eravamo due soggetti abbastanza diversi e andavamo d’accordo a modo nostro.
«Almeno rimedieresti qualche voto in condotta. Io parteciperò comunque. Non voglio che il cognome dei Fontana vada letteralmente a puttane per colpa tua.»
«Evviva la famiglia.» dissi in maniera sarcastica alzando gli occhi al cielo.
«Potresti sforzarti almeno un po’ però. Hai il massimo dei voti quasi in tutto, perché non puoi metterti alla prova con questi test extrascolastici?»
«Perché non voglio fare la figura del secchione. Poi sfigurerei in mezzo a quelli sfigati topi di biblioteca con zero vita sociale.»
«Guarda che non sono tutti così.»
«Se sono dei rompiscatole come te allora si va di male in peggio»
Jessica mi strappo la merendina dalle mani. Era abituata ai miei insulti cretini e poi quando lei se la prendeva per un non nulla era tremendamente divertente.
La mia cara cuginetta tornò in classe subito dopo avermi ricordato di dover andare a pranzo dai miei zii, quel giorno.
E, quello, mi fece pensare che, tra un mese, loro e tutti i miei parenti sarebbero stati in un mare di lacrime per la mia scomparsa.

 
A scuola finita la prima cosa che notai, seduta sulla mia moto, fu Lily. Non c’erano falci appariscenti questa volta e io non dovevo comportarmi come se avessi appena visto una spogliarellista (il termine fantasma non le si addiceva).
Mi guardava divertita perché era consapevole che, per non fare nuovamente una figura di merda, non le dovevo rivolgere la parola.
Quando salii sul mio veicolo, Lily si scostò verso il posto del passeggero. Non avevo mai portato nessuno in doppio visto che non ero ancora diciottenne. Ero uno che trasgrediva le regole di solito, ma quando si trattava della mia moto facevo molta attenzione.
«Non ti schiodi da lì? Potresti farti male se non ti tieni.»
Sorrise e sentii la sua schiena contro la mia. In un certo senso il corpo di Lily aveva un peso, proprio come un essere umano.
«Tanto sono già morta!» esclamò. La risposta non mi sorprese.
La casa dei miei zii era a pochi isolati distante dalla scuola perciò il tragitto fu breve. In quel lasso di tempo il mio corpo si muoveva da solo a bordo della moto,la mia mente era troppo occupata a percepire la fredda presenza di Lily sulla mia schiena, i suoi capelli vaporosi attorcigliarsi attorno al mio braccio e poi il suo odore. L’aroma triste mi dava la conferma che lei era lì con me.
Jessica mi aprì la porta di casa. Lily mi avrebbe raggiunto con il “teletrasporto” in camera di mia cugina. Le avevo indicato la finestra dalla strada.
«Mamma ha già messo il pranzo a tavola. Lavati le mani.» il tono di quell’isterica di Jessica si rivelò più cordiale del solito.
Avviandomi verso il bagno mi fermai sulla soglia della camera da letto di Jessica. In piedi, immobile, davanti un enorme libreria di romanzi d’amore, intravidi Lily.
Entrai e mi avvicinai a lei. La sua espressione era sbalordita e esterrefatta. Gli occhi cenere scrutavano con attenzione ogni singolo scaffale e le sue labbra rosse erano socchiuse. Stava soffocando un risata. Un sorriso di gioia le moriva in gola. Sicuramente un’espressioni gioiosa l’avrebbe resa terribilmente carina.
«Ti piace proprio leggere, eh?» le sussurrai non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso.
«Non so neanche il perché mi affascini tanto la lettura. Qui è fantastico.»
«E pensa che è solo una semplice libreria di una ragazzina in crisi ormonale.»
Sorrisi ma lei non mi degnò di uno sguardo. Sarebbe stato inutile. La lasciai là, come se la più comune tra le ragazze fosse immersa nel suo hobby preferito.
Pranzai. Insieme a Jessica e alla zia, trovai anche Thomas Fontana, mio cugino minore di terza media. L'anno successivo anche quella peste (che non faceva altro che lodarmi) sarebbe arrivato nella mia scuola. Tra tutte le scuole della città, perché i Fontana doveva invadere il mio regno?
«Sei ancora qua?» Lily sussultò. Era a terra immersa nella lettura di chissà quale romanzo quando, dopo qualche ora, rientrai nella stanza di Jessica.
«Quando un libro prende, prende.» quella scusa non la capivo proprio. Si alzò in piedi e ripose il volume sullo scafale. Mi avvicinai a lei.
«Puoi chiedere a tua cugina se ti impresta questi libri? Per me ovviamente.» mi chiese sistemandosi il vestito e indicando una serie di volumi.
«Anche “Cime Tempestose” e “Orgoglio e Pregiudizio”? Che cosa mi invento?» sarebbe stato imbarazzante.
«Che li devi leggere per scuola.»
«Non sarei credibile: l’800 si fa in quinta e poi Jessica andrebbe sicuramente a dirlo a Nicola..»
«Che cosa andrei a dire io?» la squillante voce di mia cugina si disperse nella sua stanza. Mi voltai e riconobbi immediatamente quello sguardo serio e la folta chioma riccioluta.
Si avvicinò di qualche passo a me e a Lily.
«Da quando parli da solo di fronte alla mia libreria?»
Deglutii e pensai a qualche idea geniale per tirarmi fuori da quella situazione e allo stesso tempo per recuperare i libri che la mia Annunciatrice di Morte voleva.
«Una ragazza.» balbettai «Devo fare colpo su una ragazza che ama leggere libri alla “Orgoglio e Pregiudizio”, mi chiedevo se potessi imprestarmene qualcuno per farmi un’idea, magari, dell’uomo ideale.»
Jessica si mise a ridere di gusto appoggiandosi al muro. Stavo veramente facendo una figura di merda.
«Dio che divertente!» esclamò Jessica divertita «E tu per una tizia qualunque saresti disposto a leggerti un romanzo d’amore senza scene porno?»
«Mi hai preso per un pervertito? Comunque si, e non vedo quale sia il problema.»
Con la coda dell’occhio vidi Lily allungare la mano per afferrare un volume. Jessica nel frattempo veniva verso di noi. Che situazione difficile! E  se quella svitata di mia cugina avesse visto un libro fluttuare nel nulla?
Diedi una gomitata a Lily (sicuramente non provava dolore) e infine vidi cadere un libro sul pavimento: merda!
Sotto gli occhi curiosi di Jessica mi accucciai e afferrai il volume. Freddo. Una sensazione di gelo assurda mi fece rabbrividire. Non mi ci volle molto a notare che sopra la mia mano c’era quella di Lily.
Alzai gli occhi. Anche lei era accucciata intenta a raccogliere il libro. Mi fisso per un istante. La fissai anch’io. Era sorprendente come la mia immagine venisse riflessa nei suoi occhi neri.
Percepivo l’odore di morte mischiato a quello sgradevole dell’ansia. Lily continuava a trattenere il respiro ed io anche. Forse il freddo del suo tocco mi aveva intorpidito tutto il corpo?
Cercai di abbassare la sguardo ma incontrai solo la scollatura del suo corpetto in pizzo nero, che lasciava intravedere i bianchi seni. Arrossii e afferrai il libro.
Mi alzai di scatto. Che cosa mi stava succedendo? La reazione che avevo avuto era stata maledettamente strana, cazzo! Arrossire? L’ultima volta che il calore mi era salito in volto in quella maniera era stato in seconda elementare.
«Lascia stare, se non vuoi imprestarmi i libri non fa niente.» protestai con aria scontrosa verso Jessica.
«Se mi prometti di leggerti anche il libro che hai raccolto allora si.»
Osservai il titolo del volumetto che avevo tra le mani “Il ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde”. Uhm, forse l’avevo già sentito nominare. Va beh, un libro in più per Lily.
Quando mi voltai per accennare un sorriso alla mia Annunciatrice, notai che non c’era. Alla fine dovetti affidarmi all’istinto e scegliere un cinque tra i più noiosi titoli che mi diceva mia cugina. Avrei potuto anche non prenderli dato che la diretta interessata era scomparsa, ma così l’avrei tenuta occupata, ed io avrei risparmiato soldi su ulteriori magazine.

 

“Ogni volta che venivo a contatto con il calore umano, una sorta di piacere mi si diffondeva in corpo.
Un semplice sfioramento di pelli e già mi sentivo bruciare.
Come se toccassi i carboni ardenti, come se la più potente fiamma mi ustionasse.
Sarò masochista, ma tutto ciò mi eccitava.

Non avrei mai dovuto apparire un mese prima della data di morte di Luka Fontana, non avrei mai dovuto avvicinarmi così tanto a quel bollente corpo umano che non faceva altro che  farmi bruciare di curiosità: i peccati ci perseguitano anche dopo la morte!”


 

***

Due Di Picche...

Mi scuso per il colossale ritardo del capitolo tre e spero che non capiterà mai più >.< ho avuto qualche intoppo con la correzione che per fortuna la mia Alyce_Maya mi ha fatto al volo poco fa (le chiedo se ogni tanto mi rivede il testo)... ma va beh... poi c'erano di mezzo le vacanze di Natale e dalla prossima settimana parto... non uccidetemi!
Comunque riguardo il capitolo tre: finalmente si sanno un pò di cose sul conto degli Annunciatori; arriva la cugina che vi rivelo soltanto che sarà molto importante per la maturazione del nostro protagonista; le cose tra Lily e Luka passano dal totale interesse verso una spogliarellista all'imbarazzo delle situazioni più banali. Ah ah... la nostra Lily farà proprio perdere la testa a Luka XD
Volevo ringraziare Se7f e celest93 per i commenti lasciati e soprattutto mandare un bacio a tutti quelli che seguono la storia nonostante siano previsti almeno una trentina di capitoli quanti i giorni che rimangono a Luka da vivere (e spero che questo non vi scoraggi O__O)
Baci

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Capitolo 4
*** [-26] - Quarto giorno dell'ultimo mese ***





4. [-26] Quarto giorno dell’ultimo mese
La donna davanti a me mi guardava con aria seria e speranzosa. Avrebbe voluto comunicare in maniera civile manipolando magari la mia mente: era una psicologa.
La professoressa Ricci quella mattina, su richiesta della preside, mi aveva invitato ad avere un colloquio con la psicologa della scuola. Mi era già capitato altre volte di finire in quell’aula vuota assieme ad una donna sulla quarantina dall’aria tranquilla. Non preoccupatevi: Lily non centrava niente!
La dottoressa Villa, nonostante il suo aspetto innocente, andava dritta al dunque con noi studenti. Non si perdeva in giri di parole e questa era la sua unica qualità positiva. Per il resto era una gran impicciona come tutti gli psicologi.
«Fontana, hai grande potenzialità e sei sprecato per questa scuola. Quello che da fastidio al corpo docente è che non ti applichi e il tuo atteggiamento sta superando il limite.»
Sorrisi con ironia stravaccandomi comodamente sulla sedia. Avremo perso sicuramente una buona ora a parlare sempre del solito problema: la mia intelligenza sprecata!
«Mi dica lei cosa dovrei fare per sfruttare al meglio il mio cervello: andare direttamente all’Università forse? »
La Villa appoggiò i gomiti sul tavolo e intreccio le mani sotto al mento. Mi fissava con interesse e curiosità. « Perché no. Potresti seguire dei corsi di matematica o fisica avanzati, e sicuramente te la caveresti anche in medicina o chimica. Pensa che prossimo anno, potresti passare con la lode alla matura se moderassi anche solo un po’ il tuo comportamento.»
«Non ci arrivo alla matura.» meno ventisei giorni. Non ci sarei mai arrivato all’esame di maturità, o almeno non vivo. Perché discutere sul mio futuro quando non ce l’avevo?
«Nessun insegnate ha intenzione di bocciarti: sei un genio. Perché tenerti rinchiuso qua dentro dove perderesti solo il tuo tempo?»
Forse finalmente capii il motivo di quell’incontro «Hanno ricorso a lei, dottoressa Villa, per convincermi a partecipare alle Olimpiadi di Matematica dopo domani? »
La donna spostò lo sguardo e fece spallucce « Mi hanno solo chiesto di spronarti un po’.»
Tutto ciò non mi piaceva. Avrei preferito esser preso per un pazzo che buttare via conti  calcoli per dei stupidi test.
Volevo sorprenderla « E’ se le dicessi che è venuta a farmi visita un’Annunciatrice di Morte comunicandomi che tra un mese lascerò questo mondo? Secondo lei dovrei perdere tempo in simili sciocchezze?»
La Villa sorrise divertita. Forse stava analizzando questa mia “scusa” e la mia fantasia contorta. « Se saprei che mi rimanesse così poco da vivere e fino ad ora avrei vissuto nella peggior maniera possibile, mi darei da fare per migliorarmi almeno un po’, ovviamente se bruciare all’inferno non rientra nelle tue preferenze!»
La sua risposta mi accigliò. Aveva preso seriamente quello che avevo detto? Sinceramente non l’avevo capito. Chissà cosa frullava nella mente dei dottori.
Scarabocchio qualcosa su un foglio di carta fissandomi più volte. Io sinceramente non stavo riflettendo se accettare o no di partecipare a quel test, ero troppo occupato ad analizzare io stesso l’atteggiamento della psicologa.
Successivamente strappò il foglietto dal block notes e me lo porse con un sorriso «Mi sono informata sugli argomenti che tratteranno alle Olimpiadi di matematica. Vorrei seriamente che una volta tanto accettassi di metterti alla prova: io credo in te Fontana.»
Non presi il pezzetto di carta, ma la dottoressa me lo lasciò davanti agli occhi. Non lo guardai neanche inizialmente. Per un attimo sorrisi, non in maniera ironica, ma per l’ultima frase. Nessuno aveva mai creduto veramente nelle mie potenzialità e nessuno aveva mai trovato il coraggio di rivolgermi una frase del genere. Diceva la verità? Potevo fidarmi di lei? Infondo era solo una psicologa, era suo dovere aiutare la gente.
Pensai. Feci due calcoli sugli aspetti negativi e positivi di quella proposta. Sarei diventato ancora più popolare tra le ragazze ma rischierei di diventare lo zimbello di tutta la scuola se mi lasciassi persuadere dalla dottoressa Villa in diretto accordo con la preside. Io trasgredivo le regole. Andavo contro gli adulti e contro l’intero corpo docente di quella maledetta scuola, sarebbe stato umiliante per la mia superbia accettare tutto ciò.
«Volete solo che il nome della scuola salga in classifica superando i licei scientifici e i classici. Volete sfruttare la mia intelligenza a vostro favore.» volevo accettare ma allo stesso tempo trovavo solo aspetti negativi in tutto ciò.
«Pensa a quante ragazze ti sfruttano per arrivare in alto. Vantarsi di essere andate a letto con Luka Fontana è un bel vantaggio no?»
«Troie. Sono solo troie.»
«Allora pensa a quanta astuzia tu sprechi ogni giorno per arrivare ad una ragazza, usarla e poi gettarla. Successivamente, dopo aver sfruttato la logica inconsciamente utilizzi il tuo corpo, consapevole che nessuna è capace di resisterti. Andando avanti così continuerai a scalare una vetta che non ti porterà da nessuna parte sfruttando due cose: il tuo lato perfetto (bellezza e intelligenza) e poi gli altri.»
«Ma tutto ciò mi diverte. È ciò che voglio.»
«E se, come dici, ti resterebbe ancora un mese da vivere, vorresti veramente sprecarlo come sempre? Non vorresti invece cercare di diventare una persona migliore o mettere in gioco le tue potenzialità. Non ti chiedo molto Fontana, solo di partecipare a delle stupide Olimpiadi di Matematica.»
Perché aveva preso sul serio quella mia “balla” sulla vita? Ora si che in me si stava evolvendo un certo rimorso. Un mese. Anzi, ventisei giorni, e poi tutto sarebbe finito.
Spostai con malinconia lo sguardo verso il basso. Mi passai una mano tra i capelli castani, stavano diventando lunghi. Il tempo stava passando. Il tempo. I giorni. Le ore. Ventisei.
«E se le passo a queste Olimpiadi?»
«C’è la fase Nazionale.»
«E se passo ancora?»                                                                                                                       
«Sei molto sicuro di te, Fontana, comunque poi c’è la fase Europea e Mondiale.»
«Bene.»
«Accetti?»
Esitai nel rispondere e presi il foglietto con la lista degli argomenti matematici che avrei dovuto ripassare. Non avevo niente da perdere infondo, la mia vita era già segnata.
Mi alzai e mi avviai alla porta senza dire niente. Neanche la dottoressa Villa disse niente. Sicuramente aveva preso le mie ultime parole come una risposta affermativa. Ci sarei andato? Per colpa del mio alter ego smisurato forse anche si. Ora che valutavo meglio la situazione sarebbe stata anche una bella occasione per mettermi in mostra: ero pur sempre il perfetto Luka Fontana.
 

“Il ventiseiesimo giorno prima della sua morte, Luka Fontana si era dimostrato nuovamente uno schifoso egoista. Nessuna delle sue future azioni sarebbe stata fatta a nome della scuola, ma solo a nome suo. Ora Luka aveva un nuovo capriccio da soddisfare: mettere ancora più in mostra la sua perfezione e questa volta usando il cervello nel modo giusto.
Io intanto, inconsciamente, perdevo le mie ore, oltre che a leggere, a fissarmi le mani. Quelle fredde mani possedute dal desiderio incontrollato di toccare nuovamente pelle umana, calore umano: Luka.”

 
Quel giorno non rimasi a scuola un minuto di più.
Indossai il casco e mi diressi immediatamente verso l’uscita dell’istituto. Avrei fatto un giorno di assenza dato che non mi ero neanche presentato alla prima ora per l’appello.
Luka Fontana si era cacciato in un allettante guaio, il miglior guaio per sorprendere ancora di più il mondo. Se fossi diventato il numero uno della regione anche per il cervello oltre che per il concorso di bellezza, Mister Topolini (nome del luogo dove vanno al mare i giovani), molto in voga d’estate, avrei ottenuto ancora più stima.
Raggiunsi la mia bella, parcheggiata dall’altro lato della strada, di fronte alla scuola. Misi il casco e non ci pensai due volte prima di accendere il motore.
Da fermo accelerai con rabbia, come se solo il motore rombante potesse rilassarmi da quel vortice di stress che mi stava aspettando. E infine intrapresi una corsa sfrenata fino a casa. Scivolavo la tre vie della città, sfrecciavo per le strade superando i limiti obbligatori, fino a raggiungere il cancello del mio condominio.
I miei non c’erano quando spalancai la porta di casa. Meglio così.
Arrivai in camera mia e ignorai Lily che leggeva sul mio letto. La mia morte sarebbe avvenuta appena tra un mese, ora avevo un problema primario se volevo lasciare il “segno”.
Buttai i libri di scuola sul pavimento, e aprii un cassetto della scrivania: ogni tanto acquistavo volumi usati di matematica e fisica avanzata. Non amavo leggere e non ero nemmeno un buon lettore, lì compravo per sfizio. Per noia. Quando non sapevo cosa fare durante le afose giornate d’estate o nelle noiose ore che mi separavano da una festa la sera, cercavo di risolvere problemi che andavano oltre le potenzialità di un normale studente di scuola superiore.
«Cosa stai facendo?» la voce di Lily mi arrivò chiara alle orecchie.
Esitai. Non le risposi prima di aver pensato a tutto per la mia fuga.
Si, me ne stavo andando via da casa se non si era capito.
Non era una fuga vera e propria. L’avevo fatto anche altre volte e i miei erano consapevoli della mia destinazione. Infondo qualcuno doveva pur sfruttare la casa al mare anche fuori stagione.
«Me ne vado. Mi sono messo in un casino e devo risolverlo.» non diedi troppe spiegazioni.
Lily si alzò dal letto. I suoi tacchi vertiginosi picchiettarono sul parquet: si stava avvicinando.
«Perché?»
«Perché fin che vivo è meglio che mi metto in mostra.» e non avevo tutti i torti.
Meno ventisei giorni. Non me ne fregava un cazzo della mia morte o di Lily. Un mese. Un mese che non dovevo sprecare. Ancora un mese per farmi conoscere ancora di più.
Avevo un piano.
Mancava un giorno alle Olimpiadi della Matematica. Mi sarei isolato per un giorno e sabato mattina mi sarei presentato alla Stazione Marittima per fare quello stupido test. Per vincere. Non sarei mai andato alla fase Nazionale e figuriamoci a quella Mondiale, ma potevo diventare il primo in Regione. Avrei dimostrato quanto la mia bellezza fosse compensata dall’intelligenza. 
Convinto di aver lasciato Lily nella mia camera, recuperai le chiavi della seconda casa e ficcai qualche merendina inutile nello zaino.
Non avrei avuto né luce, né riscaldamento, né acqua, né gas. Qualche coperta e scorta di bevande le avrei trovate in cantina, ma per il resto me la sarei dovuta cavare da solo: e poi non era nemmeno la prima volta!
«Cosa ci fai qui?» chiesi a Lily quando me la ritrovai a leggere comodamente seduta sulla mia moto. Per fortuna avevo il casto perciò nessuno si sarebbe accorto più di tanto che stavo parlando da solo.
L’Annunciatrice fece spallucce «Vengo con te!»
«Senti, mi hai già rovinato la vita, lasciami almeno che finisca di vivere in santa pace.»
Non si mosse. Rimase impassibile in tutta la sua bellezza, comodamente seduta sul posto del passeggero. Sospirai e cavalcai la moto. Non ero ancora pronto a mettermi contro Dio o il Diavolo.
La schiena di Lily aderì con la mia per tutto il viaggio.
Dagli specchietti potevo vedere la ragazza a cavalcioni dietro di me, con il viso rivolto verso la strada. I suoi capelli erano una movimentata nube bionda.
Accelerai. Desideravo sentire l’adrenalina nelle vene. Percorrere l’altopiano, i suoi paesini e quelle strade deserte, era tutt’altra emozione che rispettare i semafori in città.
 
La casa si affacciava sul mare. Per raggiungere l’acqua bisognava intraprendere delle ripide scalette che discendevano lungo la scogliera. Sospirai appena parcheggiai la moto nel vialetto in ghiaia. Le finestre erano chiuse e le porte sprangate. D’estate non c’era posto migliore per trascorrere le giornate, ma d’inverno c’era la solitudine più grande.
Era una casa di famiglia, molto moderna, e usata un po’ da tutti duramente l’anno. Ovviamente nei periodi in cui veniva chiusa si chiudevano tutte le vie di alimentazione per renderla abitabile.
Molte volte per noia mi ero rifugiato in quei tre piani d’abitazione, ma il mio preferito,  era l’ultimo: il sotto tetto. Non era una soffitta ma una camera che mi ero fatto fare e che, fortunatamente nessuno utilizzava.
Lily non mi seguì dentro, sicuramente mi avrebbe raggiunto con il “teletrasporto” chissà dove. Se aveva  davvero questo “potere” mi chiesi  perché avesse fatto il viaggio in moto con me.
Entrai in quella casa piena di polvere e mi diressi immediatamente al terzo piano. una botola mi fece arrivare immediatamente nella mia stanza privata.
Era come l’avevo lasciata. Sobria ma allo stesso tempo decorata. C’era un letto a una piazza e mezza e un armadio. Basta. Ma la cosa che mi fece più felice era che le pareti, di un azzurro cielo, erano ancora piene di calcoli e disegni geometrici. Ecco perché mi piaceva rifugiarmi la: per dare sfogo al mio quoziente intellettivo!
Ogni anno dipingevo quella stanza e ogni anno riempivo i muri con i miei “passatempi”.
«Luka? Che posto è questo?» la voce di Lily riecheggiava nella piccola stanza illuminata con dolcezza, mentre la luce del sole penetrava dalla finestra sul tetto facendo volteggiare dei granellini di polvere.
Lily se ne stava nell’ombra e osservava con stupore le mura scritte con dell’inchiostro nero.
Mi buttai sul letto avvolto da una nube di polvere. Sorrisi «E il posto che preferisco di più al mondo.»
Si! Quella era la Mia stanza, dove elaboravo i Miei piani sulla vita sotto formule matematiche. Chiunque mi avrebbe preso per un pazzo perché nessuno conosceva quel lato di me.
 

“Quando mi avevano assegnato l’anima di Luka, ero stata informata del carattere e del suo lato Perfetto, ma mai mi sarei aspettata che, quando veniva invaso dalla noia e della frustrazione, si rifugiava in un posto così lontano dalla realtà.
Ora capivo perché era capace di far girare il mondo a modo suo. ”

 
 
«Luka! Luka! Guarda!» fu la prima volta che la voce di Lily non si rivelò un sussurrò: stava praticamente urlando e non nè capivo il perché.
Alzai il viso dal libro di matematica e osservai la “ragazza” davanti a me che indicava la finestra illuminata da una tenue luce arancione. Beh? Era solo il tramonto, ultima fonte di illuminazione rimasta per la giornata.
Lily aveva un’espressione sorpresa e con l’’indice sfiorava la scia luminosa. La sua mano aveva acquistato un colorito quasi umano con quella luce e i suoi capelli sembravano oro. Avevamo passato il pomeriggio in silenzio: io a studiare e lei a leggere. Per la prima volta mi stavo distraendo. Lei mi stava distraendo con la sua bellezza inumana.
«E’ solo il tramonto» dissi appoggiando i libri sul letto.
«Ma visto da qui è fantastico, Luka!» incominciò a fare piccoli balzi. Voleva a tutti i costi essere sempre più illuminata dalla luce solare.
Per la prima volta mi accorsi di una cosa: la sua ombra non veniva proiettata sulla parete. Per quanto Lily potesse essere inspiegabilmente “vera”, non aveva ombra, riflesso.
Deglutii di fronte a questo fenomeno paranormale senza spiegazione logica.
Mi alzai in piedi sul letto. Il fascio arancione da lì era così forte da accecarmi.
Aprii la finestra sopra di me e una folata di vento entrò nella stanza. Chiusi gli occhi mentre una brezza autunnale mi mordeva le guance.
«Sali sul letto: la visuale è migliore.»
Lily non ci pensò due volte e mi raggiunse.
Notai che i suoi tacchi sprofondavano nel materasso mettendo a repentaglio il suo equilibrio.
«Forse è meglio se ti togli le scarpe.» le suggerii per non essere obbligato a sorreggerla se fosse caduta. Il freddo della sua pelle mi metteva ansia e paura. E anche se la consideravo come una normale ragazza, restava pur sempre la mia Annunciatrice di Morte. Di conseguenza era l’ultima persona che avrei dovuto trattare con riguardo.
Tutto d’un tratto l’altezza di Lily diminuì. Prima le sue labbra rosso cremisi riuscivano ad arrivare al mio collo ora, al loro posto, la sua chioma platino mi sfiorava il mento.
Abbassai i miei occhi azzurri, infastiditi dalla troppa luce, e notai che non aveva più le scarpe. Era scalza e anche le unghie dei suoi piedi femminili erano rosse. Man mano il mio sguardo risalì dalle sottili caviglie, ai solidi polpacci e sorpassando le provocanti cosce e il resto del corpo andai a fissare i suoi occhi cenere.
Lily accennò un sorriso ironico  «Magia!» esclamò «Basta desideralo e tutto accade.»
Se in maniera così rapida era riuscita a togliersi un paio di vertiginosi stivali in pelle, ero proprio curioso di vedere quanto tempo le sarebbe servito per sfilarsi tutto il vestito. Ovviamente non le rivelai quella mia “poco fine” idea e mi accontentai di guardare il tramonto.
Il sole rosso fuoco veniva inghiottito dal mare e man mano i suoi caldi colori variavano.
«La terra è proprio unica. Il posto più insignificante può rivelarsi un vero e proprio spettacolo.»
«Ma è solo un banale tramonto.»
«Quando sei costretto a vagare per l’eternità ogni scorcio di terra che vedi è un miracolo.»
«Pensi che all’Inferno brucerò degli stessi colori?»
Non potevo essere ottimista. Non con una persona che si emozionava per un tramonto. Sarà stata lei tremendamente romantica o sarò stato io talmente insensibile da non riuscire ad apprezzare le piccole cose della vita?
«Non lo so. Ho a malapena visto le porte dell’inferno da fuori, a noi Annunciatori, che accompagniamo le anime peccatrici non è permesso entrarci ma …» i suoi occhi passarono da me al cielo. Quasi volesse trovarci un paragone «… se l’Inferno ha veramente colori del genere allora non penso che debba essere tanto male.»
Tutto ciò non mi rassicurò per niente. La presenza di Lily non era per niente rassicurante perché, finché lei ci fosse stata io non potevo fuggire da quell’ardente rosso tramonto.
 

“Mi ero sempre posta la domanda sull’importanza dei colori.
Gli umani associavano il Rosso all’Inferno e l’Azzurro al Paradiso, ma come poteva un colore talmente ardente e vivo essere sinonimo di morte e dolore?
Forse questa risposta risiedeva anche in me, infondo una volta ero stata umana.

Ne avevo visti di tramonti anche da Annunciatrice, però quel giorno mi sentii più calda che mai, quasi viva come se il calore del sole mi donasse sensibilità e battito, ma non appena tornai a vedere la parete vuoto, senza la mia ombra riflessa, la stupidità mi colse in fragrante: io ero solo una vittima delle mie stessa azioni.
Come potevo rimpiangere la vita se me l’ero tolta?”



***

Due Di Picche...

Buon anni a tutti. Il 2012 è arrivato e le vacanze natalizie sono già finite: è tempo di aggiornare.
Ringrazio Celest93 per la recensione lasciata e tutti quelli che hanno aggiunto questa storia tra le seguite e tra le preferite. Mi fa piacere che ci sia gente che segua questa "romantica" avvantura tra vita e morte.
Volevo dirvi che la città in cui ambiento tutto ciò è la mia Trieste e i posti sul mare che ho descritto li immagini come quelli della provincia e dell'altopiano Triestino. Il mese in cui si svolge il racconto può essere un ottobre/novembre in perfetto clima autunnale, ma neanche troppo freddo. I tramonti e i colori degli alberi in autunno qui da me sono uno spettacolo *.*
In questo capitolo possiamo vedere la determinazione di Luka quando la psicologa lì mette in faccia lo "sfruttamento" della sua intelligenza e poi la parte "strana" del genio che è in lui. Ho cercato di creare un personaggio arrogantemente perfetto. ma è risaputo che i perfetti sono anche i più strani.
Le "filosofie" di Lily non sono altro che frutto di domande sulla vita umana che lei ha dimenticato e sull'attrazione che prova verso l'umanità... stai attenta Lily!!!
Spero che la storia vi piaccia e che la continuate a seguire e magari anche a commentare: qualche suggerimento non fa mai male neanche a me visto che mi aspettano 30 giorni XD

 

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Capitolo 5
*** [-25] - Quinto giorno dell'ultimo mese ***



5. [-25] Quinto giorno dell’ultimo mese
La mattina del mio quinto giorno dalla comparsa di Lily, mi svegliai in compagnia dei raggi del sole. In casa mancava l’elettricità, quindi al calar della notte, ero andato a dormire subito. L’ultimo ricordo che riaffiorava nella mia mente era di Lily che mi raccontava tutta eccitata di una certa Elisabeth che aveva rifiutato l’amore del signor Darcy poiché lui aveva compromesso il matrimonio dell’amata sorella di lei.
La voce della mia Annunciatrice si era rivelata particolarmente eccitata e gioiosa, come se provasse veramente emozioni verso una rivista. Lily non mangiava, non dormiva e non aveva bisogno dei servizi igienici. La sua ombra non si proiettava ai suoi piedi e non aveva battito cardiaco. Come poteva una persona così “morta” esser capace di sorridere? Ridere? Provare emozioni? Mistero!
Mi raggomitolai tra le lenzuola bianche. Faceva freddo e la coperta doveva essermi scivolata per terra (avevo un sonno movimentato). Chiusi nuovamente gli occhi sprofondando con una parte del viso tra le coperte. Dovevo svegliarmi accidenti! Avevo studiato solo metà programma, le parti più difficili della matematica mi attendevano.
Mi arresi, aprii gli occhi e gli spalancai ancora di più quando il mio sguardo inquadrò una figura femminile spuntare dal bordo del letto. Occhi petrolio mi fissavano curiosi, mentre labbra marmoree erano dipinte di un’espressione attiva.
Lily era inquietantemente bella, tanto da farmi venire i brividi. Perché non era sul mio letto? Perché se ne stava per terra a una certa distanza da me? Ok che se anche avesse dormito con me, nonostante lei non dormisse mai (era quello che mi aveva detto), mi avrebbe congelato con la sua “aura” glaciale, ma sarebbe stato un ottimo risveglio.
«Sai, alla fine Elisabeth si innamora del signor Darcy … » oddio no! Ancora Orgoglio e Pregiudizio. La lasciai continuare incapace di darle contro «... ciò, nonostante i due si amano e lui le chiede di sposarla però subentrano le classi sociali e la zia del signor Darcy si oppone.»
«Buongiorno anche a te!» mugugnai con rabbia ignorando ogni singola parola.
«Pensa che non si baciano neanche.»
«Sai quanto mi dispiace.»
«Già, peccato!» perché non riusciva a capire la mia ironia e continuava a darmi corda?
La sentii sospirare. Successivamente sbatte la schiena contro il letto e una risata, un pochino sadica, si disperse nella stanza. «Penso che lo rileggerò.»
Per quanto “ragazza” fosse, non capivo il perché Lily preferisse immergersi in un libro invece di affondare con me tra le coperte. Avrei pagato oro per avere il suo corpo tra le mani dannazione! Chissà se era possibile avere un “certo tipo di rapporto” con un Annunciatore. A questo pensiero, mi sentii un necrofilo: infondo era morta!
Mi arresi e mi decisi ad alzarmi. Dovevo affrontare la giornata.
 
 

“Luka incominciò a scrivere sulle pareti della camera.
Azzurre come il cielo, non tutte erano riempite di calcoli.
Mi chiedevo come mai facesse tutto ciò. Insolito. Strano. Curioso.
Avrei continuato a guardarlo se non fossi stata così immersa nella lettura di Orgoglio e Pregiudizio.
Mentre mi rotolavo tra le coperte sognando, come se fosse un film, le scene del romanzo, di tanto in tanto alzavo lo sguardo e lo rivolgevo al ragazzo più egocentrico del mondo che, con un pennarello nero se ne stava in piedi a tracciare un triangolo sul muro.
Era inspiegabilmente solo, solo e abbandonato in un altro mondo a me sconosciuto.
Quell’aspetto di Luka Fontana mi colpì!”

 
 
Avevo riportato i calcoli del giorno prima sul muro. Avevo passato l’intera mattinata a riportare più o meno un libro intero sulla parete. Ora avevo le idee chiare.
Aprii la finestra. Avevo bisogno di aria nuova.
Lily era stata tutto il giorno sul letto a leggere. Non l’avevo calcolata minimamente e lei non aveva calcolato me. Il suo rotolarsi sul materasso non era riuscito neanche a distrarmi. Mi ero imposto dei pensieri fissi su di lei: sarà la causa della mia morte, la devo odiare, è morta.
Mi sedetti sul letto e aprii il libro sulla Relatività. La mia Annunciatrice di Morte se ne stava rannicchiata in un angolo del letto.
Incominciai a leggere. Mi immersi nelle teorie di Einstein finché uno strano peso sulla schiena mi disturbò.
Riemersi dalle formule matematiche e rabbrividii.
Lei era fredda.
Accennai un sorriso infastidito «Comoda?»
La sentii schioccare la lingua e voltare pagina «Non c’è male.»
«Perché ti sei appoggiata?»
«Comodità.»                                    
Alzai un sopraciglio. Mi stava prendo in giro? «Tu non provi dolore ne fastidio. Neanche qualsiasi sensazione umana sul tuo corpo, che differenza c’è tra me e il materasso?»
«Tu emani calore. L’unica sensazione che sono in grado di percepire è la differenza ti temperatura tra i nostri due corpi.»
Si sistemò più volte, facendo aderire al meglio la sua schiena contro la mia.
La sentivo. Fredda e marmorea, con un peso e con un falso respiro. Il cuore mi rimbombava nel petto ogni volta che le nostre pelli entravano in contatto. Era successo anche a casa di Jessica. Un veloce sfioramento di mani mi aveva fatto imbarazzare.
Insieme componevamo una Natura Morta tra ragazzo e ragazza: io completamente immerso nelle teorie matematica e Einstein e lei presa dal più romantico e famoso romanzo di Jane Austen. Schiena contro schiena, morte e vita, uniti nel più assurdo dei silenzi.
 
«Pausa!» urlai lanciando libro, fogli e penna sul pavimento.
Mi alzai di scatto facendo perdere l’equilibri a Lily che si ritrovò distesa sul letto con il suo amato libro in faccia.
Scossi la testa e mi misi le mani nei capelli. Avevo bisogno di immagazzinare le informazioni perché un tremendo caos aveva preso possesso della mia testa.
Aprii gli occhi azzurri e li puntai su Lily che mi guardava urlare divertita.
«Cos’hai da ridere? Io non ci trovo niente di divertente. Perché cazzo ho deciso di partecipare a queste Olimpiadi di Matematica impegnandomi tanto? Merda!»
Appoggiò il libro accanto a se continuando a guardarmi con la testa che le penzolava dal bordo del letto. I lunghi capelli platino si disperdevano sul pavimento come fili dorati.
Continuava a sorridere.
«Che cazzo hai da ridere?» urlai dando un calcio a libro e cercando di calmarmi.
Schioccò la lingua (un’abitudine ormai) e disse «Certo che sei proprio masochista. Per la tua popolarità stai facendo i salti mortali. Sei ridicolo ecco tutto!»
«Grazie dell’incoraggiamento.» in quel momento la odiai.
«Di niente. Non è colpa mia se sei uno sciocco egocentrico.»
«E’ colpa tua! Se non avessi ancora venticinque giorni davanti sicuramente non avrei accettato tutto ciò. Quella maledetta psicologa è riuscita a convincermi.»
«Se tu non fossi il peggior narcisista sulla faccia della terra forse ti avremmo risparmiato la vita. Ma l’Inferno ha bisogno di gente come te per bruciare bene. Ogni tanto le fiamme si affievoliscono sai?»
Riusciva a stroncarmi con delle semplici parole: tutto ciò era segno di inumanità. Nessuna ragazza si sarebbe mai permessa di farmi un discorso simile al di fuori di una “ragazza” Annunciatrice di Morte.
Riuscivo a capire quasi tutte le teorie matematiche ma ero incapace di scovare una soluzione al mio problema: come fare per salvarmi la vita?
 

“Non sentivo il vento accarezzarmi la pelle ma i miei capelli si scompigliavano comunque.
Non provai dolore quando la caviglia, scendendo le scale di pietra che conducevano al mare mi si piegò in maniera innaturale.
 Tutto ciò che riuscii a percepire fu la salda presa di Luka afferrarmi l’avambraccio per sorreggermi dalla caduta.
Non avrei provato dolore cadendo.
Sarei riuscita a reggermi in piedi lo stesso grazie al mio potere di trasporto.
Eppure provai un fitta, chissà dove, quando incrociai lo sguardo ironico di Luka: i suoi occhi erano dello stesso colore del mare.”

 
 
«Non sono le scarpe adatte ad una passeggiata tra le scogliere.» le feci notare quando la sorressi da una quasi caduta dalle strette scale che conducevano al mare.
Avevo deciso di uscire, di prendermi una pausa. Non ne potevo più dello studio. Non ero fatto per lo studio. Io ascoltavo e apprendevo sul momento riuscendo ad immagazzinare con successo tutto ciò che mi interessava. Raramente mi mettevo sui libri, se era per hobby ancora ancora, ma per scuola proprio no.
Mi piaceva il mare.
Quella casa aveva segnato la mia infanzia e su quei gradini, ricavati da degli scogli, mi ero procurato le prime “ferite di guerra”. Era strano come posto perché era completamente isolato, ma mi piaceva.
Amavo stare in mezzo alla gente ma la solitudine di quel luogo era imbattibile.
Non avevo mai portato nessuna ragazza là per soddisfare i miei desideri. Nessuna doveva scoprire il mio luogo “segreto”.
«Così va meglio?» Lily era scesa di qualche centimetro. Le guardai i piedi: nudi.
«Guarda che fa male camminare tra le rocce, e poi ogni tanto ci sono conchiglie scheggiate.»
Schioccò la lingua e agitò una mano gesticolando «Io non provo dolore e non perdo sangue: è tutto sotto controllo.»
Niente era sotto controllo: come potevo parlare con un “morto”?
Sospirai e accelerai il passo. Lily senza i suoi vertiginosi stivali si rivelò notevolmente agile.
L’acqua. Alla fine di quella scalinata c’era l’acqua del mare.
L’alta marea ricopriva la piattaforma in marmo bianco alla fine del tragitto dove di solito facevo i tuffi o ormeggiavo le canoe. Cristallina e pulita come non mai, l’acqua del mare in tutta la sua limpidità mi lasciva intravedere il fondo sabbioso e ricco di vegetazione marina.
Mi fermai prima di bagnarmi le scarpe Munich (costavano parecchio), Lily invece non esitò ad entrare con i piedi. Rabbrividii per lei, ma sicuramente non doveva sentire freddo.
«E’ … e’…. non so descriverla.» la sua voce, inizialmente eccitata, si affievolì di colpo. Avrei voluto vedere la sua espressione. Mi incuriosiva la sua capacità emotiva. Non provava sensazioni eppure sorrideva, sbuffava e si arrabbiava, rimaneva affascinata dai libri, dal tramonto e dal mare.
Feci spallucce e diedi un calcio ad un sassolino accanto a me «Bagnata. Fredda. Salata.»
«Limpida. Cristallina. Azzurra.» continuò lei descrivendola esteticamente.  «Azzurra.» ripeté.
Sentii Lily mo versi e lo scrosciare di mille particelle che si scontravano l’una contro l’altra provocandone un moto, mi fece pensare alla fisica.
«Azzurra, Luka.» urlò Lily incominciando a volteggiare tutta allegra.
Non la capivo.
I suoi gesti involontariamente mi schizzarono un po’ ma rimasi in silenzio.
Non riuscivo a parlare.
Un sorriso.
Come poteva una persona morta sorridere in quel modo? Come poteva essere felice?
«Come i tuoi occhi, Luka. Anche i tuoi occhi sono azzurri, Luka.»
Le labbra rosse erano diventate una graziosa curva verso l’alto.
Come poteva mancarmi il fiato?
Come potevo provare piacere nel vedere la mia personale Annunciatrice di Morte sorridere?
Mi sentii confuso.
Per quanto l’acqua potesse assomigliare ai miei occhi io non ero ne puro ne limpido. Non avevo il diritto di essere paragonato al mare e nemmeno al cielo.
«E così ti piacciono i miei occhi?»
«Beh, è la parte più accettabile. Almeno da lì la tua anima non sembra tanto sporca.»
Inclinai il capo e osservai curioso Lily che saltellava nell’acqua. Le arrivava a metà dei polpacci.
«Gli occhi sono il riflesso dell’anima. Io non c’è l’ho.»
Deglutii. Ecco un altro dei suoi curiosi discorsi «Tu hai gli occhi neri!»
«Senz’anima, è questo il loro significato. Morte.» si fermò e mi fisso. Non sorrideva più. Ogni volta che parlava di se diventava seria tutto d’un tratto «Se potessi ti ruberei gli occhi dopo averti preso l’anima.»
Macabra. Lily era tornata macabra. Il suo ghigno sadico, con i denti bianchi ben in vista, si sostituì al femminile sorriso precedente.
Lunatica proprio come una ragazza!
«Ti piacciono così tanto?» le chiesi. Il mio cervello stava elaborando un piano.
Annuì con un cenno del capo «Si, molto e ho paura di tutto ciò.»
«In che senso?»
«Noi non proviamo sensazioni umane. Non diamo valore alla vita. E non dovrei nemmeno provare il desiderio di possesso verso qualcosa di umano.»
Contorta. Cinica. Lily. Avrebbe risparmiato i miei occhi. Le piacevo! C’è, a dire il vero, le piacevano solo i miei bulbi oculari con l’iride azzurra. Ma se in così poco tempo era riuscita ad apprezzare questa minima qualità, magari, più in là, se avesse scoperto qualcos’altro di positivo in me sarei riuscito a salvarmi dall’amaro destino.
E io mi sarei dovuto sforzare al massimo per farle apprezzare tutto ciò che avevo da offrirle.
Altro che prenotarmi un biglietto per il paradiso, sarebbe stato molto più facile sedurre la bella Annunciatrice!

 

 

“Occhi e calore. Erano queste le uniche due cose che associavo a Luka.
Amavo il suo sguardo su di me: avrei potuto vedere l’oceano in qualunque momento. E il mare Terrestre era qualcosa di spettacolare riflesso nei suoi occhi.
Non potevo fare a meno del tepore della sua pelle. Io fredda come il ghiaccio ero desiderosa del suo tocco.
Ma tutto ciò era secondario. Ciò che era peggio, era che dopo ore di riflessione me n’ero finalmente accorta, era il sorrido. Avevo sorriso come solo un essere umano sapeva sorridere.”


***

Due Di Picche...

Aggiornato esattamente lunedì, proprio come l'altra settimana! Bene bene. Mi sento soddisfatta quando effettuo un aggiornamento entro i limiti di tempo che mi prestabilisco.
Beh... questo capitolo è più corto rispetto agli altri. Molte volte ci saranno variazioni in base alla lunghezza, rischierete anche di trovarvi un Giorno diviso in due capitoli... managgia!
Ringrazio Celest93 per il commento lasciato nel capitolo prima (ogni tanto tralascio piccoli errori uff >.<) e chi ha aggiunto la storia tra le seguite (si, qualcuno di nuovo c'è **) e tra le preferite! Spero che il racconto vi piaccia e che vi affezionate ai personaggi (anche a Luka nonostante il suo essere "stronzo").
Questo capitolo che avete appena letto affronta un pò i cambiamenti di Lily. E' molto lunatica in quanto carattere inizialmente a causa del suo normale modo di fare (da Annunciatrice) e le influenze umane che sta subendo. Qui vediamo un Luka concentrato ed emotivo. Dentro di lui riemergono i ricordi di quella casa ma non stacca ilcervello dal problema Lily.
Al prossimo aggionamento!
Baci <3

 

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Capitolo 6
*** [-24] - Sesto giorno dell'ultimo mese ***



6. [-24]Sesto giorno dell’ultimo mese
Un foglio.
Tanti fogli uniti da una graffetta.
Fogli con su scritto esercizi di matematica.
Numeri e lettere si rispecchiavano nelle mie iridi azzurre riga dopo riga.
La sala congressi della Stazione Marittima era piena di studenti. Un cinquantina di studenti provenienti da tutta la regione. Persone senza vita sociale che coltivavano l’interesse per lo studio.
Io ero l’unico genio. Io avrei vinto.
Mi ero presentato puntuale a quella dannate Olimpiadi e dopo aver snobbato i professori della mia scuola e mia cugina, mi ero seduto immediatamente alla postazione assegnatami.
Non mi ero nemmeno guardato attorno: quel mondo mi faceva ribrezzo.
Lily non c’era. A dire il vero le avevo chiesto di non venire.
Avevo passato due giorni in sua compagnia, e due giorni mi erano bastati per ammettere nuovamente che sarei morto tra un mese.
Visto che ero destinato a morire mi chiedevo perché stessi affrontando quello stupido test di matematica. Mah, forse per sfruttare il mio genio fino all’ultimo.
La prova non era difficile. Riuscii a fare tutti gli esercizi. E anche se non consegnai tra i primi, fui più che soddisfatto del risultato: perfetto. Una prova perfetta. Perché tanta sicurezza? Perché, come prima cosa, credevo in me e nelle mie potenzialità e in secondo piano non avevo trovato quegli esercizi “Olimpici” chissà che difficili. Forse avevo anche studiato per niente quei giorni!
Finito il compito e avviandomi verso il bagno maschile, ripensai ai miei futuri progetti giornalieri, come dormire, andare in quella squallida discoteca del sabato serata, bere e farmi almeno due ragazze.
Ce n’era un terzo di proposito che avrei rimandato a domenica: incominciare a capire come poter sedurre un’Annunciatrice di Morte senza ricorrere a noiose letture ottocentesche.
«Ehi, Luka? Com’e andato il test?» la voce di Jessica Fontana, allegra e soddisfatta, disturbò la mia pacchia al rinfresco che avevano allestito, all’entrata, per noi studenti.
Presi un bicchiere di Coca Cola e cercai di ignorarla spostandomi vero i dolciumi. Che seccatura!
Jessica sbuffò e, indispettita dal mio atteggiamento, mi si piazzo davanti «Sempre a fare l’associale quando non sei nel tuo mondo.»
Alzai gli occhi da quel cespuglio di riccioli rossi. Cercai di non imprecare, sarei stato ancora più fuori luogo «E tu devi sempre rompere le scatole a tutti.»
«Hai la luna storta? Sei peggio delle ragazze con il ciclo, Luka.»
«E tu peggio di una bambina delle elementare, Je. Non puoi lasciare in pace noi Dei e tornare tra i comuni mortali?»
Si sarebbe infastidita. Odiava quando mi davo arie e arie davanti di lei, dato che era sangue del mio sangue.
«Hai fatto male il test delle Olimpiadi?»
«Certo che no.»
«Sembri sicuro di te. Troppo sicuro.»
«Perché dico la verità, piccola Je.»
Sentii un sorriso arrogante dipingermi il volto.
Finii la Coca Cola.
Una voce al microfono richiamò l’attenzione di tutte le persone, invitandole a rientrare nella sala per assistere all’annunciazione del vincitore del biennio e del triennio.
Jessica parti in quarta senza degnarmi di uno sguardo, io mi limitai a dirigermi dalla parte opposta, verso l’uscita.
«Luka Fontana ha già fatto troppo la parte del bravo ragazzo. » mugugnai tra me e me infilandomi il giubbotto che avevo lasciato sull’appendiabiti. Chissà che figura avrebbe fatto l’intera scuola nel non vedere il proprio studente, vincitore, sul palco. Ma si meritavano questo e altro. Infondo quello che volevo non era farmi riconoscere tra il più “sfigato” degli “sfigati”, volevo solo un bell’articolo sul giornale di domani e un grande annuncio nella bacheca della scuola.
Li avrei avuti entrambi. Due elementi che avrebbero fatto in modo di farmi salire ancora di più la scala della popolarità.
Che la morte sopravvenga: tutti mi amano, quindi tutti mi ricorderanno!
 
Vivere con la costante presenza di Lily al mio fianco mi dava modo di studiarla. Volevo individuare i suoi punti deboli. Se era capace di sorridere per un po’ d’acqua, e di entusiasmarsi per un tramonto, anche lei provava emozioni. Reazioni che però non aveva sviluppato sin da subito.
Quando aveva incominciato a comportarsi così.
In uno stato di sonnolenza vidi una mia mano appoggiata sul cuscino. Ci eravamo toccati.
Io e quella “creatura” eravamo capaci di toccarci.
Lei non era un’illusione, immagine o figura, era materia. Marmo, carne, cenere, di per certo non era un fantasma perché non era né trasparente nè fluttuante.
Di cos’era fatto quel bel corpo sensuale?
Aveva detto che era la prima volta che aveva contatti ravvicinati con una “vittima”. Possibile che quell’anomalo comportamento umano chiamato “curiosità” avesse risvegliati in lei altre emozioni?
Dannazione. Avrei dovuto dormire, recuperare sonno ed energie per affrontare la serata, invece ero distratto da Lily e dal suo essere.
 
«Luka, hai una faccia.» fu la prima cosa che mi disse Erik appena lo raggiunsi all’uscita della discoteca. Il mio passo blando e svogliato faceva da decoro ad un’espressione scocciata e stanca.
Calciai una lattina vuota «Dammi una sigarette e non rompere.»
In quel momento, quello svitato di Nicola ci arrivò da dietro, afferrandoci entrambi per le spalle «Ragazzi, si comincia! La notte è ancora giovane, noi siamo giovani e … »
«E se qualcuno non si sbriga a darmi una cicca gli spacco il culo.»
Diretto e con tono arrogante.
«E come sei scorbutico, Lulù.»
Quel nomignolo mi fece tanto ribrezzo che Nicola si ritrovò un’amichevole gomitata nei reni.
Erik fortunatamente mi porse una Lucky rossa. Almeno lui aveva capito che non avevo voglia di parlare o di intraprendere qualsiasi discorso amichevole.
Accessi la sigaretta e feci un tiro. Il fumo mi tonificò la gola dandomi una sensazione di calma e quiete. Fumavo solo a scrocco o nei momenti di stress, non ero soggetto che spendeva soldi per un pacchetto di sigarette al giorno.
«Silvia Conti anche oggi?» Erik, sistemandosi per la millesima volta il gel nei capelli scuri, cercò di tirar ad indovinare la vittima per la serata. Sorrisi sarcasticamente. Con Silvia di solito si andava sul sicuro visto che assecondava sempre qualunque mio desiderio sessuale.
«Troppo facile. Un passatempo divertente dopo un po’ stufa.»
«Oh oh, oggi vuoi il brivido della caccia?» disse Nicola in modo stupido. Quella sera era particolarmente irritante, ma forse ero io troppo suscettibile.
Inspirai un’altra malsana dose di fumo, quando la mia attenzione fu rapita da un gruppo di ragazze che si accingeva ad entrare nel locale. Mi erano sconosciute stranamente. Curioso. Ma sicuramente loro sapevano chi ero a giudicare dalle occhiate e dai sussurri eccitati che mi lanciarono quando mi passarono accanto.
Mi sfilai la cicca dalle labbra e puntai gli occhi su una delle cerbiatte. Una neanche troppo appariscente ma da un sorriso abbastanza intrigante. Pantacollant neri, tacchi, una larga maglia bianca. (avevano sicuramente lasciato i giubbotti in auto) I capelli erano lunghi e lisci di un castano chiaro. Aveva le ciglia folte, ma ciò che mi colpì di più furono le sue labbra rosse.
Lily aveva le labbra rosse.
«Fa sempre bene conoscere nuova gente.» dissi infine buttando il mozzicone di sigaretta per terra e calpestandolo con un piede.
Incrociai inavvertitamente lo sguardo della ragazza con le labbra cremisi. Mi sorrise e subito distolse i suoi occhi verdi dai miei con imbarazzo velocizzando il passo.
Ora sapevo a chi puntare.
 
Saluti, baci e balli, finalmente individuai la mia preda al bancone del bar. Stava sfilando dalla borsetta il cellulare mentre aspettava ad essere servita. Come sempre si perdeva almeno un buon quarto d’ora per prendere da bere, troppa gente.
Mi scollai Silvia di dosso.  Era appena mezzanotte passata e la Conti era mezza sbronza. Che soggetto! Non mi piacevano quelle che bevevano per mettersi in mostra.
Mi avvicinai a lei. Sapevo come far diminuire la fila in quel posto per qualsiasi persona.
«Ehi, cosa vuoi da bere?» le chiesi avvicinandomi.
Alzo gli occhi dal cellulare e mi fisso. Esitò prima di rispondere. Il suo sguardo incredulo di fronte alla mia presenza mi diede la conferma che mi conosceva.
Balbetto qualcosa ma subito dopo mi rispose «Scivolo alla pesca, grazie.»
Due minuti e vidi il bar man uscire dal bancone e porci due bicchieri: per lei il suo Scivolo e per me una Vodka Red Bull (dovevo stare sveglio!)
La vidi sorridere e i miei occhi si posarono su quelle sue appetitose labbra rosse. Piene e belle lasciavano intravedere dei perfetti denti bianchi.
«Grazie.» sussurrò con imbarazzo. Sosto lo sguardo più volte mentre sorseggiava il bicchiere. Prima su di me, poi sulla bevanda e poi sulle sue amiche alle nostre spalle.
«Ti sta vibrando il cellulare.» le feci notare. Ma non servì a niente perché chiuse all’istante qualunque cosa stesse ricevendo.
«Cattiva la ragazza. Non si chiude mai il telefono in faccia.»
«Quando si ha un coglione come ex ragazzo questo è altro!» esclamò con sarcasmo mettendo via l’apparecchio telefonico.
«E a quanto pare single, la ragazza.»
Si passo la lingua sulle labbra intorpidite dal cocktail «Almeno se vuoi rimorchiarmi potresti chiedermi come mi chiamo. E poi se non fossi single non sarei qua. Ms con l’orso di ragazzo che avevo.»
«E come ti chiami, ragazza?»
Mordicchiò il bicchiere di vetro con fare misterioso. Nella sua banale semplicità, era molto interessante «Alice. E tu non c’e bisogno che ti presenti, Luka.»
Il suo tono divenne intrigante quando scandì il mio nome.
«A quanto pare conosci già il Paese delle Meraviglie.»
«Tutti ti conoscono.»
Finii la Vodka tutta d’un fiato e appoggiai il bicchiere un tavolo accanto a noi. Le luci strobo proveniente dalla pista da ballo davano varie sfumature ai suoi capelli e metteva in risalto la sua maglietta bianca. Aveva una spalla scoperta e si intravedeva la spallina del reggiseno.
«Vuoi ballare?» le chiesi vedendo che ormai anche lei stava concludendo la sua bibita.
Fece spallucce «Così mi potrò vantare di esser stata rimorchiata da Luka Fontana?»
«Così quell’orso del tuo ex si pentirà di averti lasciato. Sai cosa vuol dire esser rimorchiate da me?»
«Che mi divertirò a tutte le prossime feste?»
«Esattamente! Perché una ragazza che riceve le mie attenzioni in poco tempo incomincia una scalata verso  la popolarità. Vuoi crearti il tuo Paese delle Meraviglie, Alice?»
Una risata civettuosa le uscì dalla bocca e, incrociando le braccia, mi fisso con soddisfazione. Adoravo le ragazze con gli occhi chiari. Il suo verde era proprio bello. «E come posso rifiutare Luka Fontana?! Non sono pazza.»
Cinsi Alice per i fianchi trascinandola verso la pista da ballo. Mentre passavo con lei acconto vidi gli sguardi delusi di molte ragazze e quelli eccitati delle sue amiche. Avevo proprio preso un bel bocconcino.
Incominciammo a ballare tra il fiume di gente che si muoveva a ritmo della musica house. Noi incominciammo come loro. La presi per i fianchi e la avvicinai ai miei. Le modellai le anche mentre sentivo le sue fredde mani accarezzarmi la nuca.
Anche Lily aveva un tocco gelido.
Non passò molto prima di trovarci vicini. La musica non la sentivamo più, non ci guidava più. le sue labbra rosse erano socchiuse, si aspettava sicuramente che la baciassi da un momento all’altro.
Anche  Lily aveva le labbra rosse.
La baciai. Niente di troppo semplice o lento. Andai subito al sodo e le infilai la lingua in bocca con voracità, mentre le mie mani scendevano sul suo sedere.
E quello fu solo l’inizio di un’altra focosa serata di sesso sfrenato.
Lei avrebbe ottenuto la popolarità, io avrei soddisfatto il mio desiderio sessuale segnando un’altra vittima.
Prima o poi anche Lily sarebbe caduta ai miei piedi.
 
La punizione divina mi aveva colpito anche quella sera!
Non so che ora fosse. Le due, o forse le tre, fatto sta che stavo vomitando anima e corpo nel cespuglio sotto casa. Il fratello maggiore di Erik ci era venuto a prendere e ci aveva riaccompagnato alle nostra abitazioni, sia a me che a Nicola.
Non amavo ubriacarmi, e non lo facevo volentieri, ma quando Nicola incominciava a fare gare su chi beveva di più, non ero capace di tirarmi indietro.
Per mantenere una reputazione degna di Luka Fontana, dovevo vincere. Mi sentivo una merda! Sinceramente ero una merda se per una stupida maratona di cocktail ero in quelle condizioni.
Mi girava la testa, ma ero abbastanza cosciente da riconoscere da solo il portone che mi avrebbe condotto nel mio caro appartamento.
Finalmente presi l’iniziativa a cercai di fare due passi per avviarmi verso il mio caro letto. Avevo tutta la più buona volontà necessaria per farcela, se un altro attacco di vomito non mi avesse obbligato ad abbassare la testa nel cespuglio. Avevo proprio uno stomaco delicato accidenti!
 

“Avrei potuto lasciare Luka sul ciglio della strada a vomitare tutti i suoi peccati.
Ma non lo feci.
Ero disgustata dall’uso che faceva della perfezione donatagli da Dio, così inorridita da farmi pena.
Usai come scusa il mio lato traboccante di desiderio nel toccare pelle umana, e lo aiutai. Aiutai la mia vittima a ventiquattro giorni dalla sua morte.”

 
Qualcuno mi afferrò. Qualcosa mi afferrò. Riconobbi quel tocco gelido e delicato. Sentii il peso di quella creatura che senza provare il minimo sforzo mi sorreggeva in piedi.
Nonostante quella notte mi fossi fatto quella Alice, nei miei pensieri, per colpa di un paio di labbra cremisi, c’era sempre stata lei: Lily.
Perché l’Annunciatrice di Morte mi stava aiutando a salire le scale.
Il rumore dei suoi tacchi echeggiava per la tromba delle scale. Sentivo lo strusciare dei suoi capelli sul mio viso e il suo braccio avvolgermi la spalla.
Sapevo che era Lily, ma non la misi a fuoco finché non fui arrivato dentro casa.
Lei doveva rubare anime, non aiutare stupide vittime alle prese con il pessimo risultato dei loro cretini divertimenti.
Tutto ciò mi piacque.
Qualcuno mi stava aiutando. Si stava prendendo cura di me. L’Annunciatrice di Morte era diventato un Angelo.
«Sei proprio un caso disperato, Luka.» la sua voce rimbombava nella mia testa. Calma e pacata mi rimproverava con indifferenza.
Sorrisi facendo ciondolare il capo in avanti. La mia intelligenza aveva proprio un bel peso! «Lily … » la chiamai volendo risentire l’unico suono “vero” in quel momento, la sola voce che riusciva a far diradare tenebre create dall’alcol.
«Uhm? Che c’è?» la sentii dire chiudendo una porta.
Grazie al cielo ero riuscito ad arrivare sano e salvo!
«Grazie Lily.»
Afferrandomi per una braccio mi sentii trascinare dentro casa. L’unico rumore erano i passi dell’Annunciatrice sui parquet di ciliegio del salone per poi arrivare alla mia stanza. La porta si chiuse cigolando dietro di noi.
Con gesti lenti mi sfilai il giubbotto, le scarpe, le calze e infine il maglioncino. Non pensai di cambiarmi, non riuscivo a pensare. In jeans e canottiera mi buttai tra le coperte provocando un tonfo sordo.
Eccoci a casa. Eccoci in un regno di solitudine dopo un’altra notte di baldoria.
Affondai metà viso nel cuscino e con l’occhio ancora libero misi a fuoco Lily, in piedi e impassibile di fronte a me. Era inquietante. Della sua solita bellezza macabra. Capelli oro, pelle bianca, labbra rosse e occhi neri. Un miscuglio di colori che la rendevano irresistibile.
Mi fissava impassibile. Lei sola era là. Avrei dovuto odiarla ma allo stesso tempo pensai solo a ringraziarla un altro centinaio di volte. La sua sola presenza in un certo senso mi rincuorava. Non ero solo.
Dimenandomi tra le coperte le feci segno di raggiungermi. Non avevo in mente niente di troppo sconcio.
 «Vieni qua.» la mia voce roca la invito in quella metà di letto che liberai.
Esitò e scuotendo la testa disse «Io non dormo, Luka.»
«Voglio solo averti qua.»
Forse il freddo della sua pelle avrebbe diminuito il calore della mia. L’alcol alzava brutalmente la temperatura di un normale essere umano.
«Ti prego.» perché la stavo supplicando? Perché avevo bisogno di averla accanto. Tutti quei cocktail mi avevano per davvero annebbiato il cervello se cercavo la sua compagnia.
Si avvicinò al bordo delle letto. Perse qualche centimetro: si era sfilata i tacchi con i suoi “poteri”. Le maniche vaporose sparirono. Rimase avvolta solo nel suo abitino nero.
Silenziosa sfiorò il materasso con una mano.
«Il tuo calore mi tenta.» la sentii dire inspirando profondamente. La sua voce esprimeva insicurezza. Paura.
Si lasciò andare. Si raggomitolò accanto a me come un gatto. Fredda e bella mi diede la possibilità di affrontare un sonno profondo.
 

“Cosa stavo facendo?
Da quando assecondavo i capricci di uno stupido adolescente umano?
Luka mi strinse contro di se con le sue muscolose braccia. Schiacciata contro il suo corpo inspirai il suo malsano odore di alcol e fumo.
Il calore del suo corpo irradiava il mio.
Sentii la mia fronte pulsare a contatto con il suo petto.
Tutto ciò mi piaceva e volevo di più.
Lo avvolsi con le mie braccia e intrecciai le nostre gambe.
Chiusi gli occhi per concentrarmi sulle mie sensazioni. Le uniche sensazioni che mia inumanità mi dava.
Gemetti silenziosa due volte: quell’abbraccio, quel contatto, quella pressione esercitata dai nostri due corpi mi stava mandando in estasi.
Conobbi il piacere, addormentandomi per la prima volta dopo la mia morte”

 

***

 

Due Di Picche...

Ecco qui l'aggiornamento settimanale del lunedì! Amo quando sono puntuale ad aggiungere un nuovo capitolo!
Capitolo 6: sabato sera. Tipico sabato sera di un soggetto come Luka, che forse non si differenza neanche troppo dal mio. Le ragazze non sono in grado di rifiutarlo e anche questa Alice che "rimorchia" lo trova irresistibile in tutti i sensi. Lui può darle tutto e grazie a lui può ottenere tutto! (penso che neanche io lo rifiutere se uno come Luka ci provasse con me)
Poi ci sono le famose Olimpiadi di Matematica, lascio immaginare a voi il risultato XP adoro la sicurezza del protagonista!
E il finale dove compare Lily e insieme passano la notte dormendo soltanto... ma perfino il sonno è una cosa insolita quando si tratta degli Annunciatori di Morte. Io poi l'ho trovata molto "romantica" nonostante non lo sia per niente!
Ringrazio Celest93 e Alyce_Maya (la mia compagna di banco... è possibile che mi sn ispirata a lei per l'Alice rimorchiata da Luka XD)... e ringrazio anche chi segue la storia e chi l'ha aggiunta nei preferiti!
Spero che capitolo dopo capitolo, giorno dopo giorno, la trovaiate sempre più interessante ma anche divertente.
Baci

 

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Capitolo 7
*** [-23] - Settimo giorno dell'ultimo mese - Parte 1 ***



7. [-23] Settimo giorno dell’ultimo mese - Parte 1
La domenica era il giorno che adoravo di più. Potevo dormire fino a tardi e stare tutto il giorno in casa a rilassarmi per recuperare le forze da un sabato sera distruttivo. Non sapevo che ora fosse, dormii così bene quella notte avvolto da qualcosa di più piacevole di una semplice coperta. Peccato che il mio sonno fu interrotto dalla voce di quell’isterica di mia madre.
Strizzai gli occhi e sbattei le palpebre per mettere a fuoco la mia stanza. Non avendo chiuso la tapparella, la luce del giorno mi accecò.
«Luka, noi ti diamo parecchie libertà, ma questo non rientrava negli accordi.»
Che cazzo aveva da strillare?
Affondai la testa tra le coperte, infastidito dalla situazione, ma invece che le lenzuola il mio viso tocco qualcos’altro.
Confuso feci riemergere il viso. La luce del sole face brillare d’oro, dei capelli che si disperdevano sul cuscino insinuandosi tra le coperte per poi sparire.
«Come ti sei permesso di portare una ragazza in casa? E di passare una notte con lei nonostante io e tuo padre dormiamo a due stanze di distanza? Come ti è saltato in mente, Luka?»
Ragazza? Passare la notte?
Finalmente i miei occhi celesti distinsero per bene la figura di mia madre. Il suo volto incazzato mi fece capire che non stava scherzando.
Tentai di muovere le gambe, ma qualcosa era incastrato tra di esse. Cercai di muovermi, ma sentii un ulteriore peso sul mio corpo.
Con un rapido gesto mi tolsi la trapunta e poi le lenzuola e con mia grande sorpresa vidi Lily che si stringeva teneramente a me.
Stava dormendo?
La mia annunciatrice di morte aveva le palpebre serrate, piedi nudi, braccia scoperte, e un vestito aderente che, raggomitolata come stava si accorciava più del dovuto.
«Ti sei portato a casa una spogliarellista?» mi ricordai di mia mamma finalmente.
Scossi la testa e riuscii a far staccare le gambe di Lily dai miei jeans. La toccai leggermente per spostarmi da lei. Era tiepida.
Oh! Cazzo! Che cosa stava succedendo?
Ero sveglio. Quell’assurda situazione mi aveva svegliato finalmente.
Come prima cosa la mia Annunciatrice di Morte dormiva avvinghiata al sottoscritto; in secondo luogo la sua pelle non era più fredda da mettermi i brividi; terzo, ora che la guardavo meglio, il suo viso aveva un colore roseo, non bianco latte e marmoreo; quarto, mia madre la vedeva?
«Mamma, vedi questa ragazza?» chiesi con voce roca e cretina passandomi la lingua sulle labbra asciutte. Mi misi seduto prendendo le distanze da Lily che continuava a sonnecchiare.
La donna di fronte a me, in maniera esasperante, alzò gli occhi al soffitto «Ho gli occhiali per qualcosa figliolo. E poi non starei qui ad urlare se lei non ci fosse.»
«Come fai a vederla? E impossibile.»
«Non far finta di niente, questa me la lego al dito.»
«La vedi?»
«Capelli biondi, pelle candida e vestitino nero. Ti basta? E sta ancora dormendo nel tuo letto. L’accordo era di non portare ragazze in casa e non aver rapporti sessuali in casa, o almeno non quando ci sono i tuoi genitori.»
Sorrisi e infilandomi le ciabatte mi stiracchiai «Non abbiamo fatto sesso, mamma.»
Era imbarazzante quel discorso. Lo avevamo fatto una volta imponendo quell’assurda regola di non portare ragazze in casa, e poi basta. Eppure, anche se ero nei guai continuavo a sorridere come un’ebete. Oddio! Mia mamma vedeva Lily!
«Hai comunque portato una ragazza.»
Accanto a me sentii il corpo di Lily rotolarmi contro. La guardai distesa sul mio letto che si stiracchiava strofinandosi gli occhi.  Il vestito che indossava sarà stato lungo un po’ più di mezzo metro e perciò provai un senso di eccitazione nel vederlo arretrare quando alzò le gambe. Bellissime e snelle gambe.
«Luka che succede?» sussurrò Lily guardandomi dal basso verso l’altro con la testa vicina al mio fianco. La sua voce era stridula e maledettamente sensuale.
La fissai e sorrisi inebetito. Le sarei saltato addosso all’istante.
«Risolvete questa situazione il prima possibile.» e sbuffando mia mamma uscì da camera mia. Ora potevo concentrarmi sul “Problema Lily”.
«Che ha tua mamma?»
«La domanda giusta è che hai tu: ti vede.»
Sorrise e si giro a pancia in giù.
«Non sto scherzando.» e già il fatto che avesse sorriso così naturalmente lo definii anormale. «Come ti senti?»
Fece spallucce «Mah, come se avessi dormito per la prima volta dopo cento anni.»
«Perché hai dormito. Mi sei saltata addosso …»
«Mi hai invitata tu nel tuo letto!» puntualizzò. In effetti non aveva tutti i torti.
«Però eri attratta dal mio calore …»
«Già!» mi fece la linguaccia e incominciò a rotolarsi per il letto. Non avrebbe dovuto sentire lo strusciarsi delle coperte sul suo corpo.
«Senti. Hai dormito, la tua pelle e tiepida e le tue guance sono rosee …»
Di colpo, cadde dal letto, sbattendo violentemente il sedere contro il pavimento. Per la millesima volta ignorò la mia frase.
«Cazzo che male!» la sentii imprecare: benissimo adesso provava anche dolore.
La vidi massaggiarsi il bacino e alzarsi in piedi. Mi fissò. I suoi occhi neri si fissarono nei miei. Immobili, io seduto e lei in piedi, ci fissammo storditi da quella strana situazione.
 

“Avevo provato dolore.
Avevo sentito la durezza del pavimento e la morbidezza delle lenzuola.
La mia pelle percepiva l’aria.
E avevo anche dormito.
Mi sentivo strana, e strana era ancora poco per definire il mio stato d’animo.
Mi sentivo integrata nell’ambiente. Percepivo ogni cellula che si spostava, che mi sfiorava.
Affondai le mie iridi in quelle di Luka. Immobile e seduto, mi fissava con stupore. I capelli arruffati, una canottiera aderente a quel suo corpo atletico, i jeans e il bordo delle mutante firmate.
Avevo dormito con lui. Accanto a lui. Mi era piaciuto.
Oddio! Piacere, dolore, percezione … perché provavo tutto ciò?”

 
«Luka, che mi sta succedendo?» e lo chiedeva a me?  Era lei l’aliena qui!
Respirava con affanno mentre si toccava ogni minima parte del corpo e allo stesso tempo si fissava.
Vidi le sue mani che si accarezzavano il viso, lisciavano i setosi capelli biondi, sfioravano quelle labbra rosse e scendevano giù lungo il collo. Discesero esaminando le spalle, il petto e si fermarono un momento sui seni. Se voleva mi poteva chiedere una mano! Mi morsi la lingua per non pensare ai brividi di eccitazione che mi percorrevano la schiena.
Le dita ricominciarono la loro corsa giù per il ventre. Passarono i fianchi fino ad arrivare all’estremità delle cosce. Ricongiunse le mani al centro e per fortuna non fece niente di troppo intimo. Continuò la discesa lungo tutte le gambe fino ad arrivare ai piedi stando con la testa verso il basso e a gambe tese.
Si alzò di scatto e mi si avvicinò. Troppo umana! Troppo formosa!
Si strinse a sé, e turbata disse «Luka, sento le mie unghie che mi graffiano la pelle, l’attrito tra pelle e pelle. Sento la morbidezza, la durezza, il brivido, il caldo, il freddo. Cazzo, Luka, sono umana!»
Mi alzai e le parole mi uscirono senza che collegassi il cervello «Vuoi una mano a ricontrollare il tuo corpo?»
«Eh?»
«No, niente. Comunque non so darti risposte in merito, l’unica cosa che posso dirti e che ogni volta che entravi in contatto con me sembrava esserci un cambiamento.»
«Del tipo?»
«Dopo che ci siamo toccati più volte, hai provato curiosità, sorpresa, gioia, emozioni umane. Ora che sei stata a stretto contatto con me, e hai perfino dormito, hai come acquistato altre caratteristiche umane.»
«Sono umana!»
«Non sei male, non lo eri neanche prima. Ora sei meglio, per me almeno.»
E io ero mal messo: avrei avuto una bomba sexy sempre a zonzo per casa?
Abbassò lo sguardo. La vidi tremare in preda a nuove emozioni. Tristezza, dolore, paura.
Mi avvicinai. Lei era sola. Una creatura delle tenebre immersa nella luce. In un modo sconosciuto, in una situazione assurdamente strana.
In quel momento Lily non aveva altri che me, proprio come io, la notte precedente, non ho avuto altri che lei ad aiutarmi, preda dell’alcol.
Feci per abbracciarla. Ma esitai un momento. Cosa avrei risolto? Io calcolavo tutto, non ero tipo da improvvisare, ma quell’improvviso cambiamento di Lily stava scombussolando la mia vita più del dovuto.
Tra ventitre giorni mi avrebbe dovuto rubare l’anima. L’avrei dovuta odiare, invece l’abbracciai le sussurrai «Ti aiuterò.»
 

“Ora che mi era concesso provare emozioni, solo la paura invadeva la mia mente.
Ero eccitata ma allo stesso tempo terrorizzata da ciò che mi stava accadendo.
Non potevo tornare nel Purgatorio prima di aver prelevato l’anima di Luka.
Mancavano ventitre giorni prima della fine del mese.
Giorni in cui l’inevitabile sarebbe diventato padrone dei momenti.”

 
Non mi preoccupai più di tanto dei miei. Il giorno seguente sarebbero usciti i risultati delle Olimpiadi di Matematica e sarebbero stati fieri della mia vittoria dimenticando la storia della misteriosa ragazza nel mio letto.
Ora che Lily era umana, non aveva un posto dove andare. Poteva solo stare da me, e mentre una parte del mio cervello la studiava attentamente l’altra componeva soluzioni in merito a come farla dormire ogni giorno  nel mio letto.
Avrei dormito ogni giorno con “la più bella del Purgatorio” al mio fianco, senza poterle mettere le mani addosso. No! Non potevo, avrei fermato in qualche modo i miei istinti: lei restava pur sempre il mio peggior nemico. Mi avrebbe condotto alla morte, non mi ci dovevo affezionare.
Lily se ne stava seduta sul pavimento a mangiare biscotti. Ora non solo poteva ingoiare cibo umano, ma aveva anche bisogni come andare in bagno e lavarsi.
Io me ne stavo disteso sul letto a pensare a quell’assurda situazione. Non potevamo restare in casa, quel luogo stava incominciando ad opprimermi.
«Usciamo!» esclamai alzandomi di scatto e levandomi la canottiera.
Spostai lo sguardo su Lily, aveva alzato il capo verso di me e un biscotto le era caduto dalle mani. Perché mi  stava fissando immobile e con aria stupita?
Sapevo di essere un bel ragazzo, e mi preoccupava l’effetto che avrei potuto incominciarle a fare dato che ora era una ragazza.
«Abbiamo passato la mattinata a starcene qui con le mani in mano. Ora ti porto a vedere il mondo come si deve.» anche perché doveva far tutt’altro effetto  “là fuori”, quando si è capaci di percepire l’ambiente.
Scosse la testa e si alzò in piedi. Sorrise battendo le mani in modo eccitato «Vedrò la terra come si deve: che bello!»
Mi sfilai i pantaloni della tuta che mi ero messo dopo aver affrontato una gelida doccia per svegliarmi, quella mattina, e rimasi in boxer. D’istinto guardai Lily. Perché cazzo stava arrossendo?
L’Annunciatrice portò le mani sulla bocca, e abbassando il viso, si girò verso il muro sussurrando «Mi fai uno strano effetto, Luka.»
Una volta non si sarebbe mai fatta il minimo problema neanche a vedermi nudo, pensai ricordandomi il nostro incontro il secondo giorno nel bagno di casa, ora invece provava una certa tensione nel vedermi in mutande. Beh, almeno non le piacevano solo i miei occhi ora!
Mi infilai velocemente un paio di jeans neri, una t-shirt e una felpa.
«Sono vestito.» le dissi. Lily si voltò finalmente e mi sorrise.
«Tu esci così? Fa freddo!» le feci notare dato che indossava sempre il solito vestitino striminzito. Avrebbe dato comunque troppo nell’occhio per strada.
La vidi chiudere gli occhi, e successivamente i suoi lunghi stivali in pelle le avvolsero le gambe alzandola di una decina di centimetri.
«Wow! Ho ancora i miei doni!» esclamò sprizzando felicità. Qualcosa di “strano” almeno le era rimasto, in ogni caso l’abbigliamento non andava bene comunque.
Mi avvicinai di qualche passo a lei «Visto che senti il caldo e il freddo, la temperatura esterna potrebbe infastidirti. Riesci a indossare qualcosa di più pesante?»
«Penso che se lo desidero possa accadere.»
Detto fatto. Un paio di pantaloni in pelle le coprirono le nude gambe e il vestito si rimpiccolì ad un top. Questa magia stimolò le mie fantasie più contorte su tutti i modi possibili in cui avrei potuto vedere Lily vestita.
Scossi la testa tornando serio «Non male, però ora le braccia.»
Chiuse di nuovo gli occhi e sopra il top comparve una giacca di pelle nera. O avevano dei limiti nella scelta dei colori o i gusti di Lily erano grotteschi e trasgressivi. Non che stesse male in quel completo di pelle, il contrario, ma dava troppo nell’occhio.
«Leva ancora i tacchi: non sono molto comodi per una passeggiata.» difatti un paio di scure ballerine raso terra la fecero scendere in altezza.
La scrutai attentamente. Il seno prosperoso ben evidente mi infastidiva, così presi una mia lunga e calda sciarpa rossa e gliela avvolsi attorno al collo.
Si sistemò e si chiuse la giacca di pelle. Il cremisi della mia sciarpa e delle sue labbra staccavano molto in tutto quel nero: stava bene. Ok, “bene” forse era riduttivo, ma non potevo perdere il controllo davanti alla mia Annunciatrice di Morte.
Mi ero ripromesso di odiarla ma anche di sedurla, invece, inconsapevolmente, stava succedendo il contrario: qui rischiavo di essere adescato io da quel fascino inumano.
«Grazie per la sciarpa, Luka.» e sorrise.
Mi precipitai fuori dalla stanza, intento a recuperare il giubbotto, per non vederla sorridere nuovamente. Qui la situazione mi stava scivolando di mano. Dovevo formulare una soluzione al mio problema “Lily”.
 

“Il freddo mi avvolse in un gelido abbraccio.
Il vento mi morse le guance con determinazione facendo vincere ai miei capelli la forza di gravità.
Alzai gli occhi e vidi il cielo grigio.
Abbassai lo sguardo e osservai il traffico cittadino.
Mi guardai attorno ed esaminai la vita. Io stavo vivendo.
Incrociavo gli sguardi delle persone, percepivano la mia presenza e io la loro.
Sorrisi, perché ora avevo una ragione per farlo!”


 

***

 

Due Di Picche...

ok, qualche giorno di ritardo lo ammetto ma ecco qua l'attesa domenica (nel racconto si intende, visto che in verità qui è giovedì XD) 
Questo capitolo ve lo divido in due parti per non farvelo pesare troppo, e già questo inizio, che io e Alyce_Maya troviamo molto diverte, è durato un bel pò. Penso che sia il capitolo che mi è piaciuto di più. Lily interviene più volte e poi questa situazione "imbarazzante" e caotica allo stesso tempo, è caratteristica dei miei racconti originali. Mi piace buttarla sul ridere e soprattutto mettere per iscritto i pensieri di un ragazzo come Luka che si ritrova la mattina una bella ragazza "carne ed ossa" tra le coperte.
Diciamo che questa piega curiosa che prenderà la storia la renda più scorrevole e piacevole alla lettura!
Ringrazio come sempre chi segue il racconto e chi lo ha aggiunto ai preferiti... di tanto in tanto aumentano e ciò mi fa veramente molto piacere *w*
Baci

 

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