Un vero uomo, una vera mamma di TonyCocchi (/viewuser.php?uid=28966)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lieto evento? ***
Capitolo 2: *** Ti voglio bene, ma... ***
Capitolo 3: *** Il giorno delle congratulazioni! ***
Capitolo 4: *** La via del vero uomo ***
Capitolo 5: *** Il patto ***
Capitolo 6: *** Sette mesi e qualcosina ***
Capitolo 7: *** Davanti lo specchio ***
Capitolo 8: *** Apri quei bei fottutissimi occhi! ***
Capitolo 9: *** La mamma e i Raijinshuu ***
Capitolo 10: *** Una vera famiglia ***
Capitolo 11: *** Nuovo arrivo: l'ultima chance di Elfman ***
Capitolo 1 *** Lieto evento? ***
elfever 1
Quanto
tempo, carissimi lettori!
Altra
crisi di ispirazione? Si e no: l’ispirazione c’è, solo che negli ultimi tempi
l’ho rivolta al disegno! Se infatti vi fare un giro nel mio account di
Deviantart ci trovate un po’ più di novità!
http://tonycocchi.deviantart.com/
Tuttavia
se sono qui è appunto perché ho rimesso mano alla penna (la tastiera…), con una
storia che mi ronza in testa da parecchio tempo! L’avevo iniziata a scrivere
quest’estate, ma temendo di non riuscire a portarla avanti (è una fic di più
capitoli e con argomenti importanti…), ho preferito non rischiare… Ma visto che
ultimamente mi è tornata voglia di scrivere, e che sono arrivato a realizzarne
tre capitoli, dubito che sia un lavoro destinato a non avere fine!
Spero
piuttosto che abbia un bel seguito tra di voi!
Nessuna anticipazione, buona lettura!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Per
Elfman, fulgido esempio di mascolinità, parole come “uomo” e “virile” sono
pronunciate svariate volte ogni giorno e in ogni occasione, anche la più
improbabile.
Quindi
furono in molti a non stupirsi troppo quando, non essendo al corrente di ciò
che stesse effettivamente succedendo, lo videro correre come un forsennato per
le strade della città, scandendo ad ogni passo quella parola.
“Maschio!
Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”
La
voce di Elfman, possente come al solito, giungeva alle orecchie della gente in
strada da lontano, facendosi sempre più vicina, per poi avere un culmine
uditivo nel brevissimo momento in cui si veniva raggiunti, e infine
allontanarsi rapidamente, lasciandosi dietro un spostamento d’aria e un leggero
tremore sismico.
“Maschio!
Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”
La
smise solo quando si rese conto che la sua destinazione, l’ospedale di
Magnolia, l’aveva superata qualche decina di falcate più indietro.
Frenò,
consumando le suole di legno dei sandali, e si precipitò all’interno.
L’ospedale
di Magnolia, rinomato e accogliente, aveva al suo interno un ampio chiostro
rettangolare con tanto di colonnato, giardino, fontana e panchine su cui i
degenti e le loro visite potevano riposare.
La
sala parto che cercava si trovava ad uno degli angoli di quel posto così
suggestivo e rilassante, che lui, troppo preso, neanche notò!
“Maschio!
Maschio! Maschio!”
Aveva
ricominciato, ma a volume più basso, perché dopotutto quello era un ospedale:
vero, desiderava essere esaudito, ma non poteva far mica chiasso, non era da
veri uomini!
Le
sue sorelle e i suoi amici si accorsero di lui, più che da quella maschia
nenia, dal rapido battere dei suoi sandali nella corsa.
Parimenti,
lui si accorse di non aver sbagliato strada dalle urla assordanti e dalle
rarefatte imprecazioni che giungevano alle orecchie sue e forse di tutto il
chiostro, malgrado le pareti spesse e la distanza della sala oltre la porta!
“Maschio…
Anf… Anf… Ma… Anf…”
“Elfman,
riprendi fiato adesso!” cercò di calmarlo Mirajane venendogli incontro.
“Anf…
Non è… niente… Anf… Sono…”
“Tranquillo!”
– lo anticipò la sorella minore, Lisanna – “Non ti sei ancora perso niente.”
“YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGH!”
“…
Come puoi sentire anche tu!”
Elfman
deglutì al pensiero di ciò che l’aspettava, nel futuro, ma anche
nell’immediato!
Oltre
alle sue sorelle era venuta altra gente dalla gilda, vuoi per curiosità, vuoi
per dare supporto.
Erza
e il resto del suo gruppo per esempio, che, inizialmente seduti tutti su
un’unica panchina in pietra, erano scattati all’impiedi al suo arrivo.
“Ehi,
Elfman! Se io sono tutto un fuoco mi immagino te!” lo salutò Natsu a suo modo.
“Aye!”
annuì Happy.
Appoggiata
ad una colonna del chiostro, un po’ in disparte, c’era Cana, che invano aveva
suggerito ai dottori e alle ostetriche di usare un po’ di alcol come anestetico
e magari come rallegrante: non ci si improvvisa medici senza adeguata
preparazione!
Seduto
per terra c’era Reedus, quasi in veste di paparazzo: diverse persone, master
incluso, gli avevano chiesto qualche bel ritratto del lieto evento (se fossero
venuti tutti avrebbero ingombrato, o, nella peggiore delle ipotesi, demolito…).
Infine
c’erano i due amici della “fortunata”... Bixlow e Freed.
“Come
sta lei?” domandò il neo-papà, avvertito per passaparola dai suoi compagni di
gilda che Evergreen aveva avuto i primi dolori e che Bixlow e Freed avevano
dovuto trascinarla di peso fino all’ospedale, venendo fra l’altro bersagliati
dai suoi sfoghi, come testimoniavano le tracce di graffi sulle loro facce e
quelle di pizzicotti sulle loro braccia!
“Oh,
lei sta benissimo!” fece Mira con una faccina rassicurante da 10 e lode…
“PORCA
MISERIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGH!”
“……
Eh eh eh!”
Faccina
bocciata di gran classe da un urlo che freddò persino Natsu!
“Beh,
se non altro prima ci ha fatto sentire di peggio.” - commentò ironica Erza –
“Potrebbe almeno fare uno sforzo per contenersi.”
“Ehi!”
– la bacchettò Cana – “Nemmeno tu hai mai dovuto partorire, che ne sai di
quanto faccia male? Io direi anche di peggio!”
“Lucy,
tu lo vuoi fare un bambino?” domandò l’innocente Happy.
“Non
è né il momento né il luogo!” lo zittì lei, rossa!
“Beh,
in realtà…” iniziò a dire Gray, senza finire.
“UAAAAAAAAARGH!
BASTA, CAZZZZOOOOOOOOOO!”
Reedus
corse spaventato a cercar riparo dietro una colonna, mentre Erza si chiedeva
quanto effettivamente dovesse far male per far dire certe parole a una che
voleva essere “Regina delle Fate”!
“Io…
voglio andare da lei!” – disse Elfman battendosi il petto con coraggio molto
vacillante – “Altrimenti… Altrimenti che uomo sarei?”
Freed gli si avvicinò: “Non per contraddirti, anzi, lo dico per te: ora come
ora… non credo proprio sia il momento adatto per farti vedere.” e concluse
indicandosi i graffi sulla guancia!
Elfman
deglutì: “Però devo! Insomma, è lì per causa mia!”
Lisanna
e Mirajane lo afferrarono per le sue braccia muscolose, non per trattenerlo, ma
per incoraggiarlo: “Allora vai, oggi sei ancora più uomo di quanto sei di
solito!”
Elfman
mostrò di essere lusingato fumando dalle narici!
“Vai,
Elfman! Solo… fa attenzione…”
“Lo
so…” sospirò lui.
Dopo
quell’ultimo incoraggiamento di Lisanna, sfilò tra gli amici come fosse un
condannato a morte! Il suo avversario non ci sarebbe andato leggero con lui!
Aprì
le porte a vento e si ritrovò in un fresco corridoio, nel quale subito
un’infermiera le venne incontro: “Lei è il padre per caso?”
Elfman
stava per rispondere quando l’urlo straziato e dannatamente incavolato insieme
di Evergreen lacerò i timpani a lui e l’infermiera.
“Si,
lo sono.” ammise lui la sua colpevolezza alla ragazza che si sturava l’orecchio
con un dito!
L’infermiera
diede ad Elfman una cuffia, dei guanti e un camice verde da indossare, ma
Elfman, in barba alle regole, rifiutò categoricamente la cuffia, non abbastanza
virile per i suoi gusti, senza contare che gli avrebbe appiattito i capelli!
L’infermiera,
di buon cuore, lo fece entrare lo stesso nella prima porta a destra del
corridoio…
“S-si
rilassi, signorina! Si rilassi, su!” disse l’ostetrico, per la quindicesima volta…
“E
COME CAVOLO FACCIOOOOOO?!?!? URRRRGH!”
Evergreen,
aspirante Titania di Fairy Tail, rinomata per la sua eleganza e la sua
bellezza, giaceva su di un ampio e bianco letto, deturpata dalle doglie che
l’avevano tinta di rosso acceso, le avevano reso sudaticci e scombinati i
lunghi capelli castano chiaro e non da ultimo le avevano colorito il
vocabolario…
“Argh!
Aaaaargh! Quanto odio il parto!”
“Oh,
signorina, lei non è la prima che arriva a dire certe cose.”
Il
tallone di Evergreen, mosso da uno spasmo, o forse dalla malizia della
proprietaria, arrivò sul suo naso.
“Solo
che le altre non arrivavano a certi livelli! Sigh!”
Era
tutto uno strepitare e un dibattersi; sembrava che fosse l’intera stanza e non
solo il suo letto a tremare!
Andava
avanti così da mezz’ora, e sia lui che le tre infermiere che le davano sostegno
erano sgomenti, smarriti e perplessi davanti una tale esasperazione al dolore,
che sembrava rasentare la rabbia.
Ed
in effetti era così.
Lei
odiava quel parto, lo odiava con tutta sé stessa, per motivi che non avrebbe
certo spiegato loro.
Un’infermiera,
già madre una volta, provò a stringerle la mano, un gesto di pietà e
incoraggiamento tutto femminile, ma una collega la dissuase mostrando le
unghiate della signorina Evergreen sul suo avambraccio!
“Sigh!”
piagnucolò il medico, chiedendosi se non fosse il caso di chiedere rinforzi!
Un’altra
infermiera spalancò leggermente la porta della sala parta, facendo capolino:
“Dottore, ci sarebbe il padre, lo faccio entrare?”
Cascava
a fagiolo, si disse lui: alla vista del suo amato se non altro si sarebbe
rassicurata e forse quella furia e quella lagna sarebbero diminuite!
“Oh,
bene, fallo entrare! Sentito, signorina? Può star tranquilla, il papà è
finalmente arrivato!”
“CHE
COSA?!”
Elfman
non aveva messo che un solo piede nella stanza che Evergreen si decise a
trattenere tra i denti il dolore in modo da tirarsi un po’ su sopra il letto:
“DOV’è? DOV’è? QUEL BASTARDO?”
Elfman
entrò, col personale sanitario ancora più sgomento!
“TU!
MALEDETTO! VIENI QUI! TI SISTEMO IO!”
Afferrò il cuscino e glielo tirò dritto in faccia; e meno male che era il suo
“amato”!
Evergreen
cercò tentoni qualcos’altro da tirargli, ma a quel punto il dolore delle spinte
tornò, e lei, sibilando tra i denti, tornò controvoglia distesa, sui due
cuscini posti dietro la schiena per tenerla giusto un po’ più su.
“GNNNN!
SIGH! BASTARDO! Se lo sapevo che era così col cavolo che… URGH!”
Si
avvicinò al suo capezzale: “Ehm, Evergreen…”
Stava
per dire “Tutto a posto?”, ma cominciare in quel modo avrebbe significato la
repentina fine della sua vita!
“Evergreen,
fatti forza, puoi farcela!”
Evergreen
gonfiò la bocca come un pallone, guardandolo tanto storto che Elfman parve sul
punto di franare a terra! Due infermiere invece si abbracciarono per la paura!
Elfman
si guardò intorno: “Se c’è qualcosa che posso fare…”
“NO!
VOGLIO SOLO CHE TU SPARISCA DALLA MIA VISTA! MA PERCHé NESSUNO MI HA DETTO CHE
ERA COSì?! FA MALEEEEEEEEE! URGH!”
Afferrò
un vassoio vuoto dal comodino e tirandoglielo gli appiattì la faccia! Dovette
pure scollarselo e temette che gli si staccassero via i connotati.
“Allora…”
– fece lui, abbassando il capo – “Se vuoi essere lasciata in pace, ti lascio in
pace… Se però hai bisogno…”
“NON HO BISOGNO! GRRRRRR! ARGH!”
Tornò
a trattenersi e poi gli rivolse uno sguardo identico a quello di poco prima:
“Non vedo l’ora che questa brutta storia finisca!” disse, facendogli franare
addosso, a poco a poco tra i denti stretti, parole pesanti come pietre.
“Beh,
ormai ci siamo, no?”
Si
voltò per andarsene, con una mano dietro la testa perché temeva volesse
tirargli altro.
Il
medico gli si avvicinò solidale: “Lei e sua moglie avete… dei problemi?”
“Eh?
No, io e lei…”
“LUI NON È MIO MARITO!”
Scandì
lei, per poi affondare le unghie affilate nel materasso, quasi a squarciarlo.
Il
medico ebbe un attimo di pietà quando Elfman ammise con gli occhi che era
proprio così. Faceva un certo effetto vedere un omone così grande, grosso e
minaccioso così abbacchiato.
“La
affido a voi, cioè, li affido a voi, mi raccomando. Io… tornerò dopo…”
“PROVACI E VEDRAI CHE TI COMBINO! ARGH! E CHI LO SAPEVA CHE ERA COSì?”
All’inizio
non sapevano se il suo caso fosse particolarmente doloroso o se semplicemente
lei non era disposta ad accettare anche solo minimamente quella sofferenza, ma
ora sapevano tutti che doveva essere il secondo caso, e osservarono Elfman
andar via, chi scuotendo tristemente il capo, chi sospirando di comprensione,
in generale, dispiaciuti per lui, e forse per entrambi.
Essere
trattati così da chi porta in grembo tuo figlio non doveva essere una bella
esperienza.
Elfman
si tolse guanti e camice, riponendoli sull’appendiabiti appena fuori nel
corridoio, e avviandosi di nuovo nel chiosco.
Dopo
l’iniziale scoramento, Elfman sembrava aver riacquisito, se non serenità,
almeno una certa comprensiva neutralità.
Non
gli faceva piacere, ma nemmeno doveva starci male.
D’altro
canto, cosa poteva aspettarsi?
L’aveva
costretta lui a quel sacrificio, per nove lunghi mesi, e nell’ultimo giorno e
nelle ultime ore, le più dure, lei non aveva mancato di rinfacciarglielo nel
modo più duro possibile.
Evergreen
era sempre Evergreen, orgogliosa fino in fondo.
Appena
uscito, le sorelle capirono subito com’era andata dalla sua faccia, e si
affrettarono a circondarlo col loro sostegno.
Per la verità, anche gli altri l’avevano capito: l’audio di Evergreen arrivava
abbastanza chiaro fin lì!
“Elfman…”
“Tranquilla, sorellina. Suppongo dovesse andare così, umpf!”
Prese
anche lui posto su una delle panchine.
“Elfman…
Sicuro che va tutto bene?” chiese Mira, le cui preoccupazioni, in un eccesso di
ottimismo fattesi sempre più latenti man mano che i nove mesi trascorrevano,
tornavano a farsi pesanti.
“Ovvio
che va tutto bene!” si impettì lui, tutto bene malgrado la donna madre del suo
futuro figlio (si sperava “figlio”…) gli avesse rinfacciato tutto il suo odio
neanche due minuti prima!
“Anzi,
da oggi andrà anche meglio… Almeno per lei…”
Già,
perché per Evergreen tutto finiva oggi, e almeno lui avrebbe smesso di sentirsi
dispiaciuto.
“E per te?”
“Io
farò del mio meglio… E comunque, so che mi darete una mano…” aggiunse con
malcelato sollievo.
“Ovvio!” –fece Lisanna gonfiando il petto al suo posto- “Sarai anche tanto
“uomo”, ma se si tratta di bambini un aiutino femminile è decisamente utile.”
Se
poi gli davano mano libera chissà come lo riduceva il suo povero nipotino o la
sua povera nipotina!
Nel
frattempo Natsu bofonchiava, segno che stava per fare ciò che gli riusciva
meglio: dar fiato alla bocca!
“Secondo
me tutto questo è sbagliato, ecco! Evergreen dovrebbe…”
STONK!
Erza
lo cassò con un cazzotto in testa: “Sta zitto! Tu non ci sei dentro, chiaro?
Evergreen ha deciso così!”
Ed Elfman, dal canto suo, non aveva mai sperato che dovesse cambiare idea, né
tantomeno all’ultimo momento.
Sarebbe
stato un padre solo, punto e basta; se Evergreen non aveva intenzione di
cambiare vita, inutile costringerla, avrebbe solo fatto altri danni.
L’omone,
malgrado la facciata, restava amareggiato: era contento di ciò che stava per
succedere, ma se non fosse accaduto nulla, probabilmente avrebbe risparmiato a
sé stesso come alla sua, per modo di dire, fidanzata, un bel po’ d’amaro.
“YAAAAAAAAAAARGH!”
“Forse
dovrei chiedere a Virgo di portarmi dei tappi per le orecchie…” meditò Lucy.
Virgo
tornò poco dopo, e chi volle salvaguardare i pochi timpani, poté farlo.
Elfman
preferì di no. Chiuse invece gli occhi, preso da una voglia di pensare, e di
ricordare…
CIRCA
9 MESI PRIMA…
In
quel periodo gli era già capitato.
Svegliarsi
per primo, e sentirla strisciare accanto a sé, rannicchiarsi sempre più sotto
il lenzuolo per farsi calore, racchiusa come un bocciolo pronto a sbocciare.
Quando
succedeva sbadigliava, si sgranchiva quanto serviva e, restando seduto, la
aspettava.
Quando
lei apriva giusto un po’ gli occhi, le sorrideva come non aveva mai sorriso a
nessuna, salutandola con un “Ehi!”
Lei
sorrideva a sua volta, quel fugace attimo prima di girarsi dall’altra parte,
mormorando un “Ciao.”
Malgrado
fosse sbrigativa, a lui bastava… Il più delle volte.
Ma
quella mattina non era la prima che capitava diversamente.
Svegliarsi, e sentire di volere di più da lei, da loro due…
“Ever…”
“Sshhh…” fece lei da oltre quelle spalle nude.
“Ok,
aspetto un altro po’…”
Eh,
si… Guai in paradiso…
Di solito, mi conoscete, le mie fic romantiche sono alquanto rose e fiori,
appuntamenti e baci… Ma stavolta sarà diverso! Stavolta si parla dell’amore che
porta guai, se la vita davvero, a volte, è tale…
Stavolta
sarà lacrime e sangue per la nostra “coppietta”!
I
toni di questa fic vi sembreranno a tratti anche troppo seri e adulti per un
manga come Fairy Tail (il prossimo capitolo in particolare), diciamo anche che
me li sono immaginati tutti un po’ più cresciuti, ma tranquilli, del
divertimento ci sarà comunque.
Quindi,
come di rito, le “domande invoglianti”!
Come
è successo? Cosa è successo tra i due? Che ne sarà di questa gravidanza
scomoda?
Se
vi interessa, al prossimo capitolo! ^__^
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
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Capitolo 2 *** Ti voglio bene, ma... ***
Elfman x Evergreen 2
Salve
a tutti! Allora, sembra che l’incipit sia stato abbastanza stuzzicante, vero?
Vediamo allora di ricostruire pian pianino cosa sta accadendo ai nostri due “non-così-piccioncini”
protagonisti!
Spero
di procedere abbastanza regolarmente, magari scrivendo capitoli non troppo
lunghi: sapete, è periodo d’esami per me, ne ho uno tra pochi giorni, e poi
ovviamente ci sarà il Natale! *___*
Temevo
appunto di non scrivere nulla nel periodo e non potervi fare gli auguri di
buone feste, meno male che la slitta dell’ispirazione è arrivata! XD
Quello
che ora leggerete è un capitolo un po’ breve ma che a me piace molto:
discorsivo, riflessivo, pacato, e molto “adulto”; del resto l’ho anticipato
che, per gli standard di Fairy Tail, questa fic avrà momenti molto seri.
Buona
lettura, commentate numerosi! ^__^
PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
“Hai
preparato la colazione?” chiese sollevandosi un pochino, tenendosi alto il
lenzuolo sul petto.
“Ehm, veramente no…”
“Oh,
fa nulla.”
Si
immerse nuovamente sotto il lenzuolo, recuperò un paio di indumenti, e
indossato l’essenziale risbucò fuori, scendendo piano dal letto.
“Te
ne vai?”
“Si,
tranquillo per la colazione, non disturbarti.”
“……”
Un
respiro più lungo nel silenzio della tiepida stanza lo tradì.
“Che
ti prende, grand’uomo?” -domandò lei al terme di un lungo e a tratti sensuale
mugugno mentre si stiracchiava- “Sei pensieroso?”
“Ever…”
“Non chiamarmi Ever: così mi chiamano solo i miei compagni.”
E
lei ci teneva che l’aspetto professionale, i Raijinshuu, restassero separati da
quello privato.
“Evergreen…
Vorrei parlarti.”
La bloccò mentre stava tirandosi su la zip del vestito. Si girò un attimo e poi
alzò gli occhi al cielo, come per nulla entusiasta.
“Accidenti…
Sembra qualcosa di noioso.”
Storse
il naso, ma del resto sapeva bene che quello era il suo carattere dopotutto.
In
effetti, per stare insieme a lei, bisognava dimostrarne di pazienza, e con
quella storia Elfman si sentiva migliorato da quel punto di vista. Ormai era
arrivato persino a farsela piacere anche mentre si dava quelle sue giuste arie,
e da quello capiva di essere cotto sul serio.
“Ehi,
dai, non farmi quella faccia. Su, sono qui: di che vuoi parlare?”
“Di noi due.”
Ebbe
un colpo di riso che risolse in piccolo un sussulto: “Scusa! Non è che non ti
voglia prendere sul serio, lo giuro, è solo che… Non sono proprio la tipa da
queste cose.”
Come
svegliatosi del tutto alzò la voce: “Evergreen!”
“Si?”
rispose lei buttando altra acqua fresca sul fuoco che cercava invano di
accendere protendendosi avanti col suo piacente sguardo ammaliatore.
Eccola
adesso attenderlo proseguire: le strisce di sole nate dalla tapparella alla
finestra passavano come onde sul suo corpo, dandole ancora più curve di quante
non avesse già, e quel velarsi e disvelarsi nell’alternanza di luce e penombra
la rendeva, se possibile, più affascinante del solito.
Elfman
si diede una scossa: non era quello il momento di lasciarsi incantare dalla
potenziale donna della sua vita.
“Evergreen,
io e te cosa siamo?”
Evergreen
sospirò: “Allora Elfman, voglio parlarti chiaro, anche se mi spiace che ci
resterai male, credimi.”
“Che vuoi dire?”
“Elfman, ti parlo col cuore: mi sei simpatico, ti voglio bene, quanto se ne può
volere a un grosso orsacchiottone stupidone muscoloso, mi piace frequentarti, e
non da ultimo… a letto te la cavi proprio bene!”
I
pettorali di Elfman guizzarono in fuori dall’orgoglio: “Umpf, da vero uomo,
come si addice all’virile sottoscritto!”
<<
Come si gasano in fretta gli uomini per
certi complimenti… >>
E
quello lì in particolare…
Ma
di nuovo si bacchettò: non era il momento! Doveva sgonfiarsi e subito, per
proseguire quel discorso, e così fece.
“Ehm… Però?” fece lui, anticipando l’ultima parola alle sue labbra.
“Però
tu ti stai chiedendo se siamo una << coppia >>, giusto?”
“Beh…”
“E
magari se sono innamorata di te.”
“Io
lo sono.”
Chiaro
e tondo, come solo chi è sincero può essere.
Ma
anche così, lei scosse solo il capo, e inforcò gli occhiali: “Elfman, ormai mi
conosci bene, e anche chi non mi conosce lo può intuire: sono una classica tipa
bella e superficiale.”
“Questo
non è molto virile…” bofonchiò stringendosi tra le enormi spalle.
“No.” –annuì lei- “E “virile” è un aggettivo che metti troppo spesso di
straforo.”
“Umpf!”
Macché:
nel mondo la virilità non è mai abbastanza!
“Forse
è proprio per questo che mi stai simpatico: grosso e bruto fuori, bambinone e
sensibile dentro, il mio esatto contrario se vogliamo. Ma non farti venire
strane idee: io sono per le storie semplici, senza troppi coinvolgimenti, che
durano forse poco ma che almeno ti fanno divertire finché durano, senza effetti
collaterali.”
“Io
invece no…”
“L’ho intuito dal primo momento.”
“E
allora perché non mi hai scaricato?”
“Non
cercare di farmi cadere in domande trabocchetto: mi piaci, ma non certo fino a
quel punto. Non credo di essermi mai innamorata nelle altre storie che ho avuto
finora, e non intendo cominciare adesso; a me va bene anche così, uscire la
sera, parlare, ridere, e ritrovarsi a fare sesso ogni tanto.”
Certo,
detta così era divertente, se non facesse sembrare troppo semplice e da poco
qualcosa che doveva prenderti completamente, come aveva sempre pensato Elfman,
fortunato ma ingenuo esordiente del mondo dell’amore che proprio con Evergreen aveva
trovato, anche lui, il suo modo di vederlo.
“E
tu? Tu cosa vorresti? Che fossimo due zuccherini? Scambiarci bacetti davanti a
tutti e gridare ai quattro venti quanto meraviglioso e “virile” sia l’amore?”
“Se
la metti su questo punto, mi basterebbe che non ti vergognassi di noi due alla
gilda.”
“Te l’ho detto, non è che mi vergogno di te: le effusioni davanti gli altri non
fanno per me, e poi sai che razza di tonti sono alcuni dei nostri compagni… Si
metterebbero a canticchiare ogni volta che ci vedono insieme, lanciare
occhiatine, gomitate e idiozie varie… Credimi, non ti piacerebbe…”
“Beh, neanche mi è piaciuto essere scaraventato in quel canale per impedire a i
tuoi amici di vederci, ieri sera!”
Sbuffò
e si tirò su di fretta la gonna: “Quante volte ti ho già chiesto scusa? E poi,
non sempre trovi dei cespugli a portata di mano…”
Si
riferiva a quella volta in cui lo aveva spinto per impedire, in quel caso a Lucy
e Levi, di scoprirli a passeggiare insieme nel parco tre sere prima.
Era
passato da un attimo da uomo “forzuto” a uomo “fronzuto” nel momento in cui ci
si era tirato fuori; così aveva scherzato lei; ma lui non aveva riso molto…
A
giorni alterni, e talvolta senza alternanza, Elfman si ritrovava spintonato in
qualche posto poco piacevole da un po’ di tempo a questa parte.
Per
l’esattezza, proprio dal tempo in cui aveva suggellato il suo maschile e puro
interessamento per lei con un primo bacio (votato sei e mezzo
dall’esaminatrice…).
Ma
in fondo, quello era il male minore di quella relazione, tanto poco chiara e
poco concreta ai suoi occhi e al suo cuore da indurlo a costringerla a parlar
chiaro quella mattina.
“Evergreen,
non voglio che io e te diventiamo due “zuccherini”… Non è virile!”
“Ecco, vedi?”
“Però…”
“Lascia che le cose restino così, caro mio; vedrai, dureranno a lungo!”
Aveva senso farle durare a quel modo? Poteva reggere quella frustrazione in
nome di un qualcosa che a quanto pareva lui sentiva sul serio, ma lei niente
affatto?
Intanto,
aveva finito di rivestirsi: “Ci vediamo più tardi alla gilda allora.”
Gli
soffiò un bacino, ma questo non sortì effetto, come l’avesse pietrificato senza
neanche usare il suo Stone Eyes.
Poverino,
pensò. Ma se non fosse stata sincera fino in fondo, lui avrebbe continuato ad
illudersi. Se doveva fargli del male, voleva fargliene il meno possibile: come
aveva detto, gli stava veramente simpatico.
“Tutto
sta a te Elfman: se mi vuoi così bene, mi capirai e resteremo insieme fin
quando ci riuscirai; poi, quando sentirai che proprio non ti va più giù, mi
lascerai stare e ti cercherai una tipa che voglia stare con te come lo vuoi
tu.”
“Quella tipa… non potresti proprio essere tu?”
“Elfman…”
“Scusa… Lascia stare…”
Con
la mano già sulla maniglia della porta, Evergreen si girò di nuovo.
“Innamorato, eh?”
“Si.”
“Innamorato sul serio?”
“Direi…” disse, concedendosi il dubbio di non avere altri raffronti.
Ridacchiò:
“Umpf, forse sei il primo.”
Ma come pure questo non avesse che poca importanza, girò il pomello e
scomparve.
Elfman
sospirò.
Aveva
avuto la conferma di ciò che temeva: qualcosina c’era, ma volevano due cose
diverse.
Simpatico…
Non è certo così che si dovrebbe descrivere l’uomo che ti ha stretto tra le
braccia, che ti ha pagato tutte le volte la cena da vero gentleman, che è stato
sempre disposto a sopportarti quando avevi voglia di lamentarti (rimettendoci
talvolta in maschile orgoglio), e che, come dici, a letto apprezzi
particolarmente…
Dopo
ogni appuntamento tornava a casa tanto contento che le sue sorelle non potevano
non capire che si vedesse con qualcuna, pur rispettando il mistero che aveva
deciso di tenere su; e per lei, lui era “simpatico”.
Era
arrivato dunque il momento di lasciarla?
Ma
era stato così contento quando tutto era nato.
E
più l’aveva conosciuta, più aveva avuto l’impressione che anche lei, tanto
orgogliosa e altera all’inizio, potesse schiudersi, magari rivelarsi per una
donna complicata ma buona, bisognosa di un affetto speciale concesso in modo
speciale, come è per tutte quelle storie d’amore sui libri e nei racconti, che
fanno la gioia di romanticone e romanticoni.
E
perché fosse così, aveva solo bisogno di qualcuno, un vero uomo!
O
non era poi un così grand’uomo come credeva, o forse lo era anche troppo per
una che non chiedeva poi molto.
Sbuffò.
Per uscire da quel brutto inizio di giornata ci voleva un’uscita di scena da
vero uomo.
Diede
un pugno all’incolpevole comodino, tirò via il lenzuolo, si alzò, e andò a fare
una robusta colazione, prima di andare di corsa alla gilda.
Malgrado
tutto, aveva ancora tanta voglia di rivederla.
Ed
eccoci qui.
Come
preannunciato, un capitolo breve, rilassante, che ci spiega le premesse per un
seguito che non sarà certo così tranquillo!
Elfman
ed Evergreen si vogliono bene in due modi diversi ed hanno prospettive di
diversa statura: ma il nostro eroe pieno d’amore non sa ancora che il suo
desiderio di entrare più a fondo nel cuore e nei pensieri dell’amata sta per
essere esaudito nel modo più radicale che esista!
Nei
prossimi capitoli, tra scenette all’ospedale e lunghi flashback, ripercorreremo
e sveleremo il loro tragitto verso la sala parto; come affronteranno questa
involontaria calamità? Restate sintonizzati, e buone feste da NaruXHina! ^___^
PS:
ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!
PPS:
NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
|
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Capitolo 3 *** Il giorno delle congratulazioni! ***
lffs
Ciao
a tutti! L’esame è alle porte, quindi questo sarà il mio ultimo aggiornamento
prima di venerdì: dopo, se tutto va bene, dovrei riuscire a postare uno o due
capitoli prima di Natale! Non perdetevi, perché come sa chi da tempo segue le
mie storie, adoro farvi gli auguri di buone feste, ci tengo! ^__^
Questa storia ha già preso molti lettori: forse per la serietà delle sue
situazioni, forse per la voglia di osservare le reazioni dei personaggi, e, a
questo proposito, questo capitolo vi accontenterà di sicuro!
In
ogni caso, adesso si torna su toni un po’ più scherzosi, da Fairy Tail insomma!
Buona
lettura, e buone feste!
PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Il
sole splendeva sopra l’ombreggiato chiostro dell’ospedale, gli uccellini
cinguettavano e le urla straziate della pretendente al titolo di “Regina delle
Fate” guidavano un altro prode mago di Fairy Tail verso la sala parto dove il
lieto evento dell’anno per la gilda stava per verificarsi.
“Eccomi.”
Freed
scattò subito sull’attenti: “Laxus!”
“Sei
arrivato.” lo salutò Bixlow, coi suoi “bambini” a fargli il verso come al
solito.
Il
possente “Dio del Tuono” si tolse la pesante giacca e la ripose sulla panchina
che un attimo prima occupavano i suoi Raijinshuu: “Come sta andando?”
“Se
ascolti puoi capirlo da te.”
“Beh,
puoi capirlo anche senza sforzarti troppo ad ascoltare in realtà!” ridacchiò
Bixlow, e il suo riso gli venne ricacciato in gola dall’ennesima scenata di
Evergreen.
“MA
CI VUOI METTERE NOVE MESI PURE AD USCIREEEEEEE?!?!?!?”
Meno
male che aveva gli auricolari, pensò Laxus, che però lasciava intravedere più
divertimento che pietà per l’amica in quella situazione, che comunque di comico
aveva.
Laxus
passò poi a salutare sbrigativamente gli altri con cenni e monosillabi,
indugiando solo un altro po’ dal padre, seduto tra le due sorelle, per dargli
una pacca sulla spalla.
“Auguri
e figli maschi.”
Elfman
gradì moltissimo, il “figli maschi” in particolare!
Tornò
poi in disparte insieme agli altri due compagni di team: “Allora, e così alla
fine Evergreen ce l’ha fatta, eh?” disse, alludendo al gran finale dei suoi
tormenti.
“Così
sembra.”
Laxus
guardò un attimo la porta della sala parto e poi rise, forse senza nemmeno
troppo ritegno: “Evergreen che diventa mamma! L’ho detto un sacco di volte in
questi ultimi tempi, ma è proprio così: impossibile vedercela!”
Freed
lo corresse: “Beh, tecnicamente partorirà soltanto, non diventerà esattamente
una mamma, lo conosci l’accordo…”
“Si, si…” annuì il biondo incrociando le braccia e guardandosi un po’ attorno.
Elfman
girò il capo altrove, fingendo indifferenza, ma in realtà perché allergico a
quel genere di discorsi.
Meglio
così, pensò senza dire il biondo, per non far arrabbiare nessuno: non gli
sarebbe andato giù di perdere un membro dei suoi Raijinshuu, il team più
potente di Fairy Tail, e vedere la sua fidata Evergreen perdere le sue giornate
dietro pannolini e biberon.
Chi
avrebbe mai voluto vedere una Evergreen così?
Tutti
e tre la pensavano allo stesso modo; salvo un po’ Bixlow, che, si sapeva, aveva
una predilezione per i “piccoli” e forse avrebbe pagato per vedere la sua amica
trasformata da regina a casalinga, anche solo per un giorno.
Ma
lei non avrebbe sopportato un giorno, figurarsi il resto della vita.
“Vi
ricordate il giorno in cui ha scoperto di essere incinta?” chiese proprio il
mago dalla linguaccia facile, per allungare un altro po’ il discorso.
Laxus
si strinse nelle spalle al rievocarlo: “Oh, certo… E chi se lo scorda…”
Cana,
che li osservava, rise di nascosto.
Fu
davvero uno dei giorni più incasinati lì alla gilda!
Successe
tutto di botto, in un giorno che sembrava avido di novità.
Sarà
che a Fairy Tail, piccolo caos in perenne movimento, le novità piccole
riguardano pochi e tra essi si sussurrano, o, come nel caso dell’arrivo di un
nuovo membro, hanno bisogno di un po’ di tempo per essere ascoltate.
Solo
le novità più grosse si sentono esplodere, e il loro frastuono stura le
orecchie di tutta la gilda, che sa che ne uscirà inevitabilmente cambiata, un
pochino, o radicalmente.
Quel
giorno infatti anche Warren aveva deciso di farsi crescere un pizzetto come
quello di Max dopo aver notato il maggiore successo con le ragazze del biondo,
ma fu appunto una di quelle novità a cui nessuno fece caso.
Per
l’appunto, nessuno quel giorno interpretò come una novità il fatto che
Evergreen fosse con la faccia sul bancone, appoggiata e sofferente, anche se
non era quello il suo solito modo di essere.
Solo
Mirajane, fata protettrice del bancone e delle bevande, poté farci più caso
degli altri: “Hai una brutta cera oggi.”
“Uuuuhhh… Si vede, eh? Ho un po’ di nausea… Anzi, ho la nausea, senza un po’.”
“Sbaglio
o stavi male anche l’altro ieri?” fece Freed, seduto un po’ più in là con
Bixlow, sentendo per caso quel discorso.
“Uff,
si… Questo è già il terzo giorno che mi sento così. Bleaahh…” disse lei,
facendo una linguaccia in stile Bixlow.
“Vuoi
che ti porti qualche medicina?” chiese subito Mira.
“Ma
si, proviamoci di nuovo: ne ho già presa una e non mi ha fatto niente.”
Sperava
di riprendersi in fretta: non aveva niente di bello e “fatato” appoggiarsi a un
bancone rischiando di vomitare da un momento all’altro.
“Aspetta,
vado subito a…”
“Urgh!”
Mira,
guardandola, si rese conto che il subito non sarebbe stato abbastanza.
“Scu-scu-scusate!”
Si
tappò la bocca con la mano e corse al bagno più vicino.
“BLEARGH!”
“Uh,
sta proprio male…” disse Cana al termine di una sorsata.
“Cana,
tutto quell’alcol farà male anche al tuo pancino prima o poi.” la redarguì
Mira, ma l’altra si tappò le orecchie.
“Umpf,
il mio “pancino” è allenato a peggio.”
E
per dimostrarlo posò la bottiglia e si attaccò a una botticella.
Si
sentì uno sciacquone e Evergreen tornò da loro, appoggiata allo stipite e coi
capelli sfatti: “Ditemi che non si è sentito fin qui…”
“Beh…”
L’aspirante
Titania emise un lamento di stizza ed esorcizzò il suo malessere in un
espressione imbufalita, con la quale, sbattendo i tacchi tornò a sedersi al
bancone: “Bah! Come non bastassero i ritardi!”
Dannato
ciclo irregolare!
“Forse
hai mangiato qualcosa di guasto?” chiese delicatamente Mira mentre versava una
medicina in polvere in un bicchiere d’acqua approntato in un lampo.
“Ma
che ne so!”
“Forse
hai mangiato qualcosa a cui sei allergica senza saperlo.” suggerì Freed.
“Forse…
Ehm… Ci pensò un po’…” fece Bixlow, tentando di improvvisarsi medico a sua
volta.
“Forse
il mio “pancino” ha semplicemente deciso di farmi uno scherzetto idiota!”
borbottò Evergreen che, dopo essersi aggiustata i capelli e aver controllato il
ritorno al solito splendore in uno specchietto, puntò al bicchiere col suo
medicinale.
“Forse
sei incinta, ah ah ah!” sghignazzò Cana.
La
dita di Evergreen ebbero un sussulto facendo tintinnare il bicchiere e
rovesciando un po’ di gocce.
“……”
“……”
Cana smise di sghignazzare…
“……”
Mira
aveva gli occhi spalancati e la bocca impastata: “… Evergreen?”
Bixlow
e Freed si guardarono tra loro, impauriti!
In
effetti, se si guardava la cosa da un punto di vista matematico, era facile
come risolvere un’addizione…
Nausea
più ritardo nel ciclo uguale…
<<
Incinta? I-Incinta?! Io?! Incinta io?! Ma… Ma come… Come… Come?!
>>
Lo
shock le aveva fatto dimenticare anche i più elementari fatti della vita, che
del resto avrebbe dovuto ricordare anche quella sera in un cui non era stata
del tutto sicura che quello fosse un giorno sicuro, prima di darci dentro…
“Ehm…
Dicevo per scherzare…” –tentennò Cana, improvvisamente imbarazzatissima- “Non
sarai mica davvero…”
Un
suono di saluti li fece girare tutti, incinta per prima, verso la porta.
“Ehilà,
Elfman!”
“Osu!”
“Sempre
un duro come al solito, eh?”
“Puoi scommetterci!”
“T-t-t-tu…”
Elfman,
appena arrivato batteva pugno contro pugno con Gray; Evergreen, ancora
scombussolata aveva anche lei voglia di battere i pugni…
“TUUUUUUUUUUUUUUU!!!!”
“?!?!?!?”
STOMP! SDENG! STONK! CRASH!
“Uh,
cavolo! Ma allora è vero! Mira, Evergreen è…”
Mira era in catalessi, ma una catalessi da beatitudine: con le mani giunte e
gli occhioni sbrilluccicanti: “Il mio fratellone è cresciuto tanto senza che me
ne accorgessi!”
Cana
storse la bocca: non era esattamente quella la reazione che si sarebbe
aspettata, specie con il suo fratellone che veniva pestato a sangue da
Evergreen qualche metro più in là.
“Ah!”
–sospirò l’albina- “Allora era proprio Evergreen la sua ragazza misteriosa!”
“Anche
questa poi… Elfman e Evergreen! Ma voi ne sapevate qualcosa?!” chiese Cana, che
ormai aveva dimenticato la sua botticella, a Freed e Bixlow, ma anche loro,
molto più vicini a lei, scrollarono le spalle e aprirono le braccia, increduli.
Non
tanto che Evergreen fosse arrivata a quel punto con qualcuno, ma con Elfman! E finire
in dolce attesa di lui per giunta!
“BRUTTO…
MALEDETTO… POMPATO… SE NON FOSSI UNA SIGNORINA TI DIREI DI PEGGIO!”
Ad
ogni parola Ever, che lo teneva per i lembi della giacca sedutagli sopra, lo
tirava su e lo risbatteva giù sul pavimento!
Ormai,
anche chi non aveva seguito la storia dall’inizio non aveva trovato di più
interessante quel giorno che fissare verso quella scena di violenza gratuita:
tutta la gilda aveva gli occhi puntati su di loro!
Lisanna
preoccupata corse dalla sorella: “Mira, che sta succedendo?! Bisogna fare
qualcosa!”
“Hai ragione! Evergreen, smettila! Non stressarti! Pensa al bambino!
“Al che?!” esclamò Lisanna.
“AL CHEEEEEEE?!?!?!?” urlò il resto della gilda.
Solo
allora Evergreen si fermò, e si vide al centro dell’attenzione… E come non
bastasse, tutti ora sapevano, e soprattutto, lo sapeva lei!
“SIIIIGH!”
L’unico
che non sapeva era proprio Elfman, che aveva perso i sensi con la testa
penzoloni sul collo e la faccia piena di lividi, prima ancora di accorgersene…
“I-io?”
“L’avrà
capita? Forse è ancora intontito per le botte.” si chiese Gray vedendo la sua
aria confusa.
“Ehi, è una notizia grossa come una casa, diamogli il tempo di mandarla giù.” disse
Droy che gli teneva una borsa col ghiaccio sui bernoccoli.
“Io…
papà...”
Mentre
gli uomini stavano per lo più riuniti intorno ad Elfman, messo su una sedia a
riprendersi, le ragazze, sapendolo in buone mani erano andate ad affollarsi
intorno ad Evergreen, anche lei su uno sgabello, ma che sembrava piuttosto
quello del banco degli interrogatori.
“Stai
con Elfman?”
“E
da quando?”
“Uh
uh uh, chi l’avrebbe detto?” Bisca si lisciò la tesa del cappello.
“Beh, dopotutto lui è così… “uomo”, ih ih!” scherzò Cana.
Evergreen
si limitava a restare zitta con le braccia incrociate: “Umpf!”
“Ih
ih ih, lo sospettavo, sospettavo che fossi tu! Da quando a Tenrou mi diceste
che vi sareste sposati per battermi ho sempre pensato che sareste stati una
bellissima coppia!”
“E da che diavolo l’avresti pensato?” chiese l’occhialuta.
“Eravate così affiatati…” gongolò l’altra.
In effetti lo erano stati davvero in quel frangente, e il suo interessamento
per il muscoloso fratellino di Mira le era di sicuro nato quel giorno.
“……”
Levi
batté le mani: “Wow, una storia d’amore segreta nella gilda!”
Anche Lucy era eccitatissima come tutte: “Ed ora Evergreen aspetta addirittura
un bambino!”
A
quella parola la “fortunata” prese ad iperventilare e una sorta di reazione
allergica contemporanea le provocò un prurito che voleva placare sulla pelle di
quelle due; a risparmiare Lucy e Levi dalle sue unghiate fu il malconcio Elfman
che, tenendosi ancora la borsa del ghiaccio dove serviva, si avvicinò tutto
trafelato: “Evergreen… D-davvero… Davvero io diventerò un papà?!”
“Beh,
niente ciclo, nausea… frequentazione molto intima…” partì Cana con
l’occhiolino, mentre Charle partì a tappare le orecchie a Wendy.
Ad
Elfman la testa prese a girare di più: “I-io… Io… Io… Io… UOMO!”
“Credo che mio fratello stia cercando di esprimere la propria incredulità e
contentezza!” -sorrise la sorella maggiore- “E sono contentissima anch’io! Che
gioia! Lisanna, significa che saremo zie!”
“Io zia?!” –tanto bastò affinché anche lei, prima sorpresa poi giustamente
scettica, si lasciasse contagiare dalle più rosee visioni!”
“Wow,
Natsu, è come quando io e te abbiamo fatto il papà e la mamma per Happy! Solo
che sarò zia per davvero, cioè, zia nel senso stretto! Sarò zia, Happy!”
“Uhi!
Lisanna, lasciami le guance!” implorò il gattino mentre gli venivano
amorevolmente tirate.
Non
riuscendo a contenersi, la sorella minore afferrò allora le mani ad Evergreen
e, non avendo capito per nulla la situazione, pronunciò delle parola
sbagliatissime…
“Congratulazioni,
cognata!”
“CO-CO-CO…”
“Cognata?”
“COOOOOOOOOOSA?!?!?!??”
Nel
suo balzare in piedi buttò all’aria Lisanna, un paio di sedie, fece inciampare
Bisca addosso a Juvia, Macao addosso a Wakaba e Wendy sopra la povera Charle
che restò schiacciata, mentre Cana si procurò uno strappo nel tuffo atletico in
cui si era gettata per salvare il suo boccale dal rovesciarsi!
“Anf…
anf… anf…”
“Evergreen, forse dovresti calmarti…” disse Freed da amico, ma rischiando di
dover continuare a parlare da cenere per il modo in cui lo guardò dopo!
“I-intendevo
in generale, n-non per il bambino…”
“Ehi,
nessuno ha fatto le congratulazioni al nostro Elfman però!” fece Natsu mollando
all’omone una gomitata.
“Bella
mossa, amico!”
“Così
si fa!” lo incoraggiò Wakaba levato alta la pipa.
“D-davvero?”
“Si, non pensavo potessi fare una cosa del genere! Sei davvero un uomo ora!”
“MUAHAHA!”
-rise il neo-papà, che i complimenti degli altri uomini avevano risvegliato
dalla catalessi- “Certo che sono uomo! Uomo più che mai, vero?”
STONK!
“MA
QUALE UOMO!” –gridò colei, inutile da specificare, che gli aveva tirato la
borsa del ghiaccio sul naso- “MA QUALE COGNATA! MA QUALE CONGRATULAZIONI! VOI
NON AVETE CAPITO ASSOLUTAMENTE NULLA! QUESTA NON È UNA
COSA DI CUI ESSERE CONTENTI! È UNA
CATASTROFE! È UNA TRAGEDIA! È… È…
È… È TUTTO SBAGLIATOOOOOOOOOOO!”
gridò con
tutto il suo fiato, mischiandosi i capelli come per fossero un insalata
da
condire!
Alla
fine era ridotta uno straccio, senza fiato e tutta scompigliata: “Anf… Anf…”
“Sono d’accordo!”
“?!?!”
Finalmente
si faceva sentire una voce fino a quel momento rimasta silente: nientemeno che
la sua acerrima rivale, Erza Scarlet!
Questa,
con aria marziale, uscì finalmente dalle ultime file intenzionata a dire
finalmente la sua!
“Erza…”
“Evergreen ha ragione! Questa gravidanza può sembrare una cosa buona, ma è
chiaramente un enorme problema!”
“……”
<< Erza… Significa che almeno tu
hai capito come stanno le cose e ti stai schierando in mia difesa? Non mi
aspettavo che fossi proprio tu a darmi una mano contro questo branco di idioti!
Grazie, e dire che ancora non ti sopporto perché continuano a chiamare te
Titania e non me, grazie davvero! >>
“Che vuoi dire?” chiesero.
“Che
Elfman ha enormemente mancato di rispetto ad Evergreen concependo con lei in
questo modo…”
“Parole sante!”
“… fuori dal matrimonio!”
“………
Eh?”
La
rossa puntò il dito d’accusa e a petto in fuori gridò: “Elfman, non puoi
tirarti indietro! Se come dici sei davvero un uomo, devi assumerti le tue
responsabilità!”
<< MA ALLORA SEI UNA CRETINA ANCHE
TU! DANNATA ERZA, TI STRAODIO!!! >>
“Le…
Le mie responsabilità?”
“Esatto,
le tue responsabilità di uomo! Sai cosa fare, no?”
Elfman
restò imbambolato per un po’, ma subito dopo gli fumarono le narici!
“UAAAAAAAAHH! CERTO CHE LO SO!”
“Wow, sta partendo in quarta!” fece Happy.
A
grandi passi e senza badare a spintoni, il grande e grosso Elfman si presentò
dinanzi la sua donna e si inginocchiò!
“Evergreen…
Vuoi diventare… diventare… diventare…”
“Non emozionarti, dai!” fece Lisanna, ma la sua pacca sulla spalla gli fece
inavvertitamente ripartire la lingua.
“UOMO!”
“……”
“Natsu,
è così che funziona? Evergreen deve diventare uomo per avere il bambino di
Elfman?”
“Non lo so Happy, non ci sto capendo molto…”
“Credo che mio fratello stia cercando di chiedere la tua mano!” corresse Mira
di nuovo in quattro e quattro.
“S-si!
Quello!” –tossì Elfman, rosso per la figuraccia- “Evergreen, vuoi sposarmi?”
“!!!”
Levi
e Lucy sospirarono, spalla contro spalla: “Aaahhh, che romantico!”
Erza
annuì compiaciuta: “Umpf, bravo!”
“……”
“NEMMENO
PER IDEA!”
Con un urlo di dolore, Elfman volò via col cuore in frantumi e pietrificato fin
fuori la gilda, facendo battere alla Raijinshuu tutti i record del “Lancio
dell’Elfman” segnati duranti le varie risse degli ultimi anni!
“Questo
non è romantico come mi aspettavo…” esclamò Lucy delusa!
Erza era inorridita: “Questo non è il finale che ci doveva essere! Questo è
ancora più increscioso!”
“Io
non ho intenzione di sposarmi a quel cerebroleso solo perché mi ha messa
incinta!”
“M-ma come no?!” tremò Erza, ritenendolo inconcepibile.
“Volete
lasciarmi in pa…”
Attirato
dall’Elfman volato oltre la porta, Laxus si era precipitato dentro in tempo per
sentire le ultime frasi!
“……”
“…… La… Laxus…”
“AHAHAHAHAH! TU?! INCINTA?! MA DAI!”
<<
NOOOOOO! NON ANCHE LUI! >>
Tirò
la sacca a tracolla via su un tavolo e si avvicinò: “Ma cosa mi fai sentire!”
“Laxus,
ti prego, taci!” piagnucolò Ever, nascondendosi la faccia.
“Complimenti Elfman, ci vuole un bel coraggio! Ehi, Ever, è uno scherzo, non è
vero? Dai!”
“Grrrrr!
Taci!”
“Non
sarà mica vero davvero? Ah ah!”
Il
biondo continuava a sorridere sprezzante, trovando la cosa fin troppo
divertente lì per lì per pensare al vero stato d’animo della sua Raijinshuu,
che se prima di allora non aveva mai osato perdere le staffe con lui, ora ci
stava seriamente pensando…
“Che
c’è, ti vergogni? Non dovresti, diventare genitore non è una delle esperienze
più belle? Così dicono!” le disse da dietro un orecchio visto che continuava a
dargli le spalle.
“Laxus, ti sconsiglio di continuare: Evergreen sembra particolarmente
irascibile al riguardo.” lo mise in guardia Cana provando a tirargli la
camicia.
“Umpf,
d’accordo la pianto… Beh, almeno fatemi finire di fare gli auguri! Spero che
sarete felici tutti e tre insieme, ah ah ah… AAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”
“Umpf,
ti avevo avvertito!”
Alla
fine era successo!
La
ribellione!”
“F-FREED!
EVERGREEN HA ATTACCATO LAXUS!” sbiancò Bixlow sotto il cappuccio!
“ORRORE
DEGLI ORRORI!” gridò lui, a cui gli si erano accapponate le ciocche a fulmine
che aveva in testa
Laxus
stringeva i denti e si copriva la faccia: “WAAAAARGH! DANNATA! GLI OCCHI… CHE
COSA MI HAI SPRUZZATO?!”
“Profumo.”
rispose lei con nonchalance, rimettendosi la boccetta in tasca.
“GRRRR!
BRUCIA! EVER, MALEDETTA, NON LA PASSERAI LISCIA!”
“Ah
ah ah!” rideva la gran bevitrice dei suoi occhi arrossati e piangenti.
“Sta zitta, Cana!”
Quelle
minacce però non la toccavano: anche affrontare Laxus, il suo, tra virgolette,
capo, non la turbava più di questo intruso che minacciava colpi ben peggiori di
un po’ di nausea per la sua vita!
“Ecco
fatto, sono arrivata anche a questo! C’è qualcun altro che lo deve sapere?!”
“Beh,
il master Makarov, ma è fuori al momento…”
“SIGH!”
Elfman intanto si era ripreso: “Ever…”
“Stammi
lontano tu!”
“Ehi,
ehi, stiamo calmi, ok?” –intervenne Macao per fare da paciere- “Stiamo facendo
fin troppo chiasso: non siamo neppure sicuri che Evergreen sia incinta
davvero.”
“Ma
la nausea, il ritardo…”
“Un ritardo può capitare! L’unica è andare da un dottore e tagliare la testa al
toro.”
“Io taglierei la testa di qualcun altro… Però mi ridai speranza! Andiamoci
subito!”
“Vengo con te!” le corse dietro Elfman.
“Mira,
Lisanna, andate anche voi che siete le zi… le sorelle…” si corresse all’ultimo
Macao, temendo di finire i suoi giorni come statua decorativa in un parco
pubblico!
Lucy
sospirò e si risedette: “Ha ragione Macao, siamo partiti in quinta, giusto
Erza?”
“N-n-non ha detto si! Non l’ha detto! N-n-non ci si comporta in questo modo!
Ma… Ma dico io! Dove… Dove andremo a finire!”
“……”
Era ancora sotto shock!
Gray
però non era ottimista quanto la biondina: “Non appena gli diranno che il
bambino c’è, Evergreen stramazzerà a terra.”
Freed
si mostrò d’accordo. “O forse stramazzerà Elfman.”
“Congratulazioni!”
STOMP!
STOMP!
Erano
stramazzati a terra tutti e due…
Oltre
all’allibito ginecologo, erano rimaste viventi nella stanza solo le, a questo
punto accertate, ziette.
“Che
carini! Sono svenuti all’unisono! Saranno una coppia meravigliosa, vero
sorellina?”
“Ehm, se lo dici tu…”
Sembra
che il mio proposito di serietà sia un tantinello sfumato con questo capitolo!
Del
resto lo sapete: io sono per la commistione, più generi, più toni, abbracciare
tutto! ^__^
La
scoperta è sempre uno dei momenti più devastanti: la povera Erza non credeva
che qualcuna potesse davvero rifiutare una proposta di matrimonio in pubblico!
XD
Ah,
e ricordiamoci anche dei poveri Elfman ed Evergreen, certo… U__U
Qui
avete riso, ma nel prossimo capitolo sorriderete tutt’al più: credete forse che
Evergreen abbia accettato a capo chino di incamminarsi verso la sala parto? L’affascinante
fata è pronta a combattere senza pietà, anche contro un qualcosa di così
piccolo…
C’è
un orgoglio grande come una casa da sconfiggere: ce la farà Elfman?
Al
prossimo capitolo!
PS:
NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
|
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Capitolo 4 *** La via del vero uomo ***
elfever1
Di
nuovo “Ehilà a tutti!”, cari lettori! ^__^
Scusate
il ritardo per questo capitolo, dovevo concentrarmi per il mio esame di
biochimica… CHE HO SUPERATO! YAHOOOOO!
Ora sono libero dallo studiare fino a Natale! Questa libertà potrebbe tradursi
in aggiornamenti più rapidi della fic, chissà!
Questo
capitolo è stato scritto prima della libertà in effetti, e dopo la correzione,
eccolo pronto a farsi godere da voi! Come detto ci sarà da ridere di meno e da
riflettere di più: è il momento di un faccia a faccia diretto tra i due futuri
genitori!
Buona
lettura, commentate!
PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Elfman
non aveva mai pensato tanto ai bambini, quindi non ne aveva una precisa
opinione al riguardo.
Era
ancora giovane… Quelli della sua età di solito iniziano a pensarci solo quando
gliene piove uno dal cielo a complicargli la vita.
A
meno di non avere una qualche particolare vocazione alla paternità, è difficile
che quelli come lui vadano a cercarsela volontariamente; è già difficile
trovare qualcuna disposta allo stesso con cui “darsi da fare”…
Quando
si è giovani, le complicazioni non piacciono, e non si ha neppure lo spirito
per sopportarle.
Così,
quando aveva afferrato l’idea di cosa gli stava capitando, si era ritrovato a
riflettere sui sentito dire.
I
figli sono un dono del cielo.
I
figli sono le più grandi gioie della vita.
I
figli sono il tuo essere che prosegue nel mondo avanti a te.
E simili belle frasi, che parlavano di, e forse ingigantivano, un unico lato
della medaglia.
Chi
gli assicurava che fosse così? I figli sono davvero questa grande benedizione?
Gli
bastava vedere Evergreen per tornare coi piedi per terra.
I
figli sono un terremoto, una fatica continua, una responsabilità enorme…
Per
farla semplice, roba da uomini.
Si,
ecco cos’era ciò che stava per arrivare oltre quella porta, nella sala parto:
la sua responsabilità da uomo, come aveva detto Erza.
Il
banco di prova della sua tanto decantata “mascolinità”: uomini più grandi di
lui erano fuggiti, e uomini ben più piccoli avevano avuto la forza di accettare
ciò che sarebbe capitato loro, e se non era quella la virilità all’ennesima
potenza…
Avere
il coraggio di accettare che dalle proprie azioni è saltato fuori qualcosa di
ben più grande di te, che va oltre te, e che non puoi sottrarti ad essa: d’ora
in poi dovrai essere al suo fedele servizio.
Non
sarebbe stato facile: chissà quanta fatica, quante rinunce, quanti cambiamenti…
E
nonostante questo, c’erano ancora padri che si presentavano la prima volta ai
loro fagottini con una espressione così bella: era rassicurante!
“Elfman”
–lo svegliò Happy- “Credi che anche io potrò fare il papà un giorno?”
“Solo
se sei abbastanza uomo!” lo ammonì lui severamente.
“Ma
io sono un gatto! Uffaaaaa!” e se ne andò via mogio mogio!
“Su,
su, Elfman non intendeva quello che pensi.” –lo consolò Lisanna- “Però c’è
tempo, tranquillo: sei ancora piccolo, no?”
C’era da “convincere” Charle in primo luogo…
“Tu
però sei abbastanza grande, Lisanna: perché non fai la mamma? Natsu potrebbe
fare il papà, come ai vecchi tempi!”
Si
guardarono…
“M-mi
basta essere zia per il momento!”
“E-e
a me basta essere… qualcos’altro per il momento!”
“Allora tu, Erza?”
“Ehm, mi chiedo se c’è un bar nell’ospedale, qualcuno vuole da bere?” disse
lasciandosi dietro una scia di sudore.
“Laxus
e Cana?”
“PERCHÉ PROPRIO NOI DUE?!”
“Freed
e Bixlow?”
“MA
CHE CAVOLO DICI?!?!?”
Lucy
e Reedus corsero a nascondersi…
“Tu,
Gray!” -provò allora il micio blu- “Perché non diventi anche tu papà come
Elfman?”
“I-io?!”
“Perché
non chiedi a Juvia se quando depone un uovo ti lascia essere il padre? Sono
sicuro ne sarebbe felice!”
Non
ebbe il cuore di spiegargli come funzionavano le cose per gli umani…
In compenso si immaginò una Juvia-gallina, e di sicuro, con o senza penne,
sarebbe stata felice di “deporre un ovetto” con lui…
“Ehm… passo…” si risolse il mago del ghiaccio…
Nel
frattempo Elfman, a rischio di torcicollo, si concedeva una più lunga occhiata
dietro le spalle.
Eccolo
ancora lì, a passeggiare tra le siepi vicino la fontana: mingherlino,
quattrocchi, un bel po’ stempiato, così poco maschio, eppure con il suo bimbo
tra le mani, a cui permetteva di giocare coi suoi sottili occhiali incurante
che li potesse rompere.
Non
si era mai trovato ad ammirare qualcuno di così piccolo.
“Elfman?”
“Si,
Mira?”
“Che guardi?”
“Un vero uomo.”
Si
girò anche lei, trovando strano lui potesse intendere proprio quel tipo.
“Sai
Mira, finora non ho fatto altro che gridare uomo di qua e uomo di là, cercando
di dimostrare qualcosa. Ma credo che adesso avrò l’occasione di diventarlo
davvero, finalmente!”
Mira
lo abbracciò, poiché era impossibile resistere a quella frase pronunciata da
lui.
Si,
ne era certa: sarebbe stato un uomo coi controfiocchi!
E
stavolta sia Erza, che Gray, che Natsu, e tutti quelli nei paraggi che
l’avevano pestato almeno una volta sarebbero stati d’accordo!
Non
sono i “guai” che ti capitano a cambiarti, è cosa decidi di fare in proposito
che ti qualifica, che ti dice se sei sempre il solito, o se hai fatto un passo
avanti.
Se
solo anche Evergreen l’avesse vissuta in quel modo almeno un pochino…
Se
solo anche lei potesse considerasse quel parto come una responsabilità, invece
che un fardello di cui liberarsi il prima possibile.
Riaprì
gli occhi che era di nuovo nella gilda, stesa di lungo su di una panca.
“Uuuhh…”
“Evergreen?
Ti senti bene?” chiese la faccia di Bixlow mentre tornava nitida.
“Dipende…
Ditemi che ho sognato e che non sono incinta di Elfman.”
“Sei
incinta di Elfman.” la deluse Freed.
“……”
“Vuoi svenire di nuovo?”
“Mi piacerebbe…”
Si
coprì la faccia con le mani e, gemendo, si risollevò a sedere.
“Sigh!”
Nel
frattempo, la notizia aveva già fatto il giro completo della gilda, inclusi
quelli che prima erano assenti. Un bimbo alla gilda non accadeva di frequente,
anzi, quasi mai; un peccato che in una simile occasione l’atmosfera dovesse
essere così poco allegra.
“Evergreen”
–disse il master Makarov- “Come ti senti?”
“Oh, no, ci mancava solo lei!”
“Se
vuoi parlarne…”
“No!
Non voglio parlarne! Non mi servono belle parole!” –così dicendo si avviò verso
l’uscita a testa bassa- “Mi serve solo un po’ d’aria.”
Fin
troppo chiaro che non c’era nessuno al mondo che potesse avvicinarsi a lei in
quel momento; ma Elfman l’avrebbe fatto lo stesso.
“Ci
parlo io.”
“Si,
è meglio.” annuì il vecchio.
Ah,
i giovani d’oggi e la loro irruenza, gli sarebbe venuto da pensare, se non
fosse stato così terribilmente da vecchi! Chissà a cosa avrebbe portato quel
conflitto a quei due, e a tutti loro.
Appena
uscita, si tolse gli occhiali per massaggiarsi un po’ le orbite. Li reinforcò e
si appoggiò con un braccio ad un alberello.
Quando
Elfman arrivò alle sue spalle, era intenta a fulminare con lo sguardo l’incolpevole
orizzonte, facendo di no con la testa.
“Ever…”
“Non chiamarmi Ever…”
“Evergreen…”
“Che
c’è?” gli rispose senza girarsi.
Si
massaggiò dietro il collo, nel tentativo di calmarsi un pochino: “Scusami, se
ora stai così è colpa mia.”
“No.” –lo corresse subito- “La colpa è di tutti e due.”
Sbuffando,
si degnò di fronteggiarlo: “… Ma se davvero non ti andavo così a genio, non te
lo potevi far venire a mente prima? Non potevi troncare con me prima che
combinassimo questo disastro?”
“Tu mi vai a genio, Evergreen… è solo che…”
“Umpf,
che io sono superficiale: toccata e fuga, storie semplici, niente impegni,
niente effetti collaterali…” –recitò lei facendo avanti e indietro- “E così
doveva essere! Accidenti!”
Si
sfogò calciando per terra: “Grandioso, ora anche il tacco rotto!”
<<
Speriamo non mi metta in conto anche il
tacco! >> si disse l’altro, che improvvisamente si sentiva addosso
una fedina penale.
Tirò
fuori il suo ventaglio e si diede un po’ d’aria buona da respirare, dando il
tempo ad Elfman di pensare a cosa dirle.
“Evergreen,
io ero sincero prima… Se sposarmi ti può aiutare ad accettare la cosa, o a
salvare la tua immagine (e so che ci tieni)… beh, non fare complimenti.”
Gli
tirò addosso uno sguardo che lo perforò come un palloncino di gomma: “Ma allora
sei completamente decerebrato?! Io non volevo che stare un po’ con te fintanto
che sarebbe durata, mi metti incinta, e per giunta insisti col chiedermi di
sposarti?!”
Si
morse la lingua! Toppato in pieno.
Evidentemente
non era un classico problema di salvare le apparenze; non si poteva risolvere
tutto col solito bel matrimonio riparatore, che poi non è nemmeno il miglior
modo che c’è al mondo per sposarsi.
Tirò
a terra il ventaglio: “Sembra quasi tu l’abbia fatto apposta! Tanti flirt,
tante scopate, non è mai successo nulla, poi arriva il primo fesso innamorato e
che mi capita?! Ecco perché detesto le storie con troppi coinvolgimenti!”
“T-ti
assicuro che non l’ho fatto apposta! Anzi, se avessi potuto avrei detto: “Ehi,
voi laggiù! Cercate di non essere troppo virili, eh?”…”
“……”
“Ehm,
Evergreen, io sono pronto a fare tutto il necessario, con o senza matrimonio.”
“D’altronde, c’è qualcosa di peggiore di questo che potresti ancora combinare?
E cos’è quell’aria da fesso che hai in faccia?”
Elfman cercò istintivamente qualcosa in cui specchiarsi: “Che faccia?”
“Mi
hai messa incinta! Giustamente non ti ritrovi tu con un intruso nella pancia,
ma… Non ti da un briciolo di fastidio?!”
Le
reazioni dei due erano su due livelli diversissimi di intensità: dal primo
momento lui perseverava in quello stato di frastornazione, di vaghezza, ma
senza rabbia, né un briciolo della disperazione che invece si erano impadronite
di lei.
“Beh…
Non è il massimo nemmeno per me… Però chissà, magari fare il padre non sarà poi
così male…”
“Stai dando i numeri?! Tu?! Un padre?! Sai che bell’esempio, col cervello
bacato che ti ritrovi! Tu, quello che ha pestato il suo stesso cliente che
doveva proteggere perché diceva… Che diceva?”
“Che un uomo si giudica solo in base ai titoli di studio! GRRRR! Che rabbia!
Essere uomini è ben altro che titoli e posizione sociale!”
“Se
è per questo è anche ben altro che muscoli e cavarsela bene a letto!”
Quello
si che fece male.
“……”
“Elfman, né io né te siamo in grado di fare i genitori: io sono troppo…
egocentrica, e tu… hai tanta buona volontà…” –o forse tanta buona stupidità- “Ma
credi sul serio ti basterà a sopportare quello che dovrai sopportare?
Pannolini, pappa, pianti la sera, alzarsi in continuazione, portarlo su e giù,
lo stress, i soldi che vanno via, e il tempo… Il tempo che pensavi di dedicare
a te, a quello che ti va di fare, alle tue aspirazioni… E chi te lo restituisce
quello!”
Come
aveva fatto a farsi venire in mente così di getto tutti quei lati negativi?
Dopo quel bombardamento, gli girava la testa.
“Eppure…”
–balbettò con una voce tanto sottile da non sembrava potesse venire da un tale
bestione- “Eppure avevo pensato che sarebbe stato bello… Ho pensato di…”
“Di volere questo bambino?! Ma allora tu sei scemo sul serio!”
Si
mise sulla difensiva, come se stesse combattendo piuttosto che parlando. Era
intimorito, confuso e si sentiva ciò che aveva dentro andare in frantumi.
“Perché
mai dovresti volerlo?”
Si
allargò il colletto con un dito: “Io… io…”
Il
fiato. Dov’era il fiato quando gli serviva?
Cosa doveva dire? Come poteva ribattere?
“Perché…”
Strinse
i pugni!
E
riaprì gli occhi!
“Perché
essere un uomo è molto di più che muscoli e cavarsela bene a letto!”
Stavolta fu lei a sentire il colpo, e a fare, letteralmente un passo indietro!
In
un lampo aveva recuperato la sua sfrontatezza, e si ergeva saldo, monolitico,
dinanzi a lei!
“E
se questo “disastro” è il sentiero che mi porterà ad essere quel molto di più,
allora sarà la virile via che percorrerò!”
Impossibile!
Come poteva essere così stupido! Come poteva uno stupido essere tanto convinto
delle proprie idiozie, si chiedeva!
Altro
che compagno di sventura… Lui quel bambino lo voleva!
Per
un attimo aveva creduto che lui, il suo uomo, nella sua stessa barca, potesse
pensarla come lei, quantomeno capirla, e invece…”
“Ma
che dici… Io… Io cerco di farti ragionare e tu… Tu…”
Per
un secondo temette di finire di nuovo al tappeto, invece Evergreen, nel
tentativo di fare un passo, neanche verso di lui, era inciampata sul tacco
rotto, cascando a terra.
Non
servì neppure a fornirgli un occasione da gentleman: con un grido esasperato,
spezzatasi da sé anche l’altro tacco, si rialzò con le sue sole forze e li
scagliò via entrambi.
Che
rovesciamento di fronti, si disse, vedendola tutta tremante.
Dispiaciuto,
la cinse a sé, da dietro le spalle.
L’abbraccio
di Elfman era forte, ma gentile: non c’era migliore specchio della sua doppia
identità.
Grosso
e becero fuori, idiota dentro.
<<
Elfman… >>
Si
lasciò avvolgere, abbandonandosi a quella sensazione di calma, di protezione,
che provava ogniqualvolta, mentre erano a tu per tu, lui si lasciava andare a
quella così delicata espressione d’affetto.
Aveva
qualcosa in più degli altri. Aveva un cuore d’oro. Ecco perché le era piaciuto
stare con lui: era bello sentirsi amata, anche se non lo corrispondeva…
La
solita egoista…
Questo
lo confermava.
Lei non aveva un cuore ingenuo come il suo.
Non
riusciva proprio a desiderare ciò che lui voleva.
Basta
così quindi, con lui e i suoi sciocchi principi.
“E
lasciami!”
Elfman
sospirò di delusione mentre sgusciava via, poiché per un attimo gli era
sembrato fosse tornata a volergli bene.
“E
basta proposte di matrimonio, ok?”
“Ok… Però, Evergreen, ormai questo bimbo c’è… Qualcosa dobbiamo fare…”
“…
Già, ormai c’è… E qualcosa farò…”
Quando si diceva “sesto senso”: non le piaceva tanto il modo in cui l’aveva
detto…
“Che
intendi?”
Incrociò
le braccia e lo guardò, arcigna: “Che risolverò questo problema: in maniera
rapida e indolore per tutti.”
No,
non poteva piacergli quello sguardo: lo sguardo di chi è pronto a passare sopra
al bene al male, e farlo solo per sé stessi e basta.
“Che
vuoi dire?” ripeté con più forza.
Lei
non lo curò oltre e si incamminò, malferma sulle scarpe rotte, ma non
intenzionata né a girarsi ne a fermarsi.
“Evergreen!
Evergr…”
Quel
nome si bloccò a metà, quando la sua gola gli divenne muta pietra.
Evergreen
posò piano gli occhiali sul naso e, in tutta calma, si avviò.
Quando
l’incantesimo pietrificatore si dissolse, Elfman non riuscì a dire quanto tempo
fosse passato: un secondo prima era sveglio con lei di fronte, il secondo dopo
era circondato dagli altri suoi compagni.
Se
non altro aveva fatto in fretta a capire che gli era successo: non c’era tempo
da perdere!
“Stai
bene?”
“Umpf,
c’era da immaginarselo che finiva così.”
“Evergreen!
Dov’è Evergreen?”
“E
chi lo sa…”
“Qu-quanto
tempo sono rimasto di pietra?”
“Non
so…” –rispose Lucy- “Ti abbiamo trovato così almeno cinque minuti fa.”
Troppi!
“Presto,
venite! Dobbiamo fermarla!”
“Fermarla?”
“Non
c’è tempo! Vi prego, datemi una mano!”
Evergreen
vuole risolvere a modo suo, e nella maniera più rapida.
Ormai
se ne è resa conto: in quanto a bontà, non può competere con quel grosso
scioccone, quindi, è giusto si comporti dalla “cattiva” che è, e a testa alta
si avvia a mettere in atto il suo fermo proposito.
Come
potrà fare Elfman a fermarla?
Il
prossimo capitolo avrà ancora più conflitto, e definirà lo sviluppo futuro
della storia fino all’ospedale! Non perdetevelo!
Alla
prossima, e buone feste a tutti!
Ah,
e a proposito di feste, se vi va di intonarvi al periodo, per chi non le
conoscesse ancora, nella mia gallery troverà due fic “natalizie”, una su Naruto
e una, più recente, su Fairy Tail!
Divertimento
e festosità assicurate! Buona lettura!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
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Capitolo 5 *** Il patto ***
elfever1
Ciao
a tutti, cari festivi lettori! ^__^
Spero vi stiate godendo le vacanze natalizie, in attesa del meglio che deve
ancora venire!
Mi riferisco ovviamente alla festa, ai regali e al mangiare, ma se volete
fateci rientrare anche il continuo di questa bella fic! XD
A
proposito volevo sollevare il punto dell’ambientazione: ho in mente questa fic
da prima del finale degli eventi di Tenrou (voglio evitare spoiler…), parte di
un possibile ciclo di fic sul futuro di Fairy Tail. Ma chi ha letto le scans
dal Giappone sa poi cosa è successo alla gilda; ora, non sapendo se ambientare
questa storia prima o dopo il salto temporale e gli altri eventi che ha portato
(se insomma è un semplice continuo o una “E se…”), ho deciso di non inserire
nessun riferimento particolare, così potete decidere voi ^__^
E
ora il capitolo! La povera Evergreen, sentitasi abbandonata e senza appigli, si
accinge a fare di testa sua. Cosa potrà fare Elfman per fermarla?
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Quando
quel giorno arrivò di fronte l’ospedale di Magnolia, non si aspettava di
ritrovarsi lì nove mesi dopo, per partorire.
Vi
era arrivata più decisa che mai: sarebbe dovuto finire tutto lì, subito.
Non
le importava di passare per la cattiva della storia; aveva già tentato di
rovesciare il master insieme con Laxus e i suoi, quanto sarebbero potuti
restare sorpresi di quel suo gesto?
Sia
chiaro, non le piaceva affatto quella parte da guastafeste, a nessuno piace, ma
quella che volevano farle recitare, a lei, Evergreen, quella della mamma, con
tutto ciò che comportava, era più che una forzatura, era roba tutta da ridere,
come aveva giustamente fatto notare Laxus alla gilda.
No,
non se ne parlava neppure.
Certo,
quanto ci sarebbero rimasti male. Tutti sorpresi e sorridenti, tutti a
complimentarsi, ma era naturale che dal loro punto di vista, da fuori, quella
fosse una bella notizia: un nuovo arrivato alla gilda, una nuova inaspettata
famigliola, un pupetto da coccolare e veder crescere…
Ma
c’era anche Elfman, poverino, arrivato addirittura a desiderare quell’incomodo;
ecco una persona che le dispiaceva sinceramente deludere.
Ma
tant’era, e d’altronde, anche lui l’aveva delusa, con le sue fisime da uomo, il
suo sparlare di responsabilità…
Quando
l’aveva visto, tronfio come un paladino, dire di voler imboccare la via del
“vero uomo”, per quanto ardua fosse, era andata completamente in frantumi.
Alla
fine, l’unica a condividere il suo punto di vista era lei stessa.
Nessuno
che si sforzasse a capirla. Lasciata sola dai suoi stessi amici a sobbarcarsi
quello scherzo del destino.
Tutti
schierati dalla parte del “giusto”, dalla parte di Elfman, dalla parte del
bimbo.
Tutti con quella “lenticchia” che aveva dentro, e lei, lasciata a sé stessa a
sgattaiolare come una criminale fino all’ospedale per salvarsi dalle
responsabilità che non voleva accettare.
E
poi l’egoista era lei! Eh, si, proprio la cattiva in quella storia…
Ma
che le importava? Al diavolo, lei aveva il diritto di decidere!
Non
era certo per far contenti loro che avrebbe cambiato idea su quella
“lenticchia”.
Il
suo caso non era nuovo, in giro se ne faceva un gran parlare: per alcuni era
già ben più di un puntino a cui poter dare, impunemente, una passata di gomma
per cancellare.
Al
diavolo anche quei moralisti; ammesso pure avessero avuto ragione, che ci si ritrovassero
loro in quella situazione, si sarebbe visto subito se avrebbero avuto il fegato
di portare avanti le proprie idee.
Non
le importava di sbagliare: quello che era successo era già uno sbaglio, tanto
valeva commettere pure il secondo.
Chissà,
forse sarebbe stato più giusto anche nei confronti del suo piccolo,
indesiderato intruso, che lei immaginava come una piccola faccina di Elfman che
pretendeva di piantare le tende in casa sua.
Il
pensiero le tirò fuori una bozza di sorriso, ma l’umore che aveva gli impedì di
crescere più di tanto.
<<
Spiacente Elfman. Se tu avessi condiviso
almeno un po’ il mio punto di vista, risolto tutto avremo anche potuto
continuare a frequentarci, e arrivare insieme a quel “fin quando sarà”, dove te
ne saresti andato a cercare qualcuna disposta a credere in ciò che credi tu, e
io a continuare sulla mia strada che a me piace tanto. Ma già so che mi odierai
tanto da non volermi più rivolgere la parola dopo questo. Peccato, mi sarebbe
piaciuto averti ancora un po’ con me… Mi eri simpatico davvero. >>
Senza
troppi non necessari rammarichi, affrettò il passo fino alle porte.
“MA
COSA?!”
Una
specie di luce si innalzò davanti i suoi piedi, come una parete. Sussultando si
guardò attorno, e si vide circondata da quelle pareti trasparenti, che
nascevano da arcani simboli rossi che si muovevano in sequenza sulla strada,
disegnando un quadrato intorno a lei.
Un
incantesimo che conosceva molto bene…
“Freed!”
schiumò lei battendo i pugni sulla parete, mentre dall’altra parte, lo
spadaccino dei Raijinshuu le si avvicinava come se niente fosse.
“Cosa
diavolo stai facendo?!”
“Perdonami Evergreen, Elfman ha insistito tanto.”
“Fammi subito uscire!”
“Certo, prima però spero ascolterai ciò che lui ha da dirti.”
Senza
aggiungere altro, si fece qualche passo più in là, mentre Elfman corse a
prendere il suo posto dall’altra parte della barriera di rune, appoggiandovi anche
lui le mani.
Aveva il respiro affannato, ed in effetti lui e Freed avevano dovuto farsi
spuntare le ali ai piedi per arrivare lì prima di lei ed avere anche il tempo
di allestire quella trappola, anche se semplice.
“Che
stavi facendo?” gli chiese.
Aveva
un aria minacciosa, ma incomparabile a quella di Evergreen: sembrava che fosse
lei a proiettare la sua ombra sull’altro che non il contrario!
“……”
“Evergreen, perché sei venuta qui?”
Tolse
le mani dalla barriera: glielo avrebbe detto con la calma più disarmante
possibile.
“Andavo
ad abortire.”
Le
mani aperte di Elfman si chiusero strette, ma la rabbia centrava solo in parte.
“Tu…
Come puoi… Evergreen, ti rendi conto di… di…”
“Sei ridicolo.” continuò lei, davanti al suo malriuscito tentativo di farle una
paternale.
Se
fino a quel momento, aveva conservato un briciolo di stima e “simpatia” per
lui, arrivato a quel punto cominciava a non sentire che fastidio e disprezzo:
come era potuto scendere così in basso?
Elfman
capì che doveva calmarsi anche lui se voleva avere una ciance con la
testardaggine dell’altra: “Evergreen, dentro di te c’è nostro figlio!”
“Umpf,
già non mi ci far pensare!”
Elfman si placò colpendo la sua gabbia invisibile, che vibrò come scossa da un
terromoto... Alla faccia del calmarsi!
Evergreen
però anziché lasciarsi intimorire, tornò a sfidare i suoi occhi.
“Evergreen,
non puoi farlo! Quel bambino è anche mio!”
“Ma non sei tu quello a cui crescerà una pancia grossa come una botte! O che
dovrà gridare di dolore come mai in vita sua!”
Inorridiva
al pensiero della sala parto: urlare come un maiale sgozzato davanti a medici e
infermieri, e con le proprie intimità in mostra… Come avrebbe potuto una come
lei, che non si faceva neanche mai vedere struccata, sopportare qualcosa del
genere?
“Quella è una vita!”
“NON COMINCIARE CON QUESTI DISCORSI! Anche la mia è una vita, e io voglio
viverla come voglio! Ho il diritto di scegliere!”
“Si, ma… Evergreen…”
“Non
ho intenzione di soffrire per poi ridurmi ad ingrassare mentre do la pappa ad
un mini-idiota coi capelli bianchi! Tu non mi puoi costringere!”
“Ma…”
“TU NON MI PUOI COSTRINGERE, HAI CAPITO?!” –urlò picchiando forte sulla parete-
“NON PUOI! NON PUOI!” e picchiò ancora più forte.
“……”
Era
impressionante, perfino per Freed che la conosceva anche meglio di lui.
Evergreen era arrogante, capricciosa, insofferente, ma non era una tipa che
perdeva a tal punto le staffe, proprio per quel suo voler apparire sempre bella
e fascinosa; in tanti combattimenti insieme, non l’aveva mai vista tanto
infuriata come ora, rinchiusa e furiosa come una bestia in gabbia.
La
vista era difficile da sopportare anche per Elfman, che sentiva tutti su di sé
quei colpi disperati menati contro la barriera.
“Elfman.”
Si bloccò e si girò, già sull’attenti: “Master…”
Il vecchio Makarov lo scrutò
con severità: “Elfman, credevo di avertelo insegnato:
ognuno deve fare ciò che ritiene sia giusto per sé e per gli altri, e
soprattutto, nessuno ha il diritto di giudicare le scelte altrui, né tantomeno
di decidere al posto di un altro. Questa è uno dei principi fondamentali di
Fairy Tail.”
“Si, ma… Il figlio è anche
mio…”
“Ed è anche suo. Se ha deciso
di abortire, non puoi fermarla.”
Subito si accesero dei moti
di protesta intorno, tra gli altri membri,
“Non è giusto!”
“Non può prendere la
decisione tutta da sé!”
“Nemmeno la madre lo
vorrebbe: ha senso che nasca in questo modo?”
Erza provvide a spegnere
subito le loro voci con occhiate delle peggiori.
Fairy Tail era una gilda di
libertà, e tale doveva rimanere.
Il master però, anche senza
tenere conto del pensiero degli altri, aveva già deciso: “Tuttavia, ti concedo
di provare a convincerla a cambiare idea.”
Elfman rialzò subito il capo.
“Corrile pure dietro, fai
questo tentativo. Ma se non la convincerai, allora dovrai chinare il capo. Mi
hai capito bene?”
“… Si, master.”
<< Dipende tutto da me…
>>
Quella
vita che non si sarebbe mai aspettato di generare e che ora voleva proteggere
guardava a lui per essere difesa. Se non ce la faceva, sarebbe andata
semplicemente sprecata.
“MI HAI SENTITO?!” -continuava intanto a sbraitare la donna nella prigione di
rune- “NON PUOI COSTRINGERMI!”
“…
No, non posso…”
Smise
di picchiare.
Se
non è la forza che risolve una contesa, solo l’accordo può farlo. Certo lui era
più abile con la prima che con il secondo…
“Però
ascoltami ora, voglio proporti un patto.”
“Un patto? Ma quale patto? Liberami subito!”
“Porta
a termine la gravidanza.”
Evergreen
rimandò giù il nuovo urlo per lo sgomento.
Le
parole del master erano state chiarissime, e tenendole a mente, mentre correva
per fermarla in tempo, aveva pensato all’unico modo possibile per accontentare
e scontentare entrambi; era quella la sua ultima carta.
“Fallo
nascere.”
“Neanche per sogno! Fammi uscire adesso o te ne pentirai!”
“È L’UNICA COSA CHE TI CHIEDO!” supplicò Elfman, inginocchiatosi, e inchinatosi
fino a toccare terra con la fronte.
Ed
Evergreen che era arrivata a conoscerlo abbastanza da sapere che non era il
tipo da sacrificare in implorazioni il suo orgoglio di uomo.
“Se
lo farai… ti giuro che non dovrai più saperne. Io mi prenderò cura del bimbo
che nascerà e non tornerò più a infastidirti. È per la tua vita che sei
preoccupata, allora quindi così dovrebbe andare bene, no? Se vorrai…” –si
interruppe, come quella clausola fosse più dura da mandar giù per lui- “… lui
non saprà neanche che sei tu sua madre… Non ti causerà mai nessun problema…”
“……
E riguardo a me?”
“Mi
prenderò anche cura di te per i prossimi mesi, farò tutto ciò che vorrai, non
ti farò mancare niente. Perciò ti prego, se pensi di poter fare questo sforzo…
accetta il patto! Ti prego, Evergreen…”
Detto
tutto ciò che aveva da dire, non gli restò che rintanare ancora più la testa
verso il terreno, ed aspettare.
Aveva
detto che avrebbe pensato a tutto lui, che avrebbe fatto ogni cosa volesse, e
già si era fatto suo schiavo nel momento in cui si era inchinato al suo
cospetto (forse sapendo che un uomo ai suoi piedi poteva rivelarsi un buon
incentivo visto di chi si trattava…).
Non
era poi così squilibrato come patto, anzi, a lei andava di lusso.
Ma
c’erano comunque i nove mesi a venire da sopportare. Ne valeva la pena, magari
in virtù di quanto c’era stato tra di loro? Di vendersi, anche solo per fargli
un piacere?
O
magari, a quel punto, per non essere fin troppo la “cattiva” della storia?
Aveva mille motivi per rifiutarsi. Ma forse lo stress, la rapidità degli eventi
di quella giornata, forse la voglia di uscire al più presto da quella
prigionia, le impedivano di pensare in completa lucidità. E poi c’era Elfman
era lì per terra, sottomesso, che continuava ad aspettarla, e chissà perché, le
metteva fretta. E decidere velocemente era anche il modo più facile per uscire
subito da lì dentro. E soprattutto, per smetterla di sentire le sue lagne.
Che
vuoi che siano nove mesi?
Sperando
di non pentirsi per non averlo pietrificato all’istante, disse: “E va bene!”
“Si?
Lo giuri?”
“Si, lo giuro, ora però fammi uscire all’istante!”
Senza
bisogno di un cenno del padre, Freed sciolse la sua trappola, e, malgrado
l’avesse mal sopportata, Evergreen ci mise un po’ per muoversi.
<<
Sono un tale stupida… >>
“Ti
ringrazio, Evergreen, ti ringrazio davvero!”
“Lascia stare…”
“Se posso fare qualcosa per te già adesso…
“No, adesso proprio nulla!” –lo zittì in un lampo- “Anzi, qualcosa si: non
farti vedere da me per almeno un paio di giorni, forse tre!”
Poi
puntò i piedi e si incamminò, badando di passare davanti il suo “amico”: “Io me
ne torno a casa… E in quanto a te, poi faremo i conti!”
“……”
Elfman
e Freed non aggiunsero altro, era stata stressata fin troppo da quella mattina
e non lasciarla andare a quel punto sarebbe stato oltremodo crudele.
“Ti
ringrazio Freed: senza la tua trappola non sarei riuscito a trattenerla
abbastanza da parlarle.” ammise l’albino.
Come
per il tuffarsi, fatto una volta l’inchino, la paura svanisce, e infatti si
sarebbe inchinato volentieri anche dinanzi a lui, visto quanto era contento
della riuscita del suo patto.
“Tsk,
non ringraziarmi, l’ho fatto solo perché me l’ha chiesto il master Makarov,
senza contare che Evergreen non si dimenticherà del mio tiro mancino…”
Elfman
deglutì; in effetti con quel suo intervento si era esposto consapevolmente alla
vendetta della fata pietrificatrice, di sicuro se ne stava già pentendo.
<<
Non mi aspettavo che Evergreen cedesse…
Forse stare insieme ad Elfman l’ha un po’ cambiata. Sarà interessante vedere
come Ever se la caverà in questa prova: chissà, magari ne uscirà rafforzata, e
con lei tutto il gruppo dei Raijinshuu. >>
“Beh,
se non c’è altro, mi congedo anch’io.”
“Va bene, ancora grazie, Freed.”
“Elfman, se non rispetterai gli impegni presi, Ever non sarà l’unica a fartela
pagare: io, Bixlow e Laxus teniamo molto a lei, e i suoi fastidi sono i nostri
fastidi. Spero saprai dimostrarti l’uomo che dici di essere.”
“Assolutamente!” disse battendosi il petto.
“Umpf!
Elfman
si girò nella direzione opposta e sospirò: che sudata!
Alla
fine aveva vinto, ma a quale prezzo.
La
donna che amava avrebbe messo al mondo suo figlio solo per poi uscire entrambi
per sempre dalla sua vita; suonava veramente uno schifo…
Senza
contare i nove mesi fino a quel momento: Evergreen non si sarebbe certo
risparmiata con lui.
Sapeva
che sarebbe stata un’impresa dura già prima di stipulare il patto, ma ora aveva
capito un’altra cosa…
Che
sarebbe stata DOPPIAMENTE dura!
“SIGH!
Uomo…”
Eh,
si Elfman, la via dell’uomo è aspra e dissestata a volte! Però lui la sta
percorrendo in modo veramente egregio, non trovate? ^__^
Dall’altra parte abbiamo Evergreen, che malgrado le apparenze, non voglio additare
come l’esempio negativo della fanfiction. Ci tengo a dire che quello delle
nascite indesiderate e dell’aborto è un tema a cui sono parecchio sensibile, e
anche se mi tengo su posizioni a favore delle responsabilità e contrarie
all’interruzione della gravidanza, tramite Evergreen ho voluto esprimere il mio
rispetto anche all’altra parte della barricata, meno moralista e più
pragmatica, che, malgrado tutto, ha il diritto di pensarla come vuole, senza
sentirsi additare come “cattiva”, irresponsabile o anche omicida… Spero anche
voi possiate ragionarci su un po’ su questo tema interessante ^__^
Ora però mi sto elevando anche troppo, questa è solo una fanfic, diamine! XD
Per
assicurarsi la collaborazione di Evergreen, Elfman è dovuto scendere a
compromessi, e il triste patto accennato nei primi capitoli viene quindi
rivelato. Ora però il loro rapporto è definitivamente incrinato, cosa ci
riserveranno i mesi futuri?
Al
prossimo capitolo!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
NDA: Nel caso io non riesca ad aggiornare di nuovo entro Natale, vi faccio già
da ora tantissimi auguri!
Buon
Natale e buone feste da NaruXHina, alias NaruHina91, alias Tony! ^__^
|
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Capitolo 6 *** Sette mesi e qualcosina ***
elf
Sorpresa,
cari lettori!
Sono riuscito a finire un altro capitolo prima della vigilia di Natale, giorno
dal quale sto fuori per le festività! ^__^
È
stato un capitolo lungo e un po’ difficile, in quanto contiene molte e varie
cose, ma inaspettatamente, con impegno e ispirazione, ce l’ho fatta!
Rispettando
l’alternanza vista finora, la pesantezza del precedente capitolo sarà ora
amalgamata dalle tante risate che spero vi farete leggendo questo!
Come
si adatterà Evergreen? Come farà col pancione, e con due certe “ziette” sempre
intorno?”
Anche
se credo fareste meglio a preoccuparvi per il nostro caro Elfman!
Buona
lettura, ci vediamo a fine capitolo con (di nuovo!) gli auguri di Natale!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Dopo
l’iniziale trepidazione, le persone lì fuori in attesa cominciavano adesso a
rilassarsi un poco; qualcuno torno a pensare alle proprie cose, altri invece
restavano in un modo o nell’altro in linea col tema della giornata.
Cana
ad esempio pensava al fatto che se mai fosse uscita incinta di qualcuno un
giorno, non avrebbe potuto bere alcolici per nove mesi, e nove mesi senza alcol
sono più duri da mandar giù come una botte di vino andato ad aceto!
Lisanna
invece si distraeva accanto al fratellone: “Se sarà un maschietto come lo
chiamerai?”
“Come un nome iper-virile, ovvio! Mio figlio avrà un nome che farà tremare le
gambe a tutti i pappamoscia del mondo! Che so, Rocky! Oppure Bruce! O Jack!
Anche Dracone però suona molto tosto come nome!”
“Mi piace Dracone!” alzò il pollice Natsu.
<<
Speriamo preferisca Rocky alla fine…
>> pensò invece Lucy!
“Suona
un po’ troppo… vecchio però…” fece Lisanna, che sapeva di non potersi aspettare
nomi “carini” per il virilissimo figlio del suo maschile fratellone, ma che
aveva il dovere di evitare eccessi!
“Dici?
Beh, poi sceglierò: ho qui una lista, vedi? Ho segnato tutti i nomi più fighi e
da uomo che sono riuscito a farmi venire in mente!”
“Mhmm, oh, si, sono tutti molto da duri!” –commentò la sorellina leggendoli- “E
se invece sarà una femmina?”
“…… Dicevo, anche Thor non sarebbe male!”
“Ma
è un nome da maschio!”
“Certo!
E noi di cosa stiamo parlando?”
“Elfman… Hai pensato anche al fatto che potrebbe essere un bambina, vero?”
“……
Che ne dici di Ettore? Sembra un nome da eroe!”
“Ripeti, con me: << femminuccia >>”
Le labbra di Elfman sembravano rifiutassero di muoversi: “…… MASCHIO!”
“Sigh,
ci rinuncio!”
Gli
altri scoppiarono tutti a ridere! Tipico di Elfman!
Chi
non rideva era invece Mira, che si era allontanata un pochino insieme all’amica
di lunga data, Erza.
“Erza,
sono preoccupata di quel che sarà dopo oggi.”
“Rimarrà
comunque una vostra compagna di gilda; per quanto possibile, vorrei continuaste
ad andare d’accordo.”
“Non
è questo che intendevo…”
“Qualunque
cosa sarà, tu e i tuoi fratelli crescerete insieme il bambino, ed è questo
quello che conta.”
“Però Elfman stravede ancora per Evergreen, ne sono certa. Gli si spezzerà il
cuore se davvero lei vorrà…” si bloccò.
“Mira,
è già stato un successo per lui riuscire a non farla abortire viste le
premesse. E poi sono certa che Elfman, che ha proposto lui il patto, si sia già
preparato all’eventualità, come avresti dovuto fare anche tu.”
L’albina
chinò il capo.
“Mira, non avrai sperato che Evergreen cambiasse idea durante questi mesi,
vero?”
“Io… Ci ho provato…”
Congiunse
le mani: “Pensavo… che stando sempre insieme a lei, io, Lisanna ed Elfman, scoprisse…
come ci si sente bene in una famiglia… Volevo questo… per Elfman…”
Raccolse sull’indice una lacrimuccia e singhiozzò.
Erza
sospirò e la strinse: “Non è per colpa tua se Evergreen non ha cambiato idea.”
“Lo so!” singhiozzò ancora, discostandosi dalla rossa per imporre a sé stessa
di smetterla di essere meno patetica.
“Sei
una brava sorella, Mira. Ma Evergreen evidentemente non pensa di poter essere
una brava mamma. Chissà, forse alla fine si è sul serio affezionata ed è anche
per questo che vuole lasciarlo tutto a voi.”
Ad
essere sincera con sé stessa, lo trovava improbabile, ma almeno dire così
avrebbe fatto bene alla povera Mira.
L’inganno
dell’attesa procedeva anche più in là, in toni meno tragici.
“Meno
male che non tocca a noi maschi partorire, eh ragazzi?”
“Hai
ragione, Bixlow, da questo punto di vista è una fortuna.”
“Beh,
non è che Evergreen con questa storia della gravidanza non ne abbia tratto i
suoi vantaggi.” –commentò Laxus- “Fossi stato Elfman, l’avrei mandata a quel paese
già dopo un paio di giorni: non le era ancora venuto il pancione ed era già
tutta lamenti e richieste. E lui voleva pure sposarla: se è questo che
significa, spero di non accasarmi mai.”
“Beh,
quando c’è l’amore…”
“Infatti
da parte sua non c’è. Almeno fosse arrivata a farsi piacere il bambino…”
“Uh? Ma come Laxus, credevo che anche per te fosse una seccatura.”
“Infatti.”
“Però
pensavi che Evergreen avrebbe ceduto?”
“No…
Beh, se l’è portato dentro per tutto quel tempo, di solito non succede che…
Cioè, credevo che…”
Bixlow ridacchiò.
Laxus
si morse un labbro e poi rise insieme a lui: “Credete sul serio che non vorrà
averci più nulla a che fare una volta che l’avrà scodellato?”
“E chi lo sa.”
“ESCI,
DANNATOOOOOOO!!!”
“Alla fine si tratta sempre della nostra solita Evergreen.”
“Umpf!”
Bixlow
fece spallucce.
Proprio
come gli aveva detto davanti l’ospedale, Evergreen non vide Elfman per i
successivi tre giorni, disertando completamente la gilda.
La
notizia del patto tra i due era stata presa dagli altri nei modi più disparati.
Erza,
appena saputo, era ripiombata nello sconcerto, ed era rimasta a borbottare tra
sé e sé diversi minuti cose del tipo “Ma
come si fa…”, “Ma guarda un po’ se…”,
e “Non si fa così…”…
Evidentemente
era contrariata, ma il suo essere così irrimediabilmente ligia le imponeva di
tollerare quello scriteriato accordo.
Natsu
dal canto suo esprimeva chiaro e tondo il suo disappunto: era come se una volta
nato Happy l’avesse regalato a qualcuno perché troppo impegnativo!
Il
master si mantenne sopra le parti, limitandosi a prendere atto.
Laxus
e gli altri Raijinshuu invece accolsero con favore quella soluzione, trovandola
ideale al caso, senza farsi tante preoccupazioni di morale. L’importante era
che la volontà della loro amica venisse rispettata.
Mira
e Lisanna non poterono essere più dispiaciute e si strinsero intorno al proprio
fratellone, come il momentaccio richiedeva; mai così spesso le si videro
sederglisi accanto pronte a mettere una mano amica sulle sue enormi spalle, o
invitarlo a parlare se ne aveva il bisogno, con premura quasi eccessiva, di cui
comunque lui mai si approfittò. Era pur sempre un uomo: lui doveva far coraggio
alle donne, non il contrario!
In
quei due giorni che Evergreen rimase fuori dalla circolazione, tutti iniziarono
a pensare a come sarebbero stati quei novi mesi.
In
realtà poi non erano neanche nove, ma sette; il medico stava per dire che Ever
era già arrivata al secondo mese, ma era stato anticipato dal loro svenimento!
Quei
due giorni furono anche pieni di preoccupazioni…
“Io
dico che dobbiamo andare da lei ad acchiapparla!” disse Natsu battendo pugno su
palmo.
“Dai
Natsu, non esagerare.” lo schernì Lucy.
“Guarda
che potrebbe avere ragione.” –ribatté Gray, stavolta d’accordo con la testa di
fiammifero- “Elfman, pensi che sia sicuro lasciarla sola con quanto è
successo?”
“Ha
bisogno di riflettere un pochino…” disse Mira.
“E
se invece ne approfittasse per tornare all’ospedale ed abortire? Magari lo ha
già fatto!”
“No, questo no!” –disse sicurissimo Elfman, alzandosi in piedi- “Ha accettato
il patto.”
Gray sospirò: “Elfman, è Evergreen, ed ha un bimbo nella pancia che considera
come nient’altro che una seccatura. Come fai a dire che non tenterà di nuovo di
abortire?”
Elfman sghignazzò: “Perché l’ha promesso. E io mi fido di lei!”
“Elfman!”
“Tranquillo,
Gray, e tranquilli tutti! Io la conosco, ora che ha detto una cosa, così sarà.
Sarà anche Evergreen, ma lei non è esattamente come la si dipinge!”
“Ma…”
“Evergreen rispetta i patti.” li interruppe Laxus, con tono che non ammetteva
altre repliche. Stavano demonizzando Ever anche troppo, aveva i suoi difetti,
ma non era mica un mostro e chi meglio del suo team (e del suo ex) sapeva
questo?
Elfman
lo ringraziò dell’aiuto. Vedendo l’omaccione sorridere di quella certezza, come
è certo che il sole sorge, tutti gli altri incrociarono le dita, sperando che
fosse proprio come diceva lui; sarebbe stato terribile vedere tanta fiducia
malriposta.
E
invece furono proprio loro a dovergli dare ragione alla fine.
Il
giorno dopo, Evergreen ricomparì alla gilda, come fosse stato un giorno
qualunque, vestita al solito modo, salutando al solito modo.
Come
la vide, Elfman si illuminò e le corse incontro: “Evergreen!”
“Whoa! Ehi! Indietro tu!” –si ritrasse lei puntandogli contro uno dei suoi ventagli
chiusi- “Indietro, ingravidatore a tradimento!”
<<
Ingravidatore? >>
“Ora
che abbiamo un accordo non significa che io e te stiamo ancora insieme o che
dobbiamo frequentarci più del dovuto!”
Elfman
abbassò le braccia: “Immaginavo…”
“Bene! Ricordati però che sei al mio servizio, quindi sarò io a farmi viva in
caso di bisogno.”
E
ti assicuro che lo farò, diceva la sua espressione!
“Come
vuoi allora, se ti occorrono i miei virili servigi, chiedi pure!”
Evergreen già se l’era lasciato alle spalle e aveva raggiunto il resto del suo
team.
“Ciao,
Ever! E così alla fine sarai mamma per davvero!” la salutò Bixlow, lingua in
vista.
Freed,
malgrado la spada appesa sulla sua testa, cercò di mantenersi dignitoso: “So
che devi riscuotere la tua vendetta, Ever, posso solo sperare che non mi
trasformerai in statua e mi lascerai ai piccioni?”
“Ancora
non ci credo… Prima esci incinta, e poi questo patto… Umpf!”
“Vuoi un altro po’ di profumo, Laxus?” scherzò Cana buttandogli un’occhiatina.
“Umpf!
Ad ogni modo, ti chiedo scusa per averti presa in giro, Ever.” fece il biondo,
che col senno di poi si era deciso a mostrare un po’ di tatto.
“Sentite, non ne parliamo più per carità!” sbottò lei, massaggiandosi la fronte
con due dita.
Laxus
annuì: “Si, ormai già mi sta venendo a noia.”
“Forza,
andiamo a trovarci un lavoro, ho bisogno di denaro.” proseguì lei, che, a
differenza delle altre volte, faceva strada agli altri tre.
Che
avesse fretta di trovarsi una missione e lasciare la gilda? Comprensibile; di
certo aveva ancora addosso un bel po’ di imbarazzo, con gli occhi di tutti puntati
su di lei.
Natsu
fremeva ogni volta la guardava, Levi se per caso incrociava lo sguardo coi suoi
stilosi occhiali ovali tornava sul suo libro fingendo di leggere avidamente,
Cana beveva con un occhio al fondo del boccale e un altro alla sua pancia…
Magari
passato un po’ di tempo, avrebbero fatto meno caso a lei.
Trovato
un grosso, pericoloso e ben ricompensato incarico, degno del nome della Guardia
del Dio del Tuono, che in quel caso avrebbe avuto il proprio divino in persona
al seguito, i quattro si diressero in tutta tranquillità verso la porta.
“Ci
divertiremo, vero bambini? È da un po’ che non facciamo la festa a qualche
gilda oscura, eh?”
<< Distruggere! Distruggere!
Distruggere! >>
“Uh?”
Evergreen,
accortasi di aver fatto un passo più degli altri si fermò, e vide che il loro
vecchio master si era piazzato come un ostacolo dinanzi il nipote.
“Dove
pensate di andare?”
“In
missione, no? Che ti prende, nonno?”
“E
tu, Evergreen, ti unisci a loro?”
“Sono una Raijinshuu, mi pare ovvio.”
Allora
Makarov le sorrise: “Mi spiace, tu non puoi!”
“C-che cosa?!”
“Nonno, di che cavolo parli?”
“Permettetemi di presentarvi il codice ufficiale della nostra gilda.”
Detto
fatto, tirò fuori dal taschino un volumetto tascabile, che malgrado le
dimensioni, al suo soffio tirò fuori tanta polvere da farli soffocare tutti e
quattro!
“Fairy
Tail è una gilda di libertà, quindi di regole ne abbiamo pochine e non sono
nemmeno molto ferree, ma qualcuna lo è. Regola di Fairy Tail numero 24…”
Due
colpetti di tosse, petto in fuori, testa alta!
“Cito:
<< Nessun membro di Fairy Tail in
stato di gravidanza può partecipare ad alcuna missione, neanche quelle di
difficoltà minima, per evitare stress e rischi per il nascituro. Tale divieto ha
termine unicamente dopo il parto e il periodo di riposo ragionevolmente
necessario che segue. >>
“……”
“In
parole povere, cara Evergreen…” –continuò lui con un bel sorriso per rendere, o
almeno provare a rendere, la pillola meno amara- “Niente missioni fintanto che
sei incinta!”
“M-m-ma-ma…
Non può farmi questo! È un sopruso!”
I
restanti membri del team erano altrettanto contrariati, Laxus in primis:
“Accidenti… E va bene, Freed, Bixlow, andiamo!”
“Cosa?! Tutto qui? Laxus!”
“Si?” si girò verso l’inseguitrice.
“Non
fai nulla? Non protesti?”
“Beh, è una norma abbastanza ragionevole, non pensi?”
“M-ma-ma io che ci resto a fare qui? E-e come faccio per i soldi che mi
servono? Tu hai quasi rovesciato questa gilda ed ora permetti questo!”
Laxus
avvicinò il viso al suo con una delle sue migliori espressioni beffarde: “Sono
sicuro saprai cavartela, sei una tipa piena di risorse, no?”
E
la lasciò a balbettare a bocca spalancata, mentre la lasciava indietro.
Ormai
Laxus aveva deciso di rimettere la testa a posto, figurarsi se avrebbe cercato
di nuovo di rovesciare il nonno apposta per lei!
“La…
La… Ma… Io… Io…”
<<
Questa tra poco scoppia… >>
pensò Cana scuotendo il capo!
“GRRRRRRR!”
E
subito i suoi occhi pietrificanti andarono a posarsi sul responsabile di tutto!
“………”
Elfman
deglutì, e un attimo dopo, lei gli era già arrivata addosso.
“QUESTA
È TUTTA COLPA TUA!”
“Sigh…”
Tutto era colpa sua di quel periodo…
“E
quindi ora per salvaguardare la salute del tuo moccioso io dovrei ridurmi a
morire di fame in povertà?”
Gli
batteva l’indice sul petto ed era così affilato e determinavo che Elfman si
domandava se gli sarebbe rimasto il segno!
“Che
intendi fare ora, mister uomo di su e uomo di giù? Ti prendi le tue
responsabilità, no? È questo che hai detto che avresti fatto, giusto?”
“G-giusto!”
“Umpf, perfetto allora! Hai con te il tuo portafoglio?”
“S-si,
eccolo!”
Mira
ed Erza intanto assistevano alla scena dal bancone del bar.
“Povero
fratellone, i suoi risparmi…”
“Non si può fare altrimenti, Mira. Anche se non sono sposati, Elfman si è imposto
di provvedere ai bisogni di Evergreen fino alla nascita del bambino, e dato che
ora lei non può lavorare, è suo preciso dovere morale provvedere al suo
mantenimento.”
“Allora
andiamo a fare shopping! Devo comprarmi un paio di scarpette nuove.”
Ed Erza cascò la mandibola: “SCARPETTE?!”
“E
sarebbero quelli i suoi bisogni?”
“Beh?” –Evergreen lo trucidò col suo sguardo mortale- “Cos’è quella faccia?”
“Ehm, Evergreen, io pensavo che intendessi…”
“Umpf,
non pretenderai che vada in giro con queste scarpe qui ancora a lungo! Sono
della moda di sei mesi fa! Avrei comperato il nuovo modello al ritorno dalla
missione, ma visto che per colpa tua non farò missioni per un bel pezzo, adesso
io e te ci facciamo un bel giretto ai grandi magazzini di Magnolia, come una bella
coppietta, contento vero? Uh uh uh uh!”
“Quella…
è un diavolo…” mormorò Erza con gli occhi strabuzzati.
“Povero
il mio fratellone!” piagnucolò Mira.
“Su,
alzati, hop hop!”
“Sigh,
eccomi…”
Ben
tre ore dopo, Evergreen tornò canticchiando alla gilda, seguita a pochi passi
da un mulo coi capelli bianchi le cui braccia erano occupate da una decine di
buste grandi e piccoli, e non contenta Evergreen gli aveva fatto portare sulla
schiena una statua di gesso di un unicorno per la sua collezione.
“Ah,
che soddisfazione rifarsi il guardaroba!”
E trovava ancora più soddisfacente farlo a spese d’altri!
“Evergreen,
non puoi approfittartene così!” protestò Lisanna.
“Esagerata! Non gli ho mica fatto spendere tutti i soldi!”
Poggiata
a terra la roba, Elfman ricontrollò il proprio portafoglio. In effetti
capovolgendolo qualche moneta usciva ancora!
“E
poi ora non avrò bisogno di compere almeno per un bel po’, quindi gli ho tolto
subito il pensiero!”
Si
girò verso Elfman che ancora coccolava con gli occhi lucidi i pochi rimasugli
del suo patrimonio: “Tanto lui è contento di essere al mio servizio, non è
vero?”
“Certissimo!” fece lui, pronto a pompare i bicipiti.
“Bene,
allora sii gentile, vai al bancone e prendimi un succo di frutta, tutto questo
camminare per negozi mi ha stancata!”
“Agli ordini!”
Macao
e Wakaba scossero il capo, ma solidali: un altro uomo che si era fatto mettere
il berretto in testa da una donna!
Evergreen
si sedette come nulla fosse tra gli sguardi di pietà, tutti per il suo
galoppino, e le guance gonfie e borbottanti delle due “cognatine”, tutti per
lei.
“Visto
che questa situazione è un autentico disastro, tanto vale che cerchi di
rendermela in qualche modo piacevole, umpf!”
E
così, iniziarono i mesi della gravidanza forzata per Evergreen e quelli della
servitù obbediente per Elfman.
Evergreen,
impossibilitata a lavorare, cominciò a farsi vedere alla gilda tutti i giorni,
sicura di trovarvi sempre il fedelissimo Elfman, che senza fiatare chinava il
capo ad ogni sua richiesta. Esattamente come lei, anche lui si ritrovò a non poter
più lavorare, un po’ per scelta volontaria di restarle accanto e di condividere
le sua difficoltà, un po’ perché anche volendo starle dietro lo affaticava già
abbastanza!
Un
encomiabile esempio di solerzia ed abnegazione per la madre di suo figlio! Sembrava
un cavaliere sempre pronto a rinnovare la proprie devozione alla sua nobile (e
pretenziosa) signora!
“Elfman,
ho caldo, sventagliami!”
“Agli ordini!”
“Elfman,
c’è una mosca che mi da fastidio! Distruggila!”
“AGLI ORDINI!”
E nello schiacciarla ridusse in pezzi una povera sedia…
“Elfman,
indossa un tutù rosa!”
“A-a-a-agli…”
“Umpf,
tranquillo scherzavo, volevo solo vedere se lo facevi sul serio! Ah ah ah!”
“Fiuuuu!”
Tuttavia,
Evergreen scoprì presto che vedersi con Elfman tutti i giorni significava vedersi
anche con le sue sorelle, e queste, malgrado le complicazioni tra lei e il
fratello, sembravano avere tutta l’intenzione non solo di andare d’accordo, ma
di legare!
Perché
quand’anche non aveva bisogno di nulla, e voleva starsene per un po’ per conto
sue, eccole piombare su di lei!
“Ah,
eccola qui, la mia cognatina!”
“N-non
chiamarmi così!” balbettò Evergreen, che sentitasi abbracciare da Mira era
stata colta dai brividi! E non contenta questa iniziò a fare guancia contro
guancia e a ridere con quella sua vocina dolce!
“Non
mi importa se sei contraria a questo pupetto, sei comunque la ragazza del cuore
di mio fratello, e sei tu che mi farai diventare zia!”
“Urgh,
sono contenta per te!” disse quando finalmente la mollò!
Purtroppo
anziché andarsene le si sedette accanto: “Ih ih, hai ancora le nausee?”
“Stanno passando… In compenso ieri ho avuto un po’ di insonnia, oggi mi sento i
seni doloranti, e adesso sono tormentata da un angioletto bianco in gonnella!”
Mira
inclinò innocentemente il capo: “Uh?”
“Uffa!
E siamo solo agli inizi! Non solo lo lascio stare nel mio corpo, lui mi ripaga
mettendomi a soqquadro!”
“Eh eh eh, alla prima gravidanza credo che la pensino così in tante!”
“Beh, io lo penso di più!” –iniziò a sbracciarsi la neo-mamma- “Questo
marmocchio è solo una dannatissima miniera di problemi!”
“Oh,
suvvia, non sei gentile a dire così…”
“Umpf…”
L’istante
dopo il vetro dei suoi occhiali fu sul punto di crepare dinanzi a degli
assatanati occhietti.
“Ritira
quello che hai detto…” le impose un sibilo venuto dritto dall’inferno…
“… Ritiro!”
Mira si allontanò: “Ih ih ih!”
<<
C-che paura! Ma perché doveva capitarmi
Mirajane come cognata?! SIGH! >>
Tra
le due, Lisanna le andava decisamente più a genio: era meno appiccicosa e meno
schizofrenica…
“Sicura
che non ti piacerebbe provare a fare la mamma? È un mestiere che da
soddisfazioni, sai?” glielo diceva una che l’aveva provato (in un certo senso…)!
Evergreen
si irrigidì subito: con quella pelle d’oca sembrava si fosse trasformata in un
cactus per respingerla!
“Urgh…
No, grazie!”
“Posso capire che tu non sia abituata a prenderti cura di qualcuno che non sia
tu…”
“Come?”
“N-non intendevo in senso negativo!” –si chiarì facendosi scudo con le mani-
“Intendevo che ti manca esperienza! Perché non provi a prenderti un animaletto
domestico?”
“Uhm…
Una volta avevo un cane.”
“Oh, davvero?”
“Si,
ma abbaiava troppo e sporcava, quindi l’ho trasformato in pietra; adesso lo uso
come fermaporta.”
“……”
“Umpf, scherzo, l’ho solo dato in adozione. Anche se prima l’ho pietrificato
volentieri un paio di volte, quel botolo!”
Lisanna, terrorizzata, era corsa a stringere forte Happy, e carezzava la sua
testolina pelosa come per assicurarsi che Evergreen non avesse pietrificato
pure lui!
“Happyyyyyyyyyyy…”
“Si, Lisanna?”
Di
fatto, era passata da un opposto all’altro: dall’avere tutti contro all’avere
tutti al proprio servizio. Purtroppo l’eccessiva premura di quelle due divenne
ben presto invadente.
“Qualcuno
ha idea di chi ha sostituito le mie lacrima-musicali con questa roba
sdolcinata?” sbraitò Ever uscendo fuori dalla sua stanza di Fairy Hills.
“Siamo
state noi!” –confessò Mira, fuori dalla porta insieme alla sorellina, tutte e
due sull’attenti coi sorrisetti pucciosi- “Abbiamo letto che i bambini
diventano più intelligenti se ascoltano musica classica, perciò…”
“RIPORTATEMI INDIETRO LA MIA MUSICA!”
“Su, non ti agitare!” –la carezzò Lisanna su una spalla, porgendole poi una
tazzina fumante- “Tisana?”
“Da
dove l’hai tirata fuori?!”
“Bisogna
sempre avere una tisana a portata di mano per controllare lo stress quando si è
mamma: così il tuo piccino uscirà fuori sano e forte!”
“Ti
abbiamo anche preso queste riviste per le donne incinte, ci sono un sacco di
consigli!”
“Dai, leggiamole un po’ insieme!”
“Aiuto! Sigh!” implorò Ever mentre le due l’afferravano portandosela via!
I
primi tempi passarono così, tra un ordine ad Elfman qui, e un assillo delle
cognate là. Finché non arrivò il marchio definitivo della sua nuova condizione…
IL
PANCIONE!
La
mattina, puntale, Ever arrivò alla gilda, badando di mettersi controluce, con
il volto semicoperto dal ventaglio per darsi un’aria pericolosa e misteriosa.
Poi, col suo collaudato passo sinuoso finalmente fece il suo ingresso…
E
poi, dopo aver retto la posa plastica un paio di secondi, scoppiò in lacrime!
“CHI PRENDO IN GIRO?! SONO UN PALLONE! SIGH!”
Come
nascondere quella pancia divenuta un’accogliente e soprattutto ENORME suite a
cinque stelle?
Ormai
non entrava più nei suoi vestiti, che si tendevano all’inverosimile pur di
contenerla, e che invece in tal modo la facevano risaltare ancora di più.
“La
mia leggiadria… La mia leggerezza di fata… La perfezione delle mie forme… è
sparita… Non mi guardate…”
“Evergreen, rialzati per favore…” le dissero indifferenti Gray, Natsu e Lucy in
coro.
“Non
avete un briciolo di pietà! Osservate come mi sono ridotta! Ero così perfetta,
un capolavoro, ed ora sono tutta strabordi! Guardate!” –esclamò indicandosele-
“Anche le mie tette si sono ingantite! Mi sto trasformando in una grossa e
grassa mucca!”
“Beh,
è normale prendere peso in gravidanza, e poi il seno lo avevi già grande da
prima.” fece Erza mentre copriva con una mano gli occhi a Gray e con l’altra a
Natsu.
“Sono
sformata! Tutte le mie linee e le mie curve sono distorte! Ero una statua
scolpita ed ora sono arte astratta!”
E
inginocchiatasi si lasciò illuminare da un cono di luce dal soffitto, mentre
tutto intorno era oscurità!
“Oh,
me misera…” declamò.
“Andiamo!”
–sbraitò Natsu, riportandola dal palco alla realtà!- “Che dovrebbe dire allora
Reedus? È talmente grosso che di bambini potrebbe contenerne una dozzina!”
“Lui non è grasso sul serio, cretino!” gli fecero notare.
Ever
alzò di scatto la testa e, puntato Reedus, i suoi occhiali ebbero un flash!
“Oui?!”
“Oh,
Reedus… Buon vecchio, caro Reedus…” -disse avvicinandosi, sempre con fare da
regina della tragedia- “Tu che mi ritraesti così fedelmente quando la mia
bellezza ancora accecava tutti! Conservi ancora qualche mio ritratto, vero?”
“Oui!”
Provò
a mettere mano alla borsa, ma Ever si coprì il volto: “No! Non mostrarmi il mio
ormai passato splendore! Farebbe solo male! Tieni per te il ricordo di questo
fiore ingrassato!”
“Ora
sta esagerando…” commentò Macao con una gocciola dietro la testa.
“Si,
però…” –Erza si fece uscire gli occhioni lucidi- “Ha talento! Una vera star!
Sarebbe un onore recitare con lei!”
“Levatelo
dalla testa!” protestò il suo team!
“Mi
raccomando però, buon Reedus… Non ti azzardare a ritrarmi in questo stato
oppure ti riduco in sabbia e ti faccio diventare una lettiera per gatti!”
“O-o-o-oui!”
“Evergreen,
smettila di terrorizzare Reedus! E comunque non sei ingrassata!”
“No, ho solo una grossa zavorra rotonda su un fisico da modella, ancora peggio!
Sembro uno scherzo della natura! Anzi, non è questo il lato peggiore…”
Il
lato peggiore le tornò in mente quando, finalmente, incrociò gli occhi puccettosi
di Mira e Lisanna!
“Ci
risiamo!”
Con
uno scatto le arrivarono addosso, e inginocchiatesi, presero ad abbracciarle il
pancione ciascuna dal suo lato!
“Ah,
che meraviglia pensare che qui dentro c’è una vita!”
“Così
tondo, così bello! Proprio come un ovetto!”
Prima una mucca, ora una gallina, fantastico!
“Siete
insopportabili, sapete?” digrignò i denti Ever, rossa per l’imbarazzo.
“Come
stai lì dentro, piccolino?”
“Scommetto non vedi l’ora di uscire fuori e
farti sbaciucchiare tutto, vero?”
“U-u-uscire?!”
Ogni
volta le si ricordava di quel momento a venire, Ever andava nel panico più
totale. Anche quella volta, pur non di non pensarci, se la prese con le
cognatine.
“MI
VOLETE MOLLARE?!”
Le
buttò all’aria e si lasciarono dietro una scia di cuoricini!
“Questa
è la mia pancia, smettetela con queste idolatrie!”
Si girò e trovò stavolta Elfman. Anche lui con gli occhioni pucciosi!
“……”
Elfman
la stava supplicando con gli occhi!
“……
Uffa! E va bene, vieni a sentire!”
“Grazie, Ever!”
“Non chiamarmi Ever!”
Non
la ascoltò; l’unico suono che voleva ora sentire era quello del piccolo
muoversi.
“E voi che avete da guardare?!” gridò intorno a sé affinché potesse arrossire
in santa pace mentre Elfman le poggiava l’orecchio sull’ombelico.
“…
Umpf!”
“Dai, ometto, se ci sei batti un colpo!”
“Tutti a parlare con la mia pancia, ma si può sapere che… UH!”
Un
calcetto!
“Wow!
Hai sentito Ever che forza che ha? È un vero duro!”
“Già…”
Era
visibilmente scossa: deve essere davvero impressionante percepire davvero che
qualcosa sta esistendo, insieme a te e con te, in questo momento.
Si
carezzò le braccia cercando di attenuare i brividi: era già così diverso da
quando era una “lenticchia”.
Col
pancione, Evergreen scoprì ancora altri fastidi dell’essere incinta di cui
tenere gli altri puntualmente aggiornati.
Tanto
per cominciare, come detto, c’era il fastidio del vestiario…
“CHE…
COSA SONO… QUELLI?!”
“Vestiti
da gestante!” -ridacchiò Mira- “Non puoi continuare ad indossare i tuoi soliti
vestiti, si strapperanno!”
“Ma… sono così… poco alla moda!”
Una tuta rosa e grigio chiaro con un cuoricino sul petto: si vedeva che l’aveva
scelta Mira! Ma quello che la disturbava, oltre alla banalità, era che Mira
continuasse a tirare l’elastico dei pantaloni per mostrare la capacità
adattativa!
Più
li allargava e più le cascava la bocca: quanto grossa era diventata in
effetti?!
“GIAMMAI!
Mai mi metterò quella roba addosso, io Evergreen, la cui eleganza pietrifica
d’invidia le altre donne! Non mi ridurrò mai a tanto!
Uno
dei bottoni del suo solito vestito verde schizzò via, rimbalzò su Reedus e
centrò Freed in piena fronte, tramortendolo…
“……”
Cinque
minuti dopo…
“Beh,
sono comodi no? A mali estremi…” disse l’occhialuta, sforzandosi di vedere il
lato positivo.
“Con
questi accarezzarti il pancione è ancora più bello!”
“Questo cotone è così caldo e morbido!”
Le scagliò nuovamente per aria: “STACCATEVI VOI DUE! NON POSSO ABBASSARE LA
GUARDIA UN ATTIMO?!”
Abbassò
gli occhi…
“Cucci-cucci-cùùùùù!”
Era
Bixlow, Bixlow che faceva linguacce e versi idioti al pupo…
Tradita
dal suo stesso compagno di squadra, si coprì il volto con il braccio: “Anche tu
Bixlow…”
E
poi lo pietrificò e lo usò per due giorni come fermaporta. Peccato la cosa non
fosse servita a far desistere anche Lisanna e Mira!
Poi
c’era il fastidio del peso…
“Forza,
pelandrone!”
“Anf… Si, signora!”
Poiché
abitava ad un primo piano, sia a casa sua che a Fairy Hills, prese ben presto
l’abitudine di ricorrere ad Elfman per farsi portare in braccio su per le
scale! Con tutta quella zavorra si stancava subito, e le sue povere gambe non
reggevano, e poi affaticarsi faceva male al bambino, eccetera… Tanto bastava
per darsi nuovi privilegi!
“Elfman,
gli uomini non possono entrare qui nel dormitorio!”
“Oh,
calma i bollori Erza! Non è qui come uomo al momento, è qui come mezzo di
trasporto!”
“Un
mezzo di trasporto molto uomo!” volle correggere lui, che si beccò un colpetto
di ventaglio in testa.
“Meno
chiacchiere e più portare! Hop hop! Sei o non sei un uomo grande e forte?”
Elfman
per tutta risposta iniziò a prendere i gradini a quattro a quattro!
“LO
SONO! URYAAAAHHH!”
“IDIOTA,
IL PIANO GIUSTO È QUELLO DI SOTTO!”
Di
pari passo con il peso arrivò il mal di schiena…
“Uuhhh… Troppo peso davanti… La mia povera schiena…”
Intorno
a lei si sentì sbuffare: mai che tenesse per sé i suoi guai, come se tutti dovessero
sentirsi in pena per lei!
Elfman
invece, che mai faceva simili pensieri, si rimbocco le maniche: “Eh eh! Lasciami
indovinare Ever, vuoi un massaggio?”
“Da
te?! Giammai!”
“Ma io so essere molto delica… cioè, molto maschio se mi fai provare!”
“Con
quelle mani enormi e quella forza bruta che ti ritrovi mi spezzeresti!”
“Sigh… Vuoi che ti porti da un professionista?”
“Ecco, si, potrebbe essere una…”
Lo
vide guardare dentro il suo portafogli e farsi piccolo piccolo…
“Sai,
ripensandoci mi va un massaggio “maschio”.”
Elfman
si riprese!
“Si,
ma fai piano! Guarda che io ti… Uuuhhh… Però… Ci sai fare a letto, coi
massaggi, cucini bene le omelette… Qualche altro talento?”
“Una
volta ho insegnato al mio parrocchetto a parlare.”
“Mhmmm… Non mi dire… Ce l’hai ancora un parrocchetto?”
“No…
Mi ci sono… seduto sopra per sbaglio…”
“……”
Evergreen lo ricorse per dieci minuti prendendolo a ventagliate: “MOSTRO! E IO
CHE MI SONO AFFIDATA A UNA SIMILE BESTIA!”
“SIGH!”
Chi
dei due era la bestia in quel momento?
Ed
ovviamente, senza nulla togliere alla tensione al seno, la fiacchezza, i
pruriti, c’era il fastidio più terribile... per Elfman!
LE VOGLIE!
“Gelato
ai gamberi!”
Elfman,
che non aveva mai ancora visto una crisi da voglia, batté le palpebre: “Eh?”
“VOGLIO IL GELATO AI GAMBERI!”
A
quel ruggito seguì il suono di una vena che le esplodeva in fronte!
“Intendi
gelato coi gamberi sopra? Piace anche a me!” disse Happy, che però, trovandosi
nel suo raggio d’azione venne acchiappato per la testa!
“GRRRR!
Non so dire il perché, ma se non mangio subito del gelato al gusto di
gamberetti scoppio!” e mentre lo diceva stritolava tra le mani il povero gatto
blu!
“Elfman!
Trovale subito quel gelato o farà secco Happy!” fece Lucy tirandolo per una
manica.
Elfman scattò sull’attenti: “Agli ordini! Corro!”
“GRRRRRR!
Perché sono così nervosa? Mi rende nervosa essere nervosa! Portatemi il mio
gelato!”
Elfman
glielo portò, ma dovette girare in lungo e in largo per mezza città, e al
ritorno trovò Ever che per distrarsi aveva annodato le code di Happy e Lily e
si accingeva a fare lo stesso con Charle, nonostante Wendy cercasse di fare
scudo alla gattina col proprio corpo!
E
dovette pure subire la furia di Gazille!
“Senti
tu! Se questa te la sei messa incinta sono cavoli tuoi, ma tieni il mio gatto
fuori, intesi?”
“Sigh,
intesi…”
Le
voglie intermittenti di Evergreen non conoscevano orario…
“Zzz…”
“ELFMAAAAAAN!”
“?!?!?”
Su
richiesta di lei, il master Makarov aveva imposto un incantesimo di legame
vitale tra i due, in modo che quando troppo lontani, in caso di bisogno, Elfman
sentisse la voce della sua adorata Ever nelle orecchie… anche alle due del
mattino!
“Voglio
altri gamberetti! E li voglio fritti!”
“Fritti? Ma… non pensi ti faranno ingrassare?”
“LO SO! GRRRR! NON FARMICI PENSARE! TI FARÒ SCONTARE OGNI CHILO CHE METTERÒ SU!
MUOVITI!”
“Sigh!”
Fu
dura adattarsi anche a quello, ma fatto trenta, si fa anche il trentuno; fatto
lo shopping e fatto il portantino, cosa poteva essere di più?
“Ecco…”
–sbadigliò lui- “Questo è l’unico locale che serva gamberetti alle due del
mattino…”
“Molto bene! La tua padro… Cioè, la tua protetta ti è riconoscente!” scherzò
lei davanti una montagnola di gamberi fritti nel suo piatto.
“Mangia
pure, io…”
GNAM! GNAM! GNAM!
“Mi
appoggio un po’.. Zzz…”
“……”
Fermò le mascelle: poverino, era piombato subito giù…
Si
guardò intorno: a causa della sua voglia erano gli unici due cretini ancora a
mangiare a quell’ora.
Elfman
si era addormentato con la bocca semiaperta, ed ebbe l’idea di infilarci dentro
un paio di gamberetti… Con gran sorpresa, iniziò a masticarli nel sonno!
“… Eh eh eh!”
I
messi passavano, come interminabili, tanto per lui, quanto per lei. Con quel
tempo che sembrava prendersela comoda con loro, non restò che farsi piacere quello
stile di vita il più possibile.
Casa
e gilda, servizi e reverenze, dolori e voglie: la nuova realtà in cui, con un po’
di difficoltà, tanto Ever quanto chi gli stava attorno si adattò a vivere.
“Elfman,
per favore, vammi a prendere una copia del settimanale Sorcerer, voglio dare
un’occhiata!”
“Agli ordini!” rispose come sempre il suo albino galoppino.
“Uffa,
è da un sacco di tempo che non vado dal mio parrucchiere!” attaccò lei bottone,
ormai assuefatta all’avere Mirajane intorno.
“Come mai?”
“Io…
Mi vergogno… Mi vergogno del mio pancione, ecco! Lo so che non ti fa piacere
sentirlo, ma… mi mette a disagio farmi vedere da lui o da gente che conosco in
questo stato.”
“Ih ih ih, non vergognarti di vergognarti! Posso pensarci io!”
“Tu?”
“Si,
quand’ero più piccola facevo io i capelli ai miei fratelli!”
“Ehm,
io non so se…”
“Dai, non fare la timida, cognata! Lisanna, mi vuoi assistere?”
“Con piacere!”
E
così, ingannando l’attesa con la copia della rivista portatagli da Elfman,
Evergreen si lasciò rimettere a posto la chioma da un insospettabile
parrucchiera Mira.
“Fatto!”
“Wow, sei uno schianto, Ever!” fece Elfman prima ancora che potesse guardarsi
allo specchio.
“Umpf,
adulatore!” -si crogiolò lei- “Non male davvero… Quindi facevi tu i capelli
anche ad Elfman?”
“Vero!” –confermò Lisanna –“Lui li portava sempre così!”
“Ehi!
Lisanna, aspetta!”
“Uh?
… AH AH AH! TU AVEVI QUEI CAPELLI, ELFMAN?!”
“Urgh!”
Il
pettine tra le dita di Lisanna brillò soddisfatto del lavoro compiuto: le punte
ribelli di Elfman si erano calmate nell’ordinata riga in mezzo di quando era
ragazzino!
“AH AH AH! Complimenti, davvero un taglio signorile! Molto fine, ah ah ah!”
“Bah!” si passò una mano e tornarono su come prima, ma non per questo Ever
smise di ridere.
Meglio
così, pensò.
Quegli
attimi in cui rideva erano solo una pia illusione, ma quella illusione voleva
godersela, così come si stava godendo quei disastrosi mesi avanti e indietro ai
suoi ordini.
Quando
la vedeva ridere, sorridere, o offrirgli un gamberetto dopo averlo visto tutto
sudato per le tante corse, poteva supporre che non lo odiasse più per ciò che
le aveva fatto, o almeno non più di tanto.
Poteva
pensare che, alla fine, avrebbe mandato al diavolo il patto.
Poteva
sognare che non sarebbe stato un padre solo.
Non
gli costava nulla.
Otto
mesi erano già quasi passati.
Lui
continuava ad obbedire
Il
bimbo continuava a farsi attendere.
Ed
Evergreen a ordinare e a lagnarsi.
Ne
abbiamo proprio viste di cotte e di crude in questo capitolo! La gravidanza si
è rivelata una miniera di spunti con tutti i suoi fastidiosi effetti
collaterali
Beh, chi di una vita vuol gioire, un po’ deve soffrire!
Forse vi aspettavate che i mesi del pancione durassero qualche capitolo, invece
io ho preferito condensarli tutti in un tassello più lungo; sebbene sia una
long fic, nei miei piani non c’è di farla troppo lunga!
Dopo
le feste restate ancora con noi, perché altre emozioni sono in arrivo, gente!
Ed
ora, visto stavolta è certo non scriverò altro prima della santa festività, vi
faccio nuovamente tantissimi auguri, sperando che le vostre feste siano serene.
E anche se non lo sono, per voi o per chi vi sta intorno, ricordate che l’atmosfera,
se non c’è, la si può creare, se si ha forza d’animo, amore e voglia di
dimostrarlo!
Buon Natale dal vostro amico
fanficciaro, NaruXHina, o NaruHina91, o, se anche volete, TonyCocchi!
^__^
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Capitolo 7 *** Davanti lo specchio ***
Elfever specchio
Salve
a tutti! Fatte buone feste? =)
Come
sempre, lo spero proprio! C’è bisogno di attimi di serenità e di famiglia nella
vita dei nostri giorni, che anche quando sembra facile è difficile e sempre
pronta a sfidarti.
Come
abbiamo visto, la vita ha sfidato Elfman ed Evergreen alla prova dei genitori,
prova accettata dal primo e rifiutata categoricamente dalla seconda.
I
nostri due protagonisti non hanno quasi fatto in tempo ad abituarsi, l’una alla
“dolce” (si fa per dire…) attesa, e l’altro alla viril servitù, che il grande
momento è ormai in dirittura d’arrivo. Come non ricominciare a pensare a quel
che sarà dopo?
Ma
davvero non è possibile risparmiarsi tanti casini?
Lungo
il capitolo ho inserito dei link: un paio sono colonne sonore nel caso vogliate
un po’ di atmosfera (sono i pezzi che ho ascoltato nello scrivere XD), un altro
è una pagina del manga che vi servirà da chiarimento diciamo…
Buona
lettura a tutti!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
http://www.youtube.com/watch?v=xZoUTMlAJYU
Capita
di non avere un bell’aspetto la mattina, ma un tempo l’effetto risveglio non
era capace di tanto.
O
almeno così pensò Elfman davanti la specchiera del suo bagno.
Si
teneva su solo grazie al lavandino che dava un appoggio alle sue braccia
stanche: scarrozzare Ever in braccio, ogniqualvolta lei ritenesse lo
spostamento da sé troppo gravoso per una gestante, aveva tenuto ben allenati i
suoi muscoli malgrado la scarsità di missioni e allenamenti.
Non
si ricordava a quanti mesi risaliva l’ultima tornata di flessioni fatte
decentemente, senza interruzioni per andare in cerca di gamberi o altri assilli
da soddisfare.
Si
stirò le occhiaie con le dita e poi si rinfrescò il volto con acqua gelida.
Come
aveva potuto ridursi così? Non era per niente virile quello stato!
Perché
non cacciava un po’ di spina dorsale e si ribellava a tutto ciò?
Tutti
coloro che osservavano la sua recente vitaccia da fuori gliene avrebbero
concesso il diritto. Con questa storia del prendersi le sue responsabilità,
Ever stava andando veramente oltre i limiti!
Trasportare
statue, scattare ad ogni schiocco di dita, farsi prosciugare il portafogli…
E
poi guardarsi la mattina e non riconoscersi tanto si è flaccidi.
Ci
doveva essere una ragione per tutto ciò…
E
infatti c’era!
Era innamorato!
“Umpf!”
Quel
pensiero gli restituì l’energia, e con gesti vigorosi prese il suo spazzolino
dal bicchiere e strizzò il tubetto del dentifricio.
Si
buttò sui suoi vestiti, li indossò, salutò le sorelle e corse, come tutte le
mattine, alla gilda, dove era sicuro di trovarla già ad attenderla!
Nessun
uomo farebbe ciò che faceva lui.
A
meno che non avesse il più serio dei motivi per farlo!
Ed
Elfman aveva ormai capito che non c’è cosa che ti renda più uomo che rinunciare
volontariamente a fare l’”uomo”, unicamente per quel motivo!
“Buongiorno
ragazzi! Buongiorno Ever!”
“Te
l’ho detto mille volte: EVERGREEN!”
“Eh
eh, scusa, è che è più corto e… Tutto a posto?”
“Le
solite noie, ma ormai le conoscerai a memoria…”
“Altroché…”
“Allora non perdiamo tempo: devo fare un po’ di spesa, ho la credenza vuota. E
mi serve anche del balsamo!”
“Cosa aspettiamo quindi?”
“Uh!”
Come
al solito nel sollevarla si rivelava un po’ brusco, ma mai maldestro. Ever si
stiracchiò: era così grosso che farsi tenere da lui sembrava davvero viaggiare
in lettiga.
“Ciao
a tutti, ci vediamo dopo!”
“Sbrighiamoci: all’emporio del quartiere est ci sono gli sconti mattutini!”
Sentendo parlare di sconti, Elfman allargò subito le falcate.
“Ehi,
piano!”
“Ma non andavi di fretta?”
“E gli scossoni? Vai di fretta, ma leggero, devo spiegarti tutto?”
“Di
fretta, ma leggero? Ehm…”
“Passo veloce, ma aggraziato… Più aggraziato… Ecco, così…”
“Ehm, Ever, non è molto virile correre in questo modo…”
“Corri
come ti pare allora, basta che non mi scompigli troppo i capelli!”
“Sissignora! Eh eh!”
“Che
ridi?”
“Niente!”
Elfman
accompagnò Ever a rifornire la sua credenza e a comprare il balsamo, e un altro
paio di cosette già che c’erano… Poi tornarono a casa di Ever a posare la
spesa, dopo il pranzo di nuovo alla gilda, poi Ever ebbe voglia di fare una
passeggiata, durante la passeggiata Ever si ricordò di una mostra di scultura e
volle dare un’occhiata, e dopo ancora, volle fermarsi a vedere dei nuovi
modelli di occhiali da sole dal suo ottico di fiducia.
E
alla fine, Elfman passò tutto il giorno con lei ancora una volta.
http://www.youtube.com/watch?v=yHXw_jf_jH4
Fattasi
sera, il pianerottolo dell’appartamento vide comparire, dietro l’orizzonte
delle scale, prima delle punte bianche, poi i lunghi capelli castano chiaro e
mossi alla fine della sua proprietaria.
I
due apparivano e scomparivano, si alzavano e si riabbassavano, su e giù, mentre
quelle robuste gambe salivano, lente un gradino per volta.
Ora
Ever non aveva più fretta e il passo stanco di Elfman era come una culla per
lei; anche la scala del condominio, silenziosa, abbacchiava entrambi di una
dolce sonnolenza.
“Eccoci
qui.” mormorò lui, facendo scorrere la mano dietro le sue gambe per farla
scorrere fino a terra come su uno scivolo.
“Grazie.”
La
donna fece due passi verso la porta mentre cercava le chiavi, seguita a ruota
dall’enorme albino e dal suo respiro affannato.
Trovate
le chiavi, si girò: Elfman riprendeva fiato, asciugandosi il sudore sulla
fronte tra un soffio e l’altro, ed aspettava il momento dei saluti con un
sorriso.
Scosse
il capo e sospirò: “Ah, Elfman… Ma chi te l’ha fatto fare?”
Elfman ridacchiò: “L’averti messa incinta, no? Suppongo sia la mia, come la
chiamano, “punizione divina”, eh eh eh!”
“Umpf!”
Finalmente riusciva ad ammetterlo che la sua scelta eroica non era così facile
da sopportare! Evergreen rise insieme a lui, contenta di sentirlo almeno un
pochino vicino a sé: il guaio quindi non era solo suo, perché era proprio lei
la sua giusta razione di guai, in quella indesiderata gravidanza che aveva
tenuto uniti ancora a lungo due che stavano per scollarsi.
“Eh
eh, però dai, ci sono castighi peggiori di quelli che ti fanno stare
appiccicato alla donna che…”
“Alt! Alt! Eh eh, fermati ora Elfman: lo sai come la penso sulle smancerie.”
Elfman
alzò le mani e annuì: “Umpf!”
Il
silenziò che seguì amplificò il lungo sospiro della donna che assaporava quel
momento di tregua.
“Ever,
io non credo che tu saresti una cattiva mamma.”
Ecco,
addio tranquillità. Però stavolta non esplose, non ribatté a tono. Si limitò ad
incrociare le braccia e abbassare la testa, senza rispondergli.
Elfman
la aspettò un po’, e, preso coraggio disse: “Ever, sei sicura di voler portare
fino in fondo il patto?”
“……”
“Sei davvero sicura… di non voler avere niente a che fare con nostro figlio? Lo
so che ti sto facendo arrabbiare, ma… vorrei sentirlo di nuovo, adesso.”
Non
era arrabbiata: la giornata era stata lunga e la risata di pochi secondi prima
le aveva tolto la voglia di innervosirsi.
Guardò
Elfman in quei piccoli occhi scuri al centro di quel grosso sciocco testone.
Mancava
ancora poco ormai, alla sua libertà.
Doveva
aspettarselo da lui, a quel punto, quel nuovo tentativo.
E
proprio come in camera da letto, più o meno sette mesi prima, non doveva
lasciarsi intenerire; il suo cuore doveva restare di pietra, per dirgli la
verità, e togliergli altre illusioni futili.
Lei
era Evergreen, niente mezze misure: o le andavi a genio, o finivi pietrificato.
Così era sempre stato, con tutti gli uomini che aveva avuto.
Gettò
fuori un sospirò ancora più lungo.
Rialzò
gli occhi.
“Si.”
“……
Ho capito.”
Pensando
stesse per partire la scena madre con lui che va via a testa bassa, girò la
faccia da un lato, ma così facendo gli espose la guancia, e lui ne approfittò.
La
baciò lì, contro ogni sua previsione.
“Umpf!”
Sorrideva ancora.
“Ciao, Ever, a domani!”
Mise
le mani in tasca e scese le scale in modo del tutto normale.
L’aveva
chiamata Ever, ora che ci pensava, e l’aveva fatto anche prima, solo che si era
dimenticato di farglielo notare.
Girò
la chiave nella serratura, e nel chiudere la porta, si girò di nuovo, a fissare
le scale.
Sbuffò:
“Che cretino…”
Poggiò
i piedi sulla bilancia, allungò la testa in avanti e trascorse il successivo
minuto, o forse i successivi due, a constatare quanto un simile numero non
fosse stato mai da lei accostato al proprio peso, nemmeno nei suoi più
terribili incubi!
“………
Sigh!”
Ma
non poteva farsi venire voglia di fagiolini di soia?
Poteva
capire che dovesse mangiare per due, ma quel “due” sembrava mangiare per altri
tre! E a lei non piaceva essere diventata tanto vorace: dove si era mai sentita
una fata che si strafoga di gamberetti fritti, per non parlare di tutta la
salsa che non riusciva a non mettere sopra.
Imprecando
silenziosamente andò in cucina; il verdetto della bilancia le aveva in realtà
fatto perdere l’appetito, così si preparò, per calmarsi, una camomilla al
cinnamomo (era un buongustaia).
Si
diresse poi verso la sua stanza da letto, carezzando, lungo la strada, una
statua decorativa a forma di pegaso su di un comodino.
Camera
sua era silenziosa come il resto della casa, dove viveva da sola; la lampada
elettrica sul comodino, intiepidita dal paralume, era, in quel momento, l’unica
fonte di luce, anche se dai vetri della finestra si vedeva un buio serale
puntellato di tantissime stelline e luci nelle case della città.
Poggiò
la tazza vuota sulla cassettiera e si distese un po’ sul letto.
Quello
le sgomberò la mente per un po’; ma poi vide il profilo della sua ombra sul
soffitto e le saltò nuovamente la mosca al naso! Ed abbassare lo sguardo non
avrebbe risolto nulla, avrebbe solo avuto quella grossa gobba anteriore ancora
più davanti gli occhi!
Batté
le mani sul copriletto e si rialzò.
Non
aveva ancora provato a usare la magia del volo da quando si era scoperta
incinta anche per la paura di scoprire di non riuscire a sollevarsi da terra.
Strinse
i pugni stizzita e si rivolse allora allo specchio.
Era
uno specchio di quelli grandi e spostabili, di forma ovale, con la quale i suoi
occhi potevano cogliere ogni parte del suo corpo e gioirne. Anche col pancione
continuava ad entrarci tutta, ed già era qualcosa, ma da lui non si aspettava
certo più pietà di quanta ne avesse avuta la bilancia.
Un
tempo si metteva lì davanti per far sì che trasparisse il meglio del meglio da
quel corpo benedetto, per vedersi pian piano, durante le sue meticolose, quasi
sacre, preparazioni mattutine, sbocciare e splendere.
Poi
era stata ingravidata, e quello specchio le aveva mostrato un altro tipo di
trasformazione, ben più radicale.
Aveva
osservato, attonita, colma di preoccupazione e rabbia, la sua figura
trasfigurarsi; giorno dopo giorno era passata lì davanti, anche un solo secondo
prima di distogliere tristemente lo sguardo, a vedere la sua pancia crescere,
crescere, crescere sempre di più, pregandola di fermarsi, di non andare oltre.
Ora
era davvero enorme, ma non cresceva più, ed era sulla via di togliersi da i
piedi, finalmente!
Si
osservò, con un lato del corpo illuminato e l’altro immerso nella penombra:
com’era ridicola con quei vestiti! Non faceva altro che indossare quelle
stupide tute, che la arrotondavano ancora di più, mentre il suo guardaroba
ricchissimo di sfarzo piangeva abbandonato nell’armadio.
Si
guardò di profilo, di tre quarti, si piegò un po’ in avanti, ma temendo che
quel peso avrebbe potuto trascinarla giù scattò subito indietro!
Tutto inutile, qualunque possa provasse ad assumere non si piaceva più nemmeno
un po’, quasi non si sopportava da sola!
Non
era più lei! Non era più Evergreen!
Si tolse la tuta e lasciò scoperto il pancione, per osservarlo direttamente.
Ancora
più abbattuta, lo afferrò tra le mani come un pallone: << Speriamo non mi vengano le smagliature! Oh,
ti prego, fa che non sia così, ci morirei! >>
Il
reggiseno poi; come dimenticare che aveva dovuto comprarne altri di una misura
più grande? Magari la commessa avrà pure pensata si fosse rifatta!
Ovunque
guardasse, qualunque cosa pensasse, le veniva a mente uno dei mille tormenti
che la sua attuale condizione le aveva inflitto.
Continuò
a fissarsi, con le braccia che cascavano per la depressione.
<<
Ormai manca poco. Devo farmi coraggio,
non può metterci molto ad uscire… Vero? >> chiese al pancione.
Il
pensiero del parto ormai diventava sempre più difficile da scacciare; quanto
sarebbe stato terribile, si domandava.
<<
Ma perché non c’è un modo più semplice
per far nascere le persone? >> chiese con gli occhi rivolti al cielo.
Tornò
a guardarsi: << Povera me! Quanto sarà doloroso? Oh, devo smetterla di
pensarci, accidenti! Una volta che avrò passato anche questa sarò finalmente
libera! Facciamo uno sforzo e sopportiamolo… >>
Ah,
la libertà… Riavere indietro il suo corpo, il suo stile di vita, niente più
voglie, niente più bambini nella pancia… Non vedeva l’ora!
<<
Hai sentito tu, lì dentro? È finita la
pacchia! Tra poco te ne sloggi e ci penserà il tuo paparino a te. Io ho già
fatto abbastanza. Tanto, con delle zie come quelle che ti ritrovi a che ti
serve una mamma? >>
Ripensò
ai loro abbracci e ai loro occhioni pucciosi…
“Brrrrr!”
Nella sua testa scese di nuovo il silenzio, mentre d’istinto la mano da
provetta vanitosa passava sicura tra i suoi capelli per aggiustare qualche
dettaglio.
Poi
tornò a guardarsi, concentrandosi ora sull’ombelico, ora sulla curva del
pancione che lo rendeva davvero simile a un uovo ora che lo guarda un po’
meglio, ora sull’intera figura in quel riflesso.
Per
lo sconforto che le prendeva ogni volta, non riusciva mai a rimarci troppo a
guardarsi, almeno di solito, non quella volta almeno.
<<
Una persona intera tutta qui dentro, ma
pensa un po’… >> pensò appoggiandoci il palmo della mano.
Impressionante sul serio; e la prima volta che aveva sentito con chiarezza un
qualcosa muoversi in lei dubitava sarebbe mai riuscita a dimenticarla. Se non
altro, a parte un po’ di spavento all’inizio, percepire l’intruso passeggiare
lì dentro non le aveva mai dato alcun grattacapo.
<<
Hai davvero bisogno di tutto questo
spazio? Che te ne fai se sei tutto solo lì dentro? >>
Che
avesse preso da lei il gusto per la comodità? E cos’altro?
<<
Già, ora che ci penso, i figli somigliano
ai genitori… >>
Chissà
che aspetto aveva ora che non era più una lenticchia; e che aspetto avrebbe
avuto tra qualche anno.
<<
Come potrebbe essere un misto di me ed
Elfman? >>
Provò
ad immaginarselo…
NDA:
(Sta pensando all’ipotesi del capitolo 208 XD Seguite il link!: http://browse.deviantart.com/?q=elfman%20evergreen&order=9&offset=0#/d31wv31 )
<<
OH, NO! Ti prego, fa che non sia nulla
del genere! Per il tuo bene, coso, spero tu prenda più da me che da lui. Già,
non vorrei che il mondo si ritrovasse con un altro bestione insicuro col
complesso della mascolinità sempre pronto a far vedere i muscoli… Però, ora che
ci penso… Potrebbe anche essere una femmina. >>
Elfman
sembrava sicurissimo del contrario, difatti, quando si rivolgeva al “coso”,
usava sempre il maschile, sempre “figlio”.
Però
lei, potendo scegliere, avrebbe decisamente preferito l’altra ipotesi.
<<
Una bambina, si… Noi donne siamo più
belle ed anche più intelligenti. Inoltre, vista la mamma, non sarebbe
semplicemente bella, sarebbe stupenda! Uh uh uh! E la gente guardandola non
potrà fare a meno che accostarla a me, la meraviglia di tutte le fate! Mhmm… Però,
non è che diventerà anche più bella di me? E sarebbe anche più giovane! Mi
farebbe concorrenza! Beh, se ha anche un po’ di Elfman però non c’è pericolo!
Umpf! >>
Chissà,
chissà…
Maschietto,
o femminuccia?
Capelli
bianchi o castani?
Rumoroso
e scemo o fascinosa e seducente?
O forse una via di mezzo?
<<
Oh, beh, qualunque cosa tu sia, buona
fortuna! Ora te ne stai comodo lì a sbafo, ma poi vedrai che ti aspetta.
>>
Nascere
in un gilda di casinari, in un mondo bastardo, senza nemmeno una mamma…
<< Se non altro c’è
Elfman, e Mira, e Lisanna… Loro ti vorranno bene, vedrai! >>
Sorrise.
<< Se però sei una
femmina e mi somigli, ricordati di ringraziarmi poi, eh eh! Umpf! >>
Si
fermò.
Si
guardò, così com’era in quel preciso istante.
Colta
sul fatto.
Gridò.
E afferrato lo specchio, lo scaraventò per terra, distruggendolo.
Respirava
tra i denti stretti. Era un fascio di nervi, e continuò a scaricare la sua ira
sui frammenti che ancora la riflettevano.
Aveva
dovuto agire così, aveva dovuto!
Stava
andando troppo oltre.
Non
poteva restare ferma a guardarsi, lì con quell’aria trasognata, senza far
nulla.
Mentre
si carezzava quel dannato pancione.
Lasciati
i pezzi dello specchio lì a terra, si gettò rabbiosamente sotto le coperte.
Il
giorno dopo, arrivarono le doglie.
Evergreen
ha toccato il fondo, il limite della sopportazione, ora anche verso sé stessa.
Mai
una carezza aveva provocato una tale ira.
Ma
adesso i flash-back sono terminati, d’ora in poi sarà il presente a farla da
padrone: il parto è giunto, e le urla di Ever bucano i timpani del paparino e
degli amici in attesa, per non parlare di quelli dei lettori.
La
prima canzone, proveniente dal film Shrek, si intitola “My beloved monster”,
ovvero “Il mio amato mostro”, e mi era sembrato potesse adattarsi al modo in
cui Elfman vede Ever: un “mostro” capriccioso ma a cui sottostare, proprio perché
amato.
Ma l’amore di Elfman, per l’egocentrica Ever, non conta nulla dinanzi al dolore
che sta provando, e al sollievo che non mancherà di sbattergli in faccia una
volta finita la “tortura” del parto.
Come
andrà a finire? Si spera bene…
Come per prima di Natale, non penso di riuscire a fare un altro capitolo prima
di capodanno (anche perché il prossimo è un capitolo parecchio importante…),
quindi… Ci si ribecca l’anno prossimo!
BUON
2012 A TUTTI! =)
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Capitolo 8 *** Apri quei bei fottutissimi occhi! ***
Elf Ever guardala
BEN
ARRIVATI NEL 2012!
Che
il nuovo anno porti a tutti noi salute, amore, ricchezza, e tante bellissime
fanfictions! ^__^
Cominciamo
quindi il nuovo anno in bellezza, con un nuovo capitolo che, e non mento, è il
momento clou di tutta la storia!
Sappiate,
cari lettori, che non vedevo l’ora di scrivere questa scena dopo averla immaginata
tante e tantissime volte, e vi assicuro non resterete delusi!
Spero inoltre, vista l’importanza, che sarete generosi di commenti! ^__°
Buona
lettura a tutti!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
“Signor
Elfman!” –urlò l’infermiera aprendo di botto le porte- “Ci siamo!”
Elfman
scattò in piedi, più terrorizzato che pronto!
“Ci
siamo?! Oh, cielo, ci siamo! L’ha detto! Ci siamo! Oh, mamma, ci siamo!”
“Ehi,
ehi, Elfman!” –cercò di rabbonirlo Gray- “Calmati!”
“Ci penso io!” fece Natsu, mandandolo gambe all’aria con un bel cazzottone!
“Natsu!!!”
–sobbalzò Lisanna- “Non è mica così che si fa!”
“Grazie, Natsu!” disse invece redivivo Elfman, risollevandosi da terra!
Si
spazzò via la polvere dalla giacca: “Un vero uomo può essere destato solo nel
modo dei veri uomini!”
Natsu si passò un dito sotto il naso: “Eh eh eh, è stato un piacere!”
“Essere
uomini… è davvero strano…” commentò Lisanna.
“Ma
sei ancora qui? Sbrigati!” lo spintonò leggermente Erza, vedendo che continuava
a temporeggiare.
“S-si!”
Si
voltò: aveva la mano di Mira su una spalla e quella di Lisanna sull’altra.
“Vai.”
disse la sua sorellona.
“……
Si!”
Prese
un bel respiro e passò di corsa per la porta tenutagli aperta dall’infermiera.
Nel
passare velocemente lungo il corridoio, l’infermiera risparmiò Elfman
dall’indossare nuovamente camice e cuffietta, e arrivati alla sala parto gli
tenne nuovamente aperta la porta.
Sulle
prime, ad Elfman non sembrava cambiato molto rispetto a quando ci era entrato
qualche minuto prima: c’era sempre Ever semidistesa sul letto ad urlare, e le
infermiere e l’ostetrico perennemente sulla difensiva!
Non
sapeva bene dove andare a piazzarsi, quand’ecco che fu il dottore ad
avvicinarlo: “Beh, signor Elfman, di solito in questa delicata fase del
travaglio chiedo al marito, nel suo caso al padre, di stare vicino la madre; ma
nel suo caso…”
“GRRRR!”
Schivò una bottiglietta d’acqua mezza piena che colpì Elfman in petto, senza
fargli tuttavia granché male.
“Glielo
sconsiglio caldamente!” finì il dottore!
Elfman
si batté una mano in fronte!
“GRRRR!
È tutta colpa tua! Se lo sapevo col cavolo che accettavo!” –si dibatté lei al
vederlo nuovamente- “Me la paghi! Me la paghi! AAAAAAAAAAARGH! SIGH! GRRRR!”
Il
dottore tornò ad assistere la per nulla paziente, senza dire altro ad Elfman che
così rimase lì sul posto.
Cosa fare? Era decisamente di troppo! Era già tanto se Ever non si alzava con
le sue sole forze per mandarlo via a calci. In effetti l’avrebbe fatto e come
non fosse stato per le doglie.
Lui
però aveva ugualmente il suo diritto di essere lì: il diritto di chi subito
aveva detto “si” a quel nuovo arrivo. Non era tempo per sentirsi in colpa, né
per rinfacciare tanto astio nei suoi confronti da parte di una donna che
comunque amava.
L’aveva
detto anche l’ostetrico: in quella fase, ciò che l’uomo deve fare, è star
vicino!
“Forza!
Ci sei quasi!”
“Eh?!
AAAAARGH!”
“Forza
Ever! Ce l’hai messa tutta per arrivare fin qui, non puoi arrenderti!”
“NON CHIAMARMI EVER! TI AMMAZZO, DANNATO!”
“Ce la puoi fare, l’hanno fatto tante altre donne prima di te e tu sei una
donna fuori dal comune! Dai, un ultimo sforzo!”
“Ma che fai?! Io ti minaccio e tu mi incoraggi?! Basta, sono stanca di tutto
questo!”
“Allora
continui a spingere, ci siamo quasi!” -la incoraggiò l’ostetrico- “Faccia due
forti respiri e spinga!”
Evergreen
obbedì e urlò di nuovo facendosi paonazza!
“Ancora
una volta!”
Ever
succhiò forte per due volte l’aria dentro di sé e poi spinse di nuovo:
“Maledettoooooooooooo! SIGH!”
Intanto
le infermiere tenevano d’occhio le gambe dell’inquieta partoriente: non
volevano rischiare che loro altri prendessero ancora calcioni sul naso!
Elfman
intanto, colto da brividi di panico, si domandava cosa fare!
Da
lì riusciva a guardare bene ciò che stava accadendo, ma si rendeva anche conto
di non sentirsi troppo bene!
I
denti gli battevano velocissimi! Le gambe erano molli! Anche l’aria sembrava mancargli;
forse Ever se la stava davvero succhiando tutta!
Accidenti,
pensò, di quel passo sarebbe svenuto! Non era mica da uomo una cosa del genere,
svenire nel vedere il parto del proprio primo figlio!
Al
solo pensarci sarebbe arrossito se le urla e la suspance non lo stessero
rendendo così tremendamente bianco!
Al
successivo urlo di Ever, si decise a girarsi, faccia al muro!
Non gli importava se si perdeva il momento…
“VEDO
LA TESTA!”
“GNNNNNN!
ELFMAN, SEI UN BASTARDOOOOOOO! GNNN!
L’importante
era esserci da sveglio!
Era
in momenti come quello che la sua maschera di “uomo”, nel modo in cui la
intendeva lui, andava in frantumi, e prendeva coscienza della propria fifa,
della propria suggestionabilità, che gli impediva anche solo di avvicinarsi un
altro pochino, e dare anche solo un’occhiatina al momento fatidico in cui
ognuno viene al mondo.
“Forza…
Forza Ever… Ce la farai…” continuava a sussurrare alla parete, ignorato da
tutti.
Che
tensione! Era insopportabile! Non vedeva l’ora finisse!
Non vedeva l’ora che tutto iniziasse!
“Un ultimo sforzo!”
<<
Forza! >> disse ancora, rivolto
a tutti e due.
Ed
ecco che nelle sue orecchie l’ultimo grido di Evergreen venne mascherato da un
acuto, ma chiaro e forte, primo vagito!
“……”
“Ueeeehh!”
Ever
crollò come morta sul materasso, annaspando rumorosamente; distrutta dallo
sforzo, e obnubilata dal sollievo, non sarebbe stata in grado di sentire o
rispondere per qualche secondo.
“Ooooh!
Ecco qui! Ed anche questa volta è andata bene!”
“Congratulazioni,
signorina Evergreen!” –le disse un’infermiera- “Alla fine ce l’ha fatta,
visto?”
Ever
la afferrò per il bavero del camice: “Un antidolorifico, vi supplico!”
Elfman
si girò piano: “È… È… È fatta?”
“Si,
signor Elfman, è fatta!” disse il medico togliendosi i guanti e passandosi un
fazzoletto in fronte.
Fu
allora che saltò, incontenibile!
“Ah ah ah! Si! Ce l’ha fatta! Sono papà!” –cominciò ad alzare le braccia al
cielo- “È nato! È nato! È na…”
“Congratulazioni,
signor Elfman! È una bambina!”
“È
na… è na… è na… na… ta… nata…” balbettava lui convulsamente mentre
l’infermiera, dopo aver amorevolmente pulito e dato i primi controlli alla
piccola, gliela porgeva, avvolta in un morbido asciugamano.
“Nata…”
Era
sbiancato di nuovo; e sulle prime, ebbe paura di essere sul punto di lasciarla
cadere tanto gli mancavano le forze per la scoperta!
Quanto
fiato sprecato tutti quei “maschio” venendo lì!
Poi,
si decise a guardare quell’esserino per chi era, non per com’era. E quella
consapevolezza gli tolse la delusione, e persino la vergogna di piangere.
La
salutò con il suo più ben riuscito sorriso: “Non mi importa… Non mi importa se
non è un maschio! È una bimba bellissima e l’ho fatta io! Sono il papà di una
bambina! Ho una figlia! Ho una figlia! Ah ah ah!” esultò senza staccarle gli
occhi di dosso.
Le
tre infermiere tirarono il classico sospiro; fu ancora più risollevante dopo
tutte le pene patite a causa della mamma. Se non altro, la nuova arrivata aveva
qualcuno.
“Anf…
anf… Eh eh eh! Ho una figlia!” ripeté.
L’emozione
gli aveva fatto venire il fiato corto!
Chi
ancora pensa che gli uomini grandi e grossi non possano commuoversi, di sicuro
non ha mai avuto tra le mani la sua prima bambina o il suo primo bambino!
Ansante,
la voce di Evergreen tornò a riaprirgli alla mente il resto del mondo: “Anf…
anf… Ricorda il patto Elfman… Ora è tua!”
“……”
Si
accorse ovviamente delle reazioni, dal dispiacere al disprezzo, che aveva
suscitato negli altri presenti, ma se né fregò altamente. Dal canto loro,
questi ultimi sapevano che il loro compito era curare ed assistere, non
giudicare, specie non conoscendo. tutti i dettagli della storia. Ciò non aveva
ovviamente impedito che facessero il tifo tutti per la stessa parte.
“Certo,
certo… Non temere Ever…” la rassicurò lui, già abbastanza padre da dispiacersi
più per la piccola che per sé stesso.
Ever
aveva la faccia coperta dal dorso del braccio e continuava a mormorare,
incurante di tutto il resto all’infuori di sé: “Ufff… Mai più! Mai più! Questa
è stata la prima ed unica volta! Anf… anf…”
“Eh eh, è stata dura, vero?”
Elfman
la fece dondolare un pochino: all’inizio la piccina si era guardata intorno, ma
ora aveva gli occhi chiusi. Forse anche per lei era stata dura e aveva bisogno
di un riposino.
“Anf…
Accidenti, quanto è carina! Dovresti vederla!”
“Anf…
Ufff… No, grazie!”
“Anf…
Come?”
“Ho
detto che non mi va di vederla!”
“Eh? Dai, non esagerare, eh eh! Certo te ne ha fatte passare tante, ma…”
“Ma appunto per questo non la voglio davanti gli occhi!” sbraitò lei.
“Che-che
stai dicendo?”
“Sto
dicendo che ti voglio fuori dai piedi!” –gli ruggì contro- “Tu e quella bambina
del cavolo! Non ho mai patito tanto dolore in vita mia per colpa sua!”
“Non … Non stai… stai dicendo sul serio, vero?” chiese Elfman, che sulle prime
di quella raggelante risposta del cavolo aveva sentito di nuovo la presa
allentarsi.
“SI!
STO DICENDO SUL SERIO!”
Ed
Elfman capì che era esattamente così: si era girata sul fianco dall’altra
parte, preferendo la porta al suo ex e alla sua neonata figlia.
“Ora
è finalmente finita Elfman: io torno alla mia vita e tu a giocare al paparino!
E lei!” –sbraitò di nuovo contro l’infermiera- “Quanto ci vuole per questo
dannato antidolorifico?”
“……”
Il
viso di Elfman era teso come un tamburo. Le narici si dilatavano ad ogni
respiro: aveva ancora il fiato corto, ma stavolta l’emozione che lo soffocava era
ben diversa.
Guardarla
le faceva venire la pelle d’oca. Dava le spalle. Cercava pure di tenere gli
occhi chiusi. Stava aspettando che se ne uscisse via, di vederlo sparire, come
gli aveva reso ben chiaro dai mille insulti e minacce nei dolori del travaglio.
E ci poteva stare, la conosceva.
Il
patto era fatto apposta per sciogliere i nodi che intrecciavano le loro vite,
ma mai si sarebbe aspettato un qualcosa del genere.
Non
voleva neppure vederla.
L’avevano
generata insieme.
L’avevano
aspettata insieme.
L’aveva
messa al mondo dopo mille sforzi, dopo averla sentita vivere e crescere in lei
per quasi nove mesi.
Lui
era stato lì a farle coraggio nel momento più duro, nonostante tutto.
E
dopo tutto questo, lei aveva il fegato di uscirsene così?
Non
voleva nemmeno guardarla?
Impunemente
rivolgeva le spalle alla figlia.
Serrava
gli occhi, come non dovesse succedere nemmeno per sbaglio che la degnasse della
più banale considerazione.
Come
poteva provare una simile repulsione?
Era
troppo.
Adesso era veramente troppo.
L’aveva
sopportata per nove mesi.
Aveva
soddisfatto ogni suo desiderio.
L’aveva
amata, anche se non lo meritava, perché convinto che lei non fosse quel
capolavoro di vanità e egocentrismo che tutti pensavano a sentire il suo nome.
Si
era dunque sbagliato?
A quanto pareva, si!
Ma ora basta!
Ora
non ce la faceva più!
Quel
suo ultimo capriccio, non sarebbe stato disposto a sopportarlo!
“Sei
ancora qui?” –fece lei, stizzita dal non vederlo uscire dalla porta, verso cui
era rivolta- “E si può sapere se questo antidolorifico arriva o…”
Era
stato un rumore fortissimo: Elfman era scattato verso il letto e col palmo
della mano aperto era piombato addosso a lei, tra petto e collo, trattenendola,
anzi, schiacciandola contro il letto che aveva sussultato tutto.
Il
materasso, la rete, le rotelle, le flebo, persino il cassetto dall’altro lato,
come scossi da un sisma.
“S-s-signor
Elfman?!” disse il medico colto da brividi.
Era
enorme, la sovrastava, la teneva incollata lì con la sua forza e con quei suoi
piccoli penetranti occhi spalancati.
Ad
Ever sarebbe bastato togliersi gli occhiali con una delle mani, che ancora
aveva libere, per pietrificarlo.
Ma
non ci riuscì; paralizzata dalla paura.
“Che…
Che ti prende ora?” disse tremando.
Elfman
succhiò l’aria tra i denti e spinse ancora con la mano: sembrava volerla
soffocare.
“Come
sarebbe a dire che non la vuoi nemmeno guardare?”
“C-chiama
la sicurezza!” ordinò ad una delle infermiere il medico, osservando la scena, sapendo
bene di essere impotente contro un uomo di quella stazza e per giunta tanto
imbestialito.
Si
domandò se poi gli uomini della sicurezza sarebbero stati abbastanza, ma
soprattutto perché quel parto, un evento che non smetteva mai di rallegrarlo e
meravigliarlo, non la smettesse di rivelarsi attimo dopo attimo il più duro
della sua carriera!
Non
vedeva l’ora finisse il suo turno…
“S-sei
impazzito? L-lasciami stare! Hai avuto la tua bambina, no? Levati dai piedi!”
disse lei abbozzando un tentativo di sollevarsi, che si rivelò del tutto
inutile. Elfman non l’avrebbe fatta andare da nessuna parte!
“Il
patto era…”
“Come
puoi essere così insensibile? Hai fatto nascere questa creatura e tu la tratti
così? Un briciolo di rispetto sarebbe d’obbligo!”
“Ho
detto tienila lontana da me!” strillò lei, stringendo gli occhi quando aveva
provato ad avvicinargliela.
Per
tutta risposta, Elfman la incollò al letto ancora di più.
La
bambina, spaventata da tutte quelle urla, aveva già cominciato a piangere, e
un’altra delle infermiere a pregare.
Il
pianto della piccola ridiede un barlume di razionalità all’infuriato padre che
allentò la presa, ma la sua rabbia non si spense.
“Evergreen,
ti prego! È nostra figlia, anche se non vuoi essere sua madre! Abbiamo deciso
che non ti starà tra i piedi, ma almeno adesso che è appena nata…”
“Vattene!”
sibilò lei.
“Me
ne vado, lo giuro! Ma voglio solo che la guardi!”
“NO!”
“Perché
no?” continuò ad urlare lui, tanto la povera piccola già piangeva.
“Te
l’ho fatta nascere! Lasciami in pace! Non voglio vederla!”
“E
invece lo farai!”
“NO! TU NON PUOI COSTRINGERMI! NON PUOI! NON PUOI!” urlò lei, le stesse parole
di quella volta, davanti quello stesso ospedale, nella prigione di Freed.
“Di che diavolo hai paura?! Sii uomo!”
“NON SONO UN UOMO!” disse scalciando nella pancia di quel cerebroleso.
“NO,
NON LO SEI! MA NON SEI NEMMENO UNA DONNA SE TI COMPORTI COSÌ!”
Ever
digrignò i denti; avendo smesso di pensare ad Elfman come a un bruto senza
tatto, era rimasta completamente spiazzata dal vedere quella improvvisa, mostruosa
trasformazione rivoltarglisi contro.
In
realtà era esattamente come lui: dopo aver visto il meglio dell’altro, non
riusciva ad accettare di fare i conti col peggio del peggio.
Ma
la rabbia nei suoi confronti, unica fonte di coraggio contro quella così
inaspettata reazione, cedeva ora il passo a una paura sempre maggiore.
“Ma che vuoi da me?” -chiese con gli occhi lucidi, nella speranza segreta che,
riuscito a ridurla a quel punto, avesse pietà e la smettesse.
“Te
l’ho detto, Ever…” –sibilò invece Elfman- “Non mi importa se non le rivolgerai
mai la parola. Ma almeno guardala!”
Elfman
reggeva la bimba nell’altra mano, ma ogni volta che cercava di portargliela
davanti, lei si girava o stringeva gli occhi, o tutte e due le cose. E serrava
le palpebre con una forza tanto disperata e assurda che non riusciva a
comprendere.
Anche
quella volta fu così: “No!”
“Guardala!” le ordinò di nuovo.
“Sigh! Lasciami in pace!”
“Guardala ho detto!”
Ever
scosse il capo.
“GUARDALAAA!!!”
Il
cuore le balzò in gola.
Lentamente
girò la testa, e poi, aprì gli occhi, guidata da quel pianto stridulo.
E
nello stesso istante in cui apparve nel suo mondo, Ever capì di essere ormai
spacciata.
Aveva
fatto bene a temere tanto di guardarla; non era senza motivo la sua paura,
quella stessa paura che l’aveva colta guardandosi allo specchio la sera prima.
Eccoli
già partire, suscitati da quel faccino, quei tipici, incontrollabili pensieri,
che confermavano che l’irreparabile era accaduto.
Com’è
piccola.
Quanto
strilla.
L’ho
fatta davvero io?
È
così bella…
Mi
somiglia davvero.
Chi
l’avrebbe mai detto?
L’abbiamo
spaventata.
Poverina.
Quante
me ne ha fatte passare!
Ora
è viva.
Così
piccola.
Così
bella.
Ever
girò la testa verso il soffitto.
Strinse
di nuovo gli occhi, e anche le labbra si contorsero. Da esse uscì un lungo
gemito, simile al cigolio di una porta mal oliata che, alla fine, si decide ad
aprirsi.
Singhiozzò
un paio di volte e scosse il capo.
“Io lo sapevo che andava a finire così!” disse, con lo stesso tono
scricchiolante.
Elfman,
che le aveva tolto di dosso il braccio nello stesso istante in cui si era
decisa a degnarla di un’occhiata, lunga e appannata dal pianto, si era spento
completamente.
“Ehm,
Ever…” disse, adesso un po’ confuso.
Ever
tirò su col naso. Siccome continuava a guardare fisso dinanzi a sé, pensò non
l’avesse sentito.
Riaprì
bocca, ma lei lo anticipò.
“Dammi
la bambina…”
“Eh?”
“DAMMELA HO DETTO!”
“Urgh!
S-sissignora!”
Più
che farsela dare, gliela strappò da mano.
E
la prima cosa che fece, fu zittire il suo pianto nel modo più istintivo che le
veniva in mente: carezzandole la testolina.
Senza
smetterla di passare le dita sui quei sottili capelli, del suo identico colore,
rialzò la faccia tutta contratta dal pianto.
“Grrrr! Io lo sapevo, accidenti! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!”
E batté una mano sul materasso facendo sobbalzare Elfman.
“Sigh!
Accidenti! Sniff!”
Le
due infermiere rimaste piangevano anche loro, senza disturbare. Il medico, più
distaccato, ma ugualmente toccato, sorrise sornione vedendo come Evergreen si
comportasse come quelle che pensano: << Maledizione, alla fine ci sono caduta! >>
In
quel mentre si aprì la porta alle sue spalle: “Avete chiamato la sicurezza?”
“Eh? Oh, no, falso allarme!” –si fece subito avanti- “Eh eh, tranquilli!”
In
effetti, con una madre col proprio bambino e con un grosso tipo (abbastanza
grosso da non essere saggio partire in quarta con lui…), non c’era nulla lì che
potesse sembrare un’emergenza.
“Va
tutto, bene, non vi preoccupate! Buon lavoro!” li congedò, o per meglio dire
“scacciò” l’ostetrico, mentre le altre infermiere rimaste lì spiegavano alla
terza ciò che era successo.
Elfman
respirò come non si concedesse quel piacere da tempo.
Non
riusciva a credere a ciò che aveva fatto, lui che non aveva mai allungato le
mani su una signorina, e aveva avuto il coraggio di terrorizzare a morte la
donna che amava, solo perché l’aveva immensamente deluso.
Però,
era tanto bello vedere Evergreen piangere e carezzare, che per descrivere quel
momento non poteva che usare il suo aggettivo preferito… Virile!
Si
avvicinò ad Ever, stavolta piano, e le carezzò una spalla, felice, orgoglioso.
La
bimba ora aveva smesso di piangere; tutt’al più ebbe un po’ di fastidio per una
lacrima finitale sul naso, ma la sua mamma fu pronta ad asciugargliela subito.
“Perdonami…
Perdonami…” sussurrò a quelle innocenti orecchiette.
“……”
Prima
non perdeva un istante per rinfacciargli che era lui il colpevole di tutto e
ora non lo degnava più neanche della minima attenzione.
Elfman non poteva sperare di vedere altro di più bello da quella giornata.
Ricevuta
una pacca dall’ormai sollevato ostetrico, si avviò come imbambolato, braccia
ciondolanti verso il chiostro.
Mira,
Lisanna, Natsu, Happy, Lucy, Gray, Cana, Reedus, Laxus, Bixlow e Freed lo
accolsero alzandosi, e aspettando che dicesse lui qualcosa per prima.
Questi
sorrise e alzò le mani al cielo, gridando, in barba le regole dell’ospedale!
“SONO PADRE!”
Mira batté le mani!
Elfman
riabbassò le enormi braccia e sospirò, con finto dispiacere: “Di una bambina…”
“Una
bambina! Una bambina!” saltellò Lisanna che ci aveva sperato sin dal primo
istante!
Le
sorelle gli saltarono addosso.
I
suoi amici iniziarono a ridere e congratularsi tutto intorno.
Reedus,
su di giri come tutti, non aveva certo dimenticato il compito per cui era lì: non
perse tempo e tracciò uno schizzo della scena per un disegno di quel momento!
<<
Questo è veramente il giorno più virile
della mia vita! >> gioì Elfman, mentre lo spiritoso Natsu gli
azzeccava un fiocchetto rosa dietro l’enorme schiena!
“Possiamo
andare da Ever?” domandò Laxus.
“Ehm,
no, Laxus! Io… penso che Ever voglia stare un po’ per conto suo adesso… Eh eh eh!”
Nella
sala parto erano rimaste solo tre persone.
Un’infermiera,
lì ad aspettare, senza fretta, di riavere la bimba per portarla al nido.
La
stupenda bimba in questione.
E
una mamma.
Era
spossata ed aveva le guance di un rosso infuocato per via del pianto.
Ma
teneva sua figlia tra le braccia più salda di quanto l’emozionato Elfman avesse
potuto fare prima di lei.
“Perdonami…”
le sussurrò dolcemente.
Sorrise.
Ci era davvero caduta.
Questo
capitolo, per meglio la scena madre che gli dona il titolo, è rimasta nella mia
mente per tantissimo tempo; prima di questa estate di sicuro, allorquando ho
buttato giù una bozza del primo capitolo di questa storia, che avevo immaginato
molto, molto prima.
Quella
bozza è rimasta lì sul mio desktop dimenticata per mesi, ed ero convinto, senza
dispiacere, che sarebbe rimasto uno dei miei vari progetti irrealizzati.
Potete
immaginare quindi la mia gioia nell’essere riuscito a far mettere ad Elfman le
mani addosso ad Ever, e ad aver costretto quella testarda ad aprire gli occhi!
Forse
vi aspettavate una storia più lunga, ma in effetti, con questo toccante
quadretto ci avviciniamo alla conclusione.
Ma
non mancatela, perché ci sono altre belle sorprese in arrivo!
Alla prossima!
PS: ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
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Capitolo 9 *** La mamma e i Raijinshuu ***
Elfever
Ehilà
a tutti voi!
Il
precedente capitolo è stato pieno di emozioni, vero? Dolore, ansia, attesa,
sollievo, commozione, rabbia, amore, e chi più ne ha più ne metta!
Spero
di cuore vi sia piaciuto, perché è uno dei capitoli che ho voluto scrivere di
più, non solo riguardo questa fic, ma in generale! ^____^
Evergreen
ha sorpreso tutti dando prova di non essere di pietra, ma chi ci assicura i
suoi sentimenti siano cambiati sul serio?
Cosa
deciderà di fare?
Osserviamola
quindi, mentre il passato e il presente passano a trovarla per chiederle di
restare nel suo futuro.
Buona
lettura!
PS:
GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
PPS:
ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!
(
Nda: Colonna sonora! http://www.youtube.com/watch?v=YIADdtY9pQA )
L’avevano
lasciata tranquilla in una stanza tutta sua.
Evergreen,
restava pressoché immobile, salvo per il lenzuolo bianco che la copriva dalla
pancia in giù, l’unica cosa nella stanza che si muoveva al ritmo del suo
respiro.
Quel
leggero movimento era l’unica cosa che avrebbe potuto distinguerla da un pezzo
da museo, un capolavoro fermo lì a lasciarsi ammirare da un pubblico
invisibile.
La
si sarebbe detta assorta nei suoi pensieri, con quello sguardo perso, sotto le
palpebre semichiuse, invece non era così: non stava pensando a nulla.
O
quantomeno ci provava, visto che da quando si era risvegliata la tentazione di
mettersi comoda e lasciarsi andare a una lunga riflessione le era venuta più
volte.
Era
mattina; dopo aver consegnato sua figlia all’infermiera si era assopita e per
l’esaurimento, fisico e mentale, aveva dormito fino al giorno dopo,
risvegliandosi lì.
Malgrado
la lunga dormita, si sentiva ancora tanto stanca, ed era per quello che non le
andava di farsi venire un bel mal di testa.
Però
nessuno sta stare tanto tempo senza pensare davvero a niente.
Così
si concentrava a volte sui rumori di fondo dentro e fuori quella stanzetta
silenziosa, a volte guardava il sole fuori dalla finestra, fino a quando non le
veniva da pensare a quel giorno ricchissimo di avvenimenti, appena passato
senza che se ne
accorgesse.
Non
credeva di poter essere in grado di fare certe cose.
Partorire.
Far
arrabbiare Elfman come mai nessuna donna era mai riuscita a fare.
Piangere
davanti a tutti, anche se in effetti si era già concessa di piangere dinanzi al
solo Elfman, a Tenrou.
Carezzare
la testolina della propria figlia, quella che aveva ripetuto fino alla nausea
di non volere.
Respirò
più profondamente e fu come passare il cassino sulla lavagna tutta occupata
della sua mente.
I
muscoli si rilassarono e le palpebre si riaprirono lente.
Iniziare
a pensare, lavare via il tutto, rilassarsi un altro po’ e poi di nuovo
ricominciare.
In
quel modo riusciva a non appesantire la propria testa e la propria coscienza, e
a recuperare le forze che le servivano.
Però,
sul serio, non credeva di poter fare certe cose.
Troppo
presto per ricominciare però, si disse. Chiuse gli occhi, e passò nuovamente il
cassino.
In
quel momento però, la porta si aprì.
“Signorina Evergreen.”
“Si?”
Da
fuori non cambiò nulla, ma dentro fu felice di rivedere la piccola, portata in
braccio dall’infermiera, una delle tre che l’avevano pazientemente (molto
pazientemente…) assistita il giorno prima.
“Come
si sente?” le domandò sorridendo.
“Abbastanza bene.” non mentì lei con quell’aria ancora un po’ assonnata.
“Penso
sia l’ora della pappa.”
Evergreen,
prese dalle sue braccia la neonata e poi guardò il comodino accanto al suo
letto: la colazione non gliel’avevano mica portata nemmeno a lei… Poi però,
dandosi della rimbambita, si disse che i bambini non mangiano mica il cibo
dell’ospedale (fortunati loro…).
Vista
la sua confusione, l’infermiera si spiegò: “Vuole allattare la piccola?”
“A-a-allattare?!” arrossì Evergreen.
“Beh,
lei è la madre, e il latte materno è fondamentale per la crescita…”
“M-ma
io non…”
“Ueeeeehhh!”
“……”
La
fame non sente ragioni!
“Ho
capito…”
“Vuole
che le mostri come si fa?”
“EEEH?! Assolutamente no!” fece Ever, coprendosi il petto con l’altro braccio,
come fosse nuda!
“Ne
è sicura?”
“Si,
però adesso esca! Io non sono la tipa da far vedere le proprie… ehm… forme agli
sconosciuti, o alle sconosciute…”
“Capisco.”
annuì l’altra.
“Ehm,
non mi fraintenda, la ringrazio, ma… Vede, io ancora non mi sono abituata a
certe cose…”
“Oh,
non si preoccupi, so che per alcune può essere imbarazzante.” –la rassicurò
l’infermiera- “Io sono fuori la porta, se ha bisogno mi chiami pure!”
“Grazie…”
Non
poté fare a meno di notare la gentilezza, la disponibilità, il sorriso
raggiante tutto per lei, per sostenerla…
Quando
in sala parto si era certamente chiesta che razza di donna viziata e senza
cuore fosse.
Ma
certo, ora che però aveva dato quel commovente spettacolino, ora che si era
decisa a fare la “cosa giusta”, eccoli tutti dalla sua parte.
Che
ipocriti! Che cosa ne sapeva lei della paura e della fatica che…
<<
Ma perché devo sempre pensare a male?
>> si interruppe.
Tornò
a sentire il pianto della bambina, e subito iniziò a sbottonarsi la camicetta
che aveva indosso.
<<
Devo smetterla ecco. Voleva solo essere
gentile. E poi, in fin dei conti, ora mi dovrei lamentare anche se la gente mi
giudica bene? >>
“Ueeeeh!”
“Un attimo tu!”
Si
scoprì uno dei seni ingrossati e si guardò intorno, come accertarsi di essere
sul serio solo loro due…
Avvicinò
un po’ la testolina al proprio petto e già non la sentì più frignare. In
compenso, lei preferì girarsi dall’altra parte: come già detto, non era ancora
abituata a “certe cose”.
A
sé stessa che fa “certe cose”… da mamma.
Non
la sentì attaccarsi e iniziò temere di dover richiamare l’infermiera alla fin
fine.
<<
Forse sbaglio qualcosa? Dai, anche tu,
sii clemente, non sono certo esperta in questo… UH! >>
Ecco!
Assimilata
anche quella nuova sensazione strana, riprese fiato e tornò ad appoggiare le
spalle allo schienale sollevato del suo letto.
“……”
Lanciò un’occhiata alla bimba che mangiava, poi risollevò di scatto la testa.
Tutta rossa in viso, si guardò intorno, imbarazzata come un serbatoio vivente
di latte al primo giorno di lavoro.
<<
… Ci manca solo che mi metta a fare
“Muuu”… >>
E
intanto lei mangiava, mangiava…
<<
Si, sei proprio tu la stessa sbafona che
mi ha fatta prendere tutti quei chili, senza dubbio. >>
Sperò
che almeno tutta quella fame potesse servire a restituire al proprio seno le
vecchie dimensioni.
Il
suo sguardo riuscì finalmente a concentrarsi su di lei.
<<
Perché sei ancora qui? Dovresti
chiedertelo anche tu. Non rientravi nei miei piani, lo sai? >>
Ripensò
a quel pianto a dirotto, solo nel vederla.
<<
Forse è stato solo l’effetto dello
spavento. Forse era tutto lo stress, eccetera. Di certo dopo quella tortura mi
ero un po’ rimbambita, per fare una cosa del genere d’altronde. Insomma, come
posso essermi trasformata da stronza a mammina amorevole in un lampo? Voi
neonati fate davvero quest’effetto? Vorresti farmi credere che ti ho presa in
braccio solo perché sei carina? >>
Aprì
gli occhietti: erano dello stesso colore di quelli di Elfman. Per un pochino
gli sguardi si incrociarono, ma poi la piccina ritornò al proprio pasto.
<<
Ti sei già presa tutto il braccio vero?
Non so quanto ti convenga. Io non sono una mammina buona. Sono egocentrica, mi
do un sacco di arie, trasformo in pietra le gente con gli occhi, ho desiderato
che sparissi tante di quelle volte che non hai idea… >>
Sospirò
e guardò fuori dalla finestra.
<<
Perché dovresti volere una mamma come la
sottoscritta? Perché dovrei… permettermi di cambiare? >>
Carezzò
di nuovo la testolina ricoperta da quei sottili e lanuginosi fili castani. E
continuò a farlo, tenendosi così occupata anche lei.
<<
Però sai, l’ultima volta che ho cercato
di convincermi che ti odio quando mi stava venendo voglia di volerti bene, ho
distrutto il mio specchio preferito. E poi, c’è tuo padre. Dopo quello che ha
visto, chissà quante strane idee si sarà già fatto. >>
Sentendo
ora un po’ di fastidio, cambiò capezzolo.
<<
È già passato un giorno intero, chissà
quanto avrà galoppato con la fantasia… >>
Però
stavolta, non avrebbe distrutto le sue illusioni sul nascere per farlo soffrire
di meno. Paura di rivedere il mostro? No.
Perché,
qualunque cosa potesse pensare per provare a tornare indietro, obbiettivamente,
in quel preciso istante, stava bene, era felice, era contenta di essere la
“mucca” di sua figlia.
Le
piaceva carezzare quella testolina.
Non
si era mai sentita così calma e serena come in quel preciso momento, lì da
sola, senza nessuno ad ammirare la sua bellezza, senza nessuno a riverire la
sua forza.
Una
scultura stupenda chiusa in uno sgabuzzino.
Da
sola con qualcuno che avesse semplicemente bisogno di lei.
<<
Forse anche questo è egoismo: tenerti con
me perché mi fai sentire bene. Ma devo smetterla di pensare sempre male, devo
proprio smetterla… >>
E
per farlo, doveva prendere una decisione drastica.
Non
tornare mai più indietro.
Baciò
la fronte di sua figlia.
“Voglio
volerti bene.”
La
piccola, che teneva sollevata davanti a sé, mulinò i piedini nel vuoto sotto di
lei, e le mani verso la sua mamma, che l’abbraccio subito.
Qualcuno
bussò alla porta: “Signorina Evergreen? Posso?”
“Un secondo!”
Poggiò
sua figlia sul suo grembo (per inciso, che gioia nel vederlo di nuovo
sgonfiato!), e si riabbottonò la camicetta: “Prego, entri pure.”
“Signorina,
ci sono visite per lei: il suo team della gilda.”
Aveva
fatto benissimo ad avvisarla: i Raijinshuu erano proprio gli ultimi al mondo a
doverla vedere fare la mucca!
“Si,
li faccia entrare, tanto credo che ormai abbia mangiato abbastanza. Può
occuparsene lei?”
“Sono qui per questo.”
Porse
la bimba all’infermiera e guardò le due uscire.
“Si,
Elfman ha detto la verità, è andata proprio così.”
Il
team si era schierato intorno al suo letto: Freed alla sua sinistra, Laxus ai
piedi del letto e Bixlow, venuto senza maschera (per non spaventare la
piccolina), alla sua destra.
I
tre si guardarono tra loro: sbigottiti, ma seri come la situazione richiedeva.
“Umpf,
proprio non vuoi farmi smettere con questa frase, Ever” –sorrise Laxus-
“Impossibile vedertici.”
“Già,
dillo a me.” scherzò lei.
Le
barbare urla che avevano ascoltato avrebbero convinto chiunque che la partita
tra Ever e il nascituro aveva il risultato già scontato; eppure…
“Questo
si che è un finale inaspettato, eh?” fece Bixlow il tono di chi l’aveva sperato
tutto il tempo, il che lo indusse a dissimulare tutto con un colpetto di tosse.
“E
quindi ora, Ever? Che farai?”
“Ci
ho già pensato, Laxus, lo so cosa farò.”
Freed
e Bixlow si avvicinarono anche loro.
Ever
sospirò: “Voglio provare ad essere la mamma di quella bambina, e questo
significa che dovrò stare incollata a lei ancora per un bel po’. Mi dispiace,
ma credo che i Raijinshuu dovranno continuare a fare a meno di me.”
Laxus
si mangiò le labbra, visibilmente deluso. Anche Bixlow, anche se allegro per
aver avuto la benedizione di vedere nella sua vita la sua amica Ever divenire mamma
sul serio, non poté non gemere al pensiero di aver perso un membro del team.
Si,
ora avrebbe avuto davvero occasione di vederla con una bimba in braccio, ma
l’altro lato della medaglia gli era passato del tutto di mente.
Anche
dopo aver sentito da Elfman come era andata in sala parto lui, e anche gli
altri due, erano rimasti abbastanza convinti di un rapido ritorno all’ovile
della loro compagna.
In
fondo, solo perché aveva dimostrato di esserci affezionata, non voleva dire per
forza che se ne sarebbe assunta la responsabilità a tempo pieno. Invece li
aveva appena spiazzati tutti.
Freed
incrociò le braccia: “Umpf, a quanto pare l’istinto materno è una regola
assoluta.”
“A
quanto pare…”
“Quindi… addio patto?” chiese Laxus.
“Sei
proprio sicura, Ever?” –chiese Freed- “Insomma, non che voglia immischiarmi
nelle tue scelte di vita, ma fino a ieri sembravi così convinta di non volere
la bambina.”
“Già,
ci hai distrutto i timpani per dimostrarcelo…” si strinse nelle spalle Bixlow.
“Ever,
sei sicura di non essere affrettata?” chiese di nuovo Laxus.
“Me
ne rendo conto.”
Del
resto non ci aveva mica pensato troppo a strappare di mano la piccolina ad
Elfman appena le era venuto in mente di farlo, e certo non se ne pentiva. Se la
vita accelera, affrettarti anche tu è tutto quello che puoi fare.
Laxus
la squadrò severo: “E hai riconsiderato tutto ciò a cui vai incontro? Non
vorrei che tu possa rimpiangere questa scelta.”
Il
biondo non voleva influenzarla, stava solo cercando di rammentarle ancora una
volta tutti quei lati negativi che l’avevano fatta sbiancare al momento di
sapere di essere incinta, che malgrado lacrime, carezze e buoni sentimenti,
erano ancora da affrontare dinanzi a lei.
Ever
capito questo, sfoderò ben pronta la sua risposta.
“Ho
avuto modo di pensare e mi sono accorta di una cosa. Mi lamento troppo: volevo
strappare il soprannome di “Titania” ad Erza quando avrei potuto benissimo
trovarne uno tutto mio magari più bello; ho passato gli ultimi mesi a piangere
perché non potevo assolutamente essere una mamma per poi uscirmene con la
figuraccia di ieri… Adesso sto iniziando a vedere dei lati positivi in questa
cosa e voglio dargli… voglio darmi un po’ di fiducia!”
Sorrise,
e i suoi amici rimasero a bocca aperta.
Il
sorriso di Ever non era mica così. Quando sorrideva alzava il capo, non lo
abbassava, socchiudeva gli occhi, non li spalancava, trasmetteva amore per sé
stessi, non per qualcun altro.
“Per
questo voglio cercare di vedere cosa ne uscirà fuori, e stare bene come sento
dentro, senza preoccuparmi di nient’altro. E poi, credo che ormai la vecchia
Ever se ne sia già andata via, e già da un bel pezzo.”
Dal
momento in cui aveva deciso di avere a che fare con Elfman; non poteva che
essere partito tutto da lì.
<<
A quanto pare, alla fine bloccarla quel
giorno è servito davvero a rafforzarla! >> sorrise sornione Freed.
Laxus
si avvicinò ad Ever e le poggiò sulla spalla destra.
“Congratulazioni!”
Ever
annuì, gradendo molto il fatto che avesse voluto fargliele in maniera sincera,
ora che finalmente si poteva.
“E
sappi che i Raijinshuu ti aspettano. Io mi circondo solo dei migliori lo sai, e
non ci rinuncio così facilmente: non appena potrai, torna e riprendi il tuo
posto!”
Allora
Ever si impettì, come non fosse per nulla cambiata!
“Umpf!
Non c’è certo bisogno che tu me lo dica! Il mondo magico là fuori sentirà
ancora parlare della più potente di tutte le fate!”
“Ih
ih ih!” ridacchiò Bixlow.
“Freed,
vieni un po’ qui.”
“Uh?”
“Ti ho già punito per avermi bloccato con la tua magia davanti l’ospedale,
giusto?”
“Si…” gemette lui, rammentando le frustate!
“Beh,
vista la piega che ha preso la cosa, adesso direi ti meriti anche un premio.”
“E che premio sarebbe?”
“Hai già visto la piccola?”
“Si, indubbiamente molto carina: bellezza genetica.”
<<
Io no… L’infermiera ha detto che il mio
aspetto avrebbe potuto spaventarla… >> si abbacchiò Bixlow, che però
tenne il pensiero per sé, per evitare di subire grasse risate!
“Umpf, grazie! Allora visto che la trovi così carina, mi ricorderò di
rivolgermi a te quando mi servirà un baby-sitter!”
“CHE COSA?!”
Laxus
e Bixlow risero molto poco di nascosto!
Ever
fece l’occhiolino: “Oh, non ti và? Forse allora dovrei domandare alla sua
zietta Mirajane se le va di farti un po’ di compagnia!”
Freed arrossì: “Ma va là! Umpf!”
“Ah ah ah!”
Freed,
dispiaciuto di essere l’unico a non ridere, mise da parte il broncio e si
lasciò pervadere dal buonumore del resto del gruppo.
Era
contentissima fossero venuti lì da lei quella mattina, per mettere nero su
bianco, grazie a quei fidatissimi testimoni, ciò che aveva solo pensato fino a
quel momento.
I
Raijinshuu, i suoi amici, avevano preso atto, ed avrebbero atteso il suo
certissimo, trionfale ritorno in scena dopo quella pausa-maternità!
<<
Non cambierò più del dovuto. Io sono
Evergreen. Sono una Raijinshuu. Sono una madre. E sarò tutte queste cose
insieme! E se qualcuno ha qualcosa da ridire… sbatta i piedi e si lamenti, io
non lo farò! >>
“Ehi,
dì un po’ Ever, sicura che non ti stai ammorbidendo troppo?” la prese in giro
Laxus.
“Spero
di no! Forse per dimostrarlo dovrei chiamare anche te e Bixlow qualche volta a
fare compagnia a Freed?”
“Scordatelo!”
“Ah
ah ah!”
Dopo
che i suoi amici l’ebbero salutata ed ebbe fatto colazione, accarezzò l’idea di
distendersi ad occhi chiusi ancora un po’; ma passati nemmeno dieci minuti, con
sua sorpresa si scoprì irrequieta, e con una gran voglia di rivedere la sua
piccola, che già le mancava.
Accidenti,
si disse, stava peggiorando.
Visto
che si trattava di sua figlia era ok, ma prima di farsi ancora più paura,
sperava le sarebbe capitato presto qualcosa per dimostrare che la temibile
Evergreen non si era rammollita come aveva detto Laxus…
Per
il momento però, ciò che contava, era riavere davanti agli occhi quel bel
musetto.
Arrivò
con la mano al bottone e lo schiacciò; qualche attimo dopo, l’infermiera
comparve pronta sulla porta.
“Infermiera,
potrebbe per favore portarmi mia figlia, se possibile?”
“In
questo momento è con suo padre.”
Evergreen sgranò gli occhi, ricordandosi di un elemento dell’equazione che le
era passato di mente, ma che non poteva permettersi di ignorare.
“Suo
padre…” ripeté.
“Si,
ha voluto tenerla anche un po’ per sé, sa com’è, eh eh! Stanno facendo una
passeggiata nel giardino interno.”
“Ho
capito… Li raggiungerò.”
“Vuole
una mano?”
Ma
Ever subito alzò la mano e si buttò giù dal letto.
“Umpf, ho solo partorito” –disse mettendosi le pantofole- “Non sono mica da
buttare!”
“Ehm,
mi scusi signorina…”
“E
comunque la colazione che avete portato prima era disgustosa, e i miei compagni
lo possono confermare. Permesso ora…”
“Prego…” si scansò l’infermiera.
Nel vedere, mentre le passava oltre, il suo sorrisetto sparito, Ever sghignazzò
fiera.
Era
ancora lei, dopotutto!
Con
gli eventi della sua vita che accadono in fretta, Ever prende la sua decisione
altrettanto velocemente, decisa a correre i rischi che ne verranno per la
felicità della sua bimba e di sé stessa.
Ma
l’equazione non può essere risolta senza Elfman, colui per cui tutto è iniziato.
I
rapporti tra i due si sono incrinati non poco, e anche quando erano in piedi,
non erano certo dei più saldi…
Il
momento è giunto per un nuovo faccia a faccia tra i due…
Il
prossimo, cari lettori, sarà anche l’ultimo capitolo della fanfic, ma se vogliamo
il penultimo visto che ho in mente anche un piccolo epilogo, un bonus diciamo…
Vedrete!
Grazie
per aver letto, e per continuare a leggere! Alla prossima!
PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
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Capitolo 10 *** Una vera famiglia ***
elfever molly1
Ebbene,
cari lettori, la storia iniziata, dimenticata, ripresa e infine scritta sta per
giungere alla fine, lasciandosi dietro un bel po’ di soddisfazione per il
sottoscritto e un bel po’ di lettori altrettanto soddisfatti! ^___^
Oltre
a questo capitolo ci sarà un epiloghetto (su cui non faccio anticipazioni), nel
quale però, per semplificarmi la vita, non metterò i miei soliti interventi
all’inizio e alla fine, quindi vi saluterò direttamente alla fine di questo. È
già pronto, lo vedrete domani (vi avviso così mi risparmierò anche i miei
soliti avvisi via posta ai lettori affezionati XD). Mi raccomando, non
perdetevelo!
Ed
ora, andiamo a vedere un po’ come Elfman ed Ever risolveranno la nuova
inaspettata situazione in cui sono piombati. Riusciranno a risolvere tutto per
il meglio, specie per la nuova arrivata?
Buona
lettura, commentate! ^__^
PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!
Il
canto degli uccellini al mattino.
Se
hai l’animo poetico e un po’ di tempo libero, puoi ancora godertelo dopo averlo
ascoltato mille volte. Se lo ascolti per la prima volta, ti piacerà
sicuramente.
Quindi Elfman non ci aveva pensato su due volte a chiedere ai medici del
reparto maternità la possibilità di una passeggiatina con la figlia, lì nel
chiostro dove aveva atteso la sua nascita, e questi, vista anche la bella
giornata e l’ottima salute di lei, gliel’avevano accordata.
Ripropose
così quella dolce scenetta che aveva avuto modo di vedere dalla panchina il
giorno prima, solo con un omone ben più grosso e imponente a portare a spasso
il nuovo arrivo!
Preoccupandosi
che il sole non le andasse negli occhi, usando una delle sue enormi mani come
parasole, iniziò a gironzolare e a rilassarsi un po’.
Ne
aveva bisogno dopo tanto penare, e meglio farlo finché poteva!
Ora
che era un papà, avrebbe presto sperimentato le fatiche del papà: dai pannolini
sporchi alle corse nel cuore della notte. Senza contare che lui era esperto di
uomini, non di donne! Non aveva dubbi che da un maschietto avrebbe tirato fuori
un uomo e un mago di prima scelta, ma ce l’avrebbe fatta anche con una
signorina?
Oh,
di quante cose doveva cominciare a preoccuparsi!
Aveva
se non altro ben due sorelle. Però, per quanto la si girasse, sempre zie restavano…
Un papà ha bisogno accanto a sé di un qualcosina di un po’ diverso a dargli una
mano… E anche una bimba ha lo stesso bisogno.
Però
di contare su Evergreen non se ne parlava.
Vederla
prendere tra le braccia il frutto della loro breve ma speciale unione l’aveva
fatto schizzare al settimo cielo, ma sapeva di doverci andare cauto.
Le
persone possono cambiare idea velocemente, ma possono anche non farlo. E in
ogni caso, non è bello se lo fanno perché un armadio a due ante le ha tenute
incollate a un letto con una faccia da cane rabbioso…
Sua
figlia aveva provato le carezze di una mamma, ed era già una cosa importante,
ma non voleva che quel gesto di amore diventasse un impegno per Ever; l’ultimo
cosa che voleva era che poi arrivasse a pentirsi anche di qualcosa di così
stupendo.
Per questo aveva deciso di non farsi illusioni.
Così
aveva lasciato stare Ever da sola per un po’, aspettando fosse lei a farsi viva,
una volta ragionatoci un po’ su; e nel frattempo, si sarebbe goduto il più
possibile la sua piccina!
Vide
che si era addormentata di nuovo: il suo giro era stato così noioso?
O
erano le sue braccione ad essere troppo comode?
Evidentemente,
essendo una signorina, si stava già abituando agli agi e ai privilegi di cui
avrebbe goduto per essere nata nel sesso “debole”.
Sempre
sorridente, tornò verso le colonne, di nuovo all’ombra del portico.
“Umpf!
Già ti ci vedo: la principessina della gilda! Tutti che ti vogliono bene e che
ti viziano! Fai attenzione che poi diventi come la tua mamma!”
Sfiorò
il suo nasino, piccolissimo anche in confronto al suo solo polpastrello!
Sospirò:
“Eh, quanti progetti avevo per te… Ma ora dovrò cambiarli un pochino… Dovrò
prenderti giocattoli da femminucce, vestitini da femminucce, poi vorrai anche
il trucco… Vorrai essere bella, carina, ti piaceranno le cose dolci… Scommetto
che a te di diventare grande e forte come il sottoscritto non interessa per
niente, eh?”
La principessina sbadigliò.
“No,
per niente…”
Con
un cenno diede il buongiorno a un paio di paramedici che passavano di lì e che
gli fecero le congratulazioni con lo sguardo.
“Sai
è giusto, le femmine non devono essere grandi e grosse. Tua zia Mira è una
grande maga ed è piccola piccola in confronto a me. A proposito, sarai una
grande maga anche tu, vero?”
Sbadigliò
di nuovo.
Elfman
si grattò una basetta, perplesso.
“Sto
correndo troppo, eh? Eh eh! Però te lo assicuro: farai strada! Non sarai un
uomo, ma sei figlia di un vero uomo! Sarai un vero uomo con l’intelligenza e il
fascino di una donna! Una super-uomo!”
La
piccola iniziò a fare le bollicine di saliva con la bocca.
“……”
Elfman
si guardò un po’ intorno.
Via
libera!
Tenendola
con una sola mano, pompò i muscoli del braccio destro e a fare versi e grugniti
da duro.
Poi
avvicinò il faccione al suo visino e ci aggiunse pure una brevettata
espressione da duro, e stavolta lei tenne gli occhi aperti, come interessata (o
forse stavolta la perplessa era lei!).
Incoraggiato,
cambiò mano e cominciò a pompare anche l’altro braccio.
Forse
aveva qualche speranza!
Grazie
al cielo, nel girarsi, la sola vista della madre bastò a fermarlo all’istante…
“……”
“……”
La
piccola, finito lo show, pensò bene di rimettersi a dormire.
“Che
stai combinando?” domandò Evergreen, braccia incrociate e piede battente da
rimprovero, al tipo bloccato in posa plastica da culturista!
“Eeeehm…”
Ever
sbuffò e si riassestò gli occhiali: “Non posso lasciarti un attimo solo che
provi a plagiare la piccolina, eh?”
“No! Io volevo solo farle vedere quanto è mitico il suo papà! Così se i papà
degli altri hanno qualcosa da ridire su quanto è bella, sa che può chiamare il
suo e li zittirà tutti!”
Ever inarcò un sopracciglio e implorò basta con una mano prima che dicesse
altre cavolate.
“Dammela.”
“Eccola…”
si arrese lui, arrossendo.
Ever
la prese in braccio e subito iniziò a coccolarsela, dando le spalle
all’imbarazzato paparino: “Umpf! E io che volevo sul serio lasciarti a un tipo
così.”
Si
morse il labbro. Decisamente fuori luogo in effetti: prima correva ad abortire,
poi costringeva Elfman ad inchinarsi pur di farsi convincere a lasciar nascere
sua figlia, e alla fine aveva il fegato di toglierglielo dalle mani così in
malo modo e prenderlo pure in giro, dandogli un’altra volta le spalle per
giunta.
Come
se il pessimo genitore fosse lui e non lei.
Si
rabbuiò. Ora si vergognava di girarsi; di certo l’aveva infastidito e come
dargli torto.
Però,
quando lo fece, scoprì che invece le stava guardando con un ampio sorriso.
Certo,
pensò, cos’altro aveva mai potuto desiderare da prima ancora di diventare padre
che vedere lei, la sua amata, prima così scostante e frivola, specie sul
significato della loro relazione, prendere il braccio il frutto del loro
“amore”, prima tanto disprezzato?
Che
ridicolo bonaccione: poteva toglierli di mano la bimba e sfotterlo tutte le
volte che voleva, anche dopo tutto quello che aveva detto e fatto.
Elfman
si sedette sulla panca di pietra appena dietro di loro e battendo su di essa
con un mano, invitò la madre di sua figlia a sedersi accanto a lui.
La
donna si mostrò un po’ riluttante all’inizio, ancora frastornata
dall’insopportabile pazienza di Elfman nei suoi confronti.
Elfman
intanto continuava a fissarla, anzi, a fissarle. Guardò la bimba e arrossì: con
tutta quella tenerezza materna che stava sprizzando e che gli spiattellava
davanti era diventata un facile bocconcino per lui!
Puntò
i piedi e tirò fuori un’espressione più dura: “Se ti aspetti che io ti dica
“Grazie” per cose tipo avermi aiutata a fare la “scelta giusta” o sdolcinatezze
simili, scordatelo! Nella maniera più assoluta! Non ho mai patito tanto dolore
in vita mia, e non cambio idea al riguardo!”
Elfman
si ritrasse e chinò il capo: “Eh eh… capito… Scusa, Ever!”
“Umpf!”
sbuffò lei.
Poi
si sedette al suo fianco: “In compenso… mi scuso anch’io.”
“Eh?”
Abbassò
gli occhi, provando a tirar fuori un po’ d’umiltà da quella polverosa soffitta
delle qualità dimenticate che ognuno ha.
“A
lei ho già chiesto scusa, a te no. Ti ho trattato male. Ho trattato male una
persona che teneva a me e alla creaturina che avevo dentro.”
“Dai,
ti ho già detto che ti ho servito con piacere tutto questo tempo.”
“Ma
non lo meritavo. L’avrai pensato anche tu, ieri mattina, giusto?”
Elfman si passò una mano dietro il collo.
“Non
ti ho mai chiesto nulla, Ever. Per questo ti ho proposto quel patto.”
“Ora
però è successo quel che è successo e quindi, vorrei mi permettessi di…
insomma, io vorrei… Rompiamo il patto, ok?”
“Eh?!”
Ever,
come timorosa di essere di nuovo afferrata e schiacciata, si discostò un
pochino: “Lo so, lo so, è solo un altro dei miei capricci, però io le voglio
bene, te lo assicuro! Le mie responsabilità voglio prendermele!”
“Davvero?”
“Davvero! Io so che pretendere di punto in bianco di fare la “mamma” è troppo,
però… Che so, qualche volta posso venire da te e aiutarti con tua figlia, o
qualche volta mi permetterai di tenerla un po’ con me, io…”
Balzò
in piedi di botto con le braccia al cielo: “URYAAAAAAAHH!!!”
“?!?!?!?”
“Il patto è rotto allora!” esultò lui risedendosi.
“Uh?”
“Ever,
non ho mai pensato un solo attimo che fosse “mia” figlia. Lei è sempre stata
“nostra”.”
L’aveva
lasciata a bocca aperta.
“E
se ora vuoi essere sua mamma, non devi mica chiedermi il permesso, eh eh eh!”
“……
Umpf! Allora, visto che non ti spiace, credo che lo farò.”
Proprio
un cretino.
Un
adorabile cretino.
E per la prima fu lei e non lui a sentirsi le braccia molli per la sorpresa!
Elfman
lo notò: “Vuoi che la tenga un po’ io?”
Sussultò: “Altri due minuti…”
“Eh
eh, ti ci stai proprio incollando ora, eh?”
“Non prendermi in giro…” ribatté stringendosi nelle spalle.
In
realtà un po’ le faceva piacere essere un po’ “bacchettata”: alleviava un po’
il senso di colpa.
“Mi
lasci almeno sbirciare?”
“Umpf, accomodati!”
E
così si misero lì, zitti, a sbirciare entrambi la loro piccola…
La
loro piccola?
La loro piccola “chi”?
Già,
ora che le veniva in mente…
“Elfman?”
“Uh?”
“Come
si chiama?”
“Boh?”
“EEH?!?!”
Finora
l’aveva chiamata, a voce e nella sua mente, in tutti i modi possibili, cosina,
creaturina, piccola, bimba, figlia… Ma un nome aveva pensato dovesse avercelo
già! Aveva avuto più di sette mesi per pensarci!
Elfman
invece rispose facendo spallucce alla faccia scioccata di Evergreen.
Sollevò
il lembo della sua giacca e frugò nella tasca interna: “Avevo preparato una
lista con dei nomi possibili, riservandomi di scegliere quando sarebbe stato il
momento. Però, tutti i nomi a cui ho pensato, sono nomi maschili.”
“……”
“Beh, sai, pensavo che non essendoci nomi pronti per una eventuale femminuccia
sarebbe di sicuro uscito un maschietto.”
Evergreen
lo guardò con sufficienza: “……”
“Ehm, per scaramanzia insomma…”
Evergreen lo guardò con molto meno che sufficienza: “……”
Elfman
fece una smorfia e poi provò a buttarla sul ridere: “Mi conosci, avrei tanto
desiderato un piccolo me, virile come me e tutto, eh eh eh…”
In
effetti sorrise anche lei al rendersi conto che la cosa non era poi
sorprendente visto il tipo.
“Ah,
Elfman…” alzò gli occhi al cielo.
Che
guaio in effetti… Come fare ora, si chiese il papà, che sapeva che se avesse
provato a proporre qualche nome femminile chissà che orrori sarebbero saltati
fuori.
Ma
per fortuna, c’era qualcuno lì che poteva aggiustare tutto.
“Daglielo
tu.”
Ever
perse un respiro.
“Scegli
tu il suo nome.”
Gli
occhi di Ever si mossero in tutte le direzioni; era imbambolata, come se gli
avesse chiesto chissà quale importante, difficilissimo compito.
“N-no,
io…” –balbettò lei abbassando gli occhi sulla bambina- “Io… Non posso...”
Addirittura
darle il nome…
“Si che puoi…” –disse piano lui carezzandole la spalla- “È tua figlia, no?”
Si
voltò, come triste, e lui le rivolse un altro sorriso e un gesto di
incoraggiamento.
“Avanti!”
“……”
In
effetti non era facile, così su due piedi poi.
Voleva
prendersi tutto il tempo che le sarebbe stato necessario, sicura che Elfman e
il suo bel sorriso tutto per lei avrebbero pazientemente aspettato.
“La
voglio chiamare Molly… Come mia madre.”
“Molly…”
–assaporò sulle proprie labbra il padre- “Mhmmm…”
Si
passò un mano sul mento e poi balzò di nuovo: “Un nome bellissimo! Il nome di
una maga che farà tremare la terra con la sua viril… cioè, la sua femminilità!”
“Ti
piace?”
“Si, mi piace!”
“Allora tu sei Molly!” disse la madre, contenta di sapere come rivolgersi a lei.
La scosse un pochino e lei aprì gli occhi.
“Ehilà,
Molly!” la salutò anche Elfman.
Le
aveva anche permesso di scegliere il nome. Vero che lui non ci sarebbe riuscito
altrettanto bene, ma il nome, per come poteva immaginarsi l’essere un genitore
(ed Elfman in questo le era parecchio avanti), doveva essere qualcosa di
veramente importante. E lui, anziché provare a condividere la scelta,
gliel’aveva ceduta tutta, in modo che capisse una volta per tutte che la figlia
era veramente anche sua, e quindi di entrambi.
<<
Elfman… Sei di sicuro l’idiota più buono che mai incontrerò in vita mia…
Ripensandoci Molly, forse qualcosa da lui dovresti prenderla. >>
Il
tutto la riportava al motivo per cui li aveva raggiunti lì.
Anche
dopo quegli avvenimenti, le sue idee restavano chiare.
Elfman
non le aveva migliorato la vita mettendola incinta. Gliel’aveva cambiata,
questo si; in meglio o in peggio, l’avrebbe sperimentato lei stessa, ma
certamente sarebbe stata diversa da quel momento.
In
quella nuova vita, ci sarebbe stato meno spazio per lei, e molto più spazio per
Molly nei suoi pensieri. Senza contare Elfman.
Doveva
pensare ad entrambi; a cosa avrebbero potuto chiedere ancora da
quell’inaspettato finale, che poteva dare loro.
“Elfman.”
lo chiamò di nuovo.
“Si,
Ever?”
Stavolta
non lo corresse, e decise che non l’avrebbe più fatto.
“Una
volta, tempo fa, dicesti che saresti stato disposto anche a sposarmi se ciò mi
avesse aiutato a superare meglio questa cosa.”
Elfman
era già cascato giù dalla panca a “SPOSARMI”!
Girandosi,
lo beccò che velocemente tornava al suo posto, facendo finta di nulla.
“Eeeeehmmm…”
-prese tempo mentre si tormentava nervosamente i pollici, arrossendo come un
muscoloso peperone- “Si, effetti… dissi più o meno così.
“Quell’offerta…
è ancora valida?”
Il
fischio di fumo fuoriuscitogli dalle orecchi era un chiaro si, ma il virile non
si lasciò trascinare dall’emozione. Era una faccenda seria, da trattare con
virilità!
“Si,
Ever, io ti amo e ti sposerei anche subito.”
“Umpf!”
Si
raffreddò e distese il viso in un’espressione più seria, ma sempre
rassicurante.
“Dipende
da te, da cosa decidi. Tu che cosa vuoi, Ever?”
Che
cosa voleva da loro due, le stava chiedendo.
“……”
Era una risposta alla quale poteva e doveva pensare guardando prima lui, e poi
lei tra le sue braccia.
La
risposta arrivò qualche secondo dopo, accompagnata lungo la via da altre
carezze su quella piccola testa: “Voglio che Molly abbia una famiglia in cui
crescere. Voglio che non abbia da invidiare la felicità di nessuno. Voglio che
abbia una mamma…”
Alzò
gli occhi su di lui e si posarono come carezze nel suo cuore innamorato: “… e
un vero uomo come padre al suo fianco!”
Elfman
si auto-bloccò le labbra con una mano per impedire di disturbare tutti con un
urlo di gioia!
“Però…”
Ecco il però! Elfman si tolse la mano dalla faccia, fece sparire il sorrisone e
si preparò ad ascoltare il resto.
La
donna sospirò e guardò altrove, come si sentisse di nuovo in colpa. Ancora una
volta, c’erano speranze da deludere sul nascere.
“Elfman,
io tengo a te, sono sincera, ti voglio veramente bene, ma… Io non ti amo. O
perlomeno, non nella stessa maniera in cui mi ami tu da un bel pezzo ormai.”
“……”
“Dovevo
essere sincera.”
D’altronde,
non tutto cambia da un giorno all’altro.
“Mi
sposeresti anche così?”
Stavolta
era lui che doveva rifletterci: era stato sul punto di troncare quando Ever gli
aveva parlato chiaramente, in quel troppo tranquillo mattino. Ma la famiglia
che Ever gli stava offrendo per il loro tesoruccio era di certo infinitamente
meglio di quella che poteva offrirgli lui da solo.
E
poi cavolo, l’aveva messa lui per primo, a suo tempo, in ballo l’idea: l’amava.
Rise:
“Ehi! Viste le premesse, è già più che abbastanza per me! Eh eh!”
“… Eh eh eh!”
“Va benissimo,
Ever!”
Nessuno
seppe più cosa dire sul momento, quand’ecco che il vero uomo ricordò qualcosa
che gli toccava assolutamente fare!
Si
alzò in piedi, prese la mano libera di Evergreen e si inginocchiò!
“Ever!
Vuoi tu… vuoi tu… tu… tu… tu…”
“……”
“T-t-t-t-tuuuu…”
Meglio
bloccarlo prima che andasse in iperventilazione!
“Ufff!
Si!”
“UOMOOOOOO!”
esultò lui!
“UEEEEEEEEEHHH!”
pianse Molly, svegliata da quel barbaro!
“OPS!”
“CHE DEFICIENTE!”
Elfman
scattò in piedi e mostrò subito al fagottino il proprio faccione dispiaciuto:
“Ti prego piccola, non piangere! Papà ti chiede scusa!”
“Scusalo, Molly, dopotutto ti tocca, è tuo padre… E non avvicinarti troppo, che
puoi spaventarla, bestia come sei!”
“Tsk!
Attenta che ti si inacidisce il latte!”
“CHI TE L’HA DETTO?!?!”
“Detto cosa?” chiese lui con sincera innocenza vedendo come si copriva
imbarazzata il seno.
“N-n-n-niente!”
ribatté la rossa prendendo a cullare a tutta forza!
“Dai,
non è successo niente, solo la tua mamma e il tuo papà che si sposano!” fece
lui con una vocina buffa, cercando di farla ridere anche con un po’ di
solletichino.
“Sorridi!”
–lo aiutò lei- “Ghirighiri!”
“Cucci-cù!”
“Sembriamo due scemi…” fece notare lei.
“No,
sembriamo due genitori!”
“Eh eh!”
Come
avesse letto l’atmosfera, la bambina si calmò.
I
due si girarono l’uno verso l’altro, come per dirsi << Bel lavoro! >>!
I
loro visi erano anche molto, molto vicini.
Abbastanza
perché partisse qualcosa.
Ci
stava anche bene, avrebbe suggellato il loro nuovo, più felice e più difficile
patto.
Si
baciarono, proprio come quando erano stati insieme. Anzi, proprio uguale no;
qualcosa diverso c’era, e lo sentivano tutti e due.
Non
lo amava ancora, eh?
Forse
per ora era così, ma lui non sarebbe stato un vero uomo se non avesse fatto,
sin da subito, tutto il possibile per farle cambiare idea!
Forse
per ora era così, ma lei di certo non avrebbe pensato male al riguardo!
Posero
un secondo sigillo sulle labbra dell’altro, e l’accordo fu concluso.
Si
alzarono e proseguirono il giretto con la loro bambina, tutti e tre insieme.
Con
loro che proseguono (e iniziano) insieme, si spiega il titolo di questo
capitolo, che risolve il titolo di tutta la fic: un vero uomo e una vera mamma
uguale una vera famiglia.
Ciò
che prima era stato rifiutato, ora viene accettato, con le sue fatiche e le sue
tenere gioie; i due che prima volevano due cose diverse si sacrificano, e
neanche tanto, per volere la stessa cosa.
E
anche se Elfman non ha ancora conquistato il cuore della sua bella, si accontenta
di sapere di non essere mai stato tanto legato a lei prima. Quindi tempo al
tempo…
Come
se la caveranno e quali avventure vivranno sta a voi immaginarvelo! ^__°
Con
questo si chiude questa fic dai toni a volte scemi (come mio solito…) a volte
importanti, in cui ho parlato di aborto e di responsabilità, ma anche di
libertà individuale, e dell’importanza della sincerità, con sé stessi e con gli
altri. E se vogliamo, anche del compromesso che risolve (quasi…) tutto.
Spero
di aver stimolato, oltre che la vostra fantasia, anche le vostre idee! ^__^
Ed
ora, una parte che mi piace, ringraziare!
Grazie a tutti i lettori che hanno letto senza commentare, e un grazie speciale
a quelli che invece hanno sprecato qualche secondo per battere tanti bei
commenti gratificanti per il sottoscritto X3
Grazie
quindi al caro Darkshin, a Black Star, a Kathy Mallory, Ageless Ice, Ayako83 e
GiulyMad94 (se ce ne sono altri che hanno commentato e non sono inseriti non ve
la prendete, è come se ci foste ^_^).
Spero
di risentire qualcuno di questi appassionati nei miei prossimi lavori! ^_^
E date un’occhiata anche alla mia gallery di Deviantart (utente “Tonycocchi”: http://tonycocchi.deviantart.com/
) di tanto in tanto, eh? Sappiate a tal proposito che, se vi state immaginando
il suo aspetto, ho disegnato Molly da grande! Vi ho incuriositi?
Ciao
a tutti da NaruHina91 (EFP), NaruXHina (Manga.it) e Tony Cocchi (soprannome vero)!
PS:
ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!
PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
|
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Capitolo 11 *** Nuovo arrivo: l'ultima chance di Elfman ***
elfever molly
(NDA:
Colonna sonora! http://www.youtube.com/watch?v=xinBkJBwrkU )
“Maschio!
Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”
E
stavolta doveva essere maschio sul serio!
Ever
era già stata chiara al riguardo: ultima possibilità!
Come
sette anni prima, corse tanto forte da sorpassare l’ospedale e da doversi
consumare le suole dei sandali per poter rallentare, far retromarcia ed
entrare.
“Maschio!
Maschio! Maschio!” continuava dentro a sussurrare mentre saltellava felpato,
perché in ospedale non si urla e non si fa rumore (regola che lui aveva già in
passato infranto).
“Maschio!
Maschio! Maschio!”
A
momenti usava più fiato per il suo rituale che per ossigenarsi!
Tuttavia,
deciso com’era, non rischiava di collassare…
“Maschio!
Maschio! Maschio! Ma…”
“Ripeti
con me, Molly: femminuccia, femminuccia, femminuccia!”
“Femminuccia, femminuccia, femminuccia!”
“GACK!”
…
almeno prima di scoprire sua figlia impegnata con la zia Mira in un rituale
teso a neutralizzare il suo!
“Uh,
guarda! C’è papà!” disse Mirajane indicandolo alla piccola.
“Ciao!
Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia!”
Molly
aveva sette anni: capelli castani mossi, come quelli della mamma, lucenti e ben
pettinati, che arrivavano alle spalle; occhiali con dei fiorellini sulla
montatura (non ne aveva bisogno per vedere bene, ma le piaceva somigliare alla
mamma); vestitini sempre belli e puliti addosso, quel giorno un maglioncino
beige e una gonnellina al ginocchio; calze lunghe e bianche; scarpette da ballerina
ai piedi.
Un
vero amore, ma somigliava veramente pochino al papà, giusto per qualche dettaglio
che solo lui e la mamma sapevano notare.
Anche
considerando questo, Elfman sentiva più che lecito sperare che il secondogenito
somigliasse a lui molto di più. Molto, molto, molto di più…
Invece
ad accoglierlo lì aveva trovato tenuta in serbo una coltellata al petto!
Il
suo amorino di figlia con quel diavolo di una sorella che complottavano contro
di lui!
“Che…
Che… Che…”
“La zia Mira mi ha insegnato una formula che forse farà uscire dal pancione di
mamma la mia sorellina!”
“MIRAAAAAA…” pianse lui un torrente e più.
Mira,
imbarazzata dall’essere stata beccata, rispose con un sorriso veloce per poi
farsi da parte!
“Femminuccia!
Femminuccia! Femminuccia!” continuava a ripetere Molly, dondolando la testa a
tempo, come stesse recitando una filastrocca.
Il
padre si de-pietrificò, la prese per le spalle e si inginocchiò per parlarle a
quattrocchi!
“Eh
eh eh, Molly…” –iniziò lui tirandosi su un sorriso largo chilometri e vero un
niente!- “Non ti ricordi quel discorso che abbiamo già fatto? Non si era detto che
<< Uno per uno non fa male a
nessuno >>?”
“Ma
io non voglio un fratellino!” batté i piedini la piccola.
“Ma
io lo voglio invece!” piagnucolò l’omone.
“E
chi se ne importa?
“EEEEEEEEEEHHH?!?!?”
Mira
corse a togliere d’impiccio la nipotina (e ovviamente lo faceva anche per lui,
chiaro…): “Ehm, Elfman, non pensi che dovresti andare da Ever adesso?”
“Oh, giusto! Molly, dopo ne riparliamo, ora devo correre dalla mamma.”
“Posso
venire?”
“No, Molly, tu resta con la zia e fai la brava. E NIENTE TRUCCHETTI SUBDOLI,
OK?”
Mira
e Molly chinarono il capo: “Va bene, scusaci…”
“Fiuuu…”
Non appena Elfman oltrepassò la porta…
“Pronta,
Molly?”
“Pronta zia!”
Le
due si sedettero sulla panchina, chiusero gli occhi, e incrociatele dita
iniziarono a recitare insieme: “Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia bella e
vispa!”
“Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia bella e vispa! Ih ih ih!”
“Maschio!
Maschio! Maschio! Maschio bello ed alto! E VIRILE!”
“Ehm,
signor Elfman?” -lo chiamò l’infermiera che gli camminava di fianco- “Parlava
da solo?”
“Niente…
Scaramanzia…”
“Prego
allora!” fece gentilmente aprendogli la porta…
“AAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRGH!”
L’urlo
che ne uscì mise in piega i capelli a tutti e due!
Da
quando l’ospedale aveva conosciuto i record acustici dell’Evergreen partoriente,
il primario del reparto maternità aveva spinto affinché si insonorizzassero le
sale parto! Se però si apriva la porta tornava tutto udibile!
“URRRGH!
GNNNN! È TUTTA COLPA TUA! TUTTA COLPA TUAAAAAA!”
Elfman
accolse quei rumori straziati con una sensazione di familiarità e nostalgia.
Ah,
quanti ricordi!
Anche
l’ostetrico era lo stesso di quel giorno!
Non
appena lo vide corse a stringergli la mano: “Signor Elfman!”
“Salve!”
“MALEDETTOOOOOOOOOOHHHH!!!”
“…
Beh, signor Elfman, questa volta dovremmo essere entrambi abituati a quello che
ci aspetta, eh?”
Elfman
arrossì, subito prima di essere centrato da una bottiglietta d’acqua alla bocca
dello stomaco!
“BASTARDO! MA COME HO POTUTO DIRTI DI SI?!?!? QUESTA È L’ULTIMA, CAPITO???
L’ULTIMA!!! SE NON ESCE MASCHIO ORA TI ATTACCHI, HAI CAPITO???
GNNNNNNNNNNNN!!!”
Molte
cose erano cambiate dalla prima volta, e quella seconda gravidanza era stata
accolta e vissuta da entrambi con piacere.
Non
che questo avesse avuto effetti sull’intolleranza di Ever al momento del gran
finale!
“Sigh!
La prego dottore, faccia uscire mio figlio il più virile possibile!”
Al
medico scese una goccia dietro la testa: “Ehm, non penso dipenda da me…”
“Ma
come fate a restare così impassibili?!” si chiedeva l’infermiera novizia (che
si era beccata una sfuriata sul braccio e una tirata di capelli!) alle colleghe
più esperte.
“Ci
siamo già passate…” risposero loro, che pure contemplavano piccole escoriazioni
e l’udito ormai alla soglia della sopportazione massima!
“Visto
che da quel che ho capito i rapporti tra voi due sono un tantino migliorati
dall’ultima volta, vuole restare accanto sua moglie?”
“Beh…”
“NON GLI CONVIENE!” ribattè Ever, sollevandosi apposta nonostante il dolore
allucinante per mettere in mostra le zanne! Per quello la forza l’aveva eccome!
Sembrava
più drago lei di Natsu!
“Ehm…”
–rispose il pallidissimo Elfman- “Credo che aspetterò fuori con mia figlia…
Buon lavoro! Mi raccomando tesoro, metticela tutta! Ce la farai! E se puoi,
mentre spingi, ripeti “maschio” più volte che puoi!”
“GRRRRR! OH, VEDRAI SE CE LA FARÒ! ECCOME SE TE LO FACCIO USCIRE! PERCHÉ DOPO
BASTA CHIARO?”
“Chiaro,
chiaro…” balbettò lui uscendo e ricominciando subito la sua cantilena della
virilità!
“AVANTI!”
–urlò al come sempre incolpevole ostetrico- “FACCIA NASCERE QUESTO… GNNNNN! ANCHE
VOIALTRE! ANIMO, SU!”
“……”
Un
parto di Evergreen è un’esperienza unica: che fortuna per loro averne visto un
altro… Fortuna?
Elfman
si sedette accanto a lei, al posto della zia che si allontanò un pochino per
lasciarli parlare in libertà.
“Umpf!”
“Dai, non farmi il broncetto, poi mi rendi triste…”
“Umpf!”
fece di nuovo lei!
Molly
spiò con la coda dell’occhio: suo padre le stava facendo il musone lungo! A
quello non sapeva resistere: era veramente lungo lungo!
“Uffa!”
–si abbacchiò lei- “Io voglio avere una sorellina…”
“Lo
so…”
“Voglio
giocare con lei alle maghe, farci belle con il trucco e provare i vestitini
alle nostre bambole! Non lo voglio un fratellino! Lui sarà brutto, cattivo e
farà tanti dispetti!”
“Ehi, ma non è detto! Chi ti ha insegnato che tutti i maschi sono degli scemi?”
“La mamma.”
“Non
devi prendere in senso letterale tutto quello che dice la mamma, anche lei te
l’ha detto…”
“Femminuccia!
Femminuccia! Femminuccia!”
“MASCHIO! MASCHIO! MASCHIO!”
“Non vale!”
“Si che vale!”
“Voglio
una sorellinaaaaaaaaaaaaaaaa!” gli strillò a mò di banshee dritto sul timpano!
Elfman
sospirò: “Certo, potrà anche essere una sorellina…”
“Siiii!”
“Però così papà sarebbe… un pochino deluso… Se sarà un fratellino potrai
giocarci insieme comunque: i fratelli devono volersi bene indipendentemente che
siano tutti e due uguali o diversi.”
“Però…
I maschetti non sono femminucce!”
“Già,
e meno male! Vorresti stare in un mondo di tutte femminucce?”
“Si!”
disse lei con gli occhi sbrilluccicosi.
“Beh,
io non vorrei stare in un mondo di soli maschi, anche se fossero tutti virili!
Insomma, c’è bisogno anche di voi, che siete così carine!”
Prese
in braccio la figlia e la baciò in fronte, facendola ridere.
“Quindi,
se sarà una sorellina vorrai bene anche a lei?”
“Ovvio! Comunque… è inutile continuare a litigarci su. Quel che sarà sarà, non
lo possiamo cambiare. Quindi io dico che qualunque cosa sia andrà bene per me!
Sei d’accordo?”
Molly
ci pensò su: “Ehm… Forse…”
“Signor
Elfman!” –urlò l’infermiera affacciandosi alla porta- “Congratulazioni, è un
maschio!”
“UOMOOOOOOOOOOOOO!!!”
“NOOOOOOOOOOOOOOO!!!”
“Uno
per uno!” saltellò Mira, contenta ugualmente.
Elfman
iniziò anche saltellare, ma non sul posto, di qua e di là, sui muri e sulle
colonne, e a ridere sguaiatamente, cacciando tutta la lingua di fuori, in
particolare passando davanti la sua sorellona, colpevole di fallito attentato
alla mascolinità del suo secondogenito!
“MASCHIO!
MASCHIO! CE L’HO FATTA! HO UN FIGLIO! MASCHIO! E SARÀ IL Più VIRILE DI TUTTI I
FIGLI DEL MONDO! AH AH AH AH! MASCHIO! MASCHIO! MA… Ma…”
“……”
Molly
aveva gli occhioni enormi che grondavano goccioline.
Il
labbro era tutto tremante.
Stava
per esplodere.
“Oh,
no!”
“UEEEEEEEEEEEEEEEEEHHHH!!!”
Elfman
e Mira si tapparono le orecchie! Mai far piangere Molly: tutta l’irritabilità
del capriccio femminile unite a una potenza vocale di virile esplosività!
“Sniff!
Ueeeeh! Ueeeehh!”
“Dai, calmati, piccolina! Papà ha esagerato un po’! Non voleva prenderti in
giro.” la carezzò la zia.
“Ma io volevo una sorellinaaaaaa! Rimandatelo indietro!”
“Eh eh, temo non si possa fare…” arrancò Mira, in difficoltà evidente.
Elfman,
rabbonitosi, si era inginocchiato anche lui, ma intanto doveva pensare anche al
problema dell’essere sbattuti fuori: con tutte quelle urla, era un miracolo non
li avessero ancora presi a pedate!
Anzi,
lui solo sarebbe stato preso a pedate: l’uomo era lui!
“Dai,
non fare così! Smettila! Sii uomo! Non piangere!” cercò di calmarla
stringendola ai suoi sempre allenati pettorali.
“Ueeeeh!”
“Dai, per favore, sennò papino verrà preso a calcioni e sbattuto fuori…” –con
una mano le batteva dietro la schiena, e con entrambi gli si guardava intorno-
“Su, su…”
“Sniff!
Sniff! E ora chi giocherà alle maghe con me?”
“Potrai
farlo con lui!”
“Non è la stessa cosa!”
Mirajane
annuiva silenziosamente: tra due sorelle (come tra fratelli) il rapporto che si
crea è sempre un po’ speciale, Mira la sapeva, per questo si era schierata con
la piccolina lì durante l’attesa.
Molly,
arrabbiatissima, si passò veloce le mani su tutta la faccia rossa,
asciugandosi.
Poi
si girò da un'altra parte, di nuovo col broncetto.
“Sniff!
Non lo voglio un fratellino! Farà il cattivo!”
“Ma che ne sai, su! Dai, ora ti tiro su io! Andiamo dalla mamma! Così vediamo
un po’ questo omettino appena nato! Che ne dici?”
Tirò su col naso: “No!”
“No?”
“Io
volevo una sorellina tutta carina, non un maschietto stupido che mi prenderà in
giro! Non lo voglio questo fratellino! Non lo voglio nemmeno vedere!”
“……”
Mira
deglutì.
Decisamente
le parole sbagliate!
Elfman
si era irrigidito tutto. Quale sarebbe stata la sua reazione?
Un
po’ preoccupata, lo guardò alzarsi.
Tirò
su un respiro profondo, gonfiandosi come un gigantesco pallone.
Molly,
già meno sfacciata con quell’ombra su di sé che la mangiava tutta, fece un
passetto indietro…
“SIGNORINELLA!
ORA TU VIENI CON ME A SALUTARE IL FRATELLINO! DI CORSA!”
“S-s-sissignore!”
Quando
diceva << Sissignore >>
si vedeva proprio che era figlia del suo servizievole padre!
“Tsk!”
Elfman le porse una manona, e non si mosse fino a quando Molly, incoraggiata
anche da uno sguardo di zia Mira, vi mise dentro la sua, piccolissima al
confronto.
A
grandi passi, l’omone se la tirò dietro.
La
sicurezza era in effetti stata allertata, ma una volta lì, aveva trovato solo
una bambina tenuta per mano da un grosso papà già incazzato che era meglio non
disturbare ulteriormente…
“Eccoci
qui!” esclamò lui, affacciandosi nella sala parto con un sorriso radioso!
Un
cuscino lo raggiunse in piena faccia!
“Anf…
anf… Contento ora, eh?” ridacchiò lei.
“Non potrei esserlo di più!” esultò lanciando il cuscino in aria.
“Umpf!”
Lasciò
la mano di Molly e corse a prendere la mano della moglie, distesa sul letto,
anche quella volta sfiancata.
Si
guardarono profondamente per qualche attimo e poi, da buon cavaliere, Elfman si
chinò affinché, per baciarlo, la donzella già stanca, non dovesse fare alcuno
sforzo.
Molly,
dietro di loro sospirò tenendosi le guanciotte calde: erano così romantici i
suoi quando si baciavano!
“Uh,
guarda chi c’è!” fece Ever notando la figlia oltre la virile montagna che la
nascondeva; questa fece subito sparire lo sguardo luccicante, tornando a fare l’arrabbiata,
riuscitissima parte del suo repertorio.
“Eh
eh eh, lasciami indovinare: si è arrabbiata perché non è arrivata la
sorellina!”
Elfman sospirò: “Precisamente.”
“Mi
spiace, tesorino, stavolta ti è andata male.”
“Sigh!
Perché mamma?” piagnucolò lei.
Le
diede le spalle. Non era una novità: quando si offendeva, e succedeva
(permalosa come la madre!), lo faceva spesso, ma Ever ebbe subito un déjà-vu…
Si
ricordò dei dettagli della porta della sala parto di allora.
Quelli
su cui aveva cercato di concentrarsi pur di non azzardarsi a degnare di
un’occhiata sua figlia.
“Oh,
tesoro… Vieni qui, dai…”
“No! Sigh!”
“Ha
detto che non vuole vedere il fratellino.”
Al
sentirlo Ever scambiò un’occhiata amara col marito. Dovevano aspettarselo del
resto.
“Molly…”
(
http://www.youtube.com/watch?v=9RiRFTLH0y8 )
“Ecco
a voi!”
All’infermiera
novizia era stato dato il compito di portare loro il nuovo arrivo (dopo essersi
fatta assicurare più e più volte che non c’era più pericolo ormai!).
Questa
comunque si sbrigò in fretta: la madre, ammiratolo per prima, lasciò che fosse
il padre a prenderlo per la prima volta in braccio e poi uscì a passo svelto,
lasciando sola la famigliola appena fattasi un po’ più grande.
Per
Elfman significò fare di nuovo i conti coi ricordi e le sensazioni della prima
volta: riavvertì la debolezza nelle braccia e la paura che l’emozione gli
facesse perdere la presa. Ma se anche la presa era debole, la volontà di non
lasciar andare mai più quel tesoro a lungo atteso non avrebbe mai permesso che
accadesse, quel giorno come allora.
“È…
È… È…”
Non
sapeva che dire. L’aveva desiderato tanto ed ora eccolo tra le sue braccia,
senza che potesse salutarlo con qualche suono più articolato.
Aveva
la faccia un po’ cicciotta, gli occhietti piccoli e vispi, e disordinati
capelli bianchi sulla testa.
“Virile?”
suggerì sua moglie.
“Virlissimo!”
sorrise lui con le lacrime agli occhi!
Avvicinò
l’indice. Il bambino era sveglio, a differenza di Molly, che una volta nata era
già una dormigliona, e voleva vedere una cosa.
Lasciò
il dito a portata di manina per qualche secondo e, finalmente, lo afferrò!
“Ah
ah ah! Senti che presa! Si, è proprio un maschio, e che maschio! Pieno
d’energie sin da subito! Sarà un grande mago, il migliore mago, il più virile
mago!”
“Chissà,
magari ti supererà pure!”
Elfman avvertì un brivido lungo la schiena!
Ever
rise e pensò di aver contagiato anche la primogenita, ma niente, restava a
testa basta e col musetto triste, per nulla interessata.
Elfman
ed Ever si guardarono di nuovo e si capirono al volo.
“Molly?”
“Si mamma?” fece lei senza alzare gli occhi.
“Vuoi
prenderlo tu in braccio?”
“… No…” mugugnò, facendosi piccola piccola.
“Ma
come?” –la rimbeccò la madre- “Non sei curiosa?”
“Curiosa?”
“Finora hai sempre giocato solo con bambolotti e pupazzi. Non vuoi provare come
sia prendere in braccio un bimbo vero?”
Molly si girò timidamente. Suo padre si era inginocchiato e con un sorriso le
diceva di prendere quel fagotto di asciugamani, con la piccola sorpresa
nascosta dentro.
Sempre
con timidezza, e un po’ di preoccupazione visto che era un bimbo vero, allungò
le braccia ed Elfman glielo appoggiò su di esse.
Subito
si affacciò sulla finestrella che dava sulla faccina.
“Oooh!” si lasciò subito sfuggire.
In
effetti era tutto diverso. Si muoveva, guardava di qui e di là, buttava le
manine in giro per sperimentare ed esplorare… Era come un bambolotto, ma mille
volte più bello e speciale! Avrebbe mangiato sul serio, e poi avrebbe imparato
a parlare, anziché dire sempre le solite frasi registrate, a camminare come
camminava lei, le sarebbe venuto dietro, avrebbe potuto chiamarlo, parlargli…
Il
giocattolo che qualunque bambina avesse potuto desiderare!
Ma
quale giocattolo?
Era
il suo fratellino!
“Non è un amore?” domandò la mamma.
“È…
carinissimo!”
“Anche se è un maschietto?” la punzecchiò il papà.
“Umpf!”
Il
versetto che Molly faceva sempre quando ammetteva senza ammettere di essersi
sbagliata!
“È
tanto più bello di un bambolotto!”
“D’ora
in poi” –continuò Ever- “tu non sei più una bimba, sei una sorella maggiore.
Devi aver cura di lui, giocarci tutti i giorni, insegnargli un sacco di cose,
crescere insieme a lui.”
“Se
credi che sia una vitaccia, pensa che noi che di lavoro facciamo i genitori
sudiamo molto molto di più! Eh eh eh!” disse Elfman poggiandole una mano in
testa.
“Lo
farai, Molly?”
“Si, mamma! Sarò la sorella maggiore di… Com’è che si chiama?”
Elfman
iniziò ad iperventilare!
La lista!
La
lista dei nomi!
La
tirò fuori!
Era
finalmente giunto il suo momento!
<<
Già… Come se uno qualunque dei tuoi
robustissimi e virilissimi nomi da vero uomo non verrà salutato da Molly con
una pernacchia! O peggio… >> gli disse una voce da dentro.
Il
broncio di Molly era bello che sparito.
Ora cullava tra le braccia il fagottino con una luce negli occhi che mai le
aveva visto.
“……”
Sbuffò e accartocciò il foglio, buttandolo nel cestino dietro le spalle.
“???”
pensò Ever…
Sospirò,
si passò le mani in faccia per trasformarsela di nuovo in una allegra: “Eh eh
eh! Perché non glielo scegli tu il nome?”
“Io?
Davvero? Posso?”
“Elfman, che ti salta in mente? Eri così entusiasta di…”
“Lascia perdere, tesoro…”
“Mhmm… Ti chiamerò…”
Se
lei era una fatina, come compagno di giochi le ci voleva un folletto. Un
simpatico folletto capace di cavarsela in ogni loro avventura. E così, le venne
in mente il personaggio di quella bellissima storia di fate e spiritelli che
una volta sua mamma le aveva letto.
“Pak!”
“Pak?”
(NDA: Molly si riferisce al
personaggio di Puck, pronunciato appunto “Pak”, presente nel “Sogno di una
notte di mezza estate” di Shakespeare)
Aprì
bocca per dire che non somigliava a un nome vero, ma il modo entusiasta in cui
Molly lo stava guardando non ammetteva commenti di sorta!
“Pak,
eh? Mhmm…”
Molly
tirò fuori il suo sguardo più irresistibile pensando sarebbe servito a
convincerlo!
“MI
PIACE! È proprio un nome maschio questo! Pak! Come il colpo che si abbatte sui
nemici! Questo si che è un nome tosto! Complimenti Molly! Hai gusto per i nomi
maschili, non per niente sei figlia…”
“Dell’uomo più virile di tutti!” finì lei, che ben conosceva il finale!
“ESATTO!
AH AH AH!”
Ever sorrise e si abbandonò al cuscino.
Le
aveva lasciato scegliere il nome. Proprio come con lei, anni addietro.
Così,
il “maschietto” indesiderato era diventato il fratellino affidatogli che mai
più avrebbe lasciato.
Elfman
aveva un dono: riuscire a tirare fuori il meglio dalle donne della sua vita.
Era
contentissima di avergli dato un maschietto: uno per uno non fa male a nessuno,
e poi, diciamocelo, se l’era proprio meritato!
Intanto
suo marito premiava Molly con una lunga carezza sui capelli: “Su, ora
restituiamo Pak alla mamma, che vuole tenerlo un po’ anche lei!”
“Va
bene! Tieni, mamma!”
“Ciao Pak…” -gli bisbigliò questa prendendolo tra le braccia la prima volta-
“Non hai idea di quanto hai reso contento il tuo papà oggi, sai? Anche perché,
se fossi stato una femminuccia…”
“Ehi,
le avrei voluto bene lo stesso!”
“Lo so… Ma avresti continuato a desiderare un maschietto, e avresti dovuto
partorirtelo da solo, bello!”
“Io?
Partorire? Ma andiamo!”
Il
più virile degli uomini non poteva sopportare né realizzare qualcosa di tanto
sfiancante e bello quanto la più viziata delle donne in sala parto.
“Sono
solo un uomo.” ammise con l’umiltà dovuta da quelli del suo genere.
Ever
arrossì: “Eh eh eh, eccome se lo sei!”
Lo
baciò di nuovo.
“Aaaah!”
sospirò Molly, che non riusciva a non andare in giuggiole ogni volta vedeva un
bacio!
Il
mini-Elfman intanto, al calduccio del termosifone che era la mamma, continuava
a restare sveglio e a guardarsi intorno: c’era così tanto di bello lì fuori per
lui in quel momento che non valeva proprio la pena di dormire.
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