You Know I'm Gonna Find A Way.

di MissNothing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. friends with benefits. ***
Capitolo 2: *** 2. just one of those days. ***
Capitolo 3: *** 3. not our secret anymore. ***
Capitolo 4: *** 4. Indie/Hipster. ***
Capitolo 5: *** 5. Yep, she's a cute girl. ***
Capitolo 6: *** 6. Shut up, Snooki. (reupload) ***
Capitolo 7: *** 7. Her name's.. what's your name? ***
Capitolo 8: *** 8. A series of unfortunate events. ***
Capitolo 9: *** 9. The truth is.. ***



Capitolo 1
*** 1. friends with benefits. ***


#BH - 1 Premessa: tutto ciò fa schifo. Era nata come una One Shot, ma poi ho raccattato vari pezzi da altre fic e ce li ho ammassati insieme.. <3 Questo primo capitolo è come un raccordo fra tutto quello che ho scritto per ora. Gerard è un porco e Frank un cagnolino. The end. Ray e Mikey ho provato ad inserirceli a sprazzi. :C
Premessa, vol 2: Conferenza sulle statistiche a scuola: Una penna, un foglio, e poca voglia di segnare appunti. INUTILE DIRE CHE NE è USCITO FUORI..  QUESTO, E ALLA MIA MENTE MALATA PIACE UN PO'.  <3
La dedica dell'intera fic va a 4 persone. Francesca, perché è una delle uniche che sapeva di questa mia passione e che aveva letto davvero qualcosa di mio. Rossella che mi ha aiutata un bordello con le date e varie ricerche su internet. Selene e Federica perché mi hanno fatta sentire meno un ameba. <3
UN BACIO. <3
Ps: non so se dopo il concerto ad LA del 22 ci sia stata una data ad Huntington Beach. Ho cercato dappertutto le date giuste con vani risultati, e in qualche modo ci ho inserito gli Avenged (asdfghjklove). E sì, lo so che "Amici di letto" è un film del 2011, ma non ho resistito. HAHAHAHA.






1. friends with benefits.

-Frank, cazzarola!- Subito Gee si allontanò, mentre io giravo alla ricerca di un paio di pantaloni. L'eccitazione ancora in circolo ed una stanchezza mai vista.. quasi mi cadevano le palpebre, e sinceramente non avevo idea di come avrei fatto a sostenere un intero spettacolo. Come al solito, abbassai semplicemente il capo, dopo il rimprovero. Come un cagnolino bastonato. Che pena.
-T'ho detto che mi fa schifo!- Scosse il capo, sputando "voi-sapete-cosa" su un asciugamano qualsiasi. Scusami se sono umano, eh.
-La prossima volta ti mando un comunicato stampa con cinque mesi d'anticipo, ti sembra meglio?-
Mi sorrise acidamente per qualche secondo, ma intanto ci sguazzai.. già vederlo sorridere era una cosa abbastanza rara.
-Ti fai di giorno in giorno più simpatico, Iero.- Sbuffa, frugando di nuovo per tutto il camerino.  Mi alzai di fretta e furia i jeans, infilando la cintura nei vari passanti.
-E quando hai intenzione di far finire questa.. cosa?- Di chiamarla "storia" non se ne parlava, per com'era fatto lui. Non era una storia. Non per lui. A Gerard (fucking) Way non fotte di niente e di nessuno, figuriamoci di me. Lo fissai da capo a piedi.. aveva la sua solita espressione confusa e persa nel vuoto. Si spostò una ciocca di capelli rossi dal volto, appoggiandosi al tavolo.
-Non è una cosa. Scopiamo, punto.-
-Tu sei sposato. E scopiamo. E' sbagliato.-
Sorrise. Un mix di emozioni. Beffardo, malizioso, ma in realtà era vuoto. Si avvicinò pericolosamente a me, tanto che sentivo il suo fiato sul collo.
-Se andassero fatte solo cose giuste, le cose sbagliate non esisterebbero. Siamo 1-0 per me.-
Non fui capace di formare una risposta adatta. Non perché non ce l'avessi, no.. erano secoli che preparavo quel discorsetto, solo che l'effetto che mi faceva era quello, e non potevo combatterlo. Chiusi gli occhi, convinto che quello fosse uno dei suoi soliti giochetti. Tra un po' si sarebbe allontanato, continuavo a ripetermi. E invece no.
-N-non la ami.-
Fui capace solo di balbettare, sperando che mi lasciasse dalla sua presa, così avremmo potuto almeno provare a risolvere quella faccenda una volta per tutte.
-Tu non mi conosci per niente, Frank Iero.-
Scosse il capo, guardandomi come non aveva mai fatto. Mi mise le mani sui fianchi, cominciando a guidarmi verso lo stesso tavolo dove fino a poco prima era appogiato. Con il palmo raccattò tutto quello che avrebbe potuto dargli fastidio, gettandolo a terra senza alcun ritengo. E, in tutto questo, non aveva smesso di baciarmi nemmeno per un secondo. Il tavolo era vuoto ed io c'ero seduto sopra. Avevo paura che si fermasse sul più bello.
Uno spiffero di freddo all'improvviso. Il cigloio della porta. Eravamo pericolosamente vicini per essere visti, quando Ray entrò, nemmeno minimamente pronto a quella scena.
-Tra 5 minuti in scen..- Entrò, dicendo meccanicamente. Per un secondo scommetterei che non si fosse nemmeno accorto di quello che stavamo facendo, anche se noi c'eravamo accorti anche troppo bene della sua presenza, e subito c'eravamo divisi. Ancora una volta.
-Vaffanculo, crepa!- Urlò Gerard a Ray, convinto di risolvere qualcosa. Quest' ultimo scappò, e dopo la cazziata dal sergente Way, aveva realizzato quello che aveva visto, chiudendosi la porta alle spalle con un espressione che farebbe impallidire un fantasma. Sei un'idiota, lo sai, vero? e vorrei tanto dirtelo, a volta. Scossi il capo, tornando con i piedi per terra. mi guardai allo specchio: ero sconvolto. I capelli un disastro (e sarà stato anche merito delle sue dita, che ci frugavano quasi fossero convinte di trovarci un tesoro), due occhiaie talmente profonde che non riuscirei nemmeno a trovrare un paragone capace di rendere l'idea, e.. il suo odore ovunque.
-Pensi di aver risolto qualcosa?- Gli domandai, mentre con le mani cercavo di sistemarmi i capelli in modo tale da non sembrare un barbone. O almeno un barbone chic. Un barbone con i soldi.
-No, non penso.-  Gettò a terra la bottiglina d'acqua che fino a qualche secondo fa stava sorseggiando. Con violenza, eh. Con intenzione. Per poco non mi colpì in piena faccia. Si allontanò, percorrendo il lungo corridoio bianco che separava il palco e i camerini. Di solito lo facevamo insieme, ma ormai era andato. Passo deciso. Cadenzato. E faceva rumore con le scarpe. Più del solito. Era incazzato nero.



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Sul palco non riesco nemmeno a guardarlo, che subito avvampo. Con tutte quelle mosse, quei gestacci che fa con il microfono.. ed io sto sempre lì, con il capo abbassato. Un po' è colpa sua, perché quando mi guarda facendo una sega all'asta non posso far finta di non essere imbarazzato, insomma. Che cavolo si aspetta da me? non sono un santone, e spesso non vedevo l'ora che tutto questo svarione finisse, per certi versi.
A spettacolo finito era di nuovo una Pasqua. E chi cazzo lo capiva più.
Si avvicinò verso di me con un sorrisone, mentre ancora eravamo dietro le quinte. Abbassai il capo, nella speranza di non incrociare il suo sguardo.
-Allora, è andata alla grande, no!?-
Eh no, ora è il mio turno di fare il sarcastico.
-Alla grande. Quando facevi il porco con il microfono è stato la punta di un diamante pieno di merda. Che schifo, ti prego.-
-Non ti faceva tanto schifo l'ultima volta.- Mi guardò negli occhi, abbassandomi la zip dei pantaloni. Fece quello sguardo. Quello. E poi se ne andò. Malefico. Mi guardai velocemente intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Tirai su la cerniera e rimasi appoggiato al muro, finché Mikey non mi schioccò le dita davanti al volto. Mi ero quasi incantato a fissare il vuoto.
-Andiamo, Bella Addormentata, sono tutti nel pullman, vieni!-



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Da Los Angeles a Hauntington Beach non ci volle tanto. Fu uno di quei viaggi (relativamente) piacevoli in cui ti addormentavi la sera fra una birra e un DVD, e ti svegliavi sul divano, raggomitolato insieme ad una coperta.
Appena salii sul tour bus nemmeno ci guardammo.
-Metti questo.- Urlò Gerard a Ray, lanciandogli un DVD di cui non fui capace nemmeno di vedere la copertina.
-Amici di letto?- Mikey scoppiò a ridere, un po' perplesso.
-Mh-mh.-  Annuì, serio, guardandomi come se volesse pietrificarmi all'istante.
-Sei patetico.- Affermai, certo che nessuno, se non lui, avrebbe capito cosa dicevo. O meglio, non avrebbero capito a cosa mi riferivo.
-Bhe, questo lo pensiamo tutti, no?- Disse Ray, ridacchiando mentre infilava il disco nel lettore dvd. Sbuffai appena spense la luce, perché si andò a sedere sulla poltrona. Questo significava che alla mia destra avevo Gee, che non avrebbe perso occasione per lanciarmi un'occhiataccia o una frecciatina di tanto in tanto.
Passati i primi dieci minuti di film, già non vedevo l'ora che quella tortura finisse. Mi si avvicinò, poggiando la testa sulla mia spalla.
-E' un film di merda.- Mi sussurrò all'orecchio.
-Già. Complimenti per la scelta.- Sbuffai, osservandolo mentre ridacchiava divertito.
-L'ho fatto apposta.- Mi diede un bacio sul collo e subito rabbrividii. Mi prese la mano, e poi rimanemmo così per non so quanto. Diciamo tutto il film.
Alla fine, Ray e Mikey andarono a dormire nelle rispettive camere da letto, e ci trovammo insieme. Da soli.
-Wow.- Sospirò. -Io me ne vado a letto. Nel tuo.- Mi sorrise malizioso, avviandosi verso camera mia.
-Vorrà dire che dormirò qui.-
Presi un cuscino dal divano accanto, schiacciandoci letteralmente il volto sopra dopo essermi coperto. Più volte fui tentato ti andare di lì, ma non potevo. Questione di orgoglio.



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Capitolo 2
*** 2. just one of those days. ***


#BH - 2 *Prova-prova-prova.. se qualcuno c'è batta un colpo.*
Sono consapevole del fatto che nessuno sta seguendo questa robaccia. Me ne rendo tristemente conto. çwç E sono consapevole del fatto che, per come sono fatta, probabilmente lascerò perdere qui, se è talmente apprezzata. *coffcoff*
Le date del tour continuano ad essere inventate e così rimarrà fino alla fine dei tempi. Amen. LOL.
Scusatemi se è piena di battutacce, io non resisto. e.e





2. just one of those days.

Fu una delle nottate peggiori della mia vita. Difficile a credersi, detto da uno che dorme sempre in un pullman o in un hotel a caso. E ancora più difficile a credersi, ma si preannunciava anche una delle peggiori giornate.
Mi svegliai sentendo degli ulri, roba tipo "Te l'avevo detto", "Ora chi ce la cambia", così scesi subito dal bus che, nel mentre s'era fermato, per vedere cosa cazzo stava succedendo. Ancora assonnato, tra uno sbadiglio e l'altro, riuscì a malapena a scendere gli scalini senza barcollare troppo, e finalmente raggiunsi i tre moschettieri di questa minchia che litigavano per una gomma a terra.
-Oh, andiamo, vi sembra il caso? C'è la scorta.- Urlai, letterlamente. Scossi il capo, aprendo il portellone. Presi la gomma, porgendola a Ray, che mi sembrava l'unico in grado di cambiarla. Tornai dentro senza nemmeno aggiungere una parola, troppo nervoso per colpa di quella sveglia a sorpresa. Diciamo che m'ero fatto due ore di sonno. Due. Contate.
Uno sguardo veloce all'orologio bastò per rendermi conto che era già mezzogiorno, e forse non avevano tutti i torti ad urlare. Bhe, non mi importava. Mi riappropriai di camera mia, affondai la testa nel cuscino che odorava di un qualche profumo maschile e shampoo. Qualcosa di disgustoso. Lo girai dunque dall'altro lato, rannicchiandomi. Per quindici minuti mi sembrò il paradiso, finché..
-Hai visto le mie sigar..- Subito fece marcia indietro.
-Tranquillo, tanto ormai il tentativo di farmi almeno 3 ore di sonno è andato a puttane.- Spalancai le tende per far entrare un po' di luce, e guardandomi intorno, subito vidi il pacchetto di Malboro sul comodino. Glielo passai. Fece un mezzo sorriso. Non riuscì a capire se era più contrariato o dispiaciuto, ma era l'ultimo dei miei problemi.
-Umh..- Cercava disperatamente di invetarsi qualcosa, anche se non capivo perché. -Fumi?- Continuò, porgendomi il pacchetto aperto.
-Bhe, stavo provando a smettere.. ma.. ho bisogno della cara vecchia amica nicotina.- Sospirai, avviandomi fuori con Gerard. Ci sedemmo sui gradini, guardandoci intorno mentre il "dinamico duo" continuva nel suo vano tentativo di cambiare la gomma. Accesi la sigaretta, e cominciai facendo un tiro. Poi due, tre. Dopo un mese ero in astinenza. Osservai anche lui portare, anche se molto più lentamente, il filtro fra le labbra, inspirando un po'.
-Bhe, come mai quest'improvvisa insonnia? Hai le tue cose?- Ridacchiò fra sé e sé, mentre provava a fare dei cerchi di fumo. Riuscì a strapparmi il primo sorriso della giornata, perché in effetti non aveva tutti i torti.  
-Diciamo solo che sarebbe stato carino dormire su un letto, piuttosto che su un divano.-
-Io ti ho chiesto di dormire con me ma hai rifiutato.- Si strinse nelle spalle, come se fosse normale che un uomo sposato dormisse abbracciato al suo migliore amico (sì, perché lo so che alla fine sarebbe andata così).
-Non è così semplice. Sto solo cercando di non rovinare il tuo matrimonio.-
-Non te ne fotte una sega del mio "matrimonio".- Mi guardò scuotendo il capo. Addirittura mimò le virgolette.. cioè, non glie ne fregava niente, insomma?
-Cambiamo argomento.- Affermai. Non avrei accettato obbiezioni, per una volta.



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Chiacchierammo del più e del meno per ore, finché non arrivò il momento dell'anneddoto:
-Tipo, mi ricordo quando io e Mikey passeggiavamo sulla battigia in.. Polinesia? una cosa del genere, e insomma.. c'eravate.. tipo..- Non riuscì a trattenre le risate prima di finire la frase, seriamente. Ogni volta che ci pensavo scoppiavo a ridere. -C'eravate tu e Lindsey in spiggia.. e..- Continuai all'infinito. Non riuscivo a fermarmi. Anche lui capì di cosa parlavo, quindi cominciò a sogghignare.
-Eri ridicolo, giuro!- Mi mancava il fiato. Erano secoli che non facevo una risata così naturale.
-La sabbia mi pungeva il culo, non è colpa mia. E poi.. andiamo, era una cosa romantica.-
-Sulla spiaggia.- Annuì, facendo una smorfia. La cosa più scontata del mondo.
-Esotico.- Rispose lui, monotono e senza nemmeno un minimo di espressione in volto.
Passò qualche secondo di più totale silenzio, quando poi ci girammo per guardarci. Nemmeno un minimo di serietà che, in quel momento poco ci apparteneva, e scoppiammo a ridere come non mai. Quei rari momenti in cui eravamo migliori amici e basta.
-No, e poi scusa, ridicolo a chi!? Mr.Fagiolino.- Aggrottò le sopracciglia, con quel suo solito tono da finto-altezzoso. Rimasi a guardarlo con gli occhi quasi sgranati.
-Come osa!- Replicai in tono altrettanto ironico, cominciando a pizzicarlo sulla spalla più volte.
-E' come se.. Gatto Silvestro avesse mangiato Titti, hai presente?-
Bhe, anche se stava insultando il Piccolo Frank (che a quanto pareva, poverino, era piccolo in tutto e per tutto), non resistetti. Era quel genere di ironia inappropriata e spregiudicata di cui solo lui era capace. Come se non ci stessimo già sbellicando abbastanza, cominciò a farmi il solletico. Dopo un minuto di quella tortura cinese ci fermammo. Due secondi per riprendere fiato, e.. bang. Nemmeno il tempo per accorgermene, che dopo esserci guardati negli occhi per un minuto intero, aveva le labbra poggiate sulle mie. Non ci stavamo nemmeno baciando, no. Così. E come al solito..
-Cazzo, merda, ma cosa cazzo state facendo!?- Era Ray. La seconda volta che ci beccava. Si sedette lì per terra. Ero completamente rosso in volto, lo sentivo.
-Non sono cazzi tuoi.- Replico Gerard, glaciale.
-Oh, no, figuriamoci. Una prima volta potevano anche non essere cazzi miei, ma questa è la seconda volta.. questo mi fa pensare che ce ne siano state.. delle altre..- Il suo sguardo si perse nel vuoto solo al pensiero.
-Pensi davvero che ci sia.. qualcosa? okey, siamo migliori amici e.. c'è attrazione fisica. Stop.- Non riuscì nemmeno ad immaginare come faceva ad essere così tranquillo mentre io non riuscivo ad aprire bocca. Rimasi semplicemente lì col capo abbassato, sperando che finissero in fretta.
-No.. no.. tu non me la racconti buona. E poi, io potrei anche passarci sopra, ma Lyz no.- Sbuffò, tenendosi la testa con le mani.
-Io me ne vado.- Si alzò, buttando la sigaretta, che intanto era praticamente finita. Ray lo seguì. Continuarono a urlarsi contro per ore.



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Fu un concerto come tanti. La tensione si tagliava col coltello, dietro le quinte, ma chi come me è in una band lo sa: quando sei sul palco non conta più niente. E' un altro mondo. E a magia finita, di nuovo non ci rivolgemmo più una parola. Assurdo.
Percorrevamo tranquillamente la strada dallo stage al pullman quando vedemmo Lyn avvicinarsi con noi con un pacco enorme di carte in mano. Merda.
-Cosa cazzo sono questi!?- Urlò senza alcun ritegno mentre ancora completavamo la traversata per il patibolo. Scandì ogni parola, segno che era nera.
-Documenti per il divorzio, amore.- Rispose Gerard distaccato, quasi fosse una cosa ovvia. Subito si fermò di colpo. Ci fu un silenzio genreale, perché prima l'unico rumore erano i suoi tacchi che sbattevano per terra e le sue urla.
-E hai intenzione di darmi spiegazioni!?- Continuò, sbattendogli tutto il pacco in mano. Non era cosa nostra: ci avviammo verso il pullman, lasciandolo da solo nelle grinfie dell'arpia. Catwoman vs. Moron-Man.  
Dalla nostra nuova postazione sentivamo solo le urla di lei, ma erano sufficienti a capire quanto fosse un coglione. In pratica si stavano lasciando perché lui "non l'amava come prima". E sembrava pure piuttosto tranquillo, quando invece lei cercava di trattenersi dal tirargli uno schiaffone o dal cominciare a piangere. E sì, un po' mi sentì in colpa.
Che alla fine anche se non c'entro un cazzo, è sempre, sempre colpa mia.



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Per tutta la nottata non parlammo d'altro. Ci spiegò che non voleva deluderla, siccome sentiva che non sarebbe riuscito ad esserle fedele, a dedicarle le stesse attenzioni di prima, bla, bla bla. Mi persi semplicemente a guardarlo, a dire il vero.
-Bhe, se è davvero come dici.. è stato un gesto nobile.- Lo stuzzicò Ray, che probabilmente pensava di conoscere il vero motivo di questo azzardo. Nemmeno gli rispose, Gee, semplicemente gli lanciò un'occhiataccia.
-Io.. vado a letto.- Sospirai. Lo dissi a voce bassissima, quasi avessi paura delle conseguenze. Sentivo i passi di "qualcuno" seguirmi da dietro, ma subito di stopparono. Non so chi dei due, a dire il vero, ma lo trattennero. Grazie.
Mi lasciai sprofondare nel letto. Prossima tappa: Cincinnati. 1 giorno e 10 ore di viaggio. Solo al pensiero avrei preferito crepare all'istante.





OOOOKAY, SO. Siamo giunti alla fine anche di questo "acclamatissimo" secondo capitolo.
Ci sono però da specificare due cose.. e.e
Innanzitutto, nella mia immaginazione Gerard non ha figli. Sarebbe stata una cosa troppo cattiva.
E poi Frank non è sposato, perché sarebbe stato ridicolo se entrambi avessero CASUALMENTE divorziato nello stesso periodo.
Detto questo, mi dileguo.
CIAO, xMN. <3

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Capitolo 3
*** 3. not our secret anymore. ***


#BH - 3 Bene, sto di nuovo qui. Solo per Selene, ma sto di nuovo qui comunque. *coffcoff*
Probabilmente il più brutto di tutta la fic, sì, ma era importante.
No, non lo era. Dovevo pur metterci qualcosa, però. :c
Che qualche anima si degni di scrivere qualcosa, pace, amore e unicorni. CIEO. <3





3. not our secret anymore.

-'Giorno.- Mi salutò che sorseggiava caffè da una tazza enorme, appoggiato sul bancone. Ero ancora completamente assonnato dopo la nottataccia di ieri.
-Dormito bene?- Domandò, notando che non ero particolarmente loquace.
-No. E tu? Come se non avessi appena lasciato tua moglie?- Fece spallucce posando la tazza nel lavandino.
-Come se non avessi appena lasciato mia moglie!- Esclamò mentre si andava a sedere sul divano. Afferrò il telecomando e mise sul primo telegiornale che trovò. Era ossessionato coi telegiornali, sul serio. Diceva che chiusi in quello schifo di bus, in culo al mondo, persi in chissà quale autostrada sperduta, sarebbe potuta scoppiare la Terza Guerra Mondiale e non ce ne saremmo accorti. Maniaco e psicopatico.
-Non è assurdo che la gente muoia per il proprio paese? Io non morirei mai per gli U.S.A.-
-Ma negli U.S.A. sì. Non c'è un posto migliore per schiattare.-
-Frankie, Frankie, Frankie.. bello.- Scosse il capo mentre prendeva un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e la accese. Dopo il caffè. Bhe, siccome siamo in tema di morte, giustamente..
-Non capisci un cazzo!- Sorrise mentre faceva un tiro veloce. -Se mai potessi decidere dove morire, morire in Nuova Zelanda.- Sognante, rivolse lo sguardo al finestrino. Presi anche io una tazzina di caffè, sperando che ne fosse avanzato un po' nella macchinetta. Niente. Mi arresi all'idea che avrei dovuto affrontare la mattinata senza caffè oppure sconfiggere la pigrizia.. optai per la prima.
-Bhe, se lo dici tu! Io.. umh, Las Vegas.- Mi andai a sedere di fronte a lui.
-Niente male, frocetto.- Si alzò lentamente, stiracchiandosi. Mi diede un bacetto in fronte e poi rimase lì impalato. -Vado a svegliare le principessine!- Ridacchio fra sé e sé, prendendo una bottiglia d'acqua gelida dal frigo. Si avviò verso camera di Ray con essa.
Sfuriata in 3..2..1..
-Lurido, fottuto, spreco di spazio! Figlio di..- Si sentivano le urla da lì. Non che il pullman fosse poi così grande, ma.. bhe, era incazzato nero.
Con un sorrisone stampato in volto, mi stesi sul divano con gli occhi chiusi. Di lì a poco tornarono Gerard  e Ray, che aveva i capelli gocciolanti. Quando erano bagnati crescevano di almeno 2 centimetri, quindi lo vedevi da dietro e.. pensavi fosse una donna.
-Ah, Dio Santo, fanculo! Mi vendicherò!- Si lasciò scappare un sorrisetto malefico avviandosi verso il bagno.
Appena tornò la "calma", tornai a stare seduto.
-Era necessario?-
-Mh..- Ci pensò per qualche secondo, ma ero sicuro che fosse sarcastico. -No, mi andava di farlo.-
-E tu fai sempre quello che ti va di fare, giusto?-
-Giusto, esatto.-
-E cosa vuoi fare?-
-Vorrei tornare indietro nel tempo a quando il capellone non sapeva niente. Era più divertente.- Sorrise, avvicinandosi pericolosamente.
-Continueresti in eterno..- Sospirai appena.
-Esatto.-
-Spesso ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo.-
-E' una frase di Kung fu Panda, Frank?-
Scoppiò a ridere. Probabilmente avevo rovinato l'atmosfera da inizio di un porno scadente. Feci un mezzo sorrisetto anche io, perché sì, effettivamente.. lo era.
-Sì.. bhè, oddio, se ci pensi è un film più profondo di quanto pensi.-
-E' un panda obeso che fa Kung Fu. Non ci trovo niente di profondo.-
-Tu rifletti su quello che ho detto.-
-Non mi va.- E di nuovo, come prima, continuò con quel sorrisetto da maniaco. Passò da "Potrei uccidere una nonnetta a martellate" a qualcosa che era più come "Adesso ti salto addosso", ed effettivamente lo fece.
Gerard è quel tipo di persona a cui non puoi dire di no. Un po' perché non lo accetterebbe, un po' perché nel profondo non lo vuoi. E ti trovi sempre nella merda fino al collo, per questo.
Proprio in quel momento, sentì dei passi. Provai a staccarmi, premergli le mani sul petto per farglielo capire, ma niente.
-Ma cosa..- Mikey rimase lì paralizzato. Non sembrava arrabiato, ma riuscì appena a parlare. Suppongo che fosse imbarazzato quanto noi. Gerard, invece, si alzò di scatto e mi lanciò un' occhiataccia. Giusto, ora è colpa mia.
-No, aspetta..- Se ne stava andando, ma per (s)fortuna (questione di punti di vista), gli afferrò un lembo della maglietta per farlo restare.
-Aspetta cosa? sì, aspetto, così quando siete nudi mi unisco e facciamo una cosa a tre, che dite!?- Okey, mi correggo, era furioso.
-Che cazzo dici, io non sono..-
-Ah, tu non sei!? bhe, sembrava che lo fossi.- Non gli lasciò nemmeno terminare la frase. -E poi sei mio fratello. Ti avrei voluto bene anche se avessi avuto tre capezzoli, gli occhi alla Vang Gogh, la lebbra.. figuriamoci se me la sarei presa perché..-
-Ma a me non fotte un cazzo di lui!- Comiciò ad urlare come se non ci fossi. E proprio in quel momento, l'allegro quartetto fu al completo. Ray tornò dal bagno con un asciugamano in testa, probabilmente aveva sentito le urla e non aveva fatto in tempo ad asciugarsi.
-Bhè!?- Domandò.
-Bhè, mio fratello pensa che io sia un omofobo del cazzo e non mi dice niente..-
Scosse il capo, sbuffando.
-Sono stato un povero illuso a pensare che questa piccola reginetta del dramma avesse capito che era ora di piantarla.-
Assistevo imperterrito alla conversazione. Non ebbi il coraggio di aprire bocca, seriamente. Sarei scoppiato entro qualche secondo se fossi rimasto ancora un po' lì. Mi alzai di scatto, percorrendo il corridoio dove c'erano i tre fino ad arrivare in camera. Purtroppo, la mia traversata fu interrotta. Una mano calda mi afferrò il braccio..
Mi guardò negli occhi. Forse era la prima volta che lo vidi così incazzato.
-Vaffanculo.- Sbottò, per poi lasciarmi andare. Non persi nemmeno tempo a rispondere: era una tortura, punto. Ero sempre quello che non c'entrava niente, eppure beccavo cazziate da tutte le parti. Mi gettai a letto, sbattendo la porta dietro le spalle e affondai la testa nel cuscino, eppure le urla non si fermarono.
"Perché te la prendi con lui?", "Cosa c'entra!?", "Non hai capito un cazzo!", "Muori." e bla, bla, bla. Il silenzio è d'oro, ragazzi. D'oro.


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Dopo un po' le acque si calmarono. Immagino che tutti fossero tornati in camera loro. Certo, sembrava il post-faida fra i membri di un club camorristico, ma era meglio della faida in sé. Almeno stavano zitti.
Sentii dei passi solo dopo due ore di completo silenzio. Si interruppero praticamente subito, e, intento a fissare la porta com'ero, sobbalzai nel vedere carta e penna scivolare sotto essa. Mi avvicinai cautamente, mi sedetti con le gambe incrociate e lessi il messaggio.
"Scusami." ..forse avrei dovuto rispondere.
"Vaffanculo.", scrissi di fretta e furia. Dopotutto ero incazzato sul serio, non potevo continuare a fare il lecca culo in eterno.
"No, mi dispiace, dai.."
Sospirai nel leggere quel messaggio. Di nuovo mi resi conto che non potevo tenergli testa.
"Anche a me dispiace.." Cominciavo a sciogliermi, ahia. Ed il bello era che ci stavamo dicendo tutto anche senza parlare. Bel modo di scappare dalle proprie responsabilità.
"Spostati un po' dalla porta." Aggrottai le sopracciglia non appena lessi: ma che voleva? Mi spostai per precauzione, andandomi a sedere sullo stesso letto dove fino a poco prima provavo "tranquillamente" a dormire.
La porta si aprì lentamente. Si appoggiò allo stipite con un sorriso amaro in volto, mentre continuava a guardarmi da capo a piedi. Abbassai lo sguardo, tanto che mi metteva a disagio.
Chiuse la porta alle sue spalle senza curarsi troppo di niente.. e per chiuderla intendo chiuderla a chiave. Continuava a guardarmi manco s'aspettasse qualcosa da me: non le capirò mai le persone. Anzi, non capirò mai te. Probabilmente era uno dei classici momenti da drama queen in cui dovevi essere tu a farlo ritornare sul pianeta terra.
-Bhè?- Deglutii, cominciando a girarmi i pollici.
Manco mi rispose che in due secondi successe il peggio. Si avvicinò. Mi guardò. Mi prese per i fianchi, un bacio, e poi.. il buio. Boom. Tutto nero. Incredibile che in una sola stanza ci stesse tanto.. bene. Amore no. Ma amici mai, per chi si vuole bene come noi. Per chi si desidera come noi. E' peggio di Romeo e Giulietta. Loro si amavano e lo ammettevano. La colpa non era loro, ma delle famiglie. Noi ci vogliamo bene e non lo ammettiamo. La colpa? solo nostra. Sperando di evitare il finale col veleno.
Quando mi svegliai era ancora lì. Come al solito si era impossessato del 90% del lenzuolo mentre dormiva beato con la testa appoggiata sul cuscino. Le labbra socchiuse, il respiro appena accennato, e gli occhi ermeticamente chiusi. Se in quel momento l'avessi svegliato, mi avrebbe staccato la testa a morsi. E niente, sei proprio bello, devo ammetterlo.
E ora? bhè, è tempo di andare.


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Un concerto come tanti, blablabla. La stanchezza cominciava a farsi sentire. Ma la stanchezza proprio vera. Eppure, non darei a nessuno nemmeno un millesimo di questa stanchezza, perché è quello che mi piace fare, infondo. Magari se avessi fatto l'avvocato come dicevano i miei: sotto un certo punto di vista sarei più contento, ma la sensazione migliore del mondo è salire sul palco accompagnato dalle urla dei fans, guardare quelle dozzine e dozzine di persone cantare testi o melodie scritte da te e sentirsi come se, per un'oretta o due, il mondo fosse solo e soltanto tuo.

Prossima tappa: New York. La grande mela. Niente di meglio per calmare un po' la tensione, no?
Il volo sarebbe durato due ore se solo quel pidocchioso del manager non avesse pagato un volo con due fottuti scali di due ore ciascuno. Dopo la mezzanotte ci avviammo verso l'aereoporto. Un'ora di check-in e salimmo.
Prendemmo posto in tutta tranquillità, come se le persone non ci stessero osservando manco fossimo fenomeni da baraccone e provammo a dormire. In quel momento ci guardammo negli occhi: di sonno non ne avevamo, e sapevamo anche perché. 

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Capitolo 4
*** 4. Indie/Hipster. ***


wè bè
Eccomi di nuovo qui. e.e Ho avuto un blocco, ma per (s)fortuna son tornata °O° Non ho molto da dire su questo capitolo, in tutta sincerità. La scelta delle canzoni è puramente casuale. La robaccia dubstep o come cavolo si chiama, è l'unica che conosco di quel genere, e mi sembrava l'unica adatta per una scena di quel tipo. La canzone dei Kooks la stavo semplicemente ascoltando mentre scrivevo quella scena, quindi me la sono immaginata così e basta. e.e
Ccccciao!
xMN.



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4. Indie/Hipster.




Forse era la prima volta in mesi e mesi che non avevo sonno. Riposai per due ore prima che l'aereo arrivasse e, anche se il risveglio non fu il massimo, ero.. contento. Sì, contento. Anzi, non ero così contento da secoli. Forse è uno di quei giorni in cui.. boom. Ti svegli felice e basta. Boh. Non c'è tanto un motivo. E pensare che non me ne capitavano da anni, e quando dico anni.. dico anni sul serio.
Mi voltai con un sorrisone verso.. bhe, lui. Gli carezzai la guancia sperando che non se ne accorgesse, e solo in quel momento realizzai che non sapevo nemmeno perché. Trassi subito la mano e osservai la sua reazione. Per fortuna arricciò solo il naso, come previsto. Non mi ero mai accorto di quanto effettivamente mi piacesse. Cioè, fisicamente, dico. Sospirai cercando di non pensarci e poi gli picchiettai sulla spalla con due dita.
-Svegliati.- Gli sussurrai all'orecchio per non disturbare gli altri. Avevo intenzione di parargli, e di certo non l'avrei fatto con quei due svegli fra i coglioni.
- Mh.. no.. cinque minuti..- Sbadigliò, girandosi dall'altro lato.
-Dai, mi sento.. solo.-
-'Dah.- Tornò a guardare me, mentre si stropicciava gli occhi. Portò indietro i capelli per allontanarli dal volto e poi sbuffò.
-Ciao.- Gli sorrisi, guardandolo dritto negli occhi.
-Mh, ciao.- Replicò lui, voltandosi distrattamente a destra e a manca alla ricerca di qualcosa. E pensare che mi aspettavo un saluto più carino.
-Bhe.. non devi dirmi niente?- Domandai con un groppo in gola. Non volevo rovinare tutto, e al 90%, temevo che avrebbe frainteso. Afferrò il telefonino e poi si girò verso di me, aggrottando le sopracciglia.
-Certo che no, cazzo! mica siamo fidanzati!- Scosse il capo ridacchiando, manco avessi detto qualcosa di assurdo. Sospirai chiudendo gli occhi, nel tentativo di contenere i nervi.
-Sul serio, che pensavi?-
-Bhè, ora come ora, penso che tu sia bipolare.-
-Ah, ah, ah.- Anche la risata sarcastica. Forse manco si rendeva conto che era nel torto.
-Non ti ho chiesto nulla.. vorrei solo sapere cosa vuoi da me.-
-Voglio che tu stia zitto.- Fece un finto sorriso acido. Abbassai il capo. Mi sembrava troppo strano, svegliarmi così su di giri.
-Bene..- Lo dissi quasi in un sospiro. Forse nemmeno mi aveva sentito. Tornai a guardare fuori il tondo e minuscolo finestrino dell'aereo, cercando di non farmi trascinare troppo dai pensieri. Non avevo voglia di pensare. Perché poi finivo per starci una merda, quando non chiedevo niente di che.. solo di non essere trattato come un cane.
A spezzare l'atmosfera pesante come la maestra obesa dell'asilo, grazie a Dio, arrivarono Mikey e Ray appena svegli.
-Stavate dicendo le preghiere?- Domandò il finto biondo, arruffando i capelli al fratello. Forse aveva notato persino lui tutto quel silenzio.
-Non rompere il cazzo.- Rispose l'altrettanto rosso, mentre, da brava diva paranoica, si aggiustava l'acconciatura.
-E tu lavati, ogni tanto.- Il povero Mikey si guarò la mano e sembrava quasi disgustato. Sorrisi sotto i baffi mentre provavo a rimanere il più imbronciato possibile.
-Way contro Way. Sono aperte le scommesse!- Ironicamente, intervenne Ray, mentre continuavo a guardare la scena in terza persona. Sospirai, e Mikey mi schioccò le dita davanti agli occhi.
-Sei fra noi?- Scossi il capo più volte per svegliarmi da quella specie di stato di trance, guardando il trio che avevo accanto.
-S..sì,sì. Ci sono.- Precedetti di poco la meccanica voce registrata di una delle hostess che ci annucniava l'arrivo a NY in tutte le lingue di questo mondo del cazzo, quindi, cominciammo a prepararci. Ci guardammo solo di sfuggita. A volte ci penso e mi sembra assurdo. Per me è la normalità, vivo così ogni giorno.. ma se lo raccontassi a qualcuno (chiunque), mi direbbe che sono un pazzo a farmi trattare così. Gli permetto di fare quello che vuole, e a svantaggio di chi? domanda retorica, ovvio.
Mi alzai sulle punte nel tentativo disperato di prendere il trolley dal portabagagli, ma niente. Probabilmente dovevo sembrare.. boh, una foca. Cioè, un foco. Tipo quando allo zoo c'è sempre quello stronzo che gli mette la palla sul naso.
-Dai, fatti aiutare.- Mi sorrise quando si rese conto anche lui che, con il mio metro e 60, non sarei mai e poi mai riuscito a prendere quella valigia. Per i miei standard era troppo in alto, ecco.
Gli porsi la mano per prenderlo, ma niente. Si era già avviato fuori trascinandolo con sé. Nel notare la mia confusione, si girò verso di me ancora più divertito di prima. Quando gli feci un cenno con la mano, addirittura, mi fece l'occhiolino. Mah. Bhè, se non altro.. mi strappò un sorriso. 
Ci avviammo fuori l'aereoporto. Semplicemente non avevo voglia di parlare, quindi rimasi zitto anche mentre, come bambini di cinque anni, giocavano a fare i ninja/cazzoni per non farsi notare. Ovviamente, senza rendersi conto che così, si stavano facendo notare il triplo.



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Girammo per la Grande Mela tutta la mattinata, eppure non concludemmo praticamente niente. Io ero ancora nervoso, loro erano ancora in vena di battutacce, e ovviamente l'atmosfera era sempre più pesante. Verso l'una - l'una e un quarto, arrivammo in albergo. Avevano tutti una fame cane, perciò optammo per un pranzo lì.
A "tavola" la converszione era praticamente morta.
-Che cavolo è.. questo?- Mi domandò Mikey, indicando un qualche nome italiano sul menù. Scossi il capo, perché non lo sapevo nemmeno pronunciare.. figuriamoci poi indovinare che cosa fosse.
-Non ne ho la più pallida idea.- Sbuffai, chiudendo il mio e poggiandolo sul tavolo, che tanto avevo già fatto. Niente di esotico.. non avevo nemmeno fame.
-'Dah, ma dove è finito il vecchio cibo spazzatura.- Scosse il capo, mentre ancora cercava di destreggiarsi fra gli incomprensibili nomi.
-Intendi.. tipo, McDonald's, hamburger e patatine?- Domandò Gerard, ridendo già sotto i baffi. Chissà che cazzo aveva pensato adesso.
-Sì, esatto!- Annuì il fratello. Probabilmente avevo una faccia disgustata, ma nemmeno me ne rendevo conto. Non per qualcosa, ma.. boh.
-Che hai tu?- Mi domandò Ray.
-Mh. Sarà che preferisce il pesce.- Scoppiò definitivamente a ridere. Che schifo. Come se fossi io quello che gli saltava addosso appena ne aveva l'occasione.. certo, l'avrei fatto, ma almeno io ci provavo ad essere.. normale.
Anche Ray sorrise. Almeno però non si stava letteralmente.. piegando in due. Aveva un minimo di rispetto ed evitava di scompisciarsi davanti all'interessato. Pareva che solo Mikey non l'avesse capita, perché si guardava intorno con un' aria confusa.
-Mikey, era.. un'allusione. Hai presente..- Tossì un po' nervoso. Se non l'avesse capita, non avrei proprio saputo come spiegargliela.
-Sì, Mikey, dai.. preferisce il pesce a..- Il grandissimo inventore della tanto divertente battuta, provò a mimare il concetto. Sembrava che suo fratello finalmente ci fosse arrivato, anche se non sembrava divertito. Anzi, tutt'altro.. sbuffò.
-Sembrava non dispiacesse neanche a te, però.- Replicò, tentando di mantenere un tono acido. Chissà perché mi difendeva, poi. Abbassai il capo nel tentativo di celare una risata, e mi alzai.
-Io vado. Se a fine pranzo avete trovato qualche altra battuta divertente, sarei grato che la teneste per voi.- Gli lanciai un'occhiataccia mentre raggiungevo camera mia. Che giornata del cazzo.



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-Dai, scusa, ho detto che mi dispiace!- Era tornato a rompere le palle dopo mezz'ora da quando me n'ero andato. Bussava alla porta chiedendo scusa.. come se valesse. Lo sapevo che non gli dispiaceva per niente.
-Ti giuro che vado alla reception e mi faccio dare le chiavi, idiota!- Urlò, continuando a picchiare sul legno. Altri venti minuti e avrebbe scardinato l'entrata. Decisi di non fare l'infantile (a differenza di "qualcun'altro"), quindi mi alzai e gli aprì la porta. Non gli rivolsi una parola. Semplicemente tornai fuori al balcone ad osservare l'ipnotico traffico della città.
Sentì i suoi passi sempre più vicini, e poi all'improvviso le sue braccia intorno ai fianchi. Chiusi gli occhi, tanto non mi poteva vedere, e sospirai.
-Ciao.- Mi sussurrò all'orecchio. -Hai finito di tenermi il broncio?- Sorrise. Non lo vedevo, ma lo sapevo. Riuscivo ad immaginarmelo lì, tutto soddisfatto di essere riuscito a farmi cedere ancora una volta, con un sorriso ebete stampato in faccia.
-Mollami.- Tutto sommato ero sembrato convincente, eppure, come suo solito, non mi ascoltò. Gli presi le mani, spostandole altrove. Per tutta rispostà mi abbracciò più forte di prima.
-Lo sai che non mi trattengo quando si tratta di dire stronzate.. non te la sarai mica presa..- Poggiò il volto nel mio incavo del collo. Mi girai di pochissimo. Qualcosa di praticamente impercettibile.. era giusto per guardarlo mentre lo diceva.
-Non è la battuta.. è tutto.- Riuscì a malapena a parlare. Avevo il fiato corto e il battito a tremila. Feci un respiro profondo.. o meglio, ci provai. Ma perché stavo così? perché?
Mollò improvvisamente la presa, allontanandosi di un po'.
-Mi dispiace tanto.- Arricciò le labbra, abbassando lo sguardo che prima puntava dritto verso di me. Quasi di riflesso, feci la stessa cosa, appoggiandomi alla ringhiera laterale del balcone. Nell'angolino, in pratica.
Mi venne incontro, poggiando la fronte contro la mia. Con le mani mi prese il volto, poggiando appena le labbra. E che fare? cedetti. Gli morsi il labbro inferiore, cosa che per qualche strano motivo lo fece sorridere. Poi continuò lui, ecco.
Interruppe bruscamente il bacio, senza però allontanarsi nemmeno di un centimetro.
-Se ti prepari.. tra un'oretta facciamo qualcosa solo io e te, da amici, dico. E poi.. magari sta sera ti porto a ballare, non lo so.-
-Lo sai che odio.. ballare.- Risposi col fiato corto.
-Non è che ti lascerò lì da solo. Staremo insieme, prometto!- Sorrise con una dolcezza che pensavo avesse perso. Mi sciolsi, letteralmente. Se me l'avesse chiesto con quel sorriso, sarei andato anche a spaccare pietre con la testa.
-..E va bene, ok.- Abbassai il capo, sospirando.
Rimanemmo così per qualche secondo. A me sembrarono ore, ma razionalmente sapevo che non era così. Mi diede un bacetto sulla fronte e poi si allontanò. Diede uno sguardo all'orologio da polso, stropicciandosi gli occhi.
-Sono le cinque. Alle sei ti busso e andiamo, ok?- Alzò nuovamente il capo, guardandomi. Non avevo la forza di rispondere in maniera troppo articolata, anche se avrei dovuto fargli mille domande. Annuì.
-Sì, ok..-
Fece un cenno imbarazzato con la mano, allontanandosi. Mentre era a metà stanza, si voltò bruscamente.
-Forse Mikey aveva ragione..-
-Su cosa?- Inghiottì il groppo che avevo in gola, spaventato dal fatto che magari avremmo cominciato un discorso serio.. per la prima volta, alla fine.
-Puzzo.. vado a docciarmi.- Ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle.



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La giornata era bella di una maniera assurda per essere quasi Dicembre. Ci avviammo verso Centeral Park con passo lento, forse per non sprecare la giornata a correre a destra e a sinistra.
-Ci sei mai stato qui?- Si voltò di scatto verso di me. Quasi sobbalzai.
-Umh? Eh? Io? Oh, no, mai!- Balbettai un po', ma pi tornai sul pianeta terra.
-Bene.- Disse togliendosi gli occhiali da sole. -Vorrà dire che ci perderemo!- Mi sorrise.. e, di nuovo, mi sciolsi. E non per l'inaspettato caldo.
-Perdersi in un parco..-
-E' un parco enorme!- Gesticolò mentre avevamo appena passato il cancello. Mi guardai un po' intorno. Gente ovunque. E sì, era veramente enorme. Notai un'insegna dorata: "Zoo".
-C'è anche lo zoo. Magari fai.. incazzare.. un toro..- Dissi indicandogli i capelli.Titubai un po' mentre parlavo, perché non ero sicuro di voler veramente fare quella battuta. Era veramente orrenda. Eppure, per quanto fosse triste, ridacchiò.
-Teniamoci lontani da qualsiasi cosa che abbia le corna, allora!-
-Te compreso?- Scoppiai a ridere. Mi stavo solo "vendicando" per prima. Era più che lecito. Non avevamo smesso di camminare senza una meta nemmeno per un secondo, quando all'improvviso si fermò.
-Simpatico..- Scosse il capo, avviandosi a passo veloce verso un sentiero che, a quanto pareva, era sconosciuto ad entrambi.
-Ehi, ma.. dove vai!?- Urlai. Si voltò verso di me facendomi l'occhiolino e cenno di seguirlo con la mano, quindi prese a correre su una strana salita, scavalcando il recinto che c'era alla fine della stessa. Per poco non cadde. Scossi il capo sorridendo, quindi decisi di seguirlo comunque.
Non so per quanto corremmo. Fu qualcosa di affannoso. Manco sapessimo dove andare, poi.. Solo dopo quelli che sembrarono dieci minuti, si fermò. Ancora con l'affanno, feci l'ultimo tratto di strada semplicemente camminando: non ne potevo più, seriamente.
-Ma.. dove..- Guardai davanti, e credetemi, penso di non aver mai visto niente di più bello. C'era una specie di laghetto di un turchese.. o qualcosa, non lo so. Ma comunque pulitissimo. Davanti si vedeva praticamente tutto il parco, con tanto di vista di alcuni grattacieli. Probabilmente lo avevano recintato proprio perché.. bhè, poteva essere un po' pericoloso per un bambino. Si sedette. Le gambe incrociate, le braccia tese e le mani con i palmi completamente appoggiati a terra. Il volto verso il cielo, come se stesse prendendo il sole.  Lo osservai da lontano e poi mi avvicinai.
-Fermiamoci qui.- Esclamò senza nemmeno aprire gli occhi.
-Okey.- Mi andai a stendere accanto a lui, cosa che fece anche lui, aprendo gli occhi solo quando, una volta steso, voltò il capo verso di me. Lo sapeva bene che effetto mi faceva, eppure insisteva, continuando a guardarmi negli occhi. Sentivo un groppo in gola assurdo, e in tutta sincerità, non sapevo cosa dire. Manco avessi visto lo Spirito Santo..
-Che c'è?- Sussurrò appena, notando il mio stato di agitazione. Deglutii.
-Niente, sto bene! Una favola..-
-Non si direbbe..- Tornò a guardare il cielo.
-No, sul serio, una meraviglia!-
-Voglio fidarmi..-
Chiacchierammo del più e del meno per un'ora intera. Sembrava che finalmente ce l'avessimo fatta a passare un pomeriggio da persone normali.
-Ehi, umh.. non è che hai l'iPod?- Domandò dopo appena qualche secondo di silenzio a discorso terminato. Annuì: lo portavo sempre con me. Frugai nella tasca dei jeans e glielo porsi.
-Verde?- Domandò arricciando il naso. In effetti era uno di quei colori orrendi che vanno negli occhi, non un colore.. normale. Sorrisi.
-Era l'ultimo!- Mi strinsi nelle spalle, quasi a scolparmi di quell'affronto. Scosse il capo sorridendo, mentre portò una cuffia all'orecchio e scorreva il menù delle tracce. Dopo un po', cliccò finalmente il tasto centrale.



http://www.youtube.com/watch?v=8pvHZ4ddR-4&ob=av2n




-Oh, andiamo, i Kooks? ma che razza di indie/hipster sei?- Scoppiò a ridere di gusto, e in effetti.. nemmeno io andavo troppo fiero di avere quella roba nella playlist.
-Andiamo, è carina!-
Cominciò a canticchiare le parole.. anzi, sembrava quasi che la conoscesse. Spessò si fermava perché non riusciva a trattenere l'impulso di ridere o sorridere, e trascinò anche me nella sua ilarità contagiosa. Appena ripresi fiato, mi venne in mente una domanda importante. Cioè, non importante.. più una curiosità.
-Gee, come.. come si scrive una canzone?-
Si grattò la punta del naso, sospirando. Probabilmente stava cercando di mettere le parole giuste insieme.
-Bhè.. non è che te lo posso spiegare.. ti viene così, no? parti da un'idea.. come ti senti, mh? cioè, è semplice.. anzi, no, però quando ci prendi la mano sì. Che c'è, vuoi metterti a fare il solista?- Ridacchiò.
-Mai, tranquillo!- Sorrisi.
Rimanemmo per guardare il tramonto, qualcosa di bellissimo. Anzi, per il contesto, la compagnia e tutto.. forse il più bello. Detto da uno che, appena può, si ferma a guardarlo è tanto. Cominciò a fare buio, e siccome il posto che aveva scelto era piuttosto lontano (ovviamente mica poteva essere una cosa semplice), ci avviammo fuori dal parco e chiamammao un taxi.
Durante il viaggio rimasi a guardare il finestrino. Mi accorsi, di tanto in tanto, che mi prendeva la mano. Non sapevo perché, ma avrei preferito di no.. non che mi dispiacesse, ma non volevo rovinare così la giornata. Alla fine era andato tutto bene, a parte l'inizio un po' burrascoso.



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http://www.youtube.com/watch?v=cdn8A2ojS0w



Entrammo in una stanza illuminata solo da luci colorate. Gente strizzata come sardine che tentava di ballare, alcool ovunque. Diciamo che non sembrava male, ecco.. se solo non fossi un tronco, quando si tratta di ballare.
Prese a muoversi accanto a me, sorridendo.
-Eddai, non muore nessuno! muoviti un po'.- Quasi quasi mi dovette trascinare, eppure dopo un po'.. bhè, lo ammetto, mi feci prendere.
La musica era tremenda, non conoscevo nessun'altro, faceva un caldo bestiale, eppure ero felice. Ero felice finché.. finché non arrivo una tipa. Bionda. Un metro e ottana o giù di lì. Gli picchiettò sulla spalla, e quando si girò a vedere chi era a chiamarlo le sorrise, raggiungendola.
Diciamo che rimasi lì da solo come un'idiota per due minuti buoni, quando mi resi conto di quello che probabilmente facevano. Tornò dopo poco. Tutto spettinato, mentre si aggiustava i vestiti, l'espressione stralunata e lei al seguito, che però svoltò completamente dall'altro lato.
-Fai schifo.- Me ne andai senza dargli alcuna possibilità di replicare. Mi feci strada fra svariate persone mentre cercavo di non esplodere mentre ero ancora in quel postaccio. Mi gettai letteralmente contro le porte e finalmente ero fuori. Mi avvia verso l'hotel.. l'unica cosa che volevo fare adesso era chiudermi in camera e stare solo. Basta. Era davvero, davvero troppo. Ripensandoci non sapevo perché ero incazzato. Il fatto che mi avesse lasciato cinque minuti lì da solo non era il problema.. ero.. geloso. Quando era sposato no, perché la tradiva con me e quindi sentivo che mi preferiva, ma adesso mi sentivo uno straccio. E perché?  bhe..
Ad un certo punto sentì di nuovo la porta del locale sbattere. Sapevo che era lui. Lo sapevo e basta.. chi altro poteva essere. Ne ebbi la conferma solo quando mi voltai e sentì la sua voce.
-Dove cazzo vai!? Idiota!- Urò dall'altro lato della strada, appena all'uscita dal locale.
-A fanculo! Ok?! Non mi seguire!- Cercai di celare le lacrime. Anzi, non tanto le lacrime, più che altro, mentre urlavo, cercavo di non fargli notare che piangevo attraverso il tono della voce.
-Ti odio!- Continuai.. missione fallita. Anche un'idiota se ne sarebbe accorto.
-Fai come vuoi!-
-Certo. Ci mancherebbe che facessi come vuoi tu!-
Stavo congelando, letteralmente. Eppure quello era l'ultimo dei miei problemi, perché.. solo in quel momento, quando era troppo tardi, avevo capito che lo amavo. Fine. C'erano voluti anni per realizzarlo ed accettarlo, ma era così. Non c'è altro modo per spiegare una sensazione come quella. La gelosia, tremare ogni volta che lo vedo, arrossire quando mi fa un complimento (anche stupido) e tutta questa situazione ridicola. Se non avessi provato niente, infondo mi sarei trovato una ragazza e l'avrei finita lì con tutta quella specie di.. "cosa segreta". E invece no. Mi faceva comodo, perché avevo una scusa per non dire a me stesso al verità, no? Odio l'amore. E odio dipendere da una persona, ma per quanto ne avessi paura era così, e non potevo farci niente.

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Capitolo 5
*** 5. Yep, she's a cute girl. ***


cuteee 5. Yep, she's a cute girl.





Arrivai in albergo dopo due ore. Non presi il taxi, ma comunque ce ne sarebbe voluta solo una, se non avessi continuato a girare in tondo. Strada facendo cominciò anche a piovere, e fu proprio per questo che mi diedi una mossa, altrimenti sarei rimasto a girovagare anche l'intera nottata.. pur non avendo una meta.

Entrai nell'hotel bagnato fradicio. Tutti i lavoratori che erano nella reception (bhè, c'erano soltanto loro a quell'ora) mi guardarono in cagnesco, ma non proferirono parola perché secondo loro, probabilmente, in quel momento eravamo i "clienti importanti". Questo è uno dei lati positivi dell'essere famoso.. sbrodoli acqua sulla moquette francese d'importazione di un albergo a cinque stelle e nessuno ti dice niente perché guadagni con un concerto più di quanto, quella cameriera che mi stava dando più fastidio di tutti, avrebbe mai potuto guadagnare in vita sua. Triste ma vero.
Mi precipitai in camera. Dopo una "breve" lotta contro la serratura, entrai. Diedi un pigro sguardo all'orologio a led sul comodino: erano le tre del mattino. Strano che non sia morto, a girare per i sobborghi newyorkesi a quell'ora.
Solo una volta arrivato in quell'ambiente caldo mi resi conto di quanto stavo gelando. Mi liberai di fretta e furia dai vestiti bagnati, gettandoli da qualche parte nel bagno e mi infilai nella cabina della doccia. Probabilmente per qualasiasi essere umano, acqua a quella temperatura era una follia.. ma io, col freddo che avevo addosso, la sentivo appena tiepida. Solo quando le dita tornarono al loro colore originale, cominciai a sentirmi bollire. Nel vano tentativo di chiudere l'acqua, inciampai sulla saponetta, e vaffanculo pure alle docce strette. Mi ripresi, portai la manopola ad una temperatura decente, e rimasi lì seduto per almeno venti minuti. La testa fra le mani, un po' appesantita da tutti i pensieri. Diciamo che per un po' ero ritornato allo stato animale: solo le esigenze primarie. Casa - Caldo - E sotto la doccia mi prese anche una fame del cazzo, ma il mio lato meno preistorico stava tornando.
Vorrei essere normale, a volte. Almeno a livello sentimentale. Vorrei una ragazza, ma poi ci penso e la mia vita, purtroppo, non la immagino con lei. Chiunque essa sia, ovvio. Mi sembra altamente inutile dire a chi finisco per pensare. E niente.. mi resi conto solo in quel momento che mi sarebbero cresciute le branchie, se fossi rimasto nella doccia ancora un po', e quindi uscì da quella cabina-killer, facendo tutta l'attenzione possibile per non scivolare anche per terra.
Non pensai a mettermi granché addosso, dopo la doccia. Mi sarei rotolato fra quattrocendoventordici strati di piumoni, piuttosto di mettermi un pigiama sfigato o un pezzo di tutta. Un paio di mutande sarebbe andato bene.
Nel vano tentativo di dormire, mi misi a letto.. e almeno per quel poco di tempo che restava alla notte prima che arrivasse il sole, addio.



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Come volevasi dimostrare, non trovai nemmeno un minuto di pace. C'era un silenzio tombale ed ero stanchissimo: tutti gli elementi per una di quelle dormite colossali, eppure niente. Fuori c'era silenzio, ma nel mio cervello c'era tutt'altro. Scene della serata che si ripetevano all'infinito, ancora la musica che mi bombardava la testa, il rumore della pioggia.. forse stavo impazzendo dopo la caduta di testa, però sì. Tutta quell'apparente quiete fu interrotta da dei passi pesanti provenienti dal corridoio. Sapevo chi era. Io, almeno, lo sapevo. Gli avevo detto di non seguirmi, e non l'aveva fatto. Sembrerò io il maniaco, ma questa è psicologia inversa. "Non seguirmi" = "Seguimi, non chiedo altro. Seguimi e chiedimi scusa, perché ti sei comportato di merda". Forse ragiono come una donna, ma non importa.
Il silenzio tornò, ma non per più di qualche minuto. Di nuovo i passi. Non si spiegava: lui era in camera.. se prima era qualcun'altro, chi? chi era in giro a quell'ora?
Trovai la risposta a tutti i miei dubbi non appena vidi la porta aprirsi, facendo passare un fastidioso spiraglio di luce. Cercai di trattenere le lacrime (o per lo meno nasconderle), e mi girai verso il balcone. Non disse nemmeno "ciao". Semplicemente si andò a sedere sulla poltrona appoggiata contro il muro.. per fortuna, così non sarei stato costretto ad avere il suo sguardo addosso.
-Vai via.- Sussurrai appena.
-Non riuscivo a dormire.-  A quel punto mi voltai a guardarlo, per quanto sarei riuscito a vedere nel buio. Scorgevo appena i contorni del suo volto, che risplendevano di luce bianca/bluastra. Era raggomitolato sulla poltrona: le gambe strette al petto e la testa appoggiata fra le ginocchia.
-Bhe, non ci hai provato abbastanza. Vai.- Solo in quel momento mi resi conto che non sarei riuscito a sopportare la sua presenza lì per troppo. Sarei esploso. Avrei comicniato a piangere, mi avrebbe abbracciato, e gliel'avrei data vinta.
-Giuro che non ti annoierò. Sto qui in silenzio.-
-Okey.- Sbuffai. Non che mi fidassi, ma tanto non se ne sarebbe andato mai.. e non avevo voglia di cominciare a fare questioni. Non a quell'ora. Non in quel momento. Sobbalzai quando le ante del balcone si spalancarono all'improvviso. Per troppa pigrizia non mi alzai a chiuderle, tanto stavo bene. Il problema era lui, che, pigro quanto me, pur di non alzarsi se ne stava lì a battere i denti mentre provava a riscaldarsi con le mani.
C'era qualcosa in me che non andava bene: più mi trattavano male, più ero buono. Alzai le varie coperte, picchiettando sul materasso nel tentativo di fargli capire, senza dover parlare, che volevo si stendesse. Non se lo fece ripetere due volte, così si precipitò a letto. Tornai a girarmi dall'altro lato, proprio verso il terrazzino.
-Grazie.- Mi abbracciò, baciandomi sul collo.
-Voglio che mi lasci stare.. basta.- Lo spintonai via: sembrava quasi sconvolto.
-Che c'è di male?- Se prima era steso, si sedette, appoggiando la schiena contro la testata del letto.
-Oh, niente, figurati!- Scossi il capo cercando di mantenere un tono sarcastico. Sbuffò. -Pensaci, sul serio.- Continuai dopo cinque minuti di silenzio.
-Bene. Buonanotte.-
-'Notte.-
Finalmente chiusi gli occhi. O meglio, si chiusero praticamente da soli. Avevo le palpebre appesantite e poca voglia di rimanere lì, consapevole del fatto che era accanto a me eppure non avrei potuto nemmeno parargli. Cioè, avrei potuto, sì, ma se fossi stato buono.. non avremmo concluso niente. Ed io ero stanco. Stanco morto.



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Improvvisamente mi trovai rinchiuso in quella stanza. L'ansia cresceva. Giravo a destra e a manca senza rendermi conto che non c'era modo di uscire. Le finestre sbarrate e le porte chiuse a chiave. Così andai in panico e mi svegliai. Ero sudato da far schifo. Odio quel genere di sogni che significano qualcosa e ti coinvolgono realmente.. Perché questo non poteva essere un caso. Qualcosa doveva pur voler dire.
Ripresi fiato, senza purtroppo smettere di pensarci nemmeno per un secondo. Diedi uno sguardo all'orologio alla mia destra: erano le cinque del mattino e, tanto che ero stanco, persino la luce rossa sul monitor di esso mi dava agli occhi. Sopirai, e quando portai lo sguardo a sinistra, notai che non c'era più.
Mi lasciai sprofondare tra i cuscini. Alcuni ancora avevano il suo odore: caffè più un qualche profumo da uomo buonissimo. Chiusi gli occhi, respirando quella fragranza a pieni polmoni più che potevo. Rimasi lì a girarmi e rigirarmi fra le coperte per almeno un quarto d'ora, manco fossi una teenager che fantastica sul ragazzo che le piace. Presi una t-shirt da terra e la infilai.  
Mi alzai, controllando inconsciamente le finestre, ancora in preda al terrore. Mi precipitai alla porta, e fortunatamente riuscì ad aprirla. Così mi trovai nel lunghissimo corridoio dell'albergo senza nulla da fare (e senza pantaloni, ci terrei a specificare). Bussai alla porta di camera sua, perché come al solito non riuscivo a far finta di essere arrabiato nemmeno per una sera intera, ma nessuno rispose. Mentre stavo per bussare a Mikey, cominciai a sentire delle voci.
-Ti ho detto che non ho idea di dove possa essere!- Era Ray, inconfondibile. Il suo solito tono troppo alto anche quando cerca di sussurrare, l'avrei riconosciuto ovunque.
So che origliare è una cosa tremenda, ma se fossi entrato, temevo che avrebbero cambiato argomento. Ed io sapevo che parlavano di lui. Lo sapevo per certo. E per quanto non volevo pensarci, mi importava troppo.
-Bhe, nemmeno io!- Urlò per tutta risposta Mikey. Sembrava quasi agitato.. e Mikey agitato non è una cosa da tutti i giorni. Di solito è lui che, quando sei agitato, ti viene a dire due parole carine. Certo, lo capivo.. era suo fratello. Se sono preoccupato io che sono solo un coglione innamorato, figuriamoci lui, che gli era legato sin dalla nascita.
-Chiedi al suo amichetto,no!?-
E che credete, ragazzi? sapevo per certo anche che "l'amichetto" ero io. Bussai. Non mi piaceva che la gente parlasse di me mentre non c'ero, così pensai bene di interromperli. Tutt'a un tratto, fecero bruscamente silenzio. Uno dei due sbuffò, e ad aprirmi arrivò Mikey.
Aveva un espressione preoccupatissima e due occhiaie che non avevo mai visto. Non sul suo volto, almeno. Sembrava quasi che avesse pianto, per quanto aveva gli occhi rossi. Ma perché? dov'è il problema? E' tipico di Gerard scomparire a suo piacimento appena le cose si fanno un po' complicate.. anche se un giorno si troverà all'incrocio fra tutto quello che ha evitato e la strada per scappare, e purtroppo, sarà costretto a percorrere la prima. E' inevitabile. Non si corre via dal destino.
-Oh, emh.. ciao.- Probabilmente era a disagio. Guardò subito in basso, grattandosi il capo.
-Ciao.- Cercai di sorridere per metterlo a suo agio.
-E' scomparso mio fratello.- Mi rispose come se niente fosse, e finsi di non saperlo già.
-Ah.- In quel momento mi passarono per la testa centomila scene diverse. Avevo una mezza idea, sì, però non volevo darlo troppo a vedere.
-Tu sai dov'è?- Domandò il riccio, che intanto era andato a sedersi. Entrai in camera, appoggiandomi alla scrivania. Non mi accomodai troppo perché sapevo che, per com'ero fatto, fra cinque minuti a quella parte, sarei già andato a cercarlo.
-Bhe, penso di saperne qualcosa.- Sospirai, cercando di evitare il suo sguardo inquisitore. Sapevo che non c'entravo niente, e non era giusto che mi facesse sentire in colpa anche se non me lo meritavo.
-C'entri tu? Frank, rispondi seriamente. Mi ha mandato un messaggio.. brutto. Non vorrei che facesse qualche stronzata, perciò se ne sei la causa, ti prego, dimmelo.- Senza troppi giri da parole. Andò dritto al punto. Era suo fratello, ma non lo conosceva abbastanza. Non conosceva il suo lato stronzo.. non come lo conoscevo io.
-No. O almeno non credo.- Mi avviai già verso la porta, comicniando ad armeggiare col pomello. -Vado a vedere dov'è, così una volta per tutte la smetterete di pensare che io sia la causa di tutti i mali di questo mondo.- Continuai. Come al solito, ogni volta che litigavamo, ci passavano di sotto tutti. Perché io pativo, così mi arrabiavo. Lui faceva il problematico. Io non resistevo e andavo a cercarlo, e così, agli occhi di loro due, la vittima era lui ed io il carnefice. E finiva così ogni volta.



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All'alba, il "posto segreto" era ancora più bello. New York era deserta, quindi il paesaggio si faceva ancora più surreale. Le enormi strade che il giorno prima erano così caotiche, sembravano completamente svuotate. Il parco, dopo la lunghissima pioggia, era bagnato da una rugiada che non si sarebbe asciugata per molto. Le luci pubblicitarie o le insegne dei locali erano spente, e sembrava quasi che la città che non dorme mai si fosse addormentata. Devo dirlo, girare in tutta quella desolazione mi aveva messo una certa angoscia addosso, che sommata a tutto quello che stavo passando, era il colmo di tutto.
Sapevo di trovarlo lì, e quando scorsi la sua chioma rossa, rimasi sollevato. Sollevato per lui, ovvio.. per un attimo avevo pensato il peggio, anche se non avevo nemmeno letto il tanto famoso messaggio di cui parlava Mikey, non penso si potesse riferire a.. qualcos'altro. Da un lato, però, non ero poi così contento di vederlo. Mi prese un groppo assurdo allo stomaco. Era consapevole del fatto che l'avevo visto, eppure fu lui a non parlare, questa volta. Fumava, come ogni volta che era nervoso. Si voltò a guardarmi, portando la sigaretta alle labbra. Tornò con lo sguardo verso l'orizzonte, sbuffando via il fumo inalato. Mi andai a sedere accanto a lui con le gambe incrociate. Camminai piano, quasi sulle punte, pur sapendo che ormai mi aveva visto. Rimanemmo in silenzio per mezz'ora a guardare l'alba. E fu la mezz'ora più lunga della mia vita, seriamente: l'unica cosa che si sentiva erano gli uccelli cantare. Se facevi un po' più di attenzione, anche il mio respiro appesantito. Il suo era quasi un sospiro.. si notava appena. E credetemi, in quel momento, volevo soltanto che cominciasse a parlare. Non sapevo cosa pensava e non sapevo cosa pensare.
Notai che prese fiato, e per qualche secondo interminabile, cominciai a sperare che finalmente avremmo risolto tutto.
-Bhè, sai, ho fatto come dicevi tu. Ci ho riflettuto.-
Persi un battito. Mi girava la testa da far paura, un po' per il sonno, un po' per il freddo, un po' per la vicinanza, un po' per tutto. Avevo le gambe pesantissime.. sentivo praticamente che, se la situazione lo avesse richiesto, non sarei riuscito ad alzarmi. E tremavo. Tremavo un sacco, eppure questa volta il freddo non c'entrava. Non c'entrava niente.
-E.. cosa.. cosa hai capito?-
-Niente.- Fece spallucce.
-E continuerai così all'infinito?-
-Suppongo di sì. Se non capisco, non capisco.-
Annuì. Non c'era niente da fare. Tentai di alzarmi, e, con l'aiuto delle braccia, ce la feci. Comicniai ad allontanarmi un po', quindi, mi ricordai il vero significato di quella visita. Mi voltai verso di lui, e anche se non lo vedevo in faccia, rimasi a fissarlo per qualche secondo. Chiusi gli occhi, mentre sospiravo nel tentativo di trovare le parole giuste.
-Sappi che ti stanno cercando tutti. Quando hai finito di fare la ragazzina, torna.-
Così andai via. Tutte le speranze di riuscire a fare una conversazione seriae di avere una vita relativamente normale, andarono in frantumi. Mi feci prendere dai soliti pensieri.
Dovevo dimenticarlo, per quanto dimenticare fosse impossibile. Dimenticare tutte quelle notti invernali troppo fredde per essere passate da soli e quelle sere d'estate troppo belle per essere sprecate a dormire. Quegli sguardi che solo noi possiamo capire e quegli sguardi che, purtroppo, non capisci. E poi i baci, le carezze, i sospiri. Quei momenti che speri non finiscano mai e quei momenti in cui capisci che l'infinito, paragonato ad uno di quegli attimi in cui ci apparteniamo, non è niente. L'infinito è relativo. Non lo puoi immaginare, eppure io penso di averlo trovato in uno di quegli istanti in cui ho il tuo fiato sul collo e le tue mani sulla schiena, perché quando in quel silenzio sento la lancetta scoccare, non me ne capacito che sia passato solo un secondo. Allora capisco che io, il tempo, quando lo passo con te, ce l'ho in mano. Passo e chiudo.



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Feci colazione in un bar, siccome era da ieri che avevo fame e non ero riuscito a mangiare niente. Assurdo come ogni esigenza, per quanto fondamentale, passi in secondo piano quando sei innamorato di qualcuno. Preferisci andare su una collina del cazzo per assicurarti che stia bene, piuttosto che dormire (almeno per una volta) fino alle dieci del mattino e strafogarti nel caldo di casa tua. Casa, poi.. nel caldo di una suite d'albergo, che forse è ancora meglio, con tutti i comfort possibili ed immaginabili. Mi sedetti davanti ad una tazza di thè ed un cornetto, e fra un sorso e un morso, mandai un messaggio ai due. Così, forse, avrebbero smesso di preoccuparsi. Avrei anche potuto dirglielo a voce, ma chi aveva voglia di tornare in albergo? e alla fine, chi aveva voglia di dirglielo davvero?
Rimasi lì per un po', finché non aprirono i negozi, almeno. Non mi andava di girare per una città deserta, per quanto fosse bella, dopo un po' diventava piuttosto noioso.
Alle undici in punto lasciai il bar, avviandomi chissà dove. Mi tornarono alla mente varie immagini del sogno, che, per quanto corto fosse stato, mi continuava a passare davanti agli occhi, manco fosse un film. Cercai una libreria, e, benedetta sia New York, ne trovai una a pochi passi. La "Grande Mela" era appena diventata l'"Enorme Mela", almeno per me. Sospirai, chiudendo gli occhi prima di attraversare, e poi entrai timidamente.
Mi avvia verso la sezione "Psicologia e Sociologia", e trovai che non c'era nessun'altro. Questo mi fece sentire ancora più un coglione, come se stessi dando di matto. Girai fra gli scaffali finché non trovai l'autore ed il libro che mi interessavano: Freud, "L'interpretazione dei sogni". Non persi tempo, a dirla tutta. Cercai nel sommario la parola più adatta a descrivere il mio sogno, e lessi fra le righe. Tuttavia, mi bastò leggere veramente poco per trovare quello che mi interessava:

"Nella vita può capitare di essere prigionieri dei propri sentimenti, cioè legati, e quasi intrappolati, a persone a cui non si dovrebbe esserlo."
Dire che mi ci ritrovai sarebbe poco. Chiusi di scatto il libro e trovai davanti a me una ragazza dai capelli rossi, più alta di qualche centimetro. La cosa mi mise subito a disagio, così la guardai da capo a piedi. Fortuna che aveva i tacchi..
-Ehi, ciao!- Mi sorrise. -Non avrei mai pensato di trovare qualcuno qui.. non a quest'ora. Che leggevi?-
'Dah, Newyorkesi.. sempre così amichevoli. Come si fa a non rispondere o a rispondere male ad una persona che si comporta in maniera così carina?
-Umh, Freud.- Annuì, sorridendo a testa bassa.
-Comunque scusa se ti ho fermato così all'improvviso! Sono Emily, piacere.- Mi porse la mano sinistra, anche se, a giudicare dal fatto che teneva i libri con la destra, forse non era mancina. In quel momento mi sentii un deficiente. Invece di presentarmi, cercavo di capire che mano usa?
Senza troppi problemi, le porsi la mia, stringendogliela. Aveva lo smalto di un viola scuro, sul prugna. E le mani calde.
-Frank, piacere mio!-
Afferrò uno sgabellino che probabilmente serviva più che altro ad "arrampicarsi" per prendere i libri più in alto e ci si sedette sopra, segno che quello non sarebbe stato un incontro casuale.
-E come mai proprio "L'interpretazione dei sogni"?-
Sorrisi. Non c'era motivo, ma fra me e me ero contento che qualcuno non mi avesse riconosciuto e mi parlasse come se niente fosse. Erano secoli che nessuno mi fermava semplicemente per fare due chiacchiere, specialmente una ragazza. Una ragazza carina, anche.
-Diciamo che sono un po' incasinato.- Feci spallucce, sistemandomi comodamente a terra con la schiena contro uno scaffale. Emily annuì solo.
-Bhe, ti capisco. E' assurdo, mi conosci da cinque minuti, ma se ti va di parlarmene sono qui, infodno è il mio lavoro.-
Strano, ma mi mise subito a mio agio. Decisi di confidarmi su tutto. Cioè, "tutto".. forse proprio no. Con le necessarie censure, ovviamente.
-Sono innamorato, ma non penso che la persona ricambi..- Abbassai il capo, giocando con le maniche della enorme felpa che indossavo. -Diciamo che mi usa a suo piacimento ed io non faccio niente per impedirglielo.. Un classico..- Continuai. Aggrottai le sopracciglia, perché solo in quel momento mi domandai perché "era il suo lavoro".. forse era una psicologa o qualcosa del genere.
-Già.. bhe, detto così suona male, ma dev'essere proprio una bella ragazza se le permetti di usarti così!-
Mi si disegnò un sorriso amaro sul volto, a quell'affermazione. Tornai a guardarla, scuotendo il capo.
-Già, è proprio una bellissima ragazza..-




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Salveee *w* Non c'è molto da dire su questo capitolo, solo due cose.
Comicniamo da quella meno importante, ngng.
Se qualcuno volesse leggere il capitolo un po' come l'ho immaginato, allora ascoltasse queste quattro canzoni, che mentre scrivevo, mi hanno perseguitata (anche se penso che la quarta la conosciate tutti). çwç (1,2,3,4.)
Poi, un'altra cosa.. il volto di Emily è questo. Non penso che importi a nessuno, però boh.. :c Mi andava di dirvelo. Ah, e dedico questo capitolo a quella poverella di Mariachiara,c che è appena finita in ospedale.. çwç rimettiti presto. e.e
Detto questo, cieo. <3
Baci, xMN.

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Capitolo 6
*** 6. Shut up, Snooki. (reupload) ***


porcoddio
Okey, so che sto aggiornando ad una velocità impressionante e troppo spesso, ma domani parto, così volevo lasciarvi con un capitolo prima di andare. :3 Basically non ho molto da dire. Lo so, la scena lemon ci stava, ma alle otto del mattino ho il treno e devo ancora fare le valgie.. non avrei avuto il tempo di idearne una ben strutturata. °w°
NO, DIMENTICATE. SONO ANCHE TORNATA DA QUESTO MALEDETTO VIAGGIO E DOPO CINQUE ORE DI TRENO PERCHé UNA TESTA DI MINCHIA QUALSIASI HA FATTO SCOPPIARE LA CASA SUI BINARI, SONO QUI. ARGH.
In pratica sono arrivata, ho riletto, e.. non mi piace più il finale. çç Così ho deciso di cambiarlo un po'. O meglio, cambiare il modo in cui l'ho scritto, non tanto il contenuto. :3 Dunque, se l'avete già letto, inutile rifarlo. E' un re-upload, diciamo. A presto. e.e
Ps: Alla fine sono stata una deficiente. <3 Non ho modificato quasi nulla e non ne valeva la pena.. purtroppo avevo già eliminato il capitolo *shame on me*
Baci, xMN.




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6. Shut up, Snooki.




Non riuscivo a ricordare quanto tempo era passato dall'ultima volta che stavo flirtando così sfacciatamente. Con una ragazza, intendo. Sfortunatamente mi trovavo sempre più spesso a fare complimenti che non si meritava ad una certa "testa rossa". E non parlo di quella di Emily, no. Chiacchierammo per ore, e purtroppo, arrivò quel momento.
-E tu che fai nella vita, mh?-
-Il chitarrista..- Annuì fra me e me, grattandomi il capo mentre le mie labbra si lasciarono sfuggire un sospiro.
-Oh, wow!- Sorrise. Le si illuminarono gli occhi, il volto, tutto. Ed in quel momento, ai miei occhi, sembrò ancora più carina. -Ed è una cosa molto underground o più internazionale?- Domandò, portando una ciocca dei suoi capelli scarlatti dietro l'orecchio.
Presi a ridacchiare, alzando il capo per guardarla. Con un sorrisone, le risposi.
-Oh, a dire il vero suoniamo in dei piccoli locali! Addirittura l'altra sera c'erano solo tre spettatori, e due di loro erano casuali. Penso che il terzo fosse ubriaco.- Feci spallucce. Era divertente riuscire ad essere autoironico, almeno con qualcuno. Aggrottò le sopracciglia. Una smorfia fra il contrariato ed il dispiaciuto le si disegnò in volto.
-Bhe, ma allora dev'essere davvero una passione! Io però scommetto che sei bravo, a giudicare da quelle..- Mi sfiorò per un secondo la punta delle dita. Ehi, siamo già arrivati al contatto fisico? Cominciai a gongolare come un deficiente, perché.. era bello sapere di piacere a qualcuno.  Così sorrisi, di nuovo. Ed erano secoli che non sorridevo così spontaneamente.
-Ems, bella, io.. a dire il vero scherzavo!- Mi grattai la guancia senza un preciso motivo. Fu quasi un riflesso.
-Oookey, quindi questo è il momento in cui devo indovinare in che gruppo suoni?- Domandò un po' perplessa, mordendosi il labbro inferiore.
-Se proprio ti va!- Arricciai le mie, di labbra, provando a sgranchirmi le gambe. Lei intanto era completamente concentrata.. forse era vero che non ne aveva la più pallida idea. Si alzò all'improvviso dallo sgabellino, dirigendosi chissà dove.
-Ehi, ma.. dove vai?!- Le domandai tentando di alzarmi. Si voltò a guardarmi, facendomi cenno di seguirla. Oh, quel comportamento mi ricordava così tanto una "certa persona"..
Ci trovammo nella sezione "CD e Musica", e cominciai ad avere una mezza idea di cosa volesse fare. Eh no, Emily, niente CD con noi in copertina. Questo mi fece scappare un sorrisetto che probabilmente lei non percepì. Ci aggiramo fra gli scaffali per due o tre minuti, finché non ebbe l'"illuminazione".
-Sei questo qui!?- Domandò indicando un tizio di profilo che effettivamente mi assomigliava. Cioè, poco, ma.. bel tentativo.
-Proprio no..- Scossi il capo, guardandomi in giro. Trovai in quel momento la "M", e scorsi la sgargiante copertina di "Danger Days".
-Vieni, ti porto sulla strada giusta..- Sorrisi, scortandola fino all'enorme scaffale. Si passò le dita fra i capelli con un espressione quasi shoccata.
-Oh, Gesù..- Sospirò.
-Andiamo, mi fai calare l'autostima!- Ridacchiai, mentre lei mi sorrise, quasi come se volesse scusarsi. Chiuse gli occhi, cominciando a muovere il dito a caso. Si fermò su un CD di un gruppo mai sentito prima, ma che era proprio sopra "The Black Parade". Le presi la mano, portandole il dito proprio sull'omino in copertina.
-Eccoci qui, Milady.-
-Se ti dico che non vi ho mai ascoltati in vita mia ti arrabbi troppo?- Domandò ridacchiando, mentre prese il disco fra le mani leggendo i nomi delle varie tracce.
-Umh, no, anzi.. ti capisco.- Mi ritrovai a guardarla, quasi incantato. Il suo sguardo non incontrò il mio nemmeno per un secondo, in quel momento.. meglio così, cerdetemi. Sembravo proprio un ritardato: le labbra socchiuse, gli occhi sgranati.. insomma, non era una bella scena. E avevo voglia di rivederla. Tanta. E non sapevo nemmeno spiegarmi il perché.. non avrei voluto usarla per non pensare a lui, ma purtroppo non potevo fingere: non ero innamorato di lei. Era una cotta. Per spezzare il filone dei miei pensieri, cercai di dire qualcosa.
-Quindi, ricapitolando.. sono Frank. Faccio il chitarrista a tempo pieno, leggo Freud a tempo perso, e sono un coglione a tempo indeterminato.- Feci spallucce, porgendole la mano come se fosse la prima volta che la vedevo. A dire il vero, avevo solo voglia di sentire di nuovo il candido calore del suo palmo e la stretta affettuosa delle sue dita. Mi sorrise, guardandomi da capo a piedi. Porse anche lei la mano, stringendo la mia mentre la faceva ondeggiare su e giù.
-Ed io sono Emily. Faccio la psicologa a tempo pieno, la scrittrice a tempo perso, e.. sono cotta di uno conosciuto da cinque minuti in una libreria a tempo indeterminato.- Sospirò, facendo un sorriso amaro mentre abbassava il capo. Io, dal mio canto, non potevo essere più sorpreso di così. Deglutii, feci un respiro profondo, e sperai tanto che non mi puzzasse troppo l'alito. Con la mano le presi delicatamente il volto, poggiando la fronte contro la sua. Chiusi gli occhi e premetti le labbra contro le sue di un rosso fuoco. Per la prima volta dopo tanto tempo, sentii un sapore completamente sconosciuto. Ero stanco del solito bacio di sfuggita di Gerard e dei tanti sensi di colpa che portava, così,  quando mi trovai a poter finalmente stare lì quanto mi pareva ad abbracciarla, baciarla, coccolarla, subito mi sentii sollevato. Sapevo che infondo, per una volta, nessuno mi avrebbe potuto dire niente.
Quando si allontanò da me, subito ridacchiò. Non capii perché, ma dopo mi resi conto che ero pieno di rossetto.. e sì, scoppiai a ridere.
-Non osare ridere!- La minacciai scherzosamente, anche se il primo ad essere divertito ero io.
-Ti accompagno in bagno..- Scosse il capo mentre cercava di celare un sorriso e si avviava verso il bagno con la mia mano stretta nella sua. Io dico che ho fatto colpo, oh.



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Ci scambiammo i numeri e decidemmo che quella sera sarebbe venuta a trovarmi in albergo. Poi mi toccò tornare. Non sapevo precisamente cosa avrei fatto, come l'avrei detto a tutti.. forse non gliel'avrei detto. O meglio, non ancora.. per una volta potevo fare il misterioso anche io. Quando Mikey si fidanzò con Alicia, ce la fece conoscere solo cinque mesi dopo.. io chiedevo solo due o tre giorni per dargli la notizia.. era troppo?
A passo piuttosto veloce mi avvia verso il Bryant Park Hotel. S'era fatta l'una e un quarto, quindi ormai le strade erano colme di gente. Mi fermarono due o tre volte fra foto e autografi, ma questo non fece altro che rendere la mattinata ancora più piacevole. E' sempre bello quando ti riconoscono, perché pensi a quando suonavi nel garage dei tuoi genitori e ti dicevano di "smetterla con quella robaccia". E' in quei momenti che ti rendi conto di tutta la strada che hai fatto e nemmeno ti sembra vero. Non appena arrivai di fronte all'imponente facciata dell'albergo, esitai un po' prima di entrare. Valutai tutte le possibilità che avevo e persino girare per tutta la città con cinque dollari in tasca fino al giorno del concerto si presentava come una chance più allettante.. eppure mi rendevo conto che, fisicamente, era impossibile. Sbuffai e mi feci "coraggio", gettandomi contro la porta girevole nel tentativo di aprirla senza sfilare le mani dalle tasche.
Mi beccai qualche occhiataccia dal portiere, poiché effettivamente non facevo altro che entrare e uscire da quel maledetto hotel, e poi mi trovai nella hall, dove vidi i ragazzi seduti a leggere riviste idiote. Probabilmente era per perdere tempo.. sapevo che il gossip non interessava a nessuno dei tre. Specialmente perché, quando lo vivi sulla tua palle, ti rendi conto di come ci si sente a vedere i fatti propri sputtanati davanti al mondo intero e ci perdi gusto. Mi andai a sedere sul bracciolo del divano a tre posti che occupavano, ricavandomi così un piccolo spazio. Il povero Ray, che era il malcapitato che era seduto accanto a me, sobbalzò quando si accorse che ero arrivato. Si alzò e lasciò cadere la rivista sul divano.
-Oddio santissimo, si saluta!- Sbuffò, spostandosi sulla poltrona proprio accanto all'altra estremità del sofà.
-Che fai, ci spii?- Domandò il rosso, allontanando lo sguardo da una rivista da donna. S'era soffermato su un articolo che trattava di "tonificare i glutei" con tanto di foto di chiappe. Chissà perché.
-Che fai, hai bisogno di porno?- Replicai in tono altrettanto acido. Mi ero finalmente reso conto che dovevo farmi valere. Un minimo, almeno.
-No, stavo pensando di andare un po' in palestra. Dovresti farlo anche tu, hai il culo sceso.- Annuì fra sé e sé con una smorfietta in volto. E nemmeno adesso riesco ad odiarti, fidati.
-Quando avete finito di comportarvi come se fossi al Jersey Shore, ci fate uno squillo. Noi andiamo in giro.- Mikey si alzò con un espressione contrariata, facendo cenno a Ray di seguirlo. Si allontanarono di poco.
-Andiamo, non fate gli idioti!- Quasi urlò, come se si fosse dimenticata che eravamo in un hall piena di altra gente. Gente con la puzza sotto il naso, tra l'altro.
-Zitta, Snooki.- Finalmente suo fratello lo azzittì. O meglio, finalmente qualcuno lo azzittì. Nessuno lo aveva mai fatto in maniera così diretta perché tanto alla fine era risaputo che Gerard aveva sempre l'ultima parola. Sempre. In pratica, dopo un po' ti abituavi e nemmeno ci provavi più.
-Perfetto, adesso mi tocca passare una giornata con il chiappemosce qui presente.- Sbuffò, alzandosi. Raggiunse l'ascensore e questa volta lo seguii a passo veloce. Più che altro ero arrabiato. Avrei voluto spaccare qualcosa, ma siccome qualsiasi cosa lì dentro costava più di un occhio della testa, l'unica alternativa era sbattere i piedi. Non appena arrivai le porte meccanizzate si aprirono, svelando l'interno di moquette verde e legno dell'ascensore. Entrai nella cabina e quando le porte si chiusero, cominciai a liberare parte della rabbia che mi tenevo dentro da giorni.
-Che cazzo di problema hai con me!? perché non mi cacci dalla band se proprio non mi sopporti? così non sarai costretto a passare le nottate a dormire accanto alle mie chiappe mosce, che dici?- Fortunatamente nessuno poteva sentirci in ascensore, e siccome eravamo soli, cominciai ad urlare.
-Wo, Frankie, bello, sta calmo.- Si appoggiò contro il freddo legno scuro, guardandomi da capo a piedi con un sorrisetto disegnato sulle labbra. Sembrava che la mia rabbia lo divertisse. Riuscivo a malapena a trattenere l'impulso di triargli un pugno in faccia. Tutto quel nervosismo dovevo pur sfogarlo, in qualche modo, e così incominciai a piangere senza nemmeno volerlo. Questa volta non c'era modo di nascondermi. Ero lì, di fronte a lui. E mi vedeva perfettamente. Abbassai il capo, singhiozzando, ma questo lo rese solo più ovvio.
Non so precisamente come si sentì in quel momento. Forse a disagio, ma forse ci rimase male veramente. So solo che in quel momento si avvicinò, abbracciandomi. E quello era un abbraccio sincero, avrei potuto giurarci. Purtroppo fu interrotto dal sonoro "ding" dell'ascensore, che segnava l'arrivo al ventiquattresimo piano. Quanto avrei voluto essere al cinquantesimo per non interrompere quel momento, nemmeno potete immaginarlo.
Quando le porte si aprirono, però, non si allontanò. C'era un tizio barbuto che ci osservava fumacchiando la sua pipa e ad un certo punto tossì. Forse per indicarci di uscire perché l'ascensore serviva a lui, forse perché era una scena imbarazzante, forse perché si era sputtanato i polmoni e furia di pippare come un dannato. Forse tutte e tre contemporaneamente. Anche solo il pensiero mi fece ridere, così come la sua espressione contrariata non appena incrociai il suo sguardo. Dunque, picchiettai sulla spalla di Gerard e lo invitai a staccarsi.
-Gee.. il signore..- Gli sussurrai all'orecchio, ma niente. Mi strinse ancora più forte e poi si staccò di colpo, prendendomi il volto fra le mani e baciandomi le labbra in una frazione di secondo. Fu talmente veloce che si sentì anche il tipico "schiocco". A questo punto, il signore che non si era mosso nemmeno di un centimetro, aveva l'espressione di uno che è appena stato sodomizzato con una candela. Scherzosamente, nell'uscire dalla cabina, Gerard gli mandò un bacio. Stavo quasi per collassare dal ridere, eppure mi dovetti trattenere. Strano che, con l'età che ho, mi facciano ancora ridere gesti che al massimo potevamo permetterci di fare da adolescenti.
Ci allontanammo lungo l'infinito corridoio, e all'improvviso, interruppe il silenzio.
-Lo sai che scherzavo, no?- Mi domandò, voltandosi a guardarmi mentre la sua mano cercava la mia. La ritirai immediatamente: mi tornò alla mente Emily ed il fatto che non volevo fare il doppio gioco ancora prima del primo appuntamento.
-Su cosa?- Deglutii non appena cominciò a carezzarmi la schiena.
-Non hai le chiappe mosce.- Improvvisamente scese, dandomi una sonora pacca sul sedere. Sobbalzai, perché non è una di quelle cose che ti aspetti. Non che ci si possa aspettare qualcosa da lui, ovvio. Scossi il capo e mi avvicinai da solo alla porta di camera mia, cercando le chiavi nella tasca dei pantaloni.
-Eddai, non fare il verginello paranoico..- Mi abbracciò da dietro, mentre, completamente nel pallone, continuavo a cercare le chiavi. Solo in quel momento mi resi conto che effettivamente non c'erano: probabilmente avevo chiuso la porta sbattendola e le avevo dimenticate dentro, quella mattina. E si può ben comprendere come cosa, siccome non stavo proprio andando a fare una passeggiata. Poggiai la fronte contro il legno dell'entrata, completamente senza forze. Sospirai ad occhi chiusi nel tentativo di non farmi prendere da una crisi di nervi. Le copie delle chiavi ce le scambiavamo fra noi, e la mia ce l'aveva Mikey. Ergo, non sarei potuto entrare in camera mia finché non fosse tornato, siccome la reception non aveva un terzo colone.
-Che c'è ora?- Mi domandò sussurrandomi all'orecchio.
-Ho dimenticato le chiavi dentro.- Cominciai a prendermi a testate sullo stipite.
-Vieni da me per un po'.- Si morse il labbro.
Mi voltai di scatto interrompendo il suo abbraccio, così mi trovai vertiginosamente vicino a lui. Il contatto visivo così inevitabile mi faceva impazzire.
-E va bene.- Sospirai: non avevo tante possibilità. Potevo accamparmi in corridoio come un barbone, o potevo andare da lui.
Sorrise.. il suo solito (finto) sorriso innocente. Giocherellò per qualche secondo con il lembo della mia felpa, e poi si decise.



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-Benvenuto nella mia reggia!- Disse sarcasticamente non appena entrammo in camera. Era diversa dalla mia. Cioè, la sua era dall'altro lato dell'edificio, quindi al posto del balconcino aveva una finestra enorme. Praticamente occupava l'intero muro che ti trovavi davanti entrando e si vedeva mezza città. Per il resto i mobili e la loro disposizione erano quasi uguali. Senza pensarci troppo si stese a letto, mentre io ero ancora preso ad osservare il panorama.
-Wow..- Sussurrai appena, avvicinandomi all'enorme vetrata.
-Già.- Si voltò a guardarmi. -Vieni qui, su.- Mi incitò a stendermi accanto a lui, ma non ero tanto sicuro. Rimasi lì impalato ancora qualche secondo e poi mi avvicinai timidamente e con le gambe pesanti al letto. Mi stesi sulle coperte beige. Lo sguardo fisso al soffitto e le mani in mano. Passò qualche minuto di silenzio imbarazzante, e poi..
-Frankie..- Non mi chiamava troppo spesso per soprannome, e quando lo faceva usando quel tono, poteva significare solo una cosa..
-No.- Dovetti essere categorico per fargli afferrare il concetto. Eppure non funzionò.
-Dai!- Con la mano sfiorò la mia, e poi cominciò a tracciare pian piano forme immaginarie su tutto il mio braccio destro, quello rivolto a lui. Una volta arrivato alla spalla con una lentezza proverbiale e piuttosto fastidiosa, si soffermò sul collo. Li conosceva tutti i miei punti deboli, tutti. E anche se mi stava appena sfiorando, già avevo il battito accellerato. Scese fino al petto, liberandomi intanto dalla felpa. Mi ritrovai con una t-shirt un po' troppo leggera ed i brividi addosso. Cominciò a tirarne sempre più lo scollo, scoprendo vaste aree di pelle sulle quali cominciò a poggiare appena le labbra.
-N..no.- Sussurrai, alzandomi e "rivestendomi". Per quanto avrei voluto che continuasse, sapevo che sarebbe stato solo.. sesso. E non volevo. Mi voltai a guardarlo. Con la mano si toccava le labbra.. sembrava addirittura un po' giù, ma ero sicuro che era più che lui stesso, ad essere rimasto ferito era il suo ego smisurato.
-Scusami..- Farfugliai confusamente. Non ero nemmeno sicuro che avesse capito, ma non volevo fermarmi nemmeno un secondo in più. Uscì dalla stanza e, proprio a fagiolo, vidi Mikey e Ray.
Forse quando mi videro uscire da lì si fecero un'idra sbagliata (e un po' avevano ragione, certo), ma non avevo voglia di costruirmi un alibi, specialmente ora che entrambi ci avevano visti insieme, ecco.
Mi feci restituire le chiavi ed entrai in camera, finalmente. Mi feci una doccia e comicniai già a prepararmi per quella specie di appuntamento. Patetico all'ennesima potenza: peggio di un ragazzino che si prepara per la sua prima uscita con una ragazza. O meglio, peggio di una ragazza che si prepara per il ballo della scuola. Quando uscì dal bagno, non riuscii ad ignorare il messaggio che trovai. Era proprio suo, e quasi stentai ad aprirlo. Premetti il tasto centrale pieno di dubbi e feci un respiro profondo prima di leggere.
"Se ho fatto qualcosa, qualcosa che non va, mi dispiace molto. So solo che sei cambiato, nei miei confronti.. prima era bellissimo, no? adesso non ti fai nemmeno sfiorare che, o mi respingi come oggi, o dopo mi fai la predica e mi tieni il broncio. Ti voglio bene."
Strano parlare prima di "toccarsi" e "respingersi" e poi concludere il tutto con un "ti voglio bene".. questa era la prova definitiva che la nostra amicizia non era normale. E forse non lo sarebbe stata mai.



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Io ed Ems finimmo a letto la prima sera. Non so bene come fosse successo, ma per quanto fosse poco romantico, ormai era tipico dei nostri tempi. Andò.. bene. Io le piacevo, le mi piaceva, e anche se non c'era la scintilla poteva andare bene. Certo, non avevo le farfalle nello stomaco, non avevo l'ansia da prestazione, non avevo una serie di sensazione che invece in altre occasioni provavo, però potevo.. accontentarmi. "Accontentarmi" suona male, ma detto con un altro termine non sembra una cosa così schifosa.
Cadde nella più totale stanchezza, e si prese dieci minuti di riposo durante i quali nemmeno la sentivo respirare. Rimasi a guardarla con una certa calma, quando..
-Frank, ci sei?- La sua voce urlante che proveniva dal corridoio fece sobbalzare anche lei, ma non si preoccupò più di tanto.
-Sono occupato!- Replicai. E se fosse stato una persona normale, allora se ne sarebbe andato. Ma chi lo ha mai definito "persona normale"?
-Non dire stronzate, no che non lo sei!- Non si curò nemmeno per un secondo di me e della mia privacy ed entrò. Emily sobbalzò e tentò di coprirsi con le lenzuola, io indossavo già i boxer, ma in tutta sincerità non c'era niente di me che Gerard non avesse già visto, quindi, anche se fossi stato nudo, mi sarei coperto solo e unicamente per scena. Chiuse la porta alle sue spalle con un espressione piuttosto contrariata in volto.
-Dammi cinque minuti..- Le sussurrai, dandole un bacio veloce sulla fronte.
Uscì dalla stanza e mi trovai nel corridoio deserto. Normale, siccome erano le tre del mattino. Mi voltai dietro, ma niente.
-Fermati!- Gli dissi, voltando di scatto il capo.
-Perché!? cosa vuoi ora?!-
-Io proprio niente, tu sei entrato!-
-Perché se non fossi entrato tu non te la saresti già portata a letto, mh?-
Abbassai il capo perché.. aveva ragione. Anche se non l'avesse visto, sarebbe successo. Solo in quel momento cominciai a domandarmi una cosa: perché gli importava?
-Gerard, io.. non capisco perché non posso avere una vita.- Sospirai. Lo sguardo ancora fisso a terra per paura di incontrare il suo e di immergermi (e affogare) per l'ennesima volta in tutto quel verde.
-Perché tu sei mio.- Quasi ringhiò. E credetemi, in quel momento, mi tremò persino il fegato. "Sei mio". Non è una cosa che si dice tutti i giorni.. e soprattutto, nessuno mi aveva mai detto una frase del genere. -Sei il mio migliore amico, e non voglio che questa ti ronzi in giro.- Continuò, trattenendo sempre di più le urla.
-E' troppo difficile per te accettare il fatto che magari io possa essere felice?-
-Tu non sei felice.- E non era un'intuizione, era un'affermazione. Quasi ne fosse sicuro. Certo, aveva ragione, ma la domanda era un'altra: come faceva a saperlo?
-E tu che ne sai?- Feci finta di niente, scuotendo il capo.
-Perché tu sei.. sei innamorato di me. Ed io non sono cieco o stupido, lo so.- Fu faticoso anche per lui dire una frase del genere, lo si vedeva. Si fece scappare un sospiro, mentre io sentivo che le mie gambe avrebbero ceduto da un momento all'altro. Troppe emozioni messe insieme. Un ammasso di sentimenti che non hanno niente a che fare l'uno con l'altro. E' come pretendere di mettere acqua e zucchero nello stesso bicchiere senza far rovinare nessuno dei due, e purtroppo è una cosa impossibile.
-Non è vero, tu non sai niente. Domani.. domani ve la faccio conoscere. A pranzo alle due.- Deglutii, continuando. -Qui in hotel.-
Così mi voltai e corsi via, come mio solito fare. Certo, io mi lamento tanto di quando è lui a farlo, ma anche io non sono da meno. Scappo dalle situazioni quando mi si presenta l'occasione di risolverle, perché sono un cagasotto del cazzo. Ecco tutto.

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Capitolo 7
*** 7. Her name's.. what's your name? ***


maròòò
Salve a todo e.e Innanzitutto, BUONE FESTE! L'atmosfera che c'è nell'aria mi ispira un sacco, perciò ho messo insieme un po' di roba in due ore (se non di meno).. spero non faccia troppo schifo, che non sia piena di errori di battitura (sè) o ancora peggio, grammaticali. *coffcoff* Questo è l'ultimo aggiornamento prima di Natale, e penso proprio anche l'ultimo prima di Gennaio. :33 Oserei dire che ci siamo quasi, sì ç.ç *vuoto interiore*.. la fic è quasi finita °O°
Auguri di nuovo, pace, amore, baci e unicorni. :*
xMN.



7.
Her name's.. what's your name?





Erano le due e dieci. Eravamo tutti a tavola eccetto il signorino, e regnava un silenzio piuttosto imbarazzante. Solo dopo cinque minuti di conversazioni piene di clichè e domande stupide di quelle che, prima o poi dovrai fare per forza, decise di presentarsi.

-Allora, Emily.. umh, sei di qui?- Le domandò Ray.
-Bhè, sì, ci vivo, ma sono originaria di Hawthorne, nel Nevada!-
-Oh, wow, fic..- Non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che entrò Gerard con una ragazza al seguito. Alzai gli occhi al cielo, perché questa volta era veramente troppo. A giudicare da come era "vestita", poteva essere solo due cose: o una spogliarellista, o proprio una troia. Chissà su quale tangenziale l'aveva rimediata. Sembravano (e credetemi, lo erano) entrambi ubriachi. Si sentiva la puzza di alcool anche da due metri di distanza e sbandavano come due alcolizzati. Lei gli teneva un braccio intorno alle spalle così da sorreggersi, lui, per tutta risposta, le palpava il culo mentre fumacchiava una sigaretta praticamente accesa da qualche secondo. La bionda (bhè, ovviamente sarebbe cascato il cielo se per una volta fosse stata bruna), continuava a ridacchiare con la sua voce stridula. Credetemi, avrei tirato una sberla in faccia ad entrambi.. se solo ne avessi avuto la forza.
Emily si voltò a guardarmi come per chiedere spiegazioni. L'unica cosa che riuscì a fare in quel momento, fu prendermi la testa fra le mani, chiudere gli occhi e fare un respiro profondo. Mi carezzò la schiena come a farmi coraggio, ma niente.
-Gerard, sei ubriaco?- Domandò Mikey. Non appena proferì parola, alzai di scatto il capo e osservai la scena. Così preoccupato lo avevo visto veramente poche volte, e si trattava sempre di cose più.. gravi. Come, ad esempio, quando lo stesso barbone che si era appena seduto a tavola, andò riabilitazione.
-Complimenti, Jessica Fletcher dei miei coglioni!- Replicò, cominciando a ridacchiare.
-Perfetto.- Continuò il minore fra i fratelli, sarcasticamente. -E hai intenzione di farla sedere a terra?- Fece appena un cenno con il capo verso la ragazza senza nome. Mi accorsi solo in quel momento che non c'erano più posti al tavolo, e non eravamo in una trattoria in cui basta prendere la sedia libera accanto. Tutt'altro.
-Nono!- La fece sedere sulle sue gambe. E di nuovo, insieme, cominciarono a ridere. Non riuscivo nemmeno a guardare quella scena. Mi metteva solo tanta, tanta, tanta tristezza addosso. Ems, intanto, continuava nella sua missione (fallita) di "consolarmi".
-Mi dispiace..- Le sussurrai all'orecchio. Non che fosse colpa mia, ma avrei voluto presentarla ai ragazzi, non far diventare Gerard il protagonista e centro di tutto. Involontariamente, diedi un'occhiata veloce ai due, nel tentativo di scorgere l'orario sull'enorme orologio posto sulla parete frontale. Purtroppo scorsi anche più dettagli di quanti non avrei mai voluto vedere; fattori complici erano un po' la lunghezza di quel tovagliolo che spacciava per gonna, un po' le mani di quella cazzo di piovra coi capelli rossi che aveva accanto e un po' il suo essere troia di default, ma riuscivo a vederle persino gli slip. E non era una bella immagine.
-Lei dev'essere Emily.- Constatò, annuendo ritimcamente col capo senza un preciso motivo mentre spegneva la sigaretta proprio nel centro del piatto di porcellana, proveniente da chissà dove.
-Già. E lei si chiama..?- Cercai di ridurre il contatto visivo al minimo
-Oh, lei si chiama..- Cominciò la frase tutto convinto (per quanto uno ubriaco possa risultare convincente), per poi stopparsi improvvisamente con la bocca aperta, quasi avesse il nome sulla punta della lingua. -Come hai detto che ti chiami?- Continuò. Io in una situazione del genere mi sarei trovato non in imbarazzo, di più. Sarei corso via sperando che la terra si aprisse in quel preciso momento, ma a quanto pareva, per lui era una cosa normale.
-Mi chiamo Michelle.- Replicò lei, masticando una chewingum che prima non mi ero nemmeno accorto che avesse.
-Giusto, Michelle.- Le sorrise, baciandola. Più che un bacio sembrava che fossero in procinto di spogliarsi e farlo stesso lì sul pavimento, ma non importava. Non più.
A giudicare dalle facce degli altri tre presenti, ebbero tutti reazioni diverse. Emily sembrava shoccata (e benvenuta nel mio mondo.. ormai ci sono abitutato), Mikey sembrava semplicemente triste.. probabilmente sperava che suo fratello non ci ricadesse più, eppure non era andata così. Quel poverello di Ray, invece, sembrava sentirsi fuori posto. Io morivo di gelosia e Mikey di sconfroto, quindi probabilmente, lui che viveva la situazione in maniera un po' diversa da me che lo amo e da lui che è suo fratello, si sentiva dispiaciuto semplicemente come amico. E forse anche un po' in imbarazzo.
-Complimenti.- Mi alzai di scatto. In quel momento tutti i presenti si voltarono verso di noi, ma ormai non poteva fottermene di meno. Si staccò da Michelle lentamente e si voltò a guardarmi. In quel momento anche Emily lasciò il posto a sedere per seguirmi.
-Già, anche a voi due.- Sospirò, senza staccarmi lo sguardo di dosso nemmeno mentre me ne andavo. Anche se ero voltato di schiena, riuscivo a sentirlo. Niente da fare, ormai avevo sviluppato un sesto senso per gli sguardi di Gerard, e avevo una certa abilità sia nel seguirli che nel trovarli.. purtroppo. In una stanza con cento persone, i primi occhi che avrei scorto sarebbero stati i suoi. Questo lo sapevo per certo.



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Eravamo saliti in camera, io ed Emily. Avevo troppa poca voglia di pensare e tanta di distrarmi, perciò cominciammo a parlare del più e del niente. Fuori pioveva: era una giornata scura e cupa, comprensibile, siccome tra pochi giorni sarebbe stato dicembre. Per questo motivo le finestre erano sigillate, e solo di tanto in tanto mi capitava di voltarmi a guardare fuori: tutto quel grigiore poteva farmi tutto meno che bene, perciò tentai di evitare.
Avevo la testa poggiata sulle sue gambe, che intanto, erano incrociate a mo' di indiano. Il mio sguardo avrebbe incontrato il soffitto se non ci fosse stato il suo volto davanti, e diciamo che in parte lo faceva. Giocherellava con un ciuffetto dei miei capelli, e intanto mi guardava sorridente. Ironico come ci fossimo praticamente scambiati i ruoli.
-Se mai dovesse succedere qualcosa.. mi presenteresti ai tuoi genitori?- Lasciò che il suo sguardò si perdesse nel vuoto per un momento, sospirando. Probabilmente pensava a qualcosa, probabilmente immaginava.
-Bhe, io sì. Io scommetto che a mia madre piaceresti.- Ridacchiai, pensando alla prima volta che avevo portato una fidanzata a casa: avevamo 16 anni, era prima del ballo di fine anno, e lei aveva un piercing, qualche tatoo di quelli da ragazza, e qualche ciocca rosa. Questo bastò a mia madre per reputarla come una specie di figlia del demonio, anche se mentalmente era anche più apposto di me: anche se in quel periodo portavo solo un labret salutariamente, facevo pensieri ben più strani. A volte persino lei finiva per afferrarmi per pazzo.
-Dici?- Lasciò stare i capelli,  percorrendo pian piano tutto il braccio, sino ad arrivare ai numerosi tatuaggi colorati che avevo sulle mani. Tatuaggi che, con estrema lentezza, continuava a ricalcare col dito di tanto in tanto. A tratti mi faceva anche il solletico.
-Io dico proprio di sì. E tu mi presenteresti ai tuoi?- In un primo momento non me ne resi conto, ma forse non avrei dovuto proprio dirlo: sul suo volto si disegnò un'espressione piuttosto preoccupata e scontenta, e comicniai a farmi una mezza idea di quello che poteva essere successo.
-Lo farei, sei mia madre non fosse in fin di vita. E poi ti presenterei a mio padre, ma prima vorrei conoscerlo io..- Si vedeva che era una ferita ben aperta, e anche se effettivamente non potevo saperne niente, mi sentivo in colpa.
-Mi.. dispiace.- No, in quel momento era la cosa più stupida da dire. Era ovvio che mi dispiacesse, ma non era abbastanza. -Posso chiederti cos'ha oppure..?- Non sapevo come finire la frase. Perché come al solito ero un coglione. Sua mamma stava morendo, non voleva parlarne, ed io le chiedevo che aveva. Potrei meritarmi il nobel per le figure di merda.
-Ha la leucemia.- Disse, con una certa calma. Forse per nascondere il fatto che, in realtà, le importava più di quanto potesse dare a vedere. Si lasciò scappare un sorriso, mentre le si facevano gli occhi lucidi. Feci finta di non notarlo perché di tanto in tanto un pianto liberatorio fa bene, e chi ero io per negarglielo?
Si stese, liberandomi da quella specie di presa. Io cominciai a rotolarmi per tutto il letto nel tentativo di sgranchirmi un po' i muscoli, ormai intorpiditi da più di due ore passate nella stessa posizione. Passò qualche minuto di silenzio, e solo in quel momento mi ricordai dell'interivsta che avevamo fissato alle cinque. Mi alzai di scatto, guardandomi intorno. Lei quasi sobbalzò, non sapendo, giustamente, che cazzo m'avesse preso da un momento all'altro.
-Dio, che ore sono!?- Domandai, girando su e giù alla ricerca di qualcosa di caldo da mettermi in caso fossi in ritardo e avessi dovuto precipitarmi nella hall.
-Umh..- Anche lei cominciò a guardarsi intorno, finché non notò la sveglia. -Sono le quattro e quarantatrè.- Esclamò con una certa calma ritrovata.
-Devo scappare, merda.- Borbottai fra me e me, saltellando a destra e a manca nel tentativo di infilarmi le scarpe. Emily si sedette al centro esatto del letto con le gambe strette al busto.
-Che hai da fare?- Mi domandò con un tono abbastanza abbattuto. Forse le piaceva veramente passare il tempo con me. Non riuscivo a capire cosa ci fosse di bello nello stare insieme ad un coglione del genere, ma se a lei faceva piacere così, per me non poteva andare meglio.
-Intervista.. anche io ho un lavoro!- Le sorrisi, aprendo la porta. -Io dovrei tornare presto, se vuoi rimanere..- Feci spallucce, mentre lei si alzava con fare frettoloso.
-No, no, tranquillo!- Si infilò pantalone, scarpe e giacca in qualche frazione di secondo. Meno male che le donne sono quelle che ci mettono tanto a prepararsi, poi. Arrotolò una sciarpa di lana rossa intorno al collo e si controllò per un secondo allo specchio, aggiustandosi i capelli. Per qualche strano motivo sbuffò. Per me stava bene, ma nella logica femminile, probabilmente sembrava uno dei Cure.
-'Dah, ma vieni, che sei bellissima così!- La presi per mano, trasciandola via. Chiusi la porta alle mie spalle, questa volta controllando di avere le chiavi prima di trovarmi chiuso in camera con lui. Non so perché, ma un complimento così semplice le fece scappare un sorrisetto sotto i baffi. E per un attimo, avrei tanto voluto non conoscerlo mai e potermi innamorare di lei.



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-Ciao New York! Sono James Daverson, e oggi sono qui con i My Chemical Romance, che si esibiranno proprio nella nostra città fra tre giorni! Com'è essere qui a NY?- Domandò l'intervistatore della radio. Era un tipo biondo sulla cinquantina, probabilmente si era fatto quale lifting venuto male, perché l'accenno di pelle cadente si notava abbastanza bene. La stanzatta, invece, era piuttosto angusta. Le pareti nere di certo non aiutavano, ma era pur sempre una stazione radio. C'erano degli sgabellini rivestiti di tessuto rosso sulla seduta, e noi eravamo seduti proprio su quelli. Mentre mi perdevo fra i miei pensieri, non mi resi conto che Gerard aveva già cominciato a parlare, così cercai di riprendere il filo del discorso.
-..è sempre una delle tappe che aspettiamo di più, forse proprio per questo!-
Sembrava che magicamente avesse smaltito la sbornia in due ore, ma dovevo fingere che non mi interessasse.
-Bhe, e noi siamo contenti che sia così!- Fece un sorrisone. Sembrava piuttosto finto, ma dopotutto era un giornalista.
-E dopo il divorzio? E' tutto ok?- A giudicare dalla noncuranza con cui gli fece questa domanda, sembrava quasi che fossero amici. Io sapevo che a lui non importava più di tanto, ma.. se glie ne fosse importato?
-Non penso siano fatti vostri, né di nessuno in ascolto.- Accavallò le gambe, stringendo le braccia al petto con fare spregiudicato e strafottente. Ecco, erano mesi che non ero così d'accordo con lui. Spesso mi capitava di voler rispondere proprio così (se non peggio) a parecchi giornalisti, ma per timidezza non lo facevo mai.
-Oh-oh, un po' nervosetto? la solutidine si sente?-
-Parecchio. L'essere una sanguisuga che guadagna sui problemi altrui, invece, come la fa sentire? oh-oh, un po' una merda? è bello pensare che se lei ha una casa, è perché anche le persone famose hanno problemi? Non sapete cosa mi passa per la testa, non sapete come sto. Non mi conoscete. Nessuno lo sa. E nessuno.. nessuno mi conosce veramente.- Mi lanciò un'occhiataccia, quasi si stesse rivolgendo a me con quel "Nessuno lo sa". Quasi volesse sottointendere che forse, nemmeno io sapevo quanto credevo di sapere. Abbassai il capo non'appena incontrai quei suoi smeraldi che tanto mi mettevano in soggezione. Scosse il capo sotto gli sguardi shoccati di tutti, alzandosi per andare via. Fu seguito a catena da Mikey, che chiese fettolosamente scusa agli addetti che c'erano in stazione. Rimanemmo io e Ray a parlare di due o tre stronzate che non potevano veramente interessare a nessuno. Sentivo che se fossi stato in piedi, le gambe avrebbero ceduto. Ero stanco di qualsiasi cosa, ma più di tutto, di quella solita situazione.
Way junior ed il suo compagnotto erano in una specie di magazzino, pieno di riflettori, microfoni, casse di legno. Un posto piuttosto inquietante, a dirla tutta. Non passava un filo di luce, se non quella poca che filtrava dalla tenda che c'era a coprirlo.. tenda dietro alla quale mi nascosi, nel tentativo di capire che succedeva.
-Gerard, mi dispiace vederti così.. sono tuo fratello, puoi dirmi tutto.- Mikey quasi lo implorava. Avrebbe fatto di tutto pur di non farlo smarrire di nuovo. Gerard era quasi la sua luce guida, in quanto fratello maggiore. Non c'era nessun Mikey senza Gerard, fine. E questo entrambi lo sapevano bene.
-Forse non voglio dirtelo, ci hai pensato?- Sbuffò il rosso, alzandosi di scatto. Prima era seduto a terra, con le spalle appoggiate contro un'enorme cassa di legno. Adesso, invece, si avviava verso un'uscita di emergenza, indicata da un'insegna luminosa, senza la quale, probabilmente, nemmeno l'avrebbe vista.
-G..Gerard..- Mikey sussurrò appena. Non aveva più la forza di seguirlo, così come l'avevo persa anche io. Eppure, se non per quello stronzo, dovevo farlo per lui. Cioè, dovevo provarci.
Feci un respiro profondo, inghiottì il fastidioso groppo che avevo in gola, e poi sbucai fuori dal tendone nero. Fortunatamente lo scorgevo ancora in lontananza. Scambiai un'occhiata complice col biondo e poi uscì fuori. Il freddo pungente mi pizzicò subito tutto il volto, e in pochi secondi mi avvolse completamente. C'era qualche grado sotto zero, probabilmente, ed io non avevo nemmeno un giubbotto. Eppure lo seguì, continuai a camminare come se niente fosse.
-Gerard..- La mia voce risultava tremante per via del gelo, ma ero sicuro che in quel momento, se non fosse stato per quello, avrei avuto un tono autoritario.
-Sì, è il mio nome.- Si voltò, sbuffando come se gli avessi chiesto chissà cosa.
-Gerard, smettila. Ci sei caduto una volta, ci cadrai anche un'altra. Per favore, fare l'ubriacone non è la risposta ai tuoi problemi.. qualunque essi siano.- Cercai di non prendere a piangere per svariati motivi: in quei giorni non facevo altro che lacrimare e andare in paranoia, sembravo quasi una teenager.. in più, se avessi pianto, avrei perso quell'unico briciolo di serietà che mi rimaneva nella voce. Respirò a pieni polmoni, incurante di tutto.
-Il mio problema sono io, ecco. Se voglio ubriacarmi, drogarmi, o anche ammazzari, io lo faccio. Stop. E' come se non importasse a nessuno.. potrei scomparire domani e forse stareste tutti meglio. Non servo a nessuno.- Lo fissai allontanarsi, senza proferire parola. C'era stato molto vicino alla morte, tante volte, ma il pensiero che potesse morire sul serio non mi aveva mai nemmeno sfiorato. E per quanto a volte desiderassi non averlo mai conosciuto, il pensiero di una vita senza lui non riesco nemmeno ad immaginarlo. Sentì i battiti nel petto accelerare, accelerare, acclerare fino a diventare insostenibili. Mi sembrava che da un momento all'altro mi sarebbe sbucato il cuore fuori dal torace, per quanto fisicamente fosse impossibile.
-N..n..no..- Fu l'unica cosa che riuscì a sussurrare fra me e me, ma la sua esile figura ormai si era allontanata nel grigiore della nebbia Newyorkese. "Tu servi a me".

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Capitolo 8
*** 8. A series of unfortunate events. ***


OMG
Salve a tutti e.e Che palle l'intro sta divnetando ripetitivo. Cominciamo in una maniera diversa? *balla di fieno* Okay, cominciamo in maniera diversa.

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BENE, E ORA CHE HO LA VOSTRA ATTENZIONE CIAO. <3
Ci sentiamo a gennaio? col cazzo che ci sentiamo a gennaio. Non resisto. Ho avuto troppa ispirazione, ho trovato troppi foglietti pieni di vecchie idee sparse che aspettavano solo di essere messe insieme, e quindi, eccomi di nuovo qui. ._.
Ah, e poi vorrei scrivere un seguito della storia.. ho una mezza trama in testa, e siccome è il penultimo capitolo, penso che si potrebbe cominciare a parlarne. Voi lo leggereste o, in tutta sincerità, non ve ne fotte n'cazzo? <3 Fatemi sapere, mhmh. e.e
Baci, xMN.





8. A series of unfortunate events.





Quando mi svegliai, rimasi a guardare il soffitto di quel bianco quasi ottico per almeno dieci minuti. Mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena trapanato la testa, avevo la gola in fiamme, gli occhi gonfi, e, come volevasi dimostrare, nessun ricordo della sera prima. Solo qualche flash, qualche immagine confusa. Trovai una riposta solo quando i capogiri cessarono e finalmente riuscì ad alzarmi. Mi guardai un po' intorno, e la stanza era un perfetto disastro. Bottiglie di alcool (vuote) ovunque, vestiti e sigarette spente sparsi ovunque. Diciamo che si presentava uno scenario apocalittico quasi quanto, probabilmente, era stato il programma della sera prima. Mi diedi uno sguardo allo specchio, e credetemi se vi dico che probabilmente persino qualcuno che sa che non lo sono mi avrebbe scambiato per un tossico. Sbadigliai pigramente, stropicciandomi gli occhi nel tentativo di capire se fossero gonfi per le poche ore di sonno o per il probabile pianto. Inutile dire che, non ricordando niente, non riuscì a capirlo. Mi spostai i capelli dal volto, passandoci tutte le dita in modo tale da districare i tanti nodi e poi, semplicemente, chiusi gli occhi. Mi fermai seriamente a pensare a cosa avrebbe potuto ridurmi in quello stato. Mi lasciai sfuggire un sospiro, che forse più che altro era un gemito di dolore dovuto all'enorme livido che avevo appena scoperto di avere dietro la schiena. Era viola e sfumava in uno strano verde ai contorni. Non appena lo sfiorai, presi a singhiozzare. Decisi di dimenticarmene e smettere di provare a ricordare l'accaduto. Certe cose, forse, è meglio non saperle mai.
Grazie a Dio il potere dell'acqua calda mi riportò allo stato cosciente. Sarei rimasto sotto la doccia un'altra mezz'ora abbondante, ma purtroppo le graffianti note di "Die die my darling" dei Misfits mi costrinsero ad uscire dalla cabina. Afferrai un telo da bagno e cercai di coprirmi. O meglio, non tanto di coprirmi, siccome ero consapevole del fatto che non mi avrebbe visto nessuno, ma più che altro di asciugarmi così da non peggiorare il danno che già avevo arrecato a quella povera stanza. Dopo una serie di sfortunati eventi, incontri con oggetti inanimati che improvvisamente prendono vita e ti fanno lo sgambetto e altri vari problemi dovuti solo e soltanto alla mia maledetta goffagine che non starò qui ad elencarvi, raggiunsi finalmente il cellulare. Lo afferrai di scatto e c'erano due messaggi. E fortuna che non erano chiamate, altrimenti mi avrebbero già dato per disperso. Uno lo avevo ricevuto durante la notte, era di Emily. L'altro, invece, era di Mikey, e vedendolo praticamente ogni giorno, decisi di aprire il suo per secondo.
"Ehi! Mia madre è peggiorata, mi sa che devo andarla a trovare, potrebbe essere l'ultima occasione.. ti va di accompagnarmi in stazione? alle sei, binario cinque, così ci salutiamo per bene! ;)"
Tanto d'occhiolino. Inutile dire che mi fece sorridere, anche se mi sentì una cattiva persona, per un attimo: sua madre stava male ed io sorridevo per un occhiolino? Scossi il capo per scrollarmi quei pensieri di dosso e le risposi nella maniera più carina che potevo. Guardai di sfuggita l'orologio per rendermi conto dell'orario, cosa che, rispetto alle dinamiche che aveva presentato il traumatico risveglio, era passata piuttosto in secondo piano. Le lancette segnavano le sedici, mentre il mio telefono diceva che erano le due del mattino. A giudicare dallo spiraglio di luce che proveniva dalle tende.. caro Steve Jobs, il tuo iPhone ha fottuto un'altra volta. Mi trovai a dover leggere il messaggio da parte di Way Junior. Feci un respiro profondo, quasi per prepararmi a quello che poteva esserci scritto. Non ricevevo spesso messaggi da lui, così come non ne ricevevo molti da nessuno dei ragazzi, nei periodi in cui eravamo in tour.. praticamente ci trovavamo a condividere ogni singolo momento della giornata separati da non più di una camera d'albergo, quindi mandarci addirittura degli sms sarebbe stato come soffocare ancora di più quell'equilibrio già precario che da anni si teneva così, appeso sul filo di un rasoio. Pigiai col dito sull'icona e cominciai a leggere. Lentamente, scandendo ogni parola nella mia mente.
"E' in ospedale. Vieni al Foundling appena leggi. Se non sai dov'è non me ne frega un cazzo, prendi un taxi e stai zitto."
Boom. Un colpo al cuore. Persi uno dei tanti battiti, recuperandolo poi con il ritmo accelerato che essi assunsero. Non sapevo perché ci fosse finito, ma problemi di salute lui non ne aveva, questo lo sapevo. E forse, proprio per questo motivo, l'idea di Gerard ubriaco sul ciglio della strada, privo di sensi e completamente stordito, non mi sembrava qualcosa di tanto nuovo. Lui era una di quelle persone che, quando qualcosa ha l'effetto desiderato, non pensa mai alle conseguenze a lungo termine. E se in quel momento non voleva pensare a qualcosa e l'alcool riusciva a farlglielo dimenticare per un po', l'alcool era la risposta. Senza pentirsene o pensarci troppo, magari essendo anche consapevole degli effetti che avrebbe avuto. E se ci era caduto già una volta, sarebbe potuto ricaderci sempre. Fortunatamente aveva avuto la forza per rialzarsi, ma in questo periodo non so davvero da dove l'avrebbe trovata. Non ne ho la minima idea. E solo ed unicamente in quel momento, realizzai quanto io avevo bisogno di lui. Quanto il pensiero di una vita da solo, senza una persona come lui, semplicemente mi pietrificava. Pur desiderando (ormai molto spesso) di non averlo mai conosciuto, mi resi conto che forse, se quel desiderio fosse diventato realtà, sarebbe stata la più grande maledizione.
E che fare quando la tua ancora si stacca? puoi semplicemente affondare con lei. Proprio per questo non persi nemmeno un attimo: col solito "look" trasandato mi avviai e presi un taxi, proprio come molto "gentilmente" aveva suggerito Mikes nel messaggio. "E stai zitto".. e come mai potrei parlare?


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Ho sempre odiato gli ospedali. Ambienti asettici, lunghi corridoi, luci fredde, odore.. odore da ospedale, e soprattutto tante lacrime. E tanti pianti. Pianti di cui magari nemmeno sei partecipe, ma che sei costretto a sentire. Per non parlare di quanto odio quel tratto di strada che c'è fra il posto dove alloggi e l'ospedale stesso. Sai cos'è quella sensazione che ti prende lo stomaco in cui momenti? è l'ansia. Quella più pura e vera. Perché non c'è ansia più vera che quella di perdere qualcuno.. per sempre. Nel cuore sapevo (e speravo) che non fosse niente di così grave, ma la paura c'è sempre.
L'infermiera all'ingresso mi guardò come se fossi l'ultimo degli stronzi. Non volevo rimanere nemmeno un minuto di più in quella sala circolare piena di gente che fingeva che andasse tutto bene, così subito le chiesi di scortarmi fino alla stanza di Gerard.. o per lo meno di indicarmela.
-Scusi..- Balbettavo e avevo la voce piuttosto rauca, così la tagliai alla svelta. -Mi seprebbe indicare la stanza di.. Way? Gerard. Gerard Way, ecco.- Sospirai, come se fossi riuscito a compiere un miracolo.
La donna arricciò le labbra, come se fare il suo lavoro fosse troppo. Subito dopo cominciò a sfogliare i nomi su un registro di legno che teneva in mano, e così facendo mi indicò un lungo corridoio che era alla mia sinistra.
-E' la terz'ultima sulla destra.- Mi guardò con diffidenza.. così come si guarda l'amico di un ragazzo ricoverato per overdose.
Percorsi con un po' di esitazione ed il passo pesante il corridoio. Riuscivo a vedere Mikey già all'inizio della "traversata", ma decisi di non salutarlo perché mi sarebbe soltanto venuto contro. E così arrivarono anche i sensi di colpa, perché quando il giorno prima era scomparso con quelle parole, avrei dovuto immaginarlo. Avrei potuto fermarlo. Anzi, avrei dovuto fermarlo. Il che è ancora peggio. Fissavo lui e Ray che si consolavano l'un l'altro, e solo quando Mikey si girò e mi vide, gli feci un cenno con la mano. Per tutta risposta lui si alzò e inaspettatamente mi mise le braccia al collo.
-Ehi.. ehi, è tutto okay. Starà bene.- Dissi, monotono. Non c'era un briciolo di convinzione in quella voce.. non che pensassi che stesse talmente male da non riprendersi, semplicemente non avevo più forza fisica/mentale per permettermi un tono convinto.
Sentivo le sue lacrime bagnarmi il petto, e credetemi, forse fu la scena più triste che avessi mai visto in tanto tempo. Lui, così attaccato a suo fratello nonostante tutto quello che gli faceva. E suo fratello, che pur essendo così attaccato a lui, non la smetteva di essere un cazzo di Cubo di Rubick.
-V.. v.. vai da lui..- Esitò. Forse non voleva mollare la presa, ma era giusto che lo vedessi. In quel momento un'infermiera uscì dalla sua stanza, portando con sé una siringa vuota. Sospirai, portando di nuovo il viso nell'incavo del collo di Mikey.
-Ehi, non è niente di grave.. starà già bene.-
-Questo lo so.. lo so per certo.. il problema è capire perché l'ha fatto.. di nuovo.- E singhiozzava, singhiozzava, singhiozzava, cominciando a farmi vedere la situazione in un modo diverso: prima avevo considerato solo il benessere fisico, ma per quanto riguarda quello psicologico? sembrava una persona inscalfibile, eppure era caduto così. Mai giudicare un libro dalla copertina, a quanto pare.
-Mikey..- Gli sospirai all'orecchio. Era giunto il momento che anche lui sapesse la verità, perché la situazione stava diventando degna dell'ultima stagione di One Tree Hill.
-Cosa?- Domandò, facendomi rendere conto di quanto tempo stessi passando a tentare di prendere coraggio.
-Lo amo tanto. Ti giuro che non gli accadrà niente di male. E starà bene. Vuoi credermi?-
Interruppe lentamente l'abbraccio, guardandomi da capo a piedi, gesto dopo il quale, il suo sguardo si fermò fisso a terra. Riuscì soltanto ad annuire, dandomi una pacca sulla spalla. Ovviamente avrebbe avuto bisogno di tempo per accettarlo, ma continuare a fingere sarebbe stato ridicolo, ed ero piuttosto fiero di me e del fatto che finalmente stavo prendendo coraggio.
Ray in quel momento mi sorrise, facendomi un cenno con la mano.
-Sai, prima ha chiesto di te.- Giocherellò con le sue stesse mani, forse in segno di nervosismo. -Sarà contento di vederti!-
Un sorriso spontaneo si disegnò anche sul mio, di volto, non appena seppi che anche lui mi aveva cercato. Abbassai il capo per celarlo.
-Già, lo penso anche io!- Mi strinsi nelle spalle, entrando nella stanza. Chiusi la porta scorrevole alle mie spalle e sentì i passi dei ragazzi che si allontanavano.
Per qualche secondo ci guardammo semplicemente. Prima ci scrutammo, e poi finimmo l'uno con gli occhi puntati contro quelli dell'altro. Indossava un camice bianco e la sua pelle, già chiara di suo, faceva ancora più contrasto con i capelli rosso scarlatto. Vederlo lì così, pallido ed esile, con una flebo sul braccio e lo sguardo assonnato, quasi mi veniva da piangere. Eppure dovevo smetterla. Dovevo smetterla di piangere quando potevo benissimo agire.
Mi avvicinai al suo "letto", osservandolo ancora di più da vicino. Nello spostare il capo verso destra, proprio dove stavo io, una ciocca fiammante gli coprì gli occhi. E questo proprio non potevo sopportarlo; con delicatezza gliela spostai dalla guancia, incontrando la sua mano calda mentre faceva la stessa cosa. Questo gesto fece sorridere entrambi. Ed è incredibile quante emozioni stiamo provando in soli cinque minuti pur non avendo ancora parlato.
-Ehi.- Sussurrai appena. Che testa di cazzo.. come fai ad esordire con un "ehi" in una situazione del genere?
-Ciao.-
-Stai bene?- Un sorriso amaro gli si disegnò in volto. Forse dava per scontato il fatto che, se era in ospedale, non stava poi così bene.
-Per quanto possa stare bene uno con una flebo nel braccio.- Si sedette a letto, con la schiena poggiata contro il muro.
-Oh, aspetta.- Cercai quel.. coso con i tasti che serve per muovere lo schienale e, quando lo trovai, ci armeggiai un po', fino a capire come usarlo e portarlo nella posizione che mi sembrava più comoda. Mi sorrise con quel poco di forze che aveva nel tentativo di ringraziami, e per un po' gli si illuminò il volto.
-Che hai combinato, Gee?- Presi uno sgabellino che era proprio lì accanto, portandolo vicino al letto in modo tale da sedermi accanto a lui. Prese un respiro profondo, fissando il vuoto. A volte mi chiedo, in quei brevi momenti, che cosa affolla la sua mente.
-Ti stavi comportando come se non ti importasse. Ed io volevo vedere se ti importava, ecco. Ma se sei venuto ti importa.. no?-
Mi presi il volto fra le mani, proprio quando i sensi di colpa si fecero insopportabili.
-Tu pensi davvero che non mi importi?- Replicai con appena un filo di voce. Annuì semplicemente, abbassando il capo per evitare il contatto visivo.
-..Ti sei comportato come se non te ne importasse, sì.-
-E tu ti sei comportato uno schifo.- In quel momento, abbassai lo sguardo anche io. Gli presi la mano, perché mi accorsi che forse ero stato un po' troppo.. no, duro no. Però inopportuno. Forse non era il momento più adatto per ricordargli quanto aveva fatto cagare, no? Mi alzai.
In quel momento valutai tante cose. Quanto tempo ancora sarei riuscito a rimanere tenendomi tutto dentro? Forse eravamo veramente arrivati al limite, e con tutto quello che stava succedendo, forse dirgli la verità era la parte meno difficile. Feci un respiro. Passarono più o meno dieci minuti di silenzio tombale dal momento in cui pensai cosa dire a quello in cui il cervello riuscì a mandare l'impulso di dirlo alla bocca, ma finalmente ci riuscì. Involontariamente gli strinsi la mano più forte.
-Credimi, io non vorrei dirlo come tu preferiresti non saperlo, ma..- Deglutii. -Ti amo.-
In un certo senso, mi sentì libero. Bhè, in un certo senso. Dall'altra parte ora dovevo anche affrontare le conseguenze. E avrei dovuto parlarne anche con.. bhè, lei. Si meritava di più di uno che la usava, questo era certo. E in quanto a lui? Sfortunatamente non leggo il pensiero, ma sono un osservatore. Rimasi a guardarlo. Sembrava piuttosto confuso: aveva gli occhi semi sgranati, cosa che, con le occhiaie che aveva, lo faceva sembrare ancora più angosciato. Le labbra erano socchiuse, e proprio mentre si stava per girare di nuovo nella mia direzione, se le morse. Mi guardò negli occhi, intimidito.
-Perché.- Domandò, impassibile. E semplicemente, mi prese alla sprovvista.. questo non lo sapevo nemmeno io. Non ci avevo mai pensato sul serio, forse. O probabilmente non c'era un vero motivo. Mi strinsi semplicemente nelle spalle.
-Non lo so.- Guardai in basso. -Perché comunque mi tratti sempre uno schifo, quando ci sono gli altri.. razionalmente lo so che non c'è un motivo. Però quando.. cioè, quando siamo da soli.. tu non sei così. Ed io lo so che è quello il vero te. Forse hai ragione, non ti conosco.. però.. un minimo spero di conoscerti.. e..- Non riuscì nemmeno a finire di parlare. Senza accorgermene mi ero fatto incredibilmente vicino a lui (tanto da avere la fronte poggiata contro la sua), così riuscì praticamente a "tapparmi" la bocca poggiandoci una mano. Passammo qualche secondo così, finché non rimosse la mano di scatto e la sostituì con le sue labbra.
In tutta sincerità non sapevo cosa pensare. E non volevo pensare, anche. Mi lasciai semplicemente prendere.. come sempre. Si staccò bruscamente, senza però allontanarsi di un centimetro. Sentire il suo respiro così vicino non fece altro che mandarmi in agitazione. Abbassai un secondo lo sguardo, incontrando la sveglia che aveva sul comodino ospedaliero. Erano le cinque e mezza, cazzo. E la stazione era anche lontana. Frettolosamente e parecchio contro voglia, mi allontanai. Mi guardai intorno alla ricerca di qualcosa, anche se con me non avevo niente. Poi decisi di calmarmi.
-Che c'è ora?- Sbuffò.
-Devo andare da Emily in stazione.. dovrei essere lì alle sei.- Mi allontanai, appoggiandomi all'uscio della porta in modo tale da osservarlo meglio.
-Quindi lei è più importante.- Annuì fra sé e sé, come se volesse farmi sentire in colpa.
-Lo sai che non è vero.. e che non lo sarà mai.- Nervosamente, presi a picchiettare ritmicamente le unghie contro il vetro della porta scorrevole.
-Allora rimani. Non voglio passare la notte da solo.. hanno detto che domani mi dimettono, tra l'altro. In tempo per il concerto.- Sembrava categorico, come se fosse tornato a riuscire a fare la parte dello stronzo. E sarebbe riuscito anche a farmi credere che intendesse davvero comportarsi da tale, se solo non avesse avuto gli occhi lucidi. -..Per favore.- Continuò, singhiozzando nel tentativo di nascondere le lacrime. Decisi di non puntualizzare l'ovvio per non metterlo a disagio: so quanto è brutto. Semplicemente abbassai il capo, così da evitare di dover guardare quella scena.
-Non posso.. a domani.- Abbozzai un finto sorriso, allontanandomi. E avrei voluto rimanere, tanto. Non so quanto tempo era passato dall'ultima volta che lo avevo visto così vulnerabile, eppure.. lo era. E avrei voluto tanto rimanere lì a rassicurarlo, ma quello che stavo per fare, dovevo farlo. E il più in fretta possibile.

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Capitolo 9
*** 9. The truth is.. ***


non posso crederci. 9. The truth is..




Una volta uscito dall'ospedale, presi il secondo taxi della giornata, conscio che non sarebbe certamente stato l'ultimo. Arrivai con dieci minuti di ritardo per colpa del maledetto traffico. Dieci precisi. Quando uscì dall'auto, quindi, non persi tempo. Distrattamente rilessi il messaggio, avendo già dimenticato il numero del binario da dove sarebbe partito il suo treno. Adesso non avevo veramente più scuse. Feci un respiro profondo e mi avviai a destinazione come uno che va al patibolo. Solita sensazione del cazzo: le gambe pesanti ed il respiro un po' accelerato, anche per colpa  della corsa che stavo facendo, schivando gente qui e lì. Dopo qualche secondo che mi sembrò un secolo, scorsi la sua inconfondibile capigliatura fra quelle di tutte le altre persone che sarebbero partite con lei. Avevo paura, ma sapevo che non mi sarei pentito di quello che stavo per fare. Le corsi incontro, e appena la raggiunsi, le picchiettai sulla spalla per farla girare.
-Ehi..- Ansimai, poggiando il palmo della mano sulla sua spalla quasi nel tentativo di sorreggermi. -Sono fuori allentamento!- Ridacchia fra me e me, nervosamente.
-Oh, eccoti!- Sbuffò, ma si vedeva che non era poi così scocciata dal mio ritardo. -Pare che ci sia un guasto.. non risolveranno prima di altri dieci minuti.. in pratica abbiamo recuperato il tempo del tuo ritardo.- Sorrise, continuando. -Ti va se andiamo a prendere un caffè?- Tossì, nervoso. Ci mancava solo questa!
-Emily, no..- Sospirai, tornando finalmente nel pieno delle mie capacità fisiche. -Devo dirti una cosa importante, ma poi devo scappare.- Aggrottò le sopracciglia, cosa piuttosto comprensibile. Cosa ci si poteva aspettare da uno che ti dice di doverti parlare? Annuì, ancora con lo sguardo perso.
-Okay, dimmela..- Falsificò un mezzo sorriso, guardandomi. Presi un respiro profondo, motivato a dire quello che dovevo durante uno di quei piccoli deliri di onnipotenza che ci fanno sentire particolarmente coraggiosi.
-Emily, dovremmo smettere di vederci.- Tutto d'un fiato. Senza balbettii, finti colpi di tosse, esitazioni.. senza nemmeno addolcire la pillola, perché la verità era quella. Quando i suoi occhi incrociarono i miei, però, cedetti. Abbassai il capo, nel tentativo di non osservare la sua espressione.. forse un giorno l'avrei dimenticata.
-E' per quella ragazza..- Sospirò appena. Alzai il capo: forse quella tortura me la meritavo.. ero stato uno stronzo anche solo a pensare di poterla usare per non pensare a lui. Si stropicciò gli occhi, attenta a non farsi sfuggire nemmeno una lacrima.
-No, non è per quell..- Mi tappai la bocca, renendomi conto solo in quel momento di quello che stavo per dire. Maledetta sincerità. Ora che cazzo mi sarei inventato, se non la verità? Aggrottò le sopracciglia, guardandomi.
-E allora per che cos'è?- Sbattè le palpebre più volte.
-Sarò sincero con te.. è un ragazzo.- A giudicare dalla sua espressione, era fra l'incazzato, il ferito e il deluso. Sgranò gli occhi, fissando il pavimento. -'Dah, non fare l'omofoba. Sei una persona intelligente, troppo intelligente, per queste stronzate.- Sbuffai, abbassando il capo.
-No, non è questo. Per me ognuno può stare con chi vuole, è chiaro.. il problema sorge quando tu uscivi con me, mi dicevi che ti piacevo, e in realtà ti.. ti piacciono i ragazzi, ecco.- Chiaramente esitò un po' sull'ultima frase. Fu difficile accettare la verità, sia per lei, che si era illusa che sarebbe potuta durare, sia per me, che mi rendevo conto solo in quel momento di essere stato tremendamente falso.
-Ems, io non ho mai detto di essere gay.- Sospirai, calciando una cartaccia che c'era a terra e buttandola fra le rotaie. -E' strano, perché..- Esitai. Quasi cominciai a singhiozzare. -E' l'unico ragazzo che mi piace. Non mi è mai successo che.. ecco.. fossi attratto da altri. Per il resto sono.. normale.- Mentre io cercavo di non arrossire, lei non riuscì a trattenere una lacrima.
-Va bene, è ok.. almeno me l'hai detto in tempo.- Fece un sorriso amaro fra sé e sé. -E pensare che mi piacevi veramente..- Sospirò, voltandosi, intenta a salire sul treno. Magari avrebbe aspettato la risoluzione del guasto seduta e al caldo, invece di rimanere in quella imbarazzante situazione con me.
-Ehi, te ne vai così?- La fermai, poggiandole una mano sulla spalla.
-Bhè? che ti aspettavi?- Scosse il capo, confusa. Incrociò le braccia all'altezza del petto, con la stessa espressione con cui mia madre mi sgridava quando rompevo un vetro giocando in casa.
-Il "bacio d'addio", non so.. cose così..- Mi strinsi nelle spalle, mimando addirittua le virgolette.
-No, quella è una stronzata. Perché dovremmo baciarci quando mi hai appena detto che non ti piaccio?- Sospirò. Okay, mi aveva effettivamente chiuso. Annuì, dandole ragione.
-Hai ragione, scusami.- Le sorrisi, facendole un cenno con la mano in segno di saluto. Oh, e anche lei mi salutò.. ma con un solo dito, quello medio. Annuì fra me e me, allontanandomi, certo comunque di aver fatto la cosa giusta. Per una volta.



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-Scusatemi, ma credo che oggi vi ruberò cinque minuti!- Esclamò Gerard rivolgendosi al pubblico non appena salimmo sul palco. Stavamo per attaccare con gli strumenti, ma fermò tutto. Io avevo la chitarra già a tracolla, stessa cosa per Ray, che però la posò. Mikey non aveva nemmeno preso il basso in mano. Aveva praticamente ammazzato l'adrenalina, ma quando si voltò verso di me, il microfono in mano con una stretta che sembrava quasi impacciata e le ginocchia visibilmente deboli, dall'adrenalina di prima, passai all'infarto. Cercò di sorridere, ma era nervoso.
-Mi dispiace un.. un casino, giurò.- Sospirò, in maniera un po' troppo imbarazzata rispetto alle altre volte in cui era sul palco e si dimenava/faceva il parco come un pazzo. Prese un respiro profondo.
-Ma io mi comporto così perché.. bhè.. sono completamente innamorato di te.- Mi si sgranarono involontariamente gli occhi. Cominciai a non ricordare nemmeno cosa fosse l'aria, e, se non fossi stato sicuro che aveva in serbo uno dei suoi discorsi strappalacrime (e se ne avessi avuto la forza), gli sarei corso incontro e l'avrei fatto tacere con un bacio.
-Non starò qui a fare la lista della spesa con tutte le cose belle di te, blablabla, perché.. non lo so nemmeno io.- Si strinse nelle spalle abbassando il capo. Regnava uno strano silenzio. -Non c'è un motivo. Siamo esseri umani, no? E siamo fatti di.. di passione. Sentimento, incoscienza.. amore. La ragione è l'ultima cosa, davvero.- Si morse il labbro, mentre io continuavo a dubitare che sarei potuto essere più felice di così. -Ero un ragazzo normale, e poi boom. All'improvviso arriva il giorno in cui ti innamori di una persona ed è tutto diverso. Perché è difficile.. o meglio, per me lo è stato. Mi ha preso una paura assurda del fatto che eri un ragazzo. Ed eri il mio migliore amico, anche..- Annuì fra sé e sé. Per mia sorpresa, sembrava quasi che non avesse un vero e proprio discorso pronto.
-E non è stato facile accettarlo, sul serio. Io ci ho messo anni. Proprio per questo ho cominciato a comportarmi come uno stronzo.. andavo a letto con tutte e ti trattavo come uno zerbino proprio perché volevo punirti. E volevo dimenticarti. E credimi, non avrei voluto arrivare a tanto.. addirittura sposarmi per poi dover divorziare. Però sai, era arrivata lei, ed io ero completamente infatuato, e..- Sospirò, gesticolando nervosamente. -Pensavo fosse amore. Non essendolo, però, è passato.- Si diede una bottarella in testa quando si rese conto che stava divagando. Mi fece sorridere.
-Scusami, ma il punto è..- Si fermò lì con le gambe che tremavano. Così impaurito di quello che lo aspettava, sembrava quasi.. indifeso. -Che ti amo.- Si strinse nelle spalle. -E se tu fossi pronto a perdonarmi tutti questi anni in cui non sono stato pronto a dimostrartelo, io vorrei.. ecco.. hai capito, no?- Mi guardò sorridendo. In quel momento sentì il boato della folla, che sembrava tutto meno che contrariata dalla sua scelta. Poggiai la chitarra controlo l'amplificatore e, fra farfalle nello stomaco, una voglia matta di cominciare a piangere (questa volta per ben altri motivi, però) e le gambe pesanti, mi avvicinai a lui.
Lo strinsi fortissimo a me, e riuscivo a sentirlo sorridere.. così come sorridevo anche io, fra una lacrima e l'altra.
-Sssh, non piangere.- Mi sussurrò all'orecchio, non perdendo occasione per rifilarmi un bacetto sul collo.
-Non piango perché sono triste..- Singhiozzai, sorridendo. Ci guardammo negli occhi e ci baciammo. Ecco, non era una cosa nuova.. ma in quel momento si presentava più nuova che mai. Per quanto quella sensazione, il suo profumo e tutto il resto mi fossero familiari, ora era tutto nuovo. Tutto. E per quanto questo spaventasse entrambi, sapevamo che saremmo stati più forti.



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Non mi sembra cazzovero. E'.. finita? çWç Finitafinita? ç_______ç Okay, okay. Mi ero affezionata particolarmente a questa storia, forse perché.. la ideavo da settembre e solo qualche mese dopo sono riuscita a cominciarla e portarla a termine. :')
Un grazie specialeenormeereornoreom a tutti quanti!
Selene, Francesca, Rossella, Kathy G, Party_Poison, xlikeoxygen, LifYeah, SassyUnicorn, Old Whatshername per essersi fermati, una volta o più, a recensire o leggere.
Un grazie anche a tutti questi lettori fantasma. A chi ha messo la storia nei preferiti, nei seguiti, nei ricordati.. sarebbe carino se, almeno a quest'ultimo capitolo, vi fermaste a scrivere anche solo due miseri righi, giusto per farmi sapere che ci siete. :3
E un grazie generale a tutti quanti, perché se scrivere per me è una passione, voi mi date la motivazione di farla diventare una realtà! (:
Comincerò ad ideare il seguito di cui ho parlato prima verso fine gennaio. Chi vorrà seguirlo, lo seguirà.. porrò un annuncio all'inizio della descrizione, per questo lo riconoscerete. ;)
Un saluto enorme a tutti, e grazie ancora. Ah, e buon anno nuovo. :3 <3
E per l'ultima volta in questa storia.. *sigh*
Baci, xMN.

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