Cambiare il destino di La Kurapikina (/viewuser.php?uid=102658)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Doppia personalità ***
Capitolo 3: *** Cosa mi sta succedendo? ***
Capitolo 4: *** Dormi, amore mio. ***
Capitolo 5: *** OH MIO DIO, COSA HO FATTO?? però è stato bello... ***
Capitolo 6: *** Benvenuto a Ftia signore di Smirne e mio padrone ***
Capitolo 7: *** Ti prego, dimmi che non mi stai mentendo... ***
Capitolo 8: *** Dimmi semplicemente la verità, piccolo. ***
Capitolo 9: *** Resta con me. Fidati di me, perchè ti amo. ***
Capitolo 10: *** Odisseo, sai che ho paura? ***
Capitolo 11: *** Via uno dentro l'altro! ***
Capitolo 12: *** Esiliati ***
Capitolo 13: *** Cambiare il destino ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
“No…
ancora cinque minuti!”
“Alzatevi,
vostro zio vi
attende!”
Aprii
gli occhi di mala
voglia dando una leggera spinta al servo che era venuto a svegliarmi,
quindi mi
alzai sbuffando: mi chiamo Achille, ho diciannove anni e sono un
semidio
invulnerabile figlio di Peleo e Teti.
Si,
può sembrare una figata,
ma credetemi, non è altro che una grandissima rottura di
scatole, almeno per
me.
Tutti
mi vedono come un
grande guerriero destinato a grandi imprese, un soldato senza macchia e
senza
paura, così non si accorgono della strizza tremenda che ho
all’idea di
affrontare il mio futuro… certo, come ogni Acheo desidero la
gloria, ma questo
non significa che la mia massima aspirazione sia quella di crepare su
un campo
di battaglia fra un paio d’anni!
Sfortunatamente,
questo non
lo posso dire a nessuno o verrei considerato un traviato, un eretico,
una
femminuccia e chissà che altro!
Come se
non bastasse mio
padre è morto quando io ero ancora un bambino in fasce e mia
madre, in quanto
ninfa dei mari, è sempre all’olimpo, quindi sono
cresciuto sotto il controllo
di mio zio, re di Ftia, che è giusto un tantino
pazzo… minchia che sfiga!
Ecco,
ora che mi sono
presentato, sarà bene che mi muova a raggiungere mio zio
prima che decida di
farmi giustiziare per una mezz’oretta di ritardo…
chissà poi perché pretenda
che faccia sempre colazione con lui!
Uscii
dalla mia stanza e mi
avviai sbadigliando poco elegantemente verso la sala del trono, dove
trovai mio
zio, un omone burbero con occhietti infossati e cattivi, che stava
mollemente
adagiato sulla sua persona personale, grasso da far schifo.
“Achille!
Finalmente!”
esclamò quando mi vide entrare lanciandomi
un’occhiata annoiata e io mi sforzai
di sorridere rispettosamente, anche se credo mi venì
più che altro una smorfia
schifata.
“Siediti,
svelto!”
Annuii
e presi posto nella
mia solita poltrona di fronte a lui, pronto a magiare il più
velocemente
possibile per andarmene da lì quando il portone alle mie
spalle si aprì: un
guerriero grosso quanto una montagna entrò e si
avvicinò a mio zio annunciando
orgoglioso: “Torniamo ora da Smirne, dove abbiamo acciuffato
il criminale.”
Oh
già, il criminale: mi
ricordai benissimo di quel povero disgraziato, nobile di Smirne che, in visita a
Ftia, aveva osato
dire che il suo servo era migliore dei nostri…
“Abbiamo
provveduto a
prelevare il suo schiavo e ve lo abbiamo portato, come
volevate.”
Mio zio
sorrise trionfante e
io mi voltai verso il portone: un secondo guerriero, tale e quale al
primo,
solo che più vecchio, stava entrando trascinando con
sé un ragazzo.
Doveva avere qualche anno meno di
me e mi ritrovai a
fissarlo come un cretino: aveva lucidi capelli corvini, occhi grigi e
dolci,
ora spaventati, un nasino perfetto e rosee labbra sottili.
Il
fisico magro era coperto
a stento dai pochi stracci freddi che indossava e non potei a meno di
notare
che collo, braccia e gambe erano segnati da scuri lividi violacei.
Il
guerriero lo fece
inginocchiare ai piedi del re e per un attimo incrociai il suo sguardo,
come
quello di un cerbiatto spaventato, mentre mio zio gli parlava
languidamente:
“Ora capisco perché il tuo padrone ti teneva
nascosto… devi essere figlio di
Afrodite per portarti dietro tanta bellezza! Come ti chiami
ragazzo?”
Lui
abbassò lo sguardo,
nascondendo gli occhi dietr0 una fitta cortina di capelli scuri,
rispondendo in
un sussurro: “Patroclo.”
E quel
nome volò sulle ali
del vento fino a me, insieme alla strana consapevolezza che quel
ragazzo
sarebbe stato al mio fianco molto più tempo di quello che
credevo.
“E
no…” ripreso con tono leggermente
più deciso: “Non so chi siano i miei genitori, ma
posso esser sicuro che non
sono figlio di Afrodite.”
“Bene
Patroclo.” Mio zio si
alzò fermandosi in piedi davanti al ragazzo, una mano unta
sulla sua testa:
“Diamo pure inizio alla tua permanenza a Ftia.”
Ciao a
tutti! E’ la prima ff
che scrivo su questa coppia e spero vi piaccia… in ogni caso
fatemi sapere cosa
pensate di questo prologo^^
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Capitolo 2 *** Doppia personalità ***
Non
sapevo cosa volesse
fare, ma avevo una bruttissima sensazione: mio zio
è… è…
Ancora
prima di darmi il
tempo di trovare l’aggettivo adatto per descriverlo vidi mio
zio ghignare e far
scivolare la mano sulla nuca del ragazzo, che si irrigidì,
come se avesse già
capito tutto; ormai aveva capito anch’io.
Bastò
fare due conti sulle
altezze di mio zio in piedi e del ragazzo in ginocchio e tenere in
conto che il
primo faceva schifo in tutto per tutto e il secondo era bellissimo.
Ancora
prima di pensare mi
alzai dalla sedia e corsi verso di loro, afferrando Patroclo per un
braccio e
tirandolo bruscamente indietro, fino a farlo scontrare con le mie gambe.
“Vattene
subito.” Mi ringhiò
mio zio, evidentemente seccato dal fatto che gli avessi tolto il suo
giochino
ancora prima che avesse iniziato ad usarlo; d’altro canto, io
non avevo la
minima intenzione di lasciargli fare certe cose, quindi ribattei
d’istinto:
“Lui viene con me.”
Assottigliò
gli occhi e mi
squadrò dall’alto in basso, soffiandomi contro un
autorevole: “Non lascerò che
te lo tenga tutto per te…”
Oh,
dei! Ma cosa aveva
capito quella cosa che si spacciava per persona! IO, al contrario SUO,
ho
ancora una reputazione da difendere e non sfrutterei mai un povero
ragazzo per
certi “bisogni” anatomici! E che cavolo, va bene
tutto ma sono pur sempre un
eroe (il migliore, ahimè!) greco!! Dovremmo difendere i
più deboli, non farci…
Dovevo
avere una faccia semi
sconvolta perché sul viso flaccido di mio zio si
allargò un sorrisetto
malefico, uno di quello che lasciava intravedere i suo indimenticabili
denti
gialli e marci: “Non fare quella faccia da innocentino,
nipote caro… chi non
vorrebbe farsi un ragazzo simile? Tu non sei da meno,
ovviamente…”
Sentii
il servo, già
nervosissimo, irrigidirsi maggiormente contro la mie gambe e,
nonostante non mi
conoscesse, sembrava fidarsi di me, tanto che non aveva lasciato il mio
braccio, anzi, ci stava aggrappato con forza.
Eppure
le parole di mio zio
avrebbero dovuto spaventarlo, fargli dubitare di me… che
ragazzo intelligente!
Non era tipo da farsi fregare facilmente! SIIIIII!!!!!!!!!
Mi
imposi mentalmente di
smettere di fare il cretino, dopotutto non eravamo in una situazione
propriamente “piacevole”, ma cosa ci posso fare se
sono scemo fino al midollo?
Mi hanno fatto così…
Ok, era
venuta l’ora di
riprendermi, quindi allontanai la parte isterica di me e tornai serio,
preparandomi ad affrontare mio zio, che era tornato a guardare il
ragazzo in
preda ad uno sbavo improvviso… santi numi! Se non ce ne
fossimo andati presto
da lì gli sarebbe saltato addosso senza mezzi termini!
Alzai
di peso il ragazzo e
lo trascinai poco gentilmente verso la porta, deciso a portarlo via da
lì, ma,
come avevo immaginato, mio zio non sembrava molto contento di
ciò: “Fermati
subito!”
Non
volevo farlo, ma fu più
forte di me e mi fermai senza però voltarmi verso mio zio,
che riprese: “Non
metterti contro di me, ragazzo, non ti conviene.”
“Non…”
dovetti fermarmi
perché mi tremava la voce: “Non voglio
che…” ero terrorizzato: sarò anche un
semi immortale invulnerabile, ma la rabbia di mio zio aveva sempre
avuto la
strana capacita di farmi tremare la ginocchia; sapeva essere terribile,
a
volte, molto peggio di chiunque altro.
All’improvvisi
mi sentii
osservato ed alzai lentamente la testa, incontrando due dolci occhi
grigi che
mi osservavano con un misto di rassegnazione e malinconia, ma anche un
po’ di
comprensione.
Il
ragazzo stava sorridendo
leggermente, quindi strinse un attimo il mio braccio e si
voltò verso mio zio:
“Accetto di venire con voi ad una condizione: voglio che dopo
non mi teniate
nelle vostre stanze come soprammobile, ma che mi concediate il permesso
di
visitare la città in cui resterò.”
Mio zio
lo studiò un attimo,
come se pensasse, e annuì: evidentemente era disposto a
dargli un po’ di
libertà pur di averlo.
Io,
invece, sgranai gli
occhi come un cretino e fissai il ragazzo, che senza più
guardarmi, lasciò il
mio braccio e seguì docile il re, lasciandomi lì.
Era
folle! Era completamente
pazzo! Eppure una vocina insistente continuava a ripetere che lo aveva
fatto
solo per me… cosa che accresceva il mio senso di colpa. E
che cavolo!
In ogni
caso, era inutile
star lì ad aspettare: conoscevo mio zio e sapevo che per
certe cose si prendeva
tutto il tempo necessario e anche più, quindi mi misi a
vagare per Ftia,
salutando tutti quelli che incontravo, nella speranza che il tempo
passasse
velocemente.
***
Ero
seduto su un prato
isolato, all’ombra di una pianta a me sconosciuta e di cui
sinceramente non me
ne fregava un bel niente quando lo vidi, finalmente, dopo
più di ore, tanto che
da colazione era quasi arrivata l’ora di pranzo.
Camminava
a testa bassa
cercando di nascondere gli occhi arrossati e il viso pallido e
continuava a
passarsi nervosamente una mano fra i capelli spettinati, mentre
l’altro braccio
era stretto sul corpo magro, cercando di ripararlo dal freddo.
Mi
alzai chiamandolo per
nome, ma quando mi vide si voltò e fece per andarsene,
rapido; fortunatamente,
i centinaia di allenamenti che avevo sostenuto fin da quando ero poco
più di un
bambino, mi permisero di essere più veloce di lui e riuscii
a raggiungerlo,
afferrandolo per un braccio.
Lui
gemette per il dolore e,
vedendolo più da vicino, vidi lividi verdini sulle sue
spalle, braccia e collo
che si aggiungevano e quelli che aveva già, senza contare il
livido che gli
cerchiava l’occhi sinistro: si vedevano che erano nuovi
perché non erano ancora
viola-neri come gli altri, ma presto lo sarebbero diventati.
Lasciai
immediatamente il
suo braccio fissando i miei occhi nei suoi, lucidi, e parlai a fatica:
“Io… io…
mi… non ci credo… lui…
tu…”
Dovetti
sembrargli un pazzo
furioso, ma mi sorrise con dolcezza: “Voi non avete fatto
proprio niente, è
stata una mia scelta e, nonostante tutto, sono contento di averla
presa.
Almeno, uno di noi due ne è uscito incolume.”
Rimasi
un attimo spiazzato
dalla sua dolcezza, ma non feci in tempo a rispondere che lui riprese:
“In ogni
caso, vostro zio è uno schifoso porco maiale. Se solo non
fossi un servo non se
la sarebbe cavata così facilmente!” I suoi occhi
ora brillavano di rabbia e
indignazione mentre mimava il gesto di sbattere qualcosa (la testa di
mio zio)
contro un piano immaginario (il tavolo nella sala da pranzo).
La mia
bocca si spalancò
mentre osservavo quel ragazzo tanto dolce e timido gesticolare e
infuriarsi e
mimare di impiccare, infilzare, bruciare, congelare mio zio.
Beh
ragazzi, che dire… wow!
Quel ragazzo doveva avere una doppia personalità! Di sicuro
era MOLTO
vendicativo e per un attimo ringraziai gli dei che la sua posizione di
servo
gli impedisse di far a brandelli qualcuno, anche se mio zio se lo
sarebbe
proprio meritato.
“Comunqueeee!”
Patroclo finì
il suo sproloquio di torture con un sospiro e un sorriso rivolti
esclusivamente
a me: “Bene, voi siete Achille vero? Non vedo l’ora
che diventiate re!!! Di
sicuro sarete migliore di Lui! Altro che Ftia città di eroi,
questo è un porto
di cani e porci! Senza offesa, ovviamente.” Aggiunse
portandosi una mano alla
bocca.
Ero
senza parole: fino a
poche ore prima su quella dannata isola io ero l’unico e
pensare che nella vita
non esistesse solo la gloria e la morte in guerra, mentre in quel
momento stavo
parlando con il ragazzo più strano e simpatico che avessi
mai incontrato: lui
era diverso.
Lui non
viveva in un mondo
di eroi. Lui non temeva il giudizio degli altri. Lui non mi vedeva come
un
guerriero invincibile, nonostante avevo capito che la mia fama era
arrivata
fino alle sue orecchie.
Lui
era…
“In
caso non ve lo
ricordiate, mi chiamo Patroclo.”
Ringrazio tutti quelli che leggo e recensiscono questa ff, soprattutto
Iri: sei riuscita a capire proprio qual'era il mio scopo!
Scritti in stile epico i personaggi mi sembravano troppo freddi
così ho cercato di riadattarli come ragazzi più
moderni senza però cambiare la collocazione temporale, per
questo ho messo OOC, anche perchè i miei personaggi sono
molto diversi dagli originali!! Nonostante tutto spero che questa ff
piaccia, anche se è fuori dal comune genere epico^^ Baci a
tutti bella gente!
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Capitolo 3 *** Cosa mi sta succedendo? ***
Passeggiavamo
silenziosi
nelle viuzze più buie di Ftia, ognuno di nei perso nei
propri pensieri, o
almeno così credevo fin quando non sentii la risatina di
Patroclo al mio
fianco: “Voi parlate molto, vero?”
Lo
guardai e capii dai
suoi occhi furbi che mi stava fissando già da un
po’, ma io non me ne ero
accorto… finirò mai di fare la figura del cretino
con lui?
“Qualcosa
non va?” mi
chiese con una nota preoccupata nella voce; ero stato io a chiedergli
di fare
una passeggiata con me perché avevo bisogno di schiarirmi le
idee dopo quella
mattina terribile passata in attesa e soprattutto perché non
potevo supportare
il pensiero che alcuni dei lividi scuri che gli chiazzavano il viso
erano in
parte colpa mia che non ero stato in grado di proteggerlo da mio zio.
“No,
tranquillo, ma non
darmi del voi per favore.”
“Come
volete.” Stavo per
dirgli che mi aveva dato ancora del voi, quando il corpicino esile di
Patroclo
fu scosso da un violento attacco di tosse, concluso con un elegante
starnuto.
“Merda.”
Commentò lui
sfregandosi gli occhi, stanco: “Fa un freddo del
diavolo… o santi numi! Speriamo
che Ade non se la prenda con me!”
Lo
fissai un attimo
sbigottito, quindi scossi la testa e gli proposi di tornare al castello
e
trovare un modo per scaldarlo.
I
suoi occhi si spensero
all’improvviso e divennero di un grigio vuoto e triste, cosa
che mi fece capire
che dovevo aver detto qualcosa di sbagliato: “Non voglio
tornare il castello. Vostro
zio mi vuole nelle sue stanze fra un paio d’ore, come se non
gli avessi già
dato abbastanza…” tremò e si strinse le
braccio intorno al corpo: era coperto
solo da lividi e stracci, eppure era bellissimo in quelle condizioni;
mi chiesi
come doveva essere vestito decentemente e senza macchie violacee a
scurire la
sua pelle chiara e i suoi lineamenti sottili.
“Non
ti lascerò tornare da
lui.” Affermai deciso, ma sapevo già che avrei
fallito nel mio intento: era
così, non riuscivo a frenare il tremito che mi scuoteva al
solo pensiero di
contrariare mio zio.
Patroclo
sorrise
dolcemente come solo lui sapeva fare e sussurrò in modo che
nessun altro
potesse sentirci: “E’ normale avere
paura… tutti abbiamo paura, tu non sei da
meno. Ti sembrerò insolente, ma nonostante la tua
reputazione non credo che tu
sia perfetto ed invincibile… non preoccuparti per me, io me
la cavo.”
Lo
fissai, lo fissai a
lungo con gli occhi sgranati non sapendo come reagire, come rispondere
a quelle
parole gentili: di solito tutti mi urlano di non fare la femminuccia,
di
combattere e di comportarmi da eroe, da guerriero mentre ora
lui… mi stava
proteggendo.
Mi
stava difendendo da mio
zio e dal mio panico… sembrava che il mondo si fosse
capovolto e che Patroclo
avesse assunto il mio ruolo, ma non mi sfuggì la piccola
luce spaventata e
triste che colorava i suoi grandi occhi grigi; reagii
d’istinto e lo attirai a
me, abbracciandolo stando attento a non stringerlo troppo (con tutti
quei
lividi non si sa mai) e mi limitai a bisbigliare al suo orecchio:
“Mi hai dato
del tu…”
“Non
succederà più…”
“Io
voglio che succeda…”
Patroclo
ridacchiò appena
e si strinse a me in cerca di calore, chiudendo gli occhi.
Rimanemmo
così qualche
istante, stretti l’uno all’altro, chiedendoci
entrambi cosa ci stesse
succedendo: ci conoscevamo da poco eppure facevamo già di
tutto per stare il
più vicini possibile.
Non
mi ero mai sentito
così… scombussolato: la pelle di Patroclo, i suoi
neri capelli spettinati, le
labbra sottili e gli occhi grandi grigi (parliamoci chiaro, tutto di
lui)
risvegliavano in me sensazioni che non credevo nemmeno di saper provare.
Ma
questa volta non avevo
intenzione di lasciare che quella cosa grassa e unta conosciuta anche
come il
re di Pella, alias mio zio, gli faccia di nuovo del male.
Nessuno
dovrà più fargli
del male. Perché lui è MIO.
Io
per
primo rimasi sorpreso da quei pensieri, ma nello stesso istante in cui
il mio
cervello collego la parola Patroclo e mio il cuore prese a battermi
all’impazzata
e Patroclo lo notò, tanto che disse: “Ti batte
forte il cuore…”
Sussultai
cercando
inutilmente di non darlo a vedere, quindi mi allontanai di qualche
centimetro
da lui per poterlo guardare negli occhi e vidi così che
stava sorridendo piano,
timidamente e il ragazzo vendicativo era completamente scomparso,
lasciando
solo quello estremamente dolce e tenero.
“Dico
sul
serio Patroclo. Oggi tu non vai da mio zio, resti con me. Devi darti
una
ripulita e vestirsi decentemente e morirai di freddo. Poi ti
porterò dal medico
e ci assicuriamo che tu stia bene.” Sollevai una mano e la
avvicinai al suo
viso lentamente per dargli il tempo, se avesse voluto, di spostarsi, ma
lui non
lo fece, così gli spostai una ciocca scura e ribelle dagli
occhi e gli carezzai
la guancia.
Lui
chiuse
gli occhi e sospirò appoggiandosi maggiormente a me,
lasciandosi abbracciare e
cullare come un bambino spaventato.
“Ne
sei
sicuro?” mi chiede in fine, abbandonando definitivamente il
voi ed io annuisco
convinto, dicendo che mio zio nemmeno lo vedrà, che avrei
pensato io a lui.
Non
sapevo
come, ma lo avrei fatto e non avrei lasciato quello schifoso maiale si
avvicinasse ancora al mio piccolo Patroclo… dovevo
affrontare la mia paura più
grande, ma per lui avrei fatto questo ed altro.
Cercai
di
allontanare quei brutti pensieri per dedicarmi, ameno per due ore,
solamente a
Patroclo; lo presi per mano incurante di tutti quelli che ci stavano
fissando
confusi e sconcertati, portandolo con me a palazzo e nelle mie stanze.
Quando
mi
chiusi la porta alle spalle riuscivo a pensare una sola cosa: che mi
sta
succedendo?
Ringrazio
tutti quelli che seguono questa ff e in special modo Iri…
GRAZIEE!!!!! Spero di
non deluderti^^. Recensioni
sono sempre
gradite^^.
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Capitolo 4 *** Dormi, amore mio. ***
“Belle
stanze.” Commentò Patroclo
una volta che la porta si chiuse alle nostre spalle: si guardava
intorno con
occhi sgranati, come se non si fosse mai trovato in un luogo simile.
Almeno non
da ospite.
“Le
uniche volte in cui
sono entrato in stanze simili…”
cominciò infatti, ma io lo bloccai subito, con
voce strozzata: “Non dirlo!”
Si
voltò lentamente e mi
fissò con espressione impassibile: non riuscivo a leggere
nulla sul suo viso,
così mi rimase solo sperare che non stesse prendendo per
pazzo; non lo avrei
sopportato.
In
quel momento mi
importava solo del suo parere e ciò che pensava di me doveva
essere
assolutamente positivo altrimenti… altrimenti cosa?
Cosa
sarebbe successo
altrimenti? Certo non sarei morto ma… se lui non mi avrebbe
apprezzato una
parte del mio cuore si che sarebbe morto.
Era
così strano ma lui era
l’unica cosa importante in quel momento. Mi sentii per un
attimo stupido e
debole: quello che provava per quel ragazzo mi stava rendendo
vulnerabile,
proprio come mi aveva ripetuto più volte mio zio.
“Non
innamorarti mai,
Achille! L’amore ci rende fragile e vulnerabili,
l’amore ci confonde e ci rende
schiavi! Tu non puoi essere fragile! Sei invulnerabile fisicamente, il
mio
compito è quello di renderti tale anche moralmente!
Distruggerò i tuoi
sentimenti e ti renderò invincibile, quindi non ti
permetterò di innamorarti
mai!”
Proprio
così diceva e per
diciannove anni ha veramente cercato di distruggere i miei sentimenti,
ma con
il tempo ho imparato un modo per resistere alle sue insistenze: quando
mi allenavo
svuotavo la mente, cancellavo tutto, così da sembrare
veramente senza
sentimenti perché in quei momenti ero solo un corpo vuoto in
movimento, ma
appena mi allontanavo tornavo ad essere me stesso, con le mie paure, le
mie
gioie e il mio amore.
Aveva
funzionato, grazie
al cielo…
Aspettate
fermi tutti! Perché
ho tirato fuori in discorso “amore” pensando a
Patroclo????
Mi
ritrovai a guardarlo e
così scoprii che lui mi stava ancora fissando impassibile;
arrossii come un
cretino, ma non abbassai lo sguardo, deciso a conservare almeno un
po’ della
mia dignità guerriera: sono un sempre un Acheo, santi numi!
Finalmente
il viso del
ragazzo si addolcì: sorrise e mi si avvicinò
lentamente, abbracciandomi e
sussurrando un delicato grazie che mi fece sciogliere: potevo negare
quanto
volevo, ma si ero dannatamente innamorato di quell’angelo
dalla doppia
personalità che non conoscevo da nemmeno un giorno!
Come
poteva essere
successa a me una cosa simile? Io, invulnerabile soldato greco,
innamorato di
un servo che nemmeno conosco! Come ci si può innamorare di
un ragazzo che si
conosce da poche ore?
Eppure
non riuscivo a dare
altro nome se non “amore” al sentimento che mi
faceva battere forte il cuore
ogni volta che i nostri occhi si incrociavano o al calore che mi
avvolgeva
quando eravamo vicini, quando ci abbracciavamo… oh cielo,
ero proprio cotto di
lui!
“Il
cuore ti batte di
nuovo forte…” sussurrò Patroclo senza
allontanarsi da me e io lo strinsi,
affondando il viso nei suoi capelli scuri: profumavano di ciliegia.
“Come
fai ad avere dei
capelli così belli nonostante la tua condizione?”
“Sono
un servo, come
possono i miei capelli essere belli?” ridacchiò
lui stringendosi maggiormente a
me e quando gli dissi che profumavo di ciliegie lui rise maggiormente;
aveva
una risata gentile e cristallina, delicata proprio come la sua voce
calda.
Ero
messo proprio male, ma
ogni istante che passava mi sentivo sempre più attratto da
lui.
“Sei
proprio bello.” Dissi
infine senza riflettere e lo sentii rilassarsi fra le mie braccia.
“Quasi
quanto te…” mi
sussurrò facendomi arrossire nuovamente e dopo qualche altro
secondo si allontanò
stiracchiandosi come un gatto: “Ho un sonno che nemmeno ti
immagini!”
“Dormi!”
dissi io
semplicemente indicandogli con il mento il mio letto:
“Intanto io cercherò un
modo per… beh, lo sai.”
I
suoi occhi chiari si spalancarono
e rispose immediatamente, come se quelle parole gli fossero state
inculcate fin
da bambino: “Sono un servo, non ho il diritto di dormire in
un letto nobile!”
Schifosi
bastardi
razzisti! Perché tormentavano le menti dei servi con queste
stronzate? Sapevo che
mio zio contribuiva e far sentire i ceti sociali meno nobili e ricchi
delle
merde, quindi mi sentii in dovere di cercare di aiutare almeno
Patroclo, come
esponente della classe della servitù, a liberarsi la mente
da quelle cazzate.
Lo
spinsi con forza verso
il mio letto, facendocelo sedere senza dargli il tempo di reagire:
“Tu puoi
dormire dove e quando vuoi, dimentica quelle stronzate! Non posso
aiutare tutti
i servi a smettere di sentirsi delle merde, ma posso aiutare te, almeno
te, e
lo farò. Quindi, dormi.” Lo spinsi nuovamente
facendolo sdraiare, lo coprii con
la mia coperta e mi chinai a baciargli una guancia; lui
sospirò ringraziandomi
e raggomitolandosi nel mio letto in cerca di calore e l’unica
cosa che riuscii
a fare fu ripetergli di dormire.
Avevo
due ore per trovare
un modo per liberare Patroclo da mio zio, ma avevo già un
idea e per una volta
i lividi di quell’angelo mi sarebbero tornati utili. Lo
guardai dormire con un
sorriso cretino stampato in faccia, perfezionando mentalmente il mio
piano:
doveva funzionare a tutti i costi, per il mio amore.
Ciao
a tutti! Ringrazio
Pakometallaro e Lyla Osaki per le recensioni, siete molto gentili!!!
Ringrazio
anche chi segue in silenzio, ma ricordate tutti che un commentino
è sempre
gradito! ;) Ciaooooooo!!!!
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Capitolo 5 *** OH MIO DIO, COSA HO FATTO?? però è stato bello... ***
Lasciai
Patroclo che
dormiva e mi diressi velocemente verso le stanze di Antivo, il medico
di Ftia:
lo trovai intento a studiare dei fogli ingialliti e appena mi vide
entrare si
alzò: “Buongiorno principe… come mai
siete qui? State male forse?” sembrava un
po’ preoccupato, quindi mi affrettai a rassicurarlo.
“
E’ un mio… amico, si un
mio amico, che è nei guai. Lui… lui sta
male.” Non sapevo cosa dire ed ero in
imbarazzo. Molto.
“Bene,
portatemi da lui.” Fece
pronto il medico e decisi che quello era sicuramente un buon metodo per
affrontare la situazione: andare dritto al sodo. Solo sarebbe stato
difficile
spiegargli perché un servo dormiva nella mia stanza e
perché lo consideravo mio
amico.
Attraversammo
in silenzio
i corridoi fino ad arrivare davanti alla mia stanza, quindi presi un
respiro
profondo ed entrai, facendo segno ed Antivo di seguirmi.
Si
bloccò di colpo vedendo
il ragazzo esile e pallido steso sul mio letto che dormiva
profondamente: “Oh
signore, cosa gli è successo?” esclamò
precipitandosi verso di lui ed
inginocchiandosi ai piedi del letto.
“Mio
zio gli è saltato
addosso, come il suo vecchio padrone: è ricoperto di lividi
e beh… sta male. Molto.”
Mi avvicinai a mia volta al letto e mi chinai su Patroclo, scostandogli
con
delicatezza i capelli scuri dal viso e rimasi un attimo ad osservarlo
incantato,
quindi lo scossi con leggerezza per svegliarlo e lui
sussultò violentemente,
mettendosi seduto di scatto e guardandosi intorno preoccupato, con gli
occhi
ancora appannati dal sonno.
“Cosa
succede? Dove sono?”
sussurrò cercando i miei occhi con i suoi e quando li
incrociammo sentii il
cuore battere al’impazzata: avrei potuto star lì a
fissarlo per ore, ma ora non
potevo: prima di tutto dovevo tirarlo fuori dalla brutta situazione con
mio
zio, poi avrei fatto ciò che volevo. OH MIO DIO non pensate
male! Volevo bene a
Patroclo non avrei mai fatto qualcosa che potesse ferirlo. E nemmeno lo
conoscevo.
“Sei
un servo ragazzo?”
chiese Antivo e lui annuì solo quando gli feci cenno che
poteva fidarsi: “Non
ho nemmeno bisogno di visitarti. Tu stai male e il re non si
avvicinerà a te
per almeno un mese… sei evidentemente sfinito, sia
fisicamente che moralmente;
parlerò io con il re e sono sicuro che riuscirò a
convincerlo.”
Sorrisi
e guardai
riconoscente Antivo: sapevo del forte ascendente che aveva su mio zio e
sapevo
anche che se diceva una cosa la portava a termine; non gli interessava
se fosse
il re sarebbe stato capace di inventarsi di tutto pur di riuscire nel
suo
intento, infatti aggiunse: “Anzi, mi è venuta
un’idea: che ne diceste se
dicessi al re… che so… che il ragazzo
è stato male in città e visitandolo ho
scoperto che affetto da una malattia altamente contagiosa che potrebbe
portarlo
alla morte da un momento all’altro?”
Patroclo
spalancò gli
occhi non credendo alle sue orecchie: “Lo fareste veramente?
“Ragazzo,
quando dico una
cosa la faccio, quindi ora vado a parlare con il re. Cerca di
riposare… a
presto principe.” Detto ciò Antivo uscì
silenzioso dalla mia stanza e si
diresse a passo sicuro verso le stanze di mio zio: non si sarebbe
tirato
indietro per nulla al mondo. Lui si che era coraggioso, non io. Altro
che eroe
invulnerabile e semi divino!
“Sai,
ho l’impressione che
mio zio ti starà lontano per ben oltre un mese!”
dissi con un sorriso idiota e
il mio cuore rischiò di scoppiare quando Patroclo
scoppiò a ridere lasciandosi
cadere nuovamente sul mio letto: “Ho passato anni cercando un
modo per tirarmi
fuori da questo schifo di vita e poi arrivate tu e quel medico e in due
ore
scarse risolvete tutto! Oh mio dio è stato tutto
così veloce che non ci ho
capito niente! No, davvero, cos’è successo? Devo
essermi perso un pezzo!” rise,
rise a lungo, nascondendo il viso fra le mani, rise e pianse
contemporaneamente, sommerso da quella gioia tanto improvvisa quanto
inaspettata. Non so quanto tempo rise, ma so per certo che ad un certo
punto si
rimise a sedere e mi fissò con espressione strana. Strana,
si, strana.
“Io
sono un servo.” Sussurrò
con voce stranamente bassa alzandosi e venendo verso di me; per un
attimo fui
tentato di indietreggiare, spaventato dal bruciore che invadeva il mio
copro
ogni volta che Patroclo mi era vicino, ma rimasi immobile deglutendo a
vuoto.
“Devo
avere sempre un
padrone.” Riprese abbassando maggiormente la voce e
fermandosi; eravamo
vicinissimi… troppo: “Questo significa…
che io sono tuo.”
Sussurrò
le ultime parole
direttamente al mio orecchio, quindi poggiò con delicatezza
le labbra calde sul
mio collo e si appiccicò completamente a me; davvero non
riuscii a resistere:
gli misi due dita sotto il mento e lo costrinsi a voltarsi verso di me,
baciandolo con forza eppure stando sempre attento a non fargli male.
Patroclo
rispose al mio
bacio e si lasciò spingere verso il letto, dove lo feci
sdraiare.
“Non
ti farò male…”
“Lo
so…”
*******
Quando
mi svegliai fuori
era buio e capii subito che doveva essere notte; la prima cosa che
sentii fu
una gamba nuda di Patroclo infilata fra le mie e il delicato peso della
sua
testa corvina sul mio petto.
Oh
cazzo. Io nemmeno lo
conosce decentemente quel servo! Perché ero così
attratto da lui? Perché ero
completamente cotto di un ragazzo che avevo incontrato solo quella
mattina? Oh dei
cosa mi era successo, COSA?????
Patroclo
si mosse
lentamente, spostandosi di poco sul mio petto e di nuovo il cuore
cominciò a
battermi all’impazzata, correndo tanto che avrebbe potuto
vincere la Maratona. Inutile
farsi domande non avevo la minima fottuta idea di come avessi fatto ad
innamorarmi
di quel ragazzo, ma era successo… semplicemente era successo
e lui aveva
ricambiato… beh, ragazzi, WOW!!!
Era
la prima persona per
cui mi sentivo così agitato, la prima che mi faceva andare
in cuore a mille e
che accendeva ogni cellula del mio corpo.
In
quel momento Patroclo
sbadiglio e si stiracchiò come un gatto e la sua fottuta
gamba si mosse fra le
mie… cazzo! Dovevo ricordarmi di respirare…
respira, Achille, respira.
“E’
notte?” mi chiese e la
sua voce, dio, la sua voce…
“Tutto
bene?” chiese
nuovamente sollevandosi un poco per potermi guardare in faccia e io gli
sorrisi
istintivamente: “Si, sto bene… e si, è
notte.”
Patroclo
si lasciò
ricadere al mio fianco affondando nel cuscino e sbadigliò di
nuovo: “Io di
solito non faccio così…” aggiunse poi:
“Non faccio la troia e non mi porto a
letto uno che conosco da meno di un giorno… ma con te
è diverso… cazzo, è tutto
diverso: la tua pelle, i tuoi occhi… tutto di te mi fa
impazzire… sono come
ossessionato, ma non voglio che ti faccia un’idea sbagliata
di me, capisci? Tu credi
nei colpi di fulmine?”
“Ora
si.” Risposi istintivamente
sorridendo come un ebete e mi ritrovai a pensare che forse ora avrei
potuto
stare bene, finalmente. Ero libero.
Non
avevo più paura per
lui era con me. Perché lui era come me.
“Dormi
ora.” Gli dissi
circondandogli le spalle con un braccio e lui affondo il viso nel mio
petto
lasciandosi abbracciare e respirando a fondo: “Domani ti
presento Ftia…”
Proprio
non sapevo cosa ci
aspettava. Godiamoci il momento e, tra parentesi, sono riuscito a
rimanere serio
per tutto questo tempo; devo stare proprio male! Oh santi numi che
Antivo abbia
portato sfiga??? Ci mancava solo quella per concludere in bellezza il
circolo
schifosamente sfigato della mia vita… bello. Mi presento: mi
chiamo Achille, ho
diciannove e sono un semi dio invulnerabile figlio di una ninfa del
mare e di
un eroe ormai morto, quindi vivo sotto il controllo di mio zio, pazzo,
grasso,
puzzolente, unto e beh… mio zio. Una vita terribile, direte
voi, e invece vi
sbagliate, perché ora c’è Patroclo.
È una figata. Bella… mi piace
ripresentarmi!! Dicevamo del rimanere serio?
Ciao…
allora come vi
sembra questo capitolo? Ringrazio Lyla Osaki per le suo bellissime
recensioni e
un grazie anche ai lettori silenziosi^^ J J nel
prossimo capitolo si
avrà una svolta e tornerà a farsi vedere il dolce
Patroclo vendicativo e anche
l’Achille un po’ folle che mi piace tanto, visto
che ora sono stati tutti e due
molto seri… le condizioni lo hanno reso obbligatorio ;) J
Comunque nel prossimo
capitolo ci sarà un po’ di movimento visto che gli
ultimi due sono stati un po’…
ORIZZONTALI! Ahahahah, ma cosa avete pensato, intendevo piatti!! Alla
prossima,
ciaooooooooo.
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Capitolo 6 *** Benvenuto a Ftia signore di Smirne e mio padrone ***
“Svegliati!!!!”
“Porca
troia!” mi misi a
sedere di scatto, ma, essendo io sdraiato sul bordo del letto, caddi
miseramente
a terra trascinandomi dietro il lenzuolo di pregiata seta bianca,
quindi mi
guardai nervosamente intorno cercando di individuare il pazzo che aveva
urlato
in quel modo svegliandomi all’improvviso e i miei occhi si
posarono niente meno
che su Patroclo ancora a petto nudo, che si sbellicava dalle risate,
sdraiato a
terra: si teneva la pancia piatta con entrambe le mani ed aveva gli
occhi
chiusi; i capelli erano ancora bagnati e capii che doveva essersi
lavato prima
di svegliarmi. Problemi con il mio intuito? È solo un
po’ scarso…
“Io
ti uccido Patroclo!”
gli urlai contro cercando invano di avere un tono duro, ma era tutto
inutile:
vederlo ridere era per me la più grande soddisfazione e
gioia in quel momento,
chi se ne importa se aveva appena pestato il culo a terra? È
una questione di
priorità!
“E’
stato bellissimo…
oddio, sto per morire!” fece lui fra una risata e
l’altra cercando di calmarsi
e mettendosi e sedere: “Davvero Achille, fai morir dal
ridere. Oddio, sto male…”
aggiunse passandosi una mano sugli occhi lacrimanti, quindi si
rialzò e fece
per indossare la sua maglia, o straccio che dir si voglia, che ormai
era più
buchi che stoffa , ma lo fermai subito dicendogli che se foss4e uscito
così si
sarebbe sicuramente ammalato e nonostante lui cercasse di rassicurarmi
dicendo
che era abituato a combattere il freddo fin da quando era un bambino,
non
sentii ragioni, impuntandomi.
“E
cosa faccio allora,
vado in giro nudo?” sbottò non sapendo
più cosa dire e mi lanciò
un’occhiataccia
quando i miei occhi brillarono di malizia.
“Nonostante
trovi la tua
idea interessante…” comincia alzandomi finalmente
da terra e non riuscii e
trattenere un sorriso sentendo Patroclo sbuffare alle mie spalle:
“Credo che
questi saranno più adatti.” Conclusi porgendogli
una delle mie tuniche più calde e belle.
Ovviamente,
Patroclo
indietreggiò abbassando lo sguardo. Aspettate un
po’, da dove viene questo “ovviamente”??
quand’è che è ovvio un comportamento
simile? Va bene che non sono proprio il
massimo dell’intelligenza, ma quel ragazzo proprio non lo
capisco.
“Non
posso.” Sussurrò imbarazzato,
senza guardarmi e torcendosi le mani esili e pallide:
“Davvero, non posso.”
Oh
ecco, mo’ capisco! Si torna
sempre alla convinzione di tutti i servi di essere le merde delle
merde… non è
giusto. Sono o non sono un guerriero Acheo? Ecco, è venuto
il momento di
mandare al diavolo la mentalità aristocratica che mio zio
cerca di insegnarmi
fin da quando sono bambino e fare qualcosa di veramente coraggioso:
andare
contro le convinzioni di tutti i potenti per aiutare i più
deboli. Questo è
essere veri eroi… caspiterina come sono saggio!!
Ok,
lasciamo stare il mio
sclero momentaneo e torniamo a concentrarci su Patroclo, che con quella
faccina
triste mi fa tanta di quella tenerezza…
Mi
avvicinai a lui
lentamente, incatenando i nostri sguardi e cercando di fargli capire
con gli
occhi tutto ciò che speravo di riuscirgli a dire anche a
parole, quindi gli
circondai la vita con un braccio, stringendolo delicatamente mentre con
l’altro
mano gli carezzavo il viso, indugiando appena qualche secondo in
più sui lividi
violacei: mi dispiaceva da morire per lui…
“Patroclo,
guardami attentamente.”
Sussurrai il più dolcemente possibile e lui
obbedì istintivamente, sempre
pronto a concedere il suo corpo, la sua anima… la sua vita a
coloro che gli
avevano insegnato a chiamare “padroni”. Bastardi.
“Io
non sono il tuo signore:
sono solo Achille. Sono tuo amico. Sono tuo più che amico e
tu sei la persona
che maggiormente amo in questo memento nonostante ci conosciamo solo da
un
giorno. Come devo fare per spiegarti che non sei mio servo? Non ho
intenzione
di sfruttarti in nessun modo, voglio solo poter stare con
te… non sei inferiore
a nessuno piccolo, anzi, sei di gran lunga migliore di tutti quelli che
ti
hanno detto il contrario.”
“Sono
migliore di tutte le
persone che conosco allora.” Sussurrò timidamente
Patroclo con le lacrime agli
occhi: “Tranne te, ovviamente.” Aggiunse quindi con
un sorriso spento.
“Sono
serio. Non lasciarti
influenzare da tutte quelle stronzate che inculcano a quelli come te i
bastardi
come mio zio: gli uomini sono tutti uguali e solo gli dei ci sono
superiori. La
vita ha la stessa importanza, in ogni caso, sia che sia quella di un
uomo
aristocratico, di un servo, di un bambino di una donna… di
una pianta! Sempre vita
è. Mi hai capito bene? Ieri hai detto che devi sempre avere
un padrone, quindi
io sarò il tuo migliore
padrone-amico-fidanzato…”
“Hai
detto fidanzato?”
Patroclo mi interruppe e mi fissò con occhi brillanti di
gioia e speranza:
aveva la stessa espressione di un bambino a cui si regala un nuovo
giocattolo…
o di uno schiavo liberato. O di un ragazzo solo che ha appena scoperto
di avere
un amico.
“Certo…
non vado a letto
con le persone a cui non tengo… che non amo.” Lo
strinsi maggiormente e lo
baciai con forza, dolcemente; lui mi lasciò fare con un
sorriso stampato in
faccia e si rilassò completamente fra le mie braccia.
“Achille…”
sussurrò sulle
mie labbra quando ci separammo senza allontanarci: “A parte
il fatto che
ovviamente ti amo anch’io, sono belli i tuoi
vestiti?”
“Dei
migliori, come te. Comunque,
che dichiarazione sentita!”
Scoppiamo
entrambi a
ridere, divertiti. Forse stavo riuscendo ad aiutare almeno
lui…
***
Pomodori.
Tanti pomodori. Troppi
pomodori… AIUTO!!!! E’ UN INVASIONE!
Ok,
non pensate male,
dopotutto sono stato serio fin troppo tempo! Ho bisogno di un sclero
quotidiano
o non sto bene!
In
ogni caso, affinché voi
poveri mortali capiate, è bene che vi dica che dopo aver
gentilmente aiutato
Patroclo a vestirsi e non pensate male perché ho detto
GENTILMENTE, lo ho
portato fuori dal castello per mostrargli Ftia, come gli avevo promesso
ed ora
siamo al mercato, dove ci sono TROPPI mercanti che cercano venderci
pomodori!!!
Ammetto
che in un primo
momento tutti ci lanciavano occhiate incuriosite senza capire cosa ci
facesse
quello che fino ad un giorno prima credevano uno schiavo in mia
compagnia a
ridere e scherzare e soprattutto vestito con i miei abiti.
Patroclo
era bellissimo,
persino più di prima… peccato solo per quei
lividi violacei che gli
tappezzavano il viso e li avevo visti bene anche se tutto il suo corpo.
Bastardi.
Non vedevo l’ora che scomparissero… per non
rivederli mai più. Comunque, mi ero
ripromesso di farlo divertire, quindi ignoravo tutto e tutti per
concentrarmi
esclusivamente su di lui.
“Wow,
non pensavo che Ftia
fosse così… enorme!” esclamò
in quel momento Patroclo ridendo e guardandosi
intorno come un bambino che vede per la prima volta il
mondo… ma quant’è
tenero!!!!!!!!!!!!!!
“Ehi
ragazzino!” lo chiamò
un mercante e lui gli si avvicinò subito: “Non
vuoi un bel pomodoro?”
Lui
rise sotto lo sguardo
attento dell’uomo, poi declinò gentilmente
l’offerta, ma il mercante non si
diede per vinto, dicendo che, forse, se la avesse mangiato insieme a
lui in
casa sua sarebbe stato migliore.
A
quel punto tutta la
gioiosa innocenza svanì immediatamente dagli occhi di
Patroclo, che, dopo aver
guardato intensamente male il mercante gli ringhiò contro:
“Reprimi i tuoi
istinti vecchio o ti soffoco con quel cazzo di pomodoro.”
L’uomo
assottigliò gli
occhi sbiancando per la frustrazione, quindi io afferrai subito
Patroclo per un
braccio trascinandolo in un luogo più appartato:
“Lascia perdere certa gente,
fa schifo.” Gli dissi subito, studiandolo preoccupato.
Quindi
successe: il
Patroclo vendicativo che avevo visto solo una volta tornò
alla carica: “Vorrei
tanto poterli castrare tutti quei bastardi! Nemmeno immagini quanto mi
divertirei ad appendere tutti i loro fottutissimi cazzi uno in fila
all’altro,
farsi essiccare e poi farglieli mangiare. Sarebbe una vera e propria
rivincita
per me e per tutti i servi che sono nelle mie condizioni.”
Ringhiò furioso, ma
quando vide i miei occhi spalancati abbassò subito la testa,
scusandosi
timidamente.
“Davvero,
tu hai una
doppia personalità!” feci io abbracciandolo:
“Ma questo tuo carattere forte ti
ha permesso di sopravvivere fino a qui… solo, chi ti ha
insegnato a parlare in
questo modo a soli… quanti anni hai?”
“Diciassette.”
“Due
anni più piccolino di
me!”
“E
comunque sono cose che
impari quando vivi come me: gli schiavi sono sempre soggetti a
prepotenze anche
da chi non potrebbe permetterselo, quindi si impara presto a parlare
così… ti
devi difendere e spesso questo è l’unico modo per
farlo.”
Lo
baciai. Lo baciai senza
un motivo evidente, ma sentivo che dovevo farlo e qualcosa mi diceva
che anche
lui lo voleva, infatti rispose subito al mio bacio.
“Ma
guarda un po’.” Disse una
voce dura e a me sconosciuta alle mie spalle, ma sentii Patroclo
irrigidirsi
subito fra le mie braccia, così lo strinsi, protettivo.
“Manchi
da solo un giorno
è già fai la troietta con gli altri. Proprio come
mi aspettavo.”
Patroclo
si voltò nel mio
abbracciò per fronteggiare il nuovo venuto, incappucciato e
nascosto nell’ombra:
“Benvenuto a Ftia, signore di Smirne e mio
padrone.” Disse quindi con voce
fredda ed atona.
Ah,
cavolo!
Ringrazio
tutti e
soprattutto Lyla Osaki e SexyAlien. Un bacio^^ JJ
|
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Capitolo 7 *** Ti prego, dimmi che non mi stai mentendo... ***
“Benvenuto
a Ftia, signore
di Smirne e mio padrone.”
Dopo
quella frase
rimanemmo tutti in silenzio per qualche istante, circondati solo dalla
penombra
e dalla voce del mercato che giungeva ovattata in quel vicolo
appartato;
continuavo a stringere con forza Patroclo temendo che il nuovo venuto
potesse
portarmelo via. Non lo avrei mai permesso.
“Cosa
fate qui?” riprese
Patroclo freddo, come se di colpo non fosse più in grado di
provare emozioni: “Da
quello che ho capito, il re non vi gradisce.”
“E
nemmeno il principe.” dissi
io automaticamente e giuro che sentii il sorriso delicato del ragazzo
moro e
delicato che tenevo fra le braccia come se fosse una bambola di
porcellana.
“Sei
mio. Mi appartieni.
Sono solo venuto a riprendere ciò che mi spetta di
diritto.” mentre parlava l’uomo,
ancora incappucciato per non farsi riconoscere da sguardi indiscreti,
aveva
iniziato ad avanzare verso di noi e mi irrigidii: che fare? Avrei
voluto
cacciare quello stronzo a calci nel sedere, ma la verità era
semplicemente che
non potevo: lui era un re, potente ed autonomo, mentre io non sono
altro che un
principino sottomesso allo zio. Decisamente poco glorioso, lo so, ma
è così.
“Non
appartengo a nessuno
all’infuori di me stesso e degli dei.”
ribatté secco Patroclo risvegliandomi
dal mio monologo mentale e, nonostante cercasse di non farlo vedere,
capii
subito che era spaventato: si era stretto al mio petto fino quasi a
diventare
inscindibile di esso e stringeva entrambe le mie braccia come se
fossero le
uniche cose in grado di sorreggerlo. Tenero…
“Da
quando sei diventato
così arrogante ragazzino?”
Quando
lui non rispose l’uomo
ghignò e con un mossa rapida afferrò il MIO
fidanzato-migliore amico (si, lo so
che ci conosciamo solo da un giorno!) per un braccio e lo strattono con
tanta
forza da riuscire ad allontanarlo da me, quindi lo spinse a terra, ai
suoi
piedi, e lo costrinse a guardarlo afferrandolo violentemente per i
capelli
corvini: “Mi sembrava che avessi già chiarito la
questione: sei un servo.
Smetti da fare la principessina e comportati come tale.”
A
quel punto scattai:
quello rischiava di mandare a farsi fottere il mio lavoro per
convincere Patroclo
di valere qualcosa come persona!
Afferrai
il mio angioletto
per un braccio e lo feci rialzare attento a non fargli male, quindi
affrontati
quel re prepotente e grasso cercando di ignorare il fatto che mi
ricordasse mio
zio in modo inquietante: “Ti credi davvero così
migliore di lui? a me sembra il
contrario visto che per tirare avanti sei stato costretto a cercare
LUI; hai
bisogno dalla balia che ti canti la ninna nanna? Non ce la fai da
solo?”
ancora
prima che riuscissi
a finire le frase il re di Smirne mi aveva già afferrato per
le tunica e mi
sbatté contro il muro talmente forte da stordirmi:
“Attento a come parli
ragazzo, non sfidare chi ti è superiore. E comunque non so
quanto ti convenga
fidarti di quella troietta: ti sta attaccato al culo fin quando gli
serve, poi
sparisce. Lo conosco, quello stronzetto. Ora, devo portare a termine un
compito, ma tornerò a prendermelo e non sarai certo tu ad
impedirmelo. Ogni
cosa a suo tempo; goditelo finché puoi, Achille.”
mi soffiò direttamente ad un
orecchio, sibilando come un vero e proprio serpente velenoso, quindi,
dopo avermi
colpito con un pugno al viso, si allontano sparendo subito nella folla.
Merda,
nonostante tutti i
miei allenamenti fa sempre male quando cercano di spaccarti il naso a
pugni!
Sentii il sapore ferroso del sangue esplodermi in bocca e nello stesso
momento
Patroclo si inginocchiò tremendo a fianco a me, che mi ero
lasciato scivolare
lungo il muro umido e freddo, improvvisamente stanco.
“Oddio
mi dispiace…”
sussurrò lui: “Però sembri ancora tutto
intero.” singhiozzò.
Aprii
di scatto gli occhi
e mi trovai davanti al suo viso dolce ricoperto di lividi ed ora rigato
di
lacrime: “Vieni qui.” Lo abbracciai stringendolo
delicatamente: “Faceva così
con te, vero? Non devi avere paura, abbiamo sistemato mio zio, non
permetterò a
quello stronzo di farti ancora del male… mi chiedo solo cosa
debba fare prima
di cercare di portarti via…”
“A
te, ora, che ha fatto
male.” fece lui in risposta con la testa poggiata alla mia
spalla e non potei
trattenere un sorriso.
“Piccolo
scemo…”
ridacchiai io annusando istintivamente i suoi capelli profumati di
ciliegia: “Non
devi preoccuparti per me: te l’ho detto, sono un semi dio
invulnerabile, sopravvivrò
ad un pugno! Sono io che devo essere preoccupato, amore bello,
perché è te che
quello vuole portare via.”
Patroclo
alzò il viso e
fissò i suoi occhi grigi nei miei e il tempo si
fermò: i nostri sguardi erano
incatenati, i nostri cuori battevano all’unisono e ogni
minima cellula del
nostro corpo fremeva per la vicinanza dell’altro.
Signore,
era impossibile
averlo così vicino senza sfasare completamente!
Dopo
qualche secondo
Patroclo alzò una mano sfiorandomi la guancia, cosa che mi
fece chiudere
istintivamente gli occhi senza un motivo apparente: piccoli brividi mi
attrversarono la schiena mentre la sue dita delicate carezzavano la mia
pelle
come petali di rosa e fui costretto a respirare profondamente per
schiarirmi la
mente.
“Cosa
c’è?” chiese lui in
un sussurro talmente vicino da farmi sobbalzare: “Stai
bene?” non aveva un tono
preoccupato, ma consapevole: sapeva l’effetto che mi faceva.
“Patroclo.”
dissi
fissandolo con grande intensità: “Sei tutto
ciò che amo.”
Non
so perché dissi così,
ma mi venne naturale; lui sorrise sporgendosi in avanti per baciarmi e
nel
momento stesso in cui la sua lingua si fece largo fra le mie labbra,
calda, il
sapore di sangue sparì immediatamente sostituita da piacere
avvolgente.
Risposi
subito al bacio
cingendogli la vita con entrambe le braccia e facendo scontrare i
nostri corpi
con tanto impeto che per un attimo temetti di avergli fatto male, ma
lui non
sembrò risentirne baciandomi con più forza.
Non
so quanto tempo
rimanemmo così, stretti l’uno all’altro,
ma quando ci separammo eravamo
entrambi a corto di fiato e molto, MOLTO accaldati.
“Achille.”
sussurrò lui
sulle mie labbra: “Ho paura.”
“Di
cosa?”
“Di
amarti.”
“Perché?”
“Perché
mi agita. E’ l’emozione
più forte che io abbia mai provato. Mi stai cambiando la
vita.”
“Tu
la mia. E anch’io ho
paura, ma ti amo.”
“Ti
amo. E non temere,
nessuno mi porterà via da te.”
***
Quando
rientrammo al
castello ci lasciammo cadere entrambi sul mio letto, sfiniti: forse per
alcuni
sarà una cavolata, ma quello che era successo quella mattina
ci aveva
terrorizzati entrambi. Il re di Smirne voleva portarsi via Patroclo e
mi aveva
preso a pugni. Ma ci amavamo, fan culo a tutte le nostre paure.
Appoggiò
la testa sul mio
petto raggomitolandosi come un gatto e io mi misi istintivamente a
carezzargli
i capelli color pece, quindi, senza un motivo preciso, dissi:
“Sei importante
piccolo. Molto. Nessuno deve mai riuscire a farti credere il
contrario.”
“Sei
stato bravo oggi. So
che sei un semi dio invulnerabile, ma so anche che hai paura di tuo zio
e so
quanto il mio vecchio padrone te lo ricordi.”
Rimanemmo
in silenzio e
qualche minuto dopo eravamo già entrambi addormentati
inconsapevoli del
terribile destino che aleggiava sulle nostre giovani teste. Ci
avvolgeva e
lambiva e stringeva e soffocata ogni istante di più, ma noi
non sapevamo nulla.
Almeno,
non io.
Scusate
per questo
capitolo corto e decisamente poco carino, ma questa scuola mi sta
uccidendo e
quando scrivo sono sempre molto stanca quindi non credo di farlo
bene… fatemi
sapere, perché se sono scritti male li tolgo e ci
riprovo… Attendo le vacanza
di Pasqua!!! Non vedo l’ora…
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Capitolo 8 *** Dimmi semplicemente la verità, piccolo. ***
Ero
solo, in piedi in
un prato di erba fresca e fissavo imbambolato come un cretino un mare
di un blu
talmente profondo da sembrare quasi nero. Ovviamente, sapevo di cosa si
trattava: da quando sono un bambino mio madre, in quanto ninfa del
mare, ogni
volta che mi doveva dire qualcosa mi appariva in sogno sempre in quello
stesso
luogo.
Quando
le notizie
erano buone, il mare era di un azzurro limpido quasi più dei
miei occhi ( si
beh, un po’ di vanità non fa mai male), mentre
quando le cose non andavano poi
così tanto bene diventava quasi nero, come in quel momento.
“Madre?”
chiamavo,
avanzando di qualche
passo verso le riva
ed ignorando la spiacevole sensazione che mi avvolgeva e lei,
splendida,
luminosa e nobile come sempre, si innalzava dalle acque scure per
fermarsi
proprio davanti a me, facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi mentre
il
sottile abito di seta bianca volteggiava per un’improvvisa
brezza.
“Ben
trovato, figlio.”
sussurrava con un sorriso dolce: “Ciò che ti
dirò ora non ti piacerà, ne sono
sicuro.”
Ecco.
Diretta come
sempre, ma questa volta il suo sguardo era estremamente comprensivo e
preoccupato, come se temesse che le brutte notizie di questa volta
sarebbero
state persino più brutte del solito per me.
“Non
fermarti, madre.
Parla con sincerità e tranquillità.”
sentivo quelle parole scivolare dalle mie
labbra con la solennità e la pacatezza che doveva dimostrare
un guerriero del
mio rango anche se in realtà la mia mente e il mio cuore, la
mia anima, stava
urlando a squarcia gola di scappare il prima possibile o di fare
qualunque
altra cosa pur di non continuare quel discorso. C’era
qualcosa che non andava.
Sentivo che quello sarebbe stato un duro colpo. Oh dei…
Il
viso di mia madre
si irrigidiva di colpo e la sua voce, prima dolce, diventava
improvvisamente
fredda e tagliente mentre sillabava quasi con cattiveria una sola
parola,
un
nome: “Patroclo.”
Il
mio piccolo
cuoricino da diciannovenne confuso perse un battito e giuro che sarei
anche
morire lì, così, se solo lei non avesse riprese
con tono talmente antiapatico
ed odioso da spingermi a stare attento: non era da mai madre, la dolce
Teti,
comportarsi così.
“Allontana
da te quel
ragazzo, subito, appena ti svegli. Dallo a tuo zio o lascia che il re di Smirne lo porti via,
non mi importa, ma
non tenerlo con te. E’ pericoloso, molto più di
quello che i suoi occhioni
grigi lasciano vedere, e ti distruggerà. Per questo
è qui, non c’è altra
spiegazione. E’ SUO figlio, Achille, quindi le sue parole non
sono altro che
menzogne. Può fingere quanto vuole o negare o dire che lui
è diverso… ma il
male è troppo radicato nella sua anima per poterlo ignorare:
ti sfrutterà,
fingendo di amarti fino a quando gli farai comodo, poi ti
tradirà spezzando il
tuo cuore, infangando la tua gloria e portandosi via le ricchezze di
Ftia,
questo fanno quelli come lui. Ti ha già mentito, Achille,
dicendo che non
conosce i suoi genitori: lo sa fin troppo bene di chi è
figlio, proprio come
conosce il destino che aleggia sulla sua testa, tragica fine in cui sta
egoisticamente
coinvolgendo anche te rimanendoti vicino. Chiedilo a lui, se non mi
credi!”
Prima
ancora di
trovare il tempo di rispondere, sempre se avessi ritrovato la
capacità di
parlare, il paesaggio intorno a me sfumò rapidamente e
l’ultima cosa che vedevo
in un nero troppo profondo fu il viso severo di mia madre che mi
spronava
ancora ad ubbidire alla sue parole. Poi, il nulla.
***
Mi
sveglia di colpo,
sudato e tremate come se avessi appena affrontato la battaglia
più terribile
della mia vita e solo dopo qualche istante di completo stordimento mi
resi
conto di due cose importanti: primo, stavo piangendo; secondo, ero solo.
Scattai
subito in piedi
scoprendo così di essere vestito e solo in quel momento le
cose cominciarono a
raggiungere il loro posto nella mia mente: dopo essere tornati dal
mercato dove
avevamo incontrato quel buon uomo del re di Smirne io e Patroclo ci
eravamo
addormentati e io avevo fatto quel brutto sogno. Era buio fuori, quindi
doveva
essere notte anche perché non sentivo nessuna voce. Dove
diavolo era finito
quel ragazzino irresponsabile? Dovevo assolutamente parlargli, almeno
per farmi
dire la verità e chiarire le parole di mia madre. Poi, cosa
avrei fatto? Lo
avrei cacciato? Ne avrei veramente avuto la forza? E soprattutto, quel
dolce
angioletto dagli occhi grigi se lo meritava? O forse mia madre aveva
esagerato?
Non potevo credere che lui mi avesse mentito… ma infondo, lo
conoscevo solo da
un giorno e non avevo esitato a cadere ai suo piedi…
Scuotendo
la testa per
allontanare tutte quelle domande mi affrettai verso la porta senza
neanche
sapere dove lo avrei cercato, quando lo sguardo mi cadde su un
foglietto
lasciato sul mio comodino e lo afferrai subito senza riflettere
tornando alla
finestra per poter leggere alle luce della luna: “ Achille,
nemmeno
immagini quanto mi costi questo gesto, ma non c’è
altro che io possa fare per
il bene di entrambi: io porto solo problemi e non voglio coinvolgerti
in una
storia che da troppo tempo cerca di opprimermi. Dove andrò,
ciò che farò ancora
mi è sconosciuto, ma non temere per me, sono uno che se la
cava… Così questo è
un addio. Non odiarmi per averti mentito, l’ho fatto
per… non so perché l’ho
fatto, ma d’ora in poi non sarò più un
tuo problema. Sono stati i due giorni
migliori della mia vita, non li scorderò mai,
così come terrò sempre te nel mio
cuore; grazie per tutto ciò che hai fatto. Grazie per
esserci stato. Con amore,
Patroclo.”
Neanche
a dirlo, calde
lacrime ricominciarono subito a rigarmi le guancie, che in quel momento
dovevano essere di un pallore spettrale; sfiorai con delicatezza le SUE
parole
e il messaggio sfumò: l’inchiostro era fresca, ma
proprio MOLTO fresco… non
poteva essere lontano, anzi, tenendo conto che era notte molto
probabilmente
non aveva ancora lasciato Ftia.
Mi
fiondai fuori dalla mia
stanza correndo come se da quello dipendesse la mia vita, cosa che da
un lato
era anche vera, e in meno di un secondo raggiunsi le scuderie: lui non
c’era.
Ma
certo che non c’era!
Non aveva un cavallo da prendere e non era un ladro. Oddio, non era un
ladro
vero?
“Dove
vorresti andare
tutto solo ragazzino?” Quella voce mi bloccò di
colpo: era il vecchio mercante
di pomodori che aveva avvicinato Patroclo e a cui lui aveva risposto in
modo
non troppo gentile.
“Spostati.”
Eccolo. Le
loro voci erano subito fuori le scuderie, vicino alle mura di Ftia. Che
fare?
Agire, ovviamente.
Prima
che il minimo di
buon senso che mi era rimasto potesse suggerirmi di fermarmi almeno due
secondi
a riflettere, mi fiondai alle mura e trovai il mercante che bloccava il
passaggio a Patroclo, che aveva di nuovo indossato i suoi
“vestiti”. Se non ci
avesse pensato l’uomo, sarebbe sicuramente morto di freddo.
“Sparisci.”
il tono della
mia voce sorprese me per primo per quanto fosse duro e pericoloso.
Il
mercante sbiancò
sussurrando il mio nome, ma non appena incrociò il mio
sguardo furioso svanì
manco fosse stato invisibile.
“Domani”
pensai: “Domani
lo caccio definitivamente da qui.”
Quindi
mi volsi verso
Patroclo che mi stava fissando con gli occhi spalancati e le labbra
tremanti.
“Volevi
andartene così?”
Non volevo fare l’antipatico con lui ma ero proprio
arrabbiato, soprattutto per
la strizza che mi aveva messo il sogno con messaggio finale.
“Io…”
tentò lui, ma
abbassò subito dopo lo sguardo non sapendo cosa dire.
A
quel punto, per un
motivo a me ancora sconosciuto, mi incazzai proprio per davvero e
scattai,
raggiungendolo con due soli passi, quindi lo afferrai violentemente per
un
braccio, lo trascinai fino alle scuderie e lo sbattei violentemente
contro la
parete nascosta dagli alberi; nessuno lì ci avrebbe visto.
“Nemmeno
riesci a
giustificarti!?” sibilai minaccioso stringendo maggiormente
il suo braccio e
torcendoglielo: “Mostra almeno di sapere ciò che
fai.”
Strinsi
ancora, pentendomi
subito dopo: lei sue ossa scricchiolarono in modo sinistro e terribile,
mentre
il bel ragazzo moro che avevo di fronte soffocò a stento un
grido, piegandosi
in avanti per il dolore; lo lasciai andare subito e lui cadde in
ginocchio
piangendo.
Cosa
cazzo stavo facendo?
Dopo tutto ciò che gli aveva detto sul fatto che lui era
importante, che
nessuno doveva permettersi di fargli del male, ero io il primo a
picchiarlo?
Quel
pensiero mi colpì e
rimasi senza fiato, come quando ero bambino e mio zio mi prendeva a
schiaffi: perché?
Perché lo avevo trattato così?
Perché
avevo avuto una
paura terribile di perderlo.
Mi
inginocchiai davanti a
lui ignorando il fatto che stavo piangendo ANCORA e lo abbracciai a
lungo
lasciando che piangesse in silenzio.
“Ti
prego, lasciami
andare.” sussurrò dopo
un’eternità Patroclo, allontanandosi quel che
bastava
per guardarmi in faccia: “Lo faccio anche per il tuo
bene…”
“No.”
risposi deciso e
senza più alcuna rabbia, solo comprensione: “No
piccolo: dimmi la verità.
Qualunque sia. E’ l’unica cosa che ti
chiedo.”
“Non
voglio coinvolgerti…”
“Sono
coinvolto dal
momento in cui le guardi di hanno portato davanti a mio zio.”
“La
verità può far male…”
“Non
la temo.”
Con
un sospiro e quattro
semplici parole iniziò il discorso che mi avrebbe cambiato
la vita. Che l’avrebbe
fatto esplodere.
“Sono
figlio di Ade.”
Ah,
cavolo!
Un
grazie a tutti quelli
che seguono questa ff e soprattutto a Sick/ Lylia Osaki che con le sue
recensioni riesce sempre a farmi sorridere. A presto!!!
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Capitolo 9 *** Resta con me. Fidati di me, perchè ti amo. ***
“Sono
figlio di Ade.”
Ah,
cavolo!
Non
so ben dire l’effetto
che mi fecero quelle parole, ma ricordo perfettamente che dovetti
sforzarmi per
reprimere l’istinto di allontanarmi da lui, sconvolto: allora
era questo a cui
si riferiva mia madre dicendo che il male era troppo radicato in lui
per
poterlo ignorare…
Cavolo,
io sarò anche
figlio di una ninfa del mare, ma lui era strettamente imparentato con
il dio
degli Inferì, dell’Aldilà! Quel dio era
potente e nobile, ma… terribile!
Diverse leggende narrano dei tentativi di Ade di impossessarsi anche
del mondo
dei vivi, sfidando sua sorella Atene e lo stesso Zeus, cercando di
portare
ovunque le tenebre.
Era
malvagio, il male allo
stato puro… come poteva quell’angioletto dagli
occhi grigi essere figlio di
Ade.
Ah,
cavolo! ora che ci
penso anche il suo adorabile paparino era rappresentato sempre con gli
occhi
grigi!
“So
che ora mi odierai…”
la voce di Patroclo mi risvegliò dal mio sproloquio e mi
accorsi di essere
riuscito veramente a non allontanarmi da lui anche se mi ero
notevolmente
irrigidito.
Cercai
di rilassarmi,
ripetendomi mentalmente che dovevo fidarmi di lui, quindi riuscii a
sussurrare
con un tono dolce che proprio non so che feci a trovare in quel
momento: “Non
ti odio, anzi… cavolo, Ade è un dio, me se lui
è malvagio non significa che lo
sia anche tu! Non devi preoccuparti, va’ avanti.”
Lui
si strinse
maggiormente a me e riprese con tono pieno di preoccupazione e
gratitudine
contemporaneamente: “Mia madre era…”
Si
bloccò e lo strinsi per
dargli coraggio, ma quando lui riprese, finalmente, dopo un attimo
d’indecisione,
sarebbe veramente servito a me qualcuno che mi desse coraggio:
“Mia madre era
una prostituta morta; Ade violentò la sua anima e la tenne
parzialmente in una
strana vita fino a quando non nacqui io. A quel punto uccise lei e
diede vita a
me con la sua perduta… in pratica, è come se
l’ho uccisa io, nascendo. Sono un
assassino fin da quando sono un neonato e mio padre non ha mai mancato
di
rinfacciarmelo tutte le volte che
per un
motivo o per l’altro ci scontravamo o io cercavo di
disobbedirgli: lui vorrebbe
che io lo aiutassi ad ingrandire il suo regno, venendo sulla terra e
uccidendo
gli uomini. Ho sempre avuto libero accesso al mondo dei
morti… forse perché parte
del mio cuore è già morta… Ade
vorrebbe anche che io sfruttassi i nobili come
te, li usassi e prendessi poi le loro ricchezze, uccidendoli se ho
voglia. Fino
a quindici anni… l’ho fatto. Ho seguito la sua
volontà; due anni fa, poi, mi
sono ribellato perché proprio non ce la facevo
più e lui, dopo qualche giorno
passato a frustarmi e picchiarmi, mi ha lasciato andare senza un motivo
evidente. L’unica cosa che mi ha urlato, prima che uscissi
dal suo regno, è
stata che ovunque io vada, qualunque cosa io faccia lui avrà
sempre il
controllo sulla mia vita e quando vorrà tornerà a
prendermi.
Credo
che in realtà stia
aspettando che sia a tornare da lui, disperato, capendo che quello
è l’unico
modo in cui posso vivere… che sono come lui.
In
ogni caso, nemmeno un
mese dopo che me ne sono andato il re di Smirne mi a preso come suo
schiavo e
troietta… il resto della storia la sai. Mio padre sta ancora
aspettando il mio
ritorno perché è convinto che prima o poi lo
farò… ma io sento sempre il suo
fiato di morte pressante sul collo; per questo non voglio coinvolgerti
nella
mia vita: quando verrà a riprendermi ti ucciderà
o forse sarò io stesso a farlo
perdendo quel minimo di buon senso che mi rimane! Il re di Smirne non
sa la mia
storia, ma sente che intorno a me gravita qualcosa di sbagliato e
nemmeno lui
esita e rinfacciarmelo… sta’ lontano da ma Achille
o troverai solo guai. So che
sei forte, ma non mi fido di me stesso; Zeus solo sa cosa potrei fare
se il
male di mio padre si risvegliasse in me!”
“Ti
fidi troppo poco di te
stesso, ma io invece mi fido molto di te.” quelle parole, che
sfuggirono dalle
mie labbra munite di vita propria, sorpresero me per primo: cavolo, mi
aveva
appena raccontato una storia che mi aveva messo una strizza tremenda!
Aveva
ragione mia madre a dubitare di lui, Patroclo stesso sentiva il male
nella sua
anima. Anch’io avrei potuto sentirla, vederla, ma
ciò che aveva attirato la mia
attenzione era l’estrema bontà di cui era capace;
certo, aveva una doppia
personalità e sbalzi d’umore, ma anche se
può sembrare non sono un cretino
totale e ho fatto talmente tanti allenamenti che non sono proprio il
tipo che
li lascia fregare così facilmente.
Avrei
badato io a lui, mi sarei assicurato che suo padre lo lasciasse stare,
non
sapevo come ma lo
avrei fatto.
Quando
glielo dissi gli
occhi di Patroclo brillarono, ma rimase in silenzio, quindi aggiunsi:
“Io mi
fido di te e di me; non mi lascerò fregare e se
vedrò che in te si sveglierà
qualcosa di sbagliato te lo dirò. Ti fermerò. Se
il Patroclo dolce che amo
sparirà del tutto ti fermerò, anche se
soffrirò terribilmente, ma ora tu sei
tu, sei il mio angioletto preferito! Te ne sei andato e non te ne sei
pentito perché
sei diverso da tuo padre! E’ un fottutissimo stronzo, e
speriamo che non mi
fulmini sul momento!”
Per
quanto incredibile,
riuscii a farlo ridere; sapevo che aveva bisogno di quello: essere
rassicurato
e sentirsi dire che se fosse impazzito lo avrei fermato. Non voleva
fare male a
nessuno e quella era la sua paura più grande.
“Non
credo che mia madre
volesse che facessi questo, ma se ne farà una
ragione…”
“Cosa?”
Sorriso
e iniziai a
raccontargli del mio sogno e nel frattempo lo ricondussi al castello;
ci ritrovammo
pochi minuti dopo nella mi stanza e dall’occhiata che mi
lanciò capii che quasi
non se ne era accorto: “Non ti lascerò andare mai,
non ti libererai tanto facilmente
di me!” disse ridendo e abbracciandolo;
all’improvviso mio zio mi sembrava un
agnellino ed era diventato decisamente l’ultimo dei miei
problemi.
“Domani
caccerai quel mercante?”
Lo
guardai male e lui
spiegò con un sbuffo che aveva visto nei miei occhi quella
decisione.
“Che
cavolo, per un attimo
ho creduto che mi leggessi nel pensiero!”
Rise
di nuovo e si strinse
a me come il più adorabile cucciolo che avessi mai visto:
“Come fai ad essere
così tenero?” chiesi d’istinto
sentendomi arrossire subito dopo e ciò che lui
rispose non contribuì affatto a rallentare il mio cuoricino
pazzerello e a
continuo rischio d’infarto:“Esattamente come fai
tu.”
Quando
tornammo a dormire
(pochi minuti dopo, non pensate male, a quello ci penso già
io!) non riuscii a
prendere sonno, mentre lui si addormentò quasi prima di
toccare il cuscino,
sempre stretto a me come se fossi l’unica persona in grado di
salvarlo. Forse perché
in quel momento ERO l’unica persona in grado di
salvarlo…
Passai
il resto della
notte a guardarlo con un sorriso ebete sulle labbra, sentendomi sempre
più
cretino e sempre più innamorato di lui… ero
riuscito a farlo tornare e non lo
avrei più lasciato andare, nonostante tutto ciò
che aveva detto mia madre e che
lui stesso aveva ammesso.
E
pensare che fino a pochi
giorni prima il mio problema più grande era la strizza che
mi metteva mio zio…
anche se quella non era ancora passata, in effetti…
E
così mi ero
VOLONTARIAMENTE messo contro Ade, mio zio, il re di Smirne, ADE!!!! Ok,
sono
pazzo del tutto non c’è altra
spiegazione…
Rimasi
fermo a fissarlo
sfiorando poche volte i lividi violacei che rovinavano il suo bel viso
desiderando nuovamente che sparissero il prima possibile e carezzando
regolarmente i suo capelli color pece, studiando i suoi bei occhi grigi
nascosti dalle palpebre chiare. Sarebbe sempre rimasto bellissimo.
Mandai
mentalmente al
diavolo mio zio, il re di Smirne, mia madre e persino Ade: volevo solo
poter
rimanere con lui, con il mio Patroclo, senza che tutta quella gente
continuasse
ad ostacolarci.
Attesi
l’alba immerso in quei
pensieri e scosso dalla paura che qualcuno riuscisse a
separarci… temendo che
lo stesso Patroclo perdesse veramente il controllo, come lui credeva, e
si
allontanasse da me. Ma ormai lo aveva detto e lo avrei fatto: se fosse
successo
lo avrei fermato.
Si,
mi ero imbarco su una
nave che sembrava destinata ad affondare, ma avrei fatto di tutto per
evitare
che accadesse nonostante tutto e tutti erano contro di noi. Al diavolo
tutto e
tutti, lui aveva me e io avevo lui, per ora questo ci bastava.
Lo
strinsi maggiormente a
me stando attento a non svegliarlo, quindi mi limitai ad attendere il
giorno:
per ora, non potevo fare nulla.
Ma la
situazione non
avrebbe tardato a cambiare dandomi un sacco di cose da fare. Troppe,
forse.
Eccomi!
Spero che questo
capitolo vi piaccia! Che ne pensate dell’adorabile famigliola
di Patroclo??
Ringrazio soprattutto Sick e Cimotea per le vostre splendide
recensioni, siete
gentilissime! Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente!
Un
bacio, a presto…
|
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Capitolo 10 *** Odisseo, sai che ho paura? ***
Qualcuno
stava bussando
alla porta… e il sole era appena sorto.
Ma
chi era quel pazzo che
bussava alla mia porta all’alba?? Credevo fosse di dominio
pubblico il fatto
che dormo fino a mattino inoltrato!
In
ogni caso ero sveglio
(MIRACOLO!), ma solo perché non avevo chiuso occhio tutta
notte pensando alla
storia di Patroclo.
Patroclo.
Mi
voltai e lo trovai,
fortunatamente ancora lì, al mio fianco, sveglissimo che
fissava con aria
preoccupata la porta e, non appena la voce di un paggio urlò
dall’esterno che
avevo una visita importante, scattò in piedi e si fiondo
giù dal mio letto
sparendo subito dopo nel bagno.
Ok,
era impazzito. Feci
per richiamarlo, quando la porta si spalancò ed
entrò niente meno che mio zio.
Ok, aveva decisamente fatto bene a sparire o lui lo avrebbe, CI avrebbe
uccisi
sul colpo scoprendo che l’avevamo ingannato.
“Avevo
chiesto di
aspettare che fosse il ragazzo ad aprire.” disse una voce
alle spalle di quella
cosa conosciuta anche come attuale re di Ftia e io mi gelai sul posto:
Odisseo.
E la sua presenza in camera mia significava solo una cosa: guerra. E
io,
ovviamente, avrei dovuto combatterla anche se non c’entravo.
Ho già detto che
la mia più grande aspirazione non è morire
infilzato su un campo di battaglia?
Ecco, per Odisseo invece quello era il sogno di una vita. Ok,
è bello avere
gloria e onore, ma cosa te ne fai se sei nell’oltretomba? A
quel pensiero
rabbrividii: se fossi morto sarei finito nel regno del paparino di
Patroclo… e
lo aveva volontariamente sfidato. Ah, cavolo! Nemmeno la mia permanenza
agli
inferi sarebbe stata piacevole!
“Buongiorno,
Odisseo.”
dissi comunque, alzandomi velocemente dal letto e cercando di ragionare
lucidamente: “A cosa devo il piacere
di
questa visita?” avevo un sorrisetto tirato e sapevo di avere
la stessa
espressione di uno che è appena stato preso a sberle.
“Sempre
a dormire! Quante
volte ti devo dire che non puoi buttare via la mattinata
dormendo?” sbottò mio
zio e io avrei tanto voluto rispondergli che non prendevo ordini da
nessuno, figurarsi
da un coglione come lui, ma, come al solito, le parole mi morirono in
gola.
Perché?
Non avevo paura di
combattere ed avevo affrontato la morte fin
da quando era ancora un ragazzino che pesa meno della
spada! Eppure lui…
aveva uno strano potere su di me. Mi terrorizzava. Mi aveva in pugno e
io
ballavo il suo disgustoso ritmo come una stupida marionetta, questa
è la
verità.
“Credo
che il ragazzo si
meriti riposo, dopo tutti gli allenamenti a cui si
sottopone…”
“Allenamenti
a cui ieri
non si è nemmeno presentato!”
Ah,
cavolo! Ero talmente
preso da Patroclo che me ne ero completamente dimenticato!
“Ho
avuto da fare…”
sussurrai cercando, invano, di non arrossire. Non era nemmeno una bugia!
“Ne
sono sicuro.”
intervenne Odisseo con un sorriso comprensivo ed infinitamente
ingannatore,
precedendo e bloccando così la sfilza di insulti che mio zio
si stava preparando
a lanciarmi contro: “Quanto anni hai, Achille?”
“Diciannove.”
risposi
subito, contento di poter escludere mio zio dal discorso.
“Sei
giovane… e forte. Proprio
ciò di cui abbiamo bisogno.” riprese il re di
Itaca avvicinandosi a me di
qualche passo e poggiandomi una mano sulla spalla: “Il
principe troiano Paride
ha rapido Elena, la bella sposa di Menelao: è giusto che i
greci, uniti sotto
la guida di Agamennone, vadano a Troia per vendicare
quest’offesa e per farlo
abbiamo bisogno dei migliori. E tu sei decisamente fra
questi.” Sorrise ancora,
più viscido di un serpente.
“Agamennone.”
risposi io
con tono duro allontanando bruscamente la sua mano: “Lo
conosco e non credo
proprio che faccia tutto questo per il fratello: vuole solo il potere.
Non
prendo ordini da uno stronzo simile.” Chissà
perché ma quando lo dissi mi venne
da guardare mio zio, che stava avvampando: “Non sei un
uomo!” sbottò infatti: “Un
troiano ci ha insultati.”
“Non
ha offeso me il
principe Paride. No ho
nulla a che fare
con questa storia.” Ok, ora mi avrebbe ammazzato.
Fortunatamente
Odisseo
arrivò nuovamente in mio soccorso impedendo così
a mio zio di fare il mio bel
corpicino a pezzetti: “Hai carattere, giovane principe di
Ftia!” rise: “Anche
questa è una buona virtù! Questa guerra non
sarà mai dimenticata, Achille. So
che non desideri morire, ma sei un Acheo quindi è ovvio che
la gloria fa presa
anche sul tuo cuore: se verrai con noi a Troia il tuo nome
vivrà per sempre.”
Per
sempre… perché quelle
parole mi piacevano così tanto?
“Nessuno
ti dimenticherà
mai e Achille vivrà all’infinito. Il tuo nome, la
tua fama sarà immortale. Al
pari degli dei… Fa’ la tua scelta, giovane
principe di Ftia, ma ricorda questo:
La guerra di Troia sarà ricordata da tutti, per sempre, e
con essa anche coloro
che la combatteranno.” Detto ciò, quel furfante
astuto di Odisseo se ne andò
con mio zio e io rimasi solo.
Conoscevo
il re di Itaca e
i suoi trucchi, ma anche questa volta era riuscito ad ingannarmi: aveva
fatto
presa sul mio cuore.
Non
volevo morire, ma la
gloria… quella si che la desideravo, e molto.
Le
gambe mi cedettero
improvvisamente e mi inginocchiai
a
terra, sconvolto dai desideri contrastanti che infuriavano nel mio
cuore e
piansi: ero solo, chi poteva vedermi?
“Achille.”
sobbalzai
sentendo quella voce e quelle mani posarsi sulle mie braccia:
“Stai bene?”
Che
scemo ero stato! Io
NON ero solo! LUI c’era.
Mi
alzai, allontanandolo
subito e cercando di metterlo a fuoco attraverso il velo di lacrime:
lui era
lì, di fronte a me, che mi fissava con i suoi occhi dolci
ora preoccupati.
Perché
lo avevo
allontanato? Perché io dovrei esser un eroe, diavolo! Un
Acheo invulnerabile e orgoglioso!
Che diritto aveva lui di vedermi in quello stato?
“Non
ti fidi di me?” quelle
parole, sussurrate, mandarono in frantumi la mia rabbia crescente e non
potei
fare altro che abbassare lo sguardo e scusarmi.
Che
cretino! Importava che
fossi un guerriero in quel momento? No, certo che no: a lui non gliene
fregava
niente, perché Patroclo mi vedeva solo come un ragazzo. Solo
come Achille. Lui
mi amava per come ero, non per chi ero.
Allungai
le braccia in
cerca del suo corpo da stringere e lui non tardò ad
accontentarmi: lo abbraccia
forte, tenendolo stretto a me come se temessi di vederlo sparire da un
momento
all’altro per la mia intelligenza in ripida diminuzione.
“Ho
paura… desidero cose
troppo contrastanti.” ammisi senza lasciarlo andare.
“E’
normale avere paura…
tutti ne abbiamo! Anche questo ci rende uomini Achille, nonostante
ciò che dice
tuo zio. Phobos… non a caso è un dio: siamo
PERSONO, mio Achille, e in quanto
tali i nostri stessi sentimenti possono
sconvolgerci.
Ciò
che desideriamo non
sempre è razionale…”
Rimasi
qualche istante
immobile, poi un sorriso si aprì sulle mia labbra bagnate di
lacrime: “Non
lasciarmi mai, mio Patroclo,
perché temo
che senza te non saprei più che fare.”
“Non
lo farò.”
***
Camminavamo
rapidi e
silenziosi lungo le vie buie di Ftia: avevamo deciso di andare da mia
madre per
farla parlare con Patroclo e per chiederle anche se sapeva qualcosa
della
guerra di Troia.
Stavo
meglio, ora: come
sempre quell’angioletto dagli occhi grigi era riuscito a
farmi stare meglio.
Sempre… e lo conoscevo solo da due giorni!
“Hai
paura?” chiesi quando
arrivammo alla spiaggia del mare dove sapevo si sarebbe manifestata mia
madre.
“Da
morire… da quello che
ho capito mi odia!”
Sorrisi
e lo abbracciai,
baciandolo dolcemente: “Andrà tutto bene,
promesso.”
“E’
per questo vero? E’
anche per questo che nel tuo cuore ho letto il desiderio di non venire
a Troia.”
Ci
voltammo entrambi:
Odisseo.
Buon
giorno a tutti! Ecco
il nuovo capitolo! Ho fretta, quindi mi dilungherò poco:
GRAZIE A TUTTI!!!! E soprattutto
a Sick e Cimotea, che adorò sempre di più per le
loro bellissime recensioni! A
presto!
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Capitolo 11 *** Via uno dentro l'altro! ***
Ci
voltammo entrambi:
Odisseo.
“Sapevo
che un guerriero
Acheo come te doveva avere un valido motivo per anche solo pensare di
rinunciare ad una così grande gloria.”
Continuò il re di Itaca con un
sorrisetto accondiscende che mi fece andare su tutte le furie: lui
pensava di
poter fregare tutti con quei suoi stupidi trucchetti!
“Certo
che ho un motivo
validissimo: la mia vita! Sai, non è che sia proprio la mia
massima aspirazione
quella di lasciare la pelle sul campo di battaglia!” ribattei
acido e sarei
andato avanti con il mio sproloquio, che avrei sicuramente finito con
una serie
di insulti se solo Patroclo non mi avesse interrotto, stringendomi
leggermente
il braccio.
“Nemmeno
tu vuoi questo,
vero re di Itaca?” sussurrò dolcemente con un
sorriso debole e vidi chiaramente
Odisseo sobbalzare: che avesse trovato la verità negli
ingannatori di quell’uomo?
“Ti
nascondi dietro il
desiderio di gloria,” riprese avanzando di un
passo:“Ma in realtà sei costretti
da legami di ospitalità ed amicizia con Agamennone, come
tutti: perché altrimenti
combattere? Certo, so quanto voi guerrieri teniate all’onore,
ma tu ami tua
moglie, la tua vita… il tuo desiderio di conoscere. Se
morissi dove andrebbe a
finire tutto ciò?”
Quel
ragazzo era
dannatamente intelligente e dolce… tenero! Nonostante io
fossi arrabbiato con
Odisseo, Patroclo aveva mantenuto la calma ed aveva saputo leggere la
verità
sotto la solida corazza che il re di Itaca si era costruito con il
tempo e l’esperienza,
con una semplicità disarmante. Era davvero la persona
più speciale che avessi
mai incontrato e forse il primo che riusciva a capire veramente Odisseo.
“Che
carino…” commentò
quest’ultimo facendomi accigliare: “Tranquillo
Achille, non voglio portartelo
via!” rise vedendo la mia espressione, ma io, anche a costo
di sembrare
stupido, volevo mettere in chiaro la questione e tirai Patroclo contro
il mio
petto, abbracciandolo da dietro; lui ridacchiò appena, quasi
aggrappandosi alle
mie braccia.
“Comunque,
ora capisco perché
lo ami e da come lo baci è evidente che lo ami.”
riprese l’uomo portandosi una
mano al viso e sedendosi su uno scoglio, come se
all’improvviso fosse vecchio e
stanco: “E’ davvero un ragazzo speciale: sa leggere
nel cuore delle persone e
gli viene anche molto bene. Nessuno, tranne mia moglie Penelope, aveva
mai
capito che in realtà odio andare in guerra e che lo faccio
solo se costretto da
legami di amicizia ed ospitalità: infondo, cosa te ne fai
della gloria nell’oltretomba?
Le anime dannate certo non ti loderanno per le tue vittorie
terrene.”
Ecco
su una cosa siamo d’accordo.
“Tieniti
stretto quel
ragazzo Achille, perché non esistono molte creature
splendide come lui e quindi
cercheranno più volte di portartelo via… io ho
trovato il mio angelo in
Penelope, tu in lui. Ad ognuno il suo… Ad ogni modo, anche
tuo zio è legato ad
Agamennone dall’ospitalità e, siccome in guerra
sono i giovani che combattono,
non esiterà a costringerti a combattere al suo fianco, anche
se non lo vuoi.
Poi, ovviamente, si prenderà lui il merito di aver
addestrato un abile guerriero
come te, sminuendo la tua gloria… Invulnerabile figlio di
dea… nemmeno Zeus,
forse sa il fato che grava sulla tua giovane bionda
testa…” così dicendo
Odisseo si alzò e, dopo averci rivolto un cenno di saluto si
allontanò
lentamente, mormorando qualcosa contro le ingiustizie e le costrizioni
della
guerra.
Quando
il re di Itaca non
fu che un ombra in lontananza, per un motivo a me sconosciuto strinsi
maggiormente Patroclo, facendolo voltare nell’abbraccio per
baciarlo e lui mi
lasciò fare, docile, forse intuendo meglio di me
perché avevo così bisogno di
sentire il suo corpo fra le braccia, le sue labbra sulle mie.
Forse
quella stupida
guerra ci avrebbe divisi. Forse qualcuno me lo avrebbe portato
via… non ero
sicuro che sarei riuscito a sopportarlo, non dopo aver scoperto la sua
piacevole compagnia.
Cavolo,
avevo sfidato mio
zio per lui ancora prima di conoscerlo solo perché il suo
bel faccino mi aveva
colpito! Senza contare che poi avevo mentito a mio zio ( e
sarò eternamente
grato ad Antivo per il suo aiuto in quella situazione) senza contare
che mi ero
messo in modo evidente contro Ade, giurando di difenderlo da suo
padre… ah,
cavolo! Mi ero cacciato in un bel casino!
“Non
dimenticare che mi
hai disubbidito, figlio.” la voce falsamente pacata e
veramente furiosa di mia
madre mi fece sobbalzare.
“Non
farlo!” mi ritrovai
ad urlare senza lasciar andare il mio piccolo angelo dagli occhi grigi:
“Sai
che odio quando leggi i miei pensieri!”
“Ti
comporti come uno
stupido, Achille.” riprese lei abbandonando la falsa calma:
“Ora sai anche la
sua storia, come fai a non capire che ti sta usando!”
“Non
lo farei mai!”
ribatté Patroclo, agitandosi nel mio abbraccio.
“Lo
hai già fatto con
altri!” giuro che in quel momento temetti che mia madre
volesse scuoiarlo per
assicurarsi di tenerlo lontano da me e pensavo che lui si sarebbe
spaventato,
cosa che invece non successe.
“Infatti,
altri.” si
limitò a dire con tono duro e
secco, quasi cattivo.
Oh,
mi ero quasi scordato
della sua doppia personalità.
“La
tua voce rende ancora
più evidente il male che alberga nel tuo cuore.”
“Non
mi sembra che tu sia
molto più gentile!” Cavolo, avere Ade come padre
lo aveva reso una tigre quando
si trattava di affrontare divinità con le palle girate! Anzi
mia madre doveva
sembrargli un bambino viziato che fa i capricci in confronto al suo
adorabile
paparino!
Ah,
cavolo, dovevo
ricordarmi di non parlar troppo male di lui altrimenti correvo pure il
rischio
che mi fulminasse senza pensarci troppe volte.
Mia
madre aprì la bocca
per ribattere, ma io fui più rapido: “Ho preso la
mia decisione e non la
cambierò: Patroclo è sincero con me, ne sono
sicuro, quindi smetti di voler
controllare la mia vita e non protestare più, tanto non
otterresti nulla. Dimmi
invece, cosa sai della guerra di Troia?”
“Alla
fine è successo!” di
colpo sembrò sconvolta : “Sapevo fin da quando sei
nato che sarebbero venuti a
cercarti per questa guerra che ha come stupido pretesto il tradimento
di una
donna!” Indietreggiò trattenendo a stento le
lacrime, ma non ero proprio in
vena in quel momento di consolarla, visto anche quanto era stata
antipatica con
Patrolco, quindi mi limitai a chiederle nuovamente cosa sapeva senza
preoccuparmi
che il mio tono suonasse duro.
“Se
vai in guerra il tuo
nome sarà ricordato per sempre, ma la morte di attende sotto
le mura di Troia;
se non vai, vivrai, ma senza fama. Hai la possibilità di
scelta, nessuno a
parte te può decidere del proprio fato, Achille: mostrati
saggio, almeno
in questo.”
mi lanciò un’ occhiataccia,
evidentemente arrabbiata per la mia freddezza nei suoi confronti,
quindi:“
Salutami tuo padre, quando gli porterai il tuo bottino, figlio di
Ade.” ringhiò
e sparì rapida e silenziosa come era venuta.
“Il
figlio di Ade ha un
nome!” strillò Patroclo al vento e capii che in
quel momento avrebbe volentieri
preso a calci in culo mia madre. Beh, io lo avrei volentieri aiutato.
“Io
non sono solo figlio
suo… io sono Patrolco, sono
diverso da lui. Devo essere diverso
da lui…” con quelle parole tristi si
lasciò scivolare a terra, portando
entrambe le mani al viso e singhiozzando.
“Oh,
piccolo!” sussurrai
inginocchiandomi al suo fianco ed
abbracciandolo:“
Non lasciare
che ti faccia piangere… è stata una stronza
infernale… Oddio, no! Perché ho
nominato l’inferno?”
Lo
sentii ridacchiare fra
le lacrime (si, la mia scemenza riuscirebbe a far sorridere anche i
disperati):
“Andrai a Troia?” chiese.
“Non
lo so… anche se non
penso di avere molta scelta…” gli scostai
gentilmente la mani dal viso
trovandomi così a fissare i suoi dolce occhi grigi ora
velati; sorrisi e gli
asciugai le lacrime con i pollice, carezzandolo delicatamente e lui,
tenero
come sempre (ok, quasi sempre)
arrossì lasciandosi abbracciare nuovamente: “Non
pensare a mia madre, se ne
farà una ragione e le
passerà…”
“A
lei forse si, ma io non
dimenticherò lei tua menzogne, ragazzo. Sai che me la
pagherai cara, vero
ragazzo?”
Ah,
cavolo! Ma proprio non
c’era un attimo di pace nella mia vita! Si, questo fu il
primo pensiero
decisamente poco razionale che passò nella mia menta malata
quando mi resi conto
che, si, alla fine mio zio ci aveva
scoperti. Il secondo pensiero fu: “Ok adesso ci tira il collo
e ci fa
imbalsamare entrambi per tenerci sul comodino…”
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Capitolo 12 *** Esiliati ***
“Tu
non stavi forse
morendo?” ringhiò
mio zio con il viso
bordeaux per la rabbia, indicando Patroclo con un gesto secco del mento.
E in
quel capii che non
avevo scelta: dovevo affrontare mio
zio e questa volta non avrei dovuto lasciarmi prendere dal se tenevo
alla vita
di Patroclo.
Si,
perché mio zio non
avrebbe ucciso me, visto che ero troppo prezioso per la sua fama, ma
verso
Patroclo, che non era altro che un servo molto bello; prima lo avrebbe
usato in
tutti i modi possibili ed immaginabili ( e il solo immaginare mi faceva
uno
schifo immenso) e poi lo avrebbe ucciso dopo aver soddisfatto i
suoi… interessi.
Non
potevo proprio
permetterlo, non sapendo che ciò che sarebbe successo a lui
sarebbe stato persino
peggio di ciò che poteva capitare a me… al
diavolo la mia paura, era il momento
di comportarsi veramente come un invulnerabile eroe acheo. Infondo,
è da quando
sono bambino che mi alleno per questo!
“Vattene!”
urlai ancora
prima di formulare una frase completa, o almeno sensata:
“Lasciaci stare! Lui.
Non. E’. Tuo. Non lascerò che te lo tenga per
farci… Zeus solo sa cosa passa
per quella tua testa vuota e malata!”
Vidi
con una certezza
snervante la furia montare in lui e crescere a dismisura, indomabile e
terribile.
Era
sempre stata quella
furia animalesca e decisamente non frutto di qualche
divinità a me favorevole
che mi aveva terrorizzato; quando la vedevo, di solito, mi cominciavano
a
tremare le ginocchia la mente smetteva di funzionare, paralizzata come
il
corpo.
Ma
non quella volta: “Urla,
se vuoi. Picchiami, insultami, fa quello che vuoi! Non mi
tirerò indietro!”
“Stupido,
Achille, sei uno
stupido! Pensi davvero di poterti mettere contro di me?!”
ecco che cominciava
la sua tortura: conosceva ogni mio punto debole e non aveva paura di
ritorce meli
contro: “Non saresti nulla senza di me!”
“Si,
hai ragione.”
risposi, mantenendo una freddezza che non credevo di avere:
“Ma ormai sono ciò
che sono e visto tutto ciò che mi hai fatto passare non
credo di dover nulla a
te: tutti i debiti che avevamo li ho già pagati sputando
sangue nelle stupide
guerre a cui tu mi hai costretto a partecipare! Quindi, non ho
più nessun
legame con te.” Sentii quelle parole rimbombarmi nella mente
con una forza
quasi sovrannaturale: era vero, quindi… potevo finalmente
essere libero da mio
zio. Perché più nulla mi teneva legato a lui.
“Rimani
sempre mio nipote…”
disse lui con un ghigno malefico, come leggendo i miei pensieri e,
ovviamente,
cercando di distruggermi con ogni appiglio possibile.
Rimasi
un attimo in
silenzio, senza parole, non sapendo cosa rispondere, ma nel momento
stesso in
cui la mano di Patroclo strinse maggiormente la mia, calda, tremante,
vidi con
chiarezza la via che dovevo seguire: la verità.
“Si,
hai ragione.” dissi
infatti con tranquillità: “E tu rimani mio zio.
Ma, sai, conosco una persona
che non ha avuto paura di affrontare il padre, con tutta la sua
cattiveria. Il
padre, capisci? Nemmeno lo zio! Questa persona… mi ha
insegnato il vero
coraggio: se qualcuno sbaglia, devi fermarlo; non importa se la
ami… anzi,
proprio perché la ami devi impedirgli di sbagliare
maggiormente e cercare di
non lasciare che si rovini la vita. Quindi, anche se sei mio zio, non
è la
parentela che seguo, ma l’onore e la giustizia. Come un vero guerriero. Come che sono
veramente.”
Dopo
quelle mie saggissime
parole, che, ammetto, non credevo nemmeno sarei stato in grado di
pensare, calò
il silenzio più totale (nemmeno i grilli ebbero il coraggio
di cantare).
Io
stavo lì, fermo, e
quasi non credevo essere veramente io il ragazzo che aveva finalmente
reagito
alle ingiustizie di un uomo che mi aveva sempre terrorizzato; mio zio,
da parte
sua, sembrava perfino più incredulo di me visto che era
abituato ad avere
sempre il controllo totale su di me.
“Sapevo
che ci saresti
riuscito; sapevo che eri forte…”
Patroclo:
lui mi
sorprendeva sempre. Lui credeva in me più di quanto io
credessi in me stesso…
Spalancai
gli occhi
riconoscendo in quel pensiero una frase che gli avevo detto quella
notte,
mentre gli promettevo che lo avrei fermato se fosse impazzito e
diventato come
suo padre: “Io credo in te...”
Glielo
avevo detto proprio
mentre lui piangeva, ammettendo di non fidarsi di se stesso…
eravamo molto più
simili di quanto pensassi sotto certi aspetti, anche se in altri fronti
eravamo
diversissimi.
Sorrisi
e, sotto lo
sguardo truce e schifosamente geloso di mio zio, mi voltai verso il mio
piccolo
angelo dagli occhi grigi, stringendo fra le braccia, quasi possessivo,
e
baciandolo; lui non esitò, strusciandosi in modo quasi
scandaloso e rispondendo
con forza.
Beh,
stronzo era stronzo e
quello lo sapevo: non avrebbe mai perso un’occasione per far
mangiare le mani a
mio zio, soprattutto dopo quello che gli aveva fatto.
Quel
pensiero mi fece agire
istintivamente e sollevai una mano fino al suo viso sfiorando i lividi
violacei
che lo rovinavano, lentamente, per far capire a chi interessato che ci
saremmo
vendicati anche di quelli, in modo o nell’altro; e il modo
migliore, in quel
momento, era il nostro amore, così vero ed inteso da
eliminare tutte le
ingiustizie che si sforzavano di non essere cancellate colorando quel
visino
perfetto.
Sentii
Patroclo sorridere
sulle mie labbra, senza allontanarsi, anzi, ranicchiandosi maggiormente
fra le
mie braccia come un gattino in cerca di coccole.
Quando
ci separammo eravamo
entrambi accaldati ed a corto di fiato, ma sorridevamo entrambi,
complici,
quindi ci voltammo contemporaneamente verso mio zio con identiche
espressioni
di sfida.
“Vuoi
due, stupidi
ragazzini, non avete idea di ciò che avete scatenato: la mia
furia vi inseguirà
fino a quando i vostri corpi non verranno martoriato da mani
vendicative!”
Rabbrividii:
dopotutto,
sapeva sempre essere minaccioso e la fifa non è che mi fosse
proprio sparita,
solo che ora sapevo affrontarla.
“Io
vi esilio! Andatevene,
seguendo la legge, ma sappiate che vi ucciderò
entrambi!”
Afferrai
Patroclo per un
braccio, trascinandomelo dietro mentre cominciavo a correre alla
velocità del
vento, sfrecciando accanto a mio zio e raggiungendo a
velocità lampo le stalle,
dove afferrai un cavallo a caso e, dopo aver messo su di peso Patroclo,
ci
salii a mia volta spronandolo.
Non
so bene come facemmo,
ma in pochi minuti eravamo già nel bosco, oltre il confine
di Ftia. Era stato
tutto troppo veloce per essere capito bene e soprattutto per essere
normale:
inviai un ringraziamento mentale a mia madre, che, nonostante tutto,
sapevo mi
aveva aiutato anche quella volta, dotandomi di una velocità
sovrannaturale,
rendendomi il piè veloce. (EPITETO!! Ndme)
Aiutai
Patroclo a scendere
da cavallo, vedendo così che piangeva:
“Cos’hai piccolo?” chiesi, stringendolo
con dolcezza.
“Ti
ho messo veramente nei
guai alla fine, vedi? Avresti dovuto lasciarmi andare questa
notte… ti ho detto
che porto solo problemi!”
Cercò
di allontanarsi da
me, forse per scappare, ma io lo tenevo stretto e non avevo la minima
intenzione di allentare la presa: “Sei mio,
piccolo.” sussurrai: “E io tengo
alle mie cose… io tengo a te.
Tu non
mi hai portato problemi, ma la gioia: non sapevo cosa fosse veramente
l’amore e
la felicità prima di conoscerti… Tu mi hai
salvato, portando la pace in un
mondo di guerra.”
Lui
rimase in silenzio,
quindi sussurrò un tenerissimo “Ti amo”,
rilassando e lasciandosi abbracciare,
finalmente.
Ero
in esilio. Mio zio mi
aveva cacciato. Il mio popolo molto probabilmente avrebbe creduto che
fossi un
criminale. Rischiavo di essere ucciso da un momento
all’altro… bella sfiga!
Ma
ero felice: Patroclo
era ancora con me. Mi bastava quello per essere felice… per
stare bene. Al
diavolo tutto il resto, almeno per il momento.
Poi,
avremmo affrontato
tutto.
Ma
ciaoooo!!! Allora, il
precedente capitolo non ha avuto recensioni, ma non importaJ
Spero che almeno in
questo mi lasciate qualche commentino!!!! Mi sento solo se no!!!! In
ogni caso
spero che vi piaccia… in caso contrario fatemi sapere,
accetto sempre sia
consigli che critiche! Un bacio a tutti, a presto!
|
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Capitolo 13 *** Cambiare il destino ***
Ero
fermo sulla riva di un lago dalle acque di un azzurro
talmente intenso e luminoso che quasi faticavo a guardarlo: era
bellissimo,
splendente, e trasmetteva gioia, felicità, amore.
“Achille…
dove siamo?”
Mi
voltai sorpreso nel sentire quella voce dolce che mai mi
sarei aspettato in un sogno evocato da mia madre, ma gli risposi
comunque
sorridendo: “A quanto pare mia madre vuole parlare anche con
te, quindi ti
attira nei mi sogni…”
“Gran
donna, tua madre… solo non gli sto molto
simpatico.”
ribatté Patroclo con un sorrisetto teso, e io risi:
“Guarda l’acqua.” dissi
senza smettere di sorridere, mentre una strana sensazione che urlava
“lieto
fine” mi invadeva: “Vedi che è chiara?
Questo è un buon segno…”
“Speriamo…”
sussurrò lui avvicinandosi a me di qualche passo
ed insieme attendemmo fino a quando Teti, ninfa dei mari, figlia di
Poseidone
non che mia madre, ci comparve davanti, nascendo dalle luminose acque
lacustri:“Buongiorno
a voi, ragazzi…” cominciò severa, ma il
suo viso si sciolse quasi subito in un
sorriso dolce: “Innanzi tutto volevo scusarmi con te,
Patroclo, per come ti ho
trattato: ho fatto una chiacchierata con Zeus Padre e ragionando
insieme siamo
stati costretti ad ammettere che il tuo amore verso Achille
è sincero e che non
sei come tua padre. In ogni caso, conosciamo entrambi la potenza di Ade
e forse
ti darà del filo da torcere, ma, in ogni caso, Zeus sta
provvedendo anche a
questo ad ha inviato Ermes a dirgli due paroline: ci sono speranze che
Ade si
rassegni alla tua scomparsa, ma non posso esserne sicura.”
Sentii
chiaramente Patroclo trattenere a stento la tentazione
di mettersi a saltare per la felicità, quindi mia madre
riprese senza abbandonare
la sua espressione serena: “Cerca di capirmi: il fatto che il
figlio di Ade
girasse intorno a mio figlio mi ha agitata, ecco tutto… ho
avuto paura per lui,
che già troppe sventure ha dovuto patire. Ma prima, quando
avete affrontato il
re di Ftia ho capito quanto il vostro amore sia sincero e puro, per
questo vi
ho aiutato a scappare: nessuno di malvagio avrebbe saputo tenere testa
a quel
modo al re. In ogni caso…” si bloccò
facendosi improvvisamente seria, quindi
riprese con espressione preoccupata: “la storia non
è finita, purtroppo: forse
riusciremo a tenere a bada Ade, ma tuo zio, Achille, non si
darà pace.
Ovviamente, se lo vorrai non farai la minima fatica a sfuggirgli
perché tu sei
molto più forte di lui. Il problema, invece, è
questo: desideri più la gloria,
o rimanere con Patroclo? Se è la prima, allora, torna
indietro, unisciti ad
Odisseo e combatti con lui, ma sai quale sarebbe il tuo destino:
morirai, e
prima di te cadrà Patroclo stesso per amor tua e degli
uomini.”
Quelle
parole mi fecero gelare il sangue: Patroclo sarebbe
morto a causa mia e del mio desiderio di gloria? non me lo sarei mai
perdonato,
quello era sicuro…
“Se
invece non è questo il tuo più grande desiderio,
fuggi, chiedi
aiuto a chi ti è amico fino a che giungerai lontano, in una
terra sicura, in
salvo. Torna a Ftia solo quando tuo zio sarà morto: sarai
comunque un grande
re, ma la tua gloria non sarà eterna. A te la scelta, figlio
mio, e mostrati
saggio almeno questa volta.”
Dettò
ciò, mia madre sparì.
***
Mi
sveglia di soprassalto
e Patroclo con me, ma lui sembrava solo scosso mentre io…
si, beh, piangevo.
Subito
sentii le sue
braccia stringermi mentre con una mano mi accarezzava i capelli, per
calmarmi: “Va
tutto bene…” sussurrò: “La
scelta è tua e io ti seguirò qualunque essa
sia.”
“Ma
è proprio questo il
problema: se io scelgo la gloria tu morirai sotto le mura di Troia a
causa mia!”
Patrolco
fece un sorriso
stanco, inginocchiandosi davanti a me e prendendomi il viso fra le
mani: “Non
temo di ricongiungermi a mio padre, principe Acheo.”
C’era
una tale decisione
nella sua dolce voce che mi sentii morire al pensiero che si sarebbe
potuta
spegnere a causa mia: che diritto avevo, io, di strappare una simile
creatura
al mondo? Non sarei certo stato l’unico a soffrire della sua
prematura
dipartita senza possibilità di ritorno.
“Il
mio cuore vuole cosa
troppo contrastanti…” ammisi mentre lui si chinava
a baciarmi la fronte.
“Segui
quella che urla di
più…”
Chiusi
gli occhi: cosa
volevo veramente? La gloria? Ma poi, cosa me ne sarei fatto della
gloria dell’oltre
tomba? E cosa importava se nel futuro il mio nome non sarebbe stato
ricordato
per sempre? Avrei vissuto io nel futuro? No.
“Voglio
te, Patroclo.”
sussurrai e lui sobbalzò: “Cosa?” chiese.
“Voglio
te.” ripetei
aprendo gli occhi: “Preferisco essere umile ed amato nel
mondo dei vivi, che
solo e glorioso nell’oltretomba, dove l’amore non
vede mai la luce.”
Sorrise;
sorrise come mai
aveva fatto prima di allora: sembrava raggiante e talmente felice che
avrebbe
potuto anche morire così.
“Cosa
me ne faccio della
gloria se tu non sarai con me a condividerla?” continuai
stringendo a me e a
quel punto era lui che piangeva.
“Oh,
Achille.” sussurrò
fra le lacrime: “Oh, dolce principe Acheo,
nient’altro potrebbe rendermi più
felice di queste parole, nemmeno tutto l’oro del
mondo.”
“Niente
potrebbe rendermi
più felice che saperti al mio fianco.”
“Ma
Ftia è la tua casa…”
“E
ci tornerò, non appena
mi sarà possibile. Quando mio zio sarà morto. Per
ora, casa mia è dove sei tu.”
Rise,
rise a lungo,
tenendomi stretto. Sapevo di aver appena cambiato il mio destino e non
me
pentivo. Perché avrei dovuto, infondo? Non avevo forse preso
la decisione
migliore? certo, lo avevo fatto.
Io,
Achille, principe
Acheo, principe di Ftia, figlio di Teti e Peleo avevo buttato una vita
gloriosa
per preferirne una da semplice uomo amato. Tutto grazie ad un
ragazzetto di diciassette
anni, schiavo, figlio del Dio degli Inferi, che nella vita aveva
già sofferto
fin troppo.
Io
avevo cambiato il mio
destino per lui. E non avrei potuto fare cosa migliore.
Ci
rimettemmo in marcia
all’alba per allontanarci il prima possibile da mio zio e
dalla lunga mano
della sua furia: eravamo soli contro un esercito di Mirmidoni
perfettamente
addestrati, con un re furioso e tradito che aveva giurato vendetta e un
dio
folle alle calcagna. Ma cosa importava? eravamo insieme e che solo ci
provasse
il fato a dividerci! Ci allontanammo verso una nuova vita, cambiando il
destino.
Insieme,
fino alla fine.
“Achille?”
“Cosa?”
“Non
importa se non
combatterai a Troia, si parlerà sempre di te come il ragazzo
più coraggioso del
mondo che non ha temuto di sfidare se stesso per amore. Sarai sempre il
più
grande guerriero di tutti i tempi.”
“E
si parlerà sempre di te
come il ragazzo che non ha temuto di affidarsi
ad un destino sconosciuto e pericoloso per amore della
vita, sfidando il
suo stesso padre. Sarai sempre il ragazzo più coraggioso di
tutto i tempi.
***
Cinque
anni dopo…
Due
cavalli si fermarono davanti
alle porte di Ftia, dove bandiere nere di lutto svettavano alte per la
morte
del re.
“Ben
tornato a casa,
Achille, mio guerriero Acheo.”
“Ben
trovato alla tua
nuova, vera, casa, Patroclo, mio dolce compagno.”
E non
ci vuole molto a
capire che, anche se non combatterono sotto le tristi mura di Troia, i
loro
nomi rimasero per sempre leggenda.
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