BIRTHDAY GIFT (L'apparenza inganna)

di Moon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

Disclaimer:Questa storia è stata scritta per divertimento. Non è mia intenzione offendere Orlando Bloom, nonè colpa mia se con quella faccia che si ritrova continua ad ispirarmi plot, scusa Orlando ma è più forte di me!  Non ho mai voluto mancarti di rispetto, trattasi solo di pensieri e fantasie tradotti in parole. Ovviamente le situazioni da me descritte sono esclusivamente frutto della mia immaginazione, decisamente TROPPO fervida.

 

Chiedo scusa anche a Kate Bosworth, vale lo stesso che ho detto per il suo celebre fidanzato, insomma Kate se state insieme che ci posso fare io? Mi tocca tirarti in mezzo mio malgrado, ma sicuramente sei una ragazza sportiva e siccome stai insieme ad un personaggio pubblico, sono sicura che la prenderai sportivamente e sopporterai rassegnata i miei deliri. Non ho mai voluto mancarti di rispetto, trattasi solo di pensieri e fantasie tradotti in parole. Ovviamente le situazioni da me descritte sono esclusivamente frutto della mia immaginazione.

 

NOTA:. Vi chiederete perché non abbia segnalato questa storia come commedia... beh nella vita a tutto c'è un perché lo scoprirete leggendo. Non è una vera e propria commedia anche se all'inizio pare, poi sarà comunque brillante ma ... Mi dispiace ma mica posso spoilerare! In questo capitolo sarà usato lo spagnolo che io NON conosco affatto, mi sono aiutata con alta vista, chiedo UMILMENTE scusa per gli strafalcioni che avrò sicuramente scritto, e se qualcuna che sa la lingua spagnola mi volesse correggere lo faccia pure ed io eseguirò!

 

ATTENZIONE!!  diversamente dalle altre storie che ho scritto questa è decisamente un pò più ... come dire... pepata? Insomma le scene di sesso saranno un poco più esplicite, ma a mio avviso non tanto da farne un NC17, però preferisco avvertirvi. Un bacio e buona letture

 

Dedicata a Persephone(te lo avevo promesso)  Cowgirlsara( sperando di strapparle un sorriso) e  ovviamente all'immancabile Mandy (perchè esiste!)

 

 

BIRTHDAY GIFT (L'apparenza inganna)

 

 

● CAPITOLO UNO ●

 

 

Orlando era appena rientrato dal set dopo una lunga e molto dura giornata di lavoro. Si stava togliendo gli ultimi residui di cerone, ed era piuttosto cupo.

Era il giorno del suo ventisettesimo compleanno, e si trovava in Spagna, precisamente in una città di nome Avilia, da solo, e senza neanche uno straccio di party da festeggiare. Senza amici e soprattutto senza la sua ragazza. Quella era in assoluto la cosa che gli pesava di più.

Si guardò allo specchio: Bello schifo! Con questa barba e questi capelli sembro proprio Gesù Cristo! Pensò lisciandosi il mento. Poi si osservò più attentamente: Però! Almeno sembro davvero un quasi trentenne! Si ritrovò a pensare con un certo compiacimento, ammirando se stesso riflesso nello specchio.

Nonostante ciò, era sempre giù. Aveva ricevuto solo qualche telefonata di auguri e niente più, insomma era solo soletto in un paese straniero e con molta probabilità dopo cena se ne sarebbe andato a letto e buona  notte. La mattina dopo la sua sveglia sarebbe suonata alle cinque, e lui sarebbe dovuto essere sul set, puntuale, alle ore sei. Stava girando un film sulle guerre crociate e lui da bravo professionista, interpretando infatti il prode Balian, crociato per amore; sarebbe stato pimpante e pronto. Si sarebbe rotto il culo fino alle ore 13:00 in punto; ora in cui, avrebbe fatto la pausa pranzo, ingozzandosi di tramezzini stantii, facendo MOLTA attenzione ad non ungere il bel costumino corredato di mantello, stile crociato fico e poi via, di nuovo a rompersi il culo fino alle ore 17:00.

Devo smettere di fare tutti ‘sti film in costume, NON NE POSSO PIU’! Pensò contrito.

Comincio ad avere una certa età! E’ ora che mi impegni in ruoli più complessi e introspettivi. Sì, decisamente devo cambiare rotta. Che ne so, magari potrei fare uno spacciatore con problemi esistenziali… pensò ancora con fare meditabondo, poi dopo aver riflettuto circa cinque secondi, scrollò la testa e disse: No, quello lo ha gia fatto Edward Norton, cazzo!

I suoi pensieri furono interrotti da un bussare discreto alla porta.

“Avanti!” disse curioso.

Il cameriere dell’albergo in un inglese molto spagnoleggiante gli comunicò che era arrivato un bel pacco per lui e chiese se poteva farlo portare in camera.

Orlando come un bambino spalancò gli occhi, e molto ansioso comunicò al ragazzo di farglielo recapitare immediatamente. Era entrato subito in fibrillazione, qualcuno aveva pensato di fargli una sorpresa! Il suo umore era decisamente risalito.

Circa un quarto d’ora dopo bussarono nuovamente. Questa volta Orlando corse ad aprire e si trovò davanti un pacco verde con fiocco di dimensioni gigantesche. I ragazzi dell’albergo fecero non poca fatica a trasportarlo nella sua stanza, e lo misero proprio nel mezzo della sua camera. Poi gli fecero firmare il buono di consegna e se ne andarono. Orlando curiosissimo si mise ad esaminarlo. Era più largo che lungo, ma comunque gli arrivava quasi al petto. Non c’era nessun biglietto, niente che gli facesse minimamente intuire chi fosse il mittente. Ruppe gli indugi e sciolse il fiocco, ma non fece in tempo a fare altro, perché come se fosse scattato una specie meccanismo, dal pacco salì pian pianino una torta gigante, a tre piani.

Con sua sorpresa si rese conto che la suddetta era di polistirolo. Allungò il collo tra il curioso e il preoccupato; non riusciva a capire bene che razza di regalo fosse mai quello, ma ancora una volta non fece in tempo a fare altro, perché la torta si aprì, e PUF! Magicamente ne emerse fuori una ragazza più nuda che vestita, che con movimenti aggraziati ed estremamente sensuali scese a terra e dopo avergli circondato il collo con le braccia gli disse:

Feliz Cumpleaños Orlando!” aveva una voce che definire sexy era un eufemismo.

Orlando rimase sconcertato.

La ragazza era veramente bella. Sinuosa, con lunghe gambe da gazzella, capelli neri corvini lunghi fin sotto la vita e un corpo da infarto fulminante, ricoperto solo da un perizzoma non ridottissimo, ma che non lasciava certo molto all'immaginazione, e due triangolini che coprivano in modo assai sommario i capezzoli e poco più, dove erano applicate ad arte due graziose nappine.

Orlando deglutì a fatica, si grattò la testa, e si sentì veramente imbarazzato come non gli capitava da una vita.

“Co..co..come, co..cosa hai detto?” riuscì a stento ad articolare senza riuscire a scollare gli occhi da quella visione, ma spostandosi da lei a distanza di sicurezza.

          “He dicho: feliz cumpleaños Orlando, ¿entiendes?”.

Orlando cominciava a non saper più che fare, rispolverò le tre o quattro parole in spagnolo che conosceva e disse “No, non entiendo nada! Ma proprio nada de nada”.

      “¿Hablas español?” gli chiese lei curvando le labbra in un sorriso provocante.

“No, e non lo hablo per niente!” rispose lui che cominciava ad innervosirsi.

Se questa è uno delle solite cazzate di Dominc lo castro! E ora che gli racconto a questa io! E poi, merda, è mezza nuda, ma che razza di situazione! Pensò fra sé.

Fece cenno alla ragazza di aspettare un attimo e si fiondò a prendere il suo vocabolarietto: Inglese-spagnolo/spagnolo-inglese e cominciò a cercare vorticosamente una frase fatta per comuncicare con lei.

“Emmmm... AH! Ecco! .... Dunque: Quién le envía?” le disse scandendo le parole in spagnolo.

Alla domanda posta da lui circa chi l’avesse mandata, lei si girò e gli mostrò il suo statuario sedere coperto solo da una minuscola striscia di stoffa, dove era maliziosamente infilato un bigliettino.

Orlando guardò quelle natiche sode che sfidavano le più elementari leggi di gravità e la fronte gli si imperlò di sudore. Che doveva fare? Allungare forse la mano e prendere il biglietto o aspettare che lei glielo porgesse? Bel dilemma, davvero un bel dilemma.

Lo levò lei dall’impiccio: “iTómalo!”.

iTómalo? Che cazzo vuol dire iTómalo?! Orando stava veramente sudando dalla disperazione. Dette un’occhiata al vocabolario e si rese conto che Tómelo significava: Prendilo. Ecco appunto, lo sapevo io! Ma tu guarda che mi tocca fare!

Allungò una mano verso il biglietto, ma la ritrasse subito. Non ce la faceva, anche perché per poter prendere il biglietto, volente o nolente avrebbe dovuto almeno sfiorarle una natica e proprio non gli andava. Riprese il vocabolario e cercò un'altra frasetta preconfezionata utile in quella circostanza: “Por favor, puede dárlele tu?” sperava che lei gli risparmiasse quell'incombenza.

Macchè niente da fare.

      “Si lo deseas, ¡tienes que tomarlo TU’!”rispose lei candidamente.

Orlando che aveva intuito il significato, capì che se voleva scoprire chi l'aveva messo in quella incresciosa situazione, o allungava la mano e si prendeva il biglietto, o rimaneva all'oscuro e tanti saluti. Si passò una mano sulla fronte con fare disperato, allungò cautamente la mano, e sfilò con delicatezza il biglietto di auguri a lui indirizzato, non senza però aver inevitabilmente sfiorato la morbida pelle  della ragazza, che non si scompose per niente.

Finalmente aprì e potè leggere. Se non gli prese un colpo fu solo perché era giovane e il cuore resse allo choc.

Il biglietto diceva testualmente così:

 

Per il tuo compleanno ho pensato ad un regalo davvero speciale  e soprattutto molto originale. Spero che ti sia gradito e che tu ne faccia buon uso.

Spero anche di averti reso felice e di aver un pò risollevato il tuo umore.

Buon vetisettesimo compleanno.

Kate.

 

KATE??? Riuscì solo a pensare Orlando. Ma come era possibile? Ma che razza di scherzo deficente. La calligrafia era senza ombra di dubbio quella della sua fidanzata, era forse impazzita?

Non ci capiva più niente. Era veramente confuso. Afferrò il telefono e chiamò Kate.

Niente. Lei non rispose. E ti pareva! Incazzato, disorientato e a dire il vero anche sempre più imbarazzato, Orlando si lasciò cadere a sedere sul letto, non sapendo che pensare né tantomeno che fare.

      “¿Tienes un problema?”gli chiese la ragazza sgranado gli occhioni neri dal taglio vagamente felino.

Senza dubbio era davvero una bellezza particolare, ma era anche il suo peggior incubo in quel momento, insomma non sapeva dove sbattere la testa, voleva solo che se ne andasse. Ma soprattutto voleva capire per quale contorto motivo Kate gliela avesse spedita. Era veramente scioccato.

“Un cierto problema? Una vagonata di problemi vorrai dire!” rispose agitato.

Lei si avvicinò un poco e con espressione incerta sorrise e gli disse :“¡No entiendo lo que dices!”.

“Io invece non intiendo nada de nada e a dirla tutta mi sto anche incazzando!” bofonchiò lui.

“Senti: TU N-O-N  POTERE RIMANERE  AQUI’ ” le sillabò Orlando gesticolando e accompagnando ogni singola parola con una sorta di mimica per farsi capire meglio.

Lei che evidentemente aveva intuito ciò che lui stava faticosamente cercando di farle capire, fece un’espressione vagamente triste e corruciata gli chiese : “¿Yo no te gusto?”.

Orlando roteò gli occhi esasperato. Ora ci mancava solo che si offendesse.

“Che centra!” esordì spazientito “Sei una gran bella f... figliola, ma... non è proprio il caso e poi cazzo! Copriti!” concluse cupo, quelle due tette che sballonzolavano davanti lo stavano mettendo a dura prova.

Lei lo guardò con aria interrogativa e gli disse “Desculpame, pero no te intiendo”.

Orlando al colmo della disperazione afferrando il telefono fece il numero della Reception e urlò nel telefono: “Sono Bloom: stanza 45. Mandatami un intertrepe o chi cazzo vi pare, basta che parli lo spagnolo e l’inglese. Ho una donna seminuda in camera che mi parla come se fossi originario di Madrid e non riesco  a farle capire che se ne deve andare, SUBITO!”.

L’addetto della reception, dopo aver ascoltato la telefonata con la cornetta a venti centrimetri dall’orecchio a causa delle urla concitate di Orlando, scosse la testa, e pensò che gli attori sono proprio una categoria strana, e quello era il più strano di tutti. Chiamò un ragazzo e lo spedì di filato alla 45.

“Salve, sono Tonio Signor Bloom, qual’è il problema?” esordì l’improvvisato interprete. Orlando spiegò alla ben meglio la situazione e pregò il ragazzo di dire alla signorina che doveva andarse perchè non era proprio il caso che si trattenesse lì.

Tonio guardò prima lui e poi lei, pensò che quello doveva avere dei seri problemi per rifiutare la compagnia di un simile spettacolo della natura, ma era pagato per accontentare i clienti dell'albergo, quindi riferì alla ragazza le parole di Orlando poi ascoltò anche le ragioni di lei, quindi le riferì ad Orlando: “La signorina dice che non può andare via, è stata pagata per rallegrare la festa del suo compleanno ed essendo una professionista deve necessariamente adempire al contratto” disse Tonio asciutto.

Orlando cominciava a spazientirsi, insomma se non ce la voleva in camera che doveva essere obbligato! Ma roba da matti! Si ritrovò a pensare.

“Senti Tonio, spiega a questa qui, che per me va bene così, che ho apprezzato molto il tutto, ma che ASSOLUTAMENTE non può restare un’altro minuto qui!” rimarcò Orlando deciso.

Tonio diligentemente riferì. Orlando notò che la ragazza fece un'espressione stupita e poi la vide rivolgersi con aria complice a Tonio, il quale dopo aver ascoltato il suo commento non potè fare a meno di fare una risatina.

Orlando ebbe il vago sentore che lo stessero sfottendo e aggrottando le sopracciglia chiese pittosto seccato a Tonio “Beh? Che ha detto di tanto divertente?”.

Il ragazzo parve lievemente imbarazzato e rispose cercando di apparire disinvolto: “Ma niente Signor Bloom! Una sciocchezza ora la convinco ad andarsene”.

“No, voglio sapere che ha detto!” ribadì Orlando piccato. Gli rispose direttamente lei, piazzandosi davanti a lui, con le braccia puntate sui fianchi, gesto quello, che le fece sollevare ulteriormente seno e dondolare maliziosamente le famose nappine, quindi con aria di sfida disse: “Digo eso: ¡probablemente tú no eres mucho macho!”.

“Devo tradurre?” chiese prontamenmte Tonio.

Olando si girò con un lampo omicida che gli balenò nello sguardo e fulminandolo rispose “NO, GRAZIE! Ho capito benissimo!”.

Poi si rivolse a lei e incrociando le braccia al petto le disse: “Cerchiamo di capirsi chiappe d'oro! Sono perfettamente normale e molto macho, questo tanto per rassicurarti, ma se permetti con chi vado a letto lo decido come e quando voglio io! Questa pagliacciata è ora di chiuderla qui!”. Era stato punto nel suo orgoglio di maschio,ma non aveva fatto i conti con la determinazione di quella singolare ragazza, che senza farsi tanti problemi, gli si avvicinò e senza tanti complimenti rapida e precisa gli alzò leggermente la maglietta e gli infilò una mano proprio sul pacco, soppesandolo come si farebbe con un fagotto. Quindi guardandolo con aria sfacciatamente arrogante gli disse : Ahora lo controlo!”. Con la mano rovistò e palpeggiò ben benino e infine concluse con un sorrisetto compiaciuto,

      “Ummmm…Bien, muy bien: su pasquete es satisfactorio, muy grande, ¿aun trabaja bien?”

Orlando strabuzò gli occhi e fece un salto all'indietro e ovviamente le levò immediatamente la mano da i suoi pantaloni.

“Oh,….oh…  Che cazzo fai… TOCCHI?”. Poi sempre più allibito si rivolse a Tonio e disse: “Ma..ma.. que..questa, mi ha toccato il… il … si insomma quello!”.

Tonio sorrise e disse “Non si preoccupi ha detto che è ben dotato! Solo era interessata a sapere se funzionava bene!” si affrettò a spiegare, il ragazzo che si stava divertendo come non gli capitava da tempo.

Orlando perse le staffe in malo modo.

FUORI DI QUI!” urlò minacciandoli entrambi. “Se non ve ne andate immediatamente vi faccio causa, vi faccio sbattere in galera e poi .. e poi vi uccido tutti e due!”.

I due, vedendo la faccia contratta in una smorfia tipo serial killer che aveva fatto Orlando, capirono che era veramente ora di farla finita e batterono ritirata, eclissandosi in quattro e quattrotto.

Finalmente solo Orlando si mise le mani nei capelli. Domani Kate mi sente! Pensò furioso.

Poi abassò la testa verso il cavallo dei suoi pantaloni. Inevitabilmente il suo corpo aveva reagito : “Rimettiti SUBITO in posizione di riposo, E' UN ordine! BRUTTO TRADITORE!” tuonò al suo organo genitale come se quello avesse potuto sentirlo.

 

NOTA: GRAZIE 1000 a Contessa per le correzioni delle frasi in spagnolo! ^_^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO DUE ●

 

 

Reina stava guardando la sua amica Aylén come se la vedesse per la prima volta. Aveva ascoltato la storia che le aveva raccontato e pensava che stesse scherzando, ma Aylén sembrava serissima, cioè non era seria perché aveva riso parecchio durante il racconto, ma non sembrava mentire e se mentiva era molto brava nel farlo.

Alla fine Reina aveva la bocca spalancata e gli occhi sgranati per lo stupore.

“Io non ci credo! Non puoi averlo fatto! Presentarti semi nuda in camera sua e addirittura toccargli il pisello! Tu menti!”.

“E invece l'ho fatto” rispose sorniona Aylén, “Del resto la sua ragazza mi ha pagato una cifra spropositata per provocarlo!”.

“E' stata la sua ragazza a commissionare il tutto? NOOOOOOOOO! E' da non credere! Ma allora è vero quello che si mormora di queste star Hollywoodiane, tutte sesso droga e rock&roll!” commentò sempre più esterrefatta Reina.

“Credo che volesse metterlo alla prova o qualcosa del genere” commentò leggermente pensierosa Aylén “Però è strano, quando stamani mi ha chiamata e le ho detto che lui ha stoicamente resistito, non so, ho come avuto l'impressione che non ci sia rimasta mica tanto bene! Strano... davvero strano!”.

“No, aspetta, fammi capire, e se lui non resisteva? Che facevi? CI ANDAVI A LETTO?” domandò basita Reina.

“Ma no! I patti erano che dovevo metterlo in una situazione altamente compromettente e inequivocabilmente imbarazzante. Tutto a mia discrezione ovviamente, però ripensandoci non sarebbe poi stato un gran sacrificio passarci la notte insieme! Del resto ho accettato di partecipare a questa manfrina proprio perché si trattava di lui. Lo sai che ho sempre avuto un debole per Orlando” disse Aylén con franchezza.

“Ma sei impazzita?” chiese Reina che cominciava seriamente a chiedersi chi fosse quella ragazza seduta di fronte a lei, visto che era identica alla sua amica Aylén, ma che si stava comportando come una perfetta sconosciuta.

Aylén sospirò e con aria sognate disse “Reina avresti dovuto vederlo! Dio era così,… così dannatamente sexy, e quel suo essere impacciato lo rendeva ancora più attraente. E poi,…mmmmm ….Madre Santissima! E' bello come un dio greco e dotato come un toro di Pamplona!” concluse Aylén con un mugoletto d'approvazione.

Reina cadde dalla sedia.

“Ti sei fatta male?” chiese premurosa Aylén facendosi incontro a lei.

“NON mi toccare sai? Tu non sei la mia amica Aylén! ODDIO! Sono arrivati i marziani e hanno posseduto il tuo corpo! Vade retro!” disse Reina più seria di quanto Aylén potesse immaginare.

“E dai Reina! Finiscila! Che avrò mai fatto di così sconvolgente? In fondo se voglio fare l'attrice mi dovrò abituare ad interpretare ruoli difficili e anche imbarazzanti. Un attore professionista deve essere pronto a tutto! E' stata una prova, e per giunta con un collega, quindi che bisogno c'è di scandalizzarsi tanto, che diamine!”.

“Forse ti sfugge un piccolo particolare, non HAI recitato in un film, era REALE quello che stavi facendo e secondo me hai rischiato davvero di brutto. Pensa se Orlando fosse stato un maschio latino tipo Manuel, a quest'ora saresti ancora sequestrata nella sua camera, cara mia! Ringraziamo la Madonna di Guadalupe  che gli inglesi sono piuttosto freddini, altrimenti mica facevi tanto la sbruffoncella!” la rimproverò Reina.

“O forse sarei stata una donna felice a quest'ora, che ne sai tu?” rispose Aylén,solo per provocare l’amica, quindi aggiunse in tono più serio: “E poi non credo che Orlando non sia caliente, credo piuttosto che sia innamorato, quindi fedele. Tutto ciò non può che fargli onore!”. Poi continuò spiegando a Reina “A parte tutto, credimi, io l'ho vissuto davvero come un test per mettere alla prova le mie capacità recitative, e in fine posso dire di essere soddisfatta. Ho fatto il mio lavoro, l'ho fatto bene e mi prenderò un mucchio di soldi. Mi sono divertita, e ora, appena avrò dato la tesi, potrò finalmente volare a New York e pagarmi L'Actor’s Studio. Orlando non lo rivedrò mai più!  Ummmm … forse lo rivedrò sul set di qualche film, ma certamente lui non si ricorderà di me. Come vedi non c'è alcun problema”.

Reina scosse la testa. La sua amica Aylén era stata sempre matta come un cavallo, ma questa volta, a parer suo, l'aveva fatta davvero grossa. Già lei disapprovava quella specie di lavoro che si era trovata come ragazza sorpresa, più di una volta, infatti, a causa della sua bellezza mozzafiato si era ritrovata a situazioni incresciose. Ma Aylén era fatta così, non aveva paura di nulla, per fortuna non era una di quelle ragazze belle, vanitose e piene di se. Aylén era intelligente e si stava laureando in biologia. La sua prima scelta era fare l'attrice, ma se non ci fosse riuscita voleva fare la biologa marina. Era una dalle idee molto chiare. Nonostante ciò non era né altezzosa né noiosa, anzi era una specie di sirena travestita da maschiaccio. Una ne faceva e cento ne pensava. Il suo unico grosso problema erano gli uomini. Eh sì, nonostante fosse bella, non aveva mai avuto relazioni felici, del resto i suoi ex fidanzati erano stati tutti presi dalla sua avvenenza fisica piuttosto che dall'insieme della sua persona e lei ne aveva sofferto molto. Era comunque uno spirito libero e non poteva essere ingabbiata in un rapporto claustrofobico dominato dalla gelosia e dalla grettezza.

 

Nello stesso momento Orlando, che era in una pausa dal lavoro, aveva appena preso il suo cellulare e stava chiamando Kate.

Finalmente gli rispose.

“Ora gradirei che tu mi spiegassi che cosa significava quella scena, per altro di pessimo gusto, di ieri sera!” esordì lui arrabbiatissimo.

“Non dirmi che la ragazza non ti piaceva! Perché non ci credo, l'ho scelta personalmente tra venti candidate!” rispose Kate piccata.

“Ma sei fuori? Ma che cazzo stai dicendo?” le chiese Orlando molto confuso.

“Insomma ti è piaciuta o no? Non vorrai dire che era brutta vero? Gli occhi ce li hai anche tu!” disse Kate con tono alterato.

“Kate, davvero io non capisco… ” si ritrovò a dire lui disorientato.

“E’ stata un’idea che mi è venuta così all’improvviso, inizialmente volevo solo farti uno scherzo, poi mi sono chiesta come ti saresti realmente comportato lontano da me in una situazione piccante. Volevo capire fino a che punto sei davvero come sembra che tu sia. Quando sei con me, a volte sembri quasi perfetto e mi fai paura! Non sembri neanche vero!  Era specie di prova disse lei con fare piuttosto teatrale.

“Una prova di che?” le chiese Orlando che non si raccapezzava più.

“Comportamentale direi! … Credo” rispose Kate.

“EH?” esclamò lui e poi riprendendosi dallo stupore aggiunse “Una prova? UNA PROVA! Cioè hai fatto tutto questo per avere una certezza che francamente hai già da tempo. E poi che vuol dire che sembro tanto perfetto da farti paura, che razza di ragionamenti fai? Perché non me ne hai SEMPLICEMENTE parlato? Ma come ti è saltato in mente! No anzi: COME TI SEI PERMESSA!”.

“NON URLARE CON ME!” tuonò la ragazza nel telefono “E poi non fare il furbo, lo so che ti sei fatto tastare bene benino! Quindi, vedi di non fare l'ingenuo” aggiunse.

“Ah questo poi è il colmo! Non mi sono fatto tastare per niente!” rispose lui molto contrariato.

“Vorresti forse negare che la ragazza non ti ha palpato a dovere? C'era un testimone, ricordi?” lo sfidò lei.

“Ma mi ha preso alla sprovvista e poi mi sono ritratto subito!” si giustificò lui e poi aggiunse con tono indagatore “Senti non sono mica scemo, falla finita e dimmi dove vuoi andare a parare, mi sto stancando Kate!”.

“Non sono più sicura di te e dei tuoi sentimenti. Per cui credo che sia opportuno che ci prendiamo una pausa di riflessione. Non chiamarmi più per tutto il tempo che sarai in Spagna, ci rincontreremo quando sarai nuovamente a Los Angeles. Sono sicura che dopo questa separazione potremmo meglio comprendere che cosa proviamo l'uno nei confronti dell'altra!”.

“Ma che diavolo farnetichi? Che significa tutto ciò? Pronto? Kate? PRONTOOOO?” urlò nel suo portatile. Niente, lei aveva riattaccato.

 

“Dici che sono stata parecchio stronza?” chiese Kate alla sua amica Sandrine che aveva assistito alla telefonata.

“Io direi che sei stata la regina delle stronze. Insomma Kate che c’era bisogno di fare tutto ‘sto casino? Se volevi una pausa riflessiva dovevi prendere coraggio e dirglielo con sincerità” le rispose l’amica.

“Ma io c’ho provato e non ce la faccio. Orlando è così innamorato, così dolce e carino, tanto che  a volte è stucchevole come un barattolo di miele. Però nello stesso tempo gli voglio bene mi dispiaceva farlo soffrire e ...”

“E menomale! Se era uno bastardo che facevi? Mandavi un plotone di marines a stanarlo per poi giustiziarlo? Ma insomma proprio perché è una brava persona non si meritava una cosa simile!”.

“Tu non capisci! Io non sono sicura di non volerlo più! Sono confusa, non lo so neanche io che voglio in realtà, e allora ho bisogno di tempo per riflettere, ma se ho il coltello dalla parte del manico, resto comunque avvantaggiata, nel caso non lo volessi davvero lasciare. Chiaro?” spiegò Kate a Sandrine.

“Mah! Io penso che tu a volte sei un po’ di fuori e in questo caso particolare anche estremamente ottimista, io dubito che dopo questa sparata Orlando sia, come dire, ben disposto verso di te!” replicò scettica Sandrine.

“Lui mi ama! Mi capirà! Del resto anche io mi sono sforzata tante volte per capirlo, lui e le sue manie di non voler mai confermare la nostra storia, i suoi silenzi e  via dicendo, quindi...” sentenziò Kate sicura.

“Convinta tu...” commentò Sandrine.

 

Aylén era appena rientrata a casa e stava riflettendo sulle parole che aveva scambiato con la sua amica Reina e alla singolare serata precedente.

Effettivamente dovette ammettere di aver fatto una cosa parecchio azzardata. Le era andata bene, ma avrebbe potuto trovarsi in un grosso guaio. Forse aveva davvero esagerato. Però si era davvero divertita, la sua parte incosciente aveva avuto la meglio e la fortuna gli aveva teso una mano. Riconobbe anche che Orlando era stato davvero un gentiluomo e che la sua idea di infilargli la mano nei pantaloni, dettata dalla disperazione, a causa della sua riluttanza era stata davvero una mossa sconsiderata. Se ci ripensava un pò si vergognava, insomma rovistare così tra le sue parti intime. Alyén, anche se non era il tipo, si sentì avvampare e provò un sentimento simile alla vergogna. Però era anche orgogliosa di sé, aveva affrontato la cosa come se dovesse recitare una parte: le bellona provocante, e c’era riuscita in pieno, così bene che aveva finito per diventare davvero disinibita e disinvolta. Non che fosse timida, ma certamente nella vita reale una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta, non almeno con uno sconosciuto. Aveva davvero un debole per quel giovane attore, era infatti uno dei suoi preferiti e non solo per la bellezza , ma anche per ciò che aveva letto di lui in varie interviste. Nel vederlo dal vivo era rimasta davvero folgorata dall’avvenenza di Orlando, ma non solo, anche come si era comportato l’aveva piacevolmente stupita. Invece di offendersi che lui non si fosse fatto ammaliare dalla sua bellezza e dalle sue provocazioni, aveva apprezzato tantissimo il suo rigore e la sua serietà. In tutta onestà si era mentalmente preparata a tutti i modi possibili e immaginabili per poter respingere le sue avance e invece non ne aveva avuto affatto bisogno.

Poco male, tanto lei Orlando non lo avrebbe mai più rivisto. Non si sognava neanche di avvicinarsi né al suo albergo né tanto meno al set dove girava. Doveva invece mettersi di gran lena a studiare se voleva levarsi di mezzo quella dannata tesi. Orlando e la serata folle erano ormai passato remoto, ora bisognava occuparsi del futuro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO TRE ●

 

 

Erano passati alcuni giorni dal suo compleanno e Orlando era sempre più nero. Aveva più volte tentato di rimettersi in contatto con Kate, ma non c'era stato verso, lei non voleva sentirlo e per tanto non si faceva trovare. Riflettendo sulla questione non poteva fare a meno di domandarsi che cosa diavolo l’avesse spinta a fare un simile gesto. Si erano visti poco ultimamente, ma lui non aveva notato niente che non andasse bene, quindi questo esploit lo aveva letteralmente colto impreparato e sinceramente ci stava davvero male. Era veramente innamorato della sua ragazza, e il solo pensiero di perderla lo faceva stare male.

Così per reazione, si era buttato a corpo morto nel lavoro, tanto che aveva avuto ottimi risultati: Ridley Scott in persona si era complimentato con lui più di una volta.

Preso da questo momento di perfezionismo lavorativo, quel pomeriggio, appena finite le riprese, Orlando aveva preso in disparte Alejo.

Alejo era un tecnico delle luci della troupe spagnola che affiancava quella americana, così come spesso accade quando si gira un film in un paese straniero. Era un ragazzo con cui aveva familiarizzato subito e con cui aveva legato parecchio, del resto erano quasi coetanei, infatti Alejo aveva solo due anni più di lui.

Orlando gli si affidava spesso per farsi accompagnare  nei suoi giri durante il tempo libero. Alejo era un’ottima guida oltre che un depistatore di fans formidabile. Più di una volta lo aveva levato d'impaccio facendolo passare per vicoli e viuzze semisconosciute, permettendogli di muoversi senza dare troppo nell'occhio.  

“Alejo senti, io avrei bisogno di un testo riguardante i crociati, vorrei documentarmi un po’ di più sulle origini di questo particolare esercito, e soprattutto che cosa spingesse questi uomini ad una dedizione così profonda verso la religione e Santissime Reliquie. Credo che mi sarebbe utile per approfondire meglio il mio personaggio”.

“Io non sono molto pratico, ma credo che in biblioteca, puoi trovare quello che cerchi” rispose Alejo pensieroso.

“Bene, però temo che troverò solo testi in spagnolo” disse Orlando.

“Ho paura di sì, se vuoi possiamo andare insieme, prendiamo quello che ti serve e poi con calma io ti posso tradurre quello che t’interessa” propose Alejo.

Orlando diede un'affettuosa pacca sulla spalla al ragazzo e gli disse: “Ottimo amico, mio! Sei davvero un prezioso collaboratore, dovrò per forza raccomandarti caldamente a qualche pezzo grosso di Hollywood!”.

“Ti ringrazio Orlando, ma credimi non è per questo che lo faccio, mi piace rendermi utile e soprattutto con chi se lo merita e tu sei uno dei pochi attori stranieri con cui mi sono trovato veramente bene”.

Dopo questo scambio di sinceri complimenti i due si dettero appuntamento a più tardi in albergo.

 

Orlando e Alejo erano da circa un’ora nei locali della biblioteca in cerca dei testi su i crociati. Si muovevano piuttosto guardinghi e cercavano comunque di evitare le sale affollate da studenti  e lettori. Nel qual caso ci fosse stato bisogno di entrare in una stanza piena di persone, toccava ad Alejo, mentre Orlando aspettava in disparte.

“Credo che siamo a posto no? Hai già tre volumi sull'argomento” disse Alejo.

“Si, ma dato che ci siamo ne vorrei uno anche sui cavalieri Templari” rispose l'altro.

“Ma i Templari non hanno niente a che fare con il tuo personaggio!”.

“Lo so Alejo, ma mi interessa molto saperne di più su questo particolarissimo ordine”.

“Come vuoi tu. Aspettami qui che vado a fare una veloce ricerca e vedo se ti trovo qualcosa” disse Alejo lasciando l'amico da solo in un’ala deserta della biblioteca.

Orlando che non poteva mai stare fermo più di cinque minuti, cominciò a girellare tra gli scaffali ricolmi di volumi.

Era un lungo corridoio con scaffali a destra e a sinistra, solo che a sinistra erano appoggiati al muro, mentre a destra fungevano come da divisorio alla stanza adiacente, così si riusciva ad intravedere tra una feritoia e l'altra che cosa ci fosse dall'altra parte. Orlando, in attesa di Alejo, si mise a curiosare sbirciando, tanto per passare il tempo. Con suo disappunto si rese però conto che la stanza adiacente era vuota e passò oltre. Ad un certo punto però con la coda dell'occhio intravide qualcuno seduto ad un tavolo intento a studiare, passò oltre, ma all'improvviso si bloccò di colpo. Aveva avuto una specie di dejà voue.

Non era possibile! 

Tornò alla svelta indietro e si accostò alla feritoia più vicina alla sagoma e si rese conto che i suoi occhi non lo avevano affatto tradito.

Seduta davanti a lui c'era la stessa ragazza che era spuntata fuori dalla torta, la sera maledetta del suo disgraziatissimo compleanno. Era effettivamente molto diversa da quella sera. Prima di tutto era vestita: indossava infatti un maglioncino panna a collo alto e un paio di Jeans, era perfettamente struccata, i lunghi capelli corvini erano raccolti in una coda e lei era intenta a leggere e a prendere appunti. Ma senza ombra di dubbio era proprio lei, del resto l'avrebbe riconosciuta anche tra mille altre, e chi se lo sarebbe più scordato uno scherzetto del genere?

Gli salì il sangue al cervello e montò su tutte le furie, ma ancora doveva venire il peggio, infatti assisté ad una scena che tramutò la sua rabbia in autentica furia omicida.

Capitò infatti che un ragazzo, probabilmente uno studente straniero, rivolgesse alla ragazza una domanda in uno spagnolo stentatissimo, al che lei, in perfetto accento inglese, gli chiese appunto se conosceva quella lingua. Il ragazzo che era americano si sentì sollevato e così lei gli fornì tutte le spiegazioni del caso.

Non solo si era prestata a quella ignobile scenetta  ai suoi danni, ma l'aveva anche ulteriormente ridicolizzato e preso per il culo, visto che la signorina parlava molto bene l'inglese. Orlando non  ci vide più e si precipitò in fondo al corridoio, svoltò a destra e una volta arrivato davanti a Aylén cercando di mantenere la calma  disse:

“Salve!”.

Lei alzò la testa, ovviamente le prese un colpo, ma siccome era davvero una che non aveva paura di niente si mantenne piuttosto fredda e rispose: “Hola! Come estas?” disse come se lui fosse un conoscente qualsiasi e riabbassò subito lo sguardo sul testo, come per far capire che non aveva voglia di parlare.

“Bene, GRAZIE! Tu invece che mi racconti?” continuò lui sarcasticamente in inglese.

Desculpame, no entiendo que tu dice!” rispose lei serafica, senza neanche alzare la testa e continuando a prendere appunti.

“Falla finita con questa commedia da quattro soldi, ho visto benissimo come te la cavi con l'inglese non meno di due secondi fa!” tuonò lui.

“E va bene! Parlo inglese, ora vorrei poter continuare a studiare se non ti dispiace” disse Aylén alzando lo sguardo e sperando che se andasse alla svelta, anche se temeva che la sua fosse solo una vana speranza.

“Me ne andrò e soprattutto il più lontano possibile da te, ma prima ho un paio di domande da farti” disse lui secco.

“Se posso rispondere, cercherò di accontentarti” rispose la ragazza in tono incolore.

Il sarcasmo acido e cattivello d’Orlando, uscì fuori dalla sua bocca come un fiotto di veleno: “Ma come siamo ritrosi oggi, che strano… e qui fece una pausa d'effetto corrugando la fronte e massaggiandosi il mento, poi aggiunse tagliente “Mi pareva che tu fossi una che per mestiere accontenta la gente!”.

Aylén accusò il colpo apparentemente bene, quindi lo puntò dritto negli occhi e gli rispose “Se ti riferisci a ciò che accaduto nella tua camera, non credo che avrei acconsentito ad accontentarti nel caso in cui mi avessi chiesto qualcosa in più di quello che serviva alla commissione che avevo ricevuto. E, se anche avessi deciso di accontentarti, come dici tu, rimane sempre l'incognita sul fatto SE TU, saresti riuscito ad accontentare me!” rispose lei secca e decisa, che in quanto a lingua lunga e tagliente non era seconda a nessuno.

“Sinceramente non me ne frega niente di queste disquisizioni da bettola di quart'ordine carina! Piuttosto dimmi, ma non ti vergogni neanche un po’ ad andare a fare quelle scenette squallide in giro per le camere delle persone?”.

“Per tua norma e regola STAVO lavorando, era solo un lavoro, chiaro?” rispose lei che cominciava a risentirsi.

“OHHHH!” fece lui fingendosi stupito, come se avesse capito un qualcosa che prima non gli era del tutto chiaro. Poi aggiunse poggiando le mani sul tavolo e strizzando gli occhi riducendoli a due fessure “Bel lavoro davvero! Complimenti! Una sorta… come dire… di prostituzione soft e pseudo raffinata!”.

Alyéa si sentì veramente punta sul vivo e offesa. Daccordo il suo lavoro come ragazza sorpresa non era proprio il massimo della vita, a volte doveva conciarsi in modo davvero esageratamente  sfacciato, ma non era mai andata oltre che il mostrarsi e fare qualche battuta. Del resto la sua agenzia era molto seria e pretendeva altrettanta serietà dai collaboratori e soprattutto dalle collaboratrici. Il fatto che a volte avesse dovuto indossare il perizzoma e le nappine, non la imbarazzava neanche un po’. Non era un'ipocrita, forse al mare le donne andavano più vestite? Quante ragazze c'erano in spiaggia solo con il perizzoma? Allora perché se una lo usava per lavoro diventava automaticamente una puttana, mentre se era in spiaggia o fuorisciva da un paio di jeans era tutto regolare? Lei non lo accettava e quindi si alzò in piedi e gli rispose per le rime: “Se hai voluto gentilmente darmi della puttana, ti rispondo che sei fuori strada caro mio, mai fatto sesso a pagamento. Fare un lavoro eccentrico e mostrarmi in un certo modo non fa di me a priori una donnaccia! Quindi non ti permettere di offendere le persone che non conosci!”.

“Ma che bell'arringa!” disse Orlando applaundendo in segno di scherno.

“Solo che hai trascurato qualcosa, un dettagliuccio da niente, cara la mia santerellina, dimentichi forse che ti sei … come dire … trastullata con le mie parti intime! E questo secondo te come lo definiresti? No, sono molto curioso di saperlo” concluse lui incrociando le braccia al petto.

“Lo definirei un extra” rispose lei senza tanti preamboli “Una decisione presa a caldo per la buona riuscita della commissione affidatami” continuò. Poi molto francamente e senza tanti giri di parole concluse “Del resto qualcuno mi ha pagherà profumatamente per averti messo in una situazione scomoda. Sapevo che avrei dovuto spingermi un pochino più oltre del dovuto”.

Orlando che a quell'affermazione perse il lume della ragione l'afferrò per un polso strattonandola e gli disse rabbioso “Ora tu mi dici esattamente come sono andate le cose, come ha fatto a contattarti Kate e che cosa ti ha detto di preciso”.

Ahi! Mi stai facendo male” disse lei cercando di divincolarsi da quella morza d'acciao.

Ma lui non si scompose di un millimetro, anzi aumentò la stretta e le diede uno strattone ancora più forte “Non è niente in confronto a quello che vorrei realmente farti!” le disse.

Alyén che era una ragazza veramente peperina, ma anche intelligente si rese conto che doveva spiazzarlo per liberarsi e farlo desistere dal volere risposte che lei non poteva assolutamente dargli, era nei patti: lei non poteva parlare né di Kate né tanto meno delle loro conversazioni o avrebbe perso tutti i suoi soldi; quindi guardandolo con aria ammiccante gli disse: “Mmmmm, e che che cosa ti piacerebbe farmi?”.

“Niente di quello che pensi!” disse lui quasi risentito e mollando subito la presa.

Ha abboccato subito! BENE! Pensò soddisfatta Aylén  che decise di rincarare la dose prima della fuga.

“Che strano!” commentò vaga, e abbassando leggermente lo sguardo verso la chiusura dei jeans di Orlando concluse “Il tuo amichetto non sembrava della solita opinione!”.

Quindi rapidamente sgattaiolò via da dietro il tavolo e sicura di farcela tentò la fuga, ma ovviamente Orlando l'agguantò per un braccio “Dove credi di andare brutta…”.

“Aylén? Tutto bene? Che succede, hai bisogno di auito?”.

La voce di Reina, che era appena arrivata per incontrarsi con l'amica, li interruppe proprio giusto in tempo.

Orlando la lasciò immediatamente.

“Tutto a posto Reina eccomi” disse la ragazza, che in fretta e furia afferrò i libri e si diresse verso l'amica. Poco prima di andare via undì distintamente la voce di Orlando che con un sussurro minaccioso le diceva “Non ti credere che la cosa finisca qui!”.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO QUATTRO ●

 

 

“Ma era proprio lui! Non ho avuto le traveggole vero?” chiese Reina ad Aylén.

“Niente traveggole: era Orlando” rispose l’altra.

“Ma che ci faceva nella biblioteca?”.

“Non ne ho la più pallida idea, so solo che era molto arrabbiato con me, anzi era proprio incazzato come un toro!” commentò Aylén.

“Ma perché lo paragoni sempre ad un toro?” chiese Reina perplessa.

“Bho! Forse perché me lo ricorda! No, davvero non lo so, è stato solo un caso. Comunque proprio non capisco perché arrabbiarsi così con me, che centro io! ”.

“Beh, forse un pochino c’è da capirlo, gli hai tirato un pessimo tranello, anche se su commissione, e poi l’hai preso in giro fingendo di non sapere l’inglese, in più gli hai messo pure le mani addosso …” spiegò Reina.

“Mamma mia quante storie, e che avrò fatto mai! Insomma non è con me che dovrebbe essere arrabbiato, credo!” rispose Aylén che cominciava ad irritarsi.

“Sì, ma attualmente ha te per le mani quindi mi pare piuttosto naturale che si sfoghi, non credi?”.

“Tanto in biblioteca non ci torno più, ci andrai tu per me vero Reina?”.

“Ma certo non preoccuparti. Però, è la prima volta che ti vedo in difficoltà!” disse ridendo l’amica ad Aylén.

“Non sono affatto in difficoltà!” le rispose piccata l’altra” E’ solo che non voglio mica ritrovarmi a delle discussioni, preferisco evitare” concluse.

Intanto Orlando che era stato raggiunto da Alejo, stava appunto parlando con l’amico.

“Devo assolutamente rintracciare una persona e tu mi devi aiutare”.

“Orlando non è che sia così semplice a farsi come lo è a dirsi”.

“Rivolgiamoci a qualche agenzia investigativa o qualcosa del genere. Io posso fornire una descrizione fisica, in più so che si chiama Alen, Alien una roba del genere, perché così l’ha chiamata la sua amica e inoltre so in che agenzia lavora, ho conservato il buono di consegna della torta”.

Alejo lo guardò perplesso non era proprio riuscito a capire che cosa stesse dicendo.

“Orlando ma che dici? Non esiste il nome Alen o peggio Alien, credo che forse volevi dire Aylén e poi di che agenzia e di che torta stai parlando, io non riesco a comprenderti”.

Orlando spiegò brevemente ad Alejo del singolare regalo di compleanno che aveva ricevuto, ma trascurò volutamente un sacco di particolari, primo fra tutti che il mittente del dono era la sua ragazza e che Aylén lo aveva preso in giro.

“Ah! Ora capisco” disse il ragazzo con aria complice “Sei rimasto affascinato dalla ragazza e muori dalla voglia di rivederla!”.

No, vorrei solo strozzarla con le mie mani! Avrebbe risposto volentieri Orlando ma invece disse: “Assolutamente no, la cerco per avere alcune importanti informazioni che solo lei può darmi”.

Alejo promise che avrebbe fatto del suo meglio per poterlo aiutare.

Quella stessa sera Orlando provò per l’ennesima volta a rintracciare Kate, ma  come sempre lei era irreperibile, così al colmo della frustrazione prese contatto con Sandrine, che sapeva essere la sua migliore amica.

“Per favore non mi tirate in mezzo alle vostre beghe!” esordì un’agitatissima Sandrine all’inaspettata telefonata di Orlando. Del resto si conoscevano solo superficialmente e lei non avrebbe mai pensato che lui avesse mai potuto contattarla.

“Ti prego Sandrine, ho solo bisogno di capire, sto diventando matto, e Kate si rifiuta di parlarne con me!” la supplicò Orlando.

Lei che era una ragazza debole si lasciò commuovere e vuotò il sacco.

“E’ un’idea idiota che è venuta a Kate una sera che avevamo bevuto un po’ più del solito. Credevo che scherzasse, ma poi il giorno dopo si è messa contattare varie agenzie spagnole che organizzano sorprese e scherzi  per varie ricorrenze, addii al celibato e cose del genere. In realtà ha avuto parecchie difficoltà perché molte ragazze che ha contattato si sono categoricamente rifiutate. Ti giuro che ho cercato di farla desistere, ma tu la conosci e quando si mette in testa una cosa non la ferma nessuno. In realtà credo che la cosa le sia un po’ sfuggita di mano, vedi ultimamente è un po’ giù, come saprai il suo ultimo film non sta andando per niente bene e il suo telefono non squilla mai, non ha neanche uno straccio di copione da esaminare. Insomma in parole povere, non è un buon momento per lei e credo che abbia enfatizzato troppo quelli che lei ritiene problemi di coppia che crede di avere con te. Dice che è tutto così noiosamente perfetto, ti pare un discorso logico? A me no! Io credo che voglia solo farsi gratuitamente del male, ti prego non essere arrabbiato con lei!”.

Orlando che aveva ascoltato Sandrine senza fiatare, disse: “Grazie di avermi illuminato, almeno adesso ho capito qualcosa,… o almeno credo”.

Dopo averla salutata Orlando era ancora più arrabbiato di prima. Continuava a ritenere responsabile di quella catastrofe Aylén. Nel suo contorto modo di ragionare se la ragazza avesse rifiutato di acconsentire alla richiesta di Kate, a quest’ora lui e la sua ragazza sarebbero ancora stati insieme e magari avrebbero affrontato la questione parlando e chiarendosi, invece di ritrovarsi separati e divisi da un silenzio forzato, e sempre secondo lui dettato dalle circostanze.

Me la pagherai cara Alien! Ancora non so bene come ma non la passerai liscia! Pensava tra se Orlando che come tutte le persone innamorate s’era messo due belle fette di prosciutto sugli occhi e tanti saluti alla realtà.

 

Alejo come sempre si dimostrò in gamba in soli tre giorni aveva scovato tutte le informazioni utili che servivano ad Orlando.

“Ecco qua!” esordì sventolando una specie di fascicolo.

Orlando che aveva appena finito di girare e se ne stava andando a togliersi il costume, si bloccò di colpo e afferrò i fogli che gli porgeva Alejo.

Così finalmente seppe che Aylén Delgado lavorava presso la ‘Un sueño para ti’ , la più famosa agenzia di feste a sorpresa che c’era in città.

“Ma che vuol, dire: un sueño para ti?” chiese Orlando ad Alejo.

“un sogno per te” rispose l’altro.

“Sogno? Io direi piuttosto un incubo. Ma se Dio vuole, domani che sono libero, visto che non devo girare, potrò finalmente fare i conti con la cara Alien!”.

“Orlando hai sbagliato di nuovo, si dice Aylén e non Alien!”lo canzonò ridendo Alejo, che comunque non riusciva a comprendere come mai l’altro sembrasse avercela così tanto con quella ragazza.

“Per me è, e rimarrà Alien, del resto trovo in lei parecchie affinità con il mostriciattolo dell’omonimo film” rispose Orlando.

Alejo non commentò del resto non erano fatti suoi, se Orlando avesse voluto gli avrebbe spiegato lui stesso al momento che avrebbe ritenuto più opportuno.

 

Erano le tre del pomeriggio seguente quando Aylén ricevette una telefonata dall’agenzia: ‘Un sueño para ti’,era il direttore in persona che la stava convocando con la massima urgenza. Rimase piuttosto interdetta poiché non avevano assolutamente accennato a ciò che volevano dirle. Era abbastanza sicura che non si trattasse di una chiamata di lavoro, perché in più di un anno che era regolarmente assunta, ogni volta che doveva fare qualcosa pur cui qualche cliente l’avesse scelta veniva avvertita semplicemente dalla segretaria, se si era scomodato il titolare doveva essere per via di qualcos’altro. Con un po’ d’apprensione si diresse subito all’agenzia.

Una volta arrivata non fece neanche un minuto d’anticamera il titolare la stava aspettando e  dalla faccia che aveva non prometteva niente di buono.

Infatti Aylén si ritrovò ad affrontare una situazione a dir poco incresciosa.

Seppe che Orlando era stato lì e aveva fatto un macello. Aveva addirittura minacciato di denunciarla come adescatrice.

“Ti rendi conto del fango che ci hai gettato addosso, rischiando di far arrivare qua la Guardia Civil e farci chiudere? A sentire il Signor Bloom con lo stratagemma della sorpresa di compleanno ti sei introdotta nella sua stanza e testuali parole usate da lui: ‘Cogliendomi di sorpresa tastava senza ritegno le mie parti più intime, come per invitarmi ad avere un rapporto sessuale a pagamento con lei’ ”.

“MA NON E’ VERO!” saltò su scioccata Aylén.

“Stai zitta e non parlare! C’è pure un certo Tonio, un inserviente dell’albergo  che era presente e che è pronto a testimoniare”.

Per la prima volta la ragazza ebbe veramente paura e si rese conto che poteva davvero passare un  brutto guaio.

Inutilmente cercò di scusarsi e di spiegare, non servì a niente e fu licenziata in tronco.

Ma i suoi guai non erano finiti lì.

Ingenuamente aveva detto al titolare che era stata la stessa cliente che aveva commissionato la sorpresa per Orlando a chiederle di fargli quello scherzetto, così il giorno dopo fu direttamente contattata da un ufficio legale di Los Angeles che la diffidava da diffamare la loro cliente coinvolgendola in una situazione illegale. Naturalmente non avrebbe più ricevuto neanche un soldo a pagamento, a fronte di quello, che a detta sempre della loro cliente, non le era mai stato commissionato di fare.

 

“Oh Santa Vergine di Guadalupe! Ma ti rendi conto che hai rischiato la galera! Lo sapevo io che avevi fatto una sciocchezza enorme! E ora come farai?”.

Reina era veramente concitata.

“Per fortuna, non è partita nessuna denuncia, ma non avrò un soldo. Sono nella merda, non ho più i soldi per andare a New York, ma peggio ancora sono senza lavoro e proprio non posso permettermelo. Ora cosa racconto ai miei? Soprattutto a mio padre!” disse sconsolata Aylén.

“Se gli racconti la verità ti uccide!” disse Reina.

“Appunto, dovrò inventarmi una balla” rispose pensierosa l’altra, poi aggiunse: “Comunque ritiro tutto quello di carino e gentile che avevo detto e pensato su Orlando. E’ un bacchettone antipatico, bizzoso e vendicativo come una vecchia zitella acida!”.

“Ma che ti credevi! Queste star sono tutte viziate e prepotenti, gli frega assai a lui di metter in mezzo di strada una povera crista. Quello che tu guadagnavi in anno lui a dir poco lo guadagnerà in un giorno, mica si rende neanche lontanamente conto di che significa sudare nella vita!” disse stizzita Reina.

“Senti non voglio star qui a parlare di quello lì. Ora bisogna che mi metta a pensare che cosa posso inventare a mio padre”.

Suo padre era l’unica persona al mondo che riusciva ad incuterle un minimo di  soggezione, ed era anche l’unico che riusciva in qualche modo a farla rigare dritto quando lei deragliava con le sue bravate.

 

Orlando intanto che aveva ricevuto le scuse dal titolare dell’agenzia ‘Un sueño para ti’,quando seppe che Aylén era stata licenziata in tronco, ci rimase un po’ male. In realtà era andato lì pieno di livore, ma voleva solo l’indirizzo della ragazza. Il suo primario intento era quello di avere da lei quelle risposte che non era riuscito ad avere quel giorno in biblioteca. In più voleva dirgliene quattro, sempre perché secondo i suoi contorti ragionamenti la riteneva responsabile di aver assecondato i deliri di Kate. Ma di fronte al rifiuto categorico dell’uomo si era spazientito, cercando di far capire che era una cosa piuttosto importante e personale. Siccome quello aveva capito fischi per fiaschi, e come era accaduto anche con Alejo, aveva pensato che si fosse infatuato della ragazza, si era talmente arrabbiato che aveva finito per andare oltre e dire cose che in realtà non avrebbe mai voluto dire.

Che l’avessero licenziata non gli serviva proprio a niente, anche se pensava che forse se l’era un po’ andata a cercare.

Alla fine ne convenne che poteva mettere a tacere la sua coscienza e che forse sarebbe stato  meglio che cercasse di mettere una bella pietra sopra quella brutta faccenda. Le cose veramente importanti per lui in quel momento erano due: concentrarsi sul suo lavoro e scovare un metodo appropriato che gli consentisse di riavvicinarsi alla sua ragazza, magari con l’aiuto di Sandrine.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO CINQUE ●

 

 

 

Aylén era di fronte a suo padre che torreggiava davanti a lei con un’espressione di cupo disappunto. Aveva appena scoperto che da due settimane la figlia era rimasta senza lavoro. La ragazza, che faceva fatica a sostenere il suo sguardo, spostava gli occhi dal viso dell'uomo, alla punta delle sue scarpe con evidente imbarazzo.

“Sarei proprio curioso di sapere che cosa hai combinato questa volta, scelleratissima figlia che non sei altro!” tuonò Abel Delgado alla figlia.

“Ma niente papà, è stato solo un taglio del personale… per mancanza di lavoro” provò a giustificarsi senza troppa fantasia, Aylén che era stata colta di sorpresa dal genitore. Per quanto si fosse sforzata non era riuscita a tirare fuori una balla migliore.

Suo padre Abel, che non aveva mai approvato quel lavoro part time che la figlia faceva, aveva finito con  l'accettarlo per due motivi. Primo perché non sapeva realmente di che cosa trattasse, credeva infatti che Aylén andasse solo a consegnare messaggi cantati e ballati, naturalmente in abiti decenti; secondo perché in casa non entravano molti soldi. Lui era un invalido e percepiva una pensione appena dignitosa, mentre sua moglie Rosa, che era casalinga, racimolava qualche euro facendo piccoli lavori di sartoria. I soldi che portava Aylén erano utili per poterle permettere di studiare e per dare una piccola mano per le spese in casa.

Abel Delgado era un uomo vecchio stampo e tutto d’un pezzo con le sue idee, a dire il vero anche un po’ troppo rigide, e talvolta decisamente maschiliste. Era stato uno dei migliori stunt di tutta la Spagna, soprattutto era specializzato in acrobazie a cavallo. Purtroppo però a quarant'anni in seguito ad una brutta caduta era rimasto zoppo e i medici gli avevano categoricamente proibito di proseguire quel tipo di lavoro. Si era così costretto a lavorare in fabbrica e ora che aveva sessant'anni era in pensione. Aylén era la sua unica figlia, e per la verità lui avrebbe preferito di gran lunga un maschio. Nonostante ciò non si era arreso, e fin da quando la ragazza aveva solo sei anni le aveva insegnato tutti i trucchi del suo mestiere. L'aveva anche obbligata a fare una scuola di stunt, dove lei aveva conseguito ottimi risultati e Abel in cuor suo aveva sempre sperato che lei seguisse le sue orme, ma sua figlia voleva fare l'attrice e non la stunt. Questo, ovviamente, era stato causa di accese discussioni tra loro. Inoltre, forse proprio perché lui stesso, l'aveva sempre trattata come un maschio, Aylèn aveva sviluppato una forte tendenza a fare cose fuori dalla norma e talvolta azzardate, se non addirittura rischiose per la sua incolumità.  

“Pretendi che creda alle tue bugie? Come se non ti conoscessi! Non voglio nemmeno sapere che cosa diavolo ti sei inventata per farti licenziare, signorina!”.

Aylén era davvero mortificata dalla malafede che suo padre nutriva sempre nei suoi confronti e questo aveva contribuito a sviluppare in lei una sorta di ribellione. Fin da piccola aveva sempre cercato di compiacere il padre per riceverne le lodi e l'approvazione, ma spesso aveva avuto solo critiche e rimproveri. Così ad certo punto aveva smesso di fare la brava ragazza e si era trasformata in una indomita scavezzacollo, più le cose erano pericolose e compromettenti e più lei ci si infilava in mezzo a capofitto.

“Tu pensi sempre male di me non è giusto! Questa volta io non centro!” si lamentò Aylén.

“Io so con chi ho a che fare! Non meno di un mese fa sei finita sul giornale o te ne sei già dimenticata?” le disse Abel alzando il tono della voce, ancora non aveva digerito l'ultima bravata in ordine di tempo della figlia.

“Non è stata colpa nostra è il vento che ci ha traditi … ” provò a dire la ragazza sommessamente.

“Tu e tuo cugino Calixto siete due pazzi matricolati! Oltre che due sciagurati sprezzanti della vita!” urlò Abel.

“Ma papà ti giuro che era tutto calcolato nei minimi particolari” ribatte Aylén.

“Almeno abbi il buon senso di riconoscere la tua follia! Costruire un deltaplano a mano per poi salire sul torrione delle mura antiche e buttarsi di sotto non è cosa da persone sane di mente! E tutto questo perché? Perché voi due leggendo un testo vi siete messi in testa di emulare le gesta di Icaro! Potevate sfracellarvi a terra, ma non avete abbastanza cervello per pensare alle conseguenze delle vostre sciagurate azioni, vero?”.

Aylén non rispose, del resto quella sua ultima bravata aveva creato non poco scompiglio in città, oltre che l'intervento della forza dell'ordine e un sacco di altri guai che avevano fatto imbestialire suo padre come poche altre volte.

“Questa volta si fa a modo mio! Te lo trovo io un impiego e garantito se non fili dritta te le suono di santa ragione! Fila in camera tua e non ripresentarti fino all'ora di cena”.

Aylèn ubbidì facendo una smorfia. Aveva ventitre anni, ma suo padre la trattava ancora come se ne avesse tre. Disapprovava il suo desiderio di recitare, disapprovava la sua scelta di volersi comunque laureare e disapprovava in pratica quasi qualsiasi cosa facesse, per questo lei smaniava di andarsene a studiare a New York. Voleva frapporre l'oceano fra sé e il suo dispotico genitore. Con sua madre aveva un rapporto migliore. Rosa Delgado era una donna mite e dolce oltre che molto bella e aggraziata, ma purtroppo anche lei molto all'antica. Avrebbe voluto una figlia più docile e più femminile, ma oramai si era rassegnata al temperamento di quella figlia scapestrata, inoltre Rosa non avrebbe mai contraddetto suo marito Abel e quindi ogni volta che i due discutevano, anche se in qualche occasione riteneva che Abel fosse troppo duro o che sbagliasse, non diceva comunque niente. L'unica cosa che faceva era quella di consolare la figlia ed indurla  a comprendere il padre che in ogni caso era l'uomo di casa e andava rispettato.

La mentalità dei suoi genitori faceva arrabbiare Aylén, che proprio non poteva tollerare che ancora nel terzo millennio ci potessero essere persone così chiuse e retrograde, ma purtroppo finché fosse stata costretta a vivere sotto il loro stesso tetto, volente o nolente, doveva seguire le loro regole.

Era in camera  da un paio d'ore quando si presentò suo padre.

“Una volta tanto la fortuna ci sorride” esordì l'uomo con espressione soddisfatta.

“Ho fatto un giro di telefonate presso alcune vecchie conoscenze e sono venuto a sapere di una cosa assai interessante”.

Aylén lo ascoltava temendo che suo padre la potesse costringere a fare qualche lavoro noioso e sicuramente mal retribuito, tipo commessa o baby sitter. Neanche lontanamente immaginava che cosa le stava per capitare tra capo e collo.

Lo scoprì subito.

“Domani ce ne andiamo a Cordoba. Alcuni americani famosi stanno girando un film importante sulle guerre crociate”.

Già a quelle parole Aylén sussultò. Si era infatti da poco tranquillizzata, cioè da quando aveva saputo che la troupe del film dove lavorava Orlando si era spostata pochi giorni prima da Avilia, la sua città, appunto a Cordoba. Ma soprattutto non capiva, visto che le riprese erano già iniziate, che cavolo di lavoro avesse mai potuto scovare suo padre che avesse a che fare con quel film. Per un attimo sperò con tutto il cuore che si trattasse di un'altra produzione. Ahimè, non era così, del resto quanti film sui crociati potevano mai girare in Spagna gli americani? Mica una decina!

“Insomma per farla breve, uno degli stunt per le scene a cavallo, e sono molte, si è rotto una gamba e non riescono a trovare un degno sostituto. Stanno facendo audizioni a ripetizione, ma ancora non hanno deciso chi prendere. Raul il coordinatore della squadra degli stunt è un mio vecchio amico e ha accettato di vederti. Tu a cavallo sei un fenomeno, sono sicuro che quel lavoro sarà tuo!” disse l'uomo deciso.

Aylén scrollò la testa, suo padre era davvero un uomo impossibile, forse non si rendeva conto di avere una figlia e  non un figlio?

“Forse ti sfugge un particolare papà, loro cercheranno senz'altro un uomo e non una donna. De resto nel medio evo le donne non andavano di certo a fare la guerra!”.

“Vedi che sei ignorante? Non conta affatto che tu sia donna, le scene si svolgono in battaglia e i crociati avevano elmo e armatura, quindi il problema non si pone, anzi può essere un vantaggio in quanto sei più piccola e più leggera” spiegò soddisfatto Abel alla figlia.

Aylén trasalì. Non ci pensava neanche ad andare a lavorare a Cordoba nello stesso film dove lavorava colui che l'aveva messa in quella situazione e che sicuramente quando l'avrebbe vista l'avrebbe aggredita, facendo scoprire a suo padre tutto quanto. Senza contare che doveva lavorare alla sua tesi. E poi fare la stunt anche se gli riusciva bene, non le piaceva, lei aveva ben altri progetti, quella era stata solo una fissa di suo padre, non certo un suo desiderio.

“Non posso proprio farlo questo lavoro papà! E poi tanto non mi prenderanno e comunque ho da studiare e poi..” disse tutto d'un fiato la ragazza, ma il padre la interruppe.

“Oh si che lo farai, perché te lo ordino io e perché non siamo nella condizione di rifiutare un opportunità così vantaggiosa, pagano un sacco di soldi, questo stunt che si è fatto male, aveva un ruolo molto importante, in pochi sanno fare quelle acrobazie che sono richieste. Tu le sai fare perché mi sono informato per bene e quanto è vero che mi chiamo Abel Delgado, domani mattina te ne vieni a Cordoba con me a fare quel provino, chiaro?”.

“Io non ci vengo!” rispose piccata Aylén.

“E io ti ci porto per i capelli!” le urlò suo padre.

Poi spazientito da quelli che riteneva i capricci di una figlia ingrata la chiuse a chiave in camera e l'avvertì che l'avrebbe riaperta solo l'indomani mattina per partire alla volta di Cordoba.

Aylén che non si faceva prendere tanto facilmente dallo sconforto, in quel momento si sentì veramente disperata. Aveva assoluto bisogno di parlare con la sua amica Reina, ma non poteva neanche telefonarle perché era rinchiusa e il telefono era in salotto.

Ci pensò su qualche minuto, poi facendo spallucce ruppe gli indugi e come era nella sua indole, aprì la finestra, salì sul davanzale. Si guardò attorno facendo attenzione che nessuno la vedesse e con cautela si aggrappò alla grondaia. Con movimenti rapidi e precisi si calò al piano terra, fece un piccolo salto e si ritrovò incolume nel cortile antistante la sua abitazione. Furtiva e guardinga si avvicinò al cancello lo scavalcò rapidamente e corse a casa di Reina.

 

“Vergine Santissima di Guadalupe! Questo sì che è un guaio enorme!” disse preoccupatissima Reina all'amica non appena seppe della novità.

“Domani a quest'ora sarò già morta!” commentò Aylén.

“Questa volta non c'è via di scampo, tuo padre è davvero capacissimo di trascinarti a Cordoba con la forza! E ora che possiamo fare?” chiese una sempre più agitata Reina.

Aylén non rispose. Stava pensando a che cosa potesse mai inventarsi per risolvere quel pasticcio. Per quanto si spremesse le meningi la sua testa non le suggeriva niente.

“Non ci sono soluzioni” finì col dire sconsolata Aylén.

“Via non ti disperare, cerca di prenderla con filosofia” provò a dirle l'amica.

“E' una parola! Appena quello mi vedrà comincerà a urlarmi dietro, mio padre chiederà spiegazioni e quando saprà quello che ho fatto… non ci voglio neanche pensare!” disse Aylén che ebbe addirittura un brivido per la paura.

Reina si grattò la testa e poi disse con fare meditabondo: “Sono sicura che se Orlando sapesse quanto sia severo tuo padre, non avrebbe il coraggio di dirgli nulla, una coscienza ce l'avrà anche lui si spera!”.

“Reina sei un genio!” esordì Aylén con occhi furbetti guardando l'amica in modo strano e complice.

“Aylén non guardarmi così che mi metti paura! Ora che cosa ti è venuto in testa!”.

“Reina sei la mia migliore amica e mi devi aiutare, domani devi venire a Cordoba con noi!” disse agitata Aylèn che aveva elaborato una specie di piano semi disperato che forse, poteva salvarla.

“Io posso anche venire ma non capisco…” rispose l'altra titubante.

“Sarai tu a perorare la mia causa con Orlando, gli dirai che mio padre è un despota, oltre che un uomo pericoloso e violento. Gli dirai sarebbe capace di ammazzarmi di botte e che se dovesse mai scoprire che l'ho toccato, lo costringerà a sposami. O qualcosa del genere. Tanto gli stranieri sono tutti pieni di pregiudizi e con la testa infarcita da stereotipi qualunquisti, tipo che gli esponenti delle popolazioni latine sono tutti maschilisti, gelosi e pericolosi. Abboccherà e starà zitto”.

“COME? A parte il fatto che non conosco bene l'inglese, io dubito fortemente che si berrà una simile assurdità!”.

“Dobbiamo tentare e soprattutto devi cercare di essere più convincente possibile, non è che abbiamo molte altre soluzioni a portata di mano”.

Reina non era per niente convinta.

“Io mi vergogno, non ce la faccio mica a parlare con lui, balbetterei come un somaro!”.

“MEGLIO!” disse Aylén euforica.

“Meglio? Ma sei matta?” ribatté Reina.

“Ti insegno un trucco da attore, userai il tuo imbarazzo, e lo farai passare per terrore rendendo il tutto più credibile!” disse Aylén circondando la spalla all'amica con fare complice. Le ci volle quasi un'ora ma alla fine Reina, seppur molto riluttante, accettò di aiutare l'amica. Subito dopo Aylén tornò di corsa a casa, con l'animo un po’ più sollevato dalla speranza che quel piano sgangherato potesse funzionare.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO SEI ●

 

 

 

Aylén riuscì a rientrare nella sua stanza senza essere vista da nessuno. All’ora di cena sua madre venne ad aprirle la porta e le comunicò che aveva convinto suo padre a lasciarla scendere per mangiare con loro.

A tavola, la ragazza, con furba aria dimessa pregò il genitore di permetterle di invitare la sua amica Reina ad andare con loro a Cordoba e Abel, inaspettatamente accettò.

“La tua amica Reina mi piace, lei sì che una ragazza a modo e tranquilla, dovresti prendere esempio da lei e imitarla” le disse suo padre.

Durante la cena sua madre non poté fare a meno di farle mille raccomandazioni e poi Abel le ordinò di andare a prepararsi le valige.

“Le valige? Ma se non sappiamo ancora neanche se mi prenderanno!” protestò Aylén.

“Ti prenderanno perché tu sei mia figlia e ti conosco, so benissimo che è una cosa alla tua portata!” le disse lui con un tono che non ammetteva repliche.

Aylén che non aveva voglia di discutere salì in camera sua e si mise a fare quelle maledette valigie piuttosto a casaccio. Aveva già deciso che a scanso di equivoci avrebbe comunque fatto qualche errore madornale durante il provino. Non voleva affatto superarlo, non voleva quel lavoro e avrebbe fatto di tutto per essere nuovamente di ritorno a casa sua l’indomani stesso.

 

Arrivarono a Cordoba alle tre di pomeriggio. L’appuntamento per il provino era alle diciassette, ora in cui la troupe smetteva di girare. Abel era voluto arrivare molto prima per avere tutto il tempo necessario per essere puntuali. Inoltre volle fissare due camere in un alberghetto, cosa che fece agitare non poco Aylén, ed anche la povera Reina.

“Mica mi posso trattenere a Cordoba per molto tempo!” protestò Reina.

“Che cavolo ne so io di che cosa si è messo in testa mio padre! Tanto non ho intenzione di superarlo questo maledetto provino! Ma tu guarda che razza di casino!” disse Aylén nervosa.

“Ah no? Ma come? Insomma sarebbe una bella esperienza per una che ha aspirazioni di lavorare nel cinema. E poi scusa se mi permetto, ma non ti piaceva tanto Orlando? Lavorando con lui potresti vederlo tutti i giorni!”. Disse incautamente l’altra.

Aylén lanciò un occhiata di traverso all’amica e le rispose piuttosto seccata:“Ti sei dimenticata quello che ti ho detto o fai finta? Orlando è un bacchettone, antipatico e puntiglioso! Non me ne frega nulla di lui né tanto meno di lavorare con lui. Tanto sarebbe capace anche di denunciarmi e tutto perché? Perché l’ho provocato un pochino, se ci penso mi viene da credere che non sia neanche possibile che uno si incazzi tanto solo per una palpatina!”.

Reina ridacchiò.

“Che c’è da ridere?” le chiese Aylén.

“Forse è geloso del suo pisello!” disse l’altra terminando la frase con una grassa risata.

“Neanche ce l’avesse d’oro!” commentò Aylén che poi ridendo a sua volta disse con aria complice all’amica “ E io lo so con certezza, del resto, come si dice, ho toccato con mano!”.

Scoppiarono entrambe a ridere poi decisero di cambiare argomento, altrimenti se le avesse sentite Abel avrebbero passato entrambe un brutto quarto d’ora.

Alle ore 17,00 Aylén, con suo padre Abel e una terrorizzata Reina, erano arrivati puntuali sul set. Avevano appena fatto la conoscenza di Raul, il capo coordinatore degli stunt, che stava spiegando ad Aylén quali erano le caratteristiche e le evoluzioni che venivano richieste per quel tipo di lavoro. La ragazza ascoltava svogliata, ma era ben attenta a non farsene accorgere, intanto di quando in quando lanciava delle occhiate eloquenti a Reina per indurla a mettersi in cerca di Orlando per poter parlare con lui.

Non ci fu bisogno di aspettare molto perché Orlando comparve proprio in quel momento e la sua espressione era a dir poco stupefatta. Nonostante Aylén fosse vestita in modo molto semplice ed anonimo, con un paio di jeans abbastanza larghi un maglioncino nero, un piumino bianco corto, un paio di occhiali da sole neri e i capelli raccolti in una lunga treccia che spuntavano fuori da un cappellino basket dei Los Angeles Lakers, lui l'aveva riconosciuta immediatamente. Si domandò se per caso fosse in atto una sorta di malefica persecuzione ordita alle sue spalle e stava per aprire bocca, per chiedere spiegazioni, quando Reina, trovato un po’ di coraggio si aggrappò al suo mantello da crociato e tremando come una foglia per la paura, ma anche per la vergogna di fare una figura pessima, gli disse in un inglese assai stentato: “Ti prego, no anzi ti supplico! Prima di dire e fare qualsiasi cosa ascoltami!”.

Lui la guardò perplesso e si domandò che diavolo volesse quella da lui, ma soprattutto che caspita stava succedendo. La curiosità però ebbe la meglio sul disappunto e decise di ascoltare Reina. Quando ebbe finito di sentire l'improbabile storiella che le aveva propinato l'amica di Aylén evitò di riderle in faccia. Ovviamente non l'aveva bevuta neanche un po’, ma certamente non aveva intenzione di fare nessun tipo di scandalo, soprattutto sul set. Era un professionista serio e certamente non si sarebbe sputtanato di fronte ad un regista del calibro di Scott e davanti ai suoi colleghi per una questione privata. E poi, come aveva saputo che Alien come la chiamava lui, era lì per fare il provino da stunt, si era subito tranquillizzato. Figuriamoci se una donna e soprattutto QUELLA donna poteva essere capace di ottenere quel lavoro difficile e pericoloso, quindi si sentì quasi in dovere di tranquillizzare Reina.

“Non credo ad una sola parola di ciò che mi hai detto, ma non ti preoccupare non intenzione di dire niente, anzi mi voglio proprio godere lo spettacolo, e quando la tua amica volerà col culo per terra penso che mi divertirò un mondo!”.

Quindi, facendo volteggiare con gesto plateale il mantello del suo costume, si allontanò in fretta per andare a sedersi insieme al resto della troupe  e degli esaminatori, dove di lì a poco Aylén avrebbe fatto il suo provino.

Reina ebbe appena il tempo di avvicinarsi all'amica per riferirle le parole di Orlando, voleva che fosse tranquilla prima di salire a cavallo, ma non fece i conti con il carattere della ragazza.

“Ah! E' così mister integrità ha detto che vuole godersi lo spettacolo della mia disfatta?”aveva commentato Aylén alzando un sopraciglio.

“Più o meno, ma a te che te ne frega?” le sussurrò Reina nell'orecchio.

Aylén non rispose e mentre si toglieva il piumino per essere più libera nei movimenti le scattò la molla della ribellione. Ecco un altro maschilista retrogrado e ignorante! Ma glielo faccio vedere io! Così si accorgerà chi è che ha le palle e chi no! Pensò arrabbiata.

Raul l'accompagnò un po’ fuori dal punto dove erano e si recarono dove c'erano i cavalli e gli stunt che si allenavano. Reina vide che buona parte della troupe, gli attori e lo stesso regista erano tutti lì per vedere come se la sarebbe cavata. Un'altra al suo posto sarebbe stata timorosa, lei no. Lei era una combattente nata, ascoltò, e questa volta con estrema attenzione, ciò che Raul le disse e poi con eleganza salì in sella al cavallo bianco che le era stato portato. Avrebbe dovuto fare un paio di giri a forte velocità, durante la corsa doveva sporgersi su di un lato afferrare una lancia e cavalcare senza mani con la lancia impugnata, inoltre il cavallo doveva impennarsi almeno tre volte e lei avrebbe anche dovuto simulare una disarcionatura e una caduta a terra.

Aylèn si concentrò respirando, poi abbassò la testa verso il collo del cavallo, lo accarezzò con delicatezza e gli sussurrò dolcemente qualcosa nell'orecchio. Quindi si rimise in posizione eretta, cercò con lo sguardo gli occhi di Orlando e quando li incrociò un lampo di sfida illuminò le sue iridi scure, lui raccolse il messaggio e fece un sorrisino di scherno, Aylén non se ne curò e picchiò con forza i talloni sulla pancia del cavallo partendo al galoppo.

Vederla cavalcare era uno spettacolo. Elegante e sicura fece due giri galoppando come una furia, alla fine del secondo giro senza difficoltà si piegò mantenendosi in equilibrio sul lato destro reggendosi con una sola mano alle redini e facendo leva su di una gamba, afferrò al volo la lancia che un addetto aveva gettato a terra e con uno scatto elegante si rimise in posizione eretta. Ora cavalcava senza mani impugnando la lancia come se fosse stata una vera amazzone guerriera, lasciò la lancia dove le era stato detto e si apprestò a terminare la sua prova. Fece impennare sulle zampe posteriori il cavallo tre volte, si fece disarcionare finendo a terra con una specie di capriola, quindi si rialzò prontamente, e aspettando che la bestia finisse il suo giro, appena la ebbe a portata di mano, afferrò saldamente la bianca criniera puntò un piede sulla staffa, quindi volò nuovamente in sella. Fece infine il suo ultimo giro, quello più importante. Spronò il cavallo e riprese la sua corsa, ad un certo punto tirò le redini e picchiò il tallone sinistro sul fianco dell'animale, a quel comando la bestia nitrì nervosamente, scrollò la testa e si accasciò pesantemente al suolo, dando l'impressione di tirare sotto di sé la ragazza, che un attimo prima di finire a terra proprio sotto di lui, con una mossa fulminea, rotolò un paio di volte su se stessa finendo al lato del cavallo. Ci fu uno spontaneo scroscio di applausi. Aylén aveva eseguito alla perfezione tutte le evoluzioni richieste. Si rialzò da terra scrollandosi la polvere di dosso e si avvicinò al cavallo, che si era tirato su, quindi gli baciò il muso e lo ringraziò della preziosa e precisa collaborazione. Poi si girò verso  chi le applaudiva e fece una specie d'inchino, con sua enorme soddisfazione notò che non solo Orlando non applaudiva, ma se ne stava ingrugnito con le braccia conserte al petto come un bambino indispettito.

Raul si complimentò con Abel che a dire il vero era stato colto da un moto di orgoglio nei confronti della figlia.

“Buon sangue non mente Abel, tua figlia è un fenomeno, domani avrete la risposta, ma sono sicuro quasi al cento per cento che il posto sarà suo. Dobbiamo ancora esaminare un paio di persone, ma fin'ora, tra quelle che abbiamo visto, nessuno è stato alla sua altezza. Tutti molto bravi per carità, ma hanno sempre fatto qualche piccolo errore, tua figlia invece è stata praticamente perfetta. Se il regista sarà convinto, il lavoro sarà suo!”.

Abel, Aylén e Reina si congedarono e se ne andarono all'alberghetto che il prudente Abel aveva fissato quel pomeriggio, del resto Aylén era tutta impolverata e aveva proprio bisogno di farsi una bella doccia.

 

Quella sera stessa, dopo cena, nella sala riunioni dell'albergo che ospitava la troupe, si stava decidendo a chi dare il posto vacante di stunt per cui erano stati effettuati numerosi provini. Erano presenti il regista Ridley Scott, il capo coordinatore Raul,  quattro stunts tra i più anziani, Orlando e la sua controfigura per le scene di combattimento a terra. Il fatto era molto semplice, non era stato reso noto a nessuno dei partecipanti, ma quel ruolo era legato appunto proprio ad Orlando, insomma, era lo stunt che lo doppiava a cavallo che si era rotto una gamba.

“Non vorrete sul serio prendere una donna vero?” esordì l'attore tra lo stupefatto e il contrariato.

“Scusa Orlando, ma che problema ti crea? Tanto mica si vede sotto l'armatura che è una donna e comunque sono spezzoni di scene movimentati e brevi quindi non ci può essere nessun tipo di complicazione uomo o donna che sia” disse Raul sicuro.

Orlando saltò su innervosito “A parte il fatto che già mi girano perché non posso farle di persona, ma essere sostituito da una donna proprio non mi piace”.

“Di questo ne abbiamo già parlato” disse il regista Scott “E' fuori discussione che gli attori protagonisti si espongano a pericoli inutili. L'assicurazione nel caso di incidenti non pagherebbe, quindi per quanto bravo tu possa essere, quelle scene non le farai comunque. Sul fato di esser sostituito da una donna, la prendi troppo male, siamo nel 2004 le donne fanno un sacco di cose alla pari degli uomini, mi meraviglio che un ragazzo giovane come te ne sia così sconvolto”.

In effetti i problemi di Orlando erano altri, non voleva proprio tra i piedi quella ragazza, gli avrebbe giornalmente ricordato i suoi problemi con Kate, che tanto per la cronaca non erano affatto in via di risoluzione. Non poteva certo andare a spiegare a loro il perché fosse contrario alla sua assunzione e così aveva cercato vie traverse, ma quanto pare con scarsi risultati. Malgrado tutto si dovette arrendere all'evidenza, erano tutti entusiasti di quella gatta morta e il lavoro sarebbe andato a lei. Nonostante si rendesse conto che avevano ragione, perché Aylén era stata grandiosa, non lo ammise ma evitò di fare ulteriore polemica, quello era il suo lavoro e quando si lavora si deve essere seri. Avrebbe ridotto ai minimi termini  suoi contatti con lei, non avrebbe certamente causato discussioni sul set, ma se ma l'avesse intoppata fuori dall'ambiente lavorativo si sarebbe tolto la soddisfazione di dirle quello che pensava di lei.

 

 

NOTA:  L’idea di Aylén come stunt controfigura di Orlando, l’ho avuta guardando gli speciali delle Due Torri versione estesa, dove viene spiegato che la maggior parte dei cavalieri di Roan, in realtà erano donne. Quindi non è una cosa del tutto improbabile visto che nella realtà è già stata utilizzata ^_^

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO SETTE ●

 

 

 

La giornata seguente per Aylén fu davvero molto impegnativa. Dopo aver saputo che aveva ottenuto il lavoro passò direttamente tutto il giorno sul set. Suo padre e Reina la salutarono per tornarsene ad Avilia. Con Reina rimase d’accordo che si sarebbero risentite e che sarebbe tornata a trovarla, portandole anche il suo portatile e i libri per vedere se nelle pause libere le fosse riuscito di lavorare un pò alla sua tesi.

Conobbe la maggior parte degli stunt con cui avrebbe lavorato e si trovò abbastanza bene con tutti. C'erano solo altre due ragazze: Maria e Carmen, poi erano tutti uomini che ovviamente non essendo rimasti insensibili alla sua bellezza, si fecero in quattro per compiacerla. Quando seppe che proprio lei era la controfigura delle scene a cavallo di Orlando rimase perplessa, ma non se ne volle curare più di tanto.

Per fortuna non lo vide per niente per buona parte della giornata, del resto lei si stava allenando con Raul alle scuderie, mentre lui era da tutt'altra parte. Solo a fine serata fu accompagnata in sartoria, dovevano prenderle le misure per i costumi e l'armatura. Con sua sorpresa in sartoria c'era pure  Orlando.

Stranamente, nonostante la sua espressione fosse alquanto eloquente nel manifestare un disappunto fortemente palese, il ragazzo non la degnò di una sola parola.

La sarta e l'armaiolo ebbero il loro bel da fare.

“Dunque, visto che sei più bassa di lui di sei centimetri, bisognerà fare un rialzo nelle calzature. Le spalle possiamo allargarle con appositi spallini. L'armatura la facciamo più larga e poi la riempiamo con un’imbottitura”  e mentre la donna continuava a ripetere a voce alta tutte le cose da aggiustare sulla figura di Aylén, lei docile stava ferma a braccia allargate a farsi prendere le misure, mentre Orlando stava a lato con un’espressione sempre più scocciata.

Una volta terminato il tutto, arrivò il maestro d'armi.

“Allora, dato che tu entri a lavorare ora, bisognerà darsi da fare e cercare di recuperare più in fretta possibile il tempo perduto. Siccome devi fare scene di battaglia a cavallo bisogna che tu prenda dimestichezza con la spada e con la lancia, ma soprattutto devi studiarti e imparare alla perfezione le movenze di Orlando. Quando sei a cavallo, tu sei lui, e quindi devi muoverti esattamente come si muoverebbe lui”.

Aylén si grattò il naso con un gesto che oscillava tra il divertito e lo scettico. Orlando era sempre più cupo.

“Quindi in conclusione da voi due mi aspetto serietà e soprattutto velocità! Vi allenerete un'ora prima di iniziare le riprese e due ore dopo la fine delle riprese, tutti i giorni. Prima lei si allinea, prima smetterete di fare tutto questo lavoro in più. Sono stato chiaro? Qualche domanda?”.

I due tacquero.

“Bene! Si comincia domani mattina alle cinque, ritardi non saranno ammessi per nessuna ragione, se non strettamente legati ad un malanno fisico grave e certificato dal medico. Arrivederci a domani”.

Il maestro d'armi salutò e se n’andò, seguito a ruota da Orlando che senza fiatare e naturalmente senza salutare, aveva girato i tacchi lasciando Aylén ai suoi pensieri.

Alle cinque di mattina? Questi sono tutti pazzi! Pensò la ragazza sconfortata da quella notizia, ma c'era poco da fare era in ballo e doveva ballare per forza.

Ma lo sconforto maggiore lo provò il giorno seguente.

Alle cinque in punto Aylén, Orlando e il maestro d'armi erano pronti per iniziare l'allenamento, a fare da spettatore c'era anche Alejo, che incuriosito voleva vedere come se la cavava la ragazza.

Per Aylén non fu una passeggiata. Cominciarono con farle vedere come Orlando roteava la spada sopra la testa. Una scemenza a prima vista, quindi con piglio sicuro la ragazza afferrò lo spadone, ma non riuscì a portarlo neanche all'altezza della propria spalla. Quell'arnese pesava da morire. Lei caparbiamente ci provò una, due, tre volte, ma il risultato fu sempre lo stesso, non l'alzò neanche di un solo millimetro in più. Intanto Orlando come a voler sottolineare la sua totale incapacità, continuava a far roteare la sua spada sopra la sua testa con agilità e destrezza, come se quella fosse stata di cartone invece che di ferro. La cosa face letteralmente imbestialire Aylén, che se fosse riuscita ad adoperare la sua come avrebbe voluto, gliela avrebbe battuta volentieri sulla testa per farlo smettere.

Il maestro cominciò subito ad elencarle i numerosi difetti che aveva avuto nell'approccio all'uso dell'arma, si posizionò dietro di lei e guidò le movenze che doveva fare, con il suo aiuto Aylén riuscì a portare la spada sopra la propria testa e farla roteare anche se goffamente, ma quando l'uomo la lasciò per farla continuare da sola, il braccio di lei non ce la fece a sostenere da solo il peso, e ricadde malamente verso il basso, facendo oscillare pericolosamente l'arma, che quasi sfiorò il naso di Orlando, il quale istintivamente fece un balzo all'indietro protestando con veemenza.

“Stai attenta! Cristo, manca poco mi porti via il naso!” poi rivolto al maestro d'armi disse con vena polemica “Possiamo stare qui mesi, ma che dico: anni! Questa qui non ce la farà MAI! Del resto lo dicevo io che una donna non era adatta!”.

Il maestro non lo considerò, tagliò corto sulle polemiche e poi spiegò che era tutta questione d'allenamento, ma che fosse stato necessario, Aylén avrebbe dovuto fare un po’ di pesi per potenziare le braccia. La ragazza si mostrò collaborativa e annuì, Orlando storse la bocca, ma non fiatò, l'ora finalmente finì, lui se andò sul set e lei alle scuderie.

Alle cinque del pomeriggio stessa musica della mattina. Aylén nonostante ci mettesse tutto l'impegno possibile, non riuscì a far roteare quella stramaledettissima spada, che cominciava ad odiare a morte. Ad un certo punto il maestro d'armi se la prese anche con Orlando: “Non c'è bisogno che ne stai qui a fare roteare la tua spada, lo so che la sai usare! Invece di perdere tempo potresti anche cercare di aiutarla, così non si arriva capo di niente, me la fai solo innervosire e più lei è nervosa e meno mi rende!”.

Orlando sbuffò appena, già gli giravano le palle, perché doveva farsi tre ore in più di lavoro ogni giorno, che poi dovesse essere anche star dietro a quella, proprio non lo digeriva. E che cavolo doveva anche ripassare le battute per il giorno dopo, così diventava tutto massacrante.

Finalmente finirono e Aylén potette ritornare in albergo. Aveva cavalcato tutto il santo giorno con Raul per imparare alcune cose, aveva tentato di usare la spada e ora era indolenzita dalla punta dei capelli alla punta dei piedi, ma era il braccio destro quello che in assoluto le faceva vedere le stelle. Si fece una doccia e poi si coricò su letto, senza accorgersene, si addormentò secca come un chiodo sopra le coperte ancora avvolta nell'asciugamano e con i capelli bagnati.

La mattina dopo si alzò con la febbre e raffreddore terrificante.

Si presentò al lavoro in condizioni disastrose.

“Ma stai male?” le chiese il maestro d'armi.

“Don' è diente, solo un bruddo raffreddore” rispose lei costipatissima.

Orlando perse la pazienza: “E non si può mica lavorare cosi! E che cazzo! Già ieri non ha combinato nulla, figuriamoci oggi!”.

Il maestro d'armi ne convenne con lui. Fece un ramanzina ad Aylén intimandole un giorno di riposo, poi l'ammonì invitandola ad comportarsi da professionista seria e a ripresentarsi l'indomani in condizioni decenti.

Aylén obbedì senza protestare e rientrò in albergo.

Naturalmente ora lei alloggiava in quello assegnato all'intera troupe dalla produzione e la sua stanza si trovava due piani sotto a quello dove alloggiavano gli attori il regista e l'aiuto regista.  

Appena arrivata in camera la raggiunse il medico che le somministrò un pasticcone che fece fatica ad ingoiare e che poi le consigliò di starsene al caldo. Lei seguì il consiglio alla lettera e si rimise a dormire.

Quando si svegliò si rese conto che aveva dormito parecchio, guardò l'orologio e vide che erano le cinque del pomeriggio, si stiracchiò un poco e anche se ancora indolenzita si rese conto di stare molto meglio e di avere fame. Si vestì e scese in cerca di qualcosa da mangiare, rimediò un paio toast al bar dell'albergo e un bicchiere di succo d'arancia. Mentre mangiava prese una decisione: doveva fare quattro chiacchiere con Orlando. Il suo comportamento era scorretto e poco incline alla collaborazione, di quel passo quel lavoro si sarebbe tramutato in un disastro infernale, bisognava darci un taglio. Prima di risalire in camera sua consegnò al ragazzo della reception un messaggio per lui, dove lo invitava a farsi trovare alle nove nella hall perché aveva urgenza di vederlo per parlargli di lavoro.

Quando Orlando rientrò in albergo e gli fu consegnato il messaggio, lo lesse lo accartocciò e lo buttò nel cestino, decise immediatamente che non si sarebbe presentato all'appuntamento, anche perché di parlare con lei non gli interessava minimamente. Se aveva dei problemi erano fatti suoi, ci doveva pensare prima d'imbarcarsi in una situazione fuori dalla sua portata. Anzi se non avesse retto e se ne fosse andata, per lui sarebbe stato tutto di guadagnato.

Qualche ora dopo, Aylén guardando l'orologio, si rese conto che aspettava Orlando da ben quarantacinque minuti, e capì che lui non sarebbe venuto.

Bene il capoccione bacchettone acido, e anche abbastanza stronzo ha deciso di fare la prima donna! Ma mi conosce poco! Non vieni? Allora vorrà dire che verrò io da te, che credi che mi metto paura? Povero te! Deve ancora nascere chi mette paura carino!  Con questi pensieri per la testa si diresse decisa alla reception. Sulle prime il ragazzo si rifiutò categoricamente di dirle il numero della stanza d’Orlando, del resto c'erano ordini ben precisi riguardo le stanze degli attori, ma Aylén gli fece gli occhi dolci e un paio di smorfiette ad arte, spiegando che era una cosa importantissima e che dovevano parlare di lavoro, e alla fine il pollo abboccò e le disse che lo avrebbe potuto trovare al terzo piano stanza 27. Aylén lo ringraziò caldamente e si diresse dritta alla meta.

Orlando era in camera sua con Alejo.

“Ultimamente sei troppo nervoso” gli stava dicendo il tecnico, mentre lo aiutava a ripassare alcune battute.

“E' vero. Mi girano  le scatole e poi due palle con quella nuova che non ti dico” rispose Orlando.

“Ho notato che sei parecchio scostante con lei… strano” commentò Alejo.

“Strano? Lo saresti anche tu! Mi tocca lavorare il doppio!” rispose l'altro.

“Io con una così ci lavorerei giorno e notte, anzi approfitterei proprio di tutto il tempo a disposizione per stare con lei… Non è che se ne vedono tante di tipe così in giro” disse Alejo.

Orlando non fece in tempo a rispondere perché furono interrotti da un bussare deciso alla porta.

“Avanti” disse il ragazzo ignaro. La porta si aprì e Comparve Aylén. Come la vide Orlando fece due occhiacci e le disse subito: “Che cazzo ci fai qui TU?”.

“Avrei bisogno di parlare con te, e siccome non ti sei presentato nella hall… come si suol dire: se Maometto, non va alla montagna, allora la montagna va da Maometto!”.

“Taglia corto con i tuoi proverbi della domenica, non ho  intenzione di ascoltarti, perché SE NE AVESSI AVUTA, mi pare OVVIO che sarei venuto giù!”.

“Ti rubo solo un minuto” disse lei per niente smontata.

“NO! Fuori di qui!” sbottò lui.

Aylén perse le staffe.

“ORA BASTA!” gli urlò in malo modo, poi con tono più calmo ma sempre piuttosto alterato continuò: “La vuoi smettere di starnazzare come un gallo isterico sì o no? E che palle! Stai zittino due minuti e ascoltami! Ho un paio di cosette da mettere in chiaro e poi me ne vado!”.

Orlando fece solo in tempo a sibilarle a denti stetti un “Ma come ti permetti tu…” che lei lo rintuzzò di nuovo: “Sii educato se ti riesce, e fammi finire prima di interrompermi di nuovo!”.

Alejo che li guardava esterrefatto mormorò: “Beh io andrei…”

“No, tu rimani, questa è pericolosa!” disse Orlando.

Alejo lo guardò strano, ma non disse niente e rimase.

“Tanto per schiarirti le idee signorino” cominciò a dire Aylén puntandosi le mani sui fianchi “Dovresti smetterla di fare tutte queste storie, del resto se sono qui è solo per lavorare. Lavoro che mi è indispensabile, visto che QUALCUNO mi ha fatto perdere il mio precedente impiego!”.

Orlando provò a discolparsi  “Non è stata una mia idea, io non ho chiesto il tuo licenziamento e..”.

“Ma falla finita!” lo interruppe lei “Se non ti fossi presentato in agenzia con quell'aria ridicola, tipo vergine oltraggiata, piagnucolando come una femmina…”, s'interruppe un attimo. Era davvero arrabbiata, poi continuò: “Mi pare quasi di vederti!” e a quel punto proseguì imitandolo come se davvero fosse un piagnucolone: “Oh quella ragazza indecente e senza morale che mi avete mandato, mi ha toccato il mio prezioso pisello, è una prostituta e io la denuncio!”.

Alejo spalancò gli occhi e la bocca e Orlando diventò verde.

Ma lei era partita in quarta e non dette loro tempo di parlare: “Mi hai rotto le palle! Non è con me che dovresti avercela, ma con chi ha avuto l'idea di spedirmi da te!  Francamente con il senno di poi, se mai potessi tornare indietro, non lo rifarei di certo, visto che mi è costato il lavoro, e che la tua dolce metà non mi pagherà un soldo e come se non bastasse, ci si è messo di mezzo pure il mio tostissimo genitore, che mi ha procurato questo bel lavoretto, dove mi toccherà rompermi il culo non so ancora per quanto tempo!”.

Ma non aveva ancora finito.

“Chi l'avrebbe mai detto che Kate Winslett era una parolaia! Almeno mi avesse dato i miei soldi non starei certo qui! E pensare che era una delle mie attrici preferite prima di 'sto casino!”.

“KATE WINSLETT??” chiese Orlando strabuzzando gli occhi.

Lei lo guardò come se fosse rincitrullito: “Che fai il finto tonto? Kate non è la tua fidanzata?”.

Lui la guardò con sufficienza e disse: “La mia ragazza di si chiama KATE BOSWORTH”.

Lei lo guardò perplesso “E chi è? Mai sentita nominare! Ma pensa tu! Quando mi ha detto di essere un'attrice e di chiamarsi Kate io ho pensato che fosse la Winslett, del resto solo quella Kate conosco, come attrice” poi continuò “Divagazioni a parte, le cose stanno così. Se sono qui la responsabilità è solo tua, quindi smettila di fare le bizze e cerca di collaborare, sarà meglio per tutti”.

“Non me frega un piffero se non hai beccato un soldo, anzi per la verità mi fa pure piacere, in quanto ai tuoi problemi: sono e rimangono tuoi” rispose secco Orlando.

Lei si diresse alla porta e prima di aprirla per uscire gli disse: “Come diceva la buon anima di mia nonna:fiato sprecato parlare con i somari! Dovresti vergognarti! La gente normale lavora per vivere, a me questo lavoro serve e non ho intenzione di perderlo. Mi farò valere con o senza il tuo aiuto. Buona serata!” e così dicendo Aylén se n’andò.

 

 

PS: visto che qualcuno ha ritenuto questa storia un pò troppo forte, ho alzato il rating a "R" sperando di non scandalizzare più nessuno ^_^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO OTTO ●

 

 

 

“Accipicchia che caratterino!” commentò Alejo non appena lui e Orlando furono rimasti soli. Poi rivolgendosi nuovamente all'amico con un’espressione incuriosita gli domandò: “Ma fammi capire una cosa, ti ha veramente toccato il pisello?”.

“Si” ripose a denti stretti Orlando, il cui giramento sferico era arrivato a proporzioni tipo turbina di una centrale elettrica ad energia nucleare.

“Per caso non  è stata una bell’esperienza? Ti ha fatto male?” chiese l'altro sempre più curioso.

“Dio Santo, NO!” ripose l'interessato spazientito.

“Non capisco! No, perché da come ti comporti, sembra che ti abbia strizzato le palle!”  commentò Alejo perplesso e poi continuò “Forse ti fa senso farti toccare dalle ragazze?”.

“Ma che cazzo dici? Certo che mi piace essere toccato!” saltò su Orlando, poi aggiunse: “Ma guarda tu che mi fate dire! E' mai possibile che il mio … si, che il mio pisello debba diventare argomento di conversazione?”.

“Perché la cosa t’imbarazza?” chiese l'altro perplesso.

“SI! … cioè no! Insomma preferirei cambiare argomento!” farfugliò Orlando.

“Capisco!… ” fece Alejo con aria di chi la sa lunga.

“Che?” domandò l'altro girandosi di scatto.

“No davvero, lo capisco. Non c'è niente di male … capita… certo però è un po’ triste come cosa… per uno della tua età…e nella tua posizione poi! Deve essere proprio dura!”.

“Ma capisci CHE COSA?” chiese irritato Orlando.

“Su via non facciamone una tragedia. Cambiamo argomento!” disse Alejo con tono complice e  comprensivo.

A quella ultima affermazione, ad Orlando, se mai fosse possibile, aumentò ancora di qualche grado il livello della sua già strabordante incazzatura.

“MI DICI PER FAVORE CHE CAZZO PENSI DI AVER CAPITO?”.

Alejo non avrebbe voluto toccare quel tasto così delicato e strettamente personale dell’amico, ma visto che se lo voleva sentir dire, gli rispose: “Intendevo dire che… ecco se sei… come dire… un po’…. impotente, forse è solo colpa dello stress o magari…”.

Mica ce la fece a finire il discorso perché Orlando scoppiò a ridere fragorosamente.

“Tranquillizzati amico mio! Funziona tutto a dovere!” disse con calma.

Alejo tirò un sospiro di sollievo.

“Mi hai tolto un peso!” poi si fece nuovamente pensieroso e disse “Ma non sei comunque normale!”.

“Eh?” chiese Orlando che non capiva che cosa non tornasse ora all’altro.

“Non è normale che un uomo NORMALE faccia tutte queste scene per una essere stato toccato da una donna, anzi da una gran bella donna! Insomma io sarei stato felice e francamente me ne ricorderei con piacere ecco!”.

“E’ tutta la situazione di contorno che mi ha mi ha fatto incazzare” cercò di spiegare Orlando.

“Ah! Ora capisco! Allora in realtà ti è piaciuto eh?” disse Alejo con aria sorniona.

“Oh ma insomma! Che importanza ha?”sbottò snervato Orlando.

“Era così, tanto per fare due chiacchere tra uomini. Voi inglesi non parlate di queste cose fra amici?” si giustificò Alejo.

“Certo che ne parliamo! Mica siamo dei preti!”.

“No, sai, c’è quel modo di dire: niente sesso siamo inglesi, allora magari pensavo che forse, siete un po’ più freddini, che ne so!”.

“Freddini un cazzo!” rispose Orlando.

“E allora?” lo incalzò nuovamente Alejo.

“Si, si, SIII! Contento? Fisicamente è stato piacevole. OVVIAMENTE è stata una reazione istintiva, niente di più che sia CHIARO! E ora basta, cambiamo argomento per favore!” rispose Orlando sfinito.

“Ma perché ti arrabbi?” chiese stupito l’altro.

“Oh Cristo Santo!” disse Orlando alzando gli occhi al cielo.

Poi continuò cercando di spiegarsi.

“Io sono innamorato della mia ragazza, e non voglio parlare delle altre non m’interessa, capisci?”.

“Sì capisco perfettamente, sei innamorato. La tua ragazza mica tanto però!” commentò scettico lo spagnolo.

“Scusa eh! Con tutto il rispetto, ma tu che cavolo ne sai scusa?” ribatté l’inglese indispettito.

“Mi sembra piuttosto chiaro! Una ragazza innamorata mica manderebbe uno schianto di figliola a toccare il pisello al suo fidanzato come dono di compleanno!”.

“Ma allora non  hai capito nulla! E’ per via che è stressata e allora ha fatto una sciocchezza, ha, come dire, riversato le sue frustrazioni sul nostro rapporto di coppia. Sono cose che capitano. Ora siamo in pausa riflessiva, ma quando ritornerò a Los Angeles rimetterò le cose  a posto” disse Orlando cercando di giustificarsi.

“BENE!” disse quell’altro con aria soddisfatta.

“Bene? Ma che dici?”.

“Se siete in pausa riflessiva praticamente sei libero, e se sei libero, ti puoi anche togliere qualche sfizio!” e gli strizzò l’occhio con fare ammiccante.

Orlando rimase sconcertato. Quel ragazzo davvero non capiva un tubo!

 

Più tardi, finalmente solo, Orlando stava ancora scrollando la testa con disappunto quando gli squillò il cellulare.

“Ciao tesoro!”.

“Ciao 'ma!” rispose lui alla madre.

“Allora come sta il mio bambino?”.

“Bene”.

“Mmmm dalla voce mica tanto mi sembra! Che c’è? Problemi sul lavoro?”.

“No…”.

“E allora che hai? Ti sento strano! Sei stanco?”.

“Ma niente, sono questi spagnoli che sono strambi, forse sono un po’ troppo … uhmmm… esuberanti direi!”.

“Ma come? Proprio tu lamenti? Tu che sei sempre pronto a fare casino, praticamente sei l’esuberanza fatta persona!”.

“Si ma questi lo sono decisamente più di me!”.

“Vale a dire?”  gli chiese la donna curiosa.

A quella domanda Orlando rimase interdetto, mica poteva raccontare certe cose a sua madre!

“Hai ragione tu 'ma, può darsi che sia un pochino stanco e che veda le cose peggio di quello che sono” tagliò corto il ragazzo.

Chiacchierò un altro po’ con la sua mamma, che come tutte le mamme del mondo, prima di salutarlo gli raccomandò di comportarsi bene, di non prendere freddo e di mangiare cose sane.

Avrebbe voluto dormire, ma era troppo agitato e non riusciva a prendere sonno.  Alcune parole che gli aveva detto Alejo, ma anche altre che gli aveva detto Aylén, gli ronzavano fastidiosamente per la testa. Si rendeva conto, anche se faticava non poco ad ammetterlo, che buona parte del livore che nutriva per quella ragazza, non era del tutto giustificato, come del resto non era affatto giustificabile il comportamento che aveva avuto Kate, qualunque ne fosse stato il motivo o le ragioni.

Inoltre era parecchio stanco e la stanchezza non aiuta a coordinare bene le idee. Il suo nervosismo era anche alimentato dal fatto che non aveva più avuto notizie dalla sua ragazza. Kate sembrava decisa a portare avanti la sua decisione riguardo la pausa riflessiva. Ma che cosa è una pausa riflessiva? Uno stand by dei sentimenti? Fai: ctrl - alt gr - canc e metti su risparmio energia il cuore? Oppure era un modo per dire  stiamo qualche mese a farci i cazzi nostri che poi dopo ci vogliamo più bene di prima? Questo aspetto lo aveva colto in pieno Alejo: Togliti qualche sfizio, gli aveva detto, ma se si doveva togliere gli sfizi che senso avrebbe avuto per lui aveva un rapporto  stabile, o forse avrebbe dovuto mantenere il rapporto stabile intervallandolo con regolari e opportune pause riflessive? Più ci pensava è più ne conveniva che tutta quella faccenda non aveva senso. O forse il vero problema era che essendo tropo lontano dalla sua ragazza tutto prendeva una piega più  drammatica di ciò che realmente era. Sì, doveva essere per forza così, non poteva essere altrimenti, e lui doveva crederlo se ci teneva a recuperare il tutto. La speranza era l'unica sua alleata e lui non aveva intenzione di perderla.

Finalmente riuscì a rilassarsi un poco, e proprio mentre stava per cadere nel dolce oblio del sonno, spalancò gli occhi fulminato da quella frase che gli perforò il cervello ricordandogli improvvisamente quelle parole: “Con quell'aria ridicola tipo vergine oltraggiata, piagnucolando come una femmina”.

Se ne era quasi dimenticato, ma il ricordarlo lo fece di nuovo incupire. Quella ragazza era maleducata, prepotente, sfacciata e sicuramente non molto seria. Doveva rimetterla al suo posto, oltre che impedirle di andare a raccontare a tutti senza la minima decenza, ciò che gli aveva fatto. O si sarebbe ritrovato a dover spiegare a mezzo mondo ciò che aveva faticosamente detto ad Alejo poco prima e con scarsi risultati a quanto pareva.

Finalmente il sonno lo vinse, ma fu un sonno agitato. Quando all'alba si svegliò il suo umore era decisamente torvo.

 

Aylén era in sartoria e stava provando il suo costume, indossava una calzamaglia, stivali di daino, una camicia ed un corsetto e aveva i capelli legati. Stava appunto girando su se stessa, allargando le braccia e inarcando le spalle per vedere se l'abbigliamento non la costringesse troppo nei movimenti, quando scorse da lontano Orlando che stava arrivando. Era vestito più o meno come lei, in più portava solo il mantello che ondeggiava svolazzando per l'aria, visto che procedeva a passo di marcia spedito, tipo generale delle SS, con grandi falcate e lo sguardo corrucciato puntato dritto per terra. A vederlo più che Balian di Ibelin, sembrava piuttosto la trasposizione dell' Orlando furioso dell'Ariosto. Entrò nella stanza e cordialmente chiese all'addetto costumi se poteva uscire per qualche secondo, visto che doveva dire due paroline in privato alla sua controfigura.

Aylén lo guardò incuriosita.

“Cercherò d’essere breve, diretto e coinciso! Ti pregherei formalmente di evitare di fare irruzione in camera mia, e soprattutto di gridare ai quattro venti frasi totalmente prive di senso, mettendomi in imbarazzo di fronte ai miei amici! Io non sono affatto una femminuccia, casomai sono una persona seria, ma forse questo concetto non è molto chiaro nella testa! Forse neanche lo sai che significa essere seri! E PER FAVORE! Evita anche di raccontare senza il minimo ritegno della tua infelice bravata, non so se te ne rendi conto, ma non è che ci passi esattamente bene! Nonostante sia per me piuttosto spiacevole, sarò comunque costretto a lavorare con te, quindi ho deciso a collaborare. Ciò però, non implica nella maniera più assoluta che i nostri rapporti debbano andare oltre la pura e semplice formalità e i primari dettami dell'educazione. Per tanto, se ti riuscirà di comportarti come una persona educata, rispettosa e professionale, credo che non ci saranno più problemi, altrimenti sappi che in ogni caso, qualsiasi futuro dissidio, non sarà dipeso da me. Sono stato chiaro?”.

Aylén lo guardò come avrebbe guardato la sua professoressa d'italiano alle superiori.

“Sei stato chiarissimo” gli rispose solenne.

“Bene!” rispose lui e si girò per andarsene.

“Una cosa però bisogna che la dica” gli disse lei non potendo fare a meno di stare zitta  “Non per voler essere polemica a tutti i costi, però tu sei veramente il classico esempio di come l'apparenza inganna. Sembravi così gioviale, burlone un gran buon tempone a vederti nelle interviste e invece … mamma mia! Sei nevrotico, acido come il latte accagliato e anche puritano! Mi sa che hai bisogno di rilassarti un po’!” concluse la ragazza.

Lui che si era fermato un attimo per ascoltarla, pur non girandosi, le rispose secco.

“Quello che pensi di me non mi interessa minimamente, anzi se eviti di esprimerti in merito è pure meglio!” e questa volta se ne andò.

Aylén lo guardò e non poté fare a meno di fargli una linguaccia accompagnata da una boccaccia, ovviamente lui era di spalle e per fortuna non la vide. Nonostante fosse stato piuttosto duro lei non se curò, e anche se a dire il vero certe sue sottili insinuazioni le erano arrivate chiare e dirette, Aylén sapeva benissimo di non essere quel tipo di persona, se lui voleva vedere solo quello che appariva, significava solo che non riusciva a vedere oltre la punta del proprio naso.

Peggio per lui pensò, e richiamò il costumista per finire le prove.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO NOVE ●

 

 

Ormai erano già due settimane che Aylén lavorava e la troupe era ancora ferma a Cordoba in attesa di spostarsi verso Granada. Il duro allenamento aveva dato i suoi frutti, ora riusciva persino a far roteare la spada con destrezza. La sua caparbietà e il suo impegno erano stati determinanti per tale miglioramento e aveva ricevuto i complimenti dal maestro d'armi. Andavano molto bene anche gli allenamenti a cavallo e quindi ora si sentiva meglio e più a suo agio. I suoi rapporti con Orlando erano rimasti tali  e quali, e nonostante quella specie di patto di non belligeranza, capitava che si beccassero ugualmente, proprio come accadde quella sera, che fianco a fianco stavano ripassando delle mosse.

“Io non mi muovo così!” saltò su Orlando criticando l'apertura circolare fatta da Aylén con il braccio destro.

“Si invece” ribatté lei senza scomporsi.

“NO! Tu sembri un contadino che impugna la zappa”.

Lei si fermò di colpo e infilzando la spada nel terreno gli disse

“Oh mi scusi tanto principe dei miei stivali, giammai vorrei imbastardire le sue movenze armoniche e leggiadre!” e così riafferrò la spada e cominciò a volteggiare come se fosse stata una ballerina di danza classica.

“Non sei affatto simpatica!”.

“Non intendevo esserlo! Ti stavo solo imitando”.

“La finite voi due si, o no!” tuonò il maestro d'armi “Siccome avete voglia di fare gli spiritosi rimarrete qui un'altra ora a ripetere il tutto. Io ora ho una cosa da fare, ma quando torno vi voglio trovare al lavoro, SERENI, e con la coreografia pronta, perché domani si prova a cavallo. CHIARO!”.

I due annuirono a capo basso. Poi quando furono soli Aylén si girò verso Orlando e gli disse: “Se qualche volta tenessi chiusa quella ciabatta che hai al posto della bocca, sarebbe meglio!”.

“Se tu sapessi fare il tuo lavoro io non protesterei!” rispose lui.

“CHE PALLE!” sbottò lei.

“La verità fa male eh? Io credo che senza conoscenze non ti avrebbero mai presa. Secondo me questa non è proprio la carriera che fa per te”.

“Meglio così! Tanto io questo tipo di mestiere non voglio fare. Ho altre ambizioni, io!” rispose lei per niente turbata dalle critiche di lui.

“Ah si? E che vuoi fare? Lascia che indovini … ummmm… la ballerina di lap dance a Las Vegas forse?” disse lui sarcastico.

“Ma che uomo di spirito! No, io voglio fare l'attrice!” sentenziò lei con serietà.

Orlando scoppiò in una fragorosa risata.

Aylén lo fece finire di ridere, senza scrollarsi e poi con naturalezza gli disse:

“Ma lo sai che quando ridi sei infinitamente più carino di quando stai con quell'espressione da toro prima di entrare nell'arena per la corrida?”.

Questa frase lo spiazzò di brutto, lasciandolo perplesso, perché non se lo sarebbe mai aspettato, ma si riprese quasi subito e rispose piuttosto burbero: “Questa uscita che significa?”.

“E' solo una constatazione” puntualizzò lei.

“Che fai sfotti?” chiese lui per niente convinto.

“No, ho solo detto quello che penso! Per favore puoi cercare di sotterrare l'ascia di guerra per almeno un’oretta? Giusto il tempo di finire questa coreografia. Non vorrei rimanere qui all’infinito, stasera ho diverse cose da fare” spiegò lei costernata.

Con una smorfia Orlando acconsentì a chiudere la discussione. Si rimisero a lavorare di buona lena. Per fortuna quando arrivò il maestro d'armi li trovò sufficientemente preparati e li lasciò andare, dando loro appuntamento per la mattina seguente alle scuderie, per le famose prove a cavallo

 

Quella sera Aylén avrebbe rivisto la sua amica Reina che era tornata a trovarla. Infatti verso le ventuno la ragazza arrivò all'albergo di Aylén e salì in camera da lei. La trovò che si stava finendo di preparare, dopo aver fatto una doccia. Si salutarono con affetto e cominciarono a parlare.

“Ecco qua il tuo portatile e i tuoi libri” esordì Reina.

“Bene! Spero di combinare qualcosa anche se per ora, il mio tempo libero lo passo a dormire, sono sempre stanca!” si lamentò giusto un poco Aylén.

“Allora come và? Che mi racconti? E Orlando?” chiese curiosa Reina.

“Mah! Per andare va! Mi devo fare un bel mazzo, però mi diverto anche. Orlando è sempre nervoso, ma lo capisco sai, per me è infinitamente infelice, o forse molto frustrato” rispose Aylén.

“Davvero?” disse con stupore Reina.

“Se fosse felice e sereno non starebbe sempre ingrugnito come un rinoceronte, ma non parliamo di lui. Piuttosto quanto ti trattieni?”.

“Una quindicina di giorni al massimo, del resto dovevamo farci quel viaggio in Francia, ma visto che è cambiato tutto, allora posso passare qui le mie vacanze”.

“Benone!” disse Aylén  “Così potrai anche assistere alla mattana che abbiamo organizzato con dei miei colleghi e un tecnico” concluse euforica Aylén.

“Che mattana?” chiese Reina incuriosita.

“Dopo cena capirai” rispose l'altra strizzando un occhio.

Infatti dopo cena Aylén aveva appuntamento nella hall con Alejo. Avevano fatto amicizia e con altri colleghi di lei avevano organizzato, in gran segreto, di andare a fare rafting alle pendici del fiume Guadalquivir. Erano un gruppetto affiatato di undici persone, tutte quante piuttosto spericolate, cosa normale per degli stunts, mentre Alejo aveva aderito in un secondo tempo, visto che aveva già fatto rafting un paio di volte. Aylén gli presentò Reina e gli spiegò che era la sua migliore amica, e che poteva stare più che tranquillo sulla sua discrezione.

“E' importante che non ci scoprano, o ci licenziano tutti!” disse Alejo con tono complice e guardingo.

“Perché?” chiese Reina che non capiva.

“Non possiamo fare cose ritenute pericolose per la nostra incolumità fisica, se qualcuno si fa male, la produzione perderebbe un sacco d soldi” spiegò Alejo.

Continuarono a parlottare fitto fitto e Alejo disse che stavano organizzando non per quella domenica, ma per quella successiva ancora, quando dalla hall passò Orlando. Notò subito quei tre che stavo confabulando come se fossero dei massoni in riunione segreta, e si incuriosì. Si avvicinò come se passasse di lì casualmente, ma come lo videro i tre smisero subito di parlare. Orlando salutò Alejo, Aylén e poi si soffermò su Reina.

“Ma io a te ti conosco?” chiese pensoso.

Lei gli rinfrescò la memoria e lui si ricordò immediatamente. La conversazione in ogni modo non durò a lungo perché i tre farfugliando una scusa si eclissarono, e lui rimase col dubbio e la curiosità di sapere che cavolo stessero tramando.

La mattina dopo, alle cinque, cominciarono le prove a cavallo. Se a terra Aylén aveva avuto delle difficoltà, a cavallo se la cavò in maniera egregia, mentre fu Orlando ad avere qualche problemino.

“Più dritto!” gli diceva Raul “Non va bene, non ci siamo, sei troppo rigido!”.

Orlando tentò di raddrizzarsi e di essere più sciolto.

“No, non va bene sei ancora troppo poco fluido nei movimenti. Non sei ad un concorso ippico!” gli disse Raul. Alle sei, una volta terminata della lezione, Raul lo prese da parte e gli disse “Se ti riesce fai qualche oretta in più d'esercizio ne hai bisogno”.

A quella bella notizia Orlando fu colto da un moto di disperazione, ma promise che si sarebbe esercitato.

Il tempo per farlo però non riuscì proprio a trovarlo durante tutta la settimana, tra le ore in più che già faceva, le ore che passava regolarmente sul set e le battute da ripassare, arrivava alla sera stanco morto e non sarebbe risalito a cavallo neanche per un miliardo di dollari. Le scene di battaglia più importanti di tutto il film sarebbero state girate di lì a pochi giorni, e anche se lui doveva fare ben poco rispetto a tutti i figuranti e gli stunt, doveva comunque migliore la sua postura a cavallo e così suo malgrado si ritrovò a dover sacrificare il suo unico giorno libero: la domenica. Masochisticamente decise di andare ad allenarsi di mattina abbastanza presto.

Dopo circa un'ora che era a cavallo ebbe una sorpresa, si vide comparire all'improvviso Aylén. La ragazza si era alzata aveva studiato un po’, ma poi vedendo che fuori c'era un bel sole si era stufata e aveva deciso di andarsene a cavallo, tanto per stare all'aria aperta, del resto dormivano ancora tutti compresa Reina che l'avrebbe raggiunta solo in tarda mattinata.

“Che ci fai qui?” le chiese Orlando non molto cordialmente.

“Sono venuta a cavalcare” rispose lei salendo su di uno stallone fulvo. Quindi senza curarsi troppo di lui cominciò a far correre l'animale.

Orlando a sua volta continuò ad esercitarsi. Dopo un po’ lei si avvicinò a lui, lo accostò e gli disse: “Continui a sbagliare, cerca di rilassarti”.

“E' una parola! E a dirla tutta a me sembrerebbe di non cavalcare mica poi tanto male!” disse lui sconsolato.

“Infatti non cavalchi male, solo che lo fai come se fosse una cosa innaturale” gli spiegò lei “Guarda me” e così dicendo partì al trotto fluida e seguendo perfettamente i movimenti del cavallo come se lei e l’animale fossero stati una sola cosa.

Orlando ci provò di nuovo e lei si fermò a guardarlo.

“Non ci siamo ancora” gli disse  “Secondo me tu sai fare molto meglio, è solo che mentalmente non ci stai e allora fai delle cazzate. Sei teso e il cavallo percepisce la tua tensione. Devi stabilire un feeling con lui, o non sarai mai sciolto!” finì di spiegargli la ragazza.

Orlando provò e riprovò ancora diverse volte, ma niente da fare. Aylén scese dal suo cavallo e fece fermare il ragazzo.

“Scendi” gli disse.

“Perché?” gli chiese lui un po’ di traverso.

“Se me lo permetti ti aiuto” gli rispose lei.

Lui ubbidì e scese.

“Prima di tutto alleggerisciti, via giubbotto cappello e occhiali. Poi avvicinati a lui, carezzalo, fallo abituare alla tua voce, stabilisci un contatto”.

Lui quelle cose, in realtà, le sapeva già, ma non ci aveva pensato, forse aveva ragione lei, ultimamente era stato davvero troppo teso, quindi docilmente fece come le aveva suggerito Aylén.

“Bene ora risali”.

Lui fece come le aveva detto, ma subito lei richiamò la sua attenzione.

“Dammi la mano e aiutami” gli disse.

“A fare che?” chiese lui leggermente allarmato.

“A salire no?”.

“E per fare cosa?” chiese Orlando con una punta di apprensione.

Lei roteò leggermente gli occhi come se stesse per perdere la pazienza: “Per aiutarti nella postura, mi sembra chiaro! Mi vuoi dare una mano o mi devo arrangiare da sola?”.

Non ancora del tutto convinto Orlando le dette una mano e lei salì a cavallo dietro di lui. Aylén sistemò per bene e già tutti quei movimenti, turbarono non poco Orlando, averla praticamente appiccicata dietro la schiena lo rendeva stranamente agitato.

“Stai fermo” gli disse lei. Poi gli toccò una coscia e sentì i muscoli esageratamente tirati. “Cominciamo da qui. Gambe più rilassate e meno tese. Piede in posizione scorretta, il tallone deve essere aderente alla pancia del cavallo. Ecco, bravo, così!”.

Orlando stava cercando di darle retta, ma in quanto a rilassarsi non se ne parlava proprio.

La mano di lei arrivò sicura nell'interno coscia del ragazzo, che a quel tocco sussultò facendo muovere il cavallo.

“Ma riesci a star fermo o no?” gli chiese lei non spostando la mano.

“Puoi togliere QUELLA mano?” rispose lui tra lo spazientito e l'imbarazzato.

Aylén fece una risatina: “Non ho intenzione di toccarti se è questo quello che ti preoccupa. Cerco solo di capire quali muscoli sono in tensione e quali no”.

Orlando realizzò che la sua reazione era stata un tantino esagerata e si sentì leggermente stupido, quindi cercò di scherzarci su: “Beh sai … visti i trascorsi” provò a ironizzare.

Lei non gradì. Sinceramente era stufa di sentirlo ribattere per l'ennesima volta su quella cosa.

“Non sei affatto spiritoso!” gli rispose contrariata.

“Stavo solo scherzando, davvero!” disse lui.

Lei decise di credergli anche se le rimase una certa sensazione di fastidio.

“Poche chiacchiere e muscoli sciolti” gli intimò, e lui cercò di rilasciarsi.

“Bene, così ci siamo quasi” gli disse lei con dolcezza. E lui stava veramente cominciando a rilassarsi, forse anche troppo. Lei se ne accorse e lo riprese.

“Non ti rilasciare troppo, una via di mezzo è la cosa giusta. Ora appoggiati a me, come se fossi lo schienale di una sedia”.

“Eh?” chiese lui leggermente frastornato.

“Sei un bello zuccone pero!” esclamò lei “Avanti appoggiati che altrimenti facciamo notte!”.

A dire il vero, lui, non vedeva l'ora di scendere, e non sapeva neanche bene il perché, ma quella situazione lo stava rendendo nervoso e allo stesso tempo troppo ricettivo. Decise di darle retta per vedere se almeno avrebbero finito in fretta. Erano entrambi senza giubbotto, solo con il maglione, ma nonostante ciò lui sentì fin troppo bene la morbidezza del seno di lei contro la sua schiena. Aylén si mosse e aderì perfettamente al corpo di Orlando anche con le gambe, poi con una mossa decisa gli afferrò le mani che lui teneva sulle redini e diede un colpetto al cavallo che partì al piccolo trotto.

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO DIECI ●

 

 

Stavano cavalcando da un po’, ed effettivamente la postura d’Orlando era migliorata parecchio. Con pazienza e decisione Aylén gli aveva insegnato un paio di trucchi e lui li    aveva imparati quasi subito. Tutto ciò era stato possibile perché finalmente si era lasciato andare e la tensione l’aveva abbandonato, il contatto con il corpo della ragazza aveva avuto stranamente un effetto rilassante e molto piacevole. Dopo un primo momento d’imbarazzo e forte disagio, ora gli sembrava estremamente naturale stare appoggiato a lei, seguire la sua voce e assecondare il tocco delle sue mani, che gli segnalavano i muscoli contratti. In più la trovava molto brava nello spiegare le cose. Tendenzialmente Aylén, stava usando la calma e la dolcezza, ma anche quando lo riprendeva con forza, Orlando, notò che lo faceva solo per aiutarlo e non per metterlo in difficoltà o mostrare la sua superiorità in materia. Così, dopo un bel po’, quando lei lo fece fermare e scese chiedendogli di provare da solo, lui provò una sorta di fastidio. Il fastidio si tramutò addirittura in delusione quando Aylén gli disse che ora era in grado di continuare da solo, visto che se la stava cavando molto bene.

“Io vado, devo vedermi con Reina, ciao!” gli disse la ragazza allontanandosi e facendo un cenno con la mano per salutarlo.

Orlando, fermò il cavallo e la guardò andare via. In realtà avrebbe voluto chiederle che avrebbe fatto quella domenica pomeriggio, avrebbe voluto ringraziarla, ma si sentiva così stranito che rimase lì fermo e non aprì bocca. Rimase qualche secondo come imbambolato, con la bocca leggermente aperta come se volesse parlare e con la fronte aggrottata, poi riprese ad esercitarsi.

 

Aylén era rientrata nella sua stanza e aveva fatto una doccia. Era soddisfatta di aver aiutato Orlando. Lei non era una persona vendicativa e astiosa, anzi tendenzialmente se poteva preferiva andare d’accordo con le persone. Le piacevano i rapporti schietti basati sulla reciproca sincerità. Se qualcuno non le andava a genio di solito lo ignorava. Su Orlando aveva le idee poco chiare. Non sopportava molto il suo modo di fare, ma nello stesso tempo ne era come attratta, insomma erano una serie di sensazioni contrastanti quelle che provava, ma non si era mai fermata ad analizzarle e naturalmente non lo fece neanche quel giorno.

Fu raggiunta dalla sua amica Reina. Avevano deciso di passare la giornata in giro per la città, tanto per svagarsi un po’ e per stare insieme in santa pace.

Mentre Aylén finiva di prepararsi per uscire parlarono delle ultime novità.

“Così c’è stato una sorta di miglioramento?” chiese Reina all’amica dopo che questa le aveva raccontato  come avesse passato la prima parte della mattinata.

“Credo di aver capito com’è fatto Orlando. E’ un ragazzo complesso… ma forse più chiuso che complesso. Un introverso direi”rispose Aylén.

“Ma dai?” chiese incredula l’altra.

“Eh si! Sembra una persona aperta, infatti è scherzoso, è spesso sorridente e appare tranquillo, ma sotto sotto è difficile che si apra in modo totale, insomma ti fa arrivare fino a dove vuole lui, si fa conoscere solo fino ad un certo punto, poi c’è come una specie di muro”.

“Scusa ma tutte queste cose quando le hai scoperte? Fino all'altro giorno, ne dicevi peste e corna! E comunque …. stranamente…. mi ricorda qualcuno” concluse ammiccando Reina.

“L'ho osservato bene. Nonostante con me sia parecchio rigido e anche scostante, ho notato che con le altre persone è piuttosto gioviale, ma sempre con un certo distacco di fondo. Lui ce l'ha con me, perché indirettamente ho interagito nella sua sfera personale” si fermò un attimo come se stesse riflettendo e poi concluse:

“Probabilmente è un tipo d'intrusione che lui non sopporta. E se per caso tu stessi insinuando che mi somiglia caratterialmente… beh sei fuori strada!”.

“Io dico che un po’ vi somigliate!” ribatté Reina che aveva colto certe sfumature caratteriali molto simili tra i due. Entrambi sembravano eccessivamente estroversi, ma in realtà era solo un'apparenza, in più erano tutti e due molto testardi e anche puntigliosi.

“Non capisco in cosa… no, guarda ti sbagli” disse Aylén lievemente irritata.

“Può darsi…” disse pensosa Reina, ma capì che l'amica non gradiva quella specie di paragone, quindi cambiò prontamente argomento. Tanto non le avrebbe dato mai ragione.

“Chissà come saranno d'ora in poi come saranno i vostri rapporti?” provò a chiedere per saperne di più.

“Uguali a prima, mi pare ovvio!” tagliò corto Aylén che non capiva dove volesse andare a parare l'altra.

Reina  fece una specie di smorfia.

Aylén la guardò e le parve che l’amica non fosse del tutto d’accordo con lei.

“Guarda a me basterebbe solo che mi stressasse di meno e sarei già una persona felice!”.

“Ma perché l'hai aiutato?” insisté Reina.

“Per comodità! Sono stufa di alzarmi alle quattro di mattina, prima impariamo, prima giriamo e prima finisce 'sta tortura!” rispose Aylén un po’ contrariata. Tutte quelle domande la stavano infastidendo.

“Ma non ti piace proprio più? Se non ricordo male dicevi che era un gran bel ragazzo!” chiese sempre più curiosa Reina.

“Che centra bello è bello, chi lo nega! Però caratterialmente è troppo particolare, è decisamente lunatico. Ora basta però di stare sempre a parlare di Orlando! Ma non è che ti sei presa una cotta per lui Reina?” rispose all'amica sperando di poter spostare la discussione su di un altro argomento.

“Sono curiosa, mi conosci, a dire il vero a me piace un'altra persona…” rispose Reina con fare indifferente.

“Se uno più uno fa ancora due, credo di avere capito! Ti piace Alejo! Come darti torto è un gran bel ragazzo e anche molto simpatico” disse Aylén maliziosamente.

“Piace anche a te?” chiese Reina con una punta di preoccupazione all'amica.

“Non è male, come ti ho appena detto, ma io ora ho la testa impegnata in altre cose, sinceramente non mi interessa nessuno” rispose Aylén, mentendo un pochino e non certo per quanto riguardava Alejo.

 

Da un'altra parte altre due persone stavano dialogando più o meno dello stesso argomento.

“Secondo me tu ti fai troppe paranoie” stava commentando Alejo.

“E' una questione di educazione, insomma avrei dovuto almeno ringraziarla” stava spiegando Orlando.

“La ringrazierai domani, che problema c'è!”.

“Si, ma avrei dovuto farlo stamani” puntualizzò Orlando leggermente piccato.

“Okay, siamo d’accordo, ma tanto non lo hai fatto, quindi è inutile stare qui a pensarci”.

Orlando non rispose e Alejo notò che si era girato indietro per l'ennesima volta. Erano nella hall a chiacchierare e l'amico non faceva altro che guardare dalla parte dove scendevano le persone provenienti dalle camere, sembrava che aspettasse qualcuno. In effetti era piuttosto chiaro chi stesse sperando di vedere.

“Senti perdonami, ma prima che ti venga il torcicollo è bene che tu sappia che non è in albergo!” gli disse Alejo.

Orlando lo guardò perplesso. L'altro gli fece un sorrisino comprensivo e gli disse “Sono uscite, lei e la sua amica, prima che arrivassi tu!”.

“Non capisco di chi tu stia parlando!” disse l'altro con un tono misto tra il sorpreso e il lievemente irritato.

“Oh si che lo sai! Ma se vuoi far finta di niente a me sta bene lo stesso”.

“Tu a volte mi ricordi una persona, è testone come te e …. lasciamo perdere va!” commentò Orlando.

“Piuttosto stasera ti andrebbe a di venire a bere con noi?”gli chiese Alejo.

“Mmmmmm si può fare! Chi siamo e dove andiamo?” chiese l'inglese.

“Siamo una decina, tutti i più giovani e andiamo in un locale che hanno aperto da poco, è di una catena messicana, che si sta espandendo anche qui in Europa, si chiama Mama Loca, vedrai ci sarà da divertirsi” spiegò Alejo.

Orlando accettò di buon grado, aveva proprio voglia di divertirsi e così fissarono di ritrovarsi dopo cena proprio lì nella hall, poi sarebbero andati al locale insieme agli altri.

 

Quella stessa sera Aylén e Reina si trovarono da sole, piuttosto annoiate e anche un pò stanche. Avevano passato il pomeriggio in giro per la città come due turiste, avevano cenato già da due ore e non sapevano che fare. Reina aveva deciso di tornarsene in albergo, quando Maria una delle due colleghe di Aylén arrivò all'improvviso richiamando la loro attenzione.

“Aylén abbiamo scoperto una cosa, devi venire con noi ci sarà da ridere!” disse la ragazza con un espressione molto complice.

Aylén incuriosita chiese spiegazioni e Maria le disse che alcuni ragazzi della troupe erano andati al Mama Loca e che per fare gli spiritosi, ma anche i fighetti, si erano iscritti alla gara di resistenza di bevuta di Tequila. Una gara particolare, visto che i ragazzi avrebbero dovuto leccare il sale sul corpo delle animatrici del locale. Avrebbe vinto non solo quello che beveva di più, ma anche il più disinibito. Le ragazze incuriosite accettarono l'invito di Maria.

Il locale era pieno e forse non solo perché era stato aperto da poco, ma molto probabilmente, soprattutto per la presenza di Orlando, per fortuna Alejo, con un paio di assistenti, aveva pensato a tutto tenendo fuori paparazzi e intrusi vari, così era diventata una specie di festa a  numero chiuso. Le ragazze furono ammesse solo perché facevano parte della troupe. Come entrarono la prima persona che notarono  Reina e Aylén fu proprio Orlando, che sembrava spassarsela visto che rideva come un matto. Rimasero stupite, loro avevano creduto che ci fosse la solita banda di tecnici e stunt, e non certo che in mezzo a quella bolgia ci potesse essere anche lui. Guardando meglio si resero conto che i ragazzi avevano finito con il monopolizzare l'attenzione di tutti e ovviamente si stavano divertendo parecchio. La gara non era una cosa realmente troppo spinta, si trattava per lo più di una spacconata che intendeva far fare una figuraccia ai partecipanti, visto che le animatrici si mettevano il sale nei posti più impensati. Una sorta di sfida a chi era più estroverso, ma senza mai superare certi limiti.

Proprio in quel momento, una delle animatrici si era distesa su un tavolo e dopo essersi fatta mettere il sale su una caviglia, aveva esortato Alejo a fare la sua bevuta. Il ragazzo non se l'era fatto ripetere aveva portato le labbra sulla caviglia, poi si era passato il limone in bocca e aveva buttato giù tutto d'un fiato la tequila direttamente dalla bottiglia che teneva in mano. Reina storse la bocca con disappunto.

“Tutti uguali gli uomini! Quando c'è da fare i cretini” aveva commentato.

A turno tutti ragazzi avevano fatto il loro giro di bevute. Dalla caviglia si era passati alla spalla, al collo e poi anche alla pancia, alla schiena e così via. Ovviamente anche Orlando aveva fatto le sue brave bevute facendo lo spiritoso come tutti gli altri.

Le ragazze guardavano e commentavano, a volte ridendo per le situazioni assurde, altre volte disapprovando come aveva fatto Reina prima e come stava facendo Aylén adesso.

“E' una cosa un tantino idiota, ma è quel genere di cose che gli uomini adorano. Del resto si sa come sono fatti i maschi! Comunque io mi sto annoiando, me ne torno in albergo” disse risoluta “E poi domani mattina mi devo alzare alle quattro e non voglio fare troppo tardi. Anche qualcun altro sarebbe meglio che andasse a letto, se domani mattina sul set ha sonno e mi fa restare qualche ora in più perché deve smaltire la sbornia, giuro che lo prendo a calci nel sedere!” e se ne andò piuttosto scocciata. Le altre due rimasero e Reina dopo aver salutato l'amica le disse che casomai si sarebbero viste la sera successiva.

Aylén era arrabbiata e rendendosi conto del motivo per cui lo era, si arrabbiò ancora di più. Insomma a lei non sarebbe dovuto importare proprio niente se Orlando stava facendo il cretino in un locale, ma invece la cosa la stava infastidendo oltre misura. Si disse che probabilmente era per via del fatto che lui l'aveva velatamente accusata di non essere seria, di essere sfacciata e così via, mentre lui sembrava l'integrità fatta persona. Quella sera invece s'era lasciato andare facendo un giochino piuttosto provocante e malizioso, in fondo non c'era poi niente di male, ma Aylén era sicura che se le parti fossero state invertite di sicuro lei sarebbe passata malissimo, mentre lui stava passando come uno che si divertiva in maniera innocua. Questa cosa non riusciva proprio a digerirla. L'irritazione non la abbandonò, ma per fortuna una volta a letto si addormentò quasi subito, così la sua mente si liberò da quegli strani pensieri.

 

Il giorno dopo Aylén ebbe una sorpresa, siccome era pronta la sua armatura, invece di farle fare i soliti esercizi dovette andare a provarsela. Per fortuna le calzava a pennello, anche se era piuttosto ingombrante, così decisero di farle prendere familiarità con quel nuovo tipo di abbigliamento, la fecero camminare, muovere e montare a cavallo. Tutto sommato, fu meglio di quello che la ragazza avesse temuto all'inizio.

Aylén non vide Orlando per tutto il giorno perché era impegnato in una sequenza particolare di combattimento a terra, e l'allenamento serale per quel giorno non fu fatto, così alle diciassette era già in albergo. Si fece una bella doccia e poi molto diligentemente prese libri e portatile per studiare e lavorare alla sua tesi. Non aveva più pensato a quella strana reazione della sera prima, fu come se se ne fosse voluta dimenticare di proposito.

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO UNDICI ●

 

 

 

Aylén aveva il mal di schiena, studiare sul suo letto, ma soprattutto usare il portatile senza un ripiano, era veramente faticoso. Stufa, decise di prendere armi e bagagli e di scendere di sotto, accomodandosi ad un tavolino, sarebbe stata certamente più comoda.

Quando circa un'ora dopo Orlando uscì dalla palestra dove era andato a farsi una sauna, intravide proprio Aylén che era seduta nella sala da the. Sembrava molto concentrata, stava seduta con una gamba piegata sotto una coscia, mentre il piede rimaneva leggermente fuori dal bordo della sedia, dondolando impercettibilmente. Picchiettava a ritmo sostenuto le dita sulla tastiera del suo portatile, aveva i capelli raccolti e fermati alla ben meglio da una penna infilata come se fosse un fermaglio. Indossava una felpa bianca e un paio di pantaloni grigi di una tuta, mentre i piedi, piccoli e  aggraziati erano infilati in due semplici infradito, a vederla sembrava nel salotto di casa sua. Rimase un attimo a guardarla, sembrava proprio una ragazzina. La sua attenzione si focalizzò sulla nuca di lei. Avendo i capelli tirati su, era scoperta e Orlando aveva sempre avuto un debole per quella parte del corpo femminile. Il suo collo era lungo, delicato, sembrava liscio ed era così invitante. Il ragazzo scosse la testa come per scacciare quegli strani pensieri che l’avevano colto alla sprovvista e le si avvicinò deciso.

“Ciao, che fai?” le chiese una volta vicino.

Aylén alzò la testa e se lo vide davanti: indossava una maglietta di cotone arancione a maniche lunghe piuttosto larga, un paio di jeans leggeri, sbiaditi e strappati, i capelli erano umidi e morbidamente arricciati, non lisci come quando lo pettinavano per girare. Era rilassato, sorridente, e con una strana espressione, che lei non seppe decifrare.

“Sto studiando” rispose non mostrando particolare propensione al dialogo.

Orlando interpretò quella risposta troppo ermetica come se lei fosse arrabbiata perché lui non l'aveva neanche ringraziata il giorno prima, quindi si affrettò a dire: “Se sei arrabbiata perché ieri non ti ho neanche ringraziata, beh, devo dire che questa volta hai perfettamente ragione, scusami e grazie”. Terminò la frase con un altro sorriso.

“Non sono affatto arrabbiata, prego. E comunque l'ho fatto più per me che per te, tanto per essere chiari” rispose lei senza alzare la testa dal suo computer, giocherellando con una ciocca di capelli che le spuntava da quello chignon improvvisato.

A quella seconda risposta un po’ brusca, Orlando alzò un sopracciglio e le chiese “Se non ce l'hai con me, come mai sei così scortese?”.

“Perché ti sembro scortese? Non ti ho forse risposto? Sto studiando, non lo vedi?” rispose Aylén. Era infastidita dalla sua presenza, il fatto che si fosse messo seduto senza chiedere il permesso, che avesse tutta quella voglia di conversare, ma soprattutto il modo in cui la stava guardando, la innervosiva.

Orlando non aveva voglia di andarsene, stranamente aveva voglia di parlare con lei.

“Che studi?” le chiese d'un tratto.

“Biologia, mi mancano solo due esami e naturalmente la tesi” rispose lei, cercando di continuare a scrivere.

“Accidenti! Ma non volevi fare l'attrice?”.

Aylén sospirò. “Si, ma se nel caso non ci riuscissi, allora farò la biologa marina”.

“Però! Scusa ma quanti anni hai? Mi sembri un po’ troppo piccola per dare già la tesi!” commentò Orlando.

“Però cosa? Pensavi forse che fossi una stupida? Sono avanti di quasi di due anni, infatti ho ventitre anni, ma ho iniziato la scuola che dovevo compiere ancora i cinque anni. Sono una specie di miracolata, o almeno è quello che dicevano di me fin dall’asilo visto che imparavo molto velocemente rispetto agli altri. In realtà, non sono affatto un genio, sono solo molto fortunata. Per me studiare non è difficile, perché leggo e memorizzo subito senza fatica. Ho una specie di memoria visiva molto  sviluppata. Comunque, come ti ho detto, prima della tesi dovrei dare ancora due esami” spiegò Aylén, cercando di apparire tranquilla, quando in realtà si stava facendo dominare dalla tensione che inavvertitamente cresceva in lei e della quale non sapeva darsi una spiegazione logica.

“Caspita!” disse Orlando con sincera ammirazione. Poi aggiunse sorridendo divertito

“Non ho mai pensato a te come a una stupida, forse come ad una un po’ … strana, quello sì!”.

La ragazza storse la bocca e non rispose.

“Comunque sei un soggetto davvero particolare tu!” le disse Orlando appoggiando i gomiti al tavolo, incrociando le mani e strizzando un po’ gli occhi come per scrutarla.

“Senti chi parla! Tu hai addirittura una doppia personalità” commentò Aylén girando nuovamente la testa verso lo schermo del suo computer.

“Sarebbe a dire?” le chiese lui.       

Aylén chiuse con delicatezza il suo portatile e si girò verso di lui, i suoi occhi neri scintillavano, sembrava contrariata.

“Ti ho visto in azione ieri sera al Mama Loca, non eri mica tanto serio e per niente puritano, anzi, sembravi divertirti e ti davi parecchio da fare” gli disse guardandolo con aria di rimprovero.

Orlando rimase perplesso, se non fosse stata una cosa del tutto priva di logica avrebbe giurato che Aylén fosse gelosa. Quella constatazione, che gli aveva attraversato la mente come un fulmine a ciel sereno, lo lasciò ancor più interdetto.

La ragazza si era alzata e stava raccogliendo le sue cose, anche Orlando si alzò e le toccò un braccio obbligandola a guardarlo.

“Sono stato veramente odioso con te. Ti ho fatto perdere il lavoro e da quando sei qui, non ti ho reso la vita facile, mentre tu non hai esitato ad aiutarmi appena ne ho avuto bisogno. Questa cosa mi ha sorpreso molto e mi ha fatto riflettere, credo di avere esagerato con te. Ti chiedo scusa per tutto”. I suoi occhi erano sinceri e la sua voce accorata.

“Non ho fatto niente di speciale, in fondo ti ho tratto come tratto il cavallo, due paroline dolci qualche ordine e dei colpetti sulle gambe!” gli rispose lei con una specie di sorrisetto. Non aveva resistito a prenderlo in giro e poi aveva voluto spezzare quel momento particolare, era rimasta troppo colpita dalle scuse di Orlando e voleva riportare il tutto ad una dimensione normale.

“Mmmm interessante! Quindi secondo te io assomiglierei ad un cavallo?” rispose lui stando al gioco.

Lei che si stava allontanando si girò e gli disse ammiccando “A volte sì, ma non solo…” quindi lo salutò e si avviò fuori dalla sala da the.

Mentre la guardava andare via Orlando si rese conto che era davvero la creatura più bella e più strana che avesse incontrato negli ultimi tempi.

Quel pensiero non lo abbandonò per tutta la sera, neanche quando si ritrovò in camera da solo. Era come se l'avesse vista per la prima volta, o meglio, finalmente aveva riconosciuto che Aylén era bella e molto desiderabile. Tutti gli altri uomini lo manifestavano apertamente, ma lui no. Lui si era categoricamente imposto di non volerlo riconoscere. Probabilmente la sua irritazione nei confronti di lei era alimentata proprio da questo. All'improvviso nella sua mente si focalizzò l'immagine di Aylén che usciva dalla torta, e Orlando per la prima volta se la ricordò come l'aveva vista: provocante, sfacciata, maliziosa. La paragonò alla ragazza struccata che cavalcava con agilità e fierezza, impugnando la spada come se fosse Atena la dea della guerra, o alla ragazzina dispettosa e tagliente che aveva sempre la risposta pronta e che non temeva niente e nessuno.

In un lampo tutto gli fu chiaro: Aylén era pericolosa, rappresentava veramente un grosso pericolo e lui ne sarebbe dovuto stare alla larga. Era innamorato di un'altra, e anche se in questo periodo era in una situazione di stallo, non poteva e non doveva lasciarsi coinvolgere da nessun tipo di tentazione. Non voleva problemi, non voleva coinvolgimenti e soprattutto, non voleva storie di nessun genere.

 

Per mantenere fede ai suoi propositi Orlando, durante tutta la settimana si tenne piuttosto a distanza da Aylén e anche quando dovevano stare a stretto contatto per ragioni di lavoro, lui pur essendo cordiale era distaccato. Lei, che sembrava in perfetta linea con il suo modo di comportarsi, fece esattamente lo stesso, era gentile ma molto sulle sue. Sembrava quasi che si fossero messi d'accordo. Ad ogni modo quell'atteggiamento giovò non poco al loro lavoro e i risultati furono ottimi, tanto che entrambi ricevettero i complimenti sia dagli istruttori che dal regista.

Arrivò anche il venerdì sera, penultimo giorno lavorativo della settimana, visto che essendo in trasferta la troupe lavorava anche di sabato.

Aylén era in camera sua distesa sul letto, mentre Reina stava cercando disperatamente di convincerla da uscire.

“Vorrei solo capire che ti prende! Sei apatica, abulica, strana, non è da te!” commentò la ragazza.

“Non mi prende niente, sono solo stanca e voglio riposare e poi dopodomani andiamo a fare rafting, ci alzeremo presto e io ho bisogno di dormire” le spiegò Aylén.

“Insomma non intendi uscire? Non vuoi neanche cenare?”.

“Reina davvero, sono molto stanca, mi farò un paio di toast al bar, ma tu non ti preoccupare vai pure con Maria, Alejo e gli altri, non voglio che tu stia qui con me”.

Reina si arrese e dopo averla salutata se ne andò.

Aylén rimase ancora un po’ sul letto a pensare. Chiuse gli occhi e si poggiò una mano sulla fronte. Non era stanca. Si sentiva strana e si sentiva combattuta. Una nuova consapevolezza si era fatta strada in lei: le piaceva Orlando, ma le piaceva davvero, non era solo un fattore estetico quello che la attraeva in maniera quasi insopportabile. Era proprio lui, il suo modo di essere e di fare, si era resa conto che le piaceva anche quando era scorbutico e antipatico. Lo aveva capito dopo averlo visto quella sera al Mama Loca, quando aveva provato una rabbia incontrollabile nel vederlo posare le labbra sul corpo della ragazza che faceva animazione per raccogliere il sale. Era rimasta così confusa da quel sentimento violento e improvviso, che era dovuta andarsene. E quando le aveva chiesto scusa con sincerità, con quello sguardo caldo e limpido, si era resa conto che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per lui, se solo gliela avesse chiesta, e si era spaventata a morte. Così tutta la sua spavalderia era andata a farsi benedire e nonostante lei fosse stata abilissima nel nascondere il suo disagio, aveva preferito mantenersi alla larga da lui, ma soprattutto cercava di starsene da sola per riflettere e per ricacciare indietro quelle emozioni che si stavano facendo strada nel suo intimo.

Aprì gli occhi e osservò per qualche secondo la parete di fronte a lei, poi lentamente si alzò, accese lo stereo, aprì la doccia e cominciò a canticchiare. Va già meglio! Pensò mentre si insaponava sotto il getto caldo dell'acqua. Una volta asciugati i lunghi capelli uscì per andare a mangiare.

Il bar dell'albergo era deserto e la cosa fece piacere ad Aylén. Ordinò un toast e un frullato di frutta mista.

Stava mangiando con tranquillità e aveva appena preso una sorsata del buonissimo frullato, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.

“Come mai sola soletta? Non sei uscita con gli altri?” le domandò Orlando, che con naturalezza si sedette accanto a lei e invogliato dall'aspetto del suo frullato, ne ordinò uno anche lui, ma al gusto di vaniglia.

“Sono stanca, voglio andare a dormire presto” gli rispose Aylén.

“Anche io sono stanco e poi dopodomani voglio cavalcare e dovrò alzarmi molto prima di quanto non vorrei. Tu verrai cavalcare domenica?” le domandò il ragazzo, che pur sapendo di sbagliare ad invitarla, non ne aveva potuto fare a meno.

“No, domenica ho altri progetti” rispose lei non alzando lo sguardo dal suo toast.

“Di che tipo?” chiese Orlando ostentando una noncuranza che non aveva.

“Di altro genere” rispose Aylén evasiva. Del resto non poteva proprio dirgli del rafting, doveva rimanere un segreto.

Orlando fu colto da un vago senso d'irritazione. Il fatto che lei non gli dicesse con precisione che cosa avesse da fare lo disturbò. Era consapevole che non erano fatti suoi, che quella conversazione non aveva molto senso, e che non aver resistito all’impulso di sedersi, accanto a lei era probabilmente una delle cose più stupide che avesse potuto fare, ma era stato più forte di lui. E ora voleva sapere come mai lei fosse così vaga e sfuggente.

“Quanti misteri! C'è per caso di mezzo un appuntamento galante?”.

Glielo aveva servito su di un piatto d'argento e per farlo smettere di fare domande, ma soprattutto per farlo smettere di farle come se gli interessasse davvero, Aylén, guardandolo dritto negli occhi e con un espressione leggermente provocatoria, gli rispose “Può darsi… ma non credo che la cosa ti interessi… o no?”.

“Era tanto per parlare, è ovvio che non m’interessa” ripose lui. Calmo fuori, infastidito dentro.

“Del resto te la cavi benissimo adesso, anzi per essere sincera non credo che tu domenica debba alzarti per cavalcare, puoi benissimo dormire” gli disse lei per cambiare argomento. Intanto mentalmente si impose di finire la sua cena frugale e di andarsene di corsa in camera sua.

Lui fece spallucce e continuò a bere il suo frullato guardandola. Più la guardava e più la trovava bella: i capelli sciolti, il viso perfetto anche senza trucco, le labbra piene, gli zigomi alti, il naso piccolo, e gli occhi grandi e profondi. Provò a pensare che nonostante fosse bella, era comunque una ragazza complessa, con un carattere troppo volitivo e forse anche non molto seria. Del resto prima faceva un lavoro che la portava fare cose anche piuttosto volgari, e ora che era lì da appena tre settimane aveva già trovato con chi spassarsela, pensò con una punta di rabbia. Era bella e quindi era molto probabile che fosse corteggiata, e senza dubbio molti uomini sarebbero stati felici di averla, compreso lui. Ma lui non la voleva, questo era quello che il suo cervello gli comandava, perché la realtà era ben diversa.

Aylén aveva finito di mangiare e quindi si alzò per andarsene e lui la seguì. Il fatto lui che la seguisse, la agitò.

“Vado anche io in camera” disse lui come se le avesse letto nel pensiero. In realtà si stava giustificando a voce alta, visto che l'aveva seguita semplicemente perché non voleva che se ne andasse. Salirono insieme nell'ascensore senza dire una parola. Aylén guardava a terra e Orlando fissava i numeri sulla tastiera. Quando l'ascensore si fermò al piano della ragazza, lei fece per uscire ma lui la bloccò, mettendo un braccio attraverso le porta scorrevole.

Abbassò il suo viso avvicinandolo a quello di lei e le chiese in un soffio: “Davvero hai un appuntamento domenica?”.

Lei guardandolo finalmente dritto negli occhi, gli rispose semplicemente: “No”.

Fu allora che Orlando si avvicinò talmente a lei che quasi le loro labbra avrebbero potuto sfiorarsi, sarebbe bastato un solo piccolo gesto perché si unissero, ma nonostante la tentazione fosse quasi irresistibile, lui la fissò per un secondo che parve un’eternità, poi lentamente si allontanò, togliendo il braccio e facendola passare.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO DODICI ●

 

 

 

“Allora sei un essere umano anche tu!” commentò Alejo dopo aver ascoltato la confessione di un Orlando piuttosto stranito e confuso.

“Non fare dello spirito, non è proprio il caso” rispose l'altro cupo e pensieroso.

“Orlando mi spieghi come mai devi prendere tutto così maledettamente su serio? Ti sei reso conto di essere attratto da una ragazza e che sarà mai di così grave?”.

Era andato da Alejo per cercare di parlare di quello che gli stava accadendo, ma il ragazzo sembrava non capire  che cosa gli stesse accadendo e lui tentò di spiegarsi meglio.

“Intanto la ragazza in questione è pericolosa, e poi io amo Kate! A rigor di logica non dovrei essere attratto da un'altra” disse piuttosto concitato cercando di farsi capire.

Alejo scosse la testa, poggiò la mano sulla spalla dell'amico e gli disse: “Qui la logica centra ben poco e l'amore men che meno. Ci sono cose che prescindono dalla razio, e può capitare di essere attratti da chi non si dovrebbe”. Poi come se  se ne fosse ricordato solo allora, chiese,“Perdonami, ma come mai ritieni Aylén pericolosa?”.

“E' pericolosa perché è ingestibile” rispose Orlando.

“E tu come fai a saperlo, hai forse provato a gestirla?”.

“Da lei ti puoi aspettare di tutto, non sei mai in grado di prevedere che tipo di reazione avrà” .

Alejo arricciò il labbro superiore e commentò: “Interessante, molto interessante! Quindi sarebbe una che non ti farebbe di certo annoiare. Del resto è veramente matta, le ho visto fare delle cose una volta finiti gli allenamenti…”.

“Tipo?” chiese Orlando incuriosito.

“Cavalcare all'incontrario per esempio, o fare dei numeri che non ti dico, molto più estremi di quello che fatto per il provino, se la vedesse Raul la caccerebbe” rispose Alejo.

“E' solo un esibizionista!” disse Orlando contrariato.

“No, è una pazza scatenata, lo fa per divertimento e forse anche per sfida, ma non per mettersi in mostra. Altrimenti non lo farebbe di nascosto, io l'ho vista per caso”. Poi continuò dicendo: “In effetti è una ragazza particolare, pur essendo molto bella non se la tira per niente, anzi è quasi sempre struccata e mai vestita appariscente. Si è inserita nel nostro gruppo benissimo, è una gran casinista. Pensa che…” e Alejo s'interruppe di colpo, perché stava per rivelare ad Orlando qualcosa che non avrebbe dovuto.

“Beh? Che fai tronchi il discorso a metà?” chiese l'altro.

“C'è una cosa… che in realtà non dovrei dirti…” mormorò Alejo.

“Cosa?” chiese subito Orlando.

“Però mi devi giurare che te la tieni per te, o scoppia un casino” rispose l’altro.

“Fidati, la terrò per me” promise seriamente Orlando.

“Proprio Aylén, domani ha organizzato con altri stunts di andare a fare rafting. Ed è l'unica donna che parteciperà, pensa un po’!”.

“Rafting? Wow! Vengo anche io” dichiarò entusiasta Orlando.

“Hemmm … Sarebbe meglio di no … ecco se accade qualcosa a te non è che ci licenziano, ci uccidono direttamente!” disse Alejo maledicendosi mentalmente per non aver tenuto la bocca chiusa.

Cominciò così una fitta discussione verbale dove Alejo voleva convincere Orlando a desistere e Orlando voleva convincere Alejo a cedere.

Vinse il più caparbio: Orlando.

Quella conversazione fu una sorta di primo approccio che Orlando ebbe con una realtà dei fatti che si andava via, via consolidando: era fortemente attratto da Aylén, ora ne era perfettamente cosciente. Forse lo era stato fin da subito, ma aveva lottato tenacemente con quel formicolio insidioso che gli entrava addosso, specialmente negli ultimi tempi, ogni volta che l'aveva accanto. L'unica cosa realmente importante per lui era non cedere alla tentazione ed era sicuro di potercela fare.

Aylén, che da parte sua era rimasta abbastanza sconvolta da quello che era accaduto in ascensore la sera prima, era arrabbiata. Ce l'aveva con Orlando. Essendo molto intelligente ed intuitiva, aveva capito chiaramente di piacergli, ma aveva anche capito che lui preferiva combattere la sua attrazione nei suoi confronti, piuttosto che lasciarsi andare. Del resto, il processo d'innamoramento di Aylén era stato molto veloce, quasi fulminante, e ora per lei c'era un momento di forte contrasto interiore. Da una parte avrebbe voluto avere una storia con Orlando, anche se sapeva che comunque sarebbe stata una cosa finita prima di cominciare, e allo stesso tempo sentiva anche il forte desiderio di ferirlo e di allontanarlo. Non sopportava quel suo atteggiamento rigido, composto e chiaramente innaturale che aveva lui, soprattutto nei suoi confronti. Si era confidata con Reina che si era preoccupata molto. Aveva pregato l'amica di non fare sciocchezze e di riflettere prima di prendere qualsiasi tipo di decisione. Conosceva Aylén molto bene, sapeva che era testarda, impulsiva e passionale, ma sapeva che a suo modo era anche una ragazza fragile. Sicuramente non era una poco di buono e quindi prima di andare a letto con qualcuno avrebbe dovuto pensarci bene. Il fatto che volesse una sorta di relazione con Orlando, poteva significare solo due cose: o si era presa una cotta spaventosa di quelle che ti tolgono la facoltà di ragionare, o peggio ancora era sulla strada buona per innamorarsi, e questo sarebbe stato anche molto peggio.

“Non è possibile che da un giorno all'altro tu smani per uno, che fino ad ieri definivi palloso e acido!” stava dicendo Reina all'amica.

“Forse perché prima smaniavo ugualmente, ma non ne ero consapevole” rispose asciutta Aylén.

“Se ti farai coinvolgere da questa cosa, ti farai solo del male e poi non è da te fare certe cose! Tu sei una ragazza seria, e non puoi buttarti via per nessuno!” disse con una punta d'amarezza Reina.

“Non ho ancora deciso che fare e comunque non credo che avrò voglia di perdere tempo con un uomo che non sa quello che vuole”.

“Ecco, brava! Lascialo perdere”.

“Però ti confesso che sarei molto tentata di far cadere quella sua maschera d’impassibilità che indossa con tanta non chalance” confessò Aylén.

Reina non commentò, ma la sua preoccupazione per l’amica dopo questa ultima affermazione crebbe ancora di più.

 

“Orlando dobbiamo avvertire gli altri, non puoi presentarti domani mattina come niente fosse. Vuoi far scoppiare una lite?” disse Alejo costernato, maledicendosi sempre di più per non aver tenuto la sua boccaccia chiusa.

“E allora raduniamo tutti nella mia stanza e mettiamoli al corrente, così finalmente ti tranquillizzerai, vedrai che nessuno avrà niente in contrario”.

Alejo fece una smorfia di disappunto, non era proprio sicuro che tutti l’avrebbero presa bene.

Alla riunione in camera di Orlando mancava solo Aylén, nessuno era riuscito a trovarla. Lei e le altre ragazze erano andate al Mama Loca e avevano bevuto parecchia tequila. Aylén in particolare c'era andata giù pesante, era piuttosto abituata a bere, ma quella sera aveva davvero esagerato. Erano appena uscite dal locale, e s'era portata via la bottiglia di tequila che insieme alle altre, s'era quasi scolata del tutto, rubando anche il contenitore del sale, per finire la festa in camera sua, quando il suo cellulare, che dentro il locale non prendeva la linea, l'avvisò che c'era un messaggio. La ragazza controllò e trovò addirittura sei messaggi tutti di Alejo che la esortava a recarsi di corsa in camera di Orlando. 

Si congedò dalle altre e insieme a Reina si diresse dai ragazzi.

Come le videro arrivare, i due capirono che le ragazze erano parecchio alticce. Gli altri intanto erano già andati via e comunque nessuno di loro aveva palesato un particolare disappunto al fatto che l'indomani Orlando si unisse a loro. Aylén invece protestò subito.

“Alejo sei peggio delle suocere non sai tenere quella bocca chiusa! Comunque è meglio che lui non venga” disse prima rivolta ad uno e poi diretta all'altro.

“Perché? Che noia ti posso dare scusa?” chiese Orlando contrariato, più dal fatto che fosse alticcia, piuttosto che dal fatto che non lo volesse con loro l'indomani.

“Perché, perché! Sembri un bambino! E' chiaro no? Se ti fai male ci metti tutti nei guai, non è una cosa tanto regolare quella che andremo a fare domani” spiegò lei spazientita.

“A parte il fatto che io pratico da tempo ogni genere di sport estremo, ma forse ti sfugge che sono maggiorenne da un bel po’! Se mi facessi male sarebbe solo ed esclusivamente un mio problema, di cui mi assumerei tutta la responsabilità” le rispose Orlando secco.

Continuarono a discutere animatamente per qualche minuto. Tra di loro scattava sempre un particolare meccanismo, come una sorta di competizione, se uno diceva nero, l'altro doveva dire bianco e via di seguito. Orlando era davvero stufo di stare a trattare con Aylén, che oltretutto era anche poco lucida, quindi sbottò.

“Ora basta! Sei ubriaca e io sono stanco di stare a discutere con te, domani verrò, che ti piaccia o no, mica comandi tu! E ora fila a letto!”.

Gli occhi di Aylén furono attraversati da un lampo di fuoco.

“Come hai detto scusa?” sibilò la ragazza.

Lui per niente intimorito incrociò le braccia al petto e aggrottando la fronte rispose serafico

“Ho detto: fila a letto ragazzina, perché sei ubriaca!”.

Alejo che aveva capito al volo l'antifona, prese Reina per un braccio, che nel frattempo, si era addormentata a sedere sulla sedia e disse: “Bravo! E io riporto quest'altra in albergo visto che non si regge in piedi”.

Orlando e Aylén rimasti soli si fronteggiavano con aria piuttosto battagliera.

“Spiegami una cosa, chi ti da il diritto di impartirmi ordini? Mica sei mio padre! E poi non sono affatto una ragazzina!”.

“Ti comporti come se lo fossi e se io fossi tuo padre ti mollerei pure una sberla!” le rispose lui.

Aylén dondolò il braccio con cui teneva la bottiglia e alzò gli occhi al cielo.

“Ci risiamo! Ecco che ricominci a fare il puritano, che palle!”.

“Tu invece non sai comportarti quasi mai come una ragazza normale vero?” commentò lui con tono acre. Quel suo atteggiamento sfrontato e da attacca brighe lo faceva davvero incazzare.

“Io mi comporto sempre come una ragazza normale, sei tu che sei abituato a frequentare donnicciole insipide! Del resto è risaputo che voi uomini sbavate per le ragazze a modo che arrossiscono, stanno composte indossando abitini fioriti, tutte sorrisini e soprattutto, molto remissive” poi si avvicinò ancora di più a lui e continuò a parlargli con una strana luce negli occhi “Quelle come me fanno paura vero Orlando? Io ho le palle per fare cose che molti ragazzi non fanno, io non sono una gattina che con una carezza e due paroline dolci puoi tenere a bada”.

Lui aveva capito che lo stava sfidando e accettò la sfida.

“E' vero a me piacciono le ragazze femminili e dolci, due cose che tu non sai neanche dove stanno di casa! Ma non ho certo paura di te, figuriamoci!” rispose sarcasticamente Orlando.

Lei che era stata colpita da quelle parole, fulmineamente elaborò la sua piccola vendetta.

“Bene! Abbiamo appena appurato che il grand’uomo non ha paura! E allora brindiamoci su e poi me vado davvero a letto!” disse con un’aria, che a Orlando parve addirittura maliziosa, procurandogli una sorta di campanello d'allarme mentale.

“Non mi pare il caso, hai già bevuto abbastanza!” sentenziò il ragazzo.

“Ah! Così non va! Hai appena detto di non aver paura e che sarà mai un goccetto? Giusto per finire la bottiglia” disse lei in tono canzonatorio.

Orlando che cominciava ad irritarsi veramente molto, si spazientì e fece per andare a prendere due bicchieri, ma lei lo fermò.

“Niente bicchieri, beviamo a boccia e alla maniera del Mama Loca! Purtroppo non ho il limone, ma fortunatamente ho rubato il sale. Allora ce la farai? O la tua morale te lo impedirà?” chiese Aylén continuando nella sua opera di provocazione, che poi era anche la sua vendetta.

Orlando la guardò come si guarda un ragazzino impertinente, avrebbe veramente darle una sberla e mandarla a letto di filato, ma lei lo aveva incastrato ben benino. Se lui avesse rifiutato, ciò l'avrebbe posta in una situazione di vantaggio che lo avrebbe portato ad essere oggetto di scherno per chissà quanto tempo.

“Nessun problema per me” rispose deciso fissandola negli occhi.

“Chi comincia? Io o tu?” chiese lei con disinvoltura.

“Visto che sono una persona educata, prego, prima le signore” rispose lui accompagnando la frase con un gesto della mano.

Aylén non poté trattenere un sorrisino, compiaciuto, in quel momento si sentiva molto forte, forse anche a causa dell'alcool e comunque aveva intenzione di dargli una bella lezione in fatto di donne, femminilità, sensualità e compagnia bella.

“Sdraiati sul letto” gli ordinò.

Orlando alzò impercettibilmente un sopracciglio con aria sorpresa.

“Che c'è? Hai forse paura?” lo sfidò nuovamente lei.

“Neanche per idea!” mentì lui buttandosi sul letto.

Lei si avvicinò con calma, si fermò a guardarlo consapevole del fatto che lo stava mettendo sempre più a disagio, cosa che in quel momento le dava una soddisfazione immensa, quindi salì sul letto. Intanto i battiti cardiaci di Orlando erano aumentati a dismisura. Aylén si posizionò sopra di lui, con le gambe ai lati di quelle di lui, facendo attenzione a non sfiorarlo nemmeno, poi gli tirò su il maglione ed estrasse il sale dalla tasca dei suoi jeans. Lo osservò ancora. Il suo respiro era irregolare, era decisamente agitato. Versò il sale direttamente sul tatuaggio a forma sole che lui aveva quasi sull'inguine, che grazie ai pantaloni a vita bassa era in bella mostra, vi avvicinò le labbra, poi con un guizzo non troppo rapido della lingua lo raccolse, seguendo i contorni del disegno, soffermandosi più del dovuto, tanto per prolungare la cosa il più a lungo possibile. Poi, sempre con calma, si portò la bottiglia a labbra e bevve, guardandolo inerme sul letto, col fiato corto.

Orlando, che a quel gesto, aveva avuto una reazione quasi devastante, rimase in balia dei brividi che gli avevano scosso il bacino, l’eccitazione che gli aveva procurato era quasi dolorosa. Pensò che era veramente una stronza. Il suo corpo aveva inevitabilmente reagito e questo lo fece letteralmente imbestialire.

“Tocca a te!” gli disse lei con tono allegro e vagamente canzonatorio, alzandosi e scuotendolo bruscamente dai suoi pensieri.

Non aveva alcuna intenzione di darle soddisfazione, quindi si alzò a sua volta, la prese per un braccio, l’avvicinò a se con forza e le tirò su la manica della maglia. La fissò dritta negli occhi come se volesse incenerirla. La sua rabbia era quasi palpabile nell’aria. Le versò il sale sulla parte interna del polso, e senza staccare lo sguardo dagli occhi di lei, lo raccolse a sua volta con un rapido guizzo della lingua dopo aver poggiato le labbra sulla sua pelle, poi bevve una sorsata abbondante di tequila.

Nonostante fosse stato un gesto sbrigativo e apparentemente privo di cura e malizia, Aylén ne rimase molto turbata, le labbra e la lingua di lui sulla sua pelle erano state per lei un richiamo sensuale molto forte. Si rese improvvisamente conto che quello che aveva iniziato, poteva trasformarsi in un giochino molto, troppo, pericoloso.

“Ora che abbiamo bevuto, puoi anche andartene” disse Orlando con un tono incolore.

“Si è meglio che vada. Buonanotte” rispose lei in un soffio. Stranamente, non si sentiva affatto soddisfatta di quella sua ultima bravata.

  

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO TREDICI ●

 

 

Orlando stava assaporando le labbra di Aylén seguendone i contorni con lingua, intanto le sue mani con febbrile impazienza stavano esplorando il corpo della ragazza. Lei faceva altrettanto, inarcando la schiena, come per rendere ancora più profonda l’unione dei loro corpi nudi, allacciati, in un amplesso passionale. Le sensazioni che lui stava provando, erano violente e totalmente coinvolgenti, fare l’amore con lei si stava dimostrando un’esperienza decisamente più appagante e coinvolgente di quanto avesse mai potuto immaginare.

Orlando alzò di colpo a sedere sul letto col fiato corto.

Era sudato e respirava con affanno. Quello che aveva appena sognato era così maledettamente reale che ne era rimasto sconvolto.

A tentoni cercò l’interruttore della luce e si passò la mano sulla fronte madida di sudore, cercò la bottiglia dell’acqua e ne bevve una lunga sorsata, poi con un gesto di stizza, scostò le coperte e andò in bagno.

Era confuso, arrabbiato e sconcertato. Si trovava in una situazione tremendamente precaria e decisamente imbarazzante. Si sorprese a pensare che molto probabilmente non faceva più sogni del genere, almeno da quando aveva quindici anni, e la cosa lo disturbò parecchio. Cominciò a chiedersi se forse non sarebbe stato il caso di portarsela a letto davvero. Forse se avesse fatto sesso con lei, quella smania che lo attanagliava si sarebbe allentata. Era una cosa fisica, un urgenza, una specie di sete che andava placata in qualche modo. Nello stesso tempo in cui aveva pensato queste cose, si dette del deficiente. Come poteva anche solo pensare di portarsi a letto Aylén quando in realtà amava Kate e tutto quello che desiderava era solo riappianare le cose con lei? Cominciò a salirgli una rabbia incontenibile. Non era possibile che si facesse dominare così da un attrazione fisica per una donna, come diavolo era accaduto che la cosa gli fosse sfuggita di mano in così poco tempo? Nonostante tutte queste riflessioni, Aylén era sempre lì, nei suoi pensieri, e c’era poco da fare: lui la voleva.

Tornò a letto, infilandosi con calma sotto le coperte. Attese un poco prima di spengere la luce. Aveva quasi paura che l’immagine del corpo nudo di lei sotto il suo tornasse con prepotenza a turbare il suo sonno. Non fu così, ma ugualmente dormì molto poco e male. Quando fu l’ora di alzarsi per andare a fare rafting, era più stanco di quando si era addormentato e il suo umore era cupo come la giornata che si presentava piuttosto grigia, come poté costatare guardando fuori dalla finestra che aveva appena aperto.

 

I ragazzi i ritrovarono tutti nella hall dell’albergo e partirono con una specie di pulmino che affittato giorni prima. Erano circa una ventina anche se a poi a fare rafting sarebbero stati solo in dodici. Orlando si mantenne a debita distanza da Aylén, che al contrario del solito era piuttosto taciturna e di umore poco allegro.

Per arrivare alle pendici del fiume Guadalquivir impiegarono circa due ore.

Appena arrivati Aylén si gettò letteralmente tra le braccia di suo cugino Calixto, che l’alzò di peso facendola roteare e riempiendola di bacetti sulle guance. Lei gli era saltata in collo e con le gambe gli cingeva il bacino, ricambiando le effusioni. A quella vista Orlando, che non sapeva chi fosse quel ragazzone che sembrava in gran confidenza con Aylén, si sentì rodere dalla rabbia. E’ solo una troietta! Pensò livido, stringendo i pugni e aggrottando le sopracciglia. Alejo gli si avvicinò e con un sorrisino divertito gli disse: “Prima che ti venga un vero e proprio attacco di bile, forse sarebbe meglio che sapessi che è solo suo cugino! E’ lui che ha organizzato il tutto sotto ordine di Aylén”.

Orlando da un alto si rilassò di colpo, dall’altro s’arrabbiò ancora di più.

“Non me ne frega un cazzo!” rispose in malo modo allo spagnolo.

“Oh! Ma che ti prende? Datti una calmata eh? Se hai dormito male mica è colpa mia!” gli rispose Alejo piuttosto scocciato.

“Scusa non ce l’ho con te” si giustificò Orlando.

“Okay ma vedi di darti una regolata però!” disse Alejo.

Con pazienza i dodici temerari indossarono le mute, i salvagente e si prepararono per la prima discesa di rafting. Si divisero in due canotti da sei posti l’uno, si disposero come gli fu detto dagli istruttori e finalmente fecero la prima discesa. Il fiume si snodava sinuoso tra la natura boscosa  e la corrente era piuttosto forte, così fecero il tragitto ad alta velocità. I Canotti giravano su se stessi facendo dei balzi e restando in equilibrio grazie al bilanciamento dei corpi degli occupanti. L’acqua schizzava copiosa, e nonostante le mute invernali i ragazzi avvertivano il freddo sferzante e l’umido gelido, ma l’adrenalina correva a mille e loro non se curavano, anzi urlavano come pazzi trascinati dall’entusiasmo. Mentre quelli che non avevano partecipato li aspettavano a valle. Fecero altre discese e l’eccitazione e l’adrenalina crebbero ancora a dismisura, tanto che Aylén e Callixto decisero di provare a fare la discesa più rischiosa riservata agli esperti di rafting.

“Vengo con voi” disse Orlando che era il più  gasato di tutti.

“Neanche per sogno” gli rispose Aylén.

“E’ troppo rischioso se non sei pratico, io e Aylén facciamo rafting da due anni e sappiamo come fare” provò a spiegargli Callixto.

“Sono pratico anche io” mentì Orlando che in realtà aveva fatto rafting solo poche volte.

“Non è vero!” disse Aylén.

“Si, che è vero!” rispose piccato l’inglese.

“Sei un bugiardo e un incosciente!” tuonò la ragazza che avendo esperienza, lo aveva osservato come si muoveva e aveva capito che mentiva.

“Senti se lo fai tu, posso farlo benissimo anche io quindi poche storie!”.

“Ah! E’ questo il punto, siccome io so fare una cosa che tu non sai fare, allora tu fai i capricci” lo accusò Aylén.

Gli altri li guardavano esterrefatti sembravano davvero un cane e un gatto che si azzuffavano. Alejo scosse la testa e si domandò quando mai sarebbe finita quell’eterna sfida.

Callixto tentò nuovamente ed inutilmente di far ragionare Orlando, a ma il ragazzo che era di un testardo fuori dal comune non cedette di un millimetro.

Aylén prese nuovamente la parola: “Vuoi venire a tutti i costi eh? E allora vieni! Spero che tu ti rompa quella tua testaccia dura in due, così impareresti a comportarti da uomo piuttosto che da bambino! Avanti muovi il culo e andiamo!”.

Orlando con un sorrisino soddisfatto la seguì. Era veramente felice di averla spuntata e non solo perché l’attirasse fare quella discesa folle, ma perché aveva avuto la meglio su di lei. Era forse la prima volta che accadeva e lo faceva sentire bene, forse sarebbe davvero riuscito a dominarla in qualche modo: sia lei, sia quello che lei gli faceva provare.

Finalmente salirono sul canotto e Callixto spiegò nei minimi dettagli ad Orlando ciò che doveva fare, quindi partirono. Il percorso era assai più ripido e accidentato del precedente e il canotto sembrava doversi rovesciare da un momento all’altro, ma i tre se la cavarono egregiamente e si esaltarono non poco, fu un esperienza magnifica e quando il canotto si fermò dove volle Callixto, lanciarono un grido liberatorio ridendo come matti.

“L’ultimo pezzo lo facciamo sul dorso, ci lasciamo trasportare dalla corrente senza salvagente” disse Aylén ad Orlando. Lui notò i suoi grandi occhi lucidi dall’eccitazione, e dovette ammettere che quella ragazza era davvero una pazza scatenata, forse anche peggio di lui. Aveva potuto vedere come il pericolo l’attraesse in maniera quasi maniacale, ma allo stesso tempo aveva costatato che era molto prudente nella sua spericolatezza, non lasciava nulla al caso. Ne era sempre più affascinato. Malgrado tutto, i suoi buoni propositi andavano comunque a farsi benedire.

Aylén si raccomandò ad Orlando dicendogli di rimanere per ultimo e di non fare mosse azzardate, così se avesse avuto problemi lei e Callixto avrebbero potuto aiutarlo. Gli spiegò anche come doveva mantenere il corpo: rilassato ma compatto e con i piedi a martello per potersi fermare in fondo alle rocce senza farsi male.

Partì per primo Callixto, poi a ruota Aylén e Orlando. La discesa andò piuttosto bene, ma alla fine accadde un guaio. Orlando si fece prendere troppo dall’entusiasmo e aumentò la velocità. Aylén gli urlò di stare attento, ma il ragazzo non sapeva come fare a rallentare, se fosse arrivato così velocemente alle rocce si sarebbe potuto rompere una gamba, così Aylèn una volta arrivata in fondo si puntò con le mani e con i piedi mettendosi a semi arco come fanno gli istruttori per attutite la fermata di Orlando, urlando al ragazzo di provare a girarsi per arrivare di schiena e non di gambe addosso al suo corpo. Callixto si mise le mani nei capelli, Aylén aveva una struttura fisica troppo poco robusta per fare una cosa del genere e tentò di sostituirsi a lei ributtandosi in acqua. Ma non fece in tempo. Orlando arrivò a tutta velocità addosso ad Aylén non completamente girato. La colpì con violenza con un ginocchio nella schiena, sbatacchiandola contro il sasso a cui lei era aggrappata.

Callixto tirò fuori sua cugina dall’acqua immediatamente, Aylén non aveva emesso un lamento ma era sbiancata.

“Non è … niente” disse a fatica la ragazza.

Orlando che intanto era uscito si era precipitato a vedere che cosa si era fatta.

Lei continuava a dire che stava bene, ma aveva il viso pallido e l’espressione sofferente.

Callixto la portò agli spogliatoi e volle costatare di persona. Aveva un piccolo taglio sulla pancia, poco più di un graffio niente di preoccupante, mentre sulla schiena aveva un brutto ematoma. Il ragazzo non volle sentire ragioni e la portò direttamente al pronto soccorso. Orlando che era preoccupatissimo volle andare con loro e non ci fu verso di farlo desistere, naturalmente anche Reina e Alejo si unirono a loro. Al pronto soccorso le cose cominciarono ad andare per le lunghe. Aylén insistette con suo cugino perché i ragazzi rientrassero, visto che non sapeva che ora avrebbe fatto. Come sempre quello più difficile da convincere fu Orlando, che si sentiva tremendamente in colpa e non voleva sentir ragioni, non si voleva muovere di lì.

“Per favore, tanto non te la faranno vedere e non ci potrai parlare, fino a che non avranno finito”gli spiegò Callixto.

Ma lui non ne voleva sapere. Ci si misero tutti e tre a tentare di farlo ragionare e alla fine ci riuscirono perché Callixto gli promise che appena sarebbero rientrati in albergo lo avrebbero chiamato subito, così controvoglia Orlando se ne andò con gli altri due.

 

Aylén e Callixto rientrarono in albergo dopo la mezzanotte, il ragazzo purtroppo dovette scappare via subito perché l’indomani doveva andare a lavoro e aveva molta strada da fare, però era abbastanza tranquillo dopo aver preso reale coscienza delle condizioni della cugina.

Aylén si spogliò con movimenti lenti perché la schiena le faceva davvero male. Si era appena infilata una maglietta quando sentì bussare alla porta.

“Chi è?” chiese.

“Sono Orlando mi apri?”.

“Un attimo!” disse lei cercando i pantaloni della tuta che s’infilò alla ben meglio.

Quando Aylén aprì la porta se lo ritrovò davanti con un’espressione davvero costernata, preoccupata e decisamente afflitta.

“Come stai?” le chiese subito ansioso.

“Bene, non ti preoccupare” gli rispose andando verso il letto e sistemando i cuscini per potersi appoggiare seduta alla spalliera.

“Mi dispiace davvero tantissimo credimi, è tutta colpa mia! Mi sento veramente un coglione!” disse lui seguendola. Rimase in piedi di fronte al letto con le mani dietro la schiena come uno scolaretto in castigo.

Lei che non poté fare a meno di provare una sorta di tenerezza per quella sua aria sconsolata, gli sorrise e gli disse: “Non è affatto colpa tua! Sono cose che capitano” poi aggiunse con aria furbetta “E sì, sei un coglione!”, ma poi vedendo che lui l’aveva presa sul serio abbassando lo sguardo, scoppiò a ridere.

“Stavo scherzando! Non sei un coglione! … Oddio forse solo un pochino”.

Lui, sorrise a sua volta e sembrò rilassarsi. Aylén aveva il viso ancora leggermente pallido e se ne stava adagiata con la schiena su i cuscini, indossava una maglietta a maniche corte bianca e nonostante non fosse proprio il momento adatto, Orlando non poté fare meno di notare che era senza reggiseno e che le si intravedeva l’ombra scura dei capezzoli attraverso il tessuto, notò che doveva avere freddo visto che le punte erano molto in evidenza. Cercò subito di distrarsi e si concentrò sul viso di lei chiedendole: “Allora che ti hanno detto?”.

“Non ho niente di rotto, solo un brutto ematoma, mi fa un po’ male ma non è nulla di grave. Dovrei stare a riposo assoluto tre o quattro giorni, prendere un antidolorifico e mettermi una pomata due volte il giorno. Tutto qui” rispose lei con un sorriso.

“Dobbiamo trovare una scusa per farti star ferma, diremo che ti sei fatta male in albergo!” commento lui a voce alta.

“No, domani mi alzo e vengo sul set regolarmente” disse lei decisa.

“Ma neanche per idea!” saltò su lui.

“Andiamo Orlando non ho niente, che vuoi che sia! Non sono mica una bambolina di porcellana!”.

“Non capisco perché devi essere così testarda se ti hanno detto di riposare, devi farlo, punto e basta” il tono di lui non ammetteva repliche.

“Okay ti prometto che se mi fa davvero male, troverò una scusa va bene?” promise lei.

“Posso vedere l’ematoma?” chiese lui che nonostante tutto, non riusciva a non sentirsi tremendamente in colpa.

Lei si girò lentamente e si mise davanti a lui di spalle, lui le si sedette accanto e le tirò su la maglietta. In effetti aveva una bella macchia bluastra proprio in mezzo alla schiena. Orlando si sentì ancora peggio nel costatare che cosa aveva combinato, con un dito sfiorò impercettibilmente il contorno del livido, ma lei sentì male, fece un movimento brusco e nel farlo la maglietta che lui teneva per un lembo, si alzò su scoprendole inavvertitamente un seno, lui si affrettò subito a ricoprirla.

“Scusa” disse imbarazzato.

“Ma oggi è la giornata nazionale delle scuse?” disse lei ridendo.

Rise anche lui.

“Forse è meglio che vada” disse Orlando infilandosi le mani in tasca e alzandosi.

Poi gli venne spontaneo di abbassarsi e di baciarla su una guancia.

“Cerca di riposarti” le disse ancora chinato.

“Cercherò, promesso!” rispose lei.

Poi, prima che lui rialzasse la testa lei si tirò un poco su, e gli sfiorò le labbra con un bacio casto e affettuoso. Non aveva resistito, era così diverso e così tenero rispetto al solito, che per lei era stato naturale baciarlo.

“Buonanotte” gli disse con un sorriso.

“Buonanotte” rispose lui confuso rialzandosi e osservandola come se la vedesse solo allora, e se ne andò, immerso nei suoi pensieri.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO QUATTORDICI ●

 

 

Orlando era andato di corsa da Alejo. Dopo quello che era appena accaduto, era in uno stato di agitazione così forte che non poteva certo andarsene a letto come niente fosse, era davvero troppo scombussolato. Alejo lo aveva accolto in camera sua, non stava dormendo neanche lui e fu molto contento nell’apprendere che Aylén  non aveva niente di rotto e che stava abbastanza bene.

“Orlando ma che hai?” gli domandò osservando la sua espressione quasi persa nel vuoto.

Orlando abbassò lo sguardo e fissò il pavimento in silenzio. Poi improvvisamente alzò la testa e disse in tono piuttosto teatrale: “Alejo sono proprio nella merda!”.

“Olè!” rispose l’altro, facendo un saltello e alzando una mano a mo di tarantella, per sdrammatizzare il tono eccessivamente tragico dell’amico.

“Si, c’è poco da scherzare!” lo rimproverò Orlando.

“Forza sfogati, sono pronto ad offrirti la mia spalla” lo incitò Alejo.

“Io credo di aver perso la testa!” confessò all’improvviso l’inglese più a se stesso che all’amico.

“Ma va? E dire che tra tutti non ce ne eravamo mica accorti!”.

“Oh insomma! Mi ascolti o mi prendi per il culo?”.

“Ti ascolto, ti ascolto, come se non sapessi già che mi devi dire!” esclamò Alejo.

“Com’è possibile che io sia stato coinvolto così tanto da lei in così poco tempo? Io non ci capisco più nulla! La vedo e non connetto, ero sicuro di resisterle, ora mica ne sono più tanto convinto! Io amo Kate cazzo!”.

Alejo lo guardò e gli disse in tono un po’ brusco: “Tu devi fare la pace con il tuo cervello amico! Dici una cosa ma in realtà ne senti un’altra, manchi di obiettività e questo è un bel problema!”.

“Non è vero, io sono molto obiettivo e amo davvero Kate, lei è la persona più importante per me! Per Aylén provo solo un’attrazione fisica molto forte, direi quasi incontrollabile, una cosa che non mi era mai accaduta prima. Del resto io ho sempre gestito molto bene le mie emozioni e sono sempre stato in grado di esser padrone di me stesso… almeno fino ad ora!”.

Alejo scosse la testa, ormai la scuoteva puntualmente ascoltando i deliri di Orlando. Sì perché era chiaro che delirasse, non si rendeva nemmeno conto che tutto quel parlare che faceva era solo una specie di lavaggio del cervello che operava su se stesso solo per auto convincersi.

“A parte il fatto che io non sono d’accordo con la tua disamina, in quanto credo che tu provi molto di più di una semplice attrazione fisica per Aylén. Ma se dovessi sbagliarmi, beh sai che ti dico? Lasciati andare, vivitela, del resto con Kate siete in pausa no? Allora non te lo voglio ripetere più, basta seghe mentali, non fai niente di male. L’importante è che tu sia molto onesto con te stesso e soprattutto con Aylén, se tu le mentissi e la usassi, saresti solo una vera merda, quindi occhio a quello che fai”.

Il discorso di Alejo non faceva una piega e Orlando pensò che forse in fondo era l’ora di lasciarsi andare davvero. Però c’era sempre quel sottile senso di colpa nei confronti di Kate. Lui era certo di amarla ancora e forse non era del tutto fuori strada, sicuramente le voleva un gran bene e per lei aveva un rispetto immenso. Ma c’era la questione Aylén. L’attrazione per lei l’aveva investito in pieno come un camion in corsa, trovandolo totalmente impreparato. Aylén lo aveva spiazzato più di una volta, ad Orlando pareva di aver a che fare con molte ragazze diverse, perché una volta lei era sfrontata, l’altra era un maschiaccio, un’altra ancora era una temeraria e poi all’improvviso diventava dolce e capace di tenerezza. Come poco prima quando gli aveva sfiorato le labbra con quel bacio. Ne era rimasto così stordito che ancora non s’era del tutto ripreso. E poi era così bella  e così sensuale da togliere il fiato. Era una miscela di elementi che si rivelava esplosiva e totalmente irresistibile, e lui alla fine, non aveva più tanta voglia di resisterle. L’unica cosa era mettere le cose in chiaro fin da subito, prima che tra loro accadesse qualcosa. Doveva dirle che qualunque cosa fosse accaduta, non avrebbe mai potuto avere un seguito, perché lui amava un’ altra. Quindi solo se Aylén fosse stata messa al corrente e fosse stata d’accordo, allora lui avrebbe potuto viversi la cosa senza troppi problemi. Sì, avrebbe decisamente fatto così e poi quel che sarebbe successo, sarebbe successo.

 

La mattina seguente come aveva promesso, Aylén era  sul set a fare il suo lavoro.

Orlando la vide solo in tarda mattinata e si rese subito conto che aveva l’aria piuttosto sofferente, anche se lei stoicamente continuava con caparbietà a cavalcare. Pensò che fosse davvero una gran testona e che sforzarsi avrebbe ritardato l’assorbimento dell’ematoma. Non potendo fermarsi si ripromise di parlarle più tardi.

La fortuna dette una mano ad Aylén, infatti verso l’ora di pranzo si scatenò un forte temporale che impedì il proseguimento delle riprese e ritornarono tutti in albergo.

Nel tardo pomeriggio Aylén fu raggiunta da Reina nella sua stanza e si misero a chiacchierare.

“Sai mi dispiace che tra qualche giorno me ne devo ritornare a casa. Qui mi sono davvero divertita molto” commentò Reina con una strana espressione.

“Via che è tutta questa tristezza? Potrai tornare a trovarmi quando vuoi e poi tra qualche mese sarò di nuovo a casa”.

Reina cominciò a vagare con lo sguardo per la stanza con fare incerto e senza rispondere all’amica. Aylén non poté fare a meno di domandarsi che cosa potesse avere, visto lo strano comportamento che aveva.

“Reina ma è successo qualcosa? Qualche problema?” le chiese un po’ preoccupata.

L’altra tacque ancora un po’ poi costernata le rispose.

“Madonna Santissima di Guadalupe! Ho combinato un bel guaio!”.

Aylén sapeva per esperienza che quando l’amica rammentava la Madonna di Guadalupe, significava che era davvero molto agitata.

“Che ti è successo?” le chiese con premura.

Reina cominciò a tormentarsi le mani e non riuscendo a guardare Aylén negli occhi, poi finalmente le disse:“L’altra sera… ecco … io ho… insomma! Ho baciato Alejo e manca poco ci finisco a letto insieme! Dio mio! Devo essere impazzita! Io la tequila non la berrò mai più!” concluse tutto in un fiato.

“Ah! Però!” scappò detto ad Aylén.

“Si lo so è quanto meno avventato e sicuramente non da me! Menomale che nonostante l’alcool alla fine sono riuscita a ragionare e a fermarmi. Comunque tra poco usciamo. Andiamo a cena e ci chiariremo, non voglio che pensi che sono una facile o una stupida. Sono proprio fuori di testa!”.

“Non ti preoccupare Reina su! Non farti troppi problemi in fondo non hai fatto niente di male o di cui vergognarti. Certo è vero che gli uomini pensano solo a quello, ma ce ne sarà pur qualcuno che andrà oltre questo no? Che diamine!”.

“Speriamo che tu abbia ragione” sospirò Reina.

“Se Alejo penserà male di te, sarà solo un SUO problema! Tu sei una ragazza fantastica e smettila di essere sempre così agitata, vedrai che anche lui se ne renderà conto” la rassicurò Aylén.

Chiacchierarono ancora un po’, poi Reina si congedò per ritornare al suo albergo, per potersi preparare per uscire con Alejo. Si salutarono e Reina promise all’amica che se non avesse fatto troppo tardi, l’avrebbe chiamata al suo rientro dopo l’uscita con Alejo, altrimenti si sarebbero riviste direttamente l’indomani.

Aylén riposò un pochino, ma la schiena le faceva male e non riuscì a dormire se non che per una mezz’oretta, quindi alzò la cornetta del telefono, e ordinò la cena in camera. Mangiò con gusto la carne e le patate e poi si alzò per andare a lavarsi i denti, quando sentì bussare alla porta.

“AVANTI E’ APERTO!” urlò dal bagno con la bocca impastata di dentifricio.

Quando uscì si ritrovò davanti Orlando. Indossava un paio di jeans sul grigio, con una maglia di lana nera leggera, i capelli arruffati e le immancabili mani in tasca.

“Menomale che si è messo a piovere altrimenti avresti continuato nella tua opera masochista di voler continuare a lavorare per forza, nonostante non dovresti farlo!” le disse subito lui.

“Buonasera Orlando” disse lei divertita mentre si rimetteva sul letto.

“E’ inutile che fai la spiritosa! Per fortuna c’è qualche Santo in Paradiso che provvede! Sembra che questa dannata pioggia non accenni a fermarsi, quindi ci sono buone probabilità che anche domani staremo fermi” ribatté lui accigliato.

Lei incrociò le braccia al petto e lo studiò, sembrava davvero preoccupato. Era davvero adorabile con quella specie di broncio e poi le faceva davvero piacere che si preoccupasse così tanto per lei.

“Non ti preoccupare cercherò di fare la brava bambina e starò buona, buona a riposo”.

Anche lui si fermò ad osservarla con più attenzione. Aveva l’aria meno sofferente rispetto alla mattina, i lunghi capelli erano legati in una morbida coda e aveva una specie di tuta, forse un pigiama verdolino piuttosto largo. La bocca era rimasta piegata in una sorta di sorrisetto da quando era entrato, e gli occhi sembravano scintillarle più del solito. Gli prese una gran voglia di baciarla. Sospirò e cercò di concentrarsi su altro, quindi con aria distratta le chiese:

“Hai mangiato? C’è qualcosa che posso fare per te?”.

“Ho mangiato, non ti preoccupare non vedi gli avanzi?”.

Lui si rese conto solo allora del vassoio della cena poggiato da una parte. Poi Aylén si ricordò che nella foga della discussione si era dimenticata di chiedere una cosa a Reina. Sinceramente esitò un attimo prima di chiederla ad Orlando, non era certa che fosse proprio il caso, ma c’era solo lui nei paraggi, esitò ma poi si fece coraggio e glielo chiese.

“In realtà ci sarebbe una cosa che potresti fare per me. Se non ti disturba, potresti mettermi la pomata sull’ematoma? C’è stata Reina prima, ma mi sono dimenticata di chiederglielo” gli disse alla fine.

“Ma certo, non ci sono problemi, che devo fare?”.

“Niente di particolare, me la dovresti mettere sul livido e spalmarla fino a che non si assorbe completamente. Ma mi raccomando con delicatezza che mi fa male” gli spiegò lei.

Aylén si mise a sedere sul bordo del letto e Orlando, dopo essere andato a lavarsi le mani, si sfilò gli anelli e li appoggiò sul comodino. Si mise seduto dietro di lei, le scostò la coda sistemandogliela sul davanti. Lei gli passò il tubetto della pomata. Orlando le alzò la maglietta, notò che sotto aveva una leggera canottiera di filo di scozia bianca.

“Aspetta che me la tolgo” gli disse lei per facilitargli il compito. Quindi si sfilò la maglietta e rimase con la canottiera. Orlando le scoprì la schiena, come la sera precedente notò che era senza reggiseno, sospirò appena, prese la pomata e con delicatezza ne mise un po’ sul brutto livido che da violaceo stava diventando verdastro scuro. Si sentì nuovamente in colpa e sospirò di nuovo. Procedette con tutta la delicatezza possibile, ed intanto osservava la schiena liscia e delicata di lei, la sua pelle era morbida e profumata e si sorprese a desiderare di carezzarla.

Appena ebbe terminato le tirò giù la canottiera.

“Ecco fatto!” disse soddisfatto di essere riuscito nell’impresa senza farle male.

Lei si girò, gli sorrise e lo ringraziò. Poi con slancio gli dette un bacio affettuoso sulla guancia, nel farlo gli sfiorò inavvertitamente un braccio con il seno. Orlando ebbe i brividi, quella canottiera era davvero molto, troppo, leggera e non poté proprio più trattenersi. Prima che lei scostasse la testa, l’afferrò per la nuca con una mano e la baciò con impeto.

Aylén rispose con slancio a quel bacio vorace, circondandogli il collo con un braccio e stringendosi a lui. Era perfettamente consapevole che era un bacio carico di passione, di frustrazione repressa e forse anche di un po’ di rabbia. Lo percepì con chiarezza, non c’era tenerezza, o delicatezza, né tanto meno sentimento, solo un forte desiderio troppo a lungo negato.

Orlando ormai era partito e non si sarebbe fermato facilmente, anche perché non voleva affatto fermarsi. Le sciolse i capelli e continuò a baciarla con un intensità voluttuosa, esplorando le sue labbra e la bocca con la lingua, affamato di lei come lui stesso neanche immaginava di essere.

Aylén gli infilò una mano sotto la maglia e cominciò ad esplorare la sua schiena con i polpastrelli, Orlando avvertì le sue mani calde carezzagli la pelle e il suo respiro si fece ancora più corto, i battiti del cuore sembravano impazziti e quello che provava era ancora meglio di quello che aveva sentito nel sogno.

L’adagiò con estrema delicatezza sul letto, facendo attenzione a non farle male, si sdraiò accanto a lei e le sfilò la canottiera. Si fermò ad osservare il busto nudo di lei, il suo seno era pieno e sodo e la pancia liscia e piatta, solcata dalla piccola ferita che si era fatta il giorno prima. Chinò la testa e le diede un bacio sul graffio, poi prese a mordicchiarle lo stomaco, mentre lei armeggiava per sfilargli la maglia, voleva sentire il contatto con la sua pelle. Lui si fermò un attimo per aiutarla, poi riprese quello che aveva interrotto, intanto Aylén gli passava le dita fra i capelli.

Orlando continuò a baciare la pelle di Aylén fino ad arrivare al suo seno e vi si soffermò con tutta la calma e la dedizione di cui era capace. Lei si sentiva letteralmente morire, sotto quell’assalto così sensuale e così travolgente, scossa da sensazioni così forti da sembrare quasi insopportabili. Improvvisamente lui le sfilò i pantaloni e le mutandine e lei si ritrovò completamente nuda davanti a lui. Era strano non si sentiva affatto in imbarazzo, anzi lo sguardo ammirato di lui che sembrava carezzarle il corpo, le piaceva. Si tirò su obbligando Orlando a fare altrettanto e cominciò a sbottonare i suoi jeans guardandolo e sfiorando la sua bocca con baci teneri. Siccome non ci riusciva, ad un certo punto si misero a ridere entrambi e Orlando ci pensò da solo a finire di spogliarsi. Aylén prese a baciarlo sul collo e Orlando piegò la testa indietro chiudendo gli occhi, le labbra di lei cominciarono a scendere dal collo alla gola, proseguendo verso i suoi pettorali, con calma senza fretta, come se volesse assaporare ogni centimetro di pelle. Aylén percepiva il guizzo dei suoi muscoli sotto la stimolazione della sua lingua. Pian piano arrivò allo stomaco. Quando arrivò all’ombelico Orlando non ce la face più, la scostò da se e si mise sopra di lei.

“Ti faccio male?” chiese in un soffio, preoccupato per la sua schiena.

“Assolutamente no, mi fai tutt’altro che male” gli rispose Aylén con un caldo sorriso.

Orlando la baciò ancora, come se non fosse mai sazio di quelle labbra morbide ed invitanti e

finalmente i loro corpi si unirono. Era come se all’improvviso tutto avesse preso la giusta direzione, come se quello che stavano facendo fosse l’unica cosa da fare. Entrambe sapevano che sarebbe accaduto ed entrambe, lo volevamo più di ogni altra cosa, così fecero l’amore con un tale trasporto da restare quasi senza fiato.

Nelle loro menti non c’era più alcuna traccia di pensieri, erano solo immersi in quello che provavano e non c’era spazio per pentimenti, congetture, rimorsi, dubbi e domande. Per quello ci sarebbe stato tempo dopo. Forse.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO QUINDICI ●

 

 

Orlando era seduto sul letto della sua camera. Fuori stava albeggiando e la pioggia continuava a battere con insistenza contro il vetro della finestra. Era venuto via dalla stanza di Aylén in piena notte, non appena lei si era addormentata. Era stato un gesto piuttosto vile da parte sua, ma aveva bisogno di riordinare le idee prima di affrontarla di nuovo.

Era molto arrabbiato con se stesso.

Sferrò un pugno sul materasso e si domandò per l’ennesima volta, in quella notte insonne, che cazzo gli fosse saltato in mente per agire così. Doveva parlare prima con lei, questo era quello che aveva stabilito di fare, e invece come un adolescente arrapato, s’era fatto dominare dall’istinto senza ragionare. Aveva paura che Aylén avesse potuto fraintendere e sarebbe stato davvero un grosso guaio. Primo, perché lui non aveva nessuna intenzione di avere una relazione seria con lei, secondo, perché lavoravano insieme e creare situazioni di disagio sarebbe stato sconveniente, e terzo, perché lui amava un’altra e non aveva certo intenzione di mandare tutto a rotoli per una questione di sesso.

Aylén, al contrario, si svegliò abbastanza tardi e non fu troppo sorpresa nel costatare che Orlando fosse andato via, in un certo senso ne fu quasi sollevata, quello che era accaduto tra loro, era stato molto intenso e troppo coinvolgente. Ritrovarselo nel letto le avrebbe causato un certo imbarazzo. Non era mica abituata  a situazioni del genere, non le era mai capitato di agire così, e per la prima volta in vita sua non era più tanto certa di sapere come si sarebbe dovuta comportare. Nonostante fosse pienamente consapevole di aver fatto un enorme cazzata, che molto probabilmente le sarebbe anche costata cara, non poteva fare a meno di sentirsi felice. Provava qualcosa per lui e non aveva più voglia di contrastare quel sentimento, come non aveva voglia di pensare al futuro, voleva vivere il presente e prendersi ciò che le offriva, al resto ci avrebbe pensato dopo. Non era una stupida e si rendeva conto che lui era mosso da sentimenti diversi dai suoi, ma ingenuamente e forse anche un poco romanticamente, sperava che forse, col tempo, avrebbe anche potuto fargli cambiare idea.

Decise di rimanere in camera e di studiare un po’, prima però scese a mangiare.

Di Orlando nessuna traccia.

La giornata trascorse piuttosto blandamente per lei. Nel primo pomeriggio ricevette la visita di Reina. L’amica era molto felice perché aveva chiarito tutto con Alejo, che addirittura si era scusato. Avevano deciso di rimanere amici. Iniziare una relazione sarebbe stato troppo complicato, sia per il lavoro di lui e sia perché Reina, sarebbe ripartita di lì a tre giorni. Aylén evitò di proposito di raccontarle quello che era accaduto la sera precedente, non si sentiva ancora pronta per parlarne con qualcuno, anche se si trattava della sua migliore amica. Più tardi quando Reina la lasciò, per uscire nuovamente con Alejo, Aylén si mise a studiare. Verso ora di cena stufa di stare sul letto, si fece una doccia per scendere a mangiare qualcosa. Aveva evitato accuratamente di pensare ad Orlando per tutto il giorno, non voleva neanche domandarsi dove fosse e cosa facesse, ma soprattutto cosa sarebbe accaduto adesso tra loro.

Al ristorante dell’albergo incontrò Maria, una delle due stunt donne, e cenò con lei. Conversarono del più e del meno e Aylén la rassicurò sulla sua condizione fisica, che si stava riportando quasi alla normalità. Dopo cena Maria la invitò ad uscire con gli altri, ma lei non aveva voglia e declinò l’invito adducendo la scusa di sentirsi un po’ stanca.

Stava attraversando la hall quando vide arrivare Orlando. Non era preparata e si agitò non poco. Lui era piuttosto cupo e scuro in volto.

“Ti stavo cercando” le disse appena le fu vicino.

“A quanto pare mi hai trovata” rispose lei cercando di essere il più naturale possibile,  sorridendo.

Lui si massaggiò la nuca con una mano e si infilò l’altra in tasca, poi le disse: “Senti, io avrei bisogno di parlare con te…”.

Ecco, pensò Aylén, ha detto la classica frase, adesso mi dirà sicuramente che è stato uno sbaglio e cose di questo genere!

Orlando interruppe i suoi pensieri e prendendola per mano le disse:

“Vieni, andiamo su da me, così staremo più tranquilli a parlare”.

Quel gesto strideva molto con la sua aria seria e i suoi modi sbrigativi, ma ad Aylén fece piacere comunque.

“Passo prima un attimo da camera mia e poi ti raggiungo” gli rispose lei davanti all’ascensore.

Orlando la guardò uscire e sospirò forte. Doveva parlarle, ma non era affatto facile. Era stato tutto il giorno a rimuginare su cosa dirle. Nonostante tutti i suoi ragionamenti, che lui riteneva lucidi e razionali, c’era una cosa che lo preoccupava provocandogli ansia. Gli era costato un intera giornata di elucubrazioni mentali, ma alla fine, sconfitto, aveva dovuto ammettere che non voleva assolutamente perdere contatto con Aylén. Cosa volesse fare non lo sapeva neanche lui. Era stato capace di cambiare opinione almeno dieci volte. Prima aveva stabilito di allontanarla. Poi aveva optato per riportare la cosa su di un piano strettamente amicale e platonico. Poi ancora aveva pensato che forse qualche effusione se la poteva pure concedere, ed infine aveva capito che aveva ancora una gran voglia di fare sesso con lei.

Sesso. Questo si era stampato nel cervello, guai a parlare di fare l'amore, l'unica cosa su cui era stato irremovibile ed intransigente con se stesso. Aveva voluto, con caparbia determinazione, inquadrare Aylén come una piuttosto facile e sperava che per lei non ci fossero problemi. Del resto gli si era concessa senza la minima riserva  e con molta voluttà, quindi non si sentiva affatto in colpa e questa era un ottima scusa per evitare accuratamente di porsi domande sui i sentimenti di lei. Era una situazione di comodo costruita da arte, esclusivamente partorita dalla sua testa e lui vi si crogiolava a meraviglia.

Aylén lo raggiunse pochi minuti dopo, bussò discretamente alla porta e lui la fece entrare. Si accomodarono nel salottino di cui la suite di Orlando disponeva. Lui cominciò col schiarirsi la voce, ma prima di parlare le offrì da bere. Lei accettò una Pepsi, ma solo per aver qualcosa in mano e dissimulare l'agitazione che l'aveva invasa. Era consapevole che quello che stava per dirle non le sarebbe piaciuto, ma non voleva darlo a vedere.

“Dobbiamo parlare di quello che è successo ieri sera” cominciò a dire lui.

“Sì, immaginavo che si trattasse di questo” rispose Aylén con calma.

Orlando cominciò a muoversi sulla poltroncina.

“Insomma… io… ecco non saprei… cioè” farfugliò senza concludere niente.

“Dovresti rilassarti Orlando, o non spiccicherai parola” gli disse la ragazza sorridendo. In effetti era davvero buffo.

Lui prese fiato e riordinò le idee, quindi finalmente sputò il rospo.

“Sì, hai ragione, ora ci provo. Dunque, il punto è questo: tu mi piaci. Insomma mi attrai molto, ma oltre l'attrazione fisica io non provo altro.” s'interruppe un attimo perché gli parve di cogliere una strana luce negli occhi della ragazza, poi continuò “Non fraintendermi, sei una ragazza molto interessante, intelligente e con carattere, tutte ottime qualità, ma io sono innamorato di un'altra. Forse sarebbe stato meglio che tra noi non accadesse nulla, ma la cosa mi ha preso la mano e me ne dispiace, vorrei solo che tu non ce l'avessi con me e che potessimo continuare ad essere… amici?”.

Il discorso non gli era venuto propriamente bene e se ne dispiacque, ma si trovava davvero in difficoltà, ma la cosa grave è che aveva paura, paura che lei si alzasse che lo aggredisse, e che gli dicesse di andare a farsi fottere.

Aylén lo aveva ascoltato e come aveva previsto, ciò che le aveva detto non le era piaciuto. Soprattutto quel: io sono innamorato di un'altra. L'aveva irrazionalmente ferita, perché sebbene consapevole che lui avesse una ragazza, lei se ne era voluta scordare. Nonostante questo non aveva nessuna intenzione di trattarlo male. Non poteva farlo, il solo pensiero di perderlo la faceva tremare e così con la sua innata incoscienza gli rispose in maniera assai incauta. “Sapevo perfettamente che eri fidanzato e non me importa niente. Tu ami un'altra? Io invece non amo nessuno, quindi a parer mio non c'è alcun problema. Credo che possiamo benissimo fare ciò che più ci piace lasciandoci alle spalle tutto il resto. Questa è solo una parentesi, perché complicarsi la vita quando non serve?”.

Le era uscito dalla bocca quel discorso talmente bene e talmente tranquillamente, che sembrava che ci credesse anche lei stessa. Non voleva che lui si allontanasse da lei. Era uno sbaglio, uno sbaglio colossale e Aylén lo sapeva, ma preferiva soffrire e averlo avuto almeno per un po’, piuttosto che soffrire per una sola notte appena. Tanto ci sarebbe stata male comunque, si diceva, quindi voleva prendere più che poteva, prima di fare i conti con i suoi sentimenti una volta che lui fosse sparito per sempre dalla sua vita.

Orlando rimase in silenzio. Quella risposta, che poi era anche quella che aveva desiderato sentire da lei, gli aveva però lasciato un retro gusto un po’ amaro e non sapeva bene spiegarsi il perché.

“Aylén, sei mai stata innamorata di qualcuno?” le chiese a bruciapelo.

“Si, una sola volta” gli rispose la ragazza giocherellando con i capelli.

“E' finita?” continuò lui.

“Ti ho appena detto che non amo nessuno. Si, è finita!” gli rispose.

Lui tirò su entrambe i piedi puntandoli sul bordo della sedia, appoggiò il mento sulle ginocchia, poi scrutandola come se le volesse leggere dentro le domandò: “Perché?”.

“Perché lui non amava Aylén, amava solo il corpo e la bellezza di Aylén, non gli interessava dei sentimenti di Aylén, né del fatto che Aylén avesse anche una testa pensante” rispose lei parlando di se stessa in terza persona con un distacco freddo e con voce incolore.

Orlando aveva appena fatto i conti con una cosa che aveva voluto ignorare: i sentimenti di lei. In verità in cuor suo lo sapeva già, ma quelle parole gli dettero la conferma che lei non era la ragazza facile che lui aveva voluto credere. Ma non voleva assolutamente fermarsi su considerazioni che non intendeva fare, e tanto nemmeno ascoltare quello strano sentimento, quasi di tenerezza che lo stava invadendo, quindi troncò subito l’argomento passando ad altro.

“Come sta la tua schiena oggi?” chiese rimettendosi a sedere composto.

“Ummm… bene direi, non mi fa male quasi per niente, devo ammettere che stare ferma mi ha giovato davvero” rispose lei, sollevata a sua volta dal cambiamento di conversazione.

“Lo dicevo io! Dovresti darmi retta… qualche volta” la rimproverò con fare finto paternalistico.

“Meglio di no!” rispose lei con fare furbo.

“Come sarebbe a dire?”.

“Che se comincio a darti retta, poi cominceresti a prenderci l’abitudine e finiresti con impartirmi ordini in continuazione!” lo canzonò lei.

Continuarono a prendersi in giro, la tensione s’era allentata ed entrambi erano più sereni e rilassati.

“Perché non raggiungiamo gli altri fuori?” chiese Orlando.

“Sì, è una buona idea” rispose lei. Poi frugandosi in tasca prese la pomata per la schiena e gli disse: “Prima però sii gentile, Reina continua a snobbarmi a favore di Alejo, quindi mi manca la mia infermiera personale, potresti farlo nuovamente tu?”.

“Ma certo ormai sono un esperto!” rispose lui strizzando un occhio.

Dopo averla fatta sedere come in un rituale le tirò su il maglione scoprendole la pelle. Improvvisamente capì come mai le altre volte non indossasse il reggiseno, la chiusura coincideva proprio con il livido, che tutta via si stava riassorbendo. Aprì con cautela l’allacciatura e cominciò a spalmare la pomata.

“Sai che sei proprio bravo! Potresti farlo di mestiere!” commentò Aylén apprezzando la delicatezza con cui lui le stava facendo assorbire l’unguento.

“Se mai mi dovesse fallire la carriera d’attore, vorrà dire che farò il fisioterapista” disse lui ridendo.

Stavano scherzando, ma in realtà erano entrambe nuovamente tesi. Aylén combatteva contro le sensazioni che la mano di lui le procurava. E lui come al solito era bello che partito per la tangente, infatti si stava prolungando più del dovuto nel massaggio, dato che la crema era già assorbita. Il tutto non era affatto nato come una provocazione erotica, anzi non c’era stata alcuna malizia da parte di Aylén nel chiedere ad Orlando di aiutarla, né da parte di lui ad accettare. Il problema era che i loro corpi si attraevano come il ferro con la calamita e c’era ben poco da fare.

Le mani di Orlando come se fossero dotate di volontà propria cominciarono a carezzare l’intera lunghezza della schiena di Aylén e lei trattenne il fiato. Lui abbassò la testa, le scostò i capelli e cominciò a tormentarle la nuca e il collo con piccoli baci e piccoli morsi intervallati tra loro. L’aveva tirata a se, facendo aderire la sua schiena al suo corpo. Aylén poteva chiaramente percepire il grado della sua eccitazione, intanto entrambe le mani di lui si erano spostate sul seno di Aylén e le stava carezzando i capezzoli con i pollici, con il viso affondato nei capelli di lei.

Aylén faticava a respirare ed era come prigioniera delle sue sensazioni. Non le importava più di niente voleva solo stare con lui e fare l’amore con lui, tutto il resto aveva perso ogni importanza.

“Non ho più voglia di uscire…” le sussurrò lui in un orecchio.

Lei si girò e sfiorandogli le labbra con le proprie gli rispose “Neanche io. Baciami!”.

Lui non se lo fece ripetere e la baciò a lungo stringendola a se.

I suoi baci erano sempre molto intensi e Aylén vi si abbandonò completamente.

Le loro mani si cercavano, i loro vestiti pian paino sparivano e le loro bocche continuavano a rimanere unite. Così si ritrovarono nuovamente nudi sul letto a fare l’amore per la seconda volta, con lo stesso slancio e la stessa passione della sera precedente, non era previsto, ma accadde.

Più tardi quando, distesi l’uno accanto all’altro stavano in silenzio, nelle loro menti i pensieri correvano veloci.

Orlando era sempre più confuso, ma allo stesso tempo stava troppo bene per farsi dei problemi, decise di colpo che non avrebbe pensato affatto.

Aylén non sapeva che fare, da una parte avrebbe voluto stare lì con lui, dall’altra aveva paura di sembrargli troppo appiccicosa, quindi fece per alzarsi.

“Che fai?” le chiese lui toccandole la schiena.

“Vado via” rispose piano lei.

“Vorrei che rimanessi qui a dormire… se ti va” le chiese lui titubante, aveva quasi paura che gli dicesse di no.

Lei si girò e gli regalò un sorriso luminoso.

“Certo che mi va!”gli rispose riaccucciandosi contro di lui.

Lui l’abbracciò e le dette un piccolo bacio sulle labbra.

In quel momento Aylén si sentì la persona più felice del mondo.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO SEDICI ●

 

 

Nei giorni che seguirono Orlando e Aylén continuarono a vedersi ogni sera e immancabilmente facevano l’amore. Tra di loro c’era una sorta di tacito patto, nessuno dei due si azzardava a parlare di quello che stava accadendo. Di giorno invece si comportavano normalmente, ridevano, scherzavano, si punzecchiavano e a volte litigavano perfino. Ma la notte no, la notte era solo per loro, tanto che Aylén praticamente non aveva più dormito in camera sua, si era direttamente trasferita in quella di Orlando.

L'incoscienza aveva avuto la meglio sulla razionalità, ma quella situazione non poteva certo durare in eterno e lei lo sapeva.

Reina era tornata a casa e Aylén non le aveva detto ancora nulla, ma l’amica aveva capito che doveva essere accaduto qualcosa, però volendo rispettare i desideri dell’altra non aveva fatto domande.

Tutta la troupe si era spostata da Cordoba a Granata e Orlando aveva avuto il suo bel da fare con le fans che ogni giorno assediavano l’albergo a frotte. Praticamente ogni santa sera passava un’ora e più a firmare autografi e spesso Aylén lo prendeva in giro, in realtà era abbastanza gelosa. Col tempo si era resa conto che cominciava provare per lui qualcosa di forte, qualcosa che assomigliava pericolosamente all’amore e nonostante non volesse pensarci, ogni giorno quel sentimento cresceva dentro di lei.

Frequentandolo aveva scoperto dei lati del suo carattere che non avrebbe mai immaginato.

A volte era taciturno e scorbutico, altre invece era davvero un coccolone, pretendeva proprio di essere vezzeggiato come un bambino, a volte poi era davvero buffo e matto. Come quella volta che lei era distesa sul letto mentre lui era farsi la doccia. Lo aveva visto uscire con l’accappatoio in dosso e si era messo a fare una specie di sfilata.

“Modello: bagno da sogno!” aveva detto camminando ai piedi del letto muovendosi come se fosse in passerella.“Ammirate la morbidezza della spugna, direttamente estratta per essere usata nella tessitura di questo splendido capo, niente di meno che: dal mar Mediterraneo!”.

Aveva continuato facendo scivolare l’accappatoio su una spalla e con una faccia da cretino che incantava, aveva detto: “Il comfort e la morbidezza hanno un effetto addirittura balsamico sul corpo”.

Intanto Aylén era piegata in due dal ridere.

Ed in infine aveva platealmente aperto l’accappatoio, facendoselo scivolare lentamente di dosso, e mostrando una paio di boxer larghissimi a quadretti. Quindi girando su stesso aveva commentato allargando le braccia: “Et voilat! Il tocco finale! Boxer modello tovaglia sexy! Da usare all’occasione anche per pic nic dal sapore vagamente gastro-erotico al parco!”.

“Ma lo sai che non ti ci facevo così scemo!” esclamò Aylén tra le lacrime per il gran ridere.

“Scemo?” aveva chiesto Orlando fintamente indignato alzando un sopracciglio. “Ma ti rendi conto di quello che dici donna?”.

Poi indicando la finestra con fare teatrale le aveva detto: “Là fuori ci sono milioni, ma che dico milioni, miliardi di donne bramose di avermi! Io direi che piuttosto sono un uomo dalle mille sorprese!”.

“Sì, come no! Ma falla finita và uomo dalle mille sorprese!” gli aveva risposto lei lanciandogli un cuscino e centrandolo in pieno.

Lui l’aveva guardata malissimo con aria fintamente minacciosa.

“Vuoi la guerra? E guerra sia!”.

Aveva raccolto il cuscino e lo aveva lanciato verso di lei, ma Aylén era stata più veloce e lo aveva scansato.

“Pessima mira!” le aveva detto la ragazza sfidandolo.

“Se t’acchiappo te lo faccio vedere io!” aveva risposto lui lanciandosi sul letto, ma Aylén era già scappata verso il salottino.

“Bravo hai colto la sfumatura giusta: SE, m’acchiappi! A quanto pare sono più veloce e agile di te!” lo aveva canzonato lei.

Così avevano cominciato a rincorrersi per la camera, saltando dal letto al pavimento, dal pavimento alle poltrone e via di seguito. Aveva vinto Aylén che alla fine s’era rifugiata in bagno.

“Tanto prima o poi dovrai pur uscire di lì!” le aveva detto lui incrociando le braccia al petto.

“Può darsi che per farti dispetto decida di passare il resto della mia vita qui!” aveva risposto lei ridacchiando.

Insomma, non facevano solo ed esclusivamente sesso. Ridevano, scherzavano, a volte guardavano qualche film, a volte parlavano, anche se molto raramente e mai di argomenti troppo seri o intimi. A vederli si poteva tranquillamente dire che fossero, quasi una coppia come tante altre. Ma di fatto loro non erano affatto una coppia.

Aylén era divisa tra due tipi di sentimenti: la speranza e la paura.

Sperava che ci potesse essere una remota possibilità in un futuro con lui, ma allo stesso tempo aveva timore che sarebbe finito tutto terminate le riprese. Cominciava a rendersi conto che doveva riflettere su quello che stava accadendo e che doveva prendere una decisione o in un senso o nell'altro, ma continuava a tergiversare.

Orlando, da parte sua, se la viveva giorno per giorno. Niente domande, nessuna riflessione, e totale non curanza caparbiamente imposta per il futuro. La sua testa era ovattata. Non voleva vedere, non voleva sentire, non voleva ragionare e non voleva aprirsi a niente di quello che forse stava nascendo, come se annaffiasse un germoglio con la varechina per farlo seccare.

Stava molto bene con lei e se lo faceva bastare. C’era anche un’altra cosa, a cui intenzionalmente non aveva voluto dare alcun peso: il fatto che non pensasse quasi più a Kate. Si era auto giustificato dicendosi che era una sua forma di difesa, una sorta di scudo per non soffrire e non sentirsi in colpa.

Intanto i giorni passavano veloci e il tempo scorreva in fretta. Da Granata si erano spostati per varie cittadine fino ad arrivare all’ultima location spagnola: Siviglia.

Una sera accade qualcosa.

Erano circa le ventidue, Aylén stava seduta sul letto con le gambe incrociate e picchiettava sulla tastiera del suo portatile.

Orlando le si era seduto accanto e le stava dando noia cercando di leggere quello che stava scrivendo. Siccome era in spagnolo, diceva delle scemenze colossali, facendola ridere, ma anche distraendola visto che stava tentando di studiare.

“Ma la smetti? Non hai qualcosa da fare, invece di star qui a farmi i dispetti?”.

“Ma smettila tu con quell’aggeggio infernale! I computer alienano le persone non lo sai?” le aveva risposto lui che voleva fare decisamente altro.

“Sto cercando di studiare sii buono, tra un’oretta avrò finito”.

Lui finse di assecondarla e si sdraiò tranquillo. All’improvviso la prese per la vita e la tirò giù con se.

“Mi fai cadere il computer in terra!” si era lamentata lei.

“Ti do tre secondi di tempo per mettere quel coso sul comodino” aveva detto lui.

E aveva mantenuto la promessa.

Aveva preso a baciarla e carezzarle i capelli.

Lei si scostò e gli disse “Insomma non si può sempre fare a modo tuo! Ti ho detto che devo studiare!”.

Lui per niente scoraggiato aveva ripreso a darle noia.

“Studierai dopo” le aveva detto con una specie di borbottio mentre stava tentando di baciarla di nuovo.

Lei lo aveva spinto leggermente per farlo smettere.

“No, studio ora! Non ho fatto nulla negli ultimi giorni, non dormiamo quasi per niente e io devo assolutamente portarmi avanti con questo lavoro”.

Lui aveva sbuffato un po’ e poi l'aveva lasciata libera. Aveva preso il copione e s'era messo a ripassare le sue battute.

Ad un certo punto il suo cellulare aveva preso a suonare.

“Pronto” disse dopo averlo aperto senza neanche guardare chi fosse.

Dall’altro capo del filo rispose la voce incerta di Sandrine che si scusò di averlo disturbato, ma che aveva urgenza di parlargli subito a proposito di Kate.

Orlando scattò in piedi, fece un cenno di scusa ad Aylén e uscì fuori dalla camera per andare a parlare nel corridoio. La conversazione tra lui e la ragazza fu piuttosto lunga.

Per mesi aveva aspettato un simile epilogo alla faccenda fra lui e Kate, ma quando Sandrine gli aveva detto che la sua ragazza stava molto male e che era pentita, invece di mettersi a saltare dalla gioia era rimasto piuttosto freddo. Nessuna emozione particolarmente forte, nessun batticuore violento, solo una sottile soddisfazione dettata da un forte senso di rivalsa, e ne era rimasto completamente spiazzato. La ragazza gli stava spiegando che Kate era tornata sui suoi passi e che era piuttosto dispiaciuta di come si era comportata. Era talmente giù che non aveva avuto neanche il coraggio di chiamarlo di persona. Gli disse anche che, se lui era d’accordo, Kate era pronta ad andare a trovarlo in Spagna.

Orlando fu preso dal panico.

Da una parte aveva voglia di capire e di vedere che effetto gli avrebbe fatto trovarsela davanti,  perché lei era comunque una persona importante nella sua vita. Ma dall'altra la sua primaria preoccupazione era la possibile reazione di Aylén, e con questo non avrebbe mai creduto di dover fare i conti.

Non era più certo al cento per cento di quello che provava per Kate, ultimamente non ci aveva pensato, non gli era più mancata, ma lui l’amava ancora. O no? E per Aylén che cosa provava? Niente più che un’attrazione o c’era dell’altro? Si, ma cosa? Amore? No, non era credibile.

Cercò di riflettere a mente fredda, ma con Sandrine che lo implorava dall'altro capo del telefono non fu facile. Optò per una soluzione che al momento gli sembrava quella migliore. Spiegò alla ragazza che non desiderava ricevere la visita di Kate, del resto quella situazione l'aveva creata lei, e comunque avrebbe dovuto essere lei personalmente a chiederlo e non una sua amica. Le disse che lui stava riflettendo, che non era arrabbiato, ma che comunque aveva bisogno di tempo, quindi si sarebbero rivisti, come stabilito in partenza, solo ed esclusivamente al suo ritorno a Los Angeles. A Kate, che ovviamente era con Sandrine quando lei stava telefonando ad Orlando, non restò che rassegnarsi. Era consapevole di averla combinata grossa e sapeva che se Orlando era fermo su una decisione era meglio assecondarlo, piuttosto che forzargli la mano, la sua speranza era riposta tutta nel suo ritorno a Los Angeles.

Aylén, che era rimasta sola in camera, era in uno stato di forte agitazione.

Chi era al telefono? Che cosa poteva essere accaduto? Perché lui era improvvisamente uscito come se temesse qualcosa?

La risposta in cuor suo la conosceva già, ci poteva essere una sola risposta: Kate. Ma lei sperava che non fosse così, assurdamente voleva credere che magari potesse essere sua madre o un suo amico in difficoltà, qualsiasi altra cosa, ma non quella. Improvvisamente il suo bel castello di carte era franato rovinosamente a terra e la realtà le era apparsa chiara e cristallina, si era fatta e costruita solo un mucchio di illusioni. Aveva commesso un errore madornale: aveva permesso all'istinto di avere la meglio sulla ragione e ora era arrivata la resa dei conti.

Quando Orlando rientrò nella stanza era piuttosto pensieroso, ma non volendo agitare Aylén che trovò abbastanza strana, evitò di parlare della telefonata.

“Era una vecchia amica” si affrettò a dire mentendo.

Aylén aveva subito notato che ci doveva essere qualcosa, ma preferì non domandargli niente.

Sperava che magari lui si confidasse spontaneamente, ma Orlando non disse una parola in più al riguardo. Si rimisero entrambi a fare quello che avevano interrotto, avvolti da un silenzio carico di disagio e poi ad una certa ora si misero a dormire.

Aylén non dormì quasi per niente, ormai era consapevole che i giochi erano chiusi e che comunque li avrebbe dovuti chiudere lei stessa. Era innamorata di lui, ma non poteva certo continuare a fare finta che quella situazione le andasse bene: averlo solo a metà e per andarci a letto insieme. Non era mai stata quel tipo di ragazza. Era esuberante, incosciente e forse anche un tantino immatura, ma solo con lui aveva avuto quel comportamento troppo disinibito che ora la faceva star male da morire. Era l’ora di rientrare nei ranghi.

La mattina quando si svegliarono al suono metallico e insistente della sveglia, l'imbarazzo tra loro era quasi percepibile al pari di una terza presenza. Entrambi non sapevano né che dire né come comportarsi, ognuno dei due con le proprie ragioni.

Orlando si stava infilando i jeans, mentre Aylén si stava allacciando già le scarpe da tennis, quando dopo una mezz’ora di silenzio tombale, lei prese coraggio e avendo maturato una decisione definitiva, cominciò a parlare.

“Senti, io non so come dirtelo, ma non c’è un modo carino per farlo, quindi abbi pazienza se ti sembrerò brusca, ma il fatto è questo: io da domani sera torno a dormire in camera mia”.

Aveva parlato con calma, con una freddezza quasi glaciale e con un tono così casuale, che sembrava che parlasse di una cosa da niente. Orlando era come se fosse stato improvvisamente investito da una secchiata d’acqua gelida.

“Come mai questa decisione così drastica e così improvvisa?” le chiese con un tono di voce indecifrabile.

“Perché è la cosa migliore per tutti, per me per te … e anche per la tua ragazza!” disse lei mentre raccoglieva le sue cose con una calma innaturale.

Orlando rimase senza parole e la guardò andare via con un senso di disagio addosso, senza capire bene che cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi.

 

Aylén intanto stava veramente male. Sapeva che quel momento sarebbe potuto arrivare, ma non in quel modo e non così. Lui l'aveva lasciata andare via senza nemmeno tentare niente per trattenerla, senza dire neanche una sola  parola. Si dette della stupida cento, mille volte. Orlando non aveva mai provato niente per lei, nemmeno affetto, il suo comportamento era stato palese. Non capiva però come avesse potuto fingere sempre in ogni momento, sicuramente era un attore dalle doti soprannaturali, si ritrovò a costatare amaramente. Aveva voluto giocare col fuoco e ora s’era bruciata, quello era sicuramente l’errore più grande che aveva fatto nella sua giovane vita. Giurò a se stessa che non sarebbe accaduto una seconda volta, solo così avrebbe potuto sopportare la sofferenza, solo se le fosse servita da insegnamento come monito a tenersi lontana dagli uomini come lui.

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO DICIASSETTE ●

 

 

 

I giorni che seguirono furono molto difficili per Orlando. Essendo una persona piuttosto orgogliosa aveva accettato la decisione di Aylén senza dare a vedere quanto ne fosse rimasto turbato. Ma come sempre le cose non erano poi così lineari come poteva sembrare, così, col passare del tempo, era accaduto che il suo orgoglio si affievolisse lasciando posto all'amarezza e alla nostalgia. Le era mancata parecchio, forse anche troppo, in quei quindici giorni che erano passati da quella mattina in cui lei era uscita dalla sua stanza. Non se lo sarebbe aspettato, ma si era spesso ritrovato a sospirare guardando il suo letto che gli sembrava esageratamente grande e infinitamente vuoto senza di lei. Il problema era che cosa fosse che gli mancava, era una questione puramente di sesso oppure c'era dell'altro? S'interrogava in continuazione ed era chiaro che ci fosse dell'altro, ora si trattava solo di capire che cosa fosse. Ma ancora non aveva ben chiare molte, troppe cose, e il suo umore era altalenante. Una volta pensava che lei avesse ragione, che era decisamente meglio così, l'altra pensava che forse avrebbero per lo meno dovuto spiegarsi, un'altra ancora si convinceva che appena fosse tornato a Los Angeles tutto si sarebbe risolto.

Ma lei continuava a mancargli e poi la vedeva tutti i giorni e non era facile togliersela dalla testa.

Un bel giorno prese una decisione: avrebbero dovuto quantomeno dovuto parlare. Si ripromise di avvicinarla, dato che ultimamente si evitavano in modo piuttosto palese.

Ma riavvicinare Aylén non fu affatto facile.

Non che lei fosse particolarmente scostante con lui, ma piuttosto era sfuggente e quando si trovavano a tu per tu, era molto indifferente, distante, ma mai scortese. Un comportamento molto spiazzante, che comunque riusciva nell’intento di far sentire Orlando parecchio a disagio e sempre più incerto e confuso.

Quella mattina s’incrociarono in sartoria e Orlando provò ad attaccare bottone.

“Allora come va?”.

“Bene grazie” aveva tagliato corto lei.

Lui aveva cominciato a grattarsi la testa poi con fare casuale aveva aggiunto: “Senti… io avrei pensato… che magari, che so… se ti va… potremmo anche vederci stasera …”.

In realtà non sapendo bene che cosa dire aveva finito per tirare fuori la cosa più sbagliata o, per lo meno, era stato troppo diretto con la possibilità di essere completamente frainteso.

Cosa che puntualmente accadde.

Aylén, infatti, gli avrebbe voluto dare un rispostaccia. Pensò che era veramente senza ritegno, ma ovviamente non lo diede a vedere.

“Stasera devo studiare” gli ripose con voce atona.

Orlando storse la bocca, s’immaginava un suo rifiuto, però volle tentare ancora.

“Allora facciamo domani sera?” chiese più speranzoso.

Ma allora sei proprio uno stronzo! Pensò Aylén al colmo della rabbia.

“No, domani sera esco con gli altri” mentì lei, restando sempre piuttosto calma.

Orlando che della sua zucca dura ne aveva sempre fatto un gran vanto, non demorse.

“E’ deciso, ci vediamo dopo domani sera!” disse provando a sorriderle.

Aylén perse la pazienza.

“No. Io credo piuttosto che ci vedremo al lavoro come sempre, ma niente di più! Forse non ti è chiaro il concetto, ma il gioco è finito, ci siamo divertiti e va bene, ma io non ho più voglia di giocare!”.

“Ma che hai capito?” saltò su lui “Io intendevo per parlare po’ ”.

“Non vedo che ci sia da dire, non parliamo poi molto noi due, se non di cretinate!” rispose lei.

“Ma come? Ma non siamo amici io e te? Siamo stati bene? Possiamo anche farci una bella chiacchierata in tutta tranquillità, tanto per farci compagnia”.

Lei che gli dava le spalle si girò e lo puntò dritto negli occhi dicendogli: “E' finta Orlando, lo capisci? Io non ho più voglia di stare neanche a parlarne”, poi prese e si avviò verso l'uscita della sartoria.

Orlando la vide andar via per la seconda volta e come la volta prima senza avere la possibilità di rispondere. Questa cosa lo fece incazzare, era mai possibile che non volesse neanche parlare con lui?

Intanto Aylén in preda allo sconforto camminava dritta come se niente fosse, ma le sue mani tremavano. Era tutto più difficile di come aveva immaginato, avrebbe dovuto pensarci prima e dare retta a Reina, ma lei aveva voluto fare di testa sua e questo era il bel risultato. La sua unica speranza era che Orlando si rassegnasse in fretta, anche se lei non capiva del tutto il suo comportamento, che aveva da dirle? Lei piuttosto sospettava che volesse ben altro e in cuor suo pregò Dio di essere abbastanza forte da dirgli di no nel caso fosse ritornato alla carica.

Orlando, invece, una volta in albergo andò subito a cercare Alejo per sfogarsi. Ormai era diventato il suo confessore di fiducia.

“Veramente io tempo fa ti avevo consigliato di fare pace con il tuo cervello, non di comprargli un biglietto aereo e di spedirlo direttamente ai Caraibi!” commentò Alejo meno scherzosamente di quello che sembrava, dopo averlo ascoltato.

“Senti, tu puoi rigirarla come vuoi, ma io con lei sono stato molto chiaro, quindi che senso ha ora che mi faccia tutte queste smusate, senza neanche voler parlare con me? Sembra che io mi sia approfittato di lei e non mi pare proprio! Mi pare piuttosto che lei sia davvero un bel soggetto! S'è stufata e ora mi tratta come uno straccio!” ribatté Orlando.

“Orlando, porca miseria, ma sei scemo o ci fai?” Alejo cominciava a spazientirsi. “Sei cieco, sei ritardato o cosa? Ma non capisci? Quella ragazza chiaramente prova qualcosa per te!” concluse prendendo la situazione di petto una volta per tutte.

“No, no, ti sbagli! Tu non l'hai proprio inquadrata” rispose l'altro sicuro.

“Ah! Magari l'hai inquadrata tu, eh? E dimmi che hai capito di lei? Ma soprattutto come l'hai capito? Hai forse provato a conoscerla veramente? Hai parlato con lei interessandoti alla sua vita, al suo carattere, ai suoi sogni, o ti sei solo limitato a toglierti le voglie?”.

“E ora questa paternale che centra? O non eri tu quello che mi aveva consigliato di togliermi gli sfizi? Certo che tra tutti siete buffi, dite  tutto e il contrario di tutto!” rispose Orlando molto contrariato. Poi proseguì: “Se mi comporto per bene sono un bacchettone, se mi lascio andare invece divento subito uno stronzo! Allora come la mettiamo?”.

“A volte ragioni proprio come un bambino! Cristo Santo, ma sei capace di valutare con chi hai a che fare, quando frequenti una persona o no? E poi fammi capire, io mica ti ho detto di andare a letto con Aylén! Potevi benissimo toglierti lo sfizio con qualcun'altra, ma di solito si tratta di una botta e via, non di una cosa che dura dei mesi! Ora non vorrai mica insinuare che sono stato io a spingerti a comportarti così?”.

“Non capisco perché te la prendi tanto a cuore e comunque, sì, in un certo senso hai spinto eccome!”.

“Non ti pare un po’ troppo comodo caricare gli altri delle tue responsabilità? Per caso tu esegui alla lettera tutto ciò che ti dico? E se io avessi sbagliato?”.

Orlando rimase un attimo perplesso.

Alejo continuò a parlare.

“Partiamo dal presupposto che lei, come te, all'inizio l'abbia presa alla leggera, a volte però le cose cambiano, capita, e se ora lei provasse dei sentimenti? Ma soprattutto tu che cosa provi? No, perché per essere una storia SOLO di letto mi sembra che ti abbia preso parecchio!”.

Orlando lo ascoltava e la sua confusione mentale aumentava, pari al suo nervosismo. Era imperativo: doveva proprio fare una bella chiacchierata con Aylén.

Così mentre Alejo stava continuando nei suoi ragionamenti, lo interruppe.

“Senti mi sono appena ricordato che devo fare una cosa. Ci vediamo dopo!” e così dicendo se ne andò di volata, lasciando Alejo che immancabilmente scrollò la testa in segno di disappunto.

Quando bussò alla camera di Aylén, si accorse che i battiti cardiaci gli erano accelerati di colpo e che le mani gli sudavano.

“Chi è?” chiese lei da dentro.

“Sono io, mi apri? Vorrei parlarti” le disse.

“Ora ho da fare” fu la risposta secca di lei.

“Aspetto” disse lui appoggiandosi alla porta.

Nessuna risposta.

Orlando provò ad essere paziente. Passarono dieci minuti, poi venti, poi mezzora. Bussò di nuovo.

“Hai fatto? Io sono qui fuori che aspetto”.

Silenzio.

Orlando cominciò ad arrabbiarsi e bussò con più energia.

“Almeno rispondi cazzo!” disse.

“Pensavo che ci saresti arrivato da solo, ma visto che fai finta di non capire, accomodati pure se vuoi! Resterai davanti a quella porta fino a domani mattina, perché tanto non ho nessuna intenzione di aprirti!” rispose alla fine lei.

“Andiamo non fare la bambina, apri la porta, voglio solo parlare!”.

Aylén era davvero arrabbiata quella sera e proprio non aveva nessuna voglia né di vederlo né di parlargli, scelse nuovamente la via del silenzio.

Orlando aspettò ancora un po’, complessivamente cominciava ad essere quasi un'ora che era fuori da quella porta che lei si ostinava a tenere chiusa. Ad un certo punto perse proprio la pazienza.

“Non ti sembra di avermi fatto aspettare abbastanza? Apri questa cazzo di porta!”.

Siccome Aylén era sempre e comunque una ragazza con un’indole molto particolare, si fece prendere come al solito dal lato ribelle del suo carattere e avvicinandosi alla porta gli disse, pacatamente ma con tono tagliente: “Perché? Sennò che fai? La sfondi?”.

Orlando sentì il sangue affluirgli alla testa, ma siccome nonostante tutto, tanto stupido non era, girò sui tacchi e si diresse alla svelta verso la hall dell'albergo. Aveva voluto sfidarlo? Bene sapeva lui come fare.

Stronzo! Pensò Aylén nel sentire i suoi passi allontanarsi nel corridoio.

Questa volta però lo aveva sotto valutato.

Ad Orlando costò la bellezza di duecento dollari di mancia, ma ottenne dal portiere dell'albergo il doppione della chiave della camera di Aylén, quindi molto soddisfatto tornò da lei.

Aylén, che era in bagno, si era appena finita di lavare le mani, si asciugò con calma ed uscì. Come lo vide in camera a braccia conserte e con espressione tra il soddisfatto e l'incazzato, fece un salto dallo spavento perché proprio non se lo aspettava.

“E… e.. come diavolo hai fatto ad entrare?” gli chiese attonita.

Lui alzò un sopracciglio e con fare molto canzonatorio le disse: “Vorrei poterti dire che ho la facoltà di attraversare i muri, ma ahimè purtroppo non è così” e le mostrò, facendola dondolare con la mano destra, la copia della chiave. Poi aggiunse soddisfatto “Quando si è ricchi e famosi si ottiene quasi tutto!”.

“Esci!” le disse lei.

“Neanche per idea! Dopo tutta la fatica che ho fatto ora parleremo. Mi devi chiarire parecchie cose, e non uscirò di qui fino a che non l'avrai fatto!”.

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

 

● CAPITOLO DICIOTTO●

 

NOTA: Volevo avvertire tutti i lettori che in questo capitolo c’è una scena un pochino forte. Vorrei dare delle spiegazioni in merito. Innanzi tutto è una scena essenziale per lo sviluppo della storia, quindi se è stata introdotta c’è uno specifico perché, infatti credo che tutti come esseri umani abbiamo delle debolezze che a volte ci portano a dei comportamenti sbagliati, è questa scena ne è un tipico esempio. Quindi spero che nessuno la ritenga “gratuita”, perché in seguito, leggendo gli altri capitoli capirete che non è così. Comunque ho ritenuto opportuno avvertire e chi volesse può fare ameno di leggere. Grazie a tutti voi che seguite questa storia e buona lettura ^-^ Moon

 

“Questa è camera mia e se io dico che devi uscire, tu, esci!” disse Aylén indicando la porta ad Orlando.

“Prima mi spieghi come mai sei così arrabbiata e poi vado” rispose lui.

“Ma io non sono affatto arrabbiata” replicò lei tranquilla.

“Allora perché non vuoi parlare con me?”.

“Perché non ne vedo il motivo e perché mi stai disturbando!”.

“Avanti Aylén la vuoi smettere di comportarti così? Sei arrabbiata, è evidente! E sinceramente non riesco a capirti. Lo sapevi fin dall’inizio come stavano le cose, perché all’improvviso sei cambiata tutt’un tratto, che cosa c’è che non va?”.

“Niente! Non voglio più avere a che fare con te! Come te lo devo dire?”. Si puntò le mani sui fianchi e accigliata puntualizzò: “Il mio inglese è peggiorato di colpo, visto che sembri non volermi capire?”.

Orlando, non rispose subito, la stava osservando e nonostante la calma apparente di lei, aveva notato dei piccoli gesti che tradivano la sua agitazione, come spostare la testa e lisciarsi la lunga gonna di velluto con le mani.

“La questione è un'altra. Tu non mi stai dicendo la verità!” le disse avvicinandosi.

Lei fece un passo indietro, come se volesse mettere ancora più distanza fra loro. Si domandava perché diavolo non si levasse di torno, perché dovesse essere così testardo e insistente e soprattutto perché non volesse capire di lasciarla in pace. Evidentemente era abituato ad averle tutte vinte e fare sempre come meglio gli tornava. Era arrabbiata con lui per come si comportava, per quella sua naturalezza irritante che dava tutto per scontato. A lui sembrava tutto regolare e lei non lo tollerava. Oltretutto era anche letteralmente furibonda con se stessa, perché aveva permesso che tutto ciò accadesse, e ora si ritrovava innamorata di uno che invece per lei non provava niente. Ma nonostante tutto la sua vicinanza la turbava e la faceva sentire indifesa e insicura, e per lei era una novità trovarsi in quello stato. Non era abituata a non avere il controllo delle situazioni, di solito sapeva sempre come comportarsi e come difendersi, ma questa volta era diverso. Era dura averlo sott’occhio tutti i giorni, ma averlo addirittura in camera era davvero insopportabile.

“Perché non parli?” le chiese nuovamente lui.

“Dio mio che sfinimento!” disse Aylén in malo modo, voleva solo che andasse via il prima possibile.

“Io invece avrei delle cose da dirti” disse lui deciso.

“E allora dille! E poi levati dai piedi!” sbottò lei.

Orlando capì che forse era il momento di sbilanciarsi almeno un poco per cercare di fare chiarezza in quella situazione così incerta e così indefinita.

“Sono confuso … io penso… credo di essere ancora innamorato di Kate ma…”

A quell’ennesima ammissione del suo amore per la sua ragazza Aylén perse il lume dagli occhi, era veramente troppo!

“BASTA! Non me ne frega un cazzo! Me lo hai detto e ridetto, che bisogno c’è che tu venga di prepotenza nella mia camera a ridirmelo per l’ennesima volta!”.

“Vedi che sei arrabbiata! Se tu mi facessi finire di parlare invece di aggredirmi, magari capiresti quello che voglio dire!”.

“Cosa c’è da dire Orlando? Niente! E’ tutto molto chiaro: ci siamo divertiti insieme, ma da parte mia il divertimento è finito”.

Sentirla affermare che ciò che avevano condiviso per lei non aveva alcun valore se non quello di un divertente passatempo gli fece molto male.

“Allora per te  era solo un gioco?”.

“Perché per te che cos’era?” gli chiese all’improvviso Aylén con rabbia. Non credeva assolutamente che lui ora le volesse darle a bere che provasse qualcosa per lei. Non c'era mai stato niente di serio tra loro, era chiaro che lui stava solo prendendo delle scuse per ottenere ciò che gli sembrava sfuggire.

Orlando intanto cercava in qualche modo di spiegare ciò che sentiva.

“Non lo so, sicuramente non è stato solo sesso. Sono confuso, come ti ho detto prima, non capisco quello che accade, tutto sfugge al mio controllo e quello di cui ero sicuro, ora mi appare… incerto. C’è una cosa però che non posso accettare, che tu ti comporti come se fosse solo ed esclusivamente opera mia. Non è giusto e tu lo sai. Certe cose si fanno sempre in due. Anzi a dire il vero sei stata tu a provocarmi e anche piuttosto esplicitamente!” rispose costernato.

Lei non voleva ascoltarlo.

“Si può sapere che vuoi da me? Vuoi metterti l'anima in pace? Bene ti accontento, è stata tutta colpa mia, contento? Ora vai via per favore!”.

“E se io non volessi andar via?” disse lui che si era molto irritato dopo quell'ultima frase.

Aylén era veramente al limite delle sue forze e prese una decisione immediata.

“Rimani pure. Me ne vado via io!”.

Afferrò il giaccone e fece per avviarsi alla porta.

Ovviamente Orlando non glielo permise e la bloccò prendendola per la mano. Come sempre aveva questi gesti strani, molto dolci e molto fuori luogo in certe situazioni. Infatti Aylén non lo sopportò, avrebbe preferito che la strattonasse per un braccio, invece che intrecciasse le sue dita con le proprie e reagì in malo modo.

Si sciolse subito da lui e molto freddamente gli disse:

“Non ti azzardare mai più a mettermi le mani addosso!”.

Orlando capì chiaramente che era turbata, che non era del tutto sincera, ma che sicuramente voleva mandarlo via senza ascoltarlo e questo lui non lo poteva accettare. Come non accettava che lei si ponesse in quella maniera, non poteva e non voleva credere di essere il solo tra loro due a provare qualcosa. In quel momento aveva solo un desiderio: voleva riportare le cose a come erano prima, perché tanto era inutile girarci intorno, lei gli era entrata in circolo nel sangue come se fosse una droga e lui non ne poteva fare a meno. Poi con calma avrebbe analizzato la situazione, i sentimenti e tutto il resto.

Aylén si girò e ritentò nuovamente di uscire, ma lui fu più veloce e si mise davanti alla porta, sbarrandole la strada.

“Non uscirai, te lo garantisco” disse lui fissandola in modo inequivocabile.

Ad Aylén prese il panico e ora che cazzo s'era messo in testa?

“Non ci pensare nemmeno!” le disse pronta, ostentando una sicurezza che non le apparteneva.

“A cosa non dovrei pensare?” le chiese lui incrociando le braccia con un’ombra che gli traversò gli occhi, non accennando minimamente a spostarsi.

“A… a quello che stai pensando” farfugliò lei sempre più a corto d'argomenti.

“E a che cosa starei pensando Aylén? Sii chiara, perché non riesco a capire”.

La stava pian piano mettendo in trappola e lei ne era perfettamente consapevole. Tentò un diversivo in extremis sperando di farlo incazzare e di poter guadagnare l'uscita, del resto altre volte aveva funzionato molto bene.

“Giochiamo agli indovinelli stasera? Vuoi che te lo dica chiaro e tondo? Tu non mi scoperai più, né stasera né mai!”.

Ecco aveva buttato lì la frase ad effetto, ma lui restò impassibile.

“Io non ti ho mai scopata” rispose calmo.

Aylén si sentì presa per i fondelli ed esplose.

“Sei veramente un bastardo!”.

Ma lui non la fece finire, fece un passo avanti e si mise proprio davanti a lei.

“Mi sembrava di averti già detto che non era solo sesso per me!” puntualizzò tagliente, poi le domandò: “Forse lo era per te?” i suoi occhi scintillavano, ma non solo di risentimento, c’era anche una luce strana, sembrava ansioso e preoccupato, come se temesse la sua risposta.

Lei voleva e doveva mandarlo via, quelle parole che le aveva appena detto le facevano battere il cuore come tamburo impazzito, ma lei non poteva e soprattutto non voleva ricascarci di nuovo così.

“Si, era solo sesso” rispose cercando la forza per apparire credibile e fredda.

La reazione di lui fu una tempesta di rabbia, ma si trattò di una cosa interna, dal di fuori non trasparì niente.

La prese per le spalle e avvicinando pericolosamente la bocca a quella di lei, le disse: “Bene, se le cose stanno così non capisco proprio tutti i problemi che ti ostini a fare, continuiamo a divertirci, farà bene ad entrambi!” le sibilò con un tono che faceva quasi paura.

Aylén avrebbe voluto rispondergli, ma lui aveva già cominciato a baciarla e la sua lingua si stava insinuando nella sua bocca. Le ginocchia di lei cedettero appena. Lui la fece aderire al suo corpo. Aylén, scrollandosi, si impose di reagire e di scansarlo. Poggiò con forza entrambi i palmi sul suo torace e provò a spingere. Lui era più forte e l'attirò ancora più a se. Alla fine le mani di lei, invece di respingerlo cominciarono a carezzarlo, e così poté sentire con chiarezza i battiti accelerati del suo cuore. Intanto lui non aveva smesso di baciarla e lei non poteva fare a meno di assecondarlo. Si trovavano in piedi vicini alla porta, i loro corpi aderivano e il desiderio cresceva dominandoli. In Orlando però cresceva anche la rabbia. Pensava che lei lo stesse prendendo in giro, prima ci stava, poi si negava, poi ci stava di nuovo. Pretendeva di manovrarlo e lui che aveva completamente perso la testa, stava quasi per permetterglielo, lo aveva quasi incastrato, ma per fortuna lui l’aveva capito in tempo. Le sue mani cominciarono a frugare con impazienza sotto la felpa di Aylén e siccome era arrabbiato perse il controllo. Le tirò via la felpa in modo sbrigativo gettandola a terra e la spinse con forza verso la parete della camera. Aylén intanto, era confusa da quella reazione, ma anche presa dalle sensazioni che provava, non ce la faceva proprio era più forte di lei e la sua voglia di allontanarlo era quasi sparita del tutto. Lui, che la teneva prigioniera tra il suo corpo e il muro, abbassò la testa e cominciò a mordicchiarle i capezzoli senza neanche toglierle il reggiseno di cotone bianco che lei indossava. Aylén non capiva più nulla e istintivamente lo afferrò per i fianchi facendolo aderire ancora di più a se. A quella reazione lui le sfilò la gonna e le mutandine, si slacciò velocemente i pantaloni calandoli insieme ai boxer e la tirò su tenendola saldamente per le natiche. Un attimo prima di entrare in lei la guardò, e come se all'improvviso si fosse reso conto di quello che stava per fare, la lasciò andare di botto. Lei quasi perse l’equilibrio. Orlando si girò di scatto  e si ritirò su immediatamente boxer e pantaloni, cercando di  calmarsi. Velocemente si ricompose e desiderò uscire immediatamente da quella stanza.

Un attimo prima di farlo le disse con voce bassa come se parlasse più a se stesso che a lei: “Come vedi non ce l'ho fatta a scoparti. Forse ora almeno ti sarà chiara la differenza, ma a te non interessa vero? Ci saresti stata comunque. Brava Aylén, hai vinto tu! Io invece ho perso su tutti i fronti” e se ne andò lasciandola sconvolta ancora appoggiata alla parete.

Una volta in camera sua Orlando si lasciò cadere a sedere sul letto, si prese la testa fra le mani e si vergognò profondamente di se stesso. Non si era mai ritrovato ad avere una simile reazione e si domandò se fosse impazzito. Capì però una cosa. Quando aveva avvertito che Aylén era pericolosa aveva visto giusto. Lo aveva portato a delle reazioni troppo impulsive e totalmente fuori della sua natura. Non si era mai comportato così prima d’ora e sinceramente ciò che aveva fatto lo faceva stare male. Qualunque cosa provasse per lei, doveva essere una cosa sbagliata se lo portava a certi risultati. Però ora quella specie di malsana relazione, dopo quella sera poteva definirsi chiusa una volta per tutte, del resto lei era stata chiara, si era solo concessa un passatempo e lui riteneva che non meritasse niente. Ma soprattutto che non meritasse il suo dolore, perché lui in quel momento stava veramente male. Nonostante le apparenze lui era un ragazzo sensibile e anche molto dolce a suo modo. Nelle sue precedenti relazioni, non si era mai spinto entro certi limiti, anche quando aveva avuto semplici storie di sesso non era mai arrivato a tanto. E non si trattava del fatto che lo stavano per fare appoggiati ad una parete, quello poteva anche essere normale, ma piuttosto della rabbia che lo aveva quasi spinto a farlo come se fosse uno spregio.

Descrivere quello che stava provando Aylén era molto difficile, anche lei come Orlando provava vergogna per come si era comportata, ma lei aveva un motivo in più. Cominciò ad analizzare la cosa fin dal principio, cioè da quando aveva accettato quell’assurda proposta che l’aveva trascinata in questa specie di incubo. Aveva agito senza il minimo criterio, con superficialità e con una leggerezza spaventosa. Stava facendo i conti con il suo carattere ribelle e immaturo e per la prima volta si rese conto che si era veramente comportata come una stupida e che suo padre aveva ragione quando la rimproverava, perché in realtà lei era come se fosse rimasta una bambina che non era mai voluta veramente crescere. Aveva vissuto i suoi sentimenti per Orlando come se fossero in una specie di favoletta, dove alla fine il protagonista bene o male si sarebbe innamorato della fanciulla indomita. Così ora ci aveva sbattuto la testa e quello che era appena accaduto era davvero un prezzo molto alto da pagare, aveva sentito su di sé tutto il peso del disprezzo di Orlando e non c’era cosa peggiore. Il tragicomico della situazione è che nel momento in cui lui le aveva detto quella frase prima di uscire era come se avesse confessato che provava qualcosa per lei, ma ora quali fossero i suoi sentimenti non aveva più importanza. In fondo al suo cuore era convinta che quella di Orlando fosse solo una forma di ripicca, se veramente avesse provato qualcosa lo avrebbe dimostrato prima e non adesso che lei non lo voleva più. Improvvisamente cominciò a sentire un forte risentimento verso di lui. Non l'aveva mai considerata altro che una ragazza facile, fermandosi solo alla superficie e quella sera poi l'aveva trattata quasi alla stregua di una puttana. Non lo avrebbe mai perdonato. Mentre faceva queste considerazioni Aylén era ferma immobile sul letto, legnosa e statica con gli occhi spalancati, fissando il vuoto che la circondava e che era dentro di lei.

Una cosa quella sera fu chiara per entrambi: questa volta era davvero tutto finito.

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO DICIANNOVE ●

 

 

I giorni trascorrevano a ritmo lento e ripetitivo, sembravano essere l'uno la brutta copia dell'altro. Sveglia alle sei. Lavoro. Pausa pranzo, ancora lavoro. Doccia, cena, studio e poi di nuovo a letto. Spesso dormire non era facile per Aylén e ultimamente era molto stanca. Quella domenica mattina ruppe gli indugi e si decise a telefonare alla sua amica Reina per sfogarsi, non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. 

“Lo sapevo io!” esclamò Reina dopo aver ascoltato Aylén.

“Porca miseria! Te lo avevo anche detto di andarci piano. Io non ti capisco, a volte sembra che tu ti voglia per forza far del male. Ostenti una sicurezza e un’arroganza che vanno ben oltre a quello che sei veramente. Non potevi fare a meno di cacciarti in questa situazione? Era proprio necessario spingersi così al limite?”.

Aylén l'ascoltava e sapeva che aveva ragione, ma la verità è che il tutto era accaduto senza che lei se ne rendesse neanche conto.

“E' vero, avrei potuto evitarlo, ma a che serve ammetterlo adesso? A niente” commentò come se parlasse più con se stessa che con l’amica.

“E ora che farai?” le chiese l'altra preoccupata.                        

“Che vuoi che faccia? Aspetto con ansia di poter tornare a casa. Solo questo è importante per me adesso: dimenticare”.

“Ma come stai? Come ti senti?” domandò ancora Reina.

“Mi sento strana. Mi sembra di essere completamente svuotata. La cosa peggiore è che sono costretta comunque a vederlo, credo che se non lo vedessi starei sicuramente meglio. Fortuna che ormai manca poco…” rispose come un automa l’altra.

Aylén aveva reagito davvero in modo anomalo e singolare. Era calma: né rabbiosa né triste. Sembrava che niente la potesse toccare né scalfire minimamente, era come se i sentimenti, le sensazioni, gli stati d'animo, l'avessero abbandonata e fluttuassero a distanza da lei. Non sentiva assolutamente nulla, era il vuoto più completo ciò che la circondava. Tutto ciò era molto strano per lei che aveva avuto sempre un carattere vivace, ribelle, impulsivo e combattivo. Non era riuscita a metabolizzare il dispiacere né a sfogarsi e ora stava in questa specie di limbo ovattato, in attesa di poter finalmente tornare a casa e lasciarsi tutto dietro le spalle. Dopo aver parlato con Reina decise di andare a cavalcare. Arrivò alle stalle che erano deserte e sellò il cavallo con cui aveva più feeling, era quello con cui lavorava. Salì su e galoppò per ore. Aveva bisogno di stancarsi per poter riposare la notte, per far passare il tempo e per distrarsi. Quando non ne poté più rientrò in albergo.

 

Orlando era rimasto tutta la domenica chiuso in camera, era insofferente. Gli dava fastidio tutto. Anche quella maledettissima barba che doveva portare per esigenze sceniche gli stava dando sui nervi. Gli pizzicava da morire come se avesse avuto i pidocchi e moriva dalla voglia di radersi. Ovviamente non lo fece, ma questa cosa lo tenne agitato per tutta la giornata. Ultimamente era spesso teso, molto nervoso, irritabile. Quella strana esperienza con Aylén, oltre che a turbarlo lo aveva infastidito oltre misura, era tormentato. Non parliamo poi del fatto che era obbligato a vederla tutti i santi giorni, nonostante non volesse assolutamente più avere a che fare con lei, continuava ad esserne maledettamente attratto. Anche lui non vedeva l'ora che questa tortura finisse per metterci definitivamente una pietra sopra.

Alejo si presentò in camera sua subito dopo cena.

“Stasera esci?” gli aveva chiesto.

“Si, ne ho proprio bisogno” aveva risposto Orlando, ma senza troppo entusiasmo.

Si preparò ed uscì con Alejo e gli altri ragazzi, era una tipica uscita tra uomini. Andarono tutti insieme in un locale a bere sangria. A metà serata, Orlando fu messo al corrente di una novità che ancora non conosceva.

“Allora sabato prossimo è deciso, tutti alla cena d'addio prima della partenza per il Marocco! Ovviamente è di rigore una sbronza di quelle da urlo!” aveva detto Alex uno degli stunt.

“Per me va bene, ma non è un po’ troppo presto? Insomma dovremmo farla alla fine delle riprese in Marocco e non prima” disse Orlando.

“Ma come non lo sai?” gli chiese Alejo un po’ stupito, visto che era di dominio pubblico.

“No, cosa?” chiese Orlando leggermente perplesso.

Alejo lo guardò e rise.

“Ultimamente sei proprio sulle nuvole! Saluteremo la maggior parte degli stunt, non verranno con noi in Marocco, là saremo affiancanti da una troupe del posto. Di noi verranno solo cinque persone”.

“Chi?” chiese Orlando.

Alejo vide la sua espressione e capì al volo. Non avevano parlato molto dell'argomento, ma era chiaro come il sole che Orlando stava piuttosto male. Cercava di nasconderlo e spesso ci riusciva anche bene, ma a volte era evidente, proprio come in quel momento. Nei suoi occhi aveva letto come una sorta di preoccupazione mista ad ansia, quindi gli poggiò una mano sulla spalla e con tutta la comprensione possibile gli disse: “Lei non verrà, se è questo che volevi sapere”.

Orlando non rispose e bevve un sorso della sua sangria, perfino quella bevanda dolce gli parve amara e poco gradevole. Così finalmente era davvero tutto finito, si trattava solo di attendere una settimana, sette giorni; centosessantotto ore, e poi la fine. Non bevve più, non parlò più e cercò di non pensare, per quanto fosse un’impresa piuttosto ardua.

 

Aylén era in camera sua, non aveva mangiato niente ed era irrimediabilmente sveglia. Decise di accendere la tv, ma non funzionava. Strano, pensò. Alzò il ricevitore del telefono e chiamò l’hall.

“Forse si è guastata, le mando su qualcuno tra pochi minuti” le rispose gentilmente l'addetto alla reception.

Si alzò dal letto, s'infilò una tuta per non farsi trovare in pigiama e si mise in attesa.

Orlando intanto in preda ad una sorta di strana sensazione era tornato in albergo. Gli era entrata addosso un'agitazione che faceva fatica a tenere a bada. Prese l'ascensore e schiacciò il pulsante per andare al piano dove si trovava la sua camera. Quando fu il momento di scendere schiacciò un altro pulsante e scese di nuovo. In poco tempo si ritrovò davanti alla porta della camera d’Aylén. Fermo, immobile, la osservava. In quel momento quella non era una porta, ma una montagna enorme che forse lui non era in grado di scalare. Fece per bussare, ma poco prima che le sue nocche venissero a contatto con il legno, ritrasse la mano. Rimase ancora immobile, con lo stomaco contratto, il cuore in gola e il cervello in confusione. Che senso aveva fare una cosa del genere?

Lentamente si girò e si allontanò cercando di riacquistare un po’ di lucidità.

Pochi secondi dopo la porta si aprì.

Aylén stava uscendo per recarsi nell’hall, visto che ancora non si era presentato nessuno per rimettere in funzione la sua tv. Arrivò all'ascensore giusto in tempo per accorgersi che qualcuno era appena salito. Sbuffò. Era insofferente e aspettare la infastidiva.

Si erano mancati solo per pochi istanti. Sarebbe bastato un soffio e Aylén avrebbe trovato Orlando fermo davanti alla sua porta. Evidentemente il destino aveva deciso in maniera diversa.

La settimana passò tranquillamente. Fino al giorno di sabato quando accadde una cosa molto brutta.

Aylén come sempre a lavoro, erano le ultime scene che stava girando, quando all'improvviso sotto un suo comando preciso, una cosa di routine, il cavallo  fece un movimento brusco e si accasciò malamente a terra. Lei cadde, per fortuna non si fece assolutamente niente, ma il cavallo si ruppe una gamba.

Ci fu un gran parapiglia. Prima corsero da lei, una volta accertatisi che stava bene, si dettero subito da fare per soccorrere il cavallo.

Il veterinario non portò buone notizie, l'animale era messo molto male, era possibile curarlo, ma non avrebbe più potuto essere utilizzato per quel tipo lavoro e a meno che qualcuno non se lo fosse comprato, sarebbe stato abbattuto per farne bistecche.

Aylén la prese malissimo e si rifugiò nelle stalle. Amava gli animali e poi per quel cavallo aveva una predilezione particolare poiché erano mesi che lo cavalcava.

Raul, il coordinatore capo degli stunt, che l'aveva vista sconvolta, la raggiunse.

La trovò in piedi, immobile, con gli occhi sbarrati colmi di lacrime che le scendevano sulle guance. Sembrava innaturale perché non singhiozzava ed era statica,  come se fosse una bambola di pezza.

“E' tutta colpa mia!” esclamò la ragazza disperata.

“No, non è vero, il veterinario ha detto che è stata una fatalità” la rassicurò lui.

“Mente! Sono io che lo stavo cavalcando e la responsabilità è mia” continuava a ripetere.

Le lacrime continuavano a scorrerle sul viso, ma lei era sempre immobile.

Raul provò tenerezza per quella ragazza che avrebbe potuto essere sua figlia e l'abbracciò per confortarla.

“Su, non fare così!” le disse comprensivo proprio come un padre.

A quel contatto umano, le difese di Aylén caddero e si lasciò andare in un pianto liberatorio e disperato.

“Ero così nevosa in questi giorni e devo averlo trasmesso al cavallo” cominciò a dire lei tra i singhiozzi.

Poi come se non potesse fermarsi più continuò: “Sono una persona orrenda! Non riesco mai ad usare il cervello e combino un sacco di guai! E' colpa mia, è sempre colpa mia! Riesco sempre a rovinare tutto!”.

“Ora stai decisamente esagerando” le disse l'uomo con tono di gentile rimprovero.

“Non sei affatto una persona orrenda, sei solo una giovane ragazza molto vivace, ma io non ti ho mai considerato male”.

“Perché non mi conosci altrimenti mi detesteresti, come mi detesta mio padre… e come mi detesto io! Sono un essere ignobile!” disse Aylén.

“Conosco tuo padre da molti anni e ti assicuro che non ti detesta affatto! Forse è un po’ burbero e non sa dimostrarti il suo affetto, ma sono sicuro che ti adora. E non dire più queste cose! Non sei affatto un essere ignobile!” la rassicurò Raul. Lui non poteva certo sapere che dietro quella reazione così violenta c’erano anche ben altre ragioni oltre il dispiacere per l’incidente al cavallo. Aylén non gli rispose, tanto non credeva a quelle parole e poi in quell’ultimo periodo si odiava così tanto, non riusciva proprio a perdonarsi per ciò che era accaduto con Orlando. Pensava di essere solo un’incosciente senza cervello e senza amor proprio, pensava di non aver avuto il minimo rispetto per se stessa e si vergognava da morire.

Raul la lasciò andare e le disse che non c’era bisogno che finisse la giornata di lavoro, il girato che avevano era più che sufficiente, ma lei non aveva voglia di riposare, voleva occuparsi del cavallo e non pensare più a niente.

“Non ti preoccupare per lui, ci penserò io stesso. Ti giuro, a costo di sobbarcarmelo, nessuno lo abbatterà. Lo sai che non lo permetterei mai!”.

A quelle parole finalmente Aylén smise di piangere e dopo che Raul ebbe insistito ancora un po’  acconsentì a tornarsene in albergo, in realtà aveva voglia di starsene sola e di non vedere nessuno.

Orlando aveva passato tutto il giorno in uno stato di prostrazione indicibile. Aveva saputo dell’incidente e immaginava che Aylén stesse male, in più l’indomani sarebbe partita e lui non l’avrebbe più rivista. A quel pensiero era diventato come matto. La tentazione di andare da lei era forte, troppo forte per ignorarla, così senza pensarci troppo decise di passare da lei prima ancora di rientrare in camera sua.

Aylén dopo quel pianto liberatorio stava appena un poco meglio, era come se finalmente avesse tirato fuori tutti i dispiaceri accumulati negli ultimi tempi ed ora voleva solo provare a dimenticare. Si era appena fatta una doccia e aveva indossato la tuta. Aveva ancora i lunghi capelli bagnati  e stava preparando le valige, quando qualcuno bussò alla sua porta. Senza pensarci andò ad aprire e quando si trovò Orlando davanti, non riuscì a spiccicare parola. Anche lui quando la vide, con i capelli umidi i grandi occhi spalancati per la sorpresa e le labbra leggermente dischiuse, restò letteralmente senza parole. Era bella come un’alba di primavera e l’emozione che provò lo lasciò senza respiro.

“Io…” articolò incerto “Ho saputo … e … mi dispiace … e ….volevo dirtelo” riuscì poi a dire con fatica. Si sentiva un deficiente perché non sapeva che fare. 

“Grazie” disse lei con un filo di voce, era in subbuglio e come lui non sapeva proprio che fare neanche lei.

Il silenzio regnava sovrano.

Erano rimasti fermi: lei con il pomello della porta ancora tra le dita e lui in piedi sulla soglia con le braccia allacciate sulla vita come se si stesse sostenendo.

“Così domani vai via?” disse all’improvviso Orlando in tono casuale, per cercare di sbloccare quella strana situazione piuttosto imbarazzante.

“Si” rispose lei.

“Allora ti saluto, io non credo che verrò alla cena”.

“Sinceramente neanche io sono molto in vena di andarci, forse lo farò solo per i ragazzi, ma mi tratterrò poco, domani mattina presto mio padre verrà a prendermi” gli rispose Aylén abbassando leggermente lo sguardo.

“Beh … allora… io vado, ciao” disse lui girando la testa verso il lungo corridoio, come se non sapesse che altro dire.

“Ciao… e grazie di esser passato” disse lei.

Poi lo vide avviarsi verso l’ascensore, stava uscendo definitivamente dalla sua vita e un’ultima lacrima solitaria le solcò una guancia inumidendola appena.

Stupido idiota! Si disse Orlando, sferrando un colpo potente con il palmo della mano alla parete dell’ascensore. Lo stava lentamente portando alla sua camera, irrimediabilmente lontano da lei. Non era riuscito neanche a fare un discorso compiuto, non le aveva detto niente, non si era nemmeno scusato per come si era comportato l’ultima volta che erano stati insieme. Che c’era andato a fare? Sarebbe stato meglio evitare piuttosto che ritrovarsi senza neanche il coraggio di farle capire che nonostante tutto gli dispiaceva che se n’andasse.

 

La mattina seguente alle sette, Abel Delgado puntualmente si presentò all’albergo a prendere la figlia per riportarla a casa. Aylén camminava piano dietro suo padre, lasciandosi alle spalle un pezzo importante della sua vita. Un esperienza che non avrebbe dimenticato facilmente. Ma la vita continua e bisognava pur andare avanti.

Da una finestra dell’albergo qualcuno stava osservando quella giovane donna che si sistemava dentro l’abitacolo della macchina, qualcuno che già sentiva la sua mancanza, qualcuno che ancora faceva una fatica enorme con se stesso ad ammettere di essere innamorato di lei, qualcuno che comunque non fece nulla per fermarla.

La macchina partì e sparì in pochi secondi dalla visuale di Orlando, che come in un rituale affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e a testa bassa rientrò in camera.

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTI ●

 

 

Los Angeles dieci mesi dopo…

 

Orlando stava correndo a ritmo sostenuto sulla spiaggia deserta. La giornata era luminosa e il sole splendeva alto, e per fortuna non era eccessivamente caldo. La maglietta che indossava era fradicia di sudore, anche i capelli gli si erano appiccicati sulla fronte e sul collo per lo stesso motivo. Si sentiva bene quella mattina e poi, quell’abitudine di correre che aveva preso da quando aveva affittato una casa sulla spiaggia, era diventata una sorta di irrinunciabile inizio di giornata che gli regalava sempre buon umore. Arrivò correndo alla veranda della sua villetta che dava direttamente sul mare. Era un piccolo angolo solitario e molto protetto di Malibù che lui aveva scelto di affittarsi per la sua lunga permanenza a Los Angeles. Non era una villa molto grande, a dire il vero, rispetto al tono delle altre che la fiancheggiavano, era sicuramente la più spartana anche se senza dubbio rimaneva comunque una dimora di lusso, nell’esclusiva zona riservata ai vip. Orlando si trovava a Los Angeles per terminare le riprese di Elisabethtown, infatti, stava girando gli interni negli studios, in più, a breve, ci sarebbe stata la prima americana di Kingdom of the Heaven.

Entrò in casa e si sfilò la maglietta, bevve una buona quantità d’acqua e andò in bagno a farsi  una doccia. Poi a piedi nudi, con in dosso solo i pantaloni, scese in cucina. Armeggiò un po’ con la centrifuga e si preparò un succo d’arancia. Intanto Ester, l’unica persona che aveva assunto per occuparsi delle faccende domestiche, gli mise la colazione in tavola. Orlando prima di sedersi a mangiare la ringraziò con un sorriso.

Mezz’ora dopo il suo assistente passò a prenderlo per accompagnarlo al lavoro.

A fine serata, come sempre rientrò a casa e si concesse una pausa di relax nella veranda di fronte al mare. Era così piacevole ascoltare il silenzio e la pace che regnava a quell’ora.

Fu distolto dai suoi pensieri da una voce squillante che conosceva molto bene.

“Allora sei qui da più di un mese e io devo venirlo a sapere da tua madre?”.

Orlando si girò e vide la massiccia figura di suo cugino che a braccia conserte lo guardava con aria di rimprovero, anche se in realtà gli stava sorridendo. Si alzò e lo abbracciò d’istinto.

“Donald! Che piacere vederti!” gli disse, mentre il suo viso si era illuminato da un sincero sorriso.

“Non chiamarmi Donald lo sai che lo detesto! E poi non ci credo che sei felice di vedermi, non ti sei neanche fatto vivo con una telefonata! Inoltre quella bisbetica della tua domestica non voleva neanche farmi entrare” rispose l’altro abbracciandolo a sua volta.

Orlando ridacchiò divertito.

“Lo so che detesti essere chiamato Donald, è per quello che lo faccio!” rispose “E non fare il permaloso, sono stato super impegnato, comunque mi sarei fatto vivo, credimi! Non te la prendere con Ester esegue solo i miei ordini: niente intrusi. Piuttosto come hai fatto a convincerla?”.

“Il mio cuginetto, la star di Hollywood, gioca a farsi desiderare eh?” lo prese in giro Donald.

Poi aggiunse riguardo Ester “Ho dovuto telefonare a tua madre col cellulare e gliel’ho passata, quella donna è un vero mastino!”.

Orlando scoppiò nuovamente a ridere poi gli disse:“Ti avrei chiamato Donnie è solo…”.

“Okay farò finta di crederti, ma dimmi come mai hai affittato questa casa? Non potevi venire a stare da noi come sempre?” gli chiese Donnie.

“Avevo bisogno di stare tranquillo e questo è il posto ideale. Discreto, appartato, ma non troppo distante dal fulcro dalla città e dal mio lavoro”.

“Che ne dici se stasera io e te ce ne andiamo da qualche parte insieme?”.

“Dico che un’ottima idea!” rispose entusiasta Orlando, che aveva proprio piacere di stare un po’ con lui.

Decisero di cenare in casa e di uscire solo dopo. Mentre mangiavano parlano di molte cose.

“Ma come mai hai sentito la necessità di prenderti una casa per conto tuo? Forse per avere più privacy con la tua ragazza?” chiese ad un certo punto Donnie.

Orlando finì di masticare il boccone, bevve un sorso di vino rosso che aveva nel bicchiere e disse: “Se ti riferisce a Kate, non stiamo più insieme da diversi mesi”.

“Mi dispiace non lo sapevo!” disse l’altro sorpreso, poi aggiunse giustificandosi: “Del resto io ho smesso da tempo di leggere tutti quei giornali scandalistici e non sono molto più aggiornato. Scusa!”.

“Non ti preoccupare Donnie. La nostra storia è finita bene, siamo rimasti ottimi amici. Ad un certo punto ci siamo resi conto che era rimasto l’affetto, ma che l’amore era proprio finito. Ora lei da qualche tempo esce con Tobey Maguire, ogni tanto ci sentiamo ancora. Io sono contento per lei, del resto Kate è stata una persona molto importante per un lungo periodo della mia vita e sono felice che sia serena”.

“Meglio così! E’ brutto quando ci lascia male. Quindi mi pare di capire che adesso sei single?” chiese Donnie.

Orlando sorrise e accompagnando la frase con un gesto delle mani disse:

“Assolutamente sì! E sto bene così!”.

Più tardi in macchina, mentre erano diretti verso un locale alla moda che si trovava a Santa Monica, Donnie e Orlando stavano continuando la loro conversazione.

“Non ti sembra di lavorare ad un ritmo troppo sostenuto? Quand’è che ti prendi una bella vacanza e ti godi un po’ la tua nuova casa di Londra?” stava chiedendo Donald.

Orlando che era seduto dal lato passeggero guardava fuori, si girò e rispose:

“Non sto lavorando troppo e poi il ferro va battuto fin che è caldo! Mi sono capitate delle occasioni che non mi potevo lasciar sfuggire. Sì, certo magari sono sempre in giro, non ho molto tempo da dedicare alla mia vita privata, ma per adesso mi va bene così. La mia casa di Londra può anche aspettare, tanto è ferma lì, mica scappa!”.

“E dimmi la tua vita da single come la stai gestendo? Donne a non finire immagino, eh?”.

“Non proprio…” disse Orlando, poi proseguì “Sì, ho avuto qualche storiella senza importanza, e per ora non cerco altro”.

La macchina di Donnie si fermò ad un semaforo e Orlando distrattamente girò la testa verso il finestrino. Il suo sguardo vagava senza fissare niente di preciso. Ad un certo punto la sua attenzione fu attratta da qualcosa. Quello che vide lo lasciò di stucco. Davanti a lui campeggiava un enorme cartellone pubblicitario della famosa marca di abbigliamento Gap. Su di un prato era adagiata sul fianco una ragazza. Indossava pantaloni di lino beige a vita bassa e una canottiera con spalline fini, abbastanza scollata color grigio melange. Teneva la testa appoggiata su di una mano e l’altra era morbidamente adagiata sul fianco. L’espressione del viso appariva serena e sembrava guardarlo dritto negli occhi. Quella modella altri non era che Aylén.

La macchina ripartì e Orlando, istintivamente, si girò in dietro continuando a guardare quel cartellone in preda ad un misto di sensazioni: stupore, sorpresa, emozione e curiosità.

A Donnie non sfuggì la scena e commentò.

“Ha colpito anche te eh? La città è disseminata da cartelloni di quella pubblicità e devo dire che la modella è davvero notevole!”.

Orlando, che era la prima volta che la vedeva, non rispose. Era ancora confuso. Donald lo guardò e capì che ci doveva essere qualcosa di strano, lo conosceva troppo bene per non accorgersene.

“Che hai perso la lingua? Ma per caso la conosci?”.

“Si…” rispose Orlando.

“Ummmm… qualcosa mi dice che l’hai conosciuta bene” indagò Donnie.

“Abbiamo lavorato insieme in Spagna durante le riprese di The Kingdom of the Heaven” rispose l’altro, come si stesse svegliando solo allora.

“Da come ti sei girato a guardare la sua fotografia, mi viene il sospetto che tu abbia avuto a che fare con quella ragazza o mi sbaglio?”.

Orlando si passò una mano fra i capelli scompigliandoseli. Non aveva proprio voglia di rinvangare quella storia, ci aveva messo un sacco di tempo a metterla da parte e ora non aveva nessuna intenzione di ritrovarsi nuovamente a parlarne. Dopo tutto però Donnie era suo cugino, uno di famiglia, forse con lui avrebbe anche potuto farlo, cosa che non aveva fatto con nessuno, eccetto quelle volte con Alejo in Spagna.

“Ho avuto una specie di … relazione? Mah! Non saprei nemmeno io come definirla, solo che non mi sono comportato esattamente bene e la cosa è finita in modo … piuttosto brusco direi” spiegò alla fine a Donnie.

“Se non ho capito male, mi stai forse dicendo che te la sei portata a letto senza farti troppi problemi?” chiese l’altro.

“Non esattamente, è un po’ complicato da spiegare, ma se non ti dispiace preferirei cambiare argomento” concluse Orlando.

Donnie non volle insistere oltre. Conosceva bene suo cugino, sapeva che era un ragazzo piuttosto riservato, e che se non voleva parlare di qualcosa era perfettamente inutile insistere. Una cosa però l’aveva capita, quella ragazza doveva essere stata qualcosa di più che un flirt per lui.

Stranamente però, fu di nuovo Orlando a parlare.

“Non capisco… che cavolo ci fa in quel cartellone?” disse come se stesse riflettendo a voce alta.

“Io non ci vedo nulla di strano, è una bella ragazza magari si è messa a fare la modella” disse Donald.

Orlando si girò verso di lui pensieroso.

“Diceva che voleva provare a fare l’attrice  e che se avesse fallito avrebbe fatto la biologa. Non hai mai parlato di fare la modella e poi non era proprio il tipo”.

“Ah sì è come mai?” chiese l’altro.

“Lei è una ragazza particolare. Una testa matta direi, molto esuberante, non la classica bella tutta presa da se stessa. Non si truccava mai era una specie di maschiaccio e faceva un sacco di mattane. Insomma, non ce la vedo a fare la modella glamour” spiegò Orlando.

“Magari è cambiata che ne sai? E poi indubbiamente è davvero molto bella, sembra quasi naturale che una come lei faccia la modella, che altro potrebbe fare?”.

“Ti assicuro che potrebbe fare mille altre cose, non è mica solo un corpo! E’ una persona  e anche piuttosto intelligente” si risentì Orlando.

“Oh non ti arrabbiare, non ho mica detto che una stupida! Stavo solo rimarcando il fatto che davvero una splendida ragazza, del resto gli occhi ce li ho buoni!” rispose Donnie.

“Scusa, non volevo essere scortese. Il fatto è che io avevo completamente perso la testa per lei. Una cosa che non mi era mai capitata prima, non riuscivo a connettere e fare un ragionamento coerente. Insomma come tutti mi sono lasciato offuscare dalla sua bellezza, lasciandomi, come ubriacare, e ho finito con il trascurare alcuni aspetti importanti che ho capito solo in seguito. Credo… no, sono abbastanza sicuro di essere stato innamorato di lei, ma non ne ero consapevole. Non sono mai riuscito a dirle niente, neanche che era bella, figuriamoci altre cose! Così l’ho fatta andare via lasciando che non sapesse ciò che provavo. Chissà… forse è stato bene così… forse no” disse Orlando aprendosi completamente a suo cugino. Era strano, non voleva parlarne, ma la cosa gli era venuta fuori così naturalmente che quasi non si era e conto di averlo fatto. Forse aveva solo davvero bisogno di sputare quel rospo che se ne stava in fondo al suo stomaco, da troppo tempo.  

Donnie cominciava a capire la situazione, siccome era chiaro che Orlando non fosse affatto fuori da quella storia si sentì in dovere di dargli una specie di consiglio.

“Potresti provare a contattarla e magari quello che hai detto a me potresti dirlo anche a lei”.

Orlando scosse la testa con forza.

“No, non ci penso nemmeno. E poi non ho neanche il suo numero di telefono, figurati che non mi ricordo neanche il cognome”.

Con quest’ultima frase, la conversazione sull’argomento Aylén venne accantonata. Si misero a parlare d’altro e poco dopo arrivarono al locale.

La serata proseguì tranquilla. Bevvero un paio di drink, ballarono un po’ e poi verso l’una Donnie riaccompagnò il cugino  a casa. 

Orlando si fece una doccia ed indossò una comoda tuta. Scese in cucina e aprì il frigo, prese una lattina di Dr Pepper e andò in veranda. Il cielo era stellato e l’acqua del mare interrompeva il silenzio con un pigro sciacquettio. Lui alzò le gambe e le appoggiò sul tavolo di vimini davanti a se, osservando pensieroso l’orizzonte scuro che fondeva l’azzurro cupo del cielo, con quello quasi nero dell’acqua. Quella calma irreale che lo avvolgeva e che negli ultimi tempi lo cullava facendolo sentire sereno, quella sera non riusciva a sortire il suo solito effetto. Orlando sorseggiava meccanicamente la bibita frizzante che gli solleticava il palato e pensava ad Aylén. Era inutile nasconderselo, vedere quel cartellone lo aveva messo piuttosto in subbuglio. Ci aveva messo dei mesi a liberarsi da quel ciclone che lo aveva investito. Negli ultimi tempi era abbastanza sereno e tranquillo, ma era bastato vederla in quella pubblicità per ripiombare in una confusione che gli aveva fatto capire di non essere ancora del tutto fuori da quella situazione. Non era arrabbiato, ma piuttosto era sconcertato. Non aveva intenzione di fare assolutamente niente, del resto era comunque troppo tardi per fare o dire qualsiasi cosa e poi, era certo che lei non lo avrebbe neanche ascoltato. Chissà magari si era pure fidanzata, certamente non pensava ancora a lui. E poi lei era mai stata innamorata di lui? Aveva mai provato qualche tipo di sentimento? Orlando non era tanto sicuro. Forse era solo una ragazza bella e disinibita che lo trova attraente e che molto probabilmente aveva voluto togliersi lo sfizio, come diceva il buon Alejo. 

Bevve l’ultimo sorso di Dr Pepper, accartocciò la lattina e dopo averla buttata nella spazzatura si diresse verso la sua camera da letto. Per quella sera aveva pensato anche troppo, voleva solo riposarsi e dormire. Chissà, magari l’indomani mattina tutto avrebbe assunto una dimensione diversa, magari si sarebbe reso conto che tutte le congetture che aveva appena fatto erano solo frutto di un piacevole ricordo. Non era del tutto convinto, però in cuor suo sperava che fosse davvero così.

 

NOTE: Il nome del cugino di Orlando me lo sono inventato di sana pianta perché mi piaceva che si chiamasse Donnie ^_^

GRAZIE a tutte le ragazze che con affetto mi seguono e mi recensiscono: Conty, Gal, Kiria, JulyAneko, Dolcemaia, Sara, Frodina, Caroline, Shy e Roy gratissima nuova lettrice (Spero di non aver dimenticato nessuno, nel qual caso chiedo scusa!). Grazie anche alle fantastiche Anjulie e mami che non mancano mai di farmi pervenire via mail i loro commenti. Ragazze siete le mie vitamine energizzanti e con i vostri commenti mi stimolate a scrivere e a cercare di fare sempre del mio meglio. Questo capitolo è dedicato a tutte voi! Un bacino  ^_- Moon

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTUNO ●

 

 

“Allora alla fine ti sei decisa?” chiese Reina ad Aylén durante una conversazione telefonica intercontinentale, visto che lei si trovava ad Avilia in Spagna e l’amica a Los Angeles.

“Ummm… credo di sì” rispose l’altra poco convinta.

“Insomma ancora non ho capito, ci andrai o no?” insistette l’altra.

“Ci vado. Ma solo perché devo vincere questa cosa… però continuo a pensare che forse sarebbe meglio evitare” puntualizzò Aylén.

“In poche parole dopo tutto questo tempo hai ancora paura?” disse con una punta di amarezza Reina.

“E che c’è di male? Certo che ho paura, lo sai benissimo quanto ho sofferto e sinceramente, ora che comincio a star bene, di ritrovarmi a star male di nuovo, non mi va neanche un po’!” rispose l’altra.

“Non voglio ASSOLUTAMENTE che tu ti riduca nelle condizioni in cui eri quando sei rientrata a casa dopo quella dannata esperienza! Non ci andare se credi che possa ancora farti male!” disse Reina preoccupatissima.

“Reina ti giuro che non lo so se mi farà un qualche effetto e di che tipo sarà… ma una cosa è certa, non si può sempre scappare. C’è un momento in cui bisogna affrontare le situazioni e io credo di essere abbastanza forte da poterlo fare… o almeno spero” concluse Aylén non senza una punta d’apprensione.

“E quando sarebbe l’evento?” chiese l’altra curiosa.

“Dopo domani” sospirò, poi continuò “Anzi guarda, ora che ho mezzo pomeriggio libero, bisogna che vada a comprarmi qualcosa, non ho neanche l’abito adatto!”.

Le due amiche scambiarono ancora qualche parola e Reina si profuse in una miriade di raccomandazioni, poi si salutarono.

“Aylén?” la chiamò Karina una collega che divideva l’appartamento con lei.

“Sono qui dimmi?” rispose la ragazza.

“Esci a comprarti il vestito per la famosa premiere?” le domandò l’altra.

“Si, vieni con me?” le chiese Aylén.

“Volentieri! Adoro andare in giro per i negozi a fare shopping!”.

Le due ragazze si prepararono per uscire. Di lì a due giorni ci sarebbe stata la prima di Kingdom of the Heaven e Aylén, avendo partecipato al film come stunt, era tra gli invitati alla prima dl film. Si sarebbe svolta in pompa magna al famoso Teatro Cinese di Hollywood, naturalmente era stata invitata anche all’esclusiva festa che si sarebbe tenuta dopo, in una villa sulle colline di Beverly Hills, che la produzione aveva affittato appositamente per l’occasione. Ci aveva rimuginato tre settimane, poi aveva ceduto e aveva deciso di andare. Il solo impedimento che l’aveva fatta tergiversare così tanto, era il fatto che avrebbe rivisto Orlando, sapeva che stava girando a Los Angeles e quindi era certa della sua presenza. Da quando dieci mesi prima si era separata da lui, non l’aveva più rivisto né sentito. Aveva accuratamente evitato di interessarsi a qualsiasi cosa lo riguardasse, ma lui era così famoso che a volte volente o nolente qualche notizia le era comunque arrivata all’orecchio, come, appunto, quella che attualmente era proprio a Los Angeles dove si trovava anche lei per lavoro, e che non era più fidanzato. Aveva sofferto per lui in maniera enorme e quella brutta esperienza, in un certo senso, l’aveva anche cambiata. Tendenzialmente era la solita Aylén di sempre, ma forse ora era appena più pacata e riflessiva, anche se amava ancora fare cose strane, e rispondere per le rime a chi se lo meritava. Aveva momentaneamente accantonato ogni possibilità di avere una nuova relazione, del resto, come diceva lei stessa, si era appena disintossicata e voleva andarci con i piedi di piombo. Ci scherzava sopra, come per esorcizzare quanto le fosse costato quella specie di ‘rapporto’  con Orlando. Si era perdutamente innamorata prendendo una terribile mazzata tra capo e collo, e aveva fatto una fatica enorme a rialzarsi. Ora le sembrava di stare bene e di essere abbastanza forte, quindi aveva messo da parte la paura e com’era nell’indole del suo carattere aveva accettato la sfida con se stessa di rivederlo a quella premiere, soprattutto per dimostrarsi che ormai era solo un ricordo e nient’altro. Durante tutto il pomeriggio Aylén e Karina setacciarono un’infinità di negozi, Aylén non era mai soddisfatta dei vestiti che provava e poi alcuni erano decisamente troppo cari. Alla fine si fece corrompere da un modello di Armani che le stava a pennello, le costò un occhio della testa, ma era davvero troppo bello. In vita sua non aveva mai indossato niente di neanche lontanamente simile e s’era lasciata sedurre dalla tentazione di indossare un capo così femminile. Aveva guadagnato un bel po’ di soldi con la campagna pubblicitaria della Gap quindi mise da parte gli indugi e l’acquistò.

“Ora dobbiamo  pensare alle scarpe!” esordì Karina.

“Oh mio Dio! Le scarpe!” disse Aylén picchiandosi la mano sulla fronte. Quella premiere le sarebbe costata un patrimonio e pensare che lei aveva sempre detestato quel genere di cose, ma non poteva presentarsi certo in jeans. A dirla tutta quell’esperienza come modella aveva in certo senso tirato fuori la sua femminilità che lei non era molto incline a mostrare.

Anche trovare le scarpe non fu impresa facile, ma alla fine scelse un modello di Gucci molto particolare che sembrava fatto apposta per quel vestito.

Quando rientrarono a casa Aylén era stanca come se avesse lavorato, mentre Karina era entusiasta.

“Tu sei davvero una fottutissima ragazza fortunata!” disse bonariamente “E io ti invidio da morire, andrai ad una festa di quelle che contano, e sarai in mezzo a tanta bella gente, anche se sono sicura che tu sai di gran lunga la più ammirata!”.

“Non esagerare!” disse Aylén che si trovava sempre sottilmente a disagio quando lodavano la sua evidente bellezza.

“Non esagero affatto! E’ la verità e sono sicura che farai prendere un infarto ad ogni singolo maschio presente!”.

“Speriamo di no! Non voglio mica finire sui giornali per aver fatto sentir male qualcuno!” disse Aylén ridendo.

Anche Karina rise, adorava Aylén, le piaceva proprio perché non era affatto una ragazza montata, anche se in verità a volte la trovava un po’ strana, con lei tutto sommato si trovava bene.

Finalmente arrivò anche quel fatidico venerdì sera.

Aylén era agitatissima, vestita e truccata di tutto punto e continuava a guardarsi allo specchio, ma quell’immagine di rimando, riflessa  nello specchio, invece di rassicurarla, aveva praticamente l’effetto opposto. Cominciò a chiedersi se non stesse facendo una grande sciocchezza, che tutto sommato avrebbe anche benissimo potuto fare a meno di andare, che non se la sentiva, ma soprattutto era nel panico perché di lì a poche ore avrebbe rivisto Orlando e solo quel pensiero le faceva battere il cuore all’impazzata. S’innervosì parecchio ma che razza di reazione del cavolo stava avendo? Allora non era cambiato niente? O la sua  era solo vile paura di confrontarsi con un fantasma del passato?

Fino all’ultimo momento rimase indecisa, poi ebbe come un ultimo sussulto di orgoglio e si disse che non si sarebbe più guardata in faccia se si fosse fatta dominare dalla paura, perché lei non aveva e non doveva avere paura di nessuno. Quindi fece un ampio respiro e decisa scese a prendere il taxi.

Quando arrivò al Teatro Cinese c’era una folla immensa. C’era di tutto: paparazzi, giornalisti, fotografi e fans, c’era una gran confusione e lei si sentì come smarrita. Mentre cercava nervosamente il suo pass nella borsetta, una voce conosciuta la salutò.

“Stasera sei veramente magnifica Aylén e vederti è uno spettacolo per gli occhi”.

Lei si girò e sorridendo salutò caldamente Alejo.

“Che bello vederti ci sei anche tu?”.

“Certo! Potevo mancare? Ho approfittato dell’occasione, così mi farò anche una breve vacanza, chissà magari troverò un ingaggio qui nella magica Hollywood!” rispose il ragazzo strizzandole l’occhio.

Alejo si offrì di fargli da cavaliere e Aylén accettò di buon grado, non le pareva neanche il vero che ci fosse qualcuno a cui appoggiarsi.

Sul tappeto rosso per primi passarono il regista e gli attori principali tra il delirio della folla. Aylén ed Alejo si mantennero a debita distanza, la loro entrata era prevista molto dopo, ma ciò non impedì alla ragazza di vedersi abbastanza bene l’entrata di Orlando. Arrivò a bordo di una macchina nera, scese e si mise subito a salutare la folla e in posa per i fotografi. Un sorriso luminoso gli illuminava il viso perfettamente rasato e appena abbronzato. Indossava un completo grigio scuro dal taglio impeccabile che ne metteva in risalto il fisico asciutto. La camicia era color panna e fermata da una cravatta nera, mentre i polsini uscivano dalle maniche della giacca coprendo buona parte delle mani. I capelli erano piuttosto naturali ravvivati solo da un tocco di gel. Appariva sereno e perfettamente a suo agio in più era molto disponibile con i fan elargendo sorrisi, strette di mano, autografi e baci.

Aylén lo osservò a lungo studiandolo. Era strano rivederlo, forse per via della circostanza, ma in quel momento le sembrò distante anni luce, quasi un miraggio. Era bellissimo, ma sembrava irraggiungibile, le sembrava quasi impossibile che tra loro ci fosse stato qualcosa. Era come se fosse un'altra realtà quella che aveva davanti agli occhi, come se per la prima volta realizzasse chi era lui: un attore famoso, un personaggio pubblico, non un ragazzo qualunque. In Spagna in un certo senso era come se avessero vissuto protetti in un mondo chiuso. Comunque era stata una situazione un po’ fuori dalla realtà, non ci aveva mai pensato prima. Non seppe spiegarsi che tipo di sensazione provasse, ma le sembrava di essere abbastanza tranquilla e padrona della situazione, tutto sommato si sentì più sollevata, la sua reazione era stata alquanto più positiva del previsto.

Finalmente anche lei ed Alejo fecero la loro entrata nel teatro e assistettero alla proiezione del film. Alla fine della premiere, seguirono alcune interviste e una specie di conferenza stampa. Poi arrivarono le macchine per portare gli invitati alla villa per la festa privata. Naturalmente lei ed Alejo erano rimasti molto in disparte rispetto ai veri protagonisti del film e al regista. Non parteciparono alla conferenza stampa, e furono tra i primi a partire per recarsi alla festa, in attesa degli attori che come di regola sarebbero arrivati molto più tardi.

Aylén rimase abbagliata dalla bellezza di quella splendida casa. Si trova in un posto molto bello da cui si godeva una vista meravigliosa. L’immenso salone che era il fulcro della festa, era arredato in stile art decò, sembrava di essere stati catapultati  negli anni venti.  Nella stanza immensa e sontuosa c’ erano diversi tavoli su cui era allestito un buffet composto da ogni genere di cibo: carne, verdura di ogni tipo, cruda e cotta, pesce alla griglia, sushi, cibo cinese e indiano. Le ampie porte finestra erano aperte  e lasciavano intravedere il giardino sapientemente allestito come zona bar, offrendo uno spettacolo di luci abilmente mixate tra varie candele posizionate in zone strategiche e discreti faretti, che si riflettevano nell’acqua blu dell’immensa piscina al centro del giardino, dietro faceva da cornice il fantastico panorama delle mille luci di Los Angeles.

Gli attori  arrivarono molto dopo, la festa era già iniziata da più di due ore. Aylén aveva mangiucchiato qualcosa, ma più che altro era rimasta incantata ad osservare tutto ciò che la circondava, come una bambina al luna park. Alejo le aveva fatto compagnia per tutta la sera e avevano amabilmente conversato ricordando i vecchi tempi, ma tralasciando accuratamente un certo argomento. Aylén non ne aveva accennato e Alejo si era fatto i fatti suoi assecondandola.

Orlando, una volta arrivato alla festa, depositò la giacca al guardaroba, si sfilò la cravatta, allentandosi i primi due bottoni della camicia che poi si tirò fuori dai pantaloni. Così si sentiva infinitamente più a suo agio e più libero. Era contento per come stava andando la serata e si sentiva piuttosto tranquillo, la cosa gli faceva particolarmente piacere dato che da quando aveva visto quella pubblicità di Aylén, non era poi stato molto sereno. Non immaginava neanche lei fosse lì, a pochi metri da lui. Nessuno lo aveva avvisato, ed essendo impegnato con le riprese di Elisabethtown non aveva avuto il tempo di informarsi sugli eventuali invitati e poi sinceramente non gli interessava nemmeno sapere chi c’era o chi non c’era. Fece un po’ di pubbliche relazioni, un paio di foto, si servì una porzione di sushi e fece quattro chiacchere con il regista Scott. Ad un certo punto decise di andare a farsi un giro in giardino per andare a prendersi da bere. Ordinò un gin tonic e cominciò a guardarsi in torno distrattamente, così tanto per vedere che gente ci fosse.

Fu allora che la vide.

La sorpresa lo colse del tutto impreparato, e il cuore, suo malgrado gli fece una capriola in petto.

Lei non lo notò, era quasi di spalle a lui, ma non completamente, era messa a tre quarti con la testa girata di profilo, così che Orlando la poté osservare molto bene. Stava sorseggiando un cocktail, molto lentamente. Indossava un abito grigio perla di chiffon, il cui corpetto attillato era allacciato alla gola e metteva molto in risalto la forma del seno, pur non essendo scollato era però senza maniche e le spalle erano scoperte. A differenza del davanti, dietro presentava un ampia scollatura che lasciava la schiena generosamente esposta. La gonna invece era lievemente svasata e si appoggiava morbidamente su i fianchi arrivando appena un poco sopra il ginocchio, sotto spuntavano dei lembi di tessuto più leggero e trasparente che danzavano lunghi fino le caviglie, svolazzando appena mossi dalla pigra brezza serale. I piedi erano infilati in un paio di sandali di una tonalità poco più scura del vestito, allacciati alla schiava fin sotto il ginocchio. Notò che aveva tagliato i lunghi capelli che comunque aveva lasciato sciolti. Non le arrivavano più alla vita, ma poco più giù delle spalle. Rimase abbagliato, non riusciva a distogliere lo sguardo da quella visione che lo aveva completamente rapito. Non l’aveva mai vista così, lui era abituato a vederla spartana e sportiva, ma quella che aveva davanti era una splendida donna in un trionfo di femminilità, semplicemente sconvolgente.  Era come se di colpo fosse tornato indietro nel tempo, le sensazioni e le emozioni che lo stavano investendo prepotentemente, erano esattamente le stesse. Gli prese un colpo. Com’era possibile? Allora quei dieci mesi non erano serviti proprio a niente, la sua tranquillità, la sua sicurezza, la sua forza, erano solo un’illusione?

Continuò ad osservarla, ad osservare quel corpo di cui ricordava con  esattezza ogni centimetro di pelle, sospirò forte, chiuse un attimo gli occhi e desiderò in maniera spasmodica poter avvicinarsi a lei, sfiorarle la schiena con una carezza e baciarle una spalla. Si scosse immediatamente e si ritrovò a pensare che era proprio un idiota matricolato. Che cazzo si stava mettendo a pensare? Non era proprio il caso di ripetere lo stesso errore una seconda volta, sarebbe stato infinitamente stupido da parte sua, ma l’attrazione che stava provando per lei era prepotentemente identica a quella di un tempo, non era diminuita di una sola virgola. Proprio in quel momento lei si girò e lo vide.

 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTIDUE ●

 

 

Vederselo lì a pochi passi di distanza ad Aylén fece sicuramente un effetto del tutto diverso, da quello che aveva avuto qualche ora prima al Teatro Cinese. Sentì una specie di cataclisma che le esplose internamente: le venne caldo, poi freddo, il cuore cominciò ad accelerare i suoi battiti e le venne una voglia improvvisa di darsela a gambe il più lontano possibile, ma i suoi piedi parevano incollati a terra. Abbozzò un sorriso tirato a mo di saluto, mentre le sue dita, leggermente tremanti, presero a stingere convulsamente il bicchiere che teneva fra le mani. Orlando le si avvicinò senza dire niente. Avrebbe voluto parlare ma non gli veniva nulla di particolarmente intelligente da dire.

“Ciao, come stai?” tirò fuori alla fine senza molta convinzione.

Lei prese quella domanda come una specie di atto di cortesia dettato dalla circostanza e si adeguò.

“Bene grazie” rispose indifferentemente, girando lo sguardo tra la folla come se fosse vagamente annoiata.

Orlando a quella risposta distratta, si irritò, era chiaro che lei fosse piuttosto infastidita dalla sua presenza.

“Come mai sei qui?” le chiese allora bruscamente.

Lei riportò lo sguardo sul viso di lui, guardandolo dritto negli occhi e piuttosto freddamente rispose: “Mi pare ovvio: sono stata invitata” voleva ostentare sicurezza e indifferenza e ci stava riuscendo piuttosto bene.

“Sei venuta da sola?” chiese lui per sapere se fosse con qualche uomo. Era una cosa che non avrebbe dovuto interessarlo, una domanda fuori posto e senza molto senso, ma lo voleva sapere comunque e non si poté trattenere dal chiederlo.

Siccome ad Aylén il tono di Orlando era sembrato piuttosto critico, come se non avesse piacere che lei fosse lì, non volle dargli soddisfazione. Piuttosto sarebbe morta.

“No, sono con un amico” rispose con voluto tono casuale, riprendendo a vagare con lo sguardo come se stesse cercando qualcuno.

Quella risposta infastidì Orlando, a dire il vero lo fece proprio incazzare, come era logico che fosse, era suo malgrado geloso fradicio. Non avendo intenzione di star lì a fare la figura del salame, visto che lei era sempre la solita Aylén, si congedò in maniera piuttosto sbrigativa.

“Mi auguro che tu ti diverta è una bella festa. Scusami ma ho delle persone da salutare. Ci vediamo” disse, poi si allontanò rientrando nel salone.

Aylén non rispose nemmeno, riprese a respirare e realizzò che se ne doveva andare via subito. Senza starci a pensare troppo, appoggiò il bicchiere su di un tavolo, passò dal guardaroba, ritirò i suoi effetti e si fece chiamare un taxi. Mezz’ora dopo era già sulla strada che la riportava al suo appartamento, confusa e amareggiata.

Orlando intanto vagava per la festa come un anima in pena. Benché tentasse di fare l'indifferente era più di un'ora che era alla ricerca di Aylén, ma lei sembrava sparita e lui era in uno stato d'ansia esagerato: dove era? Con chi era? Ma soprattutto, che stavano facendo?

Mentre girellava senza meta si incontrò con Alejo.

“Oh! Ma che ci sei anche tu?” gli disse andandogli incontro e abbracciandolo con affetto.

“Allora roccia, come stai?” gli aveva risposto Alejo ricambiando l'abbraccio.

Dopo i saluti, andarono a prendere da bere e Orlando notò che Alejo si guardava spesso intorno, sembrava preoccupato.

“Cerchi qualcuno?” gli aveva chiesto.

Alejo, che francamente avrebbe preferito evitare l'argomento, si vide costretto a rispondere.

“Emmmm… sì. Mi chiedevo dove sia finita Aylén, eravamo insieme, io sono andato un attimo al bagno e quando sono tornato era sparita. Non l'ho più rivista… strano”.

Orlando fece una smorfia con la bocca. Ora sì che sì sentiva un perfetto idiota, ecco chi era l'amico di cui aveva parlato lei. Perché era stato così sbrigativo nell'andarsene via e nel portare avanti conclusioni affrettate? Si sarebbe dato una sberla da solo.

“L'ho vista circa un'ora fa, proprio qui in giardino, ma poi non l'ho più incontrata” disse Orlando ad Alejo.

I due ragazzi continuarono a parlare e Alejo, tra le altre cose, disse ad Orlando che si sarebbe trattenuto a Los Angeles qualche giorno, così decisero che si sarebbero rivisti e Orlando gli dette il suo indirizzo.

L'inglese passò tutta la serata sperando di rivedere Aylén, ma era chiaro come il sole, lei era andata via. Alle cinque di mattina si mise l'anima in pace e decise di rientrare a casa.

Non andò nemmeno a dormire, volle vedere l'alba sul mare. Era malinconico e cupo. Era tornato tutto al punto di partenza e non aveva neanche la più pallida idea di come fare a rintracciare Aylén. Per la milionesima volta si dette dell'idiota.

Il problema fondamentale tra loro due era che per certi versi erano troppo simili. Testardi ed orgogliosi, facevano fatica ad ammettere i propri errori, non parliamo poi di fare un passo avanti per chiedere scusa o per chiarirsi. Rimanevano entrambi chiusi nella rigidità delle loro convinzioni non approfondendo mai un argomento, non riflettendo mai sul fatto che a volte certe situazioni, portano a dei comportamenti innaturali. Sarebbe bastato parlarne, ma loro continuavano ostinatamente a non farlo. Continuando quella fiera dei malintesi.

Aylén, che pure non aveva dormito per nulla, era furiosa. Cominciò a pensare di essere veramente un caso patologico e si rimproverò fino alla nausea di essere andata a quella premiere. Avrebbe dovuto evitare di farlo e  sarebbe stato solo un bene. Per fortuna era sicura che sarebbe stato un episodio isolato, non avrebbe MAI più rivisto Orlando e questo la calmò un poco.

 

Poche sere dopo Orlando invitò Alejo a mangiare a casa sua. Il ragazzo accettò di buon grado. Durante la cena, chiacchierando Orlando volutamente spostò l'argomento su Aylén.

“Sai dove abita?” chiese ad un certo punto, fingendo di essere semplicemente curioso.

“No” rispose secco Alejo.

“E sai per caso che ci fa a Los Angeles?” chiese nuovamente Orlando.

“No” rispose l'altro rimanendo rigidamente ermetico, del resto diceva il vero non avevano parlato di entrambe le cose che gli stava chiedendo l'altro.

“Non mi fraintendere eh? Era così… semplice curiosità… tanto per parlare” disse Orlando volendosi giustificare.

“Io veramente non ho detto niente” rispose lo spagnolo che aveva mangiato la foglia.

Sinceramente non gli andava di entrare nel mezzo a quella storia, che sembrava non essere affatto finita. Non era mica tonto, era stata a contatto sia con lei che con lui, e nonostante quei due testoni giocassero a chi facesse meglio lo gnorri, era lampante che erano presi l'uno dall'altra esattamente come prima. Aveva colto certe sfumature che erano inequivocabili: la fuga di Aylén per prima e l'interrogatorio di Orlando adesso.

Questa situazione però lo faceva un po’  incazzare, era mai possibile che non ci fosse verso che riuscissero a comportarsi in modo un più maturo? Così prese la decisione di dire la sua una volta per tutte, poi che facessero come meglio credevano, lui non voleva immischiarsi.

“Io proprio non vi capisco e giuro che quasi ci sto rinunciando” esordì Alejo con tono accorato.

“Cioè?” chiese Orlando al quale si erano subito drizzate le orecchie.

Alejo sbuffò.

“E basta! A tutto c'è un limite porca miseria! Cazzo è passato quasi un anno, e ancora ti ostini caparbiamente a fare finta che non ti frega niente di lei, non ti pare assurdo?”.

Orlando si mise subito sulla difensiva.

“Non mi pare proprio di aver mai detto una cosa del genere!”.

“Ah no? Hai forse ammesso che sei innamorato cotto?” gli disse Alejo.

Orlando rimase in silenzio.

“Chi tace acconsente!” sentenziò lo spagnolo.

“No! Chi tace sta zitto!” ribatté l'altro.

“Fai un pò come ti pare, ma smetti di chiedermi di lei, non otterrai alcuna risposta da me sappilo!”.

“Perché sai qualcosa?” chiese l’altro speranzoso.

Alejo non rispose.

“Avanti! Se sai qualcosa dimmelo! Ho bisogno di rivederla io devo parlare con lei” disse Orlando agitato.

“E per dirle cosa? Che sei innamorato di un'altra o per riportartela a letto?” gli chiese Alejo arrabbiato, poi continuò “Sei stato l'unico, Orlando, l'unico, tra tutti noi a non capire che persona fosse Aylén! Ti ha fatto comodo non volerlo vedere e io non ti aiuterò a farla soffrire di nuovo, chiaro? Sappi che io mi sento spesso con la sua amica Reina e non hai neanche la più pallida idea di quello che quella ragazza ha passato in questi mesi per colpa tua. Fammi un piacere: toglitela dalla testa. A uno come te non mancheranno certo le donne, quindi vedi di andare a svagarti da qualche altra parte!”.

Alejo era davvero incazzato.

Tutto quel discorso arrivò alle orecchie di Orlando come una specie di mistero svelato.

“Che cosa ti ha detto Reina? Lo voglio sapere!” chiese subito.

“Niente che non sapessi già! Diceva solo che Aylén stava male, per via di una brutta esperienza fatta durante le riprese, sono amiche mica poteva raccontarmi i cazzi suoi per filo e per segno, ma siccome io ero a conoscenza della cosa, ho fatto due più due”.

“Ma allora… ” aveva detto sconsolato Orlando “Non è del tutto sicuro che stesse male per me…”.

“Ma vaffanculo Orlando!” aveva sbottato Alejo.

Presero a discutere molto vivacemente. Alejo era un ragazzo dal carattere spontaneo e sanguigno e quando aveva qualcosa sullo stomaco lo diceva senza troppi complimenti, se con Orlando in passato si era un po’ trattenuto era per via che lavoravano insieme, adesso quel problema non sussisteva e per di più si sentiva anche in amicizia con lui, quindi riteneva giusto fargli sapere che sbagliava.

“Si può sapere che cazzo vuoi da me?” gli stava chiedendo Orlando alterato.

“Che tu sia sincero una volta per tutte!”.

“E VA BENE!” scattò l'inglese in piedi allargando le braccia in segno di resa.

“SONO INNAMORATO DI LEI!” urlò esasperato.

Poi si accasciò nuovamente sulla sedia mormorando: “Sarai soddisfatto adesso…”.

“Guarda che non lo faccio mica per me!” gli disse Alejo.

Orlando si prese la testa fra le mani.

“Lo so e hai pure ragione, ma io ci ho messo una vita per capirlo cazzo! E ora porca puttana non so che fare!”.

“Diglielo” disse semplicemente l'altro.

“Vorrei, ma ho paura” confessò Orlando.

“Allora non glielo dire e dimenticati di lei”.

“Non posso. Specialmente ora che so che è qui!”.

“E allora comprati una pistola e sparati che cazzo vuoi che ti dica!”.

“Alejo non fare dell'ironia, io devo trovare il modo e il coraggio di avvicinarla”.

Alejo guardò l'orologio.

“Finalmente dopo un ora e tredici minuti di corbellerie sei riuscito a dire una frase sensata!” commentò.

“Per prima cosa devo sapere dove posso rintracciarla. Poi dopo mi inventerò qualcosa… ” guardò l'amico con un’aria quasi disperata.

“Le devo dire tutto quello che non le hai neanche fatto capire, deve sapere che cosa provavo e che cosa provo per lei. Ti prego aiutami a trovarla, ti giuro che mi comporterò come si deve. Non posso farla scappare via per la seconda volta, non senza almeno averle detto che mi sono innamorato di lei!”.

Alejo sospirò, come poteva dirgli di no? Si augurò di star facendo realmente la cosa giusta e quindi acconsentì ad aiutarlo.

Ad un certo punto ad Orlando venne in mente una cosa.

“Scusa Alejo ma tu non avevi il suo numero di cellulare?”.

“Eh già hai detto bene: avevo. Aylén l'ha cambiato e non so per quale motivo, fatto sta che non mi ha mai dato il numero nuovo” spiegò l'altro.

“Potremmo chiederlo a Reina?” propose Orlando.

“Non ce lo darebbe mai!” ripose lo spagnolo.

Orlando ne convenne, era piuttosto facile che Reina li avrebbe mandati dritti al diavolo se le avessero chiesto una cosa del genere, allora elaborarono un piano. Se lei aveva fatto la modella per la Gap, con le conoscenze che lui aveva a Los Angeles non sarebbe stato difficile reperire un suo recapito, o almeno sperava. Qui sarebbe entrato in gioco Alejo, che avrebbe preso quante più informazioni possibili. Una volta saputo più o meno che tipo di vita facesse e che posti frequentava, per Orlando sarebbe stato facile, combinare un incontro che risultasse casuale e di lì poi ci sarebbero stati i dovuti sviluppi.

Sì, decisamente quella era la strada da percorrere, si sarebbe messo in moto immediatamente l’indomani mattina, del resto quando lui voleva una cosa, in una maniera o nell’altra riusciva sempre a spuntarla.

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTITRE ●

 

 

Quella mattina Orlando rientrò dalla sua abituale corsa mattutina ancora più sudato del solito. Aveva corso come un forsennato perché era agitato, e quando era agitato, qualsiasi cosa facesse, finiva per farla con troppa energia. Salì di corsa anche le scale e si infilò in doccia. Distrattamente afferrò il contenitore con il sapone da bagno alla pesca che gli aveva regalato una volta sua madre, ma che non usava mai a causa dell’odore dolciastro e nauseabondo che si lasciava dietro come scia. Mentre si insaponava, si mise a fare mente locale. Qualche anno prima lui stesso aveva fatto un commercial per la Gap, dunque come si chiamava la persona che lo aveva contattato? Cominciò a pensare, ma non se lo ricordava. Con tutta la gente che gli veniva presentata e che conosceva via via, era dura ricordarsi tutti i nomi. Era talmente concentrato nello sforzo di ricordare, che finì per usare il bagnoschiuma anche per lavarsi i capelli senza neanche accorgersene. Allora si chiamava Albert? No, forse era Alvin? Neanche! Ma come cazzo si chiamava quello stronzo! Pensò mentre gli occhi cominciavano a bruciargli da morire. Ma che diavolo stava accadendo! Il suo shampoo era impazzito anche lui? O non era anti irritazione? Allora perché sembrava che gli occhi gli andassero a fuoco?

Uscì dalla doccia con gli occhi rossi stile vampiro e i capelli arricciati come se si fosse fatto una  messa in piega, tipo signora cinquantenne il sabato pomeriggio prima di andare a fare la spesa. Tentò inutilmente di domare quella chioma indurita e sgangherata con gel e olii emollienti vari, ma fu tempo perso. Anzi a dire il vero peggiorò la situazione, ora pareva un cesto di insalata romana. Dette una rapida occhiata all’orologio, si rese conto che era parecchio tardi, quindi si infilò al volo le sue All Star bianche e si fiondò al cancello dove lo stava già attendendo il suo assistente per andare agli studios. Per tutto il tragitto Orlando martirizzò il pover’uomo intimandogli di rintracciargli qualcuno della Gap con cui aveva lavorato lui al commercial. Voleva un appuntamento il prima possibile. Una volta arrivato agli studios gli disse subito di correre ad informarsi. Poi si avviò a piedi verso i teatri di posa. Proprio mentre camminava si occorse che degli operai stavano cambiando una pubblicità su di un cartellone, neanche a farlo apposta era proprio quella di Aylén. Così s’incantò a guardarla, con espressione rimbambita. Gli uomini con colla e attrezzi stavano proprio fissando la parte che raffigurava la pancia e dato che nella foto, la ragazza indossava i pantaloni a vita bassa, era scoperta e ben in vista. Si mise a guardare quell’immagine e cominciò ricordare certi particolari, come quando le dava i morsi proprio lì, vicino all’ombelico, Dio! Adorava quella pancia! Si dette una scrollata e si impose di andare oltre, ma gli occhi gli rimasero incollati suo malgrado su di lei e il collo, come dotato di volontà propria, si girò all’indietro per continuare a guardarla. Intanto stava camminando in avanti, non facendo attenzione dove metteva i piedi, così finì col battere una sonora craniata su un palo di ferro, che era la base di un cartello con le indicazioni dei vari teatri posa. Vide tutta l’arcata celeste e l’universo cosparso di stelline luccicanti. Imprecò tirando fuori una serie indescrivibile di parolacce, molte delle quali se le inventò sul momento in un impeto di fantasia da imprecazione, ma si era fatto davvero male. Quindi con entrambi le mani sulla fronte poco più sopra il sopracciglio destro, che poi era il punto esatto della tremenda collisione, entrò nella stanza del trucco. Il truccatore quando lo vide si mise le mani sulla testa con fare disperato. Aveva un bernoccolo grosso come una pallina da golf in mezzo alla fronte, i capelli sembravano asciugati in un microonde e poi aveva un odore strano, come si fosse profumato con un succo di frutta. Il pover'uomo ci mise tutta la sua buona volontà a renderlo presentabile, anche se quel bernoccolo restò comunque evidente e il profumo del bagnoschiuma alla pesca permase per tutta la giornata.

Durante la pausa pranzo ricevette una buona notizia dal suo assistente che gli comunicò di aver rintracciato Alan, la persona incaricata della scelta dei modelli per le campagne pubblicitarie della Gap. Ecco come si chiamava il fetente!, ricordò all'improvviso Orlando picchiandosi la mano sulla fronte, ma essendosi dimenticato del bernoccolo, cacciò un urlo di dolore visto che se lo centrò in pieno.

Fu una giornata molto movimentata ma alla fine in qualche modo terminò e Orlando poté rientrare a casa. Il suo pensiero primario era fissare un appuntamento con quell'Alan per poter avere qualche informazione su Aylén. L'uomo si dimostrò abbastanza comprensivo e accettò di riceverlo di sabato pomeriggio nel suo studio, ovviamente la comprensione derivava dal fatto che Orlando fosse una persona famosa e che avesse in precedenza lavorato per loro.

Era solo martedì, Orlando si domandò come avrebbe fatto ad aspettare fino a sabato. Aveva telefonato anche a suo cugino Donnie, voleva un suo parere. Donnie aveva trentacinque anni era più grande di lui e sicuramente avrebbe saputo dargli qualche buon consiglio.

L'uomo arrivò a casa di Orlando subito dopo cena e lo trovò in veranda al tavolino con due birre ghiacciate che lo stava aspettando.

“Ma che hai fatto alla fronte?” gli chiese subito, notando la vistosa protuberanza.

“Ho avuto un incontro ravvicinato con palo” rispose Orlando.

“Accidenti! Ma scusa come hai fatto a centrare in pieno un palo?” domandò Donnie incuriosito.

“Stavo guardando da un'altra parte… tipo l'altra sera… ” disse Orlando.

“Ah! Ti sei girato ad ammirare una ragazza e punfete!” ridacchiò l'altro.

“Emmmm … veramente stavo guardando il solito cartellone”.

“Porca paletta! Ma allora è una cosa seria!” si meravigliò Donald.

“Abbastanza” confessò l'inglese.

Donnie prese la sua birra e ne bevve una generosa sorsata, mettendosi a fissare il mare come già stava facendo il cugino. Lo conosceva molto bene, sapeva che Orlando era un tipo piuttosto restio a parlare di se e soprattutto dei suoi sentimenti, sapeva anche che forzare la mano sarebbe servito a poco, però era evidente che aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Quindi pazientemente stava aspettando che si decidesse a farlo.

Di lì a poco Orlando vuotò il sacco e Donnie lo ascoltò senza interromperlo.

“Sono d’accordo sul fatto di farle sapere quali sono i tuoi reali sentimenti. Non è mai troppo tardi per aprire il cuore a chi si vuol bene” commentò alla fine.

“Il problema è che non so come farlo” disse Orlando un po’ mogio.

“Semplice, appena avrai saputo come rintracciarla ti presenterai da lei e glielo dici, del resto non vedo altra soluzione” rispose Donnie.

“La fai facile tu! Non lo so mica se mi viene fuori di botto una cosa così! E poi lei è una tosta, mica è tanto semplice farci un ragionamento, una volta ci ho provato e mi ha fatto talmente incazzare che… ” e a quel punto si fermò. Si ricordò di quella famosa volta in cui stava per fare quella cazzata madornale che poi era stata la conseguenza di una rottura insanabile tra loro.

“Beh? Che successe?” chiese Donald.

Orlando afferrò la birra e bevve, poi sospirò e gli raccontò la scena.

“Non è che ne vada molto fiero, anzi a dire il vero il solo pensarci mi fa sentire una specie di animale, ma Cristo! Quella ragazza ha il potere di farmi rimescolare il sangue, nel bene e nel male!”.

“Uuuuuuuuuu!!!” Commentò eloquentemente Donnie.

Orlando non rispose e aggrottò la fronte.

“Finalmente anche il mio inglesissimo cuginetto, molto composto, molto carino, garbato, dolce e premuroso ha conosciuto il fuoco impetuoso della passione e a quanto pare ne è stato completamente travolto!” ridacchiò Donnie.

“Non pensavo che ti mettessi a scherzarci sopra! Insomma ti ho chiamato per un consiglio, mica per farti fare quattro risate!” si lamentò Orlando contrariato.

“Sempre il solito permaloso a quanto vedo! Orlando stavo solo sdrammatizzando un po’. In realtà sono felice, perché finalmente, forse, vivrai un rapporto in maniera più matura. Mi spiego: fino ad ora hai avuto tutte relazioni un po’ più adolescenziali, tipo ci mettiamo insieme, ci vogliamo bene e via dicendo. Le donne che hai scelto erano sempre molto carine sia dal punto di vista fisico che caratteriale, tutte molto prese ad adorarti a compiacerti, in poche parole a non crearti problemi. Ti sono sempre piaciute così, dolci, comprensive, forse anche un po’ docili?”.

Orlando lo stava ascoltando con attenzione e ne convenne che aveva perfettamente ragione.

“A quanto pare questa volta hai incontrato una donna di carattere e ti assicuro che non c'è niente di più stimolante di una ragazza che sa il fatto suo! Almeno io la penso così. Però c'è da stare attenti, con questo tipo di donne le solite manfrine funzionano poco. In poche parole per conquistarle, ma soprattutto per tenersele c'è da faticare!”.

“Grazie! Questo lo avevo già capito da solo!” protestò l'altro.

“Via ora non buttiamola sul drammatico! Non ti manca mica niente? Anzi nella posizione in cui ti trovi sei anche parecchio avvantaggiato, non mi vorrai mica far credere che hai paura o che non credi nelle tue potenzialità vero? Anche perché è chiaro che le piaci, che prova qualcosa per te. Devi solo fare molta attenzione a come giocherai le tue carte, ma mica sei uno stupido. Quindi per favore niente incertezze e dritto alla meta!”.

La faceva facile lui, pensò Orlando, mica lo sapeva come si sentiva tutte le volte che si trovava davanti a lei, soprattutto ora che era consapevole dei propri sentimenti. Per la prima volta non era tanto padrone di se stesso e anche molto poco spavaldo. Aveva sempre paura di dire o di fare la cosa sbagliata, ma la cosa di cui in realtà aveva più paura di tutto era che Aylén non lo ricambiasse. Sì, sapeva di piacerle fisicamente, sapeva che sessualmente era attratta da lui forse tanto quanto lui lo era da lei. Ma dei suoi sentimenti non sapeva proprio un bel niente e, per tutto il periodo che erano stati insieme in Spagna, lei non aveva mai accennato a nulla che gli potesse far intuire che cosa provasse. Non era mica scemo, sapeva benissimo che esistono anche storie fatte di sola e pura attrazione fisica dove l'amore non centra nulla, ed era proprio quello che lo preoccupava.

“Prima o poi ti dovrai scontrare anche questo, è inutile scappare” gli disse Donnie.

“Con cosa scusa?” gli chiese Orlando che non aveva ben afferrato.

“Con il rifiuto Orlando! Devi essere conscio  che lei potrebbe benissimo rifiutarti. Forse ultimamente ti è un po’ sfuggito il concetto che anche tu sei un essere umano tale e quale a tutti noi. E' normale, del resto la tua vita è cambiata molto e in fretta, ma nonostante tu sia bello, ricco e famoso, non puoi essere immune ai sentimenti, alle delusioni e anche alle sconfitte. Fanno parte della vita ed un bene che tu ti ci trovi a confronto, sono cose che aiutano a crescere”.

Donnie come sempre aveva toccato i tasti giusti e lasciò Orlando in profonda riflessione. Ciò che gli aveva detto era sacrosanto. Il ragazzo si ripromise di fare del suo meglio per affrontare la situazione con Aylén, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per conquistarla, poi se lei non avesse proprio voluto cedere, allora si sarebbe rassegnato, ma solo dopo aver tentato il tutto e per tutto.

 

Sabato, puntualmente, Orlando si era presentato negli uffici della Gap per parlare con Alan.

“Signor Bloom, sarò onesto con lei, quello che mi sta chiedendo non è una cosa da poco. Insomma ci sono delle leggi ben precise sulla privacy e non è molto legale infrangerle. Lei nella sua posizione sa benissimo che cosa intendo dire”.

“Capisco perfettamente e le garantisco la massima riservatezza da parte mia. Non mi azzarderei mai a rivelare dove mi sono procurato le informazioni. Mi creda non mi sarei MAI rivolto a voi se avessi avuto qualsiasi altro modo per rintracciarla. Si tratta davvero di una cosa molto importante o le giuro che non sarei qui a chiederle questo favore!” spiegò Orlando con tono accorato.

L'uomo lo guardò perplesso, in un primo tempo aveva subito pensato: Ecco qui l'attore famoso di turno che rimorchiato la modellina ad una festa e magari essendo stato ubriaco fradicio, ora non si ricorda nemmeno come si chiama! Ma dopo un po’ che stava parlando con lui, aveva capito che quel ragazzo doveva avere davvero qualche questione importante da risolvere con quella giovane ragazza spagnola, che lui stesso aveva scoperto e lanciato nella nuova pubblicità sulla collezione in uscita. Suo malgrado decise di aiutarlo, del resto essere in debito di un favore da lui gli sarebbe anche potuto tornare comodo, chissà.

“Farò uno strappo alla regola e le darò l'indirizzo della signorina Delgado, ma la prego di non rivelarle mai e per nessuna ragione che l'ha avuto da me. Pur non essendo certamente la modella più famosa d'America, ed essendo stata ingaggiata solo per una pubblicità, la signorina Delgado ha con noi un regolare contratto di lavoro, non vorrei ritrovarmi a beghe legali, spero che lei mi capisca. Mi fido della sua parola, la prego di non farmene pentire” disse alla fine Alan.

“Non si preoccupi, sarò discreto e non vi nominerò neanche per sbaglio. Lei mi sta facendo un favore enorme e non me ne dimenticherò, mi creda” disse Orlando all'uomo porgendogli la mano, che l'altro strinse con forza come a suggellare una specie di tacito patto.

Una volta fuori dall'ufficio, il primo impulso di Orlando sarebbe stato quello di andare subito all'indirizzo che gli aveva fornito Alan, ma si impose la calma. Prese il cellulare e chiamò Alejo.

“Ho l'indirizzo!” gli comunicò trionfante.

“Bene passamelo, che da domani comincio ad informarmi e a curiosare un pò” rispose l'altro.

“Da domani? Comincia subito!” rispose Orlando che era troppo ansioso.

“Orlando, datti una calmata, stasera ormai posso fare ben poco, domani invece comincerò presto e sarò fortunato, magari a fine serata saprò dirti qualcosa”.

“Ma domani è domenica! Che cavolo vuoi scoprire di Domenica?” protestò Orlando.

“Mai dire mai amico mio! A proposito visto che è sabato che ne dici se stasera mi porti da qualche parte in un bel localino e mi fai divertire un po’? ” disse Alejo.

Orlando non è che avesse molta voglia di andare per locali, ma mica poteva essere scortese con il suo amico spagnolo, del resto si era prestato ad aiutarlo e gli sembrava quanto meno doveroso contraccambiare in qualche modo.

“Okay, passa da me verso le dieci. Stasera andiamo a divertirci!” disse cercando un po’ d'entusiasmo.

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTIQUATTRO ●

 

 

 

 

Alejo e Orlando erano finiti in una discoteca alla moda e mentre il primo si stava divertendo, il secondo invece era parecchio agitato. Aveva una sorta di insofferenza che lo rendeva mal disposto verso tutto e tutti. Aveva deciso di non bere perché voleva essere lucido. Non ballava perché la musica gli sembrava troppo alta, e tutte le persone che lo fermavano per salutarlo o semplicemente perché lo avevano riconosciuto lo infastidivano. Gli toccava essere gentile e sorridente, ma non vedeva l'ora di andare via.

Finalmente verso le due Alejo acconsentì a porre fine a quella serata.

Il caso volle che  non troppo lontano da quella discoteca ci fosse un altro locale, una specie di disco bar, dove si beveva in compagnia di buona musica e volendo si poteva anche ballare, ma non era una vera e propria discoteca, ma un posto piuttosto intimo e soft. Aylén e Karina erano proprio lì, in compagnia di due ragazzi. Era stata Karina ad organizzare la serata. Aveva notato che dopo la partecipazione alla premiere Aylén era entrata in una sorta di stato depressivo e benché non le avesse detto una sola parola di quello che era accaduto, aveva immaginato che doveva essere stata un esperienza piuttosto spiacevole. Non sapeva assolutamente nulla del passato dell'amica, solo che aveva avuto una forte delusione e nient’altro. Erano colleghe, lavoravano insieme, ma ancora tra loro non c’era una  grossa confidenza. Così aveva pensato di risollevarla portandola fuori con un paio di suoi amici, ma la cosa non aveva funzionato per niente. Aylén si annoiava e Jason, il suo accompagnatore, era fin troppo appiccicoso con lei, ed era evidente che la ragazza non gradisse. Ad un certo punto Karina la vide alzarsi.

“Dove vai?” le chiese.

“Scusate ma io chiamo un taxi e torno casa” rispose Aylén che proprio non ce la faceva più a stare lì.

A quella affermazione Jason si offrì di accompagnarla. Lei si rifiutò cercando di essere gentile, ma lui insistette così tanto che lei per non mettere in difficoltà gli altri due, ma soprattutto Karina che era stata così gentile con lei, finì con l'accettare il suo passaggio.

Proprio mentre uscivano insieme dal locale, passarono di lì in macchina Alejo e Orlando, il quale la riconobbe subito.

“Lo sapevo io!” esclamò l’inglese amareggiato e contrariato allo stesso tempo. “Alejo andiamogli dietro voglio vedere dove vanno!” aggiunse agitato.

“Calmati! E poi non mi sembra una buona idea. Mettersi ad inseguire la gente non è che sia molto intelligente come mossa … e se ci scoprono? Che cosa ci inventiamo? Facciamo una figura di merda e basta!” disse Alejo cercando di distoglierlo da quel proposito.

“Non cominciare a rompere le palle e seguili! Muoviti che stanno partendo!” rispose l'altro concitato come se non lo avesse nemmeno sentito.

Alejo si rassegnò. Aveva imparato a conoscerlo e sapeva che era un gran testone quindi sarebbe stato inutile continuare a discutere.

“Sono curioso di sapere che ci fa con quello lì, ma soprattutto dove vanno insieme a quest'ora!” borbottava Orlando con gli occhi fissi sulla vettura davanti a loro.

“Magari è solo un amico” azzardò a dire Alejo.

Orlando si girò e lo guardò torvo.

“Sì! E io sono nonna papera!” esclamò.

“Sei troppo impulsivo e anche troppo agitato, guarda di usare un po’ il cervello una volta tanto!” lo consigliò l'altro.

Man mano che procedevano in  quella specie d'inseguimento, si resero conto che si stavano dirigendo verso Santa Barbara.

Orlando si ricordò all'improvviso che l'indirizzo di Aylén, che aveva avuto quel pomeriggio era proprio di Santa Barbara.

“Se lo sta portando a casa !” sibilò a denti stretti.

“Magari la sta solo accompagnando… ” disse Alejo.

“Tra poco lo sapremo” rispose Orlando.

Incominciava ad essere parecchio agitato, questa cosa lo aveva colto alla sprovvista, se lei se la intendeva con un altro allora era proprio senza speranza. Non si sarebbe certo messo a pregarla  o fare la figura del fesso, aveva il suo orgoglio anche lui e quando veniva fuori erano guai, perché piuttosto sarebbe morto, prima di dare soddisfazione.

Arrivarono nei pressi di un comprensorio privato dall'aspetto insolito e piuttosto spartano. La macchina con Aylén e Jason si fermò davanti al cancello senza entrare e questo risollevò Orlando. Aylén scese subito, ma fu seguita da Jason. I due parlarono un po’ poi si salutarono. Tra loro non intercorse nessun gesto affettuoso, niente che lasciasse intendere che ci fosse del tenero. Jason risalì in macchina e Aylén  si avviò verso il cancello.

Orlando scese di macchina.

“Ma che fai?” gli disse Alejo agitato.

“Vado da lei, aspettami qui!” gli rispose l'altro.

“Orlando non mi pare il caso e… ORLANDO!”.

Niente, non ce la fece a fermarlo, l'aveva  già quasi raggiunta.

Aylén era di spalle e siccome a tutto poteva pensare meno che  dietro di lei ci fosse Orlando, quando si sentì toccare su un braccio saltò per aria e rimase senza fiato dallo spavento. Ma quando si girò e lo vide, cominciò addirittura a boccheggiare.

“TU?” gli chiese incredula “Ch… che ci fai… qui?” balbettò frastornata e incredula.

“Ti ho seguita” rispose lui calmo.

Aylén lo guardò come se fosse davanti ad un marziano, non ci capiva nulla.

“Mi hai seguita?” chiese perplessa.

“Senti io… cioè non era nelle mie intenzioni… a dire il vero sì, ma non così. Mi spiego: volevo rivederti, ma non sapevo come fare, stasera per caso ti ho vista uscire da un locale e ti ho seguita” disse un po’ alla meglio lui.

Averlo davanti non le sembrava reale, ma aveva parlato, quindi era proprio lui, solo che lei non sapeva davvero che pensare, né tanto meno come comportarsi.

Lui invece era partito in quarta come se avesse una fretta esagerata.

“Noi dobbiamo parlare. Mi rendo conto che è passato molto tempo, troppo tempo, ma dobbiamo assolutamente chiarire alcune cose”.

Aylén che lentamente stava riprendendosi finalmente riuscì a rispondergli.

“Non so se te ne rendi conto, ma sono le due e mezza del mattino. Mi piombi alle spalle come un ladro, mi spaventi a morte e mi dici che vuoi parlare, non credi che sia un tantino fuori luogo mettersi a conversare in mezzo alla strada a quest'ora dopo dieci mesi che non ci vediamo?” disse un po’ irritata.

“Allora fammi salire da te e parliamo in casa” propose lui che proprio stava cominciando a scollegare il cervello con la bocca.

“Ma neanche per idea!” rispose lei risentita.

“Sì, lo so, sembro precipitoso, ma credimi io devo assolutamente chiarirmi con te! In realtà è da quando venni in camera tua quella sera, prima che tu partissi, che lo voglio fare e capisci che non ho più tanta voglia di aspettare!” provò a spiegare lui che era in uno stato d’agitazione che gli impediva di essere lucido e razionale.

Lei lo guardò esterrefatta, ma era scemo o cosa? Cioè come ragionava? Pretendeva forse di arrivare così nel mezzo della notte, farfugliare tre o quattro frasi sconclusionate e magari salire da lei?

S'infuriò.

“Mi domando che hai bevuto,  in realtà non sembra che tu sia di fuori, ma i tuoi discorsi però ti tradiscono, sei ubriaco o cosa?” gli disse in malo modo.

“Credimi sono molto serio, non sarei qui altrimenti” disse lui.

Lei aveva un solo desiderio: picchiarlo. Ma non lo fece. Come lui era veramente orgogliosa e non voleva certo dimostrare quanto quell'uscita improvvisa la stesse agitando oltre che farle male.

“Sono molto seria anche io” gli disse con un tono che non ammetteva repliche “Ritorna da dove sei venuto, non ho nessuna intenzione di stare ad ascoltarti!”.

“Va bene, forse sono stato precipitoso, forse non è il momento adatto, ma non prenderla subito male. Facciamo così, ritornerò domani a che ora posso trovarti?” disse lui per niente smontato dalla reazione piuttosto fredda di lei.

Ad Aylén cascarono le braccia. Era una cosa da non credere. Non sembrava minimamente darle ascolto. Era addirittura peggiorato dall’ultima volta che ci aveva discusso, ora aveva una specie di calma lucida come certi pazzi. Allo stesso tempo però si rendeva conto che non ci sarebbe stato nulla da fare. Si sarebbe ripresentato comunque, con o senza il suo consenso, ormai sapeva come era fatto. Testardo e tenace. Visto che lui non stava usando il cervello decise di usarlo lei e in un certo senso lo assecondò. Avrebbe ascoltato che aveva da dirle e poi se ne sarebbe liberata una volta per tutte.

Fece un passo avanti e guardandolo molto seriamente gli disse:

“Va bene. Vieni pure domani. Dopo le diciassette mi troverai qui. Lascerò il tuo nome al portiere che ti dirà dove trovarmi. Ti ascolterò, ma dopo che l’avrò fatto mi riterrò libera da ogni obbligo nei tuoi confronti, compreso quello di essere educata e gentile!”.

“Verrò subito appena uscito dal set e grazie di avermi concesso questa opportunità, per me ha molta importanza credimi” le disse lui.

“Scusami ma ora devo rientrare” disse Aylén in maniera sbrigativa e oltrepassò il cancello.

Orlando la guardò allontanarsi, troppo contento per rendersi conto che quella che fatto poteva essere un’enorme sciocchezza. A volte non riusciva a frenarsi e questa era una di quelle. Se voleva una cosa andava avanti tipo rullo compressore, martellando senza sosta fino a che non la otteneva. Non sempre però la fretta e l'insistenza pagano. In questo caso avrebbero potuto procurargli dei guai, perché il fatto che Aylén avesse accettato di vederlo l'indomani, non implicava affatto che, come lui credeva, lei ne fosse felice o fosse ben disposta verso di lui.

Orlando non aveva minimamente preso in considerazione questo aspetto della faccenda e molto sollevato si diresse verso l'auto dove lo aspettava  Alejo.

Appena salì si accorse subito dello sguardo di disapprovazione dell'altro.

“E' inutile che fai quella faccia, tanto ho avuto ragione nel volerla fermare! Ho dovuto insistere un po’, ma ho ottenuto di rivederla domani!” gli disse in tono trionfale.

“Orlando, io sono tuo amico e credo di aver anche imparato a volerti bene, ma ti devo dire lo stesso una cosa” prese a dire Alejo poi sentenziò “A volte sei proprio una testa di cazzo!”.

“Perché?” chiese l'altro che sinceramente, oltre ad essere stupito da quell'affermazione, c'era rimasto decisamente male.

“PERCHE'? Ma cosa ti dice il cervello eh? Non capisco tutta questa fretta, che bisogno c'era di mettersi a tartassarla in piena notte? Non potevi aspettare un giorno o due? Non credi che lei ti abbia concesso di tornare domani solo per togliersi dall'impiccio? A volte mi domando se ragioni mai, o se fai tutto così, come ti salta in testa. Sono dieci mesi che non vi vedete, devi essere cauto e fare attenzione a come ti muovi, non capisci che è più facile perderla per sempre che riconquistarla?” gli aveva spiegato Alejo sperando che ameno una volta lo stesse a sentire.

“E' vero, sono stato decisamente precipitoso, ma tu cerca di capirmi, io ho davvero bisogno di farle capire come stanno le cose e ho bisogno di lei. Non avrei mai creduto che una persona mi potesse mancare così tanto!” si giustificò Orlando.

“Io posso capire tutto, ma tu hai trascurato un particolare di vitale importanza. Non ci sei SOLO tu, c'è anche lei. Bisogna che tu ti metta in testa di cominciare a prendere in considerazione ANCHE i sentimenti di Aylén, i suoi desideri e soprattutto DEVI rispettare i suoi tempi. Non puoi mica fare solo ed unicamente quello che fa piacere a te!” replicò Alejo spazientito.

“Sì, ma se io non so quali sono i suoi sentimenti e i suoi desideri, come faccio a rispettarli? Prima bisognerà che me li faccia dire, poi agirò di conseguenza no?”.

Alejo scosse la testa rassegnato.

“Senti, io ti ho detto come la penso, ora fai un po’ come ti pare! Menomale che fra tre giorni rientro in Spagna, così non vi vedo, non vi sento e mi levo dall’impiccio! ”.

Rimasero in silenzio per il resto del tragitto che li stava portando verso Malibù.

Orlando era serio e pensieroso. Non aveva voluto ammetterlo a voce alta, ma s'era reso conto che Alejo non aveva poi tutti i torti. Cominciò seriamente a domandarsi se per caso non avesse commesso un errore, ma ormai era fatta. Si ripromise di riflettere a modo e di presentarsi l'indomani molto più tranquillo e molto più attento a come doveva comportarsi. Non poteva certo permettersi di buttare tutto all'aria per la fretta. Doveva preparasi mentalmente e soprattutto doveva sapere esattamente che cosa dire e come dirlo, in  modo che lei non fraintendesse e che a sua volta si potesse sentire sicura di esprimere i propri sentimenti. Sperando che nutrisse dei sentimenti per lui, cosa questa, che ancora lo teneva molto sulle spine. Quello era l'unico tarlo che gli rosicchiava il cervello, sarebbe stata davvero una beffa amara se avesse scoperto che lei non provava assolutamente niente per lui. In  realtà gli sarebbe bastato che gli volesse anche solo un po’ di bene, ma che fosse del tutto indifferente non avrebbe mai potuto accettarlo, al solo pensiero si sentiva morire.

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTICINQUE ●

 

 

 

 

Al suo risveglio, dopo una notte piuttosto agitata, Aylén era fuori di se. Aveva rimuginato a dovere sull'improvvisata di Orlando e proprio non riusciva a farsela andare giù, ma si ripromise di rifarsi non appena l'avesse raggiunta quel pomeriggio. Quel ragazzo era decisamente prepotente e viziato, oltre che immaturo ed egoista, ma lei ora sapeva come difendersi da lui, aveva imparato la lezione e non si sarebbe fatta fregare una seconda volta.

Orlando al contrario era in una specie di trance. Per tutto il giorno aveva fatto una specie di esercizio mentale ripetendosi passo dopo passo il lungo discorso che avrebbe dovuto fare ad Aylén. Ne aveva curato i minimi dettagli, cercando di non tralasciare nessun particolare che aveva ritenuto importante per spiegarle ciò che provava per lei e quanto lei fosse importante per lui. Era molto agitato, ma non vedeva l'ora di poter andare a parlarle, almeno poi avrebbe saputo.

Appena finito di lavorare chiamò un taxi e si fece portare di filato a Santa Barbara.

Quando scese prima di attraversare l'enorme cancello, fece un grosso respiro, poi deciso si diresse verso il gabbiotto del portiere. Notò che al cancello c'era una specie di targa con incisa una sigla “INSBM”. Si domandò che cosa potesse voler dire, del resto quel posto era parecchio strano, o almeno a lui sembrava così. Si presentò al portiere il quale fece un rapido controllo.

“Signor… signor... Ah, ecco qui: Signor Bloom.” disse l'uomo dopo aver trovato quel nome scritto in una specie di elenco che aveva in guardiola.

“La signorina Delgado l’attende alla Nursery. Percorra il vialetto e giri a destra, poi subito a sinistra e la troverà là”.

Orlando lo ringraziò e si avviò verso dove gli aveva indicato, ma era parecchio perplesso e un tantino stranito.

Che cavolo ci faceva una Nursery in quel posto? Ma, soprattutto, che diavolo ci faceva Aylén in un Nursery? Questa cosa non gli tornava gran che, ma mancava poco alla risposta delle sue domande, bastava girare quell'angolo e avrebbe saputo.

Quello che vide era abbastanza curioso.

C'era uno spiazzo abbastanza grande con una specie di enorme vasca, sembrava una piscina, ma in realtà non lo era. Aylén era seduta sul bordo e stava scrivendo qualcosa su una specie di grande blocco, come se prendesse degli appunti. Indossava un paio di calzoncini corti rosa e una maglietta senza maniche bianca, Orlando notò che era scalza, i sandali erano accanto a lei lateralmente. Sembrava talmente concentrata in quello che stava facendo che non si era accorta del suo arrivo. Si fermò un attimo ad osservarla; era semplicemente deliziosa: si stava mordicchiando il labbro inferiore e aveva la fronte leggermente aggrottata. I capelli erano legati con un elastico in una coda piuttosto alta che le lasciava il viso completamente scoperto. Il primo pensiero che gli venne in mente fu che gli sarebbe piaciuto poter essere lui a mordicchiarle il labbro come stava facendo lei da sola, ma fu subito distratto da ciò che di colpo accadde nella vasca. Improvvisamente qualcosa guizzò nell'acqua emettendo un sibilo e schizzando qua e là. Orlando capì che doveva essere un grosso pesce. La concentrazione di Aylén fu interrotta e si girò verso di lui. Nonostante la cosa le facesse rabbia, non poté fare a meno di costatare  che quel ragazzo era di una bellezza unica. La maglietta grigia leggermente elasticizzata che indossava sopra i soliti jeans stropicciati, gli disegnava con perfezione i muscoli del torace mettendo in risalto l'ampiezza delle spalle. I capelli mossi e arricciati erano scompigliati, gli occhi profondi color nocciola sembravano lucidi per via del suo intenso sguardo e il largo sorriso che gli illuminava il volto, avrebbero steso un elefante! Naturalmente anche lei non rimase indifferente. Si impose di restare con i piedi per terra e di non lasciarsi abbindolare da quell’attrazione prepotente e pericolosa che continuava suo malgrado a provare per lui. 

Orlando intanto si avvicinò la salutò e curioso com'era sporse il capo dentro la vasca.

“HUUUUUUUUUUU! Ma sono delfini!” esclamò eccitato con un espressione intenerita dipinta sul volto.

“Shhhhhh!!!! Non urlare così o gli farai paura!” l'ammonì lei. “Sono due cuccioli. Uno si è smarrito e all'altro hanno ammazzato la madre. Stiamo cercando di svezzarli per rimetterli prima possibile in mare e nel frattempo li stiamo studiando” gli spiegò poi seria Aylén.

“Ma che è ‘sto posto?” chiese Orlando sempre più incuriosito.

“L’ Istituto nazionale delle Scienze Biologiche Marine” gli rispose solenne Aylén.

“Ah si!” chiese sorpreso lui “E che ci fai qui?”.

Lei sorrise soddisfatta.

“Diciamo che in un certo senso ci lavoro. Solo momentaneamente purtroppo. Sono qui per fare un corso di specializzazione. Sto studiando il linguaggio dei delfini”.

“Ma è FANTASTICO!” disse lui con un sorriso smagliante.

Poi si avvicinò di nuovo alla vasca. Si distese per terra a bocconi e sporse il capo nella direzione in cui aveva visto il piccolo delfino. Allungò un braccio e con un dito cominciò a muovere l’acqua con movimenti circolari.

“FERMO! Non puoi fare così li spaventerai a morte!” gli disse agitata Aylén.

Lui girò la testa verso di lei e disse bisbigliando.

“Fidati, io ho un certo feeling con gli animali!” e gli strizzò l’occhio.

Aylén stava per protestare nuovamente, quando uno dei due delfini fece capolino dall’acqua e diede una lieve musata alla mano di Orlando stridendo e cominciando a nuotare in cerchio, ritornando sempre verso la mano del ragazzo.

Aylén sgranò gli occhi e spalancò la bocca.

“Non ci posso credere!” esclamò. “Io ci ho messo quindici giorni a farli avvicinare!”.

Orlando era fuori di se dalla gioia, rideva come un bambino felice ed eccitato dal quella schermaglia con quel piccolo delfino che sembrava gradire molto la sua attenzione.

Aylén rimase ad osservarlo piacevolmente sorpresa. Non lo aveva mai visto così, quello era un aspetto di lui che proprio non aveva mai conosciuto.

“Aspetta un attimo qui, non ti muovere capito? Stai fermo e continua a farlo giocare” disse all’improvviso Aylén che aveva avuto un’ idea.

Orlando annuì complice e continuò a fare le moine al delfino.

Quando Aylén ritornò aveva una specie di secchio con dei piccoli pesci dentro, si abbassò sui talloni accanto a lui che continuava a giocherellare con l’animale che sembrava sempre più vivace.

“Prova a dargli da mangiare” gli disse Aylén, “Voglio vedere se Shy fa capolino!”.

Orlando si girò verso di lei e le chiese chi fosse Shy.

“E’ l’atro cucciolo è piuttosto ritroso e non mangia molto. Tra i due è quello che mi preoccupa di più. E’ quello a cui hanno ammazzato la madre, credo che sia ancora scioccato. Questo con cui stai familiarizzando, e molto bene direi, è Sleepy”.

Orlando prese un pesce e lo offrì a Sleepy il quale con un guizzò l’afferrò ed emise uno dei suoi acuti stridii, schizzandolo come per ringraziarlo a suo modo.

Intanto, poco più in là aveva fatto capolino Shy. Non si era avvicinato, sembrava un bimbo curioso che sporgeva il muso per vedere che gli accade intorno. Come Orlando lo vide allungò l’altra mano e cominciò ad agitare l’acqua come aveva fatto prima. Shy non si mosse, ma Orlando non si dette per vinto. Continuò imperterrito e provò a fischiettare in direzione dell’animale come per richiamarlo. Ad un certo punto il delfino si avvicinò e rubò dalla mano del ragazzo il pesce che lui stava offrendo a Sleepy.

Orlando continuò per un po’ a dedicarsi ai delfini e Aylén rimase accanto a lui incredula e stupita, come non le accadeva da tempo.

Dopo un lasso di tempo abbastanza lungo, si rialzarono in piedi e Orlando si asciugò le mani ai pantaloni.

“Ma come hai fatto?” gli chiese Aylén.

Lui strizzò gli occhi e sorrise.

“L’ho visto fare una volta in un documentario alla BBC e comunque te lo avevo detto che io ho feeling con gli animali!” confessò candidamente lui.

“E’ semplicemente incredibile! Anzi direi straordinario. Tu non ti rendi conto di cosa hai fatto! Io devo addirittura entrare in acqua per farli mangiare!” gli disse lei.

“Ma davvero vai in acqua con loro? Dio come t’invidio, mi piacerebbe un casino nuotare con dei delfini!” disse lui con entusiasmo.

“Ma io non ci nuoto con loro sono troppo piccoli gli do da mangiare e basta. Sai con chi nuotiamo a volte? Con dei delfini che abbiamo preso per contrassegnare  poi per rimetterli in mare. Loro sono adulti e con loro si può fare, anche se non dovremmo!” gli spiegò Aylén sorridendo al pensiero di quella marachella che ogni tanto faceva con qualche suo collega.

“E dove sono questi delfini adulti?”chiese Orlando curioso.

“Non sono qui, sono nel mare in una specie di recinto, non possiamo allontanarli troppo dal loro habitat naturale”.

“Mi ci porteresti a vederli?”disse Orlando ansioso.

Lei guardò l’orologio e scosse la testa.

“E’ troppo tardi  e poi non so se il caso…”.

Ti prego, ti prego, ti prego! Prometti che mi ci porterai! Vorrei tanto nuotare con i delfini!”.

Pareva un bambino che vuole andare alle giostre, aveva fatto una specie di broncio  e aveva gli occhi imploranti, pieni di aspettativa. Sembrava davvero impaziente e molto ansioso. Era strano, ma tutta a la rabbia che Aylén aveva accumulato dalla sera prima si era dissolta, forse proprio perché non avevano mai condiviso niente di simile prima di allora. Sembrava una sciocchezza, ma in realtà, i loro precedenti rapporti erano stati solo lavorativi o di letto. Sì, avevano scherzato e talvolta parlato, ma così sporadicamente e così superficialmente che in pratica non si conoscevano per niente. Attraverso questa cosa inaspettata lei aveva potuto intravedere un aspetto  del carattere di Orlando che le stava piacendo molto. Non avrebbe mai immaginato che lui potesse essere così tenero e soprattutto che avesse questa specie di dote con gli animali. Sapeva per esperienza che bisogna essere sensibili per entrare in contatto con i delfini, perché loro sentono di chi possono fidarsi.

“Non lo so, vedremo. Se sarà possibile lo faremo, ma non ti prometto niente” si sentì di dire lei.

Non sapeva perché, ma non era stata capace di dargli un rifiuto secco e deciso.

“Grazie!” gli disse lui con un sorriso.

Poi volente o nolente lei gli dovette fare quella domanda.

“Ma non eri venuto per parlarmi?”.

Orlando si era quasi completamente dimenticato del motivo per cui fosse lì. Distrattamente dette un’occhiata all’orologio, era veramente tardi. Di lì ad un’ora avrebbe dovuto parlare al telefono con la sua manager. Restò un po’ titubante  ma si rese conto che oltre ad avere poco tempo a disposizione, forse quello non era né il luogo, né il momento adatto per dichiararsi, così gli venne un’idea improvvisa.

“Si è vero devo parlarti assolutamente, solo che si è fatto un po’ tardi, allora avrei pensato che magari potremmo andare a cena fuori e parlare stasera” disse con tutta la calma che riuscì a  tirare fuori. Temeva un rifiuto.

Aylén si mise subito sulla difensiva.

“No, non mi pare proprio il caso, se vuoi parlare fallo pure io ti ascolto” disse solenne.

“Andiamo! Quello che devo dirti è molto importante, non posso farlo qui in fretta e furia! Ho bisogno della tua attenzione e credo che un posto tranquillo sia più indicato al caso” ribatté lui.

Ci risiamo! Pensò lei contrariata, era come se fossero tornati indietro nel tempo, lei diceva una cosa e subito lui partiva al contro attacco. Se pensava di portarsela a cena, dirle due paroline dolci e poi magari portarsela a letto si sbagliava di grosso.

“Mi dispiace a cena non vengo” fu la risposta secca e decisa di Aylén.

Orlando la prese male, ma cercò di non farlo trasparire.

“Non capisco il motivo di un rifiuto così netto, insomma ti ho invitata a cena mica in camera d'albergo? Perché tanto lo so che è questo che hai pensato!” gli rispose contrariato.

“Possibile che tu non riesca ad accettare un no come risposta?” disse lei spazientita.

“Posso anche accettarlo solo che mi suona come una ripicca!”.

A quella affermazione Aylén sbuffò. Orlando capì che le cose si stavano mettendo male e non sapeva più che fare. Parlare a quel punto non gli sembrava più tanto il caso, insistere per portarla fuori neanche. Si ritrovò in difficoltà e la sua espressione di fece piuttosto seria e preoccupata. Tentò un’ultima volta.

“Per favore non essere così testarda, accetta il mio invito, voglio solo parlare con te. Non mi dirai che hai paura di me?”.

Aveva toccato il tasto giusto, del resto almeno un pochino la conosceva, quella piccola provocazione sortì l'effetto sperato.

“Ci mancherebbe solo che avessi paura!” esclamò lei.

“E allora vieni e dimostramelo. Ceneremo parleremo e nient’altro. Te lo giuro” disse lui.

“E va bene! Vengo! Ma prima di mezzanotte voglio essere a casa, e voglio solo parlare chiaro?” rispose Aylén spazientita.

“Come vuoi SOLO parlare?” chiese lui facendo un’espressione allibita.

Aylén lo guardò malissimo e lui scoppiò a ridere.

“Non essere maligna!” gli disse tra le risa “Io spero che vorrai ANCHE mangiare oltre che parlare, mica digiunerai vero?”.

L'aveva presa in giro tanto per allentare la tensione.

“Molto spiritoso davvero!” aveva detto lei facendogli una smorfia.

“Vengo a prenderti alle nove, fatti trovare pronta e non vestirti elegante non ho intenzione di portarti in posto esclusivo, Ci vediamo dopo!” disse mentre si avviava verso il vialetto per andare via.

 

PS: Per non alimentare polemiche inutili vi ringrazio qui ragazze! Sono contenta di come seguite questa storia con partecipazione e affetto. Sono sicura che se qualcosa non fosse di vostro gradimento me lo fareste notare, anche perché non credo che nessuno vi obblighi a  recensire ^^. Non sono una scrittrice, non ho la presunzione di esserlo, scrivo solo ciò che immagino, sono immagini che la mia mente ( qualcuno penserà malata! ^_^) visualizza grazie ad una foto o sulle note di qualche canzone ascoltata distrattamente alla radio, specialmente quando guido per andare a lavoro. Non sono in competizione con nessuno né mi sento migliore di altri, anzi confesso che spesso quando leggo altre fan fiction, mi sembra che le mie siano sempre un po' meno profonde o meno divertenti. Questo per me è solo un piacevole passatempo che magari un giorno si esaurirà quando non avrò più niente da dire, sapere che qualcuno si emoziona o ride  o semplicemente apprezza le mie storielle senza pretese: mi fa felice, non per presunzione, ma semplicemente perché è bello condividere una passione con altre persone amiche o sconosciute che siano, quindi ancora una volta GRAZIE, a tutte voi un bacio Moon ^^ 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTISEI ●

 

 

 

Aylén era in piedi di fronte allo specchio, indossava una gonna di viscosa lilla, appena sotto il ginocchio, che morbidamente le disegnava le curve dei fianchi, lasciando scoperti i polpacci fini e levigati. Sopra si era infilata una maglietta nera a maniche corte elasticizzata, molto semplice, che le metteva in risalto il seno delineandone il contorno. Ai piedi portava un paio di semplici infradito neri che riprendevano il colore della maglia e che mostravano i piedi perfetti, lasciando scoperte le caviglie sottili. I capelli erano sciolti e aveva messo solo un po’ di mascara e un lucidalabbra leggermente rosato, per mettere in risalto gli occhi scuri e le labbra carnose. Davanti a quello specchio, oltre che ad esaminarsi con aria critica, stava portando avanti una specie di discussione con se stessa.

Ti sei agghindata fin troppo per andare a questa cena, che poi a dirla tutta, non ci saresti neanche dovuta andare! Si stava dicendo severamente.

Ma un'altra vocina dentro di lei diceva: Ti sei preparata di tutto punto perché tanto lo sai qual è la verità: vuoi piacergli…

“Non è affatto vero? Mi sono preparata per me stessa! Che male c'è ad avere cura del proprio aspetto?” si rispose piccata aggrottando le sopracciglia alla sua immagine riflessa.

La vocina continuò a punzecchiarla: Tanto se lui ci prova lo sai benissimo che non gli dirai di no, è più forte di te, sfugge al tuo controllo!

“Ma neanche per sogno! Questa volta è diverso, IO sono diversa, e non cederò neanche morta!” si rispose Aylén contrariata.

Se…se…come no! Sentenziò la vocina della sua coscienza.

“Oh insomma! Ora basta! Non posso mica discutere con me stessa!” brontolò la ragazza di fronte alla sua immagine nello specchio.

“Aylén? Ma con chi borbotti?” le chiese dall'altra stanza Karina.

“Con nessuno! Riflettevo a voce alta…” rispose all'amica cercando di apparire tranquilla, poi uscì dalla camera. Dette un'occhiata all'orologio: erano le nove in punto, doveva scendere.

“Come siamo belle stasera! Dove vai?” le chiese Karina appena la vide.

Aylén, che si sentì come se fosse stata scoperta a fare chissà che cosa, pensò che l’amica quasi volesse sottolineare che stava facendo qualcosa di pericolosamente sbagliato; arricciò un po’ il naso e le rispose.

“Che esagerazione! Sono normale! Cazzo, neanche mi fossi messa il vestito di Armani!” disse contrariata.

Karina rimase male e la guardò perplessa, quella reazione le sembrò oltremodo esagerata.

“Aylén scusa, io capisco la modestia e tutto il resto, ma non c'è mica bisogno di rispondere così! Il mio era un complimento sincero, ma che ti prende?”.

“Scusami, hai perfettamente ragione è solo che sono molto nervosa stasera. Devo vedere una persona che farei meglio a non vedere proprio …e accidenti!… Lasciamo perdere. Ora devo andare o faccio tardi. Scusami ancora”.

Orlando la stava aspettando appena fuori del cancello appoggiato ad una Range Rover nera con i vetri scuri. Aveva le braccia e le gambe incrociate e l'espressione piuttosto serena. Indossava una camicia blu  piuttosto ampia, i primi due bottoni erano aperti, così che si intravedeva il collo la gola e la fossetta tra le clavicole. Sotto portava un paio di pantaloni di cotone color caki con diverse tasche, anch'essi piuttosto larghi, e un paio di scarpe da ginnastica colorate. Come la vide le sorrise e le aprì lo sportello della macchina, Aylén salì accomodandosi vicino al posto di guida, era piuttosto agitata e si poggiò le mani in grembo. Orlando salì a sua volta mise in moto e partì. Subito si girò verso di lei, le sorrise e le disse:

“Sei davvero molto carina stasera”.

“NON ci provare!” gli rispose secca lei.

“Ehi! Ho detto che sei carina, non che ora fermo la macchina e strappo i vestiti di dosso!” rispose lui risentito, visto che era rimasto male a quella rispostaccia.

“Senti” cominciò a dire lei “Non sarei neanche dovuta venire, quindi per favore evitiamo di fare gli svenevoli, ti prego di non cominciare a comportarti come se questa cosa avesse un significato diverso da quello reale. Siamo insieme per parlare punto e basta!” disse lei risoluta.

Aylén aveva sentito il bisogno di delineare subito una bella linea di confine e di mettere le distanze, perché come ben sapeva, purtroppo era in pericolo e non aveva nessuna voglia di fare qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentita.

Orlando si rese subito conto che sarebbe stata una serata difficile, quindi pensò bene che la prima cosa da fare era quella di tranquillizzarla e metterla a suo agio o avrebbe rischiato di fare un enorme buco nell'acqua.

“Aylén rilassati, parleremo tranquillamente come due vecchi amici okay? Ti capisco, non credere che sia così ottuso, ma ti assicuro che non hai niente da temere non ho nessun secondo fine. Anzi vorrei che tu ti levassi questa cosa dalla testa e in un certo senso è proprio di questo che vorrei parlarti. Però per favore cerca di stare tranquilla o anche per me sarà infinitamente difficile poterti parlare.” Le disse lui cercando di essere tranquillo e rassicurante.

Aylén si calmò un pochino e pensò che forse era meglio stare attenta o avrebbe finito per fare la parte dell'isterica. In fondo aveva accettato l'invito e ora fare tutte quelle storie risultava esagerato e anche un po’ fuori luogo, avrebbe dovuto pensarci prima. Quindi prese fiato e si scusò, gli disse di essere un po’ tesa a causa del lavoro. Mentì, ma non poteva certo dirgli che aveva paura delle sue reazioni nei suoi confronti.

 

La cena fortunatamente sembrava procedere piuttosto bene, anche se all'inizio purtroppo ci fu un altro momento di grossa tensione, che ad Orlando aveva fatto temere il peggio.

L'aveva portata a mangiare a casa sua. Non appena Aylén l'aveva capito si era alterata e avrebbe voluto subito tornare indietro. Il ragazzo aveva faticato non poco a spiegarle che non potevano andare in un locale pubblico, dove con ogni probabilità, nella migliore delle ipotesi, sarebbero stati interrotti ogni cinque minuti e  dove avrebbero rischiato di essere fotografati e inseguiti per tutta la sera. Aveva giurato e spergiurato che non c'erano secondi fini in quella scelta,  e per fortuna dopo una discussione un po’ animata lei s'era convinta ed era rimasta. Orlando aveva fatto apparecchiare in veranda e aveva ordinato una cena tipicamente spagnola, tanto per compiacerla. Aylén aveva gradito abbastanza il gesto e a poco a poco la situazione si era normalizzata. Ancora non erano entrati nel vivo della discussione, stavano semplicemente chiacchierando. Orlando voleva essere sicuro che lei fosse tranquilla e ben disposta prima di fare quel famoso discorso.

“Spiegami una cosa, ma tu a Los Angeles che ci fai realmente? E Quella pubblicità della Gap, che si vede da per tutto, quando e come l'hai fatta?” le stava chiedendo lui.

“Dunque partiamo dall'inizio” cominciò a dire lei “Finalmente ho capito che cosa voglio realmente fare: la biologa marina! Vedi, io in realtà mi ero messa in testa di fare l'attrice per fare dispetto a mio padre, ma la mia strada è un'altra. Ho dato gli ultimi due esami ed ora mi manca solo la tesi. Sono stata selezionata per partecipare a questo progetto di cui ti parlavo oggi, ed è probabile che una volta laureata diventerà il mio lavoro fisso, forse proprio qui a Los Angeles. Non è certo, ma ci spero tanto, mi piace troppo. La pubblicità della Gap è stato un gran colpo di fortuna, ero in un locale e sono stata fermata da un tizio che mi ha proposto di presentarmi nei suoi uffici per parlare di un eventuale lavoro come modella. Ho accettato per curiosità, ma quando mi hanno offerto questa campagna pubblicitaria ho accettato, del resto mi hanno pagata un sacco di soldi e a me i soldi fanno sempre comodo. E' stata una bella esperienza, si è conclusa, ma non credo che la ripeterò, non m’interessa come sbocco lavorativo, io ho altri progetti molto più gratificanti” gli spiegò lei con molta soddisfazione.

Orlando l'aveva ascoltata spiluzzicando la sua paella, notò che era molto entusiasta del suo lavoro e che forse in un certo senso era leggermente più pacata da come l'aveva conosciuta lui.

Aylén lo stava osservando a sua volta e aveva notato che era piuttosto pensieroso, anche se faceva di tutto per non farlo notare. Ora si sentiva più a suo agio, anche se ogni volta che lo guardava, malgrado tutto, si sentiva come sciogliere.

Improvvisamente si accorse di una cosa a cui precedentemente non aveva fatto proprio caso, Orlando in fronte aveva una specie di bernoccolino verdastro, era chiaro che avesse battuto la testa, le venne spontaneo chiedergli che avesse fatto.

Orlando ridacchiò e abbassò gli occhi.

“Ho battuto una gran testata in un palo qualche giorno fa” le disse.

“E come hai fatto a non vederlo?” gli chiese lei  perplessa.

Orlando rise di nuovo, si sentiva un po’ idiota, ma in fondo poteva anche dirglielo.

Alzò la testa, ancora col sorriso sulle labbra, e con uno sguardo molto intenso le disse: “E' stata tutta colpa tua!”.

Aylén inarcò entrambe le sopracciglia meravigliata.

“Colpa mia?” chiese incredula.

Orlando annuì con la testa a conferma continuando a sorridere.

“Spiegami perché non capisco…” gli chiese lei  appoggiando i gomiti sul tavolo e tenendosi il viso tra le mani. Era davvero curiosa di sapere come c'entrasse lei in quella storia.

“E' tutto molto semplice: stavo guardando  te in un cartellone pubblicitario ed ero talmente concentrato nel farlo che non mi sono accorto del palo che inevitabilmente si stampato sulla mia fronte” disse lui con aria divertita.

“Che deficiente!” disse lei tanto per mascherare il fatto che questa cosa l'aveva turbata. Insomma se per guardare lei s'era quasi rotto la testa, voleva pur dire qualcosa! Le entrò l’agitazione.

“Puoi dirlo forte!” disse lui scoppiando a ridere.

Suo malgrado rise anche lei s'immaginò la scena e in effetti doveva essere stata una cosa abbastanza ridicola.

Parlando e scherzando erano arrivati a fine pasto e ora seduti di fronte ad una tazza di caffè fumante, persi in un attimo di silenzio.

Orlando stava preparandosi per cominciare a parlare e Aylén si era soffermata ad ammirare la vista seguendo l'orizzonte e il mare.

Il ragazzo girò lentamente la testa e le disse: “Credo che sia arrivato il momento di dirti alcune cose importanti”.

Quel tono pacato e così serio fece sussultare leggermente Aylén mettendola in allarme, non sapeva che cosa le avrebbe detto, lei aveva pensato a delle scuse, ma l’ atteggiamento di Orlando era decisamente molto, troppo serio, era perplessa .

Il ragazzo intanto prese coraggio per poter iniziare il suo lungo discorso, si schiarì la voce e cominciò deciso.

“Partendo dall'inizio, posso solo dire una cosa: sono stato un gran cretino! E su questo credo che ti troverai perfettamente d’accordo con me, ma ti prego di ascoltarmi fino in fondo, prima di trarre le tue conclusioni.” Lei annuì.

“Non è stato facile per me.”riprese a dire lui. “ Credimi, ho passato gli ultimi mesi cercando di dimenticarti. Pensavo di esserci riuscito, ma mi è bastato rivederti solo una volta per capire che  era tutto esattamente come prima. Quando ti ho conosciuta e intendo fin dalla prima volta, cioè quando sei uscita da quella torta, nonostante non volessi ammetterlo, sono rimasto colpito dalla tua bellezza. Sei incredibilmente bella, ma questo credo che tu lo sappia da sola. Quasi subito dopo  ho come perso la testa. Insomma, cerca di capire sono un uomo normale e la prima cosa che mi passa per la testa è sicuramente il sesso. Inoltre all'epoca ero anche fidanzato e questo contribuiva ancor di più ad alimentare la confusione che regnava nella mia testa. E' inutile che ti venga a raccontare che mi sono innamorato di te al primo sguardo, perché ti prenderei solo in giro. In realtà non lo so com’è successo, ma il fatto è che nonostante mi volessi convincere che per te provavo solo un'attrazione fisica, in  realtà non era affatto così. Non lo so da quanto fossi innamorato di te, ma so solo che quando te ne sei andata mi è mancata la terra sotto i piedi e sono stato malissimo. Mi sono reso conto dei miei sentimenti solo quando non c'eri più, e a quel punto non ho avuto il coraggio di fare niente. Pensavo che tu non mi volessi, che mi detestassi, soprattutto per come mi ero comportato e ho avuto paura. A dire il vero ho paura anche ora, ma dovevo dirtelo. Volevo assolutamente che tu sapessi che… sono innamorato di te”.

Aylén non l’aveva interrotto neanche una volta perché l’aveva promesso, ma soprattutto perché via via che lui parlava lei si sentiva sempre più male. Il cuore le pulsava impazzito, respirava a fatica e sentiva un gran caldo come se il viso le stese prendendo fuoco. Era preparata a tutto ma non a questo. L'aveva presa letteralmente contro piede, lasciandola impietrita. Rimase attonita incapace di rispondere in preda ad una sensazione indescrivibile, ma decisamente molto simile al panico misto alla confusione più completa. Non poteva credere che lui avesse detto che era innamorato di lei, era una cosa a suo parere completamente fuori dalla realtà e mai se lo sarebbe immaginata.

Orlando intanto che aveva fatto non poca fatica a dichiararsi era in attesa spasmodica di una sua reazione. Si tormentava le mani e si rosicchiò un’unghia, ma lei non parlava, quindi in preda all’ansia le chiese :“Non dici niente?” la sua voce tradiva chiaramente tutta la sua preoccupazione.

Aylén girò la testa di scatto verso il mare. Non lo voleva guardare, le sembrava di stare fuori dal mondo, in una dimensione irreale e artificiosa.

“Scusami Orlando, ma mi rimane molto difficile crederti” disse alla fine con un filo di voce, continuando a fissare il mare.

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTISETTE ●

 

 

 

 

Orlando sapeva che ci sarebbero stati dei problemi, delle incomprensioni, che non sarebbe stato facile farle capire i suoi sentimenti, ma nonostante tutto quell’affermazione l’aveva profondamente ferito.

“Davvero credi che stia prendendo in giro?” chiese amareggiato.

Lei sospirò continuando a guardare dritto davanti a se. Poi lentamente cominciò a parlare, non era arrabbiata ma piuttosto era molto triste.

“Orlando tu non mi conosci neppure, come puoi essere innamorato di me? Non è possibile! Io credo che tu sia solo ancora attratto fisicamente da me. Oppure non riesci a sopportare di non essere tu a condurre il gioco, magari non ti capita spesso di essere scaricato e ora tenti il tutto e per tutto per ottenere quello che vuoi! Non puoi pretendere che io abbia dimenticato come ti comportavi con me!”.

“E’ vero, ho sbagliato tutto, non ti conosco molto, ma quello che io provo per te…”.

Lei lo interruppe immediatamente.

“Per favore non attaccare con il solito disco! Le conosco fin troppo bene queste frasi preconfezionate che continuamente usate voi uomini: Tu sei diversa. Tu mi fai provare cose che non avevo mai provato prima. Quando sono con te mi sento un altro. Tu mi sei necessaria come l’aria, e via dicendo! Sono solo cazzate!” gli disse irritata elencandole una per una sulle dita, come se stesse ripetendo un elenco della spesa.

Orlando non sapeva più che pesci prendere, cominciava ad agitarsi e a rendersi conto che la cosa gli stava sfuggendo dalle mani e per reazione il nervosismo gli prese il sopravvento.

“Insomma qualsiasi cosa dica, per te non va bene! Cosa credi che sia stato facile per me? Credi che io sia incapace di provare dei sentimenti? Anche tu non mi conosci e non puoi giudicarmi, non sai niente di me!”.

Aylén la prese male, parlava come se lei fosse un insensibile che non lo capiva e non voleva credergli, comodo da parte sua, come se lei non avesse avuto ripercussioni da quella loro specie di storia; relazione, o quel diavolo che era stata.

“Allora che cosa pretendi? Riappari per caso nella mia vita dopo tutto questo tempo, mi dici candidamente che sei innamorato di me, e io che dovrei fare secondo te? Buttarti le braccia al collo e magari pregarti di portami di sopra!” poi aggiunse rabbiosa “Se mi amavi tanto perché non mi hai mai cercata, eh?”.

Lui scattò in piedi punto sul vivo. Sapeva che aveva sbagliato a non cercarla, a non spiegarle prima, ma l’aveva fatto per un miliardo di ragioni, magari stupide, ma non certo perché non l’amava.

“La verità è che prima ho dovuto prendere coscienza di ciò che provavo. Poi non sapevo come fare a trovarti! Ero lontano, porca miseria! Non potevo certo venire a setacciare tutta la tua città. Poi ho lavorato come un matto, non c’era possibilità di potermi assentare per venire in Spagna! Non sono esattamente una persona libera di fare come gli pare e piace.” le disse costernato. Poi raddolcendo un poco il tono della voce si piegò verso di lei e guardandola con uno sguardo simile a quello di un cucciolo smarrito le disse: “In realtà più di ogni altra cosa mi ha impedito di cercarti la paura. Avevo paura che tu non provassi niente per me e avevo paura che tu non mi volessi, che mi disprezzassi e a quanto pare avevo ragione” concluse amareggiato.

Aylén si domandò perché la guardasse così, era insostenibile quello sguardo, abbassò gli occhi perché proprio non ce la faceva a guardarlo. Era ancora innamorata di lui e avrebbe finito col credergli, anche perché in fondo al cuore voleva credergli, aveva bisogno di credergli, ma non voleva e non poteva cedere, il rischio di soffrire era veramente troppo alto. Non poteva ripetere un errore così grande. Anche lei come lui aveva paura.

“L’amore è un sentimento che si dimostra con i fatti e non con le parole… ” gli disse seria.

“Proprio per questo, almeno lasciami almeno l’opportunità di potermi far conosce e di conoscerti!” gli disse lui avvicinandosi alla sua sedia e abbassandosi sui talloni, per essere alla sua stessa altezza, e poterla guardare dritta negli occhi. “Ascoltami, è vero, abbiamo cominciato dalla fine di una storia, proviamo a partire dall’inizio! Frequentiamoci, parliamo, vediamo che succede! Ma per favore non sprechiamo quest’opportunità solo per paura o per orgoglio, sarebbe ancora più stupido di quello che abbiamo fatto prima!” le disse con un tono quasi implorante.

La determinazione di lei cominciava a vacillare sotto quell’assalto accorato e insistente. Era confusa e spaesata non sapeva che fare. Avrebbe voluto alzarsi e andarsene di filato il più lontano possibile tappandosi le orecchie. Ma nello stesso tempo avrebbe voluto abbracciarlo e stare stretta a lui fregandosene di tutto.

“Ti prego chiamami un taxi e lasciami tornare a casa” riuscì a dire Aylén che aveva perso ogni forza di discutere.

“Ti accompagno io” disse lui rialzandosi.

“No, preferisco andare in taxi” rispose lei calma ma decisa.

“Perché non posso accompagnarti?” le chiese irritato Orlando.

“Non puoi essere sempre così testardo! Perché dobbiamo sempre discutere? Per una volta cerca di fare quello che ti chiedo! Per favore chiamami un taxi” gli disse lei stancamente.

Orlando sembrò arrendersi. Che poteva fare? Mica poteva accompagnarla con la forza e poi non sarebbe sicuramente servito a niente.

“Va bene ti chiamo un taxi” le disse rassegnato estraendo il cellulare dalla tasca.   

Dopo aver parlato con la compagnia dei taxi, disse con tono incolore “Arriva tra mezz’ora”.

“Grazie” disse lei abbozzando una specie di sorriso che pareva quasi una smorfia.

“Possiamo almeno rivederci?” le chiese titubante con il solito sguardo da cane bastonato.

Aylén sospirò, era evidente che avrebbe dovuto dirgli di no in maniera decisa e definitiva, ma proprio non ce la fece.

“Non lo so…” rispose aggrottando la fronte. “Devo riflettere e devo fare ordine nella mia testa, perché ora come ora non ci capisco più niente” concluse fissando il pavimento con aria smarrita.

Quella risposta, seppur vaga e a dir la verità non poi molto incoraggiante, rese Orlando felice. Si può essere felici solo perché una persona non ti rifiuta nettamente anche se non ti incoraggia per niente? La risposta è sì. Quando si è innamorati anche un solo flebile filo di speranza ti può riempire il cuore di gioia e per lui fu esattamente così.

Prima di salutarsi rimasero d’accordo che lui non l’avrebbe cercata, che sarebbe stata lei a farlo non appena avesse fatto chiarezza in se stessa. Per Orlando accettare quella decisione non fu affatto facile, caratterialmente era uno abituato a battere sulle questioni fino a che non le risolveva, soprattutto se voleva ottenere qualcosa che lo interessava davvero, ma quella volta era diverso e si dovette adeguare.

 

***

                                                                                    

Come accadeva spesso ultimamente, Donnie era andato a casa di suo cugino. Aveva bisogno del suo appoggio e lui non glielo faceva mancare.

“Allora perché non usciamo un po’ stasera? E’ sabato, che cavolo ci facciamo in casa di sabato sera?” stava appunto dicendo ad Orlando.

“Non ho voglia di andare a rompermi le palle nell’ultimo locale alla moda, preferisco stare a casa e rompermele qui!” rispose l’altro storcendo il naso.

“Secondo me la stai prendendo veramente troppo male questa storia” gli disse Donnie.

“E come vuoi che la prenda? Sono passate quasi due settimane e non si è fatta viva…” poi come se fosse ricordato solo allora di quel particolare aggiunse “Porca miseria! Lo vedi che sono rincoglionito! Cazzo, non ci siamo neanche scambiati i numeri di telefono! Dio come sono stupido!”.

“Via non essere melodrammatico, tanto lei sa comunque dove rintracciarti”.

“Sì… ma… insomma se le avessi dato almeno il numero del cellulare...” farfugliò Orlando sconsolato.

“Ma perché invece di stare qui a macerarti non cerchi di distrarti un po'? Magari ti farebbe bene” provò a dirgli suo cugino.

“Non ho voglia di distrarmi, ho voglia di vederla e di risolvere questa faccenda!” rispose Orlando risoluto.

“Non vorrai mica andare da lei vero?” chiese l’altro un po’ allarmato.

“No. Ho promesso che non l’avrei fatto e tu sai che quando prometto una cosa la mantengo, certo mi costa una fatica enorme, ma non andrò da lei”.

Continuarono a parlare, bevvero un paio di birre e poi si misero a giocare alla Play Station. Alla fine Orlando sembrava più tranquillo così quando Donnie lo lasciò si sentì più sereno anche lui, non lo aveva visto mai così ed era seriamente preoccupato.

La mattina seguente, benché fosse domenica, Orlando si alzò abbastanza presto ed andò a correre sulla spiaggia. Non dormiva molto, giusto lo stretto necessario. Quando era sveglio se aveva da lavorare si distraeva così, altrimenti doveva trovare qualcosa da fare, perché star fermo con le mani in mano lo portava a pensare e se pensava stava male.

Dopo i suoi abituali quarantacinque minuti di corsa, quando arrivò al vialetto che portava all’entrata sulla spiaggia della sua villa, si accorse che qualcuno era seduto in veranda. Strizzò gli occhi per vedere meglio, dato che era contro sole, e si rese conto che era Aylén che lo stava aspettando. Sentì un tuffo al cuore e si avviò veloce da lei.

Aylén era seduta aveva i capelli appuntati sulla nuca, l’aria stanca, preoccupata e sembrava triste. Il viso era piuttosto pallido ed era segnato dalle occhiaie. Indossava una canottiera bianca un paio di jeans e un paio di scarpe da ginnastica.

“Ciao!” gli disse lui sorridendo non appena le fu davanti.

Aylén se lo ritrovò davanti completamente sudato fradicio, scalzo, con la maglietta appiccicata addosso e un paio di pantaloni di una tuta logora bianchi.

Lo osservò per qualche istante e pensò che anche conciato così era davvero irresistibile e perfetto.

“Non dovresti correre scalzo, fa male ai tendini non lo sai?” gli disse come per scuotersi dai quei pensieri.

“Davvero? Non lo sapevo… comunque non lo faccio quasi mai, di solito metto sempre le scarpe. Da quanto sei qui?” gli chiese lui ansioso.

“Da circa mezz’ora credo, non volevo disturbarti. Anzi scusami se sono arrivata così all’improvviso. La tua domestica non voleva neanche farmi entrare, ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Non sapevo come fare a contattarti, avevo paura anche di essere inopportuna o di non trovarti…” gli spiegò lei leggermente concitata.

Orlando notò che era molto nervosa.

“Lo sai che non mi disturbi affatto, avresti dovuto fermarmi, farmi un cenno e non restare ad aspettare qui da sola che finissi di correre. Ma che è successo?” gli disse lui con un tono di affettuoso rimprovero. Come poteva pensare di dargli fastidio?

 

Per Aylén erano stati giorni difficili. Come era accaduto a lui in Spagna era entrata in uno stato confusionale molto grande. Cambiava idea ogni giorno e naturalmente la paura la faceva da padrona. Non era facile per lei, per come era fatta caratterialmente, cedere le armi, soprattutto alla luce di quello che aveva passato e sofferto dopo che aveva agito d’impulso mettendosi in una situazione precaria. Ora lui sembrava diverso, sembrava davvero sincero, ma lei poteva credergli? Non lo conosceva, non sapeva fino a che punto fosse onesto e seriamente intenzionato nei suoi confronti. Tutte queste domande avevano affollato la sua mente torturandola, senza contare che comunque una parte di lei avrebbe voluto cedere fin dal primo momento, abbandonandosi completamente a lui senza riserve e senza recriminazioni. Non riusciva a maturare nessun tipo di decisione e intanto dormiva e mangiava sempre meno, ma ad un certo punto il caso le aveva dato una piccola spinta.

Shy, il delfino più particolare tra i due che aveva in custodia Aylén, stava male. Non era una cosa fisica, ma l’animale sembrava aver perso ogni interesse per la vita. Probabilmente non era riuscito a superare il trauma dell’uccisione della madre e da ben quattro giorni non mangiava e si muoveva pochissimo. Aylén le aveva provate di tutte, stava a giornate intere in acqua con lui, ma essendo parecchio depressa probabilmente non riusciva a trasmettere quell’energia positiva di cui il piccolo pesce aveva bisogno. I delfini sono animali molto intelligenti e sensibili e captano molto bene le vibrazioni positive o negative che una persona emana. Gli altri biologi e il veterinario avevano deciso di alimentarlo tramite flebo, ma non era stata un’impresa facile e poi risultava come una specie di violenza, infatti aveva solo peggiorato le cose. Aylén, che non si dava per vinta con tanta facilità, aveva deciso di giocarsi anche quell’ultima carta. Era lì, da Orlando, proprio per questo. Per amore di quel piccolo pesce triste e in pericolo aveva abbandonato tutti i suoi dubbi e tutte le sue preoccupazioni ed era corsa da lui per pregarlo di andare con lei. Aveva visto come avevano reagito entrambi i delfini alle sollecitazioni di Orlando e sperava che lui riuscisse a scuotere Shy e anche a farlo mangiare.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTOTTO ●

 

 

Aylén era sul letto con il cellulare in mano e lo stava guardando da circa venti minuti, rigirandoselo tra le mani come se fosse un oggetto oscuro, misterioso. Voleva fare quella telefonata, desiderava fare quella telefonata, ma la paura, come al solito, la stava avviluppando come le spire di un serpente rischiando di stritolarla. Si era scoperta fragile e insicura. Lei che era una persona forte, spericolata, ribelle e sfrontata, non riusciva a lasciare che i suoi sentimenti venissero allo scoperto. Erano passati tre giorni da quando Orlando l’aveva aiutata con il delfino, se n’era andato lasciandole il suo numero di cellulare.

Quella domenica, dopo che lei gli aveva spiegato la situazione, lui si era cambiato in fretta e furia la maglietta e aveva seguito Aylén senza nemmeno farsi la doccia. Anche lui era molto dispiaciuto per Shy ed era ansioso di fare qualcosa per poterlo aiutare a mangiare. In un primo momento aveva tentato lo stratagemma della prima volta, ma non aveva funzionato, infatti aveva fatto capolino solo Sleepy. Era stato quasi un’ora a provare a farlo uscire, ma Shy non era nemmeno affiorato a galla. Così alla fine aveva deciso di entrare in acqua e miracolosamente con pazienza e molta dolcezza era riuscito a farlo mangiare. Aylén lo aveva osservato per tutto il tempo. Era molto preoccupata per quell’animale, gli ricordava tanto quella volta con il cavallo a Siviglia e in un certo senso si sentiva impotente e quindi anche responsabile del fatto di non essere riuscita a combinare niente. Così, aveva apprezzato tantissimo quello che aveva fatto Orlando, soprattutto perché si era impegnato talmente tanto fino a spuntarla. Una volta svolto il suo compito, il ragazzo era uscito dalla nursery e non le aveva fatto domande. Non le aveva chiesto nulla in cambio e, soprattutto, non si era approfittato della situazione per ottenere qualcosa da lei. Questo fatto l’aveva colpita profondamente, era quasi certa che lui le avrebbe chiesto di proseguire la serata insieme, invece come era venuto se ne era andato, lasciandole solo il suo recapito telefonico nel caso avesse avuto bisogno di lui. Le aveva dettato il suo numero di cellulare assicurandosi che lei lo registrasse nel proprio: Per qualsiasi altra cosa tu voglia da me, parlarmi, vedermi… le aveva detto e aveva sottolineato quella frase con uno sguardo intenso, misto di speranza e rassegnazione. Come per dirle: Io non mi sto muovendo, sto aspettando ancora te, come mi hai chiesto.

E lei, ora, era lì che voleva fare qualcosa per lui, anzi, aveva già pensato a che cosa fare, le mancava solo quell’ultimo piccolo passo: comporre il numero e parlargli. Afferrò il telefono che aveva appoggiato poco prima sul comodino e alla fine lo chiamò. E’ inutile sottolineare quanto fosse agitata, ma per fortuna la conversazione piuttosto breve, ebbe un esito positivo. Lo aveva chiamato per invitarlo ad andare in un posto con lei, senza però specificargli dove, e si era raccomandata che portasse il costume. L’appuntamento era stato fissato a casa di Aylén, fuori dal cancello alle nove di sera.

Orlando che era entrato subito in fibrillazione alle otto e mezzo era già all’appuntamento. Girellava impaziente fuori dal cancello come un leone in gabbia. Quando aveva sentito la voce di Aylén al telefono era stato così contento che aveva finito per non mangiare e camminare per casa come un matto in attesa dell’ora fatidica. Aveva fatto mille congetture su quell’improvvisata, ponendosi un sacco di domande. Non vedeva l’ora di sapere che cosa sarebbe accaduto, che cosa gli avrebbe detto lei, dove sarebbero andati e via di seguito. Alle otto, sfinito e in preda all’impazienza, era uscito ed era andato da lei, non ce la faceva proprio più a stare in casa ad aspettare.

Alle nove in punto finalmente Aylén arrivò e lui l’accolse con un largo sorriso, poi notò che aveva uno zaino e la cosa lo incuriosì.

“Che hai lì?” le chiese.

“Un paio di asciugamani… hai portato il costume?” rispose lei sorridendo e facendo vagamente la misteriosa.

“Sì, ma dove andiamo?” chiese Orlando sempre più curioso.

“Ho pensato di farti una specie di regalo” cominciò a dirgli Aylén, guardandolo e sorridendo leggermente. “Andiamo a nuotare con i delfini… quanto è che hai cenato?” le chiese poi preoccupata di non fargli prendere una congestione.

“Non ho cenato affatto! Oddio Aylén ma è… fantastico!” disse lui sorpreso e veramente felice. Era una cosa che aveva sempre desiderato e farla insieme a lei gli sembrava ancora più bello. Rimase davvero piacevolmente sorpreso da questa improvvisata di Aylén e il suo umore diventò ancora più allegro. Un gesto del genere doveva pur significare qualcosa si disse, così le prese lo zaino e lo caricò nel portabagagli facendola poi accomodare nell’auto.

Intanto mentre con la macchina stavano andando verso la spiaggia, lei gli fece alcune raccomandazioni molto importanti. Gli spiegò che non era una cosa regolare quella che stavano andando a fare, in pratica l’avrebbero fatta di nascosto e lei aveva scelto appositamente di farlo di notte per diminuire il rischio di essere scoperti. Orlando inizialmente disse che se la cosa era troppo rischiosa forse era meglio rinunciare, non voleva assolutamente crearle nessun tipo di problema, ma lei lo aveva rassicurato. Sarebbe bastato solo che seguisse le sue istruzioni e tutto sarebbe andato liscio. Lui non lo sapeva, ma in realtà lei stava rischiando il posto, la credibilità presso l’istituto e la sua permanenza a Los Angeles, perché se li avessero scoperti l’avrebbero sicuramente cacciata. Ovviamente lei era sempre la solita matta e certamente non si era fatta scrupoli, desiderava fare questo regalo ad Orlando e aveva organizzato la cosa nei minimi particolari, assicurandosi di poterla passare liscia, quindi si sentiva piuttosto tranquilla.

Una volta arrivati alla spiaggia Aylén parlò col guardiano notturno che ovviamente era d’accordo con lei. Erano amici, si erano accordati il giorno prima e non solo non avrebbe detto una parola, ma sarebbe stato attento e li avrebbe avvertiti se caso mai fosse arrivato qualcuno. Quando lei tornò da Orlando lo rassicurò dicendoli che era tutto a posto, cominciarono a spogliarsi per poter immergersi in acqua. Entrarono nello speciale recinto acquatico con circospezione. L’acqua era tiepida e non molto alta, infatti entrambi toccavano, Aylén spiegò ad Orlando che  questo consentiva a lei e ai suoi colleghi di poter star tranquillamente in piedi in mezzo ai delfini per  mettergli delle speciali clique di riconoscimento e per poterne studiare il caratteristico stridio che assomiglia in modo impressionate ad un sonar.

“Che devo fare?” gli chiese lui.

“Puoi iniziare a farli abituare alla tua presenza mettendoti sul dorso e muovendoti un poco” gli spiegò lei.

Orlando ubbidì e si mise a fare il morto. Piano, piano i delfini cominciarono a circondarlo, Aylén gli disse di afferrare la pinna e di uno di loro e di farsi trascinare. Lui eseguì alla lettera e cominciò a ridere sguazzando e interagendo con i pesci, contento come un bambino felice.

Lei lo lasciò nuotare e divertirsi per una buona mezzora. Stava in piedi, in disparte, senza prendergli spazio e lasciandogli godere quel momento, anche se ogni tanto qualche delfino le  dava un colpetto col muso sulle gambe o sulle natiche come per invitarla a nuotare con loro. Ad un certo punto si lasciò andare anche lei e si immerse nell’acqua. Poco dopo però, nonostante le dispiacesse, Aylén comunicò ad Orlando che dovevano uscire. Lui si distrasse un attimo girandosi verso di lei, e un delfino inavvertitamente gli dette una musata nelle parti intime facendolo mugolare di dolore.

“Ti sei fatto male?” gli chiese subito lei alzandosi in piedi preoccupata.

Lui che era rimasto senza fiato e stava cercando di riprendersi tenendosi entrambe le mani sulla parte offesa, disse con voce strozzata: “Oddio… decisamente stavo meglio… prima”.

“Posso fare qualcosa?” chiese ancora lei fissandolo sempre più preoccupata, visto che Orlando aveva  la faccia contratta da una smorfia di dolore e che era rimasto piegato in due.

“No… ora dovrebbe  passare … spero…” rispose a fatica lui, respirando per cercare di alleviare quella fitta lancinante che quell’ involontaria collisione con l’esuberante delfino gli aveva procurato. 

Finalmente dopo qualche minuto Orlando cominciò a sentirsi meglio rimettendosi in posizione eretta. Cominciò gradualmente a respirare in maniera normale e si fermò ad osservare Aylén davanti a lui che lo stava guardando in apprensione. Non appena lo aveva visto rialzarsi istintivamente lei gli aveva carezzato una guancia.

“Ti sei ripreso?” gli aveva chiesto con dolcezza.

“Abbastanza” aveva risposto lui abbozzando una specie di sorriso. Poi si era fermato a guardarla. La sua attenzione era stata catalizzata dall’evento della serata e non aveva fatto molto caso a lei, così era come se la vedesse solo allora.

Aylén aveva i capelli bagnati appiccicati al viso, il suo corpo era inguainato in un semplice costume intero modello olimpionico di color nero, l’acqua le arrivava poco appena sotto il seno e la luce della luna le illuminava il viso rendendola più bella e quasi evanescente, come se fosse una specie di immagine onirica.

Aylén notò che Orlando aveva la pelle d’oca.

“Usciamo hai freddo” gli disse quasi sotto voce, girando velocemente la testa e distogliendo lo sguardo. Anche lei era rimasto a guardarlo ed era leggermente turbata.

“Non ho freddo… in realtà… avrei voglia di baciarti” gli disse lui centellinando le parole con circospezione, guardandola intensamente.

Lei non rispose e riprese a guardarlo incapace di rispondergli.

Allora Orlando le si avvicinò e con una mano le scostò i capelli dal viso indugiando come in una specie di carezza. Aylén continuò a rimanere ferma, in silenzio. Lui, incoraggiato da quella non reazione, abbassò la testa e lasciò che i loro nasi si toccassero appena. Cominciò poi timidamente a sfiorare quello di Aylén con il suo, con piccoli movimenti circolari; una, due, tre volte, senza baciarla. Stava sondando il terreno con delicatezza e senza fretta, guardandola dritta negli occhi per capire se poteva andare avanti o se avesse dovuto fermarsi. Lei non si ritrasse e in un certo senso assecondò quel gesto. Allora lui le sfiorò appena le labbra con le proprie, sempre guardandola, sempre attento alle sue reazioni. Ancora una volta lei non dette segnali negativi. Orlando allora le cinse la vita con un braccio e le sfiorò la bocca accennando solo un bacio lieve, a fior di labbra. Lei istintivamente chiuse gli occhi  e allora lui cominciò a tempestarla con piccoli baci leggeri, fino a che Aylén non schiuse la sua bocca del tutto. Le loro lingue s’incontrarono, da prima solo con rapidi tocchi appena accennati, lasciando che solo con la punte si sfiorassero, senza fretta quasi con timidezza, fino ad arrivare poi ad un bacio profondo ed intenso.  

Non l’aveva mai baciata così prima di allora.

Era stata una cosa completamente diversa dai baci carichi di passione di desiderio che si erano scambiati in Spagna, quando l’urgenza dell’attrazione febbrile che li aveva investiti li aveva divorati spingendoli a fare a meno della tenerezza. Aylén si lasciò completamente andare a quella sensazione forte che sentiva dentro di se, era diverso, decisamente diverso, e nonostante non fosse fisicamente indifferente a quella stimolazione, era senz’altro l’emozione che la dominava, facendola tremare. Quelli erano senza dubbio baci da innamorato.

Continuarono a baciarsi a lungo e mentre la baciava Orlando prese ad accarezzarle le spalle, poi la nuca, fino ad affondare le dita nei suoi capelli bagnati. Lei lo lasciò ancora fare, stordita da tutto ciò che stava accadendo, circondandogli il collo con le braccia e imitandolo, con una mano, nel gesto di carezzargli i capelli.

Si baciarono a lungo, mentre l’acqua intorno a loro si muoveva appena dando loro la sensazione di essere sospesi e cullati.

“Cerchiamo di non… correre troppo” disse improvvisamente Aylén staccandosi da Orlando con riluttanza “E poi dobbiamo andare via da qui o rischiamo di farci scoprire” concluse stordita ma abbastanza padrona di sé.

Così, nonostante Orlando non ne avesse proprio voglia, uscirono dall’acqua e s’infilarono in un casottino che altro non era che un prefabbricato ad uso spogliatoio. Serviva ai biologi per cambiarsi quando appunto uscivano dal recinto acquatico. Lei andò nella parte adibita alle donne e lui in quella adibita agli uomini. Entrambi si tolsero i costumi bagnati, si asciugarono come meglio poterono e si rivestirono.

Orlando era piuttosto sereno e nonostante avesse dovuto fermarsi, non avendo potuto continuare a baciarla, si rese conto di aver compiuto un enorme passo avanti. Era chiaro che lei non era indifferente ai suoi sentimenti, che in un certo senso era anche cambiata e che molto probabilmente voleva andare per gradi. Lui l’avrebbe accontentata. Doveva farle capire che era pronto ad una relazione seria e stabile, così da bravo la riaccompagnò a casa.

“Non ti ho neanche ringraziata per la grande sorpresa che mi hai fatto. Grazie Aylén, è stato bellissimo!” le disse una volta davanti al cancello di casa sua.

“Volevo fare qualcosa per ringraziarti e ho pensato che questa fosse la cosa migliore” gli spiegò lei.

“Lo hai fatto solo per questo?” gli chiese Orlando.

“No…avevo anche voglia di vederti” rispose lei con tono incerto.

“Allora… ne deduco che forse… possiamo provare a frequentarci?” disse lui non senza una punta d’ansia.

“Si” aveva risposto semplicemente lei e per ora questo bastava ad Orlando, che prima di farla scendere la baciò di nuovo, fissando con lei di rivedersi l’indomani.

 

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO VENTINOVE ●

 

 

Donnie era sul divano che si trovava nell’ampia sala della villa di suo cugino Orlando e si stava letteralmente piegando in due dal gran ridere.

Lo stava osservando mentre misurava in lungo e largo la stanza a grandi passi, accigliato e disperato. Aveva un’espressione davvero buffa, e le parole farfugliate che gli uscivano di bocca, a confessione delle sue pene, lo rendevano involontariamente comico.

Orlando si era appena fermato e lo aveva guardato con sincero disappunto.

“Che c’è tanto da ridere eh?” era decisamente infastidito, poi aveva continuato, “Cazzo è quasi un mese che facciamo i fidanzatini di Peynet, mano nella mano a baciarsi sotto il chiar di luna!!” poi allargando le braccia aveva continuato sempre con più enfasi “Per carità è bello, piacevole, ma è una tortura! Se permetti la cosa comincia a pesarmi parecchio! Non sono mica fatto di legno!” aveva finito con lo sbottare Orlando esasperato.

“Sei sempre il solito esagerato!” l’aveva redarguito l’altro, poi con espressione finto sognante aveva aggiunto “Non trovi che tutto questo sia estremamente dolce e romantico?” il tono di Donald era simpaticamente canzonatorio.

Questa volta Orlando l’aveva incenerito con un’occhiataccia.

“Non sono il tuo giullare di corte personale, falla finita di prendermi per il culo! Abbi un po’ di rispetto!”.

Donnie si fece improvvisamente serio.

“Se davvero è così importante per te fare l’amore con lei diglielo, invece di star qui a sbraitare girando come una trottola impazzita” gli disse.

Orlando sbuffò e si cacciò le mani in tasca.

“Non è mica facile come sembra! Insomma, nonostante lei abbia continuato ad uscire con me e sia abbastanza tranquilla, ancora non mi ha detto proprio un bel niente su cosa prova e quali siano i suoi reali sentimenti nei miei confronti! E questo, mi agita. Certo non mi respinge quando la bacio però… non si è ancora sbilanciata e porca puttana, io sto per finire al manicomio!” concluse scompigliandosi i capelli sulla fronte con gesto scoordinato della mano.

“Magari vuole aspettare ancora un po’ e vuole ben valutare le cose, oppure non è ancora del tutto sicura, è abbastanza comprensibile da parte sua, non credi?” disse Donnie.

“Appunto! Mica posso forzarle la mano! E poi parlare di certe cose mi resta un tantino ostico, preferirei passare ai fatti, ma se lo faccio, sicuramente rischierei di essere frainteso. Non voglio sempre fare la parte di uno che pensa solo a quello, anche perché non è affatto così! Io sono innamorato di lei e mi sembra abbastanza normale aver voglia di far l’amore, del resto lo abbiamo già fatto un sacco di volte… insomma mi manca e parecchio!” aveva detto Orlando costernato lasciandosi cadere pesantemente su divano.

“Ma toglimi una curiosità, come fai a …” e qui Donnie aveva fatto un’opportuna pausa prima di terminare la frase “…contenerti in certi frangenti?” era proprio curioso di sentire che rispondeva l’altro.

Orlando si girò lentamente e gli spiegò la sua personalissima tecnica.

“Ho trovato un metodo abbastanza valido…” aveva detto non troppo convinto, “Ogni volta che mi surriscaldo più del dovuto, mi concentro e mi metto a pensare a cose spiacevoli, tipo ad una mia compagna di banco delle medie che non si lavava e che puzzava come una capra. Pensa, che una volta in una recita natalizia, abbiamo fatto Giulietta e Romeo… che schifo! Non riuscivo a starle vicino olezzava di cipolla!” aveva concluso Orlando facendo una smorfia di disgusto. Poi aveva continuato dicendo “Ecco mi basta pensare a lei e la mia libido si blocca scemando immediatamente, del resto quella sarebbe stata capace di smontare un’intera mandria di satiri assatanati!” disse tirando fuori la lingua come per mimare un indisposizione di stomaco.

Donnie rise di gusto e poi gli chiese ancora “Sarà dura eh! Insomma è come essere obbligati al digiuno con una torta gigante davanti…” disse in tono di presa di giro.

“Che vuoi che faccia! Mi adeguo … e poi corro, corro e corro… Correvo circa quaranta, quarantacinque minuti ogni mattina… ora arrivo anche ad un’ora, un’ora e quaranta…” spiegò Orlando sconsolato scuotendo la testa, mentre Donnie aveva ripreso a ridere senza il minimo ritegno. “Via non te la cavi poi malaccio!” riuscì in fine a dire tra una risata e l’altra.

Suo malgrado anche ad Orlando scappò una risatina.

“E’ comico, lo so, ma purtroppo è anche tristemente reale! Insomma che posso fare secondo te, mica posso continuare così in eterno!”.

Donnie fece la faccia di uno che la sa lunga, si massaggiò il mento pensoso e poi con fare da vecchio saggio gli disse: “Questo è il mio personale consiglio. Andrei sul classico… Certe cose sono quasi una garanzia infallibile per far colpo sulle donne e di solito funziona sempre. Io la inviterei fuori per un week end romantico… diciamo in qualche posto esotico! Vedrai che da soli con l’atmosfera e il panorama adatto sarà più facile che le cose prendano la direzione giusta. Nel caso così non fosse … portati dietro una foto della tua ex compagna di classe potrebbe tornati ESTREMAMENTE utile!” concluse Donnie ricominciando a ridere.

 

L’idea di suo cugino non era poi tanto male e Orlando aveva cominciato seriamente a studiarci su. Era andato ad un’agenzia di viaggi e aveva preso qualche informazione. Da Los Angeles si poteva raggiungere abbastanza bene sia le Bahamas che il Messico. Le Hawaii benché lo attirassero parecchio le aveva scartate in partenza, perché decisamente troppo lontane. Però anche andare in montagna in Canada non sarebbe stato malaccio. Sfogliava i deplians  guardando i vari luoghi più o meno esotici, ma non aveva ancora trovato niente che avesse proprio soddisfatto le sue aspettative. Era una cosa troppo importante, doveva essere pressoché perfetta. Era così indeciso.

Gli serviva il parere di una donna, certo! Chi meglio di una donna avrebbe potuto consigliarlo? Prese il cellulare e chiamò l’unica donna a cui avrebbe potuto chiedere un simile consiglio: sua sorella Samantha.

“Pronto… ma chi è?” aveva risposto una voce impastata di sonno dall’altro capo del telefono.

“Sammy sono io Orlando”.

Samantha bofonchiò qualcosa molto simile ad un imprecazione e disse:

“Dovevo immaginarlo, del resto chi poteva essere che mi chiama a quest’ora senza il minimo ritegno!”.

“Oddio! Scusa… il fuso, cazzo! Me ne dimentico sempre!” disse Orlando sinceramente dispiaciuto.

“Seee! Inventatene un’atra! Come non lo sapessi che il tuo smisurato ego ti impedisce di pensare che nel mondo le persone hanno da fare anche altro, oltre che risponderti in piena notte!” aveva risposto Samantha, un po’ scocciata ma non proprio arrabbiata.

“Hai pienamente ragione, scusami, ti richiamo più tardi” le aveva detto suo fratello, che proprio non aveva pensato al fuso orario.

“Ormai mi hai svegliata, avanti dimmi che succede, perché deve essere accaduto qualcosa di grosso, visto che sono venti giorni che non ti fai sentire!”.

Orlando si era scusato di nuovo, Samantha l’aveva bacchettato un altro pochino e alla fine si era risolto tutto, così lui aveva cominciato a parlare di quello che gli premeva.

“Allora se un uomo a cui tieni… diciamo parecchio, insomma uno che ti prende abbastanza, ti invitasse per un romantico week end dove ti piacerebbe che ti portasse? Alle Bahamas? In Messico? Sulle montagne del Canada? Oppure… dove?” aveva chiesto Orlando a sua sorella.

Samantha era rimasta un attimo in silenzio e poi aveva risposto:

“Chi è la sfortunata questa volta?”.

“Come sarebbe a dire la sfortunata?” aveva chiesto lui vagamente perplesso e anche un pochino offeso.

“Ogni donna che ha che fare con te è sfortunata, dimentichi che io ti conosco MOLTO bene!” aveva risposto lei con una punta d’ironia, adorava mettere suo fratello in difficoltà.

“E dai Sam è una cosa seria, sono innamorato…” aveva confidato candidamente lui.

Dall’altra parte sentì una risatina soffocata.

“Ma è mai possibile che tutte le persone a cui confido i miei stati d'animo la piglino sul ridere? E che cazzo! Sono serio, ESTREMAMENTE serio!” rispose Orlando irritato.

Samantha si pentì di averlo preso in giro, ma si era voluta vendicare del fatto che l’avesse svegliata. Si scusò e cercò di consigliare come meglio poteva quel fratello un po’ scapestrato che ogni tanto la faceva arrabbiare, che a volte si dimenticava di lei, ma che in fondo adorava.

Orlando aveva ascoltato attentamente sua sorella e quello che gli aveva detto, aveva completamente stravolto i suoi piani, ma doveva ammettere che in fondo aveva ragione lei. Era una donna e sicuramente conosceva i gusti del genere femminile senz’altro meglio di lui e di Donnie, così pensò di darle retta. Il problema era trovare il modo giusto per dirlo ad Aylén. Bisognava che le facesse capire che poteva star tranquilla e che non avrebbero fatto niente che lei non avesse voluto. Doveva essere molto cauto, del resto, a parte tutto, la cosa che in assoluto più gli interessava era sapere che cosa realmente provasse per lui.

Quella stessa sera l’aveva invitata a cena, aveva scelto un localino italiano molto defilato, e soprattutto poco frequentato, dove facevano un’ottima pizza, lì sarebbero stati tranquilli e al riparo da seccatori vari.

Davanti alle loro pizze stavano parlando tranquillamente, Aylén sembrava piuttosto serena. Di regola si vedevano circa tre, quattro volte la settimana. Principalmente la sera, poi capitava che passassero insieme il sabato e la domenica pomeriggio, ma sempre in zone neutre e in posti poco affollati. Non facevano grandi cose e per lo più trascorrevano il tempo parlando, cosa che prima non avevano fatto quasi mai. Si erano raccontanti vari episodi della loro vite e avevano imparato alcune cose l’uno dell’altra. Orlando aveva scoperto che Aylén oltre ad essere una ragazza testarda, determinata e abbastanza spericolata, era anche molto sensibile e per certi versi fragile. Amava essere apprezzata per se stessa piuttosto che per la sua bellezza e aveva ragione, perché era molto dotata ed intelligente. Aveva anche capito che caratterialmente per certi versi era chiusa, una cosa che prima proprio non aveva afferrato, era molto simile a lui, se si chiudeva a riccio non c'era verso di farla parlare. Era molto restia ad aprirsi e lo faceva solo ed unicamente se lo decideva lei stessa. Aylén a sua volta era rimasta totalmente affascinata dal lato dolce del carattere di Orlando. Prima non lo avrebbe immaginato, ma lui sapeva essere un vero tenerone e non solo con lei. Aveva visto come si era comportato con i delfini e poi lo aveva visto addirittura commuoversi quando avevano guardato insieme The Elephant Man di Lynch, una cosa che non si sarebbe certo aspettata da lui. Era molto premuroso nei suoi confronti e questo le piaceva perché la faceva sentire importante. Apprezzava soprattutto il fatto che non le stesse mettendo fretta, sia perché non si spingeva troppo avanti nelle effusioni, sia perché non pretendeva da lei nessun tipo di dichiarazione. In realtà era molto vicina a dirgli che anche lei era innamorata di lui, solo che ancora non aveva trovato il momento giusto per farlo, era una cosa troppo seria e importante da dirsi e la voleva dire nel momento e nella maniera giusta. Le loro serate finivano più meno sempre nel solito modo, facendosi le coccole e scambiandosi effusioni, ma non andando mai oltre. Anche Aylén cominciava a risentire di questa cosa, ma non si era mai sbilanciata in proposito, si tratteneva perché aveva paura di essere fraintesa e non voleva che lui pensasse cose sbagliate sul suo conto. Prima di ogni altra cosa voleva che lui avesse una buona opinione di lei. Non poteva ripetere gli errori del passato. E poi a dirla tutta voleva essere davvero sicura di ciò che stavano facendo prima di riprendere una relazione totalmente e completamente.

Quando Orlando le fece la sua proposta, e cioè di passare l'intero fine settimana a casa sua con lui, era rimasta leggermente perplessa e le venne subito una punta d’ansia.

“Inizialmente avevo pensato di invitarti fuori, ma poi riflettendo ho capito che non ce n’era bisogno, in fondo la mia casa è già sul mare e non ci mancherà proprio niente. Potremo stare più tempo insieme, finiamo col vederci sempre molto poco è più che altro di sera. Stando insieme tre giorni potremo sì parlare, ma anche stare in spiaggia, rilassarci, insomma fare qualcosa di diverso. Naturalmente avrai la tua camera, separata dalla mia” aveva tenuto a specificare lui, “Quindi se ti va a me farebbe piacere”.

A sorpresa Aylén accettò quasi subito, senza pensarci poi molto.

Orlando pensò che sua sorella era un genio, poi rifletté e pensò che avendo lo stesso DNA era naturale che fosse così!

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO TRENTA ●

 

 

Orlando era passato a prendere Aylén il venerdì sera come avevano stabilito. Una volta arrivati a casa le aveva dato il tempo di prendere possesso della camera che aveva scelto per lei. Era accanto a quella dove dormiva lui, una scelta non del tutto casuale, ma la ragazza non sembrò farci caso. La stanza, come del resto quella di Orlando, disponeva di una parete completamente a vetro che si apriva su di una grande terrazza, da cui si vedeva il mare. L'arredamento era così composto: il letto, in ottone, restava di fianco all'enorme vetrata. Dalla parte opposta c'era un armadio a muro bianco completo di scarpiera. Vicino alla testata del letto c'era un solo comodino in  legno tek, abbastanza grande, largo e semplice. Sopra c'era con una specie di telefono che poi Aylén scoprì essere un interfono per comunicare con qualsiasi altra stanza della casa. Di fronte al letto c'era una specie di mobile antico, un segretere del settecento con tanto di poltroncina, mentre in un angolo c'era una piantana piuttosto moderna che sembrava una specie di bocciolo in vetro bianco satinato. A lato del letto, non molto vicino all’armadio, c'era una specie di separè, in stile giapponese con tanto di appendi abiti inseriti all’interno, che evidentemente serviva per cambiarsi. Niente televisione, ma solo uno stereo con un numero esagerato di cd e una piccola libreria in ferro battuto nero laccato, piena di tanti libri diversi, dai classici fino a semplici letture tipo gialli, manuali e anche qualche guida turistica. Nessun lampadario, ma una fila di faretti alogeni regolabili. Le pareti erano completamente spoglie e il pavimento era di finissimo parquet. Naturalmente era dotata di bagno interno personale, con doccia, vasca idromassaggio e doppio lavandino. In seguito Aylén scoprì che c'era addirittura un telecomando per aprire e chiudere a distanza le tende della grande vetrata. Il tocco particolare, che piacque molto alla ragazza, era la fine zanzariera modello coloniale che dal soffitto si adagiava mollemente sul letto di ottone, che al contrario di quello che si poteva pensare, era abbastanza piccolo, infatti era ad una piazza e mezzo. A descriverla così quella camera, tra l'altro neanche molto grande, sembrava un'accozzaglia di stili mal riuscita; ma in realtà quella combinazione risultava perfetta e dava molto carattere a tutto l'ambiente rendendolo semplice, raffinato, estremamente caldo ed accogliente al tempo stesso. Aylén fu felice di sistemarsi lì.

Dopo averle mostrato la stanza Orlando la lasciò libera di sistemare le sue cose. Si videro poco dopo giù di sotto. Lui le fece visitare tutta la casa, compresa la stanza dove dormiva lui, che ad Aylén apparve piuttosto ordinaria rispetto alla sua, pur riconoscendo che anche quella era decisamente una bella camera. La casa era molto grande, ma non enorme e piuttosto raccolta, aveva anche un bel giardino che terminava con l'inizio della spiaggia che era ovviamente privata. Orlando le disse che aveva dato tre giorni liberi ad Ester, la sua governante, e che si sarebbero occupati da soli di tutto, mangiare compreso. Sarebbe stato divertente e rilassante, aveva commentato sorridendo.

“Io non so mica cucinare tanto bene” gli aveva confessato lei.

Lui l'aveva guardata, poi aveva soffocato malamente una risata.

“Chissà perché… ma me lo immaginavo!” aveva detto con aria furbetta.

Lei c'era rimasta male e aveva risposto un po’ contrariata.

“Che vorresti dire?”.

“Ma niente di offensivo, solo che proprio non hai il temperamento della casalinga” aveva risposto il ragazzo continuando a sorridere divertito.

“Però so fare un ottimo Creme Caramel” aveva affermato lei orgogliosa.

“Bene! E' già qualcosa” aveva detto lui.

“Poi che centra… le uova fritte e un piatto di pasta li so fare” aveva aggiunto lei come per giustificarsi.

“Ah! Allora siamo a posto!” aveva detto lui serio.

“Ma mi prendi in giro?” gli aveva chiesto Aylén alzando un sopracciglio.

“Solo un pochino” aveva risposto lui prendendola per la vita e dandole un bacio sul naso.

Quella sera provarono a cucinare insieme e in effetti fu molto divertente. La cucina, arredata in stile ultra moderno in acciaio e legno chiaro color panna, sembrava un vero campo di battaglia. Pentole e pentolini di ogni genere erano sparsi un po’ ovunque. Residui di farina, sale, latte, zucchero, gusci d'uovo, pomodoro e molto altro erano abbandonati sul ripiano da lavoro, che si trovava al centro della stanza. Orlando con tanto di grembiule a quadretti e mestolo in mano, stava facendo una specie di disquisizione sul tempo di cottura degli spaghetti che aveva messo nell'acqua a bollore già da dieci minuti abbondanti.

“Io dico che devono cuocere ancora un po’ ” stava dicendo con aria saccente.

Aylén che si stava prendendo cura di una specie di salsa di pomodoro rispose: “Mmmmm… secondo me no, se diventano appiccicosi non sono più buoni”.

Lui storse la bocca arricciando un labbro e  continuò imperterrito a far bollire la pasta, che intanto si stava trasformando in una un’amalgama appiccicaticcia.

Per fortuna come secondo avevano preparato un’insalata di tonno e verdure crude miste, almeno quella sarebbe stata mangiabile, insieme al budino di Creme Caramel che aveva fatto Aylén.

Discussero ancora un po’ sulla cottura degli spaghetti, poi finalmente li scolarono e andarono a tavola in veranda.

Nonostante il primo fosse una roba immangiabile, il resto risultò essere molto gradevole e cenarono con soddisfazione, facendosi i reciproci complimenti più per ridere che sul serio, visto che in due avevano tirato fuori mezza cena decente.

La sera, dopo aver riordinato non senza fatica la cucina, erano stati pigramente in veranda a chiacchierare, avevano riso e scherzato. Si erano lasciati andare a qualche effusione e coccole varie, poi non molto tardi erano andati a dormire, ognuno nella propria stanza, l'indomani avevano deciso di passare l'intera giornata in spiaggia fin dalla mattina abbastanza presto.

La giornata seguente fu molto lunga e molto piacevole. La passarono sulla spiaggia pranzo compreso. Stettero la maggior parte del tempo a fare le peggio cose, tipo tirarsi l'acqua  a vicenda, cercare di affogarsi ogni volta che andavano a fare il bagno in mare, rotolarsi nella sabbia, bagnati, facendo la lotta e conciandosi come due disgraziati; e altre cose del genere, compreso rincorrersi. Non stettero fermi un solo minuto e si divertirono come due matti. A metà pomeriggio, piuttosto stanchi, decisero di mettersi un po’ tranquilli sotto il sole, che quel giorno era abbastanza forte. Orlando si sdraiò bocconi e si addormentò quasi subito, Aylén invece si mise all'ombra per godersi un po’ di tranquillità; andò a finire che s'addormentò anche lei. Un paio d'ore dopo si svegliarono e Orlando era in delle condizioni pietose, si era completamente scottato la schiena. Prima di andarsene si sciacquarono ben bene sotto la doccia che si trovava tra la spiaggia e il giardino per levarsi la sabbia, poi mentre stavano rientrando in casa, Aylén esaminò le spalle stile peperone di Orlando che con il naso arricciato se le stava toccando con una mano, facendo delle smorfie di disappunto.

“Guarda come ti sei conciato!” esclamò lei premendo l'indice sulla pelle del ragazzo. Bruciava, proprio come se andasse a fuoco e al contatto con polpastrello di Aylén era rimasta la classica impronta bianca tipica delle scottature.

“Lo sento cazzo!” aveva esclamato lui “Accidenti! Mi tira tutto” s'era lamentato.

“Vieni in camera mia, ho una lozione dopo sole medica, la uso sempre dopo aver lavorato all'aria aperta. Te ne metto un po’ adesso, poi aspetti una mezz’oretta e quando sarà assorbita ben bene, ti potrai fare la doccia. Dopo la rimettiamo, così almeno le galle non dovrebbero venirti!” gli disse Aylén.

“Va bene mamma!” aveva risposto lui facendo una faccia veramente buffa.

“Scemo!” gli aveva detto lei non potendo fare a meno di ridere.

Erano appena arrivati in camera di Aylén, e lei era andata subito in bagno a prendere la crema.

Orlando, dopo aver scostato la zanzariera, si era seduto sul letto con le gambe distese ed entrambe le mani appoggiate sul materasso. In quella posizione i suoi deltoidi erano estremamente in evidenza così come i muscoli delle spalle e della schiena nuda, completamente arrossata dal sole. Aveva la testa un po’ piegata in avanti e leggermente reclinata da un lato. Aylén, intanto si era sistemata in ginocchio, dietro di lui, si era versata un po’ di lozione dopo sole su una mano e se la stava passando sull’altra in attesa si spalmarla sulla schiena di lui. Improvvisamente erano diventati silenziosi. Non potevano saperlo ma tutti e due stavano pensando alla stessa cosa, infatti quella situazione, li aveva rimandati entrambe al ricordo della Spagna, quando Orlando si prendeva cura della schiena di Aylén dopo l'incidente.  La ragazza poggiò le mani sulle spalle arrossate di Orlando e cominciò a spalmare la lozione con movimenti lenti e circolari, lui trattenne il fiato. Era come essere in paradiso e all’inferno nello stesso tempo. Le mani di lei, leggere e delicate gli facevano correre i brividi in tutto il corpo regalandogli una piacevole sensazione che avrebbe voluto prolungare all’infinito, ma sapeva che prima o poi si sarebbe fermata e questo non gli premetteva di godersi a pieno la beatitudine che stava provando, sospirò appena. Intanto lei continuava a massaggiarlo sentendo sotto le sue dita la consistenza dei suoi muscoli  e il calore della sua pelle. Le piaceva prendersi cura di lui, viziarlo un po’ e poi le piaceva proprio toccarlo, lo trovava perfetto e assolutamente irresistibile, carezzarlo era una delle cose che più amava fare, e in quel momento ci stava mettendo tutta la calma possibile nel farlo. Stava prolungando quel massaggio più per se stessa che per lui. All’improvviso Aylén decise che non le importava più molto di passare male, bene, o di fare qualcosa di sbagliato o qualcosa di giusto. Aveva solo voglia di baciarlo, abbracciarlo e di fare l’amore con lui. Ormai aveva capito perfettamente che sarebbe stato diverso, che non ci sarebbero stati malintesi, perché loro ne avrebbero parlato, avrebbero provato a stare insieme come una coppia vera, perché si amavano. Il resto era e rimaneva un terno al lotto, ma tutta la vita è un terno al lotto e non si può pianificare ogni cosa, sarebbe stato infinitamente noioso e del tutto inutile, le cose alla fine prendono comunque la direzione che devono.

Aylén si sistemò meglio: allungò le gambe allineandole a quelle di lui, i loro piedi si toccarono  e poi  fece aderire il suo corpo alla schiena di Orlando. Lui sentì la pelle di lei a contatto con la sua. L’unico impedimento che lo infastidiva leggermente erano i due triangoli di stoffa del costume di Aylén, avrebbe preferito che non ci fossero, perché non gli permettevano di sentire appieno la morbidezza del suo seno contro la sua schiena, ma non protestò e non si mosse. Chiuse gli occhi e si concentrò su quello che stava provando. Gli piaceva che lei prendesse l’iniziativa, gli piaceva perché era chiaro che lei lo desiderasse e lui era felice che lei lo desiderasse, è una bella sensazione sentire che chi si ama ti desidera. Lei era speciale anche per questo, perché era capace di dimostrare ciò che provava, perché non si vergognava del suo desiderio, perché era molto passionale, anche se ultimamente si era frenata parecchio. Aylén stava continuando a carezzargli le spalle, le braccia, era poi passata a sfiorargli i pettorali e lo stomaco, così liscio, così piatto. Intanto gli baciava la nuca la schiena, con calma, con delicatezza, assaporando il profumo della sua pelle mischiato a quello delicato della lozione.  Orlando la lasciò fare per qualche minuto, completamente perso e in balia di lei. Poi si girò lentamente abbracciandola e facendole intrecciare le gambe dietro la sua schiena, come stava facendo anche lui con lei. Cominciò a baciarla senza fretta, oramai era diventato un maestro nell’arte del baciarla senza urgenza. Ad un certo punto lei si era fermata e lo aveva guardato profondamente negli occhi con lo sguardo lucido come se brillasse. Lui aveva capito. Le aveva sfiorato le labbra di nuovo dicendole: “Dimmelo Aylén, è un’eternità che desidero sentirtelo dire”.

“Ti amo” sussurrò lei, poi abbassando lo sguardo aveva continuato a parlare un po’ intimidita e un po’ agitata “E’ da tanto che dovevo dirtelo, addirittura da quando eravamo in Spagna ma avevo paura e…”.

Lui la interruppe baciandola di nuovo “Lo so amore mio, lo so! Siamo due immensi cretini, ma non ora… ne parleremo dopo…”.

Ripresero a baciarsi abbracciandosi stretti, tanto stretti che i loro battiti cardiaci martellavano violentemente all’unisono come se fossero appartenuti ad uno stesso cuore.

Più tardi dopo che avevano fatto l’amore erano ancora nudi abbracciati nel letto.

“C’è una cosa che ti volevo chiedere” le disse Orlando.

Lei che era con la testa appoggiata sulla sua spalla la alzò appena e disse: “Dimmi?”

“Perché ti sei tagliata i capelli?”.

Lei si risistemò contro di lui e glielo spiegò.

“Credo che ad un certo punto ho sentito il desiderio inconscio di punirmi. Ero partita decisa a farmeli corti, ma poi no ce l’ho fatta…”.

Orlando si sentì proprio male, come se qualcuno gli avesse sferrato un pugno nello stomaco.

“Io… mi dispiace suppongo che sia tutta colpa mia! Non mi sono mai scusato per come mi sono comportato quella volta… in camera tua quella sera…” si era fermato, era tremendamente difficile trovare le parole giuste, “Non mi sono mai vergognato tanto in vita mia, ti giuro che…” ma lei lo aveva interrotto e lo stava baciando.

“Basta parlare di cose spiacevoli” aveva aggiunto, non voleva ricordare, voleva solo godersi il presente, il passato ora non contava più.

“Ti piace questa camera?” le aveva chiesto all’improvviso Orlando cambiando radicalmente discorso.

“Molto” aveva risposto lei vagando per la stanza con  lo sguardo.

“Non la trovi un po’ strana, come arredamento intendo?” aveva nuovamente chiesto lui.

“E’ insolita, ma veramente particolare, originale e decisamente bella” aveva detto Aylén sinceramente, del resto le piaceva davvero.

“Ho una confessione da farti: questa è camera mia!” le aveva detto lui sorridendo.

“Davvero?” aveva chiesto lei incredula “E perché mi hai messa dormire nella tua camera trasferendoti in un'altra?”.

Lui aveva ridacchiato un pochino e poi aveva detto

“Perché se le cose non fossero andate bene, almeno mi sarebbe rimasto il tuo profumo nel letto”.

“Sei veramente un…”

Ma Aylén non finì la frase, in realtà non cenò nemmeno quella sera, a dirla tutta passò la maggior parte del restante fine settimana proprio lì, in quella camera.

 

 

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


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● CAPITOLO TRENTUNO ●

 

 

Dopo quel fine settimana le cose finalmente avevano preso la giusta direzione. Era un periodo molto bello per Aylén ed Orlando, che, finalmente liberi da ogni problematica, si potevano godere a pieno il loro rapporto.

C'era però un problema.

Di fatto loro non erano propriamente una coppia normale e non lo sarebbero mai potuti essere, questo soprattutto a causa del lavoro di lui. La loro relazione era e doveva rimanere una cosa strettamente riservata e personale, quindi per il mondo intero Orlando era single. Aylén aveva capito la situazione e non faceva troppi problemi al riguardo, a parte quando lui doveva fare qualche uscita pubblica, che regolarmente e rigorosamente faceva da solo. Questa cosa a volte generava delle discussioni più o meno forti, visto che Aylén aveva un temperamento molto geloso. Così, quando lui andava a qualche party o da qualche altra parte, per ragioni lavorative o di pubbliche relazioni, il giorno dopo, il più delle volte, era buriana. Secondo lei, Orlando  non sempre si comportava bene, a volte le pareva che fosse un po’ troppo disinvolto. Lui da parte sua cercava sempre di minimizzare, da una parte la capiva, ma il suo lavoro era anche fatto di quelle cose e volente o nolente doveva per forza avere certi atteggiamenti. Anche Orlando però come lei era parecchio geloso. All'inizio non voleva darlo troppo a vedere, ma col tempo si era ritrovato a fare le sue belle scenate pure lui. Ad esempio se per qualche ragione si trovavano a dover star separati, perché lui doveva star via per due, tre giorni, sempre a causa del lavoro, finiva col tempestarla di telefonate a tutte le ore del giorno e della notte per controllarla. Aveva come il timore che potesse incontrare qualcuno più libero di lui che gliela potesse portar via. Lei non gradiva molto la sua poca fiducia e da lì s'innescavano delle belle litigate.

Per fortuna questo genere di cose non accadevano poi molto spesso, così le discussioni non erano poi tanto frequenti, anche perché non avevano altri motivi per litigare, su tutto il resto andavano parecchio d'accordo.

 

Quel giorno Orlando stava accompagnando Aylén all'aeroporto, la ragazza stava tornando in Spagna per andare a discutere la sua tesi e laurearsi, sarebbe stata via un mese.

Era decisamente di pessimo umore. Capiva perfettamente che non avrebbe dovuto sentirsi così, ma un mese gli sembrava un arco di tempo esageratamente lungo da trascorrere senza di lei. Ovviamente cercò di non dare a vedere quanto fosse scocciato, il motivo per cui Aylén se ne stava andando era molto serio e molto importante, non era proprio il caso di mettersi a fare delle storie. Quando l'aveva vista sparire sul tapirulant verso l'imbarco era stato invaso da una sorta di disagio che non l'aveva lasciato in pace per tutta la giornata.

 

 

***

 

 “Ah! E' un piacere costatare che oggi sei davvero di ottimo umore. Era l'ora!” stava   dicendo Donnie ad Orlando.

“Domani torna e se Dio vuole non  riparte più!” aveva risposto l'altro felice.

“Magari tocca a te ripartire…” aveva detto Donald incautamente.

“Non per il momento, tra un paio di mesi mi sa di sì però…” aveva detto Orlando pensieroso, un’ombra le aveva attraversato il volto spegnendo il suo sorriso.

“Ma non ci voglio pensare, non oggi” aveva aggiunto scacciando i brutti pensieri.

“Bravo! Oggi festa!” aveva detto Donnie dandogli una sonora pacca sulla schiena.

“Le ho preparato una grossa sorpresa” disse Orlando soddisfatto “E poi le devo fare una proposta” aveva aggiunto serio.

“Mica di matrimonio vero?” aveva chiesto Donnie più che stupito, sgranando gli occhi.

Orlando si era girato e l'aveva guardato stranito.

“Non esageriamo! Mi sembra quanto meno prematuro” aveva risposto al cugino.

“No sai… m'ero preoccupato, sei talmente partito che ho temuto il peggio!” rispose l'altro risollevato.

“No, no, niente matrimonio, e poi siamo troppo giovani e poi… cazzo il matrimonio è una cosa molto seria. Vorrei solo che magari… che so, quando siamo entrambe a Los Angeles stesse a casa con me, ecco!” aveva detto Orlando.

“Ah! Vuoi convivere?” aveva detto l'altro con un tono sfacciatamente canzonatorio, come se lo vedesse bello che incastrato.

“Mmmmm sì… una specie” aveva risposto Orlando vago.

 

Aylén aveva finalmente dato la tesi e si era laureata con ottimi voti. Il corso di specializzazione che aveva fatto a Los Angeles, oltre che aver aumentato il suo punteggio, le aveva aperto grosse prospettive per il futuro, infatti le era stata offerta un'opportunità di lavoro molto importante e molto prestigiosa. Era stata una cosa piuttosto improvvisa, lei stessa ne era stata messa al corrente solo pochi giorni dopo che aveva la laurea in mano. Era rimasta senza parole, non se lo sarebbe mai aspettata e a dire il vero ne fu felice ed orgogliosa. Il primo pensiero fu quello di chiamare Orlando per farlo partecipe della sua felicità, ma qualcosa glielo impedì. La proposta era troppo allettante e unica, ma avrebbe comportato un grosso sacrificio, e lei era certa che Orlando non sarebbe stato molto d’accordo. Ormai lo conosceva e sapeva come era fatto, aveva paura della sua reazione e aveva paura che lui tentasse di dissuaderla. Il problema era che lei avrebbe finito con l’assecondarlo. Non poteva permettersi di farsi condizionare, ma allo stesso tempo non voleva fare quella cosa senza parlare con lui. Alla fine era in una confusione tremenda. Aveva passato un paio di notti insonni e poi sull’onda dell’impulso aveva accettato, sperava che Orlando avrebbe capito.

Una settimana dopo Aylén era sull'aereo che la stava riportando a Los Angeles, dove si sarebbe trattenuta due mesi. All’Istituto nazionale di Scienze Biologiche Marine, l'avrebbero istruita per il suo nuovo incarico, dopo di che sarebbe dovuta partire per l'Australia. In quel momento stava pensando ad Orlando, nonostante fosse molto innamorata di lui si era resa conto che il suo futuro non poteva essere condizionato solo ed esclusivamente dalla loro relazione. Lui faceva un lavoro particolare, lei ne era consapevole e l'aveva accettato, allo stesso modo voleva realizzarsi e portare avanti quella passione che aveva scoperto per la sua futura professione di biologa marina e che le stava dando enorme soddisfazione. Era convinta che con un po’ di pazienza e tanta buona volontà si potevano  benissimo conciliare le due cose, del resto non era proprio intenzionata a passare il tempo in attesa che lui tornasse da qualche parte dopo aver finito di girare un film. Sperava solo di farlo ragionare e di fargli accettare la cosa con serenità.

Orlando non la prese affatto bene.

“COSA?” aveva urlato alzandosi in piedi da tavola scattando come una molla, “Tra due mesi parti per l'Australia e starai via DUE ANNI?”.

Era scioccato, arrabbiato e incredulo.

“Per favore cerca di calmarti e mettiti un attimo seduto” gli aveva detto lei cercando di essere più tranquilla possibile per ricondurlo alla ragione.

“Non ho nessuna intenzione di calmarmi! Sono incazzato come una iena. Ma ti rendi conto o no? Cioè tu arrivi e mi spiattelli questa cosa come se nulla fosse! Non ti sei neanche scomodata di rendermi partecipe! In Australia! CAZZO! E' un altro fottutissimo continente e sono due CAZZO di anni!” era davvero fuori di se.

“Orlando ti prego non urlare! Non è che starò due anni fissa lì, cioè sì starò lì, ma ci saranno pure le vacanze ci sono gli aerei, insomma potremmo vederci… in qualche modo, del resto neanche tu starai fisso qui quindi…” aveva cercato di spiegare lei, mantenendo la calma.

Lui l'aveva guardata malissimo, in quel momento sentì di detestarla profondamente lo aveva ferito a morte e non se ne rendeva neanche conto.

“Il problema è un altro” aveva cominciato a dire pacato “A te non te ne frega niente né di me né di quello che posso provare, hai preso questa decisione da sola perché io non conto un cazzo!”.

A quelle parole Aylén si arrabbiò parecchio.

“Questo non lo dovevi dire! Lo sai che non è vero! E se la pensi così devo dedurre che allora è reciproco. Hai o non hai firmato un contratto poco più di un mese fa per nuovo film?” gli aveva detto alzandosi in piedi.

“Sì, ma che centra?” aveva risposto lui.

“Mi hai forse chiesto il permesso? Me ne hai forse parlato? NO! Hai fatto quello che dovevi e poi me lo hai detto. Allora spiegami perché non capisco, perché se lo fai tu va bene e se lo faccio io no!”.

“Ma che razza di discorsi fai? Mica vado in Australia a girarlo e mica sto via due anni io!” aveva puntualizzato lui.

“No starai via certo due anni ma nemmeno una settimana. Che cosa pretendi che rimanga a casa ad aspettarti? O che venga in giro a rimorchio con te? E' questo quello che avevi in mente?” gli aveva domandato lei.

Lui veramente non aveva mai pensato a come si sarebbero potute evolvere le cose, però aveva dato per scontato che ogni volta che sarebbe tornato, lei ci sarebbe stata. Aveva fatto conto che si trasferisse a Los Angeles e che lavorasse lì.

Rimase in silenzio.

“Vorrei farti una domanda e vorrei che tu fossi completamente e totalmente sincero. Se fosse capitato a te, mettiamo che ti fosse capitato ora, in questo momento di essere chiamato a girare Il Signore Degli Anelli, saresti dovuto andare in Nuova Zelanda per quasi due anni giusto? Che avresti fatto?” gli chiese Aylén molto seriamente.

Lui si era accigliato ancora di più.

“Sarei andato” rispose a voce bassa, poi aggiunse veloce “Ma è una cosa totalmente diversa…”.

“Ah sì? E Perché? Perché il tuo lavoro è forse più importante del mio? Grazie davvero per la considerazione!” aveva detto lei amareggiata.

“Io non ho voglia di discutere e soprattutto non ho voglia che tu mi faccia passare dalla parte del torto quando invece ho ragione” aveva detto lui scostando malamente la sedia. Poi si era girato e si era avviato alla porta.

“Vado fuori e so neanche se e quando torno. Tu fai che cazzo ti pare vai via, resta… tanto faresti che cazzo ti pare comunque!” e così dicendo se ne era andato sbattendo la porta.

Aylén era rimasta da sola nella grande terrazza adiacente la camera di Orlando, dove lui aveva fatto preparare la cena. Aveva curato tutto nei minimi particolari per festeggiare la sua laurea. Cena al lume di candela in terrazza, la camera disseminata di tante candele, addirittura un gran mazzo di tulipani bianchi, che lei adorava. Poi avrebbe dovuto parlargli del regalo di laurea, una cosa speciale, ed infine farle la proposta di andare a vivere lì, ma  non aveva fatto in tempo a fare un bel niente, neanche ad iniziare a mangiare, perché lei aveva sentito il bisogno di parlargli subito.

Aylén continuò ad osservare la stanza vuota e sospirò. Lo sapeva che l'avrebbe presa male, anche se sperava che capisse. Decise di restare ad aspettarlo, magari quando sarebbe tornato, forse con un po’ di calma avrebbero potuto chiarirsi.

Orlando aveva preso la macchina ed era partito, dove volesse andare in realtà neanche lui lo sapeva. Aveva vagato un bel po’ a giro per Los Angeles ed era sempre più incazzato. Non voleva parlare con nessuno né confidarsi, questa volta l'aveva presa davvero male. Il pensiero che lei sarebbe stata via due anni lo aveva mandato letteralmente fuori di testa, pensò che questa volta era davvero finita, non avrebbero retto tanto tempo così distanti. Questo pensiero lo fece passare in modo immediato dall'incazzato al depresso cupo. Preso dalla disperazione se ne fregò altamente del fuso orario e telefonò a sua madre. Era una cosa che faceva solo in casi estremi e quello era un caso decisamente estremo, doveva parlare con una persona che fosse in grado di aiutarlo e l'unica poteva essere solamente sua madre. Stette quasi un’ora al telefono. Quando finì la lunga conversazione era confuso. Sua madre non era il tipo di genitore impiccione  e retorico, ma lo conosceva bene ed era l’unica persona che fosse in grado di farlo ragionare.

Non bisogna confondere mai le cose gli aveva detto con dolcezza, Amare una persona non significa possederla. Non significa volerla solo per sé. Amare profondamente una persona, significa avere il coraggio di lasciarla libera, libera di volare, di camminare con le proprie gambe e di realizzare le proprie aspirazioni. Se non è così, allora significa che non è amore.

Non era ancora del tutto propenso ad ammettere che sua madre avesse ragione, ma decise di rientrare a casa; come arrivò, trovò Aylén in veranda a sedere che lo stava aspettando.

 

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


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● CAPITOLO TRENTADUE ●

 

 

Nonostante l’arrabbiatura non gli fosse proprio del tutto passata, vederla lì ad aspettarlo gli fece piacere, ma per carità mica doveva darlo a vedere!

“Che ci fai qui fuori?” le aveva chiesto brusco.

“Aspettavo te, mi pare ovvio” aveva detto  lei, rassegnata al secondo round.

Lui non rispose e rientrò in casa. Si levò la felpa e la gettò in cucina da una parte, poi aprì il frigo e notò che lei vi aveva riposto tutta la cena, che non avevano neanche toccato, prese un vassoio a caso,  si mise a tavola cominciando a mangiare.

Lei lo aveva seguito.

“Che fai?” gli aveva chiesto Aylén, tanto per rompere il ghiaccio.

“Mangio!” aveva bofonchiato lui con la bocca piena.

“Senti non possiamo provare a parlarne cercando di rimanere sereni?” aveva detto la ragazza cercando di usare tutta la dolcezza possibile.

Lui non le aveva risposto e aveva continuato a divorare il cibo masticando con veemenza. Si era alzato ed era andato nuovamente al frigo prendendosi da bere, ignorandola.

Lei era rimasta a sua volta in silenzio, stava cercando un modo adeguato per farlo ragionare, ma sembrava parecchio difficile.

“Insomma sei arrabbiato e lo capisco, però comportandoti così non arriveremo mai a capo di niente, bisognerà pur parlarne prima o poi!” aveva detto lei.

“Sto mangiando! E quando mangio, mi urta il sistema nervoso discutere!” aveva sibilato lui che proprio non aveva voglia di affrontare l'argomento. Era consapevole che avrebbe finito col dargliela vinta del resto lo sapeva già da quando era rientrato. Non l'avrebbe lasciata e avrebbe provato a stare con lei anche fosse andata in capo al mondo. Tutto era meglio che perderla definitivamente, ma era troppo orgoglioso e gli bruciava da morire dover abbassare la testa, quindi continuava a tirare la corda facendo l'indisponente.

Aylén era sul punto di perdere la pazienza.

“Va bene, aspetterò che tu abbia terminato di mangiare” disse cercando di restare calma.

“Sì però non mi guardare, mi da tremendamente fastidio essere osservato mentre mangio” aveva puntualizzato lui.

A quel punto anche l'ultimo residuo di pazienza di lei era andato a farsi benedire.

“Sai che ti dico? Buon appetito e vaffanculo!” gli aveva risposto, girandosi indispettita.

“Dove stai andando?” le aveva subito chiesto Orlando prima che uscisse dalla porta di cucina.

Lei si era voltata, era davvero stufa di tutta quella scena, aveva detto stancamente.

“Me ne vado a letto a dormire, sono le tre di notte, ho ancora un fastidio tremendo per il fuso orario e sono distrutta. Mi dispiace darti tanto disturbo, ma a quest'ora non me la sento proprio di prendere un taxi e tirarmi dietro tutte le valige, quindi se non è un problema, dormo qui e domani mattina ritorno nel mio vecchio appartamento!” aveva risposto Aylén uscendo definitivamente dalla stanza.

Lui non aveva risposto e aveva continuato imperterrito a mangiare.

Lei era salita in camera con un solo desiderio: dormire. L'indomani avrebbe deciso il da farsi. Poco dopo lui la raggiunse. Entrò spedito in  camera e la trovò che stava uscendo dal bagno già pronta per la notte. Aveva addosso solo una canottiera nera e un paio di slip.

Lei lo guardò malissimo.

“Che ci fai qui?” gli chiese piuttosto seccata.

“E' camera mia, sono venuto a letto” aveva risposto lui asciutto.

“Pensavo avessi il buon senso di andare a dormire in un'altra stanza!” aveva commentato lei risentita.

“Anche se volessi, non potrei. Non ci sono altre camere pronte, visto che non pensavo proprio che tu mi facessi questa bella sorpresa! Davo per scontato che avremmo passato la notte insieme, qui” aveva chiarito lui in tono polemico.

Lei non aveva risposto, aveva sbuffato si era sciolta la coda e si era infilata a letto con un gesto di stizza. Lui l'aveva guardata ed era entrato in bagno. Si era fatto la doccia, si era lavato i denti e dopo aver indossato un paio di boxer puliti era entrato anche lui nel letto.

Aylén s'era addirittura coperta la testa con il lenzuolo e gli dava le spalle, lui incuriosito di sapere se dormiva scostò un po’ il lembo che le copriva la testa.

“Che vuoi?” gli aveva risposto male lei girandosi di scatto.

“Se vuoi ora possiamo parlare” aveva risposto lui, che dopo aver fatto le bizze, aver mangiato ed essersi lavato, cominciava ad esser più ben disposto.

“Ora non ne ho voglia io! Se permetti ora dormo!” aveva risposto lei piccata ridandogli le spalle.

“Come vuoi” aveva risposto Orlando spegnendo la luce.

Ma quel letto ad una piazza e mezza era decisamente troppo piccolo per quella situazione precaria. Non c'era verso di starci in due senza avere un qualche involontario contatto fisico. Così la situazione cominciò a diventare piuttosto comica. Stavano fermi, come se fossero imbalsamati ai margini del letto, ma se si muovevano appena era del tutto inevitabile che finissero con lo sfiorarsi un braccio, una gamba, o un piede. Dopo vari sbuffamenti di disappunto e scuse reciproche a denti stretti, Orlando prese la parola.

“Via è inutile, tanto non ci si può dormire in due senza neanche sfiorarsi!” aveva commentato in tono rassegnato “E' molto tardi cerchiamo di fare le persone adulte, rilassiamoci e dormiamo. Tanto se capita che ti tocco una gamba lo sai che non è volontario e viceversa okay?”.

Aylén era veramente troppo stanca per discutere e ne convenne con lui, era meglio rilassarsi e dormire, infatti poco dopo, finalmente si addormentò profondamente. 

Quando si svegliò era molto tardi e il sole era già alto, filtrava illuminando tutta la stanza. Si stiracchiò pigramente e si mise a sedere sul letto.

Orlando non c’era.

Aylén si lavò si vestì e scese di sotto. Lo trovò in cucina che stava facendo colazione con fette biscottate, marmellata, caffè e succo d’arancia. Era seduto a tavola in cucina e indossava solo i pantaloni della tuta, stava appunto addentando una fetta biscottata ricolma di marmellata, la ragazza girò i tacchi e fece per andarsene.

“Hei! Dove vai?” disse subito lui.

“Non sia mai che ti urti il sistema nervoso! Stai mangiando e detesti essere guardato mentre mangi… o mi sbaglio?” aveva risposto lei con una frecciatina.

“Ma quello accade solo quando ceno alle tre di mattina e sono incazzato come una scimmia, mica sempre” aveva risposto lui serafico, “Dai siediti” le aveva detto poi in tono decisamente vertente allo zuccherino andante.

Lei l’aveva guardato sospettosa, ma aveva finito per mettersi a tavola con lui.

“Senti Orlando…dobbiamo parlare” gli aveva detto Aylén appena seduta.

“Prima però mangia qualcosa, non hai messo niente sotto i denti ieri sera” aveva risposto lui, prendendo una fetta biscottata avvicinandogliela alla bocca.

“Non ho fame” aveva risposto Aylén scostando leggermente la testa indietro.

Lui aveva insistito come si fa con i bambini recalcitranti e alla fine era riuscito a infilarle in bocca la fetta biscottata ricolma di marmellata.

“Lo vedi che riesci sempre a farmi fare quello che vuoi tu?” stava protestando Aylén addentando la seconda fetta biscottata “E’ per questo che non ti ho detto niente del mio lavoro, mi avresti convinta a non accettare. Riesci sempre a spuntarla!” aveva concluso costernata.

Lui l'aveva guardata poi aveva vagato con lo sguardo per la stanza, senza fissare niente di particolare, come se stesse riflettendo. Poi aveva  fatto una smorfia arricciando il labbro superiore, in segno di disapprovazione, come se gli scocciasse da matti quello che stava per dire.

“Per come la vedo io è l’esatto contrario, sei tu che mi rigiri come un calzino. E guarda che non è cosa da tutti! Insomma non ho neanche trent’anni, ma cazzo ho un bel po’ d’esperienza, non è che sia proprio uno sbarbato di primo pelo, che si fa infinocchiare tanto facilmente. Sono testardo e determinato e nessuno mi fa mai cambiare idea… eccetto tu” aveva concluso abbassando la testa.

“Non è vero” aveva negato lei scuotendo la testa

“Si invece!” aveva protestato lui.

“Ma se fai sempre come ti pare!” aveva detto Aylén.

“Veramente se qui qualcuno fa cosa le pare e piace senza neanche avvertire quella sei proprio tu!” aveva puntualizzato lui, poi aggiunse più seriamente “Perché non me lo hai detto subito? Mi hai escluso da una cosa importante e non mi piace, mi ha fatto male”.

Aylén sentì una fitta allo stomaco. Orlando aveva ragione. Lei aveva sbagliato a comportarsi così, aveva  finito con l’agire ancora una volta avventatamente, ma era pur vero che temeva, come al solito, di non sapergli dire di no se lui l'avesse pregata di non accettare.

“Mi dispiace” aveva detto in un soffio.

“Pensi che basti dire: mi dispiace?” aveva detto lui serio, ma non arrabbiato.

Lei non aveva risposto subito. Fu lui a palare di nuovo.

“Davvero credi che ti avrei impedito di andare?”.

“No, ma…” aveva accennato lei incerta, poi rinfrancandosi aveva continuato “So come sei fatto, non mi dire che non avresti provato a farmi cambiare idea! E io ti avrei assecondato, perché lo sai che l’avrei fatto, lo sai perfettamente che non riesco a dirti di no. E’ Troppo importante questa cosa per me…” lui l’aveva interrotta “Non sono così immaturo ed egoista!” aveva detto risentito.

“Non ho detto questo, ti prego non mettermi in bocca cose che non penso!” aveva risposto lei costernata.

“Tu non mi ami, almeno non abbastanza” aveva detto all’improvviso lui.

“Non dire idiozie! Che cosa pretendevi da me? Che stessi qui buona e ferma ad aspettarti?” gli chiese lei irritata.

“Potevi benissimo continuare a lavorare a Los Angeles” aveva risposto Orlando.

Lei roteò gli occhi  piuttosto scocciata.

“Ti dissi subito che il lavoro di Los Angeles era solo una cosa temporanea, non sono io che posso decidere dove andare, sono appena laureata che credi che possa comandare e disporre delle mie destinazioni come se fossi onnipotente? Mi hanno offerto un'opportunità grandiosa e non posso rifiutare! Che vuoi che faccia? Vuoi che dica che ci ho ripensato? Vuoi che stronchi la mia possibile carriera sul nascere? E' questo quello che vuoi? Tu lo faresti per me?”.

Ovviamente lui non rispose. Aylén aveva ragione, neanche lui l'avrebbe fatto.

“Dai vieni qui” le aveva detto Orlando all'improvviso.

“Qui, dove?” aveva chiesto lei con circospezione.

“Qui!” aveva detto lui poggiandosi il palmo della mano sulle ginocchia.

“Grazie, ma sto già comoda sulla sedia” aveva risposto lei facendo la sostenuta.

“E dai, vieni qui!” aveva detto lui facendo la solita espressione imbronciata.

E come faceva a dirgli di no? Era pressoché impossibile. Quindi si era alzata e aveva obbedito. Lui l'aveva attirata a se sistemandosela per bene sulle ginocchia di fronte a lui,  circondandole la vita con un braccio.

“Mi mancherai moltissimo” le aveva sussurrato in un orecchio.

“Anche tu, che credi testone!” aveva risposto lei carezzandogli una guancia e sfiorandogli le labbra con un bacio lieve.

Orlando aveva improvvisamente allungato il suo braccio destro oltre la spalla di Aylén, verso la tavola.

“Che fai?” aveva chiesto lei curiosa.

Lui l'aveva guardata in modo decisamente impertinente, poi senza dire niente aveva ritirato il braccio e con la mano che aveva infilato nel barattolo della marmellata, le aveva impiastricciato ben benino la bocca, spalmandole la gelatina appiccicosa tutta intorno alle labbra con il pollice, osservandola compiaciuto e non solo. Lei stava per protestare, ma lui era stato più veloce e aveva preso a succhiarle le labbra,leccando la marmellata, insinuandole poi la lingua in bocca cominciando a baciarla. Aylén che non era certo da meno, a sua volta aveva preso una bella quantità di marmellata e gliela aveva spiaccicata con estrema cura su tutta la faccia, come se lo avesse voluto lavare. Era molto soddisfatta e rideva.

“Molto interessante questo giochino…” aveva commentato lui afferrando direttamente il barattolo dal tavolo e leccandosi un angolo della bocca, sporco della rossa gelatina appiccicaticcia.

Lei lo aveva guardato strizzando gli occhi e fingendosi scandalizzata e gli aveva detto: “Non penserai mica di …”.

“Oh si! E non mi dire che non ci hai pensato anche tu perché non ci crederò mai!” rispose lui decisamente malizioso.

“Ma via... dai… e Ester... dov’è ?” aveva detto lei leggermente preoccupata, temeva davvero che la donna potesse arrivare da un momento all'altro a rimettere a posto la cucina.

“Ester non c'è.” aveva risposto lui fissandola con una strana luce che gli illuminava lo sguardo “Non la faccio venire mai quando ci sei tu” aveva concluso affondando l'intera mano nel barattolo di marmellata. Poi con tono basso e deciso, aveva aggiunto “Togliti la maglietta!”. Erano rimasti un secondo a fissarsi con espressione complice e naturalmente, come sempre, lei lo aveva assecondato.

E' inutile dire come andò a finire, fecero l'amore lì, proprio su quella sedia, costretti poi a farsi di corsa una bella doccia visto che erano completamente  impiastricciati di marmellata dalla testa ai piedi.

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO TRENTATRE ●

 

 

Quello tra Orlando e Aylén restava comunque un rapporto complicato. Il loro sentimento era sicuramente sincero, reale e profondo, ma entrambi erano due persone dal carattere deciso e forte. Conservavano in ogni caso uno spirito piuttosto indipendente ed erano animati da una forte ambizione e dal desiderio di realizzarsi facendo ciò che più gli piaceva: lui l'attore, lei la biologa marina. Avevano tutti e due faticato molto per ottenere certi risultati ed era giusto che volessero continuare a portare avanti le loro rispettive carriere.

Se, quando si erano ritrovati a Los Angeles, per i primi tempi erano stati più guardinghi e sicuramente più malleabili rispetto alla loro indole naturale, col passare del tempo, la confidenza e la sicurezza che avevano acquistato li aveva inevitabilmente portati  ad agire secondo il loro naturale modo di essere. Era logico quindi che ci fossero delle discussioni e delle incomprensioni. Erano troppo simili e questo a volte li metteva involontariamente in competizione creando forti contrasti, proprio come in passato. Non era una competizione maligna a chi fosse più bravo o a chi la spuntasse per primo, solo che prima di cedere tutti e due lottavano, perché erano combattenti per natura. Non bisogna trascurare il fatto che tutti e due, essendo innamorati l'uno dell'altra, erano possessivi e molto gelosi; sentimenti questi dettati soprattutto dall'incertezza che entrambi avevano riguardo al loro futuro. Erano perfettamente consapevoli che il tipo di vita che facevano e le professioni che avevano scelto, avrebbero reso tutto tremendamente difficile e complicato. Nonostante ciò, i due mesi che trascorsero insieme in attesa che Aylén partisse per l'Australia furono molto belli, perché per fortuna, il sentimento che li univa, era decisamente più forte di ogni altra cosa e prendeva sempre il sopravvento anche nelle situazioni più ostiche e difficili.

 

In quell’ultimo periodo avevano passato le loro giornate tra i rispettivi impegni di lavoro e la casa. Non erano usciti quasi mai, passando il tempo molto tranquillamente isolati dal resto del mondo. Per loro era infinitamente più semplice così, stare da soli senza contatti con l’esterno, era una sorta di auto difesa che li manteneva tranquilli e al riparo da eventuali problemi.

Finalmente Orlando era anche riuscito a dare ad Aylén il famoso regalo di laurea. Era stato molto evasivo al riguardo, l’aveva portata in un posto all’aria aperta nei pressi di una specie di grande fattoria. Aylén non capiva.

“Ora dovresti girarti” le aveva detto lui “E non barare! Stai ferma, voltata, fino a che non te lo dico io” aveva concluso il ragazzo. Poi aveva fatto cenno a qualcuno che era alle spalle di lei, aveva sorriso molto soddisfatto e aveva detto alla ragazza che poteva guardare. Aylén si era girata e quello che si era trovata davanti l’aveva lasciata incapace di reagire. La sorpresa e la forte emozione l’avevano colta all’improvviso ed era rimasta immobile in preda alla commozione. Davanti a lei fiero, nervoso e scalpitante c’era il famoso cavallo che era stato protagonista di quel brutto incidente la vigilia della sua partenza da Siviglia.

“Beh? Non dici niente?” aveva chiesto Orlando alle sue spalle.

Lei era rimasta ancora ferma senza dire niente, allora lui lievemente in ansia le si era messo davanti per guardarla negli occhi e con stupore si era reso conto che erano lucidi e ricolmi di lacrime.

“Ma come? Io ti faccio un regalo e tu piangi?” le aveva chiesto lui teneramente preoccupato.

Allora lei s’era asciugata gli occhi con i palmi delle mani e finalmente era riuscita a parlare.

“E’ che non riesco a trovare le parole adatte… non so proprio che cosa dire, hai fatto una cosa … così bella…” e gli aveva gettato le braccia al collo.

“Menomale! Mi ero preoccupato!” aveva risposto lui stringendola a se.

“Ma come hai fatto?” gli aveva chiesto Aylén senza lasciarlo andare.

“L’ho comprato due giorni dopo che eri partita, poi l’ho fatto venire qui…” aveva risposto lui leggermente imbarazzato. Non era bravo in quel genere di cose, esprimere fino in fondo i suoi sentimenti gli rimaneva sempre abbastanza difficile, preferiva agire, era fatto così. Aveva acquistato quel cavallo perché all’epoca gli sembrava come di aver fatto qualcosa per lei, occupandosene, e perché comunque gliel’avrebbe ricordata.

“Ti amo così tanto!” gli aveva detto lei con la voce rotta.

“Anche io … però per favore smetti di piangere ora, mi fa uno strano effetto” le aveva detto Orlando baciandola su una guancia.

“Sono solo molto felice ed emozionata” gli aveva spiegato lei e lui s’era tranquillizzato.

 

Quel gesto aveva finito con il causare un grande scompiglio nella testa di Aylén. Bisogna considerare che pur essendo molto decisa era e restava sempre una giovane ragazza e quando si è giovani si è anche inevitabilmente anche indifesi per certi aspetti. Non sapeva più quello che voleva. Ovviamente diventare un’ottima biologa marina era una cosa a cui teneva veramente tanto e a cui non avrebbe rinunciato ma… Era proprio quel maledetto ma che la stava facendo andare fuori di testa. Forse avrebbe potuto rinunciare all’Australia, forse avrebbe potuto sviluppare la sua carriera in maniera diversa. Certo essere stati scelti da un istituto di fama mondiale e altamente selettivo era una cosa che non si sarebbe ripetuta, ma lei era innamorata e non voleva lasciare nemmeno Orlando. Tutto un tratto aveva cominciato a temere che la lontananza avrebbe finito col dividerli e così nella sua testa andavano prendendo corpo strane riflessioni. Più i giorni passavano, più Aylén si convinceva che non sarebbe dovuta partire. Orlando aveva notato che era strana, ma non ci aveva dato tanto peso, gli sembrava normale vista l’imminente partenza. Anche lui aveva i suoi bei pensieri, però l’aveva presa in maniera leggermente più ottimista. Ci sarebbe stato da viaggiare un sacco e si sarebbero visti non molto spesso, però era pur sempre una situazione temporanea, col dovuto impegno ce l’avrebbero fatta, o almeno lui lo sperava sinceramente. Intanto non perdeva occasione per coccolarla e viziarla, era sempre molto affettuoso e molto premuroso, voleva che lei conservasse un ottimo ricordo che l’aiutasse a restare legata a lui, una volta che fosse stata lontana. Non poteva certo saperlo, ma proprio quel suo atteggiamento metteva ancora più in crisi Aylén.

Quella notte come le accadeva sovente in quell’ultimo periodo Aylén era completamente sveglia. Era rannicchiata tra le braccia di Orlando che era addormentato dietro di lei. La teneva per la vita e le solleticava le spalle con un respiro regolare, tipico di chi dorme pesante. Lei si scostò con delicatezza avendo cura di non svegliarlo, e pian piano si sciolse da quell’abbraccio, alzandosi e scostando con cura la zanzariera. Lui si mosse mettendosi supino e portandosi una mano sul petto, ma non si svegliò. Aylén aprì la porta finestra e uscì sulla grande terrazza. Si mise ad osservare le onde scuse che increspavano il mare. Era molto, troppo confusa. Che doveva fare?

All’improvviso decise: non sarebbe partita.

Non le importava più niente dell’Australia e di tutto il resto, voleva solo restare con lui, in quella casa a fare quella vita, tutto il resto le sembrava futile, inutile e insignificante.

“Che fai in terrazza a quest’ora? Sono le quattro perché non dormi?” si era sentita dire da Orlando che svegliato dalla brezza che entrava nella stanza dalla grande porta finestra, l’aveva raggiunta in terrazza.

“C’è qualcosa che non va?” le aveva nuovamente chiesto.

Lei si era girata e l’aveva guardato, aveva gli occhi abbottonati dal sonno e i capelli scompigliati che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte ed ai lati del collo, era buffo e tenero nello stesso momento.

“Va tutto bene, anzi benissimo, torniamo a letto” gli aveva detto prendendolo per mano, avviandosi dentro la stanza. Lui la seguì leggermente confuso, ma ancora troppo assonnato per fare altre domande. Si rimisero nella posizione originale e lui prima di richiudere gli occhi le sfiorò una spalla con un bacio.

“Orlando?” aveva detto qualche secondo dopo lei.

“…Humm?” aveva mugolato lui che stava per riaddormentarsi.

“Ho deciso una cosa…” aveva cominciato a dire Aylén.

“Cosa?” aveva biascicato lui tirandola ancora più a se.

“Non partirò più per l’Australia, mi ritirerò domani stesso” aveva concluso lei.

Lui accese immediatamente la luce mettendosi seduto sul letto.

“Come sarebbe?” aveva detto svegliandosi di colpo.

“Ho capito che non m’importa più niente di andare laggiù, ho preso una decisione troppo affrettata e …”.

“Frena, frena, frena! Quando hai deciso questa cosa?” le chiese lui serio.

“Adesso, ma in realtà ci penso da molti giorni, voglio rimanere qui, con te”.

Lui abbassò la testa riflettendo. Certo la tentazione era davvero forte. Sarebbe stato infinitamente facile abbracciarla e dirle che se restava era l’uomo più felice del mondo, ma quanto sarebbe durata? Quella vita che stavano facendo, non sarebbe comunque stata quella definitiva, di lì a poco sarebbe partito anche lui per le riprese del suo nuovo film e lei sarebbe rimasta sola lì, o nell’appartamento dell’istituto di Los Angeles, ammesso che l’avessero ripresa a lavorare, soprattutto dopo aver lasciato cadere l’opportunità australiana. Era fin troppo chiaro che quella decisione improvvisa e repentina era stata presa sull’onda dell’emotività, ma col tempo sarebbe potuta trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Rinunciando alle sue aspirazioni senza nemmeno tentare, avrebbe potuto trasformare Aylén in una persona frustrata e infelice e lui le sarebbe apparso come la causa, non poteva permetterlo. E poi le parole di sua madre gli avevano fatto capire tante cose a cui prima non aveva mai minimamente pensato, ora più che mai era deciso a non ostacolarla.

Ci mise un bel po’ di tempo tentando di farla ragionare. All’inizio lei l’aveva presa male, pensava che lui non la volesse tra i piedi. Orlando ci mise tutto l’impegno e la pazienza e finalmente lei capì che lui aveva ragione, malgrado tutto.

“Perché è tutto sempre così difficile!” aveva commentato Aylén alla fine di quella lunga conversazione.

“Non lo so…” aveva detto lui “Credo che essere adulti comporti un certo numero di rinunce a favore di alcune conquiste, credo che ognuno debba fare la propria strada senza tentare scorciatoie, insomma bisogna fare ciò per cui siamo portati e ciò che ci gratifica, altrimenti non c’è molto senso in una vita che rischia di diventare un cumulo di rimpianti… ” aveva concluso molto serio.

“Preferivo rimanere piccola!” protestò lei sbuffando e facendo il broncio.

A quell’affermazione lui rise divertito a volte sembrava proprio una bambina. L’aveva abbracciata e aveva cominciato a baciarla, poi le aveva insinuato una mano sotto la fine canottiera solleticandole la pancia e salendo sempre più su.

“In effetti…” aveva poi cominciato a dire “Non ci sono solo brutte cose da fare quando si è adulti… per esempio… questo i bambini non lo possono fare…” aveva concluso con aria malandrina.

“Quanto hai ragione!” aveva esclamato lei “Comportiamoci da persone adulte!” aveva aggiunto mordicchiandogli il collo.

 

***

 

Aylén era partita da qualche mese e le cose avevano preso la loro direzione seppur tra mille difficoltà. Lei e Orlando si vedevano quando e come era possibile, non molto a dire il vero, anzi si vedevano davvero poco. Una volta era tornata lei a Los Angeles, visto che lui si divideva tra il Messico e per l’appunto LA, per le riprese del suo nuovo film. Altrimenti era stato Orlando a volare in Australia tutte le volte che poteva prendere libero un fine settimana lungo, ma complessivamente stavano dei periodi molto lunghi senza incontrarsi. Cercavano però di mantenere, come potevano, fede a quella specie di patto che avevano fatto all’aeroporto il giorno che lei era partita.

Neanche a farlo apposta proprio il giorno della partenza di Aylén pioveva a dirotto, sembrava che tutto dovesse essere più triste e cupo del dovuto. Orlando conservava una calma quasi innaturale, che era tradita solo dallo sguardo smarrito e decisamente triste che nonostante tutto cercava di nascondere come meglio poteva. Aylén era agitatissima e nervosa, ma anche lei faceva del suo meglio per apparire calma e tranquilla. Com’era prevedibile avevano cambiato idea un milione di volte sul fatto se salutarsi a casa o se andare insieme all’aeroporto. Prima no, poi sì, poi ancora no e alla fine avevano optato definitivamente per il sì. Orlando l’aveva accompagnata di persona e poi aveva incaricato il suo assistente di sbrigare con lei le modalità d’imbarco. Una volta fatto il ceck in, Aylén s’era appartata con lui in una saletta vip, proprio perché nessuno li disturbasse, ormai mancava veramente poco a quella separazione che volente o nolente era una grossa incognita che gravava come una spada di Damocle sul loro futuro. Non sapevano che dirsi e finirono per scambiarsi quelle frasi di circostanza, tipiche delle partenze.

“Allora appena arrivi chiamami” aveva detto lui con le mani in tasca dondolandosi da un piede all’altro.

“Si stai tranquillo” aveva risposto lei con lo sguardo smarrito.

“Non ti preoccupare andrà tutto bene” aveva aggiunto Orlando fermandosi di colpo e carezzandole una guancia protettivo.

“Si andrà bene…” aveva detto Aylén ripetendo la frase come un automa, ferma immobile con lo sguardo vacuo.

Erano poi stati interrotti dall’alto parlante.

“I passeggeri del volo A32 per Sidney sono pregati di presentarsi all’imbarco, uscita 48”.

Ci fu un attimo di silenzio: era ora.

All’improvviso si erano abbracciati talmente forte che quasi facevano fatica a respirare.

“Vengo a trovarti subito appena posso” aveva detto lui.

“Anche io” aveva detto Aylén in un soffio.

“Non ti libererai di me tanto facilmente” aveva aggiunto lui tenendola ancora stretta carezzandole i capelli.

“Lo spero e comunque vale lo stesso per me” aveva risposto lei in preda all’angoscia.

“Ora vai” le aveva alla fine detto lui sciogliendola da quell’abbraccio.

Lei si era fermata un attimo e poi di slancio lo aveva baciato tenendogli il viso tra le mani. Poi suo malgrado si era dovuta staccare e aveva detto con un filo di voce:“Allora… vado... ci sentiamo al mio arrivo” poi senza aggiungere altro, lentamente si era girata per andarsene, non voleva piangere e non l’aveva fatto, ma se restava ancora lì sarebbe stato inevitabile. Lui, non disse e non fece nient’altro, si girò subito e svelto si allontanò, sentì che nonostante si fosse imposto di essere ottimista, i suoi occhi erano comunque umidi.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


  Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO TRENTAQUATTRO ●

 

 

Sidney, alcuni mesi dopo

 

Aylén indossava un semplicissimo abito di raso nero, modello sottoveste, con le spalline fini, abbastanza scollato e appena sopra il ginocchio. Aveva come sempre i capelli sciolti ed era anche leggermente truccata. Le labbra erano piegate in una specie di smorfia indispettita e i profondi occhi scuri lampeggiavano di rabbia. Orlando la stava guardando e pensava che era semplicemente bellissima, anche se tremendamente furiosa.

“Che ci fai qui? Che sei venuto a fare? Ti avevo detto di non venire!” gli aveva detto lei molto più che irritata.

“Lo sai benissimo! Sono venti giorni che ti neghi al telefono e quando rispondi, è solo per dirmi parolacce,  allora ho preso un aereo e sono venuto di persona per parlarne con te”.

“Non ho nessuna intenzione di ascoltarti e poi ho un appuntamento per cena” aveva detto lei tirando su una gamba per allacciarsi il cinturino della scarpa destra alla caviglia, rimanendo qualche secondo in equilibrio.

A quelle parole Orlando s’era incupito non poco, aveva pensato che si fosse preparata così per lui e invece, a quanto pare, aveva altri programmi.

“Un appuntamento con chi?” le aveva chiesto  con un tono tagliente che non prometteva niente di buono.

“Non credo che la cosa ti riguardi, comunque vado a cena con un collega” aveva risposto lei asciutta.

“La cosa mi riguarda ECCOME visto che stiamo insieme!” le aveva risposto piuttosto incazzato.

Lei gli si era piantata davanti con le braccia incrociate e con un aria decisamente battagliera.

“Che cosa ti fa credere che stiamo ancora insieme eh?” gli aveva sibilato.

“Piantala di dire stronzate! Non ci siamo mai lasciati! Questa tua scenata è del tutto fuori luogo. Mi spieghi che cavolo ti è preso? Che è successo? All’improvviso ti sei messa a fare la matta e  io non riesco a capirne il motivo. Cazzo mi sono fatto un numero sconsiderato di ore di volo per venire da te, e per capire che diavolo succede, e tu mi dici che vai a cena fuori con uomo? SCORDATELO! ” aveva detto Orlando decisamente arrabbiato e al colmo dell’esasperazione.

Aylén si era spostata verso il mobile dell’ingresso e aveva afferrato una rivista poi l’aveva tirata dietro ad Orlando centrandolo in pieno.

“Vogliamo parlarne?” gli aveva detto minacciosa “E allora parliamone! Chi è questa… questa… QUESTA vacca seminuda, che ti sta spalmata addosso e che tu con molta non chalanche tieni per i fianchi? Ma guardati! Hai un sorriso da deficiente che incanta, mentre lei ha un’espressione tipo: Se te lo piglio ti ci vuole un collegio di avvocati per riaverlo indietro! Allora? Che hai da dire in proposito? Sentiamo! Sono proprio curiosa di ascoltare le tue cazzate!”.

Orlando aveva raccolto la rivista e immediatamente aveva capito tutto.

“Ma non è come sembra, ero ad una festa… e una tipa, non so nemmeno chi sia, si è voluta fare una foto… lo sai come funzionano queste cose, sono le solite stelline in cerca di pubblicità… c’erano dei giornalisti i soliti paparazzi ed è finita sul giornale, ma non la conosco nemmeno! Non so chi sia!”.

“Bel discorso, bel discorso davvero! Pretendi che ci creda?” gli aveva risposto lei scettica.

“Certo che lo pretendo! E' la verità!” aveva detto lui infastidito, poi piuttosto contrariato aveva continuato “Se tu fossi stata a Los Angeles con me, invece di essere qui, in un altro continente, lontana miglia e miglia, lo sapresti con certezza! E non staremo litigando per una cosa che non ha nessuna importanza”.

“Ah ecco che ci risiamo! Batti sempre lì! Sarebbe colpa mia vero? Ma che rigira frittate che sei!”.

“Ma parliamo un po’ di te signorina!” aveva cominciato a dire Orlando con un tono vagamente minaccioso “Dov'è che vorresti andare con questa specie di camicia da notte che vorresti far passare per vestito?” aveva concluso valutando la consistenza dell'abito di lei tra l'indice e il pollice.

“Dove mi pare!” aveva tagliato corto Aylén.

“Non penso proprio” aveva risposto lui secco.

“Pensi di riuscire ad impedirmelo?” lo aveva sfidato lei.

“Non ho intenzione di obbligarti a rimanere qui, ma se esci da quella porta non mi rivedrai mai più, te lo assicuro!” le aveva risposto lui con una calma che faceva davvero paura.

Aylén era rimasta interdetta, sembrava molto deciso, ma anche lei lo era e quell’ennesima fotografia l'aveva fatta star male da morire, quindi afferrò la borsa e si diresse verso la porta.

Lui la seguì e un attimo prima che mettesse la mano sulla maniglia le disse: “Attenta a quello che fai Aylén, questa volta non te la darò vinta, se esci ti giuro che è davvero finita!”.

Lei sapeva che stava dicendo il vero, era troppo calmo e troppo deciso e poi lo conosceva bene, se prometteva una cosa la manteneva a costo di scoppiare.

Si girò di scatto ancora più arrabbiata e risentita.

“Neanche io intenzione di dartela vinta! Se pensi che passerò sopra al fatto che te la spassi senza il minimo riguardo, beh, ti sbagli di grosso!”.

Orlando, che aveva davvero temuto che lei se andasse si rilassò, anche se incazzata più di prima, era comunque rimasta.

“Come te lo devo dire che non ho fatto NIENTE? E' lavoro, pubbliche relazioni, pettegolezzi idioti da giornaletti scandalistici, è solo una foto ad una fottuta festa e nient'altro! Credi che se me la fossi fatta con quella mi ci sarei fatto fotografare insieme? Mica sono così idiota!”.

“Su questo non ci giurerei!” aveva commentato lei sarcasticamente

“Mi stai dando dell'idiota?” aveva chiesto lui risentito.

“Tu che ne dici?” aveva risposto lei al volo.

“Dico che stai esagerando come tuo solito, stai tirando troppo la corda, non mi fare incazzare più del dovuto, questa volta non sono incline ad essere remissivo” le aveva detto lui molto seriamente.

“Insomma io dovrei stare zitta e buona seconda te, vorrei proprio vedere te al mio posto! Poi non capisco perché una volta tanto non puoi evitare di abbrancarti a chiunque per farti le foto! Come mai devi essere così estremamente affettuoso? Pensi che sia scema?”.

“A volte è veramente difficile stare con te” aveva sospirato lui come se riflettesse a voce alta.

A quelle parole lei si sentì ferita, forse anche più del dovuto.

“Se la pensi così allora trovatene un'altra” gli aveva risposto cambiando completamente tono di voce, dall'arrabbiato era passata al triste tutto d'un botto.

“Non voglio un'altra, io amo te” le aveva detto lui prendendola per le spalle e costringendola a girarsi. “Che credi che io non provi le tue stesse paure? A te non ti fotografano di certo, anzi sei molto più libera di me in tal senso. Potresti riempirmi la testa di corna come un cesto di lumache io non lo verrei mai a sapere” aveva a detto lui molto serio. “Ma io mi fido di te, cerco di non pensare a certe cose, anche se arrivo qui e ti trovo vestita di tutto punto per uscire con uomo! Nonostante tutto voglio credere che non era tua intenzione andarci a letto, perché credo e spero che tu mi porti rispetto, mentre tu pensi subito male. Credi che ti tradisca in continuazione? E' questo quello che pensi?” aveva concluso costernato.

“Sei un tale ipocrita! Fai il comprensivo quando poi in realtà mi controlli ogni minuto! Comunque sì, a volte lo penso davvero!” aveva alla fine confessato lei senza neanche guardarlo negli occhi.

“Grazie!” aveva risposto lui sarcastico “Sono commosso dall'alta opinione che hai di me. A questo punto mi chiedo che cazzo ci sto a fare io qui!” aveva concluso lui amareggiato.

“Ma che bravo!” aveva commentato lei “Sai sempre toccare  le giuste corde vero? Alla fine la colpa è mia e tu sei la povera vittima! Sai cosa penso? Penso che se non avessi avuto la coscienza sporca non saresti corso qui, ti conosco  abbastanza bene. Penso che sì, io ho un pessimo carattere: sono impulsiva e forse anche immatura, ma almeno io quando ho torto chiedo scusa. Tu no! Tu devi sempre e comunque fare le cose come ti pare e soprattutto hai sempre la giustificazione pronta! Una volta è colpa mia perché ti provoco, un'altra perché agisco senza riflettere, un'altra ancora perché sei confuso. La verità e che a te sta bene solo quando si fa a modo tuo, quando ti assecondo, ma questa volta sopra non ci passo sopra neanche morta mettilo in testa chiaro?”.

“Non ho fatto niente non vedo di cosa dovrei scusarmi” rispose lui serio.

“Oh si che l'hai fatto, mi hai mancato di rispetto e io non lo tollero più. Passiamo sopra il fatto che nessuno deve sapere che stiamo insieme, posso capirlo anche se fino ad un certo punto, ma che tu ogni volta ti debba far fotografare a destra e a sinistra, con colleghe, ammiratrici, amiche o quel cazzo che sono, io non lo sopporto più! E non ne frega niente se ci vai a letto o se non ci vai  è comunque un modo di comportarti che non mi piace”.

Finalmente dopo mesi di rospi ingoiati a fatica Aylén era riuscita a parlare, ormai non aveva più paura della reazione di Orlando, quella situazione per lei era davvero diventata insostenibile e doveva risolverla in modo o nell'altro.

“Sai benissimo che il mio lavoro…”.

“BASTA! Finiscila! Il tuo lavoro non centra proprio niente! Non offendere la mia intelligenza per piacere, ci sono un sacco di attori che si comportano in maniera molto più discreta di te e non mi sembra proprio che la loro carriera ne risenta. Il punto è che sei egocentrico, ti piace stare al centro dell'attenzione è per questo che ti comporti così, almeno per una volta sii onesto cazzo!”.

Lui era rimasto in silenzio, forse un pochino Aylén aveva ragione, in effetti era corso da lei come un fulmine perché sapeva che ultimamente erano uscite diverse sue foto, visto che aveva fatto vita mondana con più frequenza del solito, ma non aveva intenzione di scusarsi né di darle ragione, era stanco e cominciava a pensare che tutta quella storia era davvero troppo faticosa da portare avanti.

“Credo che ci abbiamo provato, ma credo anche il tentativo sia fallito. Siamo caratterialmente incompatibili e io sono veramente stanco di tutte queste discussioni” aveva finito col dire Orlando, molto pacatamente.

“Sono d’accordo. Non sono mai stata il tipo di donna adatta a te e mai lo sarò. Tu hai bisogno di una persona malleabile e disponibile ad assecondarti, una persona remissiva che tollera tutti i tuoi comportamenti e io non lo sarò mai. Quindi posso anche andarmene a cena e uscire da questa porta, tanto è finita comunque” e con queste parole Aylén uscì davvero.

 

Tutto questo si era svolto nell'appartamento australiano di Aylén. Nella stanza accanto due persone un tantino perplesse stavano chiedendosi se quel silenzio improvviso fosse buon segno oppure no.

“Dici che hanno fatto pace o…” aveva infine detto Reina preoccupata ad Alejo.

Alejo aveva consultato l'orologio.

“Hanno discusso per venti minuti abbondanti, direi che come tempo siamo nella media” aveva commentato serafico.

I due ragazzi, che stavano insieme da qualche mese dopo essere stati solo amici per più di un anno, erano in Australia a fare le loro vacanze ospiti di Aylén.

“Come puoi essere così cinico! Questa volta sembra una cosa seria” aveva risposto Reina contrariata.

“Non sono cinico, sono realista! E' da quando li conosco che si comportano così, ormai mica mi stupisco più!” le aveva spiegato Alejo.

“Sono troppo simili! Io l'avevo detto fin dal principio” aveva commentato Reina scrollando la testa.

“In un certo senso hai ragione, ma si vogliono molto bene però” rispose Alejo.

“A volte il bene da solo mica basta e ho paura che questa volta…” aveva detto Reina seria.

“Mah! Non lo so, come sempre dipenderà dalla capacità di ragionamento che sapranno usare, a volte si comportano come due perfetti stupidi, pur non essendolo affatto. Io non credo che sia ancora finita, non così almeno” aveva sentenziato il ragazzo, che comunque si rendeva perfettamente conto della precarietà della situazione.

“Vogliamo andare  di là a vedere cosa è successo?” aveva chiesto Reina.

“No. Decisamente non sono fatti nostri. Piuttosto perché io e te non ce ne andiamo a farci un bel giretto, magari dopo una romantica cenetta?” aveva alla fine proposto Alejo a Reina.

“L'idea non suona affatto male” aveva risposto la ragazza sorridendo e insieme mano nella mano erano usciti.

L'unico che era rimasto in casa era Orlando, ma era molto probabile che anche lui si sarebbe trattenuto per poco.

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Questa storia è stata scritta per divertimento

● CAPITOLO TRENTACINQUE ●

 

 

Aylén non appena rientrò, aprì la porta della sua camera e slacciatesi le scarpe le fece volare distrattamente sul pavimento sospirando, si passò una mano tra i capelli con un gesto distratto. Decisamente quella, per lei, non era una sera tra le più felici. Anzi a dire il vero era proprio una serata funesta, anche se in cuor suo la speranza non era proprio morta del tutto. Non sapeva bene perché, ma questo era ciò che avvertiva. Poggiò le chiavi di casa sul cassettone e accese la luce. Si girò e cacciò un urlo.

“Se volevi farmi prendere un infarto ci sei quasi riuscito!” disse col fiato corto ad Orlando, che se ne stava appoggiato dietro lo stipite della porta e che le era apparso all’improvviso, riflesso nello specchio davanti a lei.

“Cena veloce eh? Siete andati in un fast food per caso?” chiese ironico alzando un sopracciglio, visto che lei era stata fuori solo tre quarti d'ora.

“E tu? Non dovevi andartene?” rispose lei alzando un sopracciglio sua volta.

Rimasero un secondo ad osservarsi, entrambi con un espressione vagamente ironica dipinta sul viso, poi improvvisamente scoppiarono tutti e due a ridere.

“Rido, ma sono incazzata” puntualizzò lei cercando di essere seria.

“Oh, ma anche io sono incazzato nero” gli fece eco lui ridacchiando.

Ci fu una breve pausa.

“Ma perché ci comportiamo così? Non è un tantino infantile?” chiese improvvisamente Orlando sempre sorridendo.

Lei non rispose. Si diresse spedita verso il letto e aprì il cassetto del comodino. Tirò fuori alcune riviste, le sparpagliò sul letto e sfogliandone una puntò il dito su una fotografia nella quale Orlando era ad un party, davanti a due ragazze abbastanza discinte, e si era alzato la maglietta per mostrare il suo tatuaggio, una delle ragazze stava appunto toccandolo con un dito.

“Dato che hai introdotto l'argomento vogliamo parlare di cose un tantino infantili? Dimmi questo come lo classificheresti? Comportamento adulto forse?” gli chiese con tono polemico.

Lui rimase un attimo in silenzio, poi disse “Ma che hai fatto la collezione?” poi tentò di giustificarsi “Vabbè via… dai è una cazzata, si rideva si scherzava, avevamo bevuto un po’ tutti… che male c'è?” ma vedendo che lei continuava a guardarlo storto continuò “Ammetto che sono un pochino egocentrico, del resto è normale, se non lo fossi non farei questo lavoro. Stare al centro dell'attenzione è una delle peculiarità di questo mestiere ma…” disse lui cercando di spiegarsi come meglio poteva.

“Ma che?” chiese lei per niente convinta dalla tesi di lui.

“La prendi troppo sul serio” rispose Orlando dolcemente.

“Può darsi” disse lei “Ma purtroppo certe cose mi fanno stare male e io non ci posso fare niente” rispose piuttosto asciutta.

Orlando si grattò la testa, non era facile, non era mai stato facile e neanche questa volta era diverso.

“Penso che a volte si fanno delle cose senza rendersi conto di far soffrire le persone a cui vogliamo bene. Io sono fatto così, agisco d’impulso, senza pensarci troppo e non mi rendo conto che in certi frangenti esagero. Portare avanti questa storia è dura, a volte è così dura che mi viene voglia di mollare, ma poi penso che in realtà tu sei tutto quello che inconsciamente ho sempre voluto. Sei bella, intelligente, indipendente, determinata, aggressiva ma dolce, dispettosa, provocante, permalosa amabile e detestabile, insomma: perfetta proprio con tutti i tuoi pregi e difetti. Non posso ancora separami da te perché nonostante tutto il rapporto con te arricchisce la qualità della mia vita, mi stimola e in un certo senso mi migliora e fino a che sarà così io non potrò fare a meno di te.” Orlando fece una pausa, tutto questo discorso era stato davvero molto difficile da tirare fuori.

Aylén fece per parlare ma lui le fece segno di no, “Non ho ancora finito” disse. “Per quanto concerne la segretezza riguardo la nostra relazione non è un capriccio, ma una necessità. Non intendo condividere col resto del mondo la mia vita privata e soprattutto i miei sentimenti! Sono cose mie, strettamente personali, di cui sono estremamente geloso. Oltre questo non ti rendi neanche minimamente conto che saresti tu stessa oggetto d’inseguimenti, tartassamenti vari che ti assicuro a volte sono davvero spiacevoli. Capisco che è dura ma lo sapevamo fin dall’inizio tutti e due, credo che potresti fare anche un piccolo sforzo per cercare di capire. E poi non temere, sarà solo questione di tempo, prima o poi ci beccheranno e la cosa diventerà inevitabilmente di dominio pubblico” concluse infine sospirando rassegnato.

Aylén lo guardò di sottecchi, certo che era davvero bravo, pensò, trovava sempre il modo di aggiustare le situazioni. Però era anche vero che nonostante tutto, lei lo amava e non riusciva a non giustificarlo anche quando sbagliava.

“In quanto ad imperfezioni, o difetti come dir si voglia, anche tu non sei da meno mio caro!” gli disse con aria  di chi a voglia di sfottere ben benino.

“Ah sì!” disse lui incrociando di nuovo le braccia al petto, “Sentiamo, che poi ti rispondo a tono!” concluse sornione, dato che aveva mangiato la foglia.

Così era partita nuovamente quella sorta di sfida bonaria, che comunque caratterizzava il loro rapporto, ma anche e soprattutto che faceva parte del loro personale e rispettivo carattere.

Lei si batté l'indice sul mento e alzando gli occhi con fare pensoso e diede il via al duello verbale.

“Dunque direi innanzi tutto : vanesio!” disse senza poter trattenere un sorrisino.

Lui alzò ancora una volta il sopracciglio e per niente smontato rispose a tono “Tu invece sei esageratamente polemica”.

“Sei testardo” disse lei.

“Senti chi parla!” ridacchiò lui.

“Io sono più malleabile!” si difese lei.

Lui rise forte “Ma quando mai! Ma se sono sempre io che faccio il primo passo!”.

“Però io ti assecondo sempre non puoi negarlo” rispose lei puntandogli l'indice contro.

Orlando allora si cimentò in una delle sue solite uscite da faccia da schiaffi che gli riuscivano sempre particolarmente bene, del resto era una sua dote innata.

Si strusciò le unghie sulla maglia e poi si soffermò a guardarle, quindi con aria di chi la sa molto lunga le disse: “Per forza! E' praticamente impossibile resistere al mio fascino magnetico e carismatico”.

Lei aprì la bocca e corrugò la fronte, con un espressione simile a quella di qualcuno che riceve un'illuminazione divina, poi gli disse fingendosi contrariata “Ma che presuntuoso, egocentrico e fanatico!”.

“Naaaaaa, diciamo che sono solo consapevole… delle mie doti naturali” disse lui molto divertito. “Ma dimmi una cosa” riprese a dire con tono lievemente più serio di quello che aveva usato fino ad allora “Ma dove cacchio sei stata vestita di tutto punto per…” controllò l'orologio “Quarantasette minuti esatti? A consumare una cena liofilizzata?”.

Lei sorrise soddisfatta, era molto contenta di aver fatto centro.

“Ti piacerebbe che te lo dicessi eh?” rispose con tono provocatorio.

“Non usare il condizionale, lo voglio sapere e sul serio!” rispose lui senza scherzare tanto.

Lei rimase un attimo in silenzio, del resto farlo friggere un pochino non sarebbe stata una cattiva idea e infondo se lo meritava.

“Non mi muoverò da qui fino a che non me lo dici, del resto sono rimasto apposta” puntualizzò lui deciso.

“Sono stata a casa di un'amica” cominciò a dire lei “Non avevo nessun appuntamento con nessun collega, volevo solo farti sentire che cosa si prova… in certi frangenti” confessò candidamente lei guardandolo con aria tra il divertito e il dispettoso.

Lui si sentì decisamente meglio anche se a dire il vero aveva immaginato qualcosa di simile, visto il suo tempestivo rientro, ma una punta di rabbia lo investì suo malgrado.

“Posso anche capire questa tua reazione, ma quello che proprio invece non capisco, è perché te ne sei andata, io ti avevo detto che se te andavi era finita…” disse lui molto seriamente.

“Ma sei qui però” gli fece notare lei con una punta di soddisfazione nella voce.

Decisamente una pessima risposta quella di Aylén. L'orgoglio di Orlando ebbe un'impennata improvvisa.

“Hai ragione, mi ha appena ricordato che sto facendo per l'ennesima volta la figura del coglione!” rispose lui abbastanza contrariato e punto sul vivo. Si girò di scatto e afferrò il giubbotto con un gesto di stizza. Va bene essere innamorati, va bene ingoiare l'orgoglio e rimangiarsi le frasi, ma a tutto c'era un limite e lui sentiva di averlo ampliamente superato.

Aylén fu colta all'improvviso dal panico.

“Ma che fai?” gli chiese con voce quasi flebile e preoccupata.

“Quello che avrei dovuto fare prima: me ne vado!” rispose lui accigliato e deciso, gli era presa proprio male.

“Non dirai sul serio?” aveva risposto lei allibita. Del resto non capiva come quella conversazione decisamente ironica e piuttosto tranquilla, fosse passata da un tono quasi conciliante e sicuramente goliardico, ad tono decisamente negativo e pericolosamente definitivo.

“Ti sembra che stia ridendo?” aveva risposto lui sarcasticamente “Tu devi sempre e comunque andare oltre vero? Non riesci a fermati, non riesci a piegarti neanche una volta, io faccio un passo avanti e tu non mi tendi la mano, no signora, ne fai due indietro! Bene questa volta hai davvero colmato la misura!”.

Aylén si sentì all'improvviso smarrita, com'è che erano arrivati a quel punto? Erano davvero ad un passo dal classico non ritorno bastava un soffio e tutto sarebbe finito lì. Deglutì a fatica e sentì il sudore nei palmi delle mani. Doveva assolutamente fare qualcosa, così decise improvvisamente di fare ciò che lui faceva spesso con lei. Gli prese la mano e intrecciò le sue dita con quelle di lui, poi poggiò la fronte sulla sua spalla e disse: “Ma io non voglio che tu vada via” poi aveva continuato “Io posso anche ammettere che sono forse... e ribadisco forse, un po’ troppo gelosa, ma è più forte di me, tutte le volte che passo davanti all’edicola mi prendono i cinque minuti e… finisco per chiedermi chi me lo fa fare, ecco! Magari sbaglio, però anche tu cerca di capire non è affatto facile per me”.

Lui era rimasto fermo senza dare alcun segnale né negativo, né positivo.

“Anche io mi chiedo la stessa identica cosa e vorrei per l'appunto una risposta chiara da te: chi te lo fare di stare con me?” aveva infine detto molto serio.

Lei alzò la testa e lo guardò.

“Ma lo sai benissimo il perché!” rispose.

“Lo voglio sentire detto  a chiari toni” disse lui quasi piccato.

Lei era così restia a dirgli ti amo, lo aveva fatto solo un paio di volte o poco più, e questa cosa a lui pesava. A lui piaceva sentirselo dire, ma lei era del parere che le parole contano poco e quindi, sempre secondo lei, glielo dimostrava con i fatti e non c'era bisogno che glielo ripetesse in continuazione. Lui continuava a non essere d’accordo e quella sera s'era impuntato di brutto.

“Va bene” disse lei che aveva perfettamente capito che cosa volesse lui “Tu sei una persona speciale. Imprevedibile e solare. Sei intelligente e sensibile, hai un dono: sai come prendere le persone. O almeno sai come prendere me, sai farmi ragionare, sai tenermi testa e mi fai sentire importante. Certo quando fai il cretino ti tirerei volentieri il collo, ma questo solo perché ho paura di perderti. Anche tu hai migliorato e migliori la qualità della mia vita e…”.

“E…?” gli fece eco lui non ancora del tutto soddisfatto.

Lei lo guardò non potendo trattenere un sorriso, quella sua forma di fragile insicurezza la inteneriva e glielo rendeva ancora più vicino.

“E ti amo moltissimo, più di quanto le parole potrebbero mai spiegare” gli disse finalmente lei.

Orlando si sentì sciogliere come il burro in padella.

Era strano non aveva mai dato peso a quelle cose prima d'ora, ma da lei voleva decisamente tutto: anima e corpo, senza mezze misure. In quel momento lei gli aveva dato l'anima, ora era giunto il momento di avere anche il corpo.

“Baciami!” le aveva ordinato.

Eccolo lì, il solito Orlando, aveva pensato Aylén vagamente divertita. Decise di accontentarlo, anche perché lo desiderava anche lei, ma non senza rinunciare ad una piccola forma di simpatica e personale vendetta.

Allungò un braccio e con le dita prese a sfioragli i capelli dietro la nuca, appoggiò le labbra dietro l’incavo del suo orecchio e cominciò a tempestargli il collo di piccoli baci, poi passò tormentarlo con la lingua. Molto lentamente e con molto metodo, del resto conosceva assai bene i suoi punti deboli. Quando si accorse che lui era quasi partito del tutto all’improvviso gli dette un morso piuttosto forte.

“AHI! Ma sei matta?” disse lui staccandosi all’improvviso e portandosi la mano sul collo, guardandola allibito.

“Una piccola punizione per le tue intemperanze!” ridacchiò lei lanciandogli uno sguardo birichino.

“TU…” le disse Orlando riducendo gli occhi a due fessure e puntandole l'indice contro “Tu sei pericolosa!” concluse con un mezzo sorriso a fior di labbra.

Lei gli circondò il collo con le braccia e gli disse “Oh si! Sono estremamente pericolosa… attento a quello che fai o potresti ritrovarti con qualche accessorio in meno …quando proprio non te lo aspetti, caro mio!”.

Orlando decise di non indagare a quale tipo di accessorio si potesse mai riferire lei.

“Sono sempre stato attratto dalle cose pericolose e non mi fanno certo paura!” aveva risposto con aria sicura “Ma a dirla tutta mi sarei rotto di stare parlare” concluse perentorio. In maniere fulminea passò direttamente ai fatti. Scostò con delicatezza le fini spalline del vestito di Aylén che scivolò morbidamente sul pavimento, formando una specie di nuvola ai piedi della ragazza. Cominciò a baciarla e le sue mani presero a vagare sulla pelle di quel corpo conosciuto che gli apparteneva. Lei non era certo rimasta passiva, aveva spostato entrambe le mani sui bottoni della sua camicia e con una rapidità quasi febbrile, lo aveva liberato da quell'indumento, lasciando che i loro corpi si potessero finalmente sfiorare senza alcuna barriera. Si diressero veloci sul letto, dove in con un gesto rapido e impaziente le riviste che erano state sparpagliate poco prima, volarono a terra e…

come si suol dire: Tutti i salmi finirono in Gloria!

 

***

 

 

Qualche tempo dopo….

 

“Stai scherzando vero?” chiese Orlando ad Aylén seriamente preoccupato.

Aylén lo guardò con aria vagamente smarrita e con sorpresa del ragazzo anche piuttosto impaurita.

“Il fatto è… cioè… insomma… ecco… io” farfugliava lei come a voler prendere tempo.

“Sì? Dai parla, non mi tenere sulle spine” le chiese lui agitato.

“Non so come dirtelo… ma io… io non mi sento ancora pronta ecco” era riuscita a dire lei alla fine, non senza fatica e con una punta di vergogna.

“Come? E me lo dici ORA? Ora che siamo qui, sulla soglia? Cazzo non lo potevi dire prima! Al limite bastava anche ieri sera, un'ora fa, ma ora…” rispose lui sconcertato e allibito.

Lei si sentiva in colpa ed era parecchio agitata, ma porca miseria non poteva farlo per forza.

“Lo so è vero hai ragione… vuoi la verità?” disse Aylén.

“Certo che voglio la verità… Cristo Santo ci stanno guardando tutti!” Orlando era davvero sconsolato.

Lei prese fiato per cercare le parole giuste.

“Insomma, quando mi hai chiesto di fare questo passo insieme, mi sembrava una bella cosa, anche se a dire il vero, mi sono agitata subito. Però l'avevi messa così bene. Mi sembrava davvero così romantica, ma ora… beh ora … se proprio lo vuoi sapere io ho paura e proprio non me la sento, io non ce la faccio proprio!”.

“PAURA?” le chiese lui sbigottito “TU hai paura? Non ci posso credere!”.

“Che c'è di strano eh? Sono un essere umano come tutti io! Non posso avere le mie paure?” rispose risentita lei.

“Non avrei mai creduto che tu avessi paura di farlo, scusa ma perché non me ne hai parlato, potevamo ripensarci, farlo più avanti… magari quando ti sentivi davvero pronta… non ti capisco” aveva detto lui costernato.

“Ci tenevi così tanto, e io non sapevo come dirti che non volevo proprio farlo…” provò a giustificarsi lei.

“Ho capito! Mica era un obbligo! Così mi fai fare la figura del cretino!” s'era risentito lui.

“Ma quante storie! Non saremo mica i primi che rinunciano all’ultimo momento!” disse lei spazientita.

“E chi se ne frega degli altri scusa! Ora qui ci siamo io e te!” aveva risposto lui contrariato. “Dovevo dare retta alla tua amica Reina, mi aveva avvertito mi aveva detto che non eri pronta e che sei sempre stata contraria, ma non ci potevo credere…” concluse lui sconsolato.

“Via non può esser così tragico, magari possiamo farlo… la prossima volta che vieni?” provò a proporre lei speranzosa.

“No, guarda non ci penso proprio, se lo facciamo lo facciamo ora, altrimenti non credo che mi azzarderò mai più a riproportelo” aveva detto lui deciso.

“Però sei un pochino stronzo! Praticamente se mi dici così mi obblighi!” si era risentita lei.

“Certe cose o si fanno subito o non si fanno più! Fidati ormai lo so per esperienza!” aveva detto lui serafico.

Lei aveva sospirato forte, mamma mia in che situazione incresciosa s'era andata infilare e tutto perché? Perché non aveva avuto il coraggio di ammettere con lui che aveva paura. Aylén maledì mentalmente la sua testaccia dura e il suo orgoglio maledetto. Fece nuovamente un sospirone, chiuse gli occhi e disse tutto d'un fiato “Via, facciamolo e non ci pensiamo più!”.

“Sicura?” aveva chiesto lui per accertarsi che fosse veramente decisa.

“Orlando per favore non me lo chiedere più sennò domani mattina siamo ancora qui, ho detto facciamolo e non ci torniamo sopra!” concluse lei sperando che il tutto finisse il prima possibile.

Lui le prese entrambi le mani le sfiorò le labbra con un bacio e poi le disse “Tranquilla amore, al massimo ci sfracelliamo insieme!”.

Tipico umorismo del cazzo inglese pensò lei irritata. “Che culo!” gli aveva risposto con una smorfia sarcastica dipinta sul viso.

“Ma come non lo trovi romantico? Morire come Giulietta e Romeo?” aveva detto lui ridacchiando.

“Con tutto il rispetto per Shakespeare, trovo che Giulietta e Romeo siano stati due emeriti imbecilli, poi se non la fai finita di dire stronzate, mi fai incazzare e non lo faccio più per davvero!” aveva risposto Aylén costernata e anche un po’ stizzita.

“Va bene, va bene, allora al tre okay?” aveva detto Orlando soddisfatto.

Aylén non rispose, era davvero terrorizzata, gli strinse le mani piantogli le unghie nella carne come per artigliarlo e giurò a se stessa che quella era davvero l'ultima volta che gliela dava vinta a priori, quindi al suo tre, come deciso  si lanciò nel vuoto insieme a lui.

 

“Vergine Santissima di Guadalupe! Non si possono guardare! Che cosa idiota!” aveva commentato Reina quando li aveva visti lanciarsi dalla piattaforma legati a quell'elastico che da laggiù sembrava estremamente fine.

“Perché secondo te di solito fanno cose parecchio intelligenti quei due?” aveva detto Alejo poi aveva aggiunto “Ma, toglimi una curiosità, com'è possibile che una come Aylén abbia paura a fare il bunjie jumping?”.

“L'elastico! Lo trova uno strumento precario e inaffidabile, diverso dalla vela del deltaplano, da un canotto e via discorrendo, lo ha sempre detestato e non ha mai voluto provare a farlo, anche se suo cugino glielo ha proposto molte volte” poi s'interruppe un attimo, guardò Alejo molto preoccupata e con una punta di terrore nella voce  gli chiese “Tu non mi chiederesti mai di fare una cosa del genere vero?”.

“No guarda al massimo ti posso chiedere di fare lo scivolo ai giardini!” aveva ridacchiato lui e poi l'aveva baciata.

Intanto Orlando e Aylén con continuavano a rimbalzare a testa in giù.

Strano ma quello sport sembrava essere proprio l'essenza del loro rapporto, un vero e proprio salto nel buio:

 

…Un salto e via
sento la scia
sono il centro
dall'universo…

 

…Salto nel blu
a testa in giù
evitando di toccare
il fondo.
Poi di colpo su
nel cielo blu
legato dalla vita
lancio la mia sfida
con un grande
salto…

 

Ma sarebbe durata? E quanto?

 

… E chi lo sa!

 

Del resto il futuro è un incognita per tutti!

 

 

* FINE *

 

Note:

 

Alcune curiosità su questa Fic

 

E’ stata una specie di sfida per me scrivere questa storia, perché come ho spiegato non credo molto nell’amore ecc… ecc... Non so se sono riuscita nell’intento, ma questa voleva essere più che altro una storia d’amore ^_^

Le location da me citate sono realmente quelle del film The Kingdom of the Eaven. Leggi qui

Per quanto riguarda il rafting sul fiume Guadalquivir che si trova realmente a Cordoba probabilmente ho detto una scemenza, come se avessi fatto fare rafting nel Tevere. Purtroppo mi sono smazzata una giornata intera su internet per trovare un posto più reale, ma avrei dovuto farli spostare sulla Sierra Nevada e mi si allungava troppo la trama, quindi prendetela come una “licenza” da fic ^_^

I nomi dei personaggi spagnoli non sono inventati ma li ho trovati su questo sito in particolar modo quello di Aylén ha un significato particolare se volte potete leggerlo qui.

Il testo finale sono due strofe della canzone Il grande salto di Raf.

 

Ringrazio davvero tutti quelli che si sono fermati a leggere questa mia nuova divagazione sia chi ha recensito, sia chi non lo ha fatto!

 

Ringrazio in particolar modo Mandy supporto insostituibile senza la quale forse non ce l’avrei fatta ad arrivare in fondo GRAZIE!

 

Grazie ad Anjulie che con le sue parole anche troppo belle che forse non merito neanche, mi ha dato un grosso aiuto e una grossa spinta.

Grazie 1000 a Conty, Gal, Kiria, Sara, JulyAneko, Frodina, Carolina, Dolcemaia e a mami che ha sopportato le mie paranoie talvolta eccessive.

Un particolare grazie a Roy che con i suoi interventi mi ha aiutata tantissimo senza saperlo in dei brutti momenti.

E naturalmente GRAZIE Orlando! Grazie di esistere ciccio! Senza di te la vita sarebbe un pò più grigia e io sarei costretta a dire molte meno bischerate!!! ^_^

 

A questo proposito vorrei precisare, perché ci tengo molto, che non sono una persona presuntuosa e piena di sé, accetto critiche se vorrete farmele, a patto che siano costruttive e che mi aiutino veramente a capire le mie lacune, come ha fatto Albachiara che ringrazio. Tutto ciò per spiegare che alcune polemiche che si sono innescate potevano essere evitate, se chi non ha gradito questa fic avesse avuto la maturità di spiegarne il motivo, perché come dice la stessa Erika nelle spiegazioni del sito dire “Questa fic è brutta” o “ Questa fic non mi piace” non serve a nessuno, né a chi la legge né a chi la scrive. Ho fatto questa piccola precisazione perché MAI vorrei passare per una che si sente brava o che se la tira, chi mi conosce sa che niente è più lontano dalla realtà.

 

Vi saluto e vi ringrazio nuovamente tutti con affetto, dicendovi che è molto probabile che tra un po’ di tempo (ma non so quando)  è possibile che leggerete un’altra storia incentrata su questa coppia!

Se volete potete considerala una promessa o una minaccia, prendetela come più vi aggrada! ^_______^

Un abbraccio Moon

 

 

 

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