Naomi Greco

di eli_sa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - L'incontro ***
Capitolo 2: *** 2 - Domenica ***
Capitolo 3: *** 3 - La sorpresa ***
Capitolo 4: *** 4 - Natale ***
Capitolo 5: *** 5- L'arrivo ***



Capitolo 1
*** 1 - L'incontro ***


Il sussultare del treno mi svegliò di soprassalto. Fuori era buio e si intravedeva solo qualche fioca luce provenire dalle case sparse sulle montagne, le colonne di fumo che uscivano dai loro caminetti risplendevano al chiarore della luna.

Il neon che illuminava il corridoio si stava fulminando e lampeggiava insistentemente nel tentativo di riaccendersi, per poi spegnersi di nuovo, e così via, creando un'atmosfera di squallore e inquietudine.

Controllai la mia borsa, era tutto a posto. In altri tempi non avrei avuto il coraggio di addormentarmi in treno. Forse le ultime vicende mi avevano resa più forte, o forse inconsciamente non mi importava più di nulla. Sentivo di essere cambiata, qualcosa aveva portato via da me tutti i sentimenti e le sensazioni. Eppure mi sentivo tesa e mi prese una lieve angoscia. Mancavano solo venti minuti di viaggio e poi l'avrei incontrato.

Non avevo aspettative per quella serata. Volevo solo uscire, volevo solo accettare l'invito e godermi la scena. Non avrei forzato gli eventi, non avrei fatto in modo che le cose accadessero per forza, qualunque cosa avrebbe dovuto essere naturale ed io sarei stata lì, comoda, a guardare il film della mia vita che prendeva forma. Ero stanca, troppo stanca per ricommettere gli stessi errori del passato.

Fuori dal finestrino le luci diventavano sempre più numerose. Un brivido mi fece tremare, partendo dal collo, fino in fondo alla colonna vertebrale. Ero agitata e mi sentii per un attimo soddisfatta: provare un'emozione mi ricordò che ero ancora viva, l'apatia del periodo precedente non c'era più.

Una voce stridula e metallica annunciò la mia fermata. Feci un lungo sospiro, mentre osservavo l'avvicinarsi della stazione. L'avrei riconosciuto? O lui avrebbe riconosciuto me? La banchina brulicava di persone. I passeggeri del treno si stavano alzando, dirigendosi verso le porte di uscita. Io rimasi per un attimo seduta. Volevo scendere in maniera teatrale, come le donne in quei vecchi film in bianco e nero: con grazia, muovendo i capelli con eleganza, e non in maniera goffa spinta dalla folla che premeva per uscire.

Scrutai la banchina nella speranza di vederlo prima che lui vedesse me, ma c'erano troppe persone. Mi sembravano tutti uguali, cappotto, cappello, sciarpa, cellulare all'orecchio... i miei occhi non riuscivano a vederlo. E se non fosse venuto?

Era il momento di scendere. Infilai il braccio destro attraverso il manico della borsetta, sistemandola sulla spalla. Strinsi un po' la cintura del mio cappotto. Uno sguardo furtivo al finestrino, nel tentativo di controllare se i capelli erano in ordine. Poggiandomi delicatamente sul corrimano, scesi i tre gradini e feci qualche passo più avanti. Nessuno mi veniva incontro. Nessuno si sbracciava per farsi riconoscere. Lui dov'era?

Mi addentrai nel bar della stazione. Controllai il cellulare mentre sorseggiavo il mio bicchiere d'acqua. Ero in orario, e non c'erano chiamate perse o messaggi non letti. Anche l'orologio del bar segnava le ventidue in punto. Mi imposi di stare calma e poggiai il bicchiere vuoto sul bancone.

Le cose erano molto diverse da prima. La me di prima l'avrebbe riempito di messaggi durante il viaggio, qualcosa del tipo “sto partendo”, “non vedo l'ora di arrivare”, “sono arrivata e tu?”, ma non ero più quella persona, e neanche lui lo era.

-Naomi?- una calda voce pronunciava il mio nome, poggiandomi la mano sulla spalla. Mi voltai lentamente. Eccolo. I riccioli biondi, gli occhi chiari, non molto più alto di me.

-Daniele!-

Mi baciò sulla guancia, stringendomi a se in un breve abbraccio. Sorrideva.

-Mi aspetti da molto?-

Scossai la testa per dire di no, sorridendo. Mi sentivo felice come una bambina al luna park, ma non volevo darlo a vedere. Volevo fare un po' la sostenuta. Lui era un uomo, non un ragazzino.

Camminammo fino al parcheggio della stazione. Quella era la sua città, il suo territorio. Lui aveva proposto l'appuntamento. Era lui che aveva il controllo. Aveva un portamento elegante, sprezzante del freddo con il suo cappotto aperto che lasciava intravedere un maglioncino grigio a righe. Il jeans scuro cadeva perfettamente sulle sue Bikkembergs nere.

Si fermò davanti ad un'Audi A3 bianca che lampeggiò al tocco delle sue dita sulle chiavi.

-Dove vuoi mangiare? Ristorante fighetto o un'osteria un po' spartana?-

-Decidi tu, è la tua città!-

Con un ironico inchino mi invitò a salire. L'auto era profumata e pulita con maniacale meticolosità. La sua guida era sicura, come l'espressione sul suo volto, aveva lo sguardo fiero.

-Come stai Naomi? Sei ancora triste?-

-Non sono del tutto serena, però sto meglio. Sto cercando di non pensarci.-

Appoggiò la mano sulla mia, sorridendomi. Le sue mani erano grandi e calde, al contrario delle mie esili e gelide. Mi era stato vicino per tutto questo tempo. Vicino anche se lontano. Sempre pronto ad ascoltare le mie lamentele e i miei tormenti. Sempre pronto a elargire parole di conforto. Che l'avesse fatto con un secondo fine? Poteva essere, ma che importava. In fondo non mi aveva mai spinta a prendere una decisione.

Il tragitto in macchina non durò molto. Parcheggiò vicino al marciapiede con una semplice veloce manovra ed entrammo nel ristorante, le luci erano calde ed accoglienti, un cameriere ci accompagnò al tavolo. La clientela era molto varia, spaziava dalle coppiette a lume di candela, a grandi tavolate con bambini ed anziani. Il tavolo era vicino alla vetrata che dava sulla strada, aldilà della quale, oltre all'affollato marciapiede, una breve ma ripida scogliera giungeva al mare. La luce della luna rifletteva il suo bagliore sulle onde lievemente increspate da una leggera brezza. Tutti i movimenti sembravano lenti, i rumori attutiti. Le persone avevano un aspetto diverso, rilassato. Era come se la gente del posto fosse consapevole della bellezza della propria città e ne fosse pienamente appagata.

Era strano cenare con lui. Sapevo ciò che pensava, o cosa avrebbe risposto alle mie domande, quello che davvero mi sorprendeva era osservarlo: vedere come muoveva le labbra, come aggrottava e distendeva le sopracciglia, il modo di gesticolare con le mani, ma soprattutto vederlo sorridere. Mentre mostrava la bianchissima dentatura, increspava la sua pelle con deliziosi segni di espressione intorno agli occhi. Era un uomo. Mi spaventava il suo buon senso quanto mi sorprendeva il suo entusiasmo.

-Come ti trovi nella casa nuova?-

-Spaesata. Non la sento mia. Devo ancora fare l'abitudine ai rumori, agli scricchiolii, ai bambini dei vicini.. E poi ho ancora degli scatoloni da svuotare, in mezzo al soggiorno. Non ne ho neanche voglia...- poggiai la forchetta con la punta sul bordo del piatto, alzai lo sguardo verso di lui. Mi guardava incuriosito e un po' preoccupato dall'incupirsi del mio viso.

-...ogni volta che tiro fuori qualcosa, mi torna in mente...-

-Shh! Stai tranquilla, passerà! È solo questione di tempo!- le sue dita sfiorarono la mia guancia, spostandomi il ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio. I suoi occhi di ghiaccio erano fermi. Tranquilli. Rassicuranti.

-Non preoccuparti, sto bene. Era la decisione giusta da prendere. Fa solo un po' male però sono contenta di aver preso quella decisione!-

Mi guardò un po' rincuorato.

-E tu invece nella casa nuova? Da quanto ci stai?-

-Mi sono trasferito un anno fa. Mi piace la libertà sai? Ho aspettato troppo a staccarmi dai miei. Col senno del poi l'avrei fatto diversi anni fa!-

Finita la pizza e il caffè, Daniele chiese il conto e insistette per pagare.

Fuori la temperatura si era abbassata, c'era meno gente a passeggio nel viale alberato con la vista sul mare. La brezza si era fatta più pungente.

-E così è qui che vieni a correre alle più improponibili ore del mattino?-

-Si. Questo posto mi rilassa.-

-Lo credo, è molto bello. C'è un buon profumo.-

-Questa sera è più bello del solito...-

Mi fissava, dopo quella sua frase a effetto, uscita quasi senza volerlo, era in imbarazzo. Gli sorrisi impacciata, tendendo le labbra senza mostrare i denti. Teneva le mani dentro le tasche dei jeans. Mi avvinghiai intorno al suo braccio sinistro, poggiando la testa sulla sua spalla mentre continuavamo a camminare senza una precisa meta. Sentivo il sangue pulsarmi forte nei polpastrelli, lo sentivo scorrere dal cuore alle dita, sentivo il rumore del mio respiro nelle orecchie. Di nuovo quella sensazione di ovattato, il tempo era smorzato dall'emozione.

Avevo passato molto tempo pensando a “noi”. A un ipotetico incontro. A un ipotetico flirt. A un'ipotetica storia insieme. Noi, distanti quattrocento chilometri, con dodici anni di differenza... talmente diversi da sembrare incompatibili. Ma il destino ci aveva messo in contatto, il lavoro ci aveva fatto parlare, la curiosità ci aveva fatto conoscere, l'affetto mi aveva fatto comprare un biglietto ferroviario poche ore prima.

-E' mezzanotte, sarai stanca, hai lavorato tutto il giorno e poi hai fatto tre ore di treno...-

-Si, mi accompagni in hotel?-

L'hotel era poco distante, in una bella zona con viali alberati e palazzi pieni di vetrine. Mi fermai sulla scalinata che conduceva all'entrata dell'hotel.

-Domattina ti porto in spiaggia, se ti va.-

-Certo che mi va! Buonanotte Daniele.-

Mi strinse a se baciandomi sulla guancia. Il suo abbraccio aveva un'energia diversa dalla volta precedente. Non poggiò la guancia sulla mia, ma poggiò le labbra. Fu lento a distaccarsi, o almeno così mi sembrò. Non ero sicura di avere una giusta cognizione del tempo in quel momento.

Entrai in quell'hotel dalle luci quasi abbaglianti, cercando di mantenere un portamento elegante e tranquillo sui miei tacchi alti. Una pioggia di faretti pendeva dal soffitto nella grande hall, quasi cadendo al centro della tonda fontana architettonica che decorava l'ambiente con il piacevole suono dell'acqua che vi scorreva.

Una volta entrata in camera persi le forze, mi infilai a stento la sottile camicia da notte che avevo piegato nella borsa, e crollai sul letto. Nel grigiore di quella camera buia, si rifletteva sul soffitto la quadrata scia luminosa che entrava dalla finestra ogni volta che un'auto passava davanti all'hotel. Gli occhi si chiudevano, esausti, ma la mia mente era ancora sveglia. Forse troppo. Continuavo a pensare a lui. Allo strano modo in cui l'avevo conosciuto, al calore delle sue mani, alla premura dei suoi gesti. Il cuore si dibatteva, nel suo ritmico canto che non mi dava pace. -Devo dormire!- pensavo, -Devo dormire!- ma la mia mente divagava.

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Capitolo 2
*** 2 - Domenica ***


L'acuto suono della sveglia del cellulare interruppe i miei pensieri. Erano le sette. Avevo passato tutta la notte in una sorta di dormiveglia pensante. Nonostante il sonno poco profondo mi sentivo ricaricata e piena di energia, ma forse la mia era solo eccitazione. La camera era già inondata della luce mattutina che attraversava sprezzante le fibre di quelle tende poco coprenti. Osservai meglio l'ambiente intorno a me, cosa che non avevo avuto voglia di fare la sera precedente. La moquette color ruggine era l'unico tocco di colore in quella scatola grigia. Le pareti erano grigio chiaro, le tende grigie di un tessuto molto leggero, forse organza, il letto e i comodini erano di legno di rovere grigio, le coperte di cotone grigio scuro. Un lungo specchio rettangolare, appeso al fianco del letto, mi fece notare il nido di capelli biondi spettinati che si ergeva sulla mia testa. Era buffo. Poggiai i piedi sulla moquette, lasciando cadere la testa avanti e indietro, per dare sollievo ai muscoli sofferenti a causa del cuscino troppo alto. Le unghie dei piedi erano laccate di un rosso che aveva quasi la stessa tonalità della moquette. Abbozzai un sorriso mentre mi dirigevo in bagno per fare una doccia.

Odiavo i campioncini di sapone forniti dagli hotel. Seccavano la pelle e spesso avevano fragranze maschili, ma non avevo portato con me nessun bagaglio. Avevo preferito viaggiare leggera, un po' per la decisione improvvisa di partire, un po' per il gusto di sapermi arrangiare con quello che avrei trovato. Dalla piccola boccetta di plastica uscì una cremina perlata dall'odore di mughetto. L'acqua era appena tiepida, ma i vetri della doccia si stavano già appannando. Mi sciacquai velocemente e mi avvolsi nell'asciugamano bianco con il logo dell'hotel. Una spruzzata di profumo, Love di Chloè, prima di vestirmi. Svuotai la borsa dalle cose inutili e controllai il cellulare mentre chiudevo la pesante porta della camera. Una signora in divisa nera mi diede il buongiorno mentre spingeva un grosso e rumoroso aspirapolvere sulla moquette. Nel corridoio aleggiava il profumo di brioche appena sfornate e di caffè. Mi era sempre piaciuta la mattina negli hotel. Il profumo della colazione, il rumore del mondo che si sveglia. In ascensore due uomini molto ben vestiti parlavano di lavoro, dovevano essere rappresentanti in viaggio per affari. Uno di loro, il più giovane, mi guardò per un attimo. Aveva l'aria di chi, di domenica mattina, non aveva voglia di parlare di provvigioni e cali di rendita. Gli sorrisi appena, educatamente complice della sua noia. La sala da pranzo era molto luminosa. Un ricco buffet si estendeva per tutta la lunghezza della sala, in fondo alla quale una parete di vetro affacciava su un giardino molto ben curato, con qualche statua in gesso e siepi ornamentali. Probabilmente in estate vi erano anche tavoli all'aperto in cui mangiare.

Presi un caffè lungo e una brioche non farcita. Masticai con molta calma, e bevvi altrettanto lentamente. Volevo gustarmi la libertà. Ero priva di vincoli, padrona della mia vita e del mio tempo. Dopo tanti anni passati a motivare anche il più semplice battito di ciglia, finalmente nessuno mi chiedeva come mai avessi scelto la brioche piuttosto che la ciambella e a nessuno dava fastidio che mi fossi spruzzata il profumo di prima mattina.

Mi imbambolai con la tazza di caffè a mezz'aria mentre scrutavo il nulla in quel bel giardino... mi era costata tante sofferenze quella libertà.

Arrivò un messaggio di Daniele: -Buongiorno, ho appena finito la mia corsetta. Non vedo l'ora di vederti, fammi sapere quando sei pronta (e sveglia, dormigliona!). Un bacio.-

Mi lasciai sfuggire un sorriso. Ho sempre trovato divertente osservare le persone leggere i messaggi sul cellulare e poi cambiare improvvisamente espressione. Questa volta quella persona ero io.

-Buongiorno a te! Sono già sveglia e pronta! Ti aspetto nella hall!-

Finii il mio caffè in tranquillità, sfogliando svogliatamente il quotidiano poggiato sul mio tavolo. Non ho mai amato la cronaca, troppo triste, troppo noiosa. Leggevo solo i titoli nel tentativo di non essere completamente estranea all'attualità, ma niente di più.

Un cameriere in giacca bianca sparecchiò il mio tavolo, quasi mettendomi fretta. Ma ero di buon umore e mi alzai poco dopo, dirigendomi alla hall. Erano ormai le nove, molti ospiti dell'hotel scendevano per la colazione con aria assonnata. Nella maggior parte dei casi le mogli e i figli erano più svegli rispetto ai mariti. La signora alla reception ricevette tre ordini di colazioni in camera prima che Daniele parcheggiasse davanti all'hotel. I riccioli biondi erano più spettinati della sera prima, lo sguardo più allegro. Mi aspettava in fondo alla scalinata.

-Non mi aspettavo che fossi già sveglia!-

-Non mi conosci abbastanza allora!-

Sorrise. -Si può rimediare!-

Gli diedi un bacio sulla guancia, profumava, non di sapone o di dopobarba, profumava di buono. Semplicemente.

-Dormito bene?-

-Si- lo dissi con voce titubante, scatenando la sua curiosità.

-Troppi pensieri?

-No, troppa imbottitura nel cuscino!-

Gli sorrisi. Non volevo intristire quella giornata!

Camminammo fino alla vicina spiaggia. Il mare era verde smeraldo. L'acqua limpida si rompeva contro gli scogli in una sonora danza. Al largo qualche nave di pescatori. La spiaggia era ancora deserta. L'odore di sale mi ricordava l'estate, ma la brezza pungente mi riportava alla realtà. Era dicembre. Mentre mezzo mondo perdeva già il suo tempo alla ricerca dei regali di natale, stipato negli ascensori di qualche centro commerciale, a fare la fila per pagare inutili beni materiali che sarebbero presto stati dimenticati dentro a qualche cassetto, io riempivo i miei occhi di infinita meraviglia.

-Cavolo...-

-Cosa?-

-E' meraviglioso!-

Sapevo di avere uno sguardo inebetito. Lui vedeva quello spettacolo ogni giorno, ci era abituato, avrà pensato che non avevo mai visto il mare in vita mia.

-Non guardarmi così! Non mi avresti portata qui se non fossi stato consapevole che è un posto bellissimo!-

-Vero! Andiamo a sederci sugli scogli, vieni.-

Era veloce, agile nel saltare da uno scoglio all'altro mentre io a mala pena stavo in equilibrio. Mi portò sull'ultimo scoglio, dove le onde si infrangevano dolcemente senza bagnarci. Mi sedetti davanti a lui e mi abbracciò poggiandomi il mento sulla spalla. Osservammo per un po' insieme l'orizzonte.

-Mi piace il tuo profumo-

Il cuore prese a battermi più forte. Non sapevo cosa dire. Odiavo rimanere senza parole. Mi voltai leggermente verso di lui sorridendo. I suoi occhi chiari alla luce del sole sembravano quasi bianchi, color ghiaccio. Erano a pochi centimetri dai miei.

-Dani qualche altra frase di queste e finirò per baciarti..-

-Ah si? Bene! Buono a sapersi- Rideva.

Gli diedi un piccolo pugno sul braccio. -Sciocco!-

Riprese ad abbracciarmi.

-Non mi hai mai detto come mai sei ancora single...-

-Per scelta.-

-Scelta di chi?-

Fece una smorfia da finto arrabbiato.

-Non volevo scendere a compromessi con nessuna donna, le trovavo o troppo diverse da me o troppo simili. O troppo dolci o troppo menefreghiste. Non ho mai trovato la mia vera metà. Quindi ho deciso di smettere di cercare e lasciare che fosse lei a trovarmi.-

-E' probabilmente la cosa più intelligente e sensata che ti abbia mai sentito dire!-

-Era un complimento?-

-Diciamo che la penso come te. Hai fatto bene a non commettere i miei errori.-

-Chi ti ha detto che non l'ho fatto?-

Lo guardai stupita.

-Naomi, conosci il mio carattere, ma non la mia storia.-

-Se vorrai raccontarmela, io ti ascolterò.- Ero molto curiosa, ma non volevo essere invadente.

Mi baciò sulla testa, sopra l'orecchio. Un bacio lungo. Il sole era tiepido e brillava su quell'acqua cristallina. Il passato di Daniele forse non era così cristallino, ma d'altra parte tutti hanno qualcosa da nascondere, o da dimenticare. Ricordavo sempre quella frase del film Titanic: “il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti...”. Con il tempo avevo imparato a condividerla, nel bene e nel male.

Daniele si alzò in piedi togliendosi il giacchetto.

-Facciamo il bagno!-

-Cosa? Sei matto?-

Nonostante il tiepido tepore del sole, la temperatura era intorno ai 15°C, tirava vento, l'acqua doveva essere congelata. Ma lui iniziò a spogliarsi.

-Dai vieni!-

Ridevo mentre si toglieva la maglietta liberando un torace tonico e lievemente abbronzato.

-Fai sul serio?-

Allungò le mani nella mia direzione. Mi guardava con aria di sfida. Gli presi le mani e mi aiutò ad alzarmi. Mi tolsi il giacchetto anche io.

-Tu sei matto, completamente matto. Mi ammalerò e morirò fra tristi rantoli di tosse..-

-Melodrammatica!-

Si tolse i jeans e, rimasto in boxer, attraversò di corsa quel piccolo angolo di spiaggia, buttandosi in acqua. Un brivido di freddo mi attraversò da testa a piedi.

-Dai vieni si sta benissimo!-

Mi feci coraggio e tolsi i jeans e la maglietta. Per fortuna non avevo indossato della biancheria troppo audace! Daniele era bellissimo, il sole gli faceva risplendere la pelle bagnata illuminandolo. Legai i capelli con l'elastico nero che portavo sempre al polso come fosse un braccialetto e camminai lentamente verso il bagnasciuga. L'acqua era freddissima.

-E' troppo fredda!-

Camminò verso di me, statuario. Allargò le braccia.

-No! No! Non farlo!-

Sorrise in segno di sfida e mi abbracciò! Era gelido. Mi lasciai sfuggire un gridolino di freddo.

-Allora, o ti butti o ti butto io!-

-Mi butto, mi butto, però aspetta... stai un altro po' qui!-

Il mio corpo si stava lentamente abituando al freddo del suo. La pelle d'oca iniziava a sparire.

-Ok, ci sono. Andiamo.-

Camminò di fianco a me finchè l'acqua mi arrivò alla pancia.

-Spiegami come fai.-

-Buttati e basta!-

Pensai che era matto. L'acqua era gelida, come se mille spilli mi trafiggessero la pancia. Però avevo una malata voglia di buttarmi.

-Abbracciami di nuovo, e vai giù, io non ho il coraggio- Sorrisi.

Lui era molto divertito dalla mia goffaggine. Venne da me, mi abbracciò e dopo pochi secondi mi trascinò giù, fino al collo. Iniziai a ridere.

-Perchè ridi?-

-Perchè mi sto congelando e voglio essere carina quando mi troveranno morta!-

Daniele rise e si immerse, riaffiorando qualche metro più avanti. Cercai di non bagnarmi i capelli mentre nuotavamo fianco a fianco. Arrivammo in un punto in cui non toccavo. La me di prima sarebbe diventata isterica e sarebbe tornata subito a riva, e invece no. Stavo ferma in verticale, muovendo un po' le gambe per stare a galla. Guardai la spiaggia, ora c'erano un po' di persone che passeggiavano e dei bambini ci indicavano. I nostri vestiti e la mia borsa erano ancora appoggiati sugli scogli, ma avevo l'impressione che non me ne importasse niente.

-Vuoi tornare a riva principessa?-

-Perchè mi prendi in giro? Non sono abituata a fare il bagno in mare a dicembre!-

-Già, io sono l'unico matto! Torniamo su!-

Uscire dall'acqua fu più traumatico che entrarci. Il vento mi fece tornare la pelle d'oca e i brividi.

-Dimmi che hai un asciugamano nascosto da qualche parte!-

-No, mi sa che dovrai stringerti forte a me per scaldarti!-

-Ah quindi era tutta una tattica!-

Sorrideva in un modo talmente carino che non potei fare altro che abbracciarlo. Tornammo sullo scoglio. Daniele sistemò il suo giacchetto e vi si stese sopra, facendomi segno di stendermi di fianco a lui. Era strano, però mi stavo scaldando. Sarà stato il sole, o il giacchetto in piuma d'oca, o lo sbalzo termico, o lui... io stavo bene. Mi sentivo viva. Chiusi gli occhi, cercando di rubare ogni raggio di sole e inglobarlo nella mia pelle. Forse mi addormentai perché quando riaprii gli occhi ero praticamente asciutta e in spiaggia c'erano parecchie persone. Mi girai sul fianco, reggendomi la testa con la mano. Lo guardai, aveva gli occhi chiusi e prese a carezzarmi la schiena con la mano. Aveva un aria serena. Avrei potuto guardarlo per ore. Il suo petto si gonfiava e riabbassava lentamente. Slegai i capelli che ora ondeggiavano ad ogni folata di vento. Prese una ciocca, la più lunga, che ciondolava a metà schiena e iniziò a giocarci.

-Preferivo le carezze-

-Non si può sempre avere ciò che si vuole!-

Era vero. Ma io in quel momento avevo tutto ciò che volevo. Avevo la libertà, avevo la serenità, e avevo uno splendido ragazzo seminudo davanti a me.

-Sto iniziando ad avere freddo!-

-Ti va una cioccolata calda?-

-E me lo chiedi?-

Ci rivestimmo velocemente sotto gli occhi straniti dei passanti. Il dolce tepore del maglioncino compensava l'umidità della mia biancheria. Lui rimase col giacchetto in mano perché era troppo umido.

-Hai freddo?-

-Un po', ma ne ho un altro in macchina. Tranquilla!-

Daniele, sicuro, risoluto, un po' pazzo...

Tornammo davanti all'hotel, dove lui aveva parcheggiato.

-Vuoi salire a cambiarti intanto che siamo qui?-

Avevo lasciato il giacchetto aperto, Daniele guardava divertito la mia maglietta che stava diventando più scura all'altezza del seno. Sorrisi maliziosamente.

-Si, forse è il caso che vada a cambiarmi. Vuoi salire con me così ti asciughi un po'?-

Mi si seguì. In ascensore il cuore mi batteva forte. Mi stavo un po' pentendo di quella frase. Glielo avevo chiesto solo per gentilezza, non avevo secondi fini.

Aprii la porta della camera con la mano tremolante. Daniele doveva essersi accorto del mio imbarazzo e mi seguii a due passi di distanza. Presi dal cassetto del comodino la biancheria pulita. Mi fissava con le mani in tasca.

-Cosa aspetti? Vai ad asciugarti in bagno con l'asciugacapelli, io mi cambio qui. E non sbirciare!-

-Agli ordini Signora.-

-E bussa prima di uscire!- aggiunsi sorridendo.

Chiuse la porta del bagno e dopo pochi istanti accese l'asciugacapelli. Attesi qualche secondo poi mi spogliai. Indossai la biancheria pulita e misi i vestiti di ricambio. Leggins neri e maglia lunga grigia di lana. La mia pelle era ancora salata. Sentivo Daniele muoversi nel bagno. La mia fantasia si scatenò. Avrei potuto aprire quella porta, avvicinarmi a lui camminando in modo sensuale... scossi la testa. Ero attratta da lui, si, lo ero sempre stata, ancor prima di incontrarlo, ancor prima di scambiarci le foto. Da quel momento in cui iniziammo quasi per caso a scriverci, sentivo che mi affascinava. Anche se parlavamo al vento e la maggior parte dei nostri discorsi non aveva senso, almeno all'inizio, io attraverso le sue parole facevo volare la fantasia. Anche una semplice email con scritto “ho da fare, ma ti penso” era in grado di rallegrarmi o di rovinarmi la giornata. Passai le dita tra i capelli, cercando di sciogliere qualche nodo, nel frattempo lui spense l'asciugacapelli e uscì dal bagno.

-Ora ho le chiappe al caldo e sono contento.- un sorriso fanciullesco dipinto sul suo volto mi fece sorridere. Chissà se anche lui aveva avuto i miei stessi pensieri. Uscendo dalla camera sentii profumo di cibo. Guardai l'orologio. Era già ora di pranzo.

-Mi sa che la cioccolata calda si trasformerà in pranzo.-

-Meglio, ho fame. Conosco un posticino carino qui vicino!-

-Perfetto, allora andiamo.-

-Stai bene vestita così, sembri così morbida...-

Lo guardai esterrefatta alzando il sopracciglio destro. -Questo sarebbe un complimento?-

-Scusa, voi donne fissate con la linea... Si è un complimento. E la morbidezza era riferita ai vestiti e non alle tue forme.-

Lo guardai strizzando gli occhi e aggrottando le sopracciglia, per poi stampargli un bacio sulla guancia.

-Naomi sei splendida, mi piaci! Sia vestita così che vestita com'eri prima, e anche come non lo eri sulla spiaggia.- Rise. Gli diedi uno schiaffetto divertito sul braccio. Stavo gongolando, ma non volevo farglielo vedere.

Mi portò in un'osteria. L'entrata sembrava quella di un garage in un seminterrato, era uno di quei posti dove non entreresti mai, se non su esplicita raccomandazione. Uno di quei posti che a guardarli non valgono un euro, ma appena ti servono da mangiare, le papille gustative vanno in estasi e ti ricredi.

-La mattina è passata troppo veloce!-

-Lo so, a che ora hai il treno?-

-Alle sei, oppure a mezzanotte e tre quarti, ma arriverei a casa alle quattro del mattino e non posso proprio, altrimenti arrivo al lavoro come uno straccio.-

Il suo viso si rattristò per un attimo, e anche il mio. Parlammo del più e del meno per tutto il pranzo, cercando di ignorare lo scorrere del tempo. Non sapevo cosa sarebbe successo una volta tornata a casa. Avremmo continuato a sentirci? Ci saremmo rivisti? Era meglio andarsene da amica, o farsi prendere dall'emozione? Una cosa era certa: niente sarebbe stato certo. Non sarei stata io a decidere come sarebbe andata avanti la giornata, avrei lasciato che gli eventi prendessero il sopravvento. Non avrei forzato niente. Quello che doveva succedere sarebbe successo...e io sarei stata a guardare.

Il nostro tavolo era stretto, e lui era seduto alla mia sinistra. Mi prese la mano. Osservò a lungo le mie dita.

-Perchè guardi la mia mano?-

-Hai il segno dell'abbronzatura nell'anulare.-

-Si, lo so. Non è ancora andato via.-

-Ci metterà più tempo ad andare via dal cuore che dal dito sai?-

Parlava al mio cuore, ma in quel momento il mio cuore stava bene. Certo avrei potuto avere delle ricadute in una giornata no. Magari in un momento di sconforto avrei potuto avere anche un rimorso. Ma in quel momento non lo credevo possibile. Ero fermamente convinta della mia scelta.

-Non ho voglia di parlarne, lo sai. Non parlami del mio passato.-

Allungò una mano verso di me, la fece passare dietro al collo, carezzandomi i capelli, poi mi tirò a sé, spostò i capelli indietro e con la bocca sfiorò il mio collo, poi si avvicinò all'orecchio.

-E di cosa vuoi che ti parli?-

Il cuore mi guizzò in gola. -Del presente.-

Uno strano formicolio pervase il mio corpo in quegli infiniti secondi di attesa. Le sue labbra erano così vicine al mio collo che potevo sentirne il calore, ne sentivo le vibrazioni, sentivo il suo respiro.

-Non parlare del presente, vivilo.-

-L'hai letta in un bacio perugina?-

-No, era solo un consiglio.-

Mi voltai verso di lui. Poggiai la fronte contro la sua, i nostri nasi si scontravano. Lo guardavo fisso negli occhi, così da vicino che sembrava averne uno solo.

-Tu...- non completai appositamente la frase, mi allontanai e ripresi a mangiare.

Sogghignò e riprese a mangiare anche lui. Era bello scherzare con lui. Flirtare. Volevo godermi quel momento, perché non ritorna più. In un caso o nell'altro, se tra noi non avesse funzionato o se invece fosse nato qualcosa, quel momento magico del flirt non sarebbe mai più tornato. Lessing diceva “l'attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Aveva ragione.

Dopo il caffè, Daniele andò alla cassa a pagare.

-Hai pagato tu anche ieri sera, io non sono il tipo di donna che si lascia offrire tutto, potrei offendermi.-

-Finchè sei nella mia città, sei mia ospite.-

-Oh quindi pagherai anche l'hotel?- Scoppiai a ridere. -Non farmi arrabbiare, non so fare la principessina viziata!-

Mentre uscivamo mi prese per mano, e la infilò nel cappotto. Il sole era già molto basso, entro due ore sarebbe stato buio. La brezza ora sembrava più un vento gelido. L'odore di sale invadeva tutta la città. Camminammo tra le vetrine del centro, entrando in qualche negozio a curiosare per poi uscire a mani vuote.

Un autoscatto davanti all'albero di natale della piazza.

Tanti abbracci e qualche bacio sulla guancia.

Senza neanche rendercene conto era buio. Erano le cinque.

-Dani, dovresti portarmi in hotel ora. Devo prendere le mie cose e andare in stazione.-

-Chiama il lavoro, digli che sei malata.-

-Potrei esserlo davvero, e sarebbe colpa tua.-

A malincuore ci incamminammo verso la macchina. Corsi in camera a raccogliere le mie poche cose, poi riconsegnai la chiave alla reception e andammo alla stazione.

In macchina iniziò a prendermi la malinconia. Il cuore batteva forte, ma le energie erano poche. C'erano tante cose che volevo dire, e tante che volevo fare, ma il tempo non c'era più.

Presi il biglietto e andammo sulla banchina. La stazione era quasi deserta. Il vento ci scompigliava i capelli. -Dani, non sono brava con i saluti, sono stata bene oggi.-

-Anche io, piccola.-

-Si, in effetti lo sono.-

-Solo di statura, ma sei una grande donna.-

-E tu sei un grande bugiardo.-

-Così però mi fai sentire vecchio.-

-Non lo sei. Sei perfetto.-

I miei occhi balenavano tra i suoi. Avevo un'immensa voglia di baciarlo. Ma non era ancora il momento. Si avvicinò alla mia guancia.

-Fatti sentire domani, fatti sentire tutti i giorni.-

-Non sono io quella che non risponde alle email perché ha troppo da fare!-

-Touchè-

Gli toccai il naso con l'indice. Il treno si stava fermando davanti a noi. Era il momento di salutarsi. Spostai la mia mano vicino al suo orecchio. I riccioli biondi mi solleticavano le dita.

-Devo andare.-

Le porte si aprirono, lasciando scendere i passeggeri.

-E' così malinconico l'addio davanti al treno...-

-Lo so.-

Mi alzai, mentre gli ultimi passeggeri lasciavano il treno e iniziavano a salirne altri.

Mi tenne la mano finchè non misi il piede sul gradino del treno. Le nostre dita si separarono lentamente.

-Ciao Noemi.-

-Ciao!- Lo salutai con la mano quando le porte si chiusero davanti a me. Era tutto così terribilmente romantico. Avrei voluto avere un fazzoletto bianco da sventolare fuori dal finestrino mentre lui rincorreva il treno... Gli buttai un bacio con la mano. Trovai un posto vuoto. Ero stanchissima. Avevo sonno. L'eccitazione era svanita per lasciare posto ai “se” e i “ma”.

E se l'avessi baciato?

E se...se....se....

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Capitolo 3
*** 3 - La sorpresa ***


Girai la chiave nella porta, intontita dal viaggio, l'allarme iniziò a fare bip, mi affrettai a comporre il codice di spegnimento. Chiusi la porta appoggiandomici sopra con la schiena, sfinita. Gettai la borsa sul divano, facendomi strada tra gli scatoloni e il disordine che avevo lasciato. Letto! Letto! Era il mio unico pensiero.

Il lunedì mattina suonò la sveglia alle otto. Sentivo gli occhi gonfi come se avessi pianto. Ero a pancia in giù, con la faccia sul materasso. Il cuscino era caduto per terra, così come le coperte. Dovevo essermi girata molte volte durante il sonno perché il lenzuolo era arrotolato intorno alla mia vita.

Girandomi fissai il muro, dove il sole che entrava dalla tapparella formava tanti pois luminosi. Non avevo energie. Infilai svogliatamente le pantofole. Eccomi lì, nel mio monolocale, tristemente sola. La libreria, che divideva la camera da letto dalla zona giorno, mi sembrava particolarmente vuota, così vuota che in realtà non divideva un bel niente. Era solo un ammasso di ripiani utili solo a raccogliere la polvere. D'altra parte quello era l'unico appartamento che potevo permettermi, e non avevo avuto il tempo di cercarne uno migliore. Mi trascinai in cucina per accendere la macchina del caffè. Per fortuna il lunedì mattina non lavoravo, non avrei proprio potuto farcela. Ero nuovamente apatica, anzi in realtà qualche sensazione la provavo: provavo tristezza, solitudine e malinconia. La macchinetta smise di lampeggiare e la luce diventò fissa, segnalandomi che era pronta a regalarmi un piccolo attimo di gioia. Inserii la cialda, quella con la miscela più forte, presi una tazzina dal pensile senza neanche sceglierla. Me ne capitò una rosa confetto con disegnato uno smile. -Che ti ridi??- Sì, ero arrabbiata con la tazzina. Mi prendeva in giro, lei era felice, certo, di cosa avrebbe dovuto lamentarsi? Non aveva mica nostalgia del piattino lei. Feci partire un caffè ristretto, sadicamente soddisfatta nel vederla fumare sotto quel piccolo getto di caffè bollente. Mi misi a sedere sul basso davanzale della finestra, soffiando sul caffè e guardando sconsolata quell'ammasso di scatoloni pieni di cose da mettere a posto. Mi ero trasferita ormai da un mese, ma non ne avevo mai avuto voglia. Troppi ricordi e troppa fatica. Suonò il cellulare.

-Buongiorno! Tutto bene?-

-Ciao mamma, si tutto ok... te?-

-Devo passare dalle tue parti, se ti fa piacere vengo a trovarti, così ti do una mano a pulire...-

Non avevo voglia di vedere nessuno, eppure il suo aiuto mi avrebbe fatto comodo.

-Certo, mi fa sempre piacere vederti.-

-Ok allora a tra poco.-

Fantastico. Sarebbero arrivate dolorose domande, come ogni volta che ci siamo viste nell'ultimo periodo. Girai intorno alla brutta libreria e presi una sigaretta. “Me la merito” mi dissi. Andai in terrazzo. Fuori era freddo. Grigio. Umido. Il cielo ricoperto di nuvole scure e una luce giallastra preannunciava un'imminente pioggia. Accesi la sigaretta assaporandone il primo tiro. Mi piaceva il mio balcone. Non era niente di che, però mi piaceva starci. E non era di certo per quelle quattro piante ormai secche o per il panorama. Adoravo essere all'ultimo piano, e adoravo che il terrazzo fosse coperto con una tettoia. Adoravo soprattutto stare lì durante i temporali. Mettevo la mia poltroncina da giardino al centro, vicino alla ringhiera, e mi gustavo l'odore della pioggia e la vista degli sprovveduti passanti che cercavano di ripararsi la testa con un giornale o con la borsetta.

Arrivò un messaggio sul cellulare. Finii la sigaretta e aprii tutte le finestre per arieggiare la casa, che aveva ancora odore di chiuso. Girai intorno al cellulare. Una parte di me era in fibrillazione, mentre l'altra temeva una delusione. Volevo che fosse di Daniele... e se fosse stata solo pubblicità? Sarei diventata ancora più triste. “Ti leggerò dopo” pensai. Misi un paio di pantaloni da tuta e una maglia a maniche lunghe in cotone. Riuscii a tirare su le coperte e iniziare a riordinare prima che mia mamma suonasse il citofono.

-Sali pure-

Aprii la porta di ingresso e preparai una tazzina da caffè con il piattino e il cucchiaino.

-Ciao Naomi!-

-Ciao mamma! Vieni! C'è un po' di disordine.-

-Vedo, ma non hai fatto niente ieri?-

-No, non ero in casa...- Mi pentii subito di averlo detto.

-Ah, dove sei andata?-

Ecco che partiva l'interrogatorio. Dovevo trovare un modo per troncarlo.

-Oh beh, in giro, con degli amici..-

-Naomi, guardami...- Non mi credeva. -Sei uscita con un ragazzo?-

Me lo chiese in tono cordiale, quasi incuriosito, quasi da pettegolezzo con le amiche.

-Mamma che dici? Guardati intorno. Non riesco neanche a svuotare uno stupido scatolone, come potrei avere già un'altra relazione?-

Il suo volto si riempì di comprensione.

-Io so che hai fatto la scelta giusta. Ti ho sempre sostenuta in quella scelta. Mi ero accorta da un pezzo che non eri più felice...-

La ammutolii con lo sguardo. “Ti prego sta zitta” pensavo, “tu mi hai sostenuta in quella scelta solo perché è la stessa scelta che avresti voluto prendere te anni fa”, ma rimasi zitta, parlare avrebbe fatto troppo male a entrambe.

Le servii il caffè. Lo bevve d'un fiato, senza aggiungere zucchero, senza neanche farlo raffreddare.

-Dai mettiamoci al lavoro. Come puoi vivere con questi scatoloni in mezzo al soggiorno?-

Questo non era esattamente nella mia lista di cose da fare per rallegrare la giornata, però mi lasciai dirigere. Sballammo libri, dvd, riviste, qualche vestito, dei soprammobili, un vecchio lettore mp3, un servizio di piatti, coperte, prodotti per il bagno... Lei sballava e io correvo a destra e sinistra trovando una nuova sistemazione per quegli oggetti. Quando avemmo finito la libreria era quasi piena. Aveva un'aria più carina, più accogliente. Mi resi conto che ciò che mi aveva impedito di farlo prima non era il ricordo che mi scatenavano gli oggetti, ma l'orgoglio nel non voler ammettere che la mia vita non era più quella di prima. Tenere chiusi quegli scatoloni mi teneva un pochino legata al passato. Un sottile filo di ragnatela che mi faceva ricordare la mia vecchia vita, il tempo in cui pensavo che tutto fosse già sistemato e prestabilito, sicuro e senza imprevisti.

-Grazie mamma, mi sento meglio ora che è tutto in ordine.-

-Figurati. Ora vado, devo passare a fare delle spese e poi vado al lavoro. Naomi chiamami quando hai bisogno. Sono la tua mamma, sono un po' rompiscatole, ma ci sarò sempre per te!-

La abbracciai. Mi sentivo davvero meglio. Feci partire la lavatrice e mi stesi sul divano, poggiando le gambe sul bordo dello schienale. In alto. Era riposante. La casa ora era a posto, ma continuava a non piacermi molto. La cucina si, quella mi piaceva. Era piccola, di legno bianco, con i pensili a vetrinetta, un po' stile country, con il piano di marmo. Il divano invece era tanto comodo quanto brutto. Il tessuto a fiori mi dava l'idea di vecchio, stantio, lo tenevo sempre coperto con un telo di cotone grigio scuro che arrivava quasi a terra. Accendendo la tv mi ricordai di aver ricevuto un messaggio. Andai a leggerlo.

“Daniele: Buongiorno piccola, sono pieno di appuntamenti oggi. Non so se riuscirò a scriverti. Ti penso.”

Il suo messaggio mi rincuorò un po', anche se mi diceva che non ci saremmo potuti sentire oggi. Il suo lavoro lo prendeva moltissimo. Aveva un ruolo di responsabilità, era amministratore delegato di una ditta nel settore dei trasporti e della logistica. Ricordo quante volte, all'inizio della nostra conoscenza, gli chiedevo che lavoro facesse, e lui rispondeva “Lo spazzino”, e io gli rispondevo sempre “Non ci sono più gli spazzini di una volta! Questi spazzini moderni, muniti di Blackberry, inviano le email durante il turno di lavoro!”, e lui rideva, ma non mi dava mai una risposta concreta. Probabilmente non voleva tirarsela, o non voleva risultare interessante solo perché aveva un buon lavoro.

“Buongiorno a te! Anche io ti penso, tanto! Ti auguro buona giornata!”

Non feci in tempo a poggiare il cellulare che già suonò: “Stasera ti chiamo”. Sorrisi. Era solito a messaggi brevi, ma questo li superava. Doveva essere già impegnato, ma aveva voluto scrivermi lo stesso. Gongolai per un momento. Sognando... Mi piaceva immaginarlo in giacca e cravatta, seduto su un'imponente sedia girevole in pelle, seduto con fierezza dietro la tanto agognata scrivania. I gomiti poggiati sul piano in legno lucido e le mani accostate, con i polpastrelli che si univano e si dividevano ritmicamente. Il volto da persona seria mentre parlava di affari con gli azionisti o dava disposizioni ai capi del personale. Adesso che l'avevo conosciuto meglio, il sogno poteva proseguire. Usciva dall'ufficio dicendo alla segretaria che sarebbe rientrato nel primo pomeriggio. La 24 ore col portatile veniva poggiata in macchina. L'espressione seria cadeva a terra insieme alla cravatta, mentre si spogliava per fare un folle tuffo in mare in pieno inverno. Risi. Stesi la biancheria in terrazzo. Annusai i vestiti che indossavo il giorno prima, ora profumavano di detersivo e non più di sale. Un po' mi dispiacque.

La giornata passò in fretta. La mole di lavoro non era più quella di un tempo, la crisi economica aveva tardato a farsi sentire nella ditta per cui lavoravo, ma stava arrivando. Non tanto pesantemente, ma ogni mese sempre più forte. Vedevo i miei colleghi con contratti in scadenza, venir man mano lasciati a casa, e ringraziavo il cielo di aver ottenuto quel posto a tempo indeterminato.

Verso le diciotto i miei occhi erano affaticati dallo schermo del computer, così presi una piccola pausa. Andai nella zona bar per prendere un caffè. Una voce dal fondo del corridoio mi salutò.

-Ciao bella!-

-Oh, Silvia. Passato una buona domenica?-

-Non c'è male, ho comprato un po' di regali di Natale, e te? Com'è andato il viaggio?-

Silvia mi guardava con aria incuriosita. Era probabilmente l'unica collega di cui potessi fidarmi. Potevo considerarla un'amica, nonostante potesse essere mia madre per età. Era l'unica che mi ascoltava e alla quale interessava la mia vita. Aveva sempre una parola gentile per me, ed io per lei. Spesso ci confidavamo stati d'animo e progetti dei quali non avremmo parlato con nessun altro collega.

-Molto bene! Lui mi piace tanto!-

-Lo vedo! Ti brillano gli occhi! Dai raccontami!-

-So cosa vuoi sapere, ma non ci siamo neanche baciati!-

-Come no? Dai, non ci credo!-

Sorrisi con aria sognante -E' così! Ci siamo dati solo tanti baci sulla guancia e tanti abbracci. Abbiamo parlato, abbiamo mangiato, abbiamo passeggiato....-

-Mmm, ci sono le premesse per una cosa seria allora!-

-Vedremo!- le feci l'occhiolino. Lei faceva il tifo per me. Era una donna combattente. Aveva superato mille ostacoli nella vita, un divorzio, la morte di un figlio, la mancanza di soldi... ma ora era serena e pronta ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. Lei mi aiutò a cambiare la mia prospettiva di vita da ragazzina a giovane donna responsabile. Quando iniziai a lavorare lì ero appena uscita dalle scuole superiori. Avendo sempre avuto amicizie con coetanei, conoscevo solo il punto di vista del “figlio”. Le regole erano noiose, gli obblighi erano opzionali, i doveri erano possibilità, diventando amiche lei iniziò a confidarmi le preoccupazioni che affronta un genitore, e vedendole dal punto di vista di un'amica madre iniziai a capire... a capire cos'è l'amore, la preoccupazione, la premura. Iniziai a capire cos'era la responsabilità e la paura di non riuscire a trasmettere i giusti valori a un figlio. La paura di vederlo nascere in un periodo difficile, il dispiacere nel dovergli dire sempre di no all'acquisto di quelle scarpe all'ultima moda, perché sennò i conti non tornano a fine mese. Grazie a lei ero cresciuta. Forse troppo in fretta. Ma le ero grata.

Tornai in ufficio, giusto il tempo di archiviare qualche pratica ed era già ora di andare a casa.

Mi preparai una zuppa al farro con verdure, era confezionata e si cuoceva semplicemente, come il riso. La adoravo. Sapeva tanto di inverno e mi scaldava.

Verso le nove il cellulare suonò. Risposi con voce pacata. -Ciao Dani!-

-Ciao, scusa se mi sono fatto vivo solo adesso, ma è stata una giornata molto piena!-

-Non devi scusarti! Come stai?-

-Sento la tua mancanza...-

-Anche io sai, è strano.-

-Già.- Fece una pausa. -Come sei messa con il lavoro a Natale?-

-Lavoro per tutta la vigilia, poi sono in ferie fino al 2 gennaio. Perché?-

-Così...avevo in mente di proporti una cosa...-

-Che cosa?-

-Ho prenotato un hotel per due settimane a Moena, però sarò da solo. Mi stavo chiedendo se ti avrebbe fatto piacere passare un po' di tempo insieme...-

-Una settimana bianca? Io e te?- Ero sorpresa. Piacevolmente, ma molto sorpresa.

-Non sei obbligata a dirmi di si, e non sei obbligata a rispondermi ora.-

-Oh, beh, mi prendi alla sprovvista.- risi appena -Mi piacerebbe molto...-

-Fantastico! Prenoto una camera anche per te allora?!- Il tono della sua voce era volutamente ambiguo. La sua non sembrava né una domanda né un'affermazione.

-Ho detto che mi piacerebbe, non che posso. Mandami il sito dell'hotel. Devo farci due conti. Lo sai che ho avuto una marea di spese impreviste...- Non potevo di certo permettermi un hotel a cinque stelle!

-Certo, te lo mando subito.-

-Ok, ci guardo e ti richiamo, va bene?-

-Va bene! A dopo!-

Dovevo assolutamente trovare un modo per riuscire ad andarci. Sarebbe stato bellissimo! Io, lui, la neve... Aprii il sito dell'hotel. Quattro stelle. E ti pareva? Era incantevole, bellissimo dentro e fuori, il tipico arredamento in legno, il centro benessere, il ristorante rinomato.. Posizionai il cursore del mouse su “prezzi e offerte”, ma esitai a cliccare. “Avresti dovuto laurearti Naomi, avresti dovuto specializzarti e trovare un lavoro migliore, più redditizio, invece hai avuto fretta di avere il tuo primo stipendio, per cosa poi...guarda com'è finita...” presi coraggio e cliccai. Pacchetto Capodanno, dal 26 al 31 dicembre... Spalancai gli occhi. Avrei dovuto fare un finanziamento per potermi permettere anche solo il soggiorno in hotel, per non parlare dello skipass e di tutte le spese extra. Mi lasciai cadere all'indietro nel divano, buttandomi un cuscino in faccia e lanciando un breve grido. Volevo andarci, ma come fare? Avevo assolutamente bisogno di ricevere i soldi che mi spettavano. L'adrenalina mi entrò in circolo. Senza pensarci due volte presi il cellulare in mano e feci partire la chiamata. Impostai un tono di voce sicuro e fermo, distaccato ma non scortese.

-Naomi?- il suo tono era sorpreso e timoroso.

-Si, scusa l'orario, ma ho bisogno dei miei soldi entro Natale.-

-Ne abbiamo già parlato, adesso non ce la faccio a darteli.-

-Beh almeno devi darmi un anticipo allora, ne ho bisogno e ti sto dando tempo solo perché sono fin troppo gentile.-

-Mi metti in difficoltà, sul serio.-

-Beh anche io ho avuto difficoltà nel trovare un appartamento in dieci giorni. Dammi almeno 3000€ Leonardo. 3000€ entro Natale. Altrimenti smetterò di essere così permissiva con te.-

-A cosa ti servono?-

-Non sono affari tuoi, ma credimi è urgente.-

-Hai problemi di salute?-

-No!-

Sospirò. -Vedo cosa posso fare.-

-Bene..- Terminai la chiamata. Sapevo che poteva darmeli, avrebbe trovato un modo. Almeno speravo. Riguardai il sito dell'hotel, iniziando a fantasticare. Avrei voluto comprare qualche vestitino di lana da portare con delle belle calze ricamate, una cuffietta carina, dei calzettoni colorati... Iniziai a compilare una lista delle cose da mettere in valigia. Ero una sognatrice. Avevo passato tutta la vita a immaginare gli eventi prima che accadessero, rovinandomi così la sorpresa e il gusto di realizzarli.

Dopo neanche dieci minuti Leonardo mi richiamò. -Domattina ti faccio un bonifico di seimila euro. Ma fino a giugno non chiedermi più niente per favore.-

-Ottimo. Ti farò avere la conferma appena li ricevo.-

Esitò un attimo prima di dire -Divertiti.- Buttò giù. Doveva aver intuito qualcosa, ma in fondo non mi importava. Non mi importava niente di ciò che pensava, o intuiva, o provava. Niente.

Chiamai di corsa Daniele.

-Non potrei permettermelo, ma farò uno sforzo!-

-Sul serio? È magnifico! Mentre aspettavo la tua chiamata ho dato un'occhiata più approfondita al sito, sai cosa potremmo fare per farti risparmiare? Potremmo prendere la suite, ha il soggiorno in comune, ma ha due camere e due bagni. Costa meno che prendere due camere separate... sempre se sei d'accordo.-

-Ma tu staresti su una settimana in più di me, quella settimana spenderesti il doppio!-

-Per me non è un problema, voglio solo che tu sia tranquilla.-

-Sei troppo gentile.- guardando il sito facevo a mente il calcolo di quanto avrei risparmiato dividendo la metà della suite, piuttosto che prendendo una singola. Era davvero tanto. Inoltre nella suite c'era una vasca idromassaggio da sogno nel soggiorno, davanti al camino. Mi sentii avvampare. -Potresti prenotare una singola per una settimana e poi la suite per la settimana dopo...-

-Tu non preoccuparti. Dimmi solo se sei convinta di venire e se ti va bene dividere a metà la suite per quella settimana.-

-Si! Dani si, non vedo l'ora che sia Natale!!!- Risi. Ero eccitatissima!

-Bene! Prenoto subito. A partire dal 26 come dice il pacchetto?-

-Si, il 25 sono a pranzo dai miei, poi potrei partire al pomeriggio.-

-Vieni in macchina? Se vuoi venire in treno ti vengo a prendere alla stazione.-

-La donna del treno...- Risi -...mi piace!-

Anche lui rise, guardai gli orari e i costi mentre eravamo al telefono e lui mi parlava della sua giornata di lavoro.

-Ecco, ce n'è uno che parte da qui alle 16:45, dovrei farcela a prenderlo. Arriva a Ora/Auer verso le 21:30.-

-Perfetto! Sei risoluta e sbrigativa. Mi piace!-

-Tu parti settimana prossima quindi?-

-Parto questo sabato, e rientro il primo gennaio.-

Quindi questo week-end non ci saremmo potuti vedere. Già mi mancava, ma in questo modo avrei avuto modo di fare spese e organizzarmi.

-Dani, passerò tutta la notte a pensare alla nostra vacanza sai?-

-Io passerò tutta la notte a pensare a te...-

Mi sentii arrossire.

-Principessina ora vado a dormire, sono molto stanco!-

-D'accordo. Buonanotte! Fai bei sogni.-

-Un bacio...- esitò un attimo -...sul collo! Buonanotte!-

 

Le giornate successive al lavoro sembravano infinite, però avevo in corpo una strana carica energica. Avevo voglia di lavorare, non mi fermai un attimo. Nei tempi morti mi dedicai all'archiviazione di vecchie pratiche o all'esecuzione di alcune commissioni per il capo. Con i nuovi clienti ero brillante, mentre ero determinata e insistente con i clienti morosi nei pagamenti.

I 6000€ vennero accreditati sul mio conto, e così anche lo stipendio di dicembre e la tredicesima.

Sentii Daniele tutti i giorni, via email o per brevi telefonate alla sera, doveva concludere certi affari prima delle ferie, ma lo sentii più spesso la settimana di Natale. Era da solo, in montagna, diceva di annoiarsi un po' e non vedeva l'ora che arrivassi.

Iniziai i preparativi per la partenza il mercoledì prima di Natale. Quella sera buttai sul letto il trolley e iniziai a metterci la tuta da sci, meravigliosa, della Colmar. Spesi un sacco di soldi quando la comprai, ma era bellissima e soprattutto calda e resistente, azzurra e bianca. Calzettoni termici colorati. Costume da bagno. Accappatoio di microfibra. Camicia da notte di seta. I

l giovedì presi il pomeriggio di permesso e andai a “restaurarmi” un po' dall'estetista: ceretta, manicure e pedicure. Alle diciotto avevo appuntamento con un'amica al centro commerciale. Lei era la mia consulente per lo shopping. Non la vedevo da tanto, uscivamo spesso insieme prima, quando facevamo le uscite a quattro. Da quando ero tornata single l'avevo vista solo una volta. Mi aiutò a comprare della biancheria carina e un po' intrigante, dei vestitini di lana e dei maglioncini a collo alto da mettere sotto la tuta, presi anche un vestitino a tubino per il cenone di Capodanno, era rosso scuro di un tessuto luminoso, forse raso. Provò a indagare sul motivo della mia partenza e sulla mia compagnia, ma sapeva che non le avrei risposto sinceramente, quindi non ci mise molto impegno. La salutai augurandole buone feste e tornai di corsa a casa. Da lì al giorno di Natale le mie notti diventavano sempre più insonni. Non facevo che pensare a lui. Continuavo a ripetermi “dai Naomi, manca poco, adesso dormi... dormi...”

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Capitolo 4
*** 4 - Natale ***


Domenica 25 dicembre 2011. Natale. Mancava forse meno di un anno alla fine del mondo? Mi svegliai di buon ora, accesi la macchinetta del caffè e alzai la tapparella. Stava nevicando! Le strade erano ancora completamente pulite, forse aveva appena iniziato. I fiocchi erano grandi, ma un po' molli, non del tutto congelati. Feci il caffè, scelsi una miscela dolce e cremosa, per coccolarmi un po'. Guardavo la stanza attraverso il fumo del caffè, soffiandoci dentro con aria sognante... Volevo assolutamente partire. Iniziai a prepararmi. Indossai un vestitino corto grigio di lana, con calze nere ricamate effetto pizzo a fiori. Dei booties grigi scamosciati. Mi piacevo. Caricai il trolley in macchina poi tornai in casa a prendere gli scii. Aprii la cerniera della sacca nera che li richiudeva e controllai se era tutto a posto, aprii anche la sacca degli scarponi, poi richiusi tutto e li caricai in macchina. Nella mia piccola 500 faticavano a starci, tirai giù i sedili posteriori e ci riuscii.

-E' in partenza signorina Greco?-

-Buongiorno Sig. Pazzi, Buon Natale!-

-Altrettanto!-

-Parto dopo pranzo, settimana bianca!-

-Bene! Si diverta! Buone cose!-

Il mio vicino era un simpatico vecchietto, non c'era ora del giorno e della notte in cui non lo si potesse incontrare per le scale, però non era invadente ed era sempre gentile. Quando rientrai in casa il cellulare stava suonando, non riuscii a rispondere in tempo. Era Lui! Mi si illuminarono gli occhi mentre feci partire la chiamata.

-Vodafone, servizio di segreteria telefonica....-

Accidenti, ci stavamo chiamando a vicenda, attesi due minuti, ma non richiamò. Feci ripartire la chiamata.

-Vodafone, servizio recall...-

Nello stesso tempo mi arrivò il messaggio di lui che stava provando a chiamarmi. Per quanto tempo ci saremmo rincorsi? Ridevo nervosamente, volevo parlargli, non volevo perdere altro tempo. Lui mi faceva sempre questo effetto, che si trattasse di una chiamata, di un sms, di un'email o di qualunque altra cosa, mi faceva venire la tachicardia, o una specie di crisi di astinenza. Ero drogata di lui. Non riuscivo a farne a meno. Finalmente suonò.

-Buon Natale Dani!!!!!-

-Ehi! Buon Natale! Come stai?-

-Benissimo! Sono già pronta e non vedo l'ora di...- esitai un attimo, non volevo dargli così tanta importanza -...andare dai miei! Sai il pranzo, rivedere i parenti, i nipotini...-

-Certo! Io non vedo l'ora che tu arrivi!-

Sorrisi maliziosamente, anche se ovviamente non poteva vedermi. -Arriverò tra dodici ore... non passeranno mai... C'è neve?-

-Si, nevica da ieri sera, però qui sono ben organizzati e le strade sono liberissime.-

-Wow, sai non vedo l'ora di poggiare i piedi sulla neve, sentirla scricchiolare... sarà una giornata lunghissima!- Avevo ceduto.

-Già...- Voleva dire qualcosa, ma non lo fece. -Ti lascio ai preparativi, ora vado alle piste. Ci sentiamo più tardi dolcezza.-

-Ok, un bacio!-

Mi buttò un bacio e terminò la chiamata. Quanto era normale che ci buttassimo baci al telefono? Mi chiedevo cosa provassi per lui, l'unica risposta che sapevo darmi era “mi fa battere il cuore”, e questo mi bastava. Tra noi c'era stato affetto quasi da subito. Accesi il computer, che tenevo sempre in stand-by e rilessi le email partendo da quelle più vecchie.

 

Genova, 27 Agosto 2010

 

Sono gentilmente a richiedere informazioni riguardo alla linea Swain, sarei interessato all'acquisto di n° 5 art. 715 blu cobalto e n° 18 art. 414 verde pistacchio. Gradirei ricevere preventivo compreso di IVA e spese di spedizione. Chiedo inoltre tempi di consegna e modalità di pagamento.

 

Cordiali saluti

Daniele Morello

 

La centralinista avrebbe dovuto mandarla ad un addetto alle vendite, ma per una strana combinazione di eventi si sbagliò e la inviò a me. Io, probabilmente succube del destino, mi informai e risposi personalmente.

 

Cesena, 30 Agosto 2010

 

Gent.mo Sig. Morello, allego preventivo dettagliato. Per qualsiasi informazione o conferma d'ordine, non esiti a contattarci.

 

Cordiali saluti

Naomi Greco

 

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Genova, 30 Agosto 2010

 

Gent.ma Sig.ra Naomi,

Le confermo l'ordine della merce. Pagamento con bonifico bancario.

 

Saluti

Daniele

 

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Cesena, 15 Settembre 2010

 

Gent.mo Sig. Morello, La merce è partita dal nostro magazzino questa mattina tramite corriere espresso. La fattura si trova nel collo n°1.

Resto in attesa della conferma di ricezione della merce.

 

Saluti

Naomi.

 

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Genova, 20 Settembre 2010

 

Sig.ra Naomi, è stata gentilissima. La merce è arrivata in perfetto stato. Ho già provveduto a far disporre il bonifico. La ringrazio infinitamente. Buon lavoro.

Daniele

 

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Cesena, 21 Settembre 2010

 

Non mi deve ringraziare, il nostro più grande piacere è la soddisfazione del cliente.

A risentirci. Buona giornata.

Naomi.

 

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Genova, 22 Settembre 2010

 

Mi voglia scusare Naomi, saprebbe indicarmi quale prodotto sarebbe più adatto per la pulizia dell'art. 414? E' stato macchiato con caffè... da me! Spero di poter rimediare alla mia poca accortezza. Daniele

 

Ecco, ci fu qualcosa in quell'email, così distaccata eppure così buffa, che mi fece ridere e mi provocò simpatia.

 

Cesena, 22 Settembre 2010

 

Le consigliamo di tamponarlo con una spugna umida, alternativamente può provare con dello spray smacchiante per moquette.

Mi faccia sapere se riesce a smacchiarlo.

Perdoni la mia curiosità, ma come c'è finito del caffè su un lampadario?

 

Saluti. Naomi.

 

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Genova, 22 Settembre 2010

 

Sarà lieta di sapere che è bastato acqua e spugna come da Lei consigliato.

Come c'è finito il caffè sul lampadario, beh, è un'ottima domanda! Mi avrebbe fatto piacere raccontarLe un aneddoto divertente, ma è successo semplicemente rovesciando il caffè sul tavolo dov'era poggiato il lampadario appena sballato.

 

La ringrazio, è sempre gentilissima Lei.

Alla prossima. Daniele

 

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Cesena, 22 Settembre 2010

 

Si, in effetti speravo in qualche strana acrobazia. Mi ha fatto piacere risentirLa.

 

Naomi.

 

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Genova, 23 Settembre 2010

 

Mi scusi se la disturbo di nuovo, ma in fondo mi piace disturbarLa perché è sempre gentile... mi occorrerebbe una scheda di montaggio per l'art. 715, qua tutti sono bravi a parole, ma non col cacciavite in mano.

La ringrazio.

Daniele

 

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Cesena, 24 Settembre 2010

 

In allegato la scheda di montaggio.

Daniele mi dia pure del tu, e mi disturbi quando vuole, è un piacere aiutarLa.

 

Saluti Naomi.

 

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Genova, 24 Settembre 2010

 

Applique montate! Grazie a Lei, volevo dire a te! E' stata una fortuna trovare qualcuno così gentile e disponibile, è una qualità che al giorno d'oggi ormai non ha più nessuno. Spero che il tuo datore di lavoro sappia di avere nel suo team una persona speciale!

Ti auguro un buon fine settimana.

Daniele.

 

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Cesena, 24 Settembre 2010

 

Caro Daniele, non ho potuto resistere alla tentazione di inoltrare l'email al capo. Ogni tanto una piccola soddisfazione personale ci vuole! E' stato un piacere averti come cliente! Se è difficile trovare gentilezza nel venditore, è ancor più difficile trovarla nel cliente credimi!

 

Un buonissimo fine settimana anche a te!

Naomi.

 

 

La mia mente si perdeva nelle email, cercando di carpire ancora le sensazioni che mi provocavano quelle prime righe. Il formicolio alle mani e il sorriso nel vedere pian piano crescere la confidenza tra noi.

Scorsi più in alto con la rotella del mouse.

 

 

Genova, 14 Gennaio 2011

 

Buongiorno Naomi, come stai? Ieri sera mi hai lasciato un po' preoccupato. Spero che tu abbia risolto. Fatti forza. Un abbraccio. D.

 

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Genova, 27 Febbraio 2011

 

Buongiorno bellezza, scusa per ieri, ero in riunione e nella casa nuova non ho ancora la connessione a internet, ma ti ho pensato sai? Come stai? Ora vado in spiaggia, c'è un bellissimo sole. Un bacio su quel bel nasino che hai. D.

 

 

Era bellissimo sentirlo, anche se spesso si trattava di una sola email al giorno. Lui era una valvola di sfogo, una spalla sulla quale contare, un'amicizia incondizionata, un consiglio disinteressato, un abbraccio gratuito. A febbraio ci eravamo scambiati le foto, perché dopo tanti mesi la curiosità era diventata troppa. Mi mandò un primo piano, con un sorriso a trentadue denti, una posa un po' forzata, la pelle quasi bruciata dal sole, i riccioli biondi troppo lunghi... dimostrava meno della sua età, ma quella foto non mi piaceva. Si capiva che era un bell'uomo, ma un pessimo fotomodello. Io gli mandai una foto scattata a Natale 2010. Lui mi disse che ero molto carina, che avevo gli occhi da furbetta, e che il mio ragazzo era un bel tipo.

Già....proprio un bel tipo...

Guardai l'orologio. Erano le dieci. Partii per andare dai miei genitori.

Per strada non c'era traffico. La neve scendeva ancora, piccola e leggera, svogliata, non avrebbe imbiancato neanche la cima degli alberi. Entrai nel vialetto e parcheggiai davanti al garage. I parenti non erano ancora arrivati. Suonai al campanello. Erano passati tre anni da quando mi ero trasferita, mi faceva un effetto strano suonare il campanello piuttosto che usare la mia chiave, ma allo stesso tempo non mi sentivo più la padrona di casa. Aprì mia mamma, era raggiante. I capelli neri in ordine, l'abbronzatura dorata che aveva tutto l'anno, gli stessi occhi da furbetta che ho anche io. Indossava un tailleur nero con una blusa color avorio, le piccole balze nella scollatura erano decorate con degli strass. La baciai sulla guancia. In casa aleggiava il profumo di arrosto, di cannella, di rosmarino, di chiodi di garofano. Il camino era addobbato con una ghirlanda piena di stelline dorate. La tavola già apparecchiata. Mi sembrò di entrare per un attimo in un'altra dimensione, la dimensione in cui io ero bambina e non stavo nella pelle dall'eccitazione natalizia. La notte non riuscivo a dormire e mi svegliavo alle tre, poi correvo sotto l'albero ad aprire i regali che mi aveva lasciato Babbo Natale. All'inizio ero silenziosa, poi una volta aperti tutti i regali correvo nel lettone dei miei e li svegliavo, raccontandogli quali meraviglie mi erano state donate.

Potevo quasi vedermi, una piccola creaturina che correva in pigiama, buttando all'aria la carta da pacchi, propriò là, vicino all'albero...

 

-Naomi! Buon Natale!-

-Babbo! Auguri anche a te!!-

-Ti vedo bene, come stai?-

-Sono felice!- Mi guardava, apprensivo. -Sul serio!-

Lui era molto elegante, la camicia bianca sbucava da un maglioncino grigio scuro con lo scollo a v, il pantalone di un grigio più chiaro, perfettamente stirato, leggermente aderente. Il capello brizzolato era più chiaro di come lo ricordavo.

-Mi aiuti a prendere i regali che ho in macchina?

-Certo!-

Ecco, ora dovevo dirgli che sarei partita...

-Cosa fai con la valigia in macchina?-

-Vado a sciare.-

-E me lo dici così? Quando parti?-

-Dopo pranzo, prendo il treno...- “che gli dico?” pensavo -...e... mi vengono a prendere alla stazione delle amiche che sono già su.-

Fece finta di credermi. -Mi raccomando stai attenta, ce li hai i soldini?-

-I soldini? Non ho cinque anni babbo!- sorrise.

 

Mi arrivò un messaggio di Daniele: “Il menù del rifugio oggi prevede crostini con crema di lenticchie, ravioli al cotechino in salsa di lenticchie, galletto ripieno, pandoro con mascarpone. Poi non ti lamentare se stasera non mangio niente! Il tuo invece cosa propone? Ti penso.”

 

A breve iniziarono ad arrivare gli zii, i cugini con i nipotini piccoli, la nonna, altri zii. Sembravano tutti felici di vedermi, anche io lo ero, ma allo stesso tempo non vedevo l'ora di finire quel pranzo e finalmente partire. Scrissi a Daniele un messaggino veloce: “Per ora prone solo flotte di parenti e una bottiglia di spumante, vedremo il seguito. Un bacio.”

I parenti erano stati splendidi, nessuna domanda indiscreta, nessun doppio senso, nessun gioco di parole, neanche una parola sull'accaduto. Quelli più anziani mangiavano beati e raccontavano aneddoti sulla loro gioventù, quelli più giovani con figli invece passavano la maggior parte del tempo a inseguirli per casa e cercare di dar loro da mangiare. Ero divertita, ma impaziente.

Finalmente arrivò il dolce: pandoro al mascarpone. Dejà-vu, pensai. Dopo il dessert seguirono caffè, ammazzacaffè, thè e pasticcini tanto per non farsi mancare niente. Ero satolla. Mi alzai da tavola e andai a giocare con i bambini che avevano già aperto i loro regali. Presi in braccio la piccola Desirè, figlia di mio cugino. Era una paffutella di tre anni, i capelli nero corvino e due occhietti vispi vispi. Solitamente era socievole, ma quel giorno era troppo impegnata dai suoi giochi nuovi e dalla presenza degli altri bambini e volle scendere subito.

Erano le 16:10, era ora di andare in stazione. Salutai tutti, baciandoli uno a uno sulla guancia. Erano buffe le guance pungenti della nonna e della zia più anziana. “Spero che invecchiando non cresca anche a me la barba!” pensavo, mentre andavo alla macchina con mia mamma.

-Allora vai a sciare?-

-Si, ti mando una cartolina, o un mms...-

-Ok. Lui come si chiama?-

La guardai esterrefatta -Lui chi?- chiesi con voce troppo acuta.

-C'è qualcuno che ti aspetta là vero? È un ragazzo?-

Sospirai guardandomi la punta delle scarpe. -Vedi i miei piedi mamma? Sono ben piantati a terra adesso, anche se mi piace indossare i tacchi ogni tanto!-

Mi sorrise un po' perplessa, non le erano mai piaciute le mie metafore, forse perché non le capiva al volo, o forse ero io che inventavo metafore incomprensibili. Ci stava ancora pensando mentre mi salutava con la mano, guardandomi uscire dal vialetto.

Avevo la tremarella. Forse era il freddo, o forse l'agitazione. Mi aspettavano interminabili ore di viaggio. Nella borsa avevo portato il mio kit di sopravvivenza anti-noia: un libro, una rivista, le cuffie per ascoltare la musica... ma quelle ore mi sarebbero sembrate giorni. Non sarei riuscita a dormire questa volta, c'erano in ballo troppe emozioni.

Parcheggiai e incastrai nella tasca anteriore del trolley la custodia degli sci, mentre portai a mano quella degli scarponi. Feci il biglietto e mi recai alla banchina. Avevo scelto un biglietto di prima classe, nella speranza di trovare più facilmente un posto libero accanto al mio, per i bagagli. Arrivai alla banchina e, un po' sorpresa, notai che c'erano solo tre persone. Però non mi pentii di aver scelto la prima classe. Almeno avrei avuto un posto più comodo.

Accesi una sigaretta e attesi solo dieci minuti prima che arrivasse il treno. Salii, un po' impacciata a causa del bagaglio ingombrante. Trovai un posto con tutti e quattro i sedili liberi e sistemai i miei bagagli nel miglior modo possibile, prima che il treno iniziasse a muoversi.

“Dani sto partendo. Dovrei arrivare in orario, non hanno segnalato ritardi causa neve.”

Rispose dopo pochi minuti

“Ho appena finito di fare la doccia, vado un po' in sauna a scaldarmi. Ti aspetterò impaziente alla stazione, bella!”

Sorrisi e riposi il cellulare nella borsa, tirando fuori il libro che avevo iniziato a leggere qualche settimana prima.

La signora Taylor guardava il cadavere del defunto marito con fin troppo disinteresse. Gli occhi si stavano arrossando, ma nessuna lacrima, nessuno stupore, nessun cuore infranto. Il detective era stato messo a conoscenza dalla domestica, che tra i coniugi la relazione era in crisi da diversi mesi. Che fosse quello il motivo delle lacrime non versate? O forse era il motivo della prematura morte dell'avvocato Taylor? Certo la rabbia poteva essere il movente di un omicidio, ma poteva anche essere la ragione dell'indifferenza della vedova. Le persone che avrebbero tratto vantaggio dalla morte dell'avvocato erano tante: la moglie, i soci, il fratello... certo poteva anche trattarsi di vendetta: un cliente al quale aveva fatto perdere una causa? Un concorrente al quale aveva strappato un cliente o una vittoria in tribunale? -Detective, gradirei parlarle in privato.-

-Una confessione forse?-

-No, vorrei mostrarle una lettera che mio marito ha ricevuto per posta qualche settimana fa, forse potrebbe aiutarla.-

La signora Taylor accompagnò il detective nello studio e prese la lettera dal cassetto della scrivania, lui la scrutò con attenzione.

-C'è una firma ma è illeggibile, non si capisce chi è il mittente!-

-La firma non corrisponde a nessuno di nostra conoscenza, né parente, né amico, né cliente. Mio marito ha passato notti insonni cercando di capire chi potesse avergli scritto quella lettera...-

-La farò analizzare, sicuramente mi tornerà utile. Certo sarebbe stato meglio non toccarla a mani nude per non compromettere le impronte digitali..- Disse con tono di rimprovero. Che la signora Taylor avesse appositamente voluto mettere le sue impronte sulla lettera, davanti al detective, per non far ricadere le colpe su lei stessa?”

Strizzai un po' gli occhi. Il sussultare del treno mi rendeva la lettura difficile. “Piano A fallito” pensai, rimettendo il libro nella borsa. Attaccai le cuffie al cellulare e ascoltai la musica fino a Bologna, dove mi aspettava la coincidenza.

Il treno era quasi deserto. Fuori infiniti campi bui si alternavano a piccoli paesi o grandi cittadine. Il tempo passava e io sentivo la stanchezza camminare mano a mano con l'agitazione. La sensazione era diversa da quella dell'incognita della prima volta. Questa volta non c'era la curiosità di vederlo dal vivo, questa volta c'era la voglia di perdersi in quegli occhi chiari, fino a consumare i miei. C'era la voglia di sentire di nuovo il suo profumo, di assaporare di nuovo il calore dei suoi abbracci... Cercai di non pensarci, perché più ci pensavo e più l'attesa diventava insostenibile, e più i miei pensieri diventavano inappropriati. “Manca solo un'ora Naomi, solo un'ora!”

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Capitolo 5
*** 5- L'arrivo ***


L'altoparlante annunciò la mia fermata ad Ora Auer. Scesi, impressionata dal freddo che mi colse all'improvviso sulle gambe, coperte solo dalle collant. Un lieve vento gelido mi pungeva sugli zigomi, facendomi aumentare il tremore. Mi guardai intorno, non c'era molta gente alla stazione, ma non vedevo Daniele. La stazione era molto piccola, in pietra. Fuori, nell'altrettanto piccolo parcheggio, riconobbi subito l'Audi bianca di Daniele, lui era seduto dentro, aveva il volto illuminato di blu e stava spingendo tasti sulla radio. A terra c'era parecchia neve e non volevo trascinare il trolley nel timore di bagnargli la macchina che teneva sempre tanto pulita. Fortunatamente dopo pochi istanti alzò gli occhi e mi vide. Uscì raggiante dalla macchina, col suo giacchetto nero tenuto slacciato, nonostante il freddo, in testa aveva una cuffietta di lana scura, dalla quale usciva qualche ricciolo ribelle. Mi venne incontro con aria sicura, il portamento fiero e un magnifico sorriso. Aveva una barba un po' incolta che lo rendeva molto sexy.

-Naomi! Che piacere rivederti!-

Mi abbracciò, stringendomi forte.

-Ciao Dani! Di nuovo Buon Natale!-

-Già! Buon Natale, sai non mi è sembrato neanche natale oggi, sono stato tutto il giorno da solo e non l'ho sentito molto... -

Lo guardavo incantata, non sentivo più freddo, non sentivo più stanchezza...

-Per fortuna che ci sono io che rischio di ibernarmi pur di farti compagnia!-

-Già! Sono un uomo fortunato! Vieni, ti aiuto a portare la valigia in macchina!-

Camminai con attenzione sulla neve, gustandomi l'ovattato scricchiolio che produceva ogni mio passo. Guardai in alto, gustandomi per un secondo il picchiettio dei fiocchi sul viso. In macchina c'era un caldo tepore, la radio accesa al minimo del volume suonava musica jazz, la sua preferita. Poggiai la borsa e mi sedetti con entrambe le gambe fuori, sbattendo i piedi uno contro l'altro per un paio di volte, nel tentativo di non far entrare molta neve.

-Oh sei gentile, ma non preoccuparti, non è necessario.-

Gli sorrisi, si vedeva che mi era grato per quel piccolo accorgimento, sapevo che odiava sporcare la macchina.

-Era da molto che mi aspettavi?-

-No, saranno stati cinque minuti appena. Hai fame?-

-Si e no... -

Partì in direzione di Moena.

-Anche io, mangerei solo per gola, ma sono ancora pieno dal pranzo. Ho mangiato un sacco e poi ho fatto una gran fatica a sciare sai? Sono andato via presto dalle piste e ho fatto un giro a piedi per Moena...- allungò una mano dietro al mio sedile -Ti ho preso un pensierino!-

Lo guardai entusiasta mentre mi porgeva un piccolo sacchettino rosso, legato con dei fili di rafia color oro. Aprii con delicatezza, dava l'idea di essere qualcosa di fragile. Infilai le dita dentro e ne estrassi una piccola stella di natale in cristallo. Era bellissima.

-Ti sei ricordato che mi piace tutto ciò che luccica eh?- gli chiesi sorridendo.

-Ti piace?-

-Moltissimo!- Mi sentii per un attimo in colpa, io non gli avevo preso nessun regalo, d'altra parte non avrei proprio saputo cosa regalargli. Sarei caduta nella banalità del solito braccialetto, o della noiosa sciarpa, o di qualche altra cosa priva di significato. Gli accarezzai la guancia col dorso della mano, lasciandomi solleticare dalla barba incolta. -Grazie!-

Guidò su per i tornanti, con andatura sicura e costante, su quella neve che cadeva incessante. Non avevo paura, guardavo il ripido burrone sottostante, ma non avevo timore. Con lui mi sentivo al sicuro. Ci lasciammo alle spalle una ventina di paesini inondati di luci natalizie e, cinquanta minuti dopo, arrivammo all'hotel. Quando scesi dalla macchina, mi sentii come dentro a quei souvenir con la neve. L'hotel era magnifico, più bello che in foto. Le luci e le decorazioni gli davano un'aria magica. La neve cadeva a fiocchi grossi e ordinati. Daniele prese le mie valige e le portò dentro, poi andò a parlare con la signora alla reception, una signora robusta di mezza età, con i capelli rossi corti e mossi, e gli occhialetti sottili in punta di naso. Mi diede il benvenuto e mi consegnò una copia della chiave della nostra suite.

-Ti accompagno in camera, poi andiamo a cena.-

Salimmo sull'ascensore. Le pareti erano rivestite di legno e specchi. Era molto elegante, come tutto il resto dell'hotel. Mi sentivo un po' agitata e febbricitante. La nostra suite era al quarto piano, appena usciti dall'ascensore girammo a destra e poi ancora a destra, in un'ala dove i corridoi erano più grandi. Probabilmente era la parte più lussuosa dell'hotel. Sulla sinistra avevamo le porte delle stanze, sulla destra delle pesanti tende racchiuse con grossi fiocchi, lasciavano intravedere una serie di vetrate che affacciavano su un grande terrazzo ricoperto di neve.

Quasi in fondo al corridoio Daniele strisciò la chiave magnetica nella serratura. Aprì la porta mostrandomi un ampio salone con due comodi divani messi ad angolo, un camino in pietra sulla destra e una vasca idromassaggio rotonda di fronte. In fondo alla stanza c'erano due porte, una a destra e una a sinistra.

-Ti ho lasciato la camera a destra, vuoi andare a vederla?-

-Lo sai che sono curiosa!-

Mi tolsi il cappotto e lo poggiai all'attaccapanni, trascinai con me il trolley e aprii la mia camera, era molto bella. Sulla destra c'erano un grande letto matrimoniale, una scrivania, un armadio a due ante e un mobiletto basso, tutto in legno chiaro, tipico della zona. Sulla sinistra una porta dava su un piccolo terrazzo, mentre più avanti c'era la porta del bagno, il quale era rivestito con marmo chiaro ed aveva un grande box doccia e un bello specchio. Era la camera dei sogni. Notai solo in quel momento che Daniele non mi aveva seguita, ma era rimasto ad aspettarmi nel soggiorno.

-E' magnifica!-

-Sapevo che ti sarebbe piaciuta!-

-Andiamo a mangiare?-

Mi fece segno di sedermi accanto a lui. Era seduto molto comodamente su quel divano di pelle bianca, mi accovacciai di fianco a lui che mi abbracciò e mi fece poggiare la testa sul suo petto, coccolandomi un po'. Provavo una sensazione di pace, nonostante avessi il cuore che batteva all'impazzata.

-E' una settimana che aspettavo questo momento, mi mancava il tuo profumo.-

Mi girai, guardandolo. I nostri volti erano molto vicini. Sapevamo entrambi che tra noi non era più amicizia. Forse non lo era mai stata. Le nostre guance si sfiorarono, teneramente, gli zigomi si solleticavano, facendomi strisciare il naso vicino al suo orecchio. Le sue mani mi stringevano la schiena. Il mio respiro stava diventando corto.

-Andiamo a mangiare...- sussurrò lui.

La sala da pranzo era riccamente decorata con addobbi natalizi. Le luci soffuse lasciavano spazio alle candele poggiate sui tavoli e alle lucine natalizie che circondavano le colonne a spirale. Gli ospiti dell'hotel erano molto eleganti, alcuni avevano già finito di mangiare mentre altri come noi, nonostante l'ora tarda, erano appena arrivati. Una volta seduti al tavolo, un cameriere ci portò dell'acqua e ci chiese se volevamo del vino. Daniele mi guardò per un attimo e ordinò una bottiglia di vino rosso.

-Tu non lo bevi vero?-

-Già, non mi piace.- Sorrisi ammirando quella candela rossa che illuminava i suoi occhi. Ci guardavamo incantati, appagati dalla nostra sola presenza. Finalmente avevo ricevuto la mia droga. Finalmente la mia fame era stata saziata. Mi prese la mano e la accarezzò un po'.

-Sai, avevo paura che tu alla fine non venissi...-

-Perchè mai avrei dovuto darti buca?-

-Non so, perché è una situazione strana la nostra.-

-Molto strana!- Aggiunsi.

-Sono molto contento che tu sia qui!-

-Ed io sono contenta che tu mi abbia invitata!-

Il cameriere ci servì il vino e subito dopo gli antipasti.

-Dopo cena se ti va possiamo andare a fare un giro in centro, oppure nella sala delle feste dovrebbe esserci un po' di musica...-

-Restiamo in hotel, sono stanchissima, e anche tu sarai stanco!-

-Bravissima!- Sorrise compiaciuto. Aveva usato un piccolo trucchetto per indurmi a prendere la decisione che più gli sarebbe piaciuta. Io avevo abboccato solo perché ero davvero stanca, ma si dice che se chiedi a una persona indecisa, se vuole fare A o B, risponderà di certo B. Me lo spiegò un'amica che studiava sociologia, diceva che se chiedi a un bambino “sono bella o brutta?” risponderà sempre “brutta”, se invece gli chiedi “sono brutta o bella?” risponderà “bella”.

-Sono molto stanco! Mi fa male tutto..sai quanto è faticoso sciare da soli? Di solito quando sei in compagnia aspetti gli altri, fai due chiacchiere fra una pista e l'altra... invece così, da solo, mangiavo una pista dopo l'altra, dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio! Mi sono sfinito!-

-Recupera le energie vecchietto, perché domani dovrai starmi dietro!-

Sogghignò. -Tempo permettendo! Oggi non si vedeva niente, pista e cielo sembravano essere una cosa sola! E poi vecchietto a chi?- Gonfiò il petto e raddrizzò la schiena. -Sono ancora nel fior fiore della giovinezza!-

Lo guardai, in effetti era vero, a parte qualche piccolo segno di espressione, aveva un viso molto fresco, e il fisico atletico non gli dava l'età che in realtà aveva.

-Scherzavo, mi sembri tutt'altro che vecchietto...-

Assaporammo il primo mentre decidemmo di saltare il secondo per lasciare spazio al dolce, al quale nessuno dei due era disposto a rinunciare.

Ci servirono uno spicchio di zelten, un dolce natalizio tipico trentino, accanto a una rotella di tronchetto di natale al cioccolato e crema burro.

Sulla sua fetta di tronchetto c'era una ciliegina candita, che sulla mia fetta non c'era. La guardai con invidia mentre lui sadicamente ci mangiava intorno. Quando ebbe ripulito il piatto, prese la ciliegina dal gambo e la sollevò a mezz'aria.

-Te la meriti?-

Guardavo quella ciliegia, rotonda e zuccherina, divertita da questo giochetto. Avvicinò la mano, al mio viso, aprii la bocca tentando di mordere quella piccola perla candita, ma lui ritirò la mano. Richiusi la bocca, guardandolo fisso negli occhi. Riavvicinò la ciliegina alle mie labbra, sfiorandole, accarezzandole. Un brivido mi percorse la schiena. Mi stava baciando con una ciliegia. Premette delicatamente contro le mie labbra, per farmi capire che adesso avrei potuto mangiarla. Schiusi lentamente la bocca e la addentai dolcemente, staccandola dal gambetto.

-Mmm!- mugolai gustando la dolcezza appena deglutita.

Si avvicinò pericolosamente a me, inclinando la testa alla sua sinistra, era a pochi centimetri dalle mie labbra. Mi teneva il collo con la mano sinistra. Non opposi resistenza, ma continuai a guardarlo, mentre si avvicinava sempre di più. Quando fu a due centimetri dalla mia bocca mi sfiorò il labbro inferiore col tovagliolo.

-Non potevo continuare ad avere la tentazione di quelle labbra alla ciliegia.- Si allontanò, ricomponendosi.

Dovevo avere circa centoquaranta battiti al minuto, la testa girava, il fiato corto mi dava l'affanno e mi faceva pulsare la vena sul collo. Ero cotta. “Addio Naomi...” pensai “...ormai sei cotta, sei andata, non capisci più niente!!”

-Allora, mi porti a questa festa o no?-

Si alzò e mi porse la mano, per aiutarmi ad alzarmi. Raccolsi la borsa scendemmo un piano di scale, per recarci al piano -1, dove c'erano il centro benessere e la sala delle feste.

Era una stanza non molto grande, con un piccolo palco dove un tastierista e una cantante facevano musica lounge dal vivo. La zona bar era molto affollata, ma riuscimmo a trovare due sgabelli liberi. Mi tremavano ancora le ginocchia e a fatica mi arrampicai sullo sgabello.

-Cosa bevi?-

Scrutai le mensole, ricolme di alcolici -Una crema di liquore alle fragoline di bosco.-

Ordinò al barista la mia crema di fragoline e un Cubaney per lui.

-Cos'è il Cubaney?-

-E' rum, uno dei miei preferiti.-

-Oh, sei un intenditore di rum?-

-No!- Sorrise. -Sono solo un po' vizioso, come te!-

Mi conosceva fin troppo bene.

Man mano che passava il tempo, arrivavano sempre più persone, in quella stanza ormai affollata. Era molto caldo, quasi soffocante. Avevo finito la mia crema mentre lui aveva ancora qualche sorso di quell'ambrato rum.

-Ti va di uscire un attimo a prendere una boccata d'aria?-

-Stavo per chiedertelo io!- Risposi sollevata.

Fuori nevicava ancora, ma noi eravamo riparati, sotto i terrazzi. Mi sedetti sul davanzale di una finestra mentre sbollivo lentamente il calore accumulato. Il nostro fiato diventava una pesante nuvola di vapore bianco ad ogni respiro. Mi sedetti meglio sul davanzale, incavallando le gambe. Il vestito corto lasciava vedere la coscia ricamata di pizzo, notai l'occhio di Daniele caderci più volte, con discrezione, mentre finiva di degustare il suo Cubaney.

-Vieni qui.- Mi feci abbracciare. -Erano settimane che sognavo di poter stare fra le tue braccia...-

-Stacci! Stacci quanto vuoi!-

Sprofondai il viso nel suo collo, azzardandovi qualche tenero bacio a labbra morbide. Sentivo crescere in me la voglia di spingermi un tantino oltre. Daniele deglutì, piacevolmente turbato. Lo baciai sotto l'orecchio, per poi spostarmi verso il viso, un centimetro dopo l'altro, carezzandolo col naso. Il profumo della sua pelle mi inebriava, mentre le sue braccia mi stringevano forte a sé. Centimetro dopo centimetro lo baciai fino all'angolo della bocca. L'angolo delle nostre labbra si sfiorò, innocentemente, ma non troppo, mentre le mie piccole dita affusolate gli carezzavano i capelli sulla nuca, giocando con i suoi ricci. Era una sofferenza così dolce attendere un suo bacio, uno vero, mentre lui attendeva il mio. Chi dei due avrebbe ceduto per primo? Decisi di azzardare ancora un po'. Roteai il viso, sfiorando appena, quasi impercettibilmente, le mie labbra sulle sue, dal basso all'alto. Avevo i brividi. Crollai. -Ti prego baciami o mi farai morire!-

Mi strinse con forza a sé, baciandomi, finalmente, con gentile prepotenza. Dischiusi le labbra, lasciando che le nostre morbide lingue si incontrassero, carezzandosi dolcemente. Sapeva di buono, quel lungo bacio che mi fece dimenticare il mondo intero in un istante. Non esisteva più niente, solo le sue delicate labbra affamate delle mie. Le sue mani mi stringevano forte la schiena, tirandomi a sé sempre più. Era bellissimo baciarlo. Era un bacio appassionato, sensuale. Un bacio che durò forse qualche minuto prima che piccoli bacetti concludessero pacatamente quell'infinito subbuglio di sensi ed emozioni. Sorrisi, mentre la sua bocca era ancora davanti alla mia. Non mi interessava cosa avrebbe comportato quel bacio. Non mi interessavano le conseguenze, le future difficoltà o gioie. Era stato bellissimo.

Mi prese la mano portandola vicino al nostro viso, e mi baciò le dita infreddolite, riscaldandole mentre continuava a guardarmi negli occhi. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo magnifico viso, mi aveva ipnotizzata.

-Tu mi fai morire, Naomi. Tu...- i suoi occhi chiari vacillavano a destra e sinistra, insinuandosi nei miei -..tu mi hai...ma non ti avrei baciata se non me l'avessi chiesto!-

-Perchè?- chiesi con un filo di voce.

-Perchè sei un fiore di cristallo, come quello che ti ho regalato, e ho paura di romperti...-

-Non mi romperai!-

-So che sei forte, ma tra noi sarà difficile, lo sai!-

-Ora siamo qui, insieme, al resto penseremo dopo.-

Mi baciò nuovamente, con dolcezza.

Sebbene il cuore mi battesse a mille, stavo iniziando ad avere freddo. Le gambe si stavano congelando, seduta su quel davanzale in pietra.

-Torniamo dentro?-

-Certo-

Il tono della sua voce era diventato più pacato e accomodante, però mantenne la stessa espressione sicura di sé sul viso. Camminava al mio fianco, con portamento fiero e deciso, cingendomi le spalle col suo braccio, nel tentativo di riscaldarmi un po'.

All'interno della sala, gli ospiti dell'hotel occupavano tutti i tavolini e tutti gli sgabelli intorno al bancone, affollandosi anche accanto ai muri e ed alle colonne, rendendo così l'ambiente saturo, privo di respiro. Non mi era mai piaciuta la folla.

-Dani, siamo entrambi stanchi, non è necessario partecipare alla festa per festeggiare il Natale! Possiamo anche andare in camera se ti va.-

-Ti adoro!- mi guardò con gratitudine. Neanche lui amava i luoghi affollati.

Ci scambiammo qualche timido bacio nell'ascensore, per poi arrivare alla suite. Portai la borsetta nella mia camera e mi abbandonai sul divano di pelle, stendendomi nel verso della lunghezza, con le ginocchia poggiate sul bracciolo, a penzoloni, mentre Daniele accendeva il caminetto a gas. La legna era finta, ma il fuoco era vero e riscaldava l'ambiente col suo luminoso tepore. L'orologio a pendolo, appeso sul camino, segnava mezzanotte e mezza. Si stese anche lui come me, ma nella direzione opposta, poggiando la testa sulla mia spalla, guancia a guancia. Mi baciò, così, con le nostre teste girate in direzioni opposte. Le nostre lingue si massaggiavano entrambe con la superficie superiore, provocandomi un intenso piacere.

Iniziavo ad avere qualche problema nel frenarmi. La mia testa iniziò a produrre un turbinio di pensieri: eravamo abbastanza adulti da saperci contenere, o eravamo abbastanza adulti da non doverci contenere? Avrei voluto stendermi sopra di lui, abbandonare il mio corpo al suo, donargli ogni mio respiro, ma non era forse meglio godersi appieno quel momento di timida incertezza? Quel momento di febbricitante impazienza? Quel momento di insopportabile attesa che non sarebbe mai più tornata?

Daniele si alzò e spense le luci. Si sedette sul divano e mi fece poggiare la testa sul suo petto.

-Potrei addormentarmi qui, così, con te.-

-Dormi allora, dolcezza.- Mi baciò sulla fronte, coccolandomi teneramente.

Chiusi gli occhi, abbandonando le forze, perdendo i sensi.

Quando mi svegliai erano le tre del mattino e il caminetto si era spento, doveva avere un timer. La stanza era illuminata solo da una flebile luce che si faceva spazio tra le persiane.

-Dani, svegliati. Andiamo a letto.- Sussurrai dolcemente mentre gli accarezzavo il volto. Il suo viso era leggermente corrucciato, probabilmente a causa della posizione scomoda. Senza ancora aprire gli occhi mi tirò a se, abbracciandomi per qualche secondo, poi si fece forza e si alzò, stirandosi leggermente le braccia indolenzite.

-Buonanotte bellezza!-

-Buonanotte!- gli lanciai un bacio, chiudendo la porta della mia camera. Non girai la chiave, non ce n'era bisogno. Mi spogliai svogliatamente, un po' infreddolita. Cercai la camicia da notte nella valigia, cercando di fare silenzio. La indossai e andai in bagno a lavarmi i denti ed a struccarmi. L'eye-liner nero scivolò sul dischetto di ovatta, liberando la pelle rosea sulla palpebra. Tornando in camera attaccai il cellulare al caricabatteria, poggiandolo sul comodino, impostai la sveglia e crollai, assonnata e felice, sul quel cuscino troppo alto.

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