Lost in you di Haruakira (/viewuser.php?uid=98001)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Parte terza ***
Capitolo 1 *** Parte prima ***
c. 1 gelosia
LOST
IN YOU
Parte
prima
Si
era innamorato di lui, ma non l' aveva ancora detto a nessuno. Non lo
aveva detto neppure a sè stesso.
Gokudera
pensava che quella Sazuki fosse una stronza, una zoccola -
anche
se non ne aveva le prove- e una puttana -che poi era la stessa cosa-,
non
ci poteva fare niente, non la
sopportava e gli stava sulle sue beneamate palle. Ormai non c'era
speranza di
togliersela di torno, lo aveva capito da un bel pezzo. Quella stronza
era onnipresente nella vita dell' idiota del baseball,
probabilmente seguiva Yamamoto anche nel cesso. Tutti dicevano che era
alta e slanciata, che fosse
carina, che i suoi capelli erano morbidi e biondi come il grano e gli
occhi azzurri come il mare. Gokudera se fosse stato il grano o il mare
avrebbe fatto una gran rivoluzione, e non solo perchè
venivano puntualmente tirati in ballo per descrivere qualche
bel pezzo di ragazza o di
ragazzo, assolutamente, o almeno non solo per quello, no, il suo
problema più grosso sarebbe stato quello di essere usato per
elencare le grazie di quella spilungona, perchè
sì,
Sazuki era più alta di lui di ben due centimetri. Ma
mettendo da
parte che lui non era nè mare e nè grano -grazie
al
cielo- a lui la tizia sembrava, usando le sue testuali
parole, un
cesso. Aveva l' impressione che i
suoi capelli fossero ossigenati e gli occhi a mala pena
passabili, decisamente troppo scuri. Meglio i suoi: due splendidi e
sexyssimi occhi verdi. Tutti
dicevano che la pelle della stronza fosse bianca come il latte e
morbida
come la pelle di un bambino. Sì, come il culo di un bambino.
Pieno di cacca. Gokudera sghignazzò al pensiero e per poco
la
sigaretta
che aveva tra le labbra non gli cadde. 'Fanculo alla zoccola.
-Yo, Gokudera.
Ecco l' idiota con la stronza, pensò Gokudera non appena le
sue
orecchie captarono la voce del ragazzo dell' oggetto del suo amaro
divagare. La cozza si artigliava al
suo braccio con le unghie laccate di rosa. Il guardiano della tempesta
si passò una mano sul viso, gliele avrebbe volentieri
spezzate
una ad una quelle unghie e poi che
diavolo ci faceva lei sul terrazzo insieme a loro?
-Idiota, il terrazzo e off-limits, non lo sai?
-Gokudera-kun, non preoccuparti, non è di nostra
proprietà.
Gokudera guardò il Decimo. Oh, Decimo, come può
farmi questo?
pensava. Ma se il suo juudaime acconsentiva allora va bene, che la
strega
di Biancaneve mangiasse pure con loro. Magari si girava e poteva
avvelenarle il bento.
La strega si accucciò tra Tsuna e Yamamoto, non gli aveva
ancora
lasciato il
braccio, poi finalmente -per chissà quale grazia divina- si
decise a sfilarlo, guardò Yamamoto e cicalò:-
Guarda,
Takeshi-kun. Ti ho preparato un bel pranzetto con le mie manine.
Gokudera aveva l' insano desiderio di vomitare. Troppo miele, gli
sarebbe venuto il diabete.
E poi non lo sapeva che il padre di Yamamoto e persino l' idiota erano
in
grado di prepararsi da mangiare? Cielo, Yamamoto-san aveva un
ristorante!
Il dubbio sorse spontaneo: A che serviva lei?
Yamamoto sorrise prendendo il portapranzo a forma di cuore, il sorriso
diventava sempre più ampio, forse gli sarebbe venuta una
paralisi facciale ma nonostante ciò sembrava felice:- E'
bellissimo. E
sembra anche buono! Grazie Akari-chan.
"Akari, che diavolo di nome è?! Insulso, tch. E che cazzo
è quel chan?!"
Quando era arrivata l' ora di ginnastica, l' unica in cui l'
idiota eccellesse,
Gokudera si era guardato intorno sospirando di sollievo. La strega non
c' era.
Corse verso il suo juudaime, stavano facendo le squadre per giocare a
calcio e lui voleva essere con il suo amato boss, con loro c' era
anche Yamamoto. A un certo punto Takeshi intercettò la palla
al posto di Tsuna. Che gli saltava in mente? Era riuscito a fare goal e
avevano vinto
il primo tempo. Gokudera attraversò il campetto correndo in
direzione
dall'
idiota, lo afferrò per la maglietta e lo
strattonò
tirandoselo dietro, in
disparte lontano dal Decimo:- Che diavolo stai facendo?
-Che sto facendo?- chiese di rimando Yamamoto confuso
-Quella palla era del Decimo!
-Gokudera, Tsuna non sarebbe arrivato a prenderla- spiegò
-Non importa! Così gli togli la scena.
Yamamoto non capiva di che diavolo stesse parlando Gokudera.
Ma che
razza di discorso è?
Con le sue mani coprì i polsi dell' altro e
lo allontanò. Non era così che lo
avrebbe voluto vicino:-
Lasciami. Il calcio è un gioco di squadra, bisogna fare il
bene
della squadra quindi. Tutti dobbiamo collaborare, anche tu.
Gokudera lo guardò in cagnesco, barcollò all'
indietro, le mani
si strinsero e dovette trattenersi perchè sentiva di tremare
e di
voler spaccare quell' insulsa faccia da schiaffi:-Io non
collaborerò mai
con te- urlava- piuttosto mi tiro
fuori. Mi dai fastidio, stronzo. Non dovresti nemmeno essere un
guardiano dei Vongola, non sai fare niente tu, sei solo un idiota senza
cervello. Mi fa schifo starti anche vicino, anche respirare la tua aria!
Gli occhi di Takeshi erano diventati incredibilmente grandi,
incredibilmente
tristi. Aveva aperto la bocca per dire qualcosa anche se in
realtà era senza parole, si chiedeva da dove provenisse
tutta
quella furia,
cosa aveva fatto per meritarla. Glielo avrebbe volentieri domandato
anche
se
sapeva che
le sue parole sarebbero uscite come una supplica stentata. In teoria
lui non
aveva fatto niente di sbagliato e la sua colpa più grande
era
solo
quella di non riuscire a capire l' amico in quell' istante. Gli
faceva
male perchè credeva di essere bravo a capire Gokudera, era
una
delle poche cose che pensava di saper fare e ora scopriva di non
riuscirci più. Sapeva solo una
cosa,
sfumata, incerta, un poco appannata: sapeva che Gokudera aveva
qualcosa,
sapeva che
Gokudera
stava soffrendo altrimenti non si spiegava tutta quella sua
aggressività.
Ma lui non sapeva perchè.
E. peggio ancora, non sapeva nemmeno
che fare.
Faceva dannatamente male e quel suo innato ottimismo, il suo
tanto declamato buon umore riparatore andava a farsi fottere, buttato
via come se non fosse mai esistito, come se non avesse mai fatto parte
della sua natura. Non sapeva cosa fare, se lo ripetè a denti
stretti mentre più si sforzava per trovare una soluzione e
più la sua mente sembrava oscurarsi capricciosa, e quel
senso di
impotenza gli pizzicava ancora di più dispettoso il cuore
perchè si trattava di lui.
Allora si prendeva gli insulti e le sfuriate
sebbene fossero coltelli puntati allo stomaco.
-Non è vero- sussurrò alla fine, a voce bassa per
non apparire
isterico o stridulo o qualsiasi altra cosa- non è vero
Gokudera.
Ammettilo Hayato, avrebbe voluto dirlglielo Yamamoto, ammettilo che l'
aria che respiro è la stessa che vorresti respirare, quella
di
un bacio, che starmi vicino è la cosa che più ti
completa, che se quel vicino diventa un poco più lontano
allora
desidereresti annullare ogni distanza. Ammettilo. Perchè
è quello che provo io, avrebbe voluto aggiungere magari.
Yamamoto socchiuse le palpebre degli occhi scuri e ingoiò
amaro quella preghiera che
sapeva di fiele, arricciò le labbra in un modo un po'
infantile
e alla fine tese la mano, avrebbe anche parlato forse ma una voce lo
sorprese
facendolo girare verso il nuovo venuto. Era Akari, la sua
Akari
dalle
trecce perennemente arruffate e il fiocco allentanto sulla divisa,
avanzava veloce verso i due ragazzi, allargò le braccia e si
mise
davanti a Takeshi, fronteggiando Gokudera:- Non puoi parlargli
così, stronzo!
Lo proteggerà, oh se lo proteggerà, si diceva
Akari
facendo rimbombare quell' urlo di guerra dentro la
sua testa.
Gokudera aveva infilato le mani in tasca, indeciso se pescare una
sigaretta o
un candelotto-Fatti i cazzi tuoi- alla fine non prese nè l'
uno e
nè l' altro e decise di sorbirsi la paternale di quella
strega magari
disconnettendo tre quarti del proprio cervello.
-Sono cazzi miei. Sono cazzi miei perchè Takeshi-kun
è il
mio fidanzato... e... e gli voglio bene! Sei un ragazzino immaturo,
Gokudera. Sei un
egoista, un prepotente, viziato, odioso. Te lo sogni di essere come
Yamamoto. Non puoi parlargli così, non puoi umiliare chi
vuoi,
la gente non è uno zerbino che puoi pestare a tuo
piacimento,
hai capito?! Hai capito?!
Akari si avvicinava sempre di più puntando l' indice contro
il
ragazzo, qualcuno avrebbe dovuto insegnargli un po' di educazione,
anzi,
proprio il rispetto. Akari sentiva di aver perso il controllo, il che
non era poi tanto inusuale, non era mai riuscita a tenere per
sè
i suoi sentimenti o più in generale i suoi pensieri, li
doveva
sputare e basta per sentirsi un po' meglio. Odiava
Gokudera Hayato, se non fosse stato un amico di Yamamoto probabilmente
non
sarebbe stato così, magari avrebbe provato semplicemente
indifferenza,
ma quel
ragazzino era a stretto contatto con Takeshi, un contatto che non
le piaceva perchè l' italiano a suo avviso lo trattava
davvero male. Uno come Gokudera non se lo meritava proprio Yamamoto
Takeshi. Aveva domandato un sacco di volte al suo ragazzo
perchè
gli fosse
amico ma lui rispondeva sempre con una scrollata di spalle: "E'
Gokudera", come se questo solo fatto avrebbe potuto giustificare un'
amicizia -che parolone- così
insensata. E allora la domanda rimaneva: perchè diamine sono
amici? Non lo capiva Akari, non lo capiva proprio.
Yamamoto vedeva le mani di Akari pericolosamente vicine al naso di
Gokudera, le mise una mano sulla spalla:- Basta così-
affermò semplicemente mentre lei si voltava stupita, le
regalò un sorriso-
grazie, ma ora ce ne andiamo, ok?- era un sorriso malinconico e un po'
triste quello che comparve quando
fece scivolare la propria mano dalla spalla della ragazza fino alla sua
stringendola stretta.
-Ciao Gokudera- aveva detto prima di andar via.
Gokudera li guardava. Una cosa che non avrebbe mai immaginato
è che potesse fare davvero così male. "E' il mio
carattere. E' il mio carattere", urlava nella sua testa, "non ci posso
fare niente. E' così. Chi mi vuole mi prende
così", ma
poi pensò che forse nessuno lo avrebbe preso, che nessuno lo
avrebbe voluto,
soprattutto così. Si sedette sull' erba con un tonfo e
rimase
fermo a fissare le zolle di terra scoperta sotto di sè
per un tempo che parve infinito.
" Forse la strega ha ragione, forse ha capito Yamamoto meglio
di
me. In realtà io non mi sono mai sforzato di capirlo. Ecco
il
risultato, lei se lo è preso. Me lo ha portato via. Sazuki
1. Gokudera 0"
Questo pensiero fu come un pugno in faccia -quello che aveva
schivato prima forse- Gokudera rimase perplesso, le mani che
stavano andando a frugare nelle tasche restarono a mezz' aria e non
poteva fare a meno di domandarsi da dove diamine fosse
spuntato. Me lo ha portato via, che voleva dire questa frase? Yamamoto
non era di sua proprietà, non lo era mai stato, lo aveva
sempre odiato, sfidato, tenuto alla larga, almeno dal suo punto di
vista. Non gli era mai
importato niente
di lui. Niente. E allora perchè? Che voleva dire quella
frase?
Infilò finalmente la mano in una tasca, ne tirò
fuori il pacchetto di
sigarette, ne prese una e iniziò a respirare a fondo fumo e
nicotina,
nocotina e fumo. Veleno. Veleno che gli ammazzava la gola, i polmoni,
il
naso, il sangue, il cervello. Veleno che arrivava alla testa come una
medicina amara a cui tutti fcevaa schifo l' odore, il sapore, non a
lui, che lo faceva
sentire leggero. Gli occupava la testa e oscurava i pensieri.
A lui non piaceva Yamamoto. Non gli piacevano i ragazzi soprattutto.
Però perchè quando aveva creduto di amare Tsuna
non gli aveva
fatto schifo? Lo aveva accettato rassegnandosi ad un amore che sapeva
impossibile? Perchè tutti lo sapevano, Tsuna era cotto di
Kyoko.
Perchè era lealtà, è
lealtà. Ammirazione,
fede incondizionata, la fede di un guardiano nei confronti del boss.
Nel mondo della mafia funzionava così, così era
stato
educato, questo aveva desiderato, per questo era venuto in Giappone.
Non era amore. Per questo lo aveva accettato.
E Yamamoto, fottuto idiota, che diavolo era?
Si alzò. Troppo scomodo, si disse. La domanda, non il
terriccio. Troppo
scomodo. Spenta la sigaretta ne accense un' altra, il pacchetto si
era svuotato, lo annusò prima di accartocciarlo e buttarlo
malamente in un
cestino di passaggio.
***
Dopo quel
bacio tutto il suo mondo era cambiato.
La mattina dopo era tutto dannatamente, schifosamente bianco.
Dolcemente bianco. Malinconicamente bianco. Gokudera chiuse la finestra
contrariato e rientrò dentro, diede un occhiata veloce al
letto
sfatto, volendo avrebbe potuto rimettersi sotto le coperte e non andare
a
scuola.
Ma anche no.
Uscì dalla stanza e andò a farsi la doccia.
Yamamoto era caldo, aveva pensato mentre l' acqua gli scendeva sulla
pelle, dandosi poi un pugno sulla testa e scrollando le spalle per il
pensiero molesto.
Tornò immediatamente su territori più sicuri: il
Decimo non
poteva stare senza di lui. Ecco, già era un pensiero che
andava meglio.
Si mise il cappotto pesante e il
cappello, era uscito, aveva chiuo la porta, alla fine era ritornato
indietro. Prese anche la
sciarpa e si richiuse la porta alle spalle. Due passi, era arrivato al
cancello, la mano sulla maniglia, lo socchiuse appena,
tornò di
nuovo indietro. Si sarebbe messo anche i guanti.
"Sciarpa, guanti, cappello" controllò guardandosi veloce
allo specchio
e toccandosi in successione con l' indice prima la testa, il collo,
alzò infine le mani guantate davanti al suo riflesso. "Ok,
tutto a posto"
Sbuffò, faceva freddo e aveva sonno. La
notte aveva
faticato ad addormentarsi, in realtà andava sempre a letto
tardi
ma quella volta si era messo nel letto a fissare il soffitto, poi la
sveglia, l' armadio, i libri sulla
scrivania, il Vongola ring, di nuovo l' orologio e poi le sigarette sul
comodino, ne aveva presa una e l' aveva accesa.
Orologio-sigarette-vVongola ring,
orologio-sigarette-Vongola ring, fino a quando non aveva aspirato anche
l'
ultima boccata di fumo.
"Stronzo", pensò prima di spegnere la luce e fissare il
vuoto intorno a sè.
Ficcava i piedi nella neve e ad ogni passo si sentiva un idiota
conciato a quel modo, arrivò di fronte alla casa del boss,
fece
per suonare ma era scivolato, e non sulla neve, no, ma su quella che
riconobbe come una buccia di banana. Era strano ma non sentiva freddo
al
sedere, qualcosa lo aveva afferrato
per le braccia. Girandosi appurò che il qualcosa in
realtà era un qualcuno, era l'' ultima persona che avrebbe
desiderato vedere sulla faccia della terra. Si spostò come
se
fosse stato
bruciato dandogli uno spintone per mettere distanza tra loro.
Una voce più gelida della neve si insinuò nella
sua testa. La
prima voce del mattino, cazzo:- Dovevi lasciarlo cadere a terra
Takeshi-kun- Era Akari, grandissima scassapalle. Lo guardava dall' alto
in
basso con aria di sufficienza e le palpebre semiabbassate. Gokudera se
ne sbatteva e guardava a sua volta Yamamoto. Sembrava dispiaciuto, lo
vide sospirare
prima di dire:- Dì a Tsuna che siamo avanti,
perfavore.
La gallina gli prese la mano e se ne andarono così. Se
avessero
continuato rischiava di dover andare dal dentista, gli facevano schifo,
che si
fottessero. Soprattutto quella strega. Poi dovette ammettere che se
avessero continuato a quel modo probabilmente una visita dal dentista
sarebbe stata inutile. Ci voleva un cardiologo, ecco chi: qualcuno che
gli mettesse a posto il cuore. Magari che glielo sostituisse proprio
regalandogliene uno nuovo, possibilmente meno affetto da idiozia acuta
come quello che aveva al momento, magari poco incline a innamorarsi dei
coglioni del baseball e più in generale dei ragazzi. Anche
se
iniziava a pensare che il problema fosse solo Yamamoto. A lui non
piacevano i ragazzi, a lui piaceva quel
ragazzo.
-Jingle bell, jingle bell, jingle all the way...-
Dannate canzoni natalizie, dannate strade affollate di gente, appena
avesse visto un altro Babbo Natale che gli sbatteva in faccia la sua
schifosissima e rumorosissima campana lo avrebbe
ammazzato, giurò di farlo saltare in aria. Boom,
fuochi d'
artificio.
"Andiamo a fare spese tutti insieme!"Haru, stupida donna, lei e le
sue stupide idee. Se non fosse stato per il Decimo non si sarebbe
ritrovato a
dover sgomitare tra delle vecchiaccie grassocce e i loro marmocchi.
Alla fine ritornarono a casa che era quasi il tramonto, con le
borse piene di ninnoli inutili. Uno spreco.
-Guardate- Kyoko stava indicando qualocosa. Un albero di ciliegio
enorme. No,
Gokudera affilò meglio lo sguardo. Chiamate un
cardiochirurgo. Era qualcuno, una coppia- ci sono
Akari-chan e Yamamoto.
Haru si era messa a battere le mani come una scimmia, si
avvicinò a Tsuna con aria sognante:- Che bella
coppia Tsuna-san, anche noi un giorno saremo così felici.
Gokudera era rimasto imbambolato a fissarli. Che facevano? Pattinavano?
Lui non sapava
pattinare, ma la strega a quanto pare sì. Finalmente la
cozza
era caduta sul ghiaccio e Gokudera si consolò
pensando che
per lo meno stava per farsi una grossa risata
ai deanni del suo brutto muso. Poi però si iniziò
a domandarsi
perchè l' idiota l' aiutava a rialzarsi.
Lasciala lì!
Aveva iniziato a lisciarle i capelli e a sfreagarle la schiena con le
mani per riscaldarla chinandosi su di lei. Gokudera avrebbe voluto
saper
leggere il labbiale.
-Ora le dice ti amo- affermò Bianchi.
Akari, quella spilungona, si era fatta all' improvviso più
piccola, aveva strofinato la fronte contro il maglione di Takeshi
facendolo ridere. Che cazzo aveva da ridere?
Haru saltò per aria eccitata facendo prendere un colpo a
Gokudera
e stritolando Lambo che aveva preso ad agitarsi:-Ora la bacia, ora la
bacia-
-Mi sembra di guardare un bellissimo film romantico- infierì
Kyoko guardando Tsuna la cui temperatura corporea era improvvisamente
salita visto che Reborn per un attimo temette che le guance del suo
stupido allievo prendessero fuoco per davvero. E forse fu per questo
che gli buttò addosso un secchio d' acqua gelida pescata
chissà dove.
Yamamoto si era abbassato su di lei, sfiorandole il naso con il suo,
sorridevano come due idioti. Quando entrambi chiusero gli occhi e la
distanza di sicurezza si accorciava nuovamente a Gokudera
cadde la mascella e le buste
per terra, spalancò la bocca e anche la sigaretta fece un
capitombolo giù sulla neve. Il guardiano della tempesta mise
un
piede davanti all' altro, voleva correre, volare, fermare il tempo,
fermare il bacio di quella puttana. Avrebbe avanzato con la delicatezza
di un panzer pur di evitare quella catastrofe cosmica. Ma, il ma
è sempre in agguato, si sentì
afferrare il braccio, due
braccia, poi spinto a terra sotto una montagna umana.
-Stupide donne, lasciatemi! Lasciatemi- si muoveva come un anguilla
sotto
il peso di Kyoko, Haru, Bianchi e persino I-pin. Ma non lo sentivano
che era disperato? Che doveva fare? Mettersi a piangere come una
donnetta? Questo mai!- Lasciatemi!- urlò con tutta la forza
che
aveva,
raccogliendo tutta l' aria gelida che gli pizzicava i polmoni, lo
stomaco e la gola.
"Perchè il tempo non si puà fermare?"
Chiuse un occhio e strinse i denti, poi:-YAMAMOTO!
Aveva smesso di agitarsi e guardava con gli occhi spalancati l' idiota
che si era voltato verso di lui non appena aveva chiamato -gridato- il
suo nome.
Aveva davvero tanta voglia di piangere.
Non l' ha baciata, pensò sollevato. E allora
perchè Akari
aveva afferrato la faccia di Yamamoto e lo aveva fatto girare di nuovo
verso di sè? Perchè allora le sue labbra erano
spiaccicate contro quelle di Takeshi?
Alla fine l' aveva baciata sotto i suoi occhi mentre
lui era troppo impegnato a sbracciarsi su un pavimento di neve. Per
quanto ne avevano ancora? Gokudera iniziò a pensare che tra
poco avrebbero scoparo lì, sotto i
loro occhi, sulla neve.
-Fatemi alzare- intimò con voce ferma, distante. Raccolse le
borse che
gli erano cadute dando le spalle a tutti, a quelle voci
entusiaste
per quell' amore felice- Siete delle stupide
Era calato il silenzio, gelido come la neve su cui era stato sbattuto
pochi minuti prima.
-Testa a polpo- esclamò Ryohei che come al solito aveva
capito
poco o niente della situazione- perchè hai chiamato Yamamoto
in
maniera estremamente forte?
-E hai dato delle stupide a delle belle ragazze?- si aggiunse Haru
Gokudera vide che gli altri
lo guardavano in modo strano, in attesa di una sua risposta,
tossì appena, modulando la voce in un tono
neutro, più calmo- volevo dire che non sta bene
spiarli.
Kyoko annuì salvandolo dall' imbarazzo di rispondere anche
alla
domanda del guardiano del sole:- E' vero, siamo stati irrispettosi.
Meglio andar via.
Lasciò che gli altri lo superassero, Bianchi si era fermata
al suo fianco- Andiamo?- aveva chesto
Il fratello rispose con un altra domanda:- Poco fa hai detto che le
ha... detto ti amo. Come fai a saperlo?
Bianchi lo guardò un poco stupita, la testa inclinata
lievemente di
lato:- Non lo so infatti, l' ho solo supposto. Sembravano molto felici
e
un ti amo ci stava bene. Era una scena romantica.
L' aveva detto anche Haru, che erano felici, constatò il
guardiano. Si vedeva
così tanto la loro felicità? Da cosa lo capivano
gli
altri che quei due erano felici?
E alla fine della giornata stringendo una tazza di caffè
nero
affacciato alla finestra Gokudera pensava che la neve faceva proprio
schifo,
che se guardavi bene era sporca di asfalto, di smog e di
fango,
che
ce ne era troppa e quindi i treni e gli autobus sarebbero di
sicuro arrivati tardi,
che si rischiava di rimanere imbottigliati nel traffico dietro a lunghe
code perchè nessuno aveva voglia di uscire a piedi e morire
di
freddo, che bisognava
fare una fatica enorme per spalarla via, che fuori faceva
così
freddo che ci sarebbe stato bisogno di uscire con almeno due cappotti e
tre maglioni iniziando a muoversi di conseguenza come papere.
Decisamente la neve non era poi così bella. Che ci
trovava la gente? Dicono che sia romantica, lui tutto questo
romanticismo non riusciva proprio a vederlo.
Quel bacio in compenso se lo rivedeva di nuovo sotto agli occhi.
Avrebbe voluto
esserci lui lì, al posto di Sazuki. Si toccava le labbra, si
sfiorava
i capelli con la mano libera strigendoli forte per la rabbia e la
frustrazione, avrebbe voluto esserci
lui lì, si ripetè.
-Cazzo...- strinse i denti, un nodo gli si era formato in gola, sentiva
il naso
arrossarsi, si morse le labbra ma una lacrima silenziosa scense
ugualmente sulla sua guancia per quella sera e per la prima volta aveva
preso atto che forse
quell' idiota aveva cambiato il suo mondo più di
quanto pensasse.
***
Akari, la mia Akari
Yamamoto si infilò i guanti che Akari gli aveva
regalato
qualche
giorno prima, sfregò le mani per riscaldarsi, le
portò
alla bocca iniziando a soffiare pensando che fa dannatamente freddo
eppure
uscirà ugualmente, andrà al parco e
incontrerà
Akari. Cinema, cena, una passeggiata sulla neve e poi a casa sotto le
coperte. Takeshi divenne rosso al pensiero e si sfregò le
mani
con gli
occhi e chissà perchè non poteva fare a meno di
pensare all' improvviso a Gokudera domandandosi come stesse il famoso
smokin' bomb.
Quando arrivò, Akari non è ancora arrivata, la
vidi pochi minuti
dopo venire di corsa verso di lui, inciampando sulla neve e rialzandosi
come una bambina, le guance rosse, le trecce bionde sfatte come sempre,
forse più del solito.
Si era piegata sulle ginocchia col fiatone:-Scu... scusami per il
ritardo Takeshi-kun
Yamamoto fece spallucce:- Fa niente.
Era proprio carina Akari. Avevano frequentato la stessa scuola per anni
eppure si erano incontrati solo da poco, Takeshi pensava che era strano
visto
che Akari era anche il capitano della squadra femminile di
pallavolo dell' istituto. In realtà, fu costretto ad
ammettere che forse non si era mai accorto prima di quella
spilungona un po' goffa e sorridente perchè la sua testa era
sempre stata rivolta su altro e poi non bisognava scordarsi
della battaglia con i Varia e
poi del viaggio nel futuro... insomma un bel po' di grattacapi per un
povero adolescente. Yamamoto aveva conosciuto Suzuki Akari
più o
meno sei mesi prima nell' infermeria della scuola, non si era
sentito molto bene probabilmente per via di qualche influenza
stagionale. Dal letto accanto aveva sentito qualcuno
lamentarsi, aveva
fatto discretamente capolino dalla tenda che lo separava dal paziente
misterioso e aveva visto una
ragazza bionda con un occhio nocciola e uno azzurro e e le
gambe
che
sporgevano fuori dal lettino di qualche centimetro abbondante, rumorosa
e con la faccia rossa che si lamentava a gran voce del suo triste
destino, di quanto fosse sfortunata, di quanto le facesse male la
faccia. Yamamoto si era guardato intorno ma non aveva visto nessuno.
-Pa... parli da sola?- le aveva domandato esitante facendosi avanti
Alla ragazza per poco non veniva un colpo, aveva urlato ed era caduta
già dal lettino:- OMIODIOMAMMAMIACHEPAURA!
Yamamoto non credeva di fare tanta paura alla gente e allora aveva
pensato di essere gentile, come sempre, voleva rassicurarla, si era
abbassato in ginocchio e le aveva teso la mano.
Poteva giurare di aver visto la faccia di Akari diventare ancora
più rossa:- Yamamoto Takeshi!- aveva ululato semplicemente
prima
di strisciare contro il muro e poi sul letto alla ricerca ossessiva di
qualcosa.
Yamamoto la guardava senza capire un accidenti grattandosi il collo:-Ti
aiuto se vuoi, dimmi cosa cerchi
Akari si era girata verso di lui agitando la testa e le mani:- No no no
no no
E Yamamoto forse in quel momento ci aveva fatto caso davvero:- Hai gli
occhi di un colore diverso- aveva affermato candidamente con un sorriso
stampato sulle labbra.
Lei si era guardata la punta delle scarpe imbarazzata:-No... ecco...
è che... la verità è che ho perso la
lente a
contatto. I miei occhi sono scuri... ma mi piace l' azzurro.- aveva
concluso alzando il viso e sorridendo. Takeshi era scoppiato in una
risata divertita:- Anche a me piace l' azzurro- aveva detto indicando
sè stesso.
Da quel momento in poi si era ritrovato a parlare con Akari sempre
più spesso, di quella ragazza non poteva fare a meno
di apprezzare il sorriso e la
sincerità. Sembrava capirlo.
-Oggi le mie unghie sono blu- aveva esordito un giorno non appena lo
aveva visto mostrandogli orgogliosa la mano sinistra. Yamamoto aveva
sorriso, si sentiva incredibilmente bene, incredibilmente a suo agio,
tutte le preoccupazioni di quei mesi sembravano essere sparite con un
colpo di spugna. Akari e Gokudera però con suo sommo
rammarico non andavano per niente d' accordo,
ogni occasione era buona per punzecchiarsi e uno dei motivi per cui il
ragazzo probabilmente la malsopportava era di sicuro l' altezza. Akari
era decisamente più alta di Gokudera ed entrambi non
perdevano
occasione per lanciarsi reciproche frecciatine poco
delicate sulle rispettive altezze.
Non potevano essere più diversi, notò Yamamoto
non appena
li accostò per la prima volta. Forse, si disse, forse era
per
questo che Akari gli piaceva tanto. Era l' anti Gokudera e questo gli
permettava di scordarsi per un momento che il guardiano della temepsta
esisteva, c' era prepotentemente nella sua vita e ovviamente questa non
era colpa di Hayato, no, era colpa sua che di Gokudera aveva fatto il
suo sole. La cosa assurda è che lo aveva fatto
consapevolmente,
lo aveva visto e lo aveva riconosciuto in un certo senso, aveva
riconosciuto in lui l' altra metà della troppo decantata
mela, quella che poteva
riempire il buco che tutti ci portiamo nell' anima prima di trovare l'
amore. Non ci aveva riflettuto granchè, voleva essergli
amico,
poi voleva stargli vicino in una maniera che non riusciva a definire
bene, alla fine aveva capito di essersi ritrovato innamorato.
E Akari era la medicina, sembrava essere arrivata al momento giusto,
proprio quando il mondo gli era caduto sulle spalle e credeva di non
riuscire più a sopportare il dolore, la confusione. Non
è
facile scoprirsi innamorati di un ragazzo, soprattutto di uno come
Gokudera.
Era stata Akari a dichiararsi quasi quattro mesi prima. Era un
mercoledì e come ogni mercoledì loro andavano al
cinema a
vedere qualcosa, non importava di cosa si trattasse, qualcosa di
mercoledì dovevano vederla. Erano usciti dalla sala e
stavano
camminando verso casa attraverso il parco, Akari si era seduta su
una panchina invitandolo a fare lo stesso battendo la mano sul posto al
suo fianco. Aveva iniziato a guardare
verso il basso e a giocare nervosamente con una delle trecce
-stranamente in ordine- era tutta rossa e aveva balbettato, fatto giri
di parole prima di arrivare al punto:- Sai Yamamoto è da
molto
che ti osservo- Akari lo aveva guardato di sottecchi in attesa del
barlume di una reazione inesistente, in effetti non aveva ancora detto
nulla di compromettente così continuò- ti
osservo, ho
fatto il tifo per te praticamente da sempre, ho visto quasi tutti i
tuoi allenamenti. No, non sono una stolker- rise nervosamente- il fatto
è che tu mi piaci Yamamoto Takeshi, mi piaci tanto.
Yamamoto si era grattato nervosamente la nuca, aveva guardato il
tramonto e il laghetto placido davanti a loro, i suoi occhi sembravano
completamente immersi in pensieri troppo profondi per essere capiti,
per essere raggiunti o toccati, furono solo pochi secondi, forse un
minuto appena, pensò Akari, un minuto interminabile, ma
Yamamoto
non staccava gli occhi dal panorama che si stagliava davanti a loro
come se ci vedesse qualcosa che gli altri non potevano vedere,
abbassò appena la testa fissando le mani strette sulla
stoffa
dei pantaloni, sospirò e sorrrise alzando la testa verso di
lei.
Aveva deciso:- Anche tu mi piaci Akari.
E da quel momento Akari divenne la sua Akari. Akari con cui ridere,
Akari con cui scherzare, Akari con cui giocare a baseball o a pallavolo
o con cui correre, Akari con cui parlare di tutto e di niente, Akari
con cui stare in silenzio se non aveva voglia di parlare, Akari da
proteggere, Akari da appoggiare nei suoi folli progetti, Akari da
stringere, baciare,
toccare. Akari.
Akari a cui volere bene per non pensare e poi Akari a cui
volere bene perchè se lo meritava davvero.
***
Vedere il futuro a tutti
i costi.
Gokudera avevaa trascorso le due settimane, i tre giorni,
le due
ore, i tredici minuti e i ventinove secondi successivi allo sciagurato
evento a evitare l' idiota e la sua metà. Un tempo insomma
ragionevole per riprendersi psicologicamente dall' infausto incidente e
per ponderare sul da farsi. Alla fine aveva deciso di dichiararsi
al baseball freak. Dopo essere stato nel futuro e aver
appurato
che Yamamoto Takeshi non fosse sposato -e magari non avesse prole- con
quella strega spilungona -o con qualsiasi altra donna-. Se insomma nel
futuro di dieci anni dopo loro fossero stati insieme -o ne avessero per
lo meno avuto la benchè minima possilità- allora
avrebbe
triturato il suo orgoglio e avrebbe esposto con calma i suoi sentimenti
al guardiano della pioggia. L' idea gli era venuta mentre ritornava dal
combini vicino casa sua e una donna appostata fuori un tendone viola lo
aveva trascinato all' interno del suddetto per predire il suo futuro.
Lì per lì lo smokin' bomb aveva reagito
sbraitando
insulti a destra e a manca e minacciando di far saltare tutto quanto,
poi però si era proclamato disperato e aveva versato sul
tavolo
della donna tutte le sue indicibili pene d' amore oltre che una
consistente mancia. In realtà non aveva saputo niente di
nuovo:
la sua linea dell' amore faceva schifo e la persona che amava era
già impegnata. Una cosa però aveva saputo, la
donna gli
aveva detto di lottare per il suo amore se non voleva avere rimpianti.
Lui da solo probabilmente non ci sarebbe mai arrivato. La sera a casa
poi mentre Uri gli graffiava la faccia perchè il pesce non
era
di suo gradimento, osservando il gatto si era ricordato che se non
fosse
stato per il viaggio nel futuro lui in quel momento non avrebbe avuto
tra i piedi il felino, Tsuna non avrebbe avuto Natsu e compagnia bella.
Il futuro. Era stato un periodo decisamente ricco, un casino di
proporzioni cosmiche e fu in quel momento che gli tornò alla
mente una foto vista di sfuggita tra le scartoffie dello Yamamoto
più grande e su cui non aveva voluto indagare, la fotografia
a
cui si riferiva ritraeva lui e l' idiota di dieci anni dopo di fronte a
Palazzo Vecchio a Firenze. Erano solo Gokudera e Yamamoto, sorridenti e
in una delle più belle città del suo paese.
Gokudera
aveva sentito sin da subito puzza di bruciato.
Il giorno dopo si era recato a casa del suo Juudaime.
-Juudaime, chiedo il permesso di utilizzare il juuneen bazooka di
quella stupida mucca per recarmi nel futuro. Sarebbe ottimo se Giannini
potesse apportarvi qualche modifica in modo da farmi restare
più
di cinque minuti.
-Pe- perchè?- aveva domandato timoroso Tsuna.
Gokudera alla scomoda domanda arricciò le labbra e si
fissò i pollici.
Tsuna allora sorrise:- Va bene Gokudera-kun, non devi spiegarmi niente.
Mi fido di te.
Ora Gokudera si sentiva doppiamente felice, il suo amato boss gli aveva
detto che si fidava di lui:- Grazie Juudaime, grazie! Non la
deluderò mai, la sua fiducia è ben riposta!
Grazie.
-Più che altro- aveva aggiunto Tsuna dubbioso guardando
Lambo
giocare con una biglia colorata- bisognerà convincere Lambo
a
prestarti il bazooka.
Gokudera sorrise certo dei suoi mezzi (e quando faceva così
il povero Tsuna non prevedeva niente di buono):- Non c' è
problema
juudaime- Si diresse dal bimbo con passo felpato. Stabilì il
suo
tono di voce sulla frequenza dolce e carino mode-on:- Lambo-san...-
sorrise da un
orecchio all' altro mentre il bambino si voltava verso di lui prima
annoiato e poi terrorizzato. Lambo si spiaccicò contro la
scrivania mentre Gokudera scivolava sulla biglia del Bovino soffocando
a stento un' imprecazione degna da Oscar e il bambino lo indicava
terrorizzato e sull' orlo delle lacrime:- Che vuoi da Lambo-san,
Stupidera?! Lambo non ha fatto niente, non è stato Lambo a
rompere i tuoi cd!
L' ombra del guardiano della tempesta si erse minacciosa e furente fino
ad oscurare i timidi raggi del sole invernale:- Tu cosa?
-L-Lambo-san- il Bovino balbettava in preda al panico. E allora fece
ciò che faceva sempre: tirò fuorì il
bazooka dei
dieci anni, solo che quando gli occhi dello smokin' bomb si
illuminavano
in un misto di gioia e soddisfazione e le mani si tendevano verso l'
arma, Lambo la ricacciò dentro.
-Che diavolo stai facendo?!
-Lambo-san non ha paura di te Stupidera, ghyaahahaha- e gli fece una
pernacchia.
Gokudera si girò due secondi indeciso sul da farsi, si morse
la
mano per il nervoso, si voltò di nuovo verso il bambino e
ritornò di nuovo dolce, sorridente e coccoloso:- Lambo-chan,
guarda cosa ho qui? Tante caramelle. A te piacciono le caramelle vero?
Il bimbo annuì un po' dubbioso.
-Ne ho uno scatolo intero. Te le darò se tu mi dai il tuo
bazooka.
E Lambo allora assunse una tonalità bluastra, si
accucciò
torcendosi la coda vagando con lo sguardo imbarazzato per la stanza.
Fece insomma ciò che faceva sempre quando si parlava di
bazooka:
negò.
-Il boss non vuole che Lambo-san usi il bazooka quindi Lambo-san che
è un bravo bambino non lo usa.
Tsuna assistiva impotente -sconvolto- alla scena. Una cosa simile gli
era
già capitata in passato. Come prevedibile Gokudera perse la
pazienza e afferrò Lambo iniziando a scuoterlo come un
milk-shake:- Non l' hai mai usato eh? Lambo è un bravo
bambio?!
'Sti cazzi, pezzo di cretino! Sputa fuori quel fottutissimo bazooka,
dammelo!
Alla fine Gokudera ottenne l' agognato bazooka -e anche di far vomitare
Lambo per tutta la stanza costringendo Tsuna a ripulire e a dormire nel
salotto in attesa che il fetore passasse- e lo portò da
Giannini. Strano ma vero, l' arma funzionava ancora. Poteva stare nel
futuro non cinque minuti, bensì sette. La prima volta che lo
utilizzò si trovò nel bel mezzo di una missione
con i
proiettili che gli cadevano addosso come pioggia a catenelle e Yamamoto
che gli parava il culo buttandolo a terra dietro a un muretto mentre
gli chiedeva:- E tu che ci fai qui?
Neanche il tempo di chiedere:- Ma sei sposato?- che puff, era di nuovo
nella sua vecchia Namimori.
La seconda volta si era ritrovato nella sua spaziosa vasca da
bagno e quindi era assai probabilme che il suo sè stesso
più grande si trovasse nel giardino di casa Sawada
completamente nudo come un verme, sbuffando non fece nemmeno la fatica
di uscire fuori
perchè il cambio dei vestiti con altri asciutti gli avrebbe
fatto comunque sprecare il tempo a disposizione.
La terza volta si ritrovò nel bel mezzo di una riunione con
Tsuna e gli altri che lo tempestarono di domande sul perchè
si
trovasse lì, se nel passato era tutto a posto e robe varie.
Una
figura di cacca insomma. L' ennesima.
Quarta volta e altro tentativo, si era ritrovato in quello che
probabilmente era il suo ufficio, era corso fuori nel corridoio, aveva
cercato l' ufficio dell' idiota, aveva saputo da Ryohei che non c' era,
e allora aveva messo il proprio studio sotto sopra alla ricerca di un
indizio inesistente.
Alla quinta volta il suo sè stesso di dieci anni dopo doveva
essere piuttosto incazzato se aveva chiesto a Tsuna di consegnargli un
biglietto in cui gli chiedeva cortesemente di smetterla di scassargli
le palle con quelle improvvisate poco gradite e di fargli sapere in
qualche modo che diavolo voleva visto che aveva trovato l' ufficio nel
casino più totale e li stava ricoprendo entrambi di
merda con quel comportamento infantile.
L' ultima volta che era stato nel futuro si era limitato a lasciare un
biglietto sulla scrivania del sè stesso più
grande.
"Yamamoto è sposato? "
La risposta era stata una foto sulla scrivania della propria stanza.
----------------------------------------------------------------------------------
HARU DICE:
Eccomi con un nuovo lavoretto, giusto per non allontanarmi troppo dal
fandom, da EFP e soprattutto per mettere su carta -o pc- qualche
ideuccia discreta che giace solitaria -ma neanche tanto- nei meandri
del mio computer.
Mi scuso infinitamente se ho smesso di commentare le storie che
seguivo, se non lo faccio è perchè non ho il
tempo
materiale di leggerle, perdonatemi >.<
Se a qualcuno può interessare ho iniziato a lavorare su un
nuovo
capitolo di Break, ho iniziato a lavorare su un sacco di cose a dirla
tutta e tutte incompiute -.-, ma sorvoliamo. Parlando di questa ff
prevedo di svilupparla in due capitoli in tutto, quindi il prossimo
dovrebbe essere l' ultimo. Mi scuso per eventuali errori di distrazione
o nei tempi verbali, soprattutto per questi ultimi preciso che la ff
dal punto di vista dei verbi, tempi e persone, è stata
cambiata almeno tra volte integralmente perciò abbiate
pietà se qualcosa è rimasta indietro. I
pg forse sono leggermente OOC, non saprei ma mi piaceva immaginare
queste situazioni, per altro probabilmente poco probabili. Il titolo
della storia è quello di una canzone dei Three Days Grace (e
quando mai) su cui ovviamente non ho diritti. Detto
questo, spero che la storia vi piaccia un pochino e decidiate
di
lasciare una traccia del vostro passaggio. Grazie.
Haru.
DISCLAIMER: Katekyo
Hitman Reborn e i suoi personaggi non mi
appartengono ma sono degli aventi diritto.
La storia non
è
scritta a scopo di lucro.
|
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Capitolo 2 *** Parte seconda ***
prova 1
NOTA:
IN QUESTO CAPITOLO SONO PRESENTI DEGLI SPOILER RELATIVI ALLA SAGA DELLA
CERIMONIA DI SUCCESSIONE.
LOST IN YOU
Parte seconda
Perdere tempo è più facile che afferrare il
coraggio a due mani.
Meno male che ci sono i fuochi d' artificio.
Gokudera
aveva accantonato la rivista scientifica in un angolino del divano
sotto il cuscino nuovo che Uri aveva artigliato per dispetto un paio di
giorni prima fino a ridurlo in una massa informe di piume e stoffa
grigia. La rivista era la sua preferita però quel giorno se
l'
era dimenticata, troppo concentrato e masticare da ore la stessa
chewingum insipida e a far stridere i denti tra loro, sospirando ogni
due per tre
a chiedersi se da grande non si era per caso rincoglionito. Teneva la
foto che il sè stesso di dieci anni più tardi gli
aveva
mandato tra l' indice e il pollice di entrambe le mani, squadrandola
con gli occhi di un investigatore che stava maneggiando una prova di
vitale importanza alla ricerca di un indizio. Sempre quella, sempre
quella foto di fronte a Palazzo Vecchio. Che non ne avevano altre?
si ritrovò a chiedersi. Quella lui l' aveva già
vista ma alla fine, tutto sommato, no,
poteva benissimo immaginare che l' idiota non fosse sposato,
allora cacciò la fotografia nella tasca dei pantaloni e
uscì per andare a scuola.
Era bellamente stravaccato sulla sedia mentre il professore distribuiva
i risultati dei compiti in classe.
-Sawada- urlò l' uomo a un certo punto facendo sobbalzare
Tsuna
e il suo braccio destro- tu la volta scorsa non c' eri...- e no, Tsuna
in effetti non c' era e non per colpa sua. La colpa
ovviamente
era di Reborn che gli aveva organizzato un allenamento speciale che lo
aveva fatto finire in ospedale con un braccio rotto (tralasciando
lividi e contusioni varie)- lo rifarai proprio ora- terminò
l'
uomo piazzandogli sotto al naso il test con un ghigno malefico.
Gokudera quella mattina lottò con tutte le sue forze per
poter
restare e supportare il suo juudaime ma il professore e le braccia di
Yamamoto intorno alla vita lo fermarono.
-Su, su Gokudera, Tsuna farà un ottimo lavoro- e intanto l'
idiota rideva- io che dovrei dire? Ho preso un' insufficienza!
-E te ne vanti?!- gli urlò in faccia Gokudera non appena era
riuscito a liberarsi dalla presa
-Yamamoto Takeshi-intervenne il professore dalla porta- in effetti non
c' è molto da andarne fieri. Rifarai il compito la prossima
settimana insieme agli altri tuoi compagni che sono nella stessa
situazione- diede un' occhiata sconsolata verso il ragazzo che all'
interno dell' aula sudava freddo sul foglio di carta davantì
a
sè- suppongo che ci sarà anche Sawada.
Yamamoto e Gokudera rimasero qualche minuto fermi davanti alla porta
dell' aula, poi il più basso si guardò intorno
per il
corridoio affollato di studenti:- Dov' è quella cozz-...-
tossì imbarazzato- Sazuki.
Il moro si mise le mani dietro alla testa:- Aveva gli allenamenti- poi
guardò in aria leggermente crucciato- cavolo,
sarà un bel problema.
Forse dovrei mettermi a studiare- concluse con un sorriso rilassato
-G... già- e a Gokudera in quel momento venne un'
illuminazione.
In teoria si sarebbe dovuto scusare con l' idiota che a quanto sembrava
aveva già dimenticato quello che era successo nei giorni
scorsi.
Al guardiano della tempesta, paranoico com' era, venne l' atroce dubbio
che forse non gliene fregava niente, che in fondo la loro amicizia per
Yamamoto non contasse poi tanto. Colto da questi pensieri era sul punto
di fare dietrofront e scappare. Si era innevosito e un po' per tenersi
impegnato e un po' perchè ne aveva davvero bisogno, aveva
infilato le mani in tasca
alla ricerca di una sigaretta ma quello che le sue dita sfiorarono
invece fu l' angolo spiegazzato di un foglio sottile. Rimase un momento
fermo in quella posizione a fissare il pavimento mentre Yamamoto
blaterava qualcosa -probabilmente di insensato- e indeciso sul da
farsi,
sfregò un poco le dita sulla foto per darsi coraggio:- Ma...
tu
dovresti essere incazzato- disse alla fine dando voce ai
suoi dubbi.
Yamamoto sorrise:- Non mi piace litigare con la gente. E poi lo sai,
non riesco ad arrabbiarmi con gli amici.
Noi non siamo amici, avrebbe ululato di solito il guardiano, ma le
circostanze quella volta erano leggermente diverse, era teso, i
pensieri altrove eppure concentrati proprio nella persona che aveva
davanti: -Giusto, giusto- annuì- giusto- ripetè
prima di
rivolgergli l' abbozzo di un sorriso indeciso- se vuoi ti aiuto a
studiare.
L' espressione di Yamamoto si fece sorpresa e poi sollevata. Quello non
era Gokudera Hayato pensò in un primo momento, poi si
ricordò che Natale era vicino e che tutti, forse anche
Gokudera, erano più buoni:- Grazie,
Gokudera, con il tuo aiuto mi sento più tranquillo! Sono
sicuro
di farcela.
-Non farti idee strane, idiota!
Casa Gokudera quel giorno era stata pulita accuratamente. Il
suo proprietario aveva aperto le finestre per far arieggiare le stanze
nonostante il freddo polare proveniente dall' esterno, aveva passato l'
aspirapolvere, spolverato, lavato il pavimento, aveva infilato il piede
a mollo al secchio nel disperato tentativo di far rientrare Uri nel suo
Vongola box, aveva persino riempito il frigo e la dispensa deserti e
ora si stendeva semidistrutto sul divano per due minuti fino all'
esatto istante in cui il campanello non aveva iniziato a suonare.
Gokudera
fu sul punto di inveire contro la porta dimentico di quanto aveva
sfacchinato fino a quel momento e per chi, un secondo trillo
lo
convinse ad alzarsi e ad andare ad aprire. Yamamoto lo guardava un po'
perplesso:- E' un bel grembiule- commentò indicando il
tessuto a
coniglietti colorati del guardiano e rabbrividendo una volta varcata la
soglia- fa freddino-aggiunse dopo uno starnuto.
Gokudera aveva sollevato le punte del grembiule contemplandolo
attentamente prima di arrossire come un peperone e toglierselo di dosso
simile a una belva impazzita, poi con insolita calma andò a
chiudere
le finestre borbottando- Avevo caldo.
-Mio padre ti manda del sushi
-Ringrazialo da parte mia. E siediti.
I due ragazzi avevano trascorso le ore successive lavorando spalla a
spalla, poi Yamamoto aveva iniziato a raccogliere le sue cose
ringraziando infinitamente l' amico. Alla fine lo smokin' bomb gli
afferrò la manica della camicia guardandolo accigliato:-
Mangia
qua.
Yamamoto sollevò le sopracciglia spiazzato dal comportamento
insolito del guardiano.
-Quel sushi è troppo per me- si affrettò a
spiegare.
Gokudera guardava Yamamoto mangiare e pensava che quello era il momento
adatto per dichiararsi a costo di ucciderlo rischiando di fargli
andare la cena di traverso.
-Domani posso venire di nuovo?
Poi questa domanda stupida lo aveva fatto desistere, aveva
annuito col capo pensando che per parlare di quello c' era
tempo, che
se si fosse dichiarato in quel momento l' idiota non sarebbe
più
andato a studiare da lui, che magari qualcosa sarebbe cambiato, che non
sarebbero più potuti stare da soli. Per dirgli i propri
sentimenti
c' era tempo, era meglio sfruttare quello che avevano a disposizione
serenamente senza il rischio di rovinare tutto quanto.
Il giorno dopo i due guardiani avevano saputo che anche il compito di
Tsuna era andato male e alla fine avevano deciso di studiare tutti
insieme. Gokudera per un attimo il giorno prima si era dimenticato del
suo Juudaime, inutile dire che si era sentito parecchio in colpa, si
era dato del verme strisciante di fronte a uno Tsuna particolarmente
stupito -e terrorizzato- dal comportamento del suo autoproclamato
braccio destro, sì, perchè era dovere
di un
perfetto braccio destro quale era Gokudera Hayato aiutare il boss a
studiare. Non sarebbe
stato più da solo con Yamamoto ma almeno, si
consolò,
Sazuki non era tra le scatole.
Quando era arrivato il Natale non molto dopo il guardiano della
tempesta della decima generazione si era reso conto
di avere sprecato l' occcasione di parlare con l' idiota. Dopo il
compito Sazuki la stronza sembrava essere ritornata alla carica
più agguerrita che mai.
Bianchi gli aveva fatto notare che il 25 dicembre era la festa degli
innamorati, lei, si scusava con il suo fratellino, l' avrebbe passata
con il suo amato Reborn.
Dalle sue parti il Natale era una festa religiosa e si passava in
famiglia, per gli stupidi innamorati c' era il quattordici Febbraio.
Nonostante ciò lo smokin' bomb, che religioso lo era sempre
stato ben poco e che si sentiva in tutta onestà,
più
giapponese che italiano -tranne quando doveva imprecare in maniera
particolarmente colorita- non potè fare a meno di chiedersi
con
chi l'
avrebbe passata lui quella festa ridicola. Accese la televisione e
sprofondò sul
divano dando un' occhiata al suo Vongola box. Qualche secondo dopo Uri
rompeva il vaso sul tavolo.
Il
cellulare del ragazzo squillò nel tardo pomeriggio,
all' altro capo del telefono il suo juudaime gli chiedeva che fine
avesse fatto.
-Prego?
-Gokudera-kun, è tutto il giorno che provo a cercarti. Io e
gli
altri siamo riuniti a casa mia per festeggiare. Ci sono quasi tutti.
Al ragazzo scappò un sorriso commosso dalle labbra:- Sto
arrivando, juudaime. Grazie juudaime.
Gokudera
quando varcò la soglia di
casa Sawada comprese in
maniere cosciente cosa significasse far parte di una famglia, e di una
numerosa per giunta, con un sacco di fratelli, di sorelle e di parenti
più o meno acquisiti. Tutte persone con cui sorridere,
litigare
o star male. Gokudera relizzò di avere una fede, era la
stessa
fede che lo accomunava al suo boss, all' idiota, all' altro fissato
della boxe, persino a Lambo e più in generale a tutta la
gente
riunita -e non- in quella stanza.
La
famiglia è la mia fede, avrebbe risposto ciascuno di loro se
gli avessero chiesto il proprio credo, la ragione per
lottare, per
non arrendersi, quella per cui erano diventati i Vongola e combattuto
contro tanti nemici.
Era alzarsi la mattina e sapere che tutti sarebbero stati
lì,
che
Gokudera e Yamamoto avrebbero litigato -questo almeno secondo il punto
di vista del primo-, che Lambo avrebbe puntualmente combinato qualche
casino, che Reborn avrebbe fatto penare Tsuna con qualche idea
strampalata, che Ryohei si sarebbe messo a gridare al'
estremo con
i pugni rivolti verso il cielo
impegnandosi -ugualmente all' estremo- in ogni cosa che avrebbe fatto,
che Hibari e
Mukuro se le sarebbero date di santa ragione finchè Chrome
non
sarebbe apparsa timidamente al posto dell' illusionista, che Haru,
Kyoko, Bianchi
e I-pin si sarebbero prese cura lei, che Fuuta li avrebbe
aggiornati con infallibili classifiche, che Dino sarebbe venuto dall'
Italia senza inciamapare nelle proprie scarpe perchè acanto
a
lui c' era
Romario, che Nana infine avrebbe aperto la porta di casa a tutti loro
pensando che era ora di andare a comprare qualche altra sedia.
Nana
non si chiedeva mai chi fossero gli
strani personaggi che varcavano la soglia di casa sua, li accoglieva
sempre con un sorriso e un piatto caldo in tavola. Aveva accolto
Reborn, Bianchi, Lambo, I-pin e Fuuta come se fossero stati dei figli e
le
piaceva sentirsi chiamare mamma da tutti quei bambini più o
meno
cresciuti, le piaceva la confusione che regnava sovrana in quella casa
che per anni, con Iemitsu lontano, era stata riscaldata solo dalla
presenza sua e di Tsuna, non avrebbe scambiato quel suo piccolo
paradiso -caotico, rumoroso, una specie di guaio perenne e ambulante-
con
nulla al mondo.
Gokudera la guardò in mezzo a tutta quella confusione.
Arigatou, disse mentalmente a quella donna, al suo Juudaime, a sua
sorella, a tutti indistintamente, persino a Lambo anche se lo aveva
fatto cadere per terra e ora stava tirando fuori una bomba a mano che
era caduta sulla torta al centro della tavola.
Ca-boom. Fuochi d' artificio a Natale a casa Sawada.
L' unico che sembrava mancare all' appello per godersi quel
calore incasinato era
Yamamoto. Qualche ora dopo Gokudera aveva saputo che lui e
Akari
erano fuori per una romantica cenetta. Sperò che gli
venisse un' indigestione. L' idiota aveva sprecato una serata come
quella, una loro serata,
con la sua famiglia, per stare con quella cozza.
***
Akari,
è solo innamorata.
Ma Yamamoto
Takeshi... di chi è innamorato?
Akari
aveva sciolto i capelli,
ora castani, sulle spalle. Aveva tolto le lenti a contatto e le unghie
finte, aveva indossato un vestito rosa pallido e un paio di stivali non
troppo alti sotto il giubbino marrone, il trucco sul viso era leggero.
Quando Gokudera l' aveva vista a fine serata aveva dovuto riconoscere
che in effetti non era propriamente da buttare. Si chiedeva solo il
perchè di quel cambiamento. Personalmente si ricordava una
spilungona che di vero probabilmente aveva solo le tette -ammesso e non
concesso che non fossero imbottite con la cartaigienica- e ora si
trovava
davanti una comunissima ragazza, con comunissimi capelli castani,
altrettanto comuni occhi scuri e unghie non troppo lunghe. Nonostante
fosse spiazzato per quel cambiamento gongolò di piacere
nell'
appurare che le sue teorie su quella falsissima bionda si fossero
rivelate vere. Ora Yamamoto l' aveva vista al naturale, magari non gli
sarebbe nemmeno più piaciuta. Gokudera dovette ammettere
però che probabilmente in quello non ci doveva sperare
troppo
visto come l' idiota la guardava soddisfatto. Poi notò che
le ragazze
avevano trascinato Sazuki la befana da parte tempestandola di domande
sui motivi di quel cambiamento improvviso.
-A me piaceva essere diversa- aveva ammesso Akari- giocare col colore
dei miei capelli, con gli occhi e le unghie. E poi sembravo anche
più bella forse, mi distinguevo. La gente mi notava.
-Adesso però non sei poi così diversa da
qualsiasi altra ragazza giapponese- le aveva fatto notare Bianchi.
Akari aveva semplicemente annuito guardando in direzione di Yamamoto:-
Non devo più farmi notare- aveva concluso.
Yamamoto sapeva che Akari amava cambiare, contrariamente a quanto
Gokudera pensasse aveva capito che la sua ragazza non era bionda e che
i suoi occhi non erano azzurri lo aveva scoperto molto presto. Quando
Akari si era accorta con orrore della ricrescita scura ai capelli si
era
rifiutata di uscire di casa per giorni, Yamamoto le aveva comunque
fatto una sorpresa andando a trovarla.
-Io non credo che sia necessario cambiare qualcosa di noi per farci
notare- le aveva detto appoggiando il palmo della mano sotto il mento
appollaiandosi con un sorriso pigro alla scrivania della sua stanza- se
la gente ci nota
è perchè qualcosa di noi, qualcosa di nostro, la
colpisce. Poi se ci piace... uhm... giocare con il nostro aspetto
perchè è divertente è un altro
discorso.
-A me piace giocare con il mio aspetto... in parte. Ti piacerei anche
se fossi normale?
Il ragazzo aveva annuito vivacemente prima di spostare la sua
attenzione -e la sua risata divertita- sul maialino di pezza alle
spalle di Akari.
Yamamoto non aveva mai portato una ragazza fuori a cena, non aveva mai
avuto una ragazza a volere essere precisi, non era mai stata una cosa
prioritaria o interessante per lui, nessuno aveva mai catturato la sua
attenzione tanto da fargli desiderare qualcosa di più di una
semplice amicizia da parte di una delle tante rappresentanti dell'
altro sesso che lo circondavano a scuola. Prima di allora erano contati
il baseball e gli amici. Prima di allora solo una persona aveva
attirato
la sua attenzione e non era di certo una ragazza. A quel pensiero il
guardiano della pioggia scoppiò in una risata genuina, una
ragazza di nome Gokudera non sarebbe di certo passata inosservata e non
propriamente per la sua bellezza, non che non lo fosse, eh! Ma Gokudera
aveva un carattere molto... particolare.
Lui e Akari erano stati a
cena, avevano fatto un giro per la città, guardato le
bancarelle
e infine erano andati a casa di Tsuna. Il ragazzo però aveva
l' impressione che la serata non fosse ancora finita. Akari gli
aveva fatto sapere -balbettando- che i suoi genitori erano a Tokyo.
Sottotitolo: La casa è vuota. Sottotitolo al sottotitolo:
siamo
soli. Messaggio subliminale: Ho un letto e potremmo spingerci oltre i
bacetti.
Sì, perchè in effetti sotto le coperte o sopra,
Akari e
Takeshi non si erano spinti oltre ai baci e le carezze e Yamamoto
doveva riconoscere che le occasioni non erano mancate.
La casa di Akari era particolarmente silenziosa, la ragazza entrando
accese la luce dell' ingresso e si tolse le scarpe, afferrò
la
mano di Yamamoto nella sua guardandolo con un sorriso disegnato sulle
labbra, poi si voltò guidandolo verso il piano di sopra.
Takeshi
mentre saliva le scale
si allentò il nodo alla cravatta e no, non era
perchè
sentiva caldo o perchè avesse intenzione di spogliarsi, non
era
abituato alla cravatta, non sapeva nemmeno farsi il nodo. Di solito
glielo faceva Gokudera. Il guardiano della pioggia si sentiva a
disagio. Si sedette sul pavimento togliendosi la giacca e buttando in
un angolo la famigerata cravatta. Si vide le gambe di Akari a un palmo
dalla
faccia e poi il viso della ragazza di fronte al suo e le labbra
schiacciate contro la bocca. Oh Kami,
qualsiasi uomo sarebbe stato felice al suo posto. Respirò a
fondo svuotando la mente e rilassandosi, toccò le gambe di
Akari, le accarezzò, raggiunse le cosce e la fece stendere
sotto
di sè, la abbracciò, chiuse gli occhi
abbandonandosi ai
sensi, muovendo la lingua contro la sua, leccando le labbra, mordendole.
-Takeshi- la voce di Akari tremava, un sussurro. Era sempre bello
sentire le sue grandi mani sulla pelle, la eccitavano. La sua presenza
la eccitava e allo stesso tempo la faceva sentire protetta di solito,
ora però era un momento importante, di quelli che ricorderai
sempre e lei avebbe voluto ripensarci con sollievo e
felicità,
potersi dire che no, non lo aveva fatto sui sedili posteriori di una
macchina o nel bagno della scuola o a una festa mezza ubriaca, ma che
era stato romantico, su un letto morbito e in una casa che risuonava
solo
delle loro voci, con il ragazzo di cui era innamorata persa. Un po' di
sicurezza in più non le avrebbe fatto male anche
perchè
Marika aveva borbottato che la prima volta faceva davvvero schifo, una
sua compagna di scuola si era lamentata di non aver sentito
niente perchè il suo ragazzo le era venuto addosso
ancora
prima di iniziare e Aya, la sua compagna di banco le aveva confessato
che faceva parecchio male.
Yamamoto avrebbe voluto guardarla, accarezzarle il viso e rassicurarla,
avrebbe voluto sorriderle e dirle di non preoccuparsi, che tutto andava
bene, che sarebbero stati bene tutti e due. Ma non ci riusciva
perchè in realtà non c' era
niente che andasse bene, se avesse aperto gli occhi aveva la brutta
sensazione che non si sarebbe sentito affatto bene. Sospirò
pesantemente smettendo di baciarla, sentiva le mani di Akari che gli
accarezzavano i capelli fermarsi. Non poteva farle questo. Si
alzò sorridendole imbarazzato:- Scusami.
Akari lo guardò stralunata prima di realizzare e sedersi a
gambe incrociate di fronte a lui:- Ah, ho capito.
Non fa niente. Capita. Di solito sono le ragazze a non voler fare
questo passo- rideva nervosamente- capita, no? L' importante
è
che mi vuoi. Non mi hai detto ti amo, Yamamoto, e va bene, è
giusto, apprezzo la tua sincerità. Forse non vuoi fare l'
amore
con una persona che non ami, è una bella cosa, sai? Ma io
ora
vorrei sapere se davvero vuoi stare con me. Cosa provi. Sai,
è
normale che a una ragazza vengano le paranoie in un caso del genere.
Yamamoto la guardava dispiaciuto e con aria colpevole, la ascoltava
parlare, sfogarsi, chiedere delle risposte.
-Tu mi piaci. Mi piaci tanto Akari.- era vero- Ma non posso fare questo
passo.- era vero anche questo ma non voleva, non è che non
ci riusciva, non era mica stupido, spiegarsi il perchè.
-Yamamoto, ne sei sicuro? Che ti piaccio? Perchè c'
è una
bella differenza tra essere amici e fidanzati di una persona. I motivi
delle due cose sono ben diversi.
-E allora che hai fatto?- aveva domandato Marika mentre Akari chiudeva
l' armadietto negli spogliatoi della palestra.
-Che dovevo fare?
-Io lo avrei lasciato- ammise Aya abbassando lo sguardo, per lei
ricevere picche dal suo ragazzo era più che un' offesa bella
e
buona, fonte di migliaia di paranoie.- i ragazzi non si fanno scappare
certe occasioni.
-Takeshi è diverso- aveva sorriso Akari- non pensa solo col
suo...- aveva guardato in alto, le guance rosse di imbarazzo- pene-
aveva concluso.
Marika aveva iniziato a ridere:- O dio, quanto sei pudica!
-Insomma, Akari, ti sei sfogata con noi, ci hai raccontato la tua
serata per filo e per segno ma non ci hai ancora detto che hai
intenzione di fare- incalzò Aya spazientita.
Akari sospirò afferrando il borsone e mettendolo sulla
panca:-
Sono sicura che Takeshi mi voglia bene, il nostro rapporto è
perfetto. All' inizio ci sono rimasta malissimo, ho pensato di non
essere abbastanza bella per lui, però pensandoci capisco che
non
abbia voluto... insomma, mi ha detto chiaramente che vuole amarla una
persona. Volerle bene non basta.
-Non ti fa male?- aveva chiesto Marika
Le labbra di Akari si erano incurvate in un sorriso triste:-Tanto, ma
mi accontento anche così.
***
Gokudera
non aveva -quasi- mai pregato in vita sua, ora però sperava
in un miracolo.
Era
il secondo che chiedeva nella sua giovane vita e riguardava sempre
quella persona.
Era
stata sempre così importante e se ne accorgeva solo ora?
Gokudera
si era svegliato all'
improvviso dopo aver fatto un sogno, un brutto, brutto sogno e quella
sera mentre andava al tempio con tutti i suoi amici guardava in tralice
Yamamoto accanto a lui, le mani giunte e l' espressione concentrata. Si
era chiesto per chi o per cosa l' idiota stesse pregando per il nuovo
anno. Unì le mani con un battito deciso e abbassò
il capo
assumendo un' espressione seria e accigliata:
"Spero che il juudaime stia bene, che i Vongola siano sempre forti e
uniti, che la mia
famiglia e le persone a cui... uhm... amo (ma questo lo
pensò
veramente sotto voce) stiano sempre accanto a me. E di potermi
dichiarare a quell' idiota del baseball, anzi, siccome questo lo
farò sicuramente, spero che possa diventare il mio...il
mio...
ci siamo capiti no?!"
Yamamoto si girò verso Gokudera domandandosi isitintivamente
come mai il ragazzo si agitasse così tanto e il
perchè
del rossore acceso sul viso e della smorfia crucciata assunta dalle
labbra.
Gokudera aveva chiesto un piccolo miracolo. Gokudera quel giorno si era
ricordato che non pregava mai, che non entrava in una chiesa cristiana
da più o meno una vita, che i sacerdoti e le suore gli
facevano
una spiccata antipatia fin da piccolo quando si sentiva agitato per via
dei loro abiti
scuri e della faccia severa. Gokudera non credeva in niente che non
fosse reale, si vantava di non avere dei, di non avere credo che non
fosse la famiglia, il boss. Eppure si era ritrovato a pregare per ben
due volte quando ne aveva avuto più bisogno, quando la
situazione gli era sfuggita di mano e si era fatta disperata. Quella
notte giungeva
le mani in preghiera per un ragazzo, lo stesso ragazzo per cui era
entrato in una cappella diroccata neanche troppi mesi prima.
E quella mattina si era svegliato così, con un sogno che gli
ricordava il momento peggiore della sua vita, quello in cui aveva
creduto di aver perso tutti i fili che lo tenevano legato a Yamamoto
Takeshi, quando tutti quei fili splendenti erano diventati rossi
mescolandosi col sangue che era stato versato, era il momento in cui
aveva creduto di vederlo bianco all' improvviso,
con gli occhi chiusi e il cuore fermo. E il sorriso spento.
Perchè i morti non sorridono, non possono.
Gokudera si era ricordato di quando aveva saputo che un nemico
misterioso aveva colpito il guardiano della pioggia riducendolo in fin
di vita. Lui stesso si era preso la responsabilità di
avvertire
Sawada Tsunayoshi, ingoiando le lacrime e stringendo il telefono tra le
dita. Quel giorno c' era solo Yamamoto su un letto -e non
rideva-, il
bip ritmico dei
macchinari e la stanza spoglia di un ospedale. C' era il puzzo del
disinfettante e gli armadietti d' acciaio, le lenzuola bianche come il
pallore
sul viso del ragazzo che vi era disteso, le bende sul corpo e l'
espressione seria, i medici che parlavano fuori dalla porta facendo
ampi cenni negativi col capo. Che stavano cercando di dire dire? Che
non ce l' avrebbe
fatta?, si era chiesto Gokudera pensando a quanto fossero idioti a
pensare una cosa così stupida.
E alla fine di tutto c' era lui che non
sapeva se osservarlo incredulo disteso su quel letto o mettersi a fare
casino e distruggere
tutto quanto. Magari si sarebbe anche svegliato. Silenzio, urla,
silenzio, urla... tutto si era alternato
nei pochi giorni precedenti alla partenza per la battaglia. Hayato
Gokudera era instabile e la stanza di Yamamoto e chiunque si trovasse
nei paraggi finiva inevitabilmente per ritrovarsi al centro esatto di
una tempesta imprevedibile. Gokudera pensò ad Akari e a
Yamamoto
riflettendo che non doveva essere certo lei a stringere la mano dell'
idiota vivo e sorridente, no, visto che andava a lui il merito -l'
onore, il bisogno e il dolore- di avergli tenuto strette le dita tra le
sue mentre era in coma sussurrandogli
quanto fosse idiota a non svegliarsi. Gli aveva bagnato il polso con le
lacrime che non smettevano mai di scendere imprecando e arrabbiandosi
con lui per averli lasciati tutti quanti nella merda. Era incazzato con
Yamamoto perchè quella volta sembrava volersene andare e
lasciarlo indietro. Pensava migliaia di volte che non lo avrebbe
più rivisto, che il suo corpo non si sarebbe più
mosso,
che se i macchinari non lo avessero più tenuto attaccato
alla vita... lui non lo
avrebbe più visto, nè sentito. Non ci sarebbe
più
stato, non sarebbe più esistito.
Gli aveva tenuto la mano e lui non lo sapeva, ci aveva pianto addosso,
l' aveva baciata, l'
aveva fatta muovere sulle sue guance o tra i suoi capelli come un pazzo
che non si sarebbe mai rassegnato. In quei giorni pensava solo al
peggio e allo stesso tempo si faceva forza sbraitando che l' idiota era
forte, che per i suoi amici avrebbe sconfitto anche la morte. Ci
sperava davvero.
-Gokudera, vieni a mangiare qualcosa- gli aveva detto Tsuna mettendogli
una mano sulla spalle e indicando la porta della stanza su cui si
affacciavano gli amici preoccupati.
Il ragazzo aveva buttato uno sguardo a Yamamoto, si era alzato
mordendosi le labbra e stringendo i pugni:- Non li perdonerò
mai.-
Cercava la vendetta e la giustizia e pregava che il guardiano disteso
sul letto si svegliasse. Ci sperava proprio, non solo per
sè,
ma anche per la salute dei bastardi che lo avevano ridotto
così.
O la loro morte sarebbe stata dolorosa. Infernale.
Gli avevano detto di tornare a casa e di prepararsi velocemente per la
partenza imminente. Gokudera si era infilato le mani in tasca
camminando con aria assente, gli occhi erano rossi e gonfi, le occhiaie
violacee e il corpo smagrito urlavano a gran voce una tregua da tutto
quell' inferno, chiedevano del cibo, una dormita... e il sorriso di
Yamamoto Takeshi. Aveva
preso una strada che gli era parsa più breve, un po' per
affrettare i tempi e un po' per evitare le occhiate dispiaciute o
compassionevoli della gente -le odiava proprio-ed era passato per il
vecchio giardino dell' ospedale. Il terreno era incolto e pieno di
erbacce, di fiori che crescevano ovunque e di spine che ogni tanto li
soffocavano, il sentiero in pietra era ancora visibile e tutto sommato
piuttosto ampio nonostante le pietre rotte ogni tanto a cui doveva
stare attento. A un certo punto la strada si divideva
allungandosi verso destra in un mosaico sbiadito di colori che dovevano
essere stati assai sgargianti, la via secondaria, breve, indicava allo
sguardo un piccolo edificio abbandonato. Gokudera guardò
prima i
ciottoli sotto ai suoi piedi, fissò le due vie che aveva
davanti
e poi quello scheletro di cemento e mattoni alla sua destra, i
piedi che si mossero istintivamente verso quella specie di
rudere. C'
era ancora il campanaccio e la croce arrugginita un poco piegata su
sè stessa, la porta era stata tolta e buttata malamente in
mezzo
all' erbaccia. Gokudera si mise una mano sul naso e aguzzò
la
vista aspettandosi il fetore dell' abbandono e qualche topo o qualche
serpente in mezzo ai banchi, eppure lì dentro non sembrava
esserci nulla di tutto ciò. L' interno era perfettamente
integro o
quasi eccetto alcuni mattoni sollevati e qualche banco più
vecchio degli altri. Tutto, dai banchi in legno, all' altare,
era ricoperto con immensi teli bianchi che preservassero quel luogo
dalle intemperie del tempo. Gokudera emise uno sbuffo. Che cosa
stupida,
come se bastassero quattro lenzuola.
Guardò l' immagine davanti a sè, una semplice
pittura che
rappresentava qualche a santo a lui sconosciuto. Tolse un telo
impolverato e si sedette su una
delle panche all' ingresso sollevando la polvere e sentendo il rumore
del legno marcio sotto di sè. Aveva intrecciato le mani sul
grembo e alzato lo sguardo sulla croce al di sopra dell' altare:-
Ascoltami bene- fece una piccola pausa, indeciso su cosa dire e molto
più probabilmente sull' idea di alzarsi e andare via- io non
prego
mai- continuò ritenendo che perso per perso, tanto valeva
tentare
tutto- e non so se tu sia Dio, un Kami qualsiasi, Budda o Allah. Non so
se tu sia uno o siate cento e onestamente non mi interessa. Forse sono
troppo arrogante... sono fatto così, non riesco a chiedere
le
cose in maniera troppo gentile. Quello è Takeshi Yamamoto,
l' idiota che è ricoverato sul letto nell' ospedale qui di
fronte- allungò il braccio indicando con l' indice la porta
inesistente mentre di soppiatto gli occhi si riempivano di lacrime che
si
affrettò ad asciugare- Idiota non è proprio una
parolaccia, si può dire
vero?
Gokudera si fermò un secondo, sbuffò, forse stava
parlando col niente e iniziava a supporre di essere impazzito:- Spero
che qualcuno mi ascolti perchè mi sto rendendo ridicolo- si
voltò verso la porta appurando che non ci fosse nessuno. A
ben
pensarci doveva ammettere che in effetti non si sentiva ridicolo, non
sentiva niente, non c' era nessuno. Solo un dolore al centro del
petto. :- Fa male-
singhiozzò- non so nemmeno cosa ci sia dall' altro lato. L'
altro giorno, quando ho saputo cosa era successo a Yamamoto ho avuto
paura della morte. No, non per me. Per lui. Non voglio che gli accada
qualcosa di... brutto. Non morirà vero?- strinse le labbra e
gridò- Voglio sentire la sua
risata! Voglio le sue mani, che si alzi da quel fottuto letto, voglio
vederlo giocare, combattere al mio fianco.... lo voglio
sentire, parlarci, voglio incazzarmi con lui. Con nessun altro,
con lui.- il ragazzo si piegò maggiormente sulle ginocchia,
la voce che era diventata un sussurro ad ogni parola, la
fronte che toccava le mani strette tra loro come se stringendole di
più potesse trasmettere più velocemente la sua
preghiera:- Fatelo vivere.
Somehow
I found
a way
to get lost in you
Let me inside
Let
me get lose to you
change
your mind
I' ll
get lost
If
you want me to
Somehow
I found
a way
to get lost in you
In qualche
modo ho trovato
un modo per
perdermi in te
tienimi dentro
lasciami arrivare vicino a te
cambia idea
io mi perderò
se tu lo vorrai
In qualche modo ho trovato
una via per perdermi in te.
-Ehi Yamamoto, devo parlarti.
Il guardiano della pioggia si scusò con Akari e
andò
verso Gokudera. Il tono e lo sguado accigliato non promettevano nulla
di buono. Camminarono in silenzio in mezzo alla folla che si era
riunita al tempio.
-Andiamo a scuola- Gokudera lo precedette facendogli cenno con la mano.
-Go-Gokudera... non mi sembra una buona idea- tentò di
convincerlo Takeshi- Hibari ci ammazza sul serio questa volta.
-Tch. Cammina, idiota.
Il guardiano della tempesta aprì la porta della palestra
deserta, la fiamma dell' accendino brillò nel buio- qui no-
disse
richiudendosi la porta alle spalle- troppo buio.
Ovviamente di accendere le luci non se ne parlava proprio, non era
così stupido da farsi scoprire da Hibari.
-Saliamo sul tetto.
Di solito le dichiarazioni si fanno lì, no? Oppure in
giardino. Gokudera ci ripensò:- Meglio andare in classe.
Sì, perchè di solito quel teppista se ne sta sul
tetto, si disse saggiamente.
Yamamoto da parte sua non ci stava capendo più niente, si
limitava a seguire l' altro guardiano senza dire niente e senza fare
domande. Lo avrebbe seguito sempre, poco importava il perchè
o
la destinazione.
Hayato Gokudera non era mai stato particolarmente bravo con le parole,
meglio dire che la diplomazia non era mai stata il suo punto forte,
non a caso era il guardiano della tempesta della decima generazione dei
Vongola, più incline all' azione e meno alle parole. Le
probabilità che lui parlasse in maniera calma e civile erano
pari a quelle che aveva Yamamoto di risolvere un' equazione di secondo
grado, ovvero più o meno nulle. Fare una dichiarazione
poi...
Impossibile.
E così aveva respirato a fondo guardandosi intorno guardingo
e
pensando che sì, l' atmosfera poteva andare anche bene. La
classe era vuota e pulita, i banchi perfettamente ordinati, la luce era
data dall' enorme luna nel cielo, in sottofondo, come una musica,
sentivano il brusio della gente, fuori. Era un bene che ci fosse la
luna, contribuiva a dare un tocco di romanticismo e malinconia al
tutto. Gokudera si battè il palmo della mano sulla fronte.
Stava
facendo dei pensieri assurdi oltre che, almeno dal suo punto di vista,
osceni. Yamamoto dal canto suo rimaneva in religioso silenzio
seguendolo ovunque andasse, e così quando l' albino
andò
alla finestra sfregandosi il mento fece lo stesso.
Gokudera sentì la presenza di Yamamoto alle spalle, si
girò di scatto:- La smetti di seguirmi?!
Il ragazzo di fronte a lui inclinò lievemente la testa
sciogliendosi in una grossa risata:-Ma se mi hai chiesto tu di venire
con te, Gokudera!
-S..sì, è vero- borbottò l' altro
stringendo i
pugni e guardando fuori dalla finestra- però non fare casino
o
quell' invasato ci scoprirà.
-yosh. - Yamamoto si appoggiò al banco- di che volevi
parlarmi?
L' altro guardiano si era girato verso di lui ma non parlava e allora
l' atleta
iniziò a pensare che forse la cosa era più seria
di
quanto pensasse. Aprì la bocca per dire qualcosa ma si
trovò le mani di Gokudera che gli stringevano delicatamente
il
viso, le labbra schiacciate timidamente sulle sue, il suo corpo che
travolgeva il proprio, la gamba tra quelle di Yamamoto, una delle mani
che abbandonava la guancia per arrivare al finaco e stringere la
maglietta.
Yamamoto dischiuse maggiormente le labbra, chiuse gli occhi avvertendo
uno strano calore nel corpo, come fuoco che delicatamente gli bruciava
le vene, le sue mani
si legarono prima ai fianchi di Gokudera, poi lo
abbracciò, stringendolo a sè in una stretta che
non
credeva reale. L' aveva sognata da una vita. Gokudera gli si mosse
contro
facendolo sedere sul banco e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Iniziarono a baciarsi in maniera frenetica, a toccarsi cercando di non
rompere il contatto tra le labbra. Doveva essere così,
doveva
essere proprio così da sempre.
All' improvviso il cielo e la stanza non furono più bui.
Percepirono addosso a loro delle luci più forti, i rumori
sordi
dei botti dall' esterno, i fuochi d' articficio che illuminavavano il
cielo accogliendo il nuovo anno e interrompento quel momentaneo
abbandono.
-G... Gokudera- la voce di Yamamoto uscì strozzata, si era
fermato all' improvviso e aveva abbassato il capo allontanando il
ragazzo da lui -
scusa- aveva detto riabbottonandosi la camicia. Scese dal banco e si
allontanò un po' dall' altro, parlò lentamente,
in maniera
quasi meccanica, misurando ogni parola e separandole da pause infinite-
non... posso. Un tradimento, non posso.
Gokudera lo guardava, avrebbe potuto urlargli contro come faceva
sempre, avrebbe potuto dire qualcosa, sparare veleno e ferirlo, solo
che
in quel momento non ci riusciva, non voleva ferirlo:- vai dagli altri.
Yamamoto aveva annuito dandogli le spalle, aprendo e richiudendo
silenziosamente la porta.
Hayato si sentiva le labbra pulsare, sulla pelle ancora il contatto con
le sue mani, davanti agli occhi lui che si allontanava e la sua voce
che diceva non posso.
"Sei troppo corretto, idiota"
Ma non era solo quello, Gokudera sapeva benissimo che avrebbe potuto
chidere a Yamamoto di lasciare Sazuki o magari poteva proporglielo lui
stesso. Niente di tutto questo era accaduto. Per quanto lo riguardava
aveva sbriciolato fin troppo il suo orgoglio. Ma lui, Yamamoto,
perchè lo baciava così e poi diceva no?
***
The pain of
it all
the rise and the fall
I see it all in you
Now everyday
I find myself sayin'
I want to get lost in you
I' m nothing without you
Il dolore di tutto questo,
l'
ascesa e la caduta
lo
vedo tutto in voi
Ora
tutti i giorni
mi
ritrovo a dire
che
voglio perdermi in te
che
non sono
niente senza di te
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Haru dice:
Ho un paio di precisazioni da fare, la prima riguarda il nostro
Yamamoto. Yamamoto di chi è innamorato? O meglio, Yamamoto
è innamorato di qualcuno? Dal mio punto di vista
sì ma ho
voluto mettere un pochino di confusione. Per quanto riguarda il suo
rapporto con Akari, per quanto mi riguarda in ogni rapporto,
soprattutto adolescenziale c' è una fase del tipo: io ti
piaccio
e tu mi piaci, non è amicizia ma potrebbe essere qualcosa di
più. Mettiamoci insieme e vediamo come va", ovviamente ve lo
dico in maniera mooolto sintetica e semplicistica ma tant'
è.
Tra Akari e Yama c' è un rapporto del genere. Si piacciono.
Punto. Akari si è presa una cotta, il nostro adorato atleta
non
è arrivato a questa fase ma... c' è un ma
soprattutto
perchè si tratta di Yama-senpai... Yamamoto tiene a lei e le
vuole bene, non la sta prendendo in giro, il suo è un
affetto
genuino per davvero, e proprio perchè le vuole bene e con
lei
male non sta, si sente in un certo senso legato a lei. Ovviamente
Yamamoto deve mettere un poco le cose in chiaro. Io stessa so che
questa titubanza -non dico confusione perchè Takeshi tutto
sommato sa quello che vuole- non fa parte di Yamamoto ma neanche farlo
tirare dritto per la sua strada e pace al suo rapporto con Akari in
maniera troppo semplice lo è.
Il secondo punto è relativo alla preghiera di Gokudera.
Questa
parte è più che altro un extra. Non ci doveva
essere,o
meglio doveva essere più contenuta e appena accennata e
doveva
far parte di una shot a parte ma per qualche arcano motivo questo
polpettone è finito qui. Chiamiamola ispirazione
-più o
meno- e mi auguro che il citato polpettone non sia stato sgradito,
terrificante e fuori luogo. Ho deciso di tenerlo alla fine anche per
rendere meglio il rapporto tra i due e i pensieri molteplici che si
possono fare in una situazione come quella descritta in questa ff, con
il terzo incomodo di mezzo la mente vola ovunque, ricorda ogni
esperienza con l' altra persona, ci si dice "io dovrei essere al suo
posto perchè...", un po' come fa Gokudera.
Infine vi avviso che non finisce qui, contrariamente alle mie
previsioni questa storia vedrà un terzo capitolo decisamente
più breve rispetto agli altri, molto ma molto più
breve.
o_O Chiamiamolo pure una specie di epilogo, mi auguro che
questo
capitolo non sia riultato troppo noioso, non sono abituata a scrivere
cose così lunghe -lo è per i miei standard,
almeno-, mi
scuso ancora per lo spoiler improvviso e imprevisto.
Vi auguro un felice anno nuovo,
Bacioni,
Haru.
DISCLAIMER: La canzone utilizzata è "Lost in you" dei Three
Days Grace (ascoltatela *_*) su cui non ho nessun diritto.
|
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Capitolo 3 *** Parte terza ***
parte tre lost in you
LOST
IN YOU
Parte
terza
Ten
years later
-Tieni Hayato.- Yamamoto sollevò le coperte
lasciando sul grembo
di Gokudera l' oggetto che il ragazzo gli aveva chiesto. L' altro lo
fissò due secondi
con le sopracciglia aggrottate, poi si rivolse al ragazzo di fronte a
sè, un fazzoletto accartocciato tra le mani coperte a
metà da un pigiama più largo di lui, la voce
più
rauca del solito:- Che diavolo sarebbe questo?
-E la tua borsa dell' acqua calda
Gokudera guardò se possibile ancora più torvo
prima lui e
poi il maialino caldo, rosa e con la cosa riccia spaparanzato
beatamente sulle sue gambe:- Non è mio- scandì
lentamente
-Oh sì che è tuo
Gokudera scavalcò la matassa ingarbugliata di coperte e si
mise
in piedi sul letto, allungò il braccio verso la camicia di
Yamamoto avvicinandolo a sè con uno strattone:- Ho detto che
non
è mio, baka!
Takeshi rise allungando il collo verso di lui e schiacciandogli un
bacio sulle labbra prima di affermare:- L' abbiamo comprata al mercato
l' anno scorso. Quella a forma di cane, di gatto...
-Quella, quella è mia. Non questo maiale.
Takeshi sbuffò, poi rise:- Non l' ho trovata- rispose
candidamente mettendosi una mano dietro la testa
E prima che l' altro potesse sparare qualche impropero al suo indirizzo
Yamamoto si allontanò verso il
televisore di fronte al letto.
Gokudera era ancora fermo, in piedi sul materasso:-Ehi, dove vai?
-Rimettiti al letto 'Dera, hai la febbre- Il guardiano della pioggia
sentì il rumore delle molle che si muovevano, un tonfo
-probabilmente il maialino spiaccicato contro le sue gambe- e le mani
che rumorosamente sistemavano il cuscino alle spalle:- Cazzo, mi sento
un moribondo- sbuffò Gokudera.
-Ho acceso il televisore, ti lascio il telecomendo sul comodino. Vado a
preparare la cena.
-Non voglio il brodino!- sbraitò Gokudera pochi secondi dopo
avendo come risposta la risata di Yamamoto che correva lungo il
corridoio.
Gokudera, avvolto nel plaid scuro, il famigerato maialino sulle gambe,
rigirava annoiato il cucchiaio nel piatto, guardandosi intorno alla
ricerca di un pasto sostitutivo. E possibilmente degno di quel nome.
-Non troverai nulla- lo informò Yamamoto addentando un altro
pezzo di carne
-Ti avevo detto che non volevo il brodo- borbottò l' altro
ragazzo
-Sei malato. Devi rimetterti in forze- fu la cristallina risposta
accompagnata da un altrettanto cristallino - e idiota- sorriso
smagliante.
Gokudera era sempre stato un ragazzo fortemente vendicativo,
guardò di sottecchi il compagno al suo fianco - e la sua
fetta
di carne- e buttò lì, con aria tranquilla:- Certo
però... avresti potuto farmi compagnia. Non ti sembra
ingiusto
che tu ti ingozzi come un maiale proprio al mio fianco? Io ho solo un
misero brodino, ti vorrei far notare.- terminò stizzito.
E Yamamoto che non era poi così stupido come sembrava e che
conosceva Gokudera da una vita, indi anche i suoi supposti piani per
farlo sentire in colpa, si avvicinò a lui cingendogli il
collo e
stampandogli un bacio a fior di labbra:- Sì-
confermò- ma
è un brodino fatto con tanto amore.
-Dammi il telecomando, idiota- sviò lo smokin' bomb
arrossendo e allungando la mano al suo indirizzo.
Dieci anni prima Gokudera Hayato non avrebbe mai immaginato di trovarsi
nella situazione in cui in effetti si trovava in quel momento. Se
qualcuno gli avesse detto che lui e Yamamoto Takeshi, l' idiota del
baseball che tanto aveva avversato agli inizi della sua carriera di
braccio destro del Decimo erede, sarebbero diventati compagni di vita,
avrebbero diviso casa, bagno, letto e qualsiasi altra cosa
più o
meno condivisibile amandosi e onorandosi finchè morte non li
avesse separati, perchè sì, lo aveva giurato e
forse,
forse doveva essersi ubriacato per fare una cosa così
ridicola,
si diceva dunque che probabilmente, il famigerato smokin' bomb avrebbe
fatto saltare quel qualcuno in aria, per primo. Per secondo lui stesso
da adolescente non credeva di poter avere una simile fortuna, sfigato
come era stato per tutta la vita , nonchè particolarmente
pessimista. Per terzo infine, l' idiota che in quel momento trafficava
per rimettere in ordine la cucina mentre lui si comportava da buon
malato nel loro letto, gli aveva dato picche. Un due di picche grosso
come una casa quando lui si era dichiarato. Ma, in fin dei conti, se
tutto era andato bene alla fine, Cupido non doveva essere propriamente
cieco, e nemmeno la fortuna.
Gokudera a un certo punto si spazientì, ormai odiava
addormentarsi da solo. O meglio senza di lui:-Takeshi! Che diavolo stai
combinando?
-Arrivo!
-Sbrigati- borbottò poggiando stancamente la mano sotto al
mento e facendo zapping col telecomando.
I always knew
you' d
come
back to get me...
Ho sempre saputo che tu
saresti tornato a prendermi...
Gokudera sospirò. Aveva
dovuto aspettare un mese prima che
Yamamoto capisse che si sarebbero dovuti mettere insieme. Idiota.
Non era stata
una passeggiata, lui stesso sapeva di avere un pessimo carattere e che
avrebbero dovuto affrontare parecchi problemi reali o immaginari che
fossero. Quel mese poi era stato un inferno, c' erano giorni in
cui si alzava dal letto e pensava di averlo perso per sempre, anzi, di
non averlo mai avuto, altri in cui invece si diceva che quel dannato
idiota era suo e prima o poi se ne sarebbe accorto anche lui, che
bastava aspettare e avere pazienza. Si era sentito un po' come sulle
montagne russe in un continuo sali e scendi da altezze enormi che lo
terrorizzavano. Tutto era nelle sue mani, nelle mani di Yamamoto, e lui
non poteva fare niente, assolutamente niente. Era una di quelle volte
-rare- in cui aveva passato la sua vita nelle mani di un' altra persona
-cercando di metterle insieme in quel caso- e si era ritrovato a
guardare. Qualche giorno prima aveva rivisto Akari Sazuki in una
libreria del centro. Lei si era avvicinata trascinandosi dietro un uomo
alto e un marmocchio. Per poco non gli veniva un colpo, avrebbe fatto
finta di non vederla se quella non si fosse dimostrata particolarmente
insistente.
-Gokudera! Gokudera, ti ricordi di me? Sono Sazuki, Sazuki Akari.
Hayato aveva annuito lasciandosi trascinare distrattamente in quella
breve conversazione. L' uomo alto al suo fianco era il marito, il
marmocchio di nome Kaoru il figlio. E a giudicare dal pancione
enorme un altro era in arrivo. Una bella famiglia, proprio. Era rimasto
un momento interdetto a fissarli, si era sentito strattonare dal
bambino -lui odiava i bambini- che voleva mostrargli a tutti i costi
uno stupido libro musicale. Aveva sbuffato interiormente e si era
abbassato alla sua altezza mostrando un sorriso di circostanza e
notando gli occhi scuri del piccolo. Il mondo in quell' istante pareva
essersi annullato intorno a lui.
"Sarebbero potuti essere quelli di Takeshi"
Un bambino con i suoi occhi sarebbe stato bellissimo, un marmocchio con
i suoi geni -e non solo i suoi-, un piccolo Yamamoto Takeshi. Magari
meno stupido.
"Una bella famiglia", si ripetè uscendo dalla
libreria. Quella che aveva tolto a Yamamoto.
-Ehi, Hayato, che hai?
-Eh?- Gokudera si voltò verso Yamamoto che si stava
infilando il pigiama- non ho niente. Ce ne hai messo di tempo.
Hayato aveva detto tutto a Takeshi, gli aveva raccontato di Sazuki, del
marito e del figlio. Yamamoto era contento per lei, era inevitabile.
Gli aveva anche detto quello che aveva pensato ma l' altro aveva
sorriso
placidamente prendendogli una mano tra le proprie:- Credi che io abbia
bisogno di questo? Ho fatto una scelta, Hayato, la facciamo insieme
ogni giorno.- il sorriso sulle labbra aveva lasciato il posto ad una
linea seria, gli occhi svelavano tutta la maturità
conquistata con gli anni:- Posso
fare a meno di tutto- la presa sulla mano si era stretta- l' importante
è che tu stia al mio fianco.
Gokudera aveva annuito anche se in quegli anni si era reso conto un
migliaio di volte di quanto Yamamoto fosse bravo con i bambini, li
attirava, proprio come una calamita. Yamamoto in realtà
attirava
un sacco di gente intorno a sè, perfino uno come lui.
Takeshi se
solo ne avesse avuto la possibilità sarebbe stato un buon
padre,
un ottimo padre. E probabilmente era per questo che allenava uno
sparuto gruppetto di ragazzini nel fine settimana, che Uri, Jiro e
Kojiro erano praticamente tutto il giorno fuori dai loro Vongola box a
fare casino. Lui e Yamamoto stavano cercando goffamente di formare una
famiglia.
And
you always knew that
it
wouldn' t be easy to go back to the start
to
see where it all began
or
end up at the bottom
to
watch how il all ends.
E tu hai sempre saputo che
non sarebbe stato facile tornare al punto di partenza
e vedere dove tutto ha avuto inizio
o andare alla fine
per vedere dove tutto è terminato.
Gokudera una volta aveva confessato a Yamamoto che Akari
non era poi
così male, aveva ammesso che non gli era stata poi
così
antipatica dopo che avevano rotto e per questo si sentiva un po' in
colpa. Era stato qualche giorno dopo che si erano messi insieme e
Yamamoto, con un sorriso spento gli aveva chiesto di non parlarne
più. Non era innamorato di Akari ma le voleva bene e sapere
di
averla fatta soffrire gli faceva male. In realtà quando
Gokudera
quella notte lo aveva baciato Takeshi non era riuscito a tornare dagli
altri, nè da Akari. Era sceso giù al campo da
baseball
dietro la scuola e aveva afferrato la mazza tra le mani cercando il
vuoto. O una risposta. Alla fine, non sapeva dopo quanto tempo, si era
accasciato sulla polvere e contro la rete delimitatoria, la fedele
mazza da baseball schiacciata sotto il mento.
Ordine, aveva pensato. Una lista, una lista è ordinata,
magari uno schema lo era ancora di più.
Akari uguale fidanzata. Ok
Ti piace, Takeshi, no? Sì, ok.
Gokudera... e lì nel suo disegno mentale aveva messo un
grosso
punto interrogativo. Forse doveva davvero alzarsi e cercare carta e
penna. Poi il punto interrogativo lo aveva cancellato. Amico, aveva
messo. No.
Conoscente, nemmeno.
Collega, troppo impersonale.
Non era bravo in queste cose, gli schemi poi neanche a
parlarne. Quella era roba di Gokudera.
Eccolo che ritorna.
-Gokudera. Gokudera. Gokudera- aveva ripetuto scuotendo la testa.
Poteva provare ad aggirare la questione e imparare sul campo. L'
indomani avrebbe rivisto Akari. E poi anche Gokudera.
Yamamoto si era alzato ed era andato a casa senza nemmeno fare lo
sforzo di riabbottonarsi meglio la camicia o pulire i pantaloni ed era
stato una settimana a imparare sul campo. Quella successiva l' aveva
passata a mandare inconsciamente dei segnali ad Akari. Inconsciamente.
Ho gli allenamenti.
Studio con Tsuna.
E robe simili.
Era una delle poche volte in vita sua che si era sentito veramente ma
veramente in colpa. Ed egoista. E Akari iniziava a capire, aveva
iniziato a capire
quella fatidica sera, quando il giorno dopo gli aveva chiesto che fine
avesse fatto. E che volesse Gokudera.
-Gokudera voleva organizzare un torneo di sumo- e si era messo a ridere
con le mani dietro la testa tirando fuori una delle scuse che il senpai
aveva rifilato per secoli a Kyoko e alle ragazze. Loro ci credevano,
perchè non avrebbe dovuto funzionare?
Akari aveva annuito rimproverandolo solo del fatto che avrebbe dovuto
avvisarla. Poi però Takeshi aveva capito che era ora di
finirla.
O si ama o non si ama e non era da lui perdersi in un bicchier d'
acqua, perdere tempo a fare ordine - o a provarci- a discapito di altra
gente.
Un pomeriggio stava tornando a casa dagli allenamenti, la testa che non
ne poteva più di quei ragionamenti dolorosi e complicati, si
era fermato al
parco e aveva telefonato ad Akari. Era come se lo sapesse, Akari, che
tutto stava per finire perchè aveva il muso lungo, gli
angoli
delle labbra inclinati verso il basso e gli occhi tristi.
Era rimasta in piedi di fronte a lui ignorando la panchina:- Dimmi
tutto. Lo so che devi dirmi qualcosa- aveva accennato un mezzo sorriso
guardando altrove- fallo.
Silenzio, poi:-Non... non posso più... stare con te.-
Yamamoto l' aveva
guardata negli occhi per poi abbassare istintivamente lo sguardo. Non
voleva vederla soffrire. Non era bravo in certe cose, ora lo sapeva.
Un singhiozzo, poi un altro. Le guance di Akari si erano bagnate di
lacrime, mordeva le labbra cercando di trattenersi:- Capita no?- diceva
sempre così per farzi forza-
passerà... è solo una cotta, no? Però
fa male,
anche se passerà fa male.- si era asciugata le lacime con le
mani, Takeshi le era andato incontro stringendola forte, desiderando
solo poter lenire quel dolore. Ma non era possibile,
lui che ne era la causa non poteva esserne anche la cura.
-C' è' un altra persona- aveva detto Akari- io ti piaccio, soltanto. Ma tu ti
sei... ti sei...
Yamamto non aveva risposto, stringendola di più:-Scusa,
scusa. Scusami.
Il giorno dopo la notizia che si erano lasciati era di dominio pubblico
ma per Yamamoto nulla era ritornato a posto. Non riusciva ad andare da
Gokudera, essere felice, fare finta di niente. Sapeva che Akari stava
male.
Si era domandato perchè si era messo con lei e la risposta
in
effetti era piuttosto semplice. Akari gli era piaciuta, gli dava
serenità, gentilezza, una sorta di fuga dal mondo.
Però
era stato stupido, stupido perchè aveva chiuso in un
cantuccio
la vocina che gli diceva a gran voce il nome di Gokudera, che glielo
scriveva a caratteri cubitali nel cervello semplicemente
perchè...
non era possibile. Tanto per iniziare il fatto che potesse piacergli un
ragazzo, quel
ragazzo, lo aveva lasciato spiazzato in un primo momento, anche se poi
con una scrollata di spalle si era detto che l' amore non fa
certe
distinzioni. E' grande, punto. E per lui sapere che gli piaceva
Gokudera era assolutamente, semplicemente, assurdamente... normale. E poi
Gokudera non lo voleva come amico,
figarsi qualcosa di più. Lui stesso a volte arrivava a
domandarsi se l' altro fosse così burbero perchè
forse
davvero non gli andava a genio.
Chiuso, si era detto. Pietra sopra e scordiamocelo. Bisogna pur andare
avanti no? E lui aveva creduto di esserci riuscito, di essersi
dimenticato del ciclone Gokudera, quindi quando un po' di mesi dopo
Akari Sazuki era piombata nella sua vita aveva pensato che era la sua
occasione, che davvero Gokudera non esistava più, almeno in
quel senso.
Evidentemente si era sbagliato e aveva fatto un casino.
Il problema era stato quel bacio. Quel bacio aveva cambiato tutto.
Tutto.
Perchè si era accorto di volersi chiudere fuori dal mondo,
dentro quell' aula e insieme a Gokudera, che poteva dimenticarsi di
tutto, che voleva toccare solo lui, sentire solo le sue labbra e la sua
voce. Chiedere di appartanergli, magari per sempre.
Ma il mondo era lì e lo chiamava a gran voce, ed era quella
di Akari che decisamente non poteva ignorare.
Arrivati a quel punto, dopo Gokudera, dopo il suo fidanzamento andato
male, aveva solo bisogno di tempo per riprendersi. Ne era bastato un
poco visto che il guardiano della tempesta sembrava urlargli nelle
orecchie di sbrigarsi e
di smetterla di fare il coglione. Faceva finta di niente, lo smokin'
bomb. Era stato un paio di giorni senza guardarlo e poi come se nulla
fosse -probabilmente era l' abitudine o il desiderio di stargli
accanto in qualche modo, uno qualsiasi- aveva urlato allo scemo, all'
idiota del baseball. Una maniera insomma, per dirgli "ti dò
tempo, baka."
Yamamoto almeno voleva interpretarla così.
Gli era bastato vedere con la coda dell' occhio Akari sorridere con le
amiche, pensare che tutti, in un modo o nell' altro, vanno avanti, per
mettere finalmente tutto a posto, per
afferrare la mano di Gokudera lungo il tragitto per andare a casa, per
prendersi un pugno sul naso come risposta e chiedersi
perplesso se
forse non aveva interpretato male tutto quanto.
-Che stai facendo, pezzo di cretino?!
Yamamoto si massaggiava la parte dolente, lagnandosi che- Volevo solo
un bacio.
-Ah!- Gokudera aveva sorriso. Era un grande, grande sorriso come non ne
aveva mai visti ed era tutto per lui. Lo smokin' bomb doveva essersene
accorto perchè era arrossito fino alla punta dei capelli
iniziando ad agitargli nuovamente i pugni vicino al naso.
Istintivamente Yamamoto era arretrato di un passo mettendo le mani
avanti:- Calma, calma, Gokudera.
-E se ci vedessero?
Takeshi si guardò intorno:- Non c' è n-
-Tch, idiota.- si era acceso una sigaretta- Qualcuno potrebbe spuntare
da dietro l' angolo, o affacciarsi dalle finestre...
-O spiarci da dietro il giornale, o con i satelliti nell' iperspazio-
aveva concluso Takeshi ridacchiando.
-Cos' è? Fai dell' ironia ora? Non scherzare su queste cose,
idiota...
Gokudera lo aveva preceduto camminando avanti:- ma tu guarda- aveva
ringhiato stizzito, poi con il fumo che usciva
dalle labbra, il viso che ostinatamente guardava fisso davanti a
sè, aveva allungato indietro il braccio, la mano aperta
verso di
lui:- Non voglio sapere cosa c' è dietro di noi.
Takeshi aveva sorriso annuendo anche se Hayato non lo vedeva,
aveva preso la sua mano senza esitare a intrecciare le dita tra loro
-ben strette-, e si era messo al suo fianco, proprio al suo posto.
Nemmeno lui voleva sapere cose lasciavano dietro di loro, alle spalle o
cosa ci fosse intorno. Potevano perdersi così, l' uno nell'
altro senza desiderare di volerne più uscire.
-Uri, dannato gattaccio, scendi di lì!
Uri guardava Gokudera con aria annoiata, la coda che si muoveva nell'
aria, le zampe saldamente appoggiate sull' armadio. Tanto il suo
padrone era basso, non l' avrebbe mai presa. All' ennesima minaccia guardò le riviste impilate
ordinatamente al suo fianco. Ufo e fantascienza ovviamente. Il gatto se la rideva sotto i baffi e Gokudera dovette intuirlo se urlò un
"NO!" prima che i
preziosi giornali gli finissero uno dopo l' altro sulla testa.
Ad un certo punto Kojirou aveva iniziato a volteggiare sulle loro teste e
Uri pensò che fosse il momento buono per mangiarsi quel
dannato
uccellaccio una volta per tutte. Ma i gatti non sanno volare e Uri si
sbilanciò troppo finendo addosso a quella palla di pelo
gigante
che era lo stupido cane che ora la fissava.
Idiota.
Dove diavolo era
quel dannato del suo padrone quando serviva? Uri fissò
Gokudera
a qualche metro da lei, a gattoni raccoglieva le riviste frignando - o
meditando vendetta nei suoi riguardi-, poi spostò di nuovo
lo
sguardo sul grassone addosso a lei che la teneva tra le zampe, il suo
muso sempre più vicino.
Smettila di leccarmi, microcefalo di un bestione, sembravano dire i
suoi miagolii.
In quel momento la porta dell' ingresso si aprì e Yamamoto
fece capolino nella stanza iniziando a ridere come un ossesso.
Uri sbuffò, ecco l' altro cretino.
-Perchè diavolo li hai lasciati liberi di scorazzare in giro
per
casa, eh?- Gokudera si era alzato da terra e aveva posato le riviste
sul tavolo.
-Eh, così non si annoiano di sicuro. Kojirou è
libero di volare e Jirou e Uri di stringere amicizia.
Gokudera lo guardò scettico, poi guardò la sua
box che si
agitava sotto le zampe enormi di Jirou e vittima di un bagno fuori
programma, uno sbuffo e un sorriso gli scapparono dalle labbra. In
quegli anni aveva imparato tante cose, ad esempio aveva imparato a
sorridere e a
ridere insieme all' idiota. Insieme erano cresciuti e forse anche un
po' cambiati beneficiando -ma su questo aveva qualche dubbio- dell' influenza reciproca.
-Un cane e un gatto?- domandò poi in risposta all'
affermzione di Takeshi.
Il moro fece spallucce afferrandogli la mano e dirigendosi in camera da
letto:- Guarda noi.
Yamamoto aprì l' armadio, era l' ultimo dell' anno e dovevano prepararsi per raggiungere gli altri a casa di Tsuna, la febbre di Hayato per fortuna era passata appena in tempo non fosse stato per un po' di raffreddore che costrinse l' atleta a tirar fuori anche i guanti e la sciarpa per il proprio compagno. Mezz' ora dopo si
avvicinò a Gokudera sorridendo imbarazzato:- Devo fare il
nodo alla cravatta.
L' altro sbuffò seccato, poi sorrise afferrando la stoffa:-
Quante volte te lo avrò spiegato?!- borbottò
cercando di darsi un contegno.
Una risata:- Me ne dimentico sempre. E poi così è
più divertente.
Uri invece era riuscita a liberarsi dalla presa del bestione cercando
di tenerlo lontano con qualche zampata decisa e mostrandogli gli
artigli mimando un pugno all' altezza del tartufo scuro. Ma era
deficiente che si avvicinava ancora? Quel cane non
aveva capito niente. Niente! E nemmeno quell' uccellaccio. Prima o poi
sarebbe finito nel suo stomaco.
Anche se forse non era poi così male contemplare -ogni
tanto,
non sempre- quella rondine che si muoveva elegante nel cielo e
raggomitolarsi d' inverno accanto a quella palla di pelo -dal fiato
pesante- e usarlo come una coperta.
...And
somehow I found
a way to get
lost in you.
...E in qualche modo
ho trovato la maniera per perdermi in te.
_______________________________________________________________________________________________________
CHIACCHIERE POST LETTURA:
Rullo di tamburi! E' finita. Mi auguro che sia finita bene. Ammetto che
quel salto temporale per dare il via alla narrazione mi spaventava e
non poco, capisco che è brusco ma lo scorso capitolo si
conclude in un modo che lasciava spazio a un periodo di "caduta" in un
certo senso, Yamamoto e Gokudera dovevano sistemare un poco di cose e
l' idea di far raccontare il resto alle loro versioni più
adulte, in un momento di calma e di serenità, completamente
diverso e contrapposto dal precedente, mi piaceva. Mi piaceva questa
idea di crescita in un certo senso, la sorpresa magari che si crea all'
inizio. Ho provato a fare al contrario seguendo l' ordine degli eventi
ma mi sembrava... sbagliato diciamo, non mi piaceva, mi sembrava troppo
lento e prevedibile. Detto ciò ringrazio i magnifici
recensori che venero con tutto il mio cuoricino *manda baci* e
ringrazio chi ha meso la storia in preferite/ricordate/seguite.
A proposito, sì, nello scorso capitolo sono impazzita con l'
html e l' unica soluzione -ovvero l' unica cosa decente che
è uscita fuori- è stata quella. -.-
Ultimo avviso, se vi interessa a questo link (il mio piccolo
blog): http://lo-zibaldino-di-pensieri.blogspot.com/2012/01/lost-in-you-il-commento.html,
potrete trovare i commenti su Lost in you, più che altro su
questo capitolo, ad esempio perchè le scritte in corsivo,
perchè le ultime frasi della canzone e robe varie. Lo lascio
lì perchè troppo lungo a mio avviso per metterlo
in queste note... e poi ho un mezzo dubbio su Break che riguarda...
Hibari!(a proposito il quarto capitolo è stranamente a buon
punto) e mi farebbe piacere un vostro parere.
Detto ciò, alla prossima.
Haru.
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