I prescelti

di Dea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Nuova pagina 1

L’immensità dell’oceano…il dolce profumo dei fiori…l’infrangersi delle onde, il tempo che scorreva inesorabile, i monti che vegliavano sovrani del mondo, foreste di vita, alberi immensi… In mezzo a tutto questo, nella notte delle notti, nel giorno dei giorni, due coppie di ragazzi correvano, verso chissà quale meta. Noi non lo sappiamo: loro sì. Padroni di tutta quell’immensità, custodi del bene infinito.
Erano due ragazze e due ragazzi. La maggiore delle due ragazze era bellissima: un soffice manto di lunghissimi capelli biondi splendenti ricadeva fino alle caviglie, avviluppandosi in morbidi e rilucenti boccoli. Il corpo aggraziato e slanciato era ricoperto discretamente con un velo di seta sottile, d’oro lucente. Il viso era di pelle candida e fresca. Gli occhi, come due eterni smeraldi, riempivano il viso di dolcezza. Questa sovrumana creatura correva tenendo per mano un giovane uomo, anch’esso bello. Virile. Aveva delle larghe spalle. Il suo vestito era piuttosto umile, e le sue mani erano segnate dalla falce e dal lavoro interminabile nei campi. Aveva corti capelli scuri, dai riflessi ramati. Il viso era di carnagione abbronzata, resa vivida dagli occhi intelligenti, di un castano dorato e intenso. Poco più lontano da loro due, correvano due ragazzini un po’ più piccoli, presi per mano. Lei era in piena pubertà, molto vivace e carina. Aveva corti capelli castani che delimitavano i tratti graziosi del suo viso. I suoi occhi erano molto svegli ed intelligenti, scrutavano il mondo con curiosità. Era vestita umilmente, anche lei era una forte contadina, nonostante i suoi dodici anni. Se fosse stata viva, sarebbe diventata una bella ragazza…
Il ragazzino che stava con lei aveva i capelli lunghi fino alle spalle di un biondo molto simile a quello della ragazza più grande. Aveva anche gli stessi occhi verdi, ed era vestito nobilmente.
Il quartetto correva verso una luce abbagliante, a nord di quel mondo fantastico. Si fermarono proprio dove la luce terminava, inghiottita e rinchiusa da un’enorme pietra circolare. La pietra Dei Desideri. Era una pietra di rozza fattura, con quattro immagini scolpite: una tartaruga, una tigre, una fenice, un drago. Le quattro divinità della cultura cinese, dominatrici dell’equilibrio assoluto. La ragazza dai lunghi capelli posò con dolcezza la mano sull’immagine raffigurante la fenice, che s’illuminò debolmente. Il contadino fece altrettanto con l’immagine del drago. La ragazzina sfiorò l’effigie della tartaruga e il giovane nobile quella della tigre. Le luci generate dalle immagini si fusero in una sola. Immensa. Poi la luce svanì. “Ora siamo pronti a reincarnarci nei nuovi Prescelti, coloro che salveranno Rayav dalle potenze oscure, che stanno per rinascere…” La voce musicale della principessa dai lunghi capelli d’oro mise in allarme gli altri tre. “Loro non falliranno. Saranno più forti di noi. Stavolta il bene trionferà…” A parlare ora fu la giovane contadina. La luce crebbe, crebbe, crebbe…e la pietra la sprigionò.



La luce la svegliò all’improvviso. Era calda, accogliente, sognatrice ma abbagliante. Hitomi alzò il capo, gli occhi ancora chiusi. Sbadigliando sonoramente, li riaprì. Dove si trovava? Ah, sì… era in biblioteca! E come al solito si era addormentata mentre studiava…
“Ehi tu! Smetti di ronfare, mi irriti.” Una voce maschile la svegliò definitivamente. Hitomi si guardò intorno, non capendo affatto chi avesse parlato. All’improvviso si sentì tirare una delle sue lunghe ciocche bionde. “Ma chi diavolo…!!!” Esclamò con la voce ancora impastata dal sonno. Mollò un pugno alla figura dietro di lei che lasciò la presa. Si voltò e vide che un ragazzo della sua classe era piegato in due dal dolore. Hitomi si alzò dalla sedia, mise una mano sul fianco e con l’altra si portò i capelli biondi dietro le spalle, fissando con sguardo di rimprovero il ragazzo ai suoi piedi. “Be’, non vedi che sono sveglia?” Gli disse. Il ragazzo si alzò e le sorrise beffardo. “Ma che carinaaaaa la nostra stranieraaaa!!” Le disse, sghignazzando. “Ma che vuoi? E poi, guarda che io sono giapponese, proprio come te, a differenza che NON sono come te, babbeo!” replicò lei, acidamente. Il ragazzo fece una smorfia. “ Non crederti tanto solo perché sei carina, hai i capelli biondi e gli occhi verdi… Se tu non avessi la divisa della mia scuola e non fossi in biblioteca ti avrei preso per una battona… Sono venuto a svegliarti perché facevi casino e non potevo studiare!” Ribatté lui, scostante. “Che volgare.” Si limitò a costatare Hitomi. “Certo che anche tu con quella bella pelle abbronzata e quegli occhi, potresti essere scambiato per un accompagnatore gay, ma sei talmente idiota che non ti piglia nessuno!!!” Urlò stizzita Hitomi. “Tu…! Sfacciata mocciosa!” Il ragazzo divenne paonazzo. Si scrutarono con rabbia, per qualche istante.
“Signorina Hitomi Matsumi, signor Sakutaro Aruno! FUORI DI QUI!!!” La bibliotecaria pose fine all’ennesima lite tra i due e li buttò fuori, in punizione nel corridoio.
Hitomi sospirò. Tra poco avrebbe dovuto sostenere il difficile esame di terza media e perdeva tempo con questo scemo… non aveva mai avuto occasione di osservarlo, in classe, così lo scrutò con la coda dell’occhio. In effetti, era carino… la pelle abbronzata, il corpo atletico, gli occhi castani, i capelli scuri arruffati… Lui la colse in quell’attimo, e lei voltò bruscamente il viso. Lui le tirò i capelli nuovamente. “Che fissi, cretinetta?” la schernì, beffardamente. “Ahia!! Mi fai male, lasciami i capelli…”
“Sakutaro, ma la lasci in pace?” Hitomi aprì gli occhi lacrimanti e vide davanti a se una ragazzina di prima media. Era graziosa. Aveva un’aria studiosa: portava in mano dei libri e aveva degli occhiali da vista moderni ed impeccabili. Aveva i capelli corti, lisci, dal taglio molto carino. “Non dovresti studiare? Hai l’esame.” Disse, mettendosi a posto gli occhiali, che le scivolavano sul nasino all'insù. Sakutaro lasciò i capelli di Hitomi e si mise le mani sulle tasche dei pantaloni. “Non seccare, Aki.” Le rispose, senza nemmeno guardarla. “Beh, fai come vuoi. Ma lascia stare le ragazze.” Detto questo, la ragazzina di nome Aki si defilò con grazia. “Ma chi era quella…? Ti fai anche le ragazzine?” Hitomi lo scrutò dall’alto in basso.
“E zitta! E’ mia cugina. Viviamo insieme, i suoi genitori si occupano di me.”
“Aaah, capisco…Senza offesa, anzi, con offesa, ma sembra molto più matura di te.”
“Taci. Sei davvero seccante.” Sbottò Sakutaro. “Che carattere orrendo.” Sospirò Hitomi, in modo che anche lui la sentisse. “Se non ti dispiace, ma sono certa che non ti dispiacerà affatto, io me ne vado. Le lezioni di ripetizione mi attendono.” Detto questo, Hitomi entrò di soppiatto in biblioteca, prese i libri e fece per andarsene. Sakutaro le fece lo sgambetto e lei cadde sul pavimento, con libri e quaderni. Hitomi si alzò e gli mollò un ceffone così forte da girargli la faccia. “Stronzo!” urlò lei, e se ne andò davvero.

Hitomi aveva quindici anni. Frequentava la terza media, in una città poco conosciuta di un’isola calda del sud giapponese. Lei non abitava in quella città, ma in un villaggio accanto, così doveva viaggiare tutte le mattine per andare a scuola, poiché il suo paese era privo sia di scuola media inferiore, sia di scuola media superiore. Abitava in uno dei tre templi del villaggio con sua nonna, la sacerdotessa, e suo fratellino, che frequentava la prima media. I genitori di Hitomi abitavano a Tokyo per lavoro, e non potendo portare i bambini con loro, hanno preferito che abitassero a stretto contatto con riti e spiriti tipici della civiltà giapponese.
Quel giorno, mentre Hitomi era in biblioteca, leggendo un libro qualsiasi, le era venuta in mente quella leggenda. La leggenda dei Prescelti, la sua leggenda preferita. Aveva chiuso il libro, si era adagiata sulla comoda poltroncina della biblioteca scolastica, aveva circondato il capo con le braccia e si era lasciata cullare dal profondo silenzio quasi forzato e dal fruscio delle pagine sfogliate dei libri impolverati. E la voce della nonna si era insinuata nella sua fantasia, domandola…
“C’era una volta, tanto tempo fa, in un mondo chiamato Rayav, La Pietra Dei Desideri. Essa era l’origine della Speranza, l’emanazione del potere e del bene puro, ed era custodita da quattro Prescelti ognuno comandato da un animale sacro: Seiryu, il drago blu, Byakko, la tigre feroce, Gembu, la tartaruga pacata, Suzaku, la fenice rossa. Questi quattro ragazzi, Ayeka, Doris, Eve e Edward, domavano con il loro equilibrio la pace di tutto quel mondo, proteggendo La Pietra dal male. Accadde però, che il re del regno vicino, il regno dei demoni, si innamorò di Ayeka, futura erede al trono e membro dei Prescelti, e si dice che ambisse anche alla Pietra. Lei non lo poteva ricambiare, e lo rifiutò, scatenando l’ira del re malvagio. Il perfido re ordinò che fosse mandato l’esercito a Rayav. Seguì una dura lotta, che vide lo sfaldarsi del mondo di Rayav. Fortunatamente, Ayeka riuscì a salvarlo, poiché aveva azionato la Pietra, poco prima di morire, insieme a tutto il regno, demoni compresi, e ai suoi tre compagni. La luce che Ayeka aveva azionato era quella della Speranza, che aveva disintegrato sì villaggi e abitanti, ma aveva salvato il mondo e fatto in modo che se si fosse ripresentato un simile pericolo, le immortali anime dei quattro Prescelti si sarebbero reincarnate nella Terra, pronte, con il loro potere, ad abbattere il male…”
La nonna gliela raccontava sempre, a lei e a suo fratello. Amava particolarmente quella favola, e aveva trasmesso anche a lei quell’amore.
La corriera si fermò proprio sotto casa sua e Hitomi scese, poi salì la grande scalinata del tempio.
“Buonasera, Hitomi.” La salutò la nonna, mentre spazzava il terreno dalle foglie morte, sotto il caldo tramonto. “Com’è andata oggi?”
Hitomi ansimò, poi scrutò la nonna con i suoi occhi verdi, animati dall’odio per quella persona. “Quell’Aruno! Non lo sopporto più! E’ da tre anni scolastici che mi perseguita!!!.” Disse, per tutta risposta, entrando in casa, diretta in cucina. “Ah-ah! Una cotta, eh?” la nonna sorrise e i suoi occhi divennero sognanti, alludendo al suo primo amore. “Macché! E’ il più volgare e idiota ragazzo di tutto l’universo. Ah, cambiando discorso… Ho sognato la tua favola, nonna! Però era diversa. I quattro della leggenda stavano correndo, e ognuno toccava le immagini del proprio animale sacro, raffigurate nella Pietra! Poi c’era una strana luce e mi sono svegliata…” Hitomi raccontò con foga, addentando un panino che nel mentre aveva preso dal frigorifero. La nonna non commentò, e all’improvviso le cadde la scopa dalle mani. Poi fissò la nipote con sguardo grave. Meglio non svelare nulla. Capiranno da soli. Pensò l’anziana sacerdotessa, raccogliendo la scopa. “Hitomi… sei tornata!” Il fratellino corse incontro alla sorella, con un gran sorriso e in mano un quaderno e una penna. “Mm… e tutta questa gentilezza? Non è da te, Soshi…di solito sei gentile quando hai bisogno di qualche favore.” Hitomi si alzò da terra, dove poco prima era seduta, e si spazzò la gonna della divisa da eventuali foglie secche. “Sei una racchia, Hitomi. Volevo solo che tu mi aiutassi a tradurre l’inglese…” Soshi le fece una pernacchia. “Racchia! Racchia… Ahia!” Hitomi lo afferrò per il collo. “Racchia a chi?! Brutto bambino viziato, te la faccio vedere io, ti rado i tuoi capelli biondi a zero…”
“Lasciami, racchia!!”
“Ancora? Potevi dirlo subito che volevi morire!!”
“Nonna! Help me!”
“Lo vedi che l’inglese lo sai?”
“Insomma! Hitomi, Soshi, smettetela di litigare… santa pazienza…” La nonna scosse il capo ed entrò in casa per preparare la cena, preoccupata per il destino che attendeva i suoi nipoti.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


2

“Uff…” 
“Ma daaai..”
“Niente…”
Hitomi era ancora in biblioteca (ultimamente passava lì tutti i pomeriggi) e sfogliava una pila di libri, sbuffando ogni cinque minuti, ignorando il cartello: “Vietato parlare o fiatare” premurosamente battuto al computer dalla bibliotecaria, indispettita dagli studenti chiassosi. “Ancora tu! Ma ti stai zitta una buona volta?!” Sbottò una voce familiare. Hitomi la riconobbe e lo cercò con lo sguardo. Poi lo vide: Sakutaro era seduto nel tavolo affianco e lei non se n’era nemmeno accorta. Non aveva voglia di litigare, così si zittì. “Potrei sedermi accanto a te?” le sussurrò una voce gentile. Era la ragazzina del giorno prima. “Oh…certo.” Rispose Hitomi, imbarazzata. Certo che Aki era molto gentile. Possedeva una bellezza diversa da quella di Hitomi: era affascinante e matura per la sua età. Colta, simpatica, studiosa ed elegante. L’esatto opposto di Hitomi, che era maldestra, pigra e detestava leggere e studiare. Ed era molto permalosa, per nulla gentile. Osservando la ragazzina, Hitomi si sentì a disagio, nettamente inferiore. Beh, sarà meglio mettersi a studiare…pensò, e il suo sguardo cadde sul libro. “Sei suo fratello, dunque?” Chiese Sakutaro a qualcuno. Quel qualcuno rispose con la voce di Soshi. “Esatto…” 
“Sakutaro! Mio fratello è già contaminato di suo, se ti ci metti anche tu, questo chissà come diventa!” Sbottò Hitomi, scattando in piedi. Si voltarono tutti, allibiti dalla maleducazione della ragazza, che arrossì. Sakutaro non fece in tempo a ribattere, che si udì un forte schianto. Gli scaffali caddero l’uno sull’altro, come un domino, creando un frastuono tremendo, sollevando polvere grigia, facendo cadere quintali di libri di valore e non, sommergendo e schiacciando studenti. “Che diavolo…?” Urlò Soshi. “Attenta, Hitomi!” Urlò Sakutaro, e si precipitò verso Hitomi, che non capiva. All’improvviso, si sentì spingere da una mano, e cadde al suolo. Sakutaro cadde a sua volta sopra Hitomi. Sentirono uno strano rumore, come d’acqua e fuoco combinati. “Tutto bene, ragazzi?” Aki era davanti a loro, la mano protesa in avanti. Pareva che il getto fosse uscito, non si sa come, dalla sua mano. Un cumulo di polvere sorgeva innanzi a lei. “Come…cavolo hai fatto…?!” sussurrò Soshi, scostandosi la frangia bionda dal viso. “Non lo so.” Rispose Aki con tranquillità, aiutando Sakutaro e Hitomi ad alzarsi. La biblioteca era in subbuglio, l’incendio divampava, divorando tutto quello che poteva. Le persone urlavano, e riuscirono miracolosamente a fuggire. “Ma che succede? Dobbiamo uscire!” Esclamò Hitomi, allarmata. “Hitomi, calmati!” Soshi l’afferrò per il braccio. Intorno a loro il fuoco avanzava, goloso, creando un cerchio, rendendoli schiavi del calore, prigionieri delle fiamme. I quattro si strinsero l’uno accanto all’altro, ognuno osservando un punto diverso della biblioteca. 
Uno scoppio di risa improvviso li spaventò a morte. La risata cresceva, fragorosa e rozza, ma ammaliante e sovrumana. 
“E questi sarebbero i nuovi Prescelti… Quattro mocciosi!” La voce che aveva creato la risata parlò: era suadente, provocante; tuttavia, il solo sentirla suscitò al quartetto un brivido. “Chi sei? Fatti vivo!” Hitomi avanzò un passo, con il pugno stretto e un coraggio che solo ora si scopriva di avere. “Oh… sei proprio simile a lei…” Rispose la voce. All’improvviso, si sentì uno schiocco di dita e le fiamme scomparvero. La biblioteca era vuota. Davanti a loro c’era un giovane uomo, vestito nobilmente. Era bellissimo: i tratti erano perfetti, i capelli liscissimi e lunghissimi, di un nero splendente. Gli occhi erano azzurri, intensi e vecchi, molto più vecchi del giovane viso che li sosteneva. Hitomi si sentì di averlo già visto, da qualche parte, in un passato lontano. “Chi sei?” La voce di Sakutaro sorprese Hitomi: era matura, bella quasi come quella dell’uomo davanti a lei. Che Sakutaro fosse spaventato? 
“Doris! Ci sei pure tu?” Esclamò l’uomo, osservando Sakutaro con finto stupore. “Oh! Ma guarda… qui abbiamo Eve e Edward…” continuò l’uomo, osservando prima Aki, che non si scompose, e Soshi, che sostenne lo sguardo dell’essere. “E naturalmente…l’immancabile e bellissima Ayeka.” Sospirò con un’ipocrita nostalgia, osservando Hitomi. Quest’ultima lo scrutò diffidente, non voleva cedere alle lusinghe. “Ma quando mai è bella! E’ un cesso…” Borbottò Sakutaro, in modo piuttosto alto. Hitomi s’innervosì e gli pestò il piede con vigore. Il volto dell’essere si rabbuiò nello squadrarli. “Sì… insopportabilmente innamorati come Doris e Ayeka.” Ringhiò con rabbia crescente, stringendo i pugni. Hitomi e Sakutaro arrossirono, e cominciarono a litigare furiosamente. Aki e Soshi sospirarono. “Prima di mettermi con te dovrebbero castrarmi!” Urlò Sakutaro, rosso in viso. “ Ma cosa, non c’è niente da castrare! E’ tutto completamente vuoto, là sotto!” Ribatté Hitomi. “SILENZIO!” Tuonò l’essere. Il pavimento si scosse e Hitomi e Sakutaro si zittirono all’istante, impallidendo. L’uomo avanzò con passo fulmineo, sembrò quasi che si fosse teletrasportato. Prese il viso di Hitomi tra le mani e lo avvicinò al suo, scrutando con passione gli occhi verdi della ragazza. “Hai la sua stessa anima…Ayeka, non ti ho avuto in passato, ma ti avrò adesso.” Disse come parlando agli occhi di Hitomi. La ragazza tremava, non osò opporsi. Il fiato fetido di morte dell’uomo la ricoprì e lei strinse gli occhi, reprimendo un conato di vomito. All’improvviso, l’uomo la lasciò andare. E con uno scatto felino si allontanò da lei. “E’ troppo presto per uccidervi. Non ci sarebbe divertimento… Sappiate chi sono, e abbiatene paura. Ci vedremo, miei… Prescelti…” Detto questo, una folata di vento li avvolse e chiusero gli occhi. Quando li aprirono, l’uomo era sparito. 
“Ha detto… I Prescelti… Ho capito bene?” Sussurrò Soshi. “E’ impossibile.” Costatò Hitomi. “Quella è una leggenda.” 
“La leggenda Della Pietra Dei Desideri, non è vero?” Chiese Aki, mettendosi a posto gli occhiali. “Guardate qui.” Disse Sakutaro, afferrando un libro dal suolo e sfogliandolo. Era un libro senza nome. Hitomi gli si avvicinò e lo osservò con attenzione, poi quasi svenne. “Questa…Sarebbe Ayeka?” Sussultò, e ricalcò la figura della bellissima principessa dai lunghi capelli d’oro, con un leggero tocco delle dita. “E’ uguale a te.” Disse Aki, guardando la donna sul libro. “Sakutaro, se fiati ti castro per davvero.” Lo ammonì Hitomi, vedendo che lui stava per aprire bocca. 
“Ma non ho detto niente!”
“Stavi per dirlo.”
“Ragazzi, smettetela! Piuttosto, guardate qui.” Soshi cercò di trascinarli dove Aki aveva appena strillato. “Questi sono identici a ciascuno di noi...” Disse il ragazzino, spiegando l’urlo di Aki. “Non ho strillato per quello.” Disse la ragazza. “Ah.” Fece Soshi, deluso. “Piuttosto… Ho letto tutta la leggenda e…”
“Ma cosa sei?! Saranno sessanta pagine!” Esclamò sorpresa Hitomi. Aki la ignorò e riprese a raccontare. “Ho imparato a memoria il testo, e guardate un po’ questa immagine…” Disse Aki, mostrando loro un uomo. Era l’uomo che era apparso poco prima. “Qua afferma che è Zen, il re dei Demoni, colui che aveva distrutto Rayav, il mondo nel quale era custodita la Pietra. Era morto, nella leggenda originale, però.” Raccontò Hitomi. “Esatto. Il problema sta nelle righe… aspetta che giro pagina…ecco.” Disse Aki, sfogliando il libro. Posò il dito su una frase e la lesse a voce alta. “ Qualora il pericolo della rinascita del re si dovesse ripresentare, la leggenda narra che le anime degli antichi Prescelti rianimino gli spiriti degli animali sacri a loro collegati, e si reincarnino, svegliando i poteri negli esseri umani che possiedono le loro anime sulla Terra.” 
“Siamo noi…?” Chiese Sakutaro, turbato. “A quanto pare…” Rispose Soshi. “Ne riparliamo domani, stanno per arrivare le autorità di soccorso, devono esserci molti feriti.” Decise Hitomi, alludendo alle sirene dell’ambulanza che si udirono in lontananza. Il quartetto si alzò e uscì dalla biblioteca. 

*
“Nonnina, se ti dico una cosa, prometti di non svenire?” Era sera, e Hitomi aiutava la nonna lavare i piatti sporchi. Soshi stava giocando con la play station, incurante del mondo esterno. “Dimmi.” Rispose la nonna, mentre accendeva un incenso per profumare la cucina. “Io e Soshi siamo due Prescelti.” Spiattellò Hitomi di fretta. Evitò accuratamente di guardare la nonna. “Sì, lo sapevo.” Disse la vecchia, sedendosi pesantemente sulla sedia. Hitomi ora si voltò a guardarla. “Non mi potresti spiegare un po’…?” Chiese la ragazza. “No. Arriverà anche per voi il momento della conoscenza…” Disse la nonna, socchiudendo gli occhi e sospirando. Si alzò, spense la play station di Soshi che protestò con sdegno, e ordinò ad Hitomi di andarsene a letto. Ma Hitomi rimase a riflettere, continuando a riordinare la cucina. 
La nonna era un po’ fredda… D’altronde era una sacerdotessa. Che motivo aveva per comportarsi così? Nemmeno lei stessa, però, aveva accettato il fatto di essere speciale…Le sembrava impossibile…

Il mare. Ayeka lo udiva infrangersi sotto di sé, sotto quel precipizio di incertezze. Il vento si insinuava tra i suoi capelli rendendoli giocosi, profumati di vita, di speranza. L’odore della salsedine portato da quel vento divino, la facevano sognare. Le sette lune la osservavano in tutta la sua bellezza. Ayeka aprì le braccia e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quell’immensità. Una voce la riportò alla realtà. La voce che sognava ogni notte, la voce che sempre pensava, la voce che amava. “Ayeka.” Doris era dietro di lei, le aveva circondato le spalle con le braccia, sussurrando con dolcezza il suo nome all’orecchio, e baciandole la guancia con delicatezza. Doris la lasciò, e lei si voltò. Poi lo abbracciò. Senza parlare. Le parole erano inutili, troppo insulse per contenere un simile sentimento…Si guardarono negli occhi e si baciarono. 

“KYAAAAAAH!!!!!!” Hitomi si svegliò di soprassalto, ansimando. Aveva sognato una cosa veramente impossibile! 
“Matsumi, la mia lezione di recupero ti stupisce tanto?” La voce del professore di cinese antico la portò immediatamente alla realtà. “No! No! No! NOOO!!” Hitomi urlava, era completamente sconvolta. “Ehi, tu, visto che sei qui, portala in infermeria…” Il professore di ripetizione aprì la porta dell’aula e si rivolse a Sakutaro, che puliva il corridoio. Era pomeriggio, e nella classe di ripetizione c’erano solo lei e il professore di cinese, talmente rimbambito da non accorgersi che Hitomi ronfava da più di un’ora. “Matsumi?!” Esclamò Sakutaro entrando in aula, spaventato. Hitomi, avvistato il soggetto della sua disperazione, strillò ancora di più. Sakutaro sbuffò, avanzò, la afferrò per un braccio e la trascinò in infermeria. Intanto Hitomi si allarmò ancora di più. “E adesso zitta!” Esclamò lui, scaraventandola di peso sul letto e sedendosi su una sedia accanto. Hitomi si calmò. “Ma che ti è preso?” le chiese, in modo brusco. Hitomi arrossì di colpo, ricordando il sogno che li aveva visti protagonisti. Oh, ma che scema! Non erano loro due!!! “Ho sognato…” farfugliò, poi si schiarì la gola. “Ho sognato Ayeka e Doris…” Uno schianto improvviso attirò la loro attenzione. 
“Non è l’ora di pomiciare! Sakutaro, Hitomi! E’ accaduta una cosa incredibile!” Soshi irruppe nella stanza, con Aki alle calcagna. “Cosa ci fate qui? E poi, chi mai pomicerebbe con un cesso come Hitomi?” Sbottò Sakutaro, infastidito. Hitomi si fece rossa rossa. “Che cosa hanno fatto Ayeka e Doris nel tuo sogno…?” le chiese Sakutaro, insospettito dal suo rossore e dal fatto che lei non avesse reagito. “Si sono baciati, come minino. Dai muovetevi, abbiamo scoperto una cosa strana…” Aki entrò nella stanza e afferrò Hitomi. Sakutaro si mise a ridere. “Hai scoperto l’uccellino?” la canzonò, e Soshi arrossì violentemente. Aki gli lanciò un vassoio, che lui schivò per miracolo. “Che idiota.” Disse, sprezzante. Lasciarono l’infermeria, e si avviarono verso il giardino scolastico. “Guardate!” Esclamò Hitomi, indicando una pietra di rozza fattura, con quattro effigi scolpite sulla superficie. Erano Byakko, Gembu, Suzaku e Seiryu. “La Pietra Dei Desideri!” Esclamò di nuovo Hitomi, che pareva essersi ripresa del tutto. “Sì. Proviamo a sfiorare le immagini che più ci attirano…” Suggerì Soshi. E così fecero. Hitomi sfiorò quella di Suzaku, Sakutaro quella di Seiryu, Aki premette l’immagine di Gembu e Soshi quella di Byakko. La terra tremò sotto i loro piedi, e la pietra si aprì, scoprendo un’enorme voragine dalla quale scaturiva un’immensa luce limpida e pura, che crebbe, crebbe… Sommergendoli.


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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


“Vooolareee…oh, oh….” Canticchiò Soshi. Il quartetto volteggiava nell’infinito azzurro…anzi: precipitava… Sakutaro fischiettava noncurante, Hitomi ammirava il paesaggio sottostante e Aki leggeva il misterioso libro dei Prescelti. Tutto questo mentre precipitavano… 
“Tra poco atterriamo.” Li informò Hitomi, che guardava il meraviglioso paesaggio che si apprestava innanzi ai loro occhi: immense foreste, oceani, lune, soli… castelli feudali, villaggi di esseri umani. “Ma Ayeka non li aveva disintegrati?” Domandò Sakutaro. “Beh, è una leggenda. Non tutto è vero.” Rispose Soshi con tranquillità.
“Ma vi sembra normale?” Aki alzò gli occhi dal libro e fissò le loro facce ebeti.
“Cosa?” Domandarono loro, incuriositi. 
“Voglio dire: una pietra c’inghiottisce e noi siamo qui che precipitiamo da circa mezz’ora…e cosa facciamo? Chiacchieriamo come se nulla fosse.” Spiegò Aki. I tre si guardarono e incominciarono ad urlare. “Mamma!!! E’ vero!! Moriremo schiantati!” Hitomi quasi si strappò i capelli per la disperazione. “Che cosa facciamo? Chi siamo? Cosa siamo?” Soshi entrò nel panico. “Addio a tutti. Vi ho sempre odiato.” Disse Sakutaro, sarcastico. “Insomma, gente!!! Serietà, porca miseria!!!!” Sbottò Aki, chiudendo il libro di scatto. “E quello cos’è?” Chiese Sakutaro, indicando un drago verde che avanzava verso di loro. “Un drago. Che figo!” Esclamò Soshi, arrossendo per l’emozione. “UN DRAGO???!!!!” Hitomi urlò così forte da stordire perfino il drago stesso. “Mi duole la testa.” Aki chiuse gli occhi e si prese la testa fra le mani. (N.B tutto questo mentre cadevano!!) Il quartetto cadde sulla schiena squamosa del drago. “Caro diario: sono sopra un drago…” Soshi si mise a scrivere con emozione in un quaderno. “E quello da dove lo hai tirato fuori…?” Gli chiese Sakutaro, fissandolo inorridito. “Ma ti rendi conto della situazione?! Dà qua!” Hitomi lo aggredì e gettò il quaderno nel vuoto. “No!!! Sarei diventato famoso! Racchia!” Soshi scoppiò in lacrime. “Ecco, lo hai fatto piangere. Racchia!” Sakutaro carezzò la testa di Soshi, comprensivo. Hitomi s’infuriò. “Eccoli, i veri mostri! Vi siete coalizzati! Vi scoalizzo io!” 
“E’ un nuovo termine ‘scoalizzare’?” Sakutaro scoppiò a ridere. Aki sospirò. “Pare che siamo arrivati.” Disse, aggiustandosi la divisa e gli occhiali. In effetti, il drago era atterrato ai piedi di un castello in stile occidentale. Aki prese il libro dalla schiena del drago e scese con leggiadria. “Grazie.” Gli disse, carezzandolo. Il drago parve rispondere con un dolce suono. “Lo ha ACCAREZZATO! Oh Madonna dammi la forza!” Hitomi fece finta di svenire. “Andiamo!” La spronò Sakutaro. “Addio, drago. Magari sarei diventato famoso…” Soshi sembrava pronto a scoppiare di nuovo in lacrime. 

Il castello possedeva enormi e massicci portali in legno di quercia. Era senza fortificazioni. Probabilmente era un regno pacifico. “E adesso che si fa?” Domandò Sakutaro, spiazzato nel vedere quei portali ciclopici. “Proviamo a bussare..” suggerì Hitomi, avanzando verso i portali. Serrò un pugno e batté il legno con violenza. Il quartetto udì uno scricchiolio e le porte si spalancarono, lasciando intravedere l’interno del castello. 
“Wow…” Esclamarono in coro, ammaliati da tanta bellezza. Si ergeva davanti a loro una sala splendida. La stanza era circolare, interamente ricoperta d’oro. Candelieri di perla scendevano con grazia dal soffitto, le cui lampade di cristallo scintillavano, creando giochi di colore nelle pareti. Un gran tappeto color porpora si stendeva dall’entrata del castello per tutta la sala. C’era un camino dal quale il fuoco scoppiettava allegramente. Due spade incrociate li osservavano con serietà. Parevano volessero dire: “ Attenti a non fare mosse false.” Nel muro centrale vegliava un gran quadro. Hitomi provò soggezione, nel guardarlo. Raffigurava una giovane donna dai lunghi capelli neri mossi da tenere ondine. Gli occhi scuri riempivano il volto di dolcezza, e parevano scrutare le anime altrui. Era molto bella. Aveva un sorriso armonioso e delicato. Era vestita con un vestito di seta azzurra. “Wow…” Ripeté Soshi, ammaliato da tanta dolcezza. Il cuore di Hitomi prese a battere con una velocità sorprendente. Ebbe una strana sensazione, come di vuoto e di ricordi che si affollavano nella sua mente, ricordi non suoi… Si confondevano, la stordivano… e all’improvviso, si sentì cadere, si lasciò andare, cullata dai ricordi di qualcun altro. Visi, sensazioni, paura… 
“Hitomi?” La voce di Sakutaro la riportò alla realtà. Sembravano essere passati secoli, da quando aveva perso conoscenza. Hitomi aprì gli occhi, e vide il volto del ragazzo. Il paesaggio sembrava diverso, ora. Quattro mura grigie la osservavano, tutte uguali e squallide. Un sottile spiraglio di luce filtrava dalle sbarre della finestra. Non c’era mobilio, e si sentiva lo squittire di piccoli esseri. Probabilmente topi. “Dove…Cosa…Dove siamo? Che è successo?” Hitomi si prese la testa fra la mano destra, e con l’altra si tirò su dalle gambe di Sakutaro. “Sei svenuta e le guardie, attirate dal tuo frastuono, ci hanno trascinato qui di peso. In una prigione.” Rispose Aki, dalla penombra. Era in piedi, con le braccia incrociate e scrutava fuori dalle sbarre che costituivano la porta. Forse per trovare una via d’uscita. “Breve e concisa, eh, Aki?” La canzonò Soshi, che giocava con i topi. “Che schifo!” Strillò Hitomi, riprendendosi del tutto e balzando in piedi, alla vista del fratello che prendeva gli esserini per la coda e li faceva dondolare. Nella prigione piombò il silenzio. Ognuno rifletteva per conto suo. Pensavano a quanto tutto questo fosse ridicolo. Impossibile, assurdo. Era un sogno? Certo che per esserlo, era molto realistico.
Poi sentirono dei passi rimbombare per il sotterraneo e una voce femminile scosse il quartetto. 
“Lasciatemeli vedere! E’ un ordine!” Protestava la voce. Era una vocetta infantile e ansiosa, quasi fastidiosa. Sentirono le guardie ribattere cortesemente, ma la ragazza non demordeva. “Io sono la Regina. Me ne infischio delle vostre sciocche opinioni.” La voce si fece autoritaria, altezzosa e contrastante. Le guardie parvero acconsentire, e dei passetti svelti avanzavano. Apparve una figura femminile, all’incirca sui quattordici-quindici anni che li osservò con curiosità. Era molto carina. Aveva lunghi capelli ramati, dai riflessi vagamente rossicci, legati in un elegante chignon. Questo lasciava scivolare con grazia due ciocche, che ornavano il viso pittoresco della ragazza arricciandosi allegramente. I suoi tratti occidentali contrastavano con i suoi occhi, dall’iride di un blu scuro e profondo decorato con pagliuzze celesti, di taglio vagamente cinese. Le labbra erano morbide e molto carnose, di un rosso acceso, come i petali di una rosa rossa e profumata. La pelle era lattea, con sfumature rosate sulle gote. Era ricoperta di un mantello color porpora. Hitomi provò subito una forte antipatia verso questa ragazza. La guardò dall’alto in basso. La ragazza la squadrò con arroganza. “Che vuoi, Cappucetto Rosso?” L’apostrofò Hitomi. Non sopportava l’aria di superiorità che la ragazza davanti a loro emanava con troppa insistenza. “Io sono la Regina…”Rispose quella, ingenuamente. “Embè? Che ti manca?” Il tono di Hitomi si fece via via più scorbutico. La studiava quasi con odio. Antipatia a prima vista. A quanto pare, era reciproca.
“Senti bella. Sono venuta a controllare chi ‘infestava fetidamente’ il MIO castello…” Era acida, la ragazza. Hitomi fece per ribattere, ma Aki le pestò il piede e si rivolse con garbo alla Regina. “Scusa…Ma potrei sapere dove ci troviamo?” Le chiese.
“A Rayav. Per caso…non lo sapevate?” La ragazza si fece più affabile e avanzò verso le sbarre, per dialogare con il quartetto. 
“No. Siamo di un altro mondo.” Rivelò Aki, precisa e chiara. Soshi, Sakutaro e Hitomi spalancarono la bocca, cercando parole che non trovavano. Ma avendo un unico pensiero: Questa qua è proprio scema!!! Ma poiché Aki non era scema, pensarono giustamente che avesse un piano. 
“Di…un altro mondo?” Si udì una nota di spavento nella voce della Regina. “Esatto. Dalla Terra”. Aki scavava sempre più a fondo, chissà cosa aveva in mente. 
“Mio nonno aveva ragione…è proprio come nella leggenda: ‘quattro ragazzi giungeranno da un altro mondo per salvare Rayav dal regno dei Demoni’…Siete i Prescelti?” 
“Così pare.” Rispose Sakutaro. La ragazza lo osservò con qualcosa di più che semplice interesse… “Vi lascio uscire.” La Regina arrossì e tese la mano verso la parete, dove vi era un mazzo di chiavi, che tintinnarono un po’. La regina infilò la chiave giusta nella serratura, la girò e aprì le sbarre. Queste cedettero sui cardini, cigolando. I ragazzi uscirono e la regina sorrise loro. “Io sono Lavinia, la regina di Rayav. Benvenuti, Prescelti, vi aspettavo dalla mia nascita.”

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***




Salirono rapidamente la scalinata e raggiunsero il piano superiore. Lavinia li guidava per quell’immenso castello. Quadri pittoreschi, candelabri d’argento, cameriere e camerieri affascinanti, centinaia e più di stanze: tutto questo si propagava ai loro occhi, cose che avevano visto solo nei film. 
“Tu vivi qui da sola?” Sakutaro le si avvicinò e le si rivolse con dolcezza. Cos’è questo tono gentile? Con me non l’ha mai usato. Pensò Hitomi, sentendosi all’improvviso triste. Lavinia arrossì e, evitando accuratamente lo sguardo del ragazzo, rispose. “Sì. I miei genitori sono morti tredici anni fa, assassinati da un demone… mio nonno, ancora in vita, mi ha spiegato sin da allora di aspettare l’arrivo di quattro ragazzi che avrebbero salvato il regno. E vi ho aspettato, per tredici anni…” Il suo volto, nel raccontare ciò, si rabbuiò visibilmente.
“Starebbero bene insieme, quei due. Mi sa tanto che mio cugino ha trovato finalmente l’amore!” Aki sospirò sognante, guardandoli. “Eh già! Hitomi, non sei contenta per loro? Guardali, così carini…” Soshi scrutò la sorella, per vedere come reagiva. Rimase molto sorpreso.
“Eh già! Sono proprio carini, insieme!” Rispose Hitomi, sorridendo. Ma in realtà… Non sapeva perché, ma aveva provato un dolore al cuore, nel vedere Lavinia e Sakutaro. Represse questo sentimento convincendosi di essersi solo affaticata, e seguì gli amici all’interno della sala che Lavinia aveva aperto. Era una stanza molto graziosa, in stile francese antico, con un divano e una poltrona di fronte ad esso, un’ampia finestra sulla parete opposta alla porta, un pianoforte e un tavolino che separava il divano dalla poltrona. “Prego.” Disse Lavinia, stendendo il braccio verso la stanza e facendo loro cenno di entrare. Il quartetto non se lo fece ripetere due volte, ed entrò accomodandosi nel divano. Lavinia entrò per ultima, chiudendo la porta. Scivolò con grazia verso la poltrona e si sedette, bloccando lo sguardo su ognuno di loro. In particolare su Sakutaro. Hitomi si infastidì e gettò un’occhiata di sbieco a Lavinia, che la ignorò. “Ora posso finalmente rivelarvi le parole che meditavo da anni.” Il tono di Lavinia si fece compunto, e il cielo fuori dal castello si oscurò. 
“Immagino voi conosciate la leggenda della Pietra.”
Il quartetto annuì.
“Ebbene, è mio dovere svelarvi di nuovo come sono andate le cose.” Il silenzio piombò all’improvviso, e i ragazzi aspettavano, ansiosi. “Conoscete la storia, e non mi soffermerò. Ma… Vi rinfresco la memoria. I quattro Prescelti possiedono i poteri assegnati loro dai quattro animali sacri per proteggere il regno di Rayav dal confinante regno dei Demoni, comandato da Zen, il Dio del Caos. I due regni convivevano pacificamente, finchè Zen si innamorò di Ayeka, la Principessa del regno. Il suo sentimento nei suoi confronti era sincero, ma Ayeka era innamorata corrisposta di un Prescelto, il Prescelto Doris. Il cuore di Zen si frantumò, e l’odio demoniaco celato nel suo cuore prese il sopravvento, così decise di conquistare la Pietra Dei Desideri per eliminare Doris e avere Ayeka. Seguirono battaglie sanguinose, che il potere dei Prescelti superò. Fino all’ultima…” Lavinia s’interruppe e si alzò, andando verso la finestra. “Che ebbe inizio qua dentro.” Disse, voltandosi verso il quartetto. 
“Ayeka decise di parlare con Zen, voleva cedersi a lui pur di salvare il suo regno. Però, ormai l’anima demoniaca aveva respinto l’amore di Zen nei confronti di Ayeka, così scoppiò l’ultima battaglia, che vide lo sfaldamento di Rayav. Ma Ayeka, prima di morire, pronunciò la preghiera della Pietra. Gli spiriti degli animali sacri si unirono, richiamando il potere della Speranza. Era questo il potere più potente, ma anche il più pericoloso, della Pietra. Aveva distrutto il regno, eliminato tutto. Ma poiché si chiama Speranza…fece in modo che le anime dei Prescelti non morissero, e si conservassero nelle effigi della Pietra. Il regno si costruì col passare del tempo, governato da un’altra dinastia, la mia, e il regno di Zen era caduto in un sonno profondo. Ma i secoli passarono, e Zen si è svegliato, e con lui tutti i demoni. Da quindici anni stanno preparando la conquista di Rayav, e nel momento stesso in cui si svegliarono, le anime di Prescelti, non potendosi più reincarnare qui, si reincarnarono sulla Terra. Ed è così che voi siete qui.” Lavinia smise di raccontare, e rimase preoccupata osservando Hitomi. Gli altri forse non ricordano. Ma lei…lei è Ayeka. Ricorderà presto. Pensò, nel guardarla con attenzione. 
Delle lacrime rigarono il viso di Hitomi, che si spaventò. “Eh?…M-ma cosa…” Disse, asciugandosi gli occhi. “Tutto bene?” Le chiese Sakutaro. “Non capisco…mi sento all’improvviso così triste..” Hitomi non riusciva a smettere di piangere. Ma non era lei a piangere. Era il suo inconscio. “Sarai stanca. Vi accompagno nelle vostre stanze. Ragazzi…abbiatene cura. Sono le vostre da mille anni.” Lavinia sorrise loro, e aiutò Hitomi a raggiungere la stanza che un tempo era stata di Eve e Ayeka, e ora di Hitomi e Aki. 


La luce della luna illuminò con candore la stanza. Hitomi era seduta sul davanzale della finestra, a riflettere. Mille pensieri le si affollavano nella mente. Chissà la nonna, come stava. E a scuola? Saranno tutti preoccupati. E quest’anno aveva anche l’esame… E si trovava in un altro mondo, a dover combattere i demoni…era assurdo. Hitomi non ci credeva ancora. Sospirò. “Hitomi… A me Lavinia sembra una brava ragazza.” La voce di Aki la raggiunse, e Hitomi smise di pensare. Si voltò verso l’amica, che era seduta nel proprio letto. “Dici? Ho avvertito una forte antipatia nei suoi confronti…”
“Non sarà perché sei gelosa?” 
“Di chi, scusa?”
“Andiamo…ok essere ingenua, ma superi il limite!!!” Aki rise, rotolandosi nel letto, afferrando il cuscino. “Lavinia si è presa una bella cotta per Sakutaro!” esclamò, portandosi il cuscino sul volto. “Ma va??? Mi è stata antipatica all’istante, come l’ho vista…” Hitomi sbuffò. “Però, se continui così, Sakutaro si metterà con lei! E’ anche bella…ed è una regina.” Aki la stuzzicò con malizia. Hitomi balzò giù dal davanzale, afferrò il suo cuscino e glielo lanciò. “A me non importa!” Esclamò, ridendo. “Sarà…” Fece Aki, scostandosi i cuscini, poco convinta. “E’ così!!!” disse Hitomi, e affermato ciò, si mise a dormire.
“Sveglia, ragazze!” Erano passate solo due ore, che la voce di Soshi le destò dal sonno, e sentirono colpi scuotere la porta. Aki e Hitomi si svegliarono di colpo, infastidite dal rimbombare dei colpi furiosi. Aki di alzò dal letto e, stropicciandosi gli occhi, afferrò la lampada ad olio posata sul comodino, e si recò di fronte alla porta che aprì di scatto. Di fronte a lei vide Sakutaro e Soshi, entrambi in boxer e a petto nudo. “Che c’è?” Sbottò lei, seccata. “I demoni…sono entrati nel castello.” Spiegò Soshi. “Cosa?!” Strillò Hitomi, balzando in piedi. “Lavinia ci ha spiegato che hanno avvertito la nostra presenza!” Disse Sakutaro, evitando di guardare Hitomi, che si raggelò all’istante. “Lavinia…eh?” chiese, con asprezza, mentre si pettinava i lunghi e morbidi capelli biondi. Il quartetto rimase in silenzio. Sembrava che la rabbia di Hitomi si trasmettesse a ciascuno di loro. “Beh sì. Le sue attenzioni mi fanno piacere. E’ più femminile di te…più formosa…”Constatò Sakutaro, incrociando le braccia dietro la nuca e scrutando Hitomi con malizia. Lei indossava una lunga camicia da notte regalatale da Lavinia, forse un po’ troppo trasparente. Hitomi arrossì, furiosa. “Bene! Sai che me ne importa? NIENTE!” Urlò lei. Avanzò verso Sakutaro e gli mollò uno schiaffo, sonoro e deciso, che lo centrò in pieno viso. “Eh, Sakutaro, te lo sei meritato stavolta.” Sospirò Aki. “Ehm… il castello sarebbe in pericolo…se forse ci sbrighiamo…” Soshi cercò di acquietare gli animi che bollivano. Con scarso risultato. “Non me ne sbatte nulla! Non ho deciso io di essere una stupida Prescelta! Non ho deciso io di piombare qui con questo idiota! Non ho deciso io di essere Ayeka! Non ho deciso nulla! Non ho poteri, non sono una regina, questo mondo stupido non esiste! Andate al diavolo!!” Inveì Hitomi, aggredendo il fratello. Era scoppiata a piangere. Aki la guardava con apprensione, e quando Hitomi voltò loro le spalle e scappò via, non la fermò. Sakutaro era rimasto a bocca aperta, massaggiandosi la guancia ancora dolente. “E’ un po’ spossata. Quando si sarà calmata, tornerà quella di sempre.” Aki aiutò il cugino a rialzarsi, che era caduto a causa della forza del cazzotto tiratogli da Hitomi. “E io che cavolo c’entro? E’ proprio una stupida!” Sbottò Sakutaro, una volta in piedi. Aki sorrise, ma non disse nulla. “E’ meglio se ci sbrighiamo.” Suggerì Soshi. “Anche se sono preoccupato per mia sorella…” Aggiunse, abbassando lo sguardo. La mano di Aki gli afferrò la spalla. “Non preoccuparti. Lei è forte. Le serve solo riflettere un po’. E capirà molte cose, vedrai. Non le capiterà nulla, tranquillo.” Aki gli sorrise, infondendo coraggio all’amico. “Speriamo.” Soshi ricambiò il sorriso, e tutti e tre corsero per il castello, che intanto era in allarme.


Stupido! Stupido! Stupidoooo!!!
Hitomi correva a perdifiato, le lacrime sgorgavano leggere. Poi si fermò e si guardò intorno. Dov’era finita? Non si ricordava quel corridoio buio. Cominciò a camminare, con una leggera paura che si spandeva sul petto, realizzando di essersi persa. Sakutaro era proprio un cretino! E Lavinia pure. Sarà anche bella, ma lei non era certo da meno… Ciò che non capiva era perché si arrabbiasse tanto. Ma chi se ne importa!!! Lei non era mica la protagonista di una storia d’amore! (Sì che lo è!!!) E poi… Lei aspettava ancora il suo bel principino azzurro. E magari essere finita in quel mondo era un chiaro segno del destino…Così, dimentica del perché si fosse arrabbiata, continuò a camminare dalla parte opposta alla quale era arrivata, in modo da non perdersi. E si sorprese parecchio, vedendo che era arrivata all’ingresso. Si voltò, quando andò a sbattere contro qualcuno. Alzò il capo e vide che era un demone!! “E….E…….AAAAAAAAH!!!!” Hitomi scattò all’indietro, il cuore a mille. Il coso era una specie di serpente enorme, con quattro braccia e uno stemma sulla fronte. Il coso ringhiò, e il terreno tremò sotto i suoi piedi. “Aiuto!” Strillò Hitomi, schivando la coda del serpente, che si era scaraventata nel posto dove lei era fino un minuto prima. “Ehi racchia…” una voce familiare la attirò, e provò un moto di gioia. Si voltò verso la voce e vide che era Sakutaro. Hitomi continuò a schivare gli attacchi del serpentone, e guardò il ragazzo, indispettita. “Aiutami!” 
“Perché? Te la stai cavando benissimo.”
“Ma… Ah!” Il serpente l’aveva urtata, e lei era caduta al suolo con un forte schianto. “Hitomi!” Urlò Sakutaro, correndole incontro. Appena la coda del serpente l’aveva urtata, lui aveva sentito un’angoscia tremenda, il cuore gli si era fermato per un attimo. “Hitomi!” Sakutaro si accovacciò accanto a lei e le scrollò le spalle. Ma lei non rispondeva. “Non puoi morire! Dannazione!” Urlò. Si alzò in piedi e si diresse verso il serpente gigante. “Bastardo!” Una rabbia improvvisa montò in Sakutaro, e una forza straordinaria lo avvolse. Un’aura spaventosa circondò il ragazzo. Un’aura blu intensa… “Stupida racchia! Cretina, ti vuoi svegliare??!”
Sakutaro cominciò a scatenare fulmini. E nemmeno se ne rendeva conto. 
“Perché mi hai dato uno schiaffo, prima? Ti prendo sempre in giro, non è una novità! E sei ottusa! Stupidamente ottusa!” Ormai i sentimenti di Sakutaro presero il sopravvento su di lui. Il mostro schivava ogni attacco, ma Sakutaro non demordeva. “Chi…sarebbe ottusa?” Il braccio con il quale il ragazzo scatenava la tempesta venne bloccato da una mano fredda come il ghiaccio. Sakutaro si voltò, e vide Hitomi dietro di sé, stringergli il polso. Si era ripresa. Il cuore di Sakutaro si alleggerì. Era salva…La ragazza si corrucciò, poi osservò lo scempio che stava davanti a loro: era tutto distrutto, e il mostro era ridotto a un cumulo di cenere. Un ultimo fulmine l’aveva colpito, incenerendolo. “Sei stato tu…?” Chiese Hitomi, flebilmente. “Sì è stato lui.” Lavinia scese la scalinata e li raggiunse. 
“Lavinia. Mancavi proprio tu.” Commentò Hitomi, con acidità. Lavinia sorrise. Che strega… “Ecco…all’improvviso una forza è cresciuta dentro di me e io… l’ho buttata fuori.” Spiegò Sakutaro, osservandosi le mani. Il sorriso di Lavinia divenne una smorfia acida. “Sakutaro! HITOMI!!!” Aki e Soshi apparvero all’improvviso, un po’ sconvolti (in tutti i sensi) e sopraggiunsero correndo, prima che Lavinia potesse dire ciò che stava per dire. “Cosa avete fatto voi due? Siete tutti…scomposti!” Disse Sakutaro, prendendoli in giro. “Idiota! Dei mostri ci hanno attaccato e abbiamo combattuto…per poco non ci restavamo secchi!” Aki lo spinse e Sakutaro fece finta di cadere a terra. “Vedo che state tutti bene. Per fortuna!” Lavinia si mise una mano sul petto e sospirò. Hitomi la osservò con attenzione. E più la osservava, più… le sembrava ‘calcolata’. Forzata…in ogni suo minimo gesto. Tranne che con Sakutaro. E anche quando aveva raccontato la storia… sembrava aver omesso un particolare. Poi… era strano aver subito provato antipatia per lei. E lei, Hitomi, si fidava del suo istinto. Però decise di accantonare quelle impressioni. Erano solo impressioni! Così decise di andare a dormire, dopo una lunga giornata ricca di avvenimenti.

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