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Spazio dell’autore:
Il “Nero
Calendario dell’Avvento” volge quasi al termine! E dopo una serie di
riti scaramantici che hanno portato il capo alla rinuncia, l’onore di proporre questa
opera è andato a me, che prontamente ho arraffato il prompt
più bello di tutti! I miei ringraziamenti tornano ancora al nerissimo forum “The Black Parade” per questa meravigliosa iniziativa!
Note:
Fiction partecipante alla
seconda edizione del “Nero Calendario dell’Avvento”,
Natale 2011. Primo capitolo di 5, in
pubblicazione per il giorno 17 Dicembre
2011. 219 parole (conta parole
di office). Genere banalmente narrativo. Non è che la mia personalissima
interpretazione del meraviglioso Canto di
Natale di Dickens. L’unico appunto? Confesso di aver sfoderato un pizzico
della mia sottile vena dark…
Considerazioni:
Ammetto che lo desideravo dall’inizio, ma mi sembrava prepotente fregarmi
questo prompt bellissimo da ultima arrivata quale
ero! Ma i miei riti vudù hanno sortito il loro effetto ed è tornato libero
proprio quando la fic del 15 era appena terminata! Quindi…? Io, con la mia magnanimità e benevolenza, volendo
andare incontro a tutti, mi sono stoicamente incaricata di questo (XD), perché
il bianco Natale è fuori moda e ogni festa ormai si tinge di NERO
e perché non è Natale senza A Christmas
Carol!
Dedica:
Oggi, oltre ad essere il compleanno del capo Frà (a
cui faccio tantissimi auguri), sarebbe stato il compleanno di mio nonno, che
purtroppo se n’è andato prima di festeggiarlo. Magari con questa sciocchezza
posso ricordarlo per un secondino, per il primo compleanno e il primo Natale in
cui non sarà con noi.
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“A
Christmas Carol”
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-È
la vigilia di Natale, ti stanno aspettando tutti.
-Ho
detto che rimarrò qui, Nara. Sai bene che queste cose non fanno per me.
Silenzio
-Se
cambi idea sai dove trovarmi.
Il suono della porta che si
chiudeva stabilì la fine della loro conversazione.
Era vero, il Natale non era
per lei. Era per i bambini e le famiglie felici, per chi aveva avuto una vita
comune ed aveva amici con cui condividere queste frivolezze.
Non si era illusa nemmeno per
un istante che effettivamente “tutti”
la stessero aspettando.
Forse aspettavano
l’ambasciatore di Suna, forse la sorella del Kazekage.
Ma di sicuro non lei, Sabaku No Temari.
Con una scrollata di spalle
decise che non aveva voglia di mangiare. Senza nemmeno cambiarsi si gettò sul
letto.
Subito notò tra le pieghe
delle lenzuola un bigliettino stropicciato.
Stava quasi per gettarlo via
irritata, quando si rese conto che conteneva un messaggio.
“Intorno
a te si sta creando un algido muro di ghiaccio.
Questo
non coinvolge solo te.
Questa
notte riceverai la visita di tre fantasmi
che
ti mostreranno passato, presente e futuro.
Nessuno
ti ha mai detto che le tue azioni hanno delle conseguenze?”
Accartocciò il biglietto e lo lanciò
con un ringhio. Si avvolse nelle coperte e finalmente dormì.
Dannato Nara e i suoi stupidi
scherzi.
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Tadaaan! Risultato di questa scelta? Una mini-long fic! Ho deciso di suddividere la storia in 5 “capitoli”,
così come è diviso il Canto di Natale originale! Prefazione, Passato, Presente, Futuro ed Epilogo. In realtà i capitoli saranno
davvero molto corti, ma volevo mantenere la struttura principale.
Ora, stavo molto inquietantemente notando che tendo a portare un pre-fic e un post-fic che insieme
(o da soli) sono sempre più lunghi della fic stessa.
Ho la chiacchiera facile anche virtualmente, a quanto pare…
Ritornando alla storia, perché il muro
di ghiaccio? Nella storia originale, il collega di Scrooge
lo avverte che in vita si sta costruendo addosso una catena lunghissima e
pesantissima che dovrà portarsi dietro per tutta l’eternità dopo la morte. Nel
caso di Temari la catena non mi sembrava una metafora adatta, perché quello che
lei fa è effettivamente isolarsi dal mondo. Da qui la scelta del muro di
ghiaccio.
Perché il biglietto? Perché
non mi veniva in mente nessun morto che potesse sconvolgerla in questo senso.
Per cui ho optato per qualcosa che lei potesse facilmente ignorare, così da
sconvolgersi ancora di più nel momento in cui inizierà tutto! Ma non voglio
darvi anticipazioni! Il primo fantasma è l’idea che è un po’ il mio vanto, per
ora!
Ma veniamo alle cose importanti! A chi va il merito di tutto questo (a
parte che a me, ovvio XD)? Ma al forum che tutto
vede e tutto crea, che se potesse farebbe anche fioccar NERO! Per cui ancora occhi aperti, il Nero
Calendario è quasi finito, ma noi continueremo ad esserci! A presto,
anche per la pubblicazione dei prossimi capitoli!
Spazio dell’autore:
Ringrazio chi ha sfoderato la pazienza di leggere e recensire il poverissimo
capitolo introduttivo. Giuro che questo sarà più elaborato! Come nell’opera originale,
dopo la presentazione del protagonista arrivano i fantasmi…
Note:Fiction
partecipante alla seconda edizione del“Nero
Calendario dell’Avvento”, Natale2011.
Secondo capitolo di 5, in pubblicazione per il giorno21 Dicembre 2011.1361parole (conta parole di office).
Genere banalmente narrativo. Non è che la mia personalissima interpretazione
del meravigliosoCanto di
Nataledi Dickens. L’unico
appunto? Confesso di aver sfoderato un pizzico della mia sottile venadark…
Considerazioni:
Ho ragionato molto sulla possibilità di ricalcare fedelmente il vero Canto di
Natale, ma alla fine ho optato per una versione più fedele al personaggio
centrale, Temari. Nel caso di Scrooge i suoi Natali
sono stati un decrescendo dovuto alla sua avidità. Nel caso di Temari abbiamo
comunque un decrescendo, ma meno graduale (c’è un evento ben preciso che
sancirà la fine della comune vita di Temari) e che non ha nulla a che fare con
le sue decisioni. La selezione della figura per il fantasma del Natale passato
è stata immediata. Spero vi piaccia questa mia scelta!
Dedica:
Questo capitolo sul passato vorrei dedicarlo alla persona che nella mia vita ha
avuto un’importanza decisiva. A mia nonna, il cui ricordo mi accompagna ancora
con estremo dolore.
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“A
Christmas Carol”
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Dormiva da pochissimo quando
notò qualcosa di strano. Non focalizzò immediatamente, poi si accorse di un
leggero aroma di fiori e di una mano leggera che le carezzava con lentezza i
capelli.
Saltò dal letto con la
velocità di un fulmine e in un istante era già in posizione di difesa. Impiegò
meno di un secondo a focalizzare chi
aveva davanti.
-Chi
sei tu?
Menzogna!
Sapeva benissimo chi era.
Aveva subito riconosciuto i suoi tratti regolari e i corti capelli scuri.
-Sono
il fantasma del Natale passato
Una voce sottile,
sofferente.
Bugiarda! Non era vero, lei
lo sapeva! Erano troppo famigliari quegli occhi e lei era lì davanti esattamente come ricordava di averla vista
l’ultima volta. Col ventre gonfio, il viso sofferente e sulla schiena un peso
troppo grande per essere sopportato.
Sabaku No Karura.
Sua madre in attesa di Gaara.
Sua madre nei suoi ultimi
giorni di vita.
-Cosa
ci fai qui?
Notò che la figura impiegava
troppo tempo ad individuarla. Quando finalmente volse il viso verso di lei,
notò con orrore le iridi prive di pupilla.
Il fantasma, sua madre, era cieca.
-Sono
qui per guidarti. Ti guiderò attraverso i tuoi Natali passati.
Ovvio, era tutto uno stupido
incubo dovuto alla soggezione per l’ancor più stupido scherzo di Shikamaru
Nara.
Sua madre era morta quando
lei era troppo piccola anche solo per ricordarne la voce. Il volto lo
riconosceva dal ritratto che possedeva suo zio quando era ancora in vita.
Non avrebbe mai potuto
credere che fosse davvero lì davanti a lei.
Eppure…eppure…
Eppure erano così invitanti le
sue braccia tese, così rassicurante quel volto un po’ infantile.
-Temari,
vieni da me.
Lo sguardo era rivolto al
vuoto. Chissà, forse lei la immaginava ancora come la bambina che aveva
lasciato.
-Perché
sei cieca?
Non aveva smesso per un solo
istante di tenderle le braccia. La vide scuotere la testa con rassegnazione.
-Non
farmi questa domanda. Questo mi affligge come l’ultimo giorno, quando con tutte
le mie forze cercai di immaginarti donna.
Avrebbe continuato ad
immaginarla. Non avrebbe mai potuto vederla. Forse era questa la sua punizione.
In fondo i fantasmi nonerano tali per
avere delle faccende in sospeso in vita? Forse il peccato di sua madre era il
rimpianto.
Karura si alzò lentamente. Si
lasciò guidare dal profondo ansimare di Temari e le strinse le mani in una
presa inconsistente.
Era gelata.
-Temari,
abbiamo un luogo in due tempi da visitare.
Le chiuse gli occhi con le
mani. Per un istante sembrò bearsi della sua presenza.
Temari si sentì avvolgere da
un freddo pungente che profumava di erba bagnata, poi in un istante tutto
cambiò ed al freddo intenso si sostituì un clima più mite e odore di sabbia.
Spalancò gli occhi.
Suna.
Ma era molto diversa da come
ricordava di averla lasciata.
-Ma
dove…
-È
davvero Suna. Forse non ricordi, ma era così quando eri molto piccola.
Appoggiò la mano sul vetro
di una finestra lì accanto.
Non impiegò molto a
riconoscere il piccolo edificio ai piedi del palazzo del Kazekage.
Era casa sua. Ma più nuova, più curata e con graziose tendine alle finestre.
Sentì le mani gelide di sua
madre spingerla verso il vetro. Istintivamente portò le braccia al viso, ma non
avvertì niente infrangersi. Semplicemente attraversò
il muro e si ritrovò al centro della stanza.
Si ritrovò faccia a faccia
con una bambina minuscola, che sembrava non averla nemmeno notata. Aveva i
capelli biondi e indomabili, gli occhi verdissimi.
-Mamma!
Corse verso le braccia
aperte di una donna giovanissima. Accanto a lei caracollava un bimbetto ancora
più piccolo con i capelli scuri.
Inutile dire che riconobbe
all’istante se stessa, sua madre e un piccolissimo Kankuro.
La mano gelida di sua madre
fantasma le si posò lieve sulla spalla e il suo profumo di fiori le inondò le
narici.
-Cosa
vedi?
Si guardò intorno con fare
circospetto. Era evidente che nessuno a parte il fantasma potesse vederla.
Kankuro giocava placidamente con
una piccola marionetta. La Temari bambina si crogiolava tra le braccia della
madre.
La casa era graziosamente
addobbata. Un albero di Natale, festoni sulle mensole e ciotole piene di dolci.
Non ricordava nulla della
sua casa così ben curata. Era davvero troppo piccola.
-Ero
felice.
Sembrava quasi innaturale
pronunciare quella parola, però era così. La Temari bambina amava molto sua
madre e sua madre amava lei. Era tutto così dannatamente perfetto.
Vide la sua mamma che nel
passato le porgeva un piccolo dono.
-Temari,
questo è per te. Buon Natale.
Che sorriso meraviglioso
aveva. Perché nessuno dei suoi figli aveva ereditato i suoi tratti così
gentili? Perché il suo viso era dovuto sparire con lei?
Vide la bambina
affaccendarsi con il nastro colorato e strappare la carta. Poi il suo sguardo
illuminarsi ed estrarre dalla scatolina quattro elastici di un bel rosso
acceso.
-Che
belli! Sono davvero per me?
La bambina si gettò di nuovo
tra le braccia della mamma che le accarezzava placidamente i capelli. Dov’era
finita quella creatura così affettuosa?
-Dammi
gli elastici.
Assistere alla scena
successiva le strinse il cuore come mai le era successo. Nel passato sua madre
le acconciava i capelli in quattro adorabili codini. Fu bello e terribile
scoprire l’origine della sua abitudine.
Il fantasma di sua madre
sembrò riconoscere la scena da quello che sentiva. Temari avvertì il dolore
profondo che questo le provocava.
Lei parlava e camminava già
in autonomia, Kankuro mostrava di avere qualche mese
di vita. Il ventre di sua madre non era piatto. Significava solo una cosa.
Quello era stato il loro
ultimo Natale insieme.
-Portami
via di qui.
Silenzio. La bambina rideva
spensierata e mostrava orgogliosa la sua nuova acconciatura al fratello.
-PORTAMI VIA DI QUI!
Di nuovo silenzio. Carico di
tensione.
-Non
posso portarti via di qui. Posso solo andare avanti.
Temari si gettò a terra
trattenendo la testa. Digrignò i denti per non pensare. Avvertì la mano gelida
del fantasma carezzarle i capelli, il suo profumo farsi più forte, le risate
della bambina spegnersi e l’ambiente farsi più freddo.
Quando riaprì gli occhi si
ritrovò nella stessa stanza, ma era molto diversa da come l’aveva lasciata.
Non c’erano decorazioni,
nessun albero di Natale. Il caminetto era spento e le tendine alle finestre
erano logore e ingiallite.
Si guardò ancora intorno.
-Cosa
è successo qui?
La presenza gelida di sua
madre era ancora al suo fianco.
-È
solo passato del tempo.
Nella stanza c’erano tre
bambini. Uno di loro se ne stava accovacciato in un angolo fissando il vuoto
con occhi gelidi.
Temari rivide se stessa
bambina, a forse cinque anni, guardare con odio e terrore il bambino
nell’angolo. Il terzo bambino, Kankuro, si rintanava
alle spalle della sorella.
Il piccolo Gaara sembrava non notarli affatto, ma quando si mossero
verso la porta li fulminò con lo sguardo.
Con sguardo più adulto
Temari si accorse dell’ingiustizia di quei gesti. Ricordava quel giorno, o
forse ricordava le innumerevoli volte in cui era successo qualcosa di simile.
I due bambini fissarono con
disprezzo il fratellino. Presero i loro giocattoli e se ne andarono verso la
porta.
Fu istintivo per Temari
cercare di fermarli.
-Ti
odio.
Le si gelò il sangue a
sentire la sua voce di bambina dire quelle parole.
-No,
vi prego..! Non lasciatelo da solo!
I due uscirono dalla porta.
Quando questa si chiuse il piccolo Gaara si
rannicchiò ancora di più. Con stupore Temari notò le lacrime rigargli il viso
inespressivo.
Si gettò su di lui cercando
di abbracciarlo. Gli sfuggì dalle braccia.
-NON LASCIATELO DA SOLO! Lui non ha colpa!
Rinsavì dal momento e si
ritrovò ansimante e sudata tra le lenzuola del suo letto.
Si guardò intorno.
La stanza era esattamente
come l’aveva lasciata. Non c’era traccia di sua madre ne dei bambini. Corse
alla finestra e l’unica cosa che vide fu l’innevato paesaggio di Konoha.
Era stato un incubo.
Eppure era stato tutto così
reale.
Fu colta da una spossatezza
indicibile. Andò per gettarsi sul letto. La stanchezza era tale da non
accorgersi nemmeno del dolce profumo che aveva impregnato le lenzuola.
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Credo che siano ANNI che non scrivo qualcosa (che non sia una recensione
XD) che superi le 1000 parole! Inutile dire che è questo è probabilmente dovuto
alla mia passione per quest’opera.
Devo dire che la stesura di questo capitolo non è stata facile. Ho avuto
diverse difficoltà e perplessità. Alla fine il capitolo ha un valore non
eccelso. Avrei voluto studiarmelo di più. In fondo è il passato la parte
fondamentale da approfondire in Temari.
Comunque posso ritenermi mediamente soddisfatta. Ho descritto le due
situazioni che mi interessavano, il pre e il post Gaara. In fondo è stata la sua nascita a sconvolgere la
vita dei fratelli. Tutto è cambiato con lui. Ma è anche vero che nel presente
Temari si è effettivamente resa conto della situazione e quasi si fustiga per
gli errori che ha fatto. Forse non ho descritto tutto come avrei voluto, ma le
situazioni che avevo in mente erano proprio queste.
Ora, la scelta di Sabaku No Karura come fantasma del Natale passato è stata una cosa
molto istintiva. Meno istintivo è stato rappresentarla come una donna
sofferente, cieca agli ultimi giorni di gravidanza.
Ho fatto queste scelte perché ho pensato che rappresentassero bene i
punti cruciali dei cambiamenti nella vita di Temari oltre che il concetto
stesso di passato. Nel caso specifico, ho pensato che il passato di Temari non
potesse vedere il presente proprio
perché rappresentato da sua madre, morta nel rimpianto di non poter veder
crescere i propri figli. La scelta di rappresentarla in piena gravidanza è
venuta perché quella situazione di sua madre è stata il punto di cambiamento
della vita di tutta la famiglia.
Non so rendermi conto se le cose che ho detto qui siano effettivamente
percepibili nel componimento (è il motivo per cui scrivo il post fic, in fondo…), ma mi auguro che
vi sia piaciuto e abbiate trovato piacere in queste povere righe.
Vorrei ringraziare Thomas Mordechai, che ha
avuto la pazienza di leggere, recensire ed inserire la storia tra le seguite.
Inoltre il mio saluto va al fantastico forum NERO che ogni giorno trova nuovi
modi di costringere noi povere iscritte ai lavori forzati invogliare il
nostro spirito creativo!
Spazio dell’autore:
Ringrazio di nuovo chi continua a leggere questo misero componimento nonostante
la povertà dello stile e la trama così abusata. Spero che apprezzerete le
modifiche che ho apportato alla versione originale e spero che le troviate
calzanti al personaggio centrale. Inoltre mi scuso per l’anno passato senza
aggiornare, ma il calendario dell’avvento è di nuovo qui, e quest’anno la mia
partecipazione continua con ACC!
Note:Fiction
partecipante alla terza edizione del“Nero
Calendario dell’Avvento”, Natale2012.
Terzo capitolo di 5, in pubblicazione per il giorno08 Dicembre 2012.1925 (O.o) parole
(conta parole di office). Genere banalmente narrativo. Non è che la mia
personalissima interpretazione del meravigliosoCanto di Nataledi Dickens. L’unico appunto? Confesso
di aver sfoderato un pizzico della mia sottile venadark…
Considerazioni:
Il capitolo sul passato era quello che più mi interessava, ma in questo
capitolo c’è la scena che preferisco. Il fantasma del Natale Passato ci ha
portato negli abissi di dolore che hanno portato Temari a costruire il suo
presente. In questo brano potremo osservare la realtà che circonda la nostra
protagonista. Quella vera, però, non quella che lei immagina! Il tono di questo
capitolo è più positivo di quello precedente, ma non vi preoccupate. Avremo
tempo per sprofondare di nuovo in baratri oscuri.
Dedica:
Questo capitolo sul presente vorrei dedicarlo alla persona che in questo
momento è la più importante per me. Il mio fidanzato. Spero che le azioni che
compiamo ora siano delle buone basi per quello che verrà.
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“A
Christmas Carol”
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Quel maledetto sogno l’aveva
innervosita a livelli indicibili. Il sonno l’aveva riaccolta immediatamente, ma
non faceva che rigirarsi nel letto ed arrotolarsi nelle lenzuola.
Rinunciò all’intento di
dormire dopo minuti interi di agonia. Decise così di prendere una buona tazza
di the allo zenzero, giusto per distendere un po’ i nervi.
Con la bevanda fumante tra
le mani andò a sedersi vicino alla finestra. Era notte inoltrata, ma alcune
case erano ancora festosamente illuminate. Gruppi di amici camminavano per le
strade, i visi affondati nelle sciarpe e le mani seppellite nei cappotti
imbottiti.
La visione era così rilassante
da riuscire a tranquillizzarla.
Scorse nello specchio il suo
riflesso. La pelle era pallidissima per il sonno agitato. Gli occhi arrossati,
come se avesse pianto per ore.
Eppure lei non aveva pianto.
O almeno non ricordava di averlo fatto. Si avvicinò al vetro per scrutare
meglio la sua immagine.
Quasi cadde dalla sedia
quando vide l’immagine riflessa rivolgerle un pallido sorriso.
Si allontanò da dove era con
un balzo. Il cuore le palpitò nel petto con violenza inaudita. Davanti ai suoi
occhi una figura slanciata, letteralmente, usciva
dal riflesso sulla finestra.
Quando la figura si ritrovò
completa e seduta a terra ebbe modo di osservarla meglio. I capelli biondi, gli
occhi verdi. Non poteva prendersi in giro. Quella che aveva davanti non era che
lei, ma smunta ed emaciata, come se
non mangiasse da giorni. Aveva lo sguardo vacuo, ma si notava che vedeva
benissimo. La fissava con interesse e appena si mosse gli occhi guizzarono,
immediatamente più attenti.
Rimasero accovacciate sul
pavimento a fissarsi per qualche secondo, con le braccia strette intorno al
corpo alla medesima maniera.
-Tu,
sei…
La figura la guardò
sbattendo le palpebre, come se fosse perplessa, poi inclinò la testa di lato
come ulteriore segno di dubbio. Fu allora che i capelli le si scostarono dal
viso e furono ben visibili le bende sulle orecchie.
Istintivamente Temari portò
le dita gelide al viso, tastandosi i lobi come per rassicurazione. Le bende
sulle orecchie dell’altra Temari erano spesse e sporche di qualcosa di scuro su
cui non aveva intenzione di indagare. Troppo rivoltante rifletterci su; era
evidente che non poteva sentirla, inutile spiegarsi la meccanica del fatto.
Inoltre non aveva troppi dubbi in proposito. C’erano già molte similitudini con
la visione precedente.
Era chiaro che si trovava
davanti al secondo degli spiriti.
La cosa stava diventando
ridicola, lo scherzo di Shikamaru Nara la stava decisamente inquietando troppo.
Lo spirito continuava a
volgere lo sguardo in ogni dove, come se ogni cosa in quella stanza fosse
dannatamente interessante. Si alzò da terra e Temari indietreggiò fino al muro
con il cuore che le martellava impazzito. La vide mentre sfiorava le coperte e
stringeva il cuscino, annusandolo con affetto.
-Kaa-san…!
Il suo sguardo si perse per
alcuni istanti nel vuoto, poi tornò a rivolgersi alla se stessa in carne ed ossa
che la fissava sbigottita dal pavimento.
Temari la guardò non osando
parlare, in fondo non l’avrebbe comunque udita.
Il fantasma le si accucciò
di fronte e assunse la sua stessa posizione.
Si fissarono per lunghi
istanti.
-Che
giorno è oggi?
Temari la guardò
intensamente, certa di non aver bene inteso.
-Il
24 Dicembre.
Lo spirito la guardò con
aria interrogativa, le fissava le labbra come a cercare di carpirne qualcosa.
-Che
giorno è oggi?
Con mano tremante Temari
indicò la finestra, da cui il paesaggio di Konoha, innevato e addobbato a
festa, sarebbe stato più esplicativo di qualsiasi risposta non sentita.
La Temari eterea fissò a
lungo le luci splendere e la neve fioccare. Poi le porse entrambe le mani.
La Temari reale rimase
impietrita al gesto e sbirciò con insistenza i palmi rivolti a lei per molti
secondi, poi si decise e li afferrò.
La stanza si sbiadì come in
un brutto sogno, non vedeva più il letto, la finestra illuminata non c’era più.
Lentamente le pareti si allargavano, la loro tinta grigia diventava pietra e
sabbia. Sul fondo della nuova stanza si fece visibile una larga finestra, un
paesaggio buio a malapena illuminato da festose luminarie. Davanti alla
finestra comparve una massiccia scrivania e poi riconobbe il giovane che vi
sedeva.
Era suo fratello Gaara, impegnato
nel suo lavoro. Solo, concentrato. Anche il giorno della vigilia di Natale.
Come aveva potuto lasciarlo
così?
Era una pessima sorella.
Guardandosi intorno si
accorse di essere accovacciata proprio al centro dell’ufficio del Kazekage. Era
tutto come ricordava di averlo visto l’ultima volta. Addirittura le cartellette
e i documenti erano esattamente come li aveva sistemati lei l’ultima volta.
-Che
giorno è oggi?
Tornò a fissare il fantasma
che le rivolgeva un pallido sorriso. Notò che le stringeva ancora le mani. Guardandole
meglio si accorse che erano pallide, secche. Le sembrò quasi di scorgere i
malleoli delle ossa sporgere dai polsi. Le lasciò immediatamente e tornò a
fissare il viso della sua interlocutrice. Era identico a prima, pallido,
scavato. Ma inequivocabilmente giovane.
Eppure le sue mani…
Un leggero bussare alla
porta la risvegliò dai suoi pensieri.
Si girò subito verso la
fonte del rumore. Dalla scrivania Gaara invitò chiunque fosse ad entrare.
Dall’uscio fece capolino la
testa castana di Matsuri, calata in un grazioso
cappellino di lana.
-Buonasera,
Kazekage-sama. Vostro fratello mi manda a dirvi che vi aspetta per cena e che
si sentirà molto offeso se non apprezzerete i suoi sforzi.
Gaara non sembrò minimamente
toccato dall’informazione, ma posò la penna e chinò la testa in segno di
gratitudine.
-Ringrazialo
da parte mia, Matsuri. E riferiscigli che sarò presto
a casa.
Lei chinò la testa con
rispetto.
-Lo
farò subito, Kazekage-sama.
Temari notò la ragazzina
indugiare sulla porta per un istante di troppo. Dovette accorgersene anche
Gaara.
-C’è
qualcos’altro, Matsuri?
Lei si riscosse da qualche
pensiero e Temari giurò di averla vista arrossire per un istante.
-Ecco,
mi chiedevo se…
Dal suo posto Gaara la
fissava senza espressione, ma sua sorella intuì in lui una certa curiosità.
Quando lo vide alzare le sopracciglia con impazienza Matsuri
aprì del tutto la porta ed entrò nella stanza. Teneva tra le mani un pacchetto
infiocchettato con cura.
-Mi
chiedevo se potesse accettare questo, Kazekage-sama.
L’impeto di inchinarsi fu
tale che quasi lasciò cadere il piccolo regalo a terra. Lo tenne avanti con le
braccia tese mentre fissava insistentemente il pavimento. Gaara sembrò (quasi)
stupito.
-Sono
dei biscotti. Li prepara la mia famiglia ogni anno per
Natale. Sarei davvero onorata se voi, che siete il salvatore del nostro
villaggio, poteste accettarli.
Dal pavimento Temari fissò
sconcertata il fratellino che si alzava dalla sua scrivania e si avvicinava
alla ragazza. Lo vide studiare il pacchettino con (quasi) imbarazzo, poi
accettarlo con un piccolo inchino.
-Naturalmente.
Sarò ben lieto di accettarlo.
Matsuri si alzò dal suo inchino
raggiante, come se avesse ricevuto lei stessa un dono meraviglioso.
-Dice
davvero, Kazekage-sama?
Gaara soppesò il pacchetto e
annuì. Si inchinò di nuovo.
-Certamente.
Ti ringrazio molto, Matsuri.
Matsuri saltò entusiasta e si
inchinò di nuovo.
-Grazie
mille, Kazekage-sama! Andrò subito da suo fratello a riferire il messaggio.
Veloce come era arrivata, Matsuri era già scomparsa dietro la porta.
Temari sentì di nuovo le
mani gelide del fantasma stringere le proprie. Mentre la stanza si offuscava
nuovamente riuscì a distinguere delle ultime parole.
-Ah,
e buon Natale, Kazekage-sama!
Intorno a lei le pareti
cambiarono ancora.
La forma allungata
dell’ufficio diventò squadrata. La pietra e la sabbia vennero sostituite da una
piacevole tinta color crema. In ogni angolo iniziarono a fioccare luci e
decorazioni. Al posto della grande scrivania del Kazekage
apparve un imponente abete addobbato.
D’improvviso tutto si riempì
di voci e di suoni. L’odore era buono ed invitante. Tavoli colmi di cibo le
furono visibili agli angoli.
Poi la gente. Tanta gente.
In ogni dove comparvero visi
nuovi, visi noti. Voci, canti, festeggiamenti.
Riconoscendo i volti di
molti degli shinobi di Konoha, dedusse che si
trattava della festa a cui voleva trascinarla Shikamaru Nara.
Fu proprio lui ad attirare
la sua attenzione.
Nonostante l’aria allegra,
il rumore assordante e la presenza dei suoi più cari amici al suo fianco, il
volto del genio di Konoha era tutto fuorché un festeggiamento.
-Shikamaru,
dovresti provare questo piatto. Sono sicuro che ti piacerà!
Il suo grosso (non grasso)
amico gli porgeva un piatto colmo di pietanze, ma lui lo rifiutò con un
impercettibile cenno del capo.
-Shikamaru,
che ne dici di aprire il nostro regalo?
La voce della Yamanaka era apprensiva, gli porgeva un pacco dorato.
Lui lo guardò come se fosse
una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, ma pur di non ferirla accettò il dono
e lo scartò con noncuranza.
Si trattava di un
consistente libro dalla copertina spessa.
-È
un trattato di strategia militare.
Spiegò lei, con voce incerta
mentre lo guardava sfogliare distrattamente le pagine.
-Ne
abbiamo scelto uno pieno di immagini. Abbiamo pensato che per te fosse meno… seccante.
Shikamaru Nara continuò a
sfogliare il suo nuovissimo libro, poi lo chiuse con uno scatto.
-Ti
ringrazio infinitamente, Ino. Choji.
I due lo guardarono
sconsolati mentre ripiombava nella sua totale apatia.
-Sai,
forse potrei provare a parlarle io, che ne dici?
La bionda di Konoha lo
guardò di nuovo speranzosa, ma lui le rispose solo con uno sbuffo.
-Hai
voglia di perder tempo? Accomodati pure.
Lei chiuse subito la bocca e
si portò le mani in grembo, mortificata. L’amico grosso (non grasso) passò lo
sguardo sconsolato dall’uno all’altra.
Dopo un interminabile secondo
Shikamaru si alzò battendo le mani sulle ginocchia.
-Credo
che me ne andrò a casa.
I suoi amici lo fissarono a
bocca aperta.
-Ma,
Shikamaru, non è ancora mezzanotte. Non abbiamo ancora fatto il brindisi, e nemmeno…
Non si girò neanche a
guardarli.
-Sarà
per un’altra volta.
Si tuffò le mani in tasca e
costeggiò la folla ridente fino alla porta. Quando se ne andò, chiudendosi
l’uscio alle spalle, la stanza fu immediatamente più vuota.
Con estrema apprensione
Temari tornò a guardare verso gli amici di Shikamaru e quando trovò la bionda a
singhiozzare intristita e l’amico grosso (non grasso) batterle colpetti
affettuosi sulle spalle non poté fare a meno di odiarsi a morte per quello che
aveva causato.
Quando poi si accorse che
tra le braccia di Ino stava un pesante volume
rilegato, non poté più guardare e di getto prese le mani della sua sé eterea,
che aveva continuato a guardare tutto con occhi spalancati ed espressione
incuriosita.
La stanza mutò ancora, le
pareti si strinsero e tornarono grigie. Nel giro di pochi istanti si ritrovò
nella sua camera.
Lasciò le mani del fantasma
e si rannicchiò su se stessa, piena di rimorso.
L’altra sé la guardava
inespressiva, l’ombra di un sorriso che le si aggirava sul volto.
-Che
giorno è oggi?
Temari la guardò con
intensità, poi fissò di nuovo gli occhi sulla finestra. Forse iniziava a
capire. Quando tornò a guardarla il suo aleggiante sorriso era sparito.
-Perché
sei qui?
Non ebbe modo di rispondere
alla domanda.
Le mani ancora tese verso di
lei sembravano più vecchie che mai. Lentamente tutta la sua figura andò
sbiadendosi e raggrinzendosi.
Fissò lo spirito del Natale
presente mentre invecchiava come un giorno che finisce. In pochi secondi fu
scheletro e fu cenere. Poi più nulla.
Il silenzio si fece pesante
nella sua testa.
L’attesa sarebbe stata
snervante.
Si raggomitolò su se stessa
in un angolo della stanza, temendo il momento in cui anche il futuro avrebbe
avuto qualcosa da insegnarle.
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
Mi vergogno quasi, a scriverlo, ma DOPO UN ANNO finalmente aggiorno! XD
Ma stavolta le mie date per il nero calendario dell’avvento mi porteranno a
finirla questa fic, lo giuro!
Allora, inutile dire che la stesura di questo capitolo è stata un parto
infinito. Il motivo?
Scarsa ispirazione.
Purtroppo la parte sul presente è sempre quella un po’ più particolare,
per cui è stata difficile la scelta del fantasma, così come la scelta delle
scene da mostrare.
Al contrario di Karura, la scelta di Temari
stessa come fantasma del Natale presente è stata tutto fuorché intuitiva. Credo
di aver vagliato milioni di ipotesi, dai fratelli a Shikamaru, ma alla fine ho
ripiegato su questa possibilità.
Il fatto che Temari fosse sorda, effettivamente, era un qualcosa su cui
sono stata in dubbio fino all’ultimo secondo. L’idea di base era rappresentare
la sua ignoranza nei confronti delle cose che le accadono intorno. Credo che
sia trasparso discretamente.
Le scene le adoro. Inizialmente volevo metterle in ordine inverso, ma
poi mi sono resa conto che la faccenda di Shikamaru era una diretta derivazione
di quello che doveva capire da Gaara. Probabilmente
se avesse assistito prima alla festa non si sarebbe resa conto di essere
l’unica a trascinarsi ancora appresso il peso del passato. In questo la mia
Temari eterea è stata molto utile, ha deciso da sola dove portare la sua altra
sé stessa.
Per il resto non credo ci sia molto altro da dire. Spero di aver
chiarito tutti i punti che desideravo approfondire! Se ci fossero domande sarò ben
lieta di rispondere.
Detto questo, rinnovo a tutti l’invito a partecipare al mese più NERO
dell’anno! Passate sul nostro forum e ne vedrete delle belle! Felice Nero
Calendario dell’Avvento a tutti!
Spazio dell’autore:
Il Calendario dell’Avvento continua, Natale si avvicina, e come festeggiarlo se
non con una bella fic NERA? Ringrazio sentitamente
chi segue questa storia, chi mi è stato vicino nei momenti di difficoltà e chi
mi ha minacciato di morte violenta se non l’avessi finita (ogni riferimento a
cose e persone realmente esistenti è puramente casuale). Spero che vi piaccia
anche quest’ultima mia fatica, la mia prossima partecipazione all’evento NERO
dell’anno!
Note:Fiction
partecipante alla terza edizione del“Nero
Calendario dell’Avvento”, Natale2012.
Quarto capitolo di 5, in pubblicazione per il giorno15 Dicembre 2012.2090 (O.O) parole
(conta parole di office). Genere banalmente narrativo. Non è che la mia
personalissima interpretazione del meravigliosoCanto di Nataledi Dickens. L’unico appunto? Confesso
di aver sfoderato un pizzico della mia sottile venadark…
Considerazioni:
Questo, come ovvio che fosse, sarà il capitolo più duro della serie.
Nell’originale si assiste ad una serie di scene strazianti che riportano il
vecchio Scrooge alla ragione. Qui non potevo fare
altrimenti, nonostante il categorico divieto di angst
durante l’avvento. Ma non è proprio angst, in fondo.
Lo chiamerei pathos! E lo considererei l’ennesima dimostrazione del fatto che
anche le situazioni più oscure alla fine possono trovare un’uscita nella luce
(nera 8D).
Dedica:
Questo capitolo sul futuro vorrei dedicarlo a Cecilia, Sofia, Leonardo, Mattia
o quale che siano i nomi delle creature che un giorno lontano cresceranno nel
mio grembo. So che sarete la conseguenza di una scelta importantissima. La
mamma è in ansia e vorrebbe già avervi con lei.
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
“A
Christmas Carol”
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
Si
accorse che il momento era arrivato prima ancora di vedere alcunché.
L’aria
nella stanza si era fatta un poco più scura, come se una nuvola fosse passata
davanti alla luna. Il freddo pungente che penetrava dal vetro della finestra si
era fatto strada tra gli abiti e la pelle e aveva, alla fine, trovato le ossa.
Un
brivido le scese lungo la schiena, ma lì, nella sua posizione rannicchiata
addosso al muro, non aveva il coraggio di alzare il viso dalle braccia e
guardare cosa accadeva intorno.
Fu
il lungo silenzio a convincerla a sbirciare.
La
luce della luna e delle luminarie in strada era stranamente fioca. Ciò che ne
filtrava attraverso la finestra creava un lungo sentiero chiaro sul pavimento
della stanza.
Proprio
lì, dove la luce si ricongiungeva con l’ombra, stavano due bambini.
La
ragazzina le dava le spalle. Da dove si trovava riusciva solo a vederne la
schiena e due spettinati codini biondi. Dalla sua spalla sbucava la testolina
mora di un neonato che, beatamente, dormiva tra le braccia della sua sorellina.
L’emozione
forte che ebbe nel guardarli rispose ad ogni domanda.
Il
suo respiro affannoso attirò l’attenzione della bambina che si girò a sbirciare
da sopra la spalla. I suoi brillanti occhi color tortora la investirono di uno
sguardo così freddo ed inespressivo da non farle quasi riconoscere, in quel
taglio o quelle ciglia, gli occhi ben più profondi di Shikamaru Nara.
Restò
a guardarla a lungo, mirandone i tratti delicati, i capelli biondo miele così
simili ai suoi, le sopracciglia sottili, gli occhi a mandorla tipici dei Nara.
Poi
si girò.
Ebbe
il buon gusto di non distogliere lo sguardo o di non urlare a squarciagola
perché, con suo sommo orrore, scoprì che le labbra della bambina erano cucite
insieme da uno spesso filo nero, più simili ad una orrenda cicatrice che ad una
morbida bocca infantile.
Dovette
raccogliere a se tutto il suo coraggio per distogliere gli occhi da quella
orribile mutilazione e portare lo sguardo altrove. Decise di osservare il
neonato dormiente.
Lui
era in tutto e per tutto la copia perfetta di suo padre: ormai lo aveva capito,
era inutile negarlo. Intuì che anche lui aveva gli occhi dei Nara, così come i
capelli. La sua bocca non era cucita, ma probabilmente non sapeva nemmeno
parlare. Dormiva con i pugni vicino al viso e la bocca leggermente aperta.
Quando
ebbe esaminato ogni centimetro visibile di quello che un giorno sarebbe stato
il suo secondogenito, tornò con gli occhi alla bambina.
Lei
la guardava con rimprovero e sospetto, e stringeva tra le braccia il fratellino
come se potesse proteggerlo da ogni male. O da lei.
Fece
di nuovo appello a tutti gli anni di addestramento per trovare il coraggio di
smuovere quella situazione. Cielo, quello sguardo era così straziante.
-Sei qui per me?
Lo
chiese cercando di essere il più dolce e conciliante possibile. La bambina
strinse gli occhi con diffidenza, poi annuì.
-Sai scrivere il tuo nome?
La
guardò a lungo prima di fare cenno di no.
Temari
sospirò, sconfitta. La guardò ancora cercando un qualche gesto, poi allungò le
mani.
-Portami dove vuoi.
La
bambina strinse forte il suo fratellino al petto e si girò come per
nasconderlo.
-Non ho intenzione di farvi
del male.
Lei
la guardò con dubbio e le vide sul volto migliaia di domande inespresse. Poi
mosse i primi passi, esitanti, nella sua direzione.
Quando
le fu davanti si sedette a terra con somma educazione, poi le porse il neonato.
Temari
lo guardò con timore quasi reverenziale.
-Posso farti una domanda?
La
piccola spalancò gli occhi e inclinò la testa di lato. Poi annuì.
-Voi siete i miei figli?
Gli
occhi della bambina si oscurarono per un istante. Temari pensò che era stato
inutile chiederlo, l’aveva capito benissimo già da sola, ma non credeva di
vedere in quella bambina uno sguardo tanto sofferente. La guardò annuire nuovamente
ed abbassare lo sguardo al terreno. Poi porgerle di nuovo il bambino nella sua
copertina.
Decise
di non voler prolungare ancora l’agonia di quella creatura, quindi accettò il
neonato.
Quando
lo ebbe tra le braccia fu assalita da migliaia di emozioni contrastanti. Su
tutte preponderava lo stupore. Rimase immobile come una statua a fissare il
bambino dormiente, chiedendosi come avrebbe mai potuto generare qualcosa di
così meraviglioso.
Ci
mise un po’ a rendersi conto che non stava accadendo nulla.
Alzò
lo sguardo interrogativo sulla bambina, che sembrò riscuotersi da un qualche
pensiero. La guardò a lungo, poi scosse appena il fratellino.
Temari
iniziò a sentirlo contorcersi nella copertina, mentre si riprendeva dal sonno.
Alzò i pugni al viso e se lo stropicciò a lungo, sbadigliando sonoramente.
Quindi aprì gli occhi.
Ebbe
modo di notare solo per un istante i suoi perfetti occhi Nara, prima di
affogare nel suo sguardo e perdere completamente contatto con la realtà.
Quando
riacquistò lucidità, si ritrovò in un salottino ben curato. In un angolo della
stanza stava un albero di Natale perfettamente addobbato e le mensole erano
decorate con meticolosità. L’effetto complessivo era tanto preciso quanto
freddo.
Sul
tappeto del salotto stavano due bambini. Temari non si stupì di riconoscere in
loro esattamente gli stessi che l’accompagnavano in quel momento. Il neonato
succhiava con soddisfazione l’angolo della sua copertina. La bambina, sdraiata
sulla pancia, colorava con attenzione un grande disegno.
Su
una poltrona vicino al fuoco stava seduta la Temari del futuro.
Temari
la guardò a lungo. Si vide poco cambiata nei lineamenti, probabilmente non
dovevano essere passati troppi anni. Nella sua nuova mise di madre di famiglia
aveva abbandonato l’acconciatura che portava in gioventù. Ora i suoi capelli
erano pettinati con cura in una crocchia stretta alla base della testa.
Indossava ancora gli abiti da lavoro, ma aveva abbandonato le scarpe sul
tappeto e si stringeva in uno spesso soprabito di pile.
A
parte la rigidità della scena, il tutto sembrava avere un tono discretamente
rilassato.
Quando
qualcuno bussò alla porta, la bambina saltò in piedi con uno strillo eccitato.
-Kazeko!
La
vide sussultare e osservare con timore la mamma e i suoi occhi fiammeggianti.
Possibile che fosse diventata una madre così severa?
-Vai ad aprire.
Il
tono severo sembrò riecheggiare a lungo nella sala come uno schiaffo sonoro. La
bambina si avviò alla porta con timore, come se ogni suo passo scomposto
potesse meritare una sgridata.
Quando
finalmente la piccola Kazeko aprì la porta, l’aria nella stanza cambiò
radicalmente.
-Tou-san!
Le
braccia del papà erano troppo occupate per accogliere la figlioletta
entusiasta, ma lei si strinse comunque addosso alle sue gambe, mettendo in
serio pericolo la stabilità della pila di pacchetti colorati che quasi gli
oscurava la faccia.
-Buonasera, mendokuse-chan.
Lei
sorrise radiosa e gli si attaccò alla giacca con affetto.
Shikamaru
Nara si fece avanti portando sotto l’albero i doni. Osservò le impeccabili
decorazioni, poi si girò verso sua moglie.
-Hai addobbato la casa.
Lei
si strinse nelle spalle con sufficienza.
-Me l’avevi chiesto.
Si
guardarono per un lungo istante, l’aria che si faceva sempre più pesante.
-Ti ringrazio.
Lei
alzò di nuovo le spalle e si strinse ancora di più nel suo soprabito.
Kazeko
era felice a livelli inimmaginabili.
Saltellava
intorno all’albero emozionatissima, cercando di riconoscere i kanji del suo nome tra le targhette dei regali.
Temari
la guardava con tenerezza, ma vide la se stessa del futuro fissarla con
rimprovero. Perché la guardava con tanta durezza? Era una bambina così
adorabile.
-Tou-san, questo è per me?
La
piccola Kazeko alzò un pacchetto dalla pila e lo porse al padre, che la guardò
con affetto.
-Credo proprio di sì.
Lei
cominciò a scuotere la scatola con curiosità. Il neonato iniziò a piangere
sentendosi ignorato, e Shikamaru lo raccolse da terra. Lo strinse al petto ed
andò a sedersi sull’altra poltrona vicino al camino. Il bambino si rilassò di
nuovo e torno a succhiare la copertina.
-Posso aprirlo?
Shikamaru
sghignazzò divertito, poi scosse la testa.
-Certo che no, mendokuse-chan. Babbo Natale si è raccomandato di aspettare
la mattina di Natale. Altrimenti lì dentro troverai solo carbone!
La
bambina lo guardò stralunata, come se stesse dicendo una enorme sciocchezza.
-Ma, tou-san,
Babbo Natale non esiste.
Il
sorriso di Shikamaru si congelò in un istante. Fissò lo sguardo incuriosito
della sua bambina poi, con lentezza esasperante, si voltò verso sua moglie che
lo guardava con freddezza.
-Ha cinque anni.
Temari
soppresse il brivido freddo che le scese lungo la schiena al vedere i propri
occhi rimandare uno sguardo così sprezzante.
-Non crederai davvero che io
voglia che mia figlia si illuda di credenze tanto sciocche, vero?
Lo
sguardo di Shikamaru passò dal freddo del ghiaccio al bruciore del fuoco in
meno di un istante.
-Questo è veramente troppo.
Temari
guardò se stessa alzare le sopracciglia con sufficienza, poi il bambino che
stringeva tra le braccia iniziò ad agitarsi e a muovere freneticamente i pugni.
La
scena davanti ai suoi occhi sembrò correre veloce.
Vide
Shikamaru alzarsi, la bambina prendere il suo fratellino e nascondersi dietro
l’albero. Udì urla indistinte e vide se stessa alzarsi e urlare contro il suo
uomo.
-Kazeko, mettiti la giacca e
vesti anche Shikashi, per favore.
La
bambina fece capolino da dietro l’albero e guardò il suo papà. Lui non la degnò
di uno sguardo, troppo impegnato a squadrare con durezza la moglie, che lo
guardava con identica forza.
-Fai quello che ti ho
chiesto. Andiamo dalla nonna. Adesso.
La
bambina uscì timorosa dal suo nascondiglio e andò a preparasi nella sua
cameretta, tenendo tra le braccia il fratellino urlante.
La
Temari del futuro seguì con lo sguardo i suoi figli finché non li vide sparire
dietro la porta. Il suo sguardo vacillò per la prima volta. Quando aprì le
labbra la sua voce era poco più di un sussurro.
-Cos’hai intenzione di fare?
Gli
occhi di Shikamaru mandavano solo disprezzo.
-Me ne vado. E porto i
bambini con me.
Temari
guardò se stessa sbiancare e quasi perdere i sensi. Si vide appoggiarsi alla
poltrona e prendersi la testa tra le mani.
-Perché?
Gli
occhi di Shikamaru erano tanto determinati quanto addolorati. Si vedeva
chiaramente la sua sofferenza in quella scelta.
-È da quando ti conosco che
provo a darti tutto ciò che potrebbe aiutarti. Ti ho amata più di quanto avrei
mai pensato di poter fare. Ho sopportato ogni tua bizzarria e ogni tuo
malumore. Ho cercato di capire il dolore che ti portavi dietro e in ogni modo,
IN OGNI MODO ho cercato di portarti fuori da quel circolo vizioso che era stata
la tua esistenza. Ti ho offerto tutto quello che potevo darti, ti ho dato una
famiglia e tu l’hai data a me. Eppure, ogni volta, questo non bastava mai. Ogni
anno, ad ogni Natale, ritorniamo su questo e finiamo sempre per rinfacciarci
cose che forse non pensiamo nemmeno. Ora basta.
Sulla
sua poltrona, la Temari del futuro si strinse le ginocchia al petto,
infinitamente dolorante. La Temari del presente stringeva il neonato urlante
come se potesse darle conforto. Ma ancora non era finita.
-Fino a che le tue maledette
convinzioni ferivano me e chi mi stava intorno, ho fatto finta di niente. Ma adesso
stai superando ogni limite e non permetterò che i mostri della tua infanzia
rovinino anche la vita dei MIEI figli! KAZEKO!
La
bambina uscì dalla camera perfettamente imbacuccata, così come il piccolo
Shikashi che ancora piangeva. Grossi lacrimoni
scendevano anche sulle guance arrossate della piccola e si perdevano tra le
pieghe della pesante sciarpa di lana.
Suo
padre le porse la mano e lei l’accettò subito, dopo avergli lasciato il
fratellino.
La
trascinò di malagrazia verso la porta, senza curarsi di prendere il cappotto.
Kazako
guardò la mamma per tutto il tragitto fino alla porta. Non si curò di
nascondere gli occhi grondanti o il naso gocciolante.
-Kaa-san!
La
porta venne sbattuta con violenza. Il silenzio nella stanza era disturbato solo
dal pianto disperato del piccolo spirito che Temari ancora teneva tra le
braccia.
Osservò
se stessa stringersi, rannicchiarsi e poi piangere tutte le sue lacrime.
Kazeko
la fissò con rimprovero, poi non riuscì a fermare le lacrime. Le lunghe scie
umide le percorsero le guance e si infilarono tra le maglie strette della sua
bocca cucita. Shikashi urlava inconsolabile.
Per
un periodo che le sembrò crudelmente lungo, gli spiriti la costrinsero ad
osservare la scena di se stessa che si distruggeva.
Nel giro di poco, iniziò a
piangere anche lei.
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
Incredibilmente puntuale, nonostante i mille problemi tecnici che si sono
posti sul mio cammino, dopo una settimana esatta sono QUI! E aggiorno
nuovamente, con l’ultimo dei capitoli centrali! Io lo dico, non è stato affatto
facile scrivere quello che avevo in mente, e ammetto di aver anche indorato un
pochino la pillola, dato che avevo pensato a ben di peggio, ma l’angst era vietato! Stavolta, non ho davvero nulla da dire,
perché credo che risponderò alle domande direttamente nell’ultimo capitolo, per
cui se qualcosa non è chiaro, fatevi sotto!
Mi rendo conto di essermi cimentata in una impresa ben più grande di me.
Inaspettatamente l’esperimento sembra riuscire, e le mie amate commilitone mi
sono vicine e mi sostengono con perizia!
Chiarisco subito che fin dall’inizio lo scopo era di arrivare a questo. Ovvero
il divorzio.
Per la mia indole materna scrivere di questi bambini sofferenti è stato
un colpo al cuore, ma spero di aver reso l’idea abbastanza da renderla
credibile. Per me è stata dura. Davvero.
Come dicevo alla mia degna prole qualche giorno fa, il discorso delle
mutilazioni agli spiriti ha un senso ben preciso. Rispettivamente, il passato
non PUÒ vedere, il presente non VUOLE sentire e il futuro non DEVE parlare. Per
cui il passato ha una malformazione genetica, se vogliamo dire così,
indipendente dalla volontà di chiunque, poiché, in effetti, il passato non
potrà mai vedere ciò che è dopo. Il presente ha le orecchie mutilate e, anche
se non l’ho detto, le ha per propria scelta, perché nel presente è Temari
stessa a non voler sentire ciò che le accade intorno. Il futuro non deve
vedere, e le labbra cucite della povera Kazeko sono la violenza di ‘qualcuno’
che non vuole che il futuro si riveli a ciò che è stato prima. Nello specifico
il ‘qualcuno’ non è altro che il continuum temporum. Non avrebbe senso nessuna
situazione diversa da quelle illustrate e a Temari è stata offerta una
possibilità unica nel poter sbirciare uno dei suoi possibili avvenire.
Detto questo, aspetto domande, dubbi e perplessità nel caso in cui
qualcosa non fosse chiaro, perché dietro a questa storia, la mia mente ha
creato un universo assurdo. Mi sentirò sola quando sarà finita.
PS: stavolta non l’ho riletta! Ero in ritardassimo e avevo mille
problemi di linea! Non ho proprio avuto tempo. Quando sarà la riprenderò in
mano e la sistemerò come si deve, perché mi sono affezionata a questo
componimento e non mi va di lasciarlo pieno di casini, errori e distrazioni!
PPS: passate al forum NERO! Il calendario dell’avvento continua e
cerchiamo di rendere questo Natale il più NERO di sempre!
Spazio
dell’autore:
Il Calendario
dell’Avvento continua, Natale si avvicina, e come festeggiarlo se
non con una bella fic NERA? Ringrazio sentitamente
chi
segue questa storia, chi mi è stato vicino nei momenti di difficoltà
e chi mi ha minacciato di morte violenta se non l’avessi finita
(ogni riferimento a cose e persone realmente esistenti è puramente
casuale). Spero che vi piaccia anche quest’ultima mia fatica, la
mia prossima partecipazione all’evento NERO dell’anno!
Note: Fiction
partecipante alla terza edizione del “Nero
Calendario dell’Avvento”,
Natale 2012.
Quinto e ultimo capitolo. Genere banalmente narrativo. Non è che la
mia personalissima interpretazione del meraviglioso Canto
di Natale di
Dickens. L’unico appunto? Confesso di aver sfoderato un pizzico
della mia sottile vena dark…
Considerazioni:
è stato
TREMENDO scrivere questo capitolo. Proprio non voleva uscire. Con
questo epilogo chiudo la fic che mi ha accompagnata per oltre un
anno. É stato bellissimo poter condividere con tutti la mia passione
per quest'opera, ed è stato toccante trovare persone così felici di
condividerla con me. Vi lascio all'epilogo con il cuore in mano.
Dedica:
questo
capitolo lo dedico con tutto il cuore a quelle persone che vedo così
poco, ma sono nella mia vita con una costanza impressionante. Per cui
questo capitolo e tutta questa opera sono per Frà, Clàh, Vitto,
Clà, Marmy, Sel, Giù, Asu e tutte le altre ragazze della tBp. Vi
adoro ♥.
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
“A
Christmas Carol”
¨♥*✫♥,¨♥*✫♥,¨♥*✫♥, ,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫ ,•✯´´*✫
Riemerse
dalla sua prigione di lenzuola con ancora addosso ansia, paura e
sudore. Portò le mani alle guance, trovandole umide. Strinse gli
occhi ancora brucianti.
Poi
si rese conto dei raggi di sole che filtravano dalla finestra.
In
pochi istanti fu in piedi, aggrappata al davanzale a fissare le
strade innevate di Konoha.
Le
luminarie spente avevano un che di malinconico, ma dei lunghi
ghiaccioli si erano formati durante la notte, e gocciolavano
allegramente disperdendo la luce solare in un amabile scintillio ben
più affascinante dell'illuminazione artificiale.
Per
strada passeggiava poca gente, e un bambino trasportava con impegno
un grosso pacco.
Temari
spalancò le ante con forza, spargendo in ogni dove un'onda di neve.
-
Ehi, ragazzino! Sì, dico a te!
Il
bambino alzò lo sguardo incuriosito.
-
Ehi, che giorno é oggi?
La
guardò come se fosse pazza, la piccola bocca aperta per lo stupore.
-
È il giorno di Natale, signora!
Represse
la marea di insulti che le salirono alla bocca a quel "signora"
detto con tono tanto scontato, poi focalizzò ciò che aveva sentito.
Il
suo cuore saltò un battito. Era ancora in tempo.
Rinchiuse
la finestra e si gettò in fretta sui suoi abiti, indossando le prime
cose che le capitarono sotto mano. Lasciò i capelli nelle condizioni
peggiori in cui si fossero mai trovati, non si diede nemmeno il tempo
di lavarsi il viso.
In
pochi minuti fu già in strada, con il cuore palpitante e mille cose
in testa.
Dopo
un istante si rese conto di non avere idea di cosa dovesse fare.
Avrebbe
voluto scusarsi con Shikamaru, e anche con l'amica bionda se ne aveva
la possibilità. Avrebbe voluto scrivere almeno una lettera ai suoi
fratelli, e magari accendere un incenso per sua madre.
Troppe.
Davvero troppe cose da fare.
Camminó
per la strada, decidendo di iniziare dal santuario. A sua madre
doveva perlomeno la precedenza.
Lo
trovò alla fine di un pittoresco viale alberato, candido di neve,
scintillante di ghiaccio. Lo scricchiolio dell'erba rigida di
ghiacciata brina l'accompagnò in ogni suo passo.
Davanti
ai simulacri ebbe nuova conferma di aver fatto la scelta giusta.
Inginocchiato
davanti ad un incenso fumante, stava Shikamaru Nara.
Non
si era preparata a questa eventualità ne, in effetti, aveva
minimamente pensato a cosa avrebbe dovuto dirgli una volta che
l'avesse incontrato.
Si
rese conto che non sarebbe mai stata abbastanza pronta per
quell'incontro, per cui decise di gettarsi nell'impresa senza
pensarci troppo.
Si
avvicinò all'ara con circospezione, il cuore in gola, poi accese il
suo incenso. Giunse le mani in preghiera e attese.
-
Hai un aspetto orrendo.
Paradossalmente
le venne da sorridere.
-
Ho avuto una nottata movimentata.
Lui
continuò a guardare altrove.
-
Ma davvero..?
Temari
sospirò esausta. Doveva sapere che non le avrebbe mai reso le cose
facili. Per quanto ancora avrebbe continuato a non guardarla?
-
Ho fatto un sogno molto interessante.
Neanche
le rispose.
-
E... e credo di aver capito di essere stata molto ingiusta nei tuoi
confronti. E nei confronti dei tuoi amici.
Intuì
che aveva finalmente deciso di guardarla, ma stavolta era lei a non
avere la forza di alzare lo sguardo.
-
Quando stamattina mi sono svegliata, ho avuto paura di non poter
rimediare a ciò che avevo fatto. E quando mi sono resa conto che
potevo ancora farlo, non ho saputo da dove iniziare.
Riprese
fiato, quasi sofferente.
-
Volevo scusarmi con tutti, rendere onore a mia madre, scrivere ai
miei fratelli, ma soprattutto, ecco, volevo scusarmi con te.
Sentì
ancora il suo sguardo addosso. Se lo immaginò completamente girato
verso di lei, le sopracciglia alzate. La bocca con quella piega
caratteristica di quando era davvero sorpreso.
-
Non ti prometto che mi troverai a cantare carole natalizie, ne che
inizierò ad indossare sciocchi cappellini. Ma per il resto giuro che
ci proverò, davvero.
Shikamaru
rimase in silenzio a lungo. Troppo a lungo.
Iniziò
a credere che le sue scuse fossero arrivate davvero troppo tardi.
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Era esattamente ciò che volevo sentire. Vieni, chiedo a mia madre di
aggiungere un posto a tavola anche per te.
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Qualche
anno nel futuro, una bambina bionda si crederà perfettamente
mimetizzata nel suo nascondiglio. Quando la sua mamma la troverà, le
dirà che è inutile nascondersi, che Babbo Natale è magico, e
compare solo quando tutti i bambini di casa stanno dormendo.
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Dopo
mille peripezie alla fine è finita davvero. Di questo epilogo c'è
ben poco da spiegare, per cui rinnovo ancora tutti i miei
ringraziamenti e il mio ammmore. La chiudo qui prima che mi commuovo
davvero. Sommo amore a tutti ♥.