Lost in you

di Haruakira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Parte terza ***



Capitolo 1
*** Parte prima ***


c. 1 gelosia

LOST IN YOU
Parte prima






Si era innamorato di lui, ma non l' aveva ancora detto a nessuno. Non lo aveva detto neppure a sè stesso.

Gokudera pensava che quella Sazuki  fosse una stronza, una zoccola - anche se non ne aveva le prove- e una puttana -che poi era la stessa cosa-, non ci poteva fare niente, non la sopportava e gli stava sulle sue beneamate palle. Ormai non c'era speranza di togliersela di torno, lo aveva capito da un bel pezzo. Quella stronza era onnipresente nella vita dell' idiota del baseball, probabilmente seguiva Yamamoto anche nel cesso. Tutti dicevano che era alta e slanciata, che fosse carina, che i suoi capelli erano morbidi e biondi come il grano e gli occhi azzurri come il mare. Gokudera se fosse stato il grano o il mare avrebbe fatto una gran rivoluzione, e non solo perchè venivano puntualmente tirati  in ballo per descrivere qualche bel pezzo di ragazza o di ragazzo, assolutamente, o almeno non solo per quello, no, il suo problema più grosso sarebbe stato quello di essere usato per elencare le grazie di quella spilungona, perchè sì, Sazuki era più alta di lui di ben due centimetri. Ma mettendo da parte che lui non era nè mare e nè grano -grazie al cielo-  a lui la tizia sembrava, usando le sue testuali parole, un cesso. Aveva l' impressione che i suoi capelli fossero ossigenati e gli occhi a mala pena passabili, decisamente troppo scuri. Meglio i suoi: due splendidi e sexyssimi occhi verdi. Tutti dicevano che la pelle della stronza fosse bianca come il latte e morbida come la pelle di un bambino. Sì, come il culo di un bambino. Pieno di cacca. Gokudera sghignazzò al pensiero e per poco la sigaretta che aveva tra le labbra non gli cadde. 'Fanculo alla zoccola.
-Yo, Gokudera.
Ecco l' idiota con la stronza, pensò Gokudera non appena le sue orecchie captarono la voce del ragazzo dell' oggetto del suo amaro divagare. La cozza si artigliava al suo braccio con le unghie laccate di rosa. Il guardiano della tempesta si passò una mano sul viso, gliele avrebbe volentieri spezzate una ad una quelle unghie e poi che diavolo ci faceva lei sul terrazzo insieme a loro?
-Idiota, il terrazzo e off-limits, non lo sai?
-Gokudera-kun, non preoccuparti, non è di nostra proprietà.
Gokudera guardò il Decimo. Oh, Decimo, come può farmi questo? pensava. Ma se il suo juudaime acconsentiva allora va bene, che la strega di Biancaneve mangiasse pure con loro. Magari si girava e poteva avvelenarle il bento.
La strega si accucciò tra Tsuna e Yamamoto, non gli aveva ancora lasciato il braccio, poi finalmente -per chissà quale grazia divina- si decise a sfilarlo, guardò Yamamoto e cicalò:- Guarda, Takeshi-kun. Ti ho preparato un bel pranzetto con le mie manine.
Gokudera aveva l' insano desiderio di vomitare. Troppo miele, gli sarebbe venuto il diabete.
E poi non lo sapeva che il padre di Yamamoto e persino l' idiota erano in grado di prepararsi da mangiare? Cielo, Yamamoto-san aveva un ristorante! Il dubbio sorse spontaneo: A che serviva lei?
Yamamoto sorrise prendendo il portapranzo a forma di cuore, il sorriso diventava sempre più ampio, forse gli sarebbe venuta una paralisi facciale ma nonostante ciò sembrava felice:- E' bellissimo. E sembra anche buono! Grazie Akari-chan.
"Akari, che diavolo di nome è?! Insulso, tch. E che cazzo è quel chan?!"

Quando era arrivata  l' ora di ginnastica, l' unica in cui l' idiota eccellesse, Gokudera si era guardato intorno sospirando di sollievo. La strega non c' era. Corse verso il suo juudaime, stavano facendo le squadre per giocare a calcio e lui voleva essere con il suo amato boss, con loro c' era anche Yamamoto. A un certo punto Takeshi intercettò la palla al posto di Tsuna. Che gli saltava in mente? Era riuscito a fare goal e avevano vinto il primo tempo. Gokudera attraversò il campetto correndo in direzione dall' idiota, lo afferrò per la maglietta e lo strattonò tirandoselo dietro, in disparte lontano dal Decimo:- Che diavolo stai facendo?
-Che sto facendo?- chiese di rimando Yamamoto confuso
-Quella palla era del Decimo!
-Gokudera, Tsuna non sarebbe arrivato a prenderla- spiegò
-Non importa! Così gli togli la scena.
Yamamoto non capiva di che diavolo stesse parlando Gokudera.
Ma che razza di discorso è?
Con le sue mani coprì i polsi dell' altro e lo allontanò. Non era  così che lo avrebbe voluto vicino:- Lasciami. Il calcio è un gioco di squadra, bisogna fare il bene della squadra quindi. Tutti dobbiamo collaborare, anche tu.
Gokudera lo guardò in cagnesco, barcollò all' indietro, le mani si strinsero e dovette trattenersi perchè sentiva di tremare e di voler spaccare quell' insulsa faccia da schiaffi:-Io non collaborerò mai con te- urlava- piuttosto mi tiro fuori. Mi dai fastidio, stronzo. Non dovresti nemmeno essere un guardiano dei Vongola, non sai fare niente tu, sei solo un idiota senza cervello. Mi fa schifo starti anche vicino, anche respirare la tua aria!
Gli occhi di Takeshi erano diventati incredibilmente grandi, incredibilmente tristi. Aveva aperto la bocca per dire qualcosa anche se in realtà era senza parole, si chiedeva da dove provenisse tutta quella furia, cosa aveva fatto per meritarla. Glielo avrebbe volentieri domandato anche se sapeva che le sue parole sarebbero uscite come una supplica stentata. In teoria lui non aveva fatto niente di sbagliato e la sua colpa più grande era solo quella di non riuscire a capire l' amico in quell' istante. Gli faceva male perchè credeva di essere bravo a capire Gokudera, era una delle poche cose che pensava di saper fare e ora scopriva di non riuscirci più. Sapeva solo una cosa, sfumata, incerta, un poco appannata: sapeva che Gokudera aveva qualcosa, sapeva che Gokudera stava soffrendo altrimenti non si spiegava tutta quella sua aggressività.
 Ma lui non sapeva perchè.
E. peggio ancora, non sapeva nemmeno che fare.
 Faceva dannatamente male e quel suo innato ottimismo, il suo tanto declamato buon umore riparatore andava a farsi fottere, buttato via come se non fosse mai esistito, come se non avesse mai fatto parte della sua natura. Non sapeva cosa fare, se lo ripetè a denti stretti mentre più si sforzava per trovare una soluzione e più la sua mente sembrava oscurarsi capricciosa, e quel senso di impotenza gli pizzicava ancora di più dispettoso il cuore perchè si trattava di lui.
 Allora si prendeva gli insulti e le sfuriate sebbene fossero coltelli puntati allo stomaco.
-Non è vero- sussurrò alla fine, a voce bassa per non apparire isterico o stridulo o qualsiasi altra cosa- non è vero Gokudera.
Ammettilo Hayato, avrebbe voluto dirlglielo Yamamoto, ammettilo che l' aria che respiro è la stessa che vorresti respirare, quella di un bacio, che starmi vicino è la cosa che più ti completa, che se quel vicino diventa un poco più lontano allora desidereresti annullare ogni distanza. Ammettilo. Perchè è quello che provo io, avrebbe voluto aggiungere magari.
Yamamoto socchiuse le palpebre degli occhi scuri e ingoiò amaro quella preghiera che sapeva di fiele, arricciò le labbra in un modo un po' infantile e alla fine tese la mano, avrebbe anche parlato forse ma una voce lo sorprese facendolo girare verso il nuovo venuto.  Era Akari, la sua Akari dalle trecce perennemente arruffate e il fiocco allentanto sulla divisa, avanzava veloce verso i due ragazzi, allargò le braccia e si mise davanti a Takeshi, fronteggiando Gokudera:- Non puoi parlargli così, stronzo!
Lo proteggerà, oh se lo proteggerà, si diceva Akari facendo rimbombare quell' urlo di guerra dentro la sua testa.
Gokudera aveva infilato le mani in tasca, indeciso se pescare una sigaretta o un candelotto-Fatti i cazzi tuoi- alla fine non prese nè l' uno e nè l' altro e decise di sorbirsi la paternale di quella strega magari disconnettendo tre quarti del proprio cervello.
-Sono cazzi miei. Sono cazzi miei perchè Takeshi-kun è il mio fidanzato... e... e gli voglio bene! Sei un ragazzino immaturo, Gokudera. Sei un egoista, un prepotente, viziato, odioso. Te lo sogni di essere come Yamamoto. Non puoi parlargli così, non puoi umiliare chi vuoi, la gente non è uno zerbino che puoi pestare a tuo piacimento, hai capito?! Hai capito?!
Akari si avvicinava sempre di più puntando l' indice contro il ragazzo, qualcuno avrebbe dovuto insegnargli un po' di educazione, anzi, proprio il rispetto. Akari sentiva di aver perso il controllo, il che non era poi tanto inusuale, non era mai riuscita a tenere per sè i suoi sentimenti o più in generale i suoi pensieri, li doveva sputare e basta per sentirsi un po' meglio. Odiava Gokudera Hayato, se non fosse stato un amico di Yamamoto probabilmente non sarebbe stato così, magari avrebbe provato semplicemente indifferenza, ma quel ragazzino era a stretto contatto con Takeshi, un contatto che non le piaceva perchè l' italiano a suo avviso lo trattava davvero male. Uno come Gokudera non se lo meritava proprio Yamamoto Takeshi. Aveva domandato un sacco di volte al suo ragazzo perchè gli fosse amico ma lui rispondeva sempre con una scrollata di spalle: "E' Gokudera", come se questo solo fatto avrebbe potuto giustificare un' amicizia -che parolone- così insensata. E allora la domanda rimaneva: perchè diamine sono amici? Non lo capiva Akari, non lo capiva proprio.
Yamamoto vedeva le mani di Akari pericolosamente vicine al naso di Gokudera, le mise una mano sulla spalla:- Basta così- affermò semplicemente mentre lei si voltava stupita, le regalò un sorriso- grazie, ma ora ce ne andiamo, ok?- era un sorriso malinconico e un po' triste quello che comparve quando fece scivolare la propria mano dalla spalla della ragazza fino alla sua stringendola stretta.
-Ciao Gokudera- aveva detto prima di andar via.
Gokudera li guardava. Una cosa che non avrebbe mai immaginato è che potesse fare davvero così male. "E' il mio carattere. E' il mio carattere", urlava nella sua testa, "non ci posso fare niente. E' così. Chi mi vuole mi prende così", ma poi pensò che forse nessuno lo avrebbe preso, che nessuno lo avrebbe voluto, soprattutto così. Si sedette sull' erba con un tonfo e rimase fermo a fissare le zolle di terra scoperta sotto di sè per un tempo che parve infinito.
" Forse la strega ha ragione, forse ha capito Yamamoto meglio di me. In realtà io non mi sono mai sforzato di capirlo. Ecco il risultato, lei se lo è preso. Me lo ha portato via. Sazuki 1. Gokudera 0"
Questo pensiero fu come un pugno in faccia -quello che aveva schivato prima forse- Gokudera rimase perplesso, le mani  che stavano andando a frugare nelle tasche restarono a mezz' aria e non poteva fare a meno di domandarsi da dove diamine fosse spuntato. Me lo ha portato via, che voleva dire questa frase? Yamamoto non era di sua proprietà, non lo era mai stato, lo aveva sempre odiato, sfidato, tenuto alla larga, almeno dal suo punto di vista. Non gli era mai importato niente di lui. Niente. E allora perchè? Che voleva dire quella frase?
Infilò finalmente la mano in una tasca, ne tirò fuori il pacchetto di sigarette, ne prese una e iniziò a respirare a fondo fumo e nicotina, nocotina e fumo. Veleno. Veleno che gli ammazzava la gola, i polmoni, il naso, il sangue, il cervello. Veleno che arrivava alla testa come una medicina amara a cui tutti fcevaa schifo l' odore, il sapore, non a lui, che lo faceva sentire leggero. Gli occupava la testa e oscurava i pensieri.
A lui non piaceva Yamamoto. Non gli piacevano i ragazzi soprattutto. Però perchè quando aveva creduto di amare Tsuna non gli aveva fatto schifo? Lo aveva accettato rassegnandosi ad un amore che sapeva impossibile? Perchè tutti lo sapevano, Tsuna era cotto di Kyoko. Perchè era lealtà, è lealtà. Ammirazione, fede incondizionata, la fede di un guardiano nei confronti del boss. Nel mondo della mafia funzionava così, così era stato educato, questo aveva desiderato, per questo era venuto in Giappone. Non era amore. Per questo lo aveva accettato.
E Yamamoto, fottuto idiota, che diavolo era?
Si alzò. Troppo scomodo, si disse. La domanda, non il terriccio. Troppo scomodo. Spenta la sigaretta ne accense un' altra, il pacchetto si era svuotato, lo annusò prima di accartocciarlo e buttarlo malamente in un cestino di passaggio.

***

 Dopo quel bacio tutto il suo mondo era cambiato.

La mattina dopo era tutto dannatamente, schifosamente bianco. Dolcemente bianco. Malinconicamente bianco. Gokudera chiuse la finestra contrariato e rientrò dentro, diede un occhiata veloce al letto sfatto, volendo avrebbe potuto rimettersi sotto le coperte e non andare a scuola.
Ma anche no.
Uscì dalla stanza e andò a farsi la doccia.  
Yamamoto era caldo, aveva pensato mentre l' acqua gli scendeva sulla pelle, dandosi poi un pugno sulla testa e scrollando le spalle per il pensiero molesto.
Tornò immediatamente su territori più sicuri: il Decimo non poteva stare senza di lui. Ecco, già era un pensiero che andava meglio.
 Si mise il cappotto pesante e il cappello, era uscito, aveva chiuo la porta, alla fine era ritornato indietro. Prese anche la sciarpa e si richiuse la porta alle spalle. Due passi, era arrivato al cancello, la mano  sulla maniglia, lo socchiuse appena, tornò di nuovo indietro. Si sarebbe messo anche i guanti.
"Sciarpa, guanti, cappello" controllò guardandosi veloce allo specchio e toccandosi in successione con l' indice prima la testa, il collo, alzò infine le mani guantate davanti al suo riflesso. "Ok, tutto a posto"
Sbuffò, faceva freddo e aveva sonno. La notte aveva faticato ad addormentarsi, in realtà andava sempre a letto tardi ma quella volta si era messo nel letto a fissare il soffitto, poi la sveglia, l' armadio, i libri sulla scrivania, il Vongola ring, di nuovo l' orologio e poi le sigarette sul comodino, ne aveva presa una e l' aveva accesa. Orologio-sigarette-vVongola ring, orologio-sigarette-Vongola ring, fino a quando non aveva aspirato anche l' ultima boccata di fumo.
"Stronzo", pensò prima di spegnere la luce e fissare il vuoto intorno a sè.
Ficcava i piedi nella neve e ad ogni passo si sentiva un idiota conciato a quel modo, arrivò di fronte alla casa del boss, fece per suonare ma era scivolato, e non sulla neve, no, ma su quella che riconobbe come una buccia di banana. Era strano ma non sentiva freddo al sedere, qualcosa lo aveva afferrato per le braccia. Girandosi appurò che il qualcosa in realtà era un qualcuno, era l'' ultima persona che avrebbe desiderato vedere sulla faccia della terra. Si spostò come se fosse stato bruciato dandogli uno spintone per mettere distanza tra loro.
Una voce più gelida della neve si insinuò nella sua testa. La prima voce del mattino, cazzo:- Dovevi lasciarlo cadere a terra Takeshi-kun- Era Akari, grandissima scassapalle. Lo guardava dall' alto in basso con aria di sufficienza e le palpebre semiabbassate. Gokudera se ne sbatteva e guardava a sua volta Yamamoto. Sembrava dispiaciuto, lo vide sospirare prima di dire:- Dì  a Tsuna che siamo avanti, perfavore.
La gallina gli prese la mano e se ne andarono così. Se avessero continuato rischiava di dover andare dal dentista, gli facevano schifo, che si fottessero. Soprattutto quella strega. Poi dovette ammettere che se avessero continuato a quel modo probabilmente una visita dal dentista sarebbe stata inutile. Ci voleva un cardiologo, ecco chi: qualcuno che gli mettesse a posto il cuore. Magari che glielo sostituisse proprio regalandogliene uno nuovo, possibilmente meno affetto da idiozia acuta come quello che aveva al momento, magari poco incline a innamorarsi dei coglioni del baseball e più in generale dei ragazzi. Anche se iniziava a pensare che il problema fosse solo Yamamoto. A lui non piacevano i ragazzi, a lui piaceva quel ragazzo.

-Jingle bell, jingle bell, jingle all the way...-
Dannate canzoni natalizie, dannate strade affollate di gente, appena avesse visto un altro Babbo Natale che gli sbatteva in faccia la sua schifosissima e rumorosissima campana lo avrebbe ammazzato, giurò di farlo saltare in aria. Boom, fuochi d' artificio.
"Andiamo a fare spese tutti insieme!"Haru, stupida donna, lei e le sue stupide idee. Se non fosse stato per il Decimo non si sarebbe ritrovato a dover sgomitare tra delle vecchiaccie grassocce e i loro marmocchi. Alla fine ritornarono a casa che era quasi il tramonto, con le borse piene di ninnoli inutili. Uno spreco.
-Guardate- Kyoko stava indicando qualocosa. Un albero di ciliegio enorme. No, Gokudera affilò meglio lo sguardo. Chiamate un cardiochirurgo. Era qualcuno, una coppia- ci sono Akari-chan e Yamamoto.
Haru si era messa a battere le mani come una scimmia, si avvicinò a Tsuna con aria sognante:- Che bella coppia Tsuna-san, anche noi un giorno saremo così felici.
Gokudera era rimasto imbambolato a fissarli. Che facevano? Pattinavano? Lui non sapava pattinare, ma la strega a quanto pare sì. Finalmente la cozza era caduta sul ghiaccio e Gokudera si consolò pensando che per lo meno stava per farsi una grossa risata ai deanni del suo brutto muso. Poi però si iniziò a domandarsi perchè l' idiota l' aiutava a rialzarsi.
 Lasciala lì!
Aveva iniziato a lisciarle i capelli e a sfreagarle la schiena con le mani per riscaldarla chinandosi su di lei. Gokudera avrebbe voluto saper leggere il labbiale.
-Ora le dice ti amo- affermò Bianchi.
Akari, quella spilungona, si era fatta all' improvviso più piccola, aveva strofinato la fronte contro il maglione di Takeshi facendolo ridere. Che cazzo aveva da ridere?
Haru saltò per aria eccitata facendo prendere un colpo a Gokudera e stritolando Lambo che aveva preso ad agitarsi:-Ora la bacia, ora la bacia-
-Mi sembra di guardare un bellissimo film romantico- infierì Kyoko guardando Tsuna la cui temperatura corporea era improvvisamente salita visto che Reborn per un attimo temette che le guance del suo stupido allievo prendessero fuoco per davvero. E forse fu per questo che gli buttò addosso un secchio d' acqua gelida pescata chissà dove.
Yamamoto si era abbassato su di lei, sfiorandole il naso con il suo, sorridevano come due idioti. Quando entrambi chiusero gli occhi e la distanza di sicurezza si accorciava nuovamente a Gokudera cadde la mascella e le buste per terra, spalancò la bocca e anche la sigaretta fece un capitombolo giù sulla neve. Il guardiano della tempesta mise un piede davanti all' altro, voleva correre, volare, fermare il tempo, fermare il bacio di quella puttana. Avrebbe avanzato con la delicatezza di un panzer pur di evitare quella catastrofe cosmica. Ma, il ma è sempre in agguato, si sentì afferrare il braccio, due braccia, poi spinto a terra sotto una montagna umana.
-Stupide donne, lasciatemi! Lasciatemi- si muoveva come un anguilla sotto il peso di Kyoko, Haru, Bianchi e persino I-pin. Ma non lo sentivano che era disperato? Che doveva fare? Mettersi a piangere come una donnetta? Questo mai!- Lasciatemi!- urlò con tutta la forza che aveva, raccogliendo tutta l' aria gelida che gli pizzicava i polmoni, lo stomaco e la gola.
"Perchè il tempo non si puà fermare?"
Chiuse un occhio e strinse i denti, poi:-YAMAMOTO!
Aveva smesso di agitarsi e guardava con gli occhi spalancati l' idiota che si era voltato verso di lui non appena aveva chiamato -gridato- il suo nome.
Aveva davvero tanta voglia di piangere.
Non l' ha baciata, pensò sollevato. E allora perchè Akari aveva afferrato la faccia di Yamamoto e lo aveva fatto girare di nuovo verso di sè? Perchè allora le sue labbra erano spiaccicate contro quelle di Takeshi?
Alla fine l' aveva baciata sotto i suoi occhi mentre lui era troppo impegnato a sbracciarsi su un pavimento di neve. Per quanto ne avevano ancora? Gokudera iniziò a pensare che tra poco avrebbero scoparo lì, sotto i loro occhi, sulla neve.
-Fatemi alzare- intimò con voce ferma, distante. Raccolse le borse che gli erano cadute dando  le spalle a tutti, a quelle voci entusiaste per quell' amore felice- Siete delle stupide
Era calato il silenzio, gelido come la neve su cui era stato sbattuto pochi minuti prima.
-Testa a polpo- esclamò Ryohei che come al solito aveva capito poco o niente della situazione- perchè hai chiamato Yamamoto in maniera estremamente forte?
-E hai dato delle stupide a delle belle ragazze?- si aggiunse Haru
Gokudera vide che gli altri lo guardavano in modo strano, in attesa di una sua risposta, tossì appena, modulando la voce in un tono neutro, più calmo- volevo dire che non sta bene spiarli. 
Kyoko annuì salvandolo dall' imbarazzo di rispondere anche alla domanda del guardiano del sole:- E' vero, siamo stati irrispettosi. Meglio andar via.
Lasciò che gli altri lo superassero, Bianchi si era fermata al suo fianco- Andiamo?-  aveva chesto
Il fratello rispose con un altra domanda:- Poco fa hai detto che le ha... detto ti amo. Come fai a saperlo?
Bianchi lo guardò un poco stupita, la testa inclinata lievemente di lato:- Non lo so infatti, l' ho solo supposto. Sembravano molto felici e un ti amo ci stava bene. Era una scena romantica.
L' aveva detto anche Haru, che erano felici, constatò il guardiano. Si vedeva così tanto la loro felicità? Da cosa lo capivano gli altri che quei due erano felici?
E alla fine della giornata stringendo una tazza di caffè nero affacciato alla finestra Gokudera pensava che la neve faceva proprio schifo, che se guardavi bene era sporca di asfalto,  di smog e di fango, che ce ne era troppa e quindi i treni e gli autobus  sarebbero di sicuro arrivati tardi, che si rischiava di rimanere imbottigliati nel traffico dietro a lunghe code perchè nessuno aveva voglia di uscire a piedi e morire di freddo, che bisognava fare una fatica enorme per spalarla via, che fuori faceva così freddo che ci sarebbe stato bisogno di uscire con almeno due cappotti e tre maglioni iniziando a muoversi di conseguenza come papere. Decisamente la neve non era poi così bella. Che ci trovava la gente? Dicono che sia romantica, lui tutto questo romanticismo non riusciva proprio a vederlo.
Quel bacio in compenso se lo rivedeva di nuovo sotto agli occhi. Avrebbe voluto esserci lui lì, al posto di Sazuki. Si toccava le labbra, si sfiorava i capelli con la mano libera strigendoli forte per la rabbia e la frustrazione, avrebbe voluto esserci lui lì, si ripetè.
-Cazzo...- strinse i denti, un nodo gli si era formato in gola, sentiva il naso arrossarsi, si morse le labbra ma una lacrima silenziosa scense ugualmente sulla sua guancia per quella sera e per la prima volta aveva preso atto  che forse quell' idiota aveva cambiato il suo mondo più di quanto pensasse.

***


Akari, la mia Akari

Yamamoto si infilò i guanti che Akari gli aveva regalato qualche giorno prima, sfregò le mani per riscaldarsi, le portò alla bocca iniziando a soffiare pensando che fa dannatamente freddo eppure uscirà ugualmente, andrà al parco e incontrerà Akari. Cinema, cena, una passeggiata sulla neve e poi a casa sotto le coperte. Takeshi divenne rosso al pensiero e si sfregò le mani con gli occhi e chissà perchè non poteva fare a meno di pensare all' improvviso a Gokudera domandandosi come stesse il famoso smokin' bomb.
Quando arrivò, Akari non è ancora arrivata, la vidi pochi minuti dopo venire di corsa verso di lui, inciampando sulla neve e rialzandosi come una bambina, le guance rosse, le trecce bionde sfatte come sempre, forse più del solito.
Si era piegata sulle ginocchia col fiatone:-Scu... scusami per il ritardo Takeshi-kun
Yamamoto fece spallucce:- Fa niente.
Era proprio carina Akari. Avevano frequentato la stessa scuola per anni eppure si erano incontrati solo da poco, Takeshi pensava che era strano visto che Akari era anche il capitano della squadra femminile di pallavolo dell' istituto. In realtà, fu costretto ad ammettere che forse non si era mai accorto prima di quella spilungona un po' goffa e sorridente perchè la sua testa era sempre stata rivolta su altro e poi non bisognava scordarsi  della battaglia con i Varia e poi del viaggio nel futuro... insomma un bel po' di grattacapi per un povero adolescente. Yamamoto aveva conosciuto Suzuki Akari più o meno sei mesi prima nell' infermeria della scuola,  non si era sentito molto bene probabilmente per via di qualche influenza stagionale. Dal letto accanto aveva sentito qualcuno lamentarsi, aveva fatto discretamente capolino dalla tenda che lo separava dal paziente misterioso e aveva visto una ragazza bionda con un occhio nocciola e uno azzurro e  e le gambe che sporgevano fuori dal lettino di qualche centimetro abbondante, rumorosa e con la faccia rossa che si lamentava a gran voce del suo triste destino, di quanto fosse sfortunata, di quanto le facesse male la faccia. Yamamoto si era guardato intorno ma non aveva visto nessuno.
-Pa... parli da sola?- le aveva domandato esitante facendosi avanti
Alla ragazza per poco non veniva un colpo, aveva urlato ed era caduta già dal lettino:- OMIODIOMAMMAMIACHEPAURA!
Yamamoto non credeva di fare tanta paura alla gente e allora aveva pensato di essere gentile, come sempre, voleva rassicurarla, si era abbassato in ginocchio e le aveva teso la mano. Poteva giurare di aver visto la faccia di Akari diventare ancora più rossa:- Yamamoto Takeshi!- aveva ululato semplicemente prima di strisciare contro il muro e poi sul letto alla ricerca ossessiva di qualcosa.
Yamamoto la guardava senza capire un accidenti grattandosi il collo:-Ti aiuto se vuoi, dimmi cosa cerchi
Akari si era girata verso di lui agitando la testa e le mani:- No no no no no
E Yamamoto forse in quel momento ci aveva fatto caso davvero:- Hai gli occhi di un colore diverso- aveva affermato candidamente con un sorriso stampato sulle labbra.
Lei si era guardata la punta delle scarpe imbarazzata:-No... ecco... è che... la verità è che ho perso la lente a contatto. I miei occhi sono scuri... ma mi piace l' azzurro.- aveva concluso alzando il viso e sorridendo. Takeshi era scoppiato in una risata divertita:- Anche a me piace l' azzurro- aveva detto indicando sè stesso.
Da quel momento in poi si era ritrovato a parlare con Akari sempre più spesso, di quella ragazza non poteva fare a meno di  apprezzare il sorriso e la sincerità. Sembrava capirlo.
-Oggi le mie unghie sono blu- aveva esordito un giorno non appena lo aveva visto mostrandogli orgogliosa la mano sinistra. Yamamoto aveva sorriso, si sentiva incredibilmente bene, incredibilmente a suo agio, tutte le preoccupazioni di quei mesi sembravano essere sparite con un colpo di spugna. Akari e Gokudera però con suo sommo rammarico non andavano per niente d' accordo, ogni occasione era buona per punzecchiarsi e uno dei motivi per cui il ragazzo probabilmente la malsopportava era di sicuro l' altezza. Akari era decisamente più alta di Gokudera ed entrambi non perdevano occasione per lanciarsi reciproche frecciatine poco delicate sulle rispettive altezze. Non potevano essere più diversi, notò Yamamoto non appena li accostò per la prima volta. Forse, si disse, forse era per questo che Akari gli piaceva tanto. Era l' anti Gokudera e questo gli permettava di scordarsi per un momento che il guardiano della temepsta esisteva, c' era prepotentemente nella sua vita e ovviamente questa non era colpa di Hayato, no, era colpa sua che di Gokudera aveva fatto il suo sole. La cosa assurda è che lo aveva fatto consapevolmente, lo aveva visto e lo aveva riconosciuto in un certo senso, aveva riconosciuto in lui l' altra metà della troppo decantata mela, quella che poteva riempire il buco che tutti ci portiamo nell' anima prima di trovare l' amore. Non ci aveva riflettuto granchè, voleva essergli amico, poi voleva stargli vicino in una maniera che non riusciva a definire bene, alla fine aveva capito di essersi ritrovato innamorato.
E Akari era la medicina, sembrava essere arrivata al momento giusto, proprio quando il mondo gli era caduto sulle spalle e credeva di non riuscire più a sopportare il dolore, la confusione. Non è facile scoprirsi innamorati di un ragazzo, soprattutto di uno come Gokudera.
Era stata Akari a dichiararsi quasi quattro mesi prima. Era un mercoledì e come ogni mercoledì loro andavano al cinema a vedere qualcosa, non importava di cosa si trattasse, qualcosa di mercoledì dovevano vederla. Erano usciti dalla sala e stavano camminando verso casa attraverso il parco, Akari si era seduta su una panchina invitandolo a fare lo stesso battendo la mano sul posto al suo fianco. Aveva iniziato a guardare verso il basso e a giocare nervosamente con una delle trecce -stranamente in ordine- era tutta rossa e aveva balbettato, fatto giri di parole prima di arrivare al punto:- Sai Yamamoto è da molto che ti osservo- Akari lo aveva guardato di sottecchi in attesa del barlume di una reazione inesistente, in effetti non aveva ancora detto nulla di compromettente così continuò- ti osservo, ho fatto il tifo per te praticamente da sempre, ho visto quasi tutti i tuoi allenamenti. No, non sono una stolker- rise nervosamente- il fatto è che tu mi piaci Yamamoto Takeshi, mi piaci tanto.
Yamamoto si era grattato nervosamente la nuca, aveva guardato il tramonto e il laghetto placido davanti a loro, i suoi occhi sembravano completamente immersi in pensieri troppo profondi per essere capiti, per essere raggiunti o toccati, furono solo pochi secondi, forse un minuto appena, pensò Akari, un minuto interminabile, ma Yamamoto non staccava gli occhi dal panorama che si stagliava davanti a loro come se ci vedesse qualcosa che gli altri non potevano vedere, abbassò appena la testa fissando le mani strette sulla stoffa dei pantaloni, sospirò e sorrrise alzando la testa verso di lei. Aveva deciso:- Anche tu mi piaci Akari.
E da quel momento Akari divenne la sua Akari. Akari con cui ridere, Akari con cui scherzare, Akari con cui giocare a baseball o a pallavolo o con cui correre, Akari con cui parlare di tutto e di niente, Akari con cui stare in silenzio se non aveva voglia di parlare, Akari da proteggere, Akari da appoggiare nei suoi folli progetti, Akari da stringere, baciare, toccare. Akari.
 Akari a cui volere bene per non pensare e poi Akari a cui volere bene perchè se lo meritava davvero.

***

Vedere il futuro a tutti i costi.


Gokudera avevaa trascorso le due settimane, i tre giorni, le due ore, i tredici minuti e i ventinove secondi successivi allo sciagurato evento a evitare l' idiota e la sua metà. Un tempo insomma ragionevole per riprendersi psicologicamente dall' infausto incidente e per ponderare sul da farsi. Alla fine aveva deciso di dichiararsi  al baseball freak. Dopo essere stato nel futuro e aver appurato che Yamamoto Takeshi non fosse sposato -e magari non avesse prole- con quella strega spilungona -o con qualsiasi altra donna-. Se insomma nel futuro di dieci anni dopo loro fossero stati insieme -o ne avessero per lo meno avuto la benchè minima possilità- allora avrebbe triturato il suo orgoglio e avrebbe esposto con calma i suoi sentimenti al guardiano della pioggia. L' idea gli era venuta mentre ritornava dal combini vicino casa sua e una donna appostata fuori un tendone viola lo aveva trascinato all' interno del suddetto per predire il suo futuro. Lì per lì lo smokin' bomb aveva reagito sbraitando insulti a destra e a manca e minacciando di far saltare tutto quanto, poi però si era proclamato disperato e aveva versato sul tavolo della donna tutte le sue indicibili pene d' amore oltre che una consistente mancia. In realtà non aveva saputo niente di nuovo: la sua linea dell' amore faceva schifo e la persona che amava era già impegnata. Una cosa però aveva saputo, la donna gli aveva detto di lottare per il suo amore se non voleva avere rimpianti. Lui da solo probabilmente non ci sarebbe mai arrivato. La sera a casa poi mentre Uri gli graffiava la faccia perchè il pesce non era di suo gradimento, osservando il gatto si era ricordato che se non fosse stato per il viaggio nel futuro lui in quel momento non avrebbe avuto tra i piedi il felino, Tsuna non avrebbe avuto Natsu e compagnia bella. Il futuro. Era stato un periodo decisamente ricco, un casino di proporzioni cosmiche e fu in quel momento che gli tornò alla mente una foto vista di sfuggita tra le scartoffie dello Yamamoto più grande e su cui non aveva voluto indagare, la fotografia a cui si riferiva ritraeva lui e l' idiota di dieci anni dopo di fronte a Palazzo Vecchio a Firenze. Erano solo Gokudera e Yamamoto, sorridenti e in una delle più belle città del suo paese. Gokudera aveva sentito sin da subito puzza di bruciato.
Il giorno dopo si era recato a casa del suo Juudaime.
-Juudaime, chiedo il permesso di utilizzare il juuneen bazooka di quella stupida mucca per recarmi nel futuro. Sarebbe ottimo se Giannini potesse apportarvi qualche modifica in modo da farmi restare più di cinque minuti.
-Pe- perchè?- aveva domandato timoroso Tsuna.
Gokudera alla scomoda domanda arricciò le labbra e si fissò i pollici.
Tsuna allora sorrise:- Va bene Gokudera-kun, non devi spiegarmi niente. Mi fido di te.
Ora Gokudera si sentiva doppiamente felice, il suo amato boss gli aveva detto che si fidava di lui:- Grazie Juudaime, grazie! Non la deluderò mai, la sua fiducia è ben riposta! Grazie.
-Più che altro- aveva aggiunto Tsuna dubbioso guardando Lambo giocare con una biglia colorata- bisognerà convincere Lambo a prestarti il bazooka.
Gokudera sorrise certo dei suoi mezzi (e quando faceva così il povero Tsuna non prevedeva niente di buono):- Non c' è problema juudaime- Si diresse dal bimbo con passo felpato. Stabilì il suo tono di voce sulla frequenza dolce e carino mode-on:- Lambo-san...- sorrise da un orecchio all' altro mentre il bambino si voltava verso di lui prima annoiato e poi terrorizzato. Lambo si spiaccicò contro la scrivania mentre Gokudera scivolava sulla biglia del Bovino soffocando a stento un' imprecazione degna da Oscar e il bambino lo indicava terrorizzato e sull' orlo delle lacrime:- Che vuoi da Lambo-san, Stupidera?! Lambo non ha fatto niente, non è stato Lambo a rompere i tuoi cd!
L' ombra del guardiano della tempesta si erse minacciosa e furente fino ad oscurare i timidi raggi del sole invernale:- Tu cosa?
-L-Lambo-san- il Bovino balbettava in preda al panico. E allora fece ciò che faceva sempre: tirò fuorì il bazooka dei dieci anni, solo che quando gli occhi dello smokin' bomb si illuminavano in un misto di gioia e soddisfazione e le mani si tendevano verso l' arma, Lambo la ricacciò dentro.
-Che diavolo stai facendo?!
-Lambo-san non ha paura di te Stupidera, ghyaahahaha- e gli fece una pernacchia.
Gokudera si girò due secondi indeciso sul da farsi, si morse la mano per il nervoso, si voltò di nuovo verso il bambino e ritornò di nuovo dolce, sorridente e coccoloso:- Lambo-chan, guarda cosa ho qui? Tante caramelle. A te piacciono le caramelle vero?
Il bimbo annuì un po' dubbioso.
-Ne ho uno scatolo intero. Te le darò se tu mi dai il tuo bazooka.
E Lambo allora assunse una tonalità bluastra, si accucciò torcendosi la coda vagando con lo sguardo imbarazzato per la stanza. Fece insomma ciò che faceva sempre quando si parlava di bazooka: negò.
-Il boss non vuole che Lambo-san usi il bazooka quindi Lambo-san che è un bravo bambino non lo usa.
Tsuna assistiva impotente -sconvolto- alla scena. Una cosa simile gli era già capitata in passato. Come prevedibile Gokudera perse la pazienza e afferrò Lambo iniziando a scuoterlo come un milk-shake:- Non l' hai mai usato eh? Lambo è un bravo bambio?! 'Sti cazzi, pezzo di cretino! Sputa fuori quel fottutissimo bazooka, dammelo!
Alla fine Gokudera ottenne l' agognato bazooka -e anche di far vomitare Lambo per tutta la stanza costringendo Tsuna a ripulire e a dormire nel salotto in attesa che il fetore passasse- e lo portò da Giannini. Strano ma vero, l' arma funzionava ancora. Poteva stare nel futuro non cinque minuti, bensì sette. La prima volta che lo utilizzò si trovò nel bel mezzo di una missione con i proiettili che gli cadevano addosso come pioggia a catenelle e Yamamoto che gli parava il culo buttandolo a terra dietro a un muretto mentre gli chiedeva:- E tu che ci fai qui?
Neanche il tempo di chiedere:- Ma sei sposato?- che puff, era di nuovo nella sua vecchia Namimori.
La seconda volta si era ritrovato nella sua spaziosa vasca da bagno e quindi era assai probabilme che il suo sè stesso più grande si trovasse nel giardino di casa Sawada completamente nudo come un verme, sbuffando non fece nemmeno la fatica di uscire fuori perchè il cambio dei vestiti con altri asciutti gli avrebbe fatto comunque sprecare il tempo a disposizione.
La terza volta si ritrovò nel bel mezzo di una riunione con Tsuna e gli altri che lo tempestarono di domande sul perchè si trovasse lì, se nel passato era tutto a posto e robe varie. Una figura di cacca insomma. L' ennesima.
Quarta volta e altro tentativo, si era ritrovato in quello che probabilmente era il suo ufficio, era corso fuori nel corridoio, aveva cercato l' ufficio dell' idiota, aveva saputo da Ryohei che non c' era, e allora aveva messo il proprio studio sotto sopra alla ricerca di un indizio inesistente.
Alla quinta volta il suo sè stesso di dieci anni dopo doveva essere piuttosto incazzato se aveva chiesto a Tsuna di consegnargli un biglietto in cui gli chiedeva cortesemente di smetterla di scassargli le palle con quelle improvvisate poco gradite e di fargli sapere in qualche modo che diavolo voleva visto che aveva trovato l' ufficio nel casino più totale e li stava ricoprendo entrambi di merda con quel comportamento infantile.
L' ultima volta che era stato nel futuro si era limitato a lasciare un biglietto sulla scrivania del sè stesso più grande. "Yamamoto è sposato? "
La risposta era stata una foto sulla scrivania della propria stanza.






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HARU DICE:
Eccomi con un nuovo lavoretto, giusto per non allontanarmi troppo dal fandom, da EFP e soprattutto per mettere su carta -o pc- qualche ideuccia discreta che giace solitaria -ma neanche tanto- nei meandri del mio computer.
Mi scuso infinitamente se ho smesso di commentare le storie che seguivo, se non lo faccio è perchè non ho il tempo materiale di leggerle, perdonatemi >.<
Se a qualcuno può interessare ho iniziato a lavorare su un nuovo capitolo di Break, ho iniziato a lavorare su un sacco di cose a dirla tutta e tutte incompiute -.-, ma sorvoliamo. Parlando di questa ff prevedo di svilupparla in due capitoli in tutto, quindi il prossimo dovrebbe essere l' ultimo. Mi scuso per eventuali errori di distrazione o nei tempi verbali, soprattutto per questi ultimi preciso che la ff dal punto di vista dei verbi, tempi e persone, è stata cambiata almeno tra volte integralmente perciò abbiate pietà se qualcosa è rimasta indietro.  I pg forse sono leggermente OOC, non saprei ma mi piaceva immaginare queste situazioni, per altro probabilmente poco probabili. Il titolo della storia è quello di una canzone dei Three Days Grace (e quando mai) su cui ovviamente non ho diritti. Detto questo, spero che la storia vi piaccia un pochino e decidiate di lasciare una traccia del vostro passaggio. Grazie.
Haru.

DISCLAIMER: Katekyo Hitman Reborn e i suoi personaggi non mi appartengono ma sono degli aventi diritto. La storia non è scritta a scopo di lucro.

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Capitolo 2
*** Parte seconda ***


prova 1 NOTA: IN QUESTO CAPITOLO SONO PRESENTI DEGLI SPOILER RELATIVI ALLA SAGA DELLA CERIMONIA DI SUCCESSIONE.

LOST IN YOU

Parte seconda







Perdere tempo è più facile che afferrare il coraggio a due mani.
Meno male che ci sono i fuochi d' artificio.

Gokudera aveva accantonato la rivista scientifica in un angolino del divano sotto il cuscino nuovo che Uri aveva artigliato per dispetto un paio di giorni prima fino a ridurlo in una massa informe di piume e stoffa grigia. La rivista era la sua preferita però quel giorno se l' era dimenticata, troppo concentrato e masticare da ore la stessa chewingum insipida e a far stridere i denti tra loro, sospirando ogni due per tre a chiedersi se da grande non si era per caso rincoglionito. Teneva la foto che il sè stesso di dieci anni più tardi gli aveva mandato tra l' indice e il pollice di entrambe le mani, squadrandola con gli occhi di un investigatore che stava maneggiando una prova di vitale importanza alla ricerca di un indizio. Sempre quella, sempre quella foto di fronte a Palazzo Vecchio. Che non ne avevano altre? si ritrovò a chiedersi. Quella lui l' aveva già vista ma alla fine, tutto sommato, no, poteva benissimo immaginare che l' idiota non fosse sposato, allora cacciò la fotografia nella tasca dei pantaloni e uscì per andare a scuola.

Era bellamente stravaccato sulla sedia mentre il professore distribuiva i risultati dei compiti in classe.
-Sawada- urlò l' uomo a un certo punto facendo sobbalzare Tsuna e il suo braccio destro- tu la volta scorsa non c' eri...- e no, Tsuna in effetti non c' era e non  per colpa sua. La colpa ovviamente era di Reborn che gli aveva organizzato un allenamento speciale che lo aveva fatto finire in ospedale con un braccio rotto (tralasciando lividi e contusioni varie)- lo rifarai proprio ora- terminò l' uomo piazzandogli sotto al naso il test con un ghigno malefico. Gokudera quella mattina lottò con tutte le sue forze per poter restare e supportare il suo juudaime ma il professore e le braccia di Yamamoto intorno alla vita lo fermarono.
-Su, su Gokudera, Tsuna farà un ottimo lavoro- e intanto l' idiota rideva- io che dovrei dire? Ho preso un' insufficienza!
-E te ne vanti?!- gli urlò in faccia Gokudera non appena era riuscito a liberarsi dalla presa
-Yamamoto Takeshi-intervenne il professore dalla porta- in effetti non c' è molto da andarne fieri. Rifarai il compito la prossima settimana insieme agli altri tuoi compagni che sono nella stessa situazione- diede un' occhiata sconsolata verso il ragazzo che all' interno dell' aula sudava freddo sul foglio di carta davantì a sè- suppongo che ci sarà anche Sawada.
Yamamoto e Gokudera rimasero qualche minuto fermi davanti alla porta dell' aula, poi il più basso si guardò intorno per il corridoio affollato di studenti:- Dov' è quella cozz-...- tossì imbarazzato- Sazuki.
Il moro si mise le mani dietro alla testa:- Aveva gli allenamenti- poi guardò in aria leggermente crucciato- cavolo, sarà un bel problema. Forse dovrei mettermi a studiare- concluse con un sorriso rilassato
-G... già- e a Gokudera in quel momento venne un' illuminazione. In teoria si sarebbe dovuto scusare con l' idiota che a quanto sembrava aveva già dimenticato quello che era successo nei giorni scorsi. Al guardiano della tempesta, paranoico com' era, venne l' atroce dubbio che forse non gliene fregava niente, che in fondo la loro amicizia per Yamamoto non contasse poi tanto. Colto da questi pensieri era sul punto di fare dietrofront e scappare. Si era innevosito e un po' per tenersi impegnato e un po' perchè ne aveva davvero bisogno, aveva infilato le mani in tasca  alla ricerca di una sigaretta ma quello che le sue dita sfiorarono invece fu l' angolo spiegazzato di un foglio sottile. Rimase un momento fermo in quella posizione a fissare il pavimento mentre Yamamoto blaterava qualcosa -probabilmente di insensato- e indeciso sul da farsi, sfregò un poco le dita sulla foto per darsi coraggio:- Ma... tu dovresti essere incazzato- disse alla fine dando voce ai suoi dubbi.
Yamamoto sorrise:- Non mi piace litigare con la gente. E poi lo sai, non riesco ad arrabbiarmi con gli amici.
Noi non siamo amici, avrebbe ululato di solito il guardiano, ma le circostanze quella volta erano leggermente diverse, era teso, i pensieri altrove eppure concentrati proprio nella persona che aveva davanti: -Giusto, giusto- annuì- giusto- ripetè prima di rivolgergli l' abbozzo di un sorriso indeciso- se vuoi ti aiuto a studiare.
L' espressione di Yamamoto si fece sorpresa e poi sollevata. Quello non era Gokudera Hayato pensò in un primo momento, poi si ricordò che Natale era vicino e che tutti, forse anche Gokudera, erano più buoni:- Grazie, Gokudera, con il tuo aiuto mi sento più tranquillo! Sono sicuro di farcela.
-Non farti idee strane, idiota!

Casa Gokudera quel giorno era stata pulita accuratamente. Il suo proprietario aveva aperto le finestre per far arieggiare le stanze nonostante il freddo polare proveniente dall' esterno, aveva passato l' aspirapolvere, spolverato, lavato il pavimento, aveva infilato il piede a mollo al secchio nel disperato tentativo di far rientrare Uri nel suo Vongola box, aveva persino riempito il frigo e la dispensa deserti e ora si stendeva semidistrutto sul divano per due minuti fino all' esatto istante in cui il campanello non aveva iniziato a suonare. Gokudera fu sul punto di inveire contro la porta dimentico di quanto aveva sfacchinato fino a  quel momento e per chi, un secondo trillo lo convinse ad alzarsi e ad andare ad aprire. Yamamoto lo guardava un po' perplesso:- E' un bel grembiule- commentò indicando il tessuto a coniglietti colorati del guardiano e rabbrividendo una volta varcata la soglia- fa freddino-aggiunse dopo uno starnuto.
Gokudera aveva sollevato le punte del grembiule contemplandolo attentamente prima di arrossire come un peperone e toglierselo di dosso simile a una belva impazzita, poi con insolita calma andò a chiudere le finestre borbottando- Avevo caldo.
-Mio padre ti manda del sushi
-Ringrazialo da parte mia. E siediti.
I due ragazzi avevano trascorso le ore successive lavorando spalla a spalla, poi Yamamoto aveva iniziato a raccogliere le sue cose ringraziando infinitamente l' amico. Alla fine lo smokin' bomb gli afferrò la manica della camicia guardandolo accigliato:- Mangia qua.
Yamamoto sollevò le sopracciglia spiazzato dal comportamento insolito del guardiano.
-Quel sushi è troppo per me- si affrettò a spiegare.
Gokudera guardava Yamamoto mangiare e pensava che quello era il momento adatto per dichiararsi a costo di ucciderlo rischiando di fargli andare la cena di traverso.
-Domani posso venire di nuovo?
Poi questa domanda stupida lo aveva fatto desistere, aveva annuito col capo pensando che per parlare di quello c' era tempo, che se si fosse dichiarato in quel momento l' idiota non sarebbe più andato a studiare da lui, che magari qualcosa sarebbe cambiato, che non sarebbero più potuti stare da soli. Per dirgli i propri sentimenti c' era tempo, era meglio sfruttare quello che avevano a disposizione serenamente senza il rischio di rovinare tutto quanto.
Il giorno dopo i due guardiani avevano saputo che anche il compito di Tsuna era andato male e alla fine avevano deciso di studiare tutti insieme. Gokudera per un attimo il giorno prima si era dimenticato del suo Juudaime, inutile dire che si era sentito parecchio in colpa, si era dato del verme strisciante di fronte a uno Tsuna particolarmente stupito -e terrorizzato- dal comportamento del suo autoproclamato braccio destro, sì, perchè era  dovere di un perfetto braccio destro quale era Gokudera Hayato aiutare il boss a studiare. Non sarebbe stato più da solo con Yamamoto ma almeno, si consolò, Sazuki non era tra le scatole.
Quando era arrivato il Natale non molto dopo il guardiano della tempesta della decima generazione si era reso conto di avere sprecato l' occcasione di parlare con l' idiota. Dopo il compito Sazuki la stronza sembrava essere ritornata alla carica più agguerrita che mai.
Bianchi gli aveva fatto notare che il 25 dicembre era la festa degli innamorati, lei, si scusava con il suo fratellino, l' avrebbe passata con il suo amato Reborn.
Dalle sue parti il Natale era una festa religiosa e si passava in famiglia, per gli stupidi innamorati c' era il quattordici Febbraio.
Nonostante ciò lo smokin' bomb, che religioso lo era sempre stato ben poco e che si sentiva in tutta onestà, più giapponese che italiano -tranne quando doveva imprecare in maniera particolarmente colorita- non potè fare a meno di chiedersi con chi l' avrebbe passata lui quella festa ridicola. Accese la televisione e sprofondò sul divano dando un' occhiata al suo Vongola box. Qualche secondo dopo Uri rompeva il vaso sul tavolo.

Il cellulare del ragazzo squillò nel tardo pomeriggio, all' altro capo del telefono il suo juudaime gli chiedeva che fine avesse fatto.
-Prego?
-Gokudera-kun, è tutto il giorno che provo a cercarti. Io e gli altri siamo riuniti a casa mia per festeggiare. Ci sono quasi tutti.
Al ragazzo scappò un sorriso commosso dalle labbra:- Sto arrivando, juudaime. Grazie juudaime.

Gokudera quando varcò la soglia di casa Sawada comprese in maniere cosciente cosa significasse far parte di una famglia, e di una numerosa per giunta, con un sacco di fratelli, di sorelle e di parenti più o meno acquisiti. Tutte persone con cui sorridere, litigare o star male. Gokudera relizzò di avere una fede, era la stessa fede che lo accomunava al suo boss, all' idiota, all' altro fissato della boxe, persino a Lambo e più in generale a tutta la gente riunita -e non- in quella stanza. La famiglia è la mia fede, avrebbe risposto ciascuno di loro se gli avessero chiesto il proprio  credo, la ragione per lottare, per non arrendersi, quella per cui erano diventati i Vongola e combattuto contro tanti nemici.
Era alzarsi la mattina e sapere che tutti sarebbero stati lì, che Gokudera e Yamamoto avrebbero litigato -questo almeno secondo il punto di vista del primo-, che Lambo avrebbe puntualmente combinato qualche casino, che Reborn avrebbe fatto penare Tsuna con qualche idea strampalata, che Ryohei si sarebbe messo a gridare al' estremo con i pugni rivolti verso il cielo impegnandosi -ugualmente all' estremo- in ogni cosa che avrebbe fatto, che Hibari e Mukuro se le sarebbero date di santa ragione finchè Chrome non sarebbe apparsa timidamente al posto dell' illusionista, che Haru, Kyoko, Bianchi e I-pin si sarebbero prese cura lei, che Fuuta li avrebbe aggiornati con infallibili classifiche, che Dino sarebbe venuto dall' Italia senza inciamapare nelle proprie scarpe perchè acanto a lui c' era Romario, che Nana infine avrebbe aperto la porta di casa a tutti loro pensando che era ora di andare a comprare qualche altra sedia.


Nana non si chiedeva mai chi fossero gli strani personaggi che varcavano la soglia di casa sua, li accoglieva sempre con un sorriso e un piatto caldo in tavola. Aveva accolto Reborn, Bianchi, Lambo, I-pin e Fuuta come se fossero stati dei figli e le piaceva sentirsi chiamare mamma da tutti quei bambini più o meno cresciuti, le piaceva la confusione che regnava sovrana in quella casa che per anni, con Iemitsu lontano, era stata riscaldata solo dalla presenza sua e di Tsuna, non avrebbe scambiato quel suo piccolo paradiso -caotico, rumoroso, una specie di guaio perenne e ambulante- con nulla al mondo.
Gokudera la guardò in mezzo a tutta quella confusione.
Arigatou, disse mentalmente a quella donna, al suo Juudaime, a sua sorella, a tutti indistintamente, persino a Lambo anche se lo aveva fatto cadere per terra e ora stava tirando fuori una bomba a mano che era caduta sulla torta al centro della tavola.
Ca-boom. Fuochi d' artificio a Natale a casa Sawada.
 L' unico che sembrava mancare all' appello per godersi quel calore incasinato era Yamamoto. Qualche ora dopo Gokudera aveva saputo che  lui e Akari erano fuori per una romantica cenetta. Sperò che gli venisse un' indigestione. L' idiota aveva sprecato una serata come quella, una loro serata, con la sua famiglia, per stare con quella cozza.


***


Akari, è solo innamorata.
Ma Yamamoto Takeshi... di chi è innamorato?

Akari aveva sciolto i capelli, ora castani, sulle spalle. Aveva tolto le lenti a contatto e le unghie finte, aveva indossato un vestito rosa pallido e un paio di stivali non troppo alti sotto il giubbino marrone, il trucco sul viso era leggero. Quando Gokudera l' aveva vista a fine serata aveva dovuto riconoscere che in effetti non era propriamente da buttare. Si chiedeva solo il perchè di quel cambiamento. Personalmente si ricordava una spilungona che di vero probabilmente aveva solo le tette -ammesso e non concesso che non fossero imbottite con la cartaigienica- e ora si trovava davanti una comunissima ragazza, con comunissimi capelli castani, altrettanto comuni occhi scuri e unghie non troppo lunghe. Nonostante fosse spiazzato per quel cambiamento gongolò di piacere nell' appurare che le sue teorie su quella falsissima bionda si fossero rivelate vere. Ora Yamamoto l' aveva vista al naturale, magari non gli sarebbe nemmeno più piaciuta. Gokudera dovette ammettere però che probabilmente in quello non ci doveva sperare troppo visto come l' idiota la guardava soddisfatto. Poi notò che le ragazze avevano trascinato Sazuki la befana da parte tempestandola di domande sui motivi di quel cambiamento improvviso.
-A me piaceva essere diversa- aveva ammesso Akari- giocare col colore dei miei capelli, con gli occhi e le unghie. E poi sembravo anche più bella forse, mi distinguevo. La gente mi notava.
-Adesso però non sei poi così diversa da qualsiasi altra ragazza giapponese- le aveva fatto notare Bianchi.
Akari aveva semplicemente annuito guardando in direzione di Yamamoto:- Non devo più farmi notare- aveva concluso.
Yamamoto sapeva che Akari amava cambiare, contrariamente a quanto Gokudera pensasse aveva capito che la sua ragazza non era bionda e che i suoi occhi non erano azzurri lo aveva scoperto molto presto. Quando Akari si era accorta con orrore della ricrescita scura ai capelli si era rifiutata di uscire di casa per giorni, Yamamoto le aveva comunque fatto una sorpresa andando a trovarla.
-Io non credo che sia necessario cambiare qualcosa di noi per farci notare- le aveva detto appoggiando il palmo della mano sotto il mento appollaiandosi con un sorriso pigro alla scrivania della sua stanza- se la gente ci nota è perchè qualcosa di noi, qualcosa di nostro, la colpisce. Poi se ci piace... uhm... giocare con il nostro aspetto perchè è divertente è un altro discorso.
-A me piace giocare con il mio aspetto... in parte. Ti piacerei anche se fossi normale?
Il ragazzo aveva annuito vivacemente prima di spostare la sua attenzione -e la sua risata divertita- sul maialino di pezza alle spalle di Akari.
Yamamoto non aveva mai portato una ragazza fuori a cena, non aveva mai avuto una ragazza a volere essere precisi, non era mai stata una cosa prioritaria o interessante per lui, nessuno aveva mai catturato la sua attenzione tanto da fargli desiderare qualcosa di più di una semplice amicizia da parte di una delle tante rappresentanti dell' altro sesso che lo circondavano a scuola. Prima di allora erano contati il baseball e gli amici. Prima di allora solo una persona aveva attirato la sua attenzione e non era di certo una ragazza. A quel pensiero il guardiano della pioggia scoppiò in una risata genuina, una ragazza di nome Gokudera non sarebbe di certo passata inosservata e non propriamente per la sua bellezza, non che non lo fosse, eh! Ma Gokudera aveva un carattere molto... particolare.

 Lui e Akari erano stati a cena, avevano fatto un giro per la città, guardato le bancarelle e infine erano andati a casa di Tsuna. Il ragazzo però aveva l' impressione che la serata non fosse ancora finita. Akari gli aveva fatto sapere -balbettando- che i suoi genitori erano a Tokyo. Sottotitolo: La casa è vuota. Sottotitolo al sottotitolo: siamo soli. Messaggio subliminale: Ho un letto e potremmo spingerci oltre i bacetti.
Sì, perchè in effetti sotto le coperte o sopra, Akari e Takeshi non si erano spinti oltre ai baci e le carezze e Yamamoto doveva riconoscere che le occasioni non erano mancate.
La casa di Akari era particolarmente silenziosa, la ragazza entrando accese la luce dell' ingresso e si tolse le scarpe, afferrò la mano di Yamamoto nella sua guardandolo con un sorriso disegnato sulle labbra, poi si voltò guidandolo verso il piano di sopra. Takeshi mentre saliva le scale si allentò il nodo alla cravatta e no, non era perchè sentiva caldo o perchè avesse intenzione di spogliarsi, non era abituato alla cravatta, non sapeva nemmeno farsi il nodo. Di solito glielo faceva Gokudera. Il guardiano della pioggia si sentiva a disagio. Si sedette sul pavimento togliendosi la giacca e buttando in un angolo la famigerata cravatta. Si vide le gambe di Akari a un palmo dalla faccia e poi il viso della ragazza di fronte al suo e le labbra schiacciate contro la bocca. Oh Kami, qualsiasi uomo sarebbe stato felice al suo posto. Respirò a fondo svuotando la mente e rilassandosi, toccò le gambe di Akari, le accarezzò, raggiunse le cosce e la fece stendere sotto di sè, la abbracciò, chiuse gli occhi abbandonandosi ai sensi, muovendo la lingua contro la sua, leccando le labbra, mordendole.
-Takeshi- la voce di Akari tremava, un sussurro. Era sempre bello sentire le sue grandi mani sulla pelle, la eccitavano. La sua presenza la eccitava e allo stesso tempo la faceva sentire protetta di solito, ora però era un momento importante, di quelli che ricorderai sempre e lei avebbe voluto ripensarci con sollievo e felicità, potersi dire che no, non lo aveva fatto sui sedili posteriori di una macchina o nel bagno della scuola o a una festa mezza ubriaca, ma che era stato romantico, su un letto morbito e in una casa che risuonava solo delle loro voci, con il ragazzo di cui era innamorata persa. Un po' di sicurezza in più non le avrebbe fatto male anche perchè Marika aveva borbottato che la prima volta faceva davvvero schifo, una sua compagna di scuola si era lamentata  di non aver sentito niente perchè  il suo ragazzo le era venuto addosso ancora prima di iniziare e Aya, la sua compagna di banco le aveva confessato che faceva parecchio male.
Yamamoto avrebbe voluto guardarla, accarezzarle il viso e rassicurarla, avrebbe voluto sorriderle e dirle di non preoccuparsi, che tutto andava bene, che sarebbero stati bene tutti e due. Ma non ci riusciva perchè in realtà non c' era niente che andasse bene, se avesse aperto gli occhi aveva la brutta sensazione che non si sarebbe sentito affatto bene. Sospirò pesantemente smettendo di baciarla, sentiva le mani di Akari che gli accarezzavano i capelli fermarsi. Non poteva farle questo. Si alzò sorridendole imbarazzato:- Scusami.
Akari lo guardò stralunata prima di realizzare e sedersi a gambe incrociate di fronte a lui:- Ah, ho capito. Non fa niente. Capita. Di solito sono le ragazze a non voler fare questo passo- rideva nervosamente- capita, no? L' importante è che mi vuoi. Non mi hai detto ti amo, Yamamoto, e va bene, è giusto, apprezzo la tua sincerità. Forse non vuoi fare l' amore con una persona che non ami, è una bella cosa, sai? Ma io ora vorrei sapere se davvero vuoi stare con me. Cosa provi. Sai, è normale che a una ragazza vengano le paranoie in un caso del genere.
Yamamoto la guardava dispiaciuto e con aria colpevole, la ascoltava parlare, sfogarsi, chiedere delle risposte.
-Tu mi piaci. Mi piaci tanto Akari.- era vero- Ma non posso fare questo passo.- era vero anche questo ma non voleva, non è che non ci riusciva, non era mica stupido, spiegarsi il perchè.
-Yamamoto, ne sei sicuro? Che ti piaccio? Perchè c' è una bella differenza tra essere amici e fidanzati di una persona. I motivi delle due cose sono ben diversi.

-E allora che hai fatto?- aveva domandato Marika mentre Akari chiudeva l' armadietto negli spogliatoi della palestra.
-Che dovevo fare?
-Io lo avrei lasciato- ammise Aya abbassando lo sguardo, per lei ricevere picche dal suo ragazzo era più che un' offesa bella e buona, fonte di migliaia di paranoie.- i ragazzi non si fanno scappare certe occasioni.
-Takeshi è diverso- aveva sorriso Akari- non pensa solo col suo...- aveva guardato in alto, le guance rosse di imbarazzo- pene- aveva concluso.
Marika aveva iniziato a ridere:- O dio, quanto sei pudica!
-Insomma, Akari, ti sei sfogata con noi, ci hai raccontato la tua serata per filo e per segno ma non ci hai ancora detto che hai intenzione di fare- incalzò Aya spazientita.
Akari sospirò afferrando il borsone e mettendolo sulla panca:- Sono sicura che Takeshi mi voglia bene, il nostro rapporto è perfetto. All' inizio ci sono rimasta malissimo, ho pensato di non essere abbastanza bella per lui, però pensandoci capisco che non abbia voluto... insomma, mi ha detto chiaramente che vuole amarla una persona. Volerle bene non basta.
-Non ti fa male?- aveva chiesto Marika
Le labbra di Akari si erano incurvate in un sorriso triste:-Tanto, ma mi accontento anche così.


***




Gokudera non aveva -quasi- mai pregato in vita sua, ora però sperava in un miracolo.
Era il secondo che chiedeva nella sua giovane vita e riguardava sempre quella persona.
Era stata sempre così importante e se ne accorgeva solo ora?

Gokudera si era svegliato all' improvviso dopo aver fatto un sogno, un brutto, brutto sogno e quella sera mentre andava al tempio con tutti i suoi amici guardava in tralice Yamamoto accanto a lui, le mani giunte e l' espressione concentrata. Si era chiesto per chi o per cosa l' idiota stesse pregando per il nuovo anno. Unì le mani con un battito deciso e abbassò il capo assumendo un' espressione seria e accigliata:
"Spero che il juudaime stia bene, che i Vongola siano sempre forti e uniti, che la mia famiglia e le persone a cui... uhm... amo (ma questo lo pensò veramente sotto voce) stiano sempre accanto a me. E di potermi dichiarare a quell' idiota del baseball, anzi, siccome questo lo farò sicuramente, spero che possa diventare il mio...il mio... ci siamo capiti no?!"
Yamamoto si girò verso Gokudera domandandosi isitintivamente come mai il ragazzo si agitasse così tanto e il perchè del rossore acceso sul viso e della smorfia crucciata assunta dalle labbra.
Gokudera aveva chiesto un piccolo miracolo. Gokudera quel giorno si era ricordato che non pregava mai, che non entrava in una chiesa cristiana da più o meno una vita, che i sacerdoti e le suore gli facevano una spiccata antipatia fin da piccolo quando si sentiva agitato per via dei loro abiti scuri e della faccia severa. Gokudera non credeva in niente che non fosse reale, si vantava di non avere dei, di non avere credo che non fosse la famiglia, il boss. Eppure si era ritrovato a pregare per ben due volte quando ne aveva avuto più bisogno, quando la situazione gli era sfuggita di mano e si era fatta disperata. Quella notte giungeva le mani in preghiera per un ragazzo, lo stesso ragazzo per cui era entrato in una cappella diroccata neanche troppi mesi prima.
E quella mattina si era svegliato così, con un sogno che gli ricordava il momento peggiore della sua vita, quello in cui aveva creduto di aver perso tutti i fili che lo tenevano legato a Yamamoto Takeshi, quando tutti quei fili splendenti erano diventati rossi mescolandosi col sangue che era stato versato, era il momento in cui aveva creduto di vederlo bianco all' improvviso, con gli occhi chiusi e il cuore fermo. E il sorriso spento. Perchè i morti non sorridono, non possono.
Gokudera si era ricordato di quando aveva saputo che un nemico misterioso aveva colpito il guardiano della pioggia riducendolo in fin di vita. Lui stesso si era preso la responsabilità di avvertire Sawada Tsunayoshi, ingoiando le lacrime e stringendo il telefono tra le dita. Quel giorno c' era solo Yamamoto su un letto  -e non rideva-,  il bip ritmico dei macchinari e la stanza spoglia di un ospedale. C' era il puzzo del disinfettante e gli armadietti d' acciaio, le lenzuola bianche come il pallore sul viso del ragazzo che vi era disteso, le bende sul corpo e l' espressione seria, i medici che parlavano fuori dalla porta facendo ampi cenni negativi col capo. Che stavano cercando di dire dire? Che non ce l' avrebbe fatta?, si era chiesto Gokudera pensando a quanto fossero idioti a pensare una cosa così stupida.
 E alla fine di tutto c' era lui che non sapeva se osservarlo incredulo disteso su quel letto o mettersi a fare casino e distruggere tutto quanto. Magari si sarebbe anche svegliato. Silenzio, urla, silenzio, urla... tutto si era alternato nei pochi giorni precedenti alla partenza per la battaglia. Hayato Gokudera era instabile e la stanza di Yamamoto e chiunque si trovasse nei paraggi finiva inevitabilmente per ritrovarsi al centro esatto di una tempesta imprevedibile. Gokudera pensò ad Akari e a Yamamoto riflettendo che non doveva essere certo lei a stringere la mano dell' idiota vivo e sorridente, no, visto che andava a lui il merito -l' onore, il bisogno e il dolore- di avergli tenuto strette le dita tra le sue mentre era in coma sussurrandogli quanto fosse idiota a non svegliarsi. Gli aveva bagnato il polso con le lacrime che non smettevano mai di scendere imprecando e arrabbiandosi con lui per averli lasciati tutti quanti nella merda. Era incazzato con Yamamoto perchè quella volta sembrava volersene andare e lasciarlo indietro. Pensava migliaia di volte che non lo avrebbe più rivisto, che il suo corpo non si sarebbe più mosso, che se i macchinari non lo avessero più tenuto attaccato alla vita... lui non lo avrebbe più visto, nè sentito. Non ci sarebbe più stato, non sarebbe più esistito.
Gli aveva tenuto la mano e lui non lo sapeva, ci aveva pianto addosso, l' aveva baciata, l' aveva fatta muovere sulle sue guance o tra i suoi capelli come un pazzo che non si sarebbe mai rassegnato. In quei giorni pensava solo al peggio e allo stesso tempo si faceva forza sbraitando che l' idiota era forte, che per i suoi amici avrebbe sconfitto anche la morte. Ci sperava davvero.
-Gokudera, vieni a mangiare qualcosa- gli aveva detto Tsuna mettendogli una mano sulla spalle e indicando la porta della stanza su cui si affacciavano gli amici preoccupati.
Il ragazzo aveva buttato uno sguardo a Yamamoto, si era alzato mordendosi le labbra e stringendo i pugni:- Non li perdonerò mai.-
Cercava la vendetta e la giustizia e pregava che il guardiano disteso sul letto si svegliasse. Ci sperava proprio, non solo per sè, ma anche per la salute dei bastardi che lo avevano ridotto così. O la loro morte sarebbe stata dolorosa. Infernale.
Gli avevano detto di tornare a casa e di prepararsi velocemente per la partenza imminente. Gokudera si era infilato le mani in tasca camminando con aria assente, gli occhi erano rossi e gonfi, le occhiaie violacee e il corpo smagrito urlavano a gran voce una tregua da tutto quell' inferno, chiedevano del cibo, una dormita... e il sorriso di Yamamoto Takeshi. Aveva preso una strada che gli era parsa più breve, un po' per affrettare i tempi e un po' per evitare le occhiate dispiaciute o compassionevoli della gente -le odiava proprio-ed era passato per il vecchio giardino dell' ospedale. Il terreno era incolto e pieno di erbacce, di fiori che crescevano ovunque e di spine che ogni tanto li soffocavano, il sentiero in pietra era ancora visibile e tutto sommato piuttosto ampio nonostante le pietre rotte ogni tanto a cui doveva stare attento. A un certo punto la strada si divideva allungandosi verso destra in un mosaico sbiadito di colori che dovevano essere stati assai sgargianti, la via secondaria, breve, indicava allo sguardo un piccolo edificio abbandonato. Gokudera guardò prima i ciottoli sotto ai suoi piedi, fissò le due vie che aveva davanti e poi quello scheletro di cemento e mattoni alla sua destra, i piedi che si mossero istintivamente verso  quella specie di rudere. C' era ancora il campanaccio e la croce arrugginita un poco piegata su sè stessa, la porta era stata tolta e buttata malamente in mezzo all' erbaccia. Gokudera si mise una mano sul naso e aguzzò la vista aspettandosi il fetore dell' abbandono e qualche topo o qualche serpente in mezzo ai banchi, eppure lì dentro non sembrava esserci nulla di tutto ciò. L' interno era perfettamente integro o quasi eccetto alcuni mattoni sollevati e qualche banco più vecchio degli altri. Tutto, dai banchi in legno, all' altare, era ricoperto con immensi teli bianchi che preservassero quel luogo dalle intemperie del tempo. Gokudera emise uno sbuffo. Che cosa stupida, come se bastassero quattro lenzuola.
Guardò l' immagine davanti a sè, una semplice pittura che rappresentava qualche a santo a lui sconosciuto. Tolse un telo impolverato e si sedette su una delle panche all' ingresso sollevando la polvere e sentendo il rumore del legno marcio sotto di sè. Aveva intrecciato le mani sul grembo e alzato lo sguardo sulla croce al di sopra dell' altare:- Ascoltami bene- fece una piccola pausa, indeciso su cosa dire e molto più probabilmente sull' idea di alzarsi e andare via- io non prego mai- continuò ritenendo che perso per perso, tanto valeva tentare tutto- e non so se tu sia Dio, un Kami qualsiasi, Budda o Allah. Non so se tu sia uno o siate cento e onestamente non mi interessa. Forse sono troppo arrogante... sono fatto così, non riesco a chiedere le cose in maniera troppo gentile. Quello è Takeshi Yamamoto, l' idiota che è ricoverato sul letto nell' ospedale qui di fronte- allungò il braccio indicando con l' indice la porta inesistente mentre di soppiatto gli occhi si riempivano di lacrime che si affrettò ad asciugare- Idiota non è proprio una parolaccia, si può dire vero?
Gokudera si fermò un secondo, sbuffò, forse stava parlando col niente e iniziava a supporre di essere impazzito:- Spero che qualcuno mi ascolti perchè mi sto rendendo ridicolo- si voltò verso la porta appurando che non ci fosse nessuno. A ben pensarci doveva ammettere che in effetti non si sentiva ridicolo, non sentiva niente, non c' era nessuno. Solo un dolore al centro del petto. :- Fa male- singhiozzò- non so nemmeno cosa ci sia dall' altro lato. L' altro giorno, quando ho saputo cosa era successo a Yamamoto ho avuto paura della morte. No, non per me. Per lui. Non voglio che gli accada qualcosa di... brutto. Non morirà vero?- strinse le labbra e gridò- Voglio sentire la sua risata! Voglio le sue mani, che si alzi da quel fottuto letto, voglio vederlo giocare, combattere al mio fianco.... lo voglio sentire, parlarci, voglio incazzarmi con lui. Con nessun altro, con lui.- il ragazzo si piegò maggiormente sulle ginocchia, la voce che era diventata un sussurro ad ogni parola, la fronte che toccava le mani strette tra loro come se stringendole di più potesse trasmettere più velocemente la sua preghiera:- Fatelo vivere.


Somehow I found
a way to get lost in you
Let me inside
Let me get lose to you
change your mind
I' ll get lost
If you want me to
Somehow I found
a way to get lost in you
 In qualche modo ho trovato
un modo per perdermi in te
tienimi dentro
lasciami arrivare vicino a te
cambia idea
io mi perderò
se tu lo vorrai
In qualche modo ho trovato
una via per perdermi in te.

-Ehi Yamamoto, devo parlarti.
Il guardiano della pioggia si scusò con Akari e andò verso Gokudera. Il tono e lo sguado accigliato non promettevano nulla di buono. Camminarono in silenzio in mezzo alla folla che si era riunita al tempio.
-Andiamo a scuola- Gokudera lo precedette facendogli cenno con la mano.
-Go-Gokudera... non mi sembra una buona idea- tentò di convincerlo Takeshi- Hibari ci ammazza sul serio questa volta.
-Tch. Cammina, idiota.
Il guardiano della tempesta aprì la porta della palestra deserta, la fiamma dell' accendino brillò nel buio- qui no- disse richiudendosi la porta alle spalle- troppo buio.
Ovviamente di accendere le luci non se ne parlava proprio, non era così stupido da farsi scoprire da Hibari.
-Saliamo sul tetto.
Di solito le dichiarazioni si fanno lì, no? Oppure in giardino. Gokudera ci ripensò:- Meglio andare in classe.
Sì, perchè di solito quel teppista se ne sta sul tetto, si disse saggiamente.
Yamamoto da parte sua non ci stava capendo più niente, si limitava a seguire l' altro guardiano senza dire niente e senza fare domande. Lo avrebbe seguito sempre, poco importava il perchè o la destinazione.
Hayato Gokudera non era mai stato particolarmente bravo con le parole, meglio dire che la diplomazia non era mai stata il suo punto forte, non a caso era il guardiano della tempesta della decima generazione dei Vongola, più incline all' azione e meno alle parole. Le probabilità che lui parlasse in maniera calma e civile erano pari a quelle che aveva Yamamoto di risolvere un' equazione di secondo grado, ovvero più o meno nulle. Fare una dichiarazione poi... Impossibile.
E così aveva respirato a fondo guardandosi intorno guardingo e pensando che sì, l' atmosfera poteva andare anche bene. La classe era vuota e pulita, i banchi perfettamente ordinati, la luce era data dall' enorme luna nel cielo, in sottofondo, come una musica, sentivano il brusio della gente, fuori. Era un bene che ci fosse la luna, contribuiva a dare un tocco di romanticismo e malinconia al tutto. Gokudera si battè il palmo della mano sulla fronte. Stava facendo dei pensieri assurdi oltre che, almeno dal suo punto di vista, osceni. Yamamoto dal canto suo rimaneva in religioso silenzio seguendolo ovunque andasse, e così quando l' albino andò alla finestra sfregandosi il mento fece lo stesso.
Gokudera sentì la presenza di Yamamoto alle spalle, si girò di scatto:- La smetti di seguirmi?!
Il ragazzo di fronte a lui inclinò lievemente la testa sciogliendosi in una grossa risata:-Ma se mi hai chiesto tu di venire con te, Gokudera!
-S..sì, è vero- borbottò l' altro stringendo i pugni e guardando fuori dalla finestra- però non fare casino o quell' invasato ci scoprirà.
-yosh. - Yamamoto si appoggiò al banco- di che volevi parlarmi?
L' altro guardiano si era girato verso di lui ma non parlava e allora l' atleta iniziò a pensare che forse la cosa era più seria di quanto pensasse. Aprì la bocca per dire qualcosa ma si trovò le mani di Gokudera che gli stringevano delicatamente il viso, le labbra schiacciate timidamente sulle sue, il suo corpo che travolgeva il proprio, la gamba tra quelle di Yamamoto, una delle mani che abbandonava la guancia per arrivare al finaco e stringere la maglietta.
Yamamoto dischiuse maggiormente le labbra, chiuse gli occhi avvertendo uno strano calore nel corpo, come fuoco che delicatamente gli bruciava le vene, le sue mani si legarono prima ai fianchi di Gokudera, poi  lo abbracciò, stringendolo a sè in una stretta che non credeva reale. L' aveva sognata da una vita. Gokudera gli si mosse contro facendolo sedere sul banco e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Iniziarono a baciarsi in maniera frenetica, a toccarsi cercando di non rompere il contatto tra le labbra. Doveva essere così, doveva essere proprio così da sempre.
All' improvviso il cielo e la stanza non furono più bui. Percepirono addosso a loro delle luci più forti, i rumori sordi dei botti dall' esterno, i fuochi d' articficio che illuminavavano il cielo accogliendo il nuovo anno e interrompento quel momentaneo abbandono.
-G... Gokudera- la voce di Yamamoto uscì strozzata, si era fermato all' improvviso e aveva abbassato il capo allontanando il ragazzo da lui - scusa- aveva detto riabbottonandosi la camicia. Scese dal banco e si allontanò un po' dall' altro, parlò lentamente, in maniera quasi meccanica, misurando ogni parola e separandole da pause infinite- non... posso. Un tradimento, non posso.
Gokudera lo guardava, avrebbe potuto urlargli contro come faceva sempre, avrebbe potuto dire qualcosa, sparare veleno e ferirlo, solo che in quel momento non ci riusciva, non voleva ferirlo:- vai dagli altri.
Yamamoto aveva annuito dandogli le spalle, aprendo e richiudendo silenziosamente la porta.
Hayato si sentiva le labbra pulsare, sulla pelle ancora il contatto con le sue mani, davanti agli occhi lui che si allontanava e la sua voce che diceva non posso.
"Sei troppo corretto, idiota"
Ma non era solo quello, Gokudera sapeva benissimo che avrebbe potuto chidere a Yamamoto di lasciare Sazuki o magari poteva proporglielo lui stesso. Niente di tutto questo era accaduto. Per quanto lo riguardava aveva sbriciolato fin troppo il suo orgoglio. Ma lui, Yamamoto, perchè lo baciava così e poi diceva no?


***



The pain of it all
the rise and the fall
I see it all in you
Now everyday
I find myself sayin'
I want to get lost in you
I' m nothing without you

    Il dolore di tutto questo,
l' ascesa e la caduta
lo vedo tutto in voi
Ora tutti i giorni
mi ritrovo a dire
che voglio perdermi in te
che non sono niente senza di te




                                                                                                               




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Haru dice:
Ho un paio di precisazioni da fare, la prima riguarda il nostro Yamamoto. Yamamoto di chi è innamorato? O meglio, Yamamoto è innamorato di qualcuno? Dal mio punto di vista sì ma ho voluto mettere un pochino di confusione. Per quanto riguarda il suo rapporto con Akari, per quanto mi riguarda in ogni rapporto, soprattutto adolescenziale c' è una fase del tipo: io ti piaccio e tu mi piaci, non è amicizia ma potrebbe essere qualcosa di più. Mettiamoci insieme e vediamo come va", ovviamente ve lo dico in maniera mooolto sintetica e semplicistica ma tant' è. Tra Akari e Yama c' è un rapporto del genere. Si piacciono. Punto. Akari si è presa una cotta, il nostro adorato atleta non è arrivato a questa fase ma... c' è un ma soprattutto perchè si tratta di Yama-senpai... Yamamoto tiene a lei e le vuole bene, non la sta prendendo in giro, il suo è un affetto genuino per davvero, e proprio perchè le vuole bene e con lei male non sta, si sente in un certo senso legato a lei. Ovviamente Yamamoto deve mettere un poco le cose in chiaro. Io stessa so che questa titubanza -non dico confusione perchè Takeshi tutto sommato sa quello che vuole- non fa parte di Yamamoto ma neanche farlo tirare dritto per la sua strada e pace al suo rapporto con Akari in maniera troppo semplice lo è.
Il secondo punto è relativo alla preghiera di Gokudera. Questa parte è più che altro un extra. Non ci doveva essere,o meglio doveva essere più contenuta e appena accennata e doveva far parte di una shot a parte ma per qualche arcano motivo questo polpettone è finito qui. Chiamiamola ispirazione -più o meno- e mi auguro che il citato polpettone non sia stato sgradito, terrificante e fuori luogo. Ho deciso di tenerlo alla fine anche per rendere meglio il rapporto tra i due e i pensieri molteplici che si possono fare in una situazione come quella descritta in questa ff, con il terzo incomodo di mezzo la mente vola ovunque, ricorda ogni esperienza con l' altra persona, ci si dice "io dovrei essere al suo posto perchè...", un po' come fa Gokudera.
Infine vi avviso che non finisce qui, contrariamente alle mie previsioni questa storia vedrà un terzo capitolo decisamente più breve rispetto agli altri, molto ma molto più breve. o_O  Chiamiamolo pure una specie di epilogo, mi auguro che questo capitolo non sia riultato troppo noioso, non sono abituata a scrivere cose così lunghe -lo è per i miei standard, almeno-, mi scuso ancora per lo spoiler improvviso e imprevisto.
Vi auguro un felice anno nuovo,
Bacioni,
Haru.

DISCLAIMER: La canzone utilizzata è "Lost in you" dei Three Days Grace (ascoltatela *_*) su cui non ho nessun diritto.




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Capitolo 3
*** Parte terza ***


parte tre lost in you
 LOST IN YOU
Parte terza



Ten years later

-Tieni Hayato.- Yamamoto sollevò le coperte lasciando sul grembo di Gokudera l' oggetto che il ragazzo gli aveva chiesto. L' altro lo fissò due secondi con le sopracciglia aggrottate, poi si rivolse al ragazzo di fronte a sè, un fazzoletto accartocciato tra le mani coperte a metà da un pigiama più largo di lui, la voce più rauca del solito:- Che diavolo sarebbe questo?
-E la tua borsa dell' acqua calda
Gokudera guardò se possibile ancora più torvo prima lui e poi il maialino caldo, rosa e con la cosa riccia spaparanzato beatamente sulle sue gambe:- Non è mio- scandì lentamente
-Oh sì che è tuo
Gokudera scavalcò la matassa ingarbugliata di coperte e si mise in piedi sul letto, allungò il braccio verso la camicia di Yamamoto avvicinandolo a sè con uno strattone:- Ho detto che non è mio, baka!
Takeshi rise allungando il collo verso di lui e schiacciandogli un bacio sulle labbra prima di affermare:- L' abbiamo comprata al mercato l' anno scorso. Quella a forma di cane, di gatto...
-Quella, quella è mia. Non questo maiale.
Takeshi sbuffò, poi rise:- Non l' ho trovata- rispose candidamente mettendosi una mano dietro la testa
E prima che l' altro potesse sparare qualche impropero al suo indirizzo Yamamoto si allontanò verso il televisore di fronte al letto.
Gokudera era ancora fermo, in piedi sul materasso:-Ehi, dove vai?
-Rimettiti al letto 'Dera, hai la febbre- Il guardiano della pioggia sentì il rumore delle molle che si muovevano, un tonfo -probabilmente il maialino spiaccicato contro le sue gambe- e le mani che rumorosamente sistemavano il cuscino alle spalle:- Cazzo, mi sento un moribondo- sbuffò Gokudera.
-Ho acceso il televisore, ti lascio il telecomendo sul comodino. Vado a preparare la cena.
-Non voglio il brodino!- sbraitò Gokudera pochi secondi dopo avendo come risposta la risata di Yamamoto che correva lungo il corridoio.

Gokudera, avvolto nel plaid scuro, il famigerato maialino sulle gambe, rigirava annoiato il cucchiaio nel piatto, guardandosi intorno alla ricerca di un pasto sostitutivo. E possibilmente degno di quel nome.
-Non troverai nulla- lo informò Yamamoto addentando un altro pezzo di carne
-Ti avevo detto che non volevo il brodo- borbottò l' altro ragazzo
-Sei malato. Devi rimetterti in forze- fu la cristallina risposta accompagnata da un altrettanto cristallino - e idiota- sorriso smagliante.
Gokudera era sempre stato un ragazzo fortemente vendicativo, guardò di sottecchi il compagno al suo fianco - e la sua fetta di carne- e buttò lì, con aria tranquilla:- Certo però... avresti potuto farmi compagnia. Non ti sembra ingiusto che tu ti ingozzi come un maiale proprio al mio fianco? Io ho solo un misero brodino, ti vorrei far notare.- terminò stizzito.
E Yamamoto che non era poi così stupido come sembrava e che conosceva Gokudera da una vita, indi anche i suoi supposti piani per farlo sentire in colpa, si avvicinò a lui cingendogli il collo e stampandogli un bacio a fior di labbra:- Sì- confermò- ma è un brodino fatto con tanto amore.
-Dammi il telecomando, idiota- sviò lo smokin' bomb arrossendo e allungando la mano al suo indirizzo.

Dieci anni prima Gokudera Hayato non avrebbe mai immaginato di trovarsi nella situazione in cui in effetti si trovava in quel momento. Se qualcuno gli avesse detto che lui e Yamamoto Takeshi, l' idiota del baseball che tanto aveva avversato agli inizi della sua carriera di braccio destro del Decimo erede, sarebbero diventati compagni di vita, avrebbero diviso casa, bagno, letto e qualsiasi altra cosa più o meno condivisibile amandosi e onorandosi finchè morte non li avesse separati, perchè sì, lo aveva giurato e forse, forse doveva essersi ubriacato per fare una cosa così ridicola, si diceva dunque che probabilmente, il famigerato smokin' bomb avrebbe fatto saltare quel qualcuno in aria, per primo. Per secondo lui stesso da adolescente non credeva di poter avere una simile fortuna, sfigato come era stato per tutta la vita , nonchè particolarmente pessimista. Per terzo infine, l' idiota che in quel momento trafficava per rimettere in ordine la cucina mentre lui si comportava da buon malato nel loro letto, gli aveva dato picche. Un due di picche grosso come una casa quando lui si era dichiarato. Ma, in fin dei conti, se tutto era andato bene alla fine, Cupido non doveva essere propriamente cieco, e nemmeno la fortuna.
Gokudera a un certo punto si spazientì, ormai odiava addormentarsi da solo. O meglio senza di lui:-Takeshi! Che diavolo stai combinando?
-Arrivo!
-Sbrigati- borbottò poggiando stancamente la mano sotto al mento e facendo zapping col telecomando.


I always knew you' d
come back to get me...

Ho sempre saputo che tu
saresti tornato a prendermi...

Gokudera sospirò. Aveva dovuto aspettare un mese prima che Yamamoto capisse che si sarebbero dovuti mettere insieme. Idiota.
Non era stata una passeggiata, lui stesso sapeva di avere un pessimo carattere e che avrebbero dovuto affrontare parecchi problemi reali o immaginari che fossero. Quel mese poi era stato un inferno, c' erano giorni in cui si alzava dal letto e pensava di averlo perso per sempre, anzi, di non averlo mai avuto, altri in cui invece si diceva che quel dannato idiota era suo e prima o poi se ne sarebbe accorto anche lui, che bastava aspettare e avere pazienza. Si era sentito un po' come sulle montagne russe in un continuo sali e scendi da altezze enormi che lo terrorizzavano. Tutto era nelle sue mani, nelle mani di Yamamoto, e lui non poteva fare niente, assolutamente niente. Era una di quelle volte -rare- in cui aveva passato la sua vita nelle mani di un' altra persona -cercando di metterle insieme in quel caso- e si era ritrovato a guardare. Qualche giorno prima aveva rivisto Akari Sazuki in una libreria del centro. Lei si era avvicinata trascinandosi dietro un uomo alto e un marmocchio. Per poco non gli veniva un colpo, avrebbe fatto finta di non vederla se quella non si fosse dimostrata particolarmente insistente.
-Gokudera! Gokudera, ti ricordi di me? Sono Sazuki, Sazuki Akari.
Hayato aveva annuito lasciandosi trascinare distrattamente in quella breve conversazione. L' uomo alto al suo fianco era il marito, il marmocchio di nome Kaoru il figlio. E a giudicare dal pancione enorme un altro era in arrivo. Una bella famiglia, proprio. Era rimasto un momento interdetto a fissarli, si era sentito strattonare dal bambino -lui odiava i bambini- che voleva mostrargli a tutti i costi uno stupido libro musicale. Aveva sbuffato interiormente e si era abbassato alla sua altezza mostrando un sorriso di circostanza e notando gli occhi scuri del piccolo. Il mondo in quell' istante pareva essersi annullato intorno a lui.
"Sarebbero potuti essere quelli di Takeshi"
Un bambino con i suoi occhi sarebbe stato bellissimo, un marmocchio con i suoi geni -e non solo i suoi-, un piccolo Yamamoto Takeshi. Magari meno stupido.
"Una bella famiglia", si ripetè uscendo dalla libreria. Quella che aveva tolto a Yamamoto.

-Ehi, Hayato, che hai?
-Eh?- Gokudera si voltò verso Yamamoto che si stava infilando il pigiama- non ho niente. Ce ne hai messo di tempo.
Hayato aveva detto tutto a Takeshi, gli aveva raccontato di Sazuki, del marito e del figlio. Yamamoto era contento per lei, era inevitabile. Gli aveva anche detto quello che aveva pensato ma l' altro aveva sorriso placidamente prendendogli una mano tra le proprie:- Credi che io abbia bisogno di questo? Ho fatto una scelta, Hayato, la facciamo insieme ogni giorno.- il sorriso sulle labbra aveva lasciato il posto ad una linea seria, gli occhi svelavano tutta la maturità conquistata con gli anni:- Posso fare a meno di tutto- la presa sulla mano si era stretta- l' importante è che tu stia al mio fianco.
Gokudera aveva annuito anche se in quegli anni si era reso conto un migliaio di volte di quanto Yamamoto fosse bravo con i bambini, li attirava, proprio come una calamita. Yamamoto in realtà attirava un sacco di gente intorno a sè, perfino uno come lui. Takeshi se solo ne avesse avuto la possibilità sarebbe stato un buon padre, un ottimo padre. E probabilmente era per questo che allenava uno sparuto gruppetto di ragazzini nel fine settimana, che Uri, Jiro e Kojiro erano praticamente tutto il giorno fuori dai loro Vongola box a fare casino. Lui e Yamamoto stavano cercando goffamente di formare una famiglia.


And you always knew that
it wouldn' t be easy to go back to the start
to see where it all began
or end up at the bottom
to watch how il all ends.

E tu hai sempre saputo che
non sarebbe stato facile tornare al punto di partenza
e vedere dove tutto ha avuto inizio
o andare alla fine
per vedere dove tutto è terminato.

Gokudera una volta aveva confessato a Yamamoto che Akari non era poi così male, aveva ammesso che non gli era stata poi così antipatica dopo che avevano rotto e per questo si sentiva un po' in colpa. Era stato qualche giorno dopo che si erano messi insieme e Yamamoto, con un sorriso spento gli aveva chiesto di non parlarne più. Non era innamorato di Akari ma le voleva bene e sapere di averla fatta soffrire gli faceva male. In realtà quando Gokudera quella notte lo aveva baciato Takeshi non era riuscito a tornare dagli altri, nè da Akari. Era sceso giù al campo da baseball dietro la scuola e aveva afferrato la mazza tra le mani cercando il vuoto. O una risposta. Alla fine, non sapeva dopo quanto tempo, si era accasciato sulla polvere e contro la rete delimitatoria, la fedele mazza da baseball schiacciata sotto il mento.
Ordine, aveva pensato. Una lista, una lista è ordinata, magari uno schema lo era ancora di più.
Akari uguale fidanzata. Ok
Ti piace, Takeshi, no? Sì, ok.
Gokudera... e lì nel suo disegno mentale aveva messo un grosso punto interrogativo. Forse doveva davvero alzarsi e cercare carta e penna. Poi il punto interrogativo lo aveva cancellato. Amico, aveva messo. No.
Conoscente, nemmeno.
Collega, troppo impersonale.
 Non era bravo in queste cose, gli schemi poi neanche a parlarne. Quella era roba di Gokudera.
Eccolo che ritorna.
-Gokudera. Gokudera. Gokudera- aveva ripetuto scuotendo la testa.
Poteva provare ad aggirare la questione e imparare sul campo. L' indomani avrebbe rivisto Akari. E poi anche Gokudera.
Yamamoto si era alzato ed era andato a casa senza nemmeno fare lo sforzo di riabbottonarsi meglio la camicia o pulire i pantaloni ed era stato una settimana a imparare sul campo. Quella successiva l' aveva passata a mandare inconsciamente dei segnali ad Akari. Inconsciamente.
Ho gli allenamenti.
Studio con Tsuna.
E robe simili.
Era una delle poche volte in vita sua che si era sentito veramente ma veramente in colpa. Ed egoista. E Akari iniziava a capire, aveva iniziato a capire quella fatidica sera, quando il giorno dopo gli aveva chiesto che fine avesse fatto. E che volesse Gokudera.
-Gokudera voleva organizzare un torneo di sumo- e si era messo a ridere con le mani dietro la testa tirando fuori una delle scuse che il senpai aveva rifilato per secoli a Kyoko e alle ragazze. Loro ci credevano, perchè non avrebbe dovuto funzionare?
Akari aveva annuito rimproverandolo solo del fatto che avrebbe dovuto avvisarla. Poi però Takeshi aveva capito che era ora di finirla. O si ama o non si ama e non era da lui perdersi in un bicchier d' acqua, perdere tempo a fare ordine - o a provarci- a discapito di altra gente.
Un pomeriggio stava tornando a casa dagli allenamenti, la testa che non ne poteva più di quei ragionamenti dolorosi e complicati, si era fermato al parco e aveva telefonato ad Akari. Era come se lo sapesse, Akari, che tutto stava per finire perchè aveva il muso lungo, gli angoli delle labbra inclinati verso il basso e gli occhi tristi.
Era rimasta in piedi di fronte a lui ignorando la panchina:- Dimmi tutto. Lo so che devi dirmi qualcosa- aveva accennato un mezzo sorriso guardando altrove- fallo.
Silenzio, poi:-Non... non posso più... stare con te.- Yamamoto l' aveva guardata negli occhi per poi abbassare istintivamente lo sguardo. Non voleva vederla soffrire. Non era bravo in certe cose, ora lo sapeva.
Un singhiozzo, poi un altro. Le guance di Akari si erano bagnate di lacrime, mordeva le labbra cercando di trattenersi:- Capita no?- diceva sempre così per farzi forza- passerà... è solo una cotta, no? Però fa male, anche se passerà fa male.- si era asciugata le lacime con le mani, Takeshi le era andato incontro stringendola forte, desiderando solo poter lenire quel dolore. Ma non era possibile, lui che ne era la causa non poteva esserne anche la cura.
-C' è' un altra persona- aveva detto Akari- io ti piaccio, soltanto. Ma tu ti sei... ti sei...
Yamamto non aveva risposto, stringendola di più:-Scusa, scusa. Scusami.
Il giorno dopo la notizia che si erano lasciati era di dominio pubblico ma per Yamamoto nulla era ritornato a posto. Non riusciva ad andare da Gokudera, essere felice, fare finta di niente. Sapeva che Akari stava male.
Si era domandato perchè si era messo con lei e la risposta in effetti era piuttosto semplice. Akari gli era piaciuta, gli dava serenità, gentilezza, una sorta di fuga dal mondo. Però era stato stupido, stupido perchè aveva chiuso in un cantuccio la vocina che gli diceva a gran voce il nome di Gokudera, che glielo scriveva a caratteri cubitali nel cervello semplicemente perchè... non era possibile. Tanto per iniziare il fatto che potesse piacergli un ragazzo, quel ragazzo, lo aveva lasciato spiazzato in un primo momento, anche se poi con una scrollata di spalle si era detto che l' amore non fa certe distinzioni. E' grande, punto. E per lui sapere che gli piaceva Gokudera era assolutamente, semplicemente, assurdamente... normale. E poi Gokudera non lo voleva come amico, figarsi qualcosa di più. Lui stesso a volte arrivava a domandarsi se l' altro fosse così burbero perchè forse davvero non gli andava a genio.
Chiuso, si era detto. Pietra sopra e scordiamocelo. Bisogna pur andare avanti no? E lui aveva creduto di esserci riuscito, di essersi dimenticato del ciclone Gokudera, quindi quando un po' di mesi dopo Akari Sazuki era piombata nella sua vita aveva pensato che era la sua occasione, che davvero Gokudera non esistava più, almeno in quel senso.
Evidentemente si era sbagliato e aveva fatto un casino.
Il problema era stato quel bacio. Quel bacio aveva cambiato tutto. Tutto.
Perchè si era accorto di volersi chiudere fuori dal mondo, dentro quell' aula e insieme a Gokudera, che poteva dimenticarsi di tutto, che voleva toccare solo lui, sentire solo le sue labbra e la sua voce. Chiedere di appartanergli, magari per sempre.
Ma il mondo era lì e lo chiamava a gran voce, ed era quella di Akari che decisamente non poteva ignorare.
Arrivati a quel punto, dopo Gokudera, dopo il suo fidanzamento andato male, aveva solo bisogno di tempo per riprendersi. Ne era bastato un poco visto che il guardiano della tempesta sembrava urlargli nelle orecchie di sbrigarsi e di smetterla di fare il coglione. Faceva finta di niente, lo smokin' bomb. Era stato un paio di giorni senza guardarlo e poi come se nulla fosse -probabilmente era l' abitudine o il desiderio di stargli accanto in qualche modo, uno qualsiasi- aveva urlato allo scemo, all' idiota del baseball. Una maniera insomma, per dirgli "ti dò tempo, baka."
Yamamoto almeno voleva interpretarla così.
Gli era bastato vedere con la coda dell' occhio Akari sorridere con le amiche, pensare che tutti, in un modo o nell' altro, vanno avanti, per mettere finalmente tutto a posto, per afferrare la mano di Gokudera lungo il tragitto per andare a casa, per prendersi un pugno sul naso come risposta e  chiedersi perplesso se forse non aveva interpretato male tutto quanto.
-Che stai facendo, pezzo di cretino?!
Yamamoto si massaggiava la parte dolente, lagnandosi che- Volevo solo un bacio.
-Ah!- Gokudera aveva sorriso. Era un grande, grande sorriso come non ne aveva mai visti ed era tutto per lui. Lo smokin' bomb doveva essersene accorto perchè era arrossito fino alla punta dei capelli iniziando ad agitargli nuovamente i pugni vicino al naso. Istintivamente Yamamoto era arretrato di un passo mettendo le mani avanti:- Calma, calma, Gokudera.
-E se ci vedessero?
Takeshi si guardò intorno:- Non c' è n-
-Tch, idiota.- si era acceso una sigaretta- Qualcuno potrebbe spuntare da dietro l' angolo, o affacciarsi dalle finestre...
-O spiarci da dietro il giornale, o con i satelliti nell' iperspazio- aveva concluso Takeshi ridacchiando.
-Cos' è? Fai dell' ironia ora? Non scherzare su queste cose, idiota...
Gokudera lo aveva preceduto camminando avanti:- ma tu guarda- aveva ringhiato stizzito, poi con il fumo che usciva dalle labbra, il viso che ostinatamente guardava fisso davanti a sè, aveva allungato indietro il braccio, la mano aperta verso di lui:- Non voglio sapere cosa c' è dietro di noi.
Takeshi aveva sorriso annuendo anche se Hayato non lo vedeva, aveva preso la sua mano senza esitare a intrecciare le dita tra loro -ben strette-, e si era messo al suo fianco, proprio al suo posto.
Nemmeno lui voleva sapere cose lasciavano dietro di loro, alle spalle o cosa ci fosse intorno. Potevano perdersi così, l' uno nell' altro senza desiderare di volerne più uscire.



-Uri, dannato gattaccio, scendi di lì!
Uri guardava Gokudera con aria annoiata, la coda che si muoveva nell' aria, le zampe saldamente appoggiate sull' armadio. Tanto il suo padrone era basso, non l' avrebbe mai presa. All' ennesima minaccia guardò le riviste impilate ordinatamente al suo fianco. Ufo e fantascienza ovviamente. Il gatto se la rideva sotto i baffi e Gokudera dovette intuirlo se urlò un "NO!" prima che i preziosi giornali gli finissero uno dopo l' altro sulla testa.
Ad un certo punto Kojirou aveva iniziato a volteggiare sulle loro teste e Uri pensò che fosse il momento buono per mangiarsi quel dannato uccellaccio una volta per tutte. Ma i gatti non sanno volare e Uri si sbilanciò troppo finendo addosso a quella palla di pelo gigante che era lo stupido cane che ora la fissava.
Idiota.
 Dove diavolo era quel dannato del suo padrone quando serviva? Uri fissò Gokudera a qualche metro da lei, a gattoni raccoglieva le riviste frignando - o meditando vendetta nei suoi riguardi-, poi spostò di nuovo lo sguardo sul grassone addosso a lei che la teneva tra le zampe, il suo muso sempre più vicino.
Smettila di leccarmi, microcefalo di un bestione, sembravano dire i suoi miagolii.
In quel momento la porta dell' ingresso si aprì e Yamamoto fece capolino nella stanza iniziando a ridere come un ossesso.
Uri sbuffò, ecco l' altro cretino.
-Perchè diavolo li hai lasciati liberi di scorazzare in giro per casa, eh?- Gokudera si era alzato da terra e aveva posato le riviste sul tavolo.
-Eh, così non si annoiano di sicuro. Kojirou è libero di volare e Jirou e Uri di stringere amicizia.
Gokudera lo guardò scettico, poi guardò la sua box che si agitava sotto le zampe enormi di Jirou e vittima di un bagno fuori programma, uno sbuffo e un sorriso gli scapparono dalle labbra. In quegli anni aveva imparato tante cose, ad esempio aveva imparato a sorridere e a ridere insieme all' idiota. Insieme erano cresciuti e forse anche un po' cambiati beneficiando -ma su questo aveva qualche dubbio- dell' influenza reciproca.
-Un cane e un gatto?- domandò poi in risposta all' affermzione di Takeshi.
Il moro fece spallucce afferrandogli la mano e dirigendosi in camera da letto:- Guarda noi.
Yamamoto aprì l' armadio, era l' ultimo dell' anno e dovevano prepararsi per raggiungere gli altri a casa di Tsuna, la febbre di Hayato per fortuna era passata appena in tempo non fosse stato per un po' di raffreddore che costrinse l' atleta a tirar fuori anche i guanti e la sciarpa per il proprio compagno. Mezz' ora dopo si avvicinò a Gokudera sorridendo imbarazzato:- Devo fare il nodo alla cravatta.
L' altro sbuffò seccato, poi sorrise afferrando la stoffa:- Quante volte te lo avrò spiegato?!- borbottò cercando di darsi un contegno.
Una risata:- Me ne dimentico sempre. E poi così è più divertente.

Uri invece era riuscita a liberarsi dalla presa del bestione cercando di tenerlo lontano con qualche zampata decisa e mostrandogli gli artigli mimando un pugno all' altezza del tartufo scuro. Ma era deficiente che si avvicinava ancora? Quel cane non aveva capito niente. Niente! E nemmeno quell' uccellaccio. Prima o poi sarebbe finito nel suo stomaco.
Anche se forse non era poi così male contemplare -ogni tanto, non sempre- quella rondine che si muoveva elegante nel cielo e raggomitolarsi d' inverno accanto a quella palla di pelo -dal fiato pesante- e usarlo come una coperta.


...And somehow I found
a way to get lost in you.

...E in qualche modo
ho trovato la maniera per perdermi in te.




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CHIACCHIERE POST LETTURA:
Rullo di tamburi! E' finita. Mi auguro che sia finita bene. Ammetto che quel salto temporale per dare il via alla narrazione mi spaventava e non poco, capisco che è brusco ma lo scorso capitolo si conclude in un modo che lasciava spazio a un periodo di "caduta" in un certo senso, Yamamoto e Gokudera dovevano sistemare un poco di cose e l' idea di far raccontare il resto alle loro versioni più adulte, in un momento di calma e di serenità, completamente diverso e contrapposto dal precedente, mi piaceva. Mi piaceva questa idea di crescita in un certo senso, la sorpresa magari che si crea all' inizio. Ho provato a fare al contrario seguendo l' ordine degli eventi ma mi sembrava... sbagliato diciamo, non mi piaceva, mi sembrava troppo lento e prevedibile. Detto ciò ringrazio i magnifici recensori che venero con tutto il mio cuoricino *manda baci* e ringrazio chi ha meso la storia in preferite/ricordate/seguite.
A proposito, sì, nello scorso capitolo sono impazzita con l' html e l' unica soluzione -ovvero l' unica cosa decente che è uscita fuori- è stata quella. -.-
Ultimo avviso, se vi interessa a questo link (il mio piccolo blog): http://lo-zibaldino-di-pensieri.blogspot.com/2012/01/lost-in-you-il-commento.html
, potrete trovare i commenti su Lost in you, più che altro su questo capitolo, ad esempio perchè le scritte in corsivo, perchè le ultime frasi della canzone e robe varie. Lo lascio lì perchè troppo lungo a mio avviso per metterlo in queste note... e poi ho un mezzo dubbio su Break che riguarda... Hibari!(a proposito il quarto capitolo è stranamente a buon punto) e mi farebbe piacere un vostro parere.
Detto ciò, alla prossima.
Haru.

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