Angel of Darkness di Apple90 (/viewuser.php?uid=16422)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incombenze ***
Capitolo 2: *** Rinascite ***
Capitolo 3: *** Vendette ***
Capitolo 4: *** Fuga ***
Capitolo 5: *** Mangiamorte ***
Capitolo 1 *** Incombenze ***
Anima Nera_prologo
FF
partecipante al Contest “A Caccia di Spaccio”
organizzato
dal gruppo Facebook “Cercando chi
dà la roba alla Rowling”
Titolo:
Angel of Darkness
Rating:
arancione
Numero
Capitoli: 5
Personaggi
principali:
Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley,
Bellatrix Lestrange
Promptz:
Silenzio,
Pace, Amore (Cascata-> citazione "non prevista")
Il
vostro tempo e' limitato, perciò non
sprecatelo vivendo la vita di qualcun'altro.
Non
rimanete intrappolati nei dogmi, che
vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non
lasciate che
il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore.
E,
ancora più importante, abbiate il
coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi
guideranno
in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare.
Tutto
il resto e' secondario.
Dedicata
a te, Steve. E a Dio, che finalmente ha avuto un I-Pad.
Ombra.
Buio e ombra.
Le
luci artificiali
di un tunnel. Le auto. Automobili babbane ovunque.
Una
rapida sterzata a
destra, il cono visivo ristretto a causa dell’elevata
velocità. E il suo cuore,
che quasi aveva dimenticato di possedere, pulsante e impazzito nel suo
petto.
Poi
la luce. Il cielo
tinteggiato di nubi.
Harry
pigiò con
veemenza la All Star sull’acceleratore, avvertendo un
familiare strappo dietro
l’ombelico. Il suo corpo venne proiettato indietro, aderendo
violentemente al
sedile.
Un
autobus. Un altro.
Sfrecciarono veloci alla sua destra, macchie sfocate di colore lungo la
scia
infinita d’asfalto.
Doveva
raggiungere il Ministero prima di loro.
Doveva
parlare con Hermione, dirle che Bellatrix era viva.
Il
sonoro strepitio
di un clacson lo fece sobbalzare sul sedile. Saettò fulmineo
a pochi centimetri
dal cassone sferragliante di un camion, e lo specchietto della sua
Aston Martin
DBS grigia come il cielo di Londra saettò
nell’aria in una miriade di schegge.
Harry
controllò
ansioso lo specchietto retrovisore.
Erano
ancora lì, alle
sue calcagna. Tre nere figure, invisibili all’occhio degli
ignari Babbani,
saettarono in volo radente sopra la sua auto, fino a sfiorarne il
tettuccio con
il loro alito di morte.
Dissennatori.
Le
viscere di Harry
si congelarono, la sua mente venne privata di ogni ricordo felice. Si
sentì
vuoto, incapace di riflettere razionalmente. Il freddo
penetrò fin sotto la
pelle.
Maledetti.
Tutti quanti.
Harry
richiamò a sé
tutte le sue forze per mantenere le mani salde sul volante, cercando di
seminare gli inseguitori lungo la strada trafficata. Mettere mano alla
bacchetta significava schiantarsi. E morire, in quel caso, non era una
soluzione particolarmente intelligente.
Uno
dei tre Dissennatori piombò sul cofano, oscurando con il suo
mantello
svolazzante l’intero parabrezza. Ci fu un tonfo sordo e le
sue mani, ossute e
grigiastre, si protesero in avanti per cercare un appiglio. Il
Dissennatore
trasse un lungo, incerto, lugubre sospiro, come se volesse respirare
qualcosa
di più dell’aria. Poi emise un urlo stridente.
E
poi, da molto lontano, si sentì urlare. Delle urla
terribili, di orrore, di
supplica, seguiti da fragorose esplosioni e dal rumore di lamiere
contorte.
<<
Nessuno deve sapere.
Nessuno deve sopravvivere.>>
Una
voce di donna gli penetrò dolorosamente nelle orecchie.
Chiunque fosse, Harry
cercò di scacciarla dalla mente e tentare di riacquistare il
controllo del
veicolo, ma non ci riuscì: una nebbia biancastra gli
oscurò lo sguardo, il
corpo del Dissennatore sul cofano divenne una nera macchia sfocata. Il
motore
dell’Aston Martin emise un ringhio cupo.
<<
Nessuno deve
sapere. Nessuno deve sopravvivere.>>
Il
vortice di nebbia prese a vorticare attorno a lui, dentro di
lui…
Poi
il buio.
*°*°*°*°*°
Harry
era disteso a faccia in giù. Il silenzio lo avvolgeva.
Tutt’intorno
la luce.
Una
luce potente, accecante, che lo costrinse a ripararsi gli occhi con una
mano.
Era solo. Tutt’intorno nessuna presenza umana. Per un attimo
si domandò se
esistesse anche lui. I suoi occhi, il suo tatto e tutti gli altri sensi
funzionavano correttamente. Era in grado di respirare. Era
vivo.
Dopo
un po’ di tempo, e non seppe quanto tempo, arrivò
alla conclusione che il suo
corpo esisteva veramente, era
disteso
su una superficie fredda. Seppe di trovarsi da qualche parte, in un
luogo che
gli risuonò familiare. Forse, era giunto in Paradiso.
Harry
si mise seduto. Scoprì di indossare gli stessi indumenti
dell’inseguimento. Ma
erano sudici, il maglioncino logoro e sporco di sangue incrostato. I
jeans,
anch’essi insanguinati, avevano un grande strappo verticale
lungo il ginocchio.
Ma
il suo corpo era intatto. Non avvertiva alcun dolore.
Harry
si alzò in piedi, immerso in una nebbiolina luccicante, e
scoprì di trovarsi
sotto un’enorme, maestosa cupola di vetro, della quale non
riuscì a intravedere
la fine. Gli parve che lo spazio si generasse ad ogni suo passo.
Il
pavimento si delineò sotto i piedi: migliaia di mattonelle
bianche, intatte e
pulite, si incastrarono le une con le altre fino a formare un lungo
percorso
che conduceva fuori dalla cupola.
<<
Ragazzo, mio caro ragazzo.>>
Si
voltò di scatto. Albus Silente era lì, a pochi
passi da lui. Era comparso dal
nulla e stava avanzando nella sua direzione, incalzante e diritto,
avvolto in
una lunga tunica color pervinca. La sua barba argentea oscillava legata
nella
corda alla sua cintola. E i suoi occhi, schermiti da un paio di
occhiali a mezzaluna,
lo scrutavano divertiti.
<<
Questa volta sono morto davvero.>> ansimò
Harry. Non era una supplica né
un lamento, ma un’amara analisi della situazione.
<<
Harry.>> Silente spalancò le braccia. Un
sorriso radioso si aprì sul suo volto
scarno. << Meraviglioso ragazzo. Uomo di enorme coraggio.
Camminiamo.>>
A
Harry parve di aver già udito quelle parole. Migliaia di
volte. Ma la sua mente
aleggiava nella stessa nebbia che avvolgeva la stazione di
King’s Cross. O il
suo Paradiso.
Sbigottito,
lo seguì.
<<
Professore, la prego, mi dica la verità. Sono morto, non
è vero?>>
<<
Oh, sì.>> proferì Silente, ma il
sorriso non accennò a scomparire dal suo
volto.
<<
Sì?>>
<<
Sì.>> ripeté Silente. Si
sistemò gli occhiali a mezzaluna sul naso
adunco. << La signorina Granger ti ha ricordato
più volte quanto sia
pericoloso scorrazzare a bordo di quegli attrezzi
babbani – altobomili,
mi pare - ma
tu non le hai mai dato ascolto.>> Sembrava gioioso.
Felice che Harry
fosse lì, morto, al suo
fianco, dopo
essersi schiantato a duecento all’ora chissà dove
mentre sfuggiva a tre
Dissennatori. << Non dubito del tuo buon cuore, ragazzo.
Lo stavi facendo
per una nobile causa. Ma coloro che sorpassano il limite troppe volte,
prima o
poi devono pagarne le conseguenze.>>
<<
Rimarrò bloccato qui?>> domandò
Harry, lo stomaco attanagliato in una
morsa.
<<
Ogni cosa a suo tempo.>>
<<
Con tutto il rispetto, Professore, ma credo lei abbia una concezione
del tempo leggermente
distorta.>>
Il
vecchio sorrise affabilmente. Fece girare i pollici, senza mai smettere
di
passeggiare lungo i binari della stazione immersa nella nebbia.
<<
Bellatrix è viva!>> strepitò Harry,
ansioso. << Come farò adesso?
Devo avvisare Hermione. Devo avvisare tutti quanti!>>
<<
Bellatrix Lestrange. Un’anima dannata.>>
sciamò il vecchio preside.
<< E’ stata una mia alunna nel 1962. Era una
Serpeverde molto
promettente, forse una delle migliori studentesse del suo corso. La sua
follia
è pari alla sua proverbiale astuzia. Se Bellatrix
è rinata dalle ceneri della
Seconda Guerra Magica, a capo dei Mangiamorte sopravvissuti, un altro
conflitto
potrebbe essere alle porte.>>
<<
Lei, insomma, da quassù
può vedere
tutto ciò che accade nel nostro mondo?>>
<<
Quassù.>>
Silente levò gli
occhi al cielo, come se ripetesse quel termine nella mente per
assaporarlo a
pieno. << E’ buffo, Harry. Tu lo chiami quassù. Ma potrebbe essere
anche quaggiù, o laggiù. O chissà
dove. In realtà noi non ci
troviamo in nessun luogo.>>
<<
E’ sicuro che noi non possiamo fare niente?>>
<<
Niente.>>
<<
Non esiste nessun modo per ritornare?>>
<<
Tu sei morto, in un certo senso, ma
non sei costretto a rimanere qui.>>
Harry
lo scrutò, confuso. << Mi spieghi,
allora.>>
<<
E’ la seconda volta che accade una cosa del genere. Ma
né Voldemort né i suoi
Horcrux possono aiutarti, al
momento.
Ma c’è una cosa, una scappatoia, alla quale
possiamo appigliarci.>>
Silente sospirò profondamente. << La
conoscenza di Voldemort e di
Bellatrix è terribilmente lacunosa! Ciò che non
ritengono importante, non si
danno pena di comprenderlo. Di amore,
fiabe e Babbani non conoscono niente. Niente.
Ci sono poteri che vanno oltre le Arti Oscure. Oltre la magia
stessa.>>
<<
Quali poteri?>>
<<
Mio caro ragazzo, ti sei mai chiesto che cosa c’è
dopo la morte?>>
Harry
tacque. Avrebbe voluto rispondere “King’s
Cross Station” immersa nella nebbia. O “Il
Silenzio”. Ma entrambe le risposte gli parvero
troppo stupide per essere
menzionate in presenza di uno Stregone saggio e potente come Silente,
che di
sicuro la sapeva lunga al riguardo.
Gli
occhi di Silente lo scrutarono con gioia attraverso gli occhiali a
Mezzaluna.
Aveva le lacrime agli occhi. << Il potere dell’Anima. Della coscienza.
Sei cresciuto Harry. Sei un uomo. E, come molti altri Uomini prima di
te, sei
stato posto di fronte a un bivio. Una scelta molto importante, alla
quale tu e solo tu potrai
rispondere.>>
<<
Cosa sta dicendo?>> chiese Harry, stupito dal tono del
Preside, dalle
lacrime improvvise dei suoi occhi.
<<
Sto dicendo, caro ragazzo, la vita è semplicemente un mero passaggio, l’infanzia della
nostra immortalità. Per certe persone,
però, non è ancora giunto il momento di morire.
Ad esse è concesso di scrivere
pagine importanti della loro vita, tasselli mancanti che la morte
impedirebbe
loro di incastrare correttamente
nel
puzzle della loro esistenza. Persone che hanno una missione da
compiere. Per
altre, invece, giunta la loro fine non c’è alcun
motivo per essere rispedite
indietro. Prendi me, per
esempio. Sono morto alla veneranda età di centosedici anni.
Senza rimpianti, né
alcun genere di pentimento. Che motivo avrei avuto per tornare
laggiù, fra i
vivi?>>
Harry
lo scrutò torvo, confuso, e non riuscì ad aprire
bocca. Silente era
esasperante, a volte. Quel discorso, quel luogo, tutto ciò
che aveva ascoltato
nella nebbia non aveva alcun senso. Era morto? Era vivo? Che cosa
diavolo era?
<<
Il tuo momento non è ancora giunto.>>
proferì Silente. << Perciò
sei tenuto a fare la tua scelta.>>
<<
Quale scelta?>>
<<
Rimanere qui, insieme a me. Insieme a tutti gli altri.>>
E Silente
spalancò le braccia in un gesto ampio e maestoso, indicando
la vastità di
spazio attorno a loro. Non c’era nessun altro. Harry
immaginò le decine di
migliaia di persone che ogni giorno morivano e si ritrovavano alla
Stazione di
King’s Cross, in compagnia di un saggio traghettatore che li
accompagnava
nell’aldilà. Forse la sua immaginazione stava
galoppando troppo. <<
Oppure ritornare indietro. Affrontare il dolore. Il sacrificio. La
guarigione.
E il male.>>
<<
Io devo avvisare il Ministero.>> disse Harry a denti
stretti. <<
Bellatrix si è finta morta per anni e nel frattempo si
è rafforzata, ha
radunato un esercito di Mangiamorte scampati ad Azkaban per vendicare
Voldemort. La Terza Guerra Magica potrebbe scoppiare da un momento
all’altro,
se non avviso in tempo mia moglie!>>
<<
Lo prendo come un sì.>> mormorò
affabilmente Silente. E schioccò le dita
ossute.
In
un lampo, l’immensa cupola che lo circondava
iniziò a sgretolarsi come un
castello di carte spazzato dal vento. E Silente, alto e flessuoso nella
sua
tunica, divenne sfocato, intangibile, incorporeo come un fantasma.
<<
Che cosa sta succedendo?>> farfugliò Harry,
terrorizzato. Si guardò le
mani. Anch’esse erano diventate poco visibili. Trasparenti.
Non poté fare a meno di urlare.
<<
Buon viaggio.>> gli augurò Silente, con una
strizzatina d’occhi.
La
luce divenne sempre più intensa, fino ad accecarlo. Harry
indietreggiò. Chiuse
gli occhi e avvertì una brutale sensazione di vuoto allo
stomaco.
Poi
il buio.
*°*°*°*°*°
`•.¸¸.•´´¯`••._.• The
Apple's Corner
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
Ecco qui il primo capitolo di una FF composta complessivamente da
cinque capitoli. Forse sei. Ne ho scritti quattro, e devo terminarla
con le ultime battute.
Sto aspettando l'esito degli esami per l'abilitazione alla professione
di geometra, sono molto tesa. Ma scrivere, ho scoperto, è un
ottimo modo per distrarmi.
Essendo il primo capitolo non ho ringraziamenti da fare. Anche
perchè, in un certo senso, questa FF è
interamente farina
del mio sacco. Non ho voluto né preteso aiuti.
E, purtroppo, non ho potuto contare sui miei soliti Beta a me molti
cari, essendo questo un concorso.
Spero vi piaccia. Attendo commenti e/o critiche (costruttive). Un
enorme abbraccio dalla vostra Anima
Nera.
AUROR POWER!
|
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Capitolo 2 *** Rinascite ***
Anima Nera_prologo
Le
luci intermittenti, sfocate, scorsero veloci davanti ai suoi occhi.
Harry
era immobile, sdraiato. Un lenzuolo gli copriva gran parte del corpo.
Delle
voci, attorno a lui, farneticavano parole incomprensibili.
Si
aprì una porta. Un’altra. Poi un’altra
ancora.
Le
voci si fecero più frenetiche e insistenti, ma Harry non
riuscì a capire cosa
stavano dicendo. Era come se il tempo procedesse al rallentatore.
Percepì
l’odore acre di disinfettante nell’aria,
accompagnato dal ronzio sordo dei neon
appesi al soffitto.
<<
Respira. Sta respirando!>>
strillò una voce femminile.
Una
fitta di dolore lo colpì allo stomaco. Gli si diffuse
ovunque, bruciante, come
se decine di lame acuminate e roventi gli avessero trafitto ogni fibra
del
corpo. Il suo cuore prese il volo e iniziò a battere come le
pale di un
elicottero; sembrava pronto a sbriciolargli le costole. Il dolore
intenso lo
tramortì, sciolse le briglie del suo forzato autocontrollo e
gli diffuse
un’innata sensazione di vuoto. Stanchezza. Come se,
d’improvviso, le sue forze
si fossero esaurite.
<< Harry.>>
ansimò
un’altra voce. << Harry. Harry.
Ti prego. Non ci
lasciare.>>
Harry
avrebbe voluto rispondere che no, chiunque fosse, non
l’avrebbe mai lasciata.
Era appena tornato fra i vivi, perché mai avrebbe dovuto far
visita a Silente?
Tentò di dire qualcosa, ma le sue labbra erano congelate e
dalla sua bocca
fuoriuscì solo un lamento soffocato. Impercettibile. Lieve
come un soffio di
vento.
<<
Harry, amore mio, ti prego. Ti prego.>>
Un’altra
porta venne spalancata e un immenso fiotto di luce gli invase gli
occhi. Le sue
iridi verde smeraldo vennero accecate da una lampada, che qualcuno
proiettò
nella sua direzione. Alla sua destra, poco distante
dall’orecchio, c’era una
grossa scatola nera che emetteva un ticchettio sinistro. Altro dolore.
Una
puntura al braccio. Poi qualcuno disse: << Il battito si
sta
regolarizzando.>> Ci fu un’altra sequenza di
parole e anime sfocate che
transitavano intorno a lui, vicino a lui, senza mai toccarlo.
Per
Harry iniziò una lotta interiore: una parte di lui si stava
lentamente
assopendo, ma il cuore batteva sempre più svelto, andando
incontro al fuoco
minaccioso che gli ardeva le viscere.
<<
Rigenerus
Totalis.>>
Un
altro lampo accecante.
Harry
inarcò la schiena, dimenandosi con le poche forze rimaste in
preda agli spasmi.
Urlò. Un grido silenzioso, inerme, inespressivo. Il fuoco si
fece più
circoscritto e gli pervase il petto, come se avesse consumato tutto
ciò che
aveva incontrato lungo il cammino. Il cuore balbettò altri
tiepidi battiti.
Due. Ancora uno. Poi il Silenzio.
Non
c’era più alcun suono. Alcun respiro.
Harry
aprì gli occhi, sorpreso, e scrutò terrorizzato
parecchie paia di occhi chinati
su di lui, visi protetti da mascherine, e aghi. Aghi
dovunque, collegati a macchinari di cui non conosceva nemmeno
l’esistenza. Avrebbe voluto ricominciare a urlare, ma non ne
ebbe la forza.
<<
E’ tutto a posto.>> disse una voce. Delle dita
si serrarono attorno al
suo polso. << Si trova al San Mungo, signor Potter. La
faremo tornare come nuovo.>>
*°*°*°*°*
<<
Il tuo momento non
è ancora giunto.>> Il viso sottile di Silente
comparve davanti ai suoi
occhi, affabile e sorridente. I suoi limpidi occhi azzurri lo
osservarono
gioiosi attraverso gli occhiali a mezzaluna. <<
Perciò sei tenuto a fare
la tua scelta.>>
Harry
si svegliò.
L’aveva
fatta eccome, la sua scelta.
Dalla
beatitudine e silenziosa stazione di King’s Cross immersa
nella nebbia si
ritrovò sdraiato su un letto del San Mungo, in una camera
dal soffitto bianco e
asettico, le pareti verniciare di un fastidioso color verde marcio.
Perché poi
i muri degli ospedali erano tinteggiati sempre di verde? E’
distensivo. Gli aveva spiegato Seamus Finnigan, un paio di
mesi
prima, caporeparto del Pronto Soccorso Magico del San Mungo.
Distensivo
un cazzo.
<<
Harry.>>
Poi
quella voce. Quella presenza, al suo fianco, cambiò ogni
cosa.
La
sua visuale venne oscurata da una folta e riccia chioma castana. E dai
suoi
occhi, di una delicata sfumatura nocciola, che lo osservarono umidi di
lacrime.
<< Finalmente.>> Hermione, il suo angelo,
la sua migliore amica.
Allungò delicatamente una mano sulla sua fronte,
scompigliandogli la chioma
corvina. E quel semplice tocco gli diffuse un innato calore.
<<
Hermione, per favore, non soffocarlo.>> sbottò
la voce di Ron, alle loro
spalle.
Nonostante
la luce fosse ancora accecante, Harry riuscì a distinguere
ogni particolare del
viso di Hermione. Ogni neo, ogni minima imperfezione della pelle. Poi i
suoi
occhi, così radiosi, scintillanti di gioia, felici di
riflettersi nei suoi. Per
un attimo dimenticò del tutto la presenza di Ron. E i
Dissennatori, Bellatrix,
Silente e tutto il resto. Voleva baciarla. Voleva stringerla a
sé e ripeterle
all’infinito quanto la amava.
<<
Hermione.>> riuscì a mormorare in un sussurro
poco percettibile. Cercò di
alzarsi in posizione seduta, ma lei gli premette prontamente le mani
sul petto
e lo ricacciò indietro sul cuscino.
<<
Sei ancora troppo debole.>>
<<
Cosa… cosa mi è successo?>>
farfugliò Harry. Aveva la gola arida. Allungò
una mano tremante sul comodino e recuperò gli occhiali. La
sua vista migliorò
notevolmente.
Tutto
era così nitido. Limpido. Definito.
<<
Schiantato.>> disse Ron, che sedeva con il suo sorriso
allegro a un bordo
del letto. Indossava un maglione color prugna con un’enorme
“R” dorata ricamata
sul petto, dalla quale trapelava il colletto stropicciato di una
camicia.
<<
Con l’Aston Martin e tutto il resto.>>
soggiunse Hermione, le labbra
strette in una smorfia.
<<
Avevamo concordato che
gliel’avresti
detto dopo.>> le bisbigliò Ron.
<<
Via il dente, via il dolore.>>
<<
Aspettate.>> Harry fece forza sui gomiti e
tentò di tirarsi su. La testa
iniziò a girargli vorticosamente e fu costretto a sdraiarsi
di nuovo, in preda
a un conato di vomito. Un freddo pungente gli penetrò fin
sotto la pelle.
<< La mia Aston Martin?>>
<<
Distrutta.>> disse Hermione, con noncuranza, mentre gli
stringeva forte
una mano fra le sue. << Oh, Harry. Tu stai bene, per
fortuna. Non
m’importa nient’altro.>>
<<
Distrutta?>> Harry
impallidì.
<<
Tu stai bene.>> ripeté Hermione, con un sibilo
minaccioso. La presa sulla
sue dita si fece più salda, soffocante, fino a fargli male.
<< Ne ricompreremo
un’altra. Adesso pensa a rimetterti in forze. I Medimaghi
hanno detto che sei
scampato alla morte per un soffio. Sono stata così male,
Harry. Non sapevo cosa
fare. Mi sentivo impotente.>>
<<
Te la sei scampata un’altra volta.>> Ron gli
strizzò l’occhio. Poi si
alzò dal letto e sbadigliò sonoramente,
stiracchiandosi come un gatto. Hermione
gli lanciò un’occhiata accigliata.
<<
Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>
<<
Tre giorni.>>
<<
Tre giorni?>>
<<
Avevi bacino, braccia e costole fratturate.>>
sospirò Hermione. <<
Dopo l’incidente sei stato trasportato d’urgenza al
San Mungo mentre gli
Obliviatori si occupavano di rimettere a posto la faccenda a Londra.
Ero in
ufficio al Quartier Generale quand’è successo.
Kingsley mi ha avvisata e mi ha
accompagnata subito qui. Ero… terrorizzata.>>
<<
Terrorizzata è dir
poco.>> fu
il sagace commento di Ron. In cambio gli fu indirizzato un altro
sguardo
indispettito. << Oh, andiamo, Hermione!>>
esclamò. << Tutto
bene quel che finisce bene. Il nostro Eroe ne ha passate di peggio.
Come
l’Ungaro Spinato. Voldemort.
Il
Basilisco. Voldemort. I
Dissennatori.
Voldemort. E poi Harry sta bene. Non
è vero, Harry?>>
<<
Sì.>> mentì Harry, che aveva male
dappertutto.
<<
Hai visto? Presto si riprenderà e potrà tornare a
giocare.>>
<<
La tua sensibilità è paragonabile a quella di un
cucchiaino, Ronald.>>
<<
Cos’ho detto di male?>> la rimbeccò
Ron, le orecchie paonazze. <<
Le Fenici d’Argento non sono le stesse senza il Miglior Cercatore della Prima Divisione.
Nemmeno il vecchio Oliver
Baston dei Glasgow Rangers è riuscito a catturare
così tanti Boccini a metà
campionato.>>
<<
Grazie.>> mormorò sommessamente Harry, che gli
sorrise.
<<
Uomini.>>
sbottò Hermione.
<< Come potete pensare alle automobili e al Quidditch
prima ancora della
vostra salute?>>
Harry
non riuscì a proferire parola del suo viaggio alla stazione
di King’s Cross, né
tantomeno di Silente, Bellatrix e tutto il resto. Conservava nella sua
testa un
ricordo sfocato della vicenda, e più si sforzava di
concentrarsi per ricordare
più il ricordo si faceva nebuloso.
Si
sentiva meglio, era al fianco della persona che amava, stava andando
tutto
bene. Perché rovinare quel momento?
Ron
tornò ai Tiri Vispi a metà pomeriggio,
promettendogli di fare ritorno
l’indomani con una scatola di Cioccorane alla Menta.
<< E’ una tiratura
limitata per celebrare il duecentesimo anniversario di Edmund
Testaquercia, creatore
della Fabbrica di Mielandia.>> disse tutto allegro, prima
di scomparire
nel corridoio.
Quando
il sole rossastro tinteggiò di un bagliore color sangue le
veneziane della
finestra, Harry iniziò ad avvertire un vuoto opprimente allo
stomaco. Aveva
fame. Come se non si cibasse da mesi interi. L’esito delle
analisi dei
Medimaghi fu positivo e gli fu permesso di trangugiare una minestrina
di
cipolle e una fetta di formaggio di Noce. Non fu granché, ma
perlomeno mise a
tacere i fastidiosi borbottii del suo stomaco.
Hermione
gli raccontò del trambusto sollevato dalla Gazzetta del
Profeta in seguito al
suo incidente. << L’hanno paragonato alla
trovata di un folle viziato e
egocentrico, che non è nemmeno in possesso della patente
babbana.>> A
quanto pareva Rita Skeeter non si era ancora data per vinta, lottando
ferocemente alla ricerca di uno scoop che compromettesse
irrimediabilmente
l’immagine eroica di Harry Potter. << Cagna
schifosa.>> commentò acidamente
Hermione. E strinse così forte le
lenzuola del letto che le sue nocche divennero bianche.
<< Oh, Harry, ma cosa importa?
Stai bene.>>
<<
Sono stufo di quella donna.>> sbottò Harry,
che si issò lentamente sui
gomiti. << Voglio dire, sono quasi
morto.
Non è divertente. E poi l’ha patente babbana ce
l’ho eccome.>>
<<
Comunicherò a Santford di inviare un esposto al Profeta.>>
<<
Non ti disturbare. Rita Skeeter non si fermerà mai, nemmeno
davanti agli
Auror.>>
Si
guardarono per un lungo istante, poi scoppiarono a ridere.
Harry
si mise a seduto sul letto e le fece scorrere un braccio attorno alle
spalle,
sollevando la mano libera per accarezzarle una guancia. Quella pelle,
morbida e
setosa. I suoi occhi. Il suo profumo di pesca e miele. Aveva rischiato
di non vederla
mai più, ed un baratro interiore gli squarciò il
petto. Come sarebbe stato non esistere?
Hermione
gli scompigliò affettuosamente i capelli. Si
chinò, radunando la borsa e le sue
cose sparse nella camera. La gioia nel suo sguardo palesava una
profonda
stanchezza. Era stata lì chissà quanto, senza
dormire.
Sua
moglie.
Com’era
bello poterlo dire. Nella gioia e nel dolore, per sempre, lì
al suo fianco.
<<
Và a casa.>> sussurrò debolmente
Harry, che le strizzò l’occhio. <<
Sto bene.>>
Il
contatto con i cuscini gli trasmise un quieto torpore. Un formicolio
gli invase
gli arti, addentrandosi fino alle costole. Fu seguito da un fremito,
poi da una
profonda fitta di dolore che lo costrinse a strizzare gli occhi.
Ripagò caro lo
sforzo di essersi alzato.
Hermione
indossò il soprabito color crema allacciato alla cintola con
un nastro
d’argento, che le fasciava elegantemente il corpo esile e
slanciato. Si sistemò
i capelli con una mano, rimirando il proprio riflesso nella finestra.
Poi tornò
a guardarlo. Con quegli occhi. Con lo sguardo che solo lei era in grado
di
rivolgergli. << Ci vediamo domani.>>
Harry
si sentì pervadere l’anima. No.
No.
Doveva dirglielo. Subito.
<<
C’è una cosa che devi sapere. E’ molto
importante. Riguarda, ecco…
l’incidente.>>
<<
Abbiamo tutto il tempo, amore. Ora cerca a riposare.>>
Hermione si chinò
su di lui. Le loro labbra si incontrarono. << Domattina
ho una riunione
con Kingsley. Mi libererò verso le dieci. Verrò
qui il prima possibile e, per
l’amor del cielo, non accettare dolciumi o schifezze
di alcun genere da Ron. Sei debole. La tua alimentazione deve essere controllata.>>
<<
Lo farò.>> le promise Harry.
Un
ultimo sorriso. Poi Hermione comparve dietro il tonfo attutito della
porta, e
Harry si ritrovò a scrutare il soffitto buio, sentendosi
solo e impotente come
un fantasma ferito. La sua salute
stava migliorando, ma una parte nascosta di lui si domandò
come avesse fatto a
ritornare fra i vivi. Era un fantasma? Un Angelo Caduto? Forse, niente
di tutto
ciò. Semplicemente un uomo che aveva compiuto una scelta:
quella di
incamminarsi sui suoi vecchi passi, perché quella era la
cosa giusta fare.
Perché
aveva solo ventisette anni, dopotutto, e una moglie. E… un
segreto.
*°*°*°*°*°*
Incidente
automobilistico per Harry Potter.
Il
ragazzo sopravvissuto perde il controllo della vettura. E’
grave al San Mungo.
LONDRA
– L’incidente è avvenuto nel tardo
pomeriggio di mercoledì, quando Harry
Potter, Eroe del Mondo Magico e astro nascente delle Fenici
d’Argento,
rincasava dall’allenamento pomeridiano con la squadra presso
il SilverFox Stadium di Myfair a
bordo
della sua auto babbana. << Un bolide.>> ha
confermato il Professor
Barney Hipkiss, ricercatore e Capo dell’Ufficio per
l’Uso Improprio dei
Manufatti Babbani. << Un’automobile del genere
– modello Aston Martin DBS
– è in grado di
eguagliare la potenza di tre Nimbus 2001. E’ senza dubbio un
oggetto molto pericoloso, che va
maneggiato con
estrema cura.>>
Lo
schianto lungo l’Autostrada M25, nei pressi del Mills Hill
Golf Club. Il
veicolo di Potter ha perso il controllo per l’eccessiva
velocità, sfondando la
paratia divisoria tra le carreggiate e invadendo la corsia opposta. Lo
schianto
laterale con un camion è stato inevitabile, a detta di
alcuni testimoni. Gli
Obliviatori e i Medimaghi sono intervenuti tempestivamente sul luogo
dell’incidente. Harry Potter è stato trasferito
d’urgenza all’ospedale San
Mungo, le sue condizioni sono apparse gravi.
<<
La famiglia del Signor Potter, lo staff e i compagni delle Fenici
d’Argento
Quidditch Club hanno deciso di mantenere un doveroso riserbo per quanto
accaduto stamane.>> ha riferito il Presidente delle
Fenici d’Argento, Ezius
Aistrael. << Pertanto non abbiamo altre dichiarazioni da
rilasciare in
merito.>>
Secondo
le prime stime, la possibilità che Potter abbia perso il
controllo a causa
della velocità eccessiva del veicolo è la
più ricorrente presso l’Ufficio per
l’Uso Improprio del Manufatti Babbani. A tal proposito, il
Professor Barney
Hipkiss si è raccomandato: << L’uso
di tali veicoli è assolutamente
proibito se non si è in possesso della patente
babbana. Svolgeremo i doverosi accertamenti. Consiglio a
tutti i maghi e
streghe, lettori del Profeta, di acquistare Manici di Scopa. In
assoluto il
mezzo di trasporto più sicuro.>>
Hermione
interruppe la lettura dell’articolo con uno sbadiglio
esausto.
Depositò
la copia spiegazzata del Profeta sul comodino; il viso sorridente di
Harry,
ritratto in prima pagina, le restituì un sorriso smagliante:
era a cavallo
della sua Firebolt 2.0, il boccino svolazzante stretto nel suo pugno,
con la
casacca scarlatta delle Fenici d’Argento. La didascalia della
foto diceva: “Harry Potter. Genio e
sregolatezza. La
scamperà anche questa volta?”
Hermione
ricacciò un epiteto in gola. Rita
Skeeter. Un giorno - ne era certa - si sarebbe vendicata.
Si
sfilò gli occhiali da vista, con i quali era costretta a
convivere da un paio
di mesi a causa dello stress accumulato in ufficio, e si
rigirò fra le lenzuola
del letto matrimoniale. Allungò istintivamente una mano sul
materasso,
avvertendo una brutale sensazione di solutine quando non
percepì la presenza di
Harry al suo fianco.
Era
stato fortunato. Sarebbe bastato un soffio di vento, un tassello del
destino
andato storto, e la vita di Harry sarebbe terminata in quel tunnel. Il
solo
pensiero le congelò il cuore. No. Non avrebbe mai potuto
vivere senza di lui.
Perciò era meglio evitare
di
pensarci.
*°*°*°*°*°
`•.¸¸.•´´¯`••._.• The
Apple's Corner
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
Di seguito, un altro capitolo. Spero vi piaccia.
Grazie a Kia85,
Merygreis e Kiki per le
recensioni :D
Nient'altro da aggiungere, se non:
AUROR POWER!
|
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Capitolo 3 *** Vendette ***
Anima Nera_prologo
Due nere figure
comparvero dal nulla a ridosso di una collina erbosa, a pochi metri di distanza
l’una dall’altra.
La prima era alta,
flessuosa, avvolta in un mantello color pece rattoppato, il volto interamente
oscurato dal cappuccio. Le sue dita sottili e ossute stringevano una bacchetta.
<< Possiamo
procedere, Mia Signora?>> domandò la seconda figura.
<< No.>>
sciamò Bellatrix Lestrange, gli occhi folli, incavati, del tutto fuori
controllo che fecero capolino dal cappuccio. << Una nuova alba sta per
sorgere, Rockwood. Seguimi.>>
S’incamminarono lungo
un sentiero tortuoso che s’inerpicava su per la collina. Bellatrix avanzò
respirando affannosamente, come se non riuscisse a contenere la gioia di quel
momento, la disperata soddisfazione di essere giunta a un traguardo importante.
I capelli neri, arruffati, sudici le ricadevano sul viso come un ammasso di
serpenti annodati. Rockwood caracollò alle sue spalle, incespicando nel
mantello.
<< Come ben
saprai, Rockwood, il Ministro della Magia – il buon, vecchio Shaklebolt
– né tantomeno tutti gli altri suoi stupidi leccapiedi del Ministero,
non hanno la minima idea della nostra esistenza. Nessuna, Rockwood. Noi
siamo fantasmi.>>
<< Rinascenti, mia Signora.>> proferì
il Mangiamorte, in tono ossequioso.
<< Nessuno è a
conoscenza del nostro Piano. Nessuno deve sapere.>>
<< Così sia,
Mia Signora.>>
<< Oh, taci un
istante, stupido idiota!>> lo zittì bruscamente Bellatrix. Arrestò la sua
camminata all’improvviso, e Rockwood rischiò di travolgerla. << Lo
senti?>> La strega levò lo sguardo verso il cielo tinteggiato dei primi
bagliori dell’alba. Un pallido sole stava sorgendo al di là della linea
frastagliata delle montagne in lontananza. << Lo senti, Rockwood?>>
Il Mangiamorte, il
volto schermito da una maschera di ferro, scosse timidamente il capo.
Bellatrix strinse la
labbra in una smorfia. I suoi occhi incavati rotearono follemente lungo il
sentiero. << L’odore della vittoria.>> sussurrò, con una vocina
stridula simile a quella di una bambina. Poi, sorreggendo un lembo della lunga
gonna di pizzo e merletti che trapelava sotto il mantello, iniziò a correre per
giungere sulla sommità della collina.
<< Laggiù,
Rockwood. Laggiù. Tanti piccoli,
stupidi, pidocchiosi mezzosangue.>> E additò con l’indice ossuto la
vallata sottostante, battuta da una brezza autunnale.
Ai piedi della
collina, oltre un lago, sorgeva un piccolo insediamento di case, ammonticchiate
le une accanto alle altre. C’era una chiesa dal campanile decadente, un
magazzino, una villetta bifamiliare dall’aspetto pericolante.
<< Ecco perché
ti ho condotto qui, fratello Rinascente, amico fidato.>> disse
dolcemente. << Laggiù, Rockwood, è Willgrave Lane. E’ il posto dove sono
nata.>>
Il Mangiamorte, che
l’aveva rincorsa durante tutto il tragitto, era piegato in avanti, le mani
premute sulle ginocchia e il fiato rotto dallo sforzo.
<< E’ una
fogna! Un covo di sporchi mezzosangue!>> strillò Bellatrix. Tornò a
indicare follemente il paesino, gli occhi scintillanti come due tizzoni
ardenti. << Inizieremo da Willgrave Lane, Rockwood. Chiama gli altri.
Ordinagli di raggiungerci.>>
<< Come ha
detto, Mia Signora?>> domandò Rockwood, incredulo, con un filo di voce.
<< Mi hai
sentito bene, lurido idiota. Chiama gli altri!>> abbaiò lei. <<
Siamo rimasti nell’Ombra per troppo tempo. E’ giunto il momento di presentarci
al nuovo Mondo.>>
Rockwood esitò.
Indietreggiò di qualche passo, l’espressione inorridita nascosta dietro la
maschera. Lentamente, arrotolò la manica della veste e mostrò il marchio
nero tatuato sull’avambraccio sinistro.
<< Arriveranno
a decine.>> Bellatrix gli rivolse uno sguardo addolcito, le labbra
strette in un’espressione intenerita, come una studentessa alle prese con una
cotta adolescenziale. Era palesemente squilibrata. << Insieme, alleati
contro il Nemico, potremo fare grandi cose. Riscriveremo la Storia della Magia
dell’ultimo Secolo. Riabbracceremo il Nostro Eterno Signore Oscuro.>>
Detto ciò levò in alto la bacchetta e, con un gesto teatrale ed elaborato, la
puntò sul Marchio Nero di Rockwood.
Nell’aria strepitò un
sibilo, simile al rumore di uno strappo di pergamena, o del tubo di scolo di un
lavandino.
Nel prato
tutt’intorno a loro comparvero con uno schiocco di frusta decine di figure
incappucciate, le une accanto alle altre in formazione serrata, i volti
schermiti da maschere di ferro intarsiate. E i loro occhi, rossi come rubini,
scintillanti sotto il cappuccio.
<< Amici
miei!>> strillò Bellatrix, gioiosa. Ed allargò le braccia, le
sopracciglia sollevate, un sorriso folle dipinto sul suo volto scarno. <<
Amici miei! Rinascenti! Mangiamorte! Fedeli sostenitori del nostro Eterno
Signore Oscuro! Benvenuti. Benvenuti all’epico epilogo di Willgrave
Lane, e del marciume mezzosangue che attanaglia la nostra stirpe.>>
I Mangiamorte
rimasero immobili come statue di cera. Alcuni di loro si limitarono ad annuire
in silenzio, ma la maggior parte pareva avere troppo timore della figura di
Bellatrix per contraddire un suo ordine.
<< Usciamo dal
nostro Guscio, dall’ombra che ci ha celato agli occhi del Ministero per due
lunghi anni. Uccidiamoli. Uccidiamoli tutti.>> L’espressione
estasiata di Bellatrix, le sue braccia levate, diedero inizio alla Guerra.
Con un ordine, un
urlo di rivalsa, una stridula richiesta di morte; insieme, compatti, i
Mangiamorte discesero la collina, sorpassarono il lago e si riversarono a
Willgrave Lane. Ci furono urla, grida di sofferenza, terrore, strilli così
disperati da essere uditi a miglia di distanza, ovattati dagli lampi di luce
verde che rischiararono a giorno il villaggio. I Rinascenti obbedirono
fedelmente al volere di Bellatrix: diedero fuoco alle case, uccisero chiunque
capitasse loro a tiro. E i pochi maghi presenti non riuscirono a difendersi,
vennero spazzati via insieme al resto degli abitanti, e nel giro di mezz’ora il
tranquillo paesino di Willgrave Lane, sperduto nella brughiera inglese, divenne
un teatro di morte.
<< Rinascenti!>> strillò Bellatrix,
facendo irruzione nel villaggio in fiamme. Era allegra, energica, quasi
elettrizzata. << Questa è la nostra Guerra! E’ la nostra
rivincita!>> Spalancò le braccia, gli occhi folli rigati di lacrime di
gioia. << Chiamate i Dissennatori! Voglio far visita al
Ministero.>>
<< Al
Ministero?>> strepitò Rockwood, che era rimasto al suo fianco e si era
tenuto distanza dagli scontri. << Mia Signora… sono ignari della nostra
presenza, questo è certo… ma sarebbe troppo rischioso! Moriremo tutti.>>
<<
Taci.>> sibilò Bellatrix. Poi tornò a sorridere, affabile. Avanzò lungo
il viottolo a piedi nudi, marciando attraverso la distesa di cadaveri di
uomini, anziani, donne, bambini. Una scia di sangue tracciò il suo cammino.
<< Noi siamo in grado di fare grandi cose. Non c’è bisogno di
aspettare la mossa del nemico. Bisogna colpirlo quando meno se lo aspetta,
evitando una serie di tediose strategie militari. Violenza, sangue, vendetta!
Saranno i tre capisaldi della nostra Guerra!>> E levò un pugno in alto,
seguita dal resto dei Mangiamorte che la accerchiarono, urlanti e soddisfatti
come segugi addestrati.
<< Vendetta!>>
urlò Bellatrix, sovrastando le voci di tutti gli altri. << E’ giunto il
momento di vendicare il nostro Eterno Signore! Marciamo verso il Ministero,
fratelli miei, insieme ai Dissennatori e ai Giganti delle Montagne Rocciose.
Marciamo verso il nostro futuro, che sarà finalmente nelle nostre mani.>>
*°*°*°*°*
<< Coraggio,
Ronald. Ancora un tentativo. Al mio tre. Uno…
due… tre!>>
Con un rantolo
soffocato, Arthur e Ron Weasley sollevarono un pesante, polveroso baule di
legno, sul quale erano iscritte le iniziali “A.P.W.” – Arthur Percivalt Weasley
– bisnonno di Arthur, vecchio leone di guerra durante la Secessione Magica di Scozia
del 1859.
Avanzarono a stento
per un paio di metri e lo depositarono con un tonfo in un angolo del capanno
degli attrezzi, accanto a una libreria stracolma di vecchie scatole di scarpe.
Da una di esse, ammonticchiata sullo scaffale più alto, proveniva uno strano
odore di gomma bruciata. E Ron, stremato, si chiese se non fosse il caso di fare pulizia.
<< E’ una
follia, papà.>> sbottò, avvilito, la fronte imperlata di sudore. Si
rimboccò le maniche della camicia. Suo padre era snervante, a volte. E
parecchio testardo.
Arthur Weasley non
gli prestò attenzione. Oltrepassò il vecchio baule e trotterellò allegramente
verso il rottame di lamiere arrugginite che occupava gran parte del magazzino.
Avevano lavorato cinque lunghe ore per spostare tutte le cianfrusaglie nel
capanno e far spazio a quell’aggeggio. E Ron si chiese che cosa diavolo se ne
facesse. Un tempo doveva essere stata un’auto babbana, ma ora della carrozzeria
non ne rimane altro che un ammasso di ferraglia accartocciata. Il muso era
completamente inesistente, i vetri sfondati e i sedili, arsi dal fuoco, erano
anneriti. La parte posteriore dell’auto si era salvata, ed era rimasta
pressoché intatta. Si poteva leggere chiaramente la targa. E il logo, simile
alle ali di un’aquila stilizzata, recava la scritta “Aston Martin”.
Aston
Martin?
<<
Papà.>> fece Ron, risoluto. << Dove l’hai trovata?>>
<< Oh,
perbacco, è stato un affare.>> disse Arthur, che stava esaminando
minuziosamente il rottame. Fece scorrere le dita lungo il profilo del tettuccio
ammaccato, sfiorandolo come se fosse costituito di un materiale prezioso.
<< Me l’ha offerta il vecchio Mundungus Fletcher per dieci galeoni. Dice
che, con un paio di incantesimi Svita e
Monta, tornerà come nuova.>>
<< Non era finito
ad Azkaban per essersi finto un Infernus durante un furto?>>
<< E’ tornato
in libertà un paio di mesi fa.>>
<< Giusto in
tempo per fregarti un’altra volta, vero papà?>>
<<
Sciocchezze!>> esclamò Arthur, offeso. Ron notò che le sue orecchie erano
diventate paonazze. << La Ford Anglia era in condizioni disperate, quando
Mundungus me l’ha proposta poco prima dell’elezione di Caramell. Eppure sono
riuscito ad aggiustarla. E’ stato un affare.>>
<< La
tecnologia babbana è cambiata, pà.>> Ron indicò il rottame dell’Aston
Martin con un cenno del capo. Gli aveva ripetuto quel discorso un discreto
centinaio di volte. << E poi, un’ultima cosa. Non vorrei rovinarti la
sorpresa, né tantomeno dubito che tu sia capace
a rimetterla a posto. Ma quest’auto credo appartenga a Harry.>>
Ne seguì un lungo
istante di silenzio. Arthur dapprima rimase immobile, inebetito, e ricambiò lo
sguardo del figlio con occhi vuoti. Poi il suo sguardo s’animò di una rabbia
improvvisa, latente. Scagliò un calcio sulla fiancata dell’auto, poi batté
forte il pugno nel palmo della mano, come se avesse compreso a fondo il perché
di quel mirabolante affare. << Mundungus, sporco ladruncolo! Me la pagherà.>>
Ron scrollò le
spalle. Si sforzò di trattenere un sorriso divertito. << Cerca di vedere
il lato positivo della faccenda. Hai ritrovato l’automobile di Harry. Ne sarà
entusiasta, quando sarà dimesso dal San Mungo. Ti restituirà volentieri i dieci
galeoni.>>
<< Ma io volevo
un’automobile.>> ribatté
Arthur, con il tono deluso di un bambino al quale era stato negato un sacchetto
di caramelle di Mielandia.
<< L’avrai,
papà.>> Ron gli posò una mano sulla spalla. << Ne cercheremo una.
Ma tu, per favore, promettimi che lascerai perdere quel vecchio impostore. Se
Harry scopre che ha rivenduto illegalmente la sua automobile, bé… potremo dirci di esserci liberati per sempre di
Mundungus.>>
<< Cosa se ne
farà Harry di questo rottame? Il solo
pensiero che ci fosse dentro, durante l’incidente, mi mette i brividi.>>
<< Potresti
provare ad aggiustarlo.>> Ron diede una pacca sulla portiera ammaccata. <<
Se Harry non la vorrà indietro, bé… sarà tua.>>
Suo padre era andato
in pensione dopo quarant’anni di onorato servizio il mese prima. I primi giorni
erano stati uno spasso, per lui. Un Paradiso,
una liberazione. Ma poco tempo dopo, irrimediabilmente, era sciamata in lui una
profonda depressione. Si sentiva inutile. Vecchio. E spingerlo a impegnarsi a
fondo per rimettere in sesto quell’Aston Martin era l’idea giusta per
trascinarlo fuori dal baratro depressivo.
<< Bè… in effetti…
potrei. Ma non ne sono sicuro, Ronald. Potrebbero occorrere mesi.>>
<< Fai un
tentativo. Un piccolo tentativo.
Perlomeno, se ti arrendi, potrai sempre dire di averci provato, giusto?>>
Il viso di Arthur
Weasley si aprì in un radioso sorriso. << Hai ragione, figliolo.>>
<< Lo
so.>>
<< Ah, Ron.
Un’altra cosa.>>
<< Tranquillo.
La mamma non saprà niente.>>
*°*°*°*°*
Uno scoppio. Il
fragore lontano di un tuono.
Hermione sollevò la
penna d’oca dalla pergamena, spostando gli occhi sulla finestra dell’ufficio.
Pesanti gocce di pioggia picchiettavano ferocemente contro i vetri. Il Quartier
Generale si trovava nel cuore dei sotterranei londinesi, ma grazie a un potente
incantesimo le finestre erano in grado di mostrare le condizioni meteorologiche
esterne. Il paesaggio incantato della brughiera inglese fu scosso da un lampo.
Hermione scosse il
capo, tornando a concentrarsi sulla Relazione riguardante un caso di
Trafficanti illegali di Calderoni Esplosivi. Non vedeva l’ora di terminarla,
afferrare il soprabito e correre al San Mungo.
Un altro scoppio,
seguito da un frastuono di sottofondo. Delle urla.
<<
Colin.>> mormorò Hermione nell’interfono sulla scrivania.
Colin Canon, giovane
recluta Auror, piombò in ufficio con la velocità dei fulmini che si abbattevano
fuori dalla finestra. Era cresciuto parecchio, alto e dinoccolato, con una
folta chioma di capelli color paglia e i denti sporgenti. << Serve aiuto,
Comandante?>>
<< Chiamami
Hermione, Colin. Per favore.>>
<<
Hermione.>> si corresse lui, impacciato. Sembrava nutrire nei suoi
confronti un profondo timore reverenziale, come se dovesse fronteggiare il
Primo Ministro. << Serve… aiuto?>>
<< C’è qualche
problema al Ministero? Manutenzione,
voglio dire. Sento dei… rumori.>>
<< Non che io
sappia.>> replicò prontamente Colin. << Gradisce che mi informi con
l’Ufficio Manutenzione?>>
Hermione soppesò
l’idea per qualche istante. Poi pensò a Harry, all’impellente bisogno di
fuggire dal Quartier Generale dopo una pesante giornata lavorativa. Dopo la
riunione mattutina, Kingsley aveva insistito per presentarle la delegazione
Magica Rumena in visita al Ministero della Magia per un progetto di ricerca e
protezione sui Draghi. E la visita al San Mungo era tristemente saltata.
<< Non ce n’è
bisogno.>> mormorò distrattamente Hermione, che prese a scribacchiare
frettolosamente sulla pergamena. Agitò la mano libera in un cortese cenno di
congedo. << Ti chiedo scusa, Colin. Puoi andare.>>
Canon annuì,
abbozzando a un inchino ossequioso. Un attimo dopo era sparito nel corridoio.
La punta della sua
penna d’oca tracciò eleganti ghirigori in calce al documento. Hermione firmò
con un elaborato scarabocchio, poi
arrotolò il documento e lo sigillò con la bolla del Quartier Generale. Aveva
finito. Sospirò, sentendosi privata di un peso.
E in quel momento
accade di nuovo: la scrivania, il pavimento sotto i suoi piedi e le pesanti
librerie che occupavano due pareti dell’ufficio presero a tremare. Decine di
volumi caddero a terra con un tonfo, seguiti da alcuni quadri appesi alle
pareti.
Hermione s’alzò in
piedi di scatto, impugnando la bacchetta. Non era un semplice terremoto. Era
come se, in una parte nascosta della sua coscienza, una vocina le avesse
sussurrato di fuggire il prima possibile dal Ministero. Come poteva obbedirle?
Lei era il Comandante degli Auror. L’ultima persona al mondo a dover
abbandonare una barca mentre affondava.
<< Comandante
Granger!>> Dwalish, Savage e Smith piombarono nell’ufficio, mentre i
vetri delle finestre iniziarono a tremare. << Sono dappertutto! Mangiamorte!>>
Crack. La
pace nel Mondo dei Maghi si era appena spezzata.
<< State calmi,
maledizione.>> Hermione prese
un sospiro profondo. Era stata addestrate per gestire razionalmente ogni
situazione di pericolo. Un altro sospiro. Mangiamorte.
Il cuore iniziò a batterle all’impazzata nel petto. << Quanti Auror
sono di turno?>>
<< Una ventina,
Comandante.>> rispose Savage. << Canon, Finley, Rowles,
Spencer…>>
<< Voi
due.>> tagliò corto Hermione. << Avvisate immediatamente Kingsley e il suo staff del Primo Livello. La
sicurezza del Ministro della Magia ha la priorità assoluta.>>
<<
Sissignora.>>
<< Canon,
Spencer e Doyle penseranno ad avvisare tempestivamente il resto del Ministero.
Questo posto è un fortino, le misure
di sicurezze e gli incantesimi protettivi sono abbondantemente efficaci per
contrastare qualsiasi minaccia esterna. Non dobbiamo perdere la calma. Per
nessun motivo. E’ chiaro?>>
<<
Sissignora.>> ripeterono Dwalish e Savage in coro.
<< La
situazione è sotto controllo.>> ripeté Hermione, più a sé stessa che ai
due Auror. Puntò la bacchetta alla gola e mormorò: << Sonorus.>> La sua voce strepitò in
tutto il Quartier Generale, maestosa e metallica come se provenisse da un
enorme, gracchiante microfono. << Codice di sicurezza dieci. L’intera
squadra con me. Veloci.>>
Dagli uffici
adiacenti provenne un latente brusio. Qualcuno urlò.
Hermione raccolse
frettolosamente alcuni incartamenti dalla scrivania, cacciandoli senza ritegno
nella borsa da lavoro. Indossò il soprabito e il Mantello d’Ordinanza. Poi,
prima di abbandonare l’ufficio insieme a Dwalish e Savage, rimediò due
caccabombe dei Tiri Weasley abbandonate ai piedi della libreria.
I corridoi erano
assiepati di gente. Il panico si era diffuso a macchia d’olio nel giro di una
manciata di minuti, e la maggior parte dei maghi era fuggita dai loro cubicolo
per riversarsi senza ritegni negli atri ascensori di ogni livello. La paura
regnava sovrana.
La squadra di Auror
abbandonò il Quartier Generale in formazione serrata, le bacchette sguainate e
i mantelli svolazzanti, eseguendo alla regola il massimo protocollo di
sicurezza previsto dal Ministero. Hermione apriva la fila, affiancata da
Dwalish e Savage. La folla si diradò al loro passaggio, e parecchie paia di
occhi vennero proiettati nella loro direzione.
<< I
Mangiamorte! I Mangiamorte sono tornati!>> strillò l’anziana Tadarida
Jonson, dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. E agguantò
l’avambraccio di Dwalish, gli occhi proiettati fuori dalle orbite e una
maschera di terrore dipinta sul volto rugoso.
A fatica, ostacolati
dalla folla, gli Auror raggiunsero l’Atrium del Ministero. Ad attenderli, scuri
in volto, c’erano lo Stregone capo del Wizengamot – Elphias Doge – insieme a
Ludo Bagman e il suo intero staff dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.
Quest’ultimo, che indossava un abito color senape, aveva perduto ogni bagliore
di gioia che aveva contraddistinto negli anni la sua figura. Il suo volto
rotondo apparve scolorito, nervoso, terrorizzato.
<< Comandante
Granger.>> irruppe l’anziano Elphias Doge.
<< Dov’è il
Ministro?>> domandò Hermione.
<< Non è in
Ufficio, al momento.>> sospirò il mago. Le mani ossute che stringevano la
bacchetta tremavano vistosamente. << Il Ministero è precipitato nel caos.
Niente e nessuno è in grado di sedare il panico, temo.>>
<< Sono… fuori.>> squittì Bagman. << Dissennatori. Mangiamorte. Come possiamo mantenere la calma, in una
situazione del genere?>>
<< Ordinate a tutti i dipendenti di
rientrare nei loro Uffici.>> proseguì Hermione, con tono ferreo, evitando
con cura lo sguardo di Bagman. << Ci sono adeguate protezioni. Non
riusciranno mai a entrare. Finché
rimarrete all’interno del Ministero non ci sarà alcun pericolo per la vostra
incolumità. Ve lo garantisco.>>
<<
Comandante.>> Bagman la trattenne per la manica della divisa. << E
se ci fossero delle… Talpe?>>
<< Egidius
Pratt e i suoi collaboratori dell’Ufficio per l’Archiviazione Magica sono stati
rinchiusi ad Azkaban per Alto Tradimento l’anno scorso. Giudico alquanto
improbabile che dei folli abbiano deciso di aiutare i Mangiamorte nel Dopoguerra, a meno che essi non diano la
benché minima importanza alla vita.>>
<< E se
riuscissero a entrare?>> ribadì Bagman. Il suo viso rassomigliava a una
grossa, paonazza forma di formaggio. << Saremmo perduti.>>
<< Questo non
accadrà.>> ruggì Hermione, divincolandosi dalla presa. << Elphias,
la prego, contatti Kingsley. In qualsiasi modo. Temo che la posta via gufo non
sia abbastanza rapida. Ho bisogno di
lui.>>
L’anziano Stregone
Capo annuì sommessamente, chinando il cranio calvo in un cenno d’assenso. Osservò Hermione attraverso la spessa
montatura di corno, dalla sua bocca comparve un sorriso accennato. <<
Faccia vedere di che pasta è fatto un Eroe, Granger.>> sussurrò, prima di
incamminarsi a grandi passi verso un Camino.
Un
Eroe…
La gola di Hermione
si strinse in una morsa. Harry. Fu il
suo unico pensiero. Dimenticò, per un breve istante, l’importanza della vita
delle decine di migliaia di membri del Ministero. Harry era al San Mungo,
debole, esposto al pericolo. Avrebbe gettato alle fiamme il distintivo per
Smaterializzarsi al suo fianco. Ma… non poteva. I gradi dorati di Comandante
scintillanti sulle sue spalle le ricordarono il suo ruolo. Doveva preservare
l’incolumità della comunità Magica. Non esclusivamente
quella di Harry. La scelta le provocò un profondo vuoto allo stomaco.
<<
Contattate lo staff ministeriale. Dite a Percy Weasley di assicurarsi che il
San Mungo, Hogwarts e tutte le principali Istituzioni siano adeguatamente controllate. I Mangiamorte non sono
stupidi come Troll di Montagna: potrebbero attaccare contemporaneamente agendo
secondo un piano di sommossa.
Potrebbero…>>
<<
Comandante.>> la interruppe Savage, alle sue spalle. << Sta
arrivando il Ministro…>>
In lontananza,
comparso nel bagliore di fumo verdastro di un camino, comparve la figura di
Kingsley Shacklebolt. Era alto, massiccio, avvolto in una vestaglia di flanella
e dall’aspetto piuttosto stanco e provato. Il Ministro della Magia ciabattò
rumorosamente nella loro direzione, senza preoccuparsi degli sguardi curiosi
che gli venivano indirizzati dai funzionari nell’Atrium. Dal suo sguardo grave
Hermione dedusse che fosse al corrente della situazione.
<< Hermione!>>
esclamò trafelato. Ignorò ogni altra persona presente al suo cospetto. <<
Nel mio ufficio. Subito.>>
Hermione trascorse il
resto del tragitto ad illustrargli minuziosamente i possibili piani di sommossa
per difendersi dagli attacchi esterni, e tutte le azioni di sicurezza
preventive da mettere in atto per agevolare l’evacuazione totale della
struttura. Kingsley si limitò ad annuire timidamente, senza aprire bocca.
Giunto nell’Ufficio del Ministro al Primo Livello, un’ampia sala circolare che
si affacciava su un paesaggio magico innevato, Kingsley si lasciò cadere
stancamente sulla poltrona dietro alla scrivania. << Vai al San
Mungo.>> proferì, greve, senza darle il tempo di ribattere. << Qui
ci penserò io. Sono il Ministro, dopo tutto. Un’Auror. E questa è senza dubbio
la mia casa. Ho combattuto due Guerre, di certo reprimere l’attacco di una
pazza scellerata sarà una passeggiata.>> Sorrise. Un riso pallido e
cortese. << Potter ha eliminato Voldemort, e ciò lo rende il bersaglio
numero uno di Bellatrix Lestrange. Se ha deciso di attaccare adesso,
probabilmente è a conoscenza del ricovero di Potter in ospedale. Il profeta
l’ha sbandierato a mezzo mondo, dannazione. Corri da lui, per favore.
Difendilo.>>
<< Ma
Kingsley…>>
<< No.>>
Lui scosse energicamente il capo. Poi allungò un mano, sfiorandole
l’avambraccio. << Conosco Harry abbastanza bene da dedurre che agirà
senza riflettere. Impediscigli di fare delle idiozie, Hermione. Del tipo farsi ammazzare.>>
Hermione annuì. Il
cuore prese a batterle all’impazzata nel petto. << Lo farò.>>
<< Era un
ordine, Comandante.>> Kingsley la congedò con una strizzatina d’occhio.
Poi la sua espressione tornò solenne e risoluta, di un capitano pronto a
impedire alla propria barca di affondare. << Non c’è tempo da
perdere.>> Batté energicamente un pugno nel palmo della mano. <<
Eliminiamo quella stupida puttana una volta per tutte.>>
*°*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.• The
Apple's Corner
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
Grazie mille per le recensioni, a tutti quanti. Questo è quello
che definisco un capitolo un po' "noioso", di passaggio, ma di azione
nel prossimo ce ne sarà molta.
Grazie all'allegra banda della pagina facebook "cercando chi dà la roba alla Rowling". Siete delle grandi :D
Nient'altro da aggiungere, se non:
AUROR POWER!
|
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Capitolo 4 *** Fuga ***
Anima Nera_prologo
Harry
aprì gli occhi.
Fuori
dalle finestre
il cielo era tinteggiato da un fioco chiarore lunare.
Si
tirò su fra le
lenzuola nel silenzio irreale della camera d’ospedale,
tastando alla cieca il
comodino alla ricerca degli occhiali. Inforcò le lenti con
una smorfia.
Aveva
sognato di
correre a bordo di una moto babbana sull’acqua di un fiume.
Il torrente
impetuoso l’aveva condotto inspiegabilmente sotto una
cascata, ma non i suoi
vestiti erano rimasti asciutti. Dall’altra parte, ad
attenderlo appollaiata fra
le rocce, c’era Bellatrix Lestrange. Era viva. Pazza come non
mai. E, senza
troppe pretese, aveva cercato di ucciderlo.
Harry
si era
risvegliato poco prima che una maledizione senza perdono lo centrasse
in mezzo
agli occhi. Ed i battiti accelerati del suo cuore ne furono una tetra
conferma.
Ho
sete. Una
sete dannata.
Rimirò
rassegnatamente il bicchiere vuoto ammonticchiato sul comodino.
Agguantò il
minuscolo interfono legato al letto e premette con veemenza il tasto di
accensione. << Infermiere.>>
mormorò. << Mi sentite? Avrei
bisogno di una bottiglia d’acqua, per favore.>>
Dall’altro
capo
provenne uno crepitio sordo. Ma nessuno rispose.
Deve
essersi addormentato.
Pensò Harry, desolato. Riprovò un’altra
volta a richiamare un infermiere, ma l’esitò fu
negativo. Ora che ci pensava,
nei corridoi fuori dalla sua stanza regnava uno strano silenzio, come
se
l’intero ospedale fosse stato evacuato.
Azionò
inutilmente
l’interruttore. Era saltata la corrente, e le uniche fonti di
luce erano delle
candele sospese a mezz’aria che emanavano un bagliore
azzurrino.
Che
cosa stava
succedendo?
Il
suo stomaco si
inondò di una sgradevole sensazione di panico. Lentamente, i
brividi gli si
diramarono lungo la spina dorsale. Aveva freddo. Il sistema di
riscaldamento
era spento, così come tutti i macchinari ai quali era
attaccato. Nessun
segnale, nessun segno di vita. Niente di niente. La paura venne
sostituita
dalla fredda razionalità. Un terremoto?
Un’inondazione?
Forse
stavano solo
mettendo in atto una prova di evacuazione. Entro breve le luci
avrebbero
illuminato ogni ambiente e il solito viavai di Medimaghi e Infermieri
avrebbe
invaso i corridoi. Harry passò l’ora seguente in
silenzio, nell’oscurità più
completa, senza udire altro al di fuori dei battiti accelerati del suo
cuore.
No, si stava sbagliando di grosso. Non c’era nessuna cazzo di
evacuazione.
<<
Harry Potter.>>
Una
voce cupa,
metallica, esplose nell’interfono accanto al letto. Harry
trasalì.
<<
Il mio nome non è tanto diverso dal tuo. Mi chiamo Flynn.
Harry Flynn. Sono un
Auror e il mio compito è quello di pattugliare
l’ospedale.
Harry Potter, se sei ancora lì,
dì qualcosa.>>
Harry
agguantò
l’oggettino, simile a una tonda ricetrasmittente. Le sue mani
tremarono.
Pervaso da dubbi, prima di parlare, si inumidì le labbra la
lingua. <<
Sono io.>> mormorò. << Cosa
diavolo sta succedendo qui?>>
<<
Grazie al cielo.>>
dall’altro capo
della chiamata si udì un sospiro profondo. Il suo tono era
serio e concitato,
come se fossero nel bel mezzo di una guerriglia sanguinosa.
<< Tua moglie mi ha ordinato di
scortarti fuori
da questo posto. E’ rimasta bloccata a Ovest, vicino alla
chiesa. I Dissennatori
hanno circondato il San Mungo.>>
<<
Dissennatori?>>
Harry
non si accorse
di aver urlato. Dissennatori. Sempre e
solo Dissennatori. Quei luridi, schifosi esseri incappucciati
avevano
distrutto la sua macchina, l’avevano spedito
all’ospedale con qualche osso
rotto e, non felici, erano tornati alla carica per dargli il colpo di
grazia.
Stavano forse agendo per conto di qualcuno?
<<
Io… non credo ci sia un modo giusto
per
dirlo.>> disse di rimando l’Auror.
<< E’ scoppiata una
Guerra, Potter. I Mangiamorte sono tornati.>>
Oh,
forte. Davvero.
Una Guerra?
Calma
e sangue freddo,
gli avrebbe detto Hermione. Il palazzo era
al buio, circondato da Dissennatori assetati di sangue? Calma
e sangue freddo. Si ripeté. D’altronde,
che motivo c’era per
preoccuparsi? C’era Flynn, da qualche parte: un solo Auror in
un covo di creature
oscure. L’avrebbe aiutato.
<<
Ho due aghi
nel braccio, Flynn.>> sbottò Harry
nell’interfono. << I Medimaghi
mi hanno attaccato a dei macchinari per monitorare la mia salute. Ho la
bacchetta, ma ho bisogno di aiuto per liberarmi da questi aggeggi. Dove
ti
trovi?>>
<<
In un gabbiotto nel Reparto Ustioni.>>
<<
Io non ho
idea di dove mi abbiano ricoverato.>>
Dall’altro
capo
provenne un sibilo. Poi l’eco di una fredda risata. Flynn
urlò. E fu l’urlo più
atroce e raccapricciante che Harry avesse mai udito: fu come se la vita
di un
uomo gli fosse stata strappata via, pezzo dopo pezzo, rimbombando
dolorosamente
nelle sue orecchie. La risata si fece più forte, e qualcuno
agguantò
l’interfono provocando sinistri stridii.
<<
Harry, caro ragazzo.>>
cantilenò
la vocina acuta di Bellatrix Lestrange. Flynn emise un altro urlo
agghiacciante. << So che sei lì, da qualche
parte… ma non
temere. Zia Bella sia arrivando a trovarti.>>
Rise, poi parve
agguantare qualcosa e sbatterlo con foga su una superficie dura. Si
udì l’eco
di ossa spezzate. << Giochiamo
a
nascondino, Potter?>>
Harry
avrebbe voluto
urlare, ma dalla sua bocca non fuoriuscì alcun suono.
Iniziò a dimenarsi nel
letto, strappandosi di dosso gli aghi che lo tenevano ancorato al
macchinario
ospedaliero. Gridò dal dolore e lottò contro il
forte giramento di testa mentre
s’alzò seduto sul materasso, raccogliendo alla
rinfusa tutto ciò che gli capitò
a tiro sul comodino. Infilò una felpa, poi
allungò una mano insanguinata e si
riappropriò della bacchetta.
<<
E’ inutile che cerchi di scappare,
Potter.>>
sibilò Bellatrix dall’interfono. << Qui
non c’è nessuno che potrà aiutarti.
Nessuno che sia abbastanza… vivo.>>
Harry
si precipitò
fuori nel corridoio buio. L’unica fonte di luce era una
plafoniera al neon che
penzolava dal soffitto. << Lumos.>>
Avanzò rapido alla ricerca di una via d’uscita. Il
pavimento era sgombro e
dalle camere non proveniva alcun rumore.
Harry
rabbrividì. La
sua bacchetta illuminò una pozza di sangue ai suoi piedi,
che proseguiva
zigzagando in una scia rossastra lungo il pavimento del corridoio, fino
a
svoltare nella camera numero 119. La porta era socchiusa e una mano
trapelava
dall’ingresso, inerme e insanguinata.
La
risata di
Bellatrix strepitò in ogni interfono del soffitto.
<<
Che effetto fa, Potter, sapere di essere
tremendamente solo?>>
Harry
la ignorò.
Oltrepassò il corridoio senza trovare il coraggio di
ispezionare le camere, ma
la puzza di morte regnava sovrana e le sue narici vennero nauseate dal
puzzo tremendo
di una carcassa di animale, barbaramente abbandonata nel pianerottolo.
Un gufo.
O quel che ne rimaneva.
<<
Il Signore Oscuro sarà vendicato.>>
Harry
smanacciò per
allontanare le mosche e proseguì di sotto, scalzo,
imboccando la rampa di scale
che conduceva al piano sottostante. Ma l’uscita gli fu
sbarrata da un cumulo di
barelle ammassate le une sulle altre sui portelloni antincendio, e
Harry fu costretto
a rimuoverle ricorrendo a un incantesimo di appello.
Irrequieto,
creò un
varco fra le barelle abbandonate e sgattaiolò
nell’atrio del secondo piano. Lì
giacevano altri corpi abbandonati a terra. Una barella rovesciata in un
angolo
precedeva il corpo di un Medimago disteso prono sul pavimento, il volto
insanguinato e le iridi terrorizzate perse nel vuoto.
La
situazione non
cambiava: l’impianto elettrico era saltato e
l’oscurità lambiva sovrana ogni
stanza, accompagnata dai tetri fiotti di luce lunare che trapelava dai
finestroni del corridoio.
Harry
si sentì in
trappola. Ma la sua testa saettò a Hermione. Non
pensò ad altro al di fuori di
lei, e si chiese se Bellatrix avesse cercato di farle del male.
<<
Nascondino… nascondino…
dove si trova Potterino?>>
Un
esplosione alle
sue spalle lo fece trasalire. Il quadro elettrico incastonato nella
parete
saltò per aria con uno schiocco di fucile e
l’ambiente venne illuminato a
giorno.
Harry
venne sbalzato
a terra. Avvertì un forte bruciore al viso.
<<
Morire per mano di una maledizione sarebbe
una fine troppo gloriosa, Potter. Io ti spegnerò lentamente.
Arriverai a
pregarmi di ucciderti.>>
Nel
corridoio umido,
illuminato fiocamente da un neon intermittente, comparve dal nulla
Bellatrix
Lestrange. E con lei, stretta fra i suoi artigli, c’era
Hermione.
<<
No!>>
urlò Harry, ed allungò una mano tremante nella
loro direzione.
Bellatrix
sogghignò,
premendo la punta della bacchetta sulla tempia di Hermione. I suoi
occhi
incavati e folli lo osservarono con enfasi vittoriosa. Poi, con un
gesto
teatrale, disse dolcemente: << Avada
Kedavra.>>
Un
lampo di luce
verde gli oscurò la visuale, ma Hermione non
urlò. Non accennò ad alcuna
reazione, limitandosi ad incassare il colpo il silenzio, quasi si fosse
offerta
volontaria in quel macabro gioco di morte. Harry si rimise in piedi
sulle gambe
tremanti e corse verso di lei, ma quando la luce si diradò
non vide altro che
un ammasso di vestiti sudici ammonticchiati a terra. E un ratto, poco
distante,
riverso al suolo privo di vita.
<<
Vieni
fuori!>> abbaiò Harry, che strinse con foga la
bacchetta. << Ne ho
abbastanza di questa messa in scena. Vieni fuori e facciamola
finita.>>
<<
Potterino Potterino… credi sia
così semplice?
Ho impiegato anni per architettare tutto
questo. Anni. Credi che i Dissennatori fossero lì per caso?>>
<<
Io… sono
l’unico rimasto?>> boccheggiò Harry.
Dagli
altoparlanti
del corridoio provenne una risata fredda e folle.
<<
Avevi forse
dei dubbi, Potter?>>
*°*°*°*°*
Cinquantacinque
Auror
addestrati del Quartier Generale comparvero l’uno affianco
all’altro con
repentini schiocchi di frusta sotto la pioggia cocente, seguiti a ruota
da
venti Indicibili del Settimo Livello e da Kingsley, che insistette per
fronteggiare
la minaccia in prima persona. Mai prima di quel momento un Ministro
della Magia
aveva osato disporsi nelle prime linee di guerra. E lui, con il viso
grave
piegato in una smorfia, accettò silenziosamente
l’incarico di Comandante della
truppa e passò in rassegna ognuno di loro, scrutandoli
attentamente negli
occhi.
A
chiudere la fila
c’era Hermione. Tesa, devastata, con i gradi di Comandante a
scintillarle sul
petto. Quando Kingsley le passò dinnanzi, lottò
con tutta sé stessa per
trattenere le lacrime. Il nervoso la pervase come un’ondata
in piena.
<<
Non c’è
tempo per i discorsi cavallereschi.>> disse Kingsley, che
additò la
vallata dalla quale si poteva intravedere il politecnico San Mungo
immerso nel
verde di un parco. << Sapete che cosa dovete fare.
Andiamo.>>
<<
Auror in
formazione!>> urlò Hermione, che
levò in alto l’avambraccio.
E
tutti i suoi
ragazzi, con un urlo unanime, la seguirono di corsa giù per
il sentiero
tortuoso nascosto fra gli arbusti, distanti dall’obbiettivo
non meno di un
miglio. Corsero silenziosi e agili nella notte, tenendosi a debita
distanza dai
Mangiamorte che pattugliavano gli ingressi e i muri di cinta che
separavano il
polo ospedalieri dal resto del villaggio magico di Sleepy Crown, alle
porte di
Londra, del tutto invisibile ai babbani.
I
primi a
fronteggiare lo scontro diretto furono Dwalish e Savage, che colsero
alle
spalle un Mangiamorte e lo schiantarono silenziosamente sul colpo. Il
suo corpo
si afflosciò a terra come un sacco privo di vita e i due
Auror fecero cenno
agli altri di dividersi. Hermione si unì a Dwalish, Smith,
Raynold e il giovane
Colin Canon, che tremava vistosamente come una foglia e faticava a
tenere la
bacchetta in mano.
<<
Stai
calmo.>> lo esortò lei, glaciale.
<<
Scusami.>> proferì in risposta Canon.
<< Io… non volevo. E’ solo
che… mio padre è un Medimago. E’ di
turno in ospedale. Credo l’abbiano presto
in ostaggio insieme agli altri.>>
Hermione
e gli altri
Auror rimasero in silenzio.
<<
Là dentro
c’è mio marito, come credi mi
senta?>> fece lei, infine, che gli posò una
mano sulla spalla. << Li troveremo.>>
Oltrepassarono
un viottolo,
al fianco al quale una cascata magica sfavillava rigogliosa in
un’aiuola
fiorita, e puntarono dritti verso le mura del San Mungo. Lì,
ad attenderlo,
c’era una formazione di dieci Mangiamorte di guardia e, non
appena li videro,
non esitarono ad aprire il fuoco con lampi di bagliore verde.
Incantesimi
saettarono dovunque, gli Auror si ripararono fra le case e sfruttarono
gli
spazi stretti del paese per aggirarli.
<<
Avada
Kedavra!>> urlò un Mangiamorte, che
direzionò la bacchetta verso Colin
Canon. Ma Hermione intervenne tempestivamente per evitare il peggio,
agguantò
il ragazzo e insieme rotolarono nel prato. Prima che il Mangiamorte
potesse
sopraggiungere per finirli, lei lo schiantò. La saetta
rossastra lo centrò nel
viso e ne seguì un rumore di ossa spezzate, poi il nemico
precipitò
all’indietro e s’accasciò al suolo.
<<
Andiamo
avanti!>> ululò Dwalish, che stava facendo
loro da scudo per reprimere
altri tre Mangiamorte staccati dal resto del gruppo. <<
Dobbiamo entrare
dentro!>>
Hermione
e Colin Canon
si fecero largo nella mischia di urla, corpi ammonticchiati a terra,
sangue e
maledizioni. Dwalish e Savage si unirono a loro e, in quattro,
riuscirono a
oltrepassare il primo muro di maghi oscuri. Schiantarono un Mangiamorte
che
piantonava il cancello e procedettero oltre, mentre ai piedi delle mura
la
guerriglia proseguì incessante.
<<
Aspettatemi!>> ululò Reynolds, che stava
fronteggiando due nemici. Riuscì
a schiantarle uno, e colpì il secondo con una poderosa
testata. << Siete troppo pochi,
maledizione.>>
S’affrettò
a
oltrepassare i cancelli del San Mungo e li raggiunse. Aveva il volto
coperto di
sangue e una profonda ferita alla tempia. << E’
un inferno.>>
<<
Hai visto
Kingsley?>> domandò Hermione, concitata.
<<
Sì, a dire
il vero. Ma non ho davvero idea di dove…>>
Luce
verde. Un calore
intenso seguito da un boato, come uno sparo.
La
maledizione
proveniente dall’alto s’abbatté
violentemente su Reynold, che fu sbalzato via
dalla scalinata di pietra e piroettò per qualche metro in
aria prima di infrangersi
a terra, il collo piegato in una posizione innaturale rispetto al resto
del
corpo, privo di vita.
Hermione
si portò
istintivamente le mani alla bocca in un urlo silenzioso.
<<
Andiamo!>> Dwalish la afferrò da dietro a la
costrinse a proseguire.
<< Comandante, non possiamo rimanere qui. Dannazione, ci
uccideranno!>>
Hermione
annuì sommessamente.
Sfondarono un portone secondario e s’inerpicarono per una
stretta scala a chiocciola
che li condusse in un atrio buio. Il freddo là dentro era
cocente, gli Auror attorno
a lei visibilmente scossi, e nessuno di loro parlò.
<<
Credi che là
dentro ci sia Harry, da qualche parte?>>
squittì timidamente Colin Canon.
Hermione
sospirò profondamente.
<< Per forza.>> disse. << E
noi lo troveremo.>>
*°*°*°*°*
|
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Capitolo 5 *** Mangiamorte ***
Anima Nera_prologo
Due
giorni prima era
stato un ragazzo felice. Un marito sereno.
Due
giorni prima mai
avrebbe ipotizzato la fitta serie di eventi che l’avevano
condotto in
quell’ospedale, al buio, con le mani sporche di sangue e una
pazza omicida
nascosta in qualche angolo oscuro, pronta a giocare un folle nascondino
di
morte.
Due
giorni prima,
nello specifico, Harry aveva presenziato la conferenza stampa al Myfair
Stadium
delle Fenici d’Argento con l’Amministratore
Delegato della squadra e il coach,
in un turbinio di sorrisi e di false strette di mani, di flash
abbaglianti, di
bugie velate. Un mondo di ipocrisie ricoperto di soldi, ecco che
cos’era. E,
nonostante Harry non avesse mai avuto problemi economici, si era
ritrovato
inghiottito dal loro “potere”.
Con
il primo
stipendio aveva acquistato un’automobile babbana di modeste
dimensioni, con la
quale si era mosso più agevolmente nel mondo babbano. Con il
secondo stipendio
aveva pensato che, tutto sommato, una moto da corsa non sarebbe stata
poi così
male. Con il terzo erano arrivati i vestiti alla moda, gli abiti
griffati dagli
stilisti magici, un set di manici di scopa da corsa Firebolt 5.0 e la
sua Aston
Martin. Dopo un anno, Harry aveva acquistato un loft ristrutturato a
Diagon
Alley a un passo dal Ghirigoro. E aveva chiesto a Hermione di sposarlo.
Era
successo tutto
all’improvviso, e nemmeno se n’era reso conto per
davvero: aveva accompagnato
Hermione per le scale del pianerottolo tenendola per mano, accertandosi
che non
sbirciasse oltre la benda di stoffa che le schermiva gli occhi. Aveva
aperto
piano la porta e l’aveva condotta nel loft spazio e ben
arredato, poi le aveva
sfilato la benda: la sua reazione era stata ben al di fuori di quello
che aveva
previsto. Aveva riso, poi aveva pianto, poi l’aveva
abbracciato. In silenzio.
Senza una sola parola. Come se, da un lato, Hermione adorasse quello
stile di
vita agiato, la possibilità di andare fino in campo al
mondo, solo per sfizio
personale; ma dall’altra, nei suoi occhi castani Harry aveva
letto rimorso,
delusione.
<<
Che ti
prende?>> le aveva domandato, accarezzandole una guancia.
<< Questo
posto è nostro. Solo nostro.>>
<<
Niente.>> aveva risposto lei. <<
E’ bellissimo. Oh, Harry, non
credevo che saresti arrivato a tanto. E’ solo che…
io amo il vecchio
Harry.>>
Il
vecchio Harry.
Ed
in quel momento
aveva capito: i soldi, la fama, il successo, la carriera e tutti i
flash
fotografici di quel mondo maledetto altro non erano che fumo negli
occhi, a
confronto di lei. E Harry, come un idiota, stava per rovinare tutto.
<<
Sposami.>> le aveva detto, d’istinto.
<< Senza di te non ci sarà
nessun vecchio Harry. Perché sono uno
stupido. Senza di te,
Hermione, credo di poter nemmeno respirare.>>
Hermione
aveva
strabuzzato gli occhi gonfi, umidi, e l’aveva guardato in
silenzio a lungo.
<<
Sposami.>> le aveva ripetuto, posandole le mani sulle
spalle. << Ti
prego.>>
<<
Harry, io
non…>>
<<
Basta dire
di sì. E’ semplice, non trovi?>>
Lei
gli aveva
sorriso. Con quel sorriso, che riservava solo a lui.
Poi,
senza aggiungere
nient’altro, gli aveva gettato le braccia al collo e
l’aveva baciato con
trasporto, senza quasi concedergli il tempo per respirare.
Quella
notte, era
pronto a giurarlo sulla sua Firebolt, era stata la notte più
bella (e intensa)
della sua vita.
Harry
aprì gli occhi,
faticando ad abituarsi all’oscurità
dell’ambiente.
Era
sdraiato sulla
schiena sul pavimento freddo. Da qualche parte, qualcosa gocciolava dal
soffitto con un ticchettio ritmico e sordo, unica fonte di rumore nei
dintorni.
<<
Bentornato
nel mondo dei vivi, Potter.>> sibilò una voce
nel buio.
Era
Bellatrix
Lestrange.
Ma
Harry non riuscì a
vederla, né tantomeno capì da dove provenisse la
sua vocina folle. Avvertì,
semplicemente, la sua presenza a pochi passi da lui. Un brivido freddo
gli
percorse la spina dorsale. Cos’era successo?
<<
Potterino,
Potterino… ti domandi perché sei ancora vivo,
forse?>> Bellatrix rise.
Folle, fuori di testa, ma mai tanto reale, palpabile, con un respiro
affannoso
inghiottito nell’oscurità del corridoio.
<< Sei sopravvissuto alla
Guerra, sei riuscito a vincere contro il Signore Oscuro.
L’hai sconfitto,
Potter, di questo devo dartene atto. Hai tirato fuori quel poco di coraggio che t’era rimasto. Ma
non è
abbastanza.>>
<<
Abbastanza?>> ringhiò Harry, che
lottò per rimettersi in piedi. Le gambe
risposero miracolosamente al suo controllo e, lentamente, si
artigliò al
corrimano nella parete e si alzò. Harry si tastò
le tasche del pigiama: la
bacchetta era sparita.
<<
Non
preoccuparti, non ne avrai bisogno.>>
sghignazzò lei, che emerse
dall’ombra. Era sola, avvolta in un abito nero aderente, i
capelli incolti e
indomabili che parevano serpenti. << E’ giunto
il momento di mettere le
cose a posto. Vendicherò il Signore Oscuro.>>
<<
Che
novità.>>
<<
L’ironia non
ti manca nemmeno quando sei prossimo alla morte, vero
Potter?>>
Harry
avanzò di un
passo. Nella sua testa, nient’altro al di fuori di Hermione.
<<
Ti
manca?>> sciamò dolcemente Bellatrix, come se
gli avesse letto nel
pensiero. Rise freddamente, poi schioccò le dita e fece
comparire a mezz’aria
una sfera luminosa, simile a una grossa bolla di sapone. Al suo
interno,
l’immagine di una battaglia.
Harry
avanzò ancora
con passi tremolanti, inforcando gli occhiali fracassati per mettere a
fuoco le
scene di battaglia all’interno del nucleo fluorescente.
Riconobbe le mura di cinta
del San Mungo, il suo monumentale ingresso di pietra. Dappertutto
c’erano
Mangiamorte e Auror intenti a combattere ferocemente a colpi di
bacchetta, scie
verdi e rosse dovunque, poi urla, spari, e scene di grida strazianti e
di
morte. Vide dei corpi. Un giovane Auror, affiancato da mantelli neri
ammonticchiati a terra.
Harry
trattenne il
fiato. << Dov’è lei?>>
ringhiò.
Bellatrix
rise. Si
portò l’indice sul labbro inferiore in un gesto
infantile, fingendo di
lambiccarsi il cervello. << Ti riferisci alla tua
mogliettina? Non lo so.
Credo sia morta.>>
Harry
non vide più
niente. In preda alla rabbia, con le poche forze rimase,
levò una mano in alto
con il palmo spalancato e gridò: << Accio
Bacchetta!>>
Inspiegabilmente,
l’incantesimo funzionò.
Da
una tasca interna
del vestito di Bellatrix ci fu un sibilo, poi la sua bacchetta
saettò nell’aria
e attraversò veloce il corridoio, piombando nelle sue mani.
<<
Stupeficium!>> urlò Harry, e dalla punta della
sua bacchetta scaturì un
fiotto di luce rossastra che si abbatté con violenza
nell’angolo di corridoio
dov’era comparsa Bellatrix. Udì la sua fredda
risata, la vide scomparire nel
nulla con una Smaterializzazione repentina, per poi ricomparire a
qualche metro
di distanza. L’incantesimo di Harry mandò in
frantumi una porzione di parete.
Una tubatura venne tagliata di netto e un generoso fiotto
d’acqua zampillò sul
pavimento.
<<
Sei così insulsamente
prevedibile.>> disse
Bellatrix. << Crucio!>>
Harry
si gettò a
terra. La maledizione lo sorvolò pericolosamente,
sfiorandogli la testa, e
terminò la sua corsa sui portelloni in fondo al corridoio,
che fuoriuscirono
dai cardini e precipitarono a terra con un gran fracasso. Il rumore
parve
attirare dei Mangiamorte. Ci fu un bieco rumore di passi su per una
rampa di scale,
poi due nere figure incappucciate comparvero alle spalle di Harry, che
trasalì.
Tre contro uno. Sarebbe morto di certo.
<<
Stupeficium!>> gridò Harry. Vide uno dei due
Mangiamorte stramazzare al
suolo, mentre l’altro corse a ripararsi dietro un tavolo
rovesciato.
<<
Crucio!>> ululò Bellatrix.
E,
per la seconda
volta, Harry scartò rapido di lato ed evitò
l’incantesimo. Poi un altro. E un
altro ancora. Generò un incantesimo scudo e lo
proiettò nella direzione del
Mangiamorte rimasto, deviando una maledizione verdastra che
frantumò il
soffitto. Dall’alto piovvero calcinacci e frammenti di
tubature.
Harry
ne approfittò
per concentrare le forze e Smaterializzarsi. E in
quell’attimo, nella calca
generale che urlava nel buio del corridoio, una mano fredda gli
artigliò un
braccio.
Bang.
Harry
e Bellatrix si
Materializzarono sul tetto dell’ospedale San Mungo, sotto la
pioggia cocente. Rotolarono
insieme sulle tegole spioventi sferrandosi calci, pugni alla cieca e i
suoi
artigli gli graffiarono la pelle degli avambracci di Harry, il suo
volto
insanguinato, come due bestie feroci perse in una lotta selvaggia;
finché il
tetto ebbe termine, ed entrambi furono costretti ad appigliarsi alla
meglio
alla linea di gronda per non precipitare nel vuoto.
<<
Espandio!>>
urlò Harry, che
utilizzò l’unica mano libera per proiettare la
bacchetta verso il terreno,
venti metri più in basso. Dalla punta fuoriuscì
un turbine argenteo che lo
sollevò nell’aria, proiettandolo in salvo pochi
istanti prima che un’altra
maledizione di Bellatrix gli trafiggesse il cranio. Disperato e
infreddolito,
si artigliò alle tegole e corse quanto più veloce
riuscì. L’aria bruciò
all’interno dei suoi polmoni mentre Harry spiccò
un balzo che lo proiettò nel
vuoto, e un attimo più tardi si appese al cornicione di una
finestra
prospiciente la tettoia. Ruppe il vetro con un colpo di bacchetta, e si
ritrovò
all’interno dell’ospedale.
Perfetto.
Posso Smaterializzarmi.
Ma
non ci riuscì. Il
suo corpo era stanco, arrendevole, scosso da profonde ferite.
Harry
si lasciò
cadere in ginocchio, sollevando il braccio tremante verso
l’alto. <<
Accio manico di scopa!>> urlò disperatamente,
nella vana speranza che
esistesse una Nimbus nei dintorni che potesse proiettarlo fuori da
quell’incubo
il più velocemente possibile.
<<
Potterino crede di essere invincibile.>>
sibilò Bellatrix, che gli si Materializzò davanti
con una risata degna di un
film dell’orrore.
<<
Dov’è…
Hermione.>> biascicò Harry.
<<
Nel posto
che merita. All’inferno.>>
<<
L’hai…
uccisa?>>
Lei
soffocò un
borbottio concitato. << Che t’importa, Potter?
Presto la
raggiungerai.>>
Harry
annuì a stento.
Era finito. Era tutto finito. Lottare era servito a ben poco: prima o
poi la
sua ora sarebbe giunta, e si convinse che quelli erano i suoi ultimi
respiri.
Hermione… morta. La testa era vuota e avvolta in un leggero
ronzio silenzioso.
Non riuscì a percepire dolore, né ansia,
né paura.
Voleva
solo farla
finita, e stare con lei. In qualunque modo.
All’inferno
o nel
Paradiso. Non gli importava un bel niente.
<<
Avada
Kedavra!>> ruggì Bellatrix, ed un lampo di
luce verde abbagliò il
corridoio.
Harry
respirò
profondamente e si preparò a morire.
Poi,
un fragore
lontano. Un rumore di vetri infranti. Harry udì Bellatrix
urlare, sollevò il
viso e la vide: una Firebolt, dal manico intarsiato, saettò
come un proiettile
nella sua direzione e colpì la nuca di Bellatrix con una
tale violenza da
proiettarla violentemente contro la parete. Il manico di scopa
terminò la sua
corsa e inchiodò dinnanzi a Harry, che era inginocchiato a
terra, mentre
Bellatrix era stesa al suolo.
<<
No!>>
strillò una voce lontana.
Harry
raccolse le
forze e si rialzò in piedi, scalciando la bacchetta della
strega a qualche
metro di distanza. Rise. Rise nervosamente mentre le sue dita si
stringevano
attorno al legno levigato della sua arma, e la orientò con
foga verso la donna
che aveva ucciso Hermione.
<<
Crucio!>>
Bellatrix
urlò e si
contorse a terra. Emise rantoli agghiaccianti, poi prese a sussultare e
tremare, bava bianca le schiumò dalla bocca. Urlò
finché la voce non le venne
meno, e si ritrovò a strisciare per terra.
<<
No!>>
urlò ancora la voce lontana.
Pochi
istanti dopo
qualcosa lo afferrò per le spalle, obbligandolo a
interrompere il contatto.
Harry compì un mezzo giro su sé stesso, ormai
ridotto in condizioni precarie di
equilibrio, e si ritrovò dinnanzi al sorriso terrorizzato di
Hermione.
Era
lì, davanti a
lui, con indosso la divisa d’ordinanza, gli occhi color
nocciola illuminati di
un bagliore luccicante, commosso, devastato. Non si dissero nulla. Lei
gli
gettò le braccia al collo e trasse un lungo, profondo
sospiro di sollievo.
<<
Sei vivo.>>
disse, in un sussurro.
<<
Io… credevo
fossi…>>
<<
E’ il suo
gioco.>> sentenziò lei, aspra. E volse lo
sguardo al corpo tramortito di
Bellatrix. << Il suo scopo era quello di dividerci, di
ucciderci nel
peggiore dei modi facendoci soffrire. Ha architettato un piano per
poterti
uccidere da solo, braccandoti dentro il San Mungo mentre i suoi
Mangiamorte
pattugliavano l’esterno. Sono morti quasi tutti, e i
sopravvissuti sono stati
arrestati.>>
<<
Manca solo
lei.>> ruggì Harry.
<<
No.>>
disse Hermione, risoluta. << Merita di pagare per
ciò che ha fatto. La
morte sarebbe solo una piacevole conseguenza delle sue
stragi.>>
<<
Ma
Hermione…>>
Lei
non lo ascoltò.
Agitò la bacchetta e delle funi dorate comparvero dal nulla,
attanagliandosi
attorni al corpo di Bellatrix fino ad impedirle ogni movimento.
<< Verrà
condannata all’ergastolo, e sconterà il resto dei
suoi giorni ad Azkaban. E non
evaderà, questa volta.>>
Harry
annuì. A dire
il vero, non ci stava capendo più nulla.
<<
Ti
amo.>> le disse, senza pensare al resto. E le sorrise.
Hermione
parve
sconvolta da quella frase, forse fuori contesto. Rispose a sua volta
con un
flebile sorriso. << Anch’io, che
domande.>> mormorò. <<
E’ la
seconda volta che ti salvo la vita.>>
<<
La seconda?>>
<<
Chi è stato,
secondo te, a stregare il sistema di sicurezza della tua Aston Martin
per
renderla più sicura agli incidenti
automobilistici?>>
<<
Ti amo il
doppio, allora.>>
*
<<
C’è Moran…
passa la pluffa a Darley, che
evita magistralmente un bolide… ancora Moran, che segna!
DIECI a zero per le
Fenici d’Argento!>>
Il
Cacciatore
irlandese compì due piroette in aria, tracciando un cerchio
nel cielo che
sovrastava l’imponente Myfair Stadium inghiottito nel centro
londinese,
sapientemente nascosto dagli occhi dei Babbani con incantesimi
protettivi di
notevole fattura. La folla accolse il gol con giubili ruggenti.
<<
Merda.>> sbottò Ron, contrariato, che
sprofondò sul seggiolino.
<<
La partita è
appena iniziata.>> obiettò Hermione, con un
sorriso. Gli sferrò un pugno
amichevole sulla spalla. << Non eri tu quello che diceva
che “la partita finisce solo quando
l’arbitro
fischia?”>>
<<
Attenzione, brutto fallo di Stevens su
Debuchy. Il Battitore dei Cannoni di Chudley riceve un cartellino
giallo:
ammonito!>> strillò lo speaker, la
cui voce risuonava dalle centinaia
di altoparlanti collocati nelle tribune. << Il gioco riprende. Pluffa in mano a Moran, che
smista verso Darley.
Ancora Moran. Che sintonia fra i due giocatori! Agguanta la Pluffa
Debuchy… intercetta
Darlynn dei Cannoni, che apre il gioco verso il bulgaro Dorhof.
C’è il lancio
magistrale… DIECI a DIECI!>>
<<
Visto?>> fece Hermione, con un gran sorriso.
<<
Attenzione!>>
urlò ancora il
cronista, che sembrò letteralmente balzare sulla sedia. Il
suo urlo venne
accompagnato dalle sonore ovazioni della folla. E, in alto, stanziato
sotto il
cielo stellato, la figura lontana del Cercatore in tenuta argentea si
era mossa
fulminea verso la tribuna Est, come se avesse trovato il Boccino.
<< Potter si è mosso!>>
Il
Cercatore dei
Cannoni di Chudley non tardò a lanciarsi
all’inseguimento.
<<
Potter sta correndo un enorme rischio, Smith
gli sta alle calcagna e la sua corporatura più minuta e
leggera gli consente
una maggiore rapidità di spostamento! I due ingaggiano una
lotta per inseguire
il Boccino. Che sfida! Si lanciano in picchiata…>>
Hermione
si portò le
mani alla bocca, terrorizzata; mentre Ron, al suo fianco,
scattò in piedi e
afferrò con così tanta enfasi la ringhiera
protettiva da far diventare bianche
le sue nocche.
Il
pubblico trattenne
il fiato. I due Cercatori procedettero in picchiata a
velocità sostenuta,
sferrandosi spallate a vicenda… finché Harry non
deviò all’ultimo e tornò in
quota, mentre Smith andò così in basso da
sfiorare il manto erboso con i piedi.
Harry
approfittò del
vantaggio per librarsi in aria verso la tribuna Ovest. Un istante dopo
le sue
mani stringevano il Boccino d’Oro.
<<
PREEEEEEEEEESO!>> strillò lo speaker. E lo
stadio scoppiò in un caos
sonoro invidiabile, applausi e urla accompagnarono il termine rapido di
una
partita, che era iniziata da appena dieci minuti. << Harry Potter conquista il boccino d’oro.
Centossessanta a Dieci per le
Fenici, che volano in solitudine al comando del campionato!>>
<<
Visto?>>
mugolò Ron, gelido, che gettò a terra la sua
sciarpa dei Cannoni di Chudley.
Hermione
rise.
Bellatrix
era in cella,
insieme al resto dei Mangiamorte sopravvissuti.
Harry
aveva finalmente
smesso i panni dell’eroe per indossare quelli di Cercatore
che, in un certo senso,
parevano calzargli a pennello.
Hermione
rise ancora,
da sola, voltando le spalle a Ron furibondo. Si sfiorò
delicatamente la pancia,
sotto la maglietta.
Tutto,
finalmente, stava
andando nel verso giusto. In tutti
i sensi.
*
THE APPLE'S CORNER
Grazie mille a tutti coloro che hanno recensito, o che
recensiranno.
Mi scuso con i lettori perchè questa storia non è
il risultato del massimo delle mie "potenzialità", sono
stata costretta ad apporre dei tagli alla trama per rientrare nei tempi
di pubblicazione del Contest.
Mi scuso, inoltre, per la presenza di eventuali errori di battituta.
Sono arrivata fino all'ultimo con l'acqua alla gola, e so
già che questo sarà un grave errore.
In ogni modo, AUROR POWER a tutti
Apple90
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