Red Dot

di Ofelia20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita Nova ***
Capitolo 2: *** Work in Progress ***
Capitolo 3: *** Twince ***
Capitolo 4: *** Pilates! ***
Capitolo 5: *** Tutti abbiamo un lato oscuro. ***
Capitolo 6: *** Cricket ***



Capitolo 1
*** Vita Nova ***


                                         RED DOT

 

 

Era una fresca mattina di Maggio nella Grande Mela. Il vento soffiava giocondo tra i rami degli alberi sporgenti oltre il recinto di Central Park sulle frenetiche e trafficate strade di New York. Un pallido sole, ancora imbiancato dalla rigida stagione invernale,faceva capolino tra le soffici nubi bianche che tappezzavano il cielo, riscaldando la pelle dei newyorkesi più impavidi che avevano già scoperto le loro braccia alla calda stagione. Con il vento che le spettinava i lunghi capelli castani e il sole che le soffiava sul viso diafano Charlie estraeva dal cofano della sua vecchia jeep rossa gli ultimi scatoloni per il trasloco. Con la fatica stampata sul volto prese l’ultima scatola, la più pesante, la poggiò a terra e chiuse sonoramente il cofano. Impilò le tre scatole l’una sull’altra e traballando si preparò a cominciare la sua scalata verso una nuova vita. Il cuore martellava nel petto, sembrava quasi che volesse uscire e tornare alla tranquilla vita di campagna a cui era da sempre stato abituato, miliardi di farfalle ronzava nel suo stomaco solleticandolo, le sue mani era bagnate di sudore, il respiro era sempre più pesante. Si fermò un attimo davanti all’imponente portone del palazzo, cercò di riprendere il controllo di se stessa, di fare dell’ansia una grossa palla e di lanciarla più lontano possibile. Gettò di nuovo un’occhiata alle sue spalle come a voler salutare la sua vecchia vita, poi rivolse il suo sguardo in avanti, verso la lunga scalinata che l’avrebbe portata al suo nuovo appartamento, e alla sua nuova vita. Malgrado la fatica di dover trasportare degli scatoloni pesanti sul suo bel viso si aprì un immenso e brillante sorriso mentre i suoi piccoli piedi coperti da eleganti ballerine rosa, cominciava a salire i primi gradini. Purtroppo dopo la prima rampa il dolce sorriso dovette lasciare spazio alla smorfia di dolere e fatica e soprattutto al pesante fiatone che le si era creato nel trasportare il suo carico pesante che conteneva la sua inestimabile collezione di vinili. Si fermò per qualche secondo a riprendere fiato, asciugò il sudore sulla sua fronte con la spalla e barcollando si decise a riprende a salire le scale fino al terzo piano.

“Serve una mano?” disse una voce calda e sensuale alle sue spalle. Non aspettandosi di incontrare nessuno sobbalzò rischiando quasi di cadere all’indietro, se non fosse stato per le possenti mani che le cinsero la vita bloccando quella che sarebbe stata un’inevitabile e rovinosa caduta. Con ancora le scatole tra le braccia si girò prontamente verso lo sconosciuto quasi spaventata. Quelle mani che poco prima le stringevano la vita adesso le stavano delicatamente togliendo gli scatoloni dalle mani. In quel momento la visuale della ragazza fu liberà, e riuscì con sua sorpresa a notare che il possessore di quella voce così ammaliante era dotato anche di una bellezza straordinaria. La carnagione chiara leggermente oscurata dalla barba che in quella mattina non era evidentemente ancora stata rasata, i capelli neri corvini spettinati sulla fronte e due meravigliosi occhi blu cobalto circondate dalle folte sopraciglia corvine come il colore dei suoi capelli. E quel uomo con tutta la sua bellezza la stava guardando con stampato sul bel volto un dolce e mozzafiato sorriso.

“G-Grazie…” balbettò la ragazza schiarendosi la voce senza riuscire a smettere di fissare quei brillanti occhi color oceano.

“Non sai che hanno inventato gli ascensori?” disse l’uomo passando galantemente avanti alla ragazza facendo segno di seguirlo, salendo velocemente la seconda scalinata.

“E tu hai mai sentito parlare di claustrofobia?” le rispose Charlie riferendosi ad una delle sue tante fobie e manie, seguendolo.

“Capisco” si limitò a dire lui con tono grave  poi continuando la loro salita aggiunse: “Dove sei diretta?”

“Sono arrivata!” disse la ragazza poggiando a terra l’unico scatolone che le era rimasto tra le mani e frugando nella sua borsa di cuoio in cerca delle chiavi del suo nuovo appartamento.

“Ma non dirmi che tu sei la nuovo inquilina di questo palazzo?” esclamò il ragazzo sorpreso aprendo le sue labbra carnose in un sorriso e spalancando i suoi immensi occhi blu.

“Oh si. Tu in quale appartamento abiti?” le chiese la ragazza lasciandosi trascinare un po’ dal entusiasmo del giovane mentre estraeva vittoriosa il mazzo di chiavi nuovo da una tasca della borsa.

“Io abito proprio nel appartamento di fronte al tuo.” Disse il ragazzo indicando la porta davanti a loro.

“Ah bene. Non mi sono ancora presentata io sono Charlie” disse la ragazza mentre l’imbarazzo cominciava ad impadronirsi di lei.

“Io sono Eli, è davvero un piacere conoscerti Charlie” si presentò anche egli stringendo vigorosamente la delicata manina della ragazza che fu investita da un brivido nel sentir pronunciare il suo nome da quella voce così voluttuosa.

“Bè grazie mille Eli per avermi aiutato con questi pesanti scatoloni” iniziò la ragazza cercando di congedarsi, dato che le sue guance cominciavano ad imporporare, odiava quando le succedeva, odiava arrossire soprattutto davanti agli uomini, soprattutto davanti a certi tipi di uomini.

“Ti prego non dirlo neanche. Ho visto una donzella in difficoltà e non ho potuto fare a meno di correre in suo aiuto. Ma lascia che ti aiuti a portarli fino a dentro, sono pesantissimi.” Disse galantemente El, e ignorando tutte le proteste della ragazza entrò nel suo appartamento questa volta carico di tutte e tre i cartoni. La ragazza si arrese e lo lasciò entrare chiudendo la porta alle sue spalle.

“Perdona il disordine ma oggi è il primo giorno che mi sono trasferita” si giustificò la ragazza riferendosi alla montagna di roba ancora imballata che occupava il suo salotto. “Sta attento con quelle scatole, mi raccomando!” aggiunse poi rivolgendosi al ragazzo.

“Tranquilla. Ma cosa contengono per essere così pesanti?” domandò scuotendole leggermente per riuscire a decifrarne il contenuto dal rumore che proveniva dall’interno.

“No! Non scuoterle. Rischi di danneggiarli!” esclamò la ragazza fiondandosi verso Eli per fermarlo.

“Danneggiare cosa? La tua collezione di giocattolini…” disse maliziosamente il ragazzo sotto lo sguardo confuso e accigliato di Charlie.

“Bè contiene la mia preziosissima collezione di vinili, sono molto delicato. Poggiali lì sul divano.” Rispose la ragazza leggermente stizzita e anche un po’ turbata dalle parole del ragazzo.

“Tu collezioni vinili? Interessante” rispose il ragazzo facendo dimenticare tutto quello che aveva detto precedentemente alla ragazza che adesso gli sorrideva con le guance visibilmente arrossate.

“Adesso scusami ma devo salutarti, devo andare a lavoro!” la salutò dirigendosi alla porta con la sua andatura elegante e raffinata.

“Ci vediamo Eli!” rispose la ragazza salutandolo con un cenno della mano mentre il ragazzo si allontanava verso il suo appartamento.

“Ci vedremo spesso Charlie!” la salutò di nuovo il ragazza prima di sparire oltre la porta del suo appartamento.

La ragazza si chiuse la porta alle sue spalle, mentre l’ombra di una sorriso soddisfatto ristagnava sul suo viso. Lanciò qualche occhiata al suo appartamento, e si mise al lavoro pronta per mettere in ordine le stanze e la sua nuova vita.

 

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Capitolo 2
*** Work in Progress ***


Appena sveglia Charlie scostò le tende che coprivano la finestra della sua camera da letto e, come da abitudine si perse ad osservare il cielo. Era plumbeo sembrava ingannevolmente calmo, ma era pronto ad accogliere la tempesta che si addensava appena dietro l’orizzonte. Le nuvole si muovevano titubanti e lenti, e si avviavano meschine verso il sole, che cercava a stento di illuminare la mattinata.  La minaccia dell’imminente burrasca si faceva più ineluttabile di minuto in minuti ma questo non bastò per cancellare la felicità congenita della ragazza. Richiuse le tende, infilò le ciabatte di peluche e sbadigliando leggermente si avviò verso la cucina.

“Buongiorno ragazzi!” bofonchiò rivolta ai suoi due pesci rossi che nuotavano boccheggiando tranquilli nella boccia di vetro poggiata sulla penisola della cucina. La ragazza prese posto intorno al tavolo trangugiando un biscotto, imitando quasi perfettamente il “Cookie Monster”, personaggio del programma televisivo “Sesame Street”che ancora oggi non disdegnava di guardare e che per giunta era stampato sul suo pigiama. Afferrò poi la sua ciotola colorata, la riempì di latte e vi immerse un’ingente quantità di cereali.  Portandosi alla bocca il cucchiaio colmo di corn flakes al cioccolato rivolse quasi istintivamente gli occhi al grande orologio viola appeso alla parete. La colazione per poco non le andò per traverso, erano le nove e mezza e lei era già in ritardo al suo primo giorno di lavoro.  Pulendosi frettolosamente la bocca con un tovagliolo si alzò dal tavolo e correndo corse verso la sua camera.  Fortunatamente dopo pochi minuti la ragazza era già pronta per uscire, vestita con la sua nuova divisa da lavoro: un’eccentrica salopette verde smeraldo con tanto di dolcevita giallo canarino abbinato, decisamente una divisa “particolare” come era d'altronde il suo nuovo datore di lavoro. Frettolosamente afferrò la borsa e le riempì alla meglio con i pochi oggetti che ritenne importanti, passò davanti al lungo specchio che aveva posto vicino alla porta, ridacchiò di se stessa e del suo strambo abbigliamento e poi uscì, mantenendo quel sorriso radioso pronta ad affrontare una nuova avventura. Lentamente scese le poche scale che la separavano dal piano terra e si diresse verso il suo posto di lavoro, non distava molto da casa sua, un paio di isolati che dovette percorrere a piedi tra la folla di newyorkesi che come lei si preparavano ad affrontare la nuova giornata. Camminando velocemente riuscì ad arrivare con solo venti minuti di ritardo,riconobbe subito il locale che da quel giorno sarebbe diventato anche un po’ suo. La corte del negozio era tappezzata di fiori colorati che profumavano l’aria , le tendine sopra di essi verdi come la salopette che indossava svolazzavano mosse dal vento. Charlie Sorrise e  impaziente aprì la piccola porta a vetro del negozio e face il suo ingresso. Dietro il bancone un ragazzo molto alto e dai capelli castani lunghi fin sulle spalle, infilava con estrema cura delle piccole rose in una composizione; richiamato dal tintinnio della campanella che lui stesso aveva posto sulla porta, alzò lo sguardo e vedendo la ragazza subito il suo volto si colorì con un sorriso radioso.

“Charlie! Mio piccolo tulipano sei arrivata finalmente!” esclamò lanciando tutto quello che aveva tra le mani e dirigendosi a grandi falcate verso l’amica per abbracciarla. “Ti stavo aspettando! Come stai?” aggiunse staccandosi dall’abbraccio.

“Molto meglio adesso…” rispose Charlie abbassando lo sguardo, vecchi ricordi cominciavano ad assalirla.

“Voglio dirti che mi dispiace tantissimo per quello che ti è successo. Quando mi hai chiamato per dirmi che il matrimonio era annullato io stavo giusto facendo l’ultima prova per il mio abito. Avresti dovuto vederlo: un completo rosso rubino di Armani, la maggior parte degli invitati ne sarebbe stata invidiosa” iniziò a parlare  il ragazzo dando libero sfogo alla sua petulante parte logorroica.

“Si ma adesso non pensiamoci più… “ lo interruppe la ragazza intenta a non voler più sentir parlare di quel brutto episodio della sua vita, e poi aggiunse: “Brandon voglio ringraziarti per avermi accolto qui, e per avermi trovato l’appartamento. Sono sicura che questo cambiamento d’aria mi stia facendo bene.”

“Oh dovere mia cara. La mia piccola pulcina aveva bisogno di aiuto e io non potevo lasciarla sola. E poi” aggiunse quasi con fare cospiratorio:“avevo bisogno del tuo talento qui in negozio e della tua compagnia!” i due si lasciarono scoppiare una risata allegra e si concessero un altro lungo abbraccio. Brandon e Charlie si conoscevano fin da piccoli, erano l’uno dipendente dall’altro. Ma purtroppo la sfortuna di vivere in un piccolo paese di campagna portò i due ragazzi a separarsi: la passione per i fiori del ragazzo, che era riuscito a trasmettere anche all’amica, e il suo bizzarro modo di fare, lo avevano costretto ad abbandonare la sua natale e a trasferirsi a New York, dove aveva di certo aveva trovato la felicità, abbandonando Charlie. Ma ora i due si erano ritrovati e insieme erano pronti a combattere tutte le avversità che la metropoli aveva riservato per loro.

La mattinata trascorse cupa e grigia all’esterno del negozio in attesa di una tempesta che non si decideva ad abbattersi sulla città, ma radiosa e solare all’interno: non erano solo i fiori a colorare l’ambiente ma anche i due splendenti sorrisi che troneggiavano sulla bocca dei due ragazzi. Il primo giorno di lavoro per la ragazza procedeva magnificamente, serviva i clienti, preparava qualche elementare composizione tanto per “riprenderci la mano”, poi i due si concedevano una pausa caffè e poi le solite chiacchierate fra amici. Nell’atmosfera idilliaca del negozio Charlie canticchiando un motivetto allegro si stava occupando di terminare una composizione per un ordine che Brandon si stava preparando a consegnare, prima di chiudere e terminare questo suo primo giorno di lavoro.

                                                                                                                                                                  ***

Seduto sulla comoda poltrona di pelle nera del suo ufficio Eli continuava a fissare la pagina bianca sul suo computer. Aveva lasciato le pratiche che doveva compilare impilandole su un lato della scrivania, e cercava di dare un senso alle idee che le singhiozzavano nella mente. Di tanto in tanto provava a scrivere qualche parole, o si sforzava di formare una frase di senso compiuto, ma senza vittoria. Disarmato portò con il mouse la freccetta sul pulsante rosso alla destra dello schermo e chiuse il programma. Si alzò dalla sedia e cominciò a girare per la grande stanza alla ricerca di una qualche ispirazione. Si mise ad osservare il panorama all’esterno della grande vetrata a cui di solita dava le spalle, deciso per il momento a lasciare da parte il suo lavoro. Un lavoro che non gli era mai piaciuto:era il curatore di una delle più grandi case d’aste di New York, incarico che gli era era stato affidato dal padre, proprietario dell’interna società, e un tempo curatore dell’asta. Ma dopo la pensione aveva deciso bene di lasciare il comando a suo figlio. Eli era da sempre cresciuto nell’arte, questo lo dimostrava la sua straordinaria scaltrezza nel suo poco apprezzato lavoro, o la sua sorprendente capacità di disegnare. Ma la sua vera passione, e il suo vero talento risiedevano nella scrittura, un amore che coltivava fin dalla adolescenza ma che ancora oggi doveva nascondere. La sua riflessione introspettiva fu interrotta dalla rumorosa entrata del suo collega e migliore amico James.

“Ehilà amico, hai visto che ore sono? È ora di andare a pranzo” esclamò battendo una sonora pacca sulla spalla di Eli riportandolo completamente alla realtà.

“Oh si certo. Mi sono messo a lavorare è ho perso la cognizione del tempo” rispose il ragazzo buttando un’occhiata al suo orologio da polso.

“Si certo, come sempre. E poi tocca sempre a me sbrigare il lavoro al posto tuo.” Protestò Jim. Il ragazzo era l’assistente di Eli, l’amico gli aveva offerto il posto non tanto perché avesse bisogno di un segretario ma perché era stanco di vedere il suo migliore amico disoccupato e perennemente al verde.

“Ma sta zitto. Non ti licenzio solo perché rubi lo stipendio a mio padre.” Disse con il suo solito cinismo Eli mentre si rinfilava la giacca.

“Come vuoi amico mio, ma quando poi ti servirà aiuto con quelle pratiche che hai lì non contare su di me” rispose di rimando James, e poi aggiunse: “Comunque, oggi ho proprio una fame da lupi, dove andiamo a pranzo?”

“Jim tu hai sempre fame. Comunque oggi ti porto in un ristorante di classe, perciò non farmi fare brutte figure” avvisò l’amico riferendosi ai modi talvolta poco ortodossi dell’altro.

“Tranquillo, sarò il principe William in persona!” disse mentre entrambi uscivano dall’ufficio dirigendosi verso l’ascensore.

“Io ti vedrei meglio nei panni di Kate!” lo stuzzicò Eli mentre le porte dell’ascensore di spalancavano.

“Divertente” rispose con una smorfia infantile l’altro. Durante la discesa il silenzio fu rotto dalla vibrazione del cellulare di James, il ragazzo prontamente estrasse il cellulare dalla tasca e lesse il contenuto dell’Sms.

“Amico, credo proprio che questa sera io farò del sesso sfrenato!” disse poi rivolto ad Eli, che lo guardò con disappunto e rispose caustico come al solito:

“Come?! La tua mano destra adesso ti invia anche i messaggini”

“Che ti prende oggi Eli, sei più divertente del solito” rispose Jim seccato. “ E comunque è stata Emily che mi ha contattato. Ricordi la ragazza che mi hai presentato due settimane fa? Mi ha invitato a casa sua questa sera. Perché io a differenza tua, non seduco le donne al primo appuntamento e poi le abbandono” aggiunse con un tono di voce a metà tra il divertito e il seccato.

“Io non abbandono le ragazze! È solo che mi piace assaggiare più piatti prima di scegliere quello con cui fare il bis” si limitò a rispondere Eli con il suo solito modo di fare.

 

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Capitolo 3
*** Twince ***


Il pomeriggio andava scemandosi nella caotica città: il sole continuava ad indugiare tra le nuvole, sempre meno propenso a lasciare il suo posto all’oscurità, centinai di persone tornavano dal loro lavoro dirigendosi verso le loro case pronti a cenare e a ricongiungersi con i proprio cari. Tra questi vi era anche Charlie, da poco più di un ora aveva lasciato quello che ormai era diventato il suo lavoro, e dopo essere passata nel supermercato più vicino,si dirigeva a passo svelto verso casa. Con la busta di carta piena di verdure di agricoltura biologica , la ragazza era attenta all’ecosistema ma soprattutto alla sua salute, da lei stessa e dalla sua ipocondria cronica, definita cagionevole, arrivò barcollando davanti all’ingresso del suo palazzo,prese dalla tasca anteriore della salopette che ormai era abituata ad indossare e aprì il grande portone del palazzo. L’androne era deserto, si udiva solo il ticchettio delle suo scarpe a contatto con il marmo lucido che rivestiva il pavimento. A rompere il silenzio fu una voce che la chiamò:

“Signorina lei deve essere la nuova inquilina del terzo piano!” Charlie si girò e vide un uomo, la cui età era difficile da definire: avrebbe potuto avere dai trentacinque ai quaranta anni; il viso,marcato da forti caratteri orientali era liscio e senza l’ombra di una ruga, se non fosse per alcune poste ai lati della bocca e all’estremità degli occhi: rughe di espressione tipiche di chi ride frequentemente. I capelli erano lucidi e corvini, e malgrado le sue evidenti origini orientali, o meglio cinesi come ipotizzò Charlie, parlava la sua lingua in modo impeccabile: nel suo linguaggio non vi era traccia del suo accento natio. A passo incerto la ragazza avanzò verso l’uomo, che se ne stava seduto dentro una stanza dalle pareti a vetro trasparenti, la portineria che tutte le volte che era passata nei giorni precedenti aveva sempre visto vuota. Aveva pensato che ormai non ci fosse più bisogno di portieri nei palazzi, soprattutto a New York, ma non era così. Quando fu abbastanza vicina, la ragazza rispose al sorriso e fece un cenno affermativo con la testa. L’uomo allora allargò ancora di più il suo sorriso e uscì dalla piccola stanzetta avvicinandosi a lei:

“Onorato di fare finalmente la sua conoscenza! Io sono Jin il portiere del palazzo!” esclamò porgendo elegantemente la mano a Charlie che subito la strinse calorosamente.

“Io sono Charlie Morris” si presentò, ormai era avvezza alle presentazioni, aveva pensato che forse in quei giorni aveva conosciuto più persone di quante non avesse mai fatto in tutta la sua vita. L’uomo restò  per qualche secondo a fissarla poi saettò di nuovo nella portineria ed esclamò: “Oggi C’è posta per lei!” la ragazza posò a terra la busta, donando un dolce sollievo alle sue braccia e prese il piccolo fascio di lettere che l’uomo le stava porgendo: era poco più di una settimana che si era trasferita e già iniziavano ad arrivare le prime bollette e i primi conti da pagare.

“Spero siano buone notizie!” si intromise l’uomo allungando lo sguardo per sbirciare il contenuto delle buste.

“Decisamente no! Sono conti da pagare”

“Ah che disdetta! Le bollette sono delle vere canaglie. Arrivano alle tue spalle a ti azzannano come bestie affamate, e non sai mai quanto ti porteranno via: se solo qualche dito o l’intero braccio!” recitò l’uomo con trasporto. La ragazza lo guardò stranita, ma col tempo si sarebbe abitata alle strane similitudini e metafore del uomo e anche ai suoi aforismi.

“Oh inizia la partita! Forza Jankee!” gridò il portiere rivolto verso la piccola tv dallo schermo che emetteva immagini ancora in bianco e nero. La ragazza continuò a guardarlo in modo strano, era un tipo piuttosto singolare per essere solo un portiere. Jin la guardò e sempre sorridendo le disse: “Che c’è? Solo perché ho gli occhietti a mandorla non posso tifare contro la squadra del mio paese?”

“Mi scusi se glielo chiedo ma lei di che origini è?” chiese la ragazza sperando di non sembrare troppo invadente, ma la curiosità avvolte è nemica del pudore.

“Sono di origini coreane, ma sono stata adottato da una famiglia di americani quando avevo solo quattro anni! Sono praticamente un newyorkese!” Spiegò l’uomo sorridendo per niente oltraggiato dalla richiesta della giovane. Charlie raccolse le lettere e le infilò nella borsa poi salutò il portiere e si diresse verso il suo appartamento.

 

Dopo aver cenato e fatto una bel bagno caldo, Charlie si sedette sul suo nuovo divano di pelle rossa prese la copia del libro che aveva appena comprato e iniziò a leggerlo decisa a rilassarsi. Lesse appena due capitoli, era completamente immersa nella lettura, quando il ronzio impaziente del campanello la riportò alla realtà. Poggiò il libro sul tavolino, infilò le ciabatte di peluche e si diresse verso la porta. Quando la aprì vide davanti a lei una donna, o meglio una ragazza, forse anche più giovane di lei che indossava una gonna lunga marrone, calzettoni bianchi e una camicia dal colletto di pizzo ricamato. Riconobbe nei suoi vestiti lo stile di sua nonna.

“Ciao. Spero di non disturbarti io sono Adele, abito proprio nel appartamento sotto al tuo.” Si presentò la donna, aveva i capelli secchi come paglia legati in uno chignon spettinato, sul viso non vi era traccia di trucco, le ciglia folte, troppo folte per essere una donna, e sul labbro inferiore uno spesso strato di peluria e Appeso al collo portava una pesante croce d’oro. Charlie rimase per qualche secondo ad osservarla con espressione mista tra l’imbarazzo e il divertito , poi si riprese e goffamente decise di tornare a fare le veci della padrona di casa:

“No, non disturbi. Prego accomodati!” disse facendo entrare quella strana ragazza, la cui andatura ricordava quella delle paperelle che andava a vedere allo stagno vicino a casa sua quando era piccola.

“Questa è per te! Una mia piccola creazione, una crostata fatta con le mia mani” disse Adele dando tra le mani la teglia che portava in mano.

“Grazie, sono sicura che sarà buonissima!” rispose poco convinta Charlie mettendo il dolce sul ripiano della cucina.

Nel frattempo la donna si era accomodata sul suo divano e dopo tutte le doverose presentazioni, Charlie era sempre più sorpresa da quella ragazza.

“Di cosa ti occupi Adele?” chiese la ragazza certa ormai di potersi aspettare qualsiasi cosa da una donna come quella.

“Oh io gestisco una libreria non molto lontano da qui insieme a mia madre. E in più canto nel coro della mia parrocchia,.Vieni a trovarci qualche volta!” La invitò la ragazza, le era bastata una prima occhiata per rendersi conto che era una tipa piuttosto religiosa.

“Bè io non sono una persona molto religiosa. Ma se sentirò il bisogno di pregare verrò sicuramente da voi!” le rispose sorridendo dolcemente Charlie, fin da quando era piccola non era stata educata in modo molto religioso, certo lei e la sua famiglia erano credenti ma non praticanti.

“Capisco.” Rispose Adele quasi offesa dalle parole dell’altra. “Come mai hai deciso di trasferirti qui?” aggiunse poi.

“La città in cui vivevo era diventata troppo stretta per me, e in più c’erano troppi ricordi!” spiegò senza entrare nei particolari.

“Ah si…” disse Adele prima di esclamare, o meglio urlare: “OH MIO DIOO! “

 A Charlie si gelò il sangue nelle vene: in quel momento la sua testa pensò di tutto, forse aveva visto un topo, e lei aveva paura dei topi: portavano le malattie; o forse un serpente, e aveva paura anche di quelli, potevano morderla, o peggio ancora poteva esserci un ragno, e lei aveva la aracnofobia, anche se le fobie le aveva quasi tutte, e anche i ragni potevano pungerla ed essere letali, o forse era un semplice ed innocuo insetto ma lei ne avrebbe avuto comunque paura.

“Tu hai il coraggio di leggere queste oscenità!” aggiunse finalmente l’altra guardando oltraggiata il libro sul tavolino davanti a lei,  Charlie si lasciò scappare un sospiro di sollievo e maledisse più volte quella ragazza per averle fatto quasi venire un infarto.

“Si, la trovo una lettura piacevole!” rispose tranquillamente mentre l’altra la guardava accigliata.

“No! i libri di questo Blaine Fervency, sono indecenti!per pervertiti ” Disse Adele decisa a far valere le proprie ragioni.

“ Ma no…” cercò di giustificarsi Charlie mentre si sporgeva in avanti per nascondere agli occhi dell’altra la collezione di libri di quello stesso autore che troneggiava nella sua libreria.

“Ah no? e vorresti dirmi che quando i personaggi fanno S E S S O” pronunciò la parola scandendo ogni lettera, come fanno i bambini quando vogliono ripetere una parolaccia ma non ne hanno il coraggio. “lo fanno per amore?”

“Bè no… anzi in questi libri quando si parla di scopare non è un modo volgare per dire che stanno ramazzando con la scopa, e quando una ragazza fa la cattiva viene punita severamente .. oh si se viene punita!” la ragazza cercò di calcare sull’argomento sperando di liberarsi di quella donna, che la stava infastidendo a mettendo a disagio: era solo un libro di letteratura erotica, non riusciva a capire il motivo dello sgomento di Adele. Le guance di Adele erano paonazze, aprì la bocca ma non le uscì nessuna parola.

“Credo sia ora di andare!” disse alzandosi dal divano

Si… e sta tranquilla questi libri sono dei diversivi innocui!” cercò di tranquillizzarla Charlie mentre l’accompagnava alla porta divertita.

 

Tornò a sedersi sul suo divano, sperando che per quella giornate le visite e le nuove conoscenze fossero finite. Si fermò ad osservare la sua coppia di pesci rossi, Mork e Mindy, che salivano in superficie per mangiare tornando poi a nuotare spensierati nella boccia. Riprese il suo libro, pronta a leggere un altro capitolo ma fu di nuovo interrotta dal suono del citofono. Questa volta nascose il libro sotto ad un cuscino del divano e sbuffando si avviò di nuovo verso la porta. Quando la aprì un brivido le percorse la schiena: sulla porta c’era una ragazza identica ad Adele, con i lunghi capelli bruni sciolti e setosi sulle spalle, il viso pesantemente truccato, le labbra rosso fuoco, indossava pantaloni di pelle con anfibi e una maglia rossa bucherellata,e  il braccio destro era costellato di tatuaggi.  Charlie rimase a fissarla impalata, aveva sospettato che Adele fosse una pazza, ma ora guardando quella figura pensò che forse doveva soffrire di un qualche disturbo della personalità.

“Adele?” balbettò la ragazza, quasi tentata di chiudere la porta urlando e chiamare la polizia.

No… Io sono Marlene, la gemella!” Charlie si tranquillizzò tirando un respiro di sollievo, “Sono venuta anche io a darti il benvenuto!” disse l’altra sull’uscio della porta.

“Oh si prego accomodati. Io sono Charlie!” disse senza ancora riprendersi bene dallo shock, e analizzando la situazione: Adele e Marlene, due gemelle, completamente opposte.

Fece accomodare anche lei, le offrì una tazza di caffè e iniziò una conversazione. Pregò che la ragazza che aveva davanti non fosse irritante come Adele, ma gi dalle prime battute della conversazione riuscì a capire che Marlene era di certo più simpatica della sorella.

“Carini i tuoi pesci rossi. Volevo mettere un acquario anche dai miei ragazzi ma non mi hanno dato il permesso!” esclamò ad un tratto l’ospite avvicinando la testa alla boccia con i due pesci. Charlie fu sorpresa dalle parole della ragazza, le sembrava troppo giovane perché potesse avere dei figli. La sua curiosità ebbe di nuova la meglio su di lei e fu costretta a chiedere spiegazioni:“I tuoi ragazzi?”

“Ah si,lavoro in una scuola materna. Ai miei piccoli alunni piacciono tanto i pesci!” disse Marlene con la voce densa di orgoglio per i suoi piccoli allievi e per quel lavoro che tanto amava fare. La ragazza rimase ancora una volta sorpresa:la famiglia delle due gemelle le riserbava un sacco di sorprese; chi l’ avrebbe mai detto che quella singolare ragazze fosse una maestra, e che adorasse i bambini. Lei stessa avrebbe avuto paura di lei se l’avesse vista quando era piccola, ma lei non era un caso da prendere in esame: aveva paura di più della metà delle cose che la circondavano. Posò gli occhi sul braccio colorato dai tatuaggi, riuscì a contare quasi venti soggetti diversi, Marlene si accorse di quello sguardo e le disse: “Bè si quando lavoro devo coprirli!”  Charlie imbarazzata per essere stata scoperta decise di non rispondere e le rivolse solo un sorriso e un cenno con la testa. 

“Tu invece che lavoro fai Charlie?” le chiese Marlene bevendo il caffè che le aveva offerto incurante dell’ora tarda.

“Oh aiuto un amico che ha un negozio di fiori!” rispose tranquillamente Charlie, forse un po’ imbarazzata per il suo modesto lavoro.

“Oh che meraviglia. Adoro i fiori! I miei preferiti sono i frangipani! Guarda me ne sono fatta tatuare uno proprio qui!” così dicendo la ragazza alzò la maglia esponendo alla vista dell’altra il suo fianco: vi era marchiato un enorme fiore che si ramificava lungo tutto il lato destro del corpo. Charlie la guardò, a tratti quasi spaventata da quell’enorme tatuaggio, a tratti invidiosa: aveva sempre voluto farsene fare uno ma non ne aveva avuto mai il coraggio, troppo dolore, troppi rischi di contrarre malattie.

“Carino!” si limitò a risponderle abbozzando un sorriso.

“Grazie, sono felice che ti piaccia, la maggior parte di solito critica questa mia strana passione per i tatuaggi” rispose con tranquillità e dolcezza la ragazza, era così strano vedere una personalità così mite in un corpo dallo stile così aggressivo. “Oh ma si è fatto tardissimo! Devo scappare!” aggiunse balzando dal divano. “Ti saluto Charlie. È stato davvero bello conoscerti, ci vediamo!” e così dicendo uscì dall’appartamento della ragazza. Tornò a sedersi sul divano, riprese tra le mani il libro e continuò a leggere. Dopo poche righe i suoi occhi invocavano pietà e si chiudevano sotto il peso delle palpebre stanche, arrendendosi lanciò il libro sul tavolino davanti a lei e si diresse a letto.

 

Salve!! Scusaste il ritardo ma ho avuto problemi con la connessione! ^_^

 

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Capitolo 4
*** Pilates! ***


In molti spendono parte del loro tempo a pensare al senso della propria vita: quando sono alla fermata del metrò, mentre fanno Jogging o , come nel caso di Charlie , quando sono bloccati nel traffico. Alcuni di questi, come Brandon, paragonerebbero la loro vita ad un fiore che nasce, cresce fino a quando raggiunge il culmine della sua bellezza, poi comincia ad avvizzire e muore. Altri la paragonerebbero ad una canzone: inizia, ha un ritornello, una serie di fatti che si ripetono nelle vite di tutti, poi arriva il suo apice, il momento in cui tutti gli strumenti suonano e in cui la voce del cantante tocca l’acuto più alto, poi tutto finisce. La musica si spegne e non resta che l’eco sbiadito di qualche nota, molti la dimenticheranno e solo pochi vorranno riascoltarla e allora si ricorderanno di colui che ha vissuto quella vita. Charlie invece, vedeva la sua vita più come una di quelle chermes teatrali grottesche in cui si mischiano insieme molteplici fattori estranei tra loro, che generano l’ilarità generale degli spettatori. Si vedeva sola su di un palco scalcinato, con un occhio di bue puntato addosso e centinaia di occhi che la scrutavano. E lei recitava la sua parte, il suo destino; ma quel culmine, quel momento di splendore non arrivava mai,ma lei non si arrendeva a continuava a snocciolare frasi tratte dal suo copione in quel teatro fatiscente che cadeva a pezzi, e con il tempo il pubblico si allontanava lasciandola sola con il suo fato. Di tanto in tanto vedeva qualcuno ridere a suo discapito, e avrebbe giurato che nessuno si sarebbe ricordato di lei. Così, dopo un attenta analisi, la ragazza aveva sancito che fosse la sua vita: immersa nella solitudine con le avversità che le si scagliavano addosso; aspettava di trovare un momento felice, già in passato era certo di averlo trovato ma si sbagliava. E in fin dei conti si disse, chi avrebbe mai potuta ricordarla, cosa aveva fatto mai lei per essere ricordata da qualcuno, certo di tempo ne aveva ancora, ma quasi cominciava a perdere le speranze. Cominciava ad abituarsi ad una vita perennemente immersa nella solitudine, nella malinconia e nella sfiga.

Immersa come era nei suoi pensieri aveva completamente dimenticato il suo amico Brandon, che sedeva sul lato passeggero della sua macchina e che continuava insistentemente a parlare di moda e affini.

“Charlie ma mi stai ascoltando?” le disse dandogli una pacca sulla spalla mentre la ragazza continuava a fissare fuori dal finestrino.

“Si.. si certo, stavamo parlando dell’auto nuova che stai per comprare!” annaspò Charlie girandosi verso il suo amico.

“Si ma ne stavamo parlando tre quarti d’ora fa… nel frattempo con l’immaginazione ho comprato un gatto, una villa con la piscina e svaligiato un negozio di Dolce e Gabbana” le rispose il ragazzo fingendosi offeso.

“Scusami Brandon, ma in questi giorni ho la testa un po’ fra le nuvole” si scusò la ragazza.

“Suvvia pasticcino, non fare così. Anzi fammi vedere quel bel sorriso che mi piace tanto…” la incoraggiò il ragazzo regalandole uno dei suoi brillanti sorrisi. La ragazza si sforzò di sorridere per compiacere il suo amico e anche per cercare di allontanare quella brutta nuvola nera di pensieri negativi.

“Sai cosa ti ci vorrebbe per farti passare il malumore?” continuò il ragazzo dandole un buffetto sul naso “Una bella lezione di pilates. Vieni con me, tutti i giovedì alle nove. Vedrai ti rilasserà,  e poi ci divertiremo insieme, potremmo commentare tutti i lati B dei ragazzi!” concluse Brandon lasciandosi già prendere dal’entusiasmo.

“Non lo so, non sono portata per le attività motorie. E poi negli spogliatoi regnano i batteri e i funghi e le verruche e altre terribili malattie che non sto qui ad elencarti” rispose Charlie lasciandosi invece prendere dalla sua nevrosi.

“Rilassati Charlie. Non tutto quello che ti circondo è un pericolo. Dai io questa sera ti iscrivo, così giovedì prossimo verrai a provare. E se ci sono troppi batteri killer non ci torneremo più. Ok?” disse Brandon con il suo solito ottimismo.

“Va bene. Ma non ti prometto niente. Dovrò fare prima una scorta di gel antibatterico.” Disse la ragazza arrendendosi e tornando con la sua mente al comodino pieno di antibatterici che era certa non le sarebbe bastato per tutta la settimana.

“Perfetto. Ora tornando a quello che ti stavo dicendo, ho intenzione di comprare un gatto, tu quale mi consigli una persiano o un siamese?” riprese a parlare il ragazzo.

Ehmm non lo so, il viola ti sta d’incanto però” riprese a non ascoltare la ragazza.

“Charlie!”

 

***

Le stelle avevano già preso il loro posto nel cielo blu, facendo compagnia allo spicchio di luna che faceva capolino tra due nubi possenti, che a guardarla con un occhio infantile ricordava il sorriso beffardo dello Stregatto, il personaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie.  Eli scese dalla sua macchina e con un movimento scattante e fluido si ritrovò dall’altra parte dell’auto pronto ad aprire la portiera sul lato passeggero. Ne uscì una donna, o meglio una bambola dalle forti sembianze umane:aveva una pelle rosea perfetta, setosi capelli biondi che le ricadevano dolcemente sulle spalle, gambe lunghissime e una siluette da invidiare. La dentatura perfetta e bianca veniva messa in mostra da un serafico e perenne sorriso che donava splendore anche ai suoi due grandi occhi scuri da cerbiatta, indossava un succinto vestito nero con una provocante scollatura. Insomma, il tipo di donna che il ragazzo era solito portare in casa, o meglio nel suo letto. Eli le fece strada conducendola verso il portone del palazzo in cui abitava, spinse la porta e la fece entrare. La donna continuava a sorridere e a guardare con ammirazione il ragazzo che con sguardo serio continuava a camminare in religioso silenzio, assorto nei suoi pensieri. Facendo segno alla donna di rimanere indietro, con la sua solita andatura elegante si avvicinò alla piccola stanzetta dalle pareti a vetro da sui si intravedeva un ometto scribacchiare qualcosa su un ritaglio di carta.

“Buonasera Jin, sai se il tecnico è venuto a riparare il mio idromassaggio?” chiese Eli con la sua irresistibile voce, il coreano bloccò prontamente il suo lavoro e puntò i suoi occhi a mandorla neri sul giovane.

“Certo! E mi ha anche lasciato la sua parcella. Dice che devi pagarlo entro la fine della settimana!” gli rispose con tono esperto mentre gli porgeva una lettera da cui era evidente la curiosità del portiere dato che era stata aperta e richiusa male. Il ragazzo aprì la busta e strabuzzò gli occhi sorpreso, non che i soldi per lui fossero mai stati un problema, però rimase stupito e leggermente compiaciuto per aver combinato un danno così costoso in una delle sue notti brave. Jin che con il suo occhio attento aveva capito i pensieri del ragazzo aggiunse, snocciolando un altro dei suoi bizzarri aforismi: “Se dell’idromassaggio vuoi usufruire un po’ devi soffrire”

Eli annuì lasciandosi scappare uno dei suoi brillanti sorrisi “Come sempre Jin hai ragione!”

“Perdona la mia curiosità, ma cosa le hai combinato a quella povera vasca per avere un conto così salato e per aver fatto lavorare il tecnico tutta la mattinata?” ancora una volta la curiosità del portiere ebbe la meglio

“Aah è una storia lungo, ma se mai avrai un idromassaggio, sappi che a fare baldoria in otto si rischia questo e molti altri danni” gli rispose Eli con la faccia che la diceva lunga. Jin gli rispose con un cenno della testa e con un sorriso divertito, il ragazzo poi con il suo solito sorriso stampato sul viso si rivolse alla donna che era rimasta ferma dietro di lui ad osservarlo: “Andiamo Dorothy, siamo fortunati! Possiamo usare anche l’idromassaggio!”

“Ma io sono Tiffany!” esclamò piccata la donnetta mettendo finalmente in luce il suo unico difetto: una petulante e fastidiosa voce nasale che ricordava lo starnazzare delle oche in uno stagno. Eli si finse dispiaciuto per aver sbagliato il nome della donna, anche se dentro di lui non gli dispiaceva poi molto di aver scambiato il nome della donna con cui era stato prima con quello della donna che aveva davanti agli occhi.

“Perdonami Tiffany! Ma dai in fondo fa lo stesso.” –tanto domani mattina ti sbatterò fuori lo stesso- aggiunse nella sua testa il giovane “Su andiamo! Basta perdere tempo. Ricorda che sei qui per una buona causa, Devi aiutarmi con il mio problema” sussurrò poi all’orecchio della donna baciandole il collo. Per Eli era solito, quando perdeva l’ispirazione per scrivere un suo nuovo libro, usare le donne per ritrovarla e per sperimentare ciò che poi avrebbe scritto nei suoi prossimi libri.

 

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Capitolo 5
*** Tutti abbiamo un lato oscuro. ***


“Travolta da una passione improvvisa, repressa per troppo tempo, la donna baciò sulle labbra l’uomo che aveva davanti a sé in quel angusto spazio. Il ragazzo prontamente le mise una mano sulla vita e approfondì il bacio, le loro lingue si intrecciavano in una sensuale danza, mentre le mani dei due giovani cercavano freneticamente di chiudere al meglio la tenda del camerino in cui erano nascosti. Le possenti mani del ragazzo si spostarono sul corpo di lei, iniziarono a slacciargli la camicia, bottone dopo bottone, scoprendo il suo seno coperto solo da un leggero reggiseno di pizzo bianco. Si fermò per un secondo a guardarla, poi decise che era il momento di invertire le posizioni, e con un movimento fluido e scattante il corpo della donna si ritrovò schiacciato contro la fredda parete del camerino. Il calore che nel corpo dei due amanti però aumentava ad ogni loro sfacciato tocco che in qualche secondo anche quella parete divenne bollente. Le mani di entrambi scorrevano avide sui loro corpi, la ragazza, in pieno possesso delle mani esperte dell’altro, si lasciò fuggire un gemito di piacere incurante dei passanti che avrebbero potuto sentirli. Con la mente ormai offuscata dalla lussuria di quel amore adultero, il ragazzo si spinse ancora di più sulla ragazza, facendo aderire ancora meglio i loro corpi bramosi di desiderio. Le delicate mani della donna si abbassarono verso i pantaloni dell’uomo, in pochi tocchi anche loro finirono a terra come tutti gli altri indumenti, e la donna sentì chiaramente premere sulla sua coscia la sua ere…

 

Perle di sudore brillavano sulla fronte di Charlie mentre era totalmente immersa nella lettura del libro, avidamente sfogliava le pagine bramosa di leggere altre parole, di assaporare altre sensazioni, di fondersi con i personaggi e viverne quasi vita. Era questo il suo trucco per sfuggire alla realtà, rubare le emozioni dei personaggi di quei libri. Incurante del tempo che passava alle sue spalle, lei era naufragata in quella narrazione che le faceva rivivere momenti che aveva passato nella sua vecchia vita e che era convinta non potessero mai più riaccadere. Passò ad un nuovo capitolo, il naso spariva tra le lettere stampate su carta di quell’ edizione economica,scorreva nella sua lettura attenta curiosa, divorando virgole, punti, accenti, si avvicinava sempre di più a scoprire la realtà, girò l’ennesima pagina mentre sbattendo le palpebre assaporava il momento che aspettava da svariati capitoli. Poco più di due righe la dividevano dalla verità,si affrettava a leggere quando all’improvviso fu interrotta dal suono del campanello. Ma tanto amava essere circondata da quelle pagine che per un secondo fu tentata dal idea di ignorarlo e continuare a leggere,poi la ragione fu più forte della passione e mordendo l’ultimo pezzo della sua fetta di torta al cioccolato si diresse verso la porta sperando che non si trattasse delle gemelle Adele e Marlene. A metà strada,tra la cucina e l’ingresso, si lasciò scappare un  roco “Chi è?” , dall’altra parte della porta una voce vellutata le rispose: “Eli, il tuo vicino!” , aveva sentito solo poche volte quella voce, ma era difficile da dimenticare. Frettolosamente si slegò i capelli castani che teneva stretti in due codine, si tolse gli occhiali da lettura dalla montatura verde mela e li gettò in un cassetto del piccolo mobile rosso che stava accanto alla porta, Si schiarì la voce e stampandosi il suo dolce sorrido sul volto aprì la porta.

“Ti disturbo? Me ne stavo tutto solo a casa e mentre stavo per stappare questa bottiglia di Chateau Palmer del 64’  ho pensato che sarebbe stato un vero peccato sprecare un vino così buono per una sola persona, e poi mi sono detto che non avevo ancora dato il benvenuto come si deve alla mio nuova vicina. Così eccomi qui!” disse il giovane appena la ragazza aprì la porta sfoggiando il suo disarmante sorriso.

“Oh ma non dovevi scomodarti! Prego entra pure, non mi disturbi affatto!” rispose prontamente Charlie spostandosi per far entrare il ragazzo. Mentre le passava di fianco concesse ai suoi occhi di ammirarlo per qualche secondo: un riccio dei capelli neri gli ricadeva ribelle sulla fronte contrastando con la sua pelle nivea e con il brillante blu dei suoi occhi, indossava un paio di eleganti pantaloni neri e una camicia celeste di cui i primi due bottoni erano stati lasciati aperti mettendo in mostra parte della pelle chiara e liscia del petto. Dovette costringersi a rivolgere lo sguardo altrove per non farsi scoprire a fissarlo ammirata. Eli entrò con tranquillità nel piccolo appartamento della ragazza, in mano reggeva la bottiglia di vino ancora fredda, si guardava intorno curioso, cercando di scoprire qualche particolare in più sulla ragazza. Il motivo di quella visita forse era ignoto anche a lui, forse era lì solo per darle il benvenuto, o forse semplicemente perché tutte le sue “amiche” avevano da fare e persino James, il suo migliore amico, era uscito con la sua nuova fiamma,abbandonandolo quella sera, per non tralasciare il fatto che a casa da solo si annoiava terribilemente. Schiacciato poi dall’angosciante pagina bianca che lo fissava tutti i giorni e su cui lui non riusciva a lasciare nemmeno uno dei suoi tanti pensieri, aveva così deciso di prendere una bottiglia di vino e di andare dalla sua nuova vicina per conoscerla meglio. Dalla prima volta in cui si erano incontrati, quando lui l’aveva aiutata con gli scatoloni del trasloco, si erano incrociati di sfuggita sul pianerottolo ma non si erano ancora mai parlati,  E la forte curiosità di Eli, anche se questa “malattia” contagiava un po’ tutti nel palazzo, lo avevo portato a scoprire qualcosa in più su quella strana ragazza che era da poco approdata nella sua città.

“Allora, come va?” disse girandosi verso la ragazza sfoderando ancora il suo affabile sorriso, la vide stranamente concentrata a fissare le sue pantofole a forma di orsetto. Quando Charlie si accorse che lui aveva rivolto il sul suo sguardo nella sua direzione alzò velocemente la testa e cercò di parlare:

“Oh bene bene! Mi piace questa città. Ho conosciuto un sacco di persone nuove”  disse la ragazza analizzando sinceramente quella che era la situazione, poi i suoi occhi marroni si posarono sulla bottiglia che era rimasta ancora tra le mani di Eli “Oh vado a prendere i bicchieri per il vino” aggiunse scomparendo nella cucina per tornare subito dopo con due bicchieri e un apri bottiglia.

“Tra le conoscenze ci sono anche le due gemelle svitate che abitano qui sotto?” chiese Eli abbozzando una risata e togliendo delicatamente dalle mani di Charlie di cavatappi.

Si… Sono delle tipe singolari” cercò di trovare come al solito delle parole dolci Charlie. Con un tocco secco e raffinato Eli stappò la bottiglia, il tappo di sughero uscì dalla bottiglia con un dolce rumore sordo, prese i due bicchieri e vi verso del vino poi ne porse uno alla ragazza e alzando il suo disse:

“Allora brindiamo alle nuove amicizie!” i bicchieri dei due giovani tintinnarono, poi entrambi lo portarono alle labbra e sorseggiarono un sorso di quel pregiatissimo vino.

“Non è venuto a trovarti il tuo fidanzato questa sera?” le chiese Eli bevendo ancora un sorso, cercando di capire se la ragazza fosse realmente fidanzata.

N-no. Non c’è nessun ragazzo!” si affrettò a rispondere Charlie

“Ah, io pensavo che quel ragazzo con cui ti vedo spesso, quello molto alto, fosse…” spiegò quella che era la sua teoria, ma in verità lo sapeva, voleva solo capire se ci fosse qualcun altro o se la strada fosse libera. In fondo la sua natura di seduttore seriale veniva sempre allo scoperto, malgrado una delle poche regole che si era imposto diceva chiaramente di “non fare sesso con le vicine”  non poteva evitare almeno di provarci.

“Oh no lui è solo Brandon il mio migliore amico. E poi lui non è… “si bloccò un attimo per cercare le parole.

“è un tipo singolare!” finì per lei la frase Eli usando le sue stesse parole, i due ridacchiarono all’unisono. Alla ragazza venne un brivido provocato dal suono della risata del uomo. Seguì un attimo di silenzio, entrambi bagnarono ancora una volta le labbra con la pregiata bevanda, poi a rompere di nuovo il silenzio fu Eli.

“Come mai hai deciso di trasferirti qui Charlie?”

“La città in cui vivevo era diventata troppo stretta” disse la ragazza tornando a fissarsi i piedi mentre alla mente riaffioravano i ricordi.

“Capisco. Spesso la vita ti porta a fare dei radicali cambiamenti” rispose Eli che non voleva certo rovinare quell’atmosfera allegra. Ma Charlie, a cui il bicchiere di vino aveva fatto un brutto effetto decise proprio quella sera di seguire il consiglio che tutti le davano: esternare i propri problemi.

“Oh si, soprattutto quando trovi il tuo futuro marito a letto con la tua damigella d’onore e il suo testimone dodici ore prima del matrimonio. Quelle si che sono esperienza che ti cambiano!”  pronunciò quelle parole con un’assoluta freddezza che si meravigliò di se stessa.  Il ragazzo rimase per qualche istante in silenzio, stranamente si trovava accorto di parole. Una storia al quanto singolare quella della ragazza, anche se quel triangolo stuzzicò qualcosa nella sua immaginazione ma subito scosse la testa per allontanarlo, non era quello il momento adatto per avere una fulminate aspirazione per il suo libro, adesso c’era una ragazza ubriaca, ferita e, ci avrebbe scommesso, con una forte astinenza da sesso da consolare.

“Mi Dispiace tanto Charlie!” disse poggiando delicatamente la sua mano sulla spalla della ragazza.

“Ormai è passato. Scusami se sto qui ad angosciarti con i miei problemi. Non avrei dovuto dirtelo!”  si scusò la ragazza

“No tranquilla. Sono qui per questo.” Le rispose e osando fece passare il suo braccio intorno al collo della ragazza che non si tirò indietro, anzi, abbandono la sua testa sulla spalla del ragazzo. Charlie, che  alternava momenti di lucidità a quelli della piccola sbornia che si era presa, appena si rese conto di quello che aveva fatto si allontanò di scatto e certa che non avrebbe retto lo sguardo penetrante di quel ragazzo, si mise a fissare il soffitto. Eli comprese l’imbarazzo della ragazza, infondo le incuteva tenerezza, gli dava l’impressione di quei gattini che stanno nei negozi di animali che lo guardavano dalle loro gabbiette implorandolo con lo sguardo di portarli a casa con lui. Decise che forse non era giusto approfittare della situazione, in fondo anche lui era umano. Così si schiarì la voce e lasciò vagare i suoi occhi in giro per la stanza in cerca di un pretesto per cambiare discorso. I suoi occhi si posarono sul libro che si trovava a terra ai suoi piedi, lo prese e ne lesse il titolo e l’autore.

“Stai leggendo un libro di Blaine Fervency?” esclamò quasi sorpreso. Blaine Fervency era un noto autore di romanzi erotici, che ormai scalava da anni tutte le classifiche del genere. Nessuno era a conoscenze dell’aspetto fisico del autore, ne tanto meno del vero nome, ma Charlie non sapeva che il vero Blaine Fervency fosse più vicino a lei di quanto pensasse.

“Oh si. Mi piacciono i suoi libri. Lo trovo davvero un ottimo scrittore!” rispose leggermente imbarazzata, maledicendosi per non aver nascosto il libro neanche questa volta.

“Lo vedo, hai tutti i suoi libri!” disse Eli alzandosi e dirigendosi verso la libreria su cui troneggiavano i libri di questo scrittore messi perfettamente in ordine secondo la data di uscita. “Non ci posso credere! Hai anche questo! È stato il primo e unico fiasco dell’autore, ma tu l’hai comprato!” disse il ragazzo stranamente eccitato nel vedere la collana dei suoi libri sulla libreria della sua vicina.

“Anche tu leggi i suoi libri?” chiese la ragazza colpita dalla sua affermazione.

“Oh si. Lo trovo un bravo scrittore!” rispose con tranquillità senza riuscire a togliere gli occhi dai libri.

“Sei il primo a vederli senza prendermi per una pervertita!” sentenziò la ragazza con un certo imbarazzo nel parlare di letteratura erotica con il suo erotico vicino di casa.

“No, la letteratura erotica non è affatto da pervertiti. Qual è il libro che ti è piaciuto di più?” chiese il ragazzo bramoso di scoprirlo, in fondo era la prima volta che incontrava una sua fan.

“Oh quello che sto leggendo adesso. Mi piace davvero molto. Dopo questo però l’autore non ha scritto più niente…” disse la ragazza con quasi una nota di tristezza nella voce.

“Sono sicuro che starà mettendo in cantiere una nuova opera!” disse il ragazzo più che sicuro.

“Lo spero!” disse la ragazza sorridendo. Il ragazzo restò a fissare ancora un po’ la sua libreria e non potè fare a meno di notare l’ordine preciso in cui erano messi i libri,e che sopramobili erano stati allineati secondo l’ordine cromatico, rimase piacevolmente colpito da quella cosa e abbozzando una risatina disse:

“Sei una tipa molto ordinata!”

“Oh si!” disse la ragazza roteando gli occhi “Sarà una specie di disturbo ossessivo compulsivo” aggiunse lasciandosi scappare anche lei una risata.

“Bè oggi ho scoperto una sacco di cose Charlie, Sei una tipa molto ordinata e non sei la brava ragazza che credevo” disse quasi serio guardando la ragazza che aveva davanti.

“Anche io ho un lato oscuro” disse Charlie facendo spallucce.

“Si, tutti nascondiamo un segreto!” aggiunse Eli con una nota di mistero nella sua voce.

 

Salve a tutti!! Siamo arrivati ormai al quarto capitolo credo che sia arrivato il momento di scoprire cosa ne pensate. Mi farebbe tanto piacere scoprire i vostri pensieri al riguarda ^_^

 

Non vorrei osare troppo, vi lascio il mio contatto di Facebook se volete fare quattro chiacchiere =)

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Capitolo 6
*** Cricket ***


Nel piccolo, variopinto e profumato negozio di Brandon regnava un idilliaco clima di calma scandito dallo scorrere lento della lucente mattinata. Erano pochi i clienti che avevano bisogno di fiori quel giorno, per cui i due ragazzi si dedicarono con lentezza ad alcuni lavori che si erano lasciati, ormai da troppo tempo, alle spalle. Charlie se ne stava nel retrobottega ad armeggiare con alcune piante e dei fiori che erano appena arrivati, mentre il ragazzo cercava di afferrare un vaso di vetro sulla mensola dietro al bancone per mettervi poi dentro una composizione di piante grasse,a cui aveva lavorato per tutta la mattina, che avrebbe poi dovuto consegnare ad una vecchia ed esigente cliente. Entrambi erano concentrati sui loro lavori e nel negozio si udiva solo il leggero fruscio delle foglie che spostava la ragazza e un leggero sottofondo di musica classica, Brandon era appena riuscito ad afferrare il pesante vaso e sul suo bel viso comparve un espressione di trionfo ed un sorriso soddisfatto quando all’improvviso un urlo straziante distrusse quel paradisiaco ambiente. Era un urlo di quelli che si sentono solo nei film dell’orrore e che, il ragazzo ne era sicuro, solo le attrici potessero fare. Un brivido si arrampicò per tutta la schiena del ragazzo che riuscì quasi a sentite il sangue cristallizzarsi nelle vene, sicuramente il suo cuore perse un battito, si irrigidì a tal punto che le mani non sostenettero più il peso di quel vaso di vetro molto costoso che cadendo a terra si frantumò in migliaia di minuscoli pezzetti impossibili da riassemblare. A quel punto, forse, la disperazione per i soldi che aveva perso vinse sulla paura, dimenticò quasi l’urlo e si piegò a terra a guardare con i suoi grandi occhi verdi che quasi cominciavano a bagnarsi di lacrime Il danno.

“Aaah Brandon! Ti prego aiutami!” un altro urlo disumano riportò il ragazzo alla realtà, preoccupato girò le spalle ai cocci e si fiondo sul retro del negozio da cui provenivano le urla. Vide Charlie pietrificata davanti ad una pianta di rose che era appena arrivata, il viso sbiancato, gli occhi sbarrati e il respiro affannato. Quell’espressione terrorizzata che Brandon aveva visto più volte su quel viso, quasi lo divertì, ormai sapeva del infinito numero di fobie della ragazza ed era certo che quella sarebbe stata un’altra banalità. Si avvicinò cauto alla ragazza che continuava ad urlare e ad implorare il suo aiuto:

“Ti prego ti prego aiutami! Non lasciarmi qui!” disse quasi delirando afferrando con la mano destra la manica verde della divisa del ragazzo per trascinarlo acconto a sé.

“Charlie cos’è successo?” chiese il ragazzo preoccupato mentre cercava con lo sguardo cosa terrorizzava la ragazza.

“è lì! Ti prego toglilo! È terrificante!”  lo pregò ancora la ragazza senza riuscire ad allontanarsi puntando il dito contro i fiori che aveva davanti a lei.

“Ma cosa?” chiese di nuovo il ragazzo che proprio non riusciva a vedere cosa ci fosse di tanto spaventoso sulla pianta. 

“Come cosa? Non lo vedi quell’essere immondo che se ne sta sulla foglie e che è pronto a saltarmi in faccia da un momento all’altro?! Oh mio Dio è orribile” urlò Charlie serrando con violenza gli occhi e stringendo con forza bruta il braccio di Brandon.

“Ma intendi quel grillo? Quella dolce ed innocua creaturina?” rispose il ragazzo che adesso riusciva a vedere chiaramente la causa di tutto quel urlare. Cercando di trattenere una risata si avvicinò al piccolo insetto che se ne stava appollaiato su di una foglia incurante della situazione.  

“Nonono! Non ti avvicinare così! Se lo spaventerai mi salterà tra i capelli!” urlò ancora la ragazza bloccando i movimenti del ragazzo facendolo indietreggiava con violenza per poi nascondersi dietro di lui usando il suo imponente fisico come scudo umano.

“Adesso calmati Charlie! È solo un grillo. Non può farti niente di male!” cercò di tranquillizzarla “Adesso lo prendo e lo porto fuori! Tu stai tranquilla e torna davanti, che potrebbe anche entrare un cliente.”

“Spiegalo al mio cervello! Non riesco a muovermi!” rispose con stizza la ragazza cercando con tutta la sua forza di calmarsi. Brandon roteò platealmente gli occhi poi si avvicinò cauto al piccolo esserino per metterlo in salvo, e per salvare la sua amica. Con un movimento rapido lo prese tra le mani e gliele chiuse intorno per nasconderlo alla vista di Charlie.

“Oh che carino! Mi fa il solletico con le sue zampettine” esclamò in falsetto il ragazzo sotto lo sguardo accigliato della ragazza, poi a grandi falcate si diresse verso l’uscita per portare fuori l’insetto. Il respiro della ragazza riacquistò il suo ritmo naturale, e con le gambe che le tremavano ancora uscì da quella stanza dove, era certa, non avrebbe messo piede per i prossimi cento anni. Andò a rifugiarsi dietro al bancone, rivolgendo continuamente lo sguardo alle sue spalle e toccandosi i capelli per accertarsi che il grillo non fosse scappato dalle mani del ragazzo per rifugiarsi su di lei, poi iniziò a ripulire i cocci del vaso che l’amico aveva mandato in frantumi.

“Sei salva adesso! Il tuo piccolo amico ora sta saltellando felice per le strade di New York” annunciò il ragazzo rientrando in negozio.

“Non sei divertente!” lo fulminò con lo sguardo Charlie mentre riempiva una busta di plastica nera con quello che rimaneva del vaso.

“Lo so! Ma la tua faccia lo è”  disse ridacchiando Brandon “Hai visto che pasticcio che mi hai fatto combinare?” aggiunse indicando il vaso e la composizione di piante che non avrebbe potuto consegnare quel giorno.

“Mi dispiace tanto! Se vuoi puoi scalare  i soldi che ha perso dal mio stipendio” disse la ragazze seriamente dispiaciuta per l’accaduto.

“Oh non dirlo nemmeno per scherzo farfallina! Cosa sono parecchie decine di dollari in confronto ad una donzella come te che aveva bisogno del mio aiuto!”  le disse rivolgendole il suo affabile sorriso per tranquillizzarla.

“Grazie Brandy!” disse la ragazza dolcemente “Potresti buttarlo tu? Non esco fuori sapendo che quel coso gironzola da queste parti!” aggiunse porgendogli la busta adesso piene. Il ragazzo senza perdere il suo sorriso uscì di nuovo fuori dal negozio dirigendosi verso il grande cesto per la spazzatura.

“Suppongo che non tornerai più lì dentro, vero?” chiese retoricamente il ragazzo rientrando.

“Per il momento preferirei di no!” disse Charlie girandosi tra le mani uno di quei fiocchetti di raso gialli che servivano per le composizioni.

“Perfetto, quindi questa sera dovrò rimanere io per mettere a posto i fiori. Per il momento però tu resta qui ad aiutarmi a cercare un vaso per metterci queste piantine grasse” disse il ragazzo raggiungendola dietro al bancone. Entramibi i giovani misero in campo tutto il loro estro creativo per cercare una soluzione al problema. Lavorarono in silenzio, spostando le piante, che Charlie per vie delle spine toccava solo con degli appositi guanti, in diversi cestini e vasi cercando di capire quale osse il più adatto alla composizione, annodavano e tagliavano fiocchetti con una cura impeccabile, dimenticarono persino di fare la consueta pausa che si concedevano intorno alle tredici per mangiare insieme qualcosa. Solo quando le quattordici erano già passate da una pezzo i due sollevarono le teste dalla loro creazione, abbastanza soddisfatti. Data l’ora e data la scarsa affluenza di clienti quel giorno, si presero la libertà di chiudere per qualche minuto per andare a pranzare. Dopo aver comprato un tramezzino Charlie ed una vaschetta di frutta fresca di stagione con una bassa quantità di calorie Brandon, andarono a sedersi su una panchina al parco sotto l’ombra di un grande albero ultracentenario, godendosi quei pochi minuti di relax chiacchierando amabilmente:

“Ieri sera un mio amico mi ha invitato ad una sfilata di moda. È stato bellissimo!” raccontava con trasporto Brandon “E tu invece cosa hai fatto ieri sera?” chiese poi all’amica.

“Oh niente di speciale.” Bofonchiò Charlie con la bocca piena “Sono rimasta a casa e poi è venuto a trovarmi Eli”

“Eli?! Eli il tuo supersexy vicino dagli occhi blu?” chiese con voce in falsetto cadendo preda del suo solito entusiasmo, La ragazza gli aveva già parlato del suo vicino tremendamente affascinante, poi una sera mentre la riaccompagnava a casa si erano incontrati per le scale e da quel giorno Brandon non faceva altro che assillarla su quanto fosse fortunata ad avere un vicino così.

“Si ma tieni a bada l’euforia o ti verrà un infarto” gli rispose la ragazza che non vedeva assolutamente il motivo per farsi prendere così dall’emozione.

“Ma certo che mi verrà un infarto! Eli occhiblu viene a farti visita e tu me lo dici così? Ah se solo ci fossi io al posto tuo…

“Ehi stai dando troppa importanza ad una semplice visita di cortesia tra vicini!”

“Sarà, Ma adesso voglio sapere tutti i dettagli” disse Brandon guardandola con occhi pieni di curiosità.

“Ma non c’è nessun dettaglio! Abbiamo solo parlato, così per conoscerci meglio!” protestò la ragazza, la infastidiva quel modo di fare del suo migliore amico.

“E basta? Insomma non s’è scappato nemmeno un bacio o qualcosa di meglio? Ma insomma Charlie allora non ti ho insegnato niente!” disse fingendosi deluso il ragazzo.

“Smettila adesso. E poi cosa sarebbe dovuto succedere? Non ci conosciamo nemmeno! E sarà anche bellissimo ma, lo sai come la penso, non sono ancora pronta per affrontare una relazione” confessò la ragazza abbassando lo sguardo.

“Oh ma come sei antica! Non ti sto dicendo di sposarlo! Dico solo che dovresti portartelo a letto e , credimi, ti farebbe bene!”

“Brandon! Basta! È ora di tornare a lavoro, troppo tempo lontano dai tuoi fiori ti fa male!” disse la ragazza arrossendo visibilmente e alzandosi velocemente dalla panchina, tornando a passo spedito seguita dal suo amico al negozio.

 

Nell’ufficio di Eli nel primo pomeriggio stranamente regnava un silenzio tombale. Lui se ne stava seduto dietro alla sua scrivania sulla sua comoda sedia di pelle nera, con il nodo della cravatta allentato, la giacca appesa allo schienale e la testa tra le mani abbandonata ai pensieri. Di fronte il suo amico James se ne stava seduto a cavalcioni su di una sedia molto più economica di quella di Ei, con il mento poggiato allo schienale e gli occhi persi nel vuoto della sua mente. Dopo aver pranzato inseme, i due spesso di abbandonavano ai loro pensieri, forse per colpa della digestione, o forse per il sonno che colpisce quasi tutti dopo pranzo o forse più semplicemente perché dopo quasi una vita passata insieme, in alcuni momenti non avevano più niente da dirsi.

“Sai Eli sto seriamente pensando di rifarmi crescere i baffi” disse James toccandosi il lembo di pelle che si trova tra il naso e il labbro superiore e rompendo il silenzio.

“Sai io invece sto seriamente pensando che tu sia pazzo!” gli rispose Eli facendogli il verso

“Ma non ricordi come ero sexy l’anno scorso con i baffi!” continuò James fermo sulla sua posizione.

“Ah tu quei peli pubici che avevi sotto al naso li chiami baffi?” Esclamò Eli con il suo solito sarcasmo pungente.

“Ti odio! Non ti farò mai più partecipe dei miei progetti!”  disse l’amico offeso.

“Non immagini neanche quanto ne sarei felice!” rispose Eli con un sorriso soddisfatto.

“Io me ne torno a lavoro! Visto che qui non sono apprezzato!” disse il ragazzo alzandosi dalla sedia su cui era seduto.

“Ti ricordo che navigare sui siti porno con il pc della compagnia non è lavoro!” lo canzonò l’altro alzandosi anche lui stringendo la cravatta intorno al colla e rinfilandosi la giacca. James in risposta alzò il dito medio in un gesto poco elegante, per poi chiedergli “Dove stai andando?”

“Nel negozio di fiori qui vicino! Devo portare dei fiori ad una donna che mi sta aspettando!” disse con tranquillità Eli recuperando il cellulare da sopra alla scrivanie e mettendolo nella tasca interna della giacca.

“Tu che mandi dei fiori ad una donna? Strano” chiese sorpreso Jim.

“Si, ma questa è una donna speciale.” Rispose con un sorriso sghembo uscendo dal suo ufficio.

 

Voglio ringraziare tutti quelli che hanno messo la storia tra la seguita-ricordata-preferita siete davvero tanti e vi ringrazio uno per uno! Un grazie speciale va a chi spende un po’ del suo tempo a lasciare una recensione, grazie davvero, non sapete quanto mi fate contendo! ^_^ Alla prossima!! Bacii

Spero di non osare troppo lasciandovi il mio contatto Facebook e Twitter, aggiungetemi se avete voglia di fare quattro chiacchiere, vi aspetto! ^_^

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