Angels and Demons

di hipster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedicesimo ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo. ***


Kurt entrò in aula con espressione svogliata. Salutò Mercedes e Rachel con un cenno della mano e corse ad occupare l’ultimo banco accanto alla finestra.
Se c’era una cosa che odiava del primo giorno di scuola era proprio il dover correre per trovare un buon posto.
Anche se, la considerazione di avere davanti a sé l’ennesimo anno scolastico, più noioso che mai, vittima dei bulli e sempre e da solo…
In tutta sincerità, per Kurt era ancora difficile trovare un buon motivo per cui essere entusiasta del primo giorno di scuola.
Certo, rivedeva i suoi amici del Glee club – e Dio sapeva quanto lui li adorasse- ma tutto il resto rendeva la sua giornata un vero inferno.

Il professore era appena entrato, ma lui non se n’era accorto, perso com’era nei suoi pensieri.
«Ragazzi, abbiamo un nuovo studente quest’anno: Blaine Anderson. Ecco Blaine, puoi sederti lì…» disse il prof, risvegliando l’interesse di Kurt, che dopo pochi secondi ritornò nel suo torpore: che importanza aveva se un altro ragazzo carino etero era appena diventato il suo nuovo compagno di classe?
Cominciò a disegnare cerchi sul suo quaderno, sempre più annoiato, quando un movimento della sedia accanto a lui lo fece rinsavire.
«Posso?» disse una voce profonda che non riconobbe. Era il ragazzo nuovo.
«Ehm… certo!» disse un po’ confuso, spostando a malincuore la sua borsa per terra: si sarebbe sporcata tutta, il pavimento della scuola non era certo pulitissimo quanto il suo standard dell’igiene richiedeva.
Intanto il ragazzo nuovo si era seduto e lo stava fissando in modo molto strano.
Improvvisamente in imbarazzo, Kurt decise di fare la prima mossa.
«Io sono Kurt» disse con un sorriso, sollevando la mano.
«Blaine» disse il ragazzo, stringendogli la mano e lanciandogli un’occhiata di fuoco che per Kurt fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Era carino; troppo carino; decisamente carino.
Blaine sorrise prima di sfilare la sua mano da quella di Kurt e si concentrò sul professore che stava cominciando a parlare.
A Kurt sarebbe piaciuto poter fare lo stesso, ma non riusciva a distogliere lo sguardo da quel ragazzo se non per pochissimi secondi.
Non poteva fare a meno di guardarlo: era seduto in modo rilassato, con i gomiti appoggiati al banco; la testa leggermente reclinata a guardare i suoi appunti e solo poche volte alzava lo sguardo verso il professore che intanto continuava a parlare, anche se Kurt non aveva la benché minima idea di quello che aveva detto: poco male, avrebbe chiesto gli appunti a Rachel, che probabilmente avrebbe scritto anche il minuto esatto in cui il prof aveva respirato.
Si accorse che era suonata la campanella quando Blaine tirò un sospiro e chiuse il suo quaderno.
Come se gli avessero tolto i tappi dalle orecchie, sentì la campanella ronzante squillare.
Blaine si voltò verso di lui con un sorriso: «Ci vediamo in giro, Kurt» disse per poi alzarsi.
«C-certo. Ciao, Blaine…» disse un po’ in ritardo e a voce troppo bassa.
Che idiota.
Idiota, idiota, idiota.
Riprese la sua borsa, maledicendosi mentalmente e raggiunse Mercedes e Rachel.
«Rach, mi presti i tuoi appunti?» borbottò.
«Certo, Kurt, eccoli… ma quanto è carino il nuovo ragazzo?! Com’è stargli vicino? Ooh, quanto ti invidio Kurt!» cominciò la ragazza, non lasciandogli il tempo di rispondere.
«Invidiarmi? E perché mai? Tu sei una ragazza…» borbottò ancora, ma stavolta lei non lo sentì, persa nei suoi sogni.
Ma Mercedes sì.
«Su Kurt, non è detto che sia etero!».
«Ma è probabile – la interruppe - infondo, l’hai visto anche tu!» sospirò.
«L’ho visto, e da come ti ha guardato…».
«Ma lui non mi ha guardato Mercedes!» la interruppe ridendo.
«Caspita, è tardissimo, devo andare alla mia prossima lezione. Continuiamo il nostro discorso più tardi» esclamò Mercedes, lanciandogli un’occhiata significativa.
«Corri, Mercedes, corri!» esclamò Kurt, andando verso l’aula di inglese; aveva uno strano presentimento.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


“Secondo giorno di scuola, forza Kurt” si disse, mentre prendeva i libri dall’armadietto.
Il giorno precedente era stato un fiasco totale: aveva passato tutta la mattina a sperare (inconsciamente?) di avere un’altra lezione in comune con Blaine o perlomeno di rivederlo a mensa, ma il ragazzo era come sparito.
Era riuscito solo a intravederlo nel parcheggio, o almeno così gli era sembrato, perché quando si era avvicinato il ragazzo non c’era più.
“Tutto questo è ridicolo” continuava a dirsi “Probabilmente non posso neppure piacergli, perché ostinarmi?” ma nonostante tutto, eccolo di nuovo qui a sperare di rivederlo.
Corse nell’aula di matematica, speranzoso.
Salutò Rachel che ovviamente era già seduta al primo banco e corse al suo posto, impaziente.
“Eccolo!” quasi urlò quando lo vide entrare e dirigersi verso di lui con un sorrisino.
«Buongiorno, Blaine» disse con un sorriso enorme, da orecchio a orecchio.
«Ciao, Kurt… siamo di buonumore oggi?» lo salutò il ragazzo con un sorriso.
«Abbastanza, sì» disse Kurt, drizzandosi sulla sedia.
Mentre parlava, Blaine si sedette sul banco, poggiò i piedi sulla sua sedia e lo guardò, sorridendo.
Probabilmente il cuore di Kurt non avrebbe retto ad un altro sorriso di quel ragazzo.
«Ne sono felice» continuò Blaine, piegando leggermente la testa verso di lui, sempre continuando a guardarlo.
Probabilmente il suo viso stava andando in fiamme, pensò Kurt. Sentiva il sangue andare a depositarsi sulle guance come se fosse fuoco liquido.
Non sapeva come continuare la conversazione – una cosa che a Kurt Elizabeth Hummel non succede MAI – perciò distolse lo sguardo e si costrinse a guardare fuori.
Tentativo vano.
Dopo pochi minuti riportò lo sguardo su Blaine e fu molto sorpreso di trovarlo nella stessa posizione di prima.
«Perché mi stai fissando?» si lasciò scappare, prima di poter imporsi il silenzio.
Vide un sorrisino divertito dipingersi sulle labbra di Blaine. «Non so, perché sei carino?».
Kurt non si era mai sentito così imbarazzato prima d’ora: le sue labbra disegnarono una perfetta “O” dopo aver sentito quelle parole e, arrossendo, abbassò lo sguardo.
«Scusa, io… non pensavo che tu fossi… beh, ecco…» cominciò a farneticare, incespicando nelle sue stesse parole.
Blaine si lasciò scappare una risatina. «Non pensavi che mi piacessero i ragazzi? Perché voglio ben sperare che piacciano anche a te…».
Kurt riuscì solo ad annuire, incapace di fissarlo di nuovo negli occhi.
Fortunatamente, entrò il professore e Blaine non poté continuare la conversazione.
Quando la campanella lo salvò dagli sguardi di fuoco di Blaine, Kurt volò dalle sue amiche, senza nemmeno salutarlo, sperando di trovare in loro un aiuto.
Ma dovette sorbirsi le lamentele di Rachel, perché ormai non aveva più speranze (stranamente, aveva preso le distanze da Finn) e gli sproloqui di Mercedes, secondo la quale doveva buttarsi e provarci; “un ragazzo intelligente, super sexy e, soprattutto, gay come lui, quando ti ricapita?!” era diventato il suo nuovo mantra.
Kurt non si era mai pentito tanto di aver detto loro qualcosa.
La sua giornata si trasformò in un “non farti trovare dalle ragazze o te ne pentirai”. Si sentì al sicuro quando finalmente riuscì ad entrare nella sua auto, al sicuro da tutti.
Sobbalzò quando sentì qualcuno bussare al finestrino.
«Ehi, Kurt! Potresti darmi un passaggio?».
Blaine.
 
 
Nota dell'autrice:
Salve, carissimi lettori :)
Spero che potrete perdonarmi per non essermi presentata prima: io sono Ludovica, ma chiamatemi Allie.
Non avrei mai immaginato che questa storia potesse essere seguita fin dall'inizio da molte persone, perciò vi ringrazio tantissimo. 
So che avevo detto che avrei postato più in là, ma quando i capitoli sono pronti è impossibile trattenermi dal postarli subito.
Spero davvero che vi piaccia, quindi fatemelo sapere con una piccola recensione o un messaggio, mi farebbe enormemente piacere sapere cosa ne pensate, quindi non esitate a criticarmi ;)
A presto!
Allie <3

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Sentiva dei passi veloci avvicinarsi sempre di più a lui. Poi una borsa venne poggiata con violenza sul suo banco. «Dove diavolo sei stato ieri?!» urlò una voce arrabbiata.
Kurt alzò lo sguardo, per incontrare quello di una Mercedes super arrabbiata. «Buongiorno anche a te, Mercedes» mormorò, abbassando lo sguardo.
«Kurt. Dove sei stato ieri?» continuò Mercedes.
«Mi avevi promesso che saresti venuto all’incontro!» urlò poi, sempre più arrabbiata.
«Mi dispiace, ok? Ho accompagnato Blaine a casa e…»
«Tu… COSA?!»  esclamò Mercedes interrompendolo.
«Sì, mi ha chiesto se potevo accompagnarlo e l’ho fatto, fine della sto…»
«Oh, Kurt, perché non me l’hai detto subito! Racconta!» lo interruppe ancora Mercedes.
«Non c’è niente da raccontare. Per ora abita in un albergo a non-so-quante stelle con la sua famiglia super ricca perché si sono appena trasferiti… mi ha chiesto di salire e io ho detto di no. Fine.» concluse Kurt.
Probabilmente Mercedes non si sarebbe mai accontentata di quella spiegazione e avrebbe volentieri insistito se non fosse entrato Blaine. «Buongiorno, Kurt… Mercedes…» li salutò, poggiando la sua borsa sulla sua sedia. «Volevo ringraziarti ancora, Kurt, per avermi riaccompagnato ieri…».
«Non devi ringraziarmi Blaine, l’ho fatto con piacere…».
Un’occhiata maliziosa di Mercedes lo fece fermare.
Ma ancora una volta fu salvato dall’entrata del professore. «Hai impegni per oggi, Kurt?» sussurrò Blaine, mentre il professore si sistemava alla cattedra.
«I-impegni? Ehm… dovrebbe esserci la prima riunione del Glee Club e-e poi dovrei essere libero, credo…»
Oh santissimi numi, non stava succedendo davvero… Gli stava chiedendo di uscire?! Oh, ti prego,  fa che sia così, fa che sia così!
«Beh, mi chiedevo…» Sì?
«Se tu volessi…» Continua!
«Se hai voglia…» Ne ho voglia!
«Di uscire un po’ con… me.» Finalmente! Un ragazzo carino, gentile e assolutamente affascinante gli aveva chiesto di uscire!
«Certo, mi farebbe molto piacere…» sussurrò, frenando la sua esultanza.
«Meraviglioso!» esclamò Blaine, con un sorriso che fece rabbrividire Kurt. Era un sorriso strano. Sembrava felice, sì, esultante, certo… ma sembrava un po’ troppo per un appuntamento.
Kurt non poteva pensare di piacergli così tanto! Lui era solo… Kurt Hummel.
Per tutta la lezione, no, per tutta la mattina il suo unico pensiero fu quel sorriso.
C’era qualcosa in più dietro, lo sentiva. Ma cosa, non poteva dirlo.
Era qualcosa che andava al di là della sua comprensione.
Come se non bastasse, qualcuno al Glee aveva scoperto che sarebbe uscito con Blaine, perciò fu oggetto di risa e prese in giro per tutto il pomeriggio.
Ma quando tornò a casa era, se possibile, ancora più nervoso.
Finn non riusciva mai a tenere il becco chiuso e aveva subito spiattellato tutto a Burt.
Ovviamente suo padre aveva dato di matto: “chi è questo ragazzo che all’improvviso si rende conto di giocare nella tua squadra?! E se ti sta prendendo in giro? Perché non me ne hai parlato prima? Esigo una spiegazione!” era stato il suo discorso più comprensibile e riportabile.
Carole aveva tentato di calmarlo e così anche Kurt, ma non c’era stato verso di farlo ragionare.
«Papà, per la prima volta in vita mia, una persona si sta interessando a me, non potresti essere felice per me?!» aveva urlato infine, esasperato, per poi correre in camera.
Ma nemmeno lì fu al sicuro: era tardi e doveva prepararsi.
Passata la crisi di pianto per suo padre e la crisi d’ansia pre- primo appuntamento, riuscì a prepararsi e uscire senza farsi notare.
Saltò in macchina e guidò a tutta velocità verso l’hotel dove alloggiava Blaine. 

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


«Ehi, c’è qualcosa che non va?» disse Blaine, dopo averlo salutato con gioia.
«Sto bene» borbottò Kurt tra i denti. «Dove andiamo?» chiese subito dopo, per evitare altre domande.
«Pensavo di andare a cena da qualche parte, ma non conosco molto bene la città…» disse Blaine, leggermente in imbarazzo.
«Nessun problema, ci penso io» sospirò Kurt. Era deciso a godersi il suo primo appuntamento. Era il suo primo appuntamento, per la miseria! Doveva essere speciale.
Guidò, non molto veloce – voleva fare una buona impressione su Blaine – fino ad un ristorante aperto da poco.
«Buonasera, signori» li salutò il maître. «Attendete qualche minuto e vi prepareremo il tavolo» disse pomposo.
Kurt sbirciò attraverso le finestre: era davvero un locale stupendo, molto intimo. Ogni tavolo era separato dall’altro da un separé beige, tutto era preparato elegantemente.
Si girò entusiasta verso Blaine, ma lui aveva un’espressione grave in volto. «C’è qualcosa che non va?» disse Kurt, preoccupato.
«Non possiamo andare da un’altra parte?» disse Blaine, una nota ansiosa nella voce. «Non-non ti piace?» disse avvilito Kurt.
«Oh, no, non intendevo dire questo… insomma… pensavo a qualcosa di diverso… sembra quasi che tu voglia nasconderti, se non vuoi uscire con me…» disse Blaine, con una strana espressione preoccupata. Davvero pensava che Kurt si vergognasse di lui…?
«Oh, Blaine, ti prego! Credi che mi vergogni? Se può farti sentire meglio, andiamo da un’altra parte» disse Kurt, nascondendo la sua delusione. Avrebbe tanto voluto cenare lì, in quel piccolo locale intimo ed elegante, ma non voleva dare un dispiacere a Blaine.
«Mi farebbe piacere, sì…» disse Blaine, sollevato.
Rientrarono in auto e Kurt guidò verso un altro ristorante, più frequentato.
Fortunatamente trovarono un tavolo, richiesero il menu e cominciarono a discutere su cosa ordinare.
Finalmente il cameriere arrivò a prendere le loro ordinazioni. Kurt aveva deciso di non esagerare, perciò prese solo un’insalata, mentre Blaine chiese una bistecca, non condita.
Questo fu molto strano per Kurt.
«Non condita?» chiese, quando il cameriere si fu allontanato. «Preferisco farlo da me…» rispose con un sorriso Blaine.
Kurt decise di rinunciare: questo ragazzo era un enigma.
Dopo un’attesa estenuante, ma non così sentita perché Blaine era davvero bravo nel conversare, il cameriere ritornò con i loro piatti.
Kurt si accinse a condire la propria insalata e così anche Blaine: erano entrambi affamati. «Il sale…?» disse Kurt, passandoglielo.
Blaine sussultò, ma si riprese subito: «No, grazie» disse con un sorriso.
«Niente sale?» chiese, sempre più confuso, Kurt.
«Il mio medico mi ha detto di evitarlo…» continuò Blaine, sempre con lo stesso sorriso.
«Oh, va bene.» disse Kurt, rinunciando.
Mangiarono ridendo e scherzando: Kurt non si era mai divertito così tanto con una persona. Blaine era… straordinario.
Quando tornò il cameriere con il conto, Blaine si impossessò della cartellina, ci infilò dentro due banconote e la restituì. «Il resto è la mancia» disse con un sorriso.
Il cameriere guardò la cartellina con occhi avidi. «Grazie, signore. Buonasera.» disse cordialmente.
«Potevo pagare la mia parte…» cominciò a protestare Kurt, mentre si avviavano verso l’uscita.
«Non l’avrei mai permesso, Kurt. È un appuntamento, no?» disse Blaine, tenendogli la porta aperta mentre usciva. A queste parole, Kurt arrossì visibilmente.
Si avviò verso la macchina senza dire una parola, mentre sentiva Blaine ridacchiare dietro di lui. «Oh, Kurt! Sei adorabile!» esclamò, prendendolo per mano come si fa con i bambini.
Poi cominciò a correre, trascinandolo dietro di sé lontano dall’auto. «Dove mi porti?!» urlò Kurt, a metà tra l’imbarazzato e il divertito.
Blaine lo guardò maliziosamente e lo condusse dietro il ristorante.
Si fermarono entrambi con il respiro corto, poi Blaine prese anche l’altra mano di Kurt e si avvicinò a lui, sempre di più, tenendo lo sguardo fisso sulle sue labbra.
Kurt sentiva il sangue rimbombargli nelle orecchie e nei polsi e il respiro accelerare. Era eccitazione, ma anche qualcosa di più.
Aveva paura.
Non sapeva perché, ma aveva paura.
Probabilmente era solo l’ansia per il primo bacio.
Blaine si stava avvicinando sempre di più a lui, con un sorriso gentile dipinto sul volto.
Stava per sfiorare le sue labbra quando una porta sbattuta contro il muro fece sobbalzare Kurt, che si allontanò.
Due camerieri che avevano probabilmente appena finito il servizio uscirono dalla porta, lamentandosi di quanto fosse antipatico il nuovo secondo cuoco.
Blaine sospirò, esasperato.
«D-dovrei andare…» disse Kurt, mentre il sangue ritornava a scorrere normalmente.
«Sì – sospirò Blaine - andiamo»

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


Kurt non aveva parlato a suo padre dalla sera prima: quando era tornato non l’aveva visto, e quella mattina aveva chiesto a Carole dove fosse, ma lei non lo sapeva.
Si sentiva in colpa e si era ripromesso di andare a trovarlo sul lavoro dopo la scuola.
Era ancora nervoso per il mancato bacio della sera prima e, come se non bastasse, quella mattina non aveva lezione con Blaine, il che significava che non l’avrebbe visto.
Con questi sentimenti arrivò a scuola, senza che nemmeno un raggio di sole riuscisse a scalfire il suo malumore.
Le prime ore passarono con lentezza esasperante: non aveva mai provato tanta noia in tutta la sua vita.
Alla terza ora aveva lezione di cucina e sperava che questo riuscisse a migliorare la sua giornata, ma questa doveva essere proprio una giornata no, perché non avevano nemmeno cominciato che Brittany gli versò l’impasto dei muffin sui suoi jeans nuovi. Esasperato, alla fine dell’ora si affacciò alla porta del bagno, sperando che non ci fosse nessuno.
Rachel lo prendeva sempre in giro per questo, ma per fortuna Kurt aveva sempre un ricambio con sé.
Entrò in bagno e cominciò a cambiarsi.
Stava per tirare su la zip dei pantaloni puliti quando qualcuno aprì la porta.
Con un sussulto si voltò, ma era solo Blaine: nessun bullo gli avrebbe infilato la testa nel gabinetto, per ora.
«Oh, sei tu… ciao» disse, super imbarazzato, tirandosi su la zip.
«Brutta giornata?» chiese Blaine sorridendo, facendo un cenno verso i pantaloni sporchi.
Kurt fece una smorfia. «Pessima. Niente sembra andare per il verso giusto oggi…» si lamentò.
Blaine trattenne una risata. «Vediamo se posso fare qualcosa per migliorarla…» sussurrò, avvicinandosi a lui.
Kurt strabuzzò gli occhi vedendolo sempre più vicino a lui.
Indietreggiò istintivamente di due passi fino a ritrovarsi con le spalle alla porta.
Blaine gli cinse i fianchi, gentilmente, mentre Kurt sentiva il suo corpo andare in fiamme.
Poteva sentire sulla sua pelle il respiro calmo di Blaine, i suoi occhi accesi da una luce maliziosa… era ad un centimetro dalle sue labbra, quando Blaine si fermò, sospirando.
«Non è una buona idea farlo qui…» mormorò allontanandosi da lui. Poi con uno sguardo di scuse uscì dal bagno, in tutta fretta.
Kurt si lasciò andare contro la porta, fino a scivolare per terra. Si strinse le ginocchia al petto, tentando di ignorare le lacrime che minacciavano di scendere e il dolore che sentiva al ventre: i pantaloni stringevano sempre di più.
Blaine era scappato via. Non l’aveva baciato. Non aveva voluto baciarlo. Cosa doveva pensare ora di lui? Non sapeva cosa fare.
Con un respiro profondo, si rialzò.
Osservò il suo riflesso nello specchio e il suo sguardo fu catturato da un fastidioso rigonfiamento tra le sue gambe.
“Niente da fare oggi, bello…” si disse, poi cominciò a pensare a quando aveva baciato Brittany… e lì sotto tutto tornò normale.
Uscì dal bagno, deciso a non pensare più a Blaine.
Quando suonò la campanella dell’ultima ora di lezione, corse via nel parcheggio.
Aveva visto Blaine nell’atrio e non voleva parlargli: non voleva sentire il famoso discorso che terminava con un “voglio esserti amico”.
Ricordandosi della sua promessa, si diresse verso l’officina del padre: lo trovò, al suo solito, sporco di grasso e intento ad aggiustare un auto.
«Mi passi quella valvola, Finn?» disse, senza girarsi.
Gliela passò senza parlare.
«Graz… Kurt! Sei qui…» esclamò sorpreso.
«Già, papà, volevo chiederti scusa per come mi sono comportato ieri. Lui si chiama Blaine. Ieri era solo un’uscita tra amici, non è successo nulla. E non credo succederà mai nulla.» disse con una punta di dispiacere.
«Kurt, sono io a doverti chiedere scusa – cominciò con grande sorpresa di Kurt – a volte dimentico che ormai sei grande. E se stavolta non è andata… ci sono molti altri ragazzi! Io… ti voglio bene, Kurt. Voglio solo il meglio per te.» concluse Burt.
Kurt lo abbracciò, ricacciando indietro le lacrime e incurante del grasso che lo stava sporcando.
Aveva il padre migliore del mondo, non avrebbe dovuto dimenticarlo. 

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***


«Rachel, non capisco perché mi hai costretto a venire qui con te» si lamentò Kurt, sprofondando sempre più nel sediolino dell’auto della ragazza.
«E io non capisco perché sei così depresso! Credevo ti avrebbe fatto piacere aiutarmi a fare shopping! È un’occasione che non do’ a tutti, sai?» disse la ragazza, indignata.
Kurt sospirò, ma non rispose. Non aveva voglia di andare in giro per i negozi. Si sentiva stanco e triste.
La notte non era riuscito a dormire ripensando al bacio mancato di Blaine; era arrivato ad una conclusione: lui non piaceva a Blaine.
L’aveva evitato per tutta la mattina a scuola e ora tremava al solo pensiero di trovarlo l’indomani in classe. Si sentiva preso in giro.
«L’appuntamento è andato male?» disse Rachel, interrompendo i suoi pensieri.
«È stato perfetto…» disse, con una punta di tristezza nella voce.
«Ma…?» lo spronò a continuare Rachel.
«Stavamo per baciarci, ma siamo stati interrotti. E poi ieri mattina, in bagno… si è fermato, non ha voluto baciarmi. Non gli piaccio.» concluse Kurt, con le lacrime agli occhi.
Perché aveva sperato così tanto? Non era per Blaine, no, non poteva essere per Blaine che piangeva. Lo conosceva solo da pochi giorni, non era assolutamente innamorato di lui.
No, era arrabbiato perché per una volta che aveva sperato che per lui potesse andar bene, tutto era andato in fumo.
«Mi dispiace, Kurt… ma tu sei un ragazzo fantastico, non devi buttarti giù! Ci sono molti altri ragazzi lì fuori che farebbero la fila pur di uscire con te, perciò non preoccuparti. Solo perché non è andata bene con uno, non significa che non andrà mai bene con nessuno» disse Rachel, accarezzandogli una spalla.
«Vorrei essere il tuo ragazzo» disse Kurt, con un sorrisino gentile tra le lacrime.
Rachel scoppiò a ridere e mise in moto l’auto.
Durante tutto il pomeriggio Kurt non pensò a nulla, ma si divertì un mondo con la sua Rachel.
Voleva davvero bene alla sua nana logorroica.
«Sai che Finn mi ha portata al cinema ieri?» disse lei, compiaciuta.
«Al cinema? Ma non eravate in pausa di riflessione o roba simile?» chiese Kurt, stupito.
«Eravamo, sì. Mi ha portato a vedere un film favoloso! Il protagonista conosce una ragazza molto strana che scopre essere un demone! Ed è fantastica perché deve celare la sua natura, ma quando si arrabbia viene a galla il suo “lato oscuro” e gli occhi le diventano neri! È fantastica! Può fare di tutto: è invincibile! Infatti la sua missione è quella di scatenare l’Apocalisse! Però alla fine il protagonista scongiura tutto perché la rinchiude in una chiesa e la sommerge di sale che per lei è letale. Forte, no?» disse Rachel, e senza dare il tempo a Kurt di rispondere, continuò a parlare dell’appuntamento: «E quindi, dopo il cinema Finn mi ha portata a cena, in quel nuovo locale, quello che ha appena aperto, hai capito quale? È bellissimo! E si mangia davvero bene… e hanno anche un menu per i vegetariani! Sapevi che un tempo era una chiesa? Si vede dalla costruzione, ma è stata rimodernata…»
Rachel continuò così per tutto il pomeriggio, ma a Kurt non dispiacque: era contento che almeno uno dei due fosse felice in amore.
Rachel lo riaccompagnò a casa non troppo tardi. «Ho promesso ai miei papà che avrei fatto presto stasera… ci vediamo domani?».
Kurt la salutò con un bacino veloce sulla guancia e uscì dall’auto.
Era appena arrivato davanti alla porta, quando un rumore di passi dietro di lui lo fece voltare, spaventato.
«Blaine! Che diavolo ci fai qui?!» esclamò, quando riuscì a riconoscerlo nel buio.
«Volevo parlarti… ti dispiace?» disse Blaine, avvicinandosi a lui.
«In realtà, sì. Mi dispiace.» esclamò Kurt, mentre cercava la chiave giusta per aprire la porta.
«Ehi, aspetta! – esclamò Blaine, fermando la mano di Kurt che stava per infilare la chiave nella serratura – voglio solo parlare. Perché mi stai evitando?».
Kurt lo fissò con gli occhi sbarrati: non voleva dargli spiegazioni.
«Perché… perché non voglio sentire il classico discorso “siamo solo amici”, ok? Per me quell’appuntamento è significato qualcosa! Mi hai ferito rifiutandomi! Per me… io non volevo esserti amico, io…» cominciò a sproloquiare Kurt, incapace di fermarsi.
E fu il turno di Blaine di guardarlo ad occhi sbarrati.
«Kurt, mi dispiace. Non volevo darti l’impressione sbagliata, io… anche io non voglio esserti solo amico…».
«E allora dimostramelo! – lo interruppe Kurt, con le lacrime agli occhi – dimostrami che…».
Ma non poté continuare, perché la labbra di Blaine lo zittirono in un irruento bacio.
Niente della purezza e delicatezza che si vede nei film, per Kurt era solo fuoco e lacrime ovunque.
Quando, sospirando, tentò di allontanarsi da Blaine, questi lo trattenne accanto a sé, e vedendo che Kurt aveva bisogno di riprendere fiato scese sul suo collo, baciandolo dolcemente.
Kurt si sentì improvvisamente debole, gli girava la testa.
Il suo primo bacio.
Quando Blaine si staccò dal suo collo, un piccolo segno scuro prese il posto delle sue labbra, poi tornò con veemenza sulle labbra di Kurt.
Molti baci dopo, Kurt decise che era il momento di rientrare e a malincuore lo disse a Blaine.
«Non c’è problema…» disse questi. «Dopotutto, abbiamo tutto il tempo del mondo, no?» concluse con un sorrisino malizioso che fece letteralmente morire Kurt.
Dio, cosa gli faceva provare questo ragazzo.
Si salutarono con un bacio leggero e Kurt rientrò.
«Ciao, papà!» lo salutò, vedendolo seduto sul divano con Finn.
«Ciao, Kurt! Come è andato lo shopping?» rispose suo padre, staccando momentaneamente lo sguardo dallo schermo della tv.
«Benissimo» rispose Kurt con un sorriso, poi salì in camera sua, felice come non mai.

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***


Kurt era a scuola. Era sicuro che fosse la scuola, anche se era deserta.
Si voltò intorno, sperando di vedere qualcuno, ma nemmeno un’ombra riuscì a scorgere, né una voce arrivò alle sue orecchie.
Sempre più in ansia, si incamminò verso l’aula del coro, ma giunto fin lì si accorse che era chiusa.
Sempre più confuso, tornò indietro.
Quando una porta di uno sgabuzzino sbatté violentemente sobbalzò, poi decise di avvicinarsi per vedere se c’era qualcuno.
Aprì piano la porta e guardò nella stanza buia.
Sembrava che ci fosse qualcuno lì, ma al buio non vedeva bene… «C’è qualcuno?» disse, con voce tremolante.
Sembrava un perfetto film dell’orrore, mancava solo il rumore della motosega.
«Ciao, Kurt.» disse una voce gentile dall’interno. «Ti stavo aspettando…» continuò la voce.
La figura buia si fece avanti, alla luce, e Kurt vide che era Blaine.
«Oh, Blaine. Mi hai spaventato… ma che ci fai qui?» disse, confuso.
«Oh, Kurt. Sono venuto per te, sciocchino. Solo per te…» disse il ragazzo, avvicinandosi.
Per qualche strano motivo, rabbrividì di paura vedendolo avvicinarsi.
I suoi occhi diventavano più scuri ogni secondo che passava… sempre di più…
«B-Blaine?» mormorò Kurt spaventato.
«Ssh…» sussurrò il ragazzo. «Non preoccuparti, Kurt.» mormorò ad un millimetro dalle sue labbra, poi lo baciò.
Per la prima volta, Kurt avrebbe voluto allontanarlo con la forza: il suo bacio era dolorosissimo, sentiva una forte pressione al petto, come se qualcosa stesse per schiacciargli il cuore; le tempie gli pulsavano, tutto era dolore… con un urlo si risvegliò nel suo letto.

Era un sogno, Kurt, solo un sogno. Maledetta Rachel e il suo film del cavolo sui demoni! Vedi un po’ se devo fare certi sogni sul mio ragazzo! Si disse tornando a chiudere gli occhi.
Ma le immagini appena viste in sogno gli tornarono in mente.
Blaine con quegli occhi completamente neri come la pece, il suo sorriso compiaciuto quando l’aveva visto tremare di paura… avrebbe voluto schiaffeggiarsi per questi pensieri.
Blaine, un demone? Ma che cavolo stava pensando?
Era assurdo.
I demoni non esistevano.
Però…
Blaine non era voluto entrare in quel ristorante, quello che era stato una chiesa.
Non aveva usato il sale, non aveva voluto nemmeno toccarlo. Il sale era letale per i demoni.
Blaine… un demone?
Rise di se stesso per la sua stupidità, ma ancora non riusciva a ricacciare indietro quella strana ansia.
Quel sorriso che Blaine gli aveva rivolto subito dopo aver accettato il suo invito… quel sorriso eccitato, esultante, come quello del cacciatore che intrappola la sua preda…
Con il respiro corto si alzò e andò in bagno.
Guardò il suo riflesso sudato per un po’, poi si sciacquò il viso e ritornò a letto.
Tutte idiozie.
Blaine non era un essere sovrannaturale.
Blaine non era un demone.
Blaine era umano.
Era il suo ragazzo.
Rachel era una stupida a vedere certi film e lui ancora di più per fantasticarci su.
Idiozie.
E con questi pensieri a confortarlo tornò a dormire.

Nota:
non ho l'abitudine di scrivere note, ma stavolta mi sembra doveroso: purtroppo oggi finiscono le vacanze; da domani si ricomincia con la scuola, lo stress e tutto il resto.
È stato soprattutto grazie al fatto che ho potuto oziare tutti i giorni tutto il giorno se ho potuto scrivere tanto e aggiornare così in fretta, da domani non so come andrà.
Ovviamente mi sforzerò per aggiornare ogni giorno, come sto facendo ora, portandomi avanti con la scrittura dei capitoli.
Spero di farcela :)
In ogni caso, a presto :) 

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo ***


Nota: Visto che mi annoio a morte di fare filosofia ho pensato "perché non postare un bel capitolosu EFP?" perciò eccomi qui :) 
Ringraziate la mia pigrizia e la mia prof che il primo giorno di scuola ci assegna un botto di compiti. Ammmore <3 
Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia perché è il mio preferito **
Ultima raccomandazione, poi sparirò: poiché la mia Beta mi ha dato buca, questo capitolo non è stato corretto.
Sentitevi liberi di farmi notare errori o imprecisioni o qualsiasi altra cosa in una recensione :)
Se volete, altrimenti ve lo tenete con gli errori u.u
E se qualcuno vuole sostituire la mia Beta per un po'... fatemi sapere con un messaggio :)
Grazie per aver letto questo soliloquio, a presto!
Allie <3 



«Non posso crederci, sei venuto a prendermi!» esclamò Kurt salendo sull’auto.
Quella mattina un meraviglioso messaggio gli aveva dato il buongiorno: “Buone notizie, mio Kurt! La mia macchina è stata riparata e, visto che ti devo un passaggio, considerati impegnato stamattina ;) tuo, Blaine”.
E ora eccolo lì, sulla sua Porsche nera, che lo salutava con un meraviglioso sorriso.
«Te l’ho detto, ero in debito con te per un passaggio» sussurrò Blaine, mentre si avvicinava alle sue labbra.
Kurt non era ancora abituato a tutto quel contatto fisico, perciò si irrigidì per un secondo.
Però si costrinse a rilassarsi e baciò Blaine con dolcezza.
Mentre il ragazzo tentava di approfondire il bacio, la mente di Kurt fu assalita dai ricordi del sogno della notte precedente: il sorriso trionfante, gli occhi neri come una notte senza stelle, quel bacio maledetto…
Con un singulto si allontanò da Blaine.
«C’è qualcosa che non va?» chiese Blaine, preoccupato, quando lo vide scattare contro la portiera.
«No, scusami, ma… - un risolino acuto gli scappò – ho fatto un sogno assurdo… tutta colpa di Rachel… mi sono fatto suggestionare» tentò di spiegarsi mentre tentava di ricacciare le risatine isteriche che minacciavano di sfuggire.
«Non capisco, hai avuto un incubo?» chiese Blaine, terribilmente confuso.
Kurt si lasciò scappare una risata e poi gli spiegò tutto: il racconto di Rachel e il suo sogno strampalato.
«Non so perché l’ho collegato a te, sarà che hai sempre quell’aria da “bello e dannato”…» concluse, aspettando le risate di Blaine e magari anche le sue prese in giro.
«Io…? Un demone? Oh, Kurt, che assurdità. Non mi avevi detto che la tua fantasia era così grande…» disse Blaine, improvvisamente nervoso.
Rise, ma era una risata forzata.
Kurt si fece improvvisamente sospettoso; tutto nel comportamento di Blaine gridava “disagio”: il modo in cui guidava, così diverso da come aveva guidato fino a cinque minuti prima; la sua presa forte al volante; la sua risatina forzata; il suo sguardo preoccupato.
Blaine… un demone?
Kurt non riusciva a ridere di sé stesso; non più.
I demoni non esistono, continuava a dirsi; eppure… tutto in Blaine urlava mistero, fin dal primo momento in cui l’aveva visto; quel ragazzo lo aveva stregato.
Aveva bisogno di sapere.
Aveva bisogno di provare a sé stesso che si stava sbagliando, che la sua fantasia era davvero grande se poteva immaginare Blaine come demone!
«Pranziamo insieme oggi, ti va?» chiese, dopo un imbarazzante silenzio.
«Mi farebbe piacere» disse Blaine, sollevato dal cambiamento d’argomento.
In questo momento, niente avrebbe fermato Kurt dallo scoprire la verità.
 

******


Kurt stava parlando amorevolmente con Blaine seduto a mensa, ma mentre condiva la sua solita insalata, la saliera gli scivolò di mano, finendo sulla mano di Blaine.
Essa si aprì, spargendo il suo contenuto ovunque.
Blaine era balzato in piedi, come se quei piccoli granelli fossero lava bollente e, tra le scuse di Kurt, era corso in bagno, ma non prima che Kurt notasse che la mano gli era diventata rossa, come ustionata. “Primo test fallito, Blaine” si disse prima di raggiungerlo in bagno.
Lo trovò con la mano sotto l’acqua scrosciante.
«K-Kurt, che ci fai qui?» balbettò Blaine.
Per la prima volta, Kurt lo vedeva insicuro.
«Venivo per sapere come stavi, Blaine… come va la mano? Il sale ti ha fatto male, vero?» disse Kurt, con voce tagliente.
«Kurt…» sussurrò Blaine.
«Chi sei? E perché sei venuto qui?» continuò freddo Kurt, mentre un dolore lancinante si andava spandendo nel suo stomaco.
«Kurt, io… non posso… scusami, ma non voglio… ferirti… io… devo andare» continuò il ragazzo, confuso, dirigendosi verso la porta.
Ma la trovò sbarrata dallo stesso Kurt. «Non pensarci neppure. Devi spiegarmi tutto. Tutto, Blaine».
Blaine sospirò.
«Da dove comincio?»

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Capitolo 9
*** Capitolo nono ***


«Che ne dici di dirmi chi sei e perché sei venuto qui?» continuò Kurt, lottando con sé stesso per mantenere la voce ferma.
Blaine sospirò. «Hai ragione, Kurt. Io… sono un demone. Di primo livello. Significa che… sono ancora piccolo – disse con un sorrisino – il nostro compito, Kurt, è mantenere l’ordine. Sai cosa mantiene l’ordine nel mondo? – Kurt scosse la testa – La morte, Kurt. Noi… prendiamo le vostre anime. Ogni volta che raggiungiamo il nostro “obiettivo”, ovvero un certo numero di anime, saliamo di livello.» disse Blaine, incapace di guardarlo negli occhi.
Temeva che avrebbe letto paura o, peggio ancora, disgusto.
«Quindi è per questo che sei venuto qui… per prendere le anime» continuò Kurt.
Per la prima volta, Blaine alzò lo sguardo e lo fissò negli occhi di Kurt: non riusciva a leggere che determinazione nel suo sguardo, niente paura, niente disgusto.
Non sapeva se essere sollevato o no.
«Sì, il motivo per cui sono venuto qui sulla Terra è per raccogliere anime, ma… volevo conoscerti».
«Conoscere… me?!» lo interruppe Kurt, stupito. «Vuoi dire che sapevi chi ero già prima di conoscermi?!». Lo spavento di Kurt ora si faceva sentire.
Blaine sorrise, gentile.
«Ricordi quando, da bambino, scappavi a dormire con tuo padre per “il mostro nell’armadio”?» continuò Blaine, sempre con lo stesso sorriso.
«Eri… tu? Mi prendi in giro?! Era solo un’ombra!» esclamò Kurt, sorpreso.
«Noi siamo ombre, Kurt. E sì, ero io. Ero… curioso. Avevo conosciuto tua madre, come anima, e…».
«Aspetta, frena, conosci mia madre?!» lo interruppe ancora Kurt.
«Ci stavo arrivando… tua madre fu presa da un mio compare… ed era affascinante. L’unico suo rammarico era lasciarti solo, perciò volevo… conoscerti. Ma francamente, da bambino non eri poi così interessante. Ma qualche anno fa… mi sei tornato in mente, perciò ho ricominciato a “seguirti” per così dire… e ho desiderato che anche tu mi conoscessi; perciò mi sono iscritto alla tua stessa scuola».
Kurt lo fissò a bocca aperta: ora non era più tanto spaventato, era solo dannatamente curioso.
«Cavolo, questo non me lo aspettavo…» mormorò, abbandonandosi contro la porta.
«Mi dispiace, non avresti dovuto scoprirlo… volevo solo che… mi concedessi un sorriso, solo uno, e non uno sguardo di terrore; poi mi ero ripromesso che sarei andato via. Ma dopo il sorriso ho cominciato a desiderare di stringerti la mano, e poi di accarezzare la tua guancia, e poi di baciarti… mi… sono innamorato di te, Kurt. Sei come tua madre, sei… affascinante» disse Blaine, con aria colpevole.
La mascella di Kurt finì tre metri sotto terra: ok Kurtie, respira. Blaine è un demone, ti segue da quando eri bambino e ora si è riscoperto innamorato di te. Ha senso, no?
No, non aveva senso.
Blaine sembrava in attesa di una risposta, ma Kurt non sapeva cosa dire.
«Io… ho tentato di prenderti» continuò poi Blaine, in un soffio.
«Che vuoi dire? Spiegati…» lo incitò Kurt, quando vide che il ragazzo aveva lo sguardo incollato a terra e non aveva intenzione di continuare.
«La sera del nostro primo appuntamento, quando stavo per baciarti… volevo prenderti. Avrei preso la tua anima se non fosse stato per quei due che ci hanno interrotti. Io… ti volevo, Kurt. Ti volevo come un trofeo… e anche la mattina dopo, proprio qui… ho… deciso di non farlo. Mi dicevo che volevo sapere come ti saresti comportato nei miei confronti, fino a che punto ti saresti spinto… non volevo ammettere di essere già completamente innamorato di te. Poi quando mi hai detto… che anche tu provavi qualcosa per me… non ce l’ho fatta…»
Blaine si fermò, sembrava stesse per piangere.
Kurt non poteva vederlo così, doveva consolarlo in qualche modo. Si avvicinò cauto, poi lo strinse tra le sue braccia.
Un singhiozzo sfuggì dalle labbra di Blaine.
«Non mi importa chi sei, Blaine. Io… sono innamorato di te e non ho intenzione di rinunciare a noi. Sei diventato importante e non permetterò…».
«Ma non capisci? – lo interruppe Blaine, ormai incapace di trattenere il suo dolore – non capisci?! Questa non è una fiaba, Kurt, è la realtà. I demoni non si innamorano degli umani, non si innamorano delle loro prede! Quando lo scopriranno Giù ti uccideranno! Io non posso permettere che ti succeda qualcosa, io… non posso perderti!» urlò alla fine Blaine, quasi soffocato dalle lacrime.
«Non mi perderai mai – disse Kurt, nascondendo il suo terrore – io ti amo.» sussurrò, cercando le labbra di Blaine.
Con animo disperato, il ragazzo si gettò sulle labbra di Kurt, come se cercasse sollievo.
«Troveremo un modo per restare insieme, è una promessa Blaine» disse Kurt, risoluto.
«E io ti prometto che sarai al sicuro. Non permetterò a nessuno di farti del male, mai» ribatté Blaine, tornando a baciarlo.
«Dobbiamo solo avere il coraggio di continuare… Courage».

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Capitolo 10
*** Capitolo decimo ***


Da due settimane Kurt e Blaine stavano insieme. E per Kurt non c’era mai stato periodo più felice.
Certo, a scuola veniva sempre perseguitato dai soliti bulli, anche se Blaine, quando era con lui, tentava di proteggerlo; ma Blaine non poteva essere sempre con lui, perciò non c’era mai giorno che non tornasse a casa indolenzito per un pugno o una spinta contro gli armadietti.
Quella mattina era più ottimista del solito: era la terza ora da solo e nessuno lo aveva picchiato.
Stava posando i libri nel suo armadietto, quando qualcuno lo spinse contro di esso, facendolo cadere rovinosamente a terra.
«Ciao, finocchio!» urlò la voce di Karofsky dall’alto. Kurt si sentì avvampare per l’umiliazione e per la rabbia.
Respirava profondamente, quasi rabbiosamente. “Courage” sussurrò una voce dentro di lui.
Si alzò con uno scatto di reni, lasciando i libri e la borsa per terra e rincorse David, che si stava dirigendo verso gli spogliatoi.
«Ehi!» gli urlò dietro, ma il ragazzo non lo sentì, o forse scelse di ignorarlo.
«Ehi, sto parlando con te!» urlò, seguendolo fin dentro gli spogliatoi.
«Lo spogliatoio delle femmine è di là» disse Dave, con voce lamentosa.
«Oh, certo, è il terrore di tutti voi etero che noi gay vogliamo violentarvi e convertirvi! Sai una cosa? Non mi interessi! Non mi piacciono i grassoni che saranno calvi a trent’anni!» urlò Kurt, incapace di trattenersi. Era davvero lui quello che stava parlando? Courage.
«NON PROVOCARMI, HUMMEL!» urlò a sua volta Dave, sbattendo un pugno contro l’armadietto.
«Vuoi picchiarmi? Fallo pure! I tuoi pugni non cancelleranno né la mia omosessualità né la tua ignoranza!» disse Kurt, fissandolo con determinazione.
«NON PROVOCARMI!» esclamò di nuovo David, deviando un colpo da Kurt all’armadietto.
«Sei solo un bambinone che non sa quanto è speciale essere sé stessi!» urlò Kurt, ma un Karofsky arrabbiato gli si buttò addosso. Kurt si irrigidì, aspettando i colpi, ma quando due labbra incontrarono le sue e due mani forti gli tennero ferma la testa, capì.
Con un singulto David si staccò da lui e lo fissò disperato.
Tentò di baciarlo di nuovo, ma stavolta Kurt fu svelto a spostarsi.
David tornò ad essere il solito Karofsky e se la prese con gli armadietti, e fortunatamente non con Kurt.
Kurt si lasciò andare contro gli armadietti, sfiorandosi le labbra, incredulo. Non aveva la forza di alzarsi.
Cominciò a respirare profondamente, proprio come pochi minuti prima, ma stavolta tentando di calmarsi.
Dave l’aveva baciato. Quindi… anche lui era gay. Per questo non riusciva a non prendersela con Kurt, era confuso.
Dopo pochi minuti accovacciato a terra, Kurt pensò che era meglio rialzarsi e uscire. Probabilmente Blaine lo stava cercando.
Cercò di ricomporsi: non si era accorto di aver cominciato a piangere.
Uscì svelto dallo spogliatoio e tornò al suo armadietto, e cominciò a rimettere tutto a posto con lentezza studiata: non aveva voglia di andare a lezione.
«Ehi Kurt!» disse una voce dietro di lui, proprio quando aveva finito di mettere tutto a posto. Era Mercedes.
«Ciao…» rispose il ragazzo, senza entusiasmo.
«Che succede?» disse la ragazza, appoggiandosi agli armadietti per poterlo guardare in faccia, visto che non si era nemmeno girato per salutarlo.
«Sei arrabbiato con me? Mi dispiace di averti preso in giro durante l’ora di inglese per i tuoi jeans, non volevo farti arrabbiare» partì in quarta la ragazza, preoccupata.
«Non è colpa tua, sul serio…» mormorò Kurt, prendendo i libri.
«E allora che succede? Problemi con Blaine?» tentò ancora Mercedes.
«Non ancora…» borbottò Kurt.
«Che vuoi dire? Che hai fatto?!» esclamò Mercedes, a metà tra incredula e arrabbiata.
«Dave mi ha baciato, va bene?!» esclamò Kurt, tentando di moderare la voce.
«Dave… Karofsky?! No, mi stai prendendo in giro. Quel Dave Karofsky? Quello che ti mena da anni?» esclamò Mercedes, guardandolo confusa.
«Proprio lui, cinque secondi fa, negli spogliatoi. E non so come dirlo a Blaine… e come comportarmi con Dave… oh Dio, perché tutto a me?!» urlò, incapace di contenersi.
«Sta calmo ora, andiamo in classe, dopo ci pensiamo insieme…» disse Mercedes, prendendolo sottobraccio.
Kurt si lasciò trascinare da lei fino in classe, indolente. Si lasciò cadere su una sedia, combattendo contro se stesso per non ricominciare a piangere come una ragazzina.
Improvvisamente due mani robuste lo strattonarono, facendolo alzare dalla sedia, spaventatissimo.
«Ascoltami bene, ragazzina: se dici a qualcuno quello che è successo di là, ti uccido.» gli soffiò in faccia Karofsky.
Kurt riuscì ad annuire debolmente, per poi essere ributtato malamente sulla sua sedia.
Mercedes fu subito al suo fianco: «Sparisci, Karofsky!» gli urlò contro e il ragazzo sbuffò come se fosse divertito dalla sua interferenza.
«Ora ti fai aiutare anche dalle ragazze? Sei caduto in basso, Hummel…» disse, per poi andarsene sghignazzando.
«Stai bene?» disse Mercedes, preoccupata, quando se ne fu andato.
«Sto bene…» disse Kurt, non senza un certo tremolio nella voce.
Blaine stava entrando in classe in quel momento: «Buongiorno, ragazzi!» li salutò, con un sorriso: segno evidente che non si era ancora accorto di niente.
«Ciao, Blaine» lo salutò Mercedes, sforzandosi di ignorare quello che era appena accaduto.
«Ehi, Blaine…» lo salutò Kurt, sforzandosi di apparire entusiasta.
Doveva migliorare molto come attore, pensò, quando Blaine lo guardò alzando un sopracciglio.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese, serio. «Ne parliamo dopo.» tagliò corto Kurt.
Il professore stava entrando in classe.

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Capitolo 11
*** Capitolo undicesimo ***


Blaine aveva salutato Kurt con un sorriso dopo la lezione “Ci vediamo a pranzo, ok?” e Kurt aveva accettato.
E ora era fermo, davanti alla porta della mensa, incapace di entrare.
Aveva paura di come avrebbe reagito Blaine: si sarebbe arrabbiato con lui? Sarebbe andato da Dave? Chi poteva sapere cosa un demone arrabbiato era capace di fare!
«Kurt, cosa fai qui, sulla porta?» esclamò Rachel, dietro di lui. «Sto… entrando» disse Kurt, voltandosi verso di lei.
La prese per mano e la trascinò a fare la fila per prendere i vassoi. Dopo poco li raggiunse anche Mercedes con Tina.
«Ciao ragazzi! – li salutò Mercedes – Kurt, tutto ok?» aggiunse poi, guardando Kurt con aria preoccupata.
«Sto bene, Mercy, non c’è bisogno che ti preoccupi» disse Kurt fingendosi rilassato.
«Sai che sei un pessimo attore?» si intromise Tina. «Non devi mentire con noi, lo sai…» aggiunse poi Rachel.
«E voi come avete fatto a…? Mercedes…» disse, alzando un sopracciglio.
«Scusa, Kurt, ma noi siamo tue amiche, puoi fidarti di noi. Vogliamo proteggerti». Kurt sospirò. «Ok, va bene…».
Tutti e quattro presero i vassoi e le pietanze, non senza che Rachel si lamentasse dell’assenza di un menu per vegetariani.
«Dovrei candidarmi a presidente e fare in modo che aggiungano un menu per vegetariani! Siamo anche noi cittadini americani e abbiamo dei diritti! Anche noi dobbiamo…» continuò a sproloquiare fin quando non trovarono un tavolo libero, ma tutti ormai non l’ascoltavano più. Anche Kurt aveva rinunciato.
Stava ridendo con Tina guardando Mercedes che si disperava perché erano terminate le crocchette, quando Blaine li raggiunse.
«Ciao, ragazze! Kurt…» disse, lanciandogli uno sguardo di fuoco che finì dritto dritto nello stomaco di Kurt.
Improvvisamente gli era passata la fame. «Blaine… possiamo parlare?» cominciò, prima che il ragazzo potesse sedersi.
«Certo!» esclamò Blaine. Kurt lo prese per mano e lo condusse fuori, non senza voltarsi indietro per ricevere uno sguardo di incoraggiamento dalle sue amiche.
Trascinò Blaine in un’aula vuota e chiuse la porta. «Vuoi dirmi che è successo?» gli chiese Blaine, incapace di controllare la sua curiosità.
«Mi prometti di non arrabbiarti?» cominciò Kurt, già senza fiato. Blaine lo guardò confuso «Non potrei mai arrabbiarmi con te. Che succede?».
Kurt fece un respiro profondo «Prima Karofsky mi ha… spinto contro gli armadietti» cominciò.
Blaine si irrigidì «Quell’idiota! Dovrei picchiarlo così forte da fargli passare la voglia di farti del male!» lo interruppe, contrariato. E il bello deve ancora venire… pensò Kurt.
«Forse, ma non è questo quello che dovevo dirti. Dopo l’ho rincorso negli spogliatoi per dirgli che doveva smetterla di trattarmi così…»
«Tu… l’hai rincorso negli spogliatoi? – lo interruppe ancora Blaine, incredulo – Bravo, Kurt!» aggiunse con un sorriso, dandogli un leggero bacio sulla guancia.
«Non ho ancora finito…» disse Kurt con voce strozzata. Blaine gli fece cenno di continuare. «Mentre gli urlavo contro… ho detto delle cose e… beh, mi ha… baciato» disse con un filo di voce, con lo sguardo incollato alle sue scarpe.
«Karofsky ti ha… baciato?» disse Blaine, con una voce glaciale, innaturalmente calma.
«Sì…» sussurrò Kurt, ancora incapace di guardarlo negli occhi.
Quando riuscì ad alzare lo sguardo, vide che Blaine gli dava le spalle, le nocche delle mani erano diventate bianche a furia di stringere il bordo della cattedra; respirava affannosamente, ma anche profondamente, come se stesse tentando di calmarsi.
«B-Blaine?» lo chiamò Kurt, un po’ spaventato. Visto che il ragazzo non dava segni di averlo sentito, gli poggiò una mano sulla spalla.
Questa volta Blaine si voltò verso di lui, di scatto; gli occhi neri dei suoi incubi erano tornati. Ci volle tutta la forza d’animo di Kurt per restare dov’era.
«Va tutto bene, Blaine…» disse, con voce dolce, accarezzandogli la guancia.
Blaine chiuse gli occhi e fece un respiro profondo: quando li riaprì i suoi occhi erano tornati normali. «Scusami – disse con aria mortificata – non volevo spaventarti…».
Kurt sorrise, comprensivo, poi lo abbracciò forte. Quell’abbraccio reclamava un conforto, per entrambi, che solo l’uno poteva dare all’altro.
Blaine sospirò quando sciolsero l’abbraccio. «Devo andare a fare una chiacchierata con Dave» disse con un sorriso.
«Blaine, non fare stronzate…» disse Kurt, preoccupato. Blaine rise. «Nulla di permanente, promesso» disse, con un sorriso malizioso.
Kurt sospirò: non sapeva cosa aspettarsi da Blaine. «Vengo con te; devo assicurarmi che tu non uccida Karofsky…» disse Kurt, seguendo Blaine che intanto era uscito dall’aula.
«Secondo te dove può essere?» gli chiese Blaine, con una certa eccitazione. “Non lo so” stava per rispondere Kurt, quando, svoltato l’angolo, se lo trovarono proprio di fronte.
«Salve, fatine» disse il ragazzone, con un sorriso strafottente e uno sguardo intenso a Kurt. Blaine lo bloccò: «Devo parlarti, Karofsky» cominciò, senza mezzi termini.
Kurt trattenne il respiro: Blaine era molto più piccolo di David, sembrava così indifeso a confronto. «Non ho tempo da perdere, principessa…» disse Dave, cercando di scansarlo.
«No, non hai capito. Devo parlarti, Dave – lo bloccò di nuovo Blaine – devi stare lontano da Kurt. Se osi di nuovo baciarlo… - disse, abbassando volutamente la voce e guardandosi intorno, come a sincerarsi che nessuno li stesse ascoltando – io ti uccido. Lui è mio, Dave.» concluse Blaine, sforzandosi evidentemente di non far trasparire la sua rabbia.
«Non so di che cosa parli…» disse Karofsky, improvvisamente a disagio. «Lo sai bene, Dave. E so che è difficile da accettare una certa situazione. Ci siamo passati tutti. Ma tu devi imparare ad accettare te stesso, ad amare te stesso e, soprattutto… - fece un sorrisino – a non rubare i ragazzi degli altri. O perlomeno non il mio. Te lo ripeto, Karofsky: sfioralo di nuovo e ti uccido. È mio».
Detto questo, lo lasciò andare via, con un’aria confusa sul volto. Blaine si voltò a guardare Kurt. «Wow…» disse quest’ultimo, con un sorrisino.
«Cosa?» chiese Blaine. Kurt si avvicinò a Blaine, fin quasi a sfiorarlo «Non credevo che vederti geloso sarebbe stato così… eccitante» sussurrò contro le sue labbra.
Blaine ridacchiò. «Ma io non ero geloso». «Ah no? – lo interruppe Kurt, prendendolo per i fianchi – che peccato…» sussurrò ancora, baciandolo.
Un gemito proveniente dalla gola di Blaine lo fece sorridere. «Ah, Kurt – sospirò Blaine – se continui a tentarmi così, tuo padre mi ammazzerà».
Kurt ridacchiò. «Credo sia il momento di ritornare dalle ragazze» disse Kurt. «Vorranno sapere come è andata…» 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodicesimo ***


«Lui ha minacciato Karofsky per farlo smettere di tormentarti?!» esclamò Mercedes, mentre Rachel, ancora imbambolata per la scoperta, non riusciva nemmeno a parlare.
«Esatto!» confermò Kurt, dando un morso alla fetta di pizza vegetariana che aveva tra le mani.
Erano tutti e tre a casa di Rachel per un pigiama party: l’occasione perfetta per raccontare alle sue amiche del suo principe azzurro-barra-demone.
«Oddio, ma Dave non l’ha picchiato?! È così grande e forte e muscoloso! Blaine sembra così… piccolo a confronto!» intervenne Rachel, che intanto si era ripresa dallo shock.
«È più alto di te, Rach. E tanto basta» disse Kurt, ridacchiando. «Ah - ah, divertente davvero, Kurt» disse la ragazza, prendendo il cuscino più vicino per poi lanciarglielo contro.
Kurt lo scansò, ridendo come un matto, seguito subito da Mercedes. «Dignità per gli Hobbit!» urlò Rachel, prima di prenderli a cuscinate entrambi.
Sia Kurt che Mercedes si armarono di cuscino per contrastare l’attacco. Tra risate e cuscini, andarono avanti per una bella mezz’ora, fino a quando uno dei padri di Rachel non salì per sincerarsi che non fosse scoppiata la terza guerra mondiale.
«Vado in bagno!» esclamò Kurt, alzandosi dal letto. «Non c’è bisogno che ti aggiusti i capelli!» rise Rachel. Kurt le fece una linguaccia e corse fuori in bagno.
Entrò, cercando l’interruttore della luce, quando un movimento della tenda della doccia lo fece fermare. Il vento che entrava dalla finestra aperta?
Era leggermente spaventato, il buio lo aveva sempre un po’ spaventato, fin da bambino. Erano due occhi quelli che vedeva dietro la tenda…?
In agitazione crescente, cercava l’interruttore facendo scivolare la mano lungo il muro, ma senza staccare gli occhi dalla tenda.
«Non dirmi che ti ho messo paura…» disse una voce che proveniva proprio dalla doccia. «Blaine?!» esclamò Kurt, che, trovando finalmente l’interruttore, accese la luce.
Blaine uscì dalla doccia ridacchiando. «Scusa, non ho potuto resistere» disse, con uno sguardo di scuse. «Vaffanculo, Blaine!» esclamò Kurt, con una mano sul cuore.
Blaine rise di nuovo, sforzandosi di fare piano per non farsi sentire dalle ragazze nell’altra stanza. Si avvicinò al suo ragazzo, che ancora cercava di calmare il respiro accelerato.
«Ti ho chiesto scusa» disse Blaine. «Non ci provare nemmeno a farmi la faccia da cucciolo bisognoso d’affetto, Blaine! Mi hai fatto morire!» esclamò Kurt, tentando di spingerlo via.
Blaine si lasciò andare ad altre risate silenziose e Kurt sbuffò, infastidito. «Se continui a fare così, torno di là!» esclamò.
«No, no, no! Scusa, non lo faccio più!» partì in quarta Blaine, cingendo i fianchi di Kurt per impedirgli di sgusciare via; non che Kurt avesse davvero intenzione di andarsene.
«Ne è valsa la pena di venire qui…» sussurrò Blaine, prima di baciarlo. «Ne è valsa la pena?» chiese Kurt, quando Blaine lo lasciò libero di parlare.
«Beh… - disse Blaine, lasciando vagare il suo sguardo sul corpo di Kurt – dopo averti visto con questo bel pigiamino di seta, sarà difficile dormire sonni tranquilli» disse malizioso.
Ovviamente, le guance di Kurt andarono in fiamme. Blaine ridacchiò «Dio, quanto ti adoro…» mormorò. «Allora puoi pronunciare il nome di Dio?» esclamò Kurt, tentando di cambiare argomento.
«Mmm… credo di sì. E non ci provare, tesoro…» rispose Blaine, prima di tornare ad occuparsi delle sue labbra. «Per me è difficile…» disse Kurt, timido.
«Difficile? Che intendi?» chiese Blaine, confuso. «Insomma… che tu mi possa trovare attraente in quel senso… sempre se tu mi trovi attraente in quel senso! I demoni possono…? E in ogni caso…? Ah, odio tutto questo!» esclamò Kurt, più confuso di Blaine. «Ok, credo di doverti chiarire qualcosa – cominciò Blaine – non importa se sono un demone. Il mio corpo è umano. Provo quello che provano gli umani, almeno sul lato fisico. E… sul fatto che sei attraente, non dovresti avere dubbi. Io sono pazzo di te» disse Blaine, gentilmente.
Adorava Kurt anche per questa sua modestia: lui non credeva di poter suscitare amore negli animi delle persone, non credeva mai di essere abbastanza.
«Ma se sono sexy quanto un cucciolo di pinguino... tu sei…» disse Kurt, arrossendo sempre di più. Blaine ridacchiò. «Io sono…?».
«Irresistibilmente attraente, ok?» esclamò Kurt. «E anche tu lo sei. Più di qualunque ragazzo io abbia mai visto. E ne ho visti tanti, dovresti saperlo…» disse Blaine.
Kurt lo guardò dubbioso. «Sei bellissimo, perciò smettila di trastullarti con questi pensieri» concluse Blaine, baciandolo.
«Ora è meglio se torni di là, o le tue amiche crederanno che sei scappato dalla finestra o scivolato nella tazza» rise Blaine, facendo ridere anche Kurt.
«Ciao, Blaine» disse Kurt, uscendo dalla porta. «Ciao Kurt…» sussurrò Blaine, nella stanza vuota.
«Che diavolo stai combinando Blaine?» disse una voce nel buio, dietro di lui.
Blaine sospirò. «Ciao, Jane.»

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Capitolo 13
*** Capitolo tredicesimo ***


Nota: ci tenevo solo a dire due parole: GRAZIE MILLE :')
Mi sono appena accorta che la mia storia è seguita da 35 persone, preferita da 14 e, in tutto, ha ricevuto 61 recensioni positive.
Non mi sarei mai aspettata tanto, perciò, GRAZIE :)
p.s. non mi mangiate con questo capitolo, è tutto calcolato. Vi adoro <3

«Kurt…? Kurt, svegliati» gli sussurrò una voce nell’orecchio. Kurt abbracciò il cuscino, ignorando la voce.
«Kurt!» continuò la stessa voce, un po’ più alta. Sembrava… «Blaine?» mugugnò Kurt. «Bene, ti sei svegliato. Dobbiamo parlare, forza…» continuò Blaine, sembrava agitato.
«Che succede?» sussurrò Kurt, con voce roca. «Vieni con me!» continuò Blaine, trascinando il ragazzo fuori dal letto, sforzandosi di fare piano per non svegliare Rachel e Mercedes.
«Che succede?» chiese Kurt, quando chiusero le ragazze in camera. «Volevo avvertirti… devo andare via, per un po’» disse Blaine, sforzandosi di riacquistare la calma.
«Andare via? Che intendi, non capisco…» disse Kurt, mentre la testa cominciava a girare. Blaine sospirò. «La scusa sarà un viaggio di lavoro di mio padre, a cui dobbiamo partecipare tutti; in realtà… ho bisogno di tornare a casa, per un po’».
«A casa? Blaine ti prego…». «Tornerò presto! – lo interruppe Blaine – più presto che potrò!».
«Non mi lasceresti mai, vero?» chiese Kurt, improvvisamente serio. «Mai, te lo giuro».
                                                                                                                                    

«Kurt, ma tu sei proprio sicuro…». «Tornerà ti dico!» urlò Kurt, interrompendo Mercedes, che per l’ennesima volta tentava di mettere in dubbio la veridicità delle parole di Blaine.
Erano passate due settimane da quando era andato via e non si era fatto vivo. Nessuna escursione nella doccia di casa sua, nessuna apparizione nell’armadio.
Kurt era preoccupato più per la sua incolumità che non per la promessa. Lui sapeva che sarebbe tornato. «Ma sono due settimane che non si fa vivo; esiste il cellulare, avrebbe potuto chiamarti!» disse Rachel, interrompendo Mercedes che stava per parlare. In realtà Kurt non sapeva se la sua tariffa comprendesse anche l’Inferno.
«Io so che tornerà, perciò smettetela.» concluse Kurt. Sarebbe tornato. Sapeva che sarebbe tornato.
 

Aveva appena cominciato il suo trattamento di bellezza serale, quando qualcuno bussò alla porta della sua camera. «Avanti» disse, senza staccare gli occhi dal suo riflesso nello specchio.
«Ehi, Kurt, c’è… qualcuno per te» disse Finn, aprendo la porta: dietro di lui c’era Blaine. «Blaine!» esclamò Kurt, felicissimo. Finn se ne andò, quando Kurt volò letteralmente tra le braccia di Blaine. Blaine lo strinse, forte, proprio come Kurt desiderava. «Mi sei mancato…» sussurrò Kurt nella sua spalla. «Anche tu…» sussurrò Blaine in risposta, poi sciolse l’abbraccio. «Cosa ci fai qui?» cominciò Kurt, entusiasta. Non riusciva a credere di averlo lì. E non riusciva a credere che suo padre gli avesse dato il permesso di entrare nella sua stanza!
«Sono venuto qui stasera, perché devo parlarti di una cosa. Noi- noi non possiamo stare insieme, Kurt. Ci hanno scoperti.» disse Blaine risoluto. Kurt era semplicemente scioccato: non poteva far altro che guardarlo a bocca aperta come un idiota, con la mente confusa e ogni fibra del suo essere che pregava non fosse vero. «Una mia amica mi ha avvertito in tempo, prima che lo scoprisse il Capo… ma comunque non posso rischiare. Se lo verranno a sapere saremo spacciati entrambi, e io non posso permetterlo. Kurt, io…».
«Zitto.» lo interruppe Kurt, sedendosi sul bordo del letto, con gli occhi stralunati. «Come…?». «Ti ho detto di stare zitto. Dammi cinque minuti…». Blaine sospirò e si sedette accanto a lui.
«Come puoi farmi questo?» cominciò Kurt, quando riuscì a trovare la forza di parlare. «Farti que- Kurt io sto cercando di salvarti!» esclamò Blaine.
«E come? Lasciandomi qui da solo?! Mi avevi promesso che non mi avresti fatto mai del male…».
«E sto tentando di mantenere la promessa, Kurt…».
«QUESTO FA MALE, BLAINE!» urlò Kurt, incapace di contenersi. Si alzò in piedi e cominciò a camminare su e giù per la camera. «Mi avevi promesso che non mi avresti mai lasciato, Blaine!».
«Kurt, qui ne va la tua vita! Sono disposto ad avere una promessa non mantenuta sulla coscienza, se posso evitare di avere la tua morte!» urlò Blaine, alzandosi a sua volta.
«Ma perché…? Stava andando così bene…» sussurrò Kurt, con le lacrime agli occhi. «Lo so…» sussurrò Blaine, abbracciandolo. «Però ho fatto un patto: ti ho spiegato che… per venire qui, ho dovuto prendere un corpo, questo corpo. Te lo rendo, restituisco a lui la sua anima e… avrai lui. Avrai… Blaine» continuò Blaine, tentando di calmarlo.
«Avrò- Sei matto?! – lo interruppe Kurt, sciogliendo l’abbraccio – io non mi sono innamorato di- e come puoi pensare- Sei matto?!» urlò, incapace di formulare un pensiero coerente.
«Mi dispiace, io volevo aiutarti…» cominciò Blaine, pentito. «Aiutarmi?! E come, lasciandomi un surrogato? Una marionetta? Un corpo con cui giocare, come una bambola? Io non mi sono innamorato del tuo corpo, Blaine, ma di te! Della tua persona, del tuo carattere gentile, di- di te! E se credi che potrei mai sostituirti, ti sbagli!» urlò Kurt, tremante.
Le lacrime cominciavano a scendere giù per le guance. «Kurt, non puoi innamorarti di me; io sono un essere malvagio e-».
«Non è vero – lo interruppe Kurt – tu puoi esserne convinto, puoi provare a convincermi, ma io so che non è così. Tu sei buono, Blaine. Tu. E solo perché sei un demone non vuol dire che tu sia malvagio. Ci sono moltissime persone là fuori che non meritano di essere chiamate tali, ma tu… Blaine, non lasciarmi, io ho bisogno di te!».
Le lacrime gli impedirono di continuare e le braccia di Blaine furono subito pronte a frenare quel pianto. «Mi dispiace, amore mio… mi dispiace da morire. Ma se questo è il prezzo da pagare per saperti al sicuro… sono pronto a pagarlo. Promettimi solo che non ti dimenticherai mai di me…» mormorò Blaine, accarezzandolo dolcemente. «Mai, Blaine. Mai.»

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordicesimo ***


«Ehi, Kurt, come stai?» chiese Mercedes dolcemente, mentre si sedeva accanto a lui. Kurt stava letteralmente torturando con la forchetta il purè di patate che aveva nel piatto di fronte a lui.
«Bene» rispose secco senza nemmeno guardarla. «Dovresti mangiare, sai?» continuò la ragazza, poggiandogli una mano sulla spalla.
Kurt la spostò con una scrollata di spalle: «Non ho fame» disse, sempre con lo stesso tono spento.
Mercedes sospirò. «Sono giorni che non mangi nulla, Kurt. Vuoi per caso finire all’ospedale?» continuò con lo stesso tono dolce, ma stavolta era risoluto.
Kurt sospirò e portò alla bocca un po’ di quella poltiglia disgustosa, per accontentarla. Mercedes gli sorrise, incoraggiante.
E Kurt si sentì peggio di prima: sapeva di dover essere grato a Mercedes per come lo aiutava a riprendersi; eppure non ci riusciva. Insomma, provava tanta gratitudine nei suoi confronti, ma si sentiva incapace di assecondarla, non riusciva a dimenticare Blaine e ad andare avanti; non così presto. Ma, fosse solo per Mercedes, doveva riprendere la sua vita come se Blaine non fosse mai esistito; perciò, rispose di buon grado al sorriso di Mercedes con una specie di smorfia, che lei apprezzò molto. Come primo tentativo, dopo molti giorni in cui era parso come una statua di cera, quello pseudo - sorriso non era male.
Finalmente, li raggiunse anche Rachel che, come al solito, cominciò a parlare a raffica: proprio quello di cui Kurt aveva bisogno; per almeno venti minuti sarebbe stato distratto dalle sue chiacchiere e dai suoi pettegolezzi. Per tutta la giornata tentò di distrarsi come meglio poteva, ma una volta a casa, dopo aver finito i compiti e la cena con la sua famiglia, si era ritirato in camera sua, e come sempre aveva cominciato a sperare che entrando avrebbe trovato un’ombra lì dentro. Un’ombra che lo avrebbe avvolto con le sue braccia impalpabili; un’ombra che lo avrebbe afferrato con forza e dolcezza insieme; un’ombra che gli avrebbe fatto desiderare di perdersi completamente in essa.
Ma come ogni sera, restò deluso.
Si lasciò andare sul letto, più stanco che mai. Una lacrima sfuggì alla sua presa e gli percorse il viso.
Blaine…
Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra: prese il cuscino e ci soffocò dentro il viso per impedire che scoppiasse a piangere.
Era tutto perfetto poche settimane prima: lui e Blaine erano insieme, per la prima volta si era sentito davvero amato. E ora era di nuovo solo.
Niente sembrava poterlo consolare: sapeva che probabilmente dopo Blaine avrebbe trovato qualcun altro, ma in quel momento il dolore della perdita superava anche la ragione.
Si riscosse quando il cellulare nella sua tasca si illuminò e cominciò a vibrare. Lo prese e senza nemmeno vedere chi era rispose: «Mercedes ho cenato, non devi chiamarmi continuamente per sapere se mangio» disse, con voce lamentosa.
«Ehm… sei Kurt?» disse una voce di donna, evidentemente confusa dall’altra parte del telefono.
Kurt guardò lo schermo del cellulare: era un numero privato. «Sì, chi è?» rispose, drizzandosi immediatamente a sedere.
«Kurt- sono un’amica. Possiamo vederci? Al parco. Ora.» disse la voce sconosciuta. «Al parco? Ma…».
«Per favore. Si tratta di Blaine.» continuò la donna. «Arrivo subito» esclamò Kurt, quasi senza voce.
Chiuse immediatamente la chiamata e corse fuori, fermandosi solo per prendere al volo le chiavi dell’auto e dire al padre qualcosa che doveva essere un “Papà-scendo-un-secondo-vado-ciao”.
Guidò velocemente fino al parco; parcheggiò in modo orribile l’auto, occupando probabilmente quelli che dovevano essere due posti auto, ma non gli importava.
Corse dentro, cercando una figura femminile. Non sapeva perché era corso così impetuosamente, ma aveva un brutto presentimento; se fosse successo qualcosa a Blaine a causa sua non se lo sarebbe mai perdonato.
«Kurt?» disse una ragazza, dietro di lui. Kurt si voltò, impaziente di vederla: era una ragazzina bassina, dimostrava sì e no tredici anni; aveva gli occhi grigi e i capelli scuri.
«Io sono Jane» continuò la ragazza, porgendogli la mano. Lui gliela strinse, titubante. «E tu sai già chi sono… hai parlato di Blaine prima?» .
Brutta boccaccia. Alla faccia del dimenticarlo.
«È nei guai. Ho bisogno di te, dobbiamo aiutarlo.» rispose la ragazza, stringendo i pugni, visibilmente arrabbiata. «Non so quanto ti abbia spiegato Blaine della nostra gerarchia…» continuò.
«Non molto, per la verità…» intervenne Kurt, capendo che la ragazza si aspettava una risposta.
«Non molto, eh? Beh non importa. Ti basti sapere che io e Blaine siamo relativamente giovani e completamente soggetti all’autorità degli altri demoni. Ora so per certo che dei- bastardi lo hanno catturato. Non ho idea di come vi abbiano scoperto, io non l’ho detto a nessuno e lui si è allontanato giusto in tempo…».
«Conta su di me – la interruppe Kurt – ti aiuterò».
«Sei sicuro, Kurt? Può essere pericoloso…» lo avvertì Jane.
«Non importa, voglio aiutarvi. Dimmi solo cosa devo fare» la interruppe Kurt. Jane annuì.
«Ho motivo di pensare che Blaine sia stato rinchiuso in una specie di cella, al sesto piano… aspetta, Blaine ti ha spiegato come sono gli Inferi, vero?!».
Kurt scosse la testa. «Idiota… - borbottò Jane – beh, diciamo che sono una specie di gallerie che percorrono l’intero mondo, ovviamente sottoterra; ci sono seicentosessantasei piani, fino al centro della Terra, dove viviamo noi demoni e… raccogliamo le nostre anime. Capito? – Kurt annuì – bene, ora ti condurrò al sesto piano, purtroppo per me è proibito, perciò dovrai cavartela da solo. Dovrai trovare Blaine e liberarlo. Ci penserà lui poi a ricondurti a casa…» disse Jane, velocemente.
«Un momento, e dopo?» la fermò Kurt, vedendo che stava cominciando a camminare verso chissà-dove. «Dopo cosa?» chiese Jane. «Dopo… dopo. Cosa faremo dopo?».
«Torneremo alle nostre vite, Kurt».
Ahia.
Aveva ricominciato a sperare, dopotutto.
«Bene, andiamo.»

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Capitolo 15
*** Capitolo quindicesimo ***


Nota: Scusatemi per il ritardo, ma ultimamente la mia vita sta diventando impossibile a causa della scuola ç--ç
Ma chi l'ha inventata, dico io?
Anyway, questa nota non è solo per le scuse, ma (soprattutto) per dirvi che questo capitolo, con ogni probabilità, sarà il penultimo.
E' ancora in "forse" in realtà, sto decidendo ancora se dividere o no l'ultimo capitolo... Ma comunque siamo arrivati alla fine (quasi)! 
I ringraziamenti li rimando all'ultimo capitolo :)
Quasi dimenticavo! Ci tengo a mostrarvi la prima (e anche unica, lol)  Fan Art  di questa fiction, by la mia Gonzales
L'ho semplicemente adorata, perdonami, non potevo non metterla *^*
A presto!
Baci,
Allie <3

Kurt seguì Jane dentro il parco: sembrava quasi che stessero cercando una zona appartata. Kurt non aveva idea di come sarebbero entrati negli Inferi, Jane non aveva fatto nessun accenno a quello. «Ok, Kurt, vieni qui, abbracciami.» disse Jane, perentoria, dopo essersi guardata attentamente intorno. «Scusami?!» disse Kurt, arrossendo.
Doveva abbracciare un’estranea? Jane gli fece un sorrisino. «Credevi ci fosse la porta per entrare? Dai, vieni qui! Non essere timido!» disse lei, scherzando. Kurt si avvicinò circospetto e l’abbracciò. «Non era così difficile, bravo! – lo prese in giro lei – Ecco, prendi questa – continuò Jane, mettendogli qualcosa in tasca – in caso di necessità, puoi usarla. Ora chiudi gli occhi: quando li riaprirai sarai da solo; trova Blaine e tornate a casa. Se ti scoprono, sei fritto». Kurt deglutì rumorosamente: non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva davvero paura.
Stava per scendere negli Inferi per salvare il suo ex ragazzo demone che l’aveva lasciato spezzandogli il cuore. Era troppo anche per lui. Forse aveva bisogno di un analista.
Chiuse gli occhi fortissimo e si strinse forte a Jane; quasi immediatamente si alzò un fortissimo vento, che quasi gli fece mollare la presa. Era più che terrorizzato: avrebbe voluto poter aprire gli occhi e controllare che fosse ancora vivo, ma Jane gli aveva detto di restare ad occhi chiusi. Si strinse a lei, con tutte le sue forze, fin quando non si trovò a stringere solo aria.
Aprì gli occhi, confuso, ed era solo. Si trovava effettivamente in una caverna; o almeno così gli sembrava.
Era molto buio, non riusciva a vedere nulla. In un istante di lucidità, prese il cellulare con mano tremante e lo accese: una flebile lucina proveniva dallo schermo e illuminava un po’ l’ambiente circostante; sembrava proprio una caverna. Tese l’orecchio, ma tutto ciò che sentiva era il suo respiro affannoso e il battito del suo stesso cuore.
Guardò a destra e a sinistra: da che parte doveva andare? Aveva completamente perso la bussola.
«Blaine…?» sussurrò a voce bassissima. Non sapeva cosa si aspettava: un urlo? Un sussurro? Un sospiro? Non lo sapeva. Ma non sentì nulla.
Ordinò ai piedi di muovere i primi passi, e così fece: tremante, cominciò a camminare verso destra. E se fosse a sinistra la strada giusta?
Probabilmente si sarebbe strappato i capelli per la disperazione.
Perché Jane non gli aveva detto dove andare, prima di lasciarlo lì da solo al buio?!
Si appoggiò alla scomoda parete rocciosa, per poi scivolare a terra, tra i singhiozzi: non sapeva cosa fare.
Poi si ricordò dello strano oggetto che Jane gli aveva messo in tasca e che ora gli formava uno strano rigonfiamento. Lo prese e lo illuminò con il cellulare: sembrava una specie di bussola. Rincuorato, balzò in piedi: la freccetta non faceva che roteare, finché non si fermò indicando il sud, ovvero la strada a destra. Cominciò a seguire quella strada, senza più pensare: doveva sbrigarsi. Illuminando la strada con il cellulare, e sentendosi per questo molto sciocco, tese l’orecchio a sentire qualunque rumore. Seguendo la bussola, si addentrò in un tunnel, che lo portò in una serie di stanze vuote, ma ancora nessuna traccia di Blaine. Ogni tanto lo chiamava, sussurrando, sperando di sentirsi rispondere.
Quando stava per perdere la speranza di trovarlo, sentì un respiro veloce. «Siete di nuovo qui? Lasciatemi in pace!» urlò una voce flebile. Blaine! Ogni cellula del corpo di Kurt andò in fiamme al suono di quella voce e il ragazzo si affrettò a seguire il suono, fino a giungere in una stanza appartata che prima non aveva visto. «Blaine!» esclamò, quando riuscì a distinguerlo nel buio: era legato sulla schiena ad una roccia; era completamente sporco di fango e polvere e sembrava molto stanco e dolorante. «Deve essere un’allucinazione» borbottò Blaine, chiudendo gli occhi.
«Blaine, sono qui, guardami!» esclamò ancora Kurt, cercando di liberarlo dalle corde nere che lo legavano. «Kurt, tu sei davvero qui…?! Come diavolo hai…» cominciò Blaine, guardandolo stupito. «Jane» disse Kurt, a mo’ di spiegazione. «Avrei dovuto immaginarlo, quella- stupida… non avrebbe dovuto farti venire qui! È pericoloso, se ti scoprissero sarebbe la fine di tutti e due!».
Kurt sospirò e finalmente sciolse i nodi che legavano Blaine a quella scomoda pietra. «Quando ritorneremo a casa mi sentirà, oh se mi sentirà!» disse Blaine, arrabbiato.
«Prego, è stato un piacere. Mi riporti a casa?» disse Kurt, secco. Blaine gli sorrise. «Non credere che non l’abbia apprezzato. Ma non sopporto di averti messo in pericolo, ancora…» disse il ragazzo, circondando i fianchi di Kurt con un braccio. «E ora torniamo a casa. Devo solo pensare come…».
Kurt si sentì sprofondare. «Non sai come uscire di qui?!» esclamò in tono isterico. «Ci sto pensando!».
Kurt ricadde nello sconforto. «Jane aveva detto che avresti saputo come fare…» borbottò, allontanandosi da lui. Per un attimo credette che Blaine l’avrebbe riafferrato e stretto a sé, ma non lo fece. «Come hai fatto a trovarmi?» chiese Blaine, dopo un attimo di silenzio. «Jane mi ha dato una bussola…» mormorò Kurt, stringendola tra le mani. «Vedere…?» disse Blaine, avvicinandosi a lui. Kurt gliela passò e Blaine la prese: per un istante, le loro dita si sfiorarono e Kurt sentì la familiare sensazione di vuoto sparire piano piano a quel tocco; a stento trattenne un sospiro mentre vedeva la sua espressione farsi sempre più seria mentre osservava la bussola. Inutile fingere indifferenza: era ancora completamente innamorato di lui; sentiva che era lui, era lui quello giusto; era lui la sua anima gemella. «Trovato! Vieni con me!» esclamò Blaine, felice come un bambino e, prendendolo per mano, lo condusse fuori. «Dove andiamo?» chiese Kurt, sforzandosi di non urlare.
«La Sala degli Specchi! Possiamo uscire da lì, ma dobbiamo fare in fretta o ci troveranno. Sbrigati!» esclamò Blaine, sempre correndo. Kurt cercò di stare al passo e quando finalmente Blaine si fermò in una sala che diversamente dalle altre era completamente illuminata a giorno: le pareti erano completamente ricoperte di specchi.
«Vieni…» sussurrò Blaine, conducendolo verso uno specchio preciso. «Ti prego, non dirmi che devo entrarci dentro come in “Attraverso lo specchio”» borbottò Kurt.
«Sarebbe così strano?» scherzò Blaine. «Qui è tutto così strano…» disse Kurt, guardandosi attorno. «Benvenuto nel mio mondo» disse Blaine, sarcastico.
«Deve essere stato strano per te vivere nel mio…» mormorò Kurt, guardando il riflesso del ragazzo nello specchio. Blaine abbassò gli occhi. «In realtà no – ammise – credo di aver sempre desiderato di poterne fare parte… darei tutto per essere umano, come te.» fece un risolino e incontrò lo sguardo di Kurt nello specchio. «Siamo in due» sospirò Kurt.
«Io ti amerò sempre, Kurt. Anche da qui.» disse Blaine con semplicità. «Ma ora andiamo…». Blaine lo prese per mano, accarezzandogli piano il dorso con il pollice, tentando di calmarlo.
«Hai paura?» mormorò. «Un po’» mormorò in risposta Kurt. «Non temere, ci sono io qui» disse Blaine, sorridendogli. «Conto fino a tre, poi saltiamo dentro. Uno, due-».
«Due e mezzo» lo interruppe Kurt, con voce tremolante. Blaine trattenne una risata. «Tre!» esclamò, prima di saltare nello specchio, seguito da Kurt.
Kurt chiuse inconsciamente gli occhi e quando li riaprì era all’entrata del parco, accanto a Blaine. 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedicesimo ***


Nota: Buonasera, cari :)
Sono tornata! Spero sarete felici di sentire che l'interrogazione che mi ha impedito di aggiornare con regolarità è andata bene, anzi benissimo :3
Bene, questo capitolo è l'ultimo. Beh, non proprio l'ultimo ^^
L'ultimo prima di un breve "epilogo" :)
Come sempre, spero che vi piaccia. 
A presto!
Allie <3



«Mi prendi in giro? È stata una passeggiata!» esclamò Kurt, sorridendo amichevolmente a Jane.
La ragazza li aveva raggiunti poco dopo: aveva abbracciato forte Blaine, poi era passata a Kurt, ringraziandolo con le lacrime agli occhi.
«Sei stato fantastico, Kurt. Grazie!» esclamò ancora Jane, saltando e ridendo come una bambina. Kurt ridacchiò, poi si avvicinò all’auto. «Sarà meglio che vada, non vorrei far preoccupare mio padre» disse. «Ti accompagno!» esclamò Blaine, lasciando la mano di Jane e avvicinandosi a lui. Si diresse verso l’auto e si sedette al posto del guidatore.
«Che fai?» esclamò Kurt, guardandolo confuso. «Probabilmente sei ancora in stato di shock o probabilmente ci entrerai quando potrai guardarti allo specchio; non posso mica lasciarti guidare in queste condizioni!». Kurt si specchiò velocemente nello specchietto dell’auto e, in effetti, il suo aspetto era orribile. Con un borbottio incomprensibile salì in auto.
«A presto, Jane!» la salutò Blaine con un cenno. Durante il viaggio non si parlarono affatto, Blaine era impegnato a guidare e Kurt cercava di non fissarlo guardando fuori.
Arrivati davanti casa Hummel, Blaine parcheggiò proprio di fronte. «Grazie per aver guidato» disse Kurt, azzardando uno sguardo verso di lui. Blaine lo stava già guardando con espressione preoccupata. «Lo shock si fa sentire, eh?» disse Blaine, serio. «Abbastanza; sono appena disceso negli Inferi a salvare un demone troppo incapace per cavarsela da solo; ma va bene!» disse Kurt, sarcastico.
Blaine sorrise. «Grazie» mormorò poi, prendendogli la mano e costringendolo a guardarlo negli occhi. «Grazie per avermi salvato, Kurt. Dopo quello che ti ho fatto passare, non avrei mai immaginato che avresti fatto una cosa del genere per me».
Kurt azzardò un piccolo sorriso. «Non devi ringraziarmi, Blaine. L’avrebbe fatto chiunque» disse, tentando di trovare dentro di lui il desiderio di sciogliere la stretta di Blaine.
«No, non l’avrebbe fatto chiunque. Permettimi di ringraziarti…» continuò Blaine; la sua mano prese la base della nuca di Kurt e dolcemente lo fece avvicinare a lui. Kurt chiuse gli occhi un secondo prima di sentire le labbra di Blaine sulle sue: non aveva mai desiderato un bacio così tanto.
Una lacrima gli sfuggì e gli solcò veloce il viso, quando Kurt si avvicinò ancora a Blaine, approfondendo il bacio.
Le sue mani, ora entrambe libere, affondarono nei capelli di Blaine. Le mani di Blaine, invece, presero i fianchi di Kurt e avvicinò il ragazzo sempre di più a lui.
Kurt si sentiva come un assetato nel deserto che aveva appena trovato un’oasi:  non riusciva a pensare che avrebbe dovuto dire addio a tutto quello una volta uscito dall’auto.
Dopo pochi minuti, Blaine si allontanò leggermente, come a dirgli che era ora di finirla e Kurt lo accontentò: si allontanò anche lui e ritornò seduto composto, con il respiro corto e le guance rosse. «Grazie» sussurrò Kurt, tornando con lo sguardo a lui. Blaine gli sorrise. «Non c’è di che».
Restarono in silenzio per un po’, poi Kurt prese coraggio e riprese a parlare. «Ti va di… salire?» disse, evitando in tutti i modi il suo sguardo.
Un imbarazzante silenzio seguì quella domanda, silenzio che fu rotto da Blaine: «Perché no? Ci vediamo su; se tuo padre ti vede entrare con me, potrebbe spararmi; e sarebbe difficile spiegargli perché non sono morto» disse, con un sorrisino. Kurt restò a guardarlo, scioccato per la sua risposta: non se l’aspettava.
Scese dall’auto e si diresse verso casa. «Kurt? Dove sei stato?» gli chiese suo padre, quando lo vide entrare. Era seduto sul divano con Carole. «Oh, ciao papà. Scusa, un… amico aveva bisogno di me» disse Kurt, con lo sguardo fisso nel vuoto. «Un amico, eh? E… com’è questo “amico”?» continuò Burt, guardandolo sospettoso.
Meraviglioso, papà. È l’uomo della mia vita; lo amo più di me stesso. Infatti, sono appena stato negli Inferi per salvarlo. Ah, non te l’avevo detto? È un demone, si nutre di anime. Ma è adorabile, scommetto che anche tu lo adorerai!
«Solo un amico, papà.» disse, sorridendo. «Se lo dici tu, Kurt…» rinunciò Burt. Kurt gli augurò la buonanotte e corse in camera sua. Accese la luce e Blaine era lì, ovviamente, seduto sul suo letto. «Ciao» lo salutò. «Ciao» rispose Blaine, sorridendogli. «Sai, dovresti proprio spiegarmi come fai a tenere il tuo armadio così in ordine, è impressionante!» continuò Blaine, dopo una piccola pausa. Kurt ridacchiò, poi si sedette accanto a lui. quasi immediatamente, il braccio di Blaine fu attorno ai suoi fianchi: era una stretta possessiva, gelosa. Kurt cercò le sue labbra e Blaine fu subito pronto ad offrirgliele. Kurt non seppe mai come, ma si trovarono distesi sul suo letto: Blaine era sopra di lui e lo baciava con passione.
Seguendo le istruzioni che gli dava il suo cervello annebbiato, Kurt cercò di liberare la maglia di Blaine dai suoi pantaloni, fino a che non riuscì a sfilargliela. La camicia di Kurt si ritrovò ben presto sul pavimento accanto a quella di Blaine. Blaine gli accarezzò il petto, fino ad arrivare al bordo dei jeans; con un sorriso, si rivolse a Kurt: «Sembro un pedofilo se dico che ho sempre sognato di farlo?». Kurt trattenne a stento una risata: «Sempre?» disse, sforzandosi di non ridere. «Sei attraente, Kurt, non negarlo! Sono quasi impazzito in questi anni! Maledetta pubertà…».
Stavolta fu impossibile non ridere: entrambi si lasciarono andare a silenziose risate, poi Blaine tornò a baciarlo. Presto però, si allontanò.
«Potrai perdonarmi?» chiese Blaine, con un sorriso gentile. «Perdonarti per… avermi lasciato? Non preoccuparti, lo capisco…» disse Kurt, confuso per questo cambiamento di argomento.
«No; non per cosa ho fatto, ma per cosa sto per fare» continuò Blaine, con lo stesso tono gentile. «Cosa stai per fare?» chiese Kurt, con un groppo alla gola. «Lo scoprirai…» mormorò Blaine, mentre le lacrime cominciavano a riempirgli gli occhi.
«Ti amo, Kurt. Sei l’unico che amerò, per sempre.» e poi lo baciò.

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Nota: Ok, lo so. Ho appena risposto alle vostre recensioni dicendovi che avrei aggiornato domani, lo so.
Ma mentre vi rispondevo, la voglia di aggiornare e di non "farvi soffrire" con l'attesa mi ha portata qui ^^
Due parole prima di lasciarvi all'epilogo, alla fine di tutto:
GRAZIE. 
Un grazie sincero dal profondo del cuore.
Non mi sarei mai aspettata che così tante persone avrebbero letto e addirittura apprezzato la mia fiction!
Sono molto insicura sul mio modo di scrivere e la maggior parte delle volte per questo motivo non porto nemmeno a termine i miei lavori.
Ma voi mi avete dato il courage di continuare :)
Perciò, se sono qui a ringraziarvi, dovete ringraziare voi stessi.
Spero davvero che possiate apprezzare la mia scelta e anche di capire il motivo per cui ho deciso che le cose sarebbero andate così.
Perché, come ho già spiegato ad una di voi (alla carissima Alessia **) per me Kurt e Blaine sono love, l'amore puro, incrollabile, incontrastato; e courage, che siano un demone e un umano o due ragazzi che combattono i pregiudizi delle persone, loro sono courage.
Ecco, questa sta per diventare la nota più lunga nella storia delle note lunghe ç_ç
Perdonatemi, ma quando comincio a parlare, non mi ferma più nessuno.
E pensare che avrei potuto riassumere tutto in tre parole:
Vi adoro. Grazie :')
Alla prossima, 
Allie <3

Era nel parco, seduto su una panchina. Stava guardando una adorabile bambina che giocava a palla con un cagnolino proprio nel prato di fronte a lui.
Sorrise teneramente mentre la guardava: era così innocente. «Papà! – urlò all’improvviso la bambina, correndo tra le braccia di un uomo che doveva avere pressoché trent’anni – Papà, gioca con me!». L’uomo rise, gentilmente. Non riuscì a sentire la risposta, ma probabilmente era un sì, perché la bambina cominciò a strepitare e a saltellargli intorno, e il cagnolino con lei.
Insieme cominciarono a giocare, fin quando non li raggiunse anche un altro uomo. Il respiro gli si mozzò: Eccoti, amore mio.
Poteva sentire la forza del suo sguardo anche da dov’era; il suo corpo caldo gli era familiare più di ogni altra cosa, sebbene fosse stato suo solo per poco tempo; il suo profumo era impresso nella sua memoria. Kurt.
Blaine non avrebbe mai dimenticato l’ultima volta che l’aveva baciato: era stato il momento in cui aveva dovuto rinunciare a lui per sempre.
Non voleva che Kurt corresse rischi per lui, aveva già messo a repentaglio la sua vita una volta; non si sarebbe mai perdonato se gli fosse successo qualcosa.
Perciò aveva fatto l’unica cosa possibile: si era fatto da parte; aveva cancellato ogni ricordo della sua esistenza dalla mente di Kurt e di tutti gli altri. Blaine Anderson non era mai esistito per Kurt Hummel né per tutti gli altri studenti del McKinley. Ora sei al sicuro, amore mio. Al sicuro e felice.
All’improvviso un pallone lo colpì al petto. «Mi scusi, signore!» urlò la bimba, con voce squittente. «Oh cielo, scusi! Beth ha una pessima mira» disse Kurt, correndo verso di lui.
Blaine non riusciva nemmeno a parlare per la sorpresa. «Non ti sei fatto male, vero?» continuò Kurt, gentile. Blaine scosse la testa. «Elizabeth, chiedi scusa. Subito.» disse Kurt, severo.
«Scusi, signore» disse la bambina, decisamente dispiaciuta. «Non preoccuparti… Elizabeth» trovò la forza di dire Blaine. La bambina sorrise incantevolmente, poi rise e corse tra le braccia del suo altro papà. «Arrivederci, e scusi ancora!» disse Kurt, prima di allontanarsi. Raggiunse suo marito e la bambina, formando quel perfetto ritratto dal quale Blaine si era escluso.
Un sospiro di tristezza gli sfuggì: «Arrivederci, Kurt». 

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