Un vero uomo, una vera mamma

di TonyCocchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lieto evento? ***
Capitolo 2: *** Ti voglio bene, ma... ***
Capitolo 3: *** Il giorno delle congratulazioni! ***
Capitolo 4: *** La via del vero uomo ***
Capitolo 5: *** Il patto ***
Capitolo 6: *** Sette mesi e qualcosina ***
Capitolo 7: *** Davanti lo specchio ***
Capitolo 8: *** Apri quei bei fottutissimi occhi! ***
Capitolo 9: *** La mamma e i Raijinshuu ***
Capitolo 10: *** Una vera famiglia ***
Capitolo 11: *** Nuovo arrivo: l'ultima chance di Elfman ***



Capitolo 1
*** Lieto evento? ***


elfever 1

Quanto tempo, carissimi lettori!

Altra crisi di ispirazione? Si e no: l’ispirazione c’è, solo che negli ultimi tempi l’ho rivolta al disegno! Se infatti vi fare un giro nel mio account di Deviantart ci trovate un po’ più di novità!

 

http://tonycocchi.deviantart.com/

 

Tuttavia se sono qui è appunto perché ho rimesso mano alla penna (la tastiera…), con una storia che mi ronza in testa da parecchio tempo! L’avevo iniziata a scrivere quest’estate, ma temendo di non riuscire a portarla avanti (è una fic di più capitoli e con argomenti importanti…), ho preferito non rischiare… Ma visto che ultimamente mi è tornata voglia di scrivere, e che sono arrivato a realizzarne tre capitoli, dubito che sia un lavoro destinato a non avere fine!

Spero piuttosto che abbia un bel seguito tra di voi!
Nessuna anticipazione, buona lettura!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Per Elfman, fulgido esempio di mascolinità, parole come “uomo” e “virile” sono pronunciate svariate volte ogni giorno e in ogni occasione, anche la più improbabile.

Quindi furono in molti a non stupirsi troppo quando, non essendo al corrente di ciò che stesse effettivamente succedendo, lo videro correre come un forsennato per le strade della città, scandendo ad ogni passo quella parola.

 

“Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”

 

La voce di Elfman, possente come al solito, giungeva alle orecchie della gente in strada da lontano, facendosi sempre più vicina, per poi avere un culmine uditivo nel brevissimo momento in cui si veniva raggiunti, e infine allontanarsi rapidamente, lasciandosi dietro un spostamento d’aria e un leggero tremore sismico.

 

“Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”

 

La smise solo quando si rese conto che la sua destinazione, l’ospedale di Magnolia, l’aveva superata qualche decina di falcate più indietro.

Frenò, consumando le suole di legno dei sandali, e si precipitò all’interno.

 

L’ospedale di Magnolia, rinomato e accogliente, aveva al suo interno un ampio chiostro rettangolare con tanto di colonnato, giardino, fontana e panchine su cui i degenti e le loro visite potevano riposare.

La sala parto che cercava si trovava ad uno degli angoli di quel posto così suggestivo e rilassante, che lui, troppo preso, neanche notò!

“Maschio! Maschio! Maschio!”

Aveva ricominciato, ma a volume più basso, perché dopotutto quello era un ospedale: vero, desiderava essere esaudito, ma non poteva far mica chiasso, non era da veri uomini!

Le sue sorelle e i suoi amici si accorsero di lui, più che da quella maschia nenia, dal rapido battere dei suoi sandali nella corsa.

Parimenti, lui si accorse di non aver sbagliato strada dalle urla assordanti e dalle rarefatte imprecazioni che giungevano alle orecchie sue e forse di tutto il chiostro, malgrado le pareti spesse e la distanza della sala oltre la porta!

“Maschio… Anf… Anf… Ma… Anf…”

“Elfman, riprendi fiato adesso!” cercò di calmarlo Mirajane venendogli incontro.

“Anf… Non è… niente… Anf… Sono…”

“Tranquillo!” – lo anticipò la sorella minore, Lisanna – “Non ti sei ancora perso niente.”

“YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGH!”

“… Come puoi sentire anche tu!”

Elfman deglutì al pensiero di ciò che l’aspettava, nel futuro, ma anche nell’immediato!

Oltre alle sue sorelle era venuta altra gente dalla gilda, vuoi per curiosità, vuoi per dare supporto.

Erza e il resto del suo gruppo per esempio, che, inizialmente seduti tutti su un’unica panchina in pietra, erano scattati all’impiedi al suo arrivo.

“Ehi, Elfman! Se io sono tutto un fuoco mi immagino te!” lo salutò Natsu a suo modo.

“Aye!” annuì Happy.

Appoggiata ad una colonna del chiostro, un po’ in disparte, c’era Cana, che invano aveva suggerito ai dottori e alle ostetriche di usare un po’ di alcol come anestetico e magari come rallegrante: non ci si improvvisa medici senza adeguata preparazione!

Seduto per terra c’era Reedus, quasi in veste di paparazzo: diverse persone, master incluso, gli avevano chiesto qualche bel ritratto del lieto evento (se fossero venuti tutti avrebbero ingombrato, o, nella peggiore delle ipotesi, demolito…).

Infine c’erano i due amici della “fortunata”... Bixlow e Freed.

“Come sta lei?” domandò il neo-papà, avvertito per passaparola dai suoi compagni di gilda che Evergreen aveva avuto i primi dolori e che Bixlow e Freed avevano dovuto trascinarla di peso fino all’ospedale, venendo fra l’altro bersagliati dai suoi sfoghi, come testimoniavano le tracce di graffi sulle loro facce e quelle di pizzicotti sulle loro braccia!

“Oh, lei sta benissimo!” fece Mira con una faccina rassicurante da 10 e lode…

“PORCA MISERIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGH!”

“…… Eh eh eh!”

Faccina bocciata di gran classe da un urlo che freddò persino Natsu!

“Beh, se non altro prima ci ha fatto sentire di peggio.” - commentò ironica Erza – “Potrebbe almeno fare uno sforzo per contenersi.”

“Ehi!” – la bacchettò Cana – “Nemmeno tu hai mai dovuto partorire, che ne sai di quanto faccia male? Io direi anche di peggio!”

“Lucy, tu lo vuoi fare un bambino?” domandò l’innocente Happy.

“Non è né il momento né il luogo!” lo zittì lei, rossa!

“Beh, in realtà…” iniziò a dire Gray, senza finire.

“UAAAAAAAAARGH! BASTA, CAZZZZOOOOOOOOOO!”

Reedus corse spaventato a cercar riparo dietro una colonna, mentre Erza si chiedeva quanto effettivamente dovesse far male per far dire certe parole a una che voleva essere “Regina delle Fate”!

“Io… voglio andare da lei!” – disse Elfman battendosi il petto con coraggio molto vacillante – “Altrimenti… Altrimenti che uomo sarei?”
Freed gli si avvicinò: “Non per contraddirti, anzi, lo dico per te: ora come ora… non credo proprio sia il momento adatto per farti vedere.” e concluse indicandosi i graffi sulla guancia!

Elfman deglutì: “Però devo! Insomma, è lì per causa mia!”

Lisanna e Mirajane lo afferrarono per le sue braccia muscolose, non per trattenerlo, ma per incoraggiarlo: “Allora vai, oggi sei ancora più uomo di quanto sei di solito!”

Elfman mostrò di essere lusingato fumando dalle narici!

“Vai, Elfman! Solo… fa attenzione…”

“Lo so…” sospirò lui.

Dopo quell’ultimo incoraggiamento di Lisanna, sfilò tra gli amici come fosse un condannato a morte! Il suo avversario non ci sarebbe andato leggero con lui!

Aprì le porte a vento e si ritrovò in un fresco corridoio, nel quale subito un’infermiera le venne incontro: “Lei è il padre per caso?”

Elfman stava per rispondere quando l’urlo straziato e dannatamente incavolato insieme di Evergreen lacerò i timpani a lui e l’infermiera.

“Si, lo sono.” ammise lui la sua colpevolezza alla ragazza che si sturava l’orecchio con un dito!

L’infermiera diede ad Elfman una cuffia, dei guanti e un camice verde da indossare, ma Elfman, in barba alle regole, rifiutò categoricamente la cuffia, non abbastanza virile per i suoi gusti, senza contare che gli avrebbe appiattito i capelli!

L’infermiera, di buon cuore, lo fece entrare lo stesso nella prima porta a destra del corridoio…

 

“S-si rilassi, signorina! Si rilassi, su!” disse l’ostetrico, per la quindicesima volta…

“E COME CAVOLO FACCIOOOOOO?!?!? URRRRGH!”

Evergreen, aspirante Titania di Fairy Tail, rinomata per la sua eleganza e la sua bellezza, giaceva su di un ampio e bianco letto, deturpata dalle doglie che l’avevano tinta di rosso acceso, le avevano reso sudaticci e scombinati i lunghi capelli castano chiaro e non da ultimo le avevano colorito il vocabolario…

“Argh! Aaaaargh! Quanto odio il parto!”

“Oh, signorina, lei non è la prima che arriva a dire certe cose.”

Il tallone di Evergreen, mosso da uno spasmo, o forse dalla malizia della proprietaria, arrivò sul suo naso.

“Solo che le altre non arrivavano a certi livelli! Sigh!”

Era tutto uno strepitare e un dibattersi; sembrava che fosse l’intera stanza e non solo il suo letto a tremare!

Andava avanti così da mezz’ora, e sia lui che le tre infermiere che le davano sostegno erano sgomenti, smarriti e perplessi davanti una tale esasperazione al dolore, che sembrava rasentare la rabbia.

Ed in effetti era così.

Lei odiava quel parto, lo odiava con tutta sé stessa, per motivi che non avrebbe certo spiegato loro.

Un’infermiera, già madre una volta, provò a stringerle la mano, un gesto di pietà e incoraggiamento tutto femminile, ma una collega la dissuase mostrando le unghiate della signorina Evergreen sul suo avambraccio!

“Sigh!” piagnucolò il medico, chiedendosi se non fosse il caso di chiedere rinforzi!

Un’altra infermiera spalancò leggermente la porta della sala parta, facendo capolino: “Dottore, ci sarebbe il padre, lo faccio entrare?”

Cascava a fagiolo, si disse lui: alla vista del suo amato se non altro si sarebbe rassicurata e forse quella furia e quella lagna sarebbero diminuite!

“Oh, bene, fallo entrare! Sentito, signorina? Può star tranquilla, il papà è finalmente arrivato!”

“CHE COSA?!”

Elfman non aveva messo che un solo piede nella stanza che Evergreen si decise a trattenere tra i denti il dolore in modo da tirarsi un po’ su sopra il letto: “DOV’è? DOV’è? QUEL BASTARDO?”

Elfman entrò, col personale sanitario ancora più sgomento!

“TU! MALEDETTO! VIENI QUI! TI SISTEMO IO!”
Afferrò il cuscino e glielo tirò dritto in faccia; e meno male che era il suo “amato”!

Evergreen cercò tentoni qualcos’altro da tirargli, ma a quel punto il dolore delle spinte tornò, e lei, sibilando tra i denti, tornò controvoglia distesa, sui due cuscini posti dietro la schiena per tenerla giusto un po’ più su.

“GNNNN! SIGH! BASTARDO! Se lo sapevo che era così col cavolo che… URGH!”

Si avvicinò al suo capezzale: “Ehm, Evergreen…”

Stava per dire “Tutto a posto?”, ma cominciare in quel modo avrebbe significato la repentina fine della sua vita!

“Evergreen, fatti forza, puoi farcela!”

Evergreen gonfiò la bocca come un pallone, guardandolo tanto storto che Elfman parve sul punto di franare a terra! Due infermiere invece si abbracciarono per la paura!

Elfman si guardò intorno: “Se c’è qualcosa che posso fare…”

“NO! VOGLIO SOLO CHE TU SPARISCA DALLA MIA VISTA! MA PERCHé NESSUNO MI HA DETTO CHE ERA COSì?! FA MALEEEEEEEEE! URGH!”

Afferrò un vassoio vuoto dal comodino e tirandoglielo gli appiattì la faccia! Dovette pure scollarselo e temette che gli si staccassero via i connotati.

“Allora…” – fece lui, abbassando il capo – “Se vuoi essere lasciata in pace, ti lascio in pace… Se però hai bisogno…”
“NON HO BISOGNO! GRRRRRR! ARGH!”

Tornò a trattenersi e poi gli rivolse uno sguardo identico a quello di poco prima: “Non vedo l’ora che questa brutta storia finisca!” disse, facendogli franare addosso, a poco a poco tra i denti stretti, parole pesanti come pietre.

“Beh, ormai ci siamo, no?”

Si voltò per andarsene, con una mano dietro la testa perché temeva volesse tirargli altro.

Il medico gli si avvicinò solidale: “Lei e sua moglie avete… dei problemi?”

“Eh? No, io e lei…”


“LUI NON È MIO MARITO!”

Scandì lei, per poi affondare le unghie affilate nel materasso, quasi a squarciarlo.

 

Il medico ebbe un attimo di pietà quando Elfman ammise con gli occhi che era proprio così. Faceva un certo effetto vedere un omone così grande, grosso e minaccioso così abbacchiato.

“La affido a voi, cioè, li affido a voi, mi raccomando. Io… tornerò dopo…”
“PROVACI E VEDRAI CHE TI COMBINO! ARGH! E CHI LO SAPEVA CHE ERA COSì?”

All’inizio non sapevano se il suo caso fosse particolarmente doloroso o se semplicemente lei non era disposta ad accettare anche solo minimamente quella sofferenza, ma ora sapevano tutti che doveva essere il secondo caso, e osservarono Elfman andar via, chi scuotendo tristemente il capo, chi sospirando di comprensione, in generale, dispiaciuti per lui, e forse per entrambi.

Essere trattati così da chi porta in grembo tuo figlio non doveva essere una bella esperienza.

 

Elfman si tolse guanti e camice, riponendoli sull’appendiabiti appena fuori nel corridoio, e avviandosi di nuovo nel chiosco.

Dopo l’iniziale scoramento, Elfman sembrava aver riacquisito, se non serenità, almeno una certa comprensiva neutralità.

Non gli faceva piacere, ma nemmeno doveva starci male.

D’altro canto, cosa poteva aspettarsi?

L’aveva costretta lui a quel sacrificio, per nove lunghi mesi, e nell’ultimo giorno e nelle ultime ore, le più dure, lei non aveva mancato di rinfacciarglielo nel modo più duro possibile.

Evergreen era sempre Evergreen, orgogliosa fino in fondo.

Appena uscito, le sorelle capirono subito com’era andata dalla sua faccia, e si affrettarono a circondarlo col loro sostegno.
Per la verità, anche gli altri l’avevano capito: l’audio di Evergreen arrivava abbastanza chiaro fin lì!

“Elfman…”
“Tranquilla, sorellina. Suppongo dovesse andare così, umpf!”

Prese anche lui posto su una delle panchine.

“Elfman… Sicuro che va tutto bene?” chiese Mira, le cui preoccupazioni, in un eccesso di ottimismo fattesi sempre più latenti man mano che i nove mesi trascorrevano, tornavano a farsi pesanti.

“Ovvio che va tutto bene!” si impettì lui, tutto bene malgrado la donna madre del suo futuro figlio (si sperava “figlio”…) gli avesse rinfacciato tutto il suo odio neanche due minuti prima!

“Anzi, da oggi andrà anche meglio… Almeno per lei…”

Già, perché per Evergreen tutto finiva oggi, e almeno lui avrebbe smesso di sentirsi dispiaciuto.
“E per te?”

“Io farò del mio meglio… E comunque, so che mi darete una mano…” aggiunse con malcelato sollievo.
“Ovvio!” –fece Lisanna gonfiando il petto al suo posto- “Sarai anche tanto “uomo”, ma se si tratta di bambini un aiutino femminile è decisamente utile.”

Se poi gli davano mano libera chissà come lo riduceva il suo povero nipotino o la sua povera nipotina!

Nel frattempo Natsu bofonchiava, segno che stava per fare ciò che gli riusciva meglio: dar fiato alla bocca!

“Secondo me tutto questo è sbagliato, ecco! Evergreen dovrebbe…”

STONK!

Erza lo cassò con un cazzotto in testa: “Sta zitto! Tu non ci sei dentro, chiaro? Evergreen ha deciso così!”
Ed Elfman, dal canto suo, non aveva mai sperato che dovesse cambiare idea, né tantomeno all’ultimo momento.

Sarebbe stato un padre solo, punto e basta; se Evergreen non aveva intenzione di cambiare vita, inutile costringerla, avrebbe solo fatto altri danni.

L’omone, malgrado la facciata, restava amareggiato: era contento di ciò che stava per succedere, ma se non fosse accaduto nulla, probabilmente avrebbe risparmiato a sé stesso come alla sua, per modo di dire, fidanzata, un bel po’ d’amaro.

“YAAAAAAAAAAARGH!”

“Forse dovrei chiedere a Virgo di portarmi dei tappi per le orecchie…” meditò Lucy.

 

Virgo tornò poco dopo, e chi volle salvaguardare i pochi timpani, poté farlo.

Elfman preferì di no. Chiuse invece gli occhi, preso da una voglia di pensare, e di ricordare…

 

 

 

CIRCA 9 MESI PRIMA…

In quel periodo gli era già capitato.

Svegliarsi per primo, e sentirla strisciare accanto a sé, rannicchiarsi sempre più sotto il lenzuolo per farsi calore, racchiusa come un bocciolo pronto a sbocciare.

Quando succedeva sbadigliava, si sgranchiva quanto serviva e, restando seduto, la aspettava.

Quando lei apriva giusto un po’ gli occhi, le sorrideva come non aveva mai sorriso a nessuna, salutandola con un “Ehi!”

Lei sorrideva a sua volta, quel fugace attimo prima di girarsi dall’altra parte, mormorando un “Ciao.”

Malgrado fosse sbrigativa, a lui bastava… Il più delle volte.

Ma quella mattina non era la prima che capitava diversamente.
Svegliarsi, e sentire di volere di più da lei, da loro due…

“Ever…”
“Sshhh…” fece lei da oltre quelle spalle nude.

“Ok, aspetto un altro po’…”

 

 

 

Eh, si… Guai in paradiso…
Di solito, mi conoscete, le mie fic romantiche sono alquanto rose e fiori, appuntamenti e baci… Ma stavolta sarà diverso! Stavolta si parla dell’amore che porta guai, se la vita davvero, a volte, è tale…

Stavolta sarà lacrime e sangue per la nostra “coppietta”!

I toni di questa fic vi sembreranno a tratti anche troppo seri e adulti per un manga come Fairy Tail (il prossimo capitolo in particolare), diciamo anche che me li sono immaginati tutti un po’ più cresciuti, ma tranquilli, del divertimento ci sarà comunque.

Quindi, come di rito, le “domande invoglianti”!

Come è successo? Cosa è successo tra i due? Che ne sarà di questa gravidanza scomoda?

Se vi interessa, al prossimo capitolo! ^__^

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!


PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 2
*** Ti voglio bene, ma... ***


Elfman x Evergreen 2

Salve a tutti! Allora, sembra che l’incipit sia stato abbastanza stuzzicante, vero?
Vediamo allora di ricostruire pian pianino cosa sta accadendo ai nostri due “non-così-piccioncini” protagonisti!

Spero di procedere abbastanza regolarmente, magari scrivendo capitoli non troppo lunghi: sapete, è periodo d’esami per me, ne ho uno tra pochi giorni, e poi ovviamente ci sarà il Natale! *___*

Temevo appunto di non scrivere nulla nel periodo e non potervi fare gli auguri di buone feste, meno male che la slitta dell’ispirazione è arrivata! XD

Quello che ora leggerete è un capitolo un po’ breve ma che a me piace molto: discorsivo, riflessivo, pacato, e molto “adulto”; del resto l’ho anticipato che, per gli standard di Fairy Tail, questa fic avrà momenti molto seri.

Buona lettura, commentate numerosi! ^__^

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

“Hai preparato la colazione?” chiese sollevandosi un pochino, tenendosi alto il lenzuolo sul petto.
“Ehm, veramente no…”

“Oh, fa nulla.”

Si immerse nuovamente sotto il lenzuolo, recuperò un paio di indumenti, e indossato l’essenziale risbucò fuori, scendendo piano dal letto.

“Te ne vai?”

“Si, tranquillo per la colazione, non disturbarti.”

“……”

Un respiro più lungo nel silenzio della tiepida stanza lo tradì.

“Che ti prende, grand’uomo?” -domandò lei al terme di un lungo e a tratti sensuale mugugno mentre si stiracchiava- “Sei pensieroso?”

“Ever…”
“Non chiamarmi Ever: così mi chiamano solo i miei compagni.”

E lei ci teneva che l’aspetto professionale, i Raijinshuu, restassero separati da quello privato.

“Evergreen… Vorrei parlarti.”
La bloccò mentre stava tirandosi su la zip del vestito. Si girò un attimo e poi alzò gli occhi al cielo, come per nulla entusiasta.

“Accidenti… Sembra qualcosa di noioso.”

Storse il naso, ma del resto sapeva bene che quello era il suo carattere dopotutto.

In effetti, per stare insieme a lei, bisognava dimostrarne di pazienza, e con quella storia Elfman si sentiva migliorato da quel punto di vista. Ormai era arrivato persino a farsela piacere anche mentre si dava quelle sue giuste arie, e da quello capiva di essere cotto sul serio.

“Ehi, dai, non farmi quella faccia. Su, sono qui: di che vuoi parlare?”
“Di noi due.”

Ebbe un colpo di riso che risolse in piccolo un sussulto: “Scusa! Non è che non ti voglia prendere sul serio, lo giuro, è solo che… Non sono proprio la tipa da queste cose.”

Come svegliatosi del tutto alzò la voce: “Evergreen!”

“Si?” rispose lei buttando altra acqua fresca sul fuoco che cercava invano di accendere protendendosi avanti col suo piacente sguardo ammaliatore.

Eccola adesso attenderlo proseguire: le strisce di sole nate dalla tapparella alla finestra passavano come onde sul suo corpo, dandole ancora più curve di quante non avesse già, e quel velarsi e disvelarsi nell’alternanza di luce e penombra la rendeva, se possibile, più affascinante del solito.

Elfman si diede una scossa: non era quello il momento di lasciarsi incantare dalla potenziale donna della sua vita.

“Evergreen, io e te cosa siamo?”

Evergreen sospirò: “Allora Elfman, voglio parlarti chiaro, anche se mi spiace che ci resterai male, credimi.”
“Che vuoi dire?”
“Elfman, ti parlo col cuore: mi sei simpatico, ti voglio bene, quanto se ne può volere a un grosso orsacchiottone stupidone muscoloso, mi piace frequentarti, e non da ultimo… a letto te la cavi proprio bene!”

I pettorali di Elfman guizzarono in fuori dall’orgoglio: “Umpf, da vero uomo, come si addice all’virile sottoscritto!”

<< Come si gasano in fretta gli uomini per certi complimenti… >>

E quello lì in particolare…

Ma di nuovo si bacchettò: non era il momento! Doveva sgonfiarsi e subito, per proseguire quel discorso, e così fece.
“Ehm… Però?” fece lui, anticipando l’ultima parola alle sue labbra.

“Però tu ti stai chiedendo se siamo una << coppia >>, giusto?”

“Beh…”

“E magari se sono innamorata di te.”

“Io lo sono.”

Chiaro e tondo, come solo chi è sincero può essere.

Ma anche così, lei scosse solo il capo, e inforcò gli occhiali: “Elfman, ormai mi conosci bene, e anche chi non mi conosce lo può intuire: sono una classica tipa bella e superficiale.”

“Questo non è molto virile…” bofonchiò stringendosi tra le enormi spalle.
“No.” –annuì lei- “E “virile” è un aggettivo che metti troppo spesso di straforo.”

“Umpf!”

Macché: nel mondo la virilità non è mai abbastanza!

“Forse è proprio per questo che mi stai simpatico: grosso e bruto fuori, bambinone e sensibile dentro, il mio esatto contrario se vogliamo. Ma non farti venire strane idee: io sono per le storie semplici, senza troppi coinvolgimenti, che durano forse poco ma che almeno ti fanno divertire finché durano, senza effetti collaterali.”

“Io invece no…”
“L’ho intuito dal primo momento.”

“E allora perché non mi hai scaricato?”

“Non cercare di farmi cadere in domande trabocchetto: mi piaci, ma non certo fino a quel punto. Non credo di essermi mai innamorata nelle altre storie che ho avuto finora, e non intendo cominciare adesso; a me va bene anche così, uscire la sera, parlare, ridere, e ritrovarsi a fare sesso ogni tanto.”

Certo, detta così era divertente, se non facesse sembrare troppo semplice e da poco qualcosa che doveva prenderti completamente, come aveva sempre pensato Elfman, fortunato ma ingenuo esordiente del mondo dell’amore che proprio con Evergreen aveva trovato, anche lui, il suo modo di vederlo.

“E tu? Tu cosa vorresti? Che fossimo due zuccherini? Scambiarci bacetti davanti a tutti e gridare ai quattro venti quanto meraviglioso e “virile” sia l’amore?”

“Se la metti su questo punto, mi basterebbe che non ti vergognassi di noi due alla gilda.”
“Te l’ho detto, non è che mi vergogno di te: le effusioni davanti gli altri non fanno per me, e poi sai che razza di tonti sono alcuni dei nostri compagni… Si metterebbero a canticchiare ogni volta che ci vedono insieme, lanciare occhiatine, gomitate e idiozie varie… Credimi, non ti piacerebbe…”
“Beh, neanche mi è piaciuto essere scaraventato in quel canale per impedire a i tuoi amici di vederci, ieri sera!”

Sbuffò e si tirò su di fretta la gonna: “Quante volte ti ho già chiesto scusa? E poi, non sempre trovi dei cespugli a portata di mano…” 

Si riferiva a quella volta in cui lo aveva spinto per impedire, in quel caso a Lucy e Levi, di scoprirli a passeggiare insieme nel parco tre sere prima.

Era passato da un attimo da uomo “forzuto” a uomo “fronzuto” nel momento in cui ci si era tirato fuori; così aveva scherzato lei; ma lui non aveva riso molto…

A giorni alterni, e talvolta senza alternanza, Elfman si ritrovava spintonato in qualche posto poco piacevole da un po’ di tempo a questa parte.

Per l’esattezza, proprio dal tempo in cui aveva suggellato il suo maschile e puro interessamento per lei con un primo bacio (votato sei e mezzo dall’esaminatrice…).

Ma in fondo, quello era il male minore di quella relazione, tanto poco chiara e poco concreta ai suoi occhi e al suo cuore da indurlo a costringerla a parlar chiaro quella mattina.

“Evergreen, non voglio che io e te diventiamo due “zuccherini”… Non è virile!”
“Ecco, vedi?”
“Però…”
“Lascia che le cose restino così, caro mio; vedrai, dureranno a lungo!”
Aveva senso farle durare a quel modo? Poteva reggere quella frustrazione in nome di un qualcosa che a quanto pareva lui sentiva sul serio, ma lei niente affatto?

Intanto, aveva finito di rivestirsi: “Ci vediamo più tardi alla gilda allora.”

Gli soffiò un bacino, ma questo non sortì effetto, come l’avesse pietrificato senza neanche usare il suo Stone Eyes.

Poverino, pensò. Ma se non fosse stata sincera fino in fondo, lui avrebbe continuato ad illudersi. Se doveva fargli del male, voleva fargliene il meno possibile: come aveva detto, gli stava veramente simpatico.

“Tutto sta a te Elfman: se mi vuoi così bene, mi capirai e resteremo insieme fin quando ci riuscirai; poi, quando sentirai che proprio non ti va più giù, mi lascerai stare e ti cercherai una tipa che voglia stare con te come lo vuoi tu.”
“Quella tipa… non potresti proprio essere tu?”

“Elfman…”
“Scusa… Lascia stare…”

Con la mano già sulla maniglia della porta, Evergreen si girò di nuovo.
“Innamorato, eh?”
“Si.”
“Innamorato sul serio?”
“Direi…” disse, concedendosi il dubbio di non avere altri raffronti.

Ridacchiò: “Umpf, forse sei il primo.”
Ma come pure questo non avesse che poca importanza, girò il pomello e scomparve.

 

Elfman sospirò.

Aveva avuto la conferma di ciò che temeva: qualcosina c’era, ma volevano due cose diverse.

Simpatico… Non è certo così che si dovrebbe descrivere l’uomo che ti ha stretto tra le braccia, che ti ha pagato tutte le volte la cena da vero gentleman, che è stato sempre disposto a sopportarti quando avevi voglia di lamentarti (rimettendoci talvolta in maschile orgoglio), e che, come dici, a letto apprezzi particolarmente…

Dopo ogni appuntamento tornava a casa tanto contento che le sue sorelle non potevano non capire che si vedesse con qualcuna, pur rispettando il mistero che aveva deciso di tenere su; e per lei, lui era “simpatico”.

Era arrivato dunque il momento di lasciarla?

Ma era stato così contento quando tutto era nato.

E più l’aveva conosciuta, più aveva avuto l’impressione che anche lei, tanto orgogliosa e altera all’inizio, potesse schiudersi, magari rivelarsi per una donna complicata ma buona, bisognosa di un affetto speciale concesso in modo speciale, come è per tutte quelle storie d’amore sui libri e nei racconti, che fanno la gioia di romanticone e romanticoni.

E perché fosse così, aveva solo bisogno di qualcuno, un vero uomo!

 

O non era poi un così grand’uomo come credeva, o forse lo era anche troppo per una che non chiedeva poi molto.

 

Sbuffò. Per uscire da quel brutto inizio di giornata ci voleva un’uscita di scena da vero uomo.

Diede un pugno all’incolpevole comodino, tirò via il lenzuolo, si alzò, e andò a fare una robusta colazione, prima di andare di corsa alla gilda.

 

Malgrado tutto, aveva ancora tanta voglia di rivederla.

 

 

 

Ed eccoci qui.

Come preannunciato, un capitolo breve, rilassante, che ci spiega le premesse per un seguito che non sarà certo così tranquillo!

Elfman ed Evergreen si vogliono bene in due modi diversi ed hanno prospettive di diversa statura: ma il nostro eroe pieno d’amore non sa ancora che il suo desiderio di entrare più a fondo nel cuore e nei pensieri dell’amata sta per essere esaudito nel modo più radicale che esista!

Nei prossimi capitoli, tra scenette all’ospedale e lunghi flashback, ripercorreremo e sveleremo il loro tragitto verso la sala parto; come affronteranno questa involontaria calamità? Restate sintonizzati, e buone feste da NaruXHina! ^___^

 

PS: ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!

 

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 3
*** Il giorno delle congratulazioni! ***


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Ciao a tutti! L’esame è alle porte, quindi questo sarà il mio ultimo aggiornamento prima di venerdì: dopo, se tutto va bene, dovrei riuscire a postare uno o due capitoli prima di Natale! Non perdetevi, perché come sa chi da tempo segue le mie storie, adoro farvi gli auguri di buone feste, ci tengo! ^__^
Questa storia ha già preso molti lettori: forse per la serietà delle sue situazioni, forse per la voglia di osservare le reazioni dei personaggi, e, a questo proposito, questo capitolo vi accontenterà di sicuro!

In ogni caso, adesso si torna su toni un po’ più scherzosi, da Fairy Tail insomma!

Buona lettura, e buone feste!

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Il sole splendeva sopra l’ombreggiato chiostro dell’ospedale, gli uccellini cinguettavano e le urla straziate della pretendente al titolo di “Regina delle Fate” guidavano un altro prode mago di Fairy Tail verso la sala parto dove il lieto evento dell’anno per la gilda stava per verificarsi.

“Eccomi.”

Freed scattò subito sull’attenti: “Laxus!”

“Sei arrivato.” lo salutò Bixlow, coi suoi “bambini” a fargli il verso come al solito.

Il possente “Dio del Tuono” si tolse la pesante giacca e la ripose sulla panchina che un attimo prima occupavano i suoi Raijinshuu: “Come sta andando?”

“Se ascolti puoi capirlo da te.”

“Beh, puoi capirlo anche senza sforzarti troppo ad ascoltare in realtà!” ridacchiò Bixlow, e il suo riso gli venne ricacciato in gola dall’ennesima scenata di Evergreen.

“MA CI VUOI METTERE NOVE MESI PURE AD USCIREEEEEEE?!?!?!?”

Meno male che aveva gli auricolari, pensò Laxus, che però lasciava intravedere più divertimento che pietà per l’amica in quella situazione, che comunque di comico aveva.

Laxus passò poi a salutare sbrigativamente gli altri con cenni e monosillabi, indugiando solo un altro po’ dal padre, seduto tra le due sorelle, per dargli una pacca sulla spalla.

“Auguri e figli maschi.”

Elfman gradì moltissimo, il “figli maschi” in particolare!

Tornò poi in disparte insieme agli altri due compagni di team: “Allora, e così alla fine Evergreen ce l’ha fatta, eh?” disse, alludendo al gran finale dei suoi tormenti.

“Così sembra.”

Laxus guardò un attimo la porta della sala parto e poi rise, forse senza nemmeno troppo ritegno: “Evergreen che diventa mamma! L’ho detto un sacco di volte in questi ultimi tempi, ma è proprio così: impossibile vedercela!”

Freed lo corresse: “Beh, tecnicamente partorirà soltanto, non diventerà esattamente una mamma, lo conosci l’accordo…”
“Si, si…” annuì il biondo incrociando le braccia e guardandosi un po’ attorno.

Elfman girò il capo altrove, fingendo indifferenza, ma in realtà perché allergico a quel genere di discorsi.

Meglio così, pensò senza dire il biondo, per non far arrabbiare nessuno: non gli sarebbe andato giù di perdere un membro dei suoi Raijinshuu, il team più potente di Fairy Tail, e vedere la sua fidata Evergreen perdere le sue giornate dietro pannolini e biberon.

Chi avrebbe mai voluto vedere una Evergreen così?

Tutti e tre la pensavano allo stesso modo; salvo un po’ Bixlow, che, si sapeva, aveva una predilezione per i “piccoli” e forse avrebbe pagato per vedere la sua amica trasformata da regina a casalinga, anche solo per un giorno.

Ma lei non avrebbe sopportato un giorno, figurarsi il resto della vita.

“Vi ricordate il giorno in cui ha scoperto di essere incinta?” chiese proprio il mago dalla linguaccia facile, per allungare un altro po’ il discorso.

Laxus si strinse nelle spalle al rievocarlo: “Oh, certo… E chi se lo scorda…”

Cana, che li osservava, rise di nascosto.

Fu davvero uno dei giorni più incasinati lì alla gilda!

 

 

Successe tutto di botto, in un giorno che sembrava avido di novità.

Sarà che a Fairy Tail, piccolo caos in perenne movimento, le novità piccole riguardano pochi e tra essi si sussurrano, o, come nel caso dell’arrivo di un nuovo membro, hanno bisogno di un po’ di tempo per essere ascoltate.

Solo le novità più grosse si sentono esplodere, e il loro frastuono stura le orecchie di tutta la gilda, che sa che ne uscirà inevitabilmente cambiata, un pochino, o radicalmente.

Quel giorno infatti anche Warren aveva deciso di farsi crescere un pizzetto come quello di Max dopo aver notato il maggiore successo con le ragazze del biondo, ma fu appunto una di quelle novità a cui nessuno fece caso.

Per l’appunto, nessuno quel giorno interpretò come una novità il fatto che Evergreen fosse con la faccia sul bancone, appoggiata e sofferente, anche se non era quello il suo solito modo di essere.

Solo Mirajane, fata protettrice del bancone e delle bevande, poté farci più caso degli altri: “Hai una brutta cera oggi.”
“Uuuuhhh… Si vede, eh? Ho un po’ di nausea… Anzi, ho la nausea, senza un po’.”

“Sbaglio o stavi male anche l’altro ieri?” fece Freed, seduto un po’ più in là con Bixlow, sentendo per caso quel discorso.

“Uff, si… Questo è già il terzo giorno che mi sento così. Bleaahh…” disse lei, facendo una linguaccia in stile Bixlow.

“Vuoi che ti porti qualche medicina?” chiese subito Mira.

“Ma si, proviamoci di nuovo: ne ho già presa una e non mi ha fatto niente.”

Sperava di riprendersi in fretta: non aveva niente di bello e “fatato” appoggiarsi a un bancone rischiando di vomitare da un momento all’altro.

“Aspetta, vado subito a…”
“Urgh!”

Mira, guardandola, si rese conto che il subito non sarebbe stato abbastanza.

“Scu-scu-scusate!”

Si tappò la bocca con la mano e corse al bagno più vicino.

“BLEARGH!”

“Uh, sta proprio male…” disse Cana al termine di una sorsata.

“Cana, tutto quell’alcol farà male anche al tuo pancino prima o poi.” la redarguì Mira, ma l’altra si tappò le orecchie.

“Umpf, il mio “pancino” è allenato a peggio.”

E per dimostrarlo posò la bottiglia e si attaccò a una botticella.

Si sentì uno sciacquone e Evergreen tornò da loro, appoggiata allo stipite e coi capelli sfatti: “Ditemi che non si è sentito fin qui…”

“Beh…”

L’aspirante Titania emise un lamento di stizza ed esorcizzò il suo malessere in un espressione imbufalita, con la quale, sbattendo i tacchi tornò a sedersi al bancone: “Bah! Come non bastassero i ritardi!”

Dannato ciclo irregolare!

“Forse hai mangiato qualcosa di guasto?” chiese delicatamente Mira mentre versava una medicina in polvere in un bicchiere d’acqua approntato in un lampo.

“Ma che ne so!”

“Forse hai mangiato qualcosa a cui sei allergica senza saperlo.” suggerì Freed.

“Forse… Ehm… Ci pensò un po’…” fece Bixlow, tentando di improvvisarsi medico a sua volta.

“Forse il mio “pancino” ha semplicemente deciso di farmi uno scherzetto idiota!” borbottò Evergreen che, dopo essersi aggiustata i capelli e aver controllato il ritorno al solito splendore in uno specchietto, puntò al bicchiere col suo medicinale.

“Forse sei incinta, ah ah ah!” sghignazzò Cana.

 

La dita di Evergreen ebbero un sussulto facendo tintinnare il bicchiere e rovesciando un po’ di gocce.

 

“……”

“……” Cana smise di sghignazzare…

“……”

Mira aveva gli occhi spalancati e la bocca impastata: “… Evergreen?”

Bixlow e Freed si guardarono tra loro, impauriti!

In effetti, se si guardava la cosa da un punto di vista matematico, era facile come risolvere un’addizione…

Nausea più ritardo nel ciclo uguale…

<< Incinta? I-Incinta?! Io?! Incinta io?! Ma… Ma come… Come… Come?! >>

Lo shock le aveva fatto dimenticare anche i più elementari fatti della vita, che del resto avrebbe dovuto ricordare anche quella sera in un cui non era stata del tutto sicura che quello fosse un giorno sicuro, prima di darci dentro…

“Ehm… Dicevo per scherzare…” –tentennò Cana, improvvisamente imbarazzatissima- “Non sarai mica davvero…”

Un suono di saluti li fece girare tutti, incinta per prima, verso la porta.

“Ehilà, Elfman!”

“Osu!”

“Sempre un duro come al solito, eh?”
“Puoi scommetterci!”

“T-t-t-tu…”

Elfman, appena arrivato batteva pugno contro pugno con Gray; Evergreen, ancora scombussolata aveva anche lei voglia di battere i pugni…
“TUUUUUUUUUUUUUUU!!!!”
“?!?!?!?”


STOMP! SDENG! STONK! CRASH!

 

“Uh, cavolo! Ma allora è vero! Mira, Evergreen è…”
Mira era in catalessi, ma una catalessi da beatitudine: con le mani giunte e gli occhioni sbrilluccicanti: “Il mio fratellone è cresciuto tanto senza che me ne accorgessi!”

Cana storse la bocca: non era esattamente quella la reazione che si sarebbe aspettata, specie con il suo fratellone che veniva pestato a sangue da Evergreen qualche metro più in là.

“Ah!” –sospirò l’albina- “Allora era proprio Evergreen la sua ragazza misteriosa!”

“Anche questa poi… Elfman e Evergreen! Ma voi ne sapevate qualcosa?!” chiese Cana, che ormai aveva dimenticato la sua botticella, a Freed e Bixlow, ma anche loro, molto più vicini a lei, scrollarono le spalle e aprirono le braccia, increduli.

Non tanto che Evergreen fosse arrivata a quel punto con qualcuno, ma con Elfman! E finire in dolce attesa di lui per giunta!

“BRUTTO… MALEDETTO… POMPATO… SE NON FOSSI UNA SIGNORINA TI DIREI DI PEGGIO!”

Ad ogni parola Ever, che lo teneva per i lembi della giacca sedutagli sopra, lo tirava su e lo risbatteva giù sul pavimento!

Ormai, anche chi non aveva seguito la storia dall’inizio non aveva trovato di più interessante quel giorno che fissare verso quella scena di violenza gratuita: tutta la gilda aveva gli occhi puntati su di loro!

Lisanna preoccupata corse dalla sorella: “Mira, che sta succedendo?! Bisogna fare qualcosa!”
“Hai ragione! Evergreen, smettila! Non stressarti! Pensa al bambino!
“Al che?!” esclamò Lisanna.
“AL CHEEEEEEE?!?!?!?” urlò il resto della gilda.

Solo allora Evergreen si fermò, e si vide al centro dell’attenzione… E come non bastasse, tutti ora sapevano, e soprattutto, lo sapeva lei!

“SIIIIGH!”

L’unico che non sapeva era proprio Elfman, che aveva perso i sensi con la testa penzoloni sul collo e la faccia piena di lividi, prima ancora di accorgersene…

 

“I-io?”

“L’avrà capita? Forse è ancora intontito per le botte.” si chiese Gray vedendo la sua aria confusa.
“Ehi, è una notizia grossa come una casa, diamogli il tempo di mandarla giù.” disse Droy che gli teneva una borsa col ghiaccio sui bernoccoli.

“Io… papà...”

Mentre gli uomini stavano per lo più riuniti intorno ad Elfman, messo su una sedia a riprendersi, le ragazze, sapendolo in buone mani erano andate ad affollarsi intorno ad Evergreen, anche lei su uno sgabello, ma che sembrava piuttosto quello del banco degli interrogatori.

“Stai con Elfman?”

“E da quando?”

“Uh uh uh, chi l’avrebbe detto?” Bisca si lisciò la tesa del cappello.
“Beh, dopotutto lui è così… “uomo”, ih ih!” scherzò Cana.

Evergreen si limitava a restare zitta con le braccia incrociate: “Umpf!”

“Ih ih ih, lo sospettavo, sospettavo che fossi tu! Da quando a Tenrou mi diceste che vi sareste sposati per battermi ho sempre pensato che sareste stati una bellissima coppia!”
“E da che diavolo l’avresti pensato?” chiese l’occhialuta.
“Eravate così affiatati…” gongolò l’altra.
In effetti lo erano stati davvero in quel frangente, e il suo interessamento per il muscoloso fratellino di Mira le era di sicuro nato quel giorno.

“……”

Levi batté le mani: “Wow, una storia d’amore segreta nella gilda!”
Anche Lucy era eccitatissima come tutte: “Ed ora Evergreen aspetta addirittura un bambino!”

A quella parola la “fortunata” prese ad iperventilare e una sorta di reazione allergica contemporanea le provocò un prurito che voleva placare sulla pelle di quelle due; a risparmiare Lucy e Levi dalle sue unghiate fu il malconcio Elfman che, tenendosi ancora la borsa del ghiaccio dove serviva, si avvicinò tutto trafelato: “Evergreen… D-davvero… Davvero io diventerò un papà?!”

“Beh, niente ciclo, nausea… frequentazione molto intima…” partì Cana con l’occhiolino, mentre Charle partì a tappare le orecchie a Wendy.

Ad Elfman la testa prese a girare di più: “I-io… Io… Io… Io… UOMO!”
“Credo che mio fratello stia cercando di esprimere la propria incredulità e contentezza!” -sorrise la sorella maggiore- “E sono contentissima anch’io! Che gioia! Lisanna, significa che saremo zie!”
“Io zia?!” –tanto bastò affinché anche lei, prima sorpresa poi giustamente scettica, si lasciasse contagiare dalle più rosee visioni!”

“Wow, Natsu, è come quando io e te abbiamo fatto il papà e la mamma per Happy! Solo che sarò zia per davvero, cioè, zia nel senso stretto! Sarò zia, Happy!”

“Uhi! Lisanna, lasciami le guance!” implorò il gattino mentre gli venivano amorevolmente tirate.

Non riuscendo a contenersi, la sorella minore afferrò allora le mani ad Evergreen e, non avendo capito per nulla la situazione, pronunciò delle parola sbagliatissime…

“Congratulazioni, cognata!”

“CO-CO-CO…”
“Cognata?”
“COOOOOOOOOOSA?!?!?!??”

Nel suo balzare in piedi buttò all’aria Lisanna, un paio di sedie, fece inciampare Bisca addosso a Juvia, Macao addosso a Wakaba e Wendy sopra la povera Charle che restò schiacciata, mentre Cana si procurò uno strappo nel tuffo atletico in cui si era gettata per salvare il suo boccale dal rovesciarsi!

“Anf… anf… anf…”
“Evergreen, forse dovresti calmarti…” disse Freed da amico, ma rischiando di dover continuare a parlare da cenere per il modo in cui lo guardò dopo!

“I-intendevo in generale, n-non per il bambino…”

“Ehi, nessuno ha fatto le congratulazioni al nostro Elfman però!” fece Natsu mollando all’omone una gomitata.

“Bella mossa, amico!”

“Così si fa!” lo incoraggiò Wakaba levato alta la pipa.

“D-davvero?”
“Si, non pensavo potessi fare una cosa del genere! Sei davvero un uomo ora!”

“MUAHAHA!” -rise il neo-papà, che i complimenti degli altri uomini avevano risvegliato dalla catalessi- “Certo che sono uomo! Uomo più che mai, vero?”

STONK!

“MA QUALE UOMO!” –gridò colei, inutile da specificare, che gli aveva tirato la borsa del ghiaccio sul naso- “MA QUALE COGNATA! MA QUALE CONGRATULAZIONI! VOI NON AVETE CAPITO ASSOLUTAMENTE NULLA! QUESTA NON È  UNA COSA DI CUI ESSERE CONTENTI! È UNA CATASTROFE! È UNA TRAGEDIA! È… È… È… È TUTTO SBAGLIATOOOOOOOOOOO!” gridò con tutto il suo fiato, mischiandosi i capelli come per fossero un insalata da condire!

Alla fine era ridotta uno straccio, senza fiato e tutta scompigliata: “Anf… Anf…”
“Sono d’accordo!”

“?!?!”

Finalmente si faceva sentire una voce fino a quel momento rimasta silente: nientemeno che la sua acerrima rivale, Erza Scarlet!

Questa, con aria marziale, uscì finalmente dalle ultime file intenzionata a dire finalmente la sua!

“Erza…”
“Evergreen ha ragione! Questa gravidanza può sembrare una cosa buona, ma è chiaramente un enorme problema!”

“……”
<< Erza… Significa che almeno tu hai capito come stanno le cose e ti stai schierando in mia difesa? Non mi aspettavo che fossi proprio tu a darmi una mano contro questo branco di idioti! Grazie, e dire che ancora non ti sopporto perché continuano a chiamare te Titania e non me, grazie davvero! >>
“Che vuoi dire?” chiesero.

“Che Elfman ha enormemente mancato di rispetto ad Evergreen concependo con lei in questo modo…”
“Parole sante!”
“… fuori dal matrimonio!”

“……… Eh?”

La rossa puntò il dito d’accusa e a petto in fuori gridò: “Elfman, non puoi tirarti indietro! Se come dici sei davvero un uomo, devi assumerti le tue responsabilità!”
<< MA ALLORA SEI UNA CRETINA ANCHE TU! DANNATA ERZA, TI STRAODIO!!! >>

“Le… Le mie responsabilità?”

“Esatto, le tue responsabilità di uomo! Sai cosa fare, no?”

Elfman restò imbambolato per un po’, ma subito dopo gli fumarono le narici!
“UAAAAAAAAHH! CERTO CHE LO SO!”
“Wow, sta partendo in quarta!” fece Happy.

A grandi passi e senza badare a spintoni, il grande e grosso Elfman si presentò dinanzi la sua donna e si inginocchiò!

“Evergreen… Vuoi diventare… diventare… diventare…”
“Non emozionarti, dai!” fece Lisanna, ma la sua pacca sulla spalla gli fece inavvertitamente ripartire la lingua.
“UOMO!”

“……”

“Natsu, è così che funziona? Evergreen deve diventare uomo per avere il bambino di Elfman?”
“Non lo so Happy, non ci sto capendo molto…”
“Credo che mio fratello stia cercando di chiedere la tua mano!” corresse Mira di nuovo in quattro e quattro.

“S-si! Quello!” –tossì Elfman, rosso per la figuraccia- “Evergreen, vuoi sposarmi?”

“!!!”

Levi e Lucy sospirarono, spalla contro spalla: “Aaahhh, che romantico!”

Erza annuì compiaciuta: “Umpf, bravo!”

“……”

“NEMMENO PER IDEA!”


Con un urlo di dolore, Elfman volò via col cuore in frantumi e pietrificato fin fuori la gilda, facendo battere alla Raijinshuu tutti i record del “Lancio dell’Elfman” segnati duranti le varie risse degli ultimi anni!

“Questo non è romantico come mi aspettavo…” esclamò Lucy delusa!
Erza era inorridita: “Questo non è il finale che ci doveva essere! Questo è ancora più increscioso!”

“Io non ho intenzione di sposarmi a quel cerebroleso solo perché mi ha messa incinta!”
“M-ma come no?!” tremò Erza, ritenendolo inconcepibile.

“Volete lasciarmi in pa…”

Attirato dall’Elfman volato oltre la porta, Laxus si era precipitato dentro in tempo per sentire le ultime frasi!

“……”
“…… La… Laxus…”
“AHAHAHAHAH! TU?! INCINTA?! MA DAI!”

<< NOOOOOO! NON ANCHE LUI! >>

Tirò la sacca a tracolla via su un tavolo e si avvicinò: “Ma cosa mi fai sentire!”

“Laxus, ti prego, taci!” piagnucolò Ever, nascondendosi la faccia.
“Complimenti Elfman, ci vuole un bel coraggio! Ehi, Ever, è uno scherzo, non è vero? Dai!”

“Grrrrr! Taci!” 

“Non sarà mica vero davvero? Ah ah!”

Il biondo continuava a sorridere sprezzante, trovando la cosa fin troppo divertente lì per lì per pensare al vero stato d’animo della sua Raijinshuu, che se prima di allora non aveva mai osato perdere le staffe con lui, ora ci stava seriamente pensando…

“Che c’è, ti vergogni? Non dovresti, diventare genitore non è una delle esperienze più belle? Così dicono!” le disse da dietro un orecchio visto che continuava a dargli le spalle.
“Laxus, ti sconsiglio di continuare: Evergreen sembra particolarmente irascibile al riguardo.” lo mise in guardia Cana provando a tirargli la camicia.

“Umpf, d’accordo la pianto… Beh, almeno fatemi finire di fare gli auguri! Spero che sarete felici tutti e tre insieme, ah ah ah… AAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”

“Umpf, ti avevo avvertito!”

Alla fine era successo!

La ribellione!”

“F-FREED! EVERGREEN HA ATTACCATO LAXUS!” sbiancò Bixlow sotto il cappuccio!

“ORRORE DEGLI ORRORI!” gridò lui, a cui gli si erano accapponate le ciocche a fulmine che aveva in testa

Laxus stringeva i denti e si copriva la faccia: “WAAAAARGH! DANNATA! GLI OCCHI… CHE COSA MI HAI SPRUZZATO?!”

“Profumo.” rispose lei con nonchalance, rimettendosi la boccetta in tasca.

“GRRRR! BRUCIA! EVER, MALEDETTA, NON LA PASSERAI LISCIA!”

“Ah ah ah!” rideva la gran bevitrice dei suoi occhi arrossati e piangenti.
“Sta zitta, Cana!”

Quelle minacce però non la toccavano: anche affrontare Laxus, il suo, tra virgolette, capo, non la turbava più di questo intruso che minacciava colpi ben peggiori di un po’ di nausea per la sua vita!

“Ecco fatto, sono arrivata anche a questo! C’è qualcun altro che lo deve sapere?!”

“Beh, il master Makarov, ma è fuori al momento…”
“SIGH!”
Elfman intanto si era ripreso: “Ever…”

“Stammi lontano tu!”

“Ehi, ehi, stiamo calmi, ok?” –intervenne Macao per fare da paciere- “Stiamo facendo fin troppo chiasso: non siamo neppure sicuri che Evergreen sia incinta davvero.”

“Ma la nausea, il ritardo…”
“Un ritardo può capitare! L’unica è andare da un dottore e tagliare la testa al toro.”
“Io taglierei la testa di qualcun altro… Però mi ridai speranza! Andiamoci subito!”
“Vengo con te!” le corse dietro Elfman.

“Mira, Lisanna, andate anche voi che siete le zi… le sorelle…” si corresse all’ultimo Macao, temendo di finire i suoi giorni come statua decorativa in un parco pubblico!

Lucy sospirò e si risedette: “Ha ragione Macao, siamo partiti in quinta, giusto Erza?”
“N-n-non ha detto si! Non l’ha detto! N-n-non ci si comporta in questo modo! Ma… Ma dico io! Dove… Dove andremo a finire!”

“……”
Era ancora sotto shock!

Gray però non era ottimista quanto la biondina: “Non appena gli diranno che il bambino c’è, Evergreen stramazzerà a terra.”

Freed si mostrò d’accordo. “O forse stramazzerà Elfman.”

 

“Congratulazioni!”
STOMP!
STOMP!

Erano stramazzati a terra tutti e due…

Oltre all’allibito ginecologo, erano rimaste viventi nella stanza solo le, a questo punto accertate, ziette.

“Che carini! Sono svenuti all’unisono! Saranno una coppia meravigliosa, vero sorellina?”
“Ehm, se lo dici tu…”

 

 

Sembra che il mio proposito di serietà sia un tantinello sfumato con questo capitolo!

Del resto lo sapete: io sono per la commistione, più generi, più toni, abbracciare tutto! ^__^

La scoperta è sempre uno dei momenti più devastanti: la povera Erza non credeva che qualcuna potesse davvero rifiutare una proposta di matrimonio in pubblico! XD

Ah, e ricordiamoci anche dei poveri Elfman ed Evergreen, certo… U__U

Qui avete riso, ma nel prossimo capitolo sorriderete tutt’al più: credete forse che Evergreen abbia accettato a capo chino di incamminarsi verso la sala parto? L’affascinante fata è pronta a combattere senza pietà, anche contro un qualcosa di così piccolo…

C’è un orgoglio grande come una casa da sconfiggere: ce la farà Elfman?

Al prossimo capitolo!

PS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 4
*** La via del vero uomo ***


elfever1

Di nuovo “Ehilà a tutti!”, cari lettori! ^__^

Scusate il ritardo per questo capitolo, dovevo concentrarmi per il mio esame di biochimica… CHE HO SUPERATO! YAHOOOOO!
Ora sono libero dallo studiare fino a Natale! Questa libertà potrebbe tradursi in aggiornamenti più rapidi della fic, chissà!

Questo capitolo è stato scritto prima della libertà in effetti, e dopo la correzione, eccolo pronto a farsi godere da voi! Come detto ci sarà da ridere di meno e da riflettere di più: è il momento di un faccia a faccia diretto tra i due futuri genitori!

Buona lettura, commentate!

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Elfman non aveva mai pensato tanto ai bambini, quindi non ne aveva una precisa opinione al riguardo.

Era ancora giovane… Quelli della sua età di solito iniziano a pensarci solo quando gliene piove uno dal cielo a complicargli la vita.

A meno di non avere una qualche particolare vocazione alla paternità, è difficile che quelli come lui vadano a cercarsela volontariamente; è già difficile trovare qualcuna disposta allo stesso con cui “darsi da fare”…

Quando si è giovani, le complicazioni non piacciono, e non si ha neppure lo spirito per sopportarle.

Così, quando aveva afferrato l’idea di cosa gli stava capitando, si era ritrovato a riflettere sui sentito dire.

I figli sono un dono del cielo.

I figli sono le più grandi gioie della vita.

I figli sono il tuo essere che prosegue nel mondo avanti a te.
E simili belle frasi, che parlavano di, e forse ingigantivano, un unico lato della medaglia.

Chi gli assicurava che fosse così? I figli sono davvero questa grande benedizione?

Gli bastava vedere Evergreen per tornare coi piedi per terra.

I figli sono un terremoto, una fatica continua, una responsabilità enorme…

 

Per farla semplice, roba da uomini.

 

Si, ecco cos’era ciò che stava per arrivare oltre quella porta, nella sala parto: la sua responsabilità da uomo, come aveva detto Erza.

Il banco di prova della sua tanto decantata “mascolinità”: uomini più grandi di lui erano fuggiti, e uomini ben più piccoli avevano avuto la forza di accettare ciò che sarebbe capitato loro, e se non era quella la virilità all’ennesima potenza…

Avere il coraggio di accettare che dalle proprie azioni è saltato fuori qualcosa di ben più grande di te, che va oltre te, e che non puoi sottrarti ad essa: d’ora in poi dovrai essere al suo fedele servizio.

Non sarebbe stato facile: chissà quanta fatica, quante rinunce, quanti cambiamenti…

E nonostante questo, c’erano ancora padri che si presentavano la prima volta ai loro fagottini con una espressione così bella: era rassicurante!

 

“Elfman” –lo svegliò Happy- “Credi che anche io potrò fare il papà un giorno?”

“Solo se sei abbastanza uomo!” lo ammonì lui severamente.

“Ma io sono un gatto! Uffaaaaa!” e se ne andò via mogio mogio!

“Su, su, Elfman non intendeva quello che pensi.” –lo consolò Lisanna- “Però c’è tempo, tranquillo: sei ancora piccolo, no?”
C’era da “convincere” Charle in primo luogo…

“Tu però sei abbastanza grande, Lisanna: perché non fai la mamma? Natsu potrebbe fare il papà, come ai vecchi tempi!”

Si guardarono…

“M-mi basta essere zia per il momento!”

“E-e a me basta essere… qualcos’altro per il momento!”
“Allora tu, Erza?”
“Ehm, mi chiedo se c’è un bar nell’ospedale, qualcuno vuole da bere?” disse lasciandosi dietro una scia di sudore.

“Laxus e Cana?”
“PERCHÉ PROPRIO NOI DUE?!”

“Freed e Bixlow?”

“MA CHE CAVOLO DICI?!?!?”

Lucy e Reedus corsero a nascondersi…

“Tu, Gray!” -provò allora il micio blu- “Perché non diventi anche tu papà come Elfman?”

“I-io?!”

“Perché non chiedi a Juvia se quando depone un uovo ti lascia essere il padre? Sono sicuro ne sarebbe felice!”

Non ebbe il cuore di spiegargli come funzionavano le cose per gli umani…
In compenso si immaginò una Juvia-gallina, e di sicuro, con o senza penne, sarebbe stata felice di “deporre un ovetto” con lui…
“Ehm… passo…” si risolse il mago del ghiaccio…

Nel frattempo Elfman, a rischio di torcicollo, si concedeva una più lunga occhiata dietro le spalle.

Eccolo ancora lì, a passeggiare tra le siepi vicino la fontana: mingherlino, quattrocchi, un bel po’ stempiato, così poco maschio, eppure con il suo bimbo tra le mani, a cui permetteva di giocare coi suoi sottili occhiali incurante che li potesse rompere.

Non si era mai trovato ad ammirare qualcuno di così piccolo.
“Elfman?”

“Si, Mira?”
“Che guardi?”
“Un vero uomo.”

Si girò anche lei, trovando strano lui potesse intendere proprio quel tipo.

“Sai Mira, finora non ho fatto altro che gridare uomo di qua e uomo di là, cercando di dimostrare qualcosa. Ma credo che adesso avrò l’occasione di diventarlo davvero, finalmente!”

Mira lo abbracciò, poiché era impossibile resistere a quella frase pronunciata da lui.

Si, ne era certa: sarebbe stato un uomo coi controfiocchi!

E stavolta sia Erza, che Gray, che Natsu, e tutti quelli nei paraggi che l’avevano pestato almeno una volta sarebbero stati d’accordo!

Non sono i “guai” che ti capitano a cambiarti, è cosa decidi di fare in proposito che ti qualifica, che ti dice se sei sempre il solito, o se hai fatto un passo avanti.

Se solo anche Evergreen l’avesse vissuta in quel modo almeno un pochino…

Se solo anche lei potesse considerasse quel parto come una responsabilità, invece che un fardello di cui liberarsi il prima possibile.

 

 

Riaprì gli occhi che era di nuovo nella gilda, stesa di lungo su di una panca.

“Uuuhh…”

“Evergreen? Ti senti bene?” chiese la faccia di Bixlow mentre tornava nitida.

“Dipende… Ditemi che ho sognato e che non sono incinta di Elfman.”

“Sei incinta di Elfman.” la deluse Freed.

“……”
“Vuoi svenire di nuovo?”
“Mi piacerebbe…”

Si coprì la faccia con le mani e, gemendo, si risollevò a sedere.

“Sigh!”

Nel frattempo, la notizia aveva già fatto il giro completo della gilda, inclusi quelli che prima erano assenti. Un bimbo alla gilda non accadeva di frequente, anzi, quasi mai; un peccato che in una simile occasione l’atmosfera dovesse essere così poco allegra.

“Evergreen” –disse il master Makarov- “Come ti senti?”
“Oh, no, ci mancava solo lei!”

“Se vuoi parlarne…”

“No! Non voglio parlarne! Non mi servono belle parole!” –così dicendo si avviò verso l’uscita a testa bassa- “Mi serve solo un po’ d’aria.”

Fin troppo chiaro che non c’era nessuno al mondo che potesse avvicinarsi a lei in quel momento; ma Elfman l’avrebbe fatto lo stesso.

“Ci parlo io.”

“Si, è meglio.” annuì il vecchio.

Ah, i giovani d’oggi e la loro irruenza, gli sarebbe venuto da pensare, se non fosse stato così terribilmente da vecchi! Chissà a cosa avrebbe portato quel conflitto a quei due, e a tutti loro.

 

Appena uscita, si tolse gli occhiali per massaggiarsi un po’ le orbite. Li reinforcò e si appoggiò con un braccio ad un alberello.

Quando Elfman arrivò alle sue spalle, era intenta a fulminare con lo sguardo l’incolpevole orizzonte, facendo di no con la testa.

“Ever…”
“Non chiamarmi Ever…”
“Evergreen…”

“Che c’è?” gli rispose senza girarsi.

Si massaggiò dietro il collo, nel tentativo di calmarsi un pochino: “Scusami, se ora stai così è colpa mia.”
“No.” –lo corresse subito- “La colpa è di tutti e due.”

Sbuffando, si degnò di fronteggiarlo: “… Ma se davvero non ti andavo così a genio, non te lo potevi far venire a mente prima? Non potevi troncare con me prima che combinassimo questo disastro?”
“Tu mi vai a genio, Evergreen… è solo che…”

“Umpf, che io sono superficiale: toccata e fuga, storie semplici, niente impegni, niente effetti collaterali…” –recitò lei facendo avanti e indietro- “E così doveva essere! Accidenti!”

Si sfogò calciando per terra: “Grandioso, ora anche il tacco rotto!”

<< Speriamo non mi metta in conto anche il tacco! >> si disse l’altro, che improvvisamente si sentiva addosso una fedina penale.

Tirò fuori il suo ventaglio e si diede un po’ d’aria buona da respirare, dando il tempo ad Elfman di pensare a cosa dirle.

“Evergreen, io ero sincero prima… Se sposarmi ti può aiutare ad accettare la cosa, o a salvare la tua immagine (e so che ci tieni)… beh, non fare complimenti.”

Gli tirò addosso uno sguardo che lo perforò come un palloncino di gomma: “Ma allora sei completamente decerebrato?! Io non volevo che stare un po’ con te fintanto che sarebbe durata, mi metti incinta, e per giunta insisti col chiedermi di sposarti?!”

Si morse la lingua! Toppato in pieno.

Evidentemente non era un classico problema di salvare le apparenze; non si poteva risolvere tutto col solito bel matrimonio riparatore, che poi non è nemmeno il miglior modo che c’è al mondo per sposarsi.

Tirò a terra il ventaglio: “Sembra quasi tu l’abbia fatto apposta! Tanti flirt, tante scopate, non è mai successo nulla, poi arriva il primo fesso innamorato e che mi capita?! Ecco perché detesto le storie con troppi coinvolgimenti!”

“T-ti assicuro che non l’ho fatto apposta! Anzi, se avessi potuto avrei detto: “Ehi, voi laggiù! Cercate di non essere troppo virili, eh?”…”

“……”

“Ehm, Evergreen, io sono pronto a fare tutto il necessario, con o senza matrimonio.”
“D’altronde, c’è qualcosa di peggiore di questo che potresti ancora combinare? E cos’è quell’aria da fesso che hai in faccia?”
Elfman cercò istintivamente qualcosa in cui specchiarsi: “Che faccia?”

“Mi hai messa incinta! Giustamente non ti ritrovi tu con un intruso nella pancia, ma… Non ti da un briciolo di fastidio?!”

Le reazioni dei due erano su due livelli diversissimi di intensità: dal primo momento lui perseverava in quello stato di frastornazione, di vaghezza, ma senza rabbia, né un briciolo della disperazione che invece si erano impadronite di lei.

“Beh… Non è il massimo nemmeno per me… Però chissà, magari fare il padre non sarà poi così male…”
“Stai dando i numeri?! Tu?! Un padre?! Sai che bell’esempio, col cervello bacato che ti ritrovi! Tu, quello che ha pestato il suo stesso cliente che doveva proteggere perché diceva… Che diceva?”
“Che un uomo si giudica solo in base ai titoli di studio! GRRRR! Che rabbia! Essere uomini è ben altro che titoli e posizione sociale!”

“Se è per questo è anche ben altro che muscoli e cavarsela bene a letto!”

Quello si che fece male.

“……”
“Elfman, né io né te siamo in grado di fare i genitori: io sono troppo… egocentrica, e tu… hai tanta buona volontà…” –o forse tanta buona stupidità- “Ma credi sul serio ti basterà a sopportare quello che dovrai sopportare? Pannolini, pappa, pianti la sera, alzarsi in continuazione, portarlo su e giù, lo stress, i soldi che vanno via, e il tempo… Il tempo che pensavi di dedicare a te, a quello che ti va di fare, alle tue aspirazioni… E chi te lo restituisce quello!”

Come aveva fatto a farsi venire in mente così di getto tutti quei lati negativi? Dopo quel bombardamento, gli girava la testa.

“Eppure…” –balbettò con una voce tanto sottile da non sembrava potesse venire da un tale bestione- “Eppure avevo pensato che sarebbe stato bello… Ho pensato di…”
“Di volere questo bambino?! Ma allora tu sei scemo sul serio!”

Si mise sulla difensiva, come se stesse combattendo piuttosto che parlando. Era intimorito, confuso e si sentiva ciò che aveva dentro andare in frantumi.

“Perché mai dovresti volerlo?”

Si allargò il colletto con un dito: “Io… io…”

Il fiato. Dov’era il fiato quando gli serviva?
Cosa doveva dire? Come poteva ribattere?

“Perché…”

Strinse i pugni!

E riaprì gli occhi!

 

“Perché essere un uomo è molto di più che muscoli e cavarsela bene a letto!”


Stavolta fu lei a sentire il colpo, e a fare, letteralmente un passo indietro!

In un lampo aveva recuperato la sua sfrontatezza, e si ergeva saldo, monolitico, dinanzi a lei!

“E se questo “disastro” è il sentiero che mi porterà ad essere quel molto di più, allora sarà la virile via che percorrerò!”

Impossibile! Come poteva essere così stupido! Come poteva uno stupido essere tanto convinto delle proprie idiozie, si chiedeva!

Altro che compagno di sventura… Lui quel bambino lo voleva!

Per un attimo aveva creduto che lui, il suo uomo, nella sua stessa barca, potesse pensarla come lei, quantomeno capirla, e invece…”

“Ma che dici… Io… Io cerco di farti ragionare e tu… Tu…”

Per un secondo temette di finire di nuovo al tappeto, invece Evergreen, nel tentativo di fare un passo, neanche verso di lui, era inciampata sul tacco rotto, cascando a terra.

Non servì neppure a fornirgli un occasione da gentleman: con un grido esasperato, spezzatasi da sé anche l’altro tacco, si rialzò con le sue sole forze e li scagliò via entrambi.

Che rovesciamento di fronti, si disse, vedendola tutta tremante.

Dispiaciuto, la cinse a sé, da dietro le spalle.

L’abbraccio di Elfman era forte, ma gentile: non c’era migliore specchio della sua doppia identità.

Grosso e becero fuori, idiota dentro.

<< Elfman… >>

Si lasciò avvolgere, abbandonandosi a quella sensazione di calma, di protezione, che provava ogniqualvolta, mentre erano a tu per tu, lui si lasciava andare a quella così delicata espressione d’affetto.

Aveva qualcosa in più degli altri. Aveva un cuore d’oro. Ecco perché le era piaciuto stare con lui: era bello sentirsi amata, anche se non lo corrispondeva…

 

La solita egoista…

Questo lo confermava.
Lei non aveva un cuore ingenuo come il suo.

Non riusciva proprio a desiderare ciò che lui voleva.

Basta così quindi, con lui e i suoi sciocchi principi.

“E lasciami!”

Elfman sospirò di delusione mentre sgusciava via, poiché per un attimo gli era sembrato fosse tornata a volergli bene.

“E basta proposte di matrimonio, ok?”
“Ok… Però, Evergreen, ormai questo bimbo c’è… Qualcosa dobbiamo fare…”

“… Già, ormai c’è… E qualcosa farò…”
Quando si diceva “sesto senso”: non le piaceva tanto il modo in cui l’aveva detto…

“Che intendi?”

Incrociò le braccia e lo guardò, arcigna: “Che risolverò questo problema: in maniera rapida e indolore per tutti.”

No, non poteva piacergli quello sguardo: lo sguardo di chi è pronto a passare sopra al bene al male, e farlo solo per sé stessi e basta.

“Che vuoi dire?” ripeté con più forza.

Lei non lo curò oltre e si incamminò, malferma sulle scarpe rotte, ma non intenzionata né a girarsi ne a fermarsi.

“Evergreen! Evergr…”

 

Quel nome si bloccò a metà, quando la sua gola gli divenne muta pietra.

Evergreen posò piano gli occhiali sul naso e, in tutta calma, si avviò.

 

Quando l’incantesimo pietrificatore si dissolse, Elfman non riuscì a dire quanto tempo fosse passato: un secondo prima era sveglio con lei di fronte, il secondo dopo era circondato dagli altri suoi compagni.

Se non altro aveva fatto in fretta a capire che gli era successo: non c’era tempo da perdere!

“Stai bene?”

“Umpf, c’era da immaginarselo che finiva così.”

“Evergreen! Dov’è Evergreen?”

“E chi lo sa…”

“Qu-quanto tempo sono rimasto di pietra?”

“Non so…” –rispose Lucy- “Ti abbiamo trovato così almeno cinque minuti fa.”
Troppi!

“Presto, venite! Dobbiamo fermarla!”

“Fermarla?”

“Non c’è tempo! Vi prego, datemi una mano!”

 

 

 

Evergreen vuole risolvere a modo suo, e nella maniera più rapida.

Ormai se ne è resa conto: in quanto a bontà, non può competere con quel grosso scioccone, quindi, è giusto si comporti dalla “cattiva” che è, e a testa alta si avvia a mettere in atto il suo fermo proposito.

Come potrà fare Elfman a fermarla?

Il prossimo capitolo avrà ancora più conflitto, e definirà lo sviluppo futuro della storia fino all’ospedale! Non perdetevelo!

Alla prossima, e buone feste a tutti!

Ah, e a proposito di feste, se vi va di intonarvi al periodo, per chi non le conoscesse ancora, nella mia gallery troverà due fic “natalizie”, una su Naruto e una, più recente, su Fairy Tail!

Divertimento e festosità assicurate! Buona lettura!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 5
*** Il patto ***


elfever1

Ciao a tutti, cari festivi lettori! ^__^
Spero vi stiate godendo le vacanze natalizie, in attesa del meglio che deve ancora venire!
Mi riferisco ovviamente alla festa, ai regali e al mangiare, ma se volete fateci rientrare anche il continuo di questa bella fic! XD

A proposito volevo sollevare il punto dell’ambientazione: ho in mente questa fic da prima del finale degli eventi di Tenrou (voglio evitare spoiler…), parte di un possibile ciclo di fic sul futuro di Fairy Tail. Ma chi ha letto le scans dal Giappone sa poi cosa è successo alla gilda; ora, non sapendo se ambientare questa storia prima o dopo il salto temporale e gli altri eventi che ha portato (se insomma è un semplice continuo o una “E se…”), ho deciso di non inserire nessun riferimento particolare, così potete decidere voi ^__^

E ora il capitolo! La povera Evergreen, sentitasi abbandonata e senza appigli, si accinge a fare di testa sua. Cosa potrà fare Elfman per fermarla?

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Quando quel giorno arrivò di fronte l’ospedale di Magnolia, non si aspettava di ritrovarsi lì nove mesi dopo, per partorire.

Vi era arrivata più decisa che mai: sarebbe dovuto finire tutto lì, subito.

 

Non le importava di passare per la cattiva della storia; aveva già tentato di rovesciare il master insieme con Laxus e i suoi, quanto sarebbero potuti restare sorpresi di quel suo gesto?

Sia chiaro, non le piaceva affatto quella parte da guastafeste, a nessuno piace, ma quella che volevano farle recitare, a lei, Evergreen, quella della mamma, con tutto ciò che comportava, era più che una forzatura, era roba tutta da ridere, come aveva giustamente fatto notare Laxus alla gilda.

No, non se ne parlava neppure.

Certo, quanto ci sarebbero rimasti male. Tutti sorpresi e sorridenti, tutti a complimentarsi, ma era naturale che dal loro punto di vista, da fuori, quella fosse una bella notizia: un nuovo arrivato alla gilda, una nuova inaspettata famigliola, un pupetto da coccolare e veder crescere…

Ma c’era anche Elfman, poverino, arrivato addirittura a desiderare quell’incomodo; ecco una persona che le dispiaceva sinceramente deludere.

Ma tant’era, e d’altronde, anche lui l’aveva delusa, con le sue fisime da uomo, il suo sparlare di responsabilità…

Quando l’aveva visto, tronfio come un paladino, dire di voler imboccare la via del “vero uomo”, per quanto ardua fosse, era andata completamente in frantumi.

Alla fine, l’unica a condividere il suo punto di vista era lei stessa.

Nessuno che si sforzasse a capirla. Lasciata sola dai suoi stessi amici a sobbarcarsi quello scherzo del destino.

Tutti schierati dalla parte del “giusto”, dalla parte di Elfman, dalla parte del bimbo.
Tutti con quella “lenticchia” che aveva dentro, e lei, lasciata a sé stessa a sgattaiolare come una criminale fino all’ospedale per salvarsi dalle responsabilità che non voleva accettare.

E poi l’egoista era lei! Eh, si, proprio la cattiva in quella storia…

Ma che le importava? Al diavolo, lei aveva il diritto di decidere!

Non era certo per far contenti loro che avrebbe cambiato idea su quella “lenticchia”.

Il suo caso non era nuovo, in giro se ne faceva un gran parlare: per alcuni era già ben più di un puntino a cui poter dare, impunemente, una passata di gomma per cancellare.

Al diavolo anche quei moralisti; ammesso pure avessero avuto ragione, che ci si ritrovassero loro in quella situazione, si sarebbe visto subito se avrebbero avuto il fegato di portare avanti le proprie idee.

Non le importava di sbagliare: quello che era successo era già uno sbaglio, tanto valeva commettere pure il secondo.

Chissà, forse sarebbe stato più giusto anche nei confronti del suo piccolo, indesiderato intruso, che lei immaginava come una piccola faccina di Elfman che pretendeva di piantare le tende in casa sua.

Il pensiero le tirò fuori una bozza di sorriso, ma l’umore che aveva gli impedì di crescere più di tanto.

<< Spiacente Elfman. Se tu avessi condiviso almeno un po’ il mio punto di vista, risolto tutto avremo anche potuto continuare a frequentarci, e arrivare insieme a quel “fin quando sarà”, dove te ne saresti andato a cercare qualcuna disposta a credere in ciò che credi tu, e io a continuare sulla mia strada che a me piace tanto. Ma già so che mi odierai tanto da non volermi più rivolgere la parola dopo questo. Peccato, mi sarebbe piaciuto averti ancora un po’ con me… Mi eri simpatico davvero. >>

Senza troppi non necessari rammarichi, affrettò il passo fino alle porte.

 

“MA COSA?!”

 

Una specie di luce si innalzò davanti i suoi piedi, come una parete. Sussultando si guardò attorno, e si vide circondata da quelle pareti trasparenti, che nascevano da arcani simboli rossi che si muovevano in sequenza sulla strada, disegnando un quadrato intorno a lei.

Un incantesimo che conosceva molto bene…

“Freed!” schiumò lei battendo i pugni sulla parete, mentre dall’altra parte, lo spadaccino dei Raijinshuu le si avvicinava come se niente fosse.

“Cosa diavolo stai facendo?!”
“Perdonami Evergreen, Elfman ha insistito tanto.”
“Fammi subito uscire!”
“Certo, prima però spero ascolterai ciò che lui ha da dirti.”

Senza aggiungere altro, si fece qualche passo più in là, mentre Elfman corse a prendere il suo posto dall’altra parte della barriera di rune, appoggiandovi anche lui le mani.
Aveva il respiro affannato, ed in effetti lui e Freed avevano dovuto farsi spuntare le ali ai piedi per arrivare lì prima di lei ed avere anche il tempo di allestire quella trappola, anche se semplice.

“Che stavi facendo?” gli chiese.

Aveva un aria minacciosa, ma incomparabile a quella di Evergreen: sembrava che fosse lei a proiettare la sua ombra sull’altro che non il contrario!

“……”
“Evergreen, perché sei venuta qui?”

Tolse le mani dalla barriera: glielo avrebbe detto con la calma più disarmante possibile.

 

“Andavo ad abortire.”

 

Le mani aperte di Elfman si chiusero strette, ma la rabbia centrava solo in parte.

“Tu… Come puoi… Evergreen, ti rendi conto di… di…”
“Sei ridicolo.” continuò lei, davanti al suo malriuscito tentativo di farle una paternale.

Se fino a quel momento, aveva conservato un briciolo di stima e “simpatia” per lui, arrivato a quel punto cominciava a non sentire che fastidio e disprezzo: come era potuto scendere così in basso?

Elfman capì che doveva calmarsi anche lui se voleva avere una ciance con la testardaggine dell’altra: “Evergreen, dentro di te c’è nostro figlio!”

“Umpf, già non mi ci far pensare!”
Elfman si placò colpendo la sua gabbia invisibile, che vibrò come scossa da un terromoto... Alla faccia del calmarsi!

Evergreen però anziché lasciarsi intimorire, tornò a sfidare i suoi occhi.

“Evergreen, non puoi farlo! Quel bambino è anche mio!”
“Ma non sei tu quello a cui crescerà una pancia grossa come una botte! O che dovrà gridare di dolore come mai in vita sua!”

Inorridiva al pensiero della sala parto: urlare come un maiale sgozzato davanti a medici e infermieri, e con le proprie intimità in mostra… Come avrebbe potuto una come lei, che non si faceva neanche mai vedere struccata, sopportare qualcosa del genere?
“Quella è una vita!”
“NON COMINCIARE CON QUESTI DISCORSI! Anche la mia è una vita, e io voglio viverla come voglio! Ho il diritto di scegliere!”
“Si, ma… Evergreen…”

“Non ho intenzione di soffrire per poi ridurmi ad ingrassare mentre do la pappa ad un mini-idiota coi capelli bianchi! Tu non mi puoi costringere!”
“Ma…”
“TU NON MI PUOI COSTRINGERE, HAI CAPITO?!” –urlò picchiando forte sulla parete- “NON PUOI! NON PUOI!” e picchiò ancora più forte.

“……”

Era impressionante, perfino per Freed che la conosceva anche meglio di lui. Evergreen era arrogante, capricciosa, insofferente, ma non era una tipa che perdeva a tal punto le staffe, proprio per quel suo voler apparire sempre bella e fascinosa; in tanti combattimenti insieme, non l’aveva mai vista tanto infuriata come ora, rinchiusa e furiosa come una bestia in gabbia.

La vista era difficile da sopportare anche per Elfman, che sentiva tutti su di sé quei colpi disperati menati contro la barriera.

 

“Elfman.”
Si bloccò e si girò, già sull’attenti: “Master…”

Il vecchio Makarov lo scrutò con severità: “Elfman, credevo di avertelo insegnato: ognuno deve fare ciò che ritiene sia giusto per sé e per gli altri, e soprattutto, nessuno ha il diritto di giudicare le scelte altrui, né tantomeno di decidere al posto di un altro. Questa è uno dei principi fondamentali di Fairy Tail.”

“Si, ma… Il figlio è anche mio…”

“Ed è anche suo. Se ha deciso di abortire, non puoi fermarla.”

Subito si accesero dei moti di protesta intorno, tra gli altri membri,

“Non è giusto!”

“Non può prendere la decisione tutta da sé!”

“Nemmeno la madre lo vorrebbe: ha senso che nasca in questo modo?”

Erza provvide a spegnere subito le loro voci con occhiate delle peggiori.

Fairy Tail era una gilda di libertà, e tale doveva rimanere.

Il master però, anche senza tenere conto del pensiero degli altri, aveva già deciso: “Tuttavia, ti concedo di provare a convincerla a cambiare idea.”

Elfman rialzò subito il capo.

“Corrile pure dietro, fai questo tentativo. Ma se non la convincerai, allora dovrai chinare il capo. Mi hai capito bene?”

“… Si, master.”

 

<< Dipende tutto da me… >>

Quella vita che non si sarebbe mai aspettato di generare e che ora voleva proteggere guardava a lui per essere difesa. Se non ce la faceva, sarebbe andata semplicemente sprecata.
“MI HAI SENTITO?!” -continuava intanto a sbraitare la donna nella prigione di rune- “NON PUOI COSTRINGERMI!”

“… No, non posso…”

Smise di picchiare.

Se non è la forza che risolve una contesa, solo l’accordo può farlo. Certo lui era più abile con la prima che con il secondo…

“Però ascoltami ora, voglio proporti un patto.”
“Un patto? Ma quale patto? Liberami subito!”

“Porta a termine la gravidanza.”

Evergreen rimandò giù il nuovo urlo per lo sgomento.

Le parole del master erano state chiarissime, e tenendole a mente, mentre correva per fermarla in tempo, aveva pensato all’unico modo possibile per accontentare e scontentare entrambi; era quella la sua ultima carta.

“Fallo nascere.”
“Neanche per sogno! Fammi uscire adesso o te ne pentirai!”


“È L’UNICA COSA CHE TI CHIEDO!” supplicò Elfman, inginocchiatosi, e inchinatosi fino a toccare terra con la fronte.

 

Ed Evergreen che era arrivata a conoscerlo abbastanza da sapere che non era il tipo da sacrificare in implorazioni il suo orgoglio di uomo.

“Se lo farai… ti giuro che non dovrai più saperne. Io mi prenderò cura del bimbo che nascerà e non tornerò più a infastidirti. È per la tua vita che sei preoccupata, allora quindi così dovrebbe andare bene, no? Se vorrai…” –si interruppe, come quella clausola fosse più dura da mandar giù per lui- “… lui non saprà neanche che sei tu sua madre… Non ti causerà mai nessun problema…”

“…… E riguardo a me?”

“Mi prenderò anche cura di te per i prossimi mesi, farò tutto ciò che vorrai, non ti farò mancare niente. Perciò ti prego, se pensi di poter fare questo sforzo… accetta il patto! Ti prego, Evergreen…”

Detto tutto ciò che aveva da dire, non gli restò che rintanare ancora più la testa verso il terreno, ed aspettare.

 

Aveva detto che avrebbe pensato a tutto lui, che avrebbe fatto ogni cosa volesse, e già si era fatto suo schiavo nel momento in cui si era inchinato al suo cospetto (forse sapendo che un uomo ai suoi piedi poteva rivelarsi un buon incentivo visto di chi si trattava…).

Non era poi così squilibrato come patto, anzi, a lei andava di lusso.

Ma c’erano comunque i nove mesi a venire da sopportare. Ne valeva la pena, magari in virtù di quanto c’era stato tra di loro? Di vendersi, anche solo per fargli un piacere?

O magari, a quel punto, per non essere fin troppo la “cattiva” della storia?
Aveva mille motivi per rifiutarsi. Ma forse lo stress, la rapidità degli eventi di quella giornata, forse la voglia di uscire al più presto da quella prigionia, le impedivano di pensare in completa lucidità. E poi c’era Elfman era lì per terra, sottomesso, che continuava ad aspettarla, e chissà perché, le metteva fretta. E decidere velocemente era anche il modo più facile per uscire subito da lì dentro. E soprattutto, per smetterla di sentire le sue lagne.

Che vuoi che siano nove mesi?

 

Sperando di non pentirsi per non averlo pietrificato all’istante, disse: “E va bene!”

 

“Si? Lo giuri?”
“Si, lo giuro, ora però fammi uscire all’istante!”

Senza bisogno di un cenno del padre, Freed sciolse la sua trappola, e, malgrado l’avesse mal sopportata, Evergreen ci mise un po’ per muoversi.

<< Sono un tale stupida… >>

“Ti ringrazio, Evergreen, ti ringrazio davvero!”
“Lascia stare…”
“Se posso fare qualcosa per te già adesso…
“No, adesso proprio nulla!” –lo zittì in un lampo- “Anzi, qualcosa si: non farti vedere da me per almeno un paio di giorni, forse tre!”

Poi puntò i piedi e si incamminò, badando di passare davanti il suo “amico”: “Io me ne torno a casa… E in quanto a te, poi faremo i conti!”

“……”

Elfman e Freed non aggiunsero altro, era stata stressata fin troppo da quella mattina e non lasciarla andare a quel punto sarebbe stato oltremodo crudele.

“Ti ringrazio Freed: senza la tua trappola non sarei riuscito a trattenerla abbastanza da parlarle.” ammise l’albino.

Come per il tuffarsi, fatto una volta l’inchino, la paura svanisce, e infatti si sarebbe inchinato volentieri anche dinanzi a lui, visto quanto era contento della riuscita del suo patto.

“Tsk, non ringraziarmi, l’ho fatto solo perché me l’ha chiesto il master Makarov, senza contare che Evergreen non si dimenticherà del mio tiro mancino…”

Elfman deglutì; in effetti con quel suo intervento si era esposto consapevolmente alla vendetta della fata pietrificatrice, di sicuro se ne stava già pentendo.

<< Non mi aspettavo che Evergreen cedesse… Forse stare insieme ad Elfman l’ha un po’ cambiata. Sarà interessante vedere come Ever se la caverà in questa prova: chissà, magari ne uscirà rafforzata, e con lei tutto il gruppo dei Raijinshuu. >>

“Beh, se non c’è altro, mi congedo anch’io.”
“Va bene, ancora grazie, Freed.”
“Elfman, se non rispetterai gli impegni presi, Ever non sarà l’unica a fartela pagare: io, Bixlow e Laxus teniamo molto a lei, e i suoi fastidi sono i nostri fastidi. Spero saprai dimostrarti l’uomo che dici di essere.”
“Assolutamente!” disse battendosi il petto.

“Umpf!

Elfman si girò nella direzione opposta e sospirò: che sudata!

Alla fine aveva vinto, ma a quale prezzo.

La donna che amava avrebbe messo al mondo suo figlio solo per poi uscire entrambi per sempre dalla sua vita; suonava veramente uno schifo…

Senza contare i nove mesi fino a quel momento: Evergreen non si sarebbe certo risparmiata con lui.

Sapeva che sarebbe stata un’impresa dura già prima di stipulare il patto, ma ora aveva capito un’altra cosa…

Che sarebbe stata DOPPIAMENTE dura!

“SIGH! Uomo…”

 

 

 

Eh, si Elfman, la via dell’uomo è aspra e dissestata a volte! Però lui la sta percorrendo in modo veramente egregio, non trovate? ^__^
Dall’altra parte abbiamo Evergreen, che malgrado le apparenze, non voglio additare come l’esempio negativo della fanfiction. Ci tengo a dire che quello delle nascite indesiderate e dell’aborto è un tema a cui sono parecchio sensibile, e anche se mi tengo su posizioni a favore delle responsabilità e contrarie all’interruzione della gravidanza, tramite Evergreen ho voluto esprimere il mio rispetto anche all’altra parte della barricata, meno moralista e più pragmatica, che, malgrado tutto, ha il diritto di pensarla come vuole, senza sentirsi additare come “cattiva”, irresponsabile o anche omicida… Spero anche voi possiate ragionarci su un po’ su questo tema interessante ^__^
Ora però mi sto elevando anche troppo, questa è solo una fanfic, diamine! XD

Per assicurarsi la collaborazione di Evergreen, Elfman è dovuto scendere a compromessi, e il triste patto accennato nei primi capitoli viene quindi rivelato. Ora però il loro rapporto è definitivamente incrinato, cosa ci riserveranno i mesi futuri?

Al prossimo capitolo!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!


NDA: Nel caso io non riesca ad aggiornare di nuovo entro Natale, vi faccio già da ora tantissimi auguri!

Buon Natale e buone feste da NaruXHina, alias NaruHina91, alias Tony! ^__^

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Capitolo 6
*** Sette mesi e qualcosina ***


elf

Sorpresa, cari lettori!
Sono riuscito a finire un altro capitolo prima della vigilia di Natale, giorno dal quale sto fuori per le festività! ^__^

È stato un capitolo lungo e un po’ difficile, in quanto contiene molte e varie cose, ma inaspettatamente, con impegno e ispirazione, ce l’ho fatta!

Rispettando l’alternanza vista finora, la pesantezza del precedente capitolo sarà ora amalgamata dalle tante risate che spero vi farete leggendo questo!

Come si adatterà Evergreen? Come farà col pancione, e con due certe “ziette” sempre intorno?”

Anche se credo fareste meglio a preoccuparvi per il nostro caro Elfman!

Buona lettura, ci vediamo a fine capitolo con (di nuovo!) gli auguri di Natale!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Dopo l’iniziale trepidazione, le persone lì fuori in attesa cominciavano adesso a rilassarsi un poco; qualcuno torno a pensare alle proprie cose, altri invece restavano in un modo o nell’altro in linea col tema della giornata.

Cana ad esempio pensava al fatto che se mai fosse uscita incinta di qualcuno un giorno, non avrebbe potuto bere alcolici per nove mesi, e nove mesi senza alcol sono più duri da mandar giù come una botte di vino andato ad aceto!

Lisanna invece si distraeva accanto al fratellone: “Se sarà un maschietto come lo chiamerai?”
“Come un nome iper-virile, ovvio! Mio figlio avrà un nome che farà tremare le gambe a tutti i pappamoscia del mondo! Che so, Rocky! Oppure Bruce! O Jack! Anche Dracone però suona molto tosto come nome!”
“Mi piace Dracone!” alzò il pollice Natsu.

<< Speriamo preferisca Rocky alla fine… >> pensò invece Lucy!

“Suona un po’ troppo… vecchio però…” fece Lisanna, che sapeva di non potersi aspettare nomi “carini” per il virilissimo figlio del suo maschile fratellone, ma che aveva il dovere di evitare eccessi!

“Dici? Beh, poi sceglierò: ho qui una lista, vedi? Ho segnato tutti i nomi più fighi e da uomo che sono riuscito a farmi venire in mente!”
“Mhmm, oh, si, sono tutti molto da duri!” –commentò la sorellina leggendoli- “E se invece sarà una femmina?”
“…… Dicevo, anche Thor non sarebbe male!”

“Ma è un nome da maschio!”

“Certo! E noi di cosa stiamo parlando?”
“Elfman… Hai pensato anche al fatto che potrebbe essere un bambina, vero?”

“…… Che ne dici di Ettore? Sembra un nome da eroe!”
“Ripeti, con me:  << femminuccia >>”
Le labbra di Elfman sembravano rifiutassero di muoversi: “…… MASCHIO!”

“Sigh, ci rinuncio!”

Gli altri scoppiarono tutti a ridere! Tipico di Elfman!

Chi non rideva era invece Mira, che si era allontanata un pochino insieme all’amica di lunga data, Erza.

“Erza, sono preoccupata di quel che sarà dopo oggi.”

“Rimarrà comunque una vostra compagna di gilda; per quanto possibile, vorrei continuaste ad andare d’accordo.”

“Non è questo che intendevo…”

“Qualunque cosa sarà, tu e i tuoi fratelli crescerete insieme il bambino, ed è questo quello che conta.”
“Però Elfman stravede ancora per Evergreen, ne sono certa. Gli si spezzerà il cuore se davvero lei vorrà…” si bloccò.

“Mira, è già stato un successo per lui riuscire a non farla abortire viste le premesse. E poi sono certa che Elfman, che ha proposto lui il patto, si sia già preparato all’eventualità, come avresti dovuto fare anche tu.”

L’albina chinò il capo.
“Mira, non avrai sperato che Evergreen cambiasse idea durante questi mesi, vero?”
“Io… Ci ho provato…”

Congiunse le mani: “Pensavo… che stando sempre insieme a lei, io, Lisanna ed Elfman, scoprisse… come ci si sente bene in una famiglia… Volevo questo… per Elfman…”
Raccolse sull’indice una lacrimuccia e singhiozzò.

Erza sospirò e la strinse: “Non è per colpa tua se Evergreen non ha cambiato idea.”
“Lo so!” singhiozzò ancora, discostandosi dalla rossa per imporre a sé stessa di smetterla di essere meno patetica.

“Sei una brava sorella, Mira. Ma Evergreen evidentemente non pensa di poter essere una brava mamma. Chissà, forse alla fine si è sul serio affezionata ed è anche per questo che vuole lasciarlo tutto a voi.”

Ad essere sincera con sé stessa, lo trovava improbabile, ma almeno dire così avrebbe fatto bene alla povera Mira.

L’inganno dell’attesa procedeva anche più in là, in toni meno tragici.

“Meno male che non tocca a noi maschi partorire, eh ragazzi?”

“Hai ragione, Bixlow, da questo punto di vista è una fortuna.”

“Beh, non è che Evergreen con questa storia della gravidanza non ne abbia tratto i suoi vantaggi.” –commentò Laxus- “Fossi stato Elfman, l’avrei mandata a quel paese già dopo un paio di giorni: non le era ancora venuto il pancione ed era già tutta lamenti e richieste. E lui voleva pure sposarla: se è questo che significa, spero di non accasarmi mai.”

“Beh, quando c’è l’amore…”

“Infatti da parte sua non c’è. Almeno fosse arrivata a farsi piacere il bambino…”
“Uh? Ma come Laxus, credevo che anche per te fosse una seccatura.”

“Infatti.”

“Però pensavi che Evergreen avrebbe ceduto?”

“No… Beh, se l’è portato dentro per tutto quel tempo, di solito non succede che… Cioè, credevo che…”
Bixlow ridacchiò.

Laxus si morse un labbro e poi rise insieme a lui: “Credete sul serio che non vorrà averci più nulla a che fare una volta che l’avrà scodellato?”
“E chi lo sa.”

 

“ESCI, DANNATOOOOOOO!!!”


“Alla fine si tratta sempre della nostra solita Evergreen.”

“Umpf!”

Bixlow fece spallucce.

 

 

 

Proprio come gli aveva detto davanti l’ospedale, Evergreen non vide Elfman per i successivi tre giorni, disertando completamente la gilda.

La notizia del patto tra i due era stata presa dagli altri nei modi più disparati.

Erza, appena saputo, era ripiombata nello sconcerto, ed era rimasta a borbottare tra sé e sé diversi minuti cose del tipo “Ma come si fa…”, “Ma guarda un po’ se…”, e “Non si fa così…”…

Evidentemente era contrariata, ma il suo essere così irrimediabilmente ligia le imponeva di tollerare quello scriteriato accordo.

Natsu dal canto suo esprimeva chiaro e tondo il suo disappunto: era come se una volta nato Happy l’avesse regalato a qualcuno perché troppo impegnativo!

Il master si mantenne sopra le parti, limitandosi a prendere atto.

Laxus e gli altri Raijinshuu invece accolsero con favore quella soluzione, trovandola ideale al caso, senza farsi tante preoccupazioni di morale. L’importante era che la volontà della loro amica venisse rispettata.

Mira e Lisanna non poterono essere più dispiaciute e si strinsero intorno al proprio fratellone, come il momentaccio richiedeva; mai così spesso le si videro sederglisi accanto pronte a mettere una mano amica sulle sue enormi spalle, o invitarlo a parlare se ne aveva il bisogno, con premura quasi eccessiva, di cui comunque lui mai si approfittò. Era pur sempre un uomo: lui doveva far coraggio alle donne, non il contrario!

In quei due giorni che Evergreen rimase fuori dalla circolazione, tutti iniziarono a pensare a come sarebbero stati quei novi mesi.

In realtà poi non erano neanche nove, ma sette; il medico stava per dire che Ever era già arrivata al secondo mese, ma era stato anticipato dal loro svenimento!

Quei due giorni furono anche pieni di preoccupazioni…

“Io dico che dobbiamo andare da lei ad acchiapparla!” disse Natsu battendo pugno su palmo.

“Dai Natsu, non esagerare.” lo schernì Lucy.

“Guarda che potrebbe avere ragione.” –ribatté Gray, stavolta d’accordo con la testa di fiammifero- “Elfman, pensi che sia sicuro lasciarla sola con quanto è successo?”

“Ha bisogno di riflettere un pochino…” disse Mira.

“E se invece ne approfittasse per tornare all’ospedale ed abortire? Magari lo ha già fatto!”
“No, questo no!” –disse sicurissimo Elfman, alzandosi in piedi- “Ha accettato il patto.”
Gray sospirò: “Elfman, è Evergreen, ed ha un bimbo nella pancia che considera come nient’altro che una seccatura. Come fai a dire che non tenterà di nuovo di abortire?”
Elfman sghignazzò: “Perché l’ha promesso. E io mi fido di lei!”

“Elfman!”

“Tranquillo, Gray, e tranquilli tutti! Io la conosco, ora che ha detto una cosa, così sarà. Sarà anche Evergreen, ma lei non è esattamente come la si dipinge!”

“Ma…”
“Evergreen rispetta i patti.” li interruppe Laxus, con tono che non ammetteva altre repliche. Stavano demonizzando Ever anche troppo, aveva i suoi difetti, ma non era mica un mostro e chi meglio del suo team (e del suo ex) sapeva questo?

Elfman lo ringraziò dell’aiuto. Vedendo l’omaccione sorridere di quella certezza, come è certo che il sole sorge, tutti gli altri incrociarono le dita, sperando che fosse proprio come diceva lui; sarebbe stato terribile vedere tanta fiducia malriposta.

E invece furono proprio loro a dovergli dare ragione alla fine.

 

Il giorno dopo, Evergreen ricomparì alla gilda, come fosse stato un giorno qualunque, vestita al solito modo, salutando al solito modo.

Come la vide, Elfman si illuminò e le corse incontro: “Evergreen!”
“Whoa! Ehi! Indietro tu!” –si ritrasse lei puntandogli contro uno dei suoi ventagli chiusi- “Indietro, ingravidatore a tradimento!”

<< Ingravidatore? >>

“Ora che abbiamo un accordo non significa che io e te stiamo ancora insieme o che dobbiamo frequentarci più del dovuto!”

Elfman abbassò le braccia: “Immaginavo…”
“Bene! Ricordati però che sei al mio servizio, quindi sarò io a farmi viva in caso di bisogno.”

E ti assicuro che lo farò, diceva la sua espressione!

“Come vuoi allora, se ti occorrono i miei virili servigi, chiedi pure!”
Evergreen già se l’era lasciato alle spalle e aveva raggiunto il resto del suo team.

“Ciao, Ever! E così alla fine sarai mamma per davvero!” la salutò Bixlow, lingua in vista.

Freed, malgrado la spada appesa sulla sua testa, cercò di mantenersi dignitoso: “So che devi riscuotere la tua vendetta, Ever, posso solo sperare che non mi trasformerai in statua e mi lascerai ai piccioni?”

“Ancora non ci credo… Prima esci incinta, e poi questo patto… Umpf!”
“Vuoi un altro po’ di profumo, Laxus?” scherzò Cana buttandogli un’occhiatina.

“Umpf! Ad ogni modo, ti chiedo scusa per averti presa in giro, Ever.” fece il biondo, che col senno di poi si era deciso a mostrare un po’ di tatto.
“Sentite, non ne parliamo più per carità!” sbottò lei, massaggiandosi la fronte con due dita.

Laxus annuì: “Si, ormai già mi sta venendo a noia.”

“Forza, andiamo a trovarci un lavoro, ho bisogno di denaro.” proseguì lei, che, a differenza delle altre volte, faceva strada agli altri tre.

Che avesse fretta di trovarsi una missione e lasciare la gilda? Comprensibile; di certo aveva ancora addosso un bel po’ di imbarazzo, con gli occhi di tutti puntati su di lei.

Natsu fremeva ogni volta la guardava, Levi se per caso incrociava lo sguardo coi suoi stilosi occhiali ovali tornava sul suo libro fingendo di leggere avidamente, Cana beveva con un occhio al fondo del boccale e un altro alla sua pancia…

Magari passato un po’ di tempo, avrebbero fatto meno caso a lei.

Trovato un grosso, pericoloso e ben ricompensato incarico, degno del nome della Guardia del Dio del Tuono, che in quel caso avrebbe avuto il proprio divino in persona al seguito, i quattro si diressero in tutta tranquillità verso la porta.

“Ci divertiremo, vero bambini? È da un po’ che non facciamo la festa a qualche gilda oscura, eh?”
<< Distruggere! Distruggere! Distruggere! >>

“Uh?”

Evergreen, accortasi di aver fatto un passo più degli altri si fermò, e vide che il loro vecchio master si era piazzato come un ostacolo dinanzi il nipote.

“Dove pensate di andare?”

“In missione, no? Che ti prende, nonno?”

“E tu, Evergreen, ti unisci a loro?”
“Sono una Raijinshuu, mi pare ovvio.”

Allora Makarov le sorrise: “Mi spiace, tu non puoi!”
“C-che cosa?!”
“Nonno, di che cavolo parli?”
“Permettetemi di presentarvi il codice ufficiale della nostra gilda.”

Detto fatto, tirò fuori dal taschino un volumetto tascabile, che malgrado le dimensioni, al suo soffio tirò fuori tanta polvere da farli soffocare tutti e quattro!

“Fairy Tail è una gilda di libertà, quindi di regole ne abbiamo pochine e non sono nemmeno molto ferree, ma qualcuna lo è. Regola di Fairy Tail numero 24…”

Due colpetti di tosse, petto in fuori, testa alta!

“Cito: << Nessun membro di Fairy Tail in stato di gravidanza può partecipare ad alcuna missione, neanche quelle di difficoltà minima, per evitare stress e rischi per il nascituro. Tale divieto ha termine unicamente dopo il parto e il periodo di riposo ragionevolmente necessario che segue. >>

“……”

“In parole povere, cara Evergreen…” –continuò lui con un bel sorriso per rendere, o almeno provare a rendere, la pillola meno amara- “Niente missioni fintanto che sei incinta!”

“M-m-ma-ma… Non può farmi questo! È un sopruso!”

I restanti membri del team erano altrettanto contrariati, Laxus in primis: “Accidenti… E va bene, Freed, Bixlow, andiamo!”
“Cosa?! Tutto qui? Laxus!”
“Si?” si girò verso l’inseguitrice.

“Non fai nulla? Non protesti?”
“Beh, è una norma abbastanza ragionevole, non pensi?”
“M-ma-ma io che ci resto a fare qui? E-e come faccio per i soldi che mi servono? Tu hai quasi rovesciato questa gilda ed ora permetti questo!”

Laxus avvicinò il viso al suo con una delle sue migliori espressioni beffarde: “Sono sicuro saprai cavartela, sei una tipa piena di risorse, no?”

E la lasciò a balbettare a bocca spalancata, mentre la lasciava indietro.

Ormai Laxus aveva deciso di rimettere la testa a posto, figurarsi se avrebbe cercato di nuovo di rovesciare il nonno apposta per lei!

“La… La… Ma… Io… Io…”

<< Questa tra poco scoppia… >> pensò Cana scuotendo il capo!

“GRRRRRRR!”

E subito i suoi occhi pietrificanti andarono a posarsi sul responsabile di tutto!

“………”

Elfman deglutì, e un attimo dopo, lei gli era già arrivata addosso.

“QUESTA È TUTTA COLPA TUA!”

“Sigh…”
Tutto era colpa sua di quel periodo…

“E quindi ora per salvaguardare la salute del tuo moccioso io dovrei ridurmi a morire di fame in povertà?”

Gli batteva l’indice sul petto ed era così affilato e determinavo che Elfman si domandava se gli sarebbe rimasto il segno!

“Che intendi fare ora, mister uomo di su e uomo di giù? Ti prendi le tue responsabilità, no? È questo che hai detto che avresti fatto, giusto?”
“G-giusto!”
“Umpf, perfetto allora! Hai con te il tuo portafoglio?”

“S-si, eccolo!”

Mira ed Erza intanto assistevano alla scena dal bancone del bar.

“Povero fratellone, i suoi risparmi…”
“Non si può fare altrimenti, Mira. Anche se non sono sposati, Elfman si è imposto di provvedere ai bisogni di Evergreen fino alla nascita del bambino, e dato che ora lei non può lavorare, è suo preciso dovere morale provvedere al suo mantenimento.”

“Allora andiamo a fare shopping! Devo comprarmi un paio di scarpette nuove.”
Ed Erza cascò la mandibola: “SCARPETTE?!”

“E sarebbero quelli i suoi bisogni?”
“Beh?” –Evergreen lo trucidò col suo sguardo mortale- “Cos’è quella faccia?”
“Ehm, Evergreen, io pensavo che intendessi…”

“Umpf, non pretenderai che vada in giro con queste scarpe qui ancora a lungo! Sono della moda di sei mesi fa! Avrei comperato il nuovo modello al ritorno dalla missione, ma visto che per colpa tua non farò missioni per un bel pezzo, adesso io e te ci facciamo un bel giretto ai grandi magazzini di Magnolia, come una bella coppietta, contento vero? Uh uh uh uh!”

“Quella… è un diavolo…” mormorò Erza con gli occhi strabuzzati.

“Povero il mio fratellone!” piagnucolò Mira.

“Su, alzati, hop hop!”

“Sigh, eccomi…”

 

Ben tre ore dopo, Evergreen tornò canticchiando alla gilda, seguita a pochi passi da un mulo coi capelli bianchi le cui braccia erano occupate da una decine di buste grandi e piccoli, e non contenta Evergreen gli aveva fatto portare sulla schiena una statua di gesso di un unicorno per la sua collezione.

“Ah, che soddisfazione rifarsi il guardaroba!”
E trovava ancora più soddisfacente farlo a spese d’altri!

“Evergreen, non puoi approfittartene così!” protestò Lisanna.
“Esagerata! Non gli ho mica fatto spendere tutti i soldi!”

Poggiata a terra la roba, Elfman ricontrollò il proprio portafoglio. In effetti capovolgendolo qualche moneta usciva ancora!

“E poi ora non avrò bisogno di compere almeno per un bel po’, quindi gli ho tolto subito il pensiero!”

Si girò verso Elfman che ancora coccolava con gli occhi lucidi i pochi rimasugli del suo patrimonio: “Tanto lui è contento di essere al mio servizio, non è vero?”
“Certissimo!” fece lui, pronto a pompare i bicipiti.

“Bene, allora sii gentile, vai al bancone e prendimi un succo di frutta, tutto questo camminare per negozi mi ha stancata!”
“Agli ordini!”

Macao e Wakaba scossero il capo, ma solidali: un altro uomo che si era fatto mettere il berretto in testa da una donna!

Evergreen si sedette come nulla fosse tra gli sguardi di pietà, tutti per il suo galoppino, e le guance gonfie e borbottanti delle due “cognatine”, tutti per lei.

“Visto che questa situazione è un autentico disastro, tanto vale che cerchi di rendermela in qualche modo piacevole, umpf!”

 

E così, iniziarono i mesi della gravidanza forzata per Evergreen e quelli della servitù obbediente per Elfman.

Evergreen, impossibilitata a lavorare, cominciò a farsi vedere alla gilda tutti i giorni, sicura di trovarvi sempre il fedelissimo Elfman, che senza fiatare chinava il capo ad ogni sua richiesta. Esattamente come lei, anche lui si ritrovò a non poter più lavorare, un po’ per scelta volontaria di restarle accanto e di condividere le sua difficoltà, un po’ perché anche volendo starle dietro lo affaticava già abbastanza!

Un encomiabile esempio di solerzia ed abnegazione per la madre di suo figlio! Sembrava un cavaliere sempre pronto a rinnovare la proprie devozione alla sua nobile (e pretenziosa) signora!

 

“Elfman, ho caldo, sventagliami!”
“Agli ordini!”

 

“Elfman, c’è una mosca che mi da fastidio! Distruggila!”
“AGLI ORDINI!”
E nello schiacciarla ridusse in pezzi una povera sedia…

 

“Elfman, indossa un tutù rosa!”

“A-a-a-agli…”

“Umpf, tranquillo scherzavo, volevo solo vedere se lo facevi sul serio! Ah ah ah!”
“Fiuuuu!”

 

Tuttavia, Evergreen scoprì presto che vedersi con Elfman tutti i giorni significava vedersi anche con le sue sorelle, e queste, malgrado le complicazioni tra lei e il fratello, sembravano avere tutta l’intenzione non solo di andare d’accordo, ma di legare!

Perché quand’anche non aveva bisogno di nulla, e voleva starsene per un po’ per conto sue, eccole piombare su di lei!

“Ah, eccola qui, la mia cognatina!”

“N-non chiamarmi così!” balbettò Evergreen, che sentitasi abbracciare da Mira era stata colta dai brividi! E non contenta questa iniziò a fare guancia contro guancia e a ridere con quella sua vocina dolce!

“Non mi importa se sei contraria a questo pupetto, sei comunque la ragazza del cuore di mio fratello, e sei tu che mi farai diventare zia!”

“Urgh, sono contenta per te!” disse quando finalmente la mollò!

Purtroppo anziché andarsene le si sedette accanto: “Ih ih, hai ancora le nausee?”
“Stanno passando… In compenso ieri ho avuto un po’ di insonnia, oggi mi sento i seni doloranti, e adesso sono tormentata da un angioletto bianco in gonnella!”

Mira inclinò innocentemente il capo: “Uh?”

“Uffa! E siamo solo agli inizi! Non solo lo lascio stare nel mio corpo, lui mi ripaga mettendomi a soqquadro!”
“Eh eh eh, alla prima gravidanza credo che la pensino così in tante!”
“Beh, io lo penso di più!” –iniziò a sbracciarsi la neo-mamma- “Questo marmocchio è solo una dannatissima miniera di problemi!”

“Oh, suvvia, non sei gentile a dire così…”
“Umpf…”

L’istante dopo il vetro dei suoi occhiali fu sul punto di crepare dinanzi a degli assatanati occhietti.

“Ritira quello che hai detto…” le impose un sibilo venuto dritto dall’inferno…
“… Ritiro!”
Mira si allontanò: “Ih ih ih!”

<< C-che paura! Ma perché doveva capitarmi Mirajane come cognata?! SIGH! >>

 

Tra le due, Lisanna le andava decisamente più a genio: era meno appiccicosa e meno schizofrenica…

“Sicura che non ti piacerebbe provare a fare la mamma? È un mestiere che da soddisfazioni, sai?” glielo diceva una che l’aveva provato (in un certo senso…)!

Evergreen si irrigidì subito: con quella pelle d’oca sembrava si fosse trasformata in un cactus per respingerla!

“Urgh… No, grazie!”
“Posso capire che tu non sia abituata a prenderti cura di qualcuno che non sia tu…”
“Come?”
“N-non intendevo in senso negativo!” –si chiarì facendosi scudo con le mani- “Intendevo che ti manca esperienza! Perché non provi a prenderti un animaletto domestico?”

“Uhm… Una volta avevo un cane.”
“Oh, davvero?”

“Si, ma abbaiava troppo e sporcava, quindi l’ho trasformato in pietra; adesso lo uso come fermaporta.”

“……”
“Umpf, scherzo, l’ho solo dato in adozione. Anche se prima l’ho pietrificato volentieri un paio di volte, quel botolo!”
Lisanna, terrorizzata, era corsa a stringere forte Happy, e carezzava la sua testolina pelosa come per assicurarsi che Evergreen non avesse pietrificato pure lui!

“Happyyyyyyyyyyy…”
“Si, Lisanna?”

 

Di fatto, era passata da un opposto all’altro: dall’avere tutti contro all’avere tutti al proprio servizio. Purtroppo l’eccessiva premura di quelle due divenne ben presto invadente.

 

“Qualcuno ha idea di chi ha sostituito le mie lacrima-musicali con questa roba sdolcinata?” sbraitò Ever uscendo fuori dalla sua stanza di Fairy Hills.

“Siamo state noi!” –confessò Mira, fuori dalla porta insieme alla sorellina, tutte e due sull’attenti coi sorrisetti pucciosi- “Abbiamo letto che i bambini diventano più intelligenti se ascoltano musica classica, perciò…”
“RIPORTATEMI INDIETRO LA MIA MUSICA!”
“Su, non ti agitare!” –la carezzò Lisanna su una spalla, porgendole poi una tazzina fumante- “Tisana?”

“Da dove l’hai tirata fuori?!”

“Bisogna sempre avere una tisana a portata di mano per controllare lo stress quando si è mamma: così il tuo piccino uscirà fuori sano e forte!”

“Ti abbiamo anche preso queste riviste per le donne incinte, ci sono un sacco di consigli!”
“Dai, leggiamole un po’ insieme!”
“Aiuto! Sigh!” implorò Ever mentre le due l’afferravano portandosela via!

 

I primi tempi passarono così, tra un ordine ad Elfman qui, e un assillo delle cognate là. Finché non arrivò il marchio definitivo della sua nuova condizione…

IL PANCIONE!

 

La mattina, puntale, Ever arrivò alla gilda, badando di mettersi controluce, con il volto semicoperto dal ventaglio per darsi un’aria pericolosa e misteriosa. Poi, col suo collaudato passo sinuoso finalmente fece il suo ingresso…

E poi, dopo aver retto la posa plastica un paio di secondi, scoppiò in lacrime!
“CHI PRENDO IN GIRO?! SONO UN PALLONE! SIGH!”

Come nascondere quella pancia divenuta un’accogliente e soprattutto ENORME suite a cinque stelle?

Ormai non entrava più nei suoi vestiti, che si tendevano all’inverosimile pur di contenerla, e che invece in tal modo la facevano risaltare ancora di più.

“La mia leggiadria… La mia leggerezza di fata… La perfezione delle mie forme… è sparita… Non mi guardate…”
“Evergreen, rialzati per favore…” le dissero indifferenti Gray, Natsu e Lucy in coro.

“Non avete un briciolo di pietà! Osservate come mi sono ridotta! Ero così perfetta, un capolavoro, ed ora sono tutta strabordi! Guardate!” –esclamò indicandosele- “Anche le mie tette si sono ingantite! Mi sto trasformando in una grossa e grassa mucca!”

“Beh, è normale prendere peso in gravidanza, e poi il seno lo avevi già grande da prima.” fece Erza mentre copriva con una mano gli occhi a Gray e con l’altra a Natsu.

“Sono sformata! Tutte le mie linee e le mie curve sono distorte! Ero una statua scolpita ed ora sono arte astratta!”

E inginocchiatasi si lasciò illuminare da un cono di luce dal soffitto, mentre tutto intorno era oscurità!

“Oh, me misera…” declamò.

“Andiamo!” –sbraitò Natsu, riportandola dal palco alla realtà!- “Che dovrebbe dire allora Reedus? È talmente grosso che di bambini potrebbe contenerne una dozzina!”
“Lui non è grasso sul serio, cretino!” gli fecero notare.

Ever alzò di scatto la testa e, puntato Reedus, i suoi occhiali ebbero un flash!

“Oui?!”

“Oh, Reedus… Buon vecchio, caro Reedus…” -disse avvicinandosi, sempre con fare da regina della tragedia- “Tu che mi ritraesti così fedelmente quando la mia bellezza ancora accecava tutti! Conservi ancora qualche mio ritratto, vero?”
“Oui!”

Provò a mettere mano alla borsa, ma Ever si coprì il volto: “No! Non mostrarmi il mio ormai passato splendore! Farebbe solo male! Tieni per te il ricordo di questo fiore ingrassato!”

“Ora sta esagerando…” commentò Macao con una gocciola dietro la testa.

“Si, però…” –Erza si fece uscire gli occhioni lucidi- “Ha talento! Una vera star! Sarebbe un onore recitare con lei!”

“Levatelo dalla testa!” protestò il suo team!

“Mi raccomando però, buon Reedus… Non ti azzardare a ritrarmi in questo stato oppure ti riduco in sabbia e ti faccio diventare una lettiera per gatti!”
“O-o-o-oui!”

“Evergreen, smettila di terrorizzare Reedus! E comunque non sei ingrassata!”
“No, ho solo una grossa zavorra rotonda su un fisico da modella, ancora peggio! Sembro uno scherzo della natura! Anzi, non è questo il lato peggiore…”

Il lato peggiore le tornò in mente quando, finalmente, incrociò gli occhi puccettosi di Mira e Lisanna!

“Ci risiamo!”

Con uno scatto le arrivarono addosso, e inginocchiatesi, presero ad abbracciarle il pancione ciascuna dal suo lato!

“Ah, che meraviglia pensare che qui dentro c’è una vita!”

“Così tondo, così bello! Proprio come un ovetto!”
Prima una mucca, ora una gallina, fantastico!

“Siete insopportabili, sapete?” digrignò i denti Ever, rossa per l’imbarazzo.

“Come stai lì dentro, piccolino?”

 “Scommetto non vedi l’ora di uscire fuori e farti sbaciucchiare tutto, vero?”

“U-u-uscire?!”

Ogni volta le si ricordava di quel momento a venire, Ever andava nel panico più totale. Anche quella volta, pur non di non pensarci, se la prese con le cognatine.

“MI VOLETE MOLLARE?!”

Le buttò all’aria e si lasciarono dietro una scia di cuoricini!

“Questa è la mia pancia, smettetela con queste idolatrie!”
Si girò e trovò stavolta Elfman. Anche lui con gli occhioni pucciosi!

“……”

Elfman la stava supplicando con gli occhi!

“…… Uffa! E va bene, vieni a sentire!”
“Grazie, Ever!”
“Non chiamarmi Ever!”

Non la ascoltò; l’unico suono che voleva ora sentire era quello del piccolo muoversi.
“E voi che avete da guardare?!” gridò intorno a sé affinché potesse arrossire in santa pace mentre Elfman le poggiava l’orecchio sull’ombelico.

“… Umpf!”
“Dai, ometto, se ci sei batti un colpo!”
“Tutti a parlare con la mia pancia, ma si può sapere che… UH!”

Un calcetto!

“Wow! Hai sentito Ever che forza che ha? È un vero duro!”

“Già…”

Era visibilmente scossa: deve essere davvero impressionante percepire davvero che qualcosa sta esistendo, insieme a te e con te, in questo momento.

Si carezzò le braccia cercando di attenuare i brividi: era già così diverso da quando era una “lenticchia”.

 

Col pancione, Evergreen scoprì ancora altri fastidi dell’essere incinta di cui tenere gli altri puntualmente aggiornati.

Tanto per cominciare, come detto, c’era il fastidio del vestiario…

“CHE… COSA SONO… QUELLI?!”

“Vestiti da gestante!” -ridacchiò Mira- “Non puoi continuare ad indossare i tuoi soliti vestiti, si strapperanno!”
“Ma… sono così… poco alla moda!”
Una tuta rosa e grigio chiaro con un cuoricino sul petto: si vedeva che l’aveva scelta Mira! Ma quello che la disturbava, oltre alla banalità, era che Mira continuasse a tirare l’elastico dei pantaloni per mostrare la capacità adattativa!

Più li allargava e più le cascava la bocca: quanto grossa era diventata in effetti?!

“GIAMMAI! Mai mi metterò quella roba addosso, io Evergreen, la cui eleganza pietrifica d’invidia le altre donne! Non mi ridurrò mai a tanto!

Uno dei bottoni del suo solito vestito verde schizzò via, rimbalzò su Reedus e centrò Freed in piena fronte, tramortendolo…

“……”

Cinque minuti dopo…

“Beh, sono comodi no? A mali estremi…” disse l’occhialuta, sforzandosi di vedere il lato positivo.

“Con questi accarezzarti il pancione è ancora più bello!”
“Questo cotone è così caldo e morbido!”
Le scagliò nuovamente per aria: “STACCATEVI VOI DUE! NON POSSO ABBASSARE LA GUARDIA UN ATTIMO?!”

Abbassò gli occhi…

“Cucci-cucci-cùùùùù!”

Era Bixlow, Bixlow che faceva linguacce e versi idioti al pupo…

Tradita dal suo stesso compagno di squadra, si coprì il volto con il braccio: “Anche tu Bixlow…”

E poi lo pietrificò e lo usò per due giorni come fermaporta. Peccato la cosa non fosse servita a far desistere anche Lisanna e Mira!

 

Poi c’era il fastidio del peso…

“Forza, pelandrone!”
“Anf… Si, signora!”

Poiché abitava ad un primo piano, sia a casa sua che a Fairy Hills, prese ben presto l’abitudine di ricorrere ad Elfman per farsi portare in braccio su per le scale! Con tutta quella zavorra si stancava subito, e le sue povere gambe non reggevano, e poi affaticarsi faceva male al bambino, eccetera… Tanto bastava per darsi nuovi privilegi!

“Elfman, gli uomini non possono entrare qui nel dormitorio!”

“Oh, calma i bollori Erza! Non è qui come uomo al momento, è qui come mezzo di trasporto!”

“Un mezzo di trasporto molto uomo!” volle correggere lui, che si beccò un colpetto di ventaglio in testa.

“Meno chiacchiere e più portare! Hop hop! Sei o non sei un uomo grande e forte?”

Elfman per tutta risposta iniziò a prendere i gradini a quattro a quattro!

“LO SONO! URYAAAAHHH!”

“IDIOTA, IL PIANO GIUSTO È QUELLO DI SOTTO!”

 

Di pari passo con il peso arrivò il mal di schiena…
“Uuhhh… Troppo peso davanti… La mia povera schiena…”

Intorno a lei si sentì sbuffare: mai che tenesse per sé i suoi guai, come se tutti dovessero sentirsi in pena per lei!

Elfman invece, che mai faceva simili pensieri, si rimbocco le maniche: “Eh eh! Lasciami indovinare Ever, vuoi un massaggio?”

“Da te?! Giammai!”
“Ma io so essere molto delica… cioè, molto maschio se mi fai provare!”

“Con quelle mani enormi e quella forza bruta che ti ritrovi mi spezzeresti!”
“Sigh… Vuoi che ti porti da un professionista?”
“Ecco, si, potrebbe essere una…”

Lo vide guardare dentro il suo portafogli e farsi piccolo piccolo…

“Sai, ripensandoci mi va un massaggio “maschio”.”

Elfman si riprese!

“Si, ma fai piano! Guarda che io ti… Uuuhhh… Però… Ci sai fare a letto, coi massaggi, cucini bene le omelette… Qualche altro talento?”

“Una volta ho insegnato al mio parrocchetto a parlare.”
“Mhmmm… Non mi dire… Ce l’hai ancora un parrocchetto?”

“No… Mi ci sono… seduto sopra per sbaglio…”

“……”
Evergreen lo ricorse per dieci minuti prendendolo a ventagliate: “MOSTRO! E IO CHE MI SONO AFFIDATA A UNA SIMILE BESTIA!”

“SIGH!”

Chi dei due era la bestia in quel momento?

 

Ed ovviamente, senza nulla togliere alla tensione al seno, la fiacchezza, i pruriti, c’era il fastidio più terribile... per Elfman!
LE VOGLIE!

 

“Gelato ai gamberi!”

Elfman, che non aveva mai ancora visto una crisi da voglia, batté le palpebre: “Eh?”
“VOGLIO IL GELATO AI GAMBERI!”

A quel ruggito seguì il suono di una vena che le esplodeva in fronte!

“Intendi gelato coi gamberi sopra? Piace anche a me!” disse Happy, che però, trovandosi nel suo raggio d’azione venne acchiappato per la testa!

“GRRRR! Non so dire il perché, ma se non mangio subito del gelato al gusto di gamberetti scoppio!” e mentre lo diceva stritolava tra le mani il povero gatto blu!

“Elfman! Trovale subito quel gelato o farà secco Happy!” fece Lucy tirandolo per una manica.
Elfman scattò sull’attenti: “Agli ordini! Corro!”

“GRRRRRR! Perché sono così nervosa? Mi rende nervosa essere nervosa! Portatemi il mio gelato!”

Elfman glielo portò, ma dovette girare in lungo e in largo per mezza città, e al ritorno trovò Ever che per distrarsi aveva annodato le code di Happy e Lily e si accingeva a fare lo stesso con Charle, nonostante Wendy cercasse di fare scudo alla gattina col proprio corpo!

E dovette pure subire la furia di Gazille!

“Senti tu! Se questa te la sei messa incinta sono cavoli tuoi, ma tieni il mio gatto fuori, intesi?”

“Sigh, intesi…”

 

Le voglie intermittenti di Evergreen non conoscevano orario…
“Zzz…”

“ELFMAAAAAAN!”

“?!?!?”

Su richiesta di lei, il master Makarov aveva imposto un incantesimo di legame vitale tra i due, in modo che quando troppo lontani, in caso di bisogno, Elfman sentisse la voce della sua adorata Ever nelle orecchie… anche alle due del mattino!

“Voglio altri gamberetti! E li voglio fritti!”
“Fritti? Ma… non pensi ti faranno ingrassare?”
“LO SO! GRRRR! NON FARMICI PENSARE! TI FARÒ SCONTARE OGNI CHILO CHE METTERÒ SU! MUOVITI!”
“Sigh!”

 

Fu dura adattarsi anche a quello, ma fatto trenta, si fa anche il trentuno; fatto lo shopping e fatto il portantino, cosa poteva essere di più?

 

“Ecco…” –sbadigliò lui- “Questo è l’unico locale che serva gamberetti alle due del mattino…”
“Molto bene! La tua padro… Cioè, la tua protetta ti è riconoscente!” scherzò lei davanti una montagnola di gamberi fritti nel suo piatto.

“Mangia pure, io…”
GNAM! GNAM! GNAM!

“Mi appoggio un po’.. Zzz…”

“……”
Fermò le mascelle: poverino, era piombato subito giù…

Si guardò intorno: a causa della sua voglia erano gli unici due cretini ancora a mangiare a quell’ora.

Elfman si era addormentato con la bocca semiaperta, ed ebbe l’idea di infilarci dentro un paio di gamberetti… Con gran sorpresa, iniziò a masticarli nel sonno!
“… Eh eh eh!”

 

I messi passavano, come interminabili, tanto per lui, quanto per lei. Con quel tempo che sembrava prendersela comoda con loro, non restò che farsi piacere quello stile di vita il più possibile.

Casa e gilda, servizi e reverenze, dolori e voglie: la nuova realtà in cui, con un po’ di difficoltà, tanto Ever quanto chi gli stava attorno si adattò a vivere.

 

“Elfman, per favore, vammi a prendere una copia del settimanale Sorcerer, voglio dare un’occhiata!”
“Agli ordini!” rispose come sempre il suo albino galoppino.

“Uffa, è da un sacco di tempo che non vado dal mio parrucchiere!” attaccò lei bottone, ormai assuefatta all’avere Mirajane intorno.
“Come mai?”

“Io… Mi vergogno… Mi vergogno del mio pancione, ecco! Lo so che non ti fa piacere sentirlo, ma… mi mette a disagio farmi vedere da lui o da gente che conosco in questo stato.”
“Ih ih ih, non vergognarti di vergognarti! Posso pensarci io!”
“Tu?”

“Si, quand’ero più piccola facevo io i capelli ai miei fratelli!”

“Ehm, io non so se…”
“Dai, non fare la timida, cognata! Lisanna, mi vuoi assistere?”
“Con piacere!”

E così, ingannando l’attesa con la copia della rivista portatagli da Elfman, Evergreen si lasciò rimettere a posto la chioma da un insospettabile parrucchiera Mira.

“Fatto!”
“Wow, sei uno schianto, Ever!” fece Elfman prima ancora che potesse guardarsi allo specchio.

“Umpf, adulatore!” -si crogiolò lei- “Non male davvero… Quindi facevi tu i capelli anche ad Elfman?”
“Vero!” –confermò Lisanna –“Lui li portava sempre così!”

“Ehi! Lisanna, aspetta!”

“Uh? … AH AH AH! TU AVEVI QUEI CAPELLI, ELFMAN?!”

“Urgh!”

Il pettine tra le dita di Lisanna brillò soddisfatto del lavoro compiuto: le punte ribelli di Elfman si erano calmate nell’ordinata riga in mezzo di quando era ragazzino!
“AH AH AH! Complimenti, davvero un taglio signorile! Molto fine, ah ah ah!”
“Bah!” si passò una mano e tornarono su come prima, ma non per questo Ever smise di ridere.

Meglio così, pensò.

 

Quegli attimi in cui rideva erano solo una pia illusione, ma quella illusione voleva godersela, così come si stava godendo quei disastrosi mesi avanti e indietro ai suoi ordini.

Quando la vedeva ridere, sorridere, o offrirgli un gamberetto dopo averlo visto tutto sudato per le tante corse, poteva supporre che non lo odiasse più per ciò che le aveva fatto, o almeno non più di tanto.

Poteva pensare che, alla fine, avrebbe mandato al diavolo il patto.

Poteva sognare che non sarebbe stato un padre solo.

Non gli costava nulla.

 

Otto mesi erano già quasi passati.

Lui continuava ad obbedire

Il bimbo continuava a farsi attendere.

Ed Evergreen a ordinare e a lagnarsi.

 

 

 

Ne abbiamo proprio viste di cotte e di crude in questo capitolo! La gravidanza si è rivelata una miniera di spunti con tutti i suoi fastidiosi effetti collaterali
Beh, chi di una vita vuol gioire, un po’ deve soffrire!
Forse vi aspettavate che i mesi del pancione durassero qualche capitolo, invece io ho preferito condensarli tutti in un tassello più lungo; sebbene sia una long fic, nei miei piani non c’è di farla troppo lunga!

Dopo le feste restate ancora con noi, perché altre emozioni sono in arrivo, gente!

 

Ed ora, visto stavolta è certo non scriverò altro prima della santa festività, vi faccio nuovamente tantissimi auguri, sperando che le vostre feste siano serene.
E anche se non lo sono, per voi o per chi vi sta intorno, ricordate che l’atmosfera, se non c’è, la si può creare, se si ha forza d’animo, amore e voglia di dimostrarlo!

 

Buon Natale dal vostro amico fanficciaro, NaruXHina, o NaruHina91, o, se anche volete, TonyCocchi!

 

^__^

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Capitolo 7
*** Davanti lo specchio ***


Elfever specchio

Salve a tutti! Fatte buone feste? =)

Come sempre, lo spero proprio! C’è bisogno di attimi di serenità e di famiglia nella vita dei nostri giorni, che anche quando sembra facile è difficile e sempre pronta a sfidarti.

Come abbiamo visto, la vita ha sfidato Elfman ed Evergreen alla prova dei genitori, prova accettata dal primo e rifiutata categoricamente dalla seconda.

I nostri due protagonisti non hanno quasi fatto in tempo ad abituarsi, l’una alla “dolce” (si fa per dire…) attesa, e l’altro alla viril servitù, che il grande momento è ormai in dirittura d’arrivo. Come non ricominciare a pensare a quel che sarà dopo?

Ma davvero non è possibile risparmiarsi tanti casini?

Lungo il capitolo ho inserito dei link: un paio sono colonne sonore nel caso vogliate un po’ di atmosfera (sono i pezzi che ho ascoltato nello scrivere XD), un altro è una pagina del manga che vi servirà da chiarimento diciamo…

Buona lettura a tutti!

 

PS: GAZILLE  X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=xZoUTMlAJYU

 

Capita di non avere un bell’aspetto la mattina, ma un tempo l’effetto risveglio non era capace di tanto.

O almeno così pensò Elfman davanti la specchiera del suo bagno.

Si teneva su solo grazie al lavandino che dava un appoggio alle sue braccia stanche: scarrozzare Ever in braccio, ogniqualvolta lei ritenesse lo spostamento da sé troppo gravoso per una gestante, aveva tenuto ben allenati i suoi muscoli malgrado la scarsità di missioni e allenamenti.

Non si ricordava a quanti mesi risaliva l’ultima tornata di flessioni fatte decentemente, senza interruzioni per andare in cerca di gamberi o altri assilli da soddisfare.

Si stirò le occhiaie con le dita e poi si rinfrescò il volto con acqua gelida.

Come aveva potuto ridursi così? Non era per niente virile quello stato!

Perché non cacciava un po’ di spina dorsale e si ribellava a tutto ciò?

Tutti coloro che osservavano la sua recente vitaccia da fuori gliene avrebbero concesso il diritto. Con questa storia del prendersi le sue responsabilità, Ever stava andando veramente oltre i limiti!

Trasportare statue, scattare ad ogni schiocco di dita, farsi prosciugare il portafogli…

E poi guardarsi la mattina e non riconoscersi tanto si è flaccidi.

Ci doveva essere una ragione per tutto ciò…  

E infatti c’era!
Era innamorato!
“Umpf!”

Quel pensiero gli restituì l’energia, e con gesti vigorosi prese il suo spazzolino dal bicchiere e strizzò il tubetto del dentifricio.

Si buttò sui suoi vestiti, li indossò, salutò le sorelle e corse, come tutte le mattine, alla gilda, dove era sicuro di trovarla già ad attenderla!

Nessun uomo farebbe ciò che faceva lui.

A meno che non avesse il più serio dei motivi per farlo!

Ed Elfman aveva ormai capito che non c’è cosa che ti renda più uomo che rinunciare volontariamente a fare l’”uomo”, unicamente per quel motivo!

 

“Buongiorno ragazzi! Buongiorno Ever!”

“Te l’ho detto mille volte: EVERGREEN!”

“Eh eh, scusa, è che è più corto e… Tutto a posto?”

“Le solite noie, ma ormai le conoscerai a memoria…”

“Altroché…”
“Allora non perdiamo tempo: devo fare un po’ di spesa, ho la credenza vuota. E mi serve anche del balsamo!”
“Cosa aspettiamo quindi?”

“Uh!”

Come al solito nel sollevarla si rivelava un po’ brusco, ma mai maldestro. Ever si stiracchiò: era così grosso che farsi tenere da lui sembrava davvero viaggiare in lettiga.

“Ciao a tutti, ci vediamo dopo!”
“Sbrighiamoci: all’emporio del quartiere est ci sono gli sconti mattutini!”
Sentendo parlare di sconti, Elfman allargò subito le falcate.

“Ehi, piano!”
“Ma non andavi di fretta?”
“E gli scossoni? Vai di fretta, ma leggero, devo spiegarti tutto?”

“Di fretta, ma leggero? Ehm…”
“Passo veloce, ma aggraziato… Più aggraziato… Ecco, così…”
“Ehm, Ever, non è molto virile correre in questo modo…”

“Corri come ti pare allora, basta che non mi scompigli troppo i capelli!”
“Sissignora! Eh eh!”

“Che ridi?”
“Niente!”

 

Elfman accompagnò Ever a rifornire la sua credenza e a comprare il balsamo, e un altro paio di cosette già che c’erano… Poi tornarono a casa di Ever a posare la spesa, dopo il pranzo di nuovo alla gilda, poi Ever ebbe voglia di fare una passeggiata, durante la passeggiata Ever si ricordò di una mostra di scultura e volle dare un’occhiata, e dopo ancora, volle fermarsi a vedere dei nuovi modelli di occhiali da sole dal suo ottico di fiducia.

E alla fine, Elfman passò tutto il giorno con lei ancora una volta.

 

http://www.youtube.com/watch?v=yHXw_jf_jH4

 

Fattasi sera, il pianerottolo dell’appartamento vide comparire, dietro l’orizzonte delle scale, prima delle punte bianche, poi i lunghi capelli castano chiaro e mossi alla fine della sua proprietaria.

I due apparivano e scomparivano, si alzavano e si riabbassavano, su e giù, mentre quelle robuste gambe salivano, lente un gradino per volta.

Ora Ever non aveva più fretta e il passo stanco di Elfman era come una culla per lei; anche la scala del condominio, silenziosa, abbacchiava entrambi di una dolce sonnolenza.

“Eccoci qui.” mormorò lui, facendo scorrere la mano dietro le sue gambe per farla scorrere fino a terra come su uno scivolo.

“Grazie.”

La donna fece due passi verso la porta mentre cercava le chiavi, seguita a ruota dall’enorme albino e dal suo respiro affannato.

Trovate le chiavi, si girò: Elfman riprendeva fiato, asciugandosi il sudore sulla fronte tra un soffio e l’altro, ed aspettava il momento dei saluti con un sorriso.

Scosse il capo e sospirò: “Ah, Elfman… Ma chi te l’ha fatto fare?”
Elfman ridacchiò: “L’averti messa incinta, no? Suppongo sia la mia, come la chiamano, “punizione divina”, eh eh eh!”
“Umpf!”
Finalmente riusciva ad ammetterlo che la sua scelta eroica non era così facile da sopportare! Evergreen rise insieme a lui, contenta di sentirlo almeno un pochino vicino a sé: il guaio quindi non era solo suo, perché era proprio lei la sua giusta razione di guai, in quella indesiderata gravidanza che aveva tenuto uniti ancora a lungo due che stavano per scollarsi.

“Eh eh, però dai, ci sono castighi peggiori di quelli che ti fanno stare appiccicato alla donna che…”
“Alt! Alt! Eh eh, fermati ora Elfman: lo sai come la penso sulle smancerie.”

Elfman alzò le mani e annuì: “Umpf!”

Il silenziò che seguì amplificò il lungo sospiro della donna che assaporava quel momento di tregua.

“Ever, io non credo che tu saresti una cattiva mamma.”

Ecco, addio tranquillità. Però stavolta non esplose, non ribatté a tono. Si limitò ad incrociare le braccia e abbassare la testa, senza rispondergli.

Elfman la aspettò un po’, e, preso coraggio disse: “Ever, sei sicura di voler portare fino in fondo il patto?”

“……”
“Sei davvero sicura… di non voler avere niente a che fare con nostro figlio? Lo so che ti sto facendo arrabbiare, ma… vorrei sentirlo di nuovo, adesso.”

Non era arrabbiata: la giornata era stata lunga e la risata di pochi secondi prima le aveva tolto la voglia di innervosirsi.

Guardò Elfman in quei piccoli occhi scuri al centro di quel grosso sciocco testone.

Mancava ancora poco ormai, alla sua libertà.

Doveva aspettarselo da lui, a quel punto, quel nuovo tentativo.

E proprio come in camera da letto, più o meno sette mesi prima, non doveva lasciarsi intenerire; il suo cuore doveva restare di pietra, per dirgli la verità, e togliergli altre illusioni futili.

Lei era Evergreen, niente mezze misure: o le andavi a genio, o finivi pietrificato. Così era sempre stato, con tutti gli uomini che aveva avuto.

Gettò fuori un sospirò ancora più lungo.

Rialzò gli occhi.
“Si.”

“…… Ho capito.”

Pensando stesse per partire la scena madre con lui che va via a testa bassa, girò la faccia da un lato, ma così facendo gli espose la guancia, e lui ne approfittò.

La baciò lì, contro ogni sua previsione.

“Umpf!”
Sorrideva ancora.
“Ciao, Ever, a domani!”

Mise le mani in tasca e scese le scale in modo del tutto normale.

L’aveva chiamata Ever, ora che ci pensava, e l’aveva fatto anche prima, solo che si era dimenticato di farglielo notare.

Girò la chiave nella serratura, e nel chiudere la porta, si girò di nuovo, a fissare le scale.

Sbuffò: “Che cretino…”

 

Poggiò i piedi sulla bilancia, allungò la testa in avanti e trascorse il successivo minuto, o forse i successivi due, a constatare quanto un simile numero non fosse stato mai da lei accostato al proprio peso, nemmeno nei suoi più terribili incubi!

“……… Sigh!”

Ma non poteva farsi venire voglia di fagiolini di soia?

Poteva capire che dovesse mangiare per due, ma quel “due” sembrava mangiare per altri tre! E a lei non piaceva essere diventata tanto vorace: dove si era mai sentita una fata che si strafoga di gamberetti fritti, per non parlare di tutta la salsa che non riusciva a non mettere sopra.

Imprecando silenziosamente andò in cucina; il verdetto della bilancia le aveva in realtà fatto perdere l’appetito, così si preparò, per calmarsi, una camomilla al cinnamomo (era un buongustaia).

Si diresse poi verso la sua stanza da letto, carezzando, lungo la strada, una statua decorativa a forma di pegaso su di un comodino.

Camera sua era silenziosa come il resto della casa, dove viveva da sola; la lampada elettrica sul comodino, intiepidita dal paralume, era, in quel momento, l’unica fonte di luce, anche se dai vetri della finestra si vedeva un buio serale puntellato di tantissime stelline e luci nelle case della città.

Poggiò la tazza vuota sulla cassettiera e si distese un po’ sul letto.

Quello le sgomberò la mente per un po’; ma poi vide il profilo della sua ombra sul soffitto e le saltò nuovamente la mosca al naso! Ed abbassare lo sguardo non avrebbe risolto nulla, avrebbe solo avuto quella grossa gobba anteriore ancora più davanti gli occhi!

Batté le mani sul copriletto e si rialzò.

Non aveva ancora provato a usare la magia del volo da quando si era scoperta incinta anche per la paura di scoprire di non riuscire a sollevarsi da terra.

Strinse i pugni stizzita e si rivolse allora allo specchio.

Era uno specchio di quelli grandi e spostabili, di forma ovale, con la quale i suoi occhi potevano cogliere ogni parte del suo corpo e gioirne. Anche col pancione continuava ad entrarci tutta, ed già era qualcosa, ma da lui non si aspettava certo più pietà di quanta ne avesse avuta la bilancia.

Un tempo si metteva lì davanti per far sì che trasparisse il meglio del meglio da quel corpo benedetto, per vedersi pian piano, durante le sue meticolose, quasi sacre, preparazioni mattutine, sbocciare e splendere.

Poi era stata ingravidata, e quello specchio le aveva mostrato un altro tipo di trasformazione, ben più radicale.

Aveva osservato, attonita, colma di preoccupazione e rabbia, la sua figura trasfigurarsi; giorno dopo giorno era passata lì davanti, anche un solo secondo prima di distogliere tristemente lo sguardo, a vedere la sua pancia crescere, crescere, crescere sempre di più, pregandola di fermarsi, di non andare oltre.

Ora era davvero enorme, ma non cresceva più, ed era sulla via di togliersi da i piedi, finalmente!

Si osservò, con un lato del corpo illuminato e l’altro immerso nella penombra: com’era ridicola con quei vestiti! Non faceva altro che indossare quelle stupide tute, che la arrotondavano ancora di più, mentre il suo guardaroba ricchissimo di sfarzo piangeva abbandonato nell’armadio.

Si guardò di profilo, di tre quarti, si piegò un po’ in avanti, ma temendo che quel peso avrebbe potuto trascinarla giù scattò subito indietro!
Tutto inutile, qualunque possa provasse ad assumere non si piaceva più nemmeno un po’, quasi non si sopportava da sola!

Non era più lei! Non era più Evergreen!
Si tolse la tuta e lasciò scoperto il pancione, per osservarlo direttamente.

Ancora più abbattuta, lo afferrò tra le mani come un pallone: << Speriamo non mi vengano le smagliature! Oh, ti prego, fa che non sia così, ci morirei! >>

Il reggiseno poi; come dimenticare che aveva dovuto comprarne altri di una misura più grande? Magari la commessa avrà pure pensata si fosse rifatta!

Ovunque guardasse, qualunque cosa pensasse, le veniva a mente uno dei mille tormenti che la sua attuale condizione le aveva inflitto.

Continuò a fissarsi, con le braccia che cascavano per la depressione.

<< Ormai manca poco. Devo farmi coraggio, non può metterci molto ad uscire… Vero? >> chiese al pancione.

Il pensiero del parto ormai diventava sempre più difficile da scacciare; quanto sarebbe stato terribile, si domandava.

<< Ma perché non c’è un modo più semplice per far nascere le persone? >> chiese con gli occhi rivolti al cielo.

Tornò a guardarsi: << Povera me! Quanto sarà doloroso? Oh, devo smetterla di pensarci, accidenti! Una volta che avrò passato anche questa sarò finalmente libera! Facciamo uno sforzo e sopportiamolo… >>

Ah, la libertà… Riavere indietro il suo corpo, il suo stile di vita, niente più voglie, niente più bambini nella pancia… Non vedeva l’ora!

<< Hai sentito tu, lì dentro? È finita la pacchia! Tra poco te ne sloggi e ci penserà il tuo paparino a te. Io ho già fatto abbastanza. Tanto, con delle zie come quelle che ti ritrovi a che ti serve una mamma? >>

Ripensò ai loro abbracci e ai loro occhioni pucciosi…
“Brrrrr!”
Nella sua testa scese di nuovo il silenzio, mentre d’istinto la mano da provetta vanitosa passava sicura tra i suoi capelli per aggiustare qualche dettaglio.

Poi tornò a guardarsi, concentrandosi ora sull’ombelico, ora sulla curva del pancione che lo rendeva davvero simile a un uovo ora che lo guarda un po’ meglio, ora sull’intera figura in quel riflesso.

Per lo sconforto che le prendeva ogni volta, non riusciva mai a rimarci troppo a guardarsi, almeno di solito, non quella volta almeno.

<< Una persona intera tutta qui dentro, ma pensa un po’… >> pensò appoggiandoci il palmo della mano. Impressionante sul serio; e la prima volta che aveva sentito con chiarezza un qualcosa muoversi in lei dubitava sarebbe mai riuscita a dimenticarla. Se non altro, a parte un po’ di spavento all’inizio, percepire l’intruso passeggiare lì dentro non le aveva mai dato alcun grattacapo.

<< Hai davvero bisogno di tutto questo spazio? Che te ne fai se sei tutto solo lì dentro? >>

Che avesse preso da lei il gusto per la comodità? E cos’altro?

<< Già, ora che ci penso, i figli somigliano ai genitori… >>

Chissà che aspetto aveva ora che non era più una lenticchia; e che aspetto avrebbe avuto tra qualche anno.

<< Come potrebbe essere un misto di me ed Elfman? >>

Provò ad immaginarselo…

 

NDA: (Sta pensando all’ipotesi del capitolo 208 XD Seguite il link!: http://browse.deviantart.com/?q=elfman%20evergreen&order=9&offset=0#/d31wv31 )

 

<< OH, NO! Ti prego, fa che non sia nulla del genere! Per il tuo bene, coso, spero tu prenda più da me che da lui. Già, non vorrei che il mondo si ritrovasse con un altro bestione insicuro col complesso della mascolinità sempre pronto a far vedere i muscoli… Però, ora che ci penso… Potrebbe anche essere una femmina. >>

Elfman sembrava sicurissimo del contrario, difatti, quando si rivolgeva al “coso”, usava sempre il maschile, sempre “figlio”.

Però lei, potendo scegliere, avrebbe decisamente preferito l’altra ipotesi.

<< Una bambina, si… Noi donne siamo più belle ed anche più intelligenti. Inoltre, vista la mamma, non sarebbe semplicemente bella, sarebbe stupenda! Uh uh uh! E la gente guardandola non potrà fare a meno che accostarla a me, la meraviglia di tutte le fate! Mhmm… Però, non è che diventerà anche più bella di me? E sarebbe anche più giovane! Mi farebbe concorrenza! Beh, se ha anche un po’ di Elfman però non c’è pericolo! Umpf! >>

 

Chissà, chissà…

Maschietto, o femminuccia?

Capelli bianchi o castani?

Rumoroso e scemo o fascinosa e seducente?
O forse una via di mezzo?

<< Oh, beh, qualunque cosa tu sia, buona fortuna! Ora te ne stai comodo lì a sbafo, ma poi vedrai che ti aspetta. >>

Nascere in un gilda di casinari, in un mondo bastardo, senza nemmeno una mamma…

<< Se non altro c’è Elfman, e Mira, e Lisanna… Loro ti vorranno bene, vedrai! >>

Sorrise.

<< Se però sei una femmina e mi somigli, ricordati di ringraziarmi poi, eh eh! Umpf! >>

Si fermò.

 

Si guardò, così com’era in quel preciso istante.

Colta sul fatto.

 

Gridò. E afferrato lo specchio, lo scaraventò per terra, distruggendolo.

 

Respirava tra i denti stretti. Era un fascio di nervi, e continuò a scaricare la sua ira sui frammenti che ancora la riflettevano.

 

Aveva dovuto agire così, aveva dovuto!

 

Stava andando troppo oltre.

 

Non poteva restare ferma a guardarsi, lì con quell’aria trasognata, senza far nulla.

 

Mentre si carezzava quel dannato pancione.

 

Lasciati i pezzi dello specchio lì a terra, si gettò rabbiosamente sotto le coperte.

 

Il giorno dopo, arrivarono le doglie.

 

 

 

Evergreen ha toccato il fondo, il limite della sopportazione, ora anche verso sé stessa.

Mai una carezza aveva provocato una tale ira.

Ma adesso i flash-back sono terminati, d’ora in poi sarà il presente a farla da padrone: il parto è giunto, e le urla di Ever bucano i timpani del paparino e degli amici in attesa, per non parlare di quelli dei lettori.

La prima canzone, proveniente dal film Shrek, si intitola “My beloved monster”, ovvero “Il mio amato mostro”, e mi era sembrato potesse adattarsi al modo in cui Elfman vede Ever: un “mostro” capriccioso ma a cui sottostare, proprio perché amato.
Ma l’amore di Elfman, per l’egocentrica Ever, non conta nulla dinanzi al dolore che sta provando, e al sollievo che non mancherà di sbattergli in faccia una volta finita la “tortura” del parto.

Come andrà a finire? Si spera bene…


Come per prima di Natale, non penso di riuscire a fare un altro capitolo prima di capodanno (anche perché il prossimo è un capitolo parecchio importante…), quindi… Ci si ribecca l’anno prossimo!

 

BUON 2012 A TUTTI! =)

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Capitolo 8
*** Apri quei bei fottutissimi occhi! ***


Elf Ever guardala

BEN ARRIVATI NEL 2012!

Che il nuovo anno porti a tutti noi salute, amore, ricchezza, e tante bellissime fanfictions! ^__^

Cominciamo quindi il nuovo anno in bellezza, con un nuovo capitolo che, e non mento, è il momento clou di tutta la storia!

Sappiate, cari lettori, che non vedevo l’ora di scrivere questa scena dopo averla immaginata tante e tantissime volte, e vi assicuro non resterete delusi!
Spero inoltre, vista l’importanza, che sarete generosi di commenti! ^__°

Buona lettura a tutti!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

“Signor Elfman!” –urlò l’infermiera aprendo di botto le porte- “Ci siamo!”

Elfman scattò in piedi, più terrorizzato che pronto!

“Ci siamo?! Oh, cielo, ci siamo! L’ha detto! Ci siamo! Oh, mamma, ci siamo!”

“Ehi, ehi, Elfman!” –cercò di rabbonirlo Gray- “Calmati!”
“Ci penso io!” fece Natsu, mandandolo gambe all’aria con un bel cazzottone!

“Natsu!!!” –sobbalzò Lisanna- “Non è mica così che si fa!”
“Grazie, Natsu!” disse invece redivivo Elfman, risollevandosi da terra!

Si spazzò via la polvere dalla giacca: “Un vero uomo può essere destato solo nel modo dei veri uomini!”
Natsu si passò un dito sotto il naso: “Eh eh eh, è stato un piacere!”

“Essere uomini… è davvero strano…” commentò Lisanna.

“Ma sei ancora qui? Sbrigati!” lo spintonò leggermente Erza, vedendo che continuava a temporeggiare.
“S-si!”

Si voltò: aveva la mano di Mira su una spalla e quella di Lisanna sull’altra.

“Vai.” disse la sua sorellona.

“…… Si!”

Prese un bel respiro e passò di corsa per la porta tenutagli aperta dall’infermiera.

 

Nel passare velocemente lungo il corridoio, l’infermiera risparmiò Elfman dall’indossare nuovamente camice e cuffietta, e arrivati alla sala parto gli tenne nuovamente aperta la porta.

Sulle prime, ad Elfman non sembrava cambiato molto rispetto a quando ci era entrato qualche minuto prima: c’era sempre Ever semidistesa sul letto ad urlare, e le infermiere e l’ostetrico perennemente sulla difensiva!

Non sapeva bene dove andare a piazzarsi, quand’ecco che fu il dottore ad avvicinarlo: “Beh, signor Elfman, di solito in questa delicata fase del travaglio chiedo al marito, nel suo caso al padre, di stare vicino la madre; ma nel suo caso…”

“GRRRR!”
Schivò una bottiglietta d’acqua mezza piena che colpì Elfman in petto, senza fargli tuttavia granché male.

“Glielo sconsiglio caldamente!” finì il dottore!

Elfman si batté una mano in fronte!

“GRRRR! È tutta colpa tua! Se lo sapevo col cavolo che accettavo!” –si dibatté lei al vederlo nuovamente- “Me la paghi! Me la paghi! AAAAAAAAAAARGH! SIGH! GRRRR!”

Il dottore tornò ad assistere la per nulla paziente, senza dire altro ad Elfman che così rimase lì sul posto.
Cosa fare? Era decisamente di troppo! Era già tanto se Ever non si alzava con le sue sole forze per mandarlo via a calci. In effetti l’avrebbe fatto e come non fosse stato per le doglie.

Lui però aveva ugualmente il suo diritto di essere lì: il diritto di chi subito aveva detto “si” a quel nuovo arrivo. Non era tempo per sentirsi in colpa, né per rinfacciare tanto astio nei suoi confronti da parte di una donna che comunque amava.

L’aveva detto anche l’ostetrico: in quella fase, ciò che l’uomo deve fare, è star vicino!

“Forza! Ci sei quasi!”

“Eh?! AAAAARGH!”

“Forza Ever! Ce l’hai messa tutta per arrivare fin qui, non puoi arrenderti!”
“NON CHIAMARMI EVER! TI AMMAZZO, DANNATO!”
“Ce la puoi fare, l’hanno fatto tante altre donne prima di te e tu sei una donna fuori dal comune! Dai, un ultimo sforzo!”
“Ma che fai?! Io ti minaccio e tu mi incoraggi?! Basta, sono stanca di tutto questo!”

“Allora continui a spingere, ci siamo quasi!” -la incoraggiò l’ostetrico- “Faccia due forti respiri e spinga!”

Evergreen obbedì e urlò di nuovo facendosi paonazza!

“Ancora una volta!”

Ever succhiò forte per due volte l’aria dentro di sé e poi spinse di nuovo: “Maledettoooooooooooo! SIGH!”

Intanto le infermiere tenevano d’occhio le gambe dell’inquieta partoriente: non volevano rischiare che loro altri prendessero ancora calcioni sul naso!

Elfman intanto, colto da brividi di panico, si domandava cosa fare!

Da lì riusciva a guardare bene ciò che stava accadendo, ma si rendeva anche conto di non sentirsi troppo bene!

I denti gli battevano velocissimi! Le gambe erano molli! Anche l’aria sembrava mancargli; forse Ever se la stava davvero succhiando tutta!

Accidenti, pensò, di quel passo sarebbe svenuto! Non era mica da uomo una cosa del genere, svenire nel vedere il parto del proprio primo figlio!

Al solo pensarci sarebbe arrossito se le urla e la suspance non lo stessero rendendo così tremendamente bianco!

Al successivo urlo di Ever, si decise a girarsi, faccia al muro!
Non gli importava se si perdeva il momento…

“VEDO LA TESTA!”

“GNNNNNN! ELFMAN, SEI UN BASTARDOOOOOOO! GNNN!

L’importante era esserci da sveglio!

Era in momenti come quello che la sua maschera di “uomo”, nel modo in cui la intendeva lui, andava in frantumi, e prendeva coscienza della propria fifa, della propria suggestionabilità, che gli impediva anche solo di avvicinarsi un altro pochino, e dare anche solo un’occhiatina al momento fatidico in cui ognuno viene al mondo.

“Forza… Forza Ever… Ce la farai…” continuava a sussurrare alla parete, ignorato da tutti.

Che tensione! Era insopportabile! Non vedeva l’ora finisse!
Non vedeva l’ora che tutto iniziasse!
“Un ultimo sforzo!”

<< Forza! >> disse ancora, rivolto a tutti e due.

 

Ed ecco che nelle sue orecchie l’ultimo grido di Evergreen venne mascherato da un acuto, ma chiaro e forte, primo vagito!

 

“……”
“Ueeeehh!”

Ever crollò come morta sul materasso, annaspando rumorosamente; distrutta dallo sforzo, e obnubilata dal sollievo, non sarebbe stata in grado di sentire o rispondere per qualche secondo.

“Ooooh! Ecco qui! Ed anche questa volta è andata bene!”

“Congratulazioni, signorina Evergreen!” –le disse un’infermiera- “Alla fine ce l’ha fatta, visto?”

Ever la afferrò per il bavero del camice: “Un antidolorifico, vi supplico!”

Elfman si girò piano: “È… È… È fatta?”

“Si, signor Elfman, è fatta!” disse il medico togliendosi i guanti e passandosi un fazzoletto in fronte.

Fu allora che saltò, incontenibile!
“Ah ah ah! Si! Ce l’ha fatta! Sono papà!” –cominciò ad alzare le braccia al cielo- “È nato! È nato! È na…”

“Congratulazioni, signor Elfman! È una bambina!”

“È na… è na… è na… na… ta… nata…” balbettava lui convulsamente mentre l’infermiera, dopo aver amorevolmente pulito e dato i primi controlli alla piccola, gliela porgeva, avvolta in un morbido asciugamano.

“Nata…”

Era sbiancato di nuovo; e sulle prime, ebbe paura di essere sul punto di lasciarla cadere tanto gli mancavano le forze per la scoperta!

Quanto fiato sprecato tutti quei “maschio” venendo lì!

Poi, si decise a guardare quell’esserino per chi era, non per com’era. E quella consapevolezza gli tolse la delusione, e persino la vergogna di piangere.

La salutò con il suo più ben riuscito sorriso: “Non mi importa… Non mi importa se non è un maschio! È una bimba bellissima e l’ho fatta io! Sono il papà di una bambina! Ho una figlia! Ho una figlia! Ah ah ah!” esultò senza staccarle gli occhi di dosso.

Le tre infermiere tirarono il classico sospiro; fu ancora più risollevante dopo tutte le pene patite a causa della mamma. Se non altro, la nuova arrivata aveva qualcuno.

“Anf… anf… Eh eh eh! Ho una figlia!” ripeté.

L’emozione gli aveva fatto venire il fiato corto!

Chi ancora pensa che gli uomini grandi e grossi non possano commuoversi, di sicuro non ha mai avuto tra le mani la sua prima bambina o il suo primo bambino!

Ansante, la voce di Evergreen tornò a riaprirgli alla mente il resto del mondo: “Anf… anf… Ricorda il patto Elfman… Ora è tua!”

“……”

Si accorse ovviamente delle reazioni, dal dispiacere al disprezzo, che aveva suscitato negli altri presenti, ma se né fregò altamente. Dal canto loro, questi ultimi sapevano che il loro compito era curare ed assistere, non giudicare, specie non conoscendo. tutti i dettagli della storia. Ciò non aveva ovviamente impedito che facessero il tifo tutti per la stessa parte.

“Certo, certo… Non temere Ever…” la rassicurò lui, già abbastanza padre da dispiacersi più per la piccola che per sé stesso.

Ever aveva la faccia coperta dal dorso del braccio e continuava a mormorare, incurante di tutto il resto all’infuori di sé: “Ufff… Mai più! Mai più! Questa è stata la prima ed unica volta! Anf… anf…”
“Eh eh, è stata dura, vero?”

Elfman la fece dondolare un pochino: all’inizio la piccina si era guardata intorno, ma ora aveva gli occhi chiusi. Forse anche per lei era stata dura e aveva bisogno di un riposino.

“Anf… Accidenti, quanto è carina! Dovresti vederla!”

“Anf… Ufff… No, grazie!”

“Anf… Come?”

“Ho detto che non mi va di vederla!”
“Eh? Dai, non esagerare, eh eh! Certo te ne ha fatte passare tante, ma…”
“Ma appunto per questo non la voglio davanti gli occhi!” sbraitò lei.

“Che-che stai dicendo?”

“Sto dicendo che ti voglio fuori dai piedi!” –gli ruggì contro- “Tu e quella bambina del cavolo! Non ho mai patito tanto dolore in vita mia per colpa sua!”
“Non … Non stai… stai dicendo sul serio, vero?” chiese Elfman, che sulle prime di quella raggelante risposta del cavolo aveva sentito di nuovo la presa allentarsi.

“SI! STO DICENDO SUL SERIO!”

Ed Elfman capì che era esattamente così: si era girata sul fianco dall’altra parte, preferendo la porta al suo ex e alla sua neonata figlia.

“Ora è finalmente finita Elfman: io torno alla mia vita e tu a giocare al paparino! E lei!” –sbraitò di nuovo contro l’infermiera- “Quanto ci vuole per questo dannato antidolorifico?”

“……”

 

Il viso di Elfman era teso come un tamburo. Le narici si dilatavano ad ogni respiro: aveva ancora il fiato corto, ma stavolta l’emozione che lo soffocava era ben diversa.

 

Guardarla le faceva venire la pelle d’oca. Dava le spalle. Cercava pure di tenere gli occhi chiusi. Stava aspettando che se ne uscisse via, di vederlo sparire, come gli aveva reso ben chiaro dai mille insulti e minacce nei dolori del travaglio.
E ci poteva stare, la conosceva.

Il patto era fatto apposta per sciogliere i nodi che intrecciavano le loro vite, ma mai si sarebbe aspettato un qualcosa del genere.

 

Non voleva neppure vederla.

 

L’avevano generata insieme.

L’avevano aspettata insieme.

L’aveva messa al mondo dopo mille sforzi, dopo averla sentita vivere e crescere in lei per quasi nove mesi.

Lui era stato lì a farle coraggio nel momento più duro, nonostante tutto.

 

E dopo tutto questo, lei aveva il fegato di uscirsene così?

 

Non voleva nemmeno guardarla?

Impunemente rivolgeva le spalle alla figlia.

Serrava gli occhi, come non dovesse succedere nemmeno per sbaglio che la degnasse della più banale considerazione.

Come poteva provare una simile repulsione?

 

Era troppo.
Adesso era veramente troppo.

L’aveva sopportata per nove mesi.

Aveva soddisfatto ogni suo desiderio.

L’aveva amata, anche se non lo meritava, perché convinto che lei non fosse quel capolavoro di vanità e egocentrismo che tutti pensavano a sentire il suo nome.

Si era dunque sbagliato?
A quanto pareva, si!
Ma ora basta!

Ora non ce la faceva più!

 

Quel suo ultimo capriccio, non sarebbe stato disposto a sopportarlo!

 

“Sei ancora qui?” –fece lei, stizzita dal non vederlo uscire dalla porta, verso cui era rivolta- “E si può sapere se questo antidolorifico arriva o…”

 

 

Era stato un rumore fortissimo: Elfman era scattato verso il letto e col palmo della mano aperto era piombato addosso a lei, tra petto e collo, trattenendola, anzi, schiacciandola contro il letto che aveva sussultato tutto.

Il materasso, la rete, le rotelle, le flebo, persino il cassetto dall’altro lato, come scossi da un sisma.

“S-s-signor Elfman?!” disse il medico colto da brividi.

Era enorme, la sovrastava, la teneva incollata lì con la sua forza e con quei suoi piccoli penetranti occhi spalancati.

Ad Ever sarebbe bastato togliersi gli occhiali con una delle mani, che ancora aveva libere, per pietrificarlo.

Ma non ci riuscì; paralizzata dalla paura.

“Che… Che ti prende ora?” disse tremando.

Elfman succhiò l’aria tra i denti e spinse ancora con la mano: sembrava volerla soffocare.

“Come sarebbe a dire che non la vuoi nemmeno guardare?”

“C-chiama la sicurezza!” ordinò ad una delle infermiere il medico, osservando la scena, sapendo bene di essere impotente contro un uomo di quella stazza e per giunta tanto imbestialito.

Si domandò se poi gli uomini della sicurezza sarebbero stati abbastanza, ma soprattutto perché quel parto, un evento che non smetteva mai di rallegrarlo e meravigliarlo, non la smettesse di rivelarsi attimo dopo attimo il più duro della sua carriera!

Non vedeva l’ora finisse il suo turno…

“S-sei impazzito? L-lasciami stare! Hai avuto la tua bambina, no? Levati dai piedi!” disse lei abbozzando un tentativo di sollevarsi, che si rivelò del tutto inutile. Elfman non l’avrebbe fatta andare da nessuna parte!

“Il patto era…”

“Come puoi essere così insensibile? Hai fatto nascere questa creatura e tu la tratti così? Un briciolo di rispetto sarebbe d’obbligo!”

“Ho detto tienila lontana da me!” strillò lei, stringendo gli occhi quando aveva provato ad avvicinargliela.

Per tutta risposta, Elfman la incollò al letto ancora di più.

La bambina, spaventata da tutte quelle urla, aveva già cominciato a piangere, e un’altra delle infermiere a pregare.

Il pianto della piccola ridiede un barlume di razionalità all’infuriato padre che allentò la presa, ma la sua rabbia non si spense.

“Evergreen, ti prego! È nostra figlia, anche se non vuoi essere sua madre! Abbiamo deciso che non ti starà tra i piedi, ma almeno adesso che è appena nata…”

“Vattene!” sibilò lei.

“Me ne vado, lo giuro! Ma voglio solo che la guardi!”

“NO!”

“Perché no?” continuò ad urlare lui, tanto la povera piccola già piangeva.

“Te l’ho fatta nascere! Lasciami in pace! Non voglio vederla!”

“E invece lo farai!”
“NO! TU NON PUOI COSTRINGERMI! NON PUOI! NON PUOI!” urlò lei, le stesse parole di quella volta, davanti quello stesso ospedale, nella prigione di Freed.
“Di che diavolo hai paura?! Sii uomo!”
“NON SONO UN UOMO!” disse scalciando nella pancia di quel cerebroleso.

“NO, NON LO SEI! MA NON SEI NEMMENO UNA DONNA SE TI COMPORTI COSÌ!”

Ever digrignò i denti; avendo smesso di pensare ad Elfman come a un bruto senza tatto, era rimasta completamente spiazzata dal vedere quella improvvisa, mostruosa trasformazione rivoltarglisi contro.

In realtà era esattamente come lui: dopo aver visto il meglio dell’altro, non riusciva ad accettare di fare i conti col peggio del peggio.

Ma la rabbia nei suoi confronti, unica fonte di coraggio contro quella così inaspettata reazione, cedeva ora il passo a una paura sempre maggiore.
“Ma che vuoi da me?” -chiese con gli occhi lucidi, nella speranza segreta che, riuscito a ridurla a quel punto, avesse pietà e la smettesse.

“Te l’ho detto, Ever…” –sibilò invece Elfman- “Non mi importa se non le rivolgerai mai la parola. Ma almeno guardala!”

Elfman reggeva la bimba nell’altra mano, ma ogni volta che cercava di portargliela davanti, lei si girava o stringeva gli occhi, o tutte e due le cose. E serrava le palpebre con una forza tanto disperata e assurda che non riusciva a comprendere.

Anche quella volta fu così: “No!”
“Guardala!” le ordinò di nuovo.
“Sigh! Lasciami in pace!”
“Guardala ho detto!”

Ever scosse il capo.

 

“GUARDALAAA!!!”

 

Il cuore le balzò in gola.

Lentamente girò la testa, e poi, aprì gli occhi, guidata da quel pianto stridulo.

 

E nello stesso istante in cui apparve nel suo mondo, Ever capì di essere ormai spacciata.

Aveva fatto bene a temere tanto di guardarla; non era senza motivo la sua paura, quella stessa paura che l’aveva colta guardandosi allo specchio la sera prima.

Eccoli già partire, suscitati da quel faccino, quei tipici, incontrollabili pensieri, che confermavano che l’irreparabile era accaduto.

 

Com’è piccola.

Quanto strilla.

L’ho fatta davvero io?

È così bella…

Mi somiglia davvero.

Chi l’avrebbe mai detto?

L’abbiamo spaventata.

Poverina.

Quante me ne ha fatte passare!

Ora è viva.

Così piccola.

 

Così bella.

 

Ever girò la testa verso il soffitto.

Strinse di nuovo gli occhi, e anche le labbra si contorsero. Da esse uscì un lungo gemito, simile al cigolio di una porta mal oliata che, alla fine, si decide ad aprirsi.

Singhiozzò un paio di volte e scosse il capo.

“Io lo sapevo che andava a finire così!” disse, con lo stesso tono scricchiolante.

 

Elfman, che le aveva tolto di dosso il braccio nello stesso istante in cui si era decisa a degnarla di un’occhiata, lunga e appannata dal pianto, si era spento completamente.

“Ehm, Ever…” disse, adesso un po’ confuso.

Ever tirò su col naso. Siccome continuava a guardare fisso dinanzi a sé, pensò non l’avesse sentito.

Riaprì bocca, ma lei lo anticipò.

“Dammi la bambina…”
“Eh?”
“DAMMELA HO DETTO!”

“Urgh! S-sissignora!”

Più che farsela dare, gliela strappò da mano.

E la prima cosa che fece, fu zittire il suo pianto nel modo più istintivo che le veniva in mente: carezzandole la testolina.

Senza smetterla di passare le dita sui quei sottili capelli, del suo identico colore, rialzò la faccia tutta contratta dal pianto.
“Grrrr! Io lo sapevo, accidenti! Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!”
E batté una mano sul materasso facendo sobbalzare Elfman.

“Sigh! Accidenti! Sniff!”

Le due infermiere rimaste piangevano anche loro, senza disturbare. Il medico, più distaccato, ma ugualmente toccato, sorrise sornione vedendo come Evergreen si comportasse come quelle che pensano: << Maledizione, alla fine ci sono caduta! >>

In quel mentre si aprì la porta alle sue spalle: “Avete chiamato la sicurezza?”
“Eh? Oh, no, falso allarme!” –si fece subito avanti- “Eh eh, tranquilli!”

In effetti, con una madre col proprio bambino e con un grosso tipo (abbastanza grosso da non essere saggio partire in quarta con lui…), non c’era nulla lì che potesse sembrare un’emergenza.

“Va tutto, bene, non vi preoccupate! Buon lavoro!” li congedò, o per meglio dire “scacciò” l’ostetrico, mentre le altre infermiere rimaste lì spiegavano alla terza ciò che era successo.

 

Elfman respirò come non si concedesse quel piacere da tempo.

Non riusciva a credere a ciò che aveva fatto, lui che non aveva mai allungato le mani su una signorina, e aveva avuto il coraggio di terrorizzare a morte la donna che amava, solo perché l’aveva immensamente deluso.

Però, era tanto bello vedere Evergreen piangere e carezzare, che per descrivere quel momento non poteva che usare il suo aggettivo preferito… Virile!

Si avvicinò ad Ever, stavolta piano, e le carezzò una spalla, felice, orgoglioso.

La bimba ora aveva smesso di piangere; tutt’al più ebbe un po’ di fastidio per una lacrima finitale sul naso, ma la sua mamma fu pronta ad asciugargliela subito.

“Perdonami… Perdonami…” sussurrò a quelle innocenti orecchiette.

“……”

Prima non perdeva un istante per rinfacciargli che era lui il colpevole di tutto e ora non lo degnava più neanche della minima attenzione.
Elfman non poteva sperare di vedere altro di più bello da quella giornata.

Ricevuta una pacca dall’ormai sollevato ostetrico, si avviò come imbambolato, braccia ciondolanti verso il chiostro.

 

Mira, Lisanna, Natsu, Happy, Lucy, Gray, Cana, Reedus, Laxus, Bixlow e Freed lo accolsero alzandosi, e aspettando che dicesse lui qualcosa per prima.

Questi sorrise e alzò le mani al cielo, gridando, in barba le regole dell’ospedale!


“SONO PADRE!”

Mira batté le mani!

Elfman riabbassò le enormi braccia e sospirò, con finto dispiacere: “Di una bambina…”

“Una bambina! Una bambina!” saltellò Lisanna che ci aveva sperato sin dal primo istante!

Le sorelle gli saltarono addosso.

I suoi amici iniziarono a ridere e congratularsi tutto intorno.

Reedus, su di giri come tutti, non aveva certo dimenticato il compito per cui era lì: non perse tempo e tracciò uno schizzo della scena per un disegno di quel momento!

<< Questo è veramente il giorno più virile della mia vita! >> gioì Elfman, mentre lo spiritoso Natsu gli azzeccava un fiocchetto rosa dietro l’enorme schiena!

“Possiamo andare da Ever?” domandò Laxus.

“Ehm, no, Laxus! Io… penso che Ever voglia stare un po’ per conto suo adesso… Eh eh eh!”

 

Nella sala parto erano rimaste solo tre persone.

Un’infermiera, lì ad aspettare, senza fretta, di riavere la bimba per portarla al nido.

La stupenda bimba in questione.

E una mamma.

Era spossata ed aveva le guance di un rosso infuocato per via del pianto.

Ma teneva sua figlia tra le braccia più salda di quanto l’emozionato Elfman avesse potuto fare prima di lei.

“Perdonami…” le sussurrò dolcemente.

 

Sorrise. Ci era davvero caduta.

 

 

 

Questo capitolo, per meglio la scena madre che gli dona il titolo, è rimasta nella mia mente per tantissimo tempo; prima di questa estate di sicuro, allorquando ho buttato giù una bozza del primo capitolo di questa storia, che avevo immaginato molto, molto prima.

Quella bozza è rimasta lì sul mio desktop dimenticata per mesi, ed ero convinto, senza dispiacere, che sarebbe rimasto uno dei miei vari progetti irrealizzati.

Potete immaginare quindi la mia gioia nell’essere riuscito a far mettere ad Elfman le mani addosso ad Ever, e ad aver costretto quella testarda ad aprire gli occhi!

Forse vi aspettavate una storia più lunga, ma in effetti, con questo toccante quadretto ci avviciniamo alla conclusione.

Ma non mancatela, perché ci sono altre belle sorprese in arrivo!
Alla prossima!

PS: ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 9
*** La mamma e i Raijinshuu ***


Elfever

Ehilà a tutti voi!

Il precedente capitolo è stato pieno di emozioni, vero? Dolore, ansia, attesa, sollievo, commozione, rabbia, amore, e chi più ne ha più ne metta!

Spero di cuore vi sia piaciuto, perché è uno dei capitoli che ho voluto scrivere di più, non solo riguardo questa fic, ma in generale! ^____^

Evergreen ha sorpreso tutti dando prova di non essere di pietra, ma chi ci assicura i suoi sentimenti siano cambiati sul serio?

Cosa deciderà di fare?

Osserviamola quindi, mentre il passato e il presente passano a trovarla per chiederle di restare nel suo futuro.

Buona lettura!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

PPS: ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!

 

 

 

( Nda: Colonna sonora! http://www.youtube.com/watch?v=YIADdtY9pQA )

 

 

 

L’avevano lasciata tranquilla in una stanza tutta sua.

Evergreen, restava pressoché immobile, salvo per il lenzuolo bianco che la copriva dalla pancia in giù, l’unica cosa nella stanza che si muoveva al ritmo del suo respiro.

Quel leggero movimento era l’unica cosa che avrebbe potuto distinguerla da un pezzo da museo, un capolavoro fermo lì a lasciarsi ammirare da un pubblico invisibile.

La si sarebbe detta assorta nei suoi pensieri, con quello sguardo perso, sotto le palpebre semichiuse, invece non era così: non stava pensando a nulla.

O quantomeno ci provava, visto che da quando si era risvegliata la tentazione di mettersi comoda e lasciarsi andare a una lunga riflessione le era venuta più volte.

Era mattina; dopo aver consegnato sua figlia all’infermiera si era assopita e per l’esaurimento, fisico e mentale, aveva dormito fino al giorno dopo, risvegliandosi lì.

Malgrado la lunga dormita, si sentiva ancora tanto stanca, ed era per quello che non le andava di farsi venire un bel mal di testa.

Però nessuno sta stare tanto tempo senza pensare davvero a niente.

Così si concentrava a volte sui rumori di fondo dentro e fuori quella stanzetta silenziosa, a volte guardava il sole fuori dalla finestra, fino a quando non le veniva da pensare a quel giorno ricchissimo di avvenimenti, appena passato senza che se ne

accorgesse.

Non credeva di poter essere in grado di fare certe cose.
Partorire.

Far arrabbiare Elfman come mai nessuna donna era mai riuscita a fare.

Piangere davanti a tutti, anche se in effetti si era già concessa di piangere dinanzi al solo Elfman, a Tenrou.

Carezzare la testolina della propria figlia, quella che aveva ripetuto fino alla nausea di non volere.

Respirò più profondamente e fu come passare il cassino sulla lavagna tutta occupata della sua mente.

I muscoli si rilassarono e le palpebre si riaprirono lente.

Iniziare a pensare, lavare via il tutto, rilassarsi un altro po’ e poi di nuovo ricominciare.

In quel modo riusciva a non appesantire la propria testa e la propria coscienza, e a recuperare le forze che le servivano.

Però, sul serio, non credeva di poter fare certe cose.

Troppo presto per ricominciare però, si disse. Chiuse gli occhi, e passò nuovamente il cassino.

 

In quel momento però, la porta si aprì.
“Signorina Evergreen.”
“Si?”

Da fuori non cambiò nulla, ma dentro fu felice di rivedere la piccola, portata in braccio dall’infermiera, una delle tre che l’avevano pazientemente (molto pazientemente…) assistita il giorno prima.

“Come si sente?” le domandò sorridendo.
“Abbastanza bene.” non mentì lei con quell’aria ancora un po’ assonnata.

“Penso sia l’ora della pappa.”

Evergreen, prese dalle sue braccia la neonata e poi guardò il comodino accanto al suo letto: la colazione non gliel’avevano mica portata nemmeno a lei… Poi però, dandosi della rimbambita, si disse che i bambini non mangiano mica il cibo dell’ospedale (fortunati loro…).

Vista la sua confusione, l’infermiera si spiegò: “Vuole allattare la piccola?”
“A-a-allattare?!” arrossì Evergreen.

“Beh, lei è la madre, e il latte materno è fondamentale per la crescita…”

“M-ma io non…”
“Ueeeeehhh!”

“……”

La fame non sente ragioni!

“Ho capito…”

“Vuole che le mostri come si fa?”
“EEEH?! Assolutamente no!” fece Ever, coprendosi il petto con l’altro braccio, come fosse nuda!

“Ne è sicura?”

“Si, però adesso esca! Io non sono la tipa da far vedere le proprie… ehm… forme agli sconosciuti, o alle sconosciute…”

“Capisco.” annuì l’altra.

“Ehm, non mi fraintenda, la ringrazio, ma… Vede, io ancora non mi sono abituata a certe cose…”

“Oh, non si preoccupi, so che per alcune può essere imbarazzante.” –la rassicurò l’infermiera- “Io sono fuori la porta, se ha bisogno mi chiami pure!”

“Grazie…”

Non poté fare a meno di notare la gentilezza, la disponibilità, il sorriso raggiante tutto per lei, per sostenerla…

Quando in sala parto si era certamente chiesta che razza di donna viziata e senza cuore fosse.

Ma certo, ora che però aveva dato quel commovente spettacolino, ora che si era decisa a fare la “cosa giusta”, eccoli tutti dalla sua parte.

Che ipocriti! Che cosa ne sapeva lei della paura e della fatica che…

<< Ma perché devo sempre pensare a male? >> si interruppe.

Tornò a sentire il pianto della bambina, e subito iniziò a sbottonarsi la camicetta che aveva indosso.

<< Devo smetterla ecco. Voleva solo essere gentile. E poi, in fin dei conti, ora mi dovrei lamentare anche se la gente mi giudica bene? >>
“Ueeeeh!”
“Un attimo tu!”

Si scoprì uno dei seni ingrossati e si guardò intorno, come accertarsi di essere sul serio solo loro due…

Avvicinò un po’ la testolina al proprio petto e già non la sentì più frignare. In compenso, lei preferì girarsi dall’altra parte: come già detto, non era ancora abituata a “certe cose”.

A sé stessa che fa “certe cose”… da mamma.

Non la sentì attaccarsi e iniziò temere di dover richiamare l’infermiera alla fin fine.

<< Forse sbaglio qualcosa? Dai, anche tu, sii clemente, non sono certo esperta in questo… UH! >>

Ecco!

Assimilata anche quella nuova sensazione strana, riprese fiato e tornò ad appoggiare le spalle allo schienale sollevato del suo letto.

“……”
Lanciò un’occhiata alla bimba che mangiava, poi risollevò di scatto la testa.
Tutta rossa in viso, si guardò intorno, imbarazzata come un serbatoio vivente di latte al primo giorno di lavoro.

<< … Ci manca solo che mi metta a fare “Muuu”… >>

E intanto lei mangiava, mangiava…

<< Si, sei proprio tu la stessa sbafona che mi ha fatta prendere tutti quei chili, senza dubbio. >>

Sperò che almeno tutta quella fame potesse servire a restituire al proprio seno le vecchie dimensioni.

Il suo sguardo riuscì finalmente a concentrarsi su di lei.

<< Perché sei ancora qui? Dovresti chiedertelo anche tu. Non rientravi nei miei piani, lo sai? >>

Ripensò a quel pianto a dirotto, solo nel vederla.

<< Forse è stato solo l’effetto dello spavento. Forse era tutto lo stress, eccetera. Di certo dopo quella tortura mi ero un po’ rimbambita, per fare una cosa del genere d’altronde. Insomma, come posso essermi trasformata da stronza a mammina amorevole in un lampo? Voi neonati fate davvero quest’effetto? Vorresti farmi credere che ti ho presa in braccio solo perché sei carina? >>

Aprì gli occhietti: erano dello stesso colore di quelli di Elfman. Per un pochino gli sguardi si incrociarono, ma poi la piccina ritornò al proprio pasto.

<< Ti sei già presa tutto il braccio vero? Non so quanto ti convenga. Io non sono una mammina buona. Sono egocentrica, mi do un sacco di arie, trasformo in pietra le gente con gli occhi, ho desiderato che sparissi tante di quelle volte che non hai idea… >>

Sospirò e guardò fuori dalla finestra.

<< Perché dovresti volere una mamma come la sottoscritta? Perché dovrei… permettermi di cambiare? >>

Carezzò di nuovo la testolina ricoperta da quei sottili e lanuginosi fili castani. E continuò a farlo, tenendosi così occupata anche lei.

<< Però sai, l’ultima volta che ho cercato di convincermi che ti odio quando mi stava venendo voglia di volerti bene, ho distrutto il mio specchio preferito. E poi, c’è tuo padre. Dopo quello che ha visto, chissà quante strane idee si sarà già fatto. >>

Sentendo ora un po’ di fastidio, cambiò capezzolo.

<< È già passato un giorno intero, chissà quanto avrà galoppato con la fantasia… >>

Però stavolta, non avrebbe distrutto le sue illusioni sul nascere per farlo soffrire di meno. Paura di rivedere il mostro? No.

Perché, qualunque cosa potesse pensare per provare a tornare indietro, obbiettivamente, in quel preciso istante, stava bene, era felice, era contenta di essere la “mucca” di sua figlia.

Le piaceva carezzare quella testolina.

Non si era mai sentita così calma e serena come in quel preciso momento, lì da sola, senza nessuno ad ammirare la sua bellezza, senza nessuno a riverire la sua forza.

Una scultura stupenda chiusa in uno sgabuzzino.

Da sola con qualcuno che avesse semplicemente bisogno di lei.

<< Forse anche questo è egoismo: tenerti con me perché mi fai sentire bene. Ma devo smetterla di pensare sempre male, devo proprio smetterla… >>

E per farlo, doveva prendere una decisione drastica.

Non tornare mai più indietro.

 

Baciò la fronte di sua figlia.

“Voglio volerti bene.”

La piccola, che teneva sollevata davanti a sé, mulinò i piedini nel vuoto sotto di lei, e le mani verso la sua mamma, che l’abbraccio subito.

 

Qualcuno bussò alla porta: “Signorina Evergreen? Posso?”
“Un secondo!”

Poggiò sua figlia sul suo grembo (per inciso, che gioia nel vederlo di nuovo sgonfiato!), e si riabbottonò la camicetta: “Prego, entri pure.”

“Signorina, ci sono visite per lei: il suo team della gilda.”

Aveva fatto benissimo ad avvisarla: i Raijinshuu erano proprio gli ultimi al mondo a doverla vedere fare la mucca!

“Si, li faccia entrare, tanto credo che ormai abbia mangiato abbastanza. Può occuparsene lei?”
“Sono qui per questo.”

Porse la bimba all’infermiera e guardò le due uscire.

 

 

“Si, Elfman ha detto la verità, è andata proprio così.”

Il team si era schierato intorno al suo letto: Freed alla sua sinistra, Laxus ai piedi del letto e Bixlow, venuto senza maschera (per non spaventare la piccolina), alla sua destra.

I tre si guardarono tra loro: sbigottiti, ma seri come la situazione richiedeva.

“Umpf, proprio non vuoi farmi smettere con questa frase, Ever” –sorrise Laxus- “Impossibile vedertici.”

“Già, dillo a me.” scherzò lei.

Le barbare urla che avevano ascoltato avrebbero convinto chiunque che la partita tra Ever e il nascituro aveva il risultato già scontato; eppure…

“Questo si che è un finale inaspettato, eh?” fece Bixlow il tono di chi l’aveva sperato tutto il tempo, il che lo indusse a dissimulare tutto con un colpetto di tosse.

“E quindi ora, Ever? Che farai?”

“Ci ho già pensato, Laxus, lo so cosa farò.”

Freed e Bixlow si avvicinarono anche loro.

 

Ever sospirò: “Voglio provare ad essere la mamma di quella bambina, e questo significa che dovrò stare incollata a lei ancora per un bel po’. Mi dispiace, ma credo che i Raijinshuu dovranno continuare a fare a meno di me.”

 

Laxus si mangiò le labbra, visibilmente deluso. Anche Bixlow, anche se allegro per aver avuto la benedizione di vedere nella sua vita la sua amica Ever divenire mamma sul serio, non poté non gemere al pensiero di aver perso un membro del team.

Si, ora avrebbe avuto davvero occasione di vederla con una bimba in braccio, ma l’altro lato della medaglia gli era passato del tutto di mente.

Anche dopo aver sentito da Elfman come era andata in sala parto lui, e anche gli altri due, erano rimasti abbastanza convinti di un rapido ritorno all’ovile della loro compagna.

In fondo, solo perché aveva dimostrato di esserci affezionata, non voleva dire per forza che se ne sarebbe assunta la responsabilità a tempo pieno. Invece li aveva appena spiazzati tutti.

Freed incrociò le braccia: “Umpf, a quanto pare l’istinto materno è una regola assoluta.”

“A quanto pare…”
“Quindi… addio patto?” chiese Laxus.

“Sei proprio sicura, Ever?” –chiese Freed- “Insomma, non che voglia immischiarmi nelle tue scelte di vita, ma fino a ieri sembravi così convinta di non volere la bambina.”

“Già, ci hai distrutto i timpani per dimostrarcelo…” si strinse nelle spalle Bixlow.

“Ever, sei sicura di non essere affrettata?” chiese di nuovo Laxus.

“Me ne rendo conto.”

Del resto non ci aveva mica pensato troppo a strappare di mano la piccolina ad Elfman appena le era venuto in mente di farlo, e certo non se ne pentiva. Se la vita accelera, affrettarti anche tu è tutto quello che puoi fare.

Laxus la squadrò severo: “E hai riconsiderato tutto ciò a cui vai incontro? Non vorrei che tu possa rimpiangere questa scelta.”

Il biondo non voleva influenzarla, stava solo cercando di rammentarle ancora una volta tutti quei lati negativi che l’avevano fatta sbiancare al momento di sapere di essere incinta, che malgrado lacrime, carezze e buoni sentimenti, erano ancora da affrontare dinanzi a lei.

Ever capito questo, sfoderò ben pronta la sua risposta.

“Ho avuto modo di pensare e mi sono accorta di una cosa. Mi lamento troppo: volevo strappare il soprannome di “Titania” ad Erza quando avrei potuto benissimo trovarne uno tutto mio magari più bello; ho passato gli ultimi mesi a piangere perché non potevo assolutamente essere una mamma per poi uscirmene con la figuraccia di ieri… Adesso sto iniziando a vedere dei lati positivi in questa cosa e voglio dargli… voglio darmi un po’ di fiducia!”

Sorrise, e i suoi amici rimasero a bocca aperta.

Il sorriso di Ever non era mica così. Quando sorrideva alzava il capo, non lo abbassava, socchiudeva gli occhi, non li spalancava, trasmetteva amore per sé stessi, non per qualcun altro.

“Per questo voglio cercare di vedere cosa ne uscirà fuori, e stare bene come sento dentro, senza preoccuparmi di nient’altro. E poi, credo che ormai la vecchia Ever se ne sia già andata via, e già da un bel pezzo.”

Dal momento in cui aveva deciso di avere a che fare con Elfman; non poteva che essere partito tutto da lì.

<< A quanto pare, alla fine bloccarla quel giorno è servito davvero a rafforzarla! >> sorrise sornione Freed.

Laxus si avvicinò ad Ever e le poggiò sulla spalla destra.

“Congratulazioni!”

Ever annuì, gradendo molto il fatto che avesse voluto fargliele in maniera sincera, ora che finalmente si poteva.

“E sappi che i Raijinshuu ti aspettano. Io mi circondo solo dei migliori lo sai, e non ci rinuncio così facilmente: non appena potrai, torna e riprendi il tuo posto!”

Allora Ever si impettì, come non fosse per nulla cambiata!

“Umpf! Non c’è certo bisogno che tu me lo dica! Il mondo magico là fuori sentirà ancora parlare della più potente di tutte le fate!”

“Ih ih ih!” ridacchiò Bixlow.

“Freed, vieni un po’ qui.”

“Uh?”
“Ti ho già punito per avermi bloccato con la tua magia davanti l’ospedale, giusto?”
“Si…” gemette lui, rammentando le frustate!

“Beh, vista la piega che ha preso la cosa, adesso direi ti meriti anche un premio.”
“E che premio sarebbe?”
“Hai già visto la piccola?”
“Si, indubbiamente molto carina: bellezza genetica.”

<< Io no… L’infermiera ha detto che il mio aspetto avrebbe potuto spaventarla… >> si abbacchiò Bixlow, che però tenne il pensiero per sé, per evitare di subire grasse risate!
“Umpf, grazie! Allora visto che la trovi così carina, mi ricorderò di rivolgermi a te quando mi servirà un baby-sitter!”
“CHE COSA?!”

Laxus e Bixlow risero molto poco di nascosto!

Ever fece l’occhiolino: “Oh, non ti và? Forse allora dovrei domandare alla sua zietta Mirajane se le va di farti un po’ di compagnia!”
Freed arrossì: “Ma va là! Umpf!”
“Ah ah ah!”

Freed, dispiaciuto di essere l’unico a non ridere, mise da parte il broncio e si lasciò pervadere dal buonumore del resto del gruppo.

Era contentissima fossero venuti lì da lei quella mattina, per mettere nero su bianco, grazie a quei fidatissimi testimoni, ciò che aveva solo pensato fino a quel momento.

I Raijinshuu, i suoi amici, avevano preso atto, ed avrebbero atteso il suo certissimo, trionfale ritorno in scena dopo quella pausa-maternità!

<< Non cambierò più del dovuto. Io sono Evergreen. Sono una Raijinshuu. Sono una madre. E sarò tutte queste cose insieme! E se qualcuno ha qualcosa da ridire… sbatta i piedi e si lamenti, io non lo farò! >>

“Ehi, dì un po’ Ever, sicura che non ti stai ammorbidendo troppo?” la prese in giro Laxus.

“Spero di no! Forse per dimostrarlo dovrei chiamare anche te e Bixlow qualche volta a fare compagnia a Freed?”

“Scordatelo!”

“Ah ah ah!”

 

Dopo che i suoi amici l’ebbero salutata ed ebbe fatto colazione, accarezzò l’idea di distendersi ad occhi chiusi ancora un po’; ma passati nemmeno dieci minuti, con sua sorpresa si scoprì irrequieta, e con una gran voglia di rivedere la sua piccola, che già le mancava.

Accidenti, si disse, stava peggiorando.

Visto che si trattava di sua figlia era ok, ma prima di farsi ancora più paura, sperava le sarebbe capitato presto qualcosa per dimostrare che la temibile Evergreen non si era rammollita come aveva detto Laxus…

Per il momento però, ciò che contava, era riavere davanti agli occhi quel bel musetto.

Arrivò con la mano al bottone e lo schiacciò; qualche attimo dopo, l’infermiera comparve pronta sulla porta.

“Infermiera, potrebbe per favore portarmi mia figlia, se possibile?”

“In questo momento è con suo padre.”
Evergreen sgranò gli occhi, ricordandosi di un elemento dell’equazione che le era passato di mente, ma che non poteva permettersi di ignorare.

“Suo padre…” ripeté.

“Si, ha voluto tenerla anche un po’ per sé, sa com’è, eh eh! Stanno facendo una passeggiata nel giardino interno.”

“Ho capito… Li raggiungerò.”

“Vuole una mano?”

Ma Ever subito alzò la mano e si buttò giù dal letto.
“Umpf, ho solo partorito” –disse mettendosi le pantofole- “Non sono mica da buttare!”

“Ehm, mi scusi signorina…”

“E comunque la colazione che avete portato prima era disgustosa, e i miei compagni lo possono confermare. Permesso ora…”
“Prego…” si scansò l’infermiera.
Nel vedere, mentre le passava oltre, il suo sorrisetto sparito, Ever sghignazzò fiera.

 

Era ancora lei, dopotutto!

 

 

 

Con gli eventi della sua vita che accadono in fretta, Ever prende la sua decisione altrettanto velocemente, decisa a correre i rischi che ne verranno per la felicità della sua bimba e di sé stessa.

Ma l’equazione non può essere risolta senza Elfman, colui per cui tutto è iniziato.

I rapporti tra i due si sono incrinati non poco, e anche quando erano in piedi, non erano certo dei più saldi…

 

Il momento è giunto per un nuovo faccia a faccia tra i due…

 

Il prossimo, cari lettori, sarà anche l’ultimo capitolo della fanfic, ma se vogliamo il penultimo visto che ho in mente anche un piccolo epilogo, un bonus diciamo… Vedrete!

Grazie per aver letto, e per continuare a leggere! Alla prossima!

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!


PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 10
*** Una vera famiglia ***


elfever molly1

Ebbene, cari lettori, la storia iniziata, dimenticata, ripresa e infine scritta sta per giungere alla fine, lasciandosi dietro un bel po’ di soddisfazione per il sottoscritto e un bel po’ di lettori altrettanto soddisfatti! ^___^

Oltre a questo capitolo ci sarà un epiloghetto (su cui non faccio anticipazioni), nel quale però, per semplificarmi la vita, non metterò i miei soliti interventi all’inizio e alla fine, quindi vi saluterò direttamente alla fine di questo. È già pronto, lo vedrete domani (vi avviso così mi risparmierò anche i miei soliti avvisi via posta ai lettori affezionati XD). Mi raccomando, non perdetevelo!

Ed ora, andiamo a vedere un po’ come Elfman ed Ever risolveranno la nuova inaspettata situazione in cui sono piombati. Riusciranno a risolvere tutto per il meglio, specie per la nuova arrivata?

Buona lettura, commentate! ^__^

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

 

 

 

Il canto degli uccellini al mattino.

Se hai l’animo poetico e un po’ di tempo libero, puoi ancora godertelo dopo averlo ascoltato mille volte. Se lo ascolti per la prima volta, ti piacerà sicuramente.
Quindi Elfman non ci aveva pensato su due volte a chiedere ai medici del reparto maternità la possibilità di una passeggiatina con la figlia, lì nel chiostro dove aveva atteso la sua nascita, e questi, vista anche la bella giornata e l’ottima salute di lei, gliel’avevano accordata.

Ripropose così quella dolce scenetta che aveva avuto modo di vedere dalla panchina il giorno prima, solo con un omone ben più grosso e imponente a portare a spasso il nuovo arrivo!

Preoccupandosi che il sole non le andasse negli occhi, usando una delle sue enormi mani come parasole, iniziò a gironzolare e a rilassarsi un po’.

Ne aveva bisogno dopo tanto penare, e meglio farlo finché poteva!

Ora che era un papà, avrebbe presto sperimentato le fatiche del papà: dai pannolini sporchi alle corse nel cuore della notte. Senza contare che lui era esperto di uomini, non di donne! Non aveva dubbi che da un maschietto avrebbe tirato fuori un uomo e un mago di prima scelta, ma ce l’avrebbe fatta anche con una signorina?

Oh, di quante cose doveva cominciare a preoccuparsi!

Aveva se non altro ben due sorelle. Però, per quanto la si girasse, sempre zie restavano… Un papà ha bisogno accanto a sé di un qualcosina di un po’ diverso a dargli una mano… E anche una bimba ha lo stesso bisogno.

Però di contare su Evergreen non se ne parlava.

Vederla prendere tra le braccia il frutto della loro breve ma speciale unione l’aveva fatto schizzare al settimo cielo, ma sapeva di doverci andare cauto.

Le persone possono cambiare idea velocemente, ma possono anche non farlo. E in ogni caso, non è bello se lo fanno perché un armadio a due ante le ha tenute incollate a un letto con una faccia da cane rabbioso…

Sua figlia aveva provato le carezze di una mamma, ed era già una cosa importante, ma non voleva che quel gesto di amore diventasse un impegno per Ever; l’ultimo cosa che voleva era che poi arrivasse a pentirsi anche di qualcosa di così stupendo.
Per questo aveva deciso di non farsi illusioni.

Così aveva lasciato stare Ever da sola per un po’, aspettando fosse lei a farsi viva, una volta ragionatoci un po’ su; e nel frattempo, si sarebbe goduto il più possibile la sua piccina!

Vide che si era addormentata di nuovo: il suo giro era stato così noioso?

O erano le sue braccione ad essere troppo comode?

Evidentemente, essendo una signorina, si stava già abituando agli agi e ai privilegi di cui avrebbe goduto per essere nata nel sesso “debole”.

Sempre sorridente, tornò verso le colonne, di nuovo all’ombra del portico.

“Umpf! Già ti ci vedo: la principessina della gilda! Tutti che ti vogliono bene e che ti viziano! Fai attenzione che poi diventi come la tua mamma!”

Sfiorò il suo nasino, piccolissimo anche in confronto al suo solo polpastrello!

Sospirò: “Eh, quanti progetti avevo per te… Ma ora dovrò cambiarli un pochino… Dovrò prenderti giocattoli da femminucce, vestitini da femminucce, poi vorrai anche il trucco… Vorrai essere bella, carina, ti piaceranno le cose dolci… Scommetto che a te di diventare grande e forte come il sottoscritto non interessa per niente, eh?”
La principessina sbadigliò.

“No, per niente…”

Con un cenno diede il buongiorno a un paio di paramedici che passavano di lì e che gli fecero le congratulazioni con lo sguardo.

“Sai è giusto, le femmine non devono essere grandi e grosse. Tua zia Mira è una grande maga ed è piccola piccola in confronto a me. A proposito, sarai una grande maga anche tu, vero?”

Sbadigliò di nuovo.

Elfman si grattò una basetta, perplesso.

“Sto correndo troppo, eh? Eh eh! Però te lo assicuro: farai strada! Non sarai un uomo, ma sei figlia di un vero uomo! Sarai un vero uomo con l’intelligenza e il fascino di una donna! Una super-uomo!”

La piccola iniziò a fare le bollicine di saliva con la bocca.

“……”

Elfman si guardò un po’ intorno.

Via libera!

Tenendola con una sola mano, pompò i muscoli del braccio destro e a fare versi e grugniti da duro.

Poi avvicinò il faccione al suo visino e ci aggiunse pure una brevettata espressione da duro, e stavolta lei tenne gli occhi aperti, come interessata (o forse stavolta la perplessa era lei!).

Incoraggiato, cambiò mano e cominciò a pompare anche l’altro braccio.

Forse aveva qualche speranza!

 

Grazie al cielo, nel girarsi, la sola vista della madre bastò a fermarlo all’istante…

 

“……”

“……”

La piccola, finito lo show, pensò bene di rimettersi a dormire.

“Che stai combinando?” domandò Evergreen, braccia incrociate e piede battente da rimprovero, al tipo bloccato in posa plastica da culturista!

“Eeeehm…”

Ever sbuffò e si riassestò gli occhiali: “Non posso lasciarti un attimo solo che provi a plagiare la piccolina, eh?”
“No! Io volevo solo farle vedere quanto è mitico il suo papà! Così se i papà degli altri hanno qualcosa da ridire su quanto è bella, sa che può chiamare il suo e li zittirà tutti!”
Ever inarcò un sopracciglio e implorò basta con una mano prima che dicesse altre cavolate.
“Dammela.”

“Eccola…” si arrese lui, arrossendo.

Ever la prese in braccio e subito iniziò a coccolarsela, dando le spalle all’imbarazzato paparino: “Umpf! E io che volevo sul serio lasciarti a un tipo così.”

Si morse il labbro. Decisamente fuori luogo in effetti: prima correva ad abortire, poi costringeva Elfman ad inchinarsi pur di farsi convincere a lasciar nascere sua figlia, e alla fine aveva il fegato di toglierglielo dalle mani così in malo modo e prenderlo pure in giro, dandogli un’altra volta le spalle per giunta.

Come se il pessimo genitore fosse lui e non lei.

Si rabbuiò. Ora si vergognava di girarsi; di certo l’aveva infastidito e come dargli torto.

Però, quando lo fece, scoprì che invece le stava guardando con un ampio sorriso.

Certo, pensò, cos’altro aveva mai potuto desiderare da prima ancora di diventare padre che vedere lei, la sua amata, prima così scostante e frivola, specie sul significato della loro relazione, prendere il braccio il frutto del loro “amore”, prima tanto disprezzato?

Che ridicolo bonaccione: poteva toglierli di mano la bimba e sfotterlo tutte le volte che voleva, anche dopo tutto quello che aveva detto e fatto.

Elfman si sedette sulla panca di pietra appena dietro di loro e battendo su di essa con un mano, invitò la madre di sua figlia a sedersi accanto a lui.

La donna si mostrò un po’ riluttante all’inizio, ancora frastornata dall’insopportabile pazienza di Elfman nei suoi confronti.

Elfman intanto continuava a fissarla, anzi, a fissarle. Guardò la bimba e arrossì: con tutta quella tenerezza materna che stava sprizzando e che gli spiattellava davanti era diventata un facile bocconcino per lui!

Puntò i piedi e tirò fuori un’espressione più dura: “Se ti aspetti che io ti dica “Grazie” per cose tipo avermi aiutata a fare la “scelta giusta” o sdolcinatezze simili, scordatelo! Nella maniera più assoluta! Non ho mai patito tanto dolore in vita mia, e non cambio idea al riguardo!”

Elfman si ritrasse e chinò il capo: “Eh eh… capito… Scusa, Ever!”

“Umpf!” sbuffò lei.

Poi si sedette al suo fianco: “In compenso… mi scuso anch’io.”

“Eh?”

Abbassò gli occhi, provando a tirar fuori un po’ d’umiltà da quella polverosa soffitta delle qualità dimenticate che ognuno ha.

“A lei ho già chiesto scusa, a te no. Ti ho trattato male. Ho trattato male una persona che teneva a me e alla creaturina che avevo dentro.”

“Dai, ti ho già detto che ti ho servito con piacere tutto questo tempo.”

“Ma non lo meritavo. L’avrai pensato anche tu, ieri mattina, giusto?”
Elfman si passò una mano dietro il collo.

“Non ti ho mai chiesto nulla, Ever. Per questo ti ho proposto quel patto.”

“Ora però è successo quel che è successo e quindi, vorrei mi permettessi di… insomma, io vorrei… Rompiamo il patto, ok?”
“Eh?!”

Ever, come timorosa di essere di nuovo afferrata e schiacciata, si discostò un pochino: “Lo so, lo so, è solo un altro dei miei capricci, però io le voglio bene, te lo assicuro! Le mie responsabilità voglio prendermele!”
“Davvero?”
“Davvero! Io so che pretendere di punto in bianco di fare la “mamma” è troppo, però… Che so, qualche volta posso venire da te e aiutarti con tua figlia, o qualche volta mi permetterai di tenerla un po’ con me, io…”

Balzò in piedi di botto con le braccia al cielo: “URYAAAAAAAHH!!!”

“?!?!?!?”
“Il patto è rotto allora!” esultò lui risedendosi.

“Uh?”

“Ever, non ho mai pensato un solo attimo che fosse “mia” figlia. Lei è sempre stata “nostra”.”

L’aveva lasciata a bocca aperta.

“E se ora vuoi essere sua mamma, non devi mica chiedermi il permesso, eh eh eh!”

“…… Umpf! Allora, visto che non ti spiace, credo che lo farò.”

Proprio un cretino.

Un adorabile cretino.
E per la prima fu lei e non lui a sentirsi le braccia molli per la sorpresa!

Elfman lo notò: “Vuoi che la tenga un po’ io?”
Sussultò: “Altri due minuti…”

“Eh eh, ti ci stai proprio incollando ora, eh?”
“Non prendermi in giro…” ribatté stringendosi nelle spalle.

In realtà un po’ le faceva piacere essere un po’ “bacchettata”: alleviava un po’ il senso di colpa.

“Mi lasci almeno sbirciare?”
“Umpf, accomodati!”

E così si misero lì, zitti, a sbirciare entrambi la loro piccola…

La loro piccola?
La loro piccola “chi”?

Già, ora che le veniva in mente…

“Elfman?”

“Uh?”

“Come si chiama?”
“Boh?”

“EEH?!?!”

Finora l’aveva chiamata, a voce e nella sua mente, in tutti i modi possibili, cosina, creaturina, piccola, bimba, figlia… Ma un nome aveva pensato dovesse avercelo già! Aveva avuto più di sette mesi per pensarci!

Elfman invece rispose facendo spallucce alla faccia scioccata di Evergreen.

Sollevò il lembo della sua giacca e frugò nella tasca interna: “Avevo preparato una lista con dei nomi possibili, riservandomi di scegliere quando sarebbe stato il momento. Però, tutti i nomi a cui ho pensato, sono nomi maschili.”

“……”
“Beh, sai, pensavo che non essendoci nomi pronti per una eventuale femminuccia sarebbe di sicuro uscito un maschietto.”

Evergreen lo guardò con sufficienza: “……”
“Ehm, per scaramanzia insomma…”
Evergreen lo guardò con molto meno che sufficienza: “……”

Elfman fece una smorfia e poi provò a buttarla sul ridere: “Mi conosci, avrei tanto desiderato un piccolo me, virile come me e tutto, eh eh eh…”

In effetti sorrise anche lei al rendersi conto che la cosa non era poi sorprendente visto il tipo.

“Ah, Elfman…” alzò gli occhi al cielo.

Che guaio in effetti… Come fare ora, si chiese il papà, che sapeva che se avesse provato a proporre qualche nome femminile chissà che orrori sarebbero saltati fuori.

Ma per fortuna, c’era qualcuno lì che poteva aggiustare tutto.

“Daglielo tu.”

Ever perse un respiro.

“Scegli tu il suo nome.”

Gli occhi di Ever si mossero in tutte le direzioni; era imbambolata, come se gli avesse chiesto chissà quale importante, difficilissimo compito.

“N-no, io…” –balbettò lei abbassando gli occhi sulla bambina- “Io… Non posso...”

Addirittura darle il nome…
“Si che puoi…” –disse piano lui carezzandole la spalla- “È tua figlia, no?”

Si voltò, come triste, e lui le rivolse un altro sorriso e un gesto di incoraggiamento.

“Avanti!”

“……”

In effetti non era facile, così su due piedi poi.

Voleva prendersi tutto il tempo che le sarebbe stato necessario, sicura che Elfman e il suo bel sorriso tutto per lei avrebbero pazientemente aspettato.

“La voglio chiamare Molly… Come mia madre.”

“Molly…” –assaporò sulle proprie labbra il padre- “Mhmmm…”

Si passò un mano sul mento e poi balzò di nuovo: “Un nome bellissimo! Il nome di una maga che farà tremare la terra con la sua viril… cioè, la sua femminilità!”

“Ti piace?”
“Si, mi piace!”
“Allora tu sei Molly!” disse la madre, contenta di sapere come rivolgersi a lei.
La scosse un pochino e lei aprì gli occhi.

“Ehilà, Molly!” la salutò anche Elfman.

Le aveva anche permesso di scegliere il nome. Vero che lui non ci sarebbe riuscito altrettanto bene, ma il nome, per come poteva immaginarsi l’essere un genitore (ed Elfman in questo le era parecchio avanti), doveva essere qualcosa di veramente importante. E lui, anziché provare a condividere la scelta, gliel’aveva ceduta tutta, in modo che capisse una volta per tutte che la figlia era veramente anche sua, e quindi di entrambi.

<< Elfman… Sei di sicuro l’idiota più buono che mai incontrerò in vita mia… Ripensandoci Molly, forse qualcosa da lui dovresti prenderla. >>

 

Il tutto la riportava al motivo per cui li aveva raggiunti lì.

Anche dopo quegli avvenimenti, le sue idee restavano chiare.

Elfman non le aveva migliorato la vita mettendola incinta. Gliel’aveva cambiata, questo si; in meglio o in peggio, l’avrebbe sperimentato lei stessa, ma certamente sarebbe stata diversa da quel momento.

In quella nuova vita, ci sarebbe stato meno spazio per lei, e molto più spazio per Molly nei suoi pensieri. Senza contare Elfman.

Doveva pensare ad entrambi; a cosa avrebbero potuto chiedere ancora da quell’inaspettato finale, che poteva dare loro.

 

“Elfman.” lo chiamò di nuovo.

“Si, Ever?”

Stavolta non lo corresse, e decise che non l’avrebbe più fatto.

“Una volta, tempo fa, dicesti che saresti stato disposto anche a sposarmi se ciò mi avesse aiutato a superare meglio questa cosa.”

Elfman era già cascato giù dalla panca a “SPOSARMI”!

Girandosi, lo beccò che velocemente tornava al suo posto, facendo finta di nulla.

“Eeeeehmmm…” -prese tempo mentre si tormentava nervosamente i pollici, arrossendo come un muscoloso peperone- “Si, effetti… dissi più o meno così.

“Quell’offerta… è ancora valida?”

Il fischio di fumo fuoriuscitogli dalle orecchi era un chiaro si, ma il virile non si lasciò trascinare dall’emozione. Era una faccenda seria, da trattare con virilità!

“Si, Ever, io ti amo e ti sposerei anche subito.”

“Umpf!”

Si raffreddò e distese il viso in un’espressione più seria, ma sempre rassicurante.

“Dipende da te, da cosa decidi. Tu che cosa vuoi, Ever?”

Che cosa voleva da loro due, le stava chiedendo.

“……”
Era una risposta alla quale poteva e doveva pensare guardando prima lui, e poi lei tra le sue braccia.

La risposta arrivò qualche secondo dopo, accompagnata lungo la via da altre carezze su quella piccola testa: “Voglio che Molly abbia una famiglia in cui crescere. Voglio che non abbia da invidiare la felicità di nessuno. Voglio che abbia una mamma…”

Alzò gli occhi su di lui e si posarono come carezze nel suo cuore innamorato: “… e un vero uomo come padre al suo fianco!”

Elfman si auto-bloccò le labbra con una mano per impedire di disturbare tutti con un urlo di gioia!

“Però…”
Ecco il però! Elfman si tolse la mano dalla faccia, fece sparire il sorrisone e si preparò ad ascoltare il resto.

La donna sospirò e guardò altrove, come si sentisse di nuovo in colpa. Ancora una volta, c’erano speranze da deludere sul nascere.

“Elfman, io tengo a te, sono sincera, ti voglio veramente bene, ma… Io non ti amo. O perlomeno, non nella stessa maniera in cui mi ami tu da un bel pezzo ormai.”

“……”

“Dovevo essere sincera.”

D’altronde, non tutto cambia da un giorno all’altro.

“Mi sposeresti anche così?”

Stavolta era lui che doveva rifletterci: era stato sul punto di troncare quando Ever gli aveva parlato chiaramente, in quel troppo tranquillo mattino. Ma la famiglia che Ever gli stava offrendo per il loro tesoruccio era di certo infinitamente meglio di quella che poteva offrirgli lui da solo.

E poi cavolo, l’aveva messa lui per primo, a suo tempo, in ballo l’idea: l’amava.

Rise: “Ehi! Viste le premesse, è già più che abbastanza per me! Eh eh!”
“… Eh eh eh!”

“Va benissimo, Ever!”

Nessuno seppe più cosa dire sul momento, quand’ecco che il vero uomo ricordò qualcosa che gli toccava assolutamente fare!

Si alzò in piedi, prese la mano libera di Evergreen e si inginocchiò!

“Ever! Vuoi tu… vuoi tu… tu… tu… tu…”

“……”

“T-t-t-t-tuuuu…”

Meglio bloccarlo prima che andasse in iperventilazione!

“Ufff! Si!”

 

“UOMOOOOOO!” esultò lui!

“UEEEEEEEEEHHH!” pianse Molly, svegliata da quel barbaro!

 

“OPS!”
“CHE DEFICIENTE!”

Elfman scattò in piedi e mostrò subito al fagottino il proprio faccione dispiaciuto: “Ti prego piccola, non piangere! Papà ti chiede scusa!”
“Scusalo, Molly, dopotutto ti tocca, è tuo padre… E non avvicinarti troppo, che puoi spaventarla, bestia come sei!”

“Tsk! Attenta che ti si inacidisce il latte!”
“CHI TE L’HA DETTO?!?!”
“Detto cosa?” chiese lui con sincera innocenza vedendo come si copriva imbarazzata il seno.

“N-n-n-niente!” ribatté la rossa prendendo a cullare a tutta forza!

“Dai, non è successo niente, solo la tua mamma e il tuo papà che si sposano!” fece lui con una vocina buffa, cercando di farla ridere anche con un po’ di solletichino.

“Sorridi!” –lo aiutò lei- “Ghirighiri!”
“Cucci-cù!”
“Sembriamo due scemi…” fece notare lei.

“No, sembriamo due genitori!”
“Eh eh!”

Come avesse letto l’atmosfera, la bambina si calmò.

I due si girarono l’uno verso l’altro, come per dirsi << Bel lavoro! >>!

I loro visi erano anche molto, molto vicini.

Abbastanza perché partisse qualcosa.

Ci stava anche bene, avrebbe suggellato il loro nuovo, più felice e più difficile patto.

 

Si baciarono, proprio come quando erano stati insieme. Anzi, proprio uguale no; qualcosa diverso c’era, e lo sentivano tutti e due.

Non lo amava ancora, eh?

Forse per ora era così, ma lui non sarebbe stato un vero uomo se non avesse fatto, sin da subito, tutto il possibile per farle cambiare idea!

Forse per ora era così, ma lei di certo non avrebbe pensato male al riguardo!

Posero un secondo sigillo sulle labbra dell’altro, e l’accordo fu concluso.

 

Si alzarono e proseguirono il giretto con la loro bambina, tutti e tre insieme.

 

 

 

Con loro che proseguono (e iniziano) insieme, si spiega il titolo di questo capitolo, che risolve il titolo di tutta la fic: un vero uomo e una vera mamma uguale una vera famiglia.

Ciò che prima era stato rifiutato, ora viene accettato, con le sue fatiche e le sue tenere gioie; i due che prima volevano due cose diverse si sacrificano, e neanche tanto, per volere la stessa cosa.

E anche se Elfman non ha ancora conquistato il cuore della sua bella, si accontenta di sapere di non essere mai stato tanto legato a lei prima. Quindi tempo al tempo…

Come se la caveranno e quali avventure vivranno sta a voi immaginarvelo! ^__°

Con questo si chiude questa fic dai toni a volte scemi (come mio solito…) a volte importanti, in cui ho parlato di aborto e di responsabilità, ma anche di libertà individuale, e dell’importanza della sincerità, con sé stessi e con gli altri. E se vogliamo, anche del compromesso che risolve (quasi…) tutto.

Spero di aver stimolato, oltre che la vostra fantasia, anche le vostre idee! ^__^

 

Ed ora, una parte che mi piace, ringraziare!
Grazie a tutti i lettori che hanno letto senza commentare, e un grazie speciale a quelli che invece hanno sprecato qualche secondo per battere tanti bei commenti gratificanti per il sottoscritto X3

Grazie quindi al caro Darkshin, a Black Star, a Kathy Mallory, Ageless Ice, Ayako83 e GiulyMad94 (se ce ne sono altri che hanno commentato e non sono inseriti non ve la prendete, è come se ci foste ^_^).

Spero di risentire qualcuno di questi appassionati nei miei prossimi lavori! ^_^
E date un’occhiata anche alla mia gallery di Deviantart (utente “Tonycocchi”: http://tonycocchi.deviantart.com/ ) di tanto in tanto, eh? Sappiate a tal proposito che, se vi state immaginando il suo aspetto, ho disegnato Molly da grande! Vi ho incuriositi?

 

Ciao a tutti da NaruHina91 (EFP), NaruXHina (Manga.it) e Tony Cocchi (soprannome vero)!

 

PS: ELFMAN X EVERGREEN ORA E SEMPRE!

PPS: NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!

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Capitolo 11
*** Nuovo arrivo: l'ultima chance di Elfman ***


elfever molly

(NDA: Colonna sonora! http://www.youtube.com/watch?v=xinBkJBwrkU )

 

 

 

“Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio! Maschio!”

 

E stavolta doveva essere maschio sul serio!

Ever era già stata chiara al riguardo: ultima possibilità!

 

Come sette anni prima, corse tanto forte da sorpassare l’ospedale e da doversi consumare le suole dei sandali per poter rallentare, far retromarcia ed entrare.

“Maschio! Maschio! Maschio!” continuava dentro a sussurrare mentre saltellava felpato, perché in ospedale non si urla e non si fa rumore (regola che lui aveva già in passato infranto).

“Maschio! Maschio! Maschio!”

A momenti usava più fiato per il suo rituale che per ossigenarsi!

Tuttavia, deciso com’era, non rischiava di collassare…

“Maschio! Maschio! Maschio! Ma…”

 

“Ripeti con me, Molly: femminuccia, femminuccia, femminuccia!”
“Femminuccia, femminuccia, femminuccia!”


“GACK!”

… almeno prima di scoprire sua figlia impegnata con la zia Mira in un rituale teso a neutralizzare il suo!

“Uh, guarda! C’è papà!” disse Mirajane indicandolo alla piccola.

“Ciao! Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia!”

Molly aveva sette anni: capelli castani mossi, come quelli della mamma, lucenti e ben pettinati, che arrivavano alle spalle; occhiali con dei fiorellini sulla montatura (non ne aveva bisogno per vedere bene, ma le piaceva somigliare alla mamma); vestitini sempre belli e puliti addosso, quel giorno un maglioncino beige e una gonnellina al ginocchio; calze lunghe e bianche; scarpette da ballerina ai piedi.

Un vero amore, ma somigliava veramente pochino al papà, giusto per qualche dettaglio che solo lui e la mamma sapevano notare.

Anche considerando questo, Elfman sentiva più che lecito sperare che il secondogenito somigliasse a lui molto di più. Molto, molto, molto di più…

Invece ad accoglierlo lì aveva trovato tenuta in serbo una coltellata al petto!

 

Il suo amorino di figlia con quel diavolo di una sorella che complottavano contro di lui!

 

“Che… Che… Che…”
“La zia Mira mi ha insegnato una formula che forse farà uscire dal pancione di mamma la mia sorellina!”
“MIRAAAAAA…” pianse lui un torrente e più.

Mira, imbarazzata dall’essere stata beccata, rispose con un sorriso veloce per poi farsi da parte!

“Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia!” continuava a ripetere Molly, dondolando la testa a tempo, come stesse recitando una filastrocca.

Il padre si de-pietrificò, la prese per le spalle e si inginocchiò per parlarle a quattrocchi!

“Eh eh eh, Molly…” –iniziò lui tirandosi su un sorriso largo chilometri e vero un niente!- “Non ti ricordi quel discorso che abbiamo già fatto? Non si era detto che << Uno per uno non fa male a nessuno >>?”

“Ma io non voglio un fratellino!” batté i piedini la piccola.

“Ma io lo voglio invece!” piagnucolò l’omone.

“E chi se ne importa?
“EEEEEEEEEEHHH?!?!?”

Mira corse a togliere d’impiccio la nipotina (e ovviamente lo faceva anche per lui, chiaro…): “Ehm, Elfman, non pensi che dovresti andare da Ever adesso?”
“Oh, giusto! Molly, dopo ne riparliamo, ora devo correre dalla mamma.”

“Posso venire?”
“No, Molly, tu resta con la zia e fai la brava. E NIENTE TRUCCHETTI SUBDOLI, OK?”

Mira e Molly chinarono il capo: “Va bene, scusaci…”

“Fiuuu…”
Non appena Elfman oltrepassò la porta…

“Pronta, Molly?”
“Pronta zia!”

Le due si sedettero sulla panchina, chiusero gli occhi, e incrociatele dita iniziarono a recitare insieme: “Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia bella e vispa!”
“Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia bella e vispa! Ih ih ih!”

 

“Maschio! Maschio! Maschio! Maschio bello ed alto! E VIRILE!”

“Ehm, signor Elfman?” -lo chiamò l’infermiera che gli camminava di fianco- “Parlava da solo?”

“Niente… Scaramanzia…”

“Prego allora!” fece gentilmente aprendogli la porta…

 

“AAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRGH!”

 

L’urlo che ne uscì mise in piega i capelli a tutti e due!

Da quando l’ospedale aveva conosciuto i record acustici dell’Evergreen partoriente, il primario del reparto maternità aveva spinto affinché si insonorizzassero le sale parto! Se però si apriva la porta tornava tutto udibile!

“URRRGH! GNNNN! È TUTTA COLPA TUA! TUTTA COLPA TUAAAAAA!”

Elfman accolse quei rumori straziati con una sensazione di familiarità e nostalgia.

Ah, quanti ricordi!

Anche l’ostetrico era lo stesso di quel giorno!

Non appena lo vide corse a stringergli la mano: “Signor Elfman!”

“Salve!”

“MALEDETTOOOOOOOOOOHHHH!!!”

“… Beh, signor Elfman, questa volta dovremmo essere entrambi abituati a quello che ci aspetta, eh?”

Elfman arrossì, subito prima di essere centrato da una bottiglietta d’acqua alla bocca dello stomaco!
“BASTARDO! MA COME HO POTUTO DIRTI DI SI?!?!? QUESTA È L’ULTIMA, CAPITO??? L’ULTIMA!!! SE NON ESCE MASCHIO ORA TI ATTACCHI, HAI CAPITO??? GNNNNNNNNNNNN!!!”

Molte cose erano cambiate dalla prima volta, e quella seconda gravidanza era stata accolta e vissuta da entrambi con piacere.

Non che questo avesse avuto effetti sull’intolleranza di Ever al momento del gran finale!

“Sigh! La prego dottore, faccia uscire mio figlio il più virile possibile!”

Al medico scese una goccia dietro la testa: “Ehm, non penso dipenda da me…”

“Ma come fate a restare così impassibili?!” si chiedeva l’infermiera novizia (che si era beccata una sfuriata sul braccio e una tirata di capelli!) alle colleghe più esperte.

“Ci siamo già passate…” risposero loro, che pure contemplavano piccole escoriazioni e l’udito ormai alla soglia della sopportazione massima!

“Visto che da quel che ho capito i rapporti tra voi due sono un tantino migliorati dall’ultima volta, vuole restare accanto sua moglie?”
“Beh…”
“NON GLI CONVIENE!” ribattè Ever, sollevandosi apposta nonostante il dolore allucinante per mettere in mostra le zanne! Per quello la forza l’aveva eccome!

Sembrava più drago lei di Natsu!

“Ehm…” –rispose il pallidissimo Elfman- “Credo che aspetterò fuori con mia figlia… Buon lavoro! Mi raccomando tesoro, metticela tutta! Ce la farai! E se puoi, mentre spingi, ripeti “maschio” più volte che puoi!”
“GRRRRR! OH, VEDRAI SE CE LA FARÒ! ECCOME SE TE LO FACCIO USCIRE! PERCHÉ DOPO BASTA CHIARO?”

“Chiaro, chiaro…” balbettò lui uscendo e ricominciando subito la sua cantilena della virilità!

“AVANTI!” –urlò al come sempre incolpevole ostetrico- “FACCIA NASCERE QUESTO… GNNNNN! ANCHE VOIALTRE! ANIMO, SU!”

“……”

Un parto di Evergreen è un’esperienza unica: che fortuna per loro averne visto un altro… Fortuna?

 

Elfman si sedette accanto a lei, al posto della zia che si allontanò un pochino per lasciarli parlare in libertà.

“Umpf!”
“Dai, non farmi il broncetto, poi mi rendi triste…”

“Umpf!” fece di nuovo lei!

Molly spiò con la coda dell’occhio: suo padre le stava facendo il musone lungo! A quello non sapeva resistere: era veramente lungo lungo!

“Uffa!” –si abbacchiò lei- “Io voglio avere una sorellina…”

“Lo so…”

“Voglio giocare con lei alle maghe, farci belle con il trucco e provare i vestitini alle nostre bambole! Non lo voglio un fratellino! Lui sarà brutto, cattivo e farà tanti dispetti!”
“Ehi, ma non è detto! Chi ti ha insegnato che tutti i maschi sono degli scemi?”
“La mamma.”

“Non devi prendere in senso letterale tutto quello che dice la mamma, anche lei te l’ha detto…”

“Femminuccia! Femminuccia! Femminuccia!”
“MASCHIO! MASCHIO! MASCHIO!”
“Non vale!”
“Si che vale!”

“Voglio una sorellinaaaaaaaaaaaaaaaa!” gli strillò a mò di banshee dritto sul timpano!

Elfman sospirò: “Certo, potrà anche essere una sorellina…”
“Siiii!”
“Però così papà sarebbe… un pochino deluso… Se sarà un fratellino potrai giocarci insieme comunque: i fratelli devono volersi bene indipendentemente che siano tutti e due uguali o diversi.”

“Però… I maschetti non sono femminucce!”

“Già, e meno male! Vorresti stare in un mondo di tutte femminucce?”

“Si!” disse lei con gli occhi sbrilluccicosi.

“Beh, io non vorrei stare in un mondo di soli maschi, anche se fossero tutti virili! Insomma, c’è bisogno anche di voi, che siete così carine!”

Prese in braccio la figlia e la baciò in fronte, facendola ridere.

“Quindi, se sarà una sorellina vorrai bene anche a lei?”
“Ovvio! Comunque… è inutile continuare a litigarci su. Quel che sarà sarà, non lo possiamo cambiare. Quindi io dico che qualunque cosa sia andrà bene per me! Sei d’accordo?”

Molly ci pensò su: “Ehm… Forse…”

 

“Signor Elfman!” –urlò l’infermiera affacciandosi alla porta- “Congratulazioni, è un maschio!”

“UOMOOOOOOOOOOOOO!!!”
“NOOOOOOOOOOOOOOO!!!”

“Uno per uno!” saltellò Mira, contenta ugualmente.

Elfman iniziò anche saltellare, ma non sul posto, di qua e di là, sui muri e sulle colonne, e a ridere sguaiatamente, cacciando tutta la lingua di fuori, in particolare passando davanti la sua sorellona, colpevole di fallito attentato alla mascolinità del suo secondogenito!

“MASCHIO! MASCHIO! CE L’HO FATTA! HO UN FIGLIO! MASCHIO! E SARÀ IL Più VIRILE DI TUTTI I FIGLI DEL MONDO! AH AH AH AH! MASCHIO! MASCHIO! MA… Ma…”

“……”

Molly aveva gli occhioni enormi che grondavano goccioline.

Il labbro era tutto tremante.

Stava per esplodere.

“Oh, no!”

 

“UEEEEEEEEEEEEEEEEEHHHH!!!”

 

Elfman e Mira si tapparono le orecchie! Mai far piangere Molly: tutta l’irritabilità del capriccio femminile unite a una potenza vocale di virile esplosività!

“Sniff! Ueeeeh! Ueeeehh!”
“Dai, calmati, piccolina! Papà ha esagerato un po’! Non voleva prenderti in giro.” la carezzò la zia.
“Ma io volevo una sorellinaaaaaa! Rimandatelo indietro!”
“Eh eh, temo non si possa fare…” arrancò Mira, in difficoltà evidente.

Elfman, rabbonitosi, si era inginocchiato anche lui, ma intanto doveva pensare anche al problema dell’essere sbattuti fuori: con tutte quelle urla, era un miracolo non li avessero ancora presi a pedate!

Anzi, lui solo sarebbe stato preso a pedate: l’uomo era lui!

“Dai, non fare così! Smettila! Sii uomo! Non piangere!” cercò di calmarla stringendola ai suoi sempre allenati pettorali.

“Ueeeeh!”
“Dai, per favore, sennò papino verrà preso a calcioni e sbattuto fuori…” –con una mano le batteva dietro la schiena, e con entrambi gli si guardava intorno- “Su, su…”

“Sniff! Sniff! E ora chi giocherà alle maghe con me?”

“Potrai farlo con lui!”
“Non è la stessa cosa!”

Mirajane annuiva silenziosamente: tra due sorelle (come tra fratelli) il rapporto che si crea è sempre un po’ speciale, Mira la sapeva, per questo si era schierata con la piccolina lì durante l’attesa.

Molly, arrabbiatissima, si passò veloce le mani su tutta la faccia rossa, asciugandosi.

Poi si girò da un'altra parte, di nuovo col broncetto.

“Sniff! Non lo voglio un fratellino! Farà il cattivo!”
“Ma che ne sai, su! Dai, ora ti tiro su io! Andiamo dalla mamma! Così vediamo un po’ questo omettino appena nato! Che ne dici?”
Tirò su col naso: “No!”
“No?”

“Io volevo una sorellina tutta carina, non un maschietto stupido che mi prenderà in giro! Non lo voglio questo fratellino! Non lo voglio nemmeno vedere!”

“……”

Mira deglutì.

Decisamente le parole sbagliate!

Elfman si era irrigidito tutto. Quale sarebbe stata la sua reazione?

Un po’ preoccupata, lo guardò alzarsi.

Tirò su un respiro profondo, gonfiandosi come un gigantesco pallone.

Molly, già meno sfacciata con quell’ombra su di sé che la mangiava tutta, fece un passetto indietro…

 

“SIGNORINELLA! ORA TU VIENI CON ME A SALUTARE IL FRATELLINO! DI CORSA!”

 

“S-s-sissignore!”

Quando diceva << Sissignore >> si vedeva proprio che era figlia del suo servizievole padre!

“Tsk!”
Elfman le porse una manona, e non si mosse fino a quando Molly, incoraggiata anche da uno sguardo di zia Mira, vi mise dentro la sua, piccolissima al confronto.

A grandi passi, l’omone se la tirò dietro.

La sicurezza era in effetti stata allertata, ma una volta lì, aveva trovato solo una bambina tenuta per mano da un grosso papà già incazzato che era meglio non disturbare ulteriormente…

 

“Eccoci qui!” esclamò lui, affacciandosi nella sala parto con un sorriso radioso!

Un cuscino lo raggiunse in piena faccia!

“Anf… anf… Contento ora, eh?” ridacchiò lei.
“Non potrei esserlo di più!” esultò lanciando il cuscino in aria.
“Umpf!”

Lasciò la mano di Molly e corse a prendere la mano della moglie, distesa sul letto, anche quella volta sfiancata.

Si guardarono profondamente per qualche attimo e poi, da buon cavaliere, Elfman si chinò affinché, per baciarlo, la donzella già stanca, non dovesse fare alcuno sforzo.

Molly, dietro di loro sospirò tenendosi le guanciotte calde: erano così romantici i suoi quando si baciavano!

“Uh, guarda chi c’è!” fece Ever notando la figlia oltre la virile montagna che la nascondeva; questa fece subito sparire lo sguardo luccicante, tornando a fare l’arrabbiata, riuscitissima parte del suo repertorio.

“Eh eh eh, lasciami indovinare: si è arrabbiata perché non è arrivata la sorellina!”
Elfman sospirò: “Precisamente.”

“Mi spiace, tesorino, stavolta ti è andata male.”

“Sigh! Perché mamma?” piagnucolò lei.

Le diede le spalle. Non era una novità: quando si offendeva, e succedeva (permalosa come la madre!), lo faceva spesso, ma Ever ebbe subito un déjà-vu…

Si ricordò dei dettagli della porta della sala parto di allora.

Quelli su cui aveva cercato di concentrarsi pur di non azzardarsi a degnare di un’occhiata sua figlia.

“Oh, tesoro… Vieni qui, dai…”
“No! Sigh!”

“Ha detto che non vuole vedere il fratellino.”

Al sentirlo Ever scambiò un’occhiata amara col marito. Dovevano aspettarselo del resto.
“Molly…”

 

( http://www.youtube.com/watch?v=9RiRFTLH0y8 )

 

“Ecco a voi!”

 

All’infermiera novizia era stato dato il compito di portare loro il nuovo arrivo (dopo essersi fatta assicurare più e più volte che non c’era più pericolo ormai!).

Questa comunque si sbrigò in fretta: la madre, ammiratolo per prima, lasciò che fosse il padre a prenderlo per la prima volta in braccio e poi uscì a passo svelto, lasciando sola la famigliola appena fattasi un po’ più grande.

Per Elfman significò fare di nuovo i conti coi ricordi e le sensazioni della prima volta: riavvertì la debolezza nelle braccia e la paura che l’emozione gli facesse perdere la presa. Ma se anche la presa era debole, la volontà di non lasciar andare mai più quel tesoro a lungo atteso non avrebbe mai permesso che accadesse, quel giorno come allora.

“È… È… È…”

Non sapeva che dire. L’aveva desiderato tanto ed ora eccolo tra le sue braccia, senza che potesse salutarlo con qualche suono più articolato.

Aveva la faccia un po’ cicciotta, gli occhietti piccoli e vispi, e disordinati capelli bianchi sulla testa.

“Virile?” suggerì sua moglie.

“Virlissimo!” sorrise lui con le lacrime agli occhi!

Avvicinò l’indice. Il bambino era sveglio, a differenza di Molly, che una volta nata era già una dormigliona, e voleva vedere una cosa.

Lasciò il dito a portata di manina per qualche secondo e, finalmente, lo afferrò!

“Ah ah ah! Senti che presa! Si, è proprio un maschio, e che maschio! Pieno d’energie sin da subito! Sarà un grande mago, il migliore mago, il più virile mago!”

“Chissà, magari ti supererà pure!”
Elfman avvertì un brivido lungo la schiena!

Ever rise e pensò di aver contagiato anche la primogenita, ma niente, restava a testa basta e col musetto triste, per nulla interessata.

Elfman ed Ever si guardarono di nuovo e si capirono al volo.

“Molly?”
“Si mamma?” fece lei senza alzare gli occhi.

“Vuoi prenderlo tu in braccio?”
“… No…” mugugnò, facendosi piccola piccola.

“Ma come?” –la rimbeccò la madre- “Non sei curiosa?”
“Curiosa?”
“Finora hai sempre giocato solo con bambolotti e pupazzi. Non vuoi provare come sia prendere in braccio un bimbo vero?”
Molly si girò timidamente. Suo padre si era inginocchiato e con un sorriso le diceva di prendere quel fagotto di asciugamani, con la piccola sorpresa nascosta dentro.

Sempre con timidezza, e un po’ di preoccupazione visto che era un bimbo vero, allungò le braccia ed Elfman glielo appoggiò su di esse.

Subito si affacciò sulla finestrella che dava sulla faccina.
“Oooh!” si lasciò subito sfuggire.

In effetti era tutto diverso. Si muoveva, guardava di qui e di là, buttava le manine in giro per sperimentare ed esplorare… Era come un bambolotto, ma mille volte più bello e speciale! Avrebbe mangiato sul serio, e poi avrebbe imparato a parlare, anziché dire sempre le solite frasi registrate, a camminare come camminava lei, le sarebbe venuto dietro, avrebbe potuto chiamarlo, parlargli…

Il giocattolo che qualunque bambina avesse potuto desiderare!

Ma quale giocattolo?

Era il suo fratellino!
“Non è un amore?” domandò la mamma.

“È… carinissimo!”
“Anche se è un maschietto?” la punzecchiò il papà.

“Umpf!”

Il versetto che Molly faceva sempre quando ammetteva senza ammettere di essersi sbagliata!

“È tanto più bello di un bambolotto!”

“D’ora in poi” –continuò Ever- “tu non sei più una bimba, sei una sorella maggiore. Devi aver cura di lui, giocarci tutti i giorni, insegnargli un sacco di cose, crescere insieme a lui.”

“Se credi che sia una vitaccia, pensa che noi che di lavoro facciamo i genitori sudiamo molto molto di più! Eh eh eh!” disse Elfman poggiandole una mano in testa.

“Lo farai, Molly?”
“Si, mamma! Sarò la sorella maggiore di… Com’è che si chiama?”

Elfman iniziò ad iperventilare!
La lista!

La lista dei nomi!

La tirò fuori!

Era finalmente giunto il suo momento!

 

<< Già… Come se uno qualunque dei tuoi robustissimi e virilissimi nomi da vero uomo non verrà salutato da Molly con una pernacchia! O peggio… >> gli disse una voce da dentro.

 

Il broncio di Molly era bello che sparito.
Ora cullava tra le braccia il fagottino con una luce negli occhi che mai le aveva visto.

“……”
Sbuffò e accartocciò il foglio, buttandolo nel cestino dietro le spalle.

“???” pensò Ever…

Sospirò, si passò le mani in faccia per trasformarsela di nuovo in una allegra: “Eh eh eh! Perché non glielo scegli tu il nome?”

“Io? Davvero? Posso?”
“Elfman, che ti salta in mente? Eri così entusiasta di…”
“Lascia perdere, tesoro…”
“Mhmm… Ti chiamerò…”

Se lei era una fatina, come compagno di giochi le ci voleva un folletto. Un simpatico folletto capace di cavarsela in ogni loro avventura. E così, le venne in mente il personaggio di quella bellissima storia di fate e spiritelli che una volta sua mamma le aveva letto.

“Pak!”

“Pak?”

(NDA: Molly si riferisce al personaggio di Puck, pronunciato appunto “Pak”, presente nel “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare)

Aprì bocca per dire che non somigliava a un nome vero, ma il modo entusiasta in cui Molly lo stava guardando non ammetteva commenti di sorta!

“Pak, eh? Mhmm…”

Molly tirò fuori il suo sguardo più irresistibile pensando sarebbe servito a convincerlo!

“MI PIACE! È proprio un nome maschio questo! Pak! Come il colpo che si abbatte sui nemici! Questo si che è un nome tosto! Complimenti Molly! Hai gusto per i nomi maschili, non per niente sei figlia…”
“Dell’uomo più virile di tutti!” finì lei, che ben conosceva il finale!

“ESATTO! AH AH AH!”
Ever sorrise e si abbandonò al cuscino.

Le aveva lasciato scegliere il nome. Proprio come con lei, anni addietro.

Così, il “maschietto” indesiderato era diventato il fratellino affidatogli che mai più avrebbe lasciato.

Elfman aveva un dono: riuscire a tirare fuori il meglio dalle donne della sua vita.

Era contentissima di avergli dato un maschietto: uno per uno non fa male a nessuno, e poi, diciamocelo, se l’era proprio meritato!

Intanto suo marito premiava Molly con una lunga carezza sui capelli: “Su, ora restituiamo Pak alla mamma, che vuole tenerlo un po’ anche lei!”

“Va bene! Tieni, mamma!”
“Ciao Pak…” -gli bisbigliò questa prendendolo tra le braccia la prima volta- “Non hai idea di quanto hai reso contento il tuo papà oggi, sai? Anche perché, se fossi stato una femminuccia…”

“Ehi, le avrei voluto bene lo stesso!”
“Lo so… Ma avresti continuato a desiderare un maschietto, e avresti dovuto partorirtelo da solo, bello!”

“Io? Partorire? Ma andiamo!”

Il più virile degli uomini non poteva sopportare né realizzare qualcosa di tanto sfiancante e bello quanto la più viziata delle donne in sala parto.

“Sono solo un uomo.” ammise con l’umiltà dovuta da quelli del suo genere.

Ever arrossì: “Eh eh eh, eccome se lo sei!”

Lo baciò di nuovo.

“Aaaah!” sospirò Molly, che non riusciva a non andare in giuggiole ogni volta vedeva un bacio!

 

Il mini-Elfman intanto, al calduccio del termosifone che era la mamma, continuava a restare sveglio e a guardarsi intorno: c’era così tanto di bello lì fuori per lui in quel momento che non valeva proprio la pena di dormire.

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