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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
prologo
AUTORE: Unsub/Ronnie89
TITOLO: We’ll bring you back
RATING: Arancione
GENERE: sentimentale, azione, introspettivo.
AVVERTIMENTI: LongFic, what if?
PERSONAGGI: squadra BAU, Sarah Collins, Cameron Leane.
DISCLAIMER: I personaggi non ci appartengono(tranne quelli da noi
inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS.
Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: si colloca fra l’episodio 18 della sesta stagione e
l’inizio della settima… E' ambientata prima di
“Skeleton” di Ronnie89 e quindi Sarah e Robin sono ancora
acerrime nemiche.
Prologo
Washington,D.C.
Era stato Spencer a comunicarle la notizia per telefono e lei ne era
rimasta annichilita. Riusciva soltanto a continuare a guardare il
telefono e a dirsi che c’erano un errore, che era tutto uno
sbaglio. No, non lei, non la sua adorata Emily. Aveva intuito che
c’era qualcosa che non andava quando aveva visto JJ
nell’atrio dell’Accademia, ma non aveva fermato
l’ex-collega per chiederle spiegazioni. Fra loro non c’era
mai stato un rapporto caloroso e dubitava che avrebbe risposto alle sue
domande.
Si era detta che avrebbe avuto tutto il tempo di chiedere spiegazioni a
suo marito, una volta tornati a casa, ma la squadra era partita in
fretta e furia per Boston senza metterla al corrente delle defezione
della sua migliore amica. Quando Spencer l’aveva chiamata in
lacrime, aveva sentito quella stretta alla bocca dello stomaco che le
prendeva sempre quando i suoi colleghi erano fuori in missione, sapeva
che era successo qualcosa di brutto.
Di tutto quello che poteva pensare, il fatto che Emily avesse
abbandonato la sua famiglia per inseguire un pericoloso trafficante
d’armi, di cui era stata addirittura l’amante, era la cosa
più inverosimile dell’universo. Poteva aspettarsi un
comportamento del genere da quella testa calda della sua ex allieva, ma
non da un’agente come quella che per lei era una sorella.
Ora era ferma tra Spencer e Derek, mentre il prete continuava a dire
cose senza senso per lei. Si sentiva svuotata di ogni sentimento, come
se fosse morta anche lei in quel magazzino abbandonato. Quello che la
preoccupava di più era la reazione di Derek, lui doveva
trattenersi come se avesse perso una collega e non la donna che amava.
Allungò una mano ad afferrare quella del suo amico, guardando
Leane che era al lato sinistro di Morgan, appena dietro a Garcia.
Nessuno di loro sapeva la verità, anche se qualcuno sicuramente
l’aveva intuita. Hotch non era uno stupido e sicuramente sapeva
che Prentiss e Morgan erano molto più che due colleghi, come
aveva capito molto tempo prima quello che la legava a Spencer. Persa in
quella riflessione si girò verso il suo ex superiore e vide
qualcosa che allertò tutti i suoi sensi.
Aaron aveva fatto un passo avanti e, prima di prendere la parola per
l’elogio funebre, si era scambiato uno sguardo d’intesa con
JJ. Corrugò la fronte, quei due non presentavano i classici
segni del dolore, sembravano sconcertati e addolorati, ma non distrutti
come il resto di loro. Poi Hotch cominciò a parlare, ma
stranamente ogni volta che parlava di Emily al passato… qualcosa
passava sul suo viso.
Fu come folgorata, quell’idea che le era appena venuta non poteva
corrispondere alla verità. Non poteva essere, non era
concepibile che facessero una cosa del genere al team. Poi vide
l’uomo alzare impercettibilmente la spalla sinistra mentre diceva
come Prentiss “fosse morta mentre assolveva il suo dovere”
e tutto le fu chiaro. L’unica cosa che non capiva era il
perché.
Staccò la mano da quella di Derek, mentre gli altri si
concentravano sulla bara che veniva calata nella fossa, lei osservava
JJ piena di astio. Non erano mai state amiche e i loro rapporti erano
sempre stati tesi, ma una volta era affezionata a quella donna che ora
non credeva più di conoscere. La bionda si rese conto di come
veniva guardata e sbatté le palpebre più volte,
incredula. Sicuramente pensava di aver recitato alla perfezione il suo
ruolo.
Sarah si chiuse in un ostinato silenzio fino alla fine della veglia
funebre e una volta tornati a casa, non parlò neanche con suo
marito, preferendo chiudersi nello studio al piano terra. Aveva bisogno
di riflettere da sola, Spencer avrebbe pensato che fosse sopraffatta
dal dolore per la perdita della sua più cara amica e
finché non fosse venuta a capo della cosa era meglio così.
Parigi, Francia
Non era stato facile seguire JJ in Europa senza farsi accorgere.
Fortunatamente in quei giorni si teneva un congresso a Lione e non
aveva dovuto inventarsi storie assurde con Spencer e suo padre. Era
normale che partecipasse a quel genere di iniziative, soprattutto
quando erano promosse dal sezione di Criminologia dell’Interpol,
visto che una volta ne aveva fatto parte e che le avevano addirittura
proposto di dirigerla.
Aveva fatto scalo a Parigi e avrebbe dovuto prendere la coincidenza
poche ore dopo, sorrise pensando che quella tratta del biglietto aereo
non sarebbe stata utilizzata. Era partita con un trolley abbastanza
piccolo da poter essere imbarcato come bagaglio a mano e quindi non
aveva dovuto preoccuparsi di valigie lasciate in aeroporto. Aveva
predisposto tutto per poter pedinare JJ senza che nessuno ne fosse a
conoscenza.
La bionda agente camminava davanti a lei e sembrava non essersi resa
conto di essere seguita da vicino. La vide sedersi al tavolo di un
caffè all’aperto e si fermò ad osservare una
vetrina in modo da poterla osservare attraverso il riflesso. Riconobbe
subito la donna mora seduta al tavolo, anche se ora portava i capelli a
caschetto ed indossava lunghi stivali appena sopra al ginocchio.
Sorrise pensando che quel genere di abbigliamento non faceva per Emily,
ma ci si abitua a molte cose quando si è sotto protezione.
Con circospezione le scattò una foto con il cellulare, giusto
per avere una prova tangibile che era ancora viva. Aspettò che
la mora si alzasse e si incamminasse da sola, poi prese a seguirla
discretamente per le vie della ville lumiere. Dopo un paio di isolati
fece in modo di accorciare le distanza fino a raggiungere una strada
relativamente deserta, a quel punto era così vicina che le
sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare la spalla di Prentiss.
La sua amica doveva essersi accorta che qualcuno la seguiva
perché si voltò di scatto impugnando una pistola. Sarah
si limitò a fissarla con uno sguardo di fuoco, mentre Emily
lasciava ricadere la mano osservandola stupita.
- Non dovresti essere qui – era visibilmente sbigottita – Mi stai mettendo in pericolo.
- Sei già in pericolo – fu la risposta laconica di Collins.
- Andiamo in un posto sicuro – Prentiss la prese sotto braccio e la portò attraverso i vicoli.
Giunsero ad uno stabile fatiscente ed entrarono. L’appartamento
era al primo piano, arredato in modo spartano, come si addiceva ad un
alloggio transitorio. Lo sguardo di Sarah non era mutato, occhi freddi
e determinati come quando interrogava un S.I., quel modo di fare
prometteva tempesta.
- Lui come sta? – chiese la rediviva profiler, combattendo con un nodo alla gola.
- Osi anche chiederlo? Come vuoi che stia dopo aver
tenuto tra le braccia la sua donna mentre stava morendo? – non
aveva alzato la voce, ma il tono era tagliente.
- Non potevo fare altro, Doyle è ancora vivo ed è fuggito.
- Potevi rivolgerti a noi, alla tua famiglia.
- Era troppo pericoloso.
- Un atteggiamento del genere me lo potevo aspettare
da quella testa calda di Leane, non da te – si mise a sedere sul
divano e si prese la testa fra le mani – Emily, come hai potuto
farci una cosa del genere.
- Non avevo altra scelta – le lacrime avevano
vinto – Lui vi avrebbe uccisi solo per far soffrire me, non
potevo permetterlo.
Sarah si rialzò e la strinse forte. Sapeva i motivi che
c’erano dietro quella decisione, ma lei non era il tipo che si
arrendeva così facilmente. C’era un’unica soluzione
al problema: doveva trovare Ian Doyle e renderlo inoffensivo una volta
per tutte. Anche lei non aveva altra scelta.
- Ti giuro che ti riporterò indietro, fosse anche l’ultima cosa che faccio.
Chiama il mio nome e salvami dalle tenebre (Bring me to life, Evanescence)
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
1
Capitolo 1
Quantico, Virginia
Non era possibile, ancora non ci voleva credere Cameron, non poteva
essere vero… il mondo le aveva voltato le spalle e stava
cominciando a girare al contrario.
Emily era morta, uccisa da Doyle, portando via un pezzo della squadra e
adesso Derek aveva deciso di lasciare l’unità per New
York, colui che aveva visto morire Emily Prentiss non ne voleva
più sapere di continuare in quel posto in cui adesso gli mancava
tutto.
Si fermò davanti alla sua porta di casa, l’aereo sarebbe
partito poche ore dopo e non aveva nessuna intenzione di farlo andare
via così, non adesso che non si potevano permettere di dividersi.
Era una giornata afosa, probabilmente per quello Ronnie trovò la
porta socchiusa. Entrò piano e lo vide sistemare le valigie nel
divano del salotto, non fu una bella sensazione realizzare che tutto
stava succedendo per davvero, Derek sollevò la testa verso di
lei e le disse un secco “vattene” voltandosi nuovamente.
Cameron rimase a guardarlo mentre piegava e infilava le magliette
dentro la valigia con disinvoltura, fece qualche passo avanti e si
fermò a pochi metri da lui.
- Non puoi andartene..
- Cameron per favore, torna a casa.
- Pensavi davvero che non avrei cercato di fermarti?
- Non hai nessuna speranza di fermarmi, non
c’è riuscita Sarah e non ci riuscirai tu, voglio solo che
mi lasci in pace – disse continuando ad ignorarla.
- Perché? Perché è più
facile abbandonarci che affrontare la realtà? Me l’avevi
detto tu quando è morto Spicer ricordi? Quando ho lasciato la
squadra mi hai detto che ero una vigliacca che non aveva il coraggio di
prendere la vita in mano e andare avanti, ora sei tu il vigliacco che
ci sta dando le spalle quando abbiamo bisogno di restare uniti!
- Stammi a sentire – continuò senza
voltarsi con voce apparentemente calma - non ho nessuna intenzione di
prendere una ramanzina da te, quindi se hai finito preferirei
continuare a prepararmi, l’aereo parte tra due ore.
Ronnie era sempre più incredula del suo comportamento, lo
fissava a bocca aperta senza sapere cosa dire, non era arrabbiata, non
ancora, era solo disperata perché stava per disintegrarsi quello
che aveva trovato in un anno a Quantico.
- Perché stai facendo così? –
riprese coi toni amari di prima - Tutti noi abbiamo perso Emily, non
solo tu! Ma nessuno sta lasciando la squadra per questo!
Derek si fermò un secondo tenendo gli occhi sulla maglietta sopra la valigia – Smettila – disse con fermezza.
- Non ho mai conosciuto nessuno più ipocrita!
– incrociò le braccia e si protese in avanti - Non pensavo
che per te fosse così facile sbarazzarti di noi, pensi che lei
vorrebbe questo? Non hai neanche il coraggio di guardarmi negli occhi!
Si voltò di scatto e la fulminò con due occhi decisi e
pieni di rabbia - Non ti permettere di dirmi cosa mi è facile o
meno ragazzina! Tu sei l’ultima persona che può fare
questi discorsi quindi chiudi quella boccaccia ed esci da casa mia
prima che perda la pazienza!
Cameron restò basita, fece un passo indietro e inghiottì
tutto ciò che stava per dire piegando la testa in basso, lo
guardò da sotto le ciglia, impaurita, sperando dentro di se che
tutto questo era solo un brutto sogno. Sentiva un nodo alla gola che
stava crescendo sempre più prepotente, rimasto in disparte per
uscire quando le cose sarebbero precipitate perdendo ogni speranza di
fargli cambiare idea. Fece uscire l’aria dalla bocca e
singhiozzò silenziosamente cercando di rimandare indietro le
lacrime, si guardò intorno, si sentivano solo gli spostamenti di
lui che continuava con i preparativi lasciando lei in disparte, si
asciugò gli occhi che ormai bagnavano le guance e alzò lo
sguardo.
- Non partire, per favore. Ho già perso Matt
ed Emily, non voglio perdere anche te. Mi avevi detto che non mi
avresti mai abbandonata, cosa faccio se non ho più anche te..e
Garcia? Collins? Reid? Anche loro hanno bisogno di te.
- Adesso basta - Derek si alzò col busto e
girò verso di lei, dubbiosa su cosa stesse per fare ora, le
andò incontro senza guardarla e l’afferrò per un
braccio portandola verso l’uscita con passi decisi.
- Che fai? Lasciami!! – gli oppose subito
resistenza e lui fu costretto a trascinarla mettendole un braccio
intorno all’addome.
- NO! Derek! – gridò cercando di liberarsi.
- Non rendermi le cose più difficili, lasciami in pace.
- Smettila ti prego!
Ronnie cercava di strattonarlo e ad ogni mobile che trovava nel cammino
verso l’uscita vi si aggrappava disperatamente, lui la prese con
più forza e arrivati alla porta Derek l’aprì
spingendocela fuori – Vattene - richiuse subito dopo sentendo
Cameron scontrarsi su di essa.
- Apri! – batté forte la mano sul legno – Apri ti prego! Non puoi farlo!
Prese una breve rincorsa e cercò di sfondarla con la spalla,
ripeté l’operazione più volte e si arrese sentendo
solo dolore ai muscoli.
Pianse con il viso contro la porta e ricominciò a battere con la
mano, con meno forza di prima con la rabbia di chi stava perdendo tutto.
- Ti odio! Hai capito? Ti odio! –
scivolò giù fino a sedersi per terra e poggiare la
schiena sulla parete, continuando a piangere.
Derek era seduto nel divano, la testa fra le mani e un nodo alla gola che sentiva arrivare fino agli occhi.
Ronnie continuava a pensare a quella frase “Non c’è
riuscita Sarah e non ci riuscirai tu”, come se la professoressa
Collins avesse più peso di lei in quella decisione, come se
fosse in secondo piano rispetto a quella donna. Si alzò e diede
un ultimo pugno contro la porta, prima di andarsene. Se riteneva
quell’arpia un’amica migliore di lei, allora poteva andare
a farsi fottere.
Pentagono, Arlington, Virginia
Camminava sicura in quel corridoio dove si respirava aria di potere,
con il cartellino per i visitatori appuntato in bella vista sulla
giacca del tailleur. Aveva incrociato più di un militare che le
aveva rivolto occhiate incuriosite ed ammirate, sapeva perfettamente
come trasmettere quell’aurea di sicurezza che induceva più
di un maschio a girarsi dalla sua parte.
Non che in quel momento le interessasse quel genere di attenzioni, a
dirla tutta non le interessava mai. Semplicemente sapeva che apparendo
sicura di sé induceva gli altri a prenderla sul serio e a
notarla. Sorrise pensando che ora le importava di mettere in soggezione
una sola persona, sapendo che il suo piano dipendeva tutto dalla sua
capacità di persuasione.
Bussò alla porta chiusa su cui capeggiava il nome della persona
che cercava ed aspettò di essere invitata ad entrare. Non si era
fatta annunciare, adducendo come scusa il fatto di voler fare una
sorpresa ad una vecchia amica e collega e flirtando spudoratamente con
la guardia all’ingresso. Aveva mostrato le sue credenziali ed
aveva sorriso in modo accattivante, convincendo l’addetto alla
sicurezza che era solo una visita di cortesia.
Il fattore sorpresa era determinante nel suo piano, non doveva
lasciarle il tempo di pensare e magari trovare una scusa per non
incontrarla. Così quando sentì la voce dare il permesso
di entrare spalancò la porta, assumendo lo sguardo di ghiaccio
per cui era nota in Accademia.
- Collins! – JJ era visibilmente sorpresa ed
incredula davanti a quell’apparizione inaspettata – Come
mai da queste parti?
- Ho pensato che era tanto che non ci incontravamo
– il tono era cordiale, gli occhi no – Che ne dici di farci
una passeggiata?
La bionda ex addetta alle comunicazione della squadra parve perplessa a
quella proposta e guardò fuori dalla finestra. Era una bella
giornata e non c’era motivo di rifiutare quell’invito,
anche se in cuor suo sapeva che Sarah le stava tendendo una trappola.
Ma come evitarla senza mettere le carte in tavola? Probabile che la
moglie di Spencer non sapesse la verità ed avesse solo dei
dubbi, perché darle altro materiale su cui lavorare?
Si alzò con grazia dalla sedia e le regalò un sorriso
tanto dolce quanto finto, sapevano entrambe di non essere amiche e che
quella non era una visita di cortesia. Come per un tacito accordo
nessuna delle due parlò fino a quando uscirono e si
incamminarono verso il Potomac.
- Come stanno Spencer e Christopher? – chiese JJ nella speranza di condurre il colloquio.
- Non è una visita di cortesia e lo sappiamo
entrambe – Sarah si girò ad osservarla – Voglio il
fascicolo di Doyle, compreso il profilo originale.
- Non posso dartelo, lo sai.
- Problemi di sicurezza nazionale? – alzò il sopracciglio con fare ironico.
- Quel caso non riguarda più
l’Unità e poi tu non fai neanche più parte della
squadra.
- Ma Emily è ancora la mia migliore amica
– si fermò ed alzò gli occhi verso il cielo.
- “Era” la tua migliore amica – preciso JJ.
- Dici? – un sorriso furbo le piegò le
labbra mentre prendeva il cellulare e premeva il tasto invio.
La bionda agente sentì il suo telefono vibrare in risposta e
guardò lo schermò preoccupata. C’era un nuovo MSM e
lei si affrettò ad aprirlo. Sbiancò riconoscendo se
stessa e Prentiss fotografate in un caffè all’aperto a
Parigi. Guardò l’ex collega con astio.
- Mi hai seguita! Chi ti da il diritto di…
- Ora tu stai zitta e mi ascolti –
sospirò cercando di assumere un tono conciliante – Io e
Emily abbiamo parlato e lei mi ha spiegato la situazione. Sappiamo
tutte e tre che finché Doyle è libero, la sua vita
è in pericolo come le nostre. Ho promesso di mantenere il
segreto e sai bene che quella è la mia specialità.
- Però vuoi il fascicolo –
precisò Jennifer continuando a fissarla – Perché
dovrei dartelo?
- Per svariati motivi – era il momento di
tirare fuori l’artiglieria pesante – Sai in debito con me,
ricordi cosa mi hai detto durante il caso Brunet? E’ il momento
di farti perdonare.
- Quello non c’entra niente con… - ma Sarah la interruppe ancora una volta.
- Inoltre se tu non mi dai quello che voglio, lo
chiederò al resto della squadra. Vorranno sicuramente sapere
perché mi serve… sei sicura di voler affrontare Spencer
dopo che avrà saputo che gli hai mentito?
- Non oseresti.
- Mettimi alla prova – la sfidò la mora
– Sai che so essere una perfetta stronza. Sai, dubito che Derek e
Garcia la prenderanno meglio. Inoltre, so che anche tu vuoi che lei
torni.
- Come pensi di fare?
- Ho preso accordi con l’Interpol. Alcuni dei
miei colleghi si ricordano ancora di me e non hanno digerito quello che
è successo alla squadra di Clyde Easter. I miei ex colleghi sono
persone strane, non tollerano chi va in giro ad uccidere agenti
dell’Interpol – una risata ironica le sfuggì dalla
labbra – Molte cose stanno cambiando all’Unità e il
mio ruolo all’interno dell’Accademia è uno dei
cambiamenti.
- Tornerai nella squadra?
- No, ma ora non è il momento di parlarne
– si girò a fronteggiare la sua antagonista – Dammi
quel dossier, JJ, è meglio per tutti.
- Mi prometti che non farai niente di sconsiderato?
- Sono Sarah Collins, non Cameron Leane – le rispose con una risata.
- Non so se questo sia un bene o un male –
rispose l’altra sorridendo a sua volta – Nessuno
dovrà mai sapere come hai fatto ad avere quelle informazioni, ne
va del mio lavoro.
- Fidati di me – tese una mano verso l’antica rivale.
- Non credo di avere altra scelta, giusto? – rispose JJ stringendole la mano.
Continua…
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
2
Capitolo 2
Quantico, Virginia
Si rigirava la matita fra le dita, girandola nella mano con uno sguardo
perso nel vuoto e nei suoi pensieri, un rumore secco la destò,
facendo alzare la testa a Reid davanti a lei.
- Tutto okay? È la seconda matita che rompi – le fece
notare lui, tanto per parlare visto che ormai nell’openspace
regnava il silenzio.
- Ne ho altre cinque se è per quello – rispose fredda Cameron.
Non aveva cambiato direzione degli occhi, fermi sulla postazione vuota
di Derek. A farle compagnia c’era solo Reid nella scrivania di
fianco e i sentimenti che si alternavano nella sua testa. Che il mondo
si stesse prendendo gioco di lei? Per un momento le balenò in
testa l’idea di tornare a lavorare a Los Angeles, lontano dalle
illusioni in cui aveva creduto fino a pochi giorni prima, prima che
morisse Emily, prima che li lasciasse Derek, prima che la squadra
diventasse qualcosa di estraneo per tutti, nessuno credeva più
in quel lavoro e tanto meno avevano voglia di recarsi lì ogni
giorno, ricordandosi dove li aveva portati. Pessima idea tornare a Los
Angeles, si era fatta troppi nemici tra criminali e poliziotti a cui
aveva pestato i piedi, inoltre aveva decisamente troppe conoscenze poco
affidabili che l’avrebbero trascinata in poco tempo nel giro
della droga, e lei ci sarebbe ricascata per bene senza troppi
preamboli. No, meglio stare lontano dai pericoli e dimenticare
quell’ambiente. Da quando era diventata responsabile?
Magari poteva andare all’Interpol, in Europa si sarebbe certo
dimenticata della sua esperienza a Quantico, avrebbe rimosso
l’illusione di poter trovare quello che non aveva mai avuto,
degli amici e qualcuno che gli voleva bene, o almeno così gli
dicevano… Avrebbe dimenticato la delusione che aveva trovato in
quel lavoro e che gli aveva dato colui che reputava il suo migliore
amico. Ma quale migliore amico la tratterebbe come l’ultimo degli
stracci dopo tutto quello che gli aveva confidato e promesso in poco
tempo!? Per lei era già stato un record costruire qualcosa, un
minimo rapporto con qualcuno al di fuori di Spicer.
Un altro rumore secco fece alzare la testa a Reid, questa era la terza
matita che Cameron rompeva fra le mani. Meditò sulla
possibilità di allontanarsi da lì per sempre, poi
all’improvviso cambiò direzione di pensieri, non si
sarebbe comportata come Derek, non sarebbe fuggita dalla squadra nel
momento meno opportuno, sarebbe rimasta con i pochi superstiti, almeno
loro non l’avevano tradita, si considerava parte di loro, se
Derek poteva fare a meno di lei, che andasse a quel paese. Non avrebbe
permesso che l’ennesima delusione le rovinasse la vita, sarebbe
andata avanti a testa alta, con una ferita in più nel cuore.
Bastava solo stare lontano da quell’arpia della Collins e tutto
poteva filare liscio.
La Strauss aveva esplicitamente chiesto che tutta la squadra, o quello
che ne rimaneva, si facesse trovare alle dieci in punto in sala
riunioni. Aveva preso un periodo di aspettativa, eppure aveva
comunicato a Hotch che c’erano importanti novità di cui
doveva essere messi al correnti tutti i membri del team.
Quando la capo sezione fece il suo ingresso seguita da Collins,
pensarono che Sarah sarebbe tornata all’Unità per
sostituire Morgan che li aveva lasciati. Lo sguardo indifferente della
ragazza, invece, non faceva presagire niente di buono. Reid
raddrizzò la schiena, da settimane sua moglie sembrava strana e
non parlava quando erano a casa.
- Questo è stato un anno duro per la vostra squadra –
esordì la Strauss mettendosi a sedere – Il trasferimento
dell’agente Jaraeu, la morte dell’agente Prentiss e la
promozione dell’agente Morgan. Sicuramente siete tutti piuttosto
scossi dagli ultimi avvenimenti, ma sfortunatamente sono state decise
altre variazioni dai piani alti.
Prese fiato per cercare di finire il discorso, ma non sapeva neanche
lei come affrontarlo. Era del tutto impreparata alla chiamata che aveva
ricevuto il giorno prima da uno dei suoi superiori e dalle notizie che
le erano state fornite. Non trovava senso in quelle decisioni
arbitrarie, ma stranamente sua nipote non aveva mosso nessuna obiezione
in merito, come se sapesse cosa bolliva in pentola. Scacciò quel
pensiero tornando ad osservare i membri superstiti del team.
- Agente Seaver, lei è stata assegnata in via definitiva a
questa Unità sotto la supervisione dell’agente Hotchner
– si inumidì le labbra pensando che quella era la parte
più facile – Per quanto riguarda il dottor Reid e
l’agente Garcia non ci sono pervenute indicazioni, quindi presumo
che le cose rimarranno come sono ora.
- Quindi, sta dicendo che ci ha riuniti solo perché Seaver
è stata ammessa ufficialmente nella squadra? – chiese
Cameron cominciando a pulire la pistola.
- No, agente Leane – gli occhi celesti della capo sezione si
posarono su Aaron – Per quanto riguarda lei, agente Hotchner,
continuerà ad essere il capo di questo team e, visto che ho
preso un periodo di aspettativa, le sarà chiesto di occuparsi
anche di parte del mio lavoro. L’agente Rossi verrà
trasferito all’Accademia come insegnante.
- Come? – David si alzò in piedi e la guardò attentamente – Stai scherzando?
- Assolutamente – lo contraddisse la donna – Visto che
l’agente Collins è stato richiesto da un’altra
sezione del bureau non possiamo lasciare scoperto il corso di
introduzione al profiling. Ci sei sembrato la scelta migliore.
- La professoressa Collins viene trasferita? – Seaver
osservò prima la sua ex insegnante e poi Reid che sembrava
perplesso quanto lei.
- E’ richiesta la sua presenza al quartier generale di
Washington, per dirigere una speciale task-force – aspettò
che metabolizzassero la notizia e quindi sganciò la bomba
– Così come lei agente Leane.
- Io non vado da nessuna parte! – Ronnie saltò in piedi e
fece cadere la pistola, mentre guardava la Strauss piana di astio
– Se pensa di liberarsi di me e che io accetterò
questo…
- Non è una richiesta, agente speciale Cameron Leane, è
già stato deciso – finalmente prese la parola Sarah che
sembrava estremamente calma – Come suo nuovo capo le ordino di
mantenere il controllo. Prepari le sue cose, da domani lavorerà
alle mie dipendenze presso la sede di Pennsylvania Avenue.
Il silenzio scese nella sala, mentre Ronnie raccoglieva la pistola e
tornava a sedersi. La capo sezione si alzò per lasciare la
stanza, ma prima strinse un braccio a Collins che non sembrò
neanche notarlo. Spencer continuava a fissare sua moglie e chiedersi
perché gli aveva tenuto segreto il fatto che era stata
contattata per un nuovo incarico e si chiedeva in cosa consisteva,
visto che nessuno aveva menzionato a che tipo di sezione era stata
trasferita.
- Comunque, c’è anche una buona notizia per voi –
disse Sarah voltando loro le spalle per uscire a sua volta – JJ
è stata riassegnata a questa squadra, anche se con nuove
mansioni.
- Cioè? – chiese Hotch che cercava di metabolizzare le
bombe che in poco tempo erano esplose una di seguito all’altra.
- Ora è una profiler – fu la risposta laconica di Collins prima di chiudere la porta alle proprie spalle.
Tutti sospirarono appena furono lasciati soli, Ronnie si era seduta e
fissava un punto della scrivania ancora sbigottita da quella
novità, lavorare alle dipendenze di quell’arpia della
Collins era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di fare come
piano per il suo futuro. Strinse i denti e si alzò in piedi
rumorosamente, sentiva gli sguardi dei colleghi addosso insieme alla
sua frustrazione, stavolta era troppo, prese in mano la pistola solo
per lanciarla con rabbia in un angolo della sala.
- Stronza! – esclamò dedicando il pensiero a Sarah, si
diresse poi verso la porta, scontrandosi con la spalla di Reid, e la
sbatté con forza alle sue spalle.
Continua…
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
3
Capitolo 3
Quantico, Virginia
Se questo era il suo piano per allontanarla dalla squadra, era
decisamente molto furba. Quale scusa migliore se non quella di metterla
a sua totale disposizione? Aveva sempre creduto che Collins non vedesse
l’ora di buttarla fuori a calci, specialmente dopo tutti i casini
che aveva combinato a partire dall’incidente con Reid, ma era
anche vero che era stata lei stessa a farla entrare
nell’Unità… sicuramente si era pentita di quella
scelta dopo il suo primo giorno di lavoro, visti i risultati. Infondo
avrebbe dovuto aspettarsi una notizia simile dopo quello che era
successo, non c’era più Emily a sostenerla, non
c’era più Derek a tenerla a bada, né la Strauss
né Collins né Hotch, potevano permettersi di tenere una
come Leane fuori controllo, meglio tenerla al guinzaglio ed evitare
altri rischi all’interno del team.
Si sedette sul letto e affondò il viso fra le mani mentre
sospirava, pensò a come le sue prospettive erano cambiate in un
batter d’occhio: restare unita alla squadra e andare avanti senza
farsi travolgere dagli avvenimenti, dimenticare i fatti e reprimere le
emozioni erano i suoi obiettivi principali, portando con sé
quella sua maschera di freddezza che la lasciava lontano dal mondo
esterno senza far trasparire quello che provava dentro, cercando di
sopprimerlo. Ora il suo futuro era ben diverso, lontano dalla squadra,
agli ordini della professoressa Collins che dirigeva una speciale
task-force.
Quando decise di entrare nell’FBI, non era certo questo che si
aspettava accadesse, non credeva di trovare degli amici e di certo non
credeva di trovare altre delusioni, non credeva di trovare niente di
tutto quello che invece aveva vissuto in un anno così pieno di
situazioni ed emozioni diverse, si era sentiva viva in modo del tutto
diverso da prima. La situazione era iniziata a precipitare da quando JJ
se n’era andata, non aveva mai avuto un grandissimo rapporto di
amicizia con lei, non le aveva mai confidato nulla, non parlavano mai
da sole per troppo tempo, era un semplice rapporto formale tra colleghe
che ogni tanto scambiano qualche parola tra sorrisi timidi e di
circostanza. Nessuna delle due si era mai sbilanciata troppo verso
l’altra, il carattere irrequieto di Leane l’aveva sempre
intimorita, troppo imprevedibile e schiva per permettere alla pacata JJ
di andare oltre, una di quelle che solo guardandola negli occhi si ha
paura di dire qualcosa di sbagliato, così JJ si limitava a
rispettarla e viceversa, ma sicuramente andava meglio che con la nuova
arrivata Seaver. Ricordò il giorno in cui venne presentata alla
squadra, Reid cominciò a farle domande sul chi fosse e chi non
fosse, lei invece, aveva iniziato a squadrarla da testa a piedi con le
braccia incrociate dall’aria “e tu che vuoi?”,
cominciò a farle il terzo grado sulle sue esperienze lavorative,
sui suoi studi, che votazioni aveva avuto all’Accademia e
così si prese una gomitata da Derek che le lanciò
un’occhiata d’intesa da “finiscila di farla a
pezzi”. Un sorriso malinconico le sfiorò le labbra, meglio
allontanarsi subito dai ricordi. Se il piano di Collins era toglierle
quel poco che le rimaneva della squadra si sbagliava di grosso, non le
avrebbe reso la vita facile e alla fine o l’avrebbe rispedita nel
team o dall’altra parte del mondo pur di non averla tra i piedi,
qualsiasi cosa decidesse l’avrebbe accettata come sua
volontà.
Sarah Collins avrebbe scoperto una volta per tutte di che pasta era
fatta e quanto poteva essere stronza Cameron Leane, di questo ne era
certa.
Casa Reid, Quantico, Virginia
Erano seduti nel giardino posteriore. Spencer si era accomodato su una
poltroncina di vimini mentre teneva in braccio Chris, che sembrava
interessato solo al cubo di Rubik che aveva trovato sulla scrivania
della madre, Sarah e Jason erano seduti vicini sul dondolo e guardavano
ognuno il proprio drink.
- Si può sapere almeno a che sezione sei stata
assegnata? – Reid era esasperato dalla mancanza di informazioni.
- Non è un segreto, semplicemente cercavo le
parole per dirtelo – ammise la moglie alzando lo sguardo su di
lui – Sono a capo di una speciale Task-force della sezione
anti-terrorismo.
- Ti sembra una cosa sensata accettare un incarico
del genere? – per la prima volta Spencer si comportava con
aggressività nei confronti di sua moglie.
- Tesoro, non ha niente a che vedere con
l’incarico che aveva Emily nell’Interpol – la donna
capiva benissimo le preoccupazioni del ragazzo – Non andrò
in giro sotto copertura e non mi infilerò nel letto di qualche
pericoloso trafficante d’armi.
- Molto spiritosa! E’ proprio il caso di
scherzarci su questa storia – il giovane dottore si alzò
stringendo a sé il figlio – Mi auguro che tu sappia cosa
stai facendo.
Detto questo entrò in casa senza più rivolgere la parola
a nessuno. Sarah abbassò di nuovo lo sguardo sul suo bicchiere,
confortata dal fatto che suo padre le avesse coperto una mano con la
propria e ora la guardasse nell’attesa di ulteriori spiegazioni.
- Tu non dici niente? – si girò verso
l’uomo più grande – Non mi fai la ramanzina anche tu?
- Ho imparato a mie spese che è meglio non
contraddirti, perché quell’atteggiamento riesce solo a
farti intestardire di più – Jason sorrise mentre si
portava il bicchiere alle labbra – E’ la prima volta che ti
sento esprime un parere personale sulle scelte degli altri.
- Scusami?
- Quello che hai detto sull’andare a letto con
dei trafficanti d’armi… Non è da te giudicare la
tua migliore amica, tanto più che Prentiss ha pagato un prezzo
altissimo per la sua decisione.
Sarah tolse la mano da quella di Gideon e si voltò a guardare la
porta chiusa oltre la quale era sparita la sua famiglia. Non le era mai
costato così tanto mantenere un segreto e si rendeva conto che
il suo comportamento doveva essere giustificato in qualche modo. Ma
mentire a suo marito e suo padre era una cosa che la inorridiva. Poteva
omettere quello che JJ e Hotch avevano fatto, poteva tacere che Emily
era ancora viva anche se costretta a nascondersi, ma dire una
bugia… Optò per una mezza verità.
- Credo di essere nella fase della rabbia. Continuo a
ripetermi che se lei non avesse avuto una relazione con Doyle, se non
si fosse fatta coinvolgere troppo dal suo lavoro… E’
sciocco continuare a rimuginare su quello che è andato storto,
vero?
- Non è sciocco, è semplicemente umano
– l’uomo le circondò le spalle con un braccio
– Anche tu hai commesso degli errori, no?
- Se ti riferisci a Mark, sono la prima ad ammettere
di aver fatto un casino. E’ stato stupido e avventato farlo
entrare nel mio letto, ma a mia discolpa posso dire che almeno era un
collega e non un terrorista – nonostante non volesse farlo, si
rendeva perfettamente conto di stare giudicando la sua migliore amica
– Vorrei solo… io… E’ così difficile.
- Non è mai facile lasciare andare le persone.
Il fatto che Morgan abbia lasciato l’Unità deve essere
stato un brutto colpo per tutti voi, specialmente dopo aver perso
Prentiss in quel modo.
- La famiglia si sta disgregando ed io non posso fare
nulla per impedirlo – Sarah si alzò e decise di giocarsi
il tutto per tutto – Papà, so che Spencer ritiene che
avrei dovuto rifiutare, ma credo di aver bisogno anch’io di
cambiare. Dopo tutto quello che è successo quest’anno
è diventata dura alzarsi ogni mattina e fare finta che vada
tutto bene. Non mi sono ripresa da quello che è successo a New
Haven*, non credevo che uccidere qualcuno potesse segnarti così
tanto.
- Non avevi altra scelta, tesoro – Jason si
alzò a sua volta e cercò di catturare di nuovo lo sguardo
di sua figlia.
- Lo so, ma questo non rende le cose più
facili – la ragazza chiuse gli occhi e scosse la testa – Il
trasferimento di JJ, la morte di Emily e la fuga di Derek. Come
possiamo sopravvivere a tutto questo rimanendo uguali? Io sento che la
mia strada ora è fuori da quell’ufficio, lontano da tutto
quello che conosco per poter ricominciare a vivere.
- Parlerò io con Spencer – disse
l’uomo avviandosi verso la porta a vetri – Vedrai che
capirà perché tu senta la necessità di andartene
dall’Accademia. Ma cosa succederà se anche gli altri se ne
andranno?
- Ho bisogno di essere egoista, almeno una volta in
vita mia – fu la risposta di Sarah prima di dargli le spalle e
scoppiare a piangere.
Continua…
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
4
Capitolo 4
Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Sarah era ferma davanti alla finestra del suo nuovo ufficio con le
braccia incrociate, aveva chiuso la porta a chiave e dava le spalle al
suo interlocutore. L’uomo alle sue spalle era comodamente seduto
su una delle sedie davanti alla scrivania e giocava distrattamente con
un cubo di rubik.
- Mi sono sempre chiesto perché l’unico
effetto personale che si trovava sulla tua scrivania fosse un cubo
magico – interloquì distrattamente l’uomo, perso in
altri pensieri.
- Semplice strategia. Mai mostrare niente di
sé al nemico, mai dare un appiglio – constatò lei
– In questo tu sei sempre stato un maestro o almeno così
mi dicono.
- E’ buffo che le nostre strade non si siano
mai incrociate prima… in fin dei conti mi saresti tornata utile
nella mia squadra. Anche se dubito fortemente che Battenberg avrebbe
rinunciato a te.
- Inoltre non è mia abitudine interagire con
le persone a cui devo fare un profilo in maniera
“personale” – calcò la voce sull’ultima
parola stringendo i pugni.
- Però, dalle informazioni che mi hanno
passato, non disdegni di interagire a livello personale con i tuoi
colleghi – rispose l’uomo posando il cubo.
- Stai attento Easter – lo ammonì la donna girandosi a guardarlo.
- A cosa devo l’onore di questo colloquio? – rispose Clyde perlustrando l’ufficio.
- Prentiss e Doyle, che altro? Non vedo cosa abbiamo da dirci a parte quello che riguarda quei due.
- Prentiss ormai è morta. Avevo avvertito
l’agente Hotchner che l’unico modo per rendere inoffensivo
Doyle era un colpo in mezzo agli occhi, ma il tuo testardo capo non mi
ha dato retta e il risultato è stato la morte di uno dei
migliori agenti che io abbia mai incontrato.
- Voglio il profilo originale di quel figlio di puttana, il resto non mi interessa.
- Perché? Cerchi vendetta? –
l’uomo sembrò scrutarla più intensamente di prima.
- Voglio finire il lavoro che hanno cominciato i
membri della mia ex squadra. Tra gli agenti dell’Interpol
serpeggia una certa… “disapprovazione” per come quel
bastardo l’abbia fatta franca dopo aver ucciso quattro dei nostri.
- Ti consideri ancora un agente dell’Interpol?
- Smettiamola di giocare. Anche tu vuoi che io lo prenda, giusto?
- Siete solo in due, cosa pensi di poter fare?
- Questo è un mio problema. So che anche tu tenevi a Emily, non solo a livello professionale.
- Le avevo promesso che sarebbe stata al sicuro.
- Ci sono promesse che non possiamo mantenere –
Sarah tornò a guardare fuori dalla finestra – Dobbiamo
sbrigarci, tra poco la mio nuova subordinata arriverà e non
voglio che ti trovi qui quando busserà a quella porta.
- L’agente Leane non mi sembra il tipo da
rispettare i superiori… almeno da quel poco che ho visto durante
il mio breve incontro con la squadra di Hotchner.
- Si piegherà – Collins fece un sorriso
cattivo e carico di significato – Io non sono Hotch e lei lo
scoprirà quanto prima.
L’uomo estrasse una busta bianca dall’interno della giacca di pelle e la posò delicatamente sulla scrivania.
- Sapevo che mi cercavi per questo – dicendo
così si alzò incamminandosi verso l’uscita –
Mi auguro che tu sia più “ragionevole” del tuo ex
capo.
- Voglio giustizia, Easter, questa è
l’unica cosa che mi interessa. Se quello che mi serviva fosse
stato in possesso delle sicurezza interna non ti avrei disturbato.
- Non è un disturbo.
- Forse per te no, ma mi fa venire il voltastomaco
dover parlare con te – si girò come una furia, mostrando
tutta la sua rabbia nei confronti dell’uomo – Sei uno
scellerato che ha dato i suoi uomini in pasto ai lupi. Non mi piacciono
i tuoi metodi.
- Non ho costretto Prentiss a fare quello che ha fatto con Doyle.
- Ma glielo hai chiesto tu – Sarah tornò
a guardare fuori dalla finestra, per lei quella conversazione era
chiusa.
Stava percorrendo la strada con le mani strette sul volante, aveva
lasciato Quantico insieme ai ricordi e si dirigeva verso il primo
giorno della sua nuova vita agli ordini di Sarah Collins. Non aveva la
minima idea di cosa aspettarsi. Cosa sarebbe successo? Era la domanda
che le occupava la mente da quando aveva saputo la sua nuova
destinazione.
Avrebbero trascorso gli anni a far finta di essere una coppia affiatata
e arrestare i cattivi? Oppure Collins, ai limiti
dell’insopportabilità, se ne sarebbe sbarazzata una volta
per tutte? Insomma Emily Prentiss era morta, ed era anche la migliore
amica di Sarah, possibile che l’unico pensiero di Collins fosse
la sua mania di superiorità anche adesso? Sembrava che quella
storia non l’avesse minimamente toccata, che la squadra fosse
andata in mille pezzi senza trascinare dentro quell’abisso anche
lei, nessun segno di cedimento, neanche con il marito, nessun segno di
dolore, nessuna lacrima, come se Emily non avesse mai fatto parte della
sua vita, era fredda e distaccata con tutti.
Decisamente era emotivamente stitica, non avrebbe mai immaginato quello
che al contrario stava passando lei, con l’abbandono prima di
Emily a rompere il suo equilibrio e la sua felicità... quello di
Derek era stato il colpo di grazia. Ronnie scacciò via quei
pensieri prima di ricadere nel vuoto, vide la sua destinazione davanti
a sé e cominciò a rallentare.
Tra tutte quelle domande sapeva solo che dal momento in cui avrebbe
messo piede dentro la nuova sede avrebbe buttato una volta per tutte il
passato di Quantico alle spalle senza poter tornare indietro, senza una
via d’uscita. Non aveva avuto nessuna scelta, l’avevano
legata e buttata in pasto al leone, l’unica cosa che poteva fare
era difendersi e ribellarsi a modo suo, non avrebbe permesso a lei di
prendere in mano la situazione, se voleva lavorare con Cameron Leane,
doveva subirne le conseguenze.
Ronnie spense il motore nel parcheggio e scese dal suo SUV,
sbatté la portiera e rimirò l’imponente edificio
che le si palesò davanti, sospirò pesantemente con le
mani sui fianchi, prese il borsone in spalla e si diresse verso
l’entrata.
Quello d’ora in poi sarebbe stato il suo esilio e il suo inferno personale.
Inammissibile! Era inammissibile il comportamento di Leane, era
arrivata da un’ora e non si era neanche presentata a rapporto, si
era fatta indicare il suo ufficio e si era chiusa lì senza
preoccuparsi di andare da lei. Se Hotch l’aveva abituata
così era meglio chiarire subito che la pacchia era finita.
Collins ringraziò la segretaria che le aveva dato
l’informazione e si diresse a passo deciso verso la causa della
sua furia. Aprì la porta senza bussare e corrucciò ancora
di più lo sguardo mentre “ammirava” la sua nuova
sottoposto al suo passatempo preferito.
Ronnie aveva incrociato le gambe sopra la scrivania e se ne stava
placidamente accomodata a lucidare la pistola, alzando appena lo
sguardo verso il suo nuovo capo con fare noncurante e con
l’innocenza dipinta sul volto.
- Professoressa Collins – la salutò con un cenno del capo.
- Bene, bene, agente Leane, vedo che si è
subito messa al lavoro – ironizzò Sarah facendo un passo
avanti e buttando giù i piedi della ragazza dalla scrivania
– Non so come Hotchner l’abbia abituata, ma io esigo che
venga a fare rapporto nel mio ufficio tutte le mattine appena arrivata.
- D’accordo – rispose la ragazza senza
scomporsi e con un’aria strafottente dipinta sul volto.
- Agente Leane! – ora la donna era veramente alterata – Cosa crede? Di essere qui in vacanza?
- Non so perché sono qui, quindi se me lo vuole spiegare lei.
- Cominciamo veramente male. L’aspetto fra
dieci minuti nel mio ufficio – Collins si girò per
lasciare l’ufficio.
- Può darmi le sue direttive anche adesso.
- Comando io qui e lei deve limitarsi a eseguire gli
ordini, altrimenti la faccio sbattere in qualche sede sperduta a
mettere a posto gli archivi. Chiaro? – uscì sbattendo la
porta.
Ronnie chiuse gli occhi a fessura e guardò la porta ormai chiusa
come per incenerirla. Chi si credeva di essere quella boriosa
rompiscatole della sua ex insegnante? Voleva il gioco duro? Bene,
glielo avrebbe servito su un piatto d’argento.
Le direttive erano fare rapporto ogni giorno nell’ufficio di
quell’arpia ed eseguire i suoi ordini. Si sarebbe limitata a fare
quello, senza metterci il cuore. La sua famiglia gliela avevano
già portata via, che altro poteva farle di così tremendo
quella strega dagli occhi verdi?
Rimise la pistola nella fondina e si alzò per recarsi dal suo
nuovo capo. Nella mente le passò per l’ennesima volta un
quesito: cosa diavolo ci trovava Reid in quella donna? Possibile che un
tipo dolce come lui potesse essere attratto da quello yogurt scaduto
ambulante? Scosse la testa; meglio evitare di pensare troppo ai ragazzi
della squadra, ormai quel capitolo della sua vita apparteneva ad un
passato che non sarebbe mai tornato.
Continua…
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
6
Capitolo 5
Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Ronnie bussò alla porta ed entrò senza attendere
risposta, Collins era seduta dietro alla scrivania e stava parlando al
telefono mentre le faceva cenno di sedersi. La ragazza si
accomodò incrociando le braccia e accavallando le gambe,
guardando in modo torvo il suo capo. Le aveva fatto una scenata poco
prima dicendole di andare nel suo ufficio ed ora la faceva aspettare
mentre chiacchierava al telefono con chissà chi.
- La ringrazio dell’offerta, mi creda, ma non
ritengo sia la persona adatta – Sarah batteva una penna sul
tavolo con aria nervosa – Torno a ripeterle che l’agente
Penelope Garcia non è adatta al tipo di lavoro che svolgiamo qui.
A sentire il nome della sua vecchia compagna di squadra, Leane ebbe un
tuffo al cuore. Naturale che la Collins non la volesse; fosse mai che
la presenza di Garcia portasse un po’ di allegria in quel posto.
Scosse la testa, decisamente la sua ex insegnante era determinata a non
farla sentire a casa.
- Stavo pensando a qualcun altro… Non credo
che per voi faccia differenza, visto che so che momentaneamente non
è assegnato a nessuna squadra in particolare. Figuriamoci, non
voglio togliere all’agente Hotchner un elemento così
valido del suo team. Credo abbia già ricevuto cattive notizie a
sufficienza – la donna si lasciò sfuggire un sorriso
– Come? Ah sì, certo… stavo pensando al tecnico
informatico Kevin Lynch. Grazie signore, le sono veramente riconoscente.
Evidentemente la conversazione era terminata e Sarah posò il
ricevitore con la massima calma. Ron la guardava in tralice, era la
prima volta che vedeva l’ombra di un sorriso sulle labbra di
quell’arpia sempre così seria. Per un momento pensò
che era anche più seria di Hotch, almeno il suo ex capo ogni
tanto sorrideva, la Collins sembrava incapace di tirare su gli angoli
della bocca e mostrare un qualche tipo di espressione che non fosse il
gelo totale.
- Allora, agente Leane, credo che dobbiamo parlare
delle regole da seguire d’ora in poi – l’ombra di
sorriso era sparita dal volto della donna che la guardava con una
gelida furia – Come le ho già detto, esigo che venga a
fare rapporto tutte le mattine appena arrivata e che si presenti nel
mio ufficio ogni volta che viene convocata.
- Sissignora – rispose la ragazza con indifferenza.
- Non voglio più trovarla ad oziare nel suo
ufficio, qui si lavora – rincarò la dose – E,
assolutamente, non voglio più trovarla stravaccata in quel modo.
Questa volta Cameron non rispose neanche, limitandosi a guardare
l’altra con sufficienza. Decisamente la convivenza sarebbe stata
difficile, se non impossibile. Leane meditava che avrebbero finito con
l’uccidersi a vicenda entro la fine della settimana.
- Potrei sapere quali sono i miei compiti? Di cosa ci dobbiamo occupare, esattamente?
- Questa è una task-force speciale, richiesta
dal dipartimento dell’interno – cominciò Collins,
parve ripensarci e scrollò la testa – Inutile girarci
intorno. Ci occupiamo di terrorismo, agente Leane, e quindi mi aspetto
la massima serietà da parte sua. Come ha potuto sentire dalla
mia conversazione telefonica, ci hanno concesso di avere un altro
agente nella nostra unità. Lynch dovrebbe essere assegnato a
questa squadra entro un paio di giorni.
- Perché ha rifiutato Garcia? – chiese
Ronnie chiudendo gli occhi a fessura – E’ una tecnica
informatica migliore di Kevin.
Sarah parve meditare un attimo sulla risposta, poi alzò gli
occhi fino ad incontrare quelli di Leane. La ragazza rimase senza
fiato, non riuscendo a riconoscere in quello sguardo pieno di dolore e
dubbi, la donna sicura ed arida che le si era sempre palesata. Ci fu
ancora un istante di silenzio, prima che Collins parlasse.
- Punto primo, credo che la squadra abbia subito
già abbastanza perdite, senza dover aggiungere quella della sua
“anima” – disse la donna mimando le virgolette con le
mani – Ma non è il punto focale della situazione. Non
voglio persone emotive, perché quello che stiamo per affrontare
è l’indagine più personale che io abbia mai
affrontato e sarà già dura tenere a bada lei.
Prese un profondo respiro prima di continuare e prese un fascicolo dal
primo cassetto della scrivania. Se lo rigirò fra le mani qualche
istante, come meditando quanto dire e quanto tacere.
- Garcia non saprebbe mantenere il segreto e si
precipiterebbe a contattare Morgan e, si fidi, sarebbe la mossa
più sbagliata che possiamo fare. Sarebbe solo di intralcio in
questa indagine permettere alla nostra emotività di venire a
galla – fissò la ragazza ancora un momento e poi
lanciò il dossier attraverso la scrivania – Il nostro
primo incarico è rintracciare qualcuno che già
conosciamo, per questo non voglio altre persone legate emotivamente al
caso e credo sia superfluo aggiungere che mi aspetto la massima
discrezione da parte sua.
Cameron sgranò gli occhi, rendendosi conto di quello che il suo capo le stava comunicando.
- Dobbiamo dare la caccia a Doyle!
- Esatto. Questa è una missione della massima
riservatezza, praticamente non le è concesso parlarne con
nessuno.
- Reid lo sa?
- Non è mia abitudine parlare di lavoro con
mio marito, agente. Inoltre, se le dico che è riservato, intendo
che niente di quello che facciamo qui deve trapelare all’esterno.
E’ in grado di mantenere un segreto? Posso sollevarla
dall’incarico in questo istante se pensa che…
- Voglio prendere quel figlio di puttana! – scattò Leane mettendosi in piedi.
- Era la reazione che mi auguravo – disse Collins con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Leane stava leggendo per la terza volta il dossier riguardante tutte le
informazioni su Doyle che avevano fin ora, era l’incarico che le
aveva dato Collins finché non fosse arrivato anche Lynch,
iniziare a far lavorare il cervello sull’obiettivo da annientare.
Buttò il dossier sulla scrivania e sospirò
stropicciandosi gli occhi che le facevano male, in quel momento i suoi
pensieri tornarono alla discussione avuta con lei qualche ora prima.
L’ultima cosa che si sarebbe aspettata era di essere convocata in
una task force per dare la caccia a Doyle, fino a quel momento era
stata convinta che la Collins l’avesse presa con sé per
allontanarla dalla squadra, per tenerla d’occhio ed evitare che
provocasse danni al team ora che non c’era Derek a tenerla a bada.
Invece si era sbagliata in pieno, l’unico desiderio di Sarah
Collins era creare una task force per eliminare una volta per tutte chi
aveva portato via Emily, il punto a cui la ex insegnante era arrivata
per vendicare l’amica la faceva sorridere, dimostrava quanto in
realtà non l’aveva dimenticata e che anche lei stava
soffrendo per la sua perdita. Inoltre aveva visto uno sguardo diverso
quando aveva parlato di Garcia, non era la gelida professoressa
Collins, era qualcuno che non aveva mai visto. Adesso il suo destino
era cambiato un'altra volta, prima era convinta che quello sarebbe
stato il suo inferno, adesso lo considerava come la sua unica ragione
di vita: vendicare la sua migliore amica, fosse l’ultima cosa che
avesse fatto.
Anche se la vendetta non avrebbe riportato Emily indietro, almeno
adesso aveva un obiettivo, oltretutto da condividere con Collins e
questo la eccitava da morire. Vide in fondo un barlume di speranza nel
poter tornare un giorno nella sua squadra, con una soddisfazione in
più con la morte di Doyle e un peso in meno sulla coscienza...
ma le scrivanie di Emily e di Derek sarebbero comunque rimaste vuote.
Girò uno sguardo determinato e malinconico alla finestra e
improvvisamente sentì bussare, tolse le gambe dalla scrivania
ricomponendosi. Sarah Collins era di nuovo davanti a lei e Ronnie la
fissò senza proferire parola.
- Sono passata per sapere come va’ con quello – annunciò accennando al dossier con capo.
- Lo so a memoria ormai – rispose la sua
sottoposto spostando i fascicoli al lato della scrivania come qualcosa
di inutile.
- Bene, continui, non è mai abbastanza –
le ordinò severa, poi fece per uscire ma la voce di Leane la
fermò alla porta.
- Professoressa …
- Sì?
Ronnie buttò uno sguardo malinconico sulla scrivania prima di parlare.
- Una volta eliminato Doyle, rientreremo nella nostra
squadra? – le chiese con uno sguardo piena di speranza e
tristezza.
- Agente Leane, non abbiamo ancora iniziato e sta
già pensando a quando prenderemo Doyle? Concentriamoci sul
presente e non divaghiamo, niente distrazioni qua dentro, per quanto mi
riguarda non so nemmeno se ne usciremo vive.
- Mi piacciono le missioni suicide – cercò di ironizzare.
- Non avevo dubbi.
- Permette un’ultima domanda? – chiese la ragazza studiando attentamente l’altra.
- Basta che sia proprio l’ultima –
rispose Sarah guardando l’orologio – Devo andare e sono
già in ritardo.
- Perché io? Voglio dire: aveva la
possibilità di scegliere chiunque e poi ha detto di non volere
gente emotivamente coinvolta…
Collins corrugò la fronte e studiò a fondo la sua
interlocutrice. Sembrava incerta su cosa dire e soprattutto su come
dirlo.
- Niente giri di parole. Doyle è un pazzo
furioso fuori controllo e, come sicuramente sa bene, per catturare un
assassino…
- Devi pensare come un assassino – finì
Ronnie con un mezzo sorriso – Praticamente sono stata scelta
perché sono una scheggia impazzita all’interno
dell’Unità, giusto?
- Non se la prenda. Non è importante
perché si viene scelti, l’importante è dove si
arriva – Collins sorrise apertamente dando le spalle a Cameron
– E comunque… sì, l’ho scelta perché
è una pazza scatenata.
Dopo averle sbattuto in faccia quella realtà si chiuse la porta
alle spalle lasciando sola la perplessa Leane, che continuava a fissare
l’uscita. Improvvisamente scoppiò a ridere da sola, quella
furfante della Collins l’aveva decisamente rimessa al suo posto
spiattellandole in faccia quello che Derek sosteneva sempre: nessuno
può tenere sotto controllo Cameron Leane.
Lungo il corridoio Sarah cercava di trattenersi, ma appena le porte
dell’ascensore si chiusero impendendo a chiunque di osservarla,
scoppiò a ridere di cuore. Decisamente, stavolta non aveva usato
mezzi termini con Ron, le aveva detto in faccia che era matta da
legare. Si era ripromessa di non tirare troppo la corda durante
l’indagine, ma era stato più forte di lei mettere in
chiaro cosa pensava di quella ragazzina arrogante.
Aveva taciuto solo un piccolo particolare: aveva scelto Leane per la
squadra, proprio perché quella sua follia le ricordava come era
stata lei ai bei tempi andati. Non poteva certo ammettere con la sua
nuova sottoposto che anche a lei mancavano parecchi venerdì,
altrimenti non si sarebbe imbarcata in quell’avventura.
Continua…
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
6
Capitolo 6
Q.G. dell’F.B.I., Pennsylvania Avenue, Washington D.C.
Sarah guardava il suo interlocutore che si agitava sulla poltroncina
posta di fronte a lei. Sorrideva sotto i baffi, divertita dal
nervosismo che leggeva negli occhi di quello che ormai considerava un
amico, la stessa persona che il venerdì sera dopo cena chiedeva
sempre il bis del dolce.
- Mi stai chiedendo di mentire a Penelope? –
Kevin la guardava trasecolando – Io queste cose non le faccio!
- Non ti sto chiedendo di dire nessuna bugia, ti ho
semplicemente chiesto se sei in grado di mantenere un segreto –
fece notare la donna sorridendo apertamente – Andiamo, Kevin, sai
benissimo che ci sono cose che non devono uscire dagli uffici.
Semplicemente il nostro lavoro qui è riservato, non possiamo
parlarne con nessuno.
- Omettere è come mentire – rispose Lynch mettendosi sulla difensiva.
- E se il metterla a parte del nostro lavoro la
mettesse in pericolo? – si fece profondamente seria mentre
puntava i suoi occhi in quelli del ragazzo.
- E’ pericoloso? Io sono solo un tecnico
informatico – fece presente il ragazzo, cominciando ad allentare
la cravatta.
- Tu non sei in pericolo, almeno finché quello che facciamo rimane chiuso fra queste mura.
- Penelope non me lo perdonerà mai –
rispose il ragazzo facendo una smorfia – So che pensate tutti che
io sia uno stupido, ma vi sbagliate. Tutta questa riservatezza
può voler dire solo una cosa: Doyle. Lei è ancora molto
scossa per quello che è successo a Prentiss.
- Lo so – ammise Sarah con un sospiro –
Kevin io non ti ho mai considerato uno stupido, so perfettamente che
non lo sei. Proprio per questo ti ho fatto quel discorso sulla
riservatezza e sul mantenere i segreti. Per il momento è meglio
che nessuno di loro lo sappia.
- E Reid? Non dirmi che lo tieni nascosto persino a tuo marito.
- Invece è proprio così. Non ne ho
parlato né con lui né con mio padre – si
guardò le mani stringendole a pugno prima di rialzare lo sguardo
– Credi che per me non sia difficile? Odio dover fare tutto
questo di nascosto, ma quali sono le alternative? Doyle è ancora
libero e rischiamo tutti la vita se sa che gli stiamo dando la caccia.
Vuoi mettere in pericolo i nostri amici?
- No – si arrese il ragazzo incassando la testa fra le spalle – Cosa devo fare?
- Prima di tutto devi giurarmi che per nessuno motivo
ne parlerai con il resto della truppa – ammonì Sarah
– Quindi stai molto attento a quello che dici il venerdì
durante la cena… a proposito! Leane non sa niente delle nostre
cene e non voglio che lo sappia, quindi…
- Come mai non l’avete mai invitata?
- Lunga storia. Comunque cerchiamo di comportarci
come se ci conoscessimo superficialmente. Per lei tu sei solo il
fidanzato di Garcia, non deve sapere che ci frequentiamo anche fuori
dall’ufficio.
- Perché?
- Leane è un tipo… ok! E’
impossibile tenerla sotto controllo e non si fida di nessuno. Te lo
immagini come si chiuderebbe a riccio se sapesse che la stiamo
escludendo da una parte delle nostre vite?
- E tu hai bisogno che ci fidiamo di te ciecamente, giusto?
- Esatto – la donna si alzò seguita dal
ragazzo – Da lunedì per te io sarò l’agente
Collins e…
- Io per te sarò Kevin… tanto mi
chiamate tutti così anche in ufficio – fece per uscire ma
poi si voltò di nuovo verso l’amica – Possibile che
nessuno mi prenda abbastanza sul serio da chiamarmi agente Lynch?
- Vuoi che ti chiami così? – Sarah sollevò un sopracciglio.
- Per carità, mi verrebbero i brividi se
cominciassi a rivolgerti a me come fai con i tuoi allievi – Kevin
uscì sperando dentro di sé di essere abbastanza forte da
mantenere il segreto.
Due settimane dopo
Ronnie continuava a guardare Kevin che batteva furiosamente sui tasti.
Sapeva che c’era qualcosa che non andava ed era veramente seccata
che quei due la ritenessero una tale stupida. Il ragazzo di Garcia non
la guardava mai negli occhi, segno evidente che si sentiva in colpa per
qualcosa, inoltre lui e la Collins sembravano stranamente affiatati per
essere due persone che si conoscevano a malapena.
In realtà era normale pensare che nessuno della squadra
conoscesse un granché Kevin, in fin dei conti era solo il
fidanzato di una collega. Per di più il ragazzo lavorava in
un’altra divisione a Quantico e non erano molti i motivi di
incontro fra lui e il resto del team. Eppure aveva notato gli sguardi
che si lanciavano i suoi due nuovi colleghi… era evidente che ci
fosse un segreto di cui preferivano tenerla all’oscuro.
Si alzò di scatto, avendo fatto lavorare parecchio la materia
grigia ed essendo arrivata ad una conclusione. Guardò malissimo
il ragazzo che si limitò ad abbassare lo sguardo e continuare
imperterrito il suo lavoro di ricerca, mentre lei usciva dalla stanza
sbattendo la porta in modo plateale.
Se la Collins voleva la sua fiducia, quella era una strada a due
corsie. Non era fattibile che lei dovesse fidarsi ciecamente del suo
capo, mentre l’emotivamente stitica a capo della task-force si
rifiutava di metterla a parte di quello che c’era dietro.
Aprì la porta dell’ufficio di Sarah senza bussare, rimase
ferma sulla soglia respirando pesantemente e guardandola con gli occhi
a fessura. Era furiosa e non faceva niente per nasconderlo.
- Cosa c’è agente Leane? Abbiamo
dimenticato le buone maniere? – chiese la donna senza sollevare
lo sguardo dai dossier che stava studiando.
- Allora, qual è questo segreto? –
Ronnie fece un passo avanti e chiuse la porta con un gesto brusco senza
perdere il contatto visivo con la sua arcinemica.
- Non so di cosa lei stia parlando. Forse se
riuscisse ad esprimere un pensiero con calma e senza agitarsi sempre
così tanto, le nostre conversazioni sarebbero molto più
proficue – ribadì la donna mora alzando finalmente lo
sguardo sulla sua antagonista.
- Molto spiritosa, professoressa, mi sto rotolando
dal ridere. Pensava veramente che non mi sarei accorta che lei e Kevin
mi state nascondendo qualcosa?
- Cosa dovremmo nasconderle? – Collins
sollevò un sopracciglio e la guardò come se fosse una
sciocca isterica – Lei divide l’ufficio con l’agente
Lynch, non io. Siete voi che passate un sacco di tempo insieme da soli,
quindi non vedo di cosa lei stia parlando.
- Balle! – Ron non si accorse neanche di aver
urlato – Glielo dico io cosa sta succedendo! Da due settimane io
continuo ad analizzare quei cavolo di profili ed appena mi viene in
mente qualcosa passo i miei appunti a Kevin che comincia a fare
ricerche. Il bello è che lei mi nasconde informazioni preziose
per trovare Doyle. Lei non si fida di me e non mi permette di fare bene
il mio lavoro.
- Si sta sbagliando, agente Leane – Sarah si
alzò per fronteggiarla – Non le sto nascondendo nessun
tipo di informazione che ci possa portare a quell’uomo. Pensa che
io non lo voglia prendere?
- Comincio a dubitarne – ormai era partita per
la tangente e non si rese conto di cosa stava dicendo, chinandosi sulla
scrivania della sua superiore – In fin dei conti lei ha superato
benissimo il lutto per la morte di Prentiss, la sua “migliore
amica”. Vuole sapere cosa penso? A lei non interessa prendere
Doyle perché non è mai stava veramente amica di Emily e
non ha sofferto quanto me e Derek.
A quell’affermazione, anche Sarah perse il controllo e le diede
un sonoro malrovescio mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
- Non osi mai più dire una cosa del genere!
- Non si preoccupi, non dovrai più sentire
niente da me – Ron tolse la mano dalla guancia dolorante ed
afferrò pistola e distintivo sbattendoli sul tavolo – Me
ne vado! Lo cercherò da sola quel gran figlio di puttana, visto
che sono l’unica a cui sta a cuore fare giustizia.
Lasciò l’ufficio senza ascoltare la voce di Collins che la richiamava indietro.
Rocket bar, 7th street, Washington D.C.
Alex Buck era il proprietario del Rocket bar, un ampio locale che
offriva un’atmosfera colorata di verde, rosso e giallo: un lungo
bancone con scuri sgabelli in fila, innumerevoli tavole da biliardo e
slot-machine in ogni angolo della sala, un ampio spazio era dedicato a
tavolini, poltrone e divanetti. Bar frequentato da motociclisti, dai
tipici soggetti poco raccomandabili… e da Ronnie.
Buck la guardava da sotto le ciglia, Ron aveva le braccia incrociate
sul bancone e rimirava il bicchiere di vodka che le aveva offerto poco
prima, era assorta nei suoi pensieri e non aveva detto una parola da
quando era entrata, solo “ dammi un po’ di vodka prima che
impazzisca”.
Ora la osservava e aspettava impaziente che gli dicesse qualcosa, tanto
era sempre così, nelle giornate “no” finiva sempre
con lo sfogarsi con lui. Ronnie continuava a non parlare, era persa nel
suo mondo, Buck la chiamò più volte ma senza risposta,
solo quando decise di toglierle il bicchiere da davanti Ronnie
alzò il viso e lo guardò storta.
- Ehi, rimettila qui.
- Pensavo stessi dormendo a occhi aperti – le disse riposizionando il bicchiere.
Lei si incupì e tirò le labbra.
- Sì scusa, non è stata una bella giornata.
- Problemi a lavoro? – provò a chiedere lui.
- No. Cioè sì.. non so nemmeno se ho un lavoro, non posso parlartene, mi dispiace.
- Ronnie sono mesi che stai così,
perché non ti prendi una vacanza e stacchi la spina per un
po’?
- Una vacanza? – il suo modo di andare in
vacanza sarebbe stato prendere il primo aereo che la portasse da Doyle
– no, non posso… e poi non riuscirei a distrarmi.
- Ti va’ di parlarne?
- Meglio di no, ti metterei in pericolo e poi non ho voglia di farti affogare nei miei problemi.
Buck posò un bicchiere che stava asciugando e si poggiò
di fronte a lei che giocherellava con le dita intorno al bicchiere con
aria persa.
- È che – provò a cercare le
parole – ci sono talmente tanti problemi che non so quale sia il
più grave. Non so più cosa voglio, tanto ormai non ho
più niente da perdere…
- Ehi non dire così – l’ammonì con una pacca sul viso.
Lei cercò di tirare gli angoli della bocca in un mezzo sorriso,
poi Buck si voltò verso l’entrata quando sentì
aprirsi la porta.
- Ehi guarda quella! Che ci fa un tipo così da queste parti?
Ronnie incuriosita, si voltò in quella direzione mentre beveva
un sorso dal bicchiere che le andò di traverso e tossì un
paio di volte quando riconobbe Sarah Collins in tailleur in mezzo allo
sguardo sbigottito e divertito dei motociclisti e di Buck.
Ronnie si ricompose e lasciò il bicchiere sul bancone, divenne
di nuovo scura in viso e fece per alzarsi quando Sarah incontrò
i suoi occhi, questa le andò incontro ma Ronnie andava dalla
parte opposta per sfuggirgli.
- Leane! – la chiamò Sarah, Ron
procedeva la sua fuga e Collins la seguì fino a prenderla per un
braccio – Aspetta!
Ronnie si liberò dalla presa con uno strattone.
– Che cavolo vuoi ancora! Lasciami in pace, non ti voglio neanche vedere!
Sarah aprì la bocca per controbattere, ma furono interrotte da qualcuno…
Continua…
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
7
Capitolo 7
Rocket bar, 7th street, Washington D.C.
Sarah sentì distintamente una mano afferrarla per la spalla
sinistra e si voltò verso l’uomo che la teneva.
Chiaramente non badava molto all’igiene personale, era vestito
con una giacca di pelle e un paio di pantaloni, aveva una lunga barba
incolta. Parlò a pochi centimetri dal viso della profiler, alla
quale arrivò distintamente una zaffata di alcool. L’uomo
era ubriaco.
- Ehi bellezze, invece di stare per conto vostro,
cosa ne dite di fare compagnia a me e ai miei amici – disse
indicando con il pollice due tipi poco raccomandabili seduti ad un
tavolo poco distante con una bottiglia di tequila poggiata nel mezzo.
- Perché, invece, non va a farsi una doccia,
non si sbarba e non si prende un bel caffè forte? –
ribatté Collins scostando la spalla in modo brusco così
da fargli perdere la presa – Non mi piacciono gli ubriaconi
puzzolenti.
Alla risposta il motociclista si alterò visibilmente.
- Sentì, dolcezza, non fare la difficile con me altrimenti…
Non riuscì a finire la frase. Sarah, con un gesto rapido lo
buttò contro la parete afferrandolo per il bavero della giacca,
mentre Leane le diede man forte bloccandolo con un braccio contro la
gola. Le due si scambiarono un’occhiata di intesa e l’uomo
si trovò presto a fronteggiare due pistole puntate una contro la
sua testa e una contro il cavallo dei pantaloni.
- La signora ti ha appena detto che non gradisce la
tua compagnia – lo apostrofò Ron facendo pressione con la
pistola contro l’inguine dell’uomo – E, ad essere
sincera, neanch’io vado pazza per la feccia come te. Quindi se
accetti un consiglio, smamma e alla svelta.
Sarah, da parte sua, premette la pistola ancora più forte contro
la testa dell’uomo, finché quest’ultimo non fu
costretto a piegare il collo per cercare di allontanarsi da lei.
- Ti do un altro consiglio: prendi quei derelitti dei
tuoi amici e vedi di mettere più distanza possibile fra voi e
noi. Alla mia amica nove millimetri non piacete ed è una
personcina piuttosto irritabile – fece scorrere il carrello per
enfatizzare la frase.
Cameron sorrise beffarda mentre notava la macchia di urina che si andava allargando sui pantaloni del motociclista.
- Vedo che hai afferrato bene la situazione –
disse mollando la presa – Se vi rivedo da queste parti farete
amicizia con i miei proiettili. Chiaro?
Appena fu libero dalla presa delle due, scosse la testa in modo
affermativo più volte e poi fece segno ai suoi amici di
seguirlo, prima di lasciare il locale correndo a gambe levate. Le due
si guardarono ancora un attimo e poi scoppiarono a ridere.
- Non sembra un posto adatto a lei, professoressa
– le disse mentre rimetteva l’arma nella fondina.
- Ho visto posti peggiori – ribadì Sarah
con un sorriso – E smettila di chiamarmi professoressa, non sono
più la tua insegnante ma il tuo capo. A proposito, visto che mi
hai riconsegnato la pistola d’ordinanza, mi spieghi quella da
dove salta fuori?
Cameron fece un sorriso furbo, mentre l’altra alzava gli occhi al cielo e scuoteva la testa.
- Forse è meglio che tu non me lo dica, ho la vaga impressione che non mi piacerebbe.
- Il suo problema è che segue alla lettera il
protocollo – rispose Ron dirigendosi verso il bancone.
- Dobbiamo parlare – le disse Collins seguendola.
- Non credo, le ho già detto tutto.
- Giusto. Allora adesso il tuo bel amico dietro al
bancone ci da una bottiglia di whisky, ci sediamo ad un tavolo e ti
sturi le orecchie: è il mio turno di dirti quello che penso.
Dicendo così, allungò una banconota a Buck, che
prontamente prese una bottiglia e due bicchieri e poi glieli porse,
facendo un segno a Cameron. La ragazza prima sgranò gli occhi e
poi li chiuse a fessura, come cercando di incenerire il proprietario
del bar.
- Chi ti dice che io voglia andare a sentire cosa ha
da dirmi? – l’apostrofò mettendo il muso ed
incrociando le braccia.
- Il modo in cui siete scattate insieme poco fa
– rispose l’uomo tornando ad asciugare i bicchieri –
Se non avevi intenzione di sentire cosa è venuta a dirti, dubito
fortemente che l’avresti aiutata a mettere in fuga tre dei miei
migliori clienti.
- E tu perché non hai detto niente quando hai visto la situazione? Potevi intervenire!
- Avete tirato fuori le armi così in fretta
che mi gira ancora la testa – alzò il bicchiere per
assicurarsi che non ci fossero macchie – Stavolta passi, visto
che il tipo meritava decisamente una lezione, ma per il futuro tu e la
tua amica siete pregate di non giocare al far west qui dentro. Anche se
sono dei rifiuti umani, quei tipi mi aiutano a pagare l’affitto
delle mura.
Dicendo così si allontanò verso un altro cliente che lo
stava chiamando, lasciando le due sole. Sarah prese la bottiglia mentre
Ron sbuffò, ma afferrò i due bicchieri e la seguì
verso un tavolo d’angolo. Mentre Collins si sedeva in modo
composto, lei si stravaccò sulla sedia ed incrociò le
braccia, mentre incassava la testa fra le spalle pronta a sorbirsi
chissà che giustificazione da parte del suo capo.
- Non mi piace come si è comportata oggi,
agente Leane, ma farò finta che non sia successo niente. Per
quel che mi riguarda ha distrattamente lasciato le sue credenziali e la
sua pistola nel mio ufficio.
- Lei proprio non vuole capire, vero? – in un
lampò si tirò su e si sporse attraverso il tavolo –
Non so a che gioco lei stia giocando, ma non mi piace che mi si tengano
nascoste le cose. Soprattutto se questo mi impedisce di fare il mio
lavoro, specialmente adesso.
- Non le sto nascondendo niente, ma tanto lei non mi
crede – disse la donna versando una dose generosa di liquore
– E’ testarda, indisponente, arrogante e insubordinata. In
qualsiasi altro momento l’avrei cacciata via a pedate nel sedere,
ma ora ho troppo bisogno di lei. Siamo ad un punto morto e io ho
bisogno di un appiglio per trovare quell’uomo. E comunque si
sbaglia.
- Sul fatto che mi tiene nascosto qualcosa? – disse con tono ironico.
- Si sbaglia anche sul fatto che io seguo alla
lettera il protocollo – rispose la donna cominciando a bere
– Si stupirebbe se sapesse quante volte abbiamo infranto le
procedure.
- Lei e chi? Babbo Natale? – Ron ingurgito il
whisky tutto d’un fiato e la guardò con fare provocatorio.
- Io e Derek – guardò il fondo del
bicchiere con un’espressione triste dipinta sul volto e poi
sorrise – Io e Spencer.
- Allora perché è così fissata con le procedure quando si tratta di me?
- Io non ho mai messo la mia vita in pericolo,
né tanto meno quella dei miei colleghi. Emily dice sempre
che…
- Diceva – rispose l’altra con il pianto
nella voce – Ora non può dire più niente.
Sarah la guardò intensamente e poi sospirò rassegnata.
- Sa mantenere un segreto?
- Non ho detto a nessuno di cosa ci occupiamo.
- Non sa neanche lei esattamente di cosa ci stiamo occupando.
- Lo vede che mi nasconde qualcosa!
- Non è qualcosa che può influire sul
profilo di Doyle o su come rintracciarlo – si alzò dal
tavolo e guardò verso il bancone – Carino il suo ragazzo.
- Non è il mio ragazzo – puntualizzò Ronnie – E’ solo un amico.
- Io non ci giurerei più di tanto –
sorrise Sarah con aria furba – Vuole veramente vedere quanto
riesco ad andare contro il protocollo?
- Sarei proprio curiosa – Leane sollevò
un sopracciglio – Vuole mettersi a fumare in ufficio?
- Non fumo – fu la risposta laconica mentre
andava verso l’uscita – Muovi quel culo e seguimi, testa
dura.
Quella donna la lasciava sempre a bocca aperta con un’espressione
confusa sul volto, odiava… odiava quando faceva così! Non
ebbe neanche il tempo di pensare che dovette alzarsi e seguirla a passi
veloci prima che la lasciasse sola a quel tavolino. Cosa diavolo aveva
in mente adesso?
Continua…
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
8
Capitolo 8
Washington D.C.
Sarah era salita in macchina non lasciando a Ronnie il tempo di
replicare. La ragazza salì prima che il suo capo potesse partire
e lasciarla in un parcheggio da sola a chiedersi cosa avesse in mente.
Collins guidava concentrata senza rivolgerle la parola, il che irritava
ancora di più Cameron che si sentiva completamente tagliata
fuori.
- Mi dice dove stiamo andando o ha intenzione di
continuare a guidare senza dirmi una parola? – chiese stizzita,
incrociando le braccia.
- Andiamo a casa sua, per permetterle di fare le valigie.
- Come? – la ragazza si girò allibita
prima di voltarsi verso il sedile posteriore ed accorgersi della borsa
da viaggio che faceva bella mostra di sé – Domanda numero
uno: dove diavolo andiamo?
- Lo vedrà da sola, agente Leane – rispose la donna senza voltarsi a guardarla.
- Domanda due: come fa a conoscere il mio indirizzo? Mi spia per caso?
- Non ne ho bisogno, conosco benissimo il suo appartamento – rispose Sarah con un mezzo sorriso.
- Ora basta! La smetta con tutti questi segreti.
- Nessun segreto. Prentiss diceva che lei aveva
bisogno di un nuovo appartamento e mi parlò del posto che le
aveva trovato.
Decise di sorvolare su svariate cose. All’epoca sapeva benissimo
che la sua “pupilla” abitava in un tugurio in un quartiere
malfamato. L’appartamento di Spencer era rimasto vuoto, dopo che
si erano sposati e trasferiti nella casa che un tempo era stata dei
suoi genitori. Perché non dare un piccolo aiuto a quella
ragazzaccia sempre piena di guai?
Aveva convinto Emily a fare da intermediario, per non fare sapere a
Cameron chi stava vegliando su di lei e, con un piccolo stratagemma,
era riuscita a tenere nascosto alla ragazza chi fosse il proprietario
di quel grazioso appartamento che veniva affittato ad un prezzo
così basso.
Certo non potevano dirle che quello era un prezzo di favore fatto
appositamente per lei, per darle un posto tranquillo dove vivere a
pochi chilometri dal suo posto di lavoro. In fin dei conti, lei e
Spencer guadagnavano bene, i soldi non erano un problema e Sarah ci
teneva a fare qualcosa per Leane, anche se di nascosto.
Erano riusciti a mantenere il segreto e Ronnie non aveva mai scoperto
che il suo padrone di casa era il ragazzo magro e alto che occupava la
scrivania accanto alla sua. Era un po’ come il regalo di
compleanno che misteriosamente spuntava sulla scrivania di Ron ogni
anno… nessuno sapeva chi le mandava quei regali così
azzeccati per lei.
Sarah si lasciò andare al ricordo della prima volta che Derek
aveva fatto scivolare discretamente il regalo misterioso in mezzo agli
altri… l’idea del kit per la pulizia della pistola le era
venuto vedendo quanto Ronnie si impegnasse a lucidare sempre
l’arma con quel panno. Si permise di sorridere ancora una volta
al ricordo di come la ragazza aveva agitato il pacchetto, forse
timorosa che contenesse una bomba*.
Parcheggiò sotto casa di Ron e aspetto diligentemente che si
preparasse. Appena caricarono la valigia, si mise di nuovo alla guida
verso l’aereo-porto. Lì, con somma sorpresa di Leane, si
fece dare due biglietti di prima classe per New York. Si imbracarono e
passarono in silenzio il resto del viaggio.
Hell’s Kitchen, New York
Erano atterrate trenta minuti prima ed erano subito salite su un taxi.
Sarah diede all’autista l’indirizzo scribacchiato su un
pezzo di carta e si appoggiò contro lo schienale chiudendo gli
occhi. L’autista lesse due volte il biglietto e poi guardo
sospettoso le sue due passeggere.
- Non mi sembra il posto adatto a due belle ragazze
come voi e poi io non vado fino laggiù. Non è un bel
posto di sera… in realtà non lo è neanche di
giorno.
- Le darò duecento dollari – rispose
Collins senza aprire gli occhi – Più la corsa
naturalmente. Crede di poter venire a patti con i suoi “ferrei
principi” per questa cifra?
L’uomo ingoiò un paio di volte, pensando che duecento
dollari più la tariffa era una cifra ragguardevole.
Meditò ancora un attimo prima di guardare di nuovo nello
specchietto retrovisore.
- Ma appena arriviamo lì, voi scendete a razzo e io riparto. Chiaro?
- L’avevo messo in preventivo, per questo le ho
chiesto di caricare le valigie davanti. Non si dovrà neanche
fermare per aprire il portabagagli.
Appena partirono, Leane cominciò a guardarsi in giro nervosa.
Non le piacevano tutti quei misteri che la Collins non si decideva a
chiarire, così decise di prendere il toro per le corna e
metterla alle strette.
- Mi dica dove siamo dirette e cosa c’è sotto, altrimenti io la mollo e me ne torno a casa.
Sarah aprì finalmente gli occhi, sembrava come in trance mentre
guardava fuori dal finestrino e cominciò a parlare a ruota
libera.
- Nella mia vita mi sono sempre sforzata di fare la
cosa giusta, evitando di pensare troppo a quello che volevo io. Solo
una volta ho messo da parte il dovere per seguire i miei desideri
personali – sospirò e chiuse di nuovo gli occhi –
Giusto e sbagliato… a volte sento che sono solo due parole prive
di significato. Cosa succede quando non ci sono innocente e sono tutti
colpevoli? Cos’è veramente la giustizia?
Tornò con la mente a Biloxi ed al caso Oldbride**, anche Ronnie
vi si era trovata invischiata suo malgrado diversi anni dopo***. La
prima volta che si era posta tutti quegli interrogativi era fuggita
dalla squadra per cercare le risposte da suo padre, con il risultato
che aveva capito che a volte non esistono risposte convincenti ma solo
quello che ognuno di noi reputa giusto.
In quel momento aveva realizzato che l’unica cosa che veramente
contava nella sua vita era Spencer, l’uomo che amava e da cui era
riamata. L’unico spiraglio luminoso nella sua vita, dove ogni
giorno era costretta a vedere il peggio delle persone. Già
allora i suoi convincimenti morali su come esistessero sempre i buoni e
i cattivi, divisi da barriere ben definite, avevano subito un duro
colpo.
Ora si stava apprestando a fare qualcosa di altrettanto giusto e
sbagliato insieme: stava cercando Doyle per fare giustizia. Ma
l’unica giustizia possibile in quel caso era la mera vendetta:
una vita per una vita… come dicevano gli arabi? Occhio per
occhio. La legge del taglione.
- Hai mai pensato che il nostro lavoro in
realtà non ci porta da nessuna parte? Voglio dire: che
differenza c’è fra i buoni e i cattivi?
- Noi siamo i buoni – disse convinta la ragazza
più giovane – Noi diamo la caccia ai cattivi e li fermiamo
prima che facciano del male a degli innocenti.
- Bene – annuì Sarah prima di girarsi a
guardarla – Ma cosa succede quando non ci sono innocenti? Quando
non esistono i buoni, ma solo svariati gradi di cattivi? Cosa rende una
persona più degna di un’altra?
- Ma di cosa diavolo sta blaterando? E cosa c’entra con il posto dove stiamo andando?
- Andiamo a salvare un buono dal baratro –
disse laconica – Ma solo per farlo finire in uno ancora
più profondo.
Il taxi si fermò sotto un palazzo fatiscente e Sarah pagò
quanto promesso. Afferrarono le rispettive borse e scesero
dall’auto, prima che l’autista se ne andasse via sgommando.
Ronnie si guardò in torno preoccupata. Dire che era un quartiere
malfamato era poco. Notò dei teppisti, forse spacciatori, che le
osservavano interessati. Decisamente era il genere di posto dove faceva
piacere sentire il peso della pistola sotto l’ascella.
Seguì Collins che si era avviata a passo sicuro verso
l’entrata.
Come lasciva presagire la facciata, il dentro era una vera topaia. Il
corridoio era scarsamente illuminato e si sentiva chiaramente odore di
urina ad ogni angolo. Il suo capo sembrava non fare caso a tutto
ciò e cominciava a salire risoluta le scale sgangherate, seguita
da Cameron che continuava a guardarsi in giro con una mano sotto la
giacca a tenere stretta l’impugnatura della pistola.
Arrivate al terzo piano, Collins bussò decisa ad una porta.
Dall’interno dell’appartamento, una voce che Ronnie
stentava a riconoscere, rispose facendo capire chiaramente che il
proprietario era ubriaco.
- Chiunque tu sia, vai a rompere i coglioni da un’altra parte e lasciami morire in pace.
Sarah scosse la testa e passò la valigia a Ronnie, mentre
prendeva un astuccio dalla tasca interna del soprabito. Sotto lo
sguardo attonito di Leane, Sarah tirò fuori un kit da
scassinatore e cominciò ad armeggiare con la serratura.
- Non mi dica che lei sa scassinare una porta – Ron la guardava allibita.
- Dolcezza, te lo avevo detto che non seguo sempre
alla lettera il protocollo – rispose la donna divertita –
E’ un trucchetto che mi ha insegnato il comune amico che ora si
trova dietro la porta. Credo che sia ora di vedere se sono stata
un’allieva diligente.
Mentre diceva così la serratura finalmente scattava, permettendo
alle due di entrare nell’appartamento. L’interno era
squallido come il resto del palazzo: pareti scrostate, finestre che
chiudevano male e mobili di seconda o terza mano tenuti malissimo. Al
centro della stanza, sul vecchio divano dal rivestimento ormai liso,
era difficile riconoscere in quel relitto umano l’agente
supervisore Derek Morgan.
Sarah chiuse la porta alle loro spalle e rimase un momento a guardare
il suo vecchio amico che affogava nell’alcol tutti i suoi
dispiaceri, nel vano tentativo di sfuggire ai propri demoni.
Cameron non fu altrettanto paziente. Mollò le valigie, che
fecero molto rumore all’impatto con il pavimento, e si
avventò a prendere Derek per la maglietta.
- Mi meraviglio di te! – gli disse scuotendolo
– Come diavolo hai fatto a ridurti in questo stato?
- Fottiti! – urlò lui divincolandosi e
dandole una spinta – Fottetevi tutti! Lei non c’è
più, che vuoi che me ne freghi?
Sarah decise che poteva aspettare ad intervenire, era meglio che quei due si chiarissero a modo loro.
Continua…
*One-shot “Promise” della raccolta “Ronnie e Sarah”.
** Long-Fic “Black out”
*** Long-fic a quattro mani “Dark Souls”
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