Acronimo

di Werewolf1991
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C:Charmander ***
Capitolo 2: *** H: Heracross ***
Capitolo 3: *** I: Illumise ***
Capitolo 4: *** A: Abomasnow ***
Capitolo 5: *** R: Rufflet ***
Capitolo 6: *** Areodactyl ***



Capitolo 1
*** C:Charmander ***



Charmander


È buio. Fa freddo. La fiamma sulla mia coda non basta a scaldarmi. Da quanto sono qui? Ore? Giorni? Mesi? Non so. So solo che sono solo. E che sto per morire. Perché? Non lo so davvero. Gli umani sono veramente strani a volte. È forse colpa mia se quel vecchiaccio mi ha trattato male? È forse colpa mia, se mi sono difeso? No! Eppure sto per morire. E dire che tutto quello che desideravo era starmene in pace, a casa mia. Se ripenso a come sono finito qui mi viene una rabbia che… ma tanto a che serve arrabbiarsi? Mi manca casa mia. Era così tranquillo. Il sole mi riscaldava, il vento smuoveva la mia pelliccia dolcemente, facendomi il solletico. E il fiume mi tranquillizzava , infondendomi serenità, col suono che emetteva nel suo lento lambire la riva. Passavo ore sdraiato sulle sue sponde, a pancia in su. Strano, perché di solito quelli della mia specie odiano l ‘acqua. Ma io no. A patto di non avvicinarmi troppo. Comunque adesso sono qui. Ora che ci penso, quel tipo, Oak, aveva detto che gli sarei servito per… come l’ha definita… una ricerca sui Pokemon di tipo fuoco. Aveva detto che io lo incuriosivo perché non avevo paura di avvicinarmi all’acqua. Già. aveva. Poi ha cambiato idea. Valli a capire gli umani.


Ricordo ancora il giorno in cui mi ha catturato. Era una splendida giornata e io me ne stavo tranquillamente steso al sole. Erano giorni che quello strano tipo- ora so che si chiama Oak, ed è definito “professore” anche se non so cosa significhi- cercava di catturarmi. Ma io gli sfuggivo sempre. Non è che non mi piacesse, intendiamoci, solo che lo trovavo divertente. Ma evidentemente lui no. Si stava ripetendo tutto come le altre volte, solo che, per qualche motivo, sentivo che c’era qualcosa di diverso. Da principio non capì cosa. Poi incrociai il suo sguardo. Era diverso dal solito. Aveva sempre una strana luce. Calda, buona, determinata. Mi piaceva molto. Quel giorno, invece era diversa. Fredda, quasi spenta. Rabbiosa. Si. Decisamente, nel suo sguardo c’era tanta rabbia. Mi bastò guardarlo un attimo per sentirmi gelare il sangue nelle vene. Il respiro mi si mozzò in gola. Mai avevo provato prima un terrore simile Mi bloccai. Poi gli volsi le spalle e presi a correre. Ero piuttosto debole, quindi non potevo andare troppo veloce, ma dato che avevo già battuto i Pokemon che mi aveva mandato contro, pensai di averla scampata. Quanto mi sbagliavo.
 
Fu un attimo. Mi ero appena fermato per riprendere fiato, e avevo realizzato che non potevo più combattere. Ero tranquillo, nonostante tutto, convinto di averlo seminato. E invece…

Non ricordo di aver mai provato un dolore simile in tutta la mia vita.
Lancinante e inarrestabile.
Era qualcosa di straziante.
Un getto d’acqua m’investì in pieno.

Quel contatto così improvviso e inaspettato mi paralizzò.
Persi immediatamente la forza nei miei arti. Sentì distintamente la forza abbandonare i miei polmoni, impedendomi di respirare. Le braccia si fecero pesanti e persi la capacità di controllarle. Le gambe, anch’esse prive del mio controllo, cedettero ed io stramazzai a terra. Vedevo tutto nero. Non sentivo nulla, tranne il dolore. Avrei voluto sfuggirgli ma mi era impossibile. L’ultima cosa che mi riuscì di vedere, fu uno strano oggetto di forma tondeggiante che veniva lanciato verso di me. Ricordo di aver sentito come un colpo d’aria sfiorarmi. Poi più nulla.
Quando mi svegliai, mi ritrovai in casa di quel tizio. Non sembrava più tanto arrabbiato. Ma io si. Mi spiegò che aveva dovuto prendermi con un trucco. Mi aveva tirato un secchio d’acqua mentre ero di spalle. io naturalmente ne rimasi indignato. Ma come aveva potuto? Decisi di fargliela pagare. E così, ogni volta che qualche umano veniva per prendermi, trovavo sempre un modo per far fare figuracce al Professore. Una volta mi rifiutai di far vedere uno dei miei attacchi. Di solito però preferivo graffiarlo o abbrustolirlo. Ovviamente lui non la prese bene. E così mi mise sotto-chiave. Poi, un giorno, mi disse che non potendo io essere controllato, andavo abbattuto.

E questo mi riporta a dove sono ora. Il vecchio sta parlando con qualcuno. Una ragazza, credo. A quanto pare le sta spiegando perché non può avermi. Si avvicinano così posso vederla. Non sembra così male. Ora che ci penso, in fondo non mi sarebbe dispiaciuto poter essere allenato e poter quindi diventare più forte. Ora che la guardo, mi sembra di ricordarla, quella ragazza… ma si, certo. È venuta ieri. Ora ricordo. Si chiama Crystal. Se non sbaglio è tornata da poco da Unima e sta pensando di partecipare a non so quale strano progetto, che include, a quanto pare, l’allevamento di uno starter che non sia quello che già si possiede. E lei avrebbe scelto me. Che sciocco, come ho potuto dimenticarmene?

 Quando è entrata ieri, non c’era nessuno. Tranne me. E lei, mi si è avvicinata, con aria triste. Io l’ho guardata male, credendo che fosse Oak, ma quando poi ho visto che si trattava di un’altra persona, me ne sono pentito e ho chiesto scusa. In fondo io ce l’ho solo col vecchiaccio. Lei sembrava aver capito. Quindi mi ha chiesto cos stessi facendo lì dentro. Io naturalmente non credevo che potesse capire, quindi mi sono limitato ad avvicinarmi a lei. Avevo le lacrime agli occhi. Lei ha aperto la gabbia e mi ha invitato ad uscire. Io, un po’ esitante, l’ho fatto. Mi ha accarezzato e in quel breve contatto, ho sentito un profondissimo calore invadermi. Abbiamo passato un paio d’ore a giocare e ridere. Poi è entrato lui. Appena mi ha visto, ha cominciato a sbraitarmi contro. Nel mentre ha spiegato a Crystal che io ero pericoloso. Lei ha risposto che non era vero. Che io ero un normalissimo Charmander. Lui allora le ha detto che non era possibile e che andavo abbattuto. Lei allora ha chiesto di tornare oggi e parlarne. E a quanto pare l’ha fatto davvero. A quanto pare sta discutendo con lui. E adesso… vengono verso di me. Il vecchio sta… aprendo la gabbia! Mi sta facendo segno di uscire… sono davvero…libero? Sembrerebbe di sì. Quindi posso andare con Crystal! Sono così felice! Salto in braccio alla mia nuova padrona e ci guardiamo sorridendo. Ora per me inizia una nuova vita. Crystal mi ha chiesto se può darmi un soprannome. Adesso il mio nome è…Charlie.           
 
 

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Capitolo 2
*** H: Heracross ***


                   H:

 

Heracross

È una splendida giornata, soleggiata e tranquilla, il venticello smuove le foglie degli alberi dolcemente, producendo un dolce suono. Gli uccelli canticchiano e gli insetti ronzano allegri. Già, proprio una magnifica giornata. Era tanto che non ne capitava una così. Chissà, magari oggi sarò fortunato e trovero un bell’albero con tanta linfa succosa. Mmmh! Già mi viene l’acquolina in bocca! – Aiuto!- Chi è? Qualcuno sta gridando! – Aiuto! Per favore, qualcuno mi aiuti!- lo sento di nuovo. Sembra essere la voce di qualche Pokemon femmina. Chi potrà mai essere? Di solito non succede mai nulla qui. Forse dovrei controllare. Spero non sia nulla di grave. – Aiuto!- ancora, accidenti, se chiama così forte la situazione deve essere senz’altro seria. La voce proviene dal centro della foresta. Camminando ci metterò troppo tempo. Spiego le mie sottili ali trasparenti, di solito nascoste dalla mia corazza, che sbattono velocemente. Emettono un particolare scintillio quando catturano i raggi del sole, così come il mio grande corno liscio, ma adesso non ho tempo di pensare a simili frivolezze, qualcuno ha bisogno di me. – Oh! Grazie al cielo! La prego mi aiuti!- a gridare tanto è una Butterfree. Solo che è molto strana. Sembra trasparente. Mi avvicino e faccio per chiederle qual è il problema, ma questa scompare. Sbatto le palpebre un paio di volte. Non c’è più! Eppure era lì, un attimo fa! Mi gratto la testa confuso. Possibile  che fosse soltanto un miraggio? Guardo in giro, cercando una spiegazione logica a quanto appena successo. poi mi ricordo che da queste parti vive un Pokèmon in grado di creare illusioni, coi suoi poteri psichici. Forse sarà stato un suo scherzo.

Mi riavvio alla ricerca di un po’ di linfa, ancora confuso per quanto accaduto. Trovo un albero che mi sembra pieno zeppo di linfa e mi appresto a infrangerne la corteccia, per poter succhiare il dolce nettare dorato al suo interno.- Hey!- di nuovo? Un’altra voce. Che seccatura! Possibile che un povero Heracross non possa neanche succhiare un po’ di linfa in pace? Mi giro e vedo… un essere umano? Eh, si, sembra proprio un umano. È una bambina, a quanto pare. Piccola, coi capelli neri e gli occhi azzurri, che brillano. Porta indosso quelle strane cose che gli umani chiamano “vestiti”. Non so perché lo facciano, forse perché non hanno una corazza con cui proteggersi. Comunque quelli di questa bambina non sembrano un granchè. Sono danneggiati in diversi punti. Mi avvicino cauto, e lei sorride, contenta. Fa un passo verso di me e allunga timidamente una mano, o almeno credo si chiami così, quella strana protuberanza dotata di cinque piccole appendici che hanno gli umani. Io non so che fare. Vorrei allontanarmi, ma mi sembra ingiusto, dopotutto è solo una bambina. Lei mi accarezza il corno, lentamente. Io rimango immobile a fissarla, sorpreso dalla delicatezza di quel tocco. È la prima volta che ho a che fare con un essere umana. Quel poco che so di loro, l’ho imparato dai saggi della foresta. Sono imprevedibili, non si sa mai cosa vorranno. Questo, però, vale per gli adulti. I bambini sono diversi. Mentre mi ritornano alla mente queste parole, la bambina mi abbraccia, facendomi sussultare. Non mi era mai successo prima.


Non faccio in tempo a riprendermi dallo schock, che la bambina poggia la sua bocca sulla mia guancia, e mi bacia. Io spalanco gli occhi dalla sorpresa e non so che fare. Passa un minuto. Ne passano due. Quando mi riprendo la bambina si è allontanata da me. Mi giro e la cerco, ma non mi riesce di trovarla. Una cosa mi viene in mente. Gli umani non lasciano mai soli i loro piccoli. Allora perché la bambina era qui? E perché sembrava ridotta così male? Con queste domande in testa la cerco.


Ho cercato tutto il giorno. Non l’ho trovata. Non so cosa pensare. E mi è anche passata la fame. Mah, speriamo bene…
Non riesco a dormire. Penso ancora a quella bambina. La foresta di notte è un posto pericoloso. Spero che la trovino.
 
È mattina. Stavolta il cielo è nero, coperto di nuvoloni carichi di pioggia. Il cupo rombo dei tuoni, che accompagna le luci improvvise dei lampi, fa da tetto alla foresta. Sta per piovere. Spero che abbiano trovato quella bambina. Con la pioggia che sta per arrivare, potrebbe ammalarsi. Mi avvio verso l’interno della foresta, quando sento delle voci in lontananza

-Mary!- chiamano. Che sia il nome di quella bambina?  - Mary, rispondimi!- ancora quel richiamo. Mi avvicino alla fonte di quel suono. Un  gruppo di umani, con delle torce, accompagnati da dei Growlithe, che li aiuteranno nelle ricerche. Non avevo mai visto tanti umani in una sola volta. Mentre li scruto, noto una donna, che sta abbracciata al suo uomo e che perde acqua dagli occhi. Mi è stato spiegato che gli umani esprimono in quel modo la loro tristezza. Si chiamano “lacrime”, se non ricordo male. Suppongo che sia la madre della bambina. E l’altro allora dev’essere il padre. A differenza della sua compagna, che rassomiglia in maniera incredibile alla bambina lui ha i capelli castani e gli occhi verdi. Porta un paio di occhiali. Hanno entrambi un’aria triste. Sono preoccupati per la loro piccola immagino.


Mi avvicino, vorrei aiutarli. Capisco bene cosa devono stare passando in  questo momento. Lo so perché mia madre mi diceva sempre che quand’ero piccolo avevo la tendenza ad allontanarmi da casa spesso, senza curarmi della direzione, mettendomi spesso nei guai. Mi ricordo che una volta rischiai seriamente di finire male.


Ero finito per sbaglio dentro un grosso buco nel terreno e dato che essendo molto piccolo mi stancavo facilmente, non riuscivo ad uscirne. Mi ero anche rotto una zampa, per via della caduta. Era un giorno di pioggia, proprio come questo. Avevo una gran paura. Dopo un po’ apparvero alcuni Murkrow, che avevano intenzione di mangiarmi. Avrebbero aspettato che fossi troppo debole per ribellarmi e mi avrebbero divorato. Quando stavano per avventarsi su di me, arrivò mio padre, che combattendo coraggiosamente, scacciò i Murkrow e mi riportò a casa. Dopo quella brutta avventura impari a non allontanarmi più da casa. Già. questo mi fa venire in mente che forse Mary potrebbe essere finita là.
 
– Guardate! Un ‘Heracross!- quest’esclamazione mi riporta alla realtà, interrompendo il filo di ricordi, facendomi rendere conto di essere ormai arrivato davanti agli umani. Un momento! Ma che sto facendo? Vorrei andarmene, ma ormai è tardi per tornare indietro. Spero solo che non mi mandino contri i Growlithe. Prendo un respiro e mi avvicino alla madre della bambina. – Oh!- fa la donna, visibilmente scossa, e il suo compagno la stringe a sé. Uno dei Growlithe, che dice di chiamarsi Leo, mi chiede che cosa voglia. – Tesoro… forse vuole aiutarci!- dice la donna, prima che io possa rispondere. Il cane di fuoco mi chiede conferma. Io annuisco. Lui mi guarda con sospetto, ma sembra credermi. – Yuri, tesoro, sei sicura?- sta chiedendo l’uomo alla donna. – Si, Oscar! Assolutamente. Sai bene che Mary adora gli Heracross! Può darsi che si sia avvicinata a lui.- dice Yuri. Gli umani hanno dei nomi bizzarri. Oscar sembra convinto dalle parole della compagna. Lei si gira verso di me – Heracross…- mi chiama. Io la guardo aspettando che continui – Tu hai visto la nostra bambina? Hai idea di dove potrebbe essere?- domanda la donna, con voce flebile. Io annuisco vigorosamente. La donna sembra credermi. Si volta verso la folla e spiega agli altri come stanno le cose. Alcuni sembrano stupiti, ma comunque sembrano disposti a credermi. – Avanti, Heracross…- dice la donna – Portaci da lei. Portaci da Mary!- leggo nel suo sguardo una grande angoscia, ma anche molta determinazione. – Aspetta! Se andiamo tutti che succederà se Mary dovesse tornare e non trovarci?- dice Oscar. Io sono dubbioso, ma non si sa mai. Lei sembra comprendere il suo compagno. – bene, allora. Ma come facciamo?- chiede. – Forse dovremmo mandare uno dei Growlithe con Heracross. Così sapremo che uno dei nostri è con lui e noi potremo continuare a cercare nei dintorni. Se non dovessero trovarla, sono certa che torneranno.- fa uno degli uomini, un tipo robusto coi baffi. Gli altri si dicono d’accordo. Leo, il Growlithe di prima, dice che mi accompagnerà lui. Senza aspettare altro, ci avviamo di gran corsa verso la parte più arida della foresta.


La strada non è lunga, ma il tempo sembra scorrere troppo in fretta e mi sembra di non arrivare mai. La forte pioggia che ha cominciato a riversarsi su di noi, non aiuta. Il terreno di solito secco, diventa fangoso e ci rallenta il passo. La visibilità e molto scarsa. Inoltre Leo ha molte difficoltà, essendo un tipo Fuoco a starmi dietro. Accidenti! Il fiume è in piena. Non si può attraversarlo a nuoto. Prendo in braccio Leo e lo porto in volo dall’altra parte. Finalmente in lontananza scorgo la buca. – Aiuto!- geme una voce. È Mary! Allora era proprio qui. – Aiutatemi!- grida ancora, spaventata. Ci avviciniamo, ma all’improvviso Leo si accascia al suolo. Non ce la fa a proseguire. La pioggia l’ha indebolito, mi spiega, ed inoltre ha passato  questa notte a cercare Mary. Ora è tutto nelle mie mani. Mi sento un po’ spaventato, ma non posso mollare!


 Mi avvicino alla buca,  e la vedo. Povera piccola! I suoi vestiti sono ridotti un mucchio di brandelli sfilacciati. È sporca di fango. I suoi occhi, ieri tanto luminosi ora sono arrossati dal pianto. Ha le guance rigate di lacrime e la bocca contorta in un’espressione di dolore. La guardo meglio. Pare che abbia una gamba rotta. Quindi non si può muovere. Questo mi dà un senso come… come… com’è accidenti è quella parola che gli umani usano quando si ritrovano in una situazione che hanno già vissuto? Dejavù? Si, quello. Rivedo me stesso in quella bambina tremante. –Heracross!- mi chiama – Sei venuto a prendermi!- mi dice. Io ricordo di aver detto lo stesso a mio padre quel giorno. Sto per allungare una zampa per prenderla, quando un gracchiare molto familiare mi blocca. Di nuovo loro. I Murkrow. È proprio tutto come quella volta. Già. Solo che adesso sono io quello che deve difendere Mary.


Ci guardiamo un attimo negli occhi. Poi cominciamo a batterci. Questi uccellacci sono proprio agguerriti. Mentre combatto, mi ricordo il combattimento che mio padre ha avuto con questi tre. Ce la metterò tutta. Voglio renderlo orgoglioso di me. Questi  pensieri offuscano momentaneamente la mia mente, coprendo tutto il resto. Ormai non sento più lo starnazzare dei miei nemici, ne la pioggia battente che continua incessante a fare da sfondo allo scontro. Neanche i singhiozzi di Mary possono raggiungermi. Sento solo la voce di mio padre  e ricordo i suoi movimenti decisi. Ricordo che lui mi disse che era così forte, perché doveva proteggere quelli che amava. Io sto facendo lo stesso. Mi concentro solo sui miei avversari, osservando i loro movimenti, per altro molto scoordinati, e colpisco. Finisce tutto in un attimo. Dopo un solo colpo, i tre uccellacci cadono a terra, in un turbinio di piume nere. Si rialzano a fatica e volano via. Io rimango fermo qualche attimo, godendomi la vittoria. So che se mio padre fosse qui, sarebbe contento. A quel punto mi torna in mente che lui è partito. È andato con un umano, il suo allenatore. Lo aveva lasciato libero per permettergli di avere una famiglia. Poi l’aveva ripreso con sé, ed ora è chissà dove… mi manca.


Mi riprendo dalla trance. La pioggia è ancora forte. Leo è steso a terra, con espressione incredula. Io mi rendo conto di essermi estraniato un po’ troppo. Succede così quando combatto. Tutto ciò che c’è intorno a me svanisce, e perdo la cognizione del tempo. Ma ora devo andare. Vado a tirare su Mary dalla buca. Lei mi abbraccia, contenta. – Grazie. Sei il mio eroe!- dice, baciandomi sulla guancia. Io arrossisco, e Leo ridacchia sotto i baffi. Ci avviamo verso gli umani. Sono sicura che saranno molto in pensiero.


Siamo arrivati. Ho dovuto portare prima Leo e poi Mary dall’altra parte del fiume, ma finalmente siamo qui. – Finalmente! Ce l’avete fatta!- ci dicono. Yuri va subito ad abbracciare la sua bambina. Il suo comportamento mi ricorda mia madre. – Oh, tesoro! Mi hai fatta preoccupare! Che cosa è successo?- le chiede – Stavo giocando, poi sono caduta e mi sono fatta male!- spiega la bambina – Ti ho chiamato, ma non c’eri! Poi è arrivato Heracross, ha cacciato quei brutti Murkrow e mi ha riportata da te!- dice, stringendosi alla madre. La scena è molto commuovente. La donna mi fissa un momento e dice –Grazie! Grazie mille, Heracross!- io arrossisco e muovo nervosamente le zampe. Caspita, è davvero imbarazzante.


Dopo un po’ se ne vanno. Sono felice che tutto si sia risolto. Me ne vado a cercare un po’ di linfa. Ho una gran fame. Gli umani stanno portando Mary in ospedale, per la gamba. Spero che guarisca presto.
 
Sono passati due giorni. Mi sento strano. Mi manca quella bambina. O almeno credo. Mi avvio verso un albero e comincio a mangiare. Che strano. La linfa non ha sapore. O forse sono io?
-Heracross!- una voce… ma sembra proprio Mary! Ma non c’è nessuno! Accidenti, adesso ho anche le allucinazioni.Torno a succhiare la mia linfa

-Heracrossss!- di nuovo quel richiamo. Mi giro di nuovo e stavolta la vedo. Sembra stare meglio rispetto all’altra volta. Tanto per cominciare i vestiti sono intatti. Poi è pulita. Ha qualcosa di bianco intorno alla gamba rotta. E si appoggia ad un bastone, per sorreggersi. Sono contento di vederla, anche se non so cosa stia facendo qui. – Senti, Heracross…- mi dice, con quella vocetta squillante che la contraddistingue – Ti va di venire a vivere da me? I miei ne sarebbero contenti. E ti farei dormire nel mio letto! Ti farei mangiare con me! Dai! Ti Preeegooo!- mi chiede con gli occhi luccicanti. Io non so che fare. Non sono abituato a vivere con qualcuno. Però quella bambina mi ha colpito subito, dal primo momento in cui l’ho vista. In fondo mi ha praticamente scombussolato la vita in meno di un giorno! Si, ho deciso. Andrò a vivere con lei!

Mi avvicino e lei mi abbraccia forte. Mi sento felice. Adesso ho capito, che cosa deve aver provato mio padre, quando ha incontrato mia madre. Si. Deve essere così, che ci si sente, quando si ha una famiglia.            
           
 


Eccoci al secodno capitolo. Un ringraziamento particolare a Estranea e Kiki Faeries Hinata, per le recensioni al primo capitolo, sono felice che vi sia piaciuta. Vorrei inoltre ringraziare calorosamente Kiki, per averla messa tra le seguite, spero di non deluderti con questo capitolo. Ringrazio anche tutti quelli che si limiteranno a leggere la mia storia senza recensirla. 

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Capitolo 3
*** I: Illumise ***


I:

Illumise

È passato tanto tempo. Davvero tantissimo. E, come ogni anno, mi ritrovo qui, davanti al luogo in cui ci siamo visti l’ultima volta. Te lo ricordi? Io si. Mi manchi moltissimo. Una lacrima scivola lentamente sulla mia guancia. Non tutti lo sanno, ma noi viviamo piuttosto a lungo anche se siamo coleotteri. Io non sono mai stata molto combattiva, ma tu riuscivi sempre a farmi sentire speciale. A distanza di tanti anni, ancora mi chiedo come mai tu abbia deciso di tenermi con te. Non sono brava a lottare. Non mi piace mettermi in mostra, quindi non amo le gare. Ma allora perché? Non solo mi tenevi con te, ma avevo l’onore di essere la tua prima scelta, durante le lotte. Facevo del mio meglio anche se all’inizio non ero un granché. Ma tu eri sempre lì, a spronarmi e dirmi che potevo farcela, con quel sorriso che mi contagiava e m’infondeva una grandissima energia. E non importava quante volte perdessi, per te ero sempre la numero uno. Avevi tanti altri Pokemon con te, eppure, nonostante fossero più forti e più adatti alle gare di me, la luce che i tuoi occhi aveva non brillava mai così intensamente come quando il tuo sguardo si posava su di me. Io credevo che anche loro la meritassero. Ma evidentemente per te non era così.


Ricordo che una volta, ti fu chiesto di presentare i tuoi Pokemon per non so quale motivo. E tu, una volta presentati gli altri, arrivato il mio turno, facesti una cosa che mi sorprese. Raccontasti di come sono entrata a far parte della tua squadra. Non l’avevi mai fatto prima. Con nessuno. E la passione ed il trasporto che trasparivano dalla tua voce e dai tuoi gesti mi rapirono, come solo tu sapevi fare. Per me era una cosa quotidiana, ma per gli umani fu uno spettacolo molto strano. Sembravano rapiti completamente da te. come biasimarli? Per me è sempre stato così. quello spettacolo, per loro così inconsueto, era per me la cosa più speciale che avessi. Ed io ne ero di volta in volta affascinata e vinta. E ancora adesso, se ci ripenso mi succede la stessa cosa. Ma perché? Questo non so spiegarmi.

Quante volte avrei voluto porti quella domanda. Ma avresti compreso? Temo di no. Questo mi frenava. Ma adesso, capisco che sbagliavo. Da quando te ne sei andato, lasciandomi sola, ho capito che avrei dovuto chiedertelo. Perché adesso vivo tormentata da questa e dalle tante, tantissime domande, che per paura non ti ho mai fatto. Perché sono certa che avresti capito.

Ma ora, sei lontano. Troppo. Sei in un luogo dove io non posso raggiungerti. Ed io, sciocca lucciola, sono qui a piangere sulla tua scomparsa e a rimproverarmi sulle tante domande che non ti ho fatto. Tu non l’avresti voluto, vero? Credo di no

Per qualche strano motivo sembrava che tu fossi in grado di capire esattamente come mi sentivo. Era qualcosa di magico. –Hey, Lucciola? Che c’è? Qualcosa non va?- mi chiedevi, quando mi vedevi giù. E bastava il suono della tua voce, unito al tuo sorriso caldo e rassicurante a tirarmi su. Eri sempre allegro, solare, ottimista. Sembrava che, accanto a te, niente potesse andare storto. Per questo, un giorno, vedendoti triste m’incupì. Non lo eri mai stato prima. Quando mi avvicinai, per chiederti cosa fosse successo, preoccupata, tu mi rispondesti – Hey, Lucciola…sai, pensavo… è stato bello stare insieme… vivere tante avventure… ci siamo divertiti vero? Ma purtroppo, tutte le cose belle sono destinate a finire…- a queste parole io mi spaventai. Che cosa intendevi dire? Lo scoprì pochi secondi dopo.

Accadde tutto in un attimo.

Non ebbi il tempo neanche di rendermene conto.

Mi ritrovai schiacciata contro il tuo corpo, le tue braccia strette intorno a me, come a farmi scudo da un nemico invisibile. – Hey, Lucciola… qui ci salutiamo… sappi che ti ho voluto bene. Dai, non fare quella faccia…sorridi. Sei bellissima quando lo fai… Ecco! Così.- subito dopo, accadde un fatto che sul momento mi sconvolse. Quelle parole, così tristi e così vere, mi stordirono e confusero. Ma quello che facesti subito dopo, fu il colpo di grazia. Appoggiasti le labbra sulle mie. E mi baciasti. Fu un lungo e profondo bacio, il nostro.

Fu proprio questo che mi bloccò. Rimasi immobile, quando quell’orribile suono, che decretò la tua fine, riecheggiò nell’aria. Quando vennero quegli strani tizi vestiti di bianco. Quando ti portarono via, e solo Arceus sa quanto avrei voluto fermarli, non riuscì a trovare la forza per reagire. E rimasi così, quando tutto fu finito.

Dopo diverso tempo, non so quanto, mi resi finalmente conto di quanto era accaduto. E soprattutto mi resi conto di quello che avevi fatto. Che significava? Non me lo sapevo spiegare. Fu Gloria, la tua Gardevoir a spiegarmelo – Lucy, non capisci? Eppure è così ovvio… Joshua si era innamorato di te!- queste parole mi colpirono, come una doccia fredda. Ci misi un bel po’ a capire. E anche capirlo non servì a molto. Anzi, aumentò solo la mia confusione.


Dopo un po’ anche gli altri tuoi Pokemon se ne andarono. Io sono l’unica rimasta. Gli altri hanno trovato un nuovo allenatore. Io no. Oh, Joshua… sapessi quanto mi manchi. Quanto vorrei che tu fossi ancora qui. Perché, dopo tanto tempo, anch’io ho scoperto di amarti.


Già. Ma un amore simile è contro-natura. O così credo. Tu sei un umano, io un’Illumise. Non avrebbe mai potuto funzionare. O si? Sto qui a farmi tutte queste domande, anche se so che non avranno mai una risposta. Perché tu sei morto. Tanto tempo fa.

Anni in cui non ho più potuto vedere il tuo sorriso.

Anni in cui non ho più potuto guardarti incantare quelli che ti stavano intorno, con la passione che solo tu avevi.

Anni in cui non ho più potuto ascoltare il dolce suono della tua voce che mi chiamava.

Sono tanti, davvero tanti. Ed i ricordi si fanno via via più sbiaditi.

-Hey, Lucciola!-

Questa voce… a volte mi sembra ancora di sentirla.

-Non fare così. sorridi!-

Già. sorridere. Tu vorresti che io sia sempre sorridente, vero? D’accordo.

Lo farò.

-Sei così bella quando lo fai-

Lo farò per te.

-Ecco. Così!-

Ora devo andare. Ti amo Joshua. Ora e per sempre.

La tua Lucciola, che aspetta il giorno in cui ci rivedremo.




Eccoci arrivati al terzo capitolo. Come sempre un ringraziamento a tutti quelli che hanno letto la mia storia, a che l'ha messa nelle seguite e a chi l'ha recensita. E a questo proposito, un ringraziamento speciale va ad Akane, che ha recensito entrambi i precedenti capitoli. Spero che anche questo sia di tuo gusto.













  

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Capitolo 4
*** A: Abomasnow ***


A:
Abomasnow


Neve. Tanta neve. Fresca e candida. Qualche albero, se non sbaglio si chiamano pini. Hanno sempre un po’ di verde, il che non è male, dato che contrasta con tutto questo bianco. Mangio un po’ di questa deliziosa neve. È caduta pochi minuti fa. Ultimamente il cielo è sempre coperto di nuvole, e nevica per pochi minuti, poi smette. Poi riprende. Ed io ne approfitto.

Sento uno strano rumore. Proviene dal vicino laghetto. Chissà cos’è. Quasi quasi mi avvicino, tanto per fare qualcosa. Tanto qui non succede mai nulla d’interessante. Ed io mi annoio a stare qui, tutto solo. Oh? Quello è un umano, se non sbaglio. Chissà che ci fa qui. Non ce ne sono da queste parti. Fa troppo freddo per loro. Non per me.

Mi avvicino, cauto. Sembra che abbia bisogno di aiuto. Mah… e adesso che gli prende? Perché urla così? Sono io? Oh, già. Quasi me ne dimenticavo. Gli umani hanno paura di quelli come me. Riguarda qualcosa su uno strano mostro che infesterebbe le montagne a loro dire, un certo uomo delle nevi. Mah. Valli a capire gli umani.


Io personalmente non ho mai visto cose simili, su questa montagna. Mai. E se anche dovessi vederlo, saprei io come insegnargli a stare lontano da qui. E dagli umani. A me piacciono gli umani. Li trovo molto curiosi.
Ma perché urli? Io voglio solo aiutarti! Accidenti, sta un po’ fermo, sennò come faccio a tirarti fuori, prima che ti congeli? Ah, voi umani, siete veramente dei creduloni! Ecco, sei contento? Adesso sei tutto bagnato, e mi tocca portarti a casa mia!


Beh, adesso che fai? Ti metti a piangere? Oh, andiamo… come puoi essere convinto che io voglia farti del male? Cooosa? Credi addirittura che voglia divorarti? Ma andiamo. Non lo farei mai!
E smettila di agitarti in continuazione! Devo portarti al caldo, altrimenti congelerai. Su, su, lasciati portare. Ci pensa Abomasnow a riscaldarti. Oh, no! Non ti rimettere a piangere! E va bene, fa come vuoi. Io mi arrendo. Sei davvero impossibile. A proposito, ce l’hai un nome? A già, non capisci la mia lingua… e ora come faccio? Vabbè, troverò una soluzione quando arriveremo.

Eccoci, adesso sei al sicuro, umano. Si, lo so, casa mia non è un granché, ma è sempre meglio che stare la fuori al freddo. Ti va una delle mie bacche? Sono squisite, davvero! No? Peggio per te. Sarà il caso di metterti a letto, no? È tardi. Hai ancora paura di me? Spero di no. Si, si lo so che non mi sono comportato molto bene con te… mi perdoni? Davvero? Siiii! Come sono contento!

Adesso che hai da ridere? O, scusa, se siccome sono un po’ più robusto di te, quando ballo la terra trema! Dai, visto che sei così bravo perché non lo fai tu? Oh, si è addormentato.

È notte fonda. Mi sono svegliato senza motivo, apparentemente. Certo che oggi è stata proprio una giornata pazzesca… e dire che mi lamentavo che non succede mai niente! Sarà il caso di controllare l’umano, dato che fa più freddo… ma dov’è? Dov’è finito? Non se ne sarà andato via, con questo freddo! Devo assolutamente trovarlo! Ma guarda tu se doveva scappare via così.

E adesso dove sarà? Ah, ecco, ci sono delle impronte… sarà meglio che mi sbrighi, questo posto è veramente pericoloso di notte. Ma perché è scappato? Forse aveva ancora paura di me… ma io volevo solo aiutarlo. Già. peccato solo che non tutti gli umani sono comprensivi. Noi Abomasnow, al contrario di quello che il nostro aspetto può far credere, siamo molto buoni. Solo che siamo molto resti a dimostrarlo. A che pro mostrarci gentili, se poi la gente ha paura di noi? Spero solo che quel tipo non si sia ficcato in qualche guaio. Oltretutto si sta avvicinando una brutta tormenta. Se cominciasse a nevicare tanto forte, quel tipo potrebbe davvero morire. In queste zone quando le tormente colpiscono, non si riesce a distinguere più dove si deve andare. Soprattutto di notte. Ora che ci penso, quel tipo era veramente strano. Che ci faceva qui solo soletto? Magari non ha una famiglia, o semplicemente doveva passare di qui per qualche ragione particolare… non so, gli umani sono così complicati.
 
Oh, no! Sta cominciando! Devo sbrigarmi, altrimenti per quel poveretto sarà la fine! Soprattutto perché se continua di questo passo finirà dritto in un burrone. Devo assolutamente raggiungerlo.


Dannazione! Ormai la tormenta è cominciata. Il vento ulula furioso, facendo volar via dei rami come fossero fiocchi di neve. È un turbinio di bianco e nero, al quale il vento fa da accompagnamento, intonando una tetra melodia, che sembra essere il preludio alla tragedia. Spero solo di farcela, prima che sia troppo tardi.

Oh, eccolo lì. Maledizione! Devo assolutamente salvarlo! Sta appeso con una mano all’orlo del precipizio! Resisti, amico, sto arrivando! Oh, no, sta per cadere!

Fiuu! Preso! C’è mancato poco, eh? Già. meno male che sono arrivato in tempo! Guarda come ti sei ridotto! Stai perfino cambiando colore! Sarà meglio che mi sbrighi a riportarti a casa mia. Domattina, quando la tormenta sarà finita, ti riporterò vicino alla città, così almeno qualcuno potrà prendersi cura di te. Non mi piace molto quel posto, mi mette ansia. Ma tu hai bisogno di cure, quindi rischierò. Intanto però, devo tenerti al caldo. Ecco, ora vedi di dormire, ok? Mi hai spaventato a morte! Che non ti venga in mente di scappare di nuovo ci siamo intesi! Bene. Credo che dormirò vicino a te. almeno starai al caldo.
 
È mattina. Mi sembra che tu stia meglio. La tormenta è finita. Ora il terreno è cosparso di rametti e altre cose che il vento ha portato via con sé. Ti porterò in città, lì almeno sarai al sicuro. Sono davvero molto nervoso. Speriamo bene.
 
Eccoci arrivati. Mi sembri sorpreso. Non ti aspettavi che sapessi dove si trova la città, vero? E invece si! Sono felice di averti aiutato! Ma adesso devo proprio andarmene. Oh, ecco stanno  arrivando delle persone! Arrivederci, strano umano.

Ahi! Qualcosa mi ha colpito! Che cosa sarà? Fa male! Che strano…mi sento stanco, all’improvviso….eppure ho dormito bene stanotte… ma che succede? Che fanno gli umani?
Hey umani! Aspettate! Che dovete farci con quella corda? Io non ho fatto nulla! Aspettate, lasciatemi spiegare almeno! No, no per favore! No, non potete farlo! Ma perché non riesco a ribellarmi? E perché mi sento sempre più stanco? No, no aspettate!

No, andiamo, diglielo! Diglielo che ti ho salvato la vita!  Per favore, amico!  Non vedi cosa vogliono farmi? Perché non dici nulla? Andiamo, aiutami!
Perché non mi aiuti? Perché te ne stai lì impalato? Mi hanno legato e adesso mi stanno trascinando dentro una gabbia! E tu niente! Senti, se è perché sono stato un po’ brusco, mi dispiace, ma adesso aiutami! Credevo che mi avessi perdonato!
 
La gabbia viene chiusa con un grosso lucchetto. Sento gli umani parlottare tra di loro. Tu stai dicendo ad un tizio piuttosto corpulento che ti ho salvato la vita per ben due volte. Meno male! Pensavo che non t’importasse! Sono certo che adesso mi libereranno. L’altro umano sta dicendo qualcosa che non capisco… che vuol dire “ottimo esemplare”? e che significa “trasferimento immediato al lab”? Io non so cosa sia, ma non mi piace per niente. Intanto io sono Abomasnow, non “esemplare” qualunque cosa significhi, e poi non so cosa sia un "Lab", ma io non voglio andare da nessuna parte! Voglio tornarmene a casa! Lo strano tizio si avvicina e mi appiccica una targhetta, con su scritto qualcosa, non so cosa. Non so leggere. Ma insomma, quando mi fate uscire?
 
Sono qui da un po’, ormai. Non so quanto tempo esattamente. Sono stato caricato sopra uno di quegli aggeggi rumorosi con cui gli umani si spostano, e da allora non ho più capito nulla. Sono ancora ingabbiato. A giudicare dal rumore che si sente dev’essere scesa la notte. Ho paura. Che mi succederà? Io volevo solo aiutarti, umano. Non volevo assolutamente far del male a nessuno. Forse avrei fatto meglio a lasciarti un po’ più vicino a casa mia…già, casa… quanto vorrei tornarci… a quest’ora starei mangiando una deliziosa zuppa di neve fresca e bacche… avrei preparato il mio bel lettuccio fresco, e magari avrei giocato con qualche Snover o sarei andato a trovare la mia amica Froslass.

Ma credo che non ci tornerò mai più a casa. Addio giornate trascorse a rotolarmi nella neve, e pattinare sul lago ghiacciato. Addio alla neve fresca che mi ha sfamato. Addio al nascondino nella neve. Addio alla mia montagna. Addio anche a quel fastidioso uccellaccio che mi disturbava sempre. Addio alla mia amica Froslass. Addio a tutti.
 
Io volevo solo aiutarti, strano umano. Sai, avevo anch’io dei sogni, proprio come voi. Magari i miei sono più semplici. Già. tutto quello che avrei voluto era andarmene un po’ in giro, a scoprire quello che c’è in questo mondo, anche se credo che non ci sia posto migliore al mondo della mia montagna. Magari, poi, avrei conosciuto una bella femmina e avrei messo su famiglia. E avrei passato la vita fra le mie montagne, a casa.  Ora invece… chissà che fine farò… sai, mi spiace solo che tu non abbia capito. In fondo mi sembravi un tipo simpatico. Spero solo che la tua vita vada meglio della mia. Addio, strano umano di cui non conosco il nome. Magari adesso non t’importa, ma spero che un giorno ti ricorderai di quell’Abomasnow che ti ha salvato la vita… magari ti dispiacerà anche di quello che mi sarà successo… chissà, forse un giorno…
 
È di nuovo giorno. Devo essermi addormentato senza accorgermene. Chissà dove sarò ora! Sento un qualcosa contro il fianco. Certo che sembra familiare questo posto. Vediamo un po’… ma non è possibile! Tu sei qui? Ma allora? Sono davvero… a casa? Pare proprio di si. E tu, sei ancora lì, che dormi beatamente… certo che ho fatto davvero uno strano sogno. Oh, ti sei svegliato! Tutto bene? Sembra di si. Beh, allora che intendi fare, adesso? Vuoi andartene? Come?  A, no,  non  devi ringraziarmi. Vai da solo? Ok, come vuoi. Non preoccuparti, se la prossima volta avessi bisogno di me, ti aiuterò volentieri! Ciao!
 
Sono a casa! Era solo un sogno. Come sono felice! Accidenti, certo che sembrava così realistico… vabbè, sono contento e basta. Vado da Froslass a raccontarle quello che mi è successo. Che strano, sento uno strano dolore ad un fianco… come se qualcosa mi avesse punto… ora che ci penso… una volta sono stato punto da un Beedrill e ho avuto degli incubi la notte seguente…sarà successo lo stesso? Non importa adesso vado, Froslass saprà certamente aiutarmi. E comunque sono solo contento di essere a casa, e non m’interessa altro.      


 

Eccoci arrivati al quarto capitolo. Un immenso ringraziamento ad Akane, che continua a recensire e ad apprezzare la mia raccolta. Spero che anche questo capitolo ti piaccia. Sono sempre felice quando qualcuno apprezza quello che scrivo. Un ringraziamento a chi leggerà la mia fic e a chi la segue.  Un saluto e un abbraccio a tutti. 

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Capitolo 5
*** R: Rufflet ***


R:

Rufflet

 
Dove sono? È buio qui! C’è tanto rumore! Chissà cos’è successo. Mamma? Mamma dove sei? Ah, eccoti! Che fai lì a terra? Dai, alzati, ho fame! Mamma? Perché non mi rispondi? Dai mamma! Alzati! Voglio andare a casa mamma! Non dici sempre che è pericoloso? Ma allora perché non ti svegli? Dai, mamma! Alzati! Comincio ad avere paura! Se è uno scherzo non è divertente!
 
Mi sa che c’è qualcuno fuori! Forse è uno di quegli umani, quelli dai quali mi dici sempre di stare lontano! Mamma dai alzati! Non voglio che ci prendano! Ma perché non ti svegli? Dai, alzati! Per favore! Oh, no! È uno di loro! Mamma, aiutami, ho paura! Che strana smorfia, che sta facendo! Forse vuole mangiarmi! Mamma! Aiutami!
 
Ma perché non ti muovi? Forse…forse non mi vuoi più bene? Ma io ti voglio tanto bene mamma. Credevo ti piacesse quando mi strofinavo contro le tue piume. O quando volavamo insieme, io sulla tua schiena, perché mi dici sempre che sono troppo piccolo per farlo da solo! Ma invece… ok, ho capito. Me ne vado. Tu resta pure lì, immobile. Chissà, magari quell’umano mi mangerà in fretta, così non dovrai più preoccuparti di me!
 
Ecco, mi avvicino all’umano… ha una faccia strana. Oh? E adesso che fa? Vuole prendermi? Bene, tanto adesso lo so che alla mamma non importa più nulla di me. A nessuno importa di me. Quindi se dovessi morire non importerebbe a nessuno. Ma io voglio bene alla mamma! E volevo bene anche a papà, anche se adesso non c’è più. Forse la mamma non mi vuole più perché assomiglio a lui. In fondo io sono un Rufflet e lui è un Braviary. Già. È alto, forte e maestoso. Chissà se riuscirò a diventare anch’io come lui? Ma, adesso è arrivato quell’umano…
 
Oh? Che cosa fai? Perché stai toccando la mamma? Lasciala stare! E adesso che fai? Certo che sei strano. No, stai lontano! Non toccarmi! Mamma dice che se un umano ti tocca ti senti male e… ma… che strano… non fa male…ahaha, basta, fa il solletico! Sai, in fondo non sei così male! Perché mi guardi così? Cosa è successo alla mamma? Tu lo sai? Oh? Che significa morta? Vuol dire che adesso…sono solo? Ma come farò? Mamma dice che sono ancora troppo piccolo per vivere da solo. Forse… potrei venire con te? Davvero? Evviva! Grazie! Ti salto in braccio, e mi strofino contro di te. Sei davvero caldo, lo sai? Mi sta venendo un gran sonno…forse mi conviene dormire un po’. Mamma diceva sempre che un buon sonno aiuta a diventare grandi e forti.

Ok, adesso dove siamo? Questa è casa tua? È enorme! E questa che cos’è? È per me? Grazie, umano! Oh, a proposito, come ti chiami? Ah, già. Mamma me lo aveva detto che voi umani non ci capite. E adesso come faccio? Non posso continuare a chiamarti umano! È scortese. Oh? Ti chiami Daniel? Ok. È un nome davvero buffo, lo sai? C’è qualcun altro qui. È una ragazza? Mi dici che è la tua fidanzata. Che cosa significa? Quindi vivete insieme, giusto? Ah, ho capito! Come la mamma e il papà! Ma non avete dei cuccioli? Se non li avete posso essere il vostro cucciolo? Prometto che mi comporterò bene! Daiii! Siiii! Evviva! Vi voglio bene.
 
Tu sei al lavoro. Io sono solo con Sara. Indosso la sciarpa che mi hai regalato. Adesso sto girando per casa, aspettando che arrivi l’ora di venire a prenderti. Lo faccio tutti i giorni. È passato già un mese da quando la mamma è morta ed io vivo con voi. Sono cresciuto un po’, e sono diventato più forte. Se continua così potrei anche evolvermi presto. Lo spero tanto. Così potrò renderti fiero di me! E anche Sara. Io le piaccio, e anche a me è molto simpatica, ma mi trovo meglio con te. Forse perché tra maschi ci si capisce meglio.

Esco dalla finestra, che Sara ha lasciato aperta appositamente per me. Mi ricordo ancora la prima volta che uscii per andare a prenderti. Lei cercò di riportarmi a casa, ma io mi ribellai e arrivai nel posto in cui lavori. Quando mi vedesti, facesti una faccia buffissima. – Ma cosa ci fai qui, Lucky? – domandasti con aria preoccupata. Io, per tutta risposta, presi a volteggiarti intorno, giocosamente. Tu cercasti di acchiapparmi, ma io fui più svelto. Credevo fossi arrabbiato, ma quando mi voltai e ti vidi ridere, ne fui felice. L’averti fatto ridere mi faceva sentire bene.

Il giorno dopo, decisi di accompagnarti al lavoro. Sara era spaventata all’idea che uscissi da solo, credendo che non conoscessi la strada. Ma si sbagliava. Noi uccelli abbiamo un buon senso dell’orientamento. E così ti seguii a distanza, per assicurarmi che arrivassi al lavoro sano e salvo. Il tuo lavoro di ricercatore è molto importante per te. ma anche io e Sara lo siamo. I tuoi colleghi rimasero scioccati nel vedermi lì. Mi fermai a salutarti, appollaiandomi sopra un balcone, che dava proprio sull’entrata del Laboratorio in cui lavori. Tu allora mi salutasti, dicendomi. – Allora ci vediamo all’uscita, Lucky. Ci conto.- dicesti questo come se stessi parlando ad un tuo collega di lavoro. Mi facevi sentire così importante.
 
Ritornai a casa. Mentre passavo, la gente m’indicava, incuriosita. Qualcuno tentò di catturarmi, poi però notò la sciarpa che avevo intorno al collo. –Ragazzi, credo che il piccoletto appartenga a Daniel- disse qualcuno.
 Da allora, tutti si comportano bene con me. Mi salutano quando passo, mi accarezzano, e qualcuno mi da anche qualcosina da mangiare. C’è una coppia di lavoratori di un negozio, che ogni volta si alternano nel darmi un boccone, quando passo. E puntualmente dicono: -Non dirlo a mia moglie!- oppure – Mi raccomando, non dirlo a mio marito!- io naturalmente mantengo il segreto. Anche se non credo che si arrabbierebbero se sapessero di fare entrambi la stessa cosa.  Tutti sono meravigliati dal mio comportamento. Alcuni dicono – Certo che è veramente molto fedele!- -Già. Una cosa del genere ti fa capire quanto siano speciali i Pokemon.-

Eccoti, finalmente! Com’è andata oggi? Ehy, piano! Così mi arruffi tutte le piume! E non penserai di tirarmela, quella palla di neve, vero? No! Acc… Sei veramente fastidioso, a volte! Però ti voglio bene lo stesso. Torniamo a casa insieme, come sempre e quando arriviamo, Sara ci aspetta a braccia aperte, con un sorriso enorme stampato in fronte – Tesoro, Lucky, ho una notizia meravigliosa!- ci dice. Di che si tratta? Diccelo, diccelo dai! – Sono incinta!- che vuol dire, “incinta”? Io non lo so davvero. Tu invece fai una faccia strana. Sembri sorpreso, un po’ scioccato… ma poi fai un enorme sorriso. – Tesoro è… è una notizia meravigliosa!- dicendo questo, prendi in braccio Sara, e la fai volteggiare in aria per un po’.

Io ancora non ho capito un granché! Notando la mia confusione, ti volti verso di me e mi dici – Adesso Sara aspetta un bambino. Un cucciolo. E tu sarai il suo migliore amico! Non è vero?- io annuisco, entusiasta. Non so come siano fatti i bambini umani, ma mamma mi diceva sempre che erano molto buoni con noi. Quando volevano. Ma anche se qualche volta se la prendevano con noi, in realtà di solito ce l’avevano con qualcun altro. Non vedo l’ora che nasca.

Sono passati dieci mesi. Il bambino dorme nella sua culla. Io non mi sono ancora evoluto. Ho scoperto di non aver voglia di farlo, per ora. Il piccolo Denny dorme profondamente. Ha gli stessi occhi marroni di sua madre. Ma i capelli sono proprio uguali ai tuoi. Color grano, che può diventare dorato, sotto al sole. Sara ha i capelli castani invece. Il bambino si sveglia e mi guarda. Allunga le sue piccole manine verso di me. Io mi tengo a distanza. L’ultima volta che mi ha toccato, mi ha staccato delle piume. So che non lo fa apposta, ma preferisco non rischiare. Oggi non posso allontanarmi da casa. Me lo hai detto tu. Devo restare a fare compagnia a Denny e a Sara.

Finalmente sei di ritorno, com’è andata oggi? Che strana faccia… ti senti bene? Ehy, guardami, io sono qui! Ma che ti prende? Ehy, ma che stai facendo… no, aspetta, così mi fai male, lasciami! Che devi fare con quel fazzoletto? No, aspett…

D-Denny… Sara… proteggere… ugh, ma dove sono? Cos’è successo? Non capisco. Non sono più in casa. È buio qui. Devo assolutamente trovare Denny e Sara! Ti avevo promesso che avrei badato a loro, che li avrei protetti! Ma che razza di osto è questo. Aspetta, quello sembra un vetro… fammi un po’ vedere… Daniel! Resisti, sto arrivando! Non ti preoccupare io salverò sia te che Sara e Denny. Voi siete la mia famiglia. Solo un momento, arrivo…

Ouch. No, decisamente cercare di distruggere il vetro con un’ attacco beccata, non è stata assolutamente una buona idea… ma, aspetta un secondo…quelli siete voi? C’è anche Sara lì. Ma perché avete quelle facce? Ma, quello è Denny! No, aspetta Daniel, non farlo! è il tuo bambino quello!

Ma perché? Perché l’hai fatto? E perché state ridendo? E perché mi puntate contro il dito? State forse ridendo di me? Cos’ho che ti fa tanto ridere? Ho capito! Devono averti fatto mangiare qualcosa di strano, e anche a Sara! Non ti preoccupare, amico mio! Arrivo immediatamente! Vi salverò!

Stavolta funziona. Il vetro si frantuma, finalmente. Avrei dovuto farlo prima. Aerasoio è una mossa molto più forte di Beccata. Arrivo, Daniel! Ehy, ma che succede? Che state facendo? Lasciatemi andare, io devo salvare Daniel… un momento… che stai dicendo? Fantoccio? Come sarebbe a dire che Denny era…?

Stai scherzando vero? Sara, pensaci tu! Diglielo che è impazzito! Che quello era suo figlio! Ma come, anche tu? Anche tu la pensi così?

Non capisco. Tutto questo mi sembra solo un incubo. Mi mostri quello che avrebbe dovuto essere il corpo di Denny e che invece è soltanto un mucchio di cip. Mi spieghi che tutto quello che hai fatto fino ad ora, era solo un esperimento. Ma come è possibile? Mi dici che, insieme ai tuoi colleghi, avevi pianificato tutto da cima a fondo. Da una porta scorrevole all’improvviso spunta fuori qualcuno. Mi sembra di riconoscerlo…

Mamma! Non è possibile! Lotto per liberarmi da coloro che mi trattengono, e intanto ti chiamo! Oh, mamma! Mamma! Se sapessi quanto mi sei mancata! Credevo che fossi morta! Ma sei viva, invece, mamma!
Ma adesso che ti prende? Perché mi scacci? Come? Come sarebbe a dire che non sei la mia mamma? Ma che stai dicendo? Hanno fatto impazzire anche te, per caso?

E questo chi è? Il capo di Daniel… mi dice che questo faceva tutto parte di un esperimento. Mio padre in realtà non è morto. Non è nemmeno davvero lui, mio padre. Mi dice che io sono stato creato in laboratorio, poi sono stato affidato ad una Pidgeot addestrata appositamente per questo compito. Era tutto stabilito fin dall’inizio. E adesso non c’è più bisogno di me.
 
Questo vuol dire che… tutta la mia vita, i miei ricordi, tutto quello che ho fatto e detto, era stato programmato? È stata tutta una menzogna? No, non posso crederci. Dev’essere un sogno. Adesso chiuderò gli occhi, e mi sveglierò a casa, appollaiato vicino alla culla di Denny. E ci faremo su quattro risate.
 
Apro gli occhi, ma sono ancora qui. Allora… è proprio vero? È stato tutto un imbroglio… non è giusto. Siete cattivi! Vi odio, tutti quanti! Allora nessuno mi ha mai voluto bene! Sono sempre stato solo… vi odio con tutta l’anima!
 
Un vetro cala nuovamente tra noi, separandoci. Adesso che altro avete in mente? Che altro volete farmi, sporchi farabutti? Non vi è bastato quello che già avete fatto? Non vi sono bastate le menzogne? Ah, adesso ho capito! Volete uccidermi! Certo, tanto adesso non vi servo più.
 
Sapete una cosa? In realtà, io non vi odio. Mi fate pena. Provo pena per te, Daniel e per te, Sara, che non avete saputo apprezzare il bene che vi volevo. Probabilmente non sapete nemmeno più che cosa sia, il bene. Mi fanno pena anche tutti gli scienziati, che hanno dimenticato cosa significhi avere un cuore. E anche tu, mamma, anzi, finta mamma, mi fai pena. Non hai più un minimo d’indipendenza. Sei diventata una schiava, alla stregua di un Growlithe. Solo che loro lo fanno con piacere, e di solito, non vengono usati. Tu, invece, si. E butteranno via anche te, una volta che non gli servirai più.
 
Gli ultimi pensieri che ho, mentre lo strano fumo verdognolo invade la stanza, facendomi sentire sempre più stanco, sono rivolti a tutti quei Pokemon che dovranno subire la mia stessa sorte. Mi spiace davvero tanto per voi, ragazzi…
 
Uuummmhh…. Dove sono? Sono ancora vivo? Pare di si. Mi guardo intorno e mi sembra di riconoscere  questo posto. Ma si, certo! È la foresta in cui sono nato! E tu chi sei? Una Gardevoir? Anche a te hanno fatto del male, quelli? Come dici? Sei scappata da loro? E adesso vivi qui, quindi. Sei sicura di quello che dici? Vuoi davvero prenderti cura di me? Grazie mille.
 
Mentre i stringi forte tra le tue braccia, penso che sia valsa la pena, di scoprire che era tutto un inganno. Almeno adeso sono libero, di vivere con te la mia vita…

Ti voglio bene, Mamma.


 
Tataratatatata! Finalmente ho finito il quinto capitolo! Ho avuto un blocco totale su questa fic, fino ad ora! Perdono, perdono perdono! Mi spiace veramente tanto! Scusatemi!

Passando ai ringraziamenti:

Ringrazio calorosamente LailaOsquin, che ha messo la storia tra le seguite e mendoza95 che l’ha messa tra le preferite. Spero che questo capitolo vi piaccia! Se ve la sentite, lasciatemi pure un commentino, io non mordo, ok?

Spero che questo capitolo, che è un po’ più lungo degli altri, vi basti fino al prossimo, che spero arrivi presto!

 
 

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Capitolo 6
*** Areodactyl ***


A:

Aerodactyl

 

Il cielo oggi sembra tranquillo, ma a giudicare dall’odore dell’aria, non lo sarà ancora per molto. Guardando verso la foresta, scorgo dei Cranidos che scorrazzano lungo i sentieri alberati, probabilmente intenti ad inseguire qualche bel bocconcino.

E, a tal proposito, dovrei proprio mettere qualcosa sotto i denti anch’io. Solo che non so bene che cosa. Forse un bel Omanyte? Magari di quelli ancora piccoli, così sarà più semplice afferrarli al volo. O, forse è meglio un Kabuto? No, quelli sono troppo duri anche da piccoli.

Osservo il panorama che si estende sotto di me, mi godo il vento che mi sfiora le ali ben spiegate e che mi solletica dolcemente le zampe e la coda, che guizza velocemente da una parte all’altra, mentre i miei occhi scrutano il terreno con attenzione, pronti ad afferrare ogni minimo movimento delle mie possibili prede. Nel frattempo tutto il verde costituito dagli alberi e dagli arbusti lentamente svanisce, per far spazio a quella terra morbida e chiara, che si trova a ridosso del cielo di terra.

Non mi è mai piaciuta la vegetazione. Tutti quei rami mi impediscono la visuale, mi rallentano i movimenti e rischiano di farmi restare impigliato.

Non mi piace affatto quando devo posarmi sugli alberi, quella roba verde e molliccia mi da fastidio sotto le zampe e per di più, tutti quegli odori mi rendono difficile seguire una traccia olfattiva, perché mi confondono. Sono rimasto a bocca asciutta tante volte, quando sono andato li.

 

Invece, quando mi trovo sul cielo di terra, è veramente bello cacciare. L’acqua ha un odore diverso, ma gradevole, e anche l’aria è molto più fresca. Da li non ci sono rami in cui restare impigliato od odori molesti che mi disturbano. È inebriante.

 

La parte che mi piace di più tuttavia, è quando finalmente avvisto una preda. La osservo per un po’, poi faccio in modo che si accorga di me. Mi diverte molto notare le espressioni che fanno le mie prede quando mi vedono arrivare. Però, cerco anche di non turare troppo per le lunghe la caccia, altrimenti non sarei mai sazio, e mi stancherei troppo.

 

Oh, ecco finalmente un bel bocconcino! Un piccolo Omanyte che si è incautamente allontanato dalla sua mamma. Spiacente, piccoletto! Questo ti costerà caro.

 

Adesso mi preparo, salgo all’altezza migliore e, appena arrivato, mi lancio in picchiata. Ecco, ormai sono vicinissimo e-

Hey! E questo chi diavolo è? Che diamine di creatura ho davanti? Sembra un incrocio tra un volatore ed uno strisciatore, e poi ha delle ali strane, che sembrano coperte da una strana peluria, solo che è la pelliccia più strana che abbia mai visto. Ed ha anche delle zampe strane, quasi come degli artigli striminziti!

 

Ma se crede che mi farò portare via la preda si sbaglia di grosso. Come si  permette di arrivare qui, e sottrarmi la preda da sotto le zampe? Adesso lo inseguo e gliela faccio vedere io!

 

Devo riconoscere che il nuovo arrivato vola piuttosto bene, per essere tutto pelle e ossa! Ma quella è la mia preda, quindi non posso permettergli di farla franca.

 

E nel frattempo, piove acqua anche dal cielo. Bene! Adesso si che dovrò sforzarmi per acchiappare quel farabutto dallo strano aspetto.

 

Ma, un momento! Sta rallentando! Quella strana peluria lo sta facendo faticare non poco! Bene, è la mia occasione!

 

Con un battito di ali deciso, lo sovrasto e mi preparo a morderlo, ma all’ultimo istante lui si gira, e sprigiona una luce fortissima dal suo corpo, per poi rovesciarmi addosso una valanga di rocce. Io indietreggio cercando di evitarne il più possibile, poi lancio un ruggito di sfida!

 

Se è la guerra che vuole, l’avrà! E detto questo, dimenticandomi quasi della mia preda, mi getto all’inseguimento, stavolta preparandomi anch’io ad attaccare, sia con la bocca, che con le rocce, e vedremo chi la spunterà!

 

Aha! Stavolta l’ho centrato! Guarda come precipita! E adesso mi butto in picchiata, e stavolta lo finisco. Intanto intorno a noi l’acqua dal cielo scende fitta fitta, sembra quasi l’assenza di luce, e solo quelle strane luci rumorose mostrano la differenza tra l’alto e il basso.

 

Ecco, gli sono sopra! Stavolta ce l’ho! O, almeno così credo, perche lui all’ultimo istante mi colpisce con una testata, ma io mi aggrappo coi denti alla sua ala, quella sua strana pelliccia bagnata quasi mi scivola, ma io affondo le zanne nella sua carne e lui emette un verso acuto di dolore.

 

Stiamo precipitando tutti e due, ma io cerco di colpirlo con le zampe e con gli artigli per fargli mollare la presa, ma lui anche fa lo stesso, è doloroso, ma entrambi resistiamo.

 

C’è da dire che lui è davvero tenace, ma anch’io so resistere. L’acqua della terra si avvicina, e se ci finiamo dentro saranno guai. Io allora cerco di spostarci più verso la terra molliccia, che attutirà l’impatto.

Lui cerca ancora di staccarmi da se, senza riuscirci. Poi, con un tonfo molto forte cadiamo a terra entrambi, io cerco subito di rialzarmi in volo, ma non ce la faccio. Lui anche sembra molto stordito, e ci guardiamo male entrambi, respirando a fatica.

 

E ora? Che fai, speri di intimidirmi con quella strana pelliccia, che ti penzola dal corpo? Guarda che con me non funziona.

Ah, ecco, vedi di andartene, e non tornare! Gli ruggisco mentre si allontana, aiutandosi sia con le ali sia con la coda. Mentre il cielo si schiarisce io lancio un ultimo ruggito di vittoria, poi mi guardo intorno, ormai la mia preda è persa, tuttavia mi sento soddisfatto. Ho insegnato a quel coso chi comanda!

 

Mi levo nuovamente in volo, cercando di avvistare qualche bel bocconcino, mentre in lontananza riecheggia l’eco del verso acuto di quell’altro.

Magari un altro giorno gli darò un’altra bella lezione, ma adesso ho proprio fame.

 

Chissà, magari potrei acchiappare una di quelle strane creature bipedi che si vedono di tanto in tanto gironzolare.

Sono piccoli, e ce ne vogliono almeno tre per riempirmi, però sono abbastanza teneri, ed in più molto facili da cacciare.

 

Solo che quando urlano mi ricordano un po’ i miei piccoli. Oh, ecco, proprio di questi parlavo. Ne vedo uscire alcuni coperti da pellicce molto corte sulla testa e sul corpo coperti da qualche strana sostanza, sembrano spaesati, e quando mi vedono i loro occhi si fanno grandi. Sento chiaramente il loro terrore nell’aria.

Mmhh, forse acchiapperò qualche Anorith invece. Si, meglio. E detto questo mi preparo per la picchiata, ripensando allo scontro con quel coso, e mi dico che ancora una volta ho dimostrato la mia superiorità.

 

Sono il re del cielo! E lo sarò per sempre.

 

 

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