Lettera ad un amore svanito. Svanito...per sempre?

di ColJay__lover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima lettera di Colin a Jared. ***
Capitolo 2: *** Risposta di Jared alla lettera di Colin. ***
Capitolo 3: *** Colin risponde ancora...e non demorde. ***
Capitolo 4: *** Il fragile Jared risponde...e il suo cuore batte, batte forte. ***
Capitolo 5: *** Risposta di Colin...con allegata una sorpresa. ***
Capitolo 6: *** Quell' incontro, all'aeroporto. ***
Capitolo 7: *** Quella notte, in Marocco. ***
Capitolo 8: *** EPILOGO. ***



Capitolo 1
*** Prima lettera di Colin a Jared. ***


Caro Jared,

o forse dovrei chiamarti ricordato sconosciuto?
 

Ricordi i tempi in cui la sabbia del deserto bruciava sulle nostre gambe, ricordi quei raggi, di quel sole accecante, che si riflettevano sui tuoi occhi color oceano? Eppure l’oceano era così distante, da lì, ma io in quei tuoi occhi rivedevo quella libertà che non riuscivo a trovare da nessun’altra parte al mondo, la libertà negata ad un alcolizzato cronico. In quegli occhi immergevo me stesso, mi perdevo, avrei potuto scrivere pagine e pagine del mio diario, che ancora conservo qua, in un ripiano di fianco al mio letto, le sensazioni che essi mi davano.
 

Oh,  Jared, quanto vorrei che quel sorriso smagliante illuminasse ancora le mie giornate. Raffiche di vento, temporali tempestosi, infestano la mia vita, ancora. Mi rendono schiavo di me stesso, delle mie paranoie, dei miei rimpianti, delle lacrime non versate, delle tue parole non comprese.
 

Ricordi ancora quando il vento smuoveva i nostri capelli? A quel tempo sbattevano sulle tue spalle come le onde di un mare in collera si infrangono sugli scogli. Ti giravi verso di me, sempre col tuo solito sorriso, e mi dicevi: “ Il mio panorama preferito viene offuscato da delle miserabili ciocche di capelli, dovrei tagliarli.” Ed io puntualmente scuotevo la testa, ricambiando il sorriso e stringendoti a me. Eppure, quei tempi sono ancora così vivi dentro di me, mi provocano ancora brividi, brividi su brividi in tutto il corpo. Forse non ci dovrei pensare più, forse dovrei soltanto scrollare le spalle e pensare che questo era il nostro destino: andare avanti pensando a quello che sarebbe potuto essere.
Lacrime lente e dolorose percorrono il mio volto, al ricordo dei nostri due cuori, così pieni d’amore, che battevano all’unisono. Il tuo, serratura della mia chiave, il mio, chiave della tua serratura.

Ricordi ancora i miei problemi? oserei dire, i nostri problemi? 
Quel senso di oppressione mi stava uccidendo, sempre più, 
il mondo mi aveva voltato le spalle, ogni giorno era una lotta contro la vita. 
Quel maledetto alcool, rifugio apparente dei miei turbamenti, dipendenza assillante di ogni giornata. 
 E’ inutile chiederti ciò, poiché ogni mia singola lacrima, 
ogni singolo urlo, ogni mio impeto d’ira, era accompagnato da un tuo disperato tentativo di farmi vedere la luce. 
Tu, unica ancora di salvezza, unica mia luce in quel tunnel oscuro senza fine.
 Perché non ti ho mai ascoltato fino a fondo? 

Tu, l’unico che abbia scavato a fondo nel mio cuore così complesso e ricco di contraddizioni, unico che abbia trovato il modo di farmi ragionare senza ascoltare la freddezza della ragione, ma ascoltando il calore del cuore.
 

Ricordi ancora il calore del mio corpo? Mi dicevi sempre che sapeva proteggerti come nessun’altra cosa al mondo. I tempi in cui eravamo una cosa sola sembrano così lontani, ma ancora sento quelle mani stringermi le spalle, infondermi calore, il solo pensiero mi provoca un misto di malinconia e allegria, che non so bene definire. Il nostro primo bacio, la nostra prima notte di amore, ricordi indelebili, fonti di gioia e di dolore.
 

Ricordi il nostro mai pronunciato addio? Quella sera le lacrime di gioia vennero sostituite da lacrime di dolore, quell’abbraccio, così sentito e così voluto, quel bacio segreto, sfuggito a tutti, noi due, un’unica cosa per l’ultima volta. Salutammo quel posto magico, come se stessimo lasciando il nostro paese nativo. Quel posto, che aveva accompagnato il nascere e lo sviluppo del nostro amore. Ci guardammo negli occhi e nessuno  riuscì a dire addio all’altro… possono due cuori che battono all’unisono dividersi? Può una persona lasciare la persona a cui appartiene il suo cuore e la sua anima?
Noi due, inconsapevoli del futuro, paurosi della realtà e di quello che sarebbe accaduto alla fine di quella meravigliosa favola.
 

Sono passati molti anni, ancora ti penso, ancora ti rincorro senza mai afferrarti, ancora maledico il mio egoismo di un tempo.  Cresce, cresce, e cresce sempre più la mia desolazione. Può un uomo sentirsi incompleto?
Ricordi ancora ciò che eri, mio Jared? La felicità in persona, la speranza , la voglia di vivere che ti accumunavano?
Ora una maschera copre il tuo volto, un uomo senza sentimenti, questo è ciò che sei. Lo stress, la frustrazione e l’infelicità si sono impadroniti di te, facendomi sentire impotente e in colpa.
Dov’è finito quel sorriso ormai spento?  Dov’è finita la lucentezza di quegl’ occhi color del mare?
 

Eppure ancora guardo all’infinito, unica speranza a me rimasta, ciò che mi fa immaginare una realtà diversa da questa, e vedo noi due, in quella sabbia così bruciante, accompagnati da quel vento insistente, ancora una volta insieme, combinati in un'unica cosa sola.
 
 
… per sempre.
 
Il tuo, forse mai dimenticato, forse ancora amato, o forse, il niente in persona,
 

Colin.

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Capitolo 2
*** Risposta di Jared alla lettera di Colin. ***


Caro Colin,


ricevo questa lettera adesso, dopo essere stato una settimana lontano  dalle mura domestiche.
 

Non avrei mai immaginato di ricevere un tuo pensiero dopo così tanto tempo, e voglio precisare, sin da ora, che le mie azioni ed il mio comportamento attuale sono soltanto  le conseguenze di tutte le sofferenze che in vita mia ho passato.
 

Devo ammettere che la tua lettera mi ha fatto ritornare indietro nel tempo, quando ancora mi sentivo padrone di me stesso, quando ancora il sorriso e le risate erano compagni quotidiani delle mie giornate. Oh,  Colin, non sai quanto vorrei essere la stessa persona, la persona che ero anni fa, quando la speranza, la gioia di vivere e  la spensieratezza mi riempivano di carica e di energia. 
 

Ma il fato ha voluto che io diventassi proprio così, come mi definisci tu, una persona che indossa una maschera che possa coprire al meglio le sue emozioni, i suoi sentimenti, in poche parole, che possa rendere la sua vera personalità un totale mistero.
 

Parli delle tempeste che infestano la tua vita, parli di raffiche di vento, ma non sai quante croci ho dovuto portare sulle spalle in tutti questi lunghi, lunghissimi anni.
 

Ricorda, il presente è soltanto la conseguenza del passato. Sguardi negati,  tradimenti, parole udite ma non realmente comprese, amori rinnegati.
 

Già, forse il mio amore non è stato compreso, forse sono diventato come eri tu un tempo, timoroso di amare, pauroso delle conseguenze che questa società avrebbe potuto riserbarci. Ho lasciato che la paura di amare mi distruggesse. Adesso sono come il ghiaccio, freddo e passivo, ma ancora capace di sciogliersi di fronte ad un sorriso, di piangere di gioia, o di dolore.
 

Ma come il ghiaccio si scioglie di fronte all’occhio umano, io lo faccio laddove nessun occhio umano può vedermi. Sono una roccia, questo è quello che pensano le persone, una roccia che però, nella sua tana, può frantumarsi, dal momento all’altro. Questo è quello che le persone non sanno.
 

Potrei scrivere un inno alla musica, sai? Perché lei è l’unico strumento attraverso il quale io posso ricordare alle persone ciò che è dentro di me, quello che realmente sono. Ricorda, mio lontano amico, i testi delle mie canzoni esprimono ciò che ancora c’è di vero in me.
 

Pur odiandoti, continuo a chiamarti amico?  continuo a chiamare amico colui che mi ha abbandonato, che ha negato i miei abbracci e le mie carezze, colui che mi ha letteralmente strappato l’anima.
 

E’ proprio questo il problema, IO TI ODIO. Non provo nessuna forma  di indifferenza nei tuoi confronti, e laddove c’è odio, si dice, c’è ancora amore.
 

Ma davvero io potrei ancora amare uno come te?
 

Natali solitari, compleanni malinconici, pianti disperati, questo è ciò che ho passato in questi anni. Questo è ciò che è sfuggito agli occhi e al CUORE di colui che si immergeva nei miei occhi color del mare. Il tuo egoismo ti ha reso schiavo di te stesso, non hai pensato ai miei crampi allo stomaco, alle fitte nel mio cuore, alle mie lacrime amare. Hai fatto tutto ciò che desideravi,  ti sei preso gioco di me, e poi anche di LEI, sì, di lei.

 
“To buy the truth and sell a lie…” diceva una mia canzone, la canzone che parla DEL NOSTRO AMORE, mio caro Colin.
 

Il tuo egoismo sta nel fatto che hai ingannato due persone, la sola differenza è che io non ti ho mai ingannato, ti ho sempre sostenuto, sempre aiutato, ero sempre disposto ad asciugarti le lacrime, a stringerti forte a me, ad accarezzarti la nuca e a dirti che il futuro sarebbe stato radioso, nei nostri confronti… ma lei sì, ti ha  ingannato, e quei maledetti tabloid, oh,  come credevano che il vostro fosse vero amore.  E intanto io mi chiudevo in casa e riguardavo quella fotografia, di noi due, scattata ai tempi in cui l’amore superava ogni barriera, ogni ostacolo.
 

Io ricordo tutto, Colin. Ricordo tutto ciò che tu ricordi, e anche quello che non ricordi o non vuoi ricordare. E la mia ira intanto sale, vorrei dividere il mondo a pezzi, vorrei poter dimenticare tutto e ricominciare da capo, senza averti mai incontrato…
 

… ma non ci riesco.
 

Sei una presenza assillante, un ricordo indelebile, la realtà che tutt’ora vorrei vivere, l’uomo che vorrei sfiorare e sentire mio, la voce con la quale addormentarmi la sera e risvegliarmi al mattino. Sei una totale dipendenza.  Ma la paura di essere ingannato, preso in giro, umilato, ed abbandonato, come un tempo sono più forti dell’amore…
 

…che provo per te.
 

Eppure, anche io, riesco a vederci all’orizzonte, seduti sulla sabbia, a respirare l’aria e ad udire il vento,  uniti in un'unica, sola cosa e ad immaginare un futuro degno di quello che un tempo era il nostro amore.
 

Il tuo ricordo indelebile, 
 
Jared.  

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Capitolo 3
*** Colin risponde ancora...e non demorde. ***


Ammetto che capirti è sempre stata un impresa, ma nella tua risposta alla mia lettera non ho trovato chiarimenti, ma solo confusione su confusione.
Forse è proprio quello il tuo scopo, non dare certezze, visto che tu sei stato tradito dalle garanzie che io stesso ti avevo dato.  E’ forse vero che nella vita l’unica cosa certa è l’incertezza?
 

Devo dire che però sei prevedibile, ti conosco troppo bene per non poter prevedere  le tue azioni e le tue parole. Anche se devo ammettere che non avrei mai pensato, ai tempi in cui l’alcol e la droga erano padroni di me, generatori delle mie azioni, parole e comportamenti, che ti saresti chiuso così in te stesso.  Forse perché all’epoca eri troppo aperto ed estroverso per mostrare agli altri il tuo lato nascosto, specchio delle tue pene e sofferenze.
 

Sono forse io lo stupido a non essere riuscito a scoprire dentro di te, scavando nel tuo animo, la parte più nascosta di te? O sono stato semplicemente sciocco, tramite i miei comportamenti, ad essere RIUSCITO A TIRARE FUORI QUELLA PARTE CHE NON SAREBBE MAI ESISTITA SE NON TI AVESSI FATTO SOFFRIRE?
 

Vorrei tanto poterti raccontare tutto ciò che ho provato in questi lunghi anni, ma preferisco non proferire parola su ciò, visto che potrei passare da ipocrita, che piange lacrime di coccodrillo.
Ti ho inseguito per strade deserte, vuote come il mio animo. Ho trovato ostacoli che mi hanno allontanato sempre più da te. Sai, però, qual è stata la barriera che mi ha diviso da te. Quella barriera non esiste più, Jared, sono un uomo nuovo, cambiato, responsabile, che sa distinguere cos’è giusto e cos’è sbagliato. Oh, ma cosa le dico a fare queste cose, se proprio tu mi hai detto che non riusciresti mai più ad amare uno come me. Forse è vero che le persone non cambiano, ma perché allora io mi sento diverso e rinnovato?
 

Perché il mio animo non è riuscito in tempo a sconfiggere le mie debolezze? Alcol, droga, solitudine e arroganza, perché vi siete impadroniti di me? Mi avete fatto perdere tutto ciò che avevo, avete combattuto contro di LUI, ma io ho deciso che eravate voi a dover vincere. Voi non avete un’anima, voi non potete soffrire, ma perché allora ho lasciato che fosse LUI  a soffrire?
Potrò mai recuperare il tempo perso? Riuscirò mai a mostrare la mia bontà contro il mio egoismo di un tempo?
 

Farmi vivere nell’incertezza forse è la tua vendetta nei miei confronti, ma cosa ne ricevi in cambio?  Solo sofferenza, Jared. Questo labirinto di parole, incatenate l’una con l’altra, fanno sì che io ti capisca ancora meno, che io veda sempre più lontano il Jared di un tempo, quello che a fine riprese spuntava da dietro e mi tappava gli occhi, e che io puntualmente riconoscevo, perché era ormai parte di me.
 

Il mio inganno è stato inconsapevole. Anche io sono stato guidato da forze esterne, una concatenazione di eventi che mi hanno portato ad allontanarmi da te e allo sfogarmi con un’altra persona. Vogliamo parlare di inganno? Anche io sono stato ingannato.  Una volta non sarebbe successo, dato il carattere che mi apparteneva e visto che ero una persona che non si fidava quasi di nessuno.  Sì Jared, il mio cambiamento interiore mi ha portato ad avere fiducia nelle persone e ad essere, quindi,  ingannato.
Se solo quella sera avessi dato retta al cuore, che mi sussurrava che avrei doppiamente ferito qualcuno, invece che seguire l’istinto, forse le nostre strade sarebbero già nuovamente unite, illuminate dal sole, e distanti dalle nubi della tristezza.
 

So che la musica è stato il tuo oggetto di sfogo, il rifugio delle tue lacrime, musa ispiratrice delle tue canzoni, colei che ti ha ascoltato e ti ha fatto sfogare,  e tutto ciò l’avrei saputo anche se tu non me l’avessi mai detto. Ho studiato le tue canzoni, ho capito i tuoi sentimenti attraverso di esse, e pensi che sia stato facile ascoltare il testo di “Alibi”?
 

SOFFRIVI ED IO NON SAPEVO COME RIPRENDERTI.
 

PIANGEVI ED IO NON SAPEVO COME AVREI POTUTO ASCIUGARTI LE LACRIME
 

Ed intanto anche io piangevo, ripensando ai testi di “A Beautiful Lie”, quando ancora era tutto nuovo, quando ancora  non ti avevo ferito, quando eri te stesso, quando ancora il sole batteva su di noi, innamorati, lasciando spazio soltanto all’affetto ed eliminando i rancori.
 

Ma io riesco ancora a vederci… innamorati.
 
Colin.
 

 

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Capitolo 4
*** Il fragile Jared risponde...e il suo cuore batte, batte forte. ***


Non ci crederai, ma prima di scrivere questa lettera sono andato in sala, ho acceso il mio stereo e ho messo “Alibi”. Quella canzone, seppur sia stato io stesso a scriverla, mi trascina in un altro mondo. Forse dovrei smettere di ascoltarla, perché mi fa stare troppo male. Vedi, anche io sono masochista. Scrivo canzoni che riflettono il mio dolore, dolore che vorrei abbandonare, ma mi ostino ad ascoltarle, perché anche io ho bisogno di ritrovare me stesso attraverso le canzoni.  Ho bisogno di ricordare a me stesso quello che sono.

A dirti la verità, continuare a rispondere alle tue lettere è una forma di masochismo PURO.  Cosa penso di ricavare da questo scambio di lettere? Solo dolore, il dolore che mi ha sempre provocato ripensare al passato e ai miei momenti felici. Non sei l’unico che vorrebbe rivedermi col sorriso, anche io vorrei ricominciare ad amare me stesso.
Posso ancora io tremare per causa tua? Ricordo il tempo in cui tremavo per le emozioni che riuscivi a trasmettermi, adesso tremo per il dolore, per le paure, per il timore di affidarmi ad una persona che non sia me stesso, scuoto la testa e tremo temendo di essere inghiottito da un uragano, penso all’amore e scanso nervosamente i capelli dalla mia fronte. Cos’è l’amore, Colin?

Ho paura di questo sentimento profondo,  il sentimento che per assurdo mi ha spezzato il cuore e divorato l’anima. Ma mi manca, mi manca svegliarmi al mattino sapendo che c’è qualcuno al mio fianco, pronto ad accogliermi tra le sue braccia e a darmi il bacio del buongiorno ( o della buonanotte). Vorrei tanto uscire fuori mano per mano con la persona che amo, sotterrando per sempre i pregiudizi e le paure di un tempo…eppure, sento che c’è qualcosa che mi frena, che mi dice: “ Pensa a te stesso, non ti affidare agli altri, pensa alla tua felicità e a quello che ti sei guadagnato con fatica in tutti questi anni. “ ed allora mi tiro indietro, io fragile ramo in mezzo ad un vento incolmabile.
 
Mi asciugo una lacrima che cade lentamente dal mio occhio destro, cerco di impedire che essa cada proprio su questo pezzo di carta, ma è troppo tardi. Eccoti svelato il mio animo, così sofferente e così fragile, capace di rompersi con una folata di vento.
Il dolore atroce della mia anima è custodito in questa lettera, ti ho svelato le mie debolezze in questo modo. Saresti capace di farne tesoro?  Saresti capace di custodire preziosamente quella piccola parte di autenticità che ancora mi appartiene?  Questa lettera sarà tua, la mia lacrima bagnerà le TUE dita. Scritta così sembra che tu sia colui che può proteggermi. Ma potrà mai ciò essere vero?
 
E se tu risultassi essere la stessa persona di anni e anni fa? Che preferisce il piacere all’amore? L’amore ti colma, ti rende un uomo completo…se solo tu avessi custodito l’amore che avevo per te, se solo tu avessi minimamente apprezzato ogni singola mia parola ed ogni singolo mio gesto… a quest  ora saremmo state due anime in pace, ricolme d’amore, felici assieme. Esiste davvero il destino, mio Colin? Doveva andare così? Le nostre strade si sono divise per sempre?
 
Vorrei tanto che fosse così, che io e te non avessimo nessun tipo cosa in comune, nessun tipo di strada che possa collegare l’uno all’altro, ma so per certo che non è così. So che io e te saremo per sempre uniti, in un modo o in un altro. So che alla fine mi abbandonerò alle tue braccia e lascerò che tu possa stringermi, con l’amara consapevolezza che quel momento possa avere una fine da un momento all’altro. Sento che sto cedendo alle pulsioni del mio cuore, che batte forte tutte le dannate volte che ti scrivo, sento che la ragione mi sta bisbigliando di lasciarti perdere, tu uomo che non vali nulla, ma sento il cuore che mi sussurra dolcemente di ascoltare le parole di un uomo nuovo, cambiato, che ha imparato ad amare.
 
Sto cedendo fin troppo, ti sto mostrando troppo di me,  ho paura Colin, ho paura che tu possa distruggermi definitivamente. HO PAURA, DANNAZIONE!
 
Colpisco con un pugno la mia scrivania e sento il forte impulso di strappare questa lettera e di scriverne una tutta nuova, piena di insulti verso di te. Ma no, non lo faccio. Perché nonostante io sia ancora amareggiato e deluso per tutto quello che mi hai fatto, triste per avermi cambiato per sempre, sento che non riuscirei MAI a trattare male una importantissima parte DI ME, QUALE TE.
Sto scrivendo di getto, sto seguendo, forse, il mio cuore,  ascolta queste tre parole adesso,  mio Colin:
MI MANCHI TANTISSIMO.
 
Vorrei che in questo istante fossimo insieme, abbracciati l’uno all’altro, a sentire l’uno il battito del cuore dell’altro, tu ad accarezzarmi il viso come facevi sempre, io a baciarti le guance a dirti che staremo per sempre insieme… l’unica cosa che mi frena, mia nemica imbattibile, è la PAURA.
 
COLIN, PROTEGGIMI E DIMMI CHE C’E’ UN MODO, IN QUESTO DANNATO MONDO, DI ABBATTERLA, DIMMI CHE TROVERAI IL MODO DI ABBATTERE LE MIE BARRIERE INTERIORI. Dopo ciò ritornerò ad essere me stesso… e finalmente ancora tuo.
 
Il tuo timoroso Jared. 

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Capitolo 5
*** Risposta di Colin...con allegata una sorpresa. ***


Non riesco a credere che tu sia riuscito a dire davvero quelle tre parole, a dirti la verità neanche ci avrei mai sperato. Non perché penso che tu sia indifferente a me, ma perché non avrei mai pensato che la paura di trasmettere ciò che senti avesse già cominciato ad abbandonarti,  anche se piuttosto lentamente.


Accarezzo l’angolo destro della lettera, leggermente bagnato della tua lacrima. Il foglio della lettera, lì, è leggermente sciupato e raggrinzito, sento la tua anima, la percepisco, sento il dolore aspro delle tue sofferenze, capisco che c’è un uomo che ha ancora così tanto da dare, che ancora riesce a trasmettere amore, devozione, affetto, ed io sapevo che dietro a quella maschera che tu abitualmente indossi quando ti affacci al mondo, avrei trovato un uomo autentico.


Ti prego, Jared, lasciati scivolare la paura alle spalle in modo completo, lascia che essa non influenzi più la tua vita, ti ha già rovinato fin troppo l’esistenza. Smetti di essere schiavo dei tuoi stessi timori in quanto non andranno mai via, non ti lasceranno mai libero finchè non riuscirai ad essere abbastanza coraggioso per affrontarli. Sai, vero, che gli ostacoli vanno affrontati? Sai che allontanarsi dai problemi non serve a niente poiché quando farai ritorno, essi saranno sempre lì, ad attenderti, pronti a divorarti ancor più l’anima? AFFRONTALI JARED, AFFRONTA LA TUA PAURA, IO SONO LA TUA PAURA, AFFRONTAMI.


Lascia che sia io, stavolta, ad aiutarti. Ricordi cosa mi dicevi quando stavo male, quando le dipendenze mi assillavano? Mi ripetevi, continuamente: “Distruggi ciò che ti distrugge”. Ricordo ancora quel giorno, quanto segretamente mi prendesti per mano e mi guidasti alla tua macchina: “ Questo sarà l’inizio di una nuova vita, il primo passo verso la tua felicità, la nostra felicità.”. Il centro di riabilitazione non era molto lontano, ci fecero entrare da una porta secondaria, quello sarebbe stato il mio rifugio per qualche tempo.  Ti sentivo ogni giorno al telefono, le tue parole mi riscaldavano il cuore, ed io ero sempre più determinato a sconfiggere quel male bastardo.  ERO SEMPRE PIU’ DETERMINATO GRAZIE A TE.
 

VINSI.
GUARII.
TU RIUSCISTI A TIRAR FUORI CIO’ CHE C’ERA DI BUONO IN ME.
Poi subentrò il mio egoismo, e tu diventasti colui che mi cambiò per sempre l’esistenza, che mi fece soltanto del bene, ma che poi non potette godersi i risultati del mio cambiamento.
Alcune volte non è detto che chi riesce a cambiarti poi possa continuare a respirare le conseguenze del cambiamento, ma io lo voglio, io voglio che tu ora possa accorgerti di quanto mi sono pentito, di quanto HO BISOGNO DI TE PER ANDARE AVANTI.
Lascia che io possa aiutarti, adesso, lascia che ti possa prendere per mano, lascia che ti invogli ad affrontarmi.
 

So che sei coraggioso, so che ce la puoi fare.
 

Infondimi ancora una volta calore con le tue braccia, respirami come se fossi l’odore di una rosa appena sbocciata, parlami come se fossi l’unico essere umano al mondo, guardami per capire che non sono lo stesso di una volta, prendiamoci per mano per dare finalmente un senso alla nostra vita. TORNA DA ME, JARED. ABBATTEREMO TUTTI GLI OSTACOLI POSSIBILI E IMMAGINABILI, ASSIEME.

 
Vado un attimo in soggiorno e raggiungo il tavolino che sta in mezzo ai miei due divani. Ho pensato molto se questa fosse una buona idea o meno. Ho pensato molto a ciò che avresti pensato, temo che la paura ti possa ancora una volta allontanare da me, e questa volta per sempre, ma decido di tentare, col fine di non avere altri rimpianti nella mia miserabile vita.
Qualche giorno fa mi sono recato alla prima agenzia di viaggi che mi è capitata davanti. Incerto, sono entrato, e quel viaggio in Marocco mi intrigava molto.  Era la promozione della settimana, e tra le città visitate c’era anche quella, Marrakech. Senza pensarci due volte, più convinto che mai, ho acquistato due biglietti… uno per me, E UNO PER TE.


Il viaggio si terrà la prossima settimana, partenza:  13 Gennaio 2012 alle ore 12:15,  ritorno:  20 Gennaio 2012, alle ore 17:20. Allego il biglietto a questa lettera, con la speranza che possa ritrovarti lì, all’aeroporto, pronto per partire con me verso il luogo dove ABBIAMO PERSO NOI STESSI.
ANDIAMO LA' PER RIPRENDERCI LE NOSTRE ANIME, RITORNIAMO NEL POSTO IN CUI CI SIAMO INNAMORATI, PER RICOMINCIARE A VIVERE IL NOSTRO AMORE, PER SEMPRE.
 

Incrocio le dita, mio  Jared, e spero che la mia vita, dalla prossima settimana, possa cominciare a risplendere.
 

Il tuo, per sempre presente,
 
Colin

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Capitolo 6
*** Quell' incontro, all'aeroporto. ***


Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
Ero tormentato da, come li chiamo io, dubbi esistenziali. Avevo fatto bene ad allegare a quella lettera il biglietto per Marrakech? Chissà come l’aveva presa Jared, magari aveva già strappato il biglietto a pezzi e lo aveva già gettato nella spazzatura. Ormai conoscevo il suo carattere, o si era arrabbiato terribilmente tanto da bruciare anche le lettere che gli avevo inviato, o si era messo a piangere come un bambino, incredulo. In ogni modo, qualunque fosse stata la sua reazione, dovevo esser pronto a vederlo, come a non vederlo, il giorno dopo all’aeroporto.
 

Intanto già divagavo coi pensieri, immaginandoci già nel posto che ci fece innamorare per sempre, già profondamente presi l’uno dall’altro, come ad un tempo. Sapevo che non dovevo farmi illusioni…cosa sarebbe stato peggiore dell’immaginarsi una realtà che poi non sarebbe mai arrivata? Eppure io me lo sentivo, sentivo dentro me stesso che il giorno dopo lui sarebbe stato là, percepivo, tramite le sue parole, la sua voglia immensa di ricominciare da capo, di cancellare il passato e di ricominciare a gettar luce sul presente.
Ma dovevo dormire, non ci dovevo pensare, dovevo privarmi di tutti i miei pensieri e diventare una persona neutra, pronta al peggio e al meglio, senza aspettative.  Dovevo togliermi dalla testa che Jared era una persona influenzabile, perché no, lui non era più lo stesso di una volta, la testardaggine se lo era conquistato.
 

Riuscii ad addormentarmi dopo due ore passate a coprirmi e a scoprirmi con le lenzuola per il nervosismo che ormai si era impadronito di me. A dire la verità, dormii soltanto tre ore, giusto lo stretto necessario per poter avere, il giorno seguente, la mente lucida e attiva per affrontare una delusione o una felicità immensa. La sveglia suonò alle 7 del mattino e velocemente mi alzai dal letto. Quella notte i miei sogni, seppur avessi dormito pochissimo, furono davvero strani.
 

Sognai di trovarmi di fronte ad una stazione ferroviaria, ero assorto nei miei pensieri, il cielo era nuvolo e c’era una gran nebbia. Ad un certo punto vedo un treno passarmi davanti, QUELLO era il treno che dovevo prendere, treno che però non si ferma, mi lascia lì, da solo, in quella stazione. C’era un particolare, però, che non mi sfuggì: il treno era infinito, continuava ad andare avanti senza mai fermarsi, i suoi vagoni erano innumerevoli, giganteschi. Percepivo un senso di solitudine e di impotenza che in quel momento mi divoravano.
Cosa voleva dire, però? E se il treno avesse rappresentato Jared? Jared si sarebbe FERMATO ad ascoltare le mie parole? Avrebbe fatto quel viaggio con me? Oppure avrebbe fatto come quel treno: mi avrebbe lasciato solo?
 

Smisi di pensare a quel sogno indecifrabile, tentando di calmarmi un po’, e cominciai lentamente a vestirmi. Jeans scuri e camicia nera: perfetti per un viaggio. Indossai il mio giubbotto nero, quello che indossavo soltanto per le occasioni speciali, i miei soliti stivali e presi dal mio armadio una sciarpa bianca, visto era freddo. Adesso era tutto apposto. Non mancava niente, anzi, mancava il più: la certezza che Jared fosse in quel maledetto aeroporto, ad attendermi. Sollevai la valigia da terra e mi guardai un attimo attorno.  Forse avrei rivisto quella casa in un’ora, visto che se Jared avesse deciso di rifiutare il viaggio, avrei sicuramente rinunciato anche io. Sbuffai e mi passai una mano sulla fronte, quando mi venne in mente una cosa: loro dovevo portarmeli con me, almeno col pensiero, visto che se fossi partito, avrei sicuramente sentito la loro mancanza.
Raggiunsi il soggiorno appoggiando un attimo la valigia di fianco ad uno dei divani ed afferrai la foto che avevo messo la sera precedente su un tavolino: la foto di James e Henry. Loro dovevano essere con me, perché mi avrebbero dato la forza di affrontare l’intera situazione, nel caso si fosse verificata. Sorrisi osservando la foto e la misi nella tasca interna del mio giubbotto. Ecco, adesso non mancava proprio niente. Ripresi la valigia e me ne andai di casa per affrontare, finalmente, il mio destino.
 

Arrivai all’aeroporto dopo circa un quarto d’ora. Il taxi mi aveva lasciato proprio davanti ad esso. Chissà cosa mi sarebbe aspettato. Strinsi leggermente la foto dei miei figli all’interno della tasca e vi feci accesso. Mi ritrovai in mezzo ad una folla di persone, e se non fossi riuscito a vedere Jared in tempo, nel caso ci fosse stato? Dannazione, dovevo smetterla di essere così ansioso. L’avrei riconosciuto immediatamente. Il mio unico amore sarebbe brillato in mezzo a una folla infinita di sconosciuti. Cominciai ad avanzare a passo veloce e nervoso, e dopo aver svolto tutte le pratiche necessarie per imbarcarmi, mi misi seduto, ad attendere ciò che non vedevo arrivare. Mi giravo verso sinistra, verso destra, all’indietro, ma no, lui non c’era, e non mancava neanche tanto alla partenza. Sentii il mondo crollarmi addosso, improvvisamente.
 
 
 



In realtà fu lui che non riuscì a vedermi.  Un ammasso di gente mi aveva coperto dalla sua vista. Camminavo più veloce possibile, finchè non mi ritrovai a dieci metri da lui. Lo osservai silenziosamente alle spalle e indossai i miei occhiali da sole. No, non c’era il sole, ma non volevo gettargli addosso immediatamente il dolore che traspariva dai miei occhi. Incrociai un momento le braccia e un sorriso leggero mi illuminò il volto. Sì, in realtà sentivo un senso di gioia e felicità interiore che non sentivo da davvero tanti anni.
 

Quando ricevetti la lettera con allegato il biglietto non riuscivo a credere ai miei occhi. La stomaco cominciò a farmi male, e cominciai a sentire un misto di ansia e felicità. Davvero Colin si era preso la briga di acquistare un biglietto per il Marocco anche per me? Cominciai a piangere come un bambino e la prima persona che chiamai fu mio fratello. Dovevo sfogarmi, dovevo far vedere al mondo e alle persone che mi circondavano che io ero ancora capace di sorridere, ma che mi era semplicemente mancata la persona capace di farmi avere tale reazione. Cominciai a saltare per casa e infine mi gettai su un divano, con un sorriso stampato in faccia. Sì, tutto ciò sembra davvero terribilmente infantile, ma quella fu proprio la mia reazione.
 

Adesso lui era davanti  a me, e la cosa più divertente fu il fatto che io lo potevo osservare senza essere osservato. Puntai il mio sguardo  sulle sue spalle e sui suoi capelli. Dio mio, quanto adoravo le sue spalle. Non c’era cosa che più mi sapeva proteggere. Ricordo ancor quando erano il mio scudo. Per non parlare dei suoi capelli, passavo serate intere ad accarezzargli la testa. Quanto vorrei riprovare quelle meravigliose sensazioni, ancora capaci di farmi battere il cuore all’impazzata. Esatto, il mio cuore batteva, e non sapevo neanche a quale velocità. Dovevi avvicinarmi, lo dovevo fare, prima che pensasse che io avessi rifiutato il suo invito, cosa a cui non avevo neanche minimamente pensato.
 
Lo vidi, vidi che aveva già messo mano alla valigia che aveva appoggiato sul pavimento. Cominciai ad avvicinarmi verso di lui. Adesso ero lì, proprio dietro di lui. Riuscivo addirittura a percepire il suo respiro, sentivo che provava un’ansia davvero inverosimile. Lentamente allungai il braccio verso di lui e delicatamente appoggiai una mano sulla sua spalla, strusciandola sul suo giubbotto di velluto. Non so che espressione fosse dipinta sul mio volto, neanche io riuscivo a riconoscermi. Forse ero guidato da una forza esterna, forse la paura se ne stava davvero andando. Io sapevo soltanto una cosa, in quel momento, che il mio cuore aveva ricominciato a battere e la felicità a risplendere su di me.
 

Colin si girò verso di me e mi guardò fisso, puntando il suo sguardo verso i miei occhiali neri da sole. Si alzò lentamente, visibilmente incredulo, scosso, emozionato nel rivedermi dopo così tanti anni, ed anche io lo ero.  A stento riuscivo a trattenere le lacrime che volevano insistentemente scivolare lungo il mio volto, sentivo tutte le vene del mio corpo pulsare, avrei voluto saltargli addosso e abbracciarlo, dirgli che lui era la persona più importante della mia vita, ma dovevo trattenermi, l’aeroporto non era certamente il posto più adatto e romantico per scambiare effusioni con la persona che appartiene al tuo cuore.
Quelle lacrime, però, puntavano talmente forte che ad un certo punto non riuscii più a trattenerle e a comandarle, e proprio due, una dall’occhio destro ed una dall’occhio sinistro, presero a scivolare lungo il mio volto.  
 

Colin sfiorò leggermente il mio volto per  asciugarmi le lacrime, e fu allora che con il mio debole braccio mi tolsi gli occhiali da sole e puntai i miei occhi contro i suoi, anch’essi lucidissimi e pronti ad esplodere.  La mia mano sinistra ancora poggiava e stringeva forte la sua spalla, ero emozionato e teso allo stesso tempo. La mia vita, ero sicuro, non sarebbe mai stata mai più la stessa dopo quel momento. Vidi una sua lacrima cadergli da un occhio e sorrisi leggermente, ancora incapace di pronunciare una singola parola, visto che in quel momento non ero neanche capace di tirar fuori la voce.

 
Sentivo che non ero più lo stesso, sentivo che soltanto una sua mano sul mio volto era capace di trasportarmi in un altro, meraviglioso mondo. Sentivo che le mie paure se ne stavano andando e sapevo, che la dannata società in cui ci eravamo trovati, stavolta,  sarebbe passata in secondo piano rispetto al nostro amore, più forte che mai. SAPEVO DI NON AVERE PIU’ PAURA. Appoggiai leggermente la testa contro la sua fronte, stringendogli forte il giubbotto di velluto, chiusi gli occhi, quando sentii che con un suo braccio mi circondò calorosamente la schiena.  “ Dio mio, Colin…” riuscii a pronunciare con voce strozzata, ascoltando solo e soltanto, con l’altra mano, il battito accelerato del suo cuore.  “Andiamo a riprenderci le nostre anime nel posto dei nostri sogni, Jared…” disse Colin aumentando la presa e proteggendomi nell’abbraccio più dolce in cui fossi mai stato racchiuso in vita mia.
Adesso il luogo del nostro amore ci attendeva. 

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Capitolo 7
*** Quella notte, in Marocco. ***


Il viaggio in aereo passò molto, molto in fretta. Io e Jared ci sedemmo sui posti numerati, uno di fronte all’altro. Erano anni che non ci sfioravamo, anni passati senza rivolgerci alcuna parola. Lui era lì davanti a me. Potevo ammirare i suoi occhi color del cielo, quegli occhi stanchi, ma rinnovati, ancora una volta, da quell’amore che ero stato capace di vedere soltanto anni e anni prima, in Marocco, durante le riprese del film che ci cambiò per sempre l’esistenza. Le sue mani si muovevano nervosamente una sopra l’altra. Era nervoso, era evidente, ma era altrettanto ovvio che in quel momento era la persona più felice di questa terra.
Dopo l’abbraccio all’aeroporto non ci eravamo risfiorati, ognuno aveva preso semplicemente il suo posto all’interno dell’aereo. Io avevo un leggero male allo stomaco, quel male allo stomaco, però, dovuto all’ansia e al nervosismo, e soprattutto, in quel caso, all’emozione di riavere la luce dei miei occhi proprio davanti a me.
Ogni tanto lo guardavo negli occhi, accennandogli sorrisi pieni di amore e di gioia, e lui ricambiava, abbassando però, immediatamente, lo sguardo. Sembrava ritornato un ragazzino, un sedicenne alle prese con il primo amore. Si imbarazzava con niente, arrossiva con un complimento, e la sua pelle diventò calda nel momento in cui gli posai una mano sulla guancia. Lui sfiorò la mia mano, perdendosi in quel meraviglioso istante, la strinse, e vi avvicinò la bocca leggermente, dandovi un bacio appena percepibile.
Fremetti leggermente e poi gli sorrisi, riportando la mano sopra al libro che avevo tra le mani.
 

Avevo sempre adorato le sue labbra. Mai, in nessuna donna, avevo trovato labbra come quelle di Jared, labbra che sapevano darti tutte le emozioni di questo mondo, labbra che sapevano baciare meglio di ogni altra donna sulla faccia della terra. E la sua pelle , dio, avrei potuto passare un’intera giornata ad accarezzarlo, senza mai stancarmi. Mi mancava, mi mancavano quei tempi in cui sfiorarsi era una cosa abitudinaria, accompagnata dalla felicità e la voglia, di quel momento, di sentirci completi. Era visibilmente dimagrito, ma il mio amore per lui non era assolutamente cambiato, direi, anzi, che il suo essere gracile mi dava ancora più la voglia di stringerlo tra le mie braccia e di proteggerlo.
Quell’abbraccio all’aeroporto mi aveva donato la felicità che da tanto cercavo,  felicità che avevo cercato abbracciando e stringendo altre donne. Ma mai e poi mai avevo provato quell’emozione, che ti toglie il fiato, che avevo provato stringendo il mio amore.
 

Scendemmo dall’aereo, ognuno trascinando i propri bagagli, e senza dire una parola raggiungemmo l’albergo che avevo precedentemente prenotato. Hotel  5 stelle, camera matrimoniale. Il massimo.  Camminammo a passo piuttosto veloce e prendemmo il primo taxi che ci passò davanti. Tra noi, in quel momento, c’era il silenzio, silenzio impiegato a pensare, forse, a cosa ci saremmo detti una volta che la porta della nostra camera si sarebbe chiusa. L’hotel non era molto lontano. Era un colosso, bellissimo, i suoi colori erano caldi, già a primo impatto mi aveva dato una meravigliosa impressione.  Entrammo e i gestori dell’albergo ci diedero la chiave della stanza del nostro amore. La raggiungemmo, impazienti, e una volta raggiunta chiudemmo la porta.
Appoggiammo sul pavimento i nostri bagagli e i nostri sguardi si sfiorarono per un interminabile minuto. Non avevo il coraggio di fare la prima mossa, temevo che ancora potesse avere un po’ di paura del mio amore così evidente nei suoi confronti. Rimasi lì, immobile, ad attendere la sua prossima mossa.
 
 
 
 


Non so perché, ma provavo imbarazzo a manifestare il mio amore verso Colin, l’uomo che in tutti questi anni, segretamente, avevo sempre amato. Mi sentivo un adolescente, temevo che ogni mia mossa potesse far pensare a Colin che io fossi una persona infantile. Eppure i suoi occhi mi guardavano. Quegli occhi, che cambiavano colore a seconda della luce, mi avevano letteralmente stregato, anni e anni prima. Dovevo farmi coraggio, però. Adesso eravamo soli, lontani dal mondo circostante, soltanto io e lui, uniti da un amore indicibile e trascinante, quell’amore che mi colmava tanti anni fa e che adesso sembrava aver ripreso padronanza di su me. Allungai la mano verso Colin, senza smettere un secondo di fissarlo, e lui rispose, immediatamente, allungando a sua volta la mano, stringendo la mia in una morsa strettissima,  talmente stretta che quasi mi sentii mancare. Avvicinai il resto del mio corpo a lui, che mi avvolse immediatamente con le sue braccia così protettive. Mi sentivo in paradiso. Non c’era sensazione più bella di quella che stavo provando in quel momento. Il mio corpo vicino al suo. Appoggiai la testa sul suo petto, chiudendo leggermente gli occhi e facendo dei grossi respiri. Mi sentivo talmente emozionato che non avevo il coraggio di interrompere quel meraviglioso silenzio.
“Colin…io…” dissi con voce fioca e strozzata.
“Shh…” rispose dolcemente lui baciandomi la testa, e stringendomi ancora di più, facendomi perdere completamente in quell’attimo .
Passarono esattamente cinque minuti, i migliori cinque minuti  degli ultimi otto anni. Ci staccammo, tenendoci stretti per mano.  Volevo stringermi assieme a lui, nel letto.  Sentivo quel desiderio bruciarmi dentro. Non desideravo nient’altro, soltanto stringermi assieme a lui per poter percepire la dolcezza del suo essere, dolcezza che solo io, unicamente, avevo potuto conoscere nel periodo in cui tutti pensavano che fosse un poco di buono.
 
 
Timidamente allungai lo sguardo verso il letto, strusciando una mano su una sua guancia. Lui capì il linguaggio del mio sguardo, quell’empatia, che c’era sempre stata tra noi, non ci aveva mai tradito. Si spostò verso il letto, e io, attaccato alla sua schiena come se fossi un bimbo da proteggere, mi avvicinai assieme a lui. Si distese, e così feci io. Appena il mio corpo fu affianco al suo, che subito mi strinse,  mi sentii l’uomo più felice e realizzato di questa terra. Non c’era musica, non c’era tour che tenesse, io ero completamente felice soltanto quando ero con lui e quando ero sicuro che entrambi i nostri cuori erano nutriti dal nostro amore reciproco. Appoggiai la testa sulla sua spalla, dandogli un leggero bacio sul collo, in cui vi era la sua solita barba incolta. Lui sorrise e ricambiò il bacio sulla fronte. Sentivo il bisogno di parlare con lui, sentivo il bisogno di dirgli quanto non importassero più i suoi sbagli, quanto importasse invece adesso il suo amore nella mia vita, e basta.
 
 
“ Avremmo tante cose di cui parlare, Colin, ma non voglio. Non voglio far capolino ancora una volta in quel dannato passato, che ha stretto in una morsa sia te che me. Voglio pensare soltanto a noi due, adesso. A ciò che la vita ci potrò riservare in futuro, alle gioie che potremo condividere insieme, ai progetti che ci accomuneranno, alle difficoltà, onnipresenti, che affronteremo più forti che mai, insieme,  alle giornate che passeremo insieme, con le nostre mani unite, passeggiando per la nostra città, senza timore della società che temevamo molti anni fa. Promettimelo Colin, promettimi che le nostre mani saranno per sempre strette l’una all’altra, che i nostri cuori, potranno battere, come mi scrivesti tu nella prima lettera, all’unisono, ma stavolta, per sempre.”
 

Dissi ciò tutto d’un fiato, e vidi una lacrima scendere da quegli occhi meravigliosi. Si era emozionato, le mie parole lo avevano portato a piangere dalla gioia, dall’emozione, e forse, anche dal passato non vissuto in tutti questi anni.  Stavolta ero io ad asciugarli quella lacrima così umile, che gli passò lungo il volto. Annuì poi con la testa, avvicinandosi al mio viso. Sentivo il mio cuore  battere fortissimo, non ragionavo più, avrei voluto fare l’amore con lui in quell’istante, ma per ora volevo soltanto assaporare l’ emozione dell’esserci ritrovati.  
Avvicinai anch’io il mio volto al suo finchè le nostre labbra non si sfiorarono, ancora una volta, unendosi nel bacio più meraviglioso e emozionante della mia vita. Sentivo le sue labbra muoversi contro le mie, mentre le sue mani mi accarezzavano il volto. Io ricambiavo al meglio, accarezzandogli le sue grandi spalle.  Ci staccammo, sentivo il mio cuore avere sollievo dopo tantissimi anni di patemi. Sorridemmo entrambi, finchè non riassunsi la posizione iniziale, appoggiando la testa sopra il suo petto. Chiusi gli occhi, quasi d’istinto, e mi addormentai profondamente, stanco del viaggio ma pieno di emozioni.
 
 
 
 


Si addormentò, così dolcemente, che sembrava un bambino.  Io lo strinsi, infinitamente gioioso per quel contatto ritrovato con lui. Chiusi anch’io gli occhi e mi addormentai profondamente. Non so per quanto dormimmo, so solo che quando mi svegliai lui aveva gli occhi puntati sui miei, accarezzandomi con lo sguardo.  Quello era il paradiso, non c’era alcun dubbio, il paradiso era l’amore che provavo per lui e tutte le circostanze che ci permettevano di esprimerlo al meglio.
Decidemmo di raggiungere quel deserto che ci aveva fatto innamorare. Non vedevamo di ritoccare quella sabbia bruciante con i nostri piedi. Avremmo passato una serata molto simile a quelle che passavamo otto anni fa, con i nostri sguardi rivolti verso la luna, che illuminava a malapena i nostri volti. Ma no, non c’era bisogno di nessuna luce in quel contesti, erano le nostre emozioni a parlare e a mostrare l’uno i sentimenti dell’altro.
 
Verso sera raggiungemmo quel deserto, che la sera diventava terribilmente freddo. Entrambi eravamo avvolti da un mantello, come ai tempi delle riprese. Io camminavo stringendo Jared per le spalle, e lui mi seguiva, come se fossi la sua guida. Raggiungemmo un punto specifico del deserto. Proprio lì, infatti, vi era una roccia, che sia io che Jared conoscevamo molto bene.
Ci mettemmo seduti accanto ad essa e avvicinando lo sguardo realizzai che era proprio come la avevamo lasciata anni e anni fa. Le nostre iniziali erano ancora lì, incise.
“A ricordo del nostro amore infinito, caro deserto, tu ci hai fatto perdere e ritrovare, inseguire ed acchiappare, ci hai fatto innamorare”. Questa era la frase che decidemmo di scrivere otto anni prima, quando la minaccia di perderci era ancora lontana. Indicai la frase incredulo e Jared sorrise, sfiorando la roccia con la punta delle dita.
Il nostro amore viveva, viveva ancora, ed era più solido che mai.
 
 
Ci guardammo poi negli occhi, impazienti di conoscere il linguaggio dei nostri corpi, impazienti di assaporare ancora una volta le nostre pelli. Entrambi sapevamo quello che sarebbe successo, sapevamo che da quella sera saremmo diventati, per sempre,  un’unica cosa,  che i nostri corpi e i nostri cuori avrebbero ricominciato a danzare seguendo le note del nostro amore. Mi avvicinai a Jared, stringendogli la mano e dandogli un casto bacio nel collo. Lui era emozionato e vergognato dall’idea di quello che sarebbe successo dopo tanti anni di lontananza. Di sua volontà si distese in quel deserto gelido, dove l’unica cosa che ci infondeva calore era la presenza dell’altro.
Mi misi sopra di lui, prestando attenzione a non fargli del male, accarezzandogli il volto con carezze dolci e appena percepibili. Lui non distoglieva un attimo lo sguardo dai miei occhi, vedevo che aveva bisogno di un affetto immisurabile. Avvicinai le mie labbra alle sua e cominciai a baciarlo nel modo più dolce e romantico possibile. Sentivo che lentamente il bacio diventava sempre più profondo, e cominciavo a vedere quella completezza avvicinarsi sempre più.
Passò poco tempo e dopo essere stati presi da quella foga tipica di quei momenti, entrambi,  ci spogliammo e ci ritrovammo completamente nudi l’uno con il corpo a contatto con l’altro. Non riesco a spiegare a parola quello che stavo provando in quel momento. Amore, passione, romanticismo, desiderio, e chissà quali altri sentimenti. Osservai il suo corpo magnifico, baciandogli il petto e accarezzandogli le spalle. Cercavi di tranquillizzarlo, di fargli capire che quella notte sarebbe stata la più bella della nostra esistenza. Si calmò e si adagiò sotto di me, cominciando a sfiorarmi il petto con le sue mani e a baciarmi il collo, finchè io stesso con le mani non decisi di scendere in basso e di dare inizio in maniera vera e propria alla danza dei nostri corpi.
 

Facemmo l’amore per tutta la notte, e nessuno rimase deluso, quella fu la notte più bella della nostra esistenza.  Finivamo e ricominciavamo, sempre più vogliosi di recuperare, attraverso i nostri corpi, quel tempo perso in tutti quegl’anni. Il suo corpo reagiva alla mia presenza, il mio alla sua, lo toccavo, e ad ogni tocco chiudeva gli occhi per godersi l’essenza di quel momento.  Delle volte sembrava incitarmi ad andare avanti, stringendomi come se fosse l’ultimo giorno passato assieme. Lui ricambiava tutte le carezze, e talvolta, con le mani, andava a poggiare le mani sulla sabbia, raccogliendone una manciata, per poi rilasciarla. Le nostre menti erano ormai offuscate, tutto quello che rimaneva erano i nostri cuori e i nostri corpi.
Sì, quella notte mi sentii davvero completo. Cercai di dargli tutta la protezione possibile, tutto l’amore che avevo, sentirmi dentro di lui mi aveva  ricondotto da me stesso.
Alla fine ci accasciammo entrambi nel deserto e ci stringemmo forte, eravamo entrai esausti, ma eravamo finalmente in pace con noi stessi. Non c’era bisogno di nessuna parola, di nessuna scusa da porgere l’uno all’altro, tutto quello che contava era il fatto che eravamo finalmente insieme. Mi avvicinai al collo di Jared, sudato per l’eccitazione e lo baciai dolcemente, accarezzandogli la fronte.
“ Ti darò tutto l’amore di cui avrai bisogno, nel presente e nel futuro. E tutto ciò non è un dubbio, è una promessa. In questi anni ho capito cosa avevo perso, e adesso che sei mio ancora una volta, non ti riperderò mai più. Sei stato la mia luce, la mia guida e la mia speranza in tutti questi anni, non posso semplicemente vivere senza la luce, e soprattutto, senza una guida. Ti amo Jared.”
Queste furono le mie parole, alle quali Jared rispose stringendomi forte a sé e ricambiando quelle tre parole, che tanto fanno sussultare il cuore: “Ti amo Colin, e neanche il più violento dei temporali ci ridividerà.”
 

Ci alzammo entrambi da quella sabbia ormai terribilmente fredda e guardammo quella pietra che avevamo accanto.  Mi venne in mente una canzone, che anche se non era scritta da Jared, rappresentava benissimo cosa sentivamo entrambi, in quel momento. Avremmo dovuto passare altri sei giorni in Marocco, ma quella notte era la notte che ci aveva ricongiunto per sempre, e la pietra sarebbe stata la prova inconfutabile del nostro infinito amore:
 

“ And tonight we can truly say together we are invincibile”. 

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Capitolo 8
*** EPILOGO. ***


Guardo l’orologio distrattamente. E’ tardissimo, dovrei essere a letto da più di due ore, ma la curiosità, stanotte, è stata più forte di qualsiasi altra regola che io stesso mi sono imposto.
Questa cantina mi attendeva da ormai un mare di anni, anni trascorsi in preda al dubbio, mischiato ad un insaziabile voglia di sapere.
Era lì, quella cassapanca, sigillata da un lucchetto enorme. Giorni fa avevo trovato, per caso, una chiave nascosta sotto un panno in un mobile nell’enorme terrazza della mia casa. Quale motivo c’era di nascondere una chiave, se non perché essa era la via per raggiungere i segreti più nascosti? Doveva essere per forza la chiave di quella misteriosa cassapanca, che si trovava in un angolo della cantina che ho appena esplorato.
 

“Non andare mai in cantina!” era la frase che spesso mi sentivo ripetere, sia nei miei anni infantili, sia adesso, che mi sto incamminando verso i venti. Sono cresciuto con l’idea che non si debbano avere segreti, o che, perlomeno, non si debba dare il modo ad una persona di pensare che un'altra persona ( che sia un tuo amico, che siano i tuoi genitori, che siano i tuoi più acerrimi nemici) abbia dei segreti.
Il divieto, verso qualunque cosa, porta sempre a stuzzicare la curiosità, e questo è ciò che è successo a me, stanotte. Quello che sempre mi era stato imposto,  con pacata dolcezza, ovviamente, si è tramutato in concretezza, nelle mie stesse mani.
 

Ho raggiunto la cantina verso la mezzanotte e appena mi sono visto davanti il rifugio di tutti i segreti, mi sono sentito un po’ in colpa. Forse sarei dovuto venire qua, forse no, ma ero già lui, non avrei potuto ritornare indietro, per nessun motivo. La chiave aprì perfettamente quella cassapanca, pesantissima, piena di polvere, e con tutta la forza che avevo la tirai verso l’esterno, visto che se ne stava di sotto ad una vecchia scrivania, come già detto, in un angolo. 
 

Con l’apertura del lucchetto, la mia vita cambiò improvvisamente.
 

Dentro ad essa vi era il frutto della mia esistenza, il motivo per cui io, adesso, vivo una vita dignitosa, circondato da amore, affetto, felicità, e soprattutto, circondato dalla purissima libertà di pensiero, con la quale sono sempre cresciuto. Per quanto tempo avrei dovuto ancora aspettare, prima di conoscere il contenuto di questa cassapanca, culla dell’amore più perfetto, indicibile e meraviglioso?
Sgranai gli occhi, non ci potevo credere. Sembrava di essere di fronte a dei documenti storici. I fogli erano ingialliti, gli angoli di essi leggermente sgualciti. Che fascino, e che mistero. Quasi mi veniva da piangere. Scavai a fondo, in mezzo a quel tesoro prezioso, finchè non trovai una busta, quasi gialla per il tempo passata a prender polvere. Una fotografia, incollata saldamente nella busta anticipava senza alcun dubbio il suo contenuto.
 

La aprii senza nessuna esitazione, e scoprii che il tesoro non stava tanto nella cassapanca, ma in quella busta ormai vecchia più di venti anni. Il mio cuore batteva forte, le lacrime si sforzavano di non scendere, la mia mente, adesso, riusciva a darsi innumerevoli risposte. Dentro ad essa fogli, soltanto fogli. Li aprii senza indugio e cominciai a leggere il loro contenuto.
Erano lettere.
Lettere in cui vi era tracciato tutto il cammino, tutti gli ostacoli, tutte le più acerrime difficoltà di due angeli che mi hanno salvato l’esistenza. No, non potevo fare a meno di piangere, leggevo e realizzavo, la mia curiosità allo stesso tempo si saziava, il mio senso di colpa per aver aperto quella cassapanca mano a mano svaniva. Era stato messo tutto per iscritto, col fine di non dimenticare e di rinnovare, di tanto in tanto, i ricordi più meravigliosi, anche se essi non svaniranno mai nella mente di chi li ha vissuti.
 

Non sapevo che i mie due angeli si erano rincorsi così tanto, prima di afferrarsi splendidamente, nella giravolta più gioiosa. Continuavo a leggere, le lettere erano tutte numerate. Dalla prima a l’ultima. Il racconto di quell’epopea, dove il viaggio di conquista non sembra mai aver fine, e dove alla fine  di esso, regna la vittoria di chi l’ha vissuto senza mai arrendersi. Loro sono sempre stati dei sognatori, che hanno sempre creduto nei sogni, e soprattutto, che hanno sempre creduto nei loro sentimenti. Hanno sbagliato, sono caduti, si sono rialzati e poi riabbracciati e sfiorati.
Adesso il mio desiderio era sfiorare quell’incisione in quella pietra così lontana, ma così vicina, in realtà. Forse la sfiorai quando avevo soltanto sette anni, ma chi può ricordare…ero piccolo, ed ero impegnato nel  giocare con quella sabbia bruciante, che mai mi scorderò. Era tutto nuovo per  me, il mondo era per me un posto sconosciuto, prima dei miei tre anni. Lo so,  so che le mie parole possono essere velate da un mistero, lasciate che vi spieghi brevemente quella che è stata la mia vita.
 

Nacqui indesiderato. Mia mamma mi strinse tra le sue braccia quando aveva soltanto 17 anni. Mi partorì, perché non aveva il coraggio di uccidermi nel suo ventre. Per questo la ringrazierò sempre, per non avermi ucciso, perché se mi avesse ucciso, non avrei mai e poi mai capito cosa significa vivere in maniera felice. Lei era ancora una studente, i suoi genitori la vedevano come una ragazza limpida, pura, e quando riferì a loro di essere incinta ( loro, che non sapevano neanche che lei fosse fidanzata), non ne volevano assolutamente sapere.  Lei, forse, mi avrebbe anche tenuto, ma loro la avrebbero cacciata via di casa. E dove va, una ragazza di 17 anni, senza i genitori?
Mio padre invece aveva smesso di andare a scuola da ormai tre anni. Aveva sudato per avere quella maturità scientifica, ma alla fine ce l’aveva fatta.  Stava con mia madre da due anni, e il loro amore finì con la mia nascita, perché i genitori di lei non gli permisero neanche di frequentarlo.  Avevano peccato. Quella società, dai quali erano guidati, gli aveva chiuso, serrato la mente.
 

Appena nacqui, quindi, fui tolto dalle braccia di mia madre biologica e affidato ad un orfanotrofio. Per fortuna non ricordo neanche quei tre anni, passati assieme ad altri bambini, sfortunati quanto me. Tutt’ora, non so quali siano i nomi di mia madre e di mia padre, so solo, che dopo i tre anni, la mia esistenza fu travolta da un uragano meraviglioso. Ero ancora piccolo per rendermene conto, ma la fortuna aveva proprio bussato alla mia porta. O meglio, due soldati, grandissimi soldati, avevano bussato alla mia porta, per darmi finalmente quell’amore che mi era stato sottratto.
 

Non potete immaginare con quanto amore sono stato cresciuto, con quante carezze e abbracci io sia stato tirato su. La mia vita, finalmente, aveva cominciato ad avere un senso. Correvo assieme a loro per i prati, costruivo castelli di sabbia tutte le volte che mi portavano al mare, non appena manifestai il desiderio di fare atletica mi segnarono all’associazione sportiva più vicina alla nostra casa. Sono cresciuto con l’armonia della musica, in mezzo a vinili e a cd, sono cresciuto in mezzo a dvd e a poster  cinematografici, sono cresciuto in mezzo a premi musicali e a premi cinematografici, sono cresciuto in mezzo all’amore più puro. Non m’importava niente della ricchezza, l’unica cosa che mi stava a cuore era il loro amore nei miei confronti e soprattutto, l’amore immenso che l’uno provava per l’altro.
 

Il mio nome e Jason e sono profondamente commosso per queste lettere, che mi hanno svelato quello che c’era prima della mia nascita. La mia vita adesso è profondamente e immensamente bella. Ho 18 anni e sono la persona più realizzata di questa terra. Ho deciso di mettere assieme queste lettere e di mostrarle al mondo intero.  Avete letto quello che significa amare veramente? Io sì, stasera l’ho capito, davvero.
Come ho già  detto,  sono cresciuto in mezzo alla pace e all’amore, e i miei genitori, quelli veri, quelli che mi hanno tramandato i valori, senza impedirmi alcuna cosa ( a parte il tenermi lontano dal loro nido d’amore, quale questa cassaforte) portano il nome di Colin Farrell e Jared Leto. Per me sono semplicemente i miei genitori, due esseri umani, che il destino ha lasciato amare, che si sono amati e che si amano tutt’ora al di là di ogni cosa.  I miei angeli, i miei soldati, che mi hanno raccolto, che hanno lottato aspramente per avermi. Due omosessuali, anche se non mi sento di etichettarli, che hanno spremuto il loro fegato per avere la mia adozione, e che, dopo due anni, riuscirono ad ottenere. Grazie a dio, riuscirono ad ottenere.
 

Non credete a quelli che dicono che i figli devono essere cresciuti con una figura materna e con una figura paterna, i figli vanno semplicemente cresciuti con amore e con affetto, come hanno fatto i miei due angeli. Ho avuto tutto quello che volevo, sono cresciuto con due fratelli meravigliosi, Henry e James, che mi hanno accolto in maniera splendidamente meravigliosa. Quando non sono dalle loro madri vengono qua, e passiamo le serate tutti assieme, con i miei due padri. Siamo una famiglia, una vera e propria famiglia. Sono cresciuto senza pregiudizi, con una mente aperta, che ho coltivato e che i miei genitori mi hanno sempre aiutato a coltivare. Credetemi,  non desidererei mai avere i miei due genitori biologici, Jared e Colin sono i miei genitori. Non sono cresciuto con traumi causati da una mancanza di una madre, come molte persone con la mente serrata crederebbero.
Sto bene, sono felice, sono realizzato, ho l’amore dei miei genitori, ei miei fratelli e non desidero nient’altro.
 

Riordino quelle lettere e le rimetto nella busta ormai ingiallita. La loro foto, in quel deserto, splende ancora grazie a quel sole accecante che in quel gennaio di molti anni fa li riunì per sempre.
Richiudo la cassapanca e la rimetto al suo posto, poi guardo l’orologio: “Devo sbrigarmi, i miei due padri saranno di ritorno a momenti!”
Quest’anno hanno fatto i loro 21 anni assieme, e sono andati a visitare la Macedonia e la meravigliosa Grecia, per rivivere l’amore di quei due personaggi che li fecero innamorare, per sempre.


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Bene, questo era l'ultimo capitolo di questa bellissima avventura. 
Un ringraziamento speciale alla mia Saretta ( lei capirà, immediatamente u.ù) e alla mia Betta. Ringrazio di cuore Kurokawa386 per aver sempre recensito e per avermi, anche lei, sempre incoraggiato ad andare avanti con la storia. Ringrazio anche Fidia2, la quale, anche lei, mi ha incoraggiato.
Ringrazio, poi, chi mi ha semplicemente letto con piacere, chi ha amato questa fan fiction, in quanto, con le vostre letture mi avete incoraggiato, anche voi. *-*
Un bacione a tutti voi ( :*) , spero, un giorno, di riavere l'ispirazione per scriverne un'altra! :) 

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