The Big Damn Table - Diana's Chronicles

di ranyare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Big Damn Table ***
Capitolo 2: *** 1° Tranche ***
Capitolo 3: *** 2° Tranche. ***
Capitolo 4: *** 3° Tranche. ***
Capitolo 5: *** 4° Tranche. ***
Capitolo 6: *** 5° Tranche. ***
Capitolo 7: *** 6° Tranche. ***
Capitolo 8: *** 7° Tranche. ***
Capitolo 9: *** 8° Tranche. ***
Capitolo 10: *** 8° Tranche. - Bis ***
Capitolo 11: *** 9° Tranche ***



Capitolo 1
*** Big Damn Table ***


tabella

The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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001. Inizio. 021. Amici. 041. Forme. 061. Inverno. 081. Come?
002. Intermezzo. 022. Nemici. 042. Triangolo. 062. Primavera. 082. Se.
003. Fine. 023. Amanti. 043. Diamante. 063. Estate. 083. E.
004. Interiorità. 024. Famiglia. 044. Cerchio. 064. Autunno. 084. Lui.
005. Esteriorità. 025. Estranei. 045. Luna. 065. Mezze stagioni. 085. Lei.
006. Ore. 026. Compagni di squadra. 046. Stelle. 066. Pioggia. 086. Scelte.
007. Giorni. 027. Genitori. 047. Cuori. 067. Neve. 087. Vita.
008. Settimane. 028. Figli. 048. Quadri. 068. Lampo. 088. Scuola.
009. Mesi. 029. Nascita. 049. Fiori. 069. Tuono. 089. Lavoro.
010. Anni. 030. Morte. 050. Picche. 070. Tempesta. 090. Casa.
011. Rosso. 031. Alba. 051. Acqua. 071. Rotto. 091. Compleanno.
012. Arancione. 032. Tramonto. 052. Fuoco. 072. Riparato. 092. Natale.
013. Giallo. 033. Troppo. 053. Terra. 073. Luce. 093. Ringraziamento.
014. Verde 034. Troppo poco. 054. Aria. 074. Oscurità. 094. Indipendenza.
015. Blu. 035. Sesto Senso. 055. Spirito. 075. Ombra. 095. Capodanno.
016. Porpora. 036. Olfatto. 056. Colazione. 076. Chi? 096. Scelta libera.
017. Marrone. 037. Udito. 057. Pranzo. 077. Cosa? 097. Scelta libera.
018. Nero. 038. Tatto. 058. Cena. 078. Dove? 098. Scelta libera.
019. Bianco. 039. Gusto. 059. Cibo. 079. Quando? 099. Scelta libera.
020. Senza colori. 040. Vista. 060. Bibite. 080. Perché? 100. Scelta libera.

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Capitolo 2
*** 1° Tranche ***


Buondì!
Come anticipato sulla pagina di Facebook dedicata alle mie storie, ecco qua la tanto famigerata Big Damn Table sulle Cronache di Diana.
Sulla MIA Regina, sulla MIA donna.
Vuole essere un tributo, questa raccolta: un tributo alla più grande e magnifica delle mie creature, colei che mi ha DAVVERO dato la possibilità di Scrivere, Esprimermi, Sognare... Vivere.
Sono piccoli pezzetti di lei, questi; frammenti, stralci della sua vita, di ciò che pensava, sognava, vedeva, soffriva, amava. E' Diana a tutto tondo, più di quanto abbiate mai visto.
Insomma... bentornati a chi già la conosceva. Benvenuti, ai nuovi arrivati.
Benvenuti nel mondo di Diana.


The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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001. Inizio

Tutto inizia e finisce per un motivo; la nascita, la vita, la morte… sono tutti concetti relativi, tutte parole gettate al vento.

Quando nasci per morire, tutto ciò che hai intorno diventa, improvvisamente, inutile.

Io, Diana Black, sono l’ultima della mia razza, l’ultima della mia famiglia, l’ultima che porta questo nome dannato.

Perché il mio è sangue di pazzi, sangue di assassini, sangue di coloro che non desidereresti mai ad un cenone di Natale.

Il mio è un sangue folle, un sangue che mi ha condannata ad una vita che ha, come fine, soltanto la morte.

Il mio, è il sangue della Regina.

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002. Intermezzo

-Qualcuno sa spiegarmi perché esistono le pause pubblicitarie!?- sbraito, irritata, fissando con astio il vecchio televisore polveroso che, al momento, sta trasmettendo l’ennesima pubblicità senza alcuna logica.

Dan ridacchia, acchiappandomi con un braccio e tirandomi di nuovo sul consunto, familiare divano che tante volte ha accolto i nostri abbracci.

-Solo per darti fastidio.-

-Ci riescono molto bene.-

Sorride. Quel sorriso – maledetto! – capace di farmi dimenticare persino il mio nome.

Si avvicina, il respiro caldo e profumato che mi stordisce, quei pozzi neri ed ardenti che mi attirano irresistibilmente in un buco nero da cui non vorrei mai più emergere.

-Si possono fare tante cose, durante gli intermezzi.- mormora, il corpo muscoloso che aderisce, piano, al mio.

Sogghigno, maliziosa.

Oh, sì.

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003. Fine

Cerco di calmare le lacrime, di asciugarle dalle mie guance bianche.

Ma il cielo piange con me, stanotte; piange con gli occhi della sua Regina, lavando via il sangue dalle ferite e dalle strade, le ginocchia che urlano per il contatto prolungato con il crudele asfalto.

È finita.

Vorrei urlare, ma la mia voce non esiste più.

Vorrei soffrire, ma non ho più un cuore in grado di farlo.

È finita.

Ora, di me, rimane soltanto un involucro vuoto, in muta preghiera davanti a due corpi senza più vita.

Un involucro… un guscio vuoto.

Ma ancora in grado di uccidere.

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004. Interiorità

Ciò che si vede di lei non è nemmeno la metà di ciò che Diana nasconde in quel corpo soffice e tonico, celato da una crudele divisa di Hogwarts dal caratteristico marchio oroscarlatto.

Dentro di lei, arde una stella che brilla soltanto nelle notti più cupe.

Dentro di lei, vibra l’energia dei vulcani e degli oceani, dei venti e dei terremoti, del Sole e della Luna.

Dentro di lei batte un cuore, il mio cuore, che si riflette nelle luci che accendono le sue iridi quando incrociano le mie.

Diana mi guarda, enigmatica e misteriosa come sempre, rivolgendomi uno sguardo che nessuno, salvo me, può comprendere; è sempre così, lei, meteora che crea e distrugge, lasciando nel suo magico strascico il desiderio di sfiorarla ancora.

È un rompicapo, la mia Diana.

Ed è per questo che la amo.

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005. Esteriorità

All’esterno, sembro soltanto una ragazzina piacente, con un corpo che non è da buttar via, due begli occhi grigi, i capelli bruni e le labbra rosse.

All’esterno, non si potrebbe mai immaginare quale mostro si cela dietro quel bel visino.

All’esterno, nessuno può vedere il sangue che macchia le mie mani.

Eppure c’è: pesante, incrostato, denso di tutte le vite che ho tolto.

Ma non si vede.

Per tutti, io rimango una ragazzina di tredici anni dal viso buono e dal carattere spigliato.

Ed è meglio così.

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Capitolo 3
*** 2° Tranche. ***


Come al solito sono in ritardo mostruoso.
E pensare che queste drabble sono già scritte in buona parte!!!! -.-
Questa trance è incentrata sul tempo, sulle ore, sui giorni.
A volte ce lo facciamo scappare via, il tempo: non ci accorgiamo nemmeno di ciò che stiamo perdendo, finché non ci voltiamo indietro e guardiamo ciò che potevamo avere e che non abbiamo più.

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The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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006. Ore.

Le ore passano incessanti, lente, scandite soltanto dal gocciolio denso e continuo del sangue.

Ho perso il senso del tempo, dello spazio, non sono nemmeno più così sicura di avere un corpo: il dolore è talmente forte da stordirmi, da cancellare qualunque cosa che non siano i nuovi colpi inferti dalle pesanti mani di Galver.

Ma resisto.

Continuerò a resistere.

Non so quando, non so come, non so se... ma Dan arriverà.

L'odio e l'amore si mischiano, ed io non so più cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Dan arriverà, ed io, Galver, ti guarderò morire.

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007. Giorni.

-Non parla da giorni.-

Dovrei?

Non ho più nulla da dire.

-Non possiamo costringerla. Non sappiamo che cosa le ha fatto.-

E non penso lo saprete mai.

Mi rannicchio su me stessa, le ferite appena rimarginate che si tendono e pizzicano terribilmente. Devo stare coricata sul fianco; la schiena è lenta, a guarire, a causa dei segni profondi delle frustate.

Sono qui da giorni: non so quanti, non m'interessa.

Voglio andare via.

Voglio allontanarmi da questa casa, voglio rimanere sola, voglio distruggere tutti gli specchi che troverò sul mio cammino.

Non voglio vedere il mostro che sono diventata, giorni fa, quando ho lasciato che la bestia prendesse il sopravvento su di me.

Non voglio vedere quella cicatrice.

Mai più. 

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008. Settimane.

Settimane.

Sono settimane che non sento la risata di Scott.

Settimane.

Sono settimane che non mi lascio cullare dalle braccia di Dan.

Settimane.

Sono passate settimane, da quando mi sono stati portati via.

Serro i denti, tanto forte da far sanguinare le gengive, tanto forte da sentire lo smalto bianco incrinarsi, una fitta terribile che mi trapassa la mente.

Non ci sono più.

La mia vita.

La mia anima.

Il mio cuore.

Se ne sono andati.

Dan...

Scott...

Pugnalo il cuscino con un pugno, le piume che volano dappertutto.

Silenziose, le lacrime bagnano il cadavere innocente di quel povero oggetto.

....ed io, sono morta con loro. 

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009. Mesi.

Mesi di solitudine, di privazione, di continua meditazione e studio su me stessa, hanno prodotto questo.

Mi osservo, strabiliata, davanti ad uno specchio per la prima volta da parecchio tempo a questa parte.

I capelli arrivano sino alla vita, corposi e scuri come la Notte.

La pelle è bianca e perfetta come la porcellana.

Gli occhi... gli occhi non sono più i miei, ma due baratri cangianti di cui non riesco a definire il colore.

In qualche mese, ho subito un cambiamento che, in anni, nessuno spererebbe mai di raggiungere.

Sono diventata la Dea che sono nata per essere e qui, in Canada, sono libera di affinare la mia magia e la mia indefinita, immensa potenza.

Guardo lo specchio, e la Regina ricambia il mio sguardo, fiera ed altera come solo un dio può essere.

Ciò che io sono diventata.

Ma a che prezzo, per la mia anima?

 .

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010. Anni.

E' frustrante.

Non sono più io, non sono più me stessa; ma parte di me sopravvive in questo corpo dalla folta pelliccia argentata, in questi occhi grigi, in queste zampe forti e poderose.

Sono passati anni, anni di silenzio e di ululati alla dea Luna.

Anni di vicinanza e distanza allo stesso tempo con un falco, una donna e un ragazzo dai capelli biondi.

Shade.

Mugolo, sistemandomi meglio accanto al corpo addormentato del ragazzo.

Prima o poi, figlio mio, ci incontreremo.

E' una promessa. 

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Capitolo 4
*** 3° Tranche. ***


Come al solito sono in ritardo mostruoso.
Colori, odori, suoni; si parte con le tranche relative ai sensi :) A QUESTO link potrete trovare un set di Polyvore relativo alla drabble "Verde".

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The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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011. Rosso.

Il rosso è il colore del sangue, della violenza, della passione.

E' ciò che le persone associano ad uno spirito indomabile, ad una forza potente e impetuosa, ad un'emozione irresistibile e venefica.

Il rosso è bene e male, è piacere e dolore in egual modo.

Per tutti, meno che per me.

I fiori rossi significano amore, desiderio, carnalità.

Mi piacciono, quei fiori; ma uno soltanto, in questo momento, attira la mia attenzione.

Con il cuore che batte terribilmente forte, sfioro il lenzuolo dove stanotte è sbocciata una rosa dai petali scarlatti.

E dov'è nata una donna.

Io.

 

 

012. Arancione.

-Ci pensi mai al futuro?-

La domanda di Kelly mi sorprende. Ho tredici anni, cosa ne so io del futuro?

Mi volto a guardare la mia boss, sdraiata accanto a me fra l'erba alta ed incolta della Spring Valley, le margherite che spargono la loro fragranza nel venticello leggero. Il cielo è aranciato, meraviglioso, i raggi del Sole accarezzano la mia carnagione bianca e quella di Kay, creando dei giochi di luce belli da togliere il fiato.

Diablo e Fuego brucano, sereni, a pochi passi da noi.

-Dovrei?- le chiedo, incuriosita dalla sua richiesta.

Annuisce, pensierosa.

-Secondo me, ci aspettano delle avventure che ora nemmeno immaginiamo.- commenta, in un tono terribilmente serio che mi fa pensare, per qualche istante.

Poi, ridacchio.

-Finché io e te continueremo a fare danni insieme, penso che sia assolutamente inevitabile.-

 

 

013. Giallo.

-Ahi.-

-Sei un disastro! Quando imparerai a comportarti come una donna e non come un maschiaccio?-

-Mai! Io voglio diventare un guerriero!-

Scott ghigna, saccente ed insopportabile come sempre.

-Sei una ragazzina secca e allampanata. Non resisteresti dieci minuti in uno scontro!- mi canzona, cambiando garza e finendo di pulire il ginocchio sbucciato che mi sono procurata andando a cavallo, questo pomeriggio.

-Scommettiamo!- gli propongo, arrogante.

Sorride. Accetta sempre le scommesse, mio cugino.

-Se perdi, quando avremo trent'anni mi pagherai da bere.-

Balzo in piedi, infervorata, alzando i pugni in cielo e figurandomi la combattente fiera ed invincibile che diventerò.

-Se invece vincerò io...-

Ma poi m'interrompo, scoppiando a ridere quando vedo Scott completamente ricoperto del disinfettante, giallo, e mi rendo conto di averglielo rovesciato addosso nell'impeto del salto.

Bah!

 

 

014. Verde

Sotto le dita, la stoffa verde militare della mia divisa scivola ruvida come i ciottoli di un fiume in secca.

Sorrido appena, lisciando le pieghe nella casacca dal collo alto, passando dopo un istante ai pantaloni aderenti, al cappello.

Sfioro il distintivo triangolare da colonnello degli Auror, ancora incredula, ancora incerta del mio futuro e di ciò che mi aspetta.

Sono un colonnello, adesso.

Sono ciò che ho lottato per diventare.

Sono ciò che voglio essere.

Per la prima volta, nella mia vita, so che le responsabilità che ho adesso sono ciò che ho sempre desiderato.

Ciò che soltanto io ho scelto.

 

 

015. Blu.

Nel blu del cielo, in groppa a Diablo, le sue ali possenti spalancate nel vento, penso di avere in mano l'intero Universo.

La sensazione di onnipotenza che si prova quassù non ha pari: non c'è niente, quassù, in grado di ferirmi - a parte la caduta che faremmo se Diablo non riuscisse più a volare, ovviamente.

Non c'è nessuno, quassù, che possa farci del male.

Non c'è dolore, non c'è sofferenza, non c'è paura.

C'è solo il cielo, tanto blu e profondo da sembrare di plastica.

....ma un pensiero, adesso, mi colpisce e mi fa vergognare della mia arroganza.

Quassù... quassù c'è il senso di essere, finalmente, all'altezza giusta per me stessa.

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Capitolo 5
*** 4° Tranche. ***


bdt

Buonsalve!

Sono viva e vegeta per fortuna; ho deciso di aggiornare lentamente, e devo dire di esserne più che contenta, visto che alcune delle mie vecchie e affezionate lettrici sono tornate! Quindi, grazie mille per il seguito, sono più che felice di sapere che non avete dimenticato né me né Diana :)

Con questa tranche, la quarta, si conclude il ciclo dei colori; per Porpora vi rimando QUI, ad un set di Polyvore creato per la situazione. Senza Colori è uno sprazzo della vita di bambina di Diana alle prese con un cugino dispettoso, invece :)

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Alla prossima!!


The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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016. Porpora.

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-Devo proprio?- mormoro, affatto convinta.

-Sei bellissima.- il commento di Blaise mi fa inarcare un sopracciglio, lo scetticismo che prende il posto dell'inquietudine, le braccia che s'incrociano sul ventre reso piatto dal corpetto porpora del vestito che indosso.

-Tu sei di parte.- è la mia allusione, ciuffi ribelli che ricadono sulla mia fronte quando inclino il volto, la coda alta che sventola sulla mia schiena scoperta.

Blaise annuisce vigorosamente, convinto, porgendomi il braccio avvolto dalla seta corvina che compone il suo abito da gran galà.

-Ed è l'unica parte che vorrò ascoltare.-

Sospiro, rassegnata, avviandomi verso le porte a vetro che ci dividono dal resto degli ospiti del Maniero.

Il vestito, a questo gesto, si tende e fruscia fra le mie gambe, impalpabile come un refolo d'aria.

Guarda te cosa mi tocca fare, per amore.

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017. Marrone.

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Il sapore del terriccio è amaro, in bocca, sulle labbra.

Cerco di far leva sulle braccia, sulla forza che traballa, sul mio orgoglio... e mi rialzo, per l'ennesima volta, le gambe che tremano sotto il mio peso, il sangue che mi acceca gli occhi, i capelli che si attaccano alla pelle madida di sudore.

Lo stomaco è dolente, gli organi interni bruciano ed urlano di dolore.

Non m'importa.

Mi guardo intorno e vedo soltanto desolazione e morte, in quello che - una volta - era un pacifico villaggio di indiani kaskaia.

Il sangue mi ribolle nelle vene, quando scorgo Ho-Take-Nah vegliare un corpo che riconosco a stento essere quello di mio zio, Chato.

Questa, Walker, la pagherai.

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018. Nero.

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Sorrido, la soffice peluria nera che scorre delicata come seta sotto le mie dita.

La spazzola di crine duro si adatta bene alle mie dita, mentre mi occupo di rendere il già splendido manto del mio Diablo il più bello possibile.

Mi è rimasto soltanto lui, adesso.

Mi sfrego il viso con la manica della felpa, cercando di smettere di piangere, cercando di cancellare le tracce del dolore ancora troppo vivo dalla mia espressione.

Ma non ci riesco.

Sento le gambe cedere, la testa vorticare vertiginosamente; le ginocchia crollano un attimo dopo, sotto il peso terribile della sofferenza che da mesi, ormai, mi porto dentro.

Ma un tocco lieve, gentile, mi sostiene e mi culla nell'abbraccio di un angelo nero.

Sorrido, debolmente, quando le ali di Diablo si chiudono su di me e mi avvolgono in una calda stretta in cui, finalmente, riesco a non pensare più a niente.

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019. Bianco.

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No!

Sento le forze venir meno, gli occhi annebbiati dalla fatica.

Blaise!

Strattono le catene, disperata, le lacrime che mi rigano il viso.

KELLY!

In ginocchio, imploro disperata che all'uomo che amo venga risparmiata la vita.

Non m'interessa dell'orgoglio, non m'interessa della mia vita, non m'interessa di niente!

Blaise deve vivere!

La pelle, arsa dal bianco innaturale dell'Arn-rhua, lancia urla disperate quando mi scaglio contro la parete opalescente, tentando di convincere Kelly a non portarmi via Blaise.

Cosa può rimanere, di me, senza di lui?

Cosa posso essere, io, senza Blaise?

La risposta è facile.

Niente.

No, no, no, NO!

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020. Senza colori.

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Frustrata, stringo i pugni e mi guardo intorno, la rabbia che cresce e diventa tanta, tantissima.

Mi alzo in piedi, dando un calcio alla seggiolina e rovesciandola per terra: non mi interessa se poi la mamma mi sgriderà, tanto mi sgrida sempre, una volta in più non mi cambierà la vita.

Scuoto la testa, facendo ondeggiare i riccioli quasi biondi, arrabbiatissima.

-SCOTT! DOVE HAI NASCOSTO I MIEI COLORI!?!?!?!?- strillo, guardando la scatola dei pastelli vuota.

COME DIAVOLO FACCIO A DISEGNARE SE RIMANGO SENZA COLORI!?

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Capitolo 6
*** 5° Tranche. ***


bdt

Buonsalve!

Strano ma vero, son già qua ad aggiornare; in questi due giorni son stata bloccata in casa, cosa che mi ha resa estremamente libera di scrivere e portarmi avanti con un po' di cose... quindi, eccomi qui, io e Diana! Ed il merito è anche delle persone che seguono questa raccolta, che la leggono e che la commentano, che mi danno sempre la gioia di andare avanti a scrivere e pubblicare :)

In questa quinta tranche inizia il ciclo dei rapporti interpersonali; Amici è stata pubblicata in anteprima su Facebook, Amanti invece si ricollega a QUESTA immagine. LEI, invece, potete vederla come Cassandra O'Malley, la madre di Diana.

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Alla prossima!!


The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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021. Amici.

-Vedo.-

-Oh, vai al diavolo!-

Blaise perde per un istante la sua imperturbabile calma, per lasciar spazio all'espressione più frustrata che gli abbia mai visto in volto. Lascia stancamente cadere le carte sul tavolo verde, mentre un rosso dall'espressione soddisfatta si accaparra tutti i biscotti scommessi durante l'eccitante partita a cookie poker.

Io e Lea ci scambiamo un'occhiata, divertite, mentre Ron e Blaise cominciano a discutere di chi ha perso il maggior numero di biscotti, di chi ha barato - perché qualcuno, secondo quei due, bara sempre...

-Dici che riusciranno a fare una partita senza imbrogliarsi a vicenda?- mi chiede la mia migliore amica, mentre Lyl sfreccia davanti a noi e riesce, non so come, a rubare tutta la vincita al malcapitato zio acquisito.

Scappa via ridendo, lasciando tanto mio marito quanto il suo caro amico con un palmo di naso.

-Soltanto quando insegneranno a Lylith a giocare a poker.- commento, solenne, ben sapendo quanto questa sia una profonda verità.

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022. Nemici.

Si guardano, si fissano, si scrutano con tutto il rancore che gli anni non sono riusciti a placare.

Il ghigno di uno scopre lunghi, affilati canini candidi, mentre il pugno dell’altro si serra sul legno bollente della bacchetta.

Alzo gli occhi al cielo, esasperata; persino in mezzo ad una battaglia, mi tocca subire gli scontri fra Scemo e PiùScemo.

Il problema, è che uno dei due è il mio marito vampiro e assetato di sangue; mi sa che è meglio levargli Harry dalle grinfie, prima che faccia di lui un gustoso aperitivo… ah, la vita dei Supereroi-che-devono-salvare-gli-altri-Eroi non è per nulla semplice!

So wonderful!

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023. Amanti (DianaYang&YinUniverse).

E' soltanto durante l'apice dell'amplesso che sento svanire l'agonia, il vuoto, soppiantati da un breve ed effimero piacere che riesce, però, a darmi quel barlume di pace di cui tanto avrei bisogno.

Il corpo di Scott, tonico, muscoloso, scolpito, rimane sopra il mio per un istante più del necessario; riesco ad avvertire l'esitazione, in lui ed in me, quando un sentimento che non voglio anima per qualche attimo i suoi occhi azzurri.

Ma poi si volta, abbandona il mio ventre vuoto, abbandona queste lenzuola aliene e si alza, dirigendosi alla finestra e lasciando che la luce lunare delinei alla perfezione la sua maschia nudità.

Reprimo un brivido, assumendo la forma della pantera e accucciandomi su quel letto, soltanto in apparenza indifferente alla sua distanza.

Potrò mai essere in grado di sopportare il suo cuore, quando io non ho più il mio?

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024. Famiglia.

-Un fiocco, due fiocchi, tre fiocchi…-

Mani calde mi cingono, mi abbracciano, si stringono intorno alla mia vita e disegnano spirali immaginarie sul tessuto impalpabile della mia camicia da notte.

-Hai intenzione di contarli tutti?- mi chiede la voce divertita di mio marito, il suo volto che trova l’incavo perfetto nella mia spalla, le labbra carnose che mi sfiorano la gola.

Ridacchio, sistemando la copertina sulla testolina soffice di Lylith, profondamente addormentata fra le mie braccia; fuori, nevica.

Nevica, ed un silenzio ovattato e rassicurante inghiotte tutto, cancellando i pensieri ed i ricordi che fatico, stanotte, a rinchiudere là dove nessuno può sfiorarli.

-Li contavo per addormentarmi, da piccola.- mormoro, semplicemente, incassando un poco le spalle per potermi nascondere nell’abbraccio di Blaise; il profumo della sua pelle, dei suoi capelli, mi stordisce.

Lo avverto sorridere, sento i muscoli del suo viso tirarsi; conosce il motivo per cui sono andata a prendere Lyl dalla sua culla, il perché sono davanti alla finestra enorme della nostra camera a guardare la neve che cade.

-Incubi?- sussurra.

Scuoto la testa.

-Ricordi.-

Mi accarezza una guancia, sfiorando poi amorevolmente la manina grassottella e meravigliosa di nostra figlia. Questa creaturina è uno dei doni più belli dell’Universo; con lei, con Blaise, sento che potrei affrontare qualunque cosa - e, allo stesso tempo, che potrei abbandonare tutto per vivere solo con loro, per loro, di loro.

-Non pensarci più, Diana. Pensa solo a me, a Lylith.-

-Alla nostra famiglia.-

-Esatto.-

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025. Estranei.

-Sssh. Buona, su.-

Ringhio, senza nemmeno capire il perché, quando scoloriti capelli rossi ed un odiato profumo di vaniglia entrano nella mia consapevolezza astratta del mondo.

-Perché sei qui?-

Mi sorprende, la somiglianza della voce di Lylith a quella che una volta era quella di Diana; le stesse parole, la stessa forza, la stessa rabbia a malapena trattenuta.

Stringe il mio collare, pregandomi silenziosamente di non aggredire Cassandra.

-Rimani comunque mia nipote, sebbene io sia un'estranea per te. Non trattarmi in questo modo, Lylith.-

La donna anziana s'inginocchia davanti ad una lapide di marmo bianco, posando un solo, singolo giglio color porpora sotto il nome della defunta.

-E' passato un anno. Perché sei venuta solo ora?-

Perché, come lei stessa ha detto, per Diana è sempre stata soltanto un'estranea.

Mai, invece... una madre.

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Capitolo 7
*** 6° Tranche. ***


bdt

Buonsalve!

Chiedo venia -.-''''
Non so cos'altro dire se non che mi dispiace: EFP è passato un po' in secondo piano, ultimamente, ma... sto tornando, se non altro con questa raccolta e con 7Gods ^^'''''
Le drabbles questa volta si spiegano da sole, quindi io mi eclisso alla svelta ^^'
Peter: per fortuna -.-'

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Alla prossima!!


The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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026. Compagni di squadra.

Perché?

Perché, cazzo, PERCHÉ?!?!

Perché hai fatto questo, Kay? Perché hai rovinato tutto?

Noi due eravamo una squadra! Avevamo il mondo in mano, Kay! Se tu non mi avessi odiata, se tu non mi avessi colpevolizzata di essere ciò che sono stata costretta ad essere, ora non saremmo qui!

Saresti viva, maledizione!

Saresti la Kay a cui volevo bene, la Kay che mi ha cresciuta.

Saresti ancora mia sorella, e non un cumulo di cenere sparsa al vento… oh, ti odio, maledetta, ti odio!

…ti odio, perché mi hai portato via te.

E la colpa è solo mia.

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027. Genitori.

Sorrido, sorseggiando qualcosa dal sapore lievemente alcolico - un cocktail preparato da Tonks, per la precisione. Non vorrei essere scortese, ma... per fortuna che il mio corpo è refrattario ai veleni, ecco.

-Ci avresti mai creduto se qualcuno te l'avesse detto, Remus?- chiedo, alzando lo sguardo da sotto la tesa del mio immancabile Stetson e guardando il prato inondato dal Sole, osservando serena i due bambini che giocano a rincorrersi e acchiapparsi.

-Se mi avessero detto "ehi, avrai un figlio della stessa età di tua nipote adottiva"? Oh, e anche: "ehi, sai di avere una nipote adottiva"? Non penso proprio.- ridacchia Remus, seduto accanto a me mentre sorseggia un più sicuro caffé nero, gli occhi dorati che osservano amorevoli il figlio di tre anni.

Scoppio a ridere, annuendo all'assurdo della situazione, guardando Lylith tirare un piccolo pugno a Luke; il bambino la schiva, tirandole la treccia e guadagnandosi un calcio sugli stinchi un attimo dopo.

Io e Remus ci guardiamo, entrambi genitori, entrambi con l'espressione di chi la sa più lunga degli altri.

Quei due si daranno del filo da torcere, da grandi.

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028. Figli.

Santo cielo… santo cielo, santo cielo, santo cielo!

Ma… si rompe, vero? Un esserino così minuscolo e piccolo si rompe al minimo tocco, è sicuro!

Alzo gli occhi, strabiliato come non mai, guardando l’espressione stravolta ma raggiante di mia sorella; è talmente strano… questo cosetto rosa, qui, avvolto in coperte azzurre come il cielo, fino a qualche ora fa era nel pancione enorme di Lylly.

Sinceramente, pensavo che si fosse mangiata suo figlio; ha avuto una fame da lupi, ultimamente…

Mi avvicino incespicando al lettino dove riposa la mia sorellona, quando zio Luke prende delicatamente in braccio il cosetto e glielo posa in grembo.

-Shade, vieni qua.- mi chiama Lylly, ed io salto subito sul letto bianco, ignorando le proteste di zia Mione; mi ha chiamato mia sorella, insomma! Non posso disubbidire, altrimenti poi mi sgrida!

-Cos’è?- le chiedo, indicando il robo rosa tutto grinzoso; ha un ciuffo di capelli viola in testa e gli occhi scuri scuri, color terra. Dopo un attimo, però, si fanno verdi; tanto verdi che sembrano i prati delle montagne a primavera.

Lylly sorride, stringendo una mano di zio Luke; oh, se ricominciano a fare cipicipi io scappo di casa! Fanno venire il voltastomaco!

-E’ il tuo nipotino, Aidan. Non molto tempo fa, eri così anche tu.- mi spiega. Aidan afferra il pollice di Lylly, ancora addormentato. È così carino che sembra il mio lupo di peluche… quando verrà a casa, chiederò a Luke se posso portarlo con me all’asilo, per farlo vedere ai miei amichetti.

Non so perché, ma sento una lacrimona spuntarmi dagli occhi.

Vorrei che la mia mamma fosse qui, per vedere come sono felici i suoi figli.

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029. Nascita.

-IO TI UCCIDERÒ, MALEDETTO PEZZO DI MERDA!-

Addio anche ai miei timpani, oltre alle dita della mano destra, ormai frantumate dalla presa erculea di mia moglie.

-HAI CAPITO?!? TI FARÒ A PEZZI, BLA_AAAAAAAAAAAAAAAAH!-

…anche il polso è andato.

Prendo fiato, cercando di sorridere nonostante sia nella situazione meno indicata che esista; Diana sta urlando come un’indemoniata, mentre Hermione borbotta imprecazioni e armeggia là dove di solito ho l’esclusiva, mentre le urla belluine di mia moglie si fanno sentire in tutto il san Mungo.

-Ti amo anch’io, tesoro.- mormoro, approfittando di un attimo di distrazione di Di per gemere tutto il mio rammarico per le ossa appena polverizzate.

-VAFFANC_AAAAH!-

Schivo una mano che tenta di artigliarmi i capelli, voltandomi implorante verso Hermione; sono sei ore che va avanti il travaglio, ormai non… un momento…

…Quello è sangue!?!?!?!

…Seriamente, QUELLO è sangue!?!??!?!?!?

Faccio appena in tempo per sentire Diana urlarmi contro un: -OSA SVENIRE E NON LA VEDRAI PIÙ NEMMENO COL BINOCOLO!-, prima che tutto diventi nero e la mia testa urti contro il pavimento lastricato della sala parto.

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030. Morte.

Il vento gonfia le divise nere di Hogwarts, scompigliando capelli e rubando berretti e sciarpine leggere alle ragazze, stranamente silenziose in questo intimo momento di addio.

-Una delle professoresse più amate di questa scuola è oggi qui celebrata da tutti coloro che l’hanno apprezzata sia come donna che come insegnante…- comincia Dedalus Lux, mentre la tomba in bronzite lucida viene accarezzata dalle foglie secche che le brezze autunnali trascinano con sé.

Stringo la mano di Lylith, bambina di otto anni che non conoscerà mai il burbero affetto di quella magnifica donna, ed il braccio di Blaise, che sa benissimo quanto io sia riconoscente a lei e a tutto quello che ha fatto per me.

Non riesco ad evitare una lacrima, che silenziosa scende e deposita il suo dono perlaceo nella terra che ha accolto una persona meravigliosa, come ne nascono poche oggigiorno.

Accanto al suo adorato Silente, Minerva McGrannitt ora riposa in pace.

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Capitolo 8
*** 7° Tranche. ***


bdt

Buonsalve!

Stavolta non sono in ritardo pazzesco; mi dispiace non aver ricevuto recensioni nel capitolo precedente, ma capita, d'altronde Diana è una mitica creatura del passato, non pretendo poi troppo e sono comunque felicissima delle letture molto alte :)

In questa tranche troveremo un pezzo sulla luna di miele di Blaise e Diana; un momento di riflessione di una Diana appena adolescente, nel suo amato Texas; un estratto delle sue memorie di L&B; uno scorcio di vita di Hogwarts, e un pezzo su Diana alle prese con i suoi poteri.

Per chi mi voglia seguire anche su Facebook, QUI trovate il mio profilo e QUI la mia pagina delle storie.

Alla prossima!!


The Big Damn Table
The Chronicles of Diana

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031. Alba.

Svegliarsi all’alba non è mai stato un problema, per me; ma è una sorpresa quanto mai sgradita non trovare la figura familiare di Blaise al mio fianco, in questo grande lettone bianco che ci ospita durante la luna di miele.

Mi alzo, i piedi nudi che incontrano la consistenza morbida e curvilinea del pavimento in bambù; m’infilo un paio di vestiti pescati a casaccio dall’armadio, tirandomi indietro i buffi capelli bicromatici tutti arruffati ‒ tant’è che, invece di ricordare un lupo, assomigliano alla criniera spettinata di un leone.

Fuori dalla casetta, le tende bianche alle finestre senza vetri si gonfiano di una lieve brezza fresca e il mare s’infrange pigramente sulla sabbia bianca della spiaggia, mentre strie rosate si mescolano al candore d’innocue nubi, su, nel cielo ancora saturo del sapore della notte.

Là, senza maglietta e con i piedi immersi nell’acqua bassa e cristallina dell’Oceano, c’è Blaise.

Con un sorriso lieve, scendo dalla scaletta che porta al lungomare e mi avvicino lentamente a lui, fermandomi a giusto un paio di metri di distanza, osservandolo.

Sta guardando il cielo, le braccia e le spalle completamente rilassate, i capelli lunghi sciolti sulla schiena poderosa. È bello, mi dico, osservandolo con un qualcosa che sfocia nell’adorazione.

-Diana.- mormora e so, per certo, che sta sorridendo.

Si volta nel medesimo istante in cui io mi slancio verso di lui, incapace di resistere un secondo di più dal toccarlo, dal baciarlo, dal sentirmi stringere dalle sue braccia forti e sicure.

E, nell’attimo in cui le mie labbra sfiorano le sue, il Sole fa capolino da dietro le nuvole, avvolgendo entrambi in un caldo abbraccio che sa, finalmente, di serenità.

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032. Tramonto.

Guardo il cielo, velato da nubi scarlatte e striato di rosa, porpora e celeste; i colori si mischiano come sulla tela di un pittore distratto, ma sono i colori del ferro in lontananza e l’odore elettrico dell’aria che mi permettono d’intuire ciò che sta arrivando.

È una tempesta, quella che annuncia il tramonto bellissimo ed immenso che ho davanti.

Seduta sui picchi dell’Eagle Pass, lascio che il vento mi scompigli i capelli e sorrido, pregna dell’energia che sento vibrare in tutto ciò che mi circonda, nel deserto pulsante di vita, nel cielo meraviglioso che mi sovrasta e mi fa credere, per un istante, di essere sola in questo infinito universo.

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033. Troppo.

È troppo.

È troppo il dolore, tanto da darmi la nausea e farmi vomitare qui, nascosta dai sopravvissuti, per non distruggere l’immagine dell’ultima persona in grado di salvarli che sia rimasta.

È troppo l’odio, che brucia dentro e mi consuma come acido.

Ginny. Hermione. Alex.

Stringo le mani sullo stomaco in subbuglio, mentre le lacrime si mischiano al sudore sulle mie guance ed io rimetto anche l’anima.

Melissa. Sergen. Moore.

Devo trovare Blaise e Draco, mi dico. Devo farmi forza. Devo essere forte, devo salvare i sopravvissuti.

Ma è troppo difficile, ora, sconfiggere il dolore che mi sta uccidendo.

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034. Troppo poco.

Mi chiedo cosa sia saltato in testa alla McGrannitt, di affidarci un compito tanto singolare: solitamente, i temi o le relazioni che dobbiamo scrivere non riguardano la filosofia della Trasfigurazione Avanzata, bensì materie ben più concrete e tangibili ‒ ad esempio, come evitare che il tuo cactus si trasformi in un porcellino d’India perché hai formulato le parole sbagliate.

Ed invece, eccoci qui in quattro, alla ricerca di un qualcosa di quantomeno intelligente da scrivere in questo diavolo di tema.

Alzo gli occhi su Blaise, che fissa in modo assente la pergamena che ha davanti, succhiando distrattamente la punta di una penna di zucchero.

M’incanto, a fissare quelle labbra estremamente carnose ed estremamente sexy che giocherellano con il dolcetto: com’è che era il titolo del tema? “I troppi pochi utilizzi della Trasfigurazione nell’Età Contemporanea”?

Beh… vorrei potermi Trasfigurare in quella penna, in questo momento.

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035. Sesto Senso.

Chiudo gli occhi; la vista non è indispensabile.

Ignoro i suoni che mi circondano; l’udito è superfluo.

Trattengo il respiro; olfatto e gusto sono inutili.

Le mani sono immobili nell’aria ferma; non c’è nulla da toccare.

Immersa in questo Oceano che di Pacifico ha ben poco, le onde che lambiscono il mio corpo seminudo illuminato dalla Luna piena, dimentico me stessa e mi lascio trascinare dall’energia che scorre potente dentro di me.

Ed è allora, che sento.

Un fiume in piena, una marea, un’onda anomala sale dai miei piedi e mi travolge, arrivando a colpire la mia mente e ad inondarla di tutto ciò che ho appena escluso; tocchi, sapori, profumi, armonie… l’Oceano s’immerge in me ed io mi perdo in lui, mentre il sesto senso, il senso della Regina, sperimenta tutta la sua inarrestabile verità.

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Capitolo 9
*** 8° Tranche. ***


Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno

Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno. Le scrivo perché voglio che parte di Diana rimanga qui, su EFP, assieme alle storie che l’hanno resa grande e che hanno fatto diventare grande anche me.

Questa tranche si basa tutta sui cinque sensi e, contemporaneamente, sul matrimonio di Diana e Blaise. Sono fluffosi, e fanno tanta tenerezza!!!!

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Alla prossima!!

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The Big Damn Table

The Chronicles of Diana

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036. Olfatto

Quasi soffoco, quando Ginny violenta per l’ennesima volta la sua malefica boccetta di profumo, inondandomi dell’aroma intenso e fragrante degli agrumi. Mi piace, questa essenza, ma così si esagera!

-Gin, così mi uccidi!- strillo, facendo per scacciare la rossa malefica che mi ronza attorno come un enorme calabrone.

-Oh, suvvia! Quante storie, sei sopravvissuta ad una guerra, cosa vuoi che sia un po’ di profumo?- mi rimprovera, dandomi uno scappellotto delicato, evitando di rovinare l’elaborata acconciatura a cui Pansy Parkinson – sì¸Pansy Parkinson, QUELLA Parkinson – ha lavorato con tanto impegno.

-Io mi lamento per quello che mi pare!- replico, una nota isterica nella voce.

È più facile dare di matto su cose come questa, piuttosto che sul pensiero che mi sto per sposare.

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037. Udito

Mi concentro solo sul rumore del mio respiro, per non farmi prendere dal panico.

Sirius mi stringe il braccio in un tocco protettivo, rassicurante, ma ha poco effetto: sento il mio cuore battere all’impazzata, mentre rischio d’inciampare per l’ennesima volta in queste maledette scarpe.

Ma là in fondo, oltre il suono di questo stupido muscolo che sta rischiando l’infarto e che mi riempie le orecchie del suo scalpitare forsennato, oltre il respiro corto che mi risuona in gola…

Là, ad aspettarmi, c’è Blaise.

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038. Tatto

Il tocco della sua mano è la prima cosa che riesco a recepire con chiarezza, in questa bruma che rende sfocati i contorni di questa realtà mista al sogno.

Blaise.

Blaise è qui, Blaise intreccia le dita con le mie, Blaise mi trae a sé ed improvvisamente sono sicura sulle mie gambe, pronta ad affrontare anche questa avventura: il matrimonio.

Blaise.

Io e Blaise siamo qui, davanti ad un officiante dell’Antica Religione Irlandese: è suo il braccio che mi sfiora, è suo il corpo di cui avverto il calore accanto al mio… e questa sensazione è quello che voglio per tutto il resto della mia vita: sentirlo qui, al mio fianco, senza perderlo e senza lasciarlo mai più.

Blaise.

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040. Vista.

Lo guardo, e non mi è mai parso più bello: nel suo completo grigio argento, i capelli raccolti in una coda bassa, l’irrinunciabile barba corta e ruvida sulle guance affilate. È bello il mio Blaise, non c’è nessuno di più bello di lui per me: mi perdo metà del discorso d’introduzione del sacerdote, beandomi dei suoi tratti e della sua presenza.

Gli occhi, quegli occhi grigioverdi che io tanto adoro, ricambiano la mia occhiata adorante. Sorride, una luce che non ho mai scorto che lo illumina da dentro, e mi fa l’occhiolino: s’è accorto di quanto io mi sia distratta, evidentemente.

Sono un caso disperato, e lui questo lo sa bene.

E gli vado bene così.

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039. Gusto

Il ruggito della folla mi esplode nelle orecchie nello stesso istante in cui le labbra di Blaise toccano le mie.

Oh, accidenti.

È buono, Blaise: sa di passione, sa di pioggia e di neve, un misto di sapori che mi da alla testa ogni sacrosantissima volta.

È il sapore della felicità, questo: qualcosa che ho sempre guardato da lontano, ma che ora posso toccare con mano, posso sentire sulle labbra, sulla lingua.

Una risata fragorosa scoppia intorno a noi, quando allaccio le braccia al suo collo e lo tiro verso di me: ma a lui non importa, perché le sue mani si posano sui miei fianchi e mi solleva, strappandomi una risata.

E ride anche lui, con me: felice, come me... insieme a me, ora e sempre.

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Capitolo 10
*** 8° Tranche. - Bis ***


Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno

Questa tranche è la versione alternativa delle cinque precedenti, quelle sui cinque sensi: le ho scritte per sbaglio, però ho deciso di pubblicarle lo stesso xD

Inoltre, QUI potete trovare la nuova versione di Luce e Buio, riveduta, riscritta e con molte aggiunte all'originale; se vi va, fateci un salto :)

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Alla prossima!!

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The Big Damn Table

The Chronicles of Diana

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036. Olfatto

L'odore della polvere da sparo mi brucia gli occhi, facendoli lacrimare: la pistola che stringo convulsamente fra le dita trema, sento le lacrime rigarmi le guance, vedo gli occhi di Dan sgranare quando l'uomo che lo aveva aggredito cade a terra, morto.

L'ho ucciso io.

Io, io, io ho ucciso quell'uomo per salvare la vita di Dan.

Sono stata io.

Che mostro è quello in grado di uccidere?

...Perché non provo rimorso?

Lascio cadere l'arma sulla sabbia, mentre l'odore acre dello sparo brucia quella ragazzina di dodici anni che cessa, in questo momento, di esistere.

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037. Udito

-Goodnite, sweetie.- sussurro, accarezzando i capelli neri e soffici di mia figlia, sorridendo nel vederla stringere teneramente la manina attorno al suo cagnolino di peluche, grande quanto lei.

Sta mettendo su i denti da latte, la mia Lyl. Fa fatica ad addormentarsi, in questi giorni, tanto che arrivo a perdere la voce per cantarle la ninnananna che a lei tanto piace pur di calmarla.

Sospiro, tirando indietro i capelli e legandoli in una coda disordinata: fa caldo, questa sera, sebbene sia soltanto marzo. Mi alzo cautamente dalla poltroncina in camera di Lylith, uscendone per poi dirigermi nel mio adorato, piccolo salottino privato, accanto al Salone.

Seduto al pianoforte, le dita immobili sulla tastiera silenziosa, c'è mio marito.

-Dorme.- gli comunico, lasciandomi cadere sul divanetto poco distante dal suo strumento, esausta. Fare la madre è più difficile di quanto possa sembrare, anche per me – forse, soprattutto per me.

Ma, lo avverto anche da qui, Blaise sorride, divertito.

-Sei una brava mamma, Di.-

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038. Tatto

Vorrei lasciarmi cadere qui, nel fango melmoso che una volta era il giardino di Hogwarts: vorrei non alzarmi più, lasciarmi soffocare dal tocco viscido di una terra bagnata dalle lacrime del cielo.

Voldemort, questa notte, ha vinto.

Per la seconda, dannatissima volta, mi ha portato via tutto ciò che ero riuscita a costruire: si è portato via il mio Blaise.

Vorrei crollare, piangere, sentire la pioggia che ticchetta sulle mie guance scavate: ma non lo faccio, costringendomi invece a seguire Draco all'interno del castello.

Ma Blaise, Blaise è ancora là, perso nel buio.

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040. Vista.

L'agonia peggiore di tutte è vederlo tutti i giorni.

In Sala Grande, durante le lezioni di Antiche Rune, Pozioni, Difesa, Cura delle Creature Magiche: sembra che il destino abbia voluto fare in modo che io fossi costantemente in sua presenza, senza mai poterlo toccare.

Io l'ho sempre detto che il destino è uno stronzo.

Blaise... Blaise sta giocherellando distrattamente con la piuma d'oca, negli occhi lo sguardo assente di chi non riesce a concentrarsi: vorrei dirgli di non perdersi fra i pensieri, di riportare gli occhi sul compito in classe, ma non posso.

Non posso fare nulla se non guardarlo di nascosto, ignorando le malelingue che osservano i miei movimenti con un sorriso cattivo sulle labbra.

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039. Gusto

Il sapore della tequila è l'unico ricordo veramente nitido che ho di Scott: è stato lui, anni fa, a farmi assaggiare questo liquore dall'aroma tanto intenso da sapere quasi interamente di alcool puro.

Bevevamo insieme, ci ubriacavamo come due allegri ragazzi che non sapevano di essere già morti da allora.

Ora però Scott non c'è più.

C'è Alex, al mio fianco, che mi osserva mentre ingollo un bicchiere dopo l'altro, una bottiglia dopo l'altra: una delle tante, troppe scocciature dell'essere “me” è quella di non riuscire facilmente ad ubriacarsi.

Ma, alla fine, ci riesco: ed è quando il mondo diventa nero e confuso, solo in quel momento, che io riesco a trovare un attimo di pace.

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Capitolo 11
*** 9° Tranche ***


Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno

Sono ancora viva!

Incredibile ma vero, non ho dimenticato le drabbles su Diana e non le ho abbandonate; ho solo avuto tantissimi altri pensieri e cose da scrivere, un poco più urgenti, e non sono mai riuscita a tornare a questa parte delle mie storie che tanto amo e che tanto, tutt'oggi, mi dona.

Niente, eccoci qua: la maggior parte delle drabbles sono incentrate su Dan, il mio adorato, odiato Dan. La prima drabble credo sia l'unica che abbia bisogno di una spiegazione: si tratta di una scena che avviene durante i diciassette anni del matrimonio di Diana e Blaise, durante una non precisata missione di Dan che, come al solito, cerca di farsi ammazzare xD la seconda è uno Slice of Life della Regina, mentre la terza, la quarta e la quinta sono pezzi del passato di Diana. :)

Inoltre, QUI potete trovare la nuova versione di Luce e Buio, riveduta, riscritta e con molte aggiunte all'originale; se vi va, fateci un salto :)

Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U

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Alla prossima!!

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The Big Damn Table

The Chronicles of Diana

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041. Forme.

-Dan! DAN!-

Attorno a lui, attraverso la vista annebbiata dal dolore opprimente che gli riempie lo stomaco, vede soltanto forme sfocate ed evanescenti che si muovono ai limiti della sua sfuggente realtà.

-Non osare! Maledetto idiota, non osare morire un’altra volta!-

È tutto lontano, senza significato, in quel mondo a già cui non sente di appartenere più; ma sono quegli occhi d’argento, vividi, illuminati da una magia che nulla ha a che fare con il suo essere Regina, a farsi nitidi nella sua mente confusa.

Sono passati tanti anni, ormai: lei è sposata, ha una figlia, è felice… ma, ancora una volta, vede quelle iridi riempirsi di paura e di lacrime mentre sente il Fuoco lambire gli squarci sul suo petto e le sue mani – sempre fredde – premute sul viso.

-Non andartene di nuovo…-

Forse dovrebbe, Dan. Forse dovrebbe lasciarla andare, forse dovrebbe dirle addio, forse non sarebbe mai dovuto tornare… ma vale la pena vivere, si dice, pur di poter godere di qualche istante ancora con lei.

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042. Triangolo.

Stringe i denti, Diana, le mani che fremono per il desiderio di distruggere qualcosa.

Lei – l’altra sé, quella rossa maledetta – l’ha costretta a fare del male a Dan. L’ha costretta a desiderarlo, a volerlo, l’ha spinta fra le sue braccia come diciassette anni di continua vicinanza non sono riusciti a fare.

Ha preso il controllo della sua mente, e lei__ ma chi vuoi prendere in giro, Diana?

Serra le palpebre pur di non permettersi di piangere – perché quelle lacrime sarebbero la conferma di quanto ciò che è successo fra lei e Dan l’abbia toccata, risvegliando corde rimaste sopite troppo a lungo, sentimenti racchiusi con diligenza in un angolino della propria anima.

…l’ha davvero costretta?

È questo che Diana si chiede, è questo che le fa male, è questo che la tormenta.

Tutto ciò che ha sempre cercato di evitare con tutte le sue forze ora sta succedendo – e lei non vuole, vorrebbe scappare, codarda e vile com’è sempre stata davanti ai sentimenti.

In quasi vent’anni ha pregato perché quel doloroso triangolo non riuscisse mai a nascere fra lei e gli uomini che ha amato e che ama tuttora; adesso però, per la prima volta in vita sua, non è più sicura di niente.

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043. Diamante.

Dan dice sempre che, quando la magia prende il sopravvento, i miei occhi assumono un colore opalescente, cangiante, simile ai riflessi che si creano quando la luce attraversa i cristalli di diamante.

Forse è vero. Non ho mai avuto occasione di guardarmi allo specchio quando Ael prende il sopravvento su di me.

Sospiro, alzando gli occhi sul cielo irrealmente bello e azzurro del mio amato Texas: non c’è una nuvola e Diablo scalpita al mio fianco, già impaziente di librarsi nell’aria torrida che spira attorno a noi.

Il deserto, attorno a me, sussurra in un modo che adesso riesco a comprendere; il vento, invece, mi accarezza e m’invita a perdermi fra le mille correnti che possono portarmi via, lontano, immersa negli Elementi che sono diventati la mia stessa essenza.

Sorrido, rendendomi conto di quanto io sia stata cieca e sorda per tutta una vita e balzando in groppa a Diablo per poi lasciarmi annegare nell’immensità dell’universo che, ora, appartiene a me.

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044. Cerchio.

Gli indiani cantano, ballano attorno al fuoco, il martellio profondo e travolgente dei tamburi mi rimbomba nella cassa toracica mentre aspiro lentamente il fumo della sigaretta.

Guardo mio cugino assieme a Kelly, entrambi forse fin troppo ebbri dei fumi evanescenti delle erbe dei calumet; sorridono l’uno all’altra e non posso che non sorridere a mia volta, intenerita dallo sguardo pieno d’amore che riempie gli occhi di Scott.

Accanto a me, invece, c’è Dan.

Da qualche tempo, ormai, ho cominciato a guardarlo in un modo diverso: non riesco più a sostenere il suo sguardo quando mi stuzzica, quando mi fa arrabbiare – non riesco più a non arrossire sotto quelle iridi nere e calde come i tizzoni ardenti in un caminetto.

Vorrei sapere da dove cominciare, con lui: Dan è un’incognita, per me, e non so davvero come affrontare questa cosa che sta sbocciando lentamente dentro di me.

Gli lancio un’occhiata di sottecchi, approfittando della vaporosa nuvoletta argentea che vela il mio sguardo; lui però non sta guardando me, ma il cerchio che stanno componendo i ragazzi indiani attorno al falò.

È immobile, a gambe incrociate, e ha in volto quell’espressione dura e determinata che ho imparato ad associare alla sensazione di calma che mi pervade ogni volta che incrocio quello sguardo.

-Andiamo.-

Sobbalzo, colta di sorpresa, quando lui si alza di scatto e mi prende per mano, trascinandomi con sé.

-Dan! Cosa fai!?- strillo, avvampando e tentando di divincolarmi; lui però mi lancia un’occhiata e sorride – quel sorriso spigliato, da furfante, che mi manda in pappa il cervello e non mi fa capire più niente.

-Seguimi.- mi dice soltanto – e, davvero, mi manda in bestia quando fa l’enigmatico!

Lo seguo, anche perché è più grosso di me e mi sta praticamente trascinando, fino a che non raggiungiamo la piccola altura che protegge il luogo in cui i ragazzi indiani festeggiano il solstizio d’estate.

-Si può sapere che cosa stai facendo!?- brontolo, imbronciata, ma Dan si limita a scuotere la testa – io lo odio!

Mi arrendo alla sua stretta e mi lascio condurre fino al punto più alto, la sporgenza che sovrasta la festa indiana, fino a che non ci ritroviamo ad almeno cinque, sei metri d’altezza sopra gli altri ed un po’ più lontano rispetto a prima.

Alimentando in maniera esponenziale il mio imbarazzo, improvvisamente Dan mi tira contro di sé e mi stringe la mano, accennando verso il basso con un gesto elegante della testa arruffata.

-Ecco, da qui è meglio.- mi fa notare, spingendomi a spostare l’attenzione da lui verso il basso.

E, davvero, non posso dargli torto.

Il falò è immenso, visto da qua: sembra quasi un fiore scarlatto e lucente in procinto di sbocciare nel pieno del deserto, e le figurette scure che vi danzano attorno paiono tante minuscole lucciole che sfogano la propria gioia attorno alla loro più antica fonte di vita.

-In effetti hai ragione.- commento, sorridendo appena quando una sensazione intensa ma indefinita mi riempie e mi stringe dolcemente la gola in una morsa amorevole e dolcissima.

C’è qualcosa, in quest’aria che si sta riempiendo di musiche antiche e di ancor più antichi canti di gioia, che risuona nella mia anima e sfiora corde che non pensavo nemmeno esistere dentro di me: in un lampo di consapevolezza comprendo di aver già vissuto tutto questo, di aver già assaporato l’energia pura e vitale che sale dal falò verso il cielo.

Tutto questo è meraviglioso.

La magia del cerchio, però, è nulla in confronto a ciò che provo sentendo la mano di Dan stringere la mia.

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045. Luna.

Ho ucciso un uomo, stanotte.

Cerco di non ascoltare la voce di Scott e quella del colonnello Auror, cerco di sfuggire allo sguardo indagatore e tagliente dell’uomo che mio cugino ha chiamato Moore: non può essere vero, avanti. Ho soltanto dodici anni, che diritto ho avuto, io, di uccidere un uomo? Che diritto ho, io, di essere viva?

Eppure è stato così facile, così dannatamente semplice… ho imbracciato quel fucile senza nemmeno sapere dove ho imparato, ho mirato, ho fatto fuoco – e l’ho ucciso, senza nemmeno sbagliare di un millimetro.

Ho tolto la vita ad un uomo.

Stringo i palmi sulle tempie, cercando di impedire che la mia testa esploda nel nulla vuoto e totale che ha preso il posto dei miei pensieri: le voci degli uomini intorno a me mi stanno facendo diventare pazza.

Mi alzo, ignorando l’occhiata d’ammonimento che mi lancia Scott – il mio adorato Scott, che sta cercando in tutti i modi di trovare una soluzione al casino che ho combinato: l’uomo che ho ucciso era una persona importante per alcuni delinquenti e adesso, secondo lui, potrei trovarmi in pericolo.

È assurdo.

Mi infilo fra le tende bianche che velano la portafinestra, sospirando di sollievo quando la notte buia e limpida mi accoglie nel suo confortevole, oscuro abbraccio.

Appoggio le mani sulla ringhiera di metallo, prendendo fiato e lasciando che l’aria fresca penetri nei miei polmoni atrofizzati dal rimorso e dalla vuotezza che sento accompagnarmi sin da quando mi sono resa conto di ciò che ho fatto.

La Luna, immensa e tonda sopra di me, brilla di una luce meravigliosa, bianca, che dona a tutto ciò che mi circonda – me compresa – una luminescenza candida che riesce, più d’ogni altra cosa, a rischiarare i miei pensieri.

Respiro, adesso, per la prima volta da troppe ore.

-È bella, vero?-

Sobbalzo quando una voce dall’accento spiccatamente ispanico risuona sorprendentemente vicina a me; abbasso lo sguardo giusto in tempo per vedere Dan Galindez arrampicarsi agilmente sulla ringhiera di metallo scuro, i capelli neri bagnati d’argento nella luce della Luna.

Arrossisco, distogliendo gli occhi, quando mi rendo conto di essere davanti alla persona per cui ho ucciso senza esitare.

-Sì.- rispondo soltanto, riportando le iridi sul bianco satellite sopra di noi, cercando in tutti i modi di non guardarlo.

Mi fa male guardare Dan: ogni volta che capita faccio fatica a distogliere gli occhi da quanta bellezza emani quel ragazzo – fuori, certo, è uno schianto, ma… sono quelle iridi, scure e calde, che riescono a farmi dimenticare persino come mi chiamo.

Rimane in silenzio, appoggiandosi alla ringhiera accanto a me – troppo vicino a me: riesco quasi ad avvertire il calore del suo corpo trasmettersi al mio, sempre gelido.

-Non avresti dovuto farlo.- mormora ad un certo punto, senza spostare gli occhi dai crateri che si distinguono su quella Luna piena e tonda che osserva questi due ragazzi diventati, per sbaglio, due assassini.

-Avrei dovuto lasciarti morire?- inarco un sopracciglio, scettica.

Lui sbuffa, invece, lanciandomi una breve occhiata in grado d’inchiodarmi lì dove sono, improvvisamente conscia di quanto il ragazzo che ho davanti abbia vissuto più di me.

C’è l’universo negli occhi di Dan – un universo che non riesco a togliermi dalla testa, un universo che mi ricorda tanto quel baratro che mi porto dentro io.

-Uccidere non è bello, Diana.- mi dice, le labbra carnose che si piegano in un breve, malinconico sorriso. -Mi dispiace.- aggiunge, e sento la sua voce piena d’amarezza, di rimorso.

Scuoto la testa mentre il battito del mio cuore accelera e pulsa nelle mie orecchie. -Non me l’hai chiesto tu.- mormoro, prendendo il coraggio a due mani e posando una mano sul suo braccio muscoloso e abbronzato.

Ha la pelle calda, Dan, che si riempie di pelle d’oca al contatto con le mie dita gelide.

Mi fissa con uno sguardo enigmatico che non riesco a decifrare prima che la sua mano – grande, callosa, appartenente non più di un ragazzo ma già di un uomo – si chiuda sulla mia, trattenendola lì, sul suo braccio.

-Andiamo via.- sussurra, scrutandomi con quei carboni ardenti che improvvisamente mi trasmettono la bruciante sensazione di voler scoprire di più, di volermi appropriare di quel calore che io non ho mai provato, prima.

Sorrido lanciando un’occhiata al cavallo alato che riposa, tranquillo, pochi metri sotto di me.

Lancio un fischio, e Diablo mi sente immediatamente; alza la testa, nitrisce, e si leva subito in volo per raggiungerci.

Dan mi guarda; io sfilo a malincuore la mano dalla sua presa per salire in piedi sulla ringhiera, rimanendo per un istante in equilibrio sul vuoto prima di saltare in groppa al cavallo, e Dan sorride a sua volta – quel sorriso da furfante che tanto mi dava sui nervi fino a poco tempo fa – seguendomi con molta più destrezza di me e sistemandosi alle mie spalle.

Potrei morire, adesso, quando mi passa un braccio attorno alla vita e mi tira contro di sé, il torace caldo e muscoloso che aderisce alla mia schiena in tensione.

-Andiamo.-

E Diablo si alza nel cielo ad un colpo di talloni, mentre sento la calma e la dolcezza della Luna avvolgermi in un abbraccio che posso paragonare soltanto alla stretta di Dan.

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