BIRTHDAY GIFT (L'apparenza inganna) di Moon (/viewuser.php?uid=621)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
Disclaimer:Questa
storia è stata scritta per divertimento. Non è mia intenzione offendere Orlando
Bloom, nonè colpa mia se con quella faccia che si ritrova continua ad ispirarmi
plot, scusa Orlando ma è più forte di me! Non ho mai voluto mancarti di
rispetto, trattasi solo di pensieri e fantasie tradotti in parole. Ovviamente le
situazioni da me descritte sono esclusivamente frutto della mia
immaginazione, decisamente TROPPO fervida.
Chiedo
scusa anche a Kate Bosworth, vale lo stesso che ho detto per il suo celebre
fidanzato, insomma Kate se state insieme che ci posso fare io? Mi tocca tirarti
in mezzo mio malgrado, ma sicuramente sei una ragazza sportiva e siccome stai
insieme ad un personaggio pubblico, sono sicura che la prenderai sportivamente e
sopporterai rassegnata i miei deliri.
Non ho mai voluto mancarti di rispetto, trattasi solo di pensieri e fantasie
tradotti in parole. Ovviamente le situazioni da me descritte sono
esclusivamente frutto della mia immaginazione.
NOTA:.
Vi chiederete perché non abbia segnalato questa storia come commedia... beh
nella vita a tutto c'è un perché lo scoprirete leggendo. Non è una vera e
propria commedia anche se all'inizio pare, poi sarà comunque brillante ma ... Mi
dispiace ma mica posso spoilerare! In questo capitolo sarà usato lo spagnolo che
io NON conosco affatto, mi sono aiutata con alta vista, chiedo UMILMENTE scusa
per gli strafalcioni che avrò sicuramente scritto, e se qualcuna che sa la
lingua spagnola mi volesse correggere lo faccia pure ed io eseguirò!
ATTENZIONE!!
diversamente
dalle altre storie che ho scritto questa è decisamente un pò più ... come
dire... pepata? Insomma le scene di sesso saranno un poco più esplicite, ma a
mio avviso non tanto da farne un NC17, però preferisco avvertirvi. Un bacio e
buona letture
Dedicata a Persephone(te
lo avevo promesso) Cowgirlsara( sperando di strapparle un sorriso) e
ovviamente all'immancabile Mandy (perchè esiste!)
BIRTHDAY GIFT (L'apparenza
inganna)
●
CAPITOLO UNO ●
Orlando era appena
rientrato dal set dopo una lunga e molto dura giornata di lavoro. Si stava
togliendo gli ultimi residui di cerone, ed era piuttosto cupo.
Era il giorno del suo
ventisettesimo compleanno, e si trovava in Spagna, precisamente in una città di
nome Avilia, da solo, e senza neanche uno straccio di party da festeggiare.
Senza amici e soprattutto senza la sua ragazza. Quella era in assoluto la cosa
che gli pesava di più.
Si guardò allo specchio:
Bello schifo! Con questa barba e questi capelli sembro proprio Gesù Cristo!
Pensò lisciandosi il mento. Poi si osservò più attentamente: Però! Almeno
sembro davvero un quasi trentenne! Si ritrovò a pensare con un certo
compiacimento, ammirando se stesso riflesso nello specchio.
Nonostante ciò, era sempre
giù. Aveva ricevuto solo qualche telefonata di auguri e niente più, insomma era
solo soletto in un paese straniero e con molta probabilità dopo cena se ne
sarebbe andato a letto e buona notte. La mattina dopo la sua sveglia sarebbe
suonata alle cinque, e lui sarebbe dovuto essere sul set, puntuale, alle ore
sei. Stava girando un film sulle guerre crociate e lui da bravo professionista,
interpretando infatti il prode Balian, crociato per amore; sarebbe stato
pimpante e pronto. Si sarebbe rotto il culo fino alle ore 13:00 in punto; ora in
cui, avrebbe fatto la pausa pranzo, ingozzandosi di tramezzini stantii, facendo
MOLTA attenzione ad non ungere il bel costumino corredato di mantello, stile
crociato fico e poi via, di nuovo a rompersi il culo fino alle ore 17:00.
Devo smettere di fare
tutti ‘sti film in costume, NON NE POSSO PIU’!
Pensò contrito.
Comincio ad avere una
certa età! E’ ora che mi impegni in ruoli più complessi e introspettivi. Sì,
decisamente devo cambiare rotta. Che ne so, magari potrei fare uno spacciatore
con problemi esistenziali…
pensò ancora con fare
meditabondo, poi dopo aver riflettuto circa cinque secondi, scrollò la
testa e disse: No, quello lo ha gia fatto Edward Norton, cazzo!
I suoi pensieri furono
interrotti da un bussare discreto alla porta.
“Avanti!” disse curioso.
Il cameriere dell’albergo
in un inglese molto spagnoleggiante gli comunicò che era arrivato un bel pacco
per lui e chiese se poteva farlo portare in camera.
Orlando come un bambino
spalancò gli occhi, e molto ansioso comunicò al ragazzo di farglielo recapitare
immediatamente. Era entrato subito in fibrillazione, qualcuno aveva pensato di
fargli una sorpresa! Il suo umore era decisamente risalito.
Circa un quarto d’ora dopo
bussarono nuovamente. Questa volta Orlando corse ad aprire e si trovò davanti un
pacco verde con fiocco di dimensioni gigantesche. I ragazzi dell’albergo fecero
non poca fatica a trasportarlo nella sua stanza, e lo misero proprio nel mezzo
della sua camera. Poi gli fecero firmare il buono di consegna e se ne andarono.
Orlando curiosissimo si mise ad esaminarlo. Era più largo che lungo, ma comunque
gli arrivava quasi al petto. Non c’era nessun biglietto, niente che gli facesse
minimamente intuire chi fosse il mittente. Ruppe gli indugi e sciolse il fiocco,
ma non fece in tempo a fare altro, perché come se fosse scattato una specie
meccanismo, dal pacco salì pian pianino una torta gigante, a tre piani.
Con sua sorpresa si rese
conto che la suddetta era di polistirolo. Allungò il collo tra il curioso e il
preoccupato; non riusciva a capire bene che razza di regalo fosse mai quello, ma
ancora una volta non fece in tempo a fare altro, perché la torta si aprì, e PUF!
Magicamente ne emerse fuori una ragazza più nuda che vestita, che con movimenti
aggraziati ed estremamente sensuali scese a terra e dopo avergli circondato il
collo con le braccia gli disse:
“Feliz
Cumpleaños Orlando!” aveva una voce che definire sexy era un eufemismo.
Orlando rimase
sconcertato.
La ragazza era
veramente bella. Sinuosa, con lunghe gambe da gazzella, capelli neri corvini
lunghi fin sotto la vita e un corpo da infarto fulminante, ricoperto solo da un
perizzoma non ridottissimo, ma che non lasciava certo molto all'immaginazione, e
due triangolini che coprivano in modo assai sommario i capezzoli e poco più,
dove erano applicate ad arte due graziose nappine.
Orlando deglutì
a fatica, si grattò la testa, e si sentì veramente imbarazzato come non gli
capitava da una vita.
“Co..co..come,
co..cosa hai detto?” riuscì a stento ad articolare senza riuscire a scollare gli
occhi da quella visione, ma spostandosi da lei a distanza di sicurezza.
“He
dicho: feliz cumpleaños Orlando, ¿entiendes?”.
Orlando cominciava a non
saper più che fare, rispolverò le tre o quattro parole in spagnolo che conosceva
e disse “No, non entiendo nada! Ma proprio nada de nada”.
“¿Hablas español?”
gli chiese lei
curvando le labbra in un sorriso provocante.
“No, e non lo
hablo per niente!” rispose lui che cominciava ad innervosirsi.
Se questa è uno
delle solite cazzate di Dominc lo castro! E ora che gli racconto a questa io! E
poi, merda, è mezza nuda, ma che razza di situazione!
Pensò fra sé.
Fece cenno alla
ragazza di aspettare un attimo e si fiondò a prendere il suo vocabolarietto:
Inglese-spagnolo/spagnolo-inglese e cominciò a cercare vorticosamente una frase
fatta per comuncicare con lei.
“Emmmm... AH!
Ecco! .... Dunque: Quién le envía?” le disse scandendo le parole in spagnolo.
Alla domanda
posta da lui circa chi l’avesse mandata, lei si girò e gli mostrò il suo
statuario sedere coperto solo da una minuscola striscia di stoffa, dove era
maliziosamente infilato un bigliettino.
Orlando guardò
quelle natiche sode che sfidavano le più elementari leggi di gravità e la fronte
gli si imperlò di sudore. Che doveva fare? Allungare forse la mano e prendere il
biglietto o aspettare che lei glielo porgesse? Bel dilemma, davvero un bel
dilemma.
Lo levò lei
dall’impiccio: “iTómalo!”.
iTómalo?
Che cazzo vuol dire
iTómalo?!
Orando stava veramente sudando dalla disperazione. Dette un’occhiata al
vocabolario e si rese conto che Tómelo significava: Prendilo. Ecco
appunto, lo sapevo io! Ma tu guarda che mi tocca fare!
Allungò una mano
verso il biglietto, ma la ritrasse subito. Non ce la faceva, anche perché per
poter prendere il biglietto, volente o nolente avrebbe dovuto almeno sfiorarle
una natica e proprio non gli andava. Riprese il vocabolario e cercò un'altra
frasetta preconfezionata utile in quella circostanza: “Por favor, puede
dárlele tu?”
sperava che lei gli risparmiasse quell'incombenza.
Macchè niente da fare.
“Si lo deseas, ¡tienes que tomarlo TU’!”rispose
lei candidamente.
Orlando che aveva intuito il significato, capì che se voleva scoprire chi
l'aveva messo in quella incresciosa situazione, o allungava la mano e si
prendeva il biglietto, o rimaneva all'oscuro e tanti saluti. Si passò una mano
sulla fronte con fare disperato, allungò cautamente
la mano, e sfilò
con delicatezza il biglietto di auguri a lui indirizzato, non senza però aver
inevitabilmente sfiorato la morbida pelle della ragazza, che non si scompose
per niente.
Finalmente aprì e potè leggere. Se non gli prese un colpo fu solo perché era
giovane e il cuore resse allo choc.
Il
biglietto diceva testualmente così:
Per il tuo
compleanno ho pensato ad un regalo davvero speciale e soprattutto molto
originale. Spero che ti sia gradito e che tu ne faccia buon uso.
Spero anche di
averti reso felice e di aver un pò risollevato il tuo umore.
Buon
vetisettesimo compleanno.
Kate.
KATE???
Riuscì solo
a pensare Orlando. Ma come era possibile? Ma che razza di scherzo deficente. La
calligrafia era senza ombra di dubbio quella della sua fidanzata, era forse
impazzita?
Non ci capiva
più niente. Era veramente confuso. Afferrò il telefono e chiamò Kate.
Niente. Lei non
rispose. E ti pareva! Incazzato, disorientato e a dire il vero anche
sempre più imbarazzato, Orlando si lasciò cadere a sedere sul letto, non sapendo
che pensare né tantomeno che fare.
“¿Tienes un problema?”gli
chiese la ragazza sgranado gli occhioni neri dal taglio vagamente felino.
Senza dubbio era
davvero una bellezza particolare, ma era anche il suo peggior incubo in quel
momento, insomma non sapeva dove sbattere la testa, voleva solo che se ne
andasse. Ma soprattutto voleva capire per quale contorto motivo Kate gliela
avesse spedita. Era veramente scioccato.
“Un cierto
problema? Una vagonata di problemi vorrai dire!” rispose agitato.
Lei si avvicinò
un poco e con espressione incerta sorrise e gli disse :“¡No
entiendo lo que dices!”.
“Io invece non intiendo nada de nada e a dirla tutta mi sto anche incazzando!”
bofonchiò lui.
“Senti: TU N-O-N POTERE RIMANERE AQUI’ ” le sillabò Orlando gesticolando e
accompagnando ogni singola parola con una sorta di mimica per farsi capire
meglio.
Lei che evidentemente aveva intuito ciò che lui stava faticosamente cercando di
farle capire, fece un’espressione vagamente triste e corruciata gli chiese :
“¿Yo no
te gusto?”.
Orlando roteò
gli occhi esasperato. Ora ci mancava solo che si offendesse.
“Che centra!”
esordì spazientito “Sei una gran bella f... figliola, ma... non è proprio il
caso e poi cazzo! Copriti!” concluse cupo, quelle due tette che sballonzolavano
davanti lo stavano mettendo a dura prova.
Lei lo guardò
con aria interrogativa e gli disse “Desculpame, pero
no te intiendo”.
Orlando al colmo
della disperazione afferrando il telefono fece il numero della Reception e urlò
nel telefono: “Sono Bloom: stanza 45. Mandatami un intertrepe o chi cazzo vi
pare, basta che parli lo spagnolo e l’inglese. Ho una donna seminuda in camera
che mi parla come se fossi originario di Madrid e non riesco a farle capire che
se ne deve andare, SUBITO!”.
L’addetto della
reception, dopo aver ascoltato la telefonata con la cornetta a venti centrimetri
dall’orecchio a causa delle urla concitate di Orlando, scosse la testa, e pensò
che gli attori sono proprio una categoria strana, e quello era il più strano di
tutti. Chiamò un ragazzo e lo spedì di filato alla 45.
“Salve, sono
Tonio Signor Bloom, qual’è il problema?” esordì l’improvvisato interprete.
Orlando spiegò alla ben meglio la situazione e pregò il ragazzo di dire alla
signorina che doveva andarse perchè non era proprio il caso che si trattenesse
lì.
Tonio guardò
prima lui e poi lei, pensò che quello doveva avere dei seri problemi per
rifiutare la compagnia di un simile spettacolo della natura, ma era pagato per
accontentare i clienti dell'albergo, quindi riferì alla ragazza le parole di
Orlando poi ascoltò anche le ragioni di lei, quindi le riferì ad Orlando: “La
signorina dice che non può andare via, è stata pagata per rallegrare la
festa del suo compleanno ed essendo una professionista deve necessariamente
adempire al contratto” disse Tonio asciutto.
Orlando cominciava a spazientirsi, insomma se non ce la voleva in camera che
doveva essere obbligato! Ma roba da matti! Si ritrovò a pensare.
“Senti Tonio,
spiega a questa qui, che per me va bene così, che ho apprezzato molto il tutto,
ma che ASSOLUTAMENTE non può restare un’altro minuto qui!”
rimarcò Orlando deciso.
Tonio diligentemente riferì. Orlando notò che la ragazza fece un'espressione
stupita e poi la vide rivolgersi con aria complice a Tonio, il quale dopo aver
ascoltato il suo commento non potè fare a meno di fare una risatina.
Orlando ebbe il vago sentore che lo stessero sfottendo e aggrottando le
sopracciglia chiese pittosto seccato a Tonio
“Beh? Che ha
detto di tanto divertente?”.
Il
ragazzo parve lievemente imbarazzato e rispose cercando di apparire disinvolto:
“Ma
niente Signor Bloom! Una sciocchezza ora la convinco ad andarsene”.
“No, voglio
sapere che ha detto!” ribadì Orlando piccato. Gli
rispose direttamente lei, piazzandosi davanti a lui, con le braccia puntate sui
fianchi, gesto quello, che le fece sollevare ulteriormente seno e dondolare
maliziosamente le famose nappine, quindi con aria di sfida disse:
“Digo eso: ¡probablemente tú no eres mucho macho!”.
“Devo tradurre?”
chiese prontamenmte Tonio.
Olando si girò con un lampo omicida che gli balenò nello sguardo e fulminandolo
rispose
“NO, GRAZIE! Ho capito benissimo!”.
Poi si rivolse a lei e incrociando le braccia al petto le disse:
“Cerchiamo di capirsi chiappe d'oro! Sono perfettamente normale e molto macho,
questo tanto per rassicurarti, ma se permetti con chi vado a letto lo decido
come e quando voglio io! Questa pagliacciata è ora di chiuderla qui!”.
Era stato punto nel suo orgoglio di maschio,ma non aveva fatto i conti con la
determinazione di quella singolare ragazza, che senza farsi tanti problemi, gli
si avvicinò e senza tanti complimenti rapida e precisa gli alzò leggermente la
maglietta e gli infilò una mano proprio sul pacco, soppesandolo come si farebbe
con un fagotto. Quindi guardandolo con aria sfacciatamente arrogante gli disse :
“Ahora lo
controlo!”.
Con la mano rovistò
e palpeggiò ben benino e infine concluse con un sorrisetto compiaciuto,
“Ummmm…Bien, muy bien: su pasquete es satisfactorio, muy grande,
¿aun trabaja bien?”
Orlando strabuzò gli occhi e fece un salto all'indietro e ovviamente le levò
immediatamente la mano da i suoi pantaloni.
“Oh,….oh…
Che cazzo fai… TOCCHI?”. Poi sempre più allibito si rivolse a Tonio e disse:
“Ma..ma.. que..questa, mi ha toccato il… il … si insomma quello!”.
Tonio sorrise e disse
“Non si
preoccupi ha detto che è ben dotato! Solo era interessata a sapere se funzionava
bene!” si affrettò a spiegare, il ragazzo che si stava
divertendo come non gli capitava da tempo.
Orlando perse le staffe in malo modo.
“
FUORI DI QUI!” urlò minacciandoli entrambi. “Se non ve ne andate
immediatamente vi faccio causa, vi faccio sbattere in galera e poi .. e poi vi
uccido tutti e due!”.
I
due, vedendo la faccia contratta in una smorfia tipo serial killer che aveva
fatto Orlando, capirono che era veramente ora di farla finita e batterono
ritirata, eclissandosi in quattro e quattrotto.
Finalmente solo Orlando si mise le mani nei capelli. Domani Kate mi sente!
Pensò furioso.
Poi abassò la testa verso il cavallo dei suoi pantaloni. Inevitabilmente il suo
corpo aveva reagito :
“Rimettiti
SUBITO in posizione di riposo, E' UN ordine! BRUTTO TRADITORE!”
tuonò al suo organo genitale come se quello avesse potuto sentirlo.
NOTA: GRAZIE 1000 a Contessa per le
correzioni delle frasi in spagnolo! ^_^
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO DUE ●
Reina stava guardando la
sua amica Aylén come se la vedesse per la prima volta. Aveva ascoltato la storia
che le aveva raccontato e pensava che stesse scherzando, ma Aylén sembrava
serissima, cioè non era seria perché aveva riso parecchio durante il racconto,
ma non sembrava mentire e se mentiva era molto brava nel farlo.
Alla fine Reina aveva la
bocca spalancata e gli occhi sgranati per lo stupore.
“Io non ci credo! Non puoi
averlo fatto! Presentarti semi nuda in camera sua e addirittura toccargli il
pisello! Tu menti!”.
“E invece l'ho fatto”
rispose sorniona Aylén, “Del resto la sua
ragazza mi ha pagato una cifra spropositata per provocarlo!”.
“E' stata la sua ragazza a
commissionare il tutto? NOOOOOOOOO! E' da non credere! Ma allora è vero quello
che si mormora di queste star Hollywoodiane, tutte sesso droga e rock&roll!”
commentò sempre più esterrefatta Reina.
“Credo che volesse
metterlo alla prova o qualcosa del genere” commentò
leggermente pensierosa Aylén “Però è strano, quando stamani mi ha
chiamata e le ho detto che lui ha stoicamente resistito, non so, ho come avuto
l'impressione che non ci sia rimasta mica tanto bene! Strano... davvero strano!”.
“No, aspetta, fammi
capire, e se lui non resisteva? Che facevi? CI ANDAVI A LETTO?”
domandò basita Reina.
“Ma no! I patti erano che
dovevo metterlo in una situazione altamente compromettente e inequivocabilmente
imbarazzante. Tutto a mia discrezione ovviamente, però ripensandoci non sarebbe
poi stato un gran sacrificio passarci la notte insieme! Del resto ho accettato
di partecipare a questa manfrina proprio perché si trattava di lui. Lo sai che
ho sempre avuto un debole per Orlando” disse Aylén con
franchezza.
“Ma sei impazzita?”
chiese Reina che cominciava seriamente a chiedersi chi fosse quella ragazza
seduta di fronte a lei, visto che era identica alla sua amica Aylén, ma che si
stava comportando come una perfetta sconosciuta.
Aylén
sospirò e con aria sognate disse
“Reina avresti dovuto
vederlo! Dio era così,… così dannatamente sexy, e quel suo essere impacciato lo
rendeva ancora più attraente. E poi,…mmmmm ….Madre Santissima! E' bello come un
dio greco e dotato come un toro di Pamplona!” concluse
Aylén con un mugoletto d'approvazione.
Reina cadde
dalla sedia.
“Ti sei fatta male?”
chiese premurosa Aylén facendosi incontro a lei.
“NON mi toccare sai? Tu
non sei la mia amica Aylén! ODDIO! Sono arrivati i marziani e hanno posseduto il
tuo corpo! Vade retro!” disse Reina più seria di
quanto Aylén potesse immaginare.
“E dai Reina! Finiscila!
Che avrò mai fatto di così sconvolgente? In fondo se voglio fare l'attrice mi
dovrò abituare ad interpretare ruoli difficili e anche imbarazzanti. Un attore
professionista deve essere pronto a tutto! E' stata una prova, e per giunta con
un collega, quindi che bisogno c'è di scandalizzarsi tanto, che diamine!”.
“Forse ti sfugge un
piccolo particolare, non HAI recitato in un film, era REALE quello che stavi
facendo e secondo me hai rischiato davvero di brutto. Pensa se Orlando fosse
stato un maschio latino tipo Manuel, a quest'ora saresti ancora sequestrata
nella sua camera, cara mia! Ringraziamo la Madonna di Guadalupe che gli inglesi
sono piuttosto freddini, altrimenti mica facevi tanto la sbruffoncella!”
la rimproverò Reina.
“O forse sarei stata una
donna felice a quest'ora, che ne sai tu?” rispose Aylén,solo per provocare
l’amica, quindi aggiunse in tono più serio: “E poi non credo che Orlando non sia
caliente, credo piuttosto che sia innamorato, quindi fedele. Tutto ciò non può
che fargli onore!”. Poi continuò spiegando a Reina
“A parte tutto, credimi, io l'ho vissuto davvero come un test per mettere
alla prova le mie capacità recitative, e in fine posso dire di essere
soddisfatta. Ho fatto il mio lavoro, l'ho fatto bene e mi prenderò un mucchio di
soldi. Mi sono divertita, e ora, appena avrò dato la tesi, potrò finalmente
volare a New York e pagarmi L'Actor’s Studio. Orlando non lo rivedrò mai più!
Ummmm … forse lo rivedrò sul set di qualche film, ma certamente lui non si
ricorderà di me. Come vedi non c'è alcun problema”.
Reina scosse
la testa. La sua amica Aylén era stata sempre matta come un cavallo, ma questa
volta, a parer suo, l'aveva fatta davvero grossa. Già lei disapprovava quella
specie di lavoro che si era trovata come ragazza sorpresa, più di una
volta, infatti, a causa della sua bellezza mozzafiato si era ritrovata a
situazioni incresciose. Ma Aylén era fatta così, non aveva paura di nulla, per
fortuna non era una di quelle ragazze belle, vanitose e piene di se. Aylén era
intelligente e si stava laureando in biologia. La sua prima scelta era fare
l'attrice, ma se non ci fosse riuscita voleva fare la biologa marina. Era una
dalle idee molto chiare. Nonostante ciò non era né altezzosa né noiosa, anzi era
una specie di sirena travestita da maschiaccio. Una ne faceva e cento ne
pensava. Il suo unico grosso problema erano gli uomini. Eh sì, nonostante fosse
bella, non aveva mai avuto relazioni felici, del resto i suoi ex fidanzati erano
stati tutti presi dalla sua avvenenza fisica piuttosto che dall'insieme della
sua persona e lei ne aveva sofferto molto. Era comunque uno spirito libero e non
poteva essere ingabbiata in un rapporto claustrofobico dominato dalla gelosia e
dalla grettezza.
Nello stesso
momento Orlando, che era in una pausa dal lavoro, aveva appena preso il suo
cellulare e stava chiamando Kate.
Finalmente
gli rispose.
“Ora gradirei che tu mi
spiegassi che cosa significava quella scena, per altro di pessimo gusto, di ieri
sera!” esordì lui arrabbiatissimo.
“Non dirmi che la ragazza
non ti piaceva! Perché non ci credo, l'ho scelta personalmente tra venti
candidate!” rispose Kate piccata.
“Ma sei fuori? Ma che
cazzo stai dicendo?” le chiese Orlando molto confuso.
“Insomma ti è piaciuta o
no? Non vorrai dire che era brutta vero? Gli occhi ce li hai anche tu!”
disse Kate con tono alterato.
“Kate, davvero io non
capisco… ” si ritrovò a dire lui disorientato.
“E’ stata un’idea che mi è
venuta così all’improvviso, inizialmente volevo solo farti uno scherzo, poi mi
sono chiesta come ti saresti realmente comportato lontano da me in una
situazione piccante. Volevo capire fino a che punto sei davvero come sembra che
tu sia. Quando sei con me, a volte sembri quasi perfetto e mi fai paura! Non
sembri neanche vero! Era specie di prova”
disse lei con fare piuttosto teatrale.
“Una prova di che?”
le chiese Orlando che non si raccapezzava più.
“Comportamentale direi! …
Credo” rispose Kate.
“EH?”
esclamò lui e poi riprendendosi dallo stupore aggiunse “Una prova? UNA
PROVA! Cioè hai fatto tutto questo per avere una certezza che francamente hai
già da tempo. E poi che vuol dire che sembro tanto perfetto da farti paura, che
razza di ragionamenti fai? Perché non me ne hai SEMPLICEMENTE parlato? Ma come
ti è saltato in mente! No anzi: COME TI SEI PERMESSA!”.
“NON URLARE CON ME!”
tuonò la ragazza nel telefono “E poi non fare il furbo, lo so che ti sei
fatto tastare bene benino! Quindi, vedi di non fare l'ingenuo”
aggiunse.
“Ah questo poi è il colmo!
Non mi sono fatto tastare per niente!” rispose lui
molto contrariato.
“Vorresti forse negare che
la ragazza non ti ha palpato a dovere? C'era un testimone, ricordi?”
lo sfidò lei.
“Ma mi ha preso alla
sprovvista e poi mi sono ritratto subito!” si
giustificò lui e poi aggiunse con tono indagatore “Senti non sono mica
scemo, falla finita e dimmi dove vuoi andare a parare, mi sto stancando Kate!”.
“Non sono più sicura di te
e dei tuoi sentimenti. Per cui credo che sia opportuno che ci prendiamo una
pausa di riflessione. Non chiamarmi più per tutto il tempo che sarai in Spagna,
ci rincontreremo quando sarai nuovamente a Los Angeles. Sono sicura che dopo
questa separazione potremmo meglio comprendere che cosa proviamo l'uno nei
confronti dell'altra!”.
“Ma che
diavolo farnetichi? Che significa tutto ciò? Pronto? Kate? PRONTOOOO?” urlò nel
suo portatile. Niente, lei aveva riattaccato.
“Dici che
sono stata parecchio stronza?” chiese Kate alla sua amica Sandrine che aveva
assistito alla telefonata.
“Io direi
che sei stata la regina delle stronze. Insomma Kate che c’era bisogno di fare
tutto ‘sto casino? Se volevi una pausa riflessiva dovevi prendere coraggio e
dirglielo con sincerità” le rispose l’amica.
“Ma io c’ho
provato e non ce la faccio. Orlando è così innamorato, così dolce e carino,
tanto che a volte è stucchevole come un barattolo di miele. Però nello stesso
tempo gli voglio bene mi dispiaceva farlo soffrire e ...”
“E menomale!
Se era uno bastardo che facevi? Mandavi un plotone di marines a stanarlo per poi
giustiziarlo? Ma insomma proprio perché è una brava persona non si meritava una
cosa simile!”.
“Tu non
capisci! Io non sono sicura di non volerlo più! Sono confusa, non lo so neanche
io che voglio in realtà, e allora ho bisogno di tempo per riflettere, ma se ho
il coltello dalla parte del manico, resto comunque avvantaggiata, nel caso non
lo volessi davvero lasciare. Chiaro?” spiegò Kate a Sandrine.
“Mah! Io
penso che tu a volte sei un po’ di fuori e in questo caso particolare anche
estremamente ottimista, io dubito che dopo questa sparata Orlando sia, come
dire, ben disposto verso di te!” replicò scettica Sandrine.
“Lui mi ama!
Mi capirà! Del resto anche io mi sono sforzata tante volte per capirlo, lui e le
sue manie di non voler mai confermare la nostra storia, i suoi silenzi e via
dicendo, quindi...” sentenziò Kate sicura.
“Convinta
tu...” commentò Sandrine.
Aylén era
appena rientrata a casa e stava riflettendo sulle parole che aveva scambiato con
la sua amica Reina e alla singolare serata precedente.
Effettivamente dovette ammettere di aver fatto una cosa parecchio azzardata. Le
era andata bene, ma avrebbe potuto trovarsi in un grosso guaio. Forse aveva
davvero esagerato. Però si era davvero divertita, la sua parte incosciente aveva
avuto la meglio e la fortuna gli aveva teso una mano. Riconobbe anche che
Orlando era stato davvero un gentiluomo e che la sua idea di infilargli la mano
nei pantaloni, dettata dalla disperazione, a causa della sua riluttanza era
stata davvero una mossa sconsiderata. Se ci ripensava un pò si vergognava,
insomma rovistare così tra le sue parti intime. Alyén, anche se non era il tipo,
si sentì avvampare e provò un sentimento simile alla vergogna. Però era anche
orgogliosa di sé, aveva affrontato la cosa come se dovesse recitare una parte:
le bellona provocante, e c’era riuscita in pieno, così bene che aveva finito per
diventare davvero disinibita e disinvolta. Non che fosse timida, ma certamente
nella vita reale una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta, non almeno con uno
sconosciuto. Aveva davvero un debole per quel giovane attore, era infatti uno
dei suoi preferiti e non solo per la bellezza , ma anche per ciò che aveva letto
di lui in varie interviste. Nel vederlo dal vivo era rimasta davvero folgorata
dall’avvenenza di Orlando, ma non solo, anche come si era comportato l’aveva
piacevolmente stupita. Invece di offendersi che lui non si fosse fatto ammaliare
dalla sua bellezza e dalle sue provocazioni, aveva apprezzato tantissimo il suo
rigore e la sua serietà. In tutta onestà si era mentalmente preparata a tutti i
modi possibili e immaginabili per poter respingere le sue avance e invece non ne
aveva avuto affatto bisogno.
Poco male,
tanto lei Orlando non lo avrebbe mai più rivisto. Non si sognava neanche di
avvicinarsi né al suo albergo né tanto meno al set dove girava. Doveva invece
mettersi di gran lena a studiare se voleva levarsi di mezzo quella dannata tesi.
Orlando e la serata folle erano ormai passato remoto, ora bisognava occuparsi
del futuro.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO TRE ●
Erano passati alcuni
giorni dal suo compleanno e Orlando era sempre più nero. Aveva più volte tentato
di rimettersi in contatto con Kate, ma non c'era stato verso, lei non voleva
sentirlo e per tanto non si faceva trovare. Riflettendo sulla questione non poteva fare a meno di domandarsi che cosa diavolo l’avesse spinta a fare un
simile gesto. Si erano visti poco ultimamente, ma lui non aveva notato niente
che non andasse bene, quindi questo esploit lo aveva letteralmente colto
impreparato e sinceramente ci stava davvero male. Era veramente innamorato della
sua ragazza, e il solo pensiero di perderla lo faceva stare male.
Così per reazione, si era
buttato a corpo morto nel lavoro, tanto che aveva avuto ottimi risultati: Ridley
Scott in persona si era complimentato con lui più di una volta.
Preso da questo momento di
perfezionismo lavorativo, quel pomeriggio, appena finite le riprese, Orlando
aveva preso in disparte Alejo.
Alejo era un tecnico delle
luci della troupe spagnola che affiancava quella americana, così come spesso
accade quando si gira un film in un paese straniero. Era un ragazzo con cui aveva familiarizzato subito e con cui aveva legato parecchio, del resto
erano quasi coetanei, infatti Alejo aveva solo due anni più di lui.
Orlando gli si affidava
spesso per farsi accompagnare nei suoi giri durante il tempo libero. Alejo era
un’ottima guida oltre che un depistatore di fans formidabile. Più di una volta
lo aveva levato d'impaccio facendolo passare per vicoli e viuzze
semisconosciute, permettendogli di muoversi senza dare troppo nell'occhio.
“Alejo senti, io avrei
bisogno di un testo riguardante i crociati, vorrei documentarmi un po’ di più
sulle origini di questo particolare esercito, e soprattutto che cosa spingesse
questi uomini ad una dedizione così profonda verso la religione e Santissime
Reliquie. Credo che mi sarebbe utile per approfondire meglio il mio personaggio”.
“Io non sono molto
pratico, ma credo che in biblioteca, puoi trovare quello che cerchi”
rispose Alejo pensieroso.
“Bene, però temo che
troverò solo testi in spagnolo” disse Orlando.
“Ho paura di sì, se vuoi
possiamo andare insieme, prendiamo quello che ti serve e poi con calma io ti
posso tradurre quello che t’interessa” propose Alejo.
Orlando
diede un'affettuosa pacca sulla spalla al ragazzo e gli disse:
“Ottimo amico, mio! Sei
davvero un prezioso collaboratore, dovrò per forza raccomandarti caldamente a
qualche pezzo grosso di Hollywood!”.
“Ti ringrazio Orlando, ma
credimi non è per questo che lo faccio, mi piace rendermi utile e soprattutto
con chi se lo merita e tu sei uno dei pochi attori stranieri con cui mi sono
trovato veramente bene”.
Dopo questo
scambio di sinceri complimenti i due si dettero appuntamento a più tardi
in albergo.
Orlando e
Alejo erano da circa un’ora nei locali della biblioteca in cerca dei testi su i
crociati. Si muovevano piuttosto guardinghi e cercavano comunque di evitare le
sale affollate da studenti e lettori. Nel qual caso ci fosse stato bisogno di
entrare in una stanza piena di persone, toccava ad Alejo, mentre Orlando
aspettava in disparte.
“Credo che siamo a posto
no? Hai già tre volumi sull'argomento” disse Alejo.
“Si, ma dato che ci siamo
ne vorrei uno anche sui cavalieri Templari” rispose
l'altro.
“Ma i Templari non hanno
niente a che fare con il tuo personaggio!”.
“Lo so Alejo, ma mi
interessa molto saperne di più su questo particolarissimo ordine”.
“Come vuoi tu. Aspettami
qui che vado a fare una veloce ricerca e vedo se ti trovo qualcosa”
disse Alejo lasciando l'amico da solo in un’ala deserta della biblioteca.
Orlando che
non poteva mai stare fermo più di cinque minuti, cominciò a girellare tra gli
scaffali ricolmi di volumi.
Era un lungo
corridoio con scaffali a destra e a sinistra, solo che a sinistra erano
appoggiati al muro, mentre a destra fungevano come da divisorio alla stanza
adiacente, così si riusciva ad intravedere tra una feritoia e l'altra che cosa
ci fosse dall'altra parte. Orlando, in attesa di Alejo, si
mise a curiosare sbirciando, tanto per passare il tempo. Con
suo disappunto si rese però conto che la stanza adiacente era vuota e passò
oltre. Ad un certo punto però con la coda dell'occhio intravide qualcuno seduto
ad un tavolo intento a studiare, passò oltre, ma all'improvviso si bloccò di
colpo. Aveva avuto una specie di dejà voue.
Non era
possibile!
Tornò alla
svelta indietro e si accostò alla feritoia più vicina alla sagoma e si rese
conto che i suoi occhi non lo avevano affatto tradito.
Seduta
davanti a lui c'era la stessa ragazza che era spuntata fuori dalla torta, la
sera maledetta del suo disgraziatissimo compleanno. Era effettivamente molto
diversa da quella sera. Prima di tutto era vestita: indossava infatti un
maglioncino panna a collo alto e un paio di Jeans, era perfettamente struccata,
i lunghi capelli corvini erano raccolti in una coda e lei era intenta a leggere
e a prendere appunti. Ma senza ombra di dubbio era proprio lei, del resto
l'avrebbe riconosciuta anche tra mille altre, e chi se lo sarebbe più scordato
uno scherzetto del genere?
Gli salì il
sangue al cervello e montò su tutte le furie, ma ancora doveva venire il peggio,
infatti assisté ad una scena che tramutò la sua rabbia in autentica furia
omicida.
Capitò
infatti che un ragazzo, probabilmente uno studente straniero, rivolgesse alla
ragazza una
domanda in uno spagnolo stentatissimo, al che lei, in perfetto accento inglese,
gli chiese appunto se conosceva quella lingua. Il ragazzo che era americano si
sentì sollevato e così lei gli fornì tutte le spiegazioni del caso.
Non solo si
era prestata a quella ignobile scenetta ai suoi danni, ma l'aveva anche
ulteriormente ridicolizzato e preso per il culo, visto che la signorina
parlava molto bene l'inglese. Orlando non ci vide più e si precipitò in fondo
al corridoio, svoltò a destra e una volta arrivato davanti a Aylén cercando di
mantenere la calma disse:
“Salve!”.
Lei alzò la
testa, ovviamente le prese un colpo, ma siccome era davvero una che non aveva
paura di niente si mantenne piuttosto fredda e rispose:
“Hola! Come estas?”
disse come se lui fosse un conoscente qualsiasi e riabbassò subito lo sguardo
sul testo, come per far capire che non aveva voglia di parlare.
“Bene, GRAZIE! Tu invece
che mi racconti?” continuò lui sarcasticamente in
inglese.
“Desculpame,
no entiendo que tu dice!” rispose lei serafica, senza neanche alzare la testa e
continuando a prendere appunti.
“Falla finita con questa
commedia da quattro soldi, ho visto benissimo come te la cavi con l'inglese non
meno di due secondi fa!” tuonò lui.
“E va bene! Parlo inglese,
ora vorrei poter continuare a studiare se non ti dispiace”
disse Aylén alzando lo sguardo e sperando che se andasse alla svelta, anche se
temeva che la sua fosse solo una vana speranza.
“Me ne andrò e soprattutto
il più lontano possibile da te, ma prima ho un paio di domande da farti”
disse lui secco.
“Se posso rispondere,
cercherò di accontentarti” rispose la ragazza in tono
incolore.
Il sarcasmo
acido e cattivello d’Orlando, uscì fuori dalla sua bocca come un fiotto di
veleno: “Ma come
siamo ritrosi oggi, che strano…” e qui fece una
pausa d'effetto corrugando la fronte e massaggiandosi il mento, poi aggiunse
tagliente “Mi pareva che tu fossi una che per mestiere accontenta la
gente!”.
Aylén accusò
il colpo apparentemente bene, quindi lo puntò dritto negli occhi e gli rispose
“Se ti riferisci a
ciò che accaduto nella tua camera, non credo che avrei acconsentito ad
accontentarti nel caso in cui mi avessi chiesto qualcosa in più di quello
che serviva alla commissione che avevo ricevuto. E, se anche avessi deciso di
accontentarti, come dici tu, rimane sempre
l'incognita sul fatto SE TU, saresti riuscito ad accontentare me!” rispose lei
secca e decisa, che in quanto a lingua lunga e tagliente non era seconda a
nessuno.
“Sinceramente non me ne
frega niente di queste disquisizioni da bettola di quart'ordine carina!
Piuttosto dimmi, ma non ti vergogni neanche un po’ ad andare a fare quelle
scenette squallide in giro per le camere delle persone?”.
“Per tua norma e
regola STAVO lavorando, era solo un lavoro, chiaro?”
rispose lei che cominciava a risentirsi.
“OHHHH!”
fece lui fingendosi stupito, come se avesse capito un qualcosa che prima non gli
era del tutto chiaro. Poi aggiunse poggiando le mani sul tavolo e strizzando gli
occhi riducendoli a due fessure
“Bel lavoro davvero! Complimenti! Una
sorta… come dire… di prostituzione soft e pseudo raffinata!”.
Alyéa si sentì veramente punta sul vivo e offesa. Daccordo il suo lavoro come
ragazza sorpresa non era proprio il massimo della vita, a volte doveva
conciarsi in modo davvero esageratamente sfacciato, ma non era mai andata oltre
che il mostrarsi e fare qualche battuta. Del resto la sua agenzia era molto
seria e pretendeva altrettanta serietà dai collaboratori e soprattutto dalle
collaboratrici. Il fatto che a volte avesse dovuto indossare il perizzoma e le
nappine, non la imbarazzava neanche un po’. Non era un'ipocrita, forse al
mare le donne andavano più vestite? Quante ragazze c'erano in spiaggia solo con
il perizzoma? Allora perché se una lo usava per lavoro diventava automaticamente
una puttana, mentre se era in spiaggia o fuorisciva da un paio di jeans era
tutto regolare? Lei non lo accettava e quindi si alzò in piedi e gli rispose per
le rime:
“Se hai voluto gentilmente darmi della puttana, ti rispondo che sei fuori strada
caro mio, mai fatto sesso a pagamento. Fare un lavoro eccentrico e mostrarmi in
un certo modo non fa di me a priori una donnaccia! Quindi non ti permettere di
offendere le persone che non conosci!”.
“Ma che
bell'arringa!” disse Orlando applaundendo in segno di
scherno.
“Solo che hai
trascurato qualcosa, un dettagliuccio da niente, cara la mia santerellina,
dimentichi forse che ti sei … come dire … trastullata con le mie parti intime! E
questo secondo te come lo definiresti? No, sono molto curioso di saperlo”
concluse lui incrociando le braccia al petto.
“Lo definirei un
extra” rispose lei senza tanti preamboli “Una
decisione presa a caldo per la buona riuscita della commissione affidatami”
continuò. Poi molto francamente e senza tanti giri di parole concluse
“Del resto qualcuno mi ha pagherà profumatamente per averti messo in una
situazione scomoda. Sapevo che avrei dovuto spingermi un pochino più oltre del
dovuto”.
Orlando che a quell'affermazione perse il lume della ragione l'afferrò per un
polso strattonandola e gli disse rabbioso
“Ora tu mi dici
esattamente come sono andate le cose, come ha fatto a contattarti Kate e che
cosa ti ha detto di preciso”.
“Ahi!
Mi stai facendo male” disse lei cercando di divincolarsi da quella morza
d'acciao.
Ma
lui non si scompose di un millimetro, anzi aumentò la stretta e le diede uno
strattone ancora più forte
“Non è niente in
confronto a quello che vorrei realmente farti!” le
disse.
Alyén che era una ragazza veramente peperina, ma anche intelligente si rese
conto che doveva spiazzarlo per liberarsi e farlo desistere dal volere risposte
che lei non poteva assolutamente dargli, era nei patti: lei non poteva parlare
né di Kate né tanto meno delle loro conversazioni o avrebbe perso tutti i suoi
soldi; quindi guardandolo con aria ammiccante gli disse:
“Mmmmm, e che
che cosa ti piacerebbe farmi?”.
“Niente di
quello che pensi!” disse lui quasi risentito e
mollando subito la presa.
Ha
abboccato subito! BENE!
Pensò soddisfatta Aylén che decise di rincarare la dose prima della fuga.
“Che strano!”
commentò vaga, e abbassando leggermente lo sguardo verso la chiusura dei jeans
di Orlando concluse “Il tuo amichetto non sembrava della solita opinione!”.
Quindi rapidamente sgattaiolò via da dietro il tavolo e sicura di farcela tentò
la fuga, ma ovviamente Orlando l'agguantò per un braccio
“Dove credi di
andare brutta…”.
“Aylén? Tutto
bene? Che succede, hai bisogno di auito?”.
La
voce di Reina, che era appena arrivata per incontrarsi con l'amica, li
interruppe proprio giusto in tempo.
Orlando la lasciò immediatamente.
“Tutto a posto
Reina eccomi” disse la ragazza, che in fretta e furia
afferrò i libri e si diresse verso l'amica. Poco prima di andare via undì
distintamente la voce di Orlando che con un sussurro minaccioso le diceva
“Non ti credere che la cosa finisca qui!”.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
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●
CAPITOLO QUATTRO ●
“Ma era proprio lui! Non
ho avuto le traveggole vero?” chiese Reina ad Aylén.
“Niente traveggole: era
Orlando” rispose l’altra.
“Ma che ci faceva nella
biblioteca?”.
“Non ne ho la più pallida
idea, so solo che era molto arrabbiato con me, anzi era proprio incazzato come
un toro!” commentò Aylén.
“Ma perché lo paragoni
sempre ad un toro?” chiese Reina perplessa.
“Bho! Forse perché me lo
ricorda! No, davvero non lo so, è stato solo un caso. Comunque proprio non
capisco perché arrabbiarsi così con me, che centro io! ”.
“Beh, forse un pochino c’è
da capirlo, gli hai tirato un pessimo tranello, anche se su commissione, e poi
l’hai preso in giro fingendo di non sapere l’inglese, in più gli hai messo pure
le mani addosso …” spiegò Reina.
“Mamma mia quante storie,
e che avrò fatto mai! Insomma non è con me che dovrebbe essere arrabbiato,
credo!” rispose Aylén che cominciava ad irritarsi.
“Sì, ma attualmente ha te
per le mani quindi mi pare piuttosto naturale che si sfoghi, non credi?”.
“Tanto in biblioteca non
ci torno più, ci andrai tu per me vero Reina?”.
“Ma certo non
preoccuparti. Però, è la prima volta che ti vedo in difficoltà!” disse ridendo
l’amica ad Aylén.
“Non sono affatto in
difficoltà!” le rispose piccata l’altra” E’ solo che non voglio mica ritrovarmi
a delle discussioni, preferisco evitare” concluse.
Intanto Orlando che era
stato raggiunto da Alejo, stava appunto parlando con l’amico.
“Devo assolutamente
rintracciare una persona e tu mi devi aiutare”.
“Orlando non è che sia
così semplice a farsi come lo è a dirsi”.
“Rivolgiamoci a qualche
agenzia investigativa o qualcosa del genere. Io posso fornire una descrizione
fisica, in più so che si chiama Alen, Alien una roba del genere, perché così
l’ha chiamata la sua amica e inoltre so in che agenzia lavora, ho conservato il
buono di consegna della torta”.
Alejo lo guardò perplesso
non era proprio riuscito a capire che cosa stesse dicendo.
“Orlando ma che dici? Non
esiste il nome Alen o peggio Alien, credo che forse volevi dire Aylén e poi di
che agenzia e di che torta stai parlando, io non riesco a comprenderti”.
Orlando spiegò brevemente
ad Alejo del singolare regalo di compleanno che aveva ricevuto, ma trascurò
volutamente un sacco di particolari, primo fra tutti che il mittente del dono
era la sua ragazza e che Aylén lo aveva preso in giro.
“Ah! Ora capisco” disse il
ragazzo con aria complice “Sei rimasto affascinato dalla ragazza e muori dalla
voglia di rivederla!”.
No, vorrei solo strozzarla
con le mie mani!
Avrebbe risposto
volentieri Orlando ma invece disse: “Assolutamente no, la cerco per avere alcune
importanti informazioni che solo lei può darmi”.
Alejo promise che avrebbe
fatto del suo meglio per poterlo aiutare.
Quella stessa sera Orlando
provò per l’ennesima volta a rintracciare Kate, ma come sempre lei era
irreperibile, così al colmo della frustrazione prese contatto con Sandrine, che
sapeva essere la sua migliore amica.
“Per favore non mi tirate
in mezzo alle vostre beghe!” esordì un’agitatissima Sandrine all’inaspettata
telefonata di Orlando. Del resto si conoscevano solo superficialmente e lei non
avrebbe mai pensato che lui avesse mai potuto contattarla.
“Ti prego Sandrine, ho
solo bisogno di capire, sto diventando matto, e Kate si rifiuta di parlarne con
me!” la supplicò Orlando.
Lei che era una ragazza
debole si lasciò commuovere e vuotò il sacco.
“E’ un’idea idiota che è
venuta a Kate una sera che avevamo bevuto un po’ più del solito. Credevo che
scherzasse, ma poi il giorno dopo si è messa contattare varie agenzie spagnole
che organizzano sorprese e scherzi per varie ricorrenze, addii al celibato e
cose del genere. In realtà ha avuto parecchie difficoltà perché molte ragazze
che ha contattato si sono categoricamente rifiutate. Ti giuro che ho cercato di
farla desistere, ma tu la conosci e quando si mette in testa una cosa non la
ferma nessuno. In realtà credo che la cosa le sia un po’ sfuggita di mano, vedi
ultimamente è un po’ giù, come saprai il suo ultimo film non sta andando per
niente bene e il suo telefono non squilla mai, non ha neanche uno straccio di
copione da esaminare. Insomma in parole povere, non è un buon momento per lei e
credo che abbia enfatizzato troppo quelli che lei ritiene problemi di coppia che
crede di avere con te. Dice che è tutto così noiosamente perfetto, ti pare un
discorso logico? A me no! Io credo che voglia solo farsi gratuitamente del male,
ti prego non essere arrabbiato con lei!”.
Orlando che aveva
ascoltato Sandrine senza fiatare, disse: “Grazie di avermi illuminato, almeno
adesso ho capito qualcosa,… o almeno credo”.
Dopo averla salutata
Orlando era ancora più arrabbiato di prima. Continuava a ritenere responsabile
di quella catastrofe Aylén. Nel suo contorto modo di ragionare se la ragazza
avesse rifiutato di acconsentire alla richiesta di Kate, a quest’ora lui e la
sua ragazza sarebbero ancora stati insieme e magari avrebbero affrontato la
questione parlando e chiarendosi, invece di ritrovarsi separati e divisi da un
silenzio forzato, e sempre secondo lui dettato dalle circostanze.
Me la pagherai cara Alien!
Ancora non so bene come ma non la passerai liscia!
Pensava tra se Orlando che come tutte le persone innamorate s’era messo due
belle fette di prosciutto sugli occhi e tanti saluti alla realtà.
Alejo come sempre si
dimostrò in gamba in soli tre giorni aveva scovato tutte le informazioni utili
che servivano ad Orlando.
“Ecco qua!” esordì
sventolando una specie di fascicolo.
Orlando che aveva appena
finito di girare e se ne stava andando a togliersi il costume, si bloccò di
colpo e afferrò i fogli che gli porgeva Alejo.
Così finalmente seppe che
Aylén Delgado lavorava presso la ‘Un sueño para ti’ , la più famosa
agenzia di feste a sorpresa che c’era in città.
“Ma che vuol, dire: un
sueño para ti?” chiese Orlando ad Alejo.
“un sogno per te” rispose
l’altro.
“Sogno? Io direi piuttosto
un incubo. Ma se Dio vuole, domani che sono libero, visto che non devo girare,
potrò finalmente fare i conti con la cara Alien!”.
“Orlando hai sbagliato di
nuovo, si dice Aylén e non Alien!”lo canzonò ridendo Alejo, che comunque non
riusciva a comprendere come mai l’altro sembrasse avercela così tanto con quella
ragazza.
“Per me è, e rimarrà
Alien, del resto trovo in lei parecchie affinità con il mostriciattolo
dell’omonimo film” rispose Orlando.
Alejo non commentò del
resto non erano fatti suoi, se Orlando avesse voluto gli avrebbe spiegato lui
stesso al momento che avrebbe ritenuto più opportuno.
Erano le tre del
pomeriggio seguente quando Aylén ricevette una telefonata dall’agenzia: ‘Un
sueño para ti’,era il direttore in persona che la stava convocando con la
massima urgenza. Rimase piuttosto interdetta poiché non avevano assolutamente
accennato a ciò che volevano dirle. Era abbastanza sicura che non si trattasse
di una chiamata di lavoro, perché in più di un anno che era regolarmente
assunta, ogni volta che doveva fare qualcosa pur cui qualche cliente l’avesse
scelta veniva avvertita semplicemente dalla segretaria, se si era scomodato il
titolare doveva essere per via di qualcos’altro. Con un po’ d’apprensione si
diresse subito all’agenzia.
Una volta arrivata non
fece neanche un minuto d’anticamera il titolare la stava aspettando e dalla
faccia che aveva non prometteva niente di buono.
Infatti Aylén si ritrovò
ad affrontare una situazione a dir poco incresciosa.
Seppe che Orlando era
stato lì e aveva fatto un macello. Aveva addirittura minacciato di denunciarla
come adescatrice.
“Ti rendi conto del fango
che ci hai gettato addosso, rischiando di far arrivare qua la Guardia Civil e
farci chiudere? A sentire il Signor Bloom con lo stratagemma della sorpresa di
compleanno ti sei introdotta nella sua stanza e testuali parole usate da lui:
‘Cogliendomi di sorpresa tastava senza ritegno le mie parti più intime, come per
invitarmi ad avere un rapporto sessuale a pagamento con lei’ ”.
“MA NON E’ VERO!” saltò su
scioccata Aylén.
“Stai zitta e non parlare!
C’è pure un certo Tonio, un inserviente dell’albergo che era presente e che è
pronto a testimoniare”.
Per la prima volta la
ragazza ebbe veramente paura e si rese conto che poteva davvero passare un
brutto guaio.
Inutilmente cercò di
scusarsi e di spiegare, non servì a niente e fu licenziata in tronco.
Ma i suoi guai non erano
finiti lì.
Ingenuamente aveva detto
al titolare che era stata la stessa cliente che aveva commissionato la sorpresa
per Orlando a chiederle di fargli quello scherzetto, così il giorno dopo fu
direttamente contattata da un ufficio legale di Los Angeles che la diffidava da
diffamare la loro cliente coinvolgendola in una situazione illegale.
Naturalmente non avrebbe più ricevuto neanche un soldo a pagamento, a fronte di
quello, che a detta sempre della loro cliente, non le era mai stato
commissionato di fare.
“Oh Santa Vergine di
Guadalupe! Ma ti rendi conto che hai rischiato la galera! Lo sapevo io che avevi
fatto una sciocchezza enorme! E ora come farai?”.
Reina era veramente
concitata.
“Per fortuna, non è
partita nessuna denuncia, ma non avrò un soldo. Sono nella merda, non ho più i
soldi per andare a New York, ma peggio ancora sono senza lavoro e proprio non
posso permettermelo. Ora cosa racconto ai miei? Soprattutto a mio padre!” disse
sconsolata Aylén.
“Se gli racconti la verità
ti uccide!” disse Reina.
“Appunto, dovrò inventarmi
una balla” rispose pensierosa l’altra, poi aggiunse: “Comunque ritiro tutto
quello di carino e gentile che avevo detto e pensato su Orlando. E’ un
bacchettone antipatico, bizzoso e vendicativo come una vecchia zitella acida!”.
“Ma che ti credevi! Queste
star sono tutte viziate e prepotenti, gli frega assai a lui di metter in mezzo
di strada una povera crista. Quello che tu guadagnavi in anno lui a dir poco lo
guadagnerà in un giorno, mica si rende neanche lontanamente conto di che
significa sudare nella vita!” disse stizzita Reina.
“Senti non voglio star qui
a parlare di quello lì. Ora bisogna che mi metta a pensare che cosa posso
inventare a mio padre”.
Suo padre era l’unica
persona al mondo che riusciva ad incuterle un minimo di soggezione, ed era
anche l’unico che riusciva in qualche modo a farla rigare dritto quando lei
deragliava con le sue bravate.
Orlando intanto che aveva
ricevuto le scuse dal titolare dell’agenzia ‘Un sueño para ti’,quando
seppe che Aylén era stata licenziata in tronco, ci rimase un po’ male. In realtà
era andato lì pieno di livore, ma voleva solo l’indirizzo della ragazza. Il suo
primario intento era quello di avere da lei quelle risposte che non era riuscito
ad avere quel giorno in biblioteca. In più voleva dirgliene quattro, sempre
perché secondo i suoi contorti ragionamenti la riteneva responsabile di aver
assecondato i deliri di Kate. Ma di fronte al rifiuto categorico dell’uomo si
era spazientito, cercando di far capire che era una cosa piuttosto importante e
personale. Siccome quello aveva capito fischi per fiaschi, e come era accaduto
anche con Alejo, aveva pensato che si fosse infatuato della ragazza, si era
talmente arrabbiato che aveva finito per andare oltre e dire cose che in realtà
non avrebbe mai voluto dire.
Che l’avessero licenziata
non gli serviva proprio a niente, anche se pensava che forse se l’era un po’
andata a cercare.
Alla fine ne convenne che
poteva mettere a tacere la sua coscienza e che forse sarebbe stato meglio che
cercasse di mettere una bella pietra sopra quella brutta faccenda. Le cose
veramente importanti per lui in quel momento erano due: concentrarsi sul suo
lavoro e scovare un metodo appropriato che gli consentisse di riavvicinarsi alla
sua ragazza, magari con l’aiuto di Sandrine.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
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●
CAPITOLO CINQUE ●
Aylén era di fronte a suo
padre che torreggiava davanti a lei con un’espressione di cupo disappunto. Aveva
appena scoperto che da due settimane la figlia era rimasta senza lavoro. La
ragazza, che faceva fatica a sostenere il suo sguardo, spostava gli occhi dal
viso dell'uomo, alla punta delle sue scarpe con evidente imbarazzo.
“Sarei proprio curioso di
sapere che cosa hai combinato questa volta, scelleratissima figlia che non sei
altro!” tuonò Abel Delgado alla figlia.
“Ma niente papà, è stato
solo un taglio del personale… per mancanza di lavoro” provò a giustificarsi
senza troppa fantasia, Aylén che era stata colta di sorpresa dal genitore. Per
quanto si fosse sforzata non era riuscita a tirare fuori una balla migliore.
Suo padre Abel, che non
aveva mai approvato quel lavoro part time che la figlia faceva, aveva finito
con l'accettarlo per due motivi. Primo perché non sapeva realmente di che cosa
trattasse, credeva infatti che Aylén andasse solo a consegnare messaggi cantati
e ballati, naturalmente in abiti decenti; secondo perché in casa non entravano
molti soldi. Lui era un invalido e percepiva una pensione appena dignitosa,
mentre sua moglie Rosa, che era casalinga, racimolava qualche euro facendo
piccoli lavori di sartoria. I soldi che portava Aylén erano utili per poterle
permettere di studiare e per dare una piccola mano per le spese in casa.
Abel Delgado era un uomo
vecchio stampo e tutto d’un pezzo con le sue idee, a dire il vero anche un po’
troppo rigide, e talvolta decisamente maschiliste. Era stato uno dei migliori
stunt di tutta la Spagna, soprattutto era specializzato in acrobazie a cavallo.
Purtroppo però a quarant'anni in seguito ad una brutta caduta era rimasto zoppo
e i medici gli avevano categoricamente proibito di proseguire quel tipo di
lavoro. Si era così costretto a lavorare in fabbrica e ora che aveva
sessant'anni era in pensione. Aylén era la sua unica figlia, e per la verità lui
avrebbe preferito di gran lunga un maschio. Nonostante ciò non si era arreso, e
fin da quando la ragazza aveva solo sei anni le aveva insegnato tutti i trucchi
del suo mestiere. L'aveva anche obbligata a fare una scuola di stunt, dove lei
aveva conseguito ottimi risultati e Abel in cuor suo aveva sempre sperato che
lei seguisse le sue orme, ma sua figlia voleva fare l'attrice e non la stunt.
Questo, ovviamente, era stato causa di accese discussioni tra loro. Inoltre,
forse proprio perché lui stesso, l'aveva sempre trattata come un maschio, Aylèn
aveva sviluppato una forte tendenza a fare cose fuori dalla norma e talvolta
azzardate, se non addirittura rischiose per la sua incolumità.
“Pretendi che creda alle
tue bugie? Come se non ti conoscessi! Non voglio nemmeno sapere che cosa diavolo
ti sei inventata per farti licenziare, signorina!”.
Aylén era davvero
mortificata dalla malafede che suo padre nutriva sempre nei suoi confronti e
questo aveva contribuito a sviluppare in lei una sorta di ribellione. Fin da
piccola aveva sempre cercato di compiacere il padre per riceverne le lodi e
l'approvazione, ma spesso aveva avuto solo critiche e rimproveri. Così ad certo
punto aveva smesso di fare la brava ragazza e si era trasformata in una indomita
scavezzacollo, più le cose erano pericolose e compromettenti e più lei ci si
infilava in mezzo a capofitto.
“Tu pensi sempre male di
me non è giusto! Questa volta io non centro!” si lamentò Aylén.
“Io so con chi ho a che
fare! Non meno di un mese fa sei finita sul giornale o te ne sei già
dimenticata?” le disse Abel alzando il tono della voce, ancora non aveva
digerito l'ultima bravata in ordine di tempo della figlia.
“Non è stata colpa nostra
è il vento che ci ha traditi … ” provò a dire la ragazza sommessamente.
“Tu e tuo cugino Calixto
siete due pazzi matricolati! Oltre che due sciagurati sprezzanti della vita!”
urlò Abel.
“Ma papà ti giuro che era
tutto calcolato nei minimi particolari” ribatte Aylén.
“Almeno abbi il buon senso
di riconoscere la tua follia! Costruire un deltaplano a mano per poi salire sul
torrione delle mura antiche e buttarsi di sotto non è cosa da persone sane di
mente! E tutto questo perché? Perché voi due leggendo un testo vi siete messi in
testa di emulare le gesta di Icaro! Potevate sfracellarvi a terra, ma non avete
abbastanza cervello per pensare alle conseguenze delle vostre sciagurate azioni,
vero?”.
Aylén non rispose, del
resto quella sua ultima bravata aveva creato non poco scompiglio in città, oltre
che l'intervento della forza dell'ordine e un sacco di altri guai che avevano
fatto imbestialire suo padre come poche altre volte.
“Questa volta si fa a modo
mio! Te lo trovo io un impiego e garantito se non fili dritta te le suono di
santa ragione! Fila in camera tua e non ripresentarti fino all'ora di cena”.
Aylèn ubbidì facendo una
smorfia. Aveva ventitre anni, ma suo padre la trattava ancora come se ne avesse
tre. Disapprovava il suo desiderio di recitare, disapprovava la sua scelta di
volersi comunque laureare e disapprovava in pratica quasi qualsiasi cosa
facesse, per questo lei smaniava di andarsene a studiare a New York. Voleva
frapporre l'oceano fra sé e il suo dispotico genitore. Con sua madre aveva un
rapporto migliore. Rosa Delgado era una donna mite e dolce oltre che molto bella
e aggraziata, ma purtroppo anche lei molto all'antica. Avrebbe voluto una figlia
più docile e più femminile, ma oramai si era rassegnata al temperamento di
quella figlia scapestrata, inoltre Rosa non avrebbe mai contraddetto suo marito
Abel e quindi ogni volta che i due discutevano, anche se in qualche occasione
riteneva che Abel fosse troppo duro o che sbagliasse, non diceva comunque
niente. L'unica cosa che faceva era quella di consolare la figlia ed indurla a
comprendere il padre che in ogni caso era l'uomo di casa e andava rispettato.
La mentalità dei suoi
genitori faceva arrabbiare Aylén, che proprio non poteva tollerare che ancora
nel terzo millennio ci potessero essere persone così chiuse e retrograde, ma
purtroppo finché fosse stata costretta a vivere sotto il loro stesso tetto,
volente o nolente, doveva seguire le loro regole.
Era in camera da un paio
d'ore quando si presentò suo padre.
“Una volta tanto la
fortuna ci sorride” esordì l'uomo con espressione soddisfatta.
“Ho fatto un giro di
telefonate presso alcune vecchie conoscenze e sono venuto a sapere di una cosa
assai interessante”.
Aylén lo ascoltava temendo
che suo padre la potesse costringere a fare qualche lavoro noioso e sicuramente
mal retribuito, tipo commessa o baby sitter. Neanche lontanamente immaginava che
cosa le stava per capitare tra capo e collo.
Lo scoprì subito.
“Domani ce ne andiamo a
Cordoba. Alcuni americani famosi stanno girando un film importante sulle guerre
crociate”.
Già a quelle parole Aylén
sussultò. Si era infatti da poco tranquillizzata, cioè da quando aveva saputo
che la troupe del film dove lavorava Orlando si era spostata pochi giorni prima
da Avilia, la sua città, appunto a Cordoba. Ma soprattutto non capiva, visto che
le riprese erano già iniziate, che cavolo di lavoro avesse mai potuto scovare
suo padre che avesse a che fare con quel film. Per un attimo sperò con tutto il
cuore che si trattasse di un'altra produzione. Ahimè, non era così, del resto
quanti film sui crociati potevano mai girare in Spagna gli americani? Mica una
decina!
“Insomma per farla breve,
uno degli stunt per le scene a cavallo, e sono molte, si è rotto una gamba e non
riescono a trovare un degno sostituto. Stanno facendo audizioni a ripetizione,
ma ancora non hanno deciso chi prendere. Raul il coordinatore della squadra
degli stunt è un mio vecchio amico e ha accettato di vederti. Tu a cavallo sei
un fenomeno, sono sicuro che quel lavoro sarà tuo!” disse l'uomo deciso.
Aylén scrollò la testa,
suo padre era davvero un uomo impossibile, forse non si rendeva conto di avere
una figlia e non un figlio?
“Forse ti sfugge un
particolare papà, loro cercheranno senz'altro un uomo e non una donna. De resto
nel medio evo le donne non andavano di certo a fare la guerra!”.
“Vedi che sei ignorante?
Non conta affatto che tu sia donna, le scene si svolgono in battaglia e i
crociati avevano elmo e armatura, quindi il problema non si pone, anzi può
essere un vantaggio in quanto sei più piccola e più leggera” spiegò soddisfatto
Abel alla figlia.
Aylén trasalì. Non ci
pensava neanche ad andare a lavorare a Cordoba nello stesso film dove lavorava
colui che l'aveva messa in quella situazione e che sicuramente quando l'avrebbe
vista l'avrebbe aggredita, facendo scoprire a suo padre tutto quanto. Senza
contare che doveva lavorare alla sua tesi. E poi fare la stunt anche se gli
riusciva bene, non le piaceva, lei aveva ben altri progetti, quella era stata
solo una fissa di suo padre, non certo un suo desiderio.
“Non posso proprio farlo
questo lavoro papà! E poi tanto non mi prenderanno e comunque ho da studiare e
poi..” disse tutto d'un fiato la ragazza, ma il padre la interruppe.
“Oh si che lo farai,
perché te lo ordino io e perché non siamo nella condizione di rifiutare un
opportunità così vantaggiosa, pagano un sacco di soldi, questo stunt che si è
fatto male, aveva un ruolo molto importante, in pochi sanno fare quelle
acrobazie che sono richieste. Tu le sai fare perché mi sono informato per bene e
quanto è vero che mi chiamo Abel Delgado, domani mattina te ne vieni a Cordoba
con me a fare quel provino, chiaro?”.
“Io non ci vengo!” rispose
piccata Aylén.
“E io ti ci porto per i
capelli!” le urlò suo padre.
Poi spazientito da quelli
che riteneva i capricci di una figlia ingrata la chiuse a chiave in camera e
l'avvertì che l'avrebbe riaperta solo l'indomani mattina per partire alla volta
di Cordoba.
Aylén che non si faceva
prendere tanto facilmente dallo sconforto, in quel momento si sentì veramente
disperata. Aveva assoluto bisogno di parlare con la sua amica Reina, ma non
poteva neanche telefonarle perché era rinchiusa e il telefono era in salotto.
Ci pensò su qualche
minuto, poi facendo spallucce ruppe gli indugi e come era nella sua indole, aprì
la finestra, salì sul davanzale. Si guardò attorno facendo attenzione che
nessuno la vedesse e con cautela si aggrappò alla grondaia. Con movimenti rapidi
e precisi si calò al piano terra, fece un piccolo salto e si ritrovò incolume
nel cortile antistante la sua abitazione. Furtiva e guardinga si avvicinò al
cancello lo scavalcò rapidamente e corse a casa di Reina.
“Vergine Santissima di
Guadalupe! Questo sì che è un guaio enorme!” disse preoccupatissima Reina
all'amica non appena seppe della novità.
“Domani a quest'ora sarò
già morta!” commentò Aylén.
“Questa volta non c'è via
di scampo, tuo padre è davvero capacissimo di trascinarti a Cordoba con la
forza! E ora che possiamo fare?” chiese una sempre più agitata Reina.
Aylén non rispose. Stava
pensando a che cosa potesse mai inventarsi per risolvere quel pasticcio. Per
quanto si spremesse le meningi la sua testa non le suggeriva niente.
“Non ci sono soluzioni”
finì col dire sconsolata Aylén.
“Via non ti disperare,
cerca di prenderla con filosofia” provò a dirle l'amica.
“E' una parola! Appena
quello mi vedrà comincerà a urlarmi dietro, mio padre chiederà spiegazioni e
quando saprà quello che ho fatto… non ci voglio neanche pensare!” disse Aylén
che ebbe addirittura un brivido per la paura.
Reina si grattò la testa e
poi disse con fare meditabondo: “Sono sicura che se Orlando sapesse quanto sia
severo tuo padre, non avrebbe il coraggio di dirgli nulla, una coscienza ce
l'avrà anche lui si spera!”.
“Reina sei un genio!”
esordì Aylén con occhi furbetti guardando l'amica in modo strano e complice.
“Aylén non guardarmi così
che mi metti paura! Ora che cosa ti è venuto in testa!”.
“Reina sei la mia migliore
amica e mi devi aiutare, domani devi venire a Cordoba con noi!” disse agitata
Aylèn che aveva elaborato una specie di piano semi disperato che forse, poteva
salvarla.
“Io posso anche venire ma
non capisco…” rispose l'altra titubante.
“Sarai tu a perorare la
mia causa con Orlando, gli dirai che mio padre è un despota, oltre che un uomo
pericoloso e violento. Gli dirai sarebbe capace di ammazzarmi di botte e che se
dovesse mai scoprire che l'ho toccato, lo costringerà a sposami. O qualcosa del
genere. Tanto gli stranieri sono tutti pieni di pregiudizi e con la testa
infarcita da stereotipi qualunquisti, tipo che gli esponenti delle popolazioni
latine sono tutti maschilisti, gelosi e pericolosi. Abboccherà e starà zitto”.
“COME? A parte il fatto
che non conosco bene l'inglese, io dubito fortemente che si berrà una simile
assurdità!”.
“Dobbiamo tentare e
soprattutto devi cercare di essere più convincente possibile, non è che abbiamo
molte altre soluzioni a portata di mano”.
Reina non era per niente
convinta.
“Io mi vergogno, non ce la
faccio mica a parlare con lui, balbetterei come un somaro!”.
“MEGLIO!” disse Aylén
euforica.
“Meglio? Ma sei matta?”
ribatté Reina.
“Ti insegno un trucco da
attore, userai il tuo imbarazzo, e lo farai passare per terrore rendendo il
tutto più credibile!” disse Aylén circondando la spalla all'amica con fare
complice. Le ci volle quasi un'ora ma alla fine Reina, seppur molto riluttante,
accettò di aiutare l'amica. Subito dopo Aylén tornò di corsa a casa, con l'animo
un po’ più sollevato dalla speranza che quel piano sgangherato potesse
funzionare.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO SEI ●
Aylén riuscì a rientrare
nella sua stanza senza essere vista da nessuno. All’ora di cena sua madre venne
ad aprirle la porta e le comunicò che aveva convinto suo padre a lasciarla
scendere per mangiare con loro.
A tavola, la ragazza, con
furba aria dimessa pregò il genitore di permetterle di invitare la sua amica
Reina ad andare con loro a Cordoba e Abel, inaspettatamente accettò.
“La tua amica Reina mi
piace, lei sì che una ragazza a modo e tranquilla, dovresti prendere esempio da
lei e imitarla” le disse suo padre.
Durante la cena sua madre
non poté fare a meno di farle mille raccomandazioni e poi Abel le ordinò di
andare a prepararsi le valige.
“Le valige? Ma se non
sappiamo ancora neanche se mi prenderanno!” protestò Aylén.
“Ti prenderanno perché tu
sei mia figlia e ti conosco, so benissimo che è una cosa alla tua portata!” le
disse lui con un tono che non ammetteva repliche.
Aylén che non aveva voglia
di discutere salì in camera sua e si mise a fare quelle maledette valigie
piuttosto a casaccio. Aveva già deciso che a scanso di equivoci avrebbe comunque
fatto qualche errore madornale durante il provino. Non voleva affatto superarlo,
non voleva quel lavoro e avrebbe fatto di tutto per essere nuovamente di ritorno
a casa sua l’indomani stesso.
Arrivarono a Cordoba alle
tre di pomeriggio. L’appuntamento per il provino era alle diciassette, ora in
cui la troupe smetteva di girare. Abel era voluto arrivare molto prima per avere
tutto il tempo necessario per essere puntuali. Inoltre volle fissare due camere
in un alberghetto, cosa che fece agitare non poco Aylén, ed anche la povera
Reina.
“Mica mi posso trattenere
a Cordoba per molto tempo!” protestò Reina.
“Che cavolo ne so io di
che cosa si è messo in testa mio padre! Tanto non ho intenzione di superarlo
questo maledetto provino! Ma tu guarda che razza di casino!” disse Aylén
nervosa.
“Ah no? Ma come? Insomma
sarebbe una bella esperienza per una che ha aspirazioni di lavorare nel cinema.
E poi scusa se mi permetto, ma non ti piaceva tanto Orlando? Lavorando con lui
potresti vederlo tutti i giorni!”. Disse incautamente l’altra.
Aylén lanciò un occhiata
di traverso all’amica e le rispose piuttosto seccata:“Ti sei dimenticata quello
che ti ho detto o fai finta? Orlando è un bacchettone, antipatico e puntiglioso!
Non me ne frega nulla di lui né tanto meno di lavorare con lui. Tanto sarebbe
capace anche di denunciarmi e tutto perché? Perché l’ho provocato un pochino, se
ci penso mi viene da credere che non sia neanche possibile che uno si incazzi
tanto solo per una palpatina!”.
Reina ridacchiò.
“Che c’è da ridere?” le
chiese Aylén.
“Forse è geloso del suo
pisello!” disse l’altra terminando la frase con una grassa risata.
“Neanche ce l’avesse
d’oro!” commentò Aylén che poi ridendo a sua volta disse con aria complice
all’amica “ E io lo so con certezza, del resto, come si dice, ho toccato con
mano!”.
Scoppiarono entrambe a
ridere poi decisero di cambiare argomento, altrimenti se le avesse sentite Abel
avrebbero passato entrambe un brutto quarto d’ora.
Alle ore 17,00 Aylén, con
suo padre Abel e una terrorizzata Reina, erano arrivati puntuali sul set.
Avevano appena fatto la conoscenza di Raul, il capo coordinatore degli stunt,
che stava spiegando ad Aylén quali erano le caratteristiche e le evoluzioni che
venivano richieste per quel tipo di lavoro. La ragazza ascoltava svogliata, ma
era ben attenta a non farsene accorgere, intanto di quando in quando lanciava
delle occhiate eloquenti a Reina per indurla a mettersi in cerca di Orlando per
poter parlare con lui.
Non ci fu bisogno di
aspettare molto perché Orlando comparve proprio in quel momento e la sua
espressione era a dir poco stupefatta. Nonostante Aylén fosse vestita in modo
molto semplice ed anonimo, con un paio di jeans abbastanza larghi un maglioncino
nero, un piumino bianco corto, un paio di occhiali da sole neri e i capelli
raccolti in una lunga treccia che spuntavano fuori da un cappellino basket dei
Los Angeles Lakers, lui l'aveva riconosciuta immediatamente. Si domandò se per
caso fosse in atto una sorta di malefica persecuzione ordita alle sue spalle e
stava per aprire bocca, per chiedere spiegazioni, quando Reina, trovato un po’
di coraggio si aggrappò al suo mantello da crociato e tremando come una foglia
per la paura, ma anche per la vergogna di fare una figura pessima, gli disse in
un inglese assai stentato: “Ti prego, no anzi ti supplico! Prima di dire e fare
qualsiasi cosa ascoltami!”.
Lui la guardò perplesso e
si domandò che diavolo volesse quella da lui, ma soprattutto che caspita stava
succedendo. La curiosità però ebbe la meglio sul disappunto e decise di
ascoltare Reina. Quando ebbe finito di sentire l'improbabile storiella che le
aveva propinato l'amica di Aylén evitò di riderle in faccia. Ovviamente non
l'aveva bevuta neanche un po’, ma certamente non aveva intenzione di fare nessun
tipo di scandalo, soprattutto sul set. Era un professionista serio e certamente
non si sarebbe sputtanato di fronte ad un regista del calibro di Scott e davanti
ai suoi colleghi per una questione privata. E poi, come aveva saputo che Alien
come la chiamava lui, era lì per fare il provino da stunt, si era subito
tranquillizzato. Figuriamoci se una donna e soprattutto QUELLA donna poteva
essere capace di ottenere quel lavoro difficile e pericoloso, quindi si sentì
quasi in dovere di tranquillizzare Reina.
“Non credo ad una sola
parola di ciò che mi hai detto, ma non ti preoccupare non intenzione di dire
niente, anzi mi voglio proprio godere lo spettacolo, e quando la tua amica
volerà col culo per terra penso che mi divertirò un mondo!”.
Quindi, facendo
volteggiare con gesto plateale il mantello del suo costume, si allontanò in
fretta per andare a sedersi insieme al resto della troupe e degli esaminatori,
dove di lì a poco Aylén avrebbe fatto il suo provino.
Reina ebbe appena il tempo
di avvicinarsi all'amica per riferirle le parole di Orlando, voleva che fosse
tranquilla prima di salire a cavallo, ma non fece i conti con il carattere della
ragazza.
“Ah! E' così mister
integrità ha detto che vuole godersi lo spettacolo della mia disfatta?”aveva
commentato Aylén alzando un sopraciglio.
“Più o meno, ma a te che
te ne frega?” le sussurrò Reina nell'orecchio.
Aylén non rispose e mentre
si toglieva il piumino per essere più libera nei movimenti le scattò la molla
della ribellione. Ecco un altro maschilista retrogrado e ignorante! Ma glielo
faccio vedere io! Così si accorgerà chi è che ha le palle e chi no! Pensò
arrabbiata.
Raul l'accompagnò un po’
fuori dal punto dove erano e si recarono dove c'erano i cavalli e gli stunt che
si allenavano. Reina vide che buona parte della troupe, gli attori e lo stesso
regista erano tutti lì per vedere come se la sarebbe cavata. Un'altra al suo
posto sarebbe stata timorosa, lei no. Lei era una combattente nata, ascoltò, e
questa volta con estrema attenzione, ciò che Raul le disse e poi con eleganza
salì in sella al cavallo bianco che le era stato portato. Avrebbe dovuto fare un
paio di giri a forte velocità, durante la corsa doveva sporgersi su di un lato
afferrare una lancia e cavalcare senza mani con la lancia impugnata, inoltre il
cavallo doveva impennarsi almeno tre volte e lei avrebbe anche dovuto simulare
una disarcionatura e una caduta a terra.
Aylèn si concentrò
respirando, poi abbassò la testa verso il collo del cavallo, lo accarezzò con
delicatezza e gli sussurrò dolcemente qualcosa nell'orecchio. Quindi si rimise
in posizione eretta, cercò con lo sguardo gli occhi di Orlando e quando li
incrociò un lampo di sfida illuminò le sue iridi scure, lui raccolse il
messaggio e fece un sorrisino di scherno, Aylén non se ne curò e picchiò con
forza i talloni sulla pancia del cavallo partendo al galoppo.
Vederla cavalcare era uno
spettacolo. Elegante e sicura fece due giri galoppando come una furia, alla fine
del secondo giro senza difficoltà si piegò mantenendosi in equilibrio sul lato
destro reggendosi con una sola mano alle redini e facendo leva su di una gamba,
afferrò al volo la lancia che un addetto aveva gettato a terra e con uno scatto
elegante si rimise in posizione eretta. Ora cavalcava senza mani impugnando la
lancia come se fosse stata una vera amazzone guerriera, lasciò la lancia dove le
era stato detto e si apprestò a terminare la sua prova. Fece impennare sulle
zampe posteriori il cavallo tre volte, si fece disarcionare finendo a terra con
una specie di capriola, quindi si rialzò prontamente, e aspettando che la bestia
finisse il suo giro, appena la ebbe a portata di mano, afferrò saldamente la
bianca criniera puntò un piede sulla staffa, quindi volò nuovamente in sella.
Fece infine il suo ultimo giro, quello più importante. Spronò il cavallo e
riprese la sua corsa, ad un certo punto tirò le redini e picchiò il tallone
sinistro sul fianco dell'animale, a quel comando la bestia nitrì nervosamente,
scrollò la testa e si accasciò pesantemente al suolo, dando l'impressione di
tirare sotto di sé la ragazza, che un attimo prima di finire a terra proprio
sotto di lui, con una mossa fulminea, rotolò un paio di volte su se stessa
finendo al lato del cavallo. Ci fu uno spontaneo scroscio di applausi. Aylén
aveva eseguito alla perfezione tutte le evoluzioni richieste. Si rialzò da terra
scrollandosi la polvere di dosso e si avvicinò al cavallo, che si era tirato su,
quindi gli baciò il muso e lo ringraziò della preziosa e precisa collaborazione.
Poi si girò verso chi le applaudiva e fece una specie d'inchino, con sua enorme
soddisfazione notò che non solo Orlando non applaudiva, ma se ne stava
ingrugnito con le braccia conserte al petto come un bambino indispettito.
Raul si complimentò con
Abel che a dire il vero era stato colto da un moto di orgoglio nei confronti
della figlia.
“Buon sangue non mente
Abel, tua figlia è un fenomeno, domani avrete la risposta, ma sono sicuro quasi
al cento per cento che il posto sarà suo. Dobbiamo ancora esaminare un paio di
persone, ma fin'ora, tra quelle che abbiamo visto, nessuno è stato alla sua
altezza. Tutti molto bravi per carità, ma hanno sempre fatto qualche piccolo
errore, tua figlia invece è stata praticamente perfetta. Se il regista sarà
convinto, il lavoro sarà suo!”.
Abel, Aylén e Reina si
congedarono e se ne andarono all'alberghetto che il prudente Abel aveva fissato
quel pomeriggio, del resto Aylén era tutta impolverata e aveva proprio bisogno
di farsi una bella doccia.
Quella sera stessa, dopo
cena, nella sala riunioni dell'albergo che ospitava la troupe, si stava
decidendo a chi dare il posto vacante di stunt per cui erano stati effettuati
numerosi provini. Erano presenti il regista Ridley Scott, il capo coordinatore
Raul, quattro stunts tra i più anziani, Orlando e la sua controfigura per le
scene di combattimento a terra. Il fatto era molto semplice, non era stato reso
noto a nessuno dei partecipanti, ma quel ruolo era legato appunto proprio ad
Orlando, insomma, era lo stunt che lo doppiava a cavallo che si era rotto una
gamba.
“Non vorrete sul serio
prendere una donna vero?” esordì l'attore tra lo stupefatto e il contrariato.
“Scusa Orlando, ma che
problema ti crea? Tanto mica si vede sotto l'armatura che è una donna e comunque
sono spezzoni di scene movimentati e brevi quindi non ci può essere nessun tipo
di complicazione uomo o donna che sia” disse Raul sicuro.
Orlando saltò su
innervosito “A parte il fatto che già mi girano perché non posso farle di
persona, ma essere sostituito da una donna proprio non mi piace”.
“Di questo ne abbiamo già
parlato” disse il regista Scott “E' fuori discussione che gli attori
protagonisti si espongano a pericoli inutili. L'assicurazione nel caso di
incidenti non pagherebbe, quindi per quanto bravo tu possa essere, quelle scene
non le farai comunque. Sul fato di esser sostituito da una donna, la prendi
troppo male, siamo nel 2004 le donne fanno un sacco di cose alla pari degli
uomini, mi meraviglio che un ragazzo giovane come te ne sia così sconvolto”.
In effetti i problemi di
Orlando erano altri, non voleva proprio tra i piedi quella ragazza, gli avrebbe
giornalmente ricordato i suoi problemi con Kate, che tanto per la cronaca non
erano affatto in via di risoluzione. Non poteva certo andare a spiegare a loro
il perché fosse contrario alla sua assunzione e così aveva cercato vie traverse,
ma quanto pare con scarsi risultati. Malgrado tutto si dovette arrendere
all'evidenza, erano tutti entusiasti di quella gatta morta e il lavoro sarebbe
andato a lei. Nonostante si rendesse conto che avevano ragione, perché Aylén era
stata grandiosa, non lo ammise ma evitò di fare ulteriore polemica, quello era
il suo lavoro e quando si lavora si deve essere seri. Avrebbe ridotto ai minimi
termini suoi contatti con lei, non avrebbe certamente causato discussioni sul
set, ma se ma l'avesse intoppata fuori dall'ambiente lavorativo si sarebbe tolto
la soddisfazione di dirle quello che pensava di lei.
NOTA: L’idea di Aylén come stunt controfigura di Orlando, l’ho
avuta guardando gli speciali delle Due Torri versione estesa, dove viene
spiegato che la maggior parte dei cavalieri di Roan, in realtà erano donne.
Quindi non è una cosa del tutto improbabile visto che nella realtà è già stata
utilizzata ^_^
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO SETTE ●
La giornata seguente per
Aylén fu davvero molto impegnativa. Dopo aver saputo che aveva ottenuto il
lavoro passò direttamente tutto il giorno sul set. Suo padre e Reina la
salutarono per tornarsene ad Avilia. Con Reina rimase d’accordo che si sarebbero
risentite e che sarebbe tornata a trovarla, portandole anche il suo portatile e
i libri per vedere se nelle pause libere le fosse riuscito di lavorare un pò
alla sua tesi.
Conobbe la maggior parte
degli stunt con cui avrebbe lavorato e si trovò abbastanza bene con tutti.
C'erano solo altre due ragazze: Maria e Carmen, poi erano tutti uomini che
ovviamente non essendo rimasti insensibili alla sua bellezza, si fecero in
quattro per compiacerla. Quando seppe che proprio lei era la controfigura delle
scene a cavallo di Orlando rimase perplessa, ma non se ne volle curare più di
tanto.
Per fortuna non lo vide
per niente per buona parte della giornata, del resto lei si stava allenando con
Raul alle scuderie, mentre lui era da tutt'altra parte. Solo a fine serata fu
accompagnata in sartoria, dovevano prenderle le misure per i costumi e
l'armatura. Con sua sorpresa in sartoria c'era pure Orlando.
Stranamente, nonostante la
sua espressione fosse alquanto eloquente nel manifestare un disappunto
fortemente palese, il ragazzo non la degnò di una sola parola.
La sarta e l'armaiolo
ebbero il loro bel da fare.
“Dunque, visto che sei più
bassa di lui di sei centimetri, bisognerà fare un rialzo nelle calzature. Le
spalle possiamo allargarle con appositi spallini. L'armatura la facciamo più
larga e poi la riempiamo con un’imbottitura” e mentre la donna continuava a
ripetere a voce alta tutte le cose da aggiustare sulla figura di Aylén, lei
docile stava ferma a braccia allargate a farsi prendere le misure, mentre
Orlando stava a lato con un’espressione sempre più scocciata.
Una volta terminato il
tutto, arrivò il maestro d'armi.
“Allora, dato che tu entri
a lavorare ora, bisognerà darsi da fare e cercare di recuperare più in fretta
possibile il tempo perduto. Siccome devi fare scene di battaglia a cavallo
bisogna che tu prenda dimestichezza con la spada e con la lancia, ma soprattutto
devi studiarti e imparare alla perfezione le movenze di Orlando. Quando sei a
cavallo, tu sei lui, e quindi devi muoverti esattamente come si muoverebbe lui”.
Aylén si grattò il naso
con un gesto che oscillava tra il divertito e lo scettico. Orlando era sempre
più cupo.
“Quindi in conclusione da
voi due mi aspetto serietà e soprattutto velocità! Vi allenerete un'ora prima di
iniziare le riprese e due ore dopo la fine delle riprese, tutti i giorni. Prima
lei si allinea, prima smetterete di fare tutto questo lavoro in più. Sono stato
chiaro? Qualche domanda?”.
I due tacquero.
“Bene! Si comincia domani
mattina alle cinque, ritardi non saranno ammessi per nessuna ragione, se non
strettamente legati ad un malanno fisico grave e certificato dal medico.
Arrivederci a domani”.
Il maestro d'armi salutò e
se n’andò, seguito a ruota da Orlando che senza fiatare e naturalmente senza
salutare, aveva girato i tacchi lasciando Aylén ai suoi pensieri.
Alle cinque di mattina?
Questi sono tutti pazzi!
Pensò la ragazza sconfortata da quella notizia, ma c'era poco da fare era in
ballo e doveva ballare per forza.
Ma lo sconforto maggiore
lo provò il giorno seguente.
Alle cinque in punto
Aylén, Orlando e il maestro d'armi erano pronti per iniziare l'allenamento, a
fare da spettatore c'era anche Alejo, che incuriosito voleva vedere come se la
cavava la ragazza.
Per Aylén non fu una
passeggiata. Cominciarono con farle vedere come Orlando roteava la spada sopra
la testa. Una scemenza a prima vista, quindi con piglio sicuro la ragazza
afferrò lo spadone, ma non riuscì a portarlo neanche all'altezza della propria
spalla. Quell'arnese pesava da morire. Lei caparbiamente ci provò una, due, tre
volte, ma il risultato fu sempre lo stesso, non l'alzò neanche di un solo
millimetro in più. Intanto Orlando come a voler sottolineare la sua totale
incapacità, continuava a far roteare la sua spada sopra la sua testa con agilità
e destrezza, come se quella fosse stata di cartone invece che di ferro. La cosa
face letteralmente imbestialire Aylén, che se fosse riuscita ad adoperare la sua
come avrebbe voluto, gliela avrebbe battuta volentieri sulla testa per farlo
smettere.
Il maestro cominciò subito
ad elencarle i numerosi difetti che aveva avuto nell'approccio all'uso
dell'arma, si posizionò dietro di lei e guidò le movenze che doveva fare, con il
suo aiuto Aylén riuscì a portare la spada sopra la propria testa e farla roteare
anche se goffamente, ma quando l'uomo la lasciò per farla continuare da sola, il
braccio di lei non ce la fece a sostenere da solo il peso, e ricadde malamente
verso il basso, facendo oscillare pericolosamente l'arma, che quasi sfiorò il
naso di Orlando, il quale istintivamente fece un balzo all'indietro protestando
con veemenza.
“Stai attenta! Cristo,
manca poco mi porti via il naso!” poi rivolto al maestro d'armi disse con vena
polemica “Possiamo stare qui mesi, ma che dico: anni! Questa qui non ce la farà
MAI! Del resto lo dicevo io che una donna non era adatta!”.
Il maestro non lo
considerò, tagliò corto sulle polemiche e poi spiegò che era tutta questione
d'allenamento, ma che fosse stato necessario, Aylén avrebbe dovuto fare un po’
di pesi per potenziare le braccia. La ragazza si mostrò collaborativa e annuì,
Orlando storse la bocca, ma non fiatò, l'ora finalmente finì, lui se andò sul
set e lei alle scuderie.
Alle cinque del pomeriggio
stessa musica della mattina. Aylén nonostante ci mettesse tutto l'impegno
possibile, non riuscì a far roteare quella stramaledettissima spada, che
cominciava ad odiare a morte. Ad un certo punto il maestro d'armi se la prese
anche con Orlando: “Non c'è bisogno che ne stai qui a fare roteare la tua spada,
lo so che la sai usare! Invece di perdere tempo potresti anche cercare di
aiutarla, così non si arriva capo di niente, me la fai solo innervosire e più
lei è nervosa e meno mi rende!”.
Orlando sbuffò appena, già
gli giravano le palle, perché doveva farsi tre ore in più di lavoro ogni giorno,
che poi dovesse essere anche star dietro a quella, proprio non lo digeriva. E
che cavolo doveva anche ripassare le battute per il giorno dopo, così diventava
tutto massacrante.
Finalmente finirono e
Aylén potette ritornare in albergo. Aveva cavalcato tutto il santo giorno con
Raul per imparare alcune cose, aveva tentato di usare la spada e ora era
indolenzita dalla punta dei capelli alla punta dei piedi, ma era il braccio
destro quello che in assoluto le faceva vedere le stelle. Si fece una doccia e
poi si coricò su letto, senza accorgersene, si addormentò secca come un chiodo
sopra le coperte ancora avvolta nell'asciugamano e con i capelli bagnati.
La mattina dopo si alzò
con la febbre e raffreddore terrificante.
Si presentò al lavoro in
condizioni disastrose.
“Ma stai male?” le chiese
il maestro d'armi.
“Don' è diente, solo un
bruddo raffreddore” rispose lei costipatissima.
Orlando perse la pazienza:
“E non si può mica lavorare cosi! E che cazzo! Già ieri non ha combinato nulla,
figuriamoci oggi!”.
Il maestro d'armi ne
convenne con lui. Fece un ramanzina ad Aylén intimandole un giorno di riposo,
poi l'ammonì invitandola ad comportarsi da professionista seria e a
ripresentarsi l'indomani in condizioni decenti.
Aylén obbedì senza
protestare e rientrò in albergo.
Naturalmente ora lei
alloggiava in quello assegnato all'intera troupe dalla produzione e la sua
stanza si trovava due piani sotto a quello dove alloggiavano gli attori il
regista e l'aiuto regista.
Appena arrivata in camera
la raggiunse il medico che le somministrò un pasticcone che fece fatica ad
ingoiare e che poi le consigliò di starsene al caldo. Lei seguì il consiglio
alla lettera e si rimise a dormire.
Quando si svegliò si rese
conto che aveva dormito parecchio, guardò l'orologio e vide che erano le cinque
del pomeriggio, si stiracchiò un poco e anche se ancora indolenzita si rese
conto di stare molto meglio e di avere fame. Si vestì e scese in cerca di
qualcosa da mangiare, rimediò un paio toast al bar dell'albergo e un bicchiere
di succo d'arancia. Mentre mangiava prese una decisione: doveva fare quattro
chiacchiere con Orlando. Il suo comportamento era scorretto e poco incline alla
collaborazione, di quel passo quel lavoro si sarebbe tramutato in un disastro
infernale, bisognava darci un taglio. Prima di risalire in camera sua consegnò
al ragazzo della reception un messaggio per lui, dove lo invitava a farsi
trovare alle nove nella hall perché aveva urgenza di vederlo per parlargli di
lavoro.
Quando Orlando rientrò in
albergo e gli fu consegnato il messaggio, lo lesse lo accartocciò e lo buttò nel
cestino, decise immediatamente che non si sarebbe presentato all'appuntamento,
anche perché di parlare con lei non gli interessava minimamente. Se aveva dei
problemi erano fatti suoi, ci doveva pensare prima d'imbarcarsi in una
situazione fuori dalla sua portata. Anzi se non avesse retto e se ne fosse
andata, per lui sarebbe stato tutto di guadagnato.
Qualche ora dopo, Aylén
guardando l'orologio, si rese conto che aspettava Orlando da ben quarantacinque
minuti, e capì che lui non sarebbe venuto.
Bene il capoccione
bacchettone acido, e anche abbastanza stronzo ha deciso di fare la prima donna!
Ma mi conosce poco! Non vieni? Allora vorrà dire che verrò io da te, che credi
che mi metto paura? Povero te! Deve ancora nascere chi mette paura carino!
Con questi pensieri per la testa si diresse decisa alla reception. Sulle prime
il ragazzo si rifiutò categoricamente di dirle il numero della stanza d’Orlando,
del resto c'erano ordini ben precisi riguardo le stanze degli attori, ma Aylén
gli fece gli occhi dolci e un paio di smorfiette ad arte, spiegando che era una
cosa importantissima e che dovevano parlare di lavoro, e alla fine il pollo
abboccò e le disse che lo avrebbe potuto trovare al terzo piano stanza 27. Aylén
lo ringraziò caldamente e si diresse dritta alla meta.
Orlando era in camera sua
con Alejo.
“Ultimamente sei troppo
nervoso” gli stava dicendo il tecnico, mentre lo aiutava a ripassare alcune
battute.
“E' vero. Mi girano le
scatole e poi due palle con quella nuova che non ti dico” rispose Orlando.
“Ho notato che sei
parecchio scostante con lei… strano” commentò Alejo.
“Strano? Lo saresti anche
tu! Mi tocca lavorare il doppio!” rispose l'altro.
“Io con una così ci
lavorerei giorno e notte, anzi approfitterei proprio di tutto il tempo a
disposizione per stare con lei… Non è che se ne vedono tante di tipe così in
giro” disse Alejo.
Orlando non fece in tempo
a rispondere perché furono interrotti da un bussare deciso alla porta.
“Avanti” disse il ragazzo
ignaro. La porta si aprì e Comparve Aylén. Come la vide Orlando fece due
occhiacci e le disse subito: “Che cazzo ci fai qui TU?”.
“Avrei bisogno di parlare
con te, e siccome non ti sei presentato nella hall… come si suol dire: se
Maometto, non va alla montagna, allora la montagna va da Maometto!”.
“Taglia corto con i tuoi
proverbi della domenica, non ho intenzione di ascoltarti, perché SE NE AVESSI
AVUTA, mi pare OVVIO che sarei venuto giù!”.
“Ti rubo solo un minuto”
disse lei per niente smontata.
“NO! Fuori di qui!” sbottò
lui.
Aylén perse le staffe.
“ORA BASTA!” gli urlò in
malo modo, poi con tono più calmo ma sempre piuttosto alterato continuò: “La
vuoi smettere di starnazzare come un gallo isterico sì o no? E che palle! Stai
zittino due minuti e ascoltami! Ho un paio di cosette da mettere in chiaro e poi
me ne vado!”.
Orlando fece solo in tempo
a sibilarle a denti stetti un “Ma come ti permetti tu…” che lei lo rintuzzò di
nuovo: “Sii educato se ti riesce, e fammi finire prima di interrompermi di
nuovo!”.
Alejo che li guardava
esterrefatto mormorò: “Beh io andrei…”
“No, tu rimani, questa è
pericolosa!” disse Orlando.
Alejo lo guardò strano, ma
non disse niente e rimase.
“Tanto per schiarirti le
idee signorino” cominciò a dire Aylén puntandosi le mani sui fianchi “Dovresti
smetterla di fare tutte queste storie, del resto se sono qui è solo per
lavorare. Lavoro che mi è indispensabile, visto che QUALCUNO mi ha fatto perdere
il mio precedente impiego!”.
Orlando provò a
discolparsi “Non è stata una mia idea, io non ho chiesto il tuo licenziamento
e..”.
“Ma falla finita!” lo
interruppe lei “Se non ti fossi presentato in agenzia con quell'aria ridicola,
tipo vergine oltraggiata, piagnucolando come una femmina…”, s'interruppe un
attimo. Era davvero arrabbiata, poi continuò: “Mi pare quasi di vederti!” e a
quel punto proseguì imitandolo come se davvero fosse un piagnucolone: “Oh quella
ragazza indecente e senza morale che mi avete mandato, mi ha toccato il mio
prezioso pisello, è una prostituta e io la denuncio!”.
Alejo spalancò gli occhi e
la bocca e Orlando diventò verde.
Ma lei era partita in
quarta e non dette loro tempo di parlare: “Mi hai rotto le palle! Non è con me
che dovresti avercela, ma con chi ha avuto l'idea di spedirmi da te!
Francamente con il senno di poi, se mai potessi tornare indietro, non lo rifarei
di certo, visto che mi è costato il lavoro, e che la tua dolce metà non
mi pagherà un soldo e come se non bastasse, ci si è messo di mezzo pure il mio
tostissimo genitore, che mi ha procurato questo bel lavoretto, dove mi toccherà
rompermi il culo non so ancora per quanto tempo!”.
Ma non aveva ancora
finito.
“Chi l'avrebbe mai detto
che Kate Winslett era una parolaia! Almeno mi avesse dato i miei soldi non
starei certo qui! E pensare che era una delle mie attrici preferite prima di
'sto casino!”.
“KATE WINSLETT??” chiese
Orlando strabuzzando gli occhi.
Lei lo guardò come se
fosse rincitrullito: “Che fai il finto tonto? Kate non è la tua fidanzata?”.
Lui la guardò con
sufficienza e disse: “La mia ragazza di si chiama KATE BOSWORTH”.
Lei lo guardò perplesso “E
chi è? Mai sentita nominare! Ma pensa tu! Quando mi ha detto di essere
un'attrice e di chiamarsi Kate io ho pensato che fosse la Winslett, del resto
solo quella Kate conosco, come attrice” poi continuò “Divagazioni a parte, le
cose stanno così. Se sono qui la responsabilità è solo tua, quindi smettila di
fare le bizze e cerca di collaborare, sarà meglio per tutti”.
“Non me frega un piffero
se non hai beccato un soldo, anzi per la verità mi fa pure piacere, in quanto ai
tuoi problemi: sono e rimangono tuoi” rispose secco Orlando.
Lei si diresse alla porta
e prima di aprirla per uscire gli disse: “Come diceva la buon anima di mia
nonna:fiato sprecato parlare con i somari! Dovresti vergognarti! La gente
normale lavora per vivere, a me questo lavoro serve e non ho intenzione di
perderlo. Mi farò valere con o senza il tuo aiuto. Buona serata!” e così dicendo
Aylén se n’andò.
PS: visto che qualcuno ha
ritenuto questa storia un pò troppo forte, ho alzato il rating a "R" sperando di
non scandalizzare più nessuno ^_^
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO OTTO ●
“Accipicchia che
caratterino!” commentò Alejo non appena lui e Orlando furono rimasti soli. Poi
rivolgendosi nuovamente all'amico con un’espressione incuriosita gli domandò:
“Ma fammi capire una cosa, ti ha veramente toccato il pisello?”.
“Si” ripose a denti
stretti Orlando, il cui giramento sferico era arrivato a proporzioni tipo
turbina di una centrale elettrica ad energia nucleare.
“Per caso non è stata una
bell’esperienza? Ti ha fatto male?” chiese l'altro sempre più curioso.
“Dio Santo, NO!” ripose
l'interessato spazientito.
“Non capisco! No, perché
da come ti comporti, sembra che ti abbia strizzato le palle!” commentò Alejo
perplesso e poi continuò “Forse ti fa senso farti toccare dalle ragazze?”.
“Ma che cazzo dici? Certo
che mi piace essere toccato!” saltò su Orlando, poi aggiunse: “Ma guarda tu che
mi fate dire! E' mai possibile che il mio … si, che il mio pisello debba
diventare argomento di conversazione?”.
“Perché la cosa
t’imbarazza?” chiese l'altro perplesso.
“SI! … cioè no! Insomma
preferirei cambiare argomento!” farfugliò Orlando.
“Capisco!… ” fece Alejo
con aria di chi la sa lunga.
“Che?” domandò l'altro
girandosi di scatto.
“No davvero, lo capisco.
Non c'è niente di male … capita… certo però è un po’ triste come cosa… per uno
della tua età…e nella tua posizione poi! Deve essere proprio dura!”.
“Ma capisci CHE COSA?”
chiese irritato Orlando.
“Su via non facciamone una
tragedia. Cambiamo argomento!” disse Alejo con tono complice e comprensivo.
A quella ultima
affermazione, ad Orlando, se mai fosse possibile, aumentò ancora di qualche
grado il livello della sua già strabordante incazzatura.
“MI DICI PER FAVORE CHE
CAZZO PENSI DI AVER CAPITO?”.
Alejo non avrebbe voluto
toccare quel tasto così delicato e strettamente personale dell’amico, ma visto
che se lo voleva sentir dire, gli rispose: “Intendevo dire che… ecco se sei…
come dire… un po’…. impotente, forse è solo colpa dello stress o magari…”.
Mica ce la fece a finire
il discorso perché Orlando scoppiò a ridere fragorosamente.
“Tranquillizzati amico
mio! Funziona tutto a dovere!” disse con calma.
Alejo tirò un sospiro di
sollievo.
“Mi hai tolto un peso!”
poi si fece nuovamente pensieroso e disse “Ma non sei comunque normale!”.
“Eh?” chiese Orlando che
non capiva che cosa non tornasse ora all’altro.
“Non è normale che un uomo
NORMALE faccia tutte queste scene per una essere stato toccato da una donna,
anzi da una gran bella donna! Insomma io sarei stato felice e francamente me ne
ricorderei con piacere ecco!”.
“E’ tutta la situazione di
contorno che mi ha mi ha fatto incazzare” cercò di spiegare Orlando.
“Ah! Ora capisco! Allora
in realtà ti è piaciuto eh?” disse Alejo con aria sorniona.
“Oh ma insomma! Che
importanza ha?”sbottò snervato Orlando.
“Era così, tanto per fare
due chiacchere tra uomini. Voi inglesi non parlate di queste cose fra amici?” si
giustificò Alejo.
“Certo che ne parliamo!
Mica siamo dei preti!”.
“No, sai, c’è quel modo di
dire: niente sesso siamo inglesi, allora magari pensavo che forse, siete
un po’ più freddini, che ne so!”.
“Freddini un cazzo!”
rispose Orlando.
“E allora?” lo incalzò
nuovamente Alejo.
“Si, si, SIII! Contento?
Fisicamente è stato piacevole. OVVIAMENTE è stata una reazione istintiva, niente
di più che sia CHIARO! E ora basta, cambiamo argomento per favore!” rispose
Orlando sfinito.
“Ma perché ti arrabbi?”
chiese stupito l’altro.
“Oh Cristo Santo!” disse
Orlando alzando gli occhi al cielo.
Poi continuò cercando di
spiegarsi.
“Io sono innamorato della
mia ragazza, e non voglio parlare delle altre non m’interessa, capisci?”.
“Sì capisco perfettamente,
sei innamorato. La tua ragazza mica tanto però!” commentò scettico lo spagnolo.
“Scusa eh! Con tutto il
rispetto, ma tu che cavolo ne sai scusa?” ribatté l’inglese indispettito.
“Mi sembra piuttosto
chiaro! Una ragazza innamorata mica manderebbe uno schianto di figliola a
toccare il pisello al suo fidanzato come dono di compleanno!”.
“Ma allora non hai capito
nulla! E’ per via che è stressata e allora ha fatto una sciocchezza,
ha, come dire, riversato le sue frustrazioni sul nostro rapporto di coppia. Sono
cose che capitano. Ora siamo in pausa riflessiva, ma quando ritornerò a Los
Angeles rimetterò le
cose a posto” disse Orlando cercando di giustificarsi.
“BENE!” disse quell’altro
con aria soddisfatta.
“Bene? Ma che dici?”.
“Se siete in pausa
riflessiva praticamente sei libero, e se sei libero, ti puoi anche togliere
qualche sfizio!” e gli strizzò l’occhio con fare ammiccante.
Orlando rimase
sconcertato. Quel ragazzo davvero non capiva un tubo!
Più tardi, finalmente
solo, Orlando stava ancora scrollando la testa con disappunto quando gli squillò
il cellulare.
“Ciao tesoro!”.
“Ciao 'ma!” rispose lui
alla madre.
“Allora come sta il mio
bambino?”.
“Bene”.
“Mmmm dalla voce mica
tanto mi sembra! Che c’è? Problemi sul lavoro?”.
“No…”.
“E allora che hai? Ti
sento strano! Sei stanco?”.
“Ma niente, sono questi
spagnoli che sono strambi, forse sono un po’ troppo … uhmmm… esuberanti direi!”.
“Ma come? Proprio tu
lamenti? Tu che sei sempre pronto a fare casino, praticamente sei l’esuberanza
fatta persona!”.
“Si ma questi lo sono
decisamente più di me!”.
“Vale a dire?” gli chiese
la donna curiosa.
A quella domanda Orlando
rimase interdetto, mica poteva raccontare certe cose a sua madre!
“Hai ragione tu 'ma, può
darsi che sia un pochino stanco e che veda le cose peggio di quello che sono”
tagliò corto il ragazzo.
Chiacchierò un altro po’ con
la sua mamma, che come tutte le mamme del mondo, prima di salutarlo gli
raccomandò di comportarsi bene, di non prendere freddo e di mangiare cose sane.
Avrebbe voluto dormire, ma
era troppo agitato e non riusciva a prendere sonno. Alcune parole che gli aveva
detto Alejo, ma anche altre che gli aveva detto Aylén, gli ronzavano
fastidiosamente per la testa. Si rendeva conto, anche se faticava non poco ad
ammetterlo, che buona parte del livore che nutriva per quella ragazza, non era
del tutto giustificato, come del resto non era affatto giustificabile il
comportamento che aveva avuto Kate, qualunque ne fosse stato il motivo o le
ragioni.
Inoltre era parecchio stanco
e la stanchezza non aiuta a coordinare bene le idee. Il suo nervosismo era anche
alimentato dal fatto che non aveva più avuto notizie dalla sua ragazza. Kate
sembrava decisa a portare avanti la sua decisione riguardo la pausa riflessiva.
Ma che cosa è una pausa riflessiva? Uno stand by dei sentimenti? Fai: ctrl - alt
gr - canc e metti su risparmio energia il cuore? Oppure era un modo per
dire stiamo qualche mese a farci i cazzi nostri che poi dopo ci vogliamo più
bene di prima? Questo aspetto lo aveva colto in pieno
Alejo: Togliti qualche sfizio, gli aveva detto, ma se si doveva togliere
gli sfizi che senso avrebbe avuto per lui aveva un rapporto stabile, o forse
avrebbe dovuto mantenere il rapporto stabile intervallandolo con regolari e
opportune pause riflessive? Più ci pensava è più ne conveniva che tutta
quella faccenda non aveva senso. O forse il vero problema era che essendo tropo
lontano dalla sua ragazza tutto prendeva una piega più drammatica di ciò che
realmente era. Sì, doveva essere per forza così, non poteva essere altrimenti, e
lui doveva crederlo se ci teneva a recuperare il tutto. La speranza era l'unica
sua alleata e lui non aveva intenzione di perderla.
Finalmente riuscì a
rilassarsi un poco, e proprio mentre stava per cadere nel dolce oblio del sonno,
spalancò gli occhi fulminato da quella frase che gli perforò il cervello
ricordandogli improvvisamente quelle parole: “Con quell'aria ridicola tipo
vergine oltraggiata, piagnucolando come una femmina”.
Se ne era quasi
dimenticato, ma il ricordarlo lo fece di nuovo incupire. Quella
ragazza era maleducata,
prepotente, sfacciata e sicuramente non molto seria. Doveva rimetterla al suo
posto, oltre che impedirle di andare a raccontare a tutti senza la minima
decenza, ciò che gli aveva fatto. O si sarebbe ritrovato a dover spiegare a
mezzo mondo ciò che aveva faticosamente detto ad Alejo poco prima e con scarsi
risultati a quanto pareva.
Finalmente il sonno lo vinse,
ma fu un sonno agitato. Quando all'alba si svegliò il suo umore era decisamente
torvo.
Aylén era in sartoria e
stava provando il suo costume, indossava una calzamaglia, stivali di daino, una
camicia ed un corsetto e aveva i capelli legati. Stava appunto girando su se
stessa, allargando le braccia e inarcando le spalle per vedere se
l'abbigliamento non la costringesse troppo nei movimenti, quando scorse da
lontano Orlando che stava arrivando. Era vestito più o meno come lei, in più
portava solo il mantello che ondeggiava svolazzando per l'aria, visto che
procedeva a passo di marcia spedito, tipo generale delle SS, con grandi falcate
e lo sguardo corrucciato puntato dritto per terra. A vederlo più che Balian di
Ibelin, sembrava piuttosto la trasposizione dell' Orlando furioso dell'Ariosto.
Entrò nella stanza e cordialmente chiese all'addetto costumi se poteva uscire
per qualche secondo, visto che doveva dire due paroline in privato alla sua
controfigura.
Aylén lo guardò
incuriosita.
“Cercherò d’essere breve,
diretto e coinciso! Ti pregherei formalmente di evitare di fare irruzione in
camera mia, e soprattutto di gridare ai quattro venti frasi totalmente prive di
senso, mettendomi in imbarazzo di fronte ai miei amici! Io non sono affatto una
femminuccia, casomai sono una persona seria, ma forse questo concetto non è
molto chiaro nella testa! Forse neanche lo sai che significa essere seri! E PER
FAVORE! Evita anche di raccontare senza il minimo ritegno della tua infelice
bravata, non so se te ne rendi conto, ma non è che ci passi esattamente bene!
Nonostante sia per me piuttosto spiacevole, sarò comunque costretto a lavorare
con te, quindi ho deciso a collaborare. Ciò però, non implica nella maniera più
assoluta che i nostri rapporti debbano andare oltre la pura e semplice formalità
e i primari dettami dell'educazione. Per tanto, se ti riuscirà di comportarti
come una persona educata, rispettosa e professionale, credo che non ci saranno
più problemi, altrimenti sappi che in ogni caso, qualsiasi futuro dissidio, non
sarà dipeso da me. Sono stato chiaro?”.
Aylén lo guardò come
avrebbe guardato la sua professoressa d'italiano alle superiori.
“Sei stato chiarissimo”
gli rispose solenne.
“Bene!” rispose lui e si
girò per andarsene.
“Una cosa però bisogna che
la dica” gli disse lei non potendo fare a meno di stare zitta “Non per voler
essere polemica a tutti i costi, però tu sei veramente il classico esempio di
come l'apparenza inganna. Sembravi così gioviale, burlone un gran buon
tempone a vederti nelle interviste e invece … mamma mia! Sei nevrotico,
acido come il latte accagliato e anche puritano! Mi sa che hai bisogno di
rilassarti un po’!” concluse la ragazza.
Lui che si era fermato un
attimo per ascoltarla, pur non girandosi, le rispose secco.
“Quello che pensi di me
non mi interessa minimamente, anzi se eviti di esprimerti in merito è pure
meglio!” e questa volta se ne andò.
Aylén lo guardò e non poté
fare a meno di fargli una linguaccia accompagnata da una boccaccia, ovviamente
lui era di spalle e per fortuna non la vide. Nonostante fosse stato piuttosto
duro lei non se curò, e anche se a dire il vero certe sue sottili insinuazioni
le erano arrivate chiare e dirette, Aylén sapeva benissimo di non essere quel
tipo di persona, se lui voleva vedere solo quello che appariva, significava solo
che non riusciva a vedere oltre la punta del proprio naso.
Peggio per lui
pensò, e richiamò il costumista per finire le prove.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO NOVE ●
Ormai erano già due
settimane che Aylén lavorava e la troupe era ancora ferma a Cordoba in attesa di
spostarsi verso Granada. Il duro allenamento aveva dato i suoi frutti, ora
riusciva persino a far roteare la spada con destrezza. La sua caparbietà e il
suo impegno erano stati determinanti per tale miglioramento e aveva ricevuto i
complimenti dal maestro d'armi. Andavano molto bene anche gli allenamenti a
cavallo e quindi ora si sentiva meglio e più a suo agio. I suoi rapporti con
Orlando erano rimasti tali e quali, e nonostante quella specie di patto di non
belligeranza, capitava che si beccassero ugualmente, proprio come accadde quella
sera, che fianco a fianco stavano ripassando delle mosse.
“Io non mi muovo così!”
saltò su Orlando criticando l'apertura circolare fatta da Aylén con il braccio
destro.
“Si invece” ribatté lei
senza scomporsi.
“NO! Tu sembri un
contadino che impugna la zappa”.
Lei si fermò di colpo e
infilzando la spada nel terreno gli disse
“Oh mi scusi tanto
principe dei miei stivali, giammai vorrei imbastardire le sue movenze armoniche
e leggiadre!” e così riafferrò la spada e cominciò a volteggiare come se fosse
stata una ballerina di danza classica.
“Non sei affatto
simpatica!”.
“Non intendevo esserlo! Ti
stavo solo imitando”.
“La finite voi due si, o
no!” tuonò il maestro d'armi “Siccome avete voglia di fare gli spiritosi
rimarrete qui un'altra ora a ripetere il tutto. Io ora ho una cosa da fare, ma
quando torno vi voglio trovare al lavoro, SERENI, e con la coreografia pronta,
perché domani si prova a cavallo. CHIARO!”.
I due annuirono a capo
basso. Poi quando furono soli Aylén si girò verso Orlando e gli disse: “Se
qualche volta tenessi chiusa quella ciabatta che hai al posto della bocca,
sarebbe meglio!”.
“Se tu sapessi fare il tuo
lavoro io non protesterei!” rispose lui.
“CHE PALLE!” sbottò lei.
“La verità fa male eh? Io
credo che senza conoscenze non ti avrebbero mai presa. Secondo me questa non è
proprio la carriera che fa per te”.
“Meglio così! Tanto io
questo tipo di mestiere non voglio fare. Ho altre ambizioni, io!” rispose lei
per niente turbata dalle critiche di lui.
“Ah si? E che vuoi fare?
Lascia che indovini … ummmm… la ballerina di lap dance a Las Vegas forse?” disse
lui sarcastico.
“Ma che uomo di spirito!
No, io voglio fare l'attrice!” sentenziò lei con serietà.
Orlando scoppiò in una
fragorosa risata.
Aylén lo fece finire di
ridere, senza scrollarsi e poi con naturalezza gli disse:
“Ma lo sai che quando ridi
sei infinitamente più carino di quando stai con quell'espressione da toro prima
di entrare nell'arena per la corrida?”.
Questa frase lo spiazzò di
brutto, lasciandolo perplesso, perché non se lo sarebbe mai aspettato, ma si
riprese quasi subito e rispose piuttosto burbero: “Questa uscita che
significa?”.
“E' solo una
constatazione” puntualizzò lei.
“Che fai sfotti?” chiese
lui per niente convinto.
“No, ho solo detto quello
che penso! Per favore puoi cercare di sotterrare l'ascia di guerra per almeno
un’oretta? Giusto il tempo di finire questa coreografia. Non vorrei rimanere qui
all’infinito, stasera ho diverse cose da fare” spiegò lei costernata.
Con una smorfia Orlando
acconsentì a chiudere la discussione. Si rimisero a lavorare di buona lena. Per
fortuna quando arrivò il maestro d'armi li trovò sufficientemente preparati e li
lasciò andare, dando loro appuntamento per la mattina seguente alle scuderie,
per le famose prove a cavallo.
Quella sera Aylén avrebbe
rivisto la sua amica Reina che era tornata a trovarla. Infatti verso le ventuno
la ragazza arrivò all'albergo di Aylén e salì in camera da lei. La trovò che si
stava finendo di preparare, dopo aver fatto una doccia. Si salutarono con
affetto e cominciarono a parlare.
“Ecco qua il tuo portatile
e i tuoi libri” esordì Reina.
“Bene! Spero di combinare
qualcosa anche se per ora, il mio tempo libero lo passo a dormire, sono sempre
stanca!” si lamentò giusto un poco Aylén.
“Allora come và? Che mi
racconti? E Orlando?” chiese curiosa Reina.
“Mah! Per andare va! Mi
devo fare un bel mazzo, però mi diverto anche. Orlando è sempre nervoso, ma lo
capisco sai, per me è infinitamente infelice, o forse molto frustrato” rispose
Aylén.
“Davvero?” disse con
stupore Reina.
“Se fosse felice e sereno
non starebbe sempre ingrugnito come un rinoceronte, ma non parliamo di lui.
Piuttosto quanto ti trattieni?”.
“Una quindicina di giorni
al massimo, del resto dovevamo farci quel viaggio in Francia, ma visto che è
cambiato tutto, allora posso passare qui le mie vacanze”.
“Benone!” disse Aylén
“Così potrai anche assistere alla mattana che abbiamo organizzato con dei miei
colleghi e un tecnico” concluse euforica Aylén.
“Che mattana?” chiese
Reina incuriosita.
“Dopo cena capirai”
rispose l'altra strizzando un occhio.
Infatti dopo cena Aylén
aveva appuntamento nella hall con Alejo. Avevano fatto amicizia e con altri
colleghi di lei avevano organizzato, in gran segreto, di andare a fare rafting
alle pendici del fiume Guadalquivir. Erano un gruppetto affiatato di undici
persone, tutte quante piuttosto spericolate, cosa normale per degli stunts,
mentre Alejo aveva aderito in un secondo tempo, visto che aveva già fatto
rafting un paio di volte. Aylén gli presentò Reina e gli spiegò che era la sua
migliore amica, e che poteva stare più che tranquillo sulla sua discrezione.
“E' importante che non ci
scoprano, o ci licenziano tutti!” disse Alejo con tono complice e guardingo.
“Perché?” chiese Reina che
non capiva.
“Non possiamo fare cose
ritenute pericolose per la nostra incolumità fisica, se qualcuno si fa male, la
produzione perderebbe un sacco d soldi” spiegò Alejo.
Continuarono a parlottare
fitto fitto e Alejo disse che stavano organizzando non per quella domenica, ma
per quella successiva ancora, quando dalla hall passò Orlando. Notò subito quei
tre che stavo confabulando come se fossero dei massoni in riunione segreta, e si
incuriosì. Si avvicinò come se passasse di lì casualmente, ma come lo videro i
tre smisero subito di parlare. Orlando salutò Alejo, Aylén e poi si soffermò su
Reina.
“Ma io a te ti conosco?”
chiese pensoso.
Lei gli rinfrescò la
memoria e lui si ricordò immediatamente.
La conversazione in ogni modo
non durò a lungo perché i tre farfugliando una scusa si eclissarono, e lui
rimase col dubbio e la curiosità di sapere che cavolo stessero tramando.
La mattina dopo, alle cinque,
cominciarono le prove a cavallo. Se a terra Aylén aveva avuto delle difficoltà,
a cavallo se la cavò in maniera egregia, mentre fu Orlando ad avere qualche
problemino.
“Più dritto!” gli diceva Raul
“Non va bene, non ci siamo, sei troppo rigido!”.
Orlando tentò di raddrizzarsi
e di essere più sciolto.
“No, non va bene sei ancora
troppo poco fluido nei movimenti. Non sei ad un concorso ippico!” gli disse
Raul. Alle sei, una volta terminata della lezione, Raul lo prese da parte e gli
disse “Se ti riesce fai qualche oretta in più d'esercizio ne hai bisogno”.
A quella bella notizia
Orlando fu colto da un moto di disperazione, ma promise che si sarebbe
esercitato.
Il tempo per farlo però non
riuscì proprio a trovarlo durante tutta la settimana, tra le ore in più che già
faceva, le ore che passava regolarmente sul set e le battute da ripassare,
arrivava alla sera stanco morto e non sarebbe risalito a cavallo neanche per un
miliardo di dollari. Le scene di battaglia più importanti di tutto il film
sarebbero state girate di lì a pochi giorni, e anche se lui doveva fare ben poco
rispetto a tutti i figuranti e gli stunt, doveva comunque migliore la sua
postura a cavallo e così suo malgrado si ritrovò a dover sacrificare
il suo unico giorno libero: la domenica. Masochisticamente decise di andare ad
allenarsi di mattina abbastanza presto.
Dopo circa un'ora che era
a cavallo ebbe una sorpresa, si vide comparire all'improvviso Aylén. La ragazza
si era alzata aveva studiato un po’, ma poi vedendo che fuori c'era un bel sole
si era stufata e aveva deciso di andarsene a cavallo, tanto per stare all'aria
aperta, del resto dormivano ancora tutti compresa Reina che l'avrebbe raggiunta
solo in tarda mattinata.
“Che ci fai qui?” le
chiese Orlando non molto cordialmente.
“Sono venuta a cavalcare”
rispose lei salendo su di uno stallone fulvo. Quindi senza curarsi troppo di lui
cominciò a far correre l'animale.
Orlando a sua volta
continuò ad esercitarsi. Dopo un po’ lei si avvicinò a lui, lo accostò e gli
disse: “Continui a sbagliare, cerca di rilassarti”.
“E' una parola! E a dirla
tutta a me sembrerebbe di non cavalcare mica poi tanto male!” disse lui
sconsolato.
“Infatti non cavalchi
male, solo che lo fai come se fosse una cosa innaturale” gli spiegò lei “Guarda
me” e così dicendo partì al trotto fluida e seguendo perfettamente i movimenti
del cavallo come se lei e l’animale fossero stati una sola cosa.
Orlando ci provò di nuovo e
lei si fermò a guardarlo.
“Non ci siamo ancora” gli
disse “Secondo me tu sai fare molto meglio, è solo che mentalmente non ci stai
e allora fai delle cazzate. Sei teso e il cavallo percepisce la tua tensione.
Devi stabilire un feeling con lui, o non sarai mai sciolto!” finì di spiegargli
la ragazza.
Orlando provò e riprovò
ancora diverse volte, ma niente da fare. Aylén scese dal suo cavallo e fece
fermare il ragazzo.
“Scendi” gli disse.
“Perché?” gli chiese lui un
po’ di traverso.
“Se me lo permetti ti aiuto”
gli rispose lei.
Lui ubbidì e scese.
“Prima di tutto
alleggerisciti, via giubbotto cappello e occhiali. Poi avvicinati a lui,
carezzalo, fallo abituare alla tua voce, stabilisci un contatto”.
Lui quelle cose, in
realtà, le sapeva già, ma non ci aveva pensato, forse aveva ragione lei,
ultimamente era stato davvero troppo teso, quindi docilmente fece come le aveva
suggerito Aylén.
“Bene ora risali”.
Lui fece come le aveva
detto, ma subito lei richiamò la sua attenzione.
“Dammi la mano e aiutami”
gli disse.
“A fare che?” chiese lui
leggermente allarmato.
“A salire no?”.
“E per fare cosa?” chiese
Orlando con una punta di apprensione.
Lei roteò leggermente gli
occhi come se stesse per perdere la pazienza: “Per aiutarti nella postura, mi
sembra chiaro! Mi vuoi dare una mano o mi devo arrangiare da sola?”.
Non ancora del tutto
convinto Orlando le dette una mano e lei salì a cavallo dietro di lui. Aylén
sistemò per bene e già tutti quei movimenti, turbarono non poco Orlando, averla
praticamente appiccicata dietro la schiena lo rendeva stranamente agitato.
“Stai fermo” gli disse
lei. Poi gli toccò una coscia e sentì i muscoli esageratamente tirati.
“Cominciamo da qui. Gambe più rilassate e meno tese. Piede in posizione
scorretta, il tallone deve essere aderente alla pancia del cavallo. Ecco, bravo,
così!”.
Orlando stava cercando di
darle retta, ma in quanto a rilassarsi non se ne parlava proprio.
La mano di lei arrivò
sicura nell'interno coscia del ragazzo, che a quel tocco sussultò facendo
muovere il cavallo.
“Ma riesci a star fermo o
no?” gli chiese lei non spostando la mano.
“Puoi togliere QUELLA
mano?” rispose lui tra lo spazientito e l'imbarazzato.
Aylén fece una risatina:
“Non ho intenzione di toccarti se è questo quello che ti preoccupa. Cerco
solo di capire quali muscoli sono in tensione e quali no”.
Orlando realizzò che la
sua reazione era stata un tantino esagerata e si sentì leggermente stupido,
quindi cercò di scherzarci su: “Beh sai … visti i trascorsi” provò a ironizzare.
Lei non gradì.
Sinceramente era stufa di sentirlo ribattere per l'ennesima volta su quella
cosa.
“Non sei affatto
spiritoso!” gli rispose contrariata.
“Stavo solo scherzando,
davvero!” disse lui.
Lei decise di credergli
anche se le rimase una certa sensazione di fastidio.
“Poche chiacchiere e
muscoli sciolti” gli intimò, e lui cercò di rilasciarsi.
“Bene, così ci siamo
quasi” gli disse lei con dolcezza. E lui stava veramente cominciando a
rilassarsi, forse anche troppo. Lei se ne accorse e lo riprese.
“Non ti rilasciare troppo,
una via di mezzo è la cosa giusta. Ora appoggiati a me, come se fossi lo
schienale di una sedia”.
“Eh?” chiese lui
leggermente frastornato.
“Sei un bello zuccone
pero!” esclamò lei “Avanti appoggiati che altrimenti facciamo notte!”.
A dire il vero, lui, non
vedeva l'ora di scendere, e non sapeva neanche bene il perché, ma quella
situazione lo stava rendendo nervoso e allo stesso tempo troppo ricettivo.
Decise di darle retta per vedere se almeno avrebbero finito in fretta. Erano
entrambi senza giubbotto, solo con il maglione, ma nonostante ciò lui sentì
fin troppo bene la
morbidezza del seno di lei contro la sua schiena. Aylén si mosse e aderì
perfettamente al corpo di Orlando anche con le gambe, poi con una mossa decisa
gli afferrò le mani che lui teneva sulle redini e diede un colpetto al cavallo
che partì al piccolo trotto.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO DIECI ●
Stavano cavalcando da un
po’, ed effettivamente la postura d’Orlando era migliorata parecchio. Con
pazienza e decisione Aylén gli aveva insegnato un paio di trucchi e lui li
aveva imparati quasi subito. Tutto ciò era stato possibile perché finalmente si
era lasciato andare e la tensione l’aveva abbandonato, il contatto con il corpo
della ragazza aveva avuto stranamente un effetto rilassante e molto piacevole.
Dopo un primo momento d’imbarazzo e forte disagio, ora gli sembrava estremamente
naturale stare appoggiato a lei, seguire la sua voce e assecondare il tocco
delle sue mani, che gli segnalavano i muscoli contratti. In più la trovava molto
brava nello spiegare le cose. Tendenzialmente Aylén, stava usando la calma e la
dolcezza, ma anche quando lo riprendeva con forza, Orlando, notò che lo faceva
solo per aiutarlo e non per metterlo in difficoltà o mostrare la sua superiorità
in materia. Così, dopo un bel po’, quando lei lo fece fermare e scese
chiedendogli di provare da solo, lui provò una sorta di fastidio. Il fastidio si
tramutò addirittura in delusione quando Aylén gli disse che ora era in grado di
continuare da solo, visto che se la stava cavando molto bene.
“Io vado, devo vedermi con
Reina, ciao!” gli disse la ragazza allontanandosi e facendo un cenno con la mano
per salutarlo.
Orlando, fermò il cavallo
e la guardò andare via. In realtà avrebbe voluto chiederle che avrebbe fatto
quella domenica pomeriggio, avrebbe voluto ringraziarla, ma si sentiva così
stranito che rimase lì fermo e non aprì bocca. Rimase qualche secondo come
imbambolato, con la bocca leggermente aperta come se volesse parlare e con la
fronte aggrottata, poi riprese ad esercitarsi.
Aylén era rientrata nella
sua stanza e aveva fatto una doccia. Era soddisfatta di aver aiutato Orlando.
Lei non era una persona vendicativa e astiosa, anzi tendenzialmente se poteva
preferiva andare d’accordo con le persone. Le piacevano i rapporti schietti
basati sulla reciproca sincerità. Se qualcuno non le andava a genio di solito lo
ignorava. Su Orlando aveva le idee poco chiare. Non sopportava molto il suo modo
di fare, ma nello stesso tempo ne era come attratta, insomma erano una serie di
sensazioni contrastanti quelle che provava, ma non si era mai fermata ad
analizzarle e naturalmente non lo fece neanche quel giorno.
Fu raggiunta dalla sua
amica Reina. Avevano deciso di passare la giornata in giro per la città, tanto
per svagarsi un po’ e per stare insieme in santa pace.
Mentre Aylén finiva di
prepararsi per uscire parlarono delle ultime novità.
“Così c’è stato una sorta
di miglioramento?” chiese Reina all’amica dopo che questa le aveva raccontato
come avesse passato la prima parte della mattinata.
“Credo di aver capito
com’è fatto Orlando. E’ un ragazzo complesso… ma forse più chiuso che complesso.
Un introverso direi”rispose Aylén.
“Ma dai?” chiese incredula
l’altra.
“Eh si! Sembra una persona
aperta, infatti è scherzoso, è spesso sorridente e appare tranquillo, ma sotto
sotto è difficile che si apra in modo totale, insomma ti fa arrivare fino a dove
vuole lui, si fa conoscere solo fino ad un certo punto, poi c’è come una specie
di muro”.
“Scusa ma tutte queste
cose quando le hai scoperte? Fino all'altro giorno, ne dicevi peste e corna! E
comunque …. stranamente…. mi ricorda qualcuno” concluse ammiccando Reina.
“L'ho osservato bene.
Nonostante con me sia parecchio rigido e anche scostante, ho notato che con le
altre persone è piuttosto gioviale, ma sempre con un certo distacco di fondo.
Lui ce l'ha con me, perché indirettamente ho interagito nella sua sfera
personale” si fermò un attimo come se stesse riflettendo e poi concluse:
“Probabilmente è un tipo
d'intrusione che lui non sopporta. E se per caso tu stessi insinuando che mi
somiglia caratterialmente… beh sei fuori strada!”.
“Io dico che un po’ vi
somigliate!” ribatté Reina che aveva colto certe sfumature caratteriali molto
simili tra i due. Entrambi sembravano eccessivamente estroversi, ma in realtà
era solo un'apparenza, in più erano tutti e due molto testardi e anche
puntigliosi.
“Non capisco in cosa… no,
guarda ti sbagli” disse Aylén lievemente irritata.
“Può darsi…” disse pensosa
Reina, ma capì che l'amica non gradiva quella specie di paragone, quindi cambiò
prontamente argomento. Tanto non le avrebbe dato mai ragione.
“Chissà come saranno d'ora
in poi come saranno i vostri rapporti?” provò a chiedere per saperne di più.
“Uguali a prima, mi pare
ovvio!” tagliò corto Aylén che non capiva dove volesse andare a parare l'altra.
Reina fece una specie di
smorfia.
Aylén la guardò e le parve
che l’amica non fosse del tutto d’accordo con lei.
“Guarda a me basterebbe
solo che mi stressasse di meno e sarei già una persona felice!”.
“Ma perché l'hai aiutato?”
insisté Reina.
“Per comodità! Sono stufa
di alzarmi alle quattro di mattina, prima impariamo, prima giriamo e prima
finisce 'sta tortura!” rispose Aylén un po’ contrariata. Tutte quelle domande la
stavano infastidendo.
“Ma non ti piace proprio
più? Se non ricordo male dicevi che era un gran bel ragazzo!” chiese sempre più
curiosa Reina.
“Che centra bello è bello,
chi lo nega! Però caratterialmente è troppo particolare, è decisamente lunatico.
Ora basta però di stare sempre a parlare di Orlando! Ma non è che ti sei presa
una cotta per lui Reina?” rispose all'amica sperando di poter spostare la
discussione su di un altro argomento.
“Sono curiosa, mi conosci,
a dire il vero a me piace un'altra persona…” rispose Reina con fare
indifferente.
“Se uno più uno fa ancora
due, credo di avere capito! Ti piace Alejo! Come darti torto è un gran bel
ragazzo e anche molto simpatico” disse Aylén maliziosamente.
“Piace anche a te?” chiese
Reina con una punta di preoccupazione all'amica.
“Non è male, come ti ho
appena detto, ma io ora ho la testa impegnata in altre cose, sinceramente non mi
interessa nessuno” rispose Aylén, mentendo un pochino e non certo per quanto
riguardava Alejo.
Da un'altra parte altre
due persone stavano dialogando più o meno dello stesso argomento.
“Secondo me tu ti fai
troppe paranoie” stava commentando Alejo.
“E' una questione di
educazione, insomma avrei dovuto almeno ringraziarla” stava spiegando Orlando.
“La ringrazierai domani,
che problema c'è!”.
“Si, ma avrei dovuto farlo
stamani” puntualizzò Orlando leggermente piccato.
“Okay, siamo d’accordo, ma
tanto non lo hai fatto, quindi è inutile stare qui a pensarci”.
Orlando non rispose e
Alejo notò che si era girato indietro per l'ennesima volta. Erano nella hall a
chiacchierare e l'amico non faceva altro che guardare dalla parte dove
scendevano le persone provenienti dalle camere, sembrava che aspettasse
qualcuno. In effetti era piuttosto chiaro chi stesse sperando di vedere.
“Senti perdonami, ma prima
che ti venga il torcicollo è bene che tu sappia che non è in albergo!” gli disse
Alejo.
Orlando lo guardò
perplesso. L'altro gli fece un sorrisino comprensivo e gli disse “Sono uscite,
lei e la sua amica, prima che arrivassi tu!”.
“Non capisco di chi tu
stia parlando!” disse l'altro con un tono misto tra il sorpreso e il lievemente
irritato.
“Oh si che lo sai! Ma se
vuoi far finta di niente a me sta bene lo stesso”.
“Tu a volte mi ricordi una
persona, è testone come te e …. lasciamo perdere va!” commentò Orlando.
“Piuttosto stasera ti
andrebbe a di venire a bere con noi?”gli chiese Alejo.
“Mmmmmm si può fare! Chi
siamo e dove andiamo?” chiese l'inglese.
“Siamo una decina, tutti i
più giovani e andiamo in un locale che hanno aperto da poco, è di una catena
messicana, che si sta espandendo anche qui in Europa, si chiama Mama Loca,
vedrai ci sarà da divertirsi” spiegò Alejo.
Orlando accettò di buon
grado, aveva proprio voglia di divertirsi e così fissarono di ritrovarsi dopo
cena proprio lì nella hall, poi sarebbero andati al locale insieme agli altri.
Quella stessa sera Aylén e
Reina si trovarono da sole, piuttosto annoiate e anche un pò stanche. Avevano
passato il pomeriggio in giro per la città come due turiste, avevano cenato già
da due ore e non sapevano che fare. Reina aveva deciso di tornarsene in albergo,
quando Maria una delle due colleghe di Aylén arrivò all'improvviso richiamando
la loro attenzione.
“Aylén abbiamo scoperto
una cosa, devi venire con noi ci sarà da ridere!” disse la ragazza con un
espressione molto complice.
Aylén incuriosita chiese
spiegazioni e Maria le disse che alcuni ragazzi della troupe erano andati al
Mama Loca e che per fare gli spiritosi, ma anche i fighetti, si erano iscritti
alla gara di resistenza di bevuta di Tequila. Una gara particolare, visto che i
ragazzi avrebbero dovuto leccare il sale sul corpo delle animatrici del locale.
Avrebbe vinto non solo quello che beveva di più, ma anche il più disinibito. Le
ragazze incuriosite accettarono l'invito di Maria.
Il locale era pieno e
forse non solo perché era stato aperto da poco, ma molto probabilmente,
soprattutto per la presenza di Orlando, per fortuna Alejo, con un paio di
assistenti, aveva pensato a tutto tenendo fuori paparazzi e intrusi vari, così
era diventata una specie di festa a numero chiuso. Le ragazze furono ammesse
solo perché facevano parte della troupe. Come entrarono la prima persona che
notarono Reina e Aylén fu proprio Orlando, che sembrava spassarsela visto che
rideva come un matto. Rimasero stupite, loro avevano creduto che ci fosse la
solita banda di tecnici e stunt, e non certo che in mezzo a quella bolgia ci
potesse essere anche lui. Guardando meglio si resero conto che i ragazzi avevano
finito con il monopolizzare l'attenzione di tutti e ovviamente si stavano
divertendo parecchio. La gara non era una cosa realmente troppo spinta, si
trattava per lo più di una spacconata che intendeva far fare una figuraccia ai
partecipanti, visto che le animatrici si mettevano il sale nei posti più
impensati. Una sorta di sfida a chi era più estroverso, ma senza mai superare
certi limiti.
Proprio in quel momento,
una delle animatrici si era distesa su un tavolo e dopo essersi fatta mettere il
sale su una caviglia, aveva esortato Alejo a fare la sua bevuta. Il ragazzo non
se l'era fatto ripetere aveva portato le labbra sulla caviglia, poi si era
passato il limone in bocca e aveva buttato giù tutto d'un fiato la tequila
direttamente dalla bottiglia che teneva in mano. Reina storse la bocca con
disappunto.
“Tutti uguali gli uomini!
Quando c'è da fare i cretini” aveva commentato.
A turno tutti ragazzi
avevano fatto il loro giro di bevute. Dalla caviglia si era passati alla spalla,
al collo e poi anche alla pancia, alla schiena e così via. Ovviamente anche
Orlando aveva fatto le sue brave bevute facendo lo spiritoso come tutti gli
altri.
Le ragazze guardavano e
commentavano, a volte ridendo per le situazioni assurde, altre volte
disapprovando come aveva fatto Reina prima e come stava facendo Aylén adesso.
“E' una cosa un tantino
idiota, ma è quel genere di cose che gli uomini adorano. Del resto si sa come
sono fatti i maschi! Comunque io mi sto annoiando, me ne torno in albergo” disse
risoluta “E poi domani mattina mi devo alzare alle quattro e non voglio fare
troppo tardi. Anche qualcun altro sarebbe meglio che andasse a letto, se domani
mattina sul set ha sonno e mi fa restare qualche ora in più perché deve smaltire
la sbornia, giuro che lo prendo a calci nel sedere!” e se ne andò piuttosto
scocciata. Le altre due rimasero e Reina dopo aver salutato l'amica le disse che
casomai si sarebbero viste la sera successiva.
Aylén era arrabbiata e
rendendosi conto del motivo per cui lo era, si arrabbiò ancora di più. Insomma a
lei non sarebbe dovuto importare proprio niente se Orlando stava facendo il
cretino in un locale, ma invece la cosa la stava infastidendo oltre misura. Si
disse che probabilmente era per via del fatto che lui l'aveva velatamente
accusata di non essere seria, di essere sfacciata e così via, mentre lui
sembrava l'integrità fatta persona. Quella sera invece s'era lasciato andare
facendo un giochino piuttosto provocante e malizioso, in fondo non c'era poi
niente di male, ma Aylén era sicura che se le parti fossero state invertite di
sicuro lei sarebbe passata malissimo, mentre lui stava passando come uno che si
divertiva in maniera innocua. Questa cosa non riusciva proprio a digerirla.
L'irritazione non la abbandonò, ma per fortuna una volta a letto si addormentò
quasi subito, così la sua mente si liberò da quegli strani pensieri.
Il giorno dopo Aylén ebbe
una sorpresa, siccome era pronta la sua armatura, invece di farle fare i soliti
esercizi dovette andare a provarsela. Per fortuna le calzava a pennello, anche
se era piuttosto ingombrante, così decisero di farle prendere familiarità con
quel nuovo tipo di abbigliamento, la fecero camminare, muovere e montare a
cavallo. Tutto sommato, fu meglio di quello che la ragazza avesse temuto
all'inizio.
Aylén non vide Orlando per
tutto il giorno perché era impegnato in una sequenza particolare di
combattimento a terra, e l'allenamento serale per quel giorno non fu fatto, così
alle diciassette era già in albergo. Si fece una bella doccia e poi molto
diligentemente prese libri e portatile per studiare e lavorare alla sua tesi.
Non aveva più pensato a quella strana reazione della sera prima, fu come se se
ne fosse voluta dimenticare di proposito.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
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●
CAPITOLO UNDICI ●
Aylén aveva il mal di
schiena, studiare sul suo letto, ma soprattutto usare il portatile senza un
ripiano, era veramente faticoso. Stufa, decise di prendere armi e bagagli e di
scendere di sotto, accomodandosi ad un tavolino, sarebbe stata certamente più
comoda.
Quando circa un'ora dopo
Orlando uscì dalla palestra dove era andato a farsi una sauna, intravide proprio
Aylén che era seduta nella sala da the. Sembrava molto concentrata, stava seduta
con una gamba piegata sotto una coscia, mentre il piede rimaneva leggermente
fuori dal bordo della sedia, dondolando impercettibilmente. Picchiettava a ritmo
sostenuto le dita sulla tastiera del suo portatile, aveva i capelli raccolti e
fermati alla ben meglio da una penna infilata come se fosse un fermaglio.
Indossava una felpa bianca e un paio di pantaloni grigi di una tuta, mentre i
piedi, piccoli e aggraziati erano infilati in due semplici infradito, a vederla
sembrava nel salotto di casa sua. Rimase un attimo a guardarla, sembrava proprio
una ragazzina. La sua attenzione si focalizzò sulla nuca di lei. Avendo i
capelli tirati su, era scoperta e Orlando aveva sempre avuto un debole per
quella parte del corpo femminile. Il suo collo era lungo, delicato, sembrava
liscio ed era così invitante. Il ragazzo scosse la testa come per scacciare
quegli strani pensieri che l’avevano colto alla sprovvista e le si avvicinò
deciso.
“Ciao, che fai?” le chiese
una volta vicino.
Aylén alzò la testa e se
lo vide davanti: indossava una maglietta di cotone arancione a maniche lunghe
piuttosto larga, un paio di jeans leggeri, sbiaditi e strappati, i capelli erano
umidi e morbidamente arricciati, non lisci come quando lo pettinavano per
girare. Era rilassato, sorridente, e con una strana espressione, che lei non
seppe decifrare.
“Sto studiando” rispose
non mostrando particolare propensione al dialogo.
Orlando interpretò quella
risposta troppo ermetica come se lei fosse arrabbiata perché lui non l'aveva
neanche ringraziata il giorno prima, quindi si affrettò a dire: “Se sei
arrabbiata perché ieri non ti ho neanche ringraziata, beh, devo dire che questa
volta hai perfettamente ragione, scusami e grazie”. Terminò la frase con un
altro sorriso.
“Non sono affatto
arrabbiata, prego. E comunque l'ho fatto più per me che per te, tanto per essere
chiari” rispose lei senza alzare la testa dal suo computer, giocherellando con
una ciocca di capelli che le spuntava da quello chignon improvvisato.
A quella seconda risposta
un po’ brusca, Orlando alzò un sopracciglio e le chiese “Se non ce l'hai con me,
come mai sei così scortese?”.
“Perché ti sembro
scortese? Non ti ho forse risposto? Sto studiando, non lo vedi?” rispose Aylén.
Era infastidita dalla sua presenza, il fatto che si fosse messo seduto senza
chiedere il permesso, che avesse tutta quella voglia di conversare, ma
soprattutto il modo in cui la stava guardando, la innervosiva.
Orlando non aveva voglia
di andarsene, stranamente aveva voglia di parlare con lei.
“Che studi?” le chiese
d'un tratto.
“Biologia, mi mancano solo
due esami e naturalmente la tesi” rispose lei, cercando di continuare a
scrivere.
“Accidenti! Ma non volevi
fare l'attrice?”.
Aylén sospirò. “Si, ma se
nel caso non ci riuscissi, allora farò la biologa marina”.
“Però! Scusa ma quanti
anni hai? Mi sembri un po’ troppo piccola per dare già la tesi!” commentò
Orlando.
“Però cosa? Pensavi forse che
fossi una stupida? Sono avanti di quasi di due anni, infatti ho ventitre anni,
ma ho iniziato la scuola che dovevo compiere ancora i cinque anni. Sono una
specie di miracolata, o almeno è quello che dicevano di me fin dall’asilo visto
che imparavo molto velocemente rispetto agli altri. In realtà, non sono affatto
un genio, sono solo molto fortunata. Per me studiare non è difficile, perché
leggo e memorizzo subito senza fatica. Ho una specie di memoria visiva molto
sviluppata. Comunque, come ti ho detto, prima della tesi dovrei dare ancora due
esami” spiegò Aylén, cercando di apparire
tranquilla, quando in realtà si stava facendo dominare dalla tensione che
inavvertitamente cresceva in lei e della quale non sapeva darsi una spiegazione
logica.
“Caspita!” disse Orlando
con sincera ammirazione. Poi aggiunse sorridendo divertito
“Non ho mai pensato a te
come a una stupida, forse come ad una un po’ … strana, quello sì!”.
La ragazza storse la bocca
e non rispose.
“Comunque sei un soggetto
davvero particolare tu!” le disse Orlando appoggiando i gomiti al tavolo,
incrociando le mani e strizzando un po’ gli occhi come per scrutarla.
“Senti chi parla! Tu hai
addirittura una doppia personalità” commentò Aylén girando nuovamente la testa
verso lo schermo del suo computer.
“Sarebbe a dire?” le
chiese lui.
Aylén chiuse con
delicatezza il suo portatile e si girò verso di lui, i suoi occhi neri
scintillavano, sembrava contrariata.
“Ti ho visto in azione
ieri sera al Mama Loca, non eri mica tanto serio e per niente puritano, anzi,
sembravi divertirti e ti davi parecchio da fare” gli disse guardandolo con aria
di rimprovero.
Orlando rimase perplesso,
se non fosse stata una cosa del tutto priva di logica avrebbe giurato che Aylén
fosse gelosa. Quella constatazione, che gli aveva attraversato la mente come un
fulmine a ciel sereno, lo lasciò ancor più interdetto.
La ragazza si era alzata e
stava raccogliendo le sue cose, anche Orlando si alzò e le toccò un braccio
obbligandola a guardarlo.
“Sono stato veramente
odioso con te. Ti ho fatto perdere il lavoro e da quando sei qui, non ti ho reso
la vita facile, mentre tu non hai esitato ad aiutarmi appena ne ho avuto
bisogno. Questa cosa mi ha sorpreso molto e mi ha fatto riflettere, credo di
avere esagerato con te. Ti chiedo scusa per tutto”. I suoi occhi erano sinceri e
la sua voce accorata.
“Non ho fatto niente di
speciale, in fondo ti ho tratto come tratto il cavallo, due paroline dolci
qualche ordine e dei colpetti sulle gambe!” gli rispose lei con una specie di
sorrisetto. Non aveva resistito a prenderlo in giro e poi aveva voluto spezzare
quel momento particolare, era rimasta troppo colpita dalle scuse di Orlando e
voleva riportare il tutto ad una dimensione normale.
“Mmmm interessante! Quindi
secondo te io assomiglierei ad un cavallo?” rispose lui stando al gioco.
Lei che si stava
allontanando si girò e gli disse ammiccando “A volte sì, ma non solo…” quindi lo
salutò e si avviò fuori dalla sala da the.
Mentre la guardava andare
via Orlando si rese conto che era davvero la creatura più bella e più strana che
avesse incontrato negli ultimi tempi.
Quel pensiero non lo
abbandonò per tutta la sera, neanche quando si ritrovò in camera da solo. Era
come se l'avesse vista per la prima volta, o meglio, finalmente aveva
riconosciuto che Aylén era bella e molto desiderabile. Tutti gli altri uomini lo
manifestavano apertamente, ma lui no. Lui si era categoricamente imposto di non
volerlo riconoscere. Probabilmente la sua irritazione nei confronti di lei era
alimentata proprio da questo. All'improvviso nella sua mente si focalizzò
l'immagine di Aylén che usciva dalla torta, e Orlando per la prima volta se la
ricordò come l'aveva vista: provocante, sfacciata, maliziosa. La paragonò alla
ragazza struccata che cavalcava con agilità e fierezza, impugnando la spada come
se fosse Atena la dea della guerra, o alla ragazzina dispettosa e tagliente che
aveva sempre la risposta pronta e che non temeva niente e nessuno.
In un lampo tutto gli fu
chiaro: Aylén era pericolosa, rappresentava veramente un grosso pericolo e lui
ne sarebbe dovuto stare alla larga. Era innamorato di un'altra, e anche se in
questo periodo era in una situazione di stallo, non poteva e non doveva
lasciarsi coinvolgere da nessun tipo di tentazione. Non voleva problemi, non
voleva coinvolgimenti e soprattutto, non voleva storie di nessun genere.
Per mantenere fede ai suoi
propositi Orlando, durante tutta la settimana si tenne piuttosto a distanza da
Aylén e anche quando dovevano stare a stretto contatto per ragioni di lavoro,
lui pur essendo cordiale era distaccato. Lei, che sembrava in perfetta linea con
il suo modo di comportarsi, fece esattamente lo stesso, era gentile ma molto
sulle sue. Sembrava quasi che si fossero messi d'accordo. Ad ogni modo
quell'atteggiamento giovò non poco al loro lavoro e i risultati furono ottimi,
tanto che entrambi ricevettero i complimenti sia dagli istruttori che dal
regista.
Arrivò anche il venerdì
sera, penultimo giorno lavorativo della settimana, visto che essendo in
trasferta la troupe lavorava anche di sabato.
Aylén era in camera sua
distesa sul letto, mentre Reina stava cercando disperatamente di convincerla da
uscire.
“Vorrei solo capire che ti
prende! Sei apatica, abulica, strana, non è da te!” commentò la ragazza.
“Non mi prende niente,
sono solo stanca e voglio riposare e poi dopodomani andiamo a fare rafting, ci
alzeremo presto e io ho bisogno di dormire” le spiegò Aylén.
“Insomma non intendi
uscire? Non vuoi neanche cenare?”.
“Reina davvero, sono molto
stanca, mi farò un paio di toast al bar, ma tu non ti preoccupare vai pure con
Maria, Alejo e gli altri, non voglio che tu stia qui con me”.
Reina si arrese e dopo
averla salutata se ne andò.
Aylén rimase ancora un po’
sul letto a pensare. Chiuse gli occhi e si poggiò una mano sulla fronte. Non era
stanca. Si sentiva strana e si sentiva combattuta. Una nuova consapevolezza si
era fatta strada in lei: le piaceva Orlando, ma le piaceva davvero, non era solo
un fattore estetico quello che la attraeva in maniera quasi insopportabile. Era
proprio lui, il suo modo di essere e di fare, si era resa conto che le piaceva
anche quando era scorbutico e antipatico. Lo aveva capito dopo averlo visto
quella sera al Mama Loca, quando aveva provato una rabbia incontrollabile nel
vederlo posare le labbra sul corpo della ragazza che faceva animazione per
raccogliere il sale. Era rimasta così confusa da quel sentimento violento e
improvviso, che era dovuta andarsene. E quando le aveva chiesto scusa con
sincerità, con quello sguardo caldo e limpido, si era resa conto che avrebbe
potuto fare qualsiasi cosa per lui, se solo gliela avesse chiesta, e si era
spaventata a morte. Così tutta la sua spavalderia era andata a farsi benedire e
nonostante lei fosse stata abilissima nel nascondere il suo disagio, aveva
preferito mantenersi alla larga da lui, ma soprattutto cercava di starsene da
sola per riflettere e per ricacciare indietro quelle emozioni che si stavano
facendo strada nel suo intimo.
Aprì gli occhi e osservò
per qualche secondo la parete di fronte a lei, poi lentamente si alzò, accese lo
stereo, aprì la doccia e cominciò a canticchiare. Va già meglio! Pensò
mentre si insaponava sotto il getto caldo dell'acqua. Una volta asciugati i
lunghi capelli uscì per andare a mangiare.
Il bar dell'albergo era
deserto e la cosa fece piacere ad Aylén. Ordinò un toast e un frullato di frutta
mista.
Stava mangiando con
tranquillità e aveva appena preso una sorsata del buonissimo frullato, quando
una voce alle sue spalle la fece sussultare.
“Come mai sola soletta?
Non sei uscita con gli altri?” le domandò Orlando, che con naturalezza si
sedette accanto a lei e invogliato dall'aspetto del suo frullato, ne ordinò uno
anche lui, ma al gusto di vaniglia.
“Sono stanca, voglio
andare a dormire presto” gli rispose Aylén.
“Anche io sono stanco e
poi dopodomani voglio cavalcare e dovrò alzarmi molto prima di quanto non
vorrei. Tu verrai cavalcare domenica?” le domandò il ragazzo, che pur sapendo di
sbagliare ad invitarla, non ne aveva potuto fare a meno.
“No, domenica ho altri
progetti” rispose lei non alzando lo sguardo dal suo toast.
“Di che tipo?” chiese
Orlando ostentando una noncuranza che non aveva.
“Di altro genere” rispose
Aylén evasiva. Del resto non poteva proprio dirgli del rafting, doveva rimanere
un segreto.
Orlando fu colto da un
vago senso d'irritazione. Il fatto che lei non gli dicesse con precisione che
cosa avesse da fare lo disturbò. Era consapevole che non erano fatti suoi, che
quella conversazione non aveva molto senso, e che non aver resistito all’impulso
di sedersi, accanto a lei era probabilmente una delle cose più stupide che
avesse potuto fare, ma era stato più forte di lui. E ora voleva sapere come mai
lei fosse così vaga e sfuggente.
“Quanti misteri! C'è per
caso di mezzo un appuntamento galante?”.
Glielo aveva servito su di
un piatto d'argento e per farlo smettere di fare domande, ma soprattutto per
farlo smettere di farle come se gli interessasse davvero, Aylén, guardandolo
dritto negli occhi e con un espressione leggermente provocatoria, gli rispose
“Può darsi… ma non credo che la cosa ti interessi… o no?”.
“Era tanto per parlare, è
ovvio che non m’interessa” ripose lui. Calmo fuori, infastidito dentro.
“Del resto te la cavi
benissimo adesso, anzi per essere sincera non credo che tu domenica debba
alzarti per cavalcare, puoi benissimo dormire” gli disse lei per cambiare
argomento. Intanto mentalmente si impose di finire la sua cena frugale e di
andarsene di corsa in camera sua.
Lui fece spallucce e
continuò a bere il suo frullato guardandola. Più la guardava e più la trovava
bella: i capelli sciolti, il viso perfetto anche senza trucco, le labbra piene,
gli zigomi alti, il naso piccolo, e gli occhi grandi e profondi. Provò a pensare
che nonostante fosse bella, era comunque una ragazza complessa, con un carattere
troppo volitivo e forse anche non molto seria. Del resto prima faceva un lavoro
che la portava fare cose anche piuttosto volgari, e ora che era lì da appena tre
settimane aveva già trovato con chi spassarsela, pensò con una punta di rabbia.
Era bella e quindi era molto probabile che fosse corteggiata, e senza dubbio
molti uomini sarebbero stati felici di averla, compreso lui. Ma lui non la
voleva, questo era quello che il suo cervello gli comandava, perché la realtà
era ben diversa.
Aylén aveva finito di
mangiare e quindi si alzò per andarsene e lui la seguì. Il fatto lui che la
seguisse, la agitò.
“Vado anche io in camera”
disse lui come se le avesse letto nel pensiero. In realtà si stava giustificando
a voce alta, visto che l'aveva seguita semplicemente perché non voleva che se ne
andasse. Salirono insieme nell'ascensore senza dire una parola. Aylén guardava a
terra e Orlando fissava i numeri sulla tastiera. Quando l'ascensore si fermò al
piano della ragazza, lei fece per uscire ma lui la bloccò, mettendo un braccio
attraverso le porta scorrevole.
Abbassò il suo viso
avvicinandolo a quello di lei e le chiese in un soffio: “Davvero hai un
appuntamento domenica?”.
Lei guardandolo finalmente
dritto negli occhi, gli rispose semplicemente: “No”.
Fu allora che Orlando si
avvicinò talmente a lei che quasi le loro labbra avrebbero potuto sfiorarsi,
sarebbe bastato un solo piccolo gesto perché si unissero, ma nonostante la
tentazione fosse quasi irresistibile, lui la fissò per un secondo che parve
un’eternità, poi lentamente si allontanò, togliendo il braccio e facendola
passare.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO DODICI ●
“Allora sei un essere
umano anche tu!” commentò Alejo dopo aver ascoltato la confessione di un Orlando
piuttosto stranito e confuso.
“Non fare dello spirito,
non è proprio il caso” rispose l'altro cupo e pensieroso.
“Orlando mi spieghi come
mai devi prendere tutto così maledettamente su serio? Ti sei reso conto di
essere attratto da una ragazza e che sarà mai di così grave?”.
Era andato da Alejo per
cercare di parlare di quello che gli stava accadendo, ma il ragazzo sembrava non
capire che cosa gli stesse accadendo e lui tentò di spiegarsi meglio.
“Intanto la ragazza in
questione è pericolosa, e poi io amo Kate! A rigor di logica non dovrei essere
attratto da un'altra” disse piuttosto concitato cercando di farsi capire.
Alejo scosse la testa,
poggiò la mano sulla spalla dell'amico e gli disse: “Qui la logica centra ben
poco e l'amore men che meno. Ci sono cose che prescindono dalla razio, e può
capitare di essere attratti da chi non si dovrebbe”. Poi come se se ne fosse
ricordato solo allora, chiese,“Perdonami, ma come mai ritieni Aylén
pericolosa?”.
“E' pericolosa perché è
ingestibile” rispose Orlando.
“E tu come fai a saperlo,
hai forse provato a gestirla?”.
“Da lei ti puoi aspettare
di tutto, non sei mai in grado di prevedere che tipo di reazione avrà” .
Alejo arricciò il labbro
superiore e commentò: “Interessante, molto interessante! Quindi sarebbe una che
non ti farebbe di certo annoiare. Del resto è veramente matta, le ho visto fare
delle cose una volta finiti gli allenamenti…”.
“Tipo?” chiese Orlando
incuriosito.
“Cavalcare all'incontrario
per esempio, o fare dei numeri che non ti dico, molto più estremi di quello che
fatto per il provino, se la vedesse Raul la caccerebbe” rispose Alejo.
“E' solo un
esibizionista!” disse Orlando contrariato.
“No, è una pazza
scatenata, lo fa per divertimento e forse anche per sfida, ma non per mettersi
in mostra. Altrimenti non lo farebbe di nascosto, io l'ho vista per caso”. Poi
continuò dicendo: “In effetti è una ragazza particolare, pur essendo molto bella
non se la tira per niente, anzi è quasi sempre struccata e mai vestita
appariscente. Si è inserita nel nostro gruppo benissimo, è una gran casinista.
Pensa che…” e Alejo s'interruppe di colpo, perché stava per rivelare ad Orlando
qualcosa che non avrebbe dovuto.
“Beh? Che fai tronchi il
discorso a metà?” chiese l'altro.
“C'è una cosa… che in
realtà non dovrei dirti…” mormorò Alejo.
“Cosa?” chiese subito
Orlando.
“Però mi devi giurare che
te la tieni per te, o scoppia un casino” rispose l’altro.
“Fidati, la terrò per me”
promise seriamente Orlando.
“Proprio Aylén, domani ha
organizzato con altri stunts di andare a fare rafting. Ed è l'unica donna che
parteciperà, pensa un po’!”.
“Rafting? Wow! Vengo anche
io” dichiarò entusiasta Orlando.
“Hemmm … Sarebbe meglio di
no … ecco se accade qualcosa a te non è che ci licenziano, ci uccidono
direttamente!” disse Alejo maledicendosi mentalmente per non aver tenuto la
bocca chiusa.
Cominciò così una fitta
discussione verbale dove Alejo voleva convincere Orlando a desistere e Orlando
voleva convincere Alejo a cedere.
Vinse il più caparbio:
Orlando.
Quella conversazione fu
una sorta di primo approccio che Orlando ebbe con una realtà dei fatti che si
andava via, via consolidando: era fortemente attratto da Aylén, ora ne era
perfettamente cosciente. Forse lo era stato fin da subito, ma aveva lottato
tenacemente con quel formicolio insidioso che gli entrava addosso, specialmente
negli ultimi tempi, ogni volta che l'aveva accanto. L'unica cosa realmente
importante per lui era non cedere alla tentazione ed era sicuro di potercela
fare.
Aylén, che da parte sua
era rimasta abbastanza sconvolta da quello che era accaduto in ascensore la sera
prima, era arrabbiata. Ce l'aveva con Orlando. Essendo molto intelligente ed
intuitiva, aveva capito chiaramente di piacergli, ma aveva anche capito che lui
preferiva combattere la sua attrazione nei suoi confronti, piuttosto che
lasciarsi andare. Del resto, il processo d'innamoramento di Aylén era stato
molto veloce, quasi fulminante, e ora per lei c'era un momento di forte
contrasto interiore. Da una parte avrebbe voluto avere una storia con Orlando,
anche se sapeva che comunque sarebbe stata una cosa finita prima di cominciare,
e allo stesso tempo sentiva anche il forte desiderio di ferirlo e di
allontanarlo. Non sopportava quel suo atteggiamento rigido, composto e
chiaramente innaturale che aveva lui, soprattutto nei suoi confronti. Si era
confidata con Reina che si era preoccupata molto. Aveva pregato l'amica di non
fare sciocchezze e di riflettere prima di prendere qualsiasi tipo di decisione.
Conosceva Aylén molto bene, sapeva che era testarda, impulsiva e passionale, ma
sapeva che a suo modo era anche una ragazza fragile. Sicuramente non era una
poco di buono e quindi prima di andare a letto con qualcuno avrebbe dovuto
pensarci bene. Il fatto che volesse una sorta di relazione con Orlando, poteva
significare solo due cose: o si era presa una cotta spaventosa di quelle che ti
tolgono la facoltà di ragionare, o peggio ancora era sulla strada buona per
innamorarsi, e questo sarebbe stato anche molto peggio.
“Non è possibile che da un
giorno all'altro tu smani per uno, che fino ad ieri definivi palloso e acido!”
stava dicendo Reina all'amica.
“Forse perché prima
smaniavo ugualmente, ma non ne ero consapevole” rispose asciutta Aylén.
“Se ti farai coinvolgere
da questa cosa, ti farai solo del male e poi non è da te fare certe cose! Tu sei
una ragazza seria, e non puoi buttarti via per nessuno!” disse con una punta
d'amarezza Reina.
“Non ho ancora deciso che
fare e comunque non credo che avrò voglia di perdere tempo con un uomo che non
sa quello che vuole”.
“Ecco, brava! Lascialo
perdere”.
“Però ti confesso che
sarei molto tentata di far cadere quella sua maschera d’impassibilità che
indossa con tanta non chalance” confessò Aylén.
Reina non commentò, ma la
sua preoccupazione per l’amica dopo questa ultima affermazione crebbe ancora di
più.
“Orlando dobbiamo
avvertire gli altri, non puoi presentarti domani mattina come niente fosse. Vuoi
far scoppiare una lite?” disse Alejo costernato, maledicendosi sempre di più per
non aver tenuto la sua boccaccia chiusa.
“E allora raduniamo tutti
nella mia stanza e mettiamoli al corrente, così finalmente ti tranquillizzerai,
vedrai che nessuno avrà niente in contrario”.
Alejo fece una smorfia di
disappunto, non era proprio sicuro che tutti l’avrebbero presa bene.
Alla riunione in camera di
Orlando mancava solo Aylén, nessuno era riuscito a trovarla. Lei e le altre
ragazze erano andate al Mama Loca e avevano bevuto parecchia tequila. Aylén in
particolare c'era andata giù pesante, era piuttosto abituata a bere, ma quella
sera aveva davvero esagerato. Erano appena uscite dal locale, e s'era portata
via la bottiglia di tequila che insieme alle altre, s'era quasi scolata del
tutto, rubando anche il contenitore del sale, per finire la festa in camera sua,
quando il suo cellulare, che dentro il locale non prendeva la linea, l'avvisò
che c'era un messaggio. La ragazza controllò e trovò addirittura sei messaggi
tutti di Alejo che la esortava a recarsi di corsa in camera di Orlando.
Si congedò dalle altre e
insieme a Reina si diresse dai ragazzi.
Come le videro arrivare, i
due capirono che le ragazze erano parecchio alticce. Gli altri intanto erano già
andati via e comunque nessuno di loro aveva palesato un particolare disappunto
al fatto che l'indomani Orlando si unisse a loro. Aylén invece protestò subito.
“Alejo sei peggio delle
suocere non sai tenere quella bocca chiusa! Comunque è meglio che lui non venga”
disse prima rivolta ad uno e poi diretta all'altro.
“Perché? Che noia ti posso
dare scusa?” chiese Orlando contrariato, più dal fatto che fosse alticcia,
piuttosto che dal fatto che non lo volesse con loro l'indomani.
“Perché, perché! Sembri un
bambino! E' chiaro no? Se ti fai male ci metti tutti nei guai, non è una cosa
tanto regolare quella che andremo a fare domani” spiegò lei spazientita.
“A parte il fatto che io
pratico da tempo ogni genere di sport estremo, ma forse ti sfugge che sono
maggiorenne da un bel po’! Se mi facessi male sarebbe solo ed esclusivamente un
mio problema, di cui mi assumerei tutta la responsabilità” le rispose Orlando
secco.
Continuarono a discutere
animatamente per qualche minuto. Tra di loro scattava sempre un particolare
meccanismo, come una sorta di competizione, se uno diceva nero, l'altro doveva
dire bianco e via di seguito. Orlando era davvero stufo di stare a trattare con
Aylén, che oltretutto era anche poco lucida, quindi sbottò.
“Ora basta! Sei ubriaca e
io sono stanco di stare a discutere con te, domani verrò, che ti piaccia o no,
mica comandi tu! E ora fila a letto!”.
Gli occhi di Aylén furono
attraversati da un lampo di fuoco.
“Come hai detto scusa?”
sibilò la ragazza.
Lui per niente intimorito
incrociò le braccia al petto e aggrottando la fronte rispose serafico
“Ho detto: fila a letto
ragazzina, perché sei ubriaca!”.
Alejo che aveva capito al
volo l'antifona, prese Reina per un braccio, che nel frattempo, si era
addormentata a sedere sulla sedia e disse: “Bravo! E io riporto quest'altra in
albergo visto che non si regge in piedi”.
Orlando e Aylén rimasti
soli si fronteggiavano con aria piuttosto battagliera.
“Spiegami una cosa, chi ti
da il diritto di impartirmi ordini? Mica sei mio padre! E poi non sono affatto
una ragazzina!”.
“Ti comporti come se lo
fossi e se io fossi tuo padre ti mollerei pure una sberla!” le rispose lui.
Aylén dondolò il braccio
con cui teneva la bottiglia e alzò gli occhi al cielo.
“Ci risiamo! Ecco che
ricominci a fare il puritano, che palle!”.
“Tu invece non sai
comportarti quasi mai come una ragazza normale vero?” commentò lui con tono
acre. Quel suo atteggiamento sfrontato e da attacca brighe lo faceva davvero
incazzare.
“Io mi comporto sempre
come una ragazza normale, sei tu che sei abituato a frequentare donnicciole
insipide! Del resto è risaputo che voi uomini sbavate per le ragazze a modo che
arrossiscono, stanno composte indossando abitini fioriti, tutte sorrisini e
soprattutto, molto remissive” poi si avvicinò ancora di più a lui e continuò a
parlargli con una strana luce negli occhi “Quelle come me fanno paura vero
Orlando? Io ho le palle per fare cose che molti ragazzi non fanno, io non sono
una gattina che con una carezza e due paroline dolci puoi tenere a bada”.
Lui aveva capito che lo
stava sfidando e accettò la sfida.
“E' vero a me piacciono le
ragazze femminili e dolci, due cose che tu non sai neanche dove stanno di casa!
Ma non ho certo paura di te, figuriamoci!” rispose sarcasticamente Orlando.
Lei che era stata colpita
da quelle parole, fulmineamente elaborò la sua piccola vendetta.
“Bene! Abbiamo appena
appurato che il grand’uomo non ha paura! E allora brindiamoci su e poi me vado
davvero a letto!” disse con un’aria, che a Orlando parve addirittura maliziosa,
procurandogli una sorta di campanello d'allarme mentale.
“Non mi pare il caso, hai
già bevuto abbastanza!” sentenziò il ragazzo.
“Ah! Così non va! Hai
appena detto di non aver paura e che sarà mai un goccetto? Giusto per finire la
bottiglia” disse lei in tono canzonatorio.
Orlando che cominciava ad
irritarsi veramente molto, si spazientì e fece per andare a prendere due
bicchieri, ma lei lo fermò.
“Niente bicchieri, beviamo
a boccia e alla maniera del Mama Loca! Purtroppo non ho il limone, ma
fortunatamente ho rubato il sale. Allora ce la farai? O la tua morale te
lo impedirà?” chiese Aylén continuando nella sua opera di provocazione, che poi
era anche la sua vendetta.
Orlando la guardò come si
guarda un ragazzino impertinente, avrebbe veramente darle una sberla e mandarla
a letto di filato, ma lei lo aveva incastrato ben benino. Se lui avesse
rifiutato, ciò l'avrebbe posta in una situazione di vantaggio che lo avrebbe
portato ad essere oggetto di scherno per chissà quanto tempo.
“Nessun problema per me”
rispose deciso fissandola negli occhi.
“Chi comincia? Io o tu?”
chiese lei con disinvoltura.
“Visto che sono una
persona educata, prego, prima le signore” rispose lui accompagnando la frase con
un gesto della mano.
Aylén non poté trattenere
un sorrisino, compiaciuto, in quel momento si sentiva molto forte, forse anche a
causa dell'alcool e comunque aveva intenzione di dargli una bella lezione in
fatto di donne, femminilità, sensualità e compagnia bella.
“Sdraiati sul letto” gli
ordinò.
Orlando alzò
impercettibilmente un sopracciglio con aria sorpresa.
“Che c'è? Hai forse
paura?” lo sfidò nuovamente lei.
“Neanche per idea!” mentì
lui buttandosi sul letto.
Lei si avvicinò con calma,
si fermò a guardarlo consapevole del fatto che lo stava mettendo sempre più a
disagio, cosa che in quel momento le dava una soddisfazione immensa, quindi salì
sul letto. Intanto i battiti cardiaci di Orlando erano aumentati a dismisura.
Aylén si posizionò sopra di lui, con le gambe ai lati di quelle di lui, facendo
attenzione a non sfiorarlo nemmeno, poi gli tirò su il maglione ed estrasse il
sale dalla tasca dei suoi jeans. Lo osservò ancora. Il suo respiro era
irregolare, era decisamente agitato. Versò il sale direttamente sul tatuaggio a
forma sole che lui aveva quasi sull'inguine, che grazie ai pantaloni a vita
bassa era in bella mostra, vi avvicinò le labbra, poi con un guizzo non troppo
rapido della lingua lo raccolse, seguendo i contorni del disegno, soffermandosi
più del dovuto, tanto per prolungare la cosa il più a lungo possibile. Poi,
sempre con calma, si portò la bottiglia a labbra e bevve, guardandolo inerme sul
letto, col fiato corto.
Orlando, che a quel gesto,
aveva avuto una reazione quasi devastante, rimase in balia dei brividi che gli
avevano scosso il bacino, l’eccitazione che gli aveva procurato era quasi
dolorosa. Pensò che era veramente una stronza. Il suo corpo aveva
inevitabilmente reagito e questo lo fece letteralmente imbestialire.
“Tocca a te!” gli disse
lei con tono allegro e vagamente canzonatorio, alzandosi e scuotendolo
bruscamente dai suoi pensieri.
Non aveva alcuna
intenzione di darle soddisfazione, quindi si alzò a sua volta, la prese per un
braccio, l’avvicinò a se con forza e le tirò su la manica della maglia. La fissò
dritta negli occhi come se volesse incenerirla. La sua rabbia era quasi
palpabile nell’aria. Le versò il sale sulla parte interna del polso, e senza
staccare lo sguardo dagli occhi di lei, lo raccolse a sua volta con un rapido
guizzo della lingua dopo aver poggiato le labbra sulla sua pelle, poi bevve una
sorsata abbondante di
tequila.
Nonostante fosse stato un
gesto sbrigativo e apparentemente privo di cura e malizia, Aylén ne rimase molto
turbata, le labbra e la lingua di lui sulla sua pelle erano state per lei un
richiamo sensuale molto forte. Si rese improvvisamente conto che quello che
aveva iniziato, poteva trasformarsi in un giochino molto, troppo, pericoloso.
“Ora che abbiamo bevuto, puoi
anche andartene” disse Orlando con un tono incolore.
“Si è meglio che vada.
Buonanotte” rispose lei in un soffio. Stranamente, non si sentiva affatto
soddisfatta di quella sua ultima
bravata.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO TREDICI ●
Orlando stava assaporando le labbra di Aylén seguendone i contorni con lingua,
intanto le sue mani con febbrile impazienza stavano esplorando il corpo della
ragazza. Lei faceva altrettanto, inarcando la schiena, come per rendere ancora
più profonda l’unione dei loro corpi nudi, allacciati, in un amplesso
passionale. Le sensazioni che lui stava provando, erano violente e totalmente
coinvolgenti, fare l’amore con lei si stava dimostrando un’esperienza
decisamente più appagante e coinvolgente di quanto avesse mai potuto immaginare.
Orlando alzò di colpo a
sedere sul letto col fiato corto.
Era sudato e respirava con
affanno. Quello che aveva appena sognato era così maledettamente reale che ne
era rimasto sconvolto.
A tentoni cercò
l’interruttore della luce e si passò la mano sulla fronte madida di sudore,
cercò la bottiglia dell’acqua e ne bevve una lunga sorsata, poi con un gesto di
stizza, scostò le coperte e andò in bagno.
Era confuso, arrabbiato e
sconcertato. Si trovava in una situazione tremendamente precaria e decisamente
imbarazzante. Si sorprese a pensare che molto probabilmente non faceva più sogni
del genere, almeno da quando aveva quindici anni, e la cosa lo disturbò
parecchio. Cominciò a chiedersi se forse non sarebbe stato il caso di portarsela
a letto davvero. Forse se avesse fatto sesso con lei, quella smania che lo
attanagliava si sarebbe allentata. Era una cosa fisica, un urgenza, una specie
di sete che andava placata in qualche modo. Nello stesso tempo in cui aveva
pensato queste cose, si dette del deficiente. Come poteva anche solo pensare di
portarsi a letto Aylén quando in realtà amava Kate e tutto quello che desiderava
era solo riappianare le cose con lei? Cominciò a salirgli una rabbia
incontenibile. Non era possibile che si facesse dominare così da un attrazione
fisica per una donna, come diavolo era accaduto che la cosa gli fosse sfuggita
di mano in così poco tempo? Nonostante tutte queste riflessioni, Aylén era
sempre lì, nei suoi pensieri, e c’era poco da fare: lui la voleva.
Tornò a letto, infilandosi
con calma sotto le coperte. Attese un poco prima di spengere la luce. Aveva
quasi paura che l’immagine del corpo nudo di lei sotto il suo tornasse con
prepotenza a turbare il suo sonno. Non fu così, ma ugualmente dormì molto poco e
male. Quando fu l’ora di alzarsi per andare a fare rafting, era più stanco di
quando si era addormentato e il suo umore era cupo come la giornata che si
presentava piuttosto grigia, come poté costatare guardando fuori dalla finestra
che aveva appena aperto.
I ragazzi i ritrovarono
tutti nella hall dell’albergo e partirono con una specie di pulmino che
affittato giorni prima. Erano circa una ventina anche se a poi a fare rafting
sarebbero stati solo in dodici. Orlando si mantenne a debita distanza da Aylén,
che al contrario del solito era piuttosto taciturna e di umore poco allegro.
Per arrivare alle pendici
del fiume Guadalquivir impiegarono circa due ore.
Appena arrivati Aylén si
gettò letteralmente tra le braccia di suo cugino Calixto, che l’alzò di peso
facendola roteare e riempiendola di bacetti sulle guance. Lei gli era saltata in
collo e con le gambe gli cingeva il bacino, ricambiando le effusioni. A quella
vista Orlando, che non sapeva chi fosse quel ragazzone che sembrava in gran
confidenza con Aylén, si sentì rodere dalla rabbia. E’ solo una troietta!
Pensò livido, stringendo i pugni e aggrottando le sopracciglia. Alejo gli si
avvicinò e con un sorrisino divertito gli disse: “Prima che ti venga un vero e
proprio attacco di bile, forse sarebbe meglio che sapessi che è solo suo cugino!
E’ lui che ha organizzato il tutto sotto ordine di Aylén”.
Orlando da un alto si
rilassò di colpo, dall’altro s’arrabbiò ancora di più.
“Non me ne frega un
cazzo!” rispose in malo modo allo spagnolo.
“Oh! Ma che ti prende?
Datti una calmata eh? Se hai dormito male mica è colpa mia!” gli rispose Alejo
piuttosto scocciato.
“Scusa non ce l’ho con te”
si giustificò Orlando.
“Okay ma vedi di darti una
regolata però!” disse Alejo.
Con pazienza i dodici
temerari indossarono le mute, i salvagente e si prepararono per la prima discesa
di rafting. Si divisero in due canotti da sei posti l’uno, si disposero come gli
fu detto dagli istruttori e finalmente fecero la prima discesa. Il fiume si
snodava sinuoso tra la natura boscosa e la corrente era piuttosto forte, così
fecero il tragitto ad alta velocità. I Canotti giravano su se stessi facendo dei
balzi e restando in equilibrio grazie al bilanciamento dei corpi degli
occupanti. L’acqua schizzava copiosa, e nonostante le mute invernali i ragazzi
avvertivano il freddo sferzante e l’umido gelido, ma l’adrenalina correva a
mille e loro non se curavano, anzi urlavano come pazzi trascinati
dall’entusiasmo. Mentre quelli che non avevano partecipato li aspettavano a
valle. Fecero altre discese e l’eccitazione e l’adrenalina crebbero ancora a
dismisura, tanto che Aylén e Callixto decisero di provare a fare la discesa più
rischiosa riservata agli esperti di rafting.
“Vengo con voi” disse
Orlando che era il più gasato di tutti.
“Neanche per sogno” gli
rispose Aylén.
“E’ troppo rischioso se
non sei pratico, io e Aylén facciamo rafting da due anni e sappiamo come fare”
provò a spiegargli Callixto.
“Sono pratico anche io”
mentì Orlando che in realtà aveva fatto rafting solo poche volte.
“Non è vero!” disse Aylén.
“Si, che è vero!” rispose
piccato l’inglese.
“Sei un bugiardo e un
incosciente!” tuonò la ragazza che avendo esperienza, lo aveva osservato come si
muoveva e aveva capito che mentiva.
“Senti se lo fai tu, posso
farlo benissimo anche io quindi poche storie!”.
“Ah! E’ questo il punto,
siccome io so fare una cosa che tu non sai fare, allora tu fai i capricci” lo
accusò Aylén.
Gli altri li guardavano
esterrefatti sembravano davvero un cane e un gatto che si azzuffavano. Alejo
scosse la testa e si domandò quando mai sarebbe finita quell’eterna sfida.
Callixto tentò nuovamente
ed inutilmente di far ragionare Orlando, a ma il ragazzo che era di un testardo
fuori dal comune non cedette di un millimetro.
Aylén prese nuovamente la
parola: “Vuoi venire a tutti i costi eh? E allora vieni! Spero che tu ti rompa
quella tua testaccia dura in due, così impareresti a comportarti da uomo
piuttosto che da bambino! Avanti muovi il culo e andiamo!”.
Orlando con un sorrisino
soddisfatto la seguì. Era veramente felice di averla spuntata e non solo perché
l’attirasse fare quella discesa folle, ma perché aveva avuto la meglio su di
lei. Era forse la prima volta che accadeva e lo faceva sentire bene, forse
sarebbe davvero riuscito a dominarla in qualche modo: sia lei, sia quello che
lei gli faceva provare.
Finalmente salirono sul
canotto e Callixto spiegò nei minimi dettagli ad Orlando ciò che doveva fare,
quindi partirono. Il percorso era assai più ripido e accidentato del precedente
e il canotto sembrava doversi rovesciare da un momento all’altro, ma i tre se la
cavarono egregiamente e si esaltarono non poco, fu un esperienza magnifica e
quando il canotto si fermò dove volle Callixto, lanciarono un grido liberatorio
ridendo come matti.
“L’ultimo pezzo lo
facciamo sul dorso, ci lasciamo trasportare dalla corrente senza salvagente”
disse Aylén ad Orlando. Lui notò i suoi grandi occhi lucidi dall’eccitazione, e
dovette ammettere che quella ragazza era davvero una pazza scatenata, forse
anche peggio di lui. Aveva potuto vedere come il pericolo l’attraesse in maniera
quasi maniacale, ma allo stesso tempo aveva costatato che era molto prudente
nella sua spericolatezza, non lasciava nulla al caso. Ne era sempre più
affascinato. Malgrado tutto, i suoi buoni propositi andavano comunque a farsi
benedire.
Aylén si raccomandò ad
Orlando dicendogli di rimanere per ultimo e di non fare mosse azzardate, così se
avesse avuto problemi lei e Callixto avrebbero potuto aiutarlo. Gli spiegò anche
come doveva mantenere il corpo: rilassato ma compatto e con i piedi a martello
per potersi fermare in fondo alle rocce senza farsi male.
Partì per primo Callixto,
poi a ruota Aylén e Orlando. La discesa andò piuttosto bene, ma alla fine
accadde un guaio. Orlando si fece prendere troppo dall’entusiasmo e aumentò la
velocità. Aylén gli urlò di stare attento, ma il ragazzo non sapeva come fare a
rallentare, se fosse arrivato così velocemente alle rocce si sarebbe potuto
rompere una gamba, così Aylèn una volta arrivata in fondo si puntò con le mani e
con i piedi mettendosi a semi arco come fanno gli istruttori per attutite la
fermata di Orlando, urlando al ragazzo di provare a girarsi per arrivare di
schiena e non di gambe addosso al suo corpo. Callixto si mise le mani nei
capelli, Aylén aveva una struttura fisica troppo poco robusta per fare una cosa
del genere e tentò di sostituirsi a lei ributtandosi in acqua. Ma non fece in
tempo. Orlando arrivò a tutta velocità addosso ad Aylén non completamente
girato. La colpì con violenza con un ginocchio nella schiena, sbatacchiandola
contro il sasso a cui lei era aggrappata.
Callixto tirò fuori sua
cugina dall’acqua immediatamente, Aylén non aveva emesso un lamento ma era
sbiancata.
“Non è … niente” disse a
fatica la ragazza.
Orlando che intanto era
uscito si era precipitato a vedere che cosa si era fatta.
Lei continuava a dire che
stava bene, ma aveva il viso pallido e l’espressione sofferente.
Callixto la portò agli
spogliatoi e volle costatare di persona. Aveva un piccolo taglio sulla pancia,
poco più di un graffio niente di preoccupante, mentre sulla schiena aveva un
brutto ematoma. Il ragazzo non volle sentire ragioni e la portò direttamente al
pronto soccorso. Orlando che era preoccupatissimo volle andare con loro e non ci
fu verso di farlo desistere, naturalmente anche Reina e Alejo si unirono a loro.
Al pronto soccorso le cose cominciarono ad andare per le lunghe. Aylén
insistette con suo cugino perché i ragazzi rientrassero, visto che non sapeva
che ora avrebbe fatto. Come sempre quello più difficile da convincere fu
Orlando, che si sentiva tremendamente in colpa e non voleva sentir ragioni, non
si voleva muovere di lì.
“Per favore, tanto non te
la faranno vedere e non ci potrai parlare, fino a che non avranno finito”gli
spiegò Callixto.
Ma lui non ne voleva
sapere. Ci si misero tutti e tre a tentare di farlo ragionare e alla fine ci
riuscirono perché Callixto gli promise che appena sarebbero rientrati in albergo
lo avrebbero chiamato subito, così controvoglia Orlando se ne andò con gli altri
due.
Aylén e Callixto
rientrarono in albergo dopo la mezzanotte, il ragazzo purtroppo dovette scappare
via subito perché l’indomani doveva andare a lavoro e aveva molta strada da
fare, però era abbastanza tranquillo dopo aver preso reale coscienza delle
condizioni della cugina.
Aylén si spogliò con
movimenti lenti perché la schiena le faceva davvero male. Si era appena infilata
una maglietta quando sentì bussare alla porta.
“Chi è?” chiese.
“Sono Orlando mi apri?”.
“Un attimo!” disse lei
cercando i pantaloni della tuta che s’infilò alla ben meglio.
Quando Aylén aprì la porta
se lo ritrovò davanti con un’espressione davvero costernata, preoccupata e
decisamente afflitta.
“Come stai?” le chiese
subito ansioso.
“Bene, non ti preoccupare”
gli rispose andando verso il letto e sistemando i cuscini per potersi appoggiare
seduta alla spalliera.
“Mi dispiace davvero
tantissimo credimi, è tutta colpa mia! Mi sento veramente un coglione!” disse
lui seguendola. Rimase in piedi di fronte al letto con le mani dietro la schiena
come uno scolaretto in castigo.
Lei che non poté fare a
meno di provare una sorta di tenerezza per quella sua aria sconsolata, gli
sorrise e gli disse: “Non è affatto colpa tua! Sono cose che capitano” poi
aggiunse con aria furbetta “E sì, sei un coglione!”, ma poi vedendo che lui
l’aveva presa sul serio abbassando lo sguardo, scoppiò a ridere.
“Stavo scherzando! Non sei
un coglione! … Oddio forse solo un pochino”.
Lui, sorrise a sua volta e
sembrò rilassarsi. Aylén aveva il viso ancora leggermente pallido e se ne stava
adagiata con la schiena su i cuscini, indossava una maglietta a maniche corte
bianca e nonostante non fosse proprio il momento adatto, Orlando non poté fare
meno di notare che era senza reggiseno e che le si intravedeva l’ombra scura dei
capezzoli attraverso il tessuto, notò che doveva avere freddo visto che le punte
erano molto in evidenza. Cercò subito di distrarsi e si concentrò sul viso di
lei chiedendole: “Allora che ti hanno detto?”.
“Non ho niente di rotto,
solo un brutto ematoma, mi fa un po’ male ma non è nulla di grave. Dovrei stare
a riposo assoluto tre o quattro giorni, prendere un antidolorifico e mettermi
una pomata due volte il giorno. Tutto qui” rispose lei con un sorriso.
“Dobbiamo trovare una
scusa per farti star ferma, diremo che ti sei fatta male in albergo!” commento
lui a voce alta.
“No, domani mi alzo e
vengo sul set regolarmente” disse lei decisa.
“Ma neanche per idea!”
saltò su lui.
“Andiamo Orlando non ho
niente, che vuoi che sia! Non sono mica una bambolina di porcellana!”.
“Non capisco perché devi
essere così testarda se ti hanno detto di riposare, devi farlo, punto e basta”
il tono di lui non ammetteva repliche.
“Okay ti prometto che se
mi fa davvero male, troverò una scusa va bene?” promise lei.
“Posso vedere l’ematoma?”
chiese lui che nonostante tutto, non riusciva a non sentirsi tremendamente in
colpa.
Lei si girò lentamente e
si mise davanti a lui di spalle, lui le si sedette accanto e le tirò su la
maglietta. In effetti aveva una bella macchia bluastra proprio in mezzo alla
schiena. Orlando si sentì ancora peggio nel costatare che cosa aveva combinato,
con un dito sfiorò impercettibilmente il contorno del livido, ma lei sentì male,
fece un movimento brusco e nel farlo la maglietta che lui teneva per un lembo,
si alzò su scoprendole inavvertitamente un seno, lui si affrettò subito a
ricoprirla.
“Scusa” disse imbarazzato.
“Ma oggi è la giornata
nazionale delle scuse?” disse lei ridendo.
Rise anche lui.
“Forse è meglio che vada”
disse Orlando infilandosi le mani in tasca e alzandosi.
Poi gli venne spontaneo di
abbassarsi e di baciarla su una guancia.
“Cerca di riposarti” le
disse ancora chinato.
“Cercherò, promesso!”
rispose lei.
Poi, prima che lui
rialzasse la testa lei si tirò un poco su, e gli sfiorò le labbra con un bacio
casto e affettuoso. Non aveva resistito, era così diverso e così tenero rispetto
al solito, che per lei era stato naturale baciarlo.
“Buonanotte” gli disse con
un sorriso.
“Buonanotte” rispose lui
confuso rialzandosi e osservandola come se la vedesse solo allora, e se ne andò,
immerso nei suoi pensieri.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO QUATTORDICI ●
Orlando era andato di corsa
da Alejo. Dopo quello che era appena accaduto, era in uno stato di agitazione
così forte che non poteva certo andarsene a letto come niente fosse, era davvero
troppo scombussolato. Alejo lo aveva accolto in camera sua, non stava dormendo
neanche lui e fu molto contento nell’apprendere che Aylén non aveva niente di
rotto e che stava abbastanza bene.
“Orlando ma che hai?” gli
domandò osservando la sua espressione quasi persa nel vuoto.
Orlando abbassò lo sguardo e
fissò il pavimento in silenzio. Poi improvvisamente alzò la testa e disse in
tono piuttosto teatrale: “Alejo sono proprio nella merda!”.
“Olè!” rispose l’altro,
facendo un saltello e alzando una mano a mo di tarantella, per sdrammatizzare il
tono eccessivamente tragico dell’amico.
“Si, c’è poco da scherzare!”
lo rimproverò Orlando.
“Forza sfogati, sono pronto
ad offrirti la mia spalla” lo incitò Alejo.
“Io credo di aver perso la
testa!” confessò all’improvviso l’inglese più a se stesso che all’amico.
“Ma va? E dire che tra tutti
non ce ne eravamo mica accorti!”.
“Oh insomma! Mi ascolti o mi
prendi per il culo?”.
“Ti ascolto, ti ascolto, come
se non sapessi già che mi devi dire!” esclamò Alejo.
“Com’è possibile che io sia
stato coinvolto così tanto da lei in così poco tempo? Io non ci capisco più
nulla! La vedo e non connetto, ero sicuro di resisterle, ora mica ne sono più
tanto convinto! Io amo Kate cazzo!”.
Alejo lo guardò e gli disse
in tono un po’ brusco: “Tu devi fare la pace con il tuo cervello amico! Dici una
cosa ma in realtà ne senti un’altra, manchi di obiettività e questo è un bel
problema!”.
“Non è vero, io sono molto
obiettivo e amo davvero Kate, lei è la persona più importante per me! Per Aylén
provo solo un’attrazione fisica molto forte, direi quasi incontrollabile, una
cosa che non mi era mai accaduta prima. Del resto io ho sempre gestito molto
bene le mie emozioni e sono sempre stato in grado di esser padrone di me stesso…
almeno fino ad ora!”.
Alejo scosse la testa, ormai
la scuoteva puntualmente ascoltando i deliri di Orlando. Sì perché era chiaro
che delirasse, non si rendeva nemmeno conto che tutto quel parlare che faceva
era solo una specie di lavaggio del cervello che operava su se stesso solo per
auto convincersi.
“A parte il fatto che io non
sono d’accordo con la tua disamina, in quanto credo che tu provi molto di più di
una semplice attrazione fisica per Aylén. Ma se dovessi sbagliarmi, beh sai che
ti dico? Lasciati andare, vivitela, del resto con Kate siete in pausa no? Allora
non te lo voglio ripetere più, basta seghe mentali, non fai niente di male.
L’importante è che tu sia molto onesto con te stesso e soprattutto con Aylén, se
tu le mentissi e la usassi, saresti solo una vera merda, quindi occhio a quello
che fai”.
Il discorso di Alejo non
faceva una piega e Orlando pensò che forse in fondo era l’ora di lasciarsi
andare davvero. Però c’era sempre quel sottile senso di colpa nei confronti di
Kate. Lui era certo di amarla ancora e forse non era del tutto fuori strada,
sicuramente le voleva un gran bene e per lei aveva un rispetto immenso. Ma c’era
la questione Aylén. L’attrazione per lei l’aveva investito in pieno come un
camion in corsa, trovandolo totalmente impreparato. Aylén lo aveva spiazzato più
di una volta, ad Orlando pareva di aver a che fare con molte ragazze diverse,
perché una volta lei era sfrontata, l’altra era un maschiaccio, un’altra ancora
era una temeraria e poi all’improvviso diventava dolce e capace di tenerezza.
Come poco prima quando gli aveva sfiorato le labbra con quel bacio. Ne era
rimasto così stordito che ancora non s’era del tutto ripreso. E poi era così
bella e così sensuale da togliere il fiato. Era una miscela di elementi che si
rivelava esplosiva e totalmente irresistibile, e lui alla fine, non aveva più
tanta voglia di resisterle. L’unica cosa era mettere le cose in chiaro fin da
subito, prima che tra loro accadesse qualcosa. Doveva dirle che qualunque cosa
fosse accaduta, non avrebbe mai potuto avere un seguito, perché lui amava un’
altra. Quindi solo se Aylén fosse stata messa al corrente e fosse stata
d’accordo, allora lui avrebbe potuto viversi la cosa senza troppi problemi. Sì,
avrebbe decisamente fatto così e poi quel che sarebbe successo, sarebbe
successo.
La mattina seguente come
aveva promesso, Aylén era sul set a fare il suo lavoro.
Orlando la vide solo in tarda
mattinata e si rese subito conto che aveva l’aria piuttosto sofferente, anche se
lei stoicamente continuava con caparbietà a cavalcare. Pensò che fosse davvero
una gran testona e che sforzarsi avrebbe ritardato l’assorbimento dell’ematoma.
Non potendo fermarsi si ripromise di parlarle più tardi.
La fortuna dette una mano ad
Aylén, infatti verso l’ora di pranzo si scatenò un forte temporale che impedì il
proseguimento delle riprese e ritornarono tutti in albergo.
Nel tardo pomeriggio Aylén fu
raggiunta da Reina nella sua stanza e si misero a chiacchierare.
“Sai mi dispiace che tra
qualche giorno me ne devo ritornare a casa. Qui mi sono davvero divertita molto”
commentò Reina con una strana espressione.
“Via che è tutta questa
tristezza? Potrai tornare a trovarmi quando vuoi e poi tra qualche mese sarò di
nuovo a casa”.
Reina cominciò a vagare con
lo sguardo per la stanza con fare incerto e senza rispondere all’amica. Aylén
non poté fare a meno di domandarsi che cosa potesse avere, visto lo strano
comportamento che aveva.
“Reina ma è successo
qualcosa? Qualche problema?” le chiese un po’ preoccupata.
L’altra tacque ancora un po’
poi costernata le rispose.
“Madonna Santissima di
Guadalupe! Ho combinato un bel guaio!”.
Aylén sapeva per esperienza
che quando l’amica rammentava la Madonna di Guadalupe, significava che era
davvero molto agitata.
“Che ti è successo?” le
chiese con premura.
Reina cominciò a tormentarsi
le mani e non riuscendo a guardare Aylén negli occhi, poi finalmente le
disse:“L’altra sera… ecco … io ho… insomma! Ho baciato Alejo e manca poco ci
finisco a letto insieme! Dio mio! Devo essere impazzita! Io la tequila non la
berrò mai più!” concluse tutto in un fiato.
“Ah! Però!” scappò detto ad
Aylén.
“Si lo so è quanto meno
avventato e sicuramente non da me! Menomale che nonostante l’alcool alla fine
sono riuscita a ragionare e a fermarmi. Comunque tra poco usciamo. Andiamo a
cena e ci chiariremo, non voglio che pensi che sono una facile o una stupida.
Sono proprio fuori di testa!”.
“Non ti preoccupare Reina su!
Non farti troppi problemi in fondo non hai fatto niente di male o di cui
vergognarti. Certo è vero che gli uomini pensano solo a quello, ma ce ne sarà
pur qualcuno che andrà oltre questo no? Che diamine!”.
“Speriamo che tu abbia
ragione” sospirò Reina.
“Se Alejo penserà male di te,
sarà solo un SUO problema! Tu sei una ragazza fantastica e smettila di essere
sempre così agitata, vedrai che anche lui se ne renderà conto” la rassicurò
Aylén.
Chiacchierarono ancora un
po’, poi Reina si congedò per ritornare al suo albergo, per potersi preparare
per uscire con Alejo. Si salutarono e Reina promise all’amica che se non avesse
fatto troppo tardi, l’avrebbe chiamata al suo rientro dopo l’uscita con Alejo,
altrimenti si sarebbero riviste direttamente l’indomani.
Aylén riposò un pochino, ma
la schiena le faceva male e non riuscì a dormire se non che per una mezz’oretta,
quindi alzò la cornetta del telefono, e ordinò la cena in camera. Mangiò con
gusto la carne e le patate e poi si alzò per andare a lavarsi i denti, quando
sentì bussare alla porta.
“AVANTI E’ APERTO!” urlò dal
bagno con la bocca impastata di dentifricio.
Quando uscì si ritrovò
davanti Orlando. Indossava un paio di jeans sul grigio, con una maglia di lana
nera leggera, i capelli arruffati e le immancabili mani in tasca.
“Menomale che si è messo a
piovere altrimenti avresti continuato nella tua opera masochista di voler
continuare a lavorare per forza, nonostante non dovresti farlo!” le disse subito
lui.
“Buonasera Orlando” disse lei
divertita mentre si rimetteva sul letto.
“E’ inutile che fai la
spiritosa! Per fortuna c’è qualche Santo in Paradiso che provvede! Sembra che
questa dannata pioggia non accenni a fermarsi, quindi ci sono buone probabilità
che anche domani staremo fermi” ribatté lui accigliato.
Lei incrociò le braccia al
petto e lo studiò, sembrava davvero preoccupato. Era davvero adorabile con
quella specie di broncio e poi le faceva davvero piacere che si preoccupasse
così tanto per lei.
“Non ti preoccupare cercherò
di fare la brava bambina e starò buona, buona a riposo”.
Anche lui si fermò ad
osservarla con più attenzione. Aveva l’aria meno sofferente rispetto alla
mattina, i lunghi capelli erano legati in una morbida coda e aveva una specie di
tuta, forse un pigiama verdolino piuttosto largo. La bocca era rimasta piegata
in una sorta di sorrisetto da quando era entrato, e gli occhi sembravano
scintillarle più del solito. Gli prese una gran voglia di baciarla. Sospirò e
cercò di concentrarsi su altro, quindi con aria distratta le chiese:
“Hai mangiato? C’è qualcosa
che posso fare per te?”.
“Ho mangiato, non ti
preoccupare non vedi gli avanzi?”.
Lui si rese conto solo allora
del vassoio della cena poggiato da una parte. Poi Aylén si ricordò che nella
foga della discussione si era dimenticata di chiedere una cosa a Reina.
Sinceramente esitò un attimo prima di chiederla ad Orlando, non era certa che
fosse proprio il caso, ma c’era solo lui nei paraggi, esitò ma poi si fece
coraggio e glielo chiese.
“In realtà ci sarebbe una
cosa che potresti fare per me. Se non ti disturba, potresti mettermi la pomata
sull’ematoma? C’è stata Reina prima, ma mi sono dimenticata di chiederglielo”
gli disse alla fine.
“Ma certo, non ci sono
problemi, che devo fare?”.
“Niente di particolare, me la
dovresti mettere sul livido e spalmarla fino a che non si assorbe completamente.
Ma mi raccomando con delicatezza che mi fa male” gli spiegò lei.
Aylén si mise a sedere sul
bordo del letto e Orlando, dopo essere andato a lavarsi le mani, si sfilò gli
anelli e li appoggiò sul comodino. Si mise seduto dietro di lei, le scostò la
coda sistemandogliela sul davanti. Lei gli passò il tubetto della pomata.
Orlando le alzò la maglietta, notò che sotto aveva una leggera canottiera di
filo di scozia bianca.
“Aspetta che me la tolgo” gli
disse lei per facilitargli il compito. Quindi si sfilò la maglietta e rimase con
la canottiera. Orlando le scoprì la schiena, come la sera precedente notò che
era senza reggiseno, sospirò appena, prese la pomata e con delicatezza ne mise
un po’ sul brutto livido che da violaceo stava diventando verdastro scuro. Si
sentì nuovamente in colpa e sospirò di nuovo. Procedette con tutta la
delicatezza possibile, ed intanto osservava la schiena liscia e delicata di lei,
la sua pelle era morbida e profumata e si sorprese a desiderare di carezzarla.
Appena ebbe terminato le tirò
giù la canottiera.
“Ecco fatto!” disse
soddisfatto di essere riuscito nell’impresa senza farle male.
Lei si girò, gli sorrise e lo
ringraziò. Poi con slancio gli dette un bacio affettuoso sulla guancia, nel
farlo gli sfiorò inavvertitamente un braccio con il seno. Orlando ebbe i
brividi, quella canottiera era davvero molto, troppo, leggera e non poté proprio
più trattenersi. Prima che lei scostasse la testa, l’afferrò per la nuca con una
mano e la baciò con impeto.
Aylén rispose con slancio a
quel bacio vorace, circondandogli il collo con un braccio e stringendosi a lui.
Era perfettamente consapevole che era un bacio carico di passione, di
frustrazione repressa e forse anche di un po’ di rabbia. Lo percepì con
chiarezza, non c’era tenerezza, o delicatezza, né tanto meno sentimento, solo un
forte desiderio troppo a lungo negato.
Orlando ormai era partito e
non si sarebbe fermato facilmente, anche perché non voleva affatto fermarsi. Le
sciolse i capelli e continuò a baciarla con un intensità voluttuosa, esplorando
le sue labbra e la bocca con la lingua, affamato di lei come lui stesso neanche
immaginava di essere.
Aylén gli infilò una mano
sotto la maglia e cominciò ad esplorare la sua schiena con i polpastrelli,
Orlando avvertì le sue mani calde carezzagli la pelle e il suo respiro si fece
ancora più corto, i battiti del cuore sembravano impazziti e quello che provava
era ancora meglio di quello che aveva sentito nel sogno.
L’adagiò con estrema
delicatezza sul letto, facendo attenzione a non farle male, si sdraiò accanto a
lei e le sfilò la canottiera. Si fermò ad osservare il busto nudo di lei, il suo
seno era pieno e sodo e la pancia liscia e piatta, solcata dalla piccola ferita
che si era fatta il giorno prima. Chinò la testa e le diede un bacio sul
graffio, poi prese a mordicchiarle lo stomaco, mentre lei armeggiava per
sfilargli la maglia, voleva sentire il contatto con la sua pelle. Lui si fermò
un attimo per aiutarla, poi riprese quello che aveva interrotto, intanto Aylén
gli passava le dita fra i capelli.
Orlando continuò a baciare la
pelle di Aylén fino ad arrivare al suo seno e vi si soffermò con tutta la calma
e la dedizione di cui era capace. Lei si sentiva letteralmente morire, sotto
quell’assalto così sensuale e così travolgente, scossa da sensazioni così forti
da sembrare quasi insopportabili. Improvvisamente lui le sfilò i pantaloni e le
mutandine e lei si ritrovò completamente nuda davanti a lui. Era strano non si
sentiva affatto in imbarazzo, anzi lo sguardo ammirato di lui che sembrava
carezzarle il corpo, le piaceva. Si tirò su obbligando Orlando a fare
altrettanto e cominciò a sbottonare i suoi jeans guardandolo e sfiorando la sua
bocca con baci teneri. Siccome non ci riusciva, ad un certo punto si misero a
ridere entrambi e Orlando ci pensò da solo a finire di spogliarsi. Aylén prese a
baciarlo sul collo e Orlando piegò la testa indietro chiudendo gli occhi, le
labbra di lei cominciarono a scendere dal collo alla gola, proseguendo verso i
suoi pettorali, con calma senza fretta, come se volesse assaporare ogni
centimetro di pelle. Aylén percepiva il guizzo dei suoi muscoli sotto la
stimolazione della sua lingua. Pian piano arrivò allo stomaco. Quando arrivò
all’ombelico Orlando non ce la face più, la scostò da se e si mise sopra di lei.
“Ti faccio male?” chiese in
un soffio, preoccupato per la sua schiena.
“Assolutamente no, mi fai
tutt’altro che male” gli rispose Aylén con un caldo sorriso.
Orlando la baciò ancora, come
se non fosse mai sazio di quelle labbra morbide ed invitanti e
finalmente i loro corpi si
unirono. Era come se all’improvviso tutto avesse preso la giusta direzione, come
se quello che stavano facendo fosse l’unica cosa da fare. Entrambe sapevano che
sarebbe accaduto ed entrambe, lo volevamo più di ogni altra cosa, così fecero
l’amore con un tale trasporto da restare quasi senza fiato.
Nelle loro menti non c’era
più alcuna traccia di pensieri, erano solo immersi in quello che provavano e non
c’era spazio per pentimenti, congetture, rimorsi, dubbi e domande. Per quello ci
sarebbe stato tempo dopo. Forse.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO QUINDICI ●
Orlando era seduto sul
letto della sua camera. Fuori stava albeggiando e la pioggia continuava a
battere con insistenza contro il vetro della finestra. Era venuto via dalla
stanza di Aylén in piena notte, non appena lei si era addormentata. Era stato un
gesto piuttosto vile da parte sua, ma aveva bisogno di riordinare le idee prima
di affrontarla di nuovo.
Era molto arrabbiato con
se stesso.
Sferrò un pugno sul
materasso e si domandò per l’ennesima volta, in quella notte insonne, che cazzo
gli fosse saltato in mente per agire così. Doveva parlare prima con lei, questo
era quello che aveva stabilito di fare, e invece come un adolescente arrapato,
s’era fatto dominare dall’istinto senza ragionare. Aveva paura che Aylén avesse
potuto fraintendere e sarebbe stato davvero un grosso guaio. Primo, perché lui
non aveva nessuna intenzione di avere una relazione seria con lei, secondo,
perché lavoravano insieme e creare situazioni di disagio sarebbe stato
sconveniente, e terzo, perché lui amava un’altra e non aveva certo intenzione di
mandare tutto a rotoli per una questione di sesso.
Aylén, al contrario, si
svegliò abbastanza tardi e non fu troppo sorpresa nel costatare che Orlando
fosse andato via, in un certo senso ne fu quasi sollevata, quello che era
accaduto tra loro, era stato molto intenso e troppo coinvolgente. Ritrovarselo
nel letto le avrebbe causato un certo imbarazzo. Non era mica abituata a
situazioni del genere, non le era mai capitato di agire così, e per la prima
volta in vita sua non era più tanto certa di sapere come si sarebbe dovuta
comportare. Nonostante fosse pienamente consapevole di aver fatto un enorme
cazzata, che molto probabilmente le sarebbe anche costata cara, non poteva fare
a meno di sentirsi felice. Provava qualcosa per lui e non aveva più voglia di
contrastare quel sentimento, come non aveva voglia di pensare al futuro, voleva
vivere il presente e prendersi ciò che le offriva, al resto ci avrebbe pensato
dopo. Non era una stupida e si rendeva conto che lui era mosso da sentimenti
diversi dai suoi, ma ingenuamente e forse anche un poco romanticamente, sperava
che forse, col tempo, avrebbe anche potuto fargli cambiare idea.
Decise di rimanere in
camera e di studiare un po’, prima però scese a mangiare.
Di Orlando nessuna
traccia.
La giornata trascorse
piuttosto blandamente per lei. Nel primo pomeriggio ricevette la visita di
Reina. L’amica era molto felice perché aveva chiarito tutto con Alejo, che
addirittura si era scusato. Avevano deciso di rimanere amici. Iniziare una
relazione sarebbe stato troppo complicato, sia per il lavoro di lui e sia perché
Reina, sarebbe ripartita di lì a tre giorni. Aylén evitò di proposito di
raccontarle quello che era accaduto la sera precedente, non si sentiva ancora
pronta per parlarne con qualcuno, anche se si trattava della sua migliore amica.
Più tardi quando Reina la lasciò, per uscire nuovamente con Alejo, Aylén si mise
a studiare. Verso ora di cena stufa di stare sul letto, si fece una doccia per
scendere a mangiare qualcosa. Aveva evitato accuratamente di pensare ad Orlando
per tutto il giorno, non voleva neanche domandarsi dove fosse e cosa facesse, ma
soprattutto cosa sarebbe accaduto adesso tra loro.
Al ristorante dell’albergo
incontrò Maria, una delle due stunt donne, e cenò con lei. Conversarono del più
e del meno e Aylén la rassicurò sulla sua condizione fisica, che si stava
riportando quasi alla normalità. Dopo cena Maria la invitò ad uscire con gli
altri, ma lei non aveva voglia e declinò l’invito adducendo la scusa di sentirsi
un po’ stanca.
Stava attraversando la
hall quando vide arrivare Orlando. Non era preparata e si agitò non poco. Lui
era piuttosto cupo e scuro in volto.
“Ti stavo cercando” le
disse appena le fu vicino.
“A quanto pare mi hai
trovata” rispose lei cercando di essere il più naturale possibile, sorridendo.
Lui si massaggiò la nuca
con una mano e si infilò l’altra in tasca, poi le disse: “Senti, io avrei
bisogno di parlare con te…”.
Ecco,
pensò Aylén, ha detto
la classica frase, adesso mi dirà sicuramente che è stato uno sbaglio e cose di
questo genere!
Orlando interruppe i suoi
pensieri e prendendola per mano le disse:
“Vieni, andiamo su da me,
così staremo più tranquilli a parlare”.
Quel gesto strideva molto
con la sua aria seria e i suoi modi sbrigativi, ma ad Aylén fece piacere
comunque.
“Passo prima un attimo da
camera mia e poi ti raggiungo” gli rispose lei davanti all’ascensore.
Orlando la guardò uscire e
sospirò forte. Doveva parlarle, ma non era affatto facile. Era stato tutto il
giorno a rimuginare su cosa dirle. Nonostante tutti i suoi ragionamenti, che lui
riteneva lucidi e razionali, c’era una cosa che lo preoccupava provocandogli
ansia. Gli era costato un intera giornata di elucubrazioni mentali, ma alla
fine, sconfitto, aveva dovuto ammettere che non voleva assolutamente perdere
contatto con Aylén. Cosa volesse fare non lo sapeva neanche lui. Era stato
capace di cambiare opinione almeno dieci volte. Prima aveva stabilito di
allontanarla. Poi aveva optato per riportare la cosa su di un piano strettamente
amicale e platonico. Poi ancora aveva pensato che forse qualche effusione se la
poteva pure concedere, ed infine aveva capito che aveva ancora una gran voglia
di fare sesso con lei.
Sesso. Questo si era
stampato nel cervello, guai a parlare di fare l'amore, l'unica cosa su cui era
stato irremovibile ed intransigente con se stesso. Aveva voluto, con caparbia
determinazione, inquadrare Aylén come una piuttosto facile e sperava che per lei
non ci fossero problemi. Del resto gli si era concessa senza la minima riserva
e con molta voluttà, quindi non si sentiva affatto in colpa e questa era un
ottima scusa per evitare accuratamente di porsi domande sui i sentimenti di lei.
Era una situazione di comodo costruita da arte, esclusivamente partorita dalla
sua testa e lui vi si crogiolava a meraviglia.
Aylén lo raggiunse pochi
minuti dopo, bussò discretamente alla porta e lui la fece entrare. Si
accomodarono nel salottino di cui la suite di Orlando disponeva. Lui cominciò
col schiarirsi la voce, ma prima di parlare le offrì da bere. Lei accettò una
Pepsi, ma solo per aver qualcosa in mano e dissimulare l'agitazione che l'aveva
invasa. Era consapevole che quello che stava per dirle non le sarebbe piaciuto,
ma non voleva darlo a vedere.
“Dobbiamo parlare di
quello che è successo ieri sera” cominciò a dire lui.
“Sì, immaginavo che si
trattasse di questo” rispose Aylén con calma.
Orlando cominciò a
muoversi sulla poltroncina.
“Insomma… io… ecco non
saprei… cioè” farfugliò senza concludere niente.
“Dovresti rilassarti
Orlando, o non spiccicherai parola” gli disse la ragazza sorridendo. In effetti
era davvero buffo.
Lui prese fiato e riordinò
le idee, quindi finalmente sputò il rospo.
“Sì, hai ragione, ora ci
provo. Dunque, il punto è questo: tu mi piaci. Insomma mi attrai molto, ma oltre
l'attrazione fisica io non provo altro.” s'interruppe un attimo perché gli parve
di cogliere una strana luce negli occhi della ragazza, poi continuò “Non
fraintendermi, sei una ragazza molto interessante, intelligente e con carattere,
tutte ottime qualità, ma io sono innamorato di un'altra. Forse sarebbe stato
meglio che tra noi non accadesse nulla, ma la cosa mi ha preso la mano e me ne
dispiace, vorrei solo che tu non ce l'avessi con me e che potessimo continuare
ad essere… amici?”.
Il discorso non gli era
venuto propriamente bene e se ne dispiacque, ma si trovava davvero in
difficoltà, ma la cosa grave è che aveva paura, paura che lei si alzasse che lo
aggredisse, e che gli dicesse di andare a farsi fottere.
Aylén lo aveva ascoltato e
come aveva previsto, ciò che le aveva detto non le era piaciuto. Soprattutto
quel: io sono innamorato di un'altra. L'aveva irrazionalmente ferita,
perché sebbene consapevole che lui avesse una ragazza, lei se ne era voluta
scordare. Nonostante questo non aveva nessuna intenzione di trattarlo male. Non
poteva farlo, il solo pensiero di perderlo la faceva tremare e così con la sua
innata incoscienza gli rispose in maniera assai incauta. “Sapevo perfettamente
che eri fidanzato e non me importa niente. Tu ami un'altra? Io invece non amo
nessuno, quindi a parer mio non c'è alcun problema. Credo che possiamo benissimo
fare ciò che più ci piace lasciandoci alle spalle tutto il resto. Questa è solo
una parentesi, perché complicarsi la vita quando non serve?”.
Le era uscito dalla bocca
quel discorso talmente bene e talmente tranquillamente, che sembrava che ci
credesse anche lei stessa. Non voleva che lui si allontanasse da lei. Era uno
sbaglio, uno sbaglio colossale e Aylén lo sapeva, ma preferiva soffrire e averlo
avuto almeno per un po’, piuttosto che soffrire per una sola notte appena. Tanto
ci sarebbe stata male comunque, si diceva, quindi voleva prendere più che
poteva, prima di fare i conti con i suoi sentimenti una volta che lui fosse
sparito per sempre dalla sua vita.
Orlando rimase in
silenzio. Quella risposta, che poi era anche quella che aveva desiderato sentire
da lei, gli aveva però lasciato un retro gusto un po’ amaro e non sapeva bene
spiegarsi il perché.
“Aylén, sei mai stata
innamorata di qualcuno?” le chiese a bruciapelo.
“Si, una sola volta” gli
rispose la ragazza giocherellando con i capelli.
“E' finita?” continuò lui.
“Ti ho appena detto che
non amo nessuno. Si, è finita!” gli rispose.
Lui tirò su entrambe i
piedi puntandoli sul bordo della sedia, appoggiò il mento sulle ginocchia, poi
scrutandola come se le volesse leggere dentro le domandò: “Perché?”.
“Perché lui non amava
Aylén, amava solo il corpo e la bellezza di Aylén, non gli interessava dei
sentimenti di Aylén, né del fatto che Aylén avesse anche una testa pensante”
rispose lei parlando di se stessa in terza persona con un distacco freddo e con
voce incolore.
Orlando aveva appena fatto
i conti con una cosa che aveva voluto ignorare: i sentimenti di lei. In verità
in cuor suo lo sapeva già, ma quelle parole gli dettero la conferma che lei non
era la ragazza facile che lui aveva voluto credere. Ma non voleva assolutamente
fermarsi su considerazioni che non intendeva fare, e tanto nemmeno ascoltare
quello strano sentimento, quasi di tenerezza che lo stava invadendo, quindi
troncò subito l’argomento passando ad altro.
“Come sta la tua schiena
oggi?” chiese rimettendosi a sedere composto.
“Ummm… bene direi, non mi
fa male quasi per niente, devo ammettere che stare ferma mi ha giovato davvero”
rispose lei, sollevata a sua volta dal cambiamento di conversazione.
“Lo dicevo io! Dovresti
darmi retta… qualche volta” la rimproverò con fare finto paternalistico.
“Meglio di no!” rispose
lei con fare furbo.
“Come sarebbe a dire?”.
“Che se comincio a darti
retta, poi cominceresti a prenderci l’abitudine e finiresti con impartirmi
ordini in continuazione!” lo canzonò lei.
Continuarono a prendersi
in giro, la tensione s’era allentata ed entrambi erano più sereni e rilassati.
“Perché non raggiungiamo
gli altri fuori?” chiese Orlando.
“Sì, è una buona idea”
rispose lei. Poi frugandosi in tasca prese la pomata per la schiena e gli disse:
“Prima però sii gentile, Reina continua a snobbarmi a favore di Alejo, quindi mi
manca la mia infermiera personale, potresti farlo nuovamente tu?”.
“Ma certo ormai sono un
esperto!” rispose lui strizzando un occhio.
Dopo averla fatta sedere
come in un rituale le tirò su il maglione scoprendole la pelle. Improvvisamente
capì come mai le altre volte non indossasse il reggiseno, la chiusura coincideva
proprio con il livido, che tutta via si stava riassorbendo. Aprì con cautela
l’allacciatura e cominciò a spalmare la pomata.
“Sai che sei proprio
bravo! Potresti farlo di mestiere!” commentò Aylén apprezzando la delicatezza
con cui lui le stava facendo assorbire l’unguento.
“Se mai mi dovesse fallire
la carriera d’attore, vorrà dire che farò il fisioterapista” disse lui ridendo.
Stavano scherzando, ma in
realtà erano entrambe nuovamente tesi. Aylén combatteva contro le sensazioni che
la mano di lui le procurava. E lui come al solito era bello che partito per la
tangente, infatti si stava prolungando più del dovuto nel massaggio, dato che la
crema era già assorbita. Il tutto non era affatto nato come una provocazione
erotica, anzi non c’era stata alcuna malizia da parte di Aylén nel chiedere ad
Orlando di aiutarla, né da parte di lui ad accettare. Il problema era che i loro
corpi si attraevano come il ferro con la calamita e c’era ben poco da fare.
Le mani di Orlando come se
fossero dotate di volontà propria cominciarono a carezzare l’intera lunghezza
della schiena di Aylén e lei trattenne il fiato. Lui abbassò la testa, le scostò
i capelli e cominciò a tormentarle la nuca e il collo con piccoli baci e piccoli
morsi intervallati tra loro. L’aveva tirata a se, facendo aderire la sua schiena
al suo corpo. Aylén poteva chiaramente percepire il grado della sua eccitazione,
intanto entrambe le mani di lui si erano spostate sul seno di Aylén e le stava
carezzando i capezzoli con i pollici, con il viso affondato nei capelli di lei.
Aylén faticava a respirare
ed era come prigioniera delle sue sensazioni. Non le importava più di niente
voleva solo stare con lui e fare l’amore con lui, tutto il resto aveva perso
ogni importanza.
“Non ho più voglia di
uscire…” le sussurrò lui in un orecchio.
Lei si girò e sfiorandogli
le labbra con le proprie gli rispose “Neanche io. Baciami!”.
Lui non se lo fece
ripetere e la baciò a lungo stringendola a se.
I suoi baci erano sempre
molto intensi e Aylén vi si abbandonò completamente.
Le loro mani si cercavano,
i loro vestiti pian paino sparivano e le loro bocche continuavano a rimanere
unite. Così si ritrovarono nuovamente nudi sul letto a fare l’amore per la
seconda volta, con lo stesso slancio e la stessa passione della sera precedente,
non era previsto, ma accadde.
Più tardi quando, distesi
l’uno accanto all’altro stavano in silenzio, nelle loro menti i pensieri
correvano veloci.
Orlando era sempre più
confuso, ma allo stesso tempo stava troppo bene per farsi dei problemi, decise
di colpo che non avrebbe pensato affatto.
Aylén non sapeva che fare,
da una parte avrebbe voluto stare lì con lui, dall’altra aveva paura di
sembrargli troppo appiccicosa, quindi fece per alzarsi.
“Che fai?” le chiese lui
toccandole la schiena.
“Vado via” rispose piano
lei.
“Vorrei che rimanessi qui
a dormire… se ti va” le chiese lui titubante, aveva quasi paura che gli dicesse
di no.
Lei si girò e gli regalò
un sorriso luminoso.
“Certo che mi va!”gli
rispose riaccucciandosi contro di lui.
Lui l’abbracciò e le dette
un piccolo bacio sulle labbra.
In quel momento Aylén si
sentì la persona più felice del mondo.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO SEDICI ●
Nei giorni che seguirono
Orlando e Aylén continuarono a vedersi ogni sera e immancabilmente facevano
l’amore. Tra di loro c’era una sorta di tacito patto, nessuno dei due si
azzardava a parlare di quello che stava accadendo. Di giorno invece si
comportavano normalmente, ridevano, scherzavano, si punzecchiavano e a volte
litigavano perfino. Ma la notte no, la notte era solo per loro, tanto che Aylén
praticamente non aveva più dormito in camera sua, si era direttamente trasferita
in quella di Orlando.
L'incoscienza aveva avuto
la meglio sulla razionalità, ma quella situazione non poteva certo durare in
eterno e lei lo sapeva.
Reina era tornata a casa e
Aylén non le aveva detto ancora nulla, ma l’amica aveva capito che doveva essere
accaduto qualcosa, però volendo rispettare i desideri dell’altra non aveva fatto
domande.
Tutta la troupe si era
spostata da Cordoba a Granata e Orlando aveva avuto il suo bel da fare con le
fans che ogni giorno assediavano l’albergo a frotte. Praticamente ogni santa
sera passava un’ora e più a firmare autografi e spesso Aylén lo prendeva in
giro, in realtà era abbastanza gelosa. Col tempo si era resa conto che
cominciava provare per lui qualcosa di forte, qualcosa che assomigliava
pericolosamente all’amore e nonostante non volesse pensarci, ogni giorno quel
sentimento cresceva dentro di lei.
Frequentandolo aveva
scoperto dei lati del suo carattere che non avrebbe mai immaginato.
A volte era taciturno e
scorbutico, altre invece era davvero un coccolone, pretendeva proprio di essere
vezzeggiato come un bambino, a volte poi era davvero buffo e matto. Come quella
volta che lei era distesa sul letto mentre lui era farsi la doccia. Lo aveva
visto uscire con l’accappatoio in dosso e si era messo a fare una specie di
sfilata.
“Modello: bagno da sogno!”
aveva detto camminando ai piedi del letto muovendosi come se fosse in
passerella.“Ammirate la morbidezza della spugna, direttamente estratta per
essere usata nella tessitura di questo splendido capo, niente di meno che: dal
mar Mediterraneo!”.
Aveva continuato facendo
scivolare l’accappatoio su una spalla e con una faccia da cretino che incantava,
aveva detto: “Il comfort e la morbidezza hanno un effetto addirittura balsamico
sul corpo”.
Intanto Aylén era piegata
in due dal ridere.
Ed in infine aveva
platealmente aperto l’accappatoio, facendoselo scivolare lentamente di dosso, e
mostrando una paio di boxer larghissimi a quadretti. Quindi girando su stesso
aveva commentato allargando le braccia: “Et voilat! Il tocco finale! Boxer
modello tovaglia sexy! Da usare all’occasione anche per pic nic dal sapore
vagamente gastro-erotico al parco!”.
“Ma lo sai che non ti ci
facevo così scemo!” esclamò Aylén tra le lacrime per il gran ridere.
“Scemo?” aveva chiesto
Orlando fintamente indignato alzando un sopracciglio. “Ma ti rendi conto di
quello che dici donna?”.
Poi indicando la finestra
con fare teatrale le aveva detto: “Là fuori ci sono milioni, ma che dico
milioni, miliardi di donne bramose di avermi! Io direi che piuttosto sono un
uomo dalle mille sorprese!”.
“Sì, come no! Ma falla
finita và uomo dalle mille sorprese!” gli aveva risposto lei lanciandogli
un cuscino e centrandolo in pieno.
Lui l’aveva guardata
malissimo con aria fintamente minacciosa.
“Vuoi la guerra? E guerra
sia!”.
Aveva raccolto il cuscino
e lo aveva lanciato verso di lei, ma Aylén era stata più veloce e lo aveva
scansato.
“Pessima mira!” le aveva
detto la ragazza sfidandolo.
“Se t’acchiappo te lo
faccio vedere io!” aveva risposto lui lanciandosi sul letto, ma Aylén era già
scappata verso il salottino.
“Bravo hai colto la
sfumatura giusta: SE, m’acchiappi! A quanto pare sono più veloce e agile di te!”
lo aveva canzonato lei.
Così avevano cominciato a
rincorrersi per la camera, saltando dal letto al pavimento, dal pavimento alle
poltrone e via di seguito. Aveva vinto Aylén che alla fine s’era rifugiata in
bagno.
“Tanto prima o poi dovrai
pur uscire di lì!” le aveva detto lui incrociando le braccia al petto.
“Può darsi che per farti
dispetto decida di passare il resto della mia vita qui!” aveva risposto lei
ridacchiando.
Insomma, non facevano solo
ed esclusivamente sesso. Ridevano, scherzavano, a volte guardavano qualche film,
a volte parlavano, anche se molto raramente e mai di argomenti troppo seri o
intimi. A vederli si poteva tranquillamente dire che fossero, quasi una coppia
come tante altre. Ma di fatto loro non erano affatto una coppia.
Aylén era divisa tra due
tipi di sentimenti: la speranza e la paura.
Sperava che ci potesse
essere una remota possibilità in un futuro con lui, ma allo stesso tempo aveva
timore che sarebbe finito tutto terminate le riprese. Cominciava a rendersi
conto che doveva riflettere su quello che stava accadendo e che doveva prendere
una decisione o in un senso o nell'altro, ma continuava a tergiversare.
Orlando, da parte sua, se
la viveva giorno per giorno. Niente domande, nessuna riflessione, e totale non
curanza caparbiamente imposta per il futuro. La sua testa era ovattata.
Non voleva vedere, non voleva
sentire, non voleva ragionare e non voleva aprirsi a niente di quello che forse
stava nascendo, come se annaffiasse un germoglio con la varechina per farlo
seccare.
Stava molto bene con lei e
se lo faceva bastare. C’era anche un’altra cosa, a cui intenzionalmente non
aveva voluto dare alcun peso: il fatto che non pensasse quasi più a Kate. Si era
auto giustificato dicendosi che era una sua forma di difesa, una sorta di scudo
per non soffrire e non sentirsi in colpa.
Intanto i giorni passavano
veloci e il tempo scorreva in fretta. Da Granata si erano spostati per varie
cittadine fino ad arrivare all’ultima location spagnola: Siviglia.
Una sera accade qualcosa.
Erano circa le ventidue,
Aylén stava seduta sul letto con le gambe incrociate e picchiettava sulla
tastiera del suo portatile.
Orlando le si era seduto
accanto e le stava dando noia cercando di leggere quello che stava scrivendo.
Siccome era in spagnolo, diceva delle scemenze colossali, facendola ridere, ma
anche distraendola visto che stava tentando di studiare.
“Ma la smetti? Non hai
qualcosa da fare, invece di star qui a farmi i dispetti?”.
“Ma smettila tu con
quell’aggeggio infernale! I computer alienano le persone non lo sai?” le aveva
risposto lui che voleva fare decisamente altro.
“Sto cercando di studiare
sii buono, tra un’oretta avrò finito”.
Lui finse di assecondarla
e si sdraiò tranquillo. All’improvviso la prese per la vita e la tirò giù con
se.
“Mi fai cadere il computer
in terra!” si era lamentata lei.
“Ti do tre secondi di
tempo per mettere quel coso sul comodino” aveva detto lui.
E aveva mantenuto la
promessa.
Aveva preso a baciarla e
carezzarle i capelli.
Lei si scostò e gli disse
“Insomma non si può sempre fare a modo tuo! Ti ho detto che devo studiare!”.
Lui per niente scoraggiato
aveva ripreso a darle noia.
“Studierai dopo” le aveva
detto con una specie di borbottio mentre stava tentando di baciarla di nuovo.
Lei lo aveva spinto
leggermente per farlo smettere.
“No, studio ora! Non ho
fatto nulla negli ultimi giorni, non dormiamo quasi per niente e io devo
assolutamente portarmi avanti con questo lavoro”.
Lui aveva sbuffato un po’
e poi l'aveva lasciata libera. Aveva preso il copione e s'era messo a ripassare
le sue battute.
Ad un certo punto il suo
cellulare aveva preso a suonare.
“Pronto” disse dopo averlo
aperto senza neanche guardare chi fosse.
Dall’altro capo del filo
rispose la voce incerta di Sandrine che si scusò di averlo disturbato, ma che
aveva urgenza di parlargli subito a proposito di Kate.
Orlando scattò in piedi,
fece un cenno di scusa ad Aylén e uscì fuori dalla camera per andare a parlare
nel corridoio. La conversazione tra lui e la ragazza fu piuttosto lunga.
Per mesi aveva aspettato
un simile epilogo alla faccenda fra lui e Kate, ma quando Sandrine gli aveva
detto che la sua ragazza stava molto male e che era pentita, invece di mettersi
a saltare dalla gioia era rimasto piuttosto freddo. Nessuna emozione
particolarmente forte, nessun batticuore violento, solo una sottile
soddisfazione dettata da un forte senso di rivalsa, e ne era rimasto
completamente spiazzato. La ragazza gli stava spiegando che Kate era tornata sui
suoi passi e che era piuttosto dispiaciuta di come si era comportata. Era
talmente giù che non aveva avuto neanche il coraggio di chiamarlo di persona.
Gli disse anche che, se lui era d’accordo, Kate era pronta ad andare a trovarlo
in Spagna.
Orlando fu preso dal
panico.
Da una parte aveva voglia
di capire e di vedere che effetto gli avrebbe fatto trovarsela davanti, perché
lei era comunque una persona importante nella sua vita. Ma dall'altra la sua
primaria preoccupazione era la possibile reazione di Aylén, e con questo non
avrebbe mai creduto di dover fare i conti.
Non era più certo al cento
per cento di quello che provava per Kate, ultimamente non ci aveva pensato, non
gli era più mancata, ma lui l’amava ancora. O no? E per Aylén che cosa provava?
Niente più che un’attrazione o c’era dell’altro? Si, ma cosa? Amore? No, non era
credibile.
Cercò di riflettere a
mente fredda, ma con Sandrine che lo implorava dall'altro capo del telefono non
fu facile. Optò per una soluzione che al momento gli sembrava quella migliore.
Spiegò alla ragazza che non desiderava ricevere la visita di Kate, del resto
quella situazione l'aveva creata lei, e comunque avrebbe dovuto essere lei
personalmente a chiederlo e non una sua amica. Le disse che lui stava
riflettendo, che non era arrabbiato, ma che comunque aveva bisogno di tempo,
quindi si sarebbero rivisti, come stabilito in partenza, solo ed esclusivamente
al suo ritorno a Los Angeles. A Kate, che ovviamente era con Sandrine quando lei
stava telefonando ad Orlando, non restò che rassegnarsi. Era consapevole di
averla combinata grossa e sapeva che se Orlando era fermo su una decisione era
meglio assecondarlo, piuttosto che forzargli la mano, la sua speranza era
riposta tutta nel suo ritorno a Los Angeles.
Aylén, che era rimasta
sola in camera, era in uno stato di forte agitazione.
Chi era al telefono? Che
cosa poteva essere accaduto? Perché lui era improvvisamente uscito come se
temesse qualcosa?
La risposta in cuor suo la
conosceva già, ci poteva essere una sola risposta: Kate. Ma lei sperava che non
fosse così, assurdamente voleva credere che magari potesse essere sua madre o un
suo amico in difficoltà, qualsiasi altra cosa, ma non quella. Improvvisamente il
suo bel castello di carte era franato rovinosamente a terra e la realtà le era
apparsa chiara e cristallina, si era fatta e costruita solo un mucchio di
illusioni. Aveva commesso un errore madornale: aveva permesso all'istinto di
avere la meglio sulla ragione e ora era arrivata la resa dei conti.
Quando Orlando rientrò
nella stanza era piuttosto pensieroso, ma non volendo agitare Aylén che trovò
abbastanza strana, evitò di parlare della telefonata.
“Era una vecchia amica” si
affrettò a dire mentendo.
Aylén aveva subito notato
che ci doveva essere qualcosa, ma preferì non domandargli niente.
Sperava che magari lui si
confidasse spontaneamente, ma Orlando non disse una parola in più al riguardo.
Si rimisero entrambi a fare quello che avevano interrotto, avvolti da un
silenzio carico di disagio e poi ad una certa ora si misero a dormire.
Aylén non dormì quasi per
niente, ormai era consapevole che i giochi erano chiusi e che comunque li
avrebbe dovuti chiudere lei stessa. Era innamorata di lui, ma non poteva certo
continuare a fare finta che quella situazione le andasse bene: averlo solo a
metà e per andarci a letto insieme. Non era mai stata quel tipo di ragazza. Era
esuberante, incosciente e forse anche un tantino immatura, ma solo con lui aveva
avuto quel comportamento troppo disinibito che ora la faceva star male da
morire. Era l’ora di rientrare nei ranghi.
La mattina quando si
svegliarono al suono metallico e insistente della sveglia, l'imbarazzo tra loro
era quasi percepibile al pari di una terza presenza. Entrambi non sapevano né
che dire né come comportarsi, ognuno dei due con le proprie ragioni.
Orlando si stava infilando
i jeans, mentre Aylén si stava allacciando già le scarpe da tennis, quando dopo
una mezz’ora di silenzio tombale, lei prese coraggio e avendo maturato una
decisione definitiva, cominciò a parlare.
“Senti, io non so come
dirtelo, ma non c’è un modo carino per farlo, quindi abbi pazienza se ti
sembrerò brusca, ma il fatto è questo: io da domani sera torno a dormire in
camera mia”.
Aveva parlato con calma,
con una freddezza quasi glaciale e con un tono così casuale, che sembrava che
parlasse di una cosa da niente. Orlando era come se fosse stato improvvisamente
investito da una secchiata d’acqua gelida.
“Come mai questa decisione
così drastica e così improvvisa?” le chiese con un tono di voce indecifrabile.
“Perché è la cosa migliore
per tutti, per me per te … e anche per la tua ragazza!” disse lei mentre
raccoglieva le sue cose con una calma innaturale.
Orlando rimase senza
parole e la guardò andare via con un senso di disagio addosso, senza capire bene
che cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi.
Aylén intanto stava
veramente male. Sapeva che quel momento sarebbe potuto arrivare, ma non in quel
modo e non così. Lui l'aveva lasciata andare via senza nemmeno tentare niente
per trattenerla, senza dire neanche una sola parola. Si dette della stupida
cento, mille volte. Orlando non aveva mai provato niente per lei, nemmeno
affetto, il suo comportamento era stato palese. Non capiva però come avesse
potuto fingere sempre in ogni momento, sicuramente era un attore dalle doti
soprannaturali, si ritrovò a costatare amaramente. Aveva voluto giocare col
fuoco e ora s’era bruciata, quello era sicuramente l’errore più grande che aveva
fatto nella sua giovane vita. Giurò a se stessa che non sarebbe accaduto una
seconda volta, solo così avrebbe potuto sopportare la sofferenza, solo se le
fosse servita da insegnamento come monito a tenersi lontana dagli uomini come
lui.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO DICIASSETTE ●
I giorni che seguirono
furono molto difficili per Orlando. Essendo una persona piuttosto orgogliosa
aveva accettato la decisione di Aylén senza dare a vedere quanto ne fosse
rimasto turbato. Ma come sempre le cose non erano poi così lineari come poteva
sembrare, così, col passare del tempo, era accaduto che il suo orgoglio si
affievolisse lasciando posto all'amarezza e alla nostalgia. Le era mancata
parecchio, forse anche troppo, in quei quindici giorni che erano passati da
quella mattina in cui lei era uscita dalla sua stanza. Non se lo sarebbe
aspettato, ma si era spesso ritrovato a sospirare guardando il suo letto che gli
sembrava esageratamente grande e infinitamente vuoto senza di lei. Il problema
era che cosa fosse che gli mancava, era una questione puramente di sesso oppure
c'era dell'altro? S'interrogava in continuazione ed era chiaro che ci fosse
dell'altro, ora si trattava solo di capire che cosa fosse. Ma ancora non aveva
ben chiare molte, troppe cose, e il suo umore era altalenante. Una volta pensava
che lei avesse ragione, che era decisamente meglio così, l'altra pensava che
forse avrebbero per lo meno dovuto spiegarsi, un'altra ancora si convinceva che
appena fosse tornato a Los Angeles tutto si sarebbe risolto.
Ma lei continuava a
mancargli e poi la vedeva tutti i giorni e non era facile togliersela dalla
testa.
Un bel giorno prese una
decisione: avrebbero dovuto quantomeno dovuto parlare. Si ripromise di
avvicinarla, dato che ultimamente si evitavano in modo piuttosto palese.
Ma riavvicinare Aylén non
fu affatto facile.
Non che lei fosse
particolarmente scostante con lui, ma piuttosto era sfuggente e quando si
trovavano a tu per tu, era molto indifferente, distante, ma mai scortese. Un
comportamento molto spiazzante, che comunque riusciva nell’intento di far
sentire Orlando parecchio a disagio e sempre più incerto e confuso.
Quella mattina
s’incrociarono in sartoria e Orlando provò ad attaccare bottone.
“Allora come va?”.
“Bene grazie” aveva
tagliato corto lei.
Lui aveva cominciato a
grattarsi la testa poi con fare casuale aveva aggiunto: “Senti… io avrei
pensato… che magari, che so… se ti va… potremmo anche vederci stasera …”.
In realtà non sapendo bene
che cosa dire aveva finito per tirare fuori la cosa più sbagliata o,
per lo meno, era stato troppo diretto con la possibilità di essere
completamente frainteso.
Cosa che puntualmente
accadde.
Aylén, infatti, gli
avrebbe voluto dare un rispostaccia. Pensò che era veramente senza ritegno, ma
ovviamente non lo diede a vedere.
“Stasera devo studiare”
gli ripose con voce atona.
Orlando storse la bocca,
s’immaginava un suo rifiuto, però volle tentare ancora.
“Allora facciamo domani
sera?” chiese più speranzoso.
Ma allora sei proprio uno
stronzo! Pensò
Aylén al colmo della rabbia.
“No, domani sera esco con
gli altri” mentì lei, restando sempre piuttosto calma.
Orlando che della sua
zucca dura ne aveva sempre fatto un gran vanto, non demorse.
“E’ deciso, ci vediamo
dopo domani sera!” disse provando a sorriderle.
Aylén perse la pazienza.
“No. Io credo piuttosto
che ci vedremo al lavoro come sempre, ma niente di più! Forse non ti è chiaro il
concetto, ma il gioco è finito, ci siamo divertiti e va bene, ma io non ho più
voglia di giocare!”.
“Ma che hai capito?” saltò
su lui “Io intendevo per parlare po’ ”.
“Non vedo che ci sia da
dire, non parliamo poi molto noi due, se non di cretinate!” rispose lei.
“Ma come? Ma non siamo
amici io e te? Siamo stati bene? Possiamo anche farci una bella chiacchierata in
tutta tranquillità, tanto per farci compagnia”.
Lei che gli dava le spalle
si girò e lo puntò dritto negli occhi dicendogli: “E' finta Orlando, lo capisci?
Io non ho più voglia di stare neanche a parlarne”, poi prese e si avviò verso
l'uscita della sartoria.
Orlando la vide andar via
per la seconda volta e come la volta prima senza avere la possibilità di
rispondere. Questa cosa lo fece incazzare, era mai possibile che non volesse
neanche parlare con lui?
Intanto Aylén in preda
allo sconforto camminava dritta come se niente fosse, ma le sue mani tremavano.
Era tutto più difficile di come aveva immaginato, avrebbe dovuto pensarci prima
e dare retta a Reina, ma lei aveva voluto fare di testa sua e questo era il bel
risultato. La sua unica speranza era che Orlando si rassegnasse in fretta, anche
se lei non capiva del tutto il suo comportamento, che aveva da dirle? Lei
piuttosto sospettava che volesse ben altro e in cuor suo pregò Dio di essere
abbastanza forte da dirgli di no nel caso fosse ritornato alla carica.
Orlando, invece, una volta
in albergo andò subito a cercare Alejo per sfogarsi. Ormai era diventato il suo
confessore di fiducia.
“Veramente io tempo fa ti
avevo consigliato di fare pace con il tuo cervello, non di comprargli un
biglietto aereo e di spedirlo direttamente ai Caraibi!” commentò Alejo meno
scherzosamente di quello che sembrava, dopo averlo ascoltato.
“Senti, tu puoi rigirarla
come vuoi, ma io con lei sono stato molto chiaro, quindi che senso ha ora che mi
faccia tutte queste smusate, senza neanche voler parlare con me? Sembra che io
mi sia approfittato di lei e non mi pare proprio! Mi pare piuttosto che lei sia
davvero un bel soggetto! S'è stufata e ora mi tratta come uno straccio!” ribatté
Orlando.
“Orlando, porca miseria,
ma sei scemo o ci fai?” Alejo cominciava a spazientirsi. “Sei cieco, sei
ritardato o cosa? Ma non capisci? Quella ragazza chiaramente prova qualcosa per
te!” concluse prendendo la situazione di petto una volta per tutte.
“No, no, ti sbagli! Tu non
l'hai proprio inquadrata” rispose l'altro sicuro.
“Ah! Magari l'hai
inquadrata tu, eh? E dimmi che hai capito di lei? Ma soprattutto come l'hai
capito? Hai forse provato a conoscerla veramente? Hai parlato con lei
interessandoti alla sua vita, al suo carattere, ai suoi sogni, o ti sei solo
limitato a toglierti le voglie?”.
“E ora questa paternale
che centra? O non eri tu quello che mi aveva consigliato di togliermi gli sfizi?
Certo che tra tutti siete buffi, dite tutto e il contrario di tutto!” rispose
Orlando molto contrariato. Poi proseguì: “Se mi comporto per bene sono un
bacchettone, se mi lascio andare invece divento subito uno stronzo! Allora come
la mettiamo?”.
“A volte ragioni proprio
come un bambino! Cristo Santo, ma sei capace di valutare con chi hai a che fare,
quando frequenti una persona o no? E poi fammi capire, io mica ti ho detto di
andare a letto con Aylén! Potevi benissimo toglierti lo sfizio con
qualcun'altra, ma di solito si tratta di una botta e via, non di una cosa che
dura dei mesi! Ora non vorrai mica insinuare che sono stato io a spingerti a
comportarti così?”.
“Non capisco perché te la
prendi tanto a cuore e comunque, sì, in un certo senso hai spinto eccome!”.
“Non ti pare un po’ troppo
comodo caricare gli altri delle tue responsabilità? Per caso tu esegui alla
lettera tutto ciò che ti dico? E se io avessi sbagliato?”.
Orlando rimase un attimo
perplesso.
Alejo continuò a parlare.
“Partiamo dal presupposto
che lei, come te, all'inizio l'abbia presa alla leggera, a volte però le cose
cambiano, capita, e se ora lei provasse dei sentimenti? Ma soprattutto tu che
cosa provi? No, perché per essere una storia SOLO di letto mi sembra che ti
abbia preso parecchio!”.
Orlando lo ascoltava e la
sua confusione mentale aumentava, pari al suo nervosismo. Era imperativo: doveva
proprio fare una bella chiacchierata con Aylén.
Così mentre Alejo stava
continuando nei suoi ragionamenti, lo interruppe.
“Senti mi sono appena
ricordato che devo fare una cosa. Ci vediamo dopo!” e così dicendo se ne andò di
volata, lasciando Alejo che immancabilmente scrollò la testa in segno di
disappunto.
Quando bussò alla camera
di Aylén, si accorse che i battiti cardiaci gli erano accelerati di colpo e che
le mani gli sudavano.
“Chi è?” chiese lei da
dentro.
“Sono io, mi apri? Vorrei
parlarti” le disse.
“Ora ho da fare” fu la
risposta secca di lei.
“Aspetto” disse lui
appoggiandosi alla porta.
Nessuna risposta.
Orlando provò ad essere
paziente. Passarono dieci minuti, poi venti, poi mezzora. Bussò di nuovo.
“Hai fatto? Io sono qui
fuori che aspetto”.
Silenzio.
Orlando cominciò ad
arrabbiarsi e bussò con più energia.
“Almeno rispondi cazzo!”
disse.
“Pensavo che ci saresti
arrivato da solo, ma visto che fai finta di non capire, accomodati pure se vuoi!
Resterai davanti a quella porta fino a domani mattina, perché tanto non ho
nessuna intenzione di aprirti!” rispose alla fine lei.
“Andiamo non fare la
bambina, apri la porta, voglio solo parlare!”.
Aylén era davvero
arrabbiata quella sera e proprio non aveva nessuna voglia né di vederlo né di
parlargli, scelse nuovamente la via del silenzio.
Orlando aspettò ancora un
po’, complessivamente cominciava ad essere quasi un'ora che era fuori da quella
porta che lei si ostinava a tenere chiusa. Ad un certo punto perse proprio la
pazienza.
“Non ti sembra di avermi
fatto aspettare abbastanza? Apri questa cazzo di porta!”.
Siccome Aylén era sempre e
comunque una ragazza con un’indole molto particolare, si fece prendere come al
solito dal lato ribelle del suo carattere e avvicinandosi alla porta gli disse,
pacatamente ma con tono tagliente: “Perché? Sennò che fai? La sfondi?”.
Orlando sentì il sangue
affluirgli alla testa, ma siccome nonostante tutto, tanto stupido non era, girò
sui tacchi e si diresse alla svelta verso la hall dell'albergo. Aveva voluto
sfidarlo? Bene sapeva lui come fare.
Stronzo!
Pensò Aylén nel sentire i suoi passi allontanarsi nel corridoio.
Questa volta però lo aveva
sotto valutato.
Ad Orlando costò la
bellezza di duecento dollari di mancia, ma ottenne dal portiere dell'albergo il
doppione della chiave della camera di Aylén,
quindi molto soddisfatto tornò da lei.
Aylén, che era in bagno,
si era appena finita di lavare le mani, si asciugò con calma ed uscì. Come lo
vide in camera a braccia conserte e con espressione tra il soddisfatto e
l'incazzato, fece un salto dallo spavento perché proprio non se lo aspettava.
“E… e.. come diavolo hai
fatto ad entrare?” gli chiese attonita.
Lui alzò un sopracciglio e
con fare molto canzonatorio le disse: “Vorrei poterti dire che ho la facoltà di
attraversare i muri, ma ahimè purtroppo non è così” e le mostrò, facendola
dondolare con la mano destra, la copia della chiave. Poi aggiunse soddisfatto
“Quando si è ricchi e famosi si ottiene quasi tutto!”.
“Esci!” le disse lei.
“Neanche per idea! Dopo
tutta la fatica che ho fatto ora parleremo. Mi devi chiarire parecchie cose, e
non uscirò di qui fino a che non l'avrai fatto!”.
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO DICIOTTO●
NOTA: Volevo avvertire tutti i lettori che in questo capitolo c’è una
scena un pochino forte. Vorrei dare delle spiegazioni in merito. Innanzi tutto è
una scena essenziale per lo sviluppo della storia, quindi se è stata introdotta
c’è uno specifico perché, infatti credo che tutti come esseri umani abbiamo
delle debolezze che a volte ci portano a dei comportamenti sbagliati, è questa
scena ne è un tipico esempio. Quindi spero che nessuno la ritenga “gratuita”,
perché in seguito, leggendo gli altri capitoli capirete che non è così. Comunque
ho ritenuto opportuno avvertire e chi volesse può fare ameno di leggere. Grazie
a tutti voi che seguite questa storia e buona lettura ^-^ Moon
“Questa è camera mia e se
io dico che devi uscire, tu, esci!” disse Aylén indicando la porta ad Orlando.
“Prima mi spieghi come mai
sei così arrabbiata e poi vado” rispose lui.
“Ma io non sono affatto
arrabbiata” replicò lei tranquilla.
“Allora perché non vuoi
parlare con me?”.
“Perché non ne vedo il
motivo e perché mi stai disturbando!”.
“Avanti Aylén la vuoi
smettere di comportarti così? Sei arrabbiata, è evidente! E sinceramente non
riesco a capirti. Lo sapevi fin dall’inizio come stavano le cose, perché
all’improvviso sei cambiata tutt’un tratto, che cosa c’è che non va?”.
“Niente! Non voglio più
avere a che fare con te! Come te lo devo dire?”. Si puntò le mani sui fianchi e
accigliata puntualizzò: “Il mio inglese è peggiorato di colpo, visto che sembri
non volermi capire?”.
Orlando, non rispose
subito, la stava osservando e nonostante la calma apparente di lei, aveva notato
dei piccoli gesti che tradivano la sua agitazione, come spostare la testa e
lisciarsi la lunga gonna di velluto con le mani.
“La questione è un'altra.
Tu non mi stai dicendo la verità!” le disse avvicinandosi.
Lei fece un passo
indietro, come se volesse mettere ancora più distanza fra loro. Si domandava
perché diavolo non si levasse di torno, perché dovesse essere così testardo e
insistente e soprattutto perché non volesse capire di lasciarla in pace.
Evidentemente era abituato ad averle tutte vinte e fare sempre come meglio gli
tornava. Era arrabbiata con lui per come si comportava, per quella sua
naturalezza irritante che dava tutto per scontato. A lui sembrava tutto regolare
e lei non lo tollerava. Oltretutto era anche letteralmente furibonda con se
stessa, perché aveva permesso che tutto ciò accadesse, e ora si ritrovava
innamorata di uno che invece per lei non provava niente. Ma nonostante tutto la
sua vicinanza la turbava e la faceva sentire indifesa e insicura, e per lei era
una novità trovarsi in quello stato. Non era abituata a non avere il controllo
delle situazioni, di solito sapeva sempre come comportarsi e come difendersi, ma
questa volta era diverso. Era dura averlo sott’occhio tutti i giorni, ma averlo
addirittura in camera era davvero insopportabile.
“Perché non parli?” le
chiese nuovamente lui.
“Dio mio che sfinimento!”
disse Aylén in malo modo, voleva solo che andasse via il prima possibile.
“Io invece avrei delle
cose da dirti” disse lui deciso.
“E allora dille! E poi
levati dai piedi!” sbottò lei.
Orlando capì che forse era
il momento di sbilanciarsi almeno un poco per cercare di fare chiarezza in
quella situazione così incerta e così indefinita.
“Sono confuso … io penso…
credo di essere ancora innamorato di Kate ma…”
A quell’ennesima
ammissione del suo amore per la sua ragazza Aylén perse il lume dagli occhi, era
veramente troppo!
“BASTA! Non me ne frega un
cazzo! Me lo hai detto e ridetto, che bisogno c’è che tu venga di prepotenza
nella mia camera a ridirmelo per l’ennesima volta!”.
“Vedi che sei arrabbiata!
Se tu mi facessi finire di parlare invece di aggredirmi, magari capiresti quello
che voglio dire!”.
“Cosa c’è da dire Orlando?
Niente! E’ tutto molto chiaro: ci siamo divertiti insieme, ma da parte mia il
divertimento è finito”.
Sentirla affermare che ciò
che avevano condiviso per lei non aveva alcun valore se non quello di un
divertente passatempo gli fece molto male.
“Allora per te era solo
un gioco?”.
“Perché per te che
cos’era?” gli chiese all’improvviso Aylén con rabbia. Non credeva assolutamente
che lui ora le volesse darle a bere che provasse qualcosa per lei. Non c'era mai
stato niente di serio tra loro, era chiaro che lui stava solo prendendo delle
scuse per ottenere ciò che gli sembrava sfuggire.
Orlando intanto cercava in
qualche modo di spiegare ciò che sentiva.
“Non lo so, sicuramente
non è stato solo sesso. Sono confuso, come ti ho detto prima, non capisco quello
che accade, tutto sfugge al mio controllo e quello di cui ero sicuro, ora mi
appare… incerto. C’è una cosa però che non posso accettare, che tu ti comporti
come se fosse solo ed esclusivamente opera mia. Non è giusto e tu lo sai. Certe
cose si fanno sempre in due. Anzi a dire il vero sei stata tu a provocarmi e
anche piuttosto esplicitamente!” rispose costernato.
Lei non voleva ascoltarlo.
“Si può sapere che vuoi da
me? Vuoi metterti l'anima in pace? Bene ti accontento, è stata tutta colpa mia,
contento? Ora vai via per favore!”.
“E se io non volessi andar
via?” disse lui che si era molto irritato dopo quell'ultima frase.
Aylén era veramente al
limite delle sue forze e prese una decisione immediata.
“Rimani pure. Me ne vado
via io!”.
Afferrò il giaccone e fece
per avviarsi alla porta.
Ovviamente Orlando non
glielo permise e la bloccò prendendola per la mano. Come sempre aveva questi
gesti strani, molto dolci e molto fuori luogo in certe situazioni. Infatti Aylén
non lo sopportò, avrebbe preferito che la strattonasse per un braccio, invece
che intrecciasse le sue dita con le proprie e reagì in malo modo.
Si sciolse subito da lui e
molto freddamente gli disse:
“Non ti azzardare mai più
a mettermi le mani addosso!”.
Orlando capì chiaramente
che era turbata, che non era del tutto sincera, ma che sicuramente voleva
mandarlo via senza ascoltarlo e questo lui non lo poteva accettare. Come non
accettava che lei si ponesse in quella maniera, non poteva e non voleva credere
di essere il solo tra loro due a provare qualcosa. In quel momento aveva solo un
desiderio: voleva riportare le cose a come erano prima, perché tanto era inutile
girarci intorno, lei gli era entrata in circolo nel sangue come se fosse una
droga e lui non ne poteva fare a meno. Poi con calma avrebbe analizzato la
situazione, i sentimenti e tutto il resto.
Aylén si girò e ritentò
nuovamente di uscire, ma lui fu più veloce e si mise davanti alla porta,
sbarrandole la strada.
“Non uscirai, te lo
garantisco” disse lui fissandola in modo inequivocabile.
Ad Aylén prese il panico e
ora che cazzo s'era messo in testa?
“Non ci pensare nemmeno!”
le disse pronta, ostentando una sicurezza che non le apparteneva.
“A cosa non dovrei
pensare?” le chiese lui incrociando le braccia con un’ombra che gli traversò gli
occhi, non accennando minimamente a spostarsi.
“A… a quello che stai
pensando” farfugliò lei sempre più a corto d'argomenti.
“E a che cosa starei
pensando Aylén? Sii chiara, perché non riesco a capire”.
La stava pian piano
mettendo in trappola e lei ne era perfettamente consapevole. Tentò un diversivo
in extremis sperando di farlo incazzare e di poter guadagnare l'uscita, del
resto altre volte aveva funzionato molto bene.
“Giochiamo agli
indovinelli stasera? Vuoi che te lo dica chiaro e tondo? Tu non mi scoperai più,
né stasera né mai!”.
Ecco aveva buttato lì la
frase ad effetto, ma lui restò impassibile.
“Io non ti ho mai scopata”
rispose calmo.
Aylén si sentì presa per i
fondelli ed esplose.
“Sei veramente un
bastardo!”.
Ma lui non la fece finire,
fece un passo avanti e si mise proprio davanti a lei.
“Mi sembrava di averti già
detto che non era solo sesso per me!” puntualizzò tagliente, poi le domandò:
“Forse lo era per te?” i suoi occhi scintillavano, ma non solo di risentimento,
c’era anche una luce strana, sembrava ansioso e preoccupato, come se temesse la
sua risposta.
Lei voleva e doveva
mandarlo via, quelle parole che le aveva appena detto le facevano battere il
cuore come tamburo impazzito, ma lei non poteva e soprattutto non voleva
ricascarci di nuovo così.
“Si, era solo sesso”
rispose cercando la forza per apparire credibile e fredda.
La reazione di lui fu una
tempesta di rabbia, ma si trattò di una cosa interna, dal di fuori non trasparì
niente.
La prese per le spalle e
avvicinando pericolosamente la bocca a quella di lei, le disse: “Bene, se le
cose stanno così non capisco proprio tutti i problemi che ti ostini a fare,
continuiamo a divertirci, farà bene ad entrambi!” le sibilò con un tono che
faceva quasi paura.
Aylén avrebbe voluto
rispondergli, ma lui aveva già cominciato a baciarla e la sua lingua si stava
insinuando nella sua bocca. Le ginocchia di lei cedettero appena. Lui la fece
aderire al suo corpo. Aylén, scrollandosi, si impose di reagire e di scansarlo.
Poggiò con forza entrambi i palmi sul suo torace e provò a spingere. Lui era più
forte e l'attirò ancora più a se. Alla fine le mani di lei, invece di
respingerlo cominciarono a carezzarlo, e così poté sentire con chiarezza i
battiti accelerati del suo cuore. Intanto lui non aveva smesso di baciarla e lei
non poteva fare a meno di assecondarlo. Si trovavano in piedi vicini alla porta,
i loro corpi aderivano e il desiderio cresceva dominandoli. In Orlando però
cresceva anche la rabbia. Pensava che lei lo stesse prendendo in giro, prima ci
stava, poi si negava, poi ci stava di nuovo. Pretendeva di manovrarlo e lui che
aveva completamente perso la testa, stava quasi per permetterglielo, lo aveva
quasi incastrato, ma per fortuna lui l’aveva capito in tempo. Le sue mani
cominciarono a frugare con impazienza sotto la felpa di Aylén e siccome era
arrabbiato perse il controllo. Le tirò via la felpa in modo sbrigativo
gettandola a terra e la spinse con forza verso la parete della camera. Aylén
intanto, era confusa da quella reazione, ma anche presa dalle sensazioni che
provava, non ce la faceva proprio era più forte di lei e la sua voglia di
allontanarlo era quasi sparita del tutto. Lui, che la teneva prigioniera tra il
suo corpo e il muro, abbassò la testa e cominciò a mordicchiarle i capezzoli
senza neanche toglierle il reggiseno di cotone bianco che lei indossava. Aylén
non capiva più nulla e istintivamente lo afferrò per i fianchi facendolo aderire
ancora di più a se. A quella reazione lui le sfilò la gonna e le mutandine, si
slacciò velocemente i pantaloni calandoli insieme ai boxer e la tirò su
tenendola saldamente per le natiche. Un attimo prima di entrare in lei la
guardò, e come se all'improvviso si fosse reso conto di quello che stava per
fare, la lasciò andare di botto. Lei quasi perse l’equilibrio. Orlando si girò
di scatto e si ritirò su immediatamente boxer e pantaloni, cercando di
calmarsi. Velocemente si ricompose e desiderò uscire immediatamente da quella
stanza.
Un attimo prima di farlo
le disse con voce bassa come se parlasse più a se stesso che a lei: “Come vedi
non ce l'ho fatta a scoparti. Forse ora almeno ti sarà chiara la differenza, ma
a te non interessa vero? Ci saresti stata comunque. Brava Aylén, hai vinto tu!
Io invece ho perso su tutti i fronti” e se ne andò lasciandola sconvolta ancora
appoggiata alla parete.
Una volta in camera sua
Orlando si lasciò cadere a sedere sul letto, si prese la testa fra le mani e si
vergognò profondamente di se stesso. Non si era mai ritrovato ad avere una
simile reazione e si domandò se fosse impazzito. Capì però una cosa. Quando
aveva avvertito che Aylén era pericolosa aveva visto giusto. Lo aveva portato a
delle reazioni troppo impulsive e totalmente fuori della sua natura. Non si era
mai comportato così prima d’ora e sinceramente ciò che aveva fatto lo faceva
stare male. Qualunque cosa provasse per lei, doveva essere una cosa sbagliata se
lo portava a certi risultati. Però ora quella specie di malsana relazione, dopo
quella sera poteva definirsi chiusa una volta per tutte, del resto lei era stata
chiara, si era solo concessa un passatempo e lui riteneva che non meritasse
niente. Ma soprattutto che non meritasse il suo dolore, perché lui in quel
momento stava veramente male. Nonostante le apparenze lui era un ragazzo
sensibile e anche molto dolce a suo modo. Nelle sue precedenti relazioni, non si
era mai spinto entro certi limiti, anche quando aveva avuto semplici storie di
sesso non era mai arrivato a tanto. E non si trattava del fatto che lo stavano
per fare appoggiati ad una parete, quello poteva anche essere normale, ma
piuttosto della rabbia che lo aveva quasi spinto a farlo come se fosse uno
spregio.
Descrivere quello che
stava provando Aylén era molto difficile, anche lei come Orlando provava
vergogna per come si era comportata, ma lei aveva un motivo in più. Cominciò ad
analizzare la cosa fin dal principio, cioè da quando aveva accettato
quell’assurda proposta che l’aveva trascinata in questa specie di incubo. Aveva
agito senza il minimo criterio, con superficialità e con una leggerezza
spaventosa. Stava facendo i conti con il suo carattere ribelle e immaturo e per
la prima volta si rese conto che si era veramente comportata come una stupida e
che suo padre aveva ragione quando la rimproverava, perché in realtà lei era
come se fosse rimasta una bambina che non era mai voluta veramente crescere.
Aveva vissuto i suoi sentimenti per Orlando come se fossero in una specie di
favoletta, dove alla fine il protagonista bene o male si sarebbe innamorato
della fanciulla indomita. Così ora ci aveva sbattuto la testa e quello che era
appena accaduto era davvero un prezzo molto alto da pagare, aveva sentito su di
sé tutto il peso del disprezzo di Orlando e non c’era cosa peggiore. Il
tragicomico della situazione è che nel momento in cui lui le aveva detto quella
frase prima di uscire era come se avesse confessato che provava qualcosa per
lei, ma ora quali fossero i suoi sentimenti non aveva più importanza. In fondo
al suo cuore era convinta che quella di Orlando fosse solo una forma di ripicca,
se veramente avesse provato qualcosa lo avrebbe dimostrato prima e non adesso
che lei non lo voleva più. Improvvisamente cominciò a sentire un forte
risentimento verso di lui. Non l'aveva mai considerata altro che una ragazza
facile, fermandosi solo alla superficie e quella sera poi l'aveva trattata quasi
alla stregua di una puttana. Non lo avrebbe mai perdonato. Mentre faceva queste
considerazioni Aylén era ferma immobile sul letto, legnosa e statica con gli
occhi spalancati, fissando il vuoto che la circondava e che era dentro di lei.
Una cosa quella sera fu
chiara per entrambi: questa volta era davvero tutto finito.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO DICIANNOVE ●
I giorni trascorrevano a
ritmo lento e ripetitivo, sembravano essere l'uno la brutta copia dell'altro.
Sveglia alle sei. Lavoro. Pausa pranzo, ancora lavoro. Doccia, cena, studio e
poi di nuovo a letto. Spesso dormire non era facile per Aylén e ultimamente era
molto stanca. Quella domenica mattina ruppe gli indugi e si decise a telefonare
alla sua amica Reina per sfogarsi, non ce la faceva più a tenersi tutto dentro.
“Lo sapevo io!” esclamò
Reina dopo aver ascoltato Aylén.
“Porca miseria! Te lo
avevo anche detto di andarci piano. Io non ti capisco, a volte sembra che tu ti
voglia per forza far del male. Ostenti una sicurezza e un’arroganza che vanno
ben oltre a quello che sei veramente. Non potevi fare a meno di cacciarti in
questa situazione? Era proprio necessario spingersi così al limite?”.
Aylén l'ascoltava e sapeva
che aveva ragione, ma la verità è che il tutto era accaduto senza che lei se ne
rendesse neanche conto.
“E' vero, avrei potuto
evitarlo, ma a che serve ammetterlo adesso? A niente” commentò come se parlasse
più con se stessa che con l’amica.
“E ora che farai?” le
chiese l'altra preoccupata.
“Che vuoi che faccia?
Aspetto con ansia di poter tornare a casa. Solo questo è importante per me
adesso: dimenticare”.
“Ma come stai? Come ti
senti?” domandò ancora Reina.
“Mi sento strana. Mi
sembra di essere completamente svuotata. La cosa peggiore è che sono costretta
comunque a vederlo, credo che se non lo vedessi starei sicuramente meglio.
Fortuna che ormai manca poco…” rispose come un automa l’altra.
Aylén aveva reagito
davvero in modo anomalo e singolare. Era calma: né rabbiosa né triste. Sembrava
che niente la potesse toccare né scalfire minimamente, era come se i sentimenti,
le sensazioni, gli stati d'animo, l'avessero abbandonata e fluttuassero a
distanza da lei. Non sentiva assolutamente nulla, era il vuoto più completo ciò
che la circondava. Tutto ciò era molto strano per lei che aveva avuto sempre un
carattere vivace, ribelle, impulsivo e combattivo. Non era riuscita a
metabolizzare il dispiacere né a sfogarsi e ora stava in questa specie di limbo
ovattato, in attesa di poter finalmente tornare a casa e lasciarsi tutto dietro
le spalle. Dopo aver parlato con Reina decise di andare a cavalcare. Arrivò alle
stalle che erano deserte e sellò il cavallo con cui aveva più feeling, era
quello con cui lavorava. Salì su e galoppò per ore. Aveva bisogno di stancarsi
per poter riposare la notte, per far passare il tempo e per distrarsi. Quando
non ne poté più rientrò in albergo.
Orlando era rimasto tutta la
domenica chiuso in camera, era insofferente. Gli dava fastidio tutto. Anche
quella maledettissima barba che doveva portare per esigenze sceniche gli stava
dando sui nervi. Gli pizzicava da morire come se avesse avuto i pidocchi e
moriva dalla voglia di radersi. Ovviamente non lo fece, ma questa cosa lo tenne
agitato per tutta la giornata. Ultimamente era spesso teso, molto nervoso,
irritabile. Quella strana esperienza con Aylén, oltre che a turbarlo lo aveva
infastidito oltre misura, era tormentato. Non parliamo poi del fatto che era
obbligato a vederla tutti i santi giorni, nonostante non volesse
assolutamente più avere a che fare con lei, continuava ad esserne maledettamente
attratto. Anche lui non vedeva l'ora che questa tortura finisse per metterci
definitivamente una pietra sopra.
Alejo si presentò in
camera sua subito dopo cena.
“Stasera esci?” gli aveva
chiesto.
“Si, ne ho proprio
bisogno” aveva risposto Orlando, ma senza troppo entusiasmo.
Si preparò ed uscì con
Alejo e gli altri ragazzi, era una tipica uscita tra uomini. Andarono tutti
insieme in un locale a bere sangria. A metà serata, Orlando fu messo al corrente
di una novità che ancora non conosceva.
“Allora sabato prossimo è
deciso, tutti alla cena d'addio prima della partenza per il Marocco! Ovviamente
è di rigore una sbronza di quelle da urlo!” aveva detto Alex uno degli stunt.
“Per me va bene, ma non è
un po’ troppo presto? Insomma dovremmo farla alla fine delle riprese in Marocco
e non prima” disse Orlando.
“Ma come non lo sai?” gli
chiese Alejo un po’ stupito, visto che era di dominio pubblico.
“No, cosa?” chiese Orlando
leggermente perplesso.
Alejo lo guardò e rise.
“Ultimamente sei proprio
sulle nuvole! Saluteremo la maggior parte degli stunt, non verranno con noi in
Marocco, là saremo affiancanti da una troupe del posto. Di noi verranno solo
cinque persone”.
“Chi?” chiese Orlando.
Alejo vide la sua
espressione e capì al volo. Non avevano parlato molto dell'argomento, ma era
chiaro come il sole che Orlando stava piuttosto male. Cercava di nasconderlo e
spesso ci riusciva anche bene, ma a volte era evidente, proprio come in quel
momento. Nei suoi occhi aveva letto come una sorta di preoccupazione mista ad
ansia, quindi gli poggiò una mano sulla spalla e con tutta la comprensione
possibile gli disse: “Lei non verrà, se è questo che volevi sapere”.
Orlando non rispose e
bevve un sorso della sua sangria, perfino quella bevanda dolce gli parve amara e
poco gradevole. Così finalmente era davvero tutto finito, si trattava solo di
attendere una settimana, sette giorni; centosessantotto ore, e poi la fine. Non
bevve più, non parlò più e cercò di non pensare, per quanto fosse un’impresa
piuttosto ardua.
Aylén era in camera sua,
non aveva mangiato niente ed era irrimediabilmente sveglia. Decise di accendere
la tv, ma non funzionava. Strano, pensò. Alzò il ricevitore del telefono
e chiamò l’hall.
“Forse si è guastata, le
mando su qualcuno tra pochi minuti” le rispose gentilmente l'addetto alla
reception.
Si alzò dal letto,
s'infilò una tuta per non farsi trovare in pigiama e si mise in attesa.
Orlando intanto in preda
ad una sorta di strana sensazione era tornato in albergo. Gli era entrata
addosso un'agitazione che faceva fatica a tenere a bada. Prese l'ascensore e
schiacciò il pulsante per andare al piano dove si trovava la sua camera. Quando
fu il momento di scendere schiacciò un altro pulsante e scese di nuovo. In poco
tempo si ritrovò davanti alla porta della camera d’Aylén. Fermo, immobile, la
osservava. In quel momento quella non era una porta, ma una montagna enorme che
forse lui non era in grado di scalare. Fece per bussare, ma poco prima che le
sue nocche venissero a contatto con il legno, ritrasse la mano. Rimase ancora
immobile, con lo stomaco contratto, il cuore in gola e il cervello in
confusione. Che senso aveva fare una cosa del genere?
Lentamente si girò e si
allontanò cercando di riacquistare un po’ di lucidità.
Pochi secondi dopo la
porta si aprì.
Aylén stava uscendo per
recarsi nell’hall, visto che ancora non si era presentato nessuno per rimettere
in funzione la sua tv. Arrivò all'ascensore giusto in tempo per accorgersi che
qualcuno era appena salito. Sbuffò. Era insofferente e aspettare la infastidiva.
Si erano mancati solo per
pochi istanti. Sarebbe bastato un soffio e Aylén avrebbe trovato Orlando fermo
davanti alla sua porta. Evidentemente il destino aveva deciso in maniera
diversa.
La settimana passò
tranquillamente. Fino al giorno di sabato quando accadde una cosa molto brutta.
Aylén come sempre a lavoro,
erano le ultime scene che stava girando, quando all'improvviso sotto un suo
comando preciso, una cosa di routine, il cavallo fece un movimento brusco e si
accasciò malamente a terra. Lei cadde, per fortuna non si fece assolutamente
niente, ma il cavallo si ruppe una gamba.
Ci fu un gran parapiglia.
Prima corsero da lei, una volta accertatisi che stava bene, si dettero subito da
fare per soccorrere il cavallo.
Il veterinario non portò
buone notizie, l'animale era messo molto male, era possibile curarlo, ma non
avrebbe più potuto essere utilizzato per quel tipo lavoro e a meno che qualcuno
non se lo fosse comprato, sarebbe stato abbattuto per farne bistecche.
Aylén la prese malissimo e si
rifugiò nelle stalle. Amava gli animali e poi per quel cavallo aveva una
predilezione particolare poiché erano mesi
che lo cavalcava.
Raul, il coordinatore capo
degli stunt, che l'aveva vista sconvolta, la raggiunse.
La trovò in piedi,
immobile, con gli occhi sbarrati colmi di lacrime che le scendevano sulle
guance. Sembrava innaturale perché non singhiozzava ed era statica, come se
fosse una bambola di pezza.
“E' tutta colpa mia!”
esclamò la ragazza disperata.
“No, non è vero, il
veterinario ha detto che è stata una fatalità” la rassicurò lui.
“Mente! Sono io che lo
stavo cavalcando e la responsabilità è mia” continuava a ripetere.
Le lacrime continuavano a
scorrerle sul viso, ma lei era sempre immobile.
Raul provò tenerezza per
quella ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia e l'abbracciò per
confortarla.
“Su, non fare così!” le
disse comprensivo proprio come un padre.
A quel contatto umano, le
difese di Aylén caddero e si lasciò andare in un pianto liberatorio e disperato.
“Ero così nevosa in questi
giorni e devo averlo trasmesso al cavallo” cominciò a dire lei tra i singhiozzi.
Poi come se non potesse
fermarsi più continuò: “Sono una persona orrenda! Non riesco mai ad usare il
cervello e combino un sacco di guai! E' colpa mia, è sempre colpa mia! Riesco
sempre a rovinare tutto!”.
“Ora stai decisamente
esagerando” le disse l'uomo con tono di gentile rimprovero.
“Non sei affatto una
persona orrenda, sei solo una giovane ragazza molto vivace, ma io non ti ho mai
considerato male”.
“Perché non mi conosci
altrimenti mi detesteresti, come mi detesta mio padre… e come mi detesto io!
Sono un essere ignobile!” disse Aylén.
“Conosco tuo padre da
molti anni e ti assicuro che non ti detesta affatto! Forse è un po’ burbero e
non sa dimostrarti il suo affetto, ma sono sicuro che ti adora. E non dire più
queste cose! Non sei affatto un essere ignobile!” la rassicurò Raul. Lui non
poteva certo sapere che dietro quella reazione così violenta c’erano anche ben
altre ragioni oltre il dispiacere per l’incidente al cavallo. Aylén non gli
rispose, tanto non credeva a quelle parole e poi in quell’ultimo periodo si
odiava così tanto, non riusciva proprio a perdonarsi per ciò che era accaduto
con Orlando. Pensava di essere solo un’incosciente senza cervello e senza amor
proprio, pensava di non aver avuto il minimo rispetto per se stessa e si
vergognava da morire.
Raul la lasciò andare e le
disse che non c’era bisogno che finisse la giornata di lavoro, il girato che
avevano era più che sufficiente, ma lei non aveva voglia di riposare, voleva
occuparsi del cavallo e non pensare più a niente.
“Non ti preoccupare per
lui, ci penserò io stesso. Ti giuro, a costo di sobbarcarmelo, nessuno lo
abbatterà. Lo sai che non lo permetterei mai!”.
A quelle parole finalmente
Aylén smise di piangere e dopo che Raul ebbe insistito ancora un po’ acconsentì
a tornarsene in albergo, in realtà aveva voglia di starsene sola e di non vedere
nessuno.
Orlando aveva passato
tutto il giorno in uno stato di prostrazione indicibile. Aveva saputo
dell’incidente e immaginava
che Aylén stesse male, in più l’indomani sarebbe partita e lui non l’avrebbe più
rivista. A quel pensiero era diventato come matto. La tentazione di andare da
lei era forte, troppo forte per ignorarla, così senza pensarci troppo decise di
passare da lei prima ancora di rientrare in camera sua.
Aylén dopo quel pianto
liberatorio stava appena un poco meglio, era come se finalmente avesse tirato
fuori tutti i dispiaceri accumulati negli ultimi tempi ed ora voleva solo
provare a dimenticare. Si era appena fatta una doccia e aveva indossato la tuta.
Aveva ancora i lunghi capelli bagnati e stava preparando le valige, quando
qualcuno bussò alla
sua porta. Senza pensarci andò ad aprire e quando si trovò Orlando davanti, non
riuscì a spiccicare parola. Anche lui quando la vide, con i capelli umidi i
grandi occhi spalancati per la sorpresa e le labbra leggermente dischiuse, restò
letteralmente senza parole. Era bella come un’alba di primavera e l’emozione che
provò lo lasciò senza respiro.
“Io…” articolò incerto “Ho
saputo … e … mi dispiace … e ….volevo dirtelo” riuscì poi a dire con fatica. Si
sentiva un deficiente perché non sapeva che fare.
“Grazie” disse lei con un
filo di voce, era in subbuglio e come lui non sapeva proprio che fare neanche
lei.
Il silenzio regnava
sovrano.
Erano rimasti fermi: lei
con il pomello della porta ancora tra le dita e lui in piedi sulla soglia con le
braccia allacciate sulla vita come se si stesse sostenendo.
“Così domani vai via?”
disse all’improvviso Orlando in tono casuale, per cercare di sbloccare quella
strana situazione piuttosto imbarazzante.
“Si” rispose lei.
“Allora ti saluto, io non
credo che verrò alla cena”.
“Sinceramente neanche io
sono molto in vena di andarci, forse lo farò solo per i ragazzi, ma mi tratterrò
poco, domani mattina presto mio padre verrà a prendermi” gli rispose Aylén
abbassando leggermente lo sguardo.
“Beh … allora… io vado,
ciao” disse lui girando la testa verso il lungo corridoio, come se non sapesse
che altro dire.
“Ciao… e grazie di esser
passato” disse lei.
Poi lo vide avviarsi verso
l’ascensore, stava uscendo definitivamente dalla sua vita e un’ultima lacrima
solitaria le solcò una guancia inumidendola appena.
Stupido idiota!
Si disse Orlando, sferrando un colpo potente con il palmo della mano alla parete
dell’ascensore. Lo stava lentamente portando alla sua camera, irrimediabilmente
lontano da lei. Non era riuscito neanche a fare un discorso compiuto, non le
aveva detto niente, non si era nemmeno scusato per come si era comportato
l’ultima volta che erano stati insieme. Che c’era andato a fare? Sarebbe stato
meglio evitare piuttosto che ritrovarsi senza neanche il coraggio di farle
capire che nonostante tutto gli dispiaceva che se n’andasse.
La mattina seguente alle
sette, Abel Delgado puntualmente si presentò all’albergo a prendere la figlia
per riportarla a casa. Aylén camminava piano dietro suo padre, lasciandosi alle
spalle un pezzo importante della sua vita. Un esperienza che non avrebbe
dimenticato facilmente. Ma la vita continua e bisognava pur andare avanti.
Da una finestra
dell’albergo qualcuno stava osservando quella giovane donna che si sistemava
dentro l’abitacolo della macchina, qualcuno che già sentiva la sua mancanza,
qualcuno che ancora faceva una fatica enorme con se stesso ad ammettere di
essere innamorato di lei, qualcuno che comunque non fece nulla per fermarla.
La macchina partì e sparì
in pochi secondi dalla visuale di Orlando, che come in un rituale affondò le
mani nelle tasche dei pantaloni e a testa bassa rientrò in camera.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTI ●
Los Angeles dieci mesi dopo…
Orlando stava correndo a
ritmo sostenuto sulla spiaggia deserta. La giornata era luminosa e il sole
splendeva alto, e per fortuna non era eccessivamente caldo. La maglietta che
indossava era fradicia di sudore, anche i capelli gli si erano appiccicati sulla
fronte e sul collo per lo stesso motivo. Si sentiva bene quella mattina e poi,
quell’abitudine di correre che aveva preso da quando aveva affittato una casa
sulla spiaggia, era diventata una sorta di irrinunciabile inizio di giornata che
gli regalava sempre buon umore. Arrivò correndo alla veranda della sua villetta
che dava direttamente sul mare. Era un piccolo angolo solitario e molto protetto
di Malibù che lui aveva scelto di affittarsi per la sua lunga permanenza a Los
Angeles. Non era una villa molto grande, a dire il vero, rispetto al tono delle
altre che la fiancheggiavano, era sicuramente la più spartana anche se senza
dubbio rimaneva comunque una dimora di lusso, nell’esclusiva zona riservata ai
vip. Orlando si trovava a Los Angeles per terminare le riprese di Elisabethtown,
infatti, stava girando gli interni negli studios, in più, a breve, ci sarebbe
stata la prima americana di Kingdom of the Heaven.
Entrò in casa e si sfilò
la maglietta, bevve una buona quantità d’acqua e andò in bagno a farsi una
doccia. Poi a piedi nudi, con in dosso solo i pantaloni, scese in cucina.
Armeggiò un po’ con la centrifuga e si preparò un succo d’arancia. Intanto
Ester, l’unica persona che aveva assunto per occuparsi delle faccende
domestiche, gli mise la colazione in tavola. Orlando prima di sedersi a mangiare
la ringraziò con un sorriso.
Mezz’ora dopo il suo
assistente passò a prenderlo per accompagnarlo al lavoro.
A fine serata, come sempre
rientrò a casa e si concesse una pausa di relax nella veranda di fronte al mare.
Era così piacevole ascoltare il silenzio e la pace che regnava a quell’ora.
Fu distolto dai suoi
pensieri da una voce squillante che conosceva molto bene.
“Allora sei qui da più di
un mese e io devo venirlo a sapere da tua madre?”.
Orlando si girò e vide la
massiccia figura di suo cugino che a braccia conserte lo guardava con aria di
rimprovero, anche se in realtà gli stava sorridendo. Si alzò e lo abbracciò
d’istinto.
“Donald! Che piacere
vederti!” gli disse, mentre il suo viso si era illuminato da un sincero sorriso.
“Non chiamarmi Donald lo
sai che lo detesto! E poi non ci credo che sei felice di vedermi, non ti sei
neanche fatto vivo con una telefonata! Inoltre quella bisbetica della tua
domestica non voleva neanche farmi entrare” rispose l’altro abbracciandolo a sua
volta.
Orlando ridacchiò
divertito.
“Lo so che detesti essere
chiamato Donald, è per quello che lo faccio!” rispose “E non fare il permaloso,
sono stato super impegnato, comunque mi sarei fatto vivo, credimi! Non te la
prendere con Ester esegue solo i miei ordini: niente intrusi. Piuttosto come hai
fatto a convincerla?”.
“Il mio cuginetto, la star
di Hollywood, gioca a farsi desiderare eh?” lo prese in giro Donald.
Poi aggiunse riguardo
Ester “Ho dovuto telefonare a tua madre col cellulare e gliel’ho passata, quella
donna è un vero mastino!”.
Orlando scoppiò nuovamente
a ridere poi gli disse:“Ti avrei chiamato Donnie è solo…”.
“Okay farò finta di
crederti, ma dimmi come mai hai affittato questa casa? Non potevi venire a stare
da noi come sempre?” gli chiese Donnie.
“Avevo bisogno di stare
tranquillo e questo è il posto ideale. Discreto, appartato, ma non
troppo distante dal fulcro
dalla città e dal mio lavoro”.
“Che ne dici se stasera io e
te ce ne andiamo da qualche parte insieme?”.
“Dico che un’ottima idea!”
rispose entusiasta Orlando, che aveva proprio piacere di stare un po’ con lui.
Decisero di cenare in casa e
di uscire solo dopo. Mentre mangiavano parlano di molte cose.
“Ma come mai hai sentito la
necessità di prenderti una casa per conto tuo? Forse per avere più privacy con
la tua ragazza?” chiese ad un certo punto
Donnie.
Orlando finì di masticare
il boccone, bevve un sorso di vino rosso che aveva nel bicchiere e disse: “Se ti
riferisce a Kate, non stiamo più insieme da diversi mesi”.
“Mi dispiace non lo
sapevo!” disse l’altro sorpreso, poi aggiunse giustificandosi: “Del resto io ho
smesso da tempo di leggere tutti quei giornali scandalistici e non sono molto
più aggiornato. Scusa!”.
“Non ti preoccupare
Donnie. La nostra storia è finita bene, siamo rimasti ottimi amici. Ad un certo
punto ci siamo resi conto che era rimasto l’affetto, ma che l’amore era proprio
finito. Ora lei da qualche tempo esce con Tobey Maguire, ogni tanto ci sentiamo
ancora. Io sono contento per lei, del resto Kate è stata una persona molto
importante per un lungo periodo della mia vita e sono felice che sia serena”.
“Meglio così! E’ brutto
quando ci lascia male. Quindi mi pare di capire che adesso sei single?” chiese
Donnie.
Orlando sorrise e
accompagnando la frase con un gesto delle mani disse:
“Assolutamente sì! E sto
bene così!”.
Più tardi in macchina,
mentre erano diretti verso un locale alla moda che si trovava a Santa Monica,
Donnie e Orlando stavano continuando la loro conversazione.
“Non ti sembra di lavorare
ad un ritmo troppo sostenuto? Quand’è che ti prendi una bella vacanza e ti godi
un po’ la tua nuova casa di Londra?” stava chiedendo Donald.
Orlando che era seduto dal
lato passeggero guardava fuori, si girò e rispose:
“Non sto lavorando troppo
e poi il ferro va battuto fin che è caldo! Mi sono capitate delle occasioni che
non mi potevo lasciar sfuggire. Sì, certo magari sono sempre in giro, non ho
molto tempo da dedicare alla mia vita privata, ma per adesso mi va bene così. La
mia casa di Londra può anche aspettare, tanto è ferma lì, mica scappa!”.
“E dimmi la tua vita da
single come la stai gestendo? Donne a non finire immagino, eh?”.
“Non proprio…” disse
Orlando, poi proseguì “Sì, ho avuto qualche storiella senza importanza, e per
ora non cerco altro”.
La macchina di Donnie si
fermò ad un semaforo e Orlando distrattamente girò la testa verso il finestrino.
Il suo sguardo vagava senza fissare niente di preciso. Ad un certo punto la sua
attenzione fu attratta da qualcosa. Quello che vide lo lasciò di stucco. Davanti
a lui campeggiava un enorme cartellone pubblicitario della famosa marca di
abbigliamento Gap. Su di un prato era adagiata sul fianco una ragazza. Indossava
pantaloni di lino beige a vita bassa e una canottiera con spalline fini,
abbastanza scollata color grigio melange. Teneva la testa appoggiata su di una
mano e l’altra era morbidamente adagiata sul fianco. L’espressione del viso
appariva serena e sembrava guardarlo dritto negli occhi. Quella modella altri
non era che Aylén.
La macchina ripartì e
Orlando, istintivamente, si girò in dietro continuando a guardare quel
cartellone in preda ad un misto di sensazioni: stupore, sorpresa, emozione e
curiosità.
A Donnie non sfuggì la
scena e commentò.
“Ha colpito anche te eh?
La città è disseminata da cartelloni di quella pubblicità e devo dire che la
modella è davvero notevole!”.
Orlando, che era la prima
volta che la vedeva, non rispose. Era ancora confuso. Donald lo guardò e capì
che ci doveva essere qualcosa di strano, lo conosceva troppo bene per non
accorgersene.
“Che hai perso la lingua?
Ma per caso la conosci?”.
“Si…” rispose Orlando.
“Ummmm… qualcosa mi dice
che l’hai conosciuta bene” indagò Donnie.
“Abbiamo lavorato insieme
in Spagna durante le riprese di The Kingdom of the Heaven” rispose l’altro, come
si stesse svegliando solo allora.
“Da come ti sei girato a
guardare la sua fotografia, mi viene il sospetto che tu abbia avuto a che fare
con quella ragazza o mi sbaglio?”.
Orlando si passò una mano
fra i capelli scompigliandoseli. Non aveva proprio voglia di rinvangare quella
storia, ci aveva messo un sacco di tempo a metterla da parte e ora non aveva
nessuna intenzione di ritrovarsi nuovamente a parlarne. Dopo tutto però Donnie
era suo cugino, uno di famiglia, forse con lui avrebbe anche potuto farlo, cosa
che non aveva fatto con nessuno, eccetto quelle volte con Alejo in Spagna.
“Ho avuto una specie di …
relazione? Mah! Non saprei nemmeno io come definirla, solo che non mi sono
comportato esattamente bene e la cosa è finita in modo … piuttosto brusco direi”
spiegò alla fine a Donnie.
“Se non ho capito male, mi
stai forse dicendo che te la sei portata a letto senza farti troppi problemi?”
chiese l’altro.
“Non esattamente, è un po’
complicato da spiegare, ma se non ti dispiace preferirei cambiare argomento”
concluse Orlando.
Donnie non volle insistere
oltre. Conosceva bene suo cugino, sapeva che era un ragazzo piuttosto riservato,
e che se non voleva parlare di qualcosa era perfettamente inutile insistere. Una
cosa però l’aveva capita, quella ragazza doveva essere stata qualcosa di più che
un flirt per lui.
Stranamente però, fu di
nuovo Orlando a parlare.
“Non capisco… che cavolo
ci fa in quel cartellone?” disse come se stesse riflettendo a voce alta.
“Io non ci vedo nulla di
strano, è una bella ragazza magari si è messa a fare la modella” disse Donald.
Orlando si girò verso di
lui pensieroso.
“Diceva che voleva provare
a fare l’attrice e che se avesse fallito avrebbe fatto la biologa. Non hai mai
parlato di fare la modella e poi non era proprio il tipo”.
“Ah sì è come mai?” chiese
l’altro.
“Lei è una ragazza
particolare. Una testa matta direi, molto esuberante, non la classica bella
tutta presa da se stessa. Non si truccava mai era una specie di maschiaccio e
faceva un sacco di mattane. Insomma, non ce la vedo a fare la modella glamour”
spiegò Orlando.
“Magari è cambiata che ne
sai? E poi indubbiamente è davvero molto bella, sembra quasi naturale che una
come lei faccia la modella, che altro potrebbe fare?”.
“Ti assicuro che potrebbe
fare mille altre cose, non è mica solo un corpo! E’ una persona e anche
piuttosto intelligente” si risentì Orlando.
“Oh non ti arrabbiare, non
ho mica detto che una stupida! Stavo solo rimarcando il fatto che davvero una
splendida ragazza, del resto gli occhi ce li ho buoni!” rispose Donnie.
“Scusa, non volevo essere
scortese. Il fatto è che io avevo completamente perso la testa per lei. Una cosa
che non mi era mai capitata prima, non riuscivo a connettere e fare un
ragionamento coerente. Insomma come tutti mi sono lasciato offuscare dalla sua
bellezza, lasciandomi, come ubriacare, e ho finito con il trascurare alcuni
aspetti importanti che ho capito solo in seguito. Credo… no, sono abbastanza
sicuro di essere stato innamorato di lei, ma non ne ero consapevole. Non sono
mai riuscito a dirle niente, neanche che era bella, figuriamoci altre cose! Così
l’ho fatta andare via lasciando che non sapesse ciò che provavo. Chissà… forse è
stato bene così… forse no” disse Orlando aprendosi completamente a suo cugino.
Era strano, non voleva parlarne, ma la cosa gli era venuta fuori così
naturalmente che quasi non si era e conto di averlo fatto. Forse aveva solo
davvero bisogno di sputare quel rospo che se ne stava in fondo al suo stomaco,
da troppo tempo.
Donnie cominciava a capire
la situazione, siccome era chiaro che Orlando non fosse affatto fuori da quella
storia si sentì in dovere di dargli una specie di consiglio.
“Potresti provare a
contattarla e magari quello che hai detto a me potresti dirlo anche a lei”.
Orlando scosse la testa
con forza.
“No, non ci penso nemmeno.
E poi non ho neanche il suo numero di telefono, figurati che non mi ricordo
neanche il cognome”.
Con quest’ultima frase, la
conversazione sull’argomento Aylén venne accantonata. Si misero a parlare
d’altro e poco dopo arrivarono al locale.
La serata proseguì
tranquilla. Bevvero un paio di drink, ballarono un po’ e poi verso l’una Donnie
riaccompagnò il cugino a casa.
Orlando si fece una doccia
ed indossò una comoda tuta. Scese in cucina e aprì il frigo, prese una lattina
di Dr Pepper e andò in veranda. Il cielo era stellato e l’acqua del mare
interrompeva il silenzio con un pigro sciacquettio. Lui alzò le gambe e le
appoggiò sul tavolo di vimini davanti a se, osservando pensieroso l’orizzonte
scuro che fondeva l’azzurro cupo del cielo, con quello quasi nero dell’acqua.
Quella calma irreale che lo avvolgeva e che negli ultimi tempi lo cullava
facendolo sentire sereno, quella sera non riusciva a sortire il suo solito
effetto. Orlando sorseggiava meccanicamente la bibita frizzante che gli
solleticava il palato e pensava ad Aylén. Era inutile nasconderselo, vedere quel
cartellone lo aveva messo piuttosto in subbuglio. Ci aveva messo dei mesi a
liberarsi da quel ciclone che lo aveva investito. Negli ultimi tempi era
abbastanza sereno e tranquillo, ma era bastato vederla in quella pubblicità per
ripiombare in una confusione che gli aveva fatto capire di non essere ancora del
tutto fuori da quella situazione. Non era arrabbiato, ma piuttosto era
sconcertato. Non aveva intenzione di fare assolutamente niente, del resto era
comunque troppo tardi per fare o dire qualsiasi cosa e poi, era certo che lei
non lo avrebbe neanche ascoltato. Chissà magari si era pure fidanzata,
certamente non pensava ancora a lui. E poi lei era mai stata innamorata di lui?
Aveva mai provato qualche tipo di sentimento? Orlando non era tanto sicuro.
Forse era solo una ragazza bella e disinibita che lo trova attraente e che molto
probabilmente aveva voluto togliersi lo sfizio, come diceva il buon Alejo.
Bevve l’ultimo sorso di Dr
Pepper, accartocciò la lattina e dopo averla buttata nella spazzatura si diresse
verso la sua camera da letto. Per quella sera aveva pensato anche troppo, voleva
solo riposarsi e dormire. Chissà, magari l’indomani mattina tutto avrebbe
assunto una dimensione diversa, magari si sarebbe reso conto che tutte le
congetture che aveva appena fatto erano solo frutto di un piacevole ricordo. Non
era del tutto convinto, però in cuor suo sperava che fosse davvero così.
NOTE:
Il nome del cugino di Orlando me lo sono inventato di sana
pianta perché mi piaceva che si chiamasse Donnie ^_^
GRAZIE a tutte le ragazze che
con affetto mi seguono e mi recensiscono: Conty, Gal, Kiria, JulyAneko,
Dolcemaia, Sara, Frodina, Caroline, Shy e Roy gratissima nuova lettrice (Spero
di non aver dimenticato nessuno, nel qual caso chiedo scusa!). Grazie anche alle
fantastiche Anjulie e mami che non mancano mai di farmi pervenire via mail i
loro commenti. Ragazze siete le mie vitamine energizzanti e con i vostri
commenti mi stimolate a scrivere e a cercare di fare sempre del mio meglio.
Questo capitolo è dedicato a tutte voi! Un bacino ^_- Moon
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTUNO ●
“Allora alla fine ti sei
decisa?” chiese Reina ad Aylén durante una conversazione telefonica
intercontinentale, visto che lei si trovava ad Avilia in Spagna e l’amica a Los
Angeles.
“Ummm… credo di sì”
rispose l’altra poco convinta.
“Insomma ancora non ho
capito, ci andrai o no?” insistette l’altra.
“Ci vado. Ma solo perché
devo vincere questa cosa… però continuo a pensare che forse sarebbe meglio
evitare” puntualizzò Aylén.
“In poche parole dopo
tutto questo tempo hai ancora paura?” disse con una punta di amarezza Reina.
“E che c’è di male? Certo
che ho paura, lo sai benissimo quanto ho sofferto e sinceramente, ora che
comincio a star bene, di ritrovarmi a star male di nuovo, non mi va neanche un
po’!” rispose l’altra.
“Non voglio ASSOLUTAMENTE
che tu ti riduca nelle condizioni in cui eri quando sei rientrata a casa dopo
quella dannata esperienza! Non ci andare se credi che possa ancora farti male!”
disse Reina preoccupatissima.
“Reina ti giuro che non lo
so se mi farà un qualche effetto e di che tipo sarà… ma una cosa è certa, non si
può sempre scappare. C’è un momento in cui bisogna affrontare le situazioni e io
credo di essere abbastanza forte da poterlo fare… o almeno spero” concluse Aylén
non senza una punta d’apprensione.
“E quando sarebbe
l’evento?” chiese l’altra curiosa.
“Dopo domani” sospirò, poi
continuò “Anzi guarda, ora che ho mezzo pomeriggio libero, bisogna che vada a
comprarmi qualcosa, non ho neanche l’abito adatto!”.
Le due amiche scambiarono
ancora qualche parola e Reina si profuse in una miriade di raccomandazioni, poi
si salutarono.
“Aylén?” la chiamò Karina
una collega che divideva l’appartamento con lei.
“Sono qui dimmi?” rispose
la ragazza.
“Esci a comprarti il
vestito per la famosa premiere?” le domandò l’altra.
“Si, vieni con me?” le
chiese Aylén.
“Volentieri! Adoro andare
in giro per i negozi a fare shopping!”.
Le due ragazze si
prepararono per uscire. Di lì a due giorni ci sarebbe stata la prima di Kingdom
of the Heaven e Aylén, avendo partecipato al film come stunt, era tra gli
invitati alla prima dl film. Si sarebbe svolta in pompa magna al famoso Teatro
Cinese di Hollywood, naturalmente era stata invitata anche all’esclusiva festa
che si sarebbe tenuta dopo, in una villa sulle colline di Beverly Hills, che la
produzione aveva affittato appositamente per l’occasione. Ci aveva rimuginato
tre settimane, poi aveva ceduto e aveva deciso di andare. Il solo impedimento
che l’aveva fatta tergiversare così tanto, era il fatto che avrebbe rivisto
Orlando, sapeva che stava girando a Los Angeles e quindi era certa della sua
presenza. Da quando dieci mesi prima si era separata da lui, non l’aveva più
rivisto né sentito. Aveva accuratamente evitato di interessarsi a qualsiasi cosa
lo riguardasse, ma lui era così famoso che a volte volente o nolente qualche
notizia le era comunque arrivata all’orecchio, come, appunto, quella che
attualmente era proprio a Los Angeles dove si trovava anche lei per lavoro, e
che non era più fidanzato. Aveva sofferto per lui in maniera enorme e quella
brutta esperienza, in un certo senso, l’aveva anche cambiata. Tendenzialmente
era la solita Aylén di sempre, ma forse ora era appena più pacata e riflessiva,
anche se amava ancora fare cose strane, e rispondere per le rime a chi se lo
meritava. Aveva momentaneamente accantonato ogni possibilità di avere una nuova
relazione, del resto, come diceva lei stessa, si era appena disintossicata e
voleva andarci con i piedi di piombo. Ci scherzava sopra, come per esorcizzare
quanto le fosse costato quella specie di ‘rapporto’ con Orlando. Si era
perdutamente innamorata prendendo una terribile mazzata tra capo e collo, e
aveva fatto una fatica enorme a rialzarsi. Ora le sembrava di stare bene e di
essere abbastanza forte, quindi aveva messo da parte la paura e com’era
nell’indole del suo carattere aveva accettato la sfida con se stessa di
rivederlo a quella premiere, soprattutto per dimostrarsi che ormai era solo un
ricordo e nient’altro. Durante tutto il pomeriggio Aylén e Karina setacciarono
un’infinità di negozi, Aylén non era mai soddisfatta dei vestiti che provava e
poi alcuni erano decisamente troppo cari. Alla
fine si fece
corrompere da un modello di Armani che le stava a pennello, le costò un occhio
della testa, ma era davvero troppo bello. In vita sua non aveva mai indossato
niente di neanche lontanamente simile e s’era lasciata sedurre dalla tentazione
di indossare un capo così femminile. Aveva guadagnato un bel po’ di soldi con la
campagna pubblicitaria della Gap quindi mise da parte gli indugi e l’acquistò.
“Ora dobbiamo pensare
alle scarpe!” esordì Karina.
“Oh mio Dio! Le scarpe!”
disse Aylén picchiandosi la mano sulla fronte. Quella premiere le sarebbe
costata un patrimonio e pensare che lei aveva sempre detestato quel genere di
cose, ma non poteva presentarsi certo in jeans. A dirla tutta quell’esperienza
come modella aveva in certo senso tirato fuori la sua femminilità che lei non
era molto incline a mostrare.
Anche trovare le scarpe
non fu impresa facile, ma alla fine scelse un modello di Gucci molto particolare
che sembrava fatto apposta per quel vestito.
Quando rientrarono a casa
Aylén era stanca come se avesse lavorato, mentre Karina era entusiasta.
“Tu sei davvero una
fottutissima ragazza fortunata!” disse bonariamente “E io ti invidio da morire,
andrai ad una festa di quelle che contano, e sarai in mezzo a tanta bella gente,
anche se sono sicura che tu sai di gran lunga la più ammirata!”.
“Non esagerare!” disse
Aylén che si trovava sempre sottilmente a disagio quando lodavano la sua
evidente bellezza.
“Non esagero affatto! E’
la verità e sono sicura che farai prendere un infarto ad ogni singolo maschio
presente!”.
“Speriamo di no! Non
voglio mica finire sui giornali per aver fatto sentir male qualcuno!” disse
Aylén ridendo.
Anche Karina rise, adorava
Aylén, le piaceva proprio perché non era affatto una ragazza montata, anche se
in verità a volte la trovava un po’ strana, con lei tutto sommato si trovava
bene.
Finalmente arrivò anche
quel fatidico venerdì sera.
Aylén era agitatissima,
vestita e truccata di tutto punto e continuava a guardarsi allo specchio, ma
quell’immagine di rimando, riflessa nello specchio, invece di rassicurarla,
aveva praticamente l’effetto opposto. Cominciò a chiedersi se non stesse facendo
una grande sciocchezza, che tutto sommato avrebbe anche benissimo potuto fare a
meno di andare, che non se la sentiva, ma soprattutto era nel panico perché di
lì a poche ore avrebbe rivisto Orlando e solo quel pensiero le faceva battere il
cuore all’impazzata. S’innervosì parecchio ma che razza di reazione del cavolo
stava avendo? Allora non era cambiato niente? O la sua era solo vile paura di
confrontarsi con un fantasma del passato?
Fino all’ultimo momento
rimase indecisa, poi ebbe come un ultimo sussulto di orgoglio e si disse che non
si sarebbe più guardata in faccia se si fosse fatta dominare dalla paura, perché
lei non aveva e non doveva avere paura di nessuno. Quindi fece un ampio respiro
e decisa scese a prendere il taxi.
Quando arrivò al Teatro
Cinese c’era una folla immensa. C’era di tutto: paparazzi, giornalisti,
fotografi e fans, c’era una gran confusione e lei si sentì come smarrita. Mentre
cercava nervosamente il suo pass nella borsetta, una voce conosciuta la salutò.
“Stasera sei veramente
magnifica Aylén e vederti è uno spettacolo per gli occhi”.
Lei si girò e sorridendo
salutò caldamente Alejo.
“Che bello vederti ci sei
anche tu?”.
“Certo! Potevo mancare? Ho
approfittato dell’occasione, così mi farò anche una breve vacanza, chissà magari
troverò un ingaggio qui nella magica Hollywood!” rispose il ragazzo strizzandole
l’occhio.
Alejo si offrì di fargli
da cavaliere e Aylén accettò di buon grado, non le pareva neanche il vero che ci
fosse qualcuno a cui appoggiarsi.
Sul tappeto rosso per
primi passarono il regista e gli attori principali tra il delirio della folla.
Aylén ed Alejo si mantennero a debita distanza, la loro entrata era prevista
molto dopo, ma ciò non impedì alla ragazza di vedersi abbastanza bene l’entrata
di Orlando. Arrivò a bordo di una macchina nera, scese e si mise subito a
salutare la folla e in posa per i fotografi. Un sorriso luminoso gli illuminava
il viso perfettamente rasato e appena abbronzato. Indossava un completo grigio
scuro dal taglio impeccabile che ne metteva in risalto il fisico asciutto. La
camicia era color panna e fermata da una cravatta nera, mentre i polsini
uscivano dalle maniche della giacca coprendo buona parte delle mani. I capelli
erano piuttosto naturali ravvivati solo da un tocco di gel. Appariva sereno e
perfettamente a suo agio in più era molto disponibile con i fan elargendo
sorrisi, strette di mano, autografi e baci.
Aylén lo osservò a lungo
studiandolo. Era strano rivederlo, forse per via della circostanza, ma in quel
momento le sembrò distante anni luce, quasi un miraggio. Era bellissimo, ma
sembrava irraggiungibile, le sembrava quasi impossibile che tra loro ci fosse
stato qualcosa. Era come se fosse un'altra realtà quella che aveva davanti agli
occhi, come se per la prima volta realizzasse chi era lui: un attore famoso, un
personaggio pubblico, non un ragazzo qualunque. In Spagna in un certo senso era
come se avessero vissuto protetti in un mondo chiuso. Comunque era stata una
situazione un po’ fuori dalla realtà, non ci aveva mai pensato prima. Non seppe
spiegarsi che tipo di sensazione provasse, ma le sembrava di essere abbastanza
tranquilla e padrona della situazione, tutto sommato si sentì più sollevata, la
sua reazione era stata alquanto più positiva del previsto.
Finalmente anche lei ed
Alejo fecero la loro entrata nel teatro e assistettero alla proiezione del film.
Alla fine della premiere, seguirono alcune interviste e una specie di conferenza
stampa. Poi arrivarono le macchine per portare gli invitati alla villa per la
festa privata. Naturalmente lei ed Alejo erano rimasti molto in disparte
rispetto ai veri protagonisti del film e al regista. Non parteciparono alla
conferenza stampa, e furono tra i primi a partire per recarsi alla festa, in
attesa degli attori che come di regola sarebbero arrivati molto più tardi.
Aylén rimase abbagliata
dalla bellezza di quella splendida casa. Si trova in un posto molto bello da cui
si godeva una vista meravigliosa. L’immenso salone che era il fulcro della
festa, era arredato in stile art decò, sembrava di essere stati catapultati
negli anni venti. Nella stanza immensa e sontuosa c’ erano diversi tavoli su
cui era allestito un buffet composto da ogni genere di cibo: carne, verdura di
ogni tipo, cruda e cotta, pesce alla griglia, sushi, cibo cinese e indiano. Le
ampie porte finestra erano aperte e lasciavano intravedere il giardino
sapientemente allestito come zona bar, offrendo uno spettacolo di luci abilmente
mixate tra varie candele posizionate in zone strategiche e discreti faretti, che
si riflettevano nell’acqua blu dell’immensa piscina al centro del giardino,
dietro faceva da cornice il fantastico panorama delle mille luci di Los Angeles.
Gli attori arrivarono molto
dopo, la festa era già iniziata da più di due ore. Aylén aveva mangiucchiato
qualcosa, ma più che altro era rimasta incantata ad osservare tutto ciò che la
circondava, come una bambina al luna park. Alejo le aveva fatto compagnia per
tutta la sera e avevano amabilmente conversato ricordando i vecchi tempi, ma
tralasciando accuratamente un certo argomento. Aylén non ne aveva accennato e
Alejo si era fatto i fatti suoi assecondandola.
Orlando, una volta arrivato
alla festa, depositò la giacca al guardaroba, si sfilò la cravatta, allentandosi
i primi due bottoni della camicia che poi
si tirò fuori dai pantaloni. Così si sentiva infinitamente più a suo agio e più
libero. Era contento per come stava andando la serata e si sentiva piuttosto
tranquillo, la cosa gli faceva particolarmente piacere dato che da quando aveva
visto quella pubblicità di Aylén, non era poi stato molto sereno. Non immaginava
neanche lei fosse lì, a pochi metri da lui. Nessuno lo aveva avvisato, ed
essendo impegnato con le riprese di Elisabethtown non aveva avuto il tempo di
informarsi sugli eventuali invitati e poi sinceramente non gli interessava
nemmeno sapere chi c’era o chi non c’era. Fece un po’ di pubbliche relazioni, un
paio di foto, si servì una porzione di sushi e fece quattro chiacchere con il
regista Scott. Ad un certo punto decise di andare a farsi un giro in giardino
per andare a prendersi da bere. Ordinò un gin tonic e cominciò a guardarsi in
torno distrattamente, così tanto per vedere che gente ci fosse.
Fu allora che la vide.
La sorpresa lo colse del
tutto impreparato, e il cuore, suo malgrado gli fece una capriola in petto.
Lei non lo notò, era quasi di
spalle a lui, ma non completamente, era messa a tre quarti con la testa girata
di profilo, così che Orlando la poté osservare molto bene. Stava sorseggiando un
cocktail, molto lentamente. Indossava un abito grigio perla di chiffon, il cui
corpetto attillato era allacciato alla gola e metteva molto in risalto la forma
del seno, pur non essendo scollato era però senza maniche e le spalle erano
scoperte. A differenza del davanti, dietro presentava un ampia scollatura che
lasciava la schiena generosamente esposta. La gonna invece era lievemente
svasata e si appoggiava morbidamente su i fianchi arrivando appena un poco sopra
il ginocchio, sotto spuntavano dei lembi di tessuto più leggero e trasparente
che danzavano lunghi fino le caviglie, svolazzando appena mossi dalla pigra
brezza serale. I piedi erano infilati in un paio di sandali di una tonalità poco
più scura del vestito, allacciati alla schiava fin sotto il ginocchio. Notò che
aveva tagliato i lunghi capelli che comunque aveva lasciato sciolti. Non le
arrivavano più alla vita, ma poco più giù delle spalle. Rimase abbagliato, non
riusciva a distogliere lo sguardo da quella visione che lo aveva completamente
rapito. Non l’aveva mai vista così, lui era abituato a vederla spartana e
sportiva, ma quella che aveva davanti era una splendida donna in un trionfo di
femminilità, semplicemente sconvolgente. Era come se di colpo fosse tornato
indietro nel tempo, le sensazioni e le emozioni che lo stavano investendo
prepotentemente, erano esattamente le stesse. Gli prese un colpo. Com’era
possibile? Allora quei dieci mesi non erano serviti proprio a niente, la sua
tranquillità, la sua sicurezza, la sua forza, erano solo un’illusione?
Continuò ad osservarla, ad
osservare quel corpo di cui ricordava con esattezza ogni centimetro di pelle,
sospirò forte, chiuse un attimo gli occhi e desiderò in maniera spasmodica poter
avvicinarsi a lei, sfiorarle la schiena con una carezza e baciarle una spalla.
Si scosse immediatamente e si ritrovò a pensare che era proprio un idiota
matricolato. Che cazzo si stava mettendo a pensare? Non era proprio il caso di
ripetere lo stesso errore una seconda volta, sarebbe stato infinitamente stupido
da parte sua, ma l’attrazione che stava provando per lei era prepotentemente
identica a quella di un tempo, non era diminuita di una sola virgola. Proprio in
quel momento lei si girò e lo vide.
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Capitolo 22 *** Capitolo 21 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO VENTIDUE ●
Vederselo lì a pochi passi
di distanza ad Aylén fece sicuramente un effetto del tutto diverso, da quello
che aveva avuto qualche ora prima al Teatro Cinese. Sentì una specie di
cataclisma che le esplose internamente: le venne caldo, poi freddo, il cuore
cominciò ad accelerare i suoi battiti e le venne una voglia improvvisa di
darsela a gambe il più lontano possibile, ma i suoi piedi parevano incollati a
terra. Abbozzò un sorriso tirato a mo di saluto, mentre le sue dita, leggermente
tremanti, presero a stingere convulsamente il bicchiere che teneva fra le mani.
Orlando le si avvicinò senza dire niente. Avrebbe voluto parlare ma non gli
veniva nulla di particolarmente intelligente da dire.
“Ciao, come stai?” tirò
fuori alla fine senza molta convinzione.
Lei prese quella domanda
come una specie di atto di cortesia dettato dalla circostanza e si adeguò.
“Bene grazie” rispose
indifferentemente, girando lo sguardo tra la folla come se fosse vagamente
annoiata.
Orlando a quella risposta
distratta, si irritò, era chiaro che lei fosse piuttosto infastidita dalla sua
presenza.
“Come mai sei qui?” le
chiese allora bruscamente.
Lei riportò lo sguardo sul
viso di lui, guardandolo dritto negli occhi e piuttosto freddamente rispose: “Mi
pare ovvio: sono stata invitata” voleva ostentare sicurezza e indifferenza e ci
stava riuscendo piuttosto bene.
“Sei venuta da sola?”
chiese lui per sapere se fosse con qualche uomo. Era una cosa che non avrebbe
dovuto interessarlo, una domanda fuori posto e senza molto senso, ma lo voleva
sapere comunque e non si poté trattenere dal chiederlo.
Siccome ad Aylén il tono
di Orlando era sembrato piuttosto critico, come se non avesse piacere che lei
fosse lì, non volle dargli soddisfazione. Piuttosto sarebbe morta.
“No, sono con un amico”
rispose con voluto tono casuale, riprendendo a vagare con lo sguardo come se
stesse cercando qualcuno.
Quella risposta infastidì
Orlando, a dire il vero lo fece proprio incazzare, come era logico che fosse,
era suo malgrado geloso fradicio. Non avendo intenzione di star lì a fare la
figura del salame, visto che lei era sempre la solita Aylén,
si congedò in maniera piuttosto sbrigativa.
“Mi auguro che tu ti
diverta è una bella festa. Scusami ma ho delle persone da salutare. Ci vediamo”
disse, poi si allontanò rientrando nel salone.
Aylén non rispose nemmeno,
riprese a respirare e realizzò che se ne doveva andare via subito. Senza starci
a pensare troppo, appoggiò il bicchiere su di un tavolo, passò dal guardaroba,
ritirò i suoi effetti e si fece chiamare un taxi. Mezz’ora dopo era già sulla
strada che la riportava al suo appartamento, confusa e amareggiata.
Orlando intanto vagava per la
festa come un anima in pena. Benché tentasse di fare l'indifferente era più di
un'ora che era alla ricerca di Aylén, ma lei sembrava sparita e lui era in uno
stato d'ansia esagerato: dove era? Con chi era? Ma soprattutto, che stavano
facendo?
Mentre girellava senza
meta si incontrò con Alejo.
“Oh! Ma che ci sei anche
tu?” gli disse andandogli incontro e abbracciandolo con affetto.
“Allora roccia, come
stai?” gli aveva risposto Alejo ricambiando l'abbraccio.
Dopo i saluti, andarono a
prendere da bere e Orlando notò che Alejo si guardava spesso intorno, sembrava
preoccupato.
“Cerchi qualcuno?” gli
aveva chiesto.
Alejo, che francamente
avrebbe preferito evitare l'argomento, si vide costretto a rispondere.
“Emmmm… sì. Mi chiedevo
dove sia finita Aylén, eravamo insieme, io sono andato un attimo al bagno e
quando sono tornato era sparita. Non l'ho più rivista… strano”.
Orlando fece una smorfia
con la bocca. Ora sì che sì sentiva un perfetto idiota, ecco chi era l'amico
di cui aveva parlato lei. Perché era stato così sbrigativo nell'andarsene
via e nel portare avanti conclusioni affrettate? Si sarebbe dato una sberla da
solo.
“L'ho vista circa un'ora
fa, proprio qui in giardino, ma poi non l'ho più incontrata” disse Orlando ad
Alejo.
I due ragazzi continuarono
a parlare e Alejo, tra le altre cose, disse ad Orlando che si sarebbe trattenuto
a Los Angeles qualche giorno, così decisero che si sarebbero rivisti e Orlando
gli dette il suo indirizzo.
L'inglese passò tutta la
serata sperando di rivedere Aylén, ma era chiaro come il sole, lei era andata
via. Alle cinque di mattina si mise l'anima in pace e decise di rientrare a
casa.
Non andò nemmeno a
dormire, volle vedere l'alba sul mare. Era malinconico e cupo. Era tornato tutto
al punto di partenza e non aveva neanche la più pallida idea di come fare a
rintracciare Aylén. Per la milionesima volta si dette dell'idiota.
Il problema fondamentale
tra loro due era che per certi versi erano troppo simili. Testardi ed
orgogliosi, facevano fatica ad ammettere i propri errori, non parliamo poi di
fare un passo avanti per chiedere scusa o per chiarirsi. Rimanevano entrambi
chiusi nella rigidità delle loro convinzioni non approfondendo mai un argomento,
non riflettendo mai sul fatto che a volte certe situazioni, portano a dei
comportamenti innaturali. Sarebbe bastato parlarne, ma loro continuavano
ostinatamente a non farlo. Continuando quella fiera dei malintesi.
Aylén, che pure non aveva
dormito per nulla, era furiosa. Cominciò a pensare di essere veramente un caso
patologico e si rimproverò fino alla nausea di essere andata a quella premiere.
Avrebbe dovuto evitare di farlo e sarebbe stato solo un bene. Per fortuna era
sicura che sarebbe stato un episodio isolato, non avrebbe MAI più rivisto
Orlando e questo la calmò un poco.
Poche sere dopo Orlando
invitò Alejo a mangiare a casa sua. Il ragazzo accettò di buon grado. Durante la
cena, chiacchierando Orlando volutamente spostò l'argomento su Aylén.
“Sai dove abita?” chiese
ad un certo punto, fingendo di essere semplicemente curioso.
“No” rispose secco Alejo.
“E sai per caso che ci fa
a Los Angeles?” chiese nuovamente Orlando.
“No” rispose l'altro
rimanendo rigidamente ermetico, del resto diceva il vero non avevano parlato di
entrambe le cose che gli stava chiedendo l'altro.
“Non mi fraintendere eh?
Era così… semplice curiosità… tanto per parlare” disse Orlando volendosi
giustificare.
“Io veramente non ho detto
niente” rispose lo spagnolo che aveva mangiato la foglia.
Sinceramente non gli
andava di entrare nel mezzo a quella storia, che sembrava non essere affatto
finita. Non era mica tonto, era stata a contatto sia con lei che con lui, e
nonostante quei due testoni giocassero a chi facesse meglio lo gnorri, era
lampante che erano presi l'uno dall'altra esattamente come prima. Aveva colto
certe sfumature che erano inequivocabili: la fuga di Aylén per prima e
l'interrogatorio di Orlando adesso.
Questa situazione però lo
faceva un po’ incazzare, era mai possibile che non ci fosse verso che
riuscissero a comportarsi in modo un più maturo? Così prese la decisione di dire
la sua una volta per tutte, poi che facessero come meglio credevano, lui non
voleva immischiarsi.
“Io proprio non vi capisco
e giuro che quasi ci sto rinunciando” esordì Alejo con tono accorato.
“Cioè?” chiese Orlando al
quale si erano subito drizzate le orecchie.
Alejo sbuffò.
“E basta! A tutto c'è un
limite porca miseria! Cazzo è passato quasi un anno, e ancora ti ostini
caparbiamente a fare finta che non ti frega niente di lei, non ti pare
assurdo?”.
Orlando si mise subito
sulla difensiva.
“Non mi pare proprio di
aver mai detto una cosa del genere!”.
“Ah no? Hai forse ammesso
che sei innamorato cotto?” gli disse Alejo.
Orlando rimase in
silenzio.
“Chi tace acconsente!”
sentenziò lo spagnolo.
“No! Chi tace sta zitto!”
ribatté l'altro.
“Fai un pò come ti pare,
ma smetti di chiedermi di lei, non otterrai alcuna risposta da me sappilo!”.
“Perché sai qualcosa?”
chiese l’altro speranzoso.
Alejo non rispose.
“Avanti! Se sai qualcosa
dimmelo! Ho bisogno di rivederla io devo parlare con lei” disse Orlando agitato.
“E per dirle cosa? Che sei
innamorato di un'altra o per riportartela a letto?” gli chiese Alejo arrabbiato,
poi continuò “Sei stato l'unico, Orlando, l'unico, tra tutti noi a non capire
che persona fosse Aylén! Ti ha fatto comodo non volerlo vedere e io non ti
aiuterò a farla soffrire di nuovo, chiaro? Sappi che io mi sento spesso con la
sua amica Reina e non hai neanche la più pallida idea di quello che quella
ragazza ha passato in questi mesi per colpa tua. Fammi un piacere: toglitela
dalla testa. A uno come te non mancheranno certo le donne, quindi vedi di andare
a svagarti da qualche altra parte!”.
Alejo era davvero
incazzato.
Tutto quel discorso arrivò
alle orecchie di Orlando come una specie di mistero svelato.
“Che cosa ti ha detto
Reina? Lo voglio sapere!” chiese subito.
“Niente che non sapessi
già! Diceva solo che Aylén stava male, per via di una brutta esperienza fatta
durante le riprese, sono amiche mica poteva raccontarmi i cazzi suoi per filo e
per segno, ma siccome io ero a conoscenza della cosa, ho fatto due più due”.
“Ma allora… ” aveva detto
sconsolato Orlando “Non è del tutto sicuro che stesse male per me…”.
“Ma vaffanculo Orlando!”
aveva sbottato Alejo.
Presero a discutere molto
vivacemente. Alejo era un ragazzo dal carattere spontaneo e sanguigno e quando
aveva qualcosa sullo stomaco lo diceva senza troppi complimenti, se con Orlando
in passato si era un po’ trattenuto era per via che lavoravano insieme, adesso
quel problema non sussisteva e per di più si sentiva anche in amicizia con lui,
quindi riteneva giusto fargli sapere che sbagliava.
“Si può sapere che cazzo vuoi
da me?” gli stava chiedendo Orlando alterato.
“Che tu sia sincero una volta
per tutte!”.
“E VA BENE!” scattò l'inglese
in piedi allargando le braccia in segno di resa.
“SONO INNAMORATO DI LEI!”
urlò esasperato.
Poi si accasciò nuovamente
sulla sedia mormorando: “Sarai soddisfatto adesso…”.
“Guarda che non lo faccio
mica per me!” gli disse Alejo.
Orlando si prese la testa fra
le mani.
“Lo so e hai pure ragione, ma
io ci ho messo una vita per capirlo cazzo! E ora porca puttana non so che
fare!”.
“Diglielo” disse
semplicemente l'altro.
“Vorrei, ma ho paura”
confessò Orlando.
“Allora non glielo dire e
dimenticati di lei”.
“Non posso. Specialmente ora
che so che è qui!”.
“E allora comprati una
pistola e sparati che cazzo vuoi che ti dica!”.
“Alejo non fare
dell'ironia, io devo trovare il modo e il coraggio di avvicinarla”.
Alejo guardò l'orologio.
“Finalmente dopo un ora e
tredici minuti di corbellerie sei riuscito a dire una frase sensata!” commentò.
“Per prima cosa devo
sapere dove posso rintracciarla. Poi dopo mi inventerò qualcosa… ” guardò
l'amico con un’aria quasi disperata.
“Le devo dire tutto quello
che non le hai neanche fatto capire, deve sapere che cosa provavo e che cosa
provo per lei. Ti prego aiutami a trovarla, ti giuro che mi comporterò come si
deve. Non posso farla scappare via per la seconda volta, non senza almeno averle
detto che mi sono innamorato di lei!”.
Alejo sospirò, come poteva
dirgli di no? Si augurò di star facendo realmente la cosa giusta e quindi
acconsentì ad aiutarlo.
Ad un certo punto ad
Orlando venne in mente una cosa.
“Scusa Alejo ma tu non
avevi il suo numero di cellulare?”.
“Eh già hai detto bene:
avevo. Aylén l'ha
cambiato e non so per quale motivo, fatto sta che non mi ha mai dato il numero
nuovo” spiegò l'altro.
“Potremmo chiederlo a Reina?”
propose Orlando.
“Non ce lo darebbe mai!”
ripose lo spagnolo.
Orlando ne convenne, era
piuttosto facile che Reina li avrebbe mandati dritti al diavolo se le avessero
chiesto una cosa del genere, allora elaborarono un piano. Se lei aveva fatto la
modella per la Gap, con le conoscenze che lui aveva a Los Angeles non sarebbe
stato difficile reperire un suo recapito, o almeno sperava. Qui sarebbe entrato
in gioco Alejo, che avrebbe preso quante più informazioni possibili. Una volta
saputo più o meno che tipo di vita facesse e che posti frequentava, per Orlando
sarebbe stato facile, combinare un incontro che risultasse casuale e di lì poi
ci sarebbero stati i dovuti sviluppi.
Sì, decisamente quella era
la strada da percorrere, si sarebbe messo in moto immediatamente l’indomani
mattina, del resto quando lui voleva una cosa, in una maniera o nell’altra
riusciva sempre a spuntarla.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO VENTITRE ●
Quella mattina Orlando
rientrò dalla sua abituale corsa mattutina ancora più sudato del solito. Aveva
corso come un forsennato perché era agitato, e quando era agitato, qualsiasi
cosa facesse, finiva per farla con troppa energia. Salì di corsa anche le scale
e si infilò in doccia. Distrattamente afferrò il contenitore con il sapone da
bagno alla pesca che gli aveva regalato una volta sua madre, ma che non usava
mai a causa dell’odore dolciastro e nauseabondo che si lasciava dietro come
scia. Mentre si insaponava, si mise a fare mente locale. Qualche anno prima lui
stesso aveva fatto un commercial per la Gap, dunque come si chiamava la persona
che lo aveva contattato? Cominciò a pensare, ma non se lo ricordava. Con tutta
la gente che gli veniva presentata e che conosceva via via, era dura ricordarsi
tutti i nomi. Era talmente concentrato nello sforzo di ricordare, che finì per
usare il bagnoschiuma anche per lavarsi i capelli senza neanche accorgersene.
Allora si chiamava Albert? No, forse era Alvin? Neanche! Ma come cazzo si
chiamava quello stronzo! Pensò mentre gli occhi cominciavano a bruciargli da
morire. Ma che diavolo stava accadendo! Il suo shampoo era impazzito anche lui?
O non era anti irritazione? Allora perché sembrava che gli occhi gli andassero a
fuoco?
Uscì dalla doccia con gli
occhi rossi stile vampiro e i capelli arricciati come se si fosse fatto una
messa in piega, tipo signora cinquantenne il sabato pomeriggio
prima di andare a fare la spesa. Tentò inutilmente di domare quella
chioma indurita e sgangherata con gel e olii emollienti vari, ma fu tempo perso.
Anzi a dire il vero peggiorò la situazione, ora pareva un cesto di insalata
romana. Dette una rapida occhiata all’orologio, si rese conto che era parecchio
tardi, quindi si infilò al volo le sue All Star bianche e si fiondò al cancello
dove lo stava già attendendo il suo assistente per andare agli studios. Per
tutto il tragitto Orlando martirizzò il pover’uomo intimandogli di
rintracciargli qualcuno della Gap con cui aveva lavorato lui al commercial.
Voleva un appuntamento il prima possibile. Una volta arrivato agli studios gli
disse subito di correre ad informarsi. Poi si avviò a piedi verso i teatri di
posa. Proprio mentre camminava si occorse che degli operai stavano cambiando una
pubblicità su di un cartellone, neanche a farlo apposta era proprio quella di
Aylén. Così s’incantò a guardarla, con espressione rimbambita. Gli uomini con
colla e attrezzi stavano proprio fissando la parte che raffigurava la pancia e
dato che nella foto, la ragazza indossava i pantaloni a vita bassa, era scoperta
e ben in vista. Si mise a guardare quell’immagine e cominciò ricordare certi
particolari, come quando le dava i morsi proprio lì, vicino all’ombelico, Dio!
Adorava quella pancia! Si dette una scrollata e si impose di andare oltre, ma
gli occhi gli rimasero incollati suo malgrado su di lei e il collo, come dotato
di volontà propria, si girò all’indietro per continuare a guardarla. Intanto
stava camminando in avanti, non facendo attenzione dove metteva i piedi, così
finì col battere una sonora craniata su un palo di ferro, che era la base di un
cartello con le indicazioni dei vari teatri posa. Vide tutta l’arcata celeste e
l’universo cosparso di stelline luccicanti. Imprecò tirando fuori una serie
indescrivibile di parolacce, molte delle quali se le inventò sul momento in un
impeto di fantasia da imprecazione, ma si era fatto davvero male. Quindi con
entrambi le mani sulla fronte poco più sopra il sopracciglio destro, che poi era
il punto esatto della tremenda collisione, entrò nella stanza del trucco. Il
truccatore quando lo vide si mise le mani sulla testa con fare disperato. Aveva
un bernoccolo grosso come una pallina da golf in mezzo alla fronte, i capelli
sembravano asciugati in un microonde e poi aveva un odore strano, come si fosse
profumato con un succo di frutta. Il pover'uomo ci mise tutta la sua buona
volontà a renderlo presentabile, anche se quel bernoccolo restò comunque
evidente e il profumo del bagnoschiuma alla pesca permase per tutta la giornata.
Durante la pausa pranzo
ricevette una buona notizia dal suo assistente che gli comunicò di aver
rintracciato Alan, la persona incaricata della scelta dei modelli per le
campagne pubblicitarie della Gap. Ecco come si chiamava il fetente!, ricordò
all'improvviso Orlando picchiandosi la mano sulla fronte, ma essendosi
dimenticato del bernoccolo, cacciò un urlo di dolore visto che se lo centrò in
pieno.
Fu una giornata molto
movimentata ma alla fine in qualche modo terminò e Orlando poté rientrare a
casa. Il suo pensiero primario era fissare un appuntamento con quell'Alan per
poter avere qualche informazione su Aylén. L'uomo si dimostrò abbastanza
comprensivo e accettò di riceverlo di sabato pomeriggio nel suo studio,
ovviamente la comprensione derivava dal fatto che Orlando fosse una persona
famosa e che avesse in precedenza lavorato per loro.
Era solo martedì, Orlando
si domandò come avrebbe fatto ad aspettare fino a sabato. Aveva telefonato anche
a suo cugino Donnie, voleva un suo parere. Donnie aveva trentacinque anni era
più grande di lui e sicuramente avrebbe saputo dargli qualche buon consiglio.
L'uomo arrivò a casa di
Orlando subito dopo cena e lo trovò in veranda al tavolino con due birre
ghiacciate che lo stava aspettando.
“Ma che hai fatto alla
fronte?” gli chiese subito, notando la vistosa protuberanza.
“Ho avuto un incontro
ravvicinato con palo” rispose Orlando.
“Accidenti! Ma scusa come
hai fatto a centrare in pieno un palo?” domandò Donnie incuriosito.
“Stavo guardando da
un'altra parte… tipo l'altra sera… ” disse Orlando.
“Ah! Ti sei girato ad
ammirare una ragazza e punfete!” ridacchiò l'altro.
“Emmmm … veramente stavo
guardando il solito cartellone”.
“Porca paletta! Ma allora
è una cosa seria!” si meravigliò Donald.
“Abbastanza” confessò
l'inglese.
Donnie prese la sua birra
e ne bevve una generosa sorsata, mettendosi a fissare il mare come già stava
facendo il cugino. Lo conosceva molto bene, sapeva che Orlando era un tipo
piuttosto restio a parlare di se e soprattutto dei suoi sentimenti, sapeva anche
che forzare la mano sarebbe servito a poco, però era evidente che aveva bisogno
di sfogarsi con qualcuno. Quindi pazientemente stava aspettando che si decidesse
a farlo.
Di lì a poco Orlando vuotò
il sacco e Donnie lo ascoltò senza interromperlo.
“Sono d’accordo sul fatto
di farle sapere quali sono i tuoi reali sentimenti. Non è mai troppo tardi per
aprire il cuore a chi si vuol bene” commentò alla fine.
“Il problema è che non so
come farlo” disse Orlando un po’ mogio.
“Semplice, appena avrai
saputo come rintracciarla ti presenterai da lei e glielo dici, del resto non
vedo altra soluzione” rispose Donnie.
“La fai facile tu! Non lo
so mica se mi viene fuori di botto una cosa così! E poi lei è una tosta, mica è
tanto semplice farci un ragionamento, una volta ci ho provato e mi ha fatto
talmente incazzare che… ” e a quel punto si fermò. Si ricordò di quella famosa
volta in cui stava per fare quella cazzata madornale che poi era stata la
conseguenza di una rottura insanabile tra loro.
“Beh? Che successe?”
chiese Donald.
Orlando afferrò la birra e
bevve, poi sospirò e gli raccontò la scena.
“Non è che ne vada molto
fiero, anzi a dire il vero il solo pensarci mi fa sentire una specie di animale,
ma Cristo! Quella ragazza ha il potere di farmi rimescolare il sangue, nel bene
e nel male!”.
“Uuuuuuuuuu!!!” Commentò
eloquentemente Donnie.
Orlando non rispose e
aggrottò la fronte.
“Finalmente anche il mio
inglesissimo cuginetto, molto composto, molto carino, garbato, dolce e premuroso
ha conosciuto il fuoco impetuoso della passione e a quanto pare ne è stato
completamente travolto!” ridacchiò Donnie.
“Non pensavo che ti
mettessi a scherzarci sopra! Insomma ti ho chiamato per un consiglio, mica per
farti fare quattro risate!” si lamentò Orlando contrariato.
“Sempre il solito
permaloso a quanto vedo! Orlando stavo solo sdrammatizzando un po’. In realtà
sono felice, perché finalmente, forse, vivrai un rapporto in maniera più matura.
Mi spiego: fino ad ora hai avuto tutte relazioni un po’ più adolescenziali,
tipo ci mettiamo insieme, ci vogliamo bene e via dicendo. Le donne che hai
scelto erano sempre molto carine sia dal punto di vista fisico che caratteriale,
tutte molto prese ad adorarti a compiacerti, in poche parole a non crearti
problemi. Ti sono sempre piaciute così, dolci, comprensive, forse anche un po’
docili?”.
Orlando lo stava
ascoltando con attenzione e ne convenne che aveva perfettamente ragione.
“A quanto pare questa
volta hai incontrato una donna di carattere e ti assicuro che non c'è niente di
più stimolante di una ragazza che sa il fatto suo! Almeno io la penso così. Però
c'è da stare attenti, con questo tipo di donne le solite manfrine funzionano
poco. In poche parole per conquistarle, ma soprattutto per tenersele c'è da
faticare!”.
“Grazie! Questo lo avevo
già capito da solo!” protestò l'altro.
“Via ora non buttiamola
sul drammatico! Non ti manca mica niente? Anzi nella posizione in cui ti trovi
sei anche parecchio avvantaggiato, non mi vorrai mica far credere che hai paura
o che non credi nelle tue potenzialità vero? Anche perché è chiaro che le piaci,
che prova qualcosa per te. Devi solo fare molta attenzione a come giocherai le
tue carte, ma mica sei uno stupido. Quindi per favore niente incertezze e dritto
alla meta!”.
La faceva facile lui,
pensò Orlando, mica lo sapeva come si sentiva tutte le volte che si trovava
davanti a lei, soprattutto ora che era consapevole dei propri sentimenti. Per la
prima volta non era tanto padrone di se stesso e anche molto poco spavaldo.
Aveva sempre paura di dire o di fare la cosa sbagliata, ma la cosa di cui in
realtà aveva più paura di tutto era che Aylén non lo ricambiasse. Sì, sapeva di
piacerle fisicamente, sapeva che sessualmente era attratta da lui forse tanto
quanto lui lo era da lei. Ma dei suoi sentimenti non sapeva proprio un bel
niente e, per tutto il periodo che erano stati insieme in Spagna, lei non aveva
mai accennato a nulla che gli potesse far intuire che cosa provasse. Non era
mica scemo, sapeva benissimo che esistono anche storie fatte di sola e pura
attrazione fisica dove l'amore non centra nulla, ed era proprio quello che lo
preoccupava.
“Prima o poi ti dovrai
scontrare anche questo, è inutile scappare” gli disse Donnie.
“Con cosa scusa?” gli
chiese Orlando che non aveva ben afferrato.
“Con il rifiuto Orlando!
Devi essere conscio che lei potrebbe benissimo rifiutarti. Forse ultimamente ti
è un po’ sfuggito il concetto che anche tu sei un essere umano tale e quale a
tutti noi. E' normale, del resto la tua vita è cambiata molto e in fretta, ma
nonostante tu sia bello, ricco e famoso, non puoi essere immune ai sentimenti,
alle delusioni e anche alle sconfitte. Fanno parte della vita ed un bene che tu
ti ci trovi a confronto, sono cose che aiutano a crescere”.
Donnie come sempre aveva
toccato i tasti giusti e lasciò Orlando in profonda riflessione. Ciò che gli
aveva detto era sacrosanto. Il ragazzo si ripromise di fare del suo meglio per
affrontare la situazione con Aylén, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo
potere per conquistarla, poi se lei non avesse proprio voluto cedere, allora si
sarebbe rassegnato, ma solo dopo aver tentato il tutto e per tutto.
Sabato, puntualmente,
Orlando si era presentato negli uffici della Gap per parlare con Alan.
“Signor Bloom, sarò onesto
con lei, quello che mi sta chiedendo non è una cosa da poco. Insomma ci sono
delle leggi ben precise sulla privacy e non è molto legale infrangerle. Lei
nella sua posizione sa benissimo che cosa intendo dire”.
“Capisco perfettamente e
le garantisco la massima riservatezza da parte mia. Non mi azzarderei mai a
rivelare dove mi sono procurato le informazioni. Mi creda non mi sarei MAI
rivolto a voi se avessi avuto qualsiasi altro modo per rintracciarla. Si tratta
davvero di una cosa molto importante o le giuro che non sarei qui a chiederle
questo favore!” spiegò Orlando con tono accorato.
L'uomo lo guardò
perplesso, in un primo tempo aveva subito pensato: Ecco qui l'attore famoso
di turno che rimorchiato la modellina ad una festa e magari essendo stato
ubriaco fradicio, ora non si ricorda nemmeno come si chiama! Ma dopo un po’
che stava parlando con lui, aveva capito che quel ragazzo doveva avere davvero
qualche questione importante da risolvere con quella giovane ragazza spagnola,
che lui stesso aveva scoperto e lanciato nella nuova pubblicità sulla collezione
in uscita. Suo malgrado decise di aiutarlo, del resto essere in debito di un
favore da lui gli sarebbe anche potuto tornare comodo, chissà.
“Farò uno strappo alla
regola e le darò l'indirizzo della signorina Delgado, ma la prego di non
rivelarle mai e per nessuna ragione che l'ha avuto da me. Pur non essendo
certamente la modella più famosa d'America, ed essendo stata ingaggiata solo per
una pubblicità, la signorina Delgado ha con noi un regolare contratto di lavoro,
non vorrei ritrovarmi a beghe legali, spero che lei mi capisca. Mi fido della
sua parola, la prego di non farmene pentire” disse alla fine Alan.
“Non si preoccupi, sarò
discreto e non vi nominerò neanche per sbaglio. Lei mi sta facendo un favore
enorme e non me ne dimenticherò, mi creda” disse Orlando all'uomo porgendogli la
mano, che l'altro strinse con forza come a suggellare una specie di tacito
patto.
Una volta fuori
dall'ufficio, il primo impulso di Orlando sarebbe stato quello di andare subito
all'indirizzo che gli aveva fornito Alan, ma si impose la calma. Prese il
cellulare e chiamò Alejo.
“Ho l'indirizzo!” gli
comunicò trionfante.
“Bene passamelo, che da
domani comincio ad informarmi e a curiosare un pò” rispose l'altro.
“Da domani? Comincia
subito!” rispose Orlando che era troppo ansioso.
“Orlando, datti una
calmata, stasera ormai posso fare ben poco, domani invece comincerò presto e
sarò fortunato, magari a fine serata saprò dirti qualcosa”.
“Ma domani è domenica! Che
cavolo vuoi scoprire di Domenica?” protestò Orlando.
“Mai dire mai amico mio! A
proposito visto che è sabato che ne dici se stasera mi porti da qualche parte in
un bel localino e mi fai divertire un po’? ” disse Alejo.
Orlando non è che avesse
molta voglia di andare per locali, ma mica poteva essere scortese con il suo
amico spagnolo, del resto si era prestato ad aiutarlo e gli sembrava quanto meno
doveroso contraccambiare in qualche modo.
“Okay, passa da me verso
le dieci. Stasera andiamo a divertirci!” disse cercando un po’ d'entusiasmo.
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTIQUATTRO ●
Alejo e Orlando erano
finiti in una discoteca alla moda e mentre il primo si stava divertendo, il
secondo invece era parecchio agitato. Aveva una sorta di insofferenza che lo
rendeva mal disposto verso tutto e tutti. Aveva deciso di non bere perché voleva
essere lucido. Non ballava perché la musica gli sembrava troppo alta, e tutte le
persone che lo fermavano per salutarlo o semplicemente perché lo avevano
riconosciuto lo infastidivano. Gli toccava essere gentile e sorridente, ma non
vedeva l'ora di andare via.
Finalmente verso le due
Alejo acconsentì a porre fine a quella serata.
Il caso volle che non
troppo lontano da quella discoteca ci fosse un altro locale, una specie di disco
bar, dove si beveva in compagnia di buona musica e volendo si poteva anche
ballare, ma non era una vera e propria discoteca, ma un posto piuttosto intimo e
soft. Aylén e Karina erano proprio lì, in compagnia di due ragazzi. Era stata
Karina ad organizzare la serata. Aveva notato che dopo la partecipazione alla
premiere Aylén era entrata in una sorta di stato depressivo e benché non le
avesse detto una sola parola di quello che era accaduto, aveva immaginato che
doveva essere stata un esperienza piuttosto spiacevole. Non sapeva assolutamente
nulla del passato dell'amica, solo che aveva avuto una forte delusione e
nient’altro. Erano colleghe, lavoravano insieme, ma ancora tra loro non c’era
una grossa confidenza. Così aveva pensato di risollevarla portandola fuori con
un paio di suoi amici, ma la cosa non aveva funzionato per niente. Aylén si
annoiava e Jason, il suo accompagnatore, era fin troppo appiccicoso con lei, ed
era evidente che la ragazza non gradisse. Ad un certo punto Karina la vide
alzarsi.
“Dove vai?” le chiese.
“Scusate ma io chiamo un
taxi e torno casa” rispose Aylén che proprio non ce la faceva più a stare lì.
A quella affermazione
Jason si offrì di accompagnarla. Lei si rifiutò cercando di essere gentile, ma
lui insistette così tanto che lei per non mettere in difficoltà gli altri due,
ma soprattutto Karina che era stata così gentile con lei, finì con l'accettare
il suo passaggio.
Proprio mentre uscivano
insieme dal locale, passarono di lì in macchina Alejo e Orlando, il quale la
riconobbe subito.
“Lo sapevo io!” esclamò
l’inglese amareggiato e contrariato allo stesso tempo. “Alejo andiamogli dietro
voglio vedere dove vanno!” aggiunse agitato.
“Calmati! E poi non mi
sembra una buona idea. Mettersi ad inseguire la gente non è che sia molto
intelligente come mossa … e se ci scoprono? Che cosa ci inventiamo? Facciamo una
figura di merda e basta!” disse Alejo cercando di distoglierlo da quel
proposito.
“Non cominciare a rompere
le palle e seguili! Muoviti che stanno partendo!” rispose l'altro concitato come
se non lo avesse nemmeno sentito.
Alejo si rassegnò. Aveva
imparato a conoscerlo e sapeva che era un gran testone quindi sarebbe stato
inutile continuare a discutere.
“Sono curioso di sapere
che ci fa con quello lì, ma soprattutto dove vanno insieme a quest'ora!”
borbottava Orlando con gli occhi fissi sulla vettura davanti a loro.
“Magari è solo un amico”
azzardò a dire Alejo.
Orlando si girò e lo
guardò torvo.
“Sì! E io sono nonna
papera!” esclamò.
“Sei troppo impulsivo e
anche troppo agitato, guarda di usare un po’ il cervello una volta tanto!” lo
consigliò l'altro.
Man mano che procedevano
in quella specie d'inseguimento, si resero conto che si stavano dirigendo verso
Santa Barbara.
Orlando si ricordò
all'improvviso che l'indirizzo di Aylén, che aveva avuto quel pomeriggio era
proprio di Santa Barbara.
“Se lo sta portando a casa
!” sibilò a denti stretti.
“Magari la sta solo
accompagnando… ” disse Alejo.
“Tra poco lo sapremo”
rispose Orlando.
Incominciava ad essere
parecchio agitato, questa cosa lo aveva colto alla sprovvista, se lei se la
intendeva con un altro allora era proprio senza speranza. Non si sarebbe certo
messo a pregarla o fare la figura del fesso, aveva il suo orgoglio anche lui e
quando veniva fuori erano guai, perché piuttosto sarebbe morto, prima di dare
soddisfazione.
Arrivarono nei pressi di
un comprensorio privato dall'aspetto insolito e piuttosto spartano. La macchina
con Aylén e Jason si fermò davanti al cancello senza entrare e questo risollevò
Orlando. Aylén scese subito, ma fu seguita da Jason. I due parlarono un po’ poi
si salutarono. Tra loro non intercorse nessun gesto affettuoso, niente che
lasciasse intendere che ci fosse del tenero. Jason risalì in macchina e Aylén
si avviò verso il cancello.
Orlando scese di macchina.
“Ma che fai?” gli disse
Alejo agitato.
“Vado da lei, aspettami
qui!” gli rispose l'altro.
“Orlando non mi pare il
caso e… ORLANDO!”.
Niente, non ce la fece a
fermarlo, l'aveva già quasi raggiunta.
Aylén era di spalle e
siccome a tutto poteva pensare meno che dietro di lei ci fosse Orlando, quando
si sentì toccare su un braccio saltò per aria e rimase senza fiato dallo
spavento. Ma quando si girò e lo vide, cominciò addirittura a boccheggiare.
“TU?” gli chiese incredula
“Ch… che ci fai… qui?” balbettò frastornata e incredula.
“Ti ho seguita” rispose
lui calmo.
Aylén lo guardò come se
fosse davanti ad un marziano, non ci capiva nulla.
“Mi hai seguita?” chiese
perplessa.
“Senti io… cioè non era
nelle mie intenzioni… a dire il vero sì, ma non così. Mi spiego: volevo
rivederti, ma non sapevo come fare, stasera per caso ti ho vista uscire da un
locale e ti ho seguita” disse un po’ alla meglio lui.
Averlo davanti non le
sembrava reale, ma aveva parlato, quindi era proprio lui, solo che lei non
sapeva davvero che pensare, né tanto meno come comportarsi.
Lui invece era partito in
quarta come se avesse una fretta esagerata.
“Noi dobbiamo parlare. Mi
rendo conto che è passato molto tempo, troppo tempo, ma dobbiamo assolutamente
chiarire alcune cose”.
Aylén che lentamente stava
riprendendosi finalmente riuscì a rispondergli.
“Non so se te ne rendi
conto, ma sono le due e mezza del mattino. Mi piombi alle spalle come un ladro,
mi spaventi a morte e mi dici che vuoi parlare, non credi che sia un tantino
fuori luogo mettersi a conversare in mezzo alla strada a quest'ora dopo dieci
mesi che non ci vediamo?” disse un po’ irritata.
“Allora fammi salire da te
e parliamo in casa” propose lui che proprio stava cominciando a scollegare il
cervello con la bocca.
“Ma neanche per idea!”
rispose lei risentita.
“Sì, lo so, sembro
precipitoso, ma credimi io devo assolutamente chiarirmi con te! In realtà è da
quando venni in camera tua quella sera, prima che tu partissi, che lo voglio
fare e capisci che non ho più tanta voglia di aspettare!” provò a spiegare lui
che era in uno stato d’agitazione che gli impediva di essere lucido e razionale.
Lei lo guardò
esterrefatta, ma era scemo o cosa? Cioè come ragionava? Pretendeva forse di
arrivare così nel mezzo della notte, farfugliare tre o quattro frasi
sconclusionate e magari salire da lei?
S'infuriò.
“Mi domando che hai
bevuto, in realtà non sembra che tu sia di fuori, ma i tuoi discorsi però ti
tradiscono, sei ubriaco o cosa?” gli disse in malo modo.
“Credimi sono molto serio,
non sarei qui altrimenti” disse lui.
Lei aveva un solo
desiderio: picchiarlo. Ma non lo fece. Come lui era veramente orgogliosa e non
voleva certo dimostrare quanto quell'uscita improvvisa la stesse agitando oltre
che farle male.
“Sono molto seria anche
io” gli disse con un tono che non ammetteva repliche “Ritorna da dove sei
venuto, non ho nessuna intenzione di stare ad ascoltarti!”.
“Va bene, forse sono stato
precipitoso, forse non è il momento adatto, ma non prenderla subito male.
Facciamo così, ritornerò domani a che ora posso trovarti?” disse lui per niente
smontato dalla reazione piuttosto fredda di lei.
Ad Aylén cascarono le
braccia. Era una cosa da non credere. Non sembrava minimamente darle ascolto.
Era addirittura peggiorato dall’ultima volta che ci aveva discusso, ora aveva
una specie di calma lucida come certi pazzi. Allo stesso tempo però si rendeva
conto che non ci sarebbe stato nulla da fare. Si sarebbe ripresentato comunque,
con o senza il suo consenso, ormai sapeva come era fatto. Testardo e tenace.
Visto che lui non stava usando il cervello decise di usarlo lei e in un certo
senso lo assecondò. Avrebbe ascoltato che aveva da dirle e poi se ne sarebbe
liberata una volta per tutte.
Fece un passo avanti e
guardandolo molto seriamente gli disse:
“Va bene. Vieni pure
domani. Dopo le diciassette mi troverai qui. Lascerò il tuo nome al portiere che
ti dirà dove trovarmi. Ti ascolterò, ma dopo che l’avrò fatto mi riterrò libera
da ogni obbligo nei tuoi confronti, compreso quello di essere educata e
gentile!”.
“Verrò subito appena
uscito dal set e grazie di avermi concesso questa opportunità, per me ha molta
importanza credimi” le disse lui.
“Scusami ma ora devo
rientrare” disse Aylén in maniera sbrigativa e oltrepassò il cancello.
Orlando la guardò
allontanarsi, troppo contento per rendersi conto che quella che fatto poteva
essere un’enorme sciocchezza. A volte non riusciva a frenarsi e questa era una
di quelle. Se voleva una cosa andava avanti tipo rullo compressore, martellando
senza sosta fino a che non la otteneva. Non sempre però la fretta e l'insistenza
pagano. In questo caso avrebbero potuto procurargli dei guai, perché il fatto
che Aylén avesse accettato di vederlo l'indomani, non implicava affatto che,
come lui credeva, lei ne fosse felice o fosse ben disposta verso di lui.
Orlando non aveva
minimamente preso in considerazione questo aspetto della faccenda e molto
sollevato si diresse verso l'auto dove lo aspettava Alejo.
Appena salì si accorse
subito dello sguardo di disapprovazione dell'altro.
“E' inutile che fai quella
faccia, tanto ho avuto ragione nel volerla fermare! Ho dovuto insistere un po’,
ma ho ottenuto di rivederla domani!” gli disse in tono trionfale.
“Orlando, io sono tuo
amico e credo di aver anche imparato a volerti bene, ma ti devo dire lo stesso
una cosa” prese a dire Alejo poi sentenziò “A volte sei proprio una testa di
cazzo!”.
“Perché?” chiese l'altro
che sinceramente, oltre ad essere stupito da quell'affermazione, c'era rimasto
decisamente male.
“PERCHE'? Ma cosa ti dice
il cervello eh? Non capisco tutta questa fretta, che bisogno c'era di mettersi a
tartassarla in piena notte? Non potevi aspettare un giorno o due? Non credi che
lei ti abbia concesso di tornare domani solo per togliersi dall'impiccio? A
volte mi domando se ragioni mai, o se fai tutto così, come ti salta in testa.
Sono dieci mesi che non vi vedete, devi essere cauto e fare attenzione a come ti
muovi, non capisci che è più facile perderla per sempre che riconquistarla?” gli
aveva spiegato Alejo sperando che ameno una volta lo stesse a sentire.
“E' vero, sono stato
decisamente precipitoso, ma tu cerca di capirmi, io ho davvero bisogno di farle
capire come stanno le cose e ho bisogno di lei. Non avrei mai creduto che una
persona mi potesse mancare così tanto!” si giustificò Orlando.
“Io posso capire tutto, ma
tu hai trascurato un particolare di vitale importanza. Non ci sei SOLO tu, c'è
anche lei. Bisogna che tu ti metta in testa di cominciare a prendere in
considerazione ANCHE i sentimenti di Aylén, i suoi desideri e soprattutto DEVI
rispettare i suoi tempi. Non puoi mica fare solo ed unicamente quello che fa
piacere a te!” replicò Alejo spazientito.
“Sì, ma se io non so quali
sono i suoi sentimenti e i suoi desideri, come faccio a rispettarli? Prima
bisognerà che me li faccia dire, poi agirò di conseguenza no?”.
Alejo scosse la testa
rassegnato.
“Senti, io ti ho detto
come la penso, ora fai un po’ come ti pare! Menomale che fra tre giorni rientro
in Spagna, così non vi vedo, non vi sento e mi levo dall’impiccio! ”.
Rimasero in silenzio per
il resto del tragitto che li stava portando verso Malibù.
Orlando era serio e
pensieroso. Non aveva voluto ammetterlo a voce alta, ma s'era reso conto che
Alejo non aveva poi tutti i torti. Cominciò seriamente a domandarsi se per caso
non avesse commesso un errore, ma ormai era fatta. Si ripromise di riflettere a
modo e di presentarsi l'indomani molto più tranquillo e molto più attento a come
doveva comportarsi. Non poteva certo permettersi di buttare tutto all'aria per
la fretta. Doveva preparasi mentalmente e soprattutto doveva sapere esattamente
che cosa dire e come dirlo, in modo che lei non fraintendesse e che a sua volta
si potesse sentire sicura di esprimere i propri sentimenti. Sperando che
nutrisse dei sentimenti per lui, cosa questa, che ancora lo teneva molto sulle
spine. Quello era l'unico tarlo che gli rosicchiava il cervello, sarebbe stata
davvero una beffa amara se avesse scoperto che lei non provava assolutamente
niente per lui. In realtà gli sarebbe bastato che gli volesse anche solo un po’
di bene, ma che fosse del tutto indifferente non avrebbe mai potuto accettarlo,
al solo pensiero si sentiva morire.
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTICINQUE ●
Al suo risveglio, dopo una
notte piuttosto agitata, Aylén era fuori di se. Aveva rimuginato a dovere
sull'improvvisata di Orlando e proprio non riusciva a farsela andare giù, ma si
ripromise di rifarsi non appena l'avesse raggiunta quel pomeriggio. Quel ragazzo
era decisamente prepotente e viziato, oltre che immaturo ed egoista, ma lei ora
sapeva come difendersi da lui, aveva imparato la lezione e non si sarebbe fatta
fregare una seconda volta.
Orlando al contrario era
in una specie di trance. Per tutto il giorno aveva fatto una specie di esercizio
mentale ripetendosi passo dopo passo il lungo discorso che avrebbe dovuto fare
ad Aylén. Ne aveva curato i minimi dettagli, cercando di non tralasciare nessun
particolare che aveva ritenuto importante per spiegarle ciò che provava per lei
e quanto lei fosse importante per lui. Era molto agitato, ma non vedeva l'ora di
poter andare a parlarle, almeno poi avrebbe saputo.
Appena finito di lavorare
chiamò un taxi e si fece portare di filato a Santa Barbara.
Quando scese prima di
attraversare l'enorme cancello, fece un grosso respiro, poi deciso si diresse
verso il gabbiotto del portiere. Notò che al cancello c'era una specie di targa
con incisa una sigla “INSBM”. Si domandò che cosa potesse voler dire, del
resto quel posto era parecchio strano, o almeno a lui sembrava così. Si presentò
al portiere il quale fece un rapido controllo.
“Signor… signor... Ah,
ecco qui: Signor Bloom.” disse l'uomo dopo aver trovato quel nome scritto in una
specie di elenco che aveva in guardiola.
“La signorina Delgado
l’attende alla Nursery. Percorra il vialetto e giri a destra, poi subito a
sinistra e la troverà là”.
Orlando lo ringraziò e si
avviò verso dove gli aveva indicato, ma era parecchio perplesso e un tantino
stranito.
Che cavolo ci faceva una
Nursery in quel posto? Ma, soprattutto, che diavolo ci faceva Aylén in un
Nursery? Questa cosa non gli tornava gran che, ma mancava poco alla risposta
delle sue domande, bastava girare quell'angolo e avrebbe saputo.
Quello che vide era
abbastanza curioso.
C'era uno spiazzo
abbastanza grande con una specie di enorme vasca, sembrava una piscina, ma in
realtà non lo era. Aylén era seduta sul bordo e stava scrivendo qualcosa su una
specie di grande blocco, come se prendesse degli appunti. Indossava un paio di
calzoncini corti rosa e una maglietta senza maniche bianca, Orlando notò che era
scalza, i sandali erano accanto a lei lateralmente. Sembrava talmente
concentrata in quello che stava facendo che non si era accorta del suo arrivo.
Si fermò un attimo ad osservarla; era semplicemente deliziosa: si stava
mordicchiando il labbro inferiore e aveva la fronte leggermente aggrottata. I
capelli erano legati con un elastico in una coda piuttosto alta che le lasciava
il viso completamente scoperto. Il primo pensiero che gli venne in mente fu che
gli sarebbe piaciuto poter essere lui a mordicchiarle il labbro come stava
facendo lei da sola, ma fu subito distratto da ciò che di colpo accadde nella
vasca. Improvvisamente qualcosa guizzò nell'acqua emettendo un sibilo e
schizzando qua e là. Orlando capì che doveva essere un grosso pesce. La
concentrazione di Aylén fu interrotta e si girò verso di lui. Nonostante la cosa
le facesse rabbia, non poté fare a meno di costatare che quel ragazzo era di
una bellezza unica. La maglietta grigia leggermente elasticizzata che indossava
sopra i soliti jeans stropicciati, gli disegnava con perfezione i muscoli del
torace mettendo in risalto l'ampiezza delle spalle. I capelli mossi e arricciati
erano scompigliati, gli occhi profondi color nocciola sembravano lucidi per via
del suo intenso sguardo e il largo sorriso
che gli illuminava il volto, avrebbero steso un elefante! Naturalmente anche lei
non rimase indifferente. Si impose di restare con i piedi per terra e di non
lasciarsi abbindolare da quell’attrazione prepotente e pericolosa che continuava
suo malgrado a provare per lui.
Orlando intanto si
avvicinò la salutò e curioso com'era sporse il capo dentro la vasca.
“HUUUUUUUUUUU! Ma sono
delfini!” esclamò eccitato con un espressione intenerita dipinta sul volto.
“Shhhhhh!!!! Non urlare
così o gli farai paura!” l'ammonì lei. “Sono due cuccioli. Uno si è smarrito e
all'altro hanno ammazzato la madre. Stiamo cercando di svezzarli per rimetterli
prima possibile in mare e nel frattempo li stiamo studiando” gli spiegò poi
seria Aylén.
“Ma che è ‘sto posto?”
chiese Orlando sempre più incuriosito.
“L’ Istituto nazionale
delle Scienze Biologiche Marine” gli rispose solenne Aylén.
“Ah si!” chiese sorpreso
lui “E che ci fai qui?”.
Lei sorrise soddisfatta.
“Diciamo che in un certo
senso ci lavoro. Solo momentaneamente purtroppo. Sono qui per fare un corso di
specializzazione. Sto studiando il linguaggio dei delfini”.
“Ma è FANTASTICO!” disse
lui con un sorriso smagliante.
Poi si avvicinò di nuovo
alla vasca. Si distese per terra a bocconi e sporse il capo nella direzione in
cui aveva visto il piccolo delfino. Allungò un braccio e con un dito cominciò a
muovere l’acqua con movimenti circolari.
“FERMO! Non puoi fare così
li spaventerai a morte!” gli disse agitata Aylén.
Lui girò la testa verso di
lei e disse bisbigliando.
“Fidati, io ho un certo
feeling con gli animali!” e gli strizzò l’occhio.
Aylén stava per protestare
nuovamente, quando uno dei due delfini fece capolino dall’acqua e diede una
lieve musata alla mano di Orlando stridendo e cominciando a nuotare in cerchio,
ritornando sempre verso la mano del ragazzo.
Aylén sgranò gli occhi e
spalancò la bocca.
“Non ci posso credere!”
esclamò. “Io ci ho messo quindici giorni a farli avvicinare!”.
Orlando era fuori di se
dalla gioia, rideva come un bambino felice ed eccitato dal quella schermaglia
con quel piccolo delfino che sembrava gradire molto la sua attenzione.
Aylén rimase ad osservarlo
piacevolmente sorpresa. Non lo aveva mai visto così, quello era un aspetto di
lui che proprio non aveva mai conosciuto.
“Aspetta un attimo qui,
non ti muovere capito? Stai fermo e continua a farlo giocare” disse
all’improvviso Aylén che aveva avuto un’ idea.
Orlando annuì complice e
continuò a fare le moine al delfino.
Quando Aylén ritornò aveva
una specie di secchio con dei piccoli pesci dentro, si abbassò sui talloni
accanto a lui che continuava a giocherellare con l’animale che sembrava sempre
più vivace.
“Prova a dargli da
mangiare” gli disse Aylén, “Voglio vedere se Shy fa capolino!”.
Orlando si girò verso di
lei e le chiese chi fosse Shy.
“E’ l’atro cucciolo è
piuttosto ritroso e non mangia molto. Tra i due è quello che mi preoccupa di
più. E’ quello a cui hanno ammazzato la madre, credo che sia ancora scioccato.
Questo con cui stai familiarizzando, e molto bene direi, è Sleepy”.
Orlando prese un pesce e
lo offrì a Sleepy il quale con un guizzò l’afferrò ed emise uno dei suoi acuti
stridii, schizzandolo come per ringraziarlo a suo modo.
Intanto, poco più in là
aveva fatto capolino Shy. Non si era avvicinato, sembrava un bimbo curioso che
sporgeva il muso per vedere che gli accade intorno. Come Orlando lo vide allungò
l’altra mano e cominciò ad agitare l’acqua come aveva fatto prima. Shy non si
mosse, ma Orlando non si dette per vinto. Continuò imperterrito e provò a
fischiettare in direzione dell’animale come per richiamarlo. Ad un certo punto
il delfino si avvicinò e rubò dalla mano del ragazzo il pesce che lui stava
offrendo a Sleepy.
Orlando continuò per un
po’ a dedicarsi ai delfini e Aylén rimase accanto a lui incredula e stupita,
come non le accadeva da tempo.
Dopo un lasso di tempo
abbastanza lungo, si rialzarono in piedi e Orlando si asciugò le mani ai
pantaloni.
“Ma come hai fatto?” gli
chiese Aylén.
Lui strizzò gli occhi e
sorrise.
“L’ho visto fare una volta
in un documentario alla BBC e comunque te lo avevo detto che io ho feeling con
gli animali!” confessò candidamente lui.
“E’ semplicemente
incredibile! Anzi direi straordinario. Tu non ti rendi conto di cosa hai fatto!
Io devo addirittura entrare in acqua per farli mangiare!” gli disse lei.
“Ma davvero vai in acqua
con loro? Dio come t’invidio, mi piacerebbe un casino nuotare con dei delfini!”
disse lui con entusiasmo.
“Ma io non ci nuoto con
loro sono troppo piccoli gli do da mangiare e basta. Sai con chi nuotiamo a
volte? Con dei delfini che abbiamo preso per contrassegnare poi per rimetterli
in mare. Loro sono adulti e con loro si può fare, anche se non dovremmo!” gli
spiegò Aylén sorridendo al pensiero di quella marachella che ogni tanto faceva
con qualche suo collega.
“E dove sono questi
delfini adulti?”chiese Orlando curioso.
“Non sono qui, sono nel
mare in una specie di recinto, non possiamo allontanarli troppo dal loro habitat
naturale”.
“Mi ci porteresti a
vederli?”disse Orlando ansioso.
Lei guardò l’orologio e
scosse la testa.
“E’ troppo tardi e poi
non so se il caso…”.
“Ti
prego, ti prego, ti prego! Prometti che mi ci porterai! Vorrei tanto nuotare con
i delfini!”.
Pareva un bambino che vuole
andare alle giostre, aveva fatto una specie di broncio e aveva gli occhi
imploranti, pieni di aspettativa. Sembrava davvero impaziente e molto ansioso.
Era strano, ma tutta a la rabbia che Aylén aveva accumulato dalla sera prima si
era dissolta, forse proprio perché non avevano mai condiviso niente di simile
prima di allora. Sembrava una sciocchezza, ma in realtà, i loro precedenti
rapporti erano stati solo lavorativi o di letto. Sì, avevano scherzato e
talvolta parlato, ma così sporadicamente e così superficialmente che in pratica
non si conoscevano per niente. Attraverso questa cosa inaspettata lei aveva
potuto intravedere un aspetto del carattere di Orlando
che le stava piacendo molto. Non avrebbe mai immaginato che lui potesse essere
così tenero e soprattutto che avesse questa specie di dote con gli animali.
Sapeva per esperienza che bisogna essere sensibili per entrare in contatto con i
delfini, perché loro sentono di chi possono fidarsi.
“Non lo so, vedremo. Se
sarà possibile lo faremo, ma non ti prometto niente” si sentì di dire lei.
Non sapeva perché, ma non
era stata capace di dargli un rifiuto secco e deciso.
“Grazie!” gli disse lui
con un sorriso.
Poi volente o nolente lei
gli dovette fare quella domanda.
“Ma non eri venuto per
parlarmi?”.
Orlando si era quasi
completamente dimenticato del motivo per cui fosse lì. Distrattamente dette
un’occhiata all’orologio, era veramente tardi. Di lì ad un’ora avrebbe dovuto
parlare al telefono con la sua manager. Restò un po’ titubante ma si rese conto
che oltre ad avere poco tempo a disposizione, forse quello non era né il luogo,
né il momento adatto per dichiararsi, così gli venne un’idea improvvisa.
“Si è vero devo parlarti
assolutamente, solo che si è fatto un po’ tardi, allora avrei pensato che magari
potremmo andare a cena fuori e parlare stasera” disse con tutta la calma che
riuscì a tirare fuori. Temeva un rifiuto.
Aylén si mise subito sulla
difensiva.
“No, non mi pare proprio
il caso, se vuoi parlare fallo pure io ti ascolto” disse
solenne.
“Andiamo! Quello che devo
dirti è molto importante, non posso farlo qui in fretta e furia! Ho bisogno
della tua attenzione e credo che un posto tranquillo sia più indicato al caso”
ribatté lui.
Ci risiamo!
Pensò lei contrariata, era come se fossero tornati indietro nel tempo, lei
diceva una cosa e subito lui partiva al contro attacco. Se pensava di portarsela
a cena, dirle due paroline dolci e poi magari portarsela a letto si sbagliava di
grosso.
“Mi dispiace a cena non
vengo” fu la risposta secca e decisa di Aylén.
Orlando la prese male, ma
cercò di non farlo trasparire.
“Non capisco il motivo di un
rifiuto così netto, insomma ti ho invitata a cena mica in camera d'albergo?
Perché tanto lo so che è questo che hai pensato!” gli rispose contrariato.
“Possibile che tu non
riesca ad accettare un no come risposta?” disse lei spazientita.
“Posso anche accettarlo
solo che mi suona come una ripicca!”.
A quella affermazione
Aylén sbuffò. Orlando capì che le cose si stavano mettendo male e non sapeva più
che fare. Parlare a quel punto non gli sembrava più tanto il caso, insistere per
portarla fuori neanche. Si ritrovò in difficoltà e la sua espressione di fece
piuttosto seria e preoccupata. Tentò un’ultima volta.
“Per favore non essere
così testarda, accetta il mio invito, voglio solo parlare con te. Non mi dirai
che hai paura di me?”.
Aveva toccato il tasto
giusto, del resto almeno un pochino la conosceva, quella piccola provocazione
sortì l'effetto sperato.
“Ci mancherebbe solo che
avessi paura!” esclamò lei.
“E allora vieni e
dimostramelo. Ceneremo parleremo e nient’altro. Te lo giuro” disse lui.
“E va bene! Vengo! Ma
prima di mezzanotte voglio essere a casa, e voglio solo parlare chiaro?” rispose
Aylén spazientita.
“Come vuoi SOLO parlare?”
chiese lui facendo un’espressione allibita.
Aylén lo guardò malissimo
e lui scoppiò a ridere.
“Non essere maligna!” gli
disse tra le risa “Io spero che vorrai ANCHE mangiare oltre che parlare, mica
digiunerai vero?”.
L'aveva presa in giro
tanto per allentare la tensione.
“Molto spiritoso davvero!”
aveva detto lei facendogli una smorfia.
“Vengo a prenderti alle
nove, fatti trovare pronta e non vestirti elegante non ho intenzione di portarti
in posto esclusivo, Ci vediamo dopo!” disse mentre si avviava verso il vialetto
per andare via.
PS: Per non alimentare
polemiche inutili vi ringrazio qui ragazze! Sono contenta di come seguite questa
storia con partecipazione e affetto. Sono sicura che se qualcosa non fosse di
vostro gradimento me lo fareste notare, anche perché non credo che nessuno vi
obblighi a recensire ^^. Non sono una scrittrice, non ho la presunzione di
esserlo, scrivo solo ciò che immagino, sono immagini che la mia mente ( qualcuno
penserà malata! ^_^) visualizza grazie ad una foto o sulle note di qualche
canzone ascoltata distrattamente alla radio, specialmente quando guido per
andare a lavoro. Non sono in competizione con nessuno né mi sento migliore di
altri, anzi confesso che spesso quando leggo altre fan fiction, mi sembra che le
mie siano sempre un po' meno profonde o meno divertenti. Questo per me è solo un
piacevole passatempo che magari un giorno si esaurirà quando non avrò più niente
da dire, sapere che qualcuno si emoziona o ride o semplicemente apprezza
le mie storielle senza pretese: mi fa felice, non per presunzione, ma
semplicemente perché è bello condividere una passione con altre persone amiche o
sconosciute che siano, quindi ancora una volta GRAZIE, a tutte voi un bacio Moon
^^
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO VENTISEI ●
Aylén era in piedi di
fronte allo specchio, indossava una gonna di viscosa lilla, appena sotto il
ginocchio, che morbidamente le disegnava le curve dei fianchi, lasciando
scoperti i polpacci fini e levigati. Sopra si era infilata una maglietta nera a
maniche corte elasticizzata, molto semplice, che le metteva in risalto il seno
delineandone il contorno. Ai piedi portava un paio di semplici infradito neri
che riprendevano il colore della maglia e che mostravano i piedi perfetti,
lasciando scoperte le caviglie sottili. I capelli erano sciolti e aveva messo
solo un po’ di mascara e un lucidalabbra leggermente rosato, per mettere in
risalto gli occhi scuri e le labbra carnose. Davanti a quello specchio, oltre
che ad esaminarsi con aria critica, stava portando avanti una specie di
discussione con se stessa.
Ti sei agghindata fin
troppo per andare a questa cena, che poi a dirla tutta, non ci saresti neanche
dovuta andare!
Si stava dicendo severamente.
Ma un'altra vocina dentro
di lei diceva: Ti sei preparata di tutto punto perché tanto lo sai qual è la
verità: vuoi piacergli…
“Non è affatto vero? Mi
sono preparata per me stessa! Che male c'è ad avere cura del proprio aspetto?”
si rispose piccata aggrottando le sopracciglia alla sua immagine riflessa.
La vocina continuò a
punzecchiarla: Tanto se lui ci prova lo sai benissimo che non gli dirai di
no, è più forte di te, sfugge al tuo controllo!
“Ma neanche per sogno!
Questa volta è diverso, IO sono diversa, e non cederò neanche morta!” si
rispose Aylén contrariata.
Se…se…come no!
Sentenziò la vocina
della sua coscienza.
“Oh insomma! Ora basta!
Non posso mica discutere con me stessa!” brontolò la ragazza di fronte alla sua
immagine nello specchio.
“Aylén? Ma con chi
borbotti?” le chiese dall'altra stanza Karina.
“Con nessuno! Riflettevo a
voce alta…” rispose all'amica cercando di apparire tranquilla, poi uscì dalla
camera. Dette un'occhiata all'orologio: erano le nove in punto, doveva scendere.
“Come siamo belle stasera!
Dove vai?” le chiese Karina appena la vide.
Aylén, che si sentì come
se fosse stata scoperta a fare chissà che cosa, pensò che l’amica quasi volesse
sottolineare che stava facendo qualcosa di pericolosamente sbagliato; arricciò
un po’ il naso e le rispose.
“Che esagerazione! Sono
normale! Cazzo, neanche mi fossi messa il vestito di Armani!” disse contrariata.
Karina rimase male e la
guardò perplessa, quella reazione le sembrò oltremodo esagerata.
“Aylén scusa, io capisco
la modestia e tutto il resto, ma non c'è mica bisogno di rispondere così! Il mio
era un complimento sincero, ma che ti prende?”.
“Scusami, hai
perfettamente ragione è solo che sono molto nervosa stasera. Devo vedere una
persona che farei meglio a non vedere proprio …e accidenti!… Lasciamo perdere.
Ora devo andare o faccio tardi. Scusami ancora”.
Orlando la stava
aspettando appena fuori del cancello appoggiato ad una Range Rover nera con i
vetri scuri. Aveva le braccia e le gambe incrociate e l'espressione piuttosto
serena. Indossava una camicia blu piuttosto ampia, i primi due bottoni erano
aperti, così che si intravedeva il collo la gola e la fossetta tra le clavicole.
Sotto portava un paio di pantaloni di cotone color caki con diverse tasche,
anch'essi piuttosto larghi, e un paio di scarpe da ginnastica colorate. Come la
vide le sorrise e le aprì lo sportello della macchina, Aylén salì accomodandosi
vicino al posto di guida, era piuttosto agitata e si poggiò le mani in grembo.
Orlando salì a sua volta mise in moto e partì. Subito si girò verso di lei, le
sorrise e le disse:
“Sei davvero molto carina
stasera”.
“NON ci provare!” gli
rispose secca lei.
“Ehi! Ho detto che sei
carina, non che ora fermo la macchina e strappo i vestiti di dosso!” rispose lui
risentito, visto che era rimasto male a quella rispostaccia.
“Senti” cominciò a dire
lei “Non sarei neanche dovuta venire, quindi per favore evitiamo di fare gli
svenevoli, ti prego di non cominciare a comportarti come se questa cosa avesse
un significato diverso da quello reale. Siamo insieme per parlare punto e
basta!” disse lei risoluta.
Aylén aveva sentito il
bisogno di delineare subito una bella linea di confine e di mettere le distanze,
perché come ben sapeva, purtroppo era in pericolo e non aveva nessuna voglia di
fare qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentita.
Orlando si rese subito
conto che sarebbe stata una serata difficile, quindi pensò bene che la prima
cosa da fare era quella di tranquillizzarla e metterla a suo agio o avrebbe
rischiato di fare un enorme buco nell'acqua.
“Aylén rilassati,
parleremo tranquillamente come due vecchi amici okay? Ti capisco, non credere
che sia così ottuso, ma ti assicuro che non hai niente da temere non ho nessun
secondo fine. Anzi vorrei che tu ti levassi questa cosa dalla testa e in un
certo senso è proprio di questo che vorrei parlarti. Però per favore cerca di
stare tranquilla o anche per me sarà infinitamente difficile poterti parlare.”
Le disse lui cercando di essere tranquillo e rassicurante.
Aylén si calmò un pochino
e pensò che forse era meglio stare attenta o avrebbe finito per fare la parte
dell'isterica. In fondo aveva accettato l'invito e ora fare tutte quelle storie
risultava esagerato e anche un po’ fuori luogo, avrebbe dovuto pensarci prima.
Quindi prese fiato e si scusò, gli disse di essere un po’ tesa a causa del
lavoro. Mentì, ma non poteva certo dirgli che aveva paura delle sue reazioni nei
suoi confronti.
La cena fortunatamente
sembrava procedere piuttosto bene, anche se all'inizio purtroppo ci fu un altro
momento di grossa tensione, che ad Orlando aveva fatto temere il peggio.
L'aveva portata a mangiare
a casa sua. Non appena Aylén l'aveva capito si era alterata e avrebbe voluto
subito tornare indietro. Il ragazzo aveva faticato non poco a spiegarle che non
potevano andare in un locale pubblico, dove con ogni probabilità, nella migliore
delle ipotesi, sarebbero stati interrotti ogni cinque minuti e dove avrebbero
rischiato di essere fotografati e inseguiti per tutta la sera. Aveva giurato e
spergiurato che non c'erano secondi fini in quella scelta, e per fortuna dopo
una discussione un po’ animata lei s'era convinta ed era rimasta. Orlando aveva
fatto apparecchiare in veranda e aveva ordinato una cena tipicamente spagnola,
tanto per compiacerla. Aylén aveva gradito abbastanza il gesto e a poco a poco
la situazione si era normalizzata. Ancora non erano entrati nel vivo della
discussione, stavano semplicemente chiacchierando. Orlando voleva essere sicuro
che lei fosse tranquilla e ben disposta prima di fare quel famoso discorso.
“Spiegami una cosa, ma tu
a Los Angeles che ci fai realmente? E Quella pubblicità della Gap, che si vede
da per tutto, quando e come l'hai fatta?” le stava chiedendo lui.
“Dunque partiamo
dall'inizio” cominciò a dire lei “Finalmente ho capito che cosa voglio realmente
fare: la biologa marina! Vedi, io in realtà mi ero messa in testa di fare
l'attrice per fare dispetto a mio padre, ma la mia strada è un'altra. Ho dato
gli ultimi due esami ed ora mi manca solo la tesi. Sono stata selezionata per
partecipare a questo progetto di cui ti parlavo oggi, ed è probabile che una
volta laureata diventerà il mio lavoro fisso, forse proprio qui a Los Angeles.
Non è certo, ma ci spero tanto, mi piace troppo. La pubblicità della Gap è stato
un gran colpo di fortuna, ero in un locale e sono stata fermata da un tizio che
mi ha proposto di presentarmi nei suoi uffici per parlare di un eventuale lavoro
come modella. Ho accettato per curiosità, ma quando mi hanno offerto questa
campagna pubblicitaria ho accettato, del resto mi hanno pagata un sacco di soldi
e a me i soldi fanno sempre comodo. E' stata una bella esperienza, si è
conclusa, ma non credo che la ripeterò, non m’interessa come sbocco lavorativo,
io ho altri progetti molto più gratificanti” gli spiegò lei con molta
soddisfazione.
Orlando l'aveva ascoltata
spiluzzicando la sua paella, notò che era molto entusiasta del suo lavoro e che
forse in un certo senso era leggermente più pacata da come l'aveva conosciuta
lui.
Aylén lo stava osservando
a sua volta e aveva notato che era piuttosto pensieroso, anche se faceva di
tutto per non farlo notare. Ora si sentiva più a suo agio, anche se ogni volta
che lo guardava, malgrado tutto, si sentiva come sciogliere.
Improvvisamente si accorse
di una cosa a cui precedentemente non aveva fatto proprio caso, Orlando in
fronte aveva una specie di bernoccolino verdastro, era chiaro che avesse battuto
la testa, le venne spontaneo chiedergli che avesse fatto.
Orlando ridacchiò e
abbassò gli occhi.
“Ho battuto una gran
testata in un palo qualche giorno fa” le disse.
“E come hai fatto a non
vederlo?” gli chiese lei perplessa.
Orlando rise di nuovo, si
sentiva un po’ idiota, ma in fondo poteva anche dirglielo.
Alzò la testa, ancora col
sorriso sulle labbra, e con uno sguardo molto intenso le disse: “E' stata tutta
colpa tua!”.
Aylén inarcò entrambe le
sopracciglia meravigliata.
“Colpa mia?” chiese
incredula.
Orlando annuì con la testa
a conferma continuando a sorridere.
“Spiegami perché non
capisco…” gli chiese lei appoggiando i gomiti sul tavolo e tenendosi il viso
tra le mani. Era davvero curiosa di sapere come c'entrasse lei in quella storia.
“E' tutto molto semplice:
stavo guardando te in un cartellone pubblicitario ed ero talmente concentrato
nel farlo che non mi sono accorto del palo che inevitabilmente si stampato sulla
mia fronte” disse lui con aria divertita.
“Che deficiente!” disse
lei tanto per mascherare il fatto che questa cosa l'aveva turbata. Insomma se
per guardare lei s'era quasi rotto la testa, voleva pur dire qualcosa! Le entrò
l’agitazione.
“Puoi dirlo forte!” disse
lui scoppiando a ridere.
Suo malgrado rise anche
lei s'immaginò la scena e in effetti doveva essere stata una cosa abbastanza
ridicola.
Parlando e scherzando
erano arrivati a fine pasto e ora seduti di fronte ad una tazza di caffè
fumante, persi in un attimo di silenzio.
Orlando stava preparandosi
per cominciare a parlare e Aylén si era soffermata ad ammirare la vista seguendo
l'orizzonte e il mare.
Il ragazzo girò lentamente
la testa e le disse: “Credo che sia arrivato il momento di dirti alcune cose
importanti”.
Quel tono pacato e così
serio fece sussultare leggermente Aylén mettendola in allarme, non sapeva che
cosa le avrebbe detto, lei aveva pensato a delle scuse, ma l’ atteggiamento di
Orlando era decisamente molto, troppo serio, era perplessa .
Il ragazzo intanto prese
coraggio per poter iniziare il suo lungo discorso, si schiarì la voce e cominciò
deciso.
“Partendo dall'inizio,
posso solo dire una cosa: sono stato un gran cretino! E su questo credo che ti
troverai perfettamente d’accordo con me, ma ti prego di ascoltarmi fino in
fondo, prima di trarre le tue conclusioni.” Lei annuì.
“Non è stato facile per
me.”riprese a dire lui. “ Credimi, ho passato gli ultimi mesi cercando di
dimenticarti. Pensavo di esserci riuscito, ma mi è bastato rivederti solo una
volta per capire che era tutto esattamente come prima. Quando ti ho conosciuta
e intendo fin dalla prima volta, cioè quando sei uscita da quella torta,
nonostante non volessi ammetterlo, sono rimasto colpito dalla tua bellezza. Sei
incredibilmente bella, ma questo credo che tu lo sappia da sola. Quasi subito
dopo ho come perso la testa. Insomma, cerca di capire sono un uomo normale e la
prima cosa che mi passa per la testa è sicuramente il sesso. Inoltre all'epoca
ero anche fidanzato e questo contribuiva ancor di più ad alimentare la
confusione che regnava nella mia testa. E' inutile che ti venga a raccontare che
mi sono innamorato di te al primo sguardo, perché ti prenderei solo in giro. In
realtà non lo so com’è successo, ma il fatto è che nonostante mi volessi
convincere che per te provavo solo un'attrazione fisica, in realtà non era
affatto così. Non lo so da quanto fossi innamorato di te, ma so solo che quando
te ne sei andata mi è mancata la terra sotto i piedi e sono stato malissimo. Mi
sono reso conto dei miei sentimenti solo quando non c'eri più, e a quel punto
non ho avuto il coraggio di fare niente. Pensavo che tu non mi volessi, che mi
detestassi, soprattutto per come mi ero comportato e ho avuto paura. A dire il
vero ho paura anche ora, ma dovevo dirtelo. Volevo assolutamente che tu sapessi
che… sono innamorato di te”.
Aylén non l’aveva
interrotto neanche una volta perché l’aveva promesso, ma soprattutto perché via
via che lui parlava lei si sentiva sempre più male. Il cuore le pulsava
impazzito, respirava a fatica e sentiva un gran caldo come se il viso le stese
prendendo fuoco. Era preparata a tutto ma non a questo. L'aveva presa
letteralmente contro piede, lasciandola impietrita. Rimase attonita incapace di
rispondere in preda ad una sensazione indescrivibile, ma decisamente molto
simile al panico misto alla confusione più completa. Non poteva credere che lui
avesse detto che era innamorato di lei, era una cosa a suo parere completamente
fuori dalla realtà e mai se lo sarebbe immaginata.
Orlando intanto che aveva
fatto non poca fatica a dichiararsi era in attesa spasmodica di una sua
reazione. Si tormentava le mani e si rosicchiò un’unghia, ma lei non parlava,
quindi in preda all’ansia le chiese :“Non dici niente?” la sua voce tradiva
chiaramente tutta la sua preoccupazione.
Aylén girò la testa di
scatto verso il mare. Non lo voleva guardare, le sembrava di stare fuori dal
mondo, in una dimensione irreale e artificiosa.
“Scusami Orlando, ma mi
rimane molto difficile crederti” disse alla fine con un filo di voce,
continuando a fissare il mare.
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO VENTISETTE ●
Orlando sapeva che ci
sarebbero stati dei problemi, delle incomprensioni, che non sarebbe stato facile
farle capire i suoi sentimenti, ma nonostante tutto quell’affermazione l’aveva
profondamente ferito.
“Davvero credi che stia
prendendo in giro?” chiese amareggiato.
Lei sospirò continuando a
guardare dritto davanti a se. Poi lentamente cominciò a parlare, non era
arrabbiata ma piuttosto era molto triste.
“Orlando tu non mi conosci
neppure, come puoi essere innamorato di me? Non è possibile! Io credo che tu sia
solo ancora attratto fisicamente da me. Oppure non riesci a sopportare di non
essere tu a condurre il gioco, magari non ti capita spesso di essere scaricato e
ora tenti il tutto e per tutto per ottenere quello che vuoi! Non puoi pretendere
che io abbia dimenticato come ti comportavi con me!”.
“E’ vero, ho sbagliato
tutto, non ti conosco molto, ma quello che io provo per te…”.
Lei lo interruppe
immediatamente.
“Per favore non attaccare
con il solito disco! Le conosco fin troppo bene queste frasi preconfezionate che
continuamente usate voi uomini: Tu sei diversa. Tu mi fai provare cose che
non avevo mai provato prima. Quando sono con te mi sento un altro. Tu mi sei
necessaria come l’aria, e via dicendo! Sono solo cazzate!” gli disse
irritata elencandole una per una sulle dita, come se stesse ripetendo un elenco
della spesa.
Orlando non sapeva più che
pesci prendere, cominciava ad agitarsi e a rendersi conto che la cosa gli stava
sfuggendo dalle mani e per reazione il nervosismo gli prese il sopravvento.
“Insomma qualsiasi cosa
dica, per te non va bene! Cosa credi che sia stato facile per me? Credi che io
sia incapace di provare dei sentimenti? Anche tu non mi conosci e non puoi
giudicarmi, non sai niente di me!”.
Aylén la prese male,
parlava come se lei fosse un insensibile che non lo capiva e non voleva
credergli, comodo da parte sua, come se lei non avesse avuto ripercussioni da
quella loro specie di storia; relazione, o quel diavolo che era stata.
“Allora che cosa pretendi?
Riappari per caso nella mia vita dopo tutto questo tempo, mi dici candidamente
che sei innamorato di me, e io che dovrei fare secondo te? Buttarti le braccia
al collo e magari pregarti di portami di sopra!” poi aggiunse rabbiosa “Se mi
amavi tanto perché non mi hai mai cercata, eh?”.
Lui scattò in piedi punto sul
vivo. Sapeva che aveva sbagliato a non cercarla, a non spiegarle prima, ma
l’aveva fatto per un miliardo di ragioni, magari stupide, ma non certo perché
non l’amava.
“La verità è che prima ho
dovuto prendere coscienza di ciò che provavo. Poi non sapevo come fare a
trovarti! Ero lontano, porca miseria! Non potevo certo venire a setacciare tutta
la tua città. Poi ho lavorato come un matto, non c’era possibilità di potermi
assentare per venire in Spagna! Non sono esattamente una persona libera di fare
come gli pare e
piace.” le disse costernato. Poi raddolcendo un poco il tono della voce si piegò
verso di lei e guardandola con uno sguardo simile a quello di un cucciolo
smarrito le disse: “In realtà più di ogni altra cosa mi ha impedito di cercarti
la paura. Avevo paura che tu non provassi niente per me e avevo paura che tu non
mi volessi, che mi disprezzassi e a quanto pare avevo ragione” concluse
amareggiato.
Aylén si domandò perché la
guardasse così, era insostenibile quello sguardo, abbassò gli occhi perché
proprio non ce la faceva a guardarlo. Era ancora innamorata di lui e avrebbe
finito col credergli, anche perché in fondo al cuore voleva credergli, aveva
bisogno di credergli, ma non voleva e non poteva cedere, il rischio di soffrire
era veramente troppo alto. Non poteva ripetere un errore così grande. Anche lei
come lui aveva paura.
“L’amore è un sentimento
che si dimostra con i fatti e non con le parole… ” gli disse seria.
“Proprio per questo,
almeno lasciami almeno l’opportunità di potermi far conosce e di conoscerti!”
gli disse lui avvicinandosi alla sua sedia e abbassandosi sui talloni, per
essere alla sua stessa altezza, e poterla guardare dritta negli occhi.
“Ascoltami, è vero, abbiamo cominciato dalla fine di una storia, proviamo a
partire dall’inizio! Frequentiamoci, parliamo, vediamo che succede! Ma per
favore non sprechiamo quest’opportunità solo per paura o per orgoglio, sarebbe
ancora più stupido di quello che abbiamo fatto prima!” le disse con un tono
quasi implorante.
La determinazione di lei
cominciava a vacillare sotto quell’assalto accorato e insistente. Era confusa e
spaesata non sapeva che fare. Avrebbe voluto alzarsi e andarsene di filato il
più lontano possibile tappandosi le orecchie. Ma nello stesso tempo avrebbe
voluto abbracciarlo e stare stretta a lui fregandosene di tutto.
“Ti prego chiamami un taxi
e lasciami tornare a casa” riuscì a dire Aylén che aveva perso ogni forza di
discutere.
“Ti accompagno io” disse
lui rialzandosi.
“No, preferisco andare in
taxi” rispose lei calma ma decisa.
“Perché non posso
accompagnarti?” le chiese irritato Orlando.
“Non puoi essere sempre
così testardo! Perché dobbiamo sempre discutere? Per una volta cerca di fare
quello che ti chiedo! Per favore chiamami un
taxi” gli disse lei
stancamente.
Orlando sembrò arrendersi.
Che poteva fare? Mica poteva accompagnarla con la forza e poi non sarebbe
sicuramente servito a niente.
“Va bene ti chiamo un
taxi” le disse rassegnato estraendo il cellulare dalla tasca.
Dopo aver parlato con la
compagnia dei taxi, disse con tono incolore “Arriva tra mezz’ora”.
“Grazie” disse lei
abbozzando una specie di sorriso che pareva quasi una smorfia.
“Possiamo almeno
rivederci?” le chiese titubante con il solito sguardo da cane bastonato.
Aylén sospirò, era
evidente che avrebbe dovuto dirgli di no in maniera decisa e definitiva, ma
proprio non ce la fece.
“Non lo so…” rispose
aggrottando la fronte. “Devo riflettere e devo fare ordine nella mia testa,
perché ora come ora non ci capisco più niente” concluse fissando il pavimento
con aria smarrita.
Quella risposta, seppur
vaga e a dir la verità non poi molto incoraggiante, rese Orlando felice. Si può
essere felici solo perché una persona non ti rifiuta nettamente anche se non ti
incoraggia per niente? La risposta è sì. Quando si è innamorati anche un solo
flebile filo di speranza ti può riempire il cuore di gioia e per lui fu
esattamente così.
Prima di salutarsi
rimasero d’accordo che lui non l’avrebbe cercata, che sarebbe stata lei a farlo
non appena avesse fatto chiarezza in se stessa. Per Orlando accettare quella
decisione non fu affatto facile, caratterialmente era uno abituato a battere
sulle questioni fino a che non le risolveva, soprattutto se voleva ottenere
qualcosa che lo interessava davvero, ma quella volta era diverso e si dovette
adeguare.
***
Come accadeva spesso
ultimamente, Donnie era andato a casa di suo cugino. Aveva bisogno del suo
appoggio e lui non glielo faceva mancare.
“Allora perché non usciamo
un po’ stasera? E’ sabato, che cavolo ci facciamo in casa di sabato sera?” stava
appunto dicendo ad Orlando.
“Non ho voglia di andare a
rompermi le palle nell’ultimo locale alla moda, preferisco stare a casa e
rompermele qui!” rispose l’altro storcendo il naso.
“Secondo me la stai
prendendo veramente troppo male questa storia” gli disse Donnie.
“E come vuoi che la
prenda? Sono passate quasi due settimane e non si è fatta viva…” poi come se
fosse ricordato solo allora di quel particolare aggiunse “Porca miseria! Lo vedi
che sono rincoglionito! Cazzo, non ci siamo neanche scambiati i numeri di
telefono! Dio come sono stupido!”.
“Via non essere
melodrammatico, tanto lei sa comunque dove rintracciarti”.
“Sì… ma… insomma se le
avessi dato almeno il numero del cellulare...” farfugliò Orlando sconsolato.
“Ma perché invece di stare
qui a macerarti non cerchi di distrarti un po'? Magari ti farebbe bene” provò a
dirgli suo cugino.
“Non ho voglia di
distrarmi, ho voglia di vederla e di risolvere questa faccenda!” rispose Orlando
risoluto.
“Non vorrai mica andare da
lei vero?” chiese l’altro un po’ allarmato.
“No. Ho promesso che non
l’avrei fatto e tu sai che quando prometto una cosa la mantengo, certo mi costa
una fatica enorme, ma non andrò da lei”.
Continuarono a parlare,
bevvero un paio di birre e poi si misero a giocare alla Play Station. Alla fine
Orlando sembrava più tranquillo così quando Donnie lo lasciò si sentì più sereno
anche lui, non lo aveva visto mai così ed era seriamente preoccupato.
La mattina seguente,
benché fosse domenica, Orlando si alzò abbastanza presto ed andò a correre sulla
spiaggia. Non dormiva molto, giusto lo stretto necessario. Quando era sveglio se
aveva da lavorare si distraeva così, altrimenti doveva trovare qualcosa da fare,
perché star fermo con le mani in mano lo portava a pensare e se pensava stava
male.
Dopo i suoi abituali
quarantacinque minuti di corsa, quando arrivò al vialetto che portava
all’entrata sulla spiaggia della sua villa, si accorse che qualcuno era seduto
in veranda. Strizzò gli occhi per vedere meglio, dato che era contro sole, e si
rese conto che era Aylén che lo stava aspettando. Sentì un tuffo al cuore e si
avviò veloce da lei.
Aylén era seduta aveva i
capelli appuntati sulla nuca, l’aria stanca, preoccupata e sembrava triste. Il
viso era piuttosto pallido ed era segnato dalle occhiaie. Indossava una
canottiera bianca un paio di jeans e un paio di scarpe da ginnastica.
“Ciao!” gli disse lui
sorridendo non appena le fu davanti.
Aylén se lo ritrovò
davanti completamente sudato fradicio, scalzo, con la maglietta appiccicata
addosso e un paio di pantaloni di una tuta logora bianchi.
Lo osservò per qualche
istante e pensò che anche conciato così era davvero irresistibile e perfetto.
“Non dovresti correre
scalzo, fa male ai tendini non lo sai?” gli disse come per scuotersi dai quei
pensieri.
“Davvero? Non lo sapevo…
comunque non lo faccio quasi mai, di solito metto sempre le scarpe. Da quanto
sei qui?” gli chiese lui ansioso.
“Da circa mezz’ora credo,
non volevo disturbarti. Anzi scusami se sono arrivata così all’improvviso. La
tua domestica non voleva neanche farmi entrare, ma ho davvero bisogno del tuo
aiuto. Non sapevo come fare a contattarti, avevo paura anche di essere
inopportuna o di non trovarti…” gli spiegò lei leggermente concitata.
Orlando notò che era molto
nervosa.
“Lo sai che non mi
disturbi affatto, avresti dovuto fermarmi, farmi un cenno e non restare ad
aspettare qui da sola che finissi di correre. Ma che è successo?” gli disse lui
con un tono di affettuoso rimprovero. Come poteva pensare di dargli fastidio?
Per Aylén erano stati
giorni difficili. Come era accaduto a lui in Spagna era entrata in uno stato
confusionale molto grande. Cambiava idea ogni giorno e naturalmente la paura la
faceva da padrona. Non era facile per lei, per come era fatta caratterialmente,
cedere le armi, soprattutto alla luce di quello che aveva passato e sofferto
dopo che aveva agito d’impulso mettendosi in una situazione precaria. Ora lui
sembrava diverso, sembrava davvero sincero, ma lei poteva credergli? Non lo
conosceva, non sapeva fino a che punto fosse onesto e seriamente intenzionato
nei suoi confronti. Tutte queste domande avevano affollato la sua mente
torturandola, senza contare che comunque una parte di lei avrebbe voluto cedere
fin dal primo momento, abbandonandosi completamente a lui senza riserve e senza
recriminazioni. Non riusciva a maturare nessun tipo di decisione e intanto
dormiva e mangiava sempre meno, ma ad un certo punto il caso le aveva dato una
piccola spinta.
Shy, il delfino più
particolare tra i due che aveva in custodia Aylén, stava male. Non era una cosa
fisica, ma l’animale sembrava aver perso ogni interesse per la vita.
Probabilmente non era riuscito a superare il trauma dell’uccisione della madre e
da ben quattro giorni non mangiava e si muoveva pochissimo. Aylén le aveva
provate di tutte, stava a giornate intere in acqua con lui, ma essendo parecchio
depressa probabilmente non riusciva a trasmettere quell’energia positiva di cui
il piccolo pesce aveva bisogno. I delfini sono animali molto intelligenti e
sensibili e captano molto bene le vibrazioni positive o negative che una persona
emana. Gli altri biologi e il veterinario avevano deciso di alimentarlo tramite
flebo, ma non era stata un’impresa facile e poi risultava come una specie di
violenza, infatti aveva solo peggiorato le cose. Aylén, che non si dava per
vinta con tanta facilità, aveva deciso di giocarsi anche quell’ultima carta. Era
lì, da Orlando, proprio per questo. Per amore di quel piccolo pesce triste e in
pericolo aveva abbandonato tutti i suoi dubbi e tutte le sue preoccupazioni ed
era corsa da lui per pregarlo di andare con lei. Aveva visto come avevano
reagito entrambi i delfini alle sollecitazioni di Orlando e sperava che lui
riuscisse a scuotere Shy e anche a farlo mangiare.
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTOTTO ●
Aylén era sul letto con il
cellulare in mano e lo stava guardando da circa venti minuti, rigirandoselo tra
le mani come se fosse un oggetto oscuro, misterioso. Voleva fare quella
telefonata, desiderava fare quella telefonata, ma la paura, come al solito, la
stava avviluppando come le spire di un serpente rischiando di stritolarla. Si
era scoperta fragile e insicura. Lei che era una persona forte, spericolata,
ribelle e sfrontata, non riusciva a lasciare che i suoi sentimenti venissero
allo scoperto. Erano passati tre giorni da quando Orlando l’aveva aiutata con il
delfino, se n’era andato lasciandole il suo numero di cellulare.
Quella domenica, dopo che
lei gli aveva spiegato la situazione, lui si era cambiato in fretta e furia la
maglietta e aveva seguito Aylén senza nemmeno farsi la doccia. Anche lui era
molto dispiaciuto per Shy ed era ansioso di fare qualcosa per poterlo aiutare a
mangiare. In un primo momento aveva tentato lo stratagemma della prima volta, ma
non aveva funzionato, infatti aveva fatto capolino solo Sleepy. Era stato quasi
un’ora a provare a farlo uscire, ma Shy non era nemmeno affiorato a galla. Così
alla fine aveva deciso di entrare in acqua e miracolosamente con pazienza e
molta dolcezza era riuscito a farlo mangiare. Aylén lo aveva osservato per tutto
il tempo. Era molto preoccupata per quell’animale, gli ricordava tanto quella
volta con il cavallo a Siviglia e in un certo senso si sentiva impotente e
quindi anche responsabile del fatto di non essere riuscita a combinare niente.
Così, aveva apprezzato tantissimo quello che aveva fatto Orlando, soprattutto
perché si era impegnato talmente tanto fino a spuntarla. Una volta svolto il suo
compito, il ragazzo era uscito dalla nursery e non le aveva fatto domande. Non
le aveva chiesto nulla in cambio e, soprattutto, non si era approfittato della
situazione per ottenere qualcosa da lei. Questo fatto l’aveva colpita
profondamente, era quasi certa che lui le avrebbe chiesto di proseguire la
serata insieme, invece come era venuto se ne era andato, lasciandole solo il suo
recapito telefonico nel caso avesse avuto bisogno di lui. Le aveva dettato il
suo numero di cellulare assicurandosi che lei lo registrasse nel proprio: Per
qualsiasi altra cosa tu voglia da me, parlarmi, vedermi… le aveva detto e
aveva sottolineato quella frase con uno sguardo intenso, misto di speranza e
rassegnazione. Come per dirle: Io non mi sto muovendo, sto aspettando ancora
te, come mi hai chiesto.
E lei, ora, era lì che
voleva fare qualcosa per lui, anzi, aveva già pensato a che cosa fare, le
mancava solo quell’ultimo piccolo passo: comporre il numero e parlargli. Afferrò
il telefono che aveva appoggiato poco prima sul comodino e alla fine lo chiamò.
E’ inutile sottolineare quanto fosse agitata, ma per fortuna la conversazione
piuttosto breve, ebbe un esito positivo. Lo aveva chiamato per invitarlo ad
andare in un posto con lei, senza però specificargli dove, e si era raccomandata
che portasse il costume. L’appuntamento era stato fissato a casa di Aylén, fuori
dal cancello alle nove di sera.
Orlando che era entrato
subito in fibrillazione alle otto e mezzo era già all’appuntamento. Girellava
impaziente fuori dal cancello come un leone in gabbia. Quando aveva sentito la
voce di Aylén al telefono era stato così contento che aveva finito per non
mangiare e camminare per casa come un matto in attesa dell’ora fatidica. Aveva
fatto mille congetture su quell’improvvisata, ponendosi un sacco di domande. Non
vedeva l’ora di sapere che cosa sarebbe accaduto, che cosa gli avrebbe detto
lei, dove sarebbero andati e via di seguito. Alle otto, sfinito e in preda
all’impazienza, era uscito ed era andato da lei, non ce la faceva proprio più a
stare in casa ad aspettare.
Alle nove in punto
finalmente Aylén arrivò e lui l’accolse con un largo sorriso, poi notò che aveva
uno zaino e la cosa lo incuriosì.
“Che hai lì?” le chiese.
“Un paio di asciugamani…
hai portato il costume?” rispose lei sorridendo e facendo vagamente la
misteriosa.
“Sì, ma dove andiamo?”
chiese Orlando sempre più curioso.
“Ho pensato di farti una
specie di regalo” cominciò a dirgli Aylén, guardandolo e sorridendo leggermente.
“Andiamo a nuotare con i delfini… quanto è che hai cenato?” le chiese poi
preoccupata di non fargli prendere una congestione.
“Non ho cenato affatto!
Oddio Aylén ma è… fantastico!” disse lui sorpreso e veramente felice. Era una
cosa che aveva sempre desiderato e farla insieme a lei gli sembrava ancora più
bello. Rimase davvero piacevolmente sorpreso da questa improvvisata di Aylén e
il suo umore diventò ancora più allegro. Un gesto del genere doveva pur
significare qualcosa si disse, così le prese lo zaino e lo caricò nel
portabagagli facendola poi accomodare nell’auto.
Intanto mentre con la
macchina stavano andando verso la spiaggia, lei gli fece alcune raccomandazioni
molto importanti. Gli spiegò che non era una cosa regolare quella che stavano
andando a fare, in pratica l’avrebbero fatta di nascosto e lei aveva scelto
appositamente di farlo di notte per diminuire il rischio di essere scoperti.
Orlando inizialmente disse che se la cosa era troppo rischiosa forse era meglio
rinunciare, non voleva assolutamente crearle nessun tipo di problema, ma lei lo
aveva rassicurato. Sarebbe bastato solo che seguisse le sue istruzioni e tutto
sarebbe andato liscio. Lui non lo sapeva, ma in realtà lei stava rischiando il
posto, la credibilità presso l’istituto e la sua permanenza a Los Angeles,
perché se li avessero scoperti l’avrebbero sicuramente cacciata. Ovviamente lei
era sempre la solita matta e certamente non si era fatta scrupoli, desiderava
fare questo regalo ad Orlando e aveva organizzato la cosa nei minimi
particolari, assicurandosi di poterla passare liscia, quindi si sentiva
piuttosto tranquilla.
Una volta arrivati alla
spiaggia Aylén parlò col guardiano notturno che ovviamente era d’accordo con
lei. Erano amici, si erano accordati il giorno prima e non solo non avrebbe
detto una parola, ma sarebbe stato attento e li avrebbe avvertiti se caso mai
fosse arrivato qualcuno. Quando lei tornò da Orlando lo rassicurò dicendoli che
era tutto a posto, cominciarono a spogliarsi per poter immergersi in acqua.
Entrarono nello speciale recinto acquatico con circospezione. L’acqua era
tiepida e non molto alta, infatti entrambi toccavano, Aylén spiegò ad Orlando
che questo consentiva a lei e ai suoi colleghi di poter star tranquillamente in
piedi in mezzo ai delfini per mettergli delle speciali clique di riconoscimento
e per poterne studiare il caratteristico stridio che assomiglia in modo
impressionate ad un sonar.
“Che devo fare?” gli
chiese lui.
“Puoi iniziare a farli
abituare alla tua presenza mettendoti sul dorso e muovendoti un poco” gli spiegò
lei.
Orlando ubbidì e si mise a
fare il morto. Piano, piano i delfini cominciarono a circondarlo, Aylén
gli disse di afferrare la pinna e di uno di loro e di farsi trascinare. Lui
eseguì alla lettera e cominciò a ridere sguazzando e interagendo con i pesci,
contento come un bambino felice.
Lei lo lasciò nuotare e
divertirsi per una buona mezzora. Stava in piedi, in disparte, senza prendergli
spazio e lasciandogli godere quel momento, anche se ogni tanto qualche delfino
le dava un colpetto col muso sulle gambe o sulle natiche come per invitarla a
nuotare con loro. Ad un certo punto si lasciò andare anche lei e si immerse
nell’acqua. Poco dopo però, nonostante le dispiacesse, Aylén comunicò ad Orlando
che dovevano uscire. Lui si distrasse un attimo girandosi verso di lei, e un
delfino inavvertitamente gli dette una musata nelle parti intime facendolo
mugolare di dolore.
“Ti sei fatto male?” gli
chiese subito lei alzandosi in piedi preoccupata.
Lui che era rimasto senza
fiato e stava cercando di riprendersi tenendosi entrambe le mani sulla parte
offesa, disse con voce strozzata: “Oddio… decisamente stavo meglio… prima”.
“Posso fare qualcosa?”
chiese ancora lei fissandolo sempre più preoccupata, visto che Orlando aveva la
faccia contratta da una smorfia di dolore e che era rimasto piegato in due.
“No… ora dovrebbe passare
… spero…” rispose a fatica lui, respirando per cercare di alleviare quella fitta
lancinante che quell’ involontaria collisione con l’esuberante delfino gli aveva
procurato.
Finalmente dopo qualche
minuto Orlando cominciò a sentirsi meglio rimettendosi in posizione eretta.
Cominciò gradualmente a respirare in maniera normale e si fermò ad osservare
Aylén davanti a lui che lo stava guardando in apprensione. Non appena lo aveva
visto rialzarsi istintivamente lei gli aveva carezzato una guancia.
“Ti sei ripreso?” gli
aveva chiesto con dolcezza.
“Abbastanza” aveva
risposto lui abbozzando una specie di sorriso. Poi si era fermato a guardarla.
La sua attenzione era stata catalizzata dall’evento della serata e non aveva
fatto molto caso a lei, così era come se la vedesse solo allora.
Aylén aveva i capelli
bagnati appiccicati al viso, il suo corpo era inguainato in un semplice costume
intero modello olimpionico di color nero, l’acqua le arrivava poco appena sotto
il seno e la luce della luna le illuminava il viso rendendola più bella e quasi
evanescente, come se fosse una specie di immagine onirica.
Aylén notò che Orlando
aveva la pelle d’oca.
“Usciamo hai freddo” gli
disse quasi sotto voce, girando velocemente la testa e distogliendo lo sguardo.
Anche lei era rimasto a guardarlo ed era leggermente turbata.
“Non ho freddo… in realtà…
avrei voglia di baciarti” gli disse lui centellinando le parole con
circospezione, guardandola intensamente.
Lei non rispose e riprese
a guardarlo incapace di rispondergli.
Allora Orlando le si
avvicinò e con una mano le scostò i capelli dal viso indugiando come in una
specie di carezza. Aylén continuò a rimanere ferma, in silenzio. Lui,
incoraggiato da quella non reazione, abbassò la testa e lasciò che i loro nasi
si toccassero appena. Cominciò poi timidamente a sfiorare quello di Aylén con il
suo, con piccoli movimenti circolari; una, due, tre volte, senza baciarla. Stava
sondando il terreno con delicatezza e senza fretta, guardandola dritta negli
occhi per capire se poteva andare avanti o se avesse dovuto fermarsi. Lei non si
ritrasse e in un certo senso assecondò quel gesto. Allora lui le sfiorò appena
le labbra con le proprie, sempre guardandola, sempre attento alle sue reazioni.
Ancora una volta lei non dette segnali negativi. Orlando allora le cinse la vita
con un braccio e le sfiorò la bocca accennando solo un bacio lieve, a fior di
labbra. Lei istintivamente chiuse gli occhi e allora lui cominciò a tempestarla
con piccoli baci leggeri, fino a che Aylén non schiuse la sua bocca del tutto.
Le loro lingue s’incontrarono, da prima solo con rapidi tocchi appena accennati,
lasciando che solo con la punte si sfiorassero, senza fretta quasi con
timidezza, fino ad arrivare poi ad un bacio profondo ed intenso.
Non l’aveva mai baciata
così prima di allora.
Era stata una cosa
completamente diversa dai baci carichi di passione di desiderio che si erano
scambiati in Spagna, quando l’urgenza dell’attrazione febbrile che li aveva
investiti li aveva divorati spingendoli a fare a meno della tenerezza. Aylén si
lasciò completamente andare a quella sensazione forte che sentiva dentro di se,
era diverso, decisamente diverso, e nonostante non fosse fisicamente
indifferente a quella stimolazione, era senz’altro l’emozione che la dominava,
facendola tremare. Quelli erano senza dubbio baci da innamorato.
Continuarono a baciarsi a
lungo e mentre la baciava Orlando prese ad accarezzarle le spalle, poi la nuca,
fino ad affondare le dita nei suoi capelli bagnati. Lei lo lasciò ancora fare,
stordita da tutto ciò che stava accadendo, circondandogli il collo con le
braccia e imitandolo, con una mano, nel gesto di carezzargli i capelli.
Si baciarono a lungo, mentre
l’acqua intorno a loro si muoveva appena dando loro la sensazione di essere
sospesi e cullati.
“Cerchiamo di non… correre
troppo” disse improvvisamente Aylén staccandosi da Orlando con riluttanza “E poi
dobbiamo andare via
da qui o rischiamo di farci
scoprire” concluse stordita
ma abbastanza padrona di sé.
Così, nonostante Orlando non
ne avesse proprio voglia, uscirono dall’acqua e s’infilarono in un casottino che
altro non era che un prefabbricato ad uso spogliatoio. Serviva ai biologi per
cambiarsi quando appunto
uscivano dal recinto acquatico. Lei andò nella parte adibita alle donne e lui in
quella adibita agli uomini. Entrambi si tolsero i costumi bagnati, si
asciugarono come meglio poterono e si rivestirono.
Orlando era piuttosto
sereno e nonostante avesse dovuto fermarsi, non avendo potuto continuare a
baciarla, si rese conto di aver compiuto un enorme passo avanti. Era chiaro che
lei non era indifferente ai suoi sentimenti, che in un certo senso era anche
cambiata e che molto probabilmente voleva andare per gradi. Lui l’avrebbe
accontentata. Doveva farle capire che era pronto ad una relazione seria e
stabile, così da bravo la riaccompagnò a casa.
“Non ti ho neanche
ringraziata per la grande sorpresa che mi hai fatto. Grazie Aylén, è stato
bellissimo!” le disse una volta davanti al cancello di casa sua.
“Volevo fare qualcosa per
ringraziarti e ho pensato che questa fosse la cosa migliore” gli spiegò lei.
“Lo hai fatto solo per
questo?” gli chiese Orlando.
“No…avevo anche voglia di
vederti” rispose lei con tono incerto.
“Allora… ne deduco che
forse… possiamo provare a frequentarci?” disse lui non senza una punta d’ansia.
“Si” aveva risposto
semplicemente lei e per ora questo bastava ad Orlando, che prima di farla
scendere la baciò di nuovo, fissando con lei di rivedersi l’indomani.
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Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO VENTINOVE ●
Donnie era sul divano che
si trovava nell’ampia sala della villa di suo cugino Orlando e si stava
letteralmente piegando in due dal gran ridere.
Lo stava osservando mentre
misurava in lungo e largo la stanza a grandi passi, accigliato e disperato.
Aveva un’espressione davvero buffa, e le parole farfugliate che gli uscivano di
bocca, a confessione delle sue pene, lo rendevano involontariamente comico.
Orlando si era appena
fermato e lo aveva guardato con sincero disappunto.
“Che c’è tanto da ridere
eh?” era decisamente infastidito, poi aveva continuato, “Cazzo è quasi un mese
che facciamo i fidanzatini di Peynet, mano nella mano a baciarsi sotto il chiar
di luna!!” poi allargando le braccia aveva continuato sempre con più enfasi “Per
carità è bello, piacevole, ma è una tortura! Se permetti la cosa comincia a
pesarmi parecchio! Non sono mica fatto di legno!” aveva finito con lo sbottare
Orlando esasperato.
“Sei sempre il solito
esagerato!” l’aveva redarguito l’altro, poi con espressione finto sognante aveva
aggiunto “Non trovi che tutto questo sia estremamente dolce e romantico?” il
tono di Donald era simpaticamente canzonatorio.
Questa volta Orlando
l’aveva incenerito con un’occhiataccia.
“Non sono il tuo giullare
di corte personale, falla finita di prendermi per il culo! Abbi un po’ di
rispetto!”.
Donnie si fece
improvvisamente serio.
“Se davvero è così
importante per te fare l’amore con lei diglielo, invece di star qui a sbraitare
girando come una trottola impazzita” gli disse.
Orlando sbuffò e si cacciò
le mani in tasca.
“Non è mica facile come
sembra! Insomma, nonostante lei abbia continuato ad uscire con me e sia
abbastanza tranquilla, ancora non mi ha detto proprio un bel niente su cosa
prova e quali siano i suoi reali sentimenti nei miei confronti! E questo, mi
agita. Certo non mi respinge quando la bacio però… non si è ancora sbilanciata e
porca puttana, io sto per finire al manicomio!” concluse scompigliandosi i
capelli sulla fronte con gesto scoordinato della mano.
“Magari vuole aspettare
ancora un po’ e vuole ben valutare le cose, oppure non è ancora del tutto
sicura, è abbastanza comprensibile da parte sua, non credi?” disse Donnie.
“Appunto! Mica posso
forzarle la mano! E poi parlare di certe cose mi resta un tantino ostico,
preferirei passare ai fatti, ma se lo faccio, sicuramente rischierei di essere
frainteso. Non voglio sempre fare la parte di uno che pensa solo a quello, anche
perché non è affatto così! Io sono innamorato di lei e mi sembra abbastanza
normale aver voglia di far l’amore, del resto lo abbiamo già fatto un sacco di
volte… insomma mi manca e parecchio!” aveva detto Orlando costernato lasciandosi
cadere pesantemente su divano.
“Ma toglimi una curiosità,
come fai a …” e qui Donnie aveva fatto un’opportuna pausa prima di terminare la
frase “…contenerti in certi frangenti?” era proprio curioso di sentire che
rispondeva l’altro.
Orlando si girò lentamente
e gli spiegò la sua personalissima tecnica.
“Ho trovato un metodo
abbastanza valido…” aveva detto non troppo convinto, “Ogni volta che mi
surriscaldo più del dovuto, mi concentro e mi metto a pensare a cose spiacevoli,
tipo ad una mia compagna di banco delle medie che non si lavava e che puzzava
come una capra. Pensa, che una volta in una recita natalizia, abbiamo fatto
Giulietta e Romeo… che schifo! Non riuscivo a starle vicino olezzava di
cipolla!” aveva concluso Orlando facendo una smorfia di disgusto. Poi aveva
continuato dicendo “Ecco mi basta pensare a lei e la mia libido si blocca
scemando immediatamente, del resto quella sarebbe stata capace di smontare
un’intera mandria di satiri assatanati!” disse tirando fuori la lingua come per
mimare un indisposizione di stomaco.
Donnie rise di gusto e poi
gli chiese ancora “Sarà dura eh! Insomma è come essere obbligati al digiuno con
una torta gigante davanti…” disse in tono di presa di giro.
“Che vuoi che faccia! Mi
adeguo … e poi corro, corro e corro… Correvo circa quaranta, quarantacinque
minuti ogni mattina… ora arrivo anche ad un’ora, un’ora e quaranta…” spiegò
Orlando sconsolato scuotendo la testa, mentre Donnie aveva ripreso a ridere
senza il minimo ritegno. “Via non te la cavi poi malaccio!” riuscì in fine a
dire tra una risata e l’altra.
Suo malgrado anche ad
Orlando scappò una risatina.
“E’ comico, lo so, ma
purtroppo è anche tristemente reale! Insomma che posso fare secondo te, mica
posso continuare così in eterno!”.
Donnie fece la faccia di
uno che la sa lunga, si massaggiò il mento pensoso e poi con fare da vecchio
saggio gli disse: “Questo è il mio personale consiglio. Andrei sul classico…
Certe cose sono quasi una garanzia infallibile per far colpo sulle donne e di
solito funziona sempre. Io la inviterei fuori per un week end romantico… diciamo
in qualche posto esotico! Vedrai che da soli con l’atmosfera e il panorama
adatto sarà più facile che le cose prendano la direzione giusta. Nel caso così
non fosse … portati dietro una foto della tua ex compagna di classe potrebbe
tornati ESTREMAMENTE utile!” concluse Donnie ricominciando a ridere.
L’idea di suo cugino non
era poi tanto male e Orlando aveva cominciato seriamente a studiarci su. Era
andato ad un’agenzia di viaggi e aveva preso qualche informazione. Da Los
Angeles si poteva raggiungere abbastanza bene sia le Bahamas che il Messico. Le
Hawaii benché lo attirassero parecchio le aveva scartate in partenza, perché
decisamente troppo lontane. Però anche andare in montagna in Canada non sarebbe
stato malaccio. Sfogliava i deplians guardando i vari luoghi più o meno
esotici, ma non aveva ancora trovato niente che avesse proprio soddisfatto le
sue aspettative. Era una cosa troppo importante, doveva essere pressoché
perfetta. Era così indeciso.
Gli serviva il parere di
una donna, certo! Chi meglio di una donna avrebbe potuto consigliarlo? Prese il
cellulare e chiamò l’unica donna a cui avrebbe potuto chiedere un simile
consiglio: sua sorella Samantha.
“Pronto… ma chi è?” aveva
risposto una voce impastata di sonno dall’altro capo del telefono.
“Sammy sono io Orlando”.
Samantha bofonchiò
qualcosa molto simile ad un imprecazione e disse:
“Dovevo immaginarlo, del
resto chi poteva essere che mi chiama a quest’ora senza il minimo ritegno!”.
“Oddio! Scusa… il fuso,
cazzo! Me ne dimentico sempre!” disse Orlando sinceramente dispiaciuto.
“Seee! Inventatene
un’atra! Come non lo sapessi che il tuo smisurato ego ti impedisce di pensare
che nel mondo le persone hanno da fare anche altro, oltre che risponderti in
piena notte!” aveva risposto Samantha, un po’ scocciata ma non proprio
arrabbiata.
“Hai pienamente ragione,
scusami, ti richiamo più tardi” le aveva detto suo fratello, che proprio non
aveva pensato al fuso orario.
“Ormai mi hai svegliata,
avanti dimmi che succede, perché deve essere accaduto qualcosa di grosso, visto
che sono venti giorni che non ti fai sentire!”.
Orlando si era scusato di
nuovo, Samantha l’aveva bacchettato un altro pochino e alla fine si era risolto
tutto, così lui aveva cominciato a parlare di quello che gli premeva.
“Allora se un uomo a cui
tieni… diciamo parecchio, insomma uno che ti prende abbastanza, ti invitasse per
un romantico week end dove ti piacerebbe che ti portasse? Alle Bahamas? In
Messico? Sulle montagne del Canada? Oppure… dove?” aveva chiesto Orlando a sua
sorella.
Samantha era rimasta un
attimo in silenzio e poi aveva risposto:
“Chi è la sfortunata
questa volta?”.
“Come sarebbe a dire la
sfortunata?” aveva chiesto lui vagamente perplesso e anche un pochino offeso.
“Ogni donna che ha che
fare con te è sfortunata, dimentichi che io ti conosco MOLTO bene!” aveva
risposto lei con una punta d’ironia, adorava mettere suo fratello in difficoltà.
“E dai Sam è una cosa
seria, sono innamorato…” aveva confidato candidamente lui.
Dall’altra parte sentì una
risatina soffocata.
“Ma è mai possibile che
tutte le persone a cui confido i miei stati d'animo la piglino sul ridere? E che
cazzo! Sono serio, ESTREMAMENTE serio!” rispose Orlando irritato.
Samantha si pentì di
averlo preso in giro, ma si era voluta vendicare del fatto che l’avesse
svegliata. Si scusò e cercò di consigliare come meglio poteva quel fratello un
po’ scapestrato che ogni tanto la faceva arrabbiare, che a volte si dimenticava
di lei, ma che in fondo adorava.
Orlando aveva ascoltato
attentamente sua sorella e quello che gli aveva detto, aveva completamente
stravolto i suoi piani, ma doveva ammettere che in fondo aveva ragione lei. Era
una donna e sicuramente conosceva i gusti del genere femminile senz’altro meglio
di lui e di Donnie, così pensò di darle retta. Il problema era trovare il modo
giusto per dirlo ad Aylén. Bisognava che le facesse capire che poteva star
tranquilla e che non avrebbero fatto niente che lei non avesse voluto. Doveva
essere molto cauto, del resto, a parte tutto, la cosa che in assoluto più gli
interessava era sapere che cosa realmente provasse per lui.
Quella stessa sera l’aveva
invitata a cena, aveva scelto un localino italiano molto defilato, e soprattutto
poco frequentato, dove facevano un’ottima pizza, lì sarebbero stati tranquilli e
al riparo da seccatori vari.
Davanti alle loro pizze
stavano parlando tranquillamente, Aylén sembrava piuttosto serena. Di regola si
vedevano circa tre, quattro volte la settimana. Principalmente la sera, poi
capitava che passassero insieme il sabato e la domenica pomeriggio, ma sempre in
zone neutre e in posti poco affollati. Non facevano grandi cose e per lo più
trascorrevano il tempo parlando, cosa che prima non avevano fatto quasi mai. Si
erano raccontanti vari episodi della loro vite e avevano imparato alcune cose
l’uno dell’altra. Orlando aveva scoperto che Aylén oltre ad essere una ragazza
testarda, determinata e abbastanza spericolata, era anche molto sensibile e per
certi versi fragile. Amava essere apprezzata per se stessa piuttosto che per la
sua bellezza e aveva ragione, perché era molto dotata ed intelligente. Aveva
anche capito che caratterialmente per certi versi era chiusa, una cosa che prima
proprio non aveva afferrato, era molto simile a lui, se si chiudeva a riccio non
c'era verso di farla parlare. Era molto restia ad aprirsi e lo faceva solo ed
unicamente se lo decideva lei stessa. Aylén a sua volta era rimasta totalmente
affascinata dal lato dolce del carattere di Orlando. Prima non lo avrebbe
immaginato, ma lui sapeva essere un vero tenerone e non solo con lei. Aveva
visto come si era comportato con i delfini e poi lo aveva visto addirittura
commuoversi quando avevano guardato insieme The Elephant Man di Lynch, una cosa
che non si sarebbe certo aspettata da lui. Era molto premuroso nei suoi
confronti e questo le piaceva perché la faceva sentire importante. Apprezzava
soprattutto il fatto che non le stesse mettendo fretta, sia perché non si
spingeva troppo avanti nelle effusioni, sia perché non pretendeva da lei nessun
tipo di dichiarazione. In realtà era molto vicina a dirgli che anche lei era
innamorata di lui, solo che ancora non aveva trovato il momento giusto per
farlo, era una cosa troppo seria e importante da dirsi e la voleva dire nel
momento e nella maniera giusta. Le loro serate finivano più meno sempre nel
solito modo, facendosi le coccole e scambiandosi effusioni, ma non andando mai
oltre. Anche Aylén cominciava a risentire di questa cosa, ma non si era mai
sbilanciata in proposito, si tratteneva perché aveva paura di essere fraintesa e
non voleva che lui pensasse cose sbagliate sul suo conto. Prima di ogni altra
cosa voleva che lui avesse una buona opinione di lei. Non poteva ripetere gli
errori del passato. E poi a dirla tutta voleva essere davvero sicura di ciò che
stavano facendo prima di riprendere una relazione totalmente e completamente.
Quando Orlando le fece la
sua proposta, e cioè di passare l'intero fine settimana a casa sua con lui, era
rimasta leggermente perplessa e le venne subito una punta d’ansia.
“Inizialmente avevo
pensato di invitarti fuori, ma poi riflettendo ho capito che non ce n’era
bisogno, in fondo la mia casa è già sul mare e non ci mancherà proprio niente.
Potremo stare più tempo insieme, finiamo col vederci sempre molto poco è più che
altro di sera. Stando insieme tre giorni potremo sì parlare, ma anche stare in
spiaggia, rilassarci, insomma fare qualcosa di diverso. Naturalmente avrai la
tua camera, separata dalla mia” aveva tenuto a specificare lui, “Quindi se ti va
a me farebbe piacere”.
A sorpresa Aylén accettò
quasi subito, senza pensarci poi molto.
Orlando pensò che sua
sorella era un genio, poi rifletté e pensò che avendo lo stesso DNA era naturale
che fosse così!
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Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
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CAPITOLO TRENTA ●
Orlando era passato a
prendere Aylén il venerdì sera come avevano stabilito. Una volta arrivati a casa
le aveva dato il tempo di prendere possesso della camera che aveva scelto per
lei. Era accanto a quella dove dormiva lui, una scelta non del tutto casuale, ma
la ragazza non sembrò farci caso. La stanza, come del resto quella di Orlando,
disponeva di una parete completamente a vetro che si apriva su di una grande
terrazza, da cui si vedeva il mare. L'arredamento era così composto: il letto,
in ottone, restava di fianco all'enorme vetrata. Dalla parte opposta c'era un
armadio a muro bianco completo di scarpiera. Vicino alla testata del letto c'era
un solo comodino in legno tek, abbastanza grande, largo e semplice. Sopra c'era
con una specie di telefono che poi Aylén scoprì essere un interfono per
comunicare con qualsiasi altra stanza della casa. Di fronte al letto c'era una
specie di mobile antico, un segretere del settecento con tanto di poltroncina,
mentre in un angolo c'era una piantana piuttosto moderna che sembrava una specie
di bocciolo in vetro bianco satinato. A lato del letto, non molto vicino
all’armadio, c'era una specie di separè, in stile giapponese con tanto di
appendi abiti inseriti all’interno, che evidentemente serviva per cambiarsi.
Niente televisione, ma solo uno stereo con un numero esagerato di cd e una
piccola libreria in ferro battuto nero laccato, piena di tanti libri diversi,
dai classici fino a semplici letture tipo gialli, manuali e anche qualche guida
turistica. Nessun lampadario, ma una fila di faretti alogeni regolabili. Le
pareti erano completamente spoglie e il pavimento era di finissimo parquet.
Naturalmente era dotata di bagno interno personale, con doccia, vasca
idromassaggio e doppio lavandino. In seguito Aylén scoprì che c'era addirittura
un telecomando per aprire e chiudere a distanza le tende della grande vetrata.
Il tocco particolare, che piacque molto alla ragazza, era la fine zanzariera
modello coloniale che dal soffitto si adagiava mollemente sul letto di ottone,
che al contrario di quello che si poteva pensare, era abbastanza piccolo,
infatti era ad una piazza e mezzo. A descriverla così quella camera, tra l'altro
neanche molto grande, sembrava un'accozzaglia di stili mal riuscita; ma in
realtà quella combinazione risultava perfetta e dava molto carattere a tutto
l'ambiente rendendolo semplice, raffinato, estremamente caldo ed accogliente al
tempo stesso. Aylén fu felice di sistemarsi lì.
Dopo averle mostrato la
stanza Orlando la lasciò libera di sistemare le sue cose. Si videro poco dopo
giù di sotto. Lui le fece visitare tutta la casa, compresa la stanza dove
dormiva lui, che ad Aylén apparve piuttosto ordinaria rispetto alla sua, pur
riconoscendo che anche quella era decisamente una bella camera. La casa era
molto grande, ma non enorme e piuttosto raccolta, aveva anche un bel giardino
che terminava con l'inizio della spiaggia che era ovviamente privata. Orlando le
disse che aveva dato tre giorni liberi ad Ester, la sua governante, e che si
sarebbero occupati da soli di tutto, mangiare compreso. Sarebbe stato divertente
e rilassante, aveva commentato sorridendo.
“Io non so mica cucinare
tanto bene” gli aveva confessato lei.
Lui l'aveva guardata, poi
aveva soffocato malamente una risata.
“Chissà perché… ma me lo
immaginavo!” aveva detto con aria furbetta.
Lei c'era rimasta male e
aveva risposto un po’ contrariata.
“Che vorresti dire?”.
“Ma niente di offensivo,
solo che proprio non hai il temperamento della casalinga” aveva risposto il
ragazzo continuando a sorridere divertito.
“Però so fare un ottimo
Creme Caramel” aveva affermato lei orgogliosa.
“Bene! E' già qualcosa”
aveva detto lui.
“Poi che centra… le uova
fritte e un piatto di pasta li so fare” aveva aggiunto lei come per
giustificarsi.
“Ah! Allora siamo a
posto!” aveva detto lui serio.
“Ma mi prendi in giro?”
gli aveva chiesto Aylén alzando un sopracciglio.
“Solo un pochino” aveva
risposto lui prendendola per la vita e dandole un bacio sul naso.
Quella sera provarono a
cucinare insieme e in effetti fu molto divertente. La cucina, arredata in stile
ultra moderno in acciaio e legno chiaro color panna, sembrava un vero campo di
battaglia. Pentole e pentolini di ogni genere erano sparsi un po’ ovunque.
Residui di farina, sale, latte, zucchero, gusci d'uovo, pomodoro e molto altro
erano abbandonati sul ripiano da lavoro, che si trovava al centro della stanza.
Orlando con tanto di grembiule a quadretti e mestolo in mano, stava facendo una
specie di disquisizione sul tempo di cottura degli spaghetti che aveva messo
nell'acqua a bollore già da dieci minuti abbondanti.
“Io dico che devono
cuocere ancora un po’ ” stava dicendo con aria saccente.
Aylén che si stava
prendendo cura di una specie di salsa di pomodoro rispose: “Mmmmm… secondo me
no, se diventano appiccicosi non sono più buoni”.
Lui storse la bocca
arricciando un labbro e continuò imperterrito a far bollire la pasta, che
intanto si stava trasformando in una un’amalgama appiccicaticcia.
Per fortuna come secondo
avevano preparato un’insalata di tonno e verdure crude miste, almeno quella
sarebbe stata mangiabile, insieme al budino di Creme Caramel che aveva fatto
Aylén.
Discussero ancora un po’
sulla cottura degli spaghetti, poi finalmente li scolarono e andarono a tavola
in veranda.
Nonostante il primo fosse
una roba immangiabile, il resto risultò essere molto gradevole e cenarono con
soddisfazione, facendosi i reciproci complimenti più per ridere che sul serio,
visto che in due avevano tirato fuori mezza cena decente.
La sera, dopo aver
riordinato non senza fatica la cucina, erano stati pigramente in veranda a
chiacchierare, avevano riso e scherzato. Si erano lasciati andare a qualche
effusione e coccole varie, poi non molto tardi erano andati a dormire, ognuno
nella propria stanza, l'indomani avevano deciso di passare l'intera giornata in
spiaggia fin dalla mattina abbastanza presto.
La giornata seguente fu
molto lunga e molto piacevole. La passarono sulla spiaggia pranzo compreso.
Stettero la maggior parte del tempo a fare le peggio cose, tipo tirarsi l'acqua
a vicenda, cercare di affogarsi ogni volta che andavano a fare il bagno in mare,
rotolarsi nella sabbia, bagnati, facendo la lotta e conciandosi come due
disgraziati; e altre cose del genere, compreso rincorrersi. Non stettero fermi
un solo minuto e si divertirono come due matti. A metà pomeriggio, piuttosto
stanchi, decisero di mettersi un po’ tranquilli sotto il sole, che quel giorno
era abbastanza forte. Orlando si sdraiò bocconi e si addormentò quasi subito,
Aylén invece si mise all'ombra per godersi un po’ di tranquillità; andò a finire
che s'addormentò anche lei. Un paio d'ore dopo si svegliarono e Orlando era in
delle condizioni pietose, si era completamente scottato la schiena. Prima di
andarsene si sciacquarono ben bene sotto la doccia che si trovava tra la
spiaggia e il giardino per levarsi la sabbia, poi mentre stavano rientrando in
casa, Aylén esaminò le spalle stile peperone di Orlando che con il naso
arricciato se le stava toccando con una mano, facendo delle smorfie di
disappunto.
“Guarda come ti sei
conciato!” esclamò lei premendo l'indice sulla pelle del ragazzo. Bruciava,
proprio come se andasse a fuoco e al contatto con polpastrello di Aylén era
rimasta la classica impronta bianca tipica delle scottature.
“Lo sento cazzo!” aveva
esclamato lui “Accidenti! Mi tira tutto” s'era lamentato.
“Vieni in camera mia, ho
una lozione dopo sole medica, la uso sempre dopo aver lavorato all'aria aperta.
Te ne metto un po’ adesso, poi aspetti una mezz’oretta e quando sarà assorbita
ben bene, ti potrai fare la doccia. Dopo la rimettiamo, così almeno le galle non
dovrebbero venirti!” gli disse Aylén.
“Va bene mamma!”
aveva risposto lui facendo una faccia veramente buffa.
“Scemo!” gli aveva detto
lei non potendo fare a meno di ridere.
Erano appena arrivati in
camera di Aylén, e lei era andata subito in bagno a prendere la crema.
Orlando, dopo aver
scostato la zanzariera, si era seduto sul letto con le gambe distese ed entrambe
le mani appoggiate sul materasso. In quella posizione i suoi deltoidi erano
estremamente in evidenza così come i muscoli delle spalle e della schiena nuda,
completamente arrossata dal sole. Aveva la testa un po’ piegata in avanti e
leggermente reclinata da un lato. Aylén, intanto si era sistemata in ginocchio,
dietro di lui, si era versata un po’ di lozione dopo sole su una mano e se la
stava passando sull’altra in attesa si spalmarla sulla schiena di lui.
Improvvisamente erano diventati silenziosi. Non potevano saperlo ma tutti e due
stavano pensando alla stessa cosa, infatti quella situazione, li aveva rimandati
entrambe al ricordo della Spagna, quando Orlando si prendeva cura della schiena
di Aylén dopo l'incidente. La ragazza poggiò le mani sulle spalle
arrossate di Orlando e cominciò a spalmare la lozione con movimenti lenti e
circolari, lui trattenne il fiato. Era come essere in paradiso e all’inferno
nello stesso tempo. Le mani di lei, leggere e delicate gli facevano correre i
brividi in tutto il corpo regalandogli una piacevole sensazione che avrebbe
voluto prolungare all’infinito, ma sapeva che prima o poi si sarebbe fermata e
questo non gli premetteva di godersi a pieno la beatitudine che stava provando,
sospirò appena. Intanto lei continuava a massaggiarlo sentendo sotto le sue dita
la consistenza dei suoi muscoli e il calore della sua pelle. Le piaceva
prendersi cura di lui, viziarlo un po’ e poi le piaceva proprio toccarlo, lo
trovava perfetto e assolutamente irresistibile, carezzarlo era una delle cose
che più amava fare, e in quel momento ci stava mettendo tutta la calma possibile
nel farlo. Stava prolungando quel massaggio più per se stessa che per lui.
All’improvviso Aylén decise che non le importava più molto di passare male,
bene, o di fare qualcosa di sbagliato o qualcosa di giusto. Aveva solo voglia di
baciarlo, abbracciarlo e di fare l’amore con lui. Ormai aveva capito
perfettamente che sarebbe stato diverso, che non ci sarebbero stati malintesi,
perché loro ne avrebbero parlato, avrebbero provato a stare insieme come una
coppia vera, perché si amavano. Il resto era e rimaneva un terno al lotto, ma
tutta la vita è un terno al lotto e non si può pianificare ogni cosa, sarebbe
stato infinitamente noioso e del tutto inutile, le cose alla fine prendono
comunque la direzione che devono.
Aylén si sistemò meglio:
allungò le gambe allineandole a quelle di lui, i loro piedi si toccarono e poi
fece aderire il suo corpo alla schiena di Orlando. Lui sentì la pelle di lei a
contatto con la sua. L’unico impedimento che lo infastidiva leggermente erano i
due triangoli di stoffa del costume di Aylén, avrebbe preferito che non ci
fossero, perché non gli permettevano di sentire appieno la morbidezza del suo
seno contro la sua schiena, ma non protestò e non si mosse. Chiuse gli occhi e
si concentrò su quello che stava provando. Gli piaceva che lei prendesse
l’iniziativa, gli piaceva perché era chiaro che lei lo desiderasse e lui era
felice che lei lo desiderasse, è una bella sensazione sentire che chi si ama ti
desidera. Lei era speciale anche per questo, perché era capace di dimostrare ciò
che provava, perché non si vergognava del suo desiderio, perché era molto
passionale, anche se ultimamente si era frenata parecchio. Aylén stava
continuando a carezzargli le spalle, le braccia, era poi passata a sfiorargli i
pettorali e lo stomaco, così liscio, così piatto. Intanto gli baciava la nuca la
schiena, con calma, con delicatezza, assaporando il profumo della sua pelle
mischiato a quello delicato della lozione. Orlando la lasciò fare per qualche
minuto, completamente perso e in balia di lei. Poi si girò lentamente
abbracciandola e facendole intrecciare le gambe dietro la sua schiena, come
stava facendo anche lui con lei. Cominciò a baciarla senza fretta, oramai era
diventato un maestro nell’arte del baciarla senza urgenza. Ad un certo punto lei
si era fermata e lo aveva guardato profondamente negli occhi con lo sguardo
lucido come se brillasse. Lui aveva capito. Le aveva sfiorato le labbra di nuovo
dicendole: “Dimmelo Aylén, è un’eternità che desidero sentirtelo dire”.
“Ti amo” sussurrò lei, poi
abbassando lo sguardo aveva continuato a parlare un po’ intimidita e un po’
agitata “E’ da tanto che dovevo dirtelo, addirittura da quando eravamo in Spagna
ma avevo paura e…”.
Lui la interruppe
baciandola di nuovo “Lo so amore mio, lo so! Siamo due immensi cretini, ma non
ora… ne parleremo dopo…”.
Ripresero a baciarsi
abbracciandosi stretti, tanto stretti che i loro battiti cardiaci martellavano
violentemente all’unisono come se fossero appartenuti ad uno stesso cuore.
Più tardi dopo che avevano
fatto l’amore erano ancora nudi abbracciati nel letto.
“C’è una cosa che ti
volevo chiedere” le disse Orlando.
Lei che era con la testa
appoggiata sulla sua spalla la alzò appena e disse: “Dimmi?”
“Perché ti sei tagliata i
capelli?”.
Lei si risistemò contro di
lui e glielo spiegò.
“Credo che ad un certo
punto ho sentito il desiderio inconscio di punirmi. Ero partita decisa a farmeli
corti, ma poi no ce l’ho fatta…”.
Orlando si sentì proprio
male, come se qualcuno gli avesse sferrato un pugno nello stomaco.
“Io… mi dispiace suppongo
che sia tutta colpa mia! Non mi sono mai scusato per come mi sono comportato
quella volta… in camera tua quella sera…” si era fermato, era tremendamente
difficile trovare le parole giuste, “Non mi sono mai vergognato tanto in vita
mia, ti giuro che…” ma lei lo aveva interrotto e lo stava baciando.
“Basta parlare di cose
spiacevoli” aveva aggiunto, non voleva ricordare, voleva solo godersi il
presente, il passato ora non contava più.
“Ti piace questa camera?”
le aveva chiesto all’improvviso Orlando cambiando radicalmente discorso.
“Molto” aveva risposto lei
vagando per la stanza con lo sguardo.
“Non la trovi un po’
strana, come arredamento intendo?” aveva nuovamente chiesto lui.
“E’ insolita, ma veramente
particolare, originale e decisamente bella” aveva detto Aylén sinceramente, del
resto le piaceva davvero.
“Ho una confessione da
farti: questa è camera mia!” le aveva detto lui sorridendo.
“Davvero?” aveva chiesto
lei incredula “E perché mi hai messa dormire nella tua camera trasferendoti in
un'altra?”.
Lui aveva ridacchiato un
pochino e poi aveva detto
“Perché se le cose non
fossero andate bene, almeno mi sarebbe rimasto il tuo profumo nel letto”.
“Sei veramente un…”
Ma Aylén non finì la
frase, in realtà non cenò nemmeno quella sera, a dirla tutta passò la maggior
parte del restante fine settimana proprio lì, in quella camera.
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Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
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CAPITOLO TRENTUNO ●
Dopo quel fine settimana
le cose finalmente avevano preso la giusta direzione. Era un periodo molto bello
per Aylén ed Orlando, che, finalmente liberi da ogni problematica, si potevano
godere a pieno il loro rapporto.
C'era però un problema.
Di fatto loro non erano
propriamente una coppia normale e non lo sarebbero mai potuti essere,
questo soprattutto a causa del lavoro di lui. La loro relazione era e doveva
rimanere una cosa strettamente riservata e personale, quindi per il mondo intero
Orlando era single. Aylén aveva capito la situazione e non faceva troppi
problemi al riguardo, a parte quando lui doveva fare qualche uscita pubblica,
che regolarmente e rigorosamente faceva da solo. Questa cosa a volte generava
delle discussioni più o meno forti, visto che Aylén aveva un temperamento molto
geloso. Così, quando lui andava a qualche party o da qualche altra parte, per
ragioni lavorative o di pubbliche relazioni, il giorno dopo, il più delle volte,
era buriana. Secondo lei, Orlando non sempre si comportava bene, a volte le
pareva che fosse un po’ troppo disinvolto. Lui da parte sua cercava
sempre di minimizzare, da una parte la capiva, ma il suo lavoro era anche fatto
di quelle cose e volente o nolente doveva per forza avere certi atteggiamenti.
Anche Orlando però come lei era parecchio geloso. All'inizio non voleva darlo
troppo a vedere, ma col tempo si era ritrovato a fare le sue belle scenate pure
lui. Ad esempio se per qualche ragione si trovavano a dover star separati,
perché lui doveva star via per due, tre giorni, sempre a causa del lavoro,
finiva col tempestarla di telefonate a tutte le ore del giorno e della notte per
controllarla. Aveva come il timore che potesse incontrare qualcuno più libero di
lui che gliela potesse portar via. Lei non gradiva molto la sua poca fiducia e
da lì s'innescavano delle belle litigate.
Per fortuna questo genere
di cose non accadevano poi molto spesso, così le discussioni non erano poi tanto
frequenti, anche perché non avevano altri motivi per litigare, su tutto il resto
andavano parecchio d'accordo.
Quel giorno Orlando stava
accompagnando Aylén all'aeroporto, la ragazza stava tornando in Spagna per
andare a discutere la sua tesi e laurearsi, sarebbe stata via un mese.
Era decisamente di pessimo
umore. Capiva perfettamente che non avrebbe dovuto sentirsi così, ma un mese gli
sembrava un arco di tempo esageratamente lungo da trascorrere senza di lei.
Ovviamente cercò di non dare a vedere quanto fosse scocciato, il motivo per cui
Aylén se ne stava andando era molto serio e molto importante, non era proprio il
caso di mettersi a fare delle storie. Quando l'aveva vista sparire sul
tapirulant verso l'imbarco era stato invaso da una sorta di disagio che non
l'aveva lasciato in pace per tutta la giornata.
***
“Ah! E' un piacere
costatare che oggi sei davvero di ottimo umore. Era l'ora!” stava dicendo
Donnie ad Orlando.
“Domani torna e se Dio
vuole non riparte più!” aveva risposto l'altro felice.
“Magari tocca a te
ripartire…” aveva detto Donald incautamente.
“Non per il momento, tra
un paio di mesi mi sa di sì però…” aveva detto Orlando pensieroso, un’ombra le
aveva attraversato il volto spegnendo il suo sorriso.
“Ma non ci voglio pensare,
non oggi” aveva aggiunto scacciando i brutti pensieri.
“Bravo! Oggi festa!” aveva
detto Donnie dandogli una sonora pacca sulla schiena.
“Le ho preparato una
grossa sorpresa” disse Orlando soddisfatto “E poi le devo fare una proposta”
aveva aggiunto serio.
“Mica di matrimonio vero?”
aveva chiesto Donnie più che stupito, sgranando gli occhi.
Orlando si era girato e
l'aveva guardato stranito.
“Non esageriamo! Mi sembra
quanto meno prematuro” aveva risposto al cugino.
“No sai… m'ero
preoccupato, sei talmente partito che ho temuto il peggio!” rispose l'altro
risollevato.
“No, no, niente
matrimonio, e poi siamo troppo giovani e poi… cazzo il matrimonio è una cosa
molto seria. Vorrei solo che magari… che so, quando siamo entrambe a Los Angeles
stesse a casa con me, ecco!” aveva detto Orlando.
“Ah! Vuoi convivere?”
aveva detto l'altro con un tono sfacciatamente canzonatorio, come se lo vedesse
bello che incastrato.
“Mmmmm sì… una specie”
aveva risposto Orlando vago.
Aylén aveva finalmente
dato la tesi e si era laureata con ottimi voti. Il corso di specializzazione che
aveva fatto a Los Angeles, oltre che aver aumentato il suo punteggio, le aveva
aperto grosse prospettive per il futuro, infatti le era stata offerta
un'opportunità di lavoro molto importante e molto prestigiosa. Era stata una
cosa piuttosto improvvisa, lei stessa ne era stata messa al corrente solo pochi
giorni dopo che aveva la laurea in mano. Era rimasta senza parole, non se lo
sarebbe mai aspettata e a dire il vero ne fu felice ed orgogliosa. Il primo
pensiero fu quello di chiamare Orlando per farlo partecipe della sua felicità,
ma qualcosa glielo impedì. La proposta era troppo allettante e unica, ma avrebbe
comportato un grosso sacrificio, e lei era certa che Orlando non sarebbe stato
molto d’accordo. Ormai lo conosceva e sapeva come era fatto, aveva paura della
sua reazione e aveva paura che lui tentasse di dissuaderla. Il problema era che
lei avrebbe finito con l’assecondarlo. Non poteva permettersi di farsi
condizionare, ma allo stesso tempo non voleva fare quella cosa senza parlare con
lui. Alla fine era in una confusione tremenda. Aveva passato un paio di notti
insonni e poi sull’onda dell’impulso aveva accettato, sperava che Orlando
avrebbe capito.
Una settimana dopo Aylén
era sull'aereo che la stava riportando a Los Angeles, dove si sarebbe trattenuta
due mesi. All’Istituto nazionale di Scienze Biologiche Marine, l'avrebbero
istruita per il suo nuovo incarico, dopo di che sarebbe dovuta partire per
l'Australia. In quel momento stava pensando ad Orlando, nonostante fosse molto
innamorata di lui si era resa conto che il suo futuro non poteva essere
condizionato solo ed esclusivamente dalla loro relazione. Lui faceva un lavoro
particolare, lei ne era consapevole e l'aveva accettato, allo stesso modo voleva
realizzarsi e portare avanti quella passione che aveva scoperto per la sua
futura professione di biologa marina e che le stava dando enorme soddisfazione.
Era convinta che con un po’ di pazienza e tanta buona volontà si potevano
benissimo conciliare le due cose, del resto non era proprio intenzionata a
passare il tempo in attesa che lui tornasse da qualche parte dopo aver finito di
girare un film. Sperava solo di farlo ragionare e di fargli accettare la cosa
con serenità.
Orlando non la prese
affatto bene.
“COSA?” aveva urlato
alzandosi in piedi da tavola scattando come una molla, “Tra due mesi parti per
l'Australia e starai via DUE ANNI?”.
Era scioccato, arrabbiato
e incredulo.
“Per favore cerca di
calmarti e mettiti un attimo seduto” gli aveva detto lei cercando di essere più
tranquilla possibile per ricondurlo alla ragione.
“Non ho nessuna intenzione
di calmarmi! Sono incazzato come una iena. Ma ti rendi conto o no? Cioè tu
arrivi e mi spiattelli questa cosa come se nulla fosse! Non ti sei neanche
scomodata di rendermi partecipe! In Australia! CAZZO! E' un altro fottutissimo
continente e sono due CAZZO di anni!” era davvero fuori di se.
“Orlando ti prego non
urlare! Non è che starò due anni fissa lì, cioè sì starò lì, ma ci saranno pure
le vacanze ci sono gli aerei, insomma potremmo vederci… in qualche modo, del
resto neanche tu starai fisso qui quindi…” aveva cercato di spiegare lei,
mantenendo la calma.
Lui l'aveva guardata
malissimo, in quel momento sentì di detestarla profondamente lo aveva ferito a
morte e non se ne rendeva neanche conto.
“Il problema è un altro”
aveva cominciato a dire pacato “A te non te ne frega niente né di me né di
quello che posso provare, hai preso questa decisione da sola perché io non conto
un cazzo!”.
A quelle parole Aylén si
arrabbiò parecchio.
“Questo non lo dovevi
dire! Lo sai che non è vero! E se la pensi così devo dedurre che allora è
reciproco. Hai o non hai firmato un contratto poco più di un mese fa per nuovo
film?” gli aveva detto alzandosi in piedi.
“Sì, ma che centra?” aveva
risposto lui.
“Mi hai forse chiesto il
permesso? Me ne hai forse parlato? NO! Hai fatto quello che dovevi e poi me lo
hai detto. Allora spiegami perché non capisco, perché se lo fai tu va bene e se
lo faccio io no!”.
“Ma che razza di discorsi
fai? Mica vado in Australia a girarlo e mica sto via due anni io!” aveva
puntualizzato lui.
“No starai via certo due
anni ma nemmeno una settimana. Che cosa pretendi che rimanga a casa ad
aspettarti? O che venga in giro a rimorchio con te? E' questo quello che avevi
in mente?” gli aveva domandato lei.
Lui veramente non aveva
mai pensato a come si sarebbero potute evolvere le cose, però aveva dato per
scontato che ogni volta che sarebbe tornato, lei ci sarebbe stata. Aveva fatto
conto che si trasferisse a Los Angeles e che lavorasse lì.
Rimase in silenzio.
“Vorrei farti una domanda
e vorrei che tu fossi completamente e totalmente sincero. Se fosse capitato a
te, mettiamo che ti fosse capitato ora, in questo momento di essere chiamato a
girare Il Signore Degli Anelli, saresti dovuto andare in Nuova Zelanda per quasi
due anni giusto? Che avresti fatto?” gli chiese Aylén molto seriamente.
Lui si era accigliato
ancora di più.
“Sarei andato” rispose a
voce bassa, poi aggiunse veloce “Ma è una cosa totalmente diversa…”.
“Ah sì? E Perché? Perché
il tuo lavoro è forse più importante del mio? Grazie davvero per la
considerazione!” aveva detto lei amareggiata.
“Io non ho voglia di
discutere e soprattutto non ho voglia che tu mi faccia passare dalla parte del
torto quando invece ho ragione” aveva detto lui scostando malamente la sedia.
Poi si era girato e si era avviato alla porta.
“Vado fuori e so neanche
se e quando torno. Tu fai che cazzo ti pare vai via, resta… tanto faresti che
cazzo ti pare comunque!” e così dicendo se ne era andato sbattendo la porta.
Aylén era rimasta da sola
nella grande terrazza adiacente la camera di Orlando, dove lui aveva fatto
preparare la cena. Aveva curato tutto nei minimi particolari per festeggiare la
sua laurea. Cena al lume di candela in terrazza, la camera disseminata di tante
candele, addirittura un gran mazzo di tulipani bianchi, che lei adorava. Poi
avrebbe dovuto parlargli del regalo di laurea, una cosa speciale, ed infine
farle la proposta di andare a vivere lì, ma non aveva fatto in tempo a fare un
bel niente, neanche ad iniziare a mangiare, perché lei aveva sentito il bisogno
di parlargli subito.
Aylén continuò ad
osservare la stanza vuota e sospirò. Lo sapeva che l'avrebbe presa male, anche
se sperava che capisse. Decise di restare ad aspettarlo, magari quando sarebbe
tornato, forse con un po’ di calma avrebbero potuto chiarirsi.
Orlando aveva preso la
macchina ed era partito, dove volesse andare in realtà neanche lui lo sapeva.
Aveva vagato un bel po’ a giro per Los Angeles ed era sempre più incazzato. Non
voleva parlare con nessuno né confidarsi, questa volta l'aveva presa davvero
male. Il pensiero che lei sarebbe stata via due anni lo aveva mandato
letteralmente fuori di testa, pensò che questa volta era davvero finita, non
avrebbero retto tanto tempo così distanti. Questo pensiero lo fece passare in
modo immediato dall'incazzato al depresso cupo. Preso dalla disperazione se ne
fregò altamente del fuso orario e telefonò a sua madre. Era una cosa che faceva
solo in casi estremi e quello era un caso decisamente estremo, doveva parlare
con una persona che fosse in grado di aiutarlo e l'unica poteva essere solamente
sua madre. Stette quasi un’ora al telefono. Quando finì la lunga conversazione
era confuso. Sua madre non era il tipo di genitore impiccione e retorico, ma lo
conosceva bene ed era l’unica persona che fosse in grado di farlo ragionare.
Non bisogna confondere
mai le cose gli
aveva detto con dolcezza, Amare una persona non significa possederla. Non
significa volerla solo per sé. Amare profondamente una persona, significa avere
il coraggio di lasciarla libera, libera di volare, di camminare con le proprie
gambe e di realizzare le proprie aspirazioni. Se non è così, allora significa
che non è amore.
Non era ancora del tutto
propenso ad ammettere che sua madre avesse ragione, ma decise di rientrare a
casa; come arrivò, trovò Aylén in veranda a sedere che lo stava aspettando.
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Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
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CAPITOLO TRENTADUE ●
Nonostante l’arrabbiatura
non gli fosse proprio del tutto passata, vederla lì ad aspettarlo gli fece
piacere, ma per carità mica doveva darlo a vedere!
“Che ci fai qui fuori?” le
aveva chiesto brusco.
“Aspettavo te, mi pare
ovvio” aveva detto lei, rassegnata al secondo round.
Lui non rispose e rientrò
in casa. Si levò la felpa e la gettò in cucina da una parte, poi aprì il frigo e
notò che lei vi aveva riposto tutta la cena, che non avevano neanche toccato,
prese un vassoio a caso, si mise a tavola cominciando a mangiare.
Lei lo aveva seguito.
“Che fai?” gli aveva
chiesto Aylén, tanto per rompere il ghiaccio.
“Mangio!” aveva
bofonchiato lui con la bocca piena.
“Senti non possiamo
provare a parlarne cercando di rimanere sereni?” aveva detto la ragazza cercando
di usare tutta la dolcezza possibile.
Lui non le aveva risposto
e aveva continuato a divorare il cibo masticando con veemenza. Si era alzato ed
era andato nuovamente al frigo prendendosi da bere, ignorandola.
Lei era rimasta a sua
volta in silenzio, stava cercando un modo adeguato per farlo ragionare, ma
sembrava parecchio difficile.
“Insomma sei arrabbiato e
lo capisco, però comportandoti così non arriveremo mai a capo di niente,
bisognerà pur parlarne prima o poi!” aveva detto lei.
“Sto mangiando! E quando
mangio, mi urta il sistema nervoso discutere!” aveva sibilato lui che proprio
non aveva voglia di affrontare l'argomento. Era consapevole che avrebbe finito
col dargliela vinta del resto lo sapeva già da quando era rientrato. Non
l'avrebbe lasciata e avrebbe provato a stare con lei anche fosse andata in capo
al mondo. Tutto era meglio che perderla definitivamente, ma era troppo
orgoglioso e gli bruciava da morire dover abbassare la testa, quindi continuava
a tirare la corda facendo l'indisponente.
Aylén era sul punto di
perdere la pazienza.
“Va bene, aspetterò che tu
abbia terminato di mangiare” disse cercando di restare calma.
“Sì però non mi guardare,
mi da tremendamente fastidio essere osservato mentre mangio” aveva puntualizzato
lui.
A quel punto anche
l'ultimo residuo di pazienza di lei era andato a farsi benedire.
“Sai che ti dico? Buon
appetito e vaffanculo!” gli aveva risposto, girandosi indispettita.
“Dove stai andando?” le
aveva subito chiesto Orlando prima che uscisse dalla porta di cucina.
Lei si era voltata, era
davvero stufa di tutta quella scena, aveva detto stancamente.
“Me ne vado a letto a
dormire, sono le tre di notte, ho ancora un fastidio tremendo per il fuso orario
e sono distrutta. Mi dispiace darti tanto disturbo, ma a quest'ora non me la
sento proprio di prendere un taxi e tirarmi dietro tutte le valige, quindi se
non è un problema, dormo qui e domani mattina ritorno nel mio vecchio
appartamento!” aveva risposto Aylén uscendo definitivamente dalla stanza.
Lui non aveva risposto e
aveva continuato imperterrito a mangiare.
Lei era salita in camera
con un solo desiderio: dormire. L'indomani avrebbe deciso il da farsi. Poco dopo
lui la raggiunse. Entrò spedito in camera e la trovò che stava uscendo dal
bagno già pronta per la notte. Aveva addosso solo una canottiera nera e un paio
di slip.
Lei lo guardò malissimo.
“Che ci fai qui?” gli
chiese piuttosto seccata.
“E' camera mia, sono
venuto a letto” aveva risposto lui asciutto.
“Pensavo avessi il buon
senso di andare a dormire in un'altra stanza!” aveva commentato lei risentita.
“Anche se volessi, non
potrei. Non ci sono altre camere pronte, visto che non pensavo proprio che tu mi
facessi questa bella sorpresa! Davo per scontato che avremmo passato la notte
insieme, qui” aveva chiarito lui in tono polemico.
Lei non aveva risposto,
aveva sbuffato si era sciolta la coda e si era infilata a letto con un gesto di
stizza. Lui l'aveva guardata ed era entrato in bagno. Si era fatto la doccia, si
era lavato i denti e dopo aver indossato un paio di boxer puliti era entrato
anche lui nel letto.
Aylén s'era addirittura
coperta la testa con il lenzuolo e gli dava le spalle, lui incuriosito di sapere
se dormiva scostò un po’ il lembo che le copriva la testa.
“Che vuoi?” gli aveva
risposto male lei girandosi di scatto.
“Se vuoi ora possiamo
parlare” aveva risposto lui, che dopo aver fatto le bizze, aver mangiato ed
essersi lavato, cominciava ad esser più ben disposto.
“Ora non ne ho voglia io!
Se permetti ora dormo!” aveva risposto lei piccata ridandogli le spalle.
“Come vuoi” aveva risposto
Orlando spegnendo la luce.
Ma quel letto ad una
piazza e mezza era decisamente troppo piccolo per quella situazione precaria.
Non c'era verso di starci in due senza avere un qualche involontario contatto
fisico. Così la situazione cominciò a diventare piuttosto comica. Stavano fermi,
come se fossero imbalsamati ai margini del letto, ma se si muovevano appena era
del tutto inevitabile che finissero con lo sfiorarsi un braccio, una gamba, o un
piede. Dopo vari sbuffamenti di disappunto e scuse reciproche a denti stretti,
Orlando prese la parola.
“Via è inutile, tanto non
ci si può dormire in due senza neanche sfiorarsi!” aveva commentato in tono
rassegnato “E' molto tardi cerchiamo di fare le persone adulte, rilassiamoci e
dormiamo. Tanto se capita che ti tocco una gamba lo sai che non è volontario e
viceversa okay?”.
Aylén era veramente troppo
stanca per discutere e ne convenne con lui, era meglio rilassarsi e dormire,
infatti poco dopo, finalmente si addormentò profondamente.
Quando si svegliò era
molto tardi e il sole era già alto, filtrava illuminando tutta la stanza. Si
stiracchiò pigramente e si mise a sedere sul letto.
Orlando non c’era.
Aylén si lavò si vestì e
scese di sotto. Lo trovò in cucina che stava facendo colazione con fette
biscottate, marmellata, caffè e succo d’arancia. Era seduto a tavola in cucina e
indossava solo i pantaloni della tuta, stava appunto addentando una fetta
biscottata ricolma di marmellata, la ragazza girò i tacchi e fece per andarsene.
“Hei! Dove vai?” disse
subito lui.
“Non sia mai che ti urti
il sistema nervoso! Stai mangiando e detesti essere guardato mentre mangi… o mi
sbaglio?” aveva risposto lei con una frecciatina.
“Ma quello accade solo
quando ceno alle tre di mattina e sono incazzato come una scimmia, mica sempre”
aveva risposto lui serafico, “Dai siediti” le aveva detto poi in tono
decisamente vertente allo zuccherino andante.
Lei l’aveva guardato
sospettosa, ma aveva finito per mettersi a tavola con lui.
“Senti Orlando…dobbiamo
parlare” gli aveva detto Aylén appena seduta.
“Prima però mangia
qualcosa, non hai messo niente sotto i denti ieri sera” aveva risposto lui,
prendendo una fetta biscottata avvicinandogliela alla bocca.
“Non ho fame” aveva
risposto Aylén scostando leggermente la testa indietro.
Lui aveva insistito come
si fa con i bambini recalcitranti e alla fine era riuscito a infilarle in bocca
la fetta biscottata ricolma di marmellata.
“Lo vedi che riesci sempre
a farmi fare quello che vuoi tu?” stava protestando Aylén addentando la seconda
fetta biscottata “E’ per questo che non ti ho detto niente del mio lavoro, mi
avresti convinta a non accettare. Riesci sempre a spuntarla!” aveva concluso
costernata.
Lui l'aveva guardata poi
aveva vagato con lo sguardo per la stanza, senza fissare niente di particolare,
come se stesse riflettendo. Poi aveva fatto una smorfia arricciando il labbro
superiore, in segno di disapprovazione, come se gli scocciasse da matti quello
che stava per dire.
“Per come la vedo io è
l’esatto contrario, sei tu che mi rigiri come un calzino. E guarda che non è
cosa da tutti! Insomma non ho neanche trent’anni, ma cazzo ho un bel po’
d’esperienza, non è che sia proprio uno sbarbato di primo pelo, che si fa
infinocchiare tanto facilmente. Sono testardo e determinato e nessuno mi fa mai
cambiare idea… eccetto tu” aveva concluso abbassando la testa.
“Non è vero” aveva negato
lei scuotendo la testa
“Si invece!” aveva
protestato lui.
“Ma se fai sempre come ti
pare!” aveva detto Aylén.
“Veramente se qui qualcuno
fa cosa le pare e piace senza neanche avvertire quella sei proprio tu!” aveva
puntualizzato lui, poi aggiunse più seriamente “Perché non me lo hai detto
subito? Mi hai escluso da una cosa importante e non mi piace, mi ha fatto male”.
Aylén sentì una fitta allo
stomaco. Orlando aveva ragione. Lei aveva sbagliato a comportarsi così, aveva
finito con l’agire ancora una volta avventatamente, ma era pur vero che temeva,
come al solito, di non sapergli dire di no se lui l'avesse pregata di non
accettare.
“Mi dispiace” aveva detto
in un soffio.
“Pensi che basti dire:
mi dispiace?” aveva detto lui serio, ma non arrabbiato.
Lei non aveva risposto
subito. Fu lui a palare di nuovo.
“Davvero credi che ti
avrei impedito di andare?”.
“No, ma…” aveva accennato
lei incerta, poi rinfrancandosi aveva continuato “So come sei fatto, non mi dire
che non avresti provato a farmi cambiare idea! E io ti avrei assecondato, perché
lo sai che l’avrei fatto, lo sai perfettamente che non riesco a dirti di no. E’
Troppo importante questa cosa per me…” lui l’aveva interrotta “Non sono così
immaturo ed egoista!” aveva detto risentito.
“Non ho detto questo, ti
prego non mettermi in bocca cose che non penso!” aveva risposto lei costernata.
“Tu non mi ami, almeno non
abbastanza” aveva detto all’improvviso lui.
“Non dire idiozie! Che
cosa pretendevi da me? Che stessi qui buona e ferma ad aspettarti?” gli chiese
lei irritata.
“Potevi benissimo
continuare a lavorare a Los Angeles” aveva risposto Orlando.
Lei roteò gli occhi
piuttosto scocciata.
“Ti dissi subito che il
lavoro di Los Angeles era solo una cosa temporanea, non sono io che posso
decidere dove andare, sono appena laureata che credi che possa comandare e
disporre delle mie destinazioni come se fossi onnipotente? Mi hanno offerto
un'opportunità grandiosa e non posso rifiutare! Che vuoi che faccia? Vuoi che
dica che ci ho ripensato? Vuoi che stronchi la mia possibile carriera sul
nascere? E' questo quello che vuoi? Tu lo faresti per me?”.
Ovviamente lui non
rispose. Aylén aveva ragione, neanche lui l'avrebbe fatto.
“Dai vieni qui” le aveva
detto Orlando all'improvviso.
“Qui, dove?” aveva chiesto
lei con circospezione.
“Qui!” aveva detto lui
poggiandosi il palmo della mano sulle ginocchia.
“Grazie, ma sto già comoda
sulla sedia” aveva risposto lei facendo la sostenuta.
“E dai, vieni qui!” aveva
detto lui facendo la solita espressione imbronciata.
E come faceva a dirgli di
no? Era pressoché impossibile. Quindi si era alzata e aveva obbedito. Lui
l'aveva attirata a se sistemandosela per bene sulle ginocchia di fronte a lui,
circondandole la vita con un braccio.
“Mi mancherai moltissimo”
le aveva sussurrato in un orecchio.
“Anche tu, che credi
testone!” aveva risposto lei carezzandogli una guancia e sfiorandogli le labbra
con un bacio lieve.
Orlando aveva
improvvisamente allungato il suo braccio destro oltre la spalla di Aylén, verso
la tavola.
“Che fai?” aveva chiesto
lei curiosa.
Lui l'aveva guardata in
modo decisamente impertinente, poi senza dire niente aveva ritirato il braccio e
con la mano che aveva infilato nel barattolo della marmellata, le aveva
impiastricciato ben benino la bocca, spalmandole la gelatina appiccicosa tutta
intorno alle labbra con il pollice, osservandola compiaciuto e non solo. Lei
stava per protestare, ma lui era stato più veloce e aveva preso a succhiarle le
labbra,leccando la marmellata, insinuandole poi la lingua in bocca cominciando a
baciarla. Aylén che non era certo da meno, a sua volta aveva preso una bella
quantità di marmellata e gliela aveva spiaccicata con estrema cura su tutta la
faccia, come se lo avesse voluto lavare. Era molto soddisfatta e rideva.
“Molto interessante questo
giochino…” aveva commentato lui afferrando direttamente il barattolo dal tavolo
e leccandosi un angolo della bocca, sporco della rossa gelatina appiccicaticcia.
Lei lo aveva guardato
strizzando gli occhi e fingendosi scandalizzata e gli aveva detto: “Non penserai
mica di …”.
“Oh si! E non mi dire che
non ci hai pensato anche tu perché non ci crederò mai!” rispose lui decisamente
malizioso.
“Ma via... dai… e Ester...
dov’è ?” aveva detto lei leggermente preoccupata, temeva davvero che la donna
potesse arrivare da un momento all'altro a rimettere a posto la cucina.
“Ester non c'è.” aveva
risposto lui fissandola con una strana luce che gli illuminava lo sguardo “Non
la faccio venire mai quando ci sei tu” aveva concluso affondando l'intera mano
nel barattolo di marmellata. Poi con tono basso e deciso, aveva aggiunto
“Togliti la maglietta!”. Erano rimasti un secondo a fissarsi con espressione
complice e naturalmente, come sempre, lei lo aveva assecondato.
E' inutile dire come andò
a finire, fecero l'amore lì, proprio su quella sedia, costretti poi a farsi di
corsa una bella doccia visto che erano completamente impiastricciati di
marmellata dalla testa ai piedi.
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Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO TRENTATRE ●
Quello tra Orlando e Aylén
restava comunque un rapporto complicato. Il loro sentimento era sicuramente
sincero, reale e profondo, ma entrambi erano due persone dal carattere deciso e
forte. Conservavano in ogni caso uno spirito piuttosto indipendente ed erano
animati da una forte ambizione e dal desiderio di realizzarsi facendo ciò che
più gli piaceva: lui l'attore, lei la biologa marina. Avevano tutti e due
faticato molto per ottenere certi risultati ed era giusto che volessero
continuare a portare avanti le loro rispettive carriere.
Se, quando si erano
ritrovati a Los Angeles, per i primi tempi erano stati più guardinghi e
sicuramente più malleabili rispetto alla loro indole naturale, col passare del
tempo, la confidenza e la sicurezza che avevano acquistato li aveva
inevitabilmente portati ad agire secondo il loro naturale modo di essere. Era
logico quindi che ci fossero delle discussioni e delle incomprensioni. Erano
troppo simili e questo a volte li metteva involontariamente in competizione
creando forti contrasti, proprio come in passato. Non era una competizione
maligna a chi fosse più bravo o a chi la spuntasse per primo, solo che prima di
cedere tutti e due lottavano, perché erano combattenti per natura. Non
bisogna trascurare il fatto che tutti e due, essendo innamorati l'uno
dell'altra, erano possessivi e molto gelosi; sentimenti questi dettati
soprattutto dall'incertezza che entrambi avevano riguardo al loro futuro. Erano
perfettamente consapevoli che il tipo di vita che facevano e le professioni che
avevano scelto, avrebbero reso tutto tremendamente difficile e complicato.
Nonostante ciò, i due mesi che trascorsero insieme in attesa che Aylén partisse
per l'Australia furono molto belli, perché per fortuna, il sentimento che li
univa, era decisamente più forte di ogni altra cosa e prendeva sempre il
sopravvento anche nelle situazioni più ostiche e difficili.
In quell’ultimo periodo
avevano passato le loro giornate tra i rispettivi impegni di lavoro e la casa.
Non erano usciti quasi mai, passando il tempo molto tranquillamente isolati dal
resto del mondo. Per loro era infinitamente più semplice così, stare da soli
senza contatti con l’esterno, era una sorta di auto difesa che li manteneva
tranquilli e al riparo da eventuali problemi.
Finalmente Orlando era
anche riuscito a dare ad Aylén il famoso regalo di laurea. Era stato molto
evasivo al riguardo, l’aveva portata in un posto all’aria aperta nei pressi di
una specie di grande fattoria. Aylén non capiva.
“Ora dovresti girarti” le
aveva detto lui “E non barare! Stai ferma, voltata, fino a che non te lo dico
io” aveva concluso il ragazzo. Poi aveva fatto cenno a qualcuno che era alle
spalle di lei, aveva sorriso molto soddisfatto e aveva detto alla ragazza che
poteva guardare. Aylén si era girata e quello che si era trovata davanti l’aveva
lasciata incapace di reagire. La sorpresa e la forte emozione l’avevano colta
all’improvviso ed era rimasta immobile in preda alla commozione. Davanti a lei
fiero, nervoso e scalpitante c’era il famoso cavallo che era stato protagonista
di quel brutto incidente la vigilia della sua partenza da Siviglia.
“Beh? Non dici niente?”
aveva chiesto Orlando alle sue spalle.
Lei era rimasta ancora
ferma senza dire niente, allora lui lievemente in ansia le si era messo davanti
per guardarla negli occhi e con stupore si era reso conto che erano lucidi e
ricolmi di lacrime.
“Ma come? Io ti faccio un
regalo e tu piangi?” le aveva chiesto lui teneramente preoccupato.
Allora lei s’era asciugata
gli occhi con i palmi delle mani e finalmente era riuscita a parlare.
“E’ che non riesco a
trovare le parole adatte… non so proprio che cosa dire, hai fatto una cosa …
così bella…” e gli aveva gettato le braccia al collo.
“Menomale! Mi ero
preoccupato!” aveva risposto lui stringendola a se.
“Ma come hai fatto?” gli
aveva chiesto Aylén senza lasciarlo andare.
“L’ho comprato due giorni
dopo che eri partita, poi l’ho fatto venire qui…” aveva risposto lui leggermente
imbarazzato. Non era bravo in quel genere di cose, esprimere fino in fondo i
suoi sentimenti gli rimaneva sempre abbastanza difficile, preferiva agire, era
fatto così. Aveva acquistato quel cavallo perché all’epoca gli sembrava come di
aver fatto qualcosa per lei, occupandosene, e perché comunque gliel’avrebbe
ricordata.
“Ti amo così tanto!” gli
aveva detto lei con la voce rotta.
“Anche io … però per
favore smetti di piangere ora, mi fa uno strano effetto” le aveva detto Orlando
baciandola su una guancia.
“Sono solo molto felice ed
emozionata” gli aveva spiegato lei e lui s’era tranquillizzato.
Quel gesto aveva finito
con il causare un grande scompiglio nella testa di Aylén. Bisogna considerare
che pur essendo molto decisa era e restava sempre una giovane ragazza e quando
si è giovani si è anche inevitabilmente anche indifesi per certi aspetti. Non
sapeva più quello che voleva. Ovviamente diventare un’ottima biologa marina era
una cosa a cui teneva veramente tanto e a cui non avrebbe rinunciato ma… Era
proprio quel maledetto ma che la stava facendo andare fuori di testa.
Forse avrebbe potuto rinunciare all’Australia, forse avrebbe potuto sviluppare
la sua carriera in maniera diversa. Certo essere stati scelti da un istituto di
fama mondiale e altamente selettivo era una cosa che non si sarebbe ripetuta, ma
lei era innamorata e non voleva lasciare nemmeno Orlando. Tutto un tratto aveva
cominciato a temere che la lontananza avrebbe finito col dividerli e così nella
sua testa andavano prendendo corpo strane riflessioni. Più i giorni passavano,
più Aylén si convinceva che non sarebbe dovuta partire. Orlando aveva notato che
era strana, ma non ci aveva dato tanto peso, gli sembrava normale vista
l’imminente partenza. Anche lui aveva i suoi bei pensieri, però l’aveva presa in
maniera leggermente più ottimista. Ci sarebbe stato da viaggiare un sacco e si
sarebbero visti non molto spesso, però era pur sempre una situazione temporanea,
col dovuto impegno ce l’avrebbero fatta, o almeno lui lo sperava sinceramente.
Intanto non perdeva occasione per coccolarla e viziarla, era sempre molto
affettuoso e molto premuroso, voleva che lei conservasse un ottimo ricordo che
l’aiutasse a restare legata a lui, una volta che fosse stata lontana. Non poteva
certo saperlo, ma proprio quel suo atteggiamento metteva ancora più in crisi
Aylén.
Quella notte come le
accadeva sovente in quell’ultimo periodo Aylén era completamente sveglia. Era
rannicchiata tra le braccia di Orlando che era addormentato dietro di lei. La
teneva per la vita e le solleticava le spalle con un respiro regolare, tipico di
chi dorme pesante. Lei si scostò con delicatezza avendo cura di non svegliarlo,
e pian piano si sciolse da quell’abbraccio, alzandosi e scostando con cura la
zanzariera. Lui si mosse mettendosi supino e portandosi una mano sul petto, ma
non si svegliò. Aylén aprì la porta finestra e uscì sulla grande terrazza. Si
mise ad osservare le onde scuse che increspavano il mare. Era molto, troppo
confusa. Che doveva fare?
All’improvviso decise: non
sarebbe partita.
Non le importava più
niente dell’Australia e di tutto il resto, voleva solo restare con lui, in
quella casa a fare quella vita, tutto il resto le sembrava futile, inutile e
insignificante.
“Che fai in terrazza a
quest’ora? Sono le quattro perché non dormi?” si era sentita dire da Orlando che
svegliato dalla brezza che entrava nella stanza dalla grande porta finestra,
l’aveva raggiunta in terrazza.
“C’è qualcosa che non va?”
le aveva nuovamente chiesto.
Lei si era girata e
l’aveva guardato, aveva gli occhi abbottonati dal sonno e i capelli scompigliati
che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte ed ai lati del collo, era buffo
e tenero nello stesso momento.
“Va tutto bene, anzi
benissimo, torniamo a letto” gli aveva detto prendendolo per mano, avviandosi
dentro la stanza. Lui la seguì leggermente confuso, ma ancora troppo assonnato
per fare altre domande. Si rimisero nella posizione originale e lui prima di
richiudere gli occhi le sfiorò una spalla con un bacio.
“Orlando?” aveva detto
qualche secondo dopo lei.
“…Humm?” aveva mugolato
lui che stava per riaddormentarsi.
“Ho deciso una cosa…”
aveva cominciato a dire Aylén.
“Cosa?” aveva biascicato
lui tirandola ancora più a se.
“Non partirò più per
l’Australia, mi ritirerò domani stesso” aveva concluso lei.
Lui accese immediatamente
la luce mettendosi seduto sul letto.
“Come sarebbe?” aveva
detto svegliandosi di colpo.
“Ho capito che non
m’importa più niente di andare laggiù, ho preso una decisione troppo affrettata
e …”.
“Frena, frena, frena!
Quando hai deciso questa cosa?” le chiese lui serio.
“Adesso, ma in realtà ci
penso da molti giorni, voglio rimanere qui, con te”.
Lui abbassò la testa
riflettendo. Certo la tentazione era davvero forte. Sarebbe stato infinitamente
facile abbracciarla e dirle che se restava era l’uomo più felice del mondo, ma
quanto sarebbe durata? Quella vita che stavano facendo, non sarebbe comunque
stata quella definitiva, di lì a poco sarebbe partito anche lui per le riprese
del suo nuovo film e lei sarebbe rimasta sola lì, o nell’appartamento
dell’istituto di Los Angeles, ammesso che l’avessero ripresa a lavorare,
soprattutto dopo aver lasciato cadere l’opportunità australiana. Era fin troppo
chiaro che quella decisione improvvisa e repentina era stata presa sull’onda
dell’emotività, ma col tempo sarebbe potuta trasformarsi in un’arma a doppio
taglio. Rinunciando alle sue aspirazioni senza nemmeno tentare, avrebbe potuto
trasformare Aylén in una persona frustrata e infelice e lui le sarebbe apparso
come la causa, non poteva permetterlo. E poi le parole di sua madre gli
avevano fatto capire tante cose a cui prima non aveva mai minimamente pensato,
ora più che mai era deciso a non ostacolarla.
Ci mise un bel po’ di
tempo tentando di farla ragionare. All’inizio lei l’aveva presa male, pensava
che lui non la volesse tra i piedi. Orlando ci mise tutto l’impegno e la
pazienza e finalmente lei capì che lui aveva ragione, malgrado tutto.
“Perché è tutto sempre
così difficile!” aveva commentato Aylén alla fine di quella lunga conversazione.
“Non lo so…” aveva detto
lui “Credo che essere adulti comporti un certo numero di
rinunce a favore di alcune
conquiste, credo che ognuno debba fare la propria strada senza tentare
scorciatoie, insomma bisogna fare ciò per cui siamo portati e ciò che ci
gratifica, altrimenti non c’è molto senso in una vita che rischia di diventare
un cumulo di rimpianti… ” aveva concluso molto serio.
“Preferivo rimanere piccola!”
protestò lei sbuffando e facendo il broncio.
A quell’affermazione lui rise
divertito a volte sembrava
proprio una bambina. L’aveva abbracciata e aveva cominciato a baciarla, poi le
aveva insinuato una mano sotto la fine canottiera solleticandole la pancia e
salendo sempre più su.
“In effetti…” aveva poi
cominciato a dire “Non ci sono solo brutte cose da fare quando si è adulti… per
esempio… questo i bambini non lo possono fare…” aveva concluso con aria
malandrina.
“Quanto hai ragione!”
aveva esclamato lei “Comportiamoci da persone adulte!” aveva aggiunto
mordicchiandogli il collo.
***
Aylén era partita da
qualche mese e le cose avevano preso la loro direzione seppur tra mille
difficoltà. Lei e Orlando si vedevano quando e come era possibile, non molto a
dire il vero, anzi si vedevano davvero poco. Una volta era tornata lei a Los
Angeles, visto che lui si divideva tra il Messico e per l’appunto LA, per le
riprese del suo nuovo film. Altrimenti era stato Orlando a volare in Australia
tutte le volte che poteva prendere libero un fine settimana lungo, ma
complessivamente stavano dei periodi molto lunghi senza incontrarsi. Cercavano
però di mantenere, come potevano, fede a quella specie di patto che avevano
fatto all’aeroporto il giorno che lei era partita.
Neanche a farlo apposta
proprio il giorno della partenza di Aylén pioveva a dirotto, sembrava che tutto
dovesse essere più triste e cupo del dovuto. Orlando conservava una calma quasi
innaturale, che era tradita solo dallo sguardo smarrito e decisamente triste che
nonostante tutto cercava di nascondere come meglio poteva. Aylén era
agitatissima e nervosa, ma anche lei faceva del suo meglio per apparire calma e
tranquilla. Com’era prevedibile avevano cambiato idea un milione di volte sul
fatto se salutarsi a casa o se andare insieme all’aeroporto. Prima no, poi sì,
poi ancora no e alla fine avevano optato definitivamente per il sì. Orlando
l’aveva accompagnata di persona e poi aveva incaricato il suo assistente di
sbrigare con lei le modalità d’imbarco. Una volta fatto il ceck in, Aylén s’era
appartata con lui in una saletta vip, proprio perché nessuno li disturbasse,
ormai mancava veramente poco a quella separazione che volente o nolente era una
grossa incognita che gravava come una spada di Damocle sul loro futuro. Non
sapevano che dirsi e finirono per scambiarsi quelle frasi di circostanza,
tipiche delle partenze.
“Allora appena arrivi
chiamami” aveva detto lui con le mani in tasca dondolandosi da un piede
all’altro.
“Si stai tranquillo” aveva
risposto lei con lo sguardo smarrito.
“Non ti preoccupare andrà
tutto bene” aveva aggiunto Orlando fermandosi di colpo e carezzandole una
guancia protettivo.
“Si andrà bene…” aveva
detto Aylén ripetendo la frase come un automa, ferma immobile con lo sguardo
vacuo.
Erano poi stati interrotti
dall’alto parlante.
“I passeggeri del volo
A32 per Sidney sono pregati di presentarsi all’imbarco, uscita 48”.
Ci fu un attimo di
silenzio: era ora.
All’improvviso si erano
abbracciati talmente forte che quasi facevano fatica a respirare.
“Vengo a trovarti subito
appena posso” aveva detto lui.
“Anche io” aveva detto
Aylén in un soffio.
“Non ti libererai di me
tanto facilmente” aveva aggiunto lui tenendola ancora stretta carezzandole i
capelli.
“Lo spero e comunque vale
lo stesso per me” aveva risposto lei in preda all’angoscia.
“Ora vai” le aveva alla
fine detto lui sciogliendola da quell’abbraccio.
Lei si era fermata un
attimo e poi di slancio lo aveva baciato tenendogli il viso tra le mani. Poi suo
malgrado si era dovuta staccare e aveva detto con un filo di voce:“Allora…
vado... ci sentiamo al mio arrivo” poi senza aggiungere altro, lentamente si era
girata per andarsene, non voleva piangere e non l’aveva fatto, ma se restava
ancora lì sarebbe stato inevitabile. Lui, non disse e non fece nient’altro, si
girò subito e svelto si allontanò, sentì che nonostante si fosse imposto di
essere ottimista, i suoi occhi erano comunque umidi.
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Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO TRENTAQUATTRO ●
Sidney, alcuni mesi dopo
Aylén indossava un
semplicissimo abito di raso nero, modello sottoveste, con le spalline fini,
abbastanza scollato e appena sopra il ginocchio. Aveva come sempre i capelli
sciolti ed era anche leggermente truccata. Le labbra erano piegate in una specie
di smorfia indispettita e i profondi occhi scuri lampeggiavano di rabbia.
Orlando la stava guardando e pensava che era semplicemente bellissima, anche se
tremendamente furiosa.
“Che ci fai qui? Che sei
venuto a fare? Ti avevo detto di non venire!” gli aveva detto lei molto più che
irritata.
“Lo sai benissimo! Sono
venti giorni che ti neghi al telefono e quando rispondi, è solo per dirmi
parolacce, allora ho preso un aereo e sono venuto di persona per parlarne con
te”.
“Non ho nessuna intenzione
di ascoltarti e poi ho un appuntamento per cena” aveva detto lei tirando su una
gamba per allacciarsi il cinturino della scarpa destra alla caviglia, rimanendo
qualche secondo in equilibrio.
A quelle parole Orlando
s’era incupito non poco, aveva pensato che si fosse preparata così per lui e
invece, a quanto pare, aveva altri programmi.
“Un appuntamento con chi?”
le aveva chiesto con un tono tagliente che non prometteva niente di buono.
“Non credo che la cosa ti
riguardi, comunque vado a cena con un collega” aveva risposto lei asciutta.
“La cosa mi riguarda
ECCOME visto che stiamo insieme!” le aveva risposto piuttosto incazzato.
Lei gli si era piantata
davanti con le braccia incrociate e con un aria decisamente battagliera.
“Che cosa ti fa credere
che stiamo ancora insieme eh?” gli aveva sibilato.
“Piantala di dire
stronzate! Non ci siamo mai lasciati! Questa tua scenata è del tutto fuori
luogo. Mi spieghi che cavolo ti è preso? Che è successo? All’improvviso ti sei
messa a fare la matta e io non riesco a capirne il motivo. Cazzo mi sono fatto
un numero sconsiderato di ore di volo per venire da te, e per capire che diavolo
succede, e tu mi dici che vai a cena fuori con uomo? SCORDATELO! ” aveva detto
Orlando decisamente arrabbiato e al colmo dell’esasperazione.
Aylén si era spostata
verso il mobile dell’ingresso e aveva afferrato una rivista poi l’aveva tirata
dietro ad Orlando centrandolo in pieno.
“Vogliamo parlarne?” gli
aveva detto minacciosa “E allora parliamone! Chi è questa… questa… QUESTA vacca
seminuda, che ti sta spalmata addosso e che tu con molta non chalanche tieni per
i fianchi? Ma guardati! Hai un sorriso da deficiente che incanta, mentre lei ha
un’espressione tipo: Se te lo piglio ti ci vuole un collegio di
avvocati per riaverlo indietro! Allora? Che hai da dire in proposito?
Sentiamo! Sono proprio curiosa di ascoltare le tue cazzate!”.
Orlando aveva raccolto la
rivista e immediatamente aveva capito tutto.
“Ma non è come sembra, ero
ad una festa… e una tipa, non so nemmeno chi sia, si è voluta fare una foto… lo
sai come funzionano queste cose, sono le solite stelline in cerca di pubblicità…
c’erano dei giornalisti i soliti paparazzi ed è finita sul giornale, ma non la
conosco nemmeno! Non so chi sia!”.
“Bel discorso, bel
discorso davvero! Pretendi che ci creda?” gli aveva risposto lei scettica.
“Certo che lo pretendo! E'
la verità!” aveva detto lui infastidito, poi piuttosto contrariato aveva
continuato “Se tu fossi stata a Los Angeles con me, invece di essere qui, in un
altro continente, lontana miglia e miglia, lo sapresti con certezza! E non
staremo litigando per una cosa che non ha nessuna importanza”.
“Ah ecco che ci risiamo!
Batti sempre lì! Sarebbe colpa mia vero? Ma che rigira frittate che sei!”.
“Ma parliamo un po’ di te
signorina!” aveva cominciato a dire Orlando con un tono vagamente minaccioso
“Dov'è che vorresti andare con questa specie di camicia da notte che vorresti
far passare per vestito?” aveva concluso valutando la consistenza dell'abito di
lei tra l'indice e il pollice.
“Dove mi pare!” aveva
tagliato corto Aylén.
“Non penso proprio” aveva
risposto lui secco.
“Pensi di riuscire ad
impedirmelo?” lo aveva sfidato lei.
“Non ho intenzione di
obbligarti a rimanere qui, ma se esci da quella porta non mi rivedrai mai più,
te lo assicuro!” le aveva risposto lui con una calma che faceva davvero paura.
Aylén era rimasta
interdetta, sembrava molto deciso, ma anche lei lo era e quell’ennesima
fotografia l'aveva fatta star male da morire, quindi afferrò la borsa e si
diresse verso la porta.
Lui la seguì e un attimo
prima che mettesse la mano sulla maniglia le disse: “Attenta a quello che fai
Aylén, questa volta non te la darò vinta, se esci ti giuro che è davvero
finita!”.
Lei sapeva che stava
dicendo il vero, era troppo calmo e troppo deciso e poi lo conosceva bene, se
prometteva una cosa la manteneva a costo di scoppiare.
Si girò di scatto ancora
più arrabbiata e risentita.
“Neanche io intenzione di
dartela vinta! Se pensi che passerò sopra al fatto che te la spassi senza il
minimo riguardo, beh, ti sbagli di grosso!”.
Orlando, che aveva davvero
temuto che lei se andasse si rilassò, anche se incazzata più di prima, era
comunque rimasta.
“Come te lo devo dire che
non ho fatto NIENTE? E' lavoro, pubbliche relazioni, pettegolezzi idioti da
giornaletti scandalistici, è solo una foto ad una fottuta festa e nient'altro!
Credi che se me la fossi fatta con quella mi ci sarei fatto fotografare insieme?
Mica sono così idiota!”.
“Su questo non ci
giurerei!” aveva commentato lei sarcasticamente
“Mi stai dando
dell'idiota?” aveva chiesto lui risentito.
“Tu che ne dici?” aveva
risposto lei al volo.
“Dico che stai esagerando
come tuo solito, stai tirando troppo la corda, non mi fare incazzare più del
dovuto, questa volta non sono incline ad essere remissivo” le aveva detto lui
molto seriamente.
“Insomma io dovrei stare
zitta e buona seconda te, vorrei proprio vedere te al mio posto! Poi non capisco
perché una volta tanto non puoi evitare di abbrancarti a chiunque per farti le
foto! Come mai devi essere così estremamente affettuoso? Pensi che sia
scema?”.
“A volte è veramente
difficile stare con te” aveva sospirato lui come se riflettesse a voce alta.
A quelle parole lei si
sentì ferita, forse anche più del dovuto.
“Se la pensi così allora
trovatene un'altra” gli aveva risposto cambiando completamente tono di voce,
dall'arrabbiato era passata al triste tutto d'un botto.
“Non voglio un'altra, io
amo te” le aveva detto lui prendendola per le spalle e costringendola a girarsi.
“Che credi che io non provi le tue stesse paure? A te non ti fotografano di
certo, anzi sei molto più libera di me in tal senso. Potresti riempirmi la testa
di corna come un cesto di lumache io non lo verrei mai a sapere” aveva a detto
lui molto serio. “Ma io mi fido di te, cerco di non pensare a certe cose, anche
se arrivo qui e ti trovo vestita di tutto punto per uscire con uomo! Nonostante
tutto voglio credere che non era tua intenzione andarci a letto, perché credo e
spero che tu mi porti rispetto, mentre tu pensi subito male. Credi che ti
tradisca in continuazione? E' questo quello che pensi?” aveva concluso
costernato.
“Sei un tale ipocrita! Fai
il comprensivo quando poi in realtà mi controlli ogni minuto! Comunque sì, a
volte lo penso davvero!” aveva alla fine confessato lei senza neanche guardarlo
negli occhi.
“Grazie!” aveva risposto
lui sarcastico “Sono commosso dall'alta opinione che hai di me. A questo punto
mi chiedo che cazzo ci sto a fare io qui!” aveva concluso lui amareggiato.
“Ma che bravo!” aveva
commentato lei “Sai sempre toccare le giuste corde vero? Alla fine la colpa è
mia e tu sei la povera vittima! Sai cosa penso? Penso che se non avessi avuto la
coscienza sporca non saresti corso qui, ti conosco abbastanza bene. Penso che
sì, io ho un pessimo carattere: sono impulsiva e forse anche immatura, ma almeno
io quando ho torto chiedo scusa. Tu no! Tu devi sempre e comunque fare le cose
come ti pare e soprattutto hai sempre la giustificazione pronta! Una volta è
colpa mia perché ti provoco, un'altra perché agisco senza riflettere, un'altra
ancora perché sei confuso. La verità e che a te sta bene solo quando si fa a
modo tuo, quando ti assecondo, ma questa volta sopra non ci passo sopra neanche
morta mettilo in testa chiaro?”.
“Non ho fatto niente non
vedo di cosa dovrei scusarmi” rispose lui serio.
“Oh si che l'hai fatto, mi
hai mancato di rispetto e io non lo tollero più. Passiamo sopra il fatto che
nessuno deve sapere che stiamo insieme, posso capirlo anche se fino ad un certo
punto, ma che tu ogni volta ti debba far fotografare a destra e a sinistra, con
colleghe, ammiratrici, amiche o quel cazzo che sono, io non lo sopporto più! E
non ne frega niente se ci vai a letto o se non ci vai è comunque un modo di
comportarti che non mi piace”.
Finalmente dopo mesi di
rospi ingoiati a fatica Aylén era riuscita a parlare, ormai non aveva più paura
della reazione di Orlando, quella situazione per lei era davvero diventata
insostenibile e doveva risolverla in modo o nell'altro.
“Sai benissimo che il mio
lavoro…”.
“BASTA! Finiscila! Il tuo
lavoro non centra proprio niente! Non offendere la mia intelligenza per piacere,
ci sono un sacco di attori che si comportano in maniera molto più discreta di te
e non mi sembra proprio che la loro carriera ne risenta. Il punto è che sei
egocentrico, ti piace stare al centro dell'attenzione è per questo che ti
comporti così, almeno per una volta sii onesto cazzo!”.
Lui era rimasto in
silenzio, forse un pochino Aylén aveva ragione, in effetti era corso da lei come
un fulmine perché sapeva che ultimamente erano uscite diverse sue foto, visto
che aveva fatto vita mondana con più frequenza del solito, ma non aveva
intenzione di scusarsi né di darle ragione, era stanco e cominciava a pensare
che tutta quella storia era davvero troppo faticosa da portare avanti.
“Credo che ci abbiamo
provato, ma credo anche il tentativo sia fallito. Siamo caratterialmente
incompatibili e io sono veramente stanco di tutte queste discussioni” aveva
finito col dire Orlando, molto pacatamente.
“Sono d’accordo. Non sono
mai stata il tipo di donna adatta a te e mai lo sarò. Tu hai bisogno di una
persona malleabile e disponibile ad assecondarti, una persona remissiva che
tollera tutti i tuoi comportamenti e io non lo sarò mai. Quindi posso anche
andarmene a cena e uscire da questa porta, tanto è finita comunque” e con queste
parole Aylén uscì davvero.
Tutto questo si era svolto
nell'appartamento australiano di Aylén. Nella stanza accanto due persone un
tantino perplesse stavano chiedendosi se quel silenzio improvviso fosse buon
segno oppure no.
“Dici che hanno fatto pace
o…” aveva infine detto Reina preoccupata ad Alejo.
Alejo aveva consultato
l'orologio.
“Hanno discusso per venti
minuti abbondanti, direi che come tempo siamo nella media” aveva commentato
serafico.
I due ragazzi, che stavano
insieme da qualche mese dopo essere stati solo amici per più di un anno, erano
in Australia a fare le loro vacanze ospiti di Aylén.
“Come puoi essere così
cinico! Questa volta sembra una cosa seria” aveva risposto Reina contrariata.
“Non sono cinico, sono
realista! E' da quando li conosco che si comportano così, ormai mica mi stupisco
più!” le aveva spiegato Alejo.
“Sono troppo simili! Io
l'avevo detto fin dal principio” aveva commentato Reina scrollando la testa.
“In un certo senso hai
ragione, ma si vogliono molto bene però” rispose Alejo.
“A volte il bene da solo
mica basta e ho paura che questa volta…” aveva detto Reina seria.
“Mah! Non lo so, come
sempre dipenderà dalla capacità di ragionamento che sapranno usare, a volte si
comportano come due perfetti stupidi, pur non essendolo affatto. Io non credo
che sia ancora finita, non così almeno” aveva sentenziato il ragazzo, che
comunque si rendeva perfettamente conto della precarietà della situazione.
“Vogliamo andare di là a
vedere cosa è successo?” aveva chiesto Reina.
“No. Decisamente non sono
fatti nostri. Piuttosto perché io e te non ce ne andiamo a farci un bel giretto,
magari dopo una romantica cenetta?” aveva alla fine proposto Alejo a Reina.
“L'idea non suona affatto
male” aveva risposto la ragazza sorridendo e insieme mano nella mano erano
usciti.
L'unico che era rimasto in
casa era Orlando, ma era molto probabile che anche lui si sarebbe trattenuto per
poco.
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Capitolo 35 *** Capitolo 35 ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
●
CAPITOLO TRENTACINQUE ●
Aylén non appena rientrò,
aprì la porta della sua camera e slacciatesi le scarpe le fece volare
distrattamente sul pavimento sospirando, si passò una mano tra i capelli con un
gesto distratto. Decisamente quella, per lei, non era una sera tra le più
felici. Anzi a dire il vero era proprio una serata funesta, anche se in cuor suo
la speranza non era proprio morta del tutto. Non sapeva bene perché, ma questo
era ciò che avvertiva. Poggiò le chiavi di casa sul cassettone e accese la luce.
Si girò e cacciò un urlo.
“Se volevi farmi prendere
un infarto ci sei quasi riuscito!” disse col fiato corto ad Orlando, che se ne
stava appoggiato dietro lo stipite della porta e che le era apparso
all’improvviso, riflesso nello specchio davanti a lei.
“Cena veloce eh? Siete
andati in un fast food per caso?” chiese ironico alzando un sopracciglio, visto
che lei era stata fuori solo tre quarti d'ora.
“E tu? Non dovevi
andartene?” rispose lei alzando un sopracciglio sua volta.
Rimasero un secondo ad
osservarsi, entrambi con un espressione vagamente ironica dipinta sul viso, poi
improvvisamente scoppiarono tutti e due a ridere.
“Rido, ma sono incazzata”
puntualizzò lei cercando di essere seria.
“Oh, ma anche io sono
incazzato nero” gli fece eco lui ridacchiando.
Ci fu una breve pausa.
“Ma perché ci comportiamo
così? Non è un tantino infantile?” chiese improvvisamente Orlando sempre
sorridendo.
Lei non rispose. Si
diresse spedita verso il letto e aprì il cassetto del comodino. Tirò fuori
alcune riviste, le sparpagliò sul letto e sfogliandone una puntò il dito su una
fotografia nella quale Orlando era ad un party, davanti a due ragazze abbastanza
discinte, e si era alzato la maglietta per mostrare il suo tatuaggio, una delle
ragazze stava appunto toccandolo con un dito.
“Dato che hai introdotto
l'argomento vogliamo parlare di cose un tantino infantili? Dimmi questo
come lo classificheresti? Comportamento adulto forse?” gli chiese con tono
polemico.
Lui rimase un attimo in
silenzio, poi disse “Ma che hai fatto la collezione?” poi tentò di giustificarsi
“Vabbè via… dai è una cazzata, si rideva si scherzava, avevamo bevuto un po’
tutti… che male c'è?” ma vedendo che lei continuava a guardarlo storto continuò
“Ammetto che sono un pochino egocentrico, del resto è normale, se non lo fossi
non farei questo lavoro. Stare al centro dell'attenzione è una delle peculiarità
di questo mestiere ma…” disse lui cercando di spiegarsi come meglio poteva.
“Ma che?” chiese lei per
niente convinta dalla tesi di lui.
“La prendi troppo sul
serio” rispose Orlando dolcemente.
“Può darsi” disse lei “Ma
purtroppo certe cose mi fanno stare male e io non ci posso fare niente” rispose
piuttosto asciutta.
Orlando si grattò la
testa, non era facile, non era mai stato facile e neanche questa volta era
diverso.
“Penso che a volte si
fanno delle cose senza rendersi conto di far soffrire le persone a cui vogliamo
bene. Io sono fatto così, agisco d’impulso, senza pensarci troppo e non mi rendo
conto che in certi frangenti esagero. Portare avanti questa storia è dura, a
volte è così dura che mi viene voglia di mollare, ma poi penso che in realtà tu
sei tutto quello che inconsciamente ho sempre voluto. Sei bella, intelligente,
indipendente, determinata, aggressiva ma dolce, dispettosa, provocante,
permalosa amabile e detestabile, insomma: perfetta proprio con tutti i tuoi
pregi e difetti. Non posso ancora separami da te perché nonostante tutto il
rapporto con te arricchisce la qualità della mia vita, mi stimola e in un certo
senso mi migliora e fino a che sarà così io non potrò fare a meno di te.”
Orlando fece una pausa, tutto questo discorso era stato davvero molto difficile
da tirare fuori.
Aylén fece per parlare ma
lui le fece segno di no, “Non ho ancora finito” disse. “Per quanto concerne la
segretezza riguardo la nostra relazione non è un capriccio, ma una necessità.
Non intendo condividere col resto del mondo la mia vita privata e soprattutto i
miei sentimenti! Sono cose mie, strettamente personali, di cui sono estremamente
geloso. Oltre questo non ti rendi neanche minimamente conto che saresti tu
stessa oggetto d’inseguimenti, tartassamenti vari che ti assicuro a volte sono
davvero spiacevoli. Capisco che è dura ma lo sapevamo fin dall’inizio tutti e
due, credo che potresti fare anche un piccolo sforzo per cercare di capire. E
poi non temere, sarà solo questione di tempo, prima o poi ci beccheranno e la
cosa diventerà inevitabilmente di dominio pubblico” concluse infine sospirando
rassegnato.
Aylén lo guardò di
sottecchi, certo che era davvero bravo, pensò, trovava sempre il modo di
aggiustare le situazioni. Però era anche vero che nonostante tutto, lei lo amava
e non riusciva a non giustificarlo anche quando sbagliava.
“In quanto ad
imperfezioni, o difetti come dir si voglia, anche tu non sei da meno mio caro!”
gli disse con aria di chi a voglia di sfottere ben benino.
“Ah sì!” disse lui
incrociando di nuovo le braccia al petto, “Sentiamo, che poi ti rispondo a
tono!” concluse sornione, dato che aveva mangiato la foglia.
Così era partita
nuovamente quella sorta di sfida bonaria, che comunque caratterizzava il loro
rapporto, ma anche e soprattutto che faceva parte del loro personale e
rispettivo carattere.
Lei si batté l'indice sul
mento e alzando gli occhi con fare pensoso e diede il via al duello verbale.
“Dunque direi innanzi
tutto : vanesio!” disse senza poter trattenere un sorrisino.
Lui alzò ancora una volta
il sopracciglio e per niente smontato rispose a tono “Tu invece sei
esageratamente polemica”.
“Sei testardo” disse lei.
“Senti chi parla!”
ridacchiò lui.
“Io sono più malleabile!”
si difese lei.
Lui rise forte “Ma quando
mai! Ma se sono sempre io che faccio il primo passo!”.
“Però io ti assecondo
sempre non puoi negarlo” rispose lei puntandogli l'indice contro.
Orlando allora si cimentò
in una delle sue solite uscite da faccia da schiaffi che gli riuscivano sempre
particolarmente bene, del resto era una sua dote innata.
Si strusciò le unghie
sulla maglia e poi si soffermò a guardarle, quindi con aria di chi la sa molto
lunga le disse: “Per forza! E' praticamente impossibile resistere al mio fascino
magnetico e carismatico”.
Lei aprì la bocca e
corrugò la fronte, con un espressione simile a quella di qualcuno che riceve
un'illuminazione divina, poi gli disse fingendosi contrariata “Ma che
presuntuoso, egocentrico e fanatico!”.
“Naaaaaa, diciamo che sono
solo consapevole… delle mie doti naturali” disse lui molto divertito. “Ma dimmi
una cosa” riprese a dire con tono lievemente più serio di quello che aveva usato
fino ad allora “Ma dove cacchio sei stata vestita di tutto punto per…” controllò
l'orologio “Quarantasette minuti esatti? A consumare una cena liofilizzata?”.
Lei sorrise soddisfatta,
era molto contenta di aver fatto centro.
“Ti piacerebbe che te lo
dicessi eh?” rispose con tono provocatorio.
“Non usare il
condizionale, lo voglio sapere e sul serio!” rispose lui senza scherzare tanto.
Lei rimase un attimo in
silenzio, del resto farlo friggere un pochino non sarebbe stata una cattiva idea
e infondo se lo meritava.
“Non mi muoverò da qui
fino a che non me lo dici, del resto sono rimasto apposta” puntualizzò lui
deciso.
“Sono stata a casa di
un'amica” cominciò a dire lei “Non avevo nessun appuntamento con nessun collega,
volevo solo farti sentire che cosa si prova… in certi frangenti” confessò
candidamente lei guardandolo con aria tra il divertito e il dispettoso.
Lui si sentì decisamente
meglio anche se a dire il vero aveva immaginato qualcosa di simile, visto il suo
tempestivo rientro, ma una punta di rabbia lo investì suo malgrado.
“Posso anche capire questa
tua reazione, ma quello che proprio invece non capisco, è perché te ne sei
andata, io ti avevo detto che se te andavi era finita…” disse lui molto
seriamente.
“Ma sei qui però” gli fece
notare lei con una punta di soddisfazione nella voce.
Decisamente una pessima
risposta quella di Aylén. L'orgoglio di Orlando ebbe un'impennata improvvisa.
“Hai ragione, mi ha appena
ricordato che sto facendo per l'ennesima volta la figura del coglione!” rispose
lui abbastanza contrariato e punto sul vivo. Si girò di scatto e afferrò il
giubbotto con un gesto di stizza. Va bene essere innamorati, va bene ingoiare
l'orgoglio e rimangiarsi le frasi, ma a tutto c'era un limite e lui sentiva di
averlo ampliamente superato.
Aylén fu colta
all'improvviso dal panico.
“Ma che fai?” gli chiese
con voce quasi flebile e preoccupata.
“Quello che avrei dovuto
fare prima: me ne vado!” rispose lui accigliato e deciso, gli era presa proprio
male.
“Non dirai sul serio?”
aveva risposto lei allibita. Del resto non capiva come quella conversazione
decisamente ironica e piuttosto tranquilla, fosse passata da un tono quasi
conciliante e sicuramente goliardico, ad tono decisamente negativo e
pericolosamente definitivo.
“Ti sembra che stia
ridendo?” aveva risposto lui sarcasticamente “Tu devi sempre e comunque andare
oltre vero? Non riesci a fermati, non riesci a piegarti neanche una
volta, io faccio un passo avanti e tu non mi tendi la mano, no signora, ne fai
due indietro! Bene questa volta hai davvero colmato la misura!”.
Aylén si sentì
all'improvviso smarrita, com'è che erano arrivati a quel punto? Erano davvero ad
un passo dal classico non ritorno bastava un soffio e tutto sarebbe
finito lì. Deglutì a fatica e sentì il sudore nei palmi delle mani. Doveva
assolutamente fare qualcosa, così decise improvvisamente di fare ciò che lui
faceva spesso con lei. Gli prese la mano e intrecciò le sue dita con quelle di
lui, poi poggiò la fronte sulla sua spalla e disse: “Ma io non voglio che tu
vada via” poi aveva continuato “Io posso anche ammettere che sono forse... e
ribadisco forse, un po’ troppo gelosa, ma è più forte di me, tutte le volte che
passo davanti all’edicola mi prendono i cinque minuti e… finisco per chiedermi
chi me lo fa fare, ecco! Magari sbaglio, però anche tu cerca di capire non è
affatto facile per me”.
Lui era rimasto fermo
senza dare alcun segnale né negativo, né positivo.
“Anche io mi chiedo la
stessa identica cosa e vorrei per l'appunto una risposta chiara da te: chi te lo
fare di stare con me?” aveva infine detto molto serio.
Lei alzò la testa e lo
guardò.
“Ma lo sai benissimo il
perché!” rispose.
“Lo voglio sentire detto
a chiari toni” disse lui quasi piccato.
Lei era così restia a
dirgli ti amo, lo aveva fatto solo un paio di volte o poco più, e questa
cosa a lui pesava. A lui piaceva sentirselo dire, ma lei era del parere che le
parole contano poco e quindi, sempre secondo lei, glielo dimostrava con i fatti
e non c'era bisogno che glielo ripetesse in continuazione. Lui continuava a non
essere d’accordo e quella sera s'era impuntato di brutto.
“Va bene” disse lei che
aveva perfettamente capito che cosa volesse lui “Tu sei una persona speciale.
Imprevedibile e solare. Sei intelligente e sensibile, hai un dono: sai come
prendere le persone. O almeno sai come prendere me, sai farmi ragionare, sai
tenermi testa e mi fai sentire importante. Certo quando fai il cretino ti
tirerei volentieri il collo, ma questo solo perché ho paura di perderti. Anche
tu hai migliorato e migliori la qualità della mia vita e…”.
“E…?” gli fece eco lui non
ancora del tutto soddisfatto.
Lei lo guardò non potendo
trattenere un sorriso, quella sua forma di fragile insicurezza la inteneriva e
glielo rendeva ancora più vicino.
“E ti amo moltissimo, più
di quanto le parole potrebbero mai spiegare” gli disse finalmente lei.
Orlando si sentì
sciogliere come il burro in padella.
Era strano non aveva mai
dato peso a quelle cose prima d'ora, ma da lei voleva decisamente tutto: anima e
corpo, senza mezze misure. In quel momento lei gli aveva dato l'anima, ora era
giunto il momento di avere anche il corpo.
“Baciami!” le aveva
ordinato.
Eccolo lì, il solito
Orlando, aveva
pensato Aylén vagamente divertita. Decise di accontentarlo, anche perché lo
desiderava anche lei, ma non senza rinunciare ad una piccola forma di simpatica
e personale vendetta.
Allungò un braccio e con
le dita prese a sfioragli i capelli dietro la nuca, appoggiò le labbra dietro
l’incavo del suo orecchio e cominciò a tempestargli il collo di piccoli baci,
poi passò tormentarlo con la lingua. Molto lentamente e con molto metodo, del
resto conosceva assai bene i suoi punti deboli. Quando si accorse che lui era
quasi partito del tutto all’improvviso gli dette un morso piuttosto forte.
“AHI! Ma sei matta?” disse
lui staccandosi all’improvviso e portandosi la mano sul collo, guardandola
allibito.
“Una piccola punizione per
le tue intemperanze!” ridacchiò lei lanciandogli uno sguardo birichino.
“TU…” le disse Orlando
riducendo gli occhi a due fessure e puntandole l'indice contro “Tu sei
pericolosa!” concluse con un mezzo sorriso a fior di labbra.
Lei gli circondò il collo
con le braccia e gli disse “Oh si! Sono estremamente pericolosa… attento a
quello che fai o potresti ritrovarti con qualche accessorio in meno
…quando proprio non te lo aspetti, caro mio!”.
Orlando decise di non
indagare a quale tipo di accessorio si potesse mai riferire lei.
“Sono sempre stato
attratto dalle cose pericolose e non mi fanno certo paura!” aveva risposto con
aria sicura “Ma a dirla tutta mi sarei rotto di stare parlare” concluse
perentorio. In maniere fulminea passò direttamente ai fatti. Scostò con
delicatezza le fini spalline del vestito di Aylén che scivolò morbidamente sul
pavimento, formando una specie di nuvola ai piedi della ragazza. Cominciò a
baciarla e le sue mani presero a vagare sulla pelle di quel corpo conosciuto che
gli apparteneva. Lei non era certo rimasta passiva, aveva spostato entrambe le
mani sui bottoni della sua camicia e con una rapidità quasi febbrile, lo aveva
liberato da quell'indumento, lasciando che i loro corpi si potessero finalmente
sfiorare senza alcuna barriera. Si diressero veloci sul letto, dove in con un
gesto rapido e impaziente le riviste che erano state sparpagliate poco prima,
volarono a terra e…
come si suol dire:
Tutti i salmi finirono in Gloria!
***
Qualche tempo dopo….
“Stai scherzando vero?”
chiese Orlando ad Aylén seriamente preoccupato.
Aylén lo guardò con aria
vagamente smarrita e con sorpresa del ragazzo anche piuttosto impaurita.
“Il fatto è… cioè…
insomma… ecco… io” farfugliava lei come a voler prendere tempo.
“Sì? Dai parla, non mi
tenere sulle spine” le chiese lui agitato.
“Non so come dirtelo… ma
io… io non mi sento ancora pronta ecco” era riuscita a dire lei alla fine, non
senza fatica e con una punta di vergogna.
“Come? E me lo dici ORA?
Ora che siamo qui, sulla soglia? Cazzo non lo potevi dire prima! Al limite
bastava anche ieri sera, un'ora fa, ma ora…” rispose lui sconcertato e allibito.
Lei si sentiva in colpa ed
era parecchio agitata, ma porca miseria non poteva farlo per forza.
“Lo so è vero hai ragione…
vuoi la verità?” disse Aylén.
“Certo che voglio la
verità… Cristo Santo ci stanno guardando tutti!” Orlando era davvero sconsolato.
Lei prese fiato per
cercare le parole giuste.
“Insomma, quando mi hai
chiesto di fare questo passo insieme, mi sembrava una bella cosa, anche
se a dire il vero, mi sono agitata subito. Però l'avevi messa così bene. Mi
sembrava davvero così romantica, ma ora… beh ora … se proprio lo vuoi sapere io
ho paura e proprio non me la sento, io non ce la faccio proprio!”.
“PAURA?” le chiese lui
sbigottito “TU hai paura? Non ci posso credere!”.
“Che c'è di strano eh?
Sono un essere umano come tutti io! Non posso avere le mie paure?” rispose
risentita lei.
“Non avrei mai creduto che
tu avessi paura di farlo, scusa ma perché non me ne hai parlato, potevamo
ripensarci, farlo più avanti… magari quando ti sentivi davvero pronta… non ti
capisco” aveva detto lui costernato.
“Ci tenevi così tanto, e
io non sapevo come dirti che non volevo proprio farlo…” provò a giustificarsi
lei.
“Ho capito! Mica era un
obbligo! Così mi fai fare la figura del cretino!” s'era risentito lui.
“Ma quante storie! Non
saremo mica i primi che rinunciano all’ultimo momento!” disse lei spazientita.
“E chi se ne frega degli
altri scusa! Ora qui ci siamo io e te!” aveva risposto lui contrariato. “Dovevo
dare retta alla tua amica Reina, mi aveva avvertito mi aveva detto che non eri
pronta e che sei sempre stata contraria, ma non ci potevo credere…” concluse lui
sconsolato.
“Via non può esser così
tragico, magari possiamo farlo… la prossima volta che vieni?” provò a proporre
lei speranzosa.
“No, guarda non ci penso
proprio, se lo facciamo lo facciamo ora, altrimenti non credo che mi azzarderò
mai più a riproportelo” aveva detto lui deciso.
“Però sei un pochino
stronzo! Praticamente se mi dici così mi obblighi!” si era risentita lei.
“Certe cose o si fanno
subito o non si fanno più! Fidati ormai lo so per esperienza!” aveva detto lui
serafico.
Lei aveva sospirato forte,
mamma mia in che situazione incresciosa s'era andata infilare e tutto perché?
Perché non aveva avuto il coraggio di ammettere con lui che aveva paura. Aylén
maledì mentalmente la sua testaccia dura e il suo orgoglio maledetto. Fece
nuovamente un sospirone, chiuse gli occhi e disse tutto d'un fiato “Via,
facciamolo e non ci pensiamo più!”.
“Sicura?” aveva chiesto lui
per accertarsi che fosse veramente decisa.
“Orlando per favore non me lo
chiedere più sennò domani mattina siamo ancora qui, ho detto facciamolo e non ci
torniamo sopra!” concluse lei sperando che il tutto finisse il prima possibile.
Lui le prese entrambi le mani
le sfiorò le labbra con un bacio e poi le disse “Tranquilla amore, al massimo ci
sfracelliamo insieme!”.
Tipico umorismo del cazzo inglese
pensò lei irritata. “Che culo!” gli aveva risposto
con una smorfia sarcastica dipinta sul viso.
“Ma come non lo trovi
romantico? Morire come Giulietta e Romeo?” aveva detto lui ridacchiando.
“Con tutto il rispetto per
Shakespeare, trovo che Giulietta e Romeo siano stati due emeriti imbecilli, poi
se non la fai finita di dire stronzate, mi fai incazzare e non lo faccio più per
davvero!” aveva risposto Aylén costernata e anche un po’ stizzita.
“Va bene, va bene, allora
al tre okay?” aveva detto Orlando soddisfatto.
Aylén non rispose, era
davvero terrorizzata, gli strinse le mani piantogli le unghie nella carne come
per artigliarlo e giurò a se stessa che quella era davvero l'ultima volta che
gliela dava vinta a priori, quindi al suo tre, come deciso si lanciò nel vuoto
insieme a lui.
“Vergine Santissima di
Guadalupe! Non si possono guardare! Che cosa idiota!” aveva commentato Reina
quando li aveva visti lanciarsi dalla piattaforma legati a quell'elastico che da
laggiù sembrava estremamente fine.
“Perché secondo te di
solito fanno cose parecchio intelligenti quei due?” aveva detto Alejo poi aveva
aggiunto “Ma, toglimi una curiosità, com'è possibile che una come Aylén abbia
paura a fare il bunjie jumping?”.
“L'elastico! Lo trova uno
strumento precario e inaffidabile, diverso dalla vela del deltaplano, da un
canotto e via discorrendo, lo ha sempre detestato e non ha mai voluto provare a
farlo, anche se suo cugino glielo ha proposto molte volte” poi s'interruppe un
attimo, guardò Alejo molto preoccupata e con una punta di terrore nella voce
gli chiese “Tu non mi chiederesti mai di fare una cosa del genere vero?”.
“No guarda al massimo ti
posso chiedere di fare lo scivolo ai giardini!” aveva ridacchiato lui e poi
l'aveva baciata.
Intanto Orlando e Aylén
con continuavano a rimbalzare a testa in giù.
Strano ma quello sport
sembrava essere proprio l'essenza del loro rapporto, un vero e proprio salto nel
buio:
…Un salto e via
sento la scia
sono il centro
dall'universo…
…Salto nel blu
a testa in giù
evitando di toccare
il fondo.
Poi di colpo su
nel cielo blu
legato dalla vita
lancio la mia sfida
con un grande
salto…
Ma sarebbe durata? E
quanto?
… E chi lo sa!
Del resto il futuro è un
incognita per tutti!
* FINE
*
Note:
Alcune curiosità su questa Fic
E’ stata una specie di sfida per me scrivere
questa storia, perché come ho spiegato non credo molto nell’amore ecc… ecc...
Non so se sono riuscita nell’intento, ma questa voleva essere più che altro una
storia d’amore ^_^
Le location da me citate sono realmente
quelle del film The Kingdom of the Eaven.
Leggi qui
Per quanto riguarda il rafting sul fiume
Guadalquivir che si trova realmente a Cordoba probabilmente ho detto una
scemenza, come se avessi fatto fare rafting nel Tevere. Purtroppo mi sono
smazzata una giornata intera su internet per trovare un posto più reale, ma
avrei dovuto farli spostare sulla Sierra Nevada e mi si allungava troppo la
trama, quindi prendetela come una “licenza” da fic ^_^
I nomi dei personaggi spagnoli non sono
inventati ma li ho trovati su questo
sito in particolar modo quello di Aylén ha un
significato particolare se volte potete leggerlo
qui.
Il testo
finale sono due strofe della canzone
“Il
grande salto”
di Raf.
Ringrazio davvero tutti quelli che si sono
fermati a leggere questa mia nuova divagazione sia chi ha recensito, sia chi non
lo ha fatto!
Ringrazio in particolar modo Mandy supporto
insostituibile senza la quale forse non ce l’avrei fatta ad arrivare in fondo
GRAZIE!
Grazie ad Anjulie che con le sue parole anche
troppo belle che forse non merito neanche, mi ha dato un grosso aiuto e una
grossa spinta.
Grazie 1000 a Conty, Gal, Kiria, Sara,
JulyAneko, Frodina, Carolina, Dolcemaia e a mami che ha sopportato le mie
paranoie talvolta eccessive.
Un particolare grazie a Roy che con i suoi
interventi mi ha aiutata tantissimo senza saperlo in dei brutti momenti.
E
naturalmente GRAZIE Orlando! Grazie di esistere ciccio! Senza di te la vita
sarebbe un pò più grigia e io sarei costretta a dire molte meno bischerate!!!
^_^
A questo proposito vorrei precisare, perché
ci tengo molto, che non sono una persona presuntuosa e piena di sé, accetto
critiche se vorrete farmele, a patto che siano costruttive e che mi aiutino
veramente a capire le mie lacune, come ha fatto Albachiara che ringrazio. Tutto
ciò per spiegare che alcune polemiche che si sono innescate potevano essere
evitate, se chi non ha gradito questa fic avesse avuto la maturità di spiegarne
il motivo, perché come dice la stessa Erika nelle spiegazioni del sito dire
“Questa fic è brutta” o “ Questa fic non mi piace” non serve a nessuno, né a chi
la legge né a chi la scrive. Ho fatto questa piccola precisazione perché MAI
vorrei passare per una che si sente brava o che se la tira, chi mi conosce sa
che niente è più lontano dalla realtà.
Vi saluto e vi ringrazio nuovamente tutti con
affetto, dicendovi che è molto probabile che tra un po’ di tempo (ma non so
quando) è possibile che leggerete un’altra storia incentrata su questa coppia!
Se volete potete considerala una promessa o
una minaccia, prendetela come più vi aggrada! ^_______^
Un abbraccio Moon
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