I hear you with my heart.

di roselline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Il bello di una famiglia al tuo fianco. ***
Capitolo 3: *** Sentirsi diversi in un mondo diverso. ***
Capitolo 4: *** La pioggia è la cosa più bella che possa esistere. ***
Capitolo 5: *** Un inizio è sempre peggiore di una fine. ***
Capitolo 6: *** Alla vita, piace cambiare. Ricordate? ***
Capitolo 7: *** La tranquillità del Natale. ***
Capitolo 8: *** Piccoli imprevisti crescono. ***
Capitolo 9: *** E' difficile anche essere normale. ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni, abbracci e scarpette viola. ***
Capitolo 11: *** Anche i compleanni possono essere una rottura? ***
Capitolo 12: *** Ritorno alle origini. ***
Capitolo 13: *** Grazie. ***
Capitolo 14: *** Il braccialetto con la civetta. ***
Capitolo 15: *** Ricordi. ***
Capitolo 16: *** Legami ***
Capitolo 17: *** Diamo il via alle vacanze. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


« Oh cavolo! Hermione, corri! La bambina si è bloccata! »
Nella casa riecheggiavano urla e risate. Ron ormai era in preda al panico. Era sul punto di piangere, vedendo sua figlia, Rose, con le gambe completamente aperte sul pavimento.
Aveva i gomiti poggiati sul parquet, e le piccole manine un po’ grassottelle che reggevano la sua testolina rotondetta. La sua risata cristallina riecheggiava come uno di quegli aggeggi babbani che servono a scacciare via gli incubi, mossi dal vento fuori la finestra.

Era una bambina graziosissima, gli occhi del padre, di un bel blu più cristallino, contornati di un marroncino che richiama il colore della madre. I capelli erano, invece, di un perfetto stile Weasley, con un pizzico di Granger per quanto riguarda la qualità: un rosso acceso contornava il viso paffuto della bimba di appena due anni.
Oltre alla risata della bambina, si aggiunse quella della madre, che si appoggiò allo stipite della porta della Sala da Pranzo per sorreggersi.
« Oddio Ron! » Disse Hermione, ormai sul punto di piangere dalle risate. « Ma è solo una semplicissima spaccata, niente di che! Non fare il tragico! » Disse lei, che con le dita magre asciugava le lacrime dal viso.

« Non so cosa diamine sia questa staccata, ma non mi piace vedere mia figlia che divide le sue gambine sul pavimento in questo modo! » Rispose lui, prendendo coraggio e tirando su la bimba che ancora rideva.

Ultimamente lo faceva di proposito, correva per tutta la casa inseguita dal padre e poi, alla fine, Ron la trovava nella Sala da Pranzo in quella posizione. E ogni volta era la solita reazione.
« Tutta colpa delle tue abitudini babbane, potevi anche evitare di insegnare alla piccola cosa del genere, no? Non pensi alla sua salute? E se rimane bloccata un giorno di questi, come lo spieghiamo ai Medimaghi del San Mungo? » Stava degenerando.

Da quando aveva saputo che Hermione era in dolce attesa aveva iniziato a elencare su un foglio di pergamena i vari giocattoli che nessuno della famiglia doveva regalare al piccolo/a, che potevano causare:
-    Ingerimento;
-    Caduta da un’altezza molto elevata;
-    Bacchette con marchio Weasley completamente bandite dalla casa;
-    E con esse, anche qualsiasi caramella prodotta in quel negozio.
Era diventato troppo iper protettivo da quando era nata. Se George non aveva più nessuna scusa su cui aggrapparsi per prenderlo in giro, ora ne aveva.

« Andiamo Ron! Ne stai facendo una questione di stato. Lei si diverte, è piccola e deve avere delle distrazioni, non fare l’apprensivo. Sii più sciolto per l’amor del cielo. » Disse Hermione, esasperata dal comportamento del marito.
Ron quasi non si strozzava con la sua stessa saliva, sgranando gli occhi. « Tu chi sei? Che ne hai fatto di Hermione Granger, quella che mangiava “pane e regole” a colazione, pranzo e cena? » Di tutta risposta ebbe un’occhiata minacciosa dalla mora.

La piccola Rose, tutta tranquilla, si era seduta a terra sul parquet, e guardava i due genitori litigare, con gli occhioni puntati prima sulla madre e poi sul padre. Le piaceva vedere quando i due si parlavano in quel modo, ha sempre pensato che erano divertenti per le mille facce buffe che facevano.
Poi, la sua attenzione fu catturata dalla bacchetta dai mille disegni, abbandonata sul tavolo della Sala. Guardò i due che erano diventati ormai rossi in viso per tutte le parole che si stavano dicendo e si alzò piano, in modo da non attirare la loro attenzione. Prese di soppiatto la bacchetta e uscì in giardino. Sorrise e iniziò a saltellare sull’erba umida. Poi però, agitando la bacchetta più di una volta, successe qualcosa: un fascio di luce giallognolo volò su in alto, nel cielo, per poi precipitare sulla bambina che cadde sull’erba fresca.
Tra un « Rose! Piccola mia! » e urletti della madre, la piccola perse i sensi, sprofondando nel buio.






NdA: Benvenuti nell'antro di Mery xDDDD No dai scherzo, non ho molto da dire, anche perchè questo è solo il prologo, e nè io nè voi diremmo qualcosa.
Dato che frequento da un bel pò EFP mi è venuto il pallino di scrivere 'sta storia. Mi hanno fatto appassionare alle Rose/Scorpius e se qualcuno osa dire Lily/Scorpius lo crucio >.<
Buona lettura a tutti allora <3

 

prossimo aggiornamento: 10 Gennaio 2012

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Capitolo 2
*** Il bello di una famiglia al tuo fianco. ***


Erano ormai un paio di giorni che Rose era tornata a casa. Era divertita perché guardava la madre che correva per tutta la casa in modo da sistemarla a dovere. Era davvero divertente come scenetta. Soprattutto se sapevi che tua madre era una strega e poteva fare tutto con uno sventolio di bacchetta.
Probabilmente, essendo nata babbana ed essendo presa dall’ansia di non pulire la casa in fretta prima dell’arrivo dei parenti (che tra l’altro sarebbero arrivati nel tardo pomeriggio, ed erano solo le undici di mattina) avevano fatto dimenticare a Hermione che lei era la strega più brillante della sua età.

Rose, mentre puliva il tavolo della Sala da Pranzo, sorrideva teneramente guardando la madre che si affaccendava in modo disumano. Così decise di fermarla, doveva sapere che loro avevano la magia.

« Dimmi Rose. » Disse, mimando le parole.
“ Guarda che puoi usare la magia per toglierti le faccende più pesanti, e posso fare io quelle che rimangono, se vuoi. ” Mimò di seguito.

Piccola parentesi. Vi starete chiedendo perché la parola “ mimare ” continua a essere ripetuta. Dopo l’incidente della bacchetta e del fascio di luce giallognolo, al suo risveglio Rose era diventata sorda. E’ stata fuori paese per molti anni, in cura a un ospedale prima in Francia e poi in Germania per capire cosa fosse successo, ma senza risultati. Così, si è persa la scuola e in più ha dovuto imparare la Lingua dei Segni. Quasi tutta la famiglia l’ha dovuta imparare per comunicare con Rose, tranne alcuni che non ci riuscivano, e così la ragazza ha dovuto anche imparare a leggere il labiale in modo da comunicare anche con loro. Tra cui c’era Dominique, George, Angelina, i nonni, e Percy e Audrey.
Beh, non si è persa proprio la scuola, perché avendo compiuto sedici anni da poco, assieme ai genitori ha deciso di frequentarla. Ovviamente, con il consenso del Ministro della Magia e della McGranitt, preside di Hogwarts. Al ritorno dalle vacanze estive lei sarebbe stata smistata per poi iniziare il suo sesto anno.


« Oh! Hai ragione! Oh cavolo perché non ci ho pensato prima? Grazie. » E le diede un bacio sui capelli raccolti in una coda poco composta, per poi correre a prendere evidentemente la bacchetta.
Sorrise divertita, scuotendo la testa e prese la sua di bacchetta per poi mettersela dietro l’orecchio. Cosuccia che aveva appreso da zia Luna, quando l’anno scorso tornò in Inghilterra per le vacanze Natalizie. Era molto utile, soprattutto se non avevi tasche in cui metterla. Non le serviva poi molto, perché sapeva fare solo un paio d’incantesimi non verbali, però la faceva sentire una Strega, parte del mondo magico.

Tornò a pulire il tavolo, per poi passare ai vari mobili che contenevano cristalli e argenteria - regali dai vari parenti per le nozze dei genitori -, e mentre si guardava attorno con le mani sui fianchi, si sentì picchiettare sulla spalla. Così andò a girarsi e trovò un ragazzo, marca Weasley, con molte lentiggini e degli occhi di un blu intenso. Rose sgranò gli occhi e gettò le braccia attorno al collo di suo fratello, Hugo. Era così contenta di rivederlo, è l’unico fratello che ha. Hermione era già incinta quando capitò l’incidente a Rose. Hanno pressappoco due anni di differenza.
“ Oh Merlino! Sono felicissima di rivederti fratellino! ” Mimò quando si staccò da lui.
“ Anch’io sono felicissimo. Quando sei tornata? ”
“Un paio di giorni fa. Quando avrò finito di dare una mano alla mamma, mi devi dire com’è stato quest’anno! ” Disse lei infine, stampandogli un bacio sulla guancia, andò a salutare suo padre che era rimasto lì a guardare la scena e lei salì su, in camera sua, a sistemare il letto e altre cose.

**

Erano ormai le sei e mezzo del pomeriggio, e ancora non si vedeva anima viva dei suoi parenti.
Non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi zii, i nonni, ma soprattutto il suo migliore amico, Albus, colui che mandava lettere a sua cugina, per sapere come stava, cosa faceva, tutto insomma.
Rose gli voleva un bene nell’anima, per questo attendeva con ansia. Aveva aggiustato la sua coda di cavallo, facendone una più composta. Aveva indossato un pantaloncino corto, con una maglietta semplice sopra e delle Converse babbane che le aveva regalato la madre.
Per Hermione la figlia era vestita fin troppo sportiva, e doveva essere più elegante, essendo una festa organizzata per il suo ritorno, ma aveva accettato poiché la ragazza essendo vissuta in Germania, amava quel caldo che sentiva sul corpo e sul viso.
Poi i vari invitati iniziarono a venire. I nonni per primi, che furono felicissimi di rivederla, dicendole che volevano organizzare la festa alla Tana, ma i loro genitori non furono d’accordo, e così si erano arresi già dal principio. Poi fu la volta di zio Percy, con le cugine di un paio di anni più grande a lei: Molly jr e Lucy. E poi arrivò zio George, che fu contentissimo di vederla, così contento che la sollevò da terra quando la abbracciò (per lei George era altissimo, poiché Rose aveva ereditato la bassezza della madre) con Roxanne ma non con Fred jr.
“E Fred? Dov’è?” Chiese a Roxanne.
“Arriverà con zio Harry. Non so cosa doveva fare con James.”
Rose annuì sorridendo e parlò un po’ con la cugina, che aveva la sua stessa età.

All’appello mancavano Zia Luna, Zio Neville, Zio Harry con tutta la famiglia e soprattutto con Al, che non vedeva l’ora di riabbracciare. Nel frattempo erano arrivati anche gli zii Charlie e Bill con famiglia. E sì, anche Dominique. Quest’ultima aveva sempre uno sguardo di pena quando la guardava. Per questo aveva evitato di imparare anche lei la Lingua dei Segni. Soffriva molto.
Rose non sopportava essere guardata con lo sguardo di Dominique, faceva male anche a lei, così le diede solo un caloroso abbraccio e andò in cucina a bere un po’ d’acqua. Si sentì carezzare il braccio e si voltò, vedendo la madre che la intimava di seguirla, e così fece. Andò nel Salone e trovò un paio di signori che non riconobbe all’istante.
“Amore, ti ricordi di loro?” Le domandò la madre.

Rose aggrottò la fronte e li guardò di nuovo. Una donna bellissima dai capelli lunghi neri, sotto braccio a un uomo dai capelli biondissimi. La ragazza fece una smorfia imbarazzata guardando la madre.
“I signori Malfoy, non li ricordi?”





NdA: ecco il primo capitolo della storia **
Mi scuso se può essere molto piccolo, ma lo avevo già scritto (mi sono portata avanti di quasi quattro capitoli xDDD) e comunque sono le prime cose scritte, più avanti magari troverete qualcosa di meno corto.
Cioè, più che altro volevo ringraziare quelle NOVANTACINQUE anime che hanno letto il prologo, le QUATTRO che mi hanno recensito e le OTTO che stanno seguendo questo mio esperimento. Grazie di cuore, davvero <3
Beh, direi che è tutto, buona lettura ^^ Spero che i prossimi capitoli vi piacciano maggiormente ^^ <3

AH... ps: aggiornerò tra una settimana questa volta, perchè nel prossimo capitolo c'è un cambiamento e vorrei sapere da voi cosa ne pensate =)
Revoiiiiiir <3



prossimo aggiornamento: 17 Gennaio 2012.

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Capitolo 3
*** Sentirsi diversi in un mondo diverso. ***


“Sì, amore. I signori Malfoy. Li hai incontrati un paio di volte quando sei tornata dalla Francia.”. Insisteva Hermione. Rose proprio non riusciva a ricordare.
Spostò nuovamente lo sguardo verso i due signori e si soffermò sull’uomo biondissimo, manco fosse un angelo. Di sottecchi, però, vide il padre posare una mano sul viso e scuotere la testa e lesse il labiale.
« Hermione, vuoi vedere che ora capisce? » Disse lui. La moglie si accigliò e il marito guardò sua figlia.
“Ricordi di Draco Malfoy? Il nostro acerrimo nemico d’infanzia?” Alla ragazza s’illuminarono gli occhi. Ora ricorda, il padre e Zio Harry hanno sempre raccontato ai figli delle loro avventure a Hogwarts, ai tempi della scuola in cui un certo Draco Malfoy rompeva le cosiddette ai suoi parenti.

Poi però, quando lei aveva all’incirca undici anni, Astoria (moglie di Draco) legò tanto con Hermione che s’incontravano non sempre, ma molto volentieri. E Draco ormai erano anni che non aveva più l’astio nei confronti di suo padre, ma quest'ultimo un po’ ne aveva.
Rose annuì molto vivacemente con la testa guardando Astoria e la andò ad abbracciare calorosamente. Sapendo che Draco era pur sempre un uomo tutto un pezzo, gli strinse la mano, aggiustandosi una ciocca rossa e portandola dietro l’orecchio.

“Perdonami se non sono così brava nella Lingua dei Segni, ma spero che capirai che sono felicissima che tu sia tornata a casa.” Mimò la Signora Malfoy.
La sedicenne scosse la testa sorridendo. “E’ bravissima, non si preoccupi.” La rassicurò. Intanto guardò di nuovo l’orologio. Quasi le sette e un quarto di sera e della famiglia Potter neanche l’ombra. Tornò a guardare la madre che stava parlando con Astoria. Le chiedeva come mai Scorpius non era con loro e l’ultima le stava spiegando che Al aveva insistito tanto che lui andasse a casa loro invece che venire con la famiglia.
Scorpius… questo nome non le era nuovo. Se poi c’era di mezzo Al, il chiacchierone della famiglia, probabilmente aveva parlato di lui tramite le lettere. Altrimenti non spiegava come poteva sembrargli familiare il suo nome.

Rose guardò il padre, e cercò di fargli capire se poteva lasciare gli ospiti per andare in giardino e accogliere per prima Al. Ron, che ovviamente non capì subito, si accigliò. La ragazza, sospirando, glielo chiese mimando le parole e lui sorrise annuendo. Così la rossa uscì in giardino e si guardò attorno, speranzosa di vedere arrivare il suo migliore amico. Dopo un paio di minuti, si sentì picchiettare la spalla, e girandosi ebbe un brutto impatto. Si spaventò, e arretrò di qualche passo, ma riconoscendo la sagoma di suo Zio Harry corse e lo abbracciò con tutta l’energia che aveva. Harry era molto legato a Rose, è la primogenita dei suoi due migliori amici, era normale che fosse un po’ più avvantaggiata. Ovviamente dopo i suoi figli.
Dopo l’abbraccio con Harry venne quello con Ginny, ma c’era una terza persona che lei non conosceva.
« Scorpius, lei è Rose, quella di cui Al ti ha tanto parlato. » Spiegò Harry, e Rose guardò il ragazzo biondo platino. Aveva gli occhi di un colore strano, grigi ma trasparenti. Avrebbe appurato più in là, ora voleva solo una persona.
“E Al? Zio, dov’è?” Chiese Rose.
Harry di tutta risposta si guardò attorno per poi entrare in casa cingendo le spalle a sua moglie. La ragazza alzò il sopracciglio destro e sospirò, abbassando un po’ la testa. Solo poco dopo tornò a guardare il ragazzo biondo che era rimasto lì impalato a guardarla. Lei le sorrise e si girò, sperando che in quel momento Al arrivasse.

Una lucina gialla arrivò dal basso, ponendosi a un palmo dal nasino della ragazza. Rose incrociò gli occhi per guardarla ed essa subito sparì in una nebbiolina rosacea. Toccò con un dito magro la strana nebbia rosa, e sorrise. Si guardò attorno ma a un certo punto vide in alto, nel cielo una specie di meteorite. Fece qualche passo più avanti e quella iniziò a cadere ancora più velocemente per poi scoppiare e, la nebbia verde brillantata che si era formata fu bucata dai suoi cugini a cavallo delle loro scope.
Fecero un piccolo inchino, e poi ritornarono su, nel cielo, e poi (dopo tante manovre con le loro scope) crearono una frase: Bentornata a casa Rose.
La ragazza si commosse e mentre James atterrava per primo, gli corse incontro abbracciandolo forte. Lui la sollevò da terra e iniziò a girare, appoggiando la testa sulla sua spalla. Poi la poggiò a terra e le asciugò le lacrime, facendole un bel sorriso. Rose imitò James e poi si voltò cercando gli altri due. Fred, che atterrò più lontano, corse, poi però si fermò, piegandosi in due dall’affanno e facendo ridere la cugina. Anche loro si diedero un caloroso abbraccio e poi fu il turno di Al, che la guardava lontano dal cugino e dal fratello.
“Perché io devo essere sempre l’ultimo?” Le chiese, incrociando le braccia al petto.
“Perché sei uno scemo! Mi hai fatto aspettare tutto questo tempo e pretendi anche che io ti saluti per prima? Tu hai perso il senno sedicenne!” Mimò un po’ arrabbiata. Albus di tutta risposta si accigliò e sorrise aprendo le braccia ma la cugina non si mosse di un centimetro. Dalle labbra del cugino distinse molto facilmente le parole: ah, è così?
I combattimenti tra Rose e Al iniziarono. Tra calci e pizzicotti, vinse Rose e si gettò sul cugino steso sull’erba fresca, esausto.

**

Non sapeva con cosa avesse cucinato la madre, ma trovava quel pezzo di carne particolarmente duro. Si guardò prima attorno e poi mise due dita in bocca per cacciare fuori quel pezzo duro, rendendosi conto che era solo un semplicissimo osso. Lo posò nel piatto e continuò a mangiare la carne, quando si sentì picchiettare la spalla, guardò James, che sedeva di fianco a lei, che indicava Al in avanti. Lo guardò e lui le chiese com’era andata in Germania ultimamente. Si guardò prima attorno, accertandosi che tutti erano distratti.

“Niente, non sanno cosa mi sia accaduto, e mi hanno insegnato solo alcuni incantesimi non verbali. Si sono rassegnati, per questo ho deciso di tornare a casa.”. Finì col fare spallucce. Lui la guardò per un attimo, un po’ enigmaticamente, poi, però le fece l’occhiolino e sorrise, ricambiò anche lei, tornando al suo pezzo di carne.
Più enigmatico dello sguardo di Albus era il suo amichetto Scorpius che la guardava insistentemente come se volesse leggerle l’anima.

**

Misi l’ultimo bicchiere di vetro in cucina e sospirai, appoggiandomi al lavello di marmo bianco. Non ce la facevo a stare in quella stanza, con tutte quelle persone. Era la mia famiglia, è vero, ma non riuscivo a stare nella stessa stanza con tutti. Gli adulti parlavano tra di loro; Teddy e Victoire erano sdolcinati; Fred, Roxanne, James e Louis parlavano dei loro nuovi scherzi da proporre a Zio George; Dominique mi evitava, quindi si era unita al gruppo Lily-Hugo-Lysander-Lorcan; e infine Albus e Scorpius parlavano tra di loro. Ed io mi sentivo sola. Non riuscivo a inserirmi, e credo che la lunga lontananza da casa sia stata una tragedia. Sospirai di nuovo e mi sentì toccare la schiena, mi voltai incontrando il viso di mia madre che sorrideva.

“Vai nella sala con tutti, qui finiremo dopo.” Mi disse.
La guardai per un attimo poi annuì e m’incamminai per la sala. Mi chiusi la porta della cucina alle spalle e invece di entrare nell’altra stanza uscì per la porta, andando a sedermi in giardino, sull’erba un po’ umida. La notte era coperta di stelle. Non ne avevo mai viste così tante, in Germania c’erano troppi palazzi e fin troppe luci per ammirare quello spettacolo. L’unica fonte di luce che riuscivo a vedere era alla fine del giardino, per illuminare un po’ la strada.

La nostra era una semplice casetta fuori Godric’s Hollow, su una piccola collina mai abitata. Papà mi ha sempre raccontato come aveva trovato questa casetta: era mal ridotta e piena di animaletti, così acquistò il terreno e un permesso dal mondo babbano per costruire un sentiero per chi voleva venirci a trovare. Ecco perché c’era quella piccola strada. Il resto poi era tutto nostro. Papà e mamma ormai erano ricchi con il lavoro da Auror che facevano. Il primo sapeva cosa voleva dire soffrire la povertà, ecco perché cerca sempre di soddisfarci senza farci diventare viziati, ovviamente.

Anche se la luce era poca, mi accorsi che mio padre si era seduto accanto a me. Voltai un po’ il viso per guardarlo e notai che lui sorrideva mentre guardava le stelle.
« Cosa c’è Rose? » Lessi sulle sue labbra. Era sempre stato così, mi ha sempre capito, mi leggeva nell’animo. Eppure non era un Legilimens, lo avrei scoperto, non è bravo a mentire, ecco da chi ho preso caratterialmente. Forse anche un po’ fisicamente, la marca Weasley è da parte sua. Sospirai e alzai entrambe le mani per iniziare a fare i segni, però mi bloccai.
« NON SO PERCHE’, MA IO NON MI SENTO PARTE DELLA FAMIGLIA. » Non so com’era la mia voce, ma non è la prima volta che parlavo. Mi avevano detto che io urlavo quando cercavo di non usare la Lingua dei Segni ma credo che sia perché volevo sentire la mia voce, un qualcosa che faccio senza pensarci.

Mio padre mi guardò e continuò a sorridere.
« Credo sia normale. Sei stata via da casa e dalla tua famiglia per tanto tempo, anch’io mi sentirei solo in una stanza affollata come quella. » Lessi sulle sue labbra.
Aveva ragione, ma era difficile. Mi sentivo esclusa a causa del mio problema, e gli altri evitavano di parlare con me solo per non farmi sentire diversa. Ma io ero diversa in questo mondo, purtroppo.
Guardai di nuovo mio padre, che mi stava osservando molto attentamente.

« Se ti senti diversa, preditela con me… quel giorno ho iniziato io. Ma mi preoccupavo per te, continuo a preoccuparmi tutt’oggi, mi sento come… » Mi ero messa a quattro zampe e gli avevo messo una mano sulla bocca. Non so quante volte si erano scusati con me, per avermi perso di vista e aver permesso di prendere la bacchetta.
Puntai i miei occhi nei suoi e sorrisi scuotendo la testa. « PER ME SIETE DEGLI OTTIMI GENITORI, NON DOVETE SCUSARVI DI NIENTE. » Sperai di aver detto tutto bene, e cinsi il suo collo con le mie braccia. Mi strinse forte forte e mi diede un bacio sui capelli.
Entrambi poi entrammo in casa insieme e mi andai a sedere di fronte a Lysander e Molly jr che stavano parlando di Quidditch. Altra cosa che avevo ereditato da mio padre. Però avendo tutta quella famiglia allargata con la maggior parte maschietti, avendo il cercatore più giovane da almeno un secolo, un portiere favoloso, e una zia che ha fatto parte delle Holyhead Harpies, se non eri appassionata di Quidditch eri un’extraterrestre.






NdA: Bbbbene, ecco il vostro tanto atteso aggiornamento, come promesso no?
Okay, spero abbiate notato la differenza: da terza persona passo a scrivere in prima persona e la cosa è stata voluta e non. Voluta, perchè volevo far entrare - a chi legge il mio racconto - più nel personaggio, far cercare di capire i suoi stati d'animo. Non voluto, beh perchè mi ero resa conto che stavo scrivendo in prima persona e non ho voluto modificare xDDDDD E' un pò più lungo degli altri, vero? *ditemidisì*
Spero che vi piaccia, fatemi sapere <3
Mery


prossimo aggiornamento: 31 Gennaio 2012.

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Capitolo 4
*** La pioggia è la cosa più bella che possa esistere. ***


E sapete perché? La pioggia lava via tutto. Come lo sporco delle strade. Purifica l’aria e quando respiri, i polmoni si aprono per tutto quell’ossigeno che è uscito, che è oppresso dallo smog.
Sì, la pioggia è davvero la cosa più bella ed espressiva che possa esistere.
Proprio in questo momento la stavo guardando, fuori la finestra della cucina, mentre sorseggiavo il mio caffè latte bollente. Sarebbe stata meglio una cioccolata calda, magari con un plaid sulle spalle mentre si guardava le gocce che dai tubi lungo l’altezza della casa cadevano sull’erba ormai bagnata fradicia. Invece io ora mi accontentavo di un buon caffè latte bollente e con una vestaglia caldissima addosso.

Mi ero svegliata prima di tutti, beh… era Domenica e non credo che tutti si sarebbero alzati presto. Neanche io, però avevo voglia di vedere le prime luci dell’alba qui, a Londra e non volevo perdermi lo spettacolo. Non avevo poi tanto sonno. Finalmente ero a casa e mi piaceva stare qui. Mio padre aveva ragione: era per la lontananza, si sarebbe aggiustato tutto. Per non parlare che quella sarebbe stata una giornata assai lunga, a mio parere. Il mio caro cuginetto Al aveva avuto la brillante idea di dormire qui a casa e poiché il suo amico biondo platinato – figlio del furetto – avrebbe passato l’estate con mio cugino, stava dormendo anche lui. Magari i miei erano solo pregiudizi, ma quel Scorpius era molto… irritante. Sembrava avere la puzza sotto il naso e non volevo che anche Al prendesse una brutta piega del genere.

Poggiai la testa agli infissi di legno della finestra e m’incantai un attimo a guardare fuori, ancora una volta la pioggia, quando sospirai e voltai la testa per decidere su quale poltrona potevo rannicchiarmi, ma mi ritrovai di fronte uno Scorpius assonnato che si grattava, imbarazzato, la sua testolina biondissima. Aveva l’aria di uno che era rimasto lì impalato a guardarmi… magari lo aveva anche fatto, indeciso se punzecchiarmi la spalla o no. Alzai entrambe le sopracciglia, mentre portavo la mia tazza preferita alle labbra. Era imbarazzato il biondino, si vedeva, perché ancora non mi diceva cosa voleva.


« Mi… mi dispiace non sapere la Lingua dei Segni, in modo da… da poter comunicare con… t-te. » Mi disse.
Visto? Era imbarazzato il ragazzo. Indossava un semplice pigiama a righe bianche e verdi. Probabilmente l’ultimo colore era per onorare la sua Casa.


« Comunque… buongiorno. » Proseguì lui dopo. Lo guardai ancora un po’ e poi sorrisi facendo un piccolo cenno con la testa. Non mi andava di aprir bocca con lui, che non conoscevo, non lo facevo quasi con nessuno se non con mio padre, con James e Al. Finì di sorseggiare il mio caffè latte e indicai la tazza, sperando che capisse se ne voleva un po’. Lui fortunatamente annuì, facendo cenno con la testa.

« Se è rimasto, sì, grazie. » Disse poi dopo.
Sorrisi e mi allontanai dalla mia amata finestra per poi recarmi ai fornelli per riscaldare caffè e latte. Quando fu pronto, misi il tutto in una tazza con lo zucchero e mescolai, per poi porgergliela e captare dalle sue labbra incurvate in un sorriso un “Grazie”.
Di mattina non sembrava di certo uno antipatico, anzi, era passabile. Probabilmente non ha mai incontrato in vita sua una persona non-udente e quindi, magari, era per questo che mi guardava così insistentemente. Iniziai a camminare e andai a prendere un foglio di carta e una penna che usava mamma – di solito non trovava le penne d’oca perché papà gliele nascondeva – e ritornai in cucina, sedendomi al tavolo.

“Albus ha avuto l’amore a prima vista con te vero? Il tuo nome non mi era nuovo, per questo credo proprio che mi abbia scritto di te nelle lettere, mentre ero in Germania. Ah… puoi sederti, non mordo.” Mi alzai e glielo feci vedere, visto che si era un attimo incantato guardando fuori dalla finestra. Ritornai al mio posto, pensando che non era ancora l’ora di essere antipatica. Ormai ero grande e i pregiudizi – almeno adesso – non dovevo proprio averli, visto che era il momento di farmi nuove amicizie. Lo vidi sorridere e venirsi a sedere di fronte a me.


« Sì, diciamo che mi è stato appiccicato per tutto il primo anno, e durante le vacanze estive è riuscito a farmi sentire la sua mancanza. Quindi mi ha incastrato così? » Disse, facendo una faccia buffissima. Lo guardai e misi una mano davanti alla bocca, ridacchiando e cercando di non far uscire alcun suono.
Presi di nuovo il foglietto di carta e scrissi su: “Mi sa proprio di sì. Scommetto che a scuola non evita il suo carattere e va in giro a fare amicizia per poi accoppiare chi ha conosciuto, facendo il calcolo dei loro segni, i loro nomi, e delle costellazioni.”. Scrissi divertita e passandogli il foglio nuovamente.
Notai che appena finì di leggere si coprì il viso con la mano ed ebbe dei fremiti dalle risate che effettivamente avevano provocato le mie parole. Volevo tanto ridere anch’io, così per evitare di far uscire la mia voce – o almeno speravo – mi coprì di nuovo la bocca con la mano.

**


« E’ vero, non la vedevo se non nelle festività, ma non l’ho mai vista studiare, e odiavo quando prendeva qualche libro in mano. E ora guardala! E’ su quella poltrona dalle dieci di stamattina, rannicchiata e concentrata, intenta a studiare per davvero… non posso sopportarlo. Mia cugina è in vacanza, deve anche divertirsi! » Disse Albus, che aveva poggiato un gomito sulla spalla di Scorpius che era seduto al tavolo della cucina, mentre il primo era in piedi.

« Al – disse Hermione, prolungando la a – lasciala in pace per favore, deve sostenere un esame appena metterà piede a Hogwarts, il minimo che possa fare è studiare sul libro d’incantesimi di Hugo del primo anno. Dato che con la pratica la professoressa McGranitt deve trovare una soluzione, con la teoria non ci vuole magia. » Disse Hermione, sorridendo alle parole precedenti del nipote, mentre stava piegando degli strofinacci da cucina per poi posarli in un cassetto.

« Zia, le tue parole non valgono! Tu ami lo studio: se fosse per te la vita sarebbe solo di quello. Ma lei ha sedici anni, ha vissuto in Francia e in Germania per riuscire a risolvere un problema di cui non hanno scoperto la causa. Quattordici anni senza famiglia, scuola e possibili amici oltre ai parenti e ora tu, vieni a dire che fa bene a studiare? » Chiese stupefatto lui, che scatenò le risate della donna.

« Perdi le speranze, caro mio nipote. Hermione è sempre stata così. Ho sposato un’insopportabile so-tutto-io! » Questa volta fu Ron a far ridere Al e ridacchiare Scorpius, che si contenne per non apparire maleducato agli occhi dei parenti di Albus. Però – il marito della donna – si guadagnò un bel scappellotto dietro la testa.

« Ronald, lo sai che lo studio per me è sempre stato importante! » Rispose la moglie, gonfiando leggermente le guance, segno che si stava arrabbiando.

« E quando mi chiama Ronald, significa che la cosa è seria. » Sussurrò a Scorpius, per poi dargli una pacca sulla spalla e andare al frigo per prendere qualcosa da mangiucchiare.

« Mamma, ringrazia Merlino e Morgana che Rose ha preso da te per quanto riguarda lo studio, perché non so come avresti fatto con tre persone in casa cui piace solo il Quidditch. » Intervenne Hugo, raggiungendo la postazione che aveva preso il padre: guardia inglese della Regina Elisabetta II davanti al frigo.

« E tu pregherai di andare da Merlino e Morgana se non finirai di fare i tuoi centimetri di pergamena che ti hanno assegnato per le vacanze! » Esclamò Hermione severa, lasciando la stanza solo quando Hugo annuì distrattamente.

« Scorpius, dobbiamo escogitare un piano per persuadere mia cugina a divertirsi, prima che lo studio prenda il sopravvento su di lei. » Continuò Albus, che si sedette di fianco all’amico, mentre il suo sguardo si perdeva nella direzione di sua cugina sulla poltrona, con gli occhiali e il libro incastrato tra le sue ginocchia e il petto.

« Credo proprio che tu stia prendendo una brutta piega, Al. Tua zia ha ragione, se lei deve sostenere un esame appena entrerà a Hogwarts, lasciala studiare. Poi non credo che si farà persuadere da suo cugino che distribuisce l’amore a tutti e dall’amico, che nemmeno conosce tra l’altro quindi estraneo per lei. »
Al girò la testa piano – stile film Horror – verso il suo compagno di Serpeverde, alzando un sopracciglio e guardandolo stralunato. Ci pensò un po’ su come rispondergli, prima di aprir bocca.

« Il discorso non vale neanche per te. Sei un secchione. »
Scorpius però non era poi tanto convinto della frase e del tono che aveva usato Albus.
Tornò a guardare anche lui Rose, quella con cui ha parlato fino a quando non si sono svegliati tutti e lei poi è andata via, tipo come fanno le principesse nelle storie babbane. Dava molto da pensare al biondino, quella ragazza…

**

“Dai Rose! Che ti costa! Andiamoci a fare un giro! Viene anche Scorpius. E poi non devi stare sempre a studiare, ci vuole anche un’uscita una volta ogni tanto. Non ti sto dicendo di uscire sempre con noi, ma solo adesso. Ci sentiamo soli.” Continuava a insistere Al. Ma io non volevo uscire, dovevo sostenere un esame appena sarei andata a Hogwarts, e stavo cercando di capire qualcosa per quanto riguarda gli Incantesimi del primo anno. Non c’erano cose difficili, questo è vero, ma oltre a incantesimi c’era Trasfigurazione; Difesa Contro le Arti Oscure; Pozioni; Erbologia; Storia della Magia e Astronomia. E ne dovevo farne molti di esami, poiché dovevo anche prendere i G.U.F.O e non sapevo come avrei fatto sinceramente, in un anno solo a sostenere tutti quegli esami. Per di più per gli esami del terzo dovrei aggiungere Divinazione – mamma non era stata d’accordo, secondo lei Divinazione non dovrebbe proprio esistere tra le materie –, Cura delle Creature Magiche e Artimanzia. Stavo davvero uccisa di esami e mio cugino non lo capiva.

“Al, davvero. Devo fare, secondo la media, sette esami per anno. Mi sono saltata cinque anni, quindi il risultato è quarantaquattro esami , per non parlare che devo studiare di più per i G.U.F.O e poi, se Merlino me lo rende dopo tutto questo, dovrei sostenere gli esami di quest’anno corrente. Te lo chiedo per favore Al, non farmi perdere la testa tu e che io devo divertirmi quest’estate.” Mimai, stufa delle insistenze di Albus.

“Ti aiuteremmo io e Scorpius, più lui okay – disse dopo che io ebbi alzato un sopracciglio – però dai, almeno un giorno, un dannatissimo giorno…” Lo fermai, mettendogli una mano sulla bocca. Sospirai e chiusi gli occhi mentre mi alzavo dal mio letto. E sì, perché mio cugino, OVVIAMENTE, mi veniva a rompere le cosiddette direttamente in camera mia. E avevo capito anche che il povero Scorpius era solo una vittima di quel mostro che faceva credere a tutti di essere il figlio di Harry Potter. Sperai che capisse con il mio gesto - sventolio di una mano verso l’uscita della mia stanza – che sarei uscita con loro: però almeno dovevo prepararmi.


« OH! Grazie, grazie, grazie cuginetta! » Non so cosa mi disse, ma sentì solo un forte bacio sulla guancia e uscì dalla stanza, spingendo Scorpius (che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, facendo una smorfia alla promessa fatta di Al) da dietro.
Avevo passato proprio un bel guaio con quel perdigiorno di mio cugino.
Mi cambiai velocemente: mi misi un maglione che arrivava a mezza coscia, e mi calzava abbastanza largo, bianco e arancione. Delle calze coprenti arancioni, scarpe basse marroni con lacci molto sottili e un cardigan di lana marroncino. Faceva molto freddo, erano ormai giorni che stava piovendo qui a Londra. Presi il mio berretto alla francese bianco e scesi giù, prendendo a volo la mia borsa.

**

Probabilmente dovevo dar ragione ad Al. Mi sono divertita tantissimo! Mi sa che non lo avevo mai fatto, non ho mai avuto amici e non avevo mai fatto delle uscite del genere. Sì, era da ripetere e lo sapevo che dopo avrei pensato a una cosa del genere. Però non potevo montarmi la testa con tutto lo studio che mi aspettava, non potevo uscire sempre con loro… ma vedere Albus arrabbiato era stato un vero spasso.

Non ero stata poi così cattiva, insomma avevo visto una libreria, e senza farmi vedere dai due vi ero entrata, ma non avrei mai immaginato che Scorpius distraesse mio cugino per poi raggiungermi e assecondarmi. Cominciava davvero a starmi simpatico quel ragazzo! Alla fine, però, la reazione di Al è stata una delle più divertenti. Si era arrabbiato tanto che la vena che aveva sul collo diceva: Caro! Calmiamoci!
Oddio, che spasso! Solo che alla fine, la pioggia magari ha rovinato tutto… io direi non proprio, però.
Sì, perché tornando a casa e correndo lungo il mio giardino, la mia busta si è rotta, facendo cadere i quattro libri che mi ero comprata per leggerli nel tempo libero, se mai ne avrei avuto un po’. Così mi ero rannicchiata per raccoglierli, e indovinate un po’ chi è tornato dietro per aiutarmi? Sì, il biondo di Serpeverde. Mentre mi stava prendendo l’ultimo libro dall’erba bagnata fradicia ormai, alzai lo sguardo e mi ritrovai i suoi occhi grigi fissi nei miei (mi stava guardando da un bel po’, considerando che dopo un po’ di secondi che ci siamo guardati negli occhi, lui ha distolto lo sguardo con le guance leggermente più rosee del solito).

Sorrisi, mentre entrai in casa, chiudendomi la porta alle spalle e le braccia piene di libri zuppi.
Sì, la pioggia era davvero la cosa più bella che potesse esistere.







NdA: Benvenuti a un altro capitolo! Beh, spero che la storia possa piacervi, la vedo banale io, ma se non faccio uscire la mia fantasia, potrei anche scoppiare.
Per la pubblicazione di questo capitolo devo ringraziare cazzarola, che (dopo aver ascoltato un consiglio di una ragazza) ho assunto come Beta. Grazie mille <3
Buona lettura, Mery.

prossimo aggiornamento: 14 Febbraio 2012.

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Capitolo 5
*** Un inizio è sempre peggiore di una fine. ***


Era difficile. Molto difficile direi. Non credevo che mi sarei trovata così a disagio in una folla di persone come quella che c’era alla stazione di King’s Cross. Eppure io ero abituata a stare a contatto con la gente, ma forse… non con quella diversa da me. .

Dopo aver salutato frettolosamente mio padre e mia madre, ero corsa via nel treno a cercare uno scompartimento vuoto, in cui potevo stare da sola. Ero tremendamente a disagio. Avevo passato un’estate d’inferno con tutto lo studio che mi sono dovuta anticipare per i primi ventisette esami. Certo, c’erano i miei cugini e certe volte mi aiutavano a farmi distrarre, c’era perfino Scorpius che mi aveva aiutato col programma di Pozioni del terzo anno – anche se verso la fine dell’estate è stato parecchio strano, quasi distaccato direi – e ora avevo la testa che mi scoppiava con tutto quello cui pensavo. Partendo dal fatto: in che Casa mi sarei ritrovata? Sarei stata una valida Grifondoro, come i miei genitori e gran parte della mia famiglia, se mai mi fossi trovata lì? Sospirai, trovando finalmente uno scompartimento ancora non occupato e chiusi la porta, poggiai la mia borsa da viaggio su un sedile e mi sedetti accanto alla finestra, poggiando la testa sulla mano e osservando tutti quei genitori che salutavano i propri figli. Sorrisi all’idea che mi venne guardandoli: ci doveva essere proprio un bel trambusto lì fuori.

Mi accorsi che eravamo partiti quando il paesaggio fuori stava scivolando via come fanno le gocce di pioggia su un impermeabile. Era questo l’inizio? Davvero mi sarei sentita così frustata per tutto l’anno? Non avevo voglia né di vedere i miei parenti né il mio riflesso al vetro dello scompartimento. Magari dovevo stare un po’ con me stessa per capire di cosa avevo bisogno; ma non tutti sono così capaci di riuscirci, alcuni non sopportano proprio loro stessi, che si mascherano, nascondendo il loro vero Io e quindi facendo credere a tutti che la maschera che portano sia la loro reale persona. Ma io non voglio fare così, mi troverei in seria difficoltà. Sono sempre stata abituata a essere quello che sono con parenti e persone con cui avevo a che fare con il mio problema. Il vero dramma, però, è proprio la gente che mi circonda. Non capiranno mai come mi sento, non capirebbero neanche se si immedesimassero nella mia persona. Nessuno può capire.

Sospirai, spostando lo sguardo verso la mia borsa da viaggio, che avevo poggiato sui sedili di fronte ma molto più in là, appena ero entrata. E notai che sulla porta c’era mio cugino Al che mi guardava. Si sedette di fronte a me, dopo avermi accarezzato i capelli.

“Come mai sei qui da sola? Perché non sei andata a cercare qualcuno che ti faccia compagnia? Tipo me, James…” Lo stoppai, prima che potesse continuare.

Mi alzai e chiusi la porta a chiave. Tornai a guardarlo e sospirai di nuovo abbassando lo sguardo. Mi sentivo veramente patetica.

« NON HO VOGLIA DI VEDERE NESSUNO AL. » Sperai tanto di non sbagliare a parlare.

« E’ TUTTO COSI’ DIVERSO DA PRIMA. LE PERSONE NON POSSONO MAI CAPIRE COME MI SENTO IO. » Iniziai a vagare con lo sguardo. Lo facevo sempre, quando mi sentivo a disagio a non usare la mia Lingua dei Segni. « JAMES SARA’ SICURAMENTE CON FRED, ROXANNE E LOUIS PER PARLARE DEI LORO SCHERZI DA PROPORRE A ZIO GEORGE. DOMINIQUE SONO ANNI ORMAI CHE SI E’ UNITA A LILY PUR DI NON PARLARE CON ME. HUGO HA LYSANDER E LORCAN.  TU ADESSO HAI SCORPIUS, IO MI SENTO A DISAGIO A STARE IN UN POSTO IN CUI TUTTI NON RIESCONO A CAPIRMI. » Mi fermai un attimo, sospirando e tornando a guardare mio cugino, che aveva poggiato i gomiti sulle ginocchia e aveva lasciato le braccia penzoloni, e soprattutto aveva abbassato lo sguardo. Ma lo precedetti, prima che potesse aggiungere altro una volta aver poggiato di nuovo il suo sguardo sul mio.

“Voglio stare da sola.” Mimai alla fine, guardandolo e sperando che capisse come mi sentivo. Gli accarezzai una guancia e lui mi diede un bacio sui capelli una volta alzatosi in piedi. Mi fece l’occhiolino prima di uscire e ora, ero di nuovo da sola. Forse avevo esagerato, forse non era quello che dovevo fare, ma me stessa aveva detto che questo era il comportamento che dovevo avere. Stare un po’ con me stessa non mi avrebbe fatto male.

Non so quante volte avevo sospirato, ma lo avevo fatto. Guardai di nuovo la mia borsa, ma la mia attenzione fu catturata da tre ragazze che erano sulla porta e due ragazzi dietro, che mi guardavano e sorridevano in un modo davvero… fastidioso.

« Tu dovresti essere Rose Weasley, la figlia dei Salvatori del Mondo Magico. » Mi disse, con una faccia finta che a confronto le labbra di silicone delle donne dello spettacolo erano naturali.

« Oddio, è davvero sorda la ragazza. » Lessi poi, e iniziò a ridere con quelle altre due oche. Non mi sfuggì poi il simbolo di Serpeverde che avevano stampato sul petto e che portavano con onore.

Notai poi, con tristezza, che sulla destra spuntava Scorpius, intento a osservare la scena.  Fantastico, ecco perché si era allontanato poi alla fine… davvero FANTASTICO! Se mio cugino Al era così e lo nascondeva a ME, lo avrei cruciato, ma per davvero però! Il biondo platinato era lì che mi osservava e non faceva niente. Odioso Serpeverde!

Quelle lì continuarono a ridere, al che mi scocciai e mi alzai molto velocemente, le spinsi fuori poco gentilmente e, guardandole male, chiusi la porta a chiave spostando lo sguardo su tutti, compreso… lui. Il suo nome ora mi faceva ribrezzo. La ragazza dai capelli corvini cambiò espressione cacciando la bacchetta dall’uniforme, ma io fui più veloce, grazie al trucchetto di Zia Luna – dovevo ringraziarla per questo – e sigillai la serratura con un incantesimo non verbale che avevo appreso in Francia.

I continui “Alohomora” che leggevo sulle sue labbra non riuscirono ad aprire la porta. Così sorrisi piegando la testa a sinistra.

Lei si avvicinò al vetro e mi guardò negli occhi. ‹‹ Me la pagherai. ›› Lessi, prima che lei potesse soffiare sul vetro per poi farlo velare con il vapore e disegnare un cuore con le dita. La guardai ancora sorridente e la salutai, facendole “ciao” con la mano. Dopo che aveva fatto dietro front assieme alle altre due oche compresi i due ragazzi alti e robusti, lì rimase solo Scorpius, a guardarmi. Cosa cavolo aveva da guardarmi, non lo so.

Con lo sguardo sprezzante mi voltai prendendo un libro dalla borsa e mi andai a sedere di nuovo al mio posto. Quando lessi il titolo, poggiai la testa al sedile, chiudendo gli occhi. “Grandioso! E’ un libro che ho comprato con lui.

Alla fine, mi assopii.

 

**

 

Ero nella stanza della Preside da un bel po’ di tempo. Avevo solo capito che la Preside, la professoressa McGranitt, aveva mandato Zio Neville – professor Paciock quando ero a scuola – a chiamare i miei familiari che rappresentavano la loro casa. Al Serpeverde, Fred per Grifondoro e Louis per Corvonero (tutti e tre, da Victoire, sono stati Corvonero). Se poi fossi capitata nei Tassorosso, me lo avrebbero detto. Non c’era nessun Tassorosso nella mia famiglia. James aveva troppo una bassa media per fare il prefetto dei Grifondoro, certo però Fred rischiava il suo posto, ma non se ne importava poi tanto, era l’ultimo anno per lui, dopo sarebbe andato a lavorare ai Tiri Vispi Weasley.

Al loro ritorno, la McGranitt mi fece accomodare su uno sgabello e prese un cappello vecchio e logoro per poi mettermelo in testa. Aveva deciso che era meglio se lo smistamento lo avrei fatto così, senza tutti quegli occhi puntati addosso, senza capire un accidente. Qui, sarebbe stato più tranquillo, con coloro che mi avrebbero accompagnato fino alla mia dimora in definitiva.

 

**

 

« Infanzia rilevante, a quanto vedo. E paura del giudizio altrui. No, Tassorosso no. Non sei semplice fino a questo punto per capitare in quella Casa. Scartiamo anche Serpeverde, non sei ambiziosa come richiede quella particolare Casata. E qui, c’è il difficile. Sei in bilico tra Corvonero e Grifondoro. Sei molto intelligente, ricordo ancora la mente di tua madre. Ma sei anche coraggiosa, abbastanza quanto lo è stato tuo padre. Ma dove posso metterti? Mhmmm… beh, sei comunque una Weasley, figlia dell’ultimo maschio di famiglia, so esattamente cosa fare con te»

 

**

 

Presi un respiro profondo. Non avevo tutta quella voglia di entrare nella Sala Grande a fare colazione, con tutte quelle persone, ma dovevo. Prima di tutto avevo fame, e poi mi ero preparata psicologicamente per tutta la mattina – mi ero svegliata alle sei – quindi, o la va o la spacca. Dovevo farmi forza, era il mio primo giorno e con l’ora buca che mi ritrovavo avevo giusto dieci minuti per mangiare e andare al primo piano, nell’aula di Trasfigurazione, per sostenere il mio primo esame qui a Hogwarts.

Chiusi per un attimo gli occhi e poi mossi i primi passi per entrare. Ero sicura che tutti avevano puntato il loro sguardo su di me, ma non avevo tutta questa voglia di guardarmi attorno. Guardavo solo davanti a me, e cercavo di non dare retta a nessuno. Avrei anche scommesso che era calato improvvisamente il silenzio.

Sedersi non fu per nulla difficile. Dei miei cugini non so chi era morto o chi era svenuto, ma non li avevo visti, o loro non avevano visto me; non saprei dire di chi era la colpa, sinceramente. Al c’era, ne ero sicura, amava la colazione, ma non volevo guardare verso i Serpeverde.

Mi versai un po’ di latte, presi il caffè e lo zucchero e mescolai tutto assieme, poi presi una brioche e le diedi un piccolo morso per iniziare. Dalla borsa presi il libro di Trasfigurazioni di mio fratello e iniziai a leggiucchiare di qua e di là, giusto per ricordarmi i concetti fondamentali. Mentre masticavo il pezzo della mia brioche, vidi un foglio di pergamena svolazzarmi davanti al naso, così alzai lo sguardo e vidi mio Zio (che adesso era il mio professore di Erbologia) porgermi quello che doveva essere l’orario settimanale di tutto l’anno.

“Grazie.” Mimai con una mano, sorridendo e prendendo il foglio.

“Non c’è di che, nipotina.” Mimò lui facendomi l’occhiolino.

Cavolo, quanto gli volevo bene. Aveva un cuore enorme e mi ha raccontato sempre di quando ha cercato di prendere a pugni i miei genitori e zio Harry pur di non infangare ancora i punti dei Grifondoro. Mi ha sempre fatto ridere quella parte, dicendomi che all’inizio mia madre era antipatica. Grand’uomo mio zio, non che gli altri non lo erano, ma gli zii Fred e George lo han sempre preso in giro – da quanto mi è stato raccontato da fonti di cui fidarsi –. Finì la mia brioche e lessi un altro paio di righe, quando controllai il piccolo orologio regalatomi dai miei nonni babbani per il mio compleanno (avendo un polso molto piccolo l’orologio girava, portando il quadrante al mio polso). Okay, era ora di andare.

Mi alzai con tranquillità e posai il libro nello zaino poco pieno che avevo e iniziai a salire le scale. Però, mi resi subito conto che qualcuno mi stava seguendo. Così appena voltai l’angolo al primo piano, presi subito la mia bacchetta e quando quel qualcuno svoltò dopo di me, gliela puntai alla gola. Il caro biondino di Serpeverde, figlio di papà Malfoy, mi stava seguendo. Lo guardai con odio puro. Non doveva neanche pensare di avvicinarsi a me o tendermi un agguato. Ero sorda, ma non stupida. Abbassai la bacchetta e la poggiai dietro l’orecchio: l’ultimo sguardo che gli avevo riservato era stato di puro intendimento. Se ne doveva andare da dove era venuto. Entrai in aula, e da lì iniziò il mio esame.

 

Uscì con dieci minuti in anticipo da lì. Sbuffai e mi massaggiai le tempie a occhi chiusi mentre camminavo per il corridoio. Dovevo salire su nella Sala Comune di Grifondoro per prendere i libri che mi servivano e poi andare a Cura delle Creature Magiche. Zio Hagrid doveva insegnare oggi a quanto sapevo, insomma era un po’ di tempo che non si sentiva così bene. Ma una persona grande e grossa come lui sapeva bene come cavarsela.

Dopo aver preso il libro, iniziai a scendere velocemente le scale, sorridendo. Sarebbe stata una lezione particolarmente difficile, ma ce la potevo fare! Avevo finito in anticipo l’esame di Trasfigurazione non avendo mai partecipato alle lezioni, figuriamoci ora questo.

Mentre avanzavo verso la sua dimora – in pratica avevamo lezione al limitare della Foresta Proibita – mi sentì avvolgere da un abbraccio e delle labbra posarsi sui miei capelli. Mi voltai in modo molto, molto cattivo e notai subito che era mio cugino Al. Già, oggi avevamo lezione con i Serpeverde. Sorrisi poggiando la testa sulla sua spalla e chiusi per un attimo gli occhi. Mi serviva proprio un abbraccio così.

Arrivati davanti alla capanna dello zio (e mentre tutti aspettavano) io andai a bussare alla porta, ma quando fu aperta, fui messa a terra dall’ormai vecchissimo – e poverino malato con pochi mesi di vita – Thor. Sorrisi pulendomi dalla bava mentre mi alzavo e sentì le grandi braccia di Hagrid che mi abbracciavano. Poverino, ormai aveva quasi ottant’anni, e delle volte sembrava davvero molto solo.

Andai di fianco ad Al e cercai di capire cosa dicesse. D’un tratto, però, vidi tutti sparpagliarsi in giro e mi accigliai. Cosa diavolo stava succedendo? Solo dopo Albus mi fa capire che dobbiamo andare a limitare della foresta perché era nascosto un centauro. No, un momento: ma i centauri non erano quelli che non andavano d’accordo con i maghi? Che se uno di loro veniva a contatto con noi il suo branco lo avrebbe diseredato? Cos’era questa storia che un centauro si era nascosto? Andai dallo zio e cercai di fargli capire che cosa voleva dire.

« Devi andare a cercare il Centauro Rose, su! » Mi aveva detto, spingendomi piano piano verso la foresta.

Sbuffai e vi entrai. Come si trovava un Centauro? Ovviamente prima che esso ti arrivi alle spalle e ti uccida. Giuro che è la cosa più pericolosa che avessi fatto in vita mia. Viene anche prima di quella volta quando ero a casa per le vacanze estive e avevo truccato mio padre mentre dormiva comodamente sul divano. La sua reazione può essere paragonata a un Dorsorugoso di Norvegia privato del suo cibo.

Non volevo allontanarmi, ma se questo Centauro si nascondeva, era ovvio che dovessi farlo: speravo solo di ritrovare la strada del ritorno perché sennò sarei stata in seri guai. Poi vidi una lucetta azzurra che brillava. Mi avvicinai un po’ ma essa si allontanò altrettanto da me. Così mi fermai e feci un passo indietro. Magari era qualche creatura magica che voleva accertarsi che io non le avessi fatto del male, non so. Era bellissima però, la sua visione metteva calore, così sorrisi e mi voltai, tornando a cercare quel fatidico Centauro.

Ma se, ad esempio, qualcuno lo avesse già trovato, chi mi viene a recuperare? Oh, non lo so, ma spero qualcuno, perché – secondo il mio modesto parere – mi stavo addentrando troppo per i miei gusti. Riuscì a fare solo qualche passo in più quando quattro zampe di cavallo mi volarono avanti. Oh cavolo adesso morivo! Chiusi gli occhi portandomi una mano serrata a pugno al cuore, e sperai tanto che non mi facesse poi tutto questo male, magari farmi svenire e poi uccidermi, non avevo voglia di sentire male. Ne sentivo già abbastanza, e forse non me lo meritavo ma… i miei pensieri furono interrotti da una mano che si posò sotto il mio mento e mi fece alzare la testa. Fissai i miei occhi in colui che doveva essere il centauro che dovevamo trovare.

« Tu sei Roselline Weasley, non è così? » Mi disse. I suoi occhi verdi, mi fecero tornare in mente Al, e automaticamente ricordai che ero a scuola. L’ansia mi fa dimenticare parecchie cose. Annuì alla sua domanda poi e mi sorrise.

« Non dovevi allontanarti così. La Foresta Proibita non è sicura neanche di giorno. Vieni, ho scelto te. Torniamo da Hagrid. » Mi accigliai. “Ho scelto te”? Che cosa significava? Gonfiai un po’ le guance mentre guardavo la sua mano tesa verso di me e decisi che magari avrei chiarito dopo. Così presi la sua mano e insieme ci incamminammo verso quella che doveva essere la strada del ritorno.

Mi guardai un attimo indietro. I Centauri, nel mondo babbano, erano pura leggenda. Io invece ora ne vedevo uno in carne e ossa. Eppure, nel mondo dei maghi erano stati classificati come pericolosi. Ma io non la vedevo tutta questa pericolosità in lui, anzi tutt’altro. E non era poi tanto diverso da un essere umano. Sì, insomma, aveva il corpo di un cavallo – e magari il viso non era proprio umano – ma il suo cuore, la sua gentilezza, era umana. Un mostro pensa solo a distruggere gli altri. Lui non era un mostro. Tornai a guardarlo e subito dopo si fermò e si mise davanti a me.

« Sai, io faccio Divinazione assieme alla ormai vecchia professoressa Cooman. Ma non sono Fiorenzo, lui è morto per mano del nostro branco da diverso tempo. Così, ho deciso di lasciare tutti i miei simili e venire a pagare il pegno da parte dei miei compagni per un affronto del genere. Le stelle dicono molto sai? » Si fermò, guardandomi con quel verde dei suoi occhi. Alzai la testa per guardare il cielo (che ovviamente era azzurro e con il sole) e sorrisi, tornando a guardarlo.

« So molte cose su di te, Roselline. Anche se siamo centauri, non significa che non siamo informati con quello che succede nel mondo magico. » Avrei voluto dirgli che mi poteva chiamare anche Rose, ma infondo nessuno più ormai mi chiamava Roselline, così lo lasciai fare. Presi di nuovo la sua mano e insieme uscimmo da quella Foresta.

Dopo, però non ci capì poi molto. Mi ritrovai solo stritolata dalle braccia di Al, il motivo mi sfuggiva. Mi stava soffocando sinceramente e cercavo con tutta me stessa di divincolarmi ma… non ci riuscivo, per Merlino! Mi prese poi per il viso per guardarmi negli occhi. Farfugliava cose come: “Mi ero preoccupato! Eravamo tutti qui tranne te! Dove eri andata a finire!” Ma non capivo, insomma non erano tutti a cercare il centauro?

Solo dopo capì poi che Hagrid aveva dato un tempo limite, e se nessuno lo avesse trovato, doveva tornare indietro. Una specie di gara, ma non si vinceva niente. Mentre tornavo al castello, mi ero voltata dietro molte volte. Quel centauro – di cui nome non conoscevo – aveva detto che sapeva molte cose su di me. Magari lo avrei incontrato a Divinazione la prima lezione dell’anno… che adesso non ricordo quando ma ci sarà.

 

**

 

Infondo, il vero problema era l’inizio di qualcosa, non trovate? Quando tu inizi, non saprai mai come andrà a finire, no? Ad esempio inizi a fare una pasta al sugo. Sai perfettamente che ci hai messo tutta l’attenzione che potevi, ma se sei negata con la cucina, verrà male comunque, no? Era un po’ la stessa cosa con gli inizi. Se inizia male, non significa che finisce tale, non la pensate come me?

Bah, magari mi serviva solo una bella dormita. Mi sarei abituata a quel ritmo, dovevo solo farci il callo.






NdA: okay, ecco il nuovo aggiornamento di capitolo. Spero che possa piacervi, e intanto ringrazio le ottantaquattro anime che hanno letto il capitolo precedente, e le diciannove che hanno messo questa storia tra le seguite anche se... solo un paio mi recensiscono. Ecco perchè ora inizia la mia supplica, se così vogliamo dire. Anche se non avete voglia, due minuti del vostro tempo mi faranno felice, se spesi nella recensione di questo capitolo. Solo per sapere se vi aggrada o meno.
Ovviamente, ringrazio la mia Beta ">cazzarola che continua a darmi consigli. Thaaanks <3


prossimo aggiornamento: 28 Febbraio 2012

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Capitolo 6
*** Alla vita, piace cambiare. Ricordate? ***


Lily, hai voglia di venire con me a Hogsmeade?” Le domandai, mentre stava uscendo dalla sua stanza. Mi ero appostata lì da qualche minuto, sperando che uscisse in fretta. Lei mi guardò tutta stranita e soprattutto da capo a piedi.

Cosa ci fai vestita così?” Probabilmente non aveva visto cosa le avevo domandato.

Volevo andare a fare un giro a Hogsmeade, poiché è Sabato e vorrei fare una pausa. Vuoi venire con me?” Le chiesi, ancora una volta. Il suo sguardo si fece colpevole, mentre si aggiustava una scarpa e iniziò a camminare. Si fermò, prima di uscire dalla Sala Comune di Grifondoro e si voltò guardandomi.

Rose, mi dispiace. Ma ho un appuntamento con un ragazzo e credo anche di essere in ritardo. Ci vediamo in giro eh!” Disse, mancando di qualche centimetro la mia guancia e sparendo da quella stanza. James e tutti gli altri erano impegnati con la squadra. Il primo, era cercatore e capitano (rispettando la tradizione del padre) della nostra squadra, quindi potete immaginare; Lorcan e Lysander erano a vedere la squadra di Grifondoro (come da tradizione, loro sono Corvonero); poi c’era Fred, che era da qualche parte, non so dove con la sorella (entrambi avevano evitato gli allenamenti, o così avevo capito). Dominique ormai era un caso perso e quindi ciao. Hugo non se ne parlava proprio. Era mio fratello, gli volevo bene, ma no. E, infine, Al era sicuramente con il suo amichetto biondo platinato.

Sospirai, mentre scendevo le scale. Beh, allora ci sarei andata da sola. Non avevo voglia di stare al castello a studiare. Erano passati un paio di mesi e avevo superato con ottimi voti già diciannove esami. Se fossi rimasta nella Sala Comune, avrei studiato. E il mio cervello chiedeva pietà. Dormivo poco e male per tutti i pensieri e i problemi che mi si accavallavano sulla schiena. Un giro non mi avrebbe fatto di certo male.

D’un tratto, mentre stavo per uscire, mi sentì picchiettare con un dito sulla spalla. Mi voltai e trovai il bell’imbusto amato da tutte le ragazze della scuola Maximillian Nott. Sì, forse dovrei darvi qualche spiegazione:

In pratica, un mese fa – o giù di lì – ero appena uscita dal mio esame d’Incantesimi, quando la banda femminile di Serpeverde (che avevo incontrato felicemente sul treno) mi piombò avanti. Scoprendo che quella con i capelli neri si chiamava Caroline NonSoChe. Iniziò a dire cose sgradevoli su di me (che non compresi in pieno), ricordo poco di quel momento, l’unica cosa che mi è rimasta impressa nella mente fu l’arrivo di Maximillian e un amico che fecero sloggiare quelle lì. Era anche lui Serpeverde, ma… era diverso. Non era cattivo come quelli che avevo incontrato fino a questo momento. Non sapevo dire cosa c’era di diverso in lui, ma era lì. Insistette tanto nel porgermi la mano e fare la mia conoscenza che adesso eravamo come due persone che si conoscevano e ovunque s’incontrassero si salutavano calorosamente.

Tornando a noi: era lì, che mi sorrideva, con una mano nella tasca, vestito come se anche lui stesse per uscire.

« Stai andando a Hogsmeade? » Mi domandò, inserendo anche l'altra mano nella tasca. Io annuii sorridendo e guardandolo nei suoi occhi color nocciola.

« Posso venire con te? Mi annoio terribilmente a stare qui al castello. » Lessi, dopo.

Fui così felice, che annuii facendo – molto energicamente – sì con la testa. Così lui sorrise, allargò un po’ il braccio per far passare la mia mano, che feci entrare subito, e ci dirigemmo per la piccola città.

Arrivati lì, passeggiammo per molto tempo, tra vetrine di negozi e una Burrobirra offertami da lui. Poi m’indicò una panchina e ci andammo a sedere lì, dopo averla spolverata da un po' di neve che era caduta in precedenza. Quasi fine Novembre e c’era già la neve. In Germania faceva molto più freddo.

Comunque ci sedemmo, e lo guardai, sorridendo, mentre lui si stiracchiava. Se non sbaglio, era un anno più grande di mio cugino Al, però di lui sapevo ben poco. Improvvisamente, come se stesse leggendo nei miei pensieri, mi guardò e sorrise.

« Chiunque ha a che fare con te, t’informa del suo dispiacere per non saper usare la Lingua dei Segni, vero? » Mi disse, sorridendo. Lo guardai per un attimo negli occhi e poi mi voltai, scavando nella mia borsa un quaderno – che usavano i babbani – e una biro. Lo aprì e v’iniziai a scrivere la mia risposta.

Non esattamente. Non ho ancora amici qui a Hogwarts, e tra i miei parenti l’unica cugina che non la sa usare è Dominique Weasley.”. Scrissi, per poi farglielo vedere. Era un ragazzo carino però, sapete? Aveva i capelli scuri, gli occhi nocciola, dei bei lineamenti ed era alto e ben formato. Tutte le ragazze lo desideravano, però io a essere sincera non lo vedevo sotto quell’aspetto. Era carino e gentile con me, e questo mi bastava.

« Sai. Dopo la notizia che tu eri arrivata a scuola, c’è stato molto su cui parlare. Com’eri fisicamente, come ti sentivi con il problema che hai. Nessuno ha pensato ad altro. Ecco perché Caroline ti odia tanto: hai tolto i riflettori che erano su di lei. Le piace essere in vista. La scuola è fatta per spettegolare, mia cara Rosie. » Disse, facendo una pausa e passandosi una mano tra i capelli, scompigliandoseli un po’.

« All’inizio anch’io ero in primo piano. Sono figlio di un Mangiamorte, sai? E scommetto che dopo questa rivelazione, andrai via. »

Lo guardai accigliata e in modo molto male, con decisione poi gli strappai il quaderno dalle mani per scriverci sopra.

Cosa diavolo stai dicendo, eh? Io non scappo da qualcuno solo perché è figlio di un Mangiamorte. Non sei cattivo Maximillian. L’ho letto nei tuoi occhi appena t’incontrai. Sei buono. E poi non bisogna giudicare una persona dalla famiglia o dal passato che ha!” Lo scrissi con così tanta foga e rabbia che dopo glielo scaraventai addosso, presi la mia borsa e iniziai a camminare.

Non ero quel tipo di persona, non lo ero per niente! Proprio io, che avevo un problema, avevo imparato a non giudicare le persone come appaiono… Okay, con Scorpius era tutt’altra faccenda, ma delle volte capita di avere dei pregiudizi. Non siamo tutti rose e fiori. Poi però mi sentì prendere il polso e così mi voltai bruscamente. Maximillian mi mise anche l’altra mano fermandomi il braccio dove avevo la borsa. No, ora mi ero arrabbiata! Non poteva dirmi una cosa del genere proprio a ME!

« Perdonami Rose. Non volevo offenderti, per favore non andartene. » Mi disse guardandomi con aria colpevole. Abbassai lo sguardo e feci di sì con la testa. Mi prese per mano e andammo a sederci di nuovo sulla nostra panchina. Continuai a tenere lo sguardo basso, quando la sua mano mi alzò il viso in modo da farmi immergere nei suoi occhi color nocciola.

« Non era mia intenzione offenderti, davvero Rose. E che il più delle volte sono abituato ai pettegolezzi delle persone che mi chiamano il figlio del Mangiamorte, che ora non mi fa più niente. » Fece una pausa, guardando avanti a sé.

« Anche Scorpius inizialmente era chiamato così sai? » Mi accigliai e guardai avanti anch’io, notando che mio cugino e Scorpius erano poco più in là che guardavano la vetrina di Mielandia. Sapevo anche della storia di Malfoy Senior, ma non immaginavo che chiamassero Scorpius “figlio del Mangiamorte.” Tornai, poi, a guardare Maximillian che mi stava guardando con interesse, così strinsi la sciarpa alla mia bocca arrossendo un po’. Sapevo benissimo che eravamo solo amici, ma il suo sguardo mi faceva imbarazzare. Poi mi toccò la mano che avevo usato per stringermi la sciarpa e lo guardai.

« L’insulto riservato a lui era ben peggiore comunque. Sai no che Draco ha poi rinnegato Voldemort, giusto ? Beh, lui veniva chiamato “Il figlio del Mangiamorte pentito”. Ed è una cosa orrenda, ecco perché in qualche modo ho sempre pensato a lui come a un fratello più piccolo da proteggere. » Lessi, infine.

Tornai a guardare i due che ridevano e scherzavano ancora a quella vetrina di dolciumi. Era terribilmente cattivo da parte di secondi insultare un ragazzo che con la vita passata del padre non c’entra granché. Non era giusto. Però… guardando bene, il biondino non era male… Non a caso era corteggiato anche lui da buona parte della popolazione femminile che c’era al castello. Sospirai e mi strinsi di nuovo la sciarpa al viso, quando poi sentì le labbra di Maximillian toccarmi la guancia e abbracciarmi. Sorrisi. Effettivamente avevo molto freddo.


 

**


 

Il secondogenito di casa Potter e il primogenito di casa Malfoy erano a Hogsmeade che ridevano e scherzavano davanti a una delle due vetrine del negozio di Mielandia. D’un tratto, però, Scorpius voltò la testa ridendo, trovandosi faccia a faccia con un’immagine che gli dava particolarmente fastidio: Rose Weasley che sorrideva ed era abbracciata a Maximillian Nott. Per lui il secondo era sempre stato come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Ma di certo non si aspettava che si sarebbe ritrovato a fare pensieri un po’ odiosi su di lui solo perché le sue braccia cingevano il piccolo corpo della rossa.

Albus, notando il sorriso spento sul volto dell’amico biondo, si accigliò.

« Al da quando tua cugina frequenta Nott? » Chiese Scorpius, non staccando gli occhi di dosso ai due poco più in là. Il moro lo guardò stranito e si voltò, sperando di trovare la fonte del sorriso mancato dell’amico. E dopo capì il perché. La mente di Al iniziò a mettersi in moto su un pensiero davvero contorto – tipico di lui d'altronde – e tornò a guardare Scorpius, scrutandolo per poco. Possibile che prova interesse per mia cugina? Gli venne da pensare. Alla fine scrollò le spalle e chiuse per un attimo gli occhi.

« Non lo so. E poi Max piace molto alle ragazze, quindi non la vedo una cosa strana. » Tornò a guardare la vetrina di Mielandia dopo la sua affermazione.

« Sì ma Nott non è che è tutto rose e fiori. Anche lui usa parecchie volte le ragazze per i suoi fini. Non ti preoccupa che ora si frequenta con tua cugina? » Insisté il biondo. Al, allora, tornò a guardare i due che ora – per quanto la cugina poteva – stavano parlando. E spostò lo sguardo su Scorpius, guardandolo molto male.

« Neanche tu sei tutto rose e fiori, sai anche questo vero? Quante volte ti porti le ragazze nella stanza ed io devo aspettare te che finisci i tuoi sporchi comodi per distendermi sul mio amato letto? » Alzò il sopracciglio scherzosamente.

Malfoy sospirò scuotendo la testa. Voleva dire che lui era diverso che non faceva cose del genere, ma sarebbe stato incoerente alla fine. Quello che aveva detto Albus era vero. Lui non era di certo tutta questa castità, però… però non sapeva perché gli desse tanto fastidio.

« Se proprio ci tieni, domani ci parlerò. Tutti sanno quanto è importante per me mia cugina. Magari domani glielo ricorderò. Puoi stare tranquillo. » Disse Albus con un mezzo ghigno proprio da Serpeverde. Scorpius, dal canto suo, arrossì un po’ e lo guardò sgranando un po’ gli occhi.

« Ma guarda che era solo per farlo presente a te, mica per altro! » Disse imbarazzato.

Al scoppiò in una fragorosa risata e scosse la testa.

« Certo certo, come vuoi Hyperion. » Lo prese in giro, ridacchiando.

« Non osare chiamarmi così, Albus Severus! » Disse scaldandosi un po’. Il moro sapeva bene quanto il biondo non sopportava il suo secondo nome. E così, alla fine, finirono con una battaglia di palle di neve, e con qualche ramanzina da parte del proprietario di Mielandia perché Potter per scampare a Malfoy aveva fatto guadagnare della neve fredda sul viso della donna che lavorava lì.


 

**


 

Maximillian, quella giornata di gelo infernale, aveva dato – a chi era nella squadra di Quidditch di Serpeverde – appuntamento al campo per allenarsi, visto che il Torneo tra le varie Case sarebbe iniziato tra meno di una settimana. E, sugli spalti a osservare i sette Serpeverde alzarsi in volo c’era anche la rossa, primogenita di casa Weasley: Rose. Sì, il bellissimo Nott aveva invitato anche lei.

Scorpius inizialmente era diciamo “contento” che assistesse anche lei, ma dopo aver capito che non era stato il cugino della ragazza a invitarla, l’unico suo sospetto era passato al capitano della sua squadra. E lì, lo aveva odiato non poco, senza sapere neanche lui il perché.

Gli allenamenti iniziarono: Nott, che era battitore della squadra, iniziò a coordinare i vari compagni. Scorpius giocava nel ruolo di Cacciatore e, insieme agli altri due che giocavano in quel ruolo, si allenava assieme ad Albus, che era il portiere della squadra. In effetti, si davano parecchio da fare, sotto i consigli e suggerimenti che urlava dall’alto Maximillian. Gli altri due giocatori nel ruolo di cacciatori facevano varie finte: Pluffa che vola a destra e poi a sinistra e viceversa e, infine, l’azione passava a Scorpius che appariva dal nulla a tutta velocità e scagliava la Pluffa in uno dei tre anelli. Albus, ovviamente riusciva a prevedere le mosse del biondo amico, e quindi a pararle.

Nel frattempo, Rose era tutta concentrata a leggere il libro di Artimanzia del terzo anno, visto che tra pochi giorni doveva dare il suo primo esame del terzo corso. Quando però, d’un tratto notò una figura un po’ sinistra davanti a sé, così alzò piano la testa e si ritrovò Nott che la guardava sorridendo.

« Guarda che ti ho invitato per guardarci, non per leggere un libro. » Disse lui, facendo una faccia seria.

La rossa di tutta risposta arrossì alla sua affermazione e sorrise a malapena quando, però, una Pluffa colpì in pieno la testa di Maximillian e il ragazzo la abbassò, restando in quella posizione. Per la paura Rose si alzò in piedi e guardò in alto, trovando il mittente di quel colpo basso. Guardò così male Scorpius, che desiderava ardentemente fulminarlo all’istante. Come si permetteva di colpire la testa del suo amico con quella violenza e con quella palla? Avrebbe voluto dirgliene quattro, ma si prestò ad avvicinarsi (per quanto poteva) a Maximillian che era rimasto in quella posizione per tutto il tempo – anche se non sapeva quanto ne era passato.

Quando lei poggiò la mano destra sulla sua testa, lui la alzò e le fece la linguaccia. Chiuse gli occhi per un attimo e prese un respiro per la troppa paura che aveva provato. Poi, tranquillamente si abbassò a prendere la palla che era caduta ai suoi piedi e la lanciò sulla testa del Serpeverde diciassettenne che l’aveva presa in giro. Poi tornò al suo posto e per vendetta riaprì il libro che stava leggendo, dopo però aver visto che Nott si stava facendo delle grasse risate.

Poco dopo, la rossa alzò nuovamente il capo, trovando immediatamente la sagoma del biondo Malfoy che volava da una parte all’altra del campo con velocità ed eleganza. Lo seguì con lo sguardo. Sì, era un bel ragazzo, si ritrovò a pensare. Insomma, era richiesto è vero, ma proprio perché aveva un bel viso e un bel corpo curato… Ah smettila Rose! Si Disse. Lui è quello che non ti ha difeso sul treno! Si ripeteva ancora. Però, nonostante questi pensieri, si ritrovò per l’ennesima volta a scuotere leggermente il capo e sorridere debolmente, mentre i suoi occhi si poggiavano nuovamente sule righe del libro di Artimanzia.


 

**


 

Al tavolo dei Serpeverde si farfugliava del più e del meno con le bocche piene di cibo.

« La Clery non è niente male, ma di certo la batte la Young. » Un ragazzo dai capelli castani a fianco di Maximillian Nott si cimentava in un discorso.

« Tu cosa pensi amico? » Disse lui, ancora con la bocca piena.

« Penso che dovresti evitare di parlare con la bocca piena. E ormai siamo grandi, insomma basta con queste stupidaggini del sondaggio tra chi è la ragazza più bella e che merita di essere portata a letto. » Sorrise lui, mangiando un boccone.

« La tua filosofia di certo non serve. Hai diciassette anni e devi divertirti, per Merlino! » Continuò, sbattendo un pugno sul tavolo.

« Ho diciassette anni e di sicuro sono molto più maturo di te. » Disse, infine chiudendo il discorso.

In quel momento, nella Sala Grande, entrò la rossa che andò a sedersi al tavolo dei Grifondoro.

« Eccone un’altra, la Weasley non è niente male. » Iniziò di nuovo.

« Ehi! Quella è mia cugina Stephen, gira a largo. » Al intervenne immediatamente nel discorso, puntandogli il coltello con cui stava tagliando la carne e guardandolo a dir poco male. Ma ebbe di tutta risposta uno sbuffo e uno sventolio di mano da parte del ragazzo.

« Cos’hai intenzione di fare con lei, eh Nott? Ti vedo, che sei spesso con lei, che vai a Hogsmeade o la inviti agli allenamenti della squadra. » Lo accusò, guardandolo molto attentamente.

Maximillian seguì con lo sguardo la ragazza, che si era accomodata e si era servita, sempre da sola, circondata solo qualche volta dai parenti come James o il fratello Hugo. Era vero quello che aveva detto allora: lei non aveva ancora amici lì.

« Non ho intenzione di fare proprio niente con lei, Steph. » Terminò lui, sorridendo debolmente.

« Oh, andiamo! Si vede lon… »

« N i e n t e Stephen – lo interruppe – Lei non ha bisogno di un ragazzo in questo momento, ma di un amico. Non iniziare a dire che la corteggio o altro, perché non è così. Sono solo un suo amico, ed è quello che le serve. Sono certo che anche Albus capisce quello che dico. » Si rese conto che il secondogenito di casa Potter lo stava guardando con molta attenzione, e aveva capito che voleva scoprire cosa voleva fare esattamente con sua cugina. Alla fine lui annuì.

« Non capisco cosa c’è di diverso in quella Weasley. E’ solo una rossa per niente carina e che ha anche un problema. Io le starei lontana. » Intervenne Caroline, provocando le risatine isteriche delle sue compagne di gruppo.

Al si stava accingendo ad alzarsi e picchiarla, ma intervenne immediatamente Nott, che con tranquillità le rispose.

« Oh, beh. Sarà anche bruttina come dice la tua invidia, ma almeno non è una di quelle ochette che credono di essere diventate famose dopo che sono uscite con il capitano della squadra di Serpeverde. » La azzittì immediatamente.

Lei di tutta risposta lo guardò malissimo e, sbattendo le mani sul tavolo se ne andò, seguita dalle sue leccapiedi.


 

**

Era ormai quasi tutto il pomeriggio che studiavo nella Sala Grande. Posai un attimo la penna d’oca con cui stavo scrivendo il tema per il professor Lumacorno, e mi strofinai gli occhi alzando i miei occhiali da lettura. Davvero non ce la facevo più. Scommettevo che avevo anche gli occhi rossi dalla stanchezza e dallo stress.

Sospirai e mi aggiustai gli occhiali, per poi continuare il mio tema. Sessanta centimetri sulla pozione Antilupo. Poteva anche essere un bravo e simpatico insegnante, ma pretendeva troppo certe volte. Oppure ero io quella sotto pressione, cosa più probabile. Ma, mentre stavo scrivendo, sobbalzai violentemente sentendo dei rumori. Mi guardai attorno, ma vidi solo altri ragazzi che – come me – facevano compiti o si accingevano a giocare agli Scacchi dei Maghi.

Con l’espressione corrucciata mi passai la mano sinistra all’orecchio, e pensai che dovevo essere davvero stanca per aver immaginato una cosa del genere. Poi però quando poggiai la mano sulla pergamena questa, si sporcò di sangue. Lo guardai attentamente, spalmato sulla mano e sul foglio. Restai ferma per un attimo, per lo spavento e per… non lo so, non sapevo a cosa pensare. Posai immediatamente la penna d’oca e mi passai la mano all’altro orecchio: anch’esso sanguinava.

Mi alzai immediatamente e senza prendere le mie cose, iniziai a camminare velocemente in direzione dell’infermeria.


La vecchia Madama Chips riuscì solo dopo un periodo lunghissimo, che per me sembrava infinito, a calmarmi. Avevo sentito la sua voce. L’avevo sentita per davvero! Ero felice, ma allo stesso tempo mi faceva paura. Questa era la prima volta di tutta la mia vita che riuscivo a sentire una voce. Cioè, non so cosa mi stia accadendo, ma era… bello.

Era riuscita a tamponarmi il sangue dalle orecchie e mi aveva dato una pozione per farmi calmare, dato che avevo combinato un paio di guai gettando alcune lampade a terra. Per il dolore mi ero anche graffiata il viso: era stato orribile. Sì, avevo provato anche dolore…


 

**


 

Albus corse più veloce che poteva verso l’infermeria. Madama Chips l’aveva mandato a chiamare urgentemente, dicendogli che era qualcosa riguardo alla cugina Rose.

Arrivato lì, con il fiatone e con Scorpius che l’aveva seguito per tutto il tragitto, e che ora si accingeva a chiudere la porta dell’infermeria, andò da Madama che non tardò a notarlo.

« Oh, Signor Potter! » Disse, alzandosi di poco il vestito per camminare velocemente verso il ragazzo, e lo zittì subito da un tentativo da parte sua di farle domande.

« Sua cugina è venuta qua circa un’ora fa. Non so cosa le stia succedendo, ma è arrivata qua spaventata e con le mani insanguinate. Il sangue veniva dalle orecchie e… non so come, ma riusciva a sentirmi. » Mentre prese un respiro profondo per continuare a raccontare, Albus sgranò gli occhi per lo stupore e cercò di muovere un passo verso l’unico lettino che era coperto da una tenda, ma fu subito fermato dalla donna.

« Un momento signor Potter! Ora è di nuovo al suo stato normale, le ho dato una pozione per farla calmare. Era spaventata, ha pianto fino a poco fa e ha il viso tutto graffiato, perché diceva di provare dolore. Non le domandi niente, anche perché nello stato in cui è adesso, non riuscirebbe a comprendere. Però, per favore avverti subito i suoi zii di quello che è accaduto, non credo che la ragazza lo farà. » Finì Poppy, mettendosi da parte e lasciar passare Albus.

Rose, intanto, era seduta calma calma sul lettino, con il viso un po’ graffiato e un po’ bagnato dalle lacrime che le avevano solcato il volto fino a poco fa. Aveva la mente sgombra da pensieri tristi e cattivi. Si sentiva quasi leggera. Guardava con vivo interesse fuori la finestra quando dinanzi a lei apparve la sagoma di un ragazzo moro che s’inginocchiò e le prese il viso tra le mani, asciugandoglielo con le dita.

Lei lo guardò con uno sguardo quasi vuoto, come se non si è mai resa conto di dov’era e essersi accorta solo in quel momento che anche lei esisteva. Al così sospirò e le regalò un piccolo sorriso.

« Hai lezione o un esame ora? » Lesse sulle sue labbra, mentre lei subito dopo scosse piano la testa in segno di negazione.

« Ti accompagno nel dormitorio allora. – Disse mentre si alzava – Andiamo. » Le porse la mano e lei tranquillamente si alzò, prese lo zaino che era in piedi contro il comodino di legno e prese la mano del cugino più alto di lei.

Scorpius li seguiva in modo calmo e senza dire una sola parola. Alla viste di quella scena straziante di Rose gli si era stretto il cuore.








Nda: ed ecco qui il nuovo capitolo della storia. Iniziano a scoprirsi un paio di cose, anche se verranno confermate dopo un pò di capitoli, e poi c'è questa particolare cosa che avvade a Rose. Io, non perchè sono l'autrice ma perchè amo Rose, mi fa piacere ad essere sincera. Anche se non sembra la piccola Roselline soffre per il problema che ha. Ma non vi anticipo niente ùù
Mi scuso per gli eventuali errori. La mia Beta credo abbia avuto qualche problema perchè non mi risponde alle mail e ho dovuto pubblicare ugualmente, visto e considerato che i pochi i pochi lettori che recensiscono aspettano già due settimane per l'aggiornamento. Volevo ringraziare le quattrocentoventotto anime che hanno letto il prologo, le duecentoventi il primo capitolo, le centosettantanove il secondo, le centoquarantuno il terzo e le centodue il quarto. Inoltre volevo appellarmi a tutte queste anime (e alle ventiquattro che hanno messo la mia storia tra le seguite [grazie innanzi tutto], alle cinque tra le preferite e alle due tra le ricordate) di recensire. Per favore, giusto per avere un parere di seconde persone che possono anche darmi qualche consiglio, perchè no. Non sono un asso nella scrittura e mi piacerebbe tanto migliorare. Quindi recensite! Che sia anche neutra o una critica, non m'importa, accetto tutto ^^
Infine (sì, ho quasi finito, abbiate pazienza) voglio ringraziare
Ystava e bess_Black che hanno sempre recensito dall'inizio della storia... grazie!
Ora mi dileguo, si avete ragione. Buona lettura <3

prossimo aggiornamento: 13 Marzo 2012.

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Capitolo 7
*** La tranquillità del Natale. ***


 

 Mancavano soltanto due settimane prime delle vacanze di Natale, e sinceramente non vedevo l’ora di tornare a casa per il mio primo Natale a Londra, dopo essere tornata da Hogwarts, ed era ben diverso da tutti gli altri anni. Per non parlare dello studio che mi stava tartassando, e non ce la facevo più, volevo staccare la spina e passare delle vacanze tranquille con la mia piccola famiglia. Sì, piccola perché quest’anno tutti andavano da zio Bill a festeggiare il Natale, compresi i nonni maghi, e non so per quale strano motivo, i miei genitori hanno deciso di stare a casa. Magari centrava il lavoro, oppure volevano anche loro un po’ di tranquillità.

Fatto sta che adesso ero nella Sala Grande, ancora una volta sommersa da migliaia di tomi, di pergamene, d’inchiostro e un’emicrania da far diventare pazza anche mia madre, che ha sempre studiato molto assiduamente. La mia unica compagnia al momento era Albus al mio fianco che stava copiando il mio tema di Pozioni. Eppure i Serpeverde andavano benissimo in Pozioni, ma non capisco perché a mio cugino non piaceva.

Poco dopo se ne andò anche lui però, trasportato dal suo amico biondo che gli doveva parlare molto urgentemente. Quel Malfoy mi aveva portato via mio cugino, e un giorno di questi gliel’avrei fatta pagare.

Erano le sette di sera, quando uscì dall’aula di Divinazione. Quel centauro che mi fece uscire dalla Foresta Proibita (che si chiamava Gresda) aveva un insegnamento tutto suo. La povera Cooman certe volte non riusciva neanche a stare in piedi sulle sue gambe, così la sostituiva spesso e volentieri lui. E, ad essere sincera, mi era simpaticissimo. Mi dava la lezione di quel determinato giorno su un foglio di pergamena scritto a mano da lui, ed era una cosa davvero carina da fare, secondo il mio modesto parere.

Mentre stavo salendo le scale, la rampa decise di cambiare muovendosi verso destra. Davvero simpatica, davvero! Non poteva farmi salire e poi sbizzarrirsi? Sbuffai, trovandomi su un piano che non riconoscevo. Adesso mi toccava anche cercare una via nuova per il mio dormitorio. Così, mentre camminavo, svoltai un angolo alla mia destra trovandomi una scena davanti davvero… disgustosa. Quella viscida Serpeverde che si avvicinava al viso di quello che sembrava… il giovane biondo platinato di casa Malfoy.

Sgranai gli occhi facendo un passo indietro, e al contatto delle loro labbra svoltai di nuovo l'angolo di prima, ancora con gli occhi spalancati e guardandomi attorno. Adesso dove andavo? Se andavo dritta, mi avrebbero vista, se tornavo indietro, mi sarei persa certamente. A un tocco leggero sulla mia spalla mi voltai di scatto spaventata, trovandomi Albus e Maximillian, in cui il primo aveva una mano ferma a mezz’aria con aria accigliata e il secondo mi sorrideva.

“Cosa ci fai qui tu?” Chiese mio cugino.

“La scala ha deciso di cambiare traiettoria mentre stavo salendo e sono capitata qui. Sai una via per andare alla mia Sala Comune?” Gli mimai, sconsolata. Lui sorrise e annuii, cingendomi le spalle con il suo braccio non troppo muscoloso e tornammo indietro.

Tornata nella mia Casa, e dopo aver ringraziato Al, decisi di anticiparmi qualcosa. Il problema era che non riuscivo ad anticiparmi niente. C’era qualcosa che mi faceva distrarre e così dedussi che lo studio proprio non voleva entrarmi quel pomeriggio. Decisi di salire al dormitorio femminile per farmi una bella dormita, ma appena mi stesi sul mio letto capì cosa mi distraeva dal mio amato studio: la scena che avevo visto poco fa, di quella Serpeverde e di… di… quel cretino! In un certo senso mi faceva rabbia pensare a quella scena, e non sapevo neanche il perché. Non era problema mio ma quella poco di buono meritava una lezione. Per cosa? Beh… per il comportamento orrendo che aveva verso i miei confronti, per cos’altro allora?

Lasciandomi trasportare da vari pensieri e ricordi sconnessi tra di loro, abbandonai me stessa nel mondo dei sogni.

**


« Ron, vai ad aprire la porta. » Disse Hermione, mentre finiva di sistemare la tavola nella sala da pranzo. Sfortunatamente – o fortunatamente, dipende dai punti di vista – il rosso non aveva sentito.

« Ron! Stanno bussando alla porta! Vuoi andare ad aprire? »
Urlò di nuovo la donna, ma di tutta risposta ebbe un grugnito degno di un gigante.

« RONALD! Per Merlino, vai ad aprire! »
Urlò tanto che Ron uscì dalla cucina in fretta e furia, spaventato dalle urla della moglie.

« Sto andando! Stavo facendo una cosa! »
Rispose, per giustificarsi. Ma ben tutti sappiamo che non aveva nessunissima voglia di andare ad aprire a colui che aveva odiato per, forse, più di sette anni.

« Scusatemi, ma ero di là e Hermione è occupata, accomodatevi! »
Disse Ron, guardando solo la donna con i lunghi capelli neri, quella volta acconciati in morbidi boccoli che superavano le spalle. Evitò, invece, di guardare il biondo che era a fianco a lei. I due entrarono, seguiti dal figlio che una volta in casa strinse la mano all’uomo che li aveva fatti accomodare.

« Astoria! Draco! Siete arrivati! Ero di là ad aggiustare la sala da pranzo. »
Sorrise ai due e li salutò calorosamente; a quel comportamento così mieloso Ron fece una smorfia e scosse la testa, mettendo le mani in tasca e alzando gli occhi al soffitto.

« Oh, non preoccuparti Hermione. »
Rispose Astoria, rispondendo all’abbraccio con la stessa intensità. Salutò Hugo che passava di lì per caso e poi domandò a Hermione se c’era Rose.

« Certo, è in salotto. L’ultima volta che l’ho vista stava studiando – diceva mentre li guidava in quella direzione – ma… ora… dorme. Sta dormendo. »
Disse la signora Weasley, che guardava la figlia un po’ sbalordita e un po’ dolcemente, con lo sguardo che sapevano assumere solo le mamme.

Rose era seduta sulla poltrona, con le gambe piegate verso l’interno: una mano poggiata sul bracciolo destro che manteneva un quaderno babbano e tra le dita una penna e il gomito sinistro poggiato sull’altro bracciolo della poltrona con una mano che reggeva la sua testa rossa, con i lunghi capelli che penzolavano e il viso rilassato e tranquillo.

« Poverina, doveva essere davvero stanca per crollare sulla poltrona. »
Disse Astoria sorridendo mentre la guardava. La donna aveva sempre desiderato avere una femminuccia, ma evidentemente il marito voleva solo un figlio, ed esso essendo nato maschio, aveva avuto doppia vincita perché erede della famiglia Malfoy.

« Ora la sveglio così vi può salutare. »
Hermione non finì neanche la frase che Astoria e Draco scossero la testa e fu proprio quest’ultimo a parlare prima della moglie.

« Lasciala dormire. Ci saluterà non appena si sveglierà. »
Disse lui, guardando Rose.

Hermione li fece accomodare in salotto, e lasciò che i maschi di casa iniziassero una discussione di Quidditch mentre lei e Astoria si misero sul divanetto di fronte agli altri a parlare della cena e di tutto il resto. A un tratto però Rose cadde in avanti. Tutti la guardarono, ma in particolar modo Scorpius, che si alzò immediatamente in piedi senza saper come, e la guardava mentre il suo corpo diceva "aiutala ad alzarsi". Solo dopo essersi reso conto che un po’ tutti lo avevano guardato, si sedette di nuovo sul divano.

Dopo vari tentativi della rossa di rimettersi in piedi, perse le speranze e appoggiando la testa e una mano sulla poltrona si addormentò di nuovo, non accorgendosi per niente che era osservata o che c’erano ospiti in casa. Così, mentre parlottava con Draco (cosa che mai nessuno avrebbe mai immaginato) su come la scopa di Sebastian era ridotta male dopo l’ultima partita contro i Cannoni di Chudley, Ron si alzò e andò a dare dei piccoli buffetti sul fianco destro di sua figlia, per farla svegliare.

« Rose, andiamo su. E’ ora di svegliarti. »
Diceva il padre, anche se lui era consapevole che Rose non avrebbe mai ascoltato quelle parole. Solo dopo poco riuscì a far aprire gli occhi cerulei di sua figlia e, prendendola da sotto le ascelle, la fece alzare. Dopo aver appurato che sua figlia non si sarebbe messa a dormire (sul divano o in piedi) andò a sedersi di nuovo al suo posto e riprendere l’argomento che tanto amava.

Per un attimo, la ragazza non capì dov’era, solo dopo comprese che era a casa e che mentre studiava si era addormentata sulla poltrona. Alzò la penna e il quaderno che le erano caduti e si aggiustò il maglione lungo e invecchiato della squadra preferita del padre, per poi alzare gli occhi quando il fratello le passò accanto e la urtò di proposito. Sgranò gli occhi all’immagine che le si era parata davanti: un Draco Malfoy che discuteva con suo padre; un’Astoria che parlava dolcemente con la madre e… beh, LUI era lì, sul divano che ascoltava i due uomini. Quando poi si rese conto di essere osservato la guardò immediatamente e lei distolse lo sguardo, sprezzante. Cosa cavolo ci faceva – almeno lui – lì, alla vigilia di Natale? Sì, la madre le aveva detto che ci sarebbero stati ospiti, ma non proprio loro… non proprio LUI, il ragazzo che odiava di più in quel momento!


La rossa era così concentrata sul suo piatto che non si accorse di quello che le stava succedendo attorno.

« Tu! Prova anche solo una volta a richiamarmi Lenticchia, che giuro che ti trasfiguro in un furetto! Se proprio vogliamo richiamare i vecchi tempi. E non c’è una McGranitt che può aiutarti, questa volta! »
Alzò la voce Ron, rosso in viso e sulle orecchie guardando con occhi furenti chi gli sedeva di fronte.

« Giuro che non era riferito a te, buon Merlino! E tu prova anche solo a permetterti di prendere quella bacchetta che ti trasfiguro in una teiera! »
Rispose Draco, alzatosi dopo il rosso. Hermione e Astoria si alzarono immediatamente anche loro, cercando di calmare i rispettivi consorti.

« Ron! Siediti dai! Calmati, per l’amor del cielo! »
Blaterava a vanvera la mora cespugliosa.

Con un piccolo sguardo che alzò di sfuggita, Rose guardò accigliata suo fratello, che rideva a crepa pelle e stava per cadere dalla sedia. Guardò in direzione delle immagini così divertenti e per un po’ non soffocava con un po’ di saliva: suo padre e il padre di Scorpius stavano litigando a quanto pare. Si chiedeva quando sarebbe accaduta una cosa del genere. Il padre era rosso quasi a scoppiare, soprattutto sulle orecchie, mentre la madre cercava di calmarlo, diventando anche lei più rosea del solito.

A Rose piaceva quando i suoi genitori litigavano. Aveva sempre pensato che fossero buffi con tutte quelle facce strane che assumevano a ogni parola che pronunciavano. Fece un mezzo sorriso, mentre li guardava e, scuotendo in modo impercettibile la testa, si alzò, iniziando a prendere i piatti vuoti. Guardando Scorpius, notò che guardava la scena con un po’ di disgusto… anche la sua faccia era buffa.

**

« Dorme sempre così spesso tua figlia, Hermione? »
Domandò la donna dai capelli scuri e lunghi, in un momento in cui alzò la testa e posò lo sguardo su Rose, stesa sul divano che riposava. Fu come se il tempo si fermasse in quell’istante: Ron e Draco (riappacificati da poco) smisero un momento di badare ai loro scacchi dei maghi e Hugo e Scorpius smisero di giocare alle carte babbane.

« No, non sempre. E’ la pozione che Madama Chips ci ha raccomandato di darle. Le fa sempre quest’effetto: dopo che la prende ne resta stordita e poi si addormenta. »
Hermione prese una pausa, con gli occhi lucidi alzò lo sguardo dalla rivista per guardare prima il marito e poi la figlia che dormiva tranquillamente.

« Scorpius ci ha raccontato quello che è successo a Hogwarts. »
Disse Astoria, guardando l’amica, ma lei non la guardò minimamente alle sue parole, come se con lo sguardo volesse guarire la figlia lì, in quel momento.

« A dire il vero, non sappiamo cosa fare. Ho letto libri, ho consultato alcune persone che lavorano come Medimaghi, ma non sappiamo cosa le sta accadendo. »
Rispose la mora, guardandola.

« Mamma, sinceramente, ma ha passato quattordici anni lontana da casa nei migliori ospedali con i migliori nel loro campo, senza scoprire niente. Ora tu volevi trovare qualcosa tramite libri o qualche consultazione con persone che conoscevi? »
Rispose Hugo, improvvisamente.

Tutti lo guardarono per qualche secondo e, con uno sguardo d’intesa Draco e Astoria si guardarono per un po’, spostando poi lo sguardo sull’unico figlio che avevano. Molti pensieri invasero le loro menti, poi ci pensò la donna di casa Malfoy a parlare.

« Non vedo astio nei vostri confronti da parte sua, né odio. Vi vuole bene, indipendentemente da quello che è successo. Se è riuscita a sentire per pochi secondi, può anche essere un barlume di speranza. Siate ottimisti, dico davvero. »
Alla signora Weasley vennero di nuovo gli occhi lucidi, ma che cercò di nascondere con un sorriso e lo sguardo di nuovo posato sulla rivista che stavano vedendo le due donne. Poi cercò di convincere suo marito a svegliarla, ma all’appello rispose Hugo che con un ghigno e un occhiolino al biondo, con cui stava giocando, si alzò e andò ai piedi del divano, dove appunto c’erano quelli di Rose. Li prese e la tirò piano piano. Rose si mosse un po’ prima di svegliarsi, rendendosi conto che stava scivolando dal divano, e ricordando chi le faceva scherzi del genere si ribellò, cadendo a terra. Guardò male e assonnata il fratello che le faceva la linguaccia e così lei le diede un calcio nello stomaco con un piede, lo fece piegare in due e gli diede un calcio sotto il mento con l’altro, facendogli la stessa linguaccia che gli aveva fatto lui. Si alzò velocemente e andò a sedersi accanto alla madre, che cercava di farle capire con lo sguardo che non doveva fare certe cose. A dire il vero si sentiva parecchio osservata, e probabilmente erano gli ospiti che non avevano mai visto fare quelle cose. Era autodifesa che aveva imparato da sola in Francia.

Poco dopo Ron e Draco si spostarono sul divano ormai libero facendo fluttuare la scacchiera. Rose ebbe un’illuminazione guardando il padre e spostò lo sguardo su Hugo che era ancora seduto a terra che si massaggiava lo stomaco. Cercò di mandargli uno sguardo d’intesa, ma capì solo dopo un po’ cosa volesse sua sorella. Così sogghignò e, a quattro zampe andò dietro il divano. Lei guardò per molto tempo il padre di Scorpius, e quando lui si sentì osservato e alzò lo sguardo, mentre Ronald era concentrato per una mossa, si accigliò quando Rose gli fece il gesto di spostarsi un po’ più a destra. Quando lo fece, si alzò piano e afferrò velocemente il piede al padre, sorridendo divertita e cercando di trascinarlo giù dal divano. Ma lui si aggrappò saldamente alla spalliera del divano, tutto disinvolto mentre guardava ancora la scacchiera. Hugo cercava anche di togliere il suo braccio forte, ma non ci riusciva. Lo spingeva, lo tirava, vi si appendeva ma niente! Non riusciva a toglierlo da lì, e il signor Weasley faceva anche il gradasso con quella sua disinvoltura!

« Un momento, risolvo una questione e torno. »
Disse infine Ron, prendendo un braccio di suo figlio e trascinarlo fino a farlo cadere stesso dalla posizione da seduto in cui era il rosso, con ancora il piede che si sentiva strattonare. Quando ebbe finito, passò a sua figlia cingendo la sua vita con un braccio e sollevandola. Si diresse verso la poltrona (mentre Rose si divincolava) e la poggiò lì, facendo dietro front e tornando indietro. Ma la figlia si alzò velocemente e saltò sulle sue spalle. Ron sorrise alzando gli occhi al cielo e andò a sedersi come se la rossa non lo disturbava.

Hermione, che aveva assistito a tutta la scenetta, sorrideva divertita, pensando che non avrebbe mai immaginato Ron così giocherellone con i loro figli… a dire il vero ai tempi di Hogwarts non si era mai impegnata di pensarlo come padre di famiglia.

Intanto, Rose cingeva il collo del padre da dietro con le sue braccia, guardando la partita. Dopo una mossa di Draco, Rose si sporse in avanti – facendo piegare anche il padre – e in una sola mossa fece Scacco Matto, facendo vincere il padre. Quest’ultimo sorrise e si stiracchiò un po’, sorridendo in modo vittorioso mentre Draco non riusciva a credere ai suoi occhi.

« Non ci posso credere… »
Sussurrò guardando Rose.

« Oh credici. E prova solo a guardare male mia figlia che te ne pentirai. » Rispose Ron mentre si aggiustava sul divano, allargando le braccia sulla spalliera.


« Ma non la sto guardando male! » Ribatté Draco guardando il rosso. L’ultimo fece spallucce, rimuginando sulla velocità della figlia di essersi messa un libro in mano dopo lo Scacco Matto.


Erano ormai i primi dieci minuti del giorno di Natale. Rose sentiva come sua quella festività, non sapendo bene neanche lei perché. Insomma, già la parola “Natale” suscitava in lei una tranquillità che non aveva in tutto l’anno. I genitori di Scorpius avevano dato il loro primo regalo proprio alla rossa. Astoria aveva detto che “è un amuleto d’argento, e più che altro è un portafortuna, sperando che ne porti tanta a te”  parole pronunciate da lei. Era a forma di goccia, bombata alla fine, argento puro con brillanti verdi che facevano la stessa forma a goccia verso il centro e più piccola. Era bellissima, davvero, e Rose non sapeva come ringraziarli, e senza accorgersene aveva abbracciato con vigore anche il furetto.


Mentre ammirava il suo regalo, andò alla finestra per ammirare fuori il panorama innevato che si presentava. Sorrise, vedendo la neve che cadeva piano piano ma molto fitta. Si spaventò un po’ quando un gufo si parò davanti al suo sguardo. Si guardò attorno, ma tutti erano troppo impegnati a scartare i loro regali per potersi accorgere di lei. Così aprì piano la finestra, sperando di non far rumore, e fece entrare il gufo, prese quello che aveva legato alla zampa e poi lo lasciò volare via. Sorrise alla vista della rosa bianca che prima era legata alla zampa del gufo assieme a una lettera. Poggiò il fiore affianco a sé, mentre si sedeva sulla poltrona e aprì la lettera:

Probabilmente una rosa non è di certo un regalo degno di questo nome per Natale, ma ho pensato che potesse onorare il tuo nome.

Ovviamente, il vero regalo arriverà domani. Mi dispiace per il ritardo, ma questo è solo un piccolo pensiero, perché non riuscivo ad aspettare.

Buon Natale Rose.

 

Tuo, Maximillian Nott.
 

Sorrise leggendo quelle parole, ma lei sapeva che di lì a poco avrebbe ricevuto il regalo che lei gli aveva comprato. Prese nuovamente la rosa e, portandosela al naso per annusarla, sorrise dolcemente. 

 










Nda: Bene, ecco il nuovo capitolo non Betato, quindi mi scuso per particolari errori, verbi coniugati male e ripetizioni. Ma ho un piccolo problema: la versione di prova di Microsoft Office 2010 mi è scaduta e ho dovuto scaricare OpenOffice, però non mi ci trovo, quindi devo trovare assolutamente una soluzione, anche perchè la mia Beta non può ricevere file targati Open Office perchè non le si aprono, avendo Word 2003...
Bene, tornando al capitolo... spero vi piaccia. Non succede niente di particolare alla fine, è molto tranquillo ed è quello che serve alla piccola Rose, secondo il mio modesto parere.
Vorrei continuare a ringraziare le cinquecentoventi anime che hanno letto il Prologo; le duecentosessantatre il primo capitolo; le duecentosei il secondo; le centosettantadue il terzo; le centotretasette il quarto e le centoquattordici il quinto. Continuo ad appellarmi a tutte queste anime che recensiscono o che mettono la storia tra le seguite/preferite/ricordate (ringrazio le ventisei per il primo, le sei per il secondo e le due per il terzo) di scrivermi una RECENSIONE e farmi sapere cosa ne pensano della storia, sennò sembra che stiamo solo io e l'unica amica che mi recensisce.
A tal proposito ringrazio
Ystava che ha continuato a recensire... TI AMO DONNA <3
Buona lettura, e mi raccomando: R E C E N S I T E.
<3

prossimo aggiornamento: 27 Marzo 2012.

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Capitolo 8
*** Piccoli imprevisti crescono. ***


Un ritorno a Hogwarts così movimentato non me l’ero mai immaginato. C’erano ragazzi che erano tornati dalle vacanze e si salutavano gettandosi addosso: ieri ne scansai quattro che per un pelo non mi facevano cadere con tutti i libri che portavo in braccio. Alcuni erano troppo infantili, anche se erano del settimo anno. Sospirai mentre scendevo velocemente nei sotterranei. C’erano due ore di Pozioni, e avevo anche un bel mal di testa. Era solo la seconda settimana di Gennaio e avevo già fatto (in cinque giorni) quattro esami.

Varcai la soglia della stanza, in cui aleggiava la solita nebbiolina che variava tra il rosa e l’azzurrino. Lì, fortunatamente, c’era solo il professore girato di spalle, che probabilmente stava preparando la lezione per i Grifondoro e Serpeverde che sarebbero arrivati di lì a poco. Solo dopo mi resi conto che stava parlando con il biondo del mio anno, a giudicare dall’intensità della discussione.


Quando il professore si rese conto della mia presenza, fece il solito sorriso imbarazzato che riservava sempre per me e m’indicò il posto in cui era Scorpius ed io mi accigliai.

« Oh… ehm… signorina Weasley, deve mettersi qui. Ho deciso dei gruppi da due e lei va con il signor Malfoy. » Sperai tanto di aver letto male, ma mi destai solo quando Scorpius mi afferrò per il braccio e mi trascinò – senza troppa violenza, devo essere sincera – al tavolo, dove stava il calderone e tutti gli ingredienti per chissà quale pozione. Guardai un po’ male il biondo, ma… okay, odiavo essere antipatica con le persone, e per di più portare rancore, però evidentemente lui non voleva essermi amico e ha avuto solo pietà in estate nei miei confronti. Sospirai, notando che la stanza si stava riempiendo di Grifondoro e Serpeverde. La chioma nera di mio cugino non tardò ad arrivare e ci guardò accigliato quando notò la nostra presenza allo stesso tavolo e allo stesso calderone.

« Ho messo i miei due più bravi allievi assieme, e ho creato altre coppie tra di voi. Dovrete gareggiare per riuscire ad ottenere quella lì, che è una dose di Felix Felicis… – fortuna liquida, pensai guardando il suo labiale – Il miglior composto che più si avvicina al Distillato della Morte Vivente vincerà questa boccetta, ma dovrete decidere tra di voi chi deve prenderla, una volta stabiliti i vincitori. Al lavoro, su. » Disse allegro, mentre tutti iniziarono in fretta e furia ad aprire le loro copie di Pozioni Avanzate.

Guardai le istruzioni sul mio già aperto e notai poi una mano che indicava un passaggio: tagliuzzare le radici di Valeriana. Guardai Scorpius, che subito tolse il dito dal mio libro e indicava il suo, su un altro ingrediente. Avevo capito, io dovevo occuparmi della Valeriana e lui si sarebbe occupato del Fagiolo Sopoforoso. Feci un cenno con la testa e iniziai a tagliuzzare. Notai che Scorpius era particolarmente in difficoltà con il suo ingrediente, e sapevo un trucchetto sul Fagiolo: bisognava schiacciarlo e non tagliarlo. Lo presi dalle sue mani e con il coltello che aveva, lo schiacciai e glielo passai di nuovo.

Eravamo a buon punto. Quando mi guardai attorno, c’era un’aria molto competitiva nella stanza, e la nebbiolina faceva alzare la tensione ancora di più. C’era chi aveva la pozione color arancio, chi color pus e chi addirittura di un grigio topo. Noi, dopo vari tentativi riguardo al mescolamento della pozione – che non voleva sapere di diventare del colore giusto, e mi resi anche conto che i miei capelli si erano increspati a causa del vapore e le mie guance evidentemente erano arrossate, perché sentivo calore sul viso – riuscimmo a farlo diventare di un rosa pallidissimo. Il biondo con cui facevo coppia mi prese la mano con cui stavo voltando pagina per leggere il resto delle istruzioni, e lo guardai. Ancora una volta mi persi nei suoi occhi grigi, ma lui distolse lo sguardo – un po’ bruscamente – e guardò il professore. Dedussi, solo dopo essermi guardata attorno, che il professore aveva fermato il resto della classe per il tempo scaduto.

Quando il professore passò al nostro calderone e sorrise compiaciuto al nostro lavoro poggiò la bottiglietta di Felix Felicis sul nostro tavolo, assegnò trenta punti a ciascuna della nostra casa e poi ci congedò un po’ prima della fine delle lezioni. La classe si era svuotata presto, con vari ragazzi che avevano scosso la testa dopo aver guardato la dose della fortuna liquida. Dopo averla guardata per un po’, presi la mia copia di Pozioni Avanzate e me lo misi nello zaino che poi presi con una mano e mi avviai all’uscita. Sullo stipite della porta c’era Albus che probabilmente stava aspettando Scorpius, così feci solo un piccolo sorriso. Fui fermata subito da Scorpius che aveva la boccetta di Felix Felicis in mano e con l’altra mi aveva fermata mettendomela sulla spalla.

« Non la vuoi tu? E’ comunque fortuna liquida, non la vendono neanche così facilmente. » Lessi sulle sue labbra. Feci spallucce e scossi la testa. Non mi interessava avere quella pozione. Tolsi la sua mano dalla mia spalla e sorpassai perfino mio cugino, avviandomi per il mio esame di Cura delle Creature Magiche per il suo G.U.F.O.

**

Quando entrai in Sala Grande e mi andai a sedere al mio tavolo, un gufo rossiccio planò davanti a me, entrando con una zampa nel bicchiere di succo di zucca. Lo aiutai ad uscire e poi presi la lettera che aveva tra il becco, e non se ne andò prima di avermi pizzicato il dorso della mano. Notai, sul retro, solo la scritta “Per Rose Weasley” con una grafia elegante e sottile. La misi nella borsa e mi affrettai a prendere un po’ di carne e un po’ di pudding, quando mi trovai di fronte il secondo Fred della famiglia e James di fianco a me. Cercai di sorridergli con la bocca piena e lui scoppiò a ridere e io dovetti stringere tra due dita le mia labbra per non sputare quello che avevo in bocca. Fred, tra le risate, mi indicò e il fratello maggiore dei Potter capì che doveva aiutarmi, così mi diede qualche pacca sulla spalla: ingoiai e poi lo guardai, un po’ accigliata perché non si era mai seduto qui affianco a me, aveva sempre da fare!

“Sai, vero, che oggi pomeriggio devi venire a vedere la prima partita della stagione di Quidditch della scuola, no?” Mi accigliai, prendendo i miei orari e guardandoli. Si, effettivamente c’era scritto “Partita di Quidditch” quindi non avevo nessun esame o lezione. Sorrisi annuendo, tornando a guardare i due e solo adesso mi resi conto che avevano la divisa. Probabilmente si dovevano allenare prima della partita.

“E contro chi giocate?” Chiesi, guardando Fred, mentre misi in bocca un altro po’ di pudding. Lui scrollò le spalle e indicò indietro, senza voltarsi. Alzai il collo per vedere chi indicava, e solo dopo aver visto mio cugino Albus vestito con la stessa divisa ma solo con i colori della sua casa, capii. Arricciai le labbra guardando poi il fratello di quel moro uscito fuori razza.

« Eeeh già! Dopo la partita cercherò di consolare mio fratello, lo prometto Rose. » Disse lui, sorridendo malignamente. Gli diedi un piccolo schiaffo sul braccio muscoloso e mi alzai, dandogli un bel bacio sulla guancia. Mi sporsi sulla tavola, e mi feci dare un bacio da Fred e poi mi diressi in direzione della tavola di Serpeverde, sotto gli occhi di tutti. Toccai il braccio di mio cugino Al che tormentava il pasticcio di carne con la forchetta e lo feci alzare, prendendogli la mano. Lo portai lontano da lì e lo abbracciai sorridendo.

“Stai tranquillo, tiferò per entrambi. Andrà tutto bene Al.” Mimai sorridendo. Lui sospirò, guardando probabilmente alla tavolata di Grifondoro e facendo una smorfia. Io non mi voltai, ma capii che probabilmente James stava facendo qualche sua cretinata per mettere ansia ad Albus.

« Come si può essere seri con un elemento del genere in famiglia? » Scosse la testa, preoccupato. Io sorrisi accarezzandogli la guancia e alzandomi in punta di piedi per dargli un bacio. Lasciai poi la Sala Grande, e andai in biblioteca a finire il mio compito di Trasfigurazione.

Quando fu l’ora di andare a vedere la partita, uscì di lì e mi diressi verso il campo di Quidditch. Non c’era quasi nessuno al castello, tranne per qualche primino che correva troppo e preso in flagrante da un professore. Quando poi arrivai al campo, le tribune erano piene zeppe di studenti. Arrivai infatti a gran fatica nella tribuna di Grifondoro e dovetti strattonare di qua e di là per arrivare in prima fila. Proprio in quel momento si levarono in alto i quattordici giocatori, e li guardai tutti. C’era Maximillian, Albus e Scorpius. Ovviamente tra quelli che conoscevo della squadra di Serpeverde (anche se conoscevo solo loro tra tutta la Casa Argento-Verde). Mentre, per la squadra della mia Casa c’era James, Fred e Roxanne che rispettavano le tradizioni di famiglia: Battitori. Lo avevano fatto perché, uno: si divertivano a gettare i Bolidi alle squadre avversarie e due: volevano rispettare i ruoli di loro padre e il fratello gemello che non c’è più. A proposito di zio Fred… volevo andare a trovarlo.

Mi ero un attimo persa nei miei pensieri, quando notai una figura mora con gli occhi scuri davanti a me. Sgranai gli occhi arretrando un po’, ma rendendomi subito conto che era mio cugino, quello scemo del settimo anno che era a Grifondoro. Mi fece l’occhiolino, si sporse in avanti per darmi un bacio sul naso e poi partì a razzo nel bel mezzo della mischia. Alzai il capo per guardarli sfrecciare in aria, e notai che le nuvole erano bianche, quindi evidentemente da un momento all’altro avrebbe iniziato a nevicare. Purtroppo sì, faceva ancora tanto freddo per avere la neve a Gennaio.

Mi sfrecciò davanti uno Scorpius che si stava per ammazzare con uno della nostra squadra, e quando entrambi precipitarono, mi sporsi subito – spaventata – per vedere se si erano fatti male. Fortunatamente Scorpius riuscì ad aggrapparsi al telo della nostra tribuna per non cadere dalla scopa. In effetti oggi non sembrava tanto in forma, non avrei mai immaginato un biondo platinato come lui che si faceva superare da un Grifondoro.

Ci fu una pausa in cui entrambe le squadre si erano fermate e sì, cercavano di attaccare ma non concludevano niente. Alla fine, un Cacciatore dei Grifondoro che non conoscevo segnò i primi dieci punti della nostra squadra. Albus sbuffò, dando un pugno all’aria e James gli passò accanto, facendogli l’occhiolino e scompigliandogli i capelli. Sospirai sorridendo, e battendo in modo lento le mani. Eppure gli avevo raccomandato di non fare il cretino con suo fratello. E’ vero che era più grande, ma era uno spavaldo mai visto.


Alla fine Grifondoro aveva trionfato. Trecentocinquanta a Duecentocinquanta. I Serpeverde erano afflitti quando erano atterrati sul campo, mentre i Grifondoro erano così contenti che tra i vari strattoni che ho ricevuto ce ne era uno che mi aveva quasi buttato giù dagli spalti. Così aspettai che la tribuna si svuotasse, per poter scendere senza sbucciarmi le ginocchia o i gomiti. Mi coprì meglio quando un vento gelido mi tagliò il viso. Mi diressi allo spogliatoio dei Serpeverde, lasciando leggere impronte sulla neve, e mi appoggiai al muro, aspettando che almeno mio cugino uscisse. Ci furono dei Battitori e Cacciatori sconfitti, compreso Scorpius che si accorse addirittura di me, e per un attimo si voltò e mi guardò un po’ accigliato, per poi scuotere il capo e continuare a camminare. Poi uscì Maximillian, che aveva il passo felpato – e infatti non potei fermarlo – probabilmente per raggiungere quelli che erano usciti prima. E, infine, Albus con aria afflitta. Mi misi sotto il suo braccio, anche se sembrava di non essersi reso conto di me. Poi d’un tratto si fermò guardando avanti. Tutta la squadra Verde-Argento era fermata di fronte alla squadra Rosso-Oro.

Vedevo James sogghignare e poi ad un tratto diventare serio e la distanza tra Maximillian e lui diminuire. Assunsi un cipiglio arrabbiato e lasciai il braccio di Albus – che non si era reso conto di niente perché probabilmente concentrato nella conversazione tra i due Capitani – e feci una palla di neve, e alzandomi e voltandomi la gettai dritta dritta sulla spalla sinistra di James, che si accigliò e guardò nella mia direzione. Mi avvicinai furente e mi misi tra lui e Maximillian.

“Adesso basta James! Smettila di provocare e fare lo spavaldo. Gira i tacchi e andiamo.” Gli mimai, cercando di spingerlo poggiando per due secondi la mano sui suoi addominali. Fece un sorriso scocciato scuotendo la testa e dopo aver guardato il Capitano della squadra dei Serpeverde, finalmente girò i tacchi iniziando a camminare verso il castello. Mi misi sotto il suo braccio e poi mi voltai, guardando Maximillian che era rimasto lì a guardarci. Gli feci un sorriso, che speravo intendesse come quello di scuse e dopo che mi ricambiò mi voltai, mettendomi sotto braccio a Fred che mi si affiancò, dirigendoci verso il Castello.

Quando tornai in dormitorio, dopo aver fatto una parte – anche se sapevo che non sarebbe servita a niente – a James e Fred, presi il libro di Artimanzia per studiare un po’, quando il biglietto che mi era arrivato a colazione cadde sul pavimento. Lo presi e lo aprì, leggendo che ero stata invitata a una festa aperta a tutti data nell’aula 203 del settimo piano, un’aula in disuso dove una ragazza – una certa Frisa Bytre – dava una festa e aveva invitato i ragazzi dal quinto anno in poi. Non credo che ci sarei andata però. Non avevo compagnia, e non avevo accompagnatore. Con chi ci andavo? Con me stessa?

**

Le settimane seguenti erano quelle che avevo definito “Foresta dell’Amazzonia in fiamme”. Difficile da estinguere. Esami su esami. Compiti su compiti. Studio su studio. Per il troppo stress accumulato me stessa mi aveva trascinata dritta in infermeria per farmi dare da Madama Chips un qualcosa per farmi dormire per un po’ in modo tranquillo. Ed aveva funzionato, fin quando non mi svegliai e trovai mio cugino Albus accanto a me preoccupatissimo. Avevo cercato di spiegargli che mi sentivo stressata, ma non ha voluto darmi ascolto e – probabilmente per pietà nei miei confronti – Scorpius riuscì a portarlo via, magari dicendogli che stavo alla grande… o magari dicendogli che stavo bene e altre cose per allontanarlo da me. Lo odiavo in certe situazioni.

Quando tornai in dormitorio e salì nella stanza che dividevo con le altre quattro ragazze del mio anno, trovai sul mio letto uno scatolone molto grande, con una lettera poggiata sopra. Accigliata mi sedetti di fianco a quel pacco e iniziai a leggere:

Cara Rose,

Magari non vorrai leggere tutto questo, ma sappi che comunque io ti voglio sempre bene, e ti considero non solo mia cugina ma anche la mia migliore amica, benché io non mi comporti da tale e mi scuso per questo – anche se non servirà molto. So che hai avuto l’invito anche tu, e pretendo che ci vai, non m’importa se non vuoi. Il vestito che ho disegnato e creato per te deve essere visto da tutti. In allegato a questa lettera ci sono anche le istruzioni per l’acconciatura e il make up.

Io purtroppo non posso parteciparvi per il continuo studio che mi aspetta: i M.A.G.O. mi uccidono quest’anno. Ma tu ci andrai, costi quel che costi!

Sarai fantastica, lo so.

Ti voglio bene. TUA, Dominique.

Mi asciugai le lacrime che avevano segnato una stradina bagnata sulle mie guance e sorrisi. Non mi aveva mai mandato una lettera, non ci eravamo mai parlate molto a causa del mio problema, ma con questo mi ha fatto capire che comunque in un modo o nell’altro continua a pensarmi e volermi bene, ed ero contenta.

Aprì la scatola rettangolare e restai a bocca aperta dal vestito che mi aveva confezionato. Era oro e nero, come se i due colori fossero a tempera non mescolati bene, con riflessi di entrambi i colori avvolti l’un con l’altro, come in un vortice; corto avanti e un po’ più lungo dietro, come se avesse una coda, a una spalla con la manica destra larga lunga fino al gomito. Mia cugina era sprecata per Hogwarts, l’ho sempre pensato.

Solo dopo mi resi conto che la festa era stasera, ecco perché sulla mia pergamena, alle poche lezioni che erano di pomeriggio inoltrato, era apparso un “ANNULLATA”. E mi toccava anche sbrigarmi, perché erano le sei e mezza, la festa alle otto e le istruzioni (soprattutto quelle per domare i miei capelli) erano davvero lunghe…

**

Non tutti erano stati invitati a quella festa. Potevano partecipare solo gli studenti dal quinto anno in poi. C’erano perfino i professori e la Preside, che però era andata via presto per aver bevuto un po’ di Whisky Incendiario in più. C’era il gruppetto di Serpeverde del settimo anno, seduti su delle poltrone, che si guardavano attorno. C’era Nott, i suoi due amici e perfino Al e Scorpius, ma andavano e venivano per vedere che gente c’era in giro.

Lumacorno stava facendo il giro della stanza, per iniziare a invitare gli studenti che lo interessavano alla sua prima cena e spiegando loro che non aveva potuto prima per mettere a posto un bel po’ di cose.

« Possibile che usa gli studenti come fossero dei trofei? Bah, chi lo capisce è bravo, direi. Stephen! Basta bere su! » Disse Christopher che ammonì l’amico, colto in flagrante con il decimo bicchiere di Whisky Incendiario tra le mani.

« Oh, ma lasciami in pace Tyron… io sto così bene! Oh… una Puffola che vola! » Disse lui, mentre guardava in alto con le guance arrossate per l’alcol.

« E poi anche Nott sta bevendo, perché non dici niente a lui? » Squittì lui, cercando di guardare male colui che lo aveva rimproverato.

« Perché io mi so contenere, e ne ho bevuti solo quattro… neanche la metà dei tuoi! » Affermò divertito Maximillian, mentre – con delle dita appoggiate sotto il mento – guardava l’amico che era intento a guardare in alto.

In risposta ebbe un grugnito sbruffato dall’amico, che si girò sulla poltrona dandogli le spalle. Sgranò per un attimo gli occhi, se li strofinò e poi si alzò improvvisamente.

« Oh Merlino… un angelo dai capelli rossi è appena apparso nella stanza… » Il suo sussurro era percettibile. Poi si sedette bruscamente scuotendo la testa.

« Forse ho davvero bevuto troppo… » Ma ormai nessuno lo ascoltava. Tutta la stanza parve fermarsi all’entrata di quella che era – per davvero – Rose Weasley messa a nuovo. Era bellissima, con l’acconciatura semi raccolta e i capelli con boccoli perfetti che le ricadevano morbidi sulle spalle. Il vestito le fasciava perfettamente i fianchi e metà coscia e, infine, le scarpe col tacco alto davano uno slancio migliore al suo corpo.

Nott sorrise notando il suo imbarazzo. La ragazza, dopo essersi resa conto che tutti non volevano smettere di osservarla, uscì dalla stanza rossa sul viso. Maximillian subito si alzò per raggiungerla e la fermò giusto in tempo prima che potesse svoltare l’angolo.

« Non andartene. Ti accompagno io. Andiamo dai. » Sorrise, ma dopo averle preso la mano lei puntò i piedi a terra scuotendo la testa. Era evidente che non volesse entrare in quella stanza allora al ragazzo gli venne in mente un’idea.

« Vuoi da bere? Te lo porto qui, promesso. »

La ragazza lo guardò per qualche istante, poi sorrise e annuì, vedendolo scomparire nella festa. Si sedette su un gradino di un’aula che non riconosceva per il buio, quando subito dopo Maximillian tornò con due bicchieri pieni di un liquido giallastro che non riconosceva.

« E’ solo una bevanda corretta con un po’ di Whisky Incendiario… non è alcolica al cento per cento, giuro. Non voglio ubriacarti. » La rassicurò ridendo leggermente. Lei sorrise, ringraziandolo con il solito gesto che faceva sempre e si guardò il bicchiere tra le mani. Forse aveva sbagliato ad andare a quella festa – pensava – ora Maximillian era lì bloccato con lei per farle compagnia. E non aveva neanche un foglio di pergamena per dirgli che se ne sarebbe andata in dormitorio.

Lui, d’altro canto, notò il suo malumore e la prese per una mano, facendola alzare. Decise di fare una passeggiata lungo il corridoio. Per lei era frustante però stare in silenzio e non avere un dialogo normale con un amico… l’unico che aveva dopo Albus.

Dopo un po’, lei cercò di fargli capire che voleva andare in dormitorio, così lui prese i bicchieri e la intimò di aspettarlo lì così l’avrebbe accompagnata. E così fece.

Ma ci fu un piccolo imprevisto per Maximillian mentre raggiungeva la rossa. Scorpius l’aveva raggiunto e si era messo davanti guardandolo negli occhi.

« Si può sapere che cavolo di intenzioni hai con lei? » Disse poco gentilmente.

« Io proprio niente Scorpius, non credo che debba spiegarti ancora il concetto di “amica”. » Rispose tranquillamente cercando di avanzare, ma il biondo gli si parò avanti nuovamente.

« A me non sembra proprio. La inviti alle partite, siete insieme a Hogsmeade, gli mandi i regali per Natale. Non è un comportamento da amico, secondo me. » Disse, fissandolo con intensità negli occhi. Nott, di tutta risposta lo incatenò al muro, mettendogli un braccio sotto il mento e guardandolo negli occhi.

« Se ti piace tanto Rose, fatti avanti, non aspettare che qualcuno possa portartela via. Provaci, invece di fare il geloso con me. Non sono affari tuoi, comunque, quello che fa lei o quello che faccio io. Fin quando non ti fai avanti lei è proprietaria solo di se stessa. » Disse arrabbiato, guardandolo negli occhi. Scorpius sostenne il suo sguardo fin quando una Rose apparve e li guardò entrambi preoccupata. Si chiedeva perché i due stessero litigando, quando Nott tolse il braccio dal suo collo, prese per mano Rose e la trascinò. L’ultima fu costretta ad avere il passo veloce, mentre guardava Scorpius con aria preoccupata che gli passava accanto.

Dopo un tratto interminabile, che camminava trascinata dal Serpeverde diciassettenne, improvvisamente la tirò e si ritrovò con le spalle al muro e un secondo dopo le sue labbra sulle sue. Sgranò gli occhi, incredula, non riuscendo a muovere neanche un muscolo. Era strano, e poi… insomma lui era suo amico! Perché aveva fatto una cosa del genere? Sentì poi una mano sulla schiena che l’attirava a lui e un secondo dopo la lasciò lì, andando via a testa bassa. Rose restò immobile, in quella posizione per un po’, non riuscendo ancora a realizzare l’accaduto e infine si destò, guardando il corridoio in cui era sparito Maximillian. L’attraversò tutto e prima di girare l’angolo a sinistra per andare su alla torre di Grifondoro guardo a destra, che era una scorciatoia per le segrete e quindi anche per il dormitorio di Serpeverde. Nott era stato inghiottito dalle tenebre e l’aveva lasciata lì, con quel bacio.

**

I giorni seguenti Rose riuscì ad evitare Maximillian, e passava tutta la giornata in Camera, lasciandola solo per andare alle lezioni o andare in Biblioteca a prendere i libri che le servivano per studiare. Quasi mai scendeva per andare a mangiare, per quello ci pensava suo cugino James o le sue compagne di dormitorio, appunto per evitare che poi Nott la raggiungesse e la fermasse per avere delle spiegazioni, e questi ultimi non sapevano neanche perchè la rossa non voleva uscire per niente da quella che era diventata la SUA stanza.

Non c’era poi niente da spiegare. Lei… lei voleva bene a lui, questo era vero, ma non in quel senso. Lo vedeva solo come un amico, niente di più. Perché lui aveva rotto l’equilibrio che la ragazza si era creata per tutto questo tempo? Non lo sapeva. C’era anche da contare l’insistenza di lui, che chiedeva di vederla, di parlare con lei perché quella storia non la si poteva lasciare in quello stato.

Così, un paio di settimane dopo, mentre Rose stava attraversando con passo felpato il sentiero che portava al Lago Nero, sentì una mano prenderla per un braccio e trascinarla verso le serre di Erbologia. Notò – con sommo rammarico – che era colui che aveva cercato di evitare per tutto quel tempo. Arrivati nella serra numero tre, chiuse la porta dopo che la fece entrare. Rose non riuscì a sostenere il suo sguardo e decise che le radici di un semplice albero erano di certo molto interessanti in quel momento, ma subito una mano si poggiò sotto il suo mento e le fece alzare la testa per fissare gli occhi in quelli nocciola di lui.

« Perché mi hai evitato per tutto questo tempo Rose? Hai ricevuto le mie lettere, le mie suppliche, ma fai finta che non sia mai successo. Dobbiamo parlarne e credo che tu lo sappia meglio di me. – Prese una pausa tirando un sospiro, probabilmente per prendere coraggio, e poi iniziò a parlare di nuovo.
Mi dispiace averti dato quel bacio. Potevo anche essere un po’ brillo, ma se tu non volevi non dovevo farlo. Sei la prima ragazza che incontro che sia affezionata a me come amica, e non per uscire col ragazzo più popolare della scuola. Odio questo primato, ma ormai ce l’ho. Per questo mi attiri molto, più del dovuto direi. Non sono innamorato di te, ma mi piaci ed era da un bel po’ di tempo che immaginavo di darti quel bacio. Probabilmente non dovevo farlo proprio quel giorno e quella non era l’atmosfera, ma l’ho fatto e non credo che neanche la Magia possa porre rimedio a quanto è accaduto. » Sputò Maximillian fuori, come se fosse un veleno. Ma nel suo caso era una liberazione, perché aveva negli occhi una strana luce. Una luce di liberazione per quello che le aveva confessato.

Rose, d’altro canto, non la pensava allo stesso modo. Era imbarazzata. Confusa. Insomma, non riusciva a credere che la vita che si stava creando giorno dopo giorno era stata gettata nelle fauci di un Petardo Cinese come se niente fosse. Aveva sempre pensato che quella era la sua vita, che stava prendendo forma. E invece arriva un diciassettenne che fa parte della Casa di Serpeverde e getta all’aria tutto il suo lavoro. Dannazione. Aveva pensato Rose, prima di abbassare lo sguardo di nuovo su quelle radici interessanti con sguardo colpevole e imbarazzato allo stesso tempo.

Di nuovo lui le alzò il viso, guardandola torvo.

« Non puoi provarci Rose? Proviamoci, no? Insomma… » Non sapeva neanche lui cosa dire, e si bloccò perché Rose tolse la sua mano da sotto il suo mento e lo guardò con aria pentita. Arretrò di qualche passo e lo guardò, scuotendo la testa. Lei non voleva essere la sua ragazza, lei non era interessato a lui. Era il primo vero amico che aveva trovato qui a Hogwarts, e così lo definiva.

Lui sospirò portandosi le mani prima nei capelli e poi, dopo che si era voltato, sui fianchi con la testa bassa. Attorno a lui aleggiava un’aria molto pericolosa, ma Rose si avvicinò toccandogli la schiena per poterlo rassicurare ma fu solo respinta. Le urlava contro, lei non capì bene cosa, e alla fine fu spinta fuori dalla serra. Maximillian voleva restare da solo.

Al ritorno nel dormitorio, Rose iniziò a piangere come non mai. Aveva perso il suo migliore amico – dopo Albus – qui a Hogwarts, e nessuno glielo avrebbe potuto restituire se uno dei due provava qualcosa di più di semplice amicizia. Rose non voleva perderlo, ma non voleva neanche illuderlo che sarebbero stati una bella coppia. Lei non era brava a fingere, come il padre.

**

Era ormai il sesto giorno del mese di Marzo e io ero riuscita a finire qualsiasi esame che avevo saltato per cinque anni. Il bello – o il brutto, dipende dai punti di vista – doveva ancora arrivare con gli esami del sesto. Sarebbero stati più difficili e dovevo davvero impegnarmi se volevo davvero trionfare. Ma, purtroppo, ultimamente non mi andava niente bene. Non avevo la massima concentrazione in nessuna delle materie, e avevo anche parlato con Gresda del mio problema (si okay, scritto, ma valeva comunque) e mi aveva detto che i brutti periodi esistono sempre, e ne avevo superati molti anche se non me ne ero resa conto.

Ma lui non sapeva cosa era successo alla festa… a quella maledetta festa. Mi ci voleva un consiglio di Dominique, ma non volevo disturbarla, era comunque al settimo anno e stava studiando per i M.A.G.O., di certo non poteva perdere la testa per aiutare anche me. Il pensiero che io e Maximillian avevamo litigato mi perseguitava giorno e notte. E c’era anche un equilibrio tra i due: di giorno lo incontravo ma lui non mi rivolgeva neanche uno sguardo, e di notte lo incontravo nei miei incubi, con il risultato che magari era questo il mio calo in tutte le materie. Ero stanca. Stanca di tutto. Della scuola, dei miei problemi e della mia insonnia.

Sospirai, picchiettando sulla pergamena per farmi venire la parola giusta da inserire nella frase e quindi non copiare il libro. Certo che stava tutto diventando difficile. Per non parlare dell’aria cattiva che aveva assunto Scorpius non appena mi incrociava in un corridoio. Un bel giorno, mentre stavo andando a lezione di Trasfigurazione ci eravamo incrociati e ebbe la fantastica idea di urtarmi e farmi cadere i fogli di pergamena e il libro enorme che avevo in braccio. Fortunatamente una ragazza – di nome Tristine – mi aveva aiutato. Era una ragazza bellissima e dolcissima. Ci avevo fatto amicizia già da subito, e scoprii che era del mio anno nella Casa di Tassorosso. A Erbologia non l’avevo vista, o magari ero così impegnata a seguire la lezione o a pensare che nessuno volesse far amicizia con me, che non mi ero mai guardata attorno. Insomma, alla fine siamo diventate amiche e ci vediamo abbastanza spesso, soprattutto quando ci sono le uscite a Hogsmeade e andare a bere una bella Burrobirra fumante, che ti riscaldava l’anima. Era simpatica, e poi era davvero carina. Occhi di un blu intenso con i capelli color biondo scuro, quasi nel castano. Era molto richiesta ma lei era timida, forse anche più di me.

Tornai a guardare il mio tema e sbuffai poggiando la penna nella boccetta dell’inchiostro e massaggiandomi le tempie. Certo che era davvero difficile andare avanti. Sobbalzai poi e mi alzai di scatto guardandomi attorno. Avevo sentito un… no, un momento. Avevo davvero sentito un rumore o mi sbaglio? Di nuovo? Automaticamente mi portai entrambe le mani alle orecchie e su di esse c’era di nuovo del sangue. Aprì immediatamente la porta della mia camera, uscì dal buco del ritratto e mi diressi con passo felpato in infermeria.









NdA: Ed eccoci qui a un nuovo capitolo della storia. E sì, questo capitolo lo dedico a Ystava, e scommetto che ne sarà molto felice xDDDDD Poi fammi sapere eh Donna ;D

Passiamo a noi. Succedono un bel pò di cose alla nostra piccola Rose, e che la stanno facendo stancare per la loro difficoltà. Spero vi piaccia, ma mi scoccio anche di dirlo visto e considerando che tantissime anime vengono a leggere la mia storia (basti pensare che l'ultimo capitolo è arrivato a centodue visite) ma solo due di loro hanno recensito? Possibile mai? Vi ho detto che accetto qualsiasi recensione, non m'interessa di che colore è la bandierina... mi basta solo sapere se vi piace o meno. Se avete qualche consiglio da darmi... accetto tutto, ripeto.
Okay... spero che mi ascoltiate. Buona lettura.
M-

prossimo aggiornamento: 10 Aprile 2012.

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Capitolo 9
*** E' difficile anche essere normale. ***


I giorni seguenti erano stati davvero drastici. Io riuscivo a sentire. Sentivo per davvero, le voci, i rumori dei passi, tutto. Ma non sopportavo tutte quelle visite. Era stata carina Tristine a venirmi a trovare ma non avevo voluto vedere nessuno. Né mio cugino Al che urlava per tutta la stanza lunga in cui risuonava la sua voce fastidiosa. Poi c’era stato mio fratello, Lily, i gemelli Lorcan e Lysander, James, Fred, Roxanne… insomma tutti volevano vedermi, chiedere spiegazioni di quello che mi stava succedendo, ma Madama Chips era una tosta e aveva rispettato il mio volere: non far avvicinare nessuno. Era un gran sollievo riuscire a sentire, ma non abbastanza perché faceva male ed era fastidioso. Mi aveva messo dell’ovatta nelle orecchie per fermare il flusso di sangue e c’era riuscita, visto che stava iniziando a smettere.

Ma quando sentì che la McGranitt aveva chiamato i miei genitori e sarebbero arrivati molto presto, non ce l’avevo fatta. Ero scappata dall’infermeria… da Hogwarts. Ero andata a Hogsmeade su per il sentiero dopo Mondo Mago e su, dritti per la montagna. Quello è il nascondiglio in cui io e James ci nascondemmo quando avevamo rispettivamente cinque e sei anni. Zio Harry aveva mostrato a lui il nascondiglio di Sirius ai tempi in cui era ricercato. Così per fare uno scherzo a loro, appena venimmo qui a Hogsmeade io e mio cugino scappammo e ci rifugiammo qui. Meglio sorvolare quello che successe quando ci trovarono i nostri genitori. Non vi consiglio di vedere mai Zia Ginny arrabbiata.

Così mi ero rifugiata lì, in quel buco roccioso nella montagna. Erano passate più di sette ore e avevo una gran fame, ma ero preoccupata e in più non volevo vedere nessuno. Non mi ero mai sentita così sola e spaesata. Sospirai, poggiando la guancia sinistra sulle ginocchia piegate al petto e presi un piccolo sassolino. Lo rigirai per un attimo tra le dita della mano e poi lo gettai un po’ più in là, ascoltando l’eco ovattato che aveva provocato la sua caduta. Sorrisi impercettibilmente. Infondo quello doveva significare l’essere normale no? Non nascondevo che ero contenta per questa situazione, ma il difficile ovviamente sarebbe stato dopo, se mai sarei riuscita a ritornare a Hogwarts.

Improvvisamente sentii dei passi e alzai la testa, voltandomi a guardare chi stava entrando. E vidi James che piano piano avanzava in quel buco roccioso e si sedeva accanto a me, guardando avanti a lui. Lo guardai, fin quando non sorrise scuotendo la testa.


« Certo che la combinammo davvero grossa da piccoli in questa caverna eh? E ammetto che mia madre continua ad arrabbiarsi con me, ma mai come quella volta. Mi dispiace solo che punirono anche te. » Sorrise, guardando il punto davanti a sé.

« Ci mettemmo proprio in quel punto, iniziando a parlare e a viaggiare con la mente. Poi iniziammo a giocare, facendo finta che eravamo il mago e la strega più potenti che erano mai esistiti e con lettere e parole messe a caso inventavamo incantesimi che sterminavano i maghi cattivi. » Rise e i miei occhi si inumidirono guardando svariati punti davanti a me. Parlare… io più che altro gesticolavo con quel poco che conoscevo della Lingua dei Segni, però avendo una compagnia come quella di James era difficile non inventarsi tutte quelle cose. Scossi la testa sorridendo.

« Zio Ron e zia Hermione stanno perdendo la testa, lì a Hogwarts. Sono preoccupati e felici allo stesso tempo, dopo aver saputo che riuscivi a sentire. Tutti lo sono, ma la preoccupazione incombe su di noi. Insomma, non hai voluto che nessuno ti venisse a trovare o almeno starti vicino. Ma niente, non hai permesso a nessuno. E appena senti che i tuoi genitori stanno venendo a Hogwarts fuggi.
Rose, non è niente di brutto. Riesci a sentire dopo quattordici anni rinchiusa in una campana di vetro. Nessuno se lo aspettava, per questo è una bella cosa. » Disse lui, spostando poi lo sguardo sui miei occhi mentre mi faceva quel discorso. Infondo aveva ragione, però non so… volevo restare da sola, infondo non era una cosa di tutti giorni.

« Dai, torniamo a casa. » Sussurrò dopo un momento, prendendomi la mano e alzandosi per primo. Quando mi alzai lo abbracciai subito, affondando il viso nel suo petto. La sua voce era bellissima… o forse era bella perché era ovattata. Quando mi staccai sospirai guardandolo negli occhi.

‹‹ Non voglio andare in infermeria. Voglio andare a riposarmi. Non ho voglia di vedere nessuno. Per favore James… ›› Cercai di sussurrare, ma non essendo abituata a parlare, avevo usato un tono di voce leggermente alto. Lui, d’altro canto, mi guardò prima un po’ strano e poi sorrise annuendo e prendendo il mantello dell’invisibilità nella tasca interna del suo cappotto. Me lo mise sulla testa e lo seguii per tutto il tragitto. Prendemmo una scorciatoia per arrivare al dormitorio e lo lasciai nella Sala Comune, rifugiandomi nella mia stanza.

**

Tutti che mi guardavano e bisbigliavano. Certo che di pettegoli in quella scuola c’erano eccome, e mi stupivo di come non me ne ero resa conto prima. Insomma, non era educato bisbigliare quando una persona passa, specialmente persone che hanno un timbro di voce bello forte. Sbuffai, scendendo velocemente le scale per i sotterranei. Un’ora di pozioni. E avevo la netta impressione che Lumacorno voleva dirmi qualcosa, visto che entrava e usciva dall’infermeria, e Madama Chips era stata davvero brava a non farlo avvicinare al mio lettino.

Mi fermai davanti alla porta e presi un respiro profondo, per poi mettere piede in quell’aula pervasa dalla nebbiolina, che oggi aveva uno sgradevole odore. Arricciai il naso e presi posizione al primo calderone che vidi.

« Signorina Weasley! Finalmente! » Una voce calda e un po’ squillante mi fece sobbalzare sgranando gli occhi e voltandomi verso il mio interlocutore. Presi un respiro di sollievo mentre mi calmavo e lo guardai, accennando a un piccolo sorriso.

« Bentornata tra noi! – Riprese con un caldo sorriso – Ho provato a parlarle, ma Madama non mi ha voluto far avvicinare al suo lettino. Appena ho saputo la notizia del suo recupero mi sono subito preoccupato di sapere come stava. » Mi voltai, notando che Albus e il suo amichetto biondo si erano fermati per un attimo sulla soglia della porta, che guardavano il professore scettici e scossero la testa dopo che Lumacorno si fosse voltato a guardarmi di nuovo. Feci un debole sorriso, sperando che capisse che valeva come ringraziamento.

« Oh! Ora che mi ricordo, dò una cena Martedì sera, la volevo invitare. Può venire o è impegnata? » Mi domandò con un sorriso quasi bramoso di una risposta. E non credo ne avrebbe accettata una negativa. In lontananza vidi Albus sbracciarsi e poi passare un dito sotto la sua testa. Mi suggeriva di declinare, ma non potevo… insomma, sappiamo tutti perché ora voleva anche me a quelle sue cene. Ora riuscivo a sentire e per di più ero la figlia di due dei tre dei Salvatori del Mondo Magico.

Sperai di fare un bel sorriso, ma sapevo che era solo una smorfia.

« C-certo… credo… credo che posso. » Sussurrai, arrossendo un po’ per il tono della mia voce, e guardandolo attentamente. Se ne andò dal mio tavolo così felice che iniziò a canticchiare. Sospirai poggiandomi i polpastrelli della mia mano sulla fronte, e quando l’alzai mi ritrovai le braccia di Albus attorno al mio corpo. Sorrisi felice abbracciandomelo forte forte. Dopo che James mi aveva accompagnato in dormitorio e io ero salita su nella mia stanza, non ebbi neanche il tempo di sedermi sul letto che entrò con velocità assurda il secondogenito di casa Potter e dall’abbraccio così intenso mi aveva gettata sul letto. Dopo lui entrarono Roxanne, Fred, Lily, i gemelli Scamandro e perfino Tristine e si gettarono tutti addosso. Roxanne pianse addirittura per la felicità. Poi decisero che dovevo riposarmi un po’, così mi lasciarono tranne appunto Albus che non voleva lasciarmi, fino ad addormentarci insieme e abbracciati.

Avevo fantasticato troppo perché Albus era tornato dal suo biondo amico e ora tutti si accingevano a preparare un antidoto al veleno che conteneva il proprio calderone. Iniziai anche io, ma non ebbi molto successo, non essendo brava con gli incantesimi e – per quello che ricordavo – non conoscevo nessuna formula magica per antidoti al veleno. Sospirai a fine lezione, quando Lumacorno mi rivolse un sorriso un po’ tirato, e dicendomi che era normale ed ero andata benissimo per quel giorno, ma non riuscì a risollevarmi su il morale. Ebbi il malumore per tutta la giornata a causa di quello.


« Credo che sia una bella cosa, dico quello che ti è capitato. Non è bello ascoltare, Roselline? » Lo guardai per un attimo e poi mi misi a pensare, spostando lo sguardo sui miei piedi che camminavano verso la Sala Grande, per la cena.

« Credo di si, ma è fastidioso… e… non sono a-abituata. Dico a-a parlare. » Risposi io, fermandomi. Gli zoccoli di Gresda smisero di ticchettare sul pavimento e lo guardai. Sospirai però alzando la testa e guardando il soffitto alto.

« Ti ci abituerai, di questo non devi preoccuparti, te lo assicuro. » Sorrise facendomi l’occhiolino e avviandosi verso l’uscita del castello, magari per andare a trovare Hagrid, erano diventati davvero dei grandi amici tutti e due.

Entrai nella Sala Grande in ritardo, perché tutti stavano già mangiato le prelibatezze che gli Elfi domestici avevano preparato, mi andai a sedere accanto a mio fratello, che stava discutendo davvero molto vivacemente con Lily di non so quale squadra di Quidditch. Mi versai un po’ d’acqua fresca, mentre mi servivo un po’ di carne e purè. Alzai per un attimo la testa e incrociai – per un momento – lo sguardo con Maximillian. Alzai impercettibilmente il sopracciglio destro e distolsi lo sguardo sprezzante. Il modo in cui mi aveva trattata non mi era andato giù, non doveva permettersi, che gli piacevo o meno. Io non lo avrei mai fatto. Ma evidentemente non avevo calcolato che era comunque un Serpeverde, e lui non era poi tanto diverso dal biondino che continuava a guardarmi male o a spingermi quando mi vedeva. Tutti uguali.

Quando poi finii di mangiare, stavo per andare via dalla Sala ma mi fermò Tristine sorridente. Mi accigliai, aspettando qualche sua parola, mi doveva aver fermato per un motivo, no?

« Cioè… davvero ora riesci a sentirmi? » Disse tutta felice, quasi saltando sul posto. Mi faceva davvero ridere con quel suo comportamento e annuii, piegando leggermente la testa verso destra.

« Oooh! Ma è fantastico allora! Cioè… però io non conosco ancora la tua voce. La mia è troppo squillante! » Disse tutto d’un fiato. Io, d’altro canto, scossi la testa con molta energia.

« Non è vero! E’… molto dolce, i-invece. » Dissi sussurrando e sentendo un po’ di calore sulle guance. Lei sgranò gli occhi che si erano illuminati al suono della mia voce e mi abbracciò con molta energia.

« A me non importa il cognome che porti. Per me sei simpatica e un’ottima ragazza e non importa se hai un problema, sei lo stesso una ragazza umile. » Mi disse, e a quelle parole mi si inumidirono gli occhi e, dopo averle concesso un sorriso cordiale, la lasciai dirigendomi verso la biblioteca per finire il mio tema di Erbologia.


Mi strofinai un attimo gli occhi per la stanchezza che iniziavo a sentire e controllai un attimo il quadrante del mio orologio babbano tutto storto, come al solito. Era quasi mezzanotte e io ero ancora in biblioteca? Sgranai gli occhi e raccolsi tutto quello su cui stavo lavorando e assunsi un’andatura veloce per tornare in dormitorio in fretta e furia.

« Ehi! Ferma lì! » Mi fermai subito, sgranando gli occhi con il cuore che mi batteva all’impazzata per la corsa. Mi voltai piano, e capì a chi apparteneva quella voce. Era la prima volta che lo sentivo, ma tale faccia tale voce, no? Mi strinsi tutto al petto, cercando di prendere fiato, mentre lui si era avvicinato abbastanza da fare una faccia strana dopo che aveva capito chi poteva essere la ragazza che correva per i corridoi.

« Oh oh, la Weasley presa in flagrante mentre corre per i corridoi, e per di più dopo l’orario del coprifuoco. » Il suo viso era ricoperto da un ghigno folle che urlava vendetta.

« I-io… ero in biblioteca. Non mi sono resa conto del… dell’orario. » Sussurrai, guardandolo negli occhi color ghiaccio. Per un attimo sembrò abbandonare il proprio ghigno, ma lo riprese subito.

« Venti punti in meno a Grifondoro, per il tuo mancato senso del rispetto delle regole. » Sgranai gli occhi. Io non… non… strinsi i denti, agitata, continuando a guardarlo.

« Ma non l’ho fatto a posta a non accorgermi che era oltre l’orario del coprifuoco. Dico davvero. Perché mai devi togliere venti punti da Grifondoro quando sai benissimo che rispetto le regole… » Alzò una mano alla mia altezza e scosse la testa con gli occhi chiusi.

« Non mi interessa. Ti sei fatta sorprendere fuori orario e per di più a correre per i corridoi. » Mi disse, in modo altezzoso. Allargai le narici, per respirare profondamente, ma non servì molto. Mi arrabbiai e gettai a terra i libri, le pergamene e la penna che avevo in braccio e mi avvicinai di qualche passo a lui.

« Non so a che gioco stai giocando, e sinceramente non m’importa. Sei insolente, arrogante, antipatico. Credevo che voi Serpeverde non potevate essere tutti uguali, che qualcuno di voi poteva avere del buono, e invece mi sbagliavo. E adesso mi levi venti punti. Non mi interessa, li guadagnerò molto presto, ma sappi solo che come persona non vali nulla. Te la prendi con me per qualcosa che non ho fatto, ovviamente a insaputa di mio cugino, perché evidentemente se lo viene a sapere ti sentirai in imbarazzo. » Mi sentivo le guance e le orecchie rosse dalla rabbia. Tutto quello che non avevo detto per tutto questo tempo glielo avevo sputato dritto nell’anima. Lui, intanto, aveva cambiato espressione in una più rude, come se avesse ricevuto una pietra sul viso e dal dolore digrignava i denti per non urlare.

« E ora, togli altri punti alla mia Casa. » Sussurrai dopo essermi avvicinata di qualche altro passo. Lo guardai negli occhi in un momento interminabile e alla fine mi voltai, raccolsi le mie cose e mi diressi alla Torre di Grifondoro con passo svelto e con le lacrime che scendevano dai miei occhi.

**

Iniziavo ad odiare il modo in cui mi rintanavo nella Sala Grande/Biblioteca/Sala Comune per fare i compiti. Devo ammettere che il programma del sesto anno era alquanto difficile per una come me che era, comunque, il primo anno che frequentavo in quella scuola. Non ero poi così abituata a studiare, anche se tutti mi avevano sempre detto che il mio cervello – fortunatamente o sfortunatamente – lo avevo ereditato da mia madre, e non era cosa da poco. Però era ugualmente difficile andare avanti, soprattutto ora che la McGranitt aveva deciso (con la collaborazione dell’ormai vecchio Vitious) di darmi delle lezioni private con Incantesimi e Trasfigurazione. Il far evanescere oggetti o animali era molto difficile. Tant’è che adesso soffrivo di insonnia e non riuscivo a dormire. Così avevo pensato che magari l’aria fresca e fredda del mattino poteva farmi bene, e potesse aiutarmi a studiare, e andai giù al Lago Nero, sotto al solito pino.

Decisi di rintanarmi un po’ lì, proprio sulla riva, anche per rilassarmi un po’, altrimenti sarei dovuta ricorrere all’opzione “Madama Chips” per eliminare quelle orrende occhiaie che avevano preso residenza sul mio viso. Sbuffai, leggendo il libro di Trasfigurazione per l’ennesima volta, cercando di capire come si utilizza un Evanesco. O almeno, io l’avevo capito, ma non riuscivo a farlo del tutto. Facevo solo vibrare l’oggetto in questione oppure ne facevo scomparire metà… non fare incantesimi per cinque anni è davvero una cosa che non puoi fare assolutamente.


Quando, improvvisamente vedo delle mani con uno smalto nero che raccolgono il mio amuleto. Quello regalatomi dai genitori di Scorpius-Io-Sono-Un-Prefetto-E-Tolgo-Punti-Alla-Weasley Malfoy. Alzai immediatamente il capo, notando un ghigno su quel viso da cagna di quella Serpeverde che non sopportavo! Se lo rigirò tra le mani e poi sogghignò.

« Questo non dovrebbe essere di tua proprietà. Un gingillo del genere lo possiedono solo le famiglie di Serpeverde. Sai che a Hogwarts non è ammesso il furto? » Mi alzai alle sue parole e cercai di riprendermelo, ma arretrò scuotendo la testa.

« Non è più tuo questo. Lo porto alla Preside, così vediamo se ti espelle dalla scuola. Una Grifondoro in meno non mi dispiacerebbe. » Era una Serpe degna di quel nome, lo giuro! Strinsi i pugni alla sua patetica risata.

« Mi è stato regalato. Ridammelo! » Odiavo quella scuola. Odiavo chi c’era dentro, e odiavo i professori che non si accorgevano del comportamento scorretto di alcuni alunni che se la prendevano con le persone che volevano essere buone e pacifiche.

« Oh, allora oltre all’udito hai riacquistato anche la parola. Me ne compiaccio, ma non ti ridarò il tuo amuleto “regalato” – mimò le virgolette – anche perché so essere molto convincente quando voglio… »

« Caroline! Adesso basta, smettila di fare la bambina e ridarglielo! » La voce un po’ dura di Scorpius riecheggiò nelle mie orecchie. Il biondo platinato che diceva a quella tinta di una Serpeverde di ridarmi il mio amuleto? Oh, allora magari ero riuscita ad addormentarmi ora. Nel frattempo notai l’espressione di lei cambiare radicalmente: dal “Felice che abbia rovinato la giornata alla Weasley” al “Ora ti uccido, dannato di un Malfoy che non sei altro!”. E ne fui molto soddisfatta ad essere sincera.

« Scorpius…? Stai difendendo lei invece che me? Sbaglio o stiamo uscendo da un bel po’ assieme? Dovresti rivedere le tue priorità sai? » Disse lei in tono acido. Scorpius parve un po’ tentennare, mentre il mio stomaco iniziava ad essere sotto sopra per la sua affermazione… perché mai poi io dovevo sentirmi lo stomaco così a quelle parole?

« E allora sai una cosa? Non ho più voglia di uscire con te, avevo anche deciso di dirtelo e in privato, ma continui a fare l’oca e il tuo comportamento mi ha scocciato. Puoi ritenere la nostra uscita di domani cancellata per sempre! » Urlò quasi. Non lo avevo mai visto arrabbiato. L’avevo visto gentile, disponibile, strafottente e cattivo, ma mai arrabbiato. Infine, la Serpeverde impazzita strinse i pugni con forza e poi gettò l’amuleto, facendomelo cadere nel Lago, iniziando a correre verso il castello.

Mi voltai subito, inginocchiandomi sulla riva e guardando il mio riflesso sull’acqua.

« No… » Sussurrai con tristezza, poggiando una mano sulla superficie dell’acqua.

« Non provare a buttarti in acqua per recuperarlo. » Non volevo ascoltarlo. Mi aveva già dato molti problemi quel Serpeverde. Prima di ritirare la mano, sbucò dall’acqua un tentacolo. A primo impatto arretrai un po’, ma dopo mi resi conto che quel tentacolo era avvolto attorno alla catenina del mio amuleto. Fui diffidente nel allungare la mano subito, ma mi decisi e presi l’amuleto. Il tentacolo era ancora lì e iniziò a fare su e giù, come se fosse una mano che mi salutasse. Sorrisi e lo salutai anche io, per poi vederlo scomparire negli abissi del Lago.

« Grazie! » Dissi con tono di voce alto, per poi alzarmi e raccogliere tutto quello che avevo lasciato sotto l’albero.

« Ehm… senti… i-io volevo… volevo dirti una cosa. » Iniziò col dire il biondo, ma mi voltai prima che continuasse, non avevo voglia di sentirlo parlare sinceramente, soprattutto dopo che la sua ragazza mi aveva fatto quel po’.

« Sinceramente non m’importa cos’hai da dirmi. Come vedi vado in biblioteca, prima che un Prefetto mi tolga punti. » Dissi sprezzante senza degnarlo di nessun sguardo e lasciandolo lì, mentre mi dirigevo verso il castello. Mentre continuavo a camminare, mi spostai sulla destra per far passare dei primini che correvano e improvvisamente mi sentii tirare da dietro. Mi ritrovai in una stanza buia, un’aula che non riconoscevo per colpa delle tenebre, ma notai solo chi mi spinse lì: Maximillian.

Mi strinsi i libri al petto e l’amuleto nella mano sinistra, guardando nel buio i suoi occhi color nocciola. Perché aveva chiuso la porta a chiave? Almeno accendesse la luce, no?

« F-fammi uscire. » Sussurrai, ma lui di tutta risposta sorrise guardandomi e appoggiandosi alla porta, mettendo poi le mani in tasca.

« E’ la prima volta da quando ti conosco che sento la tua voce. » Continuò a sorridere. Mi strinsi ancora di più i libri al petto e iniziai a guardarmi attorno. Se mi chiudevano in una stanza al buio iniziavo a sentirmi male.

« Non ti ho chiusa qui per farti del male Rose. Volevo solo chiederti scusa per il mio comportamento. Non è stato giusto trattarti in quel modo. E’ che mi sono così arrabbiato, credendo di aver trovato la ragazza giusta che non ho pensato a te. Però adesso devo dirti una cosa… » Si fermò un attimo, passandosi entrambe le mani tra i capelli. Io, d’altro canto, non avevo così tanta voglia di parlarci. Portavo ancora rancore per quel Serpeverde che mi aveva chiusa in quella stanza.

« Dopo il bacio che ti ho dato, mi sono reso conto che non mi piacevi poi così tanto e l’ho capito solo dopo che ho litigato con te. Ma c’è una ragazza che mi è entrata nella mente e non mi lascia più. Beh, di lei so solo il nome e la Casa di appartenenza, nient’altro… »

« Maximillian… ad essere sincera sono molto arrabbiata con te. Mi hai trattata male e… cosa? » Lo guardai accigliata dopo averlo interrotto. No, un momento. Non potevo essere io perché sapeva praticamente tutto di me, quindi significava solo una cosa: a Maximillian piaceva un’altra ragazza.

« Davvero ti piace un’altra ragazza? » Chiesi speranzosa. Lui annuii sbuffando e guardando in alto.

« Si chiama Tristine ed è dei Tassorosso. » Mi disse e io sgranai gli occhi, incredula. Però decisi di fare l’indifferente, anche se avevo cambiato espressione da un momento all’altro.

« Non m’interessa. Adesso, se mi hai detto tutto, lasciami andare. » Affermai, avanzando e senza degnarlo di uno sguardo, ma subito mi trovai tra le sue braccia grandi attorno al mio corpo e il suo viso sulla mia spalla sinistra.

« Mi manca la mia amica, Rose. Per favore, non dico dimentica, ma almeno perdonami. Mi manca parlare con te. Dico davvero. » A quelle parole sospirai e misi una mano sulla sua schiena. Infondo, io ero quella che non riusciva a portare rancore – okay, ad eccezione di Malfoy – però lui era stato carinissimo dall’inizio dell’anno scolastico, e poi era Serpeverde: almeno lui non era come tutti gli altri.

« Se decidevi di vincere il tuo orgoglio prima, avresti conosciuto certamente a tempo record Tristine, se è la stessa persona di cui parli. »









Nda: Betornati, bentornati per un altro capitolo. Bene, allora mi scuso in anticipo per il capitolo che è sicuramente più corto di quello precedente. Ma questo lo avevo scritto tempo fa e non dipende sempre da me. La mia testolina se mi dice che un capitolo è finito, è finito, c'è poco da fare.
Inoltre, voglio ringraziare le centoventiquattro anime che hanno letto il mio capitolo precedente e le quattro che lo hanno recensito, facendomi un bel regalo, visto e considerato che quattro recensioni le ho avute solo al prologo, e mi fa piacere sapere che almeno quattro su seicentocinquantadue piace questa storia... certo è un numero che fa un pò preoccupare, ma almeno è qualcosa direi =) Vorrei inoltre appellarmi ancora a voi tutte/i nel continuare a recensire, e farmi sapere la vostra opinione su questa storia... insomma, vi sto solo chiedendo di recensire e farmi sapere cosa ne pensate... e non devono essere sempre le solite persone =)
Vorrei, infine, ringraziare
deer agape, NeSsIe98, Ystava e Lady Oonagh che mi hanno recensito al capitolo precedente... adoro soprattutto la penultima *-* Senza togliere alle altre, ma la penultima la conosco di più :Q___
Beh, buona lettura, alla prossima <3
Ah, ps: dato che il prossimo capitolo è ancora in fase di ristrutturazione questa volta non so quando potrò aggiornare, io una data di scadenza la metto, se poi non ce la faccio perdonatemi <3
M-

prossimo aggiornamento: 24 Aprile 2012.

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Capitolo 10
*** Rivelazioni, abbracci e scarpette viola. ***


Maximillian non aveva creduto alle sue orecchie, quel giorno, quando Rose le disse che probabilmente conoscevano la stessa persona. Lei gli aveva spiegato tutto, dopo essere usciti da quella stanza perché la ragazza si sentiva oppressa, e mentre parlavano avevano incontrato il soggetto della loro discussione. La cara, bella e timida Tassorosso aveva – quel giorno, per uno strano motivo – evitato di abbracciarla dopo aver notato la persona che l’accompagnava.

Il suo comportamento aveva insospettito la rossa, che nei giorni seguenti aveva cercato di indagare, sperando di farle uscire qualcosa da quella sua boccuccia. Ma ad ogni domanda lei arrossiva e se la filava via con la banale scusa di essersi dimenticata qualcosa e che doveva ricordare. Però di una cosa si era accertata: a Tristine piaceva Maximillian.

Sembrano due bambini. Aveva pensato più volte dopo aver visto il rossore di lei e lo stupore di lui. Se si piacevano a vicenda perché non si facevano avanti? Davvero non riusciva a capirli. Così aveva pensato di combinare un po’ la cosa.

Era andata da Tristine, un sabato che c’era l’uscita a Hogsmeade, e le aveva chiesto di andare con lei a bere una Burrobirra, ma aveva declinato con sommo dispiacere, perché aveva preso appuntamento con la sue amiche. Così, dopo la sgradevole batosta, era passata al piano B, che consisteva di portare Maximillian con lei a Hogsmeade e trovarsi per caso ai Tre Manici di Scopa a bere qualcosa. Ed aveva funzionato. I maschietti erano davvero… no, vabbè meglio non dire niente su di loro. Sono esseri davvero molto permalosi.

Comunque, dopo la felicità di zia Hannah e aver offerto ai due una Burrobirra, Rose si girò con interesse riuscendo a trovare Tristine e la sua folta chioma biondo scuro, che parlottava e sorrideva con le amiche.

« Non girarti, Maximillian. » Sussurrò la rossa, bevendo un sorso della sua bevanda. Ma il ragazzo non le diede ascolto e si voltò, notando subito Tristine seduta al tavolo impegnata in una conversazione divertente.

« Cosa ci fa lei qui? » Domandò, guardando perplesso l’amica. Di tutta risposta ebbe uno stringersi nelle spalle da parte sua, continuando a bere.

« E io che ne so? E’ comunque un’uscita a Hogsmeade. Non potevi sperare di non incontrarla qui. – Disse lei e poi riprese dopo una piccola pausa. – Seriamente Maximillian, quando deciderai di parlarle? Se ti piace, invitala ad uscire, non penso che potrebbe declinare l’offerta. » Lo guardò negli occhi. Lui resse per poco lo sguardo e poi spostò gli occhi sul suo boccale fumante, sospirando.

« E’ molto timida Rose. Non credo che accetterebbe subito di uscire con me. » Rispose lui sconfitto, bevendo finalmente il suo primo sorso. Rose storse il naso, e si guardò ancora attorno. Sorrise poi mettendogli una mano sulla schiena.

« Ora devi starmi a sentire, e non accetto un no come risposta. Hai diciassette anni e devi essere un Grifondoro oggi. Laggiù c’è un tavolo vuoto. Alza il tuo bel sederino, vai lì con la scusa di salutare quella con i capelli rosso tinti, perché so che la conosci e poi con una scusa tipo Posso parlarti Tristine?” vi sedete lì e la inviti. Non mi interessa se hai da replicare. Alza quel tuo deretano da Serpeverde o te lo faccio io a strisce argento e verde. » Disse del tutto minacciosa e convincente.

Maximillian dapprima sorrise, poi si spense. Ma assunse un cipiglio del tutto convincente, perché si alzò sicuro di sé e si diresse verso il tavolo, ma a metà strada ci ripensò e tornò indietro, ma non per dire che non lo avrebbe fatto ma per dare un bel bacio a Rose e ringraziarla. Lei di tutta risposta sorrise, finendo di bere la sua Burrobirra e si accertò che Maximillian seguisse ogni cosa che aveva detto. Ed, effettivamente, lo aveva fatto. Vide Tristine alzarsi, e se non la si conosceva poteva sembrare che stesse soffocando per qualche stuzzichino che aveva mangiato.

La rossa uscì dai Tre Manici di Scopa iniziando a camminare. La neve iniziava a sciogliersi, questo è vero, però il freddo persisteva. Si strinse la sciarpa alla bocca non appena il vento si alzò e si fermò a guardare la vetrina di Mielandia, mentre decideva se entrare e comprare qualcosa di buono o meno.

Mentre era intenta a rimuginare sui dolci strani che vi erano esposti, notò una figura riflessa sul vetro, dietro di lei. Si voltò, scoprendo uno Scorpius che era intento ad osservare la vetrina proprio dietro di lei… o osservare lei, dipende dai punti di vista. Gli riservò solo uno sguardo sprezzante e si incamminò per nessuna meta, voleva solo allontanarsi da quel personaggio. Lui però persistette e la seguì affiancandosi a lei.

« Dove hai lasciato Nott? » Chiese lui osservandola.

« Che fai, mi segui Malfoy? E poi non sono affari tuoi, suppongo. La mia vita, fortunatamente, non t’interessa. » Disse lei acida, senza degnarlo di uno sguardo e aumentando la velocità del passo. Si sentì poi il polso sinistro stretto nella sua mano, e così riuscì a fermarla e la fece voltare.

« Rose, mi dispiace. Per il mio comportamento dall’inizio dell’anno fino ad oggi. Ad essere sincero non avrei mai voluto questo distacco tra di noi. Mi eri simpatica in estate, soprattutto quando facevamo arrabbiare tuo cugino. Mi sono divertito. » Alla fine l’ago nel pagliaio veniva trovato. Ed ecco che il principino Malfoy perde la sua dignità. Chi l’avrebbe mai detto. Pensò Rose, guardandolo negli occhi grigi. Si destò poi da quell’incubo e tolse la sua mano che stringeva il suo polso.

« Potevi anche pensarci prima, per quanto mi riguarda. Ti sei comportato male nei miei confronti quando io non ho fatto niente. Mi eri simpatico anche tu, fin quando non ti sei portato dietro quella lì e le hai permesso di insultarmi. Se proprio non vuoi sentirti la coscienza sporca, accetto le tue scuse. Ora puoi tornare da lei tranquillamente. » Rispose lei, guardandolo intensamente negli occhi, per poi voltarsi e dirigersi al castello. Non aveva più nessuna voglia di dolce: l’amaro in bocca ormai non sarebbe andato via con una caramella zuccherosa. Lui non riuscì neanche a fermarla perché le sue parole lo congelarono lì.

Sospirò scuotendo la testa e mettendo le mani in tasca, scalciando un po’ di neve.

« Quand’è che la smetterete di litigare voi due? » Albus arrivò da dietro, passando un braccio attorno alle spalle dell’amico.

« Albus, sai una cosa? Mi piace tua cugina. » Confessò il biondo.


**


« Sai una cosa Al? - Chiese Rose con gli occhi chiusi – Mi piace tantissimo essere abbracciata a te. Mi manchi tanto. » Terminò infine, aprendo gli occhi e alzando un po' la testa, per guardare gli occhi verdi del cugino, che l'abbracciava stretta stretta.

Erano seduti sotto al solito albero di pino, che guardavano il Lago. Era quasi il crepuscolo e Rose non voleva alzarsi minimamente da lì per andarsi a preparare a quella che sarebbe risultata una cena a dir poco noiosa, con Lumacorno e i suoi prediletti.

« Mi diffondi sicurezza e tranquillità. Sono tanto stanca Al, non faccio altro che studiare e ho perso anche la voglia di dormire. » Continuò guardandolo, ma sembrava che Albus non le dava poi tanto retta. Si alzò un po', giusto per mettere fine a quello che stava osservando il cugino da molto tempo.

« Che c'è? Perché sei così triste? » Chiese la rossa. Di tutta risposta il cugino si destò e sorrise facendo spallucce, tirando a sé la ragazza, abbracciandola con più forza.

« Non sono triste. Ho solo fatto una piccola discussione con Scorpius. » Sorrise amareggiato lui. Lei sapeva quanto Al teneva a quel biondo. Si chiedeva anche perché erano così uniti da far perdere il senno in questo modo al cugino, ma decise di non peggiorare la situazione e cercare di rincuorarlo.

« E' qualcosa di serio e pesante? » Chiese ancora la ragazza. Albus scosse la testa, regalandole un vero sorriso ora.

« Faremo pace molto presto. Né io né lui riusciamo a stare lontano da entrambi per molto tempo. E' il mio migliore amico poi. » Fece una pausa guardandola un attimo negli occhi. « Ma tu non dovevi andare alla cena organizzata da Lumacorno? » Chiese, alzando un sopracciglio scuro. Di tutta risposta la cugina sbuffò e annuì in un lamento, mentre Albus la faceva alzare a la intimava di andarsi a preparare. Poteva anche essere molto bravo come insegnante, ma era un tantino permaloso il professore.


**


Sospirai, guardando la porta dell'ufficio – nonché stanza – di Lumacorno, mentre decidevo se bussare e entrare o scappare urlando che c'erano dei folletti impazziti per il corridoio e rifugiarmi nella calda Sala Comune di Grifondoro. Mi voltai un attimo, muovendo qualche passo per il corridoio buio, quando una luce si aprì in tutta la sua bellezza dietro le mie spalle e una voce un po' profonda e un po' cordiale risuonò lungo il corridoio.

« Signorina Weasley! Non stava mica scappando, vero? » Mi voltai, e la figura imponente , nonché grassottella, del professore di Pozioni mi si parò avanti.

« Oh, no professore. E' che non riuscivo a capire se era la stanza giusta. Con il buio che c'è in questo corridoio non riuscivo a capire se ero sul piano giusto. » Risposi con un sorriso affabile.

« Sciocchezze, sciocchezze! Sei sul piano giusto, entra entra cara! » Allargò le braccia e io mi feci avanti di qualche passo, poi fui spinta dentro da una sua mano. C'erano un bel po' di ragazzi e con mio sommo dispiacere io ero l'unica ragazza che era stata invitata a quell'assurda cena. E, con ancor più dispiacere, notai che c'era anche Scorpius lì.

« Aspettavamo te per iniziare il nostro aperitivo. Accomodati, ragazza, accomodati! » Disse allegro, spingendomi proprio nel punto in cui era seduto Scorpius, intento a scrutarmi da capo a piedi, per poi tornare a guardare il suo bicchiere colmo di un liquido quasi trasparente con un'oliva dentro. Capì che l'unico posto libero era proprio accanto a lui così, sospirando silenziosamente, mi andai a sedere con lo sguardo basso. Perché poi mi aveva guardata da capo a piedi? Indossavo solo un semplice vestitino bianco a maniche lunghe con piccoli fiori marroni sparsi qua e là e delle ballerine babbane basse nere, che richiamavano il nastrino dello stesso colore che avevo legato nei capelli a mo di cerchietto. Mi ero anche truccata in modo leggero, quindi cosa aveva da guardare?

« Ecco il tuo aperitivo, Rose, posso chiamarti con il nome vero? » Disse allegro come se avesse bevuto non so quanti bei bicchierini di Weasky Incendiario, facendo apparire un bicchiere simile a tutti gli altri davanti a me. Scossi piano la testa sorridendo debolmente, mentre posai lo sguardo sul mio aperitivo facendo rotolare la mia oliva nel liquido quasi trasparente.

« Rose, posso presentarti Mark, di Corvonero e del settimo anno. Conoscevo suo nonno e ho insegnato a suo padre. Avrai sentito parlare dei Jefferson che inventarono vari incantesimi molto potenti e difficili. Poi c'è il Signor Ruoll che è di Serpeverde. Ho insegnato a suo padre e suo zio, e quest'ultimo è nella Nazionale Bulgara di Quidditch... » Continuò a presentarmi i vari ragazzi che erano seduti a quel tavolo, al quale io facevo qualche cenno con la testa e un piccolo sorrisetto rivolto a loro. C'è chi aveva occhiali; chi era grasso e si guardava attorno per veder spuntare la cena da qualche angolo remoto della stanza; poi ci fu quello con i capelli biondo scuro che mi guardò con uno sguardo seducente e un sorriso che scoprì i suoi denti.

« E, infine, c'è il mio caro Scorpius, che ovviamente conosci perché siete al sesto anno insieme. Ragazzi, non credo che ci sia bisogno delle presentazioni per questa cara ragazza. Oltre ad aver ereditato i capelli rossi del padre e la bravura e intelligenza della madre, è anche una cara ragazza, umile direi, vero Rose? - Sorrisi imbarazzata, continuando a fare un cenno con la testa in segno di assenso. - Hermione era una cara ragazza, l'ho incontrata tempo fa al Ministero, dovevo parlare con mio mio caro amico. La posizione di Auror che occupa è molto importante... » Continuò a parlare di mia madre per molto tempo, e sperai che, come quel ragazzo grasso, da un angolo remoto della stanza arrivasse finalmente la cena.


Alla fine si calmò, ma solo per poco perché iniziò a lodare uno ad uno i ragazzi che aveva invitato. C'erano un paio di Corvonero, un Tassorosso, dei Serpeverde e un Grifondoro che non avevo mai visto. In tutto ne eravamo otto più il professore ovviamente. Mi ero chiesta come mai non aveva invitato James, Albus o Lily che infondo erano figli di Harry Potter. Ma la risposta venne solo un'ora dopo, in cui Lumacorno mi disse che tutti e tre avevano declinato il suo invito, dicendo che erano molto impegnati con la scuola. Ceeeerto, avevo pensato io. Albus si scocciava, Lily usciva con i ragazzi e James aveva un rendimento così basso che secondo me non gliel'aveva proprio chiesto.

Eravamo ormai al dolce e finalmente quella serata stava volgendo al termine, per mia grande fortuna.

« Allora, come sta tua zia, Junk? Ricordo che era una strega singolarmente dotata, non a caso è stata la giornalista più famosa del mondo magico. » Era rivolto a quel ragazzo fin troppo robusto, che sembrava essere discendente più che altro al Fantasma dei Tassorosso: il Frate Grasso.

Quello lì continuò a ingozzarsi del dolce – che quasi stava per consumare il vetro dell'enorme coppa che tutti avevamo davanti – dalla troppa energia che metteva nelle cucchiaiate.

« Non lo so. Non sono mai andato d'accordo con mia zia. Mi ha offeso... una volta... e da allora non ho voluto avere molti rapporti con lei... è una fissata. » Rispose lui con la bocca piena, mentre il cioccolato che quasi sgorgava ai lati della sua bocca.

Feci una faccia disgustata, guardando quello lì che mangiava come se in tutta la sua vita non avesse mai toccato cibo. Alzai le sopracciglia sospirando e tornando a guardare il mio dolce, anche se un po' di appetito mi era passato. Giocai con una pallina di gelato, quando sentì la risatina imbarazzata di Lumacorno.

« E tu Scorpius? Cosa mi racconti? Ho avuto sia tua madre che tuo padre alle mie lezioni. Anche se al sesto anno, tuo padre passò davvero un brutto periodo. Lo ricordo come se fosse ieri. Oh, povero. Un ragazzo di soli sedici anni minacciato dal mago Oscuro più potente che il mondo abbia visto. Fortunatamente si è ripreso poi dopo. » Fu come se il tempo si fermasse in quella stanza. Tutti trattennero il respiro e io restai immobile, guardando il mio dolce. Alzai il capo molto lentamente e scoprì che Scorpius stava rivolgendo un sorrisino a Lumacorno, mentre lo guardava negli occhi con instensità.

Sorrisi, tornando a guardare di nuovo il mio gelato.

« Sà professore – iniziai, cercando di sviare l'argomento del padre di Scorpius – mia madre e mio padre mi hanno parlato molto bene di lei, quando hanno saputo tramite lettera che ero stata invitata alle sue cene. » Dissi, sorridendo mentre guardavo il mio dolce e ci giocavo, portando il gioccolato da una parte all'alta.

« Oh, ma davvero? Beh, me ne compiaccio. Hermione è sempre stata una ragazza molto dolce e intelligente. Com'è daltronde tuo padre Rick. » Disse tutto allegro, ma io alzai lo sguardo puntandolo su di lui con aria ironica e il sopracciglio destro alzato.

« Ron. » Risposi io, scandendo bene la parola con un tono di voce un po' duro e un po' ironico.

« Oh, certo certo! Ah, la vecchiaia... » Diventò di un bel colorito accentuato, e tossicchiò più volte per la figuraccia che aveva fatto. Diciamocelo, io sapevo benissimo che il professor Lumacorno non aveva mai considerato mio padre (ero stata ben informata da lui) e non aveva mai ricordato benissimo il suo nome. Sorrisi, spostando lo sguardo accidentalmente alla mia sinistra notando che uno di Corvonero mi stava guardando molto intensamente, mentre si leccava il labbro superiore un po' sporco di cioccolato. Sussultai leggermente e non visibilmente (per fortuna, sennò avrei fatto una bella figura) e abbassai lo sguardo sul mio dolce.


Fortunatamente quella serata si era volta al termine. Ad essere sincera non ce la facevo più. Le domande imbarazzanti di Lumacorno, quello di Corvonero che continuava a mandarmi messaggi subliminali ai quali non volevo rispondere assolutamente. Non mi piaceva e si atteggiava, da quello che avevo potuto constatare. E ora che ci penso solo io e Scorpius eravamo sprofondati nel silenzio per tutta la serata.

Sospirai accarezzando il mio braccio destro, mentre camminavo per andare nel mio bellissimo dormitorio. Improvvisamente vidi una figura passarmi accanto, superarmi e fermarsi davanti a me. Sbuffai quando notai che era Malfoy e cercai di superarlo, ma mi fermò di nuovo.

« Ti volevo ringraziare per aver sviato l'argomento su mio padre, prima al dolce. » Affermò lui, ritraendo le mani e inserendole nelle tasche del jeans scuro che indossava.

« Non l'ho fatto per te, ma per tuo padre. Non credo che si meriti ancora persone che continuano a ricordare cose di tanto tempo fa. » Affermai, incorciando le braccia sotto il seno e guardando da tutt'altra parte.

« Lo so, ma è comunque mio padre e ti volevo ringraziare. » Affermò testardo. Mi decisi a guardarlo e i suoi occhi erano così... profondi e belli che mi ci persi per un attimo.

« Va bene. Prego. » Sussurai, distogliendo poi lo sguardo e ripendendo a camminare per il corridoio. Ma evidentemente neanche lui voleva mollarmi, così me lo ritrovai di fianco, sempre in quella posizione, che mi guardava.

« Posso almeno accompagnarti al dormitorio? Anche in silenzio, se è necessario. » Chiese lui, quasi allegro. Mi fermai di botto sbuffando e guardandolo.

« Cosa vuoi da me Malfoy? Vuoi farti perdonare per il comportamento che hai tenuto nei miei confronti per tutto questo tempo? Cos'è, il grillo parlante ti è balzato all'orecchio e ti ha fatto notare che non meritavo un simile trattamento? » Sputai acida guardandolo negli occhi. Lui di tutta risposta si accigliò poi sorrise ironico e imbarazzato.

« Non so chi sia questo grillo parlante ma non ho sentito niente al mio orecchio. Però se lo vuoi sapere, sì. Mi vorrei far perdonare. Quindi una tua risposta, che sia negativa o positiva, non servirà molto, io te l'ho detto solo per cortesia, non per altro. » Rispose elegantemente e sorridendo. Io, di tutta risposta alzai il sopracciglio destro molto scetticamente. Smisi di osservarlo e iniziai a camminare a passo veloce verso le scale, con lui che mi marcava peggio... non riuscivo neanche a pensare a un paragone con lui così attaccato a me. Finalmente, però, riuscii ad arrivare fuori al mio dormitorio in tempo record, e dopo aver detto la parola d'ordine sentì solo Scorpius che mi diceva “Buona notte” dopo il tonfo del ritratto che si chiudeva dietro di me. Sospirai di sollievo, poggiando le spalle al muro dietro di me. Perchè mai quel dannato Malfoy mi trattava male e poi si pentiva? Cos'è che gli ha fatto cambiare idea così, da un momento all'altro?

Mentre salivo le scale per il dormitorio femminile del sesto anno, e mi svestivo in silenzio per non svegliare le mie compagne, mi misi sotto le coperte e l'immagine di un moro con gli occhi verdi mi si parò davanti.

« ALBUS! » Urlai, sgranando gli occhi e mettendomi seduta sul letto di scatto.


**


Il giorno dopo, mi vestì in fretta e furia per andare in Sala Grande prima di tutti gli altri. Beh, c'era anche da dire che lo avevo fatto per non avere le occhiatacce delle mie compagne di dormitorio a causa della sera prima in cui avevo urlato il nome di mio cugino con rabbia... la sfuriata me l'ero meritata a pieno. Però quello non era stato l'unico motivo per il quale la mia persona aveva deciso di svegliarsi presto per andare in Sala Grande prima di tutti gli altri: prima di tutto, non avevo dormito granchè bene a causa della mia insonnia che stava diventando una malattia. E in secundis, volevo prendere mio cugino Albus (sì, perchè adesso lo avrei chiamato Albus per farlo arrabbiare come lo ero io) e farci una chiacchierata da soli, io e lui. E se nel caso il biondo di Serpeverde era presente, lo avrei mandato al tavolo della sua Casa a calci in culo! E questo era puro stile Rose Weasley.

Mi misi ad aspettare l'arrivo di mio cugino proprio fuori la Sala Grande, con lo zaino in braccio che mi pesava. Passò un'ora, due, due e mezzo e finalmente vidi mio cugino che arrivava da un corridoio. Si stava stiracchiando ed era accompagnato – come sempre – dal biondo platinato. Assottigliai per un attimo lo sguardo e poi mi avviai nella sua direzione.

« Ciao Rose. » Mi salutò Malfoy, sorridendomi. Lo guardai stranita mentre camminavo e lo sorpassavo. Da quanto in qua mi salutava lui? Feci solo un piccolo gesto con la testa e presi mio cugino per la sua divisa e lo trascinai fuori al portone d'ingresso del castello.

« Ciao Rose! Dove andiamo di bello? » Mi disse sorridendomi mentre inspirava molto profondamente l'aria del mattino.

« So dove tu puoi andare, se non mi dici cosa sta accadendo Albus. » Dissi arrabbiata, picchiettando un piede a terra dal nervosismo. Lui, d'altro canto, mi guardò tra lo stranito e lo schifato per l'aver pronunciato il suo nome per intero.

« Sto parlando del galletto biondo di Serpeverde, quello che tu chiami “amico”. » Ma lui, di tutta risposta sbuffò alzando gli occhi al cielo e giuro che se non lo conoscevo potevo anche non sapere che stava cercando qualche scusa per filarsela.

« Continuo a non capire. » Continuò lui. Sbuffai, sbattendo il piede a terra. Iniziavo a perdere la calma.

« Il tuo caro Malfoy inizia ad essere davvero strano. Mi ha sempre ignorata dall'inizio della scuola e ora di punto e bianco mi saluta e si comporta civilmente con me? Impossibile. Tu sai qualcosa? » Dissi tutto d'un fiato e, per un momento, giuro di averlo visto sorridere. Scosse la testa, stiracchiandosi e voltandosi per un attimo, per poi pensarci e girarsi a mezzo busto verso di me.

« Sei impegnata troppo nello studio che non riesci neanche a vedere ciò che ti accade ad un palmo dal tuo naso. Guardati intorno, e vedrai quanti pretendenti troverai sulla scia che lasci quando attraversi un corridoio. » E mi lasciò lì con un cenno della mano. Io, pretendenti? Pretendenti a che? Insomma... cosa ci trovavano in me? Avevo i capelli rossi e lentiggini, e per di più continuavo a essere un topo di biblioteca... Probabilmente Albus era ancora insonnolito per avermi detto quelle cose, l'unica spiegazione era quella.


La mattinata passò in fretta, cosa che non mi aspettavo accadesse. Nell'andare in Sala Grande per il pranzo notai che Albus aveva ragione: c'erano ragazzi che prima facevano finta di non guardarmi, benchè mi guardassero sott'occhio, e poi al mio passaggio alzavano lo sguardo... ne avevo sorpresi ben sette nel mentre stavo salendo per andare a mangiare.

A metà del pranzo mi ricordai che avevo dimenticato un libro nell'aula di Pozioni, così abbandonai il cibo e corsi nei Sotterranei. Magari se dopo avevo fame sarei potuta andare dagli Elfi e farmi cucinare qualcosa... so che mia madre odia quest'aspetto di Hogwarts e che mi aveva proibito di non andare nelle cucine per essere servita da loro, ma era questione di vita o di morte...

Nel mio ritorno in superificie, con affanno e il viso un po' rosso per la corsa, incontrai quel vanitoso di un Corvonero che alla cena di Lumacorno continuava a mandarmi segnali di... di non so che e non volevo neanche saperlo, ad essere sincera.

« Guarda guarda chi sta correndo per i corridoi. Lo sai che non puoi, vero? Eppure sei figlia di Hermione Granger, dovresti rispettare le regole più di chiunque altro. » Mi disse, sorridendo in modo enigmatico.

« Scusa, ma ho da fare, ci vediamo eh. » Cercai di snobbarlo in quel modo, ma mentre cercai di camminare a passo veloce per intraprendere le scale mi sentì il polso bloccare e tirare. Mi ritrovai in un attimo lui che mi sbarrava la strada della salvezza e che avanzava in modo lento verso di me, che arretravo ad ogni suo passo.

« Non abbiamo ancora avuto modo di presentarci e parlare di noi due. Io mi chiamo Victor, e tu sei Rose. Stavo pensando, perchè non esci con me stasera? » Sorrise di nuovo mentre continuava ad avanzare.

« A dire il vero, stasera sono impegnata. Ho molti compiti da fare. » Mi guardai attorno per cercare una via di fuga, ma dietro le mie spalle trovai solo il muro, che sentivo freddo anche attraverso i vestiti. Fece gli ultimi passi e mise una mano a lato della mia destra, in posizione da macho qual lui si credeva.

« Dai, per una volta tanto che non li fai non accade niente lo sai? » Iniziava a sussurrare e ad avvicinarsi. Deglutii e in un attimo riuscì a svignarmela passando sotto il braccio che aveva poggiato al muro. Lo vidi scuotere la testa, e poi sentì prendermi per entrambe le braccia, mi fece cadere lo zaino e il libro che avevo recuperato e mi sbattè al muro. Sgranai gli occhi per un attimo, poi li richiusi sperando che quell'incubo finisse subito...

Fu un secondo, mi sentì trasportare violentemente a sinistra ed ebbi una sensazione di libertà. Quando aprii gli occhi, notai subito la chioma bionda di Scorpius che aveva sbattuto al muro quello lì, poco più alto di lui. Non ci capii molto, perchè ero ancora scossa. Vedevo solo delle immagini di entrambi che inizavano a picchiarsi, fin quando non vidi Pix svolazzare proprio sulla testa della preside che guardava Scorpius in modo molto severo. Mi destai solo poco dopo che lui aveva seguito la McGranitt, mentre Vitious trasportava il corpo svenuto – o almeno speravo che era svenuto – di quello di Corvonero.

Presi subito quello che mi era caduto e corsi sopra, all'ufficio della preside, dissi la parola d'ordine al Gargoyle e bussai molto velocemente alla porta.

« Avanti. » Il suo tono di voce non prometteva niente di buono. Aprii la porta e la rischiusi subito, avvicinandomi alla scrivania. Lei era alzata dall'altra parte e aveva un cipiglio tutto severo, mentre Scorpius (anch'esso in piedi) guardava da tutt'altra parte. Notai che aveva una macchia scura sullo zigomo sinistro, un ematoma che probabilmente stava prendendo forma, e un labbro spaccato.

« Mi scusi signorina Weasley, ma al momento sono molto impegnata con il signor... »

« Non è stata colpa sua! » La interruppi, mentre lei alzava un sopracciglio, probabilmente per la mia insolenza. Non volevo esserlo, ma non mi andava che ci andava a finire di mezzo lui quando alla fine mi... mi aveva aiutata. La stanza era sprofondata nel silenzio, la McGranitt pretendeva una spiegazione e Scorpius... beh, continuava a guardarsi attorno come se niente fosse.

« Lui non c'entra niente – Iniziai a dire – Mi ha solo aiutata. Quello di Corvonero mi aveva braccata al muro e... se Scorpius non fosse arrivato ad aiutarmi non so esattamente cosa sarebbe successo. Non è stato lui a provocare la rissa senza un motivo. » Spiegai sussurrando e tutto d'un fiato.

La McGranitt mi guardò un po' incredula per quello che le avevo appena detto, ma si sedette un attimo di spalle, guardando i quadri degli altri presidi, compreso quello di Silente che era seduto su una poltrona che continuava a scrutare sia il mio volto che quello di Scorpius, al mio fianco.

« Chi mi dice che è la verità? E poi il signor Malfoy non aveva nessun'autorizzazione per poter picchiare così brutalmente un ragazzo d Corvonero. Dei punti devo pur toglierli. » Rispose poi, tornando a guardarci.

Restai a guardare per un attimo Silente, che mi sorrideva in modo tranquillo... ispirava sicurezza quell'uomo.

« Lei è una Legilimens, vero? Beh, se lo è potrebbe leggermi nella mente. Saprà che non mento. » Ultima spiaggia su cui arenarmi. Speravo tanto in un miracolo di Merlino.

Lei intanto mi guardò molto profondamente, fino a quando sospirò scuotendo la testa e alzandosi, percorrse il piccolo tragitto dalla scrivania alla porta.

« Mi dispiace signorina Weasley. Capisco che le sue intenzioni sono nobili, ma devo togliere almeno venti punti a Serpeverde... per aver provocato una rissa. - Prese una pausa e poi continuò. - Ma ovviamente anche al signor Tuiop verranno tolti cinquanta punti, più una punizione per tentata violenza. » Finì con un sospiro e un tono di voce che si affievoliva. Probabilmente perchè non credeva a quello che le avevo detto, o forse perchè era stanca, cosa più probabile.

« Signor Malfoy, vada in infermeria per farsi curare quei lividi e graffi. »

Queste furono le sue ultime parole, perchè aprì la porta e ci invitò ad andarcene, cosa che facemmo subito. Non appena ritornammo in corridoio Scorpius mi rivolse una piccola occhiata e poi iniziò a camminare. Ci pensai per un attimo e poi, con passo veloce, mi affiancai a lui.

« Ti accompagno. » Dissi semplicemente, mentre guardavo avanti.

« Non c'è ne bisogno. » Rispose lui semplicemente.

« Ti accompagno. » Dissi decisa.

Così, nel silenzio che ci circondava, arrivammo in infermeria, in cui Madama Chips, non appena vide il viso di Scorpius di certo non nella sua forma migliore, lo fece accomodare subito su un lettino. Controllò anche me, ma non avendo trovato niente mi lasciò sedere sul lettino di fronte a quello di Malfoy. Madama correva avanti e indietro per trovare probabilmente qualche rimedio magico per i lividi e i graffi superficiali. Alla fine tornò con una bottiglia bianca immacolata e un po' di ovatta. Mise un liquido verdastro sull'ultimo e iniziò a passarlo piano piano su un livido che aveva assunto un bel color violaceo. Due secondi dopo, mentre alzò la testa, vide un ragazzo sospeso in aria portato da un professore che richiedeva la presenza di Madama immediatamente. Lei, di tutta risposta guardò me frettolosa.

« Può continuare lei, signorina Weasley? » La guardai un attimo sgomentata da quello che mi aveva detto e poi feci sì con la testa, meccanicamente. A dire il vero non sapevo bene cosa fare, ma oramai Chips era già lontana per chiederle istruzioni. Posai la cartella sul lettino e mi avvicinai a Scorpius, un po' imbarazzata. Presi l'ovatta impregnata con quel liquido verde e guardai poi la chioma bionda del ragazzo, visto che aveva abbassato la testa. Presi un respiro profondo e poi misi una mano sotto il suo mento, per fargliela alzare. Non mi andava di parlare, dal mio tono si sarebbe sentito che ero imbarazzata...

Lui aveva capito – o almeno così credevo – e la alzò. Iniziai a passare l'ovatta sul livido, fin quando una forza strana che mi proveniva da dentro mi fece parlare.

« Grazie per avermi difesa, prima, nei sotterranei. » Quelle parole, mi venivano dal cuore. E non mi era mai venuto niente dal cuore da quando lui si era allontanato ad inizio anno. Una ciocca che avevo messo dietro al mio orecchio mi scivolò davanti al viso, e prima che io pensassi di alzare la mano e aggiustarmela di nuovo dietro di esso, una terza mano lo fece al posto mio. Il mio corpo si bloccò e i miei occhi si sgranarono. La mano di Scorpius aveva preso residenza lì, tra i miei capelli, e poco dopo mi ritrovai le labbra di lui sulle mie. Mi aveva spinto la testa verso la sua e ora ecco che le nostre labbra si toccarono. Il mio cuore iniziò a battere più forte, il sangue che pompava più velocemente si unì tutto sulle mie guance che sentivo infuocate.

Quando lui si staccò, rimasi un attimo interdetta. Poi posai immediatamente l'ovatta sul lettino, presi lo zaino e con passo veloce arrivai all'uscita dell'infermeria. Perchè mai lo aveva fatto? Perchè, io mi chiedevo. Io lo odiavo, e lui mi odiava. Perchè allora mi aveva baciata? Sbattei contro Albus che mi aveva fermata, blaterava qualche domanda, mi chiedeva come mi sentivo e come stava Scorpius, ma subito mi sciolsi dalla sua presa e corsi verso il mio dormitorio. Lì entrai nella stanza dei maschi del settimo anno, scavai a fondo nella valigia di mio cugino James per trovare il mantello dell'invisibilità, e quando lo trovai me lo misi addosso e sospirai di sollievo. Non volevo essere vista da nessuno.


**


Rose prese un sospiro di sollievo all'arrivo del sabato, un giorno in cui poteva riposarsi sia dallo studio che da tutto il resto dello stress che aveva accumulato, anche fisico. Fece tutto con comodo: arrivò a colazione un po' tardi, e fu lo stesso anche per il pranzo. Aveva in programma di andare a Hogsmeade per il pomeriggio, ma prima doveva andare a trovare Tristine in dormitorio, che aveva chiesto di lei anche in modo molto urgente. A dir il vero, Rose non aveva il permesso di entrare in un dormitorio che non era della sua casa, però tipo Al lo faceva... entrava nella Sala Comune dei Grifondoro come se fosse quella dei Serpeverde. Per non parlare poi dei gemelli Scamandro che sembrava quasi che ci dormivano nel loro dormitorio.

Alla fine riuscì ad arrivare davanti a quella che doveva essere l'entrata per la Sala Comune dei Tassorosso.

« Oh, eccoti Rose! Devo parlarti urgentemente! » La voce di Tristine le risuonò nella testa come fosse un campanellino che trillava incessantemente.

« Dimmi tutto Tristine. » Le rispose sorridendo mentre lei si avvicinava per stamparle un bacio sonoro sulla guancia. La prese per mano e la guidò su per una scalinata che sembrava non essere usata da nessuno. Credeva che l'avesse portata nella sua Sala Comune (la cuorità su come poteva essere fatta l'aveva assalita a dire il vero), ma invece la fece sedere proprio su quella cosa polverosa e di legno.

« Maximillian. » Disse solamente, dopo aver preso un respiro profondo. Non parlò più, quel nome risuonò nel cervello di Rose come la sua voce poco prima. La rossa, di tutta risposta aspettava un suo continuo, ma non arrivò per niente, così aggrottò le sopracciglia e parlò lei.

« Ha fatto qualcosa di sbagliato? » Le chiese preoccupata, perchè se sarebbe stato così, avrebbe usato lui come esercizio per i suoi incantesimi che sono tutto fuorchè perfetti.

Lei scosse fortemente la testa, sventolando la sua chioma biondo scuro, e guardandola con quegli occhioni chiari.

« No! No! Lui è dolcissimo! Sono io il problema – Iniziò a dire – Vedi, io non ho tutta quest'esperienza con i ragazzi, e ho paura che lui possa stancarsi e perdere l'interesse nei miei confronti. Per questo ti ho mandato a chiamare con urgenza. Oggi ho un appuntamento con lui, e non so come comportarmi né cosa indossare. Vorrei un tuo aiuto, se non sono troppo di disturbo... » Se avesse smesso di parlare qualche secondo dopo, probabilmente sarebbe morta soffocata. La guardò per un attimo e poi spostò lo sguardo sulle sue scarpette viola. Almeno Maximillian non si era comportato male con lei, e quindi non lo avrebbe usato come cavia umana per i suoi incantesimi. Il problema è che Rose non sapeva niente di niente su come comportarsi o cosa indossare ad un appuntamento con un ragazzo. Lei, per quanto corteggiata poteva essere, non aveva mai avuto un ragazzo. Il suo primo bacio glielo aveva dato Maximillian appunto... figuriamoci se lei poteva sapere come comportarsi ad un appuntamento.

Che cosa orrenda, vero? Il tuo primo bacio datoti da quello che potrebbe essere chiamato “migliore amico”... possiamo dire che il primo vero bacio me lo ha dato Scorpius, qualche giorno prim... NO NO NO! Cosa stai pensando Rose?! Hai fatto di tutto per dirmenticartelo e per evitare quel biondo platinato e ora ti metti a pensare a quel bacio che ti ha dato? Sei proprio una stupida!

Certo che Rose non aveva tanta stima di sé, però era quello che pensava. Alla fine era un po' orrendo, era vero.

« Rose? Ti senti bene? » Tristine interruppe i suoi pensieri e la rossa si destò, spostando lo sguardo sul suo viso e sorrise.

« Sì, certo. E comunque... io penso che tu dovresti essere te stessa Tristine. Ai ragazzi piace quando una ragazza non fa finta di essere quella che non è, lo apprezzano. Di solito tutte si mettono in ghingheri e osano troppo ad un appuntamento con un ragazzo, invece io penso che ognuno dovrebbe essere se stesso. Quindi non aver paura di indossare quello che avresti indossato ad una semplice uscita con le amiche, oppure ti avresti truccato poco. Sei bella così come sei, senza che osi troppo. E il discorso vale anche per il “come comportarsi”. Sii te stessa, e vedrai che Maximillian lo aprezzerà ancora di più. » Le disse sorridendo. La sua espressione variò molte volte: da un accigliato, a un “siamo sicure che ho chiesto alla persona giusta?” per poi lasciar spazio a un bel sorriso, uno di quelli belli per davvero, che possono togliere il fiato, e un suo abbraccio.

« Grazie. » Disse solo, per poi correre e lasciarla lì... Sospirò sorridendo e tornò a guardare le sue scarpette viola.

« E voi, fate il vostro lavoro oggi. Siete i miei portafortuna, non accavallatemi altri problemi, per favore! » Le ammonì.


Si fermò davanti a Mielandia, guardando la sua vetrina. Oggi era colorata di arancione: ogni dolciume di quel colore era esposto dietro la vetrata. Rose entrò dentro e si guardò attorno, cercando di scegliere per bene quello che voleva. Non mangiava qualcosa di Mielandia da un bel po' di tempo, e non poteva di certo comprarsi tutto. Alla fine la commessa del negozio le consigliò delle palline colorate con dentro la cioccolata, e le diede in omaggio un pezzo di cioccolata.

Uscì da lì soddisfatta e aprì il sacchetto trasparente, iniziando a mangiare le palline.

« Lo sai che la cioccolata fa venire i brufoli? » Una voce, che ormai riusciva quasi a riconoscere, ma sperava con tutta se stessa che non era chi pensava, si fece strada nelle sue orecchie. Rose non volle voltarsi, sembrava che era stata colpita da un Pietrificus Totalus, ma riuscì a muoversi e iniziare a camminare nella direzione opposta a dove aveva sentito la voce. Ma subito una mano la prese per il braccio e la portò in un vicolo semi buio. Rose guardò Scorpius con la paura negli occhi. I pensieri più orrendi le passarono per la testa, e sperava almeno che era tutto frutto della sua fantasia.

Il biondo, di tutta risposta sbuffò alzando gli occhi al cielo e mettere le mani in tasca.

« Tranquilla, non ti farò niente. Però diamine Rose, mi stai facendo perdere la testa. Cerco di parlare con te e fuggi; cerco di ricevere un tuo buongiorno in risposta al mio e non lo fai. Ti ho baciata, sì! Cosa ti aspettavi che ti dicessi? Che era stato uno sbaglio, come quello che ti ha dato Maximillian tempo fa? - Rose sgranò gli occhi a quell'affermazione, ma Scorpius sorrise amaramente mentre fissava i suoi occhi azzurri in quelli della ragazza – Vi ho visti, se è quello che ti stai chiedendo. Per questo ti ho trattata male nel periodo dopo. Se continui a chiederti perchè... diamine Rose non ti sei ancora resa conto che mi piaci? E che vorrei almeno un'altra possibilità da te? Ho cercato di fartelo capire, in tutti i modi, anche trattandoti male. Lo so, non dovevo trattarti male quando vedevo che altri ragazzi ti guardavano oltre a me, non è una cosa bella da fare, ma è il mio carattere purtroppo. » Il giovane di casa Malfoy sospirò, passandosi una mano sul viso e tornando a guardare la primogenita di casa Weasley. La ragazza, d'altro canto, non si aspettava una rivelazione del genere, per questo restò interdetta e immobile nelle ombre buie dei palazzi.

« Non mi dici niente? Non vuoi darmi una possibilità? » Riprese lui, sorridendo. La rossa, per un attimo guardò male le sue scarpette viola, desiderando di incenerirle.

« Vi avevo detto di non accavallarmi altri problemi... belle amiche che siete. » Sussurrò piano, senza farsi sentire dal biondo platinato che, fortunatamente, era molto distante da lei e quindi non poteva catalogarla tra le persone pazze che parlano con le proprie scarpe. Sospirò poi, alzando la testa e incatenando il suo sguardo con quello di lui, che bramava subito una risposta.

« No. Di solito io non sono una ragazza che porta rancore, ma nei tuoi confronti mi viene spontaneo. Non è stato giusto che tu mi abbia trattata male quando non avevo fatto niente. Non voglio darti una possibilità. Fine del discorso. » Disse, arrabbiata e avanzando, facendo ciondolare il suo sacchetto trasparente con i cioccolatini all'interno. Scorpius però fu più furbo e la fece fermare, poggiando le sue mani sulle sue braccia.

« Per favore Rose. Non sarei qui a ridicolizzarmi se non fosse tutto vero quello che ti ho detto, se non provenivano davvero dal cuore le mie scuse. »

La ragazza cercò di guardare da un'altra parte, e per un primo momento ci riuscì, solo che lo sguardo di lui la chiamava e fu così che gli occhi si incrociarono. Passarono alcuni minuti, o forse anche pochi secondi, ma sta di fatto che appena Rose vide il viso di Scorpius ancora più vicino si divincolò e lo guardò male.

« Vuoi una possibilità? Se è quello che vuoi, l'avrai... ma dovrai sudare sangue. » Rispose infine lei, per poi voltarsi e lasciarlo lì, nel buio.









NdA: Mi scuso per il ritardo... PERDONATEMI! Ma io in un certo senso vi avevo detto che non avrei aggiornato entro la data di scadenza. Poi improvvisamente mi sono venute in mente le idee che avevo e le ho messe in questo capitolo. Mi scuso per eventuali errori gramamticali e annessi e connessi. Inoltre, io una scadenza la dò, però non vi assicuro che aggiorni entro quella data. Quindi, continuo a scusarmi anche per quella mancata promessa.
Infine, vorrei ringraziare le tre anime che mi hanno recensito nel capitolo precedente:
EmWeasley, GiulyHermi96 e la mia amata Ystava, che adoro sempre più *-* e voglio anche ringraziare le centrotrentasei anime che hanno letto sempre il capitolo precedente. In conclusione, vorrei continuare l'appello di "RECENSITE", mi servirà molto, visto che nelle recensioni scorse mi è stato fatto notare che sbagliavo a coniugare il verbo e in questo capitolo spero di non aver fatto tanti errori. Quindi, come vedete, un pò servono le vostre recensioni, se pensate che sono solo righe scritte senza senso... NON E' COSI'... QUINDI, RECENSITE. Grazie *-*
Buona lettura
M-

prossimo aggiornamento: 10 Maggio 2012.

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Capitolo 11
*** Anche i compleanni possono essere una rottura? ***


Per quanto Rose cercasse di ricordare, non le era mai capitato che il suo compleanno coincidesse con le vacanze pasquali che avrebbe preso da lì a qualche giorno. Probabilmente, l'unica nota positiva di quella cosa era che sarebbe stata a casa, rilassandosi un po' di più e, soprattutto non avrebbe visto per almeno una settimana il biondo platinato che continuava a corteggiarla.

Sì, non nasconde che a lei fa piacere ricevere tutte quelle attenzioni, ma era anche estenuante. Ogni mattina trovava una rosa poggiata sul suo comodino, e nell'arco della giornata lo incontrava sulle centomila volte. In alcuni casi accompagnato da Albus, in altri da solo. Iniziava a pensare che James, per la prima volta, era stato ingannato da un Serpeverde: ha sempre pensato che Malfoy potesse aver rubato (o Albus lo aveva fatto, dipende dai punti di vista) la Mappa del Malandrino dal primogenito di casa Potter... e non sarebbe stato un bello spettacolo se egli lo avrebbe scoperto. Però sì, Rose pensava che potesse avere quella, o peggio ancora qualche complice posizionato nel castello in punti strategici che gli diceva dove andava o dove poteva incontrarla.

Era molto estenuata da questo suo comportamento, quindi passare le vacanze pasquali a casa sua era, diciamo, una sorta di relax. Anche se, comunque, doveva continuare a studiare, e in tutto questo il suo corpo si rifiutava di dare una mano alla rossa.

« A proposito. Sono voci di corridoio, o tu e Scorpius vi state frequentando? » Maximillian, che era appena tornato da uno scaffale dopo aver preso un libro da leggere, le aveva posto la domanda sedendosi con nonchalance sulla sedia di fronte all'amica, mentre iniziava a sfogliare il libro con poco interesse. Di tutta risposta, lei lo guardò dapprima intensamente, e poi fece scivolare la sua testa sul foglio di pergamena su cui stava scrivendo i suoi cinquanta centimetri per Divinazione. Sospirò, chiudendo gli occhi e respirando l'odore di quella carta, che in un certo senso la faceva rilassare... manco fosse una sigaretta!

« Non ci stiamo frequentando. » Rispose, infine, rialzando la sua schiena e mettersi composta, continuando a scrivere. Strizzò un attimo gli occhi per trovare un sinonimo che suonasse bene con il periodo che stava scrivendo, ma Maximillian continuò a parlare.

« Suvvia, non è mica una cosa brutta se tu e lui vi state frequentando. Io la vedo una cosa normale. Due persone che si piacciono possono provare ad uscire assieme. Non fare quella che ha vergogna di dire la verità. »

« Guarda da che pulpito viene la predica. Da quel ragazzo che aveva paura di farsi avanti con Tristine, e solo Merlino sapeva il motivo. » Rispose subito Rose, riuscendo a trovare una parola che potesse andare e continuare il suo tema sui Presagi.

Maximillian fece un piccolo risolino e tornò a leggere il suo libro, scuotendo la testa.
« Per questo tutt'oggi ringrazio una rossa con le lentigini. Perchè senza le sue minacce su un suo possibile piede diretto al mio deretano a strisce Argento-Verde, oggi non starei con Tristine. Ma, se posso, vorrei darti qualche consiglio, mia adorata Rossa – scandì per bene l'ultima parola – Scorpius di solito è sempre stato un tipo difficile, però evidentemente tu gli interessi. Quindi, fai bene a fargli buttare il sangue in questo modo, ma devi dimostrargli anche tu qualcosa, sennò lui penserà che sta facendo queste cose per niente, e giorno dopo giorno perderà l'interesse e si allontanerà di nuovo. Quindi, alza il tuo bel didietro e dimostragli qualcosa. »

Per tutto il discorso Rose si mise a guardarlo, cambiando molto spesso varie espressioni: da un “io non prendo in giro la gente” a “se lo merita in un certo qual modo” ed, infine, ad un “stai scherzando, vero?” Non che lei non lo voleva fare, ma il problema era che lei non sapeva cosa fare. Non ha mai dimostrato ad un ragazzo che gli piaceva (se ve lo state chiedendo, sì, alla fine Rose inizia ad avere un certo interesse verso quel tipo troppo biondo).

Restò a guardare il suo amico per qualche secondo, per poi sbuffare, sventolando una mano con non curanza.
« Fammi finire il tema Maximillian. Devo consegnarlo domani e non è da me arrivare all'ultimo minuto. » Cercò di chiudere il discorso in quel modo... Rose non doveva consegnare il suo tema domani, per niente, ma riuscì a far stare zitto Maximillian per tutto il tempo in cui entrambi erano stati in biblioteca.


**


Era arrivato finalmente l'ultimo giorno al castello, prima delle vacanze pasquali, e Rose non era mai stata così felice come lo era quella mattina. Tutte le lezioni erano state sospese per gli studenti e professori che dovevano preparare le valigie per l'indomani e partire per poter tornare a casa. Sì, la rossa era molto felice. Anche perchè non avrebbe visto quel muso scuro della Serpeverde che ogni volta che passava la guardava male... la notizia che lei e Scorpius si stavano “frequentando” aveva girovagato per il castello, scatenando la gelosia di qualsiasi ragazza che popolava la struttura e la rabbia di James.

« Come hai potuto farmi questo, eh cuginetta? Ora... cioè... come... » James che balbettava era un caso assurdo. E di certo non l'aveva presa bene, anche perchè da vero Grifondoro qual'era odiava i Serpeverde più del fatto che Al, qualche giorno prima che la notizia si diffondesse, gli aveva fatto uno scherzo con i fiocchi.

« James, calmati per Merlino! Non ti sto facendo proprio niente. Non ci sto uscendo con il biondo platinato, e la notizia è stata diffusa da una Serpeverde, Caroline, che è gelosa di me ed è arrabbiata che Malfoy l'abbia lasciata e ha combinato le due cose, usa un po' il cervello! Lo so che non lo sai fare, ma provaci diamine! » Rose non si era mai arrabbiata in quindici anni della sua esistenza. Però quelle voci cattive fatte a posta per le persone che non avevano niente di meglio da fare che spettegolare, le iniziavano a dare sui nervi. Così lasciò la Sala Grande per dirigersi a grandi passi e veloci nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, in cui l'aspettava Zio Neville, che di tanto in tanto l'aiutava con gli incantesimi. Appena entrò sbattè la porta e gettò con poca eleganza il suo zaino sul primo tavolo che aveva adocchiato.

« Scusa il ritardo Zio. » Disse sospirando e passandosi una mano tra i capelli boccolosi. Lo zio la guardò un po' stranito per poi sorridere e scuotere la testa.

« Okay, allora, riprendi il tuo zaino che oggi ti porto in un'aula in cui non possiamo né essere disturbati né essere trovati. » Le disse e la ragazza si accigliò, prendendo immediatamente la sua roba e correre fuori per raggiungere il suo parente/insegnante che era già uscito velocemente da lì. Salirono le scale fino ad arrivare al settimo piano e la fece fermare in un punto, mentre lui iniziò ad andare avanti e indietro. La ragazza notò l'arazzo di Barnaba il Babbeo e si accigliò. Lì non c'era nessuna porta, ora che ci faceva caso... e perchè lo zio andava avanti e indietro? Se lo stava chiedendo più volte, fin quando una porta apparì davanti ai suoi occhi e lei rimase esterrefatta. Si avvicinò cauta e poi toccò il materiale di cui era fatta, con le sue rifiniture e tutto il resto.

« C-come... » Cercò una spiegazione, ma Neville scosse la testa, aprendo la porta e facendola entrare. Si trovarono una stanza ben riscaldata, con il camino e il fuoco al suo interno che scoppiettava. C'erano delle poltrone e proprio di fronte a loro un enorme spazio al centro della stanza.

« Questa è la Stanza delle Necessità. Viene in tuo aiuto quando ne hai più bisogno. Si mostrò a me, i tuoi genitori, i tuoi zii... insomma, tutti quelli che conosci e che fanno parte della tua famiglia, ai tempi in cui la Umbridge ci perseguitava e non ci lasciava fare incantesimi. » Disse, con un bel sorriso, mentre si guardava attorno.

« Delle volte mi viene da pensare, sai? Ne avete passate davvero tante... era divertente a quei tempi? » Chiese la Rossa, mentre posava il suo zaino su una poltrona. Nel frattempo, Neville mise una mano sotto il mento e assunse un'aria pensierosa.

« Più o meno sì. Dipende però dai momenti. Insomma, ci sono stati tempi molto bui, però alla fine siamo riusciti a risollevarci. Dovevamo comunque, in un modo o nell'altro, con tutti i danni che ci erano stati recati – Fece una pausa e poi continuò – Okay! Allora, oggi ci eserciteremo sull'Expecto Patronum. » Rose sgranò gli occhi e si avvicinò di più a lui.

« No, aspetta! Un momento! Io non so fare un normale e semplice Incantesimo di Sparizione, vorresti farmi fare un Incanto Patronus? » Chiese tutta agitata. Neville sorrise e le fece un occhiolino. Prese la sua bacchetta e pronunciando la formula molto tranquillamente un fiotto argentato uscì dalla sua bacchetta, mentre iniziava a prendere forma...


**


La rossa, primogenita di casa Weasley, si gettò sul letto stremata. Era ormai mezzanotte passata quando finalmente aveva toccato il suolo morbido e caldo del suo letto. Suo zio Neville l'aveva ridotta allo stremo delle forze con i suoi continui incitamenti e le sue continue istruzioni su come invocare un perfetto Patronus.

Probabilmente non ho ancora un ricordo felice davvero potente che sappia farmi invocare il mio Incanto Patronus. Aveva pensato più volte, quella sera, Rose. Fortunatamente aveva preparato la valigia molto prima, dato il suo entusiasmo per la partenza e soprattutto per il ritorno a casa.


Guardò per un attimo fuori la finestra, pensando che in questi giorni di vacanza doveva spassarsela con i suoi cugini e soprattutto con Al.


**


Aveva premeditato tutto. Che sarebbe tornata a casa, con i soliti genitori, i soliti parenti e la solita casa con i soliti calzini che metteva per camminare scalza... ma mai che i suoi genitori avevano comprato un erede del povero Grattastinchi, deceduto un paio di anni fa. A dire il vero, non credevano nemmeno che potesse morire quel gatto... quando Hermione lo aveva preso non era del tutto giovane, e lei aveva tredici anni. Era vissuto ventisette anni, quindi era bello che vecchiotto ma aveva tirato comunque le cuoia. E comunque, sì, avevano un nuovo animale domestico perchè a detta di Ron, Hermione si sentiva sola adesso che entrambi i suoi figli erano a Hogwarts a studiare. Il problema più grande però era che questo gatto (chiamato Grattastinchi II, che bella fantasia!) non era poi tanto uguale a quello precedente. Era sì della stessa razza e mezzo Kneazle anche lui, ma era nero, con delle strane striature bianche sul pelo... più che un gatto, a detta di Rose, sembrava una zembra con la pelliccia e spelacchiata. Non era poi tanto fastidioso da tenere in casa, quel gatto però amava rompere la rossa mentre studiava o apriva un libro quando era rilassata sul divano.

Quindi potete immaginare come erano stati disastrosi i primi giorni per lei, che non riusciva a rilassarsi per davvero. E mancava solo un giorno al suo compleanno, per di più, e tutti si comportavano come se lei non esistesse. I genitori lavoravano fino alla sera al Ministero della Magia, quindi non poteva interagire con loro. Andava a casa di Al, e trovava lui o a scrivere tutto concentrato lettere a non sapeva chi, o lo trovava che litigava con James, che era sempre spaparanzato sul divano. Rose aveva anche immaginato lui diventare un tutt'uno con la stoffa di esso, dato che lo trovava sempre lì ad ogni sua visita. Poi c'era Lily, che da un po' di tempo ignorava la cugina, facendole solo qualche gesto per salutarla. A detta della rossa, era particolarmente strano da parte sua, ma era troppo occupata a deprimersi per la non attenzione che le riservavano i cugini.
Poi c'erano Fred e Roxanne, che non erano né a casa loro, né al negozio dallo Zio George. Si era recata anche lì, e prima di essere sollevata da terra e fare quattro giri assieme a lui, aveva constatato che non c'era nessuno che conosceva con cui passare un po' di tempo. Così, perdendo le speranze, capì che quella era la prima di tante giornate che doveva passare da sola, se i suoi cugini non avessero finito di ingnorarla.


E fu così che arrivò anche il giorno del suo compleanno. Si svegliò sorridente, la ragazza, e dopo aver cercato le sue pantofole infinitamente, decise che era meglio camminare scalza. Scese le scale e iniziò a cercare per la casa i suoi genitori, trovando al loro posto solo un biglietto di carta ben in vista sul frigorifero.

Io e tuo padre siamo dovuti uscire presto, scusaci. Il Ministero ci ha mandati un messaggio questa mattina e non abbiamo fatto in tempo a salutarti. Le cose da mangiare sono in frigo, lo sai. Ci vediamo questa sera. Buona giornata, ti vogliamo bene.

Mamma e Papà.


P.S.: tuo fratello è andato da Lily.

Sospirò, sedendosi alla tavola e leggendo quel biglietto pià di cento volte. Non c'erano né indizi che le dicevano “Buon compleanno tesoro” né niente di niente. Eppure i suoi genitori non si erano mai dimenticati del suo compleanno, perchè oggi doveva essere diverso? Parliamoci chiaro, a Rose non interessava per davvero ricevere gli auguri per il suo compleanno, ma si aspettava che quel giorno speciale lo avrebbe passato con i componenti della sua famiglia.

« Che dici Grattastinchi, andiamo a vedere se i cugini oggi sono liberi? » Chiese al gatto, che stava cercando di arrampicarsi sul pantalone del pigiama della ragazza. Lo prese in braccio e lo portò in camera sua, poggiandolo sul letto. Cercò qualcosa di semplice da mettersi e dopo aver finito sia di prepararsi che le poche faccende di casa che aveva da fare, prese in braccio Grattastinchi e uscì di casa, dirigendosi a casa Potter.

« E, porco Merlino, muoviti Fred! » La voce di James rimbombava dentro e fuori casa... ma soprattutto nelle orecchie di Rose, dato che lui aveva urlato mentre apriva la porta. Voltandosi a guardare chi era, si pietrificò per un attimo, guardandola negli occhi intensamente.

« Ciao James! Posso stare con te? » Chiese lei, mettendo meglio Grattastinchi nelle sue braccia. Ci fu un attimo interminabile in cui James continuò a fissarla assente. La casa, da cui prima veniva un gran baccano, era diventata misteriosamente silenziosa.

« James...? Posso? » Chiese di nuovo la Rossa, ma James chiuse un po' di più la porta, e fece una strana smorfia.

« Mi dispiace Rose, ma siamo occupati. » Furono le uniche parole che James riuscì a mettere insieme. Di tutta risposta la cugina s'incupì, e abbassò lo sguardo sul gatto che avvea in braccio, e senza dire alcunchè se ne andò, non ascoltando per niente i richiami del cugino.

« Sai cosa facciamo ora Grattastinchi? Andiamo a trovare i nonni al cimitero, a Zio Sirius e poi andiamo da Zio Fred. » Disse, stringendo a sé il gatto.

La sua famiglia abitava sì su una collina, ma era una collina non molto distante da Godric's Hallow, quindi dal cimitero in cui i genitori di Harry erano sepolti. E lì non c'erano solo loro (che lei chiamava nonni), ma anche Sirius, che lei reputava come uno zio, e Fred. Quando tornava dalla Germania per le vacanze faceva molte visite a loro. Lei si preoccupava del fatto che loro potessero pensare che qualcuno li abbia dimenticati, ma non era così, per niente. C'era una nipote che loro non avevano mai conosciuto di persona che continuava a prendersi cura del loro ricordo.
Arrivò al cimitero, e vi entrò, lasciando che Grattastinchi scendesse dalle sue braccia e iniziasse a girovagare per quella landa desolata. Come sempre, la rossa iniziò a farsi il giro per le lapidi che venivano prima di quelle dei suoi cari. C'era la signora Grynder, poi Linda, Horell, Zeno, Syria... li sapeva a memoria, e ogni volta che veniva lasciava qualcosa anche a loro. Uno dei pochi incantesimi che riusciva a fare senza pronunciarne le parole era la fioritura di fiori. L'aveva imparato a posta per quando veniva a trovare i suoi nonni e i suoi zii, ma con il tempo aveva imparato anche a dare un piccolo omaggio a coloro che erano stati dimenticati dai loro parenti e amici.

« Ed uno anche a te Liam. » Sussurrò sorridendo, mentre faceva apparire un fascio di rose sulla tomba di un ragazzo ventitrèenne morto circa dieci anni fa. Si rialzò, con il gatto che la seguiva, e arrivò alla lapide di Lily e James Potter.

L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.

Adorava quella frase. Non sapeva perchè, ma le dava un senso di tranquillità nell'animo che non riusciva a spiegarlo a parole. Si sedette di fronte alla lapide e prese Grattastinchi, facendolo accoccolare tra le braccia.

« Loro, Grattastinchi, sono i miei nonni. Zio Harry, quando noi eravamo piccoli, ci ha raccontato che erano persone coraggiose, come tutti quelli che lo avevano circondato durante la sua crescita, anche se purtroppo lui non ha mai avuto modo di conoscerli, ma sa che sono sempre accanto a lui. » Prese una pausa, spostando lo sguardo dal gatto alla pietra, leggendo i nomi di entrambi. Prese la bacchetta, poi, e come aveva fatto per tutti fece apparire un fascio di fiori bello grande, posizionandolo al centro. Fissò la lapide per un'ultima volta e si alzò, lasciando che il gatto nero con le strane striature gironzolasse lì intorno.

Camminò per un po' e fece la stessa cosa con Sirius, solo che stette in silenzio, seduta a terra di fronte alla lapide di pietra, mentre Grattastinchi girovagava attorno a un albero. Dopo aver lasciato anche a lui un fascio di fiori, fece la sua ultima visita a Fred, il parente che sentiva più vicino. Non era per mettere in ombra gli altri, ma essendo che i genitori dello zio non le sono proprio parenti, e neanche Sirius lo era, il fratello gemello di George era quello che sentiva più vicino a lei.

« Visto zio? Non mi sono dimenticata di te. » Disse sorridendo, mentre sulle sue gambe incrociate si adagiò il gatto.

« Sai una cosa? Mi fa ancora strana tutta questa cosa del riuscire a sentire... sì lo so zio! E' quello che ho sempre desiderato, ma vorrei vedere te che passi quindici anni della tua vita a non sentire e poi puff... improvvisamente ci riesci. Non è male, ma comunque ha i suoi aspetti negativi. » Sospirò, guardando la lapide ma subito fece una smorfia alzando gli occhi al cielo quando un piccolo venticello iniziò a scompigliargli i capelli ricci.

« Maddai zio! Davvero ti arrabbi per questa frase che ho detto? Dico davvero, lassù le nuvole ti stanno mandando in pappa il cervello eh! » Incrociò le braccia al petto la Rossa, ma il suoi capelli divennero più sconvolti di quello che erano grazie ad un vento che iniziò a tirare più forte di prima.


**


Era ormai quasi mezzanotte quando Rose aveva deciso di tornare a casa. Non era per niente contenta del fatto che i suoi parenti si erano dimenticati del suo compleanno, non proprio per la festività in sé ma perchè voleva solo passare del tempo con le persone che voleva bene... dimenticarsi per un attimo che aveva degli impegi scolastici e che c'era un biondo stalker che continuava a perseguitarla solo per poterla conquistare. A questo proposito, però, non aveva mai pensato. Insomma, se i parenti di entrambi avessero scoperto che si stavano “frequentando” come l'avrebbero presa? Di certo non bene, i Weasley e i Malfoy erano in grande conflittualità da molto tempo... Ci resterebbero male soprattutto i nonni di entrambe le parti.

Camminò per un po', fin quando non si rese conto che era arrivata sulla collina. Si guardò intorno e restò senza parole: c'erano festoni ovunque, candele e striscioni con su scritto “Auguri Rossa”. Non si aspettava di certo una festa a sorpresa, ma appena varcò la soglia di casa la madre le si appicciò addosso, stringendola in un abbraccio prima e poi prenderle il viso tra le mani, guardandola e parlando in modo sconnesso e veloce. Rose, in quel momento realizzò una seconda cosa: non sentiva. Non sentiva più le voci, il baccano e tutto quello che in quei pochi mesi veloci aveva imparato ad ascoltare. La primogenita si accigliò per un attimo e poi cambiò la sua espressione in una molto triste, mentre la madre continuava a chiederle dov'era stata, cosa aveva fatto e perchè non era a casa, ma vedendo l'espressione triste della figlia, si immoblilizzò un momento e continuò a guardare i suoi occhi, che adesso stavano diventando lucidi.

“Mi senti cara?”







NdA: ODDIO! Scusatemiscusatemiscusatemi! Sì lo so, sono in un terribile ritardo... un mese e tre giorni! Sì lo so, la colpa è mia ma cercate di compiadirmi. Esattamente tra una settimana dovrò fare un esame di Stato, sono in pena perchè per la tesina ho sì e no due argomenti, e dovrei anche inizarmi a documentare per le possibili tracce in modo da studiare e saper qualcosa su cui scrivere alla prima prova. Mi dispiace, dico davvero! Ho anche poca ispirazione (anche per questo mi sto riducendo all'ultimo momento con la tesina) quindi mi scuso anche per il capitolo, che credo sia piccolo, e forse per la poca consistenza che ha. Ringrazio comunque le due anime che hanno recensito e le centotrentatrè che hanno letto il capitolo precedente.
Vorrei richiamare l'attenzione, infine, su una sola parola: "RECENSITE", vorrei tanto il parere non solo dei soliti, ma anche di alcuni (non dico tutti) che leggono la mia storia. Grazie mille per l'attenzione e per la pazienza che avete <3
-M

 

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Capitolo 12
*** Ritorno alle origini. ***


Ed ecco che adesso Rose non sente più, di nuovo. Non mi andava non sentire più, mi ero così abituata ad ascoltare le voci delle persone cui volevo bene che adesso mi era salita un’angoscia enorme. Non appena tornai a casa e vidi tutti preoccupati, mentre mia madre mi stringeva a sé, notai immediatamente il cambio che c’era stato in me. Non era poi tanto diverso dai compleanni che erano preceduti, ma era di certo il peggiore che mi era capitato da quando ricordo di non avere l’udito. Ero così contenta, dico davvero. Forse zio Fred aveva ragione: non dovevo essere così diffidente, e me ne accorgevo troppo tardi purtroppo.
Dopo che tutti si zittirono e iniziarono a guardarmi intensamente, riuscii a staccarmi dalla presa di mia madre che mi guardava profondamente e corsi sopra, chiudendomi nella mia stanza e mi gettai sul letto a pancia sotto, abbracciandomi il cuscino e guardando le nuvole che minacciavano pioggia fuori la mia finestra. Di male in peggio. Pensai, mentre le lacrime iniziarono a solcarmi le guance. Subito dopo, però, una luce da fuori illuminò l’interno della mia stanza (qualcuno aveva aperto la porta) e attorno ai miei fianchi sentii un braccio avvolgermi e stendersi dietro di me, mentre tante altre ombre e pesi si adagiarono sullo spazio restante del letto, mentre altri si sedettero a terra, poco lontano da me. Chiusi gli occhi, anzi li strizzai, per non far uscire nuove lacrime e alla fine mi feci portare via dal sonno, desiderando di dimenticare in fretta quello che mi era capitato, sperando che sia solo un orrendo incubo.

**

Il mattino seguente mi alzai scavalcando Molly, poggiando un piede tra le teste di James e Fred che probabilmente per tutta la notte avevano litigato su chi dovesse avere lo spazio più largo (lo capivo dal braccio di Fred sulla testa di James e la gamba di quest’ultimo sulla pancia del primo), e prima di uscire sfiorai il piede di uno dei gemelli Scamandro che non riuscivo a riconoscere tanto che ero intontita dal sonno e da un forte mal di testa. Mentre chiudevo la porta, appurai che quello che mi aveva tenuta stretta a sé per tutta la notte era, come al solito, Albus. Scesi giù in cucina e mi preparai il caffè latte, ma mentre mi voltavo verso la finestra, mi spaventai (gettandomi quasi addosso il latte bollente) per una chioma bionda e bagnata che spuntava e bussava saltellando sul posto. Sgranai gli occhi, immobile, non appena compresi che era per davvero Malfoy jr quello lì. Mi decisi ad andarlo ad aprire solo perché Grattastinchi mi mordicchiò il pigiama e mi trascinava…


« Finalmente Rose! Capisco che non ti vado molto a genio, ma almeno potevi aprirmi prima… fa un freddo Merlino lì fuori! » Lessi sulle sue labbra, mentre estraeva la sua bacchetta e pronunciò un incantesimo, iniziando a passarsela sopra i vestiti e sui capelli. Abbassai lo sguardo allontanandomi per andarmi a sedere al tavolo, dandogli le spalle. Poco dopo sentì le sue labbra sulla mia testa che mi davano un bacio e la sua figura sedersi di fronte a me, con un pacco bello grande con un fiore che faceva da fiocco per chiuderlo.

« Buon compleanno. » Disse ancora, sorridendo questa volta. Guardai per un attimo il pacco coperto da una carta regalo giallo a pois verdi, e abbassai immediatamente lo sguardo, sulla tazza di latte che avevo tra le mie mani. Subito però sentì una mano sulla mia spalla: era quella di Scorpius, e dopo che alzai la testa le sue labbra mi chiedevano cosa c’era che non andava. Non avevo proprio voglia di raccontargli quello che mi era successo, quindi l’abbassai di nuovo, aspettando che qualche anima si svegliasse e gli raccontasse il tutto…


Nel pomeriggio mi ero chiusa a chiave bella mia stanza. Non avevo voglia né di mangiare, né di fare altro. Mi ero semplicemente stesa sul letto con il libro di Artimanzia tra le mani, ma lo poggiai sul mio petto, abbandonando sguardo e pensieri al paesaggio fuori la finestra: un paesaggio scuro, lugubre e con tanta pioggia. A quanto pare però non avevo lasciato tutti fuori, perché Grattastinchi saltò sulla mia pancia e prese residenza lì, mentre io iniziavo ad accarezzargli il pelo.
L’insistenza di tutti nel darmi conforto non mi aveva aiutata. Persino Scorpius non era riuscito a non avere uno sguardo di pietà nei miei confronti, e non lo sopportavo per niente. Per questo poi mi ero chiusa nella mia stanza a evitare tutti. Non avevo neanche voglia di studiare, ed era parecchio strana come cosa. Io adoravo studiare e dovevo anche farlo perché prima della fine dell’anno scolastico avrei dovuto sostenere gli ultimi esami, quelli dell’anno che stavo frequentando. La mia mente, però, non mi aiutava, mi distraeva ogni singolo momento per pensare a quello che mi era successo. Forse me lo meritavo, forse no... ormai non sapevo più neanche io che pensare.
Mi stavo assopendo, continuando ad accarezzare il pelo di Grattastinchi che aveva preso residenza sulla mia pancia, quando d’un tratto mentre stavo socchiudendo gli occhi, vidi un’immagine scura volare fuori la finestra. Riaprì immediatamente gli occhi e vidi Scorpius a cavallo di non so quale scopa, sotto la pioggia, che si era messo fuori la mia finestra chiedendomi di farlo entrare. Lo guardai solo per poco, poi abbassai lo sguardo e, facendo spostare Grattastinchi, mi misi sul fianco dando le spalle ad essa e mi raggomitolai lì, abbandonandomi di nuovo al tepore di quella stanza e alla tranquillità che adesso sarebbe durata chissà quanto tempo. Il gatto mezzo Kneazle si mise affianco a me e mi abbandonai a quel mondo che c’è nel dormiveglia.
Non so per quanto tempo avevo dormito, ma ricordo solo che avevo sognato cose sconnesse e l’ultima cosa era incentrata su una scena in particolare: la guardavo di lato, vedevo due ragazze, ricce, una con i capelli neri e l’altra color castano, un po’ più chiaro. Ricordo che la prima stava torturando la seconda e le sue urla le sentivo benissimo, dritte ai miei timpani, che mi entravano nella testa e nel cuore, scombussolandomi tutte le membra. Sgranai gli occhi e mi alzai di scatto, mettendomi seduta sul letto e cercando di far ritornare il mio respiro normale, cosa che riuscii a fare solo poco dopo. Quell’immagine e quelle urla mi avevano fatto dimenticare per un momento che io non avevo più l’udito. Mi passai una mano tra i miei capelli mossi e andai alla finestra per aprirla e far passare un po’ d’aria fresca causata dalla pioggia, ma proprio mentre stavo chiudendo gli occhi, la figura incappucciata di Scorpius, dai quali si potevano scorgere i ciuffi biondi bagnati dall’agente atmosferico di quel momento, mi spinse di lato ed entrò in camera, bagnando il pavimento e poggiando la scopa al muro. Iniziò a togliersi l’impermeabile e, come questa mattina, con un incantesimo iniziò ad asciugarsi i capelli principalmente. Guardai i suoi movimenti per poco, mi accorsi poi che tirava un vento gelido e chiusi la finestra, accarezzandomi le braccia per ritornare al calore di prima.
Quando mi voltai Scorpius aveva finito e si stava aggiustando i vestiti per bene. Portava una maglietta verde a maniche lunghe e un po’ larga, ma era come se fasciasse perfettamente il suo busto. Dei jeans semplici e chiari e delle scarpe da Purosangue qual’era. Solo dopo mi resi conto che lo stavo guardando e che lui aveva iniziato a guardarmi, spostai lo sguardo sui suoi occhi grigi e lui iniziò a parlare, ma non avevo voglia di leggere il suo labiale, così con la testa china mi andai a sedere sul letto appoggiandomi alla tastiera di essa e incrociai le braccia al petto. Sentii poi il materasso piegarsi sotto il suo peso e la sua mano alzarmi il viso per costringermi a guardarlo: feci parecchi sforzi per non farlo, come guardare le pareti, alcuni disegni fatti da me quando ero piccola messi in una cornice, il lampadario... e lì mi accigliai. Che diavolo ci faceva Grattastinchi arrampicato sul lampadario? Rischiava di farsi male e di far male a noi. Così presi la bacchetta che aveva in mano Scorpius e con una semplice rotazione del polso pronuncia l’incantesimo di levitazione nella mente e lo feci scendere da lì. Diamine... era davvero uguale al suo predecessore! Nato per combinare guai quando non doveva. Dopo che aveva rizzato il pelo nella mia direzione (probabilmente perché gli avevo tolto il divertimento) e lo guardai male anche io, posando la bacchetta sul letto. Ohoh! Non doveva proprio pensare che potessi fargli fare quello che voleva, la stanza era mia e comandavo io. E lui, con un’espressione da indifferente, la smise di guardarmi male, girò la testa dall’altra parte e, alzando la coda, se ne scese dal letto noncurante di quello che aveva fatto precedentemente.
Mentre rimuginavo sul fatto che il mio gatto era davvero insopportabile certe volte, la mano di Scorpius mi accarezzò un braccio e io lo guardai di nuovo negli occhi.


« La smetti di ignorarmi, per favore? E la smetteresti anche di ignorare tutte le persone che ci sono in questa casa? Sono... no, anzi: siamo preoccupati per te, perché non ti sfoghi? » Iniziò a dire, rimettendo a posto la sua mano, probabilmente perché pensava che aveva osato troppo… o era quello che avevo pensato io, faceva lo stesso. Sospirai, abbassando lo sguardo e, con la Lingua dei Segni iniziai a dirgli che non avevo voglia di vedere nessuno con lo sguardo di pietà. Che, ovviamente, prima non l’avevano, però adesso che sono passata dal sentire al non lo avrebbero assunto, e che non avevo nessunissima voglia di farlo. Alla fine, però, ricordai che lui non conosceva affatto la lingua per quelli come noi (lo dedussi anche dallo sguardo imbarazzato e accigliato che aveva assunto) e così mi demoralizzai ancora di più.

« Non hai qualcosa su cui scrivermelo? » Scossi la testa, ma ad essere del tutto sincera ce l’avevo eccome, sotto il mio letto, nel baule della scuola, ma non avevo voglia di scrivere niente. Esitai un attimo, sentendomi a disagio e spostare il mio sguardo per la stanza in continuazione, però poi alla fine mi decisi.

« NON HO VOGLIA DI VEDERE GLI SGUARDI DI PIETA’ DA PARTE DI TUTTI... ANCHE TU CE L’HAI... » Sperai tanto di non aver sbagliato niente e di non aver urlato, ma la vedevo difficile. Lui, invece, sorrise. Non so per quale strano motivo, ma sorrise e le sue labbra incurvate in quel modo mi fecero sentire tanto a disagio, così tanto che il freddo che stavo provavo fino a un attimo fa sparì, lasciandomi una sensazione di calore, soprattutto sulle guance... Per non farglielo notare, cercai con lo sguardo il mio gatto. Mi stesi sul letto, sporgendomi di molto in modo che potevo vedere sotto il letto, ed infatti era lì. Volevo far pace con lui, perché almeno mi avrebbe fatto compagnia e non mi sarei sentita tanto in imbarazzo con quel biondo che... diamine, ma che Merlino ci faceva lì? Insomma! Era la mia stanza! Non poteva, non poteva, non poteva!
Okay, adesso calmati Rose... non ha fatto niente di che. E’ solo venuto a vedere come stavi e si è preoccupato per il tuo morale giù, dovresti annotartelo sul taccuino perché non credo che un ragazzo si sia mai comportato così con te.
Beh, forse potevo passare sulla storia che fosse entrato in camera mia... probabilmente sono io quella che non si vuole perdonare per aver parlato quando non sento. Questa cosa la facevo solo son mamma, papà e Albus. Non lo avevo mai fatto con un estraneo che prima mi era simpatico, poi antipatico ed infine mio corteggiatore.


« Nessuno ti guarderà con pietà, Rose. Nessuno ci ha mai pensato. Siamo solo tutti molto preoccupati. Dovresti farti vedere e, soprattutto, dovresti mangiare. » Disse ancora una volta, ma io scossi la testa. Non avevo fame e non avevo intenzione di uscire da lì... probabilmente mi sentivo un po’ stanca e debole, ma era normale con i sogni che avevo fatto durante la notte, senza contare quello di prima che mi svegliassi. Presi Grattastinchi che si era deciso a chiudere un occhio sul suo orgoglio nei miei confronti e me lo misi sulle gambe, iniziando ad accarezzarlo, mentre lui si acciambellava meglio: poco dopo i miei occhi divennero di nuovo pesanti e io mi abbandonai di nuovo alla stanchezza che aveva avvolto con un braccio il mio corpo.


Possibile che, da quando si era sparsa la voce che io ero ritornata alle origini, casa mia era diventata un ritrovo del clan Weasley – Potter – Malfoy? No, okay, i primi due non erano mai entrati in contatto con gli ultimi, ma da quando Albus e Scorpius si frequentavano e mia madre e Astoria erano diventate così amiche, i genitori di Scorpius si erano sentiti in dovere di venirmi a trovare dopo che il figlio gli aveva dato la sgradevole notizia. La cosa che più odiavo, però, era il fatto che tutti si preoccupavano di farmi stare comoda e a mio agio. E… la odiavo! Con tutta me stessa! Se non fosse per il fatto che non adoravo parlare quando ero in quelle condizioni, avrei urlato di stare calmi e di lasciarmi in pace, perché se facevano così mi mettevano ansia. Alla fine io ero sempre vissuta in quel modo, ed era vero che non mi andava perché in un certo qual modo mi ero abituata ad ascoltare ogni tipo di rumore o voce che riuscivo a captare, comunque lo avevo accettato e lo dovevo fare per forza perché di certo diventare depressa proprio in questo momento non mi avrebbe dato nessun aiuto.
Sì, certo, c’erano tutti lì. I nonni Weasley, tutti i miei cugini (non mancava nessuno), c’erano persino gli zii Luna e Neville, anche se la prima l’avevamo persa di vista e chissà dov’era andata... magari aveva portato con se i suoi Spettrocoli. Probabilmente voleva vedere quanti Gorgosprizzi aleggiavano sulle teste di tutti in quella stanza e scommettevo che la stanza ne era sommersa... o almeno per quanto mi riguarda.
Comunque, decisi che era meglio sparire da quella stanza per qualche ora. Tanto tutti parlavano in modo preoccupante tra di loro (non avevo nessuna voglia di leggere il loro labiale se sapevo l’argomento), così riuscii a sgattaiolare in camera di Hugo, prendere i suoi Scacchi dei Maghi, dei fogli e una matita, e uscii di casa di soppiatto, andandomi a sedere in giardino, sull’erba umida dalla precedente pioggia. Era quasi il tramonto, e ricordo che quando ero piccola e venivo qui per le vacanze, amavo starmene da sola in quel punto, al tramonto, e iniziarlo a disegnare. Ho sempre sostenuto che il tramonto qui era il più bello di quello francese o quello tedesco. Posai gli scacchi al mio fianco e iniziai a disegnare il paesaggio, con le varie sfumature e ombre.
Mi fermai un attimo, guardando quello che al momento sembrava uno scarabocchio formato da linee e ombre messe lì giusto perché un bambino ci vedeva qualcosa di interessante. Sospirai, girando metà del mio busto e guardando la facciata della casa. Mamma e papà non se lo meritano. Non si meritano ancora una cosa del genere. Stava andando tutto così bene. Perché deve sempre succedere qualcosa di brutto quando sei a un passo dall’essere felice? La vita, certe volte mi veniva da pensare, faceva davvero schifo. E, sempre in certe occasioni, mi veniva da pensare che forse essere nata era stato uno sbaglio. Poi però c’era zio Fred in versione vento che mi veniva a scompigliare fortemente la mia capigliatura già di per se orrenda, e mi faceva rinsavire. No, non ho mai pensato di uccidermi per facilitare le cose ai miei genitori, ma avevo pensato più volte di scappare,di dare loro una possibilità di pensare come sarebbe la loro vita senza quel guaio che era loro figlia con il suo enorme problema.
Avevo solo qualche vago ricordo di quando ero veramente piccolina, e quello che facevano loro per tirarmi su il morale quando ero ancora troppo piccola per capire, era da premiare. Nonostante avessero già un secondo figlio, facevano di tutto per darmi attenzioni quante ne riceveva Hugo da neonato. E lo facevano tutt’oggi. Per questo pensavo che meritavano davvero un premio Nobel, uno di quelli che assegnavano ai Babbani per i servigi resi all’umanità. Loro lo meritavano perché riuscivano a non essere troppo emotivi con me nei paraggi, almeno.
Sospirai ancora una volta e mi voltai verso i colori che adesso iniziavano ad accentuarsi, anche se il mio disegno sarebbe stato bianco e grigio. Vidi poi quel gatto dal manto strano venire verso di me. Probabilmente era andato a cacciare qualche topo poco più in là, dove c’erano più alberi e più animaletti da mangiare. Poveri animaletti: mangiati da un gatto che sembrava una zebra dai colori al rovescio. No, dico davvero: dove l’aveva preso quel gatto mia madre? Ed era anche abbastanza strano... ogni qual volta che mi vedeva se ne restava fermo e immobile steso accanto a me, mi seguiva ovunque io andavo e mi distraeva quando voleva delle coccole. Poteva anche essere un animale, ma era intelligentissimo, cosa che comunque ho sempre pensato, e non solo di lui, anche di tutti gli altri animali, ma lui era particolarmente strano nei miei confronti.
Quando finii di fantasticare sul suo comportamento ed essermi dilungata troppo su altri pensieri che per una parola sono passati ad un altro argomento, trovai il gatto di casa accovacciato a fianco a me, che mi guardava.
Non so cosa tu voglia da me questa volta, ma aimè Grattastinchi non posso parlarti. Adesso mi conoscerai per quella che sono veramente. Però mi sei simpatico lo stesso, dico davvero.
Gli sorrisi e tornai a disegnare. I colori del tramonto erano diventati ancora più forti: andavano a grandi, e alzando il viso verso il cielo potevi vedere le varie sfumature, dall’arancione più intenso al rosa poco forte che poi si mescolava ad un azzurrino che poi sguazzava nell’indaco, mentre quell’ultimo colore proprio più in alto iniziava a scurirsi dando spazio al colore della notte. Adoravo quei colori.
Respirai a pieni polmoni quello l’odore umido delle piante, ma c’era qualcosa che non andava. Mi accigliai aprendo gli occhi e guardai avanti a me, ma non c’era niente; allora alzai la testa, ma il cielo era uguale, forse un leggermente più scuro di prima, ma era calmo. Poi, però, improvvisamente sentii una presenza (un po’ inquietante tra l’altro) dietro di me. Mi voltai piano e quella persona era l’ultima al mondo che mi aspettavo mi seguisse lì fuori.
Malfoy Senior, ancora biondo quanto il figlio, che aveva le mani nelle tasche dei suoi pantaloni scuri e mi guardava con aria... era imbarazzo quello o mi sbaglio? E perché mai era uscito fuori, guardandomi in quel modo che sì gente, era parecchio inquietante. Adesso capivo da chi aveva preso Scorpius, quando i suoi occhi esprimevano qualunque cosa lui pensasse.


« Posso sedermi accanto a te? »








NdA: Okay, sono riuscita a ritornare e finire questo capitolo. Mi dispiace, è un mix di quello che purtroppo in questo periodo sento, e mi scuso se sia venuto palloso, dall'inizio alla fine, ma proprio non avevo altra ispirazione (mi scuso soprattutto per il fatto che sia venuto così piccolo). Ho delle belle notizie per voi, però: la prima è che finalmente il mio esame di Stato è finito quasi due settimane fa (sono uscita con Ottanta) e, la seconda, dato che ho iniziato a leggere di nuovo i libri di HP, leggendo il terzo della serie mi sono venute in mente tante idee per il prossimo capitolo, e voi potete immaginare anche qualcosa, visto come ho terminato questo capitolo ;D Ve lo devo, anche se le recensioni nel precedente capitolo sono diminuite fino ad arrivare a una. Continuo nel mio appello di "RECENSITE", giusto per sapere se la mia storia vi piace. Sì, è diventata un pò pallosa alla fine, ma vi prego di recensire, perchè alla fine sarebbe solo lavoro sprecato che dovrò chiudere... non fatemi fare un passo orrendo come questo, per favore >.< Adoro la mia storia... la mia prima storia.
So... grazie a tutte le visite, che sono arrivate nel Prologo a novecentodue e a centoquindici il capitolo precedente. Grazie, e RECENSITE.
M-

prossimo aggiornamento: 23 Luglio 2012

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Capitolo 13
*** Grazie. ***


Di certo Rose si aspettava che un Albus, o un James, addirittura una Dominique, l’andassero a cercare lì in giardino, ma quando si ritrovò il signor Malfoy lì, con l’aria da adolescente imbarazzato, con le mani in tasca e tutto il resto... beh, era palese che lei non riusciva a credere ai suoi occhi. Ci mise un po’ a capire cosa stava chiedendo il padre di Scorpius, perché era chiaramente impalata ai suoi occhi che le ricordavano troppo quelli del biondo del suo anno, solo più... adulti.
Si destò dal suo sogno ad occhi aperti e sbatté le palpebre un paio di volte e poi lo guardò con espressività, questa volta, facendo spallucce e guardando il posto a fianco a lei, poi tornò sul suo amato disegno, iniziando a fare delle orrende sfumature con il grigio... pensava orrende perché il grigio non era un colore allegro, era simbolo di malinconia, noia e tutti questi sentimenti sgradevoli che una persona poteva provare. Di sottecchi controllò se il signor Malfoy era davvero seduto accanto a lei e per un attimo pensò di alzarsi e tornarsene dentro, ma non sarebbe stato educato da parte sua e non sarebbe stato neanche coerente sulle forme di educazione che le avevano insegnato i suoi genitori. Decise poi di abbandonare il disegno per qualche minuto, giusto per alzare la testa e lo sguardo per posarlo sul viso del biondo più che adulto seduto accanto a lei, non troppo vicino ovviamente, era diventato comunque un uomo rispettoso. Lui però, in un primo momento non la guardava, poi accorgendosi che era spiato dal suo sguardo ceruleo decise di fissare i suoi occhi grigi in quelli della ragazza, sorridendo debolmente.


« Credo che tu non voglia sentirti dire, per l’ennesima volta, quanto può dispiacere a una seconda persona quello che ti è capitato, vero? » Disse, continuando a mantenere quel sorriso debole. Rose, di tutta risposta, sospirò spostando il suo sguardo su Grattastinchi che guardava con vivo interesse la persona che si era seduta accanto a lui, poi però alla fine scosse la testa e rialzò lo sguardo sull’uomo.

« Bene. Allora... sì, okay, essendo un Malfoy non dovrei abbassarmi a tanto, ma questo rimarrà tra me e te, okay? Promettimelo Rose. » Continuò lui, assumendo un’aria seria e divertita allo stesso tempo, ma Rose lo guardò prima accigliata e poi sorrise facendo cenno di sì con la testa.

« Il mio desiderio più grande, da adolescente, era rendere la vita infelice a tuo zio Harry e soprattutto ai tuoi genitori. Solo che poi dopo sono successe tante cose che… possiamo dire che non ne vado propriamente fiero, e aver capito che ero dalla parte sbagliata mi ha fatto rimpiangere di essermi comportato così male con loro, soprattutto con tua madre – Fece una pausa sorridendo ancora e poi riprese – Il suo essere così intelligente, nonostante il suo essere una nata babbana, mi faceva infuriare. Il nonno di Scorpius, nonché mio padre (purtroppo devo ammetterlo) – qui fece un sorriso un po’ triste – mi ha sempre iniettato da piccolo l’idea sui purosangue e che i mezzosangue erano la peggior specie mai capitata al mondo magico.
« Però, me ne sono reso conto troppo tardi. Dovevo aiutare la mia famiglia, e non potevo di certo abbandonarli così, anche se avrei desiderato farlo. Così ho dovuto stringere i denti, odiare me e mio padre per il casino in cui ci aveva cacciato lui e le sue idee sui Purosangue. ›› Scosse per un attimo la testa e si passò una mano nei capelli.
« E questo, è quello che mi è rimasto di quella brutta esperienza. » Si scoprì il braccio su cui c’era un’enorme cicatrice dai contorni contorti, ma si capiva benissimo cos’era: il Marchio Nero.

« Tutto questo che ti ho detto, era per farti capire quanto sei fortunata ad avere una famiglia come la tua, che ad ogni tuo problema accorrono tutti e ti fanno capire quanto ti stanno vicino in questo tuo momento non felice. Perciò, il mio consiglio è di non odiarli, perché loro non ti hanno mai costretto a fare qualcosa che poi si sarebbe ripercossa sul tuo futuro. Hai una famiglia splendida, partendo dai tuoi genitori e da tuo zio Harry, e se non fosse stato per loro probabilmente io sarei ad Azkaban con i miei genitori. » Finì col dire, coprendosi di nuovo il braccio e sorridendo in modo triste. Rose restò immobile, anche qualche secondo dopo che lui aveva finito il suo discorso sulla famiglia e sull’essere fortunati, poi però si destò e, girando il foglio dove c’era quel disegno un po’ lugubre, iniziò a scrivere.
Qualche minuto dopo, il foglio che Rose stava porgendo a Draco era quasi tutto ricoperto di una scrittura non troppo piccola e grigia. Lui l’aveva guardata per tutto il tempo e anche dopo che aveva preso il foglio dalle sue mani: si decise poi a posare gli occhi lì e leggere.

“Io credo che lei non abbia colpe. Insomma, anch’io a scuola ho una scocciatrice che è nella casa di Serpeverde ma credo che comunque è nella natura di quasi tutti gli adolescenti rendere la vita difficile a secondi... io la rendo a mio cugino Al, quindi è anche normale.
Sinceramente non m’interessa cos’era ai tempi in cui Voldemort è risorto più forte che mai, m’interessa sapere che lei adesso è cambiato, che è una brava persona, anche se nutre ancora un po’ di competizione verso mio padre – sì, me ne sono accorta e no, non provi a negare.” Draco sorrise divertito leggendo quella frase.
“Il punto è che odio se le persone la giudicano ancor prima di conoscerla veramente. Anche a scuola, continuano a farlo e, se nel caso Scorpius non gliel’ha ancora detto, faccia finta di niente: Maximillian mi ha raccontato che quando suo figlio è venuto a Hogwarts al suo primo anno, gli avevano attribuito il soprannome di “figlio del Mangiamorte” e fa rabbia. Fa rabbia a me avere un Lumacorno alle costole perché sono figlia di due dei Salvatori del Mondo Magico. Certo, ringrazio tutti quelli che hanno combattuto contro Voldemort, ma non si rendono conto che certe volte esagerano. Quindi... lei non deve essere giù di morale per quello che è successo. L’importante è ammettere i propri errori, e lei l’ha fatto infischiandosene per almeno una volta del suo orgoglio da Serpeverde.” Draco alzò per un attimo la testa, guardando Rose che stava sistemando la scacchiera sul prato, con Grattastinchi che cercava di rubarle i pezzi per mordicchiarli, poi ritornò a leggere.
“Per quanto riguarda la parte che parla della mia famiglia, io non ho mai detto di odiarli e non lo penso… beh, ovviamente tranne quando James e Fred si mettono di comune accordo per prendermi in giro, ma io non li odio affatto. Sono andata via perché loro, come me, erano finalmente contenti che la loro nipote potesse sentirli che ritornare al punto di partenza fa più male a loro, si potrebbe dire, che a me. Fa male anche a me, ovviamente. Insomma, avevo imparato tantissime nuove pronunce per gli incantesimi, e stavo iniziando ad andare davvero forte in Pozioni, che adesso ritornare alle mie abitudini di prima è un po’ una scocciatura, ma ovviamente devo accettarla, quindi il problema che mi faccio durerà per poco. Deve durare per poco perché non ho tempo di deprimermi per quello che comunque è stata la mia natura per molto tempo.
Ora, dopo che abbiamo chiarito il tutto, che dice di fare una partita agli Scacchi dei Maghi? Posso comunque spostarli con le mani, e sono un vero asso in questo gioco. Sono simile a mio padre per parecchie cose, tranne che per il “Miseriaccia” da ripetere in ogni circostanza. Lo farei solo se pestassi una cacca di Drago, di draghi domestici non ne abbiamo e a scuola, anche se zio Hagrid ne sarebbe felice, non li usiamo per dimostrazione alle lezioni. No, okay, tutta questa storia sui draghi era per farle perdere tempo e darne a me per sistemare bene la scacchiera.”

Draco si era accigliato parecchio dalla lettura dell’ultimo paragrafo, ma si mise a ridere mettendo una mano davanti al viso, poi però la spostò guardando Rose nei suoi occhi azzurri, mentre sorrideva supplicante e spostava la scacchiera più avanti per metterla tra lei e lui, afferrò anche a volo Grattastinchi che continuava la sua missione nel sabotare quello che lei si era impegnata a costruire.


« Okay, allora. Pedone in A, tre. »


**
 

Il ritorno a scuola, dopo quelle vacanze disastrose, era un po’ come respirare aria nuova, anche se quest’aria era respirata da quegli studenti che non riuscivano a farsi un po’ di fatti propri e amava spettegolare. Rose, d’altro canto, c’era abituata e quindi si concentrò sui suoi doveri da studentessa che, per essere al suo primo anno a Hogwarts anche se era entrata al sesto anno, si era dimostrata degna figlia di Hermione Granger.
La rossa stava ritornando dalla lezione di Cura delle Creature Magiche, quando un braccio si avvolse sulle spalle. Credeva che fosse Al, ma quando si voltò, si ritrovò una persona completamente diversa dal cugino: Scorpius, che la guardava e sorrideva.


« Allora, stasera ti va di venire con me? » Le chiese con una luce negli occhi. Lei però lo guardò scettica e tolse il suo braccio dalle sue spalle: non aveva ancora scordato quello che gli aveva promesso, e cioè fargli buttare il sangue per conquistarla. Lo guardò, con un sorriso un po’ maligno, e poi scosse la testa.

« Andiamo solo ad allenarci. Ci sono io, Al, Max. Dovresti venire. » Insistette lui, mettendosi davanti a lei per farla fermare. Ma lei continuò a muovere la sua testa da sinistra verso destra e poi gli mostrò il libro, sperando che lui capisse che doveva studiare, così lui sospirò passandosi una mano tra i capelli biondi.

« Va bene che me la vuoi far pagare, ma non dopo tutto questo tempo Rose. Sono passati ormai due mesi che io cerco di invitarti fuori e non ho ottenuto neanche mezzo sì. Mi piaci, lo sai, te lo ripeto ogni volta ma credo che almeno una volta soltanto potrei avere una possibilità, no? » Era serio ora, e non lo era mai stato per davvero. Tutta questa situazione era un po’ pesante per lui e Rose se n’era resa conto da quando era a casa e lui cercava in tutti i modi di risollevarle morale, non ricevendo niente da parte sua, neanche un ringraziamento.
La rossa lo guardò, sospirando, e fece un mezzo sorriso annuendo.


« Grande! Grazie. Alle sette ti vengo a prendere fuori alla tua Sala Comune, sii puntuale perché sai quanto Max sia severo sugli orari da rispettare. » Disse, e poi se ne andò, non prima di averle lasciato un bacio leggero sulla guancia. La rossa rimase per un momento ferma lì, guardando il biondo sparire all’entrata del castello, poi sorrise e s’incamminò anche lei, avendo ora Difesa Contro le Arti Oscure con il professor Tiop.
Era un uomo sulla… beh, sulla quarantina. Era comunque molto giovane, ma non significava niente, era molto esperto e ci sapeva fare con i ragazzi. Harry ha sempre detto che somiglia, per il suo modo di insegnare, a Remus che aveva un talento eccezionale nel coinvolgere i ragazzi alle sue lezioni.

Era appena entrata nell’aula, in cui erano state apportate parecchie modifiche come i banchi che erano stati messi accuratamente lungo le pareti, lasciando un enorme spazio vuoto al centro. Si accigliò, notando che oggi con loro c’erano i Serpeverde, e che Scorpius era accanto ad Albus a parlottare di qualcosa. Si mise accanto ad una sua compagna di stanza e si guardò attorno, notando che nessuno si preoccupava di quel cambiamento strano, ma notò subito che tutti alzarono gli occhi e iniziarono a sorridere e applaudire. Rose pensò allora che i suoi compagni di classe fossero strambi, ma appena notò chi stava scendendo le scale dell’ufficio, il suo cuore mancò un battito: suo zio Harry stava sorridendo divertito per quegli applausi e scendeva dietro il professor Tiop. Sorrise divertita e batté anche lei le mani, mentre i due si mettevano l’uno di fianco all’altro di fronte alla classe di Grifondoro e Serpeverde.


« Molto bene ragazzi, fate silenzio. Allora, oggi il signor Potter il Prescelto – Rose, divertita, si guardò attorno e vide parecchi di loro ridere – ha deciso di farci una visitina e quindi dare lui stesso una lezione sulla Difesa Contro le Arti Oscure. Mette me in ombra, ma lo lascio fare per vedere di che pasta è fatta. » Rose pensò che il suo professore fosse davvero infantile in quel momento, ma capitava sempre quando si parlava di suo zio Harry. Si erano conosciuti molto tempo prima che il professore avesse il posto d’insegnante lì a Hogwarts, e il carattere spiritoso, ma anche amichevole, dolce e tranquillo, ricordava a Harry troppo Remus da ignorare la sua amicizia. E così, ogni volta che s’incontravano lui prendeva sempre in giro suo zio, come in quel momento.

« Ti ringrazio Mike. Ora, sono stato informato dal vostro professore che state iniziando a provare a fare incantesimi non verbali e che parecchi di voi non sono ancora riusciti a farli, mentre altri ci sono riusciti ma di poco. Ero indeciso se parlarvi di alcuni incantesimi che sono oltre il Fattucchiere Ordinario o comunque dare una mano e aiutarvi, assieme a lui, negli incantesimi non verbali... » Ma s’interruppe subito, accigliandosi e guardando una ragazza di Serpeverde. Rose alzò gli occhi al cielo e cercò di capire cosa voleva domandare.

« Oh, già una domanda? Va bene, dimmi pure. » Rispose cordiale Harry.

« E’ vero che lei ha imparato un Incanto Patronus al suo terzo anno? » Chiese Caroline.

« Sì, è vero. » Disse Harry, con un sorriso.

« E lei ha insegnato ai suoi figli l’Incanto Patronus? » Continuò la Serpeverde.

« I miei figli, al momento, sanno solo quello che la scuola sta insegnando loro. Nel caso vogliano imparare qualcosa al di fuori dell’ordinario come un Incanto Patronus basta che me lo vengano a dire ed io farò il possibile per insegnarlo. Non si sa mai sai: i Dissennatori sono creature orribili, e trovarti di fronte a loro è la sensazione più brutta che puoi provare nella tua vita. » Disse infine Harry, per chiudere il discorso. Stava per aprire bocca e continuare dal punto in cui era stato interrotto, ma di nuovo la mano di Caroline si alzava per porre un’altra domanda. In quel momento, Harry pensò che somigliasse un po’ a Hermione, nel modo in cui alzava la mano, ma solo in quello poiché aveva capito che la Serpeverde voleva, in qualche modo, sfidarlo con le sue domande.

« Sì? » Ancora una volta Harry era cordiale, cosa che – pensò Rose – era meglio evitare con quella lì.

« Perché i suoi figli non sanno produrre un Incanto Patronus mentre sua nipote prende lezioni per saperne produrre uno? » Harry si accigliò guardandola, e spostò poi lo sguardo su Rose, che guardava la ragazza dai capelli scuri con uno sguardo pieno d’odio.

« Se vuoi saperlo, mia nipote non sa ancora produrre un Patronus ben formato: il tuo insegnante di Erbologia, che è anche suo zio, si è offerto di insegnarle gli incantesimi perché lui per primo sa cosa vuol dire essere un po’ incapaci, e quindi sa essere più paziente e dare tempo al tempo, con il risultato che Rose è riuscita a fare la sua prima trasfigurazione di un calice in un animale e viceversa, in sole poche settimane, quello che probabilmente tu hai dovuto cercare di imparare in un intero trimestre o anche più, senza contare che in quel periodo ha dovuto anche studiare e dare qualche esame, sempre se non erro. » Guardò profondamente negli occhi della ragazza, che adesso avevano l’espressione di una persona che aveva ricevuto una pietra in pieno volto.

« Non perché è mia nipote, ma credo che sia stata coraggiosa ad accettare una sfida del genere, una sfida che se fosse stata fatta a te avresti rinunciato già dal principio, non preoccupandoti della tua istruzione perché ovviamente ci sono i soldi dei tuoi genitori che ti fanno la felicità. Raggiungere uno scopo, combattere per quello scopo, è una vittoria in partenza per una persona, e non lo dico solo perché io sono riuscito a sconfiggere il mago Oscuro più potente che il mondo magico abbia mai visto: l’ho sconfitto perché ci credevo, l’ho sconfitto perché ho avuto amici che mi hanno aiutato e che senza il loro aiuto non credo che adesso noi tutti saremmo qui. Amici che ora sono padri, madri e zii. Questa è la vittoria nella vita, riuscire in quello che tutti credono che non puoi. » Finì col dire, mentre tutti continuavano a pendere dalle sue labbra anche nel silenzio. Poco dopo, sorrise alla ragazza che sembrava la copia esatta di Draco Malfoy e il suo disgusto alle lezioni di Hagrid, e riprese un’ultima volta.

« Adesso, per non avere altre interruzioni, le domande alla fine della lezione, grazie. »
Iniziò a spiegare come un mago poteva fare incantesimi non verbali, di come questi stessi incantesimi erano difficili e al tempo stesso meno potenti quando si è alle prime armi. Fece una specie di combattimento lui e il professor Tiop, per dare una piccola dimostrazione, e poi fecero provare loro, mettendoli in coppia e dando loro istruzioni. Rose cercò con tutta se stessa di scagliare un Pietrificus Totalus ad una ragazza che era in dormitorio con lei, ma si distraeva di continuo, pensando alle parole che aveva detto poco fa zio Harry. Quindi io avevo vinto quella sfida solo accettandola? Era per questo che il Cappello Parlante mi ha messa a Grifondoro? Solo perché io ho accettato di provare a inserirmi nel mondo di Hogwarts e imparare ad essere una strega? Si sentiva felice ma frustrata allo stesso tempo. All’inizio aveva pensato che il Cappello Parlante l’avesse messa lì perché era una Weasley, e tutti i Weasley vanno a Grifondoro; poi però quest’idea aveva sfaldato tutto quello che si era costruita, e non sapeva più chi era. Per quanto ne sapeva, poteva andare anche a Corvonero, con il cervello che le era stato ereditato dalla madre. Però, le parole di Harry adesso avevano sfaldato di nuovo quello che aveva cercato di costruirsi in questi mesi. Lei aveva sempre creduto che essere coraggiosi era quello che lui, i suoi genitori, Neville, avevano fatto durante la seconda Guerra Magica, non quello… quello non era coraggio, era solo…
Sospirò, distogliendo lo sguardo da un punto sul pavimento che aveva osservato per tutto il ragionamento nella sua testa, e spostando gli occhi sulla sua compagna di dormitorio notò che si stava impegnando davvero molto e poi d’un tratto dalla punta della sua bacchetta uscì un fascio di luce rosso. Rose, allora, sgranò gli occhi e pensando alla parola Protego si formò una specie di scudo davanti a sé tra il verde e l’azzurro e l’incantesimo, che le aveva scagliato addosso, rimbalzò contro il suo scudo per poi finire contro il muro a fianco alla sua compagna. Rose non ci poteva credere: era riuscita a fare un incantesimo non verbale.
 

Per la rossa oggi era stata una giornata stupenda, che ovviamente ancora doveva finire. Era riuscita a produrre un incantesimo non verbale, suo zio Harry aveva zittito definitivamente la sua nemica di Serpeverde e ora stava aspettando che scoccavano le sette per poter uscire dalla Sala Comune e andare, insieme a Scorpius, all’allenamento della squadra di Serpeverde, che devono cercare in tutto e per tutto di riprendersi e fare più punti possibili per competere con Corvonero e Grifondoro.
Era una serata fredda, quella di Aprile, e non ci si doveva mai sorprendere se eri a Londra. Quindi aveva tolto il mantello, rimanendo in divisa, e aveva indossato un cappotto nero, con un cappellino grigio (da cui uscivano i suoi capelli rossi e boccolosi) e la sciarpa con i colori della sua casa. Mancavano ormai cinque minuti alle sette, così decise di uscire dalla sua camera e scendere in Sala Comune. Uscire due minuti prima non sarebbe stato così tragico, e così fece, solo che davanti al ritratto della Signora Grassa trovò Scorpius, intento a guardare i punto da dove lei stava uscendo. Si accigliò guardandolo, mentre gli occhi di lui sprofondarono in quelli di lei, e quest’ultima cercò di disincantarlo da qualsiasi cosa che lo aveva incantato. Aveva tanta voglia di chiedergli da quanto tempo era lì che aspettava lei, però ovviamente non poteva, così si limitò a sorridergli… forse un po’ imbarazzata. Lui, di tutta risposta le diede un bacio sulla guancia, la prese per mano e insieme si diressero verso il campo da Quidditch.
 
Era un tutto: “Prendi la pluffa, fai qualche finta, e gettala tra gli anelli Scorpius!”, oppure “Al! Cerca di capire i movimenti, cerca di prevederli, e non farti prendere dal panico!”, o ancora “Kyle! Usa quella mazza come non hai mai fatto nella tua carriera nella squadra di Quidditch della scuola! Dobbiamo mandare quei bolidi dritti sulla testa del cercatore!”. Ed infine “Hurt! Prendi quel boccino solo quando te lo dico io, sai che ci servono punti, quindi dai ascolto a me, disorienta il Cercatore dell’altra squadra e al mio segnale prendi quel maledetto boccino!”. Rose sorrise divertita. Non aveva mai visto Maximillian così concentrato e desideroso di arrivare a una buona posizione che la faceva sentire divertita. Continuava a ripetere i nomi degli altri due Cacciatori, incitandoli nel gioco di squadra e spronandoli. Quando si arrabbiava poi era davvero divertente: alzava la mazza e al primo bolide di passaggio lo scagliava sulla testa di uno dei due, arrabbiandosi e incitandoli quanto più poteva.
“Christopher! Stephen! Ascoltate me, porco Merlino!” Sì, Rose si stava davvero divertendo quella serata.

Alla fine Maximillian era riuscito a farsi ascoltare come voleva lui e l’allenamento finì. Albus aveva un naso che colava sangue per una Pluffa presa in pieno viso da Stephen; Hurt aveva un braccio che penzolava per la caduta dalla scopa a tutta velocità a pochi centimetri da terra e, nel cadere, era riuscito a rompersi il braccio dopo aver preso il Boccino. Per gli altri solo qualche graffio, stanchezza e sudore. Scorpius le aveva detto, prima di atterrare, di aspettarlo lì mentre si dava una sistemata, mentre Al doveva andare in infermeria assieme al Cercatore per farsi curare al meglio ed essere pronti per la partita fra tre giorni.
La rossa, comunque, seguì il consiglio del Serpeverde e dopo un quarto d’ora circa vide la sua testolina bionda uscire dagli spogliatoi prima di tutti e raggiungere di corsa le scale per salire le tribune. Qualche minuto dopo lo vide accanto a lei, con un po’ di affanno.


« Se sapevo che era così estenuante salire qui sopra, prendevo la scopa. » Disse sedendosi accanto a lei e prendere fiato: probabilmente aveva corso il più veloce possibile per stare da lei quanto prima. Rose sorrise e scrollò le spalle, restando ferma e tornando a guardare il campo. Ora che ci pensava, però, non aveva mai provato a volare o tipo a giocare a Quidditch… lo amava, per carità! Era lo sport più bello che avesse mai visto e quando i suoi genitori non avevano molto da fare, portavano i figli a vedere qualche partita… ma lei non aveva mai provato, senza sapere il motivo.
Sentì un tocco leggero sulla sua mano e la ragazza voltò a guardare il suo dito poggiato sul dorso della sua mano. Alzò lo sguardo e sprofondò – ancora una volta – nei suoi occhi grigi. Lui sorrise, con il sorriso più bello che aveva.


« Allora! Piaciuto il nostro allenamento-che-più-duro-non-si-può? Max è davvero agguerrito in questo periodo, non vuole finire all’ultimo posto scavalcato anche dai Tassorosso, e quindi cerca di spronarci, anche con la forza se necessario. » Spiegò divertito, passandosi una mano tra i capelli. Rose, d’altro canto, continuò a osservarlo e sorrise al suo divertimento. Spostò nuovamente lo sguardo sul campo, illuminato dalle luci del castello e della luna, che quella sera era piena. Un vento gelido si alzò e strinse a sé la sciarpa di Grifondoro che aveva messo; sentiva il vento tagliarle il viso con la sua prepotenza e poi sentì delle braccia (ma sapeva di chi erano) che la stringevano a lui per darle calore.

Okay! Questa situazione è veramente imbarazzante, ma ora come me ne esco? Sta avendo tutto troppo facilmente, deve sudare sangue! Gliel’ho promesso, ed io che faccio? Accetto di andarli a vedere agli allenamenti e ora è qui che mi abbraccia! Maledetta me!

La rossa, comunque, non sapeva se allontanarlo da lei bruscamente o restare lì, tra le sue braccia, per sempre. Era confusa, dal momento in cui aveva conosciuto Scorpius. Non pensava minimamente che il suo comportamento, all’inizio dell’anno, potesse ferirla: si ritrovò, così, a pensare a tutto quello che era successo dall’estate fino a quel momento. Di come entrambi si divertivano a far arrabbiare Al, ai loro gusti in comune per quanto riguarda i libri, e poi all’odio che lei ha iniziato a provare nei suoi confronti, i suoi comportamenti strani e talvolta nocivi. Poi il bacio con Caroline, i punti tolti alla sua casa, gli spintoni se s’incontravano nei corridoi, fino a quando lui si era scusato, dichiarato e l’aveva salvata da un Corvonero.
E mentre lei pensava a tutto questo, non si era resa conto che, ancora una volta, i loro sguardi si erano incrociati e questa volta Scorpius si avvicinava al suo viso, sempre più vicino, piano e tranquillamente, fino a quando Rose poté sentire il respiro leggero di lui sulle sue labbra; fino a quando Rose sentì le sue labbra sulle sue. Si poggiarono leggermente, quasi non si sentivano per il freddo che faceva, ma che davano abbastanza calore, soprattutto al centro del petto in cui il cuore della ragazza iniziò a battere di più.
Per un momento restò con gli occhi aperti, però poi li chiuse, abbandonandosi a quel bacio che, probabilmente doveva ammettere a se stessa, aspettava da un po’ di tempo. Sentì poi una mano di Scorpius tra i suoi capelli e sorprese lei stessa a pensare di voler restare così, con lui, per sempre.
Quello era il suo vero e primo bacio.








NdA: molto bene. Ecco questo capitolo che, devo ammettere, morivo dalla voglia di pubblicarlo visto e considerato che ci ho messo tutta la dolcezza che potevo... e spero si capisca. Allora, ho voluto inserire Draco come "l'uomo che ha capito i suoi sbagli" perchè è così che lo vedo e mi piacere questa cosa di averlo disegnato come il Malfoy pentito delle sue azioni ma che comunque ha ancora in corpo quel suo orgoglio da Serpeverde.
Passando avanti, il professor Tiop è una specie di brutta imitazione di Remus: ho amato quell'uomo, e nel terzo film è stupendo quando insegna Difesa, per questo mi è sembrato giusto dargli una specie di tributo. E poi... beh, basta, il resto lo leggete da voi :D
Spero tanto che vi piaccia questo capitolo e vorrei ringraziare, in primis,
Dear Juliet, per aver recensito tutti i capitoli di questa storia xDDDD Non so tu dove ce l'abbia questa pazienza, ma grazie *-* Ringrazio anche le centocinque persone che hanno letto il capitolo precedente, e continuo la campagna di "RECENSITE" anche solo per sapere la vostra opinione =)
Un bacio a tutti *-*
M-

 

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Capitolo 14
*** Il braccialetto con la civetta. ***


Rose non faceva altro che pensare a quel bacio di quella magnifica sera che si era chiusa in bellezza per lei, dopo aver passato una bellissima giornata. Quando era tornata in dormitorio, non era riuscita neanche ad addormentarsi con tutta l’adrenalina che aveva in corpo. Era piena di energie che non riuscì per niente a dormire e si sentiva piena di forze, solo che proprio all’alba iniziò ad accusare i primi colpi e si addormentò, svegliandosi un’ora prima dell’inizio delle lezioni. Dovette lavarsi e vestirsi in fretta e furia, tant’è che il suo viso si era arrossato per la corsa per arrivare in Sala Grande per mangiare qualcosa, quando improvvisamente si fermò bruscamente (una volta sceso l’ultimo gradino) notando chi c’era un metro da lei: quel Corvonero che non vedeva da quella volta che aveva fatto a botte con Scorpius.
Rimase lì, ferma e immobile, con il fiato un po’ mozzato per la corsa e un po’ per la paura, guardandolo con gli occhi un po’ sgranati. Spostò lo sguardo poi all’entrata della Sala, cercando di prendere tutto il coraggio che aveva in corpo per poterlo superare il più lontano possibile, ma notò immediatamente il sorriso contorto che si era formato sulla sua faccia, nell’osservarla con cura e insistenza. Rose, per paura, fece un passo indietro ma si ritrovò ad arretrare e recuperare l’equilibrio perché suo cugino Al le era piombato addosso, abbracciandola forte. Dopo il suo arrivo il Corvonero aveva cambiato espressione e si rese conto che a fianco a lui c’era il biondino che lo aveva preso a pugni: lui sorrideva guardando la scena, ma appena Scorpius si rese conto che lo stava guardando, voltò lo sguardo e cambiò espressione, alzando un sopracciglio. Il Corvonero cambiò ancora una volta espressione, come se fosse disgustato e arrabbiato e se ne andò; Albus lo seguì con lo sguardo e poi prese il viso di Rose tra le mani, guardandola negli occhi.

« Va tutto bene? Non ti ha fatto niente vero? » Albus parve davvero preoccupato, continuando a scrutare il suo viso come per aspettarsi di vedere qualche livido o graffio ma Rose scosse la testa sorridendo e poggiando le mani sulle sue per toglierle dal viso, e sperando di tranquillizzarlo. Poi, però, il suo sguardo andò a Scorpius che era dietro di loro, che li guardava e sorrideva e appena entrambi incrociarono gli sguardi, la rossa sentì come un calore partire dal cuore e propagarsi in tutto il corpo. Restarono lì a guardarsi per un bel po’, poi Al li fece destare entrambi e la cugina arrossì inevitabilmente, andando avanti ed entrando in Sala Grande per mettere qualcosa sotto i denti.
Si sedette al suo tavolo e iniziò a mangiare uova e bacon molto velocemente, perché tra meno di due minuti iniziavano le lezioni e lei doveva far presto per non arrivare in ritardo alle due ore di Incantesimi che l’aspettavano con i Corvonero, anche se sarebbe stata una lezione noiosa adesso che era ritornata sorda. Si ficcò in bocca un po’ di pudding, mandò giù il tutto con il succo di zucca e si alzò subito, prendendo il suo zaino e andando velocemente fuori per raggiungere l’aula. Mentre saliva le scale svolazzò davanti a lei un uccello di carta che si posò sul palmo della sua mano non appena lei lo aprì e si accigliò, finì di salire le scale e, mentre attraversava il corridoio per raggiungere la classe, aprì il biglietto mostrando una calligrafia che ormai aveva imparato a conoscere e lesse il messaggio.

Oggi pomeriggio alle cinque alla Torre di Astronomia. Solo per un’oretta, so che devi studiare e so anche che non hai lezioni. Ho solo voglia di vederti.

Scorpius.

Sorrise, rileggendo più volte il messaggio anche quando aveva occupato un posto nell’aula, poi lo ripiegò meglio e lo mise nel libro di Trasfigurazione. Estrasse la bacchetta e volse lo sguardo all’ormai vecchio professor Vitious che era in piedi sulla scrivania, probabilmente per farsi vedere dagli studenti.
La lezione, comunque, era stata particolarmente difficile, perché Rose (a differenza di tutti gli altri) aveva provato a eseguire l’incantesimo pronunciandolo nella mente, tipo come aveva fatto a Difesa Contro le Arti Oscure, con il risultato di essersi presa un bel mal di testa e dovette massaggiarsi la tempia sinistra mentre saliva la lunga scalinata che portava alla botola per l’aula di Divinazione.
Una volta là dentro, si sedette in seconda fila, notando subito la sagoma nella penombra sia di Gresda sia della professoressa Cooman, che oggi era particolarmente allegra, probabilmente per qualche sostanza alcolica che assumeva. Estrasse la sua copia di Divinazione, mentre il centauro si avvicinò a lei e le diede il solito foglio con la lezione del giorno. Lei sorrise per ringraziarlo e lo mise nel libro, puntando gli occhi sulla professoressa che si alzava e iniziava la sua lezione. La rossa non ci capì poi molto, poiché per la prima volta in quell’anno la sua attenzione venne attirata da tutti quegli uccellini che svolazzavano fuori dalla finestra che aveva alla sua sinistra. Il verde dei prati, degli alberi e di tutto ciò che era natura, sovrastava il parco del castello. Il Platano Picchiatore era sempre lì, immobile come un vero albero, e in una posizione possente. Gli uccellini continuavano a svolazzare e c’è n’erano di molti colori: azzurri, gialli, alcuni di uno strano colore, tipo indaco o cose del genere, ma erano tutti bellissimi. Una giornata soleggiata come quella non capitava molto spesso lì a Londra, e Rose, guardandosi attorno, notò come i compagni erano distratti, probabilmente sopraffatti dalla voglia di uscire fuori al castello e godersi quei raggi prima che sparissero dietro alla solita nuvola.

La lezione, comunque, finì prima che se ne rendesse conto e, mentre si alzava, controllò il suo orologio da polso che segnava l’ora di pranzo. Così, dopo aver salutato Gresda che stava sistemando tutto mentre la professoressa Cooman aveva preso al volo una bottiglia ambigua dal tavolino e si stava dirigendo in una stanza, la rossa uscì dall’aula di Divinazione e scese giù, nella Sala Grande, per pranzare. Quando si sedette al tavolo di Grifondoro non aveva poi così tanta fame, in quest’ultimo periodo mangiava e dormiva poco, per colpa dello studio e degli esami del sesto anno che doveva tenere assieme ai suoi compagni di corso: per lei continuare a studiare, senza mai fermarsi era come trattenere il respiro sott’acqua e non risalire più, fin quando i polmoni collassano e il cuore non ha più sangue e ossigeno da mandare in tutte le parti del corpo… sì, in parte vedeva così lo studio in questo periodo, e sapeva che se la madre lo veniva a sapere le sarebbe venuto un colpo al cuore!
Rose era fatta per lo studio, questo è vero, ma era anche una ragazza di sedici anni che comunque aveva anche bisogno di divertirsi e conoscere gente nuova… problema permettendo, ma era comunque un’adolescente.
Persa nei suoi pensieri, alla fine, si ritrovò il clan PWL attorno a lei… e le sigle significavano PotterWeasleyLovegood. Non vedeva i gemelli Scamandro da tempo, ora che ci pensava. Vi chiedete perché Lovegood se loro avevano il cognome del padre? Beh… questo punto doveva ancora essere chiarito da parte loro. Comunque, ritornando alla realtà, fu accerchiata da così tanti membri, che Dominique litigava con Fred cercando di spingerlo più verso destra per lasciarle un po’ di spazio; James picchiettava con un dito sulla testa del fratello, sperando che quest’ultimo s’infastidisse e lasciasse il suo posto per tornare alla tavola di Serpeverde e Lily blaterava di non so che con Roxanne, fin quando proprio quest’ultima si rese conto che Rose li stava guardando in modo curioso e fece zittire tutti.

« Tu devi darci qualche spiegazione, signorina! » La rossa si accigliò ancora di più, e Al fece per alzarsi, quando poi James lo prese per il colletto della sua divisa e lo fece sedere bruscamente di nuovo.
Sempre la bruna attirò su di sé l’attenzione e fece segno a Rose di seguirla, e così fece, raccogliendo prima il suo zaino e prendendo due fette di pane tostato.
Seguì la lunga scia del clan giù al lago, e alla fine i primi ad urlare e sbraitare cose come “E’ DI SERPEVERDE!” oppure “COME HAI POTUTO! SEI UNA GRIFONDORO! TIENI ALTO IL TUO ONORE!” e altre cose che Rose, davvero, non riusciva a capire, furono Fred e James. Si sentiva solo confusa e accigliata e qualche altro sentimento che in quel momento non riusciva a decifrare, perché Lily iniziò a disinteressarsi dell’argomento guardando altrove con aria molto scettica e Roxanne che, con un semplice Silencio, fece perdere (molto probabilmente) la voce a quei due e iniziò a spiegarle meglio la faccenda.

« Ci sono arrivate voci che ti vedi con Scorpius Malfoy » Disse, intrecciando le braccia al petto e alzando un sopracciglio in segno di superiorità. Rose, d’altro canto, sgranò gli occhi e non vide altro che l’intera scuola che parlavano di questo nuovo scoop: la sorda e il rampollo dei Malfoy che escono assieme e che si baciano. Non aveva pensato a questo, e di certo con lui non ne aveva parlato, visto che tra di loro non c’era mai stato del vero e proprio contatto se non quel bacio. Ed, evidentemente, lui non ci aveva pensato a tutto questo. Non le aveva detto “dobbiamo parlare” o altre frasi che dovrebbero farti sudare le mani. E quella era proprio una situazione di questo genere.
Tornò in sé e guardò i suoi cugini che, si erano divisi in due gruppi: uno a destra e uno a sinistra, diviso solo da Lily che era rimasta al centro tra gli altri, continuando a guardarsi altrove.

« Allora? Vuoi spiegarci questa cosa, o devo farti uscire le parole con il Veritaserum? » Al solo pensiero, la rossa, deglutì guardandoli.

“Chi vi ha messo quest’idea in testa?” Mimò con le mani.

« Abbiamo le nostre fonti, ma non è questo il punto: è vero o no che stai uscendo con lui? O quello che dicono in giro sono solo baggianate? » Roxanne sembrava sul punto di perdere la pazienza… in effetti, lei somigliava più alla madre anche caratterialmente: poca pazienza entrambe. La Weasley però si fece venire un’idea per racchiudere tutti in un pugno e lasciarli lì.

“Andiamo ragazzi, se io uscivo con Malfoy si sarebbe già saputo, no? Se è una voce che gira solo tra di voi, è perché probabilmente non avete altri pettegolezzi su cui aggrapparvi. Possibile che non mi conosciate? Insomma…” Ma non finì neanche: Roxanne scosse la testa, agitando una mano in aria, come se volesse scacciare una mosca.

« Sapevo che ti saresti buttata su questo discorso: sei un libro aperto per tutti. Allora è vero: ti vedi con Malfoy. » Il sorriso beffardo che si dipinse sul suo viso era identico a quello che faceva quando aveva un’ottima idea per gli scherzi dei Tiri Vispi Weasley.
Prima che lei, però, potesse iniziare una frase senza senso per affermare il contrario, intervenne Dominique che era alla destra.

« Oh, ma insomma Roxanne! – il suo accento francese, pensò Rose, si poteva percepire anche se non lo si sentiva – La smetti di torturarla? E’ una sedicenne che ha bisogno di un po’ di tempo libero per lei. Cosa importa se è Serpeverde? » Iniziò irritata lei.
James armeggiò con la sua divisa, per poi far uscire da essa la bacchetta e eliminare l’incantesimo precedente di Roxanne.

« Cosa c’entra se è Serpeverde?! COSA C’ENTRA, MI DICI, DOMINIQUE?! Andiamo, per te uno ne vale l’altro, non è vero? Si dà il caso che Rose sia fragile, e si dà il caso che oltre ad essere un fottutissimo Serpeverde è anche un fottutissimo Malfoy, zitto tu! » Zittì immediatamente Albus, che stava per prendere parola, probabilmente per prendere le difese del suo migliore amico.
Dominique, d’altro canto, non riuscì a trattenersi e da brava Weasley qual’era, le orecchie le diventarono rosse per la rabbia e l’imbarazzo.

« Tu non hai il diritto di entrare nella mia privata, con chi esco e non, hai capito James Sirius Potter?! Posso uscire con chi mi pare e piace, e ora questo non è il momento di rinfacciarmi che io sia uscita con Giulius Hight! Stiamo parlando di lei e di noi che non c’entriamo ASSOLUTAMENTE con la sua vita privata, che è libera di uscire con chi vuole! Rose non è per nulla fragile, se lo era si sarebbe suicidata da tempo per il suo problema! Se lo era non l’avrebbero smistata in Grifondoro ma in Tassorosso! Pensi solo al suo buon nome e alla vecchia rivalità che c’è dietro?! Tutte fandonie, James Sirius! Se si vuole bene ad una persona, non si dovrebbe pensare al suo nome o al suo stato di sangue! E, sempre come dici tu – lo zittì di nuovo, mentre lui apriva bocca – allora tua madre avrebbe dovuto disprezzare tuo padre per il suo stato di sangue e zio Ronald avrebbe dovuto sputare sulle scarpe di zia Hermione perché è una Nata Babbana! » Alla fine Dominique aveva le orecchie rosse e le mani, chiuse a pugno, che tremavano come foglie e James, dall’altra parte che boccheggiava non sapendo come rispondere a tono.

« Io sono d’accordo con Dominique. Insomma, la vita è la sua. Se le piace Malfoy, non ci vedo niente di male. » Convenne uno.

« Sono d’accordo con Lysander. » Convenne l’altro.

« Io sono il fratello minore, non mi dà poi così fastidio, e poi l’ho conosciuto e ho avuto modo di parlarci, non è male quando lo conosci. » Intervenì Hugo, vedendo boccheggiare assieme a James anche Fred.
Al scosse la testa perché non credeva a quello che si era creato lì in quel momento. La parte sinistra che - ormai Rose aveva capito – era quella sostenuta dai contro, era in totale silenzio, fin quando Lily non sbuffò e guardò entrambe le parti.

« Siete odiosi, tutti, nessuno escluso. Insomma, state facendo un casino enorme per due persone. E dico due. Ci sono cose più importanti e dobbiamo pensare a loro due?! Non sono il centro del nostro mondo, non lo sono e non lo saranno mai. Fatele fare quello che vuole, magari adesso non starà sempre lì con quei suoi occhi da “Perdonatemi se non sono normale come voi”. » E, detto quello, se ne andò con passo felpato verso l’entrata del castello.

Tutti rimasero stralunati da quella risposta, ma quella che doveva essere il centro di quel discorso era l’unica che non credeva a quelle parole. Cercò di giustificarle quel gesto come il periodo premestruale, o anche un cattivo voto, addirittura cercò di attribuirlo alla posizione stramba che avevano preso i pianeti in quell’istante, ma non riusciva a pensare ad altro che alle sue parole. Fatele fare quello che vuole, magari adesso non starà sempre lì con quei suoi occhi da “Perdonatemi se non sono normale come voi”. “Perdonatemi se non sono normale come voi”...
Gli occhi di Rose iniziarono ad inumidirsi, continuando a guardare il punto in cui Lily era poco tempo fa, mentre la maggior parte dei cugini che erano lì iniziarono a correre con aria interrogativa dietro di lei, non badando ad altro che alle sue parole. Dominique si trattenne, ma guardando Rose assunse un cipiglio arrabbiato e corse anche lei dietro Lily. L’unico che rimase era Al. Era quello che rimaneva sempre, pensò Rose, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel punto. Quando però il cugino cercò di avvicinarsi a lei per consolarla, lei si scostò e andò accanto al Lago e gettò il pane tostato nell’acqua, guardando poi il tentacolo della piovra gigante che lo prendeva e lo trascinava con sé verso il fondale marino. Era così che voleva sparire, in quel momento. Non voleva lasciare traccia.


Aveva passato il resto delle ore in biblioteca, invece di andare a lezione. Non ne aveva voglia, di stare in una classe in cui c’era sicuramente qualche suo parente che la teneva d’occhio, come se dovesse scoppiare a piangere da un momento all’altro proprio lì, in quel momento, in mezzo alla classe e davanti ad insegnanti e compagni di corso. Così era rimasta in biblioteca, a studiare cose che probabilmente si sarebbero fatte da lì a qualche settimana, ma era l’unica cosa che le teneva occupata la mente.
Sospirando, si passò una mano sugli occhi e il suo sguardo passò come una carezza sul quadrante dell’orologio che aveva posato accanto alla pila di libri che aveva raccolto per i suoi argomenti, ma subito sgranò gli occhi guardando l’ora. Le cinque e un quarto. Aveva scordato che doveva andare su, alla torre di astronomia per l’incontro con Scorpius! Con tutti i tentativi che aveva fatto per dimenticare l’accaduto, si era anche scordata del biglietto del Serpeverde!
Cercò di raccogliere tutto il più in fretta possibile e posare i libri con la magia – rischiando anche il crollo di altrettanti sulla sua testa – mise la sua borsa a tracollo e corse su, per le scale, cercando di raggiungere il luogo che aveva indicato Scorpius il più in fretta possibile. Aveva il fiatone, dopo soli due minuti di corse per le scale. Sentiva il cuore e i polmoni sbattere contro le costole e cercò di fermarsi per prendere fiato, ma dovette riprendere subito per non tardare ancora di più.

Arrivata sul posto, che respirava a malapena e non riusciva a fare altro che cercare di prendere quanto più ossigeno nei polmoni, si avviò verso lo spaziale che c’era sulla Torre. Arrivata lì, sulla piazzola, si guardò intorno, respirando a fatica, cercando una sagoma che poteva esserle familiare… ma non vide nessuno. Sospirò, tra i respiri che iniziavano a regolarsi, e chiuse per un attimo gli occhi, pensando che era stata una stupida. Non per l’appuntamento mancato, ce ne sarebbero stati altri, ma per tutto quello che stava succedendo tra lei e il clan PWL, e aveva cercato di dimenticare almeno per un istante crogiolandosi nello studio, ma era inutile. Non voleva deludere James, o Fred, e voleva capire perché mai Lily era stata così cattiva nei suoi confronti.
Fece un ultimo respiro, poggiandosi la mano sul cuore che ormai si era calmato, e aprì gli occhi, trovandosi però il bel viso del Serpeverde con cui aveva un appuntamento. La rossa non se l’aspettava, e il tempo si divise in tre momenti: lui che sorrideva e parlava avanzando verso di lei che, ovviamente, arretrava, cercando di capire cosa stesse dicendo; lui che stringeva le sue mani attorno alle sue braccia e le faceva poggiare la schiena al muro; e, infine, il bacio. Rose, a quel contatto, chiuse gli occhi, e sentì il suo cuore iniziare a battere più velocemente, come la sera precedente.
Quando Scorpius si staccò, scappò un piccolo sorriso alla ragazza, ma cercò di ricomporsi subito e far svanire quel po’ di calore che sentiva sulle guance e lo guardò, ritraendo in dentro il labbro inferiore.

« Perché hai ritardato così tanto? » Le chiese, allontanandosi giusto il dovuto per guardarla in viso. La rossa, alzò di poco il braccio con cui manteneva la borsa con dentro i libri e Malfoy annuì, capendo cosa volesse dire.
La guardò attentamente, e si rese conto che aveva lo sguardo perso, era spenta, così le fece voltare il viso verso di lui guardandola meglio.

« C’è qualcosa che non va? » Rose lo guardò per un attimo negli occhi grigi, e decise che per il momento i suoi pensieri non dovevano preoccuparlo, così accennò ad un mezzo sorriso e scosse leggermente la testa, poi aprì la borsa (che poco prima aveva poggiato sulla spalla) e prese un quaderno per le note e la piuma e iniziò a scrivere su di essa.

Mi dispiace aver ritardato così tanto al nostro incontro, ma mi ero rintanata nella biblioteca e dovevo finire di fare una ricerca. Ancora, mi dispiace, ma devo tornare alla torre di Grifondoro e finire di fare il resto, che vorrei finire il resto dei compiti e studiare per gli esami… scusami…

Scorpius, dopo aver letto, la guardò negli occhi: non era convinto (anche perchè era solo Aprile e gli esami si tenevano a Giugno), ma c’era davvero qualcosa che non andava nel suo sguardo, magari dopo avrebbe chiesto qualcosa ad Al, ma per il momento non era giusto insistere se lei non voleva parlargliene. Sorrise, infine, e annuì, leggendo di nuovo quello che aveva scritto.

« Questo sabato andiamo insieme a Hogsmeade? » Le chiese, prima di porgergli di nuovo il quaderno. Rose guardò le sue labbra per un istante, pensando alla risposta giusta da dargli. Se sarebbero andati ad Hogsmeade assieme sarebbe stata la fine, perché il clan non avrebbe acconsentito a quella relazione, se così si poteva chiamare. Insomma, si era ben capito che tutta la famiglia si opponeva, che solo a pochi andava bene, e che Lily disapprovava (o almeno così aveva capito) per qualche strano e assurdo motivo che non riusciva a capire.

Facciamo che decidiamo in settimana? Al momento non so se per sabato sono libera dallo studio o no, e vorrei davvero impegnarmi per questi ultimi esami…” Scrisse di nuovo e glielo porse, guardandolo mentre leggeva. Probabilmente non sapeva ancora niente, forse Al non glie ne aveva parlato, e quindi per questo non aveva accennato a niente… o forse lui aspettava che iniziasse il discorso lei e… non sapeva che pensare, non ci riusciva perché era una situazione che non aveva mai previsto. La sua vita era fin troppo monotona, e arrivata ad Hogwarts c’era stato il BOOM.
Lasciò andar via l’aria e mezzo sorriso non appena Scorpius le ridiede il quaderno e prima che lei lo posasse il biondo le poggiò una mano dietro la testa e la spinse verso di lui, baciandola ancora una volta. La rossa chiuse nuova mente gli occhi, poggiando la mano libera sul suo braccio; quando poi si staccarono Scorpius le disse che avrebbero deciso in settimana, come voleva lei, e prima di lasciarla andare le diede un ultimo leggerissimo bacio sulle labbra, e si salutarono.


La cena di quella sera era stata tra le peggiori classificate dalla primogenita di casa Weasley. Dopo aver deciso che lo studio poteva anche aspettare perché il cervello le chiedeva pietà e lo stomaco un po’ di cibo, scese giù, in Sala Grande, per l’ora di cena e poter mangiare qualcosa di davvero buono. (A detta sua le cucine di Hogwarts potevano essere paragonate alla cucina di nonna Molly). Non appena si era seduta e aveva iniziato a servirsi con un po’ di pane, si rese conto che si era persa qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, ma dopo capì: non appena si era seduta l’intero clan Potter-Weasley Grifondoro le aveva dato le spalle, e probabilmente stavano parlando di lei. Posò lo sguardo di nuovo sul pane che era poggiato davanti a lei, mentre altri Grifondoro giungevano per la cena e si sedevano nei posti vuoti che c’erano tra lei e i cugini che si erano stretti più in là.
Alzò un attimo lo sguardo, ma la stanza iniziava ad essere troppo affollata per cercare con lo sguardo Al o Scorpius, ma non appena il cibo comparì nei piatti, tutti quei ragazzi primini e non, si sedettero e iniziarono ad abbuffarsi.

Non possono essere così arrabbiati con me da non parlarmi più. Insomma, neanche loro sono tutta questa santità, e si comportano con me in questo modo? E poi io e Scorpius non facciamo niente di male. Ci siamo visti per la prima volta oggi, perché diamine devono arrabbiarsi in questo modo? MISERIACCIA! Non è un bene che io stia parlando con me stessa. Guarda tutti questi ingordi attorno a me… Oddio, che cosa orrenda! A quel ragazzo sta uscendo il cibo dalla bocca! Oddio!
No, okay, non era questo il pensiero importante, ma…

Rose arrestò un attimo i suoi pensieri, mentre giocherellava col cibo, e guardò di nuovo dalla parte dei cugini. Le si era chiusa lo stomaco, in quel momento, così decise che alzarsi e tornare in camera a finire i compiti era la cosa giusta da fare. Così si alzò e camminò velocemente verso l’uscita della Sala Grande. (Probabilmente sotto gli occhi di tutti).

Nel frattempo Scorpius aveva alzato la testa, cercando di intravedere la testa rossa al tavolo di Grifondoro, ma venne catturato dalla medesima testa che, con lo sguardo basso e molto velocemente usciva da lì, sotto gli occhi di parecchie persone. Si accigliò e, dopo aver bevuto un sorso d’acqua, guardò Al con lo sguardo di chi non voleva nessuna scusa.

« Sai perché Rose è così giù di morale? » Chiese, mentre Albus rischiò di strozzarsi con la pasta.

« C-che? » Disse lui, dopo aver bevuto un sorso d’acqua.

« Tua cugina Rose è parecchio giù di morale, e ti chiedevo se fosse successo qualcosa, dato che tua cugina, colei che chiami “migliore amica”, è appena uscita di corsa e a testa bassa, e non credo abbia mangiato qualcosa. » Questa volta anche il suo tono non ammetteva repliche, ma appena Al lo guardò per qualche secondo negli occhi, capì che cosa stava succedendo.
« Oh, no… come l’hanno scoperto? » Posò la forchetta e intrecciò le braccia al petto.

« Beh… forse mi sarò fatto scappare qualcosa con Dominique, e forse lei in un atto d’ira contro mio fratello… glielo ha… detto…? » Cercò di sorridere, ma tutto quello che uscì al secondogenito di casa Potter fu una smorfia di nervosismo.

« Al! – disse, per poi abbassare il tono di voce – Non è che a me importi tantissimo che lo sappia tutto il mondo o meno, ma sono i tuoi cugini e TUO fratello! » Sussurrò incavolato.
« E i tuoi cugini e tuo fratello non sopportano molto la famiglia Malfoy, nonostante mio padre stia cercando di allacciare una qualche sottospecie di legame con la vostra famiglia! Rose non si merita la loro indifferenza! Non ha fatto niente di male! »

« E lo vieni a dire a me? – iniziò Al, gesticolando – Io per primo sono felice se voi vi frequentate, ma loro non lo capiscono. Hanno in mente solo il fatto che sei un Malfoy e che siete tutti uguali. Ho provato a convincerli di non parlare con lei, che tu non sei la versione maschile di Caroline, ma tutto quello che hanno sentito uscire dalle mie labbra è stato “blablabla si vede con Scorpius blablabla” » Si passò una mano sul viso, in un gesto parecchio nervoso, mentre Scorpius sbuffò irritato, scuotendo la testa, e volse lo sguardo verso il tavolo di Grifondoro, cercando lo sguardo dei cugini di Albus.
« Senti: questa situazione passerà, capiranno lo sbaglio che stanno commettendo e chiederanno scusa a Rose, fino a quel momento fai finta che io non ti abbia detto niente. Evidentemente se non lo ha fatto lei, era perché non voleva coinvolgerti o farti preoccupare. » Concluse, guardandolo.
Sospirò irritato, ponendo fine a quel discorso e riprendendo a mangiare, perché i loro compagni di squadra si erano avvicinati.


Era ormai giovedì, e i luoghi “preferiti” di Rose, ormai, erano la biblioteca e la sua stanza. I due posti in cui era certa di non incontrare i suoi cugini, e quindi rimanerci davvero male, più di quello che ormai era. Ovviamente usciva da quella stanza solo per seguire le lezioni, e cercava il più possibile di non guardare le persone in viso, per riconoscere quelle familiari.
Alla fine la sua insonnia si era aggravata, e aveva promesso a se stessa che sarebbe andata da Madama Chips, ma dopo aver studiato e aver fatto passare quella settimana che, a detta di lei e le altre centomila voci nel suo cervello, era stata orribile. Proprio in quel momento, mentre era stesa sul suo letto, entrarono le ragazze che dormivano con lei, chiedendole perché non era scesa giù per pranzo, e tante altre domande che iniziava a non sopportare.

Queste qui da quanto in qua si preoccupano per la mia salute? O sono state mandate da mio cugino Al? O da qualcun altro? Forse da Scorpius… aveva cercato di fermarmi e parlare con me, ma avevo preferito non farlo… forse dovevo infischiarmene dei miei cugini… AAAH! NON LO SO PIU’! E da quanto in qua parlo da sola?

Scrisse giusto due frasi su un foglio per rassicurarle e loro sorrisero in risposta. La rossa aveva sempre pensato che sarebbero state delle ragazze interessanti e, perché no, anche delle amiche, ma la sua condizione le spaventava parecchio, quindi (da quando Rose ha iniziato a chiudersi in stanza) ci restavano davvero poco, giusto per prendere l’essenziale, salutarla e filarsela come avevano fatto in quel preciso momento. Scosse la testa guardando la porta che si era appena chiusa.

Forse – pensò Rose – era meglio se usciva da lì e andava a rintanarsi nella biblioteca… o nella Stanza delle Necessità! Lì nessuno poteva entrarci, e non avrebbe incontrato nessun cugino arrabbiato! Si alzò velocemente, raccolse parecchi libri, pergamene e piume, e uscì dalla stanza riuscendo a stento a vedere dove stesse andando, e sperando che in Sala Comune non ci fosse nessuno che conoscesse nella cerchia dei suoi cugini.
Arrivata (con piume che cadevano, libri che le scivolavano per mano e un paio di primini quasi travolti) riuscì finalmente ad entrare nella stanza che, come le poche volte in cui era stata, esaudiva ogni desiderio di chi ne invocava l’aiuto. Poltrone rosse e dall’aspetto comodo; un camino enorme; un divano che sembrava un letto matrimoniale; scaffali, tavolini, insomma, tutto quello che desiderava era solo un po’ di tranquillità e nessuno che vi potesse entrare e guardarla come se fosse un incidente stradale.
Così sistemò le pergamene sul tavolino accanto al divano, la borsa su di una poltrona, e iniziò a saltare su di un’altra, ed era proprio come pensava: davvero morbida e comoda. Si ricompose, legò i suoi capelli in uno chignon basso e largo, e si sistemò sul divano con le sue pergamene e iniziò a terminare compiti che aveva lasciato in sospeso, per poi passare a quelli che erano per l’inizio della settimana dopo. Passò intere ore a studiare, guardarsi attorno, bere della cioccolata calda che la stanza le aveva gentilmente offerto, ed infine posò tutto e si mise alla lettura di un libro che aveva trovato sulla libreria che c’era.

Non si era resa conto, però, che qualcun altro era entrato nella stanza, che si era avvicinato, e neanche dopo un leggero colpo sulla spalla, aveva ricevuto una librata sulla testa dalla ragazza, che velocemente si era allontanata ed era salita sulla poltrona libera. Sgranò gli occhi quando si rese conto che era Scorpius, e lasciò cadere il libro sul tavolino per avvicinarsi velocemente a lui: salì sul divano e gli prese le mani con cui lui si manteneva la testa.

ODDIO! ODDIO! CHE CAVOLO HO FATTO? NON VOLEVO FARGLI MALE! Ma anche lui però, eh! Poteva almeno farsi vedere, invece di toccarmi il braccio e farmi spaventare in quel modo!

« Merlino, Rose! Mi hai fatto male! Cos’è che avevi in mano? Un libro o un mattone che hai gentilmente estratto dal muro? » Chiese, massaggiandosi ancora la parte in cui aveva avuto il colpo. La rossa, d’altro canto, fece una smorfia, sperando che capisse che era di scusa. Restò per un attimo fermo, a guardarla negli occhi che, davvero, erano dispiaciuti, e così sospirò scuotendo la testa.

« Non fa niente. Piuttosto, ero venuto a cercarti dato che sono giorni che non mi parli e che a stento ti fai vedere in giro. » Si passò una mano tra i capelli e la guardò, mentre gli faceva segno di sedersi mentre lei prendeva una pergamena e una piuma, e si sedeva accanto a lui sul divano.

Scusami ma ho avuto parecchio da fare in questi giorni, ecco perché non ho girato per il castello.” La guardò per un istante, giusto il tempo per decidere cosa dirle o meno.

« Ti sei rintanata qui a causa dei tuoi cugini? Al mi ha detto tutto. » Disse, prima che lei potesse strappargli la pergamena tra le mani e chiedergli come sapeva di tutta quella faccenda. Rose si immobilizzò e ritrasse la mani per un momento, non sapendo cosa dirgli, poi però riprese la pergamena tra le sue mani.

Non è una cosa per la quale immischiarti, Scorpius. I miei cugini sono fissati sul fatto che i purosangue non sono gente per bene, che sono sempre lì a fare i cugini più grandi di me e vogliono proteggermi. Non ti riguarda…” Scorpius rise nervosamente, passandosi di nuovo una mano fra i capelli.

« Non mi riguarda? Rose! Ci frequentiamo! Stiamo assieme! E non mi riguarda? Ci sono dentro quanto te, non puoi non dirmi niente per giorni. I tuoi cugini, comunque, odiano me, non te. » Aveva cercato di attutire il colpo all’ultima frase, ma aveva notato che aveva esageratamente detto qualcosa con poco tatto.

Non ho detto questo… ma… noi stiamo assieme?” Gli porse la pergamena con uno sguardo sgranato e che cercava di capire perché avesse detto quelle cose. Scorpius solo in quel momento si era reso conto di quello che aveva detto e cercò di trovare le parole giuste, ma ovviamente non poteva, dato che ormai l’aveva detto e che Rose l’aveva capito subito.

« Beh… sì, okay, penso che io e te dovremmo affrontare il discorso, vero? – Rose fece cenno di sì con la testa – Okay. Allora, io penso che noi due stiamo assieme – e mentre lo diceva, la rossa pensava che fosse davvero tanto carino, perché le sue guance iniziarono a colorirsi di un rosa un po’ più scuro. – però ovviamente anche tu devi dire qualcosa su questo rapporto. Ecco tutto. » Smise, respirando profondamente. Non aveva mai avuto problemi dl genere con altre ragazze. E’ vero, alcune erano da una botta e via, ma aveva avuto altre relazioni: certo, durate pochissimo, ma erano pur sempre relazioni, e non sapeva se anche questa sarebbe durata a lungo, ma a detta sua lo era. Si erano baciati più volte, visti più volte, e lei non era per niente la ragazza da una botta e via… tutt’altro. Si destò da quei pensieri quando vide la pergamena sventolargli davanti al naso.

Sinceramente non lo so. Cioè, se questo significa stare insieme, allora probabilmente lo siamo, no? E non so come possono prenderla questa notizia i miei cugini…

Scorpius guardò altrove storcendo le labbra e sospirando. Si preoccupava per i cugini – pensava – invece di pensare un po’ alla sua vita; non doveva essere così accondiscendente perché significava modellare la propria vita in base ai gusti degli altri. Quando si voltò per guardarla, gli si strinse il cuore perché (anche se Rose guardava dall’altra parte) si vedeva chiaramente che alcune lacrime iniziarono ad uscire dai suoi occhi. Così, alla fine, il biondo abbandonò l’idea di dirgli tutto quello che pensava su quell’argomento e, posando la pergamena di lato, l’abbracciò facendola avvicinare di più.
Le accarezzò la schiena per un po’, fin quando sentì che non piangeva più perché, anche se lei non poteva ascoltarsi, lui lo faceva, ed era davvero straziante. Così decise di non continuare più con quel discorso dei suoi cugini (o almeno per ora) e l’allontanò un po’, giusto per prendere il suo viso tra le mani e asciugarle con i pollici le guance, sorridendo.

« Allora, sabato andiamo insieme ad Hogsmeade? » Le chiese, mentre il suo viso era diventato di una dolcezza assurda, con le guance strette e che la facevano sembrare più paffuta, con una bocca piccola. La rossa, d’altro canto, lo guardò negli occhi, non sapendo che rispondergli. Insomma, se avesse accettato avrebbe significato far sapere a tutta la scuola che loro due stavano assieme, e non le importava tanto TUTTA la scuola, ma comunque una buona parte che era popolata da Weasley e Potter che odiavano un certo Scorpius Hyperion Malfoy.

« Andiamo Rose! Così i tuoi cugini hanno un solo impatto nel vedermi con te. Pensa se devi prima dirglielo e poi fatti vedere, sono due colpi. Invece, vedendoti già con me è un solo grande impatto. » Disse con un sorriso convincente, e che alla fine fece cedere la ragazza che, a sua volta, assunse un’aria divertita, mentre chiudeva gli occhi per trattenere le risate. E neanche lui ci riuscì, così la baciò.
Alla fine Scorpius aveva deciso di passare un paio d’ore con lei, prima di andare agli allenamenti della sua squadra, alle sette. Così entrambi si erano messi sul divano, a leggere il libro con cui poco prima Rose aveva picchiato sulla testa il ragazzo. La rossa, dopo aver finito di leggere la pagina, stava aspettando un gesto di lui per farle capire che poteva continuare nella lettura svoltando pagina, ma non arrivò perché si rese conto che Scorpius si era addormentato sulla sua testa. Sorrise, posando il testo sul divano affianco a lei, cercò di alzarsi senza svegliarlo, e gli mantenne la testa per un momento, giusto per guardarsi attorno e prendere un cuscino posto più in là, in modo da non fargli venire il torcicollo quando si sarebbe svegliato. Constatato che Scorpius non si sarebbe svegliato con il collo dolorante, si guardò attorno e cercò una coperta, che poi vide proprio su una delle due poltrone comode. La prese e la mise addosso a lui, guardandolo per un secondo e sorridendo.

Però dai, è carino, no? Cioè… anche quando dorme. Non è… carino?

Poi alla fine scosse la testa e si mise di nuovo seduta accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla e piegando le gambe portandosele al petto e continuando a leggere quel libro.
Scorpius si svegliò improvvisamente, sbattendo più volte le palpebre e cercando di ricordare l’ultima cosa che stava facendo prima di addormentarsi, ricordandosi poi che era nella Stanza delle Necessità e che stava leggendo un libro assieme a Rose. Si accorse, poi, che aveva la testa poggiata su un cuscino e una coperta addosso; e poi si rese conto di un peso che aveva sulla spalla e sulle gambe e cercò di girare la testa per vedere cos’era…

No, chi era. Precisiamo.

Sorrise, notando che Rose si era addormentata sulla sua spalla e che le sue gambe piegate erano poggiate alle sue, ma quando guardò l’orologio appeso al muro alla sua sinistra, il sorriso sparì. Erano le sei e mezza, e tra un quarto d’ora doveva andare agli allenamenti per la squadra. Cercò di alzare la testa di Rose e di non farla svegliare per togliersi la coperta di dosso, poi prese il libro (che ancora teneva tra le sue mani) e lo posò sul divano (mantenendo ancora la testa alla rossa) e poi cercò di farla stendere, riuscendoci per metà perché sembrava che si era rotta qualcosa, data la posizione delle gambe e delle braccia, così la mise meglio, le fece poggiare la testa sul cuscino e infine la coprì con la stessa coperta che aveva usato per lui. La guardò per un altro secondo, spostandole dei ciuffi dal viso, le lasciò un bacio sulla guancia e prese una pergamena che c’era lì sul tavolino e scrisse un messaggio per lei, lasciandoglielo di fianco e poi uscì, cercando di raggiungere il campo da Quidditch più in fretta che poteva.


Erano ormai passati un paio di giorni da quando Rose aveva scelto la Stanza delle Necessità come posto in cui rintanarsi per non incontrare i suoi cugini: anche se, a detta di Scorpius e di Al che le facevano compagnia quando potevano, non poteva nascondersi lì e non affrontare il problema, ma la rossa aveva ripetuto che doveva far calmare le acque e poi poteva anche liberamente passeggiare per i corridoi di Hogwarts senza la paura di incontrare qualche suo cugino che l’avrebbe uccisa molto volentieri (o comunque torturata) per tutto quello.

Sì, lo so che comunque non dovrei nascondermi perché non ho fatto niente, ma… insomma, loro non lo capiscono, perché? Perché ovviamente non sono nella mia testa e non ragionano come me, ovvio. Però… oddio! Di nuovo! Non posso parlare da sola! Ma da quando lo faccio???

Scosse la testa mentre scendeva le scale in fretta e furia perché aveva fatto tardi nello scegliere i vestiti per quell’uscita che aveva promesso a Scorpius. Non era mai stata una ragazza che la faceva difficile con i capi da indossare, ma quella giornata era particolarmente fredda a causa dei due giorni di pioggia (quasi alluvione) e l’aria ti tagliava il viso davvero in due, così aveva dovuto scegliere un maglione, un jeans, stivaletti e un cappottino.

« Era ora Rose! Pensavo che non venissi più! » E lei, ovviamente, aveva previsto questa sua frase, così prese un foglio dalla borsa che si era portata dietro e glielo porse.

« “Non sapevo che mettermi visto il tempo orrendo in questi giorni. Mi dispiace.” » Alzò un sopracciglio biondo, guardandola.
« E hai perso perfino tempo a scrivermi questo? » La rossa incrociò le braccia al petto (a quello che disse) e gli fece segno di leggere di nuovo.
« “Dovevo, sennò come ti spiego le mie ragioni? Adesso vogliamo restare qui a parlare del mio ritardo di dieci minuti, o vogliamo andare ad Hogsmeade e distrarci dai compiti della scuola?!” » Tornò a guardarla, e questa volta era lei che aveva un sopracciglio alzato e con aria altezzosa. Scorpius, d’altro canto, alzo le braccia al cielo facendole ricadere ai suoi fianchi subito dopo, diede quel foglio a Rose (che iniziò a camminare e metterlo nella sua borsa) e la raggiunse dandole un bacio sulla guancia.

Arrivati ad Hogsmeade, ovviamente sotto i vari occhi increduli di metà scuola che aveva il permesso di andare in quel villaggio, si erano fatti un giro nei vari negozi, per poi fermarsi davanti a Mielandia.
« Fermati qui! No, non puoi entrare! – rispose ad un’occhiata della ragazza e alle sue mani che si alzavano a mezz’aria – Devo farti vedere una cosa! Aspetta qui e non entrare. » Le disse, prima di sparire dietro la porta del negozio di dolci. Sospirò, portandosi alcuni ciuffi ricci e ribelli dietro e si guardò attorno, scorgendo in lontananza i suoi cugini che, probabilmente, l’avevano vista e avevano anche rallentato.

Andiamo Scorpius! Muoviti! Altrimenti, per colpa tua, ci sarà un omicidio! Ma perché non mi ha fatto entrare con lui?! Io voglio dei dolci!

Cercò di non pensarci, ma subito Scorpius uscì da quel negozio, con un sorrisino sulle labbra appena la vide, nascondendo una mano dietro la schiena. Con un ultimo sorriso le fece vedere la sorpresa che le aveva preso: una rosa di cioccolato in un contenitore di plastica trasparente.
Alla ragazza le si illuminò l sguardo e lo guardò con gli occhi aperti al massimo, mentre le sue labbra si rimpicciolirono e rientrarono a mo’ di bimbo: si indicò, come a voler chiedere se era per lei e Scorpius rise divertito, guardando come la sua espressione era cambiata in pochi secondi.

« Sì, è per te. » Disse scuotendo la testa, ma non appena lei cercò di prendere quel regalo, lui lo nascose di nuovo dietro la schiena, e ovviamente l’espressione della ragazza divenne corrucciata e incredula.
« Prima, però, voglio un ringraziamento. » Disse, sporgendosi in avanti e guardandola negli occhi azzurri. Quando lei capì, arrossì parecchio e, con un sorriso imbarazzante cercò di fargli capire che non poteva, dato che già tutti li stavano guardando e li seguivano anche, ma evidentemente Scorpius non voleva sentir ragioni, perché restò in quella posizione, aspettandosi davvero un bacio. Probabilmente lo faceva anche a posta perché si era reso conto che i suoi cugini li avevano visti assieme.
Rose sospirò, abbassando un po’ lo sguardo e, prendendo il suo viso tra le mani, gli diede un leggero bacio sulle labbra, ma lui le mise una mano sulla schiena e la spinse verso di lui, costringendola a farla alzare sulle punte.
Sorrise, e poi si allontanò, aspettando il suo regalo, che le venne dato subito. In risposta la ragazza le fece un segno che probabilmente poteva essere interpretato come un grazie (anche perché era riuscito a capirlo leggendole il labiale), e sorrise, mentre apriva quella scatolina e mangiò un petalo di cioccolata.

ODDIO! E’ LA CIOCCOLATA MIGLIORE CHE IO ABBIA MAI MANGIATO! CIOE’! E’ STATO COSI’ CARINO A FARMI QUESTO REGALO! ODDIO! E poi adoro la magia! Guardate questa Rosa! Ha i petali sottili e morbidi come una rosa vera!

Guardò Scorpius con aria da bambina felice e gli porse la scatolina, sperando che capisse che stesse offrendo un po’ della sua cioccolata a lui (e chi la conosceva, non condivideva quasi con nessuno la sua cioccolata), ma lui scosse la testa e le diede un bacio sulla tempia, mentre la rossa si concentrò sul nuovo pezzo di cioccolata da addentare.

Il resto della giornata fu comunque tranquillo e piacevole. Prima di andare ai Tre Manici di Scopa, si erano fatti un giretto per i vari negozi; Scorpius non mancava a baciarla, e avevano incrociato i cugini anche parecchie volte. L’unico che non avevano ancora visto era Al, che a quanto pareva per qualche strano motivo aveva deciso di non venire a Hogsmeade a staccare un po’ la spina con loro.
Però, ovviamente, prima che finisse la giornata decisero di andare nel locale della zia di Rose a bere una burrobirra che potesse scaldarli, con il vento che aveva iniziato a tirare da poche ore. Questa volta fu Rose ad offrire a Scorpius la bevanda, e ritornò al tavolo concentrata al massimo per non buttarle a terra, ma al suo ritorno trovò un Maximillian e una Tristine intenti a parlare con il biondo. Tracciò una “o” con la bocca guardandoli e fece segno che ritornava al bancone della zia per prenderne altre due, anche se questa volta Tristine la seguì a ruota libera per aiutarla.
‹‹ Se ti dà fastidio, possiamo anche andarcene. Insomma, è la vostra prima uscita ufficiale davanti a tutti. ›› Disse lei, mentre stavano aspettando il loro turno per ordinare. La rossa, però, scosse la testa in modo ripetitivo e cercò di farle capire che non erano per nulla un peso, ma con scarsi risultati perché la ragazza capì “Voglio delle fragole.”

Com’è che comunicavo prima di riacquistare l’udito? Insomma, tutti mi capivano. Possibile che ci riuscivano solo perché avevano il mio stesso problema? Cioè, non possono capirmi solo i miei parenti! Però… a quanto vedo… sì. Diamine. Dovrò davvero camminare con un quaderno nella borsa per il resto della mia vita? E mi sa che devo abituarmi anche al fatto di parlare con me stessa: è l’unica che riesce a capirmi.

Si destò dai suoi pensieri quando si rese conto che Tristine martellava il suo braccio perché le loro due burrobirre erano pronte. Le portarono al loro tavolo, e Rose restò lì, a guardarli parlare. Si rese conto che era parecchio triste, così cercò di non farlo notare a nessuno, iniziando a bere e guardarsi attorno, quando vide Al all’entrata che vagava con lo sguardo. La rossa si accigliò e, posando il suo boccale, si alzò per andargli incontro.

« Oh! Tu sei qui! Pensavo che era successo qualcosa! Ti ho cercata da tutte le parti nel castello, ma non ti ho trovata! » Rose lo guardò in un modo accigliato, chiedendogli per quale motivo era così preoccupato.
« Niente. Ho fatto un sogno e mi sono spaventato, così sono corso a cercarti, ma se stai con Scorpius e Maximillian allora posso stare tranquillo, ritorno al castello! » Sventolò una mano in aria, ma Rose lo bloccò all’istante, chiedendogli spiegazioni perché doveva sapere che oggi lei e il biondo dovevano uscire assieme, ma il secondogenito di casa Potter scosse la testa alzando le spalle.
« Sono rimasto indietro con parecchi compiti, così sto cercando di recuperare. Io e Scorpius a stento ci vediamo quando dobbiamo mangiare o agli allenamenti. Adesso vado al castello. Ah, Rose, non te la prendi vero se ho preso in prestito le tue relazioni di Trasfigurazione, Incantesimi e Difesa? » La rossa chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso. Fece di sì con la testa e sventolò una mano in aria, un misto tra un saluto e un “Se non vai via, ti giuro che ti ammazzo. E questa è la volta buona che lo faccio per davvero.” Così si avviò di nuovo verso il tavolo, e guardandosi attorno notò che un tavolo, posto più in là del loro, era popolato da Caroline e dalle sue tirapiedi. Tutte che la guardavano davvero male. Sospirò, e cercando di non farci caso tornò da Scorpius e gli altri, che continuavano a parlare.
Li guardò di nuovo, come prima, ma alla fine tornò a sorseggiare della burrobirra (che era diventata tiepida, e quindi quasi imbevibile) e a torturare il centrotavola di legno, trovando un interesse improvviso in una crepa nel legno della tavola, quando poi sentì il tocco sulla sua mano e alzò lo sguardo su Scorpius, che le sorrise, cercando con lo sguardo di chiederle cos’aveva, ma che Rose non capì, perché fece un mezzo sorriso anche lei.
Alla fine della giornata, Scorpius l’accompagnò fuori dal suo dormitorio (e la baciò, ovviamente, prima che entrasse). Si richiuse il quadro dietro le spalle e sospirò, sorridendo.

Alla fine non è stata una brutta giornata: mi aveva fatto un regalo stupendo, avevamo girovagato senza meta, abbiamo preso in giro i vari capi della nuova collezione primavera estate esposti nei negozi (anche se il freddo che si sentiva era da inverno) e avevamo bevuto un sacco di burrobirre per scaldarci. Niente male come prima uscita ufficiale sotto gli occhi di tutti.

Si disse, mentre entrava nella sua stanza. Le altre non erano ancora tornate, quindi suppose che erano con dei ragazzi e che magari avrebbero passato anche la notte fuori. Mentre pensava a dove mettere la metà rosa di cioccolato sul comodino, si rese conto che c’era anche un’altra cosa lì: un braccialetto con una civetta.



NdA: OKAY, OKAY, LO SO, SONO TIPO SEI MESI CHE ASPETTATE IL MIO CAPITOLO (almeno quelli che seguono e recensiscono la storia), ora vi dò tutte le spiegazioni possibili, cercate di capirmi e di non ammazzarmi subito.
Allora, il mio ultimo capitolo è stato pubblicato a fine Luglio, quindi sono passati più o meno sei mesi, e in questi mesi ne sono successe: il tipo che mi piaceva mi ha snobbato con una "scusa"; poi ho dovuto fare un test d'ingresso per Infermieristica, ma non l'ho passato, quindi sono andata in una specie di depressione, che non mi ripigliavo più; poi mi sono iscritta ad una facoltà del ramo di medicina, e così ora sono qui, a dirvi che sono di nuovo in una specie di depressione perchè oggi non sono passata al primo esame. Quindi immaginate come sto. Ora, detto questo, l'unica cosa positiva della giornata è aver finalmente terminato questo capitolo (di cui avevo scritto a stento una pagina di word) in sole tre settimane, o giù di lì. Vi prego di accettare anche i miei errori (che sono certa che esistono), oltre alla storia che probabilmente non potrà dare giustizia a questo periodo di assenza.
Ora, detto questo, sono sincera: non so quando pubblicherò il nuovo capitolo (anche se ho parecchie idee, forse un po' confuse), però prometto di farlo al più presto, magari scrivendo qualcosa la sera, quando non studio.
AH! SONO QUATTORDICI PAGINE DI WORD. COSA INCREDIBILE *-* HO UN RECORD PERSONALE CHE NON SUPERERO' MAI.
Ringrazio, infine, le quattro persone che mi hanno recensito l'ultimo capitolo, e soprattutto ringrazio
Dear Juliet
per aver avuto il coraggio di recensire tutti i capitoli di questa storia.
CONTINUO LA PROPAGANDA DI "RECENSITE", e mi congedo.

Spero vi piaccia (sono incoerente, lo so).
Un bacio a tutti.
-M

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Capitolo 15
*** Ricordi. ***


« TIENI. NON PIANGERE PIU’. TE LO REGALO, MA NON PIANGERE PIU’.  »

Erano due bambine, una di quattro e l’altra di due, ma sembravano gemelle perché entrambe avevano capelli rossi e occhi chiari. La più piccola aveva fatto un capitombolo dal letto e aveva battuto la testa, procurandosi un bernoccolo e tanto dolore, così tanto che aveva iniziato a piangere. L’altra bimba con i capelli rossi non si rese conto che stava piangendo, fin quando non si voltò per vedere cosa stava facendo, dato che le era stato chiesto di tenerla d’occhio, ma appena la vide piangere scese dalla sedia e si avvicinò a lei. Cercò di calmarla in tutti i modi, ma probabilmente provava davvero troppo dolore, così iniziò a disperarsi anche lei, fin quando lo sguardo non le era caduto su un braccialetto che le aveva regalato la madre a Natale: ci pensò un po’ su, guardando ancora la bambina con le guance e naso rosso che continuava a piangere, poi però prese il braccialetto e glielo porse.

« SMETTILA, E TE LO REGALO. » Ripeté un’ultima volta. La bambina, guardando quel braccialetto, smise di piangere, tirando su col naso; prese quel gingillo e lo mise al polso sorridendo ancora tra i lacrimoni che aveva sulle guance.


Rose aprì di scatto gli occhi, guardando il baldacchino rosso e oro del suo letto. Si mosse un po’, rendendosi conto che (tra i vari pensieri della notte precedente) si era addormentata. Era un martedì mattina, quel giorno non c’erano lezioni per una specie di pausa che gli insegnanti volevano dare agli studenti, prima della botta definitiva di altro studio ed esami da fare. Sospirò, spostando lo sguardo a destra e a sinistra: le sue compagne di stanza non c’erano, probabilmente si erano svegliate presto per godersi a pieno questa giornata. Alzò il polso sinistro per controllare l’ora: le 9.05, la colazione ormai era finita, ma non aveva poi così fame. Sollevando l’altra mano per stiracchiarsi, si rese conto che stringeva qualcosa: il braccialetto con la civetta che aveva trovato sul suo comodino il sabato precedente.
Si mise a sedere, rigirandoselo tra le dita. Non lo avrebbe buttato, era decisa a restituirglielo, non le apparteneva più da tempo ed era un regalo che aveva fatto col cuore.
Non posso credere che me l’abbia restituito per davvero. Insomma, perché? Che cosa le ho fatto? Non mi sembra di essere stata a contatto con lei così a lungo da farle un torto.
Spostò alcuni ciuffi dietro e si alzò: doveva farsi una doccia e scendere giù a cercare qualcosa da fare. Aveva promesso a se stessa che per oggi lo studio poteva anche non essere nominato o pensato, doveva rilassarsi un po’ prima della botta finale da parte della scuola, e così avrebbe fatto.
Uscì dal bagno con un asciugamano in testa e uno avvolto attorno al corpo, cercando di scegliere un completo semplice, giusto per non dare nell’occhio e alla fine optò per una maglietta a maniche lunghe blu e un jeans stretto, con delle scarpe da ginnastica bianche. Dopo essersi asciugata i capelli raccolse quelli che le davano fastidio con una molletta e scese giù, in Sala Grande. Aveva un po’ di fame, così decise di andare dagli elfi, magari qualcuno era così gentile da darle qualcosa da mettere sotto i denti.
No, non erano così gentili da offrirle qualcosa, erano così assuefatti dalla sua presenza, da farla uscire dalle cucine con una torta al cioccolato intera. Non una fetta, ma una torta intera! Ed era anche una delle più buone servite a cena. Così uscì da lì con quella torta, cercando in tutti i modi di non farla cadere ma proprio mentre stava salendo le scale saltò in aria per una mano che le si era poggiata sulla spalla. La torta barcollò e prima che potesse cadere a terra, Rose prese velocemente la bacchetta che teneva sull’orecchio e con un Aresto Momentum riuscì a non farla cadere. La prese subito e si voltò, arrabbiata verso quell’essere che le stava facendo cadere la sua adorata torta: si trovò, però, di fronte ad un James ed un Fred con occhi da cucciolo bastonato, come se nell’ultimo periodo qualcuno avesse usato l’incantesimo Imperio e li avesse costretti a fare quello che non volevano.

Ovviamente non mi stanno dicendo tutte queste cose, ma li conosco abbastanza da capire che quegli occhi vogliono scusarsi del loro comportamento, come se avessero dato fuoco di nuovo al salotto di casa Potter.

« Rose… ecco… noi due volevamo scusarci per il nostro comportamento… sai… quello dell’altro giorno… noi… non volevamo… cioè… » Ma non ebbero il tempo di finire che la Weasley, dopo aver rivolto loro uno sguardo che avrebbe fatto invidiare un Ungaro Spinato, si voltò e iniziò a salire la rampa di scale velocemente per poter scappare dalle loro grinfie. Si voltò un paio di volte ma evidentemente i due avevano deciso di lasciarla andare, così arrivò alla Stanza delle Necessità e si mise lì, a mangiare la sua bellissima torta al cioccolato in santa pace, senza che i suoi cugini le rompessero la tranquillità, che da un po’ di tempo a questa parte scarseggiava dalle sue parti.
 

La bambina più grande prese in braccio quella che, fino a poco fa, stava piangendo per una brutta caduta: aprì la porta e si diresse giù, per mangiare insieme dei biscotti o del gelato, ma appena mise piede in salotto si voltò non appena un tocco familiare le carezzò la spalla.

« Dove state andando?  » Chiese un’Hermione più giovane, accovacciandosi davanti alle due bambine.

«LILY E’ CADUTA MAMMA. LE DO’ DEI BISCOTTI.  » Disse la bimba, urlando.
Si sedettero al tavolo, mentre la bambina più grande aiutava la più piccola a mangiare i biscotti e bere il latte. In poco tempo e con pochi gesti la piccola dimenticò il dolore che aveva provato nel cadere.
 

Rose si svegliò di soprassalto, sentendo una porta sbattere e alcune voci che parlavano della bellissima serata passata insieme con i ragazzi. Un momento… sentendo? Da quando… Si mise subito a sedere sul letto e guardò, con gli occhi sgranati, le coinquiline che per lo spavento si erano bloccate chi mentre si stava spogliando chi mentre aggiustava i vestiti sul letto, mentre la guardavano stranite. Come se il tempo si fosse fermato.
« Rose… stai bene? » Disse Juliet, una delle tre ragazze che condividevano la stanza con lei. Di tutta risposta la rossa sgranò (se possibile) di più gli occhi e si toccò le orecchie, guardandosi le mani (senza scorgere niente), scese poi immediatamente dal suo letto e si precipitò prima fuori la stanza e poi fuori dal dormitorio, correndo verso l’infermeria.
 
« Possibile che non si sveglia?! Perché non si sveglia?! »

« La prego, signor Potter, la smetta prima che io decida di mandarla fuori con la forza. Le ho detto che si sveglierà tra poco, quindi stia calmo e aspetti, altrimenti vada via e torni quando è sicuro che sia sveglia! » Rispose di rimando Madama Chips ad un James Potter spazientito dal fatto di aspettare che la cugina, Rose, si svegliasse.

« Sì, ma… perché ci mette così tanto?? » Chiese di nuovo.

« Chi è che fa tutto questo baccano? » Domandò con voce flebile una rossa che si era appena seduta al centro del letto, massaggiandosi la tempia e portandosi poi un po’ di capelli indietro, per non parlare poi che aveva salvato James da un’altra sfuriata della Chips e magari un bel calcio nel deretano che lo avrebbe fatto arrivare a Godric’s Hollow in poco tempo. Appena James sentì la voce debole della cugina fece alzare bruscamente Lorcan dalla sedia e si sedette lui, così vicino al suo viso che quasi gli entrava in bocca.

« E quel cretino di tuo cugino che si comporta manco fosse una ragazzina in calore. » Rispose Lorcan alla sua domanda, dato che tutti erano impegnati a guardare James con aria stupita, ma tutti sanno che alla stupidità del primogenito di casa Potter non si poteva porre una fine. Rose, di tutta risposta, aprì meglio gli occhi, trovandosi un James come se volesse baciarla (ovviamente si allontana immediatamente con aria schifata), Lorcan e Lysander, Dominique che tratteneva sotto braccio Lily, Hugo, Roxanne e altri. Mancava Albus e qualcun altro, ma non se ne preoccupò subito, perché si alzò immediatamente dal letto (sotto le varie e inutili insistenze di Chips), e guardò in faccia ognuno di loro.

« James, tu sei uscito con milioni di ragazze di Serpeverde, e credo che te le sei portate anche a letto e stessa cosa vale anche per te, Fred. Per non parlare che voi due, cari fratellini, quando lavorate al negozio di vostro padre AIUTATE i Serpeverde manco fossero delle vecchiette che devono attraversare la strada. Dominique, non so se ti sta bene o no, ma in caso contrario ti posso rinfacciare la medesima cosa. Lorcan, Lysander – i due si misero sull’attenti appena lei li chiamò – grazie per non essermi stati contro. Hugo è mio fratello, credo che essere geloso o meno faccia parte della sua natura. E Lily, non so cosa ti sia preso ma questo – le gettò il bracciale (che aveva tenuto al polso fino ad adesso) – non puoi restituirmelo. E’ un regalo che ho fatto a te, se tu non lo vuoi più, puoi darlo in pasto alle sirene. Non ho la faccia da “Perdonatemi se non sono normale come voi”, mi sono sempre adattata da quando ho questo problema e tu non devi permetterti di dirmi cose così cattive, quando fin da piccola ti ho parato il tuo bel culo da qualsiasi guaio, prendendomene io la colpa, e lo sai bene. Non accetti che io esca con Scorpius? Non m’interessa, è un problema tuo, non mio. Fatemi stare bene con qualcuno per la prima volta dopo tanto tempo, senza che voi organizzate sette e maledite me o il ragazzo con cui esco, perché non ve lo permetterò, dovessi usare Stupeficium a destra e manca per farvi entrare nella vostra testa bacata che sì, Scorpius mi piace, e non so se durerà o no, ma il tempo che c’è nel mezzo lo trasformo in felicità. » Sputò fuori tutto quello che si era tenuta in tutto questo tempo. Adesso quella arrabbiata era lei, e lo era soprattutto con Lily. Le sue erano state parole pungenti, cattive e che non si addicevano per niente alla ragazza che, oltre ad essere sua cugina, era anche sua amica.

Guardò per un’ultima volta tutti in volto, e uscì da quella sala, ringraziando Madama Chips per essersi presa cura di lei. Era andata in infermeria perché, benché non fosse accaduto niente alle sue orecchie, l’infermiera della scuola le aveva chiesto espressamente di tornare da lei, qual volta fosse successo di nuovo. E aveva fatto così.
Camminò senza meta, sperando di incontrare Scorpius o Albus o qualcun altro che conosceva per poter urlare loro che sì, le era ritornato l’udito senza avvertimenti o altro. Girando l’angolo sbatté contro una persona, e stava per scusarsi ma quando alzò gli occhi, si rese conto che era la Serpeverde con la puzza sotto il naso.

« Vedi dove vai, sorda che non sei altro! » Disse lei, con cattiveria e guardandola in malo modo. Di tutta risposta Rose alzò un sopracciglio guardando lei e le sue amiche che credevano che con i loro sguardi riuscissero a incenerire la rossa.

« Cos’è, adesso vuoi tipo dirci qualcosa nella tua strana lingua da lurido babbano sordo? » Riprese, facendo sghignazzare come delle oche (quali erano) le sue amiche.

« Non serve, perché tanto nella tua o loro di lingua tu comunque non capiresti niente, visto e considerato che gli unici argomenti che usi sono smalto e ragazzi con cui far sesso. Vai a venderti, Caroline, io ho altro da fare che stare qui a risponderti. » Finì col dire Rose, sorridendo ironicamente, sventolando la mano in segno di saluto e superarle velocemente, continuando la sua ricerca, mentre alle sue spalle Caroline si infervorava con le sue leccapiedi perché non erano state in grado di rispondere la Weasley.

Non riuscì a trovare nessuno che conosceva, né in Sala Grande, né in Sala Comune dei Grifondoro (in cui Al passava molto tempo solo quando doveva sfilare alla rossa i compiti assegnati), né in nessun altro posto. Alla fine decise che li avrebbe trovati a cena probabilmente, così decise di fare una bella passeggiata lungo la riva del Lago Nero, per salutare la sua piovra preferita e godersi il suono della natura intorno a lei. Ormai non ci sperava più (di ritornare a sentire), eppure adesso le era ricapitato ed era contentissima, sperava con tutto il cuore che sarebbe durato per sempre. Si sedette sull’erba, all’ombra di un albero cresciuto proprio sulla riva del lago, e iniziò a rilassarsi lì.

« ROSE! ROOOOOOOOOOOOSE! ROOOOOOOOSELLIIIIIINE! » Quelle urla tanto familiari fecero destare la rossa dal suo torpore e si alzò immediatamente in piedi, solo che venne investita da un abbraccio di Al, che l’alzò da terrà e iniziò a volteggiare, tenendola stretta a sé.

« Al, mi fai girare la testa! Mettimi giù! »

« Neanche per sogno, Rose! Neanche per sogno! » Disse lui, con un tono che sprizzava felicità da tutti i pori.

« Ma così cadiamo nel lago! Mettimi giù! » Ribatté la Weasley, ma il cugino non ne voleva sapere di poggiarla a terra e lo fece solo nel momento in cui lui iniziò a sentire lo stomaco rivoltato e dovette piegarsi in due sul Lago Nero (con Rose che gli carezzava la schiena) per fargli passare i giramenti di testa.

« Che ti ho detto? Non mi stai mai ad ascoltare, Al. » Disse la cugina, sorridendo teneramente.

Alla fine Albus riuscì a riprendersi ed entrambi si misero sotto l’ombra dell’albero dov’era Rose poco prima e iniziarono a parlare, fin quando la rossa chiese di Scorpius, poiché le sembrava strano che non fosse con lui (se non stavano assieme, poteva pensare benissimo che i due erano gay e che stavano assieme).

« E’ dovuto tornare urgentemente a casa, il nonno non so che ha avuto e la McGranitt ha deciso di mandarlo a casa per un paio di giorni, giusto per farlo stare vicino al parente. Anche se, comunque, Scorpius non voleva perché sai che i rapporti con Lucius Malfoy non sono molto solidi, soprattutto quando inizia a blaterare sul sangue puro e tutte le stronzate che continua a sostenere, come se non si fosse fatto dieci anni ad Azkaban perché era un sostenitore accanito di Voldemort. BLEAH. » Concluse Albus, cacciando la lingua fuori e strizzando gli occhi.

In effetti, pensò Rose, farsi dieci anni in un posto come quello solo per sostenere un tizio che, oltre a non avere il naso e i capelli, non aveva neanche l’anima, è stato parecchio sciocco da parte di Lucius Malfoy, ma sappiamo benissimo che anche Draco aveva scontato la sua pena senza battere ciglio, eppure il padre di quest’ultimo continuava a sostenere i suoi ideali.

Cosa ci prova di bello, ancora non l’ho capito. Ma d'altronde, chi capisce gli adulti è bravo.
 

Scorpius sarebbe tornato tra qualche giorno e Rose aveva deciso di fargli una sorpresa, visto e siccome Al stava già per mandargli un gufo tutto contento, ma era riuscita a placcarlo in tempo ed evitare che la sorpresa non diventasse più tale.
Alla cena di quella sera incrociò parecchi sguardi che appartenevano ai suoi cugini di Grifondoro, ma li evitò tutti, sedendosi più in là con Dominique che la seguì.

« Sono parecchio dispiaciuti, Rose. Vorrebbero far pace con te. » Iniziò lei, mangiando un po’ della sua cena.

« Non m’interessa, Dominique. Devono provare quello che ho provato io per giorni interi quando mi davano addirittura le spalle non appena io mi sedevo a questo tavolo. Non ho detto che ce l’avrò con loro per sempre, ma almeno per un paio di giorni, se permetti, mi comporterò alla loro maniera, se è così che capiscono le cose. » Finì col dire la rossa, anche se comunque la cugina non ne era poi tanto sicura, ma lasciò correre quell’argomento per chiederle che fine aveva fatto il suo ragazzo e raccontargli invece la sua vita sentimentale e, purtroppo, anche quella sessuale. La Weasley minore non ne andava fiera, ma lei era l’unica che al momento la sosteneva, assieme ai gemelli Scamandro e a suo fratello, doveva pur frequentare loro per vendicarsi per bene.
 
Quando poi la Weasley tornò in camera, vi ci trovò una sorpresa che non sapeva classificare se bella o brutta: Lily seduta sul suo letto che (probabilmente e ovviamente) la stava aspettando per Cruciarla o sperimentare l’Avada Kedavra su di lei.

« Io e te dobbiamo parlare. Senza interruzioni o parenti che rompono. Da sole. E chiariamo una volta per tutte. »






NdA: Sì, lo so... sono in ritardo di quanto? Oddio... cinque mesi più o meno... perdonatemi (o almeno voi che avete la mia storia tra i seguiti, perdonatemi). Lo so che ho un enorme ritardo ma questa volta mi giustifico con l'università che mi sta succhiando via l'anima e la vita (auguratemi in bocca l lupo per gli esami che sto sostenendo, condottieri ùù). Beh, non ho molto da dirvi al momento, solo che mi scuso non solo per il ritardo ma anche per il fatto che questa, rispetto alle altre, è parecchio piccola ma l'ho fatto di proposito, non volevo allungare ulteriormente il tempo per postarlo, così ho accorciato e ho improvvisato (anche perchè ieri ad un certo punto non riuscivo più a scrivere per mancanza di ispirazione e poche idee). Spero che un po' vi piaccia, mi scuso ancora... mi vergogno ad averlo postato D:
Ringrazio tutti quelli che seguono e visitano e recensiscono i miei capitoli, perdendo due minuti del loro tempo. Grazie ancora.

-M

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Capitolo 16
*** Legami ***


Legami

Lily e Rose erano chiuse in stanza da ormai un’ora e mezza. Le compagne dell’ultima avevano bussato insistentemente (poco prima), urlando che serviva loro un cambio di vestiario perché avevano un’uscita a otto e non volevano di certo perdersela perché lei doveva stare chiusa in stanza con qualcuno: avevano insistito così tante volte che Rose aveva deciso di aprire, per paura che l’avrebbero sfondata a colpi di bacchetta e di spallate (non sai mai di cosa è capace una ragazza se deve cambiarsi per uscire con un ragazzo). Dopo quell’interruzione, avevano messo un cartello enorme con scritto “Non disturbare” ed erano rimaste lì. Un’ora e mezza. Novanta minuti. Cinquemilaquattrocento secondi a non fare nulla, a stare sedute ad una distanza accettabile da entrambe. Mai guardate in faccia. Nessuna delle due mai accennato ad una parola.
Okay… e quindi ora che si fa? Non possiamo stare qui per tutto il tempo. Quelle streghe delle mie coinquiline torneranno e questa volta sfonderanno la porta, cruciandoci entrambe. A quanto pare devo essere la prima ad iniziare, vero?
Mentre lei cercava le parole adatte per iniziare il discorso che contenesse il concetto di “Dimmi quello che vuoi, ma non iniziamo a litigare perché altrimenti finiremo con le bacchette in mano”, Lily sembrò leggerle nel pensiero, perché iniziò a parlare per prima.
« Allora, non penso ci sia bisogno dei giri di parole, e se le tue coinquiline tornano e mi trovano ancora qui, non sono certa che mi tratterrei dall’usare su di loro uno Stupeficium. » Disse lei, irritata, mentre incrociava le braccia sotto il seno e cercava (con scarsa riuscita) di alzare lo sguardo e guardarmi, ma Rose sapeva benissimo che non la guardava per imbarazzo.
« Okay: non mi va di chiederti scusa, perché io non credo mi debba scusare di qualcosa. » Stronzetta, la ragazza. Pensò la rossa, guardandola mentre alzava un sopracciglio. « Ma forse ho esagerato ad esporti i miei punti. Non mi va che tu stia con Scorpius, e lo so che tu vuoi dire la tua, ma aspetta che prima mi spieghi io: non mi va perché… a me piace. Mi piace davvero tanto. Ho provato a mandargli segnali su segnali ma lui non mi ha mai degnata di uno sguardo. E per sguardo intendo quel sguardo che i ragazzi interessati riservano alle ragazze. Per questo mi sono arrabbiata. E ti chiedo scusa per il mio comportamento, ma solo per come ti ho esposto la mia idea sulla vostra relazione. » Fece una pausa, prendendo un respiro profondo, e alzò lo sguardo per inchiodare i suoi occhi a quelli della cugina. « Sono molto gelosa, e la vostra relazione non l’approvo. Mi dispiace. » Disse infine.
Per un momento quasi interminabile, Rose continuò a guardarla negli occhi, sperando che stesse scherzando e scoppiasse a ridere da un momento all’altro, ma non arrivò mai e così convenne che parlare sarebbe stata la scelta migliore.
« Oh, quindi non stai scherzando. Bene. Sai che sei… una stronza? Dico davvero. » Disse Rose, accavallando una gamba e poggiando le mani sul letto, dietro la sua schiena. « Sei una stronza egoista. Cioè, fammi capire bene: tu sei cotta marcia di Scorpius e convieni sputarmi addosso così tanto veleno che a confronto faresti arrossire un Basilisco, e mi vieni a dire che ti scusi, ma solo per il tuo atteggiamento? Chiariamo una cosa Lily: io ti voglio bene, sei mia cugina, sei mia amica, e ti adoro, ma sei una quindicenne che non fa altro che uscire con i ragazzi e che poi si altera perché Scorpius non ti ha filato di striscio. Guardati allo specchio e fatti due domande. Sei una viziata. Ecco tutto, e non arrabbiarti adesso per quello che sto dicendo, perché ehi!, io te lo sto dicendo nel migliore dei modi, e mi scuso SOLO se il mio modo non ti è piaciuto. » Finì col dire a sua cugina che, per tutto il tempo, cambiò molto velocemente le espressioni sul suo viso. Sì, sua cugina l’aveva chiamata “stronza egoista”, e ancora non riusciva a capacitarsi di come, da quando aveva riacquistato la parola, potesse dire certe cose.
« Spero che tu stia scherzando, Rose. Come puoi anche solo chiam… »
« Ti chiamo così perché tu lo sei, Lily! Come puoi non accorgerti che oltre ad essere incredibilmente stronza, sei anche incredibilmente egoista? Cioè è come dire “sono a dieta, e non mi va che tu mangi il cioccolato, perché anche se l’hai comprato tu è mio di diritto”. Che discorsi mi vieni a fare? Ovvio che non posso starci su a pensare per qualche minuto e darti ragione, per Morgana! » Rose mandò in aria le braccia, guardandola come se fosse un’estranea.
Di tutta risposta Lily assunse un’aria accigliata, non capendo ancora perché la cugina stesse reagendo in quel modo, così la rossa sbuffò, si passò una mano tra i capelli e si alzò, prendendo qualcosa dal suo armadio e iniziando a spogliarsi per cambiarsi i vestiti che le puzzavano di infermeria e medicine.
« Okay, allora mi spiego meglio Lily, poiché non riesci a capirmi in alcun modo: a me non interessa se a te Scorpius piace e non approvi la nostra relazione. Se tu piacevi anche solo un po’ a lui, quasi sicuramente ti avrebbe chiesto di uscire e no, James e Al non gli hanno impedito nulla, solo non gli piaci. Accettalo. Non tutti possono essere attratti da te e volere te. Quindi, che a te sta bene o no, io e Scorpius continueremo questa nostra relazione, e se nel caso ci lasceremo sarà solo per qualche litigio pesante o altro, ma di certo non ci lasceremo perché lui è stato improvvisamente colpito da una freccia di Cupido. » Disse, alla fine, mentre faceva uscire i capelli dalla maglietta, e si voltava a guardarla. La cugina, che aveva gli occhi della madre, assunse un’aria arrabbiata, si alzò e aprì la porta con la bacchetta, per poi sbatterla così forte che Rose giurò di aver sentito i muri tremare.
Le passerà, quando avrà capito delle cretinaggini che mi ha detto, le passerà. Deve solo sbollire e capire da sola.
Cercò di rassicurare se stessa, mentre si guardava allo specchio e cercava di pettinare la sua folta chioma, ma arrendendosi subito.

Dopo quel discorso con Lily, Rose – nei giorni seguenti – si sentì osservata dalla cugina più di quanto non lo era mai stato nel suo stato di sordità: a dire il vero, Lily le lanciava più sguardi minacciosi che altro, probabilmente ancora irritata per il discorso di due giorni prima. Sta di fatto che passò il resto di quei giorni con Al e i suoi compagni di squadra… non ci aveva mai parlato per davvero, ma il più simpatico era Stephen che… beh… « Okay, Rose, adesso facciamo un gioco: scrivo su dei pezzi di pergamena dei nomi di alcune ragazze davvero carine, e tu li estrai. » A primo impatto le era piaciuto quel gioco, pensava che Stephen fosse davvero un bravo ragazzo, che voleva solo trovare la sua anima gemella, ma… « Guendalin Hook. Lei sì che è davvero carina! Okay, allora stasera la porto a letto e domani te lo racconterò! Sei la mia fortuna, Rose. Accettami come amico, ti prego! » Le offrì una fetta di pane manco fosse una rosa e, tutto contento, iniziò a fischiettare mentre leggeva il nome di quella ragazza. Bravo, davvero molto caro come ragazzo, ma il suo pene era troppo attivo per i gusti della ragazza. Kyle e Hurt erano gemelli, anche loro al settimo anno, ma non erano per niente in sintonia come Lorcan e Lysander oppure i suoi zii Fred e George, ai loro tempi. Poi c’era Christopher che era invece un anno più piccolo di lei. Era abbastanza silenzioso e a tratti simpatico. Un tipico Serpeverde. E poi Stephen… beh, lui era tutto tranne che amorevole e gentile. Lo era, ma solo se il suo interlocutore era una ragazza con seno e sedere ben piazzato. « Se non fosse che sei cugina di Al e fidanzata di Scorpius, ti avrei già chiesto di uscire. E chissà, magari avrei anche deciso di impegnarmi seriamente. – Le fece l’occhiolino mentre lo diceva – Magari, se proprio con Scorp non va, tienimi presente. » Gli arrivò addosso una mollica di pane lanciata da Albus, con tanto di sguardo inceneritore.
La rossa, alla fine, aveva abbandonato (con felicità) la loro compagnia perché Steph iniziava davvero ad andare troppo nei particolari e se non voleva perdere la sua verginità solo ascoltando i suoi discorsi, doveva stargli lontana almeno cinquanta metri: solo che sembrava un’anima in pena. Non sapeva dove andare e non sapeva cosa fare: aveva finito a tempo debito i centimetri per Pozioni, Difesa e Erbologia, e non aveva molto su cui studiare e di ripetere non le andava molto. Aveva cercato Tristine, ma quando l’aveva trovata dovette allontanarsi velocemente perché non voleva distrarla dal sbaciucchiare Maximillian. Alla fine optò di nuovo per una passeggiata malinconica sulla riva del Lago Nero, in compagnia della Piovra Gigante.
Forse passarono solo minuti, o ore, ma quando stava pensando che sì, si meritava un sonnellino pomeridiano, e si era appena voltata per ritornare al castello, vide una testa bionda venire verso di lei, con il sorriso che le toglieva sempre il fiato. Scorpius era ritornato e ora l’aveva raggiunta e l’aveva abbracciata e sollevata, lasciandole dei piccoli baci sulle labbra.
« Finalmente! Ti ho cercato in tutto il castello e non riuscivo a trovarti! » Disse, mentre le dava l’ennesimo bacio. Rose ridacchiò e, dopo che era riuscita a farsi mettere giù, decise di dargli la sorpresa.
« Io invece mi sono divertita a sentire le avventure sessuali di Stephen. » Sperava in una sua reazione, ma questa non arrivò.
« Stephen ne ha sempre una nuo… aspetta… mi senti? » Sgranò gli occhi, allontanandosi un po’ da lei per guardarla meglio. Rose sorrise e fece di sì con la testa. « Oh Merlino! Quando è successo? Perché non mi hai mandato un gufo? E perché Al non mi ha avvertito? E come?? » Cercò di calmarlo, ma non ci riuscì, così gli prese il viso e lo baciò, in modo da tranquillizzarlo e farlo zittire.
« Mi è ritornato l’udito. E’ accaduto un paio di giorni fa e, a tal proposito: che è successo? Perché sei tornato a casa? »
Si sedettero sotto un albero e Scorpius iniziò a raccontarle che il nonno non era stato molto bene, problemi cardiaci o qualcosa del genere, e i genitori lo avevano chiamato giusto per educazione nei confronti di Lucius, che era comunque suo parente.
« Prima di andarmene ho detto a mio padre che se non era lui, o la mamma o qualcun altro di importante, tipo i nostri elfi domestici, non doveva farmi ritornare a casa. » Disse tranquillamente, mentre guardava e accarezzava la gamba di Rose, che era poggiata sulle sue.
« Andiamo Scorp. E’ tuo nonno. Non puoi essere così… strafottente. » Disse guardandolo, mentre con le mani tratteneva l’altra gamba, piegata verso l’interno.
« Un ex Mangiamorte che continua ad insultare i babbani e i mezzosangue? Oh, no, credimi. La mia famiglia ha sguazzato fin dall’inizio nei marchingegni di Voldemort o di chi lo precedeva, non voglio di certo rovinare la mia buon’istruzione e il mio buonsenso stando a contatto con una persona che continua a sostenere il sangue puro. »
Rose ritenne opportuno non continuare il discorso, si stava infervorando e non voleva farlo arrabbiare più del dovuto, così decise di cambiare discorso.
« Posso farti una domanda? Giusto per curiosità, sai. » Forse non doveva iniziare proprio quel discorso. Quando Scorpius la guardò e annuì, si fece coraggio e lo fissò negli occhi con la migliore imitazione in viso da “non sono nervosa” che poteva avere.
« Cosa ne pensi di mia cugina Lily? »
« Oh, beh, è una brava ragazza. Forse fin troppo aperta, e Al e James che fanno finta di non accorgersi, ma brava alla fine. » Rispose lui, guardandola un po’ stupito da quella domanda. « Perché? »
« Niente. Sai, potrei averla chiamata accidentalmente “stronza egoista”, un paio di giorni fa. » Disse, con il viso rilassato di una bambina che aveva fatto qualcosa di grave ma che non le importava.
« Perché? » Chiese di nuovo, quasi monotonamente.
« Perché… non approva… la nostra relazione. Ha una cotta per te, e dice che lei non approva perché non è riuscita del tutto a sbatterti in faccia la sua vagina. » Quelle non erano proprio le sue parole, ma comunque Rose gli aveva sintetizzato il tutto. Il biondo, d’altro canto, inarcò le sopracciglia guardandola con aria stupita.
« Sapevo che aveva una cotta per me, ma ho declinato l’offerta come un gentiluomo. Anche perché Al e James mi avrebbero scuoiato vivo assieme se avessi toccato la loro sorellina. Già per dire ad Albus che avevo una cotta per te, abbiamo litigato per quasi quarant’otto ore senza sosta. » Disse lui, scrollando le spalle.
« Quindi non ci hai provato per l’ostacolo di James e Al? » Chiese Rose, quasi irritata e guardandolo molto intensamente, ma ancora con quel sguardo da bambina.
« No, non ci ho provato perché non è la rossa che preferisco. » Sorrise. « Adesso ci vuole un bacio, perché me lo merito. » Disse mentre si inclinava verso di lei per riceverlo, ma Rose indietreggiò un po’ con la testa, accennando ad un sorriso.
« No, seriamente Scorpius. Promettimi che semmai ci lasceremo non sarà perché t’innamorerai di lei improvvisamente. Non devi farlo. Neanche sotto amortentia. » Lo guardò negli occhi come se avesse detto la verità sulla vita.
« Ehm… okay… te… lo… prometto…? » Rispose, non proprio convinto.
« Scorp, davvero. Ho detto a Lily che se ci lasceremo sarà per altri motivi e non perché tu improvvisamente proverai una strana attrazione fisica e mentale nei suoi confronti. » Scorpius continuava a non capire perché continuava a dire quelle cose. « O magari, se davvero inizierai a provarle o te le fai passare oppure non glielo andrai a dire. Non posso perdere la faccia con lei, dopo che mi ha detto tutte quelle cose. » Finì col dire, guardando la sua gamba piegata e aggiustandola di nuovo.
« Okay, stoppati Rose: perché mai dovremmo lasciarci? E perché Lily dovrebbe piacermi? E da quando sei diventata così loquace? » No, davvero, cosa mi sono perso in due giorni?
« Da sempre, solo che non lo mostravo. E la mia è solo una probabile visione di un futuro non prossimo, magari di un’altra vita. Lily mi ha sfidato, e non doveva dirmi quelle cose per poi rettificare che non le dispiaceva affatto di quello che pensava della nostra relazione, e non mi è piaciuto. E’ stata viziata perché zia Ginny voleva tanto una femminuccia e così quando lei è nata le ha dato parecchie attenzioni. » Cercò di giustificare il suo comportamento, continuando a fare la finta bambina solo perché sperava che Scorpius non pensasse che stava con qualcuno di estremamente pazzo. Forse un po’ lo sono.
« Mi hai messo ansia, Rose. Adesso ogni giorno lo vivrò con la paura che scoppieremo in un litigio per tua cugina o per il porridge che non ti ho lasciato. » Rispose, sconcertato dalle parole della rossa.
« Scusa… bacio? » Sorrise guardandolo. Lui scrollò le spalle e si sporse in avanti per darle un bacio a stampo.
« Te lo prometto, comunque, se ti può far stare più tranquilla. » Sorrise, soffiandogli sulle labbra.
« Grazie. » Sussurrò. Poi sospirò, si sgranchì le braccia allungandole davanti a lei e riprese a parlare. « Allooooora… hai detto qualcosa di noi ai tuoi genitori? » Dì di no, dì di no, dì di no.
« No. » Rose si sentì sollevare così tanto che per un attimo le parve di toccare il cielo con un dito. « Non mi è sembrato opportuno data la situazione, e in più ora che mia madre e tua madre hanno legato abbastanza da parlare di noi in qualsiasi conversazione gli capiti, non sapevo cosa tu ne pensassi, così ho evitato. » La rossa fece un gesto di assenso con la testa e iniziò a guardarsi attorno, senza cercare qualcosa di preciso. « Allora? » Chiese Scorpius, come se fosse ovvio che lei doveva dire qualcosa.
« Allora cosa? »
« Allora quando glielo diciamo. »
Sospirò. « Penso di dirglielo non appena la scuola finisce. Anche se sarà difficile e probabilmente io e te dovremmo inscenare una specie di rottura davanti a mio padre, così da fargli vedere che sono depressa senza di te e quindi convincerlo che stare con te non è poi tanto male. » Finì col dire annuendo un po’ soddisfatta per il suo piano che, pensandoci, era perfetto.
Scorpius sorrise, non capendo che Rose era seria. « Perché dovremmo mettere su questa messinscena? Io piaccio a tuo padre. » Disse affermando e con una smorfia da “che stai dicendo? Cos’hai bevuto?”
« Sì… beh… non gli piacerai più, dopo che lo verrà a sapere. Prima di tutto perché sei figlio di Draco Malfoy, quello che per sei - sette anni l’ha ricoperto di insulti ogni ora e ogni minuto della sua vita passata qui a Hogwarts, e due perché io sono la sua primogenita, femmina, e quindi sarà probabilmente geloso e protettivo nei miei confronti. O mettiamo in atto quel piano o passiamo a quello B che consiste in un Imperio. A te la scelta. » Fece una smorfia come per dire “purtroppo così è la vita” mentre continuava a guardarlo.
« Almeno spero che tu sia femmina per davvero. Ne sarà valsa la pena. » Annuì a sé stesso.
« Come siamo spiritosi, oggi. »
« Disse quella che continua ad essere sarcastica. »
« Lo sono sempre stata, solo che se mi stuzzichi divento un tantino isterica. » Assottigliò lo sguardo per guardarlo.
« Ce ne siamo accorti tutti. » Sentenziò Scorpius. La rossa, alla fine, lo guardò un po’ arrabbiata, ma non poté esserlo per molto tempo perché lui si avvicinò di nuovo, e la baciò. Un bacio più lungo. Un bacio che, quando si staccò, ritornò immediatamente, trasformandosi in qualcosa più intenso. Quando lui le prese il viso, introdusse la lingua nella bocca di lei, e iniziarono ad intrecciarle. E poi…
« Guarda un po’ cosa stanno facendo i piccioncini, qui. » Rose si staccò, facendo un mezzo sorriso e guardando altrove mentre si passava un dito sulle labbra per asciugarsi un po’ di saliva, mentre Scorpius sospirò abbassando di colpo la testa. Stephen sorrise ironicamente, guardandoli. « Guardate che se volete restare un po’ da soli avete delle stanze in cui poter stare tranquilli. Io non ho fatto nulla, stavo solo passeggiando e casualmente mi sono imbattuto in voi due. » Annuì.
« Non sono riuscito a fermarlo. » Al li aveva raggiunti, con il fiatone.
« Andiamo Al, a loro serve un po’ di privacy per scambiarsi la saliva. » Disse, mentre faceva un cenno al cugino di Rose. Poi venne immediatamente avvolto da un braccio di Maximillian mentre scuoteva la testa e camminava per allontanarlo. « Rose, la mia offerta è sempre valida! » Urlò, mentre veniva trascinato dai due ragazzi.
Scorpius la guardò un po’ accigliato. « Che proposta? »
Rose si aggiustò il codino laterale che si era fatta e fece spallucce. « Nulla. Si era offerto come futuro ragazzo nel caso con te non andasse a buon fine. »
« E perché mai dovresti metterti con lui? » Chiese irritato.
« Boh. Dice che se io non starei con te, ci farebbe un pensierino per una cosa seria con me. » Scrollò le spalle, aggiustandosi i capelli sulla spalla.
« Dopo ci faccio due chiacchiere, allora. » Disse infastidito, iniziando a guardarla anche male. « E tu non gli hai detto nulla? Cioè… stiamo insieme o tipo siamo una coppia aperta? »
Rose prima lo guardò negli occhi, e poi iniziò a ridere. « Scorpius guarda che stava scherzando. Lo faceva soprattutto per far arrabbiare Al. Davvero credi che lascerei te per mettermi uno che chiama il suo pene “il grande Stephen”? » Chiese senza crederci.
« Beh… in effetti… »
« Sai che sei proprio carino con un po’ di barba? » Disse mentre lo guardava, sorridendo.
« Dici? – sorrise, passandosi una mano sul viso – Allora me la farò crescere ancora di più. » Affermò.
« No, ti prego, non arrivare ai livelli di Hagrid o di Silente. Se la tieni così però va più che bene. »
« Lo so, così sono davvero uno schianto. »
« Come siamo modesti, signor Malfoy. »
« Hai qualcosa da ridire, Weasley? »
« Ne avrei un paio, ma ho paura di essere troppo volgare per il tuo sangue puro. » Annuì convinta, chiudendo gli occhi. Di tutta risposta il biondo si avvicinò a lei e la baciò di nuovo.

« Quando torniamo a casa, diremo a mamma se possiamo venire a dormire a casa tua, Hugo. »
« Così andremo a vedere anche la partita delle Holyhead Harpies. »
« Quest’anno vinceranno loro il campionato. »
« La smettete di dire le frasi a metà tutti e due? Mi state facendo venire il torcicollo! » Hugo si massaggiò il collo guardando in cagnesco i gemelli Scamandro.
« A me fanno venire in mente gli zii, ad essere sincera. Non è che hanno un po’ di sangue Weasley nelle vene? » Affermò Rose, ridendo divertita.
« Oh, andiamo. » Iniziò Lorcan.
« Che abbiamo fatto di male? » Finì Lysander.
Hugo li guardò male e scosse la testa. « Io mi prendo una pausa. » Deviò e attraversò il cortile, borbottando.
« Graaaazie. » Il sorriso a mille denti di Lysander illuminò il fratello così tanto da accecarlo.
« Sta zitto. » Disse, allungando cinque galeoni sulla mano del gemello che sventolava davanti al suo naso.
« Quand’è che la smetterete con queste scommesse? Solo perché zia Luna vi ha raccontato di Fred e George non dovete proprio imitarli. » Disse Rose divertita mentre scuoteva la testa.
« E chi li imita. » Convenne uno.
« Noi siamo i loro eredi. » Disse l’altro.
Rose annuì, e li salutò con la mano, mentre imboccava le scale per andare a lezione di Erbologia con i Tassorosso. Aveva preso appuntamento con Tristine e dopo avrebbero passato un bel pomeriggio da ragazze. Era da tempo che non stavano assieme, e da quando lei si era messa con Maximillian, e la rossa con Scorpius, erano poche le volte che avevano per parlare da sole, tranne che a Erbologia.
La notò tra la folla e si affrettò a scendere le scale per raggiungerla.
« Dov’erano nascosti tutti questi studenti? Mai vista Hogwarts così affollata. » La salutò Tristine, mentre entrambe si incamminarono verso la serra di Erbologia.
« Non lo so, ma con il periodo di esami escono fuori come topi per non rischiare. » Scrollò le spalle, mentre veniva spalleggiata da un paio di studenti. « Stavamo meglio senza di loro. » Si massaggiò un braccio mentre guardava male alcune spalle di studenti che l’avevano investita.
« Andiamo, scaraventiamoli via e raggiungiamo la lezione. » Tristine la prese sotto braccio e iniziò a trascinarla, spalleggiando come una Serpeverde chiunque le capitasse di fianco. Alla fine uscirono dal castello e si diressero in fretta alle serre.
« Dopo cosa facciamo? » Chiese Rose, mentre lottava contro i tentacoli di una pianta carnivora che voleva prenderla. « Sempre se ne usciamo vive… »
« Beh… non abbiamo così tanti posti, a Hogsmeade non possiamo andare… riva del Lago Nero? » Chiese lei, distraendosi un attimo, ma saltando indietro per colpa di quella pianta che stava per addentarle un braccio.
« Andata. Tanto ormai passo più tempo lì che in qualunque altro posto. » Fece spallucce, prendendo la bacchetta e immobilizzando la bestia. Perché non ci ho pensato prima? Evitavo fiatone e salti mortali. « Hai avvertito Maximillian di non disturbarci, vero? » Scrisse un paio di cose sul suo blocco per gli appunti.
« Non gli ho detto praticamente nulla, ma se non mi vede capirà. »
« Se non ti vede in giro ti verrà a cercare. »
« No, non lo farà. Tu piuttosto tieni lontano i tuoi cugini o quel biondo di Serpeverde che continua ad abbracciarti in presenza di Scorpius. Sono certa che prima o poi scoppia una rissa per te, rossa. » Eseguì lo stesso incantesimo di Rose e sospirò, asciugandosi con una manica il sudore dalla fronte.
« Stephen scherza con me, non è uno di quelli che rubano le ragazze degli amici. Ha il pene sempre pronto, ma quando si tratta di queste cose è sempre serio. Lo fa solo per far ingelosire Scorpius o Al. » Fece spallucce, abbassandosi a guardare un tentacolo della pianta.
« Appunto. Ripeto ciò che ho detto poco fa. »
La rossa scosse la testa e continuò ad analizzare la sua pianta fino alla fine della lezione, dopodiché si levarono il mantello che usavano per le lezioni e si diressero sulle rive del Lago, gettando più in là le loro borse.

« Quindi tra te e Scorpius non è successo niente di serio ancora? » Chiese Tristine, mentre guardava avanti a lei.
« Di serio nel senso…? » Si accigliò Rose, guardando anche lei davanti a sé e con la fronte appoggiata a quella di Tristine, mentre erano stese sul prato umido. Il cielo, in poche ore, era stato coperto da delle numerose nuvole bianche che presagivano pioggia e forse qualche fulmine. Il sole illuminava solo una parte di quelle nuvole, facendole sembrare diverse… quasi iridescenti.
« Nel senso di… sesso. »
« Oddio, no, Tristine! » Urlò quasi, sconcertata da quella domanda.
Tristine rise, chiudendo gli occhi. « Guarda che è una cosa normale eh. »
« Perché tu e Maximillian avete… »
« Oh, no… non ancora almeno. Anche se sono un paio di settimane che concludiamo la serata in modo strano. » Concluse. Rose riusciva a sentire il suo respiro che soffiava sul suo viso.
« Cioè? »
« Cioè che… è come se la serata dovesse finire in quel modo, ma c’è qualcosa che la blocca… o meglio che blocca me. Non dico che non sono pronta, ma essendo vergine ho un po’ di paura. D’altro canto Max si è passato mezza popolazione femminile della scuola, e ciò mi fa sentire ancora più in ansia. » Concluse, sospirando.
« Perché ansiosa? » Chiese Rose, senza capire la sua preoccupazione.
« Non ci arrivi? Io sono inesperta, con me sarebbero parecchi buchi nell’acqua un paio di volte. »
« Beh… ma… non dovrebbe capirlo e accettarlo? Ne avete mai parlato? »
« Vagamente. Mi imbarazza parlare con lui di sesso, figuriamoci se devo parlare di lui di sesso tra di noi. » Disse, quasi con voce isterica e disperata.
« Beh, ho un paio di nomi da suggerirti se proprio ne vuoi parlare con qualcuno. » Rise Rose, scossa da brividi. « Magari ti aprono davanti un mondo buono. » Continuò a ridere.
« Andiamo Rose, smettila. – arrossì Tristine – Queste sono cose serie. A te non vengono in mente queste cose? Non senti le farfalle nello stomaco quando i baci durano di più. » Oh, sì che Rose le sentiva quelle sensazioni, ma cercava di ignorarle. E’ vero che non era esperta sull’argomento, ma doveva ammettere a sé stessa che ora che Tristine ne stava parlando, iniziava ad essere un po’ in ansia.
« Merlino Tristine! Mi metti ansia così. Io e Scorpius non ne abbiamo mai parlato, è vero, ma… tu e Maximillian state insieme da più tempo, perché dovrei essere io la prima che perde la sua verginità? » Sbuffò esasperata.
« Perché così mi dirai cosa si prova e farò la lista dei pro e dei contro per il sesso con Max. » Rise lei, questa volta.
« Che ti avevo detto, Max? Mi devi cinque galeoni. » Disse Scorpius, mettendosi le mani nelle tasche e guardando il suo amico.
« Perché devi dargli cinque galeoni, Max? » Chiese Tristine, guardandolo dal basso. Entrambi erano sottosopra perché loro in piedi e le ragazze ancora stese sull’erba.
« Perché avevo detto a Scorpius che no, era impossibile che la mia ragazza si mettesse stesa sull’erba con la sua amica, senza avvertire il suo fidanzato. Ho continuato a dirgli che non era il tuo comportamento, che mi avresti avvertito per non farmi preoccupare. Mi sa che mi devi cinque galeoni, Tristine. » Spiegò, mettendo anche lui le mani nelle tasche.
« E io gli ho detto che, se la sua ultima lezione era stata con i Grifondoro, sicuramente c’era lo zampino della mia, di ragazza. E ho vinto cinque galeoni. » Sorrise Scorpius, guardando la rossa che non lo degnava neanche di uno sguardo.
« Se stiamo sole qui, non vi passa per la mente che probabilmente vorremmo stare da sole e parlare di cose da ragazze? » Disse Rose, non muovendosi neanche di un millimetro.
« Cose da ragazze del tipo? » Chiese Maximillian sedendosi accanto a Tristine.
« I dolori del ciclo mestruale. » Iniziò Tristine, alzandosi.
« Dei compiti di scuola. » Continuò Rose, prendendo la borsa.
« E del fatto che probabilmente dovremmo ritornare single. » Finì Tristine, iniziando a correre assieme a Rose, mentre entrambe ridevano a crepa pelle, lasciando sbigottiti i due ragazzi.
« COSA? » Urlarono all’unisono Max e Scorpius, guardandole mentre correvano via verso il castello.

Ancora un paio di giorni e sarebbero iniziato gli esami. In quelle settimane Rose era stata sul punto di un esaurimento nervoso per il troppo studio, così tanto che aveva visto poco Scorpius o chiunque altro della sua famiglia, ma era anche vero che c’erano stati degli strani episodi lì a scuola: ad esempio c’erano stati molti malati (e James e Fred giuravano di non aver dato nulla dei Tiri Vispi a nessun studente perché a detta loro ne valeva della loro media), sta di fatto che erano un po’ di giorni che si respirava un’aria un po’ pesante, Madama Chips che bisbigliava preoccupata con la McGranitt, e il corpo insegnanti che continuavano a fare domande agli studenti per sapere se c’erano stati degli episodi o scontri tra case.
« Questa è una cosa seria. » Disse Dominique, guardando tutti negli occhi.
« Ma non così tanto da non essere riportata sulla Gazzetta del profeta, a quanto pare. » Rispose Louis mentre era seduto comodamente nella sala comune dei Grifondoro.
« La Gazzetta del profeta se messa sotto pressione dal Ministero nasconde tutto. Non scordiamoci i suoi precedenti. » Disse con aria e tono saccente Molly Jr. In effetti Rose le dava ragione: non c’era molto da fidarsi della Gazzetta. D’altro canto il suo rivale da parecchi anni è Il Cavillo, ma neanche quello riportava niente, quindi forse non stava accadendo nulla di oscuro.
« Sarà solo un’influenza che sta contagiando tutti. » Fece spallucce Roxanne mentre squadrava il nuovo prodotto marcato Weasley nelle sue mani.
Probabilmente è proprio così, non c’è nulla di cui preoccuparsi.
« Tanto lo sapete. »
« Se c’è qualche nuova notizia. »
« Il Cavillo lo scriverà. »
« E avremo la notizia prima di tutti perché lo sapremo da mamma. » Tranquillizzarono Lorcan e Lysander, ormai assidui frequentatori della nostra sala.
Non è nulla.





NdA: OHOHOH! Eccomi tornata con un nuovo capitolo! (Quasi dieci pagine di word intere, non me lo sarei mai aspettato). Okay, premetto che sto tipo rivedendo un po' la trama, perchè è vero che tratta principalmente di Rose e di quanto ami Scorpius, comunque volevo mettere nel mezzo un po' di azione, anche se tipo sono quindici capitoli di problemi esistenziali di Rose, e sul suo rapporto con Scorpius. Ringrazio tutti voi, ma vorrei anche un vostro parere, perchè ho avuto quest'idea perchè mi sono messa a pensare se a voi annoiava come storia o meno. Quindi, in primis, per chi recensirà, vorrei che mi dicesse chiaro e tondo se a questa storia serve un po' di movimento. Detto questo... è da luglio che non aggiornavo, vè? Beh, come sempre gli impegni della mia vita quasi sociale mi opprimono, così quando ho avuto un'ispirazione, mi sono gettata a capofitto a scrivere e dopo una settimana (più o meno) sono qui a pubblicare questo nuovo capitolo. A me piace parecchio, si vede un nuovo lato di Rose (manco fosse una psicopatica con problemi di personalità sdoppiata). Quindi, nulla. Spero commentiate in tanti (lo scorso capitolo solo due anime hanno recensito), spero solo che iniziate a farvi vivi in molti. Infine voglio ringraziare le cinquantacinque anime in pena che hanno messo questa storia tra le preferite, e vi chiedo di leggere la raccolta di One Shots che pubblicai mesi fa (l'ultima OS non è stata recensita neanche a pagare un'utente). Ma, detto questo, se non volete amen, vi ringrazio uguale perchè la leggete. Basta, la smetto, stasera sono loquace.
-M
P.S.: sto provando una nuova grafica sull'impostare i capitoli, quindi se notate qualche cosa di strano, don't worry, è normale.
P.P.S.: stavo anche pensando di cambiare il titolo di questa long perchè non m'ispira molto, e anche perchè a quei tempi scrissi la prima stronzata che mi venne in mente e che mi sembrava appropriata. Voi che ne pensate? Dovrei cambiarla?
Bye, bro.

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Capitolo 17
*** Diamo il via alle vacanze. ***


Diamo il via alle vacanze.

«Al, ma Rose era così anche prima di venire qui a scuola?» Scorpius era steso sul suo letto a baldacchino verde e argento, mentre scrutava la mappa in lungo e in largo per cercare il nome della sua ragazza.
«Così come? Fissata con lo studio?» Chiese Al ad occhi chiusi e quasi nel dormiveglia. Il biondo fece di sì con la testa (anche se Al non lo vedeva) mentre la sua espressione diventava più concentrata. «Beh, prima non era così. Il suo problema non le permetteva di studiare per gli esami o di interagire con le persone. Credo che tutto questo le faccia bene, però» Finì col dire con la voce impastata.
«Sì, così però significa comunque malumore e allontanamento…»
«Scorpius… da quanto in qua sei diventato il ragazzo sdolcinato che non riesce a stare lontano dalla propria ragazza?» Il moro aprì un occhio per guardare il viso concentrato dell’amico mentre scrutava la mappa.
«Non lo sono, è che probabilmente con le vacanze estive non avremo modo di vederci, e non sappiamo come i nostri genitori prenderanno la relazione, quindi potrà significare solo che staremo lontani per un bel po’, e volevo godermi questi momenti» Finì col dire, mentre il suo sguardo veniva catturato dalla scritta “Rose Weasley” che camminava velocemente per i corridoi fino a rintanarsi nella biblioteca. Forse Al aveva ragione: a lei serviva un po’ di privacy e lui doveva farla respirare un po’.
«Beh, non è ancora detta l’ultima parola. E comunque cerca di controllarti, più farai così più lei diventerà isterica. Dai tempo al tempo, presto gli esami finiranno e tornerete a vedervi come prima» Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi.
«Io la amo» Sbottò, di punto in bianco. Lo disse così di getto che Al quasi soffocò con la propria saliva. Si poggiò su un gomito per guardare il viso dell’amico intento a concentrarsi neanche fosse ad una partita importante del campionato di Quidditch.
«Cos’hai detto?» Chiese con voce rauca assottigliando lo sguardo.
«Che la amo.»
«E tu te ne esci così, senza neanche avvertirmi? A momenti soffocavo!» Disse, tossendo ancora un po’ di saliva.
«A dire il vero mi è uscito senza che me ne accorgessi. Io la amo, e me ne rendo conto solo ora» Il biondo abbassò la mappa pensieroso, guardando la porta davanti a sé.
«Lei lo sa?»
«Ovvio che no. Ti pare che lo sa se è la prima volta che lo ammetto a me stesso?»
«Dovresti dirglielo» Il secondogenito di casa Potter si accasciò sul cuscino, chiudendo gli occhi.
«Certo, così se sarò fortunato mi lancerà solo il libro di Pozioni addosso» Scosse la testa, ritornando alla mappa e osservando il punto che indicava dove fosse la sua ragazza.
Al sorrise, mentre faceva sprofondare per bene il viso nel cuscino. «Io so solo una cosa: se fai soffrire mia cugina, giuro che ti raso i capelli a zero, Hyperion. E valle a dire che la ami, per amor di Morgana» Sospirò, mentre iniziava ad essere cullato da Morfeo. Scorpius ritornò alla mappa, sospirando di tanto in tanto; il fatto che fosse riuscito ad ammettere a se stesso che sì, amava Rose, non significava che sarebbe riuscito a dirglielo. Faccia a faccia. Guardandola negli occhi. No. No, no, no, no, no! Non potrei mai farlo! In più è periodo di esami e proprio in questo momento dalla biblioteca sta andando nel suo dormitorio. Come potrei distrarla dal suo studio e dirle “ehi Rose, sai che ti amo?” Mi tirerebbe un libro, se sono fortunato… no, me lo devo tenere per me. Il ragionamento con se stesso finì quasi subito. Tra l’altro non voleva complicare il loro rapporto, ora che stavano bene assieme, così ritenne opportuno che fosse meglio tenersi quelle cose per sé, e con quei pensieri si addormentò pian piano anche lui.


Maggio stava per finire, e Londra iniziava finalmente a vedere dei raggi di sole quasi estivi, costringendo gli studenti a passare le loro giornate all’aperto, invece che nel castello a studiare; Rose Weasley, però, era così sotto pressione che aveva raggiunto livelli isterici: cacciava via il fidanzato e i cugini (perfino Al) che non la facevano studiare.
Sono esami difficili! Non rompete!
L’aveva pensato (e detto) parecchie volte: si era rifugiata in biblioteca, nella sua stanza, nel bagno di Mirtilla, si era nascosta addirittura nelle cucine, dove però gli elfi avevano continuato a disturbarla con domande del tipo “vuole qualcosa?” “possiamo offrirle della cioccolata?” “una torta?”, così aveva abbandonato anche quel posto. Per quanto riguarda gli strani casi delle settimane precedenti, si erano fermati, ma ancora non erano riusciti a capire cosa fosse successo a quegli studenti che nel giro di pochi giorni avevano quasi riempito l’infermeria.
La rossa, in quel momento, era riuscita a rintanarsi nella Stanza delle Necessità di nuovo, chiedendosi ogni volta che si sedeva tranquillamente sul divanetto rosso, come mai aveva pensato a studiare nelle cucine piuttosto che in quella stanza. Ovviamente era consapevole che, se Al o Scorpius avessero guardato la Mappa del Malandrino, si sarebbero resi conto che lei era lì… Spero solo non vengano a disturbarmi…
Erano giorni duri per lei: le ultime lezioni le mettevano ancora più ansia e le lettere della madre con le varie raccomandazioni per lei e per Hugo di dare il meglio in quegli esami finali non la aiutava. L’essere figlia di Hermione Granger era ben peggiore che essere figlia di due dei tre Salvatori del Mondo Magico; si sentiva osservata dalla madre, nonostante lei non fosse lì con lei a Hogwarts. Quel venerdì pomeriggio aveva solo le due ore di Lumacorno nei Sotterranei, quindi restò tutta la giornata lì a studiare e portarsi un po’ avanti con alcune relazioni che doveva consegnare; arrivata l’ora di seguire la lezione, si precipitò nei Sotterranei per prendere posto al suo solito calderone che divideva o con Al o con Scorpius…
Scorpius, oddio… a stento ricordo come sia fatto. Sono certa che sia arrabbiato con me perché a malapena ci vediamo alle lezioni… mi lascerà… ne sono sicura… cosa devo scegliere? Chi?
Rose iniziò a farsi questi problemi non appena si rese conto che quella lezione era con i Serpeverde, e ne ebbe la prova quando vide i due entrare insieme mentre parlottavano di qualcosa. Non appena Scorpius alzò lo sguardo per cercare posto, notò immediatamente Rose, che non tardò a sorridergli e a fargli cenno di avvicinarsi per sedersi accanto a lei.
«Molto bene ragazzi! Ci siete tutti? Bene, bene. Oggi parleremo e cercheremo di ripetere il Distillato della Morte Vivente, poiché l’ultima volta che l’abbiamo fatta ci sono state parecchie A e T. Se le coppie sono già formate, potete iniziare. Forza, forza!» Sorrise il professore, agitando le sue grosse e rugose mani.
Rose cercò la procedura sul suo libro di Pozioni mentre Scorpius era all’armadietto degli ingredienti a prendere il necessario; al suo ritorno Rose iniziò a schiacciare un fagiolo sopoforoso, ma si fermò all’istante, guardando il coltello nelle sue mani.
«Sei arrabbiato con me, vero?» La sua voce era notevolmente bassa, e Scorpius notò che era anche particolarmente imbarazzata per quella domanda.
«Perché dovrei essere arrabbiato con te?» Chiese lui mentre metteva nell’acqua il sale africano.
«Perché da quando gli esami sono alle porte passo più tempo con i libri che con te» Abbassò ancora di più la testa, sentendosi maledettamente in colpa.
«Beh, ammetto che mi dispiace vederti solo alle lezioni, ma se tu vuoi studiare per bene, lo capisco. Non c’è bisogno di sentirsi in colpa, Rose» Sorrise, mentre con la mano sinistra cercava di ottenere l’essenza di assenzio.
«Sì ma a me dispiace. Non mi va di stare sempre sui libri, ma sento una pressione sulle spalle che non hai idea, Scorpius. Mamma mi manda ogni santo giorno lettere per sapere come va lo studio e quando sarà il primo esame e vuole sapere gli argomenti, le domande e come ho risposto; non è facile essere figlia di Hermione Granger, specie se tutti si aspettano tante cose da me; come se Hugo non fosse suo figlio» Buttò fuori tutto quello che si teneva da settimane in poche frasi e senza prendere fiato. Scorpius ad un certo punto pensò che sarebbe soffocata per la velocità.
«Okay, calmati Rose. Non ti preoccupare, non comprendo, ma posso capire. Se tu vuoi studiare solo, cercheremo un modo per vederci più spesso in estate» Sorrise, mentre lei alzava lo sguardo per guardarlo negli occhi.
«E’ vero… l’estate… me l’ero dimenticata. Ciò significa che devo dire ai miei di te… oddio…» Sospirò scuotendo la testa.
Scorpius si fermò per guardarla meglio. «Non hai intenzione di dire nulla a loro?»
«Certo che glielo dirò, solo che papà è protettivo e blablabla» Scosse la testa e riprese la preparazione della pozione.
«Troveremo comunque un modo per vederci» Scosse le spalle riprendendo anche lui. Rose lo guardò di nuovo: odiava il fatto di non vederlo, o almeno di farlo sentire in quel modo. Non aveva nessuna intenzione di ignorarlo, ma purtroppo lo studio era insopportabile. Guardò il suo viso che aveva un’espressione parecchio concentrata, e sorrise; pensò di essere davvero una cattiva persona, così cercò di dirgli qualcosa ma lui s’incamminò verso l’armadietto degli ingredienti per prendere qualcosa. Mentre controllava che la pozione fosse sul lilla chiaro e iniziava a mescolare in senso antiorario, il professor Lumacorno fece capolino al suo calderone, spaventandola.
«Oh signorina Weasley, non si spaventi» Rise di buon gusto, affacciandosi alla pozione, annuendo orgoglioso. «Sono venuto qui a chiederle una cosa, a dire la verità» Sorrise mentre le sue guance grasse prendevano forma. «Mi chiedevo se lei questa sera fosse libera: sto organizzando la mia ultima cena come augurio per una buona estate» Il suo sorriso l’aveva visto fin troppe volte, ed era un ruffiano di prima categoria.
«Oh… beh… certo, ci sarò» Sorrise, alzando lo sguardo dietro le spalle del professore, e solo in quel momento si rese conto che Al e Scorpius stavano gesticolando in modo osceno per dire a Rose di non accettare; gesti a vuoto.
«Benissimo! La cena è alle otto» Sorrise e si allontanò canticchiando. La Weasley perse il suo sorriso, mentre sentiva che le sue braccia cadevano morte ai lati dei suoi fianchi.
«Adesso mi tocca venire» Sospirò il biondo, posando sul tavolo quello che gli serviva.
«No, non sei obbligato… mi dispiaceva dirgli di no»
«Beh, almeno passeremo una serata assieme, no?» Sorrise, mentre tagliuzzava la radice di Asfodelo. Rose lo guardò e sorrise anche lei. Sì, forse sarebbe stato meglio così, almeno avrebbero passato la serata assieme.

«Oh, eccovi! Benvenuti! Benvenuti a questa cena! Andiamo! Andiamo! Entrate, che ci fate ancora fuori?» Lumacorno era il solito lecchino. Li accolse nel suo studio (allargato a dovere per il tavolo enorme e rotondo che usava di solito per le sue cene) e chiuse la porta alle loro spalle. «Fortuna che siete tutti, così possiamo iniziare con un aperitivo! Prego, prego! Venite tutti qui al tavolo!» Su di esso apparvero un bel po’ di bottiglie e bicchieri, riempiti immediatamente con un movimento della bacchetta da parte del professore. Rose e Scorpius presero qualcosa che sicuramente era analcolico in un bicchiere davvero bizzarro e si sedettero al tavolo rotondo. «Allora, Iris, come va la scuola? Ti trovi bene con i professori? Oh, per chi non lo sapesse Iris è una studentessa straniera, trasferita dalla Francia» Annuì con fare elegante mentre beveva il suo Whisky Incendiario. Ovviamente non poteva mancare gli elogi per tutti e per le loro famiglie; il fatto che Lumacorno si circondasse di persone importanti, lo rendeva un po’ ridicolo. Era un bravo professore, ma era ridicolo quando faceva queste cene solo per i “prediletti”. «Rose, non ho avuto modo di avere nessuno dei tuoi cugini, o tuo fratello, a queste mie cene. Mi sai dire perché mai? Non sono simpatico a loro?» Chiese, dopo il quarto Whisky che, evidentemente, iniziava a farlo diventare più lecchino del solito.
«No, ovvio che no, professore. E’ che la maggior parte dei miei cugini affronteranno i M.A.G.O. quest’anno, e sono più concentrati su quelli che ad altro, come me d’altronde. Questa è la mia serata libera, per questo ho potuto partecipare» Sorrise, di rimando. Come se James o Fred studiassero davvero. Quelle che studiano veramente sono solo Molly e Dominique, probabilmente…
«Oh, allora sono stato fortunato!» Ridacchiò, mentre ingoiava l’ultima goccia che gli restava nel bicchiere. «A quanto vedo ti sei abituata molto bene al tuo udito, vero Rose? Insomma, prima eri molto più timida, adesso che il tuo problema sembra essersi dissolto, sei molto più sciolta» Annuì, mentre poggiava le sue grosse mani rugose sul suo pancione.
Rose lo guardò per un attimo, pensando che fosse troppo sfrontato per i suoi gusti. Sorrise, abbassando un attimo lo sguardo sul suo bicchiere ancora a metà. «Beh, ovviamente prima ero quello che ero, e ora ho capito che devo godermi questi momenti perché non so se ritornerò a non sentire o meno. Ovviamente questo non può buttarmi sempre giù, così prendo tutto con molta tranquillità, e semmai io tornassi a non sentire più, lei avrà un posto libero per le prossime cene» Sorrise, mentre fissava i suoi occhi cerulei in quelli piccoli del professore che, in quel momento, si sentì molto in imbarazzo, così tanto da chiamare l’antipasto che venne portato da tre elfi domestici presi sicuramente dalle cucine di Hogwarts. Guardò nel suo piatto e prima che potesse iniziare a mangiare, la sua mano destra fu presa da Scorpius, che sedeva a fianco a lei, e sorrise, tenendogliela. Sapeva di essere stata fin troppo schietta, ma suo padre e suo zio Harry avevano ragione: era solo una persona un po’ meschina quando organizzava queste cene; l’essere circondati da famiglie importanti non faceva di lui una persona importante, anzi.
La cena, comunque, continuò nella sua monotonia: Lumacorno continuava a fare domande e a chiedere informazioni banali sulle famiglie degli alunni che si trovavano lì: c’erano un paio di Corvonero, un Serpeverde (escludendo Scorpius) e il resto erano Tassorosso. La maggior parte dei Grifondoro (che non partecipavano quasi mai a quelle cene) erano Weasley-Potter o comunque amici di questi, che venivano avvertiti in tempo per declinare l’invito del (maledettamente strano) professore di Pozioni. La clessidra che di solito accompagnava quelle cene si era fermata da un bel po’, segno che la serata era stata l’ennesimo buco nell’acqua. Fortunatamente finì presto e tutti furono congedati.
Scorpius circondò le spalle di Rose con un braccio mentre sbadigliava. «Che tortura, fortuna che è finita» Scosse la testa mentre camminavano lungo il corridoio.
«Dai che almeno è stata l’ultima cena, poi non eri obbligato a venirci, lo sai» Sorrise, avvolgendo la sua vita con un braccio.
«Certo, così quello di Tassorosso ti squadrava ancora di più» Sbuffò irritato.
«Quale Tassorosso?»
«Quello a fianco della tipa straniera. L’ho sorpreso più volte a guardarti. Gioca anche nella squadra di Quidditch»
Rose sorrise divertita, cercando di trattenere una risata. «Oh, ma andiamo. Sei davvero geloso?»
Scorpius la guardò stranito. «Che c’è di male? Come se tu non fossi gelosa…»
«Infatti non lo sono» Annuì convinta la rossa.
«Ah, no? E allora che mi dici di una certa “Lily”?» Ghignò, mentre guardava il suo viso contorcersi in una smorfia.
«Quella non è gelosia! E’ solo essere infastiditi dalla propria cugina che si permette di dire cose che non dovrebbero stare né in cielo, né in Terra» Annuì di nuovo, con gli occhi chiusi, mentre Scorpius rideva di buon gusto, scuotendo la testa.
«Certo, come no. Comunque non è un reato se sono geloso, no?»
«Beh, se non arrivi al punto di ammazzarmi ed è contenuta, allora no, non è un reato» Affermò, mentre entrambi svoltavano l’angolo per dirigersi verso la Torre di Grifondoro. Scorpius stava per risponderle quando, poco più lontano, vide un prefetto… ed era quello peggiore che potesse capitare per la casa di Serpeverde; spinse Rose in una classe vicina e si rifugiarono lì, chiudendo piano la porta. «Che succede?» Chiese lei, leggermente stranita.
«C’è Flurry. Stasera è di turno lui» Sussurrò, aprendo un po’ la porta per accertarsi che non li avesse visti entrare.
«Ed è un male?» Chiese lei.
«Ovvio. Flurry non da’ via di scampo a nessuno, neanche ai prefetti fuori turno. Se ci vede, ci toglie un casino di punti» Sussurrò, chiudendo piano la porta.
«Ma non può farlo… e se ci scopre in questa stanza? Dopotutto era aperta…» Sussurrò lei, poggiandosi nell’angolo tra il muro e quello che doveva essere un armadietto.
«No, non controllerà. Ne sono certo» La guardò, e per un breve istante restarono così, in silenzio, tra buio e polvere, a sperare di non essere scoperti.
La rossa iniziava ad annoiarsi, e così dopo vari sbuffi sempre più frequenti, iniziò a parlare. «Per quanto dovremmo stare qui? Io mi sto annoiando»
«Beh, potremmo impiegare un po’ di questo tempo» Scorpius si avvicinò a lei e la baciò, poggiando le mani sui suoi fianchi. Non stavano così assieme da troppo ed entrambi ne avevano bisogno. Rose non lo faceva apposta a stargli lontana e non sapeva se Scorpius lo capisse o no, ma sta di fatto che erano insieme, in quel preciso momento, in un’aula piena di buio e polvere e non c’era alcuna possibilità che nessuno interrompesse il loro momento magico (a parte l’essere scoperti). Restarono così per un po’, quando improvvisamente l’aria diventò più calda, i baci s’intensificarono e le farfalle nella pancia di Rose iniziarono a moltiplicarsi e a svolazzare più insistentemente; le mani di Scorpius iniziarono a scendere lungo la sua schiena, fin quando Rose ritornò lucida e si staccò da lui, poggiando le mani sulle spalle del biondo.
«Scorpius» Sussurrò, poggiando poi le mani sul suo petto e abbassando lo sguardo, chiaramente imbarazzata.
«Scusa» Sussurrò di rimando, lasciandole un bacio sui capelli. «Ma… non credi che dovremmo parlarne?»
Rose continuò a tenere bassa la testa cercando di scacciare quel momento di imbarazzo tra lei e lui e poi, ridendo piano, scosse la testa. «No…» Disse in una piccola risata nervosa.
«Andiamo, non è mica un tabù, il sesso»
«No, ovvio che non lo è, solo che…» Si fermò immediatamente. Non voleva farlo sentire male, è solo che lui era… Scorpius. Insomma, Scorpius Malfoy, quello che…
«Hai paura» Finì lui, immediatamente. La Weasley restò per un attimo in silenzio, poi decise che quel teatrino era inutile e alzò la testa per cercare almeno di guardarlo negli occhi, anche se il buio non era dalla sua parte.
«Sì. Questa è la verità. E devi capirlo, perché, sai com’è, hai intinto il tuo biscotto nel latte di tutte in questa scuola» Iniziò a giocare con la sua maglietta. «E questo non è che mi fa rilassare. Tra l’altro sono vergine, come ben ricordi, quindi non ti resta altro che capirmi» Chiuse gli occhi annuendo convinta della sua affermazione, mentre il biondo si staccava un po’ dalla rossa, giusto per cercare di guardarla in viso, e poggiava le mani sul muro alle spalle di lei.
«Secondo te sono così superficiale da non capirlo, Rose?» Il suo tono di voce era incredulo per quello che aveva detto la sua ragazza.
«Non ho detto che sei superficiale, Scorpius. Non mettermi parole in bocca che non ho mai detto» Tolse le mani dal suo petto e le incrociò come faceva sempre sua nonna Molly quando George e i suoi cugini si coalizzavano per fare scherzi a Percy o a suo padre.
«Però era tra le righe, Rose» Prese un respiro profondo, si passò una mano tra i capelli e riprese. «Non mi va di litigare, è solo che non vedo il motivo della vergogna che hai nel parlare di sesso. Con Tristine non ci hai mai parlato?» Si allontanò da lei di qualche passo.
«E’ che mi sembra strano parlarne con te… sono solo tre mesi e so che stai aspettando tanto, ma o questo o mi lasci» Fece spallucce mentre si poggiava di nuovo al muro.
«Io non voglio lasciarti»
«Beh, allora dovrai aspettare che la paura mi passi» Sussurrò abbassando la testa, cercando di guardarsi i piedi.
«Rose, mi sta bene se aspettiamo, non fartene una colpa. E’ anche un ottimo allenamento per me» Cercò di sdrammatizzare avvicinandosi di nuovo, anche se la ragazza non accennò neanche ad una piccola risatina. «A meno che io non ti violenti» Rise improvvisamente. Risata che fece alzare la testa alla rossa, perplessa per quello che disse. «Non vuoi essere violentata, vero?» Chiese di nuovo.
«Ma tu stai dicendo sul serio, Scorpius? Non si scherza su queste cose!» Sgranò gli occhi incredula per quello che aveva detto.
«Okay, okay! Era solo per constatare» Rise di nuovo. «Bacio della pace?» Chiese quasi subito avvicinandosi a lei. «Solo un bacio, promesso» E senza darle il tempo di rispondere, la baciò, questa volta senza mani in posti indesiderati; poco dopo si accertarono che il tizio di Serpeverde non fosse più nei paraggi e salirono le scale per la Torre di Grifondoro, dove i due si dettero un ultimo bacio prima che lei si avviasse verso il quadro.
Scorpius la guardò fare qualche passo per avvicinarsi al quadro della Signora Grassa, dire la sua parola d’ordine e varcare la soglia. «Rose» La chiamò, prima che potesse muovere qualche passo per entrare.
«Sì?» Chiese lei, voltandosi.
«Io… cioè ecco, io… io… ti…» Da quando ho imparato a balbettare? Cioè cosa… come… adesso anche nei pensieri? Okay, calmo Scorpius, devi dirgli solo due parole… due…
«Tu mi?» Rose sorrise un po’ stranita dal suo balbettamento, ma non ci fece molto caso. O almeno non credeva di doversi preoccupare immediatamente… e se si stesse sentendo male? No, okay Rose, calma, vediamo prima che dice e poi valutiamo la situazione.
«Io… ti… ti… aspetto domani mattina in Sala Grande, ci sarai no?» E il premio, per la figura di merda dell’anno, va a…
Rose si accigliò per un attimo e poi annuì sorridendo. «Certo, ci vediamo domani. Buona notte» Lo salutò e entrò nel dormitorio, mentre il quadro si chiudeva alle sue spalle. Scorpius sbuffò portandosi entrambe le mani nei capelli e scompigliandoseli freneticamente.
«“Io ti aspetto domani mattina in Sala Grande”, che geniaccio che sei Scorpius. Due parole dovevi dire. Due. “Ti amo”. Queste dovevi dire, e quelle che ti escono cosa sono? Sembrava pure una minaccia» Il ragionare da solo e imprecare contro Scorpius Malfoy non sapeva bene se fosse una cosa buona o no, sta di fatto che smise di torturarsi i capelli e fece cadere le braccia lungo i fianchi, sospirando rumorosamente. Mentre s’incamminava verso la scala per scendere e andare nei Sotterranei, sentì chiaramente la Signora Grassa che gli dava dello “stupido uomo che non sa esprimere i propri sentimenti per la donna che ama” e sapeva benissimo che anche se era solo un quadro, aveva ragione.


I giorni passarono e tutti gli alunni della scuola iniziarono ad andare nell’ansia più assoluta: i primini avevano i loro primissimi esami, quindi capitava che camminando per i corridoi della scuola, si trovassero gruppetti di undicenni piangere dalla disperazione; poi c’erano quelli del quinto anno alle prese con i G.U.F.O. e non potevi neanche guardarli che ti avrebbero incenerito con un incantesimo non-verbale e senza bacchetta; quelli del sesto si preparavano ai vari esami, e poi c’erano quelli del settimo anno che si preparavano ai M.A.G.O. Tra loro, tutti erano preoccupati, tranne James e Fred.
«Andremo alla grande, cugino!» Esclamò il primogenito di casa Potter, saltellando assieme al primogenito di George, mentre si abbracciavano e giravano tutta la Sala Grande.
«Un momento» Fred si fermò immediatamente, facendo inciampare James. «Rose, ma questo è il tavolo dei Serpeverde, perché sei qui?» La guardò con aria da papà arrabbiato, mentre James fece capolino dietro le sue spalle, guardandola male.
«Sto con mio cugino e il mio ragazzo e i suoi amici, andate a studiare invece di fare gli esibizionisti in Sala Grande. Non studiate Divinazione, quindi non potete vedere se il vostro futuro andrà come state cantando» Disse la rossa senza staccare gli occhi dal giornale.
«Sì, ecco bravi, andate via, come ha detto Rose» Stephen, ovviamente, doveva mettere sempre bocca su tutto, e prima che James e Fred la prendessero davvero sul personale, Rose intervenne continuando a leggere la Gazzetta del Profeta.
«Stephen, sta zitto e mangia»
«Giusto una cosa: solo perché siete arrivati terzi nel campionato di Quidditch, non significa che devi prendertela con i Grifondoro. Il più bravo vince. Non è vero, Nott?» James amava stuzzicare i Serpeverde, ma anche lui si beccò una ramanzina dalla cugina.
«James, se non te ne vai giuro su Merlino che mando una lettera a zia Ginny e gli dirò che invece di studiare per i M.A.G.O. sei in giro per Hogwarts a saltellare con tuo cugino Fred II. E giusto perché sto nominando anche te, non credere che non faccia la stessa cosa, e per quanto ne so zia Ginny e zia Angelina hanno un caratteraccio, se si tratta dei loro figli maschi che seguono orme sbagliate invece di impegnarsi nello studio come facevano loro» Non staccò neanche un momento gli occhi dal giornale e subito sentì borbottamenti come “ce ne andiamo” “riusciremo a prendere in giro i Serpeverde senza che tu sia in mezzo” e altre cose che alla fine Rose non sentì perché era concentrata su un articolo di strani casi di influenza al San Mungo.
«Rose, sei un mito» Iniziò Stephen.
«Oh, sta zitto. Ho allontanato i miei cugini perché quando vi scontrate sembrate dei centauri» Lo ammonì immediatamente e lui, di tutta risposta, restò in silenzio a mangiare quello che aveva davanti. Scorpius rise, scuotendo la testa. «E tu, Scorpius, sei anche peggio se i Grifondoro ti dicono qualche parolina» E fece zittire anche lui immediatamente. «Gli unici che forse si salvano sono proprio Al e Maximillian. Quindi non fate i grandi e lasciatemi leggere in santa pace» Zittirli in quel modo, quella mattina, le era servito davvero tanto: a parte che voleva un po’ di tranquillità, ma così aveva avuto un buon pretesto per andarsene e rintanarsi nella sua camera a studiare in (quasi) santa pace.

Passò quasi mezza giornata nella sua stanza (mangiando cibo di emergenza che aveva nascosto sotto il letto) e studiando per il suo primo esame, che sarebbe stato tra un paio di giorni; poi però fece irruzione Molly Jr. nella sua stanza, riferendole che Al la cercava e anche molto urgentemente: così chiuse i libri e uscì dal dormitorio, recandosi nella Sala Grande in fretta e furia, trovandolo lì intento a studiare Storia della Magia (se ne rese conto dal fatto che aveva entrambe le mani nei capelli come segno di disperazione).
«Al, cos’è successo?» Chiese con un po’ di fiatone sedendosi di fronte a lui.
«Oh, sei qui. Scorpius ti cerca, ed è anche una cosa seria. E’ nella Stanza delle Necessità» Annuì, mentre cancellava e riscriveva in modo rabbioso alcuni appunti su un foglio di pergamena consumato.
«Perché non hai fatto dire a Molly direttamente che Scorpius mi voleva?» Chiese lei sbuffando e alzandosi di nuovo, ma Al era troppo preso dai suoi appunti per rendersi conto che la cugina stava andando via e prima che potesse essere troppo lontana per ascoltarlo, urlò cose come “Dopo voglio i tuoi appunti di Erbologia!”. La rossa salì le scale e arrivò davanti al muro dove si trovava la Stanza, camminò per tre volte lì davanti, pensando che era meglio per lui che avesse una buona motivazione per averla fatta andare lì di corsa; quando finalmente la porta apparve e lei entrò, quasi non credette a quello che c’era là dentro: candele ovunque illuminavano la stanza così bene che quasi il cuore le scoppiò nel petto. Scorpius era al centro della stanza, aspettandola ansioso (se ne rese conto perché lui spesso si torturava il bordo della maglietta o i capelli quando era ansioso); non appena la vide entrare sorrise e prima che lei potesse parlare, lui incalzò il discorso che si era preparato.
«E’ praticamente Giugno, la scuola sta per finire e noi non avremo molto tempo da passare assieme – ovviamente in via ipotetica – e so che magari dopo questo gesto penserai che tu non sei mai dolce con me – e in effetti è vero ma non voglio metterti in testa cose carine da farmi – ho pensato che un ultimo gesto te lo potevo fare. Volevo chiederti scusa per quella sera, non mi andava di litigare, è solo che tu hai detto delle cose che mi hanno fatto arrabbiare e sono scoppiato. Spero mi perdonerai» Sorrise imbarazzato mentre nascondeva le mani nelle tasche. Rose sorrise e cercò parecchie volte di aprire la bocca per dire qualcosa, ma all’ennesimo tentativo Scorpius prese coraggio e parlò di nuovo. «A dire il vero ti ho fatto venire qua non solo per queste scuse, devo dirti anche altro» Prese un respiro profondo e la guardò di nuovo negli occhi. «All’inizio non siamo stati in ottimi rapporti, io facevo il Serpeverde bullo e tutt’ora, quando ci penso, mi vien voglia da prendermi a schiaffi da solo. Poi ovviamente ho capito che avevo una cotta per te, quindi ho smesso e ho cercato di conquistarti, e dopo parecchio sangue che mi hai fatto sputare adesso siamo qui; so che sono solo tre mesi, ma è la prima volta dopo tanto tempo che mi sento in dovere di dirti qualcosa» Si fermò un attimo, cercando di decifrare le espressioni sul volto di Rose che, a detta sua, aveva quella che lui chiamava “cosa stai dicendo e sbrigati perché mi stai ammazzando di ansia”. «Ti amo» Quelle parole, in quel preciso momento, dopo averla guardata negli occhi, gli erano uscite senza accorgersene, di getto. Parole che colpirono in pieno viso Rose; che colpirono in pieno cuore Rose. Se prima era immobile, adesso era diventata una statua e non sapeva se far sorridere il suo viso o fargli prendere una nota di terrore misto a qualsiasi altro sentimento che in quel momento non riusciva a ricordare. «Non voglio che tu mi dica la stessa cosa perché ti senti costretta. L’ho detto perché ne avevo immensamente bisogno, me lo tengo dentro da un po’ di tempo e quando una settimana fa mi uscì senza volerlo mentre parlavo con Al, stavo quasi per ucciderlo dalla sorpresa. Prenditi il tempo che vuoi, non sei obbligata a dirmi la medesima cosa» Cercò di sorridere per farla rilassare, ma il punto è che anche lui aveva le mani sudate, ed era sicurissimo che la colpa non fosse del caldo che emanavano quelle candele. Forse avrei dovuto evitare le candele e mettere altro per la stanza… penserà che sia uno stupido, oddio oddio oddio…
La rossa sorrise divertita scuotendo la testa e iniziando ad accarezzarsi i capelli che poco prima aveva messo su un lato. «Davvero hai detto “ti amo” a mio cugino?» Rise di nuovo, passandosi una mano tra i capelli. «Non è che non voglio dirtelo, è che... tu sei mai stato innamorato prima di stare con me?» Chiese di botto, mentre continuavano a scambiarsi sguardi in quella stanza dalla luce soffusa provocata dalle candele.
«Beh… sì… c’è stata una ragazza che ho amato, ma un paio di anni fa» La faccia corrucciata di Scorpius faceva intendere che non aveva capito bene dove volesse arrivare Rose.
«La differenza tra me e te è che tu hai avuto ragazze a cui dire “ti amo”… io no. Sei il mio primo e vero ragazzo e per quanto tu mi piaccia, per quanto io neghi a me stessa che probabilmente anche io provo qualcosa di più forte per te, ho paura a dirtelo. E no, non volevo aspettare che tu me lo dicessi per primo, solo che non mi aspettavo che tu me l’avresti detto così presto…» Spiegò la rossa, che si avvicinò di poco a Scorpius.
«Non voglio che tu me lo dica subito. Fallo quando ti sentirai pronta» Si avvicinò anche lui, fino a quando la distanza si rimpicciolì. Rose lo abbracciò per la vita e poggiò la testa sul suo petto, sentendo il cuore di lui battere forte.
«Grazie» Sussurrò, ed entrambi rimasero così, abbracciati mentre fuori iniziava a fare buio, e poi il tempo si divise in più parti; un piccolo primo bacio che si trasformò in qualcosa di più passionale; lui che si stendeva su di lei; i vestiti che cadevano a terra.

Il mattino seguente la prima a svegliarsi fu Rose: aveva un leggero mal di testa e si ritrovò il braccio di Scorpius spiaccicato sulla pancia, mentre lui continuava a dormire con il viso rivolto dall’altra parte e a pancia sotto; alzò di poco la testa trovandosi i suoi capelli lunghi ovunque (alcuni erano ingarbugliati alla folta chioma di Scorpius), fece per alzarsi ma si sentiva davvero stanca e decise di restare nel letto. Oh… quindi alla fine gliel’ho data… brava Rose. Sono bastate due candele per donargli l’unica bella cosa che ti tenevi da tempo. Il russare del biondo riempiva tutta la stanza, e la rossa aveva più volte pensato di gettarlo dal letto, ma si era trattenuta quando, muovendo un po’ le gambe, aveva sentito un po’ di dolore proprio in quel posto; si coprì meglio con la coperta, cercando anche di scostare il braccio di Scorpius, che sembrava di ferro tanto era pesante. Okay Rose, sappiamo entrambe che sei adirata non per il fatto di avergliela data, ma perché ora i tuoi ormoni sono sballati, anche se il sesso dovrebbe rilassarti.
«Beh, non mi rilasso. Okay? Sento solo dolore. Okay?!» Probabilmente aveva alzato troppo la voce per rispondere al suo “io” interiore (cercava di convincere se stessa che non era pazza), tanto che Scorpius alzò la testa improvvisamente, intontito.
«Che succede?» La sua voce impastata e stanca riempì la stanza e le orecchie di Rose, che non sapeva se era felice di sentirlo parlare o voleva solo strozzarlo, urlandogli contro il fatto che era troppo carino per resistergli.
«Nulla, sei saltato improvvisamente» Okay, lo ammetto. Con i capelli così scompigliati è carinissimo. MA NO! NON POSSO PENSARE CHE SIA CARINO! Andiamo Rose… l’hai fatto di tua spontanea volontà, mica ti ha violentata.
«Oh» Sbadigliò e fece cadere di botto il viso sul cuscino, lamentandosi un po’, poi si girò dalla parte di Rose per guardarla.
«Cosa c’è?» Chiese lei con un piccolo sorriso.
«Sei pentita?» Fu la prima cosa che pensò Scorpius non appena uscì definitivamente dal mondo dei sogni. Era l’unica cosa di cui si era preoccupato in quel momento. Gli occhi azzurri di lei lo guardarono per un po’, pensando ancora che era davvero carino non appena si svegliava. Per un attimo non seppe con precisione se era pentita o no, così fissò il suo braccio ancora sulla sua pancia e iniziò ad accarezzarlo piano, con le punte delle dita. Scorpius stava per morire dall’ansia, perché se lei ci metteva tanto per rispondergli, significava solo che si era pentita del suo gesto e lui non se lo sarebbe mai perdonato, perché la notte scorsa era come se avesse approfittato di un’ubriaca; ma proprio quando stava per alzarsi di scatto e urlare per tutta la stanza cose incomprensibili, Rose tornò a guardarlo e gli riservò di nuovo un piccolo sorriso.
«Ti amo» Alla fine sapeva che cosa provava per lui, il problema era che non l’aveva mai ammesso neanche a se stessa perché provava una paura immensa per quelle due parole, anche se non le aveva mai dette a nessuno; comunque ci aveva pensato e ogni volta aveva provato un senso di ansia nello stomaco, nel cuore, sulla pelle. Scorpius alzò di poco la testa, sgranando un po’ gli occhi, credendo di essere ancora addormentato, ma non era possibile perché sentiva ancora le piccole carezze che Rose gli stava facendo sul braccio, e sorrise, un bel sorriso enorme e sincero; si avvicinò a lei e le diede un piccolo bacio, cercando di attirarla a se quanto più poteva.


I giorni passarono e con essi le settimane: volavano via esami e le ultime lezioni, fin quando tutto finì e arrivò anche il giorno della partenza, dove tutti si precipitavano ansiosi verso il treno.
«HUGO! NON PUOI CORRERE PER RUBARCI I POSTI! LO DIREMO A ZIA HERMIONE!» Lysander e Lorcan stavano inseguendo Hugo che, con le valigie, gettava tutti per aria.
«POTETE DIRLO ANCHE A MERLINO, TANTO NON ME NE FREGA NIENTE! E QUESTA VOLTA I POSTI MIGLIORI MI SPETTANO DI DIRITTO, ALL’ANDATA LI AVETE PRESI VOI!» Passò davanti a Rose e Tristine che stavano parlando; una valigia dei gemelli andò sul ginocchio della rossa, che prese immediatamente la bacchetta e la usò per immobilizzare i tre.
«Se adesso non la smettete, altro che ira di Hermione o di Luna, ve la vedrete con me. Gemelli, lasciate il posto a Hugo e tu, fratellino, se non la smetti giuro che uso uno Stupeficium così saremmo tutti più tranquilli!» Rose non aveva avuto modo di scaricare la tensione che aveva accumulato a causa degli esami che erano andati bene, alla fine. Cugini e fratello andarono via in silenzio, ricominciando a rincorrersi poco più in là per non farsi vedere da lei.
«Quest’estate possiamo anche andare a prenderci un gelato assieme, se ti va, e senza fidanzati» Si avvicinò di più a lei. «Vorrei sapere com’è stato. L’avevo detto io che tu lo facevi per prima» Le fece l’occhiolino, mentre le orecchie della ragazza iniziavano a diventare di un bel color porpora.
«Devi spiegarmi anche tu un paio di cosette» Questa volta fu la rossa ad avvicinarsi «Proprio l’altro giorno Maximillian mi ha raccontato un paio di cosette che avrei preferito sentire da te» Le restituì l’occhiolino mentre Tristine passava dal bianco cadavere al rosso peperone e salì sul treno, ridendo, mentre veniva investita da parole come “cosa ti ha detto Max?” “ritorna qui, Roselline” “CHI HA VISTO NOTT?!”
Il viaggio fu davvero tranquillo, Rose si scelse uno scompartimento vuoto, dove poter rilassarsi e leggere in santa pace, ma un'ora dopo la partenza venne sovrastata da Al che si era portato dietro Stephen; i discorsi sessuali che lui stava facendo, venendo ascoltato poco dal Potter e assai meno dalla Weasley, vennero interrotti da Scorpius che era riuscito a liberarsi della “combriccola dei prefetti”; il tempo lo passarono abbracciati, mentre lei leggeva e in sottofondo c’era la voce di Stephen che per la maggior parte del tempo non aveva smesso di parlare, assopendosi assieme ad Al a metà del tragitto, regalando ai due un po’ di tranquillità e l'intimità che cercavano. Quando il treno si fermò, era ormai buio e la stazione era illuminata dalle luci dei lampioni che rendevano l’aria più calda; il biondo stava per uscire per primo ma Rose lo trattenne per una manica e lasciò uscire prima Stephen e Al.
«Cosa c’è?» Ebbe il tempo di fare solo quella domanda, perché Rose gli diede un bacio attirando a sé la sua testa. Quando si staccò, gli diede un altro bacio sulla guancia e sorrise, prendendo la sua borsa.
«Fuori non potremmo salutarci così»
Non appena riuscì a prendere i suoi bagagli, cercò qualche figura familiare e trovò sua madre che, non appena la vide, l’abbracciò forte. Salutò da lontano (e di nascosto) Scorpius, e si avviarono alla macchina, dove li stava aspettando il padre, sul sedile del passeggero.






NdA: BUON NATALE GENTEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Sì, io sono una persona piuttosto entusiasta quando viene il Natale *-* ammetto che non era previsto che aggiornassi la storia proprio oggi, ma OHOHOH, Babba Maria è qui a farvi questo regalo (almeno quelli che seguono la storia, siete sessant'uno e vi sbaciucchierei tutti, uno a uno). Che dire? Giuro che Scorpius non lo farò così sdolcinato nei prossimi capitoli, perchè ciò significherebbe che è quello che tutte desideriamo e no no no, devo iniziare a dipingere anche un altro lato del suo carattere MEHEHEHEHE. Beh, ho avuto un po' di casini in questi periodi, ecco perchè ho aggiornato un po' tardi: tra l'altro la mia beta, LauraDreamer, è un amore perchè mi beta qualsiasi cosa senza dirmi di no perchè è appunto una Santa, quindi regalo anche a lei questo capitolo e questa dedica (MUUUUUUUUUUUUUUUUA). Fortunatamente ho avuto un po' di ispirazione e...  che dire? Spero solo vi piaccia. Grazie a tutti per le visite/recensioni/preferiti/seguiti e ricordati. Vi amo tutti! (il Natale mi mette troppo allegria). Buona lettura ♥
-M

 

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