Memories...you were always on my mind. di Leuviah_Utopia (/viewuser.php?uid=108001)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
La notte tiepida di una
primavera quasi al limite infrangeva le mura possenti
dell’enorme castello di Camelot. Nessun movimento percepibile
dava il ben che minimo disturbo alla gente che viveva
all’interno di quelle mura, perché quel posto,
oramai lo sapeva chiunque avesse varcato le porte di quella cittadina,
era un luogo sicuro.
Due guardie se ne stavano appostate nei rispettivi lati
dell’ingresso principale. Chiacchieravano, a bassa voce,
scandendo parola per parola per far si che la lontananza tra i due, di
circa 4 metri, rendesse la loro discussione più
comprensibile. Parlavano dell’imminente condanna a morte di
una donna che, a quanto pare, era accusata di stregoneria.
Damon, senza farsi notare, si avvicinò di qualche metro alle
guardie e, con uno scatto impercettibile, balzò sul ramo di
un albero che sorgeva proprio accanto la colonna destra
dell’ingresso principale. Il giovane aveva fame, molta fame,
perché aveva viaggiato senza sosta per oltre due miglia.
Spezzò un ramoscello dal ramo su cui si trovava e lo
lanciò nella porta opposta a lui.
Le guardie sentirono un rumore provenire da dietro dei cespugli e si
guardarono insospettiti.
«C’è qualcuno lì?»,
domandò una delle guardie. Ovviamente non ci fu alcuna
risposta. «Tu aspetta qui, intanto io vado a
controllare», continuò la guardia rivolgendosi al
collega che annuì con un lieve movimento del capo.
La guardia “coraggiosa”, come l’aveva da
poco definita Damon, cominciò ad avvicinarsi al cespuglio
sospetto. Il piano del giovane stava funzionando.
Intanto, Damon con rapidità felina si avventò
sulla guardia che era rimasta al suo posto e, con ferocia, si
attaccò con i lunghi canini alla carotide
dell’uomo che non ebbe nemmeno il tempo di lanciare un urlo.
L’altra guardia si voltò sentendo il rumore di
qualcosa sbattere contro un muro, ma non vide niente, o meglio,
nessuno. «Ehi!»
Damon se ne stava nascosto nell’ombra proiettata
dall’arcata del portone ed un lieve sorriso si fece spazio
nel suo volto non appena sentì l’uomo chiamare il
collega, avvicinandosi verso la sua direzione. I suoi occhi neri e
lucenti sembrarono ingigantirsi, mentre i capelli neri gli ricadevano
sul viso. Non appena ci furono pochi passi a separarli, Damon
uscì allo scoperto e si avventò alla gola della
povera guardia che sobbalzò facendo un passo indietro, ma
non ebbe il tempo necessario per darsela a gambe.
Stavolta, però, Damon decise di non uccidere
l’uomo, come aveva fatto con l’altro poco prima, ma
lo soggiogò, perché il vampiro, aveva
altre intenzioni. Damon, infatti, si era recato a Camelot
perché aveva saputo della buona nomina che la
città possedeva per quanto riguardava la sicurezza e
l’unione del popolo, l’interesse benevolo dei
sovrani nei confronti dei sudditi e, soprattutto, per quanto riguardava
il cibo che era di rado mancare. Su quest’ultimo punto Damon
ci sperava fermamente, anche se il cibo che preferiva lui non era di
certo una zuppa o un maiale arrosto. «Va’ dal tuo
re e digli che qualcosa di terribile minaccia la
tranquillità del suo regno. Digli anche che sei stato
attaccato, ma che non ricordi cosa l’abbia
fatto…forse un animale». Damon teneva
l’uomo per le spalle, guardandolo fisso negli occhi.
«Digli che siete tutti in pericolo», concluse
infine, con un sadico sorriso. L’uomo assentì e
Damon lo lasciò andare, così da far recapitare il
messaggio al destinatario.
Il giovane si sentiva abbastanza sazio dopo aver prosciugato
un’intera guardia ed era euforico per via della situazione in
cui aveva deciso, spontaneamente, di cacciarsi. Non essendoci ancora
guardie in giro, Damon si avviò all’interno delle
mura, nella cittadella costruita ai piedi del castello.
Cominciò ad aggirarsi furtivamente
nell’oscurità attendendo l’allarme che
non tardò ad arrivare. «Ce l’hai fatta,
amico», disse Damon soddisfatto. «Bel
lavoro».
Improvvisamente, una dopo l’altra, le fievoli luci delle
candele nelle case cominciarono ad accendersi.
L’oscurità si andava via, via allontanando e Damon
non poteva correre il rischio di farsi scoprire, perché
avrebbe destato sicuramente qualche sospetto. Velocemente, si
infilò in una piccola via che, per fortuna, non era
minimamente illuminata e attese lì pensando al successivo
passo che avrebbe dovuto compiere.
Per le strade iniziarono ad affollarsi le guardie che, per prima cosa,
si recarono all’ingresso principale. Poi, si separarono a
gruppi di 4 o 5 persone iniziando a perlustrare la cittadella, entrando
nelle case e, ovviamente, uscendo a mani vuote. Il caos stava
già venendosi a formare tra la gente che, irrequieta,
chiedeva spiegazioni a qualche guardia, ricevendo solo “Non
preoccupatevi, non è niente di grave!” come
risposta.
«Lo decido io se preoccuparsi o meno», disse Damon
tra sé e sé.
***
Intanto, al castello,
re Uther sedeva sul proprio trono aspettando di ricevere informazioni
dalle sue guardie. Essere svegliato nel cuore della notte lo rendeva
più nervoso di quello che era già e sapere che
qualcosa o qualcuno minacciava il suo regno mutava il suo nervosismo in
irrequietezza.
Le porte della sala in cui si trovava Uther si aprirono e il suo medico
di corte gli fu subito accanto. «Sire,
dov’è la guardia? Voglio esaminarlo».
«Gaius, cosa credi stia succedendo?»,
domandò Uther turbato.
«Non lo so Sire, ma ho bisogno di vedere comunque
l’uomo», fu l’unica risposta di Gaius.
Uther fece chiamare la guardia che, terribilmente sconvolta, raggiunse
il suo re inginocchiandosi ai suoi piedi. «Ripeti cosa ti
è capitato», ordinò fermamente il re.
«C-c’è qualcosa di terribile che
minaccia il nostro regno. Siamo tutti in pericolo, Sire!».
«Cosa vi hanno fatto?», domandò Gaius
incerto.
«Sono stato attaccato», rispose l’uomo.
«Cosa ti ha attaccato?», chiese Gaius, con assoluta
calma.
«Non ricordo cosa sia stato…forse un
animale».
Gaius non fu soddisfatto da quella vaga risposta, così si
avvicinò all’uomo e prese ad osservare il punto in
cui era stato attaccato e restò spiazzato dalla sua scoperta.
«Cosa c’è Gaius? Si tratta di
stregoneria?», la tipica domanda di re Uther.
«Sire, vedete questo morso?». Uther si
avvicinò per controllare la ferita impasticciata di sangue.
«Sono due piccoli fori che distano l’uno
dall’altro di circa due, tre centimetri».
«E quindi? Cosa intendi con questo?».
«È una distanza che un per un animale è
anomala, ma è la stessa distanza tra i canini di un
uomo», rispose Gaius.
«Vuoi dire che è stato un uomo ad
aggredirlo?», domandò Uther con sorpresa.
«Non posso dirlo per certo, ma anatomicamente sembrerebbe
così».
«Può darsi che sia stato un
druido…», commentò Uther con un tono
turbato e arrabbiato nello stesso tempo.
«Non credo. Perché mai un druido avrebbe dovuto
far questo? Ho saputo che l’altro uomo è stato
ucciso. Se non vi dispiace vorrei esaminare il cadavere».
Gaius era un uomo accuratamente colto, soprattutto in campo medico
e…alchemico.
«Certo, fai pure! Lo farò portare nel tuo
alloggio», rispose il re distogliendo lo sguardo
dall’uomo che, ancora, stava ai suoi piedi. «Tu,
intanto, puoi andare. Se ricordi qualcosa in più di
ciò che ti è successo non esitare a
dirmelo». L’uomo annuì e si
precipitò verso l’uscita della sala.
«Se non vi dispiace andrei anche io», disse Gaius
inchinandosi rispettosamente al re.
«Si, vai Gaius. Non appena scopri qualcosa corri a darmi
notizie».
«Lo farò senz’altro, Sire».
***
«Forza, voi andate da quella parte, mentre noi andiamo da
questa! Se vedete qualcosa o qualcuno di sospetto attaccate, ma non
uccidetelo». Una voce altezzosa e risoluta rimbombava per
strada. La voce di un uomo, un ragazzo forse, che, sicuramente, aveva
il diritto e il dovere di dare degli ordini.
Damon si sporse leggermente a guardare chi fosse costui e vide un
giovane che, più meno, doveva avere due o tre anni in meno
di lui, se faceva un calcolo dal punto di vista
“umano”. Un giovane dai capelli biondi come il
grano e un paio di occhi azzurri come un cielo estivo, facilmente
notabili anche di notte. Reggeva una spada che sembrava essere stata
costruita apposta per lui, ed aveva un portamento a dir poco elegante e
aggressivo allo stesso tempo.
«Principe Arthur, abbiamo perquisito tutte le case della
cittadella, ma non abbiamo trovato niente!». Una guardia era
corsa incontro al giovane informandolo della situazione attuale.
Sei il principe! Adesso
è tutto chiaro.
Pensò Damon osservando il giovane, ignaro del fatto che,
proprio colui che stavano cercando, fosse vicino a loro e che, in quel
preciso istante, li stava guardando.
«Allora assicuratevi che non ci sia gente per strada. Dite a
tutti di entrare nelle proprie case e che noi saremo qui a
proteggerli», concluse Arthur con fermezza.
Damon si mise il cappuccio del mantello nero e rientrando
nell’oscurità da cui era lievemente uscito,
scomparve all’istante, nel nulla.
***
Il vento soffiava leggero cullando dolcemente le foglie degli alberi
della foresta che, in primavera, sembrava essere un luogo incantato ed
isolato dal resto del mondo. I versi degli animali echeggiavano liberi
in quella natura che elargiva pace e serenità in ogni angolo.
Morgana se ne stava seduta in una piccola radura ricoperta da fiori
bianchi. Poco distante c’era un ruscello limpido in cui i
pesci nuotavano contro corrente, come se aspettassero di raggiungere un
meta trasparente come quell’acqua che scorreva senza sosta.
«Che serenità! Ci passerei tutta la vita
qui», Morgana parlava molto spesso da sola e Uther, suo
padre, l’aveva rimproverata molte volte, dicendole che simili
comportamenti non si addicevano ad una donna del suo rango. Discutevano
sempre per queste cose, ma si dibattevano anche per altro.
La ragazza raccolse un fiore da quel prato paradisiaco, lo
odorò e se lo mise fra i capelli. Voleva creare una
coroncina in realtà, ma alla fine la noia prese il
sopravvento e si accontentò di quel semplice gesto.
Morgana guardava la sua immagine riflessa sul ruscello. Vedeva sempre
la stessa figura: una ragazza molto bella, così dicevano
tutti almeno, dai capelli corvini lunghi fin sotto il seno, con occhi
verde smeraldo così profondi da lasciare il segno a chiunque
osasse guardarli più del normale, con la pelle chiara e
candida da far invidia a tutte le donne del regno. Già, era
questa Morgana Pendragon. Lei, però, non voleva essere
soltanto una semplice donna figlia di un re. Lei, ogni volta che si
vedeva riflessa in uno specchio o, in questo caso, in un ruscello,
desiderava vedere qualcosa di più, qualcosa che la
caratterizzasse di più del suo aspetto esteriore.
Mentre continuava a pensare a ciò che avrebbe potuto
renderla unica, uno strano gracchio arrivò dalla fitta
foresta che, adesso, sembrava essersi fatta più profonda
e…oscura. Morgana si mise in piedi, scrutando
quell’oscurità che sembrava avvicinarsi.
«Chi va là?», domandò incerta
la giovane.
Improvvisamente un corvo sbucò da quegli alberi e si
avventò verso la ragazza che, istintivamente, si fece scudo
al volto con le braccia. Per fortuna, il colpo non arrivò.
Morgana abbassò lentamente gli arti, assicurandosi che il
corvo non le fosse davanti, pronto a beccarle gli occhi. Si
guardò intorno e notò che l’uccello se
ne stava appollaiato su di un ramo. Si sentì terribilmente
intimorita da quell’animale, ma non perché
l’aveva quasi aggredita, bensì per il fatto che se
ne stava lì di fronte a fissarla e la fissava come quando un
uomo la osservava solitamente, con la stessa bramosia di possederla e
con la stessa maliziosità. Un brivido le percorse la pelle,
fino a giungere alla colonna vertebrale, che la fece sussultare
lievemente.
Morgana cercò un sassolino e glielo lanciò
contro, mancandolo di qualche centimetro, ma il corvo non si mosse. Non
sembrò per niente impaurito da quel gesto che, di solito,
faceva volar via tutti gli uccelli. «Va’
via!». La ragazza gli fece segno con la mano, cercando di
cacciarlo, ma niente…era inutile. Quel corvo era di
dimensioni anomale rispetto ai suoi simili ed il colore delle sue penne
era così lucido da rispecchiare la luce del sole, ed aveva
qualche sfumatura più chiara lungo il corpo.
«Bene, se non vai tu vorrà dire che
andrò via io!». Morgana fece per incamminarsi
verso il bosco, quando quel corvo si avventò nuovamente
verso di lei e, questa volta, la ragazza sapeva che il colpo sarebbe
arrivato.
«Lasciami!», la voce di Morgana echeggiò
nella sua stanza come il vento durante le notti di tempesta. La giovane
si mise, con uno scatto, seduta sul proprio letto. Aveva avuto un
incubo.
«Lady Morgana! State bene? Avete fatto un brutto
sogno!». Ginevra, la sua serva, era subito corsa da lei e
aveva poggiato una mano nella fronte della Lady. «Avete la
fronte che scotta. Vado a prendere una panno e dell’acqua e
sono subito da voi». Gwen, come tutti oramai la chiamavano,
si allontanò momentaneamente per adempire al suo compito.
Intanto Morgana sentiva il suo cuore battere all’impazzata.
Quello non era un semplice incubo, bensì una visione. E si,
perché Lady Morgana non era una semplice e bella ragazza
come tutti la vedevano. Lei riusciva ad avere visioni sul futuro, nei
suoi sogni…o incubi, in questo caso. Ovviamente non lo
sapeva nessuno, a parte il medico di corte Gaius, che cercava di
alleviare il suo peso preparandole delle medicine fatte apposta per
lei, ma che, sfortunatamente, le servivano ben poco.
«Eccomi qui. Scusate se ci ho messo troppo». Gwen
era tornata con l’occorrente che le serviva. Aveva inzuppato
il panno con l’acqua e l’aveva poggiato con
delicatezza nella fronte di Morgana.
«Grazie Gwen». Morgana sorrise dolcemente alla sua
serva che, oramai, era divenuta un’amica per lei.
«Potresti farmi un favore?».
«Certo, dite pure Milady».
«Va’ a chiamare Gaius e digli che ho avuto un altro
dei miei incubi. Lui saprà cosa fare». Morgana
prese la mano di Gwen e l’avvicinò a se.
«Non farne parola con nessun altro,
però». Gwen assentì chinandosi
leggermente e si avviò verso la porta della camera.
Morgana si guardò intorno, focalizzandosi su alcune zone
della sua stanza che erano completamente oscurate dal buio della notte.
Sentì nuovamente lo stesso brivido che le aveva percorso la
schiena nella sua visione.
«Cosa mai vorrà dire? Cosa rappresenta quel
corvo?». Morgana cominciò a porsi una serie di
domande a cui, però, non seppe dare alcuna risposta.
Note
d'autore:
Bene. E rieccomi con una nuova fanfiction. E' un
pò insolita, lo so, ma è da tanto tempo che
desidero scrivere una storia con i miei personaggi preferiti
di due mondi diversi.
Non posso ancora aggiungere altro perchè non vorrei
togliervi il piacere di fare le vostre supposizoni su questa storia
>.<
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto o, quantomeno, vi abbia
interessato ed incuriosito anche in minima parte =)
Faccio una premessa a tutti coloro che decideranno di seguire o meno
questa mia storia: l'aggiunta dei capitoli non sarà in
versione "uno dopo l'altro", perchè purtroppo non riesco a
trovare il tempo materiale per mettermi al pc e scrivere =( e poi
c'è anche il fattore "ispirazione" che influenza il periodo
di pubblicazione -.-"
See you soon ;)
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Durante
l’intera notte, per tutta Camelot, un intero esercito di
guardie aveva affollato quel luogo quieto. La gente aveva ascoltato il
consiglio del principe e si era rifugiata nelle proprie case,
attendendo la fine di quella notte che sembrava mai finire. Per fortuna
il sole era sorto all’alba, illuminando di luce
l’intero castello e tutto ciò che vi stava ai
piedi. La brezza del mattino rendeva luccicanti le foglie degli alberi
e l’erba sottile che circondava le mura. Un orizzonte
apparentemente lontano mostrava un infinito senza inizio, con solo una
prospettiva che faceva apparire minuscola ogni cosa che lo circondava.
Damon,
però, non vedeva un simile spettacolo da tanto tempo.
Già, perché l’essere un vampiro aveva
anche molti lati negativi e questo, per Damon, era il peggiore, anzi,
forse l’unico che gli faceva odiare la sua natura demoniaca.
Il giovane aveva
cercato un posto in cui rifugiarsi durante il giorno e
l’aveva trovato, ovviamente. Aveva soggiogato una fanciulla
che viveva insieme al padre, che aveva soggiogato pure, facendosi
ospitare per tutto il tempo che gli serviva e, non c’erano
dubbi, aveva anche fatto una scorpacciata di sangue nutrendosi dai due.
L’uomo,
padrone della casa, aveva da poco passato la mezza età, con
capelli di un castano scuro aggrovigliati per via della scarsa pulizia,
probabilmente. Aveva occhi color nocciola ed una carnagione olivastra
con un accenno di barba sul mento. Era un uomo dalla corporatura
robusta e un abbigliamento simile a quello di un
falegname…forse lo era. Comunque non era, senza ombra di
dubbio, uno degli uomini più affascinanti che Damon avesse
mai visto. Lo stesso, però, non si poteva dire della giovane
figlia. Una ragazza dal corpo esile e minuto. La sua pelle era bianca
come la cera ed i capelli biondo cenere erano legati in una treccia
lasciata cadere, lenta, sulla spalla sinistra. Doveva somigliare alla
madre, perché di suo padre non ne mostrava un evidente
accenno se non fosse stato per gli occhi, anch’essi color
nocciola che davano a vedere quanto la fanciulla fosse docile ed
ingenua.
Damon fu subito
compiaciuto quando la ragazza, senza essere stata soggiogata, lo fece
entrare nella sua casa senza il ben che minimo scrupolo,
bensì con un lieve sorriso che le arrossava candidamente il
volto. Una volta entrato il padre gli era quasi saltato addosso, forse
per gelosia nei confronti della figlia, ma Damon lo aveva facilmente
bloccato e ipnotizzato all’istante.
***
«Allora
Gaius, avete scoperto qualcosa?», il giovane mago Merlino,
dai capelli castano scuro abbastanza corti e un paio di occhi azzurri
tendenti ad un verde acqua, si avvicinò curioso al suo
maestro.
«Purtroppo i
libri accennano soltanto qualcosa, ma sono tutte teorie
assurde», rispose Gaius allontanando con il braccio il
ragazzo dalla corporatura esile.
«Se si parla
di magia, sapete meglio di me che non esiste niente di
assurdo», replicò Merlino invadendo nuovamente lo
spazio dell’anziano medico.
«Non riesco
a trovare, in nessun libro, qualcosa che riguardi demoni antichi capaci
di mutare in animali. Ho trovato solamente vecchi appunti di studiosi
che “affermano” di aver visto uno di questi demoni,
ma…».
«Perché
state cercando qualcosa di simile? Come mai siete finito in un indice
in cui ci si riferisce al mutamento di forma? C’entra
qualcosa con l’aggressione di stanotte?». Merlino
aveva sgranato gli occhi per via dell’euforia che stava
leggermente facendo innervosire Gaius, un po’ stanco in
quanto non aveva fatto alcuna pausa dopo la visita fatta a Lady Morgana.
«Vedi,
Merlino… oggi sono stato chiamato da Gwen per visitare Lady
Morgana che ha avuto un’altra delle sue-».
«Previsioni.»,
azzardò Merlino con cautela.
«Si, esatto.
Ovviamente tu devi sempre far finta che non ne sei a
conoscenza», lo ammonì Gaius che ottenne un
“certo” smorzato dall’allievo.
«E mi ha detto di aver visto uno strano corvo che le si
avventava contro e, subito dopo, prendeva ad osservarla come se fosse
stato una persona, con la stessa intensità nello
sguardo».
«E con
questo che volete dire? Non capisco», commentò
Merlino.
«Lasciami
finire Merlino!… ho capito subito che ciò stava a
significare qualcosa, così ho cercato in qualche libro, ma
tutto quello che sono riuscito a trovare è quello che ti ho
spiegato poco fa: demoni capaci di mutare la propria forma,ma,
soprattutto, che si cibano di sangue… prevalentemente
umano», rispose Gaius con assoluta rigidità ed
irrequietezza nella voce.
«Questo
potrebbe spiegare i due fori sul collo delle due guardie!».
«Esatto
Merlino! Dobbiamo, però, scoprire qualcos’altro,
altrimenti non ne ricaveremo niente», aggiunse il medico di
corte riprendendo le lenti da lui stesso costruite e poggiandole agli
occhi.
«Cosa posso
fare?», chiese Merlino.
«MERLINO!».
Una voce isterica si andava via, via facendo più forte al di
fuori della porta.
«Ecco cosa
devi fare», rispose Gaius con un insolito sorriso divertito
stampato sul volto.
«Oh no,
avevo dimenticato che avrei dovuto lucidargli l’armatura!
Adesso mi ucciderà!». Merlino era diventato
pallido in viso ed aveva perso qualsiasi espressione.
***
Stare seduta su quel
trono alla sinistra del padre metteva Morgana quasi sempre
sottopressione. In realtà le piaceva sentirsi una persona
importante, ma non le piaceva che qualcuno le stesse addosso, proprio
come faceva tutta la gente di fronte a lei.
«Come ben
sapete ieri notte due persone sono state attaccate
all’interno delle mura di Camelot. Non sappiamo ancora cosa o
chi sia stato e farlo, ma, molto probabilmente, potrebbe trattarsi di
qualche forma di stregoneria». Uther se ne stava nella sua
tipica posizione risoluta, con il mento lievemente
all’insù.
Per
lui si tratta sempre di stregoneria…lo odio quando fa
così!
Morgana non sopportava
quella testarda fissazione che suo padre aveva nei confronti della
gente capace di usare la magia, della gente con il
dono…proprio come lei. Ovviamente Uther questo non lo
sapeva, perché Morgana non era così stupida da
rivelarlo a colui che odiava la magia più di qualunque altra
cosa al mondo. La Lady era convinta che, se Uther l’avesse
saputo, sarebbe stata messa al rogo anche lei, pur essendo la figlia,
proprio come gli altri.
«Comunque
sia sto prendendo provvedimenti su questa assurda faccenda. Ho
incaricato mio figlio stesso, il principe Arthur, di cercare il
colpevole, insieme ai cavalieri. Vi prometto che tutto
finirà presto». Uther aveva deciso di comunicare
la situazione al popolo, quindi aveva fatto disporre i troni sopra la
grande scalinata del castello. I sudditi cominciarono a fare domande
incomprensibili perché, più che altro, erano
delle urla indistinte. «Non abbiate paura. Camelot
è, e resterà, un luogo sicuro!». Detto
questo il re si alzò e si avviò
all’interno del castello e Morgana, dopo aver dato
un’occhiata al suo popolo, seguì il padre reggendo
la sua veste per evitare di inciampare durante
“l’inseguimento”.
«Credete di
tenerli buoni soltanto con qualche frase rassicurante?».
Morgana si fermò di scatto dopo aver pronunciato quelle
parole. «Perché pensate sempre che
c’entri la magia ogni qualvolta che succede qualcosa a
Camelot?».
«Ormai
dovresti sapere cosa penso della stregoneria, Morgana. Porta soltanto
guai e questo ne è un esempio!», rispose Uther,
adirato.
«Ma non ne
siete per niente certo! È facile trovare una soluzione, o
meglio, delle risposte in tal modo!», replicò
Morgana.
«Figlia
mia». Uther si avvicinò alla ragazza e
poggiò le mani sulle sue spalle. «so che sei una
donna giusta, per questo non voglio che ti faccia condizionare da
ciò che vedi. Capisco che non sopporti le condanne che emano
per gli stregoni, ma sono necessarie per far si che nessuno si faccia
incantare dalla malvagità».
«Ma chi vi
dice che tutti usano la magia per scopi malvagi?».
«La magia
è una terribile condanna per questo mondo. Chiunque la usa
è complice della sua distruzione. Adesso non voglio
più ritornare su questo punto». Con queste parole
Uther lasciò la presa dalle spalle di Morgana e
andò via, lasciandola nel bel mezzo del corridoio che si
stava facendo buio perché, oramai, la sera era quasi giunta.
***
Arthur era in giro per
le strade di Camelot a perlustrare ogni luogo possibile ed
immaginabile, nell’attesa che il responsabile si facesse
vivo. «Merlino, da quanto tempo siamo qui fuori?».
Merlino lo
guardò sbadigliando, «Da tutto il pomeriggio,
credo. Adesso è notte».
«Già.
Credi si farà vivo?».
«Spero
proprio di no», rispose Merlino con un sorriso sarcastico che
Arthur interpretò male.
«Sei un
idiota vigliacco, Merlino! Non so se hai più paura tu o
quest’insetto qua sotto». Arthur indicò
il piccolo animale ai piedi del suo servo.
«Vi
ringrazio del complimento, Sire». Stavolta il sorriso di
Merlino era ironicamente irritato.
«Del tutto
voluto», commentò Arthur con un’insolita
smorfia.
Arthur e il suo,
oramai, amico fidato si incamminarono, sempre con cautela, vicino
l’ingresso del castello in cui, la sera prima, era avvenuto
l’accaduto così tanto discusso. Come sempre il
principe e Merlino si lanciavano le solite frecciatine pungenti che
nessuno dei due sapeva spegnere, quando, ad un tratto, sentirono un
rumore provenire da dietro le loro spalle. Arthur impugnò
velocemente la spada e fece a Merlino l’unico segnale che
riusciva a capire: “Chiudi il becco!”. Il giovane
principe si avvicinò sul posto dalla quale era giunto il
rumore e con un velocissimo scatto si ritrovò dietro il muro
e afferrò qualcuno. «Ti ho preso!»,
disse Arthur soddisfatto. Merlino, intanto, aveva preso la sua spada e
si era messo proprio di fronte la persona che il principe aveva
bloccato con le braccia che gli aveva stretto attorno al collo.
«Su Merlino, togligli il cappuccio». Merlino
eseguì l’ordine e non appena fece ciò
che Arthur gli aveva ordinato impallidì vedendo il volto
della persona che si trovava davanti.
«Ops…»,
fu l’unica esclamazione del giovane mago.
«Che
c’è?», domandò Arthur
voltando grezzamente la sua “vittima”.
Improvvisamente il suo viso divenne ancora più pallido di
quello di Merlino. «M- M-».
«
“M-M-“ …brutto imbecille! Lasciami
andare! O hai ancora intenzione di tenermi bloccata in questo
modo?». Quella voce fece raggelare la pelle di Merlino,
mentre Arthur lasciò subito la presa.
«Morgana! Ma
tu cosa ci fai fuori, a quest’ora? È pericoloso
per te!». Il giovane principe sembrava aver ripreso il suo
tono severo, ma era ancora imbarazzato per quella tremenda figura che
aveva fatto.
«È
vero Milady. Sapete che in giro c’è qualcuno che
attacca la gente senza il ben che minimo motivo. Potrebbe succedervi
qualcosa», aggiunse Merlino con inconsueta autorevolezza.
«Certo che
è pericoloso, soprattutto se ci sono due come voi in giro
per Camelot!», replicò Morgana scocciata.
«Avrei
potuto farti male. Questo lo sai, vero?». Arthur aveva
deposto la sua spada ed aveva incrociato le braccia al petto.
«Questo
perché sei un incapace!», rispose Morgana con
fermezza.
«Come..?!»,
il giovane principe fece un profondo respiro. «Torna al
castello adesso ed io non dirò niente al re».
«Questa
è una minaccia?», chiese Morgana con uno sguardo
che mostrava la voglia di sfida nei suoi profondi occhi verde smeraldo.
«No.
È un ordine», rispose Arthur con un sorriso
malefico che Morgana odiava terribilmente.
Intanto Merlino
assisteva divertito alla scena, anche se sapeva che se non fosse
intervenuto il più presto possibile sarebbe successo il fini
mondo.
«Sentite, io
credo che-».
«Chiudi il
becco, Merlino!». Due voci altezzose si rivolsero al giovane
mago con arroganza. In quel momento Merlino sembrò divenire
molto piccolo, proprio come quell’insetto che poco prima
Arthur gli aveva mostrato.
«Perché
sei in giro a tarda ora?».
«Non sono
affari che ti riguardano!», rispose Morgana con una strana
scintilla negli occhi.
«Non
è che devi incontrarti con qualcuno, di
nascosto?». Arthur si era fatto più vicino a
Morgana, per guardarla dritto negli occhi. La ragazza
arrossì improvvisamente e sia Merlino che Arthur se ne
accorsero.
«È
così?». Merlino non potè far a meno di
domandare, in quanto rimase stupito dalla reazione di Morgana.
«Merlino…!»,
l’ammonì Arthur. Il giovane mago
abbassò il viso, capendo che questi non erano affari suoi.
«Non devo
incontrare nessuno. Sono solamente uscita per prendere un po’
d’aria».
«Si, come
no. Avresti potuto aprire la finestra della tua camera e
prenderla…l’aria.», replicò
il principe con una smorfia che fece innervosire ancora di
più Morgana.
«Senti
Arthur, vuoi lasciarmi in pace? Sei davvero odioso certe volte, lo sai?
Bene, vorrà dire che tornerò nella mia stanza, ma
se avrò problemi di mancamento d’aria sappi che il
responsabile sarai tu in prima persona!». Morgana spinse
Arthur con tutta la forza che aveva in quel momento e lo fece sbattere
alla parete. «Andate al diavolo! Tutti e due!».
«Stavolta si
è proprio arrabbiata…», disse Merlino
guardando la figura di Morgana che si allontanava verso il castello.
Arthur non rispose, ma un sorriso soddisfatto prese spazio nel suo
volto.
***
Stupidi.
Credevate davvero che ve l’avrei data vinta?!
Morgana aveva fatto il
giro attorno al castello, stavolta attenta a non farsi scoprire da quei
due guasta feste o da qualcun altro.
Riuscì a
varcare le porte delle mura e si ritrovò fuori Camelot. Non
potè far a meno di sospirare sollevata.
Sapeva che
ciò che stava facendo poteva essere pericoloso. Sapeva che
non era un buon momento per allontanarsi da sola, nel bel mezzo della
notte, da Camelot. Sapeva anche, però, che ne aveva un
assoluto bisogno. E comunque, Morgana era brava ad usare la spada,
quindi non avrebbe avuto problemi a difendersi da qualche male
intenzionato o… “dall’allarme
vivente” che faceva parlare di sé in quel momento.
La ragazza si
incamminò per il bosco, con il chiarore della luna piena che
faceva da illuminazione naturale in quell’atmosfera
ammaliante e tenebrosa contemporaneamente. Per un attimo Morgana si
sentì osservata ed un brivido le percorse il corpo, ma
subito dopo scomparve.
Non
avere paura Morgana. È il panico che gioca brutti scherzi.
Non c’è niente. Niente che tu non possa affrontare!
La giovane continuava
ad avanzare nella fitta foresta e la luce della luna si faceva sempre
più debole. Arrivò in quella radura che tanto
amava e si sedette accanto il ruscello da cui, per via
dell’oscurità, non riusciva a scorgere il suo
riflesso. Nessuno sapeva di quel posto, perché era fin
troppo nascosto, quindi Morgana si sentiva abbastanza al sicuro in quel
luogo, perché lo sentiva suo.
Rimase lì,
immobile, per circa mezz’ora. Riflettere le faceva bene,
perché al castello non riusciva mai a farlo ed era per
questo motivo che si sentiva sempre concitata.
Pensò a
molte cose in quell’arco di tempo. Pensò a suo
padre, Uther, che la teneva al castello come un uccello chiuso in
gabbia; pensò al suo “dono” che doveva
tenere nascosto a tutti; pensò alla sua solitudine
all’interno di quelle mura; pensò ad Arthur che
poco prima l’aveva fatta innervosire. Le sarebbe tanto
piaciuto trovare qualcuno che la capisse, a parte Gaius. Qualcuno che
l’accettasse così com’era e che
l’aiutasse nei momenti difficili in cui la solitudine
spalancava più facilmente la porta del suo cuore. Non voleva
più sentirsi un uccello in gabbia. A proposito di uccelli,
Morgana riuscì a notare un corvo sul ramo di un abete non
molto distante da lei. In un primo momento non gli diede tanta
importanza, ma poi ricordò il suo
“incubo”, in cui vi era appunto un corvo come
quello ad osservarla e proprio in quella stessa radura.
La ragazza
scattò subito in piedi e sentì la sua pelle
raggelarsi.
Suvvia,
è solo un corvo.
Diceva la sua parte
razionale, mentre quella istintiva la incitava a correre via il
più veloce possibile. Cosa doveva fare, adesso? Scappare e
tornare a piangere silenziosamente in quella gabbia d’oro,
oppure restare lì ed affrontare le sue paure?
«Vuoi spaventarmi?».
Il corvo rimase
lì, a scrutarla con curiosità, inclinando
talvolta il capo verso destra o sinistra. La ragazza si
avvicinò all’albero in cui l’uccello era
appollaiato e si mise a fissarlo a sua volta. Gli occhi scuri del corvo
si raddrizzarono su quelli chiari di lei ed un qualcosa di
inspiegabile, in quell’istante, avvenne. Il corvo era
scomparso. «Bene, ho vinto io».
Morgana si
avviò verso gli alberi della foresta, per tornare a casa,
quando un’ombra sbucò da dietro un albero. La
ragazza fece impulsivamente un passo indietro ed inciampò in
un sasso, prendendo una storta e cadendo per terra.
A quel punto
l’ombra si avvicinò di più, fino a
raggiungere Morgana. Quella figura oscura era, in realtà, un
giovane abbastanza alto, con capelli molto scuri, sembravano neri al
buio o forse lo erano. La sua pelle sembrava quasi risplendere sotto il
candore della luna e i suoi occhi erano neri, ma lucenti come un
diamante sotto la luce del sole. Era vestito con abiti scuri, coperti
da un mantello nero e sembrava non avere alcuna arma con sé.
«State bene?», chiese il giovane. Il suo tono di
voce era rassicurante e terribilmente seducente, così tanto
da attrarre in modo incondizionato la ragazza che stava ai suoi piedi.
«Lasciate che vi aiuti». Avvicinò una
mano a Morgana, invitandola ad afferrarla e la ragazza non
esitò a farlo, continuando a guardarlo negli occhi.
«Grazie».
Morgana si rimise in piedi e si passò una mano lungo
l’abito che, sicuramente, si era sporcato d’erba.
«Cosa ci
fate da sola nella foresta, a quest’ora? Lo sapete che
potrebbe esserci qualche mascalzone in giro?», il ragazzo
assunse un tono di voce calmo, ma quasi da rimprovero.
«Avevo
bisogno d’aria», rispose Morgana utilizzando la
stessa spiegazione che aveva dato ad Arthur.
«Capisco…comunque,
il mio nome è Damon. Damon Salvatore».
«Io
sono…be’, sono Lady Morgana». Il giovane
prese la mano di Morgana e la baciò sulla parte dorsale, con
delicatezza.
La visione di quella
bellissima ragazza fece venire a Damon un appetito insolito,
così decise che era ora di “cenare”. Si
avvicinò lentamente alla giovane e prese a fissarla negli
occhi, per tentare di soggiogarla. «Avrei un po’ di
fame, che voi avete stuzzicato ancora di più. Avete un odore
delizioso. Adesso vi farò mia». Con un lieve
movimento il vampiro avvicinò il suo viso a quello di
Morgana, ma la ragazza gli diede uno schiaffo che lo prese
completamente alla sprovvista. «Ma
che…?».
«Cosa avete
intenzione di fare? Credete di potervi approfittare di me soltanto
perché mi avete trovata da sola nel bosco? Vi
sbagliate!». Morgana si allontanò dallo
sconosciuto e prese il pugnale che le aveva regalato Arthur, che
nascondeva nel cinturino di cuoio attaccato al mantello rosso.
Non
sono riuscito a soggiogarla. Com’è possibile?
«Che cosa
siete, voi?», domandò Damon avvicinandosi
nuovamente alla ragazza.
«Non
avvicinatevi!».
«Non siete
un’umana qualsiasi. L’ho percepito anche
dall’odore diverso del vostro sangue. Che cosa siete, in
realtà?».
«Non capisco
di cosa state parlando. Io sono la figlia di re Uther e se
verrà a sapere che mi è capitato qualcosa vi
cercherà e vi troverà e a quel punto non ci
sarà alcuna grazia per voi!», lo
minacciò Morgana nel tentativo di prendere del tempo.
Damon
guardò la giovane donna, sorpreso.
«Quindi
siete la figlia del re…molto bene, ancora meglio. A quanto
pare ciò che è successo ieri non vi ha
spaventato». Damon sorrise cinicamente alla ragazza che gli
stava di fronte. Voleva farla spaventare, ma la giovane sembrava non
voler cedere.
«Siete stato
voi ad attaccare le guardie di Camelot?», chiese Morgana
conoscendo già la risposta. Damon annuì,
continuando a sorridere con quel movimento quasi impercettibile delle
labbra. «Siete ricercato, sapete? Non vi conviene accrescere
la rabbia di Uther commettendo un’altra stupida
azione».
«Mi piace
cacciarmi nei guai. È per questo motivo che sono venuto a
cercarli e…voi siete perfetta per farmeli
trovare». Damon si avvicinò di un altro passo a
Morgana. Adesso la distanza tra di loro era soltanto di un misero passo
che Damon tagliò subito. Morgana si ritrovò quel
viso, quegli occhi vicinissimi ai suoi e non riuscì a
spostarsi verso dietro perché, senza accorgersene, aveva
raggiunto il tronco di un albero che la bloccava da dietro.
«Adesso direi che siete in trappola». Il giovane
cominciò ad inclinare la testa con un movimento che Morgana
trovò familiare.
Il
corvo! Ma è mai possibile?
«Ma voi cosa
siete?».
«È
la stessa domanda che vi ho fatto io poco fa. Voi rispondete alla mia,
mentre io risponderò alla vostra…se ne
avrò voglia». A questo punto il giovane
bloccò Morgana tra il ramo e il proprio corpo e
l’ultima cosa che vide la ragazza prima di chiudere gli occhi
fu un corvo volare via.
Note d'autore:
Salve! Questo è il secondo capitolo di una storia che spero
abbia un senso per voi lettori >.<
Mi auguro che vi sia piaciuto e che continuerete a seguirla, sperando
di sorprendervi sempre di più :)
Non ho molto da dire, quindi ringrazio coloro che hanno avuto il tempo
di leggere questa mia invenzione e spero, almeno, di avervi fatto
passare del tempo in modo piacevole!
Ringrazio meiousetsuna
per averla inserita tra le ricordate e per aver recensito il capitolo
precedente! Spero ti piaccia anche questo ;)
See u soon!
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