A Taste of Armageddon

di Inuyasha89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti!
Sono tornata come promesso con il primo capitolo della nuova storia. Temo che per leggerla sia necessario leggere Le ali della regina.
Spero che vi piaccia come vi è piaciuta l’altra. Leggete numerosi e se avete voglia recensite che mi fa sempre piacere!
 
 
 
SESSHOMARU POV
 
Erano già passati tre anni eppure mi sembrava ieri che stringevo Helena tra le mie braccia, le confessavo il mio amore e la rendevo la mia compagna.
Avevamo passato insieme solo pochi miseri giorni prima della battaglia finale con Naraku.
Mio fratello e la miko che aveva scelto come futura compagna avevano distrutto quella feccia e si erano liberati della Shikon no Tama. Ma la scomparsa della Sfera aveva portato anche alla sparizione della sua custode. In quei brevi istanti presi l’unica decisione possibile.
Helena era la protettrice di Kagome, che possedeva un potere troppo grande per passare inosservato. La lasciai andare.
Le giurai che l’avrei aspettata, anche fino alla fine dei tempi se fosse stato necessario, e sono ancora convinto di quel giuramento.
L’avrei aspettata perché, senza di lei, la mia vita non aveva più uno scopo.
Con il rituale di unione youkai avevamo fuso insieme le nostre anime, ma ora quel collegamento era inerte, come se metà del mio essere non esistesse.
Sapevo per certo che non si poteva resistere in eterno a quel vuoto. Piano piano esso portava il superstite della coppia alla morte, per ricongiungersi all’anima gemella in un’altra vita.
Quel processo era già iniziato, lo sentivo chiaramente. Ma Helena non era morta! Mi rifiutavo di crederlo! Non avrei permesso alla follia prima e alla morte poi di sconfiggermi. Ogni giorno la battaglia interna era sempre più dura, ma io ero forte e alla fine avrei prevalso!
Non solo per Helena, ma anche per…
“Otou-san guarda! Ho imparato a creare un piccolo vortice!”
Già, la scomparsa di Helena non mi aveva lasciato completamente solo. C’era ancora lei, il mio piccolo sole personale, la dolce Rin.
Nei precedenti tre anni mi ero preso cura di lei insegnandole ad usare i nuovi poteri che le erano derivati dalla procedura di adozione.
Non aveva molto potere e quello che aveva era un misto tra il mio e quello di Helena.
Non mi importava quanto ne avesse, ero contento che potesse proteggersi ma ci sarei stato sempre e comunque per lei.
Un rumore di foglie smosse alla mia destra mi distrasse dai miei pensieri. Non portai nemmeno mano alla spada anche perché, circa dieci secondi dopo, due macchie colorate, rosa e giallo, si precipitarono verso Rin urlando come due pazze.
“Gomen Sesshomaru-san! Se avessi saputo che eri qui a riposare avrei detto alle bambine di fare più piano.”
“Non importa Sango. Non stavo riposando. Pensavo.”
Vidi la sterminatrice guardarmi pensierosa e temetti, per un attimo, che mi costringesse a parlare. Ma avevo dimenticato che era cresciuta, e viveva tutt’ora, in un ambiente di uomini e quindi si limitò a sedersi accanto a me in piacevole silenzio.
Silenzio interrotto soltanto dai gorgoglii del suo ultimo nato, un maschio che aveva chiamato Riko.
Il monaco era stato molto soddisfatto dall’avere un erede, ma potevo facilmente osservare come le figlie fossero la luce dei suoi occhi.
Mi ritrovai a guardare Sango con attenzione: il rituale di tre anni prima, con cui lei e Miroku avevano ottenuto la nostra forza e la nostra longevità, le aveva permesso di recuperare più in fretta dopo il parto, ma i suoi occhi erano perennemente velati di tristezza.
Anche a lei l’assenza di Helena e di Kagome pesava in modo insopportabile. Prima della tragedia avevano stretto un patto di sangue che le aveva rese come sorelle.
La perdita, per la seconda volta, della famiglia si era rivelato molto più duro da sopportare. Era vero che il fratello Kohaku era vivo, ma aveva deciso di diventare un allievo di Totosai, e successivamente uno sterminatore itinerante, per riparare ai torti commessi sotto Naraku.
Mentre mi intrattenevo nuovamente in tristi pensieri, la mia attenzione venne catturata, per la seconda volta, da un suono particolare.
Subito dopo io e Sango vedemmo sfrecciarci davanti agli occhi uno spaventatissimo kistune che cercava di scappare da un altrettanto arrabbiato mezzodemone.
Al mio fianco sentii Sango ridere e poi la vidi scuotere la testa.
“Credo che Shippo non imparerà mai che non è una buona idea stuzzicare Yasha!”
Mio malgrado trovai la scena che avevo davanti molto divertente e cominciai a ridere.
Il suono, a cui nessuno era abituato, provocò il brusco stop dei due litiganti. Prima che Inuyasha potesse riprendersi Shippo pensò bene di tagliare la corda.
Dopo qualche minuto mio fratello decise di far ripartire quel poco di cervello che aveva, chiuse la bocca e si incamminò verso di noi.
Quando ci ebbe raggiunto si decise a dare di nuovo fiato alle trombe:
“Onii-san…tu hai riso???!!”
Onii-san? Da quando gli avevo permesso di chiamarmi fratellone? Eppure dovevo ammettere che il suono non mi dispiaceva. Nel frattempo potevo osservare che Yasha stava letteralmente sudando freddo. Lo lasciai panicare anche qualche minuto e poi decisi di rispondergli:
“Non sono una creatura inferiore, so come ridere Onii-chan!”
Detto questo mi alzai e cominciai ad andarmene, non prima di aver apprezzato la faccia basita di Yasha.
Sì, Helena mi aveva decisamente cambiato. Sapevo quello che mio fratello stava passando perché anche io ero nella sua stessa situazione.
Quando avevo lanciato Helena verso Kagome lo avevo fatto anche per Yasha. Ancora non sapevo perché, ma volevo che la donna di mio fratello fosse protetta.
Perso nei miei pensieri non mi resi conto della presenza di stranieri nella zona.
In un attimo venni colpito e atterrato da un gas con una puzza insopportabile.
Prima di essere completamente sopraffatto riuscii a lanciare un ululato di avvertimento per Yasha, sperando che riuscisse a mettere tutti in salvo.
Dopo più nulla.
 
HELENA POV
 
“Kagome!!! Possibile che i tuoi libri debbano essere sempre sulla mia scrivania? Diamine abbiamo una casa enorme e tu riesci sempre ad occupare i miei spazi!”
“Scusa! Non è colpa mia se i tomi dei miei corsi universitari sono più voluminosi dei tuoi! Da me ormai non ci sta più nulla! Se hai un po’ di pazienza vengo a liberarti la camera tra poco. Tanto devo metterli in valigia.”
Sospirai pesantemente. Dopo tre anni passati con Kagome sapevo che prima che venisse a liberarmi la scrivania sarebbero passate almeno un paio di ore e quindi mi dedicai a finire la mia valigia.
Come tutti gli anni a luglio stavamo tornando in Giappone dall’America, per un mese di meritato riposo dai nostri studi universitari.
Già studiavamo in America, all’Università di Harvard per essere precisi.
Kagome si stava laureando in storia delle religioni con una specializzazione per il Giappone feudale, mentre io lavoravo parallelamente alla mia laurea in Diplomazia e Governo e in Storia della Guerra e Strategia, ovviamente sempre con una specializzazione per il Giappone feudale.
Né io né lei avevamo mai perso la speranza di poter, un giorno, tornare indietro e riunirci con la nostra vita, che ci aspettava dall’altra parte del pozzo.
O meglio, speravamo entrambe che ci aspettassero. Il mio marchio aveva continuato a funzionare per qualche mese dopo la chiusura del pozzo, ma poi si era via via spento. Ora il collegamento era freddo e senza vita, ma non potevo pensare che Sesshomaru fosse davvero morto. Continuavo a stringermi alla speranza che mi stesse aspettando nel suo palazzo.
Ricordo ancora come se fosse ieri il nostro ultimo giorno nell’Epoca Sen Goku.
 
FLASHBACK
Sentii Sesshomaru prendermi per un braccio e baciarmi con una passione che mai aveva usato prima. In quel bacio lo sentii dirmi che mi avrebbe aspettato anche 500 anni se fosse stato necessario, ma alla fine saremmo stati insieme. Mi disse di prendermi cura di Kagome che ad Inuyasha ci avrebbe pensato lui. Mi disse che avrebbe protetto Rin e gli altri. Mi disse che mi amava. Lo guardai e gli dissi solo una cosa “Ti amo Sesshomaru ora e sempre! E ti aspetterò…tutta la vita se necessario!”
Con quell’addio mi scaraventò verso il pozzo. Con molta fatica riuscii ad afferrare Kagome e la tirai verso di me. Automaticamente le mia ali si chiusero sopra di noi per proteggerci da qualsiasi cosa ci fosse arrivata addosso. Per maggiore precauzione le avvolsi la coda intorno alla vita. Eravamo in questo disastro insieme e non avrei permesso nemmeno al Destino di separarci questa volta.
Fummo trasportate per un tempo quasi infinito fino a che non sentii più nulla al di fuori del bozzolo creato dalle mie ali.
Con cautela le aprii e controllai dove fossimo finite. Mano a mano che i dettagli diventavano sempre più chiari per i miei occhi il peso sul mio cuore aumentava.
Eravamo nel futuro. Precisamente sotto l’Albero Sacro davanti al tempio dove viveva Kagome.
Un urlo disumano mi risvegliò dal mio torpore. Velocemente mi portai all’interno dell’hokora da dove proveniva l’urlo lanciato da Kagome. La trovai accasciata sul fondo del pozzo, in lacrime e chiaramente sotto shock.
Il pozzo era chiuso e con esso la nostra unica possibilità di ricongiungerci alla nostra vita nel passato.
I giorni successivi passarono in un lampo confuso e colorato.
Avevamo detto addio a questa vita e ora, scherzo del destino, dovevamo viverla per sempre.
Kagome venne ricoverata in ospedale e rimase dentro per quasi un mese. Quando uscì, feci fatica a riconoscerla. La ragazza solare e allegra se ne era andata, lasciando il posto a un fantasma. I suoi occhi erano spenti, come se a vita l’avesse abbandonata. Non era mai stata così simile a Kikyo come in quel momento.
Quando la vidi in quello stato presi una decisione. Dovevamo andarcene, il più lontano possibile dal pozzo, lontano dall’unico possibile collegamento.
Ne parlai con sua madre che accettò di farle fare un esame di fine superiori anticipato.
Nel frattempo mi ero informata sulle migliori università mondiali, il più lontano possibile dal Giappone e Harvard sembrava la migliore.
Sottoposi il test a una Kagome ancora sotto shock e, miracolosamente, lo passò. Trovai un appartamento da condividere e nel giro di un mese ci eravamo trasferite.
Sapevo che la madre non era particolarmente contenta di questa situazione ma con Kagome in quelle condizioni il suo potere stava cominciando a uscire senza controllo e la situazione sarebbe diventata critica a breve se non riuscivo a riportarla in uno stato cosciente.
Ci vollero quasi tre mesi prima che Kagome tornasse a parlare. Quando lo fece la morsa che mi aveva attanagliato lo stomaco svanì nel nulla.
Dopo un anno era tornata quasi normale. I suoi occhi erano perennemente tristi, ma la tristezza era sul fondo e la mia migliore amica era tornata a sorridere.
In tutto questo tempo la mia condizione fisica stava degenerando. La mancanza del marchio mi stava lentamente uccidendo, ma non l’avevo ancora detto a Kagome. Se lo avessi fatto tutti i progressi che lei stava facendo sarebbero stati nulli.
Era passato un anno da quando ci eravamo trasferite in America, quando Kagome mi chiese di ritornare in Giappone. Era luglio e non avevamo più né corsi né esami e lei mi sembrava abbastanza forte da rincontrare il passato. Facemmo i bagagli e tornammo indietro.
Passammo un mese splendido in compagnia della famiglia di Kagome. La mia mi odiava visto che li avevo privati della villa, dato che ero l’unica vera erede della mia famiglia.
La vigilia della nostra partenza accadde qualcosa che avrebbe cambiato le nostre vite per sempre.
Eravamo andate a farci un ultimo giro per le strade di Tokio quando fummo avvicinati da una signora, che cominciò a fissare un punto sopra le mie spalle. Mi sembrava che stesse guardando le mie ali, ma scartai velocemente il pensiero anche perché il diadema regalatomi un anno prima da mio padre, oltre a trasformarmi nel vento, mi poteva anche trasformare in un’umana. Quindi al momento il mio aspetto non prevedeva né ali né coda e, per comodità, avevo scelto di accorciare i capelli e di renderli tutti nuovamente neri.
Niente poteva ricordare il mio aspetto demoniaco e ciò mi andava benissimo. Non mi serviva vedere i tatuaggi ogni mattina che mi ricordassero quello che non avevo.
Dopo una breve assicurazione mentale sul fatto che non potesse vedere il mio vero aspetto, discretamente mi misi di fronte a Kagome e cercai di passare oltre quella donna.
“Non così in fretta Heleiana sposa di Sesshomaru…”
A quelle parole mi congelai sul posto. Come faceva a sapere?
“Io so molte cose di te giovane regina. Ma in mezzo alla strada non è il luogo adatto per parlare. Seguitemi.”
Feci per mandare a casa Kagome. I suoi poteri non erano ancora totalmente sotto controllo e non potevo rischiare che si facesse del male.
“No! Anche la giovane Kagome, promessa di Inuyasha, deve venire con noi! Non ti preoccupare, non le verrà fatto del male!”
Non mi fidavo particolarmente ma non avevo altra scelta.

Feci risalire in superficie i miei poteri, pronta ad usarli al minimo segnale di pericolo. Afferrai Kagome per mano e seguii la strana donna.
 
FINE FLASHBACK
 
Erano passati due anni da quell’incontro eppure era ancora vivo nella mia memoria.
La donna si era rivelata una sacerdotessa con il dono di predire il futuro. Ci aveva detto che il pozzo dietro il tempio della famiglia di Kagome non era l’unico collegamento con il Sengoku. Ce ne era un altro, in America. Quello, purtroppo, era stato scoperto dall’esercito americano, che aveva cominciato a studiarlo. Tutti i demoni che ne erano usciti erano stati presi, imprigionati e studiati.
Alcuni di loro erano riusciti a scappare e da allora giravano liberi nel mondo moderno.
Anche il pozzo in America si era chiuso lo stesso giorno di quello in Giappone. A quel punto ci aveva detto che esisteva una profezia che ci riguardava.
 
Allo scadere del terzo anno dalla grande disgrazia una nuova minaccia si abbatterà sugli eroi. Il futuro incontrerà il passato e tenterà di sottometterlo. Solo la prima guerriera del bene e colei che dà e toglie la vita con un cenno rimarranno a difendere il passato. Nuovi alleati si uniranno a vecchi nemici convertiti. L’ultima battaglia deciderà le sorti del mondo intero.
 
Da quel momento, al nostro ritorno in America ci eravamo accorte della presenza di demoni.
Un mese dopo l’incontro con la sacerdotessa Kagome mi aveva chiesto di allenarla. Dovevamo guidare una nuova coalizione contro un nemico potente e lei voleva essere all’altezza.
Accettai e l’allenai duramente allenando anche me stessa. Non potevo permettere al marchio di uccidermi e quindi diventai più forte.
I nostri poteri crebbero a dismisura fino a che, un mese fa il vento mi disse che il tempo era giunto.
Tre anni erano passati dalla grande disgrazia della profezia e noi eravamo pronte a tornare.
Per questo ora tentavo di mettere in ordine la mia stanza per poi poter fare la valigia.
Avevo la sensazione che tutto quello che stavo impacchettando non mi sarebbe servito, ma la routine mi impediva di entrare nel panico.
In cucina mi scontrai con Kagome e nei suoi occhi lessi gli stessi dubbi che avevo io. Ci avevano aspettato? Sarebbero stati contenti di vederci? Il futuro aveva già sottomesso il passato? Qualsiasi cosa quella frase volesse dire.
Mi avvicinai a Kagome e l’abbracciai: “Andrà tutto bene! Non sarà successo ancora nulla. Domani torniamo in Giappone e vedrai che il pozzo sarà aperto. Stai tranquilla!”
La sentii annuire e non potei far altro che sperare che le mie parole fossero vere e non solo vuote promesse per calmare un animo inquieto.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


INUYASHA POV
 
Piano piano riuscii ad aprire gli occhi. La testa mi scoppiava come se avessero cercato di tagliarmela in due. Le immagini che vedevo erano tutte sfocate ma dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre cominciai a vedere chiaramente.
“Yasha! Meno male che ti sei svegliato! Temevo seriamente che ti avessero ammazzato questa volta!”
“Feh! Miroku ma che cavolo stai dicendo? Dove siamo? Cosa è successo?”
Avevo un terribile presentimento che mi venne atrocemente confermato quando riuscii a mettere completamente a fuoco la stanza e i suoi occupanti.
Accasciata sul pavimento, mentre cercava di consolare i suoi figli e Rin, c’era Sango. In un angolo era stata gettata la vecchia Kaede di cui si stavano prendendo cura Shippo e Kirara. Kohaku era nell’angolo opposto, con la testa abbassata, ma potevo percepire la sua aura furiosa.
Miroku era al mio fianco, accasciato sulla parete di fondo della stanza. Contai ancora una volta le persone presenti e il mio cuore perse un battito…
“Dov’è Sesshomaru? Che cosa è successo a mio fratello?”
Vidi Miroku spalancare gli occhi per la sorpresa e mi pentii immediatamente di aver ruggito in quel modo così animalesco. Nel silenzio che si creò dopo le mie parole Rin scoppiò a piangere, subito consolata da Sango che mi lanciò un’occhiata fulminante.
“Mi dispiace Yasha. Non sappiamo dove sia Sesshomaru. Come te abbiamo sentito il suo ululato di avvertimento ma quando siamo stati catturati lui non era con noi e non l’abbiamo più visto.”
Mi accasciai a terra come se mi avessero colpito con una mazza ferrata.
Prima mia madre, poi Kikyo, poi Helena e Kagome e ora Sesshomaru…
Era il mio destino non riuscire a proteggere coloro che amavo? Mi avevano lasciato tutti perché ero un incapace?
Sesshomaru mi aveva avvertito del pericolo ma nonostante questo non ero riuscito a fermare l’attacco di quegli uomini.
Avevano tirato delle cose che avevano rilasciato un odore penetrante e io mi ero ritrovato a terra in meno di un minuto. Non ero più nemmeno capace a combattere? Eravamo tutti condannati per causa mia?
“Gio Yasha… non ti peoccupaie. Io cio che ci cialveai…”
Alzai gli occhi sulla proprietaria della voce e mi trovai a guardare negli occhi di Nyoko, una delle due gemelle di Sango.
“Nyoko ha ragione, Inuyasha! Abbiamo tutti fiducia in te! Non è stata colpa tua l’esito della battaglia. Quegli uomini avevano addosso lo stesso strano odore dei vestiti di Kagome ed Helena!”
Shippo aveva ragione. Ecco cos’era quell’odore strano che mi era parso di sentire nei primi secondi dell’attacco. Era l’odore del futuro! Ma se questi uomini erano qui, voleva dire che il pozzo era aperto. Ma se il pozzo era davvero aperto… Perché Kagome non era ancora tornata? Sicuramente era capace di individuare il cambiamento spirituale nel pozzo. Forse non aveva voluto venire, forse… NO! Non dovevo pensare questo! Probabilmente era stata trattenuta e sarebbe arrivata presto, magari era in pericolo.
Cercai di mettermi seduto più comodo e scacciare questi pensieri dalla mia testa quando mi resi conto di essere legato. Non era una corda normale ma era fatta di ferro. Provai ad artigliarla per liberarmi ma ne ricavai una pesante bruciatura.
“Ci abbiamo provato anche noi, Yasha. Ogni volta che esercitiamo una forza su queste strane corde veniamo come fulminati.”
“Grazie Sango per avermelo detto. Cercate di non muovervi troppo, io guarisco più in fretta di voi. Proverò io a distruggere queste cose.”
Vidi Miroku lanciarmi uno sguardo di ringraziamento ma prima che potessi dire qualcosa le mie orecchie si mossero captando un rumore.
Istintivamente il mio corpo si tese; la porta venne scossa e una porticina venne aperta. Una figura senza volto gettò del cibo alla rinfusa dentro la stanza e chiuse la porta ridendo con il compagno sulla nostra rozzaggine.
Vidi Sango recuperare qualcosa di commestibile da quel pastone per darlo ai piccoli e i miei occhi si oscurarono per un attimo. Come si permettevano di trattarci come animali? Gliel’avrei fatto vedere io quanto animale potevo diventare…
Con un sospiro bloccai nuovamente il mio demone, ancora non era tempo. Prima o poi lo avrei fatto uscire a giocare; sperai solo che sarebbe stato abbastanza per liberare i miei amici.
 
KAGOME POV
 
Con un sospiro esagerato uscii dalla doccia. Avevo detto ad Helena che le avrei liberato la scrivania e quindi sapevo che tra poco sarebbe tornata alla carica. Mi avvolsi un asciugamano sui capelli e mi misi davanti allo specchio. Anche nel vapore della stanza potevo vedere il profilo del cane nero che avevo tatuato tutto intorno alla vita. Era il marchio di Yasha e avevo imparato a dargli vita come aveva fatto Helena. Nonostante il colore della notte, lo avevo chiamato Yuki. Un altro sospiro. Inuyasha mi manchi…
Quando avevo scoperto che il pozzo si era sigillato, il mio cuore e la mia mente non avevano retto. C’erano voluti mesi per tornare dal buco nero in cui ero precipitata e tutto questo lo dovevo ad Helena. Mi era sempre stata accanto e la sua costanza, pazienza e determinazione mi avevano aiutato a uscire da quell’oscurità. Ci eravamo trasferite e la nostra vita si stava ricostruendo quando una donna ci aveva raccontato della profezia e del nuovo pozzo.
Il mio primo pensiero era stato di pura gioia. Avrei dovuto aspettare certo, ma alla fine sarei potuta tornare da Yasha. Poi mi ero resa conto che la profezia parlava di una guerra.
Avevo chiesto ad Helena di allenarmi e ora potevo utilizzare tutto il mio immenso potere.
E ora il tempo era arrivato. Il vento aveva parlato di tempesta ad Helena e da quello avevamo capito che il momento era giunto.
Ormai stavamo per tornare in Giappone comunque quindi non avevamo pensato di anticipare la partenza.
Stavo per mettermi maglia e pantaloni quando il rumore di vetri infranti seguito da un urlo mi fece scattare verso la cucina mentre materializzavo le spade.
Prima ancora di entrare nella stanza creai delle corde di potere spirituale e le lanciai dentro. Dopo un attimo entrai anche io a spade sguainate.
Prima che potessi farmi una minima idea di quello che stava succedendo mi venne lanciata addosso una tovaglia. Mi resi conto di essere ancora in intimo e, avvampando, mi drappeggia addosso la stoffa.
Vestitami, guardai quelli che avevo intrappolato e mi caddero di mano le spade per la sorpresa.
“Ginta? Hakkaku? Che cosa ci fate voi qui?”
“Sorella Kagome! Meno male che ti abbiamo trovato! Ci ha mandato Koga, siamo arrivati attraverso un pozzo. Koga ci ha detto di cercarvi per dirvi che siamo sotto attacco. Uomini con armi strane stanno prendendo possesso delle nostre terre e della nostra gente. Vi assomigliano per vestiario e oggetti e Koga li ha sentiti parlare di un certo tempio Higurashi.”
Alle loro parole sbiancai. Uomini del futuro nell’Epoca Sen Goku? Questo era il significato della profezia? Sapevano dell’altro pozzo? La mia famiglia…
“E i nostri amici? Che gli è successo?” La brusca domanda di Helena mi riportò alla realtà.
“Non lo sappiamo. Il villaggio di Edo è stato raso al suolo e…”
Mi lanciai su Helena scatenandole addosso tutti i miei poteri spirituali.
“Helena torna in te! Li troveremo! Non sono morti! Non possono esserlo…”
“Hai ragione Kagome…scusa! Non perderò più il controllo così.”
Quando la sentii rilassarmi lasciai la presa e caddi a terra.
Mentre la mia mente continuava a immaginarsi gli scenari peggiori che potessero capitare, sentii Helena passare come un tornado per la casa.
Nemmeno cinque minuti dopo mi ritrovai il mio zaino giallo in mano.
“Dentro c’è tutto quello che ti può servire in condizioni di emergenza. Se ti viene in mente altro prendilo ma non prendere più di quanto entri in quello zaino. Viaggeremo veloci per essere in Giappone entro stanotte.”
La guardai stranita e cercai di recuperarmi.
Lo zaino era stato fatto a regola d’arte e non ci trovai nulla da aggiungere, tranne forse del…ramen!
Vidi Helena tirare fuori un piccolo corno dalla tasca a suonarlo.
Meno di un minuto dopo due demoni, decisamente con poteri del vento, si presentarono nella nostra cucina.
“Prendete questi nostri amici e seguitemi. Dovremmo volare in fretta fino al Giappone. Se uno di voi dovesse essere colpito chiami rinforzi ma gli altri non si fermeranno chiaro?”
Un solo cenno di assenso fu quello che Helena ricevette prima che i due soldati della sua guardia prendessero i due demoni lupo e cominciassero a dirigersi verso il Giappone.
Helena si concentrò e tornò ad assumere la sua classica forma con ali e coda.
“Vieni Kagome. Ti porterò io fino in Giappone. Cambiati e prendi una coperta perché il volo sarà freddino!”
Tornai dopo cinque minuti e Helena mi avvolse intorno la coda e io mi adattai all’incavo delle sue braccia. Chiusi gli occhi e Helena si gettò nel vuoto.
Resistete amici miei…stiamo arrivando!
 
????POV
 
Nero, buio, oscurità e freddo.
Poi, improvvisamente una luce accecante e dei suoni che non avevo mai sentito.
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti un essere umano vestito in maniera particolare. Quanti secoli erano passati? Sicuramente non così tanti.
Perché mi avevano strappato alla morte?
Soprattutto dove era la mia compagna?
Mi sentii trascinare verso il basso e mi misero un collare. Inorridii quando capii le loro parole.
“Uccidi Sesshomaru e Inuyasha!”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


BUON ANNO A TUTTI VOI! 



HELENA POV
 
Cinque minuti. Era tutto quello che avevo dato a Kagome per prepararsi a partire per il Giappone e era tutto quello che avevo a disposizione per recuperare un minimo di lucidità necessaria per proteggere sia me stessa che Kagome nel lungo viaggio che ci aspettava.
Quando Hakkaku aveva detto che il villaggio di Edo era stato distrutto e che di Yasha e gli altri non c’era traccia ci avevo visto rosso, letteralmente.
Non avevo mai avuto problemi a controllare il mio lato demoniaco, forse perché avevo passato molti anni a stretto contatto con gli umani e questo mi aveva insegnato l’autocontrollo, ma il solo pensiero della morte di Yasha e soprattutto di Maru mi aveva fatto perdere il poco controllo che avevo mantenuto su me stessa.
Sapevo che, probabilmente, Sesshomaru sarebbe stato nel suo castello, ben lontano dal villaggio. Alla fine lui non si sarebbe mai mischiato con gli umani e, per quello che ne sapevo io, ancora non aveva risolto i suoi problemi con Yasha.
Eppure, con il fatto che il nostro collegamento era spento, non potevo fare a meno di pensare che qualcosa fosse successo anche a lui. E poi c’era Rin. Era solo una bambina; sapevo che, con la cerimonia di adozione, avrebbe ricevuto parte dei nostri poteri, ma sarebbero stati sufficienti? Sapeva come utilizzarli? Tutte domande a cui non avevo risposta e che mi stavano lentamente torturando. Basta! Non potevo più pensarci. La morte della connessione con il mio compagno mi stava già portando alla follia senza bisogno di aggiungerci altro stress e in questo momento mi servivano tutte le capacità mentali che mi erano rimaste. Stavamo entrando in guerra.
Come Koga avesse saputo del secondo pozzo era una cosa che mi stavo ancora chiedendo. Sapevo che Kagome gli aveva detto che venivamo dal futuro e che potevamo raggiungerlo attraverso il pozzo del villaggio, ma come aveva fatto a scoprire l’altro? Li aveva provati tutti?
Questa questione non mi tornava per nulla, come non mi tornava il fatto che Koga fosse riuscito a carpire il cognome di Kagome nei discorsi dei soldati.
Sapevo davvero che il cognome di Kagome era Higurashi? Gli era mai stato detto? Altri misteri e altre informazioni mancanti. Il mio istinto mi diceva di fare attenzione, ed era esattamente quello che avrei fatto. Per ora non potevo fare più di quello. Dovevamo raggiungere il Giappone ad ogni costo.
“Sono pronta Helena. Possiamo andare.”
Alzai gli occhi su Kagome e la vidi pronta per partire. Mi accorsi che aveva indossato l’armatura che io e Sango le avevamo regalato quella che sembrava una vita fa. Sulla schiena, incrociate, stavano saldamente legate le sue spade. Non portava più un arco. Negli ultimi tre anni il suo potere era cresciuto infinitamente e non aveva più necessità di canalizzare la sua mikoki in una freccia. Ora la lanciava come un attacco dalle due spade incrociate.
Ero orgogliosa di lei e dei suoi progressi. Da questo momento in poi avrebbe potuto metterli in pratica.
Chiusi gli occhi e mi concentrai per sollevare l’incantesimo che nascondeva il mio vero aspetto e qualche secondo dopo le mie ali si distendevano nell’ampiezza del soggiorno e la mia coda scattava per avvolgersi intorno alla vita di Kagome e attirarla verso di me.
Anche io indossavo la mia armatura, che era simile a quella della mia migliore amica, ma era composta di due pezzi distinti e mi lasciava scoperto lo stomaco.
Non avevo bisogno di più protezione di così, avevo imparato a tramutarmi in vento ed ero invulnerabile a praticamente qualunque cosa.
Anche i miei poteri erano cresciuti enormemente. Da oggi avrei provato a quanto ammontavano i miei miglioramenti. Sperai che sarebbero bastati a salvarci tutti.
Attirai Kagome verso di me e la sentii incastrarsi perfettamente nell’incavo del mio corpo, di modo che io avessi le mani libere per poter usare la mia naginata.
Avevamo volato così molte volte negli ultimi tre anni e ci eravamo abituate. Era un bene in questo momento perché il viaggio sarebbe stato lungo e non potevamo permetterci né ritardi né distrazioni.
Con un ultimo sguardo verso la nostra casa spalancai le ali e spiccai il volo.
Immediatamente presi quota, avrebbe fatto più freddo, ma almeno non saremmo risultate visibili a occhio nudo. Non potevamo rischiare di attirare l’attenzione su di noi in questo momento.
Percepii lo sconforto e l’ansia di Kagome tra le mie braccia.
-Andrà tutto bene Kay. Vedrai che saranno riusciti a scappare e che sono già all’opera per organizzare la resistenza armata.-
-Hai ragione Lena, solo che non riesco a togliermi dalla testa l’orrendo presentimento che qualcosa di grosso e di molto brutto sta per succedere. Qualcosa non mi tornava nel racconto di Hakkaku, ma non riesco a capire cosa.-
-Allora non ero l’unica ad averlo percepito! Non volevo dirti nulla per non spaventarti ulteriormente. Ma tu, per caso, avevi mai detto a Koga il tuo cognome?-
-Ora che mi ci fai pensare non credo proprio. A parte te, e forse Yasha, non credo che nel passato lo sappia nessuno. D’altronde nell’Epoca Sen Goku non era necessario, né usuale avere un cognome. Come avrà fatto a saperlo? Cosa vuol dire secondo te?-
Non le risposi mentre ponderavo le varie possibilità nella mia testa.
C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in questa situazione, ma ancora non riuscivo a capire che cosa. Se Kagome non aveva detto a Koga il suo cognome, come diavolo il lupo faceva a saperlo?
Non riuscivo a trovare una risposta plausibile quando mi colpì.
-Kagome, preparati. Stiamo per subire un attacco. Non so chi, ma ci sta arrivando da dietro e si prepara a lanciarci addosso qualcosa.-
-Sono pronta Helena! Facciamo il solito gioco? Tu guidi io sparo?-
-Ci sto! Pronta perché da ora in poi il volo sarà acrobatico!-
Lasciai aperto il collegamento. Questa volta sarebbe stata dura e avevamo bisogno di comunicare in fretta tra di noi per coordinarci.
Nel frattempo provai a raggiungere telepaticamente le due guardie che avevo mandato avanti con Ginta e Hakkaku, ma il nulla rispose ai miei tentativi di comunicare.
Un orrida conferma cominciò a farsi strada nella mia testa. Conferma che divenne realtà quando, girandomi in volo, vidi apparire dietro di noi un paio di caccia statunitensi.
Cosa ci facevano qui? Come sapevano chi eravamo e cosa stavamo facendo? Perché le mie guardie non rispondevano? A meno che…no!
-Kagome siamo state vendute! Ginta e Hakkaku erano lì per attirarci in una trappola! Koga ci ha vendute!-
-Non è possibile Lena! Non lo farebbe mai…no, forse lo farebbe. Alla fine non lo conosco così bene…che facciamo noi ora?-
-Magari Koga ha avuto le sue ragioni, non essere troppo veloce a giudicarlo. Quando usciamo da questo casino proviamo a chiederglielo ok? Per ora non abbiamo molte altre alternative. Combattiamo!-
La sentii tremare impercettibilmente e nel suo odore si insinuò la paura, ma subito la tenne sotto controllo prima che sfociasse il panico e potei quasi sentire la sua determinazione.
Ammirai il suo coraggio. Negli ultimi cinque anni la vita non era stata gentile con lei. Prima l’Epoca Sen Goku e poi bloccata nel futuro. Eppure la sua forza d’animo era rimasta intatta. Ero orgogliosa di essere sua amica. Ma per ora la mia preoccupazione maggiore era che fosse salva.
Ero ancora la sua protettrice e la battaglia non si prospettava per nulla facile.
Eravamo abituate a combattere in aria, ma mai contro dei caccia. Avevamo provato con delle illusioni di demoni, sia minori che maggiori, ma un F16 era tutta un’altra cosa.
Non c’era tempo ora di perdersi in pensieri inutili su quello che avrebbe potuto essere.
Chiusi gli occhi e mi preparai a invertire bruscamente la rotta.
 
KAGOME POV
 
Un qualunque passante a terra non avrebbe visto nulla di quello che stava succedendo sopra la sua testa, ma se, per caso, si fosse trovato sopra le nuvole allora lo spettacolo sarebbe stato indimenticabile.
Eravamo in volo da pochissimo tempo quando Helena aveva percepito una presenza dietro di noi e avevamo accertato di essere seguite da F16 della Aeronautica Americana.
Quando me lo aveva detto le avevo semplicemente proposto di utilizzare ancora una volta il metodo che avevamo perfezionato negli anni. In questi tre anni da quando il pozzo si era chiuso le nostre capacità guerriere erano aumentate a dismisura; aumentate tanto che Helena era immune ai miei poteri spirituali quanto io ero immune ai suoi demoniaci e alla maggior parte degli attacchi di youki che demoni di vari livelli potevano lanciarmi.
Eravamo talmente in sintonia tra di noi che avevamo anche sviluppato un nuovo modo di combattere che ci permettesse di sfruttare insieme i miei poteri spirituali e gli attacchi a lunga distanza, con la capacità di Helena di volare e manipolare il vento.
In sessioni di addestramento eravamo imbattibili e avevamo provato questo trucchetto anche contro qualche demone minore che era scappato dalle prigioni governative, ma questa volta era contro gli esseri umani che dovevamo combattere.
E gli F16 non erano sicuramente dei demoni. Più veloci e indubbiamente più resistenti e soprattutto non avevamo idea se fossero immuni ai miei poteri spirituali.
Era vero che avevo anche imparato a lanciare attacchi basati su quel poco di youki che avevo in me grazie al marchio di Yasha, ma come non riuscivo a far apparire Yuki in carne e ossa come faceva Helena con Mayu (infatti la mia era solo una proiezione spirituale del marchio, con pochi reali poteri demoniaci), non potevo nemmeno utilizzare al meglio quegli attacchi.
Ero già pronta alla battaglia quando Helena mi aveva avvisato che eravamo state vendute.
Le sue guardie non rispondevano più alle sue chiamate. Non era possibile! Mi rifiutavo di credere che gli ingenui Ginta e Hakkaku avessero potuto orchestrare qualcosa di così machiavellico. Ma se non erano stati loro allora chi avrebbe potuto essere? L’unica risposta possibile ad una domanda così scomoda poteva essere una sola: Koga.
Eppure mi risultava molto difficile pensare al principe dei demoni lupo come ad un traditore. Non mi pareva ci fosse animosità tra di noi. Vero, avevo scelto Inuyasha al suo posto, ma la scelta era avvenuta dopo la nostra separazione e quindi non avrebbe dovuto saperne nulla. Che glielo avesse detto Yasha per vantarsi dopo la mia scomparsa? E se anche così fosse stato perché venderci? Che senso poteva avere?
Le parole di Helena mi avevano riportato alla realtà. Non era questo il momento di porsi certe domande. Per ora dovevamo solamente sopravvivere all’attacco. Poi avremmo potuto perdere tempo a dirimere questa questione.
Quasi senza preavviso Helena mi lanciò. In un unico movimento, oggetto di una lunghissima pratica, mi girai per fronteggiare i caccia e chiamai mentalmente le mie spade.
Con un giro della morte Helena si piazzò sotto di me e ci agganciammo per prepararci alle prossime manovre evasive.
Improvvisamente i caccia fecero fuoco. Due proiettili seguiti da una lunga coda bianca puntavano direttamente su di noi.
Era cominciata.
 
HELENA POV
 
Non avrei saputo dire da quanto tempo eravamo impegnate in questa impossibile battaglia aerea. Potevano essere due minuti come due giorni. Il tempo non aveva più logica ed esistenza nello spazio angusto di cielo in cui si erano ridotte le nostre vite.
Dopo la prima bordata dei caccia avevo schivato con un abile movimento, frutto di lungo allenamento, e ci eravamo portate al contrattacco.
In breve avevamo scoperto che i poteri spirituali di Kagome non avevano alcun effetto sulle pesanti placche metalliche di cui erano rivestiti i velivoli. E questo era stato il nostro primo grosso problema.
Avevo quindi deciso di passare parte dei miei poteri a lei cosicché potesse canalizzarli nelle sue spade, ma così facendo dovetti dimezzare la concentrazione sul nostro assetto di volo, e questo fu il secondo grosso problema.
Il terzo grosso problema si manifestò all’arrivo di giganteschi demoni d’aria. Per quanto fossi forte e, insieme a Kagome, addirittura imbattibile, non avevamo nessuna possibilità contro l’esercito che ci stava di fronte. Il loro solo numero era la loro vittoria.
Eravamo riuscite a distruggere due caccia e una ventina di demoni, ma più ne abbattevamo e più li sostituivano. Sembravano un esercito di cavallette e sapevo che non avevamo possibilità contro di loro.
-Kay, tesoro, siamo in minoranza. Se continuiamo ci fanno fuori. Che ne pensi? Combattiamo fino alla morte oppure vediamo chi si cela dietro tutto questo disastro?-
-Lena io dico che da morte non siamo utili a nessuno. Ormai la guerra che era stata profetizzata è arrivata. E ormai è altrettanto chiaro che non riusciremo ad arrivare in Giappone. Io dico che la tua idea è buona. Facciamoci catturare, è l’unico modo sensato per scoprire qualcosa, altrimenti non saremo utili a nessuno da morte.-
Le sue parole mi riscaldarono il cuore. Era coraggiosa, questo glielo dovevo. Non avevamo nessuna certezza che non saremmo state ammazzate una volta messo piede a terra, eppure era disponibile a rischiare.
Mi ripromisi ancora una volta che l’avrei protetta con la vita se fosse stato necessario e, improvvisamente, chiusi le ali. Questo movimento ci portò in caduta libera e quasi istantaneamente le riaprii e ci trovammo a volteggiare ad un paio di metri da terra.
Segnalai a Kagome di rinfoderare le spade e non appena lo ebbe fatto ci ritrovammo completamente sommersi da uomini con la pistola spianata verso di noi.
Sorrisi ironicamente e tesi le mani per farmele ammanettare più agevolmente, ma nel giro di poco mi trovai aggredita da una ventina di loro che mi ammanettarono, imbavagliarono e incappucciarono con poca grazia!
Sentii che lo stesso era per Kagome e mi rilassai quando ci legarono insieme.
Con altrettanta malagrazia venimmo caricate di peso su di un camion, che partì alla volta di un luogo che mi era sconosciuto. Non c’era nulla nell’odore intorno a me che mi potesse aiutare a orientarmi.
Tutto quello che riuscii a sapere sul luogo in cui eravamo state portate lo imparai all’arrivo.
Eravamo sicuramente in montagna, dall’aria frizzantina e dall’odore di pini e muschio, e decisamente molto lontani dalla città a giudicare dal lunghissimo tragitto in auto.
Gli stessi uomini che ci avevano caricato ci sollevarono nuovamente di peso e ci trascinarono, presumo all’interno di una costruzione.
Dopo dieci minuti di svolte quasi casuali, non mi era riuscito di trovarci un percorso, l’aria torno a farsi più fresca e seppi che eravamo arrivati ai sotterranei.
Uno sferragliare di catene e cardini poco oliati mi confermò il sospetto.
“Bene principesse! Ben arrivate nella vostra nuova sala del trono! Mettetevi pure comode perché passerete in nostra compagnia molto, moltissimo tempo! Ahahahah!”
L’uomo che ci aveva parlato istruì gli altri uomini di buttarci a terra e di legarci mani e piedi con catene che partivano dal muro. Rudemente fummo anche liberate del cappuccio e potei quindi vedere quello che il mio naso mi aveva già descritto.
Sentii la cella chiudersi dietro di noi ma non ci feci caso. I miei occhi erano intenti a guardare la palude in cui eravamo state buttate. Umido scendeva dalle pareti fino a condensarsi in pozze di acqua malsana in terra e muffa nasceva da quelle stesse tracce di umido. Le catene erano abbastanza lunghe da non costringerci a stare attaccate ai muri, ma la paglia in centro alla cella non era né più asciutta né più pulita del resto.
Sentii Kagome singhiozzare e istintivamente tesi la coda fino a prenderla ed attirarla a me per consolarla.
“Shh, Kagome non ti preoccupare! Sono qui io con te! Non ci succederà nulla vedrai!”
Piano piano la sentii calmarsi e i singhiozzi farsi sempre più pacati.
“Sorella Kagome! Helena! Cosa ci fate voi qui? Perché non siete scappate?”
“Ginta! Hakkaku! Perché? PERCHE’????”
“Kagome calmati ti prego! Agitarsi non ci farà uscire di qui. Sono sicura che hanno avuto le loro buone ragioni!”
Sapevo che Kagome aveva tutti i diritti di alterarsi, ma avevo come la sensazione che i due poveri demoni lupo che ci stavano davanti, in un’altra cella, con la coda tra le gambe, non fossero i reali ideatori di tutto quello che ci era successo.
“Ti prego Kagome, non dare la colpa a loro. Hanno solo eseguito un mio ordine! Se c’è qualcuno da incolpare sono io e soltanto io!”
Ci girammo entrambe verso il luogo da cui proveniva la voce. Mi suonava familiare, ma non sapevo esattamente perché.
“Chi sei? Come fai a conoscermi? Perché dici che la colpa è tua?”
In un attimo il vento cambiò e io potevi aver accesso all’odore dello sconosciuto e quando lo riconobbi rimasi di sasso.
“Kagome, è Koga!”
“COSAAAAAA? Non è possibile, quello non è Koga! Non ci assomiglia per niente…”
“Helena ha ragione mia dolce Kagome, sono io…Koga! Il mio aspetto è così a causa di mesi e mesi di torture con degli enormi mostri, così simili a Ginkostu, ma molto più letali”
“Allora perché Koga? Perché ci hai vendute? Sapevi che non ti amavo, è una vendetta nei miei confronti? Se lo è, perché hai colpito anche Helena?”
“NO Kagome! Non potrei mai farti del male volontariamente! Mi dispiace…mi dispiace tanto, ma lui ha rapito Ayame! Mi aveva promesso che mi avrebbe restituito la mia compagna se vi avessi consegnato e io non sapevo che cosa fare! Ti prego, anzi vi prego perdonatemi, ma Ayame era incinta quando è stata presa e io non potrei sopportare…”
I singhiozzi scossero violentemente la figura smagrita e invecchiata del signore dei lupi.
Con la coda dell’occhio vidi Kagome asciugarsi una lacrima e seppi che aveva già perdonato Koga. Nemmeno io ero arrabbiata con lui. Il legame tra compagni era qualcosa di troppo forte, specie se la femmina era incinta. In questi casi nessuno era più importante del compagno e sapevo che nella sua situazione avrei fatto la stessa cosa, come lo sapeva Kagome.
Questo non toglieva il fatto che eravamo in un pasticcio enorme e avevamo bisogno di informazioni per uscirne.
“Koga, non preoccuparti! Capiamo perché l’hai fatto e non ce l’abbiamo con te! Ma abbiamo bisogno di informazioni. Chi è questo lui? Cosa è? Che cosa vuole?”
“Avete ragione! Vi ho infilato in questo casino e ora è mio compito aiutarvi in ogni modo possibile! Sedetevi e vi racconterò tutto quello che so…”
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


HELENA POV
 
Koga aveva appena accettato di dirci tutto quello che sapeva riguardo all’incresciosa situazione in cui eravamo finite.
Quando lo vidi prendere un respiro profondo prima di cominciare, istintivamente, seppi che non mi sarebbe piaciuto per niente quello che avrebbe detto.
“E’ meglio che io cominci la mia storia da quando ve ne siete andate dall’Epoca Sen Goku, o perlomeno poco dopo. A quel tempo io sapevo solo quello che Kagome mi aveva detto su voi due, quindi che venivate da un mondo lontano, nel futuro. Non sapevo ne come ne perché fosse possibile una cosa del genere, ma non me ne ero nemmeno preoccupato. Qualche settimana dopo la vostra sparizione mi ritrovai al villaggio in cui Inuyasha e gli altri si erano stabiliti e lì incontrai il cagnolino. Non sapendo nulla della vostra scomparsa feci la solita scenata. Non che io fossi davvero innamorato di te a quell’epoca Kagome, solo che mi piaceva veramente mandare Inuyasha fuori dai gangheri. Il problema fu che quella volta Inuyasha non solo si arrabbiò, ma era talmente livido che si trasformò direttamente in un demone completo e mi attaccò. Riuscii a schivarlo a pelo e solo perché Sesshomaru intervenne a bloccarlo. Mentre il cagnaccio era ancora a terra il principe mi spiegò che ve ne eravate andate per non tornare mai più. Mi disse anche che eravate passate per un pozzo, ma all’epoca non capii molto di quella spiegazione. Dopo aver sentito cosa vi era successo me ne andai senza insistere. Avevo notato il marchio sul collo di Sesshomaru e potevo solo immaginare quanto stesse soffrendo in quel momento. Inuyasha non era marchiato, ma da come aveva reagito si capiva molto bene quanto tutta quella situazione lo facesse soffrire.”
Mentre Koga riprendeva fiato nel racconto io osservai Kagome. Per me quello che il lupo aveva appena finito di raccontare non erano notizie nuove. Nei primi mesi della nostra separazione avevo percepito tutto il dolore del mio compagno e quindi sapevo quanto dura fosse stata e poi sapevo che i demoni cane prendono una sola compagna e le sono fedeli fin dopo la morte. Per Kagome, invece, tutte queste informazioni erano nuove e sapevo che, in una certa misura, lenivano le ferite che si era portata dentro fin dal momento in cui il pozzo si era sigillato dietro di noi. D’altra parte era vero che Inuyasha le aveva promesso fedeltà eterna e le aveva chiesto la mano, ma non essendoci stato nulla tra di loro potevo bene immaginare la montagna di dubbi che avevano roso il fegato della mia migliore amica in tutti questi anni.
“Vanificato il mio scopo nel villaggio di umani decisi di andare verso le montagne del Nord. Non avevo mai dimenticato la giovane demone lupo nella notte con l’arcobaleno di luna e pensavo che fosse arrivato il momento giusto per mantenere quella promessa. Vi risparmio i dettagli, che sono piacevoli, ma assolutamente non pertinenti in questo contesto, del nostro corteggiamento. Vi basti sapere che un anno dopo la vostra partenza eravamo sposati e le due tribù erano finalmente in pace e unite. Per un anno e mezzo circa la pace regnò sovrana nei miei territori. Non vi so dire nulla delle vite degli altri perché non andai mai più da loro a controllare. Una notte Ayame mi raggiunse in riva allo stesso ruscello dove io le avevo fatto la promessa quando era ancora bambina e mi disse una cosa che mi rese l’uomo più felice del mondo. Era incinta!!!! In quel momento penso che toccai la luna con un dito. Per un paio di mesi tutto rimase tranquillo finchè un giorno…un giorno…”
La voce di Koga si spezzò e credo anche qualcosa dentro al suo animo subì la stessa sorte. Lanciai uno sguardo preoccupato al giovane principe sperando con tutta me stessa che ci fosse qualcosa che potessi fare e sapendo che non potevo fare nulla.
-Lena perché non ti trasformi nel vento e vai nella sua cella? Non riesco a vederlo così…distrutto. Sembra un guscio vuoto dell’arrogante e borioso demone che conosco…-
-Vorrei poterlo fare Kagome, ma queste catene me lo impediscono. I nostri carcerieri sembrano essere a conoscenza di questa mia particolare abilità. Ma se anche potessi farlo non ci sarebbe nulla che io possa davvero fare per lui. La perdita della compagna o del compagno è un dolore tale che nessun tipo di consolazione può aiutarti a superarlo. Ed è anche peggio quando a compagna è incinta.-
-Non è possibile Helena! Tu lo hai superato! Sei ancora qui con me e non mi sembra che tu sia morta!-
-KAGOME NON TI AZZARDARE A PENSARE DI SAPERNE QUALCOSA DEL MIO DOLORE! Tu non sai che cosa ho dovuto patire e cosa patisco persino ora! Credimi non ero tanto diversa da Koga tre anni fa ma tu eri bloccata nel tuo piccolo mondo, troppo occupata a fuggire dalla triste realtà per renderti conto delle mie reali condizioni! E anche adesso non credere che sia facile! È solo perché ho giurato di proteggerti che ancora cammino nella landa dei vivi, altrimenti avrei terminato la mia patetica esistenza il minuto in cui la chiusura del pozzo è diventata definitiva! Forse non te ne sei accorta amica mia, ma il mio marchio si è come raffreddato. Non mi connette più a Sesshomaru e questo mi sta lentamente portando sul baratro della follia. Solo il fatto che tu hai bisogno di me e la prospettiva che il pozzo prima o poi si sarebbe riaperto mi hanno fatto andare avanti nonostante tutto. Non giudicare quello che non conosci Kagome! So che tu hai sofferto la scomparsa di Yasha e non dico che la mia sofferenza fosse superiore alla tua, ma non dare per scontato che quello che ho fatto io sia una cosa facile e soprattutto non lasci devastata la persona che decide di proseguire la sua vita anche senza il proprio compagno di anima. Tu ancora non puoi sapere che cosa significa, ma lo capirai molto bene quando Inuyasha finirà la cerimonia e a quel punto anche tu saprai perfettamente perché non è possibile vivere senza la propria anima gemella!-
Non era stata mia intenzione essere così brusca con Kagome. Sapevo che non aveva assolutamente idea di quali fossero state le mie sofferenze in questi tre anni e che non era assolutamente corretto da parte mia scaricargliele addosso in quel modo. Ma non ero riuscita a controllarmi. La sola insinuazione che si potesse sopravvivere alla perdita del compagno solo perché io non ero ancora morta mi aveva fatto imbestialire sopra ogni altra cosa.
-Hai ragione Helena. Non mi sarei mai dovuta permettere un commento del genere. So che credi che non l’abbia mai notato, ma avevo visto il tuo marchio cambiare di colore e avevo dedotto che qualcosa fosse successo. Mi dispiace per essere stata sconsiderata, ma soprattutto per non essere stata più forte. Tu sei sempre rimasta al mio fianco anche quando la situazione era disperata sia per te che per me, ma io ho pensato solamente al mio dolore e non ho nemmeno velatamente pensato al tuo. Potrai mai perdonarmi per essere stata così stupidamente egoista?-
-Non ti preoccupare Kay! Non c’è nulla da perdonare! Eri ovviamente sconvolta e lo sapevo. Una di noi due doveva mandare avanti la baracca e il fato ha deciso che fossi io. Ora non pensiamo più e cerchiamo di scoprire cosa è successo.-
La sentii annuire anche se capii che non era molto convinta di quello che avevo appena detto. Conoscendola si sarebbe fustigata per la sua cecità ancora per molti anni a venire. In quel momento però avevamo cose più importanti a cui pensare.
Nel frattempo che io e Kagome litigavamo Koga era riuscito a riprendere quel tanto che bastava per poter continuare con la storia.
“Ero andato a caccia con il branco quella mattina. Ayame stava ancora dormendo e io volevo farle trovare qualcosa di cacciato di fresco quella mattina, giusto per sorprenderla. Quando tornammo, però, quelli ad essere sorpresi fummo noi. La mia dolce Ayame era sospesa nel vuoto tenuta per il collo da un perfetto sconosciuto. Il problema principale era che quello sconosciuto per i miei sensi non esisteva. Non aveva assolutamente nessun odore. Scattai con gli artigli sguainati verso la mia compagna con la palese intenzione di trapassare chiunque avesse avuto il coraggio di toccarla. Ma quando gli arrivai addosso lo sconosciuto era già saltato qualche metro più indietro. Come avesse fatto è ancora un mistero per me ma sta di fatto che si era spostato più veloce di quanto avessi fatto io. Giocammo a questo estenuante gioco ancora qualche minuto fino a che non mi decisi a chiedergli che cosa volesse. Mi rispose con un’unica parola: Vendetta. Detto questo sparì. E con l’uomo misterioso sparì anche la mi adorata Ayame. Lo cercai per giorni, sguinzagliai tutti i branchi di lupi a mia disposizione ma di quell’essere nemmeno una traccia. Era come se fosse evaporato. Un paio di settimane dopo lo ritrovai nel mio accampamento. Senza nemmeno pensare lo attaccai frontalmente, ma ancora una volta riuscì a evitare tutti i miei attacchi. Poi parlò: mi disse che se volevo rivedere la mia compagna avrei dovuto fare un piccolo lavoretto per lui. Una cosa da nulla mi disse. Dovevo consegnarli voi due ragazze su un piatto d’argento. Solo allora avrebbe liberato mia moglie. Gli risposi di no. Che non sapevo dove foste e che quindi non avrei potuto farci nulla anche se lo avessi voluto, ma lui si limitò a ridere. Mi parlò di un pozzo, non di quello di cui mi aveva parlato Sesshomaru, ma di un altro. Anche questo collegava i due mondi. Mi disse che ora il passaggio era aperto per tutti quanti, che ne era occupato lui. Mi portò in questo mondo e mi disse quello che dovevo fare per attirarvi. Gli risposi che non lo avrei fatto. Gli dissi che non avrei mai tradito dei miei amici in modo così meschino. Allora mi torturò, per quelli che mi sembrarono anni, ma non cedetti. Un giorno cambiò metodo e mi disse di ascoltare attentamente. Nel silenzio udii un grido di dolore, un grido che conoscevo anche troppo bene: Ayame. Io potevo sopportare tutta la tortura di questo mondo, ma non potevo permettere che lei venisse ferita e quindi cedetti. Mi dispiace, mi dispiace tanto di avervi trascinate in questo pasticcio, ma non sapevo che altro fare e non potevo permettere che Ayame venisse torturata. Spero che mi possiate perdonare un giorno. Questa è la mia storia. Il resto lo sapete perché vi coinvolge personalmente.”
Con questo tacque e chinò la testa come se la vergogna fosse troppa da sopportare, ma da parte mia e guardando Kagome anche da parte sua sapevo che avrei fatto la stessa identica cosa, fossi stata nella sua situazione.
“Koga, ti prego! Non farti più male di quanto te ne abbiamo fatto loro ti prego! Né io né Helena siamo arrabbiate con te! Era scritto nel destino che dovesse andare a finire così e tu hai solo svolto il ruolo che le stelle avevano previsto che tu svolgessi. Ti prego non disperarti. Hai fatto quello che un ottimo compagno avrebbe fatto qualora la sua metà fosse stata in pericolo!”
Vidi Koga rimanere interdetto al discorso di Kagome. Sicuramente non si aspettava di essere perdonato così in fretta, ma da parte mia non c’era nulla da perdonare.
Ora, però, dovevamo lavorare con le informazioni ottenute ed elaborare una strategia di battaglia valida per tirarci fuori dal disastro.
“Koga tu hai detto che lo sconosciuto non aveva odore vero? E che si muoveva insolitamente veloce… che ne pensi Kagome?”
“Non lo so. Onestamente la velocità mi faceva pensare ad un demone, sicuramente ad uno molto intelligente, capace di nascondere le sue tracce, o forse con qualche abilità particolare. Ma non mi pareva ci fossimo fatte particolari nemici. Almeno, prima di partire, almeno quelli demoniaci mi sembravano tutti morti.”
Ci pensai un attimo anch’io e non potei far altro che giungere alla stessa conclusione. Non mi pareva avessimo lasciato nell’Epoca Sen Goku dei nemini, perlomeno non ancora vivi.
E allora chi poteva essere? Non avevo fatto in tempo a formulare nemmeno un’ipotesi che la serratura del portone delle prigioni si mosse. Percepii Kagome tendersi verso di me, come a cercare una protezione che non potevo offrire, e pregai i Kami di non essermi cacciata in un problema più grande di quanto potessi risolvere.
 
 
SESSHOMARU POV
 
Era buio, e soprattutto era freddo. Tanto freddo. Allora era così che ci si sentiva quando si era morti? Alla fine anche io, il grande Sesshomaru, ero giunto al capolinea? Ne ero felice, da una parte. Dall’altra lasciavo Rin senza protezione, avevo appena iniziato a coltivare una parvenza di relazione con mio fratello. La morte non poteva giungere in un momento peggiore.
Qualcosa di estremamente bagnato mi gocciolò sul naso e seppi di non essere morto. Ne fui sollevato.
Aprii a fatica gli occhi e osservai la topaia in cui mi trovavo. Ero incatenato al muro non seduto ma nemmeno completamente in piedi. Una posizione molto scomoda ad essere sinceri.
L’aria puzzava di umido e di marciume in decomposizione e nemmeno io sembravo essere messo meglio.
Fatto il conto dei danni scoprii di avere un paio di costole rotte, una spalla lussata, un bozzo in testa a giudicare da come pulsava e una varia quantità di botte e tagli su tutto il corpo. Ero talmente stanco da non avere nemmeno la forza di guarirmi.
Ad un tratto sentii la porta muoversi e qualche secondo dopo la vidi aprirsi.
Dietro ci stava un piccolo essere, non sapevo bene definire che tipo di essere fosse, ma sicuramente non era solo.
C’era un uomo dietro di lui, ma quest’uomo aveva qualcosa di strano. Non aveva odore. Non sapevo perché ma mi si rizzarono i peli alla vista di quell’essere.
Non disse nulla. Si limitò a guardarmi dalla porta, come se non volesse venirmi troppo vicino. Era un bene che avesse paura di me.
Ad un certo punto, senza che ce ne fosse una vera occasione, sorrise.
Mi lanciò un pezzo di tessuto e il suo sorriso si allargò.
Il tessuto non mi era familiare, ma aveva del sangue addosso. Non feci in tempo ad annusarlo che lo riconobbi: Helena.
Il suo nome fu il mio ultimo pensiero coerente. Poi la bestia prese il sopravvento e io non ricordai più nulla.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


SHIPPO POV
 
Faceva freddo in quella stanza. Ma non era questione di mancanza di una fonte di riscaldamento, era un freddo diverso. Una sensazione che nemmeno mille coperte potevano risolvere. Era il freddo dell’anima.
Avevo sempre pensato che i miei amici fossero indistruttibili, che essendo adulti non ci sarebbe stato nulla che li avrebbe potuti scalfire, che avrebbero saputo cosa fare in qualsiasi situazione. Ma non era così.
Dal giorno della scomparsa di Kagome ed Helena li avevo visti sempre più tristi, come se parte della loro vita se ne fosse andata con loro. E li capivo. Anche per me era la stessa cosa: Kagome era diventata la mia mamma nel tempo che avevamo passato insieme e perderla di nuovo era stato un durissimo colpo.
Osservai Inuyasha con crescente preoccupazione: avevo imparato a volergli bene come ad un padre e sapevo che lui mi considerava suo figlio. Eppure ora il mezzodemone arrogante e borioso che avevo imparato a rispettare non c’era più. Sembrava essere morto.
La perdita di Kagome ed Helena nello stesso momento lo aveva seriamente provato e per mesi mi ero chiesto se ce l’avrebbe fatta ad uscire dal baratro in cui si era gettato. La vita di tutti era continuata anche in loro assenza.
Io ero stato accettato all’accademia per giovani demoni volpe e sapevo che lei sarebbe stata orgogliosa di me. Ogni progresso che facevo era per lei, per essere abbastanza forte da superare i 500 anni che ci separavano e tornare a incontrarla. Perché lo sapevo che ci saremmo rivisti, ne ero sicuro.
Sango e Miroku si erano finalmente decisi ad ampliare la loro piccola famiglia e a modo loro avevano mandato avanti la loro vita.
Persino Sesshomaru aveva proseguito. Si era preso cura di Rin e le aveva insegnato a dominare i propri poteri e quelli della madre. Non credo sia stato un compito facile, ma nondimeno lo aveva assolto magnificamente.
La piccola Rin, che tanto piccola ormai non è, era cresciuta forte e ben equilibrata ed ero sicuro che Helena sarebbe altrettanto orgogliosa di lei come lo siamo tutti noi!
Ma lui non era andato avanti.
Quando l’ineluttabilità della situazione lo aveva colpito era fuggito, lontano da tutto e da tutti.
Non sapevo dove fosse stato in quei dieci mesi di assenza. Sicuramente non era rimasto nei pressi del villaggio o io e Sesshomaru saremmo stati in grado di individuarlo.
Forse aveva viaggiato, o forse si era trovato una caverna dove poter far finta che tutto quello che era successo fosse stato solo un brutto sogno.
In ogni modo dopo dieci mesi era tornato. Quando gli saltai addosso per salutarlo e dirgli quanto mi fosse mancato mi ritrovai a fissare il vecchio Inuyasha. Era tornato e non solo a livello fisico!
Da quel momento non se ne era più andato dal villaggio se non occasionalmente per aiutare Miroku in qualche esorcismo particolarmente complicato.
Aveva costruito una capanna nella foresta dove mi aveva detto che ero il benvenuto ogni volta che mi fossi stancato di vivere da Kaede. Inutile dirlo che mi ero precipitato a vivere con lui nel momento stesso in cui mi aveva fatto la proposta!
Da quel giorno il tempo era trascorso in fretta e senza particolari eventi degni di nota, fino a quando non eravamo stati attaccati.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quel maledetto giorno, ma a giudicare dalle facce distrutte dei miei amici era decisamente troppo.
Li avevo visti ricostruirsi una parvenza di vita e andare avanti, chi prima e chi dopo; ma questo attacco aveva distrutto tutte le difese che faticosamente erano state ricreate negli ultimi tre anni. Sango sembrava sul punto di collassare per la preoccupazione per i suoi tre figli e nemmeno Miroku sembrava in grado di calmarla essendo più o meno nella stessa situazione.
Kohaku stava fissando intensamente il muro, forse memore di una prigione simile non troppo tempo prima.
Kaede si era ammalata, era ormai anziana e anche per un essere umano aveva raggiunto il limite della propria vita e sapevo che se non fossimo riusciti ad uscire da questo luogo in fretta, avremmo presto pianto la nostra guida.
Rin era un mistero. Avrebbe dovuto mostrare emozioni come tutti i bambini umani, ma forse la cerimonia di adozione le aveva instillato anche parte del carattere stoico di Sesshomaru perché non l’avevo vista fare una piega di fronte a nulla.
Ogni volta che i nostri carcerieri entravano per darci quella cosa insostenibile da mangiare lei li fulminava con lo sguardo e se avesse potuto credo che gli avrebbe ringhiato contro.
Non avevo idea di quello che mi stava succedendo ma sapevo che la mia ammirazione per Rin cresceva ogni giorno di più.
Ero preoccupato per Inuyasha però.
 Da quando eravamo stati attaccati sembrava aver perso la sua caratteristica voglia di vivere, soprattutto da quando aveva scoperto che Sesshomaru era stato separato da noi e che nessuno aveva la più pallida idea di dove fosse finito.
Sapevo che si incolpava per la nostra sorte. Avevo sentito anche io l’ululato di avvertimento di Maru in cui il principe affidava al fratello la nostra protezione, ma sapevo anche che si era battuto fino in fondo per la nostra incolumità e che non era affatto colpa sua se eravamo stati catturati da mercenari provenienti da un mondo che non avevano nessuna possibilità di sottomettere.
Avevamo provato a dirglielo molte volte, in molti modi diversi, ma semplicemente non voleva ascoltare. Sapevo che dirglielo ancora lo avrebbe gettato nello sconforto più profondo e per questo motivo non mi avvicinai.
Per l’ennesima volta pregai i Kami che ci mandassero un soccorso e alla svelta perché non sapevo quanto ancora avremmo potuto resistere in queste condizioni.
Un refolo di vento entrò da uno spiffero e inconsciamente mormorai qualcosa che il vento subito si portò via:
“Helena, Okasan, se potete aiutateci!”
 
 
HELENA POV
 
-Helena, Okasan, se potete aiutateci!-
Shippo! Non era possibile, la sua voce mi era risuonata nella testa solo qualche minuto prima, disperato e bisognoso di aiuto.
Non aveva senso, non eravamo vicini, non eravamo nemmeno nella stessa epoca dannazione! La prigionia e la preoccupazione per i nostri amici dovevano avermi sicuramente condizionata. Non era possibile che io potessi sentire Shippo. Eppure, la sua voce mi era sembrata così reale, in effetti a pensarci bene era stata il vento a portarmela e sapevo bene che ero in grado di comunicare con esso.
Qualunque fosse la risposta una cosa era certa: i nostri amici erano in pericolo e noi stavamo perdendo tempo ad aspettare qualcuno che voleva solo giocare con noi per un suo puro e sadistico divertimento.
Quando il portone aveva preso a tremare avevamo tutti sperato che, finalmente, qualcuno si sarebbe degnato di darci una risposta, ma erano entrati gli stessi carcerieri che ci avevano buttato in questa lurida cella, con quello che avrebbe dovuto essere il nostro pranzo, ma che ci eravamo rifiutate entrambe persino di toccare.
Da quel momento era passato molto tempo, ma che fossero ore o giorni non avrei saputo dire.
L’unica cosa che mi avvertiva dello scorrere del tempo era lo stomaco di Kagome che, con suo sommo imbarazzo, ogni tanto ci faceva sentire la sua presenza.
Io non avevo necessità né di mangiare né di dormire e la mia mente era sempre stata concentrata nel pianificare una via di fuga per noi e un piano per liberare Yasha, Maru e tutti gli altri.
Ero immersa nei miei pensieri, con Kagome dormiente in braccio, quando la richiesta di aiuto di Shippo mi aveva risvegliato dal torpore.
Improvvisamente la porta delle prigioni si aprì violentemente e un drappello di guardie si avvicinò alla nostra cella.
-Kay, tesoro, svegliati! Sono arrivate le guardie e sembra che questa volta ci siamo.-
-Lena? Che sta succedendo? Le guardie?-
-Kagome, scherma la tua mente, ma tieni il contatto aperto. Non voglio rischiare che chiunque ci stia tenendo prigionieri scopra che possiamo parlare o che cosa stiamo dicendo ok?-
-Va bene, ma tu promettimi che non farai nulla di stupido!-
-Io? Qualcosa di stupido? Ti sembro forse mio fratello?-
Non mi rispose, ma dalla sua espressione capii che la sua risposta sarebbe stata sicuramente affermativa e devo ammettere che il saperlo non mi rese affatto felice.
“Voi, avanti muovetevi! Il capo vuole parlare con voi!”
Fummo strattonate in posizione eretta e costrette a seguire le guardie. Prima che richiudessero le porte potei quasi giurare di aver sentito Koga urlare disperato di fare attenzione, e non potei impedire ad un brivido freddo di corrermi lungo la schiena.
In che cosa ci eravamo cacciate?
 
KISEKI POV
 
Finalmente il momento era arrivato! Dopo secoli di prese in giro, umiliazioni e secondi posti alla fine avrei avuto anche io la mia vendetta.
Tutti avrebbero imparato a temermi e anche mio padre sarebbe stato fiero di me finalmente.
Avevo elaborato tutto, fin nei minimi dettagli e sapevo che non avrei fallito. Non c’era assolutamente alcuna possibilità di errore nel mio schema.
Mi avevano portato via qualunque cosa, e ora era giunto il momento di pagare.
Sentii le porte aprirsi lungo il loro cammino e riaggiustai la maschera e controllai che il mio odore e la mia aurea fossero ben coperti.
Non aveva senso rovinare tutto adesso per una banale dimenticanza.
La vendetta era un piatto che andava servito rigorosamente freddo e la mia ormai aveva raggiunto temperature glaciali.
I rumori si avvicinarono e potei osservare le porte della sala del trono spalancarsi e le facce attonite delle mie prigioniere di fronte ad un lusso che sicuramente non si aspettavano.
Mentre si avvicinavano potei osservarle con calma e farmi un’idea delle loro capacità. Oh certo ne ero perfettamente al corrente. 500 anni di storia e leggende mi avevano permesso di scoprire anche i loro più piccoli segreti. Ogni loro mossa leggendaria sarebbe stata inutile contro di me. Mi fissai per prima cosa sulla sacerdotessa, Kagome. Non ci vedevo in lei la grande bellezza con cui ne parlavano le pergamene sacre. Sembrava una ragazzina qualunque, troppo giovane e al contempo troppo vecchia.
Ad un primo sguardo nulla in lei parlava di potere, ma io sapevo quello che si nascondeva sotto. Conoscevo la storia della sua anima, tutte le reincarnazioni una dopo l’altra e l’immenso potere che la sua anima grande aveva accumulato nei secoli.
Ero preparato. Le armi moderne non venivano nemmeno scalfite dai suoi poteri, che agivano solamente sui demoni. Ucciderla non sarebbe stato difficile, ma volevo che vedesse e soffrisse tanto quanto avevo sofferto io.
Mentre si avvicinavano spostai lo sguardo sulla mia seconda prigioniera: soggetto molto più interessante del primo, e infinitamente più potente.
Figlia di un Kami e compagna del più potente demone dell’Epoca Sen Goku Helena trasudava potere da ogni poro. Tutto in lei urlava pericolo e terrore.
Certo, il suo animo era buono, ma come tutti nel suo cuore covava si nascondeva un’oscurità profonda. Con lei avrei dovuto andarci più cauto. I suoi potere erano immensi e non importava l’epoca delle armi perché avrebbero funzionato comunque.
Era la sposa perfetta per me. Dovevo solo piegarla al mio volere, ma dopo aver visto le sofferenze atroci e la morte dei suoi amici, del fratello e del compagno, non credevo che avrei avuto problemi a piegarla.
Sorrisi malignamente sotto la maschera e mi preparai ad accogliere le mie ospiti.
A qualche metro dal trono le guardie si fermarono e con loro le prigioniere.
“Benvenute Kagome ed Helena nella mia umile dimora! Il mio nome è Kiseki e sono il vostro ospite! Mi auguro abbiate gradito la permanenza nelle mie celle e mi scuso per l’umidità di esse, ma è così complicato tenere asciutto qualcosa sotto terra!”
Tutto quello che ottenni come risposta fu un’occhiata carica di odio da parte di Kagome (non avrei mai detto che un’anima così pura fosse capace di una simile emozione) e un ringhio, basso e minaccioso, da parte di Helena.
Sogghignai ancora e mi preparai a svelare una parte dei miei trucchi.
“Tsk tks, Helena, ti dovrebbero aver insegnato che quell’orrendo suono non è per niente degno di una signora! Ma forse il tempo passato a farti chiamare solo con un diminutivo del tuo nome ti ha fatto dimenticare le buone maniere. Non è vero Lady Heleiana, Regina del Regno del Nord, Sposa e Compagna del Grande Demone Cane Sesshomaru, Signore dell’Ovest?”
La sentii inspirare velocemente, come se fosse stata colpita da un pugno nello stomaco e continuai: “Oh certo che so chi sei, anche che cosa sei! Conosco la vostra storia nei minimi particolari, d’altra parte siete così famosi che molti libri e leggende narrano le vostre imprese. Una volta capito cosa cercare non è stato difficile ricostruire le vostre identità e i vostri poteri.” Sentii un movimento nel vento e capii che la giovane demone stava provando ad attaccarmi così aggiunsi: “Conoscere i vostri poteri vuol dire anche che so come contrastarli Helena cara, quindi è inutile che sprechi le tue energie. Ogni tuo attacco è perfettamente inutile.”
La vidi scambiarsi uno sguardo di terrore puro con Kagome e seppi di aver vinto.
 
KAGOME POV
 
Non era possibile! Non volevo crederci. Questo essere, questo mostro aveva appena vanificato uno dei più potenti attacchi di Helena, e senza nemmeno troppo sforzo a quanto sembrava. Ma chi era questo tizio dannazione? E come mai conosceva così tanto cose di noi?
Aveva detto di aver letto i miti e le leggende, ma anche se fosse stato un feticista questo non bastava per spiegare come avesse fatto a trovarci.
I pozzi forse si, ma io ed Helena eravamo sotto copertura, non sarebbe stato possibile.
La mia mente venne distratta dai pensieri cupi al suono della sua voce. Non avevo percepito nulla provenire da lui, né reiki, né youki. Non aveva odore a detta di Helena e non ne potevamo vedere il volto.
Per quello che ne sapevano poteva essere un fantoccio, come ai tempi di Naraku.
“Bene, ora che i dettagli triviali sono stati sistemati, presumo che vogliate sapere perché ho organizzato tutto questo e come stanno i vostri amici. Vi accontenterò.”
Patetico narcisista! Aveva organizzato tutto alla perfezione. Ci aveva in pugno e lo sapeva e al contempo ne godeva.
Sentii Helena tendersi al mio fianco, segno che avrebbe tanto voluto attaccare.
-Calmati Lena! Non ci guadagniamo nulla ad attaccarlo così. Verremmo uccise prima di poter fare qualsiasi altra cosa. E tu non vuoi morire vero?-
Non mi rispose ma la sentii rilassarsi al mio fianco.
“Allora se siete d’accordo potremmo cominciare la nostra storia. Oh giusto! Che sbadato! Siete ancora in piedi ed è molto maleducato non offrire una sedia ai propri ospiti!”
Non aveva neanche finito di dirlo che magicamente apparvero due sedie su cui fummo, molto rudemente, poste a sedere.
“Vediamo, da dove comincio? Il principio sembra la soluzione migliore…Allora tutto è cominciato un po’ di tempo fa. Vedete, forse voi non avete mai sentito parlare di me ma sono una persona abbastanza importante nei circoli che contano. Ricco, istruito e, modestamente, molto bello.”
Mi trattenni dall’esprimere la mia opinione sul suo ego e lo lasciai proseguire.
“Avevo degli amici, cari amici. Ci conoscevamo fin da quando eravamo bambini e avevamo condiviso tutto insieme. Erano tre maschi e una femmina. Eravamo inseparabili e io semplicemente adoravamo la bambina. Era la luce dei miei occhi. Le cose tra noi proseguirono bene fino a quando non raggiungemmo la fine del liceo e il primo anno di università. All’università io scoprii il mondo e capii quanto ero stato ingenuo fino a quel momento e mi adattai. Ci scontrammo a quel punto perché i miei amici mi dissero che ero cambiato. Ma vedete io ero sempre stato il reggi-moccolo in quel gruppo. Quello meno popolare, che viveva della gloria riflessa dei suoi amici. All’università mi feci un nome e loro divennero gelosi. Fondai un gruppo e loro mi dissero che giravo con gli amici sbagliati, che dovevo cambiare strada prima che fosse troppo tardi. Ma loro non capivano. Erano sempre stati accettati, quasi adorati come dei e io ero il nulla. Ma all’università, per la prima volta divenni qualcuno. I miei tre amici provarono a convincermi un’ultima volta e poi mi dissero che io ero morto per loro. La ragazza, dolce ma piena di passione, venne da me una sera per convincermi a cambiare. Quando me la trovai di fronte seppi solo che la volevo e le saltai addosso. Il fratello l’aveva seguita di nascosto e quando mi vide attaccarla reagì. Da allora il mio volto non è più lo stesso. Con la sconfitta se ne andò anche la popolarità e il sostegno dei miei genitori. Da un giorno all’altro mi ritrovai con niente. È da allora che pianifico la mia vendetta.”
“Storia commovente, non c’è che dire…ma che c’entriamo noi?”
“Domanda arguta come sempre mia carissima Helena. Vedi i miei quattro amici avevano una particolarità: due di loro erano Inu-hanyou con estesi poteri spirituali e gli altri due, compresa la mia bellissima fanciulla, erano il maschio uno Inu-youkai e la femmina una Kaze-youkai.”
Non era possibile!
“Dalla tua faccia Kagome deduco che tu abbia capito! Brava! Hai perfettamente ragione! Sono i vostri figli, o meglio i figli che non avrete mai!”
Ok, era un incubo. Tutto questo era un incubo! L’unica nota positiva era che avevo dei figli con Inuyasha e che quindi l’avrei rivisto ancora, ma questo era il futuro che ci aspettava?
“Perché te la stai prendendo con noi? I nostri presunti figli non sono ancora nati…che vuoi?”
“Ma mia dolce Helena non l’hai ancora capito? Voglio cambiare il futuro! Fare in modo che i miei ex amici non nascano! In questo modo io sarò liberissimo di fare quello che voglio, senza dover rimanere nascosto nella loro ombra!”
“Ma, ma tu amavi o ami ancora mia figlia, perché la vorresti morta?”
“Perché accontentarsi di una copia quando posso avere l’originale? Lei era bella, ma non aveva esattamente il tuo carattere focoso e passionale. Perché tenere lei quando posso avere te?”
Adesso stavamo ufficialmente esagerando!
“Lo so, mia Regina che al momento hai un compagno. Ma il marchio ha smesso di funzionare o sbaglio? Oh dalla tua faccia deduco che sia la pura verità. Deve far male sapere di non essere più collegati alla propria metà. Questo mi facilita le cose però. Visto che il marchio si è disconnesso da solo non c’è il rischio che tu muoia se prendi un altro compagno. Devo solo liberarmi del Signore dal cuore di ghiaccio e il gioco è fatto. Oh e già che ci sono è meglio se elimino anche tutto il resto della banda! Sono sicuro che la tua amica qui e tuo fratello sarebbero contenti di godersi l’eternità insieme all’Inferno!”
Mentre quel mostro rideva percepii lo youki di Helena ampliarsi, potenziato dalla sua rabbia e dal suo odio e con un ringhio degno della peggiore bestia, si lanciò sulla figura mascherata.
Prima di venire sbattuta sul pavimento riuscì a infliggergli due profondi tagli sull’addome.
“Insomma Helena, sempre meno signora! Ma non importa anche se il tuo spirito è ancora intatto. Prima che sia finito tutto quello che ho in programma avrai cambiato idea! Riportatele in cella!”
E con questo se ne andò, mentre noi venivamo caricate di peso e riportate in quel luogo umido e puzzolente.
Mano a mano che proseguivano nella discesa notai che ci stavano portando in un posto diverso da dove eravamo prima.
Preoccupata dal silenzio di Helena aprii la mente e provai a contattarla, ma senza successo.
Arrivati ad una porta venimmo letteralmente scaraventate dentro.
Non appena i miei occhi si abituarono alla fioca luce nella cella notai due figure. Una di esse si avvicinò ad Helena e sorpresa si fermò a guardarla.
“Helena! Cosa ci fai tu qui? Hanno catturato anche te?”
“MADRE????”
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


HELENA POV
 
“Madre????”
Adesso ero ufficialmente convinta di essere morta! Altrimenti come faceva mia madre a essere davanti a me e nel futuro per di più?
“Kagome mi dispiace terribilmente! Ho fallito nel proteggerti e sicuramente Yasha sarà distrutto…che ho fatto…perdonami!”
“Helena ma che stai dicendo? Non hai fallito proprio nulla!”
“Ah no?? Stiamo guardando mia madre e se questa non è un’illusione allora l’unica considerazione logica che mi viene in mente è che l’abbiamo raggiunta e quindi…siamo MORTE!”
“Figlia mia non temere! Non hai fallito il tuo compito perché voi due non siete morte e la vostra ora non è nemmeno vicina! Sono io che sono stata riportata nel mondo dei vivi anche se le circostanze del mio ritorno non sono felici come vorrei che fossero.”
Non ero morta.
Non avevo fallito nel mio compito di proteggere la mia migliore amica.
Mia madre era tornata nel mondo dei vivi.
Prima di potermi fermare mi catapultai vero la donna che non vedevo da quasi due secoli, tranne la mia breve parentesi nel mondo dei morti, e il cui profumo mi era mancato quasi come l’aria.
Percepii le sue braccia avvolgersi strette intorno al mio corpo incuranti dell’ingombro costituito dalle mie ali e sentii la sua morbida voce cantare una ninna nanna che risaliva a più di una vita fa quando me la cantava per consolarmi.
Avrei voluto rimanere in quel piccolo angolo di paradiso per il resto della mia vita ma la realtà tornò prepotente a farsi sentire e l’ultima frase pronunciata da mia madre mi aveva lasciato un brutta sensazione, un istinto che nei secoli avevo ben imparato a non sottovalutare.
Per quanto sapessi che mi sarei pentita amaramente di quello che stavo per chiedere, posi comunque la domanda che ci avrebbe cambiato la vita:
“Madre, non prendetevela male, ma cosa ci fate davvero qui? L’ultima volta che vi ho visto eravate indubbiamente morta…”
“E tale sarebbe dovuta rimanere risparmiando a tutti le sue arie da principessa che nascondono un’anima da donna di facili costumi il cui unico scopo è quello di sfasciare famiglie felici!”
Sentii mia madre espirare violentemente come se fosse stata colpita da un pugno nello stomaco e, ringhiando, mi girai, pronta a fare a pezzi chiunque avesse osato offendere la donna che mi aveva dato la vita.
“Chi sei? Vieni fuori e non nasconderti dietro le ombre come un codardo! Abbi il coraggio delle tue parole e AFFRONTAMI!”
Mi accucciai in posizione di attacco, pronta a saltare addosso a chiunque fosse uscito dall’ombra, ma mentre mi preparavo a colpire dalle ombre uscì l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere in un luogo del genere. E soprattutto l’unica persona che negli ultimi tre anni era stata il mio incubo ricorrente:
“Inu no Kagaya???”
Repentinamente riportai il mio youki sotto stretto controllo e rilassai la posizione di attacco, pur senza cambiarla del tutto. Tutti i miei istinti mi stavano urlando di assumere la tipica posizione di sottomissione dei cani, ma rifiutai quell’istinto. Non potevo, non volevo sottomettermi.
“Vedo che sei meno stupida di quel tuo mezzo fratello, anche se non c’era assolutamente da farci conto visto che condividete la stessa madre!”
Ringhiai minacciosamente ma non attaccai; per quanto desiderassi togliere quell’odioso, anche se famigliare, sorrisino dal suo volto sapevo che la mia attuale posizione gerarchica non me lo avrebbe permesso.
Troppo dipendeva dalla mia prossima mossa e c’erano molte cose da perdere e ben poche da guadagnare.
Il nostro scambio infuocato e la mia apparente sottomissione non erano passati inosservati agli occhi della quarta donna in quella cella, il cui silenzio mi aveva fatto dimenticare la sua presenza.
Presenza che mi venne improvvisamente ricordata da una fiammata di reiki proveniente dalla minuta sacerdotessa.
“Chi è questa donna Helena? Come puoi permetterle di offendere te, tua madre e tuo fratello impunemente?”
Sentii il suo potere concentrarsi, pronto a colpire per portare a termine una punizione che riteneva necessaria.
Non potevo permetterlo, non tanto per me, ma soprattutto per Kagome stessa, e quindi lasciai libero nuovamente il mio youki e sottomisi il suo reiki al mio volere.
“Non fare stupidaggini Kagome! Controlla il tuo avversario prima di lanciare un attacco di cui potresti pentirti in seguito! Non l’ho attaccata per vendicare le offese perché, per ora, la sua posizione gerarchica è più alta della mia e non voglio rischiare di essere estromessa dal branco. Dovresti tenerlo bene a mente anche tu visto che la tua posizione è molto più precaria della mia dato che il tuo compagno è mezzo-demone. Ricordati cosa ti ho insegnato sui costumi dei demoni cane.”
Potei vedere l’offesa dipingersi sul volto della mia migliore amica e mi affrettai a proseguire nella spiegazione, addolcendo il tono, prima che si decidesse a purificarmi per ripicca.
“Lei è Inu no Kagaya. Prima compagna del grande Inu no Taisho e attuale Signora del Clan dei Demoni Cane. Ovviamente è anche la madre di Sesshomaru.”
Quando ebbi terminato la mia presentazione, l’oggetto del mio discorso uscì totalmente dalle ombre e si mostrò in tutto il suo splendore.
Alta, statuaria, con i lunghi capelli argentei legati in due code ai lati della testa, occhi d’oro con due piccoli marchi sotto, assomigliava in maniera quasi dolorosa a Maru.
Quando sentii Kagome inspirare bruscamente seppi che immagini di un altro demone cane le avevano inondato la mente.
Per cinque minuti buoni solo il silenzio regnò nella nostra cella, che venne interrotto dalla timida domanda di Kagome:
“Ma se Sesshomaru è l’attuale Signore del Clan e tu sei la sua compagna, perché lei è ancora la Signora dell’Ovest?”
Prima che Kagome avesse finito la domanda vidi Kagaya muoversi, artigli velenosi sguainati, pronta a metterla a tacere per sempre. Se un’offesa diretta alla mia persona non mi avrebbe permesso di attaccare, una minaccia diretta alla vita della mia protetta mi dava il movente necessario per poter far sorgere il mio youki. Per prima cosa mi lanciai verso Kagome per toglierla dalla traiettoria degli artigli, portandola al fianco di mia madre.
Con un ringhio mi voltai e mi preparai a combattere.
Sapevo che stavo rischiando la posizione mia e di Kagome all’interno del branco con una mossa del genere, ma ormai la sfida era stata lanciata e io non mi sarei tirata indietro.
Con la coda dell’occhio vidi Kagome muoversi per raggiungermi ma mia madre la fermò: “No cara non andare. Questa sfida è antica come il mondo e solo la nova femmina alpha del branco può combatterla. Kagaya ha tutti i diritti di considerarsi la Signora del Clan anche se Helena è la compagna del figlio, perché non è ancora stata battuta. Ora che la sfida è in corso, se Helena dovesse vincere diventerebbe di diritto la femmina alpha, degna quindi di essere la compagna di Sesshomaru e la Signora dell’Ovest. Se Helena dovesse perdere, però, verrebbe uccisa come essere indegno e Kagaya continuerebbe a regnare.”
Mentre mia madre finiva la spiegazione percepii la mente di Kagome inviarmi una serie di messaggi di buona fortuna e, sorridendo, mi preparai ad attaccare.
Nei secoli a venire mi sarei dovuta affidare alla memoria di Kagome per raccontare la battaglia che seguì. Al momento del primo attacco persi ogni contatto con la realtà arrendendomi agli impulsi animali del mio lato demoniaco. Dal racconto di Kagome e dalle mie ferite capii che era stato uno scontro violento in cui nessuna delle due si era risparmiata o aveva risparmiato l’avversario.
L’unica cosa che ricordai con chiarezza furono gli occhi di Kagaya, color dell’oro e non rossi, che mi fissarono a lungo prima di chiudersi per prepararsi a morire per mano mia, come era costume.
Quegli occhi mi riscossero dalla nebbia di sangue in cui ero finita e all’ultimo secondo bloccai i miei artigli, ormai pronti a tranciarle di netto la giugulare.
Con molta fatica, a causa delle estese ferite, riacquistai una posizione eretta e mi allontanai di qualche metro dalla donna sul pavimento.
“Alzati! Non voglio ucciderti.”
“Perché? È costume! Sai benissimo che potrei tentare di ucciderti per riavere il tuo ruolo! Perché mi lasci in vita?”
“Perché so cosa significa perdere la propria madre senza poterla salutare un’ultima volta. Perché so che hai troppo onore per tramare alle mie spalle. Perché so che hai un nuovo compagno che ti attende a casa. Perché sei una guerriera esperta e nella guerra che si sta per scatenare ogni aiuto è prezioso. Perché voglio che i miei figli conoscano la loro nonna.”
La vidi alzarsi e guardarmi negli occhi alla ricerca di menzogne.
Dopo un tempo quasi infinito la vidi inchinarsi davanti a me: “Sarai un Regina saggia e coraggiosa. A nome del clan io ti accetto come Signora dell’Ovest e compagna del nuovo Inu no Taisho Sesshomaru. Lunga vita a te Inu no Heleiana!”
Sorrisi e ricambiai l’inchino. Ora che la tensione stava svanendo potevo sentire il lieve pulsare delle ferite e, prima di schiantarmi a terra, decisi di sedermi.
Il mio urlo di dolore malamente soffocato mise in allerta Kagome, che si precipitò al mio fianco e con i suoi poteri spirituali cominciò a guarire le mie ferite.
Con un sorriso di gratitudine la lasciai fare e tornai a rivolgermi a mia madre: “Qualcuno, finalmente, vuole essere così gentile da spiegarmi cosa sta succedendo?”
 
KORARI POV
 
Erano passati più di dieci giorni e delle ragazze ancora non c’era traccia.
Sapevo che non avrei dovuto preoccuparmi troppo. Alla fine erano insieme e anche molto, molto potenti. Eppure il mio istinto di madre mi stava dicendo che qualcosa, questa volta, era successo davvero.
Non si erano mai imbarcate sul volo che avrebbe dovuto riportarle in Giappone, come una breve telefonata mi aveva confermato, e non si erano neppure materializzate in salotto grazie al nuovo potere di Helena.
Sospirai e accesi un’altra bacchetta di incenso.
-Oh Kami misericordiosi, vegliate su entrambe. Temo che siano in grave pericolo e non so come fare per aiutarle. Ve le affido a voi che tutto potete. Riportatele a casa sane e salve.-
Uscii dal tempio, le paure meno minacciose nella mia testa. Da quando le avevamo trovate di fianco al pozzo tre anni prima, devastate e incapaci di afferrare pienamente la realtà, il mio cuore di madre non aveva mai smesso di piangere per loro.
Sapevo molto bene che cosa si provava a perdere il proprio compagno, ma alla morte ci si poteva abituare. Ben altra istanza era la coscienza di essere vivi entrambi ma separati da un orrido scherzo del destino.
Ero rimasta vicina a Kagome nei mesi neri della depressione, ma per quanto avessi desiderato fare la stessa cosa con Helena, la sua riservatezza me lo aveva sempre impedito.
Conoscevo la sua storia e i soprusi che la sua famiglia adottiva aveva perpetrato e l’unica cosa a cui il mio cuore anelasse era guarire le sue ferite. Mi ero offerta come madre-surrogato per le, come avevo fatto con Inuyasha, ma se lui mi aveva accettato, lei ancora no. Non credevo lo avrebbe mai fatto comunque, anche perché potevo benissimo vedere nei suoi occhi la presenza di un’altra figura materna a cui Helena era indubbiamente legata.
Le mie supposizioni vennero bruscamente interrotte da uno schianto proveniente dal retro della casa. Non avevo poteri spirituali come Kagome ma ero dotata di un istinto particolarmente acuto, che al momento mi segnalava un potenziale pericolo. Entrai in casa e dalla cucina presi un coltello con cui mi diressi verso la porta sul retro. Con molta attenzione mi decisi ad uscire. In un primo momento non vidi nulla, ma un nuovo schianto mi fece voltare verso il magazzino.
Mi avvicinai con circospezione e, levando il coltello, tirai un calcio alla porta ed entrai, pronta a colpire qualsiasi cosa mi si fosse parata davanti.
Tutto mi sarei aspettata tranne quello che stavo effettivamente fissando.
Sul pavimento, in mezzo a vasi risalenti a ben prima dell’Epoca Sen Goku, c’era una ragazza dai capelli rosso fiamma, avvolta in una pelliccia bianca, e palesemente incinta.
Abbassai il coltello e mi avvicinai.
“Do…Do-ve mi trovo?”
“Sei al tempio Higurashi, tra amici, non temere!”
“Be-ne…devo avvisare Kagome ed Helena…”
Detto questo svenne. Da quel poco che ne sapevo dai racconti delle due ragazze, nei loro viaggio avevano conosciuto una demone-lupo di nome Ayame.
Ma cosa ci faceva qui, incinta e gravemente ferita?
 
HELENA POV
 
“Tutto è successo circa una settimana fa. Non avevo alcun motivo per voler tornare nel mondo dei vivi. Non fraintendermi Helena, avrei tanto voluto poterti riabbracciare insieme a tuo fratello, ma sapevo che non sarebbe stato giusto e quindi mi limitavo ad osservarvi dall’alto. Tutto quello che posso dirvi è che, improvvisamente, il mio marchio, quello lasciatomi da Touga il padre di Inuyasha e Sesshomaru, cominciò a pulsare dolorosamente. Tutto divenne nero e mi ritrovai di nuovo nel mondo dei vivi. Non riuscii a riconoscere dove fossi finita e prima che potessi decidere cosa fare venni catturata e portata in questa cella dove già si trovava Lady Kagaya.”
“Ok…chiamatemi pure stupida ma io mi sono completamente persa! Un minuto prima Lady Izayoi era morta e in pace con sé stessa, un minuto dopo si trova viva e in cella? Qualcuno riesce a spiegarmi come?”
La domanda di Kagome, il cui tono sarcastico era stato fortunatamente ignorato, ebbe come unica risposta il silenzio. Nessuno sapeva perché.
Qualcosa mancava nella ricostruzione. Un dettaglio che ci era sfuggito e che conteneva la chiave per risolvere il mistero.
Se mia madre non aveva voluto scendere sulla terra perché era qui? Il fatto che si trovasse in questa prigione mi faceva pensare che Kiseki fosse stato l’autore di questa resurrezione. Ma in base a quello che ci aveva raccontato non aveva senso risvegliare una donna umana la cui unica caratteristica pericolosa era il compagno che si era scelta.
Un attimo…il marchio!
Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima? Mi madre aveva detto che prima di ritrovarsi sulla terra il marchio aveva pulsato in maniera dolorosa. Le aveva fatto male probabilmente perché si era riattivato.
Il marchio serviva per legare due anime anche nella morte, di modo che potessero ritrovarsi nelle successive reincarnazioni. Questo significava anche che qualora uno dei due fosse stato risuscitato, l’altro l’avrebbe seguito per forza di cose.
Era esattamente il processo inverso di quello che succedeva in caso di morte, anche se non avevo idea se fosse stato mai provato prima di questo momento.
Quindi l’obbiettivo di Kiseki non era tanto mia madre quanto Touga, il suo compagno.
Eppure perché resuscitare due figure già morte. Nel suo piano di vendetta non mi sembrava potesse esserci spazio per altri morti: già voleva uccidere Kagome, Yasha, i nostri amici e…MARU! NO!
“Helena stai bene? È successo qualcosa? Sei pallida come uno straccio!”
A malapena sentii quello che Kagome mi stava dicendo.
Non poteva essere vero quello a cui stavo pensando. Eppure non mi venivano in mente altre soluzioni.
Sesshomaru era l’attuale Inu no Taisho, un demone maggiore il cui potere era così immenso che non esisteva nessun altro in vita capace di superarlo, forse solamente io. Ma Kiseki doveva sapere bene che nessun tentativo di corruzione mi avrebbe costretto ad ucciderlo.
E quindi aveva riportato in vita l’unico demone che Sesshomaru non era mai stato capace di battere: suo padre.
Molto probabilmente Kiseki lo aveva imprigionato subito dopo averlo riportato in vita, approfittando della suo spaesamento per farlo cadere in suo potere.
I dettagli non mi erano chiari, come non riuscivo a capire il piano di Kiseki, ma sapevo una cosa. Sesshomaru avrebbe presto ottenuto il suo più grande desiderio: sfidare suo padre.
Ma la sfida sarebbe stata davvero pari? 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


KAGOME POV
 
Se quello che stava dicendo Helena era vero allora avevamo un problema, un grosso problema.
I primi minuti della spiegazione mi erano sembrati senza alcun senso logico: resuscitare qualcuno dai morti solo per uccidere qualcun altro mi sembrava uno spreco assurdo di energie, eppure mano a mano che la mia migliore amica proseguiva nell’illustrazione della sua idea mi rendevo contro che le sue spiegazioni non lasciavano spazio a dubbi e, alla fine anche io non potei che arrivare alle sue stesse conclusioni. Il piano di Kiseki era assolutamente chiaro: voleva Helena e l’unico modo per ottenerla era uccidere i suoi amici e soprattutto il suo compagno. Per quando i miei poteri fossero indubbiamente aumentati nei precedenti tre anni sapevo che un solo gesto di Kiseki mi avrebbe tolto di mezzo piuttosto in fretta.
Sapevo anche che il mio adorato mezzo-demone non sarebbe stata una grande sfida, così come Sango e Miroku.
L’unico di cui il nostro nemico avrebbe potuto avere paura era sicuramente Sesshomaru. E a quanto pare quel pazzo megalomane ne aveva veramente paura e, soprattutto, non aveva i mezzi necessari per distruggerlo da solo. Aveva dovuto chiamare rinforzi e delegare questo compito essenziale a qualcuno che non aveva mai conosciuto e che, forse, non sapeva nemmeno come controllare.
Più riflettevo su questo piano, più mi sembrava che mancasse qualcosa, un dettaglio che Kiseki stesso si era dimenticato di prendere in considerazione e che non ora stavamo dimenticando allo stesso modo.
Come poteva pensare di convincere un demone praticamente invincibile ad uccidere suo figlio? Stavamo parlando di distruggere un legame famigliare profondo e da quello che ricordavo dai miei studi, nemmeno una sacerdotessa di immenso potere come Midoriko sarebbe riuscita in un’impresa del genere, specialmente con un demone di quella potenza. E allora come ci era riuscito?
Questo, purtroppo era un interrogativo la cui risposta avrebbe dovuto aspettare.
C’era anche un’altra questione in sospeso: la presenza di Izaioy. Il fatto che fosse stata rinchiusa mi faceva pensare che il piano di Kiseki non la comprendesse e che la sua presenza fosse stata un imprevisto enorme.
Come avremmo potuto sfruttare questo imprevisto a nostro vantaggio?
Mi era venuta un’idea ma questo avrebbe significato l’aiuto di Helena in un’attività che, ormai da due anni, aveva giurato di non praticare mai più.
Nei tre anni successivi alla chiusura del pozzo, dopo un primo periodo di smarrimento, entrambe ci eravamo rese conto che i nostri poteri erano aumentati immensamente e che avevamo sviluppato nuoce abilità. I miei poteri spirituali erano ormai quasi illimitati, tanto che avrei potuto seriamente sfidare Sesshomaru e dargli del filo da torcere. Incantamenti, esorcismi e guarigioni non avevano più segreti e avevo imparato a incanalare la mia energia spirituale attraverso qualsiasi oggetto, non solo attraverso le frecce, ma anche attraverso le mani.
Allo stesso modo, i già immensi poteri di Helena, avevano raggiunto un livello divino, ora non controllava solo il vento, ma era anche capace di generare tempeste e di creare e usare il vento anche in ambienti in cui non c’era aria. Poteva uccidere intere schiere di uomini e demoni solo con un lieve gesto del polso, togliendogli l’aria.
Quello che nessuna delle due aveva previsto era quanto la nostra amicizia avrebbe influenzato l’aumentare dei nostri poteri.
Non era mai successo prima di noi, e probabilmente non sarebbe mai successo dopo, ma a causa del nostro legame, parte dei miei poteri si erano trasferiti in Helena e parte dei suoi in me.
A causa di questo io avevo sviluppato un mio youki, riuscendo quindi ad attivare la spada nera regalatami da Helena, mentre lei aveva sviluppato una capacità tipicamente sacerdotale: aveva sviluppato tali abilità psichiche da poter predire il futuro e leggere nella mente di chiunque.
Il motivo per cui la mia migliore amica aveva giurato a sé stessa di non utilizzare più la sua nuova abilità era dovuto al fatto che, essendo demone, le visioni erano talmente forti, e le emozioni umane lo stesso, che ogni volta che veniva colta da una visione rischiava di perdersi al suo interno.
Tutto questo, ero sicura, sarebbe sparito nel momento in cui il legame con Sesshomaru fosse stato ristabilito, ma mentre il legame si indeboliva sempre di più, maggiori si facevano i pericoli per Helena se l’attività fosse continuata senza un freno.
Per questo motivo sapevo che Helena non sarebbe stata favorevole ad un’idea del genere, ma non avevo un’idea migliore. In più speravo che questo fosse l’unico potere che Kiseki non conoscesse…
-La tua idea è buona Kagome. La mia riluttanza all’uso di questa abilità non mi impedisce di riconoscere l’unica strategia perseguibile, quando mi viene presentata…-
-Ma come diamine hai fatto? Non ho nemmeno aperto bocca!-
-Kagome, se non chiudi il nostro legame prima di cominciare a formulare questi piani, non puoi lamentarti se riesco a leggerli, in più li hai praticamente proiettati nella mia testa!-
-Mi dispiace Helena! Avrei dovuto controllare la chiusura del collegamento. Non volevo aggiungere altro stress con i miei pensieri!-
-Non ti preoccupare, non è stato un aumento di stress, anzi il tuo riassunto mi ha aiutato a mettere ordine nel caos che era la mia testa. Sono d’accordo anche io sul fatto che un legame padre-figlio non possa essere spezzato, nemmeno da una sacerdotessa con illimitati poteri, come sono altrettanto sicura che la presenza di mia madre sia stato un errore non calcolato. Le domande necessarie sono state formulate, è ora di cercare le risposte. Il mio marchio è completamente spento e questo vuol dire che non ho nessuna ancora di salvataggio che mi permetta di non perdermi nel mare di emozioni…-
-Non devi preoccuparti di questo amica mia! Per questa volta sarò io la tua ancora e non dire nulla, sai che la mia idea è l’unica praticabile!-
Con mio sommo sollievo la vidi annuire e non discutere fino allo sfinimento il mio coinvolgimento in questa pazza impresa.
Era un salto alla cieca: se Kiseki sapeva delle capacità particolari di Helena allora eravamo morte ancora prima di cominciare.
Non avevamo altra scelta, almeno questo era assolutamente chiaro. Con questo pensiero in testa mi preparai mentalmente all’immensità delle emozioni che stavano per piovermi addosso.
 
HELENA POV
 
Sentii la mente di Kagome prepararsi all’impatto e non potei fare a meno di avere paura.
Erano passati due anni dall’ultima volta in cui ero stata preda di una visione e il ricordo di quella volta era stato talmente spiacevole che avevo soppresso questa mia abilità completamente, per evitare di nuovo un’esperienza simile.
Presi un respiro profondo e mi tuffai all’interno della mia mente. Non mi ci volle molto a trovare il luogo in cui avevo rinchiuso il mio nuovo dono, e ancora meno a togliere le catene che, faticosamente lo tenevano a bada. Con un ultimo sguardo verso Kagome spalancai la porta ed entrai nel futuro.
Ne riemersi dopo un tempo indefinito, potevano essere minuti oppure giorni, mentre Kagome mi schiaffeggiava senza posa, con un espressione di puro panico dipinta in faccia.
“Helena! Siano ringraziati i Kami! Per un attimo credevo fossi morta! Ti prego non farmi passare più cinque minuti così. È tutta colpa mia…non avrei mai dovuto permetterti di utilizzare questa, maledizione!”
“Kagome ti prego basta! Quello che è stato, è stato. E poi io non mi lamenterei troppo, ha funzionato! Kiseki non ci ha mandato ancora nessuno e questo mi fa pensare che non sappia nulla di queste nostre abilità. E poi li ho visti! O meglio ho visto tutti noi! Li vuole davvero far combattere l’uno contro l’altro. Non so come possa aver convinto Touga, ma ci è riuscito. Ci saranno anche gli altri, sugli spalti a guardare la carneficina. Una volta che Touga avrà ucciso suo figlio, Kiseki darà l’ordine di ucciderlo a sua volta. È stato orribile da vedere Kagome, tu non hai idea di quanto!”
“Helena, ma se quello che hai visto è il futuro, allora vuol dire che non saremo in grado di salvare Sesshomaru, non c’è nulla che possiamo fare!”
“Kagome, devo ricordarti di nuovo come funziona la visione del futuro? Io posso vedere solo le scelte che sono già state compiute. Quindi io o potuto vedere quello che Kiseki aveva deciso di fare. Non ho visto un nostro intervento perché prima della visione noi non avevamo deciso nulla. Se guardassi ora, probabilmente, vedrei un risultato diverso, ma non ci tengo a rivivere l’esperienza e credo che mi accontenterò di formulare un piano senza guardare nel futuro.”
Vidi la preoccupazione sparire dal volto della giovane sacerdotessa, per essere sostituita con una lieve speranza.
“Ma come faremo ad impedire a Touga di uccidere Sesshomaru?”
“Useremo esattamente quello che Kiseki non aveva previsto: te, madre! La tua presenza non faceva parte dei piani originali di Kiseki. E sarà proprio la tua presenza quella che ci permetteva di spezzare qualsiasi incantesimo che sia stato praticato su Touga. Solo tu puoi fare una cosa del genere, visto che porti il suo marchio e lui il tuo. Kagaya, anche la tua presenza sarà necessaria: ci saranno sicuramente delle guardie. Ho bisogno che tu protegga e tenga in vita mia madre mentre riporta Touga alla realtà.”
Potevo ben vedere quanto la demone odiasse il compito che le avevo appena affidato, ma ero la sua Signora e sapevo che mi avrebbe obbedito anche se ciò le era personalmente insopportabile.
“Lena e noi? Che dobbiamo fare?”
“Il tuo compito è molto semplice Kagome, devi trovare gli altri e liberarli se ce la fai. Io, nel frattempo, mi occuperò di Sesshomaru. Per quanto il nostro legame sia morto sono sempre la sua compagna e devo provare a fare quello che ho appena detto a mia madre di fare.”
Ora che i ruoli erano stati affidati e che avevamo una missione da compiere sentii che l’atmosfera della stanza si era alleggerita.
“Ma Helena, come faremo ad uscire da questa stanza?”
“Credo di poter rispondere io alla domanda.”
“Certo fai pure Kagaya.”
“Questa stanza è costruita per costituire un blocco per il tuo youki, ma questo non significa che il mio sia altrettanto bloccato. Posso portarvi fuori tutte io. Dimmi solo dove vogliamo arrivare.”
Non ebbi un secondo di esitazione: “Al Tempio Higurashi!”
Un attimo dopo una luce verde ci avvolse e sparimmo da quel luogo maledetto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ciao a tutti! Scusate l'immenso ritardo con cui aggiorno! Non mi ero dimenticata di voi, anzi...ma ho avuto una serie di scadenze e imprevisti da bastarmi per una vita intera! Ancora non ho finito tutto e spero mi perdonerete se non sarò puntualissima nell'aggiornare...anche se non sono stata molto presente spero che continuerete a seguire la mia storia e a recensire numerosi! Bacioni a tutti


TOUGA POV
“Sei un pazzo se pensi che un tuo ordine possa costringermi a fare quello che non voglio: non ucciderò né Inuyasha né tantomeno Sesshomaru! Io sono l’Inu no Taisho e non esiste nessuno in grado di battermi, tranne forse il mio primogenito.”
L’essere di fronte a me, non avendo odore non avevo idea di che cosa potesse essere, si limitò a puntare i suoi occhi dentro i miei e a sorridere lievemente.
“Il grande Inu no Taisho crede di essere incorruttibile…male, male. Se c’è una cosa che io ho imparato ben presto è che tutti, e ripeto tutti, hanno un loro prezzo!”
“Ti sbagli! Non c’è né oro né ricchezze che potrebbero convincermi a fare quello che mi stai ordinando. Mi stai chiedendo di uccidere i miei figli: la carne della mia carne. Per quanto tu possa essere potente non esiste al mondo un essere tale che possa distruggere un legame così profondo! Quindi rilasciami e affrontami!”
“Tsk, tsk…ho detto che tutti hanno un prezzo, ma non ho mai affermato che esso dovesse consistere in oro e ricchezze. Certo che per essere il demone più potente del vostro tempo, siete anche estremamente ottuso.”
Di fronte alla sua espressione stralunata mi si gelò il sangue nelle vene. C’era qualcosa di malvagio nei suoi occhi, un luccichio che non mi faceva presagire assolutamente nulla di buono. La tensione nella stanza era così alta che mi si drizzarono i peli sul collo e ogni mio istinto mi stava gridando di levarmi da quel luogo il più in fretta possibile. Certo la voglia di fuggire non mi aveva mai abbandonato da quando mi ero risvegliato in catene in un luogo che non avevo mai visto in vita mia, davanti ad un pazzo furioso che pretendeva che io uccidessi i miei figli.
Avevo paura: qualcosa nella sicurezza dell’essere di fronte a me mi lasciava presagire che il suo metodo di corruzione non si basasse su oro e ricchezze, ma niente mi veniva in mente che potesse sostituire i due fondamentali metodi per sviare qualcuno dalla retta via.
“Dalla confusione nei tuoi occhi deduco che ancora non hai capito a che cosa mi sto riferendo. Mi deludi molto Touga. Da un demone della tua levatura mi aspettavo molto di più in quanto a saggezza…davvero non ci arrivi? No? E se ti dessi un aiutino?”
Sapevo di non volere quell’aiutino, ma ero anche perfettamente consapevole che legato al muro e impossibilitato a usare i miei artigli, le mie possibilità di rifiutarlo erano assai scarse.
“Non ti pare che manchi qualcuno? Qualcuno che a te è molto vicino?”
Continuai a guardarlo, non capendo dove stesse cercando di andare a parare. Mancava qualcuno? E chi poteva essere? Non conoscevo la persona che mi stava di fronte quindi mi sentivo di poter escludere che avessimo conoscenze in comune. Stavo per rispondergli in maniera negativa quando lo realizzai: Izaioy!
Come avevo fatto a non realizzarlo prima? Se io ero vivo allora lo era per forza anche lei: il marchio era stato creato apposta per quel motivo. Doveva unire due anime gemelle anche nella morte, soprattutto nella morte, per fare in modo che qualora una venisse incarnata anche l’altra lo fosse nello stesso momento. Eppure ero sicuro che il marchio prevedesse anche una certa vicinanza delle anime in questione e ero certo che in un caso così particolare come questo, in cui non ci eravamo incarnati ma eravamo stati riportati in vita, avremmo dovuto essere tornati letteralmente insieme. Quindi dove era Izaioy? Dove era la donna del mio cuore?
“Ah bene, vedo che non sei così ottuso come mi avevi fatto temere poco fa! Hai realizzato che manca la tua dolce metà? La splendida principessa umana: Lady Izaioy?”
“Non ti azzardare a nominarla feccia! Cosa ne hai fatto di lei? Dove l’hai portata? Dovevamo essere per forza vicini quando siamo stati riportati in vita, quindi se io sono qui dove è lei?
Sapevo di essere molto, forse troppo, vicino al punto di rottura ed era sempre più difficile controllare il mio demone interno, ma il solo pensiero che il mio delicato fiore fosse in pericolo, in un posto che non conosceva, mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Mi trattenni a stento dal ringhiargli contro, ma mi si gelò il sangue nelle vene quando lo vidi scuotere la testa.
“Non vi siete materializzati qui, ma appena fuori da questo edificio, e probabilmente non eravate nemmeno così vicini come credi. Quando i miei uomini sono arrivati ti hanno trovato, sedato, legato e portato qui. Ho subito capito chi fossi, nel momento stesso in cui ti ho visto, e sapevo quindi di dover cercare anche la tua compagna. Ma i miei uomini sono arrivati troppo tardi per fare qualsiasi cosa se non catturare il suo assassino…”
Non era possibile! Non potevo, non volevo crederci. Izaioy non poteva…non doveva essere…morta.
Il sole della mia esistenza maledetta, la donna per cui avevo dato e avrei volentieri ridato la mia vita, non poteva non esserci più, non mentre io ero tornato in vita. Non avrei accettato di passare altro tempo separato da lei!
Volevo solo sapere il nome del responsabile dell’accaduto: l’avrei ucciso nel modo più atroce possibile e poi mi sarei ricongiunto con la mia amata nel regno dei morti.
A fatico tornai a concentrarmi su quello che stava dicendo l’essere che, pur non esistendo secondo i miei standard, mi stava davanti.
“…uno spettacolo orribile. Abbiamo dato onorata sepoltura a quel poco che di lei era rimasto.”
“CHI E’ L’ASSASSINO? Dimmelo subito miserabile! Dimmi il suo nome cosicché io possa mettere fine alla sua patetica esistenza e possa ricongiungermi con la mia adorata Izaioy nella morte!”
Tutto mi sarei aspettato tranne quello che realmente quell’essere disse:
“Sesshomaru”
NO! Non era possibile! Non volevo crederci!
“Non ci credo essere meschino! Fa tutto parte del tuo piano per farmi uccidere i miei stessi figli! So che Sesshomaru ha un cuore di ghiaccio ma non ucciderebbe mai così a sangue freddo! Non voglio crederci!”
“Bhè, tutto quello che so è quello che mi ha detto lui stesso quando l’ho catturato. A quanto pare tuo figlio è perfettamente capace di uccidere a sangue freddo e, sempre a detta sua, stava aspettando questo momento da un paio di secoli! Non ha mai sopportato il fatto che tu avessi sporcato il nobile sangue dei demoni cane con un’umana, producendo un mezzo-demone per di più!”
Non aveva senso! Niente di tutto quello che stava dicendo aveva senso! Sapevo che Sesshomaru non aveva mai approvato la mia relazione con Izaioy, ma arrivare a tanto? Non lo credevo possibile. Con un ringhio tentai di lanciarmi contro il deplorevole ammasso di carne che mi stava di fronte, ma le catene me lo impedirono.
“Vedo che ancora non sei convinto di quello che ti sto dicendo. Va bene! So che i demoni cane si basano molto sul loro fiuto per giudicare una situazione, quindi mi sono permesso di non seppellire un pezzo del kimono della tua amata per farti avere una conferma. È esattamente lo stesso pezzo che Sesshomaru stava toccando quando lo abbiamo trovato. Dovrebbe essere una conferma sufficiente anche per te non credi?”
Senza preavviso mi piazzò sotto il naso un pezzo di seta. Era macchiato di sangue, ma aveva l’inconfondibile profumo di gelsomino che avevo sempre associato alla mia adorata compagna. In questo caso era orribilmente rovinato dall’odore metallico del suo sangue a cui era mischiato…NO! Non poteva essere! Sul pezzo di stoffa potevo distintamente sentire…l’odore di Sesshomaru!
Sicuramente c’era una spiegazione per quello. La mia parte razionale stava disperatamente cercando un motivo valido per cui l’odore di mio figlio potesse essere sulla seta. Sapevo di stare perdendo la battaglia contro il mio lato demoniaco, ma non volevo credere all’orrore che avevo davanti agli occhi.
Provai a resistere ancora qualche secondo, ma il solo pensiero che la mia compagna fosse stata massacrata a sangue freddo da mio figlio scatenò il mio demone interiore e non seppi più nulla. Se solo avessi avuto la prontezza di guardare l’essere di fronte a me sapevo che non mi sarebbe sfuggito il sorrisetto di trionfo che in quel momento gli graziava le labbra.
 
SESSHOMARU POV
 
Mi risvegliai sempre nella stessa cella in cui ero rinchiuso da chissà quanto. Ricordavo perfettamente cosa era successo fino al minuto esatto in cui il mio sangue demoniaco aveva preso il sopravvento. Un essere che, secondo i miei sensi, non sarebbe dovuto esistere era entrato nella mia cella a seguito di un umano piccolo, anche per i normali standard della mia epoca. L’essere che non esisteva non si era avvicinato a me, ma si era limitato a tirarmi un pezzo di stoffa che sopra aveva il sangue di Helena.
La mia reazione era stata istantanea: la mia bestia interiore era uscita senza che io potessi fare nulla per bloccarla. Da quando il marchio si era scolorito, e il nostro legame spezzato, non era passato un giorno in cui io non mi chiedessi se la mia adorata fosse ancora viva oppure no. Ero convito di essere venuto a patti con il fatto che potesse essere morta, ma a quanto pare mi ero sbagliato e anche di grosso, se dovevo giudicare dalla reazione che avevo avuto.
D’altra parte sapevo che non mi sarei dovuto stupire: certo avevo provato ad immaginare l’orrida eventualità in cui la mia dolce Helena non fosse più parte dei vivi, ma un conto era immaginare una cosa, un altro interamente era trovarsi sbattuta in faccia la prova inconfutabile dell’accaduto.
Ero consapevole che la bestia non si era ritirata, ma si trovava dormiente appena sotto la superficie ma non feci nessun conscio tentativo di bloccarla completamente. Presto ne avrei avuto bisogno per liberarmi dall’orribile situazione in cui ero, vendicare la morte della mia amata, ritrovare mio fratello, sperando che fosse riuscito a mettere in salvo sé stesso e gli altri, affidargli Rin e poi raggiungere Helena nel mondo dei morti. Rin era abbastanza grande per badare a sé stessa e, con la conferma che la mia compagna era veramente morta, sapevo che anche il mio tempo nella landa dei vivi era limitato. E francamente non avrei voluto nulla di diverso.
Un rumore metallico fuori della porta mi riscosse dai miei tristi piani e mi portò a focalizzare tutta la mia attenzione sul nuovo venuto che, nel frattempo era entrato nella cella.
Era lo stesso essere senza odore che era già venuto nella mia cella, e non potei trattenere un ringhio al sorrisetto di compassione che era installato sulle sue labbra.
“Lord Sesshomaru! Vedo che vi siete ripreso dal vostro attacco di pazzia di qualche tempo fa…la cosa non può che farmi piacere, anche perché mi servite lucido per quello che sto per dirvi. D’altra parte non vorrete mica distruggere l’unico modo che avete per scoprire l’assassino di Lady Helena non trovate?”
Nonostante tutti i miei istinti mi dicessero di non fidarmi e di non prestargli attenzione perché nulla di buono ne sarebbe mai potuto uscire, la mia sete di sangue mi permise solo di concentrarmi sul fatto che aveva preziose informazioni riguardo l’accaduto e soprattutto sul fatto che io volevo quelle informazioni. Con un lieve cenno della testa gli comunicai che aveva la mia attenzione.
“Sono contento che vi dimostriate così ragionevole Milord. Che ne dite se, al posto di raccontarvelo, vi mostrassi quello che è accaduto? Oh no, non ho poteri telepatici di nessun tipo, ma sono sicuro che avrete ormai capito che siete nel futuro, nel tempo della vostra amata. Hanno inventato un apparecchio che permette di rivedere gli avvenimenti.”
Se solo fossi stato più presente alla situazione mi sarei sicuramente accorto che qualcosa, molto più di qualcosa, nella storia che mi aveva propinato non aveva il minimo senso. Ma ero un demone ferito, legato e che aveva appena appreso della morte della sua compagna. Tutto quello che volevo era vendetta e poi raggiungerla.
Con un altro cenno gli permisi di proseguire, e con questo segnai il mio destino.
Un ronzio flebile mi portò a concentrare la mia attenzione su un piccolo aggeggio che mi era stato posto sotto gli occhi. La superficie lucida improvvisamente si illuminò e ci volle tutto il mio, già flebile, autocontrollo per non attaccare quella cosa.
Quando lo guardai meglio scoprii che la luce mi permetteva di vedere…Helena! Ma era ferma, come se fosse stata congelata sul posto. L’essere di fronte a me premette un pulsante e la mia adorata cominciò a muoversi.
La vidi avanzare con circospezione, guardandosi spesso le spalle, come aspettandosi un attacco da un momento all’altro. Il mio cuore si strinse quando mi resi conto del pallore mortale delle sue guance: anche lei stava pagando il prezzo del legame spezzato.
Senza preavviso la vidi congelarsi e annusare l’aria. Con uno scatto subitaneo la osservai accovacciarsi in posizione di difesa contro un nemico che ancora non potevo vedere. I minuti successivi mi permisero di osservare la sua grazia nel combattimento e anche la sua potenza: era davvero enorme il potere che Helena stava sprigionando, ma contro chi?
Improvvisamente la vidi accasciarsi al suolo, colpita dall’essere che ancora si nascondeva alla mia vista. Ringhiai anche se sapevo che tutto questo era già accaduto e che non avrei potuto fare nulla per modificarne l’esito.
L’essere che l’aveva colpita la prima volta si accanì contro il suo corpo, ormai in terra senza forze e il mio orrore crebbe a ogni colpo che la mia amata aveva ricevuto. Poi il demone entrò nel mio campo visivo: NO! Non poteva essere!
Un demone dai lunghi capelli argentei legati in coda alta si avvicinò al corpo della mia regina e con un sorriso malefico si chinò sopra il suo corpo morente e, con un preciso colpo di artigli, le strappò il cuore.
La rappresentazione si interruppe di colpo, lasciandomi in balìa dei miei più cupi pensieri: quello che avevo visto non poteva essere mio padre. No, era morto da almeno due secoli e ne ero assolutamente certo. Era stato qualcun altro, un cambia forma che aveva deciso di infangare il nome del precedente Inu no Taisho e giocare con i miei sentimenti.
“So che vi sembra impossibile Milord, ma temo che quello sia vostro padre. E ne ho anche le prove: vedete mi sono permesso di riportarvi il pezzo di stoffa del vestito della vostra compagna, annusatelo e saprete con certezza chi è stato!”
Senza frapporre tempo in mezzo lo stesso, maledetto, pezzo di stoffa, mi venne ficcato nuovamente sotto il naso.
Odiando ogni secondo inspirai a fondo e, sempre tenendo a bada la bestia, processai i vari odori.
Non volevo crederci, ma il mio naso non mi aveva mai ingannato. Questo fu tutto quello che servì alla bestia per prendere il sopravvento e uscire allo scoperto. Con un ruggito il mio sangue ribollì e la mia capacità di ragionare svanì nel nulla.
 
KISEKI POV
 
Non potevo crederci! Era stato tutto fin troppo facile! Possibile che i due più grandi demoni di tutti i tempi, Signori dell’Ovest, potessero essere così facilmente travisati?
Sorridendo come un idiota mi voltai verso la prima guardia che mi capitò sotto tiro:
“Tu, muoviti e vai a preparare l’arena! È giunto il momento di mettere in atto la prossima fase del mio piano!”
E mentre il soldato correva lungo il corridoio per andare ad eseguire i miei ordini mi sfregai soddisfatto le mani. Entro l’alba Sesshomaru sarebbe morto ed Helena sarebbe stata mia!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


KAEDE POV
 
La situazione in cui ci trovavamo non era delle migliori. Anzi quello che avevo appena usato era un pessimo eufemismo per definire quello che in realtà era il peggiore pasticcio in cui ci eravamo cacciati dopo Naraku, e anche durante la ricerca dei frammenti della Sfera ero abbastanza sicura che Inuyasha e gli altri non si erano mai trovati in situazioni in cui non si riusciva a vedere nemmeno la più piccola via di scampo.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando ci avevano catturato. La nostra prigione non aveva finestre, l’unica illuminazione proveniva dal soffitto da delle cose che Yasha stesso aveva definito “neon” provenienti dal mondo di Kagome, quindi non potevamo sapere se fosse giorno o notte.
La mia salute non era certo migliorata negli ultimi tre anni e di sicuro non stavo diventando più giovane mano a mano che il tempo scorreva. La piccola Kagome, insieme con Helena, mi aveva offerto la possibilità di unirmi a loro in un rito che avrebbe prolungato la mia vita e mi avrebbe anche liberato di più di qualche acciacco. Ma avevo rifiutato la generosa offerta: avevo già visto troppo nella mia vita e, pur sapendo che qualche anno prima avrei sicuramente accettato la proposta, l’età che avevo raggiunto mi aveva concesso un po’ di saggezza, abbastanza da sapere che preferivo attendere una morte vicina piuttosto che rimanere a soffrire ancora aspettando una pace lontana.
Sapevo che Kagome non aveva capito il mio ragionamento, ma avevo anche intuito che la giovane regina dei demoni aveva compreso il motivo del mio rifiuto e non avevo dubbi che, col tempo, anche la mia giovane apprendista avrebbe raggiunto uno stato di saggezza tale da comprendere tutto quello che io stessa non avevo saputo spiegare.
Nemmeno in una situazione che non stava facendo molto per migliorare la mia già cagionevole salute, riuscii a pentirmi di aver rifiutato la chance all’immortalità che mi era stata offerta. Per quanto le condizioni della nostra prigionia non corrispondessero agli standard del palazzo di Sesshomaru, non ero ancora così malata da decidere di abbandonare questa vita. Non era il mio momento e anche se lo fosse stato avrei pregato i Kami perché mi concedessero ancora un po’ di tempo per poter risolvere un dilemma profondo che, se lasciato ancora a marcire, avrebbe seriamente compromesso la salvezza di tutti noi.
Ero ancora una bambina la prima volta che conobbi Inuyasha. Sapevo che era un demone e, istintivamente ne ebbi paura, ma viaggiava con mia sorella Kikyo e se lei non ci aveva trovato nulla di male, pensai che anche io potessi dargli una possibilità.
Ai miei occhi di bambina il giovane hanyou incarnava il modello ideale di eroe, ma anche di cattivo per eccellenza. Ricordai, con un sorriso sulle labbra, che l’unica volta in cui ero riuscita a raccogliere abbastanza coraggio per avvicinarmi e parlargli ero scappata via quasi urlando, dopo che mi aveva ringhiato contro perché avevo osato chiedergli se potevo toccare le sue orecchie!
Mia sorella mi aveva sgridato allora dicendomi che non dovevo avvicinarmi a lui per nessuna ragione: era pur sempre un demone, anche se a metà, e come tale era intrinsecamente cattivo. All’epoca non compresi perché lei potesse avvicinarmi e io no, ma mi fidavo di lei e sapevo che se mi teneva lontano era soltanto per la mia sicurezza e quindi feci quello che mi aveva chiesto. Prima di andarmene, però, mi girai verso Inuyasha, forse per imprimermelo meglio nella mente e lo vidi, di fronte a me, incurvato e con le orecchie nei capelli, come se avesse sentito quello che mia sorella mi aveva detto sul fatto che era un demone.
All’epoca non ci feci molto caso, ma ora sapendo quello che so, mi resi conto che aveva sentito benissimo quello che Kikyo aveva detto e che il suo commento lo aveva ferito molto più di quello che lui volesse far vedere.
Era con noi anche nel momento in cui persi un occhio, durante un attacco di demoni, e quella stessa notte, anche se lui credo non l’abbia mai saputo, lo vidi vegliare su di me, devastato dai sensi di colpa che gli urlavano contro la sua debolezza.
In quell’istante seppi che non era malvagio; forse aveva perso la retta via, ma il suo era solo un convincente show, messo in piedi per proteggere sé stesso da ulteriore dolore.
E poi tutto cambiò. Inuyasha, o quello che tutti credemmo fosse lui, attaccò mia sorella ferendola a morte. Poi rubò la Sfera dei Quattro Spiriti e venne inchiodato da una freccia di Kikyo all’Albero Sacro. Il resto, come si dice, è storia.
Cinquant’anni dopo lo vidi liberato dal sigillo, da una giovane che era la reincarnazione di mia sorella, ma con molto più potere di quanto lei ne avesse mai avuto. Lo vidi crescere da ostinato mulo che parlava prima di pensare a leale amico, fidato compagno, capace condottiero e soldato e, infine, dolce e tenero innamorato.
Lo vidi combattere contro demoni esterni, ma soprattutto interni; contro un amore mai completamente nato e brutalmente ucciso. Contro una relazione che sembrava destinata al fallimento. Lo vidi scoprire il valore dell’amicizia e dell’amore, ritrovare una sorella creduta perduta per sempre; e lo vidi perdere la donna della sua vita per un altro, crudele, scherzo del destino.
I primi mesi furono devastanti per tutti, ma credo che per Inuyasha lo siano stati di più. Lui e Kagome avevano deciso di aspettare dopo la battaglia contro Naraku, di modo che potessero sposarsi alla maniera degli umani cosicché Kagome non venisse disonorata agli occhi della sua famiglia. Yasha l’aveva morsa comunque, intrecciando parzialmente le loro anime e i loro poteri, ma il loro legame era molto lontano da quello compiuto che, invece, condividevano, Sesshomaru ed Helena. E per quanto sapessi, come sapevo lui, che con la separazione il legame spezzato stava portando i due demoni alla morte, potevo comprendere il fatto che il giovane hanyou preferisse quello che il fratello e la sorella stavano passando all’incertezza e la solitudine che lo attanagliavano.
Non seppi mai, come nessuno degli altri, dove fosse andato nei dieci lunghi mesi di assenza dopo la sparizione delle ragazze, ma gioii con gli altri al suo ritorno. La scomparsa di Helena e Kagome era stata un duro colpo per tutti, ma sapevo che insieme saremmo sopravvissuti al dolore e le avremmo aspettate.
Ma il problema, ora, non era più quello. Come tutti gli altri avevo compreso il profondo senso di colpa che attanagliava l’anima dell’uomo sconfitto che sedeva di fronte a me. Non era riuscito a proteggerci, nonostante l’avvertimento del fratello e la sua implicita richiesta di portarci in salvo.
Si sentiva un fallito e non potevo permettere che questo inutile senso di colpa proseguisse ancora un minuto di più. Certo eravamo stati catturati, ma la colpa non era certo di Yasha. Lui aveva fatto tutto e anche più di quello che era in suo potere per salvarci e doveva convincersene anche lui e presto, altrimenti non saremmo mai riusciti a scappare da quell’orrida prigione.
Approfittando del fatto che tutti stavano dormendo e che, correntemente, si era seduto di fianco a me per farmi compagnia e controllare lo stato della mia salute, voltai il mio occhio buono per fissarlo e, preso un respiro, tentai di infondere tutta la mia fiducia e affetto che provavo per lui nelle mie parole.
“Tu sai che niente di quello che è successo negli ultimi giorni è colpa tua vero? Si, certo, tuo fratello ti aveva avvisato e anche chiesto di proteggerci tutti, ma anche lui, il Signore dell’Ovest, è stato sopraffatto, quindi non devi caricarti di tutte le colpe di questo mondo.”
Mi aspettavo, come minimo, un commento acido sul fatto che stessi sminuendo le sue capacità a favore di Sesshomaru, ma quando non venne me ne preoccupai.
“Cosa c’è che ti rode dentro Inuyasha? Ti prego parlami, condividi con qualcuno l’enorme fardello che ti stai portando dietro!”
Attesi con pazienza che si decidesse a parlare: sapevo, per esperienza, che il mettergli fretta lo avrebbe solo portato a chiudersi maggiormente in sé stesso.
Finalmente lo sentii inspirare profondamente, come per prepararsi ad un difficile compito, e mi preparai ad ascoltare quello che aveva da dire. Ma niente avrebbe potuto pre-avvertirmi di quello che il baka in questione stava per formulare.
“Sono un essere spregevole. Un incapace! Sesshomaru aveva perfettamente ragione quando diceva che non ero degno di essere al mondo. Non riesco onestamente a capire perché non mi abbia mai fatto fuori! Avrebbe risparmiato una seccatura a tutti quanti!”
Senza parole, non riuscii a fermare il fiume in piena della confessione e mi limitati ad ascoltarlo, sperando che, prima o poi, si sarebbe fermato abbastanza da permettermi di intervenire.
“Non ho protetto mia madre dall’incendio che ha preso la sua vita, anzi l’ho messa in pericolo solo nascendo e mio padre è addirittura morto per proteggere la mia miserevole vita! Poi non sono riuscito a proteggere Helena quando Sesshomaru ci ha attaccati la prima volta e la mia debolezza ha causato tutti i disastri successivi! Lei si è sacrificata per me! Per riportarmi in vita, quando era stata la mia stupidità a farmi ammazzare in partenza! Poi ho incontrato Kikyo! E anche con lei le cose non sono migliorate…avrei dovuto proteggerti quel giorno Kaede! Se io fossi stato più forte, più veloce, meno inutile tu non avresti perso l’occhio! E poi tutta la storia con Naraku…il tradimento, i sosia, il mancato riconoscimento! Non sono nemmeno riuscito a distinguere la vera Kikyo da un pupazzo! E dovrei avere l’olfatto fine! Poi è arrivata Kagome e lì non sto nemmeno a iniziare l’elenco dei miei fallimenti…si è ritrovata in pericolo di vita più volte di quante mi piaccia ricordare, tutto perché io non sono stato abbastanza forte per decidere, per proteggerla! Helena l’ha protetta, Sango l’ha protetta…ma io l’ho solo messa nei guai! Davvero non capisco come potesse amarmi, non dopo quello che le ho fatto passare. Poi l’ultima battaglia: lei era lì a un soffio dalle mie mani, se solo le avessi allungate l’avrei presa! Eppure sono rimasto lì come l’idiota che sono e lei è sparita! E come se non bastasse ho rovinato la vita anche a Sesshomaru! La sua compagna è sparita anche lei e tutto per colpa mia! Non riesco davvero a capire perché siete ancora tutti qui che mi parlate…non lo merito, non vi merito…non dopo questo!”
Come se avesse esaurito tutte le energie lo vidi accasciarsi al suolo, orecchie basse e sguardo a terra. Sapevo che stava soffrendo e che avrei dovuto consolarlo in qualche modo, ma non riuscii a trattenermi dal ridere!
E risi come non avevo mai fatto in vita mia…risi così tanto da avere le lacrime agli occhi e così forte da svegliare i presenti, che mi guardarono attoniti, come Inuyasha del resto, convinti che avessi completamente perso il senno.
Dopo qualche minuto ripresi abbastanza controllo di me stessa da provare a spiegare il motivo del mio bizzarro comportamento.
“Oh Inuyasha! Hai davvero sbagliato tutto, ma non nel modo in cui tu pensi!”
Lo vidi lanciarmi un’occhiata di traverso e mi affrettai a spiegare il mio punto di vista.
“Non posso parlare né per tua madre né per tuo padre, ma non completamente sicura che approverebbero e sottoscriverebbero quello che ti sto per dire. Non sei mai stato troppo debole! E non è mai stata colpa tua il fatto che siano avvenute le cose che sono avvenute. È il destino! Tutto si compie per un motivo e l’uomo non ha diritto di parola nel grande disegno dei Kami. Tuo padre ha dato la sua vita per te, perché ti voleva bene! E sono perfettamente convinta che se tu avessi perso la tua, lasciando tua sorella da sola, nel tentativo di salvare tua madre dall’incendio, lei stessa non ne sarebbe stata felice. Per quanto riguarda Helena stessa, quello che è successo è stato tutto per una sua scelta, non per una tua incapacità. E poi se ciò non fosse successo…bhè sappiamo tutti che Kagome sarebbe rimasta senza protezione! Devi smetterla di fustigarti per quello che Naraku ha combinato! Nemmeno Kikyo, sacerdotessa potente, aveva visto dietro l’illusione di quella feccia! E per quanto concerne il mio occhio, non avevo idea che tu te ne ritenessi responsabile, o ti avrei detto queste cose molto prima: non è stata colpa tua! Se proprio dobbiamo dare la colpa a qualcuno direi che la colpa è mia per non essere rimasta al riparo quando mi era stato ordinato e di Kikyo per aver scagliato la freccia che mi ha colpito. Non sono morta in quell’occasione Inuyasha e, alla fine, quella era la cosa importante! Io non ti ho mai colpevolizzato, quindi dovresti smetterla di farlo tu! Non aprirò il capitolo Kagome, né ora né mai anche perché se lei sapesse cosa hai pensato ti manderebbe a cuccia per l’eternità e lo sai bene! Non è una bambola di porcellana che ha bisogno di essere protetta dal mondo Inuyasha! E non ti ha mai fatto una colpa di quello che è successo. Eravamo in guerra e lo sapeva anche lei! E per quanto riguarda la loro sparizione è giunto il momento che tu sappia una cosa, su Helena, che credo tuo fratello non ti abbia mai detto. La Sfera era legata a Kagome, e a lei soltanto. Il compito di Helena è di proteggere la Shikon no Miko, ma questo non significava che erano indissolubilmente legate tra loro. Se avesse voluto tua sorella avrebbe potuto rimanere qui. Ma nonostante questo non è stata lei a prendere quella decisione: nell’ultimo secondo possibile Sesshomaru stesso l’ha lanciata verso Kagome, perché potesse proteggerla…per te!”
Le facce sorprese degli altri, tranne Rin che sembrava essere a conoscenza della storia, mi dissero che Sesshomaru non aveva mai divulgato questo piccolo dettaglio, ad altri che a me e Rin.
“Sesshomaru si è volutamente privato della sua compagna…per me????
“Certamente! Otou-san sapeva che l’unica che poteva proteggere Oba-san era Oka-san e quindi le ha permesso di andare!”
La giovane voce di Rin risuonò limpida nell’aria ferma, dando conferma alla mie parole.
“Pe-perché?”
“Oji-san che domanda stupida! Perché ti vuole bene no?”
Le parole della piccola sbloccarono tutti gli altri, Shippo in particolare, che si lanciò contro Inuyasha urlando “Ti voglio bene anche io!”
Varie altre dichiarazioni di affetto e stima si fecero sentire anche dagli altri, insieme a rassicurazioni e prediche sulla stupidità dell’hanyou, per aver pensato delle cose così stupide.
Inuyasha era rimasto senza parole, questo lo potevo vedere, e nei suoi occhi brillavano lacrime che sapevo non sarebbero mai cadute.
Ci sarebbe voluto del tempo, la nostra fuga, il ritorno di Sesshomaru prima e di Kagome ed Helena poi, prima che lui potesse perdonarsi del tutto, ma ora sapevo che avrebbe avuto quella possibilità.
Se Kagome era il cuore del gruppo, Inuyasha ne era la forza. Non avremmo mai potuto liberarci se lui si fosse autodistrutto nella colpa. Ma ora che la strada del perdono era aperta, il vecchio Inuyasha era tornato e con anche le nostre possibilità di salvezza.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo10 ***


Lasciate qualche commento, ve ne sarò molto grata!
Come sempre i personaggi appartengono a Rumiko Takanashi...tranne Helena!

AYAME POV
 
Mal di testa. Quando mi risvegliai il mio corpo venne immediatamente trafitto da spasmi di dolore provenienti da posti che non ero nemmeno consapevole di avere. Istintivamente mi portai le mani al ventre e, quando riuscii ad accarezzare il prominente rigonfiamento, mi rilassai anche se di poco.
Cautamente annusai l’aria, cercando di capire dove fossi e se mi trovassi in un luogo amico oppure no. Sapevo che dovevo arrivare al Tempio Higurashi, avevo sentito le guardie davanti alla mia cella parlare di quello come del luogo in cui viveva una potentissima sacerdotessa accompagnata da un demone di straordinarie capacità: pur non conoscendole molto bene non mi ci era voluto molto nemmeno a me per capire che erano Kagome ed Helena. Che cosa potessero centrare con quello che stava succedendo ancora non mi era particolarmente chiaro, ma quando avevo sentito che quegli uomini prevedevano un attacco a sorpresa contro l’inerme famiglia di Kagome avevo capito che dovevo avvertirli, e in fretta: non potevo permettere che anche loro soffrissero le pene di inferno che io avevo patito fino a quel momento. Non avevo mai avuto molta simpatia per la sacerdotessa con le strane vesti e nemmeno per la giovane demone che la accompagnava: ero gelosa della prima, per le attenzioni che il mio Koga le dedicava ed ero terrorizzata dalla seconda, a causa del potere latente che albergava in lei. Ma gli anni e la loro scomparsa avevano posto molte cose nella loro giusta prospettiva: ero stata finalmente in grado di riconoscere il profondo amore che legava Kagome, non a Koga, ma ad Inuyasha e mi ero resa conto che le attenzioni che il mio demone lupo aveva avuto nei suoi confronti non erano mai state particolarmente ben apprezzate dalla sacerdotessa in questione. E per quanto riguardava Helena, dopo aver scoperto che era diventata la compagna del Signore dell’Ovest ed era di nascita la Regina del Nord, avevo capito le origini del suo immenso potere e avevo anche compreso che non l’avrei mai dovuta temere perché aveva un cuore buono e grande. Quando ero finalmente arrivata a queste conclusioni mi ero sentita una completa idiota perché non avrei mai potuto tentare di creare un’amicizia con Kagome e non sarei mai riuscita a dimostrare la mia lealtà a quella che era la mia Signora sia per nascita, essendo lei la Regina del Nord, sia per matrimonio, vivendo io nelle Terre dell’Ovest con Koga.
Ma il mio principe aveva subito saputo come consolarmi: mi aveva detto che le avremmo riviste, in un modo o nell’altro e che avrei solo dovuto attendere il momento giusto e poi avrei potuto dimostrare loro quello che il mio cuore aveva capito alla fine.
Ora era finalmente giunto il momento giusto per portare avanti quello che avevo sperato di poter fare ormai da anni. Ovviamente sempre che io fossi riuscita a raggiungere il Tempio Higurashi e non mi fossi ritrovata improvvisamente dalla padella nella brace.
Un rumore di passi fuori dalla porta della stanza in cui mi trovavo – che era decorata interamente in un imbarazzante color rosa accesso! – mi mise immediatamente in guardia. Sguainai gli artigli, maledicendo ancora una volta il Fato crudele che non mi aveva permesso di avere con me il mio tridente, e chinandomi in avanti per proteggere il mio cucciolo al meglio mi preparai ad attaccare chiunque fosse passato per la porta, qualora avesse avuto cattive intenzioni.
“Vedo che sei sveglia finalmente! Cominciavo a preoccuparmi seriamente, anche perché non ho molte conoscenze su come trattare le ferite di youkai, specialmente se sono incinte! Gli unici che io abbia mai visto da molto vicino sono Inuyasha, e lui è mezzo-demone, ed Helena ma anche quando si è fatta male non mi ha mai permesso di curare le sue ferite…mi chiedo se davvero quella ragazza si fiderà mai di me! Non pretendo di prendere il posto di sua madre nel suo cuore, questo almeno Inuyasha l’aveva capito, eppure sembra che lei mi voglia tenere a distanza…”
Molto perplessa rimasi a guardare la donna umana di fronte a me. Non era molto alta e i suoi capelli erano portati molto corti, in un’acconciatura che nel mio tempo non sarebbe mai stata considerata degna di una donna sposata. Il mio naso confermò quello che già le sue parole mi avevano detto: portava su di sé tracce dell’odore di Kagome e anche la somiglianza era impossibile da non notare. Quella donna era la madre di Kagome.
Un sospiro di sollievo uscì dalle mie labbra: se quella era davvero la mamma della sacerdotessa allora ero arrivata nel posto giusto! Dovevo solamente trovare Helena e Kagome stessa e avvisarle del pericolo che correvano. Prima, però, dovevo rassicurare la donna che avevo di fronte delle mie condizioni di salute e rassicurare me stessa che il mio cucciolo non avesse subito troppi danni.
“Arigatou Higurashi-san! Il mio nome è Ayame e sono la sposa di Koga e Signora dei clan uniti dei demoni lupo. Non ho alcuna intenzione di farle del male!”
L’ultima l’avevo aggiunta in tutta fretta quando mi ero resa conto che una presentazione completa in stile demoniaco non le avrebbe detto nulla, anzi avrebbe rischiato di spaventarla inutilmente!
“Oh cara non ti preoccupare! Sono perfettamente consapevole che non avevi alcuna intenzione di farmi del male, come so anche che se tu volessi farlo, non ci sarebbe nulla che io potrei fare per fermarti! Comunque avevo dedotto anche che tu fossi Ayame: i racconti delle ragazze avevano menzionato una coraggiosa demone-lupo dai capelli fiammanti e la pelliccia candida quindi non sei stata molto difficile da riconoscere!”
Un momento…Kagome ed Helena avevano parlato di me? Anche io avevo un ruolo nelle loro avventure? Mi avevano visto si e no un paio di volte totali ed in entrambi i casi mi ero comportata in maniere quantomeno sgarbata nei confronti di entrambe quindi come poteva essere che mi considerassero coraggiosa?
Decidendo di mettere da parte quelle che, per ora, erano domande futili e che mi avrebbero fatto perdere tempo, decisi di porre quelle le cui risposte mi sarebbero, invece, servite.
“Non per essere scortese, ma dove sono le ragazze? Ho urgente bisogno di parlare con loro nel minore tempo possibile! Siamo tutti in gravissimo pericolo, il tempo è l’essenza! Per favore mi dica se sono qui, o altrimenti dove posso trovarle!”
Nella mia foga mi accorsi della reazione della donna in fronte a me solo quando il penetrante odore di sale raggiunse le mie narici. La madre di Kagome stava piangendo: ero arrivata troppo tardi!
“No, non è possibile! Non possono essere morte, non posso essere arrivata troppo tardi!!!”
“Cara calmati! La tua agitazione non fa di certo bene al tuo cucciolo! Mi dispiace non poterti portare dalle ragazze ma non so davvero dove possano essere. Dovevano ritornare in Giappone qualche giorno fa, ma il mezzo che doveva riportarle indietro non le ha mai caricate. Ero consapevole che fosse successo loro qualcosa, ma le tue parole me ne hanno appena dato la conferma! Spero solo che riescano a proteggersi a vicenda: non ho dubbi che Helena darebbe la vita per salvare quella di Kagome, ma spero che mia figlia riesca a proteggere la sua migliore amica!”
Il macigno che si era sollevato dal mio stomaco nel momento in cui avevo scoperto di essere riuscita a raggiungere il tempio si reinstallò dove si trovava prima, ancora più pesante dopo le ultime notizie. Ero arrivata troppo tardi…non c’era più speranza per noi!
“Abbi fiducia nelle loro capacità Ayame! Non sono arrivate ad un passo dal rivedere tutti voi per essere distrutte in questo modo. Sono sicura che, dovunque siano, stanno bene e sono insieme: finché non vengono separate nessuno può seriamente pensare di batterle! Ora basta pensare a loro! Sarai anche un demone con dei super poteri di guarigione, ma aiuterebbe la mia ulcera poterti dare una controllatina, e sono sicura che anche tu apprezzeresti un controllo anche al cucciolo che porti in grembo.”
Le parole della donna mi raggiunsero e mi aiutarono a dissipare la nebbia di disperazione che mi aveva attanagliata. Non sapevo ancora se davvero erano morte e fino a quando non avessimo avuto la conferma c’era ancora speranza. Con un sospiro permisi alla donna di avvicinarsi per controllare il mio stato di salute e quello del cucciolo.
Avrei avuto bisogno di tutte le mie forze se volevo sopravvivere alla guerra che stava per scatenarsi, e sarei sopravvissuta!
Non preoccuparti Koga, amore mio! Prima o poi ti troverò e rimarrò in vita fino a quel giorno! Te lo prometto!
 
HELENA POV
 
Ero abituata a riapparire a comando in qualsiasi posto di mia scelta, entrando e uscendo dal vento, ma il metodo di trasporto di Kagaya mi aveva lasciato un’orrida sensazione di nausea! Come diamine facesse quella donna a girare così non l’avrei mai capito, ma una cosa era certa: non mi sarei mai fatta dare un passaggio da Sesshomaru utilizzando un metodo di trasporto così barbaro!
Quando la nausea retrocesse abbastanza da permettermi di aprire gli occhi, cercai immediatamente Kagome. Prima o poi sapevo che la mia priorità non sarebbe stata la giovane sacerdotessa, ma fino a che il suo vero protettore non avesse assunto quel ruolo toccava a me tenerla in vita. Con un sospiro di sollievo notai che si era materializzata non lontano da me, insieme a mia madre. Sapevo che Kagaya era una demone per cui l’onore era una delle cose più importanti nella vita, ma non ero molto certa che l’odio che provava nei confronti della donna che le aveva portato via il compagno, non le avrebbe permesso di lasciarla indietro. Un movimento alle mie spalle mi fece girare bruscamente e mi ritrovai a fissare l’oggetto delle mie elucubrazione.
“Non sono così crudele da lasciare morire la madre della mia Signora in quella fogna!”
Sorrisi colpevolmente e inclinai la testa come a scusarmi, ben sapendo che la demone di fronte a me era riuscita a leggermi nel cuore quello che stavo pensando.
Soddisfatta che fossimo tutte nello stesso posto e con tutti gli arti dove dovevano stare, decisi di aprire i miei sensi per tentare di capire dove fossimo finiti veramente. Sapevo di aver detto a Kagaya il nome della nostra destinazione, ma non ero molto convinta che la potente demone sapesse veramente dove volevo andare.
Con mia somma sorpresa quando alzai gli occhi al cielo mi ritrovai a guardare la lussureggiante chioma dell’Albero Sacro. A quanto pare eravamo davvero arrivati a destinazione e io avrei dovuto smettere di dubitare mia suocera, altrimenti nessuno avrebbe potuto farne una colpa se avesse davvero deciso di ammazzarmi perché non ero abbastanza degna di stare con suo figlio.
- Kay tesoro, siamo in Giappone!-
- In Giappone? Siamo davvero arrivate a destinazione? Non credevo che la Lady di ghiaccio ci avrebbe mai portato qui!-
- Kay! Non farti sentire a pensare queste cose, altrimenti nemmeno io potrò proteggerti se deciderà di usare la tua pelle per fare uno scendiletto! E poi è mia suocera…se non lo fai per lei, almeno cerca di sopportarla per amore mio!-
-Hai ragione Lena! Scusami, è solo che tutta questa storia mi sta mettendo sotto stress ed è vero che la profezia parlava di nuovi alleati, ma ho sempre visto Sesshomaru come un essere un po’ freddino - ti prego non uccidermi sai che si scongela solo con te e con Rin!- quindi non ero molto convinta che sua madre potesse essere meglio. Poi ti ha attaccata e so che mi hai detto che questi sono i rituali dei demoni cane e che dovrei abituarmici perché sono la promessa di Yasha, ma il fatto è che…-
-Kagome! Piano! Non c’è bisogno che ti strozzi per dire quello che stai pensando. Non ti preoccupare, capisco che tutta questa storia sia solo dello stress aggiunto e non credere che per me sia molto più facile, ma ogni nuovo alleato che decide di unirsi alla nostra causa è un passo in più verso una nostra vittoria! Stringi i denti ti prego Kagome! Non posso vincere questa guerra da sola. Ho bisogno di te!-
- Lo so Helena! Non ti preoccupare per me. Hai ragione ce la possiamo fare, soprattutto se lavoriamo insieme! Non avere paura, tra poco libereremo Sesshomaru e gli altri e allora potremmo ripensare alle nostre strategie di attacco…tutti insieme!-
Sapevo che Kagome stava cercando di consolarmi e per un minuto lasciai che le sue parole avessero l’effetto sperato. In quel minuto mi resi conto che, se rimanevamo tutti uniti, avremmo avuto una possibilità di riuscita di quello che, mano a mano che il tempo passava, sembrava sempre di più il piano di un folle.
Lentamente mi alzai in piedi; i poteri taumaturgici di Kagome erano cresciuti a dismisura negli ultimi tre anni, ma anche se mi aveva chiuso le ferite più gravi, la sensazione di aver fatto un paio di lavaggi in lavatrice non mi era ancora passata.
Prima o poi avrei dovuto farmi guarire completamente, oppure prendermi un paio di giorni di pausa affinché il mio corpo potesse riprendersi, ma il momento non era decisamente quello quindi spinsi sul fondo della mia mente qualsiasi pensiero su quanto stessi male e mi concentrai sullo salire i gradini che ci avrebbero portate alla casa.
Dovevamo toglierci dalla strada e in fretta: non sapevo come avrebbero potuto reagire i passanti, vedendo quattro donne, di cui almeno due palesemente non umane, sul marciapiede con i vestiti strappati e insanguinati, ma di sicuro non ci avrebbero offerto thè e pasticcini!
- Fai strada Kagome! È inutile che mandiamo avanti mia madre o Kagaya, anche perché tua madre non le riconoscerebbe e tra noi due sei quella meno pestata, quindi con meno probabilità di far venire un infarto a tua madre!-
Non mi rispose, ma la sentii sogghignare mentalmente! Il rapporto tra lei e sua madre negli ultimi tre anni aveva subìto degli alti e bassi piuttosto sentiti: fino a che Kagome aveva combattuto nel passato Korari non aveva mai detto nulla, anche perché la figlia tendeva a non entrare nei dettagli delle battaglie. Ma negli ultimi due anni la guerra era arrivata anche nel futuro e più di una volta eravamo state beccate, ferite e insanguinate, dopo un particolare scontro con qualche demone. O anche dopo qualche nostro allenamento, in cui non ci ero esattamente andata leggera nei confronti della mia migliore amica.
Ero a conoscenza del fatto che, tutto questo, aveva creato una crepa nella relazione madre-figlia, che era anche attribuibile alla mia presenza e al fatto che io non avessi mai accettato Korari come madre sostitutiva, come invece sapevo aveva fatto Yasha. Non era che non volessi bene alla donna, ma quel posto, nel mio cuore, era già stato preso da qualcuno che mi aveva abbandonato da molto tempo e sapevo di non avere altro spazio per un’altra relazione di quel tipo.
Speravo solo che, questa volta, la madre di Kagome non avrebbe fatto troppe storie sulla pericolosità di quello che stavamo per fare, perché sapevo che non sarei riuscita a controllare il mi demone interno se avessimo dovuto attendere ancora per andare a salvare i nostri amici.
Una mano leggera sulla spalla mi riscosse dai miei pensieri. Mi voltai verso Kagome e con quello che sperai essere un convincente sorriso, le feci cenno di iniziare a salire le scale.
I miei istinti mi stavano segnalando una situazione anomala all’interno della casa, e dalla posa di Kagaya non ero l’unica a percepirlo. Non potevo però dire se l’anomalia fosse di tipo buono oppure no.
Preparando gli artigli e riportando i miei poteri in superficie per poterli usare più velocemente mi accostai alla mia protetta e cominciammo a salire le scale: qualunque cosa ci fosse in cima l’avremmo affrontata insieme. Ora che ero così vicina a Sesshomaru non mi sarei fermata per nulla al mondo!
Resisti amore mio! Sto arrivando da te!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


KAGOME POV
 
Per la prima volta nella mia vita ebbi paura di tornare a casa. Nel momento stesso in cui la mia testa aveva formulato il più stupido pensiero che avessi mai avuto mi picchiai mentalmente per averlo fatto. Alla fine stavo tornando a casa dopo quasi un anno in cui non avevo praticamente visto la mia famiglia: certo Helena era la sorella che io non avevo mai avuto, ma eravamo solo io e lei e a volte la solitudine era troppo da sopportare, specialmente quando anche Lena si ritirava in sé stessa.
Per fortuna che vivevamo nel XXI secolo per cui, anche se non ci eravamo visti in persona le telefonate e le videofonate erano state più che sufficienti per mantenerci in contatto. La possibilità di tornare a casa ogni anno, però, era sempre stata la benvenuta, anche se il nostro ritorno aveva sempre creato scompiglio nella vita tranquilla e ordinata della mia famiglia.
Poi le scaramucce con i demoni che erano arrivati nel nostro mondo erano cominciate, e con esse anche le litigate con mia madre. Sapevo che era solo preoccupata, sia per me che per Helena, ma questo non significava che potevo perdonarle qualsiasi cosa. Specialmente non quando decideva di proibirmi di vivere il mio Destino, solamente perché aveva paura che questo avrebbe portato alla mia morte. Le cose tra noi si erano talmente strinate che, per qualche mese avevo pensato che la nostra relazione fosse oltre qualsiasi possibilità di riparazione: specialmente quando, dopo una battaglia particolarmente cruenta in cui Helena era stata gravemente ferita e anche io non ero stata immune, mia madre aveva insinuato che la mia migliore amica non fosse in grado di proteggermi e che quindi io dovessi rimanere in Giappone. Sapevo che mia madre aveva tirato fuori la conversazione perché, in quel momento, Helena non era con noi, ma io avevo percepito la sua presenza fuori dalla casa e sapevo benissimo che aveva sentito ogni parola. Quando avevo aperto la mia mente per raggiungerla il suo sconforto e il suo senso di colpa mi aveva quasi sopraffatto e, urlando a mia madre che non doveva permettermi mai più di insinuare una cosa del genere, avevo giurato a me stessa che non avrei mai più lasciato che nessuno pensasse quello di Helena, nemmeno lei stessa.
Quella volta mi ero talmente arrabbiata con mia madre che i nostri rapporti si erano congelati per mesi, ma alla fine era stata proprio Helena a dirmi che quello che stavo facendo era una cosa stupida, che mia madre stava solo pensando al meglio per me. Quello che mi colpì maggiormente fu il fatto che la giovane regina chiuse il discorso con una sola frase: “Non lasciare che il tuo orgoglio interferiscano con la tua relazione. Perché se la fine giungesse imprevista, il rimorso ti accompagnerebbe per il resto della tua vita!”
Non avevo mai capito a che cosa si fosse riferita, a quale episodio del suo lunghissimo passato stesse pensando e, anche quando ero riuscita a racimolare il coraggio per chiederglielo, mi aveva solo sorriso e risposto che era passato talmente tanto tempo che i dettagli non le erano più chiari. Pur sapendo che era una bugia bella e buona – i demoni avevano una memoria eidetica per cui dimenticare qualcosa era praticamente impossibile – non avevo spinto. Quando avesse voluto me l’avrebbe detto in autonomia.
E ora, quasi due anni dopo quel fatto, stavamo tornando di nuovo a casa mia, pestate e con i vestiti insanguinati, stavolta accompagnate anche da due persone che mia madre non aveva mai visto. E come se non bastasse le portavamo notizie dell’inizio della più grande guerra che avessimo mai affrontato, una guerra che avrebbe coinvolto entrambi i mondi e reso impossibile trovare un rifugio sicuro.
Quindi, sì, avevo paura di tornare a casa. Poi un flashback di Inuyasha mi colpì e i suoi splendidi occhi dorati si fissarono nei miei. La figura, che ero sicura fosse frutto solo della mia immaginazione, non disse nulla ma si limitò a sorridermi con uno dei rarissimi sorrisi del mio mezzo-demone. Fu tutto quello di cui ebbi bisogno. Con un profondo respiro sollevai la testa, raddrizzai le spalle e iniziai a salire le scale.
Ero a casa e stavo per parlare a mia madre, sapevo che quello che stavo per dirle non le sarebbe piaciuto, ma era mia madre e sapevo che mi avrebbe sostenuto sempre.
 
Non avevamo fatto in tempo a mettere piede nel piazzale di fronte alla casa che la porta di ingressò si aprì e mio nonno, armato di alcuni sutra – che continuavano a non funzionare come gli era stato detto mille volte – e ispirato dal sacro fuoco si lanciò contro di noi, o meglio alle spalle mie e di Helena, urlando “YOUKAI!!”.
Grazie ai suoi riflessi demoniaci Helena riuscì ad afferrare mio nonno per il kimono e a scaraventarmelo contro prima che potesse avvicinarsi troppo alla madre di Sesshomaru. Per quanto i sutra fossero totalmente inoffensivi non ero molto sicura che la Lady di ghiaccio avrebbe particolarmente apprezzato un misero essere umano che le si lanciava contro.
“Nonno! Cosa stai facendo? Non vedi che sono Kagome ed Helena? E quante volte ti devono dire che i tuoi incantesimi non funzionano?”
Grazie al cielo Souta, senza dubbio attirato dal casino appena creato dal nonno, era uscito e mi stava dando una mano a togliermi l’ottuagenario di dosso, senza fargli troppo del male.
“Ehi sorellona! Siete tornate! Eravamo preoccupati che vi fosse successo qualcosa visto che non avete preso l’aereo per tornare indietro…ma che diavolo vi è successo???? Siete coperte di schifo e di…”
“Souta non ora! Dove è la mamma? Abbiamo una certa urgenza e ho assoluto bisogno di parlare con lei!”
“Kagome? Oh siano ringraziati tutti i Kami! Siete sane e salve! Quando non vi ho visto scendere dal volo e l’assistente mi ha avvisato che non vi eravate mai imbarcate ho temuto il peggio…cosa è successo??”
Mentre parlava la vidi realizzare il pietoso stato dei nostri vestiti e la sua espressione da preoccupata passò direttamente al panico totale. Prima che potesse dire qualcosa, però, decisi di fermarla. Avevamo fretta e non c’era tempo per le crisi isteriche, per quanto potessero essere in buona fede.
“Mamma non ora! So che sei preoccupata e stavolta hai tutti i diritti di esserlo perché siamo nei guai, in grossi guai! La guerra che la profezia ci aveva annunciato è cominciata e Yasha, Maru e gli altri sono in pericolo. Posso capire che tu possa essere contraria a quello che stiamo per fare, ma questo non toglie che sia la cosa giusta da fare! Ti prego mamma non essere arrabbiata con me e soprattutto con Helena!”
Le mie parole furono seguite da un tentativo di Izaioy di parlare, sicuramente in difesa della figlia, che venne zittito dalla stessa Helena con un lieve ringhio di avvertimento.
Riportai la mia attenzione su mia madre, sperando con tutto il cuore che le sue prossime parole non implicassero il suo odio nei nostri confronti. Ma, come sempre, avevo dimenticato con chi avevo a che fare e, soprattutto, da chi avevo ereditato il mio grande cuore.
“Oh Kagome! E anche tu Helena! Mi dispiace di non aver mai capito quello che stavate facendo, ma sono solo un essere umano, una madre per di più e mi stavo solo preoccupando per voi! So che non l’ho fatto nella maniera corretta e spero che prima o poi mi perdonerete, soprattutto tu Helena. Per quanto riguarda la mia richiesta di considerarmi una sorta di seconda madre, non farci caso. Non era mia intenzione offenderti in alcun modo, spero che tu almeno sappia questo!”
Io non ci avevo mai fatto caso ma, a quanto pare, mia madre aveva veramente preso a cuore il rifiuto di Helena di fare quello che già Yasha aveva fatto: considerarla come una madre. Sapevo anche il motivo per cui la mia migliore amica non aveva mai davvero preso in considerazione l’offerta, a differenza del fratello, ma non spettava a me divulgare quella storia; quando lei avesse voluto l’avrebbe raccontata al mondo.
“Non mi sono mai offesa Korari-san. Semplicemente ci sono alcune cose del mio passato che mi impediscono di accettare pienamente l’offerta e preferisco rifiutarla piuttosto che impegnarmi non sapendo se posso mantenere l’impegno! Parlando di madri, vorrei presentarle mia madre: Lady Izaioy, principessa umana e anche madre di Inuyasha. E già che ci sono la donna dai lunghi capelli argentei è mia suocera, la madre di Sesshomaru.”
Una cosa avevo sempre ammirato di mia madre: niente l’avrebbe mai stupita! E nemmeno questo ci riuscì: come se fosse perfettamente normale incontrare una vera principessa medievale, o essere presentati a una delle più potenti demoni in circolazione, mia madre si inchinò formalmente e iniziò una blanda conversazione con entrambe le donne.
Con lo sguardo cercai Helena e la vidi sorridere alla naturalezza con cui mia madre si stava informando della cerimonia del thè con le altre due: la cerimonia del thè????
Eravamo nel bel mezzo della guerra e mia madre discuteva di usanze principesche! Non l’avrei mai capita!
Nel momento stesso in cui mi girai per salutare in modo migliore mio fratello percepii una doppia aura demoniaca provenire dalla casa e muoversi in fretta verso di noi. Il ringhio di avvertimento di Helena mi disse che anche la mia compagna aveva percepito le auree. Prima che avessi il tempo di reagire mi ritrovai scaraventata per aria in una manovra evasiva ben nota e mentre eseguivo una capriola in aria per riportarmi in terra poteva vedere la figura di Helena, schiacciata per terra da una forma dotata di pelliccia bianca e capelli rosso fuoco.
Un momento: pelliccia bianca e capelli rosso fuoco? Ayame?????
“Heleiana-sama! Finalmente vi ho trovato! Quando Higurashi-san mi ha detto che non vi eravate imbarcate sul mezzo che doveva riportarvi qui ho seriamente temuto il peggio, ma siete vive!”
Un po’ meno graziosamente di quanto avessi in realtà voluto toccai terra, flettendo le ginocchia per assorbire meglio l’impatto.
Il suono del mio atterraggio allertò Ayame della mia presenza e meno di due secondi dopo mi ritrovai a terra con addosso una demone lupo molto incinta e molto, molto eccitata.
“Oh Kagome-san! È un piacere rivederti! Credevo che non avrei mai avuto l’opportunità di dirti che sono stata stupida a pensare che tu volessi rubarmi Koga! Avrei dovuto capire fin dall’inizio che tu e Inuyasha eravate perfetti per stare insieme e che tu amavi il giovane hanyou alla follia…”
Prima che potesse finire la frase, di cui ne avevo sentito solo la prima parte perché alla menzione della mia relazione con Yasha non avevo retto, la coda di Helena scattò nella nostra direzione e un ringhio avvisò la giovane Ayame, appesa per aria dalla coda di Lena, che un’altra parola sull’argomento non sarebbe stata una mossa né saggia né tantomeno gradita.
In casi come questi la somiglianza tra Yasha e sua sorella era innegabile, specialmente per quanto riguardava il mio benessere, fisico e spirituale. Sapevo, però, che se avessi solo provato ad accennare una cosa del genere al demone angelico di fronte a me sarei stata io quella appesa nel bel mezzo del nulla!
Volendo evitare spargimenti di sangue inutili in quel momento e quando ci fosse toccato avvisare Koga che, sì avevamo visto la sua compagna ma che l’avevamo anche ammazzata per aver aperto bocca senza collegare il cervello, mi rialzai in piedi per parlare con Ayame.
“Anche per me è un piacere rivederti Ayame-san! E sono molto contenta che si sia risolta la questione pendente fra noi riguardo il principe dei lupi. Ma dimmi, come mai sei qui? Quando abbiamo parlato con Koga ci aveva detto che eri stata catturata e che Kiseki ti teneva prigioniera chissà dove…”
“Avete visto Koga?? Come sta? Che cosa gli ha fatto quell’essere vile e disgustoso? Ditemi che sta bene vi prego!”
“Ayame calmati! Nelle tue condizione lo stress a cui ti stai sottoponendo non può farti bene! Koga è vivo, ma dovresti sapere come ci si sente ad essere separati dal proprio compagno. Poi il marchio tra voi due dovrebbe ancora essere attivo. Come mai devi chiedere a noi come sta Koga?”
Nel momento stesso in cui pronunciai l’ultima parola mi resi conto dell’immensa gaffe che avevo appena fatto. La disposizione sempre allegra della giovane demone-lupo si frantumò in mille pezzi sotto i nostri occhi. Anche senza aprire il collegamento mentale tra noi, potevo praticamente sentire la silenziosa tirata di orecchie che la Signora dell’Ovest mi stava facendo. Non avevo bisogno di voltarmi per sapere che lo sguardo omicida che stava minacciando di scavarmi due solchi nelle spalle, era carico di disapprovazione per la mia mancanza di tatto. Mi insultai mentalmente per la mia poca accortezza: era la seconda volta in pochi giorni che aprivo bocca senza collegare il cervello quando si toccava l’argomento “marchio”. Helena mi aveva spiegato e rispiegato migliaia di volte i rituali di sposalizio youkai e la fusione delle anime – tutto questo su mia personale richiesta e insistenza – ma ancora non riuscivo a credere ad un legame così profondo tra due persone e, sinceramente, ne avevo paura.
Alla decima volta era stata la stessa Helena ad interrompere la lezione decretando che nessuna spiegazione verbale sarebbe mai stata in grado di sostituire l’esperienza vera a propria.
Nonostante questa ammissione da parte nella mia migliore amica ero consapevole che ogni mio scivolone su usanze e abitudini le risultava ancora difficile da accettare.
“Mia signora non pendertela con lei! So che tu le hai insegnato i nostri costumi ma alcune cose si capiscono solo vivendole! È ancora come una bambina piccola e inesperta del mondo. Imparerà!”
-Ehi! Ho 21 anni! Sono abbastanza grande per bere anche in America! Non sono più una bambina!-
Quando sentii Helena ridere nella mia testa capii che non era arrabbiata con me e mi rilassai impercettibilmente.
-Oh Kagome! Non ti offendere tesoro! Tu sai quanti anni ho vero? Ayame è leggermente più giovane di me, non più di dieci anni. So che qui sei considerata un’adulta ma 21 contro 250 anni…per noi sei ancora una bambina!-
Sapevo che aveva ragione e che non avrei dovuto sentirmi offesa: d’altra parte Ayame non aveva voluto insultarmi ma solo rendere noto un fatto. Per buona misura diminuii l’intensità del contatto mentale per poter rimanere offesa un altro pochino.
“Il marchio in teoria avrebbe dovuto essere ancora aperto ma quando quell’essere mostruoso mi ha rapita lo ha bloccato con una sorta di incantesimo e da allora non sono più riuscita ad aprirlo. A tutti gli effetti è come se Koga fosse morto. Non ti preoccupare per la gaffe che pensi di aver fatto: ci vuole la vista acuta di un demone per vedere un marchio sbiadito.”
Detto questo mi voltò leggermente le spalle e abbassò la spalla della sua pelliccia e anche i miei deboli occhi umano poterono distinguere le sottili linee di un disegno che, riconosciutolo, mi fece sorridere: era un arcobaleno di luna!
Ma subito dopo mi accorsi di un piccolo dettaglio: il marchio di Ayame non era molto più largo della sua spalla mentre sia il mio che quello di Helena, e presumevo anche quello di Sesshomaru, erano semplicemente enormi a confronto!
-Maggiore la forza dello youki del demone, più grande il marchio portato dal compagno!-
Scioccata mi voltai per guardare Helena, cercando la conferma di non aver sentito male e la vidi sorridere a metà tra l’orgoglioso e il soddisfatto. Lo stesso sorrisetto compiaciuto graziava le labbra di Lady Izaioy e Lady Kagaya e, arrossendo, realizzai quanto davvero forte fosse Inuyasha e quale sarebbe stata la mia perdita se avessi accettato il corteggiamento di Koga.
-A meno che tu non abbia altra scelta io eviterei di mostrare ad Ayame l’esatta estensione del tuo marchio. Potrebbe non prenderla benissimo!-
Ancora sotto shock mi limitai ad annuire, sottoscrivendo la validità del suggerimento.
“Principessa dei Lupi! Per quanto la lezione di storia sia molto interessante, e necessaria in qualche caso, spiegaci come fai ad essere qui. Eri prigioniera, guardata a vista molto più di noi. Come hai fatto a scappare? Chi ci garantisce che tu non sia stata lasciata libera apposta?”
Ovviamente solo la Lady di ghiaccio avrebbe potuto interrompere una riunione tra amici insinuando il dubbio del tradimento. Questa volta, però, non potevo darle torto.
Kiseki mi era sembrato molto attento ai minimi dettagli e non riuscivo a credere che avesse commesso un errore così grossolano. Eppure non aveva calcolato la resurrezione di Izaioy, quindi…
“Avete ragione Lady Kagaya! Ero controllata strettamente ogni ora del giorno e della notte e spesso l’essere che mi aveva rapita veniva a farmi visita per torturarmi. Mai per lungo tempo, per non uccidere il cucciolo, mi aveva detto. Improvvisamente, però, qualche giorno fa il numero delle guardie davanti alla mia cella si è dimezzato e le visite si sono interrotte. Dalle conversazioni delle guardie ho saputo che erano arrivati degli ospiti d’onore e che quindi il piano poteva cominciare.”
-Deve riferirsi al nostro arrivo Helena!-
“Le nuove guardie che mi erano state assegnate, dovevano essere appena arrivate perché erano molto più sbadate delle precedenti. Si dimenticarono di controllare le posate dopo un pasto e quindi riuscii a rubare un coltello. Una notte decisero di giocare a qualcosa chiamato puka…”
-Poker Kagome! Anche se devo ammettere che la storpiatura è davvero interessante!-
-Grazie per la traduzione o altrimenti avrei passato il resto della vita a chiedermi che razza di gioco assurdo fosse quella cosa!-
“…e si sfidarono per vedere chi riusciva a bere più sakè. Mentre giocavano si scambiarono gli ultimi pettegolezzi che avevano sentito in giro e quello che sembrava il capo disse una cosa che mi gelò il sangue nelle vene: disse che le prigioniere si chiamavano Helena e Kagome e che “il capo” aveva deciso di uccidere la seconda per piegare la prima. Per buona misura, e per non lasciarsi dietro dei nemici, aveva anche deciso di sterminare tutti gli abitanti del tempio Higurashi che, a quanto dicevano, erano la famiglia di Kagome. Non avevo idea che tu ti chiamassi Higurashi. Kagome, ma nella mia testa ero convinta che quelle due ragazze dovevate essere voi. Dovevo scappare da quella cella e avvertirvi del pericolo che chiunque in questo tempio stava per correre o non me lo sarei mai perdonata. Dopo qualche ora tutte le guardie erano incoscienti sul pavimento fuori dalla mia cella. Sapevo che quella sarebbe stata la migliore occasione per fuggire e mi avvicinai cautamente alla porta per controllare che nessuna delle guardie fosse sveglia. Con il coltello che avevo rubato scassinai la serratura e fuggii. Con le guardie incoscienti ci sarebbe voluta qualche ora prima che la mia fuga fosse notata anche perché avevo provveduto a richiudere la cella, ma per precauzione cercai di far perdere le mie tracce prima di chiedere informazioni per raggiungere il Tempio.”
Il racconto di Ayame si interruppe lasciando a noi tutti il compito di concluderlo con le informazioni in nostro possesso. A quanto pare Kiseki non aveva lasciato nulla al caso e, questa volta, la mia famiglia non sarebbe stata risparmiata dall’orrore di una guerra inter-specie.
Persa nei miei pensieri non mi accorsi della grande quantità di youki in arrivo.
“Dannazione ci hanno trovato! Kagaya ti prego puoi trasportare mia madre e il nonno di Kagome? So che non sei un demone di basso livello ma ti supplico!”
Un ringhio fu l’unico assenso che la demone cane diede ad Helena prima di trasformarsi nella sua forma canina e caricare Izaioy e mio nonno.
“Kagome tieniti forte perché il viaggio sarà intenso! Korari-san si tenga anche lei!”
“Helena vai! Il fratello di Kagome lo porto io!”
“Sei sicura Ayame? Sei incinta!”
“Sarò anche incinta ma non sono un’invalida e lui non è poi così pesante!”
Vidi la mia migliore amica annuire, arrotolare la coda intorno a me e mia madre, che ci eravamo poste entro le sue ali una per lato, spalancare le ali in questione e prepararsi ad alzarsi in volo.
“Seguitemi! Dove stiamo andando è un posto sicuro!”
Con Ayame che non aveva la possibilità di volare anche noi non avremmo potuto alzarci di molto da terra e quindi saremmo stati un bersaglio fin troppo facile, visto lo scompiglio che avremmo creato in città.
-Kagome, evoca Yuki e ordinagli di guidare Ayame e Souta agganciandosi al tuo segnale! È l’unico modo che abbiamo per passare inosservate! Dovrebbe essere in grado di seguirci e noi possiamo volare in alto e nasconderci nelle nuvole!-
Senza discutere evocai il mio nero protettore che immediatamente si posizionò di fronte ad Ayame.
Con un ultimo sguardo intorno alla ricerca di eventuali altri pericoli, Helena si alzò in volo.
Dopo quasi un’ora di giri su noi stessi per seminare i nostri eventuali inseguitori incominciai a capire dove stavamo andando. Mi diedi mentalmente dell’idiota per non averci pensato prima: la tenuta di Helena!
Kiseki poteva anche sapere dove si trovasse la casa principale, ma negli ultimi tre anni Helena aveva fatto costruire una tenuta più piccola che avevamo entrambe protetto con i nostri migliori incantesimi. Chiunque non ne conoscesse l’esistenza non avrebbe mai potuto trovarla.
Senza una parola la mia migliore amica atterrò sul vialetto di ingresso e io scesi dal suo abbraccio precipitandomi ad aiutare mia madre a stabilizzarsi. La povera donna non aveva un’aria molto sana e mi venne in mente la mia prima volta di volo acrobatico: non avevo nemmeno fatto in tempo a scendere che avevo rimesso tutto il contenuto del mio stomaco!
Qualche secondo dopo una luce dietro di noi ci allertò dell’arrivo di Kagaya e dieci agonizzanti minuti più tardi Yuki, seguito da Ayame e Souta arrivarono.
“Direi che è andata bene non trovi Kagome? Grazie Ayame! Ayame? Stai bene?”
Temendo il peggio mi voltai a guardare la demone-lupo che, pallida in volto, alzò lo sguardo per incrociare il nostro.
“Ragazze…temo mi si siano rotte le acque!”
 
 
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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


HELENA POV
 
“Ragazze…temo che mi si siano rotte le acque!”
Il mio primo pensiero all’urlo di Ayame fu di fastidio: non era decisamente il momento di partorire quello! Eravamo braccati da demoni e umani di cui non sapevamo assolutamente nulla, soprattutto per quello che riguardava le loro abilità; un figlio in questo caos non era esattamente l’idea più geniale che potesse venirmi in mente!
Ma, guardando la faccia di Ayame, improvvisamente capii che Madre Natura non si sarebbe fatta sviare dai suoi propositi solamente perché noi eravamo inseguiti da un’orda di gente pronta a farci la pelle.
Non mi preoccupava per nulla il fatto che la Principessa dei Lupi dovesse partorire: la casa era stata perfettamente fornita di qualsiasi tipo di farmaco e antidolorifico in commercio e, per quanto riguardava le levatrici, mia madre e la madre di Kagome sarebbero state perfette per aiutare Ayame durante il travaglio. In una qualsiasi altra circostanza la nascita dell’erede del clan dei Lupi in casa mia sarebbe stato un evento gioioso, ma con Kiseki alle costole…
“Madre! Korari-san! Prendete Ayame, Souta e il vecchio ed entrate in casa! Ayame sta per partorire e il vostro compito è quello di fare in modo che il parto sia il più naturale possibile! Madre sapete il protocollo necessario per una nascita demoniaca, aiutate Korari in questo frangente mentre la sua conoscenza dei medicinali che userete vi aiuterà a prevenire infezioni e problemi igienici! Qualsiasi cosa succeda e qualunque rumore provenga da fuori NON DOVETE USCIRE DI CASA! Quando tutto sarà finito verremo noi!”
-Se di noi rimarrà qualcosa che possa tornare indietro!-
-Helena! Ma che stai dicendo?-
Dannazione! Avevo inavvertitamente aperto il collegamento tra me e Kagome. Il mio senso di colpa non durò molto: la situazione era disperata e non avevo certo le remore di Yasha nel porre la mia migliore amica di fronte alla nuda e cruda verità!
-Kagome, stanno arrivando orde di demoni pronti a farci la pelle! Kiseki ormai si sarà reso conto che siamo scappate, quindi quello che doveva essere un lavoretto banale come uccidere tre umani si è tramutato nella caccia a tre demoni e una sacerdotessa. Nemmeno le orde di demoni di Naraku potevano competere!-
-Ma abbiamo protetto la casa nel miglior modo possibile e con qualunque incantesimo noto agli umani e ai demoni, sicuramente se ci nascondiamo tutti all’interno non saranno capaci di trovarci no?-
Una volta o l’altra avrei strangolato Kagome per l’innocenza che ancora possedeva! Anni passati a purificare demoni di ogni forma e taglia non avevano potuto nulla per intaccare l’animo puro della sacerdotessa: per quanto apprezzassi il fatto che non avrebbe mai potuto trasformarsi in una miko oscura, l’ingenuità della ragazza mi dava sui nervi la metà delle volte.
-Lo sai che ti voglio bene vero? Perfetto! MA PORCA MISERIA COME FAI A PENSARE ANCORA QUESTE COSE? Sì, abbiamo protetto la casa con ogni mezzo noto, ma lo abbiamo fatto perché nascondesse NOI! E poi non esiste un incantesimo che possa tenere dentro urla e odore di sangue. I demoni forse non potranno vedere la casa, ma questo non significa che non proveranno a colpire alla cieca seguendo il resto dei loro sensi!-
Sapevo di essere stata forse troppo brusca con lei, ma un’attitudine del genere non le avrebbe concesso una lunga vita al fianco di mio fratello. La sua completa ignoranza riguardante le questioni demoniache avrebbe dovuto essere colmata in fretta altrimenti il destino di Kagome sarebbe stato segnato. Negli ultimi tre anni il suo potere era aumentato a dismisura, ma la conoscenza delle regole del mondo in cui volevamo vivere non era cresciuta di pari passo. Una lacuna da riempire in fretta prima che succedesse qualcosa di irreparabile.
- Hai ragione Helena! Scusami! Dovrei smettere di comportarmi come una bambina e iniziare a -pensare al mio ruolo di sacerdotessa e futura compagna di Inuyasha! Cosa pensi di fare contro i demoni che stanno arrivando? Perché non hai mandato anche me all’interno della casa? Con i miei poteri di miko posso curare le infezioni prima che facciamo effetto!-
- So che, come sacerdotessa, possiedi enormi poteri curativi, ma stiamo parlando di un demone! Lo sai che i tuoi poteri rischierebbero di purificarla se tu non avessi distrazioni, la ridurrebbero in polvere in una situazione come questa. In più ci servono le tue abilità purificatrici per distruggere quanti più demoni possibile prima che raggiungano la casa!-
- Continuo a dimenticarmi che la maggior parte, se non tutti i demoni non resistono ai miei poteri. È che con te non ho mai avuto problemi e nemmeno Inuyasha ne ha mai subito gli effetti.-
-Non ti preoccupare! Yasha è mezzo umano quindi i tuoi poteri vengono automaticamente diluiti dal suo sangue mortale, mentre per quello che mi riguarda è dovuto al fatto che i miei poteri demoniaci sorpassano di molto quelli di altri demoni. Non dovresti riuscire a purificare nemmeno Sesshomaru o sua madre, a meno che tu non decida di utilizzare tutto il tuo potere, e in quel caso l’unica a sopravvivere potrei essere io. Comunque non dovresti essere in grado di purificare nessuno mentre stai cercando di guarirlo, è solo che preferisco andare sul sicuro visto che la tua concentrazione sarà tutta puntata sulla battaglia che stiamo per affrontare!-
- Si signora! Allora quale è il nostro piano di battaglia? Al solito tu guidi e io sparo?-
Sorrisi a dispetto del casino in cui stavamo per infilarci! La ragazza di fianco a me poteva essere ancora una bambina fiduciosa e ingenua e questo suo peculiare tratto l’avrebbe portata alla rovina prima o poi…ma a volte, per non dire sempre, salvava tutti noi dal baratro di una vita troppo seria! E avendo deciso di avere come compagno Sesshomaru sapevo che una vita seria sarebbe stata quella che mi sarebbe toccata fino alla fine della vita ed ero quindi molto felice di avere Kagome al mio fianco!
- No, stavolta cambiamo metodo. È ora che tu provi cosa significhi stare in una vera battaglia. Le scaramucce negli ultimi tre anni sono state utili per migliorare i tuoi poteri, ma l’ultima volta che siamo stati in inferiorità numerica così evidente eravamo contro Naraku. I tuoi nuovi poteri dovrebbero prevenire la necessità della mia protezione costante e i demoni che stanno per arrivare sono tanti, è vero, ma sono tutti di infima categoria quindi non dovrebbero esserci troppi problemi.
Combatti a terra, usando le spade. Non far apparire l’arco anche perché la battaglia sarà composta di numerosi corpo a corpo e non c’è lo spazio per le armi a lungo raggio. Hikari dovrebbe essere sufficiente per contrastarli, ma se riesci ad attivare anche Yami sarebbe meglio!-
Le due spade di Kagome, Hikari e Yami, Luce e Buio, che io e Sango avevamo donato alla nostra sorellina quella che sembrava una vita fa, erano la migliore difesa che io potessi prevedere per la mia protetta. Yami era ancora incompleta –solo quando Kagome avesse completato la cerimonia di matrimonio con Yasha allora la spada nera avrebbe potuto essere usata alla piena potenza -e quindi non sarebbe stata di grosso aiuto nel caricare con attacchi di youki, ma il potere di Hikari era cresciuto con quello di Kagome stessa e poteva convogliare la sua mikoki con la stessa facilità di un arco.
-E se non ce la faccio? Sei sicura Helena? Sarebbe la prima volta che combatto da sola…ci sei sempre stata tu alle mie spalle, letteralmente intendo! E poi lo sai che posso usare solo gli attacchi di Hikari, il mio youki non è abbastanza da attivare Yami per più di un colpo!-
-KAY! Fidati! Sei pronta per combattere! Ti ho allenato per questo momento e sono assolutamente certa che ce la farai! Ma devi convincertene anche tu! Questa è solo la prima grande prova. Molte ancora saranno le battaglie prima di arrivare al nostro “E vissero per sempre felici e contenti”. Non sarò sempre a proteggerti le spalle questa volta imouto! No, non contraddirmi…l’ho visto nel futuro Kagome: che riusciamo o no a liberare Maru e gli altri le nostre strade dovranno dividersi ad un certo punto. È l’unico modo per vincere questa guerra! Ho piena fiducia in te Shikon no Miko!-
Era la prima volta che chiamavo Kagome con il suo titolo. Non era quello corretto, o almeno non del tutto, ma non era ancora pronta per diventare quello che il futuro aveva in serbo per lei e per ora l’essere chiamata Sacerdotessa della Sfera era più che abbastanza.
“Bhè allora che stiamo aspettando? Andiamo a sterminare qualche demone Heleiana-sama!”
“Dopo di voi Kagome-sama! Ah, un consiglio! Non avvicinarti troppo alla madre di Sesshomaru: quando si trasformerà sarà complicato per lei vedere dove ti trovi e c’è il serio rischio che ti pesti, per errore ovviamente!”
L’ultima parte l’avevo aggiunta molto di corsa quando un ringhio alle mie spalle mi aveva reso consapevole della presenza di mia suocera alle mie spalle. Che non vedesse la gente, una volta trasformata, era la pura verità. Che provasse intenzionalmente a ridurre Kagome ad una frittella…non avevo intenzione di scoprirlo!
“Non ti preoccupare Lena! Alla fine i cani sono i migliori amici dell’uomo no?”
Quella ragazza sarebbe stata la fine della mia esistenza! Ne ero assolutamente convinta! Non aveva appena degradato mia suocera ad un banale cane da compagnia, nemmeno la sua vena suicida poteva aver concepito quello!
Per mia fortuna i Kami decisero di guardare nella nostra direzione in quel momento e ogni ritorsione da parte della Lady Madre del clan dovette essere ingoiata in favore di concentrarsi sulla battaglia imminente.
“Lady Kagaya! Per nessuna ragione quella feccia deve avvicinarsi alla casa e soprattutto nessuno e ripeto nessuno di loro deve andarsene via di qui vivo!”
Il basso ringhio di approvazione mi disse che avevo appena reso la demone molto, molto felice.
Voltando la testa in direzione della mia protetta la vidi annuire alle mie parole e prepararsi alla battaglia. Scagliai il mio youki al cielo e richiamai Fūryoku, la mia fedele naginata.
Stavano arrivando, ma eravamo pronte!
 
KAGAYA POV
 
Dovevo ammettere che la giovane sacerdotessa aveva del fegato. Era sicuramente dotata di potere enorme, quello anche un demone inferiore lo avrebbe potuto vedere senza difficoltà, ma era come un diamante grezzo: molto, forse troppo lontano, dalla lucentezza totale che avrebbe segnato il raggiungimento completo del suo potenziale.
Potevo solo immaginare come fosse stata solo tre anni prima, perché sapevo che l’allenamento con Helena, che aveva passato quasi tutta la sua vita braccata, era stato molto severo. Eppure i risultati ancora mancavano.
Avevo seguito le vicende di quella strana ragazza sin dal principio: dal momento in cui aveva liberato Inuyasha dal suo sigillo. L’hanyou poteva anche essere figlio di un’umana che avevo odiato e che odiavo ancora con passione, ma nelle sue vene scorreva il prezioso sangue del clan dei Demoni Cane dell’Ovest e io non avrei mai potuto permettere che un figlio del grande Inu no Taisho, per quanto fosse di sangue misto, fosse ucciso a causa di un banale essere umano. Quando avevo scoperto che era stato maledetto da una sacerdotessa avevo fatto in modo che nessun demone ne scempiasse il corpo: se l’hanyou voleva farsi ammazzare combattendo contro avversari più forti di lui non era un mio problema, ma avevo sempre considerato disonorevole colpire un avversario impossibilitato a difendersi.
Proprio per questo motivo, quando Sesshomaru decise che doveva vendicare l’affronto subito dal nobile sangue di suo padre uccidendo due bambini indifesi, arrivai molto vicina ad utilizzare i miei artigli contro mio figlio.
Avevo odiato e ancora odiavo Izaioy per essere riuscita dove io avevo fallito: avere l’amore di Touga. Ma nel momento in cui avevo posato gli occhi sul cucciolo del mio defunto compagno avevo compreso di non poterlo uccidere: Touga stesso viveva in Inuyasha. Forse Sesshomaru gli assomigliava fisicamente, ma il giovane mezzo-demone ne possedeva lo spirito focoso, passionale, disposto all’amore e al sacrificio per le persone amate. La forza del secondo erede del clan non risiedeva nelle sue abilità fisiche ma nel suo cuore.
Gli avevo concesso di vivere e di crescere: non lo avevo né protetto né portato all’interno del clan perché un mezzo-demone doveva dimostrare al mondo il suo valore.
Lo osservai perdere prima la madre e poi la sorella e i ricordi; lo vidi deriso e braccato ma non mi immischiai in nessun caso.
Lo seguii da lontano mentre incontrava per la prima volta la protettrice della Sfera dei Quattro Spiriti: Kikyo era il suo nome. Lo vidi innamorarsi, o meglio credere di essersi innamorato, per poi venire tradito da Naraku.
Avevo sottovalutato il pericolo posto da quella feccia quindi non riuscii a prevedere quello che sarebbe successo.
Sapevo che il sigillo era permanente quindi quando una strana ragazza dai potenti poteri spirituali lo distrusse la mia curiosità fu risvegliata.
Quando venni a sapere che quella ragazza era la reincarnazione di Kikyo, mancò molto poco che io decidessi di ucciderla, per non incappare nello stesso errore di 50 anni prima.
Per quel motivo, una sera, mi avvicinai al loro accampamento e attesi il momento corretto per agire. Mentre aspettavo non potei fare a meno di studiare Kagome.
Dopo 10 minuti di un’accesa e quanto mai intrigante discussione con Inuyasha compresi una cosa: quella sacerdotessa non era Kikyo.
Certo forse ne era la reincarnazione, ma erano due persone completamente diverse.
Il carattere di Kikyo era sempre stato pacato, a tratti remissivo, mentre Kagome aveva un fuoco all’interno. Non si limitava ad obbedire all’alfa del branco, ma lo sfidava per ogni piccola cosa. Ma soprattutto accettava la parte demoniaca di Inuyasha, lo spirito di suo padre!
Sorrisi ricordando quello che era successo subito dopo: avevo abbandonato ogni proposito ostile e stavo per andarmene quando mi trovai di fronte quello che credevo fosse un fantasma: Heleiana.
Mi aveva fatto cenno di non fare rumore e mi aveva condotto in una radura non lontana dove ero stata informata del suo ruolo di protettrice (ancora nascosta a tutti) della sacerdotessa e di tutto quello che era successo dall’ultima volta in cui l’avevo vista. Prima di scomparire nel vento Helena aveva detto qualcosa che, allora, mi aveva lasciata dubbiosa: “E’ la sua compagna!”
All’epoca non ci avevo dato molto peso, ma dopo tre anni, davanti ad una donna umana pronta ad una sanguinosa battaglia contro troppo demoni, mi tornarono in mente.
Mentre la prima ondata di demoni minori si abbatté su di noi e Kagome rilasciò i suoi poteri spirituali per purificarli, non potei fare a meno di dare ragione ad Helena.
Lo spirito della sacerdotessa rivaleggiava quello di Touga e quella era l’indicazione che cercavo per ammettere che Kagome era la donna giusta per Inuyasha.
 
IZAIOY POV
 
Era cominciata. I demoni ci avevano raggiunto e la battaglia era iniziata. Non potevo vederli ma potevo sentirli ed erano tanti, troppi.
-Oh Helena! Fai attenzione figlia mia!-
Se avesse saputo che mi stavo preoccupando così tanto sono sicura che mi avrebbe detto che non era necessario, ma quale madre non si preoccupa dei propri figli? Potevo vedere Korari che tentava di nascondere il terrore di perdere la figlia. Anche io ero preoccupata per Kagome, d’altra parte era la promessa sposa di mio figlio e ormai avevo imparato a voler bene a quella ragazza strana e indipendente. E i demoni erano così tanti…
-Ora basta Izaioy! Sono insieme e sono molto potenti! Vinceranno! Abbi fiducia in loro!-
Un gemito mi riportò alla realtà. Avevo anche io una battaglia in corso e, come mia figlia fuori, non l’avrei persa!
“Izaioy-sama dovremmo essere pronte per il parto. C’è qualcosa che dovrei sapere che lo rende diverso da un evento umano?”
Ponderai attentamente la domanda cercando di richiamare alla mente tutto quello che sapevo. Ayame era una demone lupo e tra inu e oka non c’erano molte differenze. Quindi il parto non sarebbe stato molto diverso da quello umano tranne che per un piccolo particolare.
“Korari-san, intanto non è necessaria tutta questa formalità tra di noi! Hai dei poteri spirituali? Abbastanza per creare una barriera?”
“Dovrei…anche se li ho utilizzati molto raramente nel passato. Perché?”
“Il parto di Ayame non sarà diverso da uno umano, ma sarà così focalizzata sull’evento da perdere il controllo del suo youki. Questo succede anche per assicurarsi che non ci siano pericoli per il cucciolo. Io sarò protetta dal marchio, ma un attacco di youki può uccidere un essere umano!”
La vidi annuire decisa e spedire i due maschi dall’altra parte della casa, per poi concentrarsi e creare una piccola barriera.
In quell’esatto momento Ayame urlò e rilasciò il suo youki.
Era cominciato!
 
HELENA POV
 
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato. Un’ora, come una settimana. Ma tutto era finito. Dopo l’ultima ondata purificatrice di Kagome i demoni erano finiti e il silenzio era stato interrotto da uno strillo acutissimo: il cucciolo!
Guardai Kagome e la vidi sorridere e avviarsi verso la casa: aveva i vestiti strappati e insanguinati ed era ricoperta di viscere demoniache. Era ferita, ma per fortuna non era nulla di grave. Sorrisi in risposta e la seguii: nemmeno io ero messa meglio!
Entrate in casa osservai le due donne nel salotto. Le avevo sentite urlare ordini come due levatrici esperte, ma potevo vedere quanto sforzo fosse costato loro.
Per fortuna non era nulla che una buona dormita non potesse risolvere!
Lo squittio di Kagome mi riscosse appena in tempo per vederla scattare verso Ayame urlando: “Kawaiiiiiiiiiii!”
Con più calma la raggiunsi e il mio sorriso divenne ancora più grande quando posai gli occhi sul batuffolo di pelliccia marrone chiara. Da quello che potevo vedere aveva preso il colore dei capelli dal papà, ma gli occhi erano di un intenso colore verde come quelli della mamma. Sulla spalla portava una piccola voglia che, stranamente, aveva la forma di una falce di luna.
“È bellissima Ayame! Come pensavi di chiamarla?”
 Vidi che anche la principessa dei lupi aveva notato la voglia e il suo sorriso era diventato ancora più grande.
“Si chiamerà Tsuki!”
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


HELENA POV
“Ora basta! Non è colpa mia se Touga ha deciso di mandare all’aria il proprio matrimonio per stare con me! Non avevo fatto nulla per attirare la sua attenzione quindi non vedo il motivo per cui devo prostrarmi ancora ai vostri piedi Lady Kagaya! Mi sono sentita in colpa per mesi prima che Touga mi dicesse che il vostro era un matrimonio politico e che quindi lui provava solo affetto per voi, ma niente di più! Se ne eravate innamorata me ne dispiace profondamente, ma sono passati quasi 250 anni e voi avete trovato un nuovo compagno, quindi vi chiedo di smetterla!”
Non era la prima volta che sentivo mia madre ripetere la stessa richiesta a mia suocera negli ultimi due giorni, ma era, invece, la prima volta che il suo tono raggiungeva questo livello di alterazione. Era decisamente un bene che avesse finalmente trovato sufficiente coraggio per dire in faccia alla madre di Sesshomaru quello che pensava, ma la scelta del momento per una simile confessione non poteva essere più sbagliata.
Ci trovavamo nel cortile principale del Tempio Higurashi, pronti a dirigersi verso il pozzo per tenare la traversata verso l’Epoca Sen Goku. Ci servivano tutti i nostri sensi all’erta per portare a termine il piano e, soprattutto, le due donne dovevano collaborare.
“Signore vi prego! ADESSO BASTA! Come ha detto mia madre sono passati 250 anni e la morte di mia madre, se non altro almeno il tempo avrebbe dovuto contribuire a smorzare i toni di questo odio infernale!”
“Ragazza stanne fuori! Quello che stiamo dicendo non ti riguarda assolutamente e per quanto tu possa essere la nuova Signora dell’Ovest, mi devi ancora del rispetto visto che sono più anziana di te!”
“Oh ma sono affari miei Lady Kagaya! Specialmente se il vostro orgoglio ferito contribuisce ad ammazzarci tutte! Non pretendo che diventiate migliori amiche, ma non potreste almeno sopportarvi fino a che non riusciamo a liberare tutti quanti? Poi potete saltarvi alla gola quanto vi pare e nessuno vi dirà nulla!”
“Mi rispieghi Heleiana perché devo collaborare, addirittura proteggere, questa donna? Non sarebbe meglio se andassi da sola? Rischieremmo meno di mandare tutto all’aria a causa dell’incapacità cronica degli esseri umani…”
“Ancora questa storia? Lady Kagaya, se non vi conoscessi direi che la vecchiaia sta colpendo anche voi! Credo di aver già fatto questo discorso almeno altre tre volte…”
Dovetti chinarmi in fretta per mancare, letteralmente per un pelo, la frusta velenosa che era diretta al mio collo. Decisamente avevo scoperto da quale ramo della famiglia Sesshomaru aveva preso la passione per i veleni.
Il commento che le avevo fatto non era esattamente un complimento, anzi sapevo benissimo che mia suocera avrebbe tentato di uccidermi per essermi permessa una tale insinuazione, ma non ne potevo proprio più! Due ragazzine del liceo innamorate dello stesso ragazzo non facevano così tanto disastro come due donne di ottima famiglia come quelle che avevo davanti.
-Certo che non avrei mai pensato che due donne così distinte potessero dare un così pessimo spettacolo di sé al mondo! Alla fine la Lady di ghiaccio ha avuto 250 anni per mettersi l’anima in pace…diamine si è pure trovata un nuovo compagno!-
-Credimi non è facile accettare di non essere l’anima gemella dell’uomo di cui sei follemente innamorata…-
-Ma lei non ha trovato in un altro demone cane la sua anima gemella? Non dovrebbe essere felice?-
-Non ti preoccupare, è perfettamente felice con il nuovo compagno, ma credo che sia il suo orgoglio che ancora brucia. Alla fine è stata cresciuta per diventare la compagna del Grande Demone Cane, anche se non era la sua anima gemella è un grosso colpo all’autostima scoprire di essere stata superata da una banalissima umana.-
-Banalissima umana? Ma che stai dicendo Helena? Tua madre era una principessa…di sicuro non era banale!-
-Era una principessa UMANA, Kay! Il solo fatto di non essere un demone la rendeva, e la rende una creatura inferiore. Compatiscila e non odiarla: è stata educata  in modo molto severo, in un mondo in cui l’amore non esisteva, anzi si chiamava Ragion di Stato. Anche se ora lo ha trovato  non sa come comportarsi.-
Sospirando troncai la conversazione con Kagome e tornai a concentrarmi sul problema del momento. Dovevo risolvere, in un modo o nell’altro, lo screzio tra le due nobildonne o tutte noi rischiavamo di non vedere una nuova alba.
Due giorni prima avevo spiegato a tutti il mio piano per trovare i nostri amici e per interrompere quello che era previsto essere un duello all’ultimo sangue tra padre e figlio. Ero abbastanza convinta che Kiseki avrebbe fatto assistere al duello Yasha e gli altri, esattamente come avremmo dovuto avere un posto d’onore anche noi. Il nostro vantaggio era che eravamo riuscite a scappare. Kiseki mi voleva per sé, tanto era chiaro, e sicuramente non mi avrebbe fatta uccidere. Kagome sarebbe stata un bersaglio fin troppo facile, ma era potente, molto potente, e anche se il nostro nemico sembrava conoscerci alla perfezione, ero convinta che la mia migliore amica avrebbe saputo sorprenderlo. Il fatto che fossimo fuggite ci metteva in posizione vantaggiosa perché avrebbe costretto quell’essere immondo a giocare a carte scoperte. Se davvero voleva che io assistessi alla morte del mio adorato compagno tutto questo non avrebbe potuto svolgersi in segreto e ci avrebbe permesso di trovare l’arena dello scontro.
Il piano era molto semplice: saremmo entrate e ci saremmo divise. Kagome avrebbe dovuto dirigersi verso il punto in cui i nostri compagni erano tenuti prigionieri e liberarli. Nel frattempo mia madre avrebbe dovuto ragionare con Touga per tentare di farlo ragionare, mentre mia suocera doveva proteggerla da due demoni cani adulti e completamente impazziti. Io avevo un compito allo stesso tempo complicato e delicato. Dovevo riportare Sesshomaru alla ragione, ma anche scoprire che cosa stava tramando Kiseki e che non ci aveva detto.
“Lady Kagaya siate ragionevole vi prego! Anche voi madre! Non abbiamo molto tempo e più rimaniamo qui allo scoperto maggiore è il rischio che ci scoprano!”
Mi rivolsi per prima a mia suocera: “So che ritenete mia madre la sola responsabile del vostro matrimonio fallito e che il vostro orgoglio vi impedisce di aiutarla, ma considerate anche il ruolo di Touga in tutto questo! È un demone cane: non avrebbe potuto ignorare i propri istinti nemmeno se lo avesse voluto! E se anche questo non vi convince ricordate una cosa: se mia madre muore questo non riporterà Touga nelle vostre braccia, anzi lo ucciderà di nuovo! Se proteggerete la sua compagna avrete la sua eterna gratitudine e affetto, ma se lei muore lui la seguirà odiandovi! Davvero volete che l’ultimo pensiero nei vostri confronti sia di odio?”
Sapevo di stare giocando molto sporco, ma il tempo correva e noi eravamo sempre più in pericolo. La vidi chinare la testa e valutare attentamente le mie parole e nel momento in cui i suoi occhi tornarono a incrociare i miei seppi di aver vinto.
-Sai che hai giocato molto sporco Helena? Hai giocato con i suoi sentimenti…-
-Lo so Kagome! Credimi se ti dico che non volevo farlo, ma non c’era un’altra soluzione!”
-Non ti preoccupare amica mia! Tutto è concesso in guerra  in amore e noi siamo decisamente in guerra!-
Sospirai, maledicendomi mentalmente per essere stata costretta a ricorrere a metodi così biechi, come giocare con il cuore di una donna innamorata, ma Kiseki non ci aveva lasciato molta altra scelta.
“Dobbiamo andare ora! Non è sicuro rimanere qui ancora e mi sembra che non ci sia nessuno. La via è libera!”
Attraversammo lo spiazzo correndo, i nostri poteri –per chi li aveva – tenuti dormienti apposta, per evitare di far scattare delle trappole lasciate apposta per stanarci. Raggiungemmo il pozzo senza intoppi e con un ultimo sguardo indietro, per assicurarci che non vi fosse nessuno, Kagome aprì la porta del magazzino e ci infilammo dentro.
“Bene, siamo arrivate! Suggerisco di passare dall’altra parte a scaglioni, di modo da attirare la minore attenzione possibile. Lady Kagaya, madre, mettetevi questo intorno al collo, impedirà agli altri demoni di captare il vostro odore, o il vostro youki. Sapete quello che dovete fare! Ci vediamo all’interno dell’arena. Buona fortuna e che i Kami vi proteggano!”
La loro unica risposta fu un abbraccio da parte di mia madre e un’occhiataccia lanciatami da mia suocera mentre faceva esplodere la propria youki per avere i propri poteri a portata di mano.
Con una faccia disgustata la demone argentea afferrò mia madre e con una grazia innata si lanciò nel pozzo. Trattenendo il fiato io e Kagome rimanemmo a fissare il passaggio finché una familiare luce blu non ci avvisò della loro scomparsa.
“Per un attimo ho temuto che non avrebbe funzionato. Non avrei proprio voluto vedere la faccia della Lady di ghiaccio se si fossero schiantate sul fondo fangoso…”
“Non mi ci far pensare Kagome ti prego! Almeno non è la madre del tuo compagno! Temo che mi odierà a vita per quello che l’ho costretta a far oggi!”
Attendemmo un minuto in un silenzio carico di tensione.
“Ti prego Helena fai attenzione! So che il tuo potere è immenso e che hai già fatto quello che stai per fare, ma questo non lo rende meno pericoloso. Specialmente con il marchio svanito il rischio di perdere la tua identità è altissimo. Per favore non prendere rischi inutili!”
MI resi conto che Kagome stava piangendo e l’attirai a me abbracciandola.
“Shh tesoro! Non ti preoccupare per me! Se tutto andrà come abbiamo previsto non perderò la mia identità, ma se qualcosa andasse storto e non riuscissimo a salvare Sesshomaru sai bene che sarebbe inutile per me continuare a vivere. E no Kagome! Ti prego non chiedermi di continuare a vivere per te, Rin, mio fratello o gli altri. Senza Maru la mia vita non varrebbe la pena! Se dovessimo fallire ti chiedo di promettermi che non mi impedirai di seguirlo per favore! Promettilo!”
La sentii inspirare, come se volesse dirmi qualcosa o farmi cambiare idea, ma dopo qualche secondo espirò piano e annuì. Sapevo che quello che le avevo chiesto non era giusto e non sarebbe stato facile per lei, ma non avrei permesso a nessuno di ritardare il mio ricongiungimento con il mio compagno.
“Anche tu Kagome mi devi promettere di fare attenzione! Avrei voluto che Ayame potesse venire con noi per poter avere qualcuno che potesse proteggerti, ma non potevo forzarla a lasciare la bambina. Ho fiducia in te sorellina e so che hai abbastanza potere per difenderti, ma Kiseki conosce ogni nostra debolezza e ho paura che possa succederti qualcosa mentre io non ci sono…”
Era il mio turno di preoccuparmi per la mia migliore amica. Per la primissima volta da quando era nata la stavo spedendo nel bel mezzo del pericolo, senza alcuna protezione e sapevo che se le fosse successo qualcosa il senso di colpa non mi avrebbe mai abbandonato.
“Non crucciarti Helena! Non succederà nulla! Devo solo passare inosservata fino ai nostri amici e poi saremo di nuovo insieme! E se anche dovesse succedere qualcosa, prometti che non ti punirai per il resto della tua esistenza per qualcosa che NON sarà colpa tua!”
In quel momento realizzai pienamente quello che avevo chiesto poco prima a Kagome stessa. Riluttante, come se stessi firmando la mia condanna a morte, diedi il mio assenso alla sua richiesta.
Apparentemente soddisfatta dalla mia risposta la sacerdotessa mi abbracciò un’ultima volta e si allontanò da me per richiamare a sé la propria mikoki. I suoi lunghi capelli neri volteggiarono nel vento creato dal suo potere, mentre apparivano la sua armatura e le sue spade. Il marchio non si attivò e nessuna delle sue caratteristiche demoniache apparve. Finché non avesse concluso la cerimonia con Yasha la sua mikoki non avrebbe permesso allo youki di manifestarsi, a meno di non usare una grossa dose di concentrazione e potere.
Sorridendomi un’ultima volta, appoggiò una mano alla paratia e si lanciò nel vuoto.
Un altro lampo di luce blu mi avvisò dell’avvenuto passaggio.
Sospirai, cercando di liberare la mente dalla preoccupazione per la salute della mia protetta, cercando di concentrarmi su quello che dovevo fare.
Richiamai i miei poteri e li rilasciai intorno a me mentre ali e coda apparivano nell’aria stantia del magazzino. Richiamai la tiara dovendone usare il potere e mi preparai a fare qualcosa che avrebbe facilmente potuto costarmi la vita.
Iniziai un incantesimo e mi concentrai per richiamare alla superficie quella parte di me stessa che proveniva da mia madre e la portai alla superficie. Avrei preferito avere ancora i miei poteri inu, derivati dal marchio, ma non avevo tempo di rimpiangere quello che avevo perduto. Una volta che ebbi raccolto tutta la mia essenza umana la espulsi dal mio corpo. Immediatamente mi sentii onnipotente! Niente avrebbe potuto fermarmi! Senza la mia parte umana ero una Kami a tutti gli effetti. Con molta fatica mi imposi di tornare a concentrarmi sul problema principale e fissai il mio sguardo sulla mia parte umana di fronte a me. Era uguale alla mia forma canonica in tutto e per tutto tranne la presenza di ali e coda, ma in questo caso non avevo creato un clone di me senziente. Avrei potuto farlo, ma non mi sarebbe servito a nulla in questo caso.
Creai dal nulla un pugnale intarsiato e lo posi in mano alla mia sosia.
“Vai e scopri i piani di Kiseki! Non farti scoprire, non farti catturare e soprattutto non farti uccidere!”
Senza risposta – non che me ne aspettassi una – il mio clone umano si gettò nel pozzo.
Mentre aspettavo il tempo necessario per non attrarre troppa attenzione sul pozzo notai una pozzanghera in un angolo. Mi avvicinai e mi specchiai per vedere la mia forma divina.
Rimasi a bocca aperta. La dea che mi stava fissando non potevo essere io! Non mi ero mai considerata brutta nemmeno nella mia forma demoniaca, ma in questo caso i miei capelli erano striati d’oro esattamente come i miei occhi. Su tutti il mio corpo, sempre in oro, era disegnato lo stesso tribale che componeva il marchio che io avevo lasciato a Sesshomaru. Portavo un kimono che mi arrivava appena a metà coscia quasi trasparente da tanto era bianco. Non avevo né artigli né zanne. Non avevo nemmeno coda e ali, ma sapevo che, se avessi voluto, avrei potuto volare. Feci un passo indietro e questo mi portò a fissare l’attenzione sui piedi: avevo addosso un paio di sandali, bianchi e oro, con un tacco stiletto alto e fine, agganciati al mio piede mediante sottili fili d’oro purissimo.
Curiosa, guardai sotto il kimono: il marchio mi era rimasto, ma si era trasformato per cui sembrava fatto di tanti piccolissimi diamanti. Ora erano opachi, ma sapevo che quando si fosse attivato sarebbe stato luminosissimo.
La tiara risplendeva sulla mia fronte e mi concentrai per richiamare la mia arma. Quando apparve non potei trattenere un fischio di ammirazione: anche lei si era trasformata e ora era di oro purissimo con le lame di diamante.
-Ora sembro davvero la figlia di un Kami!-
Un rumore improvviso all’esterno mi riscosse dalle mie fantasie e senza frapporre tempo in mezzo, per paura che qualcuno potesse scoprirmi, mi gettai nel pozzo.
-Resistete amici miei! Stiamo arrivando!-
 
KAGOME POV
 
Non appena i miei piedi tornarono a toccare terra, come avevo fatto moltissime altre volte, alzai lo sguardo e il mio cuore saltò un battito per la gioia di essere tornata a fissare il cielo sopra la mia testa. Ero tornata a casa.
Ero ancora umana, senza poteri visibili perché Helena, in un eccesso di prudenza a mio parare, me li aveva fatti schermare, quindi l’unico modo per uscire dal pozzo era arrampicarmi. Presi saldamente in mano uno dei rampicanti che si calavano nel pozzo e mi issai sperando che reggesse il mio peso.
Una volta uscita, dopo essermi assicurata che non ci fosse nessuno nella immediata prossimità del pozzo – se non avessi controllato e fossi incappata in qualche imboscata ero abbastanza convinta che Helena mi avrebbe resuscitato per uccidermi personalmente – mi guardai intorno per cercare qualche indizio che potesse indicarmi la direzione da prendere. Quello che vidi mi lasciò di sasso.
La bellissima radura che io ricordavo non esisteva praticamente più, deturpata dall’abbattimento di alberi per fare posto a torrette di avvistamento e cannoni che, per mia fortuna non erano né attivi né guardati a vista da soldati.
Richiamando i miei poteri per rendermi invisibile per tutti coloro che non possedevano poteri spirituali o demoniaci, cominciai ad uscire dalla radura per dirigermi verso l’Albero Sacro.
Temendo il peggio, trattenni il respiro prima di entrare al cospetto del Goshimboku. Una volta alla sua presenza esalai un sospiro di sollievo: non ne avevo idea del motivo, ma sembrava che Kiseki e i suoi uomini non fossero stati in grado di profanarlo.
Mi avvicinai al trono dell’Albero Sacro, a quella ferita nella corteccia che stava a indicare il luogo esatto in cui Kikyo aveva sigillato Inuyasha tanti anni prima.
Come se fosse successo appena il giorno prima ricordavo ogni singolo particolare della prima volta che avevo visto il mio adorato promesso. La sua aria pacifica, con il vento che giocava con i suoi lunghi capelli argentei, la freccia conficcata sul cuore, destinata a tenerlo in quel sonno magico per l’eternità. Ma i Kami avevano un altro piano e il maleficio fu spezzato.
Sorrisi ripensando alla nostra prima conversazione a cui era seguito il suo unico attacco consapevole, gli altri non contavano perché era stato posseduto, alla mia persona. L’ultima volta che ne avevamo parlato mi aveva detto che ancora si sentiva in colpa per avermi attaccato, ma io avevo risposto che sapevo che non mi avrebbe fatto del male, d’altra parte avevo imparato che non mancava mai un bersaglio così ravvicinato.
“Non avrei mai potuto farti del male Kagome-koi! Nemmeno allora!”
Mi riscossi violentemente dai ricordi. Non era decisamente quello il momento di perdersi nel passato. Se avessi voluto di nuovo sentire quelle parole avrei prima dovuto liberarlo!
Con passo deciso mi rivolsi verso la direzione in cui sapevo trovarsi il villaggio e cominciai la mia discesa verso Musashi. Non avevo idea se Kiseki avesse deciso di tenerli lì, ma era l’unico luogo di partenza che avevo.
Quasi alla fine della foresta e in vista del villaggio mi fermai. Non avrei mai saputo spiegare il perché, ma qualcosa mi stava spingendo nella direzione del fiume, lontano dalle case. Negli ultimi tre anni i miei poteri spirituali si erano sviluppati completamente e, grazie all’allenamento con Helena, avevo imparato a non sottovalutare mai un presentimento del genere.
Rientrai nella foresta e mi diressi verso il fiume. Sempre spinta da questa forza soprannaturale, che più tardi avrei scoperto essere il mio legame con Inuyasha, costeggiai il fiume per quelle che mi sembrarono ore, ma che, in realtà, non erano più di 20 minuti.
Più mi allontanavo dal villaggio meno riconoscevo i luoghi – non ero mai stata da questa parte della foresta, ma non ne avevo nemmeno mai avuto il tempo – ma l’aumento del cemento e delle torrette di guardia mi facevano pensare di essere sulla strada giusta.
L’unica cosa che mi rendeva inquieta era la totale mancanza di guardie. Non riuscivo a credere che Kiseki non ci stesse aspettando quindi il fatto che non avesse schierato dei soldati sulle torrette mi portava a temere che fosse tutto una grossa trappola. Con il senno di poi sarei dovuta ritornare indietro immediatamente, contattare Helena e mandare all’aria il piano, ma in quel momento il mio unico pensiero era quello di poter rivedere Yasha e i miei amici e la mancanza di guardie mi sembrava una benedizione.
Dopo l’ennesima ansa del fiume mi ritrovai di fronte al più mostruoso edificio di cemento che avessi mai visto: la mia destinazione.
Era un edificio grigio, squadrato e triste. Aveva due piani e la facciata aveva poche, pochissime finestre per la sua estensione. Telecamere ad ogni angolo controllavano ingressi e uscite – non che nel mio caso avrebbero posto particolari problemi – e filo spinato ne decorava i muri.
Anche agli occhi medievali del contadini del luogo quel palazzo poteva essere solo una cosa: una prigione.
Forte del fatto che le telecamere non avrebbero registrato la mia presenza e dalla evidente mancanza di guardie in giro, entrai nel blocco di cemento.
L’interno non era molto migliore dell’esterno in quanto a colorazione, il grigio reso ancora più lugubre dalla presenza di torce per l’illuminazione, che riempivano di fumo nero e irrespirabile nei corridoi.
Richiamai i miei poteri per eseguire una veloce ricerca del palazzo per trovare i miei amici, ma dentro l’edificio non sembrava esserci nessuno.
Con i sensi all’erta, consapevole che tutta la situazione puzzava di trappola, espansi il raggio di azione per arrivare dall’altra parte del blocco di cemento.
Come uno schiaffo mi colpì la presenza di migliaia di persone. C’era un’arena dietro la prigione, probabilmente la stessa che Helena aveva visto nel futuro, pensai con orrore.
All’interno del marasma delle varie essenze, una in particolare mi colpì: Inuyasha!
Senza pensare alle conseguenze delle mie azioni scattai in avanti.
Corsi alla cieca per i corridoi, con l’unica indicazione di direzione fornitami dal fuoco rosso che era l’essenza del mio hanyou.
Senza che me ne accorgessi le porte davanti a me si spalancarono e io mi ritrovai dentro un’arena. Con un veloce sguardo intorno notai la presenza di Sango, Miroku, Shippo, Rin, Kaede, Kohaku, tre bambini che con conoscevo…e lui…Inuyasha!
Prima che potessi correre verso di lui una voce mi gelò sul posto:
“Benvenuta mia dolce Kagome! Ora che sei arrivata la festa può cominciare!”
Kiseki!!
Alle sue parole mi guardai intorno con più attenzione. Eravamo al centro dell’arena, circondati dalle guardie che non erano sulle torrette, umane e demoniache. Notai anche la presenza di Lady Izaioy e Lady Kagaya e al quel punto ne ebbi la certezza.
Eravamo in trappola!
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


HELENA POV
 
Eravamo stati giocati! Era stato tutto previsto! Non eravamo riuscite a ingannare Kiseki, ma lui aveva ingannato noi! Non eravamo mai fuggite, eravamo state lasciate andare. Ayame non era scappata, era stata liberata perché ci avvisasse dell’imminente attacco.
I demoni che ci erano venuti dietro non servivano per ucciderci, Kiseki lo aveva sempre saputo, ma dovevano solo distrarci per permettere al nostro nemico di organizzare la scenografia per il successivo atto della malata tragedia che aveva inscenato.
Sapeva che sapevano, anzi lo aveva previsto!
Avevamo reagito esattamente secondo le leggende che parlavano di noi e che quell’essere immondo si era studiato fino a sapere a memoria.
Voleva che arrivassimo all’arena, questo era chiaro, di modo che avrebbe potuto uccidere Sesshomaru, Kagome e gli altri tutti in un unico colpo e io non avrei potuto fare nulla per evitarlo. Da quello che potevo vedere le guardie, che stavano lentamente avanzando contro i miei amici, erano troppe e anche se tutti avessero avuto le proprie armi, cosa che non era vera come potevo vedere, non saremmo mai riusciti a uscirne vivi. Non tutti almeno. Non con dei bambini nel campo di battaglia.
Mi guardai intorno, ero nello studio di Kiseki da quello che potevo dedurre, dove avevo raggiunto il mio clone umano. In realtà non mi sarei dovuta trovare in quel luogo – per quanto non dotata di parola la mia sosia era stata richiamata per scoprire informazioni e ne era perfettamente capace – ma quando mi ero resa conto che non c’era nemmeno una guardia in giro, avevo deciso di non proseguire (come, avrei scoperto dopo, aveva deciso di fare Kagome), ma di ricongiungermi con la mia parte umana per capire che cosa stava succedendo.
E quello era stata la prima mossa imprevista che avevo fatto.
“Mia adorata Heleiana stiamo aspettando solo te per cominciare!”
A quanto pare non stavo svolgendo bene la mia parte: secondo Kiseki avrei già dovuto trovarmi nell’arena, a proteggere Kagome.
Tutti i miei istinti mi stavano urlando di fare esattamente quello che quell’essere si aspettava da me, ma se avessi ceduto tutto sarebbe stato perduto.
“Avanti Helena! Non giocare a nascondino…so che ci stai guardando…so anche che ti si sta spezzando il cuore al pensiero di quello che queste guardie potrebbero fare ai tuoi amici…risparmiati il dolore e raggiungili…salvali Helena! Tu puoi farlo!”
Quel bastardo aveva ragione: stavo male fisicamente al solo pensiero di quello che sarebbe successo. Sapevo anche che avrei potuto salvarli tutti con un solo movimento della mano, ma in quel secondo di rilascio del mio potere sarei stata vulnerabile ad un attacco alla mia persona e sapevo che Kiseki non aspettava altro che questo.
“Non ti credevo capace di tanta crudeltà Helena! Li hai davvero abbandonati? Per salvare te stessa abbandoni loro? Mi sorprendi Regina del Nord!”
“Ora basta! Helena non è una codarda! Sa benissimo cosa succederebbe se il suo potere cadesse nelle tue mani! HELENA SO CHE MI STAI ASCOLTANDO! SCAPPA E SALVATI! NOI SIAMO SPENDIBILI MA SE METTE LE MANI SU DI TE, E’ LA FINE DEL MONDO! SCAPPA E LASCIACI QUI!”
Kagome…solo lei avrebbe potuto dire una cosa del genere…solo lei avrebbe potuto capire il dilemma che attanagliava il mio cuore e fornirmi una via di uscita, con benedizione e perdono addirittura!
La sua veemente invettiva contro il nostro nemico fu tagliata corta da un demone orso che la caricò frontalmente, strappandole un urlo mentre si schiantava qualche metro più in là.
Ci volle tutto il mio autocontrollo per non intervenire in quel momento, ma sapevo che, giocando secondo le regole, avrebbe vinto Kiseki.
Con il cuore in pezzi diedi le spalle alla finestra e con un cenno della mano riassorbii la mia parte umana, avendo cura di seppellirla nei recessi della mia anima, trasformandomi in un demone completo.
Mi ridiressi verso la scrivania, con la speranza di trovare dove quell’essere immondo aveva deciso di rinchiudere Sesshomaru. Avevo notato che né lui né suo padre erano presenti nell’arena e questo voleva dire che Kiseki non ne aveva ancora previsto il combattimento.
Dopo aver rovistato in tutti i cassetti e gli armadi trovai la mappa dell’edificio.
Non c’era nessuna X che marcasse il luogo del tesoro nella mappa che avevo trovato, ma il solo fatto che due celle fossero circondate da numerose torrette-cannoni mi fece pensare che quella fosse la destinazione che dovevo raggiungere.
Presi la mappa e mi diressi verso la porta dello studio. Mi ci volle tutto l’autocontrollo che possedevo per evitare di voltarmi indietro un’ultima volta per vedere come se la stavano cavando Kagome e gli altri. Sapevo che Kiseki mi stava aspettando nell’arena, sapendo che con Kagome e Rin in pericolo sarei immediatamente corsa in loro aiuto. L’unico vantaggio che avevo al momento era che io sapevo che lui sapeva quello che avrei fatto, o almeno credeva di saperlo. L’unico modo per vincere contro di lui era fare quello che non si sarebbe mai aspettato che io facessi: dovevo salvare Sesshomaru.
Secondo Kiseki – e il mio cuore era sempre più incline a dargli ragione nonostante il mio cervello mi dicesse di non farlo – con mia figlia, mio fratello, le mie due sorelle e i miei amici in pericolo sarei corsa da loro, sapendo che con un cenno della mia mano il problema si sarebbe risolto senza ulteriori danni. Il marchio muto mi permetteva di mettere in primo piano le esigenze degli altri prima di trovare il mio compagno, anche se il richiamo di un figlio sarebbe stato comunque più forte del marchio.
Il nostro nemico aveva ragione: questo era quello che avrei voluto fare, ma non l’avrei fatto!
Kagome aveva capito che non sarei entrata nell’arena, anche perché non sapevano quanto Kiseki sapesse davvero su di noi e quindi in che modo avrebbe potuto catturarmi, ma non aveva capito che non sarei scappata. Semplicemente sarei entrata nell’arena da un altro punto.
Con la pianta dell’edificio in mano uscii dallo studio in cui mi trovavo e cominciai a dirigermi nel corridoi verso le due celle più controllate dell’intero edificio. In realtà non ero convinta che li avrei trovati lì, ma subito dietro era indicato uno spazio aperto, una sorta di arena più piccola, altrettanto guardata a vista.
Se non li avessi trovato in cella avrei provato nell’arena.
L’unica cosa buona del combattimento in cui la mia famiglia rischiava la vita era che aveva richiamato tutte le guardie dell’edificio, lasciandomi campo libero nei corridoi per raggiungere più velocemente il mio obiettivo.
Così abituata alla mancanza di guardie mancò molto poco che mi facessi ammazzare quando, girato l’ultimo angolo, mi ritrovai faccia a faccia con la canna di un fucile di precisione che una guardia in divisa mimetica mi stava puntando contro. Solo i miei riflessi demoniaci, che mi permisero di assumere la mia forma basica di solo vento, mi salvarono la vita quando il proiettile passò attraverso il mio corpo senza fare danni.
Il rumore dello sparo aveva disgraziatamente richiamato il resto delle guardie del corridoio; disgraziatamente non tanto perché fossero troppi per me da sconfiggere, ma piuttosto perché mi rincresceva uccidere innocenti senza un valido motivo. Per questo motivo mi limitai a stordirli nei limiti del possibile e dopo meno di cinque minuti potei continuare verso la mia destinazione. Mi avvicinai con cautela alle due celle ma la mancanza di rumori dall’interno mi anticipò quello che poi confermai aprendo le porte: le celle erano vuote, i prigionieri stavano già combattendo.
Un rumore mi fece voltare bruscamente, artigli sguainati, e mi ritrovai a guardare negli occhi lo stesso soldato che qualche minuto prima aveva tentato di spararmi.
“Sei in ritardo mostro! Ormai non puoi più salvarli!”
“Che cosa vuoi dire?”
“Il capo aveva previsto anche questo. Sapeva che avresti tentato di liberare il tuo compagno e quindi ha deciso di anticipare il commovente duello tra padre e figlio. Chiunque sarà il vincitore verrà scatenato sul resto del vostro gruppo di mostri e li ucciderà tutti! Esattamente come il capo aveva detto!”
Non era possibile! Non potevo, anzi non volevo crederci! Possibile che Kiseki avesse previsto davvero tutto? Non c’era davvero possibilità per noi di riuscire? Mi rifiutavo di crederci. Forse non tutto era perduto.
“E dimmi …  il tuo onnisciente capo cosa prevedeva che io facessi a questo punto?”
“Il combattimento è finito ormai, quindi è inutile che tu provi a salvare uno dei due contendenti. Se non ho capito male alla radio interna hanno detto che il tuo adorato cagnolino ha vinto! Ti converrebbe correre perché non credo che nemmeno la bambina potrebbe fermarlo ora!”
Astuto, questo dovevo concederglielo. Il piano di Kiseki era molto astuto. Se il combattimento fosse davvero finito con la vittoria di Sesshomaru sarebbe stato inutile per me andare a vedere quello che era rimasto e la cosa più intelligente da fare per me sarebbe stata davvero quella di tornare nell’arena principale per tentare di bloccare Maru prima che ammazzasse tutti quanti. Ma nell’arena principale sarei stata alla mercé di Kiseki e questo mi portava al problema principale.
Dovevo dare ragione a quell’essere schifoso: questo era esattamente quello che avrei fatto in caso di vittoria di Sesshomaru, ma le mie orecchie potevano distinguere i flebili suoni di due paia di mandibole che scattavano a vuoto nel tentativo di mordersi quindi sapevo che il combattimento non era ancora terminato.
“Hai ragione, Rin non potrebbe fermarlo. Ma per fortuna posso farlo io prima!”
Prima che potesse avere anche solo il tempo di chiedersi cosa stessi per fare, il soldato che avevo  di fronte si ritrovò sul pavimento in una pozza di sangue.
Sapendo di non avere moltissimo tempo corsi lungo i corridoi bui e fumosi verso l’esterno e mano a mano che mi avvicinavo all’arena le mie orecchie cominciavano a distinguere i suoni del tifo sfrenato dei soldati, che volevano vedere più sangue, dai suoni generati dai due contendenti.
Sentii l’ululato di attacco di Sesshomaru a cui seguì un tonfo. Avevo solo un paio di secondi per interrompere l’ultima fase dell’attacco, prima che il mio compagno estraesse il cuore pulsante di suo padre. Con la forza della disperazione mi gettai sul portone che mi separava dall’esterno, sperando di non essere arrivata tardi.
“SESSHOMARU NO!”
 
SESSHOMARU POV
 
Sangue, il suo sangue doveva scorrere, il sangue dell’essere immondo che aveva osato alzare i propri artigli sulla mia bellissima regina! Non potevo credere che quella bestia che aveva devastato la mia Heleiana fosse mio padre, ma la “prova” che mi aveva fornito l’essere che mi aveva imprigionato mostrava chiaramente un demone che altri non poteva essere che mio padre e l’odore sul brandello di stoffa intriso del sangue della mia amata non poteva che essere il suo.
Avevo sempre voluto combattere contro mio padre, per dimostrare chi dei due fosse il demone più forte dell’intero Giappone, ma non era questo il combattimento che avrei voluto.
Fino a prima dell’arrivo di lei, una lotta all’ultimo sangue contro mio padre sarebbe stato il mio desiderio. Non avevo nessuno e non volevo nessuno al mio fianco, solo il potere.
Ma poi Helena era arrivata e aveva devastato la mia routine e la mia vita e ora sapevo che non ne avrei più potuto fare a meno. Ero arrivato a cercare la compagnia di Inuyasha perché il suo carattere focoso era così simile a quello della sorella.
Ma lei era morta e io non avevo nessuno da cui tornare. Avevo un unico scopo nella vita: uccidere colui che me l’aveva portata via, vendicare la sua morte con il sangue del suo assassino e poi raggiungerla nella morte. Sapevo che avrei lasciato Rin da sola, ma mio fratello se ne sarebbe preso cura, lo sapevo. Non avrei potuto vivere senza di lei; l’unico motivo per cui non ero ancora morto era che, nonostante il marchio si fosse chiuso, sapevo che non era morta. Ma ora che ne avevo la certezza niente mi avrebbe impedito di raggiungerla.
Lanciai il mio ululato di guerra e caricai frontalmente il mio nemico riuscendo a farlo schiantare contro il muro dietro di lui. Con un balzo gli fui sopra e mi preparai a ucciderlo ed estrargli il cuore, ancora fumante.
Scrocchiai le dita e mi preparai a scagliare l’ultimo colpo quando:
“SESSHOMARU NO!”
Quella voce! Non era possibile! Era morta!
Voltandomi verso la voce, mio padre dimenticato alle mie spalle, permisi al mio cuore di sperare ancora una volta.
Davanti a me una ragazza, no una donna ormai, dai lunghi capelli neri mossi da una brezza leggera. Era leggermente senza fiato, come dimostrava il frenetico battito del suo cuore e il suo respiro irregolare e le candide ali bianche che ricordavo si stagliavano fiere alle sue spalle. C’era persino la coda.
Eppure quella non era la mia Helena! Dove erano le fasce argentee nei capelli? I marchi viola tatuati sulle guance e sulle braccia? Il cane bianco sul suo cuore che simboleggiava il mio amore per lei?
Quella non era la mia amata compagna, ma semplicemente l’ennesimo trucco di quell’essere immondo che mi aveva rinchiuso qui.
Senza degnarla di un ulteriore sguardo, di lei mi sarei occupata più tardi, tornai a rivolgere la mia attenzione a mio padre, ancora disteso ai miei piedi.
 
HELENA POV
 
Non era possibile! Non mi aveva degnato di più di uno sguardo e poi era tornato a rivolgere la sua attenzione alla battaglia! Era come se io non fossi degna della sua regale attenzione! Certo che dopo tre anni di separazione mi aspettavo certamente di più! Almeno un cenno!
Ringhiai sommessamente per attirare la sua attenzione e fargli capire che non ero disposta ad essere ignorata un secondo di più. Nonostante la sua mancanza di una qualsiasi reazione alla mia presenza, anche se ero certa di aver scorto un breve flash di speranza illuminargli i lineamenti, non potei fare a meno di rimanere incantata ad ammirarlo, mentre si preparava a dare il colpo di grazia a suo padre.
I miei ricordi, mi resi conto in quel momento, non gli avevano reso giustizia nei tre anni di separazione, perché la mia memoria non era riuscita a rendere alla perfezione lo scintillio dei suoi capelli, la sua prestanza fisica e quell’aura di potere che trasudava dalla sua persona, quasi senza sforzo. L’unica cosa che non potevo ancora vedere erano i suoi bellissimi occhi dorati, per il momento nascosti dietro il rosso demoniaco che li caratterizzava quando perdeva il controllo.
“Per quello che hai fatto alla mia adorata Helena ti meriteresti le peggiori torture note alla razza dei demoni, ma poiché sei mio padre ti ucciderò in fretta!”
Morta?? Io??? Ma come era possibile?  Per carità non mi sentivo benissimo, ma questo non significava che fossi passata a miglior vita!
“Vigliacco che non sei altro! Non accusarmi di aver fatto quello che in realtà hai fatto tu!!! Io non ho mai ucciso la tua compagna! Non so nemmeno che faccia abbia! Invece, sei tu che hai ucciso la mia dolce Izaioy e tutto per la tua stupida idea di vendetta contro una fantomatica onta al mio sangue puro!”
Ok…mia madre morta? Poteva anche essere stato vero fino a qualche settimana fa, ma certamente nelle ultime due settimane mia madre era stata ben più che viva!
E in quel momento capii. Niente li avrebbe scatenati contro di loro e lo sapevamo tutti. Nel momento in cui aveva compreso il piano di Kiseki ci eravamo chieste, inutilmente, come quell’essere schifoso sarebbe riuscito a spezzare un rapporto che, per quanto non idilliaco, era comunque forte. Davanti a me giaceva la risposta a quella domanda: la morte mia e di mia madre. L’unico modo per scatenarli l’uno contro l’altro era accusarli, ingiustamente, di un omicidio che nessuno dei due aveva mai compiuto. Quello era il motivo per cui Kiseki li aveva fatti scontrare in segreto, di modo che noi non potessimo far cadere l’inganno! Sapeva anche che Sesshomaru avrebbe vinto lo scontro (d’altra parte Touga era stato appena resuscitato e  doveva essere un pochino arrugginito!) e quindi per me sarebbe stato ancora più doloroso vederlo attaccare i nostri amici, per poi morire sotto i miei occhi.
Se così fosse successo nemmeno le mie preghiere più disperate lo avrebbero riportato alla ragione, non mentre era trasformato nella sua forma animale.
La sua forma animale, ma certo! Questa volta davvero il nostro nemico aveva sbagliato a fare i suoi conti! Il piano avrebbe funzionato solo e soltanto se Maru avesse perso completamente la presa sul suo lato irrazionale e quindi, trasformato in bene, avesse scatenato l’inferno su tutto e tutti, nel tentativo di completare la sua vendetta.
Ma, da quello che potevo vedere, Sesshomaru non si era trasformato e non sembrava nemmeno averne l’intenzione. Finchè rimaneva in forma umanoide avevo ancora una possibilità di fargli sentire ragione!
“Maru amore mio! Ti prego guardami! Non sono morta!”
 
SESSHOMARU POV
 
Ancora quella seccatura! Certo che per essere un’illusione era piuttosto fastidiosa! E poi come si permetteva di chiamarmi con il diminutivo del mio illustre nome! Solo poche persone potevano permetterselo e un trucco della mente non ne aveva il diritto.
Seccato per l’ennesima interruzione decisi di risolvere il problema una volta per tutte e, dopo essermi assicurato che il mio avversario non tentasse di scappare o di attaccarmi alle spalle, mi voltai verso quella strana ragazza e la caricai.
Non aveva previsto l’attacco, notai, ma si riprese in fretta aprendo le ali e scartando di lato. Richiamai la mia frusta velenosa e tentai di afferrarla a mezz’aria. Come se avesse previsto una risposta simile la vidi richiamare il vento e scomparire in esso, di fatto vanificando il mio attacco.
Il suo stile di combattimento era penosamente familiare e per un attimo pensai che i miei occhi mi avessero giocato un brutto scherzo quando mi ritrovai ad incrociare il suo sguardo profondo e indubbiamente violetto. Cautamente annusai l’aria nel tentativo di capire se davvero potesse essere lei, ma l’odore della mia avversaria, per quanto molto simile a quello di Helena, non era esattamente il suo: sapeva troppo di…potere!
Tentai di nuovo di colpirla con la frusta, desiderando poter avere Bakusaiga e finire questa farsa nel minore tempo possibile, ma deviò il mio attaccò nuovamente.
Ringhia frustrato e, quasi per disperazione, lanciai di nuovo la frusta. Questa volta, però, la ragazza non si spostò ma,alzato il braccio, lasciò che la frusta le si arrotolasse intorno e poi tirò.
Scioccato dalla manovra non riuscii a reagire e mi ritrovai lanciato in aria e in rotta di collisione con quella strana femmina.
Con la mano libera fermò il mio arrivo e mi strinse in un abbraccio. Ebbi appena il tempo di annusare del sale nell’aria quando allentò la presa quel tanto che bastava per potermi guardare in faccia e, senza che potessi né prevederlo né fermarla, mi mostrò le zanne e mi morse il collo. Come in una trance la afferrai per la vita e la attirai nuovamente a me e le resi il favore.
 
HELENA POV
 
Mentre combattevo contro l’amore della mia vita cercai di farmi venire un’idea su come penetrare la corazza protettiva che si era creato intorno. Per quanto fosse più facile ragionare con Sesshomaru in forma umana, era anche più difficile penetrare la protezione della logica che aveva.
Non volevo attaccarlo, per paura di caricare i miei colpi più del previsto, quindi mi limitai a schivare la frusta avvelenata, ringraziando mentalmente i Kami che non avesse con sé Bakusaiga, o il gioco che stavamo giocano sarebbe stato decisamente più breve.
Anche così, però, non sarei potuta andare avanti ancora a lungo, non senza che il mio sangue demoniaco si sollevasse in risposta al mio essere in pericolo. Alla terza volta che la frusta mi venne lanciata contro agii d’istinto e mi lasciai prendere il braccio, per poi usarlo come leva per attrarre Maru a me. Una volta che me lo ritrovai praticamente addosso il mondo intorno a noi si fermò. Erano anni che non eravamo così vicini e il mio corpo e il mio youki reagirono alla sua vicinanza. Senza pensare alle conseguenze mi lasciai andare all’istinto e lo morsi, riattivando il suo marchio.
Quasi nello stesso momento le sue mani mi presero i fianchi e mi attirarono a lui e un attimo dopo il mio cuore e la mia anima tornarono ad essere interi, come se non si fossero mai spezzati: il mio marchio era di nuovo attivo!
 
SESSHOMARU POV
 
Un senso di completezza mi pervase. Per la prima volta dopo tre anni di inferno ero intero. Niente più spirale verso la follia, niente più notti insonni perché la metà della mia anima non mi era accanto, niente più solitudine. Helena era tornata!
Ancora incredulo volsi lo sguardo verso il basso dove, con la faccia seminascosta dai rimasugli sporchi e stracciati del mio kimono, era appoggiata quella che avevo reputato essere una seccatura.
Sotto i miei occhi i suoi capelli tornarono striati d’argento e i marchi, almeno quelli sui polsi, riapparvero alla mia vista. Sollevai la mia mano destra e, facendo attenzione agli artigli,  le accarezzai le linee del volto. Quanto era morbida e setosa, come un frutto proibito su cui, finalmente, potevo mettere le mani!
Gentilmente le rialzai il volto, per poterla guardare negli occhi. Kami quanto mi erano mancate quelle pozze infinite di emozioni. Avrei potuto perdermici per tutto il resto della mia vita.
Il resto del mondo si era sbiadito sullo sfondo: non esisteva più l’arena, il combattimento, il nostro nemico, tre anni di separazione. C’eravamo solo noi: io e lei e questo bastava. Mi chinai verso il basso e catturai le sue morbide labbra piene con le mie, giocando con le mie zanne sul suo labbro inferiore. Passiva all’inizio, improvvisamente Helena si attivò nel bacio, trasformandolo in puro desiderio per entrambi. Senza preavviso schiuse le labbra garantendomi l’accesso all’interno della sua bocca. Avrei potuto continuare così per sempre…
Con un ringhio afferrai Helena per le spalle e attingendo ai pochi poteri che, con il marchio, lei mi aveva donato, mi spostai dalla linea di tiro di uno dei peggiori attacchi di mio padre.
“Sesshomaru, ma cosa sta…”
“Mai distrarsi da una battaglia figliolo! Che strano, ero convinto di averti insegnato un concetto così banale!”
Sempre ringhiando richiamai la frusta e la lanciai contro di lui, costringendolo a indietreggiare. Con il tempo che avevo appena guadagnato mi voltai verso l’amore della mia vita: “Vai via Helena! Finisco qui e ti raggiungo! Non ti preoccupare, non ho intenzione di ucciderlo! Sei qui e sei viva, il piano del nostro nemico è fallito!”
“Sesshomaru voltati e combatti da uomo! Devi ancora pagare per la morte della mia compagna!”
“Possibile che tu non capisca? Io non l’ho uccisa! Non ne ho mai avuto l’intenzione – ok forse all’inizio sì – e non avrei potuto farlo di recente perché ero rinchiuso in una cella!”
A quanto pare mio padre non era in condizione di ascoltare nulla se non la sua bestia interiore, come mi fu chiaro nel momento in cui si lanciò, artigli sguainati, per l’attacco finale.
Mi preparai a difendermi per contrattaccare successivamente quando successe qualcosa di impensabile: Helena si lanciò.
 
HELENA POV
 
Uomini! Pieni di testosterone e incapaci di formulare un pensiero più complicato delle loro necessità primarie! Se poi erano demoni, e dotati quindi di bestia interiore, la situazione era ancora più ingestibile!
Se io ero viva, e quindi Touga non era riuscito a farmi la pelle, significava che chiunque gli avesse dato quelle informazioni aveva mentito. Se il nemico aveva mentito sulla mia morte perché non avrebbe dovuto mentire sulla morte di mia madre?
Secondo me il ragionamento non faceva una piega ma, evidentemente, mio suocero non sembrava molto d’accordo.
Quando vidi il Sankon Tessou di Inuyasha pronto per essere scagliato mi lanciai.
In perfetto stile rugby – anche se dubitavo seriamente che sapessero cosa fosse – lo placcai a mezz’aria e lo ributtai a terra dove riuscii a tenerlo fermo, dopo buoni cinque minuti di rissa da bar. Finalmente riuscii a fare passare la mia coda tutt’intorno a lui e la lotta si concluse.
“Ora basta! Mia madre è viva, o almeno lo era due ore fa! Smettetela di litigare come due cuccioli e riflettete sulla situazione come i due adulti pluricentenari che siete!”
Tutta la rabbia che avevo covato dentro fin da quando questa storia era cominciata si riversò sui due demoni dai capelli argentei che mi stavano di fronte.
“Izaioy? Sei davvero tu?”
Il tono, quasi disperato, con cui mi venne rivolta la domanda mi aiutò a calmare la mia aura, quasi fuori controllo. Con un sospiro, e un’occhiata a Sesshomaru, feci dissolvere la mia aura e allentai la presa della mia coda.
“No…Il mio nome è Heleiana, Regina del Nord e Signora dell’Ovest in quanto compagna di Sesshomaru. Izaioy è mia madre.”
Non lo guardai in faccia mentre dicevo questo, anche perché sapevo che cosa avrei visto: sorpresa, orgoglio, choc e infine tradimento.
“Figlia di Izaioy? La mia bellissima compagna ha dato alla luce ad un altro figlio???”
Certo che i demoni cane erano possessivi anche in morte!
“Mia madre non vi ha tradito! La storia è lunga e complicata e non è questo il momento di parlarne! Siete stati ingannati dal nostro nemico per combattere tra di voi e distruggervi. Vi ho trovati in tempo, ma ora dobbiamo andare perché quell’essere ha scatenato contro gli altri la metà dei demoni dell’Inferno e, senza armi, non so quanto riusciranno a resistere.”
Alla menzione degli altri vidi Sesshomaru pronto a scattare verso l’altra arena per proteggere Rin. Touga, invece, non sembrava volersi muovere, nonostante lo avessi liberato. Dissi l’unica cosa che potesse sbloccarlo: “Lady Izaioy e Inuyasha sono nell’altra arena, in pericolo!”
Non avevo fatto in tempo a finire la frase che il demone maggiore sparì dalla mia vista per riapparire di fianco al portone dell’arena.
“Allora? Vi muovete?”
Scossi la testa e mi rialzai. Sesshomaru si avvicinò e mi baciò come se il domani non esistesse.
“Non fare mai più una cosa del genere Helena! Non ti ho appena ritrovata solo per perderti!”
“Non mi perderai amore mio! Ma ti supplico, fai attenzione anche tu! Il nostro nemico vuole separarci e farà di tutto per riuscirci!”
La mia unica risposta fu un ringhio animalesco. Afferrando la mano che Sesshomaru mi porgeva ci avviammo per andare ad aiutare gli altri.
Non sapevo quello che sarebbe successo, ma eravamo insieme e insieme avremmo conquistato il mondo!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


KAGOME POV
Stupida, stupida, stupida!
Dopo quasi due anni passati a rincorrere Naraku e tre anni con Helena non ero riuscita a capire di essere finita in una trappola! Eppure tutti i segnali c’erano…avrei solo dovuto prestarci attenzione, ma noooooo! Il mio desiderio di vedere Inuyasha mi aveva fatto dimenticare il buon senso, e adesso eravamo tutti esattamente dove Kiseki ci voleva: in trappola per poter catturare Helena!
In un primo momento non mi ero nemmeno resa conto di essere finita in un’arena, con tanto di pubblico! L’unica cosa che avevo visto erano i suoi occhi: i suoi bellissimi occhi d’oro, i due soli della mia vita che per tre anni non avevo potuto vedere. Poi avevo visto le sue tenere orecchiette – dopo due anni ancora non potevo chiamarle tenere, perché Inuyasha diceva che non stava bene che un demone potente e sanguinario come lui venisse considerato carino! – in mezzo alla massa argentata che erano i suoi capelli.
“Kago…”
Non gli avevo nemmeno lasciato finire la frase che mi ero gettata nelle sue braccia.
“Inuyasha! Mi stavi aspettando?”
“Stupida! Dove sei stata per tutto questo tempo?”
Ero così contenta di vederlo che non me la presi nemmeno per l’epiteto poco carino con cui mi aveva chiamata. I suoi occhi – disperati, ma pieni di amore – mi avevano già detto tutto quello che mi serviva sapere su quanto gli fossi veramente mancata.
Dopo un primo momento di totale paradiso mi resi conto che le mie braccia lo circondavano senza  difficoltà, che il suo kimono era rovinato e sporco e i suoi bellissimi occhi spiccavano in mezzo al suo volto scavato.
Era stato anche ferito, ripetutamente nello stesso punto, per evitare che i suoi poteri demoniaci rimarginassero la ferita. Improvvisamente tutto l’amore che avevo sentito dopo aver posato i miei occhi sul suo viso svanì, sostituito da un odio profondo per Kiseki, l’autore di tutto questo.
Con una velocità quasi demoniaca mi voltai e, per la prima volta, notai la presenza di un pubblico. Bene, avevo pensato. Kiseki sarà sicuramente tra loro e potrò fargliela pagare per tutto quello che ha fatto.
Nel voltarmi, oltre a notare il pubblico, i miei occhi caddero anche sulle altre figure presenti nell’arena insieme ad Inuyasha.
Nonostante i vestiti sporchi e sbrindellati, i volti scavati e feriti, non avrei potuto non riconoscerli:
“Sango! Miroku! Kohaku! Kaede!”
Al suono della mia voce i quattro si erano girati e la sorpresa sui loro volti, ero convinta, si trovava anche sul mio.
Nel momento in cui Sango si mosse per venire ad abbracciarmi notai una cosa strana:
“Ma quelli sono bambini???”
Non ci potevo credere: ero combattuta tra l’essere esilarata dal fatto che Sango e Miroku avessero avuto dei figli e l’essere disgustata ancora di più da Kiseki, per aver catturato dei bambini.
Guardando la faccia spaventata delle gemelline, decisi di sorridere ed essere contenta. Kiseki l’avrei pestato più tardi.
Mi avvicinai per presentarmi quando il mio sguardo cadde su altre due forme, questa volta a terra e decisamente sofferenti. Avvicinandomi ancor di più tutti i miei buoni propositi di rimandare la mia furia svanirono come neve al sole: a terra giacevano Rin, sopra cui era lungo disteso e gravemente ferito si trovava Shippo. Era evidente dai tagli e dalla posizione che il mio cucciolo si fosse lanciato per proteggere Rin da un attacco; velocemente mi chinai e, richiamando i miei poteri taumaturgici, guarii il grosso dei danni. Non avevo né il tempo né l’energia per fare un lavoro completo, ma per ora era fuori pericolo.
Alle mie spalle sentii le esclamazioni di sorpresa dei miei amici: giusto, loro ancora non sapevano la vera grandezza dei miei poteri.
Ora era venuto il momento di farglielo vedere:
“KISEKI! VIENI FUORI CODARDO CHE NON SEI ALTRO! POTEVO LASCIAR PASSARE CHE TU AVESSI RAPITO E TORTURATO I MIEI AMICI, MA I BAMBINI? NON TI PERMETTERO’ DI TOCCARLI MAI PIU’!”
Ben sapendo di stare mirando a caso, ma volendo dare una dimostrazione di forza, scagliai un raggio del mio potere direttamente dalle mani. Mi resi conto di averci messo troppa energia quando saltò in aria un’intera area del palco.
Ma ottenni il mio scopo quando Kiseki apparve in mezzo alla polvere:
“Tsk, Tsk…Kagome! Non è assolutamente fine per una signora perdere il controllo in questo modo! E poi cosa pensavi di fare? Conosco ogni tuo potere e ogni tuo pregio e difetto, so cosa farai ancora prima che tu lo faccia…non puoi vincere!”
“Smettiamola con il galateo Kiseki! Con un mostro come te è seriamente uno spreco di fiato! Non sai contro chi ti sei messo contro! La tua arroganza ti ha portato in alto, ma più in alto ti alzi, più lunga sarà la caduta!”
“Non so contro chi mi sono messo contro? Oh non farmi ridere ragazzina! Intendevi, per caso, loro due? Non sono riuscite a smettere di litigare nemmeno per salvarsi la pelle!”
Immediatamente la porta dell’arena in fronte a noi si aprì e due figure, avvolte in kimoni di seta colorata, vennero brutalmente gettate dentro.
“Madre???”
Quella semplice parola mi confermò quello che già i miei occhi avevano visto, ma che il mio cervello si rifiutava di accettare: Lady Izaioy e Lady Kagaya erano state catturate.
Ma se loro si trovavano nell’arena, dove era Helena? Il piano avrebbe dovuto funzionare se tutte noi fossimo state in posizione, ma se loro erano qui, chi stava aiutando Lena con i due demoni maggiori?
“Eccoti la vostra forza d’assalto mia cara Kagome! Credi davvero di poter vincere ora? Avete fatto esattamente quello che avevo previsto! Ora manca solo l’ultimo pezzo, ma sono assolutamente sicuro che la dolce Regina del Nord arriverà correndo alla vista del vostro sangue che scorre!”
A quell’affermazione mi si gelò il sangue nelle vene: aveva ragione lui! Helena non avrebbe permesso che venissimo uccisi, a costo di sacrificare la sua vita.
“Mia adorata Heleiana stiamo aspettando solo te per cominciare!”
Quella frase pronunciata da Kiseki mi mise in allerta; Helena non si trovava nell’arena e nemmeno nelle sue vicinanze, altrimenti non avrebbe avuto senso per il nostro nemico tentare di richiamare la sua attenzione. Questo mi diede una minima speranza. Se la mia migliore amica non fosse venuta a salvarci avevamo ancora una possibilità di vincere. Provai a raggiungerla mentalmente, ma la sua parte di collegamento era bloccata, come succedeva ogni volta che dovevamo andare sotto copertura, giusto per non essere scoperte e il nostro legame usato contro di noi.
“Avanti Helena! Non giocare a nascondino…so che ci stai guardando…so anche che ti si sta spezzando il cuore al pensiero di quello che queste guardie potrebbero fare ai tuoi amici…risparmiati il dolore e raggiungili…salvali Helena! Tu puoi farlo!”
Oh no! Questo non poteva succedere! Helena non sarebbe dovuta uscire allo scoperto per nessuna ragione al mondo, nemmeno per salvarci, ma sapevo anche troppo bene, e lo sapevo purtroppo anche Kiseki, che il cuore della Regina del Nord non avrebbe retto al pensiero della sua famiglia torturata, specialmente se si trattava di Rin.
Avrei tanto voluto poterla raggiungere mentalmente per darle il coraggio di prendere la scelta più difficile, di affrontare il rischio di lasciar morire qualcuno di noi, per salvare tutti gli altri. Sapevo che il mio destino era segnato: non avrei permesso che Kiseki facesse del male ai bambini e nemmeno ai miei amici, avevano già sofferto abbastanza, ma per questo sapevo di dovermi sacrificare. Il mio unico rimorso sarebbe stato quello di non poter salutare la mia migliore amica, di non poterle spiegare il motivo…
“Non ti credevo capace di tanta crudeltà Helena! Li hai davvero abbandonati? Per salvare te stessa abbandoni loro? Mi sorprendi Regina del Nord!”
L’ultima frase pronunciata da quell’essere immondo mi mise in moto. Non potevo assolutamente permettere che la mia coraggiosa e gentile amica fosse trattata in questo modo! Sapevo benissimo che non ci aveva abbandonato e che non avrebbe mai voluto farlo, ma sapevo anche che le nostre migliori possibilità di salvezza giacevano nella speranza che Helena riuscisse a liberare Sesshomaru. Non poteva e non doveva perdere tempo nell’arena per noi!
Non avendo altro modo per comunicare con lei mi risolsi ad urlare nell’arena sperando che, come sicuramente aveva sentito le parole di Kiseki, sentisse anche le mie.
Non mi permisi di guardare in faccia i miei amici prima di dire le parole che ci avrebbero condannati tutti ad una morte lenta ed atroce, ma sapevo, o almeno speravo, che nei loro volti non vi avrei trovato rimprovero, ma solo comprensione.
“Ora basta! Helena non è una codarda! Sa benissimo cosa succederebbe se il suo potere cadesse nelle tue mani! HELENA SO CHE MI STAI ASCOLTANDO! SCAPPA E SALVATI! NOI SIAMO SPENDIBILI MA SE METTE LE MANI SU DI TE, E’ LA FINE DEL MONDO! SCAPPA E LASCIACI QUI!”
Decisamente la mia invettiva aveva scatenato un effetto non proprio positivo nel nostro ospite che, sventolando con nonchalance una mano, ordinò ad un immenso demone orso di caricarmi. Prima che Inuyasha, gli altri, o anche io stessa, potessimo reagire mi ritrovai schiantata qualche metro più indietro, senza fiato e con l’orribile consapevolezza di essermi lasciata scappare un grido di dolore che rischiava di far arrivare Helena. Trattenni il fiato un minuto, nel terreno sporco dove ero atterrata, non osando muovermi per paura di creare più danni, aspettando l’inevitabile arrivo della mia migliore amica… che non arrivò mai.
In quel momento mi ritrovai ad essere quasi delusa dal mancato arrivo di Helena – avevo sempre contato molto, forse troppo, sui suoi salvataggi quando mi trovavo in pericolo – ma immediatamente mi ricordai del perché non fosse intervenuta e sorrisi il mio miglior sorriso, sperando che lei lo vedesse e ne fosse abbastanza placata da decidere di non sacrificare la sua vita per me.
Dopo un altro minuto decisi che Helena non sarebbe arrivata più e che potevo fare qualcosa di utile per lei prima di morire, attirando l’attenzione di Kiseki e provando a prendere tempo nella speranza che la Regina avesse in mente un piano.
Stringendo i denti mi alzai, conscia dello sguardo di Inuyasha su di me, preoccupato oltre ogni limite ma cauto, come se avesse capito che non ero più la ragazzina sperduta di tre anni prima e ancora non sapesse come comportarsi con me.
Gli sorrisi in una maniera che sperai essere rassicurante e mi voltai nuovamente verso l’essere immondo che ci teneva tutti prigionieri.
“Vedo che il tuo piano è fallito Kiseki! Helena non è venuta a salvarci e non verrà più! È troppo intelligente per sacrificare la salvezza del mondo per la nostra!”
“Non è possibile! Tu menti!!! Le leggende parlano chiaro: ogni volta che la tua vita, o la vita dei vostri patetici amici, è stata messa in pericolo Helena è sempre intervenuta a salvarvi anche a costo della sua sicurezza personale! Non ci credo che ti abbia lasciato qui!”
“Ti sei basato sulle leggende e hai fatto male! Forse in quella vita, quella Helena si comportava in quella determinata maniera, ma la tua presenza ha interrotto quello spazio-tempo e ha creato un nuovo corso della storia, con nuovi comportamenti e nuove soluzioni! La tua stessa presenza ha reso inefficace la tua strategia Kiseki!”
Potevo quasi sentire le domande che circolavano nelle menti perplesse dei miei amici, da tempo abituati alle mie stranezze ma non ancora avvezzi a discorsi complicati come l’esistenza dello spazio-tempo.
“Kagome, cosa sta dicendo? Chi è lui?”
Ovviamente il mio Inuyasha era andato, come sempre, diretto al punto.
“Lui proviene dal futuro, dal mio tempo Inuyasha, e sta cercando di modificare il passato per fare in modo che Helena sposi lui. Non abbiamo ancora veramente capito cosa c’è dietro quello che sembra un piano sgangherato, ma tutto quello che sappiamo è che vuole ucciderci tutti quanti per fare in modo di soggiogare Helena, che altrimenti non si unirebbe mai a lui di sua spontanea volontà!”
Mi resi conto di aver fornito la peggiore delle spiegazioni possibili nel peggiore dei momenti possibili, ma le mie capacità oratorie sotto pressione diminuivano drasticamente e non ero più abituata a parlare con qualcuno che non fosse avvezzo alle nostre tecnologie.
“Quindi mi stati dicendo che sta cercando di ucciderci tutti per troncare tutti i legami affettivi di Helena e soggiogarla?”
Il riassunto migliore in ogni situazione era sempre stato quello di Sango, e anche in questo caso non fece eccezione.
“In sostanza si…”
“Non mi sembra che questo piano sia nulla di nuovo rispetto a quello che tentava di fare Naraku non trovate Lady Kagome? Quindi non vedo perché non possiamo reagire alla stessa maniera: combattiamo!”
Solo Miroku aveva la capacità di scherzare su ogni situazione pericolosa in cui ci eravamo venuti a trovare. La sua capacità di sottostimare i pericoli era sempre molto utile nel bel mezzo di una battaglia.
“Come sempre avete ragione Miroku! Non c’è nulla di diverso da Naraku: combattiamo e facciamogli vedere che non abbiamo bisogno di nessuna protezione!!”

Fissai negli occhi tutti i miei amici, la mia famiglia, e li vidi annuire. Ci schierammo in cerchio, con i bambini in mezzo affinché fossero protetti e aspettammo la carica di demoni che stava per arrivarci addosso.
 
Ciao a tutti! Scusate per il mostruoso ritardo con cui ho aggiornato e per la brevità del capitolo! Sono stata occupata fino a questo momento in una lunghissima e pesantissima sessione di esami da cui ho tirato il fiato un paio di giorni fa. Ho pensato di aggiornare sul corto, ma almeno di non tenervi troppo con il fiato sospeso.
Grazie a tutti della pazienza e spero che ancora vogliate lasciarmi dei commenti.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


KAGOME POV
E la carica non tardò ad arrivare, esattamente come avevo previsto.
Non avevamo nemmeno fatto a tempo a chiudere il cerchio per proteggere i bambini, Shippo si trovava in mezzo nonostante avesse assicurato a tutti di essere perfettamente in grado di combattere, che Kiseki ci lanciò contro la cavalleria. Tecnicamente sapevo che era sbagliato definirla in questo modo non essendoci cavalli e nemmeno esseri che potessero vagamente somigliarli, ma gli esseri a quattro zampe che ci stavano arrivando addosso facevano lo stesso rumore che avevo sentito molte volte in quegli intramontabili western che piacevano così tanto ad Helena.
Uno schiocco alla mia destra mi fece voltare e mi ritrovai a fissare negli occhi Inuyasha, sguardo fiero e testa alta come sempre, che mi osservava cercando di capire cosa e quanto potesse essere cambiato in questi tre anni di separazione.
“Non ho mai smesso di pensare a te…nemmeno per un attimo. Ho pregato i Kami che avessero pietà di noi e ci ricongiungessero, ma ero pronto a lasciare questa vita nel momento in cui Shippo avesse raggiunto la maturità per poter stare con te!”
Diamine! Mi ero dimenticata quanto potesse davvero essere romantico Inuyasha quando si decideva! Chissà per quale motivo la lontananza tende a far dimenticare alle persone le qualità positive di coloro che non ci sono. Forse era per il meglio…
Comunque ora non potevo farmi distrarre da questi discorsi sentimentali: la vecchia me probabilmente si sarebbe messa a piangere e si sarebbe fatta ammazzare nel giro dei primi cinque minuti, ma non avevo sopportato tre anni di massacrante allenamento con Helena per fallire alla prima prova solitaria!
Sapevo anche che dovevo rispondergli; non avrei mai sopportato di averlo ritrovato per poi perderlo immediatamente perché non gli avevo dimostrato abbastanza quanto davvero mi fosse mancato.
“Mi sei mancato anche tu Inuyasha! Più di quanto tu possa immaginare! Sono sempre stata convinta che i Kami ci avrebbero permesso di tornare insieme, non avrei accettato un altro destino!”
Non era esattamente la verità. Potevo sentire Helena dentro la mia testa, anche se non avevamo collegamento, scuotere il capo ripensando ai primissimi mesi del nostro esilio forzato nel futuro. Dire che avevo gettato ogni speranza era dire poco. Un giorno lo avrei detto anche ad Inuyasha, ma in quel momento, con solo pochi secondi a disposizioni per quella che avrebbe potuto essere la nostra ultima conversazione, non mi sembrò il caso di farlo partecipe del disastro emozionale che la nostra separazione aveva creato nella mia psiche. Ci sarebbe stato tempo più tardi: di questo dovevo convincermene.
Un ultimo sguardo mi confermò che Yasha era già pronto, artigli sguainati, ad entrare in azione, sempre davanti come il capo che era, per proteggere il resto del suo branco. Sango e Miroku, insieme con Kohaku, rimasero indietro, più vicino ai bambini. Senza armi le loro possibilità di attacco, ma anche di difesa era drasticamente poche, ma sapevo che non si sarebbero arresi senza combattere.
Riportai lo sguardo davanti a me, sull’orda di esseri che stava per venirci addosso e, istintivamente, mi accovacciai, pronta a saltare.
L’istinto, ben oliato dopo tre anni di allenamento con Helena, del guerriero prese il sopravvento e i miei poteri spirituali si risvegliarono permettendomi di materializzare nelle mie mani le mie fedelissime spade: Hikari, bianca splendente, nella mano destra e Yami nero pulsante nella sinistra.
Avevo richiamato anche i pochi poteri demoniaci che mi scorrevano nelle vene perché sapevo che avrei dovuto ricorrere a tutti gli attacchi disponibili nel mio arsenale se volevo sopravvivere a questa battaglia.
“Kagome…ma le tue spade…”
“Ti presento Hikari e Yami Sango! Sono diventate le mie più fedeli compagne di battaglia in questi tre anni e sono finalmente riuscita a praticarne tutti i segreti!”
Potevo praticamente sentire le rotelle girare in tutti e tre i miei amici, ma non ci fu tempo di rispondere a nessuna delle loro domande perché il primo essere ci attaccò.
Da quel momento in poi non ricordai più nulla di dettagliato. Il mondo era diventato una macchia vaga e indistinta. Non ero più consapevole di nulla se non della mia sopravvivenza. Ogni colpo tirato era lanciato con una precisione estrema, ma non consciamente. Il mio io interno, sviluppato incessantemente dalla mia migliore amica negli ultimi tre anni, aveva preso il sopravvento e schivava e restituiva i colpi quasi in automatico.
Talmente abituata a combattere con Helena alle mie spalle non mi resi conto di essermi spostata troppo in avanti e di aver quindi lasciato scoperto tutti il mio lato posteriore.
Troppo tardi mi accorsi delle urla di avvertimento di Yasha e della estesa ombra nera che stava dirigendosi alle mie spalle.
In un ultimo disperato tentativo di salvarmi mi girai e sollevai le spade sperando di deflettere almeno parte del colpo. Con quest’ultima speranza in mente chiusi gli occhi e attesi il mio destino.
 
Destino che non arrivò mai. Un grugnito molto, forse troppo, vicino alla mia faccia mi allertò del fatto che qualcuno si era interposto tra me e il colpo che mi sarebbe risultato fatale.
Per un attimo pensai che Helena fosse davvero venuta a salvarmi e ne fui illogicamente felice. Ma poi i miei occhi si fissarono sulla massa argentea di fronte a me e il mio cuore si frantumò. Inuyasha si era gettato in mezzo all’attacco diretto a me e lo aveva preso su di sé.
La forza dell’attacco lo spedì direttamente all’indietro contro di me ed entrambi volammo qualche metro indietro a causa della forza del colpo.
Riuscii malamente ad attutire la caduta, cercando di ammortizzare il danno a Yasha per quanto mi fosse possibile, ma dal gemito di dolore che gli sfuggì mi resi conto di non aver fatto un gran lavoro.
Velocemente lo rigirai verso di me per controllare i danni e dovetti ingoiare il conato di vomito che minacciava di farmi rimettere tutto quello che avevo nello stomaco.
Il suo haori non aveva fatto molto per proteggerlo dal colpo, anche se mi chiesi se davvero sarebbe sopravvissuto senza, anzi era stato quasi distrutto dalla potenza dello youki lanciato.
Tutto il torso di Inuyasha era degno del peggior film splatter che fossi mai andata a vedere. Il colpo era stato così forte e devastante che ero quasi sicura di essere riuscita a vedere il bianco delle costole. Sapevo che una ferita del genere per un umano sarebbe stata fatale sul colpo. Come mezzo demone non l’avevo ucciso subito, ma se non agivo in fretta tutto sarebbe stato perduto.
Rimangiandomi un singhiozzo che minacciava di uscire senza il mio permesso feci l’unica domanda che, forse, non avrei dovuto fare: “Perché?”
“Perché ti amo e non avrei mai permesso a quell’essere immondo di ucciderti!”
Ecco…sapevo che non avrei mai dovuto fargli quella domanda! Ora le lacrime minacciavano di uscire peggio di prima, oscurandomi la vista e rendendo quasi impossibile il lavoro che stavo accingendomi a fare.
“Lasciami qui e vai a combattere! Non sprecare i tuoi poteri su di me! Guarirò…”
Questa era la peggior bugia che avesse mai potuto dirmi e lo sapevo io come lo sapeva lui. Non sarebbe guarito da solo, non questa volta.
Decisi di non rispondergli e lo adagiai a terra delicatamente. Chiamando a raccolta tutti i miei poteri li lasciai fluire nelle mie mani e le appoggiai sulla carne bruciata e martoriata del suo torso.
In breve tempo le ferite più profonde si erano rimarginate e il mio amato fu fuori pericolo. Come con Shippo non avevo tempo per un trattamento più fine e preciso di quello, ma la sua vita sarebbe continuata e questo era l’importante.
Sapevo che mi avrebbe odiato a morte per quello che stavo per fare ma lo feci lo stesso: concentrai i miei poteri e lo indussi in un sonno ristoratore, da cui non si sarebbe svegliato se non quando le sue ferite si fossero chiuse del tutto. Non potevo permettere che se ne andasse di nuovo in giro a combattere rischiando di lasciarci la pelle.
Era più che probabile che avessi appena condannato tutti a morte privandoci del nostro miglior combattente, ma non potevo sopportare che gli succedesse qualcosa, e poi, ero convinta che Helena stesse per arrivare, e non da sola.
 
HELENA POV
La mano di Sesshomaru, calda e possente, stretta intorno alla mia più piccola era l’unica cosa che mi stesse ancorando alla realtà nella lunga e disperata corsa in corridoi vuoti e mal illuminati, con la speranza di essere ancora in tempo nel raggiungere l’arena principale, con la consapevolezza che, se non ci fossimo riusciti, il prezzo da pagare sarebbe stato insopportabilmente alto.
Touga era davanti a noi, correndo come l’uomo disperato quale era, focalizzato solo nel raggiungere la sua compagna e il figlio che non aveva mai visto crescere: il frutto del suo amore con mia madre.
Potevo sentire la sorda gelosia scorrere nei pensieri di Sesshomaru, anche se non era accompagnata dal solito odio nei confronti di mio fratello.
-Ho smesso di odiare Inuyasha molto tempo fa Helena. Questi tre anni senza di me mi hanno fatto realizzare l’estrema sofferenza in cui lui, come mezzo-demone, si è ritrovato a vivere per tutti gli anni della sua vita. Non dico che io trovi la sua compagnia sempre piacevole, ma…è mio fratello!-
Era la prima volta che sentivo questo tipo di pensieri nella mente del mio compagno, e non potei fare a meno di essere d’accordo con lui: Yasha era un tipo iroso, maleducato, bambinesco e totalmente fuori controllo la maggior parte del tempo, ma era mio fratello, e non lo avrei cambiato per nessuna ragione al mondo.
Eppure quello che avevo sentito provenire dal cuore di Maru poco prima era sicuramente gelosia, ma perché?
-Non credo mio padre sarebbe mai corso così per venire a salvare me! Non do la colpa di questo a Yasha anche perché non ne è responsabile, solo che, dopo averti conosciuto, mi ritrovo sempre più spesso a pensare a quanto avrei voluto avere anche io questo tipo di attenzione.-
La disgrazia dei demoni completi, mi ritrovai a pensare. Certo, super forza e velocità e resistenza ad attacchi e quant’altro, ma erano considerati talmente ben equipaggiati che i genitori non si preoccupavano nemmeno più di loro.
Sorrisi e gli strinsi la mano: ora che ero tornata non ci sarebbero stati più questi problemi e, forse, avremmo potuto cominciare a cambiare il mondo anche in questo frangente…cominciando con i nostri figli.
Scossi la testa evitando di farmi distrarre da fantasie inutili e potenzialmente pericolose in quel momento; figli ce ne sarebbero stati a palate, ma prima dovevamo riuscire ad uscire da quella situazione.
Un ruggito davanti ci allertò del fatto che avevamo raggiunto un distaccamento di guardie, ma quando girammo l’angolo ci ritrovammo di fronte ai loro corpi, stesi in terra e brutalmente martoriati: Touga non aveva avuto pietà di loro.
Disgustata mi voltai a guardare Sesshomaru e, sul suo volto, vidi la stessa espressione che si trovava sul mio.
-Il fatto che Izaioy sia in pericolo non gli consente di lasciare questo disastro: uomini morti non portano a nulla se non a lasciare una traccia più facile per i nostri inseguitori. Uomini vivi, invece, possono essere interrogati!-
Non avrei potuto essere più d’accordo con lui, ma il problema non era tanto convincere noi ma mio suocero della validità del metodo.
“Acceleriamo e proviamo ad impedirgli di creare altri danni, non so cosa potrebbe succedere se entrasse nell’arena in questo stato. Ci sono anche umani lì dentro e non garantisco sulla mia reazione se dovesse anche solo pensare ad attaccare Kagome!”
Entrambi sapevamo che questa non era una possibilità da ignorare così facilmente. In quanto futura compagna di Yasha la mia migliore amica avrebbe dovuto essere riconosciuta e approvata dall’Inu no Taisho, ma in quel momento dubitavo fortemente che Touga si ricordasse di non aver più diritto a quel titolo.
Dopo una serie di svolte a vuoto ci ritrovammo di fronte ad un portone più finemente lavorato degli altri ma, soprattutto, maggiormente guardato a vista da soldati, al momento impegnati a dare del filo da torcere al demone maggiore che era mio suocero.
Ben sapendo che quel combattimento, se lasciato a sé stesso, si sarebbe tramutato in carneficina, richiamai parte del mio potere e tolsi l’aria alle guardie che, immediatamente, stramazzarono a terra prive di sensi.
Lo sguardo di Sesshomaru si riempì di orgoglio e di affetto nei miei confronti, mentre quello di Touga non mostrò niente altro che odio per una caccia mancata.
“Togliti dalla testa di entrare là dentro con questo comportamento! Non puoi uccidere tutti quelli che si oppongono sulla tua strada! Mia madre ha bisogno di te, ma non le sarai di nessun aiuto se non riuscirai a mantenere la tua compostezza!”
Erano occasioni come questa che mi facevano ringraziare i Kami del fatto che Maru avesse preso il carattere della madre e non quello del padre.
“Ragazzina non ti azzardare a dirmi quello che devo o non devo fare! Non ti permetterò un’altra parola a riguardo…”
“Tu le permetterai molto più di un’altra parola a riguardo padre! Lei è la mia compagna e io sono il nuovo Inu no Taisho! Il tuo ruolo sociale è al di sotto del nostro ora e non permetterò che alla Regina venga mancato di rispetto sia chiaro! Lei conosce il nostro nemico molto meglio di noi, visto che ne siamo già stati ingannati una volta. Sarà Helena a dirci cosa fare e come comportarci!”
Ci volle tutto il mio autocontrollo per non rimanere a guardare Sesshomaru con la bocca aperta e un’espressione da pesce lesso in faccia! Aveva appena detto, a suo padre notare bene, che il capo di questa missione ero io!
Mi ripresi in fretta dallo choc e richiamai il vento per poi spedirlo dall’altra parte della porta. Avevo imparato ad usarlo come mezzo efficace per stabilire, anche se molto nebbiosamente, quello che stava succedendo in luoghi inaccessibili.
Da quello che ero riuscita a capire la situazione dentro l’arena non era tra le migliori.
Uno dei miei amici era a terra, i bambini erano parzialmente scoperti e nessuno di loro, tranne Kagome, aveva delle armi per poter anche solo tentare di imbastire una difesa adeguata.
I nostri nemici erano decisamente troppi per noi…
“Maru dove sono le tue spade? Dove sono Tessaiga e Hiraikotsu?”
“Ce le hanno portate via quando ci hanno catturati, ma non ti saprei dire dove si trovano in questo momento…”
Dannazione! Senza le armi non avevamo nessuna possibilità di scampo.
La mia naginata e le spade di Kagome non sarebbero bastate a distruggere i nostri nemici, non con le conoscenze sui nostri attacchi che Kiseki aveva già dimostrato di possedere.
Non avevamo altra scelta…
“Non possiamo combattere contro di loro…l’unica cosa sensata da fare in questo momento è prendere tutti quelli che si trovano dall’altra parte di questa porta e scappare il più lontano possibile da questo luogo. Dobbiamo rimetterci in forze e recuperare le vostre armi. Ora come ora combattere contro forze fresche e in maggior numero di noi è solo una follia!”
“CODARDA! Ecco cosa sei! Non sei niente altro che una codarda che non vuole combattere perché ha paura! Io dico che sfondiamo questa porta e gli facciamo vedere di che cosa siamo capaci…”
“Il nostro nemico conosce IL FUTURO! Le uniche che possono combattere con successo in questo momento siamo io e Kagome, ma il mostro dietro tutto questo conosce i nostri attacchi alla perfezione! Non fare il martire un’altra volta Touga! Non c’è nessun motivo per cui dobbiamo morire tutti quanti quando possiamo fuggire e sfidare il nostro avversario in un altro momento!”
“Tu proponi di voltare le spalle ad un nemico e scappare da un combattimento: per quello che mi riguarda è un atto di pura codardia! Sesshomaru, figlio mio, non puoi essere d’accordo con questa donna…”
“E invece lo sono padre! Non c’è ragione di combattere una battaglia persa in partenza quando possiamo ritirarci e salvare la nostra vita per vincere la guerra! A volte salvare l’onore è molto più stupido che salvare la pelle! E soprattutto non condannerò mia moglie e mia figlia ad una morte atroce quando posso salvarle; il mio onore non è poi così importante!”
Di nuovo rischiai di farmi beccare con la bocca aperta a guardarlo come un pesce lesso! Quell’uomo riusciva a stupirmi nei modi più impensati!
Evidentemente Touga non sembrava concordare con la mia definizione di Sesshomaru: era chiaro dalla sua faccia che stava cercando un qualsiasi pretesto per poter diseredare quello che riteneva essere un figlio codardo…
“Non ne sarei così sicuro padre…”
Cosa mi ero persa? Diamine, se Kagome avesse scoperto che mi distraevo così facilmente nel bel mezzo di una crisi non mi sarei salvata dalla ramanzina che mi avrebbe fatto. A ragione visto quelle le facevo io in casi come questi!
-Di cosa non saresti così sicuro?-
-Del fatto che Inuyasha sarebbe d’accordo con lui… non è mai stato così stupido da sacrificare la vita delle persone a lui care per l’onore!-
Un altro punto a favore del mio compagno… prima o poi avremmo dovuto fermarci e discutere i vari cambiamenti avvenuti nella mia assenza, ma prima dovevamo levarci da quel luogo infame, e in fretta.
“Sesshomaru, Touga, dovete trasformarvi nelle vostre forme animali e distrarre i nostri nemici il tempo sufficiente affinché io riesca a raggiungere Kagome e gli altri e a teletrasportarci tutti fuori da qui chiaro?”
Non attesi nemmeno le loro conferme; con un potente colpo di vento feci saltare dai cardini i battenti delle porte e mi fiondai all’interno dell’arena.
In meno di un secondo mi resi conto del grosso problema di fronte a noi: la persona per terra altri non era che Inuyasha, Sango e Miroku erano ormai ridotti in ginocchio davanti a Kaede e i bambini, Kohaku stava disperatamente cercando di tenere lontano i demoni insieme a Kirara, mentre mia madre e mia suocera…bhè stavano litigando come al solito, ma nel frattempo offrivano un ottimo diversivo agli affascinati mostri che si erano fermati a guardarle!
In tutto, ovviamente, di Kagome non c’era la minima traccia. All’istante aprii le nostre comunicazione telepatiche nella speranza di localizzarla più in fretta mentre, alle mie spalle, due enormi cani bianchi stavano caricando i nostri nemici.
Un urlo, fin troppo noto, mi fece girare lo sguardo che si posò su un orrido demone toro che stava prendendo la rincorsa per incornare una figura che, come avevo già sospettato, si rivelò essere la mia migliore amica.
Come in un orrido film di serie B, vidi le corna del toro collidere contro il torso di Kagome che venne immediatamente lanciata all’indietro. Senza nemmeno pensare aprii le ali e mi lanciai per bloccarle la caduta.
“Ti sono mancata?”
“Helena???? Sei davvero tu? Sapevo che saresti ritornata per noi!”
“Secondo te ti lasciavo qui a morire?”
-Quale è il piano?-
-Ce ne andiamo da qui e anche in fretta, non possiamo sperare di combattere contro di loro e vincere! Non con tutti così conciati!-
-Come sempre hai ragione! Che devo fare?-
-Attiva uno scudo protettivo intorno a tutti noi mentre io attivo il teletrasporto.-
-Destinazione?-
-Il castello del Regno del Nord!-
Senza perdere altro tempo vidi l’energia rosata scaturire dalle mani di Kagome ed andare a porsi protettivamente attorno a tutti quanti.
Una volta che fui sicura che tutti fossimo protetti spalancai le ali e pensai all’unico posto che non avevo mai considerato casa mia e che ora sarebbe stata la nostra unica speranza di salvezza.
Sperando di non rimaterializzare tutti dentro un muro attivai il potere.
Un secondo dopo eravamo nella sala del trono del Palazzo del Nord.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


HELENA POV
Una volta materializzati nell’atrio del Palazzo del Regno del Nord accaddero un numero imprecisato di cosa tutte negli stesso, brevissimi, cinque secondi.
Le due bambine di Sango e Miroku si lanciarono contro i genitori che erano crollati a terra sotto il peso congiunto delle figlie e le loro ferite; Shippo, secondo lo stesso noto principio, si lanciò su Kagome, mentre Rin aveva deciso che le ero mancata troppo e che anche solo due centimetri di distanza erano troppi per i suoi gusti; nel frattempo mia madre si lanciò sulla figura, distesa e ancora inconscia, di mio fratello urlando il suo nome; mio suocero si lanciò su mia madre a seguito di un disperato urlo di riconoscimento, inciampando sui suoi piedi e andando a schiantarsi a peso morto sopra mia madre che si stava lanciando su Yasha; nello stesso momento mia suocera, alla vista del defunto ex-marito, aveva deciso di lanciarsi contro di lui per impedirgli di arrivare a mia madre, andando ad aggiungere altro peso che stava per schiantarsi contro mio fratello. L’urlo isterico di Kagome mi fece notare l’interessante, ma quanto mai pericolosa, situazione in cui Yasha stava per venirsi a trovare. Con un veloce cenno della mano teletrasportai mio fratello qualche metro più lontano dai tre adulti in caduta libera e mi sistemai meglio per godermi la tragedia che sarebbe scoppiata da lì ad un minuto.
Soddisfatta della salvezza del suo futuro compagno anche Kagome si sedette più comoda e, insieme a Sango Miroku e gli altri, ci mettemmo ad osservare la scena.
La prima cosa che successe fu che Touga si rese conto, a metà del salto, che si sarebbe schiantato direttamente sull’amore della sua vita che, essendo umana, non sarebbe stata certo contenta di ritrovarsi schiacciata sotto di lui.
Con un’interessante mossa di puro contorsionismo, sempre a mezz’aria ovviamente, riuscì a spostare il suo corpo per atterrare – anche se ormai tendeva verso lo schianto – appena più a sinistra di mia madre.
Come prevedibile Kagaya non si pose minimamente il problema della presenza di una fragile umana, ma anzi si spostò leggermente per riuscire a colpire quanto più di mia madre le fosse stato possibile. Evidentemente riteneva ancora necessario liberare sé stessa, il mondo, ma soprattutto Touga, dell’ingombrante presenza di una principessa umana.
In tutto questo mia madre, ancora focalizzata su Yasha, non si era minimamente resa conto delle forze in gioco appena alle sue spalle.
-Ti converrebbe fare qualcosa per fermarli prima che si ammazzino a vicenda…-
-Sesshomaru mi stupisci! Non sei mai stato esattamente un fan di mia madre...-
-Non lo sono ancora adesso, ma ho appena ricucito la mia relazione con Inuyasha e ti ho appena ritrovata, non mi pare proprio il caso di rovinare tutto perché una stupida umana non si è resa conto di essere nella traiettoria di schianto non di uno, ma di ben due demoni cane!-
Nonostante il tono freddo e distaccato che stava utilizzando potei perfettamente sentire tutta l’ironia e il sarcasmo dietro le sue parole. Prima o poi avremmo dovuto fermarci a parlare e, finalmente avrei potuto scoprire che cosa fosse successo nei miei tre anni di assenza: non che mi non mi piacesse questo nuovo Sesshomaru, volevo solo capire i motivi dietro un così drastico cambiamento.
Nel frattempo riportai la mia attenzione sul bagno di sangue che stava per compiersi e, con uno sguardo di intesa verso Kagome, richiamai nuovamente il vento.
Immediatamente i miei suoceri si bloccarono a mezz’aria – ah se solo avessi avuto una macchina fotografica l’istantanea sarebbe stata senza prezzo! – mentre una cupola di un delicato coloro rosa si materializzò sopra mia madre.
“Ottimo! Ora che siamo tutti fermi direi che possiamo passare a cose più serie che ucciderci in modo così ridicolo non trovate?”
In alcuni casi gli sguardi potevano uccidere, negli anni avevo personalmente incontrato un paio di demoni con la capacità di ipnotizzare e poi ammazzare le loro vittime semplicemente guardandole, ma fortunatamente questo non era uno di quei casi.
“Kagome, controlla Yasha e vedi cosa ti serve per guarirlo completamente e controlla anche tutti gli altro; Sango dai un’occhiata ai bambini per velocizzare i tempi e poi riferisci a Kagome; mamma risolvi i problemi di coppia con il tuo uomo che Yasha ce l’abbiamo sotto controllo noi; Kagaya, essere civili suppongo non sia nelle tue corde in questo momento, segui il tizio in livrea alle tue spalle che ti mostrerà dove sono le tue stanze; Sesshomaru, Rin voi due venite con me!”
Senza esagerazione dovetti ammettere che la servitù del Palazzo del Nord era veramente di prima qualità. Ci eravamo materializzati senza preavviso e in varie condizioni di ferite ma non avevo ancora visto nessuno andare in panico, o battere ciglio alla strana situazione.
Anche ora potevo vederli attendere nell’ombra eventuali ordini, pronti a servire conducendo gli ospiti nelle loro stanze o procurando qualsiasi cosa Kagome avesse chiesto.
I Reggenti, ero sicura che con la mia sparizione essi fossero tornati al potere, ancora non si erano presentati, ma qualcosa mi diceva che ci stessero dando la privacy necessaria a ricongiungerci e che li avrei incontrati quando avessi finito di dirigere il traffico.
-Te la cavi qui Kagome?-
-Non ti preoccupare Helena! Vai e goditi un po’ di tempo con la tua famiglia amica mia! Per tutti gli altri ci sarà tempo più tardi…-
-Se dovessero esserci problemi chiedi pure ai servitori, ti faranno avere tutto quello che chiedi. E se Yasha dovesse…-
-Helena VAI! Non è necessario che tu sia sempre presente per dare ordini! Deve essere stata una giornata pesante. Yasha starà bene come tutti gli altri! Ho io la situazione sotto controllo qui. Vai e riposati!-
Sapevo che aveva ragione, ormai stavo raggiungendo il mio punto limite, sia fisicamente che mentalmente, ma sapevo anche che avrebbero potuto esserci una serie di problemi che non volevo lasciare sulle spalle della sola Kagome…
-Cosa ci fai ancora qui?? VAI!-
Certo che la mia amica era veramente un dittatore quando si metteva!
Con un lieve sorriso sulle labbra sollevai Rin e, seguita a breve distanza da Sesshomaru, mi avviai verso le stanze reali, per un po’ di meritato riposo.
 
KAGOME POV
 
Finalmente ero riuscita a convincere Helena a mollare il comando per qualche ora e riposarsi! Tra noi due era lei quella che, sicuramente, era rimasta più scossa da tutta questa storia. Non doveva essere stato facile voltare le spalle alla tortura psicologica di Kiseki e abbandonare tutti noi nell’arena. Questa era solo una delle milioni di cose per cui ero grata che Helena fosse mia amica. Sapevo anche che oggi, finalmente, avrebbe potuto lasciar andare tutto lo stress e le paure che erano state sue fedeli compagne tutti gli ultimi tre anni. Avevo provato molte volte a dirle di confidarsi con me, di condividere i pensieri più reconditi celati nel suo cuore, ma ogni volta mi aveva sorriso e mi aveva detto di non preoccuparmi per lei, che avevo già abbastanza problemi per conto mio…Ora potevo, alla fine, ripagare questi tre anni di sforzi!
Con un sospiro mi voltai verso Inuyasha; nonostante l’ottimismo e la confidenza con cui avevo congedato Helena, il mio compito non era nemmeno lontanamente così facile come le avevo fatto credere. Anche i miei poteri erano pericolosamente bassi, ma ero abbastanza sicura di averne ancora il giusto per guarire tutti quanti.
Con l’esperienza dovuta a tre anni di allenamento massacrante con Helena, e a migliaia ricordi che mi avevano inondato quando i miei veri poteri si erano manifestati, mi portai di fianco alla forma supina del mio promesso e stesi le mani, recitando antiche formule necessarie ad attivare i poteri di guarigione.
Sotto gli occhi sempre più sgranati dei miei amici, entrambi fummo avvolti da una luce rosata e i nostri capelli cominciarono a muoversi sospinti da un vento creato dalla potenza del mio reiki che tentava di sottomettere lo youki di Inuyasha al suo volere.
Per quanto forte potesse essere l’essenza demoniaca del mio bel mezzo-demone non era nulla se paragonata a quella della sorella. In brevissimo tempo il mio reiki vinse la battaglia e l’essenza rosso fuoco di Yasha si calmò e accettò la sottomissione.
“Ma…Kagome…come è possibile?”
“Durante questi tre anni i miei poteri si sono, diciamo così, sviluppati molto oltre i normali poteri di una sacerdotessa. È una lunga, lunghissima storia ragazzi, che vi racconterò un giorno, quando ci saremo liberati per sempre anche di questa nuova minaccia.”
Per quanto mi dispiacesse non potergli raccontare tutto subito non avevo idea di chi fosse in ascolto in quel momento e, come avevamo concordato io ed Helena, sarebbe stato molto meglio per tutti tenere nascosta la reale entità dei nostri poteri, almeno fino a quando non li avessimo manifestati in tutta la loro gloria.
“Mi raccomando, però, nessuno dica ad Inuyasha quello che è successo tra il mio reiki e il suo youki! Gli ho fatto un grave torto secondo la legge dei demoni e vorrei avere una possibilità di spiegargli cosa è successo di persona! Sono stata chiara?”
Puntai soprattutto il mio sguardo su Shippo. Non potevo permettere che andasse in giro a rivelare che avevo costretto lo youki di un maschio alfa a sottomettersi ai poteri spirituali di un’umana; Yasha non mi avrebbe mai perdonata!
Nel frattempo i miei poteri avevano completato la guarigione di tutte le ferite sul corpo del mio amato. Non si sarebbe svegliato, non ancora. Per quanto guarito il suo corpo ancora necessitava di tempo e di riposo per ristabilirsi completamente, ma non ero preoccupata: si sarebbe svegliato al momento giusto!
“Bene! Questa è fatta, ora fatemi vedere che cosa è successo a voi!”
“Kagome, amica mia, non è necessario che tu sprechi i tuoi poteri su di noi! Non sono ferite gravi…guariremo con il tempo!”
“Non dire sciocchezze Sango! Forse non saranno ferite gravi come tu sostieni, ma non posso permettere che ve ne andiate in giro, sanguinanti e debilitati quando io posso offrire una soluzione a quel problema! E poi Helena vorrebbe il mio scalpo se succedesse questo, perché significherebbe che non ho più poteri e che quindi avrei dovuto chiamarla per finire il lavoro e io non voglio disturbarla…ci siamo capiti?”
Senza dare loro il tempo di ribattere liberai totalmente i miei poteri di modo che agissero più in fretta. Infatti qualche minuto dopo io ero stanchissima ma tutti i miei amici erano come nuovi. Sapevo di aver guarito solo le ferite del corpo, quelle dello spirito ci sarebbe voluto molto più tempo, ma ora eravamo insieme e avremmo trovato quel tempo!
“Allora che ne dite di vedere le nostre stanze?”
Con un sorriso rivolto a tutti attesi che i servitori caricassero Yasha su una barella e poi ne seguii uno verso quelle che, sperai, fossero le nostre stanze!
KISEKI POV
Non era possibile!! Avevo previsto tutto! Avevo passato anni a guardarmi tutte le vecchie leggende che ero riuscito a trovare, avevo quasi perso la vista nel tentativo di decifrare testi scoloriti dal tempo e macchiati di umidità! Tutto era stato calcolato seguendo una semplice linea di base: Kagome non avrebbe mai abbandonato Yasha e Helena non avrebbe mai abbandonato Kagome!
Kagome si era comportata esattamente come avevo previsto: non si era nemmeno accorta della trappola in cui era caduta, l’unica cosa che le era importata era stata raggiungere il suo preziosissimo mezzo demone! Niente l’aveva distolta da quel proposito.
Le due consuocere, se così si potevano definire, erano state ancora più facili da ingannare! Non si erano nemmeno accorte del plotone che avevo schierato per catturarle; credevo che almeno Lady Kagaya si sarebbe accorta dei demoni che avevo schierato, ma nemmeno lei!
Alla fine il mio miglior generale non aveva fatto altro che godersi lo spettacolo per poi catturarle non appena avevano finito di litigare!
Tutti avevo agito esattamente come le leggende avevano previsto. Tutti tranne lei…
Helena! La donna che doveva diventare mia moglie per impedire che il futuro tornasse a ripetersi nello stesso modo in cui io l’avevo vissuto. Quella maledetta demone che era stata la mia spina nel fianco per tutta la mia infanzia e giovinezza, che aveva rovinato tutti i miei sogni di gloria già da prima che io nascessi! Quella donna doveva essere mia!
Avevo pensato di essere per lei un buon marito; attendere fino a quando non avesse finito di portare il lutto per i suoi pidocchiosi amici e il suo compagno buono a nulla e poi con il mio amore le avrei fatto vedere quanto di più avrei potuto darle rispetto a Sesshomaru e agli altri. Con me sarebbe stata trattata come una regina e quando mi avessi dato un erede la sua posizione sociale sarebbe stata ancora migliore!
Ma no! Lei aveva voluto fare la difficile! Non aveva voluto giocare secondo le regole che io avevo stabilito e ora avrebbe pagato molto caro il suo errore!
Se avesse fatto come le leggende avevano previsto e avesse salvato Kagome, entrando nell’arena, le avrei mostrato clemenza e avrei ucciso tutti i suoi amici nel modo più veloce e indolore possibile. Sarebbe stata il miglior regalo di nozze che le avrei mai potuto fare. Forse, se mi avesse pregato abbastanza, sarei anche stato disposto a lasciar vivere la bambina umana: alla fine Rin non mi aveva mai dato problemi…
Ma aveva deciso di voltare le spalle ai suoi amici e di andare a liberare Sesshomaru. Aveva scientemente voluto andare contro i miei migliori piani e distruggere tutto il mio lavoro di una vita. E questo non potevo sopportarlo!
Li avrei cacciati tutti quanti fin dentro all’inferno se fosse stato necessario e non avrei mostrato la minima pietà per loro. Sarebbero morti tutti, nel peggior modo che mi fosse venuto in mente!
E per quanto riguardava la mia bella Helena…bhè avrebbe rimpianto amaramente di essersi messa contro di me. Altro che le stanze migliori del mio nuovo palazzo: le segrete sarebbero state le sue stanze personali e, dopo che mi avesse dato un erede, l’avrei lasciata a marcire al buio e all’umido in compagnia solo dei ricordi di una vita passata e di tutte le morti dei suoi amici che lei aveva causato.
Ma la mia punizione non sarebbe finita in quel modo, no…avrei allevato l’erede che lei aveva messo al mondo e lo avrei allevato nel male, nella sete di sangue e di potere assoluto, nell’odio verso la sua stessa madre e l’ultima cosa che Helena avrebbe visto in questa vita sarebbe stata l’arma del figlio sollevata contro di lei per porre fine alla sua patetica esistenza!
Questo mio nuovo piano mi piaceva sempre di più! Aveva rovinato la vita a mio padre, gli aveva negato la possibilità di essere il più grande del mondo, lo aveva relegato con mia madre. Aveva distrutto tutta la mia vita e tutte le mie speranze e sogni di gloria e io avrei distrutto lei!
INUYASHA POV
“Kagome!!!”
Mi svegliai di soprassalto con il suo nome sulle labbra. Erano mesi che non succedeva più e speravo che ormai non sarebbe più successo. Ormai mi ero rassegnato alla sua assenza ed ero disposto a resistere 500 anni per poterla raggiungere nel futuro e passare con lei i non molti anni che ancora la mia forza demoniaca mi avrebbe concesso.
Ma a quanto pare gli incubi non avevano ancora deciso di lasciarmi in pace. Eppure questo aveva qualcosa di strano rispetto a tutti gli altri. Di solito il mio incubo riguardava i nostri ultimi attimi passati insieme. Il vortice che la portava via da me, non una sottospecie di demone toro, brutto e puzzolente per di più, che si lanciava verso di noi con l’intenzione di incornarla.
Questo era uno scenario decisamente nuovo, esattamente come era nuovo e sconosciuto l’ambiente in cui mi trovavo. Ero disteso su qualcosa di morbido, non a contatto con il pavimento. Assomigliava a quello che Kagome aveva chiamato “letto” e che troneggiava nella sua stanza. Mi guardai intorno e discretamente provai ad annusare l’aria, ma né vista né odorato mi diedero conferma di essere in un luogo conosciuto.
Con i sensi all’erta mi portai in posizione seduta e provai ad alzarmi.
“Io non lo farei se fossi in te…”
“SANKON TESSOU!!!”
“Aaaaaaah! Ma sei impazzito Yasha? Avevi deciso di staccarmi la testa???”
“Helena?!?!?!? Ma sei davvero tu?”
“E chi vuoi che sia malfidato! Nemmeno dopo aver passato mezzo secolo braccato nella foresta avresti reagito in maniera così drastica! Avresti potuto uccidermi! Non credo che Sesshomaru sarebbe stato molto felice!”
“Dopo quello che mi è successo negli ultimi mesi? Settimane? Giorni? Non so più nulla Helena! La mia vita si è fermata tre anni fa, quando siete state risucchiate in quel vortice!”
“Mi dispiace fratellone, per tutto quanto! Anche per Kiseki…”
Non riuscivo ancora a vederla, stranamente non era uscita dall’ombra nemmeno una volta, nemmeno per abbracciarmi.
“Helena chi è Kiseki? Cosa ci fai qui? Dove è Kagome? Perché non ti fai vedere?”
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutta la situazione, ma non riuscivo a capire che cosa. Un’orribile sensazione cominciò a formarsi sul fondo del mio stomaco. Era successo qualcosa, qualcosa di molto grosso nei precedenti tre anni. Qualcosa che rischiava di cambiare per sempre i nostri rapporti. Ed Helena ne aveva paura.
Temendo le mie parole e quello che avrei rischiato di scatenare mi voltai verso la voce di mia sorella e le dissi:
“Piccola cosa è successo? Vieni qui per favore…qualsiasi cosa sia la possiamo risolvere insieme!”
La sentii sospirare pesantemente, come se stesse ripensandoci ancora una volta e stesse per decidere che non ne valeva la pena.
Finalmente la sentii decidere e muoversi, a piccoli passi, verso il cono di luce della porta, dove avrei potuto vederla. Nel momento stesso in cui la luce la colpì vidi il motivo della sua reticenza e della sua paura e tutto quello che, stupidamente, riuscii a dire fu:
“Oh Kami!”
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


SANGO POV
“Ma dico io! Ma è mai possibile?! Ci siamo sempre dette tutto e improvvisamente, dico improvvisamente, decide che deve partire? Senza dire niente a nessuno? O meglio sembrano tutti sapere che cosa è successo e io no?????? Io non ci credo…e credevo che fossimo migliori amiche, praticamente sorelle e invece…”
Ormai avevo completamente rinunciato a provare a spiegare a Kagome che Helena non aveva certamente voluto farle un torto quando se ne era andata di punto in bianco senza dire nulla a nessuno, o meglio senza dire nulla alla giovane sacerdotessa che considerava come una sorella.
Eravamo partiti ormai da quasi una settimana io, Kagome, Miroku e Kirara, e la mia migliore amica non aveva fatto altro che brontolare come una pentola di fagioli per tutta la durata del viaggio, lamentandosi sempre della stessa identica cosa: Helena non le aveva detto nulla riguardo alla sua improvvisa e alquanto sospetta partenza. Dovevo ammettere che era quasi miracoloso che non fossimo stati ancora attaccati da dei demoni, perché il brontolio continuo di Kagome ci avrebbe decisamente impedito di sentirli arrivare.
Tutto era cominciato una settimana prima; dopo essere stati liberati dalla prigionia dovuta a quell’essere spregevole ci eravamo riuniti tutti quanti nel castello di Helena, nel Regno del Nord dove avremmo dovuto medicare le nostre ferite e riprendere le forze. In quell’occasione, oltre a rivedere dopo tre anni Helena e Kagome, avevamo fatto la conoscenza della madre e del padre di Yasha e della madre di Sesshomaru.
Conoscenza molto breve, durata lo spazio di una serata, giusto il tempo che Yasha si riprendesse dalle ferite. Quello che nei piani originali era previsto fosse un periodo di riposo moderatamente lungo era stato bruscamente interrotto dallo stesso Inuyasha che, subito dopo essersi svegliato ci aveva comunicato l’improvvisa partenza di Helena. Alla nostra richiesta di chiarificazione il nostro mezzodemone si era limitato a scrollare le spalle affermando che la sorella era partita per cercare alleati che ci potessero aiutare in questa guerra e che ci aveva lasciato delle precise istruzioni da seguire alla lettera.
Dopo quel annuncio io mi ero girata, in cerca di conferme, verso Sesshomaru, ma il demone maggiore era risultato più glaciale che mai, cosa che mi aveva fatto supporre che non avesse preso nel migliore dei modi la decisione della compagna.
Ma quella che aveva preso peggio tutta la situazione era stata indubbiamente Kagome che, dopo aver provato a contattare telepaticamente Helena e aver ricevuto una sorta di rifiuto mentale, era esplosa in una buona mezz’ora in improperi che non pensavo fossero degni delle labbra di una signorina di buona famiglia.
Improperi e maledizioni che erano decisamente peggiorate nel momento in cui Yasha le aveva consegnato una pergamena che conteneva le ultime istruzioni di Helena:
Prendi Sango, Miroku e Kirara e dirigiti verso i regni umani dell’Est e del Sud, dove si trovano i migliori guerrieri e sacerdotesse. Spiegategli la situazione e convinceteli a scendere in battaglia al nostro fianco contro Kiseki. Se sulla tua strada dovessi incontrare un monaco di nomeShinjitsu seguilo, ti aiuterà a trovare l’ultima cosa che ti serve per attivare completamente il tuo potere. Quando avrete completato questi compiti sarete raggiunti da ulteriori istruzioni.
Come poteva essere facilmente immaginabile Kagome non aveva preso sportivamente la sparizione di Helena, ma nessun tentativo di comunicazione le aveva permesso di mettersi in contatto con la demone che sembrava sparita dalla faccia della terra.
A peggiorare ulteriormente le cose sussisteva il fatto che, da esplicite istruzioni della Regina del Nord – a cui avevamo entrambe giurato di obbedire tanti anni prima durante il nostro patto di sangue – solo gli umani, accompagnati da Kirara, sarebbero dovuti partire verso i Regni dell’Est e del Sud.
Benchè indubbio che Helena avesse ragione sul non voler inviare dei demoni a negoziare la partecipazione alla guerra di un grosso contingente di ningen, sarebbe stata la prima volta che avremmo viaggiato senza Inuyasha ed era comprensibile la reticenza a partire dimostrata dalla mia migliore amica, specie ora che aveva appena ritrovato il suo promesso.
Anche a me pesava molto lasciare indietro le gemelle e il piccolo, nonostante fossi ben consapevole del rischio enorme a cui sarebbero stati sottoposti qualora avessi inopinatamente deciso di portarli con me, ma questo non leniva il senso di colpa nel lasciarli indietro.
Sapevo che anche Miroku la pensava allo stesso modo, ma sapevo anche che preferiva di gran lunga venire con me per proteggermi piuttosto che lasciarmi andare da sola.
All’inizio mi aveva lasciata perplessa la decisione di Helena di lasciare a casa Kohaku, alla fine negli ultimi tre anni era notevolmente migliorato come sterminatore, e un aiuto in più ci avrebbe sicuramente fatto comodo ma, dove aver attentamente osservato la mappa, mi ero resa conto che alcuni dei villaggi in cui dovevamo recarci erano gli stessi in cui Kohaku aveva compiuto cose spregevoli al servizio di Naraku. Forse lui non se le ricordava, ma gli abitanti sicuramente sì e non sarebbe stato il massimo per mio fratello venire a contatto con quel tipo di realtà.
Nonostante non avessimo ben compreso il motivo di questa missione separata ci eravamo preparati a partire lo stesso. I bambini sarebbero rimasti con mio fratello, Rin, Shippo e la vecchia Kaede nel palazzo del Nord, dove sarebbero stati meglio protetti in caso di un nostro eventuale fallimento.
Kagome aveva provato a chiedere ad Inuyasha di venire con noi, ma per tutta risposta lui le aveva detto di avere un’altra missione da compiere, sempre su richiesta di Helena, ma che ci saremmo incontrati molto presto.
Anche Sesshomaru era partito, insieme a suo padre e sua madre, anche lui in missione per conto della compagna che non aveva voluto rivelarci.
L’unica rimasta al castello era Lady Izaioy a cui, sembrava, non fosse stato dato alcun compito se non quello di rimanere nel castello e attendere il nostro ritorno.
Dal giorno della nostra partenza era trascorsa quasi una settimana e stavamo avvicinandoci al primo dei villaggi in cui avremmo potuto trovare un signorotto locale disposto ad allearsi con noi in una guerra di cui né io né Miroku conoscevamo alcunché.
Mentre le mura del villaggio diventavano sempre più grandi alla nostra vista percepii Kagome rallentare alle mie spalle e mi girai per controllare che stesse bene.
“Kirara, per favore rimani ferma sulla spalla di Sango qualunque cosa accada. A meno che non siamo in completo pericolo di vita non intervenire!”
Era una richiesta molto strana quella che Kagome stava facendo. Io sarei entrata nel villaggio nel mio ruolo di sterminatrice e quindi non sarebbe stato per nulla strano per gli abitanti vedere un demone al mio fianco, ma evidentemente la giovane sacerdotessa non sembrava intenzionata a correre alcun rischio.
“Sango, Miroku, lo so che vi sto chiedendo molto senza darvi nulla in cambio, ma vi chiedo di essere pazienti. Entro stasera vi racconterò la mia storia, o almeno la parte che è sicuro dirvi in questo frangente. Ma, per ora, vi chiedo di comportarvi come se foste la guardia del corpo sia spirituale che materiale di una potente sacerdotessa in viaggio. Con il signore locale dovrò parlare io e io soltanto.”
Questa richiesta era totalmente incomprensibile e mi affrettai ad aprire bocca per segnalarle che lei sarebbe stata la meno qualificata di noi tre per parlare al signorotto: la guerra contro i demoni era da sempre stata affare di sterminatori e quindi io avrei benissimo potuto farmi ascoltare senza problemi e Miroku era un uomo sacro e come tale aveva un grosso peso nella società.
Prima che potessi esporle le mie remore la vidi girarsi e inoltrarsi a breve distanza nei cespugli a lato della strada e nel silenzio del mattino percepii un cambiamento nell’aria.
Mi girai verso mio marito e dalla sua espressione sorpresa capii che anche lui aveva sentito la stessa cosa che avevo sentito io: una reiki di immense proporzioni aveva saturato l’aria di fronte a noi e sembrava provenire da un punto preciso, esattamente quello da cui Kagome era scomparsa qualche minuto prima.
Un flebile lamento di Kirara mi fece capire la potenza dell’aura spirituale che avevamo intorno e per un attimo mi ritrovai a chiedermi che cosa fosse successo alla mia migliore amica, alla ragazza un po’ imbranata che avevo conosciuto tanti anni prima.
La risposta alla mia domanda arrivò qualche minuto dopo quando Kagome uscì dai cespugli.
“Ma…ma…Kagome-sama, siete davvero voi?”
“Miroku non avevamo parlato del fatto che l’onorifico è ridondante quando sei praticamente sposato con mia sorella? Anche se ora che ci penso, finché siamo nel villaggio è meglio che usiate l’onorifico…”
La vidi sorridere come se si stesse scusando della richiesta di usare l’onorifico, ma in quel momento capii perché ci aveva chiesto di non intervenire nelle discussioni con il signore locale e di limitarci a fare finta di essere la guardia del corpo di una potente sacerdotessa.
Lei era una potente sacerdotessa. No, era molto di più: lei era una potente sacerdotessa-guerriero, bella, forte e importante esattamente come veniva descritta nelle leggende.
Nella donna che mi stava di fronte non c’era traccia della sorellina piccola che tre anni prima mi affannavo a proteggere da demoni di grosso calibro. Di fronte a me si trovava un guerriero con la forza e l’esperienza di coloro che avevano visto molte battaglie.
Come se il mio corpo fosse dotato di una sua propria volontà mi inchinai davanti a lei: “Lunga vita a voi, Kagome-sama!”
Ecco, l’avevo salutata come era costume salutare le grandi sacerdotesse guerriere nelle leggende, come i primi sterminatori del mio villaggio avevano salutato la grande Midoriko.
Vidi un lampo di indecisione, e forse di tristezza, nei suoi occhi, ma troppo breve perché potessi essere sicura di averlo visto, e poi più nulla.
Usando lo stesso tono formale che avevo usato io mi rispose: “E a voi prosperità e grazia sterminatrice!”
Poi prese posto di fronte a noi, attese che ci mettessimo in posizione ai suoi fianchi e marciò diretta verso il portone della cittadella.
“Chi passa?”
“Dite al vostro signore che devo parlargli urgentemente!”
“Chi è che vuole udienza con Taro-sama?”
“La reincarnazione della grande sacerdotessa Midoriko-sama!”
 
IZAYOI POV
Se n’erano andati finalmente. Per un attimo avevo temuto che Touga non si sarebbe lasciato convincere da suo figlio ad andare con lui e avrebbe deciso di rimanere, e quello non avrei potuto permetterlo.
Sapevo che tutti erano convinti che io non avessi ricevuto nessuna missione speciale da Helena e che il mio unico compito fosse quello di rimanere al castello, insieme con i bambini, ad attendere il loro ritorno cercando di non farmi ammazzare.
A questa idea aveva contribuito non poco il commento acido di Kagaya, quando aveva segnalato al mondo che nemmeno mia figlia mi riteneva utile per la sua missione e che quindi ancora non riusciva a capire come Touga avesse potuto scegliermi come compagna.
A quel commento sia Inuyasha che Touga avevano reagito mostrando i denti e ringhiando con la precedente Signora dell’Ovest e, da quel poco che avevo potuto intuire, nemmeno il glaciale Sesshomaru aveva particolarmente apprezzato la frecciatina.
In realtà io non me l’ero presa più di tanto, anche perché sapevo una cosa che tutti gli altri ignoravano: anche a me Helena aveva consegnato un compito speciale.
Trova mio padre e fatti spiegare la storia di Sounga. Cerca nelle leggende demoniche e anche in quelle umane tutte le informazioni che riguardano la spada degli inferi. Fai in fretta e quando le avrai raccolte affidale ad uno dei miei messi reali che le porterà a me. Celerità e segretezza sono armi importanti in questo momento.
Questo era quello che era scritto sulla pergamena consegnatami da mia figlia in gran segreto rispetto a tutti gli altri.
Non sapevo perché cercasse informazioni su quella particolare spada, che io avevo sempre odiato quando era custodita da Touga, ma il tono della lettera e il suo sguardo nel consegnarmela mi avevano fatto capire che la situazione e il compito fossero della massima importanza.
Una sola cosa mi preoccupava: avrei dovuto reincontrare il padre di Helena, un uomo, o meglio una divinità che non avevo più visto dal giorno in cui avevo dato alla luce la mia bellissima principessa. Avevo sempre saputo che vegliava su di lei, ma a me non si era mai più mostrato.
Per questo motivo ero molto contenta del fatto che Touga se ne fosse andato. La sua scenata di gelosia quando aveva scoperto l’esistenza di Helena era stata tremenda e, nonostante non fosse nella stanza con noi, sapevo che lei aveva sentito ogni parola velenosa di quella sfuriata, esattamente come ogni altro essere, umano o demone, nel raggio di qualche kilometro.
Avevo provato a spiegargli che tra me e il padre di Helena non era successo assolutamente nulla se non quell’unica volta per la quale avevo un’ottima scusa.
Eppure lui non mi aveva creduto e aveva giurato vendetta contro l’essere che aveva osato abusare di me, portandomi a mettere al mondo un abominio.
A quel punto anche io ero esplosa, ma la mia reazione non era stata abbastanza veloce a paragone di quella di Inuyasha che, battendo sul tempo addirittura Sesshomaru, aveva puntato Tessaiga contro il padre intimandogli di rimangiarsi gli insulti che aveva rivolto contro la sorella.
A quel punto Touga aveva ceduto, più a causa della sorpresa che altro, ma sapevo che in fondo al suo cuore il suo giudizio non era cambiato, ma non avevo avuto ancora il tempo di affrontare con calma l’argomento e questa guerra non stava sicuramente aiutando ad appianare i conflitti.
Sapevo che prima o poi i due si sarebbero incontrati come sapevo anche che Touga avrebbe miseramente perso se non avesse cambiato atteggiamento, ma in quel momento non potevo farci assolutamente nulla.
Per questo ero contenta di essere sola in quel momento, mentre andavo ad incontrare quell’essere che molti secoli prima mi aveva pregato di mettere al mondo un suo erede. Mi aveva guardato con i suoi occhi azzurri, profondi come il cielo e aveva detto di conoscere il mio legame con l’Inu no Taisho e di non volersi mettere in mezzo. Aveva solo necessità di una donna dal forte spirito, ma dalla personalità gentile le cui caratteristiche umane compensassero con il naturale egoismo degli esseri divini.
La sua richiesta mi aveva colpito all’epoca per la sua sincerità: non avevo percepito malizia in lui né brama di potere. Aveva bisogno di un erede che potesse sostituirlo alla guida del suo popolo che, senza di lui, sarebbe andato allo sbando.
Mi aveva assicurato che avrebbe provveduto lui al bambino che sarebbe nato, ma nel momento in cui avevo visto i bellissimi occhi di Helena avevo capito che non sarei mai stata capace di lasciarla andare. Aveva acconsentito a farmela tenere, a sigillare i suoi poteri affinché potesse sviluppare meglio le qualità umane come la bontà e la compassione.
Avevamo passato insieme pochissimo tempo quando la morte mi chiamò a sé e dovetti lasciare i miei due tesori più grandi in balia del mondo crudele.
Dall’al di là avevo osservato le peripezie dei miei figli e più di una volta mi ero chiesta dove fosse il padre di Helena e come potesse permettere che sua figlia venisse trattata in quel modo. Solo molto dopo mi ero resa conto che le era sempre stato vicino e l’aveva protetta nel miglior modo possibile, considerata la sua condizione.
Ero curiosa di rivederlo; erano passati secoli dall’ultima volta e volevo rivedere l’uomo o meglio l’essere divino che aveva contribuito a creare la forte e dolce creatura che era mia figlia.
Touga, probabilmente, non l’avrebbe mai capito questo mio desiderio, ma avevo sempre fatto di testa mia e non mi sarei lasciata intimorire proprio ora, non quando la mia bambina aveva bisogno di me.
Attesi fino a notte fonda, quando fui completamente convinta che tutti gli abitanti del palazzo fossero a dormire o impegnati in altre faccende e sgattaiolai fuori dalla mia stanza.
Furtivamente attraversai gli immensi corridoi del palazzo, nascondendomi nell’ombra degli anfratti quando sentivo passare qualcuno.
Nessuno doveva sapere della mia presenza in quell’ala del palazzo perché, come mi aveva spiegato Helena, essa era interdetta a tutti tranne al sovrano regnante.
Dopo molto tempo raggiunsi un immenso portone a due battenti illuminato dalla luce della luna.
Il portone era intarsiato in maniera splendida con la storia della nascita del regno e sarei rimasta volentieri a guardarlo per ore, se non avessi avuto una missione da compiere.
Facendo forza con tutta me stessa riuscii a smuovere leggermente il portone, quel tanto che bastava perché potessi sgusciarci al suo interno.
Con un tonfo il portone si richiuse alle mie spalle lasciandomi nella più completa oscurità.
“C’è nessuno?”
Tutt’un tratto una luce eterea comparve in mezzo alla sala e dopo qualche secondo cominciai a distinguere una forma umana al suo interno.
Quando si fu materializzato completamente non potei fare a meno di rimanere a fissarlo quasi a bocca aperta.
L’apparizione si accorse della mia presenza e un’espressione stupita si dipinse sul suo splendido e immortale volto:
“Lady Izaioy? Cosa ci fate voi qui?”
 
 
 
 
   
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


SESSHOMARU POV
Un altro ballo per il nuovo Inu no Taisho; un’altra cena formale per festeggiare il mio nuovo trono; un’altra serie di inutili doni che sarebbero dovuti servire a sottolineare la fedeltà di questo o quel clan di demoni al mio potere.
In poche parole: un’altra inutile, lunga e noiosa mascherata.
Eravamo partiti da quasi una settimana, io mio padre e mia madre verso il Regno dell’Ovest dove, secondo specifiche indicazioni di Helena, avremmo dovuto convincere i vari capiclan locali a schierarsi con noi nella guerra che si stava profilando all’orizzonte.
Dovevo ammettere che l’idea della mia compagna non era stata così malvagia: se i tre più potenti demoni cane che bussavano alla porta dei vari esseri minori per chiedere il loro aiuto non era esattamente facile dire di no.
Fino a quel momento ci eravamo assicurati il supporto del clan dei demoni cane neri, nostro lontano parente, ma sufficientemente distaccato dal nostro ramo famigliare da formare una tribù a parte che poteva prendere decisioni autonome. Nonostante fossero i più simili a noi erano stati quelli più complicati da convincere ad unirsi alla nostra causa e per quel motivo, dopo quasi una settimana lontani dal castello del Nord, avevamo concluso ben poco nella nostra ricerca di alleati.
Di certo i miei esimi genitori non rendevano facili le trattative e nemmeno piacevole il tempo passato in loro compagnia.
Nonostante tutto il suo vantarsi di essere una donna raffinata e di mondo mia madre aveva il caratteraccio peggiore che io avessi mai visto in una creatura. Avrei giurato che dopo quasi 250 anni si fosse messa l’animo in pace e avesse deciso di continuare con la sua vita senza pensare continuamente a mio padre e al suo tradimento, ma evidentemente mi sbagliavo.
Aveva sicuramente continuato la sua vita, ne era riprova sufficiente il fatto che si fosse trovata un nuovo compagno (anche se non altrettanto potente rispetto a mio padre), ma non aveva dimenticato quello che lei considerava il peggiore affronto della sua vita: essere lasciata per una banalissima e mortale umana. Non aveva nemmeno tenuto in considerazione il fatto che il suo matrimonio con mio padre fosse già andato in rovina qualche decennio prima; certo lei non amava più l’Inu no Taisho da un bel pezzo, ma a quanto pare non poteva proprio sopportare l’idea di essere stata soppiantata da una misera e inutile umana. Ero più che sicuro che sarebbe stata meno schifata all’idea di una demone-gatto come nuova compagna di mio padre piuttosto che una ningen.
Questo detto sua mia madre, mio padre non stava comportandosi certamente in maniera più civile.
Se non sembrava avere particolari obiezioni al comportamento di quella che una volta era stata la sua compagna – anzi più lei si arrabbiava e più lui si ostinava ad ignorarla, come se avesse praticato questo particolare metodo dopo molti secoli passati a sopportarla – aveva mille e più ragioni per criticare la mia sposa. E questo proprio non potevo sopportarlo!
Avevo sentito chiaramente le oscenità che erano uscite dalla sua bocca quando, una settimana prima, aveva urlato con Izaioy dicendole di aver generato un abominio. Ad essere precisi e sinceri non credo che nessuno nel raggio di una ventina di kilometri non avesse sentito gli insulti gratuiti contro la loro Regina.
In un certo senso era stato fortunato che fosse stato Inuyasha a mettersi contro di lui in difesa della sorella. In quel frangente solo la novità di aver appena ritrovato il padre con cui non aveva mai avuto un rapporto aveva impedito a mio fratello di scatenare uno degli attacchi di Tessaiga, limitandosi a puntargliela contro.
Se il cuccioletto non mi avesse preceduto non ero sicuro che i componenti della delegazione in cui viaggiavo al momento sarebbero stati tre.
Dopo che Yasha aveva rinfoderato la spada, nel mentre che gli aveva ringhiato addosso alcuni sceltissimi insulti che avevano lasciato a bocca aperta sia nostro padre che la madre di mio fratello, anche io mi ero avvicinato al demone spiegandogli, a voce bassa e a denti stretti che io, a differenza del suo secondogenito, non sarei stato altrettanto misericordioso da fermare la mia spada anzi…gli avrei fatto assaggiare senza fallo la piena potenza di Bakusaiga se solo avesse osato un’altra volta insultare la mia sposa.
Sfortunatamente dopo questo incidente non c’era stato né il modo né il tempo per me di parlare con Helena e provare a capire quanto delle parole incaute e indegne di quell’essere che dovevo chiamare padre l’avessero ferita.
Lei stessa mi aveva a malapena guardato negli occhi, mi aveva consegnato una pergamena con delle precise istruzioni, aveva dato un bacio a Rin e se n’era andata. Senza dire una parola. E da allora non l’avevo più nemmeno potuta contattare attraverso il nostro legame.
Era solo il dovere che avevo come Inu no Taisho che mi stava sostenendo in quel momento, in quel lungo ed estenuante viaggio alla ricerca di alleati per una guerra contro un avversario di cui a malapena conoscevo il nome. Se fossi stato solo Sesshomaru, niente avrebbe potuto impedirmi di rintracciare la mia compagna e di pretendere delle spiegazioni sul suo comportamento, nemmeno le specifiche istruzioni che mi aveva lasciato.
Sapevo che Helena era a conoscenza del fatto che il mio onore mi avrebbe impedito di andarla a cercare prima che il tempo fosse finalmente giunto, come sapevo anche che aveva contato proprio su questo per poter scappare via da tutto e da tutti.
In fondo, però, sapevo che le mie erano solo chiacchiere inutili, pensieri senza senso con cui mi dilettavo per evitare accuratamente di pensare alle situazioni orribili in cui la donna della mia vita avrebbe potuto trovarsi in quel momento. Dovevo sforzarmi di esserle indifferente, oppure nulla mi avrebbe trattenuto dal cercarla e avevo la nettissima sensazione che, qualunque cosa stesse facendo, Helena dovesse farla da sola.
Eppure ero preoccupato. Non l’avrei mai ammesso con nessuno, nemmeno sotto tortura, ma qualcosa che avevo sentito in una conversazione chiaramente privata mi aveva messo in allerta. Una parola, un mondo di terrore: Sounga.
Avevo desiderato quella spada per anni, anzi decenni ed ero arrivato molto vicino a poterla avere, ma il costo di quella possessione era stato troppo alto: la vita di Rin.
Non avrei mai potuto permettere che quel ferro vecchio si portasse via quello che avevo di più caro all’epoca e, per quel motivo, avevo unito le forze con Inuyasha e, insieme, l’avevamo ricacciata nel mondo che le competeva: quello degli Inferi.
Che Helena ne stesse parlando non mi faceva certo stare tranquillo. Nessuno conosceva veramente le reali capacità della spada né tantomeno il modo corretto per domarla completamente. Nemmeno mio padre, il potente Inu no Taisho, c’era riuscito. Certo ne aveva ottenuto un parziale controllo, ma l’aveva sempre estratta molto poco, per paura delle conseguenze.
Forse avrei dovuto farmi raccontare come fosse riuscito ad entrare in possesso della spada…
“Sesshomaru caro, guarda! Siamo arrivati!”
Con un sospiro irritato smisi di pensare alla Spada degli Inferi e riportai la mia attenzione sull’inferno privato in cui stavo vivendo correntemente.
“Madre devo ricordarti ancora una volta che gradirei che tu non usassi alcun tipo di vezzeggiativo quando ti rivolgi a me? Non lo trovo adatto né alla mia personalità né al mio ruolo…”
“Eppure da quello sporco ibrido ti lasci chiamare in modi anche più indecenti di questo…”
Per un lunghissimo secondo i miei occhi si tinsero di rosso e il veleno pulsò pericolosamente nelle mie vene, pronto ad essere usato.
Solo la voce di Helena dentro la mia testa mi impedì di proseguire nella trasformazione e porre fine alla miserabile esistenza di quell’essere che osava definirsi mio padre.
-Non mi importa nulla di quello che gli altri pensano di me Maru. L’unica cosa che davvero conta è quello che pensi tu!-
Già…quello che pensavo io…nonostante questo era comunque molto difficile continuare a tollerare quel comportamento da parte di mio padre. Forse avrei dovuto convincerlo a sfidare Helena. Almeno le botte lo avrebbero costretto alla ritirata per un po’…
Sospirai scuotendo la testa…dovevo smetterla di intrattenermi in pensieri simili! Quasi a voler dimenticare quello che avevo appena pensato riportai la mia attenzione al luogo in cui ci eravamo fermati. Era una grande radura, illuminata completamente dall’eterea luce della luna piena. Eravamo nella patria dei lupi.
Uno di loro, un animale dedussi dal fatto che non mi si era presentato in forma antropomorfa, si fece avanti, come se volesse sapere il motivo della nostra intrusione nel loro territorio. Non ero mai stato particolarmente amante dei lupi, ma dopo che un branco di essi aveva attaccato e ucciso Rin, avevo cominciato ad odiare profondamente la loro progenie.
Nonostante questo sapevo che il loro capo si era già dimostrato un valido alleato nella guerra contro Naraku ed era esattamente lui che eravamo venuti ad incontrare.
“Siamo venuti a parlare con Koga!”
Le mie parole non ebbero l’effetto sperato sul lupo che avevo di fronte. Lo vidi guardarmi fisso, mentre un lieve lamento uscì dalle sue fauci. Che Koga fosse morto? Magari caduto vittima di questa insana guerra?
Improvvisamente il lupo che avevamo di fronte cominciò ad ululare e al suo ululato risposero altri e altri ancora.
“Ma che diamine sta succedendo qui?”
Già, che cosa stava succedendo? Helena aveva menzionato qualcosa sulla tribù di Ookami, un avvertimento. All’epoca, però, ero troppo distratto dalla sua presenza da prestare reale attenzione alle suo parole e me ne stavo pentendo amaramente in quel momento.
“Chi vuole parlare con il principe Koga?”
Una voce di donna si levò dai cespugli dietro di noi. Con un movimento repentino ci girammo per affrontare quella che poteva essere una nuova minaccia, quando…
“Ayame??”
“Lady Kagaya???”
In un lampo vidi materializzarsi di fronte a mia madre una donna, chiaramente una demone dalla velocità dei suoi movimenti, vestita di una pelliccia candida e con una massa di capelli rossi che scendevano sulle sue spalle in due morbide code.
“Lord Sesshomaru! Mio signore che sorpresa vedervi nel nostro umile territorio. Se avessimo saputo che stavate arrivando ci saremmo preparati meglio al vostro arrivo!”
Con un cenno della mano silenziai le sue scuse.
“Non sono necessarie Lady Ayame. Non potevate sapere del mio arrivo perché la mia presenza qui e in tutto il mio territorio deve rimanere segreta a causa di questa guerra, quindi non ha senso scusarsi per qualcosa su cui non avevate nessun controllo. Piuttosto ditemi, come conoscete mia madre?”
“L’ho conosciuta nel mondo di Kagome ed Helena mio signore! Non sapete quale sia il sollievo nel vedervi sano e salvo, e soprattutto libero! Ma, aspettate! Dove sono Helena e Kagome?”
Questa donna era stata nel mondo da cui veniva la mia sposa, dove aveva conosciuto mia madre. Molte tessere della storia non combaciavano e il tutto cominciava a risultarmi difficile da credere.
“Sesshomaru, so di non averti detto tutto, o meglio di non averti detto nulla di quanto successo durante la tua prigionia, ma non credo che questo sia il posto migliore per cominciare un discorso così complicato. Ayame, sarebbe possibile essere ospitati questa notte? La foresta ha orecchie dappertutto e gli scagnozzi di Kiseki potrebbero essere ovunque!”
La faccia della demone-lupo mi fece capire che si era già incontrata con gli scagnozzi del nostro nemico e che essi non le avevano lasciato un piacevole ricordo.
“Certo! Seguitemi pure. Mi dispiace che non si sia presentato direttamente Koga, ma il suo incontro con il nostro nemico gli ha lasciato alcuni ricordi poco piacevoli.”
Il tono freddo, quasi privo di vita con cui aveva detto le ultime parole fece rabbrividire persino me. Contro chi diamine stavano combattendo? Perché Helena non aveva voluto dirmi nulla? Non avrei forse beneficiato anche io di una conoscenza approfondita del nostro nemico?
Con questi pensieri in testa mi affrettai a seguire la nostra ospite prima che sparisse definitivamente dalla nostra vista.
Dopo qualche minuto di cammino in rigoroso silenzio, cominciai a sentire le urla concitate che sempre sembravano caratterizzare la tana dei lupi.
Nel momento stesso in cui venimmo illuminata dalla luce del gigantesco fuoco in centro allo spiazzo, però, un silenzio irreale calò su tutti i presenti.
“Mio signore Sesshomaru! Che piacere vedervi sano e salvo!”
Mi girai verso il luogo da cui sembrava provenire la voce e lo spettacolo che mi si parò davanti mi lasciò completamente senza fiato.
Seduto su un trono di pelli sedeva Koga, o meglio l’ombra di quello che un tempo doveva essere stato il guerriero-lupo più potente della tribù.
Ora sembrava invecchiato improvvisamente di secoli, somigliando più ad un demone alla fine della sua esistenza piuttosto che ad uno nel pieno della sua forza. La sua pelliccia era stata strappata, bruciata e incenerita in più punti, lasciando delle chiazze che andavano dal rosso – presumibilmente del sangue che ancora continuava a scorrere – al nero carbonizzato. Gambe, torso e braccia erano magri e scavati, ma soprattutto pieni di cicatrici dovute a colpi di frusta, pugni, calci, e altri oggetti che non avrei saputo identificare.
Ma quello che mi turbò maggiormente fu il suo volto. Quella che una volta era stata la sua migliore espressione di arroganza e sprezzo del pericolo si era tramutata nella faccia di un vecchio tremante, che aveva visto l’Inferno e che non avrebbe voluto tornare indietro per raccontarlo. I suoi occhi così azzurri erano opachi e tormentati. Cosa gli era successo? Chi era riuscito a ridurlo in quello stato?
Come se si fosse accorto del mio scrutinio Koga si schiarì la voce: “Mi dispiace di non potermi alzare ed accogliervi come il vostro rango prevede mio signore, ma il nostro comune nemico ha provato perversa gioia nel ridurmi in questo stato e fino a questo momento nemmeno le migliori cure della mia compagna hanno sortito effetto alcuno!”
“Non crucciarti principe Koga…” Ero sempre stato molto fiscale sulle regole formali e i comportamenti che dovevano essere assunti quando in presenza di esseri più potenti e importanti, ma la vicinanza ad Helena e Rin aveva aiutato il mio cuore a sciogliersi e non me la sentii di forzare il demone lupo in fronte a me ad alzarsi, con il rischio di peggiorare il suo già precario stato di salute.
“…piuttosto potresti dirci quello che ti è successo? Come ti hanno catturato e come hai fatto a scappare?”
Per un brevissimo istante vidi un lampo di dolore e angoscia passare negli occhi cerulei del mio interlocutore e riflettersi in quelli verdi della sua compagna e quasi mi pentii di doverli sottoporre ad una tortura simile, ma non poteva essere evitata. Avevo disperato bisogno di informazioni.
“Sedetevi, sarà una lunga storia. È cominciato tutto qualche mese fa, quando Ayame mi comunicò di essere rimasta incinta. Eravamo al colmo della felicità e anche la pace regnava sovrana e quindi…abbassai la guardia. Di ritorno da una caccia trovai il nostro nemico qui, nel cuore del mio territorio, con una mano intorno alla gola della mia donna. Quell’essere non aveva odore, sembrava non esistere tranne per il fatto che lo vedevo di fronte a me con il mano la cosa per me più preziosa. Lottammo, ma persi e sparì. Cercai Ayame con disperazione per giorni fino a che, un paio di settimane dopo me lo ritrovai di nuovo davanti, nel mio accampamento. Lo attaccai di nuovo, ma lui riuscì a schivare ogni mio colpo, come se li prevedesse in anticipo. Mi fece una proposta: la vita di Ayame per un piccolo lavoretto…”
Improvvisamente fu come se un vento freddo e ghiacciato si fosse insinuato nella nostra conversazione, e seppi che quello che stava per dirmi non mi sarebbe piaciuto per nulla.
“…dovevo consegnargli Kagome ed Helena su un piatto d’argento e io lo feci…per la salvezza di Ayame le vendetti entrambe…”
QUEL RINNEGATO PULCIOSO MALEDETTISSIMO LUPO! COME AVEVA POTUTO ANCHE SOLO OSARE PENSARE DI VENDERE LA MIA SPOSA!!! MA NON AVREBBE VISSUTO UN ALTRO GIORNO!!!
- Ora basta Sesshomaru! Non ti azzardare a mettere le tue zampacce addosso a Koga! Sai benissimo che nella sua stessa situazione avresti fatto lo stesso se non addirittura di peggio! Quindi non comportarti da idiota ipocrita e stattene seduto! –
- Helena? HELENA! Dove sei? Perché sei sparita senza dire nulla? –
Finalmente potevo sentire la sua voce! Dopo una settimana passata in un silenzio che troppo mi ricordava i tre anni di separazione ero tornato ad averla nella mia testa.
-Non esultare troppo amore mio…non sono qui per restare. È solo la tua rabbia e il tuo desiderio di vendetta contro Koga che mi hanno portata qui. Pazienta ancora un pochino e vedrai che potremo stare di nuovo insieme e niente ci separerà mai più.-
-Helena perché? Ti prego dimmi perché te ne sei dovuta andare…dimmi perché non sono potuto venire con te.-
-Oh Sesshomaru! Ti avrei portato con me se avessi potuto! Ma devo diventare più forte, e devo farlo da sola! Ora devo andare…ti prego non giudicare Koga male per quello che ha fatto. Stava solo cercando di salvare la sua compagna. Ascolta quello che ha da dirti e poi capirai perché non avrei mai voluto che tu sentissi quello che sta per raccontarti. Mi dispiace di non averti detto chi è il nostro nemico, ma il momento non era giusto e il Fato ha voluto che non fossi io a raccontarti la storia. Ricorda sempre che ti amo e sarò sempre nel tuo cuore! Addio per ora…-
-No Helena non andare! Non ancora…-
Nulla, se n’era andata. Improvvisamente come era arrivata se n’era andata via, silenziosa come il vento che la rappresentava. Riportai la mia attenzione su la situazione davanti a me e vidi che Ayame si era messa in posizione protettiva davanti al compagno, nonostante questo cercasse di tirarla indietro affermando di meritarsi la punizione che avrei deciso di elargirgli.
“Non preoccuparti Ayame, non intendo punire il tuo compagno. Perdonate entrambi il mio comportamento di qualche minuto fa. Capisco ciò che hai dovuto fare meglio di quanto tu non creda Koga e non avercela a male se ti dico che io avrei fatto la stessa cosa.”
Lo vidi chinare la testa e poi sorridermi in modo mesto mentre la demone lupo bianca tornava a sedersi.
“Nel frattempo, però, Kiseki, il nostro nemico, mi imprigionò nelle sue segrete, torturandomi con attrezzi che non avevo mai visto in vita mia, il tutto senza liberare la mia compagna. Non so per quanto tempo mi tenne in quelle segrete, so solo che un giorno vennero portate in cella anche Kagome ed Helena e io non ressi più. Quando vidi i segni delle ferite e delle privazioni sui loro volti e i loro corpi, fui investito dal senso di colpa e confessai tutto. Furono anche troppo buone con me, gli dissi tutto quello che vi ho raccontato ora, tutto quello che sapevo. Furono prese e portate via e da allora non le ho più viste. Io rimasi in prigione per ancora molto tempo, fino a che Ayame non sfondò la porta e ruppe le mie catene, riportandomi a casa. Più di questo non so dirvi mio signore.”
“Posso, però, continuare io la storia, Lord Sesshomaru…” Annuii per invitare la demone a proseguire “io venni catturata ma non mi venne fatto particolarmente del male, era come se volesse solo usarmi come leva per far fare a Koga il suo volere, ma nulla di più…fu lasciata in una cella a marcire, ma a causa di una disattenzione delle guardie riuscii a fuggire e rintracciai Helena e Kagome per avvertirle di un imminente attacco demoniaco da parte di Kiseki. Le raggiunsi appena in tempo e riuscimmo a fuggire. I demoni ci attaccarono comunque, ma Helena, Kagome e vostra madre riuscirono a scacciarli. Mi dispiace di non aver partecipato alla battaglia, ma ero intenta a dare alla luce il nostro cucciolo. Dopo la conclusione della battaglia, mi lasciarono in compagnia della famiglia di Kagome mentre la sacerdotessa, vostra madre e la vostra sposa venivano in questo mondo a salvarvi. Quando mi fui ripresa a sufficienza dalle fatiche del parto ritornai qui, radunai i migliori guerrieri della nostra tribù e andai a salvare il mio compagno. E questa è la fine della mia storia.”
Rimasi qualche minuto in silenzio a ponderare quello che mi avevano appena raccontato. Sapevo che Koga aveva saltato i dettagli più cruenti riguardanti la mia sposa, esattamente come Ayame, ma tutto questo non era importante in quel momento.
Mi avevano detto che il nostro nemico non aveva odore, e sembrava prevedere esattamente le mosse di ciascuno…strano, ma chi era questo Kiseki?
Non avevo tempo di fermarmi a riflettere, non in quel momento. Avrei potuto farlo durante il viaggio verso la nostra prossima meta. Per ora dovevo solo assicurarmi della lealtà di questa tribù e di un’eventuale loro partecipazione alla guerra. Stavo per fare un’altra richiesta quasi impossibile e sicuramente molto dolorosa, ma ancora una volta non c’era altra scelta.
“Principe Koga, Lady Ayame, perdonatemi in anticipo per la richiesta che sto per porvi, ma non ci sono altre scelte. Sono in missione per raccogliere alleati per muovere guerra contro il nostro nemico e ho bisogno del vostro aiuto.”
Non avevo mai chiesto aiuto fino a quel momento, avevo sempre preteso la partecipazione come se mi fosse dovuta, ma in questo caso era diverso.
Vidi i miei interlocutori guardarsi negli occhi e Ayame annuire leggermente a Koga.
“Siamo onorati della vostra richiesta Lord Sesshomaru e ci uniremo volentieri al vostro esercito.”
“Per ringraziarvi permettetemi di fare qualcosa per voi…” con quelle parole estrassi Tenseiga, che già da qualche tempo si stava agitando nel fodero, e menai un fendente verso Koga.
Grazie al potere della spada riuscii a eliminare il grosso dei danni che aveva subito. Non era guarito completamente, ma ormai il suo sangue demoniaco avrebbe potuto supplire senza altri aiuti.
“Che i Kami vi benedicano mio signore e vi donino una lunga e pacifica esistenza!”
“Non ci sarà pace finché questo nemico non sarà sconfitto! Vi aspetto tra una luna esatta al Palazzo del Nord!”
Non gli diedi nemmeno tempo di rispondere che me n’ero già andato.
-Aspettami amore mio…sto venendo da te!-

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


“No! Helena non farlo!”
“Ti prego Helena no!!!!”
“NO mamma NOOOO!”
“Heleiana non ti azzardare…”
                                               
Potevo sentire tutte le loro voci, disperate, mentre mi supplicavano di non andare, di non proseguire nella folle azione che mi avrebbe condotto molto lontano da loro.
Voci disperate, voci sconfitte, come i loro proprietari.
Sconfitti come lo ero io.
“Sei pronta Regina del Nord? Sei disposta a sacrificare la tua vita per loro?”
“Mi prometti che a loro non succederà nulla?”
“Te lo prometto.”
“E allora…uccidimi!”
 
INUYASHAPOV
 
Non avevo bene idea di quello che era successo dopo che mi ero lanciato a bloccare l’attacco di quel demone contro la mia donna, se non che avevo percepito il mio yuki agitarsi per poi acquietarsi di nuovo quando una nuova forza lo aveva sovrastato. In quel momento non avevo esattamente capito cosa fosse quel nuovo potere, sapevo solo che era caldo e avvolgente ed estremamente luminoso, ma quando mi ero risvegliato una Kagome disperata e piangente mi aveva raccontato tutto, scusandosi innumerevoli volte per “l’abuso” che lei riteneva di aver perpetrato nei miei confronti. Ci avevo messo un po’ a capire il problema, ma una volta riuscito a decifrare il concetto in mezzo ai suoi singhiozzi disperati non avevo potuto fare altro che scoppiare a ridere di gusto.
 
“Perché ridi Inuyasha? Non ci vedo nulla di divertente in quello che ti ho appena raccontato! Stai ridendo di me? Della mia ignoranza sugli usi e costumi dei demoni? I Kami sanno anche troppo bene quanto Helena mi abbia torchiato in questi tre anni per farmi imparare tutte le regole di buona educazione per fare la migliore impressione sulla tribù del proprio uomo…”
“No piccola non preoccuparti! Non stavo ridendo di te, anche se devo ammettere che sono piuttosto perplesso riguardo a quello che Helena potrebbe averti insegnato…i segreti di ciascuna tribù sono ben protetti e la mia sorellina non faceva esattamente parte della tribù dei Demoni Cane”.
“Glielo avevo chiesto anche io a suo tempo, e l’unica risposta sibillina che mi ha dato era che è stata innamorata di Sesshomaru per moltissimo tempo prima di arrivare ad essere la sua compagna.”
“Non capirò mai mia sorella… comunque mia piccola sacerdotessa, non devi preoccupare la tua dolce testolina con problemi di questo tipo!”
“Ma Yasha come puoi dire questo? Ho costretto il tuo youki a piegarsi al mio volere! Persino senza le lezioni di demonologia di Helena sapevo che ti avevo fatto il torto peggiore della storia! Ti prego perdonami!”

“Kagome non piangere ti prego! Sai che odio quando piangi, non so mai cosa fare…non crucciarti per qualcosa che non hai fatto. In caso di scontro tra due demoni, anche parenti tra di loro, se lo youki di uno riesce a sottomettere lo youki dell’altro, allora questo equivale ad una resa completa e totale del più debole nei confronti del più forte. Ma se tutto questo dovesse avvenire tra compagni le regole cambiano drasticamente. In un caso normale il maschio domina la femmina in qualunque situazione, ma esistono alcune, rarissime coppie, in cui la forza di entrambi i componenti è paritaria e quando ciò succede è perfettamente normale che lo youki del partner più debole, di solito la femmina, riesca a sottomettere quello del compagno. Quando ciò succede non è una vergogna come potrebbe sembrare, anzi è un punto d’onore nell’aver scelto un compagno forte abbastanza da riuscire a sottomettere il tuo youki.”
“Ma se è un punto di onore come mai nessuno ne parla?”
“Vedi coppie di questo tipo erano molto più comuni nei tempi antichi di quanto non lo siano ora. Con il passare degli anni e il rarefarsi di questo tipo di occorrenza, l’esistenza di queste coppie di essere potentissimi, in grado di modificare le sorti dell’universo, è diventata leggenda e con essa anche la nozione secondo cui un partner di eguale potenza è preferibile ad un partner più debole. Strano che Helena non te l’abbia detto, visto che anche lei e Sesshomaru fanno parte di quel tipo di coppia leggendaria…”
Ignorando la mia ultima curiosità riguardo a mia sorella Kagome mi era saltata addosso e aveva proceduto a dimostrarmi quando era contenta di vedermi.
Purtroppo la gioia del nostro incontro aveva avuto breve, se non addirittura brevissima durata.
Tutto quello che avevamo avuto era stata una notte insieme e nemmeno tutta, perché a metà ero stato raggiunto dalla peggior notizia della mia vita: Helena se ne era andata. Ed era tutta colpa mia.
Quando l’avevo vista per la prima volta dopo praticamente tre anni di assenza, avevo provato ad attaccarla con il mio Sankon Tessou, ma il danno peggiore non glielo avevo inflitto con i miei artigli, ma con il comportamento immaturo e totalmente stupido che avevo adottato qualche minuto dopo. Era venuta da me, in quella che poi avrei scoperto essere l’unica notte che avrebbe passato con la sua famiglia, per essere consolata, ma l’unica cosa che io ero riuscito a dirle quando l’avevo finalmente vista nel cono di luce della porta aveva ottenuto l’effetto contrario.
Ero l’unico che avrebbe potuto calmare le sue paure, l’unico che era stato presente quando la prima profezia sulla vita di Helena ci era stata svelata, e avevo completamente rovinato tutto aprendo la mia boccaccia senza aver collegato il cervello.
 
“Oh Kami…”
“Lo so Yasha, il momento è giunto, la chiamata è avvenuta e la prescelta dovrà partire. Ho sempre pensato che questo momento non sarebbe mai arrivato. Ho sperato che quella profezia fosse solo il frutto di una pazza, qualcosa che assomigliava più ad una storia dell’orrore per spaventare i bambini perché si comportino bene. Non pensavo fosse la verità. Ti prego Yasha aiutami, dimmi cosa devo fare…”
“Vattene…”
“Cosa? Yasha ma sei impazzito?”
“Vattene via di qui Helena. Se la profezia è vera allora sappiamo benissimo entrambi che la tua presenza qui attirerà i demoni. Sei un pericolo. La tua vita è già segnata. Quella donna era stata chiara: una volta apparso il marchio la tua vita avrebbe avuto i giorni contati e quando fossero venuti a prenderti si sarebbero portati via tutti coloro che si trovavano con te. Non posso permetterti di fare del male a Kagome.”
“Parti ora, con il favore della notte e non farti vedere mai più!”
“Yash… ti prego fratellone…aiutami…”
“VATTENE!!!”
 
E lei se ne era andata. L’odore delle sue lacrime mi aveva raggiunto, salato e amaro ma non mi ero mosso per fermarla.
Non potevo farlo, avrei tanto voluto, ma non potevo. Non so che cosa mi fosse preso per dirle quelle cose, era come se qualcosa si fosse impossessato del mio corpo. La cosa più strana era stata che, dopo averla mandata via, qualunque cosa mi avesse posseduto in quel momento mi aveva abbandonato portandosi via anche il ricordo di quell’incontro.
Ricordo che era tornato qualche ora dopo quando la notizia della fuga della Regina si era sparsa nel palazzo, e uno dei servitori mi aveva consegnato un messaggio da parte di mia sorella.
In quel momento tutto quello che era successo era tornato prepotentemente nella mia testa e mi ci era voluta tutta la mia forza di volontà per non collassare sul posto, sotto il peso di quello che avevo fatto.
Con mani tremanti avevo aperto il messaggio, vagamento conscio del fatto che anche Kagome e Sesshomaru ne avessero ricevuto uno.
 
Caro Inuyasha,
non so se ascolterai questa mia ultima richiesta dopo la nostra conversazione, ma per il bene di Kagome e di tutti gli altri dovevo tentare.
Io me ne sono andata esattamente come hai richiesto. Già la situazione era pericolosa con Kiseki in giro, aggiungere la mia condanna a morte non sarebbe stato produttivo.
Ciò significa che non potrò aiutarvi nella battaglia contro il nostro nemico, ma posso fare un’ultima cosa per tutti voi: ho lasciato alcune istruzioni che, se obbedite, dovrebbero aiutarvi nella battaglia.
Nel tuo caso ti chiedo di andare al Villaggio e convocare i mezzi-demoni alla battaglia. Non sarà un compito facile né un viaggio agevole, ma sei l’unico che può farlo.
Trovali in fretta e convincili a presentarsi al Palazzo del Nord entro tre lune. Quando il tempo sarà giunto coordinati con Sesshomaru e portate la guerra contro Kiseki.
Io non ho detto a nessuno che non tornerò mai più e ti prego di fare lo stesso. Avete bisogno di tutta la vostra concentrazione e la notizia della mia morte sarebbe solo una distrazione.
Mi dispiace
Helena
 
Questo era il motivo per cui mi trovavo in viaggio, solo e lontano dalla mia Kagome, verso il Villaggio, dove i mezzi-demoni si erano riuniti, sotto la protezione dell’Ovest e di Sesshomaru stesso: glielo dovevo a lei.
Sarei andato fino alla luna se solo questo fosse servito a riportare indietro le lancette e mi avesse permesso di rimangiarmi quello che le avevo detto. Ma non potevo. Lei era scappata senza dire niente a nessuno per andare a morire da sola, solo perché io ero stato talmente stupido ed egoista da mandarla via. Quando Sesshomaru l’avesse scoperto di me non sarebbe rimasto molto, anche se prima di farmi qualunque cosa avrebbe dovuto risuscitarmi con Tenseiga perché, una volta sconfitto Kiseki, sarei andato a cercarla con la speranza di trovarla ancora viva e, in caso contrario, l’avrei raggiunta immediatamente.
Eppure, ne ero convinto, non avrei mai voluto dirle quelle cose. Anzi, quello che ero stato in procinto di fare non era stato assolutamente quello: volevo avvicinarmi e abbracciarla, di sicuro non volevo mandarla via in malo modo solo per proteggere Kagome. Come se non sapessi quanto la protezione della mia piccola miko fosse importante per la mia sorellina.
Nel momento in cui avrei dovuto consolarla, qualcosa o qualcuno, aveva risposto al posto mio. Una volta finita la missione che Helena mi aveva affidato, forse avrei dovuto controllare la sensazione di estraneità che mi aveva avvolto appena prima di dire quelle orride cose. Sempre che Sesshomaru non fosse riuscito a leggermi dentro e a capire il segreto che nascondevo…non osavo pensarci.
Il fratellone era sempre stato bravo a leggermi dentro, non che io fossi una persona complicata, la mia faccia ha sempre detto tutto, e in un certo senso la richiesta di silenzio di Helena mi poneva in una situazione difficile. Avrei dovuto dirlo a Sesshomaru e fare in modo che trovasse la sua donna e le impedisse di fare stupidaggini, eppure ogni volta che provavo ad andare fino in fondo con questa decisione c’era sempre qualcosa che me lo impediva, e io non dicevo nulla.
Se Kagome lo fosse venuta a sapere chissà cosa avrebbe pensato di me…
Già Kagome…la mia piccola miko dal futuro. Quando il mio naso aveva captato il suo dolcissimo profumo di vaniglia in quell’arena il mio cervello, ma soprattutto il mio cuore non aveva voluto crederci. Troppe volte mi ero illuso di aver sentito il suo profumo e ogni volta il mio cuore si era distrutto in pezzi sempre più piccoli quando la ragione mi confermava la sua assenza.
Quando l’avevo vista sfuggirmi dalle mani, portata via dalla sfera verso il suo mondo, tutto in me si era fermato. Avrei voluto correrle incontro e tenerla con me, o almeno scomparire con lei. Certo la mia vita in un mondo così diverso e strano non sarebbe stata per nulla facile, ma almeno sarei stato con lei.
Dovevo essere veramente grato a Sesshomaru per quello che aveva fatto. Non glielo avevo mai detto, e nemmeno lui me ne aveva parlato, ma avevo visto che cosa era successo tra lui e mia sorella, avevo visto che era stato il ghiacciolo a lanciare Helena verso la mia compagna. Lo avevo visto rinunciare alla propria sanità mentale, al proprio legame speciale e alla madre di Rin, solo per fare in modo che la mia compagna fosse adeguatamente protetta.
Lui non ne aveva mai parlato con nessuno, né del motivo della sua scelta, né tantomeno delle conseguenze della separazione che, sicuramente, erano devastanti, ma qualcosa tra noi era cambiato.
Forse non saremo stati mai così vicini e aperti come io e Miroku, ma sicuramente c’era stato un cambiamento nel nostro rapporto. Una sorta di stima reciproca e anche affetto: la presenza di Helena nella nostra vita ci aveva proprio cambiati in meglio.
Era stato lui che aveva impedito a Sango e Miroku di rincorrermi quando ero sparito per 10 lunghissimi mesi dopo la scomparsa di Kagome, dicendogli chiaro e tondo che avevo bisogno del mio spazio e che, prima o poi, sarei tornato indietro. Era sempre stato lui quello che si era preso cura di Shippo durante quei mesi, insegnandogli quasi come un padre, quello che non potevo insegnargli io. Sempre lui si era sacrificato per mandarmi un messaggio, poco prima dell’imboscata maledetta.
Avrei voluto ripagarlo in qualche modo, ma non sapevo come. Ma, in quel momento, sollevando lo sguardo alla luna piena che mi illuminava il cammino, realizzai il modo in cui avrei potuto ripagarlo: avrei salvato Helena!
Mi sembrava ancora strano pensare a me con una famiglia. Ancora potevo ricordare i lunghissimi decenni passati da solo, in fuga da tutto e da tutti, affamato e infreddolito. Potevo ancora ricordare la paura degli esseri umani e la pietà dei demoni per il mio essere a metà.
Ero talmente abituato ad essere rifiutato che, di ritorno dal mio esilio forzato di dieci mesi, mi ero aspettato di ritornare in un villaggio vuoto, ma ero rimasto sorpreso. Sorpreso dalla forza dell’abbraccio di una Sango molto incinta, che mi si era lanciata addosso, apparentemente per evitare che me ne andassi di nuovo. Sorpreso dalla, più quieta, pacca sulla spalla di Miroku, che intanto provava a staccarmi Sango di dosso. Sorpreso dall’urlo, acuto e lacrimoso, di Shippo che, come se non fosse successo nulla aveva iniziato a farmi il resoconto di tutti i progressi che aveva fatto sotto la guida severa dello “zio” Sesshomaru.
La presenza di Kagome nella mia vita l’aveva completamente rivoluzionata.
Già, Kagome…quando ormai non ci speravo più i Kami me l’avevano rimandata indietro. Eppure la sacerdotessa che era tornata non era più la ragazzina che dovevo proteggere da tutti, anche da sé stessa. Quella tornata da me era una donna, una sacerdotessa potente, molto potente, perfettamente in grado di proteggere sé stessa e tutti gli altri. Ero rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che fosse riuscita a sottomettere il mio youki, ma non avrei dovuto stupirmi più di tanto: la stessa Hitomiko aveva detto che Kagome era molto più potente di quanto desse a vedere.
Non vedevo l’ora di ritornare al Palazzo del Nord per ritrovarmi di nuovo insieme a lei. Avrei voluto concludere la cerimonia di unione delle anime tra demoni, ma sapevo che il momento non sarebbe stato propizio e non avrei voluto concludere la cerimonia senza Helena.
“Chi è là? Dite il vostro nome e le vostre intenzioni e non fate un passo di più!”
Non avevo fatto in tempo a pensare di rispondere alla domanda quando vidi un attacco dirigersi verso di me. Velocemente mi scansai, ma non attaccai indietro. Erano solo mezzi-demoni spaventati da qualcuno che non conoscevano, non aveva senso attaccarli per nulla.
“Fermi! Non colpitelo! Non vedete che è Inuyasha?”
“Asagi sei proprio tu? Diamine come sei cresciuta! Non ti avevo riconosciuto!!”
“Inuyasha! Come stai? Sono mesi che non ti si vede più! Come va la vita? Su avanti aprite le porte e lasciatelo entrare. Non ci farà del male!”
Le grandi porte del villaggio vennero lentamente aperte e, finalmente, io potei entrare all’interno del Villaggio.
Ad essere sinceri non era tanto un villaggio vero e proprio quanto una serie di case sparse tra una fitta foresta, parte sul terreno, parte sugli alberi, ma anche parte sotto terra per accomodare ogni singola necessità degli abitanti.
L’idea era venuta, e ancora facevo fatica a crederci, allo stesso Sesshomaru, qualche settimana dopo il mio ritorno dal forzato esilio che mi ero imposto.
Era venuto da me una notte, e senza dirmi nulla, mi aveva costretto a seguirlo fino a qui.
Arrivato più o meno dove adesso sorgeva la casa principale del complesso, si era girato e mi avevo detto solo poche parole:
“La terra appartiene a te. Invita qui i mezzi-demoni e proteggili”.
E poi se n’era andato.
All’inizio ero stato molto scettico; pensavo fosse un trucco per radunare tutti i mezzi-demoni in un solo posto per poi farli fuori più facilmente, ma ben presto mi ero dovuto ricredere.
Ci avevo messo un po’ a trovarli tutti, e soprattutto a convincerli a trasferirsi in questo luogo. Jinenjii e sua madre erano stati i primi, Shiori e sua madre li avevano seguiti a breve distanza.
I piccoli mezzi-demoni dell’isola erano stati più difficili da trovare, Asagi li aveva nascosti molto bene, ma alla fine ero riuscito a trovarli e convincerli a venire al Villaggio.
Da quel momento la fama di questo santuario per i mezzi-demoni si era espansa per tutte le terre e ben presto nuovi esseri si erano presentati alla porta, e quella che era stata una terra disabitata aveva finalmente trovato un suo scopo.
Io mi ero occupato dell’allenamento delle guardie del Villaggio anche se, essendo sotto la protezione di Sesshomaru, pochi demoni erano davvero così stupidi da venire a disturbare.
Dopo essermi assicurato che fossero ben protetti, ero tornato al mio villaggio promettendo a tutti di tornare a controllare come stessero andando le cose.
Erano sei mesi che non mi facevo vedere, e questo era stato il periodo più lungo per cui ero mancato.
Vidi Shiori ed Ai arrivare di corsa per salutarmi e mi preparai all’impatto mentre le due piccole forme si lanciavano per aria.
Con la coda dell’occhio vidi anche gli altri arrivare e li salutai.
Dopo i saluti mi girai verso Jinenjii con fare serio; non c’era molto tempo – solo tre lune ci aveva dato Helena – e non avevo intenzione di perderne altro per fare convenevoli.
“Jinenjii, convoca tutti quanti nella sala del consiglio. Porto cattive notizie e ho poco tempo per darvele!”
Lo vidi annuire e correre verso il corno situato nella piazza centrale e suonarlo. Nessun suono uscì dal corno, o meglio nessun suono percepibile da orecchio umano, ma sapevo che di lì a poco tutti gli abitanti del Villaggio sarebbero accorsi nella piazza.
In quei pochi minuti che mi rimanevano cercai di prepararmi quello che dovevo dire. Stavo per proporre la guerra a tutti loro, alcuni ancora troppo giovani per parteciparvi, mentre altri temprati dalla lotta continua che era stata la loro vita.
Ma soprattutto stavo per proporgli qualcosa che non ero molto sicuro che avrebbero accettato: un’alleanza.
Non un’alleanza qualsiasi, ma un patto di reciproca fiducia tra loro, i demoni e gli umani.
Stavo per chiedere loro di combattere a fianco di quegli esseri che li avevano messi al bando e avevano tentato di ucciderli per tutta la loro vita.
Sarebbero stati disposti a combattere?

 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


IZAIOY POV
 
“Lady Izaioy? Cosa ci fate voi qui?”
Saltando un metro in aria, in un modo che ero abbastanza sicura non fosse caratteristico di un principessa educata alle strette regole della nobiltà, mi voltai verso il luogo da cui mi sembrava fosse venuta la voce, solo per ritrovarmi a fissare il nulla.
“Kami-sama dove siete?”
Una risata vicino al mio orecchio destro e una folata di vento mi fecero bruscamente voltare, nella speranza di poterlo almeno intravedere, ma ancora nulla.
“Non sapete, Kami-sama, che è molto maleducato non presentarsi in carne ed ossa quando si parla con una signora?”
Sapevo che stavo rischiando grosso, alla fine lui era un Kami mentre io solo una misera umana, non c’era assolutamente alcun motivo per cui lui dovesse inchinarsi a delle usanze strettamente umane.
“Devo ammettere, o mia signora, che non siete cambiata per nulla dall’ultima volta che ci siamo incontrati, e la cosa non può che farmi piacere! Sapevo di aver scelto una donna dal carattere forte, e al tempo stesso dolce, ma il sapere che siete riuscita a conservare la vostra vena birichina nonostante tutto quello che aveva sofferto nella vostra vita, mi fa ben sperare per la piccola Helena!”
Nel sentirlo ridacchiare mi rilassai un attimo; ancora non potevo vederlo, ma dal tono divertito della voce non sembrava essersi offeso a causa del mio commento.
“Nonostante tutto devo ammettere che avete ragione mia signora! È stato molto maleducato da parte mia non apparire al vostro cospetto, ma spero possiate perdonare la mia maleducazione che è dovuta al fatto che sono passati secoli da quando ho avuto a che fare con degli esseri umani per l’ultima volta, non certo perché io intendessi offendervi!”
In quel momento mi ricordai del motivo per cui avevo accettato di mettere al mondo il suo erede, nonostante le difficoltà e il mio precedente legame con Touga: non era stato per il suo enorme potere, né per le ricchezze con cui aveva promesso di coprirmi se avessi accettato. Era stata la sua personalità, il suo carattere dolce ma anche divertente. Era un essere che trasudava potere, ma la sua voce, il suo modo di fare, davano un senso di sicurezza e di normalità che mi aveva attirata verso di lui. Un pregio che, fortunatamente, era passato anche ad Helena.
Mentre ero persa nelle mie elucubrazioni una luce soffusa iniziò ad illuminare la stanza in cui ci trovavamo e, di fronte ai miei occhi, lentamente si materializzò la figura del padre di mia figlia, in tutto il suo splendore.
Schermandomi gli occhi con una mano, per tentare di vedere oltre la vampata di luce bianca che sembrava caratterizzare tutti i Kami ogni volta che si manifestavano agli esseri umani, tentai, discretamente, di guardarlo alla ricerca di qualche cambiamento.
Razionalmente sapevo che non ne avrei trovati, stavo pur sempre al cospetto di una divinità, ma non riuscii a trattenere l’esclamazione, decisamente poco principesca, che era sfuggita dalle mie labbra alla fine del mio attento scrutinio.
“Sono contento di essere ancora di vostro gradimento Lady Izaioy! Non vi preoccupate! Il vostro segreto è al sicuro con me! Il vostro compagno non verrà mai a saperlo…”
Quella semplice frase, accompagnata da un suggestivo sorrisetto mi fece avvampare dalla testa ai piedi e non per la prima volta da quando ero stata resuscitata, maledissi la mia incapacità di nascondere i pensieri che ogni volta sembravano trovare la strada verso il mio viso.
“Non che io non sia contento di avervi rivisto mia signora, d’altra parte vi devo molto e non credo riuscirò mai a ripagarvi per la vostra gentilezza, ma potreste essere così gentile da dirmi che cosa ci fate qui? Questa è un’ala del palazzo interdetta a tutti tranne che al Regnante. Come avete fatto ad entrare?”
Ritrovando la voce e un minimo di compostezza mi affrettai a rispondere alle sue domande.
“La spiegazione di come ho fatto ad arrivare qui è una sola: Helena. Ed ella è anche il motivo per cui mi trovo al vostro cospetto.”
La mia risposta, lo sapevo, non era stata molto esplicativa anzi, probabilmente avevo maggiormente confuso le acque, ma speravo che capisse che quello che dovevo discutere necessitava di privacy. Fortunatamente alla menzione del nome di nostra figlia, lo vidi rabbuiarsi e annuire leggermente prima di sollevare la mano e muovendola leggermente nell’aria puntarmela contro.
Chiusi istintivamente gli occhi mentre il suo potere mi avvolgeva e quando li riaprii mi ritrovai in una sala più piccola, dotata di un grande camino davanti a cui si trovava un basso tavolino con del thè sopra e due cuscini ai lati.
Senza aspettare un cenno mi avvicinai al tavolino e mi sedetti iniziando la delicata arte di fare il thè per una divinità.
Durante tutta la cerimonia non parlammo, lasciando che il silenzio ci avvolgesse come una coperta. Non sapevo quanto tempo fosse davvero passato, ma sapevo di non dovermi preoccupare: ero nel suo palazzo, all’interno del reame dei Kami, in un luogo in cui il tempo scorreva in modo diverso.
Dopo aver bevuto il primo sorso e avermi fatto un cenno di apprezzamento, mi fissò negli occhi e iniziò a parlare: “Helena non vi avrebbe mandato a contattarmi se non fosse stato assolutamente necessario e soprattutto non vi avrebbe mandato verso quella particolare stanza. Esistono altri modi per contattarmi e avrei sicuramente risposto ad una vostra preghiera. Questo significa che la Regina è in pericolo, o almeno lo sarà. Quindi che cosa posso fare per voi Lady Izaioy?”
Presi un bel respiro prima di iniziare a parlare, ben sapendo che nella mia narrazione avrei dovuto essere concisa e sintetica. Chi avevo di fronte non apprezzava sicuramente le parole dette a vuoto.
“Helena è in pericolo. Non so se sapete cosa è successo negli ultimi tre anni…”
“No, non so cosa è successo…il tempo qui scorre in maniera differente, non sapevo nemmeno che fossero passati tre anni e ai Kami non è concesso soffermarsi troppo a lungo a guardare la vita di un singolo essere mortale, nemmeno il proprio figlio…”
Brevemente, sapendo di non essere assolutamente la persona più adatta, gli riassunsi quello che avevo capito essere successo da quando Inuyasha aveva sconfitto Naraku.
“…e quindi, appena prima di partire verso un luogo sconosciuto a tutti, mi ha lasciato una lettera in cui c’era scritto che avrei dovuto mettermi in contatto con voi Kami-sama, per ottenere quante più informazioni possibili sulla spada Sounga.”
Poteva essere stato uno scherzo della luce, ma per un attimo mi sembrò che l’essere che mi stava di fronte fosse impallidito alla menzione della spada degli Inferi. Essendo il tutto durato meno di un secondo, non potevo esserne sicura, ma il solo dubbio mi aveva lasciato un brutto presentimento.
“Helena vi ha chiesto informazioni su Sounga? Perché?”
“Questo non ve lo so dire Kami-sama. So solamente che le informazioni le servono velocemente ed è per questo che sono qui a chiedervi di raccontarmi che cosa sapete sulla spada.”
Lo vidi chiudere gli occhi, come per decidere se dirmi davvero quello che ero venuta per scoprire e quando li riaprì aveva negli occhi un luccichio particolare, come se stesse ricordando qualcosa di devastante in un passato lontano.
“Prima che io cominci con la mia storia, Izaioy-sama, vorrei sapere che cosa sapete voi sulla spada. Se non ricordo male per un periodo è stata nel possesso dell’Inu no Taisho.”
“Ricordate bene Kami-sama. Non so quando Touga avesse effettivamente preso possesso per la prima volta di Sounga. So solo che, per tutto il tempo in cui l’ho conosciuto, la spada è sempre stata al suo fianco. Tessaiga e Tenseiga sono venute dopo, ed io ho sempre creduto che il mio compagno le avesse fatte forgiare come sorta di sigillo per Sounga. Nel nostro tempo sulla terra, l’ho visto estrarre molto poco la spada, non so se a causa delle mie preghiere o in base al suo istinto. Ho sempre temuto la spada e quello che è successo con Takemaru, quando la spada ne ha utilizzato lo spirito per prendere la sua vendetta contro mio figlio e Sesshomaru, ha solo confermato le mie paure. Non so perché Helena mi abbia chiesto di raccogliere informazioni, ma posso solo sperare che non abbia intenzione di andare a riprendere Sounga dagli Inferi, perché non credo che questa possa essere una mossa saggia, anche se il nemico che si trovano ad affrontare è molto potente.”
“Mi unisco a voi in questa preghiera mia signora. La spada è un artefatto molto potente, ma soprattutto dotato di vita propria.”
“Che cosa intendete quando dite che la spada è dotata di vita propria? Essa non è che un artefatto, umano o demone che sia, quindi non può essere dotata delle stesse caratteristiche di un essere vivente.”
“Temo che su questa questione mia signora, voi siate gravemente in errore. Vedo quindi che dovrò iniziare il mio racconto con una spiegazione sulla natura delle spade demoniache. Dovete sapere che ogni Kami è dotato di un’arma propria, ed essa è più di un semplice utensile da battaglia. Infatti ogni arma è dotata di una propria anima, un compagno di battaglia che è legato strettamente al Kami per cui è stata forgiata. Per fare un esempio pratico: la mia spada è stata forgiata nella notte dei tempi, per me e me soltanto. Essa è imbevuta del mio potere e ha giurato fedeltà soltanto al sottoscritto. Non è possibile, o meglio è estremamente raro, che un’arma di un Kami possa essere donata, o anche semplicemente prestata a qualcun altro perché ciò implicherebbe che l’arma stessa decida di aiutare un altro essere rispetto al proprio signore.”
Evidentemente la mia espressione fu più chiara di mille parole nel dare voce alla confusione che avevo in testa, perché lo vidi sorridere leggermente e, in un unico movimento fluido, estrarre la katana dall’obi e poggiarla delicatamente sul tavolo in mezzo a noi. Poi, con un cenno della testa nella mia direzione, pronunciò una sola parola e attese.
Ad un certo punto, quando ormai avevo perso le speranze che potesse succedere qualcosa, una luce avvolse la katana, che si sollevò in aria e, improvvisamente, mi ritrovai a guardare negli occhi un essere che fino a poco prima non era presente con noi nella stanza.
A dirla tutta il nuovo venuto, sperai di poterlo definire come essere maschile, assomigliava in maniera quasi totale al padre di Helena, con l’unica differenza sostanziale presente nelle numerose cicatrici che costellavano il suo corpo.
Nel più completo silenzio lo vidi girarsi verso di me e, con un movimento troppo veloce perché il mio debole occhio umano lo potesse seguire, prendermi la mano destra e portarsela alla bocca per sfiorarla con le labbra; subito dopo si girò verso la divinità che mi stava di fronte e con un occhiolino e un sorrisetto scomparì in un altro lampo di luce, all’interno della spada.
All’interno della spada…ma certo! In quel momento la spiegazione del padre di Helena mi divenne completamente chiara. Ogni arma era un essere vivente di per sé stessa, che condivideva un legame tra anime con il Kami per il quale era stata creata, ma questo che cosa c’entrava con le spade demoniche?
Di nuovo il mio interlocutore sembrò leggermi nel pensiero.
“Penso che voi sappiate che i demoni discendono dall’unione di un Kami con un essere umano, quindi è  sensato presupporre che anche le armi dei demoni seguano le stesse regole di quelle dei Kami, con un’unica piccola eccezione. Se le armi dei Kami possono essere utilizzate da altri che non siano il proprietario solo in caso particolari, lo stesso non si può dire per le armi demoniche. Esse si legano alla youki del demone che servono in quel particolare momento, ma possono servire più di un demone alla volta, oppure possono essere lasciate in eredità, proprio come è successo per Tessaiga e Tenseiga.”
Annuii brevemente per fargli capire che lo seguivo: un’arma demoniaca poteva servire quindi più di un padrone, a patto che ne condividesse i valori. Questa parte era facile, d’altra parte avevo seguito con molto interesse la storia di Sesshomaru e Tessaiga e avevo visto come la spada non volesse farsi brandire da lui.
“Quello che mi avete detto fino ad ora è perfettamente chiaro, anzi lo avevo già visto all’opera con il primo figlio del mio compagno, ma cosa c’entra Sounga in tutto questo?”
Lo vidi sorridermi e scuotere la testa come a volermi rimproverare bonariamente per la fretta di conoscenza tipica degli esseri umani.
“Come penso sappiate, ogni regola ha la propria eccezione e Sounga è esattamente l’eccezione alle regole che vi ho appena citato. Essa venne forgiata nella notte dei tempi, per un Kami malvagio e senza scrupoli, che costituì la causa della primissima lotta tra divinità, prima che su questo mondo camminassero gli esseri umani. Per la regola che vi ho spiegato prima quando quell’essere mostruoso venne sconfitto e obliterato dalla faccia della terra ci si rese conto che, per un motivo a noi all’epoca sconosciuto, la sua spada non era stata distrutta con lui. Fu in quell’occasione che la profezia su Sounga venne pronunciata per la prima volta. Io non ero presente quindi non conosco il testo della profezia, ma so solamente che parla di un nuovo padrone per Sounga, qualcuno che potrà domarla e trasformarla e purificarla dall’odio che le era stato infuso durante la sua creazione. Questo essere dovrà pagare il prezzo più alto possibile, la propria anima, per stabilire una connessione con la spada e, una volta entrati in contatto tra loro, l’unico modo per piegare Sounga al nuovo volere è dimostrare alla spada stessa la propria fiducia.”
“Dimostrare alla spada la propria fiducia? E che cosa vuol dire questo? E come mai Touga è riuscito a estrarre e usare, seppur brevemente, la spada?”
“Sulla fiducia temo di saperne quanto voi mia signora. Ammetto di non essermene occupato moltissimo in tutti i secoli in cui Sounga è rimasta libera, ma posso assicurarvi che la profezia non spiega come si posso accordare fiducia alla spada. Per quanto riguarda il vostro compagno, ricordate che vi ho detto che Sounga è l’eccezione ad entrambe le regole? Infatti essa, forse alla ricerca di un nuovo padrone, forse solo alla ricerca di vittime per la sua insaziabile sete di sangue, si è comportata come una semplice spada demoniaca, pronta a legarsi al miglior offerente. La profezia comunque è chiara su un punto: chiunque sia il nuovo padrone di Sounga, a lui la spada si legherà per sempre e non le sarà più possibile cambiare padrone.”
Il silenzio che seguì la fine del discorso ci avvolse come un manto di neve e ghiaccio. La sua spiegazione mi aveva lasciato un senso di pericolo ben impresso nell’anima; sapevo che tutto questo era in qualche modo legato ad Helena, e sperai con ogni fibra del mio essere che non fosse la mia bambina a pagare il prezzo supremo per possedere una spada che avevo sempre odiato con passione.
Sapendo che non c’era altro che l’essere che mi stava di fronte potesse dirmi sull’argomento mi alzai; d’altronde, che mi piacesse oppure no, la Signora dell’Ovest mi aveva dato un compito e io dovevo portarlo a termine.
“Vi ringrazio profondamente Kami-sama. Siete stato di grandissimo aiuto e sono sicura che anche Helena la penserà allo stesso modo.”
“Sono contento di essere stato di aiuto per la Regina. Sono stato un padre disgraziatamente assente durante tutta la sua vita e nemmeno ora, quando potrebbe avere maggiormente bisogno di aiuto, posso offrirle più di qualche parola su leggende vecchie di secoli. Prima che andiate però posso dirvi un’ultimissima cosa: qualora qualcuno decidesse di pagare con l’anima la propria connessione a Sounga, esso non potrebbe più tornare indietro nella landa dei vivi. Esiste un’ultima parte della profezia, che non venne mai divulgata nel mondo degli umani, per scongiurare morti inutili da parte di persone innocenti, ma animate da una sete di potere infinita. L’ultima parte dice: «Quando il bianco squarcerà il nero con un proiettile di anima allora la roccia del cuore si frantumerà e il patto di sangue sarà il filo rosso per un sicuro ritorno.»”
“Che cosa significa questo Kami-sama?”
“Non lo so, sfortunatamente, mia signora. Vi ho detto tutto quello che sapevo e spero che sia abbastanza. Ora devo andare Lady Izaioy. Mi ha fatto molto piacere rivedervi e spero che il vostro compagno ci permetta di rincontrarci in circostanze meno disperate. Riguardatevi mia principessa…”
“Ad un incontro più favorevole tra noi Kami-sama…”
Come era arrivato, in un lampo di luce, il padre di Helena svanì nel vento, lasciandomi di nuovo sola, questa volta nella mia stanza.
Con passo assente mi avvicinai alla finestra per guardare fuori in una notte senza luna. Immediatamente pensai ad Inuyasha, e sperai che avesse trovato un posto sicuro dove passare la notte.
Mandando una preghiera ai Kami, che proteggessero entrambi i miei figli, mi avvicinai allo scrittoio per vergare la missiva con le informazioni che avrei dovuto consegnare ad Helena.
Mentre scrivevo tutto quello che mi era stato detto mi ritrovai a sperare che questa volta il fato avrebbe avuto pietà della mia bambina.
Sperando di non aver appena firmato la sua condanna a morte, sigillai la lettera, la consegnai al messaggero che era apparso silenziosamente alle mie spalle e mi diressi verso la cucina per trovare qualcosa di caldo da bere, ben sapendo che non sarei riuscita a dormire troppo preoccupata dall’ennesima profezia che pendeva sopra la testa di Helena.
 
 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


HELENA POV
 
“Sei diventata lenta mia piccola principessa! Non sarà mica la vecchiaia? Alla fine ti stai avvicinando a quanto? Il duecento cinquantacinquesimo compleanno??”
Chinandomi velocemente per scansare il secondo di una serie di attacchi rapidi che mi stavano arrivando contro riuscii a fissare brevemente negli occhi il mio oppositore: “Non tutti sono stati benedetti dalla capacità di una reincarnazione perpetua mio caro Seiko…e comunque non mi sembra che tu sia migliorato in questi ultimi decenni in cui non ci siamo più visti!”
Con un abile trucco della mano riuscii a girare la mia fedelissima naginata per scaricargli addosso uno dei miei più potenti trucchi a disposizione e fui ricompensata per il mio sforzo dal grugnito che raggiunse le mie orecchie poco dopo.
“Dannazione Heleiana! Avresti potuto ammazzarmi e costringermi a cambiare forma un’altra volta! Sai benissimo che odio cambiare e comunque la mia forma attuale devo dire che mi piace…”
Rinfoderando la mia arma mi girai completamente verso il mio avversario e mi ritrovai a contemplare l’adonica forma di quello che era stato il mio migliore amico da quando avevo si è no dodici anni.
Al momento i Kami l’avevano benedetto con un corpo in ottima salute, degno delle migliori sfilate di moda del futuro, capelli lunghi e setosi e occhi color del mare.
“Come sei vanitoso Seiko! Non ti ricordavo così donnicciola! Sei sicuro che i Kami non stiamo cercando di tramutarti in una gentile fanciulla? Ogni volta che cambi i tuoi capelli diventano sempre più lunghi!”
Con una maestria dovuta più all’abitudine che ad altro mi abbassai leggermente per evitare l’inferno energetico che il mio migliore amico aveva deciso di scaricarmi addosso.
Nonostante fosse un semplice essere umano egli apparteneva ad una setta oscura e praticamente sconosciuta di monaci, dedicati al culto di chissà quale divinità, che da questa divinità avevano ottenuto la capacità di potersi rigenerare una volta giunti alla fine della propria esistenza umana, vuoi di morte naturale o violenta.
La prima volta che avevo conosciuto Seiko era avvenuta quando, piuttosto incautamente mi ero lasciata ferire da un demone velenoso e mi ero, per caso, imbattuta in un gruppetto di questi monaci che vagavano di villaggio in villaggio per offrire i loro servigi come guaritori e sterminatori di demoni. Con quelle premesse il nostro primo incontro non era stato dei migliori visto che la maggior parte dei monaci in quel gruppo avevano deciso di uccidermi in un gesto di pietà visto che ero una mezzodemone. Seiko, però, all’epoca alla sua prima “vita”, se così si potevano definire, si era messo in mezzo e aveva deciso di salvarmi la vita. Non avevo mai saputo veramente il perché di questa decisione, nemmeno dopo quasi duecento anni di amicizia mi aveva voluto rivelare il motivo di quel gesto, ma da allora eravamo diventati migliori amici. O meglio, avevamo anche provato una relazione romantica ad un certo punto, ma io non ero mai stata innamorata di lui e anche lui si era reso conto che quello che provava per me era solamente affetto profondo e quindi avevamo deciso di rimanere amici. Quando mi ero reincarnata nel mondo di Kagome, per chissà quale decisione dei Kami, si era reincarnato anche lui con me, tanto che avevamo iniziato ad ipotizzare che, in qualche modo, Seiko fosse stato designato come mio angelo custode, mentre io ero occupata a proteggere Kagome.
Era stato proprio per questo motivo che, una volta comparso il marchio, avevo deciso di venire qui, in questo villaggio sperduto, a trovarlo. Non gli avevo ancora detto il motivo del mio improvviso e quanto mai inaspettato arrivo, ma presto o tardi avrei dovuto rendere noto a tutti il male che mi stava consumando dentro, anche perché non sarebbe passato ancora molto tempo prima che gli effetti diventassero visibili per chiunque e quindi che il marchio incominciasse ad attirare ogni sorta di esseri nelle mie vicinanze.
Avevo sperato di avere abbastanza tempo da venire qui e riuscire a potenziare il mio corpo prima che gli effetti del marchio peggiorassero, ma sembrava che i Kami non avessero in programma questo per il mio destino. Presto, troppo presto, avrei dovuto scoprire le mie carte ed affrontare il disgusto negli occhi del mio migliore amico per il mostro che avrei dovuto diventare.
Così persa nei miei pensieri non mi resi nemmeno conto dell’attacco, immenso, bruciante e soprattutto molto pericoloso diretto nei miei confronti finché non fu troppo tardi.
“Helena attenta!!!!!”
Questo fu tutto quello che riuscii a sentire prima di essere colpita in pieno e sbalzata una buona ventina di metri più indietro.
Uno schianto, un sonoro crack segno di più di un osso rotto e poi, misericordiosamente, il buio.
 
Quando mi risvegliai mi ritrovai sdraiata su un futon, in una capanna che non aveva niente di famigliare e con un male osseo sordo e ben distribuito su tutto il mio corpo. Fantastico! Mi ero rotta qualunque cosa potessi rompersi e anche con il mio sangue demoniaco ci sarebbero voluti almeno un paio di giorni prima di rimettere tutto a posto.
Provai ad alzarmi per saggiare la reale entità dei danni.
“Perché non mi hai detto nulla razza di stupida???”
Mi ci volle tutto l’autocontrollo praticato in quasi 150 anni di vita solitaria nei boschi per non saltare in aria per lo spavento e rischiare di farmi più male di quello che già soffrivo.
“Dannazione Seiko! Dovresti sapere che non puoi spaventare così qualcuno che si è fatto male! Potrebbero esserci conseguenze ancora peggiori!”
“Non provare a svicolare con me Helena, sai benissimo che non funziona! Te lo ripeto: perché non mi hai detto nulla?”
Mentre sentivo il panico montare all’interno dello stomaco, tentai un’ultima volta di deflettere la domanda: “Che cosa avrei dovuto dirti caro Seiko?”
“Non giocare con il fuoco Helena! Sai benissimo di cosa sto parlando quindi te lo chiederò un’ultima volta in maniera gentile e poi passerò alle maniere forti: perché non mi hai detto dell’attivazione del marchio?”
Sospirai pronta a raccontargli una parte della verità, quando la specifica richiesta che aveva fatto mi fece freddare il sangue nelle vene.
“Come fai tu a sapere dell’attivazione del marchio?”
“Helena…non testare oltre la mia pazienza…”
“No Seiko! Ora tu non sottovalutarmi! Come fai a sapere dell’attivazione del marchio? Io non te ne ho mai parlato e non ci sono spiegazioni che io possa consciamente, o inconsciamente averti dato che possono averti permesso di scoprire che quello che ho sulla pelle è un marchio che è stato attivato e non una semplice cicatrice o ferita di una qualche battaglia. Quindi ora sono io che te lo richiedo: come fai a sapere del marchio?”
Lo vidi sospirare e poi guardare verso la porta e seppi di aver toccato un tasto dolente e, improvvisamente ebbi paura.
“Ne ho riconosciuto la forma nel momento stesso in cui l’ho vista, e sei anche stata fortunata che io l’abbia fatto, altrimenti se fosse stato un altro confratello ti saresti ritrovata buttata fuori dal villaggio, mezza morta e senza un posto dove nasconderti. O peggio, ti avrebbero uccisa.”
“Sarebbe probabilmente stato molto meglio per tutti se davvero mi avessero uccisa…”
Prima ancora che potessi finire la frase mi ritrovai di nuovo distesa a terra, con un rivolo di sangue che mi scorreva dal naso, mentre Seiko mi guardava furioso con una mano alzata, come se volessi aggiungere un altro schiaffo a quello che già mi avevo dato.
“Come ti permetti di dire una cosa del genere?? Ti rendi conto di quello che vai cianciando? Sarebbe stato meglio per tutti se tu fossi morta? Lo credi davvero? Sei davvero così convinta che la tua morte sarebbe stata un toccasana per il tuo compagno? Per tua figlia? Per tua madre, tuo fratello, tua sorella e la tua migliore amica? Per me?? Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui la grande Heleiana, Regina del Nord si sarebbe comportata come una codarda della peggior specie!”
“Codarda della peggior specie?? Come ti permetti di definirmi così tu inutile essere umano? Hai una vaga idea di quella che è stata la mia vita fino a questo momento? Sai davvero che cosa ha significato vedere il proprio fratello ucciso e poi riportato alla vista solo per un’esistenza di stenti e tormenti? Che cosa ne sai tu del dolore che si prova a vedere la propria anima disintegrarsi lentamente? TU NON SAI NULLA!”
Un sonoro crack nelle immediate vicinanze del mio lato destro mi fece capire che i miei poteri, già al limite del controllo a causa dello stress delle ultime settimane, avevano trovato uno sfogo, seppure momentaneo, nella distruzione della capanna in cui ci trovavamo. Per quanto fossi consapevole che più mi sfogavo meglio sarebbe stato per la mia sanità fisica e mentale, decisi ancora una volta di fare un respiro profondo e di riportare sotto controllo la tempesta che minacciava di uscire.
Dopo che mi fui calmata un attimo mi voltai a guardare Seiko e non mi stupii troppo nel trovarlo esattamente nel punto in cui era sempre stato, come se il principio di una tempesta che aveva distrutto parte dell’edificio in cui ci trovavamo, non fosse nulla di così fuori dall’ordinario nella sua vita. Ancora una volta mi trovai a pensare che forse, davvero, una manifestazione di questo tipo non era un evento così insolito per il mio migliore amico.
“Hai finito di comportarti come una bambina viziata? Come se il mondo posasse tutto sulle tue spalle? Come se tu fossi l’unica depositaria di un dolore e una tristezza infinita?”
Il tono della sua voce, vuoto e senza vita, mi fece morire il commento sarcastico che avevo sulla punta della lingua e, non per la prima volta in tre settimane, da quando cioè ero arrivata in quel villaggio sperduto, mi chiesi che cosa fosse successo al monaco nei tre anni in cui ero stata assente.
“Cosa mi nascondi Seiko? Ci conosciamo da troppo tempo ormai e non è da te questo comportamento. Cosa è successo?”
“Lascia che ti racconti una storia mia Regina. Forse, quando avrò finito di narrartela, comprenderai meglio il mio sfogo di prima.”
Visto che questo sembrava l’unico modo per capire che cosa fosse successo, e visto anche che con tutte le ossa rotte non sarei potuta andare da nessuna parte per almeno un paio di giorni, mi sistemai meglio sul futon e mi disposi ad ascoltare la storia di Seiko.
“Forse potremmo cominciare con: C’era una volta…, ma non sono ancora sicuro che la fine di questa storia si possa concludere con …E vissero tutti felici e contenti. Comunque c’era una volta una bambina, destinata a cambiare il mondo, anche se ancora non ne era consapevole. Questa bambina, orfana di entrambi i genitori, viveva con un fratello, che le voleva bene più della sua stessa vita. Un giorno i due fratelli incrociarono il cammino di una sacerdotessa oscura che profetizzò alla bambina un futuro oscuro e gravido di minacce e sofferenze. Ma soprattutto le profetizzò la comparsa di un marchio, una sorta di richiamo infernale verso un’arma che da secoli ormai incuteva terrore anche nel più coraggioso e forte dei demoni. La profezia designava la bambina come futura portatrice della spada, ma il prezzo da pagare per quel legame sarebbe stata la sua anima. Il fratello della bambina, spaventato dalla profezia prese la sorella e scappò dalla sacerdotessa, nell’ingenuo tentativo di mettere più spazio possibile tra la piccola e il suo oscuro destino. Nella sua fretta di scappare i due bambini si erano lasciati sfuggire l’ultima frase pronunciata dalla sacerdotessa: “...la solitudine sarà la chiave per aprire il suo animo alla corruzione, ma la fiducia le farà da scudo.”
Passarono i mesi e i due bambini gradualmente dimenticarono l’incontro con la sacerdotessa. Un triste giorno, però, un nemico portò via il fratello alla bambina e quando i Kami glielo restituirono il prezzo da pagare fu altissimo: una vita fatta di solitudine e rimpianti.
Sempre nell’ombra la bambina crebbe e divenne ragazza e ancora i Kami pretesero da lei un grande sacrificio e la perdita di un’altra amicizia. Passata di nuovo dalla luce all’ombra la ragazza crebbe e divenne donna. Scoprì il padre, ritrovò il fratello perduto e l’amica che credeva ormai fuori dalla sua vita e trovò l’amore di un compagno e di una figlia. Ma ancora la solitudine era in agguato e, quando le cose sembravano andare per il meglio, il destino le giocò l’ennesimo scherzo crudele, separandola dal compagno e costringendola a vivere in un mondo che non l’aveva mai accettata. Certo, la sua migliore amica era venuta con lei, ma il dolore provato alla perdita del futuro compagno l’aveva resa cieca e sorda ai problemi di tutti gli altri. E ancora una volta quindi, quella bambina diventata donna all’ombra della sua stessa vita, si ritrovò a vivere nella solitudine. Poi scoppiò la guerra e finalmente i Kami si dimostrarono misericordiosi e garantirono alla giovane donna il ritrovamento della sua famiglia, ma come in una pessima commedia degli errori, la profezia scelse proprio quel momento per avverarsi…”
Mano a mano che il racconto di Seiko proseguiva mi rendevo conto che la storia di quella bambina era la mia e la rabbia nei confronti del mio migliore amico cresceva ad ogni sua parola. Come aveva scoperto tutto questo? Chi gli aveva dato tutte quelle informazioni? E soprattutto come si permetteva di parlarne così liberamente, come se le cose che stava raccontando fossero frutto di una leggenda e non della vita reale di qualcuno.
Prima che, però, potessi esprimere la mia opinione su tutta la storia Seiko continuò a narrare.
“…temendo per la sua sorte e per quella della sua famiglia la giovane donna scappò e di nuovo la solitudine la avviluppò come unica compagna. Si allenò e potenziò il suo corpo fino quasi all’eccesso, nel tentativo di diventare più forte del marchio, più forte di quel richiamo sordo nel fondo della sua anima. Non voleva diventare un mostro e avrebbe combattuto fino alla morte, piuttosto che accettare quel destino. Ma in una notte senza luna il marchio si attivò e la spada reclamò l’anima della giovane donna. Sola nell’oscurità la battaglia della giovane durò pochissimo e la spada prese il sopravvento. “Nessuno verrà a salvarti…nessuno si è mai interessato a te davvero…eri solo utile a tutti loro…a loro non importa nulla di te…sei sempre stata … sola” queste le parole velenose che la spada sussurrava nell’anima della giovane. E lei, bambina cresciuta nell’ombra e nella solitudine, le credette e cedette l’anima a quell’arma infernale. La voglia di sangue e vendetta della spada, uniti all’immenso potere della giovane divennero un’arma micidiale di distruzione. Il fratello della donna fu il primo a perire nel tentativo di raggiungere la bambina che sapeva nascondersi in quel corpo di donna. Morì impalato dalla spada e le sue ultime parole furono “mi dispiace di non essere riuscito a proteggerti”. Subito dopo a morire, ancora per opera della spada, fu la migliore amica che fissando un’ultima volta la giovane donna negli occhi le disse “sono stata una stupida egoista, mi dispiace tanto”. Per ultimo, questa volta a causa degli artigli di lei, morì il compagno della giovane. Le spirò tra le braccia, con una promessa di amore negli occhi e sulle labbra. Già troppo sangue era stato versato, ma la sete della spada non conosceva limiti. Già una volta aveva provato a prendersi l’anima della bambina ma non ci era riuscita e quindi provò di nuovo ad uccidere la figlia della giovane che aveva catturato. Ma alla vista di quegli occhi, così grandi e dorati, qualcosa nella giovane si ribellò. In un ultimo sforzo di volontà la giovane donna attivò la sua fedele arma, quella che aveva ignorato nella sua sete di vendetta e con essa decise di togliersi la vita. Mentre l’ultimo fiato lasciava il suo corpo si rivolse alla bambina e le disse “ti voglio bene piccola mia…non dimenticarlo mai!”, e con questo morì.”
Il silenzio a seguito del racconto era assordante, ma non avevo il coraggio di romperlo. Che storia era mai questa? Era davvero il mio destino? Oppure era una fantasia partorita dalla mente contorta di qualche confratello di Seiko, in preda ad una qualche crisi mistica?
Era davvero possibile che quello che mi aveva appena raccontato Seiko sarebbe diventato realtà? Avrei davvero ucciso Inuyasha? Kagome? E soprattutto Sesshomaru? Il solo pensiero mi dava la nausea? No, se davvero fosse stato questo il mio destino avrei provveduto a farla finita immediatamente. E meno male che la mia morte non sarebbe dovuta essere un toccasana! Se il prezzo da pagare per la mia prolungata, nemmeno poi di molto, esistenza era la vita delle tre persone che mi stavano più a cuore, allora tanto valeva che mi ammazzassi subito!
“So cosa stai pensando Helena! Ti stai chiedendo come mai ti ho sgridato prima sul fatto che la tua morte avrebbe risolto molte cose. Ti stai anche chiedendo se ti fermerò quando tenterai di ucciderti e nel caso in cui tentassi quanto ti ci vorrebbe a mettermi fuori combattimento e proseguire per la strada che hai scelto.”
Rise nel vedere quella che probabilmente era la mia faccia attonita. Come faceva a sapere queste cose?
“Non ti crucciare Regina del Nord! Ti conosco ormai molto bene da poter prevedere quello che pensi. E per rispondere alle tue domande permettimi di farti vedere quello che succederebbe se ti permettessi di ucciderti.”
Attese un mio cenno e poi, con un tecnica che non avrei mai capito, iniziò a mostrarmi le conseguenze di un mio gesto estremo.
 
Sangue, tanto sangue. E tante urla. Inuyasha in ginocchio davanti al mio corpo. Inuyasha che piange e chiede perdono ai cieli per aver fallito, per non avermi protetto. Inuyasha che raccoglie il mio corpo martoriato e lo riporta al Palazzo del Nord. Kagome che urla e piange. Si dispera e inveisce contro il mio corpo senza vita. Domanda ai Kami un perché, il perché di questa morte inutile. Si flagella per non aver visto prima il mio dilemma. Sesshomaru…freddo…come morto. Non si avvicina e non reagisce. Se ne va e nel silenzio della camera della Regina, usa Bakusaiga un’ultima volta. E poi la battaglia contro Kiseki. Senza di me e di Sesshomaru, con Inuyasha e Kagome morti dentro la battaglia è un massacro. Tutti morti e tanto sangue…
 
Silenzio.
Solo il silenzio regnava nella ormai diroccata capanna dove ci trovavamo io e Seiko. Un silenzio rassegnato quello del mio migliore amico, che sembrava aver visto quell’immagine troppe volte ormai, attonito il mio che non avevo di certo previsto la carneficina che si sarebbe originata dalla mia morte.
“Ma…ma quindi ora che faccio Seiko? Se uccidermi porta solo alla loro morte e farmi corrompere dal marchio non mi fa ottenere un risultato diverso, che cosa devo fare?”
Avrei voluto urlargli contro quest’ultima parte, ma era come se nella mia anima si fosse insinuato un blocco di ghiaccio, al solo pensiero del sangue della mia famiglia sulle mie mani.
“Un modo ci sarebbe mia dolce amica…”
Il tono con cui lo disse mi fece gelare il sangue nelle vene.
“Ho fatto molte ricerche in questi anni in cui sei stata via; sai la tua profezia è stata una delle più studiate all’interno della nostra comunità di monaci, dopotutto Sounga non è una spada da prendere alla leggera. L’unica soluzione che è stata trovata è che, in teoria, è possibile rimuovere il marchio dalla prescelta…”
Possibile rimuovere il marchio dalla prescelta? Possibile? Se fosse davvero stato così allora il futuro di sangue che era stato previsto non si sarebbe avverato!
Distratta dalle mie fantasie di poter avere una vita normale quasi mi persi il resto della frase di Seiko.
“…a patto di lasciare che il marchio si trasferisca su qualcun altro, che sacrificherà la propria anima per impedire la morte della prescelta e l’attivazione di Sounga in questo mondo.”
Il tono con cui l’aveva detto e il fatto che si era rifiutato di guardarmi negli occhi mi rese certa di una cosa: “Te lo sogni che ti do il permesso di farti ammazzare al posto mio Seiko!”
Fu il suo turno di rimanere attonito ma al momento la sua faccia non riusciva a farmi ridere.
“Ti conosco anche io, idiota di un monaco! Secondo te c’è qualche altro cretino in questo mondo che si sacrificherebbe per liberarmi dalla maledizione?”
“Bhè, spererei che almeno il tuo compagno decidesse che almeno prova a offrirsi come cavia da laboratorio no? Anche se, devo ammettere, che ci vuole una certa compatibilità con la prescelta per poterne prendere il posto, e dopo lunghe ricerche abbiamo appurato che io ero l’unico candidato possibile. Cosa che non ha mai avuto senso fino al momento in cui ho scoperto che la prescelta eri tu. E poi sai benissimo che la mia morte impedirebbe la tua, quell’orrendo bagno di sangue che ti ho mostrato, e l’attivazione di Sounga. Puoi dire quello che vuoi mia Regina, ma la mia vita non vale certamente la tua!”
Prima che avesse finito di parlare lo scaraventai contro quello che rimaneva del muro posteriore della povera capanna che crollò definitivamente sotto lo sforzo.
“Non dire idiozie Seiko! La mia vita non è certamente più importante della tua e lo sai benissimo! So che in tutti questi anni ti sei convinto di essere stato creato dai Kami per essere solamente il mio protettore, ma io non ne sono così sicura! Hai ancora molte cose da fare, e di certo farti ammazzare al posto mio non è una di quelle! E poi, se la profezia è stata fatta su di me, un motivo ci deve essere! Sai bene che non ti permetterò di sacrificarti per me!”
Potevo vedere che non era convinto e sapevo anche molto bene che non avrebbe esitato ad ignorare i miei voleri per fare di testa sua e farsi ammazzare.
In quel momento però, la mia attenzione venne catturata dall’arrivo, quanto mai imprevisto, di uno dei miei messi dal castello del Nord, che senza dire una parola – avrei dovuto seriamente informarmi se tutti i servitori al castello fossero muti – mi presentò una lettera e sparì, esattamente come era venuto.
Sapendo che questa era la missiva che stavo attendendo da mia madre e che il suo contenuto poteva essere fatale per la risoluzione del problema, mi affrettai ad aprirla.
 
Mia adorata figlia,
spero che questa mia missiva ti trovi in buona salute. Non so perché hai sentito il bisogno di scappare dal castello e dalla tua famiglia dopo solo poche ora dal vostro ricongiungimento, ma confido che tu avessi delle buone ragioni.
Ho chiesto al tuo divino padre le informazioni che mi avevi chiesto e non ho potuto fare a meno di constatare anche la sua immensa preoccupazione alla menzione di quella spada infernale.
Quello che mi ha detto non è molto. Solo che Sounga è una spada che, in origine era stata forgiata per un malvagio e potente Kami ma che, alla morte di quest’ultimo, non si era distrutta con lui. Da allora è alla ricerca di un nuovo padrone e la profezia dice che sarà qualcuno capace di domarla e di trasformarla purificandola dall’odio infusole durante la sua creazione. Una volta entrati in connessione con Sounga l’unico modo per piegarla al nuovo volere sarà dimostrarle la propria fiducia. Il prescelto però dovrà pagare con l’anima la connessione con la spada. Tuo padre ha anche aggiunto l’ultima parte della profezia, che non è mai stata divulgata agli umani: «Quando il bianco squarcerà il nero con un proiettile di anima allora la roccia del cuore si frantumerà e il patto di sangue sarà il filo rosso per un sicuro ritorno». Lui non sa cosa questo possa voler dire, ma spero che possa esserti utile.
Il mio cuore teme per la tua incolumità e spera, anche se inutilmente, che i Kami non abbiano deciso di porre sulle tue spalle anche questo ulteriore fardello.
Ti prego non fare pazzie mi adorata figlia!
Ti voglio bene
Tua madre
 
Ci misi due tentativi prima di rendermi conto di quello che mia madre mi aveva scritto, ma dalla faccia perplessa di Seiko realizzai anche che per lui, come lo era stato per mia madre, la soluzione di tutta questa faccenda non era per niente chiara.
In un lampo capii anche che, se avessi voluto che tutti facessero esattamente quello che dovevano fare, questa scoperta sarebbe dovuta rimanere un segreto.
“Helena, ma tutto questo cosa significa?”
“Non lo so Seiko, ma ti giuro che lo scoprirò! Per ora, però, promettimi che non ti farai ammazzare inutilmente al mio posto va bene?”
Mi guardò con uno sguardo calcolatore: “Solo se tu prometti a me che non farai scemenze!”
“Affare fatto!”
Sapevo di non averlo del tutto convinto con questa mia capitolazione così repentina, ma anche lui non aveva del tutto convito me, quindi per il momento eravamo pari.
In quel momento sentii un cambiamento nel vento e sorrisi.
“Preparati amico mio…sta arrivando mio fratello!”
 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


INUYASHA POV
 
Mentre il terreno scorreva veloce sotto i miei piedi nudi potevo quasi sentire nel vento il profumo di lillà che da sempre aveva caratterizzato mia sorella. Un profumo che, in quel momento, sapeva di casa ma anche di speranza. Sì, la speranza di non essere arrivato troppo tardi per impedire quello che la mia stupida boccaccia aveva messo in modo quasi una luna prima.
Non era stato certamente facile trovare Helena. Erano passate quasi tre settimane da quando avevo lasciato il Villaggio dopo essere riuscito a convincere i mezzi-demoni ad unirsi alla lotta, e da allora non avevo fatto altro che correre da un capo all’altro della regione, nel disperato tentativo di trovarla prima che facesse qualche sciocchezza.
Mi ero fermato solamente a causa della notte di luna nuova ed era stata solo la consapevolezza che se mi fossi fatto ammazzare nessuno ci avrebbe guadagnato, men che mai Helena, che mi aveva impedito di continuare nel buio della notte in forma umana.
Ero più determinato che mai a ritrovarla e riportarla con me al castello del Nord, anche caricata in spalla come un sacco di patate se fosse stato necessario. I Kami non potevano essere così crudeli da non farmela ritrovare, non dopo i tre anni passati separati.
Avevo bisogno di parlare con lei, non solo riguardo a quella maledetta profezia che le era stata appiccicata addosso quando ancora eravamo bambini, ma anche e soprattutto di Kagome.
Nei tre anni in cui erano state via, nel loro mondo, era successo qualcosa, lo potevo vedere negli occhi della mia piccola sacerdotessa.
Kagome non me lo avrebbe mai detto, ma forse avevo una qualche possibilità che lo facesse Helena.
Sicuramente avrei dovuto ringraziarla. Sapevo che cosa succedeva a due youkai che venivano separati dopo che le loro anime erano state unite insieme. Lo avevo visto succedere prima a mia madre, nonostante fosse umana, e poi a Sesshomaru. Potevo solo vagamente immaginare che cosa dovesse aver passato mia sorella in questi tre anni.
Mi sarei fatto perdonare del modo assurdo in cui l’avevo trattata, ma prima dovevo ritrovarla.
Quasi i Kami avessero sentito la mia richiesta quel profumo di lillà che era sempre stato sullo sfondo si portò prepotentemente davanti a tutto il resto e la mia euforia nell’averla quasi ritrovata era tanta che, non guardando dove stavo andando, rischiai quasi di schiantarmi contro qualcuno che, dal nulla, si era materializzato davanti a me.
“Un hanyou molto saggio mi ha detto che la distrazione è il peggior nemico di chi viaggia da solo, Ani-ue!”
Quella voce, quell’aura… l’avevo trovata!
 
KAGOME POV
 
Se solo avessi saputo che le feste umane in onore di ospiti potenti sarebbero state così noiose, avrei di certo provato a convincere Helena a portarmi con lei.
Tre settimane a spostarsi da un villaggio ad un altro, dalla corte di un Daymo minore a quella del suo vicino, sempre al centro dell’attenzione, sempre a dover dimostrare il mio potere e la mia grande saggezza nel tentativo di ingraziarmi il nobile del castello quanto bastava per spiegargli che avevo bisogno del suo aiuto in un’inedita alleanza con demoni e mezzi-demoni, per sconfiggere un essere che, ad andare bene li avrebbe sottomessi tutti, ad andare male li avrebbe uccisi nel modo più cruento possibile.
In molti casi era andata bene. Non so se le mie capacità persuasive fosse improvvisamente migliorate nei tre anni in cui ero stata assente, oppure la malvagità di Naraku aveva lasciato un più profondo senso di comunione tra le razze, ma molti dei nobili con cui avevamo parlato ci avevano assicurato la loro collaborazione nella nostra lotta contro Kiseki.
In alcuni casi, però, le cose non erano andate altrettanto bene. In un caso eravamo semplicemente stati scortati fuori da un villaggio il cui consiglio degli anziani aveva reputato troppo pericoloso quello che gli stavamo chiedendo di fare, ma in un altro caso le cose si erano messe così tanto male, che avevamo dovuto combattere contro i soldati del signore del castello per potercene andare.
L’esperienza mi aveva lasciato l’amaro in bocca; ero abituata a combattere contro i demoni, ma chissà come non avevo mai incluso gli esseri umani come me nella categoria dei “cattivi”.
L’assenza di Helena per poterne parlare non aveva di certo aiutato la mia coscienza a calmarsi.
La povera Sango non sapeva più come fare ad aiutarmi e potevo vedere come le mie mezze verità stessero velocemente logorando sia lei che Miroku.
Sapevo che molto presto avrei dovuto raccontargli tutta la verità e non solo quelle briciole del tutto che erano riusciti a racimolare dai miei discorsi a tutti i nobili che avevamo incontrato.
Erano passate ormai quasi quattro settimane da quando eravamo stati inviati da Helena in missione per reclutare alleati per la nostra lotta, ma ancora non avevo trovato Shinjitsu, il monaco che la mia migliore amica menzionava nella sua lettera.
Le istruzioni di Helena erano state chiare: qualora lo avessimo incontrato per strada avremmo dovuto seguirlo perché mi avrebbe consegnato l’arma fondamentale per sconfiggere Kiseki in battaglia. Avevo anche la sensazione che in sua presenza avrei finalmente potuto raccontare a Sango e Miroku la vera storia dietro il nuovo potere che avevo manifestato.
A penny for your thoughts…”
Cosa???? Ma quello era inglese! Non era possibile nell’era Sen Goku!
In un movimento fluido sfoderai le mie due katane e mi preparai alla battaglia con Kiseki, mentre Sango e Miroku, allertati dalla mia posa battagliera aveva preparato le armi anche loro, quando mi si materializzò davanti l’essere più strano che avessi mai visto.
Quello che mi stupiva, però, non era tanto la sua altezza – ordinaria in un essere umano – e nemmeno la sua bellezza degna di un concorso – non ero sicura che si potesse considerare super attraente un uomo di mezza età con la pelata e decisamente qualche kilo di troppo – ma il modo in cui era vestito.
Infatti, più che un contadino o un monaco medievale quell’uomo sembrava un ferroviere moderno.
Anzi, quell’uomo era un ferroviere moderno! Era l’autista dell’autobus che io ed Helena prendevano sempre per andare in giro nel campus!
Ok questo era decisamente troppo!!!!
“Mani bene in vista e non fare scherzi capito!!!”
“Ah, Miss Kagome! Mi chiedevo quando avrei finalmente avuto l’onore di poterla conoscere di persona! Ogni volta che la vedevo sull’autobus insieme alla sua amica sembravate persone così interessanti!”
“Kagome, chi è quest’uomo? Come fa a conoscere sia te che Helena?”
Domanda da un milione di dollari Miroku, alla quale, però non avevo ancora una risposta.
“Chi sei e che cosa vuoi da noi? Rispondimi con la verità e ti lascerò vivere, mentimi e sei morto!”
Ok, forse ero stato troppo a contatto con Inuyasha prima e con Helena poi, però il sentimento era quello giusto!
Lo vidi alzare le mani con un’espressione stupita e quasi spaventata in volto.
“Non vi allarmate potente sacerdotessa, non ho intenzione di farvi del male! Sono qui solo per ottemperare ad una promessa fatta molto tempo fa ad una ragazza. Il mio nome è Shinjitsu.”
Quel nome! Era quello che Helena mi aveva detto di cercare e comunque quella misteriosa ragazza assomigliava molto, anzi troppo, alla Regina scomparsa. C’era qualcosa che quella volpe non avesse previsto? Qualcuno che non le dovesse un favore in un qualunque momento storico?
 “Allora parla straniero e lasciaci essere giudici della minaccia che potresti rappresentare!”
Nei miei tre anni di assenza Miroku non aveva perso la sua capacità di stemperare la tensione con qualche frase molto diplomatica.
“E’ meglio se veniate con me. La strada non è il posto migliore per discutere di queste cose. In questo momento tutti possono essere vostri nemici Miko-sama!”
Con queste criptiche parole si voltò e, facendoci cenno di seguirlo, si inoltrò verso il sentiero che si snodava dentro la piccola foresta di fronte.
Mi voltai lentamente per assicurarmi che i miei due compagni approvassero la mia decisione di seguire quello strano uomo e mi avviai dietro di lui.
Dopo un lungo e tortuoso giro arrivammo finalmente ad una radura nel bel mezzo della foresta dove il nostro ospite si fermò e ci fece cenno di avvicinarci.
“Sedetevi, qui saremo al sicuro per un po’. Comincerò io a raccontarvi la mia storia così da provare la mia lealtà alla Regina del Nord. Kagome, penso ti sarai chiesta come mai sono vestito in questi abiti moderni e come ho fatto ad essere presente nel tuo mondo e a ritrovarmi qui ora. Vedi, io in realtà esisto al di fuori del tempo…”
“Al di fuori del tempo? E questo che cosa vorrebbe significare Houshi-sama?”
Come sempre Sango era andata dritta al punto ma il nostro ospite, anziché risentirsi dell’interruzione aveva semplicemente sorriso, come se si aspettasse una reazione di quel tipo dalla sterminatrice.
“Questo, Taiyjia-sama significa che io esisto ora, insieme a voi, in questo periodo, ma allo stesso tempo io esisto nel periodo di origine di Miko-sama. Vedete la giovane Kagome, ma anche Helena possono viaggiare sia nel passato che nel futuro, ma non possono coesistere insieme nelle stesso momento in entrambi i mondi. Io invece posso. Vi ho incontrato per la prima volta quando vi siete trasferite in America ed Helena ha riconosciuto immediatamente che tipo di essere ero e quello che potevo fare. Non essendomi dimostrato una minaccia per la vostra sicurezza mi ha lasciato stare. Ma quando la profezia sull’incombente guerra è stata pronunciata la Regina è venuta da me chiedendomi un favore. Quando il tempo fosse stato giusto io avrei dovuto consegnare alla giovane Kagome un pacchetto. Per molto tempo non ho capito perché avesse scelto proprio me per assolvere questo compito. Non avevo mai avuto a che fare né con la Regina né con la guerra contro Naraku, ma nel momento in cui ho realizzato che la difficoltà nel localizzare Kagome non stava nel dove ella potesse trovarsi, ma nel quando ho finalmente capito perché avesse chiesto al sottoscritto. Quindi eccomi qui, e questo è quello che dovevo consegnare alla giovane sacerdotessa.”
Dallo zaino che aveva sulla schiena tirò fuori un pacco e me lo diede in mano.
“Aspetta un attimo Kagome! Non sappiamo nemmeno se possiamo fidarci, per quello che sappiamo fino ad adesso potrebbe essere tutto un tentativo di farti del male!”
“Non preoccuparti Sango-chan! Non è un impostore! Helena gli ha veramente consegnato questa scatola per me, posso sentire la sua aurea che la tiene sigillata.”
Con reverenza e anche un attimo di terrore toccai il coperchio della scatola e sotto gli occhi attoniti dei miei due compagni di viaggio e del monaco, il sigillo cominciò a sciogliersi.
In un attimo della scatola non era rimasto più nulla, ma avevo in grembo la più bella miniatura di arco che io avessi mai visto.
“Ma, Kagome, non è che Helena ha perso la ragione? E’ troppo piccolo come arco per poter essere usato!”
Come se si fosse offeso per le insinuazioni di Miroku, l’arco cominciò a brillare e si trasformò in un’arma degna di tale nome, prima di sparire in un lampo di luce sostituito da uno strano tatuaggio sul mio avambraccio.
Prima che potessi chiedermi che cosa fosse successo, la mia attenzione venne catturata da un piccolo foglietto, uscito dal pacco che avevo appena aperto.
 
Cara Kagome,
se stai leggendo questo biglietto significa che io non sono lì a poterti spiegare di persona che cosa dovrai fare con l’arco che hai appena visto.
Le ragioni della mia scomparsa possono essere innumerevoli, ma non avercela con me se non te ne ho fatto partecipe. Per quanto tu sia come una sorella per me, io sono la tua protettrice e come tale ci sono cose che non devo necessariamente condividere con te!
Quest’arco è la tua arma finale. Piccola Kagome, tu sei destinata a grandi cose! Sei la prima guerriera del bene, la reincarnazione della potente sacerdotessa Midoriko e questo arco ti aiuterà nella pericolosa battaglia che stai per affrontare.
Ho sempre avuto quest’arma con me, ma sapevo di dovertela consegnare al momento giusto oppure essa sarebbe stata inutile!
Perdonami i silenzi e i sotterfugi, ma a volte le profezie che si auto-avverano sono il nostro peggior nemico!
Vorrei poter essere lì con te per aiutarti a padroneggiare anche questa nuova arma, ma il Fato ha altri piani per me.
L’unico consiglio che ti posso dare è quello di raggiungere lo stato meditativo ultimo e di entrare in comunicazione con l’arco stesso. È l’unico modo per poterne sbloccare i segreti.
Rendimi fiera di te sorellina!
A presto
Ti voglio bene
Helena
 
Con gli occhi pieni di lacrime sollevai lo sguardo dal biglietto e lo puntai verso i miei amici.
Era giunto il momento della verità.
“Ti ringrazio Houshi-sama per avermi consegnato questo pacchetto! Sango, Miroku, amici miei, credo sia giunto il momento di dirvi che cosa è successo negli ultimi tre anni…”
 
 

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