Dress and Tie

di Defyingravity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to Dalton ***
Capitolo 2: *** Yesterday, Today, Tomorrow ***
Capitolo 3: *** We're marchin' on ***
Capitolo 4: *** There’s Nothing like Home ***
Capitolo 5: *** Coffee ***
Capitolo 6: *** Snowballs ***
Capitolo 7: *** Gettin’ Ready for Christmas ***



Capitolo 1
*** Welcome to Dalton ***


Salve a tutti!*w*

Qui chi vi parla è DefyinGravity (soprannominata Dg), l'autrice di questa fanfic.. Beh, in parte autrice.
Nonostante sia io a postare questa storia, accanto a me c'è la mia beta, la quale mi aiuta passo dopo passo in questa nuova avventura. Senza di lei i personaggi che incontrerete non sarebbero gli stessi e senza di loro, ovviamente, la storia non sarà quella che sarà. Quindi la ringrazio veramente di cuore per quello che sta facendo e spero in una lunga e bella collaborazione per il futuro! :)

Comunque questa fanfic parte dal trasferimento di Kurt alla Dalton, e la storia si svilupperà tra Warblers, Dalton, New Directions e Lima Bean :)

I commenti sono sempre graditi (LOL), ma spero soprattutto di riuscire a farvi divertire con questa storia, giusto per passare il tempo, dopo un bel pranzo, a merenda con un bel gelato, o dopo una bella abbuffata a cena, e per chi va scuola, una scusa per evitare i compiti XD :)

Spero vi possa piacere!

*****



Chapter 1: Welcome to Dalton


*****



Do you ever feel like breaking down?
Do you ever feel out of place?
Like somehow you just don’t belong
And no one understands you

Do you ever wanna run away?
Do you lock yourself in your room?
With the radio on turned up so loud
That no one hears you screaming

No you don’t know what it’s like
When nothing feels alright
You don’t know what it’s like to be like me

To be hurt
To feel lost
To be left out in the dark
To be kicked
When you’re down
To feel like you’ve been pushed around
To be on the edge of breaking down
And no one’s there to save you
No you don’t know what it’s like

Welcome to my life

No one ever lied straight to your face
And no one ever stabbed you in the back
You might think I’m happy
But I’m not gonna be okay!

Everybody always gave you what you wanted
You never had to work it was always there
You don’t know what it’s like
What it’s like!

To be hurt
To feel lost
To be left out in the dark
To be kicked
When you’re down
To feel like you’ve been pushed around
To be on the edge of breaking down
And no one’s there to save you
No you don’t know what it’s like

Welcome to my life


Kurt si alzò lentamente dal letto. Tirò su con il naso, asciugandosi quelle tracce di lacrime che gli avevano rigato le guance. Spense la radio che aveva trasmesso quella canzone fino a quel momento, lasciandosi cadere pesantemente a terra con la schiena contro il muro. Nel silenzio della sua camera, il ragazzo dal ciuffo castano iniziò a piangere tra un singhiozzo e l'altro con il viso contro le ginocchia.

*****

Era iniziato tutto quel giorno alla Dalton, chi avrebbe mai detto che una semplice missione di spionaggio fatta per “il bene della squadra”, gli avrebbe sconvolto la vita?

Il pregiudizio non è altro che ignoranza, Kurt. E tu in questo momento hai l'opportunità di insegnarglielo.”
“Come?”
“Affrontalo. Sfidalo. Io sono scappato, Kurt. Non ho lottato, ho permesso ai bulli di cacciarmi, ed è una cosa che rimpiango davvero davvero tanto.”


Era stata quella conversazione che aveva scatenato tutto, la scintilla che aveva fatto partire l'incendio. Ed adesso era lì, l'unico ragazzo ad avere un proprio stile di abbigliamento in quell'enorme struttura scolastica.
Kurt Hummel firmò il documento con un elgante firma, soddisfatto di sé stesso lesse un'altra volta ciò che aveva scritto sul foglio capeggiato dalla scritta Dalton in un imponente carattere.

Era fatta: da quel momento era un alunno della Dalton.

Il ragazzo sorrise, contento della sua azione, ruotò la cartellina su cui aveva scritto fino a quel momento verso l'elegante signorina bionda, che stava dalla parte opposta della scrivania.
<< Ecco a lei. >> disse gentilmente Kurt, posando la penna.
<< Perfetto. >> rispose l'altra, iniziando a dare velocemente un'occhiata al documento.
Era una giovane donna di bell'aspetto, dal viso magro e i lineamenti morbidi, i capelli biondi raccolti in una perfetta crocchia. Kurt non potè che notare il completo elegante beige che indossava, sicuramente di buona marca, visto il tessuto. Dietro gli stretti occhiali rettangolari, gli occhi verdi brillavano.
<< Qualcosa non va? >> chiese Burt, che stava seduto accanto a suo figlio, con un filo di preoccupazione nella voce.
<< Cosa? >> per la donna fu come cadere dalla nuvole << No, no, no! Assolutamente no! Vado a prenderti la divisa, Kurt. >> disse, alzandosi per poi uscire dalla stanza.
<< Perchè si è messa a leggere tutto il tuo modulo? >> chiese il padre appena la porta della segreteria si chiuse << Voglio dire, lo poteva benissimo fare dopo... no? >>
Il ragazzo fece spallucce, mantenendo un sorriso in viso << Non so, forse le serviva leggere qualche infromazione. Non ti preoccupare, papà. Non mi rapiranno. >> scherzò, dando una leggera spallata all'uomo accanto a lui, che finalmente sembrò più rilassato.
<< Lo so, ma sai... questa scuola ha un che di... inquietante. Sembra tutto così perfetto, tutto al proprio posto. >> riflettè Burt, continuando a guardarsi attorno, nella grande sala organizzata.
La segreteria in cui si trovavano era un'ampia stanza in stile romantico, con alte pareti ed il soffitto decorato ad arte floreale; lungo le pareti erano disposte librerie ed armadietti, colmi di diversi raccoglitori, fogli e libri, perfettamente disposti uno accanto all'altro. Una grande finestra illuminava l'interno della stanza, dove al centro stava la grande scrivania di mogano, circondata da tre comode sedie.
<< La magia della scuola privata! >> Kurt ridacchiò, scrollando le spalle con fare scherzoso.
In quel momento si sentirono risuonare un rumore di tacchi provenire dal corridoio e la porta si aprì.
<< Scusate l'attesa. >> disse la giovane donna entrando con un brillante sorriso e tenendo sotto braccio un grande sacco di plastica che conteneva la divisa scolastica.
<< Si figuri, Mrs. Hoover. >>
<< Ecco a te, questa è la tua divisa, ne hai due per adesso. Se avrai dei problemi vieni da me che penserò a procurartene un'altra il prima possibile. >> spiegò con garbo la donna, porgendogli il lungo sacchetto di plastica.
<< Grazie mille. >> rispose il ragazzo << E non si preoccupi, i vestiti sono in buone mani. >>
<< Ne sono certa. >> Mrs. Hoover lasciò la divisa nelle mani del nuovo alunno sorridente << Se preferisci, vai pure a provartela nel bagno qui a destra. >> disse indicando una porta << Così dopo ti porterò a fare una visita dell'istituto. >>
<< Certo, torno subito. >> disse Kurt, avviandosi poi verso la direzione indicata.
<< Signor Hummel, le dovrei dire un'ultima cosa sulla tassa d'iscrizione, se non le dispiace. >>
Burt annuì, rimanendo composto.

*****


<< Cos'è questa storia di un nuovo arrivato, Blaine? >> domandò un ragazzo con la falda mora, dalla parte opposta della sala prove degli Warbles.
<< Cosa!? Nuovo arrivato!? >> domandò sorpreso un altro ragazzo di costituzione robusta, occhi grandi e chiari, capelli a spazzola castani, che sbucò da dietro un tavolo << Ehi, perchè non ne sapevo niente? >>
<< Non tutti sono continuamente aggiornati come me, Al. >> ammiccò il primo ragazzo, spostando una sedia.
<< Viva la modestia, eh Nick? >> Francis incarcò un sopracciglio. Era un ragazzo alto con capelli biondi platino ed occhi verdi chiaro.
<< Cosa? Cos'è quella che vedo, Fran? Invidia per caso? Un mostriciattolo verde che sbuca da sotto il pacato e docile Francis Gore? >> Il biondo rimase in un'espressione perplessa per qualche secondo, insicuro su come rispondere ad un'affermazione del genere. Si voltò scuotendo la testa, senza dire una parola, tornando al suo lavoro. Parole del genere non meritavano neanche la sua attenzione.
D'altra parte Nick rimase confuso, ma senza badarci tanto tornò verso Blaine: << Insomma ci vuoi dire cosa ne sai? So che lo conosci. >>
<< Oh-la-la! >> Un ragazzo di altezza media con una lunga falda bionda arrivò con un salto accanto a Blaine << Cos'è questa storia, signorino? Una nuova fiamma? >> ammiccò, dando delle leggere gomitate al braccio di Blaine.
<< COSA!? >> Il cantante dei Warbles si voltò di scatto, spaventato dal rumore di alcune sedie che cadevano alle sue spalle << Kurt viene qui? Perchè non me l'hai detto?? >> domandò sorpreso David; a frenare la sua corsa fu Blaine stesso, che lo prese per le spalle.
<< Quel Kurt?? >> domandò con fare sorpreso Wes, che stava rimettendo un quadro al suo posto.
<< Certo, quale altro Kurt altrimenti? >> rispose David, sconcertato dall'ovvietà della domanda posta dal suo amico.
In quel momento Blaine su completamente invaso da domande da ogni angolo, ogni persona lì presente gli chiedeva qualcosa; tentò in ogni modo di rispondere, ma stava diventando matto nel voltarsi da una parte all'altra, nel tentativo di rispondere a tutte le questioni che gli pionbavano addosso. Volavano così tante parole per la stanza che il cantate fu costretto ad urlare per farsi sentire.
<< RAGAZZI! >> Nella sala calò il silenzio che si spezzò con la domanda di un ragazzo scuro di pelle dai voluminosi e ricci capelli neri, intento nello spazzare.
<< Chi è questo Kurt? >>
Blaine sbuffò.
<< Solo un amico. Ha avuto... dei problemi nella sua vecchia scuola ed ha deciso di trasferirisi qui. Tutto qua. >> Scrollò le spalle, ritornando a pulire con lo straccio il tavolino di legno che David aveva quasi travolto.
Quest'ultimo e Wes a quell'affermazione si scambiarono uno sguardo sorpreso, entrambi con un sopracciglio inarcato, ritornando simultaneamente a guardare il loro amico increduli di ciò che avevano appena sentito.
Non si sarebbero mai aspettati di sentire una cosa del genere, da come Blaine parlava di Kurt, si poteva benissimo dire tutt'altro. Che si vergognasse di ammettere la verità?
Nick osservò la reazione dei suoi amici e scrollò le spalle: << A chi dovrei credere? >>
<< Che discorsi sono? >> domandò il cantante moro, voltandosi verso gli altri << Non vi sto mentendo, sapete che non lo farei mai. >> soffermò lo sguardo su Wes e David, sapendo che erano stati sicuramente loro a dubitare della sua precedente risposta.
<< No so, Blaine. >> intervenne Riker, passando un braccio per le spalle del suo amico << Secondo me, ci stai nascondendo qualcosa. >>
<< Ragazzi, Kurt è solo un amico che ha avuto dei problemi ed aveva bisogno di una mano, l'unica via di fuga era questa scuola e così ha deciso di venire qui da noi. Niente di più. >> disse voltandosi per tornare a pulire il tavolino.
Wes inarcò un sopracciglio, sempre incredulo di ciò che il moro diceva, scosse la testa verso gli altri ragazzi, i quali si guardavano in giro con aria interrogativa.
<< Ti ho visto! >> esclamò Blaine, rimanendo voltanto << E lo ripeto per l'ennesima volta: lui è solo un amico. >>
Un coro di certo con una punta di sarcasmo si sollevò nella stanza, al quale però il ricciolo rispose solamente scuotendo la testa con un silenzioso sorriso.

<< Tornando ai discorsi seri >> disse Blaine dopo una manciata di minuti. Gli Warbles si erano riuniti un'ora prima della lezione per pulire e riordinare la stanza di canto dalle tracce di Pavarotti, che si era liberato dalla gabbia quella stessa mattina.
Il cantante camminò in mezzo alle due fila parallele di sedie, guardandosi attorno in cerca di possibile macchie.
<< La prossima settimana, come ben sappiamo, abbiamo la gara delle Provinciali, contro i New Directions, del McKinley e gli Hipsters, un liceo della terza età. >>
<< Ehi aspetta! >> Nick si alzò si scatto dalla sedia << il tuo amico era del McKinley, giusto? >>
<< Sì. >>
<< State pensando tutti a ciò che sto pensando io? >> ammiccò Nick.
<< NO! >> esclamò furibondo Blaine << Non ci pensare neanche. Una cosa del genere non mi passerà mai per la testa, non osare chiedergli nulla di simile! Non. Osare. >> disse tenendo l'indice ben eretto contro di lui.
<< Ok, ok... scusa! >> dispiaciuto di ciò che aveva detto, Nick tornò a capo chino a sedersi.
<< Stavo dicendo comunque che dobbiamo trovare una canzone entro Lunedì ed esercitarci su quella. >>
<< Gli faremo il culo! >> esclamò esaltato Riker. Gli altri risposero con risate ed affermazioni, carichi per la gara che si prospettava.
<< Ci puoi giurare, fratello! >> Al ed Riker si diedero un sonoro batti-cinque, prima di tornare composti.
<< Li travolgeremo, bello! >> David battè un cinque con l'altro ragazzo di colore, Nelson.
<< Poco ma sicuro! >> rispose quest'ultimo.
<< E per oggi? Cosa faremo? Butteremo giù un paio di idee o... canteremo? >> chiese Francis, “il ragazzo copertina” come tutti lo chiamavano a causa del suo perfetto aspetto fisico.
<< No vi prego, cantiamo... non posso pensare ad una scaletta al momento. Un'ora di pulizia mi ha distrutto! >> rispose Wes, massaggiandosi la schiena, mentre sentì varie voci favorevoli alla sua proposta.
<< Qualcuno ha un'idea? >> domandò una voce tra le tante.
<< Io ce l'avrei. >> rispose Blaine in piedi appoggiato al tavolo, con un sorriso stampato in viso.

*****


<< Sei mai stato qui, Kurt? >> chiese tra un rumore di tacchi e l'altro la signorina Hoover. Il ragazzo arriciò il naso abbassando leggermente il capo, indeciso se dire la verità o meno.
<< Beh... immagino che le debba dire di sì. >> rispose infine, abbozzando un sorriso.
<< Perchè devi? >> scoppiò in una risata la bionda << Non avrai mica commesso un crimine? >>
<< A dire la verità la prima volta che sono venuto, ero qui per... affari del Glee club. >>
<< Facevi parte di un Glee club? >> domandò curiosa la donna.
<< Oh, sì. In assoluta la parte che preferivo della giornata.
L'unico posto in cui potevo esprimere il mio talento senza giudizi crudeli a quanto pare. >> un sorriso amaro si dipinse sul volto incupito di Kurt, il quale sentì gli occhi unimidirsi al pensiero, non tanto degli atti subiti da parte di Karofsky, tanto più dall'ultimo sguardo che aveva scambiato con Mercedes nell'aula di canto del McKinley. Non era ancora riuscito a parlare con lei, né con Rachel e nemmeno con Finn del suo trasferimento, probabilmente per il troppo dolore che questo gli causava: l'idea di non averli avvertiti, di non poter star vicino a loro come prima lo feriva, forse la ferita più profonda che la scelta del cambiare scuola gli aveva portato. Sospirò profondamente, cercando di trattenere le lacrime sotto lo sguardo comprensivo di Mrs. Hoover, che sorrise dolcemente, porgendosi verso di lui.
<< Tutto bene? >>
Kurt annuì: << Mi scusi. >>
<< Figurati, non hai motivo di scusarti. Ho un fazzolletto... >> gli disse porgendoglielo << Vuoi sederti? >>
<< Oh no, no... Grazie. Sto bene. >> prese l'oggetto offertogli asciugandosi velocemente le guance.
<< So quanto può essere dura. Ci sono passata anch'io. >> spiegò con fare materno la donna. << Anche se onestamente, da quanto me ne ha parlato tuo padre, credo tu sia molto più ammirabile, data la tua storia e le tue motivazioni. >> sorrise cordialmente nel tentativo di strappare un sorriso al ragazzo che camminava al suo fianco.
L'esperienza di Kurt la fece tornare indietro di un anno, al giorno in cui un ragazzo moro e riccioluto si presentò alla Dalton.
<< Conosci un certo Blaine Anderson? Fa parte degli Warbles, Glee club della Dalton. >>
La donna vide un sopracciglio di Kurt inarcarsi: << S-sì. >> rispose confuso questo. Che suo padre avesse perfino raccontato le amicizie del figlio? Già non aveva senso il fatto che avesse raccontato alla Hoover di Karofsky.
Dentro di sé, Kurt, era quasi certo che gli avesse parlato anche di Blaine. Diamine, perchè non era venuta Carol? Almeno lo avrebbe fermato nei momenti opportuni!
<< Davvero? Bene, allora per il Glee, se ti vuoi iscrivere, puoi sentire lui, sicuramente ti darà una mano. >> parve illuminarsi a quelle parole.
C'era qualcosa in quella donna che faceva sembrare tutto tremendamente perfetto, forse per il suo portamento, per il suo modo di fare graziato, il suo completo firmato d'alta moda, i capelli biondi curati alla perfezione, ma quel tutto trasmetteva un senso di sicurezza e tranquillità a Kurt, che quasi gli faceva dimenticare il trauma vivibile nei clasici “primi giorni di scuola”. Altro che la donna scorbutica, maleodorante e maleducata che stava al McKinley!
<< In ogni caso, sappi che i bagni sono da questa parte, poi c'è il laboratorio di chimica, quello di fisica, quelllo di lingue, quello di informatica... >> mano a mano che attraversavano la scuola, Kurt assimilava direzioni su direzioni, stanze su stanze e nomi di professori; solo in quel momenti si rese conto di quanto effettivamente fossero ampie le aule e grande la scuola.
Come avrebbe fatto ad arrivare puntuale a tutte le lezioni? << Ti sta benissimo la divisa comunque. >> si complimentò Mrs. Hoover, guardando Kurt.
<< Lei dice? Non... la trova un po' anonima? >>
<< Nient'affatto! La divisa non è affato anonima, sai? Non ho mai capito perchè la gente la pensi così, la divisa è sinonimo di ugualiaza, di parità. Tu stesso, il tuo corpo, il tuo viso, è questo che da vita a cià che sei, non una giacca e dei pantaloni. >>
<< Quindi lei pensa che uno stile personale non significhi nulla? >> chiese Kurt confuso. Non che non gli fossero piaciute le parle della giovane donna, ma voleva sapere se veramente una persona che vestiva bene poteva pensare una cosa del genere.
<< Oh no, non intendevo questo. Perdonami, forse mi sono spiegata male. Non voglio dire che un abbigliamento di proprio gusto sia inutile, anzi, a mio parere è fondamentale che una persona si vesta e si senta a proprio agio nei propri vestiti: esprimono chi sei e sono una delle prime cose che una persona nota di un'altra. Ma ciò che la divisa vuole farvi fare, è andare oltre i pregiudizi a cui uno stile di vestiario può portare.
La divisa significa ugualiaza, ma porta anche a conoscere una persona prima di giudicarla. Hai capito quello che voglio dire? >> chiese alla fine.
Kurt annuì più volte, totalmente ammirato dal pensiero espresso dalla bionda. Effettivamente non l'aveva mai pensata in quel modo, per lui le divise erano sempre state una specie di prigione attraverso cui una persona non poteva esprimersi, intrappolato nella notorietà della totale ugualianza. Fino a qualche minuto prima in effetti la divisa poteva essere uno dei suoi incubi peggiori.
Forse, con un ragionamento del genere, poteva iniziare a sopportare l'idea di doverle indossare...
<< Ed eccoci qua: ala di musica. >>
Davanti a Kurt si aprì un ampio corridoio costeggiato da diverse porte. Era incredibile come quella scuola comprendesse tante aree diverse, ognuna per dei campi scolastici diversi. Tutte le stanze che Kurt aveva visitato erano più o meno della stessa fisionomia; spaziose dal soffitto alto con decorazioni floreali. Finestre alte lungo i lati che illuminavano l'interno, peino di banchi, sedie ed una grande cattedra scura spalleggiata da due ampie lavagne.
<< Questo è lo spazio dedicato agli Warbles o alle band che si formano a scuola, oltre i cantanti abbiamo ballerini e musicisti, vedrai che molti ragazzi oltre cantare sono ballerini o sanno suonare uno strumento. >>
<< Più o meno come al McKinley. >> affermò il ragazzo, ridacchiando. Quando la sua attenzione non fu catturata da delle voci armoniche, che iniziarono a risuonare da una delle stanze.

*****


Gli Warbles si alzarono uno dopo l'altro dalle sedie, armonizzandosi in un coro, mentre si dividevano in due gruppi: uno si dirigeva verso la fine della stanza dietro a Blaine, l'altro spostava tutte le sedie verso i lati dell'aula.

Oooh, ooh, oh, oh ooooh
Blaine dal centro del gruppo, con un enorme sorriso, avanzò verso il centro della stanza tra un passo di danza e l'altro. Iniziò a schioccare le dita a tempo, fece un giro su sé stesso e partì con la canzone.

In the day we sweat
it out in the streets
of a runaway American dream
At night we ride
through mansions of glory
in suicide machines
Sprung from cages out on highway 9
Chrome wheeled,
fuel injected
and steppin' out over the line

Il cantante con un salto si fermò sul posto, aprendo leggermente le braccia. Dietro di lui partì un sonoro coro di “Oh-oh”.

Baby this town rips
the bones from your back
It's a death trap,
it's a suicide rap
We gotta get out while we're young
`Cause tramps like us,
Baby we were born to run

Il coro si sgretolò, inziando a disporsi lungo l'aula tra vari passi di danza e giravolte mentre un altro “oooh” si fece sentire adl gruppo.
In quel momento la porta della stanza si aprì. Blaine si voltò e vide Kurt con la signorina Hoover fermi sulla soglia a guardare. Istantaneamente il cantante sorrise, indicò il ragazzo e proseguì con la canzone.

Wendy, let me in,
I wanna be your friend
I want to guard your dreams and visions
Just wrap your legs round these velvet rims
and strap your hands across my engines

Kurt arrossì, abbassando leggermente la testa cercò di non farsi notare, ma per la donna bionda accanto a lui, fu impossibile non sorridere a ciò che aveva appena visto.

Together we could break this trap
We'll run till we drop
Baby we'll never go back
Oooh!
We'll run till we drop
Baby we'll never go back
Will you walk with me out on the wire
`Cause baby I'm just a scared and lonely rider
Oooh!
Someday girl
I don't know when
we're gonna get to that place
Where we really want to go
and we'll walk in the sun
But till then tramps like us
Baby we were born to run


Blaine inizò a saltare sul posto, incitando gli altri a fare lo stesso con ampi gesti delle braccia. Il coro scoppiò in un sonoro:

Because tramps like us!

Si voltò verso di Kurt, inivitandolo a cantare, le ultime strofe insieme. La signorina Hoover diede una leggera spinta di incoraggiamento al nuovo arrivato, il quale senza rendersene conto fu preso per la mano da Blaine.
Entrambi arrivarono al centro della stanza, ed iniziarono a saltare con gli altri Warbles.

Baby we were born to run
Because strange like us,
Baby we were born to run!


Nell'aula esplose un insieme di risate, accompagnato da urla di soddisfazione, di allegria in un caloroso abbraccio di gruppo. La segretaria, sempre ferma all'uscio della porta, apllaudiva. Dopo vari festeggiamenti e qualche scambio di batti-cinque, Francis notò la bionda.
<< Salve, Mrs. Hoover! >> salutò, seguito poi dagli altri.
<< Ciao ragazzi! Sappiate che siete stati fenomenali! >> entrò nella stanza affiancadosi a Kurt << Ero venuta qui per presentarvi un nuovo alunno, ma a quanto pare non ha bisogno di molte presentazioni. >> si volò verso di Blaine sorridente, non lasciando però trapelare nessun doppio senso nella frase che aveva appena detto.
<< Oh beh, per noi poveri mortali è ancora uno sconosciuto a dire il vero! >> la voce di Nick si fece largo nel gruppo, curioso di scoprire di più su questo famoso Kurt. Allungò la mano verso il nuovo arrivato << Sono Nick Duckworth, piacere. >>
<< Kurt Hummel, piacere mio. >> rispose a sua volta, stringendo la mano dell'altro.
Una testa mora si fece largo nella folla, catapultandosi addosso a Nick, per poi allungare a sua volta la mano.
<< Sono Al, finalmente ti conosco! >> Kurt ricambiò la stretta, leggermente confuso.
<< F-finalmente? >>
<< Sì è che... >> velocemente il suo sguardo finì su quello stufato di Blaine.
<< Al, tieniti la bocca tappata che ci fai una figura migliore! >> un ragazzo dalla falda bionda si fece avanti dando una gomitata al suo amico << Riker Lewis >> si presentò, facendo un cenno della testa.
Blaine decise di prendere il controllo della situazione per evitare altre figure del genere:
<< Wes e David già li conosci. >> i due salutarono il novello con un gesto della mano << Poi questo è Francis. >> Kurt si trovò un ragazzo alto, davanti agli occhi, che gli allungò la mano in maniera perfettamente garbata. << Questo è Nelson. >> il ragazzo dai capelli ricci e voluminosi abbracciò il nuovo alunno:
<< Benvenuto tra noi, fratello. >> disse con un tono di voce assolutamente calmo.
Le presentazioni continuarono, finchè non tornò la signorina Hoover. << Mi dispiace interrompere ma Kurt, credo tuo padre ti stia aspettando. Che ne dici se lo raggiungiamo? >>
<< Oh, sì... ehm, certo. >> si guardò un attimo attorno, soffermando per qualche attimo lo sguardo su quello di Blaine. << Piacere di avervi conosciuto, ci vediamo... domani. >> vide tutti sorridere, fare diversi cenni con la testa o dei gesti di saluto con le mani. Lanciò un ultimo sguardo verso il cantante moro, che sorrise e fece un cenno della testa. Sorridente, Kurt uscì dall'aula a fianco della segretaria.

*****


<< Sai una cosa? >> disse Al nel silenzio che era calato appena la porta si chiuse << Sembra un tipo apposto. >> si avvicinò a Blaine, spettinandogli i capelli.
<< Concordo! >> esplose Riker, dando un pugno sulla spalla al moro. << Gli zii qui approvano la tua scelta! Stai tranquillo il primo incontro con i parenti è andato bene! >> disse Nick, facendo un occhiolino.
Blaine sbuffò, roteando gli occhi << Per l'ennesima volta... >> << Sì, sì la storia la sappiamo, signorino. >> lo interuppe Wes, scuotendo la mano.
<< E sappi che non ce la dici giusta! >> disse David, allontandosi. Blaine esasperato, alzò gli occhi al cielo e si allontanò dal gruppo, iniziando a raccogliere i fogli che avevano fatto cadere durante l'esibizione.
Nonostante nessuno, eccetto Wes e David, avesse visto Kurt prima, dopo ciò che avevano visto, non credevano assolutamente ad una parola di ciò che il loro cantante leader diceva al riguardo della loro “relazione”.

*****


Kurt montò in macchina, sul sedile accanto a suo padre. Mentre il mezzo si allontanava dall'edificio, il ragazzo lanciò un ultimo sguardo verso la struttura della Dalton.
<< Com'è andata? >> chiese Burt.
Kurt, rimase in silenzio per qualche istante, continuando a guardare la sua nuova scuola.
<< Oh, bene... benissimo >> rispose in un ampio sorriso, tornando composto.

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Capitolo 2
*** Yesterday, Today, Tomorrow ***


Ciao a tutti! *w*
Qui è Saccy che vi parla, l'autrice di questa Fanfic =)
Ebbene sì, dopo circa un mese sono riuscita a postare questo capitolo... mi scuso per questa lunga attesa, ma vari impegni non mi hanno lasciato continuare a scrivere.
Vi chiedo davvero perdono.
Comunque, grazie per chi legge questa storia, sono davvero contenta che abbiate iniziato, spero che non vi stanchiate e continuiate a leggerla =)
Ringrazio nuovamente di cuore la mia collaboratrice, per avermi accompagnato anche in questo capitolo, ed ovviamente voi lettori!=)
E con questo vi lascio,
Spero avrete una buona lettura ;)
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Chapter 2: Yesterday, Today, Tomorrow
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Un sonoro rumore di fogli sbattuti contro il tavolo si fece largo nella stanza della presidenza, ma questo non interruppe la donna bionda dal proprio lavoro.
«Devi smetterla di lanciare i documenti, Elizabeth. Si sciuperanno.» disse, senza sollevare la testa dal foglio su cui stava scrivendo.
«Sono in perfette condizioni.» rispose secca l'altra, incrociando le braccia davanti al petto. La donna seduta smise di scrivere per sollevare lo sguardo sull'altra, portandosi la penna alle labbra sottili. «Tu dici? A giudicare da quello stropicciato che mi è arrivato la scorsa settimana, non si direbbe.»
Margaret Hoover era una donna tremendamente attraente ed apparentemente perfetta.
Fisico affusolato, viso dai lineamenti delicati, ma decisi, occhi sottili e verdi, capelli raccolti in un perfetta crocchia biondo scura.
Elizabeth ignorò l'ultima affermazione, indicando i moduli appena portati.
«C'è un nuovo arrivato, Kurt Hummel. Viene dal McKinley di Lima. Inizierà a seguire le lezioni oggi.»
«Perfetto. La retta l'ha pagata?» chiese iniziando a leggere il tutto.
«Sì.»
«Gli hai detto di passare da me dopo?»
«Sì.»
«Bene.» posò i fogli sul bordo dell'ampia scrivania «Questi portali al solito armadietto» e senza aggiungere parola si rimise a scrivere.
Elizabeth, come di norma, prese i fogli e uscì dalla stanza, senza degnare di un saluto sua sorella gemella.

*****


«Buongiorno Blaine!» Wes sbucò dal nulla accanto al suo amico, si sistemò la borsa in spalla e dipinse un largo sorriso sul viso.
«Buongiorno.» rispose l'altro con un leggero sorriso.
«Allora, bel signorino? Come si è alzato questa mattina?» dall'altro lato di Blaine sbucò David, posando la mano sulla spalla del cantante moro.
«Sarai emozionato, Romeo!» sghignazzarono Al e Riker dietro, per poi darsi un batti-cinque.
«Ragazzi, ancora con questa storia?»
«Che ci possiamo fare?» rispose Nick, facendo spallucce «è troppo divertente! E poi è l'unica occasione in cui ti vediamo arrossire, non possiamo rinunciare ad un evento del genere!»
«Cosa!? Ehi, io non sono rosso in faccia!» proprio in quel momento passarono davanti ad una vetrata di un antico armadio, in cui il ragazzo si specchiò. Anche se Blaine lo negava a sé stesso, sulle sue gote effettivamente c'era una traccia di arrossamento.
Gli altri Warbles si guardarono in faccia per un attimo, e senza aggiungere una parola, iniziarono a ridacchiare.
Blaine scosse la testa con esasperazione, nel momento in cui cercò di allungare il passo fu però bloccato da una presa alla spalla da Francis.
«Dove pensi di scappare? Dai, stiamo solo scherzando, lo sai bene.» Nick e Riker si scambiarono uno sguardo con le sopracciglia alzate «Però, parlando di cose serie ieri se non sbaglio si è messo a cantare, giusto?»
Blaine annuì.
«Io e Nelson ci stavamo chiedendo se avesse almeno un'idea di unirsi a noi.» Il ragazzo color cioccolata, che stava dietro Francis, annuì aggiungendo: «Una voce in più ci può sempre far comodo.»
«Oh.» Blaine rimase in silenzio per qualche attimo, a testa leggermente china, continuando a camminare «Mi spiace, ragazzi, ma per quello che ricordi non mi ha mai accennato ad una cosa del genere; di solito non parliamo di queste cose.» A quell'affermazione per Nick e Riker fu inevitabile non scambiarsi un altro sguardo con un lungo ghigno sulle labbra.
«E neanche di quello, pervertiti!» rispose Blaine a tono, senza neanche il bisogno di voltarsi verso di loro.
«E dai!» urlò Riker, alzando le braccia al cielo.
«Anche tu ce le metti in testa, scusa!» ribattè Nick, scoppiando a ridere con tutto il gruppo. «Siete incredibili.» disse esasperato il cantante, prendendo il cellulare dalla sua tasca. «Sì, lo sappiamo» ed i due ragazzi si scambiarono un pugno.
Blaine lesse il messaggio ricevuto, sorrise e si voltò:
«Dove stai andando?» chiese David.
«Kurt è arrivato, gli vado incontro.» rispose dando una veloce occhiata al gruppo di ragazzi, i quali si scambiarono uno sguardo e scossero la testa.

*****

Kurt si guardò attorno con aria assolutamente spaesata quando si trovò nello spazioso ingresso della Dalton: in vita sua non aveva mai sperato così tanto che qualcuno di sua conoscenza sbucasse dal nulla.
Si strinse la tracolla a sé, sistemandola bene sulla spalla.
In quel momento sentì il cellulare vibrargli in tasca, lo prese e con un sorriso lesse il messaggio da parte di Blaine:
“Sto arrivando, aspettami lì”
Inspirò, dondolandosi sui piedi, incapace di nascondere la felicità che provava in quel momento. Si guardò di nuovo intorno nella speranza di vedere il ragazzo moro sbucare da uno dei tanti corridoi. Dopo qualche attimo però, non vedendo arrivare nessuno, si mise a sedere su una panchina di marmo lì vicino.
Posò la borsa sulle ginocchia, continuando speranzoso a guardarsi intorno.
«Eh dai, King! Leggimelo un attimo, voglio capire come lo devo chiamare! Non posso chiamarlo con l'accento sbagliato: questo personaggio è troppo figo!» una voce maschile dall'accento messicano rimbombò da uno dei corrioi che si collegavano all'ingresso a forma di cerchio.
«Me lo dici ogni volta, Pedro! Ogni volta la stessa storia. No, non ho intezione di leggerlo. E muoviti.» Kurt vide un ragazzo castano dai lineamenti asiatici entrare nella stanza voltandosi dietro di sé per prendere il braccio del suo amico «Siamo in ritardo per la lezione, di nuovo! Poi ci parli te con il professor Peterson!»
«Che palla che sei! Sempre a rovinare tutto, poi non osare arrabbiarti con me se sbaglio l'accento di questo Kotàro.»
«Kòtaro!»
«Ah, beccato!» L'altro ragazzo era magro, più alto del suo compagno, di pelle leggermente olivastra ed i capelli neri lisci in un acconciatura piuttosto eccentrica. Fiero di sé stesso, l'alunno dall'accento messicano allungò il passo, sorpassando quello asiatico. Quest'ultimo a sua volta sollevò gli occhi al cielo, tornando sul suo percorso. Nessuno dei due aveva notato il ragazzo castano seduto sulla panchina con le gambe accavallate, il quale aveva osservato tutta la scena con un leggero sorriso.
«Ehi.» Kurt sussultò. Non aveva sentito Blaine arrivargli accanto, tanto che era stato preso dalla scena degli altri due ragazzi.
«Ehi.» rispose con un sorriso, tornando in piedi. «Pronto per il primo giorno?»
«Ehm... sì, credo di sì.» Kurt annuì, sospirando. Anche se cercava di evitarle, dentro di sé stava vivendo le sensazioni del classico primo giorno di scuola: stomaco chiuso, paura, ansia, e l'idea di avere Blaine accanto non capiva se stesse peggiorando o migliorando le cose.
«Dai, stai tranquillo. Andrà benone.» lo incoraggiò il ragazzo, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
«Lo spero.» rispose l'altro con una debole risata. «Comunque mi hanno detto che devo passare dalla presidenza. Credo per la tabella degli orari.»
«Oh, ancora non ce l'hai? Beh, ti accompagno fino in presidenza se vuoi, ho ancora un po' di tempo prima dell'inizio della lezione.» Blaine sorrise con aria innocente. Quella risposta catturò l'attenzione di Kurt, al quale tornò in mente il ragazzo asiatico che sgridava il suo amico, sbagliava o aveva detto che la lezione stava per iniziare?
«Grazie.» rispose dopo qualche attimo.
Poteva forse esistere un inizio migliore?
«Kurt?» Dopo un momento di silenzio che era calato tra loro due, Blaine aveva richiamato l'attenzione dell'altro ragazzo per fargli una domanda. Quest'ultimo si voltò verso di lui con aria interrogativa.
«Sì?»
«Senti...» nel corridoio vuoto, illuminato da alte finestre, si sentivano solo i passi dei due alunni che camminavano fianco a fianco. Kurt non sapeva se era solo la sua immaginazione, ma sentiva una certa aria di tensione ed imbarazzo nell'aria. Sospirò, attendendo con ansia e speranza cosa l'altro avesse da dirgli. «Tu... Tu hai sempre intenzione di far parte di un Glee club?»
Avrebbe dovuto aspettarsi una domanda del genere da Blaine, perchè aveva sperato in altro? «Sì, sì certo... perchè?»
«Beh, ieri gli altri ragazzi hanno visto che ti sei unito a noi durante l'esibizione e si chiedevano se potevi essere interessato a diventare un Warbles.»
«Certo, non posso dire di no al palcoscenico.» rispose con un sorriso. Anche se si sarebbe trovato contro i suoi amici più cari, il richiamo del mondo dello spettacolo non poteva assolutamente ignorarlo. Il canto, la performance, la sua vera passione, non poteva negarla a nessuno, soprattutto a sé stesso.
Blaine sorrise, intenerito dalla risposta del suo amico. «Bene.» disse fermandosi nel mezzo del corridoio «Allora oggi, dopo le lezioni, troviamoci all'ingresso--»
In quel momento l'attenzione di Kurt fu catturata da un rumore di tacchi del corridoio. «ANDERSON! Cosa fai qui? Non hai lezione?» una voce gelida, proveniente dalla figura della signorina Hoover, rimbombò nel corridoio.
«Mi scusi, signora Hoover! Corro subito a lezione, ero venuto ad accompagnare il nuovo alunno.» rispose Blaine, che non parve assolutamente scomporsi alla voce severa della donna.
«Oh.» disse sorpresa questa, fermandosi di fronte ai due ragazzi «Allora credo che tu sia qui per venire nel mio uffico, signorino Hummel.»
Kurt, invece, era completamente confuso, perchè doveva tornare in segreteria? Non doveva andare in presidenza? E perchè improvvisamente la signorina... sbagliava o Blaine l'aveva chiamata signora? Rivolse uno sguardo tra il ragazzo e la donna, sempre più confuso.
«Ehm... sì» disse infine.
In ragazzo moro sorrise con tutto il suo charme, tanto che in quel momento Kurt pensò di potersi sciogliere.
«Grazie per averlo accompagnato, Anderson.» disse la bionda.
«Ora vedi di andare a lezione però.» Blaine annuì.
«Certo. Arrivederci, signora Hoover.» si voltò verso il ragazzo con un largo sorriso «Ci vediamo dopo, Kurt.» e con un ultimo sguardo, si voltò, iniziando ad allontarsi dagli altri due.
«Andiamo.» disse la donna, voltandosi. Senza dire una parola, Kurt la seguì, il silenzio fra loro due era colmato solamente dal rumore di passi che rimbombavano nel corridoio vuoto.
Dopo qualche minuto la donna aprì una grande porta di legno scuro, il ragazzo la seguì, ma a differenza di quanto si aspettava non entrò in segreteria. Nonostante la somiglianza della struttura della stanza, il suo interno era del tutto differente. Anziché essere illuminata da una sola larga finestra, questa aveva due alte finestre; al centro stava una grandissima scrivania scura, su cui poggiavano libri, quaderni, raccoglitori e varie pile di fogli. Lungo le due pareti laterali stavano disposti quattro armadi, divisi due a due, tutti pieni di vari fogli e raccoglitori.
La donna si sedette sulla sedia che dava le spalle alle due finestre.«Siediti.» lo invitò, indicandogli una delle due sedie di fronte a sé. Kurt fece come detto, posando la sua borsa sulle ginocchia. «Bene, prima che ti dia l'orario delle tue lezioni, devo dirti, come mia consetudine, alcune regole scolastiche.»
Kurt, indeciso sul come comportarsi, annuì, guardando gli occhi verdi della donna, che erano apparentemente uguali a quelli del giorno prima, ma notò qualcosa di diverso, qualcosa nel suo sguardo era differente.
«Qui alla Dalton esigiamo un certo tipo di comportamento, maturo, educato e non ammettiamo alcun tipo di trasgressione, un massimo di tre e discuteremo di una possibile sospensione. Ci aspettiamo un comportamente adatto a questa struttura scolastica, signorino Hummel.»
Kurt a quelle parole non sapeva se rimanere spaventato o altro, deglutì per poi annuire. Perchè la signorina Hoover si stava rivolgendo a lui con quel tono gelido e formale?
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta.
«Avanti.» disse la donna seduta. Nella stanza entrò una donna, copia esatta di quella che Kurt aveva seduta di fronte a sé. L'unica differenza era che una aveva la crocchia, mentre l'altra i capelli sciolti lungo le spalle. Il ragazzo confuso spostò varie volte lo sguardo su entrambi i volti delle donne: erano identiche.
«Ciao Kurt.» salutò quella appena entrata con un radioso sorriso.
«Sa-salve.» rispose a sua volta il ragazzo. Perchè nessuno gli aveva dettto che la signorina Hoover aveva una sorella gemella?
Solo in quell'attimo Kurt si rese conto che la donna seduta di fronte a lui, ovvero la signora Hoover, era la preside della Dalton, non la segretaria. Questa, senza aver rivolto una parola all'altra, iniziò a scrivere su un foglio di fronte a sé.
«Come vede, signorino Hummel.» disse poi «La signorina Hoover ha con sé la tabella degli orari.»
La segretaria glieli porse. «Alla prima ora hai storia on il professor Johnson.»
«Oh, ehm.. grazie.» confuso, il ragazzo prese il foglio plastificato e lo mise nella borsa. «Bene.» disse la preside posando la penna «Con questo ho concluso. La mia collega ti accompagnerà fino alla classe. Lieta di averti conosciuto.» salutò questa, formando un leggero sorriso, che a Kurt, sembrò completamente forzato.
«Grazie, arrivederci.» Il ragazzo chinò leggermente la testa, indeciso sul come salutare a tanta freddezza.
«Vieni, Kurt.» disse cortesemente la signorina Hoover alle sue spalle «Ti accompagno.» Questo uscì dalla porta tenuta dalla segretaria, ma non fece caso allo sguardo di odio e sfida che si lanciarono le due donne.

*****

Il tragitto dalla presidenza alla classe di storia fu piuttosto breve, ma nonostante ciò, la donna bionda portò la sua solarità.
«Non essere nervoso, vedrai che questa giornata andrà bene.» cercò di rassicurare Kurt, il quale in risposta abbozzò solamente un sorriso. Non era nervoso, almeno non quanto alcune sue esperienze passate; quello che gli interessava di più al momento era sapere perchè c'era stata quell'aria di totale ansia tra le due sorelle Hoover.
C'era qualcosa tra le due donne che non funzionava, qualcosa nel loro comportamento che lo aveva lasciato senza parole, né tanto meno spiegazioni.
«Eccoci qua.» disse con un sorriso la donna, fermandosi davanti ad un'altra porta, questa volta però di legno più chiaro. In quel momento Kurt si chiese come avrebbe fatto a ricordarsi tutte le aule, nonostante il cartello attaccato alla porta con su scritto “Johnson – Storia”. Il ragazzo era convinto che si sarebbe confuso con tutte le altre stanze.
La Hoover bussò, poi abbassò la maniglia e diede un veloce sguardo di incoraggiamento per invitarlo ad entrare.
«Buongiorno, signor Johnson.» entrò in classe, seguita a ruota dal ragazzo, il quale lanciò un veloce sguardo verso gli alunni nella speranza di intravedere Blaine.
«Oh, buongiorno Elizabeth.» salutò sorpreso l'uomo seduto alla cattedra. «Come mai da queste parti?»
La donna sorrise cordialmente, facendosi poi da parte per far notare il ragazzo che era stato dietro di lei fino a quel momento.
«Ero venuta ad accompagnare il suo nuovo alunno.»
Kurt sollevò lo sguardo sul professore, un uomo sulla sessantina d'anni con i capelli grigi perfettamente pettinati, separati in una riga ben visibile sulla sinistra. Il panciotto dell'uomo gli ricordò il coniglio bianco di “Alice nel paese delle meraviglie”, cosa che lo fece sorridere al pensiero.
I grandi occhi azzurri osservarono Kurt da dietro gli spessi occhiali rettangolari, per poi tornare alla donna bionda.
«Grazie Elizabeth.» sul suo viso si dispinse un leggero sorriso. «Credo che da qui in poi possa fare io.» disse cordialmente.
La signorina Hoover annuì e, salutando con un sorriso Kurt, uscì dalla classe con un caldo Arrivederci rivolto a tutti i presenti.
«Benvenuto allora.... perdonami, credo di non sapere il tuo nome.»
«Oh, Kurt, Kurt Hummel.» disse con un leggero sorriso il ragazzo e il professore sorrise di rimando.
«Allora Kurt, ti prego di sederti accanto a Nick, il quale spero non ne approfitti per chiacchierare.» aggiunse in tono ironico, indicando il posto libero accanto al ragazzo dalla falda mora.
«Prof, non si preoccupi!» rispose questo, alzando entrambe le braccia al cielo. Kurt nel frattempo si avvicinò al banco accanto al suo, che si trovava esattamente in mezzo della fila destra, e con un sorriso insicuro rivolto al professore si sedette.
«Non so a che punto tu sia arrivato con il programma di storia, Kurt ma noi...»
«Ciao» mentre il signor Johnson continuava nella sua spiegazione, Nick catturò l'attenzione del suo nuovo compagno di banco «Nick, ricordi?» chiese con un sorriso raggiante.
«Sì, sì, certo.» rispose l'altro «Anche tu degli Warbles, giusto?»
«Esattamente.» dise con un'aria di scherzosa fierezza.
Kurt sorrise e posò sul banco il quaderno, iniziando ad ascoltare il professore, ma la stessa voce interruppe nuovamente il suo intento:
«Sei stato fortunato ad avere il professor Johnson, è un bel tipo.»
«Davvero?» l'unico professore di storia decente che avesse mai varcato la soglia del McKinley sembrava essere la signorina Holiday, che oltretutto non aveva mai avuto come insegnante di quella materia, ma aveva sentito, attraverso voci di corridoio, che era un tipa in gamba anche in quel campo.
«Oh sì, è un tipo tosto, anche se non può sembrare, non farti ingannare dall'età perchè ci sa fare nel suo lavoro.»
«Nick! Nick!» una voce alle loro spalle sussurrava il nome del moro con insistenza. Questo fece appena in tempo a voltarsi, che gli arrivò una pallina di carta dritta in un occhio.
«Ahi!» urlò, tappandosi la parte colpita.
«Tutto bene?» chiese subito il professore, separandosi dalla lavagna. Una serie di sghignazzi si sollevarono alla spalle di Kurt, il quale cercò di non scoppiare a ridere in faccia all'insegnante, nascondendo il sorriso con la testa china.
«Sì, prof... Ho... sbattuto il piede contro la gamba del banco.»
Qualcuno alle spalle di Kurt strozzò una risata.
Il Signor Johson guardò la classe da sopra gli occhiali leggermente calati sul naso senza dire una parola.
«Comunque....» disse con un ultimo sguardo, per poi tornare alla lavagna e spiegare «Dicevo che....»
«Non ho sentito scusa peggiore in vita mia.» disse una voce alle spalle di Nick.
«Avrei voluto vedere cosa avresti fatto te.» disse questo, voltandosi leggermente verso il ragazzo dalla falda bionda.
«Sicuramente avrei trovato una scusa migliore.»
«Sì, un alieno mi ha colpito la testa, magari.»
«Almeno sarebbe stato originale.»
«Smettetela voi due, finisce che il prof ci ribecca.» li interruppe Nelson che stava seduto a fianco di Riker.
«Che cosa volevi?» chiese Nick, dopo aver rivolto un veloce sguardo al ragazzo color cioccolato.
«Volevo salutare il nuovo arrivato.» rispose il biondo, scrollando le spalle innocentemente. Kurt, che aveva ascoltato la conversazione fino a quel momento si voltò, alzando di poco la mano in segno di saluto.
«Ehi Kurt, stamattina Blaine ti ha trovato?»
Al ragazzo castano si mozzò il fiato a quella domanda, arrossì leggermente, evitando il contatto visivo con i ragazzi. Che già sapessero della sua cotta per Blaine? Era così evidente?
«Sì, mi ha... mi ha accompagnato fino alla presidenza.» rispose senza notare il leggero risolino che si dipinse sul viso di Nick e Riker.
«Ehi, ehi, Kurt!»un ragazzo dietro il biondo lo chiamò iniziando a sbracciare. Era Al che si alzò dalla sedia, stendendosi sul banco «Vieni oggi in aula di canto?»
«Cosa!? Allora vieni!?» chiese Nelson, sollevando la testa dal quaderno.
«Vuoi far parte degli Warbles!?» chiese a sua volta Riker.
«RAGAZZI!!» richiamò a gran voce il professore «Posso capire l'eccitazione di avere un nuovo compagno ma vi prego, fate attenzione alla lezione!»
«Scusi.» dissero in coro gli alunni, tornando composti.
«Bene.» e detto questo, tornò a spiegare la lezione. Gli Warbles alle sue spalle si lanciarono qualche sguardo pieno di allegria, cercando di non scoppiare a ridere per l'ennesima volta.

*****

La mattinata proseguì come un normale primo giorno di scuola: presentazione agli alunni dal nuovo professore, assegnazione di un nuovo posto, nuovi compagni di classe, lo sfogliare i nuovi libri, l'odore, la sensazione del nuovo ambiente.
Finalmente le lezioni terminarono con l'ultimo suono della campanella. Kurt uscì frettolosamente dall'aula, incapace di contenere un sorriso all'idea che da lì a poco avrebbe rivisto Blaine: se c'era un altro lato positivo dello stare alla Dalton, oltre la vita più pacifica, era il fatto che potesse vedere quel ragazzo più spesso.
Mentre attraversava il lungo corridoio schivò diversi ragazzi, che camminavano con i libri sotto mano, parlottando tra loro.
Pochi minuti dopo arrivò alla sala circolare e Kurt si guardò diverse volte attorno, finchè vide in piedi, intento a sfogliare qualche spartito, Blaine. Il ragazzo castano inspirò profondamente, dondolandosi sul posto, per poi avvicinarsi all'altro. «Ehi.» salutò, chinandosi leggermente verso il suo viso. Il moro sollevò la testa di scatto, sorridendo al ragazzo davanti a sé.
«Ciao!»
«Stai aspettando da molto?» chiese portandosi entrambe le mani alla cinghia della borsa. «Cosa? No, no tranquillo, sei in perfetto orario.» lo rassicurò, riponendo nella borsa i fogli «Allora sei pronto? Gli Warbles ti aspettano!» esclamò, invitando il suo amico a seguirlo con un cenno della testa.
Kurt inspirò nuovamente, mettendosi al fianco dell'altro.
«Com'è andato il tuo giorno, allora?» chiese Blaine dopo qualche attimo di silenzio. «Oh bene, sai.... sono capitato nello stesso corso con alcuni Warbles.» raccontò.
«Ah, sì?» domandò, sorridendo leggeremente quando poi sembrò ripensarci. Kurt lo osservò un po' sorpreso da quella reazione.
«Che c'è?»
«No, niente.» mentì questo, scuotendo le mani.
«Non è vero, dimmi la verità. Sembrava quasi tu non fossi cotento che li avessi in classe.» replicò Kurt, mantenendo una certa calma, ma odiava quando qualcuno gli nascondenva le cose.
«No, è che...» Blaine si guardò attorno, sospirò voltandosi verso l'altro ragazzo «Conoscendoli, non vorrei che ti facessero finire nei guai.» Fu impossibile per Kurt non sentire le farfalle volargli nello stomaco a quell'affermazione, così inspirò, abbozzando un sorriso timido.
«Non preoccuparti, non succederà.» rispose.
Blaine sorrise teneramente, per poi tornare a guardare davanti a sé, dopo un veloce battito di mani chiese: «Hai già la canzone in mente?»
«Certo, che domande fai?» entrambi sorrisero.
«Volevo solo accertami che fossi pronto.»
«Sembra quasi tu non mi conosca. Io sono sempre pronto quando si tratta di esibirsi, dovresti saperlo bene.» un altro sorriso intenerito si dipinse sul viso del moro, il quale, dopo pochi passi aprì la porta dell'aula di canto.
«Prego.» disse, invitando il suo amico ad entrare con un gesto galante del braccio. Kurt chinò leggermente la testa con un sorriso, varcando poi la soglia.

*****


«Allora, alla fine hai parlato di “queste cose” con Kurt.» disse Nick, che era sbucato dal nulla accanto a Blaine.
«Francis e Nelson mi avevano chiesto di proporglielo.»
«Ti stai per sposare!?» domandò improvvisamente Al. Blaine, con un sopracciglio incarcato, si voltò verso quest'ultimo.
«Cosa!? Ma che dici Al, no! Come ti è venuta una cosa del genere in mente?»
«Avevo sentito “proporre” ed avevo pensato...»
«Al, ti do un consiglio: ascolta tutto il discorso la prossima volta.» intervenne Nick, sollevando di poco le spalle.
Tutti e tre stavano in piedi, poggiati al tavolo posto sul lato opposto alla porta di ingresso, in attesa dei restanti Warbles che si erano messi a chiacchierare tra loro.
«A proposito di Kurt, dov'è?» domandò Nick, guardandosi attorno.
«Lì, a parlare con Francis.» il ragazzo castano stava in piedi, poco lontano dai tre, a parlare con l'alto ragazzo biondo.
«Starei attento fossi in te.» sbucò davanti a loro Riker, il quale bevve un sorso d'acqua dalla sua bottiglietta. «Potresti avere concorrenza.» continuò, indicando Francis. Blaine roteò gli occhi.
«Prima di tutto, Fran è etero, e voi due smettetela con questa storia.»
Il ragazzo dalla falda bionda scrollò le spalle.
«Era solo per dire. Uomo avvisato mezzo salvato, amico.» e così se ne andò, avvicinandosi ad altri ragazzi.
«Blaine, Blaine!» Wes tra un salto e l'altro, schivando i ragazzi, si avvicinò al trio.
«Dov'è Kurt? È il turno della sua audizione. David lo sta cercando da un po', è meglio che si faccia trovare subito.»
«Oh perfetto.» il moro si separò dal tavolo «Vado a chiamarlo.» Raggiunse Kurt, il quale stava ancora parlando con Francis, chiedendosi cosa avesse tanto da dire con lui.
«Davvero sei andato ad una sfilata di Cavalli!»
«Oh sì, mia sorella ama Cavalli, mi ci ha praticamente trascinato a forza.»
«OH MIO DIO!» esclamò incredulo il castano, come mai in casa sua certe cose non accadevano mai?
«Ehi, Kurt.» Blaine si mise accanto a lui, posando una mano sulla sua spalla «David ti sta cercando, devi esibirti.» formò un leggero sorriso, che venne ricambiato allo stesso modo dall'altro.
«Ok, sono pronto.»
«Perfetto. Credo che David sia laggiù infondo, vieni.» lo incoraggiò,spingendolo con una mano sulla schiena. Kurt a quel contatto rabbrividì, e per un attimo si dimenticò completamente di salutare Francis.
«Buona fortuna, Kurt!» urlò alle sue spalle il biondo.
«G-grazie!» rispose di rimando, voltandosi velocemente.
«Oh, eccoti, Kurt! Ti stavo cercando.» disse David, il quale si voltò verso gli altri ragazzi per fare un annuncio «Ragazzi, ora sentiremo Kurt, il nostro nuovo arrivato, cantare per la sua audizione. Sedetevi, vi prego.»
«Questo suo tono formale fa sempre effetto.» sussurrò Wes a Nelson, mentre si sedevano sul divano.
«Ti ho sentito, Wes.» sbottò l'altro, per avvicinarsi poi verso Kurt che stava chiacchierando con Blaine.
«Quando sei pronto.» e con un sorriso se ne andò a sedere.
«Ok.» sul viso del ragazzo di leggeva la tensione, così Blaine cercò di rilassarlo posando una mano sulla sua spalla. Gli sorrise, guardando negli occhi il suo amico per qualche attimo, senza aggiungere una parola, e se ne andò verso i divani.
Nella confusione, nessuno aveva notato quell'attimo tra i due ragazzi, eccetto Wes e David, i quali si scambiarono uno sguardo pieno di malizia.
Kurt fece un cenno della testa al ragazzo, che fece partire la base.
La musica partì delicata, divulgandosi nella stanza. Il nuovo arrivato sospirò, chiudendo gli occhi: tutto ciò che contava adesso era la canzone, il suo testo e nient'altro.

When you ask me,
who I am
What is my vision?
And do I have a plan?

*****

«Ehi, finocchio.» Kurt si voltò di scatto, trovandosi alcuni giocatori della squadra di football del McKinley venirgli incontro lungo il parcheggio fuori dal liceo. Confronto a Puckerman che si stava avvicinando, il castano pareva la metà e del tutto indifeso. In ogni maniera, però, cercò di mantenere coraggio, si strinse con forza allo spallaccio della sua borsa, con sguardo chino.
«Cosa vuoi?» domandò freddo.
«Oh niente... solo parlarti.» Puck, mise un braccio attorno alle spalle esili del malcapitato, il quale al contatto si irrigidì. «Stai tranquillo, lo sai che non ti faremo del male... solo la solita routine mattutina, dai.»
Kurt sospirò, tenendosi stretto a sé la borsa, quanto ancora avrebbe dovuto sopportare?
Fortunatamente quel giorno non si era messo la giacca di Mark Jacobs...
«Allora, sai come funziona.» disse Puck al suo orecchio «non credo ci sia bisogno di spiegazioni.» Adesso si trovavano davanti al grande cassonetto dei rifiuti blu.
«Buongiorno, Kurt!» arrivò il professor Schuester, che salutò il gruppo con un gesto della mano. «Buenos nachos, signor Schue.» rispose Puck, mentre Kurt rimase immobile.
«Ehi, forza Titans!» disse di fretta l'uomo, alzando un braccio mentre continuava il suo tragitto. Puckerman fece un cenno della testa in risposta, mentre il professore sparì nella folla, per poi voltarsi verso l'altro ragazzo prendendogli il braccio:
«Andiamo.»
«Aspetta!» urlò Kurt, si ricompose e, senza ribadire, lancò la borsa nelle mani di uno dei cinque ragazzi, che la prese al volo, per poi lanciare uno sguardo di rabbia agli altri quattro gorilla.
«Un giorno lavorerete tutti per me.» dopo di che fu buttato nel cassonetto come un oggetto da niente, inanimato e senza vita.

*****


Where is my strength?
Have I nothing to say?
I hear the words in my head,
but I push them away.

*****

Una botta contro qualcosa di metallico, il dolore, e Kurt si ritrovò a terra sul pavimento del corridoio.
Stanco, stanco di tutto, sollevò lo sguardo lentamente, si sentiva la testa pesante, come mai prima. David Karofsky stava in piedi a pochi passi da lui con un'espressione tra la fierezza e la rabbia.
Perchè si comportava così?
Perchè proprio con lui?
Cosa aveva fatto?
Perchè continuava a tormentare la sua vita?
Kurt aprì la bocca, ma rinunciò a parlare, troppo stanco per ribattere, mentre si strigeva alle sue ginocchia aspettando che il suo incubo sparisse.

*****

Lentamente Kurt aprì gli occhi, rivolgendo il suo sguardo verso i presenti della stanza.

'Cause I stand for the power to change,

*****


Un colpo, il freddo metallo contro la sua pelle, il dolore, una risata alle sue spalle e dei passi che si allontanavano.
«Qual'è il tuo problema!?» urlò sfinito, stanco di quello che stava vivendo.
«Che cosa?» la grande figura di Karofsky si voltò verso di lui con aria furiosa.

*****


I live for the perfect day.

*****

«Scusami,» due grandi occhi verdi si posarono sui suoi chiari «Ciao. Posso farti una domanda? Sono... sono nuovo qui.»
Il ragazzo davanti a sé sorrise «Mi chiamo Blaine.» e porse la mano che fu stretta da quella dell'altro ragazzo. «Kurt.»

*****


I hope for a hero to save me.

*****

«Eccolo lì.» disse guardando gli scalini della scuola.
«Ti copro le spalle.» Il ragazzo moro salì frettolosamente le scale «Scusa?» arrivò davanti a Dave Karofsky.
«Ehi, signorine.» salutò questo con un aria di disgusto in volto «È il tuo ragazzo, Kurt?»
«Io e Kurt vorremmo parlarti di una cosa.» Blaine aveva ignorato l'affermazione dell'altro, il quale diede solo una fredda risposta.
«Devo andare in classe.» diede una spinta a Kurt, ed iniziò a scendere le scale, ma questo non fermò il moro nel suo intento.
«Kurt mi ha detto quello che hai fatto.»
«Ah sì? E cosa sarebbe?»
«Mi hai baciato.» intervenne Kurt, incredulo nel vedere il ragazzo negare tutto.
«Non so di cosa parli.» Kurt si voltò verso di Blaine esasperato.
«Mi sa che forse sei un po' confuso, ed è perfettamente normale.» disse quest'ultimo, inziando a seguire Dave, che stava riprendendo il suo tragitto lungo le scale «È una cosa difficile da accettare, però dovresti sapere che non sei solo!»
In un secondo istante, Blaine fu travolto da Karofsky, che lo spinse contro il muro metallico.
«Non scassarmi le palle.» sibilò tra le sue labbra con rabbia, prendendo per il colletto il ragazzo, il quale, d'altro canto, non mosse un muscolo e si lasciò spingere.
Kurt non poteva restare fermo, non poteva non fare niente, non poteva lasciare che facesse del male perfino a lui.
«Devi smetterla!» urlò, spingendo il bullo che, incapace di rispondere e non sapendo cosa dire, si voltò scendendo le scale, per poi sparire nella confusione della folla degli alunni.
Kurt rimase senza parole in piedi davanti a Blaine «Beh, penso non farà coming out tanto presto.» disse con vena ironica nella speranza di sdrammatizzare quella situazione, ma l'altro era sconvolto, non poteva pensare a ciò che era successo.
Karofsky era gay.
Colui che lo aveva tormentato per anni per la sua omossessualità, era gay.
E lo aveva baciato.
Con un profondo respiro si sedette su uno scalino.
«Che succede?» Blaine preoccupato si sedette accanto a lui «Perchè sei così turbato?»
«Perchè fino a ieri non ero mai stato baciato. O almeno... uno che contasse.» con voce spezzata Kurt cercò di trattenere le lacrime. Era stanco e incredulo di tutto ciò che stava vivendo.
Blaine al suo fianco annuì comprensivo, mordendosi il labbro inferiore: cosa poteva dire? Nella sua vecchia scuola non aveva mai vissuto così... tanto.
«Dai. Ti offro il pranzo.» diede una leggera pacca sulla spalla all'altro, per invitarlo ad alzarsi e seguirlo.

*****


I stand for the strange and lonely,

*****

Le lacrime iniziarono a sporgere sui suoi occhi, Kurt cercò di trattenerle, ma l'emozione era talmente forte che non ci riuscì.
«E nessuno sembra notarlo.» un sospiro strozzato dalle lacrime, sotto lo sguardo comprensivo dei due grandi occhi verdi.

*****


I believe there's a better place.

*****

«Questa non è una scuola per gay.» disse David, che stava seduto alla sinistra di Blaine «Abbiamo solo una politica di tolleranza zero in fatto di discrimazione.»
«Tutti vengono trattati allo stesso modo, non importa cosa siano. È abbastanza semplice.»
intervenne Wes, con tanta semplicità che colpì il ragazzo che stava seduto di fronte a sé.
Allora era così? Esisteva davvero un posto del genere?

*****


I don't know if the sky is heaven,
But I pray anyway.

With the slightest of breezes
We fall just like leaves
As the rain washes us from the ground
We forget who we are
We can't see in the dark
And we quickly get lost in the crowd

*****


« ...Ecco perchè è così difficile per me andarmene.» ogni parola che usciva dalla sua bocca era un colpo allo stomaco. Perchè doveva essere così doloroso?
«In che senso "andare"?» domandò confusa Quinn.
«Mi trasferisco alla Dalton Accademy... immediatamente.» disse con voce spezzata il castano, tentando in tutti i modi di non scoppiare a piangere. Si fermò guardando i ragazzi del club, sapeva che gli sarebbero mancati.
«I miei genitori usaranno i soldi della luna di miele per pagare la retta.»
«Kurt, non puoi andartene.» disse Tina.
«Che diavolo, amico?» In quel momento Finn si alzò dalla sua sedia «Perchè non ne hai parlato prima con me di questa cosa?»
Nella sua domanda si sentiva il dispiacere, il dolore, per ciò che il suo neo fratellastro aveva appena deciso.
«Mi dispiace, Finn, ma non c'è nulla di cui parlare. Karofsky tornerà domani, il che significa che non lo farò io.» Parlare stava diventando sempre più difficile, sentiva il pesante groppo che si stava creando in gola.
«Possiamo proteggerti.» propose Sam.
«Sul serio! Possiamo formare una specie di perimetro attorno a te, come i Servizi Segreti.» disse Puck. Incredibile come fosse cambiato il rapporto tra loro, l'anno prima lo buttava nei cassonetti ed ora stava proponendo di fargli da guardia del corpo.
«L'unica cosa che può davvero proteggermi è quello che c'è alla Dalton: una politica di tolleranza zero per i soprusi. Che viene applicata.» rispose, volgendo il capo verso il professor Schuester. Quel clima di armonia che era nato nel club era in parte grazie a quell'uomo, sapeva che lui teneva alla felicità del club più che mai.
«Questo significa che gareggerai contro di noi alle Provinciali?» domandò dal nulla Rachel.
«Kurt...» Nel silenzio che si era appena creato, si fece sentire fievolmente la voce di Mercedes, la quale si alzò, avvicinandosi lentamente al suo migliore amico con espressione incredula. Non poteva. Come poteva salutarla? Come poteva andarsene così?
Un abbraccio avrebbe solo reso più difficili le cose, più di quanto già fossero; non poteva sopportare di vivere in tale modo neanche un altro secondo.
«Mi dispiace.» sussurrò in lacrime «Devo andare.» Si voltò, e, senza prestare un altro sguardo i suoi amici, uscì dall'aula.
Ed era così, aveva ceduto, si stava per trasferire alla Dalton.
Come tanti si era arreso.
Come tanti altri stava scappando.


*****

Mentre cantava l'ultima parte, Kurt posò velocemente lo sguardo su Blaine, il quale sorrise con un cenno di approvazione.

'Cause I stand for the power to change,
I live for the perfect day.
I love till it hurts like crazy,
I hope for a hero to save me.
I stand for the strange and lonely,
I believe there's a better place.
I don't know if the sky is heaven,
But I pray anyway


Terminò la sua esibizione, formando un piccolo sorriso in viso, mentre gli Warbles si alzarono in piedi, applaudendo con gioia al loro nuovo membro del club.

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Capitolo 3
*** We're marchin' on ***


Ciao a tutti!
Qui è DG che vi parla, l’autrice di questa Fanfic.
Parlo con lo scusarmi profondamente per il ritardo di questo capitolo, mi spiace per tutto il tempo che vi ho fatto passare.
Ora che è estate comunque dovrei affrettarmi con i tempi, spero di riuscirci e proseguire questa storia al vostro fianco.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Spero in una buona lettura.
Con affetto,
DG
p.s. Non possiedo Glee, sfortunatamente altrimenti sarei ad usufruire di qualche attore in questo momento *w*

*****

Chapter 3: We’re marchin’ on
*****

«Qui signore e signori è King Lawrence in collegamento diretto dalla Dalton Academy. Vi mostrerò cosa accade in questa struttura di prima mattina, in quali disavventure si imbatteranno i nostri protagonisti.» il ragazzo, con la sua fedele telecamera in mano, iniziò a correre lungo il corridoio. Chiuse rumorosamente la porta della sua stanza, senza badare al suo compagno che gli urlò alle spalle di fare più piano.
Pochi passi dopo trovò davanti a sé David, vestito perfettamente in uniforme eccetto per la mancante scarpa sinistra.
«Ragazzi, qualcuno ha visto – Oh. Ehi, King! Non ti avevo visto!» esclamò il ragazzo color cioccolata, voltandosi verso la telecamera.
«Figurati!» rispose l’altro, scrollando leggermente le spalle.
«Hai perso qualcosa?» chiese, ed inquadrò il piede coperto solo dal calzino nero.
«Sì! Non trovo più la mia scarpa! L’hai vista per caso?» domandò, mentre si avvicinava alla porta accanto, dalla quale uscì Al in accappatoio.
«Ragazzi, dove sono finite le mie mutande?»
David inarcò un sopracciglio:
«Hai perso le mutande?»
«Sì!»
«E prenderne delle altre?»
«Sono sparite! Cioè, no… alcune sono a lavare. Erano le uniche pulite!»
In quel momento una porta più distante si aprì, ed appoggiato alla maniglia stava Riker, che iniziò a sbattere le ciglia velocemente.
«Yuhuu!» chiamò in un urlo stridulo «Cercavi forse queste, bel maschione?» con la mano libera sventolava come un fazzoletto dei boxer neri.
«RIKER!» urlò Al, andandogli incontro.
«Attento che ti si alza il vestito!» urlò questo di rimando iniziando a scappare.
«Si può sapere quanto puzza il tuo piede?» dalla stessa stanza uscì Nick, con una mano teneva lontano da sé una scarpa nera, mentre con l’altra si tappava il naso. «David, dovresti lavarti più spesso, sai?» si voltò verso il ragazzo con una smorfia schifata.
«Dammi la scarpa, Nick!» urlò, avvicinandosi verso di lui a grandi passi. Il ragazzo dalla falda mora scoppiò in una risata e andò alla ringhiera per far penzolare la scarpa verso la stanza del piano di sotto.
«Ah-ah-ah! Attento a ciò che fai!»
King, con la telecamera in mano, inquadrò la stanza da dove erano usciti Riker e Nick.
«Ecco a voi il nuovo arrivato alla Dalton, Kurt Hummel. Buongiorno Kurt!» salutò con tono professionale.
«B-buongiorno.» sorrise leggermente confuso, terminando di mettersi la giacca della divisa. Come faceva quel ragazzo a sapere il suo nome?
«Com’è stato la tua prima serata con Nick e Riker?» Kurt, inquadrato in primo piano, sospirò roteando gli occhi. Una serata di quasi totale insonnia non era stata per niente semplice.
«Riker, dammi i boxer!» urlò la voce di Al dal corridoio.
«Cosa succede lì fuori?» chiese Kurt allarmato poiché non era a conoscenza di quello che stava accadendo.
«Oh, il solito… Riker e Nick fanno casino. Uno ha rubato la scarpa di David, l’altro i boxer di Al.»
Kurt rimase colpito dalla tranquillità con cui il ragazzo parlò, sembrava essere una cosa di normalità quotidiana.
«Oh.» riuscì a rispondere sorpreso.
«Scusa Kurt, devo riprendere. Vieni!» il ragazzo nipponico sparì dalla camera, fiondandosi in corridoio.
Riker teneva lontani i boxer dal loro proprietario.
«Riker, dammi i boxer!» il biondo spalancò la bocca, fingendosi offeso.
«Dopo tutto quello che abbiamo passato, preferisci dei boxer a me?» si avvicinò alla ringhiera, ed anche lui, come il suo amico, sporse l’indumento verso il piano inferiore. «Non ci provare!» sibilò David.
Sul viso di Riker e Nick comparve un ghigno.
«Perché non dovremmo?» chiese Nick abbassando la scarpa.
«Non ci provare.» ringhiò David.
«Ti prego, Riker. Lascia stare le mie mutande.»
«In questi momenti mi sento tremendamente potente.» disse il biondo rivolto al suo compare.
In un secondo David ed Al stavano correndo verso di loro a grandi passi, gli altri due sorpresi sorrisero l’uno all’altro e lasciarono cadere gli indumenti al piano inferiore.
«NO!» urlarono i due proprietari, sporgendosi dalla ringhiera. Si voltarono sconvolti verso la coppia di amici che, un passo dietro di loro, erano piegati in due dalle risate.
«Non ci credo che l’abbiate fatto.» disse sconvolto Al.
«Oddio! Gran colpo, Nick!» disse Riker, alzando un cinque che fu ricambiato all’istante. Entrambi poi si voltarono i due ragazzi alla ringhiera.
«Vendetta.» disse il moro, scrollando le spalle.
«La scorsa settimana ci avete rigirato i letti.» finì la frase il biondo.
«Perché avevate trasformato il mio budino in sbobba verde!» replicò Al.
Gli altri due si scambiarono uno sguardo:
«Non abbiamo mai fatto una cosa del genere.» rispose Riker. «Anche se effettivamente non è male.»
«Allora chi sarebbe stato?»
Dalla folla di ragazzi che si era creata in corridoio, si sentì una fragorosa risata.
«WES?» domandò stupito David. Il ragazzo dai tratti asiatici cercò di trattenersi.
«Scusami, non ho resistito.»
«Non ci credo.» disse esasperato Al, sollevando le braccia al cielo.
«Grande Wes!» urlarono in coro Riker e Nick.
David stava per aprire bocca, quando intervenne Francis, come sempre impeccabile. «Smettetela voi e muovetevi o farete tardi alle lezioni.»
«Ma…» stava per replicare il ragazzo color cioccolata.
«Niente storie, andate a riprendere le vostre cose ed andate a vestirvi.» ordinò indicando le scale curve di marmo che portavano alla stanza circolare sotto dormitori.
«Questa ce la pagherete…» minacciò Al puntando due dita all’altezza degli occhi verso gli altri due.
«Attento al vestito!» gli urlò dietro Nick ridacchiando.
«Possibile che voi due dobbiate fare una cosa del genere ogni giorno?» domandò Blaine, avvicinandosi a loro.
«Prendilo come un marchio di fabbrica.» rispose Riker con un ghigno.
King inquadrò l’ultima scena, seguendo con la telecamera Riker e Nick che se ne andavano assieme.
«Cosa ne pensa di questa storia, signor Anderson?» chiese, facendo un primo piano sul ragazzo, il quale sorrise, scuotendo la testa.
«Come al solito, King.» rispose, per poi andarsene, seguito dall’obbiettivo della telecamera grigia.
«E con questo è tutto.» disse il ragazzo asiatico «Qui King Lawrence, che vi lascia la linea dalla Dalton Academy.»
*****

Kurt mise l’ultimo libro nella sua borsa quando sentì bussare alla porta alle sue spalle. «Sì?» Il ragazzo castano si voltò di scatto, mentre la porta si aprì.
«Ehi, Kurt.» Blaine stava fermo sulla soglia con una mano stretta alla cinghia della borsa e l’altra alla maniglia.
Kurt fu piacevolmente sorpreso da tale visita:
«Ciao.» salutò, formando un leggero sorriso.
«Allora sei pronto?» domandò il moro, facendo un passo nella stanza.
La camera in cui Kurt dormiva era piuttosto grande e comprendeva tre letti singoli. I due disposti alle pareti laterali erano completamente sommersi da vestiti e libri, a differenza di quello di fronte alla porta che era perfettamente libero e rifatto.
La stanza era illuminata da un’alta finestra posta all’angolo destro semicircolare della stanza, preceduto da un piccolo balcone.
Accanto ad ogni letto stava un armadio, i due laterali erano aperti, colmi di vestiti in disordine, mentre quello accanto al letto di Kurt era chiuso, con un’enorme valigia aperta che straripava vestiti.
«Ho saputo che abbiamo entrambi letteratura alla prima ora.» disse Blaine, sfoderando un sorriso «Pensavo potessimo andare in classe insieme.»
Kurt rimase senza parole a bocca semiaperta:
«E-ehm oh, sì certo.» sul suo viso si formò un leggero sorriso. Blaine era venuto a prenderlo in camera sua… per quale attimo gli sembrò mancare il fiato.
Si riprese dopo poco chiudendo velocemente la borsa, per avvicinarsi all’altro ragazzo, che gli sorrise e con un gesto della testa lo invitò ad uscire.
«Allora che tipo è questo professor Peterson?» chiese Kurt al suono della campana.
Assieme a Blaine entrò nell’aula di letteratura, era una stanza ampia, come tutte le classi del resto, occupata da due lunghe file di banchi posti a coppie di due. Lungo la parete sinistra dell’aula stavano tre alte finestre che illuminavano l’intera stanza, dalla parte opposta la porta di ingresso davanti alla quale si trovava la larga cattedra.
«Diciamo piuttosto particolare... Si fa facilmente prendere dalla lezione, ma è un buon professore.» rispose il moro, posando i libri in una delle file.
«Capisco.» Kurt si fermò accanto a Blaine «Ti... dispiace se mi metto...?» cercò di chiedere indicando il posto accanto al suo amico.
«Oh no, certo che no. Non abbiamo posti prestabiliti, tranquillo.» sorrise l’altro, invitandolo a sedersi con un gesto della mano.
Il ragazzo castano posò sul banco la sua piccola pila di libri, notandone quello che stava in cima. Era più piccolo degli altri ma spesso, aveva la copertina color verde bottiglia e nel centro una raffigurazione di una donna su un balcone ed un uomo, subito sotto, rivolto verso di lei.
Kurt realizzò subito di cosa si trattava.
«Romeo e Giulietta!? State facendo Romero e Giulietta!?» Blaine sorrise all’esaltazione del ragazzo.
«Sì, ti piace?» chiese sorridente, mettendosi a sedere.
«Oh sì, certo che sì! È una storia d’amore meravigliosa! Chi disprezza quest’opera è un pazzo.»
Il ragazzo moro stava in silenzio ad ascoltare il suo amico con un sorriso stampato sul viso. «Mi avrai preso per matto.» borbottò Kurt, notando il suo sguardo.
«Oh no, no!» si corresse subito l’altro «Veramente anche a me piace molto, ma trovo sempre divertente ascoltare qualcuno che la apprezzi così tanto.»
Kurt sorrise con leggero imbarazzo, voltandosi verso l’altro ragazzo che non solo aveva i suoi stessi gusti ma soprattutto lo accettava per chi era. Avrebbe potuto trovare qualcuno migliore?
«Questa roba la reputo ufficialmente una palla!» urlò Nick entrando in classe con le braccia al cielo.
«Non l’hai neanche letta!» rispose dietro di lui David.
«Vuoi che non conosca l’andare della storia? Devi sapere che non sono così ignorante sai?» «Oddio, quante scemate tirerai fuori in un giorno...!» questa volta fu Wes a parlare, il quale era appena entrato.
«Ragazzi, scusate il ritardo.» un uomo dai capelli e barda argentati, magro e vestito con un lunga maglia panna, entrò nella stanza, posando la sua pila di libri sulla grande cattedra. «Oh sì, è sempre in ritardo.» disse Blaine all’orecchio del suo compagno.
«Allora...» disse il professore voltandosi verso la classe «Ho saputo che abbiamo un nuovo ragazzo tra noi.» l’uomo sorrise, cercando con lo sguardo la figura nuova. «Benvenuto Kurt.» salutò infine, formando delle piccole rughe attorno ad un sorriso che era appena spuntato.
«Grazie.» rispose il ragazzo. Blaine accanto a lui sorrideva, mentre sfogliava silenzioso il libro della tragedia Shakespeariana.
«Noi con il programma siamo a Shakespeare. Stiamo leggendo l’epica storia di Romeo e Giulietta. La tragica storia d’amore tra la giovane Capuleti ed il romantico Montecchi, ai quali viene negata la loro passionale storia d’amore dalle loro famiglie nemiche da generazioni!»Il professore iniziò a gesticolare con ampi movimenti delle braccia, camminando da una parte all’altra dell’aula con il viso rivolto verso l’alto.
Kurt tentò in ogni modo di nascondere un sorriso divertito, il quale però fu inevitabile con Blaine che gli si avvicinò all’orecchio:
«Te lo avevo detto che era un tipo.» sussurrò ridacchiando.
Kurt si voltò verso di lui con un sorriso, mantenendo poi lo sguardo per qualche attimo con quello dell’altro ragazzo.
«Ecco, Kurt. Spero sia chiaro.» disse il professore rivolgendosi al nuovo arrivato. Il ragazzo castano tornò alla realtà, rivolgendosi nuovamente al professore.
«Sì, signor Peterson.»
*****

Kurt uscì dall’ultima lezione prima di pranzo in una volata, portò elegantemente la borsa sulla spalla, iniziando ad avviarsi verso la mensa tra la folla degli altri ragazzi in uniforme.
Si sentiva così strano a essere perfettamente ugualeagli altri, si guardava attorno e non vedeva altro che cloni, tutti con la stessa divisa, tutti con lo stessi libri, che camminavano a coppie o in gruppi di tre. Quanto gli mancava tutta la diversità di colori che trovava nei corridoi del McKinley...
In quel momento sentì il cellulare suonare nella sua borsa a tracolla, sullo schermo c’era una parola che fece formare sul viso tondo del ragazzo un largo sorriso.
«Pronto!» disse in tono armonico Kurt.
«Chi sentono le mie orecchie!» esclamò felice l’inconfondibile voce della sua amica dall’altro capo del telefono.
«Ciao Mercedes.» sul volto del ragazzo comparve un tenero sorriso, incontenibile al sentire quella voce dopo tempo.
«Ciao, tesoro. È troppo che non ci sentiamo, dovresti saperlo! Che modi sono questi di non chiamare, eh?»
«Perdonami, Mercedes. In questi giorni è stato un puro caos. Mi... dispiace.»
«Stai tranquillo. Non ci sono problemi, lo sai che stavo scherzando.» La ragazza sorrise, fermandosi dall’armeggiare rumorosamente dentro il suo armadietto nel rumoroso corridoio del McKinley. A quelle parole anche Kurt sorrise, solo in quel momento, sentendo la voce dell’amica dopo giorni, si era reso conto di quanto in realtà gli mancasse. «Piuttosto dimmi.» Mercedes spezzò il silenzio che si era creato «Come va lì?» Chiuse l’armadietto, prendendo al volo il libro che gli sarebbe servito per l’ora successiva al pranzo.
«Tutto bene direi, la scuola è come sembrava, l’opposto del McKinley. I professori sembrano essere a posto, nonostante qualche personaggio fuori dalla norma, i ragazzi beh... sì, dai a posto anche loro. Tutto nella norma.» Kurt scrollò le spalle, mentre si mise a sedere ad un tavolo vuoto della mensa.
«Bene direi, l’importante è che tu ti trova bene.» ripose l’altra «Sono contenta di sentirti più rilassato. Lo sai, quando hai bisogno di una mano basta tu faccia una chiamata. Non esitare. » sottolineò l’amica ridacchiando.
«Non lo farò, tranquilla. Sarai la prima a sapere le cose.» Ed un sorriso colpevole si formò sul viso di Kurt quando disse quelle parole, ripensando a come non avesse detto niente del suo trasferimento alla sua amica, come fosse stato tutto così immediato e senza preavviso. Quello sguardo non l’avrebbe mai dimenticato.
«A proposito di notizie... Come va lì con Blaine?» La ragazza si stava avviando verso la mensa con un sacchetto di carta in mano ed il cellulare nell’altra «Non credere che non ci pensi a queste cose.» disse in un sorriso.
In quel momento Blaine si sedette di fronte a Kurt con un largo sorriso, posando il suo vassoio di fronte a sé, salutò il suo amico con un gesto della mano, facendogli capire che avrebbe aspettato la fine della telefonata per parlare con lui. Il ragazzo castano sorrise annuendo in risposta.
«Tutto come al solito. Si aspetta.» rispose Kurt con un ghigno, senza distogliere gli occhi dalla figura di fronte a sé che stava esaminando il suo piatto di pasta. Blaine poteva dire quello che voleva, ma quel cibo confronto alla mensa del McKinley era pura ristorazione di alta classe. «Dobbiamo incontrarci un giorno di questi comunque.»
«Questo è certo, caro mio!» replicò quasi sconcertata la ragazza color cioccolata «Sto aspettando il weekend proprio per vederti, se tu non lo sapessi. Sabato da Breadstix, niente scuse.» Kurt sentì un’altra voce femminile venire dall’altro capo del telefono. «--E' Kurt? Allora digli che ci vediamo là, vengo anch’io.--»
«Rachel dice che ti vuole vedere, ci vediamo sabato. Non dimenticare.»
«Salutamela, e sì, ci vediamo là. Non me ne dimenticherò.» sorrise il ragazzo, prendendo un sorso d’acqua. «Ti saluto, Mercedes. Ti racconterò tutto per bene Sabato.» aggiunse guardando Blaine di fronte a sé masticare il boccone con la bocca piena.
«Ok... Salutami Blaine, lo so che è lì tanto.» disse ridacchiando «Uh, ti saluta Rachel. Un bacio, Kurt. Ti aspetto Sabato!» Mercedes non diede neanche tempo di rispondere al ragazzo o di capire come avesse fatto la sua amica ad intuire che Blaine fosse lì con lui, che attaccò. «C-ciao.» salutò, chiudendo la telefonata, stranito osservò l’oggetto per poi rivolgersi al ragazzo moro «Ti saluta Mercedes.»
«Grazie! Salutamela anche tu quando la risenti. Spero non si sia annoiata troppo al nostro appuntamento la volta scorsa.»
A Kurt mancò il fiato... lo aveva appena chiamato “appuntamento”?
«Oh.. n- no per niente, tranquillo.» rispose il ragazzo.
«Bene, sono contento.» Il ragazzo moro sorrise, prendendo un altro boccone del suo pasto.
Tra i due nacque un momento di silenzio, riempito solo dallo sguardo in contemplazione di Kurt verso l’altro, improvvisamente al suo fianco comparve Nick.
«Ehilà, gente!» con un largo sorriso si mise a sedere, preparandosi a mangiare, Kurt non fece in tempo a rispondere che accanto a Blaine comparve l’immancabile Riker.
«Che fai Kurt, mangi senza cibo?» domandò quest’ultimo con un ghigno sul viso. «Come fai?»
«Riker, non hai visto che Kurt era impegnato in altro?» Sul viso di Nick comparve un enorme ghigno, che fu ricambiato senza nessuna esitazione.
«Oh sì, era al telefono e non ha fatto in tempo a prendere da mangiare.» rispose ingenuamente Blaine, il quale non si era minimamente accorto dell’espressione dei due nuovi arrivati.
Kurt, a differenza di quest’ultimo, sentì il fiato mozzarsi, era davvero così evidente? «Sì, mi ha chiamato un’amica che non sentivo da parecchio. Ed ora scusatemi, vado a prendermi il pranzo. Non parlatemi alle spalle.» sottolineò prima di alzarsi ed andarsene dal tavolo.
Riker e Nick lo guardarono allontanarsi con aria innocente, mentre Blaine confuso e completamente ignaro di ciò che l’altro intendesse, prese un altro boccone.
«Di che sta parlando?» domandò, indicandolo con la forchetta. Gli altri due fecero spallucce:
«Non dobbiamo parlare di lui alle sue spalle.»
*****

«Oh, oh, oh quindi aspettate... non si è reso conto che lo stava fissando?» domandò incredulo Wes, posando il suo bicchiere di carta sul tavolino.
«Per niente! Sono quasi sempre più convinto che abbia qualche problema alla vista.» disse Nick, sbuffando.
«Non è possibile con quegli occhioni che si ritrova sarebbe contro natura.» rispose tranquillo David, portandosi il suo caffè alla bocca «Deve solo decidersi a svegliarsi.»
«Da quello che sembra però sembra gli serva un bella botta!» esclamò Riker sollevando entrambe le sopracciglia.
I quattro ragazzi si trovavano al Caffè vicino scuola, seduti attorno al tavolo, ognuno con il proprio bicchiere in mano. Dato che avevano l’ora libera e un attimo di respiro prima delle prove con gli Warbles, avevano deciso di venire a fare una bevuta.
David scrollò le spalle:
«Sapete com’è Blaine, prima o poi si rinverrà.»
«In un futuro lontano dove le mucche voleranno e gli alberi parleranno.» disse Nick guardando in alto con aria sognante.
«Oppure... gli diamo noi la botta.» disse in un ghigno Wes.
«E come vorresti fare? Conoscendoti, saresti capace di tirargli una botta con una mazza da baseball.» rispose David, inarcando un sopracciglio.
«Sarebbe comunque utile, ma non so... un modo si troverà, no? Voglio dire, basta solo fargli capire che--»
«Credo la cosa migliore sia lasciare le cose come stanno, se deve accadere accadrà. Non dobbiamo interferire noi.» spiegò semplicemente David, bevendo un altro sorso di caffè.
«Sarà il destino a decidere per noi!» esclamò con tonalità bassa Nick.
«Nonostante potesse evitare questo tono da conquistatore del mondo, sì, Nick ha ragione.»
«Davvero?» domandò sorpreso Wes.
«Sì, non possiamo interferire così tanto nella vita altrui. Se veramente deve accadere qualcosa, accadrà. Oltretutto è possibile che interferendo, combineremmo qualche guaio.»
«Odio quando ti prendono questi momenti di serietà. Sei troppo... saggio.» disse Riker, fingendo di rabbrividire.
«Lo chiamano dono.» sghignazzò bevendo un altro sorso.
Accanto a lui, Wes lo osservava in silenzio con labbra serrate. Sapeva che quel discorso derivava dalla sua recentissima esperienza con la sua, ormai, ex, Emma. La troppa gelosia e la “mancanza di fiducia”, avevano portato i due a rompere, fortunatamente non in maniera brusca, ma il ragazzo ancora ne soffriva.
Wes aveva rotto qualche tempo prima, ma a differenza del suo amico, non ne risentiva, anche perché il suo era stata una rottura “concordataria” per una questione di “incompatibilità”.
Il ragazzo color cioccolata si voltò verso di lui, abbozzando un piccolo sorriso che fu ricambiato da uno sguardo del suo amico.
«David ha ragione.» disse Wes, voltandosi verso gli altri due «è meglio non creare dei danni, mettiamoci il naso solo quanto necessario, se le cose devono accadere, accadranno.»
Riker e Nick davanti a loro si scambiarono un veloce sguardo, il moro storse leggermente le labbra, per poi tornare a guardare gli altri due:
«Per quanto ci possa dispiacere... Ci stiamo, avete ragione.» disse Nick.
«Chiedo comunque il permesso di aiutarlo... non posso starmene con le mani in mano tutte le volte. Quando ci vuole, ci vuole.» Riker si appoggiò al tavolino, bevendo un sorso del suo caffè.
«Ragazzi, non vogliamo dire che dobbiamo starcene con le mani in mano, da amici che siamo dobbiamo agire tali, ma non prendere il controllo della sua vita.» spiegò Wes. Riker spalancò gli occhi verso quest’ultimo:
«Anche tu Wes? Ma c’è qualcosa nel caffè per caso che vi rende così saggi?» chiese Riker terrorizzato, guardando dentro il suo bicchiere.
«Idiota.» sbottò Wes, inarcando un sopracciglio.
«Piuttosto diteci.» iniziò David ridacchiando «Com’è questo Kurt? Io e Wes non abbiamo mai avuto occasione di conoscerlo, com’è stato passare la notte in camera con lui? Che tipo sembra?»
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo:
«Pignolo.» risposero all’unisono.
«Per non dire poi acidello.» disse il biondo.
«E assai diretto.» disse l’altro.
«E' un fanatico della moda.»
«Fissato con la detersione del viso.»
«Per non parlare della pulizia in generale.»
«Meno male.» disse David in un sorriso «Vi servirà un tipo così. Per poter vivere in quella discarica che voi chiamate camera.»
«Addirittura discarica questa volta!?» domandò incredulo Nick.
«Tra discarica, porcile, pollaio, giungla di sporcizia... proprio ci detesti!» esclamò Riker.
«Non è colpa mia se le cose sono come stanno. Provate a renderla vivibile e non la chiamerò in quel modo!»
«Quante storie per un po’ di confusione!» sbuffò Nick.
«Ragazzi, credo sia l’ora di tornare verso scuola.» intervenne Wes guardando l’orologio appeso al muro «Tra poco ci saranno le prove.»
I ragazzi annuirono, e nel mentre si alzavano Riker si voltò verso David:
«Ti tengo d’occhio, amico.» disse puntandogli due occhi all’altezza degli occhi, al quale gesto scoppiarono a ridere, uscendo dal Caffè.
*****

Kurt chiuse delicatamente la porta della camera, ora che Nick e Riker non c’erano era riuscito a mettere un po’ di ordine, e fiero di sé, iniziò ad avviarsi verso le prove degli Warblers. Velocemente scese le scale dei dormitori, ritrovandosi nella sala comune, prima di uscire dall’anta delle camere decise di passare dalla cucina per prendere un bicchier d’acqua.
Il ragazzo non trovò nessuno durante il tragitto, entrò nella cucina e prese dell’acqua, ovviamente potabile, dal rubinetto. In quel momento un rumore catturò la sua attenzione ed alle sue spalle Kurt trovò un ragazzo moro seduto al tavolo divorare qualcosa da dentro una scatole poggiata di fronte a lui.
«Al?» domandò il ragazzo castano cercando di capire se fosse veramente lui. Questo alzò la testa e guardo l’altro con il viso completamente coperto di panna montata:
«Ti prego, non dire niente a Nelson.»
«Co- cosa dovrei dire? Perché sei coperto di panna?»
«Queste sarebbero le sue ciambelle... Ma avevo fame ed era l’unica cosa che avevo trovato in frigo e lui mi aveva detto che li aveva comprati per questioni di urgenza, se tipo a mezzanotte gli veniva fame. Mi era venuta fame e le ho trovate, e mi andavano... Non dire niente a Nelson, ti prego!» Al abbassò la testa, strizzando gli occhi. Kurt rimase immobile di fronte a lui con il bicchiere in mano, incapace di dire una parola.
«Non pensi che lo scoprirà in ogni caso?» chiese «Insomma, le sue ciambelle non possono sparire così dal nulla, se capisci quello che intendo.»
«Quindi...» il ragazzo moro sollevò la testa con aria afflitta «glielo dirai?»
Kurt sospirò, scuotendo la testa, si avvicinò al suo compagno porgendogli un tovagliolo di carta.
«No, non dirò niente... ma sto solo dicendo che lo verrà comunque a sapere se vede la scatola delle ciambelle vuota.»
Al prese l’oggetto offertogli sorridente:
«Quello non è un problema, appena finite le prove andrò a comprarne altre. Mi ricordo quale prende, sono sempre i soliti: cioccolata, panna montana, quello giallo con lo smile e poi quest’ultimo alle fragole ancora intatto.» indicò il piccolo dolcetto con decorazioni rosse. «Lo vuoi?» chiese a Kurt porgendoglielo. Questo osservò il dolce per qualche istante, esitante sul prenderlo per le calorie che aveva, poi sollevò lo sguardo sull’altro ragazzo che sorrideva dietro la scatola di cartone. «Non fare complimenti! Tanto vado a ricomprarli tutti.» A quel punto il ragazzo castano sorrise:
«Facciamo a metà dai.»
Non ci sarebbe mai riuscito da solo.
*****

«Come ti sembra per adesso la Dalton? Ti piace?» domandò Al al ragazzo che camminava accanto a lui.
«Oh sì, è piuttosto diversa dalla mia vecchia scuola, ma è sicuramente meglio.» rispose Kurt, abbozzando un piccolo sorriso. Per quanto cercasse di non pensarci, gli mancavano i suoi amici delle New Directions, non vedeva l’ora che arrivasse sabato per rivederli, tutti o almeno alcuni.
«Sono sicuro ti piacerà la Dalton, sotto sotto è figa come scuola, basta solo prenderci l’abitudine.» Al rivolse un enorme sorriso all’altro, il quale rispose a sua volta con un piccolo sorriso, quando la sua attenzione fu catturata da dei forti rumori e il suono di un piano. Venivano dall’aula di canto.
«Hanno già iniziato le prove? Senza neanche aspettarci?» Al affrettò il passo, aprì leggermente la porta e si intrufolò dentro la stanza, sparendo dalla visuale di Kurt. Quest’ultimo fece lo stesso, una volta entrato nell’aula trovò infondo alla stanza Francis intento a suonare il pianoforte a corda, formando una melodia familiare alle orecchie di Kurt, e nel frattempo i ragazzi, disposti in ordine sparso nella stanza, battevano a tempo le mani su i tavoli.
For those days we felt like a mistake,
Those times when loves what you hate,
Somehow,
We keep marching on.

Blaine si avvicinò al centro della stanza, iniziando a cantare sul coro che formavano gli altri ragazzi, con un dito puntato verso l’alto ruotava lentamente attorno a sé stesso, fermandosi poi sorridente verso di Kurt.
There’s so many wars we fought,
There’s so many things we’re not,
But with what we have,
I promise you that,
We’re marching on,

Il ragazzo castano sorrise debolmente, abbassando la testa. In un secondo istante fu strappato da dove si trovava, e portato in mezzo agli altri ragazzi che lo incoraggiarono a cantare con loro.
Il coro alle sue spalle continuò a cantare:
We’re marching on
We’re marching on.

Blaine annuì a ritmo di musica, voltandosi poi verso gli altri suoi compagni. Lo sguardo di Kurt stava fermo sulla figura solitaria che si muoveva con tanta grazia quanta sicurezza davanti a lui.
For those doubts that swirl all around us,
For those lives that tear at the seams,
We know,
Were not what we’ve seen.

Il cantante solista si mise a ballare facendo dei cerchi su sé stesso, mentre il coro dietro di lui si formava attorno a lui.
For this dance well move with each other.
There ain’t no other step than one foot,
Right in front of the other.

In quel momento gli sguardi di Kurt e Blaine si incrociarono ed i due ragazzi sorrisero l’uno all’altro. Quello moro con un gesto della mano invitò l’altro a prendere parte del suo assolo, quale non fu assolutamente rifiutato.
Blaine attaccò, guardando negli occhi di Kurt con aria apprensiva:
There’s so many wars we fought,

Kurt sorrise amaramente ripensando a tutto ciò che aveva vissuto, ma l’idea di trovarsi a sicuro in quel momento accanto a lui, lo rassicurava come mai prima.
There’s so many things we’re not,
Le loro voci si mischiarono in perfetta armonia formando il nuovo duetto.
But with what we have,
I promise you that,
We're marching on.

Gli amici di Blaine, notando il tutto, sorrisero l’uno all’altro, forse non c’era necessità di questa botta divina per svegliare il cantante.
We’re marching on
We’re marching on.
Well have the days we break,
And well have the scars to prove it,
Well have the bonds that we save,
But well have the heart not to lose it.

Silenzio. Nella sala calò un secondo totale di silenzio, colmato dagli sguardi consapevoli e comprensivi dell’altro tra i due cantanti solisti. I quali sorrisero e Blaine annuendo a ritmo riprese a cantare, seguito poi da Kurt.
For all of the times we’ve stopped,
For all of the things I’m not.

I due iniziarono a camminare l’uno incontro all’altro, non guardando altro che lo sguardo del ragazzo che avevano di fronte.
We put one foot in front of the other,
We move like we ain’t got no other,
We go when we go,
We’re marching on.

Gli occhi di Blaine si illuminarono mentre un altro enorme sorriso si formò sul suo viso, dopo di che si voltò, andando da solo al centro della stanza per cantare.
There’s so many wars we fought,
There’s so many things were not,
But with what we have,
I promise you that,
We're marching on,
We're marching on
We're marching on.

Tutto il gruppo iniziò a spostarsi passetto per passetto da destra a sinistra, seguendo le parole del testo.
Right, right, right, right left right,
Right, right, right, left, right,
Right, right,
We're marching on.

La canzone terminò e con essa la coreografia del club, il quale scoppiò nell'ennesimo boato di gioia.

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Capitolo 4
*** There’s Nothing like Home ***


Ciao a tutti!
Eccomi qua con un altro capitolo, spero sia di vostro gradimento, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate! :)
Vi volevo ringraziare, prima di tutto perchè la FF con soli tre capitol ha raggiunto quasi le 1000 visualizzazioni ed il primo capitol ha passato le 500 visite, vi ringrazio di cuore!
Con questo chiudo,
Spero in una buona lettura!
DG
*****


Chapter 4: There’s Nothing like Home


Finalmente era arrivato il weekend e per Kurt era giunto il momento di tornare a Lima.


«Quindi ci lasci?» chiese Al sorpreso, scattando improvvisamente appena vide Kurt uscire dalla sua stanza affianco a Riker e Nick con una borsa più capiente del solito il venerdì sul tardo pomeriggio. «è solo per questo weekend. Domenica sera sarò di nuovo qui.» lo rassicurò il ragazzo castano con un sorriso, al quale rispose un sospiro di sollievo.
«Stacci bene, amico. La camera sentirà la tua mancanza.» salutò Nick, seguito da Riker che fece un gesto della mano. A differenza di Kurt, la maggior parte dei suoi compagni Warblers, abitando parecchio lontano dalla scuola, rimanevano all’accademia per quasi tutto l’anno eccetto vacanze o casi particolari, e così avrebbero fatto quel fine settimana.
«Certo.» rispose con un sorriso. In quel momento Riker e Nick sorrisero beffardamente, vedendo qualcuno avvicinarsi alle spalle del loro “coinquilino”:
«Noi ti salutiamo, abbiamo promesso al prof Johnson che saremmo passati da lui.» Salutarono il loro amico con un gesto della mano e Nick diede un veloce botta alla spalla di Al, per poi allontanarsi insieme nel corridoio.
Kurt si sistemò un’ultima volta la borsa in spalla, ma prima che potesse voltarsi sentì una voce calda e familiare all’orecchio.
«Vedi di tornare presto.» al ragazzo sentì mancare il fiato, nel ritrovarsi così vicino Blaine, verso il quale si voltò mostrando un sorriso.
«Tornerò. Vado via giusto per cambiare un po’ l’aria.» rispose scrollando le spalle. Il ragazzo moro sorrise teneramente al suo amico:
«Ti accompagno fino all’uscita.» disse facendo un cenno della testa «Andiamo. I tuoi amici non vedranno l’ora di rivederti.»
Kurt lo seguì sorridente, un po’ all’idea di come Blaine comparisse sempre accanto a lui, un po’ all’idea che avrebbe incontrato i suoi amici delle New Directions.
Fatto stava, che stava tornando a casa.


Ed il giorno dopo si trovava lì, davanti a Breadstix. Si era accordato con Mercedes che si sarebbero trovati a quel ristorante per un pranzo assieme, cosa c’era di meglio che una chiacchierata tra dive?
Kurt inspirò profondamente con un sorriso, per poi spingere la porta ed entrare nell’ormai troppo familiare locale. Una volta entrato si guardò attorno, verso gli stessi tavoli attorniati dalle stesse poltrone, serviti dagli stessi lavoratori con gli stessi piatti. Sembrava fosse passata un’infinità di tempo da quando era entrato l’ultima volta in quel posto, quando in realtà era passata poco più di una settimana, e nulla era cambiato.
«Kurt? È lui? Kurt Kurt!» si sentì chiamare dalla voce di Rachel, la quale stava seduta accanto a Mercedes, che lo stava incitando ad avvicinarsi con ampi gesti delle mani, ad uno dei tavoli lì vicino. Senza farselo ripetere, il ragazzo si avvicinò verso le sue amiche a grandi passi, salutandole con un caloroso abbraccio.
«Mi siete mancate terribilmente!» disse, mettendosi a sedere di fronte a loro.
«Puoi dirlo forte, sei mancato tantissimo anche a noi!» disse Mercedes, scuotendo il braccio del suo amico con uno dei suoi larghi e contagiosi sorrisi.
«Non hai idea di quanto si senta la tua mancanza al Glee. Non pensavo che la mancanza di una voce si potesse sentire così tanto.» Kurt a quelle parole sorrise, dopo tutti gli sforzi che aveva sempre fatto per farsi sentire nel Glee, era bello udire una cosa simile dalla sua eterna rivale.
«Però ora sei qui!» Mercedes cercò di spezzare quel momento di tristezza «Parlaci della tua prima settimana alla Dalton! Com’è andata?» chiese rivolgendosi al ragazzo, che ridacchiò e, mentre arrivavano le loro ordinazioni, iniziò a descrivere la struttura scolastica, i suoi nuovi compagni e professori, le lezioni. Arrivò a parlare degli Warblers quando Rachel lo interruppe.
«Sono bravi? Quanto bravi?»
Mercede alzò gli occhi al cielo, mentre sul viso di Kurt si dipinse un leggero ghigno. «Parecchio bravi a dire il vero... Certo hanno un sound diverso dalle New Directions, ma sempre bravi. Avrete degli ossi duri da battere.» disse Kurt ridacchiando.
«Già... saremo anche contro di te.» continuò la ragazza, la quale si beccò un colpo sulla gamba seguito da un’occhiataccia da parte di Mercedes.
Il ragazzo sorrise amaramente, era ancora un po’ difficile accettare ad alta voce una cosa del genere. Kurt era convinto che se ne sarebbe veramente reso conto quando si sarebbero ritrovati in due divise diverse il fine settimana successivo alle Provinciali.
«Beh... avrete un motivo in più per temerci.» disse con fierezza e vide le due ragazza di fronte a sé sorridere.
«Adesso ti riconoscono.» rispose Mercedes con fare fiero.
«A proposito di Glee club, Fringuelli... ce ne sarebbe uno a cui noi saremmo piuttosto interessate.» continuò la ragazza color cioccolata, cui si unì subito Rachel sorridente. Kurt arrossì leggermente, abbassando lo sguardo.
«Non c’è niente da dire... voglio dire, cosa dovrei dire?»
«Oh, ti prego! Non ti crederei neanche se me lo dicesse Barbra Streisand in persona!» rispose Rachel.
«Insomma,» intervenne l’altra ragazza «è impossibile che tu non abbia nulla da raccontarci.»
«Vi ho praticamente già detto tutto quello che c’era da dire: mi ha invitato a far parte degli Warblers, mi ha aiutato ad orientarmi a scuola, mi ha accompagnato a lezione, ho detto che abbiamo avuto anche la lezione di letteratura insieme, no? Abbiamo cantato, ieri mi ha accompagnato all’uscita--»
«Questo non l’avevi detto!» lo interruppe Mercedes con un ghigno. «Non credevo fosse così rilevante.»
«Tutto è rilevante in una storia d’amore, dammi retta io e Finn possiamo dartene la prova-»
«Rachel, stiamo parlando di Kurt.» la corresse l’amica ridacchiando, la richiamata rimase con la bocca leggermente aperta per poi poggiarsi allo schienale con un leggero broncio. «Insomma.» riprese gentilmente la ragazza di colore, ignorando con un sorriso l’amica «Dicci un po’ com’è andata questa cosa.»
Kurt doveva ammetterlo, anche se fondamentalmente lo stava negando alle sue amiche, adorava parlare di Blaine, sentiva che avrebbe potuto descrivere ogni attimo che avevano condiviso fino al più piccolo ed insignificante dettaglio, che poi, come aveva precisato Rachel, in amore non lo era mai.


«Vuoi che ti porti la borsa fino alla porta?» chiese gentilmente Blaine, ma Kurt rifiutò l’offerta scuotendo la testa.
«No, grazie. Ce la faccio.» entrambi sorrisero leggermente.
«Ricordati di salutarmi Mercedes, quando la vedi e scusati ancora da parte mia se si è annoiata l’altra sera.»
Kurt ridacchiò:
«Tranquillo, sarà fatto. E devi metterti l’anima in pace, non si è annoiata l’altra volta, l’ha più volte assicurato.»
Camminavano fianco a fianco lungo uno dei corridoi della Dalton popolato da altri ragazzi che camminavano nella loro o opposta direzione, ma uno di questi, completamente intento nel leggere una rivista che sembrava un manga, sbatté in pieno contro Kurt.
«Ouch.» esclamò il ragazzo più basso, guardando di scatto verso i suoi piedi, dove era caduta il suo manga «No cavoli, no! La pagina!» Non diede neanche tempo all’altro ragazzo di scansarsi che questo aveva già raccolto la sua bramata rivista e stava ricercando la pagina persa.
Kurt in silenzio voltò lo sguardo verso di Blaine, il quale roteò gli occhi.
«Pedro?»
«Un momiento!» esclamò in risposta, non distogliendo gli occhi dal manga ed alzando una delle due mani per far tacere entrambi i ragazzi. Questa volta fu Blaine a voltarsi verso l’altro ragazzo con entrambe le sopracciglia sollevate.
«Ah-ah!» urlò entusiasta il messicano, orgoglioso di sé stesso stava indicando una pagina «Questo è il punto dove sono arrivato.» sorrise a sé stesso, poi si rivolse verso gli altri due, fermandosi per qualche istante su Kurt.
«Kurt!» esclamò pronunciando molto ispanicamente la “R”. Il suo sguardo poi si posò per un secondo sulla borsa che reggeva.
«Stai andando via? Non puoi! No tu no puede ir!»
«N-N- non--» era solo una sua impressione o in quella scuola si faceva amicizia fin troppo velocemente?
«Non va via, Pedro. Sta a casa per il weekend. Domenica sarà di nuovo tra noi... O almeno si spera. » rispose Blaine ridacchiando.
«Ehi, detta così suona parecchio male!» rispose Kurt, inarcando un sopracciglio verso di lui. «Concordo. Sembra che degli alieni lo rapiranno questo weekend.» commentò Pedro con occhi spalancati, il quale sembrò avere un’illuminazione e riprese a leggere con foga il suo manga. «No puede ser!» borbottò con il naso tra le pagine.
Kurt si voltò verso Blaine, il quale sorrideva verso il ragazzo messicano con aria divertita.
«Sembra tu sia in un punto piuttosto cruciale, Pedro.» disse quest’ultimo ridacchiando, ed in risposta ottenne dei veloci cenni della testa però sempre rivolti al manga.
«Andiamo.» si riferì a Kurt «Meglio lasciare Pedro da solo prima che esploda appena scoperto quello che accade.» Diede una pacca alla spalla del messicano «Allora noi andiamo, a dopo.» salutò, per poi andarsene senza ricevere una risposta degna del suo nome.
Kurt, non sapendo esattamente come agire, sorrise leggermente verso il lettore, fece un mezzo saluto e raggiunse Blaine in pochi istanti. Quest’ultimo però non poté non far caso all’aria interdetta del suo amico:
«Non ti preoccupare.» ridacchiò «è normale che sia così, quando Pedro ha in mano un manga puoi anche dirgli che sta crollando il cielo e lui non smuove i suoi occhi da quelle pagine. Fa quasi paura effettivamente.»
Kurt con la bocca leggermente aperta sbatté le palpebre diverse volte, era lì da circa una settimana ed ormai gli era chiaro come il sole che gli alunni alla Dalton non erano esattamente i bravi ragazzi in giacca e cravatta che parevano dall’esterno.
«Capisco.» disse infine annuendo profondamente, mordendosi le labbra.
Blaine ridacchiò, scuotendo la testa alla reazione del suo amico.
«Non prenderla così, sappi che non ti mangeremo.» lo rassicurò scherzosamente. Kurt si voltò verso l’altro con un sorriso, ma fece giusto in tempo ad aprire bocca che la sua attenzione fu catturata da una voce femminile alle sue spalle che lo chiamava.
«Kurt! Kurt!»
L’interpellato si voltò e vide correre verso di sé la signorina Hoover in uno sei suoi soliti eleganti completi e i tacchi che risuonavano per il corridoio al ritmo del suo passo affrettato.
«Salve.» salutò sorpreso il ragazzo appena la donna li raggiunse.
«Ciao, Kurt.» sorrise l’altra riprendendo fiato «Ti avevo cercato in camera, ma Riker e Nick mi hanno detto che te ne eri andato... Per fortuna ti ho trovato.»
«Stavo giusto uscendo.»
«Sì, ma ho bisogno che tu porti questo a tuo padre, è solo il versamento della tassa di iscrizione. L’altro giorno lo aveva dimenticato nel mio ufficio.»
«Oh.» rispose Kurt sorpreso, prendendo il pezzo di carta dalle mani della signorina Hoover. Aveva fatto una corsa per mezza scuola solo per ridargli parte del versamento?
Quella totale efficienza iniziava a spaventarlo, quanto fargli adorare quella scuola. «Grazie.» disse infine «Lo- lo porterò a mio padre.»
La bionda davanti a lui sorrise gentilmente.
«Ok, allora ti lascio andare.» la signorina Hoover rivolse lo sguardo verso di Blaine con un sorriso «Buon week-end, divertiti.» salutò per poi andarsene.
Kurt rimase qualche secondo con il pezzo di carta in mano, incapace di dire una parola. «Tutto apposto?» chiese il ragazzo accanto a lui con tono preoccupato.
«è possibile che in questa scuola sia tutto così perfetto?» domandò ironicamente l’altro voltandosi verso di lui con la fronte aggrottata.
Blaine in risposta scoppiò a ridere scuotendo la testa.
«Sei esagerato.» rispose ritornando a camminare.
«No, ma sono serio. È... è assurdo.» Kurt terminò la frase scuotendo la testa in un sussurro. Ciò che Blaine non aveva colto è che, indirettamente, l’altro si stava riferendo anche a lui.
Questo sorrise con uno sguardo intenerito rivolto verso Kurt. Camminarono assieme fuori dalla struttura scolastica della Dalton, ritrovandosi lungo il viale ricoperto di ghiaia di fronte all’ingresso che portava al grande cancello che circondava il giardino esterno della scuola.
«Eccoci qua.» disse Blaine, fermandosi davanti alla grande inferriata bianca.
«Eccoci qua.» ripeté Kurt. Entrambi in silenzio si scambiarono un lungo sguardo, ricambiandosi a vicenda un piccolo sorriso.
«Sai? Mancherai alla Dalton.» disse Blaine, con uno dei suoi soliti sorrisi a cui Kurt sentì sciogliersi.
«Non dire stupidaggini.» riuscì comunque a rispondere, inarcando teatralmente un sopracciglio. «Non mi credi?» Kurt arricciò le labbra ed iniziò a scuotere la testa, osservando il ragazzo di fronte a lui che ridacchiava alla reazione del suo amico.
«Credo che... sia meglio che tu vada.» disse Blaine dopo un attimo di silenzio. «I tuoi genitori ti staranno aspettando. Non vedranno l’ora di rivederti.»
Kurt annuì con il capo chino, sistemandosi un’ultima volta la borsa sulla spalla per poi fare il primo passo.
«Ci vediamo domenica sera.» disse alle sue spalle il ragazzo moro.
«Sì. A domenica.»
«La Dalton sentirà la tua mancanza.» aggiunse in una risata Blaine, il quale ricevette solo un’occhiata dal suo compagno.
Si scambiarono quell’ultimo sguardo, poi si voltarono per tornare sulle proprie strade.


«E questo è tutto.» Kurt scrollando le sue spalle.
«Oh.» rispose in coro le due amiche.
«Vi avevo detto che non era tutto questo gran che.» il ragazzo ridacchiò.
«Stai scherzando? È tutto! C’erano i segnali, Kurt! I segnali! La Dalton sentirà al tua mancanza, ah!» Rachel entusiasta del suo ragionamento ridacchiò, mentre Mercedes la guardava in silenzio, spostando lo sguardo sui due suoi compagni.
Kurt sorrise, per quanto sostenesse l’inutilità del racconto, dentro di sé era ben felice di averlo detto tutto alle due amiche, soprattutto della reazione di Rachel. Era un buon segno del resto, no?
«Insomma... questi Nick e Riker sono i tuoi compagni di stanza?» chiese Mercedes per cambiare argomento.
«Oh sì. Totali disastri, credo di aver avuto il mio primo sonno tranquillo solo ieri notte a casa.» Le due ragazze ridacchiarono.
«Non possono essere così terribili, dai.» sentenziò Rachel.
«No? Mi sono ritrovato a dover evitare zaini, libri, maglie, pantaloni come se fossero degli ostacoli per arrivare al mio letto, non c’è un buco libero. Ho dovuto ripulire io per una questione di igiene, non ci si poteva vivere. Per non parlare del puzzo che c’era il primo giorno! David aveva ragione a chiamarla discarica.»
Rachel e Mercedes scoppiarono a ridere, scambiandosi uno sguardo divertito.
«Preparati a vivere con Finn allora! Avrai del lavoro da fare, mi sa!» esclamò quest’ultima. «Oh no, Carole non glielo permetterebbe mai. Mi fido di lei.»
«In sua difesa dico che sa essere anche ordinato, se vuole. Stai tranquillo, Kurt.» disse Rachel, posandogli una mano sul braccio «Non arriverai al punto da dover chiamare il servizio dell’igiene.»
«Meno male.» rispose in torno ironico il ragazzo.
«Comunque parlando di ragazzi...» Rachel si sollevò di scatto, puntando uno sguardo malizioso verso la sua amica seduta al suo fianco «Qualche bel maschietto da proporre alla qui presente?»
«Oh, vi prego.» disse Mercedes arrossendo leggermente.
«Effettivamente ce ne sarebbe uno.» sul volto di Kurt si dipinse un largo sorriso «David è un bel ragazzo, e sappi che è single. Non sarebbe affatto male come scelta.»
«Trovato! Bene, Mercedes questo— come hai detto che si chiama?» chiese Rachel.
«David.»
«David, mi pare un’ottima idea. Kurt, vedi di far incontrare questi due. Vi immagino già insieme, sposati con bambini.»
Mercedes inarcò un sopracciglio a quelle parole, incredula di ciò che aveva appena sentito. «Se non sai nemmeno com’è fisicamente.» rispose.
«Oh beh, lo immaginerò dal vostro primo incontro.»
La ragazza color cioccolata scosse la testa in una silenziosa risata:
«Comunque, per quanto vi sia grata, no. Sto bene come sto, grazie. E,» continuò, guardando il suo orologio al polso «Credo sia ora di tornare a casa. Si sta facendo tardi.»
Rachel e Kurt si scambiarono uno sguardo, sorridendo meschinamente di nascosto alla loro amica, si erano capiti, cosa poi avrebbero fatto lo sapevano.
«Sì,» si alzò anche l’altra ragazza «Credo che Finn sia qui fuori ad aspettarmi. Meglio andare.»
I tre sorrisero l’uno all’altro, avviandosi all’uscita.
«Dobbiamo rincontrarci la prossima settimana, vada come vadano le Provinciali.» disse Mercedes una volta fuori dal ristorante.
«Certo!» rispose raggiante il ragazzo «Ci vediamo là.»
«Non avrete la vittoria facilmente, questo è certo.» disse Rachel, correndo ad abbracciare il suo amico.
«Questo nemmeno voi.» ridacchiò il ragazzo, stringendo tra le braccia la sua amica, la quale sorrise delicatamente ricordando dentro di sé quanto gli mancasse il suo amico. «Ci mancherai.» disse Mercedes alle spalle di Rachel, appena questa liberò l’abbraccio.
Sul volto di Kurt si morse leggermente le labbra, formando un leggero sorriso:
«Non hai neanche idea di quanto mi mancherete.» sussurrò all’orecchio della sua amica, mentre la stringeva in un lungo abbraccio.
«Ci- ci vediamo alle Provinciali allora.» disse Rachel, quando poi la sua attenzione fu catturata dal familiare pick-up che parcheggiò di fronte al ristorante.
«Finn è arrivato, meglio che vada.» disse in un sorriso. «Ci vediamo.» salutò i suoi amici con un gesto della mano e raggiunse il suo ragazzo, che lo aspettava in piedi fuori dalla macchina.
Kurt vide i due scambiarsi un veloce bacio sulle labbra ed il suo neo-fratellastro sollevare lo sguardo su di lui e dire:
«Ci vediamo a casa.» salutandolo con un gesto della mano, per poi andarsene.
«Credo sia meglio che vada anch’io prima che si faccia troppo tardi, non vorrei far preoccupare i miei.» disse d’un tratto Mercedes.
«Oh sì, certo. Vado anch’io.»
I due si scambiarono un altro lungo abbraccio, e nella notte annuvolata, entrambi si avviarono verso casa.

*****


«Allora, com’è andata la serata?» chiese Finn, formando uno dei suoi piccoli sorrisi sul volto.
«Bene, è stato bello rivedere Kurt.» rispose Rachel sorridente «Solo rivederlo mi sono resa conto di quanto mi sia mancato.» le sue labbra si trasformarono in un sorriso amaro, la ragazza guardava dritto di fronte a sé, come se avesse lo sguardo perso nel vuoto.
Finn teneramente lasciò il volante con una mano e la posò sul ginocchio di Rachel, incrociando i suoi due grandi occhi scuri ai suoi per qualche attimo.
«È stato carino che vi siate incontrati.»
«Oh, certo! Credo che gli abbia fatto anche piacere. E poi, ci ha raccontato un mucchio di cose: anche sugli Warblers. Finn, dobbiamo stare attenti alle Provinciali, Kurt ha detto che sono bravi e da quello che so questo Blaine ci sa fare. Non che dubiti delle mie doti, ma dobbiamo dare il centro per cento.» Rachel annuì più volte verso il suo ragazzo, stringendogli la mano.
«Rachel, mi fai male!» esclamò Finn, muovendo la mano sotto la sua, ma senza staccare il suo sguardo dalla strada.«Dovresti smetterla di pensare alla gara, ti rende solo più nervosa.» nel frattempo si era liberato dalla stretta e scuoteva la mano, nella speranza che il sangue potesse ritornare alla sua regolare circolazione.
«Ma Kurt ha detto che Blaine...»
«Si può sapere chi è questo Blaine?» domandò interdetto Finn, una volta aver parcheggiato di fronte a casa Berry. Per caso c’era un nuovo ragazzo che non aveva conosciuto? Nelle New Directions sarebbero stati in tredici adesso?
«È il cantante solista degli Warblers. Se non la nuova cotta di Kurt.» ridacchiò la ragazza. «E sarebbe— un momento, cotta
«Oh sì, e sembra anche piuttosto grossa.»
Finn sbatté più volte le palpebre con la bocca semiaperta, incapace di dire una parola. Era rimasto a Sam, come mai certe cose a lui sfuggivano?
«Che c’è, Finn?» chiese la ragazza accanto a lui, chinando leggermente il capo.
«No, è che... non ne sapevo niente, ecco.»
«Vedrai che te parlerà.» lo rassicurò dolcemente, vedendo un’aria afflitta nel suo ragazzo «Del resto avrà bisogno di qualche consiglio per qualche approccio da un uomo, no?»
Questa volta l’espressione di Finn si tramutò in una confusa, incapace di rispondere. Avrebbe dovuto parlare di come flirtare con... Kurt? Di situazioni con suo fratellastro ne aveva immaginate, ma sicuramente non una del genere.
Come aveva sempre precisato, non aveva niente contro i gay, assolutamente niente, però non si sarebbe mai immaginato di parlarne con qualcuno come flirtare come un uomo. Come poteva sapere lui se avrebbe detto le cose giuste?
«Non devi preoccuparti. Basta che tu sia sincero con lui, più o meno come noi due.» Rachel sorrise, mentre Finn sentì l’ennesima fitta allo stomaco a quelle parole.
Come noi due. Già, peccato che lui avesse ancora una bugia in sospeso con lei, dall’anno precedente.
«Del resto è tuo fratello.» Finn sentì la piccola mano toccargli la spalla «Vedrai che sarà più naturale di quanto tu possa pensare.» Rachel aveva avvicinato il suo viso a quello di Finn, nel suo sguardo riusciva a vedere come stesse cercando di rassicurarlo, attraverso quegli innocenti grandi occhi castani.
Come poteva mentire ad una persona del genere?
Come poteva continuare a tenere un segreto simile a lei?
«Rachel?» borbottò.
«Sì?» ci fu un momento di silenzio durante il quale i due si scambiarono un lungo sguardo.
«G- grazie.» sussurrò alla fine, incapace di ferire un’altra volta una persona a lui tanto cara. Sarebbe arrivato il momento giusto e quel giorno glielo avrebbe detto.
La ragazza sorrise, avvicinando il suo viso, per baciare delicatamente il suo ragazzo.
«Buonanotte.» disse, prima di scendere dalla macchina ed avviarsi verso casa.
Finn non si mosse, finché non vide la figura minuta sparire dietro la porta di casa Berry.

*****


Kurt ormai era rientrato in casa da parecchio, stava in cucina, intento a versare il latte nel pentolino quando sentì qualcuno rientrare in casa. Passarono pochi secondi e Finn apparve in cucina.
«Che fai?» chiese sorridente, aprendo il frigo.
«Stavo preparando del latte caldo... Ne vuoi una tazza?» chiese gentilmente l’altro ragazzo. Finn annuì, mettendosi a sedere su una delle sedie dispose attorno al tavolo. Tra i due calò un attimo di silenzio, riempito solamente dal rumore del gas che bruciava sotto il pentolino.
«Allora, come... vanno le cose alla Dalton?» chiese il ragazzo più alto, nella speranza di spezzare quell’imbarazzante momento.
«Bene.» rispose semplicemente l’altro senza distogliere lo sguardo dal latte che iniziò a bollire «Le lezioni sembrano un po’ più difficili del McKinley, ma va tutto bene.»
Finn dal tavolo gli rivolse un piccolo sorriso che l’altro non vide, dandogli le spalle per versare la bevanda nelle due tazze.
«La politica di tolleranza zero verso le discriminazioni funziona e diciamo che aiuta a rendere la scuola...»
«Perfetta?» concluse la frase suo fratello, ricordando le parole di Burt, prendendo tra le mani la tazza che gli aveva porto Kurt, che sorrise in risposta e si mi se a sedere di fronte a lui «E come sono gli altri ragazzi, ti sei trovato bene con loro?»
«Oh, sì!» rispose, mentre sul suo viso si dipinse un piccolo sorriso «Alcuni sono forse un po’ fuori dalla norma, ma sarà questione di abitudine, forse. Del resto dopo le New Directions posso sopportare qualunque cosa.» scherzò, prendendo un altro sorso di latte. Finn era contento di vedere quell’espressione tranquilla finalmente sul suo viso, era tempo che non la vedeva, e doveva ammettere a sé stesso che gli era mancata.
«Quindi immagino vada tutto bene.» commentò prendendo a sua volta un sorso di latte, dopo il quale però non sentì nessuna risposta «Tutto ok, Kurt?» domandò con leggera preoccupazione il più alto, vedendo il viso dell’altro dubbioso.
«Posso- posso farti una domanda?» Kurt con la fronte aggrottata, sollevò lo sguardo verso di Finn.
«C- certo.» rispose quest’ultimo, innervosendosi leggermente, avendo intuito dove sarebbe andata a parare la conversazione.
«Come hai capito di piacere a Rachel?»
A quella domanda la memoria di Finn tornò indietro nel tempo ci circa un anno, precisamente a quello strano inconveniente accaduto nell’auditorium durante le prove di canto con la ragazza.
«Sai... con Rachel non è difficile capirlo, diciamo che me l’ha detto chiaro e tondo quasi subito.» vide il sopracciglio di Kurt inarcarsi per un istante, per poi arrendersi all’evidenza che con una come Rachel Berry era impossibile nascondere i propri sentimenti.
«Giusto.» mormorò alla fine il più basso, nascondendo il suo viso dietro la tazza.
«Perché?» chiese facendo il vago l’altro.
«Non ci credo neanche se ti vedo con dei vestiti decenti che Rachel non te ne abbia parlato.» rispose prontamente Kurt, inarcando un sopracciglio.
«Ok, sì, lo so. Ma so solo il nome niente di più.» L’innocenza con cui disse quelle parole e la maniera in cui gesticolò improvvisamente con le mani, bastò a convincere Kurt, che però non volle aggiungere molto altro.
«Non c’è niente da sapere.» disse, scrollando le spalle «Non succede niente.»
Finn lo guardò in silenzio per qualche attimo, aveva imparato a conoscere suo fratellastro, e qualcosa gli diceva che era meglio non insistere. Ma sentiva un irrefrenabile bisogno di dire qualcosa e di aiutare quel ragazzo a lui ormai tanto caro.
«Senti non... non voglio mettere becco in questa storia o scombussolarti qualche piano o chissà cosa, ma se... se ti va di parlarne sappi che- che ci sono se vuoi, ok?» Era nervoso, forse più preoccupato all’idea di poter fare un passo falso, ma dopo ciò che era successo con Karofsky ed la sua non considerazione per quella storia, non poteva non aiutare Kurt, o almeno non offrirgli una mano. «V- voglio dire... Se vuoi qualche dritta, qualche aiuto, non- non farti problemi, ok?»
Il ragazzo seduto di fronte lo guardava con espressione accigliata, tanto che non si aspettava un tale discorso da Finn.
«Grazie.» lo ringraziò, cercando lo sguardo di suo fratellastro, sul quale viso si formò un piccolo sorriso.
«Siamo fratelli.» disse scrollando le spalle «Dobbiamo aiutarci, no?» Bastò solo uno sguardo perché i due si capissero, per lasciare tornare un altro attimo di silenzio.
«Come vanno le cose tra te e Rachel?» questa volta fu Kurt a parlare per primo. Finn sollevò di scatto lo sguardo, posandolo su quello dell’altro per qualche secondo.
«E- ehm, sì bene, come al solito... grazie.»
Non serviva un genio a leggere l’incertezza nell’espressione di Finn, non sapeva cosa gli stesse nascondendo, l’unica cosa che sapeva era che non sembrava disposto a parlarne. Tipico di Finn: tenersi tutto per sé. Per questo il ragazzo cercò di cambiare subito argomento: meglio non premere.
«Ed al Glee mi hanno detto che state lavorando sodo.»
«Oh, sì.» rispose con un’espressione compiaciuta l’altro.
«Ci stiamo dando da fare per le Provinciali, vogliamo fare il massimo.»
«Come sempre.» commentò Kurt con un sorriso.
«Già.»
I due continuarono a parlare per lungo tempo, anche se le due tazze erano vuote, godendosi un momento che ancora non erano riusciti a condividere da neo-fratellastri, raccontandosi degli accaduti della settimana.
E cavoli se Kurt aveva da parlare dei suoi compagni! Anche se, stranamente per Finn, non parlò molto di Blaine o almeno, non quanto si aspettava.
Ad un certo punto Finn sbadigliò, non nascondendo senza alcun ritegno la sua bocca spalancata.
«Scusami, Kurt.» si scusò, alzandosi «Credo andrò a dormire.»
«Certo, buonanotte.» salutò l’altro, rimanendo seduto.
«Mi raccomando, non fare tardi.» si assicurò il più alto con un sorriso.
«Buonanotte, Finn!» ridacchiò Kurt, vedendolo andarsene dalla cucina.
«’Notte!» rispose voltato di spalle, sollevando una mano.
Kurt rimase seduto per qualche attimo, stringendo tra le sue mani la tazza ormai fredda, nel silenzio della cucina abbassò lo sguardo e sorrise serenamente, pensando che mai in vita sua aveva bevuto un latte così caldo.
*****

N.d.A.: Dal prossimo capitolo le cose inizieranno a movimentarsi ;)

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Capitolo 5
*** Coffee ***


Salve a tutti!
Mi scuso profondamente per il ritardo di questo capitolo, ma quesot ultimo periodo è stato un delirio e non ho avuto molto tempo per scrivere! Spero in ogni caso che leggiate, e spero con tutta me stessa di sapere cosa ne pensate!
è un immenso piacere sapere cosa ne pensate! :)

*****

Chapter 5: Coffee


Il rumore della sua moto sportiva nera che sfrecciava ad alta velocità, scansando con agilità le macchine lungo la strada; il vento che sbatteva contro il casco nero e la giacca di pelle: questo era tutto ciò che sentiva Jack Bullet.
Un ultimo incrocio e poi avrebbe avuto strada libera fino al Lima Bean.
Semaforo rosso.
“Merda” imprecò nella sua mente, poggiando un piede a terra.
Era già in ritardo di dieci minuti, non poteva tardare ancora, non il suo primo giorno di lavoro.
Impaziente spostava più e più volte lo sguardo sul semaforo nell’attesa che quello cambiasse colore. Sgassò diverse volte, mentre la pazienza si faceva sempre meno.
Si sistemò la chitarra che portava alle spalle, e finalmente poté partire, continuando a dritto nella sua via.

*****


«Kurt, svegliati! Kurt, PRONTO!?» Il ragazzo chiamato sussultò. Sentendosi urlare nell’orecchio da Riker. «Ehi, non volevo spaventarti.»
«Cosa vuoi?» domandò Kurt, mettendosi a sedere.
«Buongiorno bell’addormentato!» urlò dal bagno Nick, mentre l’altro si stiracchiava «Fatto dei bei sogni?»
«Kurt» chiamò la sua attenzione il biondo «Non per metterti fretta ma le lezioni iniziano tra un quarto d’ora. E...»
«Che cosa!?» il ragazzo castano scattò verso la sveglia, che trovò spenta. «Perché diavolo non mi avete svegliato!? Questa sveglia si deve essere scaricata durante la notte!»
Senza aspettare una risposta Kurt balzò giù dal letto, buttò Nick fuori dal bagno ed iniziò a prepararsi.
«Ehi!» esclamò Nick con lo spazzolino in mano «Non avevo ancora finito.»
«È colpa vostra se non mi avete svegliato prima! Diavolo, ed ora come faccio!?»
«Fammi almeno sciacquare la bocca!» urlò l’altro, sbattendo più volte un pugno contro la porta di legno.
«Voi avete fatto l’errore, voi pagate!»
«Che c’entriamo noi!?» esclamarono in coro i due ragazzi.
«Dovevate svegliarmi!»
«Kurt, c’è Nick che sta sbavando tutto il suo dentifricio. Ti prego, fallo entrare.» lo implorò Riker con tono disgustato.
«Tienitelo.»
«Si sta spostando sulla tua divisa!»
Ed in quello stesso istante la porta del bagno si aprì, mostrando un Kurt innervosito e molto allarmato.
«Non provare a sputare quella roba sui miei vestiti.» sibilò «Vieni subito qui e sputa nel lavandino! Mi restano poco più di dieci minuti per fare tutto. Sbrigati!» gli urlò poi, mentre Nick si sciacquava velocemente la bocca, questo sollevò lo sguardo sullo specchio, sorridendo per guardarsi tutti i denti.
«Oh, per favore! Muoviti!» lo affrettò Kurt, avvicinandosi con aria furiosa.
«Me ne vado, me ne vado!» borbottò Nick, uscendo dal bagno a grandi passi e testa bassa.
Si sentì la porta sbattergli alle spalle e scambiò uno sguardo con Riker: entrambi scoppiarono a ridere.
«Scusa Nick, che ore sono?» chiese il biondo, facendo il finto vago.
«Oh... Tranquillo, manca ancora un’ora alle lezioni.» rispose Nick, scambiandosi un cinque con il suo compare.

*****


Jack entrò di corsa nel Caffè, avvicinandosi al bancone.
«Salve.» disse subito all’uomo lì vicino, intento a scrivere su un foglio «Sono Jack Bullet, il nuovo--»
«Sei in ritardo.» disse questo senza rivolgergli lo sguardo. Era un uomo sulla cinquantina, robusto dai capelli corti e brizzolati, occhi scuri intenti a leggere sul foglio di fronte a sé.
Sulla targhetta del grembiule nero il ragazzo intravide il nome Paul.
«Lo so, è il traffico.» mentì con tono convincente.
«Ti perdono perché è il tuo primo giorno, giovanotto. Vediamo di non far accade mai più cose del genere.» Finalmente l’uomo sollevò lo sguardo e lo piantò senza esitazione su quello del ragazzo. «Fai il giro del bancone, quella porta è della cucina; attraversala ed arriverai alla stanza dello staff. Ti consiglio di sbrigarti, a diverse persone piace prendere il caffè la mattina a colazione.» disse con tono burbero, indicandogli velocemente la porta poco distante, per poi tornare a scrivere.

*****


Elizabeth Hoover stava sola nel silenzio della sala insegnanti in piedi, appoggiata al bancone, girando il cucchiaino nella tazza bianca del caffè. Incrociò le gambe, mentre iniziò a sorseggiare pensierosa.
Soffermò il suo sguardo sul tavolo di fronte a lei, erano passati anni eppure se lo ricordava come se fosse stato ieri.


«E mi ha chiesto di sposarlo!» esclamò Elizabeth, mostrando fieramente il suo anello sul suo anulare. «Oh mio Dio! E tu me lo dici adesso!?» sua sorella sorpresa, incapace di dire una parola, prese la mano della ragazza fra le sue.
«Me l’ha chiesto stamattina, te l’ho detto!»
«Sì, ma... sono così felice per te» esclamò con un enorme sorriso Margaret «Me lo devi presentare per bene, comunque. È impossibile che non abbia mai avuto una conversazione con lui!»
«Guarda che è solo colpa tua, cara mia.» ridacchiò Elizabeth.
«Sì, lo so... è che sai con tutte le lezioni, questi alunni sono davvero impegnativi!»
«Lo so bene.» le due si scambiarono un sorriso ed un’allegra risata, quando la campanella suonò ed entrambe, dopo diversi saluti, andarono alle proprie lezioni.


Silenziosamente continuò a sorseggiare il caffè, quando sentì la porta aprirsi: Margaret era appena entrata in sala professori. I loro sguardi si incrociarono per qualche attimo, ma fu Elizabeth la prima a distogliere il proprio, tornando a bere il suo caffè; troppe emozioni contrastanti da provare, dopo tutto ciò che avevano vissuto assieme. Sentì un rumore di tacchi avvicinarsi, del liquido versato in una tazza e qualcuno mettersi accanto a lei.
«Questo caffè porta a diversi ricordi, non credi?» chiese la voce di Margaret al suo fianco.


Erano sedute nella sala della presidenza, una accanto all’altra con una tazza di caffè in mano.
«Cosa avrà da dirci secondo te?» domandò Elizabeth preoccupata.
«Non ne ho idea.» rispose Margaret.
In quel momento il preside entrò nella stanza; era un uomo ormai sulla sessantina, anche se non li dimostrava grazie al suo fascino. Aveva dei capelli brizzolati, occhi azzurri ed un sorriso smagliante. «Buongiorno ragazze.» salutò sedendosi sulla sedia opposta alla loro.
«Buongiorno» rispose seccamente. Nella stanza alleggiava un’aria di tensione.
L’uomo sollevò un sopracciglio, mantenendo un sorriso.
«State tranquille, non avete nulla di cui preoccuparvi.»
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, rassicurate da quelle parole, finalmente si sentivano più rilassate.
«Non farò tanti giri di parole, sarò diretto.» sollevò lo sguardo sulle due Hoover «Me ne vado.» disse chiaramente.
Le due bionde non mossero un muscolo, incredule di ciò che avevano appena sentito.
«Co-- Come» riuscì a balbettare Elizabeth.
«Non prendetela male, ma è l’ora che me ne vada in pensione. Inizio a sentire l’età che ho.» disse scherzosamente.
«Il motivo per cui vi ho convocate è per dirvi che vorrei che una di voi due prendesse il mio posto.»
«S—Siamo lusingate, ma...» Margaret fu interrotta.
«Sceglierò io chi.» disse bruscamente l’uomo, guardando entrambe.

«Già.» sibilò Elizabeth, guardando il suo caffè «Fin troppi.» aggiunse, andandosene con passo deciso dalla sala.

*****


«Prendi.» Jack sentì la voce dell’uomo del bancone e la faccia colpita da qualcosa, che presto scoprì essere un grembiule «Questo è il menù.» continuò l’uomo indicando una lavagnetta nera sopra le loro teste «Oggi abbiamo due specialità, che trovi là.» ed indicò un altro cartello.
Il ragazzo con il naso verso l’alto, stava leggendo tutte le portate del bar, le specialità non erano altro che dei strani miscugli di caffè assieme a qualche cosa ipercalorica come panna montata sulla bevanda, cioccolata calda e a parte dei pancakes con sciroppo d’acero. Jack si chiedeva in continuazione chi mangiasse talmente tanto cibo e quel genere di cibo a quell’ora. Sarà stato il suo animo sportivo ma non era mai riuscito a mangiare tanto di prima mattina.
«In ogni caso,» lo riportò alla realtà la voce dell’uomo «A te basta ricordarlo alla clientela, porta l’ordine qui e servi ciò che hanno ordinato.» spiegò «Sul tavolo ci sono i numeri, ricorda di scriverlo nell'ordinazione.» in tono burbero Paul spiegava al ragazzo cosa avrebbe dovuto fare.
«Sì.» rispose l’altro «So come funziona.» aggiunse con leggero disprezzo nella sua voce, il tono con cui si rivolgeva Paul non gli piaceva affatto. Quando in un secondo momento si accorse di ciò che aveva fatto e lo sguardo che l’uomo accanto a lui gli stava lanciando, si ricompose, cercando di riparare all’errore. «Grazie comunque.»
Paul storse il naso, sollevò entrambe le sopracciglia, per poi avvicinarsi all’orecchio del ragazzo.
«Ti converrebbe rispettare i tuoi datori di lavoro.» mormorò con gli occhi scuri su quelli color ghiaccio del ragazzo, dopo di che si allontanò da lui, per avvicinarsi alla porta di servizio «Stai attento a chi entra, ti conviene.» disse senza guardarlo, per poi sparire nella stanza.
«Merda.» imprecò in un sussurro, poteva esistere un inizio peggiore?

*****


«Ordine, ordine, vi prego!» Wes batté più volte il martelletto nella speranza di far tornare il silenzio nella stanza popolata da Warblers.
«È impossibile che ogni volta ci debba essere tutta questa confusione.» borbottò Francis esasperato con la mano poggiata sulla sua fronte.
«Vuoi dire che ogni volta è così?» domandò Kurt, che stava seduto al suo fianco, incredulo.
«Oh, sì.» intervenne Nelson «E questa è forse tra le meno peggio. Non capirò mai tutta questa tensione tra di loro.»
Kurt spalancò gli occhi, era abituato a cose del genere, ma normalmente nelle New Directions era solo Rachel a mettere becco nelle decisioni musicali e come un’ossessa si metteva a criticare ogni singola azione di ogni singola persona, ma il fatto che fossero tutti a criticare le decisioni di ogni persona del club, era una cosa nuova e inaspettata.
«Insomma che canzone scegliamo per le Provinciali?» chiese Riker.
«Dobbiamo arrivare ad una conclusione il più presto possibile se vogliamo vincere.» continuò Blaine che stava seduto su una poltrona.
«Lo so.» rispose David «Per questo chiedo se qualcuno ha qualche proposta.»
«Scusate, posso?» la voce di Kurt si fece sentire nella stanza, il ragazzo seduto sul divano tra Nelson e Francis si sbracciava, scuotendo una mano in aria.
«Prego, Kurt.» rispose David, facendogli un’elegante gesto della mano. Il ragazzo castano scattò in piedi, incrociò le due mani e guardandosi attorno con un sorriso, iniziò a parlare, sicuro che la sua idea sarebbe piaciuta.
«Io avrei questa proposta. Lo stile degli Warblers è magnifico, ma pensavo che forse potesse essere utile qualcosa di più movimentato, per questo avevo pensato ad una canzone dei Duran Duran.» propose eccitato.
Nella sala regnava il silenzio, nessuno osava aprire bocca, tutti guardavano i tre ragazzi seduti dall’altra parte della lunga scrivania scura, eccetto Blaine che sorrideva guardando Kurt.
«Credo che...» Wes si guardò intorno un paio di volte, indeciso sul come formulare quella frase, poco dopo sospirò «Sicuramente prenderemo in considerazione la tua proposta, ma credo... credo che dovremo pensare ancora alla canzone.» spiegò, aggiungendo un piccolo sorriso.
«Oh.» borbottò Kurt, lasciando la bocca leggermente aperta. Non era sconvolto del fatto che avessero declinato la sua idea, probabilmente ormai era abituato con Rachel nelle New Directions; era stata forse colpa della sua speranza, della sicurezza se adesso ci era rimasto male.

*****


«Due macchiati ed uno speciale.» disse Jack alla ragazza rossa al bancone.
«Arrivano subito.» rispose gentilmente questa, voltandosi verso la macchinetta del caffè.
«C’è sempre questo pienone di solito?» chiese il ragazzo appoggiato al bancone con la schiena, si guardava attorno, osservando come tutti i clienti si stessero godendo le loro ordinazioni, o la loro giornata appena iniziata.
«Non sempre, ma diciamo che abbiamo il nostro giro.» spiegò la ragazza che adesso si era appoggiata con i gomiti sul bancone.
«Questo spiega molto.» borbottò Jack.
«Tu devi essere il novellino, giusto?» chiese la rossa.
«Sì.» rispose voltandosi «Sono io.»
«Benvenuto.» disse in un sorriso smagliante l’altra. Jack non poté non notare che era un bellissima ragazza, statura media e fisico non troppo magro, accentuato dalle sue curve formose, aveva un viso tondo dai tratti infantili, ma il suo sorriso smagliante e gli occhi verdi accentuati dal mascara la tradivano, lasciando intuire la sua vera età: doveva essere più grande di Jack di qualche anno. Il ragazzo si chiese cosa facesse una ragazza così bella a lavorare in quel caffè.
«Grazie.» rispose comunque velocemente, distogliendo lo sguardo per portarlo verso la sala.
«Sono Jaimie.» si presentò, cercando di attirare la sua attenzione «Tu come ti chiami?» chiese.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, tornando a guardare verso la ragazza, con la sua esperienza sapeva quando una ragazza ci provava con lui, ed il tono ed il modo con cui questa gli si era rivolta, poteva far intendere solo quello.
«Jack.» ripose velocemente, allontanandosi di un passo. Jaimie sorrise, scuotendo leggermente la testa:
«Tranquillo non mordo.» ridacchiò «Che ne dici di prendere un-- » non riuscì a terminare la frase che l’altro la interruppe.
«Credimi, non sarei il tuo tipo.» disse lui chiaramente.
«Bullet!» la voce burbera di Paul McDowell si fece sentire poco vicino. Adesso lo chiamava anche per cognome? Jack era tornato a scuola? Cosa voleva quell’uomo?
Il ragazzo si avvicinò al suo datore di lavoro, senza badare all’espressione sorpresa e senza parola di Jaimie di fronte a sé.
«Sì?» chiese Jack, cercando di mascherare il più possibile il suo disprezzo verso quell’uomo in quel momento.
«Non ti pago per civettare con qualche ragazza, ci sono dei tavoli che devono essere puliti con lo straccio bagnato. Vedi di fare il tuo lavoro.» lo rimproverò in tono burbero, senza rivolgergli un secondo sguardo tornò a pulire il bancone con il suo straccio.
Jack spostò velocemente il suo sguardo dal tavolo all’uomo che gli aveva appena dato la mansione, quando vide che questo non lo degnava più di alcuna attenzione, si avviò con il suo straccio bagnato in mano verso i tavoli che si erano da poco liberati.
Sbuffò pesantemente quando iniziò a pulire il primo ripiano di legno, l’unica cosa che lo teneva ancora lì era il ripensare il motivo per cui era lì: aveva bisogno di soldi se voleva andare al college l’anno successivo e quella era l’unica maniera che aveva trovato per metterne da parte.
Odiava essere sotto gli ordini di qualcuno, soprattutto di qualcuno di così autoritario e pensante, per non dire odioso; Jack era fatto per essere un cavallo solitario o il capobranco, lo era sempre stato, non gli era mai piaciuto sottomettersi e mai lo avrebbe fatto.
L’unica nota ironica di quella mattina era il fatto che sia quella Jaimie che Paul avevano pensato che potesse essere interessato alla ragazza.

*****


Kurt stava lentamente scendendo le scale a chiocciola della Dalton, con sguardo basso ripensava alla riunione che aveva appena avuto con gli Warblers. Anche qui era stata declinata la sua idea, forse non era esattamente accettato come pensava, quelli erano i momenti in cui sentiva tremendamente la mancanza delle New Directions, sarebbe stata Rachel a declinare la sua idea ed avrebbe potuto sparlarne alle spalle con Mercedes. Il ragazzo sentì dentro di sé un incredibile senso di nostalgia, uno strano senso di vuoto nel suo petto e lo stomaco improvvisamente si fece pesante.
«Kurt, ehi, aspetta!» Sentì una voce fin troppo familiare alle sue spalle, si fermò, voltandosi dietro di sé e vide arrivare a passo svelto Blaine. «Mi dispiace che abbiano respinto la tua idea oggi.» disse arrivandogli al suo fianco.
«È solo un modo diverso di pensare.» cercò di rassicurare, più sé stesso che il suo amico «Non migliore né peggiore, è... è solo una cosa a cui devo ancora abituarmi.»
«E questo lo abbiamo visto, per questo ci piacerebbe invitarti per un’audizione per un assolo.» gli spiegò Blaine, formando un sorriso sul suo viso, fermandosi di fronte al suo amico infondo alle scale.
«Per le Provinciali!?» domandò con entusiasmo Kurt.
«Per le Provinciali.» confermò il moro con un cenno del capo «Porta una bella canzone.» aggiunse andandosene nel corridoio popolato dagli altri studenti.
Il ragazzo castano riuscì a malapena a mantenere il suo entusiasmo, con la bocca aperta si guardò attorno, questa sarebbe stata la sua occasione per farsi notare.
Questa sarebbe stata la sua occasione di essere una stella.

*****


Non poteva crederci, non poteva credere che gli avessero realmente negato l’assolo, non poteva credere che quell’audizione non fosse stata abbastanza. Come poteva essere andato male?
Blaine gli aveva detto che “aveva urlato troppo”, che alla Dalton erano tutti uguali, che bisognava uniformarsi, ma la dura realtà era che una divisa non l’avrebbe mai reso uniforme agli altri ragazzi.
Kurt Hummel non era fatto per dondolare sullo sfondo. L’aveva fatto per fin troppo tempo.
Il ragazzo camminava a passo svelto nel pomeriggio gelato, stretto nel suo doppiopetto caldo nero ed il viso coperto nella sua spessa sciarpa, la strada gelata scricchiolava ai suoi piedi, ma Kurt era fin troppo furioso per darci peso.
In pochi attimi raggiunse il Lima Bean, entrando nel caldo ed accogliente luogo affollato dalla solita gente; notò la numerosa fila, evitò per quel giorno di attendere, era solo e mettersi ad aspettare in piedi non gli suonava proprio a genio. Si mise a sedere al primo tavolo libero che trovò, aspettando la solita ragazza mora che sarebbe passata per prendere le ordinazioni, ma quel giorno fu qualcos’altro, o meglio qualcun’altro, a catturare le sua attenzione.
Un ragazzo alto dai capelli castani e scompigliati, girava per i tavoli, guardandosi attorno con attenzione, fermandosi di tanto in tanto a sparecchiare. La camicia bianca lasciava intravedere un fisico asciutto, e piuttosto muscoloso, ma la cosa che aveva attirato l’attenzione di Kurt non era il suo aspetto tanto più le “vibrazioni” che gli aveva trasmesso, qualcosa gli diceva che quel ragazzo moro non fosse esattamente dell'altra sponda, anche se qualche suo atteggiamento non lo convinceva del tutto.
Lo osservava in ogni sua mossa, doveva analizzarlo, capire bene se le sue sensazioni fossero fondate.
Quando improvvisamente i suoi occhi si incontrarono con quelli stretti e color ghiaccio dell’altro per un istante, almeno finché Kurt non distolse lo sguardo un attimo dopo, imbarazzato di essere stato beccato in fragrante.
“Cacchio!” pensò dentro di sé, dopo di che lentamente sollevò la testa con un sopracciglio inarcato verso il punto dove aveva guardato fino a quel momento, ma trovò la traiettoria occupata da un gruppo di persone ferme a parlare; iniziò a guardarsi velocemente attorno nella speranza di rivederlo, non poteva averlo perso così.
«Benvenuto al Lima Bean.» sentì una voce dalla parte opposta dove stava guardando. Di scatto Kurt si voltò e vide che il ragazzo castano lo stava guardando con un largo sorriso ed un taccuino in mano. «Cosa posso portarti?»
Kurt sentì improvvisamente le punte delle orecchie prendere fuoco, sapeva che stava arrossendo davanti allo sconosciuto. Spostò lo sguardo dal viso del ragazzo, guardando il piano del tavolo: beccato in flagrante, era sicuro che quel ragazzo avrebbe iniziato a prenderlo in giro.
«Il solito...» disse in ogni caso, cercando di ignorare ciò che stava succedendo, mantenendo un tono di voce sicuro e fermo, ma si accorse solo in un secondo momento di ciò che aveva detto «Cioè, sei nuovo vero? Non mi sembra di averti mai visto.»
«Oh, sì.» rispose il ragazzo mantenendo il sorriso «Oggi è il mio primo giorno, a dire il vero. Devo ancora abituarmi al lavoro, alla clientela.... Mi è tutto nuovo.»
Kurt sentì le orecchie bruciare:
«Io prendo il latte macchiato scremato, ma ben caldo, mi raccomando.» riuscì a dire, mantenendo un tono fermo, era incredibile come delle volte riuscisse a mostrare le sue doti recitative dal nulla.
«Ok,» scandì il moro, scrivendo l’ordine «ben caldo.» Per un secondo gli occhi color ghiaccio del ragazzo si posarono su quelli di Kurt e il cameriere sorrise da un angolo della bocca scuotendo la testa, per poi tirare diverse righe sul foglietto «Diciamo bollente
L’altro si sentì infiammare a quelle parole lo guardò con gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta, nell’attesa di trovare delle parole adatte con cui rispondere.
«La sua ordinazione arriverà il prima possibile.» continuò allegramente il cameriere con un largo sorriso, si voltò e andò verso il bancone.
“Cavoli” imprecò dentro di sé Kurt “Possibile che non capisca se sia gay o no?”

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Capitolo 6
*** Snowballs ***


Ciao a tutti!!
Spero la vostra estate stia procedendo nei migliore dei modi :)

Prima di tutto mi devo scusare per il tremendo ritardo nel postare questo capitolo, ma tra impegni vari e Ferragosto... ho avuto poco tempo per scrivere.
A proposito di Ferragosto come avrete visto dal titolo del capitolo, questo non tratterà esattamente dell’estate... So cosa state pensando: questa parla di estate, mare, sole, Agosto e se ne esce con palle di neve? È scema?
La risposta?
Credo di sì XDDDD Ma l’arco narrativo lo richiedeva XD

Bando alle ciance, vi lascio alla lettura, spero davvero che vi piaccia!
E vi prego, vi prego, vi prego, vi prego, vi prego, lasciatemi dei commenti per farmi sapere cosa ne pensate, ci terrei davvero davvero tanto.
Buona lettura!

Come sempre, non possiedo Glee nè i personaggi presenti nella storia. *uff*


*****



Chapter 6: Snowballs




*****






Where are you Christmas?
Why can`t I find you?
Why have you gone away?


Blaine Anderson amava il Natale.

Era una festa che lo avevasempre riportato alla sua infanzia, la dolce e spensierata infanzia di cui sentiva terribilmente la mancanza; amava le decorazioni e le luci che riempivano ogni singolo posto, gli davano un senso di allegria e calore che solo quel periodo riusciva a dargli.


Where is the laughter
You used to bring me
Why can't I hear music play?




Blaine amava il Natale almeno da quando ne avesse memoria e ricordava perfino la sua prima piccola chitarra ricevuta quando era bambino da suo padre, grande sostenitore dell’arte.
Il Natale era sinonimo di allegria, spensieratezza, purezza e leggerezza come la neve, ma più di tutto il Natale voleva dire amore.
Non era così?
Non era forse la prima e più importante cosa che si spiegava ai bambini?
“Il Natale vuol dire amore, passare del tempo in famiglia e con i proprio cari.”


My world is changing
I'm rearranging
Does that mean Christmas changes too?



Ma a quanto pareva in casa Anderson non era esattamente così, almeno non da alcuni anni.


Where are you Christmas?
Do you remember?
The one you used to know



Blaine aveva sempre amato i pranzi di Natale, passare del tempo con i propri cari attorno ad un tavolo bandito di ogni tipo di cibo, era una delle cose che adorava di quella festività, se si aggiunge che da piccolo aveva sempre qualcosa con cui giocare o comunque da andarne fiero.

Si poteva definire il giorno perfetto. Soprattutto perché amava passare il tempo con i suoi cugini, amava poi uscire dalla casa per addentrarsi nel gran giardino coperto dal manto bianco e giocare con la neve, soffice, da sembrare panna montata, ma fredda come il ghiaccio.



I'm not the same one
See what the time's done
Is that why you have let me go?



Le cose però iniziarono a cambiare, Blaine crebbe ed conobbe sé stesso, i suoi gusti, la sua vera realtà, una realtà che a suo padre non piacque, talmente tanto che da quel giorno ogni cosa cambiò.
Il Natale era sempre lo stesso pranzo attorno ad un tavolo in una grande ed affollata stanza, era sempre neve, luci, decorazioni, abeti, angeli, cori natalizi, ma non era più lo stesso amore, qualcosa era cambiato, qualcosa di grande, anche se non sembrava, più grande di quanto un singolo giovane cuore potrebbe reggere.
Da quando aveva fatto coming out, tutto era cambiato, il rapporto tra padre e figlio Anderson era diverso, si era incrinato, sembrava che l’uomo non guardasse più il suo ragazzo con lo stesso sguardo orgoglioso che gli rivolgeva prima, sembrava cercasse costantemente di cambiarlo, di renderlo ciò che non era: ora il Natale erano solo gelidi auguri, non più né abbracci, né feste, né lunghe conversazioni.
Per questo Blaine associava il Natale alla sua infanzia, il periodo della sua vita in cui tutto sembrava andare bene, lo associava ai ricordi più gioiosi che aveva con sua famiglia.


You and I were so carefree
Now nothing easy
Did Christmas change?
Or just me..



Il cantante solista degli Warblers finì di cantare e si allontanò dalla finestra, da dove aveva guardato la neve cadere fino a quel momento. Ignorò gli occhi bagnati e le lacrime che lentamente iniziarono a rigargli la guancia, uscendo silenziosamente dalla stanza degli Warblers.
Il Natale non sarebbe mai più stato lo stesso.


*****


Gli Warblers erano sparsi nell’aula di canto, tutti intenti ad addobbare la sala con le classiche decorazioni natalizie, quando dal silenzio si sollevarono dei suoni allegri ed armonici. Al iniziò a cantare, allontanandosi dal gruppetto in cui era, per poggiare un braccio sulla spalla di Pedro, intento a decorare l’albero di Natale con le palline rosse e blu.



Just hear
Those sleigh bells
Jingle-ing
Ring ting
Tingle-ing too



Dietro il cantante il coro canto all’unisono:


Come on


Pedro sorridente lanciò un’occhiata al suo compare, iniziando a cantare a sua volta, muovendosi a tempo con la canzone, senza smettere di decorare il suo albero:



It's lovely weather
For a sleigh ride
Together with you



Riker e Nick posarono le due statue d’angelo accanto alla porta, arrivando al centro della stanza a braccetto con grandi passi a ritmo di musica:



Outside
The snow is falling
And friends
Are calling "you hoo"
Come on
It's lovely weather
For a sleigh ride
Together with you



I due se ne andarono dal centro indicando con un ampio gesto del braccio David, che si separò dal gruppo che decorava le finestre, piombando al centro della stanza con un elegante salto:



It's a marshmallow world in the winter
when the snow comes to cover the ground
it’s the time for play, it's a whipped cream day
I wait for it the whole year round.



Francis comparve al suo fianco, appoggiando una mano sulla spalla del suo amico.



Those are marshmallow clouds being friendly
in the arms of the evergreen trees
and the sun is red like a pumpkin head
it’s shining so your nose won’t freeze.



Fu la volta di King e Nelson che, fermi alle decorazioni sui mobili, uno accanto all’altro, iniziarono a saltellare a tempo alternandosi.



Giddy-yap, giddy-yap
Giddy-yap, let's go
Let's look at the show
We're gliding along
With the song
Of a wintry fairy land



Blaine passò dietro a King e Nelson, attraversò la stanza agitando una palla di neve in mano:



World is your snowball
See how it grows
That’s how it goes
Whenever it snows
World’s your snowball
Just for a song



Passò l’oggetto a Kurt, il quale sorridente la posò sul tavolino e si mise a cantare, camminando attorno alla stanza:



We're gliding along
With the song
Of a wintry fairy land



Questa volta a lui si unì Blaine, formando un duetto:


We're gliding along
With the song
Of a wintry fairy land

Our cheeks are nice
And rosy
And comfy cozy are we
We're snuggled up
Together like two birds
Of a feather would be
Let's take the road
Before us
And sing a chorus or two
Come on
It's lovely weather
For a sleigh ride
Together with you



I due ragazzi si sorrisero l’uno all’altro, in mezzo agli applausi e le decorazioni che furono lanciate in aria.
«Nevica!» esclamò con entusiasmo Riker appoggiando una mano sull’alta finestra. «Ancora?» chiese con aria quasi stufa King, che stava seduto su uno dei divani con telecamera in mano.
«Nevica davvero?» Al scattò in piedi e con velocità si precipitò alla finestra. «Nevica, nevica!» disse con entusiasmo.
«Usciamo vero?» questa volta fu Nick a parlare, il quale come risposta ottenne:
«Me lo stai davvero chiedendo?» da parte del suo inseparabile amico.
«E se avessimo ancora le prove?» fu Wes a parlare, alzandosi ed intrecciando le braccia al petto.
«Oh ti prego, Wes.» disse Riker voltandosi verso di lui aria esasperata «Siamo arrivati primi alle Provinciali, andremo alle Regionali! Credo che un po’ di divertimento ce li meritiamo!» continuò con un ghigno «E poi... non ti crede nessuno.»
«Sappiamo che anche tu muori dalla voglia di scendere.» ghignò Nick, con una mano già sulla maniglia.
«Cacchio!» imprecò Wes, liberando le sue braccia dalla stretta «Era davvero così evidente?»
David seduto dietro di lui scrollò le spalle:
«Io opto per la tua pessima recitazione.» Il suo amico roteò gli occhi, mentre gli altri ragazzi sghignazzavano alla battuta. «Ok, ho capito, comunque credo che...» iniziò a dire Wes, voltandosi verso la porta, che però trovò aperta. «Ehi, aspettate, dove sono spariti Nick e Riker?»
«E te lo stai davvero chiedendo?» sentì domanda Fran.
«Da quando in qua stanno ad aspettare te?» questa volta fu Nelson, che si stava già mettendo un cappotto, a fare la domanda.
«Ragazzi, vamos?» Pedro sbucò alla porta, vestito con una pesante giacca ed una sciarpa che gli penzolava dal collo.
«Ovvio!» esclamò Al, dandogli una pacca sulla spalla per sparire dalla vista degli altri.
«Vi seguo, devo riprendere!»
«Ehi!» li chiamò Wes, vedendo tutti i ragazzi sparire dalla stanza. «Aspettatemi, arrivo anch’io!» e partì alla rincorsa degli altri, fiancheggiato da David che gli diede una scherzosa pacca sulla spalla.


*****




Nel grande giardino intorno alla Dalton, si sentivano dalle urla alle risate, un gruppo di ragazzi, chi vestito con la giacca a vento, chi con solo la giacca dell’uniforme era completamente impegnato in una lotta a palla di neve.
«Ahi!»
«Preso!»
«David!»
«Nelson!»
«All’attacco!!»
Wes si vide arrivare otto palline di neve verso di lui, che lo colpirono in diverse parti del corpo.
«Questa me la pagate!» urlò di rimando piegato in due.
«Ti aspettiamo!» sentì urlare da Riker.
Fran era piegato su sé stesso, intento a fare un’altra pallina da lanciare a chiunque gli fosse capitato sotto tiro, quando improvvisamente si sentì qualcosa di gelido spalmarsi nei capelli.
«Questa è per ieri sera!» ridacchiò Al, mentre scappava a grandi passi dal suo compagno di stanza.
«Oddio, ma è gelida!» urlò lui cercato di togliersene il più possibile dal capo.
«Ma dai, fratello. È neve!» disse sarcasticamente Nelson comparso al suo fianco. Il suo amico biondo lo guardò per un secondo, prima di spalmare a sua volta della neve nei suoi folti capelli ricci.
«Oh mio dio, è fredda!» urlò.
«Ma dai, fratello. È neve!» gli fece il verso l’altro, scappando dal malcapitato che aveva appena iniziato a rincorrerlo con della neve in mano.



Kurt era appena arrivato nel campo di battaglia, si guardava scrupolosamente intorno nella speranza di non essere beccato da niente, ma di prendere in pieno qualcuno intento nella fuga, ma un leggero colpo sulla schiena attirò la sua attenzione.
Qualcuno lo aveva colpito con una palla di neve, lasciando sul suo doppiopetto nero una macchia bianca, il ragazzo sollevò lo sguardo, ribattendo senza neanche guardare chi fosse. Accadde tutto così velocemente che neanche se ne rese conto.
«Ouch!» sentì urlare, nello stesso istante in cui la palla colpì dritto nella fronte Blaine. Kurt corse in direzione del corpo che stava cadendo sul manto bianco.
«Oddio Blaine, scusa!» si precipitò, piegandosi a terra. «Ti ho fatto male?»
«No, no.» lo rassicurò il moro, strofinandosi la fronte «è parecchio fredda.»
«Ma dai, fratello. È neve!» urlò Fran da dietro, cercando di pararsi da Nelson che stava sempre cercando di vendicarsi. Kurt e Blaine li guardarono sparire tra gli altri ragazzi, il primo con uno la fronte aggrottata e l’altro con un sorriso stampato in volto.
«Mi dispiace per averti colpito comunque.» spezzò il silenzio Kurt, guardando la fronte del suo amico; la neve aveva completamente liberato i capelli di Blaine dalla sua solita morsa del gel, lasciandoli liberi in piccoli riccioli scuri, schiacciati sulla testa dall’acqua. Kurt sorrise involontariamente, era la prima volta che vedeva il suo amico senza gel e doveva ammettere che stava parecchio bene.
«Devi smetterla di scusarti...» disse Blaine, cercando il suo sguardo «Non è niente. E poi...» il ragazzo scattò, mettendosi in ginocchio e lanciò un po’ di neve in faccia a Kurt, il quale riuscì solo a chiudere gli occhi «almeno ho un motivo per vendicarmi!»
Togliendosi la neve dal viso con diverse smorfie del viso, Kurt aprì gli occhi scattando in piedi:
«Ti conviene correre, canarino dei miei stivali!» urlò, prendendo una manciata di neve da poter lanciare al suo fuggitivo.
Iniziarono a rincorrersi, lanciandosi a vicenda delle pallate di neve, e mano a mano che continuavano, altre persone si aggregavano a Kurt.
«Ehi, è un complotto questo?» chiese Blaine scherzoso da dietro un albero.
«Esci fuori, piccolo hobbit...» lo chiamò Wes con un ghigno sul volto.
«Ci sono gli zii che ti aspettano qui...» continuò David ridacchiando con la palla in mano. Kurt ridacchiava, mentre si guardava attorno in cerca di un modo di raggiungere Blaine senza essere notato.
«Forza, Blaine. Esci, sarà più indolore di quello che pensi.» lo chiamò Nelson, lanciando in aria la sua pallina bianca.
«Blaine, mi si stanno scaricando le batterie, andiamo, esci!» lo chiamò King, che era stato tutto il tempo a filmare la battaglia con la sua telecamera.
In quel momento si sentì un urlo di due diverse voci, Blaine cadde a terra, placcato da Riker e Nick.
«Sei nostro!» urlarono questi ultimi affogando il loro amico nella neve fresca. Il malcapitato cercava in ogni modo di liberarsi dalla stretta, cercando di rigirarsi per ribaltare la situazione.
«Ehi, Kurt.» sentì sussurrare da Pedro al suo orecchio. Il ragazzo girò leggermente la testa, guardando l’ispanico alto più o meno quanto lui.
«Prendi la telecamera di King, e noi lo stenderemo.» borbottò Al che comparve all’altro suo fianco.
Il castano si voltò tranquillamente, arrivando accanto al nipponico, senza rientrare nel campo della ripresa, senza dire niente rubò letteralmente dalle mani la telecamera prima che il suo proprietario potesse controbattere, fu preso da Al e Pedro che lo buttarono, accanto a Blaine, nella neve fresca.
«Ecco a voi, signore e signori... King e Blaine.» annunciò Kurt, riprendendo il tutto, avvicinandosi velocemente al riccio.
«Tocca anche a te, caro.» si sentì dire da Fran, che gli prese la macchina dalle mani «Come rito di iniziazione per essere entrato negli Warblers.»
Kurt lo guardò stranito: «Cosa-» ed improvvisamente si sentì prendere dal braccio e fu immerso, anche lui, nella neve fresca.
«I capelli!» urlò, prima di scoppiare a ridere, cercando di liberarsi dalla presa del sorridente Blaine.


*****




«Io vi ammazzo! Oh mio dio, sto morendo di freddo, sono bagnato fradicio! E pensare che ero asciutto prima che voi... voi...» King entrò a grandi passi dentro l’edificio della Dalton, lasciando la porta spalancata alle sue spalle. Era furioso, non era stata una sua intenzione giocare con la neve, lui avrebbe dovuto riprendere tutto, ed invece, come sempre si era ritrovato a fare tutt’altro.
«Ti buttassimo nella neve fresca?» arrivò ridacchiante Al, che gli diede una leggera spinta. «Sì!» strillò il giapponese furioso.
«Amigo, quanto sei brontolone! Dillo che ti sei divertido!» intervenne Pedro, restituendo la telecamera al suo proprietario.
King scosse più volte la testa con gli occhi rivolti verso l’alto, si allontanò dagli altri due ragazzi furioso:
«Sperate per voi stessi che non sia entrata neanche una goccia d’acqua dentro.» borbottò sparendo verso la sua stanza, senza notare Al e Pedro sghignazzare alle sua spalle.
«Cavoli, che freddo.» borbottò tremante Nick, coprendosi il più stretto possibile tra le sue stesse braccia.
«Vi prego, sbrighiamoci ad entrare, sento che mi si staccheranno le punte delle orecchie.» brontolò in preda ai brividi Riker, scappando con il suo compare nella propria camera.
Blaine entrò nella scuola con le mani ben coperte sotto le sue ascelle, rannicchiandosi quanto più potesse su sé stesso, nella speranza di scaldarsi e di frenare i brividi che lo avevano completamente invaso.
«Stai bene, Blaine?» chiese Kurt in tono preoccupato, avvicinandosi al suo amico.
«Ho solo un po’ di freddo.» rispose, togliendo lentamente le mani dal loro riparo «Credo di aver perso la sensibilità alle dita.» i suoi palmi erano rossi fiammanti, non un segno buono per quanto entrambi ne sapevano.
«Blaine, ma stai praticamente congelando! Rimettitele dov’erano, subito!» esclamò Kurt, che fu quasi travolto da Wes e David.
«La doccia è mia!» urlò il primo.
«Prima mi devi prendere!» rispose l’altro che correva poco davanti a lui.
«Credo che questo significhi che dovrò aspettare per la doccia.» osservò Blaine, osservando i suoi compagni di stanza scappare.
«Siamo in due. Ne avevo bisogno per far sciogliere questi ghiaccioli ai piedi, a dire il vero.»
«Che ne dici di andare al caminetto?» lo invitò Blaine con un sorriso «Almeno ci scaldiamo.»
Kurt annuì, seguendo il suo amico verso un corridoio diverso da quelli che prendevano i loro compagni.

Entrarono nella sala di prove degli Warblers, dove trovarono un accogliente e caloroso fuoco scoppiettare nel camino. La stanza era calda, resa ancora più accogliente da tutte le decorazioni natalizie che la riempivano.
Blaine si fiondò davanti al focolare, sporgendo le mani, impaziente di scaldarsi le mani e togliersi finalmente quel dolore.
«Blaine, no!» riuscì a dire Kurt, il tempo che questo si rendesse conto del proprio errore e ritirasse le mani dal calore.
«Ahia!» gemette con diverse smorfie di dolore.
«Mettere le mani ghiacciate subito al caldo non è la scelta giusta.» disse Kurt, scuotendo leggermente la testa con il naso arricciato. «Mettiti a sedere.» disse indicandogli con un cenno il divano. Mentre Blaine faceva come stato detto, tenendosi le mani stretta l’una all’altra, l’altro ragazzo si tolse la sciarpa, posandola delicatamente sulle mani del moro lasciate sulle sue gambe.
«Inizia con questo intanto.» gli suggerì gentilmente «Sei stato un matto ad uscire solo con l’uniforme.»
Blaine sorrise a sé stesso a quelle parole: «Sì, ma direi che ne è valsa la pena.» ridacchiò, guardandosi le mani.
Kurt sollevò lo sguardo sul ragazzo di fronte a lui, senza che questo se ne accorgesse, e lo guardò in ogni suo singolo dettaglio, il sorriso che Blaine aveva sul viso era una cosa impagabile.
«Kurt?»
«Sì?» si riprese il castano.
«Non avevi freddo ai piedi?» domandò gentilmente Blaine, aggrottando le sopracciglia con aria di preoccupazione.
«Oh... sì.»
«Perché non ti metti vicino al camino?» lo invitò con un sorriso «Togliti le scarpe e scaldati, non voglio che tu perda delle dita dei piedi.» disse in una leggera risata, si alzò e si guardò attorno.
«Che stai facendo?» chiese Kurt, ormai seduto a terra, guardandolo girare per la stanza con le mani coperte dalla sciarpa.
«Sono sicuro che ci sia una coperta da queste parti...» Il ragazzo continuò a cercare per la stanza, sollevando diversi oggetti con le mani sempre avvolte nella sciarpa del suo amico. «Blaine, lascia stare. Mi metter-- »
«Eccola! L’avevo detto che c’era.» esclamò fiero di sé stesso, prendendo l’oggetto per poi posarlo accanto a Kurt.
«Grazie.» rispose quest’ultimo senza incontrare il suo sguardo.
«Figurati.» Blaine si rimise a sedere sul divano, mentre l’altro ragazzo si sistemava velocemente la coperta sui suoi piedi «La neve ci ha completamente distrutto mani e piedi.» osservò il riccioluto, guardandosi le mani che lentamente sembravano riprendere il loro colorito naturale.
«Oh no, ho sempre sofferto il freddo ai piedi, mi si ghiacciano facilmente.» spiegò Kurt formando un leggero sorriso in viso «Di inverno è sempre un inferno.»
«Oh, non sapevo... questa cosa.»
«Già, cerco sempre di non pensarci.» sorrise malinconicamente Kurt «Invece tu sei uscito a giocare con la neve senza i guanti, parecchio intelligente come mossa, direi.» continuò scherzosamente.
«Già,» ridacchiò Blaine, togliendosi finalmente le mani dalla sciarpa «dovrei comprarmi dei guanti.»
Kurt sollevò nuovamente lo sguardo verso l’altro ragazzo, che in quel momento, perso nei suoi pensieri, osservava il fuoco scoppiettante, si morse delicatamente le labbra, cercando di nascondere la felicità che provava in quel momento a trovarsi da solo con lui.
Dei guanti, eh?



*****




«Silenzio, ragazzi!» urlò la professoressa Simmons, sbattendo rumorosamente il cucchiaio di legno contro la cattedra. «Seguite la ricetta ed iniziate a preparare il dolce!»
Nell’aula di economia domestica i ragazzi del terzo anno stavano sperimentando la ricetta che quella mattina la professoressa aveva portato: “fondente al cioccolato”.
«Ho tutto il burro che mi si scioglie in mano!» urlò disgustato Nick, guardandosi i palmi per poi allungarli verso di David che si allontanò con un salto da lui.
«Non toccarmi con quella roba!» lo avvertì il ragazzo, sfoderando la paletta di plastica come difesa «Questa divisa mi deve durare fino all’inizio delle vacanze di Natale.»
«Che aspettative pretenziose che hai!» scherzò Nick, continuando a cercare un modo per macchiare il suo compagno.
«Accidenti alle uova!» gridò Riker «Signorina Simmons, come posso umanamente riuscire a prendere solo la parte rossa dell’uovo?»
«Lewis, se c’è scritto nella ricetta vuol dire che è possibile. Possibile che tu faccia sempre tutta questa confusione?» domandò con maggior esasperazione la donna, indicando l’intruglio di uova distrutte e farina che si era creato in una bacinella il ragazzo.
«È semplicemente impossibile prenderne solo il rosso!» insistette il biondo.
«Guarda.» intervenne infine l’insegnante, prendendo in mano una delle uova per romperla e mostrare come fare all’alunno. «Non è difficile, Lewis. Ed ora prova, te ne prego.»
Riker, che fino a quel momento aveva osservato ogni azione della professoressa con occhi sgranati ed un’aria sempre più sbalordita, prese un uovo e con esitazione provò a romperlo.
Al suo fianco l’insegnante lo osservava con i suoi grandi occhi verdi scuro; la signora Simmons era una donna sulla quarantina robusta e di statura bassa, il suo viso tondo e paffuto ed i capelli vaporosi di un color biondo scuro, lasciavano trapelare solo la dolcezza e la calma della persona. Tutti alla Dalton la adoravano, per la sua pazienza e per la sua amabilità, era come una madrina per tutti gli alunni, non a caso la chiamavano spesso Fata Madrina, esattamente perché ricordava in tutto e per tutto il personaggio del classico Disney.
Riker deglutì e sbatté l’uovo, il quale però andò in mille pezzi nelle sue mani.
«No, no, no, no, no, NO!» iniziò a ripetere il ragazzo, alzando sempre di più la sua voce: non poteva credere di non riuscire a fare una delle cose più semplici della cucina. Scacciò il restante dell’uovo sul banco, portando la sua testa indietro con gli occhi chiusi: non avrebbe mai passato il corso di economia domestica, ne era sicuro.
«Ti serve una mano?» chiese una voce accanto a lui. Riker si voltò e vide Kurt, che ormai aveva finito il suo dolce, osservare il pasticcio che lui aveva combinato.
«Al momento me ne servirebbero anche due.» rispose esasperato.
«Hummel, potresti aiutarlo tu mentre io vado a dare un’occhiata agli altri ragazzi?» chiese la donna.
«Certo, signora Simmons.» rispose il castano con un sorriso. Sicuramente per Kurt non era un problema aiutare Riker: era il migliore del corso. Tra tutti quei ragazzi lui era uno dei pochi che sapesse veramente cucinare, ed era ormai una rutine che aiutasse qualcuno in difficoltà appena lui aveva finito le proprie cose.
«Dovresti sbatterle un po’ più delicatamente quelle uova.» gli suggerì il ragazzo, iniziando a pulire il macello dell’altro.
«Sì, lo so.»
«È facile, credimi.» lo rassicurò Kurt, posando un uovo nelle mani di Riker «Appoggialo alla ciotola e batti piano.» lo incoraggiò, iniziando così ad aiutare il suo compagno nella sua ardua lotta contro il cibo.

Pochi banchi dietro di loro c’erano Al, Wes e Blaine in piedi, intenti a rimettere apposto.
«Non... sentite una certa puzza?» chiese Wes iniziando ad annusarsi intorno.
«Ehi, non datemi la colpa! Non sono stato io stavolta!» si difese subito Al, alzando le mani in alto.
«Ragazzi, il micr-- » ma Blaine non riuscì a finire la parola.

Boom.

Tutti si voltarono nello stesso momento verso l’origine del rumore.
Il microonde dei tre ragazzi adesso era aperto, con il vetro distrutto e qualche fiamma dilagava nell’apparecchio. La signora Simmons in un secondo arrivò lì davanti, spegnendo il tutto con l’estintore, ma il fumo ormai aveva raggiunto il soffitto e l’allarme antincendio risuonò per tutta la scuola.
«Non vi muovete!» urlò l’insegnante uscendo di corsa dalla classe, urlando per i corridoi di non spaventarsi, che non era successo niente.
Nell’aula calò il silenzio più totale, nessuno osò muovere un muscolo.
«Mi sa che questa l'avete fatta grossa.» spezzò il silenzio Riker, sentendosi poi gli occhi di tutti rivolti verso di lui.


******




Wes, Al e Blaine erano seduti uno accanto all’altro su tre semplici sedie rosse in presidenza. I tre si scambiarono uno sguardo pieno di preoccupazione. Blaine dopo poco spostò lo sguardo verso la donna bionda di fronte a loro, certo, avevano fatto scattare l’allarme antincendio spaventando tutta la struttura scolastica, ma non era una cosa fatta di proposito, non poteva incolparli o fare niente di drastico...
Giusto?
La preside lanciò uno sguardo ad ognuno dei ragazzi, per poi togliersi gli occhiali con un gesto elegante:
«Si può sapere cosa avete fatto?» chiese la donna, tenendo gli occhiali tra le sue dita mentre si massaggiava le tempie.
«Beh, ecco..» Al iniziò a balbettare guardando i suoi compagni in cerca di qualche parola adatta.
«È stato un incidente, signora Hoover.» Wes cercò di rendere la faccenda meno problematica di quello che sembrasse.
«Lo spero bene.» commentò lei, soffermando lo sguardo sul ragazzo che aveva appena parlato «Piuttosto vorrei sapere come avete fatto.»
«Il fatto è che...» iniziò a spiegare Blaine «abbiamo messo a scaldare un contenitore di alluminio, senza pensare alle conseguenze e beh... il microonde è scoppiato.»
«Quello l’ho visto, grazie Anderson.» la donna scosse la testa, riportando lo sguardo su tutti e tre i ragazzi «Il lato positivo è che almeno non è stata un atto pianificato--»
«Le assicuriamo che è stato un incidente!» ci tenne a precisare Al, urlando involontariamente. La signora Hoover gli lanciò uno sguardo accigliato, per poi tornare a parlare.
«Ma in ogni caso dovrete ripagare le spese. I microonde della scuola vengono sui 200$, e voi dovrete ripagare di ogni singolo centesimo.»
I tre ragazzi annuirono all’unisono.
«Perdoni la domanda, ma come... come facciamo a guadagnare 200$?» chiese con aria preoccupata Blaine.
«Fate parte del Glee club, giusto? Potete andare all’ospizio qui vicino a cantare prima di Natale così da guadagnare una parte di ciò che vi serve. Per il resto vi posso consigliare di vendere dei dolci.» propose la preside «Comunque tornate dalla signora Simmons il prima possibile e fatevi dire il prezzo esatto del microonde, quei soldi devono essere nelle sue mani il primo possibile, e con questo intendo entro la fine delle vacanze di Natale.»
I tre ragazzi a quelle parole sbiancarono, dovevano recuperare 200$ con dei porta a porta, quanto sarebbero stati disposti gli Warblers ad aiutarli per un loro errore?
«Ora andate, avete le prove del saggio. Non fate tardi, gli altri vi aspetteranno di sicuro.»
continuò la donna, tornando a leggere le carte che aveva sulla scrivania.
«Sì, grazie signora Hoover. Arrivederci.» salutarono in coro i tre, uscendo dalla presidenza. «Arrivederci.» rispose lei, rivolgendo un ultimo sguardo agli alunni, finché non chiusero la porta alle loro spalle.
I tre Warblers appena usciti si scambiarono uno sguardo e silenziosamente iniziarono a camminare lungo il corridoio, verso l’aula di teatro.
«Direi che è andata meglio di quanto credessimo...» disse Blaine, tenendo sempre la testa bassa e le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Già, di solito la Hoover è spietata.» commentò Al.
«Dimenticate che dobbiamo guadagnare 200$ e forse anche di più.» ricordò Wes, inarcando un sopracciglio verso gli altri due.
«Dobbiamo sperare in un aiuto dagli altri.» Blaine sollevò la testa.
«Wes, tu sei uno del consiglio, dovresti riuscire a convincerli, no?» chiese Al.
«Non è così semplice. Sono del consiglio per il Glee club, per le canzoni le prove, per le canzoni posso mettere parola, ma non posso di certo costringere le persone a rimediare ad un mio errore...»
«...Giusto.» borbottò il ragazzo, tornando a guardare i suoi piedi con la fronte aggrottata nella speranza di trovare qualche idea.
I tre ragazzi continuarono a camminare in silenzio, ragionando ad un modo per guadagnare tutti quei soldi.



******




«Fermi, ragazzi!» la voce di David rimbombò in tono quasi implorante in tutto l’auditorium, nella speranza di far concentrare gli Warblers alle prove per il saggio natalizio. «Dobbiamo provare! Il saggio è più vicino di quanto crediate, mettetevi in fila ed iniziamo!» urlò, gesticolando ampiamente con le mani e tornare a sistemare alcune cose sul computer.
«Ma è inutile!» sentenziò Nick «Non c’è Blaine, come facciamo a cantare?»
«È uguale, possiamo sempre fare qualcosa anche senza di lui...» rispose l’altro da sotto il palco dove gli altri Warblers stavano, quando la porta alle loro spalle si aprì e Wes, Blaine ed Al entrarono nella stanza.
«Finalmente!» sospirò grato il ragazzo color cioccolato, andandogli incontro.
«Allora siete ancora vivi!?» urlò Riker dal palco «La Hoover non vi ha mangiato?»
«Come puoi vedere no!» rispose in un sorriso Wes.
«Com’è andata?» chiese a bassa voce David una volta raggiunti in modo da non farsi sentire.
«Dobbiamo dire una cosa a tutti.» rispose il ragazzo dai tratti asiatici prima al suo amico e poi si rivolse a tutti gli Warblers «Abbiamo bisogno di una mano.»
Kurt, anche lui sul palco, spostò le sue dita dalle sua labbra in un elegante gesto e con il sopracciglio inarcato fece una semplice domanda:
«Cosa è successo?»
Blaine si mise sotto il palco, esattamente al centro e spiegò come erano andate le cose e cosa avevano accordato con la Hoover. «Per questo avremmo bisogno del vostro aiuto.» terminò il moro «Ci dareste una mano?»
Nella sala per qualche istante governò il silenzio, Blaine spostò lo sguardo su ogni singolo ragazzo, terminando su Kurt che lo stava guardando con un sorriso e fece un piccolo cenno con la testa.
«Io ci sto.» disse «Del resto sarebbe un ottimo allenamento anche per le regionali.»
«Amico, ci hai davvero chiesto se vogliamo?» chiese Riker sorpreso.
«Siamo una famiglia, fratello.» disse Nelson «Ci aiutiamo a vicenda.»
«Ci sembrava ovvio.» finì la frase Francis con un piccolo sorriso.
Tutti gli Warblers annuirono alle sue parole, guardando i tre ragazzi appena arrivati.
«Grazie.» disse affettuosamente Blaine, rivolgendo uno sguardo a tutti i presenti.
«Ciò vuol dire che ci dobbiamo dare ancora più dentro con le prove!» esclamò David, battendo le mani.
«Oh, ti prego!» disse Nick «Dovremmo esibirci davanti a dei novantenni! Sarà già tanto se non ci scambieranno per i loro nipoti!»
«Non importa.» rispose Wes «Dobbiamo dare il massimo se vogliamo guadagnarci quei soldi.»
Gli altri annuirono, ormai già in posizione per iniziare le prove.
Blaine sorrise, mettendosi a centro del palco, mentre un coro si sollevò alle sue spalle e poi iniziò a cantare:

Sleigh bells ring
are you listening
in the lane
snow is glistening
A beautiful sight
we're happy tonight
walking in a winter wonderland

Con la sua solita allegria e sicurezza iniziò a ballare per il palco, mentre gli Warblers si disponevano attorno a lui, seguendolo in un armonioso coro.

Gone away is the bluebird
here to stay is a new bird
He sings a love song
as we go along
walking in a winter wonderland
In the meadow we can build a snowman --


Un tonfo alle sua spalle e Blaine vide Pedro a terra, che si accarezzava la testa.
«Ouch.»
«Cosa è successo?» chiese Wes, avvicinandosi al caduto.
«Questi due mi hanno pestato los piès y mi sono ritrovato per terra!» disse indicando Riker e Nick, i quali si scambiarono uno sguardo che parevo tutto fuorché innocente.
«Ci dichiariamo innocenti, vostro onore!» dissero all’unisono, posando una mano sul cuore.
«Fatevelo dire: di anno in anno siete sempre più penosi.» disse una voce alla porta, fin troppo familiare per troppe persone.


*****




N.d.A. Come avrete capito sì, questo arco natalizio sarà diviso in due capitoli!
Alla prossima! :D

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Capitolo 7
*** Gettin’ Ready for Christmas ***


Tadaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan Dopo secoli sì, sono resuscitata dalle polveri \OOOOOOOOO/
Perdonatemi per l’attesa ma in questo periodo ho avuto così tanto da fare che proprio non ce l’ho fatta in più, questo capitolo mi sta venendo più lungo del previsto, per questo vi informo che ci sarà una terza parte (si spera l’ultima voi direte LOL).
Almeno sono arrivata a postare nel periodo giusto XDDDDDD
Buona lettura!
Chapter 7: Gettin’ Ready for Christmas




«Alex!» Blaine scese dal palco con un salto, correndo verso il ragazzo appoggiato con una spalla allo stipite della porta, per poi stringerlo in un caloroso abbraccio.
«Ehi, ehi, niente smancerie, amico. Siamo in una scuola di uomini, o sbaglio?» Blaine sorrise con simpatia alla battuta del suo amico, nonostante la distanza ed il tempo non era cambiato di una virgola.
«Alex!» urlò entusiasta Wes da sopra il palco «cosa ci fai qui?»
«Finito di nuovo in qualche casino?» questa volta fu David a parlare, avvicinandosi a Wes.
«No, ragazzi. Hanno fissato le vacanze prima da me! A quanto sembra, siamo più bravi di alcuni ragazzi in giacca e cravatta.» rispose, sfoderando un ghigno scherzoso. «A proposito,» riportò il suo sguardo su Blaine «Questa divisa ti slancia o sbaglio? Spiegherebbe perché non te la togli mai.» Blaine sorrise, scuotendo la testa e diede qualche leggera ed affettuosa pacca sulla spalla del suo amico.
«Chi è quello?» domandò Kurt con le braccia intrecciate al petto, avvicinandosi leggermente a Fran.
Il ragazzo biondo ridacchiò: «Alex Rider, un vecchio compagno di scuola di Blaine, l’unico amico rimastogli da dopo aver fatto coming out a quanto pare.»
Kurt tornò a guardare il nuovo arrivato, un ragazzo alto con un fisico atletico e capelli castani chiari lunghi tirati indietro con un naso importante che si faceva presente sul viso, che stava animatamente chiacchierando con Wes e David. Dietro di lui notò che Blaine lo osservava con un largo ed affettuoso sorriso, ed in quel secondo Kurt provò una gran pena nei suoi confronti. Si chiese quanti amici aveva perso, quanti lo avevano ferito, perché non accettavano chi lui fosse davvero, e si immaginò una vita in cui né Mercedes, né Rachel, né Finn o chiunque altro delle New Direction non lo accettasse per colui che era: lui si era trasferito perché una persona lo minacciava, ma come sarebbe potuto essere se oltre ciò nessuno lo avesse accettato?
Mentre pensava a tutto ciò, Kurt non distolse neanche per un attimo il suo sguardo dalla figura di Blaine, sentendo dentro di sé un grande affetto verso di lui, più grande di quanto avesse potuto immaginare, per l’ennesima volta trovando un’altra triste somiglianza con quel ragazzo, un altro triste fatto che lo accomunava, un altro motivo per cui entrambi si potevano capire bene.
*****


«Dobbiamo davvero farlo?» chiese scoraggiato Nick, sprofondando su uno dei divani della sala degli Warblers, che ricevette uno sguardo acido da parte di Kurt.
«Sì e tappati la bocca, amico. Non ci fai una bella figura.» gli disse di rimando Francis, scoccandogli un’occhiata severa.
Nick lo guardò senza muovere la testa, tornando poi a fissare un punto di fronte a sé. «Dobbiamo guadagnare 210$.» disse Blaine «Ci dovremmo dividere in cinque gruppi, uno da tre e quattro coppie.»
«Io con Nick!» urlò Riker, balzando in piedi, sotto lo sguardo del suo sorridente amico.
«Non ci sperare neanche per un secondo.» replicò subito David. «Dobbiamo guadagnare soldi, non farci cacciare dal paese.» Nella stanza si sollevarono delle risate.
«Per questo vi abbiamo già diviso in gruppi.» disse Wes che con David stava seduto dietro il suo tavolo.
«Niente discussioni. Dobbiamo guadagnare soldi in minor tempo possibile, ricordatevelo.» disse fermo David, osservando ogni singolo ragazzo presente nella stanza. «Allora,» Wes tirò fuori un foglio ed iniziò a leggere «Pedro ed Al saranno con me, Francis sarà con Riker, David con Nick, Nelson con Kurt e Blaine con King.»
Kurt sospirò leggermente mentre guardava Blaine, per tutto il tempo aveva sperato di finire in coppia con lui, ma a quanto pareva la sorte non era dalla sua parte. In parte, si sentiva così stupito, sperava di finire in coppia con il ragazzo per cui aveva una cotta come una dodicenne, eppure sembrava non poterne fare a meno.
«Lunedì inizieremo a distribuire i dolci, alle quattro ci troviamo all’ingresso. La riunione è sciolta.» terminò Wes, posando il foglio sul banco.
«Prima di andare...» Nick si fece avanti, ma fu bloccato subito in partenza da David.
«No, lo abbiamo già detto: tu e Riker non starete nello stesso gruppo. L’assemblea è sciolta.» ripeté in fine con fermezza, invitando tutti ad uscire con un gesto della mano.
Appena varcò la soglia della porta Kurt sentì il cellulare vibrare in tasca, era Mercedes che aveva risposto al suo invito per lo shopping natalizio.
“Certo, ti aspetto sabato al centro commerciale!”
Sorridente il ragazzo rimise il telefono al suo posto, procedendo la sua via per la stanza.
*****


«Mi puoi dire cosa stai cercando?» chiese esasperata Mercedes seguendo con lo sguardo il suo amico che osservava con molta attenzione tutte le vetrine addobbate con le decorazioni natalizie.
«Un regalo, Mercedes.» rispose questo, senza rivolgergli lo sguardo.
«Grazie, come se non lo avessi immaginato.» brontolò l’amica, guardando di fronte a sé. «Almeno posso sapere cosa stai cercando? Così ti posso dare una mano.»
«Dei guanti.» rispose senza neanche voltarsi, Kurt pareva completamente catturato dalle vetrine, in quel momento sembravano il suo centro del mondo.
«Dei... Guanti? Ma cosa?» l’amica osservò l’altro per qualche secondo confusa, da quando lui era così banale e semplice con i regali? Che cosa era successo?
Quando improvvisamente gli tornò in mente un Kurt sovraeccitato, che con un largo sorriso gli raccontava di un ragazzo, fin troppo noto, che soffriva di freddo alle mani.
«Ok, ho capito... Avresti potuto semplicemente dirmelo subito.»
«Ora te l’ho detto, no?» rispose sarcasticamente il ragazzo, inarcando con eleganza un sopracciglio.
La ragazza color cioccolata sorrise affettuosamente, scuotendo la testa:
«Mettiamoci alla ricerca di questi guanti, allora!»
«Bene, ne volevo di quelli caldi, che però non si bagnino facilmente e possibilmente di un colore decente, nessuna decorazione natalizia sopra.>
«Ricevuto.» disse in un sorriso la ragazza.
«E... Mercedes?»
«Grazie.»
A quelle parole l’amica si sciolse in un largo sorriso:
«Figurati.» rispose affettuosamente, iniziando poi la sua ricerca.
Da quando Kurt aveva iniziato a parlare di Blaine, Mercedes si era chiesta se realmente valeva la pena dedicargli tutta quell’attenzione, se realmente, come diceva Rachel, anche l’altro rispondeva ai sentimenti del suo amico, ma vedere Kurt così felice rimuoveva ogni suo singolo dubbio: era troppo bello anche per lei rivedere quel ragazzo così raggiante come non lo era stato per molto tempo. Se davvero aveva dei dubbi, li avrebbe detti in seguito, non voleva oscurare quel raggiante sorriso con qualche suo pensiero, non sarebbe stato assolutamente corretto.
*****


«Allora oggi dove andiamo?» domandò Alex entusiasta, mentre era seduto sulla macchina già in viaggio.
«Shopping.» rispose semplicemente Blaine seduto ai sedili anteriori accanto a David, il guidatore di turno. «Devo fare alcune compere per Natale. E scommetto che ne avrai da fare anche tu.»
«Ne devo fare anch’io a dire la verità.» disse Wes, seduto accanto ad Alex nei posti dietro «I miei nonni verranno a casa mia per le vacanze ed i miei volevano che comprassi loro qualcosa.»
«Ma che bravo il nostro Wessuccio!» Alex strizzò simpaticamente le gote all’amico, che riuscì a liberarsi quasi subito.
«Sta zitto.» borbottò in imbarazzo. Alex ridacchiò, tornando poi a guardare gli altri due: «Si va ad un centro commerciale, vero?»
«Sì, perché?» chiese confuso David.
«Io e Wes dobbiamo farci un regalo di Natale e beccare qualche bella ragazza.» rispose il ragazzo, tirando qualche leggera gomitata all’amico in questione.
«Ma se vi danno sempre un bel picche!» scoppiò in una fragorosa risata Blaine, divertito dalla convinzione di Alex.
«Quest’anno sarà diverso, bello. Me lo sento!» rispose il castano, rilassando sul sedile con le mani incrociate dietro la testa «E potremmo trovarti anche un bel bocconcino per te, amico! Che ne dici?»
«Temo che qui il nostro Blaine abbia qualcun altro per la testa.» disse sghignazzando Wes. «Ancora con questa storia?» sbottò esasperato il ragazzo riccioluto, coprendosi gli occhi con il palmo della mano. D’altro canto Alex era già tornato in posizione eretta, curioso di sentire cosa stavano dicendo:
«Cos’è questa storia? Amico, fai conquiste e non mi dici niente?»
«Non ho fatto nessuna conquista: è solo un amico, per l’amor di Dio!» urlò irritato Blaine, che fece trattenere una risata a Wes seduto dietro di lui.
Alex, sentendo il suo vicino, lo guardava in cerca di spiegazioni, ma quello che ricevette fu una promessa per un chiarimento più tardi.
«Almeno posso sapere chi è costui?» chiese incapace di contenere la sua curiosità.
Blaine ruggì senza rispondere, il che non fece altro che far ridere i due ragazzi seduti dietro.
*****


Nel piccolo centro commerciale quattro ragazzi camminavano, fermandosi di tanto in tanto a qualche vetrina. Il grande magazzino aveva tutto ciò che si potesse considerare natalizio; oltre a tutte le decorazione presenti su ogni piano, alle casse poste sui muri che trasmettevano ogni tipo di canzone natalizia, al centro della struttura, sospesa in aria, o meglio legata da due lunghi fili poco visibili, stava un’enorme ghirlanda verde con una grande palla rossa al centro. Tutto di quel posto esprimeva Natale, e Blaine non poteva essere più contento di stare in quel posto con tutte le persone che amava più al mondo... o quasi tutte.
«Blaine, si può sapere quanti centri commerciali dovremmo ancora girare?» domandò spazientito Alex.
«Sono sicuro che qui troverò quello che cerco!» rispose l’altro qualche passo di fronte a lui. «Ma sta ancora cercando il regalo per Kurt?» chiese Wes a David.
«A quanto pare sì.»
«Wo, wo, wo, frena, frena!» esclamò spaesato Alex facendo segno con le mani di fermarsi. «Chi è Kurt?» chiese, inarcando confuso un sopracciglio. Gli altri due si scambiarono un’occhiata, quasi come se fossero indecisi sul da farsi.
«Il tipo di cui ti parlavamo in macchina.» Alex sollevò entrambe le sopracciglia sempre più curioso di questa storia «è un ragazzo nuovo, si è trasferito da noi un mesetto fa; anche se Blaine lo conosce da prima.» spiegò Wes, rallentando il passo così da non farsi sentire dal diretto interessato.
«Quanto prima?»
«Un mese... Se non meno.» questa volta fu David a rispondere. «C’è un bel legame tra loro, si definiscono praticamente migliori amici, ma credici Alex. Se solo li vedessi insieme capiresti tutto.»
«Già, ma questo non è un motivo per portarci a 50 kilometri da scuola per un regalo.» sbuffò Wes, guardando l’ennesima vetrina.
«Glielo dobbiamo. Ricordi l’anno scorso quando ci ha portato a fare shopping a Natale per i regali di Emma e Kylie? Dopo quello gli dobbiamo tutto.»
Sul volto di Alex si formò un ghigno ed affrettò il passo per raggiungere il suo amico. «Ehi,» lo salutò, avvolgendo un bracci attorno alle sue spalle «tutto apposto?» gli chiese con un affettuoso sorriso.
«Sì sì, grazie. Perché non dovrebbe?»
«Beh, non so... Di solito in questo periodo dell’anno non sei, diciamo l’anima della festa. Volevo accertarmi che non mi stessi troppo giù.» rispose tirando un leggero pugno sulla spalla del suo amico. Il sorriso non si spense quando serenamente continuò a parlare «Però quest’anno sei diverso, ti vedo più tranquillo e soprattutto... sorridente. Che succede?» chiese tirandogli qualche scherzosa gomitata. La realtà era che non stava scherzando, ciò che diceva era vero, era la prima volta dopo anni che rivedeva il suo amico così sereno con sé stesso il quel periodo dell’anno «Ho come la sensazione che tu abbia qualcosa da dirmi.»
Blaine ridacchiò, scuotendo la testa:
«Te l’ho già detto in macchina, non c’è niente da dire. Pensavo che dopo tutto questo tempo avessi capito che non devi star ad ascoltare Wes e David!» disse indicando dietro di sé. «A proposito... Dove sono?» I due ragazzi erano spariti, fino a qualche attimo prima erano dietro di loro ed adesso sembravano dileguati nel nulla.
«Sono là.» lo rassicurò Alex, indicando un punto poco lontano, dove i due amici erano di fronte ad una vetrina. «Comunque,» lo riportò al discorso «Se hai bisogno di qualcosa ci sono sempre. Lo sai, no?»
Blaine provò una grande affetto per Alex a quelle parole, gli aveva sempre voluto bene, sempre, fin da prima del suo coming out, ma se gli amici si riconoscevano nei momenti di difficoltà: Blaine era sicuro di aver trovato non un amico, ma un fratello.
Sorrise e rispose:
«Certo.»
Alex gli diede qualche leggera pacca sulla spalla, ma fu subito distratto da qualcosa che sembrò prendere totalmente la sua attenzione.
«Wes, Wes! Pollastre a ore due!» urlò. «Scusa Blaine.» disse velocemente, scappando dall’altro ragazzo «Wes!»
Blaine scoppiò gioiosamente a ridere, mentre sentì David arrivargli alle sue spalle:
«È assurdo come si esaltino nonostante sappiano come andrò a finire.» ridacchiò raggiungendolo.
Blaine sorrise:
«Secondo te impareranno mai?»
«No, certo che no.» entrambi scoppiarono a ridere vedendo i loro due amici avvicinarsi senza esitazioni alle due belle ragazze.
«Tutto bene, comunque?» chiese David «Ho visto che Alex era venuto a parlare con te. Non... Ti ha rotto, vero?» spiegò allo sguardo interrogativo dell’altro.
«No, no tranquillo. È il solito Alex.» ridacchiò, ma la sua attenzione su subito catturata da ciò che stava succedendo a pochi passi di distanza «Che sta succedendo?» da Wes, Alex e le due ragazze erano arrivati altri due ragazzi più alti e più muscolosi di quanto Alex, dato che era il più atletico e quello con le spalle più larghe, due potesse immaginare di essere. Videro i loro due amici indietreggiare e tornare a passo affrettato verso di loro.
«Ragazzi, continuiamo a fare shopping.» disse Alex senza fermasi, scappando il più lontano possibile dal punto dove erano.
Blaine e David si scambiarono uno sguardo divertito, scoppiando poi a ridere, scuotendo la testa.
*****


«Questi vanno bene?» chiese speranzosa Mercedes, mostrandogli un paio di guanti rossi con delle corna di renna bianche come decorazione.
«Quelli li potrebbe mettere solo Rachel.» sbottò impazientito Kurt, continuando a cercare.
«Effettivamente non avresti neanche tutti i torti.» sghignazzò la ragazza, riponendo al loro posto i guanti. «A proposito come mai lei non c’è?»
«Voglio bene a Rachel, ma non posso passare una giornata a fare shopping con lei. Prende dei capi che mi chiedo da dove li possa aver pescati in qualunque negozio si entri. Se vado a fare compere con lei è sicuramente per aiutarla a sistemare il suo guardaroba, non per altro.»
Mercedes al suo fianco ridacchiò:
«I giorni passano, ma Kurt Hummel non cambia!»
«Che c’è?» chiese il ragazzo facendo spallucce «Dico solo la verità.» disse, aggiungendo infine un sorriso scherzoso.
Mercedes sghignazzò, tornando poi a guardare il suo amico ancora intento nella sua ricerca, da quanto ne era immerso sembrava ne dipendesse la sua vita.
«Insomma,» disse dal nulla la ragazza «È un regalo piuttosto speciale, devo pensare. Sei davvero troppo critico per questo.»
Kurt arrossì, fermandosi per un attimo:
«Sì.» rispose semplicemente con un sorriso. «È davvero importante.» sussurrò a fior di labbra, così da non poter essere sentito da nessuno. Era la prima volta per lui che si dedicava con così tanta criticità ed amore ad una ricerca del genere per un altro ragazzo, certo, l’anno prima aveva avuto una tremenda cotta per Finn, ma questa volta era diverso. Kurt sapeva che non avrebbe sbagliato niente, se lo sentiva, sapeva che in ogni caso Blaine gli sarebbe rimasto accanto, non era una cotta come quella che aveva avuto l’anno precedente, non sapeva spiegarlo: lo sapeva e basta. Il ragazzo sorrise dolcemente a quel pensiero:
«E per te invece?» chiese all’amica iniziando ad avviarsi verso l’uscita del negozio «Qualche regalo speciale quest’anno?»
Mercedes scosse la testa:
«No,» rispose con nessuna tristezza in viso «tutto come di norma.»
«Davvero Mercedes, perché non provi almeno a vedere quel David di cui ti parlavo?»
propose Kurt senza esitazioni, non voleva insistere, ma voleva il meglio per la sua amica, voleva che anche lei iniziasse a vivere “un amore”. «È un bravo ragazzo, per non aggiungere il fatto che non è affatto male fisicamente. Ed è single.» aggiunse «Un bel cioccolatino disponibile per te, sicura di non volerlo?»
La ragazza scoppiò a ridere a quell’ultima frase:
«Da quando hai adottato questo nuovo modo di parlare?»
Kurt sorrise, senza far trasparire il suo leggero imbarazzo:
«Era giusto per fare. Comunque, davvero. Non vuoi farci neanche un pensierino?» chiese ancora una vola fermandosi ad una vetrina.
«Beh, non so... Perché no? In fondo non ci vedo niente di male nel conoscerlo.» rispose in un sorriso raggiante la ragazza, che fu subito raggiunta da un saltellante Kurt.
«Brava! Hai fatto la scelta giusta, sono sicuro che anche Blaine ne sarà felice!»
Mercedes ridacchiò, voltando la testa, ma ciò che vide la fece solo agitare:
«Kurt, Kurt, Kurt...» cercò di chiamare la sua attenzione, dandogli qualche leggera patta sul braccio.
«Che c’è?» chiese questo.
«Quello non è Blaine?» domandò la ragazza facendo un leggero cenno con la testa di fronte a sé.
Gli occhi di Kurt in quel momento si spalancarono. Un gruppo di ragazzi, capeggiato da uno moro e leggermente più basso, che Kurt riconobbe subito come Blaine, si stava pericolosamente avvicinando verso di loro.
«Oddio sì è lui!» esclamò in uno squittio, guardandosi attorno nella speranza di trovare un punto in cui nascondersi «Non ci deve vedere qui, capirà che sto cercando il regalo per lui!» squittì, prendendo la sua amica per il polso e trascinandola con sé dentro il primo negozio che trovò: un negozio di biancheria intima.
«Kurt!» lo chiamò Mercedes «Stanno per entrare!»
«Oddio, ma lo fanno apposta?» domandò incredulo Kurt, portando le braccia al cielo.
«Vieni!» disse prendendo la sua amica per il polso. «Nascondiamoci nei camerini.»
«Salve ragazzi, posso...?» iniziò a chiedere la commessa minuta, che fu subito zittita da Kurt «No, grazie, Stiamo andando a provarci... Questi.» prese un paio di calze a caso nella fila, dandoli in mano a Mercedes. «Grazie.» aggiunse velocemente sparendo nei camerini.
*****


«Davvero nel negozio di intimo?» chiese Wes inarcando un sopracciglio.
«Amico... Devo pensare male?» domandò questa volta Alex, mostrando un’espressione interdetta sul viso «Ci stai portando davvero tutti insieme lì dentro?»
Blaine lo guardò sperso, non capendo cosa volessero dire.
«Quello che intendo dire, amico. Non pensi che sia meglio tenere certi pensieri... per te?» domandò sottovoce Alex, avvicinandosi all’amico così da non farsi sentire.
«Che cosa!?» esclamò inorridito Blaine, sentendo in un secondo momento le guance avvampare. «Non... Ma cosa pensate!? No!»
Gli altri tre ragazzi scoppiarono a ridere per l’imbarazzo del loro amico:
«Ehi, tranquillo.» disse David, poggiandogli la mano sul braccio.
«Errore mio, scusa.» scoppiò a ridere Alex.
«Cosa gli volevi prendere qui?» chiese Wes, facendo un passo avanti dentro il negozio «Alex non aveva tutti i torti a pensare male.» disse in un ghigno scherzoso.
«Niente mutande, o altra roba... Erotica.» borbottò Blaine entrando con leggero imbarazzo «Volevo prendergli dei calzini.»
«Calzini?» domandò sorpreso Wes.
«Che regali sono dei calzini?» aggiunse Alex.
«Partendo dal presupposto che non è così assurdo fare dei calzini come regalo di Natale.» iniziò a spiegare Blaine «Sì, dei calzini. Kurt soffre spesso di freddo ai piedi, pensavo che dei calzini potessero essergli utili.» disse, sollevando leggermente le spalle.
«Ma che carino il nostro piccolo Blaine!» esclamò Alex, facendo qualche leggera carezza al suo amico, che ridacchiò tornando subito alla ricerca dei calzini.

Blaine dava le spalle ai camerini, non aveva idea però che il ragazzo per cui stava cercando il regalo si trovava pochi passi dietro di lui.
«Che cosa senti?» chiese in un sussurro Kurt a Mercedes, che stava spiando i ragazzi dalla porta lasciata socchiusa.
«Assolutamente niente.» rispose la ragazza.
«Vedi niente?» chiese questa volta.
«Il didietro di Blaine.» rispose lei, voltandosi per guardare l’espressione del suo amico, che si rivelò nient’altro che sorpresa con la bocca spalancata.
«Mercedes!»
«Che c’è? È la verità!» esclamò lei divertita «Vuoi vedere?» propose, invitandolo con un gesto della mano.
«No!» rispose prontamente l’altro con le punte delle orecchie rosse fuoco.
Mercedes ridacchiò, tornando a guardare.

Pochi minuti dopo Blaine fece la sua scelta.
«Lo sai vero che non se li metterà mai?» constatò Wes al suo fianco.
«Sono così osceni?» chiese preoccupato Blaine osservando i calzini. Il ragazzo asiatico annuì, quando li raggiunse David.
«Non starlo a sentire, sicuramente tu lo conosci meglio di questo troglodita.»
«Ehi!»
«Grazie.» ringraziò con un largo sorriso il ragazzo, per andare pagare e raggiungere Alex fuori dal negozio.

Quando si accertarono che nella zona non ci fosse nessun altro Warbler eccetto Kurt, lui e Mercedes uscirono dal loro nascondiglio.
«Secondo te per chi erano quei calzini?» chiese il ragazzo.
«E come posso saperlo io? Sentivo male, non ho capito una parola di quello che si dicevano Blaine e gli altri due. A proposito.... Il bel cioccolatino era David?» chiese in un radioso sorriso la ragazza.
«Sì.» rispose il ragazzo in un sorriso soddisfatto «Dovrei prendere questo come una conferma da parte tua per un possibile appuntamento?» chiese con felicità mentre uscivano dal negozio.
Sul volto di Mercedes si dipinse uno dei suoi soliti raggianti e inarrestabili sorrisi, che contagiò del tutto Kurt che iniziò a saltellare, contento di ciò che la sua amica aveva appena detto, quando lo sguardo si fermò su un negozio poco lontano, esattamente di fronte a lui.
«Mercedes,» la chiamò «Quella gliela devo assolutamente prendere.» disse, indicando il negozio di fronte a sé.


*****




N.d.A. Spero mi perdoniate per la lunga assenza e continuiate a seguire la FF.
Grazie di cuore >w<

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