El mìo Cid di Archybald (/viewuser.php?uid=75161)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 27 Novembre 1095 ***
Capitolo 2: *** 29 Ottobre ~di molti anni dopo ***
Capitolo 1 *** 27 Novembre 1095 ***
Lo so che la coppia
può non sembrare tra le più normali! xD
Dedico questa fic
ad una mia cara amica, che per la prima volta dopo 16 anni ha deciso di
festeggiare il suo compleanno. Questo è il mio regalo. Spero
che ti piaccia! Otanjoubi! °(≥w≤)°
Scusate in
partenza se c'è qualche errore di scrittura o se
può sembrare un po' prolisso ç3ç!
Accetto volentieri recensioni, anche le critiche, che fanno sempre
bene!
Buona lettura!!
EL
MI'O CID
-Turkey
X Spain-
27 novembre 1095
Valencia
"De los sos ojos tan
fuertemientre llorando,
tornava la
cabeça estávalos catando."
-Cantar de
mìo Cid-
Volse ancora una volta lo sguardo verso il fuori, verso il mare, che
impetuoso si sfrangiava sugli scogli, mare assassino che aveva
più di una volta reso in brandelli i corpi dei giovani
soldati lasciati a riva dalla guerra. Sospirò pesantemente,
incrociando le mani in segno di preghiera, portando ancora una volta la
sua attenzione sulla statua del Cristo che si ergeva sopra la sua
testa. Pregò in sussurri. Pregò per l'imminente
battaglia, per quel disastro non voluto ma cercato, per quella che da
li a poco sarebbe stata una delle più grandi tragedie della
storia.
Il 27 novembre dell'anno 1095 d.C, papa Urbano II indette la prima vera
lotta contro i Mori che da tempo occupavano il Mediterraneo, la
Crociata.
Strinse tra le mani la croce che dal collo penzolava sulla bianca
veste, la portò al cuore dopo averla baciata. Di
lì a poco, lo sapeva bene, sarebbe dovuto partire anche lui,
come i suoi compagni spagnoli, verso l'Asia, verso i regni della sabbia
e del lino, per uccidere coloro che la chiesa chiamava eretici. Erano i
Musulmani, i Mori, gli stranieri che occupavano i loro territori, che
mangiavano il loro pane, eppure non seppe perché, si
sentì fremere nel profondo. Qualche cosa al suo interno si
lacerò, si tirò e distrusse, lasciandolo
frastornato, all'altezza dell'altare, mentre si rifletteva dell'oro del
tabernacolo.
Era odore di spezie e odore di sole. Cannella, noce moscata, vaniglia e
poi paprika e curry e chili. Era odore di sesso e di dolore, e lo
portava il mare e il vento di levante, che sbatteva le porte della
chiesa, che muoveva le sue vesti. Si voltò serio, mentre il
cuore perdeva i suoi battiti e il fiato gli si faceva corto nei
polmoni. Sapeva che sarebbe arrivato, veniva sempre
ultimamente, quel Moro straniero, veniva e se ne andava, ma
Antonio non era mai triste.
- Önyargi
spagnolo.- *
Lo guardava attraverso la maschera, il volto come al solito coperto
dalle vesti. Non poteva vederlo, visto il corridoio che li divideva, ma
sapeva. Conosceva lo sguardo che in quel momento vagava lussurioso sul
suo corpo, lo sguardo che indugiava su ogni piega dell'immacolata
veste, su ogni curva che il manto permetteva di assaporare.
Deglutì calmo, mentre la salsedine ancora gli bruciava gli
occhi e il sale gli bagnava la pelle del viso. Rimase immobile, al
fianco dell'altare, non fece un passo, anche se con gli occhi pregava
di raggiungerlo.
-Salve.-
Un sorriso fu la risposta.
-E' agitata oggi, la nostra Balansiya.-
-E' aria di tempesta- rispose, voltandosi per
riporre il calice che giaceva inanimato sulla tavola -cerchi
anche oggi riparo?.-
Il turco si voltò, chiudendosi dietro quelle che erano le
ante del portone, vincendo sul lieve attrito del vento.
-Evet, ma
dal popolo.-
Calò il silenzio, che le mani dello spagnolo si erano
fermate, indugiando sugli strumenti, e il viso rivolto al basso, privo
di una vera e propria espressione di stupore. Perché
stupirsi, si chiese. In fondo è chiaro, e non era la prima
volta. In più di un occasione negli ultimi periodi, il
giovane moro cercava rifugio in chiesa, per non subire le ire del
popolo. La sua era una piccola parrocchia, poco lontana dalla campagna,
a picco sul mare. Non tutti la conoscevano e a nessuno sicuramente
veniva il pensiero di cercarvici dentro un musulmano. Così
quel luogo sacro aveva spesso preso le veci del tetto, per il ragazzo,
che s'era salvato dalle persecuzioni fino al farsi uomo. Eppure, lo
spagnolo, che dal padre aveva ereditato quella chiesa, e che mai era
stato tanto contento di mantenerla come quando sapeva dell'arrivo del
turco, eppure sapeva bene, come quella sarebbe stata l'ultima loro
occasione di vedersi.
-Indossi già la Croce Rossa. Hai così tanta
voglia di uccidermi?-
Si tolse le vesti nere che gli coprivano le spalle e il viso, mostrando
alla luce dei lumi quella che era ormai una pelle bruciata dal sole e
segnata dalla guerra. Il collo ora nudo lasciava ad intravedere quelle
cicatrici che lo spagnolo conosceva bene, che più di una
volta aveva percorso coi polpastrelli delle dita, che in una occasione
aveva baciato tra le lacrime, quando erano ancora fresche. Sul mento
del turco era già cresciuta quella barbetta nera, segno
della maturità, che l'aveva portato da adolescente a giovane
uomo nel giro di pochissimi anni.
Lo spagnolo scattò piano, reso nervoso dalla domanda
provocatoria del moro. Lo guardò nell'atto di spogliarsi e
continuò ad osservarlo serio quando mostrò le sue
vesti asiatiche, così belle e ricche da farlo sembrare un
Re, sebbene fosse poco più che un fuggitivo.
-Non voglio ucciderti.-
Si convinse di rimanere serio, mentre Sadiq ,questo era il nome del
giovane, rideva di lui appoggiato ad un leggio.
-Ma desideri uccidere il mio popolo.-
Si portò una mano tra i capelli mentre si avvicinava a passo
lento allo spagnolo che non riusciva più a trattene uno
sguardo sconvolto.
-Smettila! Non desidero uccidere proprio nessuno!-
Si agitò terrorizzato. Era vero quello che aveva appena
detto, mai avrebbe sparso sangue, mai si sarebbe macchiato di un
crimine tanto abominevole e osceno. Sebbene avesse da sempre preferito
lo studio alla chiesa, ciò non toglie che la sua fosse una
educazione cristiana, fatta di regole morali che seguiva apertamente.
-La veste non dice lo stesso, çorcuk.-
-La vest..!-
Prese in mano la sua veste, di quel bianco perlato così
puro, incisa però da una croce rossa cremisi, del colore del
sangue appena versato. L'intero corpo fu preso da una scarica che
minacciava quasi di farlo piangere. E dire che era preparato a
portarla, quella veste, fino a qualche minuto fa'.
-Nessuno ti obbliga a farlo.-
Era ormai davanti a lui, negli occhi dorati la pacatezza di chi sta
discutendo di letteratura, e non di guerra.
Lo spagnolo lo spinse via, o meglio, si spinse indietro, agitato, la
calma di prima ormai andata persa del tutto, mentre guardava lo
straniero come fosse un folle, un contadino rozzo che non sa come
funziona il mondo.
-LA CHIESA MI OBBLIGA A FARLO!-
Aveva parlato. O meglio, aveva urlato. I suoi pensieri, le sue paure,
tutto in un unica semplice frase. Sarebbe stato così
semplice dire di no alla Chiesa, ad una chiesa che non lo aveva mai
impegnato nel profondo, e sulla quale aveva spesso trovato motivo di
discutere col padre. Eppure, forse, non era davvero così
semplice.
Il turco lo afferrò prepotentemente, spingendolo ai piedi
dell'altare, esattamente sotto la stessa statua del Cristo per cui
prima pregava. Gli strinse i polsi fino a farlo gemere, fino a che le
mani non diventarono violacee e gonfie e le braccia non cominciavano ad
intorpidirsi. Portò il viso a pochi centimetri dal suo, lo
sguardo freddo eppure così caldo, quello che ti aspetteresti
da un uomo di quelle terre.
-Ben senin
düşmanin duyuyorum.-
{Io sono il tuo nemico.}
-Pero no estoy
aquí para matare.-
{Ma non sarò io
ad uccidere qui.}
Gli sfiorò le labbra con le sue, gli sussurrò tra
i denti, gli impresse parole nella lingua del deserto, prima di
baciarlo appassionatamente, con rabbia, una rabbia repressa e famelica,
che avrebbe divorato il suo spirito da lì a poco. Fu un
bacio di fuoco. Lo spagnolo tentò di divincolarsi, di
fermare quella situazione che voleva troppo da poterla sostenere. Non
ci fu però reazione. Mentre le loro lingue lottavano,
cercavano l'uno i polmoni dell'altro e con lo sguardo si odiavano,
amandosi in segreto.
L'iberico si divincolò, mordendo forte il labbro inferiore
dell'amante che con prepotenza gli stava sfilando la tunica,
stappandone i fianchi nella foga. Si ritrasse allora stupito e
divertito, tirandosi via con la mancina la maschera chi gli copriva il
viso e scoprendosi del tutto. Un rivolo di sangue gli
scivolò dalla bocca, reduce dal morso che gli aveva spaccato
da dentro il labbro. Sorrise divertito baciando l'occhio del ragazzo
sotto di lui, macchiandogli le palpebre di vermiglio che
colò da essere come rosse lacrime. Sorrise e lo
baciò più dolcemente, mentre le sue mani,
opposte, spingevano forzatamente per levargli le brache di dosso.
Quando le sue mani raggiunsero le natiche per la razionalità
dello spagnolo fu quasi la fine. Spinse via a forza il moro con un
colpo alla bocca dello stomaco, lasciandolo spiazzato, mentre tentava
di riprendere fiato per il colpo.
Il giovane dal canto su lo spinse ulteriormente a terra con un colpo
alla schiena, lo stese a forza, sedendoglisi sopra e avventandosi
voglioso sulle sue labbra. Si baciarono affannosamente stringendo le
mani l'uno con l'altro, riprendendo fiato tra un distacco e l'altro per
poi avvinghiarsi di nuovo, più voraci di prima. Era una
danza suadente quella che lo spagnolo stava compiendo, sdraiato sopra
il ventre del turco, mentre labbra, mani e occhi vagavano disperati
alla ricerca dell'Eden.
Si fermarono di colpo, già sudati e non ancora soddisfatti,
le reciproche erezioni che pulsavano sfiorandosi, gli occhi lucidi di
lussuria.
Il moro sorrise, mentre tentava di riprendere fiato e di parlare.
-Cos'è successo... mio Antonio... mio Kylie...
Cos'è che ti ha fermato?-
Antonio sorrise tra le lacrime, che calde avevano cominciato a
sciogliersi tra i suoi occhi.
-Y el amor.-
{E' l'amore.}
Gli accarezzò una lacrima, passando su un livido rosso che
presto sarebbe diventato violaceo. Si portò il dito umido
sulle labbra, che dischiuse osservando il ragazzo che piangeva, scosso
da spasmi incontrollati.
-Ne güzel...-
{Che meraviglia...}
Si tirò su da terra con un secco colpo di reni, portandosi
all'altezza del ragazzo che nascondeva il viso con le braccia.
Avvicinò un poco il viso al suo, arrivando a sfiorare le
guance con la punta del naso. Gli accarezzo col viso, dolcemente, in
una maniera un po' primitiva, le gote arrossate, si strofino piano
portando poi le labbra agli occhi, ma senza baciarlo. Era un gesto
d'amore, da affetto un po' bestiale che rassicurò il
ragazzo. Rimasero qualche attimo in silenzio, fronte contro fronte,
ascoltando i proprio respiri, poi Sadiq si spostò piano,
andando a baciarlo.
Poi gli afferrò piano le spalle, appoggiandolo di schiena al
pavimento gelido della chiesa.
-Solo per oggi, lascia che il tempo si fermi. Lascia che i nostri corpi
si congiungano e che le nostre anime vaghino lontano da questo luogo di
massacro. Per l'ultima volta saremo noi stessi prima che la
società ci faccia annegare nel suo mare di disgrazie...
Concediti ancora una volta a me, figlio di Balansiya...
...Quest'oggi ci ameremo per tutte le volte che ci siamo trattenuti
prima.-
Gli allargò piano le gambe, senza aspettarsi una vera
riposta.
Molte volte avevano fatto sesso con violenza. Altrettante volte
l'avevano fatto con estrema passione, baciandosi con veemenza e senza
ragionare. Questa era per loro la prima volta che l'avrebbero fatto con
l'amore. Probabilmente questa era davvero la loro prima volta.
Inspirò il profumo di terra del bruno, mentre con una mano
lo preparava alla penetrazione e con l'altra lo accarezzava all'altezza
dell' inguine. Infilò prima un dito, poi, sentendolo
dilatare, allungò l'altro, sorridendogli per rassicurarlo.
Si tolse il resto delle vesti, rimanendo nudo, la pelle bronzea e i
muscoli scolpiti dal lavoro. Si accomodò tra le sue gambe
portandosi un polpaccio all'altezza del viso e baciandolo, incrociando
gli occhi con quelli disperati dello spagnolo.
-Seni seviyorum...-
{Ti amo...}
... gli sussurrò tra le labbra, prima di spingersi dentro di
lui con un colpo secco del bacino.
Il giovane non fece in tempo a sentirlo che provò una
tremenda fitta percorrergli la spina dorsale. Chiuse gli occhi
trattenendo le lacrime e mordendosi le labbra, che prontamente furono
fermate dall'uomo che lo baciò. Spinse dentro di lui prima
piano, poi più forte, cercando di raggiungere un andamento
quanto più stabile possibile. Lo spagnolo si
aggrappò alla sua schiena, gemendo di dolore e di piacere,
lasciando che le lacrime che non riusciva più a trattenere
uscissero fuori, bagnando la spalla del suo amante.
Lo sentiva in quel momento. Più che ogni altra
volta. Stavano raggiungendo lo
Janna insieme.
Rimase da solo, accasciato sul pavimento, coperto dalle spezziate vesti
carminio che quell'uomo gli aveva lasciato, prima di uscire per andare
in guerra, a combattere per la sua patria.
Osservò riverso su un fianco il suo riflesso attraverso il
marmo dell'altare, e per la prima volta vi vide uno sconosciuto. Chi
era quel ragazzo sudato ed eccitato che si trovava davanti? E
perché era così sano, così
visibilmente appagato quando lui, dall'altra parte, nel mondo della
realtà, si sentiva più vuoto che mai?
Perché persino respirare ora gli era doloroso.
Tentò di sorridere ma ciò che ne veniva fuori era
solo un ghigno macabro. Rise quindi della sua immagine.
Cominciò a ridere, a ridere di gusto. Le sue risate di
scherno riempirono la chiesa ma nessuno le avrebbe mai sentite, nessuno
sarebbe accorso a salvarlo sentendole. Era rimasto solo. Un altra
volta....
Si portò le mani al viso, stringendone la pelle come a voler
togliere una maschera finta e ridicola che non lo faceva respirare. E
pianse. Pianse fino a svuotarsi, fino a svenire nudo e crudo e non
svegliarsi per un po'.
-Adiós....
Sadiq....- sussurrarono le tenebre...
*****************************************************************************************************
* GLOSSARIO DELLE PAROLE:
Önyargi: Salve
Balansiya: E' il nome che i Mori avevano dato a Valencia durante il
loro dominio in Spagna.
Evet: Sì
çorcuk: Bambino
Kylie: Nome turco per Eros.
Janna: E' il paradiso secondo i Musulmani.
N.B.: QUASI TUTTE LE PAROLE TURCHE O SPAGNOLE USATE IN QUESTO TESTO
SONO PRESE DA TRADUTTORI ONLINE, FRASI COMPRESE. PERCIO' SCUSATE SE
ALCUNE POSSONO NON AVER SENSO MA HO CERCATO DI FARE DEL MIO
MEGLIO ^^''....
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Capitolo 2 *** 29 Ottobre ~di molti anni dopo ***
POSTFAZIONE
29 ottobre
Madrid
-Si può sapere a che cazzo stai pensando stupido spagnolo
'mangia-churros' ?!-
-Eh?-
L'italiano davanti a sé ringhiava parolacce in fila, una
dopo l'altra, accompagnandole da strani gesti decisamente poco carini.
SI svegliò del tutto quando gli arrivò un getto
di pomodoro in viso, che per poco non gli centrò l'occhio.
Nonostante avesse si e no una decina d'anni, quella peste dell'italiano
ne combinava di cotte e di crude, facendolo più di una volta
esasperare. Però Antonio lo sapeva che non sarebbe mai
riuscito a sgridarlo seriamente o a picchiarlo, anche se piano, come
invece faceva Roderich col piccolo Feliciano. Era troppo buono e va
volte questa bontà non era utile per niente. Anche stavolta
probabilmente avrebbe lasciato correre e si sarebbe pulito la faccia.
Lo guardò rimproverandolo con lo sguardo per poi pulirsi
appena e voltarsi nuovamente verso i fornelli. Stava preparando la cena
mentre il bambino era rimasto fuori a giocare per tutto il tempo.
-Si può sapere quando cazzo si mangia?!-
-Romano, non dovresti essere così vogare te l'ho
già detto, no?-
-Vaffanculo!-
Sospirò esasperato.
Però probabilmente aveva ragione, cominciava ad aver fame
anche lui e si sa che i bambini hanno fame prima degli adulti.
Buttò un occhio sull'orologio che segnava le 20:00 passate,
e sgranò gli occhi.
-Ma è tardissimo!-
-Ma va???-
Perché aveva indugiato tutto quel tempo sui fornelli per poi
cucinare a malapena una
Paella ormai fredda?? Si guardò in torno come
se cercasse di ricordare quello che voleva fare dopo. Notò
del pollo e delle verdure lasciate inermi da un lato del bancone. Fece
per prenderle quando si accorse d'avere ancora in mano qualcosa.
Churry.
Appena lo vide una lieve fitta al cuore lo fece tremare. Il churry gli
ricordava momenti tristi. Non sapeva né ricordava
perché ma non amava usarlo in cucina. Lasciava nell'aria uno
strano odore, pungente, che lo faceva piangere. Probabilmente ne era
allergico o lo irritava.
Fece spallucce riponendolo nella speziera.
Chissà perché voleva usarlo oggi.
************************************
Salve! Inanzitutto un grazie infinito a chi è arrivato fino a qui! Spero incredibilmente che la fic vi sia piaciuta! Mi scuso già per il carattere pessimo dei personaggi! Non ho il coraggio di rileggerla ma già lo sento che sono assolutamente OOC quindi MEA CULPA! ç_ç Approfitto dello spazio dei ringraziamenti per spiegare questo capitolo, che forse non è molto chiaro e mi direte 'cosa centra?' xD! In effetti non posso che darvi ragione ma un perchè c'è, anche se un po' ad angolo! Il capitolo l'ho ambientato il 29 Ottobre, che (non so se ufficialmente, ma penso proprio di sì) sarebbe il compleanno di Turco-san! La mia mente contorta ha voluto tentare di descrivere un Antonio che ha inconsciamente dimenticato il periodo in cui amava Turchia ma che per qualche strana ragione (dovuta o al compleanno o alle spezie) sembra portare dentro di sé ancora tracce di lui... No, vero? xD Tranquilli, a tratti non capisco nemmeno io quello che ho scritto .-.!
Comunque in ogni caso ringrazio ancora infinitamente quelli che leggono e recensiscono, o anche solo quelli che leggono, o anche solo quelli che ci provano e che smettono subito perchè la fic li annoia terribilmente! xD Grazie per averci cliccato sopra insomma! Alla prossima, AU REVOIR!
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