Un Silenzio Controproducente

di Il Cavaliere Nero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Temibile Serial-Killer ***
Capitolo 3: *** Un Nuovo Arrivato...Troppo Impertinente? ***
Capitolo 4: *** Il Successo Del Nuovo Arrivato ***
Capitolo 5: *** Al Posto...Di Shinichi Kudo? ***
Capitolo 6: *** Riflessioni Pericolose ***
Capitolo 7: *** Una Nuova Traccia ***
Capitolo 8: *** Il Consiglio Di Richard ***
Capitolo 9: *** La Decisione Di Ran ***
Capitolo 10: *** Parole Al Vento ***
Capitolo 11: *** Un Ospite Inatteso ***
Capitolo 12: *** Lo Strano Atteggiamento Dello Studente Detective ***
Capitolo 13: *** Dal Suo Dolore La Sua Salvezza ***
Capitolo 14: *** L'Arroganza Di Michiyo: Kudo Alla Riscossa! ***
Capitolo 15: *** Tanguero! ***
Capitolo 16: *** Operazione Sotto Copertura ***
Capitolo 17: *** Il Primo Giorno ***
Capitolo 18: *** Il Secondo Giorno ***
Capitolo 19: *** A Che Gioco Stai Giocando, Kudo? ***
Capitolo 20: *** (S)Piacevole Imprevisto ***
Capitolo 21: *** Complicazioni ***
Capitolo 22: *** Kudo e Michiyo: Una Scelta Concorde ***
Capitolo 23: *** Un Principio Di Verità ***
Capitolo 24: *** Una Notte Troppo Buia ***
Capitolo 25: *** Brandy, Il Corvo ***
Capitolo 26: *** Poliziotto e Detective - Attacco e Contrattacco ***
Capitolo 27: *** La Sesta Vittima ***
Capitolo 28: *** Decisione Irremovibile - Shinichi Rinuncia a Ran ***
Capitolo 29: *** Il Caso E' Risolto! ***
Capitolo 30: *** Shinichi Kudo E' Il Migliore! ***
Capitolo 31: *** Chi è Richard Sin Vey? ***
Capitolo 32: *** Vermouth! ***
Capitolo 33: *** Shinichi Kudo contro Ishimaru Michiyo ***
Capitolo 34: *** Shinichi e Ran ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

“Che ne dite invece di una pizza?”
La voce squillante e vivace di Satomy Toda, studentessa del terzo anno, risuonò per tutto il corridoio del liceo Teitan.
Era il momento del tanto atteso intervallo, unico periodo di tempo durante il quale gli alunni potevano riposarsi e chiacchierare. E non solo. Ragazzi che correvano da una classe all’altra si mischiavano con quelli che si scambiavano schiaffi e spintoni e guardavano storto e quasi stupiti quelli che, invece, erano così tranquilli da passare quella mezz’ora seduti su un muretto del cortile a sentire la musica, leggere un libro o spettegolare sull’ultimo scandalo della scuola.
In questo marasma un gruppo di quattro o cinque ragazzi stava discutendo, appostato in angolo della classe, sulla possibile meta del suo appuntamento.
“Ma è così semplice!” esclamò Suzuki Sonoko, studentessa diciassettenne e compagna di classe della ragazza che aveva proposto la pizza “Non lo so, io voglio qualcosa di più originale, voglio andare dove ci si possa divertire!”
Detto questo alzò un pugno in aria, in segno d’audacia.
“E allora dove proporresti di andare, Suzuki?”chiese Hijikata Takeshi, anch’esso studente della medesima classe, alzando gli occhi al cielo.
“Ah” gli occhi della ragazza diventarono piccoli piccoli mentre, scoppiando a ridere, strofinava la mano dietro la nuca e annunciava di non averne idea.
“Non ditemi che volete andare in discoteca?!” Misao Kawazu rimase sconvolto dall’apprendere che a Sonoko non sarebbe dispiaciuto.
“Tu Mouri, che dici?”
“Io approvavo l’idea della pizza, in tutta onestà” affermò Ran Mouri, anch’essa studentessa del liceo Teitan, sorridendo agli amici.
“Però mi sarebbe piaciuto…”
“Cosa?”
La ragazza arrossì, mentre riprendeva a parlare “Beh…avete presente il nuovo arrivato?”
Takeshi portò un dito alla bocca e alzò lo sguardo verso il cielo, tentando di ricordare.
“ Ah, sì…il ragazzo che è arrivato la settimana scorsa, ti riferisci all' inglese...”
“Esatto, proprio lui!” affermò Ran con lo sguardo illuminato che subito si dimostrò parecchio interessato al pavimento.
“Ehm, ecco…mi sarebbe piaciuto invitarlo…”
“Eheh, la new entry ha fatto colpo…” insinuò Sonoko dando di gomito all’amica che arrossì e tentò all’istante di negare, alzando le mani all’altezza del petto, come per proteggersi.
“Ma no, che vai dicendo? E’ che non ha fatto amicizia con nessuno…ho notato che se ne sta sempre in disparte, non parla, non ride…avevo pensato che magari era un po’ timido e che se qualcun altro avesse fatto il primo passo si sarebbe lasciato andare…”
“Beh, in effetti, è carino…” borbottò fra sé Sonoko, causando a tutti i suoi amici un gran gocciolone sulla testa…specie a Ran.
“Non…non intendevo quello…"
“D’accordo, vada per Richard, allora…” esclamò Kiwako strizzando un occhio alla figlia dell’investigatore più popolare del Giappone “Ma il problema è sempre lo stesso…dove andiamo? La pizza andrebbe bene a tutti…?”
I ragazzi assentirono, lanciando uno sguardo supplicante all’erede della compagnia Suzuki, la quale alzò lo sguardo al cielo sbuffando. Guardò i suoi compagni torva. Sospirò.
“Se la discoteca non vi piace...almeno andiamo al cinema!!"

§§§

“Yawn!!”
Il bel bambino dai capelli mori sbadigliò, annoiato da quella lezione così…
-Elementare…- sorrise ironico, compatendo se stesso - Logico, sono alle elementari…-
Si guardò intorno, come spaventato…bambini, bambini e solo bambini lo circondavano. Persone mentalmente inferiori a lui, che da adulto aveva quasi odiato…ma che ora, in fin dei conti, amava tanto.
Il suo sguardo volò alla bambina di fronte a lui, castana scura e dall’aria così dolce, al ragazzino accanto, furbo e intelligente… e anche se non potè vederlo percepì chiaramente la presenza di un altro alunno alle sue spalle, che mangiava di nascosto dalla maestra Kobayashi.
Una risatina al sua fianco lo ridestò da quei pensieri così…sinceri. Girò velocemente il capo e si ritrovò gli occhi della piccola Ai Haibara puntati addosso, ironici e maliziosi.
“Che hai da ridere?” sussurrò scontrosamente Conan Edogawa alla sua compagna di banco, ex adulta, proprio come lui.
“Nulla…nulla…” rispose la scienziata, guardandolo ancora fisso “I punti deboli di un grande detective…”
“Spiritosa…molto, molto spiritosa…”
Tornò a guardare di fronte a sé…rallegrato. Già…infondo, come avrebbe fatto a sopravvivere a tutte quelle avventure senza quei complici così leali, fidati? Non ne sarebbe stato capace di certo…nonostante non lo desse spesso a vedere, si era affezionato molto a quei piccoli curiosoni.
Sorrise fra sè...alla fin fine, non si trovava poi così male...
"Allora ragazzi, quanto fa due per quattro?"
“ OTTOOOOO " risposero in coro tutti i bambini, producendo un urlo alquanto sgradevole.
Per poco Conan non cadde dalla sedia, maledicendosi per il pensiero fatto poco prima.

§§§

"VAI YOKO, SEI UN SOOOOOGNO!!" urlò Kogoro Mouri, l’investigatore privato più popolare del Giappone, tenendo in mano una lattina semi vuota di birra. Era spaparanzato sul divano dell'agenzia investigativa, ormai del tutto brillo, fissando imbambolato il concerto live di Yoko Okino, sua cantante nonché attrice preferita "UHUH, TI ADORO! "
Così preso dalla bella star non si accorse nemmeno del suonare del campanello dell'agenzia, tanto che il "cliente" fu costretto ad entrare con un " Mouri-kun?" facendo capolino dalla porta d'ingresso.
"Ah?" mugolò l'uomo, girando il volto nella direzione dalla quale proveniva la voce, ma ancor prima di guardare in faccia l'uomo che l'aveva disturbato, fece tremolare un sopracciglio e la sua bocca si aprì in un urlo spaventoso:
"MA COSA VUOLE? NON VEDE CHE SONO IMPEGNATO? TORNI PIU’TARDI!"
Proprio come poco prima aveva fatto quello di Kogoro, ora anche il sopracciglio dell'Ispettore Juzo Megure tremolò. Il poliziotto era ora indeciso: tirargli una scarpa in testa o direttamente in mezzo ai denti?
Il detective battè le mani, alzandosi in piedi con movimenti poco convinti "Oh, ispettore Megure...che piacevole sorpresa!"
"Non mi sembrava..." borbottò Juzo, entrando nella stanza.
"Ma no, cosa va dicendo? Credevo fosse un cl...ehm, qualcun…qualcun altro" affermò scoppiando a ridere.
"..."
"Ma...ma prego, s'accomodi...doveva parlarmi di qualcosa?" chiese, recuperando poca della sua serietà e accompagnando l'ispettore sul divano di pelle verde.
"Sì, in verità...ti portavo lavoro...dovrei urgentemente parlarti riguardo un caso molto strano" affermò con convinzione Megure, sedendosi sul divano e assumendo un'espressione veramente preoccupata.
"Un caso irrisolvibile"

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Note dell'autrice : Dopo tanto leggere, ho provato anche io a scrivere qualcosa su Detective Conan!
Ci sono stata un sacco di tempo, cancellavo e riscrivevo, cancellavo e riscrivevo...questa mi è sembrata l'edizione migliore XD
Ecco qui, dunque, il prologo (per il primo capitolo dovrete aspettare ancora un pò *faccia da diavoletto* ) della mia prima fanfiction su Detective Conan :D
So bene che è un po’ corto e noioso, ma è anche necessario per entrare nel bello della storia :P
Un ringraziamento particolare va a Dark Magician Girl che mi ha aiutata molto con Word che non funzionava e per tutto quel che ha fatto …Grazie Dark ;) E anche a Chi-chan aka Akane Tendo, che mi ha dato suggerimenti (e non solo XD), molto utili! Grazie Chi-chan XP
Come anche un ringraziamento davvero
gigantesco va a Ene-chan: senza di lei questa fanfic qui non ci avrebbe messo piede!! XD…Grazie Ene-chan! ^______^ (Nei commenti, vi prego, non scrivetemi: “Ma quante persone ti hanno aiutato per tre righe? O_o XD)
Ringrazio anche chi leggerà o commenterà…o semplicemente s’interesserà alla storia ^__^ Beh, a presto con il primo capitolo ^_________^

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Capitolo 2
*** Temibile Serial-Killer ***


Capitolo Uno

«Temibile Serial-Killer»

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, e in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il sole splendeva con raggi luminosi e penetranti in quella giornata così afosa di primavera.
Non una nuvola in cielo oscurava il cammino delle persone che velocemente e meccanicamente tornavano al lavoro dopo la pausa pranzo, trascorsa da soli o magari in compagnia di colleghi, amici…innamorati.
In questa comune giornata giapponese un gruppo di ragazzi stava lì lì sul litigare per una sciocchezza.
"Ma «True Love» è un film così melenso…" esclamò Takeshi, sbuffando.
"Non vorrete mica farci vedere qualche film tipo «Monster House*», vero?" starnazzò in modo concitato Kiwako, con le mani appoggiate sui fianchi e il busto sporto in avanti, verso il compagno di classe.
"Avreste qualcosa in contrario?!" chiese Misao, correndo così in soccorso dell'amico.
"Sì, molto in contrario" stavolta era stata Sonoko a parlare...e il suo tono di voce era tutt'altro che pacato.
"Suvvia ragazzi, non litighiamo!" disse Ran, cercando di catturare l'attenzione dei suoi amici.
"Perchè non ci dividiamo in gruppi e ognuno va a vedere il film che vuole?"
"Credo che tu abbia perfettamente ragione! " esclamò una voce dall'equivocabile accetto straniero, inglese.
Tutti si voltarono per vedere chi era stato a parlare e si ritrovarono davanti un bel ragazzo dai capelli molto chiari pettinati con la tipica riga centrale, in modo che la frangia gli ricadesse sopra gli occhi azzurri.
Indossava dei jeans leggermente strappati all'altezza delle ginocchia, a vita bassa. Una maglietta bianca si poteva scorgere dalla camicia a quadretti rossa che portava aperta, a mò di giacchetto. Le scarpe da ginnastica nere e bianche completavano lo stile sportivo che il britannico aveva scelto.
"Richard!" esclamò Ran sorridente "Che piacere vederti!"
"Hi, Mo...ehm, Ra...er..."
Tutti notarono il suo imbarazzo nel non sapere come rivolgersi alla figlia del detective, si convinsero perciò ad aver fatto bene ad invitarlo: aveva decisamente bisogno di socializzare un pò.
La ragazza si sciolse in un dolce sorriso:
"Chiamami pure Ran!!" lo rassicurò strizzandogli un occhio.

§§§

"Un serial-killer che dopo l'omicidio pugnala le sue vittime facendo passare l'arma del delitto per il loro portafoglio?”
chiese Kogoro tutto d'un fiato, alzandosi dal divano di pelle verde e avvicinando il suo viso a quello dell'ispettore Megure, che annuì.
"Esatto. Ha già mietuto tre vittime" affermò con sguardo serio, stringendo le ginocchia con le mani tanto che le nocche gli divennero bianche "Yukiko Nakano, 39 anni, insegnate d’inglese al liceo di Arigawa. E' stata trovata uccisa sul tetto del palazzo dove abitava, l'ha rinvenuta e ha chiamato la polizia un inquilino di un appartamento. Secondo il medico legale, la vittima è morta per soffocamento causato da qualcosa di molto sottile, tipo filo da pesca. Il killer l'ha poi pugnalata facendo passare il coltello per il suo portafoglio”
Kogoro oramai si era risieduto e annuiva serio, molto attento alle informazioni che il suo amico gli stavano fornendo.
"Seconda vittima, Kaneshiro Hayashi, 40 anni, tassista. Il cadavere è stato rinvenuto da un suo collega; il suo corpo senza vita è caduto sopra il cofano di un taxi che stava per iniziare la giornata lavorativa. Morte causata da arma da fuoco, anch'esso aveva un pugnale piantato nel petto, attraversato da un portafoglio”
"E la terza vittima...?" chiese il detective, sempre più interessato.
“Gojo Mifune, 39 anni, orefice. Morto per una coltellata alla pancia, è stato rinvenuto da una coppia che passeggiava per il parco di Haido-Cho, dietro ad alcuni cespugli. E anche lui...”
“...aveva un coltello conficcato in un portafoglio nel petto” esclamò il bambino moro, stringendosi il mento tra pollice e indice.
I due uomini urlarono leggermente per la sorpresa.
Cosa ci faceva quel moccioso lì?
Non era a scuola?
Kogoro guardò l'orologio da polso scostando la manica della giacca grigia e si rese conto che era proprio l'ora nella quale il piccolo terminava le lezioni.
“Vattene in camera tua e non dare fastidio!” ordinò il detective più grande, accompagnando il comando con un cenno della mano.
“Ma io voglio stare qui a sentire questa storiaaaa” piagnucolò Conan, recitando una parte che oramai aveva dovuto per forza imparare a rendere sua: quella del bambino.
“Non è una storia e soprattutto non è adatta a te, moccioso!” scattò Kogoro, alzandosi minacciosamente “E ora fila via!”
“Mhm?” rifletté il liceale nei panni di uno studente delle elementari guardandosi intorno “Dov'è Ran-neechan?”
“E' uscita con degli amici, compagni di scuola, credo...” borbottò guardandolo male “Mi pare andasse al cinema”
“Capisco...” rispose il bimbo, scrutando con occhi innocenti quelli del suo Ojisan.
“Mouri-kun!” invocò Megure attirando l'attenzione dei due detective “Se vieni in centrale ti mostro i rapporti dettagliati del caso...così magari saprai darci una mano!”
L'uomo assentì e fece per incamminarsi verso la porta, quando la voce da lui più odiata, quella di un certo amichetto liceale di sua figlia a parte, si fece notare con un “Vengo anch'io!!!”
“Non se ne parla!” rispose brusco, seccato dalle continue interruzioni che il piccolo procurava.
“Non è roba per bambini, Conan” gli disse l'ispettore, più paziente del suo collega
“In più...” borbottò tra sé.
“Cosa?” chiese il bambino, curioso.
“Nulla, nulla...” rispose gentilmente “Ma tu non verrai, punto”
“Ma ma ma...” ribattè sforzandosi di mantenere gli occhi da cerbiatto malandato “Chi si occuperà di me? Chi mi preparerà la cena?” chiese. Ma la sua era un'evidente domanda retorica.
Kogoro Mouri ghignò. Aveva avuto un'idea geniale. Si avviò verso la porta accompagnato dall'ispettore Megure e dallo sguardo del piccolo Conan-kun.
Aprì la porta dell'agenzia e si voltò, ancora ghignando:
“Ordina una pizza, moccioso!!”

§§§

"Alla fine l'idea di vedere un film che non fosse né horror né romantico ha funzionato" esclamò Sonoko, alzandosi dalla poltrona rossa della sala 13 del cinema.
"Già! " esclamò Kiwako " E poi io adoro i comici!!! " gli occhi le brillavano.
Ad uno ad uno tutti i ragazzi si alzarono, stiracchiando le braccia intorpidite dalla quiete a cui erano state sottoposte.
"Vogliamo andare a prendere qualcos'altro da mangiare?" chiese Takeshi massaggiandosi la pancia. Tutti i ragazzi acconsentirono e si diressero con passo veloce verso il bar dell'edificio: dovevano sbrigarsi o l'intervallo sarebbe finito e il film ricominciato.
Una volta in coda per le bibite e i pop-corn, Richard si divise dagli altri per andare al bagno; Ran si offrì di accompagnarlo, visto che, in fin dei conti, non ci volevano certo tutti per portare qualche snacks!
"Vieni, di qua." disse la ragazza iniziando a scendere delle scale a chiocciola, seguita a ruota dal bel britannico.
"Non è la prima volta che vedi un film qui, suppongo..." disse con accento inglese, scendendo le scale con una mano quasi incollata al corrimano; Ran assentì "Sì, ci sono venuta spesse volte l'anno scorso con Shin..." poi un lampo le passò negli occhi e interrompette fulminea la frase. Abbassò lo sguardo, continuando a scendere le scale.
"Tasto dolente?" chiese con stupore il ragazzo, probabilmente incuriosito dalla sua reazione. La ragazza sorrise dolcemente, persa tra i ricordi "Venivo qui spesso, con un mio...amico" sussurrò triste.
"E ora...non ci vieni più? Il tuo amico non ama i film..." chiese preoccupato, ma fu interrotto prima di riuscire a finire la frase.
"Mph...il mio amico se n'è andato" disse bruscamente. Si rese immediatamente conto di non essere stata molto gentile, così chiese scusa e si giustificò dicendo che era un argomento che non la rallegrava molto.
Richard rise: "Me ne sono accorto! Ma...se posso saperlo...come mai se n'è andato?" chiese.
Poi sul suo volto si dipinse il terrore e portò una mano alla bocca spalancata "Oh my…! Scusami tanto...non dirmi che è morto!?"
Gli occhi di Ran si tramutarono in due minuscoli puntini neri.
"Non intendevo quello..." rise "Se n'è andato...è partito per lavoro. Sai, lui fa il detective ed è anche molto bravo, perciò è fuori città per un caso...forse per più di uno" dedusse, rabbuiandosi ancor di più.
"Non volevo farti ricordare cose tanto spiacevoli" disse abbassando il capo "Sorry... "
La ragazza sventolò la mano davanti al viso e lo incitò a non preoccuparsi. In fin dei conti, si ricordava comunque di lui.
"Ecco il bagno" esclamò saltando l'ultimo gradino della rampa di scale. Il ragazzo la seguì e si ritrovò in una stanza con due porte, una a destra per il bagno degli uomini e una a sinistra, per le donne. Luci blu suffuse, che non permettevano nemmeno di vedere le maniglie delle porte, rischiaravano l’atrio.
"I...io andrei..." balbettò rosso in faccia.
"Certo" sorrise Ran, cercando di apparire calma, felice e tranquilla. Ma la sua espressione cambiò rapidamente, trasformandosi in una smorfia di stupore, quando vide quel che stava per accadere. "Ehi?!" chiamò a voce alta "Richard, ma che fai?"
Il ragazzo si voltò, stupito da quella domanda e la ragazza continuò, perplessa "Quello è il bagno delle donne..."
"Uhm?" mugolò il ragazzo girandosi e osservando per diversi secondi il disegnino rosa in alto, appeso alla porta. Si girò verso la sua compagna di classe e sorrise, strofinandosi la mano dietro la nuca, visibilmente in imbarazzo.
Farfugliò qualcosa tipo "Scusami, non ci avevo fatto caso, in Inghilterra funziona un po’ diversamente…" e si precipitò nel bagno giusto.
Appena entrato Ran rise e si appoggiò alla parete del corridoio delle due toilette.
Sospirò, afflitta.
Shinichi...Shinichi...Come poteva non girarle per la testa?
Come poteva dimenticare una vita insieme? Come?
Era passato davvero moltissimo tempo dall'ultima volta che l'aveva visto...dall'ultima volta che, come al solito, lui l'aveva lasciata sola. Abbandonata.
-Tradita...- pensò, non riuscendo a trattenere una lacrima che le solcò il volto con un cammino veloce e silenzioso. E dopo di lei un'altra e poi un'altra ancora.
-Perché…? Perchè non sei qui, accanto a me? Ti sono davvero così indifferente?Forse è colpa mia, mi ero illusa di piacerti… ma possibile che non ti importi davvero nulla di me? Non riesco a capire come tu abbia potuto abbandonare tutto il tuo passato… ciò che apparteneva al tuo passato...me…-
La tristezza si tramutò in ira.
-Già, abbandonata. - ripetè tra sè e sè -E’ questo il termine giusto. Quando ho bisogno di te non ci sei mai, al massimo telefoni per rifilarmi scuse patetiche, tipo « Il caso mi occupa molto e non posso tornare, mi dispiace»… Sì, me lo immagino quanto ti dispiace!-
Sospirò nuovamente.
-Shinichi, io...-
"Eccomi qui!" esclamò il ragazzo uscendo dalla toilette.
La ragazza sobbalzò, era così sovrappensiero che si era spaventata. Appoggiò la mano sul petto e si girò verso Richard, che si scusò desolato.
"Non...non preoccuparti, colpa mia" lo rassicurò gentilmente "Dai, torniamo su!"

§§§

"E con questo è tutto" affermò seriamente l'ispettore Megure chiudendo il rapporto di Gojo Mifune, ultima vittima del serial killer più temuto in quel periodo.
"Hai già in mente qualcosa, Mouri-kun?" chiese, con un barlume di speranza negli occhi.
Il detective rise, poi si passò una mano dietro la nuca, massaggiandosi i capelli.
"No..."
Juzo quasi cadde dalla sedia, tanta la delusione e lo sconforto.
E forse anche il rancore nei confronti di quell'assassino così spietato.
"Beh...nel caso avesse altre informazioni mi contatti..." fece Kogoro alzandosi dalla sedia metallica.
L'ispettore l'aveva...li aveva portati nella sala riunioni e li aveva fatti accomodare davanti al tavolo rettangolare dove, di solito, si parlava di casi veramente importanti.
E questo era un caso veramente importante.
Aveva mostrato e illustrato loro tutti i fascicoli, tutti i minimi dettagli riguardanti quella storia. Ma nessuno dei due detective aveva avuto idea, ispirazione.
Perchè parlo al plurale?
Perchè ovviamente Conan li aveva seguiti. Si era intrufolato nel portabagagli dell'aiuto grazie ad una forcina rubata dalla camera di Ran e si era fatto notare solo una volta essersi assicurato la libera entrata nella sala riunioni.
Furbo e agile, come al suo solito.
Mentre i due investigatori si avviavano verso la porta, Conan iniziò a rimuginare su quanto appena scoperto, ma una voce lo destò subito dal compiere un qualsiasi ragionamento...o deduzione.
"No, aspetta Mouri-kun!" scattò l'ispettore, anche lui alzandosi dalla sedia.
"Mhm?" Kogoro si girò e si mise in attesa delle spiegazioni che Megure gli doveva.
"Pochi giorni fa è stato trasferito qui un ragazzo...è un agente della sezione investigativa, ed è molto giovane, ma è dotato di grandi capacità deduttive e logiche…e mi farebbe piacere presentarvelo, visto anche che molto probabilmente parteciperà a queste indagini”
“Sì, d’accordo, non c’è nessun problema” acconsentì Kogoro, incuriositosi dalla novità.
- Tanto nessuno potrà mai battere in deduzioni il famosissimo ed abilissimo detective Kogoro Mouri!!!- pensò poi, lasciando che un sorriso abbastanza strano gli comparisse sul volto.
-Ehehe, un altro pollo da spennare...- pensò Conan con gli occhi ridotti a fessure.
Le note di una delle tante belle soavi canzoni di Yoko Okino iniziarono a diffondersi per la stanza: il suono del telefonino di Kogoro attirò l'attenzione degli altri due e fece dimenticare loro, per un attimo, l'agitazione che il serial killer procurava e l'arrivo di questo poliziotto.
"Pronto? Detective Mouri!" esclamò l'uomo seriamente.
"Papà?"
"Ah, Ran...certo dimmi tutto..." affermò.
La conversazione durò qualche minuto buono e in questo frattempo Conan entrò in azione:
-Dunque...un serial killer che dopo aver ucciso accoltella le vittime facendo passare l'arma per un portafogli...i tre deceduti hanno tra i 39 e i 40 anni e a quanto ci risulta non avevano avuto rapporti tra loro, non si erano mai incontrati...perciò non si conoscevano.
Mhm...una professoressa, un orefice e un tassista...cosa possono avere in comune? Forse dietro tutto questo c'è una questione di soldi...sì, magari tutte e tre le vittime dovevano dei soldi all'assassino e questo, stanco delle continue perdite di denaro, li ha uccisi...si spiegherebbe anche il perchè dei portafogli...-

"Ehi, mi hai sentito?" chiese con voce concitata Kogoro rivolgendosi al piccolo detective.
"Dopo il cinema Ran passa di qui e ti viene a prendere, chiaro?"
"Cristallino!" rispose il bambino annuendo fortemente con la testa e mostrando ai presenti uno dei suoi sorrisi più simpatici.

§§§

Una bella bambina dai capelli biondi digitava con frenesia i tasti che il computer le dava a disposizione. Non aveva smesso un minuto da quando era tornata a casa da scuola e ormai era pomeriggio inoltrato. L'unico rumore proveniente dalla stanza era quello della tastiera o del computer mentre leggeva un floppy o un cd. A luce spenta e occhi puntati sullo schermo, la ragazza nelle sembianze di una bambina lavorava sulla formula che le aveva distrutto la vita.
-E che l'ha distrutta anche a lui...- pensò con tristezza.
Poi ripensò alla sagoma di Ran Mouri triste e sofferente per la mancanza del suo amico d'infanzia e non riuscì, per quanto volesse, a cacciare via dal viso quella smorfia...quel sorriso.

§§§

"Mouri, Sin Vey, di qua!!" sussurrò Satomy richiamando i due amici appena tornati dal bagno.
I ragazzi camminarono leggermente chinati in avanti fino ad arrivare ai loro posti.
"AHAHAH"
Una risata risuonò all'interno della sala. Il film era ricominciato da cinque o sei minuti e i compagni di classe dei due ragazzi avevano già iniziato a dedurre il motivo del loro lieve ritardo…e naturalmente arguivano tesi maliziose.
"Scusami..." sussurrò Ran all'inglese "Non avrei dovuto telefonare a mio padre… "
"Ah...don’t worry * " rispose in un sussurro.
Poi si sorrisero e si diressero verso i loro rispettivi posti; Ran si sedette senza problemi, Richard invece trovò la sua poltrona occupata da Misao: il ragazzo era così seduto accanto a Sonoko e le cingeva le spalle con il braccio.
Dal canto suo anche la ragazza approfittava della situazione, appoggiando il capo sulla spalla del compagno di classe.
Richard sospirò. Uscì da quella fila di posti e s’infilò in quella dietro.
"Ran?" chiamò a bassa voce, cercandola al buio.
"Dimmi! " sussurrò una voce al suo fianco.
Il ragazzo si voltò di scatto e notò di trovarsi di fronte alla sua amica.
"Takeshi ha occupato il mio posto per...ottimi motivi " con un cenno del capo le indicò i due ragazzi e lei non riuscì a trattenere una risata "Posso mettermi vicino a te?"
La ragazza assentì con piacere e dopo pochi secondi si ritrovò di fianco al ragazzo che in quel momento la incuriosiva molto.
"Segui il film?" sussurrò.
"Why?"
"Mi piaceva far due chiacchiere..." rispose, con un lampo di imbarazzo negli occhi. In quel momento fu grata al buio… non sapeva che leggere negli occhi per Richard era come un hobby: quante volte gli era stato utile?
"Comincia tu, però” sussurrò "Sono a corto di argomenti...e poi, I wouldn’t like touch other*…ehm… tasti dolenti! ”

"Stupendo! Stupendo! Stupendo!" esclamarono in contemporanea Satomy e Kiwako.
Il secondo tempo del film era terminato e i ragazzi si erano avviati lentamente verso l'uscita; stavano percorrendo il corridoio commentando il programma, anche se c'erano persone che non avevano prestato molta attenzione alla pellicola.
Una volta fuori i giovani si salutarono con cenni delle mani e urla.
"Ciao, bellezza" disse con fare sensuale Takeshi, sfoderando un sorriso sexy a Sonoko, che rispose con gli occhi a forma di cuoricini.
"Goodbye, Ran" salutò invece Richard, passandole affianco ; poi aggiunse sussurrando, in modo che solo lei sentisse "Questo tuo amico dev'essere davvero molto impegnato per aver abbandonato un angelo..."
Mouri sorrise, un sorriso complice, divertito. Con quello straniero poteva nascere una sincera amicizia, ne era sicura. Peccato non aver sentito cos'aveva mormorato dopo quella frase, avviandosi per le strade di Beika:
"Peccato che «abbandonato» non sia il termine giusto…"

Ogni gruppetto prese una strada diversa; Ran e Sonoko si diressero verso la centrale di polizia e quest'ultima non faceva che parlare del suo nuovo “amico”.
"Finalmente un ragazzo come si deve...gentile, romantico, che sa come comportarsi" disse tra le nuvole, con le mani congiunte davanti al viso " Lo adoro, Ran...questo è l'uomo che sposerò, ne sono sicura!!!"
"Non correre ora" la riprese l'amica, seria "E...e poi Kyogoku?"
"Lui è via, lo sento sì e no qualche volta al telefono...ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino tutti i giorni, che mi dimostri che a me ci tiene davvero..." disse con aria sognante, non rendendosi conto di aver sganciato la bomba.
"Come se non lo sapessi" sbottò la ragazza, aumentando la velocità del passo.
"Oh, scusami" rispose Sonoko, rendendosi conto dell'errore appena commesso "Però..." da mortificata la sua espressione si trasformò in adirata "anche quello lì...come ha potuto?! Ah, se lo prendo..."
"E' questo il punto, non lo prendi..." borbottò Ran concitatamente.
Sonoko si zittì. Ma perchè non imparava a tenere la bocca chiusa?
"Ascolta, Ran...perchè non ti cerchi qualcuno? Smettila di aspettarlo, rifatti una vita...in fin dei conti non gli si può dir nulla" abbassò la voce, come a non voler farsi sentire "voi non eravate fidanzati..."
"Cambiamo discorso, ti prego" rispose in uno sbuffo la ragazza.
Sonoko assentì, così iniziarono a parlare del più e del meno: di come mancava loro la bella professoressa Jodie, che in realtà insegnante non era, di quante cose erano successe e del ballo che la scuola stava organizzando. Già...alquanto insolito che ci fosse un ballo così, senza alcun motivo; di solito si organizzavano spettacoli. Probabilmente avevano cambiato programma all’ultimo momento dato che una recita l’avevano messa in scena poco tempo prima.
Così discutendo arrivarono presto all'alto edificio con mille finestre, dove entrarono con passo rapido.
Presero l'ascensore e si avviarono nei meandri delle centrale di polizia, alla ricerca della stanza dove Kogoro e Conan si trovavano.
Salite al piano giusto si guardarono intorno.
"Chissà dove saranno…" mormorò Sonoko che, in fin dei conti, era stata lì dentro pochissime volte in confronto della sua miglior amica.
"Agente Takagi...?" chiamò Ran, scorgendo l'uomo da lontano.
Il poliziotto si girò verso di loro, poi congedò con qualche parola l'ispettore Shiratori e si diresse nella direzione delle due ragazze, per salutarle.
"Ciao,Ran...Sonoko!" esclamò con la sua solita aria da bambinone, una tazza di cioccolato in mano per riposarsi dall'arduo e stressante lavoro.
"Buongiorno" risposero all'unisono le due studentesse "Takagi, mi scusi..." cominciò Ran "sa mica dov'è mio padre?"
"Ah...sì!" rispose l'uomo alzando il braccio e puntando un dito verso una sagoma rettangolare di legno chiaro "Guarda, la porta lì infondo, con la macchinetta del caffè di fronte...credo ci sia anche Conan…"
"Lo so" rispose la ragazza con un sorriso "Sono venuta apposta per prenderlo..."
"Bene" rispose altrettanto gentilmente l'uomo "Ora scusami, ma devo finire un rapporto con l'agente Sato" dettò questo si congedò, con i saluti delle ragazze che gli echeggiavano dietro ed uno strano rossore che gli accaldava il volto.
Le due studentesse si avvicinarono alla porta e Ran bussò con leggerezza.
Attese alcuni secondi, prima di sentir un coro che le dava il permesso di entrare.
Appoggiò una mano sulla maniglia e pigiò, riuscendo a fare capolino dalla porta.
“Papà?”
“Oh, Ran!” esclamò Kogoro “Vieni vieni, entra pure!”
Ma la ragazza era rimasta lì imbambolata a fissare il ragazzo accanto all’ispettore, di fronte a suo padre e Conan, che lo guardava con gli occhi ridotti a fessure.
“Oh” dietro di lei Sonoko non potè trattenere un gemito di sorpresa.
Pantaloni di stoffa blu s’intonavano con la giacca dello stesso colore, che si apriva nel mostrare una camicia bianca abbastanza slacciata da rivelare un petto allenato.
Quindi il giovane si girò verso le due ragazze rimaste incantate nel guardarlo.
Una vampata di caldo rischiò di soffocare Ran, non appena lui posò lo sguardo su di lei, sciogliendosi poi in un sorriso caldo e sincero
“Ciao…Ran!” esclamò amichevolmente.

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* Monster House= Mi è piaciuto tanto come film…cosa ci volete fare? ;P
* Arigawa = Nome suggeritomi da Dark del Detective Conan Forum (pubblicità occulta XD).
* Hi = Ciao.
* Ojisan = Zio in giapponese…
* Sorry = Scusami.
* Don’t worry = Non preoccuparti.
* I wouldn’t like other… = Non vorrei toccare altri …

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Note Dell’Autrice: Allora? Cosa ve ne pare? La storia si sta facendo interessante?
Chi credete sia questo nuovo rappresentante della legge? Secondo me avete pensato a lui…sì, sì…chissà se avete ragione, però XDD
Su, vedrò di metterci poco a scrivere il secondo capitolo ^__^
Sto prendendo passione a scrivere, perché mi immedesimo nei personaggi e nelle vicende e mi diverto da morire… a volte scoppiò anche a ridere da sola XDD
E poi io adoro Conan…e Shinichi *___* Perciò adoro anche scrivere di loro e su di loro :P
Spero mi sia spiegata bene e che alcuni passaggi non li abbia capiti solo io XD
Ci tengo molto a ringraziare tutti coloro che hanno letto, in particolar modo chi ha recensito:
@Eneri_Mess: Eheh, visto?XD Capita...ad ogni modo, sono molto contenta ti piaccia il mio stile ed il mio metodo...spero di non deluderti con il proseguire della storia!! Bacioni ^________^
@: Irene Adler: Grazie!^^ Sì, cercherò di aggiornare relativamente presto ^^" XD Sei molto gentile, sono lieta che la mia storia sia di tuo gradimento =) Richard, dici? Chissà...XD
@Charlie : Grazie mille!! Mi impegnerò, contaci ;)
@Pera_11 : Geloso? Sai, mi è sempre piaciuto questo aspetto del carattere di Conan, quindi…ihih, tu cosa dici?XD Grazie mille per aver commentato! :)
@VidelB: Beh, sì: Detective Conan è uno dei miei anime giapponesi preferiti (se non quello che seguo più volentieri in assoluto!); ma credo che questo tu lo sapessi già. Sono contenta di non essere andata oltre il carattere originale dei personaggi e non sai quanto mi faccia piacere il tuo commento: il tuo giudizio, per me, conta molto!! Spero continuerai a leggermi, eheh…bye ^_________^ :****
@viky4forever: Certo che la continuerò ;) Probabilmente un po’ lentamente, ma la continuerò…contaci ;) Grazie mille per la recensione =)
@ginny85: Meno male! Credevo di aver esagerato, con Conan!XD Chiarito un po’ la faccenda del «boy inglese»? Spero di non averti deluso ^^ A “presto”! XP
Cos’altro rimane da dire? Ah, sì: mi raccomando, recensite, commentate e… LEGGETE!
See you later whit the second chapter!
Bye ^__________^

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 3
*** Un Nuovo Arrivato...Troppo Impertinente? ***


Capitolo Due

Un Nuovo Arrivato…Troppo Impertinente?

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Non appena entrarono, il giovane si girò verso le due ragazze, rimaste incantate nel guardarlo:era davvero un bel tipo; i suoi occhi variavano di colore a seconda del punto di vista e della luce: dal marrone al rossiccio.
I capelli erano castani, con dei riflessi più chiari, sul biondo cenere…ed anche di fisico non era messo male: magro e alto, dalla camicia bianca si poteva scorgere un petto decisamente ben allenato.
Una vampata di caldo rischiò di soffocare Ran, non appena lui posò lo sguardo su di lei, sciogliendosi poi in un sorriso caldo e sincero:
“Ciao…Ran!!” esclamò amichevolmente.
"C...ciao" sussurrò lei, gli occhi persi nei suoi, che sembravano così profondi, colmi di gentilezza e di amicizia da costringerla e rimanere lì incantata per ore.
"Sonoko...Ran!" esclamò l'ispettore Megure distraendola come da un sogno dalla visione del giovane. "Vorrei presentarvi l'agente Ishimaru Michiyo, è stato trasferito qui da poco, prima lavorava nella polizia di Nagoya. Collaborerà nelle indagini alle quali spero prenderà parte anche Mouri-kun".
"Piacere!" esclamò il giovane poliziotto porgendo la mano verso di loro. Sonoko si fiondò energicamente verso di lui, stringendogliela "Ciao, io sono Sonoko Suzuki, piacere!!!"
"Piacere mio!" rispose Ishimaru con gentilezza; poi spostò lo sguardo su di Ran e le porse educatamente la mano, sfoderando un bellissimo sorriso.
"P...piacere" affermò con imbarazzo ricambiando il gesto di lui e, di conseguenza, anche la stretta "Io sono..."
"Il piacere è tutto mio!" rispose prontamente, dando alla voce un tono molto dolce "So chi sei, tuo padre stava proprio parlando di te...Ran Mouri."
"Oh" Ran restò a bocca aperta, quel ragazzo era così…così…

“Strano…” mormorò la ragazza, mentre metteva in bocca alcuni chicchi di riso.
“Cosa?” chiese Kogoro sputacchiando qua e là rimasugli di cibo, mentre anche Conan si metteva in ascolto del dubbio della ragazza.
“Di solito casi di questo livello vengo affidati a poliziotti o aiuti esterni di fiducia e competenti…come te papà, per esempio…” iniziò a spiegare la ragazza, mentre gli occhi del piccolo detective si riducevano a fessure – Kogoro, aiuto esterno competente?-
“…come mai al caso di questo serial-killer collaborerà anche il nuovo poliziotto?”
“Beh…” cominciò l’uomo assumendo un’espressione seria “perché questo , come lo chiami tu, è molto bravo. L’ispettore Megure ha i rapporti dei casi di cui lui si è interessato e questi sono stati risolti tutti brillantemente in poco tempo. L’ispettore del distretto di Nagoya, dove prima lavorava Ishimaru Michiyo, ha confermato le sue grandi capacità deduttive e logiche. E visto che questo caso deve essere risolto in poco tempo per far sì che non vengano mietute ulteriori vittime, l’ispettore Megure ha deciso di affidargli quest’incarico.”
“Capisco…” mugolò la ragazza, nonostante non fosse pienamente convinta.
“Davvero è così bravo quel bamboccio?” chiese Conan, con tono offensivo “A me pare che l’unica cosa che sappia fare sia il maniaco…”
“Come? Cosa?” chiesero in contemporanea i suoi due interlocutori, chi sul punto di picchiarlo e chi sul punto di sgridarlo per l’offesa al pubblico ufficiale.
“Non ha fatto altro che guardare le gambe di Ran…” affermò arrossendo, sia per rabbia sia per imbarazzo, mentre la sua sorellina imitava la sua reazione.
“Evidentemente è buongustaio…” disse Kogoro tranquillamente tornando a mangiare.
I due ragazzi si insospettirono…Kogoro aveva risposto troppo tranquillamente.
“Papà? Come mai Michiyo mi ha detto che stavate parlando di me in quel momento?”
Ma il detective non rispose, facendo il finto tonto fin quando la ragazza non ruppe a metà le sue bacchette.
“Beh, sai…” affermò facendo vagare lo sguardo per oggetti molto interessanti all’interno della stanza, come per esempio il tatami o la televisione “Mi è sembrato un tipo molto simpatico, con la testa sulle spalle…inoltre un poliziotto guadagna abbastanza bene e potrebbe informarmi dei casi di cui ci si sta occupando in un periodo e…dunque…nel caso tra te e lui dovesse esserci qualcosa io non avrei nulla in contrario, ecco…”
“MA SEI PAZZO?” urlarono in contemporanea Conan e Ran, saltandogli praticamente addosso.
Ma la reazione del bambino era stata un po’ troppo esagerata secondo padre e figlia.
“Cosa c’entri tu, moccioso?” grugnì, gli occhi ridotti a fessure minacciose.
“Beh, ecco…” ridacchiò lui strofinandosi una mano dietro la nuca, pregando Budda e altre varie divinità di riuscire a togliersi da quell’impiccio – Non ho ancora imparato a tenere la bocca chiusa…-
“Oh, Conan, come sei dolce…” affermò Ran attirando l’attenzione dei due litiganti “Sei geloso? Che amore!” constatò facendo divenire Conan paonazzo.
Cercò di risponderle qualcosa, ma il cuore gli batteva così forte in gola che riuscì solo ad abbassare lo sguardo emettendo una lieve risatina.
“Ad ogni modo io non sono merce di scambio!” disse seria al padre voltandogli le spalle “Finiscila con queste storie! Anche alla cena con Tomoaki facesti tutte queste scene…non vedo quale sia la necessità!” sbottò offesa, mentre il padre borbottava qualcosa riguardo al bisogno di una certa carica e di un certo contante per riuscire a vivere bene.
Ma la ragazza rimaneva della sua idea e in seguito al grand’insistere del padre chiamò in causa Conan, ma dovette nominarlo più volte perché lui si accorgesse; le diede ragione scusandosi di essere sovrappensiero e ricadde come in trance.
Da quando era stato nominato il dottore poi incaricato del gruppo di teatro del liceo Teitan, il pensiero del nostro caro piccolo detective era volato a lui, o per meglio dire…a lei.
Quella bella americana dai capelli biondi e gli occhi chiari…l’unica criminale, Kaito Kid a parte, che fosse riuscita a prendersi gioco di lui, che fosse riuscita a metterlo nel sacco.
I ricordi dell’Halloween Party si fecero chiari nella sua mente…fino a quando non si ricordò di un improvviso pizzicore e del buio. Svegliatosi, si era ritrovato in macchina con lei, che era riuscita ad ingannarlo.
Era furba, scaltra…una vera professionista nel suo campo…e da come aveva capito il sentimento che lo legava a Ran, non limitatamente al suo campo. Conan ringhiò in modo impercettibile.
Era una figura un po’ ambigua, tuttavia. Se ancora era vivo, significava che Vermouth (o in pronuncia giapponese, Bermotto) non aveva spifferato le sue scoperte ad altri membri dell’organizzazione…a Gin e Vodka.
E questo non era un comportamento normale. Perché gli aveva salvato la vita? Per quale ragione? Strano…molto strano.
Anche Miss Jodie se l’era chiesto…e gliel’aveva chiesto, ma non aveva avuto risposta. Peccato… *
La voce squillante di Ran interruppe i suoi ragionamenti e lo costrinse a darle retta per un po’:
“Piuttosto, nella mia classe è arrivato un ragazzo nuovo…”
Come poteva non attirare l’attenzione di Conan quel vocabolo maschile? “E’ britannico, si chiama Richard Sin Vey…ed è anche simpatico e molto carino”
I due maschietti arricciarono il naso, mentre la ragazza descriveva il suo nuovo amico.
“Allora è americano” affermò sicuro Kogoro “I biondi con gli occhi chiari sono americani”
“No, papà, sono anche inglesi. Richard è inglese”
. “Differenza tra britannici e americani la si capisce dalla pronuncia” affermò Conan, finendo tutto il cibo che gli era rimasto nel piatto. Spiegò che gli americani usano espressioni più corte e contratte, con lievi differenze dall’inglese e che per loro parlare la lingua corretta senza la minima contrazione è pressoché impossibile.
E come al solito dovette inventarsi al volo una scusa per spiegare questa sua interessante conoscenza.
Rise mentalmente -Proprio di americani biondi bisognava parlare…-

§§§

DIIIN DLOOON DAAAAN

La campanella che annunciava l’inizio delle lezioni non contribuiva a svegliare gli alunni che passavano per il cancello goffamente e stancamente, la schiena piegata in avanti e le mani in tasca.
Inoltre la mattina era ancora abbastanza fredda, era sì Primavera, ma le giornate variavano con una facilità incredibile: un giorno era caldo ed afoso, l'altro freddo e secco. Bastava una maglietta un pò più leggera nel giorno sbagliato e ci si giocava la salute...di conseguenza, era sempre più sicuro portarsi dietro una sciarpa ed un giacchetto.
Quella mattinata, in particolare, era molto fredda; quasi sembrava inverno. “Che noia…” sussurrò Sonoko camminando al fianco della sua amica con una lunga sciarpa blu che le copriva la gola infiammata “Alle vacanze estive mancano mesi ancora…e io devo andarmene in giro con colli alti e sciarponi, solo per aver preso una ventata di freddo!”
“Porta pazienza, Sonoko” le suggerì Ran “L’influenza gira, è normale…”
“Of course *. E poi una volta avuta non si rischia più di essere contagiati!” pronunciò una voce alle loro spalle.
Voltatesi, le due liceali salutarono gentilmente Richard, vestito con, oltre l’uniforme scolastica, un giacchetto nero imbottito a collo alto e guanti dello stesso colore.
. “Voi, però, non sapete cosa significa…” disse a voce bassa l’ammalata, guardandoli con aria un po’ adirata.
“Cambia qualcosa? Tu sei malata!” rispose con fare divertito il ragazzo.
“Schietto…molto schietto…” si ritrovò a sussurragli, mentre lui stesso e la sua amica sorridevano divertiti.
“Andiamo…o faremo tardi!” esclamò Richard avviandosi verso la classe, seguito a ruota dalle altre due “Do you know … * ? Corre la voce di un campo di qualche giorno…”
“Non è una voce, è una verità” lo rassicurò Sonoko, camminando gobba.
“E tu come lo sai?” le chiese il ragazzo, visibilmente perplesso.
Così l’erede della compagnia Suzuki spiegò al nuovo arrivato che ogni anno, verso quel periodo, le scuole organizzavano un campo di diversi giorni: tre nelle zone più vicine per gli alunni più piccoli, sette in località più distanti per gli adolescenti
. Logicamente ogni anno cambiava la meta (di solito non si usciva quasi mai dal Giappone) e quella di quell’anno non era ancora stata stabilita…In compenso, si immaginava già che sarebbe stata un’esperienza molto divertente. Come tutti gli anni, del resto
. La città nella quale avrebbero prossimamente pernottato sarebbe stata comunicato loro dagli insegnati di lì a poco…

§§§

“Bambini! Bambini, state buoni!” impose in tono di voce molto alto la signorina Kobayashi.
Gli alunni-bestioline si sedettero ai loro posti, facendo diminuire la confusione poco a poco.
“Bene” acconsentì la donna battendo una volta le mani “Mi pare che oggi siate tutti presenti…” fece volare un occhiata ad ogni lato della classe “…approfitto così, per darvi una bella notizia: come tutti gli anni, la nostra scuola organizza una gita di qualche giorno in una località del Giappone, per farvi passare un po’ di tempo insieme e farvi imparare cose nuove divertendovi. L’adesione deve comprendere almeno i due terzi di voi, altrimenti non se ne potrà fare nulla.”
Nell’aula si alzò un tumulto di voci: chi esultava, chi già si preoccupava di come convincere i genitori, chi urlava per la gioia. Poi i due estremi: colei che non era dispiaciuta, in fin dei conti, di sfuggire alla solita realtà e di passare qualche giorno in compagnia, chi invece come unica risposta aveva fatto tremare il sopracciglio destro, sconfortato…per non dire, disperato
. Ai Haibara e Conan Edogawa.
Quasi come se fossero già a conoscenza delle loro opinioni contrastanti si scambiarono un’occhiata.
Non ci fu né il bisogno, né il tempo di parlarsi, visto che Ayumi si girò e si infilò tra di loro, seduti allo stesso banco.
“Voi ci andate, vero?”
“Perché no…” rispose la scienziata rimbambinita con un sorrisetto sulla faccia “…giusto, Edogawa-kun?”
“Ehm, beh…ecco…” non voleva offenderli, ma trascorrere tre giorni con loro sarebbe stato insostenibile.
“Certo che sì!” esclamò Mitsuiko intrufolandosi nella conversazione, come poco dopo fece anche Genta.
Più volte Conan cercò di rifiutare quel cortese invito, più loro non gliene davano l’opportunità.
“Non ti rimane altrimenti…” gli sussurrò la ragazzina bionda con sarcasmo e ghignando ancora “Tu verrai con noi!”
Inutile e impossibile descrivere la faccia di Conan in quel momento.

Durante il ritorno a casa i Detective Boys più giovani non facevano altro che parlare di quel grandioso evento saltellando allegramente da un lato all’altro del marciapiede; i due più vecchi, invece, camminavano dietro di loro con più calma, Ai le mani incrociate dietro la schiena e Conan in tasca.
“Cosa pensi di fare, Holmes del duemila?” un ulteriore sorriso strafottente accompagnò quella domanda così apparentemente retorica.
“Non vado, mi pare ovvio” rispose guardando dritto davanti a sé i suoi amici che si rincorrevano facendosi i dispetti.
“E come hai intenzione di fare? Vuoi ferirli?” chiese prontamente la piccola scienziata, voltandosi a guardarlo.
“Certo che no, idiota. Mi inventerò una scusa all’ultimo minuto…” mentre parlava notò che lo sguardo di Ai diveniva…divertito? O sicuro di qualcosa?
Stava per aprire bocca ma la voce squillante di un’altra ragazza lo raggiunse:
“Che bello! Che bello! Ci divertiremo un sacco tutti insieme! Non è vero, Conan?”
Detto questo gli si aggrappò al braccio come un polpo e appoggiò la testolina sulla sua spalla irrigidita e tirata. Dalla sua bocca uscì una risatina, come da quella dell’altra apparente bimba.
“Ma Conan non ci ha ancora detto se effettivamente verrà…” borbottò minacciosamente Genta guardando male lui e con amarezza la bimba dagli occhi chiusi.
“Giusto!” affermò l’altro ragazzino “Sarai dei nostri, Conan?”
“Ecco, appunto…” partì subito il detective, ma si bloccò. Lanciò uno sguardo al polipo che aveva attaccato al corpo, poi agli altri due; e infine alla bella biondina. Per ultimo sospirò.
“Certo che verrò…” sussurrò con tono sconsolato.

§§§

Salendo le scale che l’avrebbero riportata a casa sentì una voce provenire dallo studio di suo padre.
Le pareva familiare, ma non riusciva a collegarla a nessun volto…era di un maschio, sicuramente. Forse un cliente.
Strano…le sembrava di ricordare che a quell’ora avrebbero trasmesso in televisione una corsa di cavalli e Kogoro l’avrebbe di sicuro seguita…come era riuscito un cliente ad intrufolarsi dentro il piccolo appartamento?
Salito l’ultimo gradino appoggiò la mano sulla maniglia della porta e mentre la girava sentì la voce di suo padre dire:
“Grazie, ragazzo…sei stato molto gentile. Se aspetti il rientro di mia figlia posso offrirti un thè…”
“Uhm?” ritrovatasi nell’agenzia investigativa, Ran vide Ishimaru Michiyo che parlava con suo padre.
Dopo essersi scambiati saluti cordiali, la ragazza venne a sapere che il nuovo poliziotto aveva portato a suo padre le fotocopie dei rapporti delle tre vittime del serial killer che terrorizzava Tokyo da qualche giorno e che lui, per ringraziarlo, voleva trattenerlo e offrigli qualcosa.
Al di là degli sguardi ammiccanti del padre, Ran fu contenta di preparare del the verde a quel ragazzo così gentile, anche perché era davvero curiosa di sapere qualcosa in più su di lui.
Mentre maneggiava una bella tazza bianca iniziò a riflettere e constatò un certo ascendente che quel ragazzo pareva avere sul padre…già, per un bel po’ di giorni avrebbe dovuto sopportare discorsi di doti e divisione dei beni!

“Ecco qui!” annunciò appoggiando il bicchiere fumante di fronte al poliziotto, che la ringraziò cordialmente; poi la offrì anche al padre, ma al suo ennesimo occhietto si stancò e praticamente possiamo dire che glielo lanciò
. “L’ispettore Megure aveva ragione, siete molto gentili…fortunatamente non sono in servizio, perciò ho potuto accettare il vostro invito”
Solo in quel momento Ran notò che, in effetti, Ishimaru non era in divisa, né in giacca e cravatta.
Indossava un paio di pantaloni neri a vita bassa e un maglione di una o due taglie più grande della sua con una grande scritta dorata, probabilmente la marca.
Beh, non era niente male.
“Spero che l’ispettore Megure abbia ragione da più fronti” esclamò Kogoro prendendo in mano il the e apprestandosi a bere “Per esempio, dice che sei molto intuitivo e determinato nel tuo lavoro…”
“Beh...me la cavo” rispose garbatamente il poliziotto portando alla bocca il bordo della tazza, abbozzando contemporaneamente un sorriso compiaciuto.
“Cos’è che ti ha convinto a fare il poliziotto?” chiese l’uomo sorseggiando il the verde e soffiandoci sopra per farlo freddare.
“Beh…in realtà potrà suonare strano, ma è come una specie di vocazione”
Ran e Kogoro alzarono un sopracciglio.
“Esatto. Sapere di essere stato tu, con le tue sole capacità, ad aver scoperto ed incastrato il colpevole di un delitto è…è fantastico!” gli occhi gli si illuminavano sempre più ad ogni parola che pronunciava.
“…Ed essere al corrente di essere tu quello che ha fatto giustizia è davvero molto gratificante!!!”
Ran non riuscì a non farsi sfuggire un' esclamazione di stupore e contemporaneamente, a non arrossire leggermente.
“Le tue sono belle… parole” ammise Kogoro, anche lui sorpreso e…colpito?
“Hai qualche…come dire,…modello?”
Il ragazzo annuì “Sì, Hercule Poirot. Non esiste nessuno che non lo conosca. Il suo metodo di indagine è a dir poco infallibile: collegare tra loro tutte le osservazione fatte e, attraverso confronti, giungere ad attribuire un significato agli indizi scoperti arrivando così al colpevole è…è assolutamente incredibile…perfetto. Poirot e la zia Agatha sono i migliori, su questo non si discute!”
Gli occhi gli brillavano, tale giudizio per lui pareva essere legge. Ran continuò a fissarlo, fissarlo e rifissarlo…incredibile. Davvero!...davvero simile…
“Interessante, ragazzo. Da dove hai detto che vieni?” la domanda di suo padre le interruppe i pensieri.
“Nagoya” rispose prontamente “Mi sono trasferito nella capitale perché avevo voglia di cambiare aria…conoscenze…”
“Conoscenze?” si fece sfuggire Ran, portandosi immediatamente una mano alla bocca quando i due uomini si girarono a guardarla. Avvampò anche, mentre cercava di scusarsi con Ishimaru Michiyo, che però non parve affatto offeso, tutt’altro: le spiegò che nel suo vecchio distretto aveva avuto dei problemi…una storia andata a finire male con una collega. Lavorare tutti i giorni con la tua ex non è certo una situazione piacevole.
“Mi dispiace…non volevo farle ricordare qualcosa di sgradevole” sussurrò la ragazza, ma Ishimaru scosse la testa “Non preoccuparti, è normale che tu sia curiosa…e poi…” assunse un sorriso tra lo sfottente e il malizioso “Non mi pento di essere venuto qui…le ragazze di Tokyo sono molto più carine di quelle di Nagoya!” e dopo aver ammiccato a Ran, poggiò la tazza vuota sul tavolinetto di fronte a lui.
La diciassettenne arrossì e batté più volte le palpebre con espressione stupita, nel momento in cui una vocetta tanto carina si faceva sentire con un: “Sono a casaaa!”
“Ah, ciao Conan…” balbettò Ran ancora rossa.
“C-ciao, Ran-neechan…” rispose il piccolo con un grande sorriso, ma leggermente perplesso. “Ehi…” si intromise l’agente sporgendosi verso il finto bimbo “Ma tu non sei il piccoletto che ieri si trovava in centrale?”
“Sì, sono io” rispose in modo secco.
“Tsk…questo mocciosetto riesce sempre ad infiltrarsi nelle indagini” borbottò Kogoro guardandolo storto e lanciandogli un’occhiata di fuoco quando lui gli sorrise a trentadue denti “Gli piace giocare a fare il detective…”
“Beh, mi dispiace per te, ma ora non ti sarà più tanto facile intrometterti in affari simili” affermò convinto Ishimaru, rivolto a Conan che sgranò leggermente gli occhi.
“Questi non sono giochi per bambini e nemmeno belle cose da vedere. Potresti spaventarti, sai?” concluse con tono apparentemente gentile.
“Tranquillo, non mi spavento per cose simili, ormai ci sono abituato…” rispose Conan con un ghigno “Non è così, Oji-San?”
La risposta di Kogoro fu solo un gemito di rabbia a bocca chiusa.
“Lei permette ad un bambino la visione di cadaveri?” chiese l’agente leggermente concitato al detective più grande, che balbettò qualcosa simile ad un: “Beh, no, ecco…la verità è che…”
“Beh, non mi importa” tagliò corto “Sarò io a tenerti d’occhio, ora. Potresti anche avere dei problemi, magari psicologici, a forza di scene così brutali…”
- I problemi psicologici ce li avrai tu, ammiccatore da strapazzo…- pensò Conan iniziando ad irritarsi. Ma chi si credeva di essere, quello lì? Credeva forse che da dietro la porta lui non avesse sentito quel “…le ragazze di Tokyo sono molto più carine di quelle di Nagoya!” ?
Non gli aveva mai fatto piacere che altri ragazzi facessero il filo alla sua Ran, in particolar modo in quel momento: perché lei era arrossita e non gli aveva risposto per le rime?
Ah, ma queste uscite le avrebbe pagate…non sarebbe riuscito ad impedirgli di indagare su quel caso, questo prima di tutto.
“…e poi, innocentemente, potrebbe scapparti qualcosa con i tuoi compagni di scuola e a loro scapperebbe con qualcun altro” continuò Michiyo “Questo è un caso molto delicato, non possiamo metterlo a rischio in questo modo. Tu non ti intrometterai più in queste indagini, piccolo”
“Così si parla!” esclamò Kogoro con una fragorosa risata “E oltre lui, logicamente ci sarò anch’io ad impedire ribellioni di qualsiasi tipo, moccioso!”
Il cosiddetto storse il naso.
“In fin dei conti non avete tutti i torti…ogni tanto fanno un pò effetto anche a me quelle scene, figuriamoci a lui, che è solo un bambino” disse Ran, poi continuò in tono dolce “Capito, Conan? Non disubbidirci più, mi raccomando”
Il piccolino sospirò “D’accordo, Ran-neechan.”
Ma Ishimaru assottigliò gli occhi: le sue dita incrociate dietro la schiena non gli erano sfuggite.

§§§

Era davvero splendido come si diceva.
Foto e articoli del nuovo ristorante “South’s Flowers” si potevano trovare dappertutto: cartelloni pubblicitari, volantini dei negozi, pagine e pagine sui giornali e sulle riviste; e dal vivo era bello come (anche più!) nelle fotografie.
Era una villetta di tre piani completamente dipinta di bianco con il tetto marrone scuro.
Il pianoterra era il parcheggio, al quale si accedeva attraverso una viuzza collegata direttamente alla strada principale.
Al primo piano vi erano le sale per i non fumatori, visibili anche da fuori grazie alle finestra ampie e pulite dell’edificio; stessa cosa valeva per il secondo piano, che però era adibito per i fumatori.
Panchine un po’ dappertutto, grandi alberi e luci che venivano accese la sera, contribuivano a rendere il grande e bellissimo giardino, che circondava il ristorante, simile al Park Hampstead d’Inghilterra. Questo «discendente del Paradiso Terrestre (com’era stato soprannominato dai cittadini nipponici)» era recintato, come se l’architetto che l’aveva ideato avesse voluto isolarlo dal resto della città; viuzza che conduceva al garage e strada principale erano messe in comunicazione da un cancello stile liberty, tenuto aperto nelle ore lavorative.
Questo era il nuovo ristorante dove Kogoro, Ran e Conan avevano deciso di recarsi a cena, per trascorrere una piacevole serata.
Possiamo tralasciare il loro arrivo, quando Kogoro era andato a sbattere contro una panchina e l’aveva buttata giù, arrivando a parlare dell’inizio della cena e del susseguire.
“Si mangia davvero bene qui!” esclamò Conan posando sul tavolo una scodella ormai vuota.
“Hai ragione” gli rispose la sua «sorellina» “Era da un pezzo che non mangiavo tanto pesce!”
“Qui è la loro specialità: ne fanno in grande quantità…e di grande qualità!” spiegò Kogoro
muovendo con fare giocoso il boccale di birra…il suo quarto boccale di birra.
“Smettila di bere, papà!” lo riprese Ran sporgendosi leggermente verso di lui. Fece per continuare ma Kogoro la interruppe: “Stai tranquilla figliola, cosa vuoi che mi facciano due o tre birrette?” E scoppiò in una fragorosa risata.
“Ma sei già brillo…” borbottò Ran seccata, cacciando fuori un sospiro rumoroso.
“Ah, ascolta una cosa, Ran-neechan…” iniziò il piccolo pensando che tanto, quella sera, il caro vecchio Kogoro l’avrebbero dovuto portare in spalla.
“La mia scuola organizza una gita di tre giorni nella città di Sendai, non molto lontana da qui. Partiremmo tra una quindicina di giorni circa e alloggeremmo in un hotel che la signorina Kobayashi ha già provveduto ad avvisare. Tutti i miei amici ci vanno e beh…posso partire anch’io?”
Eheh…una risposta negativa di Ran non gli sarebbe dispiaciuta così tanto…detto fatto!
La ragazza si dimostrò un po’ perplessa, tre giorni erano tanti…dormire fuori, per lui era (o almeno a quanto credeva lei) la prima volta: era solo…ma Kogoro si intromise subito col dire che ci sarebbero stati i suoi amici con lui e che doveva lasciarlo andare.
“Staremo tre giorni in pace; senza questo marmocchio tra i piedi potrò indagare e fare una bella figura con Michiyo!” esclamò subito, facendo ricredere Conan da qualsiasi ripensamento avesse avuto sul suo caro zietto.
Ma Ran non sembrava ancora convinta. Ci pensò su ancora qualche secondo, poi sorrise…
“Di nuovo? Ma è la terza volta che vai in bagno! Ti senti forse male, Tanaka?”
La loro attenzione fu attirata dalla donna seduta davanti a loro, con altre sette od otto persone, che aveva appena formulato quella domanda.
“No, sto bene…” rispose un uomo abbastanza alto, sulla trentina; era moro e aveva gli occhi azzurri. Indossava un completo bianco, come la camicia, e una cravatta nera.
Era molto elegante, come tutti gli altri seduti a quel tavolo, del resto: due donne e quattro uomini. Parlavano gesticolando e sul tavolo avevano due o tre bottiglie di vino.
-Una cena d’affari…- pensò Conan continuando ad ascoltare la risposta dell’uomo probabilmente chiamato Tanaka: “E’ solo che stasera ho bevuto un po’ troppo!”
Ridacchiò strofinandosi una mano sulla nuca e , dopo aver dichiarato di tornare subito, si diresse verso il bagno.
Il piccolo detective lo seguì con lo sguardo fino a quando non lo vide oltrepassare la porta in legno scuro.
“Allora? Posso andare?” chiese poi alla ragazza seduta accanto a lui. Non sapeva se sperare in una risposta affermativa o negativa.
“Va bene. D’altronde tra poco partirò anch’io, perciò…non vedo come poterlo negare a te. Puoi andare, Conan-kun”
“Partirai anche tu??” chiese il padre stupito.
“E’ dal primo anno del liceo che parto per un paio di giorni, papà. Ormai dovresti esserci abituato e saperlo” rispose lei, seccata dal borbottio che ricevette come risposta.
“Però io partirò tra parecchio tempo…come mai tu così presto?” rifletté ad alta voce con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Il bambino le spiegò che la sua classe era avanti con il programma e perciò poteva permettersi di partire un po’ prima del dovuto; come tutta risposta Ran scoppiò a ridere, spiegando poi che il suo era esattamente il caso contrario: lei e i suoi amici erano un po’ in ritardo con gli studi, perciò sarebbero partiti non appena raggiunto le altre aule…quindi un po’ dopo la solita data.
“Beh…almeno non rimarrò completamente solo, meglio” borbottò tra sé e sé l’uomo con i baffi neri, finendo di scolare la sua birra.
“Dopo una bella bibita ci vuole una buona sigaretta” esclamò in seguito “Si può sapere perché hai voluto un tavolo nella sala per non fumatori?”
“Perché altrimenti io e Conan ci saremmo soffocati, papà”
Conan ridacchiò “Giusto! Una grande stella deve anche saper limitarsi, Ojisan!”
“E sta’ zitto, moccioso!”
Ah, quante volte ormai era stata detta questa frase? Quante volte il piccolo detective se l’era sentita dire? I primi tempi lo infastidiva molto, ora invece…ci si era abituato. Anzi, a volte lo faceva anche divertire. Strano, eh?
“Dove andrai tu?” chiese poi a Ran, con un tono ingenuo e innocente.
“Mhm…ancora non lo sappiamo!” rispose lei “ A Richard piacerebbe visitare qualche cittadina caratteristica, dice di essere un grande appassionato della cultura giapponese!”
“Come mai lo chiami per nome?” sbottò il padre, sempre molto infastidito del rapporto che Ran aveva con qualunque ragazzo.
“Perché siamo amici!” rispose lei stanca di questa continua e stupida gelosia.
“Come puoi definire tua amica una persona che conosci da sì e non una settimana?!” affermò lui, sempre più protettivo “Non puoi fidarti così, di persone delle quali non sai nemmeno la data di nascita!”
“Beh, sin’ora si è comportata molto meglio «la persona della quale non conosco nemmeno la data di nascita», di quella che doveva essere aiutata da me a ricordarla…” rispose brusca volgendo lo sguardo al pavimento, come fece subito anche Conan; negli occhi di entrambi poteva leggersi tristezza e malinconia.*
“Ma si può saper cos…” iniziò Kogoro.
Ma un urlo spaventoso proveniente dal bagno gli impedì di completare la frase.
Tutti si voltarono verso la toilette e dopo pochi secondi Conan balzò giù dalla sedia e si mise a correre verso il luogo di provenienza dell’urlo.
“CONAN!” gridò la ragazza cercando di acchiapparlo ma senza alcun risultato, poco prima che anche suo padre si mettesse in marcia, imitando i movimenti del ragazzino.
Arrivati al bagno trovarono una donna in ginocchio che indicava con il braccio e le dita tremanti di fronte a lei. Si sporsero leggermente e si ritrovarono davanti l’uomo che poco prima avevano sentito dire d’aver bevuto troppo, morto con un coltello conficcato nella schiena.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:

* ragazzo dai capelli castano scuro […] = Dunque, vediamo…avete presente Lee Shaolan di Sakura? Ecco, occhi e capelli del ragazzo sono esattamente come i suoi =P
* Da quando era stato nominato il dottore […]. Peccato… = Avete visto lo special 345, riconosciuto con il titolo di “Halloween Party”? Se non l’avete visto fermatevi qui e non continuate a leggere la storia se non volete anticipazioni abbastanza “piccanti”…(ve lo dico piangendo ç__ç)
* Of course= Certamente.
* Do you know…? = Sapete…?
*… di quella che doveva essere aiutata da me a ricordarla […] = Nel primo film, Ran dice di continuare, da anni, a ricordare a Shinichi il giorno del suo compleanno poco prima dell’arrivo di quest’ultimo.

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Note dell’autrice: Ahah *devil* Sareste così gentili da dirmi chi vi aspettavate fosse il nuovo poliziotto prima di leggere il capitolo?? *devil*
Approfitto di questo spazio, comunque, per avvertire che tra qualche capitolo la storia inizierà a farsi spoiler, come per tutto il seguito della fanfic, d'altronde! ^^”
E credo che abbiate già notato qualche piccolo accenno in questo capitolo...vero? XD
Perciò, se non volete spoilerarvi, a malincuore, dovrò consigliarvi di non proseguire nella lettura ;___;
Per il resto...cos'altro dire? Cosa ne pensate di Ishimaru Michiyo? =D Ho preso il nome da un amico che mi aveva chiesto di chiamare un personaggio con la traduzione del suo nome in giapponese...ebbene, contento? Ti piace il ruolo che ti ho assegnato? *angel*
Nel prossimo capitolo ci sarà l'evoluzione del caso...spero di esserne all'altezza XP
Ringrazio tutti quelli che stanno leggendo e, ancor più, quelli che stanno commentando!! *___*
@Pera11: Ihih, ci avevi indovinato…il ragazzo alla fine del capitolo non era Shinichi =P Sì, effettivamente si può ipotizzare che più avanti la “relazione” tra Shin e Ran potrebbe avere qualche problemuccio, ma…chi può dirlo? Magari la fanfic finirà con la loro gioia! O magari no…eheh!! Comunque sia, hai ragione anche quando credi di dover aspettare…eh, già: la storia non è quasi nemmeno cominciata, si può dire, prima di arrivare al finale…deve passarne di tempo =D Spero che l’attesa non ti faccia perdere la voglia di seguirmi, mi fa molto piacere averti come lettrice ^___^
Bacioni!! :**
@Charlie Chan: Ti ringrazio, sei troppo gentile ^///^ Matrimonio?? C’è ne è di strada di fare…XD Ma nulla lo esclude…
XXXX
@Irene Adler: Mh…facciamo mezzo per uno?XD Sono lieta ti piaccia, e mi fa anche piacere di essere riuscita (fin’ora) a rendere bene il carattere dei personaggi…è sempre una delle “operazioni” più difficili =P Ti svelo un piccolo segreto: sono una ShinxRan anch’io :D Quindi ci troviamo d’accordo ;) Mi dispiace averti fatto aspettare molto per il secondo capitolo, appena finiti gli esami cercherò di aggiornare abbastanza velocemente ^__^ Grazie mille per i complimenti, fanno sempre piacere XD Spero continuerai a leggere la mia storia!!
Kisses :)
@Shaddy: Ma guarda guarda chi si vede!! *stradevil*
Sono estremamente felice che tu abbia letto la mia fanfic *_____* Non possono che farmi piacere tutti questi complimenti da parte tua, che sei sempre così malefic…“gentile” e “disponibile (a uccidere *devil*)” con tutti *angel* Ahah, il biondino ti piace, eh? O magari ti piacciono le situazioni di crisi?! Aspetta, mi raccomando: non stancarti! XD Grazie ancora Shaddyna, alla prossima (sparatoria *devil* XD)!
Bacionsssss ^.^
@Chocolate Fairy Girl : Beh, la trama prende forma durante lo svolgersi dei capitoli, non in un solo ^^ Altrimenti poi, sarebbe una one-shot e non una fic a più capitoli :P Vorrei dare l’impressione del trascorrere delle ore, dei momenti, dei pensieri e degli eventi…Mi piacerebbe fosse ben definita, nella storia, la cognizione del tempo e la realtà dei fatti, che avvengono secondo il principio di causa ed effetto.
Mi dispiacerebbe se, però, la storia, seguendo questi parametri, venisse fuori noiosa e senza un filo conduttore che interessi i lettori: spero non succeda!!
No, non ho mai provato, perché a disegnare non me la cavo tanto bene ^^”” Comunque sia ti ringrazio ^^
Spero continuerai a seguire la fanfic ^^;;
@Korrad: Visti i risultati ottenuti fin’ora (ottimi, my dear), ti pare stia trascurando lo studio?? XDDD (Sono proprio modesta, non è vero? ^^”)
Grazie per la recensione, ad ogni modo ^////^
@ginny85 : Il boy inglese non ti piace…e ho l’impressione che questo capitolo te lo abbia fatto piacere ancora di meno! XD E…di Michiyo, cosa ne pensi? Antipatico anche lui, suppongo :P Mhm…Takagi e Sato sono la coppia più “matura” di Detective Conan, in quanto sono gli unici due che hanno perlomeno tentato di baciarsi =D Ciononostante non credo che mi concentrerò molto su di loro…vorrei approfondire i sentimenti di Shinichi, Ran…e anche i vari triangoli, ovviamente *me tossisce*

Perché mi guardate così male? XD
Comunque, potrebbe darsi che qualche accenno ad altre coppie ci siano…Grazie per la recensione; spero che il continuo ti interessi ancora di più =)
Un bacione ^___^
@Wilwarind : Oh, non sai che piacere mi faccia ricevere una tua recensione e sapere che mi leggi ^______^ Notai subito la tua fic, Crepuscolo ( lessi la tua prima pubblicazione, mi pare che a quel tempo avesse il titolo inglese) e, nonostante le tristezza che mi suscitò, mi piacque un sacco *__* E poi, io sono una grande fan della cantante Giorgia, e Gocce Di Memoria è una canzone assolutamente ADATTA per descrivere la situazione di Shinichi e Ran! Quindi, visto che quando la trovai ero così sciocchina da vergognarmi di postare (XD), ti faccio ora tantissimi complimenti per la fic!! Come anche mi complimento per la raccolta di drabble che stai postando…per me, riassumere dei concetti in cento parole sarebbe un’ utopia XD
Ahah, scusami se mi sono dilungata ^^” Passiamo a chiarire i tuoi “dubbi” :P Dunque: sì, il caso, o perlomeno l’indizio riguardante il caso, è preso da quel file che vede Heiji e Conan ad Osaka, con la prima apparizione della cara Kazuha. Tuttavia, invito te (come anche tutti gli altri lettori, sperando siano molti XD) a non dare per scontato che anche la soluzione sia uguale a quella dell’anime :P Non spoilero oltre, ma attenzione…XD Un’ultima cosuccia e poi ti lascio in pace XD: io ADORO in modo particolare Shinichi quando è geloso *__* ;)
Detto questo, spero di cuore che continuerai a seguirmi, mi farebbe molto piacere =D Bacioni :***
@eminil: Ti ringrazio molto! ^.^
Eheh, sorpreso? Il poliziotto non era Richard :P Spero ti sia piaciuto anche il continuo ;)
Ciauuu ^___^

E un ringraziamento a dir poco ENORME voglio porgere al validissimo nonchè pazientissimo e gentilissimo Suinogiallo , che mi ha aiutata con moltissimo garbo a risolvere il "problemino" che avevo combinato con i codici (che poi il danno non era causato da quello XD) di questo capitolo. GRAZIE!!
Oh, non posso certo dimenticarmi di Alex ! Senza di lei starei ancora a strapparmi i capelli in cerca di qualcosa o qualcuno che fosse in grado di darmi una mano :D
SEI STATA UN TESORO!

E con questo, credo sia tutto. Ovviamente vi chiedo di continuare a leggere e anche commentare, se ci scappa l’occasione ^^__^^
Dunque, a presto (relativamente, presto XD) con il terzo capitolo ^_____^

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 4
*** Il Successo Del Nuovo Arrivato ***


Capitolo Tre

Il Successo Del Nuovo Arrivato

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“La vittima è deceduta circa un’ora fa” affermò con sicurezza il medico legale, arrivato sul luogo del delitto insieme alla polizia chiamata da Kogoro.
La toilette era stata interamente isolata da nastri gialli e neri, mentre gli agenti e i loro collaboratori giravano per quell’area ristretta alla ricerca di qualunque cosa potesse essere loro utile.
“L’arma del delitto è questo coltello; è stato ritrovato piantato nella schiena della vittima… ” continuò il dottore, consegnando una busta di plastica trasparente all’ispettore Megure, che aveva al fianco Kogoro, ovviamente.
Ran si trovava poco più distante da loro e ascoltava con un po’ di timore i discorsi dei poliziotti, guardandoli con aria preoccupata.
Stringeva le spalle del piccolo Conan come per trovare un po’ di coraggio, un po’ di conforto e resistere a quella situazione… Si era trovata in situazioni simili a quella milioni di volte, ma sempre aveva quel peso all’altezza dello stomaco, quell’orrenda sensazione di disagio di fronte ad un omicidio, ad una persona così piena di sentimenti di odio, di vendetta, di rancore terribile da non riuscire a dominare, che ogni volta le pareva quasi fosse come la prima.
“ISPETTORE!” richiamò l’agente Wataru Takagi, correndo verso i due uomini “Ho scoperto l’identità della vittima: il suo nome era Tanaka Kiikuto, aveva trentaquattro anni. Lavorava in un’azienda abbastanza importante e stasera si trovava a cena con sette suoi colleghi, tra cui però anche dei suoi superiori: due donne e quattro uomini. Questi hanno dichiarato di averlo visto assentarsi spesso per andare in bagno e di avergli anche chiesto se si sentisse male, ma lui aveva riposto d’aver bevuto solamente un po’ troppo… ”
“Di cosa si occupava la sua azienda?” una vocetta impertinente interruppe l’agente che, come le altre due forze dell’ordine, abbassò il capo per ritrovarsi un paio di occhioni celesti puntati nei propri.
“Beh… ” iniziò un po’ titubante “si occupava di tecnologie, in particolare di computer…lui era nell’amministrazione…”
“E i colleghi a cena con lui stasera?” domandò quella squillante ma simpatica vocetta, mentre sulla fronte di Kogoro nasceva un nervo che pian piano diveniva più visibile… e più grande.
“Beh, alcuni si occupavano di amministrazione, come lui. Poi c’era il presidente, con il vice e dei diligenti…”
“Dunque tutte persone abbastanza importanti?!”
“FINISCILA, MOCCIOSO!!!” urlò Kogoro al culmine della rabbia, sferrando un pugno sulla testa del povero Conan, che dovette passare i due o tre minuti seguenti a massaggiarsi la parte tremendamente dolorante.
“Porta e finestra erano chiuse dall’interno. Non sono state rinvenute tracce di materiali o attrezzi con i quali l’assassino avrebbe potuto chiudere le serrature dall’esterno, dunque mi pare evidente si tratti di suicidio”
“Come??”
L’ispettore Megure e l’agente Takagi non erano poi convintissimi: d’altronde, com’era possibile che Kogoro avesse già risolto il caso? Non aveva assunto la sua mitica posa e, come se non bastasse, era passato pochissimo tempo dall’inizio delle indagini.
“Mi spiace contraddirla, ma non può essere” affermò il medico legale, facendo cadere a gambe all’aria i tre uomini. I due poliziotti ridacchiarono, mentre Kogoro chiedeva il motivo di quell’affermazione con aria offesa.
“Il punto in cui il coltello era stato conficcato è praticamente impossibile da raggiungere autonomamente, con solo il movimento degli arti. Dunque non può trattarsi di suicidio.”
“Ah, c-capisco… ” bofonchiò il detective strofinandosi la mano dietro la nuca.
Tutti ripresero perciò a discutere animatamente; Kogoro sparava stupidaggini su stupidaggini, quindi Conan decise di esaminare un poco la scena del delitto e il corpo.
Senza farsi accorgere dai poliziotti e dai dottori si avvicinò al cadavere e si mise in ginocchio, osservandolo attentamente: era a pancia all’aria, la camicia bianca e la cravatta nera non riportavano macchie di sangue, al contrario della maniche della giacca, dove erano arrivati alcuni schizzi.
-Mhm?- non potè sfuggirgli una scatolina bianca che sporgeva leggermente dal taschino all’altezza del petto.
-E questa…cos’è…?- si chiese mentalmente, allungando una mano per andarla ad afferrare; ma nel momento esatto nel quale le sue dita sfiorarono il pacchetto di sigarette, un’altra mano si posò sulla sua.
Sorpreso, alzò gli occhi, per ritrovarsi faccia a faccia con il carissimo Ishimaru Michiyo.
Quest’ultimo, non era certamente meno sorpreso di lui!
La bocca leggermente aperta e le sopracciglia inarcate lo lasciavano chiaramente intendere.
Ma quest’attimo di stupore, terminò praticamente nel secondo in cui iniziò.
Conan si fece scappare una risatina ad occhi amichevolmente chiusi; contemporaneamente il poliziotto sorrise beffardo.
“Cosa fai?” gli chiese, un tono sicuro di sé…pieno di…sfida?
“Mi…mi era…” balbettò il diciassettenne nei panni un bambino delle elementari, iniziando a sudare freddo “Mi era caduto…mi era caduta una cosa…qui…”
“D’accordo” sorrise amorevolmente Michiyo.
-Uff…- sospirò Conan, ma quel sospiro gli andò presto di traverso:
“E cosa ci facevi qui, allora?”
Rieccolo alla carica.
“Beh…ero con…con Kogoro!!” rispose tutto d’un fiato “Eravamo qui a cena, quando abbiamo sentito un urlo provenire dalla toilette. Perciò siamo accorsi subito ed abbiamo trovato il cadavere!!! E…e logicamente vi abbiamo avvertiti!” terminò, un sorrisetto gentile sul volto che nascondeva un “Adesso la chiudi quella boccaccia??”
“E una volta arrivata la polizia, perché sei rimasto qui?” gli chiese il poliziotto, molto…troppo sicuro di sé.
“Perché?” ridacchiò “Beh, perché…” si bloccò.
«Perché volevo indagare» non era decisamente la riposta adatta. E neanche «Per aiutare quel fallito di Kogoro!» lo era.
No, non era così! Davvero quel poliziotto da quattro soldi lo stava mettendo in difficoltà ?!
“Perché…adoro giocare a fare il detective!” riprese, la solita espressione dolce sul viso.
Ma forse…con lui questa frase non sarebbe servita a molto.
“Gioca con i tuoi amici! ” tagliò corto Michiyo, lo sguardo improvvisamente serio, non più beffardo né insolente.
“Ti ho già detto che le scene dei crimini non sono il posto giusto per te!”
“S…” il piccolo stava per rispondere, ma una voce femminile si contrappose alla sua…oh, ora sì che poteva iniziare a sudare freddo per davvero!!
“CONAN!”
“R-Ran-neechan…” balbettò il bambino girandosi di scatto, gli occhi spaventati alla visione della sua amica d’infanzia in una versione così severa.
“Perché ti cacci sempre nei guai? Non dare fastidio, dai…” disse prima arrabbiata, poi con tono più dolce, prendendolo per mano.
“Vieni con me…e…e mi scusi!” sorrise davanti a sé.
Conan si girò di scatto in direzione del suo sorriso e si ritrovò di nuovo la faccia di quell’antipatico tra i piedi.
-Mhm… - pensò leggermente scocciato.
“Figurati… posso darti del tu, vero?” aggiunse subito Ishimaru, un ricambio di sorriso.
“Certamente… ” rispose con lentezza: la tipica lentezza di chi si trova in imbarazzo.
“Allora, fallo anche tu, d’accordo?” chiese gentilmente. E sorrise di nuovo.
“D’accordo… ” sussurrò in risposta lei, una strana striscia rosa scuro comparsale improvvisamente sul volto.
“Perfetto, iniziamo con gli interrogatori, allora. ”
La voce forte dell’ispettore Megure attirò l’attenzione dei tre adolescenti, che si voltarono a fissarlo.
Quest’ultimo, chiese poi a Ishimaru di raggiungerlo e di procurarsi una penna e un foglio per raccogliere le dichiarazioni dei testimoni.
“Scusami…vado a cercare la penna” ammiccò Michiyo alzandosi e abbandonando lo sguardo di Ran.
-Ecco, bravo, vai a cercare, vai… basta che ti togli dai piedi… - pensò Conan con gli occhi ridotti a fessure, un rabbia che più stava più gli cresceva nell’animo – L’ho detto e lo ripeto, sei soltanto un ammiccatore da strapazzo…-

“Asami Makeshi, ventinove anni, era una collega della vittima. E’ stata lei a ritrovarla per prima e lanciare l’urlo che ha attirato il detective Mohri qui: spaventata per non aver più visto tornare il suo amico, si era assentata per andarlo a cercare e l’aveva visto a terra, inerme, a pancia in su, con il coltello conficcato nella schiena. Ha affermato di averlo visto andare al bagno spesse volte, secondo lei per fumare…”
“Fumare?” chiese Megure, interrompendo il resoconto dell’agente Takagi.
L’interrogatorio a cui avevano preso parte quest’ultimo ed il poliziotto Michiyo era finito e l’ispettore, rimasto sul luogo del delitto per indagare con l’ausilio di Kogoro, stava facendosi raccontare tutto per filo e per segno.
Ora si trovavano nuovamente sul luogo del delitto, Conan e Ran con loro, ad aiutare i poliziotti di turno nel controllo dei principali sospettati.
“Probabilmente, i suoi superiori non erano fumatori ed avevano dunque prenotato una sala nella suddetta area; di conseguenza, per non mettersi troppo in mostra negativamente di fronte a loro, la vittima andava a fumare in bagno e poi rientrava in sala fingendo di avere avuto bisogno dei servizi.” tono serio, deciso, autoritario…di Ishimaru.
“La mia tesi è retta dal pacchetto di sigarette quasi interamente vuoto che ho…che io ho ritrovato nel suo taschino…” lanciò un’occhiataccia al piccolo bambino occhialuto che teneva per mano Ran, infastidito dalla sua sola presenza.
“…e dalle cicche rinvenute sotto il cadavere.”
L’ispettore ringraziò per il chiarimento ed incitò il nuovo poliziotto ad andare avanti: questo, passò a parlare di Mitsunayi Yoono, anch’esso collega del deceduto.
Appoggiava la tesi del fumo esposta dalla signorina Makeshi, ed aveva aggiunto che il loro amico aveva acquistato un pacchetto proprio quella stessa mattina e l’aveva finito in tutto l’orario lavorativo: accendeva una sigaretta non appena aveva due secondi di tempo.
Come anche alcuni dirigenti avevano dichiarato, lui e la vittima non si erano molto parlati ( a sentire gli altri, si erano solamente lanciati sguardi per tutto il tempo): erano capitati in posti distanti e avevano avuto da fare per mettersi a chiacchierare dei loro affari. E poi, come durante l’interrogatorio aveva detto il presidente Atsushi Sakada, «In serate di questo tipo, non si parla mai di cose di tutti i giorni…»
. Ed oltre a questo, aveva dichiarato di non aver fatto caso a lui più di tanto; era impegnato con il suo vice ed altri dirigenti nella discussione riguardo “questioni importanti”; di conseguenza, idem per gli altri.
“E in effetti, gli unici che sembravano davvero dispiaciuti erano proprio Makeshi Asami e Mitsunayi Yoono” espose Takagi sollevando gli occhi dal tacquino che teneva tra le mani “Ho visto quella donna scoppiare in lacrime. Non appena Mitsunayi ha tentato di consolarla, gli si è buttata addosso singhiozzando…”
Michiyo assottigliò gli occhi puntando lo sguardo di fronte a sé.
“Non sono facili esperienze da dimenticare, queste! Povera donna…” mormorò Kogoro osservandola: aveva lo sguardo rivolto ai piedi, gli occhi gonfi e rossi.
“Già…ad ogni modo, ora dobbiamo scoprire l’assassino!” Megure tornò convinto di se stesso…e dei suoi collaboratori, certamente: “Mohri, Michiyo…”
“Insomma, quanto ancora volete tenerci rinchiusi qui dentro??”
La voce di un uomo si sovrappose a quella dell’ispettore, impedendo ai due nominati di udire il resto della frase; a parlare era stato il signor Yoono e dall’espressione che aveva sul viso, sembrava abbastanza seccato.
“Fin quando non avremo trovato il colpevole!” rispose sicuro di sé Ishimaru, avvicinandosi all’uomo con le mani in tasca e il passo lento “Visto che è così ansioso, vuole essere lei il primo ad essere perquisito?”
“COSA?”
“Il signor Mitsunayi non ha tutti i torti, l’arma del delitto l’abbiamo…” balbettò incerto Megure, ma non ebbe il tempo di terminare la frase: “Scusi se mi permetto, ispettore, ma qui qualunque cosa può tornarci utile. Una perquisizione ci aiuterà ad arrivare alla soluzione del caso, le pare?”
“Ottima idea!” esclamò Kogoro battendo il pugno sulla mano, appoggiato in seguito dagli altri della polizia.
“Io non ho nulla addosso che possa esservi d’aiuto!!” disse concitatamente l’uomo, rivolto al giovane castano, che con velocità fece comparire sul volto un sorrisetto beffardo: “Pensa forse…di avere da scegliere??”
“Mhm…” l’uomo mugugnò qualcosa, abbassando il capo continuando però a sorreggere lo sguardo del suo interlocutore.
“ISPETTORE! GUARDI QUI!”
Un agente della scientifica arrivò di corsa e mostrò a Megure e Kogoro, che gli era affianco, un bottone di colore nero; disse poi di averlo rivenuto sul corpo senza vita di Tanaka Kiikuto.
-Cosa? Ma com’è possibile?- pensò Conan che, nonostante sembrasse del tutto distratto ed estraneo alla situazione, aveva continuato ad ascoltare ed osservare ogni singola parola o avvenimento della serata – Quando ho esaminato il corpo non c’era nessun bottone! Possibile che mi sia sfuggito?! –
“La ringrazio, agente” affermò Megure afferrando la bustina di plastica trasparente ed alzandola all’altezza del viso.
“Che sia della vittima?...”
“No” Kogoro attirò l’attenzione di tutti quanti, dopo aver poggiato le mani sui fianchi e chiuso gli occhi.
“Quel bottone non è della vittima…nonostante sembri assente e poco attento ai dettagli, il grande detective Mohri scorge tutto!”
Una risata accompagnò la frase e fece divenire gli occhi di Conan due fessure talmente sottili da far sembrare gli occhi chiusi: -Eheh…-
“Il bottone è del signor Mitsunayi, che è anche l’assassino di Tanaka Kiikuto!!”
“Cosa?”
Stupore generale tra la gente, Megure e Takagi che si meravigliavano per la velocità deduttiva di Kogoro e per la sua mancata posizione da addormentato.
“Ma cosa sta dicendo? Assassino? E’ impazzito??” sbottò l’uomo sporgendo la testa verso il detective, il quale rispose con un sorrisetto beffardo:
“E allora come mai un bottone della sua giacca si trovava sulla salma della vittima, eh?”
Yoono fece comparire sul volto un’espressione di meraviglia e abbassò lo sguardo verso il suo petto.
La giacca rimaneva aperta fino al torace ed in corrispondenza della prima asola, solo un mucchio disordinato di fili.
“Ma come…!”
“Non tenti di negare!” l’accusò Kogoro, alzando la voce “L’omicida è lei!!”
Durante questo “scambio di idee”, Ishimaru sentì il suo cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.
“Mh?”
Osservato il display, accettò la chiamata: “Qui Michiyo, dì pure.”
Megure era troppo impegnato ad ascoltare Kogoro, ma Ran ed il piccolo detective si voltarono verso il novellino, osservandolo con stupore.
“Ma durante il turno non è vietato ricevere chiamate…?” si chiese Ran, e la risposta non tardò ad arrivare.
“Fa sempre come gli pare!” Takagi appariva seccato “Anche prima, durante l’interrogatorio, si è allontanato ed è andato a parlare con due ragazzi…”
“E cosa si sono detti?”
Approfittando del momento di distrazione del suo nuovo ostacolo, Conan era entrato nuovamente in azione, con la sua solita aria innocente ed i suoi occhioni dolci.
“Beh, in effetti, non è che si stesse facendo gli affari suoi…eheh” ridacchiò Takagi “Ma nessuno gli aveva dato il permesso di uscire e lasciarmi lì da solo: si indaga insieme!”
“Non credo di seguirla…potrebbe spiegarsi meglio?” Ran sembrava incuriosita.
“Uff, ha parlato con due ragazzi che si trovavano su una panchina, sotto la finestra della toilette, dall’esterno…nel giardino. Gli hanno detto di aver sentito due uomini litigare con ferocia; lui crede che uno di questi due fosse la vittima…”
- Eh? Due ragazzi hanno sentito un litigio…proveniente…dal bagno…??- Conan ebbe un flash. Come era stato possibile se…?
“Ma questo è un dato importante!” esclmò Ran con sorpresa.
“Sì, lo so…rafforza la tesi di tuo padre... ” borbottò l’agente “Ad ogni modo, credo l’abbia già detto all’ispettore…” concluse lanciando un’occhiata al suo capo, ora vicino all’agente al telefono.
“Chissà di cosa staranno parlando…”mormorò Ran come in trance, attirando l’attenzione del piccolo detective “E chissà chi è al telefono…”
Lo sguardo di Conan traballò… “Come mai ti interessa?”
“Eh?” Ran ridacchiò “Curiosità! E’ una cosa strana e mi aveva incuriosito…” sorrise al fratellino, gli occhi chiusi gentilmente.
“Mh…”
-Una cosa strana???- Il pensiero di Conan fu subito attirato da un’altra cosa. Storse il naso ed annusò più volte l’aria.
“C’e qualche odore che ti infastidisce, Conan?” la ragazza era tornata a al suo normale e solito atteggiamento “Cos’hai sentito?”
“Piuttosto…” rispose Conan pensieroso “cosa non ho sentito…”
Ran non capì: alzò le sopracciglia e fece per ribattere, ma non fece in tempo.
“Interessante…” disse Michiyo chiudendo la conversazione e riponendo il telefono nella tasca.
Sia lui sia l’ispettore si voltarono verso il signor Yoono, con aria convinta.
“Eh? Cosa succede…?”
“Eh eh” Michiyo lasciò che la sua espressione divenisse sicura, spavalda: “ Di cosa si occupa nell’azienda, signor Mitsunayi?”
“Come?” Yoono aprì leggermente la bocca in segno di stupore “Beh…faccio parte dell’amministrazione, l’ho già detto durante l’interrogatorio…”
“Non ci ha parlato delle altre sue attività, però…” cominciò il castano, il solito sorrisetto sulla faccia e il tono della voce beffardo.
“Pr-prego?” balbettò l’uomo, un sopracciglio più in alto dell’altro.
Megure sospirò “Sappiamo delle sue attività illecite, dei suoi furti di denaro e della corruzione che ruota intorno a lei”
“COSA?” l’uomo, come tutti nel locale, spalancò gli occhi.
Nel suo sguardo si poteva leggere chiaramente la paura.
Conan assottigliò gli occhi: era visibile, Yoono si stava facendo prendere dal panico...Al contrario, sul volto della signorina Asami, comparve una strana espressione…un sorriso?
“Ma-ma…c-cosa va blaterando? Non so di cosa stia parlando!” farfugliò totalmente spiazzato il collega della vittima, senza sapere più cosa inventarsi.
“La smetta di negare” ordinò Michiyo, lo sguardo divenuto serio e severo “Sappiamo che era coinvolta anche la vittima!”
“Ah ah! Questo dimostra che non mi sbaglio, l’ha ucciso lei! Ed ecco qui il movente! La vittima era stanca di questi furti e voleva denunciarla: durante la cena vi siete incontrati nel bagno, di nascosto, e tra di voi è nata una lite… così lei, per rabbia e per paura, l’ha eliminato!!” Kogoro tornò istantaneamente all’attacco, tra lo scalpore ed il mormorio che si stavano diffondendo in quel luogo “Lo ammetta!”
“No, non sono io il colpevole!” rispose immediatamente l’uomo, il volto contratto dallo spavento “D’accordo, lo ammetto…raggiravo l’azienda e riuscivo a corrompere altri impiegati o dirigenti per continuare nelle mie attività e…e sì, ci siamo incontrati segretamente qui e abbiamo avuto una discussione ma… ma non l’ho ucciso…glielo giuro! NON SONO STATO IO!!”
“Potrà difendersi con tranquillità in centrale…” iniziò l’ispettore avvicinandosi al signor Yoono, seguito a ruota da due agenti, pronti ad ammanettarlo.
In quel preciso istante, uno spiraglio di luce andrò a riflettersi sugli occhiali di Conan, illuminandoli e nascondendogli lo sguardo assottigliato. Sfuggendo con facilità al controllo di Ran, corse verso Kogoro e aprì il vetro che ricopriva l’orologio, poi puntò il suo obiettivo: tre, due, uno…
“Aspetti un momento, ispettore Megure!”
-Cosa?-
La voce autoritaria di Ishimaru bloccò Edogawa un secondo prima del lancio della freccetta narcotizzante, il dito ancora sul pulsantino al lato del cinturino.
“Cosa c’è, Michiyo?” Megure si voltò per guardarlo, imitato poi da Kogoro e Ran.
“Non è lui il colpevole…” continuò il poliziotto, le mani ancora in tasca ed il sorriso sulla faccia che si allargava sempre di più.
-Oh…- Ran non potè trattenere un piccolo gemito di stupore: aveva davanti agli occhi, sovrapposte, le immagini che stava vedendo in quel momento e quelle di una situazione vissuta tanto tempo prima…durante la risoluzione del caso di un diplomatico…

INIZIO FALSHBACK

“Proprio così…sono stato io. Sì, ho tolto di mezzo…mio figlio…” ammise il vecchio lentamente, parola dopo parola come se non volesse assolutamente completare quella frase. E mentre un ragazzo dalla carnagione scura già si gonfiava, un altro appariva alle spalle di tutte le persone presenti e intuiva la verità; appoggiato alla porta gemendo per il dolore, si faceva notare:
“Sbagliato. Non è lui il colpevole…”
Tutti si voltavano e lo vedevano.
Tutti rimanevano a bocca aperta pronunciando il suo nome
. C’era chi lo guardava con timore, spaventato dalle sue parole.
C’era chi lo guardava con le lacrime agli occhi, sorpreso di rivederlo ma contemporaneamente al settimo cielo.
E lui?
Lui rispondeva a tutto quello sorridendo con sicurezza di sé e delle proprie capacità, il petto che per qualche oscuro motivo si alzava e abbassava irregolarmente e velocemente…

FINE FLASHBACK

Scuotendo con una certa insistenza il capo, la ragazza riuscì a cacciare quelle immagini dalla testa, per poi alzare nuovamente lo sguardo e trovarsi di fronte al sorriso spavaldo di Ishimaru Michiyo, pronto a spiegare come si erano svolti i fatti nei minimi dettagli.
“P-prego…?” mormorò Kogoro, lo sguardo disorientato rivolto al suo nuovo “collega”.
“Ho detto che non è lui il colpevole. ” ripetè il giovane con tono semplice.
Megure e Mohri si lanciarono un’occhiata, poi uno di loro prese la parola: “Ma ne sei sicuro?”
La risposta fu solo un ulteriore sorriso.
“E allora chi è stato? Sentiamo!”
“In realtà, nessuno. ”
“Se davvero il tuo senso dell’umorismo è così basso, ti avevo davvero sopravvalutato…” iniziò Kogoro, ma Ishimaru lo interruppe subito:
“Nessuno perché…si tratta di suicidio. ”
-Oh, cavolo!- si ritrovò a pensare Conan, sorpreso.
“Ma cosa dici? Non hai sentito il medico legale?” partì il detective, appoggiato successivamente da Megure “Il coltello si trovava in un punto…”
“…praticamente impossibile da raggiungere autonomamente, con il solo movimento degli arti.” terminò Ishimaru, per lui.
“Lo so. Ma non è detto che la vittima si sia accoltellata con l’aiuto degli arti. ”
“Vorresti spiegarti meglio, per favore?” chiese Megure, accingendosi all’ascolto della risoluzione dei fatti
. “Naturalmente” il giovane sfilò le mani delle tasche dei pantaloni e incrociò le braccia “Il signor Tanaka ha incastrato il coltello sul pavimento, grazie ad un punto dove questo era rovinato ed è poi salito sul water: una volta presa bene la mira si è lanciato di schiena sulla lama…il gioco era fatto…”
“Wow…” il signor Mitsunayi non riuscì a trattenersi: non erano cose da tutti i giorni!
“Però, in effetti, c’è una persona che ha qualche colpa…” riprese, alzando gli occhi al cielo.
“Mh?” fu la risposta di tutti i presenti.
“Lo dice lei o vado io?” domandò ironicamente, con lo sguardo rivolto in aria. Aspettò due o tre secondi, poi sospirò.
“D’accordo…ispettore, mi dica: non le pare strano che nonostante la nostra cara vittima fosse un fumatore accanito e venisse al bagno solamente per accendere sigarette, in questa stanza non ci sia lontanamente puzza di fumo?”
-Però...- Conan lo guardava…osservava incessantemente, movimento dopo movimento, come anche ascoltava sillaba per sillaba che pronunciava –Bravo, il ragazzino…-
Megure ci pensò per qualche istante, poi annuì.
“E poi si ricordi che quest’area è riservata ai non fumatori. Se avesse lasciato nel bagno puzza di fumo, il deceduto avrebbe ricevuto lamentele…ovvio arguirne che Kiikuto fumava con la finestra aperta. ”
“Eh? Ma se l’abbiamo trovata chiusa?!” Kogoro non capiva “Com’è che lo spieghi, questo…?!”
“Facile, qualcuno l’ha successivamente chiusa. E questo «qualcuno» è la stessa persona di cui parlavo prima, e la stessa che ha staccato dalla giacca del signor Mitsunayi un bottone, per adagiarlo sulla salma della vittima e poterlo così incolpare. ”
“Che cosa??” chiese Yoono, adirato al solo pensiero di una persona che lo facesse davvero “ Chi? Chi è stato?”
Ishimaru sorrise “Si sforzi. Chi è che le si è avvicinato e l’ha toccata sul petto, Mitsunayi?”
“Eh…” l’uomo rimase in silenzio.
Kogoro portò un dito alla bocca e gli occhi al cielo…dopo qualche minuto spalancò gli occhi “Asami Makeshi!”
Conan sorrise.
“Esattamente! ” continuò il poliziotto, la voce sempre più dura, lo sguardo sempre più severo. “Facendo finta di sorreggersi a lui, gli ha sottratto il bottone, per utilizzarlo come ho già spiegato. Ha chiuso la finestra per indurre noi della polizia a credere che esistesse un assassino che voleva ingannarci e farci pensare ad un suicidio; inoltre, se avessimo trovato la finestra aperta, avremmo anche potuto pensare che il colpevole fosse scappato dalla finestra e il signor Mitsunayi l’avrebbe passata liscia. Infine, ha tolto le impronte digitali della vittima dal coltello, pensando che tutto sarebbe andato secondo i suoi piani. ”
Tutti si voltarono verso la donna: questa, aveva spalancato gli occhi, come anche la bocca, e teneva le braccia a penzoloni lunghi i fianchi con i pugni chiusi e tremanti dall’ira.
“E perché mai avrei dovuto farlo?” esclamò poco dopo, cambiando rapidamente espressione: assottigliò gli occhi e portò lo sguardo verso destra; incrociò le braccia e sorrise.
Michiyo sospirò: credeva davvero di imbrogliarlo?
“Perché lei aveva una relazione con il signor Kiikuto, signorina…”
Il suo viso tornò spaventato, quello degli altri sorpreso: era vero?
“…proprio così! ” continuò il poliziotto imperterrito, con lo sguardo deciso e spavaldo rivolto con sicurezza agli occhi della donna “Voi due eravate amanti. Non so per quale motivo non l’abbiate detto, forse per evitare uno scandalo…ad ogni modo, quali innamorati, vi confidavate ogni cosa: il signor Kiikuto le aveva raccontato dei traffici illegali che vedevano autori lui e il signor Mitsunayi e di come lui volesse smetterla. Appena lo ha trovato morto, ha capito subito, dalla posizione del corpo e degli oggetti circostanti, che si era suicidato, visto anche che conosceva bene le sue angosce…Sapeva che poco prima il suo amante aveva avuto un acceso scambio di opinioni con il suo collega e sapeva che era stato lui a costringerlo al suicidio, per la storia della corruzione e dei furti, quindi, ha deciso di far ricadere la colpa su di lui, per vendicare il signor Tanaka. Ha agito come ho spiegato poco fa…”
Tutti erano rimasti a bocca aperta (tutti tranne Conan, ovviamente!)…non credevano possibile quello che Ishimaru aveva appena detto: si voltarono, con la bocca spalancata, verso la donna che aveva oramai assunto una posizione plastica: sguardo dritto di fronte a sé, corpo tremante e denti stretti. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, riuscì a parlare “Ma…ma cosa sta dicendo? Anche se fossimo stati amanti questo non significa che…che…” grugnì qualcosa “DOVE SONO LE PROVE? LE SUE SONO SOLTANTO ILLAZIONI PRIVA DI FONDAMENTO!!”
Michiyo sorrise: “Vuole le prove?”
Tutti pendevano dalle sue labbra, tutti osservavano la scena come fosse il finale del best seller del secolo (ripeto: tutti, tranne Conan!).
“Basterà analizzare il bottone del signor Mitsunayi rivenuto sul corpo senza vita del signor Kiikuto…verranno trovate le sue impronte digitali, non ne ho dubbio. Allora, sarà così cortese da spiegarci il perché…?”
“Cosa???” Asami rimase senza parole, il volto oramai all’apice della sorpresa e della paura: le era sfuggito un dettaglio…
“ E’ stata sciocca, signorina…”iniziò il poliziotto, mentre la donna, pian piano, si accasciava a terra con il volto abbassato; piccole gocce d’acqua attraversavano silenziosamente il suo volto per poi andare ad infrangersi sul pavimento.
“Così sicura di lei, ha tralasciato un punto rilevante del suo piano…un punto che l’ha portata alla rovina…” il suo tono di voce non era gentile, tanto meno dolce…soltanto spavaldo…convinto, sicuro. Anche il suo sguardo era di accusa, senza l’ombra di un po’ di pietà o compassione. E la sua espressione era piena di ribrezzo, di disgusto, oserei dire. Nulla che lasciasse intravedere un po’ di pena, di tristezza.
“Puoi provare a raggirare l’apparenza, ma non puoi raggirare la verità…”

§§§

“Ahah, sei davvero bravo!” rise animatamente Kogoro stringendo con fare molto amichevole la mano del giovane poliziotto, che rispondeva con sorrisi spavaldi e convinti.
La donna stava entrando nella macchina della polizia, scortata da due agenti che la tenevano per le braccia con fermezza. Lanciò un’ultima gelida occhiata a colui che l’aveva smascherata, poi venne chiuso lo sportello e l’autovettura si preparò alla partenza.
“E sì, non ci sono dubbi…le voci sul tuo conto erano vere! Non credo avrò di che lamentarmi, di te…” l’ispettore Megure si era intromesso nella loro conversazione, e cercava di sovrastare le voci di tutti gli osservatori e curiosoni, nonché giornalisti, che si trovavano nei dintorni alla ricerca di informazioni, con la sua.
In questo mormorio di sottofondo, i commenti sul bel Michiyo spiccavano, soprattutto tra il cosiddetto “sesso debole”, che accompagnava al movimento della bocca, anche quello degli occhi.
E intanto, il sorriso di Ishimaru non si spegneva. Non aveva temuto di mantenere perennemente lo sguardo alzato, dritto di fronte a sé e mai lo aveva, nemmeno per un secondo, abbassato.
“Lei lo sa…” proferì infine, ancora una luce nello sguardo “Ogni qualvolta non saprà dove mettere le mani, mi chiami!”* ammiccò all’uomo, indicando se stesso con il pollice.
Conan guardò il ragazzo con più attenzione, lo sguardo serio attaccato a lui:
-Niente male davvero...- pensò, facendo sì che il suo volto fosse solcato da un sorriso che doveva apparire spavaldo, ma che in realtà, era solo preoccupato…
“ISPETTORE! La donna inizia a dare segni di escandescenza!!” la voce dell’agente Takagi ridestò Ran, i quali pensieri e occhi erano oramai volti al ragazzo che così tanto gliene ricordava un altro.
Iniziava a divenire affascinante…
“D’accordo, portiamola in centrale, allora. ” sospirò l’uomo, lanciando un’occhiataccia a tutto il pubblico “…anche prima che tutte queste persone colgano l’occasione per impicciarsi maggiormente…”
Detto questo, salutò il detective e i suoi “due” figlioletti e ordinò al poliziotto di seguirlo: quest’ultimo, rispose mettendosi sull’attenti.
Ma prima di andarsene, si voltò e lanciò un sorriso fin troppo amichevole alla figlia del detective più popolare del Giappone.
-Niente male davvero, ma…- ruggì Conan nella mente, i pugni serrati leggermente tremanti -…inizi davvero a stancarmi…-

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni :
*"Lei lo sa…[...] Ogni qualvolta non saprà dove mettere le mani, mi chiami!" = La frase che pronuncia Ishimaru, ad alcuni è sembrata la stessa detta da Shinichi nel primo volume; effettivamente è molto simile ed il senso è quello, ma non è identica. E' fatta dire dal poliziotto apposta per far notare una certa...ehmehm somiglianza ehmehm XD

^***^ ^***^ ^***^

Note dell’autrice: Fiuuuu!! Che fatica scrivere questo capitolo…tutti gli intrighi e le occhiate che ho descritto mi hanno un pochino sconvolta…@_@
Spero di essere stata all’altezza della creazione di un caso tutto mio…ho un po’ preso spunto dal romanzo “I Primi Casi Di Poirot ” di Agatha Christie (pubblicità occulta *mistery*XD)
Ditemi presto cosa ne pensate :D E cosa ve ne pare di questo nostro nuovo personaggio poliziesco…?
Non spoilero il quarto capitolo, ma avverto che inizierà a …ad accrescere la vostra curiosità (o almeno vorrei che l’effetto ottenuto fosse questo XD)
Un ringraziamento particolare ed affettuoso voglio porgere a VidelB, paziente e sempre disponibile *.* ;D
E anche a tutti quelli che mi hanno commentata:
@ Irene Adler: Uh, è bello sapere che la mia storia ti piace così tanto da essere disposta ad una lunga attesa pur di leggerla XP Ne sono onorata, davvero ^^ E sì, se avessi voluto far ricongiungere Shinichi e Ran in modo rapido, avrei scritto una one-shot XD Comunque, io se fossi in te, non mi preoccuperei *me tossisce* Non voglio anticipare nulla, ma…sono io ShinichixRan anche io, sappilo *ççç*
Grazie di cuore per la recensione, ad ogni modo ;)
Kissoni :****
@ ginny85: Ti dico subito che non trovo affatto noiose le tue recensioni! Anzi, tutt’altro: riceverle e leggerle mi fa molto molto molto piacere ^.^ Per quanto riguarda gli spoiler…uhm!! Guarda, quelli con la S maiuscola, come dici tu, arriveranno, sì…ma non istantaneamente, ecco XD E vista la mia velocità nel postare capitoli, questo “non istantaneamente” può essere tradotto con un “Tra parecchio tempo” XD. Fino a pochissimo tempo fa, visto e considerato che in TV trasmettevano Conan, era certo che per quando io avrei iniziato a postare i capitoli piccanti (da quel punto di vista, non intendo scrivere scene hard XD) gli episodi in questione (in modo particolare lo special di Halloween Party)sarebbero stati trasmessi e quindi la storia non sarebbe stata più spoiler. Ma assodata la TRAGEDIA avvenuta, e cioè l’interruzione dell’andata in onda delle puntate di Detective Conan (non mi ci fate pensare…SIGH!!!) non saprei dirti, sinceramente. E’ pur vero che il manga continua ad uscire mensilmente e quindi si potrebbe raggiungere lo special Spoiler in questione *sisi* Mh…la scelta finale sta a te XP Ovviamente sarei molto felice se tu continuassi a seguirmi, ma non vorrei assolutamente rovinarti le future sorprese che il cartone/fumetto riserva! Qualunque sia la tua decisione, stai tranquilla e non preoccuparti ;) “Male” che vada, ricomincerai a leggermi quando questi spoiler saranno di tua conoscenza, grazie al fumetto o grazie all’anime…! Per quanto riguarda il resto…l’ho detto, sono una ShinichixRan anche io :D Ma la fanfic non vedrà nascite di gioia in modo rapido, tutt’altro…*diavoletto* Inoltre…beh, la caratteristica fondamentale che mi piacerebbe darvi di Michiyo riguarda proprio la somiglianza con “un certo detective di nostra conoscenza”:P
Ciau ciau! Baci! :****
@ Pera 11: I commenti non mi rubano mai tempo! Mi fa un piacere enorme leggerli!! Ihih, sì, sei stata brava: ci avevi indovinato :P
Eheh…ti dico solo una cosa: una sfida Poirot vs Holmes probabilmente verrà inserita XD
Guarda, anche a me scrivere quei pezzi dove Ran sbava dietro ad uno che non è Shinichi non mi gusta tanto…eheh XD Non anticipo nulla, ma…non è che mi sia molto simpatico Ishimaru, sai?XD
Ti ringrazio tanto dei complimenti!! ^___^ Oh, quasi dimenticavo: buone vacanze estive anche a te! ;)
Bye bye :D
@ Akemichan: Ciao! Sono ben lieta che riesca a caratterizzare bene i personaggi nuovi…spero di riuscirci anche andando avanti nella scrittura XD Inoltre la presentazione della storia, dei personaggi e della situazione…sì, hai colpito nel segno! Diciamo che per ora è tutto un po’ una specie di introduzione alla parte centrale, che però ho già abbastanza chiara nella mente!^^
Già, anche io ho sempre pensato che, passi Shinichi che sappiamo avere pochi amici con la A maiuscola da adolescente, ma Ran non poteva conoscere solo lui, Sonoko e Kazuha XP Quindi ho cercato di collocarla in una situazione alla quale Gosho-sensei ha dedicato poche attenzioni :D
Ed anche qui hai indovinato (ho modificato i capitoli ed inserito le disclaimer): ci sono dei punti simili (se non identici XD) a quelli che notiamo nel caso da te citato *sisi* Però volevo invitare te, come anche gli altri lettori, sperando sempre siano parecchi XP, a non dare per scontato che anche la soluzione del caso, il movente, l’assassino et similia siano omonimi a quelli del manga. Diciamo che ho “scopiazzato” gli indizi più rilevanti e la morte di una vittima, visto che in questo campo non ho molta fantasia e non me la cavo molto bene ^^”
Spero che nonostante questo continuerai a leggerai i capitoli seguenti! ^^
Bye bye :D
@Wilwarind: Eheh, vedo che abbiamo gli stessi gusti XD Secondo te, il mio nick «Il Cavaliere Nero », da quale avvenimento proviene ? *tossisce* XD
My dear…ricordati che esistono anche i quadrati, oltre i triangoli…: a buon intenditor, poche parole!
Ma basta, per i miei gusti ho già parlato troppo :( Sono onorata del tuo giudizio sulla mia fic ^__^ Davvero!! *.*
Per quanto riguarda il mio commento sui tuoi lavoretti…PREGO! :P sola verità…perché non rivelartela? ;) Bacioni e alla prossima…:***

Uh, volevo avvertire che tra qualche giorno non potrò avere a disposizione il computer per parecchio tempo…quindi la mia intenzione sarebbe quella di postare un paio di capitoli insieme XD Non so se riuscirò… mi impegnerò, comunque ;)
Nel caso ci dovessi riuscire, risponderei ai vostri commenti non appena possibile, nel capitolo che posterò parecchio più in là.
Voi preoccupatevi solamente di continuare a seguirmi *.* xD
See you soon, kisses :**

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 5
*** Al Posto...Di Shinichi Kudo? ***


Capitolo Quattro

Al Posto…Di Shinichi Kudo?

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“…ma dopo questa affermazione da parte di suo padre, rimarrà per molto tempo deluso. Per questo, le sue opere rispecchiano sempre…*” la voce quasi meccanica dell’insegnante di letteratura sbatteva contro le pareti chiare dell’aula, andando ad impressionare ben poco, ahimé, gli studenti, che erano anzi molto interessati ad altre questioni: Misao continuava incessantemente a digitare tasti sul telefono cellulare, tentando di vincere una partita a Snack 2, mentre Sonoko era impegnatissima nel disegnare cuoricini intorno al ritratto precedentemente realizzato della sua nuova fiamma.
Ran, ogni tanto, lanciava sguardi al posto dietro di lei, nella fila affianco alla sua: molto tempo prima lì era seduto un suo caro amico, un ragazzo un po’ montato ma molto sveglio e tenace, un detective di passata (e forse ancora viva) fama internazionale.
Quello era il banco di Shinichi Kudo.
Data però la sua prolungata assenza, quello era divenuto il posto di Richard Sin Vey, studente decisamente più attento di quanto non lo fosse stato il detective, che spesso e volentieri durante la lezione arrivava persino ad addormentarsi.
La ragazza mora continuò a guardare con la coda degli occhi il suo nuovo amico, incuriosita e quasi divertita dalla sua aria così…innocente, ingenua quasi.
Come per staccare dallo studio, ogni tanto il ragazzo spostava il suo sguardo dalla professoressa alla parte posteriore del banco, dopo aver alzato il tavolo.
Frugava in quella specie di cassetto e dopo qualche istante, con l’aria apparentemente delusa, rimetteva tutto a posto e ricominciava ad ascoltare con estrema attenzione la lezione. Quando però, il giovane si era accorto che Ran lo fissava durante il suo strano trafficare, dopo averle lanciato un tenero sorriso, aveva smesso definitivamente di curiosare nel sottobanco e aveva iniziato a porgere tutto il suo interesse alla vita del poeta.
-Buffo…- ridacchiò tra sé e sé Ran, voltandosi verso la professoressa ed osservandola in faccia. Le sue labbra si muovevano, ma per lei costituivano giusto un movimento: da qualche istante aveva del tutto abbandonato la lezione per perdersi nei suoi pensieri, nelle sue ultime preoccupazioni. Si voltò nuovamente, stavolta verso la finestra, scorgendo, attraverso il vetro, il cielo blu e limpido che la giornata le aveva concesso. Il volto di un ragazzo da poco conosciuto le apparve quasi dal nulla, con un’espressione estremamente…
-Simile a quella di…- pensò, ma non riuscì a terminare la frase. Era assurdo che solo a causa di quella strana somiglianza, trovasse quel poliziotto…
-Affascinante…-
Avvampò quando si rese conto di un pensiero così stupido: cosa le saltava in mente? Mise un leggero broncio, arricciando il naso, mentre, nonostante cercasse di cacciarlo, il ricordo del giorno prima le riaffiorava nuovamente nella testa:

INIZIO FLASHBACK

“EHI! RAN!!”
La ragazza sentì urlare il suo nome e si voltò, cercando con lo sguardo da dove fosse provenuta quella voce, come fece anche Sonoko, che si trovava accanto a lei. Il mistero si rivelò subito alle due giovani, infatti un ragazzo decisamente niente male si era avvicinato in macchina e stava accostandosi a pochi centimetri di distanza da loro.
“Oh, ciao, Sonoko! Scusami, non ti avevo vista…” disse amichevolmente Ishimaru, sorridendo alla figlia del grande imprenditore, mentre si sporgeva dal finestrino aperto da pochi istanti.
“Ah, non preoccuparti…so bene che eri indaffarato nel notare qualcun altro…” ridacchiò maliziosamente Sonoko, lanciando un’occhiata a Ran
“…anzi, qualcun’altra…”
La ragazza mora arrossì, mentre il poliziotto ridacchiava.
Erano passate un paio di settimane dall’arrivo di quel giovane nel dipartimento di polizia di Tokyo, e dopo il caso del ristorante ce ne erano stati altri, tutti da lui brillantemente risolti; era quindi divenuto già abbastanza famoso tra la popolazione nipponica…in particolare tra le donne: i “Ah, quant’è bello!” o gli “Oh mio Dio, quanto è intelligente!” ed anche i “Mitico! Stupendo! Eccezionale! Magnifico!” si sprecavano. E mentre la sua fama si faceva nazionale, il poliziotto aveva anche visto spesso Ran, grazie ad avvenimenti che lui definiva «coincidenze», ma che non sembravano tali: successivamente ad una rapida inchiesta, Kogoro aveva scoperto che ogni qual volta fosse stato necessario recarsi all’agenzia investigativa (per motivazioni importanti o meno), Michiyo si era sempre offerto volontario in modo molto…«evidente», lo aveva definito Yumi annuendo.
“Michiyo non mi convince…mi sa che vuole arrivare a qualcosa…o meglio, a qualcuno…” aveva ghignato la poliziotta, ammiccando poi all’uomo baffuto.
E Ran ne era stata informata; non che fosse scema, si era comunque accorta delle particolari attenzioni che quel giovane le dedicava…
Sonoko l’aveva definita una «corte sfrenata», ma si sa, quella ragazza tendeva sempre ad esagerare. Era pur vero, però, che Ishimaru aveva più volte cercato di far nascere tra loro una certa confidenza, ed era innegabile che ci fosse riuscito: si davano del “tu”, si chiamavano per nome, scherzavano, ridevano…E Ran stava bene, era felice; ma la sua non poteva certo definirsi «felicità da cotta», anche se...beh, innegabile era anche che Ishimaru le suscitasse dei sentimenti che da moltissimo tempo non provava…dei sentimenti, come dire? Strani…
“Uscite ora da scuola?” chiese il giovane dai capelli chiari, guardando amichevolmente Ran…negli occhi.
“S-sì…” rispose lei.
Quella somiglianza la lasciava interdetta: la affascinava, ma allo stesso tempo la rattristava; non voleva far credere le piacesse Michiyo, non era così…ma tutti avevano notato il suo strano rossore ogni volta che tra loro iniziava una conversazione.
Se ne era accorto anche Conan, che ne sembrava notevolmente infastidito.
Ran ci aveva riflettuto e aveva capito: il ragazzo gli aveva impedito categoricamente di ficcare il naso nelle indagini, cosa che lui adorava. Era ovvio che non gli stesse molto simpatico!
Ma quel suo…qualche aspetto del suo atteggiamento, del suo carattere, era praticamente identico a…lui. Inutile cercare di negarlo. Inutile cercare di mentire. Inutile cercare di dire che a Ran quella somiglianza non provocasse imbarazzo, come anche interesse, tuttavia. E per i suoi gusti, quell’interesse era decisamente troppo. Doveva cercare di assumere nuovamente un certo controllo di se stessa.
“Com’è andata la giornata?” chiese nuovamente il poliziotto, un sorriso a trentadue denti.
“Bene, a parte l’ora di educazione fisica…” rispose Sonoko, mostrando la lingua in segno di stanchezza.
Ran la guardò sorridendole; percepì poi una strana sensazione e si voltò di scatto, notando che Ishimaru la stava fissando:
“Ehm…Ran…”cominciò quindi, volgendo la faccia verso la direzione opposta alla sua. Una mano appoggiata sul volante, una fuori dal finestrino e lo sguardo che si interessava inspiegabilmente a qualunque sciocchezza gli capitasse a tiro.
“Se non sbaglio…è uscito un nuovo film nei cinema…” si schiarì la voce, poi continuò “…Le recensioni dicono sia molto bello e anche…mh, romantico…”
Sonoko ghignò, Ran aprì leggermente la bocca, stupita.
“…ti andrebbe di andarlo a vedere…insieme?”
“Sì, le andrebbe!” rispose istantaneamente Sonoko, dando di gomito all’amica.
“Ma io, veramente…”
Che Ishimaru non l’avesse sentita o che l’avesse ignorata?
“Ah, magnifico! Allora passo a prenderti domani sera, alle nove e mezza, sotto l’agenzia investigativa di tuo padre! D’accordo?”
“Ishimaru, tu…” balbettò Ran, rossa più di un peperone “Sei estremamente gentile, ma io non…” “Quello che Ran intende dire è che non riesce ad aspettare così tanto! Perché non fate alle otto? Così suo padre avrà anche di meno da replicare!!”
“SONOKO!” urlò Ran, con un timbro di voce un po’ troppo acuto…quanti guai le procurava quella ragazza!
“Sì, va bene…l’unico problema è che la proiezione inizia più tardi” pensò ad alta voce il giovane, portando una mano sotto al mento per riflettere; Ran cercò di approfittarne, non aveva la minima intenzione di uscire da sola con lui:
“Appunto, non è fattibil…”
“Non è fattibile che tu non le offra la cena!” cantilenò la studentessa più estroversa, tappando con la mano la bocca della sua amica, che avrebbe tanto voluto ucciderla “E poi, magari, vi fate una bella passeggiata sotto la luce splendente della luna!”
“Perfetto! Non ci sono problemi!” esclamò con entusiasmo Ishimaru, decisamente al settimo cielo.
“Ishimaru, ascolta…” partì Ran; no, Sonoko non l’avrebbe imbrogliata!
TII TII TII
Un suono acuto interruppe la ragazza; proveniva dalla radiolina presente nell’auto della polizia, accanto all’accendino.
“Uff, che due scatole…” sbuffò Michiyo, capendo al volo cosa stesse succedendo in centrale “Scusatemi, devo andare! Ci vediamo domani sera alle otto, allora! Ciao Ran…ehm, ciao Sonoko!”
Sembrava quasi che l’ultima frase l’avesse buttata lì a caso, quasi stesse per dimenticarla, tanta l’emozione di uscire con una persona che, molto probabilmente, aveva puntato sin dal primo momento in cui l’aveva incontrata.
Comunque, salutate le due giovani, il poliziotto ripartì verso la centrale di polizia con una certa fretta, mentre Ran lo osservava con un’espressione disperata dipinta sul volto.
E ora…?

FINE FLASHBACK

-…E ora come risolvo questa situazione?!- si chiese mentalmente, torturandosi il labbro inferiore con i denti.
“Gradirei una risposta, Mouri…” incalzò l’insegnante.
Ma la risposta non ci fu.
“MOURI!” tuonò la donna, facendo sussultare evidentemente Ran, ignara della domanda postale.
“Ehm, sì, mi scusi…” balbettò, tutta rossa in viso ed imbarazzata, tra gli sghignazzamenti vari dei compagni.
“Allora?” chiese la docente, battendo ripetutamente il piede destro per terra.
“Ehm, ecco…la…la”
“La sua opera più grande narra del fantastico Moon’s Knight, cavaliere che agiva principalmente di notte. Molti credono che addirittura questa storia non fosse completamente inventata da lui, bensì ripresa da una leggenda, cioè da un fatto che in parte era realmente accaduto. Questo romanzo tratta di…” ripetè a pappagallo Richard, con dipinta sul volto un’espressione innocente e bambinesca. Aveva salvato in corner Ran, rispondendo alla domanda della professoressa, prima che questa avesse ancora il tempo di infierire contro la karateka.
Aprì la bocca, dicendo qualcosa che fece scoppiare a ridere tutti: “Tratta di...Mouri, perché non continui tu? Ehi, Mouri! Signorina?? Gradirei una risposta, Mo…” continuò interdetto, senza il minimo timore.
“Grazie, Sin Vey…” tagliò corto l’insegnate, la Signorina Tsukaata, con un volto che lasciava trasparire un certo nervosismo. “Visto che ti risulta così facile ricordare ciò che dico, credo sia giusto che tu faccia uno sforzo maggiore: perché non studi tutta la trama del romanzo per la prossima lezione?”
Richard strabuzzò gli occhi, mentre nella classe si diffondeva il silenzio. Tutti avevano capito che non era più il caso di ridere.
Ran si rattristì: era colpa sua…
“Mouri, nel caso lui non si ricordasse bene tutti i passaggi, lo aiuterai tu! Siamo d’accordo?”
Beh, ora il senso di colpa non c’era più.
“C-certo, Signorina Tsukaata” risposero in coro i due amici, rassegnati.
Proprio in quell’istante la campanella di fine lezione suonò. Eh, strano come a volte certi suoni risultino estremamente più piacevoli, quando percepiti in particolari situazioni.
“Buona giornata…” salutò la donna, chiudendo il libro ed appoggiandolo in modo brusco sulla cattedra.
Gli alunni risposero educatamente, prima di precipitarsi giù per le scale e ritrovarsi liberi da quella tortura per almeno dodici ore. Ran e Richard erano usciti dall’aula con molta calma, ed ora stavano camminando per il corridoio del primo piano.
Con entrambi indosso la divisa del Teitan, chiacchieravano amichevolmente:
“Mi dispiace un sacco!” disse ad un certo punto Ran, porgendo un sorriso davvero dolce all’amico.
“Mh?” rispose lui, apparentemente stupito. “Di cosa?”
“Per colpa mia dovrai passare pomeriggi interi sui libri…scusami!” sussurrò a bassa voce, diventando color porpora.
“Oh, c’mon, Ran*!” rise, appoggiandole una mano sulla spalla “Non mi hai mica chiesto tu di aiutarti!”
Ma la mora non sembrava convinta.
“Suvvia!” continuò il britannico, ammiccando “Fammi un bel sorriso!”
Rincuorata, la ragazza obbedì:
“Grazie…davvero!”
Fulmineamente, le passò per la testa un’idea per potersi sdebitare.
“Perché non studiamo insieme la storia di Moon’s Knight? Ti andrebbe?” chiese perciò, speranzosa.
“Ah! It’s a good idea!*” affermò lui con tono convinto e molto gentile, come era solito fare “When?*”
La ragazza aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo che già Richard aveva nuovamente parlato: “Today* , per te va bene?”
Il sorriso sulle labbra di Ran si spense. Quel pomeriggio sarebbe dovuta andare da Sonoko per…
Per la centesima volta quel giorno, avvampò.
-Ma come ho fatto a ritrovarmi impegnata con Ishimaru? E come mi sono fatta convincere da Sonoko ad andare da lei per prepararmi all’appuntamento?! Accidenti!- pensò sconfortata, sospirando.
“Ehm…qualcosa mi dice che you can’t!!*” ridacchiò Sin Vey, ritrovandosi subito dopo a fissare due occhioni celesti tristi e desolati.
“Mi…mi dispiace…” balbettò in imbarazzo, mentre percepiva la presenza di un gocciolone sulla nuca.
Decise comunque di non arrendersi, d’altronde lui era sempre così carino!
“E se invece ci vedessimo domani?” chiese, speranzosa, con gli occhi che nuovamente brillavano “L’interrogazione ci sarà venerdì, noi potremmo studiare domani e avere anche il tempo di ripassare giovedì per verificare di ricordarci tutto! Che ne dici?”
“Yeah, it’s ok” replicò lui.
Per chissà quale motivo, sembrava davvero soddisfatto e contento di potersi incontrare con la sua compagna di classe…
“Then*…vengo da te domani, va bene?”
“Cosa? Da me?” ripetè Ran, sbattendo più volte le palpebre.
“Non va bene?” chiese lui titubante, con un’aria, agli occhi della giovane, infinitamente tenera.
“No, no…va benissimo!” rispose d’istinto. Non le parve il caso di creare altri problemi…avrebbe trovato il modo di dire a suo padre d’aver invitato a casa sua un ragazzo. Un ragazzo della sua stessa età. Un ragazzo carino.
-Sarà dura...- pensò, sconsolata, mentre i suoi occhi si tramutavano in due fessure.

§§§

“Ispettore, per lei va bene se questa sera stacco una mezz’oretta prima, non è vero?” affermò Michiyo con un sorriso che gli partiva dall’orecchio destro e gli arrivava a quello sinistro.
“In realtà…no” rispose Megure alzando leggermente gli occhi dai fogli sui quali stava scrivendo da qualche minuto. Si aggiustò il cappello sul capo, per poi udire la replica del poliziotto: “Grazie, ispettore! Lei è sempre il migliore!”
. Detto questo, si avviò verso l’archivio. Aveva terminato di stendere le relazioni sui differenti casi in cui si era imbattuto e che aveva tempestivamente risolto, ora voleva rileggere i fascicoli sulle vittime del pericoloso serial-killer, nuova causa del terrore della popolazione nipponica. Non erano stati commessi altri delitti del genere, ma dato il lasso di tempo che separava quelli già avvenuti, era probabile che di lì a poco ne sarebbe stato consumato un altro. Molto presto.
-Assurdo che io non sia ancora riuscito a capire chi possa essere…- pensò Ishimaru, scaldandosi. Aggrottando le sopracciglia e iniziando a fissare un punto non ben definito, continuò a riflettere:
-E non ho nemmeno la minima idea di cosa leghi le tre vittime…Com’è possibile? Non mi riconosco…- poi nella sua mente, volò quella frase, che diverse volte aveva sussurrato tra sé e sé fin dal primo momento in cui aveva messo piede nel distretto di Tokyo:
-Sta’ sicuro che riuscirò a prenderti, amico! E’ contro Michiyo Ishimaru che ti stai mettendo!-
“Posso chiederti quale improrogabile impegno hai, stasera?” la voce di Sakeda, poliziotto d’ufficio, distrasse il ragazzo dai suoi pensieri, costringendolo a voltarsi e concentrarsi su un argomento del tutto differente.
Nel frattempo, Megure aveva deciso di chiudere un occhio e sorvolare sulla questione, permettendo al nuovo acquisto di rilassarsi un po’.
-Ma sì, in fin dei conti svolge in modo eccellente il suo lavoro, avrà anche bisogno di riposarsi…- aveva pensato –Ormai è famoso, dai giornalisti viene descritto come «il raggio di luce sulla polizia nipponica», non posso negargli mezz’ora di libertà. Spero solo che il serial-killer non entri in azione proprio stasera…-
Megure spostò nuovamente il suo sguardo dai fogli poggiati sulla scrivania al giovane, che stava discutendo con Sakeda:
“In verità io…” diceva, mentre si strofinava la mano dietro la nuca, visibilmente in imbarazzo “…ho un appuntamento con una ragazza…”
“Wow! E chi è la prescelta tra le tante fan?” incalzò Sakeda, con un sorriso malizioso dipinto sul volto.
Megure sospiro: - E spero anche che Michiyo non si monti troppo la testa…certo, che è strano! Ogni volta che lo guardo provo una sensazione…quasi nostalgica…Forse, perché…-
“Si tratta di Ran, non è vero?” Yumi comparve dal nulla, per poi avvicinare pericolosamente il suo viso a quello del collega.
“Cosa? La figlia del detective??” aggiunse Sakeda, stupito.
Megure invece era rimasto a bocca aperta, la penna in mano che sorvolava il foglio, senza però sfiorarlo.
“Allora?” insistette la poliziotta.
Dal canto suo, Ishimaru di certo non negò, tutt’altro: quasi si pavoneggiava della sua nuova accompagnatrice, anche se poteva ben notarsi il suo imbarazzo.
Sakeda, invece, considerava Mori decisamente fortunata: Michiyo era il sogno proibito di tutte le donne!
“Beh, allora…ci vediamo, eh!” affermò in fretta Ishimaru, scomparendo dietro la porta dell’archivio…ovviamente, dopo aver fatto lo spavaldo per un po’.
“Buona fortuna!” gli disse dietro Yumi, dando di gomito al collega.
Megure abbassò il capo e tornò a scribacchiare qualcosa di illeggibile su quei documenti, senza porgere però molta attenzione a quello che faceva. Infatti, aveva ben altri pensieri nella testa:
-Se prima avevo qualche dubbio, ora ne sono sicuro…- pensò, determinato e serio – Michiyo, ormai, ha preso il posto di Shinichi Kudo.-

§§§

“ETCIU’!” starnutì rumorosamente Conan, senza preoccuparsi minimamente di non svegliare il suo coinquilino. Si passò il dito indice sotto il naso, prima di riprendere a lamentarsi a voce alta:
“Uffa…che barba! Ran è andata da Sonoko e a me tocca restare a casa con Kogoro…”
Lo guardò dall’alto in basso, con gli occhi ridotti a due fessure: il detective (si fa per dire) aveva le braccia conserte sulla scrivania grigia dell’agenzia investigativa e il capo ad occhi chiusi appoggiato su di esse. La bocca si apriva per dare vita a dei piccoli mugolii di tanto in tanto, mentre il rossore che gli colorava il volto, era prova, insieme alle lattine vuote sparpagliate per terra, del suo stato di ebrezza.
Conan si alzò dal divano e, con le braccia incrociate dietro la nuca, si incamminò verso l’uomo.
“Per passare un po’ il tempo, potrei dare un’occhiata ai fascicoli sulle vittime del serial-killer…” propose a voce alta, sapendo che nessuno avrebbe potuto impediglierlo. Con un balzo agile si ritrovò in ginocchio sulla scrivania, e in men che non si dica aveva già afferrato la maniglia del cassetto dove erano racchiuse le informazioni che gli interessavano.
”NO!” urlò Kogoro, alzando di scatto la testa e mettendosi dritto sulla sedia girevole.
Conan sussultò e abbandonò la mano che poco prima aveva quasi aperto il cassetto, a mezz’aria. Ci mancava solo questa…
“Ahah, come potrei, Yoko cara, dolcezza mia?!” rise l’uomo con gli occhi chiusi, per poi appoggiare nuovamente la testa sul tavolo freddo e lasciando le braccia penzolare lungo i fianchi, fino quasi a sfiorare il pavimento con le dita. “No, dai, non posso…ahah!!”
-Stava solamente sognando!- si tranquillizzò Conan, sospirando e ridacchiando contemporaneamente.
Si sporse nuovamente verso il cassetto, mentre Kogoro continuava a blaterare:
“Mia bella Yoko! Beh, se insisti così tanto, come potrei rifiutare di farlo?”
Conan sorrise in modo spavaldo, e la luce che penetrava dalla finestra di fronte si riflettè sui suoi occhiali..
Afferrando i files sulle vittime e richiudendo il cassetto, sussurrò tra sé e sé: “Se insisti così tanto, come potrei rifiutare di farlo?”

§§§

Un fumo intenso e dall’odore sgradevole venne sbuffato fuori dalla bocca della persona che, con un sorriso sicuro dipinto sul volto, si compiaceva senza vergogna delle sue azioni.
Si appoggiò sulla poltrona di pelle rossa e lanciò in aria un paio di minuscoli microfoni, per poi riacchiapparli al volo. Fissò poi le foto di fronte a sé, segnate di rosso, blu o rosa. I volti raffigurati erano così tranquillamente inconsapevoli…
Ghignò; senza dubbio, molto divertimento l’attendeva. La sua, era stata un’idea a dir poco geniale…!

§§§

DLIIIN DLOOON

Il campanello dell’agenzia investigativa suonò ripetutamente, quasi come fosse impaziente di ricevere una risposta, proprio come colui che l’aveva pigiato.
“Eccolo! E’ lui!!” civettò Sonoko, decisamente entusiasta “Abbiamo fatto appena in tempo a tornare da te! Cinque minuti di ritardo, e non ci avrebbe trovate…”
-Pensa tu che sfortuna, sarebbe stata…- pensò ironicamente Ran, sbuffando.
Ebbene, il «grande momento» era arrivato. Era nervosissima, e non riusciva a comprenderne il motivo. Le gambe le tremavano, lo stomaco gorgogliava, le mani sudavano, nonostante la bassa temperatura aveva iniziato a sentire caldo; certo, l’abbigliamento che le aveva suggerito Sonoko non la faceva di certo sentire meglio! Anche se, descrivere con il verbo «suggerire» le azioni dell’erede Suzuki, non è adatto; infatti Ran era stata costretta ad indossare un suo paio di pantaloncini cortissimi e a vita molto bassa: il jeans le fasciava a malapena i glutei e i primi due o tre centimetri della coscia. Le gambe erano quindi nude, solo i piedi riacquistavano decenza grazie alle scarpe da passeggio con le paillette rosa e i lacci bianchi.
Per fortuna, era arrivata a casa prima dell’arrivo del poliziotto, appena in tempo per cambiarsi la maglietta: quella che piaceva tanto a Sonoko era rosa e si intonava quindi con le scarpe, ma era di una scollatura tremendamente imbarazzante. Aveva dovuto mettere il reggiseno di una taglia più piccola per far sì che non fosse visibile. Perché tanta premura per nasconderlo, però, se poi sulla schiena si vedeva l’allacciatura nera? E perché quella cosa era chiamata «maglietta», se in realtà era solo una fascia che le copriva, per metà scarsa, il seno?
La felpa che, invece, aveva deciso di indossare lei e con la quale sarebbe uscita, era giustamente accollata per una serata di Marzo, ed era sufficientemente lunga da coprirle la pancia per intero. Le righe rosa, come la maglietta-costume, e viola chiaro la facevano apparire più alta e il cappuccio sarebbe servito nel caso fosse piovuto.
In realtà, Ran avrebbe voluto togliersi anche quei ridicoli pantaloncini ed indossare qualcosa che le coprisse perlomeno il ginocchio, ma non aveva avuto tempo a sufficienza.
“Dai, Ran!” quasi urlò Sonoko, prendendola per le spalle e spingendola verso la porta della sua stanza. La aprì energicamente e si fiondò verso la cornetta del citofono, in mano a Kogoro; l’uomo, non appena vide la figlia, ghignò in modo molto poco rassicurante.
“Sì, scende subito!!”esclamò con esaltazione indomabile, riagganciando lo strumento per poi lanciare sguardi più che gioiosi a Sonoko.
Ran si senti avvampare: e così Kogoro era stato avvisato…che lo sapesse anche…?
“Conan?!” chiese la moretta, guardandosi intorno con timore “Dove…dov’è Conan?”
“Ah, non preoccuparti di quel moccioso, è da quell’inventore strampalato amico vostro. Ha detto di dover discuterci riguardo una certa cosa, non ho ben capito…”
rispose scocciato, prima di riassumere un tono malizioso “Non devi pensare a lui, ora!” ghignò, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni grigi.
“Giusto! Non fare attendere il tuo cavaliere!” disse con tono di voce acuto Sonoko, afferrando la borsetta della ragazza e lanciandogliela, quasi; questa era bianca, come i lacci delle scarpe, e conteneva diverse cose che l’amica ricca di Ran aveva ritenuto importanti: specchietto, lucidalabbra, mascara, ombretto, profumo alla mela verde…
“Ora vai e stendilo!” esclamarono al colmo dell’agitazione Sonoko e Kogoro, spingendola con convinzione oltre l’uscita; la mora fece appena in tempo ad afferrare il lungo cappotto avana, che già si ritrovava fuori casa, con la porta sbattuta in faccia.
-Senza via di scampo…- sbuffò mentalmente, per poi sospirare. Se non altro, quel soprabito le avrebbe coperto le gambe: sperava solo di non sentire caldo, perché non avrebbe potuto toglierlo per tutta la serata. Lo indossò e , dopo aver nuovamente inspirato, iniziò a scendere i gradini dell’appartamento.
Quando varcò la soglia della porta, un vento fresco la investì e le fece svolazzare la frangetta qua e là, sottraendo alcune ciocche di capelli alle forcine che componevano lo chignon voluto da Sonoko.
“C-ciao…” balbettò la ragazza, fissando lo sguardo sul giovane di fronte a lei, appoggiato ad una decappottabile nera lucida.
Il poliziotto era vestito abbastanza casual, proprio come lei: jeans blu scuro a vita bassa, leggermente scoloriti sulle cosce, gli ricoprivano le gambe decisamente muscolose e una felpa grigia con cappuccio, stavolta della taglia esatta* , gli fasciava il petto impedendo la visione della situazione degli addominali. Teneva le mani nelle tasche e si guardava intorno attendendo la ragazza con pazienza. Ma non appena udì il saluto, si voltò per ricambiare…rimanendo, così, a bocca aperta.
Il suo sguardo le passò a rassegna tutto il corpo, soffermandosi volutamente sul seno, sulla pancia e sulle gambe. La ragazza sentì le guance andarle a fuoco, e si strinse nel cappotto per paura che le cosce nude fossero visibili. Notò gli occhi del ragazzo vagabondarle addosso, fin quando non si posarono sul suo viso, facendo sì che lei trattenesse il fiato.
Ishimaru le sorrise in modo malizioso, assumendo sul volto un’espressione compiaciuta, quasi a dire “Però, i miei complimenti…”
Poi, senza neanche darle il tempo di replicare, aprì la portiera dell’auto e si inchinò, gli occhi chiusi: “Signorina, prego…”
Ran restò immobile per alcuni istanti, poi riassunse (o, perlomeno, tentò di riassumere) il controllo di sé e si avviò verso la macchina, sulla quale salì poco dopo. Ma la giovane forza dell’ordine non si mosse: l’unica azione che compì fu quella che gli permise di avere una piena visione della ragazza, in modo particolare del suo volto. Alcune ciocche di capelli e la frangetta erano ancora mossi dal vento fresco di quella serata così limpida e la luce splendente della luna le illuminava la fronte, le guance, le labbra…in modo che a Ishimaru sembrava divino. E, come ben avrete capito, il poliziotto non era certo uno che si teneva certi pensieri per sé, infatti…:
“Si dice che il sole baci i belli…” sussurrò dolcemente, avvicinando in modo pericoloso il viso al suo, e tornando a parlare solo quando le loro labbra furono distanziate da meno di cinque centimetri “Ma io sono convinto che le persone splendide vengano baciate dalla luna, dalle stelle…che, questa sera, ti hanno eletta come loro dea, salvatrice, guida, degna di riflettere il loro splendore. Anzi…” fece una pausa, notando piacevolmente che Ran lo fissava imbambolata, rossissima in volto e senza fiato “…sono le stelle e la luna stessa che brillano della tua luce, Ran!”
“…” la giovane tentò di pronunciare una qualsiasi parola ma non ci riuscì; non appena apriva la bocca il fiato le moriva in gola, e quindi deglutiva. Boccheggiò un paio di volte, prima di notare che sarebbe bastato da parte sua una minimo avvicinamento e le loro labbra si sarebbe unite.
“Eh…ah...che, che bella questa macchina!” riuscì finalmente a dire, voltando la testa nella direzione opposta, verso il sedile del conducente. Deglutì nuovamente, e strinse con maggiore insistenza le mani nelle tasche del lungo cappotto, nonostante sentisse il calore del suo corpo aumentare di secondo in secondo.
Ishimaru, vista la sua reazione, sorrise, per poi rimettersi in piedi e chiudere lo sportello; anche il suo corpo andava a fuoco, ma non per l’imbarazzo, bensì per qualche altra cosa…per qualche altra sensazione…
Dopo aver fatto il giro della macchina, prese il posto di fronte al volante e, prima di mettere in moto, disse con voce bassa e con un sorriso malizioso “Mai quanto te, mia cara”
Per tutta risposta, Ran mugolò qualcosa di incomprensibile, forse un “grazie”, interessandosi stranamente alle sue scarpe. La conversazione si concluse così e il silenzio durò per una diecina di minuti. In questo frattempo, Ran si era interessata alla visione della città illuminata che la corsa le offriva: insegne, cartelloni pubblicitari, luci di alberghi, appartamenti, villette…
Sospirò, spostando la sua attenzione sul viso di Michiyo: non era un ragazzo così brutto…anzi! Nonostante nel carattere fosse identico a lui, nell’aspetto fisico era parecchio differente: lui moro, il poliziotto castano/biondo cenere; lui occhi celesti, il poliziotto occhi tra il marrone e il rossiccio, a dipendenza della luce; lui di carnagione scura, il poliziotto di pelle abbastanza chiara. Poteva quasi affermare che fossero gli opposti…!
E poi, lui non aveva quell’atteggiamento così…non sapeva neanche lei come definirlo. Ma, per esempio, lui avrebbe mai guidato con una sola mano, tenendo il braccio disoccupato appoggiato elegantemente sul bordo del finestrino aperto, come ora stava facendo Ishimaru? No, credeva proprio di no.
Forse a causa della sensazione di essere osservato da parecchio tempo, il ragazzo si voltò verso Mouri, che non seppe più cosa fare. Inspirò, prima di sorridergli con gentilezza.
-Uff…forse, sto iniziando a smetterla di fare figuracce… pensò sollevata, ignara di quello che di lì a pochi secondi sarebbe accaduto.
Infatti, Ishimaru aveva schiacciato il piede sull’acceleratore poco prima di voltarsi, e ora il vento era più violento; come se non bastasse, Ran, imbarazzata, aveva allentato la presa nelle tasche e il soprabito le si adagiava dolcemente sul corpo.
In una frazione di tempo di gran lunga minore al secondo, il cappotto di Ran venne gonfiato dal vento, fin quando non “esplose”, svolazzando qua e là. Il risultato era che, le gambe nude, sino ad allora tenute prudentemente nascoste, si erano rivelate di fronte all’audace poliziotto, che strabuzzò gli occhi e si interessò alla visione. La ragazza gonfiò il petto tentando di respirare, ma senza alcun successo; prima che riuscisse a formulare una qualsiasi spiegazione o frase, il suono di un clacson la fece sussultare evidentemente.
Il poliziotto si voltò di scatto, riuscendo poi a sterzare ed evitare così la macchina in corsa della corsia apposta, il tutto accompagnato dal rumore assordante delle ruote nello strisciare sul catrame; nel silenzio calato tra i due giovani, sia per l’imbarazzo sia per la paura, risuonò l’urlo arrabbiato del conducente del veicolo appena evitato:
“GUARDA DOVE VAI QUANDO GUIDI, IDIOTA!!”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni :
* c’mon = Andiamo!
* It’s a good idea = E’ una buona idea.
* When? = Quando?
* Today […] = Oggi.
* […] ya can’t. = non puoi.
* Then […] = Allora […].
* […] Stavolta della taglia esatta. = Vedi Capitolo 2 XD

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Note dell’autrice: Premetto di aver scritto ed inserito i Tag di questo capitolo in fretta, perché volevo assolutamente postarlo prima di scomparire per un mese XD Purtroppo non sono riuscita a terminare il quinto, dovrete aspettare un pochino =( Detto questo (sottinteso che vi chiedo di perdonarmi per gli errori con i caratteri, grammaticali e di forma che sicuramente avrò commesso) passo ai miei pensieri sul capitolo:
AHAH! Quanto divertimento nella sua stesura! Non potete immaginare quanto io abbia riso! XDD Sono certa che dopo tutto ciò narrato sopra, voi mi odierete, non è vero? *devil* NON PREOCCUPATEVI! So quello che faccio, so quello che scrivo…*angel*
E poi l’ho detto: sono una ShinichixRan :D…ma, diciamo che mi piacciono le storie che si realizzano dopo un sacco di guai *diavoletto* XD
E sono curiosa di sapere cosa ne pensate del poliziotto, cosa ne pensate dell’atteggiamento di Ran…e cosa ne pensate della quasi totale assenza di Conan! Nel prossimo capitolo ci sarà una bella parte dedicata a lui, quindi non disperate! Ne vedrete delle belle…
Spero di essere stata sufficientemente chiara da farvi comprendere con chi tutti trovano Ishimaru somigliante…:D
Ihih, come sono cattiva, ultimamente!
Come al solito, ci tengo molto a ringraziare tutti coloro che mi seguono e che, soprattutto, mi commentano:
@ Pera 11: Ciao!! Grazie *.*
La frase che Ishimaru ha detto alla fine del capitolo precedente è sì molto simile a quella di Shinichi nel primo volume, ma non identica :D Anche se il senso, alla fin fine, è lo stesso ^^” Questo perché volevo e voglio mettere in risalto la sua somiglianza con…Shinichi :P Ora posso dirlo tranquillamente, visto che in questo capitolo ho spiegato per benino le cose: Ishimaru somiglia molto a Shinichi. Per ora, almeno…*fischietta* XD
Dispiace molto anche a me di dovermi assentare ç__ç Ahah, grazie per la festa, sei molto gentile XP
Grazie di cuore per i commenti e per la costanza ^___________^ Bacioni oni oni :**
@ Charlie: Eheh, grazie *___* Avevi letto questo tu, no? XD Sono molto ma molto lieta che ti sia piaciuto ^.^
Smack smack XXX

@ Irene Adler: Ciau!! Grazie, ne sono molto contenta: avevo così paura di essere caduta in qualche errore o svista, è il primo caso che metto in piedi e che posto, ero super agitata ^/////^ Ma il tuo commento mi tranquillizza, sono davvero lieta che sia il caso, sia il capitolo, siano stati di tuo gradimento ^____^
E sì, non è niente male il nuovo arrivato…la pensi ancora così, dopo aver letto questo capitolo? XD Diciamo, perlomeno, che non ha peli sulla lingua: questo gli si può concedere, no? XP
Mi diverto un sacco a descrivere Shin come geloso *diavoletto* Mi sembra più “umano” e al nostro livello di non-detective infallibili XD (Parlo per me, ovviamente: magari tu alla seconda pagina di un libro giallo capisci chi è l’assassino XD)
Sei sempre molto gentile e spero che la lunga attesa non ti dia fastidio ç__ç Kiss Kiss PS. VIVA SHINICHI E RAN!! XDDD

Bene: godetevi questi due capitoli e state tranquilli perché per un po’ di tempo non vi torturerò più! XD Un bacione grandissimo a tutti, e ancora GRAZIE!!! Mi raccomando…commentate *occhioni da Bambi* XD

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 6
*** Riflessioni Pericolose ***


Capitolo Cinque

Riflessioni Pericolose

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il poliziotto si voltò di scatto, riuscendo poi a sterzare ed evitare così la macchina in corsa della corsia apposta, il tutto accompagnato dal rumore assordante delle ruote nello strisciare sul catrame; nel silenzio calato tra i due giovani, sia per l’imbarazzo sia per la paura, risuonò l’urlo arrabbiato del conducente del veicolo appena evitato:
“GUARDA DOVE VAI QUANDO GUIDI, IDIOTA!!”
Ishimaru frenò bruscamente, mentre Ran strizzava con violenza gli occhi, intimorita. Udì il suo accompagnatore borbottare qualcosa, per poi voltarsi:
”Probabilmente quel tizio non ha ben capito con chi ha a che fare…” disse con tono fermo e innervosito, mentre faceva per scendere dall’auto.
“Ma no, Ishimaru, cosa vuoi fare?” lo bloccò subito Ran, sporgendosi verso di lui. In fin dei conti, erano loro ad avere torto…
“Dare una lezione a quel tipo!” rispose duro, senza preoccuparsi del timore della giovane, che, però, non aveva la minima intenzione di iniziare la sua serata con una rissa; lo afferrò per un braccio con entrambe le mani, mentre il cappotto le aveva ormai abbandonato le gambe.
“Dai! Lascia stare, Ishimaru…” lo pregò, tirandolo leggermente verso di sé.
“Come? Lasciar stare?? Ma cosa dici?!” esclamò voltandosi di scatto verso di lei, gli occhi fiammeggianti “Scherzi? Quello è un pirata della strada! Ed io devo fare il mio dovere!”
“Ma non sei in servizio, suvvia…” continuò Ran, ancora stretta al suo braccio “Chiudi un occhio, stavolta…”
“Sì, ma al di là della mia professione, il problema è che quello lì non ha chiaro che io sono Ishimaru Michiyo, e che…” fece lui, girandosi verso l’uomo in questione…che però era fuggito.
Sbuffò, lasciando incompleta la sua frase.
“Ishimaru…” lo chiamò di nuovo la mora, sorridendogli dolcemente quando lui la guardò; non poté non sciogliersi di fronte a quel sorriso disarmante, infatti, sospirando, rimise in moto, dopo aver chiuso lo sportello.
Lanciò uno sguardo interessato verso le mani che gli stringevano il braccio e Ran le ritrasse immediatamente, vergognandosi.
“Hai ragione. Non ne vale la pena…di rovinare il nostro appuntamento in questo modo, intendo. Perdonami…” disse il ragazzo, guardandola con malizia “Il tuo incredibile fascino mi aveva annebbiato la mente…”
Fissò con un enorme faccia tosta, poi, le sue gambe ancora scoperte, facendo comparire sul volto un sorriso poco rassicurante.
Lei si infilò velocemente le mani in tasca, stringendosi nel cappotto per proteggersi da quello sguardo così invadente.
Guardò di fronte a sé, con gli occhi oramai ridotti a due minuscoli puntini neri.

§§§

“Vediamo se ho ben capito: c’è in libertà un serial-killer molto pericoloso che ha già mietuto diverse vittime, e tu non puoi indagare con facilità perché è arrivato in centrale un nuovo poliziotto che ti ostacola. In sintesi, è questo quello che stai dicendo?” chiese il professor Agasa al piccolo Conan, seduto sul divano con i piedi a penzoloni e le mani dietro la nuca. L’uomo, invece, era in piedi di fronte a lui, con la solita maglietta blu e il solito camice che gli ricadevano sul pancione.
Il ragazzino sbuffò, scivolando con il sedere sul cuscino del sofà.
“Sì, esatto.” rispose, scocciato “In breve è proprio questo il punto.”
“Come hai detto che si chiama questo nuovo poliziotto?” chiese il dottore, da mesi (se non anni) confidente del piccolo detective e abituato ai problemi. Con tutto quello che era capitato! Da quando il giovane Shinichi Kudo era rimpicciolito, le questioni importanti e rischiose venivano discusse da lui, visto che era stato il primo in assoluto a venire a conoscenza del suo segreto: era a casa sua che Conan si era scolato un’intera bottiglia di Paikal, forte alcolico cinese, nella speranza di ritornare adulto; era a casa sua che, spesso e volentieri, lo stesso ragazzo si era sfogato di tutto ciò che lo preoccupava, soprattutto riguardo Ran ed era a casa sua che gli aveva rivelato i presunti sospetti della ragazza sulla sua vera identità; e come se tutto questo non bastasse, era a casa sua che, insieme ad Heiji, aveva preparato il piano per andare ad ispezionare l’appartamento di Miss Jodie; infine, era a casa sua che Ai si era rifugiata non appena fuggita dall’Organizzazione Degli Uomini In Nero.
Non che tutto questo ad Hiroshi Agasa dispiacesse: conosceva Shinichi fin da bambino e ormai lo considerava come un nipote. Sapeva di quanto, sebbene non lo avesse mai dato a vedere e lo negasse con tutto sé stesso, aveva sofferto quando i suoi genitori, Yusako e Yukiko Kudo, si erano trasferiti a Los Angeles e lo avevano lasciato solo, in quell’enorme villa che, probabilmente, nei primi tempi era parsa maledettamente silenziosa, triste e malinconica.
Era conscio della sofferenza che provava nell’essere imprigionato nel corpo di un bambino delle elementari, nel vedere la ragazza che amava soffrire a causa sua: lui stesso gliel’aveva rivelato, quel giorno di San Valentino; e anche ora si trovava da lui per per esporgli la sua preoccupazione, nata dall’insistenza di un giovane nuovo acquisto delle forze dell’ordine.
Agasa, in fin dei conti, era ben contento di aiutarlo: gli voleva così bene…
“Michiyo Ishimaru.” rispose Conan, guardandolo attraverso le lenti non graduate degli occhiali *.
Il professore riflettè per qualche istante, poi affermò:
“Sì, mi pare di averlo sentito! Nei telegiornali si parla spesso di lui, ed anche sulle riviste ho visto sovente la sua foto…”
Si diresse verso il tavolino circolare nel mezzo del salone, aprì un cassetto e ne trasse fuori alcune pagine di giornale.
“…ma l’articolo più importante che gli è stato dedicato è sicuramente questo; è scritto da un famoso giornalista di origini americane, Tom McRay, che pare ficcanasare abitualmente in questo settore. Non è raro che si sia infilato, sotto copertura, nella vita di qualche carabiniere, o magari avvocato.”
Detto questo, porse al moretto i fogli di giornale; lui li aprì con gli occhi ridotti a fessure, mostrandosi indifferente, quando in realtà provava una strana sensazione all’altezza dello stomaco che non gli piaceva affatto. Aveva l’impressione che, di lì a poco, quell’impiccione gli avrebbe procurato seri guai.
“ New! Ennesimo caso risolto dal brillante Ishimaru Michiyo, poliziotto ventenne praticante nel distretto di Beika. Il delitto commesso nel quartiere di Haido-Choo, in condizioni apparentemente misteriose, è stato risolto in brevissimo tempo dal ragazzo identificato come «Il raggio di luce sulla polizia giapponese»; soprannome azzeccato per colui che, con la sua luminosità, abbaglia tutte le donne!” lesse a voce alta Conan, burlandosi dell’opinione che, ahimè, quasi tutti avevano di lui. Mentre lasciava scorrere gli occhi sul resto dell’articolo, un lampo gli percorse velocemente lo sguardo, come un fulmine a ciel sereno; ma dopo pochi istanti riprese la sua solita aria, tra l’ imbronciato e l’annoiato, volendosi dimostrare disinteressato. Ma non era così, oh no! Il castano non era affatto un incapace, tutt’altro:
nonostante gli desse fastidio, doveva ammettere che era deduttivo, sveglio, attento….forse anche troppo: gli sarebbe stato difficile partecipare a quelle indagini. E questo, principalmente, era il motivo per cui non poteva sopportarlo; ma dal suo cuore faceva capolino un altro sentimento, un altro dubbio…ogni volta che ci rifletteva sopra, sentiva quest’ultimo stringersi in una morsa, e lo stomaco chiudersi. Era una sensazione molto sgradevole, sopportava anche questa a malapena…e anche in quel momento, leggendo quell’articolo che elogiava le grandi capacità del seducente playboy Michiyo Ishimaru, aveva chiaramente percepito, dentro di sé, qualcosa contrarsi per il…dolore?
Sì, probabilmente per il dolore.
Quando lo aveva conosciuto, in centrale con Kogoro, non gli era parso nulla di particolare: un bel ragazzo (ahimè) sì, con un’espressione sul volto molto sicura di sé e uno sguardo deciso, senza timori; ma gli era subito passata per la mente l’idea che presto avrebbe abbassato la cresta. Lo aveva creduto alla stregua di Kogoro, forse di qualche punto più in alto…oh, come aveva sbagliato! E se ne era reso conto dal momento in cui il giovane aveva risolto quel caso al ristorante South’s Flowers *; aveva compreso di non dover scherzare con lui e di averlo sottovaluto.
Molto.
Troppo.
“ Mai sottovalutare l’avversario, Shinichi caro! E’ l’errore più sciocco che un essere umano può commettere, un errore che può costare caro…” gli ripeteva il padre in continuazione, da quando aveva compiuto dodici anni; che stupido era stato! Come aveva potuto non ricordarsene prima?
Sorrise fra sé: - Sciocco che non sono altro! Come se non avessi mai commesso errori…no, purtroppo ho sbagliato più volte. Sono stato prevedibile e impulsivo…e l’aspetto più brutto di tutto ciò è che non sono solo io a pagare per le mie azioni. Lei è morta, per causa mia…- il sorriso divenne terribilmente amaro, e lo sguardo di quel blu meraviglioso si rattristò evidentemente. – Akemi Miyano…-
…così tanto evidentemente che il professore si affrettò a chiedergli se tutto andasse bene; lui, dapprima mosse violentemente le mani aperte di fronte al viso, gli occhi chiusi con cortesia, poi rispose, sospirando:
“Effettivamente, no. Non va tutto bene…ma già sa quali sono le mie preoccupazioni: con quel poliziotto tra i piedi, non ho idea di come farò a mettere le mani sui fascicoli, sulle informazioni, su qualsiasi cosa riguardi il caso.”
Sospirò nuovamente, volgendo lo sguardo da un altra parte mentre incrociava le braccia dietro la testa; per tutta risposta l’uomo gli offrì una buona camomilla calda, per calmarsi e anche per scaldarsi un pò; senza aspettare neanche che Shinichi in versione mignon acconsentisse, voltò le spalle e si diresse verso la cucina.
Il moretto buttò fuori l’aria dai polmoni, volgendo lo sguardo alla finestra che lasciava intravedere il vecchio giardino di casa sua fiocamente illuminato dalle stelle e dalla luna, visione che gli fece provare malinconia.
Bugiardo.
Era stato un bugiardo
Aveva mentito.
Non era solo la questione dell’indagine a preoccuparlo, ma non voleva dirlo al dottor Agasa, non per il momento; non voleva rivelargli la causa del suo vero timore, il motivo per cui gli si stringeva il cuore.
Tornò a sorridere amaramente.
Non voleva assolutamente si capisse che…
“C’entra lei, non è vero?” gli chiese una voce molto bassa, quasi mormorando. Lui si voltò di scatto, spaventato, ritrovandosi faccia a faccia con la piccola Ai Haibara, appoggiata con i gomiti sullo schienale del divano, dietro di lui.
Conan incontrò i suoi occhi, accorgendosi che lo stavano scrutando in modo strano; decise di osservare a sua volta quello sguardo, così profondo, quanto indecifrabile. Cercò di leggervi dentro, senza rendersi conto che anche la biondina faceva lo stesso, con la differenza che lei capì subito di non esseri sbagliata, mentre lui…lui stava tentando di leggere una lingua straniera.
“Ho ragione, quindi…” sorrise Ai, abbassando gli occhi chiusi “…mio caro detective. C’entra lei.”
“Lei chi?” rispose prontamente lui, dandole con volontà le spalle e cercando di apparire calmo e tranquillo.
“Lei…la principessa Sissi! L’ho capito, sai? L’ho capito che l’erede austriaca si è follemente innamorata di te.” disse Ai, con tono che alle orecchie di Conan suonò quasi offensivo.
“E che ti ha mandato un invito per un’elegante cavalcata, senza il Principe Franz di mezzo. Il tuo problema, è che non sai come rifiutare!” terminò, lanciandogli uno sguardo malizioso.
Lui rimase interdetto, ma quando notò il sorriso sfottente che continuava ad allungarsi sul viso della giovane, sentì le guance colorarsi e pizzicargli in alcuni punti.
“Ah ah ah” rise in modo finto, guardandola di sottecchi “Molto divertente, Haibara.”
Lei fece spallucce, tornando seria: “Lei…lei.” disse “La tua amica d’infanzia. Non dirmi che si è presa una cotta per questo poliziotto?! O magari…magari lui la sta corteggiando e lei non lo rifiuta?” chiese, con una nota di divertimento ben evidente nella voce, stesso divertimento che le si poteva leggere negli occhi, stranamente luminosi; questo dettaglio, che anche un tonto avrebbe notato, infastidì non poco il detective, che la guardò torvo.
Poi però, ruppe il silenzio che si era creato nel salone con un sospiro.
“Sì.” bisbigliò in seguito, quasi come se non volesse farsi sentire “Lui assume un comportamento particolare di fronte a lei, quasi volesse conquistarla. Le dona parole e sguardi dolci, mielosi…quasi vomitevoli…”
Haibara sorrise; aveva capito da ormai parecchio tempo che il ragazzo che aveva di fronte non era quello che si poteva definire un tipo romantico, seppur riuscisse a dimostrare i sentimenti che provava in modo molto tenero.
“…non fa che sorriderle, complimentarsi, cercarla. Kogoro, che ha reso noto il suo consenso ad una possibile relazione tra loro, ha scoperto che si propone spesso per venire all’agenzia investigativa, portando con sè nuove informazioni sul caso. Ma tutti credono che non lo faccia per l’indagine, bensì per vedere qualcuno…E come se ciò non bastasse, si permette anche di parlarle a doppisensi.” continuò, ripensando a quel fastidioso: “Le ragazze di Tokyo sono molto più carine di quelle di Nagoya…”
“ E lei…” procedette, sottolineando il pronome e lanciando uno sguardo ad Ai “…lei non sembra infastidita. Ha ripetuto più volte al padre di non essere interessata, che non si metterà con un ragazzo che neanche conosce e che è gentile solo per cortesia. Ma io l’ho notata, sai? Ho visto come è rimasta imbambolata a fissarlo quando l’ha conosciuto, in centrale. Ho sentito come ne parlava, come arrossiva non appena pronunciava il suo nome. Ho fatto caso a come era incantata, a sentirlo risolvere quel caso al ristorante. E noto perfettamente che non lo mette mai a tacere…non rifiuta mai i suoi complimenti, i suoi sguardi, le sue parole…ultimamente addirittura li contraccambia, a volte.”
Ai lo fissò in volto: aveva lo sguardo rivolto verso il basso, il colore splendente dei suoi occhi aveva perso tutta la sua brillantezza e sembrava opaco. La sua bocca si era incurvata in un sorriso amaro, triste, affranto.
Era davvero preoccupato di non riuscire più a fermare quel meccanismo che oramai si era innescato. Aveva paura di perdere la persona a cui più teneva al mondo, e con grande probabilità si sentiva responsabile, perché…
“Beh, se davvero lei provasse qualcosa per lui…non le si potrebbe dare torto.” disse, confermando le ipotesi mentali della biondina. “Io, da mesi non le sono vicino…o perlomeno, lei crede che io non le sia vicino.” il suo sorriso divenne ancora più rammaricato “E lei è una ragazza così forte, così coraggiosa…ma ha bisogno di qualcuno che la sorregga, che l’aiuti, che ci sia quando ne ha bisogno. Sapevo, infondo, di non poter continuare a possedere questo ruolo per molto tempo, visto che la sento come Shinichi Kudo solo le rare volte in cui le telefono, ma non volevo ammetterlo, non volevo pensarci…ora sono stato catapultato in fretta in quella che è la realtà dei fatti e sono consapevole che, se non per mano di Michiyo, presto Ran dimenticherà la promessa che mi ha fatto e smetterà di aspettarmi…”
“Non vuoi lottare affinché questo non accada?” sfuggì di bocca ad Ai, una domanda spontanea che non era riuscita a trattenere. Il tono che aveva usato per porgere quella richiesta era nuovamente quello distaccato e indifferente di una volta. Sì, perché lei sapeva quanto lui tenesse a quella ragazza, quanto avrebbe tentato per non perderla e poteva perfettamente immaginare cosa le avrebbe riposto. E non voleva soffrire. No, anche se in quel momento riusciva a comprendere chiaramente i sentimenti del ragazzo.
- Ti capisco, Kudo. So cosa si prova ad amare una persona che ha regalato il suo cuore a qualcuno che non sei tu…- pensò, senza rendersi conto che Agasa stava rientrando nella camera con due tazze blu con il manico poggiate su un vassoio a fiori rossi.
“Vuoi lottare affinché il poliziotto non ti metta i bastoni fra le ruote e tu possa indagare?” chiese l’uomo, poggiando il vassoio sul tavolino, del tutto inconsapevole del resto della storia.
“Er…sì!!” ridacchiò Conan, preso alla sprovvista, strofinandosi la mano dietro la nuca “Ahah, proprio così!”
Quell’aria così affranta era scomparsa, e sul suo volto non si leggeva nessuno dei sentimenti che provava; d’altronde, era il figlio di una bravissima attrice. Ma forse, non aveva ereditato completamente i suoi geni, perché la piccola scienziata riusciva a percepire comunque, nei suoi movimenti, nei suoi modi di fare, il peso che gli affliggeva lo stomaco.
“Vuoi bere anche tu, Ai-kun?” chiese il professore, distraendola per pochissimo tempo dalle sue considerazioni
. “Perdona la tazza blu, ma credevo stessi lavorando in laboratorio e non ho pensato che saresti potuta salire…”
“No, non si preoccupi, dottore. Non ho sete.” rispose, di nuovo padrona della sua glacialità. Con le mani dietro la schiena, fece il giro del divano, ritrovandosi di fronte ai due uomini. Aspettò qualche istante, osservando Conan ispezionare il liquido giallognolo con un sguardo scocciato.
Sorrise malignamente.
“Sei proprio distratto da questa situazione, eh, brillante detective?” chiese ironicamente al ragazzo, che alzò gli occhi dal bicchiere per puntarli su di lei, in modo interrogativo.
“Non mi hai neanche chiesto cosa stessi facendo in laboratorio…” spiegò lei, guardandolo maliziosamente.
“Avrei dovuto?” rispose lui, un cipiglio annoiato “Stai lavorando sull’aptx, no? E’quello che fai sempre, quando sei di sotto.”
“Esatto.” rispose Haibara, volgendo lo sguardo verso la finestra e, successivamente, dirigendovisi “E sai una cosa? Credo proprio che la soluzione al tuo problema sia molto più vicina di quanto tu non creda.”
Agasa la guardò incuriosito, mentre nella mente di Conan si faceva largo un’idea decisamente allettante:
“Non dirmi che…” balbettò, scendendo con un balzo dal divano e avvicinandosi di un paio di passi al davanzale interno su cui la finta bimba appoggiava le mani.
“Proprio così.” rispose, guardandolo dal riflesso proiettato sul vetro “Ho trovato un antidoto per l’apotoxina.”

§§§

“Oh, andiamo! Hai forse paura che ti mangi?” chiese Ishimaru, con un’espressione dolce (quella che Conan definiva mielosamente vomitevole) dipinta sul volto e gli occhi chiusi, girandosi verso Ran; era passato all’incirca un quarto d’ora da quando si erano incontrati sotto casa della ragazza e, incidente rischiato a parte, non vi erano state complicazioni o intoppi.
Ran, in particolar modo in seguito all’episodio che aveva permesso al suo accompagnatore di studiarle le gambe, si sentiva terribilmente a disagio, nonché in imbarazzo.
“Oppure sei una ragazza timida?” continuò il poliziotto, mentre la sua taciturna interlocutrice avrebbe voluto essere inghiottita dal suolo. Non riusciva a capire bene se, con quelle battute, Michiyo voleva farle capire di starsi ad annoiare, oppure se si stesse semplicemente divertendo a prendersi gioco di lei.
“I-io…” cercò di controbattere, interessandosi alla direzione opposta al suo volto “N-no, è che…”
“Se così fosse…io amerei le ragazze timide!” ammiccò malizioso e convinto il castano, sorridendole quando lei si voltò per lanciargli uno sguardo interrogativo.
“In caso fosse vero il contrario, invece, io sarei pronto ad affermare di adorare le ragazze intraprendenti !” insistette, ormai senza il minimo imbarazzo. Ehi, un momento: ma c’era davvero stato un momento in cui lui aveva provato imbarazzo?
Ran si sciolse in un sorriso, guardandolo dolcemente: in fin dei conti, iniziavano a farle piacere tutte quelle attenzioni; da tempo, ormai, nessuno gliele dedicava. Anzi, probabilmente nessuno gliele aveva mai dedicate: Shinichi non faceva mai delle battute così maliziose, a doppio senso…mentre quel poliziotto le dava l’impressione di comportarsi come un corteggiatore, anzi, di essere un corteggiatore!
“Non vorrei che ti fossi pentita di aver acconsentito al nostro appuntamento…” disse a bassa voce il ragazzo, tristemente. Assottigliò gli occhi, con fare deluso e amareggiato.
“NO! Assolutamente…!” esclamò con vigore Ran, senza riuscire a frenarsi: le parole le erano praticamente uscite dalla bocca senza che lei se ne fosse accorta. Si maledì mentalmente, forse aveva sbagliato a buttarsi in quel modo…Ma il viso del giovane, di nuovo illuminato e allegro, le fece sparire ogni rimorso; allora decise di continuare:
“Mi ha fatto…mi fa molto piacere, uscire con te…” bisbigliò, rossa in volto, stringendosi nelle spalle e assumendo rigidità.
Ishimaru rimase piacevolmente sorpreso da quelle parole e ancora di più da quell’atteggiamento. La sua scelta era ricaduta su una ragazza degna per lui!
“Allora…sei così silenziosa perché hai paura della mia carica?” buttò lì, con il tono scherzoso ma con un leggero e palpabile timore. “Hai paura di dire qualcosa di sbagliato…visto che sono un poliziotto?”
“Oh, no!” rispose lei, divertita da quella domanda “E’ da quando sono piccola che conosco poliziotti, giudici, questori…Mio padre lavorava in polizia, prima di diventare un investigatore privato, mentre mia madre è un ottimo avvocato…”
“Oh, ma davvero? Non lo sapevo!” la interruppe lui, realmente sorpreso. “Una famiglia di grande intelligenza nel DNA, dunque!” scherzò.
Lei rise, guardandolo negli occhi. Lui ricambiò senza timore il suo sguardo, esplorando con insistenza il volto, poi gli occhi e assumendo un’aria tremendamente romantica e…affascinante.
Ran gli permise di scrutarla per un pò, poi interruppe il loro contatto visivo, imbarazzata. E con i sensi di colpa. Lei era lì, a…a civettare con un ragazzo quasi sconosciuto, quando aveva promesso a Shinichi che l’avrebbe aspettato. Quando lui, forse, stava indagando senza sosta per riuscire a tornare da lei, e non gli era mai passato per la testa di regalare attenzioni ad un’altra ragazza. E cosa faceva lei per ricompensarlo? Usciva con un altro, permettendogli di osservarla come neanche lo stesso Shinichi, forse, l’aveva mai fatto; una morsa allo stomaco le fece fare dietro-front con la mente:
-No…sono state rare le occasioni in cui Shinichi mi ha guardato con reale interesse…con interesse vero, non con quello che un amico ha nei confronti di una sua amica d’infanzia; e non mi ha neanche mai corteggiata in modo così evidente, come invece sta facendo Ishimaru. Anzi, Shinichi non è affatto un ragazzo romantico: solo a sentir parlare di storie d’amore, storce il naso. Spesso mi punzecchiava…mi trattava male, ma fino a poco tempo fa mi andava bene: ero convinta che questo fosse il suo modo per dimostrarmi di tenere a me, non volendo abbassarsi e mettere da parte l’orgoglio con qualche gesto carino…con qualche complimento. E, in fin dei conti, anche io mi comportavo così con lui…Ma ora inizio a pensare che si comportasse in quel modo con me…solo perché, alla fine, mi vedeva come una ragazza rompiscatole e fifona, dai gusti decisamente diversi dai suoi…Perché non gli importava di essere carino con me, non gli sarebbe servito a nulla esserlo…lui non puntava a fare colpo su di me, mi vedeva solo come una semplice amica.- sospirò, confusa. Forse quel pensiero era dettato solo della rabbia per averla abbandonata così a lungo – Ha fatto molto per me! Mi è sempre stato vicino quando avevo bisogno di lui,e, anche se senza romanticherie, mi tirava su il morale, mi consolava quando ero triste e mi porgeva sempre la sua spalla per piangere. Ora, invece…quando sento necessaria la sua presenza, mi ritrovo da sola. Piango a causa sua e gli unici contatti che abbiamo sono per mezzo di una stupida cornetta telefonica! Dice di essere impegnato, di non poter tornare…ma per il caso del diplomatico, per quello dell’ex studente della nostra scuola e per quello avvenuto al ristorante…per quelli non era impegnato! Preferisce le sue indagini a me… ha compiuto una scelta, una scelta che non mi comprende. Magari, dove si trova, sta comportandosi come Ishimaru stasera…con una ventenne bionda tutte curve, vestita di una magliettina attillata e una minigonna che lasciano scoperta mezza pancia. Magari ci ha trascorso anche la notte!!- la sua non era più rabbia, era furia –Ricordo perfettamente come si gongolava quando riceveva tutte quelle lettere dalle sue ammiratrici! Perché lì dove si trova dovrebbe comportarsi in modo diverso? Perché non dovrebbe approfittare di tanto ben di Dio che gli corre dietro??- di minuto in minuto, i suoi pensieri degeneravano
– Oddio…-
Scosse la testa, percependo il cuore contrarsi dolorosamente al solo pensiero del suo amico in dolce compagnia di un’altra ragazza.
Osservò Michiyo, intento a guidare, che non si era minimamente accorto di tutti i castelli in aria che stava montando.
-Ishimaru è così simile a lui…eppure così diverso! Ha le sue migliori qualità, ma rimedia dove lui difetta! E prova qualcosa per me…un certo interesse, lo dicono tutti…forse dovrei dimenticarmi del mio passato e concentrarmi sul futuro…-

§§§

Un leggero venticello si insinuava tra le foglie dell’albero, facendole danzare lentamente. La bambina dai capelli dorati si godeva – o fingeva di godersi- quello spettacolo affacciata alla finestra, mentre un ragazzino con gli occhiali e un uomo abbastanza robusto la guardavano intimoriti, ma allo stesso tempo molto sorpresi.
Le loro bocche erano spalancate, i loro pensieri correvano senza freni; il primo a riprendere coscienza di sé fu Conan, che deglutì e tramutò la sua espressione da sbalordita a gioiosa.
“Da-davvero…?” chiese, il tono di voce estremamente acuto e la volontà di apparire tranquillo totalmente dimenticata. Il volto era radioso, gli occhi avevano assunto di nuovo quel bagliore blu accesso che aveva fatto perdere la testa a una moltitudine di ragazze e il corpo tremava per l’emozione.
Ma, purtroppo, la sua testa non ragionava molto bene e lui aveva perso il controllo; altrimenti si sarebbe ricordato che tutte le cose che sembrano eclatanti e fantastiche, nascondo il trucco…
La bambina si voltò verso di lui, con una strana luce negli occhi ed un ghigno dipinto sul volto che metteva i brividi: Conan notò immediatamente la grande somiglianza della sua espressione con quella che aveva assunto quando gli aveva rivelato la sua vera identità e finto di aver eliminato il professor Agasa.
Rimase allibito e la fissò per un tempo che gli sembrò interminabile, mentre nella sua mente un’altra idea, terribile, mostruosa si faceva largo.
“No…” sussurrò quasi impercettibilmente, una sensazione sgradevolissima al solo pensiero di stare ad indovinare “Non…non dirmi che è…” le altre parole gli rimasero intrappolate nella gola, mentre il dottore lo guardava incuriosito, non riuscendo a capire cosa volesse intendere.
“Uno scherzo.” fu gentile Ai, a continuare la frase che lui aveva lasciato a metà e a spiegare all’uomo baffuto come mai il viso del ragazzo fosse tornato così triste “Esatto.”
“COSA? MA AI!!” la riprese immediatamente Agasa, lanciando uno sguardo a Conan, per controllare la sua reazione: con le mani chiuse a pugno che gli ricadevano lungo i fianchi, cercava di smettere di tremare e mettere a tacere i diavoli che lo tentavano mentalmente.
“C-come…” balbettò, prima di perdere del tutto il controllo:
“COME TI VENGONO IN MENTE CERTE IDEE?” urlò, al colmo dell’esasperazione; portò le mani serrate all’altezza delle spalle e la fissò con gli occhi fiammeggianti: “TI RENDI CONTI DI QUELLO CHE DICI??”
Agasa, dopo aver evidentemente sussultato, tentò di calmarlo con qualche frase gentile:
“D-dai, Shinichi, non fare così…”
Ma il ragazzo non voleva sentire ragioni, era accecato dall’ira: quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; in quel momento si stava sfogando di tutte le tensioni accumulate durante quelle settimane ed era, quindi, furioso.
“E COME DOVREI FARE?” replicò, il tono di voce altissimo “ANZI, COSA DOVREI FARE? ME LO DICE LEI?? OPPURE SI RISPARMIA QUESTE RIDICOLE…” continuò, aggredendo il povero vecchietto che, in fin dei conti, aveva solo cercato di aiutarlo.
“Calmati, Kudo.” lo interruppe Ai, incamminandosi seria e glaciale verso di lui “Non c’è bisogno di scaldarsi.”
Lui si voltò di scatto verso di lei, gli occhi ancora pieni di barlumi infuocati.
“Ah, no? NO?” ringhiò di rimando, abbassando di poco il tono della voce, pur mantenendolo incollerito.
“No.” rispose lei, per nulla intimorita dalla sua reazione. Se l’era aspettata, inoltre ne aveva viste così tante di sfuriate, da persone molto più temibili di lui per giunta, che in quell’istante, Kudo le sembrava un innocuo cagnolino scodinzolante.
“Ai-kun, per favore…” disse il professore, frenando sul nascere la frase che Shinichi stava per pronunciare “Non è stato un bello scherzo. Si può sapere perché l’hai fatto?”
Lei fece spallucce:
“Per vedere la sua reazione.” rispose, lanciando uno sguardo al ragazzo che, pian piano, si stava calmando “Inoltre, per pochi istanti, è stato felice, no?”
“Sì, ma…” fece Agasa, con lo sguardo disorientato.
“E allora? Seppur per poco, si è sentito meglio. Inoltre, sfogarsi fa bene…se ci si tiene tutto dentro, come stava facendo lui, si può cadere in depressione, o rischiare l’esaurimento nervoso.” spiegò tranquillamente, chiudendo gli occhi e congiungendo le mani dietro la schiena. Era ormai arrivata di fronte all’omone ed a fianco di Conan, che sospirò intercettando il suo guardo divertito.
“Torno in laboratorio…” annunciò subito dopo, superando il dottore “Buona serata a tutti…”
“E-ehi, Ai…” balbettò l’uomo, sbalordito dal suo atteggiamento.
“Buona serata un corno…” borbottò Conan, gli occhi assottigliati e le mani in tasca.
“Kudo…” esordì la bambina, bloccandosi; voltò il capo, lanciandogli nuovamente uno sguardo piuttosto strano.
“Il destino non è indifferente al comportamento delle persone. Tu sei stato e sei così puro, così...mh, come dire? Ingenuo…” sottolineò, mentre osservava con soddisfazione la sua faccia scocciata “…che il fato non potrebbe non darti una mano. Bada di non macchiarti proprio ora…e vedrai che, presto, godrai del suo aiuto.”

§§§

“Bene, eccoci qui!” esclamò Michiyo, parcheggiando la sua decappottabile poco distante da un ristorantino italiano.
I ragazzi scesero dalla macchina, lottando contro il vento ed incamminandosi verso l’entrata.
“Ho preferito scegliere un locale abbastanza…comune…” si giustificò, portando una mano dietro la nuca “Visto anche il nostro abbigliamento, un ristorante francese non mi sembrava adatto…”
Ran fece per rispondere, ma Ishimaru subito si riprese: “…ma se lo preferisci, facciamo dietro-front e ti ci porto subito!!”
“Ma no!” ridacchiò lei, posandogli una mano sulla spalla e cercando di tranquillizzarlo.
“Qui va benissimo!” ammiccò, liberatasi finalmente di quell’imbarazzo ingombrante. Forse era stata la riflessione fatta poco prima a farle cambiare atteggiamento in modo così repentino e a convincerla a lasciarsi andare con quel poliziotto…poliziotto che non rifiutava nulla e coglieva l’occasione al volo: infatti, afferrò la mano della ragazza ancora appoggiata sulla sua spalla; non disse nulla, la guardò solamente in modo dolce.
Lei rimase stupita, ma solo per poco; non oppose resistenza e varcò la soglia del locale tenendolo per mano, anche se la sua sicurezza era sminuita dal rossore che le colorava con molta evidenza il volto.
“Buonasera!” li accolse con calore una donna abbastanza robusta, sulla trentina. Aveva i capelli biondi sciolti con una graziosa frangetta che le addolciva il viso ed indossava un grembiule bianco panna. “Siete soli oppure aspettate qualcuno?”
“No, siamo soli.” rispose Ishimaru, dimenticandosi –forse volutamente- di ricambiare il saluto.
“Avete prenotato?” chiese la cameriera, con aria gentile.
Il ragazzo le rispose di no e la seguì poi, insieme a Ran, verso un tavolo vicino al forno a legna; l’atmosfera era davvero graziosa, su questo non si poteva ridire. La tavola era apparecchiata per due, ovviamente, ma c’erano alcune particolarità che colpirono positivamente Ran: i tovaglioli ricamati che prendevano strane ma interessanti forme nei bicchieri, le rose rosse e bianche che ricadevano elegantemente dai vasetti posti al centro del tavolo, meravigliose fanciulle dipinte nei fondi dei piatti. Anche in generale, il locale era davvero accogliente: una musica leggera e romantica si diffondeva nell’aria, come anche il calore del forno e l’ottimo profumino della carne cotta a legna. Dopo l’ordinazione, la cameriera si dissolse chissà dove e i due giovani tornarono soli, ma seppero come passare il tempo; quasi non si accorsero di aver già assaporato gli antipasti tra risate, battute, occhiatine o gradevoli e velate insinuazioni, in particolar modo (se non solamente) lanciate da Ishimaru.
“Mh, la cucina è ottima!” esclamò allegramente Ran, gli occhi chiusi con fare gentile. “E anche la presentazione dei piatti…deliziosa!”
“Sì, forse hai ragione…” concordò il ragazzo, sorseggiando acqua dal bicchiere “Io non mi intendo molto di gastronomia, purtroppo!”
“Ah, no?” rise Ran, per poi prenderlo in giro scherzosamente.
“Uffa, che caldo…” sbuffò in seguito Michiyo, buttando un occhio al forno ardente poco distante da loro. Si sventolò con il tovagliolo un paio di volte, mentre Ran rifletteva sul fatto di essere costretta ad indossare quel pesante cappotto.
“Hai rag…” iniziò; ma non appena alzò gli occhi per parlargli, questi le si spalancarono: lui si stava sfilando la felpa.
Beh, nulla di strano in questo…quel che più l’aveva lasciata a bocca aperta era la visione di ciò che l’indumento aveva, fino ad allora, nascosto: una maglietta nera molto, e dico molto, attillata e aderente delineava in modo perfetto il petto e l’addome allenati del poliziotto, rendendolo decisamente sexy.
La ragazza deglutì, sentendosi improvvisamente avvampare e percependo il sudore colarle dalla fronte allo zigomo. Avrebbe voluto smetterla di fissarlo in quel modo, sapeva che era cattiva educazione, ed in più si vergognava: ma non riusciva, per quanto tentasse.
“Beh?” chiese poi Ishimaru, guardandola con un sopracciglio alzato.
La ragazza stava già per balbettare qualcosa che fungesse da scusa, ma lui la interruppe:
“Vuoi rimanere con quel cappotto tutta la sera? Non senti caldo?”
“Ah?!” gli occhi di Ran si tramutarono in due minuscoli puntini.
“Eh…beh, ecco…” balbettò, avendo nuovamente perso il controllo della situazione.
Il giovane poliziotto sospirò, per poi rivolgerle uno sguardo malizioso e dire: “Oramai le gambe te le ho viste…forza, levati quel mantello di dosso! Non voglio portarti all’ospedale per uno sbalzo di pressione.”

§§§

“Cosa intendeva dire Ai, secondo te?” chiese il professor Agasa mentre raggiungeva il ragazzino di fronte alla porta di ingresso della grande casa; quest’ultimo stava afferrando il cappotto di piume nero e si accingeva ad indossarlo:
“Non ne ho idea…credo fosse una delle sue solite frasi ad effetto…” brontolò con gli occhi assottigliati.
“Mh…io non credo…” riflettè ad alta voce il dottore, ma Conan non gli donò attenzione, infatti, dopo essersi infilato il giacchetto pesante, affermò:
“Io devo andare, ora. Non so a che ora sarà di ritorno Ran, ma è meglio non rischiare.”
Agasa ridacchiò:
“Sì, hai ragione.”
Lanciò un’occhiata all’orologio appeso al muro: “ Ti senti sicuro ad andare a piedi e da solo? Non vuoi che ti dia un passaggio?”
La sua risposta fu uno sguardo ironicamente assottigliato: “Oh sì, mi accompagni in macchina, professore. Ho così tanta paura del buio…!”
“Perdonami se volevo farti un favore, Shinichi!” tagliò corto l’uomo, voltandogli le spalle per rientrare nel salone.
“Non si offenda, per cortesia!” gli disse dietro il bambino con tono supplichevole, cercando di rimediare “Lo sa che in questo periodo sono…”
“Nervoso.” sospirò l’omone girandosi verso di lui e guardandolo dritto in faccia “Sì, lo so. Ma non lasciarti prendere dall’impulsività, Shinichi. Ricorda che sono necessari…”
“La calma, il sangue freddo e lo spirito d’osservazione.*” lo interruppe lui, un sorriso nuovo che gli solcava il volto “Sì, lo so.”
Detto questo, diede le spalle all’omone e varcò la soglia della porta della villa illuminata nella sera grazie alle prodigiose scoperte della corrente elettrica. Il vento gli scompigliò i capelli, e le sue riflessioni si dispersero con esso.
Agasa lo osservò camminare con le mani in tasca e la schiena leggermente piegata in avanti, con fare pensieroso.
Quando fu scomparso dalla sua vista chiuse la porta, ma non prima di aver sussurrato tra sé e sé:
“Se ti è tornata la voglia di scherzare e sorridere come una volta, forse c’è ancora qualche speranza, Shinichi…sia per indagare, sia per salvare il tuo rapporto con Ran.”

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Precisazioni:

*[…]lenti non graduate degli occhiali: Conan non indossa veri occhiali da vista, in quanto realmente non è affatto miope, anzi: ci vede benissimo! Li usa solo come copertura (probabilmente senza rendersi conto che nascondono ben poco la sua somiglianza con Shinichi); una volta, nel primo capitolo del manga, ha indossato occhiali con lenti davvero graduate, quelli del padre, ma non ci vedeva niente ed è stato costretto e smontare tutto l’apparato e continuare ad avere sul naso solo la montatura.

* […] quel caso al ristorante South’s Flowers: Vedi Capitolo 2.

* […] La calma, il sangue freddo e lo spirito d’osservazione: E’ una frase detta (nonché le doti eccezionali) dal grande mito a cui è devoto Shinichi, Sherlock Holmes.

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Note dell’autrice: : E dopo un mese e più di assenza, rieccomi qui! Come state? E come vi è trascorsa l’Estate? Spero vi siate divertiti e ve la siate goduta, ora è arrivato Settembre e bisogna tornare al lavoro ç___ç
Ripostare qui su EFP mi è parso così strano…ma anche così affascinante! Ho notato un sacco di nuove fanfic, tra le quali una che credo mi piacerà molto…devo mettermi sotto e recuperare tutte le pagine perdute in questo mese!! :P
Comunque, ditemi: cosa ve ne è parso di questo capitolo? Vi avevo promesso che avrei dato spazio a Conan, no? XD Uh, e ce lo facevate così allenato, cascamorto e dongiovanni Michiyo? *diavoletto*
Ho avuto diversi problemi con la riflessione di Ran: cancellavo e riscrivevo, cancellavo e riscrivevo ;__; Alla fine ho optato per questa qui, che mi sembrava la più decente. Spero di non essere uscita dal carattere del personaggio, ma l’argomento da trattare era piuttosto difficile, all’inizio non sapevo dove mettere le mani XP E sono molto preoccupata anche per il discorso tra Conan e Ai, ho paura di averli resi troppo OOC; abbastanza in carattere mi pare lo scherzo di Ai, quello credo di averlo azzeccato come comportamento...voi cosa ne dite? Vi è piaciuto?XD
Fatemi sapere presto cosa ne pensate, mi raccomando ^.^ Spero di non avervi deluso, ad ogni modo: mi dispiacerebbe molto!
Passo ora a ringraziare tutti coloro che mi hanno letto, nonché ed ovviamente i commentatori:

@ Pera 11: Davvero sono riuscita a farti piacere Richard ? Bene!XD Già, sarà una vera rivelazione il loro incontro di studio…*mistery* In questo capitolo, però, ho preferito concentrarmi sui due personaggi principali, Shinichi e Ran, senza lasciare molto spazio al bel britannico o alla misteriosa figura che tu credi NERA…mah! Saresti pronta a mettere la mano sul fuoco che davvero si tratti di qualche componente dell’Organizzazione? O di Vermouth? Avrai tempo di rifletterci sopra…ihih!! *devil*
Strano ma vero, sono contenta che Michiyo ti stia antipatico XD Voglio tentare di descriverlo come…un pallone un po’ troppo gonfiato xDDD E forse ci sono riuscita…
Per quel che riguarda Ran, in questo capitolo ti è sembrata OOC? E…cosa ne pensi della sua riflessione? Della sua, come dire…scelta? Sono ansiosa di leggere il commento di questo aggiornamento!!
Grazie mille delle recensioni che posti per i miei capitoli, mi fanno sempre molto piacere!! Un bacione e buon rientro XXX

@ Irene Adler: Evviva! Ho trovato un metodo per distrarti dagli errori che commentto! XD
Sì, Ran è abbastanza…indecisa? Confusa, forse, è il termine più adatto; piaciuta la serata tra lei e Ishimaru? Stavolta ho rivelato anche le ansie di Conan che, nonostante non sembrava, si è accorto quasi di tutto!:P Penso che scoprirà per benino come stanno le cose nel prossimo capitolo, però…deve pur venire a sapere che Ran e Ishimaru sono usciti insieme, no? ;D Ti ringrazio molto per la recensione e quelle precedenti! Kiss kiss :**

@ Shaddy: Shaddyyyyyyy ^.^
Ma che onore ricevere un’altra tua recensione *iperstrasuperdevil*
Ok ok, faccio la seria (più o meno *devil*): Richard lo adori, Ishimaru lo odi…BENE *__* Sta’ pure sicura che tra quest’ultimo e il caro vecchio Shin ci sarà una resa dei conti…forse tra un po’ di tempo, forse già nel prossimo capitolo, ma ci sarà! =D Hai azzeccato riguardo Conan che corre da Agasa ed Ai per parlare di Michiyo…essendo però inconsapevole del suo appuntamento con Ran, non ha potuto minacciarlo a morte e rinnegare così i suoi ideali *angel* Comunque, davvero, sono molto ma molto felice che tu stia leggendo la fanfic e che ti piaccia! Spero di non deluderti andando avanti con la stesura!! Ciau, a presto ^________^

Ancora grazie, grazie e grazie a TUTTI ^_________^
I commenti che leggo (positivi o negativi che siano) mi stimolano a scrivere e dare il meglio di me, non immaginate quanto piacere mi facciano!!
Ci rivediamo presto con il prossimo capitolo, in vacanza ho scritto parecchio ;-) Inoltre, voglio approfittare del POCHISSIMO tempo libero che mi rimane a disposizione prima di ricominciare con le stressanti attività autunnali per andare un pochino avanti con la storia…voglio arrivare ad un certo punto che ho già in mente (tremate, tremate XD) il prima possibile…
Un abbraccio forte forte e ancora GRAZIE !!! *__*

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 7
*** Una Nuova Traccia ***


Capitolo Sei

Una Nuova Traccia

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“…e sono riuscito a capire così, che a commettere l’omicidio era stata la moglie!” terminò il suo discorso Ishimaru, assumendo un’espressione da chi la sapeva lunga. Non aveva fatto che vantarsi per tutta la sera, ma Ran lo aveva ascoltato con pazienza ed educazione, senza interromperlo.
Si alzò dalla sedia e re indossò il cappotto che, alla fine, aveva deciso di togliere; spesso il ragazzo le aveva fissato le gambe con insistenza, ma lei non aveva replicato. Priva oramai di imbarazzi e timori, attese che anche il giovane fosse in piedi per poi avviarsi verso l’uscita.
Ishimaru, che nel frattempo aveva di nuovo infilato la felpa, fu veloce ad appostarsi al suo fianco ed a cingerle le spalle con un braccio; il suo motto: tentar non nuoce.
Lei sobbalzò leggermente appena percepì il contatto, ma lo lasciò fare; dopo qualche istante di grande imbarazzo, riuscì finalmente a balbettare:
“Se-sei…stato-o…molto gentile a-a offrirmi la ce-cena…”
In risposta, lui le sorrise a trentadue denti in modo dolce, mentre entrambi si avviavano verso l’uscita.
Una volta a contatto con il fresco vento della sera, Michiyo strinse ancora più forte a sé Ran, sussurrandole: “So che forse è troppo presto, ma io devo dirti…”
“Michiyo, è lei?” lo interruppe una voce maschile, che attirò l’attenzione dei due ragazzi.
Ran, grata all’uomo che aveva pronunciato quella frase e che aveva evitato ad Ishimaru di terminare il suo discorso, lo osservava incuriosita: aveva all’incirca trentacinque anni ed indossava un paio di pantaloni neri di lana ed un giacchetto di piume grigio. In testa aveva calcato un cappellino, che lasciava però intravedere alcuni ciuffi di capelli mori. Il viso era incorniciato dalla corta barba nonché dal pizzetto che lui stesso aveva lasciato crescere.
“Oh, Kaetsu, è lei!” esclamò il poliziotto, voltandosi verso di lui ma senza staccarsi da Ran “Cosa ci fa qui?”
“La stessa cosa che fa lei, suppongo” rise, indicando con un cenno del capo l’insegna del ristorante “La differenza è che io non sono in dolce compagnia…”
Il castano ridacchiò, senza replicare o negare; allo stesso tempo, Ran arrossì e gli sussurrò all’orecchio: “Chi è questo signore, Ishimaru?”
“Davvero non l’hai mai visto? Strano!” le rispose a bassa voce “Lui è…”
“AAAH!!”
Un forte e spaventoso grido interruppe il ragazzo, costringendo sia lui sia i sue due interlocutori a voltarsi di scatto verso la direzione della sue provenienza.
“Cos…” fece appena in tempo a borbottare Ran, che già Michiyo era corso, con gli occhi assottigliati e lo sguardo deciso, dove già molta gente si era radunata.
“ISHIMARU!” gli urlò dietro Ran, rimanendo immobile, nonché terrorizzata; con il pugno chiuso all’altezza del petto, era indecisa: seguirlo o aspettarlo?
“MICHIYO!” gridò nel frattempo l’uomo chiamato Kaetsu, ripercorrendo il suo tragitto ed allontanandosi dalla ragazza, che in quel momento stava vivendo un déja-vu:

INIZIO FLASHBACK

“E’…è terribile!..” singhiozzò la moretta, tentando di asciugarsi le lacrime con la manica del cappotto verde acqua.
“Sono cose che succedono spesso…” le confessò di rimando il ragazzo, strofinandosi una mano dietro la nuca “Ti conviene abituarti…”
“COSA?” lo interruppe subito lei, le lacrime di rabbia e di tristezza che le solcavano inesorabilmente il volto “Ma come puoi essere così insensibile?!”
Poi uno strano silenzio piombò tra loro; mentre la giovane era occupata ad asciugarsi le lacrime come meglio poteva, il suo amico si interessava ad uno strano e robusto uomo vestito interamente di nero che correva verso un vicolo buio del luna-park.
-Ma quello è l’uomo che si trovava sul treno dei misteri…- pensò il moretto, assottigliando gli occhi.
“Ehm, io devo fare una cosa: tu avviati verso casa” le comunicò, prima di iniziare ad inseguire quel losco individuo. Si voltò, sventolando la mano : “…ci rivediamo più tardi, Ran!”
“No, non andare, Shinichi…” tentò di convincerlo lei, facendo per andargli dietro; ma il laccio della sua scarpa si spezzò e dovette bloccarsi a rimuginare sulla stranissima sensazione che in quel momento le avvolse il cuore in una morsa e le fece contrarre lo stomaco; fin quando non lo vide sparire dietro l’oscurità, continuò a domandarsi se fosse meglio seguirlo oppure aspettarlo…

FINE FLASHBACK

Convinta di star facendo la cosa migliore e di non commettere un errore già pagato, si mise a correre verso il parco poco distante da lei, cercando con lo sguardo Ishimaru.
- Dove sei, dove sei…?- pensava, mentre il vento freddo le sferzava la faccia e la costringeva a chiudere gli occhi e portarsi una mano di fronte al viso –Ti prego, ti prego…- Di nuovo il sorriso tornò ad allietarle il volto, quando in lontananza riconobbe il felpone scuro del poliziotto. Mentre ignorava il freddo che l’aveva invasa - o perlomeno, tentava di ignorare il freddo che l’aveva invasa – e si faceva largo tra la folla, notava che il suo amico era piegato sulle ginocchia ed osservava qualcosa di fronte a lui, che probabilmente si trovava a terra; la gente tutt’intorno, molto numerosa, seguiva la scena in modo titubante, e rimaneva in silenzio. Trovandosi a pochi metri dalla sua destinazione, la ragazza rallentò; poi, dopo aver deglutito, si avvicinò a Michiyo; non appena scorse quel che tanto spaventava le persone in cerchio intorno a loro, un grido le uscì dalla bocca senza che lei lo avesse voluto: sul selciato di fronte all’entrata del parco, si trovava il cadavere di una donna bionda, vestita di un elegante tailleur nero e scarpe con il tacco alto. Dai segni sul collo era comprensibile che il decesso fosse stato causato da soffocamento, ciononostante, sul petto della vittima vi era un coltello che, passando per il portafogli, le feriva la carne.

“Secondo la carta d’identità, questa donna si chiamava Noama Tsugumi ed aveva trentanove anni.” disse Ishimaru, chinato sulla barella dove era stato adagiato il cadavere della donna. Aveva appena spiegato come, secondo lui, era sopraggiunta la morte ed ora stava terminando la sua attenta analisi.
Appena rinvenuto il corpo, aveva urlato a Ran di chiamare immediatamente l’ispettore Megure e comunicargli che il serial-killer aveva colpito ancora.
-Che rabbia!!- aveva pensato, sbattendo con forza il pugno per terra –Ero qui, a due passi…eppure quel criminale da quattro soldi è riuscito ugualmente a sfuggirmi! Non l’ho visto, non ho idea di chi possa essere…accidenti!!!-
La macchina della polizia era arrivata quasi subito, con a bordo l’ispettore, Takagi e Shiratori. Il luogo del delitto era stato isolato da strisce gialle e nere, la posizione del corpo delineata di bianco e la donna priva di vita spostata su una barella. Mentre l’ambulanza si apprestava a portarla via, alcuni poliziotti impedivano alla folla, crescente di minuto in minuto, di avvicinarsi: ormai tutti avevano scoperto l’accaduto, ed erano arrivati anche i giornalisti, molto indiscreti ed agguerriti.
“IL SERIAL-KILLER HA COLPITO ANCORA??” urlava uno, la macchina fotografica tra le mani.
“COME INTENDETE REAGIRE?” chiedeva a gran voce un altro, pronto ad annotare la risposta sul block-notes blu. Gli agenti non rispondevano, tentando di bloccarli in tutti i modi possibili.
Al centro della scena, invece, proprio accanto alle macchine lampeggianti, vi erano alcuni medici, quattro forze dell’ordine ed una ragazza ancora shockata dall’accaduto:
“Opera del serial-killer…” disse a mezza bocca ma con freddezza Shiratori, scrutando nell’oscurità le porte dell’autovettura dell’ambulanza chiudersi. “E meno male, Michiyo, che avevi preso delle ore di permesso…”
“E’ la quarta vittima, questa…” era stato Takagi a parlare, con tono di voce amareggiato.
“Ora spiegami bene.” iniziò Megure, osservando con serietà Michiyo “Com’è che hai trovato il cadavere?”
“Ero alla pizzeria poco distante da qui, avevo appena finito di cenare insieme a Ran” cominciò lui, lanciando uno sguardo alla ragazza; questa, era poco distante da loro e li stava ascoltando attentamente, ancora un po’ scossa.
“Era con lei che dovevi uscire, dunque…” lo interruppe sorpreso Takagi, fissando poi Ran, che cercò subito di giustificarsi: “S-sì…noi, eravamo in quel locale…ma ” volle precisare, rossa in volto “Non stavamo facendo nulla…!”
“Povera ragazza…” esclamò Shiratori, porgendole un bicchiere di carta con dell’acqua “Ti ritrovi sempre in queste brutte situazioni…”
Lei annuì, afferrando il bicchiere e sussurrando un lieve: “Grazie…” prima di iniziare a bere.
“E’ strano che non ci sia Conan…” borbottò Takagi, guardandosi intorno con la certezza di vederselo spuntare con qualche osservazione brillante in bocca da un momento all’altro.
“Quel ragazzino non interverrà più nelle questioni della polizia.” disse subito con fermezza Ishimaru, scrutando severo il collega “Non sono cose adatte a lui. E’ chiaro?”
“C-come?” balbettò l’agente, ignaro della discussione avuto con il bambino qualche giorno prima.
“Non siamo qui per fare conversazione.” Li riprese furente l’ispettore Megure, spostando nuovamente la sua attenzione sul volto del nuovo arrivato “Allora, vuoi spiegarmi come stanno le cose?”
“Posso spiegarglielo anche io, se vuole…” una voce familiare li fece voltare: era stato l’uomo che Ran e Ishimaru avevano incontrato poco prima, quel Kaetsu, a parlare.
“C’ero anche io…” continuò quest’ultimo, con lo sguardo serio.
“Kaetsu!” esclamò Takagi, mentre Shiratori si sorprendeva.
“A quanto pare questo posto è divenuto famoso…” cercò di ironizzare Megure, ma senza buoni risultati.
Mentre i due iniziavano a conversare, Ishimaru si avvicinò a loro per dire la sua ed ascoltare, ma una mano che gli si adagiò sulla spalla glielo impedì:
“Ishimaru, perdonami…” gli sussurrò all’orecchio Ran, una volta che lui si fu voltato “Chi è quell’uomo?”
“Davvero non lo hai mai visto?” gli chiese sorpreso il poliziotto “E’ il medico legale del nostro distretto…lavora qui da un bel po’, è strano che tu non lo conosca.”
“Capisco…ecco perché aveva una faccia familiare!” commentò in risposta la ragazza.
Ishimaru la fissò dubbioso per qualche istante, poi sospirò. Ran lo guardò incuriosita, e si sorprese quando lo sentì annunciare: “Ispettore, io accompagno Ran a casa…la raggiungerò poi in centrale!”
“Come?” fece Shiratori, aggrottando le sopracciglia.
“Siamo alle solite…” borbottò il suo collega/rivale Takagi, osservando l’Ispettore acconsentire ed i due giovani allontanarsi “Michiyo prende iniziative senza chiedere il permesso all’ispettore…”
“E quel che è peggio è che non viene mai ripreso…” si lamentò Shiratori, scuotendo la testa.

§§§

-Ah, dentro casa fa caldo, si sta molto meglio!- pensò Conan, chiudendosi la porta alle spalle. Si tolse il giacchetto e la sciarpa che aveva indossato mentre camminava verso l’agenzia investigativa e lanciò uno sguardo all’orologio: mezzanotte e quindici minuti.
-Ugh…Ran sarà arrabbiata…- si disse mentalmente, avviandosi verso la sua stanza; camminando in punta di piedi, cercò di fare il meno rumore possibile, sperando anche che i suoi lievi passi fossero coperti dal russare di Kogoro.
Passò con la schiena leggermente piegata di fronte alla camera di Ran, lanciandovi un’occhiata.
-Eh?- pensò sorpreso, avvicinandosi maggiormente alla stanza della sua “sorellina” –Non è ancora rientrata…- dedusse poi, scorgendo il letto in ordine e vuoto.
-Eppure è tardi…- con gli occhi assottigliati, iniziava a preoccuparsi.
Sospirò, dicendosi mentalmente di essere uno stupido e di dover stare tranquillo; questo, naturalmente, perché credeva che la sua amica d’infanzia fosse uscita con Sonoko: se avesse saputo la verità (cosa che comunque, prima o poi sarebbe avvenuta) di certo non si sarebbe dato dello sciocco, ripetendosi che Ran aveva la testa sulle spalle e per di più conosceva ottime, nonché spaventose, tecniche di karate.
“Beh, allora…ti ringrazio, davvero! Non avresti dovuto scomodarti…”
Com’è che si dice? Parli del diavolo e spuntano le corna? Ebbene, la voce di Ran raggiunse il piccolo detective, che aguzzò l’udito. La ragazza si trovava di fronte alle scale dell’agenzia e stava parlando con qualcuno.
-Strano che ringrazi così Sonoko…- pensò Conan, aggrottando le sopracciglia.
Non udì la risposta dell’interlocutore della giovane, perché altrimenti non si sarebbe lasciato prendere dal sonno e spento il cervello.
“Figurati! Per te…questo ed altro!”
Un borbottio, dovuto all’ora tarda, fu invece l’unica cosa che riuscì a percepire; una strana considerazione gli percorse la mente: -E strano è anche che Sonoko si preoccupi di parlare a bassa voce…- “Beh…allora, ciao!” udì sussurrare Ran e, lasciando perdere ogni ragionamento e dubbio, si precipitò nella sua camera, tuffandosi nel letto pochi istanti prima di udire la chiave girare nella serratura.
Rendendosi spaventosamente conto di non indossare il pigiama, si coprì sino al mento con la coperta di lana verde.
Ran, appena messo piede nell’appartamento, si lasciò sfuggire un sospiro, sicura che nessuno l’avrebbe sentito. Mentre si sfilava il cappotto e lo appoggiava sulla poltrona, accanto a quello di Conan, pensava sconsolata:
-Che serata…- Poi, però, la faccia di un giovane e carino poliziotto le tornò in mente, ed uno strano rossore le colorò il volto, mentre un piccolo sorriso le muoveva le labbra.
Dopo essersi sfilata anche le scarpe, si avviò verso la sua camera, ma notò la porta di quella di Conan aperta. Entrò in punta di piedi, mentre il ragazzino che le dava le spalle stringeva forte gli occhi percependo la sua presenza.
Sperando che se ne andasse in fretta, Shinichi in versione mignon non si accorse che la ragazza gli era ormai vicinissima; quindi, ovvio che, non appena sentì gli occhiali abbandonargli il viso per posarsi sul comodino di fianco al letto, trattenne il fiato; stringendo ancor più forte le coperte, diede a Ran l’impressione di avere freddo.
Lei sorrise dolcemente, rimboccandogli le lenzuola all’altezza dei fianchi; poi gli posò un bacio sulla guancia e, silenziosamente, uscì dalla stanza.
Non si accorse, di certo, del fuoco che ardeva sulla faccia del suo adorato fratellino e del seguente pensiero che gli attraversava la mente:
-Chissà se, conoscendo la mia vera identità, lo faresti ugualmente…-

§§§

Ottimo lavoro!
Quello che stava svolgendo, era davvero un ottimo lavoro! Aveva avuto successo fino a quel momento e, a quanto sembrava, la provvidenza degli dei non intendeva abbandonare quella persona che così tanto si stava dando da fare; certo, spesso –se non sempre- questa creatura fortunata andava contro alcune regole morali, alcune leggi…ma, visto che le vedeva solo come sciocche convenzioni, non era un problema infrangerle per ottenere quello che perseguiva da tempo.

§§§

“Non vedo l’ora di partire! Ho già preparato la valigia, anche se purtroppo manca ancora qualcosa per completarla!” cantilenò gioiosamente Ayumi, piroettando con le mani all’altezza del petto; indossava un vestitino rosso ed un giacchetto di pelle bianco.
Insieme alla squadra dei Detective Boys si stava avviando verso la scuola elementare affianco al liceo, entusiasta, come anche gli altri autentici bambini, per la gita che di lì a poco si sarebbe svolta.
“Io devo cercare la borsa con il doppiofondo e le tasche laterali per le salsicce!!” esclamò Genta con la bava alla bocca, al solo pensiero di affettati e salumi; aveva indosso un paio di pantaloni lunghi celesti ed un maglione verde, stesso colore del giacchetto imbottito.
“Sei sempre il solito, Genta.” lo riprese con tono sconsolato Mitsuhiko, jeans blu e cappottino nero.
“Ma che cos’ho detto di male?” chiese lui, le sopracciglia inarcate ed il tono di voce offeso.
Una risposta tirò l’altra e, come di consueto, tra il terzetto nacque un litigio animato; gli unici a mantenersi calmi furono due bambini pacati, con l’aspetto stranamente maturo e adulto.
“Anche tu non vedi l’ora di partire?” chiese con tono ironico Ai a Conan, lo sguardo strafottente.
“Chiudi quella bocca!” rispose con tono scocciato il piccolo detective, le braccia incrociate dietro la nuca.
“Arrabbiato per la strigliata che ti ha fatto ieri la tua amica d’infanzia?” indagò la piccola scienziata, convinta di non sbagliare; ma la faccia leggermente perplessa del suo interlocutore le fece sospettare di non aver indovinato.
“Non si è arrabbiata per il tuo ritardo?” spiegò, la malizia nel tono della voce oramai assente.
“No, quando sono rientrato lei ancora non era in casa.” disse lui, ripensando a quanto avvenuto la sera prima ed avvampando leggermente al ricordo del bacio. “E’ tornata qualche minuto dopo di me e mi ha trovato dentro il letto addormentato…” disse, cercando di sembrare indifferente.
“…addormentato per finta, immagino.” concluse la frase lei, sorridendo proprio come lui.
Intuì che doveva essere successo qualcos’altro, un bacio oppure una carezza che la ragazza gli aveva donato, visto il suo rossore, ma decise di andarci con i piedi di piombo: ricordava la preoccupazione e la tristezza dell’ormai amico –o forse più di un semplice amico- la sera prima ed aveva anche arguito una nota strana nel tono della sua voce, ma non era così cinica come lui invece credeva.
“Cosa c’è che non va? Oltre il poliziotto e l’indagine, intendo.” azzardò, rivolgendogli uno sguardo profondo quanto indecifrabile.
Conan capì di non poterle nascondere nulla ed in un certo senso fu quasi lieto di essere costretto a rivelarle la verità: fingere di star bene ed essere tranquillo sul fronte sentimentale stava diventando difficile e…seccante. Sfogarsi gli faceva bene e sapeva di confidarsi con una persona che non l’avrebbe tradito, spifferando ai quattro venti i suoi segreti. Sospirò, prima di parlare: “Credevo che ieri sera Ran fosse uscita con Sonoko, visto che il pomeriggio era andata a casa sua. Ma non ha mai fatto tanto tardi quando si trova con lei e ci sono un paio di elementi che mi fanno pensare che…il suo accompagnatore fosse un altro…”
“Stai pensando a…” fece lei, ma il detective la interruppe subito:
“Non lo so. Non credo sia uscita con…con…lui.” Poi aggiunse, sottovoce, quasi come volesse parlare con se stesso e non farsi udire da Haibara: “Non voglio credere sia uscita con lui…”
La ragazza rimpicciolita gli posò una mano su una spalla, restando in silenzio.
A volte uno sguardo vale più di mille parole inutili.
“Grazie, Haibara. E scusami per la scenata di ieri sera, io…avevo perso il controllo.”
Lei alzò lievemente le spalle, per poi volgerle al ragazzino; con una leggere sfumatura di rossore in volto, ritirò anche la mano dal suo corpo, congiungendola all’altra dietro la schiena.
“Bene, ci vediamo domani, allora!” esclamò Ayumi, sorridendo con affetto ad entrambe le vittime dell’aptx4869.
“Ma certo! Poi ci mettiamo d’accordo per incontrarci un giorno e…” disse Genta, muovendo la mano verso la biondina ed il moretto.
“…ed organizzarci per il campo!” concluse per lui Mitsuhiko, arrossendo dopo aver incontrato lo sguardo di Ai, che salutò tutti freddamente.
“A domani, ragazzi!” salutò invece con un bel sorriso Conan, dopo aver assunto nuovamente un atteggiamento tranquillo e sereno.

§§§

“Oh, accidenti! Che sfortuna! Anche quando uscivi con Kudo succedeva sempre qualcosa di brutto…” esclamò con convinzione Sonoko, rimasta ad ascoltare l’amica parlare del suo sfortunato appuntamento, condito di omicidio, da quando entrambe erano uscite da scuola e si erano avviate verso casa.
“…” Ran non rispose; una terribile confusione, che aveva raggiunto il culmine nel momento in cui aveva accettato di uscire con Ishimaru, regnava nel suo cuore e nella sua mente, ed era stata rievocata non appena l’erede Suzuki aveva pronunciato la parola “Kudo”. I sentimenti che provava per lui erano molto forti ed intensi, ma il semplice fatto di essere uscita in compagnia del poliziotto l’aveva messa in crisi: lei si era divertita, era stata bene, aveva accettato i suoi sguardi e le sue parole e a volte la aveva anche ricambiate. E non si era pentita di averlo fatto; Michiyo non era stato solamente gentile con lei, ma anche romantico ed era riuscito a farla sentire apprezzata, amata….cosa che da molto tempo non accadeva; le aveva riscaldato il cuore in modo particolare, come quasi neanche una telefonata di Shinichi aveva fatto. Voltare le spalle al ragazzo che da anni amava, al ragazzo del suo passato che per lei aveva sempre rappresentato il suo futuro era un’azione spaventosa da compiere, a suo parere, e solo pensarlo minimamente la faceva sentire in colpa, però, forse…
“Kudo? Chi sarebbe questo Kudo?”
Le due ragazze si voltarono e scoprirono, dietro di loro, Ishimaru; il giovane, ancor prima di udire la risposta di Sonoko, cinse le spalle di Ran con un braccio, stringendosi a lei:
“Quello che Ran amava prima di conoscere te!” rispose, con una tranquillità fin troppo esagerata.
“COSA?” urlò il poliziotto, spostando immediatamente lo sguardo su Mouri, che rossa come un peperone, si affrettò a dire: “Non è vero, io non lo amo!!”
“Certo, lo amavi, ma adesso non lo ami, perché c’è Ishimaru!” girò immediatamente la frittata a suo piacimento Suzuki.
La moretta deglutì, ancora rossa in faccia e con il cuore che batteva forte, ma non disse nulla; abbassando leggermente lo sguardo, pensò:
-Così come dice Sonoko…sembra quasi che io stia tradendo Shinichi…ma no, non è così! Per niente! Shinichi non è il mio ragazzo…e lui, avrebbe anche potuto dimostrarmi in qualche modo di tenerci a divenirlo…io…io non devo sentirmi in colpa, non sto facendo nulla di male…-
“EHI!!” la riscosse Suzuki dai suoi pensieri, scuotendola per le spalle “Ti ho messo troppo in imbarazzo?”
“Eh? Ah, no no…” ridacchiò la ragazza.
Ishimaru rimase in silenzio, osservando la giovane castana punzecchiare Ran:
“Beh…mi riprendo i pantaloncini che ti ho prestato ieri sera e poi vado via! Così ti lascio sola con Ishimaru, va bene?” affermò poi sottoforma di domanda Sonoko, un tono che non ammetteva repliche.

§§§

Una volta uscito da scuola, ci mise poco tempo a ritrovarsi di fronte all’agenzia investigativa, solo e preoccupato.
Iniziò a salire le scale con passo lento, ed udì una voce familiarmente antipatica discutere con Kogoro; si alzò poi sulle punte per girare la maniglia, ma la porta si aprì da sola e il corpo grande e grosso (in confronto al suo) di Sonoko lo travolse; i due caddero a terra, Conan steso sul pavimento e la castana sopra di lui, gemente.
“Ahi ahi ahi…” mugolò il moretto, strofinandosi una mano tra i capelli.
“Oh, solita piccola peste…” borbottò Sonoko, cercando con lo sguardo dove fosse caduta la busta con i pantaloncini che teneva in mano prima di cadere.
“Dì pure tranquillamente Solita enorme peste…” si intromise Michiyo, troneggiando su di loro sulla soglia della porta e le mani sui fianchi, l’espressione del volto severa. Conan ricambiò il suo sguardo ostile, prima di spostarlo sulla sagoma che si precipitava in fretta verso di lui:
“Conan!” invocò Ran, accucciandosi vicino a lui “Tutto bene?”
“E a me? Non dici niente?” chiese subito Sonoko, mentre Ishimaru la aiutava ad alzarsi.
“Avresti potuto guardare dove mettevi i piedi…” borbottò a bassa voce la giovane Mouri, prendendo Conan per mano e tirandolo su.
“Mi chiedo se Michiyo per te non sia sprecato” fu la risposta imbronciata della castana.
-Eh???- pensò subito Conan, immediatamente attento ad ogni minimo dettaglio.
“Mi dispiace: non credo avverrà mai.”
Lanciò poi un’occhiata profonda a sexy alla figlia del detective Kogoro, facendo ruggire mentalmente Conan ,i denti stranamente visibili.
-Ehi!!-
“Eh, sapevo di dover colpire prima che voi due usciste insieme…” continuò l’erede Suzuki, senza che si potesse capire se stesse scherzando o meno.
-Uscire insieme? VOI?- Conan stava decisamente perdendo la pazienza.
“Dopo il primo appuntamento, amen! Se poi questo è di sera, con le luci delle stelle e della luna che illuminano in modo romantico…” Sonoko sembrava non prendere mai fiato e pronunciando questa frase, assunse uno sguardo sognante e melodrammatico.
“Appunto. Io oramai sono proprietà privata…” disse Ishimaru, leggermente rosso in volto ma con la sua solita sfacciataggine, lanciando poi uno sguardo a Ran “Dopo ieri sera, poi…mi dispiace solo che il nostro appuntamento sia terminato con quel morto…” il suo tono di voce divenne amareggiato.
“Non preoccuparti…non potevi prevederlo, non è colpa tua!” esclamò subito Ran, anche lei con una leggera sfumatura di rosso che le colorava il viso.
-Appuntamento?? Ieri sera??- Conan non ci vedeva più dalla rabbia, i pezzi del puzzle stavano iniziando a combaciare –Allora i miei sospetti erano fondati!!-
Mentre il sangue gli ribolliva nelle vene e la faccia assumeva uno strano colorito, il piccolo detective osservò tremante di ira Ran rassicurare Ishimaru, il quale si comportava da vero e proprio spasimante. No, non era possibile…doveva aver capito male, doveva esserci una spiegazione…Ran non poteva essere uscita con quel bellimbusto, era da escludere. Ma allora cosa significavano quei discorsi? Perché parlavano così?
“Ieri sera sei uscita con lui?” sbottò infine, guardando Ran in un modo che a lei parve strano.
“S-sì…” balbettò come risposta, perplessa da un atteggiamento così aggressivo da parte del suo fratellino; sapeva che Michiyo non gli andava molto a genio, ma reagire in quel modo era esagerato…
Dal canto sui, Shinichi perse un battito cardiaco nel momento in cui vide le labbra di Ran muoversi per rispondere in modo affermativo: lei era uscita con il poliziotto. Il resto del discorso che i tre adolescenti misero in piedi non lo interessò più, la sua mente si era svuotata, riusciva solo a pensare:
- No…no…no! Non può essere…io…io non ci posso credere…-
La sua Ran aveva quindi ceduto al corteggiamento di quel ragazzo e gli aveva concesso un appuntamento. Provava qualcosa per lui, altrimenti non avrebbe mai acconsentito ad un incontro, non era tipo che prendeva in giro le persone.
Possibile che…
-Si stia dimenticando di me?-
Il mondo gli crollò addosso.
-Oppure si è stancata di aspettarmi…-
Rimorsi, dubbi, pentimenti gli vennero alla mente e gli mandarono in subbuglio lo stomaco, che si strinse in una morsa.
Sarebbe rimasto lì, in quello stato terribile per ore, se la voce del peggiore dei suoi incubi non lo avesse riscosso con violenza dai suoi pensieri atroci:
“EHI! Gradirei una risposta. Mi hai capito?”
Lui sussultò, alzando gli occhi verso Ishimaru, che gli aveva rivolto quella domanda con tono severo e ordinatorio.
“Dove…Sonoko…” riuscì a dire, con un fil di voce; probabilmente, la sua era deformazione professionale: gli bastava uno sguardo per capacitarsi di ciò che avveniva intorno a lui.
“Sei tonto? E’ appena andata via. Si è ripresa i pantaloni che era venuta a prendere ed è tornata a casa, non poteva restare perché dobbiamo parlare del caso e, ovviamente, anche tu devi andare via.”
“…” il piccolo detective rimase in silenzio, incapace di mettere in ordine le parole per formare una frase.
Davvero Ran preferiva quel ragazzino montato, sbruffone ed insolente a lui…?
“Non essere così duro con lui, Ishimaru.” lo riprese la ragazza, per poi ignorare Michiyo che sbuffava. Si inchinò leggermente verso di lui, e disse con tono dolce:
”Non è il caso che tu senta certe cose…non voglio che possa spaventarti, anche se so che probabilmente sarò io a morire di paura.” rise “Non puoi rimanere qui, mi dispiace. Va’ in casa, ti ho preparato il pranzo: polpette al pomodoro, quelle che adori.” sospirò, guardandolo negli occhi “Perdonami, ma purtroppo devi andare via.”
“Ma…ma…” cercò di pronunciare Conan, però senza alcun risultato.
“Oh, insomma! Cos’è questo baccano? Dobbiamo parlare sì o no della nuova vittima del serial-killer…?” chiese Kogoro ad alta voce, affacciandosi alla porta dell’agenzia e ritrovandosi così sul pianerottolo tra l’appartamento e l’ufficio, insieme agli altri tre. Non appena vide Conan, il suo sguardo mutò:
“Oh, sei tu…” borbottò.
“Cosa…” tentò il moretto, stavolta con un risultato migliore del precedente “Cosa potrei capire di quello che dite? Non so nulla sulle altre vittime…”
“Oltre ad essere impiccione sei anche bugiardo.” lo interruppe Michiyo, serio e duro.
“Cosa?” fece lui, la rabbia mai affievolita, che sempre di più aumentava.
“Tra i fascicoli che ho portato a Mouri l’altro giorno, ho trovato in questo momento un capello.” Spiegò, rispondendo alle mute domande di Ran e Kogoro, rimasti perplessi sentito l’insulto rivolto al bambino.
“Un tuo capello.” Precisò, le mani sui fianchi. “Come me lo spieghi?”
“Come mi spieghi tu che il capello è il mio, piuttosto!” ribadì immeditamente Edogawa, gli occhi ancora fiammeggianti.
“Ah ah, il ragazzino mi ha preso per cretino…” ridacchiò l’agente di polizia, volgendo lo sguardo verso Kogoro.
“Anche Oji-san ha i capelli neri, mi sembra.” Insistette Conan “E lui ha consultato i fascicoli insieme a te…”
Senza dargli il tempo di terminare la frase, Ishimaru si piegò sulle ginocchia, arrivando alla sua altezza e in men che non si dica…ZAC! Gli strappò un capello!
“Ehi!” ruggì il detective, mentre Ran rimproverava il castano e Kogoro rimaneva a bocca aperta.
Senza ascoltare le ramanzine di nessuno, Michiyo osservò per qualche istante il capello, prima di lasciarlo cadere a terra:
“Era il tuo, ne sono sicuro.” affermò, un sorrisetto di sfida e compiacimento disegnato sulle labbra.
-Prima mi riprendo il caso…poi mi riprendo Ran…non sperare di farmela, sbruffone da quattro soldi! Non te le darò vinte! Giuro, giuro, giuro…non ti prenderai gioco di me ancora per molto!!- pensò quasi ormai privo di controllo Conan, i pugni stretti e tremanti in modo evidente.
“Ishimaru, per favore…” invocò con tono serio ed alto Ran, che non poteva sopportare trattassero il suo fratellino così male.
“Per favore un corno!” ribattè Conan, alludendo incosciamente al suo orgoglio: voleva e doveva difendersi da quel presuntuoso da solo; con questo scopo prefisso, il suo dovere di fingersi un seienne gli era completamente sfuggito dalla testa.
“Io non ho fatto nulla” scandì. Beh, come negare l’enorme faccia tosta che Conan stava dimostrando di possedere in quel momento?
“D’inverno c’è vento, no?” continuò, con tono maleducato. “E la finestra dell’agenzia è sempre aperta.”
“Sì, giusto. E’ un vero peccato, però, che il vento non apra un cassetto e non tolga il rivestimento di plastica di files facendo sì che accolgano un, guarda caso, tuo capello.” anche lui scadendo le parole, si appoggiò le mani sui fianchi e mostrò una faccia severa ed arrabbiata.
Shinichi in versione mignon aprì la bocca per parlare, ma Kogoro, ripreso il controllo della situazione, fu più veloce:
“Oh, piantatela! Di chi sia sia quel capello, il moccioso da qui deve sloggiare.”
Il “moccioso” assottigliò gli occhi, mettendo in moto la mente: l’unica cosa che gli rimaneva da fare per scoprire qualcosa su quel serial-killer e le sue vittime era…
“NO! Ti prego,Oji-san, fammi restare!!” piagnucolò, assumendo tono di voce ed espressione di chi da un momento all’altro sarebbe scoppiato a piangere. Si aggrappò quindi alle sue gambe, facendo attenzione a toccargli per bene l’incavo del ginocchio attraverso i pantaloni di lana grigi.
“C-conan…” balbettò Ran, muovendo le mani verso di lui; vederlo in quelle condizioni era più che raro, ed in quel momento si stava quasi per commuovere. Da parte sua, però, Conan si riteneva poco convincente, e , aggrappato alla gamba di Kogoro, continuava a pensare:
-Accidenti, Haibara riesce così bene a fingere di piangere…-
“Conaaaaan!”
I quattro interlocutori si voltarono verso la strada e scorsero Ayumi, Mitsuhiko e Genta correre con foga verso di loro.
“Senti, noi avremmo avuto un’idea riguardo il camposcuola!” esclamò euforico Genta, salendo a due a due i gradini e inciampando più volte in alcuni di essi.
“Mangiamoci un panino al volo e andiamo subito a comprare quello che ci manca per partire!” propose Mitsuhiko, ormai sopraggiunto di fronte a Conan.
“E’ un’idea che ci è venuta mentre tornavamo a casa e abbiamo fatto all’istante dietro-front! Andare insieme sarà più divertente, no?” quasi urlò Ayumi, le mani all’altezza del petto e gli occhi sognanti rivolti al moretto, che fece per rifiutare, ma la mano di Ishimaru lo afferrò da dietro per il colletto della camicia e lo fece staccare violentemente dalla gamba di Kogoro.
Tenendolo a mezz’aria e ricambiando i suoi sguardi ostili, disse:
“Mi sembra un’ottima idea. Avete il consenso di tutti noi…buona passeggiata!”
Pronunciata quest’ultima frase, lanciò Conan verso la strada, mentre tutti osservavano la scena con gli occhi fuori dalle orbite.
I Detective Boys, non appena videro ruzzolare a terra il loro migliore amico, lanciarono un’occhiata offesa ma spaventata allo stesso tempo al poliziotto, per poi accorrere in aiuto di Conan, che intanto si era ritrovato a sedere con le gambe incrociate sul freddo marciapiede.
“CONAN!” urlò Ran, facendo per correre verso di lui giù per le scale, ma Michiyo la prese per un braccio, bloccandola.
“Lasciami, Ishimaru! Ma cosa ti è saltato per la testa, si può sapere?” sbottò, divincolandosi.
“Ma non vedi che non si è fatto niente?!” le rispose lui, indicando con un cenno della testa il bambino di nuovo in piedi che si strofinava con le mani i pantaloni.
Ma la ragazza continuò a dimenarsi, gridando di dover andare ad aiutare il suo fratellino.
-Ci tiene molto al ragazzino…- pensò Ishimaru, nella mente un nuovo piano per convincere la giovane Mouri.
“Ran…” sussurrò dolcemente, afferrandole anche l’altro braccio e facendola voltare verso di lui “Non capisci che lo faccio per il suo bene? Rischia di subire seri danni psicologici se continua ad avere libera visuale di certe scene…non hai detto di avere paura tu stessa? Figuriamoci lui. Credimi…una botta al sedere non è niente in confronto.”
Lei ci pensò un po’ su, poi:
“Sì, forse hai ragione…” ammise a bassa voce “Ma ciò non toglie che sei stato troppo duro con lui!” aggiunse, con tono accusatorio.
“Sarebbe stato impossibile convincerlo in altri modi…” perseguì Michiyo con tono paterno “Fidati di me!”
“…” Ran non rispose, e, forse convinta dalle parole del giovane, lasciò che quest’ultimo la prendesse per mano e la portasse dentro casa; dopo che anche Kogoro fu rientrato, la porta d’entrata venne sbattuta rumorosamente e chiusa a chiave.

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“E’ tutto a posto, Conan?” domandò con tono evidentemente preoccupato Ayumi, inginocchiandosi vicino all’amico.
“Sì…” borbottò come risposta lui, strofinandosi una mano tra i capelli neri; mentre si rimetteva in piedi, sentì Genta esclamare con rabbia:
“Ma chi è quello lì?”
“Chi si crede di essere, piuttosto…” sussurrò tra i denti (stretti) il detective, voltandosi verso il soggetto della sua frase; la scena che gli si parò davanti lo fece cadere nuovamente in balia dei suoi dubbi, dei suoi pentimenti, delle sue colpe e dei suoi rimorsi più grandi, segnò la completa fine della ormai minima serenità che gli era rimasta: di fronte alla porta dell’agenzia, Ishimaru teneva per le spalle Ran e le parlava. Lei lo osservava e, alla fine del discorso, annuì debolmente, per poi rimettere piede dentro casa tenendolo per mano. Dopo il rumore della porta che si chiudeva, Conan non riuscì ad udire più nulla: tutti gli insulti rivolti al poliziotto da parte dei Detective Boys, tutti i progetti per il pomeriggio, gli adulti che gli chiedevano di spostarsi per lasciarli passare…nulla. Conan era caduto in un buio baratro di sofferenza.

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“Ricapitolando, le vittime del serial-killer sono quattro: un tassista, un’insegnante, un orefice e quella rinvenuta ieri sera, un’impiegata agli uffici di collocamento. Hanno tutte sui trentanove, quarant’anni; oltre questo punto, non sono collegati da nient’altro. Né il luogo del ritrovamento, né la situazione economica o tanto meno la zona dove abitavano sono simili tra loro. L’unico filo conduttore è il coltello che viene ritrovato sui loro corpi, in corrispondenza del cuore, che passa per il portafoglio. Ho dimenticato qualcosa?” chiese dopo il suo discorso Kogoro, seduto sul divano di pelle verde di fronte a Michiyo.
“No. Hai detto tutto quel che c’era da dire.” Assicurò lo stesso, aprendo svogliatamente il fascicolo sull’ultima vittima; tutti gli altri files erano sparpagliati per il tavolino nel mezzo dei due divani, alcuni aperti ed alcuni chiusi. “Sono io che devo parlarti: ho avuto un’intuizione e credo di aver trovato questo tanto bramato collegamento tra le vittime.” Aggiunse, un sorriso raggiante dipinto sul volto.
“Davvero?” gli chiese Ran, che si trovava dietro al divano dove era seduto il poliziotto e vi ci si appoggiava con i gomiti. “Allora…forse è meglio che me ne vada…”
Fece per rimettersi dritta e prendere la porta della cucina, ma Michiyo la bloccò con la voce:
“No, non è necessario. So di potermi fidare di te, non andrai a raccontare niente a nessuno, ne sono sicuro. Rimani pure!” la rassicurò. Poi, accorgendosi della presenza di Kogoro che per qualche secondo aveva dimenticato, aggiunse:
“Non è vero? Sei d’accordo con me, no?”
“Oh…sì, certo” si affrettò a rispondere l’uomo, lanciando poi un’occhiata compiaciuta alla figlia, come per dirle:
“Visto? Brava! Brava!”
Lei abbassò subito lo sguardo, imbarazzata. Annuì inseguito al ragazzo, riappoggiandosi allo schienale del divano.
“Dimmi, dunque.” Ordinò Kogoro, tornato serio. “Quale sarebbe questo collegamento…?”
“Giusto.” Rispose il giovane, frugandosi nella tasca interna della giacca. “Ho già comunicato le mie deduzioni all’ispettore Megure, e lui è d’accordo con me. Vedi Kogoro, frugando nell’archivio della centrale, ho ritrovato un altro fascicolo di un caso molto, ehm…interessante.” Fece una pausa, tirando fuori dalla tasca un gruppo di fogli consunti, evidentemente molto vecchi, che sbatté sul tavolo.
“Riguarda un incidente…o meglio, un delitto che però è stato archiviato come suicidio…eh, se a quel tempo io non fossi stato ancora un bambino, puoi scommettere che l’avrei risolto e scoperto il colpevole in meno di un giorno!” affermò, dandosi un sacco di arie.
“Comunque…le quattro vittime, da giovani, facevano parte di un gruppo di teatro; organizzavano spettacoli autonomamente, affittando teatri ma anche palcoscenici di scuole o chiese. Di solito si dedicavano a parodie di favole famose, come Biancaneve E I Sette Nani, per intenderci. Ed erano anche molto in gamba per essere dei ragazzi dell’università, infatti i posti a sedere delle platee erano quasi sempre pieni e molta gente doveva godersi lo spettacolo stando in piedi. Un bel giorno, decisero di compiere il grande passo e tentare la svolta, realizzando un vero e proprio musical; ahimè, il canto non era la loro specialità, e quindi i cinque ragazzi che dovevano esibirsi nel ruolo dei cantanti, iniziarono a recarsi tutte le sere nel teatro che aveva visto il loro debutto, esercitandosi e provando i microfoni e le tracce musicali. Una di queste sere, la giovane Yukiko Nakano – ti dice niente questo nome, Kogoro?- comunicò ai suoi amici di non riuscire a trovare la voce principale, Akamura Nakeki, e diede il via alle ricerche. Qualche ora dopo, il corpo del ragazzo venne ritrovato nella regia, senza vita. Il filo dell’elettricità era servito come cappio per l’impiccagione.”
Ran sentì un brivido gelido attraversarle la schiena.
“Non si rilevarono impronte digitali sulla presa elettrica né sul filo, per non parlare del corpo e nonostante gli alibi vacillanti di alcuni componenti del gruppo, il caso venne presto archiviato come suicidio. Da questo, ne consegue che il serial-killer potrebbe essere un qualche parente o amico del ragazzo morto, probabilmente, non per suo volere.”
“Beh, sì, potrebbe anche darsi. Ma, dimmi…” iniziò Kogoro, ma Ishimaru lo interruppe:
“E poi, guarda qua!”
Aprì il fascicolo di quel vecchio caso archiviato e ne trasse fuori una locandina in bianco e nero stampata su un foglio da fotocopie. La foto ritraeva un gruppo di dieci ragazzi in diverse posizioni: i quattro in primo piano erano in ginocchio sorridenti, mentre i tre dietro di loro erano in piedi. Le due ragazze a destra si cingevano le spalle a vicenda, ed il giovane a sinistra si appoggiava con una mano alla spalla di una biondina in ginocchio, mostrando all’obiettivo due dita che formavano una “v”.
“E’ la locandina del loro gruppo, con questa cercavano di pubblicizzare i loro spettacoli. Vedi?” chiese, poggiando un dito sul volto della ragazza in ginocchio “Questa è Yukiko Nakano, l’insegnante di inglese...” Spostò l’indice sul ragazzo al suo fianco:
“…mentre questo è Kaneshiro Hayashi, il tassista e vicino a lui, inginocchiato, abbiamo l’orefice, Gojo Mifune. E guarda un po’ chi è la ragazza in piedi dietro di loro, tra i due attori alle prime armi…”
Kogoro si sporse meglio verso la locandina, osservandola poi per qualche minuto.
“Noama Tsugumi!” esclamò Ran, il ricordo della salma di quella povera donna ancora nella mente.
“Indovinato!” disse Michiyo, sorridendo spavaldo. “L’ordine delle vittime è anche l’ordine dei ragazzi secondo questa locandina…”
“Quindi, secondo te, la quinta vittima potrebbe essere…” ipotizzò Kogoro con gli occhi puntati sulla stampa.
“Questo ragazzo, esatto.” Annuì l’agente di polizia, posando il dito sul giovane castano in piedi accanto alla vittima.
“Ormai non è più un adolescente, però. Vuoi sapere il suo nome? Ebbene, è Noboru Yashizawa!”
“C-cosa?” chiesero in coro padre e figlia, meravigliati “V-vuoi dire…quell’importante scienziato? La personalità che sta collaborando allo studio sul vaccino per il cancro?”
“Proprio lui. Sono convinto che sarà la prossima persona su cui il nostro amico killer concentrerà la sua attenzione…”
“Mh…c’è una cosa che non mi torna, però.” Riflettè ad un certo punto Ran, un dito sul mento e gli occhi rivolti al soffitto. “Cosa c’entra con loro il portafoglio?”
“Facile!” sorrise in modo sicuro il poliziotto. “Cosa si tiene nel portafoglio? Carta d’identità, patente, biglietti da visita e, che ne so, magari vecchie foto-ricordo…”
Continuando a sorridere in modo così simile a Shinichi –soprattutto agli occhi di Ran-, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un piccolo rettangolino di carta: ritraeva il medesimo gruppo di ragazzi della locandina.
“E’ una foto che ho trovato nel portamonete del signor Mifune. Come puoi vedere, è senza dubbio questo il significato che il killer attribuisce ai portafogli; inoltre, dato il fatto che gli attori novellini si trovano nella stessa posizione sia nella foto sia nelle locandina, è ovvio che l’ordine per le uccisioni è ben deciso. Non c’è dubbio, la prossima vittima sarà Noboru Yashizawa!”

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“E’ un vero peccato che Ai non sia venuta con noi!” esclamò tristemente Ayumi, osservando i guanti esposti nella vetrina del negozio Easy Beauty.
“Hai ragione! Chissà cos’aveva da fare di così importante…” brontolò Genta, le mani dietro alla nuca ed il viso imbronciato.
“Probabilmente doveva studiare!” ipotizzò Mitsuhiko, ma i due bambini non furono d’accordo con lui.
“Tu cosa ne pensi, Conan?” chiese quindi Ayumi, in cerca di conferma. Si voltò verso il suo amichetto preferito, e lo vide con gli occhi assottigliati e l’aria assorta.
“Ehi, Conan, allora?” insistette Genta, poco contento che il loro compagno occhialuto donasse poca attenzione alla moretta. “INSOMMA!”
“Cosa? Ah, sì, sì, scusatemi…” rispose lui, dopo aver sobbalzato ai loro ripetuti richiami.
“Allora? Cosa ne pensi?” domandò impaziente Mitsuhiko, volenteroso di capire come mai la piccola biondina avesse rifiutato l’invito.
“Sì, avete ragione voi…” mugolò a bassa voce il piccolo detective, appoggiandosi una mano su un orecchio.
“Ma noi…abbiamo idee diverse…!” balbettò confusa Ayumi.
“Ah, lasciamo stare! La botta che ha preso prima ancora gli fa male!” sbottò il più robusto.
“Uhm…” la bambina sembrava poco convinta, ma la scoperta di una gonnellina di lana a point rossi le rubò subito attenzione:
“Ah! Ragazzi, entriamo in quel negozio!” propose, correndo verso le porte a vetri.
I due ragazzini non poterono che accettare, raggiungendola velocemente; il più lento fu Conan, che, apparentemente distratto, continuava a premere la mano sull’orecchio…o meglio, in corrispondenza dell’orecchio, sulla montatura dei suoi occhiali.
“Facile!” stavano recitando questi ultimi “Cosa si tiene nel portafoglio? Carta d’identità, patente, biglietti da visita e, che ne so, magari vecchie foto-ricordo…”
Era la voce del poliziotto…
-Si crede tanto furbo…- sfottè mentalmente Conan, mentre ripensava alla sua grande performance: fingendo di fare i capricci, si era aggrappato alla gamba di Kogoro e gli aveva piazzato una ricetrasmittente dietro il ginocchio. Di conseguenza, aveva potuto ascoltare tutta la conversazione e da essa arguire tutte le informazioni necessarie per indagare su quel caso che tanto Michiyo voleva, invece, tenergli nascosto.
“E’ una foto che ho trovato nel portamonete del signor Mifune. Come puoi vedere, è senza dubbio questo il significato che il killer attribuisce ai portafogli; inoltre, dato il fatto che gli attori novellini si trovano nella stessa posizione sia nella foto sia nelle locandina, è ovvio che l’ordine per le uccisioni è ben deciso. Non c’è dubbio, la prossima vittima sarà Noboru Yashizawa !”
Conan assottigliò gli occhi, per poi riuscire a schivare il carrello di una signora che stava uscendo dal negozio mentre lui entrava. Si guardò intorno e scorse i suoi amici intorno ad un meraviglioso costume da Spiderman per bambini, quindi si avviò verso di loro con passo lento.
“Tutto fila, effettivamente.” Stava dicendo Kogoro “Immagino che vorrete…”
“Avvisarlo, certo.” Lo interruppe Ishimaru “L’ispettore Megure, Takagi ed io stavamo proprio per recarci da lui, dobbiamo parlargli. Vuoi venire con noi, Kogoro?”
Il detective assentì, e Conan pensò che oramai i fatti interessanti della conversazione erano terminati, ma una frase pronunciata dal suo rivale gli fece cambiare idea immediatamente:
“E tu, Ran, vieni con noi?”
-Che idiota!- ruggì Conan – Non si rende conto che così la mette in pericolo? Se il serial-killer sta spiando Yashizawa potrà osservarli con facilità e credere che anche lei sia una poliziotta!
“No, ti ringrazio.” Rispose però Ran, al che il piccolo detective tirò un sospiro di sollievo.
“Uh, mi scusi!” si affrettò a dire poi, accorgendosi di essere andato contro le gambe di un signore anziano.
“Io oggi pomeriggio ho…” la frase si interruppe.
-Ehi, cosa succede?- si preoccupò subito Edogawa, non udendo più nessuno parlare.
Quando già una strana sensazione di disagio si stava impadronendo di lui, sentì una voce sconosciuta pronunciare:
“Oh, sorry!! I dunno that…*.”
-Chi è?- si chiese Conan, aggrottando le sopracciglia.

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“No, ti ringrazio.” Rispose dolcemente la giovane Mouri, chinando il capo. “Io oggi pomeriggio ho…” iniziò a spiegare, visto lo sguardo interrogativo di Michiyo.
Ma il rumore della porta che si stava aprendo la interruppe e, come tutti, si voltò verso quest’ultima: di fronte a loro, un ragazzo con dei jeans strappati sul ginocchio e sulla coscia ed un giacchetto grigio imbottito.
Infilandosi le mani guantate in tasca, Richard esordì:
“Oh, sorry!! I dunno that…* No- non volevo interrompervi, davvero.” Sembrava imbarazzato “Il fatto è che ho sentito delle voci e…credevo…beh sì, insomma…”
“Non preoccuparti, anzi perdona tu me!” lo rassicurò dolcemente Ran, con un sorriso “Sono in ritardo, avrei dovuto venirti in contro…”
Kogoro storse il naso.
“Chi è questo?” chiese invece Ishimaru, con maleducazione, infastidito dalla gentilezza con cui la sua amica trattava quel ragazzo.
“Lui è…” fece per iniziare le presentazioni Ran.
“I’m* Sin Vey Richard, molto piacere.” La interruppe il britannico, con tono duro, come il suo sguardo; sembrava risentito dalla scortesia che il poliziotto aveva dimostrato.
“Il piacere è tutto mio.” Rispose in una maniera molto poco convincente l’agente di polizia, squadrandolo da capo a piedi con insistenza; l’uno che ispezionava l’altro, Richard ed Ishimaru sembravano due cani pronti ad iniziare la lotta.

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Precisazioni:

* Oh, sorry!! I dunno that… = Oh, scusatemi!! Non credevo che…

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Note dell’autrice:: Ehm ^^” Avevo promesso di postare il nuovo capitolo abbastanza presto, lo so ç____ç Ma voi non avete la più remota idea di quanto io sia stata impegnata e quando tutt’ora lo sia!! Tra un week end e l’altro sono riuscita ad ultimare il capitolo che avevo iniziato quest’estate, ad inserire i tag e postarlo! In realtà sarebbe stato più producente da parte mia attendere di avere un po’ di tempo per rileggere tutto e controllare di aver inserito i codice del carattere in modo corretto ma…preferisco rischiare e postare subito! Quindi, vi prego, nel caso trovaste qualche concetto poco chiaro oppure un tag sbagliato, come anche un errore, di chiedermi spiegazioni: risponderò subito ad ogni vostra domanda (Come finisce la fanfic? Esclusa *diavoletto*) ;)
Voglio, inoltre, annunciare con immensa gioia che lo special di

HALLOWEEN PARTY E’ STATO TRASMESSO DA ITALIA UNO E CHE, DI CONSEGUENZA, LA MIA FANFICTION NON E’ PIU’ SPOILER!!

Dite addio alle vostre preoccupazioni, potete leggere la mia storia con tranquillità :D Spero in un incremento di lettore, perciò…ihihih *angioletto*
Coooomunque: che ne dite di Ran ed Ishimaru? E del rapporto Ishimaru/Conan?XDD
E del caso, soprattutto? Quanto ci sono stata per pensarlo @.@ Come ho già detto nelle note del terzo capitolo, non ho molta esperienza in questo campo…spero non sia troppo banale o troppo fantasioso, al contrario XD
Avevate pensato che Conan volesse solamente commuovere Kogoro, non è vero? E invece no, ahah *diavoletto* Beh, non sarebbe stato degno di lui :-D
Ihih, vi ho lasciato proprio nel bel mezzo dell’incontro clou tra Michiyo e Richard…spero di aver stimolato la vostra curiosità!! *.* E spero di riuscire a postare molto prima rispetto a questa volta XP
Passiamo ora a quei santi dei miei recensori, che ancora mi sopportano e che per questo sono adorati da me *ççç*

@Akaneval: Ciau!! Piacere di ritrovare un utente del DCF :D Cosa te ne è parso della reazione di Conan alla scoperta dell’appuntamento di quei due? *diavoletto* E’ rimasto troppo tranquillo? XD
Sono “contenta” che sia caduta anche tu nella mia piccola trappola…significa che riesco a coinvolgervi per benino nella narrazione ihihi!! Ti ringrazio molto per i complimenti, sei molto gentile!! E mi fai anche arrossire ^/////^ Il fatto è che Detective Conan è in assoluto il mio anime preferito e quindi riesco abbastanza bene a calarmi nei personaggi…anche se spesso e volentieri ho paura di finire con il renderli OOC ^_-
Spero continuerai a seguirmi nonostante l’eterna attesa alla quale vi sottopongo ogni volta!!!
Un bacione
@Pera 11 Ciao! Che bello risentirti! Come va??
Sì, certo, credo di aver capito ciò che intendi: e la confusione che hai tu, è proprio quella che vorrei far assumere a Ran! In parte decisa a dimenticare il ragazzo che la fa soffrire, in parte volenterosa di aspettarlo e scoprire che per la sua assenza ci sia un motivo più che valido. Le cose su tutto ciò inizieranno a chiarirsi nel prossimo capitolo e a dipanarsi quasi completamente tra tre o quattro…quindi è solo questione di tempo (ehm tan ehm to ehm visto i miei standard *MeSiAutoFlagella*).
Sono davvero lieta che ti abbia fatto questo affetto la frase citata del mitico Holmes…anch’io sono una sua grande patita e fan e in questa fanfic argomenti di questo tipo non verranno senza dubbio trascurati, questo è poco ma sicuro ;)
Grazie per la pazienza e continuità dei commenti, di cuore *_*
Bacioni :****
@Shaddy Hello Dea- chan!!! *diavoletto* Ahah, pizza Ishimaru!! XDDD Potrei far raggiungere questa tua idea a Shinichi, chissà…*rolleyes* Sono contenta che il mio capitolo triste e drammatico ti abbia fatto sganasciare *stradevil* XDD Dissoni e grazie mille per le recensioni…mi raccomando, commenta ancora *angel* Bye ^O^
@AkemiCiao! Ah, figurati, ora siamo pari: io ho postato dopo parecchio tempo di inefficienza XD Sono molto felice che ti piacciano le reazioni dei personaggi, spero lo stesso in questo capitolo…l’avrai capito ormai: ho la perenne paura di cadere nell’OOC!! Grazie per il commento, a presto ;D ^____^
@Ginny85 Uhm, non sono sicura che tu stia leggendo ancora la fanfic ma…provo lo stesso :D Come scritto sopra, Halloween Party è stato trasmesso anche in Italia (equivale alle sei parti di Misteri In Una Notte Di Luna Piena) e quindi la fanfic diviene automaticamente no-spoiler! Sono una gran paravento, lo so XD, però se per caso volessi riprendere a seguirmi mi farebbe molto piacere…ciauuu!! ^.^

Cosa aggiungere? Con i saluti finali non sono mai stata molto brava XD Quindi, dico solo…
GRAZIE DI CUORE! !!! *__*

(E speriamo a presto!)

XXX Cavy-chan XXX

PS. Perdonate i miei errori di battitura, ve ne prego *ç*

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Capitolo 8
*** Il Consiglio Di Richard ***


Capitolo Sette

Il Consiglio Di Richard

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Papà, ti ricordi di lui, vero? Te ne ho parlato…” ruppe la tensione Ran, con preoccupazione, sperando con tutto il cuore che il padre non facesse storie.
“E’ un mio compagno di classe e…l’avevo invitato oggi pomeriggio…a studiare…da me…” confessò titubante, aspettandosi già di sentire gli urli di Kogoro.
“Studiare…da soli?” si intromise immediatamente Ishimaru, che non aveva mai smesso di ricambiare lo sguardo di Richard…in modo truce.
“Beh, sì…” rispose lei, stranamente a disagio: le dispiaceva, forse, che Ishimaru fosse geloso? Non voleva farlo preoccupare?
-Possibile che Ishimaru mi stia…piacendo…?- si ritrovò a pensare, riuscendo poi ad udire sì e no il borbottio di suo padre:
“E cos’è che dovreste studiare…?”
“La Leggenda di Moon’s Knight.” rispose prontamente Richard, distogliendo per la prima volta lo sguardo da quello di Michiyo.
“Ah, la conosco bene.” esclamò quest’ultimo, indispettito “Ma Ran, se avevi difficoltà, perché non hai chiesto a me? Mi avrebbe fatto molto piacere aiutarti…”
“Dobbiamo essere entrambi interrogati e così avevamo deciso di prepararci insieme.” si intromise Sin Vey, stranamente sicuro di sé.
-E’ sempre così timido…come mai ora si comporta così?- pensò Ran, osservandolo discutere con il poliziotto; stava divenendo sospettosa, quando il giovane si fece finalmente riconoscere:
“Anyway*, non era mia intenzione procurare tanto scompiglio. Chiedo nuovamente scusa.” pronunciò, piegandosi leggermente in avanti con le mani congiunte che tenevano i libri “Tolgo il disturbo, non volevo interrompervi. Ci vediamo domani, Ran!” aggiunse lanciandole un fugace sorriso prima di avviarsi verso la porta.
“Ma no, Richard, non andare via!” si affrettò a richiamarlo la karateka: quel ragazzo le era molto simpatico e i modi gentili ed educati con i quali lui la trattava avevano fatto nascere in lei un interesse particolare. No, non ne era affascinata, o , perlomeno, non in quel senso; sapeva con certezza di considerare Richard solo come un amico, ed era convinta che la stessa cosa valesse per lui. Ci teneva molto alla sua amicizia…era conscia di frequentarlo da poco tempo, ed avendo avuto rapporti con molti esponenti della polizia le era ben nota la frase: “Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.” Tuttavia, qualcosa le assicurava di poter stare tranquilla sul suo conto, che quel giovane non le avrebbe mai fatto del male…
“Non hai creato nessun disturbo, non è vero?!” continuò, voltandosi a lanciare un’occhiataccia a Kogoro, che sbuffò, borbottando poi un “Sì sì…” poco convinto.
“Mio padre ed Ishimaru stavano discutendo di un caso e stanno per andare via…ma comunque vieni, andiamo a studiare su, nell’appartamento!” gli ammiccò, dopo essere riuscita a bloccarlo di fronte alla porta.
“Ma, Ran...” fece per replicare Michiyo, però la ragazza fu più rapida di lui:
“Ti auguro una buona giornata, Ishimaru. Uh, e non preoccuparti per ieri sera, non è stata colpa tua, non potevi di certo prevedere nulla. Ciao e buon lavoro!!”
Richard gli lanciò un’ultima occhiata poco convinta, per poi salutare con educazione Kogoro:
“Che non provasse a fare il furbo…” sussurrò tra i denti Ishimaru, prima di vedere Sin Vey sparire dietro la porta insieme a Ran.

§§§

“Papà, ti ricordi di lui, vero? Te ne ho parlato…” sentì dire Ran con un tono di voce abbastanza titubante.
“E’ un mio compagno di classe e…l’avevo invitato oggi pomeriggio…a studiare…da me…” continuò.
-Ma sì, ora ricordo! Ce ne aveva parlato quel giorno al ristorante…diceva che era un nuovo allievo inglese del liceo!- pensò Conan, portata una mano sotto il mento. -Richard Sin Vey…-
“Studiare…da soli?” chiese Ishimaru, il tono della voce serio e duro, quasi accusatorio. Strano ma vero, Conan non potè che trovarsi d’accordo con lui:
-Effettivamente…-
“Beh, sì…” rispose lei.
-Come mai ha il tono della voce dispiaciuto?- notò il piccolo detective –Non le interesserà davvero cosa pensa quel poliziotto!?- sul suo volto comparve quasi subito un sorriso amaro:
- Ma certo che le interessa…ci è uscita insieme ieri sera…- “E cos’è che dovreste studiare…?” la voce di Kogoro.
-Ihih…a quanto pare a nessun uomo va giù questa sua scelta…- ridacchiò, arguendo dal timbro della voce che il suo zietto era poco convinto.
“La Leggenda di Moon’s Knight.” rispose la voce che a lui era ancora sconosciuta.
-Oh, la conosc…- stava pensando Conan, quando il poliziotto riuscì ad interromperlo anche mentalmente:
“Ah, la conosco bene. Ma Ran, se avevi difficoltà, perché non hai chiesto a me? Mi avrebbe fatto molto piacere aiutarti…”
-Ma sentitelo!!...- si infastidì Edogawa, seguendo passivamente la gonnellina rossa di Ayumi.
“Dobbiamo essere entrambi interrogati e così avevamo deciso di prepararci insieme. Anyway, non era mia intenzione procurare tanto scompiglio. Chiedo nuovamente scusa. Tolgo il disturbo, non volevo interrompervi. Ci vediamo domani, Ran!””
-Uno di meno che corre dietro a Ran…come se quel poliziotto mancato non bastasse…-
“Ma no, Richard, non andare via! Non hai creato nessun disturbo, non è vero?!”
“Sì sì…”
-Ecco, come non detto…- si demoralizzò il moretto, non riuscendo a fermarsi in tempo prima di andare a sbattere contro Ayumi.
“Oh, perdonami…” si scusò, porgendole poi una mano per farla rialzare.
“Ma si può sapere cos’hai oggi?!” lo aggredì Genta, avvicinandosi minacciosamente a lui, che non seppe cosa rispondere, e si limitò a rimettere in piedi la bambina.
“Ti da fastidio l’atteggiamento di quel poliziotto, non è vero?” sospirò Mitsuhiko, le mani sui fianchi, apparendo come la caricatura di un detective.
Conan battè le palpebre, sorpreso.
“Ti si legge in faccia!” esordì il piccolo Tsuburaya, il dito che si muoveva di fronte al viso, con buffo fare paterno “Ma non devi preoccuparti: ci penserà la squadra dei Detective Boys a metterlo fuori gioco!”
“Certo!!” concordò Genta “Quello è un pallone gonfiato, ci basteranno pochi minuti per avere la meglio!!”
“Non essere triste…nessuno è migliore di te!” aggiunse Ayumi, ancora scossa dal contatto fisico avuto con il piccolo Conan-kun.
Genta e Mitsuhiko lo guardarono male e lui rimase rigido con le mani lungo i fianchi; quando li vide svanire dietro il reparto giocattoli, sbuffò con un’espressione rammaricata:
-Non la pensano tutte così, Ayumi…-
“Ti auguro una buona giornata, Ishimaru. Uh, e non preoccuparti per ieri sera, non è stata colpa tua, non potevi di certo prevedere nulla. Ciao e buon lavoro!!”
Appunto; la conferma: dopo un’ulteriore prova dell’appuntamento tra loro due, ora Ran gli stava dimostrando di non essere restia dal frequentare persone del sesso opposto. Che dovesse preoccuparsi anche di Sin Vey?
“Che non provasse a fare il furbo…” anche Ishimaru era ansioso.
-Ran…- la chiamò mentalmente Conan, gli occhi serrati con forza –Ran, Ran…Ran!!- “Credo che Ran sappia badare a se stessa...” disse Kogoro, ma non riuscì a convincere nessuno, visto che la prima cosa che avrebbe desiderato fare era precipitarsi nell’appartamento e cacciare il biondino a suon di calci nel sedere.
“Io infatti mi fido di lei. Non mi fido di lui.” sottolineò Ishimaru.
Conan sorrise divertito, nonostante l’amarezza che aveva dipinta sul viso.
“E va bene…” sospirò il poliziotto, tornando poi all’argomento principale: “Allora? Vieni con noi a casa di Yashizawa?”
“Sì, certo.” rispose Kogoro, il pensiero ancora volto alla sua povera bambina in balia di un adolescente scansafatiche “Quando…?”
“Subito.”

§§§

“Moon’s Knight è una figura dall’identità incerta; secondo la leggenda, si tratta di un cavaliere mascherato che accorre ovunque ci sia bisogno di giustizia: possiede onestà, lealtà, sensibilità e grandissimo altruismo, qualità che lo porterebbero anche a sacrificare la sua stessa vita pur di salvare una persona, in modo particolare se gli è cara. Agisce principalmente di notte, quando l’oscurità lo protegge dagli sguardi indiscreti della gente, troppo chiacchierona e poco riservata; ciononostante, molte belle dame impazziscono per lui, che appare e sparisce con l’ausilio di uno strano e forse magico mantello blu notte. Alcune giovani donzelle sono state…” ripeté Ran, seduta sul letto della sua stanza con le gambe incrociate ed il libro appoggiato su di esse; da circa un’ora aveva salutato suo padre ed il poliziotto, accompagnando in seguito Richard in casa ed offrendogli del the verde.
Avevano deciso di ripetere la lezione per l’ultima volta; a parlare aveva iniziato lei, ma il giovane la interruppe presto:
“… salvate da lui, e lo hanno descritto come un grande combattente, virile e affascinante, dallo sguardo estremamente penetrante. Ma lui non bada a tutto questo, non gli interessano le lodi e i riconoscimenti. Pur di aiutare qualcuno che ne ha davvero bisogno, si farebbe sparlare dietro senza pensarci due volte. Per lui l’opinione della gente non è importante. Ma infondo è sempre un uomo: l’autore ama lasciare piccoli indizi, in ogni racconto, che ci porterebbero ad affermare il suo love for* una ragazza di nobile famiglia, della quale i genitori fanno di tutto per metterlo nei guai. Vi sono stati fugaci incontri tra i due innamorati e un solo kiss*, ricordo inestimabile che li accompagnerà a vita. Il manoscritto con la storia integrale di Moon’s Knight è andato perduto ed è quindi impossibile raccontare la conclusione di queste avventure; l’unica cosa che di certo possiamo dire sul Cavaliere Della Luna, è che rappresenta the man* dalle infinite qualità e dalla totale assenza di difetti…”
“Stop!” esclamò Ran, chiudendo il libro di testo con forza; aveva parlato in inglese nella speranza di far sorridere il suo amico e si accorse con gioia di essere riuscita nel suo intento.
“Voglio chiederti scusa per mio padre e per Ishimaru…” aggiunse dopo, preso il coraggio di tornare sull’argomento; era quasi certa che Richard non si fosse offeso per il comportamento dei due uomini, ma preferiva comunque chiarire la questione per non sembrare scortese: pensando solamente alla sua volontà di dare una buona impressione di lei al giovane, non si era accorta di esserci riuscita già da tempo…
“Don’t worry ‘n be happy, Ran!*” le rispose lui con la solita espressione gentile ed ingenua sul volto “E’ bello che si preoccupino per te, significa che ti vogliono bene…non trovi?”
“Sì, ma a volte esagerano.” precisò subito, abbassando poi lo sguardo “Ishimaru non dovrebbe neanche permettersi di farlo, anche se…non posso negare che…mi faccia piacere…”
“E’ il tuo boyfriend?*” domandò Sin Vey che, seduto sulla sedia di fronte alla scrivania della karateka, si sporse con fare impertinente verso di lei… forse un po’ troppo verso di lei, che ancora era appoggiata sul letto; la sedia vacillò un paio di volte, prima di rovesciarsi e catapultare per terra il britannico.
“RICHARD!” gridò Ran, rimasta paralizzata durante la scena ed alzandosi in fretta dal letto per soccorrerlo. “Ti sei fatto male?”
“No…” borbottò per risposta lui, strofinandosi una mano dietro il collo “Non…non preoccuparti…”
La ragazza lo prese per un braccio, cercando di tirarlo su, mentre lui si appoggiava al bordo di legno del letto per fare pressione sulla mano e rimettersi in piedi.
“Sorry, sono really un disastro!*” si affrettò a dire appena riassunto l’equilibrio, piegandosi verso di lei, che rise divertita: “Don…don’t worry…*” balbettò, incerta se quanto detto avesse un senso o meno.
Anche il ragazzo scoppiò a ridere, una sfumatura di rosso che gli metteva in risalto il volto; afferrò saldamente la sedia e la rimase dritta, ri appoggiandovisi con una certa attenzione.
“Ehm...stavamo dicendo…?”
“Di Ishimaru.” rispose; stavolta toccava a lei colorarsi di rosso.
“Right* ! Hai detto che stava parlando con tuo padre riguardo un…un caso…?”
“Sì, esatto. Sai, mio padre è un investigatore privato, si chiama Kogoro…” spiegò Ran, essendosi riaccomodata sul letto morbido.
“Oh, davvero? Che vergogna, non lo sapevo…” ridacchiò Richard.
“Sei arrivato in Giappone da poco, è più che normale…” lo rassicurò la ragazza, affrettandosi a tranquillizzarlo. “Ma allora…quel ragazzo chiamato Ishimaru è un collega di tuo dad? Un detective anche lui…” ipotizzò Richard, titubante.
“Quasi.” rispose Ran “E’ un poliziotto molto bravo. E’ arrivato da poco qui a Tokyo, prima viveva a Nagoya; dice di essersi trasferito per motivi personali. Ha tra le mani un’indagine delicata ed ha chiesto, d’accordo con l’ispettore, aiuto a papà…” riassunse in poche parole la storia di Michiyo, ma Richard continuò a capirci poco:
“Allora come mai è geloso di te?”
“Siamo…usciti…insieme…” confessò a stento Ran, la faccia di nuovo tutta rossa.
“Allora ci avevo indovinato!” esclamò il britannico “E’ il tuo ragazzo!!”
“Oh, no!” si affrettò a rispondere, super imbarazzata “Diciamo che mi…mi…” non voleva buttarsi in nessuna affermazione precisa, vantarsi sarebbe stato brutto; ma la confusione che regnava nel suo cuore era talmente tanta e le persone con cui potersi confidare così poche…suo padre, da escludere in primis. Il piccolo Conan-kun sembrava odiare il poliziotto, quindi non era il caso di lasciarsi andare in ovazione di fronte a lui. La madre…un discorso troppo imbarazzante da intraprendere con lei. Kazuha era troppo distante, e per di più era la pseudo-fidanzata del migliore amico di Shinichi, Heiji Hattori: non poteva correre il rischio. Rimaneva Sonoko…la sua migliore amica; avrebbe potuto tentare, ma sapeva già quale sarebbe stata la sua risposta:
“Dimentica quel pallone gonfiato di Kudo e concentrati su quel pezzo di ragazzo di Ishimaru!”
Le serviva qualcuno che esprimesse un giudizio equo, non lasciandosi fuorviare dalle impressioni personali su di uno o su di un altro ragazzo…e chi poteva farlo meglio di Richard, che non conosceva né Shinichi né Ishimaru?
“Ti…?” la incitò il giovane, notato il silenzio che era calato.
Lei lo fissò per alcuni istanti, poi prese la sua decisione; sospirando, si lasciò andare:
“Lui mi corteggia ormai da parecchi giorni e alla fine io ho ceduto, accettando un suo invito ed uscendoci insieme, ieri sera. Non posso negare di trovarmi bene insieme a lui, di sentirmi apprezzata, amata addirittura…lui è così gentile, così romantico…ed anche molto deduttivo, sagace, intuitivo…ha mille e più ammiratrici, ma tra tutte le ragazze ha scelto proprio quella che all’inizio neanche gli dava corda…ha scelto me. Tutti sarebbero contenti a saperci fidanzati, credono che lui sia un ragazzo per bene e che sarebbe in grado di rendermi felice…ed, in effetti… anche io lo penso.”
“Allora, dimmi: perché sei triste?” le chiese dolcemente Richard, lasciandola sorpresa: se ne era accorto…aveva compreso il suo stato d’animo e forse aveva intrapreso quel discorso perché voleva consolarla…sorreggerla.
-Che ragazzo d’oro!!- pensò Mouri, prima di spiegare:
“Perché…perché sono anni che sono innamorata di un altro ragazzo, un mio amico d’infanzia. Ha sempre rappresentato…praticamente tutto per me, avevo sempre pensato che, un giorno o l’altro, sarebbe stato lui a rendermi felice e farmi sentire amata…”
“Ti senti in colpa perché ti sta piacendo questo poliziotto?” domandò con tatto Richard, dimostrando di possedere enorme pazienza e sensibilità.
La ragazza sorrise amareggiata, scuotendo il capo.
“No…o meglio, anche. Ma…” sospirò.
“But…?*” la incitò.
“Ma…” sospirò di nuovo “Ma…anche lui è un investigatore, sai? E come Ishimaru, è molto in gamba nel suo mestiere, fino a poco tempo fa era molto famoso qui in Giappone e forse ora lo sarà da qualche altra parte del mondo…”
“Ma sì, me ne avevi parlato!” la interruppe, spalancando gli occhi mentre ricordava le parole pronunciata poco tempo prima dall’amica “Ricordi? Quel giorno al cinema! Mi avevi detto di conoscere un ragazzo-detective, da qualche mese partito per occuparsi di un caso complicato …”
“Sì, esatto, è proprio lui.” sorrise Ran, rammendando di aver raccontato quelle cose all’inglese. “Io…io non so cosa fare. Fino a poco tempo fa ero sicura di amare lui, di essere in grado di attendere il suo ritorno…ma ora…non lo so più. Lui se n’è andato da un sacco di tempo, è tornato solo un paio di volte per poi sparire nuovamente nel nulla; mi telefona ogni tanto e…e basta. Mi…mi uccide il pensiero che lui possa infischiarsene di me…che possa essersi innamorato di qualche ragazza lì dove si trova, di aver cancellato il suo passato, me compresa, dalla memoria. Gli avevo promesso che l’avrei aspettato, lui stesso mi aveva chiesto di farlo, anche se non di persona ma…questa continua attesa mi strema. In fin dei conti, però, non gli si può dire niente, lui non è il mio ragazzo ed è quindi libero di fare quello che vuole… ma la stessa cosa vale per me, no? Ho conosciuto un giovane che, al contrario di lui, non fa che donarmi attenzioni ed essere romantico, comportarsi da corteggiatore, dirmi cose carine: mentre non so se davvero lui mi consideri solo un’amica e non provi niente per me, ho la certezza di piacere ad Ishimaru, quindi…perché non dovrei accettare la sua corte? Perché non dovrei lasciarmi andare?” il tono si andava facendo sempre più triste, sempre più amareggiato. Una piccola lacrima le solcò il volto, scivolandole giù per il collo prima di disperdersi tra gli abiti.
Richard rimase scosso a quella vista, non immaginava che Ran stesse soffrendo così tanto.
Attendendo che la sua amica riprendesse a parlare, dopo aver vinto i singhiozzi che, prepotenti, volevano scapparle di bocca, la guardò dolcemente.
“Perché…” balbettò Ran, abbassando il capo, le mani tremanti strette a pugno ed altre lacrime che le scendevano giù per il volto “Perché quando sto per contraccambiare le parole di Ishimaru ed i suoi gesti…sento i sensi di colpa divorarmi e un peso enorme mi attanaglia lo stomaco? Perché dopo essere uscita con lui mi sento sporca? Perché? Perché??” domandò, oramai disperata.
Con il capo ancora basso, cercava di nascondere il volto bagnato dalle lacrime con i capelli, ma Richard vide le goccioline d’acqua cadere e bagnare il copriletto rosa.
“Non sei tu ad essere sporca. “disse con fermezza “Non sei cattiva e non stai facendo del male a nessuno.”
Riuscì a comprendere i pensieri che la frustravano e tentò di rassicurarla, notando il tremore che le scuoteva il corpo.
“Cosa…cosa devo fare, secondo te?” riuscì a domandare Ran, grata al ragazzo che la stava sopportando.
“La cosa giusta.” le rispose semplicemente lui “La cosa che ritieni più giusta. Non essere impulsiva, non voler decidere subito, perché se lo facessi, prenderesti la scelta sbagliata. Valuta ogni cosa, cerca di capire con chi ti trovi meglio e di chi sei davvero innamorata, nonostante i difetti che dimostra e le mancanze che ha nei tuoi confronti. Ma fallo con calma e pazienza… non esiste nulla peggiore della fretta…prenditi tutto il tempo che ti serve, non preoccuparti di far attendere Ishimaru; se ci tiene a te, saprà aspettare. E credo che…sarà costretto a…” sospirò, un’espressione strana che gli si allargava sul volto…un sorriso?
“Perdonami se mi permetto, Ran, ma entrambi sappiamo quale sarà la tua decisione…”

§§§

“…le cose stanno così, signor Yashizawa.” terminò la sua spiegazione Ishimaru, seduto su una poltrona di pelle rossa, in casa della presunta futura vittima del serial-killer. Vicino a lui, Kogoro sorseggiava un bicchiere di vino che il famoso scienziato gli aveva offerto; in realtà l’offerta era stata estesa a tutti, ma Megure, Takagi e Michiyo non avevano potuto accettare, in quanto si trovavano in servizio.
Arrivati a casa sua da circa un’ora, i quattro uomini si erano alternati nel resoconto dei fatti, mentre l’importante personalità li ascoltava con le sopracciglia inarcate e la bocca serrata fermamente.
Era arrivato il momento della richiesta o, per meglio dire, della proposta:
“Detto questo, signor Yashizawa, noi riteniamo sia molto meglio che la polizia possa starle accanto e proteggerla.” affermò seriamente Kogoro, terminata la bevanda.
“Esatto. Mi creda, quel killer è spietato e, se davvero ha stabilito che la prossima vittima dovrà essere lei, sta rischiando seriamente la vita.” aggiunse Megure, presa quell’indagine come una sfida personale.
“Lui ha stabilito che la prossima vittima sarà lei, signor Yashizawa. E’ inutile cercare di tranquillizzarla e dirle che forse ci stiamo sbagliando; le cose stanno come le abbiamo già spiegato e la sua vita è in pericolo.” precisò Ishimaru, convinto che la sua tesi fosse giusta e deciso a convincere lo studioso, ma anche privo di savoir-faire e tatto.
“E’ quindi necessario che accetti la nostra proposta di protezione e pedinamento, così potremo anche mettere le mani su quel farabutto!” questa sua ultima frase suonò più come un ordine che come un’offerta, tanto è vero che Yashizawa storse il naso, squadrando torvo i quattro uomini.
“Quello che in realtà Michiyo vuole dire, è che…” cercò di salvare la situazione Megure, già in mente le parole da urlare al suo nuovo uomo appena usciti da quella villa, ma lo scienziato lo interruppe:
“Vi ringrazio, ma non ho bisogno di protezione.”
“Prego?” chiese Kogoro sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Credo che…” fece per dire Takagi ma, neanche a dirlo, Ishimaru prese la parola:
“Evidentemente non ha ben capito come stanno le cose. Lei…”
“Ho capito, invece.” replicò Yashizawa “Il serial-killer pericolosissimo di cui ultimamente non si fa altro che parlare potrebbe essere un amico o un parente del mio ex compagno di teatro, morto suicida parecchi anni fa. Credendo che con la sua fine c’entrino gli altri del gruppo, vuole vendetta e li sta ammazzando uno ad uno; secondo l’ordine stabilito, il prossimo dovrei essere io. Ho capito, ma ripeto: non ho bisogno di protezione.”
“E per quale motivo, se mi è lecito chiederlo?” domandò Takagi, in piedi dietro la poltrona dove era seduto Michiyo.
“Non voglio palle al piede. La mia vita è piena di impegni ed il mio tempo fugge in fretta, senza che io me ne accorga. Non posso permettermi distrazioni di alcun genere, voi della polizia mi dareste solamente fastidio. Vi ringrazio per avermi avvisato, farò attenzione da oggi in poi…”
“Lei non comprende la situazione, sta farneticando!!” insinuò Ishimaru con tutta la sua sfacciataggine e maleducazione.
“La comprendo benissimo, invece. So che una simile iniziativa mi farebbe perdere tempo prezioso per le mie ricerche, e non posso permettermelo.”
Furioso dalla presunzione di quel tipo, il castano fece per replicare, ma Yashizawa non gli permise nemmeno di aprire bocca:
”Ed ora, se volete scusarmi, ho da fare. Vi ringrazio per essere venuti fin qui ad avvisarmi…si vede che voi della polizia avete tempo da perdere.”
“Signor Yashizawa…” invocò Megure, deciso a convincerlo, ma l’uomo non volle sentire ragioni:
“Buon pomeriggio, signori.”

§§§

“Buon pomeriggio, signori.” udì Conan grazie agli occhiali speciali realizzati dal professor Agasa.
I Detective Boys avevano perso tempo all’interno di numerosi negozi ma, alla fine, la loro spesa si era limitata ad un portachiavi, un cerchietto per capelli ed un barattolo di cioccolata alla nocciola.
Dopo quelle stremanti decisioni, i bambini erano così stanchi da doversi riposare e così si erano diretti al parco giochi infondo alla strada, dove in quel momento si trovavano; Ayumi e Mitsuhiko si stavano divertendo sulle molle a forma di gallo, mentre Genta si era incastrato sullo scivolo di legno. Sull’altalena vi era invece Conan che, dondolandosi lentamente, prestava la massima attenzione alla conversazione emanata dai suoi occhiali portentosi:
“Ma che sbruffone! Chi si crede di essere??” sentì esclamare con rabbia Michiyo dopo alcuni minuti di silenzio.
-Tipico esempio di bue che da del cornuto all’asino…- pensò, un sopracciglio tremante.
Vi chiedo scusa, signori. Ora però, credo di dovervi accompagnare alla porta.” disse una donna, identificata o come la moglie di Yashizawa o come la sua colf.
“Sappiamo dove si trova!” rispose bruscamente Ishimaru.
Dopo qualche istante di borbottii e frasi senza importanza, Conan udì Kogoro urlare di dolore.
-Cosa…- “Cos’hai?” chiese Michiyo, allarmato.
“Ho sbattuto la gamba a questo tavolinetto, accidenti! Che dolore!!” rispose lui con voce acuta.
-Il solito Oji-san…- pensò sconsolato Edogawa, tornato tranquillo.
Sentì il rumore di una porta che sbatte e capì che gli uomini erano usciti da casa dello scienziato; attese qualche minuto, convinto di udire i lamenti di Mouri e gli insulti di Michiyo, ma calò il silenzio.
-Che succede?- si chiese, una strana sensazione che si stava impadronendo di lui; aveva dimenticato da qualche ora la sua amica d’infanzia e tutto ciò che la riguardava, non pensava più a lei ed Ishimaru a cena insieme o a lei che studiava da sola con Sin Vey…quindi quel disagio era dovuto a qualcosa che c’entrava con il caso…ma cosa?
Mentre spremeva le meningi per arrivare ad una risposta, udì un telefonino squillare e la voce di Yashizawa rispondere:
“Pronto?”
-Oh, no!- gemette Conan, compreso l’accaduto –Quando ha sbattuto al tavolinetto, Kogoro ha perso la ricetrasmittente! Cavoli…-
“Sì, sono io…” proferì lo scienziato, sempre parlando al telefono.
-Uffa!!- si lamentò mentalmente – E va bene, tanto il clou della conversazione l’ho sentito. Vorrà dire che mi perderò i noiosi commenti di quello sbruffone di Michiyo! Certo però, che è strano…Yashizawa si è affrettato a rifiutare la protezione della polizia e non lo facevo un tipo tanto coraggioso…che nasconda qualcosa? Forse ha a che fare con qualche altro misfatto…o magari, proprio su questo del serial-killer…-
“Oh, no! Piove!!” piagnucolò Ayumi, attirando l’attenzione dei tre ragazzini.
“Dobbiamo tornare immeditamente a casa, altrimenti rischiamo di ammalarci!” esclamò Mitsuhiko, già pronto alla corsa che lo attendeva.
”Odio correre…ma non voglio rischiare di perdermi il camposcuola!” esordì Genta, liberatosi dallo scivolo.
“Dai Conan, andiamo!” ordinò Ayumi sottoforma di proposta, afferrandolo per il polso e trascinandolo giù dall’altalena; i bambini si misero a correre, seguiti a ruota dagli altri due, con la pioggia che batteva incessantemente sul suolo e non esitava a bagnare anche loro.
In tutto questo trambusto, il piccolo detective non era riuscito ad udire bene la telefonata di Yashizawa e, come se non bastasse, la pioggia infastidiva la connessione tra occhiali e ricetrasmittente, interrompendo a tratti la trasmissione.
“ Mi raccomando…capito…non…ok…” stava dicendo lo studioso.
Conan correva sotto la pioggia incessante, tenendo ancora per mano Ayumi, quando delle parole ascoltate grazie agli occhiali gli fecero gelare il sangue nelle vene e passare un brivido freddo per tutto il corpo:
“…Gin, Vodka…non come l’ultima volta.”

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Precisazioni:

*Aniway: Comunque.

* Kiss: Bacio.

* Man=: Uomo.

* Dont’worry ‘n be happy: Non preoccuparti e sta’ tranquilla.

* Boyfriend: Fidanzato.

* Sorry…really…: Scusa…davvero…

* Don’t worry: Non preoccuparti.

* Right!: Giusto!

* But: Ma…

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Note Dell’Autrice: EHY!! Scusate per il terribile ritardo XD Per farmi perdonare posterò al più presto (e per davvero, stavolta) un altro capitolo...scriverò lì note e dialoghi ;D Grazie mille per la pazienza ^^"

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Capitolo 9
*** La Decisione Di Ran ***


Capitolo Otto

La Decisione Di Ran

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Ti piacciono queste polpette, Conan? Ti avevo detto di averle preparate apposta per te…” domandò Ran, seduta di fronte al tavolo imbandito. La piccola “famigliola” era a cena ma ogni singola persona aveva avuto fin a quel momento, la testa impegnata altrove; Conan era rientrato in casa bagnato fradicio, ma non aveva dato il tempo ai suoi due tutori temporanei di chiedere spiegazioni, perché si era precipitato in camera sua, dove si era rinchiuso.
Ran era convinta si fosse offeso con lei e con Kogoro per il divieto di partecipazione alle indagini a cui lo avevano obbligato, ma in realtà lui era rimasto steso sul letto con gli occhiali inforcati, ascoltando tutto ciò che l’uomo aveva detto.
Sfortunatamente, la pioggia aveva ostacolato la trasmissione delle onde sonore e dopo quella frase decisamente sospetta capire qualcosa era stato impossibile; l’unica cosa chiara, era che Yashizawa era uscito di casa, visto il silenzio calato improvvisamente.
Ran, invece, una volta finito di studiare con Richard, si era diretta di filato in cucina e aveva cucinato i piatti preferiti del suo fratellino per farsi perdonare; Ishimaru l’aveva davvero trattato male e, nonostante avesse in parte ragione, non avrebbe dovuto farlo. Si sentiva molto in colpa nei suoi confronti e sperava non si fosse offeso con lei perché non era intervenuta per difenderlo. D’altro canto, però, era decisamente più tranquilla: parlare con Sin Vey le aveva fatto bene, si sentiva più libera…probabilmente, anche più decisa e meno confusa; sì, lei stava prendendo la sua decisione…
Per quanto riguardo Kogoro…beh, lui pianificava la vita di sua figlia…
“Eh? Ah…sì sì Ran, sono buonissime!” rispose dopo un paio di secondi Conan, la testa ancora tra le nuvole. “Che hai stasera? Sei più distratto del solito…” lo rimproverò Kogoro, il pesce tra i denti.
“Beh, ecco…veramente, io…” balbettò Conan, preso alla sprovvista; per fortuna, Ran rispose al suo posto:
“Sarà stanco, oggi è dovuto rientrare a casa per colpa della pioggia, e Domenica mattina parte con la scuola. E’ normale che sia pensieroso, non ti pare?”
“Bah, se lo dici tu…” borbottò il padre, poco convinto, ma qualcosa gli fece riassumere un atteggiamento frizzantino.
“Piuttosto, Sabato sera andrai alla festa con Michiyo, vero?”
“Prego?” chiese in risposta Ran, restia a toccare l’argomento con Conan presente.
“Non te l’ha chiesto? Probabilmente, allora, ha intenzione di farlo domani…” riflettè ad alta voce l’uomo.
“Di quale festa parli?” si intromise Conan, stranamente tornato attento alla discussione.
“Uhm…non so se posso dirtelo…” iniziò a cantilenare Kogoro, ma Ran non volle sentire storie:
“Dov’è che dovrei andare con Ishimaru? Sputa il rospo, papà!”
L’interrogato sbuffò:
“Una personalità molto importante, un celebre imprenditore se non sbaglio, ha organizzato una festa in grande stile per il suo compleanno; tra gli invitati vi è anche un uomo che la polizia deve tenere d’occhio, un certo Noboru Yashizawa…”
Conan assottigliò gli occhi.
“Ne stavate parlando oggi pomeriggio! E’ l’uomo che forse rappresenta la prossima vittima del serial-killer…”
“Shh!” fece Kogoro, facendo segno alla figlia di tacere causa la presenza di Conan.
“Oh, papà!” si fece sfuggire la giovane “Andiamo!”
Kogoro sospirò, poi iniziò a spiegare, cercando di parlare sottovoce: “Yashizawa ha rifiutato la nostra proposta di protezione, ma Ishimaru ha scoperto che Sabato parteciperà a questa festa e crede che quella sera il killer potrebbe cogliere l’occasione per farlo fuori. Bisognerà quindi stargli alle calcagna, ma senza dare nell’occhio; e come si potrebbe risultare sospetti con una bella ragazza come te affianco?”
“Uhm, capisco…” rispose Ran, pensierosa: le stava venendo un’idea…
“Accetterai il suo invito, no?” chiese speranzoso Kogoro, sporgendosi verso di
“Saremo soli?” si accertò la ragazza, un piano abbastanza preciso già delineato nella mente.
“Bah…all’interno del palazzo dove si svolge il party ci sarò anche io” rispose “… all’esterno, invece, Megure ed i suoi agenti controlleranno se per caso dovessero aggirarsi per la zona tizi sospetti e staranno pronti ad agire al minimo segnale da parte di Michiyo. Comunque, non devi preoccuparti: non vi metterò i bastoni tra le ruote! Siete giovani, dovete divertirvi…” aggiunse, un sorriso malizioso dipinto sul volto.
“Quando uscivo con Shinichi non la pensavi così…” replicò lei con gli occhi ridotti a fessure.
“Tsk, quel moccioso è una storia…questa un’altra!!” esclamò lui, entusiasta.
-Ah ah ah…grazie mille, Kogoro…- pensò Conan mentre un gocciolone gli solcava la testa. Aveva ascoltato tutta la conversazione ed aveva avuto modo di dedurre ed organizzare alcune cose.

§§§

La risata crudele della strana sagoma scura riecheggiò per l’intera abitazione della stessa; tutto era andato per il meglio e, a parte qualche piccolo incidente di percorso, non aveva avuto problemi.
Portò il bicchiere alle labbra e ne bevve avidamente il contenuto, rilassandosi sulla poltrona di pelle rossa. Un’altra risata si diffuse per le stanze ordinate della casa…

§§§

DRIIIIN
La campanella che segnava la fine delle lezioni suonò e in un attimo una moltitudine di ragazzi e ragazze vestiti in uniforme si precipitarono verso l’esterno dell’edificio; la pioggia, iniziata a cadere il pomeriggio precedente si era interrotta durante la tarda mattinata, quasi come volesse dare il tempo a Ran e Sonoko di tornare a casa.
Le due amiche camminavano velocemente e nello stesso momento chiacchieravano animatamente riguardo l’ultima boutique aperta in città, quando una mano si poggiò sulla spalla della figlia del detective, costringendola a voltarsi:
“Richard!” esclamò, sorridendo al ragazzo dietro di lei, vestito con i pantaloni e la giacca celesti dell’uniforme.
“Che spavento mi hai fatto prendere!!” lo sgridò l’erede Suzuki, appoggiando una mano sul petto.
“Hi, girls!* ” salutò amichevolmente lui, un sorriso a trentadue denti sul volto “How are you? *”
“Stanche dello studio…” borbottò Sonoko, sospirando rumorosamente.
Ran ridacchiò, scambiandosi uno sguardo complice con Richard.
“Ehi, bellezza!” esordì Takeshi*, il ragazzo su cui negli ultimi tempi Sonoko aveva deciso di concentrare la sua attenzione.
Il giovane si avvicinò alla castana, cingendole la vita con un braccio.
“Tesoro, ciao!!” contraccambiò lei, piena di entusiasmo.
Mentre i due piccioncini si tenevano stretti e parlavano a voce molto bassa, Ran non potè che provare un po’ di invidia per la sua amica, che era così scaltra con i ragazzi, al suo contrario, che era così timida, impacciata.
“Passata la confusione, Ran?” le chiese Richard, riscuotendola dai suoi pensieri.
“Sì.” Rispose lei, sorridente. “E lo devo solo a te. Sei stato molto gentile a sopportarmi…ti ringrazio molto, non so come sdebitarmi!”
Era stata sincera: dopo la chiacchierata che avevano avuto il giorno prima, si era sentita meglio; la notte aveva dormito poco, questo sì, ma aveva occupato il tempo in modo altrettanto proficuo; riflettendo e valutando ogni minimo dettaglio, si era resa conto che il pensiero affioratole alla mente non appena udita la frase di Richard: “La cosa che ritieni più giusta. Non essere impulsiva, non voler decidere subito, perché se lo facessi, prenderesti la scelta sbagliata. Valuta ogni cosa, cerca di capire con chi ti trovi meglio e di chi sei davvero innamorata, nonostante i difetti che dimostra e le mancanze che ha nei tuoi confronti. Ma fallo con calma e pazienza… non esiste nulla peggiore della fretta…prenditi tutto il tempo che ti serve, non preoccuparti di far attendere Ishimaru; se ci tiene a te, saprà aspettare. E credo che…sarà costretto a farlo, e per parecchio tempo. Perché, perdonami se mi permetto, ma entrambi sappiamo quale sarà la tua decisione…” era quello più corretto.
“Mi ha fatto piacere esserti d’aiuto; vorrà dire che mi offrirai un gelato non appena sarà più caldo!” propose lui, facendole l’occhiolino.
“Ma certo, con molto piacere!” rispose Ran, veramente grata a quel ragazzo così gentile e disponibile. “Se posso permettermi…” iniziò ad un certo punto, mentre stavano oltrepassando la porta principale dell’istituto.
“Come si chiama questo detective tuo amico d’infanzia…?”
“Shinichi.” gli confidò lei, oramai più che certa di potersi fidare “Shinichi Kudo.”
“Ran, ehi, Ran!!” udirono entrambi e si voltarono verso una volante della polizia parcheggiata di fronte al cancello del liceo. In macchina, Chiba e Michiyo, di pattuglia. Tra i due, era ovvio che a chiamare la ragazza era stato…
“Ishimaru!! Perdonami, Richard…ci vediamo domani!!” si scusò, avviandosi verso la macchina.
“No problem, Ran. See you soon!* ” rispose lui, salutandola.
Non appena vide la giovane avvicinarsi a lui, Ishimaru scese dalla macchina e le afferrò poi la mano, per baciargliela galantemente.
“Bonjour, mademoiselle…*” disse con charme e sensualità, facendola lievemente arrossire.
“C-ciao, Ishimaru…” balbettò quindi come risposta la ragazza.
“Sempre a fare i romanticone voi due, eh?” si intromise Sonoko, abbandonato il suo ragazzo al campo di calcio cella scuola.
“Quando mai Kudo avrebbe fatto una cosa del genere?” chiese poi rivolgendosi a Ran e dandole di gomito.
-Ancora questo Kudo…- pensò scocciato Michiyo, arricciando il naso.
Mouri si schiarì la gola, in imbarazzo; Ishimaru capì il suo stato d’animo e per attirare nuovamente l’attenzione su di sé –cosa che, comunque, non gli spiaceva mai- disse:
“Devo pedinare un uomo, e tenerlo d’occhio quando andrà alla festa di un famoso imprenditore; per dare meno dell’occhio…”
“…vuoi che ti accompagni come dama.” lo interruppe Ran “Lo so già, mi ha avvertito ieri sera mio padre.”
“Oh, bene!” esclamò felice lui “Quindi, accetti?”
Ran assentì, uno strano sorriso dipinto sulla faccia.
“Quello che tuo padre non ti ha riferito, perché mi è venuta in mente solo oggi, è la mia idea di invitare anche Sonoko” aggiunse il poliziotto, che ancora teneva la ragazza per mano.
“Cosa? Me?” si meravigliò la ricca signorina, sbattendo ripetutamente le palpebre. “E perché mai?”
“Kogoro, Ran, io. Saremmo dispari, attireremmo l’attenzione; con un’altra ragazza, invece, andremo sul sicuro…” spiegò lui, saccente.
“Oh, quindi vuoi che venga con voi solo per non avere problemi con il lavoro!!” lo accusò Sonoko, avvicinandosi minacciosamente a lui.
“Esatto…” esordì con impertinenza Ishimaru, guadagnandosi una linguaccia da parte della castana. “Ma a Ran, l’ho chiesto perché davvero mi fa piacere stare con lei e poi…avrei bisogno di parlarle…” aggiunse guardando intensamente la karateka, che abbassò lo sguardo, imbarazzata:
“Anche io dovrei dirti una cosa…importante…” balbettò, rossa in faccia.
Sonoko sorrise: finalmente…
I tre ragazzi continuarono a discutere e si misero d’accordo per il party: visto che quest’ultimo si sarebbe svolto nella hall di un elegante hotel, l’Haido City, Michiyo sarebbe passato a prendere entrambe le studentesse alle otto in punto. In quel frattempo Richard, appoggiato con le spalle alla colonna del cancello dell’istituto, li aveva osservati in silenzio, ma con strano interesse:
-Shinichi Kudo…- ripetè mentalmente, gli occhi fissi su Ran ed Ishimaru.

§§§

“Ieri quel poliziotto si è presentato all’agenzia, affermando di avere novità sul caso, e mi ha sbattuto fuori casa per impedirmi di scoprire quali fossero. Fortunatamente sono riuscito a piazzare una ricetrasmittente addosso a Kogoro: ho scoperto che il serial-killer potrebbe essere amico o parente di un ragazzo morto anni fa. Questo faceva parte di un gruppo di teatro, ma un giorno è stato ritrovato impiccato e non si ha la certezza si tratti di suicidio, anzi, tutt’altro. Il movente potrebbe essere quindi la vendetta e le vittime gli altri ex attori del gruppo; secondo il presunto ordine prestabilito, il prossimo bersaglio sarà Noboru Yashizawa. Ne dovrebbe aver sentito parlare…” Conan si era recato dal suo vecchio vicino di casa non appena uscito da scuola, abbandonando i Detective Boys con una scusa. Trovata Ai in laboratorio, aveva deciso di riferire gli avvenimenti del giorno precedente al professore, spiegandogli in modo abbastanza dettagliato i fatti. Con una tazza di caffè in mano (gradita più della camomilla della volta precedente) e gli occhi ridotti a fessure, parlava lentamente, cercando di essere il più chiaro possibile.
Dal canto suo, Agasa stava ugualmente sorseggiando del caffè caldo e sedeva di fronte al piccolo detective; udito il nome dell’uomo, rivelò:
“Sì, certo, ne ho sentito parlare molto spesso. Nel campo della scienza è senza dubbio noto ed anche bravo; sta collaborando agli studi sul vaccino per il cancro e…”
“Può tornare utile a persone che hanno perso un’importante scienziato tempo fa.” lo interruppe Conan, una certa nota di preoccupazione nella voce.
“Non capisco a cosa ti stia riferendo…” rise Agasa, scrutandolo attentamente.
Il moretto sospirò:
“L’ispettore Megure, Kogoro, Michiyo e Takagi sono andati a trovarlo ieri stesso, proponendogli un programma di protezione, ma lui ha rifiutato bruscamente; mentre stava andando via, lo zio ha perso la ricetrasmittente da qualche parte a casa sua e così io sono riuscito, nonostante la pioggia che infastidiva la trasmissione, ad udire qualche boccone di parola che pronunciava al telefono con chissà chi.”
“E…cos’è uscito fuori…? Che frase hai…?” balbettò il dottore.
Il detective assottigliò lo sguardo con un lampo di timore negli occhi:
“Gin, Vodka…non come l’ultima volta.”
“COSA?” urlò involontariamente Agasa, spalancando gli occhi. “Non starai parlando di…?”
“L’Organizzazione Degli Uomini In Nero.” fu Conan a concludere la frase iniziata dal professore. “Evidentemente, quando Haibara ha abbandonato quei tipi, loro hanno avuto la necessità di trovare qualcuno che prendesse il suo posto, per proseguire gli studi sull’aptx. Questo scienziato è molto bravo, lei stesso me lo ha confermato, e sappiamo bene che i soldi fanno a gola a tutti…” fece un pausa, per poi ringhiare:
“Noboru Yashizawa è caduto nella loro rete…”
“Non posso crederci. E’…è terribile…” sussurrò a denti stretti l’uomo, quando il pensiero ovviamente successivo a tale affermazione gli passò per la mente.
“E tu…cosa vuoi….fare?” azzardò.
“Intervenire.” rispose deciso. “Sabato sera ci sarà la festa di compleanno di un importante imprenditore all’Haido City Hotel e Yashizawa è stato invitato. Kogoro, Michiyo e Ran si recheranno lì per controllarlo e anche io andrò…”
“Michiyo e Ran?!” lo interruppe Agasa “Ho capito bene?”
“Sì.” sospirò “Probabilmente andranno insieme…”
Agasa fece per dire qualcosa che potesse consolare il giovane, ma una voce alle sue spalle lo bloccò:
“Povero, tenero Kudo-kun…diviso tra l’amore ed il lavoro…”
Voltandosi, l’interpellato e lo scienziato videro Ai, con indosso il camice, osservarli in modo indecifrabile.
“Ai…” balbettò Agasa, visibilmente spaventato.
“Haibara…” gli fece eco Edogawa, tremando “Da…da quanto…?”
“Sono qui da abbastanza tempo per capire che con la tua amica d’infanzia le cose stanno degenerando.” affermò, senza lasciargli il tempo di terminare la domanda. Il moretto stava per emettere un sospiro di sollievo, quando lei aggiunse:
“E per capire che sei un babbeo. Hai per le mani indizi che ti porterebbero all’Organizzazione e non vuoi dirmi niente?!”
“Hai…sentito tutto!!” sospirò Agasa, curvando le spalle.
“Già. Non capisco questo tuo comportamento, Kudo…” proseguì la biondina, avvicinandosi all’investigatore.
“Non volevo farti preoccupare.” si giustificò lui, imbarazzato ma sincero. Poi, abbassando lo sguardo, aggiunse a bassa voce:
“Avevo promesso di proteggerti…e voglio mantenere la parola che ti ho dato.”
La bocca di Ai si aprì leggermente in un’espressione di meraviglia, contemporaneamente alle labbra di Agasa che assumevano dolcezza.
“Come…come hai intenzione di fare?” cambiò quindi discorso la piccolina, voltando le spalle allo scienziato e al finto bambino; non dovevano scorgere il rossore comparso sul suo viso…
“Quel poliziotto non ti vuole tra i piedi…”
“Sta-stai dicendo…” balbettò Conan “Di essere d’accordo con la mia idea di…intervenire?”
“Se ti dicessi di non andare, mi daresti retta?” chiese sorridendo la scienziata, conoscendo già la risposta che, comunque, non tardò ad arrivare:
“No.”
“Di conseguenza…” fece spallucce lei.
Conan sorrise in modo interessante, prima di iniziare il suo discorso:
“E’ vero: Michiyo non mi vuole tra i piedi. Ed, in effetti, ultimamente sta riuscendo a mettermi i bastoni tra le ruote, ma…”
“Salterai il camposcuola?” lo interruppe Ai, infastidendolo non poco. “Si parte Domenica mattina presto; se Sabato sera andrai a questa festa di compleanno tarderai e non farai in tempo a…”
“Rinuncerò.” la interruppe Conan, a sua volta. “Mi dispiace molto per i ragazzi, ma non posso davvero fare altrimenti.”
“Capisco.” disse Ai con voce piatta, tenendo la mano nella tasca del camice.
“Comunque, stavo dicendo…” riprese il detective, lanciando un’occhiataccia ad Ai “…che io andrò anche se il poliziotto mi è contro. In realtà, avrei già in mente un piano che…” fece per confessare ma, a quanto pareva, Haibara non aveva la minima intenzione di lasciarlo parlare in pace:
“Chiama in ritirata la lingua, Kudo.” affermò, dura. “Senza dubbio, il mio piano è cento volte più elegante del tuo.”

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Precisazioni:

* Hi, girl!: Ciao, ragazze!

* See you soon!: Ci vediamo presto!

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Note Dell’Autrice: SAAAAAAAALVE!! Non ci speravate più, non è vero?? Avete ragione, sono veramente imperdonabile…^^” Purtroppo quest’anno è stato di…come dire? “Stabilizzazione”…sono cambiate un po’ di cose per me e mi sono ritrovata da un giorno all’altro stra extra piena di impegni…e quando ero libera ero così stanca da andare a nanna ;___; Ma alla fine sono tornata sulla retta via…anche se dopo moooolto tempo *angel* Mi perdonerete, non è vero? Ma soprattutto: continuerete a seguirmi, non è vero? XD
Spero tanto di sì :D
Mi dispiace molto essermi assentata per così a lungo ma, come ho detto, purtroppo ho avuto molti imprevisti. In me, però, vive la speranza che vorrete perdonarmi e continuare a leggere la mia storia…sono le vostre recensioni che mi invogliano sempre di più a scrivere, scrivere scrivere per sapere cosa ne pensate e nel caso il risultato non fosse di vostro gradimento, a migliorare!!
Passando direttamente al commento di quanto scritto sopra…beh…^^” Il personaggio di Ran è sempre molto difficile da descrivere, e in modo particolare in questo tipo di situazioni…spero di aver reso bene il tratto in cui ci sono riferimenti al nostro caro Shinichi. Questo, poi, che confabula con il DOC e Haibara…cos’ha in mente la piccola scienziata secondo voi?? E cosa mi dite di Richard e Michiyo?? Sono veramente molto curiosa, fatemi sapere presto (non seguite il mio esempio, vi prego ç_ç) !!

akane_val : Ciao !! Ti ringrazio molto, sono davvero contenta che le mie parole ti facciano quest’effetto ! Scrivere è la mia passione…è una soddisfazione sapere di riuscirci bene ^^ Eheh, lo so, Michiyo è abbastanza irritante…ma fino ad ora non si è visto praticamente nulla *angel* Ho in mente taaaante altre cose per lui…a vedere quando riuscirò a metterle per iscritto XD (Nah, scherzo dai…o forse no?!)
Cercherò di concentrarmi spesso sulla gelosia di Conan/Shin, è un argomento che interessa e affascina molto anche me! Per quanto riguardo la sua frase, sì, è vero, mette al primo posto il caso: visto e considerando come ha lasciato Ran, non tanto al Tropical Land, perché credo che lui da quel giorno sia andato pian piano maturando, quanto al Beika Center Bilding negli episodi del Cavaliere Nero, mi è sembrata la scelta più giusta.
Ti ringrazio davvero molto per la recensione, mi fa molto piacere!!
Ciau!

Irene Adler: Tu? TU ? TU TI SCUSI PER IL RITARDO ?! Aahah, ma dai ! XDD Io allora non mi sarei dovuta presentare… Ripeto: mi dispiace davvero molto e chiedo scusa.
Spero di non dare a Ran la sagoma di una ragazza facile…non è assolutamente la mia intenzione ^^” Solo che, come a suo tempo Shin conquistava un sacco di donne, così avviene con Ran e gli uomini (per quanto Ishimaru e Richard possano definirsi tali XD). Sono contenta che il caso non ti dispiaccia…fammi sapere cosa ne pensi di queste news che lo riguardano!! Un bacione grandissimo e grazie mille per la recensione!!!
Bye bye :D

ginny85 : Hello!! Mi fa un piacere immenso che pensi questo della fanfic, e, se devo essere sincera, spero anche che continuerai a crederlo, eheh :D Già, da un bel po’ lo special di HP è andato in onda e quindi non vi sono più spoiler di alcun tipo…dovrò decidermi a cambiare genere nella descrizione! Altrimenti si rischia di confondersi…=P
Sai che mi fa piacere venire a conoscenza della tua “simpatia” per Ishimaru? E’proprio ciò che voglio…ahahah *devil*
Per quanto riguarda il caso…e sì! Vuoi sapere come si è svolta la faccenda? Quando ho iniziato questa fanfiction non ero sicura di quel che facevo, era la prima volta che postavo e la seconda che scrivevo qualcosa su DC xD Di conseguenza non ero molto convinta (né della storia né di me) e quindi non volevo rischiare di cadere in casi assurdi e ho creduto di ricalcare con facilità un caso già avvenuto. Ora però mi rendo conto che questa è una grave mancanza, infatti sto cercando di rimediare il più possibile: oramai non posso più cambiare la storia dei capitoli precedenti, poiché li ho postati, ma nei prossimi cercherò il più possibile di diversificare questo mio caso con quello dell’anime: promesso!! Devo ringraziare con tutto il cuore anche te per essere tornata a commentare…sopporta sia me che il mio ritardo, ti prego! XD A kiss XXX

Pera 11 : Ciao!! Uno « scusa » gigantesco è di dovere anche a te, come un « grazie » per la recensione!!
Non devi assolutamente preoccuparti di commentare all’istante, visto il ritardo che impiego io nel postare, questo è il minimo! A me fa molto piacere il semplice fatto che voi leggiate e che, beh…che mi facciate tutti questi compimenti!! ^^” La parte più vanitosa di me ha spesso la meglio ultimamete…;___;
Uhuh, se la pensi così per l’incontro tra Richard e Michiyo, figuriamoci tra quello di quest’ultimo con…
*devil* Ti lascio un po’ in sospeso, d’accordo? Un bacione! :**

Akemi-chan: Ciao!! Ti ringrazio molto, sono contenta della tua impressione!! ^.^ Eheh, bene! Allora continuerò a spezzare i capitoli con gli interventi di quella strana persona…xP
Ancora grazie mille, ciau!!^^

Charlie : Amicuccia mia carissima XD Mi spiace dovertelo dire, ma visti i miei tempi…l’ultimo capitolo lo vedo lontanuccio ;__ ; Il lato buono della faccenda potrebbe essere costituito dal fatto che io abbia parecchie ideuzze in mente, no? *angel* Grazie anche a te, kisshoni :****

Shaddy: Dea-chan!!! Da quantissimo!!!
Ahah, alla sfiga di Conanuccio non ci avevo pensato XD Sai che non sarebbe male, tuttavia? Potrei/Dovrei rifletterci un po’ su, uhm…
Ihih, l’idea della foto ti piace, eh?XD Bene bene bene…non male come inizio *devil* Devo solamente riuscire a trasformare il tuo sentimento in PASSIONE PURA…*stradevil* XDDD
Ti ringrazio tantissimo per la recensione e…visto? A tempi di realizzazione di fanfic non sono più veloce di te! *angel* XD Ciauuuuu, Shaddy ^___^

VidelB: Ciau!!!
Sono davvero contenta che ti piaccia…e che tu non abbia notato gli errori *angel* No no, il caso del teatro è made by me XD Anzi, tutto quel che avverrà in futuro lo sarà, non voglio più utilizzare le idee di quel geniaccio di Gosho (*______*)
Sì, un elemento caratterizzante di Conan è proprio il suo self-control, nonché il sangue freddo, e voglio mettere in evidenza la sua capacità di rimanere (relativamente) lucido anche in questo tipo di situazione XD Attendo con ansia un commento anche su questo nuovo capitolo!! Bacioni XXXXX

Emilia Emy!! Ciao! Ricevere un tuo commento mi sorprende molto, ma allo stesso tempo mi fa davvero piacere! Eheh, così mi fai arrossire ^////^ Beh, in realtà…oramai a grandi linee la storia è già avviata, non propriamente “tutta da fare”…certo, devono ancora manifestarsi alcuni fenomeni, ma, più o meno…:P Ancora grazie mille :) Bye bye ^^

Wilwarind Ah! Non farmi ridere XD Sono IO a dovermi scusare per il terribile ritardo, non certo tu! Ma, viva o morta, a costo di aggiornare ogni anno, ti giuro che questa fanfic la porto a termine! XP
Ti ringrazio tantissimo, è davvero una cosa meravigliosa sentirti dire (leggere XD) questo!!*_* Per quanto riguarda Ran…chissà se anche in questo capitolo sono riuscita a restare IC ç_ç Mhm…tu voli da questo a tre capitoli più avanti, my dear =D Sì, comunque: stai certa che, presto o tardi, avverrà qualcosa tra Conan e Michiyo…
Er…il capitolo al tempo era effettivamente in via di stesura ;_; Solo che poi ho dovuto…ehm…aggiungere i tag?? *baby* Eheh, un bacione e a presto (nah, non è vero *devil* XD) ^____^

Dunque dunque…ci tenevo molto ad aggiungere una cosa: un GRAZIE a tutti voi!!! Spero di leggere presto i vostri commenti e sapere cosa ve ne pare…un BACIONE grandissimo a tutti e alla prossima, tenterò di non ritardare più così tanto XDDD

XXX Cavy-chan XXX

PS. Chiedo scusa anche per i colori un po’ bruttini ma…non riesco più a trovare gli altri tag ^^” XD

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Capitolo 10
*** Parole Al Vento ***


Capitolo Nove

Parole Al Vento

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“A quanto pare è un uomo apprezzato…” disse a bassa voce Michiyo, seguendo con gli occhi Noboru Yashizawa, che con grande savoir-faire aveva intrattenuto, nel corso della serata, almeno una dozzina di persone.
“Già…ci sa fare con la gente…” commentò il detective, anche lui osservando lo scienziato.
I due “colleghi” erano seduti di fronte al tavolo prossimo alla terrazza e non avevano fatto altro che tenere d’occhio Yashizawa. Ishimaru indossava un completo di giacca e pantaloni bianco, proprio come la camicia, aperta a sufficienza perché si intravedessero i lineamenti decisamente niente male del petto allenato. Kogoro, al contrario, indossava, sopra la camicia bianca, una cravatta verde, che poco si intonava con il completo grigio che aveva, come di consueto, deciso di indossare; con una sigaretta in mano, entrambi gli uomini sorseggiavano di tanto in tanto un caffè e facevano finta di chiacchierare, ma in realtà non facevano altro che controllare il famoso scienziato.
“Fino ad ora…” brontolò il giovane poliziotto “…è stato invitato al tavolo di Ychiiro Fujikata, caporedattore di un giornale, poi ha conversato per una buona mezz’ora con Masami Sakata, scrittrice di successo; non contento, ha intrattenuto, con chissà quali argomentazioni, Akito Samiiro, altro noto uomo di scienza…”
“…e chissà chi è la ragazza con la quale discute ora…” ridacchiò il cosiddetto detective in trance, maggiormente interessato alla scollatura della giovane che alla sua identità.
“Mi sembra di notare nella vostra voce un pizzico di invidia…” cantilenò malignamente una voce femminile alle loro spalle…la voce di Sonoko Suzuki.
“Mhm…” Kogoro mugolò qualcosa di incomprensibile, mentre Ishimaru non rispose, interessandosi invece alla persona accanto all’erede della prestigiosa compagnia, Ran Mouri. Un lungo abito da sera bianco con gli orli ricamati di merletti neri le avvolgeva il corpo fin sopra il seno e le lasciava scoperte le spalle e le braccia; per rimediare, un coprispalle nero, come la piccola borsa e le scarpe con il tacco, e dei guanti dello stesso colore del vestito. I capelli erano sciolti e il viso truccato con lucidalabbra brillante e mascara nero. Di conseguenza, la ragazza appariva davvero bella. D’altro canto, Sonoko non cambiava il suo modo di fare, tanto che il risultato finale non poteva trovarsi sotto il termine seducente, era forse più appropriato definirlo provocante: indossava un vestito rosso, lungo (corto?) fino a metà coscia, attillato e aderente, legato dietro il collo. Borsetta, ballerine e cinta erano dello stesso colore del cerchietto che aveva tra i capelli, blu notte. Sul volto si intravedeva dell’ombretto celeste, matita e mascara nero; questi mettevano in risalto il suo sguardo volutamente languido mentre le labbra colorate di rosso e non potevano di certo passare inosservate.
“Non mi stancherò mai di proclamare la tua bellezza, Ran…” cominciò con tono sensuale Ishimaru, lo sguardo profondo deciso a conquistarla, seppur fosse convinto di esserci già riuscito..
“G-grazie…” balbettò lei in risposta, cercando in tutti modi di ignorare il padre e l’amica, entusiasti dell’atteggiamento del ragazzo. La figlia del detective si lasciò andare ad un sospiro, per poi alzare gli occhi e puntarli addosso a Michiyo; aveva deciso, grazie al discorso chiaro che Richard le aveva fatto, di dirgli…di dirgli…
“Ti prego, non guardarmi così intensamente.” Esclamò Ishimaru, bloccando la sua frase ancor prima che lei riuscisse a pensarla “…altrimenti mi farai perdere il controllo.” Kogoro sorrise maliziosamente e Sonoko se ne uscì con un qualcosa simile ad un: “Uh uh…” “I-shimaru…” esordì timidamente lei, cercando di guardarlo negli occhi “I-io vorrei…p-parlarti…” “Dimmi tutto!” rispose subito lui, facendo cenno di sedersi sulla sedia al suo fianco.
“Ehm…se possibile…preferirei in privato…” riuscì a dire Ran, avvampando calorosamente nel momento in cui Sonoko si fece sfuggire una…diciamo, rumorosa esclamazione.
“Che aspetti?! Vai!” gli diede di gomito Kogoro e Ishimaru, con sorriso assai malizioso, obbedì all’istante; dopo aver preso la sua amata a braccetto, la condusse sulla terrazza. La serata non era delle più fredde, ma un leggero venticello la fece rabbrividire non appena mise piede fuori dalla sala. Dal balcone era visibile il giardino dell’hotel, pieno di rose, fontane e viali; la sala esterna era delimitata da una ringhiera a colonne in marmo bianco, molto elegante.
“Dimmi, bellezza…” concesse dunque il poliziotto, sottolineando con il tono della voce l’ultima parola.
“E-ecco, vedi…” prese il coraggio lei, anche se uno strano rossore le aveva colorato le guance. Deglutì, poi continuò:
“Io ho…bisogno di dirti una cosa importante, solo che…non…n-non so come…”
-Avanti, avanti!!- si incitò mentalmente –Possibile che ci voglia così tanto?? Perché sei così imbranata, Ran! Non è niente di che…cioè, si, è una cosa strana e…e super imbarazzante da dire, maledizione!! Come faccio?? COME?-
Forse quella difarsi forza autonomamente non era stata una grande idea…questo non toglieva, comunque, che avrebbe dovuto fare ciò che aveva deciso! Volente o nolente!
-Ugh!!!-
“E’…è…” provò “..,una cosa che riguarda…noi.”
A quel pronome, Michiyo non potè che permettere ad un sopracciglio di alzarsi, interessato.
“Noi…?” chiese, con voce bassa.
“Sì, noi.” Ripetè senza esitazione.
“Allora non c’è bisogno che tu apra bocca.” La interruppe, come se per lei fosse semplice parlare. “P-prego?” domandò la karateka, incredula, al che il suo spasimante sorrise:
“Ho capito quello che vuoi dirmi e mi rendo conto che per una ragazza timida come te possa essere difficile…e sai, potrà sembrarti strano, ma ti prego di non vergognarti: a mio parere, questa tua esitazione ti rende ancora più adorabile…”
Pronunciando queste parole, Ishimaru aveva preso Ran per mano, e l’aveva trascinata fino alla ringhiera marmorea.
“Anche io sono imbarazzato in questo momento, al solo pensiero di quel che tu mi stai per confessare, ma…è normale…” continuando a (stra)parlare, afferrò la giovane per i fianchi e la spinse contro le colonne, intrappolandola fra quelle ed il suo corpo.
Lei deglutì, consapevole di ciò che Ishimaru intendeva fare.
“…e credo che, la cosa migliore, sia dichiararci questa fantomatica cosa…con un’azione desiderata…bramata da tempo…”
Quindi, lui ritenne concluso il discorso e chiuse gli occhi; poi, tenendo sempre ben salda Ran, avvicinò il viso al suo, con la precisa intenzione di…
“N-no, non direi…” balbettò Ran/ il peperone, volgendo dalla parte opposta alla sua il capo “Io sento la necessità di parlarti, perché non credo che tu abbia ben compreso ciò che…”
“Sì, sì, invece!” la interruppe nuovamente il poliziotto, afferrandole il viso con la mano e cercando di attirarlo a sé “Ho capito, ma ora bando alla ciance!”
La sua voce era bassa, roca…eccitata. E questo a Ran non piacque per niente, quindi:
”I-Ishimaru, credo che dovremmo discutere di un paio di cose…” insistette, riuscendo a liberarsi con un movimento improvviso; era o no una campionessa di karate?
“Ehi, ma…?!” fece lui, vedendola rientrare nella stanza.
“Vado in bagno!” rispose lei, fuggendo da lì.
In meno di un minuto si ritrovò nella meta prestabilita e, con un rumoroso sospirò, si appoggiò al lavandino, dopo essersi chiusa a chiave all’interno della toilette. Alzò gli occhi verso lo specchio, tenendoli fissi sul suo viso.
“Perché non gliel’hai detto??” chiese al suo riflesso “STUPIDA! Avresti dovuto farlo…”
Aprì il getto dell’acqua fredda e si sciacquò la faccia, cercando di calmarsi.
“Ishimaru voleva baciarmi…” si disse, aprendo gli occhi non curante delle gocce d’acqua che le bagnavano fronte e guance e che, a quel pensiero, quasi evaporarono. “Oh mio Dio…”
Poi un pensiero fulmineo, un rimorso, si fece largo nella sua testa e le occupò interamente i pensieri; il ricordo una conversazione che l’aveva lasciata perplessa si impossessò violentemente della sua mente…

INIZIO FLASHBACK
Era pronta.
La sua migliore amica l’aveva aiutata (si era imposta di aiutarla) a prepararsi e il risultato era davvero meraviglioso.
Mancavano pochi minuti e il giovane avrebbe citofonato, reclamando la sua dama. Ran sorrise; chissà se sarebbe riuscita a fargli quel discorso…
TU-TUM!
Il rumore di qualcosa che cade le giunse all’orecchio, e solo in quel momento si ricordò del piccolo Conan-kun, in partenza. Il bambino si trovava nella sua stanza e stava ultimando le valigie per il viaggio che lo avrebbe allontanato dall’agenzia investigativa Mouri per tre giorni.
La ragazza si avvicinò alla porta, per poi bussare un paio di volte.
“Avanti!!” pronunciò una voce dall’interno. Il piccolo detective era appoggiata sul letto e tentava di chiudere lo zaino marrone, dove, a forza, aveva ammucchiato chissà quali oggetti… ma non appena la sua sorellina entrò, lo buttò sotto il letto, dimostrandosi assai interessato al contenuto del cassetto del suo comodino.
“Sei pronto, Conan-kun?” chiese dolcemente Ran, chiudendosi la porta alle spalle, ignara di ciò che era appena accaduto.
Lui fece per rispondere, ma alzati gli occhi verso di lei gli mancò il fiato: era bellissima. Il vestito bianco le avvolgeva il corpo, secondo il suo parere, in modo molto sensuale; il seno era messo in risalto e le gambe si mostravano in tutta lo loro bellezza attraverso lo spacco della gonna.
“S-sì…” riuscì a dire, voltandosi immediatamente per non farle notare il rossore comparso sul volto.
La giovane, ignara di tutto, si sedette sul letto, osservando con affetto il piccolo moro mentre frugava con smania all’interno del cassetto.
“Conan-kun…” sussurrò, posandogli una mano sulla spalla “…mi mancherai molto. Lo sai questo, vero?”
“Sì, Ran, lo so. ” Rispose grave, parlando sia per sé che per Shinichi Kudo “Ma…” deglutì, cercando di non andare su di giri, nonostante la mano della sua amica di infanzia che gli arruffava dolcemente i capelli “…ma, ci sarà chi ti aiuterà a dimenticarmi…”
“Ma cosa dici???” sbottò lei, costringendolo a voltarsi e guardarla negli occhi; attraverso le lenti degli occhiali, scorse un’ombra di vero dispiacere e ne fu colpita.
“Conan…” disse a bassa voce, accarezzandogli la guancia con una mano “…so bene che in questi giorni non sono stata molto con te, e credo di capire che a te dispiaccia che abbia trascorso del tempo con Ishimaru…”
Il detective sorrise amaramente:
-Come non potrebbe…?-
“…ma io, piccolino…io tengo tantissimo a te, ti voglio davvero bene! Non dire mai più una cosa tanto stupida, per me vieni decisamente prima di Ishimaru, che sia chiaro!!” quindi, non esitò a stringere a sé quel corpicino tanto esile quando, apparentemente, debole.
-Sì, lo so, Ran. Per te Conan, forse, è più importante di Michiyo…ma di Shinichi? A chi tieni, a lui o a me? La risposta, ora che ragiono con lucidità, mi pare così chiara…così dannatamente chiara…Dimenticami in veste di Kudo Shinichi, e dimenticami in veste di Edogawa Conan, perché, odio ammetterlo, ma stasera, presentandomi dove gli uomini dell’organizzazione agiranno, rischio seriamente la vita. Quel poliziotto ti aiuterà a superare un brutto momento, nel caso dovesse avvenire il peggio…ma tu non avrai rischiato, non avrai avuto per niente a che fare con loro. E, al momento, questo è il mio più grande desiderio. Non importa se non potrò avere il tuo amore…l’importante è che tu sia sana, salve…e felice.-
Un sorriso triste e amaro gli comparve sul volto, mentre con amore avvolgeva, per quanto possibile, le spalle della giovane con le braccia e stringeva forte.
-Ho paura che questo sia un addio, Ran…in qualsiasi modo andranno le cose stasera, noi non potremo più…-
Ma lui fu bravo a nasconderlo non appena Ran sciolse quell’abbraccio più importante di quanto immaginasse; il campanello aveva avvertito gli abitanti dell’appartamento, che probabilmente Michiyo era arrivato.
“Fa’ il bravo, tesoro…” gli raccomandò, scompigliandogli i capelli affettuosamente e posandogli un bacio sulla guancia.
“Contaci!” rispose lui, una nota triste nella voce che a Ran non sfuggì.
“Ascolta, Conan…” iniziò, ancora inginocchiata di fronte a lui “vuoi che rimanga qui con te? Non andrò alla festa, per me non ha molta importanza…ti aiuto a terminare le valigie e magari dormirò con te, non mi va di lasciarti solo la sera prima della tua partenza…”
Conan la interruppe: “Non scherzare, Ran…Ran-neechan” si corresse immediatamente“Per me non è un problema, vai pure…Tanto ho finito qui, avrei dormito! Vai e divertiti…”
“Ne sei sicuro? Non devi fare complimenti con me…” insistette lei, notati gli occhi e la voce tristi del piccolo.
“Sicurissimo.” Annuì “Sbrigati ora, altrimenti dovrai andare a piedi.” Rise candidamente, riuscendo a recitare in modo perfetto la parte del bambino, anche in quell’occasione.
-Non restare legata ad una persona che ti fa solo male…fuggi con qualcuno che ti rende felice e ti riempie delle attenzioni che meriti-
“RAN!” sopraggiunse la voce di Kogoro.
“MUOVITI, ASPETTIAMO SOLO TE!!” aggiunse Suzuki, trovatasi nel loro appartamento per…
, a suo dire.
“D’accordo. Ma chiama in qualsiasi momento se hai bisogno.” Detto questo, si alzò e fece per uscire, ma quando si trovò sulla porta venne bloccata da un’affermazione che Conan si fece involontariamente sfuggire:
“Ti voglio bene, Ran.”
Sorrise, quasi commossa, per poi rispondere: “Anche io ti voglio bene, Conan-kun.” Non potè udire, ovviamente, la frase che, amareggiata, provenne dall’auricolare di Conan non appena lei si richiuse la porta alle spalle:
“Ti invito a riflettere bene, Shinichi” esordì Agasa “La tua decisione è…”
“Presa.” Lo interruppe prontamente Kudo “Presa. Forza, dunque…diamo inizio allo spettacolo…”

FINE FLASHBACK

-Forse non avrei dovuto dargli retta…sarei dovuta rimanere a casa con lui!- si rimproverò Ran, asciugandosi le mani e il volto con un fazzoletto di carta.
Scuotendo leggermente il capo, ricominciò ad autoconvincersi:
-D’accordo, facciamo così: torno a casa e sto con Conan per tutta la notte, preparandogli una bella colazione nutriente domani, come imput per la gita, ma non prima di aver trovato il coraggio per dire ad Ishimaru che io…-
Il rumore sordo e acuto di un vetro in frantumi bloccò il corso dei suoi pensieri e lei, spaventata, smise addirittura di respirare e aguzzò l’udito. Passi di qualcuno che corre.
Titubante, si avvicinò alla porta comunicante tra il bagno delle donne e quelli degli uomini, entrando appena in quest’ultimo; ma le bastò lanciare un’occhiata da lontano, per scorgere il corpo insanguinato di uomo disteso a terra, tra mille pezzi di vetro.
“A…A…AAHAH!!!” urlò, una mano portata istintivamente al petto.
Purtroppo, però, la musica nella hall dell’albergo non permise a nessuno di udire il suo grido, e lei fu costretta a correre in direzione della festa per chiedere aiuto; giunta , senza fiato, a suo padre e Michiyo, ansimò:
“Papà…Ishimaru…”
“Mh?” fece Kogoro, troppo occupato nello studio di una donna bionda e attraente.
“Dimmi, cara…” rispose invece Ishimaru con fare sensuale “…vuoi dirmi quella cosa davanti a tutti?”
“Quale cosa???” intervenne subito Sonoko, in piedi accanto al ragazzo.
“Beh, sai…”iniziò lui, pavoneggiandosi, ma Ran non gliene diede il tempo:
“Presto! A quello penseremo dopo…c’è…c’è…c’è un uomo nel bagno!! Temo sia ferito…o…o peggio…morto!!!”
“CHE COSA?” urlò allora il ragazzo, riuscendo a far udire la sua voce da tutti nonostante la musica; Kogoro e Sonoko non ebbero neanche il tempo di comprendere le parole di Ran, che lui si era fiondato verso il bagno, come una belva furiosa.
Gli altri tre gli andarono dietro, parlando concitatamente:
”Sei sicura di aver visto bene, Ran?” chiese Sonoko, timorosa.
“Sì, sicurissima...”
“Maledizione!!” imprecò il detective “Non riusciamo mai a…”
“Credi sia opera del serial-killer?” lo interruppe la figlia, preoccupata.
“Shhh!! Non parlare così ad alta voce, vuoi che qualcuno ti senta?” evidente tentativo per celare la sua ignoranza.
Giunti al bagno, raggiunsero Michiyo, inginocchiato di fronte alla porta.
“Che succede?” gli andò vicino Kogoro, posandogli una mano sulla spalla.
“Sono…sono scivolato…” rispose lui, stringendosi la mano con forza.
“Ma preoccupiamoci di avvertire l’ispettore Megure e gli altri, stanno aspettando fuori…credo che dovranno salire in fretta.” E con un cenno del capo indicò la salma senza vita dell’uomo disteso sul pavimento.

§§§

-Chissà se si svolgerà tutto come ho previsto…- pensò una misteriosa figura, mentre una dolce musica si diffondeva nella stanza.
–Spero solo che mi dia retta…

§§§

“Ma la vittima non doveva essere Yashizawa?” si chiese Kogoro, aspettando che qualche poliziotto tra quelli presenti in sala gli rispondesse.
“Beh, in pratica sì…” Takagi si passò una mano tra i capelli, evidentemente confuso.
“Evidentemente questa non è opera del serial-killer!” fu Ishimaru a replicare “Io non mi sbaglio mai. Se quest’uomo è stato ucciso, l’assassino non è il serial-killer.” Gli altri lo guardarono con un’espressione abbastanza contrariata, ma lui aggiunse prontamente:
”Guardate! Vedete forse la sua firma? Trovatemi un portafoglio trafitto da un coltello e vi starò ad ascoltare!” il tono duro e acido, sicuro, come al solito.
“Michiyo ha ragione.” Intervenne l’ispettore Megure, il tono della voce serio. “Ciò però, non toglie che bisogni far luce su questo mistero!”
“Questo è poco ma sicuro!!!” esclamò il poliziotto, come se quello che il suo capo avesse detto fosse sciocco e banale.
“Takagi, cosa sappiamo sulla vittima?” chiese l’uomo, ignorando il suo sottoposto.
“Uhr, sì, ispettore: il suo nome era Kitaro Hakamoto e svolgeva la professione di architetto…”
“Sì, infatti lo conosco!” si intromise Shiratori, da sempre appassionato di architettura.
Michiyo e Megure gli lanciarono uno sguardo assassino e lui tacque all’istante; la bella Sato rise sotto i baffi e Takagi fece lo stesso: “Eheh…s-sì..eh…dunque…nessuno può testimoniare la presenza di persone precise all’interno del bagno nell’ora del decesso, le dieci e trenta circa; quindi, chiunque potrebbe averlo ucciso: rivestendo un ruolo importante nella scala sociale, aveva molti nemici o avversari e stasera, a questa festa, sono presenti numerosi ospiti di un certo livello, gli amici del sindaco non sono da poco…”
“Capisco. E quest’uomo aveva dei parenti? Degli amici? Presenti stasera in quest’albergo, intendo…” si informò Ishimaru.
“Sì, il figlio, Tatsuya Hakamoto. La moglie è deceduta un paio di mesi fa…” aggiunse.
“Non potrebbe trattarsi di suicidio?” si infiltrò nella conversazione Kogoro. “Potrebbe non essersi abituato all’idea di…”
“No, Kogoro.” Rise Michiyo “Non so perché tu pensi sempre al suicidio…guarda il corpo. La gola è stata recisa con insicurezza, i graffi non seguono una retta precisa; una persona intenzionata a togliersi la vita non soffrirebbe così tanto, praticherebbe un colpo veloce e indolore. Quindi, questo è un bel caso di omicidio, e l’assassino si è anche divertito a commettere un delitto originale…” Assurdo come quel ragazzo riuscisse a possedere un’ironia così…funerea.
Con quell’affermazione aveva indicato, infatti, con un cenno del capo la salma circondata da vetri rotti, che un tempo componevano lo specchio di fronte al lavandino.
-Mhm…?!- un’idea gli balenò alla mente.
“Ispettore, faccia controllare immediatamente tutti questi vetri!” ordinò.
“Come?” fece Megure, voltandosi sorpreso, proprio come Shiratori, Takagi, Sato e Kogoro.
“Forse l’arma del delitto è proprio uno di questi, oppure il colpevole si è ferito! Forza, se troviamo il DNA con il luminol abbiamo la sua identità! Non perdiamo tempo: cosa stiamo a fare qui in sei?! Takagi, Sato…insomma, datevi da fare!”
-Ma sentitelo, chi si crede di essere?!- pensarono in contemporanea i due interpellati.
“Takagi, vai tu.” Esclamò l’ispettore.
“Prego?” rispose sottoforma di domanda, battendo le palpebre.
“Muoviti!!” ordinò alzando la voce.
“Sissignore!!” si mise sull’attenti e poi scattò.
“E tu va’ a chiedere a tutti gli invitati, ai quali avrete intelligentemente vietato l’uscita…” tornò all’attacco il castano “…chi tra loro è stato al bagno tra le dieci e le dieci e mezza, e trova il figlio.”
“Sì, ho fermato tutti gli ospiti.” Rispose bruscamente Sato, il tono della voce infastidito. Lanciando un’occhiata a Megure, comprese di dover ubbidire al suo collega.
“Vado…” sospirò.
-Visto che ho deciso di fidarmi di lui quanto mi fidavo di Kudo, vale la pena di mettermi nelle sue mani…- pensò Megure, lanciando uno sguardo al giovane, impegnato nello scrutare con attenzione il corpo.
“Uh, Shiratori…” esordì, non contento “Potresti farmi un favore?”
Come abbassava la cresta con gli ispettori…
“Cosa c’è?” rispose, voltandosi verso di lui.
“Vai da Ran, chiedile se è tutto ok. Io non posso muovermi da qui, devo indagare, ma se ha qualche problema non esiterò a raggiungerla. Riferiscile questo, d’accordo?”
“Perché secondo te io non devo indagare?” gli fece notare in malomado, ma Megure intervenne: “Shiratori, per favore…senti come sta lei, e anche Sonoko.”
“Già, inizio ad essere preoccupato…” anche Kogoro disse la sua.
“E va bene, d’accordo…” accettò Shiratori, convinto solamente dalle parole dell’ispettore.

“E questo è tutto.” Concluse l’ispettore Shiratori, raggiunte le due amiche nel bar al piano terra. “Dica pure ad Ishimaru di non preoccuparsi, noi stiamo benissimo.” Gli sorrise dolcemente Ran, mordendosi però un labbro:
-E perché non gli ricorda che dovevo parlargli di una cosa molto importante??- “Già! Pensi a risolvere brillantemente il caso, piuttosto. Visto che non potete contare sul mio infallibile intuito, vi rimane soltanto lui…” si pavoneggiò senza alcun motivo Sonoko, incrociando le braccia.
“Oh, a proposito: perché non ci informate di come procedono la indagini?”
Chiese con fare furtivo, avvicinandosi all’uomo, che sorrise malignamente:
“Visto che non avete alcun problema, torno dall’ispettore Megure. Buona serata, ragazze.” Ran ridacchiò e Sonoko lo maledì.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: Ed ecco qui l’ultimo chap! Ci sono stata parecchietto, sia per gli impegni che si sono quadruplicati (sono in fin di vita ;___;) sia perché, come ho avuto già modo di dire, con i casi non me la cavo molto bene! ^^” Spero di aver reso questo bene, solitamente quando il minestrone si gira troppo, alla fine esce amaro! XD
Uhm…devo dire che mi è un po’ dispiaciuto che i miei due ultimi aggiornamenti siano stati letti da poche persone, spero non sia la lunga (enorme ç_ç) attesa a farvi desistere. Metto davvero il cuore in ciò che scrivo e mi dispiacerebbe molto rimanere sola soletta tra i miei mille files =(
Perciò, se ci siete…battete un colpo! XD

@Shadow *devil* Ma davvero? Non avrei mai detto fossi tu! o.O
Ihih, in questo capitolo ho lasciato da parte la Black Organization…Chissà qual è il posto in cui ti sta Ishimaru, boh O__O Ahah X°DD
Anche Richard questa volta è stato trascurato, spero non ti arrabbierai ç_ç Mwuhahu, sospetti eh?
*angel* Cosa ti fa pensare che io voglia che sia così?
Godi a vedermi ritardare, eh? Ma bravaaaaa >_______<
Comunque grazie per il commento, mi ricorderò che ci sei tu buona buona ad aspettare ^________^
Kishoni enormi e a presto (seee, ahahah XDDD)

Spero di poter rispondere a più commenti, nel prossimo capitolo ç_ç

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 11
*** Un Ospite Inatteso ***


Capitolo Dieci

Un Ospite Inatteso

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“La situazione non è variata, i sospetti sono innumerevoli.” Affermò l’agente Takagi, rivolto all’ispettore Megure che, fin da subito, era stato affiancato da Michiyo “Chiunque avrebbe potuto entrare oppure uscire dal bagno nel lasso di tempo necessario per commettere il delitto, non vi sono testimoni né prove, tra i residui di materiale rinvenuto a terra non c’è traccia di nulla, per non parlare poi della salma. Niente presenta anomale impronte digitali.”
“Eppure è davvero strano…” mugugnò Ishimaru “Il cadavere è pieno di sangue! L’assassino deve aver architettato qualcosa…” poi alzò il tono della voce:
”E va bene, andiamo a fare qualche domandina in giro, forza!”
Detto questo, si avviò verso l’uscita della toilette per raggiungere il corridoio, mentre il poliziotto si lamentava con Megure: “Cosa crede che io abbia fatto fino ad ora?!E’ stato lui ad ordinarmelo!!” “Lascialo fare.” Rispose l’uomo, seguendolo, dapprima con lo sguardo, poi con i piedi “Sa quello che fa.”
“Sì, certo, ci manda tutti quanti in bestia…” sussurrò tra sé e sé Wataru.
“OH, MIO DIO! PAPA’!!” sentirono urlare e si voltarono: di fronte a loro, un agente della scientifica tentava di bloccare per le spalle un ragazzo, alto e moro, con un completo elegante e sicuramente molto costoso.
“PAPA’! CIELO, CHE TI HANNO FATTO?!” gridò di nuovo, quindi Ishimaru si avvicinò a lui:
”Oh, bene! Sono riusciti a rintracciarla…”
Il tatto o la sensibilità non erano caratteristiche dominanti nel suo carattere.
Il giovane lo guardò perplesso, poi tornò a volgere lo sguardo verso suo padre.
“Papà…papà…” singhiozzò, prima di cadere a terra inginocchiato, le mani tremanti.
Ishimaru sospirò, questo contrattempo avrebbe rallentato lo svolgersi delle indagini.
“Cerchi di calmarsi.” Esordì l’ispettore, senza risultato.
Lanciato un’occhiata a Takagi, questo lo scortò fino al bar, per offrirgli da bere e calmarlo;
ovviamente con loro andò anche il poliziotto castano: come perdersi un’occasione di vedere la sua adorata dama e, per di più, come lasciarla da sola con ben due uomini?
Ran e Sonoko furono molto disponibili e tentarono di rilassarlo in tutti i modi, ma niente pareva essere d’aiuto:
”Forza, beva questo…” gli suggerì la figlia dell’investigatore, porgendogli un bicchiere con dell’acqua fredda.
Il piccolo gruppo si trovava intorno ad un tavolo rotondo, il giovane orfano seduto accanto alla ragazza, gli altri in piedi vicino ad entrambi.
“…g-gr—grazie…” balbettò il ragazzo, afferrando il bicchiere, poi lo portò alla bocca con movimenti incerti, ma che, tuttavia, gli scoprirono parte del polso e rivelarono una fasciatura. “Cos’ha fatto sul braccio?” gli chiese Ishimaru, bruscamente. Ran gli diede un calcio, ma lui lo ignorò ed insistette: “Scusi sa, ma…”
“Preferirei non rispondere a questa domanda” sbottò maleducatamente, stringendo con forza il bicchiere.
“Io invece preferirei che rispondesse.” Ora il tono del poliziotto era deciso, certo, quanto irritato.
Non sopportava lo si trattasse in quel modo, soprattutto poi di fronte ad una ragazza che aveva puntato – devo fare nomi? –poiché rischiava di perdere la sua virilità.
“Quindi, o si da una mossa, o sarò costretto a scortarla in centrale…”
“Tutte queste storie per una benda??” si intromise Ran, seccata. Quel pover’uomo era così scosso, non era certo quello il modo!
“Ma Ran!” esclamò lui, poi sospirò “Tu sei del mestiere, non puoi capire!!”
“Ah, ma davvero?” ripose lei concitatamente, sentendosi reputata inferiore “Io…”
“NON LITIGATE A CAUSA MIA!!” gridò l’ormai erede Hakamoto, zittendoli all’istante.
“Io…io non voglio essere di nuovo motivo di disagio…” balbettò.
“Cosa intende dire?” Michiyo non dava per vinto e per non suscitare altro scompiglio, il ragazzo rispose: “La fasciatura…copre una ferita. Ero così stanco, così…amareggiato, deluso della vita e di tutto ciò che riguardava…volevo abbandonarla,, lasciarla per sempre. Ma sono stato scoperto perché ho indugiato troppo, avrei dovuto agire con decisione fin quando avevo quella lametta tra le mani, perché nessuno mi ostacolasse…”
Ran ed Ishimaru si scrutarono: aveva tentato il suicidio!!
“Io non potevo sapere…” replicò il poliziotto, il tono della voce più basso e calmo ma…uno strano sguardo.
Fissò il giovane che aveva di fronte, e scorse come il bicchiere tremava, spinto dalla sue dita. Fu un attimo, e il vetro leggero andò in mille pezzi con un rumore squillante.
“Oh, si è fatto male??” Ran non sapeva come comportarsi, Sonoko era perplessa: non si era mai trovata immischiata in una simile situazione.
“Le do una mano…”
Hakamoto era rimasto impassibile, seduto e con le mani poggiate sulle gambe, come nulla fosse successo.
In silenzio, pareva si fosse totalmente estraniato da quella vicenda, forse troppo dolorosa, forse troppo irreale per un uomo che già era psicologicamente molto debole.
Tuttavia, il grande spirito, l’eccezionale bontà che da sempre aveva contraddistinto la figlia del detective più popolare del Giappone, la spinse e cambiargli la fasciatura, intrisa d’acqua.
Mentre lo faceva, Ishimaru osservava la scena ingelosito: storcendo il naso, approvò a malapena che la sua cara “amica” lo curasse con tanta disponibilità; mentre attendeva che quella fastidiosa medicazione terminasse, lanciò uno sguardo al polso di Tatsuya: i graffi erano ormai risanati da delle crosticine rosso vivo.
“Ehm…Michiyo, Ran?”
I due si voltarono, ritrovandosi l’ispettore Megure e Kogoro affacciati all’ingresso del bar, fianco a fianco. “Per favore” esordì Yozo “potreste dirigervi all’entrata dell’hotel? Man mano che le persone escono scoprirete qualcosa, che magari potrebbe tornarci utile. Tutti gli altri sono impegnati nelle procedure e negli interrogatori.”
“Sì, d’accordo.” Il castano si alzò dalla sedia, lanciando un ultimo sguardo verso Hakamoto, che non si era mosso di un millimetro. “Dai, andiamo, Ran.”
Le afferrò la mano, trascinandola dietro di sé. Lei non fece resistenze, poiché era riuscita a fasciare di nuovo il braccio del ragazzo.
“Vengo anch’io!!” scattò la Suzuki, assolutamente poco desiderosa di rimanere in compagnia di quello strano personaggio…da sola.
”Vai anche tu, Kogoro.” Aggiunse Megure, e l’uomo, seppur sbuffando, obbedì.

§§§

“Ormai sono ore che siamo piazzati qui, ma nessuno ci è stato d’aiuto…”cantilenò Sonoko, esausta, seduta accanto a Ran su uno scalino. “Perché non andiamo via?”
“Beh, effettivamente non ha tutti i torti…” concordò Kogoro, stanco e assonnato. “Vero…?” Chiese poi al ragazzo davanti a lui.
“Aspettate soltanto un attimo…” fu la sua risposta.
“Lo dici da un’ora e mezza…” borbottò Sonoko, sbuffando irritata. Ma il rumore della porta dell’hotel che lentamente si apriva attirò la sua, come di tutti, attenzione. A loro si mostrò Hakamoto, il volto pallido e gli occhi spenti; la sua espressione era addolorata, la camicia ancora bagnata.
“Signor Hakamoto…come si sente?” azzardò la giovane castana, provando un moto di tristezza nei suoi confronti.
“La ringrazio, non male.” Rispose a bassa voce, incamminandosi verso una macchina rossa parcheggiata di fronte l’edificio.
“Io, dopo un omicidio, mi sentirei distrutto e sporco.” Ammise però Ishimaru, lo sguardo castigatorio rivolto verso di lui.
“Ma cosa blatera?” si irritò immediatamente il giovane, però indietreggiò all’istante.
“Michiyo, stai cercando di dire che…” Kogoro palesò l’idea di tutti.
“Esatto. E’ stato lui ad uccidere suo padre.”
Gli occhi di Tatsuya si dilatarono, ma quelli del poliziotto si assottigliarono. Sorridendo beffardamente, lo spasimante di Ran si apprestava a mostrare per l’ennesima volta le sue grandi capacità intuitive:
“Quel graffio che hai sul polso…anzi, quei graffi. Con una lametta ci si procura un solo taglio, i tuoi erano diversi. E questo, perché sono stati i vetri dello specchio a ferirti, proprio quando hai ucciso tuo padre! Stesso motivo per cui le croste sono ancora così rosse; se davvero avessi tentato il suicidio tempo fa, il loro colore sarebbe stato molto più scuro.
Eri terrorizzato, la vista del sangue ti ha spaventato, renderti conto dell’azione che avevi messi in atto e stavi compiendo per uno malato come te era troppo. Infatti, i segni sul collo di tuo padre erano incerti, proprio perché mentre lo colpivi, tremavi…forse ti stavi già pentendo, ma a quel punto era troppo tardi. Dovevi continuare, terminare il lavoro iniziato.
Ho forse sbagliato qualcosa, Hakamoto Tatsuya?” sorrise in modo beffardo e sbruffone il poliziotto, alzando il volto e puntando gli occhi in quelli dell’assassino. “Mi risponda, forza!!”
Ma tutto quello che ottenne fu un grugnito, poi il ragazzo abbassò il capo.
“Non…non posso credere che sia vero…” balbettò Ran, rimasta a bocca aperta e quasi commossa. “Credici, Ran. E’ andato tutto come ho descritto…è così.” Le disse lui, convinto e con tono di superiorità.
“Puoi provare a raggirare l’apparenza, ma non puoi raggirare la verità!”lanciò uno sguardo di puro disgusto verso Tatsuya, che non aveva ancora proferito parola; poi, tutto ad un tratto, scoppiò in una risata isterica:
”AHAH! Sì, è vero…il tuo amichetto ci ha indovinato, mia cara…” i suoi occhi erano illuminati da una luce strana, quasi folle. “Io ho ucciso mio padre, IO! Mi dispiace molto ma…non avrei davvero potuto fare altrimenti!”
“E perché? C’è di mezzo la morte di tua madre, forse? Non si trattava di un incidente?” incalzò Michiyo “Oppure il fatto che lui fosse un archetto importante e tu un fallimento per la tua famig…”
“TACI!!” lo interruppe il ragazzo, improvvisamene furibondo “ Io non sono un fallimento!! NO! Io ho dovuto eliminarlo! Era l’unico modo per rivederla e crearmi una vita…farmi una famiglia tutta mia…”
“Cosa vuoi dire?” gli chiede seriamente Kogoro, al che l’erede Hakamoto rispose:
“Al funerale di mia madre presero parte le più famose personalità del Giappone e dell’America, ma tra loro una ragazza castana…una ragazza castana…Avete presente il colpo di fulmine?...io non ci avevo mai creduto, ma dopo quella visione… lei era bellissima!! Mi informai e seppi da mio padre che era una vecchia amica di famiglia, figlia di un compagno di classe dei miei genitori; studiava giurisprudenza in America ed era tornata unicamente per onorare la morte di mia madre…Quindi, l’unico modo che mi rimaneva per vederla…” una lampo di pura follia balzò dai suoi occhi come un fulmine “… era uccidere mio padre...perchè lei, al suo funerale, sarebbe tornata!!”
A questa confessione seguì una risata isterica e nervosa.
“Ma…ma è terribile…!” si fece sfuggire Sonoko, la voce incrinata dal terrore.
Ran non proferì parola, spaventata e shockata, mentre Ishimaru ovviamente spiegò il suo non richiesto parere:
“E non ti vergogni? Uccidere un uomo, tuo padre per giunta, per un motivo simile…tu sei pazzo!!!”
A quella parola, Ran, Sonoko e Kogoro strabuzzarono gli occhi: come gli veniva in mente di insultarlo così?!
“Ahahah…” continuò a ridere l’omicida “…può anche darsi…sì, non lo escludo…” il tono della voce era indescrivibile, ma spaventoso; Ran percepì chiaramente un brivido di paura percorrerle la schiena.
“…ma questo per voi quattro non avrà più alcuna importanza...” sentenziò.
“Che vuoi dire??” sbottò il poliziotto, allarmato.
-N-non vorrà…- pensò Kogoro, in preda al panico.
“Voglio dire che vi tapperò la bocca in un modo sicuro ed efficace!!” urlò pazzamente, poi rise di nuovo.
I quattro amici rimasero immobili, paralizzati; cosa fare…?
“Tsk…” sorrise Michiyo, fingendo sicurezza. “Come vorresti…? Non hai…niente…non hai…armi…”
“Parli tanto ma sei già terrorizzato, non è vero, poliziotto?” fu il turno di Hakamoto sorridere beffardamente, a quel punto e il castano digrignò i denti: quel pazzo aveva perfettamente ragione…
“…e comunque…” proseguì, alzando le braccia verso il cielo “…mi rimangono sempre le mani!”
Detto questo, senza neanche pensarci due volte, si scagliò contro il poliziotto, che però, proprio all’ultimo istante, si scansò; Tatsuya finì quindi addosso a Kogoro, subito dietro Ishimaru.
”AHHH!” Ran lanciò un grido, ma questo non bloccò affatto l’assassino: le sue mani erano strette fortemente intorno al collo del povero detective, paonazzo.
“L-lascialo!!” gridò Sonoko, anche lei incapace di muoversi e ragionare, catturata dalla paura. Ishimaru, dal canto suo, era completamente terrorizzato: non aveva idea del da farsi, non sapeva come aiutare Kogoro! Non aveva con sé una pistola, non vedeva bastoni lì intorno…come avrebbe potuto affrontarlo? Era impossibile!!
-Ragiona Ishimaru, ragiona, merda!!!- si disse, stringendosi la testa con le mani.
“TOGLI IMMEDIATAMENTE LE MANI DA MIO PADRE!!” urlò all’improvviso Ran, cogliendo tutti i presenti di sorpresa; senza neanche pensarci, poi, si lanciò verso l’aggressore e lo buttò a terra, così liberando l’uomo, che tossì:
“STUPIDA! COSA DIAVOLO FAI?!?”
“Il tuo paparino ha ragione…” le ghignò Tatsuya, riprendendo immediatamente il controllo della situazione: con un balzo, infatti, la immobilizzò a terra sedendosi sopra di lei, poi allungò le mani verso il suo volto.
Ran spalancò gli occhi, per poi chiuderli con forza a attendere, con terrore, la sensazione di soffocamento…che però non arrivò.
Un urlo di dolore, infatti, fu l’unico suono che la raggiunse; percependo la presa delle gambe intorno alla sua vita allentarsi, si forzò a riaprire gli occhi, per scorgere Hakamoto tenersi dolorante una mano.
“Chi…” balbettò. “CHI…”
Ma non fece in tempo a terminare la sua frase, che un vaso di terracotta marrone, dopo averlo colpito al petto, raggiunse il primo, lanciato pochi istanti prima dal balcone al primo piano dell’hotel.
“RAN! VIA DI LI’!” gli urlò allora il padre e lei, ripreso parzialmente coraggio, riuscì abilmente a tornare in piedi, utilizzando in modo perfetto una mossa del suo altrettanto perfetto karate.
“Amore mio!” le sussurrò poi all’orecchio il padre, abbracciandola non appena corse da lui. Lei aprì la bocca, ma la voce del colpevole la interruppe:
“CHI E’ STATO? CHI?! COME…”
“Tutto ciò che quell’abile poliziotto ha detto è sicuramente vero, ma c’è un piccolo dettaglio che si è lasciato sfuggire…” esordì una voce adulta, calma e…sensuale. Una voce che, solo ad ascoltarla, trasmetteva tranquillità e sicurezza, armonia e dolcezza.
Tutti alzarono gli occhi verso il balcone, da dove i due vasi erano stato lanciati; e lì, sopra la ringhiera di marmo, una figura seduta con le gambe incrociate e le braccia conserte si nascondeva dalla luce della luna, e parlava nel buio:
“…C’è una prova lampante che ti incastra. Tu eri spaventato, hai ammesso di essere dispiaciuto del gesto commesso…la vittima era pur sempre tuo padre! Di conseguenza, quando hai visto il sangue ti sei bloccato e…”
“AHAHAHAH!” lo interruppe Hakamoto, guardandolo divertito. “Questo l’ha già detto quel moccioso!”gli ricordò, indicando Ishimaru con il dito.
“Sì, questo lo so.” Rispose la sagoma in nero, e dal tono della sua voce si capì che aveva sorriso“Ma, ti ripeto, quel ragazzo si è scordato, o forse ha sbagliato un passaggio…”
“Non credo che la parola di una persona che si nasconde possa valere tanto…” tentò di fargli perdere la calma l’assassino “…ma sentiamo!”
Il tentativo di Tatsuya fu vano:
“La deduzione di quel ragazzo non è del tutto corretta: come in tanti abbiamo già detto eri spaventato, direi shockato, quindi non hai lontanamente pensato di portare via il pezzo di vetro con cui ti sei tagliato…tu volevi solo andare, essere rapido e scappare, pentito, da quella situazione così difficile…”
“Cosa?” fece Michiyo, incredulo. “Sei sicuro?!” chiese poi alla figura sul balcone.
“Certamente.” Rispose, le braccia ancora conserte.
“E allora, mi dispiace, ma dovrai ricrederti!!” esclamò subito il poliziotto, trionfante. “Ho già fatto analizzare tutti quei vetri e…”
“Hai fatto controllare anche sotto lavandino o dentro la toilette?” la persona sulla terrazza non lo fece neanche finire di parlare.
“No…” balbettò in risposta Ishimaru, ma fulmineamente capì:
“Intendi dire che…?”
“Pentito e spaventato, commesso il delitto Tatsuya è scappato via, l’ho già detto…e correndo, avrà calpestato i vetri, spostandoli.” Terminò la frase quella misteriosa persona.
“SULLE SUOLE DELLE MIE SCARPE NON E’ STATO RITROVATO NIENTE! SONO STATO PERQUISITO IO!!! NON AVETE PROVE PER…”
“Certo, perché sei stato tu stesso a rimuoverle. Ti sei accorto dell’errore e hai cercato di rimediare; infatti, sono pronto a scommettere che sai che ho ragione, bluffi soltanto…”
“Ah!!” l’erede Hakamoto tacque, del tutto spiazzato.
”Inoltre…” continuò “…se le tue quattro prossime vittime non si fossero fatte prendere dal panico, si sarebbero rese conto della tua decisamente impossibile fuga: tu sei uno, loro il quadruplo, potresti aggredire una persona, forse ferirla, ma basterebbe un attacco simultaneo da Ran e dal poliziotto per metterti ko…”
Ishimaru, Kogoro, Ran e Sonoko non proferirono parola: il primo era rimasto a bocca aperta, colpito e quasi affascinato dalla bravura della sagoma (che lui, vista la voce, aveva capito essere un maschio), gli altri, invece, credevano di sognare o di farneticare, quando riconoscevano quella voce di…
“CHI…CHI DIAVOLO SEI TU?? DIMMI CHI ACCIDENTI SEI, AVANTI! COME TI CHIAMI??”esplose al colmo dell’ira Tatsuya, i pugni tremanti all’altezza del volto.
In tutta risposta, LUI si mostrò alla luce della luna, rivelando un sorriso…meraviglioso:
”Il mio nome non ha molta importanza…” aggiunse “…e se te lo rivelassi pagherei caro il mio esibizionismo. Sappi solo che hai davanti un detective!!”
Gli occhi brillavano di un celeste intenso e profondo.
“Non…non ci posso credere…” balbettò incredula Sonoko, lo sguardo rivolto al ragazzo che aveva appena parlato.
La luce chiara della luna gli schiariva la pelle liscia rendendola quasi bianca, splendente.
“I-il ragazzino…” aggiunse Kogoro, gli occhi fuori dalle orbite “Kudoh…”.
E la bocca era piegata in un sorriso beffardo ma allo stesso tempo divertito; sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui e non poteva negare gli facesse uno strano…un piacevole effetto.
“…Shinichi!!” soffiò appena Ran, il cuore a mille e le guance estremamente accaldate. “Shinichi, Shinichi!!!”

^***^ ^***^ ^***^
Note Dell’Autrice: Eccomi qua!! ^.^
Questo capitolo sono riuscita a postarlo molto più velocemente rispetto all’altro XD Me lo tenevo buona buona di riserva *angel*
Che ne dite della sorpresa? :D Ecco rivelato il piano di Conan, Agasa…e di Ai!
Mi dispiace aver interrotto il capitolo proprio qui, prometto che mi farò perdonare con il prossimo XD
@Akane_val E già mi fai arrossire ^//// ^ Sono contenta che tu la pensi così ^_______^
Ahah, se Ishimaru ti sentisse dire che fa ridere, orgoglioso com’è, si arrabbierebbe *devil* Uhm…mi sa che lo farò dire a qualche personaggio e di fronte a Ran! XD Grazie per l’ideuzza *angel*
Beh, la spiegazione potrebbe anche essere che Ran è una ragazza timida…no? XP
Capito cos’aveva intenzione di fare Conan, sì?XDD Piaciuta la sorpresa? Invece, per ciò che concerne il caso? La risoluzione, che ne dici? Ho sempre un po’ di timore a trattare di queste cose… Ma sono lieta che ti piacciano! Davvero moooooolto!!!
Ecco svelato l’ultimo mistero: avevo scritto questi due capitoli e volevo postarli entrambi insieme, solo che l’altro giorno avevo un po’ fretta e ho fatto in tempo con uno soltanto ^^” Questo è l’ultimo aggiornamento che avevo bello e pronto, per il capitolo undici dovrò rimboccarmi le maniche!
Ti ringrazio ancora infinitamente, sei sempre stra gentile!!
Bacioni grandi grandi ^__________^

@Feferica: Ciao!!
Grazie mille, mi fa piacere ^^
Visto? L’attesa stavolta non è stata tanto lunga…ma non potrò dire lo stesso per quella del prossimo capitolo purtroppo ^^” Bye byeeee :D

@Shaddy : Ma ciauuuuuuu *_*
Uhauh, lo odi proprio Michiyo, non è vero? Ma quanto mi dispiace, poverino...*stradevil*
Spero che la tua curiosità sia all'apice! *baby*
Come al solito, grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima...^__________^ E non solo per quelli...XD
Oh, ma per quanto riguarda il "sei velocissima"...cosa fai? Mi prendi in giro?XDDD
Bacioniiiii :*****

Ok, mi sembra sia tutto…! Grazie ancora molto per seguirmi e un grazie particolare va, come sempre, ai recensori!!XD
Alla prossima!!

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 12
*** Lo Strano Atteggiamento Dello Studente Detective ***


Capitolo Undici

Lo Strano Atteggiamento Dello Studente Detective

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Tu saresti…il detective liceale? AHAH!! Ma quale onore…” gridò in risposta il ragazzo, tuttavia una goccia di sudore gli attraversò il viso, bagnandogli la guancia e dissolvendosi poi sul mento.
Shinichi non rispose, il sorriso beffardo ancora meravigliosamente stampato sul volto: sedeva sul davanzale del balcone dove, poche ore prima, si trovavano Ran ed Ishimaru e teneva le braccia incrociate sul petto; indosso portava il completo blu che in ogni occasione importante in passato aveva vestito.
“Regnando il panico, purtroppo nessuno ha ragionato…” esclamò.
“Cosa intendi dire??” domandò Ishimaru, sentendosi stranamente chiamato in causa.
“Tatsuya è uno, voi quattro…quanti colpi può avere in canna? Come potrebbe resistere ad un attacco simultaneo?” quesiti scioccamente retorici “Nessuno si è posto queste domande?”
Ishimaru boccheggiò come un pesce sottratto dall’acqua, mentre Tatsuya, totalmente voltato verso il detective di nuovo adulto, lo aggredì: ”Facile parlare per un vigliacco che se ne sta lì su! Da vicino incuto maggior paura…”
Shinichi sorrise ed i suoi occhi brillarono.
In modo estremamente agile, balzò dalla terrazza e atterrò a pochi passi di distanza dall’assassino; in piedi di fronte a lui, esordì: “Mi pare di essere abbastanza vicino…ma non sento nulla…”.
I presenti erano rimasti sconcertati: certamente non si aspettavano di vederlo lì…e non si aspettavano un comportamento del genere, per quanto quel ragazzo fosse sempre stato abbastanza esibizionista e a volte, anche montato: stavolta, rischiava sul serio!
Infatti, il colpevole gli scoppiò a ridere in faccia: “La tua giovane età ti appanna la mente…” poi assottigliò gli occhi “…SEI STATO UNO SCIOCCO!”
Quindi, prese a correre verso di lui, per attaccarlo: quando si ritrovò abbastanza vicino, sferrò un pugno, che però mosse l’aria; Shinichi si era spostato agilmente e riuscì ad evitare anche i colpi scagliati immediatamente dopo.
-Non sono più un bambino!- pensò soddisfatto, sentendosi pieno di energie e potenzialità –Kudo Shinichi è tornato in scena!!-
Tatsuya sferrò un calcio e il giovane ne approfittò, afferrandogli la gamba, poi parò l’ennesimo pugno.
“La distanza è ridotta al minimo, eppure…” gli sussurrò all’orecchio quando i loro visi furono vicini. Liberandogli la gamba, gli sferrò un calcio colpendolo allo stomaco: il ragazzo cadde a terra, ricevendo poi una fortissima gomitata sulla schiena e non riuscendo più a rialzarsi. “…continuo a non sentire nulla!”
“A-assurdo…!” balbettò Sonoko, perplessa.
“I-incredibile…” le fece eco Kogoro.
“Lui è…” sussurrò Ran, le guance ancora in fiamme.
“…straordinario, fantastico!!” esclamò con enfasi Michiyo, un moto di eccezionale stima e ammirazione verso quel ragazzo dal grande talento.
Aveva palesato il suo pensiero a voce così alta, che Kudo si era voltato sorpreso. Michiyo gli si avvicinò, per poi battergli amichevolmente una mano sulla spalla:
“Sei davvero bravo!!” si complimentò.
“Ehm…g-grazie…” rispose lui, ma ridacchiò.
Gli altri, mentre si avvicinarono, poterono perfettamente udire ciò che aggiunse subito dopo e si gelò loro il sangue nelle vene:
“Ma quando saprai chi sono non credo la penserai ugualmente così…”
-Lui sa…?!- si preoccupò immediatamente Ran, voltandosi verso Sonoko: le due ragazze si lanciarono uno sguardo sconcertato, deglutendo contemporaneamente.
“C-cosa?” balbettò invece come risposta Ishimaru, battendo ripetutamente gli occhi.

§§§

“COSA? E’ STATO KUDO A RISOLVERE IL CASO??” gridò l’ispettore Megure, rischiando di distruggere il ricevitore del telefono; dall’altra parte della cornetta, Kogoro rispose:
“Non, non proprio…il caso in sé per sé l’ha risolto Michiyo, ma quel ragazzino è intervenuto…è, è stato lui a mettere ko l’assassino…pazzo…”
“E perché nessuno mi ha detto nulla? Avresti dovuto chiamarmi!! E comunque, dov’era finito quando io sono arrivato per scortare quello lì in prigione?”
“E…era andato via…ha detto di essere molto in ritardo, avere un impegno, dover scappare…”
“E’ PARTITO DI NUOVO??” urlò nuovamente, traforando l’orecchio del detective Mouri.
“No, è tornato a casa sua…se devo essere sincero, aveva un comportamento strano…estremamente serio…”
“Uhm…sarà stato qualcosa di importante…ma comunque…” riprese “…gli telefono immediatamente, vediamo se riesco a farlo venire qui!”
“Cosa? E perché mai?” Kogoro non sembrava molto d’accordo.
“Come perché? Ovvio! Deve testimoniare per ieri sera…”
“Ah, sì…certo, giusto…” tirò un sospiro di sollievo. Fortunatamente, non aveva intenzione di chiedere la sua collaborazione nel caso del serial-killer…
“Perciò ti saluto, Kogoro! Grazie mille per le informazioni!”
“NO! Ispettore, aspetti un momento…!” l’uomo scattò in piedi dalla sedia, battendo forte la mano libera sulla scrivania di metallo, ma era troppo tardi: Megure aveva riagganciato.
“Maledizione…” borbottò, attaccando a sua volta.
Si trovava nell’agenzia investigativa ed aveva ricevuto quella telefonata appena entrato in ufficio: il capo poliziotto era davvero ansioso di rivedere il caro Kudo, non c’era dubbio. Il problema era che il detective liceale era tornato nel momento sbagliato…
-Proprio ora che Ran stava accettando la corte di Michiyo…-
“Papà, io vado!!”
Parli di diavolo e spuntano le corna, come recita il famoso proverbio.
“Cosa? E dove?”
Lei rise: “A scuola!”
Kogoro lanciò un’occhiata all’orologio della televisione: le sette e mezza.
“Sono anche in ritardo!” aggiunse la figlia.
“Va bene…” mugugnò lui, poi: “Quando torni credo non mi troverai…”
“Perché?”
“Vado in centrale, l’ispettore Megure vuole stendere il rapporto del caso e ha bisogno delle testimonianze dei presenti…”
“Dei presenti…?” sottolineò Ran, stranamente interessata.
“Sì…come mai sei così curiosa?” chiese, sospettoso.
“Ma niente, così…” fece la finta tonta, ma il cuore aveva preso a batterle forte “Tanto per sapere…”
Il padre non sembrò convinto fino in fondo, ma dovette arrendersi: per Ran era veramente tardi!
Percorrendo con passi rapidi la strada per il Teitan High School, non potè fare a meno di pensare sorridente: -Chissà se oggi tornerà a scuola…-
Illusione effimera: Kudo Shinichi fu segnato, per l’ennesima volta, come assente.

§§§

“Ma che senso ha? Dai, torniamo indietro…” insistette Sonoko, arrestando di colpo la sua camminata. “Fa così caldo oggi, andiamo a prenderci un gelato!!”
“No, oggi non fa caldo, i negozi non vendono ancora gelati…” replicò Ran, continuando a procedere velocemente lungo il marciapiede affollato.
“E allora, andiamo a prendere una deliziosa cioccolata calda!!” propose, correndole dietro.
“Tu vai, se vuoi…” rispose “Ma preferirei venissi con me…”
La biondina sbuffò: “Ma perché dobbiamo andare in centrale? Cosa ne sappiamo noi sul caso??”
“Eravamo lì! Io ho anche parlato con l’assassino!” spiegò la giovane karateka “Potremmo tornare utili…”
“…sì, a mandare alle stelle gli ormoni di Michiyo...” sogghignò Sonoko, poi ebbe un sussulto di gioia: “E’ per lui che stiamo andando?”
“Scordatelo” tagliò corto.
Terminate le lezioni, Ran aveva proposto a Sonoko di recarsi in centrale per collaborare con le indagini: effettivamente, la sua reale intenzione non era di certo quella di testimoniare…ma Ishimaru non c’entrava nulla, anche questo era certo.
In quel momento, le due amiche stavano per giungere di fronte alle porte del posto di polizia, il passo veloce e inarrestabile.
Non vedeva l’ora, non resisteva più…la sera prima era stato così sfuggente!!
Pronunciata quelle strane parole, aveva declinato l’invito di Michiyo a scortare con lui Tatsuya in carcere, sostenendo di aver un impegno urgente da sbrigare: non uno sguardo, non un cenno, non un saluto…niente.
-Ho paura che sappia di Ishimaru…- pensò Ran, varcando la soglia della centrale.
Salendo in ascensore, riflettè: -Potrebbe essere…perciò devo parlarci, ne ho bisogno! Ah, non mi sentivo così da secoli ormai…-
Vero. A pochi passi dalla stanza dentro cui probabilmente Shinichi si trovava, la giovane figlia del detective sentì le gambe tremare, le mani sudare e lo stomaco attorcigliarsi su se stesso; in un battibaleno percepì anche uno strano pizzicore sul volto: -Non farmi arrossire, ti prego!!-
Bussò alla porta con maggiore forza di quanto avesse voluto.
Sonoko sbuffò di nuovo.
Una voce possente –probabilmente quella dell’ispettore- gridò di entrare.
Tre, due, uno…
Entrò nella stanza, seguita a ruota dall’amica.
Al lato della sala una scrivania in legno scuro, occupata da mille fogli e scartoffie e dietro di essa Megure era seduto su una poltrona blu scuro.
Ran spostò immediatamente lo sguardo; al fianco dell’uomo, Michiyo: in piedi con le mani congiunte dietro la schiena, indossava l’uniforme e la osservava con un meraviglioso sorriso…che lei ignorò.
Di fronte alla scrivania due sedie: una occupata da un Kogoro quanto mai seccato, e l’altra…
Tu tum!
Il cuore di Ran.
“Non posso crederci, sei voluta venire qui per lui!” le sussurrò all’orecchio Sonoko, tenendo puntati gli occhi sul giovane seduto vicino il detective Mouri.
Lei non rispose, fissando quel punto con insistenza:
-E’…è bellissimo!!- non riuscì a fare a meno di pensare.
Il ragazzo indossava un paio di jeans pesanti e scuri, che però andavano a schiarirsi in corrispondenza delle ginocchia e ai piedi delle scarpe da ginnastica nere, proprio come il giubbotto che gli ricadeva addosso: allacciato fino al petto, lasciava intravedere la camicia blu notte indossata sotto.
Le mani erano in tasca, la schiena perfettamente dritta e appoggiata allo schienale della sedia: il volto magnifico, forse più di quanto potesse ricordare.
C’era qualcosa nella sua figura, un dettaglio –forse anche più di uno- che Ran non riuscì a comprendere con precisione, tuttavia sentì il suo corpo pervaso da una stranissima quanto nuova sensazione: non era la semplice emozione (mista all’agitazione) che solitamente provava quando lo vedeva!
Non appena capì ciò che significava, si spaventò dei suoi stessi pensieri: per la prima volta, in quindici lunghi anni, lei provava attrazione fisica nei confronti di Shinichi, lo desiderava. Lo vedeva non più come un ragazzo, un liceale, un detective, un compagno di scuola o un amico d’infanzia…lo vedeva uomo e si sentiva maledettamente donna. Lì, a pochi metri di distanza da lei, era così affascinante, così misteriosamente attraente: aveva su di lei lo stesso effetto di una calamita su un ferro di cavallo.
Attrazione, desiderio, bramosia.
Sensazioni mai provate prima di allora, che la intimorirono ma allo stesso tempo la fecero sentire così viva…
“Ran, Sonoko, benvenute!!”
Fortunatamente l’ispettore le salutò amichevolmente, interrompendo il flusso dei suoi pensieri, ma non riuscì a farle togliere lo sguardo dal corpo del ragazzo…ragazzo che, improvvisamente, si voltò per darle le spalle.
“Sonoko, ciao…” esordì con allegria Michiyo, poi aggiunse con sensualità:
“Buongiorno, Ran…”
Piombò un silenzio tombale.
Tutti si riscoprirono improvvisamente interessati al pavimento in marmo bianco.
-Cominciamo molto male…- pensò Ran scuotendo la testa.
“Prego…” si alzò Megure, leggermente a disagio, indicando con la mano due sedie all’angolo della sala “Accomodatevi pure…”
“Prima sentiamo cosa vogliono…” borbottò Kogoro, percependo nell’aria una certa tensione.
-Andate via, via!!- le pregò mentalmente.
“Beh, abbiamo pensato di poter tornare utili ai fini dell’inchiesta, ieri sera eravamo presenti anche noi.”
I due uomini fecero per dissentire, ma ignorando totalmente come davvero stessero le cose, Ishimaru esclamò: “Certo, ottima idea, ragazze! Sedetevi, forza…”
-Sì, come no…si accettano scommesse! Chi vincerà?- ironizzò Sonoko, riuscendo a trattenere a stento un sorriso divertito: se ne sarebbero viste delle belle…!
“Ad ogni modo, io qui ho finito…” esordì Shinichi non appena Ran poso la sedia accanto a lui, quindi si alzò. “Le auguro una buona giornata, ispettore…”
-Dio! Sia ringraziato il cielo!!- pensò Kogoro, tirando un sospiro di sollievo.
“NO!!” gridò Megure, alzandosi di scatto dalla poltrona e incuriosendo tutti gli altri “A-aspetta…volevo chiederti, anzi proporti una cosa…” aggiunse immediatamente, bloccandolo.
“Hai impegni? Perché potremmo parlarne più amichevolmente, che ne so, in un caffè…” propose poi, vago.
Shinichi assottigliò gli occhi: l‘ispettore voleva evitare che gli altri sentissero…
ma Kogoro non voleva che il suo peggiore incubo si avverasse:
“Ottima idea!” esclamò “Vi accompagno anche io!!”
Megure sospirò e Kudo sorrise.

“Mi faccia capire: lei mi sta chiedendo di collaborare alle vostre indagini top-secret?”
Chiese Shinichi perplesso, posando la tazzina vuota di caffè sul tavolino del bar.
Alla fine non era cambiato nulla: soltanto, tutti si era spostati dalla centrale al caffè di fronte.
“Esattamente. Accetti?” l’idea dell’ispettore era davvero quella: con Michiyo e Kudo all’opera, il serial killer poteva considerarsi già arrestato! Convinto che il suo vecchio amico non avrebbe rifiutato, già sprizzava gioia da tutti i pori; purtroppo, aveva fatto i conti senza l’oste:
“No, non credo sia il caso…” proferì, scuotendo la testa “Sono estremamente onorato della sua fiducia, ma…”
“Giustissimo, non è il caso.” Kogoro afferrò la palla al balzo “Perciò, arrivederci…” E fece per alzarsi, ma Megure, seduto al suo fianco, lo afferrò per il nodo della cravatta, costringendolo a risedersi.
“E perché scusami?” si informò.
“Tu che rifiuti un’indagine…” gli sorrise Ran “Suona così strano…”
“Beh, io in realtà accetterei di buon grado.” puntualizzò Shinichi “Ma sono qui per svolgere un’inchiesta un po’ delicata…e…”
“Ti occupa a tal punto?” lo interruppe l’uomo in divisa.
Michiyo si intromise…un tono strano, quasi strafottente: “Non sei capace di indagare su due misfatti allo stesso tempo?”
-Spero di non averlo sopravvalutato…- pensò.
Il moro non rispose e tutti sudarono freddo, poi Megure tentò di risollevare la situazione:
”Mi piacerebbe davvero che tu partecipassi…”
“Ma se non vuole!!” insistette Mouri, ricevendo un paio di calci da sotto il tavolo.
Kudo sospirò:
“D’accordo, accetto…ma, vi prego: non chiedetemi nulla sull’altro caso: non posso rivelarvi alcunché, qualsiasi cosa accada.”
I presenti rimasero basiti per qualche istante, Ishimaru scattò immediatamente:
“Perché? E’ qualcosa di…?”
“Di privato, di segreto.” Lo anticipò il detective.
I due ragazzi si guardarono intensamente, come due leoni che si studiano prima dell’attacco, l’uno che vuole predominare sull’altro. Quasi senza rendersene conto, Ishimaru volse lo sguardo…e Shinichi sorrise. Si era già tolto una piccola soddisfazione!
“Inoltre…” aggiunse dopo “Gradirei molto che il mio coinvolgimento nell’accaduto di ieri sera non fosse reso noto…”
“Non capisco perché tu ultimamente tenga così tanto all’anonimato, prima eri così..er…estroverso!” Megure si riprese subito, per cercare di non offenderlo, ma presto aggiunse “…ad ogni modo va bene, accetto le condizioni.”
Infine porse la mano al ragazzo, che rispose stringendola con forza.
“Bentornato, Shinichi Kudo.”
Ran sentì il cuore batterle velocissimo, tanto che ebbe l’impressione si fosse fermato; allora, decise di prendere il coraggio a due mani e, completamente paonazza, si preparò a rivolgere parola al ragazzo.
“Bene, io ora dovrei davvero andare…” affermò Shinichi, infilando la mano in tasca per afferrare il portafoglio e facendo un cenno alla cameriera, che velocemente si avvicinò al loro tavolo.
“No no, lascia, offro io!” lo bloccò subito Megure, ma Kudo insistette, fin quando tutti non acconsentirono.
“Beh, per ringraziarti…” riuscì finalmente a proferire Ran, dopo che il giovane si era alzato “…ti accompagno a casa!”
Kogoro e Sonoko trasalirono, Ishimaru strabuzzò gli occhi, ma Shinichi rimase impassibile:
“Non è necessario, ti ringrazio.” Rispose serio, quasi freddo. “Auguro a tutti voi una buona giornata!” sorrise poi, avviandosi verso l’uscita.
Quando se ne fu andato, nessuno osò commentare e la giovane studentessa, stringendosi le mani con le ginocchia, si sentì ridicola. Ridicola e impacciata.
Ridicola, impacciata e sciocca.

§§§

“Ma guarda guarda, è tornato il bello e impossibile!!”esclamò con sorrisetto beffardo Takeshi, dando una pacca sulla spalla di Shinichi non appena varcò la porta dell’aula.
Ran e Sonoko, appoggiate al davanzale della finestra, si voltarono: il detective indossava l’uniforme scolastica e reggeva con la mano destra la cartella marrone scuro con i libri all’interno.
“Non ci credo, allora eri davvero tu quello che ho visto stamattina davanti al cancello!” sospirò Satomy con le mani congiunte di fronte al viso e i cuoricini al posto degli occhi.
“La signorina aveva già sparso la voce!!” ridacchiò Misao , calciatore professionista preso il ruolo del ragazzo nella squadra di calcio immediatamente dopo la sua scomparsa:
“Adesso mi toccherà restituirti la maglietta…”
“Non ci contare…” rispose sorridendo amichevolmente “Sono arrugginito, è un po’ che non gioco…non credo tornerò in campo, per il momento…”
“Ma stai scherzando? Eri un asso!!” si intromise anche Kimye, seduto sul banco.
I ragazzi presero a discutere scherzosamente mentre le ragazze veneravano il detective con lo sguardo e la fantasia.
“Non lo trovi strano?” chiese a bassa voce Ran alla sua amica; soltanto loro due erano rimaste in disparte, lontane dalla mischia.
“Cosa? Che tutti si ricordino ancora di lui?” gli occhi semichiusi e le braccia incrociate, Sonoko non aveva perso la sua antipatia per Kudo.
”No…il fatto che sia così freddo…” rispose, un pizzico di timore nel tono della voce “Secondo sa di Ishimaru?”
“E se anche fosse?” le ricordò lei “Credevo che ormai avessi fatto la tua scelta!”
“Non è un fatto di scelta!” le rimbeccò “E’ che…che…”
-Gli avevo promesso che l’avrei aspettato…che sia arrabbiato?- pensò tra sé, osservando da lontano il giovane comportarsi allegramente, come al solito; sembrava essere cambiato soltanto nei suoi riguardi…
“Arriva!!” gridò uno studente, correndo dalla porta in direzione del suo banco, imitato poi da tutti gli altri.
Shinichi si affrettò al suo vecchio posto, ma proprio mentre stava per poggiarvi la borsa, Richard lo precedette; poi, quando come non si fosse accorto prima di lui, si scusò:
“Oh, sorry! I don’t’ know this is your…ehm…*”
Il detective assottigliò gli occhi: quella voce gli era familiare…
Ran e Sonoko si voltarono immediatamente, curiose riguardo l’esito di quella conversazione.
Il giovane straniero afferrò il suo zaino e, sporgendosi in segno di rammarico, fece per cercare un banco libero; tuttavia, fu bloccato per un braccio da Shinichi:
“Don’t worry, it’s not a problem for me. You can stay here, I’ll look for somewhere else…*” gli sorrise.
“Ohhh!” Sin Vey parve interessato:
“Do you speak English? * ”
“Yes, I do.*” Rise, amichevole. Poi un lampo gli fulminò lo sguardo: se quel giovane parlava inglese, doveva essere…
“Nice to meet you! I’m Richard…Richard Sin Vey.*” Si presentò, sottolineando con il tono della voce il suo cognome; poi porse la mano a Kudo.
“Also I am.*” Rispose, stringendola forte.
-Il ragazzo che quel pomeriggio ha studiato con Ran…-
“Are you sure can I stay here?* ” gli chiese nuovamente, e Shinichi acconsentì.
Trovato un posto affianco alla finestra, ultimo banco della fila di destra, si alzò per dare il buongiorno alla professoressa di matematica.

Alle due ore scientifiche ne seguirono una artistica e una classica; l’ultima prima della fine delle lezioni era l’ora di educazione fisica.
Dopo la partita di pallavolo i ragazzi, al suono della campana, erano accorsi negli spogliatoi, per cambiarsi. E allora, Ran aveva deciso di rischiare.
Seminata Sonoko, bussò alla porta dello spogliatoio maschile, ben conscia che il ragazzo rimasto all’interno era uno solo…
“Shinichi, posso entrare?”
“Se intendi chiedermi se sono nudo, la risposta è no.” Giunse una voce seria dall’interno. La ragazza sorrise, poi si addentrò nella stanza.
Shinichi le dava le spalle, stava finendo di ri allacciarsi la camicia bianca dell’uniforme che, trasparente, le permetteva di scorgere i muscoli e l’addome, scolpiti nella pelle.
Per la seconda volta in soli due giorni, Ran si sentì nuovamente attratta dal suo migliore amico, dall’uomo che aveva sempre amato.
“Desideri…?” le chiese, facendola tornare con i piedi per terra.
“Ah…ehm, ecco…io…io volevo sapere se era tutto ok…” balbettò lei, tormentandosi le mani.
“Sì, grazie.” Le rispose, mettendo il completo da ginnastica nel borsone.
Lei sospiro: “Ascolta…”
“Potrei fare altrimenti?” le ricordò lui “Siamo soli, qui.”
“G-già…” ridacchiò, a disagio. “Io volevo chiederti, beh…se c’era qualche problema…ho notato che sei un po’, insomma…rimani sulle tue, pare che sia arrabbiato…”
“Pare un tuo errore.” Rispose, sempre più freddo.
“Ehm…se per caso c’entra Ishimaru, io…io ci tengo molto a spiegarti come stanno le cose, io non sono minimamente interessata…”
“…a questa vicenda.” La interruppe, chiudendo la zip della borsa con un colpo secco. “Prego?”
“Un tuo errore, intendevo dire che non c’è niente che non va, non che tu lo avessi commesso. La storia con quel poliziotto non mi interessa, non sono affari miei; basta che non mi spacchi la faccia non appena venga a conoscenza delle stupide voci di corridoio che circolavano su di noi…”
Terminò il nodo della cravatta verde per poi indossare la giacca azzurra.
-Stupide voci?!- si irritò “E allora che c’è?” scoppiò “Perché ti comporti così? Sei sicuro che non c’entri Ishimaru? Sicuro di non essere…” si bloccò improvvisamente.
“Cosa? Continua.” La incitò, mettendosi il borsone sulla spalla. Poi si voltò, guardandola negli occhi: “Geloso?”
Lei non rispose.
“No, non lo sono.” Rise lui, come se quell’eventualità fosse ridicola. “Ora, se vuoi scusarmi…”
“No, non voglio scusarti.” Si piazzò di fronte alla porta, fissandolo seria…poi i suoi occhi divennero miti, quasi dolci…
“Perché mi tratti così?”
“Preferivo che lo capissi da sola, ma a quanto pare sei così addormentata che devo spiegartelo…” proferì, il tono della voce duro.
Lei sembrò spiazzata e boccheggiò un paio di volte.
“La verità è che in tutto questo tempo mi sono accorto di…di non sentire la tua mancanza.” Dicendo questo, la sorpassò, dandole nuovamente le spalle.
“Forse erano soltanto le sciocche dicerie degli altri a farmi credere di provare affetto per te…ma ho capito che erano cazzate. Non soltanto non sono interessato a te, ma ho scoperto anche di ritenerti una bambina.”
Ran si voltò, non credendo alle sue orecchie. Poi rise:
“Smettila di scherzare, per favore! Mi fai preoccupare…” lo pregò, appoggiandosi alla spalla libera.
“Non sto scherzando, sono molto serio.” Riprese Shinichi, muovendosi bruscamente per interrompere il loro contatto fisico “Sei una codarda, non hai mai avuto coraggio. Mai posseduto un po’ di intuito, infatti sei stata spesso e volentieri ingannata e presa in giro” continuò “…anche da me, come puoi vedere. ”
Ogni parola per la ragazza era una pugnalata al cuore, dritta e precisa. Com’era possibile che stesse facendo sul serio? Non poteva crederci. Gli occhi iniziarono e pizzicarle, le mani a tremare…
“Non abbiamo niente in comune, anzi…Tutte le tue caratteristiche, rappresentano quelle che io non sopporto in una persona. Ci ho impiegato molto tempo, ma fortunatamente alla fine l’ho compreso…”
“…” non seppe cosa rispondere, non seppe come replicare. Lacrima dopo lacrima, il suo volto era sempre più bagnato, i suoi occhi più spenti.
“Davvero dici sul serio?” singhiozzò.
“Certo. Inoltre, approfitto dell’occasione per dirti che qualunque sentimento, qualunque affetto ci legasse…per quel che mi riguarda, la nostra amicizia termina qui.”
Fece per uscire dallo spogliatoio, ma Ran lo afferrò per il braccio:
“ASPETTA! Te lo ripeto, tra me e Ishimaru non c’è niente…”
Era sicuramente così. Era quella la ragione: Shinichi si sentiva tradito, la promessa che gli aveva fatto era stata infranta! Le parole fredde e distaccate che aveva pronunciato dovevano essere frutto della sua ira…
“QUELLO LI’ NON C’ENTRA NIENTE!” gridò, liberandosi con forza. Lei sussultò, ritirando con timore le mani…il ragazzo che aveva di fronte non poteva essere realmente il suo Shinichi…
Voltandosi di nuovo a guardarla in volto, il ragazzo le scandì lentamente:
“Perché me lo fai ripetere?! Non me ne importa niente di te e di lui, gradirei soltanto che entrambi mi lasciaste in pace!!”
Poi si girò e, sbattendo con forza la porta alle sue spalle, scomparve dalla sua vista.
Ran non si mosse; immobile, di fronte alla porta chiusa, sembrava rimasta scioccata.
Le lacrime presero a scenderle giù dalla guance a catinelle e le fu davvero impossibile trattenere i singhiozzi. Tutt’un tratto, quasi avesse realizzato quel che era successo, si lasciò cadere a terra, poggiando i palmi delle mani al suolo e piegandosi contratta dal dolore del suo cuore.
“Oh my…!* Ran!!”
Udì una voce alle sue spalle e riconobbe l’accento britannico, ma non si girò. Troppa era la delusione, troppe le sensazioni che in quel momento stava provando; avrebbe voluto fermarsi, ragionare, cercare di capire…ma purtroppo non le era possibile.
Richard, dal canto suo, non aveva idea di come comportarsi:
“Ehm…io…so-sorry…questo è lo spogliatoio maschile…” balbettò, passandosi una mano nel colletto della camicia bianca, in quel momento dannatamente stretto ancor di più dalla cravatta verde.
“Ne avevo bisogno, ma…torno più tardi, magari…” attese poi una risposta che non arrivò. La ragazza era ancora a terra e continuava a piangere rumorosamente. Le spalle si alzavano e riabbassavano convulsamente, la bocca non smetteva di tremare, le mani spingevano forzatamente il suolo.
Sin Vey le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla dopo essersi inchinato. “Ehy…”
Senza pensarci due volte, il giovane le circondò il corpo con le braccia, scaldandola in un abbraccio sincero. E, nonostante la sorpresa, lo stupore e l’imbarazzo, la sua amica non riuscì a cessare quello sfogo:
“Non mi vuole…” singhiozzò faticosamente a bassa voce “Mi odia, non mi può vedere…”
Si strinse forte al petto del compagno di classe, unica roccia sulla quale al momento poteva sostenersi:
“Non vuole avere più niente a che fare con me…”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni

*Oh, sorry! I don’t’ know this is your…ehm…: Perdonami, non sapevo che questo fosse il tuo...er…
*Don’t worry, it’s not a problem for me. You can stay here, I’ll look for somewhere else…: Non preoccuparti, non è un problema per me. Stai pure qui, io cercherò un altro posto.
* Do you speal English?: Parli inglese?
*Yes, I do: Sì.
* Nice to meet you! I’m Richard…Richard Sin Vey: Sono felice di conoscerti! Mi chiamo Richard…Richard Sin Vey.
* Also I am : Lo sono anche io.
*Are you sure can I stay here?: Sei sicuro che posso restare qui?
*Oh My...!: Oh, mio Dio!

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice : E rieccomi qui!
Dopo aver partecipato al bellissimo concorso (ringrazio ancora per la meravigliosa proposta offertami!!) ritorno finalmente a postare qui, con neanche tanto ritardo! In questi mesi estivi ho intenzione di scrivere molto, spero di poter adempiere ai miei propositi xD
Fatemi sapere molto presto cosa ne pensate della storia…: il comportamento di Shin? Le sensazioni e le emozioni di Ran? Cosa farà Ishimaru quando scoprirà chi davvero è il detective Kudo? Quando avverrà uno scontro tra loro due?
Passo ai ringraziamenti, che non possono mancare MAI:

@ Feferica : Grazie mille !!
Mi fa davvero molto piacere che la ficcy ti piaccia…spero sia lo stesso per questo nuovo capitolo ;)
Un bacioneeeee

@ Shaddy-skun: Ciao *devil*
Ahah, in fatto di velocità certamente non ti batte nessuno, non è vero? XDD Lo sfott-sfott per il momento c’è soltanto da parte di Michiyo…ma non temere, presto anche Shin si farà valere…*angel* Grazie per la fedeltà che mi dimostri continuando sempre a commentare *_*
Bacioni grandi grandi :***

Questo è tutto gente! *alla Bugs Bunny*
Leggete e commentate in tanti, mi raccomando ^________^
Bacioni e a presto ^.^

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 13
*** Dal Suo Dolore La Sua Salvezza ***


Capitolo Dodici

Dal Suo Dolore La Sua Salvezza

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il rumore assordante di un fulmine che si abbatteva sul terreno fece quasi rabbrividire l’uomo a tal punto che la candela tra le sue mani tremolò e rischiò di spegnersi.
Il terribile temporale che aveva attaccato la città di Tokyo aveva procurato un terribile black out nella zona di Beika e anche la sua casa ora era celata da un’oscurità aggravata dai nuvoloni nel cielo, per cui i raggi del sole non potevano assolutamente filtrare.
“Speriamo la smetta presto…” disse fra sé il dottor Agasa, appoggiato al tavolino circolare del salone con la candela rossa in mano. Parlando, rischiò per la seconda volta di spegnere la fiammella in cima al bastoncino di cera, ma fortunatamente riuscì a chiudere le bocca prima che accadesse l’irrimediabile. Voltandosi da un lato, sbuffò rumorosamente…
“Forza professore, non si scoraggi. In fin dei conti, ho l’impressione che avremo molto da fare per ingannare il tempo…” gli disse Ai, anche lei una candela tra le mani. La finta bimba era seduta sulla poltrona verde e stava guardando in direzione della porta; al di là del tremendo scrosciare dell’acqua, si era accorta infatti di strani passi che si avvicinavano alla villetta.
“A cosa ti riferisci?” le chiese il professore, ma la risposta giunse in un’altra maniera; colpi ripetuti alla porta, una voce maschile che gridava:
“Professore, sono io! Per favore, apra la porta, il campanello non funziona! Mi sto bagnando dalla testa ai piedi!!”
“Oh cielo, Shinichi!!” lo riconobbe Agasa, correndo alla porta.
“Entra figliolo, forza…” lo accolse.
Il giovane detective era davvero zuppo e sulla sua faccia era dipinta un’espressione davvero mortificata.
“Stai bene?? Sei ferito?? Dio, sono due giorni che non ti fai sentire!!”
Era vero. Dal momento in cui Shinichi aveva assunto l’antidoto per l’aptx 4869 e si era recato in tutta fretta al party dello scienziato, nessuno aveva più avuto sue notizie. Il suo vicino di casa aveva tentato più volte di mettersi in contatto con lui, ma il telefonino era sempre staccato oppure squillava a vuoto, mentre ogni volta che componeva il numero fisso, dopo numerosi squilli, partiva la segreteria telefonica. Visti e considerati gli uomini contro cui era andato, la paura aveva presto assalito sia l’uomo che la sua piccola coinquilina, anche se quest’ultima lo dava meno a vedere.
“Non si preoccupi, sono soltanto un po’ bagnato…” ridacchiò lui, alzando le mani gocciolanti all’altezza del petto per tranquillizzarlo. Era ben conscio dell’angoscia che, con quell’atteggiamento, aveva suscitato, però non aveva avuto la minima voglia di parlare circa il suo fallimento…
“Molto bene, in questo caso…” proferì la bambina, irritata: averlo visto sano e salvo, senza dubbio, era servito per farla sentire meglio e, non appena i loro sguardi si erano incrociati, lei aveva tirato un sospiro di sollievo; tuttavia, subito la rabbia era riaffiorata nel suo animo, poiché non era certo la prima volta che il giovane non seguiva le sue indicazioni e agiva secondo le regole dettate dalla sua testa.
“…cambiati e dicci cos’è successo ieri sera, detective.”
“Non ti esaltare, scienziata…” la rimbeccò lui, gli occhi ridotti a strette fessure “…non ho nulla di interessante da raccontarvi.”

§§§

“Mi dispiace molto, Ran…” disse a bassa voce Richard, lo sguardo sfuggente da quello della compagna di classe “Non so davvero cosa…”
Poi si bloccò, non essendo in grado di continuare la sua frase e sperando che la giovane lo facesse al suo posto; tuttavia, lei continuava a fissare con gli occhi gonfi e le mani tremanti il thè che aveva ordinato e che continuava a girare con il cucchiaino da più di mezz’ora.
Dopo un po’ di tempo trascorsi nello spogliatoio del liceo Teitan, Sin Vey si era reso conto che la ragazza stava davvero molto male e che non avrebbe smesso di piangere, perciò l’aveva aiutata a rialzarsi e, tra le lacrime, l’aveva condotta nel bar più vicino ma anche meno frequentato.
Ran invece, dal canto suo, quasi non si era accorta di quel che era successo; l’unica cosa che ricordava nitidamente erano le parole che Shinichi le aveva urlato contro, poi la nebbia: Richard che arrivava, entrambi che si alzavano dal freddo pavimento della scuola, lei seduta ad un tavolino del caffè a raccontargli ogni cosa…tutto era velato da una nebbia che le avvolgeva la mente e non voleva diradarsi. In quel preciso istante, non riusciva neanche a capacitarsi di come e perché avesse deciso di confidarsi con lui, fosse scesa in dettagli, rivelandogli i suoi sentimenti nei confronti del detective e ciò che aveva provato nel momento in cui tutte le sue certezze andavano in frantumi, proprio come i vetri di uno specchio che cade rovinosamente a terra.
“…non ti va proprio di berlo, vero?” le chiese dolcemente il ragazzo, indicando la tazzina piena.
“…no...” sussurrò, voltandosi a guardare fuori: la pioggia non cessava e le gocce d’acqua dal cielo si abbattevano con violenza sulla terra fredda e sporca; involontariamente, dai suoi occhi nacquero delle lacrime che, simili alla pioggia, non avevano timore di scorrere veloci e incessanti seguendo il loro cammino.
“No no no…” riprese lui, con il tono preoccupato “Ti prego, don’t cry! Your face’s so sweet when you smile!*”
“Non riesco a capire perché…” balbettò tra i singhiozzi, immobilizzando la mano che continuava a reggere il cucchiaino “…forse è davvero per Ishimaru? Si è arrabbiato per quello?...o…oppure…” scagliò con forza la posata sul tavolino di legno, scheggiandolo leggermente. Pronunciare quelle parole era così difficile, il fatto che potessero rappresentare la verità la fecero sentire terribilmente male. Si afferrò la testa con le mani, senza smettere di piangere:
”Oppure…è la verità...oppure…realmente Shinichi…non vuole a-avere niente più a che fare con…con me…”
“Io…io questo purtroppo non lo so…” le sussurrò lui come risposta, sospirando. “So per certo, però…che non puoi ridurti così…Ran, sei…sei…”
“…finita, vuota…” balbettò lei “…mi ha uccisa…”
“Oh, Ran…” Richard si alzò per poi piegarsi sulle ginocchia a fianco alla sedia della ragazza. Le posò le mani sui fianchi, accarezzandola dolcemente per poi cingerla e cercare di restituirle un po’ di calore; appoggiando il volto al suo, si era infatti accorto che la pelle di Ran era congelata: l’avvenuto l’aveva davvero distrutta.
“Che faccio adesso? Che faccio…?” balbettò, stringendosi a lui. Il giovane ricambiò l’abbraccio, lasciando che lei si sfogasse:
“Volevo lasciarlo, sai? Volevo farla finita…” l’ultima, enorme rivelazione.
“L’altra sera, a quella dannata festa…volevo dire ad Ishimaru che tra di noi non ci sarebbe mai potuto essere niente…niente…”

§§§

“Mi trovavo in una specie di garage sotterraneo. Avevo seguito il caro Yashizawa fin lì, perché avevo notato che si guardava intorno furtivo prima di avviarsi in quel parcheggio. Ho fatto molta attenzione a non farmi notare e, grazie forse ad un corpo che riesco a percepire mio, ci sono riuscito. Quando, in lontananza, ho scorto due uomini con una grande cassa di legno in mano mi sono nascosto dietro una colonna…”
Shinichi aveva indossato una maglietta e dei pantaloni che appartenevano al professore, ma gli stavano incredibilmente grandi. Purtroppo i vecchi abiti si trovavano ancora in casa sua e con quella pioggia terribile non gli era possibile andarli a prendere. All’inizio si era sentito abbastanza ridicolo, considerando anche il fatto che Haibara continuava a guardarlo con uno strano sorrisetto sotto i baffi, poi si era pian piano abituato.
Seduto sul divano, di fronte ad Ai ed al fianco di Agasa, reggeva una terza candela. Chi li avesse visti da fuori, avrebbe sicuramente pensato ad uno strano trio- una bambina, un adolescente, un uomo maturo- intento a narrarsi a vicenda spaventose storie horror, ma la verità era che Shinichi stava riferendo ai suoi fidati complici gli avvenimenti della sera fatidica; uno strano rossore, tuttavia, gli coloriva il volto…
“Ero sicuro che si trattasse di Gin e Vodka. Sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, finalmente potevo rivendicare quello che mi apparteneva…p-poi…” il volto si tinse interamente di un rosso vivo “…uno dei due ha parlato e dalla voce ho capito che non si trattava di loro.”
“Altri membri? Dei cecchini, magari?” Ai era agitata, perché Kudo non arrivava subito al sodo?! Perché, dapprima, si era quasi rifiutato di riferire loro l’accaduto?
“…veramente, no…”
“C-come?” domandò la ‘piccola’, avvicinandosi a lui.
“Cos’ha detto…?” si intromise Agasa, il cuore che martellava con violenza nel petto.
“Beh…” era al culmine dell’imbarazzo, non voleva dirlo.
“Beh?” lo incitò Ai.
“….«Questi sono i carichi di Gin e Vodka che avevi chiesto. Non abbiamo commesso l’errore dell’altra volta, all’interno della cassa non ci sono né bottiglie di Champagne né vini Italiani.”
“T-traffico illegale di liquori???” gemettero i due ascoltatori, un gocciolone di dimensioni gigantesche su entrambe le loro teste.

§§§

“Ora che anche Kudo parteciperà alle indagini, il serial-killer ha le ore contate!!”
L’ispettore Megure sprizzava gioia da tutti i pori: era senza dubbio lieto di aver rivisto il caro vecchio detective, ma sapere che aveva accettato la sua offerta non lo faceva stare più nella pelle! A quel punto, si presentava solo un piccolo problema: Ishimaru e Shinichi sarebbero riusciti a cooperare?
“E già…”
Anche Takagi non appariva affatto dispiaciuto; non aveva di certo dimenticato che il suo aiuto era stato fondamentale quando Sato aveva accettato il miai* con l’ispettore Shiratori: grazie alle telefonate di Shinichi, era infatti riuscito ad arrivare appena in tempo. In realtà, sicuramente aveva perso qualche passaggio: per quale ragione la collega lo aspettava in macchina? E perché quel sorrisetto stampato sulle labbra?
Non gliel’aveva mai chiesto, certamente avrebbe rovinato tutto…ma era sicuro che c’entrasse lo zampino dello studente detective. Inoltre, secondo una sua strana idea, la faccia del detective sembrava molto simpatica…
Takagi e Megure in quel momento si trovavano all’interno dell’archivio e stavano, per l’ennesima volta, cercando dei fascicoli; ma non per indagare, avevano già spulciato numerosi tutti i files e non erano riusciti a cavar fuori un ragno dal buco: Juzo desiderava fotocopiarli dettagliatamente e portarli al figlio del suo amico scrittore.
“Questo riguarda la prima vittima…” farfugliò Wataru, poggiando su un modesto tavolino l’ammasso di fogli.
“Ispettore! Shiratori mi ha detto che era qui, così l’ho raggiunta! Cosa sta facendo?” come una furia, Ishimaru aprì la porta dell’archivio per poi richiuderla rumorosamente alle sue spalle “Ci sono forse novità? Non mi dica che il serial-killer ha colpito di nuovo?”
“No, non preoccuparti, Michiyo…”
Megure gli spiegò brevemente le sue intenzioni e rimase molto stupito nello scoprire che il suo agente era quanto mai d’accordo:
“Ottima idea! Anzi, se desidera, posso portaglieli io!!” si offrì, sorridente. “Dove abita?”
“Al 2/22 di Beika…” mormorò l’ispettore “Ma…come mai sei così…ehm…ti piace? Come detective, intendo…”
“Beh, è un po’ arrogante, effettivamente…” ridacchiò il castano, ricordando come, due sere prima, avesse ben sottolineato un suo errore “Però è veramente bravo! Ho sentito come parlava, ho visto come si muoveva…dev’essere un professionista! Quanti anni ha? Diciannove? Venti?”
“Diciassette…” gli rispose Wataru, il naso immerso in mille scartoffie.
“Cosa? E’ così giovane??” si stupì non poco “Ma allora è ancora più sorprendente! A quest’età sa già svolgere la sua professione in questo modo, figuriamoci tra un paio di anni!”
Juzo e il suo sottoposto si lanciarono uno sguardo allibiti: quello era davvero Michiyo Ishimaru?
“…sono veramente contento che gli abbia chiesto di partecipare alle indagini! In questa città mancavano persone così sveglie…potremmo diventare una coppia fantastica! Poliziotto ed investigatore, un po’ come Poirot e il commissario di Scotland Yard, James Japp!!"
“G-grazie mille, Michiyo…” gli disse Takagi, un gocciolone di delusione sulla testa, ma il giovane collega lo ignorò.
“Vi do una mano a trovare tutti i fascicoli, così facciamo prima!!”
“…” Megure tacque, lasciandolo fare.
Davvero strano che non si ingelosisse: tutti sapevano o, perlomeno, avevano sentito parlare del legame tra il giovane e la figlia di Mouri…
“Ma, mi dica: è un suo amico? Il figlio di qualche poliziotto?”
“Non lo sai?” sbottò Takagi, allora tutto fu chiaro “Ecco perché ti sta così simpatico!!” ridacchiò.
“Cosa intendi…?” fece Ishimaru, ma Megure lo bloccò:
“Takagi, per favore…” poi si rivolse al nuovo acquisto:
“Kudo è il figlio di un noto scrittore di gialli, Yusako. Spesso mi aiutava con i casi più complessi e suo figlio ha contratto le sue stesse passioni…lavora con me da quando ha sedici anni, il primo caso l’ha risolto su un aereo diretto a New York. A bordo vi eravamo io, Takagi e…Ran.”
“Ran? Cosa c’entra lei? Comunque, forse ho letto qualcosa di suo padre…perché il nome ‘Kudo’ mi pare di averlo già sentito…”
Juzo sospirò: “Beh…forse qualcuno te l’ha nominato. Ran era presente su quell’aereo perché… sono molto amici. Si conoscono da bambini e sono cresciuti insieme, Yusako e Kogoro si incontravano spesso da giovani poiché le loro mogli, Yukiko ed Eri, avevano frequentato le scuole superiori insieme…”
“Oh, capisco…” mormorò in risposta Ishimaru. Poi tornò a muovere le mani tra i fascicoli del cassettone di sinistra, stranamente pensieroso. Megure e Takagi lo fissarono per un paio di secondi, poi, titubanti, ripresero la loro ricerca.
“Ecco, questo dovrebbe essere sull’ultima vittima…” Wataru appoggiò un secondo fascicolo sopra quello che, pochi minuti prima, aveva scovato.
“MERDA!!” sentì ruggire e si voltò: Michiyo aveva lasciato piombare a terra un mucchio di fogli che prima teneva in mano e il suo sguardo era fisso nel vuoto.
“Cosa combini, Michiyo?” lo riprese Megure.
L’agente chiuse con forza il cassettone, dando vita a un rumore sordo.
“Kudo…Kudo!!! Ecco dove l’avevo sentito!!”

INIZIO FLASHBACK*

“Kudo? Chi sarebbe questo Kudo?”
Le due ragazze si voltarono e scoprirono, dietro di loro, Ishimaru; il giovane, ancor prima di udire la risposta di Sonoko, cinse le spalle di Ran con un braccio, stringendosi a lei:
“Quello che Ran amava prima di conoscere te!” rispose, con una tranquillità fin troppo esagerata.
“COSA?” urlò il poliziotto, spostando immediatamente lo sguardo su Mouri, che rossa come un peperone, si affrettò a dire: “Non è vero, io non lo amo!!”
“Certo, lo amavi, ma adesso non lo ami, perché c’è Ishimaru!” girò immediatamente la frittata a suo piacimento Suzuki.
La moretta deglutì, ancora rossa in faccia e con il cuore che batteva forte, ma non disse nulla…

FINE FLASHBACK

INIZIO FLASHBACK

Non appena vide la giovane avvicinarsi a lui, Ishimaru scese dalla macchina e le afferrò poi la mano, per baciargliela galantemente.
“Bonjour, mademoiselle…” disse con charme e sensualità, facendola lievemente arrossire.
“C-ciao, Ishimaru…” balbettò quindi come risposta la ragazza.
“Sempre a fare i romanticone voi due, eh?” si intromise Sonoko, abbandonato il suo ragazzo al campo di calcio della scuola.
“Quando mai Kudo avrebbe fatto una cosa del genere?” chiese poi rivolgendosi a Ran e dandole di gomito.
-Ancora questo Kudo…- pensò scocciato Michiyo, arricciando il naso.

FINE FLASHBACK

“Maledizione…” digrignò i denti con rabbia, poi uscì furiosamente dall’archivio sbattendo con forza la porta alle sue spalle.

§§§

“Non ci posso credere…è…è…” balbettò incredulo il professore, il dito indice puntato contro il vicino di casa che, con gli occhi ridotti a fessure, replicò:
“…un buco nell’acqua. Esatto…sono tornato grande e ho rischiato di farmi riconoscere, per nulla.”
“Beh, per nulla non direi…” aggiunse Haibara, un sorriso che le illuminava tutto il volto molto simile a quello che, spesso, aveva solcato le labbra del ragazzo seduto di fronte a lei.
“Al di là del fatto che, mio caro detective, stavolta hai fatto la figura del pesce lesso, ovviamente.”
Agasa trattenne una risata, Shinichi arricciò il naso.
“Mi raccomando, ricorda: il prototipo di antidoto che ti ho fornito due giorni fa potrebbe perdere il suo effetto da un momento all’altro. Non ho idea di quanto possa durare, sicuramente più di una settimana. Passata questa…sta tutto alla tua attenzione e al tuo esibizionismo. Come ho già avuto modo di dirti, devi esporti il meno possibile e cercare di indagare discretamente…”
“Sì, lo so bene. Ho già provveduto a questo: l’ispettore Megure né nessun altro poliziotto divagheranno gli avvenimenti del party, inoltre hanno acconsentito a non intromettersi con ‘il caso per il quale sono tornato in città’. Ed infine, oggi a scuola, ho rifiutato di riprendere il mio vecchio posto nella squadra di calcio, non sia mai che qualche partita importante dovesse essere ripresa e trasmessa alla televisione.”
“Molto bene. Tuttavia…” la scienziatina non sembrava soddisfatta “…sei sicuro di averci raccontato tutto?”
I due uomini la fissarono, un sopracciglio alzato e l’espressione interrogativa.
“Dopo aver scoperto questa sconcertante verità sei tornato al piano superiore, dove si teneva la festa. Lì, guarda caso c’è stato un omicidio, tu l’hai risolto eccetera eccetera…non hai dimenticato qualcosa? O, per meglio dire, qualcuno?”
“Ma certo! Ran!!” esclamò il dottore, fissando con insistenza il giovane amico. I suoi occhi divennero supplichevoli:
“Ti prego, dimmi che non hai dato retta ad Ai-kun…dimmi che non hai attuato quel vostro assurdo piano…”
Shinichi fece spallucce, rischiando di mandare a rotoli la fatica fatta da Agasa per accendere la candela: “Se vuole, non glielo dico…”
L’ometto sospirò, accasciandosi pesantemente sul divano.
Haibara invece tacque, aspettando che il tornato adulto si decidesse a proseguire; i suoi occhi fissavano un punto imprecisato del pavimento e l’espressione sul viso era spenta.
-Deve averlo fatto…- pensò, e subito dopo il detective riprese:
“Due sere fa non le ho rivolto parola. In centrale e al bar ho fatto finta di non vederla…questa mattina mi ha raggiunto negli spogliatoi, quando ero da solo.”
“Negli spogliatoi? E cosa accidenti avete fatto?” lo interruppe la biondina.
Allo stesso tempo, il ragazzo le lanciò uno sguardo torvo e il professore fece finta di tossire, tutto rosso in faccia.
“…mi ha chiesto spiegazioni. Ed io…” sospirò, affranto “…io ho fatto quel che avevamo programmato. Le ho detto delle cose…delle cose…davvero terribili…”
Si sentiva dannatamente male! Nell’unico istante in cui aveva avuto il coraggio di fissare la sua amica d’infanzia negli occhi, vi aveva letto disperazione, dolore, sofferenza. Non solo era causa della sua tristezza con la prolungata assenza…era riuscito a diventarlo anche con la sua presenza.
“Credo ci abbia creduto, ad ogni modo…”
“PAZZO!” gridò allora Agasa, scattando in piedi. “Ti rendi conto di quel che hai fatto??”
Shinichi volse lo sguardo verso tutt’altra direzione: “Certo…Le ho spezzato il cuore…”
A quelle parole talmente piene di rammarico, l’uomo capì che probabilmente quella decisione l’aveva spiazzato. Riprese posto vicino al ragazzo, poggiandogli una mano sulla spalla:
“Così soffrirà molto…”
“Lo so.” rispose “Ma…ma io sono Kudo Shinichi, ora. Anche se stavolta ho preso un granchio e l’organizzazione non c’entrava nulla, partecipando alle indagini del serial-killer potrei avere a che fare con qualcuno di loro…e se mi riconoscessero? Se, in qualche modo, mi scovassero? Temo molto per voi due…non potrei sopportare di aver causato la sua…la sua…” il solo pensiero lo distruggeva.
“…morte.” Concluse al suo posto Ai “Ne abbiamo già discusso, professore, è la cosa migliore che Kudo possa fare. Infondo, c’è questo Michiyo al suo fianco ora…o sbaglio? Volente o nolente, la ragazza dell’agenzia investigativa imparerà a vivere senza il suo Shin-chan.”
“Ma è necessario trattarla così male? Non le si può spiegare che…” propose il dottore, ma l’interpellato non gli conferì il tempo per proseguire:
“Se impara ad odiarmi, dimenticarsi di me farà meno male. E senza rendersene conto…si ritroverà con una persona che le vuole davvero bene e può proteggerla senza mettere in pericolo la sua vita…”
Agasa sembrò acconsentire, infine. Ma, fugace, una constatazione che fino ad allora non gli aveva lontanamente sfiorato la testa uscì prepotente dalle sue labbra:
“… e tu, Shinichi?”
Lui parve non volesse rispondere…ma alla fine, a bassa voce, fece:
“…io mi sono macchiato di arroganza una sera di tanto tempo fa…e devo pagare. IO, non le persone che mi sono vicine.”
Proprio in quel momento il temporale divenne una semplice pioggia e il cielo si rischiarò leggermente; a quel punto, le candele divennero completamente inutili, esattamente come ogni possibile parola che chiunque, in quella casa, avrebbe potuto pronunciare.

§§§

“Non…non so davvero come ringraziarti, sei stato molto gentile…” esclamò con debolezza Ran, cercando di sorridere al giovane: il risultato del tentativo, tuttavia, non fu quello desiderato…le labbra della ragazza continuavano ad essere piegate in una smorfia di forte dolore.
“Vuoi salire?” gli domandò poi.
“No, non vorrei disturbare. Se però dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa, beh, non esitare a chiamarmi. Sarò qui subito! Do you understand*?”
Richard si era rivelato davvero un bravissimo ragazzo…e un ottimo amico.
“Certo e scusami per la scenata.” Gli sorrise lei. Sembrava che da qualche ora si fosse leggermente ripresa; non appena la pioggia aveva iniziato a divenire meno violenta, aveva chiesto al suo amico di riaccompagnarla a casa, perché era stanca e aveva voglia di riposare. Ovvio, dunque, che il britannico non volesse salire nell’appartamento…
“Non dire sciocchezze, Ran! Anzi: cerca di tranquillizzarti…non appena ti sarai ripresa, se vuoi, potremo pensare a qualcosa…” poi, balbettò come in imbarazzo “…me and…and you, together…*”
Lei annuì e accettò volentieri la carezza sulla guancia che l’amico le offrì.
Dopo essersi definitivamente salutati, si separarono: Richard, reggendo in mano l’ombrello verde, si allontanò dall’agenzia investigativa pensieroso; la giovane, invece, inizò a salire le scale, ma udendo dalla TV a tutto volume il canale che trasmetteva il nuovo film di Yoko Okino, decise di dirigersi direttamente nell’appartamento; non aveva voglia di vedere suo padre…
Si richiuse la porta alle spalle, senza neanche accendere la luce. Gettando la cartella con i libri per terra, si buttò sul letto, afferrando e stringendo poi con vigore un cuscino di piume bianco; via via, sempre più lacrime iniziarono a bagnare la stoffa chiara e vellutata dell’oggetto e dei gemiti sommessi si diffusero per la stanza.
“Shinichi…Shinichi…Shinichi…”
Tremante, la ragazza continuava a chiedersi il perché di tutta quella scenata: non sapeva certamente che il grandissimo dolore che l’affliggeva rappresentava, agli occhi del detective, un primo passo verso la felicità e la salvezza.

§§§

“Ad ogni modo, per me hai detto una cosa cattiva, Ai-chan…”
La rimproverò con tono duro il dottore, approfittando di un momento in cui Shinichi parlava al telefono: il cellulare aveva segnalato il numero della centrale e il ragazzo aveva ipotizzato che si potesse trattare dell’ispettore, desideroso di informarlo riguardo il caso del serial-killer.
“Di cosa parla?” domandò la piccola, cadendo completamente dalle nuvole.
“Quando hai detto che non era vero che Shinichi è tornato adulto per nulla…” le spiegò “Sostenere che assumendo l’apotoxina è riuscito a troncare con Ran, visti i sentimenti di entrambi, non mi sembra per niente…”
“Ma non intendevo quello”.
Alle ripetute battute di ciglia del coinquilino, la bambina continuò:
“Quel poliziotto, quel Michiyo…se non sbaglio, aveva impedito a Conan di mettere naso nelle indagini e lui gli aveva promesso che sarebbe riuscito a rimpossessarsi di quello che gli spettava. Cosa crede che abbia fatto ora Kudo-kun, professore?! In questo momento è al telefono con l’ispettore…”
L’uomo strabuzzò gli occhi, prima che uno strano sorriso di compiacimento increspasse anche le sue labbra.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:

* Don’t cry! Your face’s so sweet when you smile!: Non piangere! Il tuo volto è così dolce quando sorridi!
*Miai: Appuntamento al buio.
* Il primo flashback proviene dal capitolo sei, mentre il secondo dal numero otto.
*Do you understand?: Capito?
* Me and you, together…: Io e te, insieme…

^***^ ^***^ ^***^

Note dell’autrice : Ed ecco qui anche il dodicesimo capitolo! In realtà per decidere il titolo ci ho messo un po’, ero parecchio indecisa tra tre o quattro opzioni *ç*
Mi sono concentrata sulle emozioni e sui pensieri di ciascun personaggio, spero di essere rimasta sempre in IC ^^”
E spero anche che i fan ShinxRan siano più tranquilli, adesso che sanno con precisione le motivazioni del giovane detective…e che siano curiosi di sapere come si comporterà Michiyo, ora che ha realizzato l’identità del suo nuovo partner XD
Non ho potuto fare a meno di notare che nelle recensioni, nessuno ha citato le sensazioni di Ran nel momento in cui rivede Shin…mi avrebbe fatto piacere sapere cosa ve ne era parso, perché non ero completamente sicura che quei pensieri rispettassero i suoi principi e valori xDD
Ora però, passo ai ringraziamenti – ho notato con estremo piacere che i commenti sono aumentati *_______* - particolari:

@youngactress: Ciao!! Davvero? Oh, ne sono felicissima! Dal momento in cui postai sul DCF il primo capitolo ne è trascorso di tempo xD
Grazie di cuore ^.^
Cosa te ne è parso di Shinichi?
Eheh lo so, oramai la mia ‘velocità’ è molto famosa XDD
Bacioni e alla prossima (prometto che non farò attendere troppo ^^”)

@akane_val: Ciau! Figurati, non ti preoccupare ;D
Eheh, capito il vero motivo? Volevo proprio si pensasse che Shin aveva deciso di troncare definitivamente con Ran, per poi passare all’effetto sorpresa XD E di colpi di scena, ne ho così tanti in mente…ihih…
Spero che ora tu abbia tutto chiaro, questo capitolo l’ho dedicato interamente alle spiegazioni e agli assestamenti per l’inizio di una mini-saga che vede Shin come primo protagonista!
Ti ho risposto via email per quanto riguarda il mio terzo posto, ti ringrazio ancora molto per essere stata così gentile! Hai visto? Ho postato la fic del concorso qui su EFP ^^ Spero tu non abbia nulla in contrario ;_; Kiss Kiss :***

@Feferica: Ecco qui svelato il mistero! Davvero ti sei commossa?
Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo!! ^^
Ciauuu ^__^ E, naturalmente, grazie mille =P

@Pera 11: COMPLIMENTONI!! Avevi azzeccato il perché dell’atteggiamento strano di Shin…bravissima!
Eh sì, ci tenevo proprio a sottolineare il carattere più maturo di Kudo rispetto a quello di Michiyo, voglio far notare come, a mio parere, le esperienze nei panni di Conan Edogawa l’abbiamo fatto crescere e diventare una persona migliore di quanto già non lo fosse prima del fatidico incontro al Tropical Land. Ma questo tema ho intenzione di svilupparlo meglio più avanti, spero di riuscirci bene ^^
E già, quasi quasi dispiace anche a me che scrivo, per Ran! ;__;
…ma c’è Richard che la consola, no? *angel*
Eheh, ciao e alla prossima! Non preoccuparti per i capitoli passati ;)
Grazie per aver ricominciato a recensire :)

@totta1412: Oh, grazie mille! Sei molto gentile, mi fai arrossire ^/////^
Eheh, meno male! Ran è un personaggio che mi preoccupa sempre un pochino, ma in fin dei conti è abbastanza difficile inquadrare il carattere di ciascun personaggio! Vado sicura con Michiyo e Richard, che sono di mia creazione…per il resto, sono sempre un po’ titubante ç_ç
Ho cercato di postare il prima possibile, spero che anche la prossima attesa sarà moderata! =)
Bye bye ^.^

Prima di salutare, volevo augurare un grandissimo IN BOCCA AL LUPO alla cara Shaddy-skun (XD) che in questo periodo è parecchio indaffarata per…diciamo, obblighi di forza maggiore.
Sono sicura che andrà tutto benissimo, grazie anche a delle lievi scrittine o bigliettini *devil*.

Infine, ringrazio tantissimo tutti coloro che continuano a leggere la fanfic e sopportano i miei ritardi ^_____^
Spero di postare il prima possibile, ditemi in molti cosa ne pensate!!
Al tredicesimo capitolo

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 14
*** L'Arroganza Di Michiyo: Kudo Alla Riscossa! ***


Capitolo Tredici

L'Arroganza Di Michiyo: Kudo Alla Riscossa!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

I raggi di un sole che si apprestava a tramontare filtravano dalla finestra aperta del soggiorno, infastidendo il giovane addormentato sopra il libro di chimica. La testa appoggiata sulle braccia incrociate a contatto con le pagine del testo, gli occhi erano chiusi da più di mezz’ora e la tazza di caffè accanto ai suoi capelli racchiudeva a quel punto un liquido freddo ed amaro.
Era rimasto così indietro con le lezioni che subito aveva dovuto darsi da fare, tuttavia si era presto reso conto circa l’impossibilità dell’impresa: riprendere dopo tutto quel tempo argomenti abbastanza difficili non era facile, quando, ogni minuto, gli occhi della ragazza di cui era innamorato gli tornavano in mente e lo spingevano con forza verso un buio baratro di dolore e mortificazione.
Gli era stato quasi possibile percepire il momento esatto in cui il cuore di Ran si riduceva in mille pezzi, proprio come il suo, d’altronde; urlarle contro accuse ed offese talmente grandi e quanto mai false, era senz’atro servito a farla sentire uno straccio. Shinichi non era convinto che si trattasse della scelta giusta, ma si fidava di Ai: a suo parere, quello era l’unico modo per non mettere in pericolo la giovane e, dopo un primo periodo di sofferenza, far sì che lacrime calde non le rigassero più il volto a causa sua.
Più che mai quella mattinata nello spogliatoio, come pure il dialogo con il professore, l’avevano buttato giù. Non erano passati neanche dieci minuti che il prezioso libro di chimica era stato schiacciato sotto il peso della sua testa, che solo nel sonno trovava tranquillità…
DRRIIIN DRRIIIN
Lo squillo insistente del telefonino contribuì al suo fastidio; Shinichi ruotò la testa nella direzione opposta, come se in quel modo il suono dell’apparecchio giungesse a volume meno alto.
DRRIIN DRRIIN
Si lasciò sfuggire diversi mugolii, poi si decise ad aprire gli occhi e, lentamente, sollevò la testa dalle pagine del tomo.
DRRIIN DRIIN
Si passò una mano sulla faccia, tirandosi indietro i capelli con fare stanco. Alzandosi dalla sedia di fronte la scrivania, afferrò il giacchetto di piume dal divano su cui l’aveva gettato e recuperò il cellulare.
“Kudo? Ciao, sono Megure…”
“Oh, ispettore…” farfugliò, la voce impastata dal sonno. Infatti, l’uomo gli chiese se per caso l’avesse disturbato, ma ad una risposta negativa da parte dello studente-detective, proseguì:
“Volevo dirti che ho recuperato tutti i fascicoli relativi alle vittime del serial-killer. Potresti passarli a prendere?”
“Sì, certo…potrei chiedere a Takagi dove trovarle…”
Megure rise: “No, perdonami...qui in centrale c’è un po’ di…ehm…”

INIZIO FLASHBACK
“MERDA!!” sentì ruggire e si voltò: Michiyo aveva lasciato piombare a terra un mucchio di fogli che prima teneva in mano e il suo sguardo era fisso nel vuoto.
“Cosa combini, Michiyo?” lo riprese Megure.
L’agente chiuse con forza il cassettone, dando vita a un rumore sordo.
“Kudo…Kudo!!! Ecco dove l’avevo sentito!!”
FINE FLASHBACK

“…confusione, per via del caso, ovvio.” Mentì spudoratamente “Ho detto a Takagi di portarli a Kogoro, tanto è di pattuglia in quella zona: sta seguendo Yashizawa, identificato come futura vittima dell’assassino. C’è anche Chiba con lui, a loro non costerà nulla deviare leggermente il percorso…sei d’accordo?”
“Nell’agenzia investigativa?” chiese di rimando. Non aveva la minima voglia di rivedere Ran, dopo quello che le aveva fatto. Come poter sopportare uno sguardo così distrutto?
“Sì, esatto. C’è qualche problema, forse?” domandò l’ispettore, ignaro di tutto.
“No no…però, io preferirei…”
Mentre si apprestava ad ascoltare il suo vecchio amico, l’agente Michiyo irruppe nel suo ufficio, lo sguardo furente che quasi emanava scintille.
“Er…se proprio non ti è possibile passare di lì, mi inventerò senz’altro qualche altro modo, ma non venire qui, non è necessario! A presto!” si sbrigò Megure, riattaccando poi in fretta il ricevitore sulla cornetta del telefono.
“Non ti hanno insegnato a bussare, Michiyo?” chiese poi, utilizzando un tono di voce severo, forse per mascherare il suo disagio.
“Mi scusi…” non perse certo tempo in ciance “Ma volevo chiederle il permesso di raggiungere l’agente Chiba e il detective Takagi.”
“E per quale motivo? Tu stai benissimo qui!”
Juzo ebbe un sospetto: che il poliziotto avesse ascoltato la sua conversazione?
“Ma preferirei trovarmi lì. Vorrei agire direttamente nel caso il serial-killer cercasse di colpire ancora.”
Non, non lo aveva fatto.
Soltanto, era stata una gran sorpresa, per Ishimaru, capacitarsi della vera identità del bravo e audace investigatore. Durante il corso della giornata, aveva ben riflettuto sulla situazione e aveva avuto ben chiaro sin da subito che arrendersi non era lontanamente ammissibile: avrebbe combattuto, era disposto a tutto pur di non perdere la sua Ran!
Ma forse ciò che più gli premeva era l’accaduto di poche sere prima: quel Kudo era stato così abile, giunto nel momento esatto in cui vi era necessità e sconfitto quel pazzo un omicida con una facilità quasi assurda. Michiyo aveva ritenuto quelle azioni eccezionali e fin da subito aveva percepito per quel moretto una grande stima, ma, a conoscenza del suo rapporto con Ran, tutto era cambiato: Shinichi era divenuto un esibizionista, montato e poppante che si dava troppe arie e si riteneva un grande, quando in realtà era soltanto un grande idiota. Perciò, per prima cosa gli avrebbe dato una bella lezione: nell’eventualità che il serial-killer avesse provato ad uccidere il famoso scienziato, lui sarebbe entrato in azione e avrebbe dimostrato di non valere certo meno di quella specie di moccioso con ancora il latte sulle labbra, poi gli avrebbe fatto capire con ottimi modi che per lui sarebbe stato meglio tenere le distanze di sicurezza dalla giovane figlia del detective Mouri. Era soltanto questione di tempo! Il ragazzino si sarebbe presto reso conto di avere a che fare con un grande professionista, difficile da imbrogliare!
“Io ti capisco, a tutti noi preme che non siano mietute più vittime. Tuttavia, io credo sia meglio…”
“ Io credo sia molto meglio la mia presenza lì.” Lo interruppe, un tono della voce estremamente agitato “Dunque…io non le chiedo il permesso, ispettore. Io l’avverto che mi sto recando da Takagi e Chiba.”
Detto questo con una fastidiosa impertinenza, il poliziotto diede le spalle a Megure per poi abbandonare il suo ufficio proprio come era entrato: velocemente e con modi alquanto bruschi.
L’uomo baffuto si alzò altrettanto rapidamente dalla poltrona, poi si precipitò ad aprire nuovamente la porta:
“MICHIYO, TORNA QUI!” gridò, facendo saltare numerosi agenti per la grande paura. Ma tutto fu vano: il castano era già scomparso.
Juzo si abbandonò ad un rumoroso sospirò:
-Prevedo guai…- pensò affranto, richiudendo la porta in legno chiaro.
Quanto aveva ragione!!

§§§

-Ma tu guarda!- continuava a pensare, le mani in tasca del giacchetto di piume nero, infreddolite nonostante i guanti.
Tirava un forte vento e persino il berretto che aveva indossato risultava quasi inutile. I passi erano lenti e deboli, la sua faccia allo stesso tempo seccata e preoccupata.
-E adesso?- pensò tra sé e sé –Speriamo che Ran sia agli allenamenti di karate…-
Non aveva potuto rifiutare l’offerta dell’ispettore; in fin dei conti, il caso rappresentava, oltre che un suo grande interesse, anche l’unica maniera per la riscossa con il caro poliziotto da poco giunto in città. A quel punto, tanto valeva rischiare…inoltre, pensare di poter evitare la giovane (ex) amica era sciocco: frequentavano la stessa scuola e si trovavano nella medesima classe, i loro posti erano anche abbastanza vicini tra loro.
Com’è che si dice? Prendere il toro per le corna?
Sbuffò per l’ennesima volta quel giorno, rabbrividendo per il freddo e lanciando uno sguardo verso il sole; era quasi del tutto tramontato, a quel punto…
Giunto di fronte all’agenzia investigativa Mouri, alzò lo sguardo per leggere l’insegna impressa sui vetri chiari e ben puliti.
-E va bene- si disse, avviandosi su per le scale – Prendo i files, ringrazio, e vado via…-
Bussò lievemente alla porta ed una voce abbastanza preoccupata gli diede il permesso di entrare, sostenendo che la porta fosse aperta.
Il giovane inspirò profondamente, poi, spingendo il pomello dorato, esclamò:
”Buonasera, perdona il disturbo, Kogoro. L’ispettore Megure mi ha detto che potevo venire qui da te per prendere i fasci…coli…” ma la voce gli morì in gola. Alzato lo sguardo all’interno della stanza, infatti, aveva scoperto che il detective non era solo: al suo fianco si ergevano un severo Michiyo con il telefono della scrivania tre le mani, Takagi dall’altro lato e Chiba di fronte al tavolo d’acciaio.
“Ehm…”
Per un momento, ebbe il terribile timore che Ran avesse raccontato loro ogni cosa e che i quattro uomini volessero ucciderlo nei modi più atroci e sofferenti esistenti sul pianeta. Poi si rese effettivamente conto dell’impossibilità dell’evento…
“Se disturbo, posso ripassare più tardi…o magari, domani…” propose quindi, battendo gli occhi ripetutamente.
“Capiti giusto in tempo…” lo accolse Takagi, un sorriso gentile sul volto.
“…ma se hai da fare non c’è problema, puoi andare via. Ce la caveremo perfettamente anche senza il tuo intervento.” Aggiunse Ishimaru, riagganciando il telefono.
Tutti ammutolirono, Shinichi si voltò a guardarlo con un’espressione indecifrabile.
“No, non ho per niente da fare. “ rispose “Soltanto che vi ho visti tutti qui ed ho creduto che fosse un momento inopportuno.”
Tutti deglutirono.
Il suo tono, agli occhi del poliziotto, era infatti stato decisamente troppo arrogante, tanto che, senza paura, gli disse:
“Sì, è decisamente il momento sbagliato, questo. Perché non evapori?”
Tutti sbiancarono.
“A volte mi sarebbe tornato utile, purtroppo le mie stupide cellule non sono in grado di farlo. Con questa temperatura gelida, poi…” scherzò, tuttavia le sue labbra erano increspata in un sorriso…strano.
Tutti strabuzzarono gli occhi.
“M-Megure…ha appena chiamato qui…” sussurrò Takagi, che quasi si sentiva soddisfatto, vista quella piccola sfida verbale vinta da Kudo.
“Il…il serial-killer…ha ucciso di nuovo.”

§§§

“Shibouto Shiro, 39 anni, avvocato.
Pare che si fosse recato al cinema per vedere un film uscito da poco…il titolo dovrebbe essere ‘Il Nome Dell’Amore’…”
“ ‘In Nome Del Tuo Amore’… * ” precisò Ishimaru. Takagi stava infatti spiegando ai colleghi la dinamica del delitto, ma il poliziotto non solo era fiscale come al solito, persino più puntiglioso dell’ordinario.
“Avrei dovuto vederlo insieme a Ran un paio di sera fa…” spiego il perché fosse così informato, lanciando uno sguardo assai significativo a Kudo.
Quest’ultimo non si era lasciato intimorire dalle parole di Michiyo nell’agenzia investigativa e aveva seguito i poliziotti e il padre di Ran sul luogo del delitto.
Proprio come affermatola Takagi, si trattava di un cinema, il Black Moon.
Grazie all’auto di Kogoro ci avevano messo davvero poco tempo ad arrivare: ovviamente, l’ispettore Megure era già sul posto con alcuni agenti della scientifica. Accolti calorosamente i due ragazzi, nonché il detective Kogoro e con meno enfasi i due sottoposti, aveva scortato tutti quanti di fronte al cadavere ed al cospetto del medico legale.
“L’uomo è morto dissanguato, un coltello gli ha trapassato il petto. A seconda della rigidità dei muscoli e del colorito della sua pelle posso affermare con certezza che il decesso sia avvenuto all’incirca un paio di ore fa e, fidatevi: quest’uomo ha sofferto molto.”
Aveva detto loro Kaetsu, l’uomo che Michiyo e Ran avevano incontrato al ristorante in cui si erano recati pochi giorni prima. *
“Non riesco a capire…” mugugnò Mouri “La vittima non doveva essere Yashizawa?”
“Così avevamo pensato, ma evidentemente abbiamo sbagliato.” Rispose infastidito Juzo: quella era la quinta vittima e le persone coinvolte cominciavano a divenire un po’ troppe.
“Non abbiamo sbagliato!” irruppe Ishimaru, una corrente in piena; in fin dei conti, era stato lui a promuovere quella tesi e si sentiva colpito direttamente nell’onore.
“Soltanto, i tempi che avevamo previsto non coincidono.” Si volse verso la vittima, quasi ringhiando.
Megure e Kogoro si scambiarono un’occhiata d’intesa, Shinichi lo fissò assottigliando gli occhi:
-Ha scoperto tutto…- realizzò, mordendosi un labbro.
“Ispettore, per caso ha qui i fascicoli?” domandò poi, rivolto all’omone che lo contraccambiò con un’espressione interrogativa:
“No, non li ho portati…”
“Desideravo avere maggiori informazioni riguardo il caso, visto il corso degli eventi.” Spiegò poi.
“Non è necessario.” Era la voce di Michiyo, di nuovo.
Con un sorriso strafottente sul volto, si riferì al moro con le braccia incrociate:
“Qui di esperto ne basta uno, anche se non credo che tu possa essere definito tale. Il tuo unico ruolo è quello di occupare un posto in più nelle auto…”
”Michiyo, dacci un taglio!” lo riprese Megure, guardandolo torvo.
Fissando Kudo per ancora qualche istante, il poliziotto ubbidì.
“Io…io te li porterò domani, all’uscita dalla tua scuola. In questo modo, sicuramente li avrai…me ne occuperò io in persona, non preoccuparti.”
Promise poi al suo vecchio amico l’ispettore, volenteroso di non suscitare un subbuglio proprio come quel pomeriggio.
Il giovane annuì, per poi lanciare uno sguardo ad Ishimaru:
-Ha scoperto chi sono…- pensò, fuorviato ogni possibile dubbio.
§§§

“No, lascia…” disse dolcemente, togliendole lo zucchero dalle mani. “Faccio io!”
Ran si voltò, ritrovandosi davanti Ishimaru, un sorriso a trentadue denti sul volto. Il giovane fece bene attenzione a sfiorare, compiendo quel movimento, le mani della ragazza, poi zuccherò le tazzine con il thè verde all’interno.
Nell’agenzia investigativa si trovavano loro due, Kogoro, Megure e Takagi. Avevano pensato di riunirsi lì per non suscitare confusioni in centrale, era meglio che le informazioni private non fossero divulgate più di tanto tra tutti gli agenti della polizia. Chi poteva escludere vi fosse un infiltrato o un corrotto?
Ran, gentile come al solito, si era offerta di preparare a tutti da bere ed Ishimaru l’aveva raggiunta in cucina; tuttavia, all’appello mancava un giovane uomo…
“In questi giorni ti vedo triste…è tutto ok?” si preoccupò il giovane, fissandola negli occhi. Lei non ricambiò il suo sguardo impertinente:
“Sì…sono soltanto un po’ stanca, la scuola in questo periodo mi occupa molto.” Mentì.
Naturalmente Michiyo colse la palla al balzo:
“Allora appena lo studio diminuisce un pochino, ti porto da qualche parte per distrarti!”
“Non credo diminuirà presto…” cercò di lasciargli intendere, ma lui faceva orecchie da mercante.
In seguito, Ran afferrò il vassoio e si diresse nella stanza a fianco, dove si trovavano ‘gli ospiti’, seguita a ruota da Michiyo.
Quei giorni erano stati davvero insostenibili: le offese che il detective le aveva rivolto continuavano a risuonare nella sua testa e contribuivano a farla sentire uno straccio. Spaventata, inoltre, da quell’atteggiamento così insolito aveva cercato di non rivederlo: la mattina dopo il litigio –se così poteva definirsi- si era assentata da scuola e in seguito non aveva più messo piede in centrale. Ciononostante, in un angolo remoto del suo cuore, nutriva la speranza che vi fosse una spiegazione plausibile a tutto quello e desiderava follemente poterlo rivedere; le sarebbe bastata un’occhiata, un sorriso…qualsiasi cosa per perdonarlo e, soltanto dopo, cercare di capire.
Così immersa nei suoi mille pensieri, oltrepassò la soglia e giunse nel salone, dove tutti gli uomini erano seduti. Ancora sovrappensiero, alzò leggermente lo sguardo per sorridere cordialmente e porgere a tutti i presenti una tazzina, ma le mani immediatamente non riuscirono a sostenere il peso del vassoio, che infatti traballò, rischiando di finire in terra; fortunatamente, Michiyo ebbe i riflessi pronti e lo afferrò, posizionando la sua mano sopra quella della giovane.
Poi, per chiederle spiegazioni – o forse per farsi ringraziare in adeguato modo- si voltò nella sua direzione, ma non riuscì ad emanare alcun suono: Ran fissava con uno strano sguardo un punto imprecisato di fronte a sé.
Seguendo la linea dei suoi occhi, si ritrovò faccia a faccia con Kudo, in piedi dietro il divano ed appoggiato ad esso con i gomiti. Nell’istante in cui il suo sguardo aveva incrociato quello di Ran, Shinichi si era voltato repentino, fissando il pavimento con insistenza.
“Kudo, ma che sorpresa. Dunque, sei venuto anche tu…” scandì lentamente, poggiando, con l’aiuto di Ran, le tazzine sul tavolino al centro della stanza.
Il ragazzo rispose alzando lievemente le spalle, prima che Megure potesse prendere parola:
“Sono stato io a chiamarlo, desidero che sia presente ad ogni nostro incontro, se possibile.” Lanciò al suo sottoposto uno sguardo severo, poi proseguì:
“Piuttosto: hai letto le informazioni dei fascicoli?”
Il detective annuì, quindi l’ispettore affermò che a quel punto, era davvero possibile iniziare a dedurre, a programmare…e cercare di bloccare quel terribile assassino.
“Ran, sii cortese: prepara un’altra tazza di the…” le disse Kogoro e lei si girò per tornare in cucina, ma il giovane rifiutò:
“Oh, no…se è per me, io non ho molta sete al momento. Grazie comunque.”
“A-allora…” riuscì finalmente a parlare la ragazza “Io tolgo il disturbo…”
Lo sguardo basso e le ginocchia tremanti, Ran si sentiva morire.
“Ma no, dove vai? Hai già ascoltato delle nostre conversazioni, per di più sei figlia di un bravissimo investigatore, potresti avere qualche intuizione geniale! E poi, sembra che qui la privacy sia un optional…” Michiyo la trattenne per un braccio, lanciando un’occhiata gelida al moro ancora in piedi, che in tutta risposta sorrise quasi divertito:
“Proprio come l’occupazione illegale delle automobili…”
Takagi sorrise sotto i baffi e Kogoro dovette ammettere tra sé e sé che lo studentello sicuramente ci sapeva fare.
Interrompendo quel nuovo contrasto, Megure si schiarì la gola:
”Molto bene, ricapitoliamo: le vittime, a questo punto, sono cinque:
il tassista Kaneshiro Hayashi, l’insegnante di inglese Yukiko Nakano, l’orefice Gojo Mifune, l’impiegata agli uffici di collocamento Noama Tsugumi ed infine l’avvocato Shibouto Shiro.
Frequentavano, da giovani, un corso di teatro tutti insieme ed un loro compagno fu trovato impiccato nella sala regia; il caso fu archiviato come suicidio, ma se così non fosse stato o se qualche parente potesse non esserne del tutto convinto, potrebbe aver deciso di vendicarsi. Secondo una locandina che pubblicizzava i loro spettacoli, pensavamo di aver compreso l’ordine che il serial-killer intendeva seguire, ma stavolta ci ha colto alla sprovvista.”
“ Di nuovo…” sussurrò Kudo a voce abbastanza alta affinché Michiyo potesse udirlo e storcere il naso.
“A questo punto, bisogna continuare a tenere d’occhio Yashizawa.”
Kogoro scuoteva la testa convinto, con le braccia incrociate e l’espressione pensierosa.
“Potremmo pedinarlo io e Ran!” intervenne allora Ishimaru, procurando un sommesso borbottio imbarazzato da parte dell’interpellata.
“Così, se dovesse scoprirci, potremmo fingerci una coppia e non destare sospetti…”
Megure e Kogoro ci rifletterono un po’ su, poi decisero di tentare.
“Ma non è rischioso coinvolgere una persona esterna alla polizia?”fece notare Shinichi, fingendosi quasi disinteressato quando in realtà temeva molto: era la seconda volta che quel poliziotto coinvolgeva Ran rischiando di metterla in serio pericolo!
“Fammi capire…” non perse occasione Ishimaru, il suo solito atteggiamento “E’ rischioso coinvolgere te?”
“Però Kudo potrebbe avere ragione…” lo sostenne Takagi, un po’ titubante “Forse sarebbe meglio se andassimo io e Sato…”
Quasi desiderasse punirlo per averlo contraddetto, Ishimaru sbottò:
“Se la pensate così, d’accordo! Con Sato ci andrò io. Per lei non ci sono problemi, vero ispettore?”
Tentava di farsi scudo con la certezza che, viste le sue capacità, Megure gli avrebbe lasciato fare ciò che voleva. Ed effettivamente, da un lato aveva proprio azzeccato; dall’altro, però, l’uomo non voleva avere riguardi nei suoi confronti. Leggermente a disagio, non riuscì a rispondere qualcosa di sensato.
Takagi sospirò rumorosamente: Michiyo era acclamato da tutte le donne, come poteva essere sicuro che Sato non fosse…
“Quest’interessante discussione è terminata?” sul volto di Kudo era dipinto un mezzo sorriso, che lasciava trasparire una certa sicurezza.
“Sì.” Fu la risposta secca del poliziotto castano, gli occhi che brillavano della luce di una grande vittoria.
“Bene, allora adesso propongo io…”
Lo sguardo del castano si spense.
In un secondo tutti gli sguardi assalirono il detective, mentre lui tirava fuori da una tasca interna della giacca un piccolo block-notes.
“In questi giorni ho rivolto ad un po’ di persone delle domande e sono venuto a conoscenza di una cosa davvero interessante: l’ultima vittima, Shibouto Shishiro, è stata vista in un bar nel quartiere dell’università; stava litigando con un uomo…”
“Chi?” domandò allora Megure, sporgendosi lievemente verso il ragazzo.
“Si figuri se lo sa…” ridacchiò Ishimaru, prendendo tra le mani una tazza di the e portandola alla bocca.
“Yuri Sakata, 45 anni…” proseguì Shinichi, un tono della voce a mio parere eccezionale. Ignorando la tosse di Michiyo e del suo the andato di traverso, continuò:
“E’ il proprietario di un grande agriturismo fuori città, perciò suppongo sia abbastanza benestante. Pare che i due abbiano parlato concitatamente per almeno una ventina di minuti, poi Sakata, preso dall’ira, si è alzato di scatto ed ha lasciato il locale. Non so per quale ragione stessero litigando, però vi posso dire che domani sera si terrà l’inaugurazione di un ristorante, il White Knight e, vista la sua professione, suppongo sarà sicuramente presente. Senza interrogarlo per non alimentare grossi dubbi o sospetti, potremmo andare anche noi in qualità di ospiti o che so io e tenerlo d’occhio. Se magari incontrerà, nel corso della serata, qualcuno dei ragazzi o delle ragazze che facevano parte di quella compagnia teatrale, a quel punto potremo avere una piccola certezza.”
“Perfetto! Tutto fila!!” si congratulò l’ispettore, lieto di quella grande svolta “Faremo come hai detto tu, allora.”
Shinichi sorrise: “In questo caso, forse sarebbe meglio rintracciare le generalità di ogni singolo attore o attrice di quella locandina e fare delle copie da distribuire ad ognuno di noi…”
“Altro?” chiese ironicamente Ishimaru e Kudo sorrise per l’ennesima volta, quel giorno:
“Sì. In base a tali conoscenze, si dovrebbero ricercare queste persone per vedere in foto o attraverso un documento di riconoscimento alla scuola guida o motorizzazione, come sono attualmente; in caso contrario, non saremo in grado di riconoscerle, domani sera…”
“Certamente. Takagi, puoi occupartene tu?” Megure era palesemente d’accordo con il figlio dello scrittore. Ai suoi occhi, era stato straordinario!
“Con piacere.” Si lasciò sfuggire l’agente, accettando poi l’aiuto offerto da Chiba.
“Per quanto riguarda quest’agriturismo di cui Sakata è proprietario, se per voi non ci sono problemi, posso occuparmene io. Se non sbaglio, il professor Agasa dovrebbe avere uno specifico programma per questo genere di cose…”
“Fai ciò che vuoi, te lo concedo.” Gli sorrise l’omone “Sei il degno figlio di tuo padre, non ti smentisci mai! Sei qui da soltanto pochi giorni e già hai dato una svolta positiva a quest’indagine…bravo!!”
Assurdo come si potesse nettamente comprendere il debole che l’ispettore provava nei confronti del liceale.
“Intuizioni che potevano venire a tutti…” farfugliò Kogoro, le braccia incrociate, poi ebbe una folgorazione: “Di Yashizawa non ci occupiamo più?”
“Sì, certo…forse è meglio tenerlo sotto controllo.” Proferì Megure, l’indice e il pollice che stringevano il mento. “Michiyo, l’idea di questa pista è stata tua. Te ne occuperai tu, da solo.”
Un tono così severo, che il poliziotto non potè disubbidire; per quel giorno, aveva agito fin troppo di testa sua…

§§§

“Sei stato davvero bravo…Le tue doti da detective aumentano sempre di più!” gli si avvicinò Ran, approfittando dell’assenza dei compagni dall’aula. Era il momento tanto atteso dell’intervallo e Shinichi era seduto sul davanzale della finestra, il telefonino tra le mani.
La figlia di Mouri non ebbe risposta. Il ragazzo non la degnò neanche di uno sguardo, troppo indaffarato a spedire un messaggino che a lei non era visibile:
“Avete da fare oggi pomeriggio? Devo mettere le mani tra i vecchi aggeggi di mio padre e da solo sarà senza dubbio una noia mortale…
Vi aspetto alle tre e mezza, grazie di cuore!”

“…ehm…cosa fai? Mandi un SMS?” ritentò la karateka.
Kudo chiuse rumorosamente il cellulare, riponendolo nella tasca dei pantaloni blu.
“Non ti è bastato? Devo rispiegarti…”iniziò, ma Ran lo interruppe sillabando:
“No, no...Io volevo, solo…”
“Vedi non volere niente da me.” Tagliò corto, balzando giù dal davanzale ed uscendo dall’aula.
Lei lo guardò allontanarsi, fingendo di non ritenere degna di attenzione quella situazione.
-Niente da fare…- pensò –Per quanto io mi sforzi, non riesco a capire…e non riesco a risollevare quest’assurda situazione!! Eppure,mi sembra così strano…-
Si era ripromessa più volte di darci un taglio e mettere una pietra sopra quel ragazzo che così tanto l’aveva fatta soffrire, ma lo stesso numero di volte si era arresa al suo cuore e aveva tentato di stabilire un minimo di conversazione: lui non le rivolgeva mai parola, faceva finta che non esistesse…
-Forse, è davvero il caso di lasciar perdere…-
E mentre rifletteva appoggiata contro una sedia, non si accorse che Richard, semi-nascosto dietro la porta, la osservava proprio come aveva fatto durante il suo misero tentativo di pace con Kudo.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
Dal capitolo sei, Ran ed Ishimaru si erano recati ad un ristorante. Lì incontrano Kaetsu, il medico legale ed immediatamente dopo avviene l’omicidio. Tuttavia, secondo i programmi, i due ragazzi sarebbero dovuti andare a cinema per il film, appunto, In Nome Del Suo Amore.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: E rieccomi qui! Senza dubbio, realizzare questo capitolo per me è stato meraviglioso, a parte l’ultimo triste paragrafo ;__;
E’ giunto il momento di dare rilievo a Shin, no? Non a caso è tornato adulto…
Credo che in questi prossimi capitoli sarò abbastanza rapida, fin quando non parto per le vacanze ho assai tempo libero da dedicare alla fic e, molto onestamente, non vedevo l’ora fosse possibile!
Passo ora ai gentilissimi commentatori:

Akane_val: Ah, meno male! Ero parecchio preoccupata circa il capitolo scorso, sono contenta che ti sia piaciuto ^^ Beh, proprio per il meglio, almeno per il momento, non direi ^^” Shin non mi sembra intenzionato a cambiare idea…Ti ho svelato le reazioni di Ishi e Ran-chan, spero che non ti abbiano deluso!
Ti ringrazio di cuore, un bacione grande!
XXXX

Youngactress : Ciao!
Grazie di cuore ^_^ Beh sì, il capitolo scorso era un “assestamento” per preparare la scena a quelli che saranno gli sviluppi principali della storia. E’ proprio da questo momento in poi della fic che il titolo può essere compreso xD Piaciuto il comportamento di Michiyo? ;D
A prestissimo e ancora grazie!

Feferica : Ciao ^_^
Ah, meno male! Non mi stancherò mai di ripetere che rendere al meglio il carattere di ciascun personaggio, a mio avviso, è sempre la complicanza maggiore!
Spero sia stato di tuo gradimento anche questo capitolo!
Un bacione :*

Shiho93: Grazie!^^ Beh, rispondere a tono a Michiyo credi possa risollevarlo un pochino?XD
Ciao ^.^

Shaddy-Skun: Saaaaaalve xD
Allora, Shin ti piace così eh?XD Oh beh, non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace *devil*
Per Richard ne sono davvero contenta, perché anche io che l’ho invento e ne scrivo lo trovo simpatico ^^” Uahah, bella l’uscita del commercio illegale di liquori, vero?XAXAXA
E Michiyo…questa capitolo ti ha fatto ‘spanzare’, scommetto *stradevil* Ad ogni modo, mi rende felicissima il fatto che la fic ti piaccia e ti ringrazio tantissimo di tutto!
Bacioni grandi grandi e ricorda: ci sono della gente che sta proprio a pezzi…che amarezza (XDDDD)
Bacioniiiiiii cavvvvvvaaaaaa xD ^________________^

Inoltre, non posso certamente scordarmi di ringraziare gli utenti che hanno commentato la one-shot
‘Red Blood – Rosso Sangue’:
SuperC18
Miss miyu 91
Dany92
Rannina4ever

Credo che questo sia tutto…un grande grazie lo devo anche a coloro che leggono la fic senza commentare!
Un abbraccio e al capitolo quattordici

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 15
*** Tanguero! ***


Capitolo Quattordici

Tanguero!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Sono davvero molto contento che tu abbia accettato il mio invito. Averti al mio fianco stasera, è il più grande onore che io possa vivere…” biascicò Ishimaru, prendendo a braccetto Ran.
Si trovavano di fronte all’entrata del locale White Knight ed era la sera dell’inaugurazione: come stabilito il giorno prima, tutti si erano recati lì per tenere d’occhio Yuri Sakata. Ovviamente, Michiyo aveva invitato Ran come sua lady e la giovane aveva accettato. Questo apparentemente; la realtà degli eventi era totalmente differente: l’erede Mouri aveva confidato alla sua migliore amica Sonoko Suzuki gli ultimi avvenimenti che riguardavano lei stessa e Shinichi…ovvio che la biondina avesse reagito drasticamente: dopo averlo insultato e gridato contro di lui tutte le maledizioni possibili ed immaginabili, aveva esposto la sua idea; Ran avrebbe dovuto non solo dimenticarsi di lui, ma anche dimostrargli come esistessero persone migliori! Mouri avrebbe dovuto accettare ogni invito, ogni parola, ogni sguardo, qualunque cosa le fosse offerta dal giovane Ishimaru! Alla faccia arrogante e narcisista di quel detective da quattro soldi!
“La stessa cosa vale per Ran, non è vero?” Sonoko rincarò dunque la dose, come fosse stata lei a subire il torto e a doversi vendicare.
“G-già…” annuì debolmente Ran.
Delle ragazze davanti a loro ridacchiarono civettuole, osservando ciò che si verificava alle loro spalle: Michiyo pensò di essere l’oggetto del loro desiderio, riconosciuto come stella lucente della polizia nipponica; tuttavia, presto si rese conto che stavano osservando un giovane in moto che, velocemente, gli si affiancò.
-Che fusto!!- pensò Sonoko, già pronta all’attacco.
“E’ un tuo amico?” chiese ad Ishimaru “Perché non me lo presenti?! E’ così carino…”
Il motociclista indossava dei pantaloni neri e un giacchetto di pelle con il colletto di chiaro pelo sintetico. Alle mani dei guanti e sulla testa un casco integrale.
“Spiacente Suzuki, ciò che ho detto a Mouri vale anche per te.” Rispose il ragazzo, rivelando il suo volto e dando nuovamente prova della sua sagacia: lui sapeva che la biondina era al corrente di tutto…
Sonoko da parte sua impallidì, ritrovandosi faccia a faccia con il detective Kudo. Il suo sguardo non era impertinente e divertito come al solito, lo notò subito…Più che altro, era velato da serietà e durezza, elementi che la infastidirono parecchio.
“E quella…” Michiyo non era affatto sorpreso di vederlo: l’idea di quella serata era stata sua, ovvio che si sarebbe presentato “…da dove sbuca?” gli domandò indicando con un gesto del capo la moto blu notte. Era un modello decisamente niente male, del genere che gli eroi dei film d’azione possiedono e con la quale traggono in salvo le loro donzelle.
Riponendo il casco nel bauletto posteriore, il giovane ripose:
“Ti dava così tanto fastidio che usufruissi delle vostre macchine…ho provveduto.”
Poi, sfilandosi i guanti:
“Megure si trova in macchina con gli agenti Takagi e Chiba, sta fornendo loro le ultime indicazioni e presto ci raggiungerà. Kogoro, invece, è già dentro il locale. Ci sta aspettando nel gazebo riscaldato…”
Chiuse con un gesto brusco il cassettino della moto, poi si avviò all’interno del White Knight, osannato dagli sguardi delle ragazzine di poco prima.
Immediatamente, Ran si riscoprì gelosa: persino Sonoko, non sapendo che si trattava di lui, non si era fatta scrupoli ad inserirlo nella sua lista…
“Meno male che a questo mondo non esistono soltanto ragazzi come te!!”
gridò l’erede della prestigiosa compagnia, cercando di riprendersi dalla figuraccia “Guarda Michiyo, com’è galante!”
“Ahah, ti ringrazio!” ridacchiò lui, lieto di ricevere complimenti di fronte al rivale “Anche tu la pensi così, Ran?”
Distogliendo gli occhi dalla figura di Shinichi, l’interpellata sperò che quest’ultimo la sentisse: “Sì, esattamente.”
“Oh…mi fai battere forte il cuore, in questo modo…” rispose il poliziotto, per poi blaterare qualche altra sciocchezza dello stesso tipo.
Comunque, il piano di Ran era riuscito: Shinichi aveva sentito.

§§§

INIZIO FLASHBACK
“Non ci posso credere, è un’assurdità…” brontolò per la centesima volta Agasa, sporco dalla testa ai piedi. Un camice blu aveva sostituito quello bianco ed era totalmente impregnato dalla forte puzza della vernice colorata.
Afferrando il pennello per poi intingerlo nel secchio colmo di liquido blu notte, borbottò: “Io non sono un operaio, sono un professore!”
Ai, in silenzio, osservava la scena divertita; scosse leggermente la testa, puntando i suoi occhi sul detective Kudo. Anche lui con indosso un vecchio camice da lavoro, si era colorato di blu persino la guancia destra.
“Non si lamenti…” lo pregò “Mi serviva il suo aiuto, da solo non avrei mai ritrovato queste due vecchie moto…”
Batté una mano su di quella che stavano dipingendo, per poi indicare con un cenno del capo l’altra, poco lontano da loro e proprio di fronte alla porta del garage sotterraneo di villa Kudo.
“Ricordavo che i miei genitori quando erano giovani le usavano volentieri, ma le avevano riposte ed abbandonate qui al momento della mia nascita, poiché, a loro dire, ‘…una famiglia necessita di una macchina, non di due motociclette. Ciononostante, quando ero piccolo mia mamma ogni tanto mi portava…” Ridacchiò, pennellando più volte uno stesso punto perché il colore non formasse chiazze più scure.
“Purtroppo però, seppellite in questo garage, si sono un po’ acciaccate! E’ stato gentile ad offrirsi per aiutarmi, dottore…”
“Io non mi sono offerto.” Replicò l’altro, decisamente seccato “Tu mi hai obbligato.”
Haibara sorrise di nuovo, stando ben attenta a non farsi notare.
Seduta su un vecchio scatolone pieno di vecchi giornali, poteva assistere comodamente alla scena: quel luogo sembrava quasi un’officina…
“A cosa hai detto che ti servono questi affari?” domandò poi ad alta voce.
“La moto di mamma, per il momento, a niente.” Rispose, voltandosi verso di lei sorridente “… ma quella di mio padre mi porterà a spasso per Tokyo. Non mi piace dipendere dalle persone…” aggiunse poi, storcendo il naso: il ricordo delle arroganti parole di Michiyo gli riecheggiavano ancora nelle mente, ma di questo i suoi interlocutori erano del tutto ignari.
“Ma prima che tornassi bambino andavi in macchina con l’ispettore Megure, lui era lieto di…” iniziò infatti l’omone.
“Non vuole sedere a fianco del rivale, forse?” si intromise la scienziatina, un tono provocatorio nella voce.
“Beh, avrei potuto portarti io dov’era necessario…” riflettè quasi tra sé e sé Agasa, ma Shinichi rispose a bassa voce:
“Preferisco così…”
Poi, volendo chiudere il discorso lì, affermò:
“Ora, dottore, deve darmi un’occhiatina al motore!”
“Ma io non sono un meccanico!” si lagnò quello.
A quel punto Ai non si interessò più ai loro discorsi: soltanto, prese fissare con insistenza dapprima la moto di Yukiko, poi un barattolo di vernice nero ebano.
FINE FLASHBACK

“Non mi ricordavo avessi una moto…”
Quasi stesse leggendogli nel pensiero i ricordi del pomeriggio passato, Megure pose un mano sulla spalla di Kudo.
“Ho…ho iniziato ad usarla all’estero…per via di quel caso…” mentì.
“Sei almeno capace di guidarla?” gli domandò Kogoro, seduto su una poltrona di quelle poste sotto il gazebo riscaldato; tra le dita teneva una sigaretta accesa e fumante.
Megure prese posto vicino ai due detective, mentre gli altri tre rimasero in piedi nonostante vi fossero delle poltrone ancora libere.
“Sì, certo...non rischierei un incidente, quando già me ne potrebbero capitare tanti altri…” ridacchiò, pensando a due uomini vestiti interamente di nero; aveva imparato come condurre una moto –e anche le automobili- quando si era recato con i suoi genitori alle Hawaii.*
“Che intendi?” chiese Michiyo, subito interessato. Lui e Megure erano gli unici poliziotti entrati all’interno de locale, poiché Takagi e Chiba si trovavano in macchina per controllare la situazione dall’esterno.
“Nulla” fece spallucce, poi sorrise: “Piuttosto, cos’ha fatto di interessante oggi Yashizawa?”
“Spiritoso, detective.” Quasi grugnì, mentre gli altri soffocavano una risata.

§§§

-Non avrei mai creduto che le cose potessero andare così…- pensò, intrappolando il mento tra il pollice e l’indice.
-Ho l’impressione che sarà tutto più complicato del previsto… Dovrò apportare alcune modifiche al programma…- si sfilò le scarpe per adagiarle sul tappeto rosso. Poi si accomodò su un divano dello stesso colore, sospirando rumorosamente.
-Forse, però, sarà anche più divertente…-
Non riuscì a trattenere una fragorosa risata, che invase ogni ambiente del locale.

§§§

“E’ la terza volta che passa di fronte a noi…” fece notare Ishimaru, tenendo lo sguardo fisso sul proprietario dell’agriturismo; l’uomo era vestito di tutto punto, ma a quanto detto da Takagi e Chiba non aveva incontrato nessuno degli ex attori, perciò non poteva essere bloccato.
“Perché fa su e giù?” domandò allora Sonoko: la ragazza, infatti, si dava arie da detective, probabilmente a causa dei casi che credeva di aver risolto.
“Perché sta cercando qualcuno che non trova, ovvio.” Le rispose Michiyo, gli occhi assottigliati. “Quale altro motivo potrebbe esserci?” chiese retoricamente, ma Shinichi gli rispose:
”Ci ha scoperti…”
Tutti si sentirono congelare: aveva perfettamente ragione, ma come ammetterlo? Ne avevano timore! Non poteva andare in frantumi un’altra speranza di catturare il serial-killer, non poteva!!
“Sempre una parola buona tu, eh…” rimbeccò il poliziotto, guardando con stizza.
“Tu invece vuoi avere sempre l’ultima, di parola…” falsamente, gli sorrise.
“Inizi a seccarmi.” Confidò, mentre Ran sbarrava gli occhi; immediatamente si voltò verso il detective, sul cui volto era ancora acceso il sorriso:
“Non preoccuparti, il sentimento è reciproco.”
Senza farsi notare da nessuno, la giovane Mouri sorrise: in cuor suo, ogni vittoria del ragazzo era una vittoria che percepiva come propria.
-Sono una sciocca…- si riprese mentalmente, rimembrando gli insulti di Kudo.
Dal canto suo, il castano avrebbe tanto gradito ribadire, ma Megure gli fece cenno di tacere e lui non potè disubbidire; rischiava di esagerare e farlo arrabbiare…Tuttavia, decise di prendersi una piccola rivincita!
Certamente aveva arguito che i rapporti tra quel poppante in fasce e la sua adorata non erano dei migliori, ma della litigata non sapeva nulla; inoltre, lo sguardo che Kudo rivolgeva alla ragazza quando lei non se ne accorgeva, non gli piaceva affatto. Celava qualcosa di cui nessuno avrebbe dovuto accorgersi…Quindi, non appena vide passare per la quarta volta il signor Sakata, sbottò convinto:
“Maledizione, rischia di scoprirci! Dobbiamo recitare!” attirando su di sé l’attenzione dei presenti.
Poi, senza pensarci due volte, si gettò su Ran: l’afferrò per le spalle e si avvicinò rapidamente alle sue labbra.
Comprese le intenzioni del giovane, tutti rimasero sbigottiti, ma ciascuno ebbe una diversa reazione: Megure strabuzzò gli occhi, non riuscendo bene a capacitarsi della piega che, da qualche giorno, la situazione aveva preso; Sonoko e Kogoro, in fin dei conti, non avevano opinioni del tutto discordanti: entrambi alzarono le mani strette a pugno di fronte al petto, poi incitarono mentalmente la ragazza a non opporre resistenza.
Quest’ultima, recependo le occhiate significative dei due, quasi si fece convincere; poi si ricordò della presenza di Shinichi…
Desiderava vendicarsi, nonostante lo negasse. Dimostrargli di poterlo rimpiazzare con facilità sarebbe stato uno schiaffo morale davvero eclatante e la soddisfazione tanta.
Dunque assottigliò gli occhi, ma non appena percepì il respiro caldo del poliziotto sulle labbra si svegliò come da un sogno:
-Non sono così forte…oppure, la mia determinazione è pari a zero- pensò.
Kudo, che fino a quel momento era rimasto impassibile- almeno esternamente- si sforzò, dio solo sa quanto tentò di resistere, ma non ce la fece: nel vedere che la sua vecchia amica d’infanzia, appena in tempo prima dell’irreparabile, voltava la faccia in modo da offrire alla bocca avida di Ishimaru la guancia, sorrise.
Sorrise convinto.
Sorrise di cuore.
“…” Michiyo cercò di replicare, ma la voce di una donna non glielo permise:
“Non avrebbe da accendere?”
“No, non avrei…” replicò bruscamente, ma Kogoro l’aggredì all’istante:
“Ti pare questo il modo di rivolgersi ad una signorina così elegante??” “…”
Effettivamente però, la ragazza era molto bella, quanto addirittura affascinante: le gambe chiarissime erano completamente nude, poiché il vestito nero con rifiniture e ghirigori dorati arrivava pochi centimentri sotto i fianchi. Rimediava forse sul petto, poiché la scollatura non persisteva: il colletto rendeva l’abito in parte tipicamente giapponese. Per ripararsi dal freddo, uno scaldacuore di lana e i piedi calzavano scarpe con il tacco dorate, come la borsetta.
Le mani affusolate e chiare, come la pelle del viso lasciato scoperto; i capelli rosso-castani tirati all’indietro, permettevano anche che il suo sguardo trafiggesse ogni suo interlocutore.
Per rispondere al detective Kogoro, la giovane sorrise.
“Ecco, io ho qui un accendino…”aggiunse l’uomo, porgendoglielo. “E perdoni il mio amico, la prego.”
“Non sono io a doverlo perdonare.” Rispose, un tono quasi atono.
“P-prego?” intervenne allora nuovamente il poliziotto, alzando un sopracciglio.
Quella fece spallucce; poi cercò qualcosa – o forse qualcuno- con lo sguardo, fissandolo dopo su Shinichi:
“Tu…tu non hai niente per farmi accendere?” domandò.
Sbalordendo tutti, il liceale rimase pietrificato: gli occhi spalancati, la bocca socchiusa e impossibilitata ad esalare respiro.
“Beh?” insistette la giovane.
Kogoro, Michiyo, Megure, Sonoko e Ran avevano subito capito il doppiosenso di quella frase e ne erano alquanto meravigliati: e poi, perché Kudo rimaneva lì imbambolato?
Si scambiarono occhiate poco convinte.
“Ah, ora capisco!” esclamò all’improvviso l’agente di polizia, ridacchiando sommessamente. “Ecco il problema: a te, Kudo…” gli diede di gomito “…piacciono le bionde, non è vero?”
Tutti tacquero, infine deglutirono. E Ran…Ran si ingelosì parecchio.
“Io…no, non ho nulla per accenderti.” Ignorò il nuovo collega e la sua voce tradì allo stesso tempo seccatura ed imbarazzo (testimoniato anche dal lieve rossore che gli colorava le guance).
Quella replicò alzando le spalle:
“Un vero peccato…”
Ma un sorriso malizioso increspava le sue labbra.

§§§

“Hai visto come rimorchia?! Assurdo…un così brutto carattere…”
chiacchierava Suzuki. Lei e Ran si erano recate nella toilette per rinfrescarsi un po’ ed anche per ripulirsi: Ishimaru aveva offerto loro un dolce squisito, ma molto dannoso per gli abiti.
“…ma un bel viso…” le ricordò Ran, interrompendo lo scorrere dell’acqua dal rubinetto “…e un bel fisico.”
“E un pessimo carattere!” sillabò Sonoko, mettendosi le mani sui fianchi, indispettita.
Ran non rispose, asciugandosi le mani con un fazzoletto.
“E comunque…hai sentito tutte le telefonate che ha ricevuto? In due giorni, almeno dieci…” aggiunse Suzuki, rimuginando.
“Te l’ho detto, è un bel tipo. Anche tu, non sapendo chi era, ci stavi provando…” la biondina fece per contraddirla, ma fu subito zittita:
“…però, credo si tratti di lavoro. Parlava professionalmente…”
“Tu lo speri, non ne sei convinta.”
Era vero.
Le chiamate di cui le due amiche discutevano appartenevano tutte ad Agasa che, preoccupato molto per il giovane quasi considerato nipote, non esitava a sentirlo ogni volta provasse preoccupazione. Il tono professionale, certo, Kudo lo adoperava per non far comprendere a nessuno ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto. Nessuno doveva insospettirsi circa Ran, il suo atteggiamento, quella faccenda.
“Cosa speri? Io cercherò di esaudire ogni tuo desiderio!” proferì solennemente una voce che le due giovani riconobbero appartenere ad Ishimaru.
“Che ci fai qui?” Si lasciò scappare Ran con voce un po’ stridula e Sonoko le indicò con un cenno del capo che la toilette non era divisa secondo il sesso. Poi, prendendo la parola, tentò di adoperare il suo straordinario piano:
“Ran si vergogna molto a dirtelo…però è giusto che tu lo sappia.”
-Che gli dica…di Shinichi…- si illuse la karateka, trattenendo il respiro.
“…Hai visto che nel salone interno dell’edificio c’è un’orchestra? Ran desidererebbe molto danzare con te!”
-Eh…eh?!- gli occhi dell’interpellata divennero pallini minuscoli.
“Oh, mon chèri! Perché vergognarsi? Lo farò con estremo piacere…Abbandona quest’inutile timidezza, oramai ci conosciamo da un po’ di tempo: sai perfettamente quali sono i sentimenti che nutro nei tuoi confronti…”
Detto questo, fece un inchino galante alla sua dama, mentre questa ridacchiava:
“A-appunto per questo, Ishimaru…”
“Ishi-chan!” la corresse, ammiccandole: “Visto che siamo a questo punto…Ran-chan ed Ishi-chan. D’accordo?”
“D’accordo!” rispose al suo posto Suzuki, fiera e soddisfatta delle novità.

§§§

Dunque, la scena si era spostata nel salone interno del locale, spazioso ed ampiamente illuminato: ai quattro lati erano stati posizionati i tavolini mentre il centro della stanza era lasciato vuoto da qualsiasi mobilio per consentire agli ospiti di danzare alla musica che l’orchestra dal vivo, collocata accanto alla finestra chiusa, componeva. Le luci erano molto forti ma al contempo chiare, illuminando quasi come il sole e dando l’impressione fosse ancora giorno. Oltre alla porta che dava nel cortile, un’altra via di uscita era rappresentata dalle scale che mettevano in comunicazione con uno stretto corridoio affacciato sulla pista da ballo.
La scena si era immediatamente spostata lì, Michiyo aveva largamente insistito: agli occhi di tutti, perché Sakata aveva preso posto non lontano dalla porta d’ingresso insieme ad altri uomini, in realtà motivato dal voler mantenere la promessa fatta a Ran.
“Papà, dove sei stato??” chiese quest’ultima all’uomo, vedendolo rientrare ed incamminarsi verso il loro tavolo – poco distante dall’orchestra- con in mano un grande mazzo di rose rosse.
“Beh, Michiyo è stato così maleducato con quella bella signorina…se la rincontro, gradirei chiederle scusa e …” la sua faccia assunse un’espressione che meglio si addiceva ad un maniaco “…renderle omaggio.”
“…” un gocciolone si formò sulla testa di tutti, persino Kudo che, tuttavia, sorrise divertito.
“Che c’è?” gli fece subito Kogoro, avvicinandosi minaccioso.
“Nieeeente…” rise lui, il volto davvero allegro. Come se…
-Come se sapesse che la ragazza ha puntato lui…- dedusse il poliziotto più giovane, rincarando poi la dose; fingendosi interessato, affermò con falsa sicurezza:
“Effettivamente è una gran bella donna, provocante e sexy…il sogno proibito di qualsiasi uomo. Persino il più forbito perderebbe la testa ad averla accanto…non la pensi come me, Kudo?”
“Come no, Michiyo.” Ebbe come risposta, ma il tono della voce parve quasi ironico. Il liceale detective sorseggiava lentamente un bicchiere d’acqua e sembrava poco interessato alle loro discussioni, quasi fosse in un altro mondo…Tuttavia, quella replica, al castano, bastò per ottenere una piccola rivincita agli occhi di tutti:
“Non c’è niente da fare, però…Per me, Ran-chan è e rimane sempre la ragazza più bella e sensuale della terra, non solo del locale.”
-Ran-chan???- fu il pensiero degli interlocutori.
“Oh, vedo che siete passati a…beh, siete diventati molto intimi ora…”
Kogoro si sporse verso la figlia, sorridendo lieto:
“Non lo ringrazi a dovere, mia cara?”
Lei, rossa in volto, lanciò uno sguardo a Shinichi; trovandosi ad osservargli la guancia, poiché si era voltato di scatto, ringraziò a bassa voce il ragazzo ignorando completamente il pensiero che percorreva la testa dell’altro:
-Ma Kogoro non era un padre geloso?- Si allentò leggermente la cravatta, a disagio: fastidioso era, già nei panni di Conan Edogawa, sapere che certe cose avvenivano…assistere in prima persona era a dir poco insopportabile!!
“Ispettore Megure! C’è una novità!” richiamò l’attenzione Takagi, parlandogli attraverso l’auricolare nascosto e celato in parte dal colletto della camicia, in parte dal cappello.
“Bene…” annunciò poco dopo l’uomo, rivolto a tutti.
Sporti verso il mezzo del tavolo, cercarono di parlare a bassa voce:
“Il nostro uomo è seduto proprio laggiù, come sappiamo. L’obiettivo che dobbiamo prefiggerci è quello di non farlo assolutamente allontanare senza che qualcuno di noi abbia il tempo di seguirlo. Pare che una donna gli si sia avvicinata poco fa, Takagi e Chiba l’hanno riconosciuta come Yukiko Yota, ballerina; sembra che Sakata sia un vero appassionato di danza…Ad ogni modo, perlomeno uno, tra noi, deve stargli addosso! Non possiamo permetterci altri errori, sono stato chiaro??”
Tutti annuirono, seri.
“Non fate quelle facce, suvvia! Siamo qui anche un po’ per divertirci, no?” Sonoko sembrava non avere capito niente della situazione.
“Ti rendi conto di ciò che dici?” le fece notare Shinichi “C’è una vita in ballo!”
“Noti soltanto questo? Dei sentimenti in ballo non te ne curi?” replicò subito, cogliendo la palla al balzo. Il ragazzo, preso in fallo, fece finta di nulla:
“Non capisco ancora il perché della tua presenza qui…”
“Più persone siamo e meno si insospettiscono.” Si intromise Ishimaru, pronto a proteggere la ragazza che tanto lo sosteneva con Ran “E poi, lei è qui perché sono io a volerlo, sono un poliziotto. IO il distintivo ce l’ho, non vado a naso o ad un paio di casi risolti in Azerbaigian…” sfottè, volendo riferirsi al misterioso caso su cui Kudo andava dicendo di aver indagato all’estero.
“Signori e signore, ora cambiamo genere! E per aprire le danze, un valzer!”
Annunciò una voce dalle casse poste ai quattro angoli della sala; un applauso elogiò quella comunicazione, poi una musica soave si diffuse nell’aria. A quel punto, Shinichi fece per replicare all’affermazione, ma fu interrotto di nuovo e battuto sul tempo:
“Mi concedi questo ballo, splendida signorina?” si alzò in piedi, per poi chinarsi lievemente e porgere la sua mano a quella di Ran, che sembrò volesse dissentire:
“Non essere timida, dai!” la incitò Sonoko, quindi le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio: “Hai rifiutato il bacio, almeno accetta questo!”
Poi, anche Kogoro si aggiunse al coro: “l’Ispettore non si arrabbierà di certo, se hai paura di questo! Anzi, dalla pista vedrete meglio Sakata…no?” chiese appoggio all’uomo, che annuì lievemente; poco convinto, infatti, aveva lanciato uno sguardo a Kudo e aveva notato che osservava quella scena con la fronte aggrottata.
“Volentieri…” alla fine la ragazza si arrese, poggiando la sua mano su quella del poliziotto; perciò, i due danzatori si allontanarono insieme per poi prendere posto accanto alle altre coppie. Il castano presto si rivelò un competente ballerino, sorprendendo tutti:
“Però…”ammise Megure, bevendo un sorso d’acqua.
“Che bravo!” si complimentò Kogoro, bevendo un sorso di…champagne.
“Sa fare tutto!” sospirò Suzuki, guardando Shinichi con la coda degli occhi: le labbra attaccate al bicchiere, sorseggiava in silenzio la sua bibita.
Il ballo terminò: Ishimaru e Ran si staccarono, applaudendosi a vicenda.
Quindi, il castano porse il braccio alla ragazza, che accettò seppur con titubanza.
Ritornati al tavolo, vennero accolti con complimenti e congratulazioni da parte di tutti, eccetto Kudo: con un’espressione indifferente celava un latente fastidio, che in tutti i modi cercava di trattenere; proprio come una bomba ad orologeria, infatti, rischiava di esplodere da un momento all’altro in tutta la sua forza. Così preso dai suoi pensieri e tentativi, non si accorse che Ran lo stava fissando con insistenza:
-Perché non reagisce? Possibile che davvero non gliene importi più niente di me?-
“Oh, signorina!!” la voce di suo padre la riscosse dai suoi pensieri e la fece voltare: di fronte a lei, di nuovo la ragazza che poco prima aveva cercato qualcuno che potesse farla accendere…al ricordo del doppiosenso con cui si era rivolto al suo vecchio amico d’infanzia, storse il naso; perciò nuovamente osservò il ragazzo, che, a differenza della volta passata, la guardava tranquillo: né bocca spalancata, né occhi strabuzzati.
La bionda con indosso il vestito nero si voltò, quasi non li avesse notati.
“Buonasera…” disse poi, educatamente.
“Posso offrirle qualcosa? Le ho…le ho preso delle rose, spero possano piacerle…” la biondina sorrise, come se fossi divertita.
“Gran bella coincidenza…” disse mentre le afferrava, al posto di un dovuto ringraziamento per quel gesto “…sono i miei fiori preferiti…”
Il detective più che mai gioioso fece per replicare ma Ishimaru non glielo permise; una terribile idea si faceva largo nella sua testa:
“Ma Sakata dov’è?...Maledizione!!” imprecò alla visione degli altri che boccheggiavano come pesci.
“Possibile che non posso allontanami un attimo e avviene la tragedia?!” sbottò, infuriato.
“Se cercate l’uomo che prima vi è passato davanti, non è quello?” li informò la sensuale ragazza, indicando con l’indice una figura che, velocemente, percorreva i gradini della scalinata interna alla sala; essa conduceva ad un corridoio che, a sua volta, metteva in comunicazione con altre stanze del villone.
“Dove sta andando?” si chiese Mouri ad alta voce, scattando in piedi e dimenticandosi temporaneamente della sua bella sconosciuta.
“Lo perderemo di vista!” previde Sonoko, stringendo con preoccupazione il braccio della silenziosa Ran.
“Bisogna fermarlo!!” esclamò l’ispettore all’apice del nervosismo.
Ishimaru si ficcò una mano tra i capelli:
-Accidenti, mi sono distratto! E adesso…che diavolo faccio??- e mentre tentava in tutti i modi di partorire un’idea geniale, quasi non si accorse che Shinichi si alzava dalla sedia e si avvicinava alla ragazza bionda, porgendole la mano senza tanti preavvisi o giri di parole:
“Credi di saperti cimentare in qualcosa di impegnativo?”
Lei accettò immediatamente, un ghigno di sfida sul volto.
Quindi i due si fecero largo tra la folla al centro esatto della pista da ballo e non appena la nuova canzone ebbe inizio presero a muoversi a ritmo perfetto: le note erano incessanti, veloci, attrattive…e i loro corpi rispondevano di conseguenza. Si mossero di lato con diversi passi perfettamente identici e tutti notarono che, guardandosi negli occhi, sorridevano divertiti.
Molto presto anche gli altri ballerini si fermarono per mirare con gioia la grande abilità di quella coppia che, incessante nel proseguire, azzeccava tutti i passi.
“Mi…mi pare che sappia ballare…” balbettò Kogoro, la mascella a terra. “Ed anche bene…” aggiunse Megure, altrettanto sorpreso. Poi, si accorse che Kudo si voltava spesso fissandolo negli occhi.
“Ma certo!” esclamò, per poi afferrare per il bavero della giacca Michiyo:
“Che aspetti? Vola! Segui Sakata, svelto!!”
“C-COSA?” fece Sonoko allibita “Kudo si fa una davanti a noi e lei pensa al caso??”
“Giusto.” Rispose però Ishimaru, alzandosi e lanciando un ultimo sguardo ai compagni prima di allontanarsi: “Se Yuri è un appassionata di danza si fermerà certamente ad osservarli ed io avrò il tempo per raggiungerlo. Bell’idea, stavolta, il caro Kudo…”
Correndo velocemente in direzione della scalinata, rimpianse la sua sorte:
-Se solo non fosse lui! Se non avesse un rapporto particolare con Ran…io e Kudo insieme saremmo una coppia straordinaria!!-
Nel frattempo, il ragazzo al centro di quel pensiero non aveva smesso di ballare e, visto il poliziotto correre alle scale, aveva tirato un sospiro di sollievo.
“Il tuo piano è dunque riuscito…” gli disse la ragazza, richiamando lo sguardo su di sé.
Con una mossa rapida accostò il suo volto a quello di Shinichi che, per niente in imbarazzo, si avvicinò al suo orecchio:
“Ma che ci fai qui?”
“Segreto professionale?” gli chiese, sorridente.
“No, per niente.” Rise anche lui “Beh? E’ una situazione difficile già di per sé…”
“Cos’ho di difficile io, detective?” fece una giravolta sostenuta dal braccio del giovane, poi pose una mano dietro il suo collo e si avvicinò pericolosamente.
“Tanto per cominciare, non so neanche come chiamarti! Non siamo soli, qui…” le fece notare, stabilendo una mano dietro il suo fianco.
“Con il mio vero nome…te lo ricordi, no, Kudo-kun?!”

§§§

Ishimaru era arrivato al corridoio che dava sulla pista e stava guardandosi intorno alla ricerca del proprietario:
“Eccolo!” proferì trionfante, avvicinandosi con finta indifferenza.
Il sangue gli si gelò nelle vene quando, mentre la canzone andava calando di volume e segnando così la sua conclusione, l’uomo si voltò e prese a camminare –quasi correre- nella sua direzione.
- Oh-oh…- pensò, preparandosi poi a dover intervenire fisicamente.
“Yuri Sakata!...” gridò, ma l’interpellato gli passò affianco frettolosamente.
“Sì, dopo, dopo…ora devo congratularmi con due ballerini professionisti!” e si fiondò sulle scale, scendendole a due a due.
“…” sulla fronte del poliziotto, una vena pulsante.

§§§

Quando la musica cessò, tutti gli ospiti scoppiarono in un gran boato di approvazione contornato da un gigantesco applauso.
Come ultima mossa, Shinichi aveva praticato un caschè, in seguito ottimamente eseguito dalla giovane fanciulla. Megure, Kogoro, Ran e Sonoko accorsero da loro giusto in tempo per vedere che la biondina si tirava lentamente su, posizionando entrambi le mani sulle spalle di Shinichi, che invece le teneva sui fianchi coperti dal vestitino nero.
“Sei un bugiardo…” la sentirono dire “Avevi detto che non avevi niente per accendermi…”
Una risposta non giunse, poiché tra gli osservatori si fece largo Sakata, un sorriso radioso sul volto:
“Posso congratularmi con voi?” esclamò poi, stringendo calorosamente la mano del detective, per poi fare lo stesso anche con la ragazza.
“Grazie.” Rispose Kudo mentre la giovane sorrise soltanto.
“Perché non vi unite alla mia compagnia?” li invitò indicando con la mano il suo tavolo “Ci sono ancora dei posti vuoti…”
“Beh…con me, però, ci sono alcuni amici…” Shinichi si passò una mano sulla nuca, in imbarazzo.
“E che problema c’è? Dieci posti, possono bastare?”

§§§

“Davvero abile, Kudo…” gli sussurrò Michiyo all’orecchio mentre tutti quanti prendevano posto al tavolo dell’uomo. “Non credevo fossi così bravo nel ballo…!”
Ran e Sonoko, nonché Sonoko e Megure – per non parlare della giovane biondina- lo sentirono ed attesero una risposta del detective, curiosi; quest’ultimo, con un sorriso canzonatorio sulle labbra, si guardò intorno come a controllare che nessuno potesse sentirlo. Poi si avvicinò al poliziotto: “Ora ti confido un segreto…” gli disse, e con la sua rivelazione causò grande ilarità in tutti i compagni:
“Ho imparato in Azerbaigian, lì sono molto pratici di questo tipo di cose…”
“Cos’avete da confabulare? Non è buona educazione…” scherzò Sakata, riprendendo il suo posto a capo tavola.
“Nulla.” Gli sorrise Shinichi, imitandolo nei movimenti “Dicevo soltanto che sono molto onorato del suo invito.”
“Oh, mi creda, anche io di avere lei e la sua partner qui al mio tavolo…come tutti i suoi amici, del resto” aggiunse poi, ma con scarsa convinzione “Ma che sbadato, non mi sono ancora presentato: il mio nome è Yuri Sakata, molto piacere.”
“Sappiamo chi è lei.” Intervenne Ishimaru, stufo di non essere al centro dell’attenzione “Perché…beh, conosciamo il suo locale.”
“Oh, vi riferite all’agriturismo. Mi fa molto piacere…seppur un luogo non molto elegante, è un’attività che adoro gestire.”
“Qualsiasi attività portata avanti con fatica ma onore è elegante.” Sorprese con queste parole la biondina, portando un calice di champagne alle labbra.
“Oltre che bella e brava, è anche saggia, signorina…” si complimentò l’uomo; poi, forse vittima del suo fascino, le chiese:
“Ed il suo nome qual è?”
“Giusto. Neanche noi lo sappiamo.” Lo sostenne Kogoro, lieto di sedere allo stesso tavola di quella meravigliosa creatura. “Lei è…?”
La bella sembrò colta alla sprovvista; gonfiò i polmoni più volte, guardandosi intorno. L’apparenza che ne derivava era che non aveva voglia di rispondere...
“AHHHH!” Con un tempismo perfetto un urlo stridulo ed acuto giunse al tavolo degli amici dalla direzione del gazebo riscaldato; la voce tradiva paura e sgomento. Presto, dopo, un nuovo urlo squarciò la tranquillità della sera:
“FERMATE QUELL’UOMO, MI HA RUBATO LA BORSA!!”

^***^ ^***^ ^***^
Precisazioni:
*Hawaii: Più volte nei film, Conan dice di aver imparato numerose arti quando era in quest’isola con i suoi genitori: ad esempio, il padre gli dimostra come sparare con una mira precisa e come pilotare un elicottero; dunque, ho pensato che una cosa abbastanza elementare come la guida di una moto, poteva essere alquanto probabile!

^***^ ^***^ ^***^
Note Dell’Autrice:
Saaaalve! Come state?
Ho notato che in questo periodo si sta verificando un incremento pazzesco delle fic su DC, spero davvero non vi dimentichiate di me ;__;
Bene, comunque, eccoci qui: sexy girl in azione! Chi vi aspettate che sia? xD
E delle coppie per le danze, che ne dite? Fatemi sapere prestissimo…per il momento rispondo io XD:

Shiho93:
Ciao! Beh…certo che puoi chiedermelo xD Domandare è lecito, rispondere è cortesia…Uhm, guarda: non vorrei anticipare più di tanto, ma sta certa che un Kudo VS Michiyo VERO E PROPRIO ci sarà, non soltanto battibecchi e frecciatine. E, fidati: mi divertirò tantissimo a scriverlo XD Grazie e un bacione!!

Akane_val :
Buongiorno (o buonasera, a secondo di quando leggerai xD) !! Ti piace Shin, posso supporre…eheh, meno male ! Anche il suo è un carattere non facilissimo…
XDD ti piace vedere soffrire lui e Ran ? Beh…per un paio di capitoli allora starai a posto *angel*
E far perdere Michiyo…credimi, è una cosa inebriante *_*
Avevi ragione, Ran ha reagito ! Solo in modo ‘un pò…‘particolare’ ?
Sono veramente lietissima che ti piaccia la mia caratterizzazione dei personaggi ! Sei gentilissima e ti ringrazio di cuore ;)
Bacioniiiiiii :****…e tranquilla : il prossimo capitolo è quasi già pronto XD

Youngactress:
Hello!
Eh sì, proprio per quello ho scelto questo titolo…e anche l’introduzione alla storia! :P
Ti è piaciuto il comportamente di Ran in questo capitolo? Spero molto di sì…Oh, da questo punto di vista non ti preoccupare: Shin ha solo cominciato, con Michiyo!!xD Guarda, ho aggiornato pelo pelo…ti prego, dimmi che ho fatto in tempo! ç____________ç Un bacione e buone vacanze :D Divertiti!!!

Feferica :
Salve ! ^.^
Ti ringrazio, sei gentilissima come al solito !! Spero che io abbia postato in tempo prima della tua partenza ;) Mi raccomando divertiti e trascorri delle bellissime giornate =P Un bacio grande X

Bene, sono giunta al termine delle note. Volevo aggiungere soltanto un’altra cosa: in questi giorni sono stata ospite al mare da una mia amica, perciò ho inserito i tag stasera un po’ di fretta chè ci tenevo a postare: spero di non aver commesso errori e se sì, chiedo scusa!!
Al prossimo capitolo ed ancora GRAZIE MILLE A TUTTI!
Un bacione

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 16
*** Operazione Sotto Copertura ***


Capitolo Quindici

Operazione Sotto Copertura

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Rimasti stupefatti, non si mossero per almeno un paio di secondi. Ma, passando il borseggiatore proprio di fronte al loro tavolo, con un fazzoletto sul volto e una borsa stretta sotto il braccio, Ishimaru scattò in piedi con tanta irruenza da buttare la sedia a terra.
Fece per inseguirlo, ma un urlo di Shinichi lo ridestò:
“MICHIYO!!” lo chiamò, soltanto. Se infatti Sakata avesse scoperto che alla sua tavola stava seduto un poliziotto, sarebbero stati grossi guai e tutto la loro fatica sprecata.
Forse un buon cervello era l’unica dote del castano che, infatti, si arrestò subito; in piedi con le mani all’altezza del petto, era combattuto sul da farsi.
“La mia borsa, avevo un sacco di soldi lì dentro!” piagnucolò la derubata, una donna un po’ rotonda sulla quarantina; sul braccio si distingueva un graffio rossastro, probabilmente causato dall’uomo nel momento in cui le aveva strappato via la borsetta.
Kogoro e Megure si scambiarono uno sguardo d’intesa: come fare? Di fronte a Yuri non potevano neanche ordinare a Takagi e Chiba di bloccarlo fuori dal locale.
Mentre tutti i presenti erano alla ricerca di un’idea, la povera donna si avvicinò al loro tavolo, sedendosi su una sedia di quello a fianco.
“Il mio denaro…” pianse, scuotendo la testa; intorno a lei altre donne e due uomini le prestavano soccorso.
“Oh cielo, mamma!” esclamò Shinichi, guardando la donna allibito. Tuttavia, aveva parlato troppo piano perché questa avesse potuto udirlo…ma a lui sembrò non importare. Volse immediatamente lo sguardo al ladro, quasi invisibile tanto si era allontanato e sentenziò:
“Quell’uomo ha derubato mia madre!”
Poi si lanciò al suo inseguimento, lasciando tutti sgomenti.
“Maledizione!” ruggì Michiyo quasi subito, imitandolo nei movimenti.
Sakata pensò che il ragazzo castano stesse maledicendo quell’uomo, ma in realtà lui ce l’aveva con Kudo: riflessi pronti ed idee brillanti…quel giovane era un po’ troppo bravo, per i suoi gusti.
“Andiamo!” ordinò Megure al detective Kogoro ed entrambi fecero come i due giovani, seguiti a ruota da Sonoko e Ran.
“I-ispettore…” lo chiamò Kogoro, durante la corsa “Ma non trova che Yuki-chan sia ingrassata un sacco??”*
“Ko-Kogoro…” “Papà…” gemettero allo stesso tempo Megure e Ran, commiserando la scarsa sagacia del detective più grande. Tentando di aumentare la velocità, presto raggiunsero Kudo e Michiyo, che stavano oltrepassando con lunghi passi la porta del locale.
Il borseggiatore correva veloce e infine decise di svoltare a sinistra: sfortunatamente, quella era proprio la direzione in cui si trovava la macchina della polizia, con gli appostati Takagi e Chiba ai quali l’ispettore aveva dato l’allarme.
Creando una specie di barriera, gli impedirono di passare e il ladro fu costretto a fermarsi.
Da dietro, giunsero gli altri e Michiyo, tra loro, parlò:
“Un vero peccato…puoi provare a raggirare l’apparenza, ma non puoi raggirare la…*” stava declamando la sua frase preferita, ma il rumore del motore rombante di un auto lo fece voltare giusto in tempo per evitare di essere investito in pieno; il guidatore, complice del ladro, lo montò e poi insieme si diressero in direzione della zona disabitata.
“MA CAZZO!” gridò il poliziotto, lanciandosi nell’autovettura di Takagi e Chiba, ma i due uomini erano già lontani.
“A quanto pare, Kudo, le tue doti non trascendo la normalità…” gli rimbeccò mentre inseriva la chiave per mettere in moto e partire. Resosi conto del suo errore, cercava di denigrare il detective, che però tacque: nella sua mente i neuroni guizzavano da una parte all’altra alla ricerca disperata di un modo per arrestare quel borseggiatore –e, in fin dei conti, anche schiaffeggiare moralmente Michiyo-.
“KUDO!!”
Tutti si voltarono, scorgendo la sensuale ragazza bionda-castana a cavallo di una moto il cui colore era identico a quello del suo abito.
Il resto avvenne in circa un minuto sotto gli occhi strabuzzati degli altri:
“SALTA SU!” incitò lei, lanciandogli un casco blu integrale, che dal suo differiva soltanto per il colore. Kudo l’afferò al volo e si precipitò sulla moto in corsa, partendo poi all’inseguimento del criminale insieme alla misteriosa giovane.
“Ma…ma si può sapere chi è quella ragazza…?” balbettò incredula Ran, un senso di fastidio che le faceva pulsare le vene della testa. Era molto simile a quella piccola bambina ma…ma…
“L’ha chiamato per nome…si…si conoscono…” dedusse Kogoro, anche lui alquanto infastidito dal fatto che un pivellino come Kudo fosse baciato da una tale fortuna.
“Non perdete tempo, salite oppure vi lascio qui!” li richiamò all’ordine Ishimaru, reggendo tra le mani il volante dell’auto. Megure si sedette al suo fianco, mentre Kogoro, Ran e Sonoko presero posto sui sedili posteriori.
”Reggetevi forte, si parte!” annunciò il castano, premendo furiosamente il piede sul pedale dell’accelleratore; con uno stridio fastidioso, l’auto partì a ruota dietro la moto dei due ragazzi.
“E…e noi??” Takagi e Chiba furono inondati da un sentimento di inadeguatezza e delusione.

§§§

La colorata vettura della polizia era riuscita a raggiungere la moto guidata dalla ragazza e con a bordo Shinichi; alla testa di quel lungo e rumoroso inseguimento vi era la macchina dei due fuorilegge che, a tutta birra, infrangeva senza esitazione qualsivoglia convenzione stradale.
“Kudo è passato con il semaforo rosso!!” osservò scioccato il giovane poliziotto, senza pensare che se si fosse fermato avrebbe perso le tracce dei ladri.
Fortunatamente, quando fu lui ad attraversarlo era scattato il verde e si poterono evitare polemiche di qualsiasi sorta.
“Quando torneremo in centrale, nessuno gli toglierà una bella multa!!” promise ad alta voce, mentre gli altri si osservavano tra loro spaventati da quelle affermazioni.
Presto, ad ogni modo, raggiunsero il fianco della moto e l’ispettore abbassò velocemente il finestrino:
“KUDO!” gridò, cercando di attirare la sua attenzione.
“AVETE TUTTO CIO’ CHE OCCORRE PER L’ARRESTO?” urlò in risposta lui, il vento che gli sferzava i vestiti lasciando scoperti a momenti petto e ombelico.
Ran, nonostante si rendesse conto che non era il momento più adeguato per quei pensieri, deglutì.
“CI VUOLE DI RAGGIUNGERLI, PER ARRESTARLI!!” gli rispose Ishimaru, abbandonando per un istante la sorveglianza della strada.
“PENSERO’ IO A QUELLO! VOI IMPUGNATE MANETTE E PISTOLE!” fu l’ultima frase di Shinichi, prima che la ragazza alla guida accelerasse ulteriormente e li lasciasse indietro.
“K-KUDOOO!” lo chiamò Megure, ma probabilmente il detective non lo udì. La moto, infatti, si era avvicinata pericolosamente alla macchina e dopo…
“Ma…ma che diavolo fanno??” sbottò Ishimaru, pigiando il pedale dell’accelleratore con tanta forza che si fece male alle dita nonostante calzasse la scarpa.
“P-perché diavolo lo stanno superando??” gli fece eco Kogoro, dando voce al quesito degli altri; Megure osservava la scena a bocca aperta, proprio come le due ragazze diciassettenni: la moto nera fiammante dei due giovani era riuscita a passare davanti alla macchina del borseggiatore e del suo complice, e anche loro eri rimasti molto sorpresi da quell’evento. Un senso di paura iniziò ad invaderli, poiché non riuscivano, per quanto si sforzassero, a capire cosa quei due motociclisti avessero intenzione di fare…ed infatti, tutto avvenne sotto gli occhi di sette persone allibite.
Shinichi si inginocchiò sul sellino della moto immediatamente prima che quella frenasse bruscamente ed occupasse la strada interamente, con un suono fastidioso e molto acuto; presi alla sprovvista, i due criminali fecero le stesso e, battendo la testa contro il parabrezza, non si resero conto che il giovane era saltato sul cofano ed essendosi sporto con la testa, faceva capolino dal loro finestrino.
Sorrise loro a trentadue denti – assumendo un’espressione da tipica facciadaschiaffi-, poi sparò al borseggiatore un ago soporifero dal suo fantastico orologio. Il complice, allora, aprì lo sportello per tentare la fuga, ma si ritrovò davanti una bellissima ragazza con ancora indosso il casco:
“Sai perché continuo ad indossare il casco?”
“…” quello non rispose, quindi lei proseguì: “Ho una paura terribile di sbattere la testa…”
E, quasi come fosse un segnale in codice, Kudo alle spalle dell’uomo, lo colpì con forza con il suo casco; il ladro crollò a terra, quasi svenuto.
“Te l’avevo detto…” le fece lei, con tono apprensivo.
Infine, i due tirarono un sospiro di sollievo.

§§§

“Per quale ragione questo tizio è svenuto dentro l’auto?” domandò Michiyo, mentre osservava Takagi aprire la portiera e tirarlo fuori per un braccio.
“Quando ha frenato deve aver sbattuto la testa…” mentì Shinichi, facendo spallucce con faccia innocente.
Ishimaru lo fissò con insistenza e Kudo sudò freddo.
“Io…io sono senza parole…” per fortuna, Megure interruppe quel momento avvicinandosi al detective, al cui fianco era ancora la giovane rossa-castana.
“Sei stato bravissimo! …davvero…”
“Oh, signorina! Lei non è certo da meno!” intervenne Kogoro, gli occhi a forma di cuoricino.
Shinichi rise in imbarazzo, spettinandosi i capelli dietro la nuca e la ragazza fece spallucce; sul volto, teneva ancora il casco. Soltanto dopo aver incontrato lo sguardo allibito della ragazza dell’agenzia investigativa durante la festa, infatti, si era resa conto di non aver preso precauzioni per nascondere la terribile somiglianza, che, certamente il suo viso presentava con quello di una piccola bambina.
La frittata era fatta, bisognava soltanto tentare di pulire i gusci delle uova.
Chiba e Takagi misero le manette ai polsi dei due uomini, li chiusero in auto e poi consegnarono la borsa recuperata all’ispettore.
Sonoko e Ran non fiatarono e presto Michiyo si avvicinò a loro:
“Che…che…” stava balbettando la secondogenita della famiglia Suzuki, la bocca spalancata.
“Sono soltanto due principianti.” Affermò con convinzione Michiyo, un tremendo fuoco che gli ardeva l’animo: era ben la seconda volta che quel moccioso interveniva e risolveva qualcosa che LUI avrebbe dovuto risolvere. Prima il caso del party per Yashizawa, dopo anche quello…
“E, tra l’altro, non capisco perché non ci venga spiegato con precisione chi sia quella ragazza…” aggiunse in seguito.
“Beh…Michiyo ha ragione.” Disse con titubanza l’ispettore “Conosci Kudo…sei una detective anche tu?”
Lei lo udì e, sorridendo, attirò su di sé l’attenzione di tutti:
“Una detective? Sì…ma no. Dipende dai punti di vista, signor ispettore…”

§§§

“Wow, dici sul serio?”
I suoi occhi brillavano come quelli di una bambina che ha appena ascoltato la sua storia preferita e quasi non crede che il principe sia riuscito, dopo mille peripezie, a salvare la principessa.
“Certo. Avresti dovuto vederli…sono stati eccezionali! Lui poi, un vero…un vero…un campione!”
Le rispose, eccitato quanto lei nel rivivere con la mente gli avvenimenti del giorno prima.
La grande performance di Kudo e della sua compagna di avventura era stata narrata da Takagi a Sato, che non era più nella pelle.
“Non credevo che quel ragazzo fosse tanto bravo!” esclamò Miwako, riportando alle mente alcuni casi di cui aveva sentito parlare, casi risolti dal giovane detective.
“Non l’ho mai incontrato di persona, soltanto sentito dire dall’ispettore o letto di sfuggita alcuni fascicoli su dei vecchi casi risolti da lui…”
“Io lo conosco da un po’ di tempo e devo confessarti che mi ha fatto una gran buona impressione: già prima era bravo, ma ora…mi sembra quasi che sia migliorato!” rivelò Takagi.
“Senti un po’, quanti anni hai detto che ha?” si intromise Yumi.
Tutti e tre si trovavano di fronte alla macchinetta delle bibite e degli snack, era il momento di pausa. Takagi, incrociata Sato, non aveva resistito e così le aveva raccontato l’avvenuto del giorno prima, senza badare che al suo fianco si trovava anche la poliziotta semplice Yumi.
“Diciassette, è ancora uno studente.” Gli rispose, sorseggiando il suo caffè.
“E’ giovanissimo!” si sorprese Sato, tossicchiando qua e là residui della sua bevanda. “Infatti…è davvero portato per questo mestiere!” concordò Wataru, non riuscendo a nascondere la grande fiducia che nutriva nei suoi confronti.
“Uhm…in fin dei conti, però, io non sono una vecchietta, no?” ammiccò Yumi, buttando nel cestino grigio il bicchierino di plastica vuoto.
“Cosa intendi dire?” le chiese Sato e Takagi aggrottò le sopracciglia.
“Beh…se è carino quanto è bravo…” lei fece spallucce, lieta che finalmente anche lei potesse puntare qualcuno: inizialmente Takagi e Shiratori che facevano il filo a Sato, poi Michiyo che corteggiava Ran…
“…Non è né bravo né carino, te lo assicuro.” Affermò una voce alle loro spalle. I tre colleghi si voltarono, ritrovandosi faccia a faccia con un furente Ishimaru Michiyo.
“E’ soltanto un ragazzino, non è del mestiere dunque la sua è solo fortuna…” sentenziò, inserendo una moneta nella fessura della macchinetta e digitando il numero ‘23’ sulla tastierina al lato.
“Sicuro di non palare per invidia?” gli domandò la poliziotta, facendo andare per traverso il caffè a Takagi.
“Quel che Sato intende dire è che…è che…” cercò di rimediare, immediatamente; ma la bomba era sganciata:
“Invidia? E per cosa?? Per Ran??” ruggì, colpendo con un pugno la macchinetta. “Voi non l’avete di certo notato, ma quei due neanche si parlano! Non so cosa sia successo, ma comunque lei preferisce me, mi ha scelto e anche da tempo, ormai. Se davvero nutriva interesse nei suoi confronti, perché è uscita con me, eh? Inoltre, tutti sappiamo che nella indagini io valgo il doppio di quello che vale lui, è soltanto uno sbruffone!!”
-Senti chi parla…- pensò Yumi, ma si trattenne bene dal dirlo ad alta voce. Il poliziotto afferrò con irruenza il cappuccino, rovesciandone alcune gocce sul pavimento, poi svanì dietro la porta d’ingresso.
“Io…non credevo di suscitare tutto questo…” balbettò Miwako, un sopracciglio tremante.
“Non preoccuparti, Michiyo ormai è andato. Non sopporta l’idea che qualcuno lo batta, secondo me…” la tranquillizzò Yumi, gli occhi ridotti a fessure “…la pensi come me, vero Takagi?” chiese poi, ma l’uomo non rispose; stava riflettendo.
Effettivamente, in quel momento che Michiyo gliel’aveva fatto notare, era vero: Kudo e la figlia del detective Mouri non si erano rivolti neanche una parola da quando lui era tornato, perlomeno in pubblico. Persino la sua amica, quella Suzuki…nemmeno lei gli parlava e tanto meno lui tentava di conversare con lei.
A quanto sapeva, i loro rapporti erano ottimi…prima della sua partenza, giravano un sacco di voci sul debole che l’uno aveva nei confronti dell’altra…perché quel comportamento? Forse era successo qualcosa tra di loro? Che c’entrasse Michiyo?
Non sapeva che questi e mille altri interrogativi assalivano in qualsiasi momento anche la testa dell’ispettore Megure; lui li conosceva da ancora più tempo, sapeva per certo quali fossero i sentimenti dei due ragazzi perché, da giovane, aveva lavorato con Yusako nonché con Kogoro! Li aveva visti crescere, sia Shinichi che Ran…
“EHI!” lo risvegliò dai suoi pensieri la collega con i capelli corti.
“Ma ci ascolti?”
“Scu…scusatemi…ahah…” rise, a disagio. Il suo imbarazzo, però, svanì presto infatti Yumi aveva preso nuovamente parola:
“Allora? Quando ci farai conoscere questo fustacchione?”

§§§

-Assurdo…tsk, non sanno quel che dicono! Come possono credere davvero nelle doti di quello lì?? Non ha senso…è ridicolo! Ah, ma glielo farò vedere io…non hanno ancora capito chi è Ishimaru Michiyo…e per primo lui, Kudo! Non riesco a capire perché lui e Ran non si parlino, ma è senz’altro meglio così!-
Il poliziotto si trovava in macchina ma non era di pattuglia. Al suo fianco, nell’autovettura parcheggiata di fronte al Teitan High School, era seduto l’ispettore Megure. Entrambi attendevano con ansia che dal cancello iniziassero a uscire gli studenti, per incontrare Ran e la sua amica e chiedere loro di seguirle in centrale per testimoniare l’accaduto del giorno prima, proprio come avevano fatto per il caso dell’assassinio durante la festa di Yashizawa. Questo, tuttavia, era un obiettivo: ne avevano anche un altro…uno che a Ishimaru non andava proprio giù…
- Forse lei gli ha detto che oramai nel suo cuore ci sono io e che lui non aveva speranze…a quel punto, il ragazzino si è arrabbiato e le ha messo il muso!!- vaneggiò –Ma certo, dev’essere senz’altro così! Oh, mia dolce Ran-chan…ti ricompenserò per questo! Avrai tutto ciò che vuoi da me, per avermi preferito a quel coso…-
I pensieri di un folle sono e rimangono sempre i pensieri di un folle.

§§§

Suonata la campanella che segnava la fine delle lezioni, per i corridoi affollati del Teitan High School una voce si alzò:
“Ehy, wait a moment! Please!”* urlò Richard, correndogli dietro.
Shinichi si voltò, arrestando il passo.
“Ciao!” lo salutò e lui ricambiò in inglese.
“I wanted…eheh, I want to tell you ‘thanks’…you’ve be very nice! I’m talking about your help with my Math…*”
Con il detective, Sin Vey parlava più in inglese che in giapponese, forse perché aveva capito che lo comprendeva senza difficoltà.
“Oh, figurati! Per così poco…” gli rispose, riprendendo a camminare.
Il britannico si riferiva probabilmente ad un episodio avvenuto in classe quella mattina: era stato chiamato alla lavagna dall’insegnante di Matematica, ma non riusciva a venire a capo del quesito che gli era stato posto. Perciò, vagava con lo sguardo per tutta l’aula, in grande imbarazzo…
Incrociando gli occhi di Shinichi, aveva corrugato la fronte: gli stava facendo dei segni.
“C’è un errore di calcolo lì…la radice quadrata non è corretta…”
Gli aveva anche indicato il numero, dopo avergli parlato sperando che sapesse leggere il labiale.
E lui, dopo aver corretto, aveva proseguito senza grandi intoppi.
“Non sono mai stato bravo in matematica…” gli confidò, mentre camminavano fianco a fianco.
Lui gli sorrise, poi presero a parlare del più e del meno.
-Stavolta Ran aveva visto bene…- pensò Kudo, mentre entrambi si ritrovavano nel cortile – Questo ragazzo non è montato come Michiyo…-
“Ho sentito dire che facevi parte della squadra di calcio! E’ vero?” gli domandò a un certo punto e Shinichi trasalì: quanti ricordi aveva…
“Sì…” rispose “E non me la cavavo tanto male!”
“Come mai non ne fai più parte?” a Richard parve strano che, essendo bravo a calcio, non giocasse più.
“Oh, beh…eh!” sorrise quasi malinconico “Non sempre si può fare ciò che si vuole…” si limitò a rispondere, voltando lo sguardo in una direzione diversa dal suo viso. E mentre Richard gli diceva qualcosa, scorse un gruppetto conversare di fronte ad una macchina della polizia parcheggiata proprio lì davanti.
Ran e Sonoko erano in piedi, con la cartella tra le mani; Megure dentro la macchina, con il finestrino completamento abbassato; Michiyo appoggiato con la schiena alla portiera, di fronte a…
-Ma sono impazziti??- pensò, poi disse forse un po’ bruscamente:
“Scusami Sin Vey, devo proprio scappare ora!”
“Ma…” fece lui, sorpreso.
“I MUST go now, I’m very sorry!*” gli pronunciò in un perfetto inglese, sperando di ottenere un buon effetto e riuscendoci in pieno.
“O-ok…” balbettò, battendo più volte le palpebre. “Just a thing!” lo richiamò, afferrandolo per un braccio “You…you didn’t tell me your name…How can I name you?*”
“Oh, you’re right! My name’s Shinichi…I’m a detective! Now, good bye…see you tomorrow!*” gli rispose, correndo poi in direzione del dottor Agasa e della ragazza rossa-castana che, come nulla fosse, chiacchieravano con tutti gli altri.
-Ah…so, you’re really Shinichi Kudo…*- sorrise Sin Vey, seguendolo con lo sguardo mentre, trafelato, giungeva dai suoi amici:
“Beh, come mai tutti qui??”

§§§

“D’accordo, se volete possiamo venire anche subito, no, Ran?”
Sonoko aveva accettato di buon grado e continuava a tentare, in tutti i modi, di far trascorrere alla sua amica molto tempo con il poliziotto. Non gliel’aveva ancora detto, ma le dispiaceva molto per lei: aveva atteso Shinichi per mesi e mesi, pensandolo e non guardando neanche da lontano mai neanche un ragazzo, l’aveva sempre difeso, l’aveva sempre perdonato…e quella era la ricompensa! Lui che le urlava contro assurdità e offese, che le prometteva che tra loro non ci sarebbe più stata neanche una parola, che le rispondeva come uno scaricatore di porto…non se lo meritava, povera Ran. Lei era una ragazza così dolce, così premurosa e pronta a fare qualunque cosa pur di difendere le persone a cui teneva. Il minimo era che avesse al suo fianco qualcuno che la degnasse di attenzioni, che la considerasse importante…e l’unico a poterlo fare, ai suoi occhi, era Ishimaru Michiyo.
“Beh, in realtà…io volevo iniziare a studiare presto, oggi…” rispose lei, mentendo.
Non sapeva per quale motivo persistesse il forte sentimento che provava nei confronti di Shinichi, eppure non poteva farci nulla. Ogni volta che lo vedeva, sentiva il respiro mancarle e una strana morsa le attanagliava la gola; la sera prima, poi, quando aveva nuovamente mostrato le sue grandi capacità…si era sentita morire, per lui. Quindi era più che normale che volesse sapere, conoscere il perché di quella ridicola situazione! Ma ancor più normale era che non volesse accettare la corte di Michiyo; tuttavia, quando il poliziotto la trattava in modo superbo di fronte al detective, qualcosa dentro di lei scattava: la voglia di dimostragli di non essere una povera sciocca caduta ai suoi piedi, che senza di lui non sopravvive…forse era proprio quella sensazione a spingerla a ricambiare le attenzioni del castano. Ma tutto questo, quando erano da soli, non c’era e lei preferiva frequentare il ragazzo il meno possibile.
“Oh, andiamo! Cosa avete da studiare di così difficile? Posso darti io una mano…” si offrì lui, guadagnandosi un’occhiataccia dall’ispettore Megure:
“Beh, certamente dopo che avrò finito il mio turno!” aggiunse, ammiccando alle due studentesse. Vedendole sorridere, si compiacque della sua grande nochalance con le donne e delle sue grandissime capacità, e mentre rideva volse lo sguardo in più direzioni…notando così una giovane ragazza appoggiata con la schiena al cancello dell’istituto.
Indossava dei pantaloni bianchi di una tuta e una felpa viola molto pesante e nonostante gli abiti, dunque, non fossero eleganti sentì di trovare quella giovane estremamente affascinante ed attraente, proprio come era successo la sera appena passata.
“Oh, ma guarda guarda chi abbiamo!” disse poi ad alta voce, attirando l’attenzione di tutti su di sé. Con un cenno del capo, indicò la ragazza che, sentite quelle parole, si era voltata verso di lui con un’espressione priva di qualsiasi emozione dipinta sul viso.
“Allora davvero il nostro detective da quattro soldi ha fatto colpo…”
“Credevo aveste capito che ci conosciamo.” Rispose, con tono atono.
Ran non credette ai suoi occhi: non si curò molto della grande somiglianza che quella giovane aveva con la piccola bambina che alloggiava con il professor Agasa, bensì della sua presenza lì.
“Oh, devo dunque supporre che tu sia la ragazza di Kudo!” Ishimaru diede vita ai timori di Ran, usando un tono presuntuoso e provocatorio.
Soltanto allora un ometto un po’ basso e baffuto spuntò alle sue spalle: indosso aveva un lungo camice bianco e nella mani le chiavi dell’auto.
“Professor Agasa, cosa ci fa lei qui?” lo chiamò allora Ran, stupita.
“Chi è? Il nonno dell’amica di Kudo?” si voltò verso la sua adorata e lei boccheggiò per qualche istante, prima che il dottore prendesse la parola:
“Sono il professor Agasa, abito nella casa affianco a quella di Shinichi e lo conosco da quando era un bambino.”
Poi sorrise a Ran: “Sono qui perché avevamo bisogno di parlare con lui…”
“Perciò, anche lei conosce la signorina?” si intromise Megure: seppur non lo desse a vedere, era davvero curioso di scoprire l’identità della ragazza che sembrava conoscere il suo vecchio amico e che, nel giro di poco tempo, aveva fatto girare la testa a Kogoro.
Il dottore annuì e la misteriosa ragazza, percependo che non poteva fare diversamente – mancavano diversi minuti al suono della campana che segnava la fine delle lezioni e comunque, anche se Kudo fosse arrivato, avrebbero tempestato di domande anche lui- si fece coraggio e prese la parola:
“Credo di non essermi ancora presentata. Io sono… Shiho Miyano.”
All’idea di non dover più pronunciare il nome ‘Ai Haibara’ sorrise compiaciuta. “E sì, conosco il professore perché sono una…una collega del detective Kudo.”
Rivelò, porgendo la mano al gruppetto.
Megure, amichevolmente, la strinse: “Oh, ora si spiega tutto! Ecco perché è stata così in gamba!” ad un sorriso appena accennato di Shiho, continuò:
“Io sono Juzo Megure, l’ispettore di polizia…”
“Sì, lo so. Kudo mi ha parlato di lei…” gli disse, stringendo poi la mano di Michiyo. “Oh bene…” si fece sfuggire l’uomo, contento che il ragazzo non si fosse dimenticato di lui “E questo è…”
“Michiyo Ishimaru, suppongo.” Dedusse lei. “Il poliziotto…”
“Oh, Kudo ti ha parlato anche di me?” chiese ironicamente, non lasciando la mano della rosso-castana, che gli sorrise quasi con la stessa ironia:
“Non sempre il ‘parlare’ è sinonimo di ‘stimare’ o ‘apprezzare’…”
“E…e loro…” si mise in mezzo Agasa, per paura che la situazione degenerasse:
“…sono Ran e Sonoko, due amiche di Shinichi.” Si rese subito conto di aver detto una sciocchezza, quando qualcosa si mosse negli occhi della prima che aveva nominato.
Poi, non volendo darlo a vedere, si riprese immediatamente:
“Ciao…ciao, io sono Ran Mouri.”
Per la prima volta nella sua vita, Shiho non ebbe timore di confrontarsi con lei. Forse questo era dato dal fatto che la ragazza era convinta di essere considerata pari a zero da Kudo, oppure dalla certezza che provasse nei suoi confronti una terribile gelosia: non sapeva chi era, non sapeva che rapporti aveva con il moretto…soltanto che era una sua collega e che l’aveva incontrato in qualche parte del mondo e poi conosciuto meglio in diversi casi, tanto da decidere di seguirlo sino a Tokyo.
“Ciao…” le disse, stringendo anche la sua mano.
“Ed io Sonoko Suzuki, ma devo ribattere: non sono un’amica di Kudo.” Rivelò senza esitazione la diciassettenne, stringendo la mano di Miyano che, paravento, non si fece sfuggire l’occasione:
“Ah, no? Sei una sua ammiratrice? Ti piace Kudo?” le chiese, sfoderando una faccia da angioletto e totalmente inconsapevole.
“Per carità, no!” replicò lei, roteando gli occhi “Io e Kudo non siamo mai andati molto d’accordo…ora poi, meno che mai.”
“Oh…capisco…” subito dopo aver replicato, si sentì chiedere dall’ispettore perché non raccontasse qualcosa su di lei…
-…e sul mio rapporto con Kudo...- immaginò lei, percependo la latente curiosità che invadeva l’animo di tutti.
“Non c’è molto da dire…lavoro con il vostro amico da un po’ di tempo a questa parte, oramai. Siamo qui per occuparci di un caso abbastanza delicato, dovrebbe avervene parlato…”
“Sì, ci ha spiegato che è un’indagine di cui nessuno di noi può sapere niente.” Rispose Ishimaru, truce “E’ qualcosa di legale?”
“Non sono una spacciatrice di droga o una serial-killer, se intendi dire questo” gli rispose Shiho, iniziando a capire il motivo per cui il suo…beh, per cui Kudo non lo sopportasse minimamente, al di là del rapporto nato tra lui e la sua amica d’infanzia.
“E allora chi sei? Una detective?” riprese con le domande il giovane poliziotto e lei, a quel punto, si vide costretta a rispondere…ma non certo senza esitazione.
“Beh, Shiho è…Shiho è…” cercò di intervenire Agasa, ma non ottenne alcun risultato.
“Un medico…un medico legale.” Infine, prese la sua scelta. “Ma a volte, mi sono improvvisata detective per aiutare Kudo e la sua squadra…”
“Kudo ha una squadra?” sbottò Sonoko, incredula.
“Sì…una ragazza e due ragazzi.” Rispose Shiho e Agasa sorrise involontariamente: i Giovani Detective, Ayumi, Genta e Mitsuiko, definiti ‘La Squadra Di Shinichi’? Oh, non appena il giovane detective lo avrebbe saputo, si sarebbe infuriato…immaginava già la sua faccia!
“Non sapevo fosse arrivato a un livello tanto alto…da…da avere una squadra…” si confidò Megure, rivolto alla giovane ragazza che, sorridendogli, replicò alzando le spalle.
“Soggiorni a casa sua?” gli domandò Ishimaru, cercando di far apparire Shinichi uno sciupafemmine.
“No, starà da me.” Rispose al posto della ragazza il professore, avvicinandosi con un paio di passi al poliziotto.
“Temo che non sappia ancora chi sei, vecchietto…” fece allora Michiyo, seccato per l’interruzione.
“Non essere così impertinente!” lo riprese l’ispettore con tono duro.
“Lui è il dottor Agasa, uno scienziato. A volte ci ha aiutato a fare luce su dei misteri, un po’ come Sonoko…”
Il castano allora gli strinse la mano, ma non rinunciò alla sua parlantina:
“Io sono Ishimaru Michiyo, la luce della polizia nipponica. A quanto pare, qui a volte si sono tutti improvvisati detective…” voleva terminare la sua frase con un ‘devo pensare che questa professione sia molto facile’, ma Miyano lo interruppe:
“Perché il professionista è Kudo. Gli altri, tentano di dargli una mano.”
I due poliziotti aprirono leggermente la bocca in segno di stupore, Ran fece per parlare ma Agasa fu più rapido:
“Siamo venuti qui perché, se non sbaglio, vi servivano alcune informazioni sull’agriturismo del signor Yuri Sakata. Ecco, volevamo darle a Shinichi-kun, ma visto che ci siete voi possiamo lasciarvele, no? Tanto immagino che lo vedrete…” e porse loro alcune fogli piegati in due. Megure li prese e rispose:
“Sì, non c’è problema. Ed è proprio per questo che siamo venuti qui, di fronte al liceo…dovevamo chiedere una cosa a Kudo-kun…”
“Ma no, non è necessario!” si intromise Michiyo, voltando le spalle alla combriccola dopo aver afferrato la mano di Ran “Grazie per i fogli, ora ce ne torniamo in centrale per la deposizione…” e si avviò verso la macchina tirando la ragazza, ma Megure lo richiamò:
“Non dire sciocchezze, apri gli occhi se vedi Kudo, piuttosto!” Poi torno a riferirsi ad Agasa e a Shiho:
“Per riuscire ad indagare meglio su Sakata, senza esporci troppo, avevamo pensato di soggiornare nel suo agriturismo per un paio di giorni…”
“Volete agire sotto copertura?” Shiho dimostrò di saperci fare, in quel campo.
“Sì, esatto. Ieri sera, come penso lei sappia, signorina, abbiamo tentato di tenerlo d’occhio, ma non è servito a molto. Il nostro uomo perciò ci ha incontrati e Michiyo gli ha detto che conoscevamo il suo locale…dunque, sarà lui a recarsi lì per un po’ di tempo…insieme…insieme a Ran…”
“A me??” la ragazza non credette alla sue orecchie.
“Volevamo chiederti proprio questo, più tardi passeremo da tuo padre. Sakata vi ha visti insieme, non crederà mai che la fidanzata di Michiyo sia un’altra…”
“…questa, ovviamente, è stata una mia idea.” Ci tenne a precisare Ishimaru “Così potremmo passare un po’ di tempo insieme…” detto ciò, cinse la vita della karateka con un braccio, ricercando un contatto tra i loro volti, ma lei, svelta, si ritirò indietro abbastanza da aumentare la distanza tra loro.
“E la teoria secondo la quale persone esterne alle forze di polizia non potrebbero partecipare alle indagini?” domandò Shiho, lasciando i due poliziotti e le altre due ragazze a bocca aperta. Era la stessa domanda che…
“Anche Kudo la pensa così, sai?” le disse sottoforma di richiesta Michiyo, storcendo il naso. “Non è una missione pericolosa, Ran non rischierà la vita. E, ad ogni modo, ci sarò io a proteggerla…”
“Oh, come sei romantico!” intervenne Sonoko, congiungendo le mani all’altezza del petto.
Megure, a quel punto, si schiarì la voce e poi riprese a spiegare: “Avevo pensato che, se Kudo potesse andare con loro, tutto sicuramente filerebbe liscio!”
“Sciocca convinzione! Da quando in qua io non sono all’altezza di Kudo?” cercò appoggio Michiyo, ma ricevette solo una protesta:
“Da quando in qua io sono così poco importante da non essere interpellata per un’opinione?” si alterò Ran, le sopracciglia aggrottate “Non ho detto che accetto!” si lagnò.
“Oh, ma dai, Ran-chan…” Ishimaru tentò di convincerla, ma una voce non glielo permise:
“Beh, come mai tutti qui??”
Shinichi, abbandonato Richard nel cortile della scuola, li aveva raggiunti di corsa e in quel momento si era fermato al fianco di Shiho, che poi guardò negli occhi, aggiungendo:
“Tu poi…perché sei qui?”
Lei fece spallucce, sorridendogli in modo strano.
“Cosa…c’è?” gli domandò lui spaventato, scrutando poi gli altri in volto.
“Ho scoperto una cosa interessanete…stavo giusto giusto, annoiandomi, lo sai?”
“No, non lo so…” tentò di stroncare qualsiasi cosa sul nascere, ma fu inutile:
“Sei consapevole del fatto che alcune operazioni dei tuoi attuali colleghi non sono tanto pericolose da impedire la presenza di qualsiasi persona?”
A quel punto, Kudo rise: “Indubbiamente, avevo percepito circolasse questa convinzione…”
“La tua collega è fatta su misura per te, Kudo.” Cercò di offenderli Michiyo, ma i due lo ignorarono:
“Che ne dici, detective? Te la senti di lavorare sotto copertura con me per un paio di giorni?”
“P-rego??” Shinichi si stupì del modo in cui la scienziata passasse da un discorso all’altro, poiché ignorava totalmente il collegamento tra le due questioni.
“Ma certo, ottima idea!” rincarò la dose il dottor Agasa, attirando su di sé l’attenzione di tutti.
“Beh…” rimediò, all’istante “Sempre se l’ispettore è d’accordo…”
“Oh…ehm…s-sì, se Kudo garantisce per la sua amica io…io mi fido…” Megure non si sentì di rifiutare: la sera precedente quei due ragazzi avevano dimostrato grandi capacità e come se non bastasse, il modo in cui Kudo trattava quella ragazza era lampante: tra i due c’era una certa confidenza, assurdo credere che un così bravo detective legasse con un ragazzina sciocca o poco intuitiva.
“E la mia opinione, quando la chiedete?” sbottò Michiyo, stralunato:
-Non sopportavo la presenza di Kudo, figuriamoci di questa ragazzina!!-
“Miyano non è una poliziotta!” si lamentò.
“Perché, lei…” Shiho indicò Ran con un cenno del capo “…forse lo è?”
“Io non andrò.” Ran rispose al posto del castano, colto in fallo. “Non mi piace l’idea di…di, beh, non mi piace quest’idea…” e scosse la testa, convinta.
“Ehm, scusate molto se mi intrometto, ma…vi dispiacerebbe molto spiegarmi di cosa state parlando?” infine, Shinichi cercò di informarsi però, come risposta, ottenne uno strano sguardo da parte di Miyano, un sorriso da parte di Agasa, un muso lungo da parte di Michiyo e delle occhiate titubanti da tutti gli altri.
“…?”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
*Non so se si è ben compreso quello che ho voluto dire: Shin ha finto che la donna derubata fosse sua madre per poter inseguire il borseggiatore senza insospettire Sakata. Tutti l’hanno capito, infatti Michiyo lo maledice per la sua furbizia: ma Kogoro crede che davvero quella donna sia Yukiko.
* Puoi provare a raggirare l’apparenza ma non puoi raggirare la verità!: E’ la frase storica che Michiyo pronuncia ogni volta che risolve un mistero. Come quella di Shinichi: “La verità è sempre una sola!”.
*Ehy, aspetta un momento! Per favore!
*Io volevo…eheh, io voglio dirti “grazie”…sei stato molto gentile! Mi riferisco al tuo aiuto con la mia Matematica…
*Io DEVO andare ora, mi dispiace molto!
*Soltanto una cosa! Non…non mi hai detto il tuo nome…Come posso chiamarti?
* Oh, hai ragione! Io mi chiamo Shinichi…sono un detective! Ora, ciao ciao…ci vediamo domani!
*Ah, quindi tu sei davvero Shinichi Kudo…

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: Ed anche questa, è fatta! Ho cercato di scrivere il capitolo quindici molto velocemente, volevo postarlo prima della mia partenza…eh già! Perché presto mi metterò in viaggio per l’Umbria e tornerò tra un mese, all’incirca! Sicuramente in vacanza non cesserò di scrivere, ma mon avrò la connessione pertanto posterò i capitoli soltanto al mio ritorno. Diciamo che ho voluto postare questo in veste di ultimo, perché in questo modo a Settembre potrò ricominciare con una specie di terza saga, quella della «Missione Sotto Copertura»!! Spero di avervi incuriosito almeno un po’ =P
Un'ultima domanda mi preme molto: Shiho è OOC? Non mi stancherò mai di ripeterlo: il suo carattere è tra i più complicati da rendere!!

Shiho93: Ciao ^.^
Perché? La reazione di Ran non ti è piaciuta?? Spiegati, con le critiche posso migliorare ;D
Oh figurati, mi fa piacere leggere e rispondere alla recensioni!! Sono contenta e ti ringrazio dei complimenti! =D Che ricambio: hai capito che si trattava di Shiho, brava!
A presto, un bacione!!

Totta1412: Ciao!!
Beh, in fin dei conti Shiho faceva parte dell’organizzazione ed è una ex WIB, no? E Shinichi sì, l’aveva riconosciuta…;)
Eheh, ma anche io sono una ShinxRan, sai?? Infatti tengo nella manica un sacco di assi, non ti preoccupare :D
Oh, sei gentilissima, ti ringrazio! A me è sempre piaciuto molto scrivere, pensa che ho cominciato verso gli otto anni…certo, il risultato era qualcosa di terrificante ^^” Probabilmente è per questo che, comunque, ciò che attualmente viene fuori non è tanto male ^______^ Ad ogni modo ti ringrazio moltissimo e ti dico: visto che stavolta non ho ritardato tanto? XD
Baci!!

Shaddy-Skun: Ma ziauuuuu ^__^
Come sta la cavyglia?XD Te la cavy?? *angel*
Ahah, e brava! Ci hai azzeccato…su tutta la linea :P Sei un’ottima detective, Shin sarebbe orgoglioso di te *devil*
Ahah, che ne pensi delle azioni di Michiyo in questo capitolo?? Fammi sapere, mi raccomando ;D
Grazie di cuore, sei sempre eccezionale nei commenti *___*
Un bacione one one one one one X!! Ciauuuuu ;D

Siamo ai saluti. Vi ringrazio tutti infinitamente per avermi seguito fin’ora e spero che continuerete a farlo!! :D
Buone vacanze, divertitevi e datevi alla pazza gioia!!
UN SACCO DI BACI GIGANTESCHI E TANTI TANTI ABBRACCI
Una dispiaciutissima e tristissima

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 17
*** Il Primo Giorno ***


Capitolo Sedici

Il Primo Giorno

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Tutti erano in fibrillazione. Da lì a pochi minuti Kudo e Miyano sarebbero arrivati in centrale, dove una numerosa folla li attendeva con ansia: la missione sotto copertura stava per avere inizio.
Megure e Takagi, ovviamente, si occupavano del caso e quindi erano presenti come di routine; Sato e Yumi avevano fatto di tutto per partecipare, adducendo come scusa la curiosità del caso e degli eventi ma con l’intenzione di conoscere di persona il famoso liceale detective; Kogoro ci teneva a rivedere quella meravigliosa ragazza che, con disgusto ed orrore, aveva scoperto trattarsi di un’amica del moccioso; infine, vi erano per ovvie ragioni Michiyo, Sonoko e Ran.
Quest’ultima sembrava non avesse voluto accettare fin quando non era venuta la mattina prestabilita dell’operazione: a quel punto, infatti, si era misteriosamente presentata e per qualche oscura ragione aveva confermato la sua collaborazione.
“Ah, sapevo che avresti accettato! In fin dei conti, al diavolo la timidezza: trascorreremo un sacco di tempo insieme!” aveva riso fingendosi in imbarazzo Ishimaru, approvato dalla Suzuki e dal detective Mouri, ma era ben ovvio – almeno per noi che conosciamo la verità- che non aveva ragione.
Per tre giorni di fila, Sonoko le aveva riempito la testa di assurde idee, quali l’avere a portata di mano lo sbruffone che tutte le donne adoravano, la possibilità di dimostrargli il suo fantastico rapporto con il bel poliziotto e quella di potersi prendere una rivincita.
Dunque, sia lei che Kogoro erano convinti avesse infine ceduto per almeno una di questa motivazioni: la realtà era che, nonostante sapesse fosse sciocco, ingenuo e inutile, non voleva perdere d’occhio Shinichi e la sua collega. Sin dal primo momento in cui aveva scoperto chi era aveva provato una grandissima gelosia, consapevole certamente che la giovane dottoressa avesse tutte le curve al posto giusto e, almeno all’apparenza, un buon cervello; quegli sguardi, quel ballo, la loro confidenza…tutto celava un rapporto stretto, non una semplice conoscenza per motivi professionali e questo, non l’aveva rivelato a nessuno, ma la infastidiva molto.
“Andrete subito all’agriturismo?” domandò Yumi senza osservare nessuno in volto, attendendo una risposta da chiunque avesse avuto cortesia per concedergliela.
Megure assentì, lanciando prima uno sguardo a Michiyo per zittirlo: il poliziotto, infatti, non sopportava che anche quelle due si trovassero con loro, in quella stanza ad attendere Kudo. Il caso doveva essere top secret, le operazioni tenute nascoste…e l’ispettore Megure permetteva che Sato e Yumi partecipassero alle loro riunioni? Non si rendeva conto che la cosa più strana era la presenza di Sonoko e Ran, due totali estranee al corpo civile ed addirittura la collaborazione di quest’ultima all’operazione sotto copertura.
Shinichi stesso spesso ci aveva riflettuto: quella situazione trascendeva il ridicolo.
“Andranno in macchina, abbiamo…” lanciò uno sguardo al suo sottoposto, lasciando intendere che era stato lui a prendere la decisione “…abbiamo richiesto una decappottabile rossa, una Ferrari.”
“Addirittura!” commentò Sonoko, cedendo poi la parola a Sato: “Perché tutto questo sf…”
“Perché dovremo fingerci due coppie benestanti, altrimenti per quale ragione soggiorneremmo in un agriturismo caro e scomodo?” la interruppe Ishimaru, sbuffando e brusco.
“Non sono d’accordo…” dissentì Ran a bassa voce “…trascorrere dei giorni in un agriturismo non dovrebbe essere tanto male, anzi: la natura e…”
“Le passeggiate alle sei di mattina, i pasti rigorosamente dietetici…sai che scatole!” il poliziotto continuò a sostenere la sua idea, le braccia incrociate intorno alla testa.
“Ringrazia che non è estate: non ci saranno neanche impianti per l’aria condizionata!” Kogoro, come al solito, lo sostenne convinto.
-Inutile…- sospirò silenziosamente Ran, seduta di fronte al tavolo al centro della stanza; guardando l’orologio si accorse che mancavano pochi minuti all’ora dell’appuntamento: Shinichi e Shiho sarebbero arrivati a momenti.
“Avete detto che starete…?” Sato tornò all’attacco, rivolgendosi al nuovo acquisto che però la ignorò.
“Quattro giorni. Se fiuteremo notizie si tratterranno di più, altrimenti potranno tornare qui a Tokyo.” Le sorrise Takagi, arrossendo lievemente non appena incontrò il suo sguardo.
“Alloggeranno in un’unica stanza, recitando la parte di amici di vecchia data che, così presi dal lavoro e dallo studio, riescono a trascorrere del tempo insieme soltanto prendendosi una piccola vacanza. Come già detto, impersoneranno coppie benestanti, e anche coinvolte nel giro dell’economia e del commercio, anche perché Sakata ha preso in simpatia Kudo e sicuramente si lascerà andare anche con i suoi amici e la sua ragazza.”
“E perché mai l’ha preso in simpatia?” si sorprese Yumi, dando voce anche ai dubbi di Miwako.
“L’altra sera, quando ci siamo recati all’inaugurazione di quel nuovo locale, era necessario che almeno uno di noi non perdesse mai le tracce di Sakata. Ma…”
“…ma ad un certo punto c’è stata una distrazione ed io e Miyano abbiamo ballato insieme, attirando la sua attenzione visto che adora la danza. E’ per questo, che forse potrebbe decidere di sbottonarsi un po’ con noi…”
Voltandosi di scatto, si ritrovarono davanti al sorriso amichevole di un giovane ragazzo e ad un volto inespressivo di una bella rosso-castana.
“Oh, Kudo! Sei puntualissimo, molto bene.” Lo accolse Megure, rivolgendosi poi anche a Shiho, come anche Kogoro:
“Signorina, è un onore rivederla e un piacere averla nella nostra squadra!” il detective più grande le baciò le mano, ottenendo una risposta divertita:
“Il piacere sarà mio, Kogoro…”
“Mi ha chiamato per nome…!” l’uomo perse i sensi temporaneamente.
“Bene, ora possiamo smetterla di dare spiegazioni a destra e manca, non credete??” Michiyo tornò scontroso a insolente, alzandosi in piedi e avvicinandosi ai due ragazzi.
“Sicuri di sapere recitare, non è vero?”
“Sicuramente più di te.” Gli sorrise falsamente Kudo, avviandosi verso l’ispettore e Takagi: aveva visto dei piccoli microfoni poggiati sul tavolo di fronte a loro e aveva capito che avrebbe dovuto indossarli.
“Cosa?” scattò subito il poliziotto, seguendolo con lo sguardo.
“Sono mesi che lo facciamo.” Rivelò la scienziata finta dottoressa, imitando il suo ‘collega’ nei movimenti.
“Quante cose di voi non sapremo…” alluse a una sua convinzione –e dubbio di ciascuno- Ishimaru.
Sapere- o sperare, quanto meno- che tra Kudo e Miyano vi fosse un’amicizia particolare, una relazione, lo risollevava: Ran si sarebbe liberata da ogni possibile ripensamento e lui stesso, detective da strapazzo, non le avrebbe rotto le scatole; insomma, ogni pezzo del puzzle si sarebbe posizionato al suo giusto posto, non un ostacolo né un problema di qualsiasi genere.
“…e mai saprete.” Concluse Kudo, tentando di sistemarsi i microfoni mentre osservava il suo riflesso in uno specchio. Era così bello poter scorgere di nuovo, dopo tanto tempo, la faccia di un adolescente, il corpo di un ragazzo che sembrava non si fosse mai rimpicciolito: forse gli allenamenti, le corse, il calcio a cui il piccolo Conan si era dedicato erano serviti a fortificare i muscoli che, nonostante la metamorfosi, non si erano inflacciditi.
“Wow, è carino per davvero!” sussurrò Yumi all’orecchio dell’amica; Kudo aveva indossato dei pantaloni jeans blu scuro con degli strappi in corrispondenza del ginocchio e dei polpacci. Un cappotto di piume grigio impediva la visione di ciò che portava sotto, ma presto il giovane lo sfilò per mettere i microfoni al contatto con la pelle: un maglione nero e una giacca blu allacciata, dalla cui tasca spuntavano un paio di guanti assai pesanti. Anche Ran aveva pensato la stessa cosa, non appena lui era entrato…
Sato ridacchiò: “Ma ti interessa per davvero? Non ci credo! Non avevi un debole per Takagi?” ignara dei piani che i suoi colleghi avevano messo in piedi per farla ingelosirez.
“Ti avevo raccomandato di non farlo soffrire!” l’ammonì con il dito accusatorio.
“Sei…ah, mi arrendo!” una grossa goccia si formò sul capo dell’agente donna.
“Come mai così elegante?” chiese Kogoro al liceale dopo essersi ripreso dallo shock.
Lui fece spallucce: “Siamo ricchi, no?”
“E lui lo è davvero…” sorrise Shiho ironicamente “Con quella bellissima gold card, si possono fare un sacco di acquisti!” e sfiorò con le dita la borsa che portava a tracolla. Megure e Takagi risero:
“Vi siete dati allo shopping, eh?” fece quest’ultimo, porgendo a Kudo il cappotto: aveva indossato le trasmittenti, il gioco era fatto.
Shinichi sbuffò, causando nuova ilarità…e gelosia: Ran, infatti, storse il naso osservando la giovane:
una minigonna bianca avrebbe lasciato scoperte tutte le gambe, non fosse stato per delle calze molto pesanti e delle ballerine beige. Indosso, una maglia dello stesso colore a collo alto con sopra una camicia bianca lasciata sbottonata.
“Voi siete a posto?” Shinichi si rivolse a Michiyo e Mouri, senza però voltarsi per osservarli.
“Certo. La tua amica, piuttosto…”
Shiho, effettivamente, non aveva neanche fatto cenno di voler mettere addosso le cimici.
Shinichi, allora, la guardò con aria interrogativa e lei fece spallucce:
“Non mi cambio qui, ho bisogno di un bagno.”
Kudo sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
“Non essere così maleducato con la signorina Shiho!” sbraitò Kogoro che nel frattempo si era rinvisitato, sputacchiando saliva “E più che giusto che voglia sistemarsi in santa pace…”
Shinichi sbuffò per la seconda volta, appoggiandosi con le mani al tavolino grigio:
“Sbrigati, perlomeno.”
“D’accordo, non essere così impaziente, amore…” gli ammiccò, iniziando già a fingere che quello che aveva di fronte fosse il suo ragazzo. Subito dopo, Sato e Yumi la condussero nella toilette femminile.

§§§
“Seguitemi, vi mostro la vostra stanza.” Disse un uomo un po’ bassotto, con in testa pochissimi capelli.
I quattro ragazzi avevano indossato i microfoni e, saltati in groppa alla fiammante Ferrari rossa richiesta da Michiyo- e da lui guidata- avevano impiegato circa un’ora per giungere al tanto famoso agriturismo di Yuri Sakata. Come già detto, il luogo era abbastanza fuori città, tanto che un lato dell’edificio si affacciava sul mare; con una scaletta in marmo, infatti, si poteva accedere direttamente alla spiaggia dalla sabbia fina e chiara, ma non conveniva addentrarsi poiché ancora era freddo e l’acqua molto burrascosa.
Ishimaru aveva deciso di parcheggiare nella zona che serviva per i clienti del ristorante, posto al piano terra dell’agriturismo, che appunto comprendeva ben tre piani e sul tetto vi era una specie di balconata con il pavimento chiaro. Al primo e secondo piano vi erano le stanze per gli alloggiatori, al terzo invece gli uffici, gli spogliatoi e la toilette del personale.
Nella zona circostante l’edificio si trovavano più tipi di territori: a destra vi era un grande campo recintato, un maneggio con le stalle in legno; a sinistra un vialetto conduceva ad un ponte sopra un piccolo torrente, addolcite le sue sponde da una florida vegetazione nonostante fosse inverno; dietro l’agriturismo, invece, si trovavano le scalette per accedere al mare, nonché una grande palestra fornita di numerosi attrezzi ginnici.
“Grazie.” Rispose Ran, visto che il suo finto ragazzo non aveva accennato neanche a pronunciare parola. Non appena arrivati, i quattro ragazzi avevano fermato un uomo per richiedergli la loro prenotazione.
Prima di iniziare a salire le scale, gli amici attraversarono la stanza centrale del piano terra, notando con piacevole stupore come in un lato fosse collocato un camino molto grande, di stile medievale; in realtà, ogni cosa lì dentro era di quel tipo di muratura: nulla di moderno, niente di classico.
Giunti al primo piano, l’uomo li scortò fino alla fine del corridoio.
“Ecco, signori. Vi auguro un buon soggiorno qui presso di noi.” Si inchinò leggermente in segno di rispetto, aprendo una porta di legno chiaro: ai loro occhi si rivelò una stanza molto ampia e decisamente illuminata, nonostante la stagione fredda.
“E’ molto bella!” si fece sfuggire Ran e l’uomo sorrise, ringraziando.
“Come funzionano le cose qui?” domandò Ishimaru con tono di superiorità, guardandosi intorno: due letti matrimoniali con lenzuola ricamate a mano, un balcone alquanto ampio e una piccola porta a destra, probabilmente il bagno; per il resto, vi erano armadi e comodini, proprio come una normale camera da letto europea.
“Beh…tra poco sarà pronto il pranzo. Se volete, potrete accomodarvi nel nostro ristorante, con la prenotazione della camera si ha automaticamente diritto anche ad un tavolo. Inoltre, nel pomeriggio si svolgeranno diverse attività, sono sicuro ne troverete almeno una di vostro gradimento: abbiamo un maneggio, una palestra, o volendo anche una bella radura per una passeggiata romantica…” spiegò, ammiccando al ragazzo moro più giovane, avendolo inquadrato come il più socievole; infatti quest’ultimo, arrossendo leggermente, abbozzò un sorriso.
“Stasera invece, la cena sarà servita a bordo piscina.”
“Non fa freddo?” lo interruppe Michiyo, varcando la soglia della porta per poggiare su uno dei due letti la valigia marrone.
“Usufruiamo di stufe portatili, signore.” Gli rispose, proseguendo poi il suo discorso ad un cenno di Shiho.
“Domani mattina, invece, in programma abbiamo un’escursione presso la fauna e la flora caratteristici dei dintorni del nostro agriturismo. Pranzo e cena saranno serviti alla stessa ora, se desiderate potete ordinarli anche in camera.”
“Molto bene, la ringrazio molto, è stato davvero gentile.” Lo congedò il detective, sorridendogli.
Chiudendosi poi la porta alle spalle e ritrovandosi all’interno della stanza con gli altri tre, tirò un sospiro di sollievo.
“Sei già stanco, detective?” lo prese in giro Michiyo, iniziando a disfare la sua borsa.
“Sì, avere a che fare con te mi ha distrutto.” rispose, poggiando la sua valigia sullo stesso letto su cui anche Ishimaru, poco prima, aveva fatto lo stesso.
“Ehi, ehi! Che diamine fai?” scattò immediatamente all’attacco, sporgendosi minaccioso verso di lui.
Shinichi si voltò a guardarlo, un sopracciglio alzato: “Metto a posto i vestiti?” disse sottoforma di domanda, ma ovviamente per Michiyo non fu abbastanza:
“Lo vedo, ma il tuo letto è quell’altro!” ruggì, indicando quello occupato dalla borsa di Shiho; Ran, invece, teneva ancora in mano la sua.
“Vuoi dormire insieme a Mouri?” gli chiese innocentemente, cercando di reprimere la gelosia e non farla trapelare dalla sua voce.
“Esatto!” gli rispose lui, causando un improvviso imbarazzo in Ran.
“Peccato.” Kudo abbassò la testa e continuò a disfare la sua valigia.
“No, chiariamola questa cosa! Cosa c’è, ti vergogni a dormire insieme alla tua collega? Credevo che aveste già fatt…”
Kudo lo osservò torvo e, senza conoscerne il motivo, Ishimaru ebbe la certezza che interrompere il flusso delle sue parole sarebbe stata la cosa migliore da fare.
“Io e te dormiamo insieme, Miyano e Mouri lo stesso.” Concluse, tornando alle sue occupazioni subito dopo.
Michiyo tacque, continuando comunque a osservare i suoi movimenti per parecchio tempo, come anche Shiho e Ran.
- Meno male…- quest’ultima tirò un sospiro di sollievo; non appena aveva visto quei due letti, aveva temuto un sacco! Già sedere vicino al poliziotto, per i suoi gusti, era rischioso…figuriamoci dormire al suo fianco, l’uno stretto all’altra, in uno stesso letto! E come se non bastasse, l’idea che Shinichi dormisse con quella sua amica, le faceva perdere completamente la testa.
Dal canto suo, Shiho aveva osservato la scena con un sorriso amaro dipinto sulle labbra:
-Nonostante il piano che abbiamo pensato, continui ad essere geloso di lei…- comprese subito, aprendo la zip della borsa bianca.
-Peccato…sarebbe stato bello prendermi gioco di te un altro po’…- rise mentalmente dopo, richiamando alla mente la fatidica domanda: “Ho la faccia sporca?”
-Idiota…- lo commiserò, volgendo gli occhi alla castana che, da pochissimo tempo, aveva poggiato il borsone sul materasso e preso a sistemare tutte le sue cose sul comodino e nell’armadio.

§§§

“Ebbene? Possibile che non siate riusciti a scucirgli altro?”
La voce dell’ispettore Megure riecheggiò in tutta la stanza dei quattro amici attraverso il cellulare con la comunicazione stabilita in vivavoce.
“Sakata è molto legato al suo agriturismo, che possiede e gestisce da ben cinque anni. I suoi collaboratori sono persone fidate, non gli piace assolutamente rischiare di finire nei guai a causa di sconosciuti con cui non ha nulla a che vedere. Non è sposato, perciò non ha figli ma credo gli piacciano molto le donne. Prima si è fermato volentieri al nostro tavolo e ci ha fatto un paio di domande; ora sa che noi siamo vecchi amici, tutti studenti universitari e che siamo venuti qui perché conoscevamo l’agriturismo.” Riassunse la loro lunga conversazione Ishimaru, sciogliendosi il nodo della cravatta con la mano per poi gettare la giacca sopra il letto ancora ben fatto.
Le due finte coppie erano infatti scese nella sala del ristorante per pranzare, quando Sakata si era loro avvicinato e aveva attaccato bottone.
“Maledizione! E’ davvero tutto qui?” insistette l’ispettore, furente.
“No.” Lo tranquillizzò Shinichi, aprendo l’armadio per trarne una camicia nera.
Terminato il pranzo, Sakata se ne era andato e i quattro avevano preferito tornare nella loro stanza per avvisare Megure riguardo le novità.
“Sakata ci ha invitati ad una specie di spettacolo nella palestra qui affianco.”
“Quando si terrà?” si informò immediatamente Yuzo, al che Kudo rispose:
“Stasera, alle nove in punto. Avremo il tempo di cenare alle otto nella piscina e poi andare.”
“Molto bene. Mi raccomando, fatelo parlare…” la voce dell’omone sembrò più serena, ma Miyano si lasciò sfuggire:
“Sempre che abbia qualcosa da dire…”
Interrotta la comunicazione, Michiyo ovviamente non si fece scrupoli a farsi notare: “La tua amichetta è sempre cinica…”
La giovane rivolse al poliziotto uno sguardo enigmatico: “Io non sono l’amichetta di nessuno.”

§§§

Un rumoroso sbadiglio attirò l’attenzione degli spettatori accanto a loro, suscitando sussurri infastiditi.
“Ishimaru, per favore!” lo riprese Ran, avvicinandoglisi con il volto e nascondendo la bocca con una mano per evitare che gli altri le leggessero le labbra.
“Ma è così noioso!” si lagnò lui, con gli occhi ridotti a fessure. “Voi due come fate a sopportarlo così?” si rivolse poi a Shinichi e Shiho.
I quattro erano appoggiati con i gomiti alla ringhiera che divideva gli spalti dalla pista, dove si stava svolgendo la tanto famosa recita.
“Siamo qui per lavoro.” Gli ricordò Shinichi e la biondina aggiunse: “Se tenessi d’occhio meglio Sakata, noteresti che si sta avvicinando a noi…”
Infatti, Michiyo e Mouri si ritrovarono di fronte, dopo pochissimi istanti, alla faccia sorridente del signor Yuri; l’uomo li salutò cordialmente, poi si appoggiò accanto a Kudo.
“Allora? E’ di vostro gradimento?” si informò “Qui spesso lo mettiamo in scena, a me piace sempre molto rivederlo ogni volta…mi trasporta, mi distrae dai miei pensieri…”
“Che genere di pensieri?” chiese il poliziotto, affiancandosi all’uomo dall’altro lato.
“Mah, il lavoro: bisogna costantemente fare attenzione che le entrate superino le uscite, il personale sia corretto, tutti i locali ben puliti…non è facile gestire un agriturismo, credetemi!”
Neanche stavolta aveva detto niente di sospetto, nulla di strano.
“Ha sempre voluto occuparsi della gestione di un locale?” intervenne Shiho “Fin da piccolo, intendo…”
“Oh, no…!” esclamò l’uomo, sembrando sorpreso della domanda “Da bambino…eheh, mi sarebbe piaciuto fare il detective!”
I quattro ragazzi capitolarono.
“Il…detective?” si accertò di aver sentito bene Shinichi, udendo poi una risposta positiva.
“Un mestieri così infimo?” fece Michiyo, sfidando il giovane che poco prima aveva parlato; quest’ultimo rispose alla sua occhiata in modo altrettanto convincente, mentre Ran sentiva un moto di rabbia pervaderle lo stomaco.
“Anche mio padre…” gli sussurrò all’orecchio e lui le sorrise:
“Tra Kogoro e Kudo c’è una gran bella differenza, tesoro…”
“Perché confabulate?” li richiamò nel mezzo della conversazione Sakata “Forse il mio sogno era davvero strano…”
“E perché?” Shinichi gli sorrise “Cercare la giustizia è uno dei principi più nobili, secondo me…tutto sta nel riuscirci, però…”
aggiunse, abbassando lievemente lo sguardo.
-Cosa?- Ishimaru e Ran, contemporaneamente, lo scrutarono attentamente.
La risposta di Yuri, invece, fu solo un sorriso riconoscente.
Dunque, lo spettacolo andò avanti: esso narrava una tra le più famose avventure del già citato Moon’s Knight *, il cavaliere senza macchia né paura che agiva a scapito della criminalità del tempo.
-Ecco perché gli piace così tanto questo spettacolo…- aveva pensato Kudo –In fin dei conti, sia un detective che Moon’s Knight lottano per la giustizia…-
La rappresentazione prevedeva l’avventura che l’eroe della letteratura giapponese aveva affrontato contro gli spettri aleggianti in un piccolo paese di compagna, ai confini della città. Essi si mostravano agli uomini solo per spaventarli e compiere azioni poco dignitose: rompevano le bambole di porcellana della bimbe (oppure concedevano loro la parola terrorizzando le poverine), scheggiavano le brillanti spade dei giovincelli, infestavano i sogni degli adulti.
-Incredibile!- pensava Ran, prestando attenzione alla recita che proseguiva con ritmo incalzante.
“Chi sei, villano? Mostrati a me, orsù: non comportarti da vile!” recitò l’attore che impersonava il cavaliere, alzando con vigore la spada.
“Oh oh oh…davvero vuoi lottare, povero stolto, con una tra le più temibili di tutte le entità?” una voce riecheggiava sul palcoscenico senza che nessuno, oltre il protagonista, fosse presente.
-Avessi saputo di dover assistere ad uno spettacolo che tratta un argomento studiato a scuola!- ridacchiò tra sé e sé –Domani mattina, credo che avvertirò Richard…-
La recita si avviò al termine: Moon’s Knight riuscì, con grande astuzia ed ardore, a neutralizzare i dispetti malvagi degli spettri e, oltretutto, anche a scoprire il metodo per permettere loro di ricongiungersi con il mondo celestiale ed abbandonare quello terrestre.
“BRAVIII!” un urlo gigantesco si levò nella palestra non appena il sipario si richiuse sulla piattaforma rialzata ed anche uno scrosciante applauso si fece udire.
I quattro sotto copertura applaudirono a loro volta, accompagnati da uno Yuri entusiasta:
“Meraviglioso! Non trovate?”
“Oh, sì, indubbiamente!” gli rispose Ran, stanca di non intervenire mai nelle loro discussioni.
“Forse siete stanchi o vorrete stare un po’ da soli…” buttò lì l’uomo, continuando a battere le mani “Ma io ci provo lo stesso: posso offrirvi un caffè?”
“Volentieri!” acconsentì garbatamente il detective, mentre Michiyo alludeva maliziosamente alla prima frase pronunciata da Sakata: “Per stare insieme, abbiamo tutta la notte…” quindi, ammiccò alla giovane Mouri che, come un peperone, sfuggì il suo sguardo.

§§§
“Toglietemi una curiosità: come vi siete conosciuti?”
Il caffè lungo sorseggiato dal ragazzo più giovane finì quasi per farlo strozzare, udita quella domanda. Si girò verso Miyano, come per cercare sostegno o suggerimenti di qualsiasi genere; il suo sguardo di risposta valse più di mille parole.
“Sono stata io a cercarlo.” Iniziò a spiegare, rendendo felice non solo l’uomo ma anche l’altra finta coppia: dalla sera dell’inaugurazione, infatti, Ran e Ishimaru erano afflitti da quest’interrogativo; certamente, sapevano che erano colleghi e potevano quindi dedurre che si fossero conosciuti lavorando. Ma i dettagli, i risvolti…non erano a conoscenza di nulla e quella sarebbe stata una buonissima occasione.
“Nel mio ambiente era un tipo molto famoso…” gli sorrise maliziosa e lui ridacchiò divertito.
“…ed io avevo bisogno del suo aiuto. All’inizio non siamo andati molto d’accordo, ma con il passare del tempo…”
“Perché non andavate d’accordo?” domandò Yuri, aggrottando le sopracciglia e la giovane lasciò la parola a Kudo, dopo aver rivelato.
“I primi tempi, non credo di aver fatto una buona impressione su Shin-chan…”
Dunque gli sguardi si spostarono su di lui, un po’ in imbarazzo.
“Ehm…noi, noi avevamo idee un po’ diverse su alcune questioni del momento…e poi, ci conoscevamo così poco…”
“Succede sempre così!” decise di smorzare quel momento di disagio il signor Sakata “Tra quelli che sembrano non andare per niente d’accordo, sboccia l’amore!”
Tutti e quattro gli sorrisero e Shiho si aggrappò al braccio del detective come a suo tempo Ayumi spesso aveva fatto:
“Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei innamorata di questo montato fanatico!” esclamò, recitando alla perfezione.
Ran storse il naso.
“Sh-Shiho-chan…” borbottò lui, un gocciolone sulla testa.
“Ed i vostri genitori? Sono favorevoli alla vostra unione?” chiese ancora l’uomo, evidentemente molto curioso.
Miyano abbassò il capo, nascondendo gli occhi sotto l’ombra procurata dalla frangetta scompigliata dei capelli.
“Shiho e mia madre si sono incontrate una volta soltanto…andammo a vedere l’anteprima di un film al cinema, e credo che lei abbia un’ottima impressione.” Gli rispose, sorridendo e continuando la conversazione ancora per un po’.
“L’opinione dei genitori è importante!” ammonì loro il padrone del locale, al che Ishimaru ne ebbe fin sopra i capelli di essere ignorato.
“Giusto! Fortunatamente, il padre di Ran ed io andiamo molto d’accordo…presto la presenterò anche ai miei genitori, sono sicuro l’adoreranno subito!” quindi, avvolse i fianchi della ragazza con entrambe le braccia; proseguì dopo con falsa gentilezza:
“Non ci hai mai detto se i tuoi genitori hanno accettato il tuo ragazzo…” rivolto alla scienziata, che tacque.
“No?” insistette il poliziotto, ma Shinichi fu brusco:
“Mi dica signor Sakata, domani parteciperà anche lei alla scampagnata mattutina?”
“Ma certo! Voi no?” l’uomo buttò un piccolo bicchiere di plastica nel cestino dei rifiuti.
“Volentieri. Ci è sempre piaciuto passeggiare, non è vero?” si rivolse agli amici, chiudendo gli occhi gentilmente.
“Come no…” rispose in un borbottio seccato Michiyo.

§§§

“Buonasera a lei, signor Sakata…”
Sentirono la voce gentile di Shinichi attraverso gli apparecchi collegati alle microspie che tutti e quattro i giovani tenevano accesi addosso.
“Ma chiamatemi Yuri, non sono così vecchio!”
Anche la sua voce, nonostante fosse distante dalle due finte coppie, era ben udibile dall’agente Takagi e dall’ispettore Megure che, seduti nelle comode poltrone nell’ufficio di quest’ultimo, continuavano ad ascoltare tutto ciò che avveniva all’interno dell’agriturismo.
Sentirono delle risate, poi un rumore di chiavi ed una porta sbattere; attesero parecchio tempo, prima di tentare:
“Kudo, Michiyo!”
“Agli ordini!” rispose il poliziotto, il tono della voce alto: evidentemente, aveva avvicinato il microfono alla bocca.
“Il nostro uomo non…”
“Sì, lo sappiamo. Abbiamo ascoltato tutti i vostri discorsi, sembra essere più pulito dell’acqua…” lo interruppe Megure, seguito a ruota da Wataru:
“Abbiamo anche controllato la sua fedina penale, ma è praticamente inesistente. Il dieci Giugno dell’anno scorso è stato multato per aver superato il limite di velocità consentito nel quartiere di Haido-Choo…”
“Vicino a noi…” fece notare Kudo e Takagi annuì:
“L’ha pagata senza ritardi, pare stesse andando da una cugina che doveva partorire.”
“Comunque siete stati molto bravi, complimenti!” Megure riprese nuovamente parola in modo cordiale, un atteggiamento che poco gli si addiceva; tutti, però, sapevano il debole che lo legava al giovane detective figlio dello scrittore:
“Tu, Kudo, e la signorina Shiho poi…avete improvvisato perfettamente!”
“Non abbiamo improvvisato.” Replicò lei, il tono della voce più atono del solito.
“Come?” Wataru parve incredulo e non seppe che quella era la stessa reazione di Ran e Ishimaru poiché non poteva vederli.
“Tutto ciò che abbiamo detto era vero.” Spiegò meglio lei, sostenuta da Kudo:
“L’unica bugia era il finale: io e Miyano non stiamo insieme…”
“Oh…capisco…” fece Yuzo, ma non sembrava convinto del tutto.
“Ora mi scusi, ma sono davvero stanca. Io vi saluto, ispettore ed agente…”
I due si affrettarono ad augurarle una buonanotte, poi, prima che anche gli altri tre riponessero le cimici nel cassetto, si raccomandarono:
“Domani, durante quella scampagnata, vedete se riuscite a scoprire qualcosa di più interessante!”
Chiusa la comunicazione, i due colleghi si guardarono con gli occhi spalancati e le bocche aperte:
“La signorina Shiho ha cercato Kudo perché aveva bisogno di lui…” ripetè incredulo Takagi.
“…è andata con Yukiko a vedere l’anteprima di un film?” finì per lui Megure, ancor più sorpreso.
Ovviamente loro, del fatto che Miyano si fosse recata presso Shinichi per la similarità tra le loro situazioni e che il ragazzo l’avesse dapprima considerata causa del suo rimpicciolimento, ne erano totalmente ignari.

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* Moon’s Knight: Argomento di studio per Ran e Richard nel capitolo VII.

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Note Dell’Autrice:
Come ho la faccia tosta di ripresentarmi dopo tutto questo tempo?
Me lo chiedo anche io! XD
Al rientro dalle vacanze, a Settembre, sono stata catapultata in non so quanti impegni, doveri e lavori da terminare, non riuscendo a inserire i tag e postare…spero di cuore che tutta questa attesa non vi abbia fatto perdere interesse o voglia di leggere!
Passo direttamente ai commenti, sperando di riceverne tanti altri!

MelanyHolland:
Ciao! In primis, ti ringrazio moltissimo per il commento. A suo tempo, lessi A Very Important Gift anche se la fic che mi piacque di più fu senza dubbio La Promessa Di Shinichi, quindi ricevere dei complimenti proprio da te mi rende davvero lieta!
Sapere che i personaggi escono fuori in un modo idoneo mi tranquillizza poiché per me la loro caratterizzazione è senza dubbio l’elemento più difficile in assoluto; d’altro canto, mi fa piacere essere riuscita a inventare di sana pianta dei personaggi che non risultano irreali o poco credibili, in modo particolare Ishimaru: sì, anche io che ne sono la ‘mamma’ non lo sopporto, perciò mi immagino quali sentimenti può suscitare nei lettori XD
Mi scuso per la lunga attesa, purtroppo tra le vacanze troppo rilassanti e il rientro troppo indaffarato non ho fatto in tempo a postare prima. Spero tanto di poter rispondere ancora a un tuo commento, un saluto!!

Shiho93:
Ciao! No, non l’ho dimenticato affatto…semplicemente, nè Shinichi né (forse) Shiho, quale sia la durata dell’antidoto. Ciao e alla prossima!!

Feferica:
Salve! Come hai potuto notare, anche io sono stata fuori XD Perciò non credo tu ti sia persa dei capitoli…sono contenta ti siano piaciuti gli ultimi due, spero che valga la stessa cosa anche per questo! ^^ Bye bye =D

Shadow:
Mia deaaaaaaa caaaaarrrrrraaaaaa XDD
Non parlarmi più della Tokyo Tower, mi scompiscio dalle risate ogni volta che ci ripenso XA Soprattutto poi perché mi sovviene in testa anche la macchina vista nel museo delle torture…*devil* Mi sa che uno spin off non glielo leva nessuno a quello ah ah XD Come al solito grazie per i commenti positivi, mi fa davvero piacere ^-^ Ciau ciau Shaddy-Skun ^.^

Solarial :
Mi riferisco al numero plurale poiché intendo rivolgermi all’intero sito di criticoni.net, che ringrazio di cuore, anche se non può certo mancare una citazione a Solarial, che ha utilizzato il suo account per lasciare il commento e ad Akemi-chan che si è occupata della recensione stessa. Ho cercato di rendere ogni dettaglio della storia realistica, tanto che appunto, Conan non accede facilmente alle scene del delitto e che Ishimaru utilizza come perno principale la sua ingenuità di bambino. D’altro canto, ho anche tentato di essere originale in alcuni tratti, ad esempio il vostro citato appuntamento tra Ran ed i compagni di scuola. Questo, probabilmente, per compensare al più grande difetto della storia, un errore che mi pento di aver commesso: il caso già usato da Gosho. Certamente tutto ciò è una grande mancanza della mia fic, ma quando ho iniziato a scrivere questa storia ero piuttosto preoccupata per la trama reggente ed ho preferito andare sul sicuro utilizzandone una già accettata e sicuramente fattibile. Mi rendo conto del danno, pertanto cercherò di migliorare differenziando il più possibile la procedura ed infine, l’esito dell’indagine. Ringrazio ancora molto per il commento.

Per riassumere, GRAZIE DI CUORE A TUTTI!
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento ^-^
Vi lascio, ma conto di aggiornare presto (ehmehm) !
Un bacione
XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 18
*** Il Secondo Giorno ***


Capitolo Diciassette

Il Secondo Giorno

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Che freddo!” gemette il poliziotto sprofondando le mani nelle tasche della felpona blu notte.
“Grazie!” ironizzò il detective aggiustandosi il berretto di lana che aveva sulla testa “Sono le sei e mezza del mattino!!”
I quattro ragazzi sotto copertura infatti, avevano deciso di partecipare all’escursione mattutina organizzata dall’agriturismo alla volta della flora e della fauna caratteristica del luogo, credendo di incontrare anche Sakata; l’uomo, però, aveva evidentemente avuto un contrattempo perché non si era presentato e a loro non era rimasto che porgere qualche domanda agli altri partecipanti per venire a conoscenza di qualche voce di corridoio.
“Farebbe freddo comunque, detective dei miei stivali!” lo rimbeccò Michiyo, storcendo la bocca malignamente.
Kudo fece per rispondere, al colmo della sopportazione: per tutta la serata precedente e quel poco della mattinata, l’agente di polizia non aveva fatto altro che ronzare intorno alla bella Mouri, a rivolgersi nei suoi confronti con frasi a doppio senso e lanciarle occhiatine maliziose ed eloquenti. Tutta questa visione, ai suoi occhi, era a dir poco disgustosa: non era mai stato un tipo molto romantico, che pronunciava frasi ad effetto e largamente ricercate alla ragazza amata ed odiava che a farlo, in quel momento, fosse proprio Michiyo.
“Smettila, Ishimaru…” lo riprese la moretta, interrompendo sul nascere la risposta di Shinichi; sul suo volto, una striscia di lieve rossore si era fatto largo non appena aveva attirato l’attenzione su di sé: trascorrere così tanto tempo con il detective la metteva terribilmente a disagio. Non sapeva come lui la pensasse ma le risuonavano continuamente in testa le offese assurde dello spogliatoio e rivedeva senza sosta i suoi sguardi schivi e incomprensibili.
Sapere che ogni movimento ed ogni singola parola poteva passare per la sua rigida attenzione non migliorava affatto la situazione!
Per non parlare dei due fattori esterni: Ishimaru e Shiho.
Il primo continuava a comportarsi come aveva sempre fatto, ma lei non sapeva mai come reagire: accettare o meno la sua corte?
La seconda, la bella dottoressa, se ne vergognava ma la intimoriva: con quello sguardo e quel tono di voce atoni, sembrava ritenere abbastanza degno della sua attenzione soltanto Shinichi; in più, spesse volte aveva incrociato il suo sguardo e lei si era girata di scatto, proprio come il ragazzo aveva fatto da quando era tornato. Un dubbio terribile, perciò, continuava ad insinuarsi nella sua mente, ma lei lo cacciava.
“E poi, a me non dispiace! E’ bello poter passeggiare tra la natura!” esclamò, fingendosi allegra.
“Molto bene, allora per te farò questo sacrificio, amor mio!” recitò melodrammatico lui, afferrandola da dietro ed abbracciandola completamente. Lei rimase interdetta, sentendo una risata provenire alla sua sinistra:
”Che bello! Siete una coppietta alle prime armi, non è vero?”
Voltandosi, si ritrovarono entrambi di fronte agli occhi simpatici di una donna sulla trentina: capelli neri molto ricci raccolti in una coda, vestiti pesanti e poco eleganti.
“Si vede che sono cotto, non è vero?” rispose sottoforma di domanda il castano, spettinandosi i capelli in corrispondenza della nuca.
Kudo si girò dando loro le spalle, cercando di non udire il seguito della conversazione alla quale si era aggiunta anche un’altra ragazza, probabilmente un’amica della nera.
Oltrepassò una radice che aveva sormontato il terreno scuro, poi si abbassò per non sbattere la testa contro un ramo basso e privo di foglie o fiori.
“Tu conosci la vegetazione di qui?” chiese poi a Miyano, che era stata in silenzio dal momento in cui si era alzata; indosso aveva una minigonna nera con della calze bianche molto pesanti ed un giacchetto lungo fino alle ginocchia ben allacciato.
Lei scosse la testa, non emettendo un solo fiato. Continuando a reggersi le mani dietro la schiena, schivò prontamente le spine pericolose di un cespuglio basso, puntando lo sguardo dritto di fronte a sè.
“Sei di buon umore, stamattina…” fece Shinichi, riducendo gli occhi a due fessure ma, di nuovo, non ebbe risposta.
“Bene, possiamo fermarci qui per riposarci un momento.” Consentì la signorina che guidava la scampagnata, una bella ragazza sui vent’anni e dai capelli a caschetto.
Il gruppo composto da una dozzina di persone arrestò il passo, scorgendo poco distante un torrente d’acqua limpida e pulita.
“Dev’essere gelato…” commentò Ishimaru, posizionato un braccio intorno alle spalle della sua finta fidanzata.
“Ed io che avevo sete…” si lamentò lei, inumidendosi le labbra con la lingua.
“La temperatura non è diversa da quella esterna, alla tua bocca quell’acqua non risulta tanto fredda.” Le disse Shinichi, giunto al sua fianco senza che lei se ne fosse accorta.
“Vero, Shiho?” chiese conferma dopo, ma la biondina annuì solamente.
“No-non lo sapevo…grazie…!” balbettò lei, mentre un giovane uomo si interessava alla discussione:
“Non è la prima acuta osservazione che esponi, questa.” Disse al detective, avvicinandoglisi con un gentile quanto compiaciuto sorriso dipinto sulle labbra. Come risposta, Shinichi ricambiò cortesemente il sorriso e strinse la mano che l’uomo gli stava porgendo:
“Piacere, Tom McRay.”
“Oh, lei è…” stava per dire, ma Michiyo si interpose tra loro ed esclamò contento:
“Oh, tu sei il giornalista che aveva scritto quell’articolo su di m…”
“Su Michiyo! Il poliziotto…” riprese di nuovo parola Kudo, fulminandolo con lo sguardo; dunque, Ishimaru si morse la lingua, voltando il volto dalla parte opposta: aveva rischiato di mandare a monte la copertura…
“Yes, of course!” assicurò il giornalista, senza darsi delle arie come invece avrebbe fatto, se riconosciuto in una folla, Michiyo.
“Oh, me ne ricordo!” intervenne anche la donna che poco prima si era complimentata con il poliziotto e Ran “Lei è il giornalista che si traveste per intromettersi nella vita degli altri…”
L’accusato rise leggermente, per poi proclamare: “I don’t meddle, I work.*”
“Cosa ci fa qui?” gli domandò l’amica della donna, diffidente.
“Voglio scrivere un articolo su quest’agriturismo e sul suo proprietario, il signor Yuri Sakata.” Rivelò, incrociando le braccia. Shinichi assottigliò gli occhi: era un’occasione perfetta!
In seguito spalleggiato da Michiyo, il giovane iniziò a buttare qua e là alcune domande sul sospettato, sperando di scoprire qualcosa; eppure non una diceria, non un pettegolezzo, non una critica: Yuri pareva essere puro e candido come un neonato.

§§§

“Ho l’impressione che stare qui sia solo una perdita di tempo…” brontolò Ishimaru, appoggiando le spalle contro lo schienale imbottito della sedia.
Terminata la scampagnata, l’allegro gruppo si era sciolto, dipanandosi in diverse aree del luogo e del locale; Ishimaru, Shinichi, Ran e Shiho avevano preso posto sulle sedie e sulle poltrone poste di fronte al camino acceso.
“La tua traccia è sbagliata, Kudo.” Sentenziò con orgoglio, gloria, enfasi…e immensa soddisfazione.
“Bene, siamo pari allora.” Gli ricordò con tono aspro.
“Non ci sperare.” Affermò, sollevando un pugno in aria con fare deciso “Io scoprirò la verità e sbatterò in prigione quel maledetto!”
“Ed io mi farò suora.” Borbottò Kudo, al che subito il poliziotto gli ordinò di ripetere.
“Niente niente…” fece spallucce, volgendo lo sguardo da tutt’altra parte e non notando così il sorriso che increspava le labbra di Ran; si accorse però che Miyano, a braccia conserte, era pensierosa. Poteva immaginare cosa le frullasse per la testa, riusciva a comprendere il suo dolore: il destino con lei era stato malvagio, le aveva negato una vita comune, strappandola dai suoi genitori in tenera età e da sua sorella quando era soltanto un’adolescente. Il suo passato, il turbinio di sentimenti che provava ogni qualvolta riattraversava con la mente le fasi della sua vita, l’avevano buttata a terra, spingendola addirittura a desiderare la morte, come aveva dimostrato il giorno del dirottamento dell’autobus. Tuttavia, affiancata da un uomo che le voleva molto bene, da amici che seppur ignari delle sue vicende l’avevano trattata con affetto e da un ragazzo che, con il tempo, aveva riposto in lei la sua fiducia, si era risollevata e aveva compreso che la vita poteva, quando meno te l’aspetti, tenere in serbo delle meravigliose sorprese.
Tutto questo, le certezze che avevo raggiunto nel lungo tempo trascorso nella villa di Agasa era svanito in un lampo, sentiti nominare Elena e Atsushi da Sakata che, ovviamente inconsapevole di tutto, aveva chiesto cosa ne pensassero i genitori circa la loro relazione. Pertanto la ragazza era nuovamente caduta dal ciglio del burrone e sembrava cercasse il sole dalle tenebre.
Shinichi si morse un labbro, non sapendo cosa fare.
“Ehy, perché non vai a fare qualche altra domanda in giro? Magari è la volta buona che…” provò, ma il tentativo fu vano:
“Sognatelo.” lo interruppe l’agente di polizia con gli occhi ridotti a fessure. “Non sperare di recuperare, hai sbagliato, Kudo. Punto e basta.”
Il giovane non si diede per vinto: “Dici di essere tanto bravo, dimostralo. Da solo con la tua Ran potrai riuscire a sbottonare qualcuno, non credi?”
L’interpellata si irrigidì, il poliziotto scoppiò a ridere: “Usi la psicologia inversa, detective? Non so perché tu ci tenga così tanto, ma io non andrò da nessuna parte e neanche la mia…” ripetè le sue parole “…Ran si muoverà da qui.”
Shinichi dunque non rispose, sospirando: prova fallita. Quindi, avrebbe dovuto parlarle di fronte a loro…pazienza, di certo non poteva rimandare ancora.
Decise di fare un ultimo tentativo su una diversa strategia: “Proviamo io e te?” rivolgendosi a Shiho, che però scosse il capo, senza dire nulla per l’ennesima volta.
“Lascia perdereeee…” cantilenò il poliziotto, con sorriso beffardo.
-E va bene…- Il detective si accorse di non avere altra scelta.
“Sai, Miyano…” cominciò, gettandosi indietro contro il cuscino verde della poltrona comoda “Non sento mia madre dai tempi dell’Halloween Party, più o meno. E mio padre…beh, non so neanche se sappia quali eventi concernono l’Halloween Party…!”
Ishimaru aggrottò la fronte, non esitando ad attaccare: “E questo cos’accidenti c’entra? Come te ne esci, detective?”
Mouri, invece, spalancò gli occhi, interessandosi a tutt’altra questione: -Shinichi sa di quella festa? Il Dottor Agasa mi aveva detto che nella sua cassetta della posta l’invito non c’era…-
Shiho non sollevò neanche lo sguardo per fargli capire che lo stava ascoltando; sembrava completamente disinteressata, ma questo a Kudo non importò:
“Non sono mai neanche stati molto presenti, appena ho compiuto quattordici anni hanno lasciato Tokyo per trasferirsi a Los Angeles. Da quel momento, di me ha avuto cura il professor Agasa.”
Nessuna reazione.
“Ogni tanto, anche se non lo dicevo, lo capiva che…” sospirò, seccato di dover rivelare una cosa del genere in presenza di Michiyo “Mi scoccia ammetterlo, ma…DOC capiva che i miei mi mancavano e parecchio.”
Solo a quel punto la ragazza gli rivolse attenzione, alzando gli occhi per scorgere i suoi leggermente nascosti dalla frangette nera.
“Perlomeno i primi tempi.” Si riprese subito e Shiho, impercettibilmente, sorrise.
“E quando se ne accorgeva, mi ripeteva che anche se poteva apparirmi sciocco, mio padre e mia madre mi erano vicini se io ne avevo bisogno. Era necessario pensarli, ricordare i momenti passati insieme…non gliel’ho mai raccontato, ma seguii il suo consiglio e mi sentii meglio, molto meglio.” Fece una piccola pausa, per poi riprendere:
“Allo stesso modo…”
“Smettila, chiuditi la bocca.” Lo interruppe con tono scontroso la scienziata, guardandolo negli occhi con un’espressione indecifrabile.
Il detective rimase di sasso ed anche Ran, seppur mista alla sorpresa anche l’ira iniziava ad avvolgerla nelle sue spire; dal canto suo, Ishimaru ridacchiò.
Kudo cercò di riassumere all’istante un’espressione pacata, aggiustandosi leggermente sulla poltrona morbida.
“Io non volevo di certo…”
“Non so cosa non volevi.” Fece lei, seria. “Ma so cosa volevi.”
Letta la muta richiesta negli occhi del ragazzo, Miyano proseguì:
“Volevi rimanere da solo con me. Volevi dirmi queste sciocchezze, perché, cosa pensi? Che davvero creda a queste storielle? A te che ti disperi per l’assenza dei tuoi, ad Agasa che ti scopre in lacrime e che, dettoti una frase ad effetto, tu ti comporti da smielato e tutto passa? So che non è vero, tu stai mentendo.”
Ishimaru e Ran ammutolirono, spostando lo sguardo sul detective ed attendendo curiosi una risposta che però non arrivò; lui infatti si limitò ad abbassare lo sguardo, senza vedere il lieve sorriso comparso sul viso della bionda-castana.
“Non l’hai ancora capito che non mi piace ringraziarti?”
Shinichi alzò lo sguardo, preso alla sprovvista e la giovane continuò:
“Cercherò di pensare a mia madre e mio padre, a ciò che mi hanno lasciato attraverso quelle audiocassette.” Promise, dimentica della presenza di Ishimaru e Ran insieme a loro. Non poteva farci nulla, vedere Kudo che si sforzava così tanto per tirarla su di morale dopo quella chiacchierata, la sera precedente, con Sakata l’aveva…quasi commossa; non era un tipo romantico e smielato, ma sapeva essere molto sensibile, se ne era resa conto con il tempo.
“Però…” abbassò il tono della voce già poco udibile “…tu mi darai una mano, vero?”
Puntò i suoi occhi nei suoi e lui, con la bocca leggermente aperta, arrossì lievemente annuendo.
“Non presti attenzione, se sei triste.” Mentì, incrociando le braccia dietro la nuca e distogliendo lo sguardo; la ragazza continuò a sorridere, ma presto si ricordò forzatamente di non essere da sola con Kudo, infatti:
“Tu ci hai capito qualcosa, Ran-chan?” Michiyo attirò l’attenzione su di sé, facendo avvampare sia la sua finta fidanzata che il detective, anche lui dimentico della loro imbarazzante presenza.
“Io soltanto che Kudo voleva rimanere solo con la ragazza e che, poverino, per colpa nostra non c’è riuscito.” Proseguì, sghignazzante “Accidenti, ci siamo anche noi: non possono darsi il bacio per chiudere questa romantica conversazione.”
Kudo avvampò ancora di più, per poi boccheggiare come un pesce fuor d’acqua, mentre Shiho – meno incapace in quel particolare campo- aggrottò la fronte:
“Prego?”
“Cosa volete nascondere? La performance in moto, gli sguardi che vi lanciate in continuazione…ed ora questo. Ovvio che siate…che tra voi ci sia feeling…” alluse, malevolo.
Il piano elaborato in quei giorni che precedevano la missione aveva occupata la maggior parte del suo tempo, ma ne era valsa la pena perché era praticamente perfetto: se avesse convinto Ran che il caro Kudo nutriva uno speciale interesse per la sua collega – o che addirittura intrattenesse con lei una segreta relazione- la ragazza sarebbe diventata automaticamente sua. Infatti, nonostante il suo atteggiamento scontroso e maleducato, la karateka continuava a riservargli sguardi sdolcinati e sognanti e tutto quello avrebbe potuto sfociare, in seguito, in un epilogo pericoloso. Molto pericoloso. Meglio lavorarsi la situazione fin da subito, fare in modo che la figlia del detective Kogoro se lo togliesse al più presto dalla testa, che lo dimenticasse una volta per tutte. In questo modo, sarebbe andato più sul sicuro.
Con questi pensieri in mente ed arrivando a lodarsi da solo per la magnifica idea, Michiyo non si accorse che, appena finito di pronunciare quella frase, aveva ucciso la ragazza che tanto diceva di amare.

§§§

-E’ vero. Quel giornalista ha scritto un articolo su Michiyo, il professor Agasa me lo mostrò quando ancora rivestivo i panni di Conan Edogawa…- ricordò Shinichi, portandosi le braccia dietro alla nuca.
Dopo quella parentesi che aveva visto Michiyo intraprendere strani quanto imbarazzanti discorsi – Shinichi dubitava alquanto non vi fosse un doppio fine in quell’atteggiamento, ma preferiva, almeno per il momento, ignorare e proseguire con l’indagine- i giovani avevano parlato con Megure, che aveva stabilito l’operazione: la giornata era velocemente passata e la cristallina vita di Sakata non era stata dunque per niente attaccata. Di conseguenza, il giorno dopo avrebbero dovuto cercare qualcosa, ma se niente fosse uscito fuori dopo due giorni se ne sarebbero andati e, seppur continuando a tenere d’occhio Sakata come già facevano con Yashizawa, avrebbero cambiato pista.
In quel momento, i due ragazzi e le due ragazze erano sotto le coperte al calduccio ed in particolare Shinichi rifletteva sui movimenti del giornalista americano che aveva studiato per tutto il giorno nei momenti in cui la sua mente non era concentrata su Yuri.
Il detective sprofondò la testa tra le braccia, corrugando la fronte.

INIZIO FLASHBACK

“Michiyo Ishimaru.” rispose Conan, guardandolo attraverso le lenti non graduate degli occhiali.
Il professore riflettè per qualche istante, poi affermò: “Sì, mi pare di averlo sentito! Nei telegiornali si parla spesso di lui, ed anche sulle riviste ho visto sovente la sua foto.”
Si diresse verso il tavolino circolare nel mezzo del salone, aprì un cassetto e ne trasse fuori alcune pagine di giornale.
“…Ma l’articolo più importante che gli è stato dedicato è sicuramente questo; è scritto da un famoso giornalista di origini americane, Tom McRay, che pare ficcanasare abitualmente in questo settore. Non è raro che si sia infilato, sotto copertura, nella vita di qualche carabiniere, o magari avvocato.”
Detto questo, porse al moretto i giornali; lui li aprì con gli occhi ridotti a fessure, mostrandosi indifferente, quando in realtà provava una strana sensazione all’altezza dello stomaco che non gli piaceva affatto. Aveva l’impressione che, di lì a poco, quell’impiccione gli avrebbe procurato seri guai.
“ News! Ennesimo caso risolto dal brillante Ishimaru Michiyo, poliziotto ventenne praticante nel distretto di Beika. Il delitto commesso nel quartiere di Haido-Choo, in condizioni apparentemente misteriose, è stato risolto in brevissimo tempo dal ragazzo identificato come «Il raggio di luce sulla polizia giapponese»; soprannome azzeccato per colui che, con la sua luminosità, abbaglia tutte le donne!” lesse a voce alta Conan, burlandosi dell’opinione che, ahimè, quasi tutti avevano di lui.

FINE FLASHBACK

“Kudo, maledizione! Sposta quella gamba, mi dai fastidio!” Ishimaru lo distrasse dai suoi pensieri, parlandogli nel buio.
“Se non stai comodo, puoi sempre dormire per terra…”
“Io avrei un’altra soluzione: dormi con la tua stella, io con la mia!” propose Ishimaru, facendo gelare il sangue nelle vene a Ran.
“Buonanotte, poliziotto.” Tagliò corto Shinichi, non rispondendo più alle sue lamentele.
Tranquillizzata, la moretta si girò su un fianco, scoprendo che anche Miyano aveva fatto lo stesso e le stava quindi dando le spalle; osservandola per un po’, non potè fare a meno di essere catturata, per l’ennesima volta, da quei pensieri…
-Persino Ishimaru l’ha notato, anche se meno discretamente di me. Credevo di essere troppo coinvolta per esporre giudizi esatti, ma a quanto pare ero soltanto troppo coinvolta per ammettere che i miei giudizi fossero esatti…tra Shinichi e questa ragazza potrebbe esserci una relazione! Stamattina nel bosco, lui le chiedeva conferma riguardo qualsiasi cosa dicesse; non si comporterebbe così con una persona qualsiasi…E poi il discorso strano di questa mattina…l’Halloween Party! Perché intorno a lui c’è un alone di mistero? Cos’è successo in tutto questo tempo??-
Cercò di bloccarla, ma una furtiva lacrima le rigò il volto freddo e pallido per la sofferenza.
-Perché? Perché? Voglio dimenticarlo, voglio smetterla di soffrire così…-
E tra questi pensieri terribili, si addormentò.

-Cos’è questo caldo? Hanno alzato la temperatura dei riscaldamenti?- pensò, stringendo forzatamente gli occhi con la volontà di non aprirli. Si passò una mano sul volto, scoprendolo perfettamente asciutto.
-Se è così caldo, perché non sudo?- si chiese mentalmente, poggiandosi le mani sui fianchi in cerca della coperta. Afferrati i due lembi di lana, tentò di scoprirsi ma non vi riuscì; come se vi fosse una barriera, infatti, il lenzuolo pesante era rimasto bloccato a mezz’aria. Dunque, Ran si convinse con grande fatica ad aprire gli occhi per capire dove fosse il problema, ma sarebbe stato molto meglio non l’avesse fatto: seduta a cavalcioni sulla sua pancia, infatti, una sagoma che al buio assomigliava ad una fantasma completamente nero. Presa dal panico fece per urlare, ma l’apparente spirito se ne accorse e la precedette, posandole rapidamente una mano sulla bocca.
-Oh mio Dio! Chi è? Cosa vuole da me?- non potè fare a meno di chiedersi, cingendo con entrambi le mani il polso dell’aggressore nel vano tentativo di liberarsi il volto.
Resasi conto dell’impossibilità di riuscirci, prese a dimenarsi ma le gambe della sagoma la tenevano talmente stretta da permetterle solamente di muovere braccia e capo; nella foga della reazione, urtò con la mano la lampada stile antico posta sul comodino affianco al suo letto e questa cadde a terra con un tonfo, rompendosi in mille pezzi.
A quel punto, la presa dello strano e misterioso essere si indebolì e le sue mani si precipitarono verso il suo collo alla velocità della luce.
-Oh, no!- gemette silenziosamente Ran, serrando gli occhi e voltando il capo a destra.
Attese per istanti simili ad ore il duro e ruvido contatto delle pericolose mani della figura sul collo, ma si ritrovò totalmente circondata da due braccia che potè riconoscere come calde e muscolose.
-Cosa vuole fare?- impazzì dalla paura, ma un grido violento di Miyano la capacitò dell’accaduto:
“KUDO!”
Aprì immediatamente gli occhi, scoprendo che il suo mento era appoggiato sulla spalla del giovane detective!
Shinichi infatti, probabilmente destatosi per il rumore dei cocci infranti sul pavimento, si era buttato su di lei, frapponendosi così tra i due corpi in lotta; accovacciato sul suo corpo, riusciva a proteggerla interamente dai colpi sferrati dal temibile aggressore.
Ran non poteva ben vedere cosa stesse avvenendo, ma il grido spaventato di Shiho l’aveva terrorizzata; certamente aveva paura per sé, ma il pensiero che Shinichi potesse farsi male la struggeva!
Sentì le mani del giovane sulla sua schiena stringerle la stoffa del pigiama sempre di più e, nonostante fosse un momento drammatico e pericoloso, si sentì sicura: lo stretto abbraccio del detective la rapì per alcuni secondi dalla realtà, conducendola in una dimensione di serenità e calore. Quasi automaticamente, perciò, si strinse stretta al suo corpo, premendo con forza il seno sul petto di lui e desiderando percepire il contatto tra le loro spalle, tra le loro pance.
“Shi…Shinichi…” sussurrò, serrando gli occhi con l’intenzione di non aprirli mai più.
Un lampo di luce, per un solo istante, infranse le tenebre che invadevano la stanza, poi tutto fu di nuovo celato dall’oscurità. Diversi istanti dopo, ecco che nuovamente il lampadario posto al centro del soffitto rischiarò definitivamente la stanza.
“Ma cos’è questa confusione?” Ishimaru, ritto accanto all’interruttore della luce si passò una mano sulla faccia, cercando di capacitarsi degli eventi.
Immediatamente allora, colto alla sprovvista per ben due volte, l’aggressore saltò giù dal letto, corse verso la finestra, aprì le persiane e saltò giù dal balcone.
“E quello chi era?” domandò Michiyo correndogli dietro ed appoggiando le mani sul davanzale per poi flettere le braccia e cercare la sagoma con lo sguardo: a destra la pineta recintata con il percorso per i cavalli, a sinistra il ponte che collegava l’edificio al bosco dove la mattina precedente si era svolta l’escursione; nessuno dei due luoghi ospitava o nascondeva alcuna figura, probabilmente rapidamente scappata oltre la visione che il balcone offriva al piano terra.
Michiyo digrignò i denti, ma presto un altro pensiero gli invase la mente: aveva visto bene? Quel detective alle prime armi stava abbracciando Ran?
Dandosi una spinta sulle braccia si affrettò a rientrare nella sala, scorgendo la ragazza seduta al bordo del letto con accanto il detective, a cui piedi era inginocchiata la bionda.
“Che storia è questa?!” tuonò furibondo, afferrando Shinichi per il lembi della maglia scura e sollevando di forza dal letto.
“Non lo vedi con i tuoi occhi? Oppure sei troppo occupato a dormire?” sottolineò con il tono della voce l’ultima parola, ricambiando il suo sguardo torvo.
“Ishimaru, mettilo giù! Mi ha salvato la…” Ran lo afferrò per il braccio, tirandolo a sé, ma questo causò soltanto un’altra brusca reazione del poliziotto, che con uno spintone la fece ricadere sul letto:
“Non difenderlo! Voglio sapere cosa ci faceva avvinghiato a te mentre io dormivo!” ringhiò, scuotendolo.
“Mentre tu dormivi quell’ombra che è fuggita è entrata qui ed ha aggredito Mouri. Non so chi tra i due, ma qualcuno deve aver rotto l’abat-jour che cadendo a terra ha svegliato sia me che Kudo; io non sono riuscita a fare nulla, ma lui sì…lui ha protetto lei dall’aggressore.” Spiegò con fin troppa calma Miyano, affiancandosi all’agente di polizia.
“Ora sarai così gentile da lasciarmi?” gli chiese Kudo, mentre ancora Ishimaru batteva gli occhi perplesso.
Aprendo senza preavviso le mani fece ricadere il detective sul letto e subito la karateka gli si affiancò, posandogli una mano sulla spalla; Kudo si voltò per guardarla con gli occhi fiammeggianti e lei immediatamente interruppe quel contatto.
“Grazie…mi hai, mi hai salvato, Shinichi!” non si risparmiò.
“…Chiamami Kudo.” Non esitò a replicare, ferendola come neanche le mani di quella strana figura sarebbero riuscite a fare.
“Bene, è evidente che qui c’è qualcuno che non ha le idee molto chiare.” Mugugnò Michiyo, posandosi le mani sui fianchi “Più di uno…” aggiunse, lanciando uno sguardo a Kudo.
“Tu, comunque, stai bene?” aggiunse infine.
Debolmente, Ran annuì.
“E tu?” aggiunse Shiho rivolgendosi a Shinichi, che imitò i movimenti della ragazza mora.
“Eppure ti ha colpito…” insistette, ma lui spiegò:
“Non aveva armi, usava soltanto le mani. E non mi ha fatto niente di male, sono soltanto un po’ indolenzito.” Quindi mosse il capo cercando di avvicinarlo alla spalla, generando così un lieve scricchiolio.
-E’ vero…per quanto la sua stretta fosse forte, non mi ha procurato dolore…era soltanto ben salda…- riflettè Ran.
“Bene, visto che nessuno è morto…” attirò su di sé l’attenzione Ishimaru “Bisognerà immediatamente fare qualche domanda in giro.” E si avviò alla porta.
Quando già aveva la mano tesa per afferrare la maniglia, sentì una voce bloccarlo:
“Non dimenticarti che stiamo lavorando sotto copertura.” Era Shinichi, ovviamente. “Per prima cosa, sarà meglio allertare l’ispettore Megure.” Aggiunse in seguito, ottenendo appoggio da entrambe le ragazze.
“Inoltre…non hai visto quel messaggio?”
Soltanto allora il castano notò sul pavimento un fogliettino di carta stropicciato; inchinandosi, lo raccolse e ne lesse stupito il contenuto ad alta voce:
“Sono il più temibile tra i nemici di Moon’s Knight, uno spettro indispettito ed arrabbiato. Non intromettetevi negli affari che non vi riguardano, umani, o non avrete salva la vita???”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
*I don’t meddle, I work: Io non mi intrometto, io lavoro.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:
Ma saaaaalve Visto che l’attesa non è stata tanto lunga? *angel*
Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ve ne pare?
Ditemi la verità: prima che descrivessi l’aggressore, avete pensato che addosso a Ran ci fosse Ishimaru bramoso di una nottata infuocata eh?* stradevil* Ahah, almeno la mia intenzione era questa ^^”
Oh, volevo precisare il discorso tra Shin e Shiho: nel capitolo precedente, Sakata chiedeva ai due giovani cosa i genitori ne pensassero circa il loro rapporto. Ho dato per scontato, dunque, che Miyano si intristisse per il ricordare che il destino non le ha concesso una vita normale, strappandola dai genitori in tenera età. Spero di essere stata abbastanza chiara e di non aver commesso errori ma soprattutto, di non aver reso i personaggi OOC (soprattutto Shiho!)!
Passiamo ora ai gentilissimi commentatori *________*

Feferica:
Ciao! Eheh, ammetto che anche io ho riletto alcuni dettagli che avevo perso di mente e sono andata a consultare gli appunti prima di rimettermi a scrivere i capitoli nuovi xD
Sono contenta del tuo giudizio, e vedrai che presto le tue curiosità ShinxRan saranno soddisfatte ;D
Un bacione, a prestissimo!

Shiho93:
Ciao! Mi fa piacere ti sia piaciuto ^^ Spero sia lo stesso anche con questo…ciao, alla prossima!

Molto bene, con questo concludo! Un bacione grosso grosso e grazie mille di cuore! ^O^
Al diciottesimo capitolo =)
XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 19
*** A Che Gioco Stai Giocando, Kudo? ***


Capitolo Diciotto

A Che Gioco Stai Giocando, Kudo?

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Molto bene. Dunque nessuno di voi, a parte i quattro ragazzi della stanza 530, ha un alibi.”
Esordì con voce sicura l’agente di polizia donna, scribacchiando qualcosa su un blocchetto rosa confetto.
Juzo Megure aveva preferito che i suoi ‘uomini’ si comportassero in tutto e per tutto come due normalissime coppie e che, pertanto, chiamassero la polizia locale per avviare un’indagine; certamente Ishimaru e Shinichi avrebbero dovuto porre un’attenzione particolare a quello strano incidente, ma senza farsi accorgere o mettersi al centro dell’attenzione. E questo ad Ishimaru, il quale contrariamente a Shinichi non era abituato a fingersi un bambino di sei anni che ha soltanto delle accidentali illuminazioni, risultava praticamente impossibile; le gomitate di Kudo e i suoi borbottii in risposta si sprecavano da quando la giovane poliziotta, insieme ad alcuni agenti della scientifica, erano giunti in loco e riunito tutti gli ospiti dell’agriturismo. Per la maggior parte però erano fuori a causa di un festival che si teneva in un quartiere lì vicino, dunque il possibile colpevole era rintracciabile tra dieci persone: il giornalista, Tom McRay, che al momento dell’aggressione si trovava nella hall di fronte al fuoco per scrivere qualcosa al caldo; la donna mora che l’aveva attaccato, Azusa Nao, dormiva nella sua stanza mentre la sua amica, Akiyo Nashi, vedeva un film nella sala accanto. Un uomo di una certa età, tale Iwatomi Nakagani, leggeva un libro con l’intento di terminarlo. Il signor Sakata (che appena informato dell’accaduto era rimasto molto turbato e aveva ripetutamente chiesto venia ai quattro giovani, proponendo addirittura di offrire loro il soggiorno) si stava occupando del bilancio del locale nel suo ufficio, all’ultimo piano; infine, le restanti sei persone facevano parte dello staff e stavano o pulendo le camere vuote o apparecchiando i tavoli per la colazione.
Ovviamente Kudo, Miyano, Michiyo e Mouri non erano sospettati, poiché tutti e quattro avevano visto in faccia l’aggressore e Ran, in particolare, ne era addirittura stata la vittima.
Ad ogni modo, non appena ebbe terminato l’interrogatorio la poliziotta Hasami proibì ai dieci sospettati di lasciare l’agriturismo ed anzi, chiese loro di accomodarsi nel salone al piano terra finchè non fosse stato smascherato il colpevole; inoltre aveva suggerito ai quattro ragazzi di non muoversi da quella stanza cosicché l’uomo – o la donna- non li avesse trovati da soli e tentato nuovamente di colpirli.
“Sei proprio sicura che nessuno possa nutrire rancore nei tuoi confronti? Anche qualche avvenimento appartenente al passato…” disse l’agente di polizia a Ran, ma al suo posto prese parola Ishimaru:
“Le ripeto che la mia ragazza non ha nemici alcuni.”
“Allora l’aggressore non viene dall’esterno.” Sentenziò Hasami, annotandolo sul suo block-notes.
Poi, però, alzò lievemente il naso dai foglietti:
“Ma ne siete sicuri…sicuri?” chiese.
“SI!” tuonò Ishimaru, quasi spaventandola “A meno che l’obiettivo non fosse qualcun altro…in fin dei conti, cos’hanno fatto fino a due giorni fa non è noto…” riprese, guardando di sottecchi Kudo e Miyano.
“Prego?” la poliziotta ovviamente non capì, ma Ran subito si intromise:
“No, lasci stare. Non sappiamo di chi possa trattarsi, non abbiamo nemici…nessuno di noi.” Assentì a voce alta, lanciando un’eloquente occhiata al poliziotto.
“Fin quando dovremo trattenerci qui?” domandò Tom distraendo l’agente di polizia da quella conversazione.
Il giornalista fu immediatamente appoggiato anche dalle altre nove persone che non avevano la minima intenzione di star lì con le mani in mano a perdere tempo. In fin dei conti, l’aggressore non aveva mica assalito loro, quindi cosa c’entravano?
Mentre si apriva una poco proficua discussione tra i sospettati e la poliziotta, Shinichi rimuginava senza sosta sull’accaduto:
-Ho rinunciato a lei per proteggerla, affidandola a qualcuno che la degni delle attenzioni che merita…e va bene. La scelta è ricaduta sul poliziotto, che sembra essere molto interessato a lei…e va bene. Io addirittura la tratto come una pezza da piedi pur di farmi dimenticare…e va bene. Ma stanotte Ran è stata assalita da chissà chi mentre Michiyo… cosa faceva? Dormiva senza accorgersi di nulla, nulla! E questo no, non va affatto bene!!-
Si passò una mano tra i capelli, sospirando rumorosamente ed infischiandosene di dare una spiegazione quando Ran ed Ishimaru si voltarono per scrutarlo.
-Incapace…- scosse la testa, osservandolo girarsi di nuovo per mettersi a discutere con la poliziotta.
“Stai tranquillo.” Senza farsi notare, Shiho gli si era avvicinata ed in quel momento gli stava parlando a bassa voce nell’orecchio:
“La tua lady sta bene, non si è fatta niente…”
“Il problema è che neanche Michiyo si è fatto niente….” Le bisbigliò, gli occhi ridotti a fessure:
“O per meglio dire, non ha fatto niente!”
“Oh, è dunque questo il problema!” la scienziata di nuovo adulta non perse occasione di prenderlo per i fondelli, al che il detective voltò la faccia indispettito.
“Spero che il tuo piano abbia qualcosa di fondato, Miyano…” borbottò a denti stretti.
Nel frattempo, in piedi nel centro del salone la poliziotta continuava ad investigare:
“Qualcuno di voi ha sentito qualcosa o qualcuno durante la notte? Rumori, chiacchiere…” ipotizzò ad un certo punto.
“Ce l’ha già chiesto, le abbiamo detto di no.” Replicò Akiyo, incrociando le braccia.
“Beh, però ripensandoci…” Azusa portò una mano al mento, mordendosi un labbro.
“Ricorda qualcosa?” incalzò l’agente di polizia, sporgendosi verso la giovane.
“Beh, sì…ho sentito come un tonfo, sì, proprio un tonfo…verso le tre e un quarto della notte…”
“Alle tre e un quarto è scappato l’aggressore dalla stanza 530…probabilmente lo ha sentito mentre dal balcone ricadeva sul terreno…” ragionò ad alta voce Hasami, aggiungendo quell’indizio tra i dati del suo blocchetto.
“Oh, quindi nulla di utile…” Azusa si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, abbassando lo sguardo.
“Sarà meglio passare alle perquisizioni, allora…” decise l’agente di polizia, ma subito Michiyo la riprese:
“Ma le abbiamo detto che ha attaccato Ran e mani nude!”
“Questo lo so, ma magari…” la poliziotta spiegò la sua idea, ma Kudo aveva già compreso:
-…alcuni lembi della maglia o della coperta sono rimasti fra le unghie dell’assalitore, per non parlare di un’ipotetica arma che avrebbe tirato fuori se non mi fossi svegliato e se Michiyo non avesse acceso la luce.-
“Ah…” acconsentì Michiyo e la perquisizione ebbe inizio. A mano a mano che i sospettati uscivano dalla piccola stanza adiacente al salone era loro permesso di tornare nelle camere, anche se gli agenti suggerivano di non muoversi di lì per non rischiare un nuovo assalto dal fantomatico Fantasma a cui Moon’s Knight dava la caccia.
-In quali affari non dovremmo immischiarci?- si chiese mentalmente Shinichi, ripensando al messaggio trovato in camera: -Sono il più temibile tra i nemici di Moon’s Knight, uno spettro indispettito ed arrabbiato. Non intromettetevi negli affari che non vi riguardano, umani, o non avrete salva la vita…-
Decise quindi di fare un giretto e qualche domanda tra le dieci persone sospette.

§§§

“Accidenti! Cosa c’entriamo noi in questa storia?!” si lamentò Iwatomi, afferrando un giornale dal tavolino e scagliandolo con forza contro il divano di pelle arancione.
“Che libro stava leggendo?” gli chiese Shinichi, nel tentativo di calmarlo leggermente.
“Madame Bovary, di Gustave Flaubert…” rispose, dunque Shiho, che zitta zitta aveva seguito Kudo, disse:
“Uno dei più grandi esponenti del naturalismo francese insieme a Balzàc e Zolà...”
“A che punto era arrivato?” insistette il detective.
“Quando la donna si uccide con il cianuro…” spiegò, di nuovo pacato.
“L’ha quasi terminato, allora…” era di nuovo Miyano.
Ran, da lontano, ascoltava la conversazione affascinata; quella Shiho amica di Shinichi era bella, molto bella…ed anche brava, intelligente. Proprio come sosteneva Ishimaru, la bionda sarebbe stata una degna compagna per il detective…Sorrise amaramente, afferrando il cellulare e rileggendo il messaggio che la sera prima Richard le aveva inviato nel vano tentativo di infonderle coraggio:
“Don’t worry, Ran. Cerca soltanto di stare tranquilla e non agitarti…sono sicuro ci sia una spiegazione a tutto questo. Non perdere la speranza…una ragazza come te, come potrebbero gli dei farla soffrire ingiustamente?
“Dalle perquisizioni non è uscito fuori nulla.” Attirò l’attenzione di tutti l’agente di polizia, uscendo dalla stanzetta.
“Ora, passeremo al controllo delle stanze. Signor Iwatomi…possiamo accedere nella sua?”
“Certamente. Non ho niente da nascondere, io…” affermò in tutta risposta, consegnandole la chiave e passando di fianco alla signorina Azusa.
A Shinichi ed Ishimaru parve che i due si lanciassero uno sguardo…particolare.
Quindi, nello stesso tempo, esclamarono:
”Io vado con loro…”
Si guardarono, con gli occhi spalancati.
“Beh, uno di noi due deve rimanere qui…” sorrise Michiyo, chiudendo gli occhi e alzando leggermente le spalle “Non vorremo mica far insospettire…”
“Sono d’accordo con te, caro.” Sentì la voce di Kudo lontana, riaprì gli occhi e…vide che il ragazzo aveva già intrapreso la via del primo piano.
“Accidenti a lui e ai suoi giochetti!” borbottò a bassa voce, storcendo il naso.

§§§

-Niente, niente, niente!- pensò Shinichi, avviandosi verso le scale che lo avrebbero ricondotto al piano terra.
-Nessuno di loro nascondeva niente…eppure, quella frase mi è sembrata così strana…ma non ho prove, non ho indizi, non ho niente!-
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’udire due voci parlare sommessamente dietro una colonna di mattoncini scuri.
“Ma dove le hai nascoste?” Un uomo.
“Te l’ho detto, è un posto sicuro. Non lo troveranno mai, a meno che…” Una donna.
“A meno che cosa? Io non voglio rischiare…”
“Non rischierai nulla, non preoccuparti. Ora torniamo di sotto…non vorrei che qualcuno si insospettisse…quel McRay, il giornalista, sarà sicuramente in cerca di scoop…”
“Ah, giusto te cercavo.” La poliziotta si parò tutt’un tratto di fronte a Shinichi, impedendogli di udire il termine di quell’interessantissima discussione.
Dietro di lei si trovavano anche Ran, Shiho e Ishimaru; probabilmente l’avevano aiutata a cercarlo.
“Oh, agente Hasami! Mi dica.” Rispose, sorridendole cortesemente.
La poliziotta arrossì, grattandosi una guancia in imbarazzo.
“Io…ho saputo che sei intervenuto nel corpo a corpo.” All’annuire del giovane, proseguì:
“C’è qualcosa sul fisico dell’aggressore che sapresti riconoscere? Non so, una cicatrice, un tatuaggio…”
“Era buio ed io, per di più, ero voltato di spalle…purtroppo non posso esserle d’aiuto, agente Hasami…” Kudo scosse la testa, rammaricato.
“Oh prego, figuriamoci…non è di certo colpa tua se sei stato aggredito…” disse lei, avvampando mentre lo guardava.
“Anyway, bel coraggio…” tutti si voltarono, ritrovandosi faccia a faccia con il giornalista americano, Tom McRay.
“Ce ne vuole, per mettersi di mezzo in una rissa del genere…” si complimentò, sorridente.
Il detective sorrise lievemente, guardandolo poi risalire le scale e superarlo.
“Dove va?” gli chiese la poliziotta e McRay, senza girarsi né interrompere la marcia, replicò:
“Avete già controllato sia me che la mia stanza. I’m tired, voglio distendermi un po’…”
Ovviamente Hasami non potè dir nulla e quindi lasciò correre.
“Procediamo con l’ufficio del signor Sakata?” le domandò un poliziotto molto giovane, probabilmente un novellino.
Quella annuì ed entrambi si diressero all’ultimo piano dell’edificio. Shinichi, allora, fece per seguirli –non dimentichiamoci che il primario obiettivo dei nostri era proprio Yuri- ma un mano lo afferrò per il colletto della maglia costringendolo a voltarsi di scatto.
“Si può sapere a che gioco stai giocando, Kudo?” fece Ishimaru, scrollandolo.
“Che intendi dire?” Il detective cadde dalle nuvole, suscitando una risata isterica dell’altro:
“Ho giusto aspettato che tutti questi tizi dell’albergo se ne andassero, perché volevo che mi rispondessi sinceramente…e tu ora lo farai!”
“Non capisco di cosa stai parlando, Michiyo.” si liberò dalla sua stretta e gli voltò le spalle, pronto per recarsi all’ultimo piano, ma il poliziotto di nuovo lo afferrò per la maglia: Kudo non ebbe il tempo di rispondere che si ritrovò strattonato con vigore e sbattuto contro il muro, rimbalzando leggermente con le spalle; il suo violento urto contro la parete causò la caduta di alcuni oggettini di porcellana in esposizione su una bacheca appesa alla carta da parati. Le rappresentazioni si ruppero in mille pezzi, anticipando con il loro rumore l’urlo di Ishimaru:
“La tratti come uno straccio, non le rivolgi parola… e poi le salvi la vita! Rischiando la tua, per giunta! Non mi sembra un comportamento alquanto coerente, detective…A CHE GIOCO STAI GIOCANDO?” ripetè, tenendolo saldamente per le spalle.
Miyano trasalì e Ran rimase immobile: Ishimaru aveva ragione…
Kudo battè ripetutamente le palpebre, colto di sorpresa.
“RISPONDIMI!” ringhiò il poliziotto, facendogli assottigliare gli occhi.
“Io non sono come te.”
“Cosa? Mi prendi in giro, ragazzino?” Il poliziotto era accecato dalla gelosia.
“No. Semplicemente, io non sono come te.” Disse di nuovo Shinichi, il tono della voce per niente spaventato. “Tu lavori perché un delinquente venga arrestato, incolpato della morte di chissà quanti innocenti. Io lavoro perché lo stesso delinquente non ferisca o peggio, uccida, un altro innocente.”
Ishimaru strabuzzò gli occhi.
“Tu pensi che il nostro compito sia solo quello di arrestare i criminali…io credo invece che il primario obbligo a cui dobbiamo rispondere sia quello di proteggere coloro che chiedono il nostro aiuto. Per questo, non faccio differenza tra la vita di un assassino o quella di un assassinato…nel corso della mia vita, ho salvato un killer, un ladro*…perché non avrei dovuto salvare una ragazza? I sentimenti che nutro per lei non contano…odio o rancore che sia, io quando lavoro li metto da parte. Tu, a quanto vedo, no.”
Michiyo non replicò, colpito da quel discorso; allo stesso tempo la figlia del detective Kogoro rimase immobile, silenziosa. Il discorso di Shinichi l’aveva colpita, proprio come quello che aveva improvvisato di fronte al serial killer di New York…Se quella frase –“Non conosco il motivo che spinge una persona ad ucciderne un’altra, ma se posso aiutarne una lo faccio…perché mai dovrebbe esserci un motivo?” – l’aveva fatta innamorare, il discorso appena terminato non aveva che contribuito a renderla eternamente legata a lui.
“Ora toglimi le mani di dosso.” Affermò convinto, dando al giovane uno strattone abbastanza forte perché lo lasciasse andare.
“E non ci riprovare.” Quasi minacciò, allontanandosi a passi rapidi e sicuri dal piccolo gruppo.
-Sh…Shinichi…- lo chiamò mentalmente Ran, osservandolo scomparire lungo le scale.

§§§

“Avete perquisito i nostri corpi e le nostre camere e non avete trovato niente. Cosa contate di fare ora?” la signorina Akiyo parlò seccata, come se non avesse la minima fiducia nel lavoro svolto dagli agenti di polizia.
“Beh, a questo punto…” balbettò la poliziotta, lanciando occhiate ai suoi colleghi.
-A questo punto, risolviamo il caso…- pensò soddisfatto Michiyo, facendosi avanti nel gruppo di persone riunite nel salone. – e…-
“…facciamo luce su questo mistero.” Shinichi, oltre che concludere la frase di Hasami, lesse nel pensiero del poliziotto.
-Eh?- si meravigliò quest’ultimo, guardandolo sorridere beffardamente.
“Cosa intendi dire?” la poliziotta, vista la sua espressione sicura, aveva tramutato gli occhi in due piccoli cuoricini.
“Beh…” Kudo stette sul punto di affermare: “Ho risolto il caso, ed ora vi spiegherò come sono andate le cose!” ma immediatamente tacque, posando i suoi occhi su McRay.
Proprio come era avvenuto in quella villa di montagna, quando Ran e Sonoko avevano accettato l’invito della vecchia maestra di scuola elementare, tra loro era presente anche un giornalista!
E se l’avesse riconosciuto? Se, tutto un tratto, sui giornali fosse nuovamente comparso il nome di Kudo Shinichi, il detective liceale?
Come un nastro registrato gli risuonarono nella mente le parole udite di nascosto poche ore prima…
“Non rischierai nulla, non preoccuparti. Ora torniamo di sotto…non vorrei che qualcuno si insospettisse…quel McRay, il giornalista, sarà sicuramente in cerca di scoop…”
Nell’orecchio dell’ Organizzazione Nera avrebbe potuto insinuarsi una pulce e da lì sarebbe nata la tragedia. Come se non bastasse, con lui nell’agriturismo si trovava anche Miyano: le aveva promesso di proteggerla…non poteva, perciò, esporla a tal punto.
Nella villa di montagna aveva telefonato a Ran, con la voce di Shinichi e le aveva chiesto di risolvere il caso al suo posto…ma di certo, non poteva fare lo stesso in quella situazione! Ed ovviamente, Miyano era da escludere…br> Sospirò, rendendosi tristemente conto che rimaneva un’unicapossibilità.
-Nelle deduzioni non ci sono vincitori o vinti, perché la verità è sempre una sola!- si ripetè, quasi nauseato all’idea di dover pronunciare quelle parole…purtroppo, però, non aveva davvero scelta.
-Nelle deduzioni non ci sono vincitori o vinti, perché la verità è sempre una sola! –tentò nuovamente di convincersi, prima di prendere aria dalla bocca e proclamare ad alta voce:
“Il mio amico…Ishimaru…” biascicò, evitando di chiamarlo per cognome in modo che la copertura non andasse in fumo. “Lui vi spiegherà come sono andate le cose.”
Vinto, sconfitto, battuto.
Di fronte a lui.
Parlare in quel modo di fronte a lui.
Strinse entrambi i pugni sino a farsi male, osservando il sorriso sulla bocca di Michiyo allagarsi pian piano divenendo un vero e proprio ghigno trionfale.
Miyano assottigliò gli occhi, nascondendo il suo sguardo grazie alla frangetta leggermente spettinata mentre Ran rimaneva allibita, voltandosi ritmicamente verso Shinichi e poi verso Ishimaru.
“Vuoi dire di aver risolto il mistero?” domandò McRay.
“Ma naturalmente.” Sorrise beffardo Michiyo, incrociando le braccia e tenendo lo sguardo alto e fiero.
Kudo indietreggiò, per poi appoggiarsi alla parete bianca e pulita.
-E’ vero che la storia si ripete…- pensò, sconfortato.
-Prima Ran che viene aggredita nel bel mezzo della notte, come già era successo a casa di Sonoko…ed ora, io che sono costretto a nascondermi dalla luce, come sono costretto a fare da mesi a questa parte...-
“Puoi provare a raggirare l’apparenza, ma non puoi raggirare la verità!” affermò con convinzione Ishimaru, posizionandosi le mani sui fianchi.
“Non lo sapevi questo, Azusa?”
La ragazza sgranò gli occhi quando Michiyo puntò l’indice contro di lei.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
* Nel corso della mia vita ho salvato un killer, un ladro…: A New York, Shinichi salvò ‘Capelli Argentati’, alias Vermouth travestita da criminale. Il ladro, invece, è Kaito Kid con il quale ha più volte avuto a che fare.
*I’m tired…: Sono stanco…

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:
Regalino per la Befana!!! ^__^
Ho postato un po’ tardi, vado un pochino di fretta xD Spero non ci siano errori, né di tag né proprio di grammatica ^^” Brr, speriamo bene ^_-
Comunque, passando al capitolo: purtroppo per me, rieccoci di fronte a un’indagine! Questo capitolo è stato una specie di “atto unico”, infatti la scena non si è mai spostata dai nostri quatto protagonisti. Spero che questo nuovo stile vi sia piaciuto comunque, nonostante poi le mie deficienze quando si tratti di investigazioni XD
Fatemi sapere numerosi cosa ne pensate, senza dimenticare la decisione di Shin e il suo discorso!

Feferica:
Meno male, ho sempre quel dubbio dei comportamenti OOC che mi tartassa ^^” Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo ;) Un bacione, a prestissimo!

Akane_val:
Ciao!
Sono contenta ti siano piaciuti entrambi, spero valga lo stesso per questo!
Eheh lo so, Shinichi così è un po’ odioso…ma nel prossimo capitolo lo amerai più che mai, sono pronta a scommetterci! Perché ho in mente una certa scenetta con Ran…ahah, non dico altro, basta XD Un bacione e al prossimo capitolo :D

Shiho93:
Questo capitolo non è stato altrettanto rapido, ma spero vada bene lo stesso XD
Questo perchè Michiyo è stato progettato per dare quest’impressione XDD Ciau ciau, alla prossima!

MelanyHolland :
Salve! Beh, non posso fare a meno di ringraziarti tantissimo…sei troppo gentile, mi fai arrossire ^////^ Sono davvero contenta che questa fic stia riscuotendo tanto successo, non me lo aspettavo proprio! E’ una soddisfazione enorme, devo ammetterlo :D Rischio proprio di montarmi la testa come Michiyo…XD
Non sono una fan ShinShiho, tutt’altro, però ho pensato di inserire una scena del genere perché, al di là dello scopo narrativo che introduce i dubbi e i sospetti di Ran e Ishimaru, adoro la scienziatina come personaggio e anche il suo modo di interagire con gli altri. Basta che stia lontana da Shin, però!
Michiyo è stato creato proprio per essere odioso, quindi no problem ;D Il suo “rapporto” con Shin si svilupperà ancora di più, ho in mente un bel po’ di scene interessanti…e di suoi piani ed idee scellerate al massimo. Il diciannovesimo capitolo è già quasi terminato…dovrei postarlo relativamente in fretta. Un bacione e ancora grazie grazie grazie!! :P

Shaddy :
Ed ecco qui la nostra befanona!! XDD
Fa’ attenzione e, non farti sfuggire nessun passaggio…mi (s)piacerebbe troppo coglierti di sorpresa! *devil* Ciao ciao TAPPA §§ (XD)

Youngactress : Ciao ! Eh lo so, scusami…sono stata via un po’ più del previsto ^^” Però ho un sacco di idee in testa, spero di trasferirle su carta il prima possibile =D
Non ho ben capito se c’era qualcosa che non ti aspettavi o qualcosa che non hai capito a fondo in quella scena…se ti servono chiarimenti chiedimeli pure, sono qui anche per questo!! ;D Un kiss, a presto e, anche se in ritardo, buon anno anche a te (buona befana non te lo dico perché mi sembra quasi offensivo XD)!!

E con questo credo di potervi salutare
Ringrazio di cuore tutti colore che hanno anche solo letto la fic e li invito a continuare così =D
Al diciannovesimo capitolo =)
XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 20
*** (S)Piacevole Imprevisto ***


Capitolo Diciannove

(S)Piacevole Imprevisto

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Piccola premessa: in questo capitolo è presente una descrizione «particolare». Non ritengo necessario alzare il target, ma sappiate comunque che ad un certo punto la narrazione subirà un certo cambiamento -fino poi a fine capitolo- divenendo forse un po’ spinto…ricco di descrizioni.
Vi auguro una buona lettura!

^***^ ^***^ ^***^

“Ma…ma che sta dicendo?" balbettò la signorina Azusa, portando incosciamente il pugno chiuso all’altezza del petto.
“Quello che ho detto.” Replicò sicuro di sé Ishimaru, poggiandosi le mani sui fianchi.
“E’ stata lei ad aggredire la mia fidanzata!”
Ran spalancò gli occhi e la poliziotta si avvicinò al ragazzo:
“Tu sostieni questo?”
“Io non sostengo, io dichiaro.” Sentenziò scontroso, tornando poi a parlare con la giovane mora.
“E sa come ho capito che è stata lei? Durante l’interrogatorio ha assicurato di star dormendo al momento dell’aggressione…ma se davvero era addormentata, come avrebbe fatto a sentire un tonfo verso le tre e mezza della notte?!”
“E’ vero!” esclamò Hasami “Non ci avevo fatto caso!!...bravo!” si voltò verso Michiyo che, ovviamente, sorrise beffardo.
“E questa sarebbe una prova?” domandò con le sopracciglia aggrottate Azusa, per poi alzarsi in piedi con una certa difficoltà causata dalla gamba destra.
“Certamente no.” Ridacchiò, incrociando le braccia.
“A-allora…” balbettò la poliziotta, gli occhi ridotti a due minuscoli puntini. “E’ inutile che continui a …”
“Ho sentito una conversazione mentre andavo a cercare…il mio amico…” biascicò a mezza bocca, lanciando un’occhiata seccata a Kudo, poggiato alla parete arancione infondo alla stanza. “E una voce femminile confermava ad un uomo la sicurezza di chissà quale misfatto…”
-Ero certo che avesse sentito anche lui!- Shinichi assottigliò gli occhi, ricordando quel momento – Ha continuato a guardare l’ascensore fin quando non mi ha preso per il collo…-
“La signorina Azusa nasconde non so cosa con un altro ospite di quest’agriturismo e, visti li sguardi e le occhiate fugaci, suppongo si tratti del signor Iwatomi!” puntò un dito contro l’uomo, che strabuzzò gli occhi.
“Ma…ma…Oh, insomma! Come si può dar retta a un ragazzino??” si difese immediatamente lui, aggiungendo:
“Neanche queste sono prove!”
“E nel torrente poco distante da qui, dopo il sentiero, dite che le troveremo delle prove?”
Azusa e Iwatomi impallidirono, perciò il castano proseguì:
“L’aggressione alla mia ragazza è avvenuta nello stesso giorno della scampagnata, quando lei si è bagnata le mani e il volto nel fiume. Posso perciò supporre che nel letto del torrente si trovino prove scottanti, poiché la signorina Azusa ha parlato di un posto sicuro…e cosa c’è di più sicuro di un corso d’acqua ghiacciata in inverno? Non so cosa siano gli oggetti depositati, forse dei documenti di qualche truffa, delle fatture, atti di proprietà…quel che è certo, è che erano carte abbastanza importanti da dover rimanere nascoste persino a costo di togliere una vita!”
-No…- lo corresse mentalmente Shinichi, osservando la donna tremante –Non aveva intenzione di uccidere nessuno…Sul collo di Ran non sono rimasti segni, questo perché, nonostante sia comunque una donna e perciò relativamente debole, ha appositamente agito piano: Ran non è riuscita a reagire perché terrorizzata, non certo perché era immobilizzata dalla sua forza. Anche quando ha colpito me, non ha causato un dolore lancinante e sulla schiena non ho neppure un graffio. Con la massima probabilità, la signorina Azusa intendeva solo spaventarci e magari mandarci via dall’agriturismo; in questo modo, il segreto del torrente sarebbe rimasto al sicuro…-
“…e se volete altre prove, ve le darò.” Stava continuando Ishimaru, a quel punto fomentato. “La signorina Azusa non si è mai alzata stanotte, solo ora l’ha fatto e, per di più, con un po’ di difficoltà. Quando la mia ragazza si è spaventata ha cercato di muoversi facendo cadere una lampada a terra. Probabilmente un coccio deve averti ferita, Azusa! Basterà confrontare il tuo sangue con quello rimasto sul pezzo incriminato per incastrarti.” Terminò, lo sguardo divenuto serio.
“Non ci sono ragioni per commettere un atto simile, sei imperdonabile.” La scrutò dall’alto in basso con una punta di disprezzo negli occhi non appena si accorse che non aveva intenzione di replicare.
“Ma…ma accorgersi del mio legame con la ragazza da semplici sguardi…non ti sembra un po’ esagerato?” i presenti si erano quasi dimenticati della presenza di Iwatomi che, disperato, tentava di salvarsi la pelle dimentico delle prove nel torrente: il suo nome sarebbe comparso sicuramente da qualche parte, lui stesso aveva affermato di non voler rischiare troppo.
“Un osservatore attento percepisce una grandezza da un nonnulla.” Si pavoneggiò lui, ma Miyano, rimasta fino ad allora in disparte, si intromise:
“E un’attenta ascoltatrice riesce a percepire i sospetti delle persone. Lei, poco fa, mi ha detto di star leggendo Madame Bovary, non è vero?”
“Certo.” Replicò l’uomo, ma il poliziotto subito: “Questo non c’entra…”
“Il signor Iwatomi mi ha detto di essere arrivato al punto in cui la donna si uccide con il cianuro. Beh, Emma si toglie la vita con dell’arsenico…” decretò “Evidentemente lei aveva capito ci fosse qualcosa che non andava e sospettava. Per questo ha letto il libro con poca attenzione…”
A quel punto, tutti ammutolirono e il caso fu chiuso.
La poliziotta tentò di estorcere qualcosa dai due, ma fu impossibile: dopo averli condotti in centrale, avrebbe dovuto cercare nel torrente quelle scottanti prove, prove che i due sembravano quasi temere.

“Non avrei mai pensato che ad aggredirmi fosse stata lei…” rimuginò sull’accaduto Ran, camminando lungo il corridoio al primo piano “Mi sembrava così gentile…”
“I criminali hanno sempre un doppio volto.” Sentenziò seriamente Ishimaru, che affianco alla ragazza, non vedeva l’ora di mettere piede in stanza e farsi una bella doccia: risolvere un caso era così stancante! Ma anche maledettamente soddisfacente, soprattutto se…
“Ma anche i detective, in fin dei conti.” Aggiunse, ridacchiando sommessamente.
Shinichi non lo guardò neppure: se l’era aspettato, aveva la convinzione che, risolto il caso e vinta una specie di sfida mai dichiarata ad alta voce ma sempre esistita, si sarebbe preso gioco di lui.
“Questo caso era molto facile! Il più semplice tra tutti quelli con cui ho avuto a che vedere da quando sono a Tokyo: non c’erano trucchi né montature…eppure tu non sei stato capace di risolverlo.”
Ran sussultò, voltandosi subito per scorgere la reazione di Shinichi: gli occhi attenti che puntavano di fronte a sé, le sopracciglia aggrottate, il passo sicuro e veloce, la bocca sigillata.
-Possibile?- pensò, confusa come non mai – Che Shinichi abbia davvero fallito durante un’indagine?-
“Sul tuo conto, avevo davvero preso un granchio. Un granchio bello grosso, per giunta.” Aggiunse, vedendo che le sue frecciatine precedenti non avevano sortito alcun effetto.
“Anzi, tutti lo avevano preso. Mi avevano riferito fossi un professionista, un genio del mistero…tutti in errore. Oppure questi mesi distante da casa ti hanno fatto perdere colpi…”
Kudo strinse i denti e si morse la lingua, reprimendo gli istinti primordiali che gli contorcevano lo stomaco e tutte le altre membra.
Shiho, dal canto suo, procedeva silenziosa al loro fianco, permettendo ancora alla frangetta chiara di nasconderle parte del viso.
Giunti davanti alla porta della stanza, tra loro fu proprio Kudo a inserire la chiave nella serratura ma quando stette per girarla, Michiyo gli afferrò la mano facendogli perdere la presa:
“Ehy, lascia fare a me!” esclamò, battendogli una pacca sulla spalla “Tu che sei così incapace…”
Non ci vide più e per evitare di commettere folli quanti impulsivi gesti, gli scagliò contro il mazzo di chiavi e girò i tacchi, prendendo la direzione delle scale.
“Certo, scappa! E’ quello che fanno i codardi e i dilettanti! I NOVELLINI!” gli urlò dietro il poliziotto, fiero e soddisfatto. Varcò poi la soglia della stanza, non rendendosi conto che Ran lo osservava con sguardo truce.
“Beh? Vuoi accamparti qui fuori sul corridoio?” chiese poi a Miyano, che rimaneva immobile di fronte alla porta; finalmente, forse riscossa da quella voce così arrogante, la scienziata alzò gli occhi e lo fissò per parecchi istanti, senza dire una parola. Infine si allontanò dalla porta della camera.
“Tsk, che tipa anche quella! La degna compagna di un perdente…Non come te, che hai scelto un gran bel pezzo di ragazzo!” aggiunse e dopo aver chiuso la porta afferrò Ran per i fianchi attirandola a sé.
“Sono stato bravo a risolvere questo caso, non è vero? Allora perché non mi ringrazi con un bel bacino?” detto questo, si avvicinò al volto della giovane karateka che fortunatamente riuscì subito a liberarsi:
“Quando imparerai le buone maniere…” borbottò lasciando la stanza.

§§§

“Ha…ha sentito, ispettore?” chiese l’agente Takagi, quasi sconvolto. Il giovane uomo era seduto di fronte a Megure, davanti al tavolo su cui era poggiato un macchinario che permetteva loro di ricevere i suoni e le onde dalle ricetrasmittenti.
“Sono qui con te, Takagi. Te ne sei accorto oppure dormi? Certo che ho sentito!” rispose bruscamente l’omone, battendo poi un pugno sul tavolo. Aveva deciso di rimanere nel suo ufficio perché gli altri non sapessero dell’aggressione e soprattutto perché preziosi dettagli non finissero sulla bocca di tutti.
“Secondo…secondo lei…” insistette Wataru, insicuro “…davvero Kudo non è riuscito a capire la verità?”
Lo sguardo dell’ispettore vacillò: “Non lo so. Mi sembra così assurdo…”
“Me lo ricordavo…così bravo…” scosse la testa Takagi, sfilandosi le cuffie dalla testa; Megure imitò i suoi movimenti, poi riprese: “Non ha risolto il caso, ha esplicitamente chiesto a Michiyo di farlo. Per quale altra ragione si sarebbe comportato così, se non appunto l’impossibilità di farcela da solo?”
“Ma allora perché farsi avanti? Non avrebbe fatto meglio ad aspettare che Michiyo prendesse parola?” ribattè il giovane poliziotto, suscitando ancor più confusione nella mente dell’ispettore.
-Ultimamente lui e tutto ciò che lo riguarda…mio Dio, tutto è così strano da quando è tornato…- pensò, ricalcandosi il cappello sulla testa.

§§§

-Dove può essersi cacciato?- si chiese mentalmente la giovane Mouri, oltrepassando la porta dell’agriturismo. L’aveva cercato dappertutto, si era recata in ogni singolo angolo dell’edificio ma non era riuscita a scovarlo.
-Qui fuori fa così freddo…- constatò, stringendosi nella spalle dopo aver incrociato le braccia. Lanciò un’occhiata disperata alla sua misera maglia a manica lunghe ed alla minigonna, rimpiangendo di non essersi vestita in modo più pesante.
-Non può essere venuto qui fuori, altrimenti a quest’ora si sarebbe congelato!-
Sospirò, arrendendosi. Alla fin fine, cosa avrebbe potuto dirgli? Forse lui non l’avrebbe neanche lasciata parlare…Ad ogni modo, non aveva voglia di tornare dentro; nonostante il freddo, lì fuori non si sarebbe dovuta sorbire le lagne di Ishimaru e neanche sarebbe rimasta sola con lui.
Si guardò intorno, riflettendo. Alzò gli occhi al cielo, scorgendo il sole che a poco a poco riusciva a liberarsi dalle nuvole che per tutta la notte l’avevano coperto.
-Se non sbaglio, dovrebbe esserci una spiaggia qui da qualche parte…- ricordò, avviandosi in quella direzione.
Quando mise piede sulla sabbia, raggelò: a parecchi metri di distanza da lei, sul bagnasciuga, un ragazzo con i capelli neri scompigliati dal forte vento le dava le spalle, seduto a terra con le ginocchia tra le braccia.
-Eccolo…- pensò, sentendo uno strano calore pervaderle le guance.
Molto lentamente, si avvicinò al detective: indosso aveva gli stessi abiti di poco prima, un maglione e un paio di pantaloni che al volo, dopo l’aggressione, aveva messo per scendere in salone.
Sorrise dolcemente:
-Neanche lui ha pensato di cambiarsi per uscire…-
Passo dopo passo, pensava le parole da pronunciare nel momento in cui si sarebbe ritrovata vicino a lui, che osservava l’orizzonte immobile.
“Non me lo sarei mai aspettato da te…!”
Kudo non si mosse neanche e Ran si bloccò: alla loro destra si stava facendo avanti Shiho, che invece portava un cappotto sulle spalle ed uno tra le mani.
-Come…come si permette? Non dovrebbe essere sua amica?- pensò immediatamente, decidendo di intervenire; tuttavia, il proseguimento del suo discorso la fece fermare nuovamente.
“Un atteggiamento troppo maturo e troppo poco esibizionista per te…”
Gli poggiò il giacchetto che teneva tra le mani sulle spalle, poi si accomodò al suo fianco.
Entrambi non avevano notato la sua presenza.
“Mi complimento con lei, signor detective…davvero bravo.” Insistette Miyano, guardandolo in volto.
Kudo non replicò, quindi lei ancora:
“L’hai fatto per McRay, giusto?”
“Esatto.” Rispose senza spostare gli occhi dalle onde del mare. “Ho creduto fosse…la cosa migliore…”
“Lo so.” Fece lei, volgendo lo sguardo verso delle conchiglie sporche di sabbia lì vicino “So quanto deve essere stato difficile per te…”
-Ma cosa stanno dicendo? Che significa? Shinichi forse…lui conosce quel giornalista?- Ran non ci capiva niente; l’unica cosa che arguiva era la scorrettezza con la quale si stava comportando, ascoltando una conversazione che forse Shinichi e Miyano volevano rimanesse privata.
“Ti ringrazio, Kudo.” Ad un certo punto, Miyano se ne uscì con queste parole, senza preamboli, senza preavvisi.
In tutta risposta, Shinichi finalmente spostò lo sguardo e la osservò bene in volto; si strinse nel cappotto nero di piume che gli aveva portato e sorrise.
“Ehm ehm…”
Non aveva resistito ed invece di filarsela silenziosamente senza farsi notare, aveva deciso di comunicare loro la sua presenza lì.
I due ragazzi si voltarono, vedendo lei rossa in volto e le sue mani in un assennato movimento.
Dopo un primo momento di –piacevole- stupore, Shinichi riprese subito coscienza della situazione.
“Che vuoi?” chiese, infatti, in tono brusco.
“Io…” sussurrò lei, non riuscendo ad alzare la voce.
“Volevo vedere…cosa…dov’eri…”
“Mi hai visto.” Tagliò corto, voltandosi nuovamente per tornare a mostrarle le spalle.
-Perdonami, Ran, ti prego…- Non riusciva a trattarla in quell’orrido modo guardandola negli occhi.
“Beh…sì…” sospirò la karateka, chiudendo gli occhi.
Miyano continuava a scrutarla con un’espressione indecifrabile sul volto.
“Stai…stai bene?” riprovò, muovendo un passo in avanti.
“Fino a poco fa, benissimo. Poi ti ho vista…” rispose lui, lasciando intendere la continuazione della sua frase.
Ran si paralizzò, trovandosi poi a specchiarsi negli occhi azzurri di Shiho: le due ragazze si osservarono per un momento che parve lungo quanto un’eternità, poi la biondina si voltò, anche lei mostrandole le spalle.
“Se così, allora…non voglio di certo farti male…” pronunciò ad alta voce, la voce tremula.
Si voltò e tornò sui suoi passi, velocemente.

§§§

“Guarda guarda…” constatò ad alta voce, leggendo le parole più volte per accertarsi di non aver frainteso.
“Interessante…” commentò, sorridendo raggiante. Aprì un cassetto, traendone fuori alcune cartelle colorate e dall’aria vissuta; probabilmente aveva accumulato fogli su fogli e foto su foto da parecchio tempo a quella parte.
Con le dita passò ogni custodia, fino a giungere ad una completamente blu: l’afferrò ed, estrattone un foglio già mezzo scritto, aggiunse qualcosa con grafia scorrevole. Terminata l’opera, appoggiò tutto sul tavolo, poi si diresse verso il frigorifero…avrebbe brindato la nuova scoperta!

§§§

“Ehi, Ran! Si può sapere che fine avevi fatto?”
Ishimaru, seduto al loro tavolo numerato, alzò la mano per catturare l’attenzione della giovane che stava giusto arrivando dalla camera.
“Ero…ero stanca.” Rispose avvicinandosi e facendo per prendere posto allo stesso tavolo “Ho fatto una doccia.”
“Ma no, io intendevo prima!” si precipitò a scostare la sedia dal tavolo, per permetterle di sedersi comodamente. “Quando sei scappata via dalla stanza!”
“Oh…avevo voglia di prendere una boccata d’aria.” Mentì, accomodandosi sulla sedia in legno chiaro.
“Certo, dopo un’aggressione non ci si può davvero sentire al settimo cielo! Ma ora come stai? Tutto ok? Hai fame? Se non ti va di mangiare possiamo saltare il pranzo, per me non c’è problema…” sparò domande a raffica, prendendole la mano appoggiata sul tavolo.
“Sì…magari, mi faresti un gran favore!” ricambiò la stretta con forza, sperando di rubare al poliziotto un po’ di calore; ne aveva così bisogno!!
“Perfetto!” sentenziò Michiyo, esaltato dal comportamento della giovane: solitamente era così restia ad atteggiamenti intimi!
“Tanto Kudo e Miyano potranno mangiare da soli…Quello lì è un perdente, non ha il diritto di trascorrere il tempo con una bellissima ragazza come te!”
“Ehi, ragazzo!” una forte mano assestò una pacca sulla spalla del giovane poliziotto.
“Ti stavo proprio cercando!” Sakata, amichevole e gentile, gli sorrideva radioso.
“Volevo farti i miei complimenti! Un’indagine perfetta…ma, come hai fatto?”
Ishimaru rise, passandosi una mano dietro la testa.
“Mio padre era un commissario di polizia!” non mentì, era vero. “Anche se non ho seguito le sue orme, ho il suo sangue che mi scorre nelle vene!” questa era una bugia.
“Ora capisco!” esclamò Yuri “Allora ti faccio i miei migliori complimenti! E lei, signorina…” ammiccò a Ran “…non si lasci sfuggire un ragazzo così!”
Lei arrossì violentemente, percependo la mano di Ishimaru stringere la sua con maggior vigore.
“A proposito, dove siete diretti?” aggiunse poi e il poliziotto gli spiegò che, poiché la sua ragazza non aveva fame, avrebbero fatto una passeggiata.
“Se vi piacciono i cavalli…” propose loro l’uomo “…posso accompagnarvi nel maneggio qui fuori. E’ bello e con un ragazzo così intelligente sicuramente gli addetti avranno un occhio di riguardo!”
Michiyo sorrise, trionfale e per niente modesto.

§§§

Si era fermato con la scienziata sulla spiaggia per parecchio tempo e soltanto quando il suo stomaco aveva iniziato a lamentarsi si era deciso a tornare nell’agriturismo per mettere qualcosa sotto i denti.
Nella sala ristorante, con grande sollievo, non c’erano né Ran né Ishimaru e così aveva potuto evitare frecciatine appuntite e sguardi disperati.
Miyano non si era mai allontanata e, seppur silenziosamente, gli aveva sempre fatto compagnia.
Proprio mentre erano seduti al tavolo intenti a mangiare le ottime pietanze che erano state loro servite, avevano visto il giornalista con una valigia passare al loro fianco.
“Se ne va?” gli aveva chiesto Shiho, chissà perché lieta. Quel ragazzo non le era mai piaciuto…
E ad una sua risposta positiva, neanche Shinichi era parso particolarmente dispiaciuto.
“Voi siete gli amici del giovane che ha risolto il caso, isn’t it?” aveva domandato Tom, posando la valigia a terra.
“Se.” La risposta a mezza bocca del detective.
“Oh, so, please, tell him I’ll write about him!” aveva confidato, osservando Kudo stringere con forza il tovagliolo bianco tra le mani. “Non mancheremo.” Aveva assicurato Miyano, in seguito Kudo aggiunto:
“Come mai se ne va? Ha soggiornato così poco…forse si è spaventato per la storia della signorina Azusa?”
“Oh, no!” avvicinandosi confidenzialmente al giovane, aveva portato una mano vicino alla bocca, sussurrandogli all’orecchio:
“Ero venuto qui solo per una conferma e, credimi, l’ho avuta. Sto scrivendo un articolo very important…Sarà un successone! Hai presente quelle notizie che lasciano a bocca aperta?”
E, ripresa la valigia, se ne era andato velocemente, seguito dallo sguardo sospettoso di Kudo.
Terminato il pranzo, i due avevano deciso di prendere una boccata d’aria fuori dall’edificio, supponendo che gli altri due ‘colleghi’ si trovassero in camera.
Stavano passeggiando vicino ad una staccionata di legno, quando una voce attirò la loro attenzione:
“Ma guarda guarda, rispuntate! Dov’eravate finiti? La tua ragazza ti stava consolando per la sconfitta, Kudo?”
L’interpellato sospirò; senza volerlo, si era diretto proprio in bocca al nemico: nel maneggio.
Al suo fianco, appoggiata alla staccionata, stava Ran: non appena i loro sguardi si incontrarono, lei voltò la testa.
Kudo e Miyano si avvicinarono e Ishimaru non perse tempo:
“Come ci si sente ad essere battuti da un grande come me? Per te, che sei un principiante, dev’essere un grande onore…”
Un cavallo al galoppo dentro la zona recintata nitrì rumorosamente.
“Un grande onore sarebbe vedere la tua bocca chiusa.” Replicò Shinichi, poggiandosi alla struttura di legno con un braccio.
“Ora fai il bello perché c’è lei!” indicò con l’indice Miyano “…ma prima, eh, come hai messo la coda tra le gambe!”
Da tutt’altra parte, Megure e Takagi che continuavano ad ascoltare ogni cosa con gli auricolari, rabbrividirono.
Ran, invece, si convinse della sua idea.
-E’ senz’altro così.- pensò, guardando Miyano replicare per difendere Shinichi e lui bloccarla con un cenno della mano.
-Tra Shinichi e Shiho c’è qualcosa. E…- stava per continuare con le sue deduzioni, alla quali mai aveva voluto dar voce, quando notò il signor Sakata parlare concitatamente con un uomo sul ponticello di marmo e poi incamminarsi con lui verso i magazzini.
Si voltò per avvisare Ishimaru o Shinichi, ancora intenti a bisticciare, quando si riprese: avrebbe potuto seguirli e scoprire qualcosa e magari…così, magari…

INIZIO FLASHBACK

“Shinichi, posso entrare?”
“Se intendi chiedermi se sono nudo, la risposta è no.” Giunse una voce seria dall’interno. La ragazza sorrise, poi si addentrò nella stanza.
Shinichi le dava le spalle, stava finendo di ri allacciarsi la camicia bianca dell’uniforme che, trasparente, le permetteva di scorgere i muscoli e l’addome, scolpiti nella pelle.
Per la seconda volta in soli due giorni, Ran si sentì nuovamente attratta dal suo migliore amico, dall’uomo che aveva sempre amato.
“Desideri…?” le chiese, facendola tornare con i piedi per terra.
“Ah…ehm, ecco…io…io volevo sapere se era tutto ok…” balbettò lei, tormentandosi le mani.
“Sì, grazie.” Le rispose, mettendo il completo da ginnastica nel borsone.
Lei sospiro: “Ascolta…”
“Potrei fare altrimenti?” le ricordò lui “Siamo soli, qui.”
“G-già…” ridacchiò, a disagio. “Io volevo chiederti, beh…se c’era qualche problema…ho notato che sei un po’, insomma…rimani sulle tue, pare che sia arrabbiato…”
“Pare un tuo errore.” Rispose, sempre più freddo.
“Ehm…se per caso c’entra Ishimaru, io…io ci tengo molto a spiegarti come stanno le cose, io non sono minimamente interessata…”
“…a questa vicenda.” La interruppe, chiudendo la zip della borsa con un colpo secco. “Prego?”
“Un tuo errore, intendevo dire che non c’è niente che non va, non che tu lo avessi commesso. La storia con quel poliziotto non mi interessa, non sono affari miei; basta che non mi spacchi la faccia non appena venga a conoscenza delle stupide voci di corridoio che circolavano su di noi…”
Terminò il nodo della cravatta verde per poi indossare la giacca azzurra.
-Stupide voci?!- si irritò “E allora che c’è?” scoppiò “Perché ti comporti così? Sei sicuro che non c’entri Ishimaru? Sicuro di non essere…” si bloccò improvvisamente.
“Cosa? Continua.” La incitò, mettendosi il borsone sulla spalla. Poi si voltò, guardandola negli occhi: “Geloso?”
Lei non rispose.
“No, non lo sono.” Rise lui, come se quell’eventualità fosse ridicola. “Ora, se vuoi scusarmi…”
“No, non voglio scusarti.” Si piazzò di fronte alla porta, fissandolo seria…poi i suoi occhi divennero miti, quasi dolci…
“Perché mi tratti così?”
“Preferivo che lo capissi da sola, ma a quanto pare sei così addormentata che devo spiegartelo…” proferì, il tono della voce duro.
Lei sembrò spiazzata e boccheggiò un paio di volte.
“La verità è che in tutto questo tempo mi sono accorto di…di non sentire la tua mancanza.” Dicendo questo, la sorpassò, dandole nuovamente le spalle.
“Forse erano soltanto le sciocche dicerie degli altri a farmi credere di provare affetto per te…ma ho capito che erano cazzate. Non soltanto non sono interessato a te, ma ho scoperto anche di ritenerti una bambina.”
Ran si voltò, non credendo alle sue orecchie. Poi rise:
“Smettila di scherzare, per favore! Mi fai preoccupare…” lo pregò, appoggiandosi alla spalla libera.
“Non sto scherzando, sono molto serio.” Riprese Shinichi, muovendosi bruscamente per interrompere il loro contatto fisico “Sei una codarda, non hai mai avuto coraggio. Mai posseduto un po’ di intuito, infatti sei stata spesso e volentieri ingannata a presa in giro” continuò “…anche da me, come puoi vedere. ”
Ogni parola per la ragazza era una pugnalata al cuore, dritta e precisa. Com’era possibile che stesse facendo sul serio? Non poteva crederci. Gli occhi iniziarono e pizzicarle, le mani a tremare…
“Non abbiamo niente in comune, anzi…Tutte le tue caratteristiche, rappresentano quelle che io non sopporto in una persona. Ci ho impiegato molto tempo, ma fortunatamente alla fine l’ho compreso…”
“…” non seppe cosa rispondere, non seppe come replicare. Lacrima dopo lacrima, il suo volto era sempre più bagnato, i suoi occhi più spenti.
“Davvero dici sul serio?” singhiozzò.
“Certo. Inoltre, approfitto dell’occasione per dirti che qualunque sentimento, qualunque affetto ci legasse…per quel che mi riguarda, la nostra amicizia termina qui.”
Fece per uscire dallo spogliatoio, ma Ran lo afferrò per il braccio:
“ASPETTA! Te lo ripeto, tra me e Ishimaru non c’è niente…”
Era sicuramente così. Era quella la ragione; Shinichi si sentiva tradito, la promessa che gli aveva fatto era stata infranta! Le parole fredde e distaccate che aveva pronunciato dovevano essere frutto della sua ira…
“QUELLO LI’ NON C’ENTRA NIENTE!” gridò, liberandosi con forza. Lei sussultò, ritirando con timore le mani…il ragazzo che aveva di fronte non poteva essere realmente il suo Shinichi…
Voltandosi di nuovo a guardarla in volto, il ragazzo le scandì lentamente:
“Perché me lo fai ripetere?! Non me ne importa niente di te e di lui, gradirei soltanto che entrambi mi lasciaste in pace!!”
Poi si girò e, sbattendo con forza la porta alle sue spalle, scomparve dalla sua vista.

FINE FLASHBACK

No! Gli avrebbe dimostrato che erano tutte sciocchezze, che non era vero niente! I suoi giudizi erano sbagliati…e forse, lui si sarebbe ricreduto.

§§§

“Maledizione! Litigare con quel perdente mi aveva messo una sete!” esclamò mentre poggiava il bicchiere vuoto sul bancone di marmo. Considerata chiusa la conversazione con Kudo, a un certo punto, era tornato dentro l’agriturismo per bere qualcosa al bar affianco alla reception e mentre sorseggiava la sua birra, aveva visto Miyano salire le scale, ma non aveva ritenuto l’evento abbastanza importante da degnarlo della sua attenzione.
“Segni pure sul conto della camera, salderò tutto quanto insieme!” disse Ishimaru al barista, che quindi gli chiese il numero della stanza.
“Non lo sa? Non sa in quale stanza alloggia il grande che ha risolto il caso dell’aggressore, caso che aveva mandato nel panico tutto l’agriturismo? Tesoro, l’hai senti…” smise di farneticare.
-Dov’è Ran?- realizzò mentalmente guardandosi attorno; la ragazza sembrava non trovarsi da nessuna parte in quel luogo, o perlomeno nelle zone a lui visibili.
-Che fine ha fatto? Non mi ha detto niente…Perché non mi ha seguito qui?- quindi, decise che continuare a cercarla senza la minima idea di dove poterla trovare fosse inutile.
“Ha per caso visto la mia ragazza?” domandò al barista, che però scosse la testa. Ishimaru storse il naso.
“Che fine ha fatto…?” Ebbe un sussulto, quando si rese conto che nessuno gli rispondeva.
Lui era da solo.
Ira e gelosia lo avvolsero nel preciso istante in cui realizzò che anche Kudo era scomparso.

§§§

Distraendosi un attimo dal battibecco con il poliziotto si era accorto della mancanza di Ran nel gruppo. Dapprima l’aveva cercata con lo sguardo, immaginando poi che magari avrebbe potuto essere in bagno o al telefono con suo padre, dopo però non l’aveva vista tornare e si era insospettito. I minuti erano passati lentamente ed istante dopo istante la sua preoccupazione era aumentata. Trascorsi buoni dieci minuti senza avere alcuna traccia di lei, aveva deciso di andarla a cercare; si era incamminato verso l’interno dell’agriturismo e aveva chiesto ad una signorina che puliva i tavoli interni se per caso l’avesse vista, ma lei non era stata in grado di aiutarlo. Dunque era riuscito all’esterno, con la convinzione che, facendo il giro di tutto l’edificio, probabilmente l’avrebbe trovata: in caso contrario, avrebbe percorso tutte le vie che, a quanto detto da Sakata, conducevano nei luoghi e presso le costruzioni più caratteristiche della piccola località.
Giunto di fronte alle stalle, chiese ad un uomo intento a spazzolare un cavallo:
“Chiedo scusa: per caso una ragazza castana è passata di qui?”
I piedi erano pronti a scattare in caso di una risposta negativa, che, in fin dei conti, si aspettava.
“Indossava una minigonna?” lo sorprese, sollevando lo sguardo dal pelo dell’animale.
Lui annuì, sollevato.
“Sì, l’ho vista un paio di minuti fa. Se non sbaglio, si è diretta verso il magazzino…dove teniamo il cibo per gli animali.” Gli spiegò, indicando con il braccio un piccolo viale in cemento, poco visibile tra le erbacce che erano cresciute e l’avevano in parte coperto. “Grazie mille, è stato molto gentile.” Kudo si piegò leggermente in segno di educazione, poi prese quella stradina.
-Cosa ci è andata a fare nel magazzino? E perché, poi, non ha detto niente?!-
Giunse all’entrata della stanza, scovandola aperta. Mentre la oltrepassava, si rese amaramente conto che poteva aver sbagliato…
-Probabilmente aveva avvertito Michiyo…-
Sospirando sommessamente, si voltò per tornare indietro; scosse la testa, dandosi mentalmente dello sciocco per non averci pensato prima.
“Ho capito, ho capito…” sentì ripetere più volte da una voce maschile.
Si bloccò all’istante, girando leggermente la testa nella direzione in cui, secondo la sua opinione, era nata quella frase. “Molto bene. Noi non concediamo seconde possibilità, sia chiaro…” un’altra voce, sempre di un uomo.
Fece qualche passo verso di loro, vedendo apparire dallo spazio tra uno scatolone e l’altro due gambe e un paio di scarpe. Forse camminando calpestò qualcosa, infatti i due uomini si voltarono di scatto: ma lui era stato più rapido, in un attimo si era rifugiato dietro una colonna che sorreggeva una scala; con la massima probabilità, in quel magazzino si poteva accedere anche dall’interno dell’agriturismo…
“Shin…er…Kudo?” soltanto dopo essersi sentito chiamare si rese conto di percepire uno strano calore al suo fianco.
Si girò piano, per poi ritrovarsi immerso negli occhi grandi e profondi della sua vecchia amica d’infanzia.
“Che ci fai qui?” sbottò in un sussurro.
Lei sembrò dispiaciuta di quella reazione così brusca, infatti abbassò immediatamente gli occhi per interessarsi al pavimento sporco. Aveva creduto davvero che, vedendola lì, si sarebbe ricreduto sul suo conto?
“Ho visto il signor Sakata con quell’uomo vicino al muretto in marmo del ponticello. All’improvviso sono venuti qui di corsa e …e…ho pensato che nascondessero qualcosa…” sussurrò.
“Avresti dovuto avvisarci, maledizione!” non si accorse che, reagendo così, non fece altro che dimostrare la sua preoccupazione. “O perlomeno…se non volevi avvisare me, potevi dirlo al poliziotto!” si corresse, volgendo lo sguardo in un’altra direzione.
“Perché credi che non avrei voluto avvisare te?” chiese ingenuamente, squadrando il suo volto e soffermandosi sugli occhi così sfuggenti.
“Ad ogni modo, oramai siamo qui. Non farti vedere, vieni…” ignorò totalmente quella dolorosa domanda, poi l’afferrò per un braccio e l’avvicinò al suo corpo: se stavano vicini, la colonna era abbastanza grande da nasconderli entrambi.
A contatto con parte del giovane corpo, la karateka arrossì di colpo, abbandonandosi poi a quella meravigliosa sensazione di calore.
“Avete giurato che dopo mi lascerete in pace. Me lo assicuri?” chiese una delle due voci misteriose.
Il detective sporse leggermente il volto dietro la colonna, scoprendo con grande stupore che a parlare era stato proprio…
“Yuri Sakata!” realizzò a bassa voce, non accorgendosi che Ran era andata completamente in tilt; con quel movimento, infatti, Shinichi si era avvicinato pericolosamente al suo viso e, pronunciando quel nome, aveva permesso alla castana di percepire il suo fiato sulla guancia. Lei chiuse gli occhi, deglutendo.
Più passava il tempo e più si sentiva maledettamente attratta da lui e dal suo corpo.
Più passava il tempo e più si sentiva infiammare dentro.
Più passava il tempo e più si sentiva morire.
“Smettila di stancarmi con questa storia! Se me lo chiedi un’altra volta, farò in modo che i patti vengano infranti!”
Promise con tono minaccioso l’altro uomo, che Shinichi notò essere vestito di nero dalla testa ai piedi.
-Ah ah…no no…- si prese in giro tra sé e sé il detective –Ci sono cascato un paio di giorni fa, non ci ricadrò adesso…-
Sakata sembrò spaventarsi, infatti tacque; Kudo e Mouri potettero vedere soltanto questo, poiché l’uomo in nero voltava loro le spalle ed era in parte nascosto da alcune scatole impolverate e vecchi sacchetti.
Espirando profondamente, Ran decise di osservare la scena ed ascoltare i dialoghi, invece dei suoi istinti, perciò anche lei si girò e giusto in tempo, tra l’altro, per vedere un omone vestito interamente di nero che, con passi rapidi, usciva dal magazzino.
Sakata si appoggiò con le mani ad un recipiente di vetro, sospirando rumorosamente:
“Come diavolo faccio???” tentò di sfogarsi, alzando la testa verso il cielo “Questi non scherzano…”
-Ma…ma davvero? Sto forse diventando paranoico…?- pensò Shinichi, sporgendosi ancora di più oltre alla colonna per cercare di sentire qualsiasi bisbiglio dell’uomo; nell’agire in questo modo, non capì che per Ran il pieno contatto tra le loro spalle, i loro petti, le loro pance e…tutto ciò che si trova più in basso, era decisamente troppo. In grande imbarazzo, si mosse per tentare di allontanarsi e separare il suo corpo da quello del giovane, ma inavvertitamente colpì una scopa li appoggiata ed essa cadde a terra con un tonfo.
Kudo si voltò di scatto, osservando per alcuni secondi l’oggetto steso a terra; i suoi occhi risplendevano di ansia.
“…” Ran non fiatò, anche perché, seppur l’avesse voluto, il signor Yuri la precedette:
“C’è qualcuno?” si guardò intorno, sospettoso e preoccupato. Poi, si avviò nella loro direzione.
“Mi…mi dispiace!” gli sussurrò Ran, il volto contratto in un’espressione di rammarico. “Io…non…non volevo!!”
Poi i suoi occhi divennero lucidi, come se stesse tentando di trattenere le lacrime: “Volevo solo darti una mano…”
Shinichi fu rapito da quelle parole, da quella visione: la ragazza aveva tentato di dimostrargli quanto valesse, aveva desiderato cancellare le offese che lui le aveva rivolto, aveva rischiato molto e si era fatta coraggio…per fallire.
Quante volte anche lui, spinto da giusti ideali e nobili sentimenti, aveva sbattuto il muso contro la dura e difficile realtà…la differenza era che lei non lo faceva per passione –tanto meno per mestiere- ma per desiderio di (ri)guadagnarsi la sua stima! E in quel momento, doveva sentirsi davvero una sciocca…
Riflettendo bene sulla situazione, Kudo ebbe un’idea; era insolita, certo, ma avrebbe potuto funzionare. Ma se poi lei fosse rimasta male?
“C’ è Nessuno?” la voce di Sakata rivelava la sua posizione, sempre più vicina.
-E va bene!- si diede coraggio Shinichi. Dapprima spense gli auricolari che gli si arrampicavano addosso, poi afferrò Ran per i fianchi in modo da neutralizzare anche i suoi: nessuno avrebbe dovuto sapere cosa sarebbe successo di lì a poco!
“Cosa sei disposta a fare per rimediare?” le sussurrò.
Lei alzò gli occhi, scorgendo una luce negli occhi di lui. Poi realizzò: Shinichi aveva un piano!
“Tutto!” rispose all’istante, gonfiando il petto per l’imbarazzo.
“Tutto…tutto?” si accertò e lei annuì “Certo. Ho combinato io il disastro ed ora è ovvio che voglia rimediare!”
“Insomma!!” pronunciò di nuovo Yuri, percorrendo gli ultimi spazi per raggiungerli e scoprirli.
“Molto bene!” sentenziò il detective e la conversazione terminò; si posizionò davanti a lei, tirandola verso di sé: per la seconda volta in pochissimo tempo, i loro corpi aderivano perfettamente, tanto che ognuno poteva sentire il battito cardiaco dell’altro. “Cos…” provò ad informarsi la figlia di Kogoro, spingendosi contro il muro freddo della colonna.
“Vedi di recitare bene, Mouri…” le sussurrò, fiondandosi dopo sulle sue labbra: Ran non si mosse, perplessa e anche intimorita. Presto, comunque, Shinichi diede inizio alla lussuria: dapprima le sfiorò la bocca, poi, aiutandosi con la lingua, fece sì che essa si spalancasse.
-Mi sta…mi sta baciando…- Ran assunse lo stesso colore dei pomodori maturi e sentì che il cuore le era arrivato nella gola.
Kudo riuscì a sentire il battito decisamente accelerato della ragazza e pregò che lei non percepisse il suo, continuando comunque a baciarla con foga e trasporto. Dopo parecchio, la giovane riprese i sensi e, delicatamente, gli cinse la nuca con le mani, carezzando i capelli morbidi con le dita; contemporaneamente, prese a ricambiare con timidezza il bacio, che via via, si faceva sempre più appassionato.
A quel punto, Sakata svoltò l’angolo e si ritrovò davanti una scena che mai si sarebbe immaginato: l’abile ballerino teneva per i fianchi la ragazza del castano e lei gli accarezzava i capelli rispondendo ad un bacio…ad un caldo bacio. Giurò di poter sentire i loro respiri affannati mentre continuavano a baciarsi, ignari –secondo lui, povero stolto- di essere osservati.
Dopo qualche attimo di indecisione, decise di farsi notare schiarendosi la voce.
Kudo si staccò immediatamente, voltandosi verso di lui e assumendo un’espressione terrorizzata; Ran, invece, continuò a fissarlo come imbambolata.
“I-io…N-noi…” balbettò il detective, recitando in modo perfetto. Eppure, sul suo viso un tremendo rossore si espandeva per davvero…
Ran deglutì, guardando anche lei il proprietario dell’agriturismo che, dopo averli fissati per un po’, scoppiò a ridere.
I due ragazzi non si mossero, né fiatarono.
“Suvvia, suvvia! Non fate quelle facce!” rise di nuovo, per poi ammiccare “Anche io sono stato un ragazzo…”
Battè una mano sulla spalla del giovane, per poi attirarlo leggermente a sé “E so bene che quando gli ormoni si lagnano, bisogna accontentarli…a quest’età, poi!”
Si rivolse dopo alla ragazza:
”Come si può rifiutare un tanghero?! Un uomo con un po’ di intuito per i misteri non è assolutamente paragonabile ad un uomo traboccante di passione!” paragonò Ishimaru a Shinichi, continuando a ridacchiare.
“Beh, noi…” il detective tentò di iniziare un discorso, ma si interruppe subito; sospirò rumorosamente, per poi chiedere: “Io…io le sarei grato se…”
“Oh, certo! Questo sarà il nostro piccolo segreto!!” ammiccò loro Yuri “Altrimenti, non sareste certo venuti in questo magazzino!”
Ran si voltò verso Shinichi, che ancora conservava sul volto un’aria preoccupata. Non c’erano dubbi, la sua scaltrezza, la sua abilità, i suoi riflessi…tutto era perfetto. Perfino il suo corpo… la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua…
Anche se in condizioni particolari e in un’eventualità che mai aveva immaginato, il suo più grande desiderio era divenuto realtà: Shinichi l’aveva baciata.

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Note Dell’Autrice :
Ohoh, vi prego! Basta applausi, basta basta! *cool*
XD Ho creduto che dopo il caso (com’è venuto?) ci stesse bene un momentino più…romantico XA
E voi, siete d’accordo? Io devo ammetterlo, mi sono emozionata a scrivere quest’ultimo pezzo *__*
Avevo detto che i fan ShinRan avrebbero dovuto soltanto portare un po’ di pazienza e sarebbero stati accontentati, no? E Cavy mantiene sempre le promesse o non si chiamasse più Cavy! Ovviamente è escluso quando dico: “Posterò presto ;D” XD
Prima di passare alle risposte per i MERAVIGLIOSI COMMENTATORI ci tenevo a precisare che non mi aspettavo il discorso di Shin –nel capitolo passato- riscuotesse tanto successo! Mi fa davvero moooolto piacere!!!

Akane_val:
Ciao!
Mi fa molto piacere leggere queste cose ^^ Sei molto gentile…e sono anche contenta che nello scorso capitolo ti siano piaciuti Shin e Ishi-san! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto: suppongo sia valsa la pena di leggere e tollerare tutte le rispostacce di Kudo-kun se poi l’esito è questo, no? XD Fammi sapere, mi raccomando :D

Feferica:
Ciao!
Avevo annunciato una sorpresa, no? Spero sia piaciuta =)
Scrivere il discorso di Shin nel capitolo diciottesimo mi è piaciuto molto, effettivamente…ma d’altronde, cos’è che non mi piace scrivere di lui? Niente più o meno XD Un bacione e grazie mille!!

Shiho93:
Ciao!
Sono contenta che il discorso di Shin abbia riscosso così tanto successo…ti dirò la verità, non me l’aspettavo! Sono davvero molto contenta! Bye bye, alla prossima !

MelanyHolland:
Salve!
Neanche inizi il commento che già mi fai arrossire ^////^ Non puoi immaginare quanto piacere mi faccia leggere le tue recensioni, sei sempre così gentile! Stavolta purtroppo non sono riuscita ad aggiornare presto…ho ripreso la mia linearità nel ritardo ^^”
La caratterizzazione dei personaggi è sempre un elemento che mi terrorizza: sapere che vengono bene mi riempie di gioia. Per quanto riguarda questo capitolo, invece, cosa te ne pare? Spero di averti sorpreso –piacevolmente, ovvio- un po’ =D Un bacio e al ventesimo capitolo XXX

Shaddy :
Ohhh ma guarda un pò la nostra Shaddy si è convertita: ora parla in Aramaico! Oppure è Sanscrito? No, mi sa Greco Attico…uhm XDDD
MA CHE MI COMBINI CON QUEL ROTTAME DI PC, EH?!?
Comunque § Passando a cose serie *devil*: Ishi ti ringrazia per il fazzoletto smocciolato XAA Nel prossimo capitolo ne avrà da faticare…scoprirà o non scoprirà l’accaduto? Si lancerà o non si lancerà contro di te credendoti parzialmente responsabile con ovvi messaggi subliminali nei confronti dell’autrice tipo quelli di quel locale/agriturismo/bar del link?XDDD Un bacione one one e come sempre, grazie di cuore!
Oh, quasi dimenticavo: grazie anche per il commento all’altra fic «Red Blood – Rosso Sangue»! :P

E con ciò termino qui. Il prossimo capitolo sarà il ventesimo…mamma mia, è un bel numero xD Paro paro!
Mi sembra ieri che iniziavo a tirar giù uno schema con tutte le tappe fondamentali della storia, i misteri…ed ora sto quasi (quasi XD) a metà fic! Comunque ce ne saranno ancora di eventi, eccome! Ho in mente dei personaggi d’autore che intervengono nella storia (ehmehm Hattori ehmehm) e una parte mozzafiato e ricca di suspance *_*
Ok, ho terminato il messaggio promozionale! XD
Ora non vi annoio più, bensì vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Un bacione e grazie di cuore a tutti voi (i commentatori in primis, loro lo sanno che li adoro *_*)!!
XXX CavyChan XXX

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Capitolo 21
*** Complicazioni ***


Capitolo Venti

Complicazioni

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Dalla finestra filtravano alcuni raggi di un sole che si apprestava al tramonto, tingendo la stanza di un rossastro chiaro.
Da almeno un’ora e mezza Ishimaru era disteso sul letto, le scarpe ancora calzate e il viso coperto da un solco furioso. Le gambe erano incrociate ed una di esse penzolava ritmicamente facendo peso sull’altra mentre al contempo i denti mordevano il labbro con rabbia.
Sentì un cigolio e si voltò di scatto: la porta della camera, lentamente, si stava aprendo.
“ECCOTI!” Sbraitò furioso, alzandosi di botto e parandosi di fronte a lei con neanche due falcate.
“SI PUO’ SAPERE DOV’ERI SPARITA??” gridò, afferrandola per le spalle.
Ran, ancora parzialmente nascosta dalla porta in legno chiaro strabuzzò gli occhi, spaventata dall’aggressione. Cercò di dire qualcosa, ma Michiyo iniziò a scuoterla con violenza continuando ad urlare:
“DOV’ERI? E PERCHE’ INSIEME A TE E’ SCOMPARSO ANCHE…” fece per domandare, ma il fato volle che le parole gli si mozzassero in gola quando vide lei liberarsi con uno strattone dalla sua morsa e rifugiarsi, intimorita e tremante, nel petto del ragazzo che le stava dietro. Lui, così preso dall’assalire Ran, non l’aveva neanche notato.
Dal canto suo, Kudo si paralizzò e non provò neanche a consolare la ragazza, tenendo le mani in tasca e il corpo immobile. Dentro allo stomaco, un peso indescrivibile.
“TU!” gridò il poliziotto, a quel punto completamente arrabbiato e privo di controlli.
“TANTO PER COMINCIARE, STACCATI IMMEDIATAMENTE DA QUESTO PRINCIPIANTE!” le ordinò, facendo per allungare le mani verso le sue spalle.
Kudo percepì il corpo di Ran avvinghiarsi maggiormente a lui e una leggera sensazione di umido bagnargli la maglia: dal grande spavento, la diciassettenne stava piangendo. Il poliziotto le incuteva paura…
“Tanto per cominciare, abbassa la voce.” Sentenziò, afferrandogli le mani e bloccandole così a mezz’aria.
“Non vedi che stiamo dando spettacolo?”
“NON ME NE IMPORTA NIENTE! CHE SAPPIANO QUELLO CHE STA SUCCEDENDO!” continuò a gridare fuori di sé.
Tentò di ritirare le mani ma il detective le teneva così saldamente da impedirglielo.
“E MOLLAMI ALL’ISTANTE!” perciò aggiunse.
Ran continuò a tenersi stretta al ragazzo, desiderosa di protezione. Shinichi non osò toccarla, ma le disse:
“Esci da qui, per favore.”
Lei, stupita, alzò il volto come per chiedere conferma e lui ripetè la sua richiesta:
“Esci. Adesso.” Lei annuì, asciugandosi un occhio con la mano destra. Soltanto quando si ritrovò fuori dalla camera, il ragazzo cedette la presa sulle mani dell’autorità permettendogli così di liberarsi.
“Ti sembra il modo?” gli chiese con sguardo infuocato.
“Sì, esatto!” rispose a voce più bassa, forse leggermente intimorito dal comportamento del detective ma decisamente non ansioso di darlo a vedere.
“Se non altro, perché ci tengo a sapere se mi sono innamorato di una poco di buono!” ancor preso dalla rabbia, non si rese conto di aver parlato troppo: a quelle parole, infatti, una forte ginocchiata gli affondò nello stomaco, piegandolo in due.
Michiyo cadde sulle ginocchia, reggendosi il petto con entrambi le mani; alzò lo sguardo, scrutando furente il detective con il ginocchio ancora alto.
“Brutto…” lo insultò, ma il dolore era così forte da togliergli il fiato.
“Ora che ti sei calmato.” Esordì Shinichi, portandosi le mani in tasca. “Ti spiego cos’è successo.”
La risposta di Michiyo fu solo un rantolio addolorato.
“Ho visto Sakata recarsi furtivamente verso i magazzini dietro l’edificio e l’ho seguito. Nascosto dietro una colonna per osservarlo, mi sono accorto che anche Mouri aveva fatto lo stesso: siamo rimasti lì fin quando lui non se n’è andato. Nessun tradimento, nessuna azione illecita.” Cambiò leggermente i fatti, trascurando volutamente il piccolo dettaglio circa il loro bacio.
In tutta risposta, Michiyo strabuzzò gli occhi e poi tentò di rialzarsi, barcollando.
“Tu…Sakata…” balbettò.
“I dettagli li avrai da Mouri.” Tagliò corto il liceale, voltandogli le spalle.
“Sempre se deciderà di perdonarti.” Precisò tagliente.

§§§

“Buonasera!” esordì cordialmente Yuri che passeggiava tra i tavoli della sala adibita a ristorante.
“Buonasera.” Gli sorrise Shiho, notando che nessuno era dell’umore per le convenzioni sociali.
“I piatti sono di vostro gradimento?” domandò cortesemente, poggiandosi con le mani alla sedia di Shinichi, che quindi fu chiamato in causa seppur nolente.
“Certamente, grazie signor Sakata.”
“Yuri! Ho detto Yuri!” gli ricordò, battendogli una mano sulla spalla, poi divenne serio.
“Chiedo ancora scusa per l’increscioso incidente di questa notte. Davvero, io non…”
“Non si preoccupi, è tutto passato adesso.” Lo rassicurò Ran “Dico sul serio.”
“Signorina, lei è così gentile! Ci credo che ha conquistato il cuore di un ragazzo così in gamba…” guardò di sottecchi Kudo, che si fece scappare un sorrisino.
Invece Ran arrossì, sapendo comunque che Ishimaru avrebbe raccolto quel complimento per sé:
“La ringrazio.”
Appunto.
“A proposito, però…” proseguì Michiyo “Le fortune bisogna guadagnarsele, credo. Perciò…c’è qui un posto romantico? Dovrei chiedere scusa alla mia ragazza…”
“Cosa? Sei tu a chiedere scusa a lei?” Yuri rimase di sasso, lasciandosi sfuggire qualcosa di troppo; quindi Shinichi si schiarì la voce, sudando freddo.
“Sì…” rispose sospetto il poliziotto “Abbiamo avuto una piccola lite e…” cercò di spiegare, pensando che Yuri si riferisse a quello.
“Piccola…” sottolineò ad alta voce il detective, ma Michiyo lo ignorò: “…e vorrei chiederle scusa in degno modo.”
“Non so quanto la ragazza possa apprezzare…” alluse di nuovo allo stretto legame tra il tanguero e la giovane, ma il poliziotto credette che in realtà avesse sentito il loro litigio e giudicasse severamente il suo atteggiamento.
“…ma comunque sul tetto si possono vedere bene le stelle e stasera mi pare il cielo sia sereno.” Gli indicò il luogo e il poliziotto ringraziò, pregando poi la giovane di accompagnarlo lì: dopo quella scenata, Ran non gli aveva più rivolto la parola.
“Non termina la cena?” si sorprese Sakata, ma Michiyo si passò una mano sullo stomaco:
“Mi fa un po’ male, non ho tanta fame… ” dichiarò, lanciando uno sguardo truce al detective, che però rispose con un sorrisetto beffardo.
Non era mai stato tanto fiero di aver fatto male a qualcuno.
“Bene, in questo caso vi lascio soli allora…” li salutò con cortesia Yuri, poi continuò il suo giretto tra gli ospiti dell’agriturismo. “Vuoi spiegarmi cosa succede?” domandò Miyano a Kudo non appena anche gli altri due se ne furono andati.
“Cosa sono queste battutine e queste occhiate?”
Kudo sorrise:
“Brava, ottimo spirito dell’osservazione, dottoressa.”
Lei sorrise a sua volta:
“Mai come il suo detective. Ma ora, gradirei usare anche le orecchie oltre che gli occhi…”
Perciò Shinichi le raccontò i fatti del pomeriggio, escluso il bacio avvenuto tra lui e Ran, ovviamente; giustificò le battutine di Sakata dicendo che, probabilmente avendoli visti insieme in quel magazzino, aveva pensato fossero amanti.
E naturalmente evitò anche di rivelarle la strana conversazione tenuta dai due uomini.

§§§

“Guarda che bella quella stella! E’ così luminosa…forse ti ha visto e cerca di gareggiare con la tua bellezza! Ahah, povera scema…” Ishimaru tentò nuovamente di scatenare nella figlia del detective una reazione, ma lei non sorrise neppure.
Non era servito condurla sul tetto ad osservare il cielo…
“Senti, mi dispiace.” Si arrese, posizionandosi di fronte a lei. “Io…io non ti ho vista più e poi ho notato che anche quel detective era sparito. Mi sono ingelosito!”
Ran rimase muta, guardandolo soltanto.
“Non volevo aggredirti così, ma quando poi dietro di te ho visto comparire quello…credimi, non ci ho visto più!”
Le afferrò entrambi le mani, facendo sì che le appoggiasse sul suo petto allenato.
“Potrai perdonarmi?”
La ragazza non rispose, osservando le loro mani unite.
Per un istante percepì sulle sue labbra la lingua incandescente di Shinichi, poi però sentì anche le sue parole:

“Mi pare ovvio che quel che è successo tra noi non debba essere rivelato.” Affermò serio Kudo, salendo le scale che l’avrebbero condotto nella loro camera.
Lui e Ran, usciti dal magazzino, si erano finti imbarazzati ed impacciati sino a quando Sakata non era sparito, dileguandosi. A dire il vero, la ragazza era ancora imbarazzata ed impacciata, ma Kudo sembrava tranquillo e sereno.
Non era riuscito ad ideare altri piani per salvarsi in corner ma con quel bacio probabilmente aveva suscitato in Ran ancora più confusione e quindi più speranze. Chissà quanto avrebbe sofferto…
-Come ho fatto a non avere altre idee?!- si rimproverò mentalmente, mentre osservava con la coda degli occhi la ragazza che, mesta, sospirava prima di rispondergli:
“Certo.”
“Bene.” Sentenziò duramente, faticando per conservare la voce atona.
“Ma…” tentò Ran. Un barlume di speranza negli occhi.
Kudo pensò fosse meglio non darle corda, sperando che in quel modo avrebbe sofferto un po’ di meno.
“Nessun ma. Non sapevo cos’altro fare, non credere che mi abbia fatto piacere. Tutt’altro.”
Lei annuì a testa bassa, facendo poi per aprire la porta della camera.

“Allora? Non vorrai mica tenermi il muso?” insistette Michiyo, riscuotendola da quegli orrendi pensieri.
Non sapevo cos’altro fare, non credere che mi abbia fatto piacere. Tutt’altro.
Serrò gli occhi, desiderando non udire più quella frase, ma di nuovo:
“Non credere che mi abbia fatto piacere.”
“Ran!” la chiamò Ishimaru, al che lei sollevò le palpebre:
“No, certo. Non ha importanza, non sono arrabbiata…”
“Ah, che bella notizia! Credimi, ora sì che mi sono tolto un peso dallo stoma…” ma si interruppe bruscamente, calando la faccia per guardarsi il petto.
Come si era permesso quel ragazzino di colpirlo in quel modo? Gliel’avrebbe fatta pagare! Eccome se gliel’avrebbe fatta pagare!
“Che ti prende?” fu Ran a distrarlo dalle sue riflessioni.
“Niente…niente.” Le sorrise “Ora, che ne dici di goderci un po’ le stelle?”

§§§

“Bene. Se in tutta la giornata di oggi non scopriremo nulla su Sakata, domani ce ne andremo.” Esordì Michiyo, appena uscito dal bagno.
Era di nuovo mattino e i ragazzi si apprestavano a trascorrere un altro giorno alla ricerca di preziose informazioni.
“Tu sei sicura, comunque, che ieri nei magazzini lui e quell’uomo non abbiano detto nulla di rilevante, non è vero?” chiese a Ran.
La ragazza, dal canto suo, aveva notato che quando la stessa domanda era stata rivolta a Shinichi lui aveva risposto affermativamente. Certo era che qualcosa quei due se l’erano detti…ma il detective desiderava che rimanesse nascosto oppure non lo riteneva importante. Si rese conto che tralasciare un dettaglio come quello soltanto per comportarsi come un ragazzo che non la sopportava era sciocco, ma non se la sentì di mettere nei guai Shinichi.
“Sì, sicura.” Affermò, osservando in volto Miyano, appoggiata al davanzale del balcone.
I vetri della finestra erano aperti, quindi potè scorgere il suo sguardo: sembrava non celare niente. Forse Shinichi non aveva detto niente neppure a lei…
“Perfetto. Scendiamo a fare colazione, allora!” esclamò Ishimaru, avviandosi verso la porta.
Miyano rientrò nella stanza, avvicinandosi al letto in cui Shinichi, coperto completamente dalla coperte, continuava a dormire. “Cosa fai?” le chiese Ishimaru.
“Lo sveglio.” Rispose la scienziata come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma il poliziotto insistette:
“So bene che la sua assenza ti peserà molto, ma lascialo lì. Così farai un gran favore a me e a Ran, noi potremo passare la mattinata in pace! Gli porterai qualcosa in camera dopo, così starete anche da soli e saremo tutti contenti.”
Ran storse il naso e Miyano osservò con gli occhi assottigliati la sagoma del ragazzo.
“Andiamo, forza!” Ishimaru l’afferrò per un braccio, tirandola verso la porta.
“Lasciamo il perdente a riprendersi dalla sconfitta!” disse e tutti e tre uscirono dalla stanza.
Uno.
Due.
Tre.
Le coperte si sollevarono rivelando alla luce uno Shinichi già vestito e lavato con gli occhiali da inseguimento inforcati sul volto.
“Il perdente qui sei tu, Michiyo…” disse ad alta voce, mettendo i piedi per terra.
Afferrò un giacchetto nero posto su una sedia al lato del letto, poi continuò:
“Non ti sei accorto di niente…” quindi premette la stanghetta degli occhiali sull’orecchio in modo da udire meglio le parole di Sakata.
Era riuscito a posizionargli addosso una cimice e quel giorno l’avrebbe ascoltato e pedinato!
Se davvero aveva a che fare con l’Organizzazione Nera, l’avrebbe scoperto…e l’avrebbe anche affrontato!

§§§

Chiuse il rubinetto dell’acqua per poi poggiare un piede sul tappetino appena di fronte alla vasca. Afferrò l’asciugamano che aveva precedentemente messo sul lavandino, avvolgendolo intorno al corpo bagnato, poi si avviò verso il suo letto.
Osservò fuori dalla finestra il cielo divenire scuro: si era fatto pomeriggio inoltrato.
Si passò una mano sulle labbra, chiudendo gli occhi; quasi ancora riusciva a percepire l’ottimo sapore della bocca di Shinichi ed il suo profumo attraente.
L’aveva baciata, poi l’aveva protetta da Ishimaru…eppure sembrava non le importasse niente di lei. O almeno, lui voleva che si pensasse questo…
Non sapeva se lui ne fosse al corrente o meno, ma lei era rimasta dietro la porta ad origliare quel che era successo, dunque aveva sentito tutto: le parole di Shinichi, quelle di Ishimaru…poi, inspiegabilmente il silenzio, e dopo poco la voce del detective che raccontava l’accaduto. Come aveva fatto a zittire il poliziotto? Ma soprattutto, perché aveva deciso di farlo, invece che andar via e lasciare loro due soli a discutere? Era tutto così strano…
Si sedette sul letto, sfilandosi la cuffia e liberando i capelli che le ricaddero morbidamente sul corpo.
-Io…io penso che sia così. Ho capito perché Shinichi si comporta in quest’assurdo modo! Quella ragazza, Shiho…probabilmente loro intrattengono una relazione. Shinichi è davvero interessato a lei, che però ha deciso di seguirlo perfino qui a Tokyo; se l’ha fatto, probabilmente è molto gelosa di lui…eh, ovvio che lo è!-
Si passò di nuovo la lingua sulle labbra, rivivendo per un istante le emozioni provate il giorno prima.
-Comunque…comunque.- cercò di riprendere il controllo di se stessa, ma era difficile ragionare quando ogni istante quel caldo contatto le tornava in mente.
-Shinichi non vuole farla ingelosire ed ha accettato di troncare ogni rapporto con me. E’ per questo che, di nascosto, continua a difendermi…non mi illudo di valere più di un’amica ai suoi occhi, quel bacio può veramente non contare nulla per lui…ma non ci credo che tutto un tratto non vuole avere più niente a che fare con me. Deve entrarci sicuramente quella ragazza…-
Così presa dalle sue errate conclusioni, rimase immobile quando la porta si aprì, permettendo ad Ishimaru di entrare nella stanza.
La giovane si voltò di scatto, scorgendo lo sguardo del ragazzo posato su di lei insistentemente.
Aveva dei fogli in mano e l’auricolare che rimbalzava sul collo.
“La richiamo più tardi, ispettore…” disse deciso, troncando la chiamata.
“I-Ishimaru…” balbettò lei, scattando in piedi. “Vado subito a cambiarmi!” esclamò, voltandosi non appena scorse nei suoi occhi qualcosa che le piaceva poco. Molto poco. Infatti, Michiyo aveva gettato i fogli per terra e si era velocemente avvicinato a lei:
“Oh no, non ce n’è bisogno…” la afferrò per i polsi, come rapito dalle sue forme rese ancor più evidenti dall’asciugamano bagnato.
“Ci conosciamo da abbastanza tempo per…” gli morirono in gola le parole pronunciate con tono quasi roco, poi si gettò sulla ragazza in modo che tornasse sul letto, stavolta però distesa: le mani bloccate dalle sue, aveva le ginocchia del ragazzo intorno ai fianchi.
“Che fai???” sbottò, completamente rossa in volto.
“Ti faccio capire quanto mi piaci…” si avvicinò a lei, paralizzata.
“NO! SMETTILA!” gridò, cercando di liberarsi dalla sua stretta, ma i movimenti inconsulti le spostarono l’asciugamano tanto che la sua scollatura divenne profondissima.
Michiyo le poggiò una mano sulla coscia semi scoperta, lasciandole il polso.
“Ma perché, ti verg…” fece per domandarle, ma lei lo interruppe:
“Non voglio, basta!” e per spingerlo via poggiò le mani sul suo petto.
In quel momento, di nuovo la porta si aprì con un cigolio udibile e dal corridoio apparve Shinichi.
Gli occhi chinati su un taccuino, si richiuse la porta alle spalle, ma udendo un fruscio alzò lo sguardo.
La piccola agendina marrone gli cadde dalle mani, la mandibola che gli arrivava sino al pavimento.
“Non è come sembra! Non è come credi!” Ran si alzò all’istante, cercando di tirare l’asciugamano sopra il petto. Michiyo, in ginocchio sul materasso, rise:
“Ma che fai? Non sono affari suoi…se si imbarazza tanto, vorrà dire che la prossima volta busserà prima di entrare.”
L’espressione di Kudo tornò abbastanza compita, anche se i denti mordevano furiosamente il labbro inferiore; il petto si alzò, cercando di inspirare l’aria che però gli feriva il naso e la gola.
“Beh, cosa fai lì impalato? Nel caso non lo avessi capito, la tua presenza qui non è affatto gradita…” insistette il poliziotto, incrociando le braccia.
Dal canto suo, il giovane detective non tentò neanche di replicare: sarebbe stato impossibile mantenere la voce aton:, anche nel caso fosse riuscito ad emettere qualche suono: semplicemente, si inchinò per raccogliere il taccuino da terra, poi si volse per riaprire la porta ed uscire dalla camera.
”NO! Per favore, aspetta…!” Ran si alzò dal letto con velocità, quasi rischiando di inciampare al bordo. “Ti posso spiegare!!”
Ma Kudo non arrestò i suoi movimenti: fece scattare la maniglia e lasciò la stanza.
Lei si precipitò nella sue direzione nel tentativo di bloccarlo, ma di nuovo Ishimaru la afferrò per i polsi:
“Ma di cosa ti preoccupi? Perché vuoi giustificarti con…”
“LASCIAMI!”
Un solo, rapido movimento: uno schiaffo che andò a schiantarsi sul volto del poliziotto, lasciandolo spiazzato e facendo allentare la presa sul suo braccio.
“ESCI DA QUI! VATTENTE!” gridò ulteriormente la ragazza, per l’ennesima volta in lacrime, prima di correre nel bagno e chiudersi dentro.
Dopo aver dato tre mandate alla serratura, Ran si accasciò contro la porta e si prese la ginocchia.
“VAI VIA! VIA! VIA!” inveì contro di lui con tutta la voce che aveva in gola.

§§§

Ad un certo punto il vuoto esistenziale. Erano spariti tutti quanti! Che fine potevano aver fatto?
Li aveva cercati per un po’, poi aveva riflettuto: Kudo e il poliziotto stavano sicuramente indagando, mentre lei…beh, sicuramente aveva trovato qualcosa da fare.
Dunque si era avventurata per l’agriturismo, facendo un giro di ogni piano e parlando con qualche persona dalla faccia gioviale. Su Sakata non era uscito fuori niente, forse la pista di Kudo era davvero sbagliata…
“Parli di diavolo…!” cantilenò Shiho, avvicinandosi al detective.
Mentre stava tornando in stanza, infatti, l’aveva visto appoggiato con la schiena contro la porta dell’ascensore e gli era andata in contro.
“Stavo giusto pensando…a…te…” assottigliò gli occhi, notando che Shinichi nascondeva parte del volto con la frangetta scompigliata. Non aveva neanche alzato lo sguardo quando lei aveva parlato.
“Tutto ok?” si avvicinò ancora di più, senza però ricevere una risposta.
“Kudo…cosa succede?”
BOOM!
Il giovane detective aveva colpito con forza la porta d’acciaio alle sue spalle, rischiando quasi di ammaccarlo. Velocemente, il pugno si colorò d’un rosso accesso, e il suo cuore prese a pulsare freneticamente, il sangue arrivare velocemente al cervello.
Miyano rimase interdetta:
“Che c’è?” provò di nuovo.
Shinichi sollevò allora la mano, poggiandola poi sull’orecchio per strapparsi di dosso la ricetrasmittente e buttarla a terra con forza; quel poco che ancora era rimasto intaccato dall’urto, si distrusse a contatto con la suola della sua scarpa.

§§§

“Perdonami ancora se ti ho disturbato ma…non sapevo davvero con chi parlare…non voglio assolutamente far gravare i mie problemi su di te, anzi, ci tengo a…”
Ran aveva fortemente inveito contro Ishimaru e dopo essersi chiusa in bagno aveva atteso almeno mezz’ora prima di uscire.
Assicuratasi che il poliziotto avesse lasciato la stanza, aveva indossato i primi abiti trovati nell’armadio e poi si era distesa sul letto, incapace di fare qualsiasi altra cosa. Tutt’un tratto, però, aveva squillato il cellulare: visto il numero sul display, per un attimo aveva pensato di non rispondere…ma, considerato velocemente che con suo padre non poteva assolutamente confidarsi e che la sua migliore amica, Sonoko, era completamente di parte, si era resa conto che probabilmente rispondere e sfogarsi le avrebbe assai giovato.
Inoltre, aveva accolto come un segno del destino il fatto che, appena avviata la comunicazione, il suo interlocutore si fosse accorto immediatamente dal tono della sua voce che qualcosa non andava.
La giovane karateka gli aveva spiegato ogni cosa nel dettaglio, ma terminato il racconto era partita a ruota con mille scuse: si sentiva in colpa, lui non faceva che aiutarla e lei non riusciva mai a sdebitarsi…
“Stop it, stop it!!*” ripetè più volte Richard Sin Vey “Sono soltanto onorato di sapere che ti fidi a tal punto di me, credimi.”
Le sue guance si imporporarono: “Grazie, davvero…”
Potè udire la sua risata attraverso l’apparecchio:
“C’mon!* Non ti ho ancora suggerito niente…”
“Lo so, ma ti impegni tanto per aiutarmi…”
“Let’s me think, Ran.* Poi penseremo anche ai ringraziamenti. Uhm…”
La ragazza aprì la finestra e si ritrovò sul balcone: respirò a pieni polmoni, cercando di sbarazzarsi di quel terribile nodo allo stomaco e di quell’orrenda sensazione di soffocamento che le serrava la gola.
“Why don’t you try to talk to him?*” suggerì, dopo qualche sospiro.
“Cosa? Scherzi?...” non sembrò convinta “Mi ha respinta tutte le volte che ho provato sino ad oggi…perché dovrebbe essere diverso ora?”
“A kiss…*” un tono di voce stranissimo, che alla ragazza non passò inosservato; tuttavia deglutì, incapace di pronunciare parola: cosa le era saltato in mente di raccontargli anche quello? E come aveva fatto a trovare il coraggio, oltretutto?
Forse la sua necessità di sfogarsi era impellente, i suo nervi a quel punto avevano trasceso ogni limite.
Persa tra queste considerazioni, tacque per cui il suo compagno di classe si sentì autorizzato a proseguire:
“Tu prova. Spiegagli come davvero stanno le cose, che Ishimaru ti è praticamente saltato addosso…se davvero è un detective bravo come dici, saprà che non stai mentendo. There’s always one only truth *, o sbaglio?”
Quella frase le risuonò nelle orecchie come il rumore provocato da un martello pneumatico: non conosceva a perfezione l’inglese, ma abbastanza per saper tradurre quella frase e, scavando nella sua memoria, associarla immediatamente a qualcun altro…
“Come lo sai?” si fece sfuggire, stringendo le dita attorno al telefonino.
“Beh…me lo hai detto tu che è un bravo detective!” le ricordò, il tono della voce apparentemente confuso.
“No, non quello…” sorrise la giovane.
“So…what’s that?*” domandò, ma Ran si riscosse:
-Questa situazione mi sta facendo impazzire…-
“Niente, lascia stare! Nulla di importante...”
Cadde allora un silenzio quasi inquietante.
“Cos’hai deciso di fare, baby?” scherzò Sin Vey, al che la sua amica ridacchiò. Poi, tornando seria, affermò:
“Andrò a cercarlo…e cercherò di parlargli.”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
Stop it! Stop it!: Basta, basta!
C’mon = Come on! : Oh, suvvia!
Let’s me think: Lasciami pensare.
Why don’t you try to talk to him? : Perchè non provi a parlarci?
A kiss…: Un bacio…
There’s always one only truth…: C’è sempre una sola verità…
So…what’s that?: Allora…cosa?

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:
Ecco, dopo questo capitolo le descrizioni hard sono finite, giuro ^^” Spero di non essermi spinta troppo in là, ma volevo proprio mostrare questo lato di Michiyo *devil smile*
Sono molto contenta del successo riscosso dal precedente capitolo, evidentemente i fan ShinxRan son tanti XD bene bene *__* Vi comunico allora che ho già buttato giù un altro paio di momenti abbastanza…interessanti *angel smile* Ma sicuramente più casti XD
Passo ora ai commenti:

Siorachan:
Ciao!! Wow, ti ringrazio infinitamente…mi fai arrossire! ^/////^
Mi fa piacere sapere che pensi questo della mia fic! : ;D Ehh lo so, le ammiratrici di Shin-chan sono molte…me compresa, ovviamente! Spero continuerai a seguire la storia… scusa per il tempo che ci metto a postare tra un capitolo e l’altro, ma purtroppo io e la puntualità viviamo in mondi differenti! ^^” Kiss!

Shadow.
Ma ciao, caVa caVissima!
*devil* Sei una copiona, mi copi le parentesi! (XD[*devil*])
Ma nooo, perché mi vuoi avvelenare Ishimaru?? E’ così puccio…(*angel*) Condanniamo Shin, lui sì che merita…! Mi rallegra sapere che ti è piaciuta la scena romantica…(porcellina *devil* Io e te in quest’argomento abbiamo una discussione in sospeso…XDDDD) Continua a commentare caVa caVissima!! *_*

Shiho93:
Michiyo non ha abbassato la cresta, però almeno s’è fatto male XD Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo ^.^ Ciao! :*

Feferica:
Hello, cara! Eheh, sono felice ti sia piaciuto il capitolo, anche se lo immaginavo XD Mi sono impegnata a fondo quando l’ho scritto…spero che Shin non ti sia stato troppo antipatico in questo capitolo però…dai, almeno ha preso a calci Michiyo! xD Grazie mille ^______^ Un bacione :****

Lilla95:
Ciao! Ne sono contenta :D Ehm, Ran non ha proprio scoperto tutto ^^” Però ho messo già in conto altre situazioni carine tra loro, tranquilla :P Alla prossima, baci!

Totta1412:
Perdona il ritardo, ma purtroppo la puntualità non è assolutamente fatta per me ^^” E mi dispiace anche per la freddezza che ho dato a Shin in questo aggiornamento, ma per il momento non c’è miele per i due…nulla toglie che in un prossimo futuro però non faccia accadere qualcosa di romantico *_* xD Baci baci e grazie mille per i complimenti :D

Akane_val:
Salveee! :D
Sono estremamente contenta dei tuoi complimenti, sei sempre troppo gentile!! ^///^
Piaciuta la ginocchiata di Shin?XD
Dimmi: era così che ti immaginavi il continuo della storia? Mhm, qualcosa mi dice di no…ehehe! Un bacione e alla prossima!! XXX PS. Se fai una pernacchia a Ishimaru mi aggrego, ahah XDD

E, come al solito, GRAZIE GRAZIE GRAZIE, ed ovviamente… BUONA PASQUA!!! Al ventunesimo capitolo ^____^

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 22
*** Kudo e Michiyo: Una Scelta Concorde ***


Capitolo Ventuno

Kudo e Michiyo : Una Scelta Concorde

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Ma cosa diavolo è successo??” Kogoro irruppe nell’ufficio dell’agente Takagi, dove si trovava anche Sato.
Dietro di lui apparve, per giunta, l’ispettore Megure, che con le braccia cercava di afferrare il detective nel vano tentativo di trattenerlo: “Mouri-san, fermo!”
I due poliziotti scattarono sull’attenti e il ragazzo urtò con la gamba un mucchio di fogli sulla scrivania, facendoli cadere.
“Penserai dopo a quelli!” disse Kogoro, gli occhi fiammeggianti. “Ora voglio sapere cos’è successo!”
“Riguardo cosa?” domandò ingenuamente Miwako, causando così un urlo pazzesco:
“COME SU COSA?? SULLA MIA BAMBINA!!” si mise la mani tra i capelli, come per strapparli “DITEMELO! DITEMELO!!”
“Mouri, per favore…” Megure lo afferrò per le spalle e quando fu riuscito a farlo tacere ( la mano pressata sulla sua bocca) e cercando di ignorare i mugugni, spiegò ai sottoposti:
“Eravamo entrambi nel mio ufficio, stavamo parlando con Michiyo, che a un certo punto ha interrotto bruscamente la comunicazione. Non abbiamo capito la ragione, ma stavamo per richiamare…quando dall’auricolare di Kudo ci sono arrivate alcune voci…”
Sato e Takagi si scambiarono un’occhiata eloquente e quest’ultimo poi arrossì in modo lieve.
“Ehm…”
“Stavate monitorando anche voi la situazione con gli apparecchi?” domandò Megure, piuttosto colorito sulla faccia, per poi indicare i due grossi registratori vicino alla finestra.
I due annuirono.
“Quindi avete sentito…” proseguì l’omone.
Stessa risposta.
Megure capì soltanto in quel momento che la faccenda era realmente critica. Forse non era stata per niente una buona idea quella di mandare le due ragazze con Kudo e Michiyo…come aveva potuto coinvolgere dei normali civili su proposta di un semplice agente? Assurdo! Il fatto era che si fidava a tal punto di Michiyo, era così bravo…ma anche Kudo, a suo tempo aveva fornito una mano preziosa alla polizia nipponica. Tuttavia, quella situazione di stallo era andata troppo per le lunghe: era davvero giunto il momento che Megure scegliesse uno soltanto tra i due ragazzi e puntasse tutto su di lui.

§§§

“Capisco…” proferì Shiho, poggiando la schiena contro il recinto di legno.
Kudo aveva preferito uscire affinchè nessuno potesse sentire nulla di ciò che aveva intenzione di raccontarle.
All’inizio, in verità, aveva riferito soltanto informazioni sul caso: ovviamente aveva tralasciato tutto quel che riguardava l’organizzazione, per confessarle solamente la sua consapevolezza di aver sbagliato pista e di doversi quindi arrendere all’evidenza: era arrivato il momento di tornare a Tokyo.
Ovviamente Miyano non gli aveva creduto ed aveva dunque insistito fin quando il detective non si era prodigato in un alquanto imbarazzante spiegazione del piccolo incidente avuto nella loro stanza; inutile precisare si fosse ‘accidentalmente’ dimenticato di parlare del bacio.
Kudo non replicò alla sua affermazione, anzi: voltò la faccia dalla parte opposta la sua, in evidente disagio.
Miyano lo osservò per un paio di secondi, prima di dire:
“Beh, questo vuol dire che il nostro piano ha funzionato, no?”
Shinichi si voltò di scatto, gli occhi assottigliati e le labbra serrate. Sospirò prima di darle di nuovo le spalle.
“Sì, è vero. Soltanto…” la voce gli morì in gola, non si riconosceva. Stava diventando uno smidollato romantico… “…solo non credevo che mi avrebbe fatto tanto male.”
Miyano contrasse il volto in un’espressione di stupore, rimanendo a bocca leggermente aperta.
Un vento freddo scompigliò i capelli di entrambi, mentre il detective si interessava alla frenetica danza di due foglie gialle. Poi sentì uno strano calore sulla spalla, ma non si voltò:
“Kudo.” Lo chiamò la ragazza, stringendogli la giacca. “Sei ancora in tempo. Se davvero lo desideri, potresti confessarle tutto…”
-Neanche io avrei immaginato facesse tanto male…-pensò subito dopo aver detto quelle parole.
Dopo pochi secondi che le parvero interminabili, il liceale-detective si voltò, puntando gli occhi nei suoi. Miyano deglutì impercettibilmente.

§§§

“Ah, però! Di bene in meglio…” pensò, sedendosi di fronte al computer.
Cliccò sull’icona che permetteva di accedere ad Internet, poi chiamò il sito per controllare le sue email.
Cancellò velocemente la pubblicità per poi dedicarsi con più calma al messaggio che aspettava: lo lesse una volta soltanto, poi eliminò anche quello.
Non nel cestino, lo tolse completamente da ogni cartella.
“Molto molto bene.” Commentò quindi ad alta voce, per poi iniziare a digitare i tasti delle lettere che avrebbero composto la sua email di risposta.

§§§

“Mi scusi!!” si piegò più volte con la schiena, in segno di rammarico. Al primo cenno del cameriere, Ran si alzò e riprese la sua frenetica discesa delle scale, maledicendosi per aver urtato con tutto il corpo quel ragazzo.
-Non è il momento di pensare alla mia goffaggine, ora!- si riscosse, saltando gli ultimi due scalini per ritrovarsi al piano terra.
-Devo cercare Shinichi!-
Si guardò intorno ma non lo trovò da nessuna parte: l’unica persona familiare lì era Sakata, in piedi di fronte al caminetto che parlava al telefono con uno strano sorriso sul volto. Mise una mano in tasca, frugando alla ricerca di qualcosa.
Ran sbuffò, dirigendosi verso l’esterno.
“Ho controllato ai piani di sopra e non c’è…più trovarsi solo lì…” borbottò tra sé passando di fianco al proprietario dell’albergo, senza però notare che stava estraendo delle foto dalla tasca della giacca nera.
Rabbrividì al contatto con l’aria fredda del pomeriggio e si portò inconsciamente le mani sulle spalle per stringersi le braccia al corpo.
“Eccolo!!” esclamò vedendolo da lontano parlare con Shiho.
-Ed eccola…- fece notare a se stessa, delusa. –Beh, d’altronde: cosa mi aspettavo?- richiamò alla memoria le congetture che Ishimaru, entrando di soppiatto nella stanza, aveva interrotto e vedendo la mano della giovane posata sulla spalla del suo ex migliore amico fu certa di non essere caduta in errore.

§§§

Dopo pochi secondi che le parvero interminabili, il liceale-detective si voltò, puntando gli occhi nei suoi. Miyano deglutì impercettibilmente.
Kudo sorrise: “Ti ringrazio. Ma ora c’è soltanto una cosa che voglio fare…che devo fare…” sottolineò la parola con la voce, assumendo uno sguardo serio “E non posso esimermi per questioni personali.”
“Cosa sarebbe?” gli chiese lei, trascinata dagli eventi: non aveva ancora ritratto la mano dal corpo del ragazzo. “Indagare.” Rispose senza un minimo di esitazione.
La scienziata sorrise: la sua voglia di primeggiare su Ishimaru esplodeva nell’indagine del serial-killer, dunque. O perlomeno, queste era la sua idea; ignorava totalmente che nella mente di Kudo echeggiassero ancora le parole carpite con la ricetrasmittente addosso a Sakata, parole macchiate da un colore scuro, sillabe corrose dal nero.
-Mi dispiace, Miyano…non volermene…- pensò, poco prima di sentirsi chiamare da una persona che tante volte l’aveva fatto inutilmente.
“Shinichi!”
L’interpellato e la biondina si voltarono, trovandosi per l’ennesima volta faccia a faccia con Ran.
Nel preciso istante in cui i suoi occhi si posarono su quelli di Kudo, lui volse lo sguardo nella direzione esattamente opposta.
-C-cosa?- la karateka rimase interdetta: le era perso di intravedere qualcosa di diverso dalla solita aria di intolleranza e impazienza…possibile che si trattasse soltanto di disagio? E se fosse…? Se fosse stato…?
Anche lei deglutì.
Shinichi parve leggerle nella mente e subito la fissò, anche se per pochissimi istanti; dunque si voltò, poggiandosi con i gomiti al recinto in legno che divideva il giardino dal modesto maneggio.
“Ti ho detto di chiamarmi Kudo.” Disse con tono apparentemente calmo. Poi fece per dire qualcos’altro, ma lei lo interruppe:
“D’accordo allora, Kudo. Posso parlarti in privato?”
“Non ho nulla da dirti.”
“Ma io sì.”
Un botta e risposta secco, tagliente, deciso. Entrambi ne rimasero stupiti.
“Non mi interessa.” Continuò il moro, pregando in cuor suo che lei se ne andasse.
“Non fa niente.” No, non sembrava intenzionata a gettare la spugna; e per di più, mentre stava parlando, Shiho si staccò dal muretto per poi volgerle le spalle. Dopo aver lanciato un’occhiata eloquente al ragazzo al suo fianco, si allontanò da loro.
-Scusami, scusami tanto. Ma più che mai ora, ora che sono vicino all’organizzazione…non posso farti rischiare. Devo trovare una soluzione anche per quel bacio…Sakata ci ha visti, potrebbe ricollegarti a me.- pensò invece Shinichi, torturandosi le mani.
Si voltò di scatto tornando a guardarla ma subito i suoi occhi volarono oltre il suo corpo: proprio l’uomo che occupava i suoi pensieri in quel momento era appoggiata allo stipite della porta d’ingresso, stava parlando al telefono. E per di più sembrava fissarli.
Sospirò: -Va bene.- si incoraggiò mentalmente, poi esordì:
“Quante volte dovrò chiederti di lasciarmi in pace?” e senza neanche darle il tempo di rispondere si avviò verso il portone in legno massiccio.
Era sicuro che Ran lo avrebbe seguito.
“Ti lascerò in pace dopo che mi avrai ascoltato.”
Appunto.
-Mi dispiace, mi dispiace tanto…- pensò, arrivando all’interno del locale in pochi ma lunghi passi.
Sakata si voltò a guardarlo, facendo per salutarlo amichevolmente ma Ran entrò nella sala insistendo:
“Insomma, voglio spiegarti…” e afferrò Shinichi per un braccio, costringendolo a voltarsi.
“NON MI INTERESSA COME REALIZZI I SOGNI DI QUELLO LI’!” ruggì, gli occhi di fuoco.
Yuri e Ran sussultarono, colti alla sprovvista.
“ E ORA TE LO RIPETO PER L’ULTIMA VOLTA…” continuò a gridare, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
“NON VOGLIO AVERE PIU’ NIENTE A CHE FARE CON TE, RAGAZZINA!” quindi si girò, avviandosi su per le scale verso la sua camera.
Yuri si voltò per valutare la reazione della giovane: le mani tremanti sollevate di fronte al petto, le guance rosse dall’imbarazzo che gli sguardi di tutta quelle gente, puntati su di lei, le provocavano.
“Signorina, mi…” fece per dirle, ma la karateka sembrò non sentirlo e a passo spedito imitò il percorso del detective. Giunta finalmente al secondo piano si diresse quasi correndo in direzione della sua camera, poiché aveva intercettato la porta ancora aperta.
“Ho detto che voglio parlarti!” insistette, bloccandola con le mani e ponendosi sulla figlia dinnanzi a Shinichi.
“E io ti ho detto che non ho niente da dirti!!” anche lui testardo, tentò di chiudersi in camera ma sempre facendo attenzione di non fare male alla moretta.
“Non ti lascerò in pace fin quando non mi avrai ascoltata!” gli disse, avvicinando la testa allo spiraglio ancora aperto tra porta e parete.
“Da dove nasce tutta questa intraprendenza, eh?” ironizzò lui, contorcendosi le mani sul pomello dorato.
-Perché insisti così? Cosa vuoi dirmi? Cosa?- pensava intanto, un’ illusione piacevolissima che pian piano stava affacciandosi nel suo animo. –Hai detto di volermi spiegare…quindi, forse…forse è perché davvero le cose…-
“Le cose non stanno come pensi tu, vuoi capirlo o no? Voglio parlare con te solo per questo, poi ti lascerò in pace! Promesso!!”
Quasi come se lo avesse letto nel pensiero; infatti la presa sulla porta si indebolì e Ran riuscì ad aprirla completamente.
“Grazie.” Gli sorrise, capendo di aver vinto almeno per quella volta. “Scusami, ma…” fece per iniziare, ma Kudo si riscosse subito:
-Che sto facendo?- si riprese mentalmente –Così non…è soltanto peggio!- un vano tentativo di convincere se stesso.
“No.” La interruppe perciò “Scusami tu.”
Distratta e presa alla sprovvista dal tono così poco ironico e altezzoso ma così colmo di amarezza e rammarico, non ebbe i riflessi pronti e si ritrovò, tre istanti dopo, a puntare gli occhi sul legno scuro della porta.

§§§

Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Quattro squilli.
Cinque squilli.
“Pronto?” una voce maschile dall’altro capo del telefono fece sobbalzare l’ispettore, che ormai certo di non aver azzeccato il momento adatto di chiamare, domandò titubante:
“Michiyo…sei solo?”
“Sì, certo. Perché?” molto telegrafico, quasi arrogante.
“Nulla, volevo…volevo parlarti del caso.” Si schiarì la gola, a disagio. Kogoro al suo fianco batteva rumorosamente il piede a terra, con le braccia incrociate sul petto.
“Mhm, vuole parlarmene senza che Kudo sappia nulla, vero? Eh, lo so, lo so…” partì a ruota senza rendersi conto di apparire ridicolo… e montato, ovviamente.
“No, in realtà volevo assicurarmi che con te non ci fosse, beh…eh…” Megure aveva gli occhi piccoli dome due puntini neri e non sapeva più come parlare, né cosa dire. Un attimo di distrazione e la cornetta del ricevitore fu nelle mani di Kogoro:
“COS’HAI INTENZIONE DI FARE, SI PUO’ SAPERE? PERCHE’ NON TORNATE QUI? COSA VUOI FARE A MIA FIGLIA???” gridò tutto d’un fiato.
“K-Kogoro?” si meravigliò il poliziotto, non capendo a cosa si stesse riferendo. Poi pensò che forse l’uomo fosse potuto venire a sapere dell’aggressione ai danni della figlia, quindi sorrise e cercò di risollevare la sua stima, guadagnata fin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati.
“Kogoro, stai tranquillo. Mi hai affidato tua figlia, riponendo in me grande fiducia: fin quando è con me, non potrà accaderle nulla. Nulla, credimi. Tengo davvero a lei e metterei in gioco la mia stessa vita se fosse necessario…ma non voglio neanche starle con il fiato sul collo. Desidero lasciarle la sua libertà, permetterle di conservare la sua indipendenza, credo che lo meriti davvero. Puoi capirmi, vero? ” Proferì con tono teatrale e melodrammatico.
L’uomo rimase zitto per un po’, ripensando a tutte le volte che la sua ‘bambina’ aveva desiderato uscire con quel ragazzino-detective e lui aveva disapprovato: ogni volta che si recava da qualche parte, doveva tenere a bada e preoccuparsi anche della sua gelosia paterna e non era mai stata libera di prendere una decisione senza avvisarlo. Forse meritava un po’ di fiducia…in fin dei conti, non lo aveva mai deluso, tutt’altro: non glielo faceva notare spesso, ma era orgoglioso di lei, dei risultati ottimi in qualsiasi cosa tentasse di fare. Probabilmente però, non poteva più limitarsi a pensarlo: doveva anche dimostrarglielo…
“Vero, Kogoro?” domandò di nuovo il poliziotto, e il detective adulto sospirò, senza dargli una risposta.
Silenziosamente, ripassò la cornetta nelle mani dell’ispettore Megure che, spiazzato, l’afferrò titubante, senza però accostarla all’orecchio.
“Pronto? Pronto? C’è ancora qualcuno in linea, che succede? Pronto?” continuava a chiedere Ishimaru, allora l’omone gli rispose:
“Ascolta Michiyo. Hai notato qualcosa di strano in Yuri Sakata?” la domanda fatidica.
Il ragazzo ci pensò un po’ su; effettivamente, anche se Ran e Kudo sostenevano che in quel magazzino non fosse successo nulla, poteva esserci sotto qualcosa! Magari Sakata li aveva visti e si era salvato in corner, oppure nessuno dei due aveva notato qualche particolare rilevante. Forse quell’uomo aveva davvero qualcosa da nascondere e sarebbe stato molto meglio rimanere lì, in quell’agriturismo, per osservare ogni sua singola mossa e, nonostante le difficoltà, arrivare alla verità…
“Allora?” attraverso il cellulare, la voce di Megure gli parve seria e perentoria. “Continuiamo a seguire la traccia di Kudo?”
Gli occhi di Michiyo si spalancarono:
-E’ vero! E’ stata di Kudo l’idea…-ricordò improvvisamente –Quindi, restare qui sarebbe come ammettere che quel ragazzino aveva ragione…gliela darei vinta, dopo ben due sue sconfitte!!- nella sua mente tornarono in fretta le immagini del caso risolto il giorno prima e dell’entrata improvvisa del detective nella loro camera.
“Michiyo?! Te lo ripeto per l’ultima volta: cosa avete intenzione di fare?” scandì Yuzo lentamente, ma con tono di voce alterato.
“Qui non c’è niente da scoprire.” Decise il poliziotto, infine “Possiamo fare rientro in città quando vuole.” Non poteva certo immaginare che la sua scelta non avrebbe fatto che piacere al tanto odiato moccioso-detective.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:
Lo so già quello che state pensando: ci fa aspettare un’eternità per questo ventunesimo capitolo, ma lo scrive anche cortissimo?!
Avete ragione. Avete perfettamente ragione!!XD
Però, con questo si conclude la saga dell’agriturismo: dal prossimo aggiornamento, i nostri saranno di nuovo a Tokyo e…non mancheranno le novità, posso assicurarvelo! ;D
Devo farvi sapere cos’ha scoperto Shinichi quando ha seguito Sakata, no? Se davvero l’uomo fa parte dell’organizzazione o se il nostro caro detective ha preso di nuovo un granchio! Spero che lo svolgersi della storia si riveli interessante…Il capitolo ventiduesimo è già quasi pronto, conto di postarlo…un po’ prima di quanto io abbia fatto con questo qui!XP
Passo ora ai commentatori, gentilissimi come sempre:

Shiho93:
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo ^^ E non preoccuparti, capisco benissimo quando si va di fretta…;D
Alla prossima!!

Feferica:
Ciao!! ^-^ E neanche in questo capitolo ti sta antipatico, Shin?xD
Poverino, da un lato farebbe meglio a giocare a carte scoperte, dall’altra non dovrebbe assolutamente neppure immaginare di mandare tutto il suo piano all’aria…chissà cosa sceglierà di fare alla fine…XD
Il prossimo capitolo sono sicura che ti piacerà molto; mi lascio andare ad un piccolo spoiler: il titolo sarà “Un Principio di Verità”…e le ultime scene vedranno protagonisti Shin e Ran!
Basta ho detto troppo XD Fammi andare, altrimenti poi non ci sarà alcun gusto a leggere il prossimo capitolo…Un bacione, e grazie mille per i complimenti! Sei sempre estremamente carina ^/////////^

Siorachan:
Buongiorno…anzi, buonasera!
Eh beh, è pur sempre il figlio di un’attrice o no? ;)
Spero non ti abbia deluso questo chappy…mi raccomando, fammi sapere cosa ne pensi! ;P Bye bye, e grazie mille per i complimenti! =)

eta96:
Salve !
Sono molto lieta ti sia piaciuto e grazie mille per il commento ;D Ciauuu :***

Akane_val:
Ciao!!!
Eh, hai ragione: Shin ne sta patendo di cotte e di crude, come si dice XP Però dai, come ho già spiegato anche sopra…nel prossimo capitolo ci sarà un grande grande colpo di scena tra lui e Ran, sono certa ti piacerà (…sono modesta,eh?XD). Torno ovviamente a ringraziarti per il tuo commento, mi fa sempre piacere sapere che ti è piaciuto il capitolo che ho postato ;D Un bacione, e a presto (stavolta, lo prometto, sarà presto davvero!) ^.^

Bene bene bene. A questo punto, vi saluto e vi ringrazio ancora di cuore!
Un bacione
Al ventiduesimo capitolo
XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 23
*** Un Principio Di Verità ***


Capitolo Ventidue

Un Principio Di Verità

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“COSA? Ma ne sei certo per davvero?” tuonò il professor Agasa, lasciando che il telecomando cadesse dalle sue mani al pavimento chiaro. Al rapido cenno di silenzio da parte del detective, l’uomo abbassò la voce, ma proseguì:
“Non è che stai prendendo un altro granchio, vero?” gli occhi assottigliati in ricordo dell’ultima volta che il vicino di casa gli aveva detto: “Ho trovato una traccia che può condurmi all’Organizzazione Nera.”
“Per quanto vuole rinfacciarmi ancora il mio errore??” fece di rimando Shinichi, portandosi le mani dietro la nuca e assumendo un’espressione seccata. “Stavolta non mi sbaglio.”
“E come fai a dirlo?” replicò Hiroshi, accomodandosi sul divano di fronte la televisione e invitandolo a fare altrettanto. “Spiegati meglio, per favore…”
Erano passati esattamente due giorni dalla conclusione di quella missione sottocopertura nell’agriturismo: dopo il consenso di Michiyo, infatti, Megure aveva immediatamente ordinato agli altri tre partecipanti di fare ritorno in città e nessuno aveva potuto opporsi. Non che nessuno avesse voluto, ad ogni modo: Ran era stanca di trovarsi in una situazione che non aveva idea di come gestire e Miyano si sentiva più tranquilla a casa del professore, dove il suo volto non poteva davvero essere riconosciuto o, peggio, ricordato. Infine, Shinichi preferiva tenere lontano i tre ragazzi- le due giovani in modo particolare- da Sakata: la conversazione che aveva avuto modo di ascoltare gli aveva fatto gelare il sangue nelle vene.
Il detective fu rapido e preciso. In quasi mezz'ora gli spiegò ogni cosa, gli ripetè quasi a memoria le parole che aveva udito attraverso la cimice piazzata addosso all'uomo...l'unico dettaglio taciuto fu il bacio "obbligato" che aveva dato a Ran.
Venuto quindi al corrente dei fatti accaduti ma soprattutto di quelli futuri, Agasa, guardando il liceale detective negli occhi, disse:
“Vorrai andare, suppongo.”
“Sì. Ho intenzione di andare.” Rispose altrettanto serio, ricambiando il suo sguardo “Ma non voglio che dica nulla ad Hai…” si corresse subito “…a Miyano. E’ inutile farla preoccupare, inoltre non so se effettivamente Sakata l’abbia o meno riconosciuta. Per sicurezza, preferisco non procurargli un pretesto per agire. Lei capisce, vero?” gli domandò, sospirando.
“Inutile dirti il mio parere: tanto farai comunque come ti pare. Vero?” chiese di contro lo scienziato e notò con stupore un sorriso divertito sul volto di Kudo.
“La ringrazio, professore.”
Aveva ottenuto il suo consenso.
“Ma perché mi hai avvisato? Non avresti fatto meglio a…?” si bloccò all’istante, non sapendo come terminare la sua domanda.
“Beh, non ho idea di come possa andare a finire questa storia. In ogni caso, saprà come comportarsi se per caso dovesse succedere qualcosa di strano e potrà anche proteggere Miyano…” fece forza sulle ginocchia con le mani, poi si alzò in piedi.
“Sì, capisco. Ma sono sicuro che potrai farlo tu.” gli disse, facendogli capire che riponeva in lui le sue più grandi speranze. “Vuoi…vuoi che chiami Hattori? Magari…”
“No.” Risposta secca e istantanea. “Preferisco occuparmene da solo, professore.” Detto questo, afferrò il giacchetto nero imbottito e lo indossò.
“Torni già a casa? Non vuoi fermarti a cena da noi?” gli propose Agasa, alzandosi anche lui dal divano.
Il ragazzo scosse la testa: “No, la ringrazio. Devo preparare la divisa e i libri per domani mattina. Tornerò a scuola, mi sono già assentato per troppo tempo…”

§§§

“Ehy, beautiful girls! Why don’t we go out this week-end? I’ll take you in an amazing place, I’ll promise!”*
Suonata la campanella che segnava la fine delle lezioni, gli studenti erano accorsi al cancello principale per tornare a casa.
Ran e Sonoko, tra la mischia, stavano parlando quando il giovane Richard le aveva afferrate per le spalle amichevolmente.
Il ragazzo sapeva tutto, come abbiamo già visto, riguardo l’accaduto nell’agriturismo; Ran aveva continuato a sfogarsi con lui e ne aveva ricavato sempre grandi consigli e, soprattutto, grande aiuto. Il suo compagno di classe si era infatti rivelato gentile e disponibile, come sempre.
“Solo se inviti qualche ragazzo da paura!” rispose Sonoko, civettuola.
“Mhm…non conosco nessuno here! Invita qualcuno tu, se vuoi!” le permise allora, rivolgendosi poi a Ran: “Tu sei d’accordo?”
I tre amici avevano oltrepassato il cancello di ferro senza notare la macchina della polizia parcheggiata a minima distanza da loro.
“Ran non verrà con voi, mi spiace!” a voce alta, Ishimaru si era fatto notare.
Le due ragazze e Sin Vey si voltarono, notando così sia lui che Megure e Kudo, poco più distanti, parlare.
“Ha da fare con me.” Proseguì guardando il britannico in cagnesco.
Per tutto quel che riguardava la questione Ishimaru, Ran aveva lasciato totalmente correre. Non aveva trovato né il tempo né la voglia di parlare con lui della sua piccola “aggressione”, anche perché si imbarazzava molto a ricordare quel momento e come se non bastasse, ogni volta che provava a richiamare quell’episodio alla mente rivedeva il volto scuro e duro di Shinichi. Ad ogni modo, lei ed il poliziotto non si erano più visti dopo aver lasciato l’agriturismo e probabilmente lui aveva deciso di non interporre troppo tempo tra i lori incontri.
“Non essere scortese, Ishimaru!” Lo riprese subito Ran, ma Richard le poggiò una mano sulla spalla, sorridendole: la rassicurò, sostenendo che per lui non era un problema, si sarebbero potuti vedere un altro giorno. Mentre i due compagni di classe chiacchieravano in tal modo, la Suzuki si avvicinò al poliziotto che, presa la palla al balzo, ovviamente non perse tempo, tutt’altro!
“Ehy, Sonoko!” la chiamò con un sussurro, attirandola vicino a sé. Poi, con fare amichevole, avvicinò le labbra al suo orecchio sinistro: “Lo sai cos’è successo un paio di giorni fa?” bisbigliò con il tono di voce stranamente acuto.
Frattanto, anche Megure e Kudo smisero di parlare.
“D’accordo, va bene allora.” Fu l’ultima cosa che il commissario di polizia disse e un annuire del ragazzo l’ultima risposta.
“Allora, io vi saluto.” Attirò l’attenzione di tutti Richard, facendo per avvicinarsi anche al giovane detective e salutarlo, ma Sonoko, a quel punto totalmente euforica, esclamò allegramente:
“Dove porti Ran?” era ovviamente rivolta ad Ishimaru e sul suo volto si era dipinto un sorriso malizioso:
“Cenetta romantica in ristorantino lussuoso…e poi dopocena?”
Tutti strabuzzarono gli occhi.
Shinichi, superato il primo attimo di fastidio, inspirò profondamente, facendo per salutare l’ispettore e andar via, ma la voce acuta di Ran glielo impedì:
“Ma che vai dicendo, Sonoko???”
“Oh andiamo, guarda che lo so! Mi è stato riferito!!” le ammiccò dandole di gomito. Quindi prese a braccetto Michiyo, che fingeva imbarazzo spudoratamente. “Ce l’avete fatta a passare a un rapporto più serio?”
Tornò a rivolgersi alla sua amica, muovendole l’indice davanti alla faccia. “Vergognati, come non hai potuto dirlo alla tua migliore…”
“Non ci posso credere, questa storia ha fatto il giro del mondo!” sbottò la figlia di Kogoro, voltandosi rabbiosa verso Richard, che però scosse le mani davanti al petto. Prima che potesse parlare, Ishimaru si schiarì la voce:
“Mai dai, perché sei così timid…”
“IO NON SONO TIMIDA!” sbottò però lei, furiosa.
Lo sguardo sconcertato del castano per lei fu come una conferma: era stata così sciocca a sospettare di Richard! Era evidente che Ishimaru avesse gonfiato tutta la vicenda, un po’ come era solito fare con le sue indagini.
“ A quanti altri l’hai raccontato?!” il tono di voce era più basso, ma non meno alterato, anzi: se possibile sibilò quelle parole, un serpente che si prepara ad avvolgere la sua preda; tuttavia, l’espressione amareggiata dipinta sul suo volto non riusciva a rendere la ragazza temibile o, quanto meno, del tutto seria.
“Ahah, perché quella faccia??” di nuovo Sonoko, passando un braccio dietro le spalle di Ran. “Non c’è da vergognarsi a…”
“Tu credi davvero che io l’abbia fatto??” scattò la giovane, scostandosi da quel contatto. La sua amica bionda allora ammutolì:
“Beh…io…non è così?”
“Maledizione, Sonoko! Sono la tua migliore amica!! Avresti dovuto chiederlo a me!!!!” ringhiò, gli occhi che iniziavano a velarsi di lacrime.
Tutti, tutti, tutti! Tutti credevano che tra lei e Ishimaru fosse scoccata la scintilla, che lei avesse accettato il suo corteggiamento!! Non solo Shinichi –che tra l’altro era presente e stava ascoltando ogni parola- ma persino la sua migliore amica!!
Tutt’un tratto le venne in mente anche un altro dettaglio: si voltò per scrutare bene in volto l’ispettore Megure e nella sua espressione lesse soltanto imbarazzo. Nient’altro; neppure un briciolo di stupore…
“Anche gli altri avrebbero dovuto chiederlo a me…” sussurrò quasi a se stessa, abbassando il capo e permettendo così alla frangetta di celarle gli occhi già bagnati di lacrime.
“Ran…” iniziò Michiyo, muovendo un passo verso di lei, che però scattò indietro.
“Scusatemi…” sussurrò a voce bassissima, prima di voltare a tutti le spalle e fuggire verso Beika-Choo.
“RAN!” gridarono Sonoko e il poliziotto contemporaneamente, e fecero per seguirla ma qualcuno tra loro fu più rapido. Senza sentire più nulla se non il suo tono di voce sconvolto ed amareggiato e senza notare più alcuna cosa se non le sue lacrime fuggenti, lasciò cadere la cartella marrone a terra e le corse dietro, sorprendo tutti.
Dopo qualche lieve istante di sconvolgimento generale, l’agente di polizia si riscosse dallo stupore: “Ehy, tu! Torna a qui!!” forse riferito alla ragazza, forse invece a lui.

§§§

-Perché? Perché Perché?- continuava a domandarsi Ran, mentre lacrime calde divenivano gelide a causa del vento che le sferzava il viso.
-Non solo ci ha creduto Shinichi, ma anche Sonoko! Hanno ascoltato tutti lui, l’ispettore…e chissà quanti altri! E Sonoko non ha perso tempo a spargere la voce!-
La rabbia e la disperazione si fusero tra loro, dando vita a un enorme peso nel suo stomaco che quasi le impediva di prendere fiato. Priva di una meta, continuò a correre velocemente e con il pianto irrefrenabile fin quando non giunse in un parchetto dove andava sempre da bambina a giocare e vi si inoltrò.
La sua andatura era diminuita, ma di certo non si era fermata; i suoi passi rapidi, tuttavia, a un certo punto dovettero arrestarsi: una mano le aveva afferrato il polso.
La giovane karateka sentì il sangue ribollirle nelle vene e, gridando con più quanta voce avesse in gola, si voltò:
“ISHIMARU, LASCIAMI!!”
Con immensa sorpresa, però, si specchiò in due occhi azzurri come l’oceano, due occhi che sino a dove la sua mente riusciva a ricordare, erano sempre stati in grado di rapirla…
“Tu…” balbettò, ricambiando il suo sguardo per qualche istante. Poi però, stanca di dover subire il suo odio, fu come se si fosse rianimata, infatti prese a gridare, muovendosi con forza nel vano tentativo di liberarsi:
“LASCIAMI, LASCIAMI! COSA VUOI, PRENDERMI IN GIRO? LASCIAMI ANDARE SUBITO!!” e dopo diversi tentavi riuscì a farsi mollare il polso, per poi perdere il controllo: sferrò un forte schiaffo sulla guancia del detective, quindi gli diede di nuovo le spalle e avanzò pronta per riprendere la corsa.
Shinichi non disse nulla, ma la afferrò nuovamente per il polso, costringendola a voltarsi per la seconda volta.
Al suo sguardo stupito, affermò serio: “Perché scappi? Si può sapere che ti è preso??”
“Non sono affari che ti riguardano!” replicò acida, muovendosi convulsamente; la presa al braccio non le faceva dolore, ma quegli occhi dannatamente azzurri sì. E anche molto.
“Oh andiamo, Ran!!” esclamò, bloccandosi subito quando si rese conto lui stesso delle sue parole, uscite di getto dalle labbra.
Lei strabuzzò gli occhi, sorpresa per l’ennesima volta: l’aveva chiamata per nome! Al di là di ogni previsione, questo la fece irritare ancora di più; con la mano libera gli diede un altro schiaffo:
“Chiamami Mouri, Kudo!”
Allora il ragazzo, imperterrito, le afferrò anche l’altro polso e la sbattè con relativa forza contro il tronco di un albero appena dietro di lei, impedendole ogni via di fuga.
“LASCIAMI, LASCIAMI, LASCIAMI!!” tornò a gridare, la voce rotta da un pianto convulso.
Incredibilmente, la presa sulle sue braccia divennero nulle: Kudo l’aveva lasciata per davvero.
Allora senza ragionare diede uno spintone al ragazzo per allontanarlo da lei, poi lo prese a pugni sul petto. Ogni secondo che trascorreva, la rabbia non faceva altro che aumentare, offuscandole la mente.
Tre, quattro, cinque schiaffi a ripetizione sulla guancia del detective, dando voce a frasi prive di qualsiasi significato. Passato qualche minuto, parve calmarsi e riprendere in parte coscienza di se stessa: si appoggiò con le mani alla corteccia della pianta, inginocchiandosi e continuando a piangere senza freni.
Dietro di lei il ragazzo fece lo stesso, per trovarsi alla sua stessa altezza e poterle appoggiare le mani sulle spalle, ma lei non lo accettò: voltandosi di scatto, scagliò un ennesimo colpo ai danni del suo povero viso, a quel punto completamente pieno di segni e graffi.
Rimasero per un po’ così: lei con la mano a mezz’aria e lui con la frangetta che gli copriva gli occhi, il capo leggermente voltato.
“Ti sei sfogata, ora?” le domandò alzando il mento quando vide che non aveva intenzione di toccarlo più.
“…ti sei fatto picchiare apposta?” soffiò lei, rendendosi conto di quanto l’avesse ferito per via di quel rossore su tutta la faccia; quindi, terribilmente mortificata, chiuse gli occhi, mordendosi il labbro tremante. Il suo corpo, scosso da velocissime palpitazioni, non voleva saperne di smetterla di tremare.
“Calmati.” Le disse, posandole entrambe le mani sulle spalle.
“Scu…scu…sa…ti…ti…ti…” non riusciva nemmeno parlare quanto i tremori erano forti e il piano agitato.
“Shh…” la tranquillizzò, spostandole i capelli dalla fronte perché le lacrime non li bagnassero. “Stai zitta, stupida.”
E, vedendo che la giovane non riuscita a tranquillizzarsi, la trascinò a sé, provando così a cederle un po’ del suo calore; immediatamente la giacca blu e la camicia bianca della divisa si inzupparono delle sue lacrime e il suo cuore, già ferito, si ruppe in mille pezzi.
“Perché piangi?” provò a chiederle nuovamente, ma ipotizzò anche la risposta dal momento che la giovane non riusciva ancora a parlare.
“Non potevi…non puoi avere un debole per quello lì, Ran…” le sussurrò avvicinandosi al suo orecchio, percependo il suo stesso cuore battere forte mentre pronunciava quelle parole. In cuor suo, nonostante ogni piano e ogni tentativo di tenerla lontano dai pericoli che LUI gli avrebbe causato, desiderò tanto che fosse così.
D’altro canto, la ragazza non ebbe alcuna reazione: continuò a tremare tenendosi stretta alla sua giacca e poggiata la testa al suo petto si lasciò cullare dal battito cardiaco del giovane sin quando non si tranquillizzò lievemente. Il respiro tornò quasi regolare e il tremore cessò quasi completamente, quando un urlo raggiunse entrambi:
“RAN!!!”
-Michiyo!- lo riconobbe Shinichi, provando un singolare moto di fastidio che lo avrebbe, in quel momento, spinto addirittura a picchiare il poliziotto.
“T-ti prego…” sentì biascicare e abbassò lo sguardo, trovandosi gli occhi dell’amica d’infanzia puntati nei suoi; nel momento in cui, in silenzio, si fissarono Ran arrossì, ma non interruppe il contatto visivo.
“Non…non voglio vederlo…” balbettò, stringendo la presa sulla sua giacca blu della divisa scolastica.
In tutta risposta, il detective semplicemente annuì, quindi, dopo averla presa per mano, si alzò e aiutò anche lei a fare lo stesso.
“Vieni…” le disse, trascinandola oltre gli alberi del parchetto.

§§§

La ragazza portò con titubanza la tazza colorata alla labbra, dopo aver soffiato sul thè un paio di volte per freddarlo.
Appoggiata la schiena contro la spalliera della poltrona, di tanto in tanto lanciava un timido sguardo a Shinichi, seduto davanti lei sulla scrivania del padre Yusaku.
I due ragazzi, infatti, si erano allontanati velocemente da quel boschetto cosicché Ishimaru non li trovasse, dopodichè la giovane aveva chiesto al suo vecchio amico di non lasciarla sola e lui non aveva risposto nulla: soltanto, l’aveva scortata nella sua spaziosa villa, da poco tempo non più disabitata.
“G-grazie per il the…” balbettò Ran, in un vano tentativo di iniziare una conversazione. Tuttavia, il ragazzo rispose con lieve –quasi impercettibile- cenno del capo.
Si diede mentalmente dello stupido; com’era prevedibile, vederla in lacrime a quel modo gli aveva fatto abbassare ogni difesa e mandare all’aria tutti i propositi ideati in precedenza.
Kudo alzò lo sguardo, giusto in tempo per incrociare quello di Ran ma, al di là di qualsiasi previsione, non distolse gli occhi da quelli della giovane.
Rimasero a fissarsi per un paio di secondi, l’uno studiando l’altra: il volto di Ran era ancora arrossato per le lacrime, che però avevano finalmente smesso di scorrere.
“Hai…hai l’aria stanca…” notò lei, senza staccargli gli occhi di dosso. Per la prima volta dopo tanto tempo, infatti, avendo avuto l’occasione di scrutarlo bene in volto, era riuscita a notare ogni dettaglio: gli occhi cerchiati da lievi occhiaie, le labbra screpolate come se le avesse morse, le sopracciglia inarcate di una persona che non abbassa mai la guardia e un singolare pallore.
Dopo aver sentito quelle parole, al detective sfuggì un sorriso amaro: “Sono stanco…”
Quindi Ran tentò di approfittare della sua singolare eloquenza: “ Qual è il problema?”
Ma lui scosse la testa, interrompendo il loro contatto visivo.
“Fammi…fammi ricambiare l’aiuto…” e, sporgendosi verso di lui, gli poggiò una mano sulla spalla, per poi meravigliarsi al sussulto di Shinichi; ciononostante, non ritrasse il braccio e lui non si mosse.
“Per favore…” cercò di convincerlo, stringendo la presa.
Allora, quasi dimentica di ogni cosa, si lasciò trasportare dalle sue emozioni e vagò con la mano per il suo corpo: sfiorando il collo, notò con piacere che Shinichi fu scosso da un brivido e giunta alla sua guancia, si rese conto con ancor più piacere che Shinichi chiuse gli occhi, anche lui completamente rapito da quella situazione.
In quel preciso istante, Ran ebbe un tuffo al cuore: quanta fragilità, quanta dolcezza nascondeva quella statua di ferro…non seppe spiegarsi il motivo, ma fu certa che il suo amico d’infanzia stesse sopportando un dolore terribile, uno di quei pesi sullo stomaco che non ti permettono di riprendere fiato neanche per un secondo. Per cui, continuò ad accarezzargli la guancia ma fu il suo turno di sussultare quando la mano del diciassettenne si pose sulla sua, stringendola.
“Sh…” fece per chiamarlo, ma lui la interruppe:
“Appunto…shhh”
“Cosa nascondi sotto questa maschera, liceale detective? …” domandò in tono dolce, sorridendo al suo ghigno:
“Un fisico da paura.”
Shinichi aveva davvero perso la cognizione del tempo, si era lasciato andare ai sentimenti, al suo amore…ma se ne rese conto presto: a quel punto, scattò lontano da Ran e dal suo calore.
“Cosa c’è?” chiese lei allarmata, alzandosi dalla sedia con le rotelle.
“N…niente…” rispose lui, mostrandole le spalle.
“Shinichi…”
“Vuoi che ti accompagni a casa?” si voltò, ma senza guardarla in faccia.
“Io…veramente…” arrossendo, cercò di formulare una risposta: “Non è che…potrei…solo per stanotte…sai io…non voglio…non ho voglia di rivedere mio padre e poi Ishimaru po…potrebbe venire a cercarmi a casa…quindi, sì, insomma, non è che…”
“Vuoi dormire qui?” la interruppe il detective, facendole andare in fiamme le guance tanto da ottenere solo un cenno del capo come risposta.
“D’accordo.” Acconsentì, voltandosi di nuovo per tornare a mostrarle la schiena. “In questo caso, seguimi.” Asserì, avviandosi in direzione della scalinata. Lei non se lo fece ripetere due volte.

Era calata la notte e dalla finestra, nonostante fosse ben chiusa, provenivano l’inconfondibile rumore della pioggia che si abbatte a terra, nonché gli assordanti scoppi dei tuoni e la luce abbagliante dei lampi.
Ran, che Shinichi aveva condotto nella camera di Yukiko e Yusako, continuava a girarsi e rigirarsi in quel letto enorme senza riuscire a prendere sonno: tutti i dubbi, accresciuti dopo quell’attimo di dolcezza tra lei ed il ragazzo, erano accompagnati anche da una terribile paura di quella nottataccia; aveva sempre odiato i temporali!
Dovevano essere circa le quattro del mattino, minuto più minuto meno, e lei non aveva chiuso un occhio neanche per dieci minuti…
Ad un tratto, un fulmine illuminò di bianco la stanza e a Ran parve di scorgere un’ombra sul muro.
-Stai calma, avanti. Lo sai che sei una fifona, non può esserci…- ma mentre tentava di autoconvincersi sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, quindi lanciò un grido voltandosi di scatto, ma non riuscendo ovviamente a scorgere nulla in quel buio pesto.
“Ero sicuro stessi morendo di paura…”
L’inconfondibile voce di Shinichi.
“Sei tu!” sospirò, rilassando tutti i muscoli. “Come mai sei…ehm…”
“Te l’ho detto: sapevo avresti avuto paura.”
Era la verità: più si imponeva di starle lontano, più non era in grado di saperla distante.
“Scusami se ti ho spaventato.” Disse, e Ran sentì il materasso divenire meno pesante, perciò dedusse che lui si stava alzando.
“NO! Per favore, fermo!” mosse le mani a casaccio , riuscendo comunque ad afferrarlo per un dito.
“Non potresti…restare qui?” domandò, dopo essersi fatta coraggio visto che l’oscurità nascondeva il suo volto. Ma, considerato che neanche Shinichi era visibile, lui stesso si lasciò andare ad un silenzioso sorriso; come al solito, non rispose ma la ragazza sentì il materasso scricchiolare, segno che il detective si era disteso accanto a lei.
Stettero così per parecchio tempo, fin quando un ennesimo tuono non risuonò per tutta la stanza, facendo sobbalzare Ran, che –forse approfittando della situazione- si aggrappò al pigiama di Shinichi in corrispondenza del suo fianco.
Ma lui le diede le spalle, per la millesima volta.
“Prima vieni qui e poi fai così! Si può sapere cos’hai in quella testa?” sbottò lei, pentendosi di una reazione del genere subito dopo essere esplosa.
“Restare è un conto. Abbracciarti è un altro…” probabilmente la sua frase non era terminata, ma alla giovane non importò; circondò le sua spalle con la braccia, per replicare:
“Ma solo per stasera…”
“E’ questo il punto. Quanto soffrirai domani, ripensando a stanotte…quanto ti sentirai male, in futuro, quando ti ritornerà in mente…”
“E’ questo il problema?” soffiò lei, incredula.
Il giovane, in tutta risposta, sospirò tanto che lei sentì il petto gonfiarsi.
“Non soffrirò…o perlomeno, non ti darò noie.” Si corresse subito.
“Te lo prometto, te lo prometto, te lo prometto. Ma ora…ti prego, Shinichi…”
Silenzio.
Una lacrima silenziosa bagnò il volto di Ran poco prima che lei stessa si staccasse dal corpo del giovane e, a sua volta, si girasse su un fianco.
-Perché non tengo la bocca chiusa…- si rimproverò mentalmente, mordendosi un labbro per non scoppiare a piangere rumorosamente.

§§§

“Oh, Kogoro, insomma! Si può sapere dov’è Ran??” la voce di Michiyo, attraverso il ricevitore telefonico, fu probabilmente udita a miglia di distanza dall’agenzia investigativa.
“Cosa vuoi che ne sappia io? E’ con te che ha litigato!” rimbeccò l’omone, anche lui sinceramente preoccupato.
“Non starà a casa di quel pivello, spero!” considerò l’ipotesi, sentendo il sangue ribollirgli nelle vene.
“Ma figurati! Sarà andata a casa di quella sua amica…la Suzuki…di solito quando fa tardi è sempre colpa sua…” lo informò il padre di Ran, assottigliando gli occhi. In breve tempo, entrambi gli uomini si convinsero che la verità doveva essere effettivamente quella…

§§§


Improvvisamente due braccia muscolose le circondarono la vita, trascinandola poi contro un petto allenato e un cuore che batteva forte.
“Se non ti interessa di star male dopo, pensa quanto potrà importare a me…”
Nonostante tutto, Ran sorrise.
“Grazie.”
“Prego.” Stavolta la voce provenne da molto vicino: Ran aveva sentito l’aria calda sfiorarle l’orecchio ed era rabbrividita.
“Mi piacerebbe sapere che faccia farebbe Michiyo nel caso ci vedesse…” sorrise scherzosamente Shinichi e fece sorridere anche la karateka che pochi istanti dopo strinse forte con le mani le braccia del detective. Percepì il suono che emetteva quando sfoderava uno dei suoi tipici sorrisetti compiaciuti, quindi si affrettò a precisare:
“Non montarti la testa, detective!”
Una risatina insolente fu l’unica risposta che ottenne, allora, spronata dal susseguirsi degli eventi, ruotò su un fianco facendo sì che le braccia di Shinichi le avvolgessero la vita, poi spostò le sue mani intorno al suo collo, desiderando inspirare il suo profumo proprio come aveva fatto in quel boschetto poche ore prima.
“Non mi è concesso, Ran. Non sono io il tuo ragazzo e poi…no, come posso trattarti così stanotte e domani odiarti?” Kudo si staccò bruscamente, non riuscendo a frenare quel fiume di parole.
“E perché domani dovresti odiarmi? Ishimaru non è il mio ragazzo ed io non lo amo. Tu…io…”
“Non complicare le cose, ti prego.” Sbottò, oramai privo di controllo: i sentimenti personali stavano prendendo il sopravvento sulla sua metà razionale, purtroppo.
Ran sospirò; forse quella era il momento opportuno di esporre a Shinichi quel dubbio nato nell’agriturismo di Sakata; comunque fossero andate le cose, almeno avrebbe saputo la verità:
“C’è qualcosa sotto, non è vero? Tu non mi odi…tu devi odiarmi…”

^***^ ^***^ ^***^

* Ehy, belle ragazze! Perché non usciamo un po’ questo fine settimana? Prometto di portarvi in un posto entusiasmante!

^***^ ^***^ ^***^

Note dell'Autrice:
Eccoci qui! L’avevo detto che sarei stata rapida a postare, no? Ed ogni tanto le mantengo, le promesse…xD Ora: cosa mi dite? Piaciuto questo capitolo? Shinichi? Ran? Sonoko? Ishimaru? Mi perdonerete se non ho ancora chiarito cosa Shin abbia effettivamente scoperto riguardo Sakata, ma ho preferito dare la precedenza alla verità su quel fatidico incidente avvenuto nella camera dell’agriturismo!
Descrivere situazioni simili, comunque, mi fa sempre preoccupare un sacco perché tempo di non aver rispettato il carattere dei personaggi. Mah, speriamo bene…!

Feferica:
Ciao! ^-^ Ah meno male, sono proprio contenta che ti sia piaciuto nonostante la brevità xD E mi auguro anche che questo nuovo capitolo sia di tuo gradimento…inoltre volevo dirti GRAZIE GRAZIE GRAZIE per tutti complimenti ^.^ Ti piace proprio farmi arrossire eh? ;P ^////////^ Un bacione e ancora grazie mille, al prossimo capitolo!!

Per il prossimo capitolo non credo dovrete aspettare molto ma…ehy! Ho già postato questo velocemente, è già un traguardo!XD
Grazie mille ancore per tutto il calore che mi trasmettete!! ^///////^
Un bacione grande grande

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 24
*** Una Notte Troppo Buia ***


Capitolo Ventitre

Una Notte Troppo Buia

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Era buio e per di più le dava le spalle, quindi per lei sarebbe stato impossibile scorgere il suo sguardo sconcertato e la sua bocca aperta in un’espressione pietrificata; di conseguenza Shinichi tentò di prendere silenziosamente fiato, prima di trovare una risposta che avrebbe posto fine a quella discussione rischiosa.
Dal canto suo invece, Ran il fiato lo stava trattenendo: di lì a poco avrebbe finalmente saputo la verità. Tuttavia, tra lei ed il ragazzo era calato il silenzio e sembrava che nessuno dei due avesse più nulla da dire.
“E’…è per Shiho, non è vero?” avrebbe voluto aggiungere, ma non ne ebbe il coraggio: non sarebbe stata capace di tollerare una risposta positiva, quindi tacque.
“Shinichi…?” aggiunse però, bramando la sua voce più di ogni altra cosa. Si avvicinò a lui dopo essersi messa in ginocchio sul materasso e il suo movimento fece sobbalzare il letto.
“Cosa ti fa credere che sia così?”
Finalmente, aveva replicato alla sua domanda.
“E’ così?” insistette, caparbia.
“Non lo sai che è maleducazione rispondere ad una domanda con un’altra domanda?” la canzonò il detective, ma lei gli ricordò che la cosa valeva anche per lui.
“Io…ah!” sospirò, passandosi una mano tra i capelli già scompigliati.
“Per favore, dimmelo!!” la giovane si gettò addosso al ragazzo, afferrando e poi stringendo con forza le sue spalle e lui sentì una fitta dolorosa al cuore.
“Non posso…” mormorò, più a sé che a lei stessa, che però l’aveva sfortunatamente sentito.
“Perché?”
“Ti chiedo scusa, Ran…ma, davvero, non posso dirti nulla…” il suo tono, dell’astio e del sarcasmo di tutti i giorni precedenti, non aveva più nulla.
“Cosa sono tutti questi segreti? Non ti fidi più di me, forse? Se mai tu ti fossi fidato realmente di me…”
“Io mi fido di te, Ran. E anzi, dovrei ringraziarti per aver assicurato a Michiyo che Sakata, in quel magazzino, non aveva detto niente di rilevante…” era un macigno che da giorni gli appesantiva lo stomaco, quello.
“Ha detto qualcosa di rilevante?” si insospettì lei, avvicinandosi di più al suo corpo.
“Certo che no” ripose all’istante Kudo, mordendosi la lingua “Ma tu avresti anche potuto pensare il contrario…”
“Oh…” parve credergli, quindi appoggiò la testa sul suo petto ed ebbe l’impressione che il suo battito cardiaco accelerasse; al solo pensiero che il detective fosse agitato da quel contatto le guance si colorirono di un rosso incandescente…
“Cosa nascondi, Shinichi?” chiese per la seconda volta, chiudendo gli occhi sui quali comunque, per via di quell’oscurità, non poteva fare affidamento.
“Non posso dirti nulla, Ran.” Ripetè lui, portando una mano tra i suoi capelli ed iniziando ad accarezzarli dolcemente: “L’unica cosa che posso fare, è trascorrere questa notte con te. Ma come già ho avuto modo di avvisarti, da domani tutto tornerà come prima…”
“Ma…” cercò di replicare, tuttavia non le fu concesso:
”Niente ma!” la interruppe bruscamente, per poi aggiungere: “Se pensi che stare con me ora possa farti ancora più male, me ne vado subito…” “No!” si affrettò a confermare, stringendosi con più forza al suo torace, come se in tal modo lui non avesse la capacità di abbandonare la stanza.
In tutta risposta, il detective liceale si distese di nuovo sul letto, portando con sé la ragazza; i due rimasero così, l’una appoggiato all’altra e quel sentimento, quella sensazione di attrazione fisica che Ran aveva provato la prima volta in cui finalmente l’aveva rivisto, si risvegliò: infatti, distesa sul suo petto, poteva chiaramente distinguere ogni lineamento della pelle, ogni muscolo. E come se tutto quello non bastasse, sentiva ancora la sua lingua sfiorarle le labbra.

§§§

“Uhuh, guarda che carino quello!!” uggiolò l’erede della compagnia Suzuki fissando gli occhi su un ragazzo di circa vent’anni, occhi celesti e capelli biondi.
“Datti un contegno, Sonoko…” la riprese Ran, afferrandola per un braccio.
“He could listen to you…*” le bisbigliò Richard all’orecchio, ridendo.
“Che noia uscire con voi due!!” sospirò esasperata la ragazza, dirigendosi a tutta velocità verso una vetrina.
I tre amici erano usciti per riposarsi dopo il compito in classe di letteratura avuto quella stessa mattina ed avevano deciso quindi di fare una passeggiata per il centro, approfittando della bella giornata di sole.
“Sonoko, è un negozio di biancheria intima! Non siamo sole!!” le ricordò la sua amica, dopo aver scorto con la coda degli occhi il rossore che colorava le guance di Sin Vey.
“Mhm, mi avete stancato!” proruppe, facendo voltare Ran e spingendola per le spalle accanto al giovane “ Tu e Richard andate a prendere qualcosa a quel bar laggiù mentre io vedo qualcosina qui e poi vi raggiungo, ok?”
Detto fatto, entrò nella boutique.
“Scusa…” la figlia del detective Kogoro si inchinò in segno di rammarico verso il suo oramai migliore amico, che sembrava restio a perdonarla:
“Soltanto a una condizione…” cedette infine.
“Certo…” acconsentì lei, tuttavia abbastanza sorpresa: quell’atteggiamento non era tipico del britannico.
“Mi dici cos’è successo con Shinichi?”
“Come?” rimase sbalordita…impossibile che il detective gliel’avesse raccontato…!
“Stamattina ti ha fissato per un paio di secondi in…in modo strano…diverso dal solito.” Le spiegò, togliendole ogni dubbio dalla mente.
“In che senso… strano?” arrossì all’idea che anche per il suo (ex) amico d’infanzia quella notte avesse valso qualcosa.
“Beh…tu raccontami cos’è successo. Perché è successo qualcosa, it isn’t?*” E come recita il famoso proverbio, chi tace acconsente.

§§§

“Sei pronto, Shin-kun?”
A quell’appellativo il liceale detective si voltò di scatto, sorpreso: il dottor Agasa, di conseguenza, deglutì rumorosamente per poi correggersi:
“Cioè, intendevo….Shinichi…ehm…” e riprese a digitare qualche tasto a casaccio sulla tastiera del computer acceso.
Il ragazzo sorrise, mentre si allacciava l’ultimo bottone della camicia bianca.
“Seppure non lo fossi, sarebbe diverso?”
“Suppongo di no.” Sospirò l’omone, con aria estremamente preoccupata.
“Non faccia così, la prego! Ho preso tutte le precauzioni necessarie…”
“Ma non hai allertato la polizia.” Gli ricordò Agasa, un rimprovero che più volte gli aveva fatto.
“Non ricominci, la prego!” soffiò afferrando la giacca blu. “Lo sa che fin quando non avrò prove è meglio così e poi…”
“E poi?” lo incitò Hiroshi, staccando gli occhi dallo schermo del pc.
“E poi non voglio quel poliziotto tra i piedi…” borbottò, infilando l’indumento di stoffa dello stesso colore dei pantaloni jeans per poi allacciarne i bottoni.
“Questo caso è mio!” affermò serio alzando in aria un pugno e palesando in volto un sorriso beffardo.
“Tu e il tuo orgoglio…” si lamentò il suo vicino di casa, scuotendo la testa.
“Domani mattina ne riparleremo.” Gli assicurò ammiccando per poi piegarsi sul divano: recuperò l’orologio spara aghi soporiferi e il modulatore vocale a forma di papillon.
“Piuttosto: ha…” fece per domandargli, ma fu interrotto subito:
“Sì, ho modificato questi occhiali da sole con lo stesso principio di quelli da inseguimento. Così non dovrai preoccuparti…”
“…dell’esagerata somiglianza con Conan-kun…. La ringrazio di cuore, Doc…” terminò di nuovo la sua frase, prendendo gli occhiali che l’uomo gli stava porgendo; quindi indossò il cappotto di piume nero, infilando sia questi ultimi che il telefono cellulare nella tasca interna.
Di nuovo il professore fece per parlare, ma Kudo lo precedette:
“Non mi auguri buona fortuna, porta male!” sorrise spavaldo.

§§§

“Ricevere la tua telefonata per me è stato come un raggio di luce in una giornata di terribile tempesta…” recitò melodrammatico Ishimaru baciando per l’ennesima volta quella sera la mano di Ran, il cui sorriso era evidentemente tirato. Il giovane quindi scese dalla decappottabile nera fiammante per andare ad aprire lo sportello del passeggero.


“Ingelosirlo? Figuriamoci!” scoppiò quasi a ridere la ragazza, ma il suo amico la riprese:
“Potrebbe essere invece. E poi, peggio che possa andare non otterrai nulla…ma non susciterai neppure danni, non credi?”
“Beh, effettivamente…ma tu…” esitò mentre si tormentava le mani “…tu come fai a dire che Shinichi è geloso di Ishimaru?”
“My darling, secondo i tuoi racconti! E poi, so come si comportano i ragazzi …” ammiccò Richard; in quel preciso istante, i suoi occhi furono attraversati da un lampo di…di qualcosa che Ran non seppe decifrare, come anche altre volte era capitato. La giovane però, troppo presa da quel piano geniale, trascurò quello che secondo la sua opinione era soltanto un semplice e banale dettaglio –forse dettato dalla sua impressione- per ascoltare le parole di Richard, che nel frattempo, celata quella strana luce negli occhi, si era avvicinato a lei furtivamente:
“Oggi mi sono avvicinato a lui, durante l’intervallo…ti avrà fissata almeno quattro volte.” Le sussurrò, colorandole il volto di un rosso scuro.
“Tentare non nuoce, Ran.”
La giovane storse il naso, pensierosa.

-Non sono sicura di aver fatto la scelta giusta…d’accordo che Ishimaru domani in centrale non farà che parlare del nostro appuntamento, ma è possibile che le voci giungano sino a Shinichi? E poi, dopo quel che ha fatto all’agriturismo…dopo quello che ha detto a Sonoko! Così pare che io voglia chiedergli scusa, che l’abbia perdonato…e non è affatto così!!-
Ran era infatti ancora molto arrabbiata per l’accaduto dei giorni addietro: i due non ne avevano più parlato, visto anche che per quelle ventiquattro ore la karateka aveva fatto di tutto per evitare il poliziotto e neanche aveva risposto alle sue chiamate, tanto meno ai messaggi sms. Tuttavia, era consapevole che Richard, essendo lui stesso un ragazzo, poteva darle dei consigli utili e non se l’era sentita di rimanere con l’eterno rimpianto «forse Shinichi si sarebbe ingelosito per davvero…». Meglio il rimorso di aver chiuso un occhio con la faccenda di Ishimaru! Dopo la notte a casa sua, infatti, Ran era uscita ancora più confusa e turbata di quanto non lo fosse prima, e anche l’idea che si era fatta, l’ipotesi basata sulla relazione che il detective poteva intrattenere con la bella bionda era andata via via scemando: assurdo avesse tanta esitazione solo per rispetto a Shiho! E poi lui non era mai stato un tipo modesto, non avrebbe taciuto il rapporto con una giovane tanto affascinante…Ci doveva essere sotto dell’altro: ma cosa? Cosa? E perché non voleva rivelarglielo?
“Prego signorina, l’accompagno dentro la sala…” il poliziotto le porse il braccio, galantemente.
Aveva infatti accettato al volo il suo invito, proponendo di cenare in un romanticissimo ristorante francese e poi fare un bel giro in macchina per godere della luce lunare; a dire la verità, si era molto stupito di un simile atteggiamento, visto che tra loro non avevano chiarito la questione dell’agriturismo. Aveva però colto la palla al balzo, ritenendo che, per lei, sapere che suo padre, la sua migliore amica e i poliziotti che conosceva da quando era bambina le avevano creduto quando aveva spiegato che tra lei e lui non era successo nulla, le bastasse.
Seppur titubante, la figlia del detective più famoso in quel periodo si sporse per prendere l’agente di polizia a braccetto, quando un rumore acuto li fece voltare entrambi.
“Ma cosa…?”

§§§

“Buonasera, qui distretto di polizia della centrale di Beika.”
Il poliziotto in portineria ascoltò le parole incalzanti dell’interlocutore, poi replicò:
“Cosa? Una volante? Ma chi parla? Mi dia il suo indirizzo!”
“Ehy, Yojimbo*, problemi?” chiese l’agente Sato che passava lì di fronte perché voleva offrire un caffè della macchinetta all’ispettore Megure.
“Ispettore, ufficiale! Beh, veramente…sì, subito!” rispose contemporaneamente sia ai suoi due superiori che all’uomo dall’altra parte della cornetta telefonica.
“Ecco, ispettore, per lei!”
Yuzo lanciò un’occhiata a Miwako, poi afferrò il telefono:
“Qui Megure.”

§§§

-Maledetto telefonino! La prossima volta lo lascio a casa!- ringhiò mentalmente il giovane detective, accelerando quando vide il semaforo in lontananza segnalare il colore giallo. Riuscì a superare le strisce pedonali pochi istanti prima che il rosso si sostituisse al colore del sole, poi riprese i suoi ragionamenti:
-E’ tardi! Se non arrivo prima di Sakata sarà abbastanza difficile entrare in quella catapecchia senza farmi notare…-
Abbandonando oramai il quartiere di Beika scoccò un’occhiata nervosa all’orologio da polso e così preso dall’orario abbassò gli occhi sul girare frettoloso delle lancette dell’orologio; quando rialzò lo sguardo sulla strada, fece appena in tempo a frenare per lasciare due pedoni attraversare la strada.
“Ci sono sempre stati tutti questi semafori?!” sbottò, poggiando un piede a terra e poi sistemando lo specchietto di sinistra.
-Mhm?- la sua attenzione fu immediatamente attirata dalla macchina bianca di dimensioni piuttosto modeste in coda dietro di lui.
-Perché non ha suonato quando ho inchiodato?- si domandò, cercando di vedere il guidatore, ma il buio era così fitto e la sua mente così impegnata da pensieri ben più gravi che, non appena il semaforo segnalò di nuovo il verde, partì di corsa senza badare più a quell’automobile chiara.

§§§

“Bene, fratello. Qui è tutto a posto.”
I capelli chiarissimi dell’uomo, in pieno contrasto con gli abiti neri che aveva indosso, frusciarono silenziosamente quando si voltò per rispondere al subalterno, anche lui vestito di scuro dal cappello alle scarpe.
“D’accordo. Andiamo, allora.”
Quindi aprì la portiera della porsche permettendo a una zampata di fumo di addensarsi nell’aria gelida di quella notte troppo buia.
“Che c’è?” gli domandò il più basso, notando come aveva interrotto i movimenti.
“Cosa stavi facendo?” chiese il più alto alla donna seduta sul sedile posteriore dell’auto. Lei non era vestita di nero, anzi: l’abito rosso fuoco rispecchiava perfettamente il colore del suo rossetto acceso.
“Niente, mio caro.” Replicò, riponendo le mani in tasca. “Mi assicuravo che lo spettacolo pirotecnico fosse stato organizzato con attenzione, Gin…”
L’uomo con l’epiteto di un alcolico sorrise diabolicamente, per poi entrare in macchina seguito a ruota dall’altro collaboratore.
“Forza, sbrigati: metti in moto e andiamocene, Vodka.”

§§§

Quando fu nelle vicinanze del vecchio complesso scolastico spense i fari e si guardò intorno: nei pressi soltanto alcune case e dei negozi di abbigliamento, a quell’ora chiusi. Decise di parcheggiare la moto vicino a gruppi di macchine sotto un palazzo, per dare l’impressione che appartenesse ad uno dei condomini e con l’intenzione di arrivare alla sua vecchia scuola d’infanzia a piedi. Prima di avviarsi però, afferrò il telefonino dalla tasca interna del cappotto e lesse il messaggio sms che gli era arrivato pochi istanti prima, causandogli quasi un incidente.
-Come?!- si stupì Shinichi –Sin Vey?-
Il testo diceva:
«Perdonami se ti contatto a quest’ora, Shinichi. Il fatto è che da giorni ho un peso sullo stomaco, delle parole sulla punta della lingua e stasera non sono riuscito a frenarmi; non prendermi per un impiccione, ma…non è tutto come sembra, io me ne sono accorto. Non so cosa tu voglia da Ran ma so quello che lei vorrebbe da te. E’ una ragazza straordinaria, non capisco perché farla soffrire in questo modo. Sbrigati ad accorgertene, o lei sceglierà qualcun altro…credo tu abbia capito a chi mi riferisco.»
Il liceale detective si lasciò andare ad un rumoroso sospiro, prima di togliere i suoni al telefonino. Stava per rimetterlo in tasca, ma bloccò i movimenti: riaprì lo schermo per poi spegnere del tutto il cellulare; meglio non rischiare di creare interferenze con quell’aggeggio così, tra l’altro, poco utilizzato in quel periodo. Una volta ripostolo nuovamente in tasca, si avviò verso la vecchia scuola.

Molto più tetra di quanto avesse immaginato.
Della meravigliosa costruzione rimanevano solo macerie e risultava difficile persino capire come doveva essere strutturata prima di danneggiarsi a quel modo. Erano mesi che non passava più da quelle parti e addirittura anni che non gli veniva la curiosità di andare a vedere come il suo vecchio asilo fosse ridotto; Ran gliel’aveva spesso proposto, ma lui per un caso o per un altro (o per meglio dire, per un’indagine o per un’altra) non l’aveva mai accontentata. Alla fine la giovane era andata con Sonoko, ma quando gli aveva riferito cosa avevano trovato lui non aveva prestato molta attenzione.
-Già…non le ho mai donato la giusta attenzione quando avrei potuto…- si rimproverò Shinichi con un sorrisetto amaro, permettendo alla sua mente di volare al messaggio ricevuto dal compagno di classe.
-Ran si confida con lui, a quanto pare…- provò un moto di rabbia a quella realizzazione.
-Magari si riferiva a se stesso nel messaggio, non a Michiyo…- suppose, ripensando alle parole “lei sceglierà qualcun altro”, poi però fece un respiro profondo.
-Non è il momento di pensare a certe cose, questo. Meglio concentrarsi sulla serata…-
Girò intorno all’edificio, scoprendo che sul lato posteriore, affacciato sulla palude che un tempo era stata il cortile della scuola, vi era una finestra spezzata per metà.
Sicuro che le sue impronte digitali non si sarebbero potute rilevare per via dei guanti da motociclista che ancora indossava, si arrampicò sulla parete ed entrò grazie a quel vetro rotto.
Quando fu dentro, la prima cosa che fece fu quella di guardarsi intorno, attento: la porsche nera di Gin non era da quelle parti e seppur avessero potuto lasciarla in un altro luogo come aveva fatto lui stesso, era molto più probabile che non fossero ancora arrivati.
Si tirò giù la chiusura lampo del giacchetto di piume, quindi prese dalla tasca della giacca blu un piccolo registratore, accendendolo.
-Speriamo funzioni…se riesco a portare qualche prova alla polizia, dovranno arrestarli per forza…-
Questo era il suo piano.
-Il mio unico piano…- sorrise, quasi prendendosi in giro da solo. “Che il cielo me la mandi buona…”
Quindi riallacciò il cappotto, posizionando nella sua tasca esterna l’apparecchio.
“Non credo. Non hai notato che notte buia è questa? Avresti dovuto coglierlo come un presagio…”
Al detective più giovane di Tokyo si gelò il sangue nelle vene.
A pronunciare quella frase era stata una voce che purtroppo ricordava molto bene. Si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con lui; digrignando i denti, pensò: - Sarà più difficile del previsto…-
Tuttavia, dopo aver visto il sorriso di scherno che gli solcava la faccia, non volle dare a vedere la sua preoccupazione, infatti disse calmo:
“Buonasera, signor Sakata.”
A sua volta, anche il proprietario dell’agriturismo fuori città sorrise.
“Buonasera, ragazzo. Ti ho già detto di non parlarmi in modo così formale…perché non mi chiami…Brandy ?”
“Credevo volessi tenerlo nascosto.” Rispose, ricambiando l’espressione sicura di sé “Il tuo coinvolgimento nell’Organizzazione Dei corvi, intendo.”
“Infatti. Ma non vedo perché non poterlo rivelare a un ragazzo che tra poco finirà all’altro mondo.” sentenziò e nonostante il tono di voce estremamente minaccioso, Kudo non smise di sorridere:
“Ne sei così sicuro?” quindi ghignò, spavaldo. “Io non ci metterei la mano sul fuoco…hai presente Muzio Scevola *?”
“Un ragazzo molto colto, non c’è che dire. Ma anche troppo ingenuo, indubbiamente. Non hai pensato di…non hai pensato di poter avere a che fare con Plutone *? Ripose a tono.
“Temo di sì. Ma ho intenzione di risalire dagli Inferi dopo esserne disceso…”
“Ti sarebbe stato possibile, se fossi stato più prudente.”
“Come fai a sapere che io non abbia voluto appositamente incontrarti, stasera?” gli domandò di rimando, bluffando: non poteva permettere che quell’uomo prendesse coscienza del suo vantaggio.
“Non mi riferivo a questo. Ero sicuro che saresti venuto qui, stanotte. Solo non immaginavo il tuo piano…ora lo so e devo aggiungere un punto a tuo sfavore su tanti altri già segnati.” Gli spiegò, fissandolo negli occhi tanto da generargli brividi lungo la schiena; scontato precisare che questi, furono brividi che Shinichi tenne ben nascosti.
“Cosa intendi dire?” chiese soltanto.
Per tutta risposta, Yuri ghignò perfidamente:
“Non ho rivelato quel che ho scoperto a Gin, né a Vodka, proprio perché intendo conciarti a dovere con le mie mani…” intensificò il tono della voce sulle ultime parole, accompagnandole per di più con un movimento lento ed estenuante delle braccia “…per mostrar loro quanto io valga davvero. E rimediare all’incidente avvenuto nel mio agriturismo un paio di giorni fa, naturalmente.”
-« Cos’ho scoperto??» - Kudo ripetè mentalmente quei vocaboli e quando riuscì ad interpretarli il suo sguardo si trasformò in un’espressione di puro terrore che non riuscì a celare.
“Di cosa vai parlando??” chiese allora, muovendo incontro qualche passo.
“Oh andiamo, non fare lo sciocco. So che mi hai capito benissimo, Shinichi Kudo. Ops, perdonami: magari, preferisci che ti chiami Conan Edogawa!”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
* He could listen to you...: Potrebbe sentirti...
*Yojimbo: Grazie alla Shadda per il nome che non riuscivo a trovare!!XD
*Muzio Scevola: Secondo l’antica tradizione romana, in seguito a quello che noi oggi chiameremmo uno “scambio di persona” tra il comandante e sovrano etrusco Porsenna ed il suo scrivano, il soldato romano Muzio Cordo si bruciò la mano destra nel fuoco (divenendo quindi Scevola, cioè mancino) come punizione per aver colpito la persona sbagliata.
Plutone: Sempre secondo la tradizione romana, è il dio degli Inferi. Presso i greci era conosciuto come Ade.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:
Nel prossimo capitolo svelerò cos’ha sentito Shin quando ha piazzato un auricolare addosso a Sakata, promesso !
Per il momento, vi basti sapere che il nostro Brandy sa di Conan-kun…
In questo capitolo non vi è propriamente l’azione, diciamo che è una preparazione perché essa possa avvenire in quello successivo. Inoltre, spero non vi abbiano deluso i passi indietro di Shin: niente confessione…ehy, che fate? Abbassate quei pomodori marci!!XD

Feferica :
Grazie grazie grazie!...ma sei sicura di pensarla ancora così dopo la reazione finale di Shin?xD Dai dai, tieni duro…non manca molto a un vero “scontro” tra Shin e Ran, promesso! ;D Grazie ancora per i complimenti, mi fanno sempre piacere…e tanto arrossire!^/////^

Harmonia :
Ciao! Grazie mille, sono davvero contenta ti sia piaciuta la ficcy ^-^
Ehm…diciamo che stava per finire! xD Shinichi tiene duro, ma neanche Ran scherza! Ti ringrazio ancora per la recensione =D
Spero di poterne vedere un’altra in questo capitolo perché significherebbe che hai continuato a seguire la fanfic XP
Kiss kiss!

Roe :
Salve! =)
In primis, voglio ringraziarti di cuore! In secundis…beh, devo dire che mi fa molto piacere che la caratterizzazione dei personaggi sia di tuo gradimento: come non mi stancherò mai di ripetere, questo è proprio il tratto della fanfic che più mi impensierisce, al di là anche dei gialli in cui i nostri sono coinvolti! ^^” Non sono mai stata una cima nei metodi e i trucchetti degli assassini, non li capisco quasi mai prima che vengano svelati…figuriamoci quindi a farli di mano mia XD
Ti ringrazio ancora tantissimo per i complimenti, spero continuerai a seguire la storia! Un bacione

E con questo it’s all over!! ^^
Al ventiquattresimo (^/////^ wow) capitolo :D
XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 25
*** Brandy, Il Corvo ***


Capitolo Ventiquattro

Brandy, Il Corvo

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il forte e fastidioso rumore percepito attraverso gli auricolari rendeva Shinichi consapevole che il suo uomo si trovava in una macchina in corsa con i finestrini spalancati e forse anche il tettuccio abbassato.
Sino a quel momento Sakata era rimasto in silenzio, pertanto la percentuale che si trovasse da solo ricopriva quasi il numero massimo delle probabilità.
-Avanti, cos’aspetti?- lo incitava mentalmente il liceale-detective, sperando con tutto il cuore che aprisse bocca così da informarlo sulle sue intenzioni; e quasi come se l’avesse previsto, sentì uno squillo acuto rimbombargli nelle orecchie:
“Sì!!” non riuscì a trattenersi, ma questa sua esclamazione a voce alta non gli causò problemi: Shinichi era infatti rimasto in camera, dopo aver naturalmente controllato che all’interno non vi fossero cimici o ricetrasmittenti.
“Pronto?” rimbombò la voce di Yuri con una sfumatura di esitazione.
“Cosa stai facendo?” un tono gelido.
-Gin!!- lo riconobbe all’istante Kudo, lasciando che la sua sorpresa trasparisse dagli occhi.
“C-come?” infatti, persino quella sfumatura nella voce di Yuri era divenuta un’inclinazione di evidente paura.
“Ti ho chiesto cosa stai facendo.” Ripetè l’uomo con i capelli lunghi, ma un’altra voce aggiunse subito dopo di lui: “Ci sono troppi sbirri nella tua catapecchia. Perché?”
-Vodka!!- Shinichi assottigliò gli occhi: all’appello i due inseparabili corvi! Mancava solamente…
“E’ avvenuta un’aggressione ai danni di una cliente, nonché un omicidio.” Rispose Sakata che, apparentemente, aveva riacquistato sicurezza “Non chiamare la polizia mi sarebbe sembrato sospetto…ed inopportuno.”
“Omicidio?” domandò a pappagallo Vodka “Sei stato scoperto?” Quindi Gin aggiunse:
“Se così fosse, non staremmo di certo qui a parlarne.” Un rumore attraverso il telefonino e, di conseguenza, gli auricolari di Shinichi gli fecero capire che il biondo aveva lasciato trasparire sul suo volto uno dei suoi spaventosi ghigni.
“Ma per colpa di questo piccolo incidente non è stato possibile rifornirti di
quella roba…”
-Quale roba??- si chiese il giovane, mordendosi un labbro; con il cuore in trepidazione, attese che Sakata rispondesse per istanti che gli parvero più lunghe delle ore.
“Lo so. Mi spiace.”
“Lo spero bene.” Freddo, tagliente, sadico.
“Eheh, vuoi rimediare?” stavolta era stato Vodka a parlare.
“Naturalmente.” Rispose l’uomo, e dal suono che pervenne alle orecchie di Kudo, probabilmente sorrise proprio come Gin aveva fatto pochi istanti in precedenza “Infatti ho già…”
“A
quella persona non interessa il tuo libero mercato.”
Il proprietario dell’agriturismo tacque.
“Ascoltami bene” era sempre il più alto tra i due a parlare “C’è una vecchia scuola abbandonata da anni a Tokyo, poco lontano dallo stadio. Venerdì sera, lì, alle dieci e mezza in punto. Ti consegneremo la droga.”
-Non si tratta dell’apotoxina, allora…- il ragazzo ne rimase quasi deluso; aveva già pregustato di mettere le mani su quel maledetto farmaco…
“Ma sta’ attento: ti abbiamo abbonato un errore, non deve essercene un altro.”
“La mancata consegna non è stato causato da un mio errore, c’è stat…” provò a replicare Sakata, ma Gin lo interruppe con voce di ghiaccio:
“Alle dieci e mezza di venerdì alla vecchia scuola. Se commetti un errore, sei morto. Chiaro, Brandy?”
-Brandy…- Shinichi fece lo spelling del nome nella mente – E quindi è questo il tuo nome in codice…-
“Certo, Gin.” Yuri si arrese all’evidenza: con il corvo biondo, era assurdo e assolutamente pericoloso provare a discutere.

Tentò di deglutire, ma invano: la bocca era completamente asciutta dal momento che qualsiasi tipo di liquido presente nel suo corpo si era concentrato per formare un incredibile quantità di sudore sulla sua fronte.
Infatti, come una preda fissa spaventata il suo predatore, senza sapere da che parte potergli sfuggire, così Shinichi non aveva idea di come controbattere a quell’affermazione.
“Devo star qui a riassumere la tua vita negli ultimi mesi o diamo per scontato tutti gli eventi dalla sera al Tropical Land sino a questa?” proseguì Sakata, o Brandy , che dir si voglia, avendo notato il terrore puro negli occhi del detective di fronte a lui, che si limitò a domandare:
“Come hai fatto?”
Temeva infatti di aver seminato qua e là indizi che anche altri avrebbero potuto notare.
“Trucchi del mestiere, liceale detective.” Lo apostrofò il membro dell’organizzazione, uno strano scintillio negli occhi.
“Lasciare risolvere il caso a quel poliziotto non è servito a nulla. Tanto valeva mostrare per l’ultima volta le tue doti investigative…”
Kudo assottigliò gli occhi: sapeva anche quello!
-Beh, non è difficile fare due più due…- si corresse pochi istanti dopo -…una volta scoperta la mia doppia identità ha tirato le somme…-
“Qualcosa da dire, prima di morire?” lo riscosse dai suoi pensieri in un lampo, avvicinandosi ad un mucchio di legni sul pavimento impolverato.
“Che puoi raggirare l’apparenza, ma non la verità!”

§§§

I due ragazzi si voltarono giusto in tempo per vedere che, rischiando di andare a schiantarsi contro il guard-rail tra il marciapiede e la strada, una moto nera come la notte aveva girato bruscamente all’incrocio lì di fronte.
Ishimaru la seguì con gli occhi, focalizzando l’attenzione sul guidatore: un ragazzo con un casco altrettanto scuro, guanti di pelle, giacchetto nero di piume e jeans blu scuro.
Non ci pensò neanche un attimo a dire:
“Ran, perdonami. Ma che ne penseresti se ti chiedessi di rimandare l’appuntamento?”
“Cosa? E perché?” gli domandò la ragazza, sbigottita.
“Il fatto è che…” era indecisa se rivelarglielo o meno, ma aveva riconosciuto Kudo su quella moto.
“Come posso dirti…” e gironzolare in moto a quell’ora della sera, un abbigliamento simile, per non parlare poi dell’andatura rischiosa, non era normale, anzi: il detective tramava qualcosa.
“Vuoi seguire quella moto?” capì Ran, osservandolo negli occhi “Perché?” Molto sorpreso della sua deduzione e mandato in tilt dal suo sguardo, non si trattenne: “Perché mi insospettisce…”
Lei annuì, non convinta.
“Lo so, lo so che il mio intuito non è una prova certa, ma non mi ha mai tradito. Non vorrei interrompere qui il nostro appuntamento, credimi, ma…” mentre si scusava in questa maniera, stava già risalendo in macchina per non rischiare di perdere di vista la moto nera del suo avversario: e già, era proprio così che vedeva Shinichi! Un avversario, un rivale, un nemico…un ragazzo da mettere fuori scena il prima possibile, e quella sarebbe stata la maniera adatta per riuscirci; in quell’occasione, gli ideali di giustizia di Michiyo (già di solito non proprio proprio nobili) non c’entravano affatto.
“E chi ha detto che stai interrompendo il nostro appuntamento?” lo rassicurò di rimando la figlia del detective Kogoro, salendo in macchina al suo fianco e rispondendo alla muta domanda del poliziotto:
“Vengo con te.”
Nella mente del giovane un turbinio di idee, sentimenti, emozioni:
-E’ preoccupata per me! Che cuore gentile…!-
E che stolta mente, la sua.
“D’accordo, andremo insieme, allora.” Acconsentì: in fin dei conti, quella poteva essere anche un’occasione per mostrarle quanto slealmente giocava il ragazzino che si atteggiava a detective.
“Grazie.” Disse sinceramente Ran. Era infatti felice di poter indagare sul ragazzo della moto nel quale, immediatamente, aveva riconosciuto Shinichi.
“Non ci credo, ci incontriamo sempre, noi!!” la loro attenzione fu attirata da un uomo dai capelli scuri.
-Il medico legale!- lo riconobbe Ran: aveva avuto l’onore di conoscerlo quando lei ed Ishimaru erano usciti insieme la prima volta ed era avvenuto un delitto.

“Michiyo, è lei?”
Ran, grata all’uomo che aveva pronunciato quella frase e che aveva evitato ad Ishimaru di terminare il suo discorso, osservava incuriosita colui che, voltandosi, si era ritrovata di fronte: aveva all’incirca trentacinque anni ed indossava un paio di pantaloni neri di lana ed un giacchetto di piume grigio. In testa aveva calcato un cappellino, che lasciava però intravedere alcuni ciuffi di capelli mori. Il viso era incorniciato dalla corta barba nonché dal pizzetto che lui stesso aveva lasciato crescere.
“Oh, Kaetsu, è lei!” esclamò il poliziotto, voltandosi verso di lui ma senza staccarsi da Ran “Cosa ci fa qui?”
“La stessa cosa che fa lei, suppongo” rise, indicando con un cenno del capo l’insegna del ristorante “La differenza è che io non sono in dolce compagnia…”
Il castano ridacchiò, senza replicare o negare; allo stesso tempo, Ran arrossì e gli sussurrò all’orecchio: “Chi è questo signore, Ishimaru?” “Davvero non l’hai mai visto? Strano!” le rispose a bassa voce “Lui è…”
“AAAH!!”
Un forte e spaventoso grido interruppe il ragazzo, costringendo sia lui sia i sue due interlocutori a voltarsi di scatto verso la direzione della sue provenienza.

“Stavolta, però, ti prego Michiyo: permettimi di offrire a te e alla tua graziosa ospite qualcosa…”proferì l’uomo con fare gentile, ma l’agente di polizia ne approfittò subito:
“Capita a fagiolo!”
“Prego?” “Eh?” fecero sia il collega che la ragazza.
“Potrebbe offrirmi…la sua macchina?”

§§§

Shinichi si voltò giusto in tempo per scoprire Michiyo, con le mani sui fianchi e lo sguardo accusatorio, e Ran, leggermente nascosta dietro al corpo del poliziotto.
Boccheggiò un paio di volte, prima di urlar loro contro:
“Cos’accidenti ci fate voi, qui?”
“Ti abbiamo visto e ci siamo insospettiti, contento?” lo rimbeccò Michiyo, offrendogli un sunto della loro serata.
“E da quanto circa sareste arrivati?” si intromise Sakata, ancora un malvagio ghigno dipinto sulle labbra.
“Che razza di domanda è?!” sbottò il poliziotto, alzando gli occhi al cielo “I criminali che incastra questo moccioso sono tutti strani!!”
Kudo invece aveva perfettamente capito: voleva sapere se…
“Comunque, giusto in tempo per rispondere alla tua domanda, criminale!” Perfetto! Non avevano sentito la conversazione dall’inizio, quindi non avevano scoperto la sua identità segreta!
“…giusto in tempo per capire che devi finire in cella!!” Ishimaru puntò un dito contro Yuri, sbuffando quando Ran aggiunse timorosa ed incerta:
“E che…che…lui, insomma…” non sapeva come chiamare Shinichi “…aveva ragione…”
Era stato il detective, infatti, ad offrire come traccia l’agriturismo dell’uomo.
“Il tuo finto ragazzo aveva ragione, è vero.” Proferì Sakata, girandosi verso di lui. “Ha ragione su così tante cose…”
Shinichi si morse un labbro, in difficoltà:
-Impossibile! Sa anche…di Ran??-

§§§

“Non ho ancora capito perché hai voluto prendere questa macchina.” Disse Ran, gli occhi fissi sulla moto di fronte a lei. “La tua è più veloce!”
Il poliziotto stava guidando con attenzione, sia per non perdere di vista Kudo sia perché lui non si accorgesse di loro.
“…e soprattutto riconoscibile. Con questa andremo sul sicuro.”
“Ohhh, giusto.” Concordò la karateka, capito il suo piano; tuttavia si domandò mentalmente se quelle precauzioni sarebbero bastate a non farsi scoprire da Shinichi.
Lo seguirono a debita distanza sino ad un incrocio, quando infatti un semaforo segnò rosso costringendoli a frenare.
“Ahah!!” scoppiò a ridere rumorosamente Ishimaru “Si è insospettito perché non abbiamo suonato, vedi? Ci sta guardando con lo specchietto retrovisore…” le indicò.
Lei gemette, scivolando con il sedere sul sedile perché il detective non la vedesse.
“Non preoccuparti, è fin troppo buio…” la rassicurò Ishimaru, rimanendo immobile. “ E poi…”
Il semaforo divenne verde e la moto di Shinichi partì velocemente sgommando con un forte rumore.
“…va troppo di fretta per prestare attenzione anche a noi.”

§§§

“Hai le idee confuse, Yuri.” Iniziò Ishimaru, muovendo qualche passo in direzione dell’uomo e seguito a ruota dalla ragazza che non voleva assolutamente rimanere sola “Lei è la mia, di ragazza!” la indicò con il pollice, mentre lei arrossiva:
“Finta ra-ragazza…”
Proruppe in una fragorosa risata, voltandosi poi verso Shinichi, i cui pugni erano serrati con tale forza da farsi quasi male ai palmi delle mani.
Il suo sorriso divenne falsamente angelico: “Giochiamo tutti insieme, Shinichi Kudo.”
I tre ragazzi strabuzzarono gli occhi, sorpresi.
“Cosa vuoi…” tentò di chiedergli Michiyo, ma non ne ebbe il tempo: Sakata si era mosso per afferrare un traliccio spezzato tra le rovine accatastate sul pavimento, quindi si dirigeva a forte velocità verso il detective.
-Maledizione!!- imprecò mentalmente quest’ultimo, preparandosi alla lotta.
“Sta’ attento!!” fece appena in tempo a gridare Ran prima che Shinichi saltasse verso destra, evitando così di essere colpito in pieno da quel pezzo di legno.
“Come ci si sente a compiere un delitto soltanto vivendo, detective?!” domandò ad alta voce, scoppiando poi in una risata quasi isterica.
“Ti diverti a sapere che tanti tuoi amici rischiano la vita in quanto tali?” poiché aveva seguito con gli occhi i movimenti del ragazzo, non gli fu affatto difficile farlo inciampare con quel bastone, che poi alzò con fare minaccioso una volta che Kudo fu a terra.
“Allora adesso te la giocherai tu!”
Nel momento in cui Shinichi si preparava a parare il colpo e Sakata abbassava velocemente il bastone contro il suo petto, una ragazza piombò alle spalle del corvo, atterrandolo.
“Tu!” esclamò Kudo, osservando la bionda calciare il pezzo di legno rovinato lontano da loro due.
“Che diavolo ci fai qui?”
“E’ colpa tua.” Rispose lei, la voce quasi del tutto atona. “Non hai ancora capito di non potermi tenere nascosto nulla…”
Nonostante la terribile situazione, Shinichi sorrise:
“Mi hai seguito sin qui?”
“Sì. Non sapevo il luogo dell’appuntamento…”
“E’ stato tutto un inseguimento stasera, pare…” non riuscì a trattenersi il detective, guardando di sottecchi gli altri due incomodi.
Anche Shiho rivolse allora lo sguardo verso loro due e strabuzzò gli occhi.
“Non dirmi che non ci avevi notati, signorina…” il poliziotto notò il suo imbarazzo però non ottenne una risposta alla richiesta; Miyano infatti si era voltata con un’espressione interrogativa verso il liceale detective.
“Non credo che per voi sia il momento delle convenzioni sociali, questo!”
Sakata nel frattempo si era rialzato e stava scagliandosi contro la cosiddetta Sherry, visto che al momento aveva abbassato la guardia; tuttavia, tra loro si frappose Shinichi, ricevendo così il colpo in pieno petto.
“Shinichi!!” lo chiamò Ran, avendo udito il gemito di dolore sommesso del ragazzo; a sentire quell’appellativo, Miyano si morse un labbro:
“Stai zitta!!” la riprese, ma l’uomo dell’organizzazione si intromise.
“Sei arrivata tardi, mia cara. Quando io e il detective eravamo ancora soli, ho avuto modo di spiegargli come io sappia ogni cosa di lui, del suo lavoro…conosco a memoria le imprese di Shinichi Kudo…”
La scienziata ammutolì, impallidendo, per cui l’uomo non smise di dar fiato alla bocca: “E di conseguenza, anche le tue…Sherry.”
“Come??” Ishimaru e Ran non riuscivano a comprendere sino infondo il senso di quelle parole, ma Kudo ovviamente sì: si era infatti rialzato facendo forza sulle gambe e si stava riavvicinando a Yuri.
“Una storia interessante, la vostra.” Stava intanto andando avanti lui “ Ero certo saresti venuta ad aiutare il tuo caro …ehm…partner?” sorrise, strafottente “Mi chiedo cosa tra voi ci sia davvero…una donna del tuo calibro, una che ha tradito e voltato le spalle al lavoro di diciotto anni, non può ripagare la protezione di un uomo che in un solo modo…”
Shinichi sollevò il braccio scoprendo così l’orologio spara aghi soporiferi, ma si bloccò quando stava per sparare: come giustificarsi con Ran e Michiyo? Quell’attimo di indecisione gli fu fatale: il legno scagliato dall’uomo lo colpì sul polso, frantumando il cinturino.
“Non usare trucchetti con me, Kudo, perché non funzionano.” Si voltò verso Shiho e Ran, che erano l’una di fronte a l’altra. “Anche perché le tue amiche di aggeggi simili ai tuoi non ne hanno…”
Fece per raggiungerle, ma Ishimaru si parò davanti, bloccandolo:
“Fermo! Lo dico per il tuo bene, Sakata, arrenditi e fatti arrestare!!”
“E come?” rise lui, divertito sinceramente.
Michiyo digrignò i denti: l’uomo aveva ragione.
-Se solo potessi…- il poliziotto ragionava su come agire mentre Brandy , notata la sua disattenzione, si slanciava contro le due ragazze.
“Non sei stanco di intrometterti, detective?” cantilenò, sollevando Kudo –che di nuovo si era posto tra aggressore ed aggredito- per il colletto del cappotto per poi scagliarlo violentemente a terra.
Il suo corpo battè violentemente contro il pavimento freddo e sporco, quasi rimbalzando.
“Non serve a nulla, non lo capisci?” si avviò con passi rapidi verso di lui, calciandogli lo stomaco:
“Più tu rischi la tua per quella degli altri, più gli altri se ne fregano di te! Cosa ti è rimasto delle azioni di una vita??”
Con un calcio più forte lo fece rotolare verso la finestra rotta, i cui cocci gli ferirono le mani.
“ Soltanto il pericolo, la necessità di doverti nascondere per non morire. A cosa ti ha giovato aiutare i tuoi nemici e non sporcarti le mani?”
A tutte quelle offese, il ragazzo rimaneva inerme, senza replicare; ovviamente non si trovava d’accordo su nulla, ma…
In quel momento il dolore per la rinuncia alla ragazza che più avesse amato in vita sua e ad una carriera dovuta riaffiorò tutta insieme, pesante come un macigno. Perché non era capitata a lui la fortuna della quale godeva Michiyo?
Sakata lo afferrò per i capelli, proprio come Gin aveva fatto a suo tempo, facendolo gemere per il dolore:
“Sei solo, sei completamente solo.”
Basta, Shiho non ne poteva più: conoscendo la verità sul conto di Kudo, Sakata stava cercando di indebolirlo psicologicamente per poterlo annientare ed il peggio era che ci stava riuscendo con successo.
Si alzò, pronta a colpire il membro dell’organizzazione nera, ma lui previde le sue mosse e, dopo aver scagliato a terra il giovane, spintonò anche lei, ferendole il braccio.
“Bene, due traditori si danno man forte, suppongo. Tu hai voltato le spalle al lavoro di una vita…” guardò Shiho, che si alzava lentamente dal terreno impolverato “…e tu alle aspettative di mezzo mondo.”
Riferendosi a Shinichi, estrasse dalla giacca nera una pistola, puntandogliela contro: “Non meriti di vivere. Non vedi che ho ragione? Nessuno corre a salvarti!”
Shinichi non si risentì di replicare: quell’uomo aveva inconfutabilmente ragione. In fin dei conti, la sua fatica non era valsa a nulla; grazie all’operato di quello stupido poliziotto, Ran era finita di nuovo in pericolo.
E quella volta, un pericolo mortale. Tutti i suoi sforzi per lasciarla estranea all’inevitabile corso degli eventi erano stati completamente inutili, ogni suo piano era stato un completo fallimento. L’unico risultato che aveva ottenuto era la grande ira che la giovane nutriva nei suoi confronti; forse quella rabbia aveva preso la forma dell’odio.
“A questo punto, non mi rimane nient’altro da fare che…” iniziò a sillabare spaventosamente Brandy, alzando la pistola contro il detective, che tentò inutilmente di tirarsi su facendo leva sulle braccia.
“…che dirti addio…” lo canzonò, gli occhi infiammati di follia. Il liceale ricadde pesantemente su se stesso, battendo il petto e il capo contro il pavimento freddo di quel luogo che, di lì a poco, si sarebbe tramutata nella sua tomba.
Nonostante tutto e nonostante tutti, per la prima volta nel corso della sua vita, non fu capace di trattenersi: una dopo l’altra, lacrime gelide come quel terreno sporco presero a rigargli il volto, seppur silenziose; non piangeva perché aveva paura di morire, assolutamente. Il motivo di quel pianto dipendeva dalla consapevolezza di aver fallito, dallo stress accumulato sino ad allora, dalle parole pronunciate da Brandy, che lui aveva riconosciuto come veritiere: a nessuno importava più nulla di lui.
“…Kudo Shinichi, uomo dal doppio volto.”
“NOO!” un grido si diffuse per la stanza abbandonata e l’unica cosa che il detective udì fu la sensazione di calore sulla sua schiena. Ritrovandosi a pancia in giù, infatti, non poteva capire di chi si trattasse, ma qualcuno si era posto come scudo sul corpo; la voce sembrava proprio quella di…
“RAN, COSA CAZZO FAI???” urlò Ishimaru a sua volta, tuttavia non si mosse di un millimetro verso i due bersagli del proiettile nero.
“SPOSTATI!!”
La figlia di Kogoro, infatti, aveva voluto dimostrare a Shinichi che qualcuno interessato a lui c’era ancora: quelle lacrime non le erano passate inosservate.
“Hai fretta di morire? D’accordo! Oltrepasserai la soglia della vita insieme al tuo tanghero!!” Brandy scoppiò in una risata folle, poi puntò nuovamente la pistola a danno di quei due corpi accovacciati a terra.
-Ran…- la chiamò mentalmente Shinichi, gli occhi lucidi per le lacrime spalancati.
“A me importa molto di te, Shinichi…” gli sussurrò all’orecchio, riscaldandogli il cuore. E anche il volto, che si fece rosso.
-Ran…Dio, Ran…-
Brandy sparò, dritto e preciso.

§§§

“Ispettore, l’edificio che ci ha segnalato Michiyo è quello laggiù!!” indicò l’agente Takagi all’omone.
I due poliziotti più altri uomini si trovavano a bordo di diverse automobili con la sirena accesa che risuonava fastidiosamente per i silenziosi quartieri dalla città avvolti dalla notte.
“Bene, prepariamoci allora! Takagi, tu e Sato entrerete dalla porta principale! Mentre tu…” Megure si voltò verso l’ispettore Shiratori “…verrai con me sul retro.” Quindi afferrò la ricetrasmittente:
« Tutti gli altri si apposteranno intorno alla casa, pronti a fare fuoco. »
La sede centrale della polizia, infatti, era stata allertata poco tempo prima dal poliziotto castano: con la sua telefonata, comunicava all’ispettore Megure che la scuola oramai in disuso nel quartiere commerciale della città avrebbe quella sera ospitato uno scontro pericoloso e probabilmente anche a fuoco.
Yuzo non aveva fatto in tempo a chiedergli ulteriori spiegazioni che Ishimaru aveva riagganciato, ma si fidava abbastanza di lui per mettere in azioni tutti (o comunque, gran numero) i suoi uomini.

§§§

Brandy sparò, dritto e preciso.
Fortunatamente però, Shinichi con le parole della ragazza aveva riacquistato parte delle sue forze, quindi fu abbastanza rapido da rotolare su se stesso tanto da evitare il colpo e trovarsi sopra il corpo di Ran.
“ Cosa fai??” gli domandò quest’ultima, aggrappata alla sua schiena.
“L’eroe.” Le sorrise, nuovamente spavaldo.
“BASTA GIOCARE, KUDO!!” urlò Yuri, sparando nuovamente.
Tra il suo corpo e la pallottola stavolta si frappose un’altra ragazza: Shiho. Il proiettile le sfiorò i capelli, infrangendosi sul pavimento a pochi millimetri di distanza da tutti e tre.
“Smettila di fare stronzate, porca puttana!!” sillabò minacciosa al moro, afferrandolo per il colletto. “ Ci tieni così tanto a morire??”
“D’accordo la ragazzina, ma tu vieni via, Ran!!” urlò lo stesso poliziotto, dalla sua distante postazione rispetto al luogo in cui la sparatoria stava effettivamente avvenendo. “E’ UN ORDINE, RAN!”
Ma la giovane, sorda da quell’orecchio, continuava a stringersi forte a Shinichi; nonostante l’estremo atto di coraggio, era impossibile che non provasse almeno un po’ di paura. Con le poche forze che le restavano, ad ogni modo, fissava insistentemente Miyano, aggrappata ancora al giacchetto del suo strano amico d’infanzia: lo sguardo che si stavano rivolgendo era molto eloquente, per loro due…ma Ran non ci capiva un tubo.
“Bene. Anzi, molto bene.” Riprese Brandy, avvicinando per l’ennesima volta l’indice al grilletto dell’arma. “Morirete tutti e tre insieme. Ringrazia le tue amiche innamorate, tanghero!!” lo prese in giro, quindi fece per sparare l’ennesimo colpo, ma il suono inconfondibile di automobili della polizia lo paralizzarono.
“Finalmente!!” esultò Ishimaru, vittorioso. “Ahah, sono arrivati i rinforzi! Il gioco è finito, Sakata!!”
“Butta la pistola, Brandy.” Gli fece eco Shinichi, stringendo le due ragazze al suo corpo scosso.
Gli occhi dell’uomo a quel punto, fiammeggiavano per la rabbia.
“L’edificio è circondato. Uscite fuori con le mani in alto!!” l’altrettanto inconfondibile voce dell’ispettore Megure giunse all’interno della scuola diroccata, provocando una grande sensazione di sollievo ai quattro giovani.
“Fuori! Presto, fuori!!” Shiho –e non Sherry, badate bene- fu molto pratica, come al suo solito.
Ovviamente, Ran e Ishimaru non si fecero pregare; ma Kudo sembrava opporre resistenza.
“Cosa fai?? Andiamo, svelto!” Miyano lo afferrò per una manica, tirandolo verso l’entrata principale.
“Mani in alto!!”
I quattro si voltarono, scorgendo i due ispettori di polizia puntare le rispettive pistole contro Brandy.
“S-Sakata?!” constatarono sorpresi, lanciandosi a vicenda un’occhiata interrogativa. Comunque, si ripresero quanto prima:
”Butta l’arma, avanti!!”
Il corvo non oppose resistenza.

§§§

“Tu hai qualcosa da spiegarmi.” Proferì Megure, un tono che non ammetteva repliche.
“No ispettore, mi spiace. Io non ho nulla da spiegarle…” replicò Ishimaru, poggiando le mani sui fianchi.
L’uomo alzò gli occhi al cielo, stanco ma non troppo per replicare al suo sottoposto.
Una volta ammanettato Sakata erano tutti usciti da quell’edificio in rovina ed in quel momento si trovavano al suo esterno; numerose vetture erano parcheggiate tutt’intorno.
“Michiyo…” fece per riprenderlo, ma rapidamente il giovane si riappropriò della parola:
“Kudo, piuttosto. Io l’ho solamente seguito.”
L’ispettore quindi si voltò contro l’accusato e all’istante domandò:
“Kudo? Cosa…?”
“FERMO!!”
Si sentì gridare. Il piccolo gruppo si girò giusto in tempo per vedere come una volta spinto a terra il poliziotto incaricato di portarlo in macchina, Brandy correva verso la costruzione cadente alle loro spalle.
“BLOCCATELO!!” gridò Megure precipitandosi verso l’uomo, seguito a ruota da Shinichi ed Ishimaru.
Tuttavia, nessuno ebbe tempo di reagire: pochissimi istanti dopo che Yuri ebbe messo piede dentro quella scuola, essa, con un boato gigantesco, saltò in aria, alzando un polverone gigantesco.
“Oh mio Dio…” sussurrò Ishimaru, guardando esterrefatto quel terribile spettacolo.
“No…” fu invece il commento di Shinichi. “No no no…”
“Mh?” I due poliziotti non fecero in tempo a voltarsi interamente verso il giovane, che questi si era inginocchiato a terra, i pugni che battevano violentemente il terreno:
“MERDA, NON ANCORA! NO! NO!”

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: Bene bene…anzi, benone! Ecco qui spiegati tutti i misteri e i fatti un po’ scuri dei capitoli precedenti xD
Che ne dite? Piaciuta l’azione? ^-^ Mi raccomando, fatemi sapere numerosi…:D In realtà, nella scena finale, ero indecisa se far morire Brandy proprio per mano di Gin…ma ripesandoci, l’incendio è proprio nello stile dei Mib, come in fin dei conti abbiamo visto più volte nell’anime/manga. Spero di non avervi deluso!

Feferica :
Ciao!! Ecco svelato il mistero dell’automobile!!! xD
Hai ragione, Ran è decisamente sulla buona strada per capire tutto quanto ma…ehh, chissà!! Grazie mille per i complimenti e per seguire la mia fic ad ogni capitolo ^-^ E’ proprio grazie a questo che riesco ad andare avanti =D Un bacio grandissimo!

Nel prossimo capitolo si metteranno a posto un paio di cose, ma mi sento di parlare ugualmente di “scene d’azione”…Ishimaru vorrà pure scoprire qualcosa in più su tutta la faccenda, no? E Shinichi non farà forse di tutto per lasciarlo invece all’oscuro di tutto? ;D
Un bacione e al venticinquesimo capitolo!!

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 26
*** Poliziotto e Detective - Attacco e Contrattacco ***


Capitolo Venticinque

Poliziotto e Detective : Attacco e Contrattacco

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Non ci posso credere!” esclamò Sonoko Suzuki, in piedi di fronte all’ingresso della centrale di polizia nel distretto di Beika. Al suo fianco era la giovane Ran Mouri, il volto ancora pallido e le mani quasi tremanti.
Di fronte alle due ragazze si trovava invece Ishimaru: gli occhi accesi da un’ira crescente, le dita che non la smettevano di tormentare il bicchiere di plastica che teneva in mano.
“Ogni volta che succede qualcosa, rimani coinvolta anche tu…ricordi la sparatoria di Miss Jodie? *” proseguì la giovane ereditiera scuotendo a destra e sinistra la testa.
“Io non so chi sia questa Jodie e non mi interessa neppure saperlo!!” rispose Michiyo al posto di Mouri, il tono di voce alterato “Ma so bene che quel moccioso ha fatto rischiare la vita a Ran!!”
“Non dire così, Ishimaru…sono stata io a…” fece per replicare la ragazza, ma il poliziotto non era dell’umore giusto per ascoltare la frase intera:
“Smettila di difenderlo sempre, accidenti!” ringhiò, minaccioso.
“Ishimaru ha ragione, Ran…” concordò Sonoko, seppur con maggiore calma del ragazzo castano “Continua a giocartene di cotte e di crude e tu ancora ti fidi…come puoi?”
La figlia del detective Kogoro si apprestò a rispondere, ma quasi subito richiuse la bocca: era inutile spiegar loro quel che era successo, e sarebbe stato ingiusto nei confronti di Shinichi, che le aveva rigorosamente vietato di raccontare a qualcuno di quella notte. E poi, come poter descrivere a Sonoko e Ishimaru quegli occhi? Quelle iridi chiare in grado di trasmetterle una tale sensazione…sarebbe stato impossibile. Assolutamente impossibile.
Visto il silenzio calato tra loro e lo sguardo abbassato di Ran, la Suzuki prese di nuovo la parola: “Tuo padre dov’è, Ran?”
“Nella sala interrogatori.” Rispose di nuovo al suo posto l’agente di polizia.
“Abbiamo convocato quella specie di mocciosa che l’altra sera era con Kudo per farci rivelare qualcosa, ma pare abbia la bocca più cucita di quella del suo amichetto!” quindi bevve avidamente tutto il resto del caffè freddo rimasto all’interno del bicchiere ma non lo gettò nel cestino dei rifiuti una volta svuotato.
“Cosa volete sapere?” insistette la biondina, quindi il poliziotto si alterò:
“Qualsiasi cosa, maledizione! QUALSIASI!” scandì bene quell’aggettivo, mordendosi poi il labbro inferiore; quindi, ignorando le smorfie delle due amiche per quelle rispostacce, proseguì:
“Quel tipo …” mentre parlava volgeva lo sguardo in ogni dove, guardingo.
“…non me la racconta per nien…” i suoi occhi si posarono su un giovane che a passo spedito si dirigeva verso di loro…o forse verso l’uscita dietro di loro.
“…te” biascicò le ultime lettere, quindi si voltò completamente verso il ragazzo, come poi anche Sonoko e Ran.
Quest’ultima sussultò:-Shinichi!:
Il liceva detective indossava un paio di pantaloni di una tuta grigia macchiata qua e là da alcuni schizzi di vernice ed un giacchetto nero di piume che non si intonava per niente. Ai piedi delle scarpe nere troppo leggere visto che, datosi il casco che teneva in una mano, era venuto in moto. Evidentemente, il giovane era corso in centrale senza badare a cambiarsi d’abito.
Shinichi, tuttavia, non era solo; teneva saldamente con la mano libera il braccio della giovane Miyano, un paio di occhiali da sole e un cappellino di lana rosa che praticamente le celavano il volto per intero…precauzioni necessario dopo una serata con Brandy, ovviamente.
Nel momento in cui Michiyo comprese quel che era successo accartocciò il bicchiere di plastica, scagliando a terra con impeto:
“Mi assento un secondo e guarda cosa combinano quegli incapaci!!” non si trattenne, dimentico (?) che tra gli uomini nella sala interrogatori era presente anche il padre di Ran.
Kudo lo sentì, ma non disse nulla; senza salutare né mutare espressione del volto era arrivato a pochi metri di distanza dal piccolo gruppo e non accennava a volersi fermare.
“Dove vorresti andare, eh?!” si fece allora avanti Michiyo, ponendo le mani sui fianchi.
“Dove mi pare.” Gli ripose Kudo, continuando a camminare; il poliziotto si pose allora di fronte la porte della centrale, quindi il detective dovette arrestare la sua avanzata ma non lasciò il polso di Shiho.
“Bene, fallo. Ti abbiamo interrogato ieri e hai fatto scena muta, la tua presenza qui è inutile, come del tutto è ovunque…ma lei resta. Almeno fino a quando non butta fuori qualcosa.” Replicò, il tono di voce estremamente accusatorio.
“E con quale accusa la tratteresti qui? Hai mai sentito parlare di abuso di potere?”anche le parole di Kudo non erano leggere.
Ran lo osservò bene in volto e data la vicinanza potè notare anche il più piccolo dettaglio: i capelli erano arruffati e spettinati, mentre il volto insolitamente pallido era incorniciato da due occhiaie profonde e scure; sulla tempia destra e sulla guancia sinistra invece due lunghi ed evidenti graffi macchiavano di rosso quel bianco cadaverico. Shinichi era ridotto davvero malissimo, non si era assolutamente ripreso da quella notte violenta seppur fossero trascorsi ben due giorni.
”Senti…” esordì allora Shiho, facendo cenno di volersi liberare dalla sua stretta per tornare nella sala che aveva lasciato da poco.
“Sta’ zitta!” ribadì brusco Kudo, voltandosi con gli occhi in fiamme.
“Ammirevole da parte tua correre qui per trarre in salvo la tua amata…” lo canzonò Ishimaru, un sorriso beffardo sul volto “…ma avresti potuto perdere due secondi per conciarti meglio.” Lo squadrò da capo a piedi con atteggiamento fastidiosamente superiore. “Nessuno te l’avrebbe toccata.”
“Non sono qui per fare una sfilata di moda.” Tagliò corto il detective, tornando a rivolgere i suoi occhi fiammeggianti su di lui. “Sono soltanto venuto a vedere cosa ti eri inventato stavolta. Ieri avete parlato con me, non capisco cosa c’entri lei.”
Il modo in cui Shinichi difendeva la sua collega struggeva Ran, che tuttavia non poteva fare a meno di notare come fosse affascinante persino conciato in quella maniera trasandata e, oserei dire, deturpata. Forse perché gli donava un’aria da uomo vissuto…Si decise a spostare gli occhi sopra Miyano e notò come anche lei avesse il volto segnato dalla stanchezza…ma c’era anche qualcos’altro. Il suo comportamento non era schietto e diretto come al solito, l’aveva notato sin dalla mattina presto, quando era arrivata: teneva gli occhi bassi e sussultava per qualsiasi lieve rumore. Se non l’avesse ritenuto impossibile, avrebbe sicuramente pensato che l’amica di Shinichi viveva nella paura…non poteva certo immaginare che nella sua mente era stampata l’immagine di un uomo dal sorriso sadico e i lunghi capelli biondi.
Il punto era sommariamente questo: il giorno dopo quel terribile incendio, Ishimaru aveva ovviamente fatto rapporto all’ispettore Megure. Entrambi erano rimasti molto sorpresi della smodata reazione di Kudo di fronte all’edificio ingoiato dalle fiamme ed avevano quindi deciso di andare a fondo della questione; ovviamente Megure l’aveva fatto a malincuore, Ishimaru invece molto volentieri. Dato che Shinichi aveva rifiutato di recarsi in ospedale- come anche Shiho- per ovvie ragione che non sto qui ad elencare, era stato convocato immediatamente in centrale, ma non avevo pronunciato parola; per disperazione, alla fine, l’avevano mandato a casa, ma Michiyo aveva ben pensato di convocare “l’amichetta del moccioso” con l’intenzione di metterla sotto torchio e farla parlare. Ovviamente Shiho era ancor più silenziosa di Shinichi, ma l’agente di polizia era intenzionato a non mollare: aveva interrotto l’interrogatorio per prendersi un caffè, fare una piccola pausa e tornare dentro la sala fin quando la scienziata non avesse parlato; ovvio che, saputo della convocazione da Agasa, il detective era corso alla centrale, fatta irruzione nella sala interrogatori e portata via Shiho…o almeno, aveva tentato di portare Shiho via di lì.
“Peccato che tu ieri non abbia detto nulla!” replicò Michiyo, sporgendosi minaccioso verso il liceale che però rimase impassibile:
“Perché non c’è nulla da dire.”
“Frottole! Dovresti avere soltanto l’imbarazzo della scelta…tu e questa tua amica tramate qualcosa!! Qualcosa di grosso!!” testardo fino a divenire ripetitivo, Michiyo non si smuoveva di un millimetro dalla sua posizione.
“Tu non sei nessuno per dire questo, poliziotto. Qui dentro l’ispettore è Megure, non sei tu ed è quindi compito suo stabilire ogni cosa. L’avevo avvisato: quando mi ha offerto di collaborare al caso del serial-killer gli avevo detto chiaramente che mi stavo occupando anche di un’indagine top-secret e lui mi aveva assicurato che non c’erano problemi. Non vedo quindi, perché continuare a perdere tempo con me e Miyano…”
“Questa frase l’hai pronunciata già ieri, detective!” rispose al suo appellativo “Anzi, è l’unica cosa che hai detto. Tu stai tranquillo perché ti basi sull’opinione che Megure aveva in passato di te…sarai stato bravo, non lo metto in dubbio, più o meno…” aggiunse, repentino “…ma ora le cose sono cambiate. Io non mi farò imbrogliare da te, anche se non sono un ispettore.”
Durante la lite tra i due ragazzi, Sonoko e Ran erano rimasta imbambolate, prese dalle loro incessanti botte e risposte, mentre alcuni agenti di polizia si erano affacciati dagli uffici al primo piano per il baccano che proveniva dal corridoio.
“In passato…” ripetè Shinichi, permettendo a un sorriso beffardo di restituire al volto parte dell’antica luce.
Ran ebbe un brivido.
“E’ questo che ti da fastidio.”
Michiyo corrugò la fronte in segno di una muta domanda.
“Il tuo senso di giustizia non è così profondo.” Rise Kudo, un sopracciglio più alto e uno più basso “Se non fossi io non avresti reagito in questo modo.”
Shiho assottigliò gli occhi.
“Non ti seguo.” Fu l’immediata risposta dell’agente, che aveva però capito dove il suo avversario volesse andare a parare…
“Mi segui benissimo, invece. Suppongo tu ti sia documentato su di me…il tuo atteggiamento nei mie confronti è stato prevenuto sin dal principio, credi non me ne sia accorto?”
A quel punto, anche Ran e Sonoko capirono: si riferiva alla gelosia di Ishimaru! In passato le voci su Shinichi e la karateka erano così tante…!
“Ma non importa. Puoi prendermi di mira quanto vuoi, non mi spaventi.” Proseguì implacabile, il tono di voce che riusciva comunque a mantenersi quasi calmo. La sua era una calma che faceva passare i brividi per la schiena. “Ma provoca me, me e soltanto me. Con i tuoi stupidi ormoni, Miyano non c’entra.”
Michiyo non ci vide più dalla rabbia: con un movimento felino, afferrò Shinichi per il colletto della giacca prendendolo tanto alla sprovvista da fargli perdere la presa sia sul braccio della dottoressa, non stranamente silenziosa, sia sul casco, che cadde a terra con un tonfo sordo.
“Credi che avresti avuto speranze??!!” tuonò, agitandolo per il collo e riferendosi ovviamente ai sentimenti della ragazza accanto a loro che, a differenza delle altre due, fece per avvicinarsi ai due litiganti, ma lo scorrere degli aventi la bloccò.
“La ginocchiata dell’agriturismo non ti è bastata, poliziotto?! Ne vuoi ancora??!” stavolta la voce del liceale- detective era incrinata per l’ira e lo sdegno.
-Ginocchiata?!- si chiesero contemporaneamente Sonoko e Ran, strabuzzando gli occhi.
La reazione del poliziotto fu decisamente eloquente: arrestò i movimenti di colpo, cosicché Kudo potè liberarsi della sua stretta e risistemarsi il giacchetto.
“Non sfidarmi, Michiyo. Non è divertente giocare con me.” Il suo tono era di nuovo spaventosamente tranquillo.
“E’ una minaccia??” Michiyo lo afferrò per le spalle, visto che stava già riavviandosi verso la porta.
I due si squadrarono per attimi lunghe come ore:
“No, è una promessa.”
La sua attenzione fu poi attirato da due mani tremanti che gli offrivano il casco raccolto da terra: Shinichi alzò gli occhi per vedere Ran con un sorriso gentile.
“Smettila di fargli favori, PORCA PUTTANA!!” ringhiò allora il poliziotto, strappandole l’oggetto di mano.
“Ringraziala, invece.” Kudo si riprese ciò che era suo, per poi calzarlo “Sta cercando di non farti spaccare la faccia.” Era vero: Ran voleva interrompere quella specie di rissa, anche se non era di certo preoccupata per Ishimaru, bensì per Shinichi: il volto era talmente pallido che temeva perdesse le forze da un momento all’altro.
“MICHIYO!” tuonò un vocione dal primo piano: il piccolo gruppo alzò la testa e mentre si accorgeva che parlare-urlare- era stato Megure, tutte le porte degli uffici si chiusero con forza per celare gli agenti impiccioni.
“Nel mio ufficio, subito!!” tuonò l’omone, alle cui spalle apparve Kogoro con le sopracciglia aggrottate.
“Mi aveva dato il permesso di andare via. Non stavo certo scappando.” Rivelò soltanto allora la verità il giovane detective, allacciando il casco nero come la notte.
“Andiamo, muoviti.” Si rivolse poi a Miyano che, silenziosamente, ubbidì.
Mentre riprendeva a camminare, Kudo notò lo sguardo assottigliato nonché seccato di Suzuki, che con il corpo quasi gli impediva il passaggio.
“Sparli tanto di me, ma il sostituto che hai trovato non tratta la tua amica tanto meglio…” borbottò, ma tutti lo udirono.
Le due vittime dell’aptx 4869 oltrepassarono quindi la soglia della porta seguiti dallo sguardo seccato di Sonoko, preoccupato di Ran e furioso di Ishimaru.

§§§

“Ti sembra il caso di dare spettacolo in mezzo al corridoio?” domandò retoricamente l’uomo non appena il poliziotto ebbe chiuso la porta alle sue spalle. All’interno della stanza, oltre loro due, erano presenti Kogoro e l’ispettore Shiratori, seri, fissi, immobili.
“Avevo consentito io alla ragazza di lasciare la centrale.” Aggiunse, facendosi il giro della scrivania.
“Chiedo scusa ma…per quale ragione l’ha lasciata andare?” chiese Michiyo, forse un po’ troppo sfrontatamente. “Credo che questo non ti riguardi.” Fu la risposta concitata di Megure, in piedi di fronte alla poltrona nera. Quindi si sedette, poggiando i gomiti sulla scrivania di legno chiaro.
“Il fatto è che…” Ishimaru non voleva tacere, ma neppure Megure: “Credo che questo non ti riguardi” scandì lentamente, alzando gli occhi per fissarlo in volto nel vano tentativo di intimorirlo.
Il poliziotto però non abbasso il capo; tuttavia, chiuse la bocca.
“Bene, va’ pure ora.” Lo congedò Yuzo, allentandosi leggermente il nodo della cravatta: quella situazione era così strana! Uno dei suoi migliori collaboratori- che con il tempo era anche divenuto una specie di amico- prendeva parte a chissà quale inchiesta oscura e gli chiedeva di fidarsi di lui, assicurando di non poter rivelare nulla ma spergiurando di non aver fatto nulla di male.
“Lei si fida troppo di Kudo.” Tagliò corto Ishimaru, rimanendo in piedi sull’attenti di fronte al suo superiore, che immediatamente puntò per la seconda volta i suoi occhi su di lui; allo stesso tempo, anche Kogoro e Shiratori lo fissarono interdetti.
-Che faccia tosta!...- commentò tra sé e sé l’ammiratore dell’agente Sato, sospirando rumorosamente.
“Michiyo…” iniziò l’ispettore, ma il castano prese nuovamente parola:
“So bene che in passato” al ricordo di come poco prima quella parola era stato usata dal detective si lasciò andare una smorfia “Kudo le è stato molto di aiuto con alcuni casi, ma le persone cambiano. Quante volte durante le indagini l’abbiamo toccato con mano, che il tempo muta gli uomini? E da quando Kudo viveva qui, a quanto ne so, ne è passata di acqua sotto ai ponti…”
“Effettivamente è…è vero…” subito si intromise il detective maturo, rimediandosi un’occhiataccia dall’uomo paffuto:
“Non mettertici anche tu, Mori, per favore…”
“Ispettore, non sto scherzando. L’altra sera, se io non l’avessi seguito, lui ci avrebbe tenuto all’oscuro di tutto. E poi, quando lei è arrivato, ha chiamato Sakata «Brandy», evidentemente un nome in codice. C’è qualcosa che lui sa e che non vuole confessarci…c’è qualcosa in cui è coinvolto che non vuole trapeli…il nostro compito è quello di scoprire cosa celano questi qualcosa. Non è forse d’accordo con me?” il discorso di Michiyo era stato rapido, incessante e purtroppo abbastanza convincente.
“Cosa vorresti fare?” sospirò infatti Megure, il tono della voce più calmo.
“Indagare.” Sorrise beffardo il poliziotto, quindi si intromise anche Shiratori:
“E come?”
Il sorriso del castano si allargò a dismisura.

§§§

“Oh, Shiho! Meno male!” la accolse in casa il dottore, scortandola personalmente verso il divano nel salone. “Vieni vieni, siediti qui…”
“Non sono moribonda, professore. Sono solo tornato da un interrogatorio…” rispose lei, non volendo dare a vedere che in fin dei conti quelle attenzioni le facevano piacere. Ed anche l’arrivo di Kudo nella sala degli interrogatori non le era per nulla dispiaciuto: ma non certo perché il detective, con un paio di frasi rivolte all’ispettore, era riuscito a portarla via…
“…inutile e pericoloso.” Aggiunse Shinichi, chiudendo la porta d’ingresso della residenza Agasa per poi poggiare a terra il casco nero.
“Stai bene, Shinichi? Sei così pallido…” l’uomo ,dopo essersi assicurato che la scienziata rimanesse seduta, andò incontro al suo giovane vicino di casa.
“Non capisco cosa voglia quello lì…cosa diavolo cerchi!” ignorò completamente quella domanda, concentrandosi su un argomento che lui riteneva molto più importante della sua salute.
“Si sarà insospettito…” gli rispose Miyano, incrociando le braccia sul petto.
“E’ riuscito ad intromettersi persino in questa faccenda…” borbottò il liceale, passando una mano tra i capelli.
“Non potresti…ehm, la mia è sola un’ipotesi…” si fece coraggio Agasa, grattandosi una guancia con l’indice “…chiedere l’aiuto della polizia per rintracciare Gin e Vodka?”
“Le ha dato di volta il cervello?!” replicò Shiho, voltando il capo nella sua direzione così rapidamente che i capelli le ondeggiarono intorno alla testa.
“Brandy è morto in quell’esplosione, quindi sarebbe comunque inutile provare soltanto a rintracciarlo.” Spiegò più placidamente della ragazza il detective, avviandosi verso uno sgabello vicino al tavolo rotondo dove era poggiato il computer.
“Non ci serve di sapere la sua identità, abbiamo già abbastanza dati su di lui…” proseguì ironicamente, sedendosi a gambe aperte.
“Ed anche lui si di noi…” di nuovo una glaciale affermazione da parte della biondina, che fece rabbrividire l’uomo.
“Credete che gli altri membri dell’Organizzazione siano già sulle vostre tracce?”
“Chi può dirlo?” Shiho afferrò una rivista dal cesto in legno a lato del divano, quindi si finse interessata agli articoli al suo interno.
“Ne dubito.” Affermò invece Shinichi, meravigliando entrambi.
“Brandy avrebbe dovuto parlargliene prima dell’incidente alla scuola, mi pare ovvio. E sono passati ormai due giorni da allora…se davvero Gin fosse stato al corrente della nostra vera identità, ci avrebbe già uccisi o in qualche modo avvertiti. Suppongo che Sakata avesse in mente di consegnarci a lui e soltanto in un secondo momento rivelargli la verità…”
“Questa è una buona cosa, no?” il dottor Agasa era ancora in piedi al centro della stanza, tra divano e sgabello.
“Ciò non toglie che bisogna fare attenzione. Al momento, chiunque ci conosca soltanto di vista sta rischiando la vita…” l’ammonì subito Miyano, cercando di frenare gli entusiasmi.
“E’ per questo che ti ho portato via dalla centrale.” Shinichi pareva avere un quadro ben chiaro della situazione in testa.
“Comunque, non è il caso di preoccuparsi. Controllerò di persona che non accada niente…” assicurò Kudo, sorridendo energico.
“…oh oh, adesso sì che sono tranquilla…” il commento sarcastico di Shiho fu completamente ignorato.
“…tanto avrò sicuramente un sacco di tempo libero. A momenti l’ispettore mi telefonerà per comunicarmi che sono esonerato dalle indagini, mi sembra il minimo con tutto quello che è successo…”

§§§

“Pedinare Kudo?” chiesero all’unisono Megure, Shiratori e Kogoro allungando il collo verso Michiyo, che annuì.
“Se gli mettiamo qualcuno dietro, non sarà difficile scoprire qualcosa in più di quanto ci ha detto…”
“Considerando poi che non ha detto nulla…” aggiunse a mezza bocca il detective, portando una mano attorno al mento.
“Credi non se ne accorgerà?” domandò allora Shiratori, al che Michiyo rispose:
“No, se noi gli permettiamo di partecipare ancora alle indagini. Io farò finta di non essere accordo, mentre l’ispettore prenderà le sue parti e fingerà di fidarsi di lui…forse potrà insospettirsi, ma sicuramente non capirà nulla.”
“Potrebbe funzionare…” ammise Shiratori e il padre di Ran annuì concorde; a quel punto non restava che convincere…
“Lei cosa ne pensa, ispettore?”
L’omone era rimasto in ascolto per tutto il tempo, tuttavia era molto indeciso sul da farsi: il liceale detective era stato un valido aiuto nei mesi passati, ma il presente sicuramente era ben diverso in quel momento…
“E va bene, facciamolo” acconsentì, a malincuore “Ma per favore, io preferisco dimenticare di star diffidando di uno dei ragazzi più abili sulla piazza: controlla tu ogni movimento, Michiyo. Ti affido l’operazione.”
“Agli ordini” il poliziotto scattò sull’attenti, gli occhi infiammati dalla consapevolezza di una nuova rivalsa.
La sua vendetta stava per compiersi.

§§§

Il sole stava lottando contro alcune nubi minacciose per dar luce a una giornata che agli occhi di numerose persone era invece estremamente buia: nell’agenzia investigativa Mouri regnava una tranquillità effimera. Kogoro era teso come una corda di violino, le mani reggevano il giornale aperto di fronte al suo volto quasi tanto forte da tremare convulsamente, mentre più gocce di sudore gli imperlavano la fronte: temeva di mandar a monte il meraviglioso piano di Michiyo. Il punto essenziale era che quel moccioso detective non gli aveva mai ispirato fiducia, tanto meno quando aveva abbandonato la città soltanto per ritornare sporadiche volte giocando al detective, quindi ricomparire in un mondo praticamente tutto suo: nessuno sembrava sapere nulla di lui. Non che la sua assenza avesse importanza! Ma la sua Ran ci badava eccome a quella villa dal cancello impolverato…
La ragazza in questione era seduta in modo composto sul divanetto di pelle marrone, gli occhi puntati sul libro di inglese poggiato sul tavolinetto di legno.
“Wooold you like…*” stava leggendo.
“No no! WUld you like!” la corresse Richard, seduto di fronte a lei.
“Wuold you like?” si intromise la Suzuki, che a differenza dell’amica era accovacciata sulla poltrona senza il minimo ritegno.
“Wu, wu! Non wou, non woo…wu !" insistette il ragazzo, poggiandosi i gomiti sulle ginocchia.
“Avete finito???” ruggì Kogoro, esausto. Ma perché quei ragazzini dovevano studiare inglese proprio lì?
“Papà! Ti ho già detto che il pavimento in casa è bagnato, fin quando non si asciuga dobbiamo rimanere qui…e avevi detto non c’erano probl…”
Il suono del campanello la interruppe, e tutti i presenti si voltarono in direzione dell’ingresso, scorgendo una sagoma attraverso il vetro della porta. Ran quindi si alzò e prima di afferrare la maniglia lanciò un’occhiata al padre: aveva posato il giornale sulla scrivania scura e stava quindi allentandosi il nodo della cravatta, come a disagio.
Fece catturare la serratura della porta, e mentre essa si apriva con un cigolio insolito Ran accolse il presunto cliente:
“Buongiorn…”
Il fiato le morì in gola quando le sue labbra si ritrovarono a una distanza minima da un paio screpolate e mal ridotte; i suoi occhi si specchiarono nel profondo mare d’un azzurro cristallino per pochi istanti.
“Tu!!” parlò Sonoko al suo posto, scattando in piedi e additandolo come fosse una creatura extraterrestre “Cos’altro vuoi?”
“Ehm…” per un istante il suo autocontrollo venne meno; fortunatamente però, dopo un bel respiro, Shinichi riuscì a raccogliere parte della sua faccia tosta.
“L’ispettore Megure mi aveva detto che Mouri aveva qualcosa da dirmi, ma credevo voi non foste in casa.” Disse la verità.
Sonoko fece per aprire nuovamente la bocca, ma il detective più maturo fu pi veloce:
“Sì, infatti. Ti spiegherò la faccenda in un attimo, non c’è neanche bisogno che mia figlia chiuda la porta.”
Sottolineò l’appellativo rivolto alla ragazza tanto da fargli passare un brivido sulla schiena.
-Per l’amore del cielo, Kogoro! Ero sicuro Ran avesse gli allenamenti di karate a quest’ora…- quindi guardò incosciamente l’orologio da polso, al che Richard:
“It’s half past six.”
Kudo sembrò accorgersi soltanto allora di lui; abbozzò un sorriso – quasi impacciato- prima di rispondere:
“Thanks”
Furono istanti di ghiaccio; tutti tranne Sonoko sembravano percepire una sensazione sgradevole nell’aria, la possibilità di, come recita un famoso proverbio, tagliarla con un coltello.
“Bene, ascoltami.” Mouri interruppe quel momento quasi imbarazzante, attirando su di sé l’attenzione di ognuno.
“L’ispettore ti ha fatto venire qui perché in centrale c’è un po’ di confusione, come puoi immaginare. Michiyo non è tanto propenso a…”
“Sì, lo immagino.” Shinichi scosse la testa, le mani che tenevano la cartella scolastica. Probabilmente non era ancora passato da casa sua. Solo allora Ran, che ancora si trovava di fronte a lui, l’osservò attentamente: indosso ancora i pantaloni della divisa del liceo Teitan, il volto non era meno affaticato di quanto non lo fosse il giorno precedente. Il suo ex amico d’infanzia si teneva in piedi soltanto grazie ad una fatica dello spirito, questo era ben ovvio.
“A questo proposito…” iniziò, estraendo dalla cartella marrone alcuni fogli un po’ stropicciati “Vi ho riportato i fascicoli del serial…”
“Appunto per questo Megure ti ha mandato qui. Io non sono assolutamente d’accordo ma… come si dice…, ambasciator non porta pena…il fatto è che, beh…” il suo talento recitativo non era alto, povero Kogoro.
“Uff insomma, l’ispettore si fida molto di te, lo sai. Vorrebbe che continuassi ad occuparti con noi dell’indagine…”
“Cosa?” si fece sfuggire in un soffio sorpreso il ragazzo.
“Solo che la tua traccia a questo punto è nulla e bisognerà trovarne un’altra. …Non…non è bello brancolare nel buio.” Impacciato, l’omone cercava di convincerlo come programmato in centrale il giorno prima.
“Ecco, prenditi questi nuovo fascicoli e poi va’ via.” Questo lo disse però col cuore; la sua bambina continuava a fissarlo tristemente…
“Quali fascicoli?” domandò, sempre di più colto alla sprovvista.
“Sono delle ricerche nuove: Megure ha ordinato di trovare tutti gli uomini che Sakata…” e gli lanciò uno sguardo che gli fece trattenere il respiro “ frequentava ultimamente. Dacci un’occhiata e poi restituiscili.” Quindi aprì il primo cassetto della scrivania ma i suoi movimenti erano così goffi che tutti gli altri oggetti contenuti al suo interno caddero rovinosamente a terra.
“Prego, entra…” sussurrò a bassa voce Ran, facendosi un po’ da parte per permettergli di passare e prendere in mano quei fogli ammucchiati.
Lui non rispose nulla, soltanto avanzò a piccoli passi verso il detective con i baffi scuri; quindi la ragazza con un silenzioso sospiro, si mise sulle ginocchia per raccogliere una bottiglia di birra che, rotolando, era finita sino ai suoi piedi.
“Grazie” disse all’uomo, notando con stupore la sua mano quasi tremante; per scrutarlo attentamente negli occhi ebbe solo una frazione di secondo, ma probabilmente gli fu sufficiente.
Tornando sui suoi passi non riuscì a resistere ed, inchinandosi, raccolse il tappo della piccola bottiglia di vetro. Quindi lo consegnò a Ran, fissando anche lei, che deglutì.

§§§

“C’è cascato allora?!” Michiyo esultò trionfante, al settimo cielo, privo di ogni controllo.
“Beh, non lo so…suppongo di sì…” la voce di Kogoro risuonò incerta attraverso la cornetta telefonica.
“Avremo immediatamente modo di confutarlo. Quando Kudo leggerà i nomi e gli indirizzi di tutte le persone più vicine a …Brandy, tsk…” recitò a pappagallo l’epiteto con cui il detective si era riferito al corvo “sicuramente andrà da loro per indagare e noi lo seguiremo! Ahah, che idea geniale ho avuto…”
“Ma nel caso se ne accorgesse?” tentennò il detective, insicuro.
“Oh, non preoccuparti. L’importante è che nessuno sappia nulla…”
“Ah no no certo, questo no…”
“Mi raccomando, Kogoro.” Aggiunse serio Ishimaru, stringendo maggiormente l’apparecchio telefonico.
“Non dire nulla neppure a tua figlia.”

§§§

“Eppure qualcosa non mi quadra in questa faccenda…” nello stesso momento in cui suo padre e il suo spasimante si prefiggevano di non rivelarle assolutamente niente, lei esponeva i suoi dubbi a quel ragazzo che in poco tempo era divenuto il suo migliore amico.
“Ti riferisci a Shinichi? Beh, effettivamente con quel tappo…” ragionò ad alta voce Richard portandosi una mano intorno al mento, tuttavia la liceale lo bloccò rossa in volto:
“No, non intendevo quello…” non si sforzò di celare un lieve sorriso “ma la storia dell’indagine, dei fascicoli…mio padre non mi aveva avvisata di nulla…”
“Forse se ne era dimenticato…” ipotizzò Sin Vey, scrollando leggermente le spalle.
“Ne dubito...”
Raramente Ran assumeva un atteggiamento tanto sospettoso.
“Voglio andare a fondo di questa storia.”
“Vale molto per te, vero?” il britannico si posizionò a due centimentri di distanza da lei, le mani sui fianchi ma il sorriso giocoso dipinto sulle labbra.
“Ovvio! Non capisco perché tenermi nascosto una cosa del genere!” rispose Ran, una dolce espressione di rimando.
“Non mi riferivo a questo…” ridacchiò Richard, scrutandola attentamente. I due ragazzi si fissarono per parecchi secondi, mentre la distanza tra loro si accorciava.
“Richard, cosa…?” sussurrò lei, ma lui non la udì:
“Parlavo di Shinichi. Ci tieni molto a lui?”
Un brivido le attraversò la schiena, però non fu per la domanda: si era già confidata tante volte con lui, che una in più non avrebbe fatto poi una colossale differenza e d’altronde quel ragazzo aveva la sua piena fiducia. Il punto era un altro: nel porre quella domanda, Sin Vey aveva messo un’energia tale che la luce della curiosità quasi morbosa si riflesse nei suoi occhi. Ma presto quell’ombra svanì proprio come era venuta e i suoi occhi tornarono quelle innocenti e gentili di sempre.
“Beh…” non seppe cosa rispondere, da principio. Ma l’insistenza di Richard la convinse a farlo:
“Sì. Tengo molto a lui. Ci conosciamo da quando eravamo bambini…sono stata così in pensiero per lui in tutti questi mesi! Telefonate sfuggenti, parole incomprensibili…e quando finalmente torna, tutto questo. Non riesco a venirne a capo…mi manca così tanto…”
Il giovane aprì la bocca in procinto di replicare, ma sentì un lieve: “Inoltre…”
“Then??”
Ran sospirò.
“Inoltre, sono sicura che anche lui tiene a me. Sono certa che ci sia qualche motivo più profondo dell’apparenza che lo spinge a comportarsi in questo modo…il problema è che non riesco a capire quale. Ti ho raccontato no, di quella notte? Beh, non gli ho effettivamente chiesto se dipendesse dalla sua collega, da Shiho… …”
Il volto inclinato verso terra, il suo tono di voce rappresentava il suo stato d’animo estremamente turbato.
“L’apparenza inganna. Devo dirtelo io? Sei la figlia di un investigatore, Ran. Forse sarebbe il caso che andassi davvero a fondo della questione…”

§§§

Il vento gli carezzava dolcemente le guance nonostante fosse già pomeriggio inoltrato. Il cielo era ancor più nuvoloso di quanto non lo fosse stato nel mattino, ma a lui non importava: in fin dei conti, neppure nel suo animo regnava bel tempo.
Il liceale detective noto come Shinichi Kudo, spinto dall’ebrezza del momento, della moto, il cui motore tuonò prima di aumentare la velocità.
Nella mente aveva un sacco di immagini, di suoni, di eventi…perché? Perché ogni volta che arrivava a un punto di stacco di nuovo, da un momento all’altro, si ritrovava a terra? Per quale ragione non riusciva a smuoversi da quella situazione? E poi, troppe coincidenze strane, troppi assurdi inconvenienti…nulla andava come avrebbe dovuto: non solo Ran e Miyano quella notte l’avevano seguito, rischiando così la loro stessa vita e vanificando tutti i sacrifici fatti, ma con loro era andato anche Michiyo! Quel poliziotto non gli dava che filo da torcere! Ed a proposito di questo, il permesso concessogli dall’ispettore Megure non lo convinceva affatto; non aveva motivo di permettergli ancora di partecipare a quell’inchiesta top secret dopo che lui aveva mantenuto tale quella definita “sua”. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco che Michiyo aveva organizzato qualcosa, e seppur avesse una piccola idea riguardo un possibile piano ordito a suo danno non ne era del tutto sicuro e di conseguenza non gli sarebbe stato possibile contrattaccare.
Scattato il semaforo, la moto si diresse verso destra, proprio in direzione di Haido-Choo. Era lì, infatti, che risiedeva uno dei più stretti collaboratori di Sakata, o perlomeno questo recitava un foglio parte di quel famoso fascicolo che Kogoro gli aveva consegnato.
-Sono sicuro che recandomi lì…-
“Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!” continuava a ripetere il poliziotto definito dai giornali «luce della polizia nipponica», completamente esaltato. Nella piccola vettura presa apposta per non dare nell’occhio, Michiyo non aveva fatto altro che seguire la moto di Kudo, ovviamente tenendosi sempre a debita distanza perché lui non lo notasse.
“Sta andando da quel collega di Sakata, ne sono sicuro…ahah, che babbeo! E pensare che tutti in centrale lo definivano un asso! Ma quando? Ma come?? Questo qui è solo un cretino!!” era così stramaledettamente lieto di starlo a mettere nel sacco che parlava da solo a tutta voce.
La moto rallentò, probabilmente perché il quartiere in cui si trovava era più affollato di quello che si era appena lasciato alle spalle.
Quindi Ishimaru fece lo stesso, schiacciando leggermente il pedale del freno:
“Di questo passo scoprirò la verità su quella notte nel giro di un paio di giorni!!”
La moto di Shinichi superò un incrocio, inserendosi poi in una rotatoria; la freccia segnalava che il ragazzo intendeva andare a destra.
“Proprio a casa di quell’uomo, la strada è esattamente questa!!” il poliziotto ghignò, ignaro che il detective, dopo aver consultato lo specchietto retrovisore, stava facendo lo stesso.
Fu un attimo: Kudo fece per andare verso destra, ma proprio quando anche Michiyo si era immesso nella corsia corrispondente cambiò bruscamente direzione, svoltando a sinistra.
Più macchine suonarono con forza il clacson, segnalando la loro indignazione; ma essa non era certamente pari a quella di Ishimaru che, frenando con violenza si ritrovò fermo in mezzo alla strada.
“Bastardo d’un detective!!” inveì contro di lui, battendo un pugno sul volante.
-Ero sicuro che recandomi lì avrei scoperto anche se effettivamente Michiyo aveva in mente qualcosa….- terminò la sua precedente riflessione il giovane detective, un sorriso che finalmente illuminava il suo animo nuvoloso –Lo stesso trucchetto con me non funziona due volte…mi hai pedinato l’altra sera, non lo farai anche oggi. Non lo farai mai più.-

^***^ ^***^ ^***^

Ti piacerebbe… (I tre ragazzi stanno facendo esercizi di lettura inglese)

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:

Salve a tutti!!
Ecco qui il seguito della serata con i cari Mib…inutile spiegare come quei punti che non sono stati del tutto spiegati in questo capitolo, diverranno più comprensibili in quelli a venire… A questo punto, tuttavia, vi devo salutare: parto per un pò di (meritato!!! XD) riposo, e non credo tornerò a giorni...XP Spero comunque che continuerete a leggere la storia e soprattutto a recensirla XD Conto di scrivere parecchi capitoli in questi giorni, così saranno belli pronti da postare quando tornerò...=D
Mi dedico ora a coloro che, con mio IMMENSO PIACERE, continuano a commentare già da un bel po’:

Feferica :
Saaaalve! =D Rieccoci qui! ^-^
Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento !! Ran continua a comportarsi teneramente con Shin, che, dal canto suo invece, inizia a dar segni di cedimento…e poi poverino lo vogliono pedinare =( Dimmi cosa ne pensi di questo colpo di scena! xD Un bacione e a presto!! :***

Roe :
Hello! ^^
Mhm…aspetta, fammi capire: cosa intendevi per «Shinichi torna Conan così, lì davanti a tutti???» ? Né Ran né Ishimaru hanno sentito nulla riguardo questa vicenda, poiché sono arrivati dopo che Brandy/Sakata ne aveva parlato…e per il momento l’apotoxina non sta perdendo gli effetti, visto che ho intenzione di lasciare i Detective Boys in campeggio ancora per un po’ xP
Spero ti sia piaciuto il modo in cui le due ragazze si comportano anche in questo capitolo…ho cercato di rendere al meglio i sentimenti e soprattutto i timori di Shiho dopo un incontro ravvicinato di questo tipo con un uomo dell’organizzazione! Mi raccomando, fammi sapere!! :P Al prossimo capitolo =)

_Irene_Adler_:
Ciao!!
(Toglimi una curiosità, sei la stessa Irene del DCF? @.@)
Mi fa davvero piacere ti siano piaciuti i capitoli ^-^ Mhm, non si capisce chi parla? Intendi forse quando magari faccio iniziare una frase, descrivo i movimenti del personaggio, e poi la termino? (Es. "Ma chi" disse Pinco Pallino [XD], mordendosi un labbro "può essere stato?") In questo caso è sempre lo stesso personaggio che ha cominciato la frase a parlare! Comunque ora che me lo hai fatto notare, farò più attenzione ai dialoghi ;)
Eh sì, sei riuscita ad inquadrare subito il tipo xD Non sono troppo ( per niente ^^") veloce XDD
Un bacione e grazie per la recensione =D

Bene, questo è quanto.
Vi auguro delle bellissime vacanze ed un'estate piena di avventure ;D Speriamo non pericolose come quelle che mi sto dilettando a narrare XD Un bacione immenso a tutti voi, ma specialmente ai recensori eheh XD Bye bye

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 27
*** La Sesta Vittima ***


Capitolo Ventisei

La Sesta Vittima

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Non posso crederci, la sesta vittima!!”
Ishimaru battè con forza la mano contro il marmo della panchina tanto graffiarsi l’intero palmo serrato.
“La sesta!!” ruggì, digrignando i denti.
“Michiyo.” Lo riprese Megure, uno sguardo molto eloquente “Mantieni contegno.”
Il poliziotto non rispose nulla, ma riportò le braccia ai lati della divisa blu scuro.
“Voi due, tutto a posto?” l’ispettore si rivolse a Ran e Richard, che annuirono. Questi ultimi infatti, mentre passeggiavano nel parco di Haido-Choo parlando della misteriosa faccenda riguardante Shinichi, aveva trovato dietro una panchina di marmo bianco un cadavere; il corpo senza vita era stato trafitto da un pugnale, che naturalmente traforava anche un portafoglio di pelle marrone.
Il rinvenimento della sesta vittima, Akashi Miriyo, aveva quindi impedito a Ran di replicare allo strano consiglio di Richard, interrompendo sul più bello la loro conversazione.
“Cosa ci facevi con questo qui??” si intromise allora Michiyo, portandosi velocemente di fronte alla ragazza. “Stavamo…”
“We were havin’ a walk.*” rispose il britannico, muovendo un passo in direzione del poliziotto. “Just a walk.”
Precisò, scrutandolo negli occhi tanto attentamente da dare l’impressione che stesse cercando di leggere il suo animo.
“Da soli?” insistette Ishimaru, il volto truce.
“Smettila, Ishimaru.” Sentenziò Ran, seriamente. “Non mi pare il momento adatto a questo.” Asserì, ma il poliziotto sbottò furioso:
“Per te non è MAI il momento adatto a questo…” quindi l’afferrò per le spalle, scrollandola con forza.
“I dunno your habits, but I suppose you should be kinder with a lady.*” Sin Vey si frappose tra i loro due corpi, suscitando nella forza di polizia una grande rabbia; fece per replicare, ignorando volutamente l’espressione sorpresa dipinta sul volto di Ran, quando la voce dell’agente Takagi lo fece voltare istantaneamente:
“Ecco il detective Kudo!!”
Ciascuno porse attenzione al ragazzo che, agilmente, scendeva dalla moto e mentre si slacciava il casco nero muoveva passi verso il cadavere. O meglio, verso Megure, che si trovava vicino al cadavere.
“Chi l’ha chiamato?” chiese quest’ultimo, ancora titubante riguardo il piano del suo miglior sottoposto.
“Ho provveduto perché fosse chiamato.” Michiyo rimase sul vago ma, così preso dal vantarsi della sua geniale idea, non si ravvide che anche Ran e Richard erano presenti.
“Hai provveduto…tu…?” balbettò la giovane, ma il suo compagno di classe la zittì con un cenno del capo.
-Cosa…?- si domandò lei, tuttavia tacque.
“Che faccia tosta…” aggiunse quindi il poliziotto castano, puntando gli occhi su di lui.
“A cosa ti riferisci?” gli chiese Takagi, incapace di tacere “Mi pare stia soltanto venendo qui!”
“Appunto.” Replicò Ishimaru, lanciandogli uno sguardo torvo. “E se vuoi poter continuare a dire lo stesso di Sato, smetti di prendere le sue difese.”
Wataru non rispose, ma a Megure il tono insolente di Michiyo non era piaciuto: fece per aprire bocca, ma visto che il liceale-detective era già lì chiamò ad alta voce anche Kogoro, perché li raggiungesse; l’omone infatti, raggiunta immediatamente la figlia, aveva deciso di ispezionare i dintorni del luogo del ritrovamento per scoprire qualcosa in più.
Nonostante l’aria piuttosto pensante, Shinichi non sembrò affatto turbato, tutt’altro: si avvicinò a loro con passo lento, quasi calcolato e prima ancora di salutare l’ispettore, si rivolse a Michiyo:
“Ti sei divertito a giocare ad acchiapparella con me, Ishi-kun?”
Tutti rimasero di sasso.
Kudo sapeva…?
Per brevi istanti, nessuno fiatò; poi, come un fulmine a ciel sereno, una frase rivolta al detective ebbe l’effetto di una doccia fredda su ognuno di loro:
“Why are you smilin’?”

§§§

“Come hai fatto a capire che l’agente Michiyo ti stava seguendo?” domandò Agasa al ragazzo, una volta aver ascoltato il suo racconto.
Entrambi erano seduti sul divano, anzi, tutti e tre: ma Shiho, seppur prestando orecchio alla conversazione, rimaneva in silenzio limitandosi a fare zapping tra i canali della televisione.
“Ho trovato molto sospetto il comportamento di Kogoro.” Iniziò a spiegare il detective, passandosi una mano tra i capelli così da scompigliare la frangetta “Ho pensato fosse assurdo che avesse lui i fascicoli e, soprattutto, che non si fosse rifiutato di consegnarmeli: perché non Megure stesso, se davvero confidava così tanto in me? O magari Takagi, a cui palesemente sono simpatico? No, qualcosa non mi tornava.
Comunque, sono andato lo stesso all’agenzia investigativa e ho trovato un Kogoro che…” Shinichi sorrise, amaramente divertito.

“Grazie” disse all’uomo, notando con stupore la sua mano quasi tremante; per scrutarlo attentamente negli occhi ebbe solo una frazione di secondo, ma probabilmente gli fu sufficiente.

“Kogoro non è un bravo attore. E come tale, è assolutamente incapace…”
“Cosa sa fare?!” commentò a bassa voce Agasa, ma Kudo non s’interruppe:
“…incapace di mascherare la sua espressione, tanto più il suo sguardo. Non mi ha mai guardato negli occhi, sembrava restio, in colpa per qualcosa…Quando ho realizzato questo, ho capito che tutto quel che lui stava dicendo e facendo era programmato. Chi poteva averglielo suggerito? Chi altri se non…”
“Michiyo” Miyano pronunciò quel nome – allora divenuto antipatico anche a lei- al suo posto.
“Esatto. Ed è ben strano che Michiyo mi voglia partecipe delle indagini, no?”
Agasa annuì, mentre Miyano si rifugiò nuovamente nel suo abituale silenzio.
“Inoltre, in ogni foglio tornava scritto l’indirizzo di quell'uomo, via e numero civico: mi è sembrato una sorta di messaggio sublimale…”
“Come se ti stessero incoraggiando ad andare?” chiese Agasa, che seguiva passo passo il filo logico del suo vicino di casa.
“Giusto. Ma, perché l’appartamento era tanto importante? Sakata è stato ucciso, bruciato vivo. Il magazzino è ridotto in cenere e la sua abitazione è già stata perquisita dalla polizia…e chiaramente l’organizzazione è intervenuta nel distruggere ogni traccia di qualsivoglia legame tra loro e lui. Non c’era più nulla da cercare…a meno che tu non sappia chiaramente cosa cercare. Allora ho capito: Michiyo mi ha sentito chiamarlo “Brandy” e, seppur non abbia chiara la situazione, ha comunque capito che sono dentro questa storia abbastanza da conoscerne i dettagli…Seguendomi sino a quella casa, avrebbe potuto scoprire cosa esattamente io andassi cercando, o magari con chi mi sarei incontrato…tutto a mio danno, logicamente, in quanto…”
Miyano lo interruppe di nuovo, facendo il verso ad Ishimaru:
“Perché non ci hai detto di cercare questo? Perché non ci ha suggerito di parlare con quest’altro? Noi siamo della polizia, e la tua si chiama falsa testimonianza…”
“Appunto, avrebbe detto così senza dubbio.” Riprese la parola Shinichi, asciugandosi dalla fronte il sudore del pericolo appena scampato. “Sarei finito in guai ancora maggiori.”
“Ma tutto questo significa che…che…” il vecchio professore non sapeva se dirlo o meno, dunque il ragazzo lo sottrasse da ogni imbarazzo:
“Che la polizia ha deciso di pedinarmi? Probabilmente sì.”
L’uomo trasalì, la ragazza spense la televisione.
“Ma non preoccupatevi” continuò allora il liceale “ Prevedevo una reazione, anche se non di questa portata. So come muovermi.”
“Che cosa farai?” gli domandò Shiho, guardandolo negli occhi.
“Non lo so.” Fu sincero, ricambiando il suo sguardo “Ma comunque, non dimenticatevi che gli eventi hanno dimostrato come io non sia per niente facile da catturare!”

§§§

“Fammi capire: cosa sta succedendo??”
Sbattute le mani sopra la superficie fredda della scrivania, Ran si sporse verso il volto del padre, scatenando una sua smodata reazione:
“Ma si può sapere di cosa stai parlando, piuttosto??” sbottò, cercando in ogni modo di evitare il suo sguardo indagatore.
“Tutto questo! Prima consegni i fascicoli a Sh...a…a Kudo…” esitò per un attimo poi, tornando in posizione eretta, si riprese “…nonostante tu non possa sopportarlo, poi il tuo atteggiamento oggi pomeriggio. Durante l’intera inchiesta non hai smesso un attimo di scambiarti occhiate preoccupate con l’ispettore o con Ishimaru…”
“Vedi troppe soap opere, Ran…” cercò di distoglierla dalla verità, ma sia per la sua incapacità persuasiva che per l’ostinazione della giovane, il tentativo fu completamente inutile.
“Cosa vuol dire? Perchè??”
Il detective fece per afferrare la lattina di birra sopra la scrivania, ma la ragazza intercettò i suoi movimenti, bloccandoli:
“Papà!!”
Kogoro sussultò, gocce di sudore rapide che gli solcavano i tratti spigolosi del volto.
“Cosa state facendo??”

§§§

-Sei vittime uccise in luoghi del tutto diversi e neppure vicini tra loro; le prime quattro sono legate tra loro avendo, in passato, frequentato lo stesso corso teatrale ma le ultime due ne sono del tutto estranee. Non sarebbe quindi molto logico presupporre che il serial killer sia qualcuno legato al ragazzo suicidatosi in circostanze misteriose dieci anni fa e visto e considerato l’accaduto con Sakata, è possibile escludere anche la pista legata a lui. Quindi, siamo da capo a dodici: qual è il movente dell’omicida? Potrei anche scoprire la sua identità se riuscissi a scovare l’anello di collegamento tra le sei vittime…-
Shinichi, seduto sulla poltrona di pelle nera di fronte la scrivania di Yusaku, portò le gambe vicino al petto per poi cingerle con le braccia e sfiorarsi le labbra con le mani congiunte: la stessa posizione che assumeva Sherlock Holmes nelle tanto care pagine di Doyle!
-Ragioniamo: l’unica cosa in comune tra loro è il pugnale che trapassa il portafoglio…Mhm, portafoglio…cosa potrebbe significare? In inglese è “wallet” e nessun luogo né tanto meno persona e riconducibile ad esso, neppure traslitterandolo in caratteri katakana…All’interno del portafoglio ci possono essere denaro, monete e banconote… e poi la carta d’identità, d’accordo. E poi? La patente, ma abbiamo visto che le sei vittime non frequentarono lo stesso corso di guida dal momento che, seppur quasi coetanei, non hanno tutti la stessa età.
Però alcuni tengono nel portafoglio anche i biglietti da visita…oppure gli abbonamenti…mhm, forse sarebbe il caso che dessi un’occhiata ai portafogli delle vittime. Nei rapporti è indicato il contenuto, ma controllando di persona sarei certo di poter scartare anche questa pista…-
Quindi si alzò, dirigendosi a passo veloce verso l’apparecchio telefonico.
-Potrei chiedere a Takagi…- ipotizzò, afferrando la cornetta; ma nel momento in cui avvicinava le dita al telefono, udì il campanello di casa suonare.
Rimase per alcuni momenti fermo, notando che era un orario bizzarro per le visite.
“Miyano…” mormorò tra sé e sé avviandosi alla porta mentre il campanello non la smetteva di suonare “Cos’altro vorrà raccomandarmi? Oppure Agasa…oh no! Non ditemi che è stata di nuovo portata in centrale…”
Con un gesto rapido della mano aprì la porta di casa, ritrovandosi di fronte ad un volto accaldato probabilmente in seguito ad una lunga corsa.
“Perdonami l’ora…ho trovato il cancello aperto!!” si giustificò, indicando quest’ultimo con un lieve cenno del capo.
“Che vuoi?” l’accolse bruscamente il giovane, tenendo la porta tanto socchiusa da impedirle quasi la sua vista.
“Io…ascolta…” balbettò la ragazza con il fiatone.
“Non tirarla per le lunghe. Se vuoi parlare dell’altra sera, ti ho già spiegato tutto, Mouri!” nonostante le palpitazioni cardiache, il giovane detective fece per chiuderle la porta in faccia, ma Ran la bloccò poggiando un piede sullo stipite in legno.
“Sta’ attento a Ishimaru!!” sbottò tutto d’un fiato e leggermente rossa in volto, fissandolo negli occhi; dunque, approfittando dell’espressione di sorpresa dipinta sul volto del detective, aggiunse velocemente:
“Ha in mente qualcosa…qualcosa! Sta coinvolgendo anche altri…per favore, fa’ attenzione!!”
“…come lo sai?” non riuscì a trattenersi lui, allentando di poco la presa sulla maniglia della porta.
“Io…ho parlato con mio padre, questa sera…e…” balbettò, ma Shinichi recepì soltanto una parte della sua frase: “Questa sera??” soffiò, sporgendo il capo verso di lei, che in tutta risposta annuì titubante.
“S-scusami…” sussurrò, abbassando gli occhi per l’imbarazzo “Non sono riuscita a scoprirlo prima e…”
Ma non era assolutamente quello il punto.
“Beh, avresti potuto evitarti la fatica di venire fin qui.” Kudo riprese il controllo di sé, tornando a stringere fortemente il pomo della porta “L’avevo già capito.”
“L’avevo immaginato...” Riprese Ran, senza la benché minima intenzione di togliere il piede: nella sua mente era ancora ben limpido il sorriso di Shinichi quando aveva sfottuto Michiyo per l’accaduto del pomeriggio. Nonostante la situazione, sorrise: era stupefacente come al suo ex amico d’infanzia non sfuggisse nulla…! Era per questo, per quel sorriso beffardo, per quell’atteggiamento sornione che lei si era innamorata perdutamente…
“E allora perché sei venuta qui??” sbottò lui, facendo pressione sulla porta per riuscire a chiuderla.
“Per avvisarti…” farfugliò, divenendo rossa come un peperone “Ero in debito di un favore…” aggiunse poi, riferendosi senza dubbio agli avvenimenti della notte passata.
“Bene. Mi hai avvisato e non sei più in debito, ora.” Concluse il detective, sospirando. “Pertanto, se vuoi scusarmi…”
“…sei stato bravo ad accorgertene subito, detective.” Lo interruppe lei, l’espressione del volto gioviale. Quindi, senza aspettare alcuna risposta da parte sua, tolse il piede dalla soglia della porta, voltandogli le spalle e avviandosi verso l’agenzia investigativa Mori.
Il liceale detective rimase immobile per un po’, allora scuotendo la testa, si richiuse all’interno della grande villa stile europeo.
-L’ha saputo stasera…- ripetè mentalmente mentre le sue guance andavano pian piano imporporandosi vistosamente.
“E’ corsa a riferirmelo non appena l’ha saputo…” realizzò ad alta voce con gli occhi ridotti a due minuscoli puntini. Sapeva che era sbagliato cullarsi in idee del genere, sapeva che era sbagliato illudersi che tutto potesse tornare come un tempo, sapeva che era sbagliato sentirsi riscaldato da quel comportamento, ma lì per lì non gli importò affatto. Avendo la certezza che Ran preferisse ancora lui a quel poliziotto montato, lasciò che la sua bocca si curvasse in un sorriso, un sorriso che da mesi non gli illuminava più il volto.

§§§

“Da un momento all’altro…” rise, portandosi i capelli indietro con le mani perché non rendessero più difficile la sua vista; poi pigiò con nochalance un piccolo pulsante di metallo scuro.
“Succederà da un momento all’altro…” sentenziò sfilandosi gli abiti e dirigendosi, il corpo nudo, in bagno. S’infilò nel vano doccia, tirando dietro di sé la tenda, allo stesso modo scura.
“E non vedo l’ora…” aggiunse con una voce tale da suscitare brividi di terrore.

§§§

Ran si strinse nelle spalle, accarezzandosi le braccia con le mani: “Mamma mia, questo posto mette i brividi…”
“Non preoccuparti, ci sono anche io qui con te…” Ishimaru le si affiancò immediatamente approfittando della situazione: fece per cingerle la vita con un braccio, ma l’ispettore Megure lo richiamò:
“MICHIYO!”
“Sh, faccia piano, ispettore!!” lo riprese l’agente Sato, che camminava vicino al detective Takagi; quest’ultimo aggiunse: “Non si dimentichi che siamo in un cimitero…”
“E Michiyo non si dimentichi che è in servizio…” sibilò l’uomo, minaccioso. Il punto era che a Megure non andava ancora a genio il piano del suo sottoposto riguardo il pedinamento di Kudo. Certo era che il vecchio detective, avvolto da un’incredibile aura di mistero, sembrava piuttosto sospetto ma questo non significava che il liceale fosse davvero colpevole di qualcosa; di conseguenza, agli occhi dell’ispettore, permettere a Michiyo – che agiva probabilmente anche per questione personali- di corteggiare in quel modo quasi plateale Ran equivaleva a commettere un tradimento nei confronti del figlio del vecchio amico Yusako. Già Michiyo doveva considerarsi soddisfatto che Megure avesse accettato di andare avanti con quella farsa e comunicargli della loro visita in cimitero! Ma probabilmente l’aveva lasciato fare solamente perché nel sorriso che il giovane detective aveva mostrato sul volto quella stessa mattina, aveva letto consapevolezza; e non soltanto quella, anche un gran voglia di riscossa: avrebbe messo la mano sul fuoco che Kudo sapeva! E non gli dava fastidio che il ragazzo ostentasse sicurezza, anzi…!
“Tu sei davvero sicuro che troveremo qualche traccia qui?” si permise Kogoro, che come tutti gli altri teneva il passo rapido e deciso.
“No.” Rise Ishimaru, portandosi le mani in tasca “Ma è l’unica idea che ho avuto. Magari, spulciando qui tra le tombe, troveremo qualche nome capace di darci l’imput per una nuova pista! Qualche parente, qualche membro di famiglie in contrasto, qualche nominativo famoso…!”
“Spulciando tra le tombe…”ripetè Takagi con un mezzo sorriso ironico; nonostante avesse parlato a bassa voce, tanto che solamente Sato riuscì a ridere della sua battuta, il poliziotto lo sentì:
“Prego, Takagi?”
Ran sbuffò, esausta: perché andava sempre a finire in quel modo? Ma soprattutto, per quale ragione lei seguiva il poliziotto ovunque andasse? Tecnicamente lei dell’indagine non avrebbe dovuto sapere niente, praticamente non perdeva occasione di partecipare all’inchiesta con i poliziotti. Ed il motivo, in realtà, lo conosceva bene; assurdo era il pensare di poterlo negare a se stessa: sperava con tutto il cuore di incontrare Shinichi! Mai come allora, sentiva il desiderio di scorgere sulla sua faccia quel sorriso a mezza bocca che equivaleva ad una continua presa in giro nei confronti di Ishimaru!

“Sta’ attento a Ishimaru!!” sbottò tutto d’un fiato e leggermente rossa in volto, fissandolo negli occhi; […] “Ha in mente qualcosa…qualcosa! Sta coinvolgendo anche altri…per favore, fa’ attenzione!!” […] “L’avevo già capito.”

In fin dei conti, Ran sapeva benissimo che a Shinichi non poteva essere sfuggito; non appena il padre le aveva rivelato ogni cosa, tornatale in mente la frase di Shinichi (Ti sei divertito a giocare ad acchiapparella con me, Ishi-kun?), aveva sentito uno strano calore pervaderle il cuore e poi estendersi per tutta l’anima.
Il piccolo gruppo di uomini era giunto ad una specie di bivio: a destra si apriva un corridoio in marmo mentre nella direzione opposta vi era un sentiero lastricato. Megure, Sato e Takagi si diressero a sinistra, e quindi Ishimaru e Kogoro li seguirono: Wataru e Michiyo ancora stavano discutendo e sembravano molto presi…!
Ran non ci pensò due volte; visto che era l’ultima della fila, se avesse fatto attenzione nessuno l’avrebbe notata…e così fu: la ragazza imboccò il corridoio di destra, nascondendosi nella sua ombra. Ritrovarsi da sola in un cimitero non era certo il massimo, ma non ne poteva più di Ishimaru!
Percorse l’interno corridoio, giungendo a delle scalette in pietra, l’unica via possibile; quindi decise di addentrarsi per quel vicolo, ma quando scese l’ultimo gradino si ritrovò in un giardino circondato da pareti su due lati. Sull’erba leggermente bagnata si issavano le croci bianche a segnalare le sepolture.
-Questo posto, mette i brividi per davvero!- pensò, tornando per l’ennesima volta a cingersi le spalle con le mani. Ciononostante, proseguì, curiosando: nelle iscrizioni erano presentati uomini, sì, ma anche donne, bambini…troppi bambini…Ran volse gli occhi, scossa, ma ciò che scorse pochi metri avanti a lei la turbò ulteriormente: inginocchiato con le mani giunte in preghiera, Shinichi aveva poggiato il casco al lato di una croce completamente rovinata.
Una folata di vento le sferzò la faccia, prima che si decidesse ad avvicinarsi a lui; riuscì comunque a muoversi tanto silenziosamente che il detective non si accorse di lei, e, pur rimanendo alzata, gli si accostò.
Il ragazzo teneva chiusi gli occhi, con il capo lievemente piegato in avanti; osservandolo attentamente, Ran fu di nuovo colta da una sensazione alquanto fastidiosa, la stessa che aveva provato quando era stata accolta in casa sua dopo il fraintendimento con Ishimaru: lei ebbe la certezza che il suo vecchio amico d’infanzia, nonostante l’apparenza, fosse allo stremo delle forze e questa sua tesi era ancor più retta dalla e lacrime che, copiose ma silenziose, aveva visto bagnargli le guance in quella scuola diroccata. Cosa nascondeva di così tremendo, Shinichi? Cos’avevo fatto in tutto quel tempo? Cosa gli era capitato?

§§§

“Un altro bambino…” pronunciò a denti stretti Kogoro, stringendo i pugni violentemente.
In questo modo, anche gli altri porsero attenzione alla tomba: una lapide di marmo bianchissimo, su cui spiccava quindi ancor più evidentemente una macchia di sangue rosso acceso, riportava la foto di un bimbo sui dieci anni. Aveva i capelli corti e ricci, occhi e capelli erano scuri allo stesso modo; sul volto un’espressione sorridente che neppure la morte era riuscita a cancellare…
“Il nostro lavoro è fatto anche di questo.” Asserì fermamente Ishimaru, proseguendo diritto. Il tono della voce, però, non era incrinato come quello di Mori, ma addirittura quasi freddo…
“Il tuo cinismo è sorprendente.” Sato non si trattenne, meritandosi un’occhiataccia da parte del giovane poliziotto. Tuttavia quasi subito la sua attenzione fu attirata da ben altro particolare e gli parve di vivere un deja-vu:
“Ma dov’è Ran?”

§§§


Giunto in loco, si era inoltrato nel cimitero alla ricerca dei suoi amici –per quanto questa parola potesse essere inappropriata- ma, spinto probabilmente dall’inconscio, si era ritrovato di fronte a quella tomba quasi lercia. I fiori era del tutto appassiti e il capo di ciascuno di essi si rigettava completamente sullo stelo, privo di linfa vitale; i colori brillanti che un tempo brillavano, si erano tramutati tutti in un giallo spento e a dir poco vergognoso.
Shinichi si inginocchiò dinnanzi al marmo macchiato di sporco, passando un dito sopra la foto: nessuno l’aveva mai pulita, quella sepoltura, visto l’alto strato di polvere che la celava.
Rimase per un po’ fermo, quasi imbambolato a fissare quella fredda lapide ricolma di morte; quindi, poggiando vicino a sé il casco nero che aveva sino ad allora tenuto in mano, abbassò il capo e chiuse gli occhi, quindi congiunse le mani.
-Perdonami…- cercò di dirle, stringendo tanto forte le palpebre da farle tremare –Per favore, perdonami…-
Si rese conto soltanto troppo tardi, però, di aver abbassato la guardia: accanto a lui si trovava in piedi qualcuno, si era fatto raggiungere! Lì per lì non pensò razionalmente, ma preso d’istinto: considerato per chi stava pregando e ciò che pochi giorni prima era accaduto con Brandy, poteva tranquillamente trattarsi di uno di Loro…Inspirò profondamente, prima di aprire gli occhi e lanciarsi all’attacco del nemico.
“E-ehy!!” Ran schivò per un pelo il suo colpo, balzando di lato. “Che ti prende??”
“Sei tu?” soffiò lui, tirando un sospiro di sollievo.
“Ti ho spaventato?” si rese conto, avvicinandosi di un passo al detective.
“Perché ti sei avvicinata così in silenzio?” fuggì la sua richiesta, voltandosi nuovamente verso la lastra di marmo.
“Non volevo disturbarti…” replicò, a voce bassa “Stavi pregando…”
Shinichi, dunque, tacque; passò interamente la mano sulla foto, pulendola da quella polvere permanente, poi fece lo stesso con l’iscrizione che indicava il nome della defunta.
“Chi era?” gli domandò, accovacciandosi al suo fianco. Nonostante tutto, il suo tone di voce era dolce e quieto.
“Akemi…” sussurrò lui, privando la tomba di quei fiori secchi. Si alzò di nuovo, dirigendosi verso il sentiero attraverso cui Ran era arrivata. Quest’ultima rimase molto sorpresa quando vide il liceale cogliere una margherita gialla dal terreno per poi depositarla all’interno del vaso funebre.
“Mi sembra…la sua faccia…” ragionò ad alta voce la figlia del detective Kogoro, sporgendosi in direzione della foto. Shinichi si rese conto di aver ceduto sin troppo alla debolezza: se Ran si fosse ricordata di Masami Hirota e della rapina * sarebbe stati grossi guai!
“Dove sono tutti gli altri?” le domandò, tornando in posizione eretta.
“Veramente, li ho persi di vista…” arrossì vistosamente, imitandolo nei movimenti.
“Cerchiamoli.” Tagliò corto lui, afferrandola per un braccio e trascinandola via da quella lapide.
In fin dei conti, era meglio che non leggesse neppure il cognome iscritto su quella lapide gelida…

§§§

“Un giorno o l’altro io ti uccido, LO GIURO!” ringhiò, lanciandosi contro di lui, i cui movimenti furono tanto veloci da schivarlo prontamente.
“Non essere sacrilego, Ishi-kun!” lo prese in giro, mettendo le mani in tasca.
“Smettila di chiamarmi in quel modo, Kudo…” sibilò minaccioso, allungando nuovamente le mani verso il moro.
“Basta, dateci un taglio!” li riprese Megure, afferrando Michiyo per il colletto e catapultandolo dietro di lui.
“Ogni volta che Ran sparisce, si materializza questo qui!” fece orecchie da mercante, continuando a sparare parole a raffica.
“Questo qui ha un nome. Si chiama Kudo.” Replicò istantaneamente per mordersi la lingua subito dopo aver pronunciato quelle parole. “Io l’ho per caso incontrata nel cimitero quando si era persa...” Quindi sorrise, non lasciando sfuggire l’occasione: “Quando tu non l’avevi controllata bene…”
Il poliziotto fece allora per ricominciare, ma Megure intervenne per l’ennesima volta: “Basta.” Pronunciò severo, bruciando con gli occhi il suo sottoposto.
“Dentro questo cimitero non abbiamo trovato nulla. Tu hai altre idee, Michiyo?”
“Non per il momento.” Tenne a precisare, aggiustandosi il colletto della camicia con entrambe le mani.
“Tu, Kudo?” continuò Megure, immobile.
Lui scosse la testa.
“Allora possiamo andare.”
Nessuno osò controbattere: Ran, imbarazzata, rimase muta; Sato e Takagi, spaventati dalla collera del loro superiori, non fiatarono; e infine Kogoro, combattuto come lo era il suo ex collega, riflettè tra sé e sé silenziosamente.
Nessuno, se non…
“Ma…” Michiyo balzò affianco dell’omone che già si era avviato alla volta dell’uscita.
“Niente ma!” il suo passo era deciso “Se non ne sei convinto, torna fuori orario di lavoro!”
Il castano interruppe l’avanzata, rimanendo indietro mentre gli altri invece seguivano l’uomo con il tailleur marrone scuro.
“Detective…” Sentì pronunciare a bassissima voce Shinichi, ma non ci fece caso, poiché convinto che quell’appellativo fosse rivolto a Kogoro.
“Detective!” Udì di nuovo e stavolta si girò: Takagi, con fare misterioso, aveva portato una mano vicino alla bocca e Sato, affianco a lui, lo fissava sorpresa.
Il ragazzo si indicò con l’indice, una muta domanda che stava per: “Dici a me?”
Wataru annuì, mettendo una mano nella tasca interna della giacca per trarne una grande busta di carta giallognola.
“Restituiscimela entro domani.” Sussurrò, porgendogliela.
“Ah, giusto! Sono quelli che ti avevo chiesto?” si ricordò improvvisamente, il volto raggiante.
All’assenso del poliziotto, Kudo sorrise a trentadue denti: “Non preoccuparti, non te ne pentirai!!”
Quando, allontanatosi per non insospettire tutti gli altri, Shinichi fu troppo lontano perché potesse cogliere le sue obiezioni, Sato esclamò:
“Sei sicuro di quello che fai?”
“Perché?” replicò sorpreso l’agente, fissandola in volto.
“Sei sicuro sì o no?” insistette.
“Beh, io…sì! Non saltare a conclusioni affrettate, io conosco da prima quel ragazzo e…”
“Non giustificarti!” lo interruppe, afferrando una mano che già Takagi aveva portato all’altezza del petto per scusarsi.
“Io da prima non lo conoscevo! Il nostro primo incontro è stato alcuni giorni fa, però…” si volse a guardarlo, la busta di carta che pochi istanti prima aveva in mano già scomparsa nel nulla “…nonostante questo, credo anche io sia degno di fiducia. Quando l’ho visto, ho provato la stessa identica sensazione avuta con quel ragazzino…” sorrise affabile, mentre nella sua mente si faceva sempre più chiara l’immagine di un bambino sveglio e occhialuto.

§§§

“Spiegami, avanti! Sei tu che ronzi intorno a lui o è lui che ronza intorno a te??”
Ishimaru, più che mai deciso a mettere in chiaro le cose con la sua quasi-ragazza, l’aveva raggiunta fuori la scuola Teitan per poi bloccarla non appena aveva oltrepassato la soglia del cancello scuro. Infatti, quando il giorno prima se l’era vista ritornare al fianco del giovane investigatore, era nuovamente rimasto vittima di un’ira incontrollabile, che però aveva dovuto contenere: nel momento in cui aveva fatto per avvicinarsi minaccioso a Kudo, l’ispettore l’aveva prontamente fermato, ricordandogli che si trovavano in un cimitero.
“Sì, qualcuno qui ci finirà presto in questo dannato cimitero!” aveva risposto, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte dell’ispettore e dovendo quindi finirla lì.
Visto che al suo fianco si trovava Richard, il giovane si scambiò una rapida occhiata con la sua compagna di classe, quindi fece per replicare: “Take a look, I am not…*”
“Stai zitto, tu!” scattò però Michiyo, voltandosi nella sua direzione con occhi fiammeggianti “Tanto ho intenzione di fare i conti anche con te, che porti la mia Ran in giro per parchi…!”
Sin Vey sussultò, ma non certo per la paura, bensì per ciò che immediatamente comprese: -Se non parla di me, allora…-
“Ishimaru!” lo riprese Ran, completamente rossa in volto: più di uno studente, infatti, a quelle parole tanto concitate e pronunciate a voce così alta si era voltato a fissarli insistentemente.
“Per favore, eh: Ishimaru un corno, Ran!” non demorse, seguendola quando lei s’avviò nell’area posteriore dell’edificio, dove si trovava il campo di calcio con gli spalti; nel frattempo, anche il ragazzo straniero andò con loro. E questo perché Richard e Ran avevano deciso – prima di vedere di fronte il cortile del liceo un Ishimaru incollerito- di raggiungere Sonoko negli spogliatoi del club di tennis, che erano esattamente contigui a quelli dei ragazzi che praticavano il calcio. L’ereditiera Suzuki si trovava lì poiché la loro insegnante di Arte aveva convocato alcuni alunni affinchè potessero tutti essere informati dei preparativi necessari per il vicino allestimento dell’Hana Matsuri*; tale festività, quell’anno, avrebbe preso luogo proprio nel liceo Teitan e per questo motivo tutti i docenti, preside compreso, desideravano realizzare qualcosa di indimenticabile, un po’ come ricordo inestinguibile per la fama dell’istituto.
“Visti i nostri rapporti, vorrei sapere cosa…” gesticolò privo di ritegno il poliziotto, accelerando il passo quando lei fece lo stesso; Ran non amava le scenate, tanto meno quelle pubbliche. Nel momento in cui loro passavano, tutte le conversazioni si interrompevano per ascoltare la loro, che comunque non aveva senso, considerato poi che loro due non erano affatto fidanzati!
Nonostante cercasse di replicare alle affermazione del corteggiatore, la karateka era oramai giunta sugli spalti, e da essi era visibile l’entrata degli spogliatoi; i ragazzi e le ragazze sparpagliate qua e là per la zona circostante le suggerirono di essere arrivata proprio quando la professoressa aveva congedato tutti i convocati con la raccomandazione di informare i loro compagni.
“Cosa, Ishimaru? Cosa vorresti sapere?! Non c’è nulla che tu debba sapere!” si fece scappare in tono piuttosto seccato Ran, una reazione che però non piacque al giovane; infatti, dimentico che al suo fianco si trovava Richard, l’afferrò per le spalle, interrompendo la sua corsa:
“Hai ragione, non ho nulla da chiederti infatti! Bensì da dirti…” strinse la presa sulle sue braccia, avvicinandosi a lei con un’espressione scura sul viso “…non provare più ad avvicinarti a quel cretino! Non voglio più alzare gli occhi e trovarti attaccata a quel detective da quattro soldi!!”
Ran spalancò la bocca, sorpresa e notando che anche Richard era rimasto perplesso, si scosse e si decise a replicare; non aveva capito che la faccia sbigottita del suo compagno di classe era dovuta all’apparizione, dietro di loro, del protagonista della discussione.
“Non sarei più padrone di me, in quel caso!” proseguì comunque Michiyo, furioso “Potrei decidere anche di prendermela con lui, sappilo!”
“Oh oh, sto tremando di paura…” fu l’ironica risposta di Shinichi, attirato di fronte a loro dalle grida furiose dell’agente di polizia.
Ran avvampò, non riuscendo ad ignorare il corpo del suo amico d’infanzia nonostante la situazione; gli lanciò una veloce occhiata, scorgendo sul suo volto la stanchezza che dal momento del suo rientro lo contraddistingueva.
“Proprio di te, parlavamo…” sibilò, trattenendo salda la sua presa.
“Sarò franco, non ne sono onorato.” Rispose Kudo, raccogliendo da terra una cartella marrone scuro piena di libri.
-Oh…- gemette silenziosamente Ran, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo –E’ venuto qui solo per riprendersi lo zaino…-
Quindi il liceale detective, afferrata la cinghia della borsa, la mise su una spalla, facendo rimbalzare i libri nella sacca.
“Non dovresti prendertela con Mouri se non riesci a starmi dietro quando guidi.” Gli sorrise, poi voltò loro le spalle, pronto ad andarsene, ma le parole del suo avversario lo trattennero:
“Io me la prendo con lei perché mi da fastidio che tu stia sempre appiccicato alla mia Ran! Non mischio il lavoro con le questioni personali!!”
“Questo è da vedere.” Sbottò lui, voltando la faccia di nuovo “Ma per quanto riguarda la tua Ran…- l’interpellata ebbe un brivido – non devi preoccuparti.”
Detto questo, mosse passi rapidi lungo gli spalti, nel tentativi di risalirgli e raggiungere l’uscita, ma neanche stavolta i suoi programmi andarono in porto:
“Non si direbbe, visto che, essendo un uomo, vedo come la guardi.”
Il detective si voltò del tutto per guardare in faccia il poliziotto; sorresse il suo sguardo per parecchio tempo, anche quando proseguì:
“Ne ho piene le…le scatole…” aveva evidentemente cambiato parola all’ultimo momento “…di te. Gradirei che tu sparissi, e che la lasciassi in pace. Comprendo perfettamente che quando una ragazza diventa irraggiungibile un tipo sbruffone ed egocentrico come te, per non perdere la faccia, preferisca fingere di odiarla, ma se devi recitare fallo bene. Sta alla larga dalle cose che desideri ma che non puoi raggiungere. Rinuncia all’impossibile.”
Quasi per rincarare la dose, fece scivolare languidamente le sue mani dalla spalle ai fianchi di Ran, cingendola poi con forza per la vita; a nessuno dei tre sfuggì come Shinichi assottigliasse gli occhi, continuando a sostenere lo sguardo di Ishimaru. In quel momento, un pallone da calcio irruppe tra di loro, rimbalzando un paio di volte a terra accompagnato da un grido:
“Ehy, Michiyo! Tu che sei bravo, fa’ il favore!!”
Alcuni studenti del Teitan, infatti, si stavano allenando a calcio nel campo poco distante.
Il poliziotto, allora, sorrise: posizionò il piede sulla prima palla, scagliandolo poi verso i giocatori e colpendo il palo della porta.
“Rinuncia all’impossibile poiché, come vedi, ti ho rubato anche il posto nella squadra di calcio.” Aggiunse, lasciandolo sorpreso. La sua affermazione infatti dimostrava che sapeva anche questo di lui, che era bravo in quello sport! Beh, se aveva indagato, l’aveva fatto molto male…
Anche lo studente detective, a quel punto, sorrise.
Per l’ennesima volta diede le spalle alla coppia e a Richard, rimasto per tutto il tempo ad osservarlo in silenzio, posando un piede sul secondo pallone, che fece subito rimbalzare sulla suola della scarpa, per poi scagliarlo a tutta velocità in piena rete.
“Wow!! Goal di spalle, bravissimo!” gridarono alcune ragazze sedute sugli spalti più in basso dopo i primi attimi di stupore.
Quasi subito dopo si alzò un coro capace di rendere Ishimaru ancora più furioso:
“Kudo! Kudo! Kudo!”
Il detective lo guardò dritto in faccia, sorridendo come soltanto lui era capace di fare.
-Shinichi!!- lo chiamò mentalmente Ran, senza cercare di cancellare dal suo viso le tracce di un’ evidente soddisfazione. E mentre lei si liberava, come riscossa da un sogno, dalla forte stretta del poliziotto, Kudo parlò: “Mi dispiace, ma io posso l’impossibile.”

^***^ ^***^ ^***^

* Stavamo facendo una passeggiata. Soltanto una passeggiata.
* Ignoro le tue abitudini, ma suppongo che dovresti essere più cortese con una ragazza.
*Perché stai ridendo?
*Masami Hirota e la rapina = Io mi riferisco alla storia del manga, che è diversa da quella dell’anime. Secondo Gosho, infatti, la sorella di Shiho, Akemi Miyano appunto, ricorse al detective Kogoro per cercare suo padre, in realtà complice di una rapina in banca, per conto di Gin e Vodka. Ran si era affezionata in particolar modo alla giovane, poiché rimasta impressionata dalla foga con cui ricercava quello che lei definiva suo padre. Secondo l’anime, invece, Masami Hirota prende il nome dal suo professore all’università, ma prende comunque parte a una rapina di una banca; a conoscerla però è soltanto Conan, che la presenta a Ran velocemente: “E’ una cassiera che lavora in questa banca da un paio di giorni…”

*Da’ un’occhiata: io non…

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice:

Lo so.
Lo so.
Lo so.
Sono in un atroce, terribile, incontenibile ritardo…vi prego, non lapidatemi ;____; Purtroppo sono stata afflitta da molti impegni in tutti questo periodo (soprattutto di studio ç_ç) e così facendo non ho avuto tempo per concentrarmi su altro. In realtà in tutto questo tempo ho continuato a scrivere qualche paragrafo, ma aspettavo di avere tempo a sufficienza per ricontrollare il tutto e dare un lettura d’insieme alle varie cosucce scritte così da aggiustarle e metterle bene, precisamente…questo tempo, purtroppo, fino a pochissimo fa, quando ho ripreso in mano le fila della storia, non c’è stato =( Chiedo umilmente scusa, mi rendo conto che è passato un sacco di tempo!!!
Spero vogliate perdonarmi, e che continuerete a leggere la fic!! Per me è sempre un piacere potermi rituffare in questa storia, perché quando inizio a scrivere vengo catapultata in un mio mondo, al di fuori del tempo e dello spazio circostante…e, ogni tanto, perdo qualche riga in quel che un famoso autore definiva “leggerezza pensosa”. Detto questo, se vorranno ancora continuare (lo spero con tutto il cuore!) a leggere la fic, rispondo ai commentatori :D:

Roe :
Ciao!
No no, il termine dell’effetto ‘aptxiano’ è tendenzialmente legato a forti ondate di calore e giramenti di testa o, perlomeno, io ho intenzione di rimanere fedele a questa versione! XP Eh, è esattamente questa l’impressione che volevo dare: contro Shinichi, tutte le battaglie sono perse! Sono contenta d’esserci riuscita ^^ E sono anche mooolto contenta che ti piaccia il mio stile =P E’ sempre un piacere ricevere questi bei complimenti ^O^ Prometto che, come ringraziamento, il prossimo capitolo arriverà molto presto ;D
Ti chiedo ancora scusa per il colossale ritardo!! Bacioni!

Irene Adler :
Fino a un pò di tempo fa (“pò”) il DCF lo frequentavo anche io! E’ sempre stato il mio punto di riferimento per avere informazioni su DC :D Ora purtroppo però non ho più tempo =(
Invece, per il punto dialoghi: in alcuni casi se non specifico di nuovo chi è a parlare è o perché è la stessa persona che ha preso parola immediatamente prima, oppure perché è un passante il cui unico scopo è far notare il colpevole/la vittima/il ladro, etc…Comunque ripeto: presterò maggiore attenzione così da non creare confusione durante la narrazione =) Per la tua seconda domanda ( ma perchè Michiyo è convinto che seguendolo a casa del collega di Sakata scoprirà qualcosa di losco ), penso che questo capitolo ti abbia chiarito, in caso contrario comunque fammelo sapere che cercherò d’essere il più chiara possibile! ^-^ Infine, io direi che (come l’inizio del capitolo dice)Ishimaru è sì geloso, ma non così tanto per non rendersi conto delle effettive capacità di Shinichi, anzi: semplicemente, appunto perché è geloso di lui, vuole farlo affondare!
Al prossimo capitolo che, ti prometto, sarà molto più rapido! xD Bye bye

Feferica:
Visto? Ti ho dato il tempo di tornare…e di ripartire! Come ho già detto, purtroppo sono stata stra-carica di impegni, chiedo umilmente perdono in ginocchio ç____ç Spero che la mia fic continui comunque a interessarti e che vorrai proseguire nel leggerla :D Bacioni grandi e a presto (stavolta per davvero, devo solo aggiungere i tag ed anche il prossimo capitolo è pronto!). Ciau!

Sara85:
Ciao, e piacere di conoscerti! Ma certo, per me è bellissimo ricevere commenti da nuovi lettori!! ;D Stai tranquilla, anche io sono una ShinichixRan, però prima devo mettere un po’ di “pepe” alla storia altrimenti diventano noiosi, no? XD Aha, scherzo! Comunque, ti dico che faranno pace!: ma quando…ehhhh, chi vivrà vedrà! (E soprattutto chi avrà la pazienza di aspettarmi, visto quanto sono lenta ç_ç). E per ultima cosa, sebbene sia una mia creatura, Michiyo sta antipatico anche a me XD Ciao ciao XXX

Detto questo, penso d’aver terminato. Come già detto, il prossimo capitolo è praticamente già pronto, devo soltanto inserire i tag quindi tra qualche giorno –PROMETTO!!- lo posterò. Un bacione a tutti quanti, lettori…e in particolar modo i recensori ;D Bye bye

XXX Cavy-Chan XXX

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Capitolo 28
*** Decisione Irremovibile - Shinichi Rinuncia a Ran ***


Capitolo Ventisette

Decisione Irremovibile – Shinichi Rinuncia a Ran

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Si sciolse il nodo della cravatta con due dita, sfilandola poi dal colletto della camicia.
-All’inizio poteva essere quasi interessante…- pensò, gettandola sul letto. Dopo aver tolto le scarpe, calzò le ciabatte:
-…ma ora, è diventato assolutamente divertente!- concluse, sorridendo con soddisfazione.
Si sdraiò su letto, tenendo però i piedi per terra; di lì a poco, gliel’avrebbe fatto sapere…

§§§

Infilò la chiave nella serratura, entrando nel suo monolocale con poca grazia. Gettò letteralmente i due sacchetti di plastica nel centro dell’ingresso, ignorando alcune mele che rotolarono fuori dalla busta.
Ishimaru gettò un’occhiata all’orologio: le sette e un quarto.
“Bene, il tempo di mangiare qualcosa, farmi una doccia e poi posso dedicarmi a questi benedetti fascicoli.” Programmò ad alta voce, scagliando anche le chiavi di casa sul divano chiaro.
“Se riesco a risolvere questo caso prima di lui…se ci riuscissi…!” togliendosi di dosso la giacca blu dell’uniforme, si passò una mano tra i capelli castani “Ma cosa dico? Io riuscirò a risolvere il caso prima di lui!” si riprese all’istante, cercando di convincersi.
Infatti, già da un po’ di tempo aveva capito quanto Kudo potesse essere temibile; certo, era stato chiaro sin dall’inizio che il giovane sapeva il fatto suo, tanto che quando ancora non sapeva chi realmente fosse si era complimentato e aveva sentito nascere dentro di sé un moto di sincera ammirazione nei confronti di un ragazzo tanto in gamba.

“…straordinario, fantastico!!” esclamò con enfasi Michiyo, un moto di eccezionale stima e ammirazione verso quel ragazzo dal grande talento.
Aveva palesato il suo pensiero a voce così alta, che Kudo si era voltato sorpreso.
Michiyo gli si avvicinò, per poi battergli amichevolmente una mano sulla spalla:
“Sei davvero bravo!!” si complimentò.
“Ehm…g-grazie…” rispose lui, ma ridacchiò.
Gli altri, mentre si avvicinarono, poterono perfettamente udire ciò che aggiunse subito dopo e si gelò loro il sangue nelle vene:
“Ma quando saprai chi sono non credo la penserai ugualmente così…”

Già da allora Kudo si trovava un gradino avanti a lui; quando infatti Ishimaru ignorava la sua identità, il poliziotto era già cosciente di quel che sarebbe accaduto nel momento in cui l’avrebbe scoperta. Ed effettivamente, aveva azzeccato anche quello:

Takagi e Megure in quel momento si trovavano all’interno dell’archivio e stavano, per l’ennesima volta, cercando dei fascicoli; ma non per indagare, avevano già spulciato numerosi tutti i files e non erano riusciti a cavar fuori un ragno dal buco: Juzo desiderava fotocopiarli dettagliatamente e portarli al figlio del suo amico scrittore.
“Ispettore! Shiratori mi ha detto che era qui, così l’ho raggiunta! Cosa sta facendo?” come una furia, Ishimaru aprì la porta dell’archivio per poi richiuderla rumorosamente alle sue spalle “Ci sono forse novità? Non mi dica che il serial-killer ha colpito di nuovo?”
“No, non preoccuparti, Michiyo…”
Megure gli spiegò brevemente le sue intenzioni e rimase molto stupito nello scoprire che il suo agente era quanto mai d’accordo:
“Ottima idea! Anzi, se desidera, posso portaglieli io!!” si offrì, sorridente.
“Dove abita?”
“Al 2/22 di Beika…” mormorò l’ispettore “Ma…come mai sei così…ehm…ti piace? Come detective, intendo…” “Beh, è un po’ arrogante, effettivamente…” ridacchiò il castano, ricordando come, due sere prima, avesse ben sottolineato un suo errore “Però è veramente bravo! Ho sentito come parlava, ho visto come si muoveva…dev’essere un professionista! Quanti anni ha? Diciannove? Venti?”
“Diciassette…” gli rispose Wataru, il naso immerso in mille scartoffie.
“Cosa? E’ così giovane??” si stupì non poco “Ma allora è ancora p
iù sorprendente! A quest’età sa già svolgere la sua professione in questo modo, figuriamoci tra un paio di anni!” Juzo e il suo sottoposto si lanciarono uno sguardo allibiti: quello era davvero Michiyo Ishimaru?
“…sono veramente contento che gli abbia chiesto di partecipare alle indagini! In questa città mancavano persone così sveglie…potremmo diventare una coppia fantastica! Poliziotto ed investigatore, un po’ come Poirot e il commissario “G-grazie mille, Michiyo…” gli disse Takagi, un gocciolone di delusione sulla testa, ma il giovane collega lo ignorò.
“Vi do una mano a trovare tutti i fascicoli, così facciamo prima!!”
“…” Megure tacque, lasciandolo fare.
Davvero strano che non si ingelosisse: tutti sapevano o, perlomeno, avevano sentito parlare del legame tra il giovane e la figlia di Mouri…
“Ma, mi dica: è un suo amico? Il figlio di qualche poliziotto?”
“Non lo sai?” sbottò Takagi, allora tutto fu chiaro “Ecco perché ti sta così simpatico!!” ridacchiò.
“Cosa intendi…?” fece Ishimaru, ma Megure lo bloccò:
“Takagi, per favore…” poi si rivolse al nuovo acquisto:
“Kudo è il figlio di un noto scrittore di gialli, Yusako. Spesso mi aiutava con i casi più complessi e suo figlio ha contratto le sue stesse passioni…lavora con me da quando ha sedici anni, il primo caso l’ha risolto su un aereo dirotto a New York. A bordo vi eravamo io, Takagi e…Ran.”
“Ran? Cosa c’entra lei? Comunque, forse ho letto qualcosa di suo padre…perché il nome ‘Kudo’ mi pare di averlo già sentito…”
Juzo sospirò: “Beh…forse qualcuno te l’ha nominato. Ran era presente su quell’aereo perché… sono molto amici. Si conosco da bambini e sono cresciuti insieme, Yusako e Kogoro si incontravano spesso da giovani poiché le loro mogli, Yukiko ed Eri, avevano frequentato le scuole superiori insieme…”
“Oh, capisco…” mormorò in risposta Ishimaru. Poi tornò a muovere le mani tra i fascicoli del cassettone di sinistra, stranamente pensieroso.
Megure e Takagi lo fissarono per un paio di secondi, poi, titubanti, ripresero la loro ricerca.
“Ecco, questo dovrebbe essere sull’ultima vittima…” Wataru appoggiò un secondo fascicolo sopra quello che, pochi minuti prima, aveva scovato.
“MERDA!!” sentì ruggire e si voltò: Michiyo aveva lasciato piombare a terra un mucchio di fogli che prima teneva in mano e il suo sguardo era fisso nel vuoto.
“Cosa combini, Michiyo?” lo riprese Megure.
L’agente chiuse con forza il cassettone, dando vita a un rumore sordo.
“Kudo…Kudo!!! Ecco dove l’avevo sentito!!”

Col passare del tempo e degli avvenimenti, poi, aveva del tutto confermato le voci che in centrale giravano su di lui; era bravo, era fin troppo bravo! Ishimaru non ricordava mai d’averlo visto sorridere; il volto era sempre tirato, attento; i suoi occhi guizzavano da una parte all’altra, riuscendo a scorgere anche il dettaglio più insignificante nel lasso di un secondo; le maniere erano discrete, ma pungenti, estremamente efficaci. Non era mai riuscito a zittirlo: Kudo aveva sempre la risposta pronta, non l’aveva mai visto a bocca aperta e da quel che gli avevano detto coloro ai quali aveva chiesto, nessuno aveva mai avuto l’onore di guardare il viso di Kudo contratto in un’espressione di sorpresa; anche quando si pensava d’averlo messo nel sacco, ecco che lui se ne usciva con una frase, o anche solo un gesto, che ti precedeva e ti lasciava di stucco.

Fu un attimo: Kudo fece per andare verso destra, ma proprio quando anche Michiyo si era immesso nella corsia corrispondente cambiò bruscamente direzione, svoltando a sinistra.
Più macchine suonarono con forza il clacson, segnalando la loro indignazione; ma essa non era certamente pari a quella di Ishimaru che, frenando con violenza si ritrovò fermo in mezzo alla strada.
“Bastardo d’un detective!!” inveì contro di lui, battendo un pugno sul volante.

La decisione di pedinarlo non era sopraggiunta perché Michiyo pensava veramente che Kudo potesse essere divenuto un criminale; ovviamente le personalità famose e importanti, al vertice del successo, si fanno spesso e volentieri prendere la mano dalla loro fama e prendono parte non malvolentieri a giochi di corruzione di potere. Ma seppure Kudo facesse parte di quella cerchia – cosa che comunque riteneva poco probabile, visto il modo in cui parlava e agiva:

La tratti come uno straccio, non le rivolgi parola… e poi le salvi la vita! Rischiando la tua, per giunta! Non mi sembra un comportamento alquanto coerente, detective…A CHE GIOCO STAI GIOCANDO?” ripetè, tenendolo saldamente per le spalle.
Miyano trasalì e Ran rimase immobile: Ishimaru aveva ragione…
Kudo battè ripetutamente le palpebre, colto di sorpresa.
“RISPONDIMI!” ringhiò il poliziotto, facendogli assottigliare gli occhi.
“Io non sono come te.”
“Cosa? Mi prendi in giro, ragazzino?” Il poliziotto era accecato dalla gelosia.
“No. Semplicemente, io non sono come te.” Disse di nuovo Shinichi, il tono della voce per niente spaventato. “Tu lavori perché un delinquente venga arrestato, incolpato della morte di chissà quanti innocenti. Io lavoro perché lo stesso delinquente non ferisca o peggio, uccida, un altro innocente.”
Ishimaru strabuzzò gli occhi.
“Tu pensi che il nostro compito sia solo quello di arrestare i criminali…io credo invece che il primario obbligo a cui dobbiamo rispondere sia quello di proteggere coloro che chiedono il nostro aiuto. Per questo, non faccio differenza tra la vita di un assassino o quella di un assassinato…nel corso della mia vita, ho salvato un killer, un ladro…perché non avrei dovuto salvare una ragazza? I sentimenti che nutro per lei non contano…odio o rancore che sia, io quando lavoro li metto da parte. Tu, a quanto vedo, no.”

Seppure, ad ogni modo, Kudo facesse parte di quella cerchia, certo era ben distante comunque da azioni criminose o delitti. Visto che, come sosteneva, era stato molto occupato e lo era anche allora in un caso delicato, la probabilità che quel Brandy fosse parte principale di quella sua fantomatica indagine era alta, se non certa; tuttavia, poter insinuare il dubbio nella mente di colore che continuavano a fidarsi ciecamente di lui poteva tornargli utile. Ed unicamente per questo ragione, aveva deciso di proporre quel pedinamento all’ispettore Megure; in più, nonostante il suo rapporto con Ran sembrasse incrinato ed estremamente diverso da quello di cui tanto aveva sentito parlare, c’era un certo qualcosa che non lo convinceva, nonostante non avesse ancora afferrato questo qualcosa.
Poter sempre seguire i suoi movimenti era atto anche a questo: se avesse cercato di andare dalla ragazza, Ishimaru l’avrebbe saputo all’istante! Peccato però, che quel ragazzo avesse,- o avesse comunque avuto- tra tutte le persone che c’erano nel quartiere di Beika, un rapporto speciale proprio con Ran! Perché in caso contrario, sarebbero stati una gran bella coppia insieme! Nessuno sarebbe stato capace di batterli…
-Ma cosa sto pensando?! Vaneggio, forse?- si riprese all’istante, scuotendo la testa.
Si liberò di tutti gli abiti che ancora aveva addosso, vestendosi poi di solamente una maglia e un paio di boxer neri.
-Kudo è un avversario, punto. Per quanto possa essere bravo, è un avversario…e temibile.-
Giusto.
Si era illuso di poterlo mettere a tacere, di riuscire finalmente a sentirsi superiore di lui come si sentiva superiore di chiunque altro, ma si era dovuto ricredere molto presto.
Come amico, Shinichi poteva essere enigmatico e un po’ strano, visto il suo rapporto con la giovane Shiho – che, nonostante tutto, non credeva fosse la sua ragazza. In quel caso, infatti, non avrebbe guardato Ran in quel modo così…così fastidioso ai suoi occhi, quando lei era di spalle o non poteva accorgersene e non avrebbe sorriso ogni qualvolta la giovane mostrasse interesse in un suo trionfo nei loro diverbi verbali- , mentre come collega era sicuramente misterioso, considerato il suo comportamento nei confronti dell’ispettore Megure. Con uno Shinichi Kudo indifferente si rischiava sempre di ricevere qualche suo commento o, soprattutto, qualche critica, ma con uno Shinichi Kudo avversario bisognava tenere aperti gli occhi in ogni momento, perché era capace di tutto.
Strano e assolutamente preoccupante comunque,, quanto quel detective riuscisse ad imbrogliarlo sebbene agisse sempre davanti ai suoi occhi; non adoperava colpi bassi, non attaccava alle spalle, non affrontava nel momento di debolezza. Era leale. Era fin troppo leale! Ed avere a che fare con uno Shinichi Kudo leale ma arrabbiato, poteva essere rischioso. Non era ancora capitato nulla che potesse confermare questa sua impressione, ma Michiyo era convinto che fosse così.

Bene, visto che nessuno è morto…” attirò su di sé l’attenzione Ishimaru “Bisognerà immediatamente fare qualche domanda in giro.” E si avviò alla porta.
Quando già aveva la mano tesa per afferrare la maniglia, sentì una voce bloccarlo:
“Non dimenticarti che stiamo lavorando sotto copertura.” Era Shinichi, ovviamente. “Per prima cosa, sarà meglio allertare l’ispettore Megure.” Aggiunse in seguito, ottenendo appoggio da entrambe le ragazze.
“Inoltre…non hai visto quel messaggio?”
Soltanto allora il castano notò sul pavimento un fogliettino di carta stropicciato; inchinandosi, lo raccolse e ne lesse stupito il contenuto ad alta voce:

Era capace di leggere negli occhi, di percepire la verità nei volti; e non esitava ad agire di conseguenza. In quell’agriturismo Kudo aveva lasciato che fosse lui a risolvere il caso, fregandosene completamente di ciò che tutti ne avrebbero pensato, per non farsi notare da Yuri Sakata, questo l’aveva capito poche sere prime, in quella vecchia scuola che cadeva a pezzi. Lui l’aveva chiamato «Brandy»…era un nome in codice! Ma perché? Quell’uomo era forse stato una spia, che quindi Kudo aveva iniziato a chiamare con un nick name? Oppure era stato proprio Kudo a ricoprire il ruolo di spia in qualche giro criminale?
Ishimaru sospirò, accendendo i fornelli sopra una piccola pentola piena d’acqua.
-Inutile farsi di queste domande, tanto per il momento rimarranno prive di risposta.- sentenziò infine, estraendo dal frigorifero un sugo pronto –Per il momento, l’unica cosa a cui devo rivolgere la mia attenzione, è il caso. Non sarà facile battere Kudo ma…ce la farò!-
Essendo la vittoria ancor più difficile da ottenere in quel frangente, una volta averla raggiunta per Ishimaru l’onore sarebbe stato ancora più grande! Era questo che pensava, figurandosi in mente il momento in cui avrebbe messo il detective-liceale in ginocchio e gli avrebbe finalmente chiesto cos’era successo quando era, più volte, rimasto da solo con Ran.
Ishimaru non capiva che, non avendo notato neppure lontanamente la somiglianza tra il suo avversario e il ragazzino che all’agenzia investigativa Mouri gli aveva dato problemi, era ben lontano dal batterlo.
Perché l’unico punto debole di Shinichi Kudo era Conan Edogawa.

§§§

“Eccolo qui, trovato!” esclamò il giovane che tanto occupava i pensieri di Michiyo, estraendo dallo scaffale più alto della libreria di suo padre un mucchio di fogli pinzati. Balzò a terra dalla scala in acciaio di fronte alla biblioteca enorme, raggiungendo con grandi falcate la scrivania al centro della stanza. Quindi aprì il secondo cassetto, tirandone fuori una piccola bustina di cellophane con un trifoglio essiccato all’interno; la sollevò, confrontandola con quella immortalata nella fotografia dei documenti che teneva in mano. “E’ lui…” sussurrò tra sé e sé, appoggiando la piccola confezione sulla scrivania per afferrare i fogli presi dalla biblioteca di Yusaku con entrambe le mani.
“Ecco trovata la relazione tra le sei vittime. Ora mi mancano il movente e l’assassino…anche se ho un sospetto…” rimuginò tra sé e sé, accovacciandosi sulla poltrona in pelle verde. Portò le ginocchia al mento, continuando a leggere avidamente quei fogli: per fortuna suo padre Yusaku aveva accuratamente conservato ogni caso in cui si era imbattuto in Giappone in quella gigantesca biblioteca!
Proprio in quell’istante, però, a distrarlo da quell’importante ricerca sopraggiunse il suono del campanello; dapprima il giovane tentò di ignorarlo, ma quando sentì la voce di Agasa chiamarlo oltre la porta, seppur di malavoglia, si alzò e si diresse all’ingresso.
“Buonasera, professore.” Lo accolse, facendosi immediatamente da parte per concedergli di passare.
“A te, Shinichi.” Rispose entrando lui, che reggeva in mano una teglia argentata coperta da uno straccio da cucina.
“Ho visto le luci della biblioteca sempre accese e ho pensato che non avessi ancora mangiato…” spiegò, offrendogli il contenitore.
“Oh, la ringrazio di cuore,doc.” il giovane, nonostante la gratitudine, teneva gli occhi assottigliati e lo sguardo di sufficienza.
“Ehm…” l’omone si strofinò con forza la mano destra dietro la nuca, guardandosi intorno “Ma…ma che confusione! Cosa stai facendo?” si accorse soltanto allora della miriade di fogli sparpagliati a terra.
“Cercavo un’informazione tra i vecchi files di papà.” Rispose, poggiando una mano sul pomello della porta come ad invitare il dottore a lasciarlo lavorare in pace; ma ad ogni modo, il suo vicino di casa non sembrava avere intenzione di andarsene tanto velocemente. Aveva un modo di fare estremamente sospetto…
Soltanto allora, quando il detective vide il lieve rossore che imporporava la faccia dell’uomo, gli domandò:
“Posso offrirle qualcosa da bere?”
Agasa accettò di buon grado.

§§§

Cosa intendeva?Perchè aveva parlato in quel modo?
Ci pensava da giorni e ancora non ne era venuta a capo. Dopo quella notte passata a casa sua, i suoi dubbi avevano preso la forma di certezze: c’era qualche oscura ragione per cui Shinichi non voleva più avere a che fare con lei, tuttavia questa non dipendeva dalla sua volontà; nel momento in cui ne aveva avuto la conferma, il suo cuore si era gonfiato di gioia e per alcuni istanti si era sentita come levitare in un’altra dimensione, nella quale il suo corpo era estremamente leggero. Subito, tuttavia, era tornata con i piedi per terra:

“L’unica cosa che posso fare, è trascorrere questa notte con te. Ma come già ho avuto modo di avvisarti, da domani tutto tornerà come prima…”
“Ma…” cercò di replicare, tuttavia non le fu concesso:
”Niente ma!” la interruppe bruscamente, per poi aggiungere: “Se pensi che stare con me ora possa farti ancora più male, me ne vado subito…” “No!” si affrettò a confermare, stringendosi con più forza al suo torace, come se in tal modo lui non avesse la capacità di abbandonare la stanza.
In tutta risposta, il detective liceale si distese di nuovo sul letto, portando con sé la ragazza; i due rimasero così, l’una appoggiato all’altra e quel sentimento, quella sensazione di attrazione fisica che Ran aveva provato la prima volta in cui finalmente l’aveva rivisto, si risvegliò: infatti, distesa sul suo petto, poteva chiaramente distinguere ogni lineamento della pelle, ogni muscolo. E come se tutto quello non bastasse, sentiva ancora la sua lingua sfiorarle le labbra.

Doveva esserci un motivo, accidenti! Perché non le parlava? Che la vicenda avesse sul serio a che fare con quella Shiho? No, improbabile. Ogni volta che i loro sguardi si incontravano, sebbene Shinichi interrompesse quasi subito il contatto, Ran leggeva nei suoi occhi qualcosa…qualcosa che non riusciva a cogliere con precisione, ma che percepiva come indice di una preoccupazione reale, di un motivo serio, non la semplice gelosia di una ragazza troppo possessiva. Inoltre, dopo quell’incidente alla loro vecchia scuola materna…chi era Brandy? Ma soprattutto…chi era Shinichi?
“Raaaan!” Sonoko irruppe nella sua stanza con la stessa grazia di un elefante, riscuotendola così velocemente dai suoi pensieri tanto da lasciarle credere di essere stata colta in fragrante; Ran, infatti, arrossì violentemente, alzandosi di scatto dal letto soffice.
“Guarda un po’ chi ti ho portato?” le sorrise calorosamente, spostandosi di lato per mostrarle Ishimaru alle sue spalle. Il giovane, infatti, nonostante i buoni propositi precedenti, aveva deciso di fare nuovamente un salto in centrale, per controllare di persona le vittime…o meglio, i portafogli delle vittime. Anche lui, come Shinichi, aveva pensato molto presto: - E se con il portafoglio il serial-killer indicasse qualcosa di preciso?- ma non abbastanza presto da arrivare a questa conclusione prima del detective.
Ovviamente, comunque, aveva avvisato Kogoro della sua illuminazione, e con la scusa di passare dall’agenzia aveva voluto incontrare Ran, senza sapere che anche la sua migliore amica si stava recando da lei con un’intenzione ben precisa.
“Ciao, Ran.” Le sorrise cordialmente con fare piuttosto sexy, avvicinandosi al letto da cui oramai lei si era tirata su: poco importava a Sonoko che la sua amica fosse in pigiama, infatti lasciò al poliziotto fare ciò che voleva.
“Volevo chiederti scusa per la scenata di ieri…” disse, prendendola per i fianchi.
Ran ebbe un brivido: abbassò lo sguardo sulle mani di Michiyo, ricordando con piacere che esattamente nello stesso punto, poche sere prima, era stato Shinichi a toccarla.
“…non capisco, sai? Non sono mai stato un tipo geloso…” le scostò i capelli con la mano per poi bisbigliarle all’orecchio: “…eppure con te…”
Al sentire il fiato caldo sul visto, Ran chiuse istantaneamente gli occhi: in un attimo si ritrovò di nuovo nella camera di Shinichi, ad abbracciarlo stretto e lasciare che lui facesse altrettanto…
Spinto dalle sue reazione insolitamente dolci, Ishimaru avvicinò completamente il volto al suo, schioccandole un bacio sulla guancia; soltanto allora la figlia di Mouri si rese conto che a tenerla a sé non era più Shinichi, ma Ishimaru: con un brivido di disgusto appoggiò le mani sul petto del poliziotto, spingendolo con forza lontano: non avrebbe mai permesso che il suo odore si sostituisse al profumo attraente del liceale-detective…

§§§

“Di cosa mi vuole parlare, professore?” tagliò corto Shinichi, seduto di fronte al tavolo della camera da pranzo. Aveva offerto ad Agasa un semplice bicchiere d’acqua, conscio che tanto l’uomo non desiderava bere, ma solo conversare con lui.
“Sei fantastico, Shinichi…” sorrise l’uomo, alzando finalmente gli occhi per incontrare i suoi “…ma sei quasi antipatico quando fingi di essere uno psicologo…” rise, poi tornò serio: “Vedi io…io…vorrei parlarti di Ran.”
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, arrossendo.
“Io non sono mai stato d’accordo con questo…quest’assurdo piano pensato da te e Shiho, ma ho taciuto. Ho rispettato le vostre opinioni, ma…ultimamente…”
“Ha parlato con Ran?” gli domandò, accorgendosi di quanto fosse piacevole chiamarla per nome.
“No. Però, visto quello che mi hai raccontato…eh, insomma, Shinichi: lei ti ha seguito! Credi sia venuta in quella scuola per stare con Michiyo? Io non credo…”
“Questo non ha la benché minima importanza!”
“Sì, invece!” irruppe Agasa, prendendo il giovane per le spalle “Sei importante per lei, dell’agente Michiyo…non…”
“E’ il suo ragazzo.” Affermò con tono solenne ma amaro, assottigliando entrambi gli occhi.
“No, non è vero.” Ribattè l’uomo, scuotendolo leggermente. “Questa è una scusa che ti fa comodo, Shinichi! Loro non stanno insieme, io sono certo che a Ran il poliziotto Michiyo non interessi…non come possibile fidanzato, almeno…”
“E cosa glielo fa credere? Una dolce metà gelosa, premurosa…e vicina.” Apostrofò melodrammatico l’ultima parola, abbassando subito lo sguardo. “Non potrebbe legarsi a nessuno, meglio di lui.”
Si alzò in piedi, spezzando la stretta del suo vicino di Agasa, quindi si accostò alla finestra, rivolgendogli le spalle: non voleva potesse guardarlo negli occhi, specchio del suo dolore.
Entrambi tacquero per un po’, il tempo parve essersi fermato: tutt’un tratto due parole, taglienti e fredde come la lama di un pugnale squarciarono l’aria, colpendo il detective in pieno petto:
“E tu?”
La risposta fu un sospiro.
“Tu tieni a lei, Shinichi.” Un’affermazione, non una domanda.
“Io ho sbagliato, professore. Una sera di tanto tempo fa ho anteposto il mio lavoro a lei: non mi pento di aver seguito Gin e Vodka, di aver focalizzato la mia attenzione sulla loro ricerca per tutti questi mesi. Lo rifarei uno, due, tre, mille volte.
Tuttavia, mi rendo anche conto del grave, gravissimo rischio che corro ogni istante della mia esistenza: se mai dovessero scoprirmi, mi ucciderebbero senza pietà.”
Agasa ebbe un sussulto: da quando Shinichi gli aveva parlato del suo incidente al luna-park, gli era stata ben chiara la situazione, il pericolo cui il ragazzo si era preso carico, ma mai ne avevano parlato così chiaramente, mai Agasa aveva avuto il coraggio di pronunciare la parola ‘morte’ di fronte alle due vittime dell’aptx 4869, seppur quella fosse la più grande di tutte le sue paure.
“I membri dell’organizzazione provano puro piacere nell’eliminare qualcuno a sangue freddo, godono della loro vista inerme, pregustano la loro morte lenta e dolorosa…” Shinichi stava oramai parlando con se stesso, piuttosto che con Agasa; neanche lui ne aveva mai fatto parola a voce alta, benché avesse compreso il vero pericolo che correva soltanto dopo aver sentito la vita di Akemi scivolargli via tra le dita.
Per entrambi quel discorso fu una terribile presa di coscienza, tale da catapultarli nella realtà senza preavviso, al di fuori di ogni controllo.
“Mi pento di avergliene parlato, professore.” Concluse, poggiando il palmo della mano sul vetro della finestra.
“Come?”
“Ora lei è in pericolo quanto me. L’organizzazione si sbarazzerà di ogni possibile nemico, quindi di chiunque abbia comunque avuto a che fare con me…pensa che si preoccuperebbero di uccidere qualche persona in più, che si affaticherebbero e ricercare con attenzione tutti coloro a cui io ho raccontato della loro esistenza? No, per sicurezza li toglierebbero di mezzo tutti, tutti! E…” Chiuse la mano senza staccarla dalla finestra, provocando uno stridio acuto.
“…e non potrei sopportare la morte di Ran. Già l’altra sera, in quel magazzino, ha rischiato veramente la vita: Sakata stava per ucciderla nonostante sapesse bene che lei è all’oscuro della faccenda. Più mi sta alla larga, minori sono i rischi che corre: quel che ne sarà di me non ha la benchè minima importanza. Starò benissimo sin quando saprò che lei è viva, e che nessuno osa toccarla.

§§§

“Non mi hai ancora spiegato il punto, sai?!” gli ricordò Kogoro, chiudendo la portiera dall’automobile con forza.
“Ho bisogno di consultare ancora una volta il fascicolo dell’ultima vittima. Se riscontro quel che ho mente, sarai il primo a sapere la verità!!” disse di rimando Michiyo, azionando l’antifurto della macchina. I due uomini s’incamminarono quindi verso l’entrata del commissariato, continuando a parlare:
“Vuoi dire che hai risolto il caso?!”
“Beh…penso di proprio di sì, Kogoro.”
Il detective, basito, non aspettò neanche di varcare la soglia dell’entrata per chiedergli spiegazioni, ma notò che il poliziotto taceva.
“Ehi, Michiyo?” lo richiamò per un paio di volte, accorgendosi infine che il giovane castano continuava a fissare con gli occhi assottigliati per il fastidio un punto preciso di fronte a sé: seguì la linea del suo sguardo per constatare come Kudo, con passo deciso, scendeva le scale loro dirimpetto; gli occhiali da sole sul suo volto non rendevano facile capire se il liceale-detective si fosse effettivamente accorto del loro arrivo.
Come i poli di una calamita, Kudo si avvicinava sempre più a Michiyo, che continuava a camminare con falcate rapide e costanti; non gli importava minimamente che Shinichi li avesse o meno visti, perché si prese lui stesso la briga di attirare l’attenzione su dì sé:
“Ma guarda guarda chi si vede, Mr. NonMiInteressadiRanMaLeStoSempreAppiccicatoComunque!!” esordì, scandendo lentamente le singole parole. “Buonasera anche a te, Michiyo.” Rispose lui, troppo soddisfatto per rispondere alle sue invettive: mentre lui ed Agasa discutevano, si era infatti improvvisamente ricordato di avere ancora con sé l’oramai inutile fascicolo e portafoglio dell’ultima vittima, dunque si era precipitato in centrale per riconsegnarli. Seppur non sapesse con certezza se –visti i piani di pedinamento del poliziotto a suo danno- quel generoso prestito fosse stato progettato con lo scopo di ingannarlo o se fosse nato semplicemente dalla gratitudine di Wataru, aveva di gran lunga preferito riportare ogni cosa al suo posto, per evitare qualsiasi tipo di problema: peccato che proprio nel momento esatto in cui lui stava lasciando la centrale, Kogoro e Ishimaru la stavano raggiungendo!
“Puoi dirlo forte, questa è davvero una gran bella serata!” esclamò, per poi alzare ulteriormente il tono della voce “Oggi è il giorno in cui il raggio di luce della polizia giapponese risolve il caso del serial killer che da tempo terrorizza la città!!”
Tutti i poliziotti in quella stanza interruppero le loro attività, ritrovandosi a fissare con la bocca spalancata l’agente: era davvero possibile che lui avesse trovato il colpevole??
Dal canto suo, anche Kudo era piuttosto sorpreso: era un bluff? Oppure Michiyo stava dicendo il vero?
“E dimostra di avere una marcia in più del montato detective di strada!” continuò imperterrito, senza frenare la sua avanzata; Shinichi ricevette duramente il colpo, sostenendolo: fece per replicare, ma alle sue spalle qualcuno domandò:
“Davvero è riuscito a venire a capo della questione, Michiyo?”
L’attenzione del castano fu quindi attirata dal medico legale,il signor Kaetsu.
“Cosa ci fa lei qui?” chiese Kogoro, aggrottando le sopracciglia.
“L’ispettore Megure mi aveva convocato per alcuni chiarimenti sulla morte di NOME, e dal suo atteggiamento, credo proprio non fosse al corrente della sua risoluzione…”
Shinichi, immobile al centro di quel cerchio di uomini, tendeva le orecchie ben aperte, dal momento che aveva chiaro il movente e la modalità, il trucco e le motivazioni, ma gli mancava un elemento importante, quello decisivo: l’identità del colpevole.
“Non lo è, infatti.”
“Non lo è nessuno, credo…” aggiunge Kogoro, lanciando un’occhiata al poliziotto al suo fianco, che annuì.
“Se non va di fretta, le dispiacerebbe venire con noi, dottor Kaetsu?” gli domandò “Mi tornerebbero molto utili i suoi accorgimenti pratici nella spiegazione dei fatti.”
“Non c’è problema.” Gli sorrise di rimando, passando la documentazione che aveva nella mano destra in quella sinistra “Andiamo pure. Mi faccia strada.”
Michiyo non se lo fece ripetere due volte: “Vieni anche tu, Kogoro.” Aggiunse. Allora riprese a camminare, seguito dai due uomini, ma non si lasciò sfuggire l’occasione di infierire sul suo avversario – professionale e non-:
“La prossima volta, ti mostro come ti batto anche sul fronte Ran.” Pronunciò mentre gli passava accanto con il tono della voce un po’ più basso, quasi volesse farsi sentire solamente da lui in una sorta di resa dei conti personale tra loro due. Tuttavia il padre lo sentì, e nonostante tutto, arricciò il naso: quella frase lasciava trasparire come la bambina fosse il premio, l’oggetto della loro contesa e non una persona amata per ciò che davvero era. Tentò comunque di reprimere il fastidio, ripromettendosi però di chiarire con il poliziotto, ma le parole dure di Shinichi gli fecero perdere il controllo:
“Ti ho già detto che non mi interessa nulla di lei, puoi tenertela.”
La rabbia, la gelosia, la situazione…cos’aveva spinto il liceale a rispondere in tal modo? Impossibile stabilirlo: forse era addirittura dimentico della presenza di Kogoro lì. Fatto sta che l’aveva detto e pochissimi istanti dopo aver pronunciato quella parole, si sentì tirare all’indietro per il cappuccio del giacchetto con forza spropositata.
“Dimentichi chi hai davanti?!” ruggì Kogoro passando la presa sul colletto della giacca e così trascinandolo a pochi centimetri di distanza dai suoi occhi in fiamme.
Sebbene la sua opinione differisse parecchio da quella di Ran, era ben conscio di quanto sua figlia tenesse a quello sbarbatello, percepiva ogni volta il suo dolore per il suo atteggiamento distaccato e quelle parole avevano scatenato il suo rancore, già in parte suscitato dalla precedente affermazione di Ishimaru. Shinichi a quel punto fu un semplice capro espiatorio, ma inconsapevole di questi dettagli, si sentì uno sciocco ad aver parlato così proprio in faccia a Kogoro, che adorava la sua bambina. Per questo tacque, senza però divagare lo sguardo.
“Chi o cosa ti credi di essere? Pensi davvero che tutto il mondo sia pronto a inginocchiarsi ai tuoi piedi?” proseguì, scuotendolo con veemenza.
Shinichi non rispose, lasciandosi scuotere da quello che fino a pochi giorni addietro aveva chiamato Oji-san.*
“Kogoro, si calmi!” lo richiamò inutilmente il medico legale che, nel tentativo di bloccarlo, si frappose tra loro: la presa del detective più grande però era così stretta da coinvolgere persino lui, facendogli cadere a terra la documentazione e sbottonandogli i primi bottoni della camicia.
Kaetsu rimase per alcuni secondi interdetto, e Mouri ne approfittò: con la forza che contraddistingueva un ex campione di judo colpì al volto Shinichi, che non cadde rovinosamente a terra per poco.

^***^ ^***^ ^***^

Oji-san: Zietto in giapponese.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: Eccolo qui! Questa volta ho mantenuto la promessa =D
Piaciuto il capitolo? Devo ammetterlo: ho ADORATO scriverlo, soprattutto la prima parte: analizzare Shinichi attraverso gli occhi di Ishimaru è stato davvero interessante!!
Per il prossimo capitolo, invece, temo che dovrete attendere un pochino: c’è un punto su cui sono bloccata da giorni, e non ho ancora trovato uno stratagemma per dipanare la concatenazione di causa/effetto. =( Cercherò comunque di lavorarci il prima possibile, e conto di riuscire comunque a postare il capitolo ventotto in settimana =D
Passo ora a rispondere ai miei adorati commentatori:
totta1412:
Ciao!
Grazie mille, mi fa davvero piacere che la storia continui a piacerti!! =D Visto?, stavolta sono stata puntuale xD
Beh, guarda: il titolo del prossimo capitolo sarà “Il Caso E’ Risolto!”, quindi diciamo che possiamo dire (scusa la ripetizione ^^” XD) di essere a buon punto! Un grande bacio e grazie ancora

bacinaru:
Ciao!! Eh, addirittura disperata! XD Grazie grazie grazie, per me è davvero un onore :D E tutti questi complimenti finiranno per montarmi la testa, ne sono sicura :P Mi fa mooolto piacere che la mia fic ti piaccia a tal punto e ti chiedo scusa per aver postato l’ultimo capitolo così in ritardo =( Però mi sono rifatta con questo, dai! ^-^ Prometto che cercherò di essere meno ritardataria…anche se, come ho scritto sopra, adesso ho il problema che non so come sistemare una scena del prossimo capitolo ^^”
Ma parlando della fic: ah-ah! Sospetti di Richard, eh? E perché, povero angelo? Non è gentile con Ran? Ihih…mi piace un sacco istillare dubbi eheh ;D Comunque, ti do uno scoop: Richard non è il capo dei MIB! xD
Decisamente, posso assicurarti che Richard non è un mib…Altro, però, non posso dirti XP
Ti è piaciuto il paragrafo dedicato a Ran del capitolo? Con le analisi interiori dei personaggi faccio sempre una gran fatica, l’ansia di averli resi OOC non mi abbandona mai…fammi sapere che ne pensi! E grazie mille di nuovo!!! Un grande bacio

SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate :
Ciao! E’ per me un vero piacere ricevere la tua recensione, considerando anche che sei una “collega” :D Ricordo molto bene e con gran piacere“Le Stagioni Dell’Amore” ;D
Sei gentilissima, mi fai arrossire per davvero ^////^ Sono proprio contenta che la fic ti piaccia, e soprattutto sono contenta che tu non ti sia stancata di aspettare ma abbia deciso di continuare a leggerla nonostante l’enorme lasso di tempo che ho lasciato intercorresse tra una pubblicazione e l’altra ^^”
Eheh, la mia intenzione è proprio quella di descrivere un Michiyo un po’ antipatico =P…e mi fa piacere d’esserci riuscita, sebbene sia comunque una mia “creatura” XD
Mhm, piccola curiosità personale xD, vale a dire: fai fatica a sopportare Detective Conan perché non ti piace come lo sta trattando Gosho, oppure perché oramai tra le repliche in soli due giorni a settimana e il manga che esce ogni due mesi, si sta trasformando da manga/anime a oggetto d’antiquariato?XD
Un bacione grandissimo e grazie ancora per il tuo bellissimo commento, mi ha fatto davvero piacere!!

Shiho93:
Ciao! Ma figurati, anzi scusa tu per il colossale ritardo col quale ho postato il precedente capitolo! XP
Mhm, nei limiti del possibile cercherò di inserire qualche scena di quel genere...;D Un bacione, ciao!!

E con questo, cari lettori et lettrici, concludo! Spero con tutto il cuore che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!! =)
XXX Cavy Chan XXX

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Capitolo 29
*** Il Caso E' Risolto! ***


Capitolo Ventotto

Il Caso E’ Risolto!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Piccola premessa: in questo capitolo, come anche nel XIX, è presente una descrizione «particolare». Non ritengo necessario alzare il target, ma sappiate comunque che ad un certo punto la narrazione subirà un certo cambiamento divenendo piuttosto dettagliata (fan ShinxRan gioite! XD). Buona lettura!

“Ehy, Kudo, che ti è successo?” ridacchiò Matsuri, seguendo con lo sguardo il detective che entrava in classe.
“Ti ha beccato il fidanzato di qualcuna?” scherzò un altro, battendogli sulla spalle mentre passava di fianco al suo banco per raggiungere il suo posto.
A quelle parole Ran, che teneva gli occhi bassi sul libro di matematica intenta a ripassare alcune formule, immediatamente focalizzò la sua attenzione su di lui e agli occhi venne subito l’enorme strato di garza che ricopriva buona parte di una sua guancia.
Shinichi d’altro canto non rispose, poggiando con poca grazia la cartella con i libri sul banco e per poi prendere posto.
“La professoressa sta arrivando.” Disse soltanto “Era dietro di me, sulle scale.” Precisò.
Allora gli altri studenti, che pure erano curiosi per quell’evidente segno di lotta sulla faccia del loro famoso compagno di classe, si riappropriarono giusto in tempo dei rispettivi posti.

“Se non ricordate le regole studiate lo scorso anno, come pretendete di poter capire gli argomenti nuovi?” la professoressa stava rimproverando i due sfortunati che erano finiti, pro patria, in piedi davanti alla lavagna, ma a Shinichi non importava niente. Immagini gli correvano davanti agli occhi come dei flash: non era possibile che Michiyo avesse risolto il caso!
Sospirò, spostando lo sguardo fuori dalla finestra: il vento dava l’impressione che la pioggia si muovesse animata di vita propria oltre gli alberi del cortile.
-E poi…c’è qualcosa che mi sfugge…ma non riesco a capire che cosa! Sono sicuro di averlo davanti agli occhi, eppure non accorgermene…-
Un fruscio attirò la sua attenzione cosicché spostasse gli occhi sulla superficie lignea del banco, occupata da un foglietto accartocciato. Lo dispiegò, leggendo mentalmente:
- «Dimmi soltanto che non è stato Ishimaru a farti tanto male»…
- Cosa?!- voltò immediatamente il capo in direzione di Ran, che era evidentemente distratta quanto lui.
La giovane gli sorrise, ma i suoi occhi lasciavano trasparire enorme preoccupazione: dopo quella notte a Villa Kudo, nella sua mente la gelosia per Shiho aveva lasciato spazio a un’emozione ben diversa; dalle parole e dal modo in cui le aveva pronunciate, Shinichi le aveva fatto capire che la ragione per cui teneva quel comportamento era seria. E grave. Non poteva trattarsi semplicemente dei capricci di una ragazza che, a quanto sembrava, non era neppure la sua fidanzata!!
Il detective sospirando tornò a fissare di fronte a sé, pensieroso.
-Perché hai sempre quell’aria così sofferta? I tuoi occhi non risplendono più come un tempo…cosa devi affrontare, Shinichi? Di quale peso ti sei fatto carico?- lo fissava intensamente, e ogni sguardo era una pugnalata.
Improvvisamente Kudo si voltò di nuovo verso di lei, lasciandola spiazzata: scuotendo la testa leggermente, rispose alla sua domanda senza darle ulteriori informazioni. E lei, ignorando l’evento della sera precedente, si rincuorò.
“ A posto, tutti e due! Quest’interrogazione non è sufficiente, mi spiace.” Proseguì l’insegnante che non si era lontanamente accorta della distrazione di Shinichi e Ran; a Richard, tuttavia, i loro movimenti non era passati inosservati.

Il tempo non era migliorato, tutt’altro: la pioggia scrosciava incessantemente e, tanto per cambiare, Shinichi aveva dimenticato l’ombrello.
“Maledizione!” imprecò ad alta voce quando l’acqua gli fece cadere dal volto la garza.
“Oh mio Dio, guarda qua!”
All’esclamazione di Ran, Shinichi si girò spaventato.
“ Che c’è?” le chiese, senza curarsi del fatto che oramai erano praticamente loro due soli nel cortile della scuola: tutti gli altri erano andati via, desiderosi di arrivare presto a casa per ripulirsi dal fango e indossare abiti asciutti. O meglio, tutti tranne uno: Richard era appoggiato alla corteccia di un albero ma nessuno dei due ne era a conoscenza.
“Guarda che livido!” aggiunse lei, alzando una mano verso il suo volto. Istintivamente il giovane si tirò indietro, al che Ran rise: “Che c’è? Hai paura? Guarda che non ti faccio male… non ti farei mai del male…”gli sorrise dolcemente, riprovando una seconda volta a sfiorargli il volto.
“Cosa c’è che ancora non ti è chiaro, Mouri?” le bloccò la mano a mezz’aria, trattenendola. Ran, di rimando, strinse la mano di Shinichi, accarezzandone la superficie con il pollice.
“Shin…”
“Kudo.” La corresse lui, interrompendo quel contatto e dandole le spalle.
“Perché non vuoi dirmi qual è il problema?” si appoggiò alle sue spalle, ma fu scansata all’istante.
“Perché non sono affari che ti riguardano!” replicò, acido.
“ E l’altra notte?” insistette lei, decisa ad andare a fondo della questione.
-Sapevo che era un errore…- Shinichi si diede mentalmente dello stupido, serrando con forza le palpebre.
“Ebbene? Perché l’altra notte erano affari miei??” proseguì, poggiando per l’ennesima volta la mano sulla sua spalla.
Kudo riaprì gli occhi:-Perdonami, Ran, perdonami…-
Inspirò profondamente, poi si voltò, pronto a contrattaccare: “Non credo che tu voglia sapere la verità, Mouri.”
“Sì che lo voglio, invece!”
“Benissimo.” Rispose lui, riuscendo a fingere un perfetto sorriso sarcastico. “Non riuscivo a dormire e ho ragionato in questo modo: casa mia vuota, e al buio. Tu da sola, nella mia camera, nel mio letto…tu donna, ed io uomo. Quale voglia credi mi abbia assalito?”
Ran avvampò.
“Esatto.” Sentenziò, facendo per andar via.
“E allora perché non l’hai fatto?” balbettò lei in imbarazzo,trattenendolo per la manica.
“Ma cosa ti importa? Avresti voluto che lo facessi?” replicò, preso in contropiede: non aveva idea di come rispondere. “Cosa c’è, piaccio anche a te?” Ferendola nell’orgoglio forse l’avrebbe vinta.
Ed in effetti, lei tacque, lasciando che la sua frangetta le coprisse gli occhi. Per l’ennesima volta, allora, Shinichi le diede le spalle e si incamminò per la via di casa, ma dopo neanche tre passi si ritrovò faccia a faccia con la giovane karateka, lo sguardo deciso.
“Che altro c’è?” ruggì “Guardami, sono fradicio! Cosa vuoi da me?”
Anche lei era bagnata da capo a piedi ed era ben consapevole che i vestiti, divenuti aderenti, lasciavano intravedere le sue curve: si sfilò il cappotto, lasciandolo cadere a terra noncurante.
“E adesso cosa fai?” le chiese, sinceramente sorpreso.
Ran gonfiò il petto, perché davvero vi fosse poco spazio per l’immaginazione e si accostò a lui, che deglutì.
“Perché non lo fai ora?” lo sfidò, sicura di sé.
Non gli diede neanche il tempo di sgranare gli occhi, che insistette: “So che non lo farai, Shinichi. Non sei quel tipo di uomo.”
“Decisamente, io non sono un uomo.” Affermò, riferendosi al significato morale del termine.
“Ok, stupido detective!” si avvicinò ancora di più a lui, quindi si corresse: “Non sei quel tipo di ragazzo…capace di farlo.”
“Ne sei convinta?”
“Sì.”
“Forse non lo ero!” affermò, afferrandola per la vita e tirandola a sé perché i loro corpi bagnati dalla pioggia aderissero perfettamente; Ran sussultò, ma non oppose resistenza.
Mentre per la seconda volta il suo profumo la avvolgeva, lo sentì affermare: “Il tempo cambia le persone, Mouri. Fattene una ragione.”
Allargò la mano sulla sua schiena, palpandogliela con foga.
-Scusami, ti prego, scusami, Ran…-
Si mosse in avanti, facendo sì che anche i loro bacini fossero a pieno contatto: Ran deglutì, arrossendo vistosamente.
“Non te.” Non respinse il suo sguardo.
-Ran! Vuoi convincerti che devi lasciarmi perdere? Non faccio che causarti dolore, ti prego! Va’ via!- la pregò mentalmente, ma lei continuava a fissarlo negli occhi imperterrita.
-Va bene- decise, a malincuore; quindi, con la speranza di spaventarla, scagliò i libri che teneva nell’altra mano a terra, per poi attaccare i bottoni, strapparle letteralmente la giacca di dosso e causarle una scollatura abbastanza profonda. Richard, dietro il fusto dell’albero, rimase immobile a fissare la scena e ascoltare ogni loro parola.
Non contento, Shinichi la strinse per la vita con entrambi le mani, con foga latente. “Me per primo, invece.” Affermò, recitando con tono di voce appositamente rauco.
-Disprezzami, odiami, disgustami…-
“Puoi fare di me quello che vuoi, se lo desideri.” Gli concesse invece lei, continuando a fissarlo negli occhi senza che i suoi lasciassero trasparire nient’altro che imbarazzo:
niente disprezzo, niente paura, niente disgusto…
“Ma prima dimmi che mi odi.” Concluse, seriamente.
“Che cosa?” Di nuovo, Shinichi rimase perplesso: dove voleva arrivare?
“Mi pare d’avertelo già detto un sacco di altre volte! O perlomeno, d’avertelo fatto capire: ma se è questo che vuoi…” distolse lo sguardo, senza però lasciarla andare. “Ti odio, Mouri.”
Richard assottigliò gli occhi.
“No. Dimmelo guardandomi in volto.” La sua non era una richiesta, bensì un ordine.
“Eh?”
“Dimmi che mi odi e che vuoi solo…” arrossì ulteriormente “…vuoi solo approfittare del mio corpo guardandomi negli occhi!!”
Ecco dove voleva arrivare: Ran si era accorta che Shinichi, nei loro diverbi verbali, non riusciva mai a sostenere il suo sguardo: era dannatamente difficile farlo, sapendo di mentire spudoratamente…
“E questa che stronzata sarebbe?” soffiò Shinichi, fuori di controllo: non ce l’avrebbe fatta, ne era perfettamente consapevole.
“Fallo e non ti disturberò più, smetterò di parlarti…farò quello che vorrai.” Promise, testarda “Ma tu, prima, fallo!”
“Ti ha dato di volta il cervello?” Shinichi cercò inutilmente di cavarsi d’impaccio. “Quello che stai dicendo non ha senso!”
“DILLO!”
Il detective sospirò.
“Io…” la fissò negli occhi, aumentando la presa sui suoi fianchi.
Ran, in tutta risposta, si morse le labbra.
“Mouri, io…” tentò, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Trascorsero alcuni secondi, che parvero interminabili.
Consapevole dei suoi limiti, Shinichi si arrese: “…io non sono disposto a dare adito alle tue paranoie!” esclamò, staccandosi bruscamente da lei e recuperando con movimenti convulsi cartella e libri, corrosi dal fango.
Quindi afferrò anche la giacca della giovane, divenuta da celeste marrone, e gliela tirò contro: “E soprattutto, io non mi sporco con la merce usata di Michiyo!” Si era arreso: mentirle così spudoratamente, e per di più insultarla a quel modo guardandola negli occhi non era nelle sue possibilità, trascendeva completamente i suoi limiti.
Quasi di corsa, per evitare che lei potesse fermarlo di nuovo, si allontanò dirigendosi verso casa.
Ran rimase invece immobile, a fissare la sua schiena mentre correva via: nonostante la pioggia continuasse a martellarle addosso, non potè fare a meno di sorridere.
Sorridere a trentadue denti. E Richard, ancora nascosto dall’albero, ne comprese il motivo: Shinichi era stato definitivamente smascherato.

§§§

“Avanti, confessa!!” ruggì Ishimaru, nei panni dell’abile agente di polizia Michiyo, battendo con forza le mani contro la superficie del tavolo scuro.
L’uomo seduto a testa bassa trasalì per lo spavento, non aspettandosi un comportamento tanto duro.
“Io…” balbettò “Io non so davvero di cosa stia parlando!” si rivolse al castano, poi alzò finalmente gli occhi anche verso Megure, Takagi e Sato: “Ve lo giuro, io non sono il serial-killer che state cercando!!”
“NON MENTIRE!” gridò ancora più forte lo spasimante di Ran, avvicinando torvo il viso a quello del povero malcapitato “Pensi di poterci far fessi tutti?!”
“No no, ve lo giuro!”
“Mi ascolti, signor Ruheda…” prese allora la parola l’ispettore, rivolgendo al suo sottoposto uno sguardo molto eloquente: “Stai calmo e controllati”, intendeva comunicargli. In tutta riposta Michiyo sbuffò, togliendo le mani dal tavolo della sala interrogatori per rivolgere a tutti le spalle.
“…il punto è che in tutti i portafogli delle vittime vi è quadrifoglio essiccato …e…”
“…ed IO…”sottolineò Ishimaru “Mi sono ricordato del suo marchio, mio caro banchiere! In tutti i biglietti da visita che le appartengono, c’è raffigurato un quadrifoglio! Vuole forse farmi credere che non sia vero?”
“No no, effettivamente sul mio bigliettino da visita il quadrifoglio c’è…ma solamente perché sono un tipo molto scaramantico e…e speravo di allontanare la sfortuna e…”
“NON CI PRENDA IN GIRO!” tuonò di nuovo l’agente di polizia, ma nuovamente Megure lo riprese, poi aggiunse: “Lei, signor Ruheda, non ha neppure un alibi per nessuno dei sei delitti…”
“Questo perché sono un tipo solitario…non…non mi piace troppo la compagnia, incontro già molte persone mentre lavoro!...” il bancario non demordeva nel tentativo di difendersi, ma Ishimaru non gli credeva: era lui, doveva essere lui!! Era stato tutta la notte passata a riflettere su quel maledetto caso di omicidi seriali (neanche si trattasse di Jack The Ripper *!!) , ed era arrivato a quella conclusione.
Effettivamente, quando gli aveva sfiorato l’idea che il pugnale conficcato nei portafogli volesse indicare qualcosa che trascendesse i portafogli stessi si era follemente dato alla ricerca, senza scoprire nulla: quindi, preso da un attacco d’ira, avevo letteralmente squarciato un portamonete a caso e così aveva rintracciato, nella fodera dell’oggetto, la stessa bustina di plastica con il quadrifoglio essiccato che già da tempo Kudo aveva scoperto.
“Si sforzi, signor Ruheda…” tentò allora Sato “…non ha neppure telefonato a qualche collega, ordinato magari una pizza…?Anche quello potrebbe valerle come alibi…” la donna non accettava che Ishimaru avesse ragione e dunque cercava ogni possibile escamotage per vanificare la sua risoluzione dei fatti.
“No nulla…nulla…” piagnucolò l’agente di banca: mentre stava uscendo dal suo ufficio per rincasare, due agenti di polizia, che poi aveva scoperto chiamarsi Michiyo e Takagi, l’avevano affiancato chiedendogli di seguirlo in centrale. Seppur privo di qualsiasi spiegazione plausibile, lui intimorito aveva ubbidito e in un attimo si era ritrovato seduto su quella sedia, di fronte a quel tavolo ghiacciato, con quel ragazzo castano che ogni due minuti gli sbraitava contro! Perché lo stavano accusando? Lui era innocente!
“Non usciremo di qui sino a quando non avrà confessato.” Affermò duramente Ishimaru, afferrando a sua volta una seggiola e prendendone possesso.
-Ho dichiarato di aver trovato l’identità del colpevole di fronte a quello lì…non perderò!- pensò, oramai rapito dalla bramosia di sconfiggere il liceale detective.

§§§

“Eppure c’è qualcosa che non mi torna!” ragionò Shinichi a voce alta, gettando sul letto matrimoniale dei suoi genitori l’asciugamano bagnato. Tornato a casa si era cambiato d’abito e aveva cercato in qualche modo di lenire il dolore alla guancia destra.
“Ma non riesco a capire cosa…” si appoggiò con entrambe le mani alla cassettiera dei genitori, riflettendo per pochi istanti ad occhi bassi, quindi alzò lo sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio di fronte a lui.
“Maledizione!” ringhiò, scoprendosi distratto: più provava a concentrarsi su tutti gli elementi del caso che aveva a disposizione, più nella sua mente appariva Ran:
“Dimmi che mi odi e che vuoi solo…vuoi solo approfittare del mio corpo guardandomi negli occhi!!” aveva detto. Che sciocca era stata…eppure l’aveva colto in fragrante: l’unica cosa che davvero il liceale-detective davvero non sarebbe riuscito a fingere.
Nel frattempo, la stanza fu illuminata da un lampo accecante, seguito a ruota dal rombo di un tuono: la pioggia dal pomeriggio aveva continuato a cadere violentemente dal cielo.
Scosse il capo, stringendo con forza gli angoli del mobile scuro: continuando a contemplare se stesso allo specchio, si fece sfuggire: “…come sono ridotto…”
Per la prima volta in assoluto impiegava del tempo per sé: prima il falso allarme con l’organizzazione, poi Ran, il poliziotto, e di nuovo l’Organizzazione, stavolta un rischio reale, quindi il pedinamento ai danni di Miyano e suoi…e poi? Valanghe di impegni, incarichi, doveri, che pian piano cominciavano a pesare, tutti accatastati sulle sue spalle.
Proprio come a suo tempo Ran aveva notato, i suoi occhi erano cerchiati da profonde occhiaie, in netto contrasto con il pallore del volto. Qualche graffio dello scontro con Sakata ancora era visibile, ma a dominare la scena sulla sua guancia era quel livido violaceo che Kogoro gli aveva causato la sera prima in centrale…
“Eh?!” strabuzzò gli occhi ed ebbe una sorta di flashback.
“Ecco cosa non mi tornava…” realizzò, concentrando di nuovo l’attenzione su quel dettaglio a prima vista insignificante mentre si tirava indietro i capelli spettinati con una mano.
“Oh, mio Dio!” esclamò infine, scattando verso il corridoio: scese le scale il più velocemente possibile, saltando i gradini a due a due, quindi afferrò il primo cappotto che gli capitò alla mano e, sbattendo la porta, varcò la soglia di casa in una corsa disperata.

§§§

Tranquilla e , dopo davvero molto tempo, realmente serena Ran stava finendo di lavare i piatti canticchiando allegramente un motivetto sentito da poco in un show televisivo.
Aveva continuamente davanti gli occhi il volto di Shinichi, titubante e balbettante…finalmente era riuscita a provare che il suo amico d’infanzia stava fingendo! A quel punto, la motivazione non sarebbe stata difficile da scoprire o meglio, lei non avrebbe gettato la spugna sin quando non fosse venuta a capo del dilemma: a darle la forza per perseverare, la certezza di non essere ritenuta una ragazzina dal detective di cui era innamorata.
“Insomma, Ran! Vai ad aprire? Io sto guardando Yoko nello special della sera!!” la voce del padre la riscosse dai suoi pensieri, scagliandola nella realtà; allora anche lei udì il campanello di casa suonare, e dopo aver asciugato le mani, si avviò alla porta per aprire.
“Oh, buonasera. Lei è il dottor Kaestu, non è vero?”
“Esattamente.” Le rispose cordialmente il medico legale, piegandosi leggermente in avanti in segno di rispetto.
Dopo aver ricambiato il saluto, Ran gli chiese se avesse voluto parlare con suo padre ed al suo assenso gli permise di entrare.
“Prego, si accomodi pure qui.” Gli indicò gentile il divanetto di fronte alla finestra “Io vado a chiamare mio padre.”
“Mi dispiace, stavate mangiando?” il dottore si era già seduto, ma all’udire le ultime parole della giovane fece per rialzarsi in piedi “Posso ripassare più tardi, o magari domani…”
“No no, non si preoccupi! Avevamo finito, io stavo semplicemente lavando i piatti, mentre papà sta guardando uno spe…uno special su alcuni delitti rimasti irrisolti!” si corresse all’ultimo secondo, non volendo riferire la passione di Kogoro per la bella Yoko.
“Immagino debba riferirgli del serial-killer, non è vero?” s’informò.
“Oh, il detective Mouri ne ha parlato con lei, signorina?” non le rispose, concentrandosi su ciò che più gli interessava.
“Ehm…no.” Ran si morse immediatamente la lingua “In realtà…me ne ha parlato Ishimaru.”
“Intende…l’agente Michiyo?” le sorrise, impertinente e malizioso.
“Sì, sì… certo. L’agente Michiyo…” gli sorrise di rimando, rossa come un pomodoro e anche piuttosto infastidita: non voleva assolutamente dare l’impressione che tra lei ed Ishimaru ci fosse del tenero!!
“Le chiamo subito papà.” Diede fine al discorso, abbandonando l’ufficio investigativo per raggiungere l’appartamento al piano di sopra.

§§§

“Niente, non vuole parlare!” lo disse più a se stesso che a Ruheda, alzandosi convulsamente dalla sedia per passarsi una mano tra i capelli.
“Michiyo, ascoltami…” iniziò Megure, ma l’agente lo ignorò: “Telefono a Mouri.”
Affermò, pensando fosse un’ottima soluzione. Quindi, senza aspettare che l’ispettore glielo concedesse, si permise da solo di lasciare la sala interrogatori.

§§§

Afferrò il telecomando, spegnendo la televisione: l’immagine di Yoko Okino si affievolì tutto d’un tratto, tramutandosi subito dopo in una scura macchia nera.
“Ma cosa fai, Ran? La canzone non era finit…”
“C’è di sotto il dottor Kaetsu, papà! Lo vedrai dopo lo special!”
“Ma dopo non…”
Lo sguardo truce della figlia lo convinse a non insistere oltre; sbuffando, si alzò ma proprio allora squillò il telefono.
“Pronto?” rispose l’uomo, facendo cenno alla ragazza di tornare nell’ufficio per intrattenere il medico legale sino a quando lui non fosse sceso. Lei scosse la testa contrariata, riprendendo la via del piano inferiore.
“Kogoro, sono Michiyo! Ti spiacerebbe raggiungermi in centrale? C’è un problema con quello che io sono sicuro essere…”
“PAPA’, IL DOTTOR KAETSU STA PER ANDAR VIA!!”
Lo raggiunse il grido di Ran.
“Ehm, scusami Michiyo, qui invece c’è il dottor Kaetsu che vuole parlarmi e Ran che continua a farmi la predica…ti ritelefono appena ho terminato!” e riagganciò.
“ARRIVO!” urlò di rimando, afferrando la cravatta dal divano su cui l’aveva poggiata un paio d’ore prima e cercando di darsi un’aria quantomeno presentabile.

§§§

Ishimaru sospirò, seccato.
“Fantastico, mi toccherà fare nottata!” si lamentò, incrociando le braccia. Poi, però, ridacchiò:
“Mh, che dolce la mia Ran…! Si prende cura dell’ufficio e dell’appartamento…sarebbe una moglie perfetta!”
E già stava fantasticando su come la ragazza, una volta sposati, l’avrebbe accolto a casa di rientro dal lavoro: “Ishimaru, tesoro! Lavati le mani e vieni a tavola! Oggi ti ho cucinato il tuo piatto preferito!”…quando un pensiero gli squarciò la mente:
-Il dottor Kaetsu??-

§§§

“Non volevo disturbarla, detective Mouri. Ma ho assolutamente bisogno di parlare con lei riguardo l’indagine sul serial-killer…” iniziò a dire il medico non appena Kogoro fu entrato nella stanza.
“…e la prego, signorina, resti anche lei. La sua opinione potrà essere utile, giacchè l’agente Michiyo l’ha informata della vicenda.” Aggiunse repentino quando scorse l’ombra esile della giovane avviarsi verso la porta con la coda dell’occhio.
Entrambi, padre e figlia, si stupirono, ma ciò nonostante lei accettò.
“Bene, si sieda allora.” Le sorrise l’uomo, ma la sua offerta parve un ordine. E Ran ubbidì.
“Dicevo, del serial killer…”
“Ieri sera Michiyo ha affermato d’aver scoperto la sua identità. E, se non sbaglio c’era anche le…” Kogoro tacque, ricordando quel che era accaduto in centrale con Kudo. Per fortuna, Kaetsu ebbe la buona creanza di non rivangare il loro incontro/scontro, ma si limitò a dire: “Temo che l’agente sia incappato in un errore.” “Prego?”
“Il banchiere Hayao Ruheda non è l’assassino.”

§§§

Shinichi correva, ignorando sia il vento che gli sferzava la faccia sia la pioggia scrosciante che passo dopo passo gli appesantiva i vestiti e ghiacciava il corpo.
Non gliene importava.
Cercando di far prima, optò per la scorciatoia: salì i gradini dell’Haydo Park a tre alla volta, rischiando di scivolare su una pozzanghera a terra; correndo selvaggiamente, causò una miriade di schizzi di fango che gli andarono a sporcare i jeans sin sopra il ginocchio.
Non gliene importava.
Chiuse gli occhi, inspirando profondamente e avidamente nel tentativo d’ignorare il crampo al polpaccio. Era stanco, affaticato, ansante.
Non gliene importava.
L’unica cosa che gli importava, in quel momento, era di arrivare in tempo.
E l’unica cosa di cui si crucciava, era di non averlo capito prima.

§§§

“Ne è sicuro?” domandò Kogoro, esterrefatto.
“Naturalmente.” Gli rispose il medico: mentre il detective, come d’altronde sua figlia, apparivano decisamente sconvolti, l’uomo sembrava tranquillo e rilassato.
“E…come può dirlo?” “Chi è il colpevole?” domandarono i due Mouri all’unisono.
Kaetsu sorrise: “Posso dirlo perché so chi è il vero colpevole. Ed il vero colpevole è…” squadrò l’ex poliziotto, ghignando ulteriormente; sembrava quasi che si stesse prendendo gioco di lui
“Si ricorda al cimitero la tomba di un bambino, per caso?”
“Ma non vedo cosa questo possa avere a che fare con…” fece per replicare Kogoro, ma lui insistette: “Si ricorda di aver visto in quel cimitero la tomba di un bambino, per caso?”
“Sì.” Sospirò, incrociando le braccia all’altezza del petto.
“ E lei?” chiese a Ran, che annuì.
“Bene. E, per caso, vi ricordate anche il nome inciso su quella lapide?”
Entrambi ci rifletterono per un istante, poi Kogoro parlò: “No, non me lo ricordo…in realtà non l’ho proprio letto, perché era coperto dai fiori…”
“Che fiori?”
Kogoro sbuffò, ma Ran portò pazienza: “Delle rose bianche, mi sembra. E alcuni gigli chiari…”
“Esatto. E poi?” le sorrise sempre più cortese.
“…un…un quadrifoglio, non vorrei sbagliare…”
“Non sbaglia, signorina. Proprio un quadrifoglio.”
“Ma certo! Ieri Michiyo ha detto d’aver trovato dentro la fodera d’ogni portafoglio delle vittime un quadrifoglio, non è vero?” il detective ebbe una folgorazione.
“Esatto anche questo.” Replicò quasi apatico il medico legale.
“E allora forse tra quel bambino e il serial-killer c’è un legame…” Dedusse “Come si chiamava? Qual era il nome del bambino?” lo incalzò allora Kogoro, convinto che quella fosse senza dubbio la pista giusta: una vendetta, niente di più probabile!
Il dottore aprì la bocca, sussurrando un nome:
“Ideoshi Kaetsu.”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:

Jack The Ripper: Il nome originale del primo serial killer della storia, comparso e poi scomparso nel 1888: Jack Lo Squartatore!

^***^ ^***^ ^***^

NOTE DELL’AUTRICE:
TA-DAN! E con questo colpo di scena, chiudo il capitolo! Mi auguro con tutto il cuore che vi sia piaciuto, ho cercato di renderlo il più consistente possibile: una svolta nel rapporto ShinxRan nella prima parte, una svolta nell’indagine nella seconda! La spiegazione dei fatti però, dovrete aspettarla ancora un po’…XP
E poi, ho anche provato a suscitare in voi, se non il divertimento, almeno un sorriso con le scenette di Ishimaru che si immagina Ran stile bellamogliettinadolce e Kogoro che preferisce Yoko all’inchiesta! XD
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, c’ho impiegato un po’ di più a realizzarlo in quanto c’era un passaggio che non riuscivo assolutamente a inserire, ma era indispensabile: alla fine, fortunatamente, ho trovato il modo di metterlo! Spero soltanto non risulti troppo pesante…ma lo capirò dai vostri commenti :D Quindi, mi raccomando, fatemi sapere numerosi!! =P Intanto però, io provvedo ai miei gentilissimi –ed oramai amatissimi!!- commentatori:

@ Shiho93:
Mi fai arrossire così ^////^ Grazie grazie grazie!! =D
Eheh, figurati: anche io trovo sempre motivi per tifare per Shinichi e andare contro il povero Ishimaru – è comunque stato partorito dalla mia mente, è come una mia creatura…mi sento quasi in colpa a farmelo stare antipatico XD-
Un grande grande grande bacione! Ciau! ;D

@bacinaru :
Sono davvero lieta che ti faccia quest’effetto! Anche perché sono le stesse identiche sensazioni che provo io quando scrivo :D Alcune cose mi escono di getto, e rileggendole non è neppure necessario modificare nulla: così redatte per la prima volta, così finiscono postate qui! Altri passaggi invece mi sono più difficili e ci metto un sacco di tempo a elaborarli: ad esempio, il pezzo di questo capitolo a cui avevo fatto riferimento l’ultima volta! Il problema era che non sapevo bene come intrecciare- senza che trapelasse nulla di ciò che avverrà nel prossimo capitolo- le scene di Kogoro, Shinichi ed Ishimaru! Alla fine, questa mi è parsa la soluzione migliore, sebbene non sia ancora sicurissima che tutto fili per il verso giusto…: spero che non si capisca un colpo di scena che voglio inserire nel prossimo capitolo!! XD I prossimi capitoli non li ho ancora scritti ma, secondo la mia scaletta mentale, al massimo tra due capitoli ve ne sarà uno completamente dedicato a Richard :D Per quanto riguarda la descrizione di Shin, grazie!: sapere di averlo reso bene è un vero onore! Ti è piaciuto anche come ha agito in questo capitolo??^_^ Un ultima cosa: MAI invitarmi a prendermi tutto il tempo necessario…potrei impiegare di nuovo mesi!!! XDDDD Ahah scherzo, prometto che non mi assenterò più così tanto tempo!! ^O^ Ora ti saluto..grazie ancora veramente di cuore per tutti i meravigliosi commenti che mi lasci, scrivere sapendo di suscitare quest’effetto è la gioia più grande che io possa provare!! Fammi sapere cosa ti è sembrato di questo capitolo! Un bacione gigantesco e un abbraccio :*****

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate:
Ciao! Grazie mille :D La figura di Ishimaru è intrigante anche per me, sai?XD Perché da una parte lo compatisco: nato per battersi contro Shinichi…dall’altra invece non riesco a immaginarlo se non altezzoso, gradasso e pieno di sé tanto da renderlo antipatico persino a me! Non so ancora come portare a termine la sua storia infatti…sono indecisa se concedergli o meno un lieto fine (magari sono nati dei fan IshimaruxSonoko!XDD). Ti è piaciuta la scena di Kogoro che si avventa su Shin?! Meno male, avevo paura di aver calcato un po’ troppo la mano…XP Ma, in fin dei conti, ho pensato che fosse giusto che anche lui prendesse parte a questo continuo scontro Shinichi/Ishimaru sul fronte Ran, dato che è sua figlia: continuare a descriverlo come quasi indifferente mi sembrava un insulto all’indole paterna e protettiva che invece è propria di Kogoro!! Per l’altra questione, mi trovo d’accordo con te: in effetti Gosho sta esagerando…non so se ti occupi di spoiler, però, ma ultimamente sta descrivendo il personaggio di Subaru in modo particolare…magari ci sarà di nuovo da drizzare le orecchie attentamente!xD Ti dico solo questo nel caso non avessi letto gli spoiler ^.^ Sul vecchio pc avevo un link con le scansioni online dei diversi files di Conan…quando faccio un salto nel vecchio appartamento, se vuoi, lo prendo così ti puoi leggere il manga su Internet se da te non arriva! =P Un sacco di baci! Bye bye ^______________^

@la_fata_bastarda:
Ciao! E’ un vero piacere conoscerti =) Sei molto gentile, mi fa piacere che ti piaccia la mia fanfiction…=) E sei gentile anche a propormi dei suggerimenti xD Solo che al momento ho le idee già abbastanza confuse di mio, nel senso che ho in testa un sacco di scene e di incontri che voglio inserire ma non so bene come collegarli e metterli nella storia seguendo un filo logico…ho paura che altri avvenimenti mi manderebbero in pappa il cervello ^^” Senza contare che come fic è un po’ lunga, e mi rendo conto di non poter tirare ancora troppo a lungo la corda: prima o poi dovrà terminare…comunque, quando avrò le idee più chiare e sarò sicura di come inserire ogni scena che adesso ho in mente a sé stante, nel suo contesto, sarò ben lieta di ascoltare i tuoi suggerimenti!! Grazie delle belle recensioni, comunque!! =) Ciao!

E qui concludo. Grazie ancora a tutti i commentatori, e naturalmente anche ai lettori! XP Un bacione enorme a tutti e al prossimo capitolo!!

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 30
*** Shinichi Kudo E' Il Migliore! ***


Capitolo Ventinove

Shinichi Kudo E’ Il Migliore!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“I…Ideoshi…” balbettò Ran, incredula.
“…Kaetsu?” aggiunse Kogoro, assolutamente sconvolto.
“Esatto, mio figlio.” Spiegò il medico legale, che a quel punto aveva assunto un’espressione del viso del tutto apatica. “Fu ucciso.”
“U-ucciso?”
“E come giustamente lei stesso ha ricordato, questo simbolo è fin troppo ricollegabile al serial-killer…” precisò, facendo leva sulle ginocchia per mettersi in piedi.
“Quale simbolo?” domandò Kogoro, tutt’un tratto a disagio: se davvero Kaetsu era il padre di quel bambino, allora…allora…
Gli occhi di Ran si dilatarono, colmi di terrore.
“…questo, detective Mouri.” Ghignò, afferrando il colletto della camicia con la mano destra per mostrare il quadrifoglio tatuato sul suo petto.
“Era soltanto questione di tempo perché se ne ricordasse…l’aveva già visto, non ricorda?” incalzò, con una voce che metteva i brividi.
Levatosi oramai in piedi, fissò negli occhi l’uomo di fronte a lui: “Quando per caso mi ha urtato, picchiando quel ragazzo…”
Finalmente Kogoro capì:

“La prossima volta, ti mostro come ti batto anche sul fronte Ran.” Pronunciò mentre gli passava accanto con il tono della voce un po’ più basso, quasi volesse farsi sentire solamente da lui in una sorta di resa dei conti personale tra loro due. Tuttavia il padre lo sentì, e nonostante tutto, arricciò il naso: quella frase lasciava trasparire come la bambina fosse il premio, l’oggetto della loro contesa e non una persona amata per ciò che davvero era. Tentò comunque di reprimere il fastidio, ripromettendosi però di chiarire con il poliziotto, ma le parole dure di Shinichi gli fecero perdere il controllo:
“Ti ho già detto che non mi interessa nulla di lei, puoi tenertela.”
La rabbia, la gelosia, la situazione…cos’aveva spinto il liceale a rispondere in tal modo? Impossibile stabilirlo: forse era addirittura dimentico della presenza di Kogoro lì. Fatto sta che l’aveva detto e pochissimi istanti dopo aver pronunciato quella parole, si sentì tirare all’indietro per il cappuccio del giacchetto con forza spropositata.
“Dimentichi chi hai davanti?!” ruggì Kogoro passando la presa sul colletto della giacca e così trascinandolo a pochi centimetri di distanza dai suoi occhi in fiamme.
Sebbene la sua opinione differisse parecchio da quella di Ran, era ben conscio di quanto sua figlia tenesse a quello sbarbatello, percepiva ogni volta il suo dolore per il suo atteggiamento distaccato e quelle parole avevano scatenato il suo rancore, già in parte suscitato dalla precedente affermazione di Ishimaru. Shinichi a quel punto fu un semplice capro espiatorio, ma inconsapevole di questi dettagli, si sentì uno sciocco ad aver parlato così proprio in faccia a Kogoro, che adorava la sua bambina. Per questo tacque, senza però divagare lo sguardo. “Chi o cosa ti credi di essere? Pensi davvero che tutto il mondo sia pronto a inginocchiarsi ai tuoi piedi?” proseguì, scuotendolo con veemenza.
Shinichi non rispose, lasciandosi scuotere da quello che fino a pochi giorni addietro aveva chiamato Oji-san.
“Kogoro, si calmi!” lo richiamò inutilmente il medico legale che, nel tentativo di bloccarlo, si frappose tra loro: la presa del detective più grande però era così stretta da coinvolgere persino lui, facendogli cadere a terra la documentazione e sbottonandogli i primi bottoni della camicia.
Kaetsu rimase per alcuni secondi interdetto, e Mouri ne approfittò: con la forza che contraddistingueva un ex campione di judo colpì al volto Shinichi, che non cadde rovinosamente a terra per poco.

“Lei…lei è…” balbettò, alzandosi di scatto.
“Indovinato! Ecco di fronte a lei, detective Mouri, il serial-killer che ha messo in ginocchio la polizia nipponica!” pronunciando quelle parole, il suo sguardo perse ogni neutralità per acquistare una luce di auto-esaltazione.
“E lei capisce bene che, a questo punto, non posso che toglierla di mezzo…e con lei la sua dolce figliola: non correrò il rischio che vada ad informare il suo amico Ishimaru dell’accaduto…”
Entrambi erano terrorizzati: Kaetsu era lì per ucciderli!
Nessuno dei due fece in tempo a realizzare ciò che effettivamente stava succedendo, che il medico legale si gettò addosso a Kogoro, scagliandolo a terra.
Nella frazione di un istante estrasse dalla tasca interna della giacca un affilato pugnale d’argento, poi sorrise : “Bye bye…”
E, seduto a cavalcioni su di lui, fece per affondarglielo nel petto. “PAPA’!!” gridò Ran, cercando di intervenire: alzatasi in piedi, aveva intenzione di scattare verso di loro ma un rumore sordo, seguito da un altro suono un po’ più lieve, la bloccò!
Presa dal panico chiuse gli occhi, riuscendo comunque a percepire uno strano venticello al suo fianco, come se qualcuno l’avesse sorpassata alla velocità della luce, quindi un’ imprecazione:
“TU! FIGLIO DI PUTTANA! SE VUOI MORIRE PER PRIMO TI ACCONTENTO!!”
La ragazza aprì gli occhi, gemendo poi per la sorpresa: disteso sopra il corpo di suo padre vi era un ragazzo bagnato e ansante, tuttavia con una forza tale da riuscire a bloccare il polso di Kaetsu che ancora teneva stretto il coltello.
Solo allora comprese che il rumore sordo era stato provocato dal pugno del liceale contro il vetro della porta -nel ben riuscito tentativo di aprirla dall’esterno- e il suono immediatamente successivo altro non era che la piccola vetrina che andava in frantumi, cadendo a terra.
“Sh…Shinichi!”soffiò, permettendo a delle lacrime di bagnarle il volto.
“Cosa…cosa ci fai qui?” riuscì a chiedergli Kogoro, gli occhi ancora fuori dalle orbite per la sorpresa.
“A dopo le convenzioni sociali…” tossì di rimando Kudo, iniziando a tremare per lo sforzo: il killer, inferocito, spingeva con tutto il vigore che aveva in corpo il pugnale ed esso pian piano si avvicinava pericolosamente alla gola del giovane.
Shinichi stava cedendo.
Allora Ran riprese il coraggio a lei proprio e si scagliò contro l’assassino, che però la vide correre: “VUOI CHE MUOIA ANCHE LUI?” la minacciò, come se non avesse comunque l’intenzione di ucciderlo.
La ragazza arrestò il movimento.
“I sentimenti, che schifo…” rise poi sguaitamente, allentando però la pressione sul coltello.
“Sono le persone come te a fare schifo!!” replicò il ragazzo, approfittando di quell’attimo di distrazione: con la mano libera lo colpì al naso, quindi gli prese dalle mani il pugnale e invertì le posizioni.
“Risus abundat in ore stultorum *” asserì, seduto sulla pancia dell’uomo e con l’arma alzata oltre la spalla “Dovrebbe conoscere il latino, lei che è esperto di rigor mortis*…”
Ran e Kogoro assistettero in silenzio e profondamente turbati alla discesa velocissima del pugnale in mano al detective.
“Lo uccide…?” constatò Kogoro, al che lei “No, Shin…”
Il coltello si conficcò nel pavimento, a pochissimi centimetri di distanza dal volto di Kaetsu che, ripreso coraggio cercò di reagire: si liberò dalla sua presa, facendo per avventarsi su di lui.
Per l’ennesima volta Ran si lanciò all’attacco ma il suo intervento non fu affatto necessario: dopo averlo schivato, lo colpì alla nuca con il vassoio che aveva preso al volo dal tavolinetto.
Kaestu cadde a terra, privo di conoscenza.
Per alcuni secondi ancora regnò il silenzio, l’unico rumore era il respiro affannato del giovane detective: tutti infatti fissavano il corpo dell’uomo riversato a terra, temendo si rialzasse da un momento all’altro. La prima a parlare, e muoversi, fu Ran:
“Ci hai salvati…ci hai salvato la vita, Shinichi…” e non gli diede neanche il tempo di voltarsi a guardarla che gli si gettò tra le braccia, dando libero sfogo alle sue lacrime.
Proprio in quell’istante, mentre Ran abbracciava strettissimo il detective appoggiando la testa sul suo petto e lui, di rimando, le poggiava le mani sui fianchi cercando di allontanarla, Ishimaru comparve sulla soglia della porta rotta, gridando:
“MANI…” puntò la pistola di fronte a sé “IN ALT…” la voce gli morì in gola, osservando quella –per lui- riprovevole scena.
“Kudo?!” si meravigliò. Quindi, non curandosi per nulla del fatto che alle sue spalle Megure e Takagi l’avessero raggiunto, urlò: “COSA STAI FACENDO, SOTTOSPECIE DI POLIPO?!”
Shinichi strabuzzò gli occhi e temette sinceramente per la sua vita quando vide il poliziotto togliere la sicura alla pistola:
“Mi…mi vuoi sparare?!” non fece in tempo a realizzare, che Ran gli si parò davanti allargando le braccia:
“Ma sei impazzito! Togli quella pistola!...TOGLILA!” alzò la voce, vedendolo esitante.
“CALMI! TUTTI CALMI!!” si spazientì Megure, prendendo posto al centro del piccolo gruppo che si era formato.
Kudo riprese a respirare, mentre Ishimaru abbassò la pistola.
“Bene.” Disse l’ispettore “Adesso vediamo di capirci qualcosa.”
“Voi come mai siete qui?” domandò però il liceale, per poi voltarsi in direzione di Ran “Li hai avvisati tu?” Ma lei scosse il capo.
“E’ stato grazie a me.” Dichiarò Michiyo, modesto come al suo solito. “Quando al telefono Kogoro mi ha detto che c’era il dottor Kaetsu in ufficio, ho capito che il serial killer era sicuramente lui perché mi è tornato in mente uno strano segno sul suo petto che avevo visto in centrale l’altro giorno.” Spiegò brevemente, poi si avvicinò con grandi passi all’uomo “Ora, dov’è andato quel bastardo?”
“Lì!” Ran indicò il corpo del medico legale, alias l’assassino, disteso a terra e privo di conoscenza.
Tutti i poliziotti della sale rimasero sgomenti di fronte a tale visione.
“E’ stato merito di Shinichi!” esclamò, portando entrambe le mani al petto.
“?” Le forze dell’ordine, ancora a bocca spalancata, non riuscirono ad articolare alcun suono, quindi Kogoro domandò: “Ma come hai fatto a capire che il killer era lui?...E soprattutto: come hai fatto a capire che era qui?”
“Il fatto è che io avevo già capito quale poteva essere il movente e la modalità delittuale del colpevole, ma continuavo ad ignorare quale potesse essere la sua vera identità. In alcuni vecchi documenti di mio padre, avevo trovato un fascicolo riguardo una sorta di organizzazione di parecchi anni fa: diciamo una specie di setta satanica che, a intervalli di tempo regolari, organizzava cerimonie rituali e sacrifici. Tutti i loro componenti avevano un tatuaggio su qualche parte del corpo, nella maggior parte dei casi sul petto, come Kaetsu: un quadrifoglio con il gambo molto corto era il loro simbolo di riconoscimento. Tuttavia, la loro esistenza divenne nota solamente quando vi fu un incidente: per testare la fedeltà di un membro all’organizzazione, i vertici della gerarchia vollero offrire in sacrificio suo figlio, un bambino di pochi anni.
“Hideoshi!” nominarono in coro padre e figlia. “Kaetsu ci ha fatto quel nome…” aggiunse Ran, scorgendo lo stupore sul volto del detective.
“Hideoshi non era il nome scritto su quella tomba, al cimitero?” ricordò Ishimaru, portandosi pollice ed indice sotto il mento.
“Proprio lui.” Confermò Kogoro, reduce della spiegazione del medico legale.
“Purtroppo io non avevo trovato il suo nome, non era scritto da nessuna parte…si parlava di un bambino, il cui padre però non s’era mai arreso all’idea di averlo perso così brutalmente. Denunciò tutti i membri della setta, riuscendo a causare l’arresto dei soli più importanti esponenti: i pesci piccoli rimasero illesi, tuttavia l’organizzazione si sciolse e nessuno di loro si fece sentire ancora. Evidentemente, però, il suo rancore ardeva ancora e in tutto questo tempo, quell’uomo non aveva fatto altro che organizzare la sua vendetta…” fece una breve pausa, dando a tutti i presenti il tempo di metabolizzare quanto detto. Poi, come illuminato da un’idea, chiese: “Ma se sapevi il nome del bambino, non hai pensato di chiedere a Kaetsu se fosse suo parente?”
Ishimaru scosse il capo: “Avevo visto di sfuggita semplicemente il nome, Hideoshi…anzi, Hide: ricordo che mi era rimasto impresso perché mi sembrava buffo che proprio un nome che iniziava per ‘Hide’ fosse nascosto parzialmente dai fiori…” *
“Beh, a questo punto allora, credo che il nome del bambino fosse Hideoshi Kaetsu, vero?” Kudo riprese la parola, chiedendo poi conferma a Kogoro, che annuì.
“Cosa? Quindi Kaetsu uccideva tutte quelle persone perché voleva vendicare suo figlio?” Megure era incredulo: non ci avrebbe mai pensato!
“Esatto.” A parlare era di nuovo Michiyo “E credo proprio che tutte le sue vittime siano stati membri della setta…”
“Proprio così.” Confermò il liceale-detective “Ognuno di loro aveva fatto parte, a suo tempo, di quell’organizzazione criminale ed avevano in qualche modo contribuito alla morte di suo figlio…Questo mi era chiaro, ma non conoscendo il nome del bambino, non avevo capito si trattasse proprio di Kaetsu. Continuavo a cercare e ricercare il nome del piccolo, senza risultati…”
“Ma come hai capito che si trattava di quella setta?” gli chiese l’ispettore “Voglio dire: tuo padre era un uomo metodico, catalogava tutti i casi in cui si imbatteva, anche per possibili spunti per i suoi romanzi…come hai fatto a trovare, tra tutti i fascicoli, proprio quello?”
“Perché ho pensato che magari il coltello inflitto sull’addome delle vittime poteva non indicare necessariamente il portafoglio, ma il corpo stesso: e perché colpire proprio il petto? O per indicare qualche legame con il cuore, ma trovavo impossibile che si potessero uccidere tante persone per movente passionale. E quindi rimaneva l’ultima possibilità: la ferita del pugnale in quel punto del corpo doveva nascondere qualcosa che, in qualunque altro modo, non si sarebbe potuto celare…e cosa c’è di tanto indelebile sul corpo umano?”
“Un tatuaggio!” rispose alla sua domanda retorica Ishimaru, quindi Shinichi proseguì:
“Esatto. Mi è bastato cercare tra tutti i fascicoli di papà quello che riguardasse strane indagini con i sospetti tatuati…e questo caso era l’unico rimasto irrisolto, poiché gran parte dei membri della setta non erano stati arrestati.
Con il senno di poi, era davvero chiaro che il colpevole fosse Kaetsu: nonostante la ferita fosse profonda, segni o tracce del tatuaggio potevano essere facilmente riscontrate durante l’autopsia dal medico legale…invece, essendo l’assassino stesso ad occuparsi dei cadaveri, quei tatuaggi erano tenuti nell’ombra: se la polizia non li avessi notati al momento del rinvenimento del corpo, e questo era alquanto improbabile visto che il pugnale aveva letteralmente squartato il petto, quei marchi indelebili sarebbero morti insieme alle vittime. Ed è certo che Kaestu, in quanto medico legale, godeva anche di una certa libertà nel trattare con le vittime…”
“Giusto.” Intervenne nuovamente Megure “Ma non riesco a capire perché Kaetsu è venuto qui…”
“Per proteggersi.” Gli rispose Ishimaru: questa era l’unica cosa che aveva capito da solo “Kogoro aveva visto il quadrifoglio che anche lui aveva raffigurato sul petto ed era questione di tempo perché se ne ricordasse…” ma invece di tacere, Michiyo continuò a parlare, anzi, imprecare: “Maledizione!! Non riesco a capire perché proprio lui…cos’ha pensato? Che io ero meno pericoloso? C’ero anche io lì davanti!!”
Gli altri agenti di polizia e Ran non riuscivano a capire di cosa stesse parlando e Megure diede voce ai loro dubbi.
Ishimaru, dimentico del fatto che Kogoro fosse presente, iniziò a raccontare l’accaduto: “L’altra sera in centrale io e Kogoro stavamo venendo da lei, si ricorda? E abbiamo incontrato Kudo che ne veniva via e…e…” solo a quel punto si rese conto d’aver parlato troppo. Come avrebbe proseguito nel racconto? «…e io e quel moccioso abbiamo litigato per te e tuo padre s’è innervosito e l’ha gonfiato» ? Non poteva di certo…
Scoccò un occhiata al ragazzo: sul suo viso, in particolar modo sulla guancia, i segni di quella colluttazione brillavano ancora…
“E…?!” lo incitò Megure, richiamandolo alla realtà “E …cosa??”
“E…e…E Kogoro…voglio dire, Kudo…”
“E a quel punto io e lui…” prese la parola il detective più grande dopo aver inspirato profondamente: era giusto che si sapesse, in fin dei conti aveva perso il controllo e doveva pagare per aver agito in modo così sconsiderato all’interno di una stazione di polizia; era giusto così…
“Anzi, io: l’ho colpito…”
“…nell’orgoglio, perché mi ha detto che Michiyo aveva risolto il caso prima di me!” lo interruppe Kudo, fissando l’ispettore negli occhi.
“Allora è arrivato anche Kaetsu e, senza stare a spiegarle tutto quello che ci siamo detti, ispettore, c’è stato un attimo in cui al dottore è sfuggita di mano la situazione perché ha lasciato scoperta quella parte del corpo per qualche frazione di secondo.”
Kogoro e Ishimaru erano ammutoliti: perché aveva mentito? Avrebbe potuto prendersi la rivincita per quel pugno alla faccia e se l’era negato…per quale ragione?
“Kogoro era il più vicino a lui…e quello più distratto al momento…” si rivolse all’agente semplice, rispondendo alla sua precedente domanda e sottolineando con la voce alcune parole “…lì per lì chiaramente non se ne era accorto: ma, di nuovo lucido, era il primo a cui poteva tornare in mente. Probabilmente, poi, avrebbe pensato anche a noi due.”
“Dopo aver ucciso noi…” concluse Mori, poggiando le mani sulle spalle della sua bambina, che deglutì agitata.
“La morale della favole qual è?” intervenne ancora Michiyo.
“Prego?”
“Perché tu eri qui? Mi pare che casa tua sia a Beika-Choo…” la voce della gelosia tornava a risuonare, implacabile, oltre l’immaginabile.
“Stavo…mi stavo specchiando e non so come mi è tornato in mente, come un flash, l’immagine di quel tatuaggio. Ho capito che il killer era Kaetsu e ho pensato che da me non era venuto; nel caso avesse tentato di uccidere te, eri sicuramente in centrale e quindi non correvi alcun pericolo…ma Kogoro era da solo, in casa.” Fece una breve pausa, poi proseguì:
“Sono venuto qui, e sulle scale ho sentito…Mouri” si sforzò per pronunciare il cognome anziché il nome “…gridare, e ho capito che c’era Kaetsu.”
“Poi hai rotto il vetro della porta, a giudicare da tutti questi cocci a terra…” brontolò il poliziotto, osservando con gli occhi assottigliati il pavimento e dopo la porta, distrutta.
Kudo si limitò ad annuire; il discorso sembrava chiuso ma Ran sapeva che non era così. Aspettò qualche istante, per assicurarsi che il ragazzo non volesse aggiungere niente e quando vide che davvero non aveva intenzione di dire nient’altro, intervenne lei al suo posto:
“Shinichi si è lanciato a terra frapponendosi tra mio padre e l’assassino, che stavano lottando. E’ riuscito a bloccargli la mano in cui teneva il coltello e ha capovolto la situazione: dopo averglielo sottratto , l’ha spaventato conficcandolo per terra a pochi centimetri di distanza dal volto, e poi l’ha colpito sulla nuca con quel vassoio.” E indicò agli agenti di polizia l’oggetto con un cenno del capo.
“Con questo?!” domandò di nuovo Takagi, incredulo: si avvicinò al corpo supino, quindi sollevò da terra l’arma improvvisata, rigirandola un paio di volte tra le mani:
“E’ leggerissima…come…”
“Shinichi è stato fortissimo!!” proseguì la ragazza ma, rendendosi conto che quella frase poteva apparire come un semplice elogio dovuto al debole che tutti sapevano – o avevano capito- nutriva nei suoi confronti, si affrettò ad aggiungere: “Nonostante tutti questi anni di karate, non credo d’aver mai incontrato una persona più forte di lui…E’ riuscito a mandarlo a terra con un colpo, e poi a fargli perdere conoscenza con quel vassoio che davvero, in altri mani, è innocuo.” La buttò sul professionale.
“L’eroe della situazione anche questa volta…” borbottò a voce piuttosto alta Michiyo, incrociando le braccia all’altezza del petto.
“Eroe o meno, ci ha salvato la vita sul serio…e non solo…” disse Kogoro, riferendosi alla sua omertà riguardo lo scontro della sera precedente.
Kudo si limitò a sorridere, per poi rivolgere all’uomo un occhietto amichevole.

§§§

“Che sguardo allegro che hai oggi, Ran!”
La giovane si voltò non appena udì il suo nome, così ritrovandosi di fronte agli occhi vivaci e brillanti di Richard.
“Ciao!”
“Buongiorno a te.” Le sorrise gentile, affiancandola nella corsa. La classe I B del liceo Teitan aveva lezione di educazione fisica alla prima ora: man mano che gli studenti arrivavano a scuola, si cambiavano negli spogliatoi e poi raggiungevano il professore nella palestra dell’edificio. In quel momento si stavano riscaldando: dieci giri di corsa della pista.
“Beh, in effetti…avrei da raccontarti qualcosa…” ammise, senza girarci troppo intorno: non vedeva l’ora di dimostrare quanto Shinichi fosse stato coraggioso!
“Però…” aggiunse “Ti va se aspettiamo Sonoko? Volevo raccontarlo anche a lei…”
La ricca ereditiera, infatti, soleva arrivare sempre in ritardo quando la prima ora di lezione era ginnastica: sperava di evitare il riscaldamento!
“Mhm, I think it’ll be very interesting!* ” ridacchiò il britannico, accettando di buon grado la condizione posta dalla karateka; anche perché, pur volendo, non avrebbe di certo potuto fare il contrario:
“Mouri, non distrarti!” la riprese l’insegnante “A breve inizieranno i tornei di karate e ti voglio in piena forma…aggiungi altri due giri alla corsa!”
Terminato il riscaldamento -e di conseguenza arrivata anche Suzuki!- il docente ordinò alla classe di dividersi in gruppi da tre per esercitarsi nella ginnastica libera: non si sarebbe presentata occasione migliore! Infatti, Sonoko non fece in tempo a porsi al fianco della sua amica, che Sin Vey le aveva raggiunte sorridendo: “Allora? Hai deciso di farmi morire per la curiosità?”
Il termine della lezione era coinciso con il termine del racconto: i due giovani osservavano Ran a bocca aperta, non credendo alle loro orecchie; il primo a prendere la parola fu Richard:
“E dopo l’affermazione dell’agente Michiyo, cos’ha fatto… lui?” sembrava non sapesse come chiamarlo.
“Beh…” Ran non ci fece molto caso, intenta ad elargire ai suoi migliori amici il maggior numero di dettagli possibile “Te l’ho detto, ha fatto l’occhietto a mio padre e poi…è andato via.”
“Senza dire nulla?” chiese Sonoko, riprese le piene facoltà.
“Ha detto soltanto: «A questo punto, io vado. Tanto immagino che ci rivedremo in centrale per la deposizione»…” rispose.
“Non ti ha salutata?”
Ran scosse il capo: “L’ho salutato io, ma non ha risposto.”
“Chi lo capisce è bravo!” Sonoko tirò in aria un pugno, indignata “Prima è tanto commiserevole da salvarti la vita, poi torna ad essere il solito id…”
“Sonoko, lui è sempre…” La interruppe Ran, non tollerando che il suo amico d’infanzia fosse apostrofato in quel modo.
“Sempre???” la rimbeccò lei.
“Beh, in effetti…”
Non aveva ancora parlato con nessuno dei due – in realtà, con nessuno e basta!- riguardo quel che era accaduto nel cortile pochi giorni prima:

Puoi fare di me quello che vuoi, se lo desideri.” Gli concesse invece lei, continuando a fissarlo negli occhi senza che i suoi lasciassero trasparire nient’altro che imbarazzo:
niente disprezzo, niente paura, niente disgusto…
“Ma prima dimmi che mi odi.” Concluse, seriamente.
“Che cosa?” Di nuovo, Shinichi rimase perplesso: dove voleva arrivare?
“Mi pare d’avertelo già detto un sacco di altre volte! O perlomeno, d’avertelo fatto capire: ma se è questo che vuoi…” distolse lo sguardo, senza però lasciarla andare. “Ti odio, Mouri.”
Richard assottigliò gli occhi.
“No. Dimmelo guardandomi in volto.” La sua non era una richiesta, bensì un ordine.
“Eh?”
“Dimmi che mi odi e che vuoi solo…” arrossì ulteriormente “…vuoi solo approfittare del mio corpo guardandomi negli occhi!!”
Ecco dove voleva arrivare: Ran si era accorta che Shinichi, nei loro diverbi verbali, non riusciva mai a sostenere il suo sguardo: era dannatamente difficile farlo, sapendo di mentire spudoratamente…
“E questa che stronzata sarebbe?” soffiò Shinichi, fuori di controllo: non ce l’avrebbe fatta, ne era perfettamente consapevole.
“Fallo e non ti disturberò più, smetterò di parlarti…farò quello che vorrai.”
Promise, testarda “Ma tu, prima, fallo!”
“Ti ha dato di volta il cervello?” Shinichi cercò inutilmente di cavarsi d’impaccio. “Quello che stai dicendo non ha senso!”
“DILLO!”
Il detective sospirò.
“Io…” la fissò negli occhi, aumentando la presa sui suoi fianchi. Ran, in tutta risposta, si morse le labbra.
“Mouri, io…” tentò, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Trascorsero alcuni secondi, che parvero interminabili.
Consapevole dei suoi limiti, Shinichi si arrese: “…io non sono disposto a dare adito alle tue paranoie!” esclamò, staccandosi bruscamente da lei e recuperando con movimenti convulsi cartella e libri, corrosi dal fango.

Ignorava che Richard li avesse spiati e conoscesse ogni cosa; infatti, si dimostrò totalmente disinteressato al lato sentimentale della questione, sottolineando invece un ulteriore dettaglio:
“Non ho capito bene cos’è successo in centrale tra tuo padre e lui…”
“Neppure io!” Si affrettò a replicare lei, interessata molto anche a quella vicenda.
“Sono sicura che c’è sotto qualcosa, perché papà stava per raccontare l’accaduto quando Shinichi l’ha interrotto…e poi quell’occhietto che gli ha rivolto…” aggiunse pensierosa.
“Magari, potresti…” ma il consiglio di Richard non giunse mai: i tre compagni di scuola, che nel frattempo s’erano incamminati lontano dalla palestra, si ritrovarono di fronte all’insegnante di letteratura, già in piedi di fronte alla cattedra.
“Sedetevi, ragazzi. Ho bisogno di qualche valutazione, oggi…” e la sua, parve una minaccia.

§§§

“Per quando è fissato l’appuntamento con il detective Kudo?” domandò civettuola Yumi all’agente Takagi, offrendogli un bicchiere colmo di caffè bollente.
“Alle due e mezza…”
“…non è l’appuntamento con il detective Kudo, è l’incontro per stilare il rapporto sul caso seriale.” Precisò Michiyo, comparendo alle loro spalle. Poi, senza attendere alcuna replica: “L’ispettore ha chiesto di partecipare anche a te?”
La donna negò: “Volevo solo incontrare quel ragazzo…visto che ha risolto il caso…”
Michiyo si morse un labbro.
“…dev’essere davvero bravo…”
Michiyo si morse un labbro tanto forte da sentire farsi largo nella sua bocca il sapore alacre del sangue.
“…e mi farebbe molto piacere conoscerlo!” esclamò.
“L’hai già conosciuto, o mi sbaglio?” la ricordò Takagi “Quel giorno, quando gli abbiamo sistemato il microfono per la copertura nell’agriturismo…c’era anche quella sua amica…”
“Ti sbagli, io non c’ero! C’era Sato!” protestò, al che Takagi convenne.
“Perché tanto ansiosa di conoscerlo, Yumi?” s’informò Ishimaru, ma il suo tono di voce risultò seccato.
“Dicono…dicono che sia molto affascinante!” gli rispose, gli occhi a forma di cuoricini.
E mentre Takagi le ricordava che aveva solo diciassette anni e lei replicava che l’amore non ha età, Michiyo sentì il sangue ribollirgli nelle vene: perché non era contento che quel pivello piacesse a Yumi? Se tra loro fosse nato qualcosa Ran sarebbe indiscutibilmente stata sua…Eppure, la sconfitta bruciava ancora: lui, LUI aveva risolto il caso, LUI aveva salvato la vita ai Mouri, e soprattutto LUI aveva salvato la vita a Kaetsu, conficcando quel coltello nel pavimento invece che nel suo petto, con LUI persino l’ispettore s’era congratulato per l’indagine! E infine, LUI aveva mentito per salvare la faccia a Kogoro: perché, perché continuava a fare l’eroe? Perché doveva essere sempre lui quello bravo, intelligente e magnanimo? Essere stato battuto su quasi tutti i fronti da quel tizio era improponibile, era inaccettabile, era impossibile!!
“Alle due e mezza, benissimo!” esordì quindi ad alta voce, interrompendo la discussione ancora in corso degli altri due agenti.
“E adesso dove vai?” gli domandò dietro la donna poliziotto, vedendolo sfrecciare in direzione della porta.
“A prenderlo…al Teitan le lezioni terminano alle due, no?”

§§§

Il suono della campanella segnò la fine delle lezioni mattutine al liceo Teitan.
Alle due.
I tre ragazzi ripresero il discorso interrotto quella stessa mattina – alla fine l’interrogazione era toccata a Sonoko!- mentre con calma, diversamente dalla gran parte degli altri studenti, raggiungevano il cortile.
“Cosa mi stavi dicendo, Richard?” domandò a un certo momento Ran, sorridendogli cordiale.
“Oh, yes! Ti stavo proponendo un suggerimento per scoprire cos’è successo l’altro giorno in centrale tra tuo padre e lui…”
“Shinichi, intendi?” domandò Sonoko, al che lui annuì.
Soltanto allora, Ran si rese conto che il britannico non l’aveva mai chiamato per nome, tanto meno per cognome: lui, lui, lui…Tuttavia, essendo interessata più al concetto che racchiudeva in sé il consiglio piuttosto che alle parole con cui lo stava formulando, trasse velocemente la conclusione che in Inghilterra vi fosse quell’abitudine.
“Hai detto che sei convocata anche tu per il rapporto sul serial-killer, it isn’t?” Ran annuì, al che il giovane proseguì: “Anche lui sarà lì?”
“Certo.”
“Well! So, why…*” per la seconda volta il suo suggerimento rimase sospeso nel vuoto, giacchè l’attenzione dei tre ragazzi fu attirata dalla voce imponente ed adirata che subito riconobbero come quella di Michiyo.
“La verità è che tu non vedi l’ora di poterti mettere in mostra!”
Stava gridando, in piedi di fronte al cancello della scuola, contro un ragazzo moro e piuttosto alto.
“Non mi dire…” sussurrò Ran, aumentando immediatamente il ritmo dei suoi passi. E con lei anche Richard e Sonoko.
“Sei un ragazzino montato, sbruffone e sicuro di sé! Perché non hai avvisato noi poliziotti quando hai capito dov’era diretto Kaetsu?? Avresti dovuto…”
“Frena la lingua, Michiyo.” Replicò il suo avversario, che chiaramente era Kudo. Con il massimo delle probabilità il poliziotto l’aveva aspettato al varco per sputargli in faccia ciò che la sera prima, a causa della presenza di Megure, non aveva potuto dirgli.
Ciò nonostante, Shinichi appariva del tutto calmo. Con tono di voce pacato, replicò: “Ho già avuto modo di spiegarti che per me la vita umana, a prescindere a chi appartenga, ha un enorme valore. Non mi illudo, né esigo, che sia lo stesso per te: ma non dirmi come fare il mio lavoro,è una cosa che non tollero da parte di nessuno, tanto meno da te.”
“E in qualità di cosa, esattamente, ti avvali di questa facoltà d’onnipotenza? Chi sei tu per poter fare quello che ti pare senza che nessuno ti possa ostacolare?”
“Io sono Kudo Shinichi.” Disse, lasciando trasparire sul volto uno di quei sorrisi con il quale in passato tutti i giornali lo ritraevano.
“E questo è sufficiente.”
“Tu non sei affatto sufficiente!” Montò la rabbia nell’animo di Ishimaru, che infatti lo afferrò per il bavero della giacca dell’uniforme scolastica.
“Il tuo modo di fare, ogni tua manifestazione mi fa venire i nervi!!!!” gli ruggì in faccia, a pochissimi centimetri di distanza.
“E’ un tuo problema.” Rispose tranquillamente il liceale, continuando a mantenere quel meraviglioso sorriso sulla bocca.
“Molto presto sarà un problema tuo!!” continuò il castano, lasciandosi sfuggire la situazione di mano: preso dall’ira, non si accorse del piccolo gruppo di studenti che s’erano riuniti attorno a loro, e li guardavano bofonchiando tra di loro parole sottovoce.
“Ma chi è quello?”
“Non è Michiyo, la luce della polizia nipponica?”
“Perché litiga con Kudo?”
“Forse per un’indagine…”
E poi, una ragazza ebbe la malaugurata idea di esprimere la sua opinione a voce tanto alta perché entrambi potessero ascoltarla:
“Secondo me è per Mouri…non ti ricordi che un po’ di tempo fa su lei e Kudo girava la voce che si piacessero?”
Shinichi ne approfittò all’istante: non si era reso conto che l’interpellata era presente e si stava avvicinando a loro sempre più velocemente.
“E’per questo?” gli chiese, sollevando un sopracciglio nel tentativo di fingersi sorpreso.
“E’ perché temi che, dopo aver risolto il caso, io possa festeggiare il mio talento con Ran-chan?” sottolineò con la voce quell’appellativo, imitando spudoratamente il registro vocale smielato che Ishimaru utilizzava quando lo pronunciava.
“Prova a toccarla, e…” fece per minacciarlo, ma non fece in tempo; Kudo poggiò le mani sulle sue, riuscendo a liberarsi dalla presa:
“E…?”
“E giuro che ti gonfio…”
“Impossibile: io sono nato, pallone gonfiato!”*
Stringendogli allora i polsi, gli fece abbassare le braccia all’altezza delle cosce, costringendolo a piegarsi leggermente di fronte a lui:
“Lasciami in pace, poliziotto. Non ho nulla a che fare con te, e non voglio averlo.” Sulla faccia non aveva più dipinta quell’espressione beffarda, bensì un’aria molto seria.
L’ultima frase che pronunciò, la udirono anche Ran, Sonoko e Richard:
“Torna a giocare in centrale, a fingere d’essere il migliore…e, soprattutto, impara a perdere, Michiyo. Visto il tuo atteggiamento, non può farti che bene!”
Quindi lasciò la presa sui suoi polsi, consapevole d’aver messo fine alla discussione.
“Smettetela di attirare i curiosi!” li richiamò Ran, il cuore che le batteva forte nel petto: quello era l’effetto che le faceva assistere a quelle loro diatribe; ma non certo per la paura, sapeva, era sicura che Shinichi non avrebbe mai perso…semplicemente, sentirlo parlare in modo tanto perentorio, vederlo così uomo…come già da tempo si era accorta, la faceva sentire molto donna.
“Ran!” Evidentemente Ishimaru non s’era accorto di lei se non quando aveva parlato. Shinichi invece non lasciò trapelare alcuna emozione sul viso: chissà se li aveva visti o meno arrivare…
“Lo spettacolo, infatti, è finito. Non c’è più niente da guardare.” Pronunciò ad alta voce, procurando la dipartita di tutti gli spettatori.
“Cosa ci fai tu qui?” domandò allora la giovane al castano, che non seppe cosa rispondere:
“Beh, io, ehm…volevo…sono…”
“…in ritardo.” Concluse al suo posto l’ex bambino occhialuto.
“Sono già le due e un quarto.”
E senza salutare nessuno, s’allontanò dal gruppo.
“Andiamo.” Gettò la spugna, sospirando, Michiyo. Aprì la portiera della macchina, salendo in auto con la faccia scura.
“Ti accompagno, Ran.” Esclamò allora Sonoko, sogghignando:
“Non voglio perdermi la fine di questo scontro…”
“Vengo anche io.” Rivelò Richard, sorridendo.
“Come?” Perché?” chiesero le due ragazze all’unisono.
“Beh, per mettere in pratica il consiglio che non sono riuscito ancora a spiegarti!”
Ran gli sorrise, grata, aprendogli la portiera della vettura per farlo accomodare sul sedile posteriore.

§§§

Redigere il rapporto non fu poi un lavoro tanto gravoso: tutti si trovarono d’accordo con la tesi di Shinichi, che effettivamente non faceva una piega ed, anzi, chiariva ogni dubbio. Talvolta si concedevano una pausa di qualche minuto, poi tornavano subito al lavoro.
Tutti, Ran in particolare, avevano notato come Yumi gli avesse ronzato intorno per tutto il tempo: non appena l’avevo visto, i complimenti si erano sprecati:
“La sua fama la precede, detective Kudo! Ed è anche bello come dicono!” e cose del genere.
Inoltre, avevo continuato a proporgli bevande sino a quando lui, forse per mettere fine a quella farsa, non aveva accettato un caffè ristretto. Ma neppure a quel punto la donna aveva gettato la spugna.
Chiaramente, Sonoko e Richard avevano dovuto aspettare in corridoio, al di fuori della sala riunioni ed avevano assistito a tutte le varie scenette:
“Mi permetta di offrirle qualcosa…”
“La ringrazio, ma adesso non ho davvero sete…”
“Non faccia complimenti, per ringraziarla del contributo preziosissimo che ha dato alle indagini…”
“E’ anche il mio lavoro…”
“E’ anche modesto!”
Durante l’ennesima conversazione tra i due, alla macchinetta del caffè s’avvicinarono anche Kogoro, Ishimaru, Ran, Sonoko e Richard.
“Io prenderei un thè volentieri, Yumi…” disse Kogoro, al che Shinichi approfittò:
“Perfetto, allora declino la sua gentilissima offerta in favore del detective Mouri!” le sorrise dopo, costringendola ad offrire all’uomo ciò che aveva chiesto.
“Non sei stanco di darti quest’aria da santarellino?” lo canzonò Michiyo, che però finse di non ascoltare la replica: “Io non sono mai stanco” avvicinandosi a Shiratori per porgergli una domanda.
“Bugiardo…” intervenne allora Richard, attirando su di sé gli occhi a l’attenzione di tutti. “Tu stesso, hai detto d’esserlo…”
“Prego?” ma non fu necessario che Richard ripetesse quanto detto: fu sufficiente ascoltare la voce registrata di Shinichi per comprendere cosa intendesse:
“…ehm…cosa fai? Mandi un SMS?” era la voce di Ran.
“Non ti è bastato? Devo rispiegarti…” Questo era lui.
“No, no...Io volevo, solo…” Di nuovo lei.
“Vedi non volere niente da me. Sono stanco delle tue moine!” di nuovo lui.
Queste parole, che Kudo ricordava chiaramente d’aver pronunciato in classe, provennero dal piccolo registratore che Richard, senza farsi notare da nessuno, aveva tirato fuori da chissà dove.
“Ma cosa…?”
Gli occhi di Shinichi si dipinsero non tanto di stupore, quanto di preoccupazione.

^***^ ^***^ ^***^

Risus abundat in ore stultorum: Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi. E’ un più o meno famoso proverbio latino.
Sempre latino: il rigor mortis indica un fenomeno fisico che può occorrere ad un cadavere, alcuni dei cui muscoli possono contrarsi con un effetto molto simile a quello della contrazione dei muscoli nei viventi, eccettuata ovviamente la volontarietà dell'azione e tenuto conto di alcune differenze nei processi chimici che lo determinano. La popolare locuzione "morto stecchito" deriva dalla tradizionale constatazione del decesso dal rigor, considerato come uno dei segni inequivocabili della morte.
Hide in lingua inglese significa “nascondere”. Da questo, il nome del gioco nascondino, Hide and Seek.
I think it’ll be very interesting!: Penso che sarà molto interessante!
So, why non…: Allora, perché non…
Lo scambio di battute non è mio: non ricordo esattamente dove l’avevo sentito, forse sempre in un manga…fatto sta che mi era rimasto impresso e ho voluto inserirlo!
Per lo scambio di battute tra Shinichi e Ran, vedi capitolo 13.

^***^ ^***^ ^***^

Note dell’autrice:
Eccomi qui! Non ho ritardato troppo, dai :D Con questo capitolo, proclamo il caso del serial killer risolto! E sono contenta d’essere riuscita a svolgerlo in modo diverso rispetto al manga, da cui avevo preso invece le circostanze e la modalità dell’assassino…mi sono pentita di averle prese direttamente da Gosho senza modificarle, in questo modo non riesco a sentire davvero il caso come mio…ma per fortuna sono riuscita almeno a trovare una risoluzione diversa! Spero solo che l’indagine e poi la risoluzione non siano sembrati banali…è la prima volta che mi cimento nello scrivere di un’inchiesta e quindi non sono pienamente convinta di aver adempiuto adeguatamente all’incarico che mi ero preposta, quindi: fatemi sapere cosa ne pensate! Naturalmente si accettano anche le critiche: serviranno a farmi maturare e migliore anche in questo campo, da me un po’ trascurato…:P Ed invece, la seconda parte del capitolo o meglio la fine, è dedicato a Richard: non dico nulla! xD Ditemi voi, eheh XP Ed ora, voglio ringraziare i miei amatissimi recensori!

@Shiho93 :
Mi sa che anche in questo capitolo Ishimaru non dev’essere stato troppo simpatico…XP Eh, anche Shinichi inizia a perdere colpi…la recita con Ran lo sta sfinendo! Non so se arriverò proprio al bacio, ma chiaramente inserirò un degno finale anche per quanto riguarda il rapporto ShinxShiho, non preoccuparti! ^O^ Un bacione!

@bacinaru:
Ciao ! Eh, ci ho goduto anche io a scrivere la sconfitta di Ishi nello scorso capitolo, devo ammetterlo ! xD Beh certo, la scena tra Shin e Ran non era certo romantica…ma se lui fosse stato romantico, lei avrebbe capito da subito la verità ! E poi, ho pensato che, visto e considerato che sono comunque due adolescenti, anche se non la esplicano chiaramente l’attrazione fisica la devono provare ! XD In fin dei conti, in quell’indagine al mare Sonoko manda a Conan un sms con la foto del bikini di Ran e a lui esce il sangue dal naso, no ? XD Mi è piaciuto molto descrivere quel momento…e ti assicuro che tra di loro ce ne saranno altri ! xD Non ti dico se hard o no, però ahah XD Penso che in questo capitolo sia stato chiarito il motivo per cui il medico legale si sia recato all’agenzia investigativa…ma, come ho detto nelle note, non sono molto pratica delle indagini, per cui se c’è qualcosa che ho dimenticato o che non risulta chiaro, mi raccomando, fammelo sapere ! ^^ E io provvederò subito a correggere i miei errori ;D Infine, sono davvero super iper stra(XD) contenta che ti piaccia la mia fic !! ^//////^ Quindi grazie grazie grazie grazie grazie grazie…e a prestissimo ! =P Bacioni !!

@la_fata_bastarda :
Grazie di cuore! Quelle idee un po’ complicate cui ti accennavo riguardano per l’appunto i prossimi capitoli…spero di riuscire a rimetterle in ordine degnamente!! ^-^ Bye bye :**

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate :
Eccoci qua =D Con questo capitolo dovrebbero essere stati spiegati tutti i punti e gli interrogativi della vicenda, ma se ho tralasciato qualcosa, mi raccomando, fammelo presente! Provvederò all’istante ;P Vermouth? XD Ti rivelo una cosa: Richard non è un Mib xD Però, soprattutto visto la fine di questo capitolo, è chiaro che nasconda qualcosa! Ma non dico nient’altro, altrimenti poi non c’è gusto a leggerlo, eheh XP Per la questione delle scan, invece, ho ritrovato il link! Solo che non ricordavo fosse in inglese ^^” Se per te va bene ugualmente (forse leggi in lingua originale le opere di Shakespeare, dato il tuo nick?XD), posso mandarti una mail? Perché mi è venuto il dubbio che forse dartelo qui sarebbe una specie di spam…@.@ Grazie mille, mille, mille, mille per i tuoi commenti, che sono sempre meravigliosi!! Tanti baci XXX

@_ire_ :
Ciao, è un vero piacere per me conoscerti ! Per prima cosa, spero di non essere stata la causa della tua morte da parte dei tuoi genitori e l’ora tarda in cui hai recensito, eheh XD Scherzi a parte, mi fa davvero molto piacere che ti piaccia la mia storia ! Sei davvero TROPPO gentile ^///^ Purtroppo però con me la pazienza ci vuole XD Non sono troppo veloce, ahimè…ma ultimamente sto migliorando, non ho più lasciato passare un anno tra un aggiornamento e l’altro ! Spero che continuerai a seguire la fiction ! ^O^ Un grande bacio !

@Daminga:
Ciao! Piacere di conoscerti! =DD
Grazie, sei davvero gentilissima! Ho intenzione di terminare la storia, non preoccuparti ;D Solo che, come avrai notato, sono un po’ lenta ^^” Spero però che continuerai a leggere gli aggiornamenti dei capitoli, anche se lascio passare un po’ di tempo tra un aggiornamento e l’altro ^_^ Un bacio grandissimo e grazie di nuovo ^////^

@_Irene_Adler_ :
Ciao! Che bello risentirti!
Figurati, sono io che sono sparita per secoli ^^” Anzi, ti ringrazio per aver avuto la pazienza di rileggere la storia intera! =)
Per quanto riguarda l’aptx, sì: Ai aveva avvisato Shinichi che come minimo avrebbe avuto una portata di una settimana…trascorsa quella, avrebbe potuto terminare in qualsiasi momento, vale a dire quindi che può durare da due settimane a due anni! XD Invece, riguardo la questione della gita dei Dective Boys, beh, dovrai aspettare ancora un pochino per saperlo! Effettivamente, ho riletto i tratti che riguardano la vicenda, e sembra proprio un’imprecisione o una dimenticanza ^^” Però ti assicuro che non è così: è solo che ci sarà un momento preciso in cui questa “sospensione” tornerà utile :D
Ishimaru, credo, ti è antipatico anche in questo capitolo ,vero? XD Eh, poveretto: l’ho fatto nascere così! Ha avuto un destino sfortunato, quasi quasi a volte neppure io lo reggo…Spero ti siano piaciuti anche gli altri capitoli! Grazie tantissimo per i complimenti, mi fanno un piacere gigantesco!!! ^////////^ Un bacione e a prestissimo-stavolta, promesso!xD-

E con questo, ho terminato! Per il mistero Richard, miei amatissimi e adoratissimi recensori ed altrettanto graditi lettori, dovrete aspettare il prossimo capitolo: non tiratemi le pietre! UN bacione e un abbraccio a tutti, e grazie di cuore!! Al capitolo trentesimo! (Caspita, già il trenta…se ripenso a quando organizzavo i singoli fatti con lo schema O_O)! Bye bye!

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 31
*** Chi è Richard Sin Vey? ***


Capitolo Trenta

Chi è Richard Sin Vey?

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Voglio che questo mercatino di beneficenza sia considerato degnamente, da parte vostra.” Proferì il vicepreside dell’istituto superiore Teitan, in piedi con le mani congiunte dietro alla schiena “Non è obbligatoria la partecipazione, tanto meno l’allestimento o l’acquisto dei prodotti, ma sarei ben lieto che rispondiate positivamente a questo progetto, che già alcuni insegnanti di scuole superiori hanno inaugurato negli anni passati. Allora, ragazzi! Volete intervenire tutti?”
Naturalmente, dopo quel discorso, nessun alunno della classe I B se la sentì di dissentire e fu così che l’uomo diede inizio al sorteggio per assegnare gli incarichi in vista dell’allestimento del mercatino di beneficenza: si sarebbe tenuto nei locali della scuola, durante il week end.
“Prestate attenzione, ragazzi…” si schiarì la voce, aprendo il registro di classe per avere a disposizione l’elenco degli allievi.
Ma Ran Mouri non era per nulla presente a se stessa: continuava a ripensare e ripensare a ciò che era successo il giorno prima, in centrale. Non appena Richard aveva interrotto l’audio di quella cassetta, dietro di loro aveva fatto la sua comparsa l’ispettore Megure, invitando Shinichi e Kogoro a rientrare nella sala. Lei, rimasta sola con Richard, non era però riuscita ad afferrare il bandolo della matassa: perché aveva registrato la loro conversazione? E soprattutto, cosa intendeva fare? Che senso aveva rendere consapevoli di quel dialogo tutti gli altri? Anche Sonoko aveva insistito un po’, ma quando Richard, serio, era rimasto in silenzio, aveva desistito. Ma Ran no: per minuti, incessantemente, gli aveva chiesto spiegazioni sin quando lui, lanciandole uno strano sguardo, aveva lasciato la centrale di polizia. Dieci minuti dopo, lo stesso aveva fatto Shinichi: non vi fu tempo per ringraziarlo, per complimentarsi, per stringergli la mano! Tutti volevano farlo, poliziotti –uno a parte – detective, e magistrati…ma lui era scappato via non appena era stato messo il punto a quel rapporto su Kaetsu, sostenendo di essere gravato da un incarico urgentissimo; chiaramente, solamente coloro che avevano avuto modo di assistere allo spettacolo di Richard, avevano compreso ciò che probabilmente il detective liceale aveva intenzione di fare.
“Mouri e Sin Vey!” chiamò il vicepreside.
La ragazza volse lo sguardo, osservando il banco vuoto dell’ultimo alunno arrivato: “Mouri! Sin Vey!”
Sospirò, scuotendo il capo.
“Presente!” rispose Suzuki per lei, sporgendosi dal banco per darle un colpetto sulla spalla; lei sussultò, per poi sussurrarle un ‘grazie’.
“Voi vi occuperete del primo piano.” Ordinò l’uomo, allora si intromise l’insegnante: “ Sin Vey non c’è, signor vicepreside.”
Richard era assente.
“Bene, allora lo informeremo noi.”
La ragazza si limitò ad annuire. Poi, sentendosi osservata, si voltò in direzione di Shinichi, che invece era presente: non fece finta di niente come al solito, tutt’altro, continuò a sostenere il suo sguardo.

§§§

“Ci mancava soltanto questo mercato! Ma cosa credono, che non abbiamo impegni per il fine settimana?” si lamentò Sonoko, passandosi una mano tra i capelli per aggiustare il cerchietto azzurro che aveva sul capo. La sua amica non replicò, aveva altro per la testa.
“RAAN? Ci sei?” la chiamò allora, passandole una mano davanti agli occhi. “Oh, scusami Sonoko! E’ che sono preoccupata…”
“Eh, hai ragione: ci metteremo un sacco di tempo a sistemare tutti quegli scatoloni, i banchetti…”
“Sonoko, io veramente non mi riferivo a…” cercò di correggerla, ma lei proseguiva imperterrita “…e come se tutto questo non bastasse, sono pure finita in coppia con quel fissato del mistero!”
“AL MERCATINO!” alzò il tono della voce, zittendola.
“Parlavo di Richard…” aggiunse, abbassando leggermente gli occhi verso il terreno. “Cosa? Ancora per la faccenda della registrazione?” parlava come se fossero passati anni, quando invece era accaduto il giorno prima.
Ran annuì.
“Ma non devi preoccuparti, te l’ho già detto! Sicuramente Richard si è preso una cotta per te e vuole difenderti da quello stacanovista! Te lo dice la Regina Del Giallo!” quindi scoppiò a ridere, compiacendosi di quella definizione che si era data da sola.
“Non sono d’accordo…io...” Una voce la interruppe:
“MOURI!!”
Sonoko si girò di scatto, ma lei no: non poteva credere che a chiamarla fosse davvero…
“Kudo! Che vuoi?!” lo accolse la ricca ereditiera, fissandolo di sottecchi correre nella loro direzione; quando le ebbe raggiunte si fermò, un lieve fiatone ad alzargli ed abbassargli ripetutamente il petto.
Soltanto in quel momento, anche la figlia del detective si voltò, ritrovandosi a pochi passi di distanza da lui: per l’ennesima volta, non riuscì ad allontanare da sé quell’attrazione che da giorni la catturava in presenza del detective. “Posso parlarti?” chiese a Ran, ignorando del tutto le parole di Sonoko.
“Dimmi.” Rispose lei, cercando d’apparire disinvolta, quando in realtà sentiva il cuore batterle tanto forte da uscirle dal petto.
“Preferirei farlo in privato.” Esclamò serio.
“Mhm, lasciami pensare…no!” rispose per Ran la sua amica, guardandolo di sottecchi.
“Al di là del fatto che Ran non ha tempo da perdere ai tuoi comodi, tra cinque minuti deve vedersi con Ishimaru, dunque…”
“Ishimaru potrà aspettare, se è importante.” Si intromise Ran, ancora scossa “Lo è?” chiese conferma, speranzosa.
“Sì, è molto importante.” Fu la risposta.
Per l’ennesima volta, si perse nei suoi occhi: quanto belli, quanto stanchi. Inoltre, in lei cresceva la speranza che Shinichi volesse finalmente spiegarle cosa stava succedendo, che stesse per rivelarle il suo segreto…
“Ran! Non vorrai…” Sonoko la prese per un braccio, come per allontanarla da un imminente pericolo ma lei non ne volle sapere: “Se incontri Ishimaru mentre torni a casa, per favore, Sonoko, inventati qualcosa.”

§§§

Non era stata capace di rifiutare e in tal modo si era ritrovata a casa sua, seduta sul suo divano, a tormentarsi freneticamente le mani mentre lui si era assentato per qualche momento. Fece rientro nel salone con in mano un bicchiere e nell’altra una bottiglia di acqua minerale.
“Non ho altro da offrirti…” disse come per scusarsi, lievemente a disagio.
“Non preoccuparti…” gli rispose, sorridendo imbarazzata: anche lei si sentiva piuttosto in soggezione.
“L’acqua minerale non gonfia…” rise, ma Shinichi la corresse: “Veramente quella è l’acqua naturale…”
“Ehm…”
Il discorso terminò ed i due giovani, visibilmente impacciati, cercavano di guardare dappertutto fuorché il volto dell’altro; finalmente il detective, inspirata molta aria, si fece coraggio e prese parola:
“Sarò breve, Mouri.”
Ran sussultò: se l’aveva chiamata per cognome, non aveva la minima intenzione di riprendere il discorso da dove l’avevano lasciato quella notte nel suo letto, come invece sperava lei.
“Ho bisogno del tuo aiuto. So di non meritarlo.” Si affrettò ad aggiungere “Ma sei la mia…ehm, sei l’unica speranza che ho.” Si corresse, maledicendosi mentalmente per aver utilizzato l’aggettivo possessivo nei suoi confronti. Dal canto suo, Ran era confusa: “Come…? Io non posso…”
Il ragazzo sospirò, quindi si passò una mano tra i capelli. “Hai ragione, perdonami, non avrei dovuto neppure chiedertelo…ok, ti riaccompagno a casa!” detto questo si alzò in piedi, afferrando il giacchetto.
“No!” replicò allora lei, repentinamente “Mi sono espressa male…intendevo che non posso aiutarti perché non saprei proprio come fare…”
Shinichi, deglutendo a fatica, si riaccomodò sul divano, ma non ripose l’indumento, tutt’altro: rigirandoselo continuamente nelle mani, spiegò:
“Ho bisogno di sapere tutto quello che sai su Sin Vey.”
“Richard?” si stupì lei e il suo ex amico annuì.
“So che è una richiesta strana e so che non ho alcun diritto di chiederti aiuto. Ci ho pensato molto e sono giunto alla conclusione che tu sia davvero l’unica persona a cui io possa rivolgermi. Sei una sua amica, direi la ragazza con cui lui pare aver legato di più, ho chiesto in giro…e i ragazzi non li frequentava neppure, se non per le mere convenzioni sociali, i saluti, il buongiorno, collaborazioni scolastiche e così via…Non posso andare a casa sua senza sapere nulla su di lui, senza aver idea di cosa voglia e tanto meno di chi sia…ho bisogno di sapere davvero ciò che lo riguarda e soltanto tu puoi dirmelo.”
Era stato sorprendentemente sincero: dal giorno in cui il britannico aveva mostrato o meglio, fatto ascoltare quella registrazione in centrale, Shinichi non aveva fatto altro che riflettere ed indagare sulla sua persona, senza però venire a capo di nulla.
Nonostante tutto, aveva un sospetto riguardo la sua possibile identità ma non aveva nulla di concreto: certo, aveva chiesto al professor Agasa di verificare alcune informazioni su Internet, ma con cosa avrebbe mai potuto confrontarle? Inoltre, se davvero Richard era la persona che lui credeva - temeva- era assolutamente necessario scoprire quanto sapesse di lui e soprattutto di Ran: non poteva rischiare di coinvolgerla, dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per proteggerla, poi!
“Quindi, vuoi che ti dica quello che so su Richard?” domandò Ran, cauta: Shinichi era al suo fianco, ma stava ben attento a non sfiorarla.
“Esatto. Voi siete usciti insieme un paio di volte, vero?” chiese, ricordandosi della conversazione che quando vestiva ancora i panni di Conan aveva avuto modo di udire.
Dal canto suo, Ran annuì, quasi colpevole.
“Puoi raccontarmi gli appuntamenti?”
“Gli appuntamenti?”
“Sì…cos’avete fatto, dove siete stati…di cosa avete parlato!” sembrò aggiungere quella frase quasi per sbaglio, quando in realtà quella era la cosa che gli premeva più di ogni altra.
La ragazza lo fissò per un paio di secondi, godendo finalmente alla vista dei suoi occhi: erano sempre così sfuggenti che quasi aveva dimenticato la luce che illuminava quel blu intenso.
“Va bene.” Acconsentì. Non era certamente questo che aveva sperato, ma non poteva rifiutare: lei sapeva che Shinichi le nascondeva qualcosa e che teneva a lei, l’aveva scoperto pochi pomeriggi prima. E come se tutto ciò non bastasse, era chiaro che Richard poteva costituire un pericolo reale, visto la seria reazione del suo vecchio amico e il suo stesso presentimento, quel presentimento che l’aveva tormentata per tutta la mattina. Infine: come poteva dire di no al ragazzo che amava?
Lui sorrise, lieto: si alzò in piedi, posando il giacchetto al fianco della giovane per poi riprendere posto di fronte a lei, appoggiato allo scrittoio di suo padre.
Il resoconto ebbe inizio e Ran, come promesso, non tralasciò quasi nulla: parlò del primo appuntamento al cinema, del loro pomeriggio di studio, delle varie uscite anche in compagnia di Sonoko, delle telefonate e di tutto ciò che avevano affrontato nei loro discorsi, a parte…
“Gli hai parlato di me?” chiese a un tratto lui, oramai seduto sulla scrivania con le gambe che penzolavano senza toccare terra e un cubo di rubrik a tenergli le mani occupate.
Ran trasalì, arrossendo vistosamente.
“Non che mi interessi!” precisò di fretta, ma si rese conto quanto quella correzione suonasse amara, quindi continuò: “Nel senso che chiaramente questi non sono affari miei…e non mi permetterei mai di chiedertelo. So…capisco che sia difficile e probabilmente anche…fastidioso dovermi parlare di questo ma non te l’avrei chiesto se non fosse necessario.”
Ma lei esitò ancora, tenendo lo sguardo basso, rivolto alle mani che spiegazzavano l’orlo della gonna.
“Devo sapere quanto Sin Vey conosca di me.” Insistette “Ti faccio un esempio banale: se tu gli avessi detto che io sono bravo nel calcio, lui eviterebbe di attaccarmi con una pallonata. Capisci? Quanto bene sa come muoversi…”
La ragazza alzò gli occhi, ma in viso era ancora rossa:
“Sì. Gli ho parlato di te.” Ammise.
“Cosa gli hai detto?”
“Devo…devo per forza riferirtelo?” chiese, trapassandogli il cuore in due: da una parte, in lui ardeva il desiderio di sapere se davvero la ragazza aveva anche solo sperato di poterlo odiare un giorno, dall’altra però non voleva forzarla a dirgli qualcosa che avrebbe dovuto rimanere segreto e che, troppe volte era stato svelato dalla presenza di Conan.
“Ti prometto che non…lo dimenticherò non appena me lo avrai detto. Non ci saranno commenti da parte mia, né accuse, né giustificazioni, né attacchi…te lo assicuro. Non te lo chiedo perché voglio approfittarmi della situazione, Mouri. Io…io so separare il campo professionale da quello privato.” Decise, infine.
“Io…” esordì Ran con il tono di voce bassissimo ed il volto in fiamme. Il suo sguardo guizzava da una parte all’altra del salone, evitando accuratamente di soffermarsi su di lui.
“Io…è stato lui a…ad accompagnarmi a casa quando…” parlare le era diventato arduo “…quanto tu, nello spogliatoio della scuola, mi hai…mi hai detto che…”
“E poi?” troncò il discorso lui, sentendo vacillare il suo usuale sangue freddo.
Seppur con difficoltà gli raccontò ogni singola parola che si erano scambiati riguardo lui: la sua freddezza, il progetto per farlo ingelosire usando Ishimaru, la copertura, lo scontro con Brandy, la strana presenza di Shiho e relativi sospetti, quella singolare notte trascorsa nel suo letto al suo fianco ed il bacio…
“Gli hai detto anche di quello?” sbottò, al che Ran sussultò:
“Mi-mi dispiace…” sussurrò, stringendosi le mani.
“No, dispiace a me.” Si scusò passandosi una mano tra i capelli. Scese dalla scrivania, tornando in posizione eretta.
“Avevo detto che non avrei fatto commenti e così sarà.”
Effettivamente, Shinichi era imperturbabile: nonostante si stesse sostanzialmente parlando di lui, non aveva mai fatto una piega né tantomeno manifestato fastidio o piacere; questo, chiaramente, sino ad allora: la verità era che non essere riuscito a trovare altra soluzione, se non quella di baciarla, ancora gli bruciava tremendamente.
Sapeva d’averle fatto molto male e se ne tormentava.
“Va’ avanti.” La incoraggiò.
“Beh…non ho altro da dirti. Avevo lasciato il bacio per ultimo…” rispose, massaggiandosi convulsamente un braccio.
“Oh…d’accordo.” Non fu in grado di dire nient’altro, anche perché Ran domandò:
“Posso farti una domanda io, ora?”
Quando il detective glielo concesse, si pentì: avrebbe davvero trovato il coraggio per chiederglielo…?
“Riguardo appunto a…quel…bacio…” Il suo volto bolliva.
“Ehm…”
“E’ stato…” intervenne Shinichi, allorché s’accorse che la ragazza non riusciva a proseguire “Un bel bacio…” ammise, passandosi una mano sulla nuca con grande disagio.
“Davvero?” alzò il volto per la sorpresa, poi però lo riabbassò in fretta. “Ti è …piaciuto?”
“Direi…di… sì…” rispose a stento lui, gli occhi ridotti a due minuscoli puntini. “Anche a me…” proseguì lei, come in trance “Mi sono sentita…ehm…sei stato molto…hai usato una gran foga…”
“Ti ho…fatto male?” balbettò, inquieto ma lei si affrettò a negarlo:
“Anzi, è stato…bello…molto bello…” disse, poi si schiarì la voce, il cui tono era quasi impercettibile.
“Shinichi, eccomi! Ho trovato tutte le informazioni possibili su Tom McRay!!” irruppe nella stanza Agasa sventolando un mucchio di fogli. Non appena vide Ran, però, impallidì e si sentì ancora peggio notando lo sguardo accusatorio del suo giovane vicino di casa.
“Non credevo che…tu Ran,…”
“Mi ha raccontato tutto quello che sapeva su Richard.” Gli spiegò, tornando freddo e perfettamente padrone di sé.
“Oh…” esclamò l’uomo, deluso “Credevo che voi aveste…” ‘fatto pace’ stava per dire, ma il detective lo interruppe: “Grazie, Mouri. Ora…”
“Credi che Richard sia quel giornalista?” gli domandò lei, che ancora conservava un po’ di colore sulle guance.
“Ora puoi andare.” Concluse la sua precedente affermazione, dandole le spalle. “Ma Shin…”
“Puoi andare, Mouri.” Ripetè, ma stavolta i suoi modi non furono troppo persuasivi:
“Ti ho raccontato tutto, Shinichi, tutto.”
E lui sapeva bene cosa quel ‘tutto’ racchiudesse.
“Non puoi almeno accennarmi i tuoi sospetti?”
Agasa parve d’accordo: “Anche Ran è in classe con voi e ha bisogno di…” ma chiuse la bocca quando il ragazzo lo fulminò con lo sguardo.
Ran sospirò, arrendendosi.
Afferrò il kimono e la cartella che aveva poggiato ai piedi del divano, quindi s’avviò verso la porta salutando il dottore con un cenno della mano ed un sorriso per nulla convincente.
“Aveva detto di avere tra le mani un caso interessante.” Disse il detective quando Ran aprì la porta per lasciare la stanza.
“Come?” chiese.
“Ed io, più volte in quell’albergo mi ero sentito osservato.”
Quando comprese che, a modo suo, Shinichi la stava ringraziando, richiuse la porta e poggiò nuovamente la borsa e gli indumenti a terra.
“Ho creduto che quell’impressione fosse riconducibile a Sakata, e sicuramente era così…in parte. E’ probabile che anche quel giornalista mi stesse…ci stesse spiando.”

Il gruppo composto da una dozzina di persone arrestò il passo, scorgendo poco distante un torrente d’acqua limpida e pulita.
“Dev’essere gelato…” commentò Ishimaru, posizionato un braccio intorno alle spalle della sua finta fidanzata.
“Ed io che avevo sete…” si lamentò lei, inumidendosi le labbra con la lingua.
“La temperatura non è diversa da quella esterna, alla tua bocca quell’acqua non risulta tanto fredda.” Le disse Shinichi, giunto al sua fianco senza che lei se ne fosse accorta.
“Vero, Shiho?” chiese conferma dopo, ma la biondina annuì solamente.
“No-non lo sapevo…grazie…!” balbettò lei, mentre un giovane uomo si interessava alla discussione:
“Non è la prima acuta osservazione che esponi, questa.” Disse al detective, avvicinandoglisi con un gentile quanto compiaciuto sorriso dipinto sulle labbra. Come risposta, Shinichi ricambiò cortesemente il sorriso e strinse la mano che l’uomo gli stava porgendo:
“Piacere, Tom McRay.”
“Oh, lei è…” stava per dire, ma Michiyo si interpose tra loro ed esclamò contento:
“Oh, tu sei il giornalista che aveva scritto quell’articolo su di m…”
“Su Michiyo! Il poliziotto…” riprese di nuovo parola Kudo, fulminandolo con lo sguardo; dunque, Ishimaru si morse la lingua, voltando il volto dalla parte opposta: aveva rischiato di mandare a monte la copertura…
“Yes, of course!” assicurò il giornalista, senza darsi delle arie come invece avrebbe fatto, se riconosciuto in una folla, Michiyo.
“Oh, me ne ricordo!” intervenne anche la donna che poco prima si era complimentata con il poliziotto e Ran “Lei è il giornalista che si traveste per intromettersi nella vita degli altri…”
L’accusato rise leggermente, per poi proclamare: “I don’t meddle, I work.”
“Cosa ci fa qui?” gli domandò l’amica della donna, diffidente.
“Voglio scrivere un articolo su quest’agriturismo e sul suo proprietario, il signor Yuri Sakata.” Rivelò, incrociando le braccia.

Forse è venuto a Tokyo per scrivere un altro articolo, più dettagliato, su Michiyo: parlando con te ha scoperto che sarebbe stato presente come agente di copertura all’agriturismo e, non potendo attirare troppo l’attenzione come Richard Sin Vey, si è presentato con il suo vero aspetto. Poi, però, si è reso anche conto della mia presenza: non solo ero un tuo amico, ma ero anche tornato in città! Così ha deciso di cambiare soggetto: realizzare un articolo su qualcuno che da mesi ha fatto perdere le sue tracce sarebbe uno scoop e un trampolino di lancio per lui.
E poi il linguaggio di Richard: oltre ad usare le forme contratte, che solitamente i britannici evitano, utilizza alcune parole che sono davvero inconfondibili! ‘ c’mon’ al posto di ‘come on’, ‘cause’ in luogo di ‘because’, ‘ya’ e non ‘you’, ‘gimme’ anziché ‘give me’…Sono formule tipicamente americane e non inglesi. E McRay è americano.”
Concluse, porgendo poi le mani ad Agasa perché gli consegnasse i fogli stampati con le informazioni su di lui.
“Mi dispiace.” Disse Ran, guardando il ragazzo con aria desolata.
“Di cosa?” domandò Shinichi, sollevando gli occhi dalle righe stampate.
“Se quel giornalista è riuscito a rintracciarti è solo colpa mia…mi sono fidata troppo di lui, gli ho rivelato troppe cose e ora…” la sua voce s’incrinò “…ora, a causa mia, ci sei andato di mezzo tu…” le lacrime fecero capolino dai suoi occhi, già lucidi.
“Non dire sciocchezze, Ran!” esclamò Agasa, cercando di rincuorarla “Ci sarebbe riuscito comunque, è il suo mestiere! Tu non c’entri niente…”
Lei non replicò, tuttavia non parve convinta; allora Shinichi le si avvicinò, afferrandole il mento con tre dita: lei sussultò, ricambiando il suo sguardo con un lieve imbarazzo.
“Se non fossi stata tu a portarlo da me, ora non saprei cosa lui esattamente conosce di me…e invece ho le idee molto chiare in proposito, perché tu hai deciso di aiutarmi. Sai cosa significa?”
Ran scosse la testa e lui le si avvicinò ancora di più, soffiandole in faccia:
“Che sono in vantaggio io, sciocca!” poi, per la prima volta da quando era tornato, le sorrise.
La figlia del detective ricambiò il sorriso, asciugandosi le lacrime col dorso della mano: “Dici sul serio?”
“Certo.” Rispose, spostando l’ attenzione sulle labbra che poco distavano dalle sue: ricordandosi improvvisamente del discorso intrapreso prima che Agasa entrasse nella sala sussultò, lasciandola andare.
“Bene, a questo punto…” disse, tanto per riprendere il controllo di sé. Aprì un cassetto della scrivania di Yusaku, estraendone una cartelletta gialla.
“Hai già qualche idea…” fece per chiedergli il vicino di casa.
Lui afferrò un pennarello rosso da un portapenne, intitolando il fascicolo dove avrebbe riposto tutti quei fogli e gli appunti che, dopo il racconto di Ran, sicuramente avrebbe buttato giù.
“…su come contrattaccare?”
Ma Kudo non rispose all’uomo.
I suoi occhi erano fissi sul nome che aveva appena scritto: Richard Sin Vey.

§§§

Aveva messo a posto ogni cassetta e pianificato tutte le azioni prodrome: restava solamente da pianificare il giorno, ma quello sicuramente non sarebbe stato un problema. Dato che tutto era pronto, uno valeva l’altro!
Alzandosi dalla sedia della scrivania, si sedette nuovamente sul divano, per consultare il portatile sul cui desktop ancora appariva la foto di Shinichi mentre tentava ridicolamente di minacciare Ran:

“Non credo che tu voglia sapere la verità, Mouri.”
“Sì che lo voglio, invece!”
“Benissimo.” Rispose lui, riuscendo a fingere un perfetto sorriso sarcastico. “Non riuscivo a dormire e ho ragionato in questo modo: casa mia vuota, e al buio. Tu da sola, nella mia camera, nel mio letto…tu donna, ed io uomo. Quale voglia credi mi abbia assalito?”
Ran avvampò.
“Esatto.” Sentenziò, facendo per andar via.
“E allora perché non l’hai fatto?” balbettò lei in imbarazzo,trattenendolo per la manica.
“Ma cosa ti importa? Avresti voluto che lo facessi?” replicò, preso in contropiede: non aveva idea di come rispondere. “Cosa c’è, piaccio anche a te?” Ferendola nell’orgoglio forse l’avrebbe vinta.
Ed in effetti, lei tacque, lasciando che la sua frangetta le coprisse gli occhi.
Per l’ennesima volta, allora, Shinichi le diede le spalle e si incamminò per la via di casa, ma dopo neanche tre passi si ritrovò faccia a faccia con la giovane karateka, lo sguardo deciso.
“Che altro c’è?” ruggì “Guardami, sono fradicio! Cosa vuoi da me?”

Rise all’idea del giovane che prima la baciava –come aveva visto con i suoi occhi nell’agriturismo di Brandy- e poi fingeva di non volere avere niente a che fare con lei: non si rendeva conto di essere assolutamente poco credibile?
“Poor pussycat*…” cantilenò, scorrendo col mouse sul desktop “My dear Ran…”
S’accorse che lampeggiava un’icona e vi cliccò; la mail che aveva appena ricevuto recitava così:
Richard Sin Vey, in seguito all’assenza di stamane non ti è stato possibile apprendere le direttive riguardo il mercato di beneficienza organizzato dalla nostra scuola. Pertanto ti informiamo che, in seguito ad un sorteggio, tu sei addetto alla sala cineforum in compagnia della studentessa Mouri Ran. I preparativi dovranno terminare entro il prossimo sabato. Buon lavoro e , ci auguriamo, buon divertimento.

La Segreteria della scuola superiore Teitan
Sorrise.

§§§

Alla fine aveva insistito per tornare a casa da sola, dal momento che Shinichi era sicuramente impegnato nella ricerca su Sin Vey.
Percorrendo le vie di Tokyo, seppur fosse ancora molto turbata da quanto scoperto sul britannico, a tornarle in mente non erano certo le immagini del giorno prima in centrale, bensì di poche ore prime a villa Kudo: al di là degli occhi, che l’avevano affascinata ancor prima di realizzare d’essere innamorata di lui, ogni parte del suo corpo l’aveva colpita. Rivedeva distintamente tutti i suoi movimenti, il modo in cui appoggiava alla scrivania il bacino, assumendo una posizione tale da mostrare quanto fosse longilineo; la maniera in cui si passava le mani -mani che in più occasione l’avevano sfiorata procurandole brividi di piacere- tra i capelli, il cui profumo ricordava distintamente. Lo amava, questo lo sapeva: ma si era riscoperta davvero attratta da lui come mai prima di allora. Non era una sensazione lieve, come quella che provava anche in passato, quando si incontravano, come un fastidio che faceva preda lo stomaco oppure un tremore che si espandeva per tutto il corpo, la solita agitazione mista ad emozione che l’avvolgeva ogni qualvolta lo vedesse, no…era attrazione, desiderio, passione e lei stessa se ne spaventava: era giusto provare tali sensazioni? E, soprattutto, era lecito percepirle sempre, ad ogni incontro? Quando finalmente l’aveva scorto in centrale aveva creduto fosse una reazione normale, dal momento che era lontano da mesi; ma non era normale sentire le stesse identiche ardenti emozioni in qualsiasi circostanza lo incontrasse, non era normale osservare minuziosamente ogni suo movimento rabbrividendo persino se si passava un dito sulle labbra! …labbra che l’avevano sfiorata, e poi posseduta ferocemente in quell’agriturismo, labbra che non osava più guardare ma che ricordava morbide e delicate mentre le esploravano gli angoli della bocca.
Ogni suo gesto, ai suoi occhi, era carico di magnetismo, di eros tale da chiedersi non poche volte cosa si provasse nel sentire il suo petto contro il suo seno, avvolti in un abbraccio che durante il festival scolastico aveva provato ma, non sapendo chi si celasse dietro la maschera del Cavaliere Nero, subito dimenticato. Come si sarebbe sentita se lui le avesse sussurrato qualcosa all’orecchio? Avrebbe sopportato il suo respiro sulla pelle, le sue labbra sul collo?
“Ran-chan!”
Quel richiamo le suonò come un rimprovero per le indecenze pensate, pertanto la ragazza alzò il volto in fiamme, rendendosi poi conto che Ishimaru, di fronte a lei, non poteva di certo averle letto nel pensiero.
Senza rendersene conto era arrivata a casa, a pochi passi di distanza dalla scalinata che collegava la strada all’agenzia investigativa di suo padre come al loro appartamento; il poliziotto era seduto su un gradino, ma vedendola avvicinarsi si era alzato di scatto. Dietro di lui, nell’udire il nome dell’amica, fece capolino Sonoko. -Accidenti!- pensò Ran, sbuffando seccata – Ora vuoi vedere che mi toccherà anche giustificarmi per essere stata da Shinichi?-
“Oh, Ran-chan, stai meglio ora?” domandò il giovane, protendendo le mani verso di lei.
“Come?” cadde dalle nuvole.
“Gliel’ho detto, Ran.” Si intromise Sonoko, un tono di voce molto eloquente “Che non ti sentivi bene e sei andata ad allenarti, come fai sempre per riprenderti!”
“Ah…ah!” comprese al volo la giovane, grata all’amica che le aveva retto il gioco “Sì sì, sto meglio…” si affrettò a rispondere.
“Meno male, mi ero così preoccupato!” disse con voce dolce, sfiorandole il volto con la mano destra “…per te…”
Però Ran voltò il capo,scostante.
“Grazie” rispose secca, infastidita dal tentativo di Michiyo di cancellarle dalla faccia il tocco di Shinichi. Poi si sentì in colpa: Ishimaru era sempre gentile con lei, e nonostante il caratteraccio, tentava in tutti i modi di riuscirle gradito.
“Non volevo sembrarti invadente.” Cercò di riprendersi, con la mano ancora a mezz’aria. “Però ho deciso di aspettarti qui, non appena Sonoko mi ha avvisata.”
Appunto: Ishimaru era comprensivo, romantico, dolce, gentile e la riempiva di attenzioni. Insomma, il tipico uomo dei sogni, capace di donare tranquillità ed equilibrio…ma lei era innamorata di Shinichi, uno stacanovista, un montato, un fanatico del giallo, il tipico principe azzurro irraggiungibile ma meraviglioso, affascinante, elegante, dotato di acume ed ironia, che spesso diveniva sarcasmo: forse negli ultimi tempi non le aveva dato tranquillità, né tanto meno equilibrio, ma era sufficiente la sua presenza per farla sentire protetta ed al sicuro.
“Ti avevo portato questi…” le disse, porgendole un mazzo di rose rosse un po’ appassite “Certo, sono passate parecchie ore ma magari se le metti subito in un vaso si riprenderanno, mia bellissima adorata!”
Era decisamente il caso di parlare con Ishimaru: spiegargli le circostanze, ringraziarlo e…salutarlo.

§§§

“E’ sicuro che vada tutto bene, professore?” domandò Shiho, con finta aria noncurante. “Non ha mangiato nulla.”
“Ho solo un po’ di mal di stomaco.” Mentì, massaggiandosi il punto citato con la mano.
“Ah sì?” rispose persuadendo Agasa d’essersi convinta.
“Lo ha da quando è tornato a casa di Kudo, ieri sera?”
L’uomo trasalì: quando, dopo la partenza di Ran, il professore si era sostato ancora a casa sua, Shinichi l’aveva pregato – o forse sarebbe meglio dire che gli aveva ordinato- di non rivelare nulla a Miyano, per non spaventarla…come tentava di fare solitamente.
“Sai, le cose con Ran vanno ancora male e…a me dispiace.”
E, come solitamente avveniva, lei lo smascherava, rivelando un intuito degno della scienziata che era.
“Capisco.” Replicò alzandosi da tavola.
Questa volta, anche Agasa era d’accordo, però: visto la vera identità di Richard, che Shinichi gli aveva rivelato, sarebbe stato davvero pericoloso informarla dell’accaduto…e di ciò che, probabilmente, stava per accadere in quanto lei senza dubbio sarebbe voluta intervenire.
“Ed è per consolare lei che ha riesumato dalla cantina quello smoking?” domandò, dimostrando di avere, nonostante le apparenze, una piena consapevolezza del circostante.
“Ma no!” il dottore non seppe se ridere o meno a quella battuta ostile alla ragazza che aveva visto crescere assieme a Shinichi “E’ per il mercato di beneficenza organizzato dalla loro scuola, il Teitan. Ho visto stamattina dei manifesti, si terranno sabato sera.”
Poi, nel tentativo di distrarla dalla questione Sin Vey, aggiunse: “Ho sentito che anche alcuni studenti delle elementari hanno contribuito, con dei dolci e delle statue di argilla per bambini. Perché non vieni anche tu? Forse ci saranno anche i Giovani Detectives…”
“Davvero?” ma non sembrava realmente interessata “E come spiegherete la loro presenza a lei? E a suo padre?” Shiho non chiamava mai Ran per nome.
“Non erano partiti per il campo-scuola con cui Conan Edogawa aveva tolto le tende?!”
“Oh, Shinichi non te lo ha detto?” si sorprese, poi disse fra sé e sé “Siete stati talmente impegnati con la storia dell’agriturismo, che evidentemente si è scordato…Ayumi, Genta e Mitsuiko sono rientrati pochi giorni dopo la partenza, come previsto. Ma Shinichi ha telefonato a Ran con la voce di Conan, dicendole di aver incontrato per caso un amico dei suoi genitori che è tornato per poco tempo in città e che aveva piacere di trascorrere del tempo con lui prima di ripartire.”
“Scusa banale.” Concluse lei.
Stava per replicare, quando il campanello suonò.
“Buongiorno, professore!” lo salutò cordialmente Ran.
“Buongiorno a te, mia cara. Posso esserti d’aiuto?” Di norma, l’avrebbe invitata ad entrare ma non poteva certo mostrarle Shiho, ancora adulta, in casa sua: cosa le avrebbe raccontato? Fortunatamente la figlia di Kogoro sembrava di fretta e non ci fece neppure caso:
“Sì, direi di sì.” Rise, un po’ a disagio “Potrebbe dare a Shinichi una cosa da parte mia?”
Un po’ sorpreso, Agasa non rispose:
“Non credo che gli farebbe piacere riceverlo da me e poi oggi mi sarebbe impossibile darglielo.” Gli spiegò, riferendosi alla fastidiosa presenza di Ishimaru, che aveva promesso d’aiutarla con i preparativi del mercatino perché lei non si sentisse di nuovo male.
“Oh, d’accordo.” Accettò allora l’uomo, prendendo tra le mani il libro che la giovane gli stava porgendo.
“Moon’s Knight?”* chiese, leggendone il titolo.
Ran annuì: “Me lo ha prestato un po’ di tempo fa Richard, cioè…Tom. Shinichi mi aveva detto che poteva tornargli utile qualsiasi cosa e…allora…ci sono alcune parti sottolineate e…”
“RAN! ANDIAMO!” la chiamò Sonoko, oltre il cancello della villa Agasa.
“Non preoccuparti, Ran. Glielo darò io, oggi stesso.” Le assicurò, salutando da lontano la ricca ereditiera.
“La ringrazio, professore.” Rese commiato, inchinandosi leggermente per salutarlo definitivamente. “ E buona giornata!” aggiunse, raggiungendo la sua amica.
“Fatto?” le chiese lei, con le braccia incrociate al petto.
Ran annuì: “Grazie, Sonoko.”
“Non capisco perché vi siate fissati tanto! Ve lo ripeto, Richard è sicuramente innamorato di te…oppure è un fan di quello sbruffone! Non ci sono altre spiegazioni.”
In fin dei conti, tutti avrebbero scoperto che Sonoko non aveva poi tutti i torti. Per ringraziarla d’averle retto il gioco, Ran le aveva raccontato il motivo per cui si era allontanata con Shinichi: raccontargli ciò che sapeva di Sin Vey. Tuttavia, per rispetto al giovane detective e per non tradire la sua fiducia, non aveva fatto cenno a Tom McRay né al fatto che Shinichi stesse svolgendo una vera e propria indagine.
“Grazie anche per ieri, di nuovo.” Cambiò discorso, anche se era realmente grata alla sua amica per l’enorme favore che le aveva fatto.
Sonoko fece spallucce: “In cambio, posso farti una domanda?”
“Ma certo!” le sorrise, amichevole. La biondina parve un po’ titubante, incerta se parlare o meno: “Tu…tu non sei mai stata interessata ad Ishimaru, vero?”
Ran aprì la bocca, sorpresa. Poi si riprese, sorridendo con tristezza: “Lui è…lui è perfetto, ma non per me. Mi dispiace molto, ma…”
“…sei ancora innamorata di Kudo, vero?”
Lei sussultò, arrossendo. “Beh…” divagò lo sguardo, in imbarazzo:
“Ti ha fatto e ti sta facendo soffrire così tanto!” le disse, posandole una mano sulla spalla “Se non ti piace Ishimaru va bene, certe cose non funzionano a comando…ma perché vuoi rovinarti la vita per quello lì? Lui non…” Le parole di Sonoko erano probabilmente tra le più sagge che avesse mai pronunciato, ma alla sua amica non piacquero:
“Lui mi nasconde qualcosa.” La interruppe, gli occhi che brillavano. “Ci sono delle cose che non ti ho detto…” aggiunse a bassa voce, pensando turbata: -E che avevo rivelato a Richard…-
“…Alcune scoperte mi inducono a credere che Shinichi nasconda qualcosa che sia davvero serio e che…questo suo strano atteggiamento dipenda solo da un problema…grave.”

“Puoi fare di me quello che vuoi, se lo desideri.” Gli concesse invece lei, continuando a fissarlo negli occhi senza che i suoi lasciassero trasparire nient’altro che imbarazzo:
niente disprezzo, niente paura, niente disgusto…
“Ma prima dimmi che mi odi.” Concluse, seriamente.
“Che cosa?” Di nuovo, Shinichi rimase perplesso: dove voleva arrivare?
“Mi pare d’avertelo già detto un sacco di altre volte! O perlomeno, d’avertelo fatto capire: ma se è questo che vuoi…” distolse lo sguardo, senza però lasciarla andare. “Ti odio, Mouri.”
Richard assottigliò gli occhi.
“No. Dimmelo guardandomi in volto.” La sua non era una richiesta, bensì un ordine.
“Eh?”
“Dimmi che mi odi e che vuoi solo…” arrossì ulteriormente “…vuoi solo approfittare del mio corpo guardandomi negli occhi!!”
Ecco dove voleva arrivare: Ran si era accorta che Shinichi, nei loro diverbi verbali, non riusciva mai a sostenere il suo sguardo: era dannatamente difficile farlo, sapendo di mentire spudoratamente…
“E questa che stronzata sarebbe?” soffiò Shinichi, fuori di controllo: non ce l’avrebbe fatta, ne era perfettamente consapevole.
“Fallo e non ti disturberò più, smetterò di parlarti…farò quello che vorrai.” Promise, testarda “Ma tu, prima, fallo!”
“Ti ha dato di volta il cervello?” Shinichi cercò inutilmente di cavarsi d’impaccio. “Quello che stai dicendo non ha senso!”
“DILLO!”
Il detective sospirò.
“Io…” la fissò negli occhi, aumentando la presa sui suoi fianchi.
Ran, in tutta risposta, si morse le labbra.
“Mouri, io…” tentò, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Trascorsero alcuni secondi, che parvero interminabili.
Consapevole dei suoi limiti, Shinichi si arrese: “…io non sono disposto a dare adito alle tue paranoie!” esclamò, staccandosi bruscamente da lei e recuperando con movimenti convulsi cartella e libri, corrosi dal fango.
Quindi afferrò anche la giacca della giovane, divenuta da celeste marrone, e gliela tirò contro: “E soprattutto, io non mi sporco con la merce usata di Michiyo!” Si era arreso: mentirle così spudoratamente, e per di più insultarla a quel modo guardandola negli occhi non era nelle sue possibilità, trascendeva completamente i suoi limiti.
Quasi di corsa, per evitare che lei potesse fermarlo di nuovo, si allontanò dirigendosi verso casa.
Ran rimase invece immobile, a fissare la sua schiena mentre correva via: nonostante la pioggia continuasse a martellarle addosso, non potè fare a meno di sorridere.
Sorridere a trentadue denti. E Richard, ancora nascosto dall’albero, ne comprese il motivo: Shinichi era stato definitivamente smascherato.

“Ran…” scosse la testa, per niente convinta. Fece per replicare, ma fu interrotta dalla giovane che aveva capito di non essere stata persuasiva: “No, non mi sono spiegata bene, lo so, ma c’è davvero un motivo reale per cui…”
“Sei troppo innamorata per essere oggettiva, Ran!”
Si zittì, abbassando il capo: “Io…”
“Ehilà, ragazze!” le interruppe nel vivo del discorso Michiyo, arrivato davanti alla scuola superiore alle loro spalle.
“Allora, entriamo? Così spiego subito ai vostri amici perché sono qui con voi ad allestire tutto per il mercatino!”
“A Kudo penseremo dopo!” le sussurrò allora Sonoko, comprensiva e, dopo settimane, di nuovo dalla sua parte “Adesso sarà meglio parlare con Ishimaru!”
Ran annuì: finalmente riconosceva la sua migliore amica, i cui consigli aveva sperato rimpiazzare con le parole di Richard.

§§§

“Era Ran. Mi ha chiesto di restituire questo libro a Shinichi.” Mentì di nuovo: se avesse scoperto che il detective voleva sapere tutto su Richard, avrebbe anche capito che qualcosa non quadrava per il verso giusto.
“Allora le cose non vanno tanto male…” per la prima volta, durante quel dialogo, alzò gli occhi.
“Ehm….Gliel’aveva prestato tanto tempo fa e ieri, mettendo in ordine, lo ha ritrovato…non se la sente di darglielo di persona…” inventò una scusa su due piedi, che parve però reggere: la oramai non più piccola Ai abbassò di nuovo gli occhi sulla sua rivista di moda.
“Parlavamo…di scuse banali?”
“Non essere così cinica. E’ l’unica che al povero Shinichi è venuta in mente. E poi, anche lui non è libero di riflettere lucidamente…Anche se non lo da a vedere, sono sicuro che soffre molto per come le cose stanno…avete deciso che debbano andare con Ran.”
“E’ l’unico modo per non coinvolgerla.” Ripetè la scienziata, voltando una pagina del magazine un po’ troppo bruscamente.
“Forse. Ma, lo sai, a me quest’idea non è mai piaciuta: la trovo esagerata. Shinichi era già abile due anni fa, quando aveva da poco iniziato ad occuparsi di alcune indagini. Con le esperienze che ha vissuto e tutte le persone che ha combattuto e che ha conosciuto, non solo è migliorato, ma addirittura è maturato. Io lo conosco sin da piccolo e mi sono accorto della differenza: è vero che lui è stato sempre magnanimo, e non si tirava mai indietro ma…non lo so, in molte occasioni mi ha sorpreso.”
“Io rientro tra una di queste?” domandò, più fredda del solito, Sherry.
Agasa sospirò: “Nonostante tutto…è stato gentile con te. E ti ha protetto, si è rivelato molto comprensivo anche se…” si morse la lingua.
“Anche se io sono la causa della sua rovina?” si riferiva chiaramente all’apotoxina da lei creata.
“Quando ha saputo chi eri…quando ha capito che eri sincera, lui ti ha perdonata. E non ha esitato neppure un attimo ad accompagnarti in quel vecchio studio grafico per scoprire qualcosa suoi tuoi genitori, a travestirsi da te per controllare che Vermouth non fosse sulle tue tracce, e di nuovo a prendere il tuo posto per catturarla. Seppur fossi a conoscenza del suo buon cuore, questo mi ha molto sorpreso. E poi, Vermouth stessa quella notte decise di salvargli la vita…a lui, ed anche a te, pare. Evidentemente ha qualcosa in testa, no? Magari gli è riconoscente per qualcosa che noi ignoriamo…”
“O magari lo teme semplicemente.” Rispose: le parole del professore non le erano rimaste indifferenti: non sapeva di Vermouth, ma lei sicuramente era di gran lunga riconoscente a Kudo, per tutto quello che aveva fatto per lei. Se lui lo avesse voluto, gli avrebbe donato persino il suo cuore…
“Appunto. Questo dimostra quanto sia in gamba: non solo è riuscito a farla franca con Gin e Vodka, ma ha spaventato una donna del calibro di Vermouth che, mi sembra d’aver capito, sia una professionista assai pericolosa. Io lo so che Shinichi è bravo, e lo sai anche tu: e allora, perché come protegge te non potrebbe difendere anche Ran?”
“Io non sono una buona pietra di paragone per quel che riguarda la ragazza dell’agenzia investigativa.” S’affrettò a dire, e nonostante gli sforzi non riuscì a nascondere il tono amaro della sua voce “Mi pare d’averlo già detto, che gli squali non possono competere con la purezza dei delfini…lei è bianca, candida, buona. Io sono sporca, macchiata del sangue delle vittime che ho mietuto.”
“Ma cosa stai dicendo, Shiho-chan?” la riprese subito Agasa, avvicinandosi velocemente a lei “Non dire sciocchezze! Tu sei solo più sfortunata di Ran-chan, hai vissuto e sopportato molti dolori e…”
“Io sono nata nel pericolo, la mia famiglia è l’organizzazione, anche se provo a dimenticarlo.” Lo interruppe: non voleva sentirsi commiserata, né consolata…tanto sapeva bene come Kudo la pensava e di chi era davvero innamorato. “ Mentre quella ragazza è nata nel bene, non è destinata alla morte…Kudo sta semplicemente cercando di modificare il mio destino e di lasciare il suo inalterato.”

§§§

“Allora: noi ci occupiamo degli scatoloni con i libri ed i cd, li sistemiamo al piano terra, subito dopo l’ingresso. Va bene?”
I ragazzi, nell’atrio del loro liceo, si stavano organizzando per questa fiera di beneficienza: Achiko, compagna di classe di Ran, stava cercando di pianificare gli incarichi, ma la ragazza pareva distratta.
“Io posso occuparmi degli utensili e i vari oggetti di metallo!” si offrì Ishimaru, la maniche già rimboccate. “Sono pesanti, è meglio che voi ragazze non vi affatichiate.”
Per il momento, infatti, erano presenti cinque fanciulle, comprese Sonoko e Ran.
Gli occhi di una di loro, Megumi, si tramutarono in due cuoricini pulsanti:
“Mi sa che avremo qualche altro bel maschio ad aiutarci, con le scatole.” Disse, guardando la porta alle loro spalle: in quel preciso istante Kudo fece il suo ingresso, più bello che mai.
Indossava i pantaloni dell’uniforme scolastica, ma sopra un maglione verde, leggero. Le tre giovani gli corsero incontro emozionate:
“Kudo, allora era vero che oggi era anche il tuo turno!”
“Meno male, almeno possiamo anche divertirci mentre fatichiamo!”
“E poi tu devi essere così forte…”
Michiyo storse il naso, e anche Ran: -Ma guardatele…-
Il detective si sforzò di sorridere, anche se dei complimenti di quelle compagne di scuola non interessava molto. Si guardò intorno, non riuscendo a nascondere la sorpresa quando i suoi occhi incontrarono quelli del poliziotto:
“E tu cosa ci fai qui?” chiese, avvicinandosi a lui riuscendo a farsi largo tra la folla. “Sono venuto ad aiutare Ran-chan.” Sottolineò l’epiteto con il tono della voce. Poi, aggiunse una frase che forse per lui sarebbe stato meglio non dire: “Non posso lasciarla faticare se ieri è stata poco bene.”
Sonoko e la karateka trasalirono: si sarebbe scoperto tutto! E infatti:
“Ieri è stata…?” fece per domandare, ma si bloccò. Sorrise, come divertito, poi s’avviò verso gli scatoloni accatastati l’uno sull’altro infondo alla sala d’ingresso.
“…ah, già.” Aggiunse, quasi ridendo. “Ha saltato l’appuntamento.”
“E tu cosa ne sai? L’hai fatta star male tu??” l’accusò subito Michiyo, ma il giovane non replicò. Afferrò invece alcuni scatoloni, riponendoli a terra per esaminarne il contenuto.
“Qui ci sono tutte pellicole.” Disse.
“Me ne occupo io.” Si propose Ichiko “Le porto nella sala del cineforum” detto fatto, tese le mani per afferrare il nastro che Shinichi aveva tra le dita, ma lui scansò la mano:
“Non doveva occuparsene Sin Vey?” buttò lì, quindi anche Ran s’interessò di più alla conversazione:
“A proposito, dov’è? Aveva il turno anche lui, oggi pomeriggio…”
“Ha fatto cambio con me.” Comunicò Megumi.
“Ha detto che oggi pomeriggio aveva da fare, così è venuto questa mattina…”
“Ah…” Kudo si fece uscire un sospiro dalle labbra e i suoi occhi divennero due fessure –E allora che sono venuto a fare lo stesso pomeriggio in cui c’è anche questo qui?- si chiese mentalmente guardando di sottecchi Michiyo che, a sua volta, lo stava guardando di sottecchi.
Suzuki, per niente interessata a tutte quelle chiacchiere, aprì un altro scatolone:
“Ma dove sono le bibite?” chiese dopo “Io posso occuparmi di quelle.”
“No.” La informò Megumi “Con quelle ha già finito Richard.”
“Furbacchione, si è occupato delle scatole più leggere…”
“Quello che volevi fare tu!” la prese in giro Ishimaru.
“Beh, intanto lui è venuto qui per primo, questa mattina, così ha potuto scegliere comodamente cosa sistemare e cosa no!” replicò, seccata.
Quella specie di discussione durò per un po’, anche se chiaramente i due ragazzi stavano scherzando. Nel frattempo Ran, delusa dalla notizia, si era avvicinata ad un grosso albero sintetico posto al centro della sala.
-Volevo parlare anche io con Richard - pensò –Capire perché mi ha preso in giro così…-
Affondò le mani in un vaso colmo di porpora colorata, giacchè aveva deciso di abbellire un po’ la pianta.
Ishimaru e Sonoko ancora parlavano e si litigavano degli scatoloni - “Dai, questo pesante lo prendo io!” “Ma non voglio, così passo per una scansafatiche!” “Allora prendo questo leggero!” “Mi lasceresti davvero a faticare mentre tu stai in panciolle?”- quando due mani imporporate si posarono sulle sue:
“Non dovresti raccontare le bugie al tuo ragazzo…” si sentì sussurrare all’orecchio ed in un lampo le tornarono i pensieri avuti la sera prima sul giovane che, in quel momento, era dietro di lei. Arrossì, cercando di replicare:
“Vuoi dirgli tu, la verità?” Cercò di intrecciare le dita alle sue, e notò con grande piacere che Shinichi la lasciava fare.
“Meglio di no.” Sorrise “Grazie, per ieri.”
Detto questo, strinse a sua volta la mano della giovane, facendole affluire il sangue alla testa.
“Sabato sera, ti prego, fa’ attenzione.” La mise in guardia.
“Perché?” chiese, allungando la mano libera oltre le spalle per potergli accarezzare il viso. “Credi che Tom potrebbe fare qualcosa?”
“Ne sono sicuro.” Le confidò, chiudendo gli occhi per approfittare a pieno della sua carezza.
“Allora non mi staccherò mai da te…perché sono sicura, quando ci sei tu.” Strinse la sua guancia, ma il liceale le afferrò la mano, allontanandola dal suo volto.
“Tutt’altro, devi starmi alla larga.”
Ran fece per voltarsi, ma, prontamente, Shinichi l’afferrò per la vita, bloccandola. Ran sussultò: le sue mani sui suoi fianchi…
“Ricominci con questa farsa, adesso?” gli domandò, ma con tono dolce.
-E’ me che vuole. Se mi stai lontano, non sarai coinvolta ulteriormente in questa storia.- avrebbe tanto desiderato risponderle, ma non gli era concesso: resosi conto d’essersi spinto oltre il lecito, si staccò dalla giovane, prendendone le distanze.
Ran cercò di seguirlo, ma Ishimaru le prese un braccio: “Allora, in cosa vuoi che ti aiuti, dolcezza?”
“Ishimaru, dai una mano a me!” intervenne allora Sonoko “La sala del cineforum deve potersi chiudere a chiave perché nessuno interrompa le proiezioni.”
“E allora?” Non aveva ancora lasciato il braccio di Ran.
“La serratura è rotta!” gli spiegò, facendo poi un occhiolino all’amica quando il poliziotto acconsentì ad andare con lei nella saletta dell’ultimo piano.
La figlia del detective Kogoro, allora, si voltò in direzione di Shinichi per riprendere il discorso, ma purtroppo non lo potè fare:
“Mi aiuti a trasportare i banchi dalla aule per metterci gli oggetti da vendere?” gli stava chiedendo, tutta rossa in faccia, Megumi.
“Certo.” Acconsentì lui, gentile. Tirò un sospiro di sollievo quando, con la coda degli occhi, vide Ran demordere e tornare al suo albero finto e alle sue decorazioni.
Mentre s’incamminava al fianco di Megumi, osservò attentamente il palmo della sua mano: vi erano ancora tracce di porpora rossa come un cuore.
-O come il sangue…- constatò, sospirando al pensiero di Sabato sera.

§§§

Sin dal parcheggio esterno la folla era davvero numerosa e anche l’interno dell’edificio era gremito di gente.
All’ingresso brillavano le candele poggiate a terra e le piccole luci a intermittenza affisse alla parete: era sera.
Era Sabato sera.
Il mercatino stava riscuotendo davvero un grande successo:
“Questa caffettiera funziona davvero o è solo un sopramobile?”
“Questa fatina quanto costa?”
“Ma queste arance sono biologiche?”
Dietro ogni banco, allestito a banchetto, si trovavano tre ragazzi che facevano le veci dei commercianti. Altri dovevano smistare gli oggetti usati che alcuni continuavano a portare nonostante sui volantini fosse scritto a chiare lettere che le consegne dovevano terminare prima del fine settimana.
“Mi perdoni, signorina, quanto viene questo anello delizioso?” Ishimaru si era avvicinato di soppiatto alla ragazza in piedi oltre il banco: indossava dei jeans scuri e una maglia chiara tanto attillata da mettere in mostra i pettorali allenati.
“E’ a offerta libera.” Gli sorrise Ran, non potendo aggiungere altro poiché al fianco del poliziotto si era avvicinato anche Kogoro.
“Avete fatto un bel lavoro.” Stava commentando, guardandosi intorno.
“E’ pieno di persone!”
“Forse ce ne sono troppe…” borbottò l’agente di polizia puntando gli occhi su un ragazzo che sistemava un foglio di carta sotto il piede di un tavolo poco distante perché non ballasse; Shinichi Kudo quella sera aveva indossato dei jeans chiari che divenivano bianchi sul davanti, con degli strappi intorno al ginocchio ed una camicia blu. La biondina al suo fianco si complimentò non appena ebbe terminato la riparazione provvisoria di quel banco e lui tornò alla sua occupazione: vendeva i libri.
“Oh, ma che meraviglia!!” esclamò tutt’un tratto Kogoro, notando un guanto da forno con la faccia di Yoko Okino stampata sopra. Michiyo allora approfittò della sua distrazione per consegnare i soldi del gioiello a Ran, quindi le afferrò una mano:
“Per te, luce dei miei occhi…” cercò di parlare in modo suadente, infilandole l’anello: era di legno, con un fiore arancione disegnato a mano sulla parte anteriore.
“Ishimaru, ascoltami…” fece per intraprendere un discorso che si era preparata un migliaio di volte, ma che appena iniziava, dimenticava.
“La signorina che si occupa delle gioie è questa qui, ma probabilmente adesso è troppo impegnata per darle retta.” Udirono un tono saccente ed ostile pronunciare quella frase, perciò si voltarono ritrovandosi davanti il liceale-detective e una donna prominente con in mano alcuni sacchetti di plastica.
Ran boccheggiò: per via dei riscaldamenti accesi faceva molto caldo e il ragazzo aveva agito di conseguenza! Le maniche della camicia erano arrotolate fin sopra il gomito, mentre i bottoni erano aperti tanto da lasciar intravedere un petto davvero muscoloso. Shinichi stesso, a causa della sua lunga degenza come Conan Edogawa, non s’era reso conto che un simile abbigliamento alla sua età poteva risultare davvero provocante.
In imbarazzo, non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso, provò a rispondergli:
“Non sono occupata…” ma quando tentò di afferrare le buste con i gioielli che la signora aveva portato loro, si ritrovò anche trattenuta da Michiyo.
“Dia a me, signora.” Si offrì allora un’altra ragazza, Saichi, che dall’inizio delle vendite aveva cercato in ogni modo di fare bella figura davanti a Shinichi.
“Posso lasciare anche un’offerta?” chiese la donna, al che la liceale insolente rispose: “Oh signora, sarebbe così gentile!”
Il detective fece per voltarsi e tornare al suo posto, ma il poliziotto disse ad alta voce:
“Ci hai interrotto e non ci chiedi neppure scusa? Non hai visto che stavo regalando quest’anello a Ran?” La nominata tremò a quelle parole.
In tutti i modi Kudo tentò di trattenersi: tuttavia l’agitazione e il nervosismo che non l’avevano abbandonato mai in quei giorni e che gli erano stati causati da Richard, esplosero allora:
“Carino.” Proferì, osservando l’anello. “L’hai vinto con i punti della benzina?”
Ran ridacchiò, e Ishimaru fece per replicare, ma:
“Oh guarda, fai beneficenza anche tu?” Il detective più grande teneva una bustina di plastica che sicuramente celava quel guanto da forno.
“Buonasera, Kogoro.”
“Prima che comparissi tu era davvero buona.” Riprese parola il poliziotto, incrociando le braccia al petto.“Mi auguro che torni ad esserlo…”
“Ed io che continui ad esserlo…” replicò Shinichi, lanciando uno sguardo al britannico che vendeva sciarpe usate.
“Ehilà, salve!” la conversazione fu interrotta di nuovo da Sonoko: lei era addetta alle candele. “Siete arrivati da molto?”
Approfittando del dialogo tra l’amica, il padre ed Ishimaru, Ran si avvicinò a Shinichi: “Ci sono problemi?” domandò, riferendosi alla frase che aveva appena pronunciato.
“Non l’ho visto arrivare…” constatò preoccupato. Era tanto preso dalla situazione che non si era neppure accorto di averle risposto, quando pochi giorni prima le aveva ordinato di stargli alla larga.
“I riscaldamenti sono altissimi, ho una sete!” esclamò Kogoro, passandosi una mano tra il collo della camicia e la pelle.
A quelle parole la karateka tornò a squadrare il suo amico d’infanzia dall’alto in basso.
“Ci sono delle lattine di coca-cola e aranciata in vendita!” propose la Suzuki, ma subito si intromise Kudo: “No, non bevetele!”
“E perché? Sei pure salutista, adesso?” Michiyo reagì con sarcasmo alla sua foga.
“Non è questo…” sbuffò Shinichi, volgendo lo sguardo da un’altra parte con fare indispettito. “Solo, non bevete da quelle lattine. Per favore.” Aggiunse, mettendo le mani nelle tasche dei jeans scuciti sulle ginocchia.

§§§

Il suo elegante orologio da polso segnò le undici e tre quarti.
-It’s the time…-
Si sfiorò la tasca dei pantaloni per controllarne il contenuto: tutto era al suo posto.
-Cominciamo…-
I preparativi di settimane avrebbero dato i loro frutti.

§§§

-Maledizione, ma dov’è? DOVE?-
Erano passate tre ore, e per tre ore ininterrotte Shinichi aveva tenuto d’occhio Richard; era bastato distrarsi un istante per ascoltare Megumi che gli chiedeva di andare a controllare la saletta del cineforum per perderlo di vista.
-Fantastico!- gemette mentalmente. Il suo piano era quello di aspettare che tutti andassero via e poi passare all’azione: aveva capito la vera identità di Sin Vey e quindi non poteva permettersi un solo errore.
“Allora, vai tu? Ci sono anche due ragazze su, ma voi uomini con la tecnologia siete più pratici…” insistette la liceale, ma lui la ignorava, continuando a voltare la testa in ogni direzione alla ricerca disperata del britannico.
“Kudo!” lo richiamò per l’ennesima volta.
“Ok ok…vado io…” finalmente le rispose, poiché aveva perso ogni speranza di ritrovarlo.
In fretta salì le scale, giungendo così all’ultimo piano della scuola superiore: si accorse che quella zona era deserta.
‘GUASTO’ recitava un’aggiunta a penna sotto la stampa a caratteri cubitali che indicava la direzione della sala proiezioni.
-Ecco perché non c’è nessuno…c’è solo questo all’ultimo piano- constatò, voltando a destra per raggiungere il luogo indicato.
-Ma perché hanno messo quel cartello?- si chiese, aprendo la porta del cineforum: all’interno, trovò due persone intente a trafficare con la pellicola; non gli fu possibile riconoscerle a causa del buio.
“E’ incastrata…” sussurrò la ragazza sulla destra, ed immediatamente il detective la riconobbe; ma prima che potesse rivolgersi a lei in alcun modo, qualcun altro fece capolino dalla porta:
“Sonoko, hai risolto? Altrimenti mio padre ed Ishimaru dicono di saperci fare…”
L’interpellata alzò il volto: “Oh…sei Kudo?” domandò, non riuscendo a riconoscerlo bene per via dell’oscurità.
“Ehm…sì…” rispose lui mentre cercava di abituare gli occhi a quella mancanza quasi totale di luce.
“E ti pareva!” si lamentò Michiyo, entrando velocemente nella stanza. “Vabbeh, sbrighiamoci comunque ad entrare…con la luce che proviene dalla porta le pellicole potrebbero rovinarsi. Avanti Kogoro, chiudila!” per deformazione professionale, iniziò a dare ordini a tutti.
A un tratto però il lampadario s’accese, accecando ogni persona presente.
Tutte, tranne una.
“Ma siete impazziti? Così si rovinerà tutto!!” sbraitò il poliziotto, tenendo le mani sugli occhi “ E poi scatterà anche la sicura della porta…” Quest’ultima, infatti, si era chiusa a chiave automaticamente.
“Lo so per certo perché…”
“…l’altro pomeriggio l’hai programmata tu, my dear.” Terminò per lui la frase la seconda persona che, a causa dell’oscurità, poco prima Shinichi non era riuscito a focalizzare.
-Oh, no…- gemette lui, aprendo pian piano gli occhi deboli -Non dirmi che…-
Davanti a tutti loro troneggiava la figura di un ragazzo piuttosto alto: poiché era stato lui ad accendere la luce, aveva anche avuto piena libertà di movimenti e quindi, cingendo la vita di Ran con un braccio, sorrideva beato.
Non appena lo vide, Shinichi inorridì.
“I’ve tried, but it’s impossibile! You’re never alone…”
Il sangue gli si gelò nelle vene.
“…ho provato, ma riuscire a beccarvi da soli è talmente impossibile…” cantilenò Richard con tono di finto dispiacere.
Era dai tempi dell’Halloween Party che Shinichi non provava quell’orribile sensazione.
“Mi vedo costretto ad agire in queste condizioni.” Rise Sin Vey, permettendo ai suoi occhi di trasmettere, finalmente, il blu intenso della sua anima: quel lampo che a volte Ran aveva intravisto, ma purtroppo anche ignorato.
“Ma cosa…?” si chiedevano Kogoro ed Ishimaru, mentre Sonoko iniziava a pensare che forse i suoi amici avevano ragione a dubitare del britannico.
“Faremo buon viso a cattivo gioco…” concluse Richard Sin Vey, stringendo ancora più forte a sé la ragazza.
Dopo aver deglutito più volte, il liceale-detective fece per parlare, ma Ran fu più veloce: dapprima, infatti, aveva creduto che ad averla afferrata fosse stato Ishimaru e quindi aveva tentato di liberarsi. Poi l’aveva udito parlare e la sua voce suonava tanto distante da spaventarla: si era dimenata, ma lui in modo agghiacciante le aveva sussurrato all’orecchio: “Don’t move, my Darling. Surely, I’m here for ya…*”
“Ti prego, ragiona! Eri una persona così gentile…” pronunciò, sentendosi immobilizzata. Credeva che avrebbe potuto usare un colpo di karate per liberarsi, ma non lo voleva: nei panni di Richard, quell’uomo era stato così premuroso con lei! Non poteva credere stesse soltanto recitando.
“Stavi davvero facendo finta? Era tutta una farsa?” chiese, voltando leggermente il capo nella sua direzione.
“Of course not, Ran. I’ve told you yet. Just for ya*”
Alla ragazza divennero gli occhi lucidi: “Per favore, lasciami, Tom…”
“Tom?” domandò allora Richard, aggrottando le sopracciglia.
Anche Ran parve sorpresa: quello non era Tom? E allora, chi mai…?
“Ho creduto fossi il giornalista Tom McRay fino a pochissimi giorni fa.” Prese allora la parola Shinichi: aveva riflettuto velocemente, e aveva deciso che non vi fosse altro modo per uscire da quella situazione, se non prendere tempo con le parole, così da elaborare un piano.
“Poi ho scritto il tuo nome, e l’ho riletto.”
L’attenzione di tutti era su di lui.
“Così, ho finalmente capito.”
Gli occhi di ogni persona in quella sala lo fissavano con insistenza.

Hai già qualche idea…” fece per chiedergli il vicino di casa.
Lui afferrò un pennarello rosso da un portapenne, intitolando il fascicolo dove avrebbe riposto tutti quei fogli e gli appunti che, dopo il racconto di Ran, sicuramente avrebbe buttato giù.
“…su come contrattaccare?”
Ma Kudo non rispose all’uomo.
I suoi occhi erano fissi sul nome che aveva appena scritto: Richard Sin Vey.

“Il tuo nome, o meglio, il nome che hai inventato, oltre a celare il vocabolo ‘sin’ che in inglese significa ‘peccato’, è l’anagramma del tuo nome vero.”
Assottigliò gli occhi, fissandola mentre lei lo guardava divertita:
“Non è così, Vermouth?”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
*Moon's Knight: E' l'argomento di letteratura che Richard e Ran hanno studiato insieme nell'agenzia investigativa. Nel caso, vedi i capitoli precedenti.:
*Poor pussycat…: Povera micina…Il linguaggio del vero Richard è meno fine di quello falso, ed è indice della vita che conduce.
*Moon’s Knight: Vedi Capitolo Sette.
*Don’t move, my Darling. Surely, I’m here for ya. Non muoverti, mia cara. E’ lampante, sono qui per te.
*Of course not, Ran. I’ve told yet, just for ya. Chiaramente no, Ran. Te l’ho già detto, solo per te (In entrambe le frasi Richard non usa la parola inglese ‘you’ bensì l’americano ‘ya’).

^***^ ^***^ ^***^

NOTE DELL’AUTRICE
TA-DAAN! SORPRESONA!
Ecco svelata la vera identità di Richard: scrivere questo capitolo è stata pura libidine XD
Visto la lunga attesa, è un po’ più lungo rispetto alla norma, anche perché sin da quando questo progetto ha preso largo nella mia mente avevo programmato di terminare il capitolo con questa frase.
Chiedo scusa a tutti coloro i quali mi avevano chiesto se sotto i panni di Richard potesse celarsi Vermouth e ai quali io avevo risposto di no: non offendetevi, vi prego, ma se ve l’avessi rivelato l’effetto sorpresa non ci sarebbe stato XP
Chiaramente, quel losco figuro a cui erano dedicati talvolta alcuni piccoli paragrafi nel corso di questi trenta capitoli, era lei (lui)!
Inoltre, ho finalmente spiegato il mistero del perché la gita di Conan fosse durata tanto a lungo: purtroppo il punto in cui lo rivelavo doveva essere esattamente questo, per un motivo che si comprenderà meglio nel prossimo capitolo – dove vi sarà un faccia a faccia tra Shinichi e Vermouth…-
Ora, miei adorati commentatori…

@holmes88:
Ciao! Grazie, sei veramente molto molto gentile!! ^///////^
Non è tanto il fatto che non sapevo come continuare, quanto quello che non sapevo quando e come continuare XD mi sono presa un po’ di vacanze dove purtroppo non ho la connessione ad Internet…Comunque per farmi perdonare ho postato un capitolo un po’ più lungo del solito! =D Fammi sapere se ti è piaciuto ;P Bye bye!

@ Shiho93:
Hey! =)
E’ esattamente quello che intendevo, per quanto riguarda Shinichi: questo suo lato di maturazione che nel manga, come nell’anime, pian piano attraversa mi affascina molto ed è un lato, se non IL lato, che più mi piace di lui.
Avevi ragione anche su questo: Richard era Vermouth! XP Scusami se non te l’ho detto, ma non volevo rovinare l’effetto sorpresa che pianificavo da un sacco di tempo XD Le spiegazioni precise ci saranno, ovviamente, nel prossimo capitolo…dove chiamerà Ran Angel xD in effetti, e dove spiegherà perché ha deciso di far sentire la registrazione. E ci sarà anche qualcosa di interessante per quel che riguarda Shiho…:D
Grazie mille di nuovo per la recensione, a presto! Ciao ^_^

@ Daminga:
Ciao! Eheh, no no per fortuna niente blocco dello scrittore…come ho detto anche a holmes88, il problema è stato che mi sono ritrovata senza connessione ad Internet per un pò di tempo ^^” Spero di ovviare alla mia mancanza con questo capitolo: sia per la svolta finale che per la lunghezza, maggiore di un po’ degli altri capitoli! =D
In questo capitolo non mi sono concentrata troppo sul rapporto tra Ishimaru e Shinichi, ma spero tu sia rimasta lo stesso piacevolmente sorpresa dagli sviluppi tra lui e Ran. Un bacione grande grande, grazie di cuore per tutti i complimenti che mi fai (arrossisco sempre *ç* ) e a presto! Ciau!

@_Rob_:
E’ un vero piacere per me conoscerti!! :D
La tua recensione mi ha fatto molto, ma dico mooolto, piacere, sei davvero troppo gentile ^//////^ Sono contenta che la storia ti piaccia e soprattutto è bello sapere di non essere finita nell’ Out Of Character con Shinichi: è, ovviamente XD, il mio personaggio preferito e mi sarebbe dispiaciuto descriverlo in modo incoerente.
Mi auguro che gli avvenimenti tra lui e Ran in questo capitolo ti siano piaciuti, anche se credo di sì :P Infine, SI’: sono assolutamente una ShinxRan *_* xD, anche se neppure io disdegno il personaggio di Shiho, anzi, lo trovo interessante proprio come te…ma lei è bella da sola, o perlomeno non affianco di Kudo-kun, secondo me =D
E visto che ovviamente dev’esserci complicità tra fan della stessa coppia, anche per rispondere al tuo ps, ti svelo che nel prossimo capitolo ci sarà un grande “boom” per Shinichi e Ran…anche questa, come l’identità di Richard, è una cosa che ho in mente ancor prima di iniziare il primo capitolo di questa storia. ^_^
Grazie ancora tantissimo per i complimenti, spero davvero che continuerai a seguire la fan fiction! =P Un grande bacio =)

@ _Irene_Adler_:
Ciao ! Ahah sì, il suo sguardo era talmente ghiacciato che ha causato un collasso a tutti XDD
Oh meno male, di questo sono davvero contenta ! Come ho già detto, purtroppo le dinamiche investigative e tutte le altre questioni di quel genere non sono per niente il mio forte ç_ç Ti ringrazio molto ! =D
Oh, no no : la fanfiction non finirà, almeno per il momento ; prima Vermouth deve scoprire tutte le sue carte e il triangolo Shinichi/Ran/Ishimaru deve avere un esito. Inoltre, mi piacerebbe anche cercare una bella ‘uscita di scena’ per Shiho, ma quest’ultimo progetto mi mette un pò in difficoltà…ci penserò su xD
Eh, sono partita anche io, però i primi di Agosto : e infatti non sono stata per niente diligente e ho aggiornato soltanto ora, con un solo capitolo per di più ;_ ; Spero che comunque anche questo sia di tuo gradimento, ho cercato di ovviare alla mancanza con una risoluzione interessante (spero !!) della questione Richard e rendendo il capitolo un pò più lungo del solito. =) Un sacco di baci e, prometto, a presto XD !! Ciau ciau

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate:
Grazie, mi fa davvero piacere che ti sia piaciuto il caso del serial-killer ! *.*
Mhm, ti sta proprio simpatico Michiyo eh XD Ed ho paura che con il suo comportamento in questo capitolo ti sia diventato ancora più antipatico…pazienza, il suo ruolo è questo, Michiyo nasce per stare a tutti sulle scatole xD Te l’ho detto, qualche volta sta antipatico persino a me…
E poi…ehm ehm =D SCUSAMI, davvero S_C_U_S_A_M_I ! XD se quando mi hai chiesto se Richard fosse Vermouth ti avevo detto di no ma…poi non avresti avuto il colpo di scena, no ? XP Ahah, mi dispiace averti portato sulla strada sbagliata con le tue deduzioni, quando invece avevi azzeccato, ma ho pensato che magari la sorpresa sarebbe stata maggiore in questo modo: di solito, quando io leggo una storia (oppure anche quando guardo un film), mi piacere rimanere a bocca aperta di fronte a qualche avvenimento totalmente inaspettato…ho ragionato allo stesso modo. E poi, in fondo, è stato anche il mio orgoglio di scrittrice, devo ammetterlo xD Beh…ecco cos’avevo in mente per lui !! Anche se ho in programma un altro colpo di scena per il prossimo capitolo, di portata minore ma ugualmente interessante nel suo genere…ma sta’ tranquilla, stavolta non è nulla che tu avevi indovinato e che io ti ho negato DD Oh, una piccola precisazione : la mia mente malata, quando ti ha detto : « Richard non è un Mib… » intendeva poi dirti: « Non è UN Mib, perchè è UNA Mib » XD Ahah ok, perdona questa povera pazza >_<
Ed in ultimo : sì, ho in mente una parte anche per Shiho…non so ancora bene se inserirla nel prossimo capitolo o se in quello ancora dopo, ma sicuramente ci sarà : al di là del mio format ShinxRan, Shiho è un personaggio che trovo davvero interessante, soprattutto da un punto di vista introspettivo…cercherò di renderlo degnamente ! =D Un grande bacione e perdona ancora una scrittrice un pò troppo gasata XD Bye bye =)

@ la_fata_bastarda:
Sono contenta che ti sia piaciuto, grazie mille ! Spero che sia di tuo gradimento anche questo =D Bye bye

@Conan:
Grazie! Sei molto gentile ^///^ Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo :D Un bacio

Questo è quanto. Spero che il capitolo e la sua svolta vi siano piaciuti e mi auguro davvero con tutto il cuore d’avervi lasciato a bocca aperta (eccezion fatta per SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate e Shiho93 che avevano già capito tutto!! XD): lo speravo già quando, un sacco di tempo fa, mi scervellavo per trovare un nome che fosse l’anagramma di Chris Vineyard). E, a proposito di questo, devo ringraziare un amico che non sento da tantissimo tempo ma che mi ha aiutato nello scovare il nome di Richard Sin Vey:
grazie, Dark! =)
Un bacione grandissimo e al prossimo capitolo!!!

XXX Cavy-chan XXX

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Capitolo 32
*** Vermouth! ***


Capitolo Trentuno

Vermouth!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Una risata di puro divertimento invase la piccola sala: Vermouth aveva lasciato trasparire la sua vera voce:
“I was sure you ‘d have realized, Cool Guy.*”
“Una…una donna?!” sussurrò Ran, eppure Vermouth la sentì comunque: posando il suo sguardo su di lei, lasciò finalmente trasparire quella luce che, sino ad allora, aveva trattenuto a fatica. Il viso s’increspava in un’espressione di soddisfazione, distante dalla preoccupazione o dal timore di chi era stato appena smascherato.
“I’m a woman, Angel. Just like you.”
Il detective non aveva idea di come sbrogliare quell’intricata situazione: Kogoro, Ishimaru, Sonoko, Ran…erano tutti lì, pronti ad ascoltare, ad immischiarsi e a capire.
Il giovane lanciò uno sguardo preoccupato alla sua amica d’infanzia, che la donna dell’organizzazione stringeva ancora tra le braccia; quindi, chiuse gli occhi:
-A questo punto, tanto vale…- pensò, supponendo che parlando, forse, Vermouth si sarebbe distratta, concedendogli la possibilità di agire a suo vantaggio. E seppure questo non fosse accaduto, prendere tempo gli avrebbe comunque permesso di calmarsi, ragionare a mente fredda ed escogitare una strategia per risolvere il problema. Riaprì gli occhi, pronto a intervenire.
Ma il silenzio sino a quel momento aveva invaso la stanza ed Ishimaru non tollerava passare inosservato:
“Io non so chi tu sia, né che cosa tu voglia…” esordì “Ma le tresche di Kudo non ci riguardano! I suoi affari, che se li risolva da solo!”
Ran trasalì, assalita dall’idea che quella voce sinuosa potesse appartenere ad una donna sensuale e affascinante, capace di ammaliare Shinichi. Tentò di immaginare il volto che probabilmente un abile travestimento celava, ma presto scosse la testa: -E Shiho, allora? Cosa c’entrerebbe lei, in tutto questo?-
“Don’t worry, Angel.” La donna si rivolse nuovamente a lei “Cool Guy’s goin’ to talk…” Detto questo, spostò lo sguardo sul giovane, che deglutì.
“Listen carefully, Angel.” Ran comprese che il termine “Angel” era rivolto a lei, ma non tentò di comprenderne la ragione: da quel poco di inglese che sapeva, aveva capito che Shinichi era sul punto di parlare e il suo unico desiderio era quello di ascoltarlo; la bocca era increspata in un ghigno teso, gli occhi guizzavano da una parte all’altra della sala come a cercare una via d’uscita e le mani tanto strette a pugno da colorare di bianco le nocche.
“I suppose you’d…” fece per cominciare in un inglese perfetto, ma la donna lo interruppe: “Siamo in Giappone, Cool Guy. Parliamo pure giapponese…non vorrei mai sembrare sgarbata, escludendo qualcuno da quest’interessante conversazione.”
“E sia, Vermouth.” Kudo, anche all’apparenza, aveva riacquistato il suo tipico comportamento razionale: eppure, i battiti cardiaci era davvero accelerati, tanto veloci da ripercuotersi nella gola.
“Ora che so bene che Richard non è Tom McRay, il famoso giornalista americano, molti tasselli combaciano perfettamente con il resto del puzzle.”
“Ecco che comincia a sparare metafore melodrammatiche…” piagnucolò Ishimaru, ma fu totalmente ignorato: Shinichi era troppo occupato a trovare una soluzione per porre orecchio alle sue frecciatine.
Invece, Ran percepì la temperatura corporea aumentare: da troppo tempo non aveva assistito a una risoluzione illustrata da Shinichi. Da troppo tempo non aveva visto quel volto illuminarsi del sorriso che diceva di odiare, ma che in realtà amava profondamente.
“Ad esempio il motivo per cui, quando sei andata al cinema con dei ragazzi della seconda b del liceo che hai finto di frequentare, stavi per entrare nel bagno delle donne: sovrappensiero, probabilmente ti eri confusa e non tenevi conto del tuo travestimento, e l’abitudine ha avuto il sopravvento.

"Ecco il bagno" esclamò Ran saltando l'ultimo gradino della rampa di scale. Il ragazzo la seguì e si ritrovò in una stanza con due porte, una a destra, per gli uomini e una a sinistra, per le donne. Tutto era reso "sexy" secondo gli addetti,ma tetro secondo i due ragazzi,da luci blu suffuse che non permettevano nemmeno di vedere le maniglie delle porte.
"I...io andrei..."balbettò rosso in faccia.
"Certo" sorrise Ran, cercando di apparire calma, felice e tranquilla. Ma la sua espressione cambiò rapidamente,trasformandosi in una smorfia di stupore, quando vide quel che stava per accadere.
"Ehi?!" chiamò a voce alta "Richard,ma che fai?"
Il ragazzo si voltò, stupito da quella domanda, e la ragazza continuò, perplessa "Quello è il bagno delle donne..."
"Uhm?" mugolò il ragazzo girandosi e osservando per diversi secondi il disegnino rosa in alto,appeso alla porta. Si girò verso la sua compagna di classe e sorrise, strofinandosi la mano dietro la nuca, visibilmente in imbarazzo.
Farfugliò qualcosa tipo "Scusami, non ci avevo fatto caso" e si precipitò nel bagno giusto.

E poi, so che Richard, a casa di…all’agenzia investigativa Mouri…” si corresse, non sapendo se chiamare la giovane con il nome oppure il cognome “…è rimasto molto sorpreso di scoprire che Kogoro fosse un investigatore. Strano, perché è scritto a chiare lettere sul vetro dell’ufficio. Questo significa, chiaramente, che Richard aveva bisogno di fingere di non sapere, perché il suo interlocutore abbassasse la guardia.”

“Ehm...stavamo dicendo…?”
“Di Ishimaru.” rispose; stavolta toccava a lei colorarsi di rosso.
“Right ! Hai detto che stava parlando con tuo padre riguardo un…un caso…?”
“Sì, esatto. Sai, mio padre è un investigatore privato, si chiama Kogoro…” spiegò Ran, essendosi riaccomodata sul letto morbido.
“Oh, davvero? Che vergogna, non lo sapevo…” ridacchiò Richard.

Vermouth lo fissava, continuando a sorridere.
“In tal modo, tornare spesso lì non ti sarebbe stato difficile, e saresti riuscita con facilità anche a piazzare delle cimici: quando sei caduta dalla sedia, ad esempio, probabilmente ne hai sparsa qualcuna sul pavimento, o sotto le gambe della scrivania.

“E’ il tuo boyfriend?” domandò Sin Vey che, seduto sulla sedia di fronte alla scrivania della karateka, si sporse con fare impertinente verso di lei… forse un po’ troppo verso di lei, che ancora era appoggiata sul letto; la sedia vacillò un paio di volte, prima di rovesciarsi e catapultare per terra il britannico.
“RICHARD!” gridò Ran, rimasta paralizzata durante la scena ed alzandosi in fretta dal letto per soccorrerlo. “Ti sei fatto male?”
“No…” borbottò per risposta lui, strofinandosi una mano dietro il collo “Non…non preoccuparti…”
La ragazza lo prese per un braccio, cercando di tirarlo su, mentre lui si appoggiava al bordo di legno del letto per fare pressione sulla mano e rimettersi in piedi.
“Sorry, sono really un disastro!” si affrettò a dire appena riassunto l’equilibrio, piegandosi verso di lei, che rise divertita: “Don…don’t worry…” balbettò, incerta se quanto detto avesse un senso o meno.
Anche il ragazzo scoppiò a ridere, una sfumatura di rosso che gli metteva in risalto il volto; afferrò saldamente la sedia e la rimase dritta, ri appoggiandovisi con una certa attenzione.

Non è appena ti è stato possibile, infatti, hai condotto la conversazione perché lei…” e guardò Ran, che arrossì “…ti invitasse a casa sua, spontaneamente”.

“Perché non studiamo insieme la storia di Moon’s Knight? Ti andrebbe?” chiese perciò, speranzosa.
“Ah! It’s a good idea!” affermò lui con tono convinto e molto gentile, come era solito fare “When?”
La ragazza aprì la bocca per rispondere, ma non fece in tempo che già Richard aveva nuovamente parlato: “Today , per te va bene?”
Il sorriso sulle labbra di Ran si spense. Quel pomeriggio sarebbe dovuta andare da Sonoko per…
(…) “Ehm…qualcosa mi dice che you can’t!!” ridacchiò Sin Vey, ritrovandosi subito dopo a fissare due occhioni celesti tristi e desolati.
“Mi…mi dispiace…” balbettò in imbarazzo, mentre percepiva la presenza di un gocciolone sulla nuca.
“E se invece ci vedessimo domani?” chiese, speranzosa, con gli occhi che nuovamente brillavano “L’interrogazione ci sarà venerdì, noi potremmo studiare domani e avere anche il tempo di ripassare giovedì per verificare di ricordarci tutto! Che ne dici?”
“Yeah, it’s ok” replicò lui.
Per chissà quale motivo, sembrava davvero soddisfatto e contento di potersi incontrare con la sua compagna di classe…
“Then…vengo da te domani, va bene?”
“Cosa? Da me?” ripetè Ran, sbattendo più volte le palpebre.
“Non va bene?” chiese lui titubante, con un’aria, agli occhi della giovane, infinitamente tenera.
“No, no…va benissimo!”

“Ed hai utilizzato lo stesso trucco con me. Scommetto che anche sui miei vestiti, in qualche modo, tu hai piazzato delle cimici. Senza contare poi i tuoi atteggiamenti sospetti: ad esempio, quel giorno in cui…in cui hai incontrato Ran in palestra.” Non sapeva bene come spiegare, come parlare…ma non aveva scelta, il caso doveva essere risolto, anche a costo di rievocare situazioni tanto spiacevoli. “Hai detto di essere lì perché dovevi cambiarti…ma tu indossavi già la divisa scolastica! Quindi, perché eri lì? Solo per intrometterti, per capire cos’era successo…per indagare.”

“Oh my…! Ran!!”
Udì una voce alle sue spalle e riconobbe l’accento britannico, ma non si girò. Troppa era la delusione, troppe le sensazioni che in quel momento stava provando; avrebbe voluto fermarsi, ragionare, cercare di capire…ma purtroppo non le era possibile.
Richard, dal canto suo, non aveva idea di come comportarsi:
“Ehm…io…so-sorry…questo è lo spogliatoio maschile…” balbettò, passandosi una mano tra la camicia bianca, stretta ancor di più dalla cravatta e il collo.
“Ne avevo bisogno, ma…torno più tardi, magari…”

“Assicurarti la sua fiducia sarebbe stata per te la carta vincente. In questo modo, avresti saputo qualsiasi cosa…anche…” gli occhi del giovane detective si assottigliarono “…anche ciò che non ti riguardava affatto.”

Ran aveva fortemente inveito contro Ishimaru e dopo essersi chiusa in bagno aveva atteso almeno mezz’ora prima di uscire.
Assicuratasi che il poliziotto avesse lasciato la stanza, aveva indossato i primi abiti trovati nell’armadio e poi si era distesa sul letto, incapace di fare qualsiasi altra cosa. Tutt’a un tratto, però, aveva squillato il cellulare: visto il numero sul display, per un attimo aveva pensato di non rispondere…ma, considerato velocemente che con suo padre non poteva assolutamente confidarsi e che la sua migliore amica, Sonoko, era completamente di parte, si era resa conto che probabilmente rispondere e sfogarsi le avrebbe assai giovato.
Inoltre, aveva accolto come un segno del destino il fatto che, appena avviata la comunicazione, il suo interlocutore si fosse accorto immediatamente dal tono della sua voce che qualcosa non andava.
La giovane karateka gli aveva spiegato ogni cosa nel dettaglio, ma terminato il racconto era partita a ruota con mille scuse: si sentiva in colpa, lui non faceva che aiutarla e lei non riusciva mai a sdebitarsi…
“Stop it, stop it!!” ripetè più volte Richard Sin Vey “Sono soltanto onorato di sapere che ti fidi a tal punto di me, credimi.”

“Mi piacete così tanto, voi due.” Lo interruppe allora la donna, passandosi una mano tra i capelli biondi. “Ero realmente interessata alla vostra relazione…”
“Relazione?” non riuscì a trattenersi Ran, avvampando; dunque anche Michiyo s’intromise: “Spero che tu ti stia rivolgendo a quella ragazzina…Mykano…Myano…”
Per la prima volta nel corso di quella sera, Chris puntò gli occhi sul poliziotto. Il suo sguardo enigmatico lo fece sudare freddo sino a quando non tornò di nuovo a concentrarsi sul ragazzo che, tra sé e sé, chiamava Silver Bullet.
“Miyano…è per lei che ti sei sacrificato, Cool Guy? ”
Shinichi alzò un sopracciglio.
“Per Sherry?” insistette lei.
-Sherry?!- si chiesero tutti.
-Anche il nome con cui Kudo chiamava Sakata era quello di un alcolico…- pensò il poliziotto, figurandosi Brandy nella mente E poi, questa donna… l’ha chiamata Vermouth…! Il nome italiano per il giapponese Berumotto…-
“Eppure mi sembrava di essere stata chiara, quella notte: io ho rinunciato a Sherry.” Sorrise allusiva l’attrice, passandosi la lingua sulle labbra.
Quella frase pietrificò Ran: in primo luogo, era quello il rapporto che univa il suo amico d’infanzia e quella Shiho! Lui la proteggeva dalla criminale! Ma perché? Ne era innamorato? Oppure era stata lei a rivolgersi a Shinichi? Aveva un nome in codice, esattamente come quella donna, quindi era plausibile ipotizzare che fosse magari coinvolta in una losca faccenda. Talvolta li aveva sentiti parlare di una copertura…che si fossero infiltrati in qualche organizzazione criminale? Questo avrebbe giustificato anche lo strano modo di rapportarsi di Shinichi con quella donna: i due evidentemente si conoscevano, e bene; tanto bene che Richard non aveva esitato, quel giorno al telefono, a citarle quella frase ripetuta in continuazione da Shinichi: “There’s always one only truth.” * Quello fu il secondo, e più grande, interrogativo: quanto quei due si conoscevano? Lei, dal modo di fare, doveva essere dannatamente bella! E quella voce…così suadente! Aveva parlato di una notte:
“Ero stata chiara, quella notte”
aveva detto: ebbene, quale notte? Shinichi, da infiltrato, aveva trascorso la notte con quella donna? Aveva condiviso con lei il suo letto? Oppure l’aveva fatto quando già si era rivelato per quello che era, un investigatore sotto copertura? La relazione clandestina tra il buono, affascinante, e la cattiva, sinuosa, era un tema molto affrontato nei film e nei romanzi polizieschi che Shinichi amava tanto…
Scosse la testa, freneticamente.
-No! Shinichi ha un senso di giustizia troppo alto per intrattenere una relazione con un criminale!- Eppure…perché quella donna appariva tanto interessata al rapporto che lei stessa aveva con il suo amico d’infanzia? Che fosse gelosa?
Schioccò uno sguardo al ragazzo: fissava Vermouth con occhi ardenti, ma non certo di passione. La sua era rabbia.
“Cosa c’entra lei ora?” soffiò.
“Te l’ho già detto, Cool Guy. Mischiarsi con simili persone non è una buona idea…eppure tu, per darle ascolto, reprimi la tua più grande passione.” Scoccò un rapido sguardo al poliziotto “E concedi soddisfazione ad un uomo che non è neppure degno di definirsi tale.”

“Beh…” Kudo stette sul punto di affermare: “Ho risolto il caso, ed ora vi spiegherò come sono andate le cose!” ma immediatamente tacque, posando i suoi occhi su McRay.
Proprio come era avvenuto in quella villa di montagna, quando Ran e Sonoko avevano accettato l’invito della vecchia maestra di scuola elementare, tra loro era presente anche un giornalista!
E se l’avesse riconosciuto? Se, tutto a un tratto, sui giornali fosse nuovamente comparso il nome di Kudo Shinichi, il detective liceale?
Come un nastro registrato gli risuonarono nella mente le parole udite di nascosto poche ore prima…
“Non rischierai nulla, non preoccuparti. Ora torniamo di sotto…non vorrei che qualcuno si insospettisse…quel McRay, il giornalista, sarà sicuramente in cerca di scoop…”
Nell’orecchio dell’ Organizzazione Nera avrebbe potuto insinuarsi una pulce e da lì sarebbe nata la tragedia. Come se non bastasse, con lui nell’agriturismo si trovava anche Miyano: le aveva promesso di proteggerla…non poteva, perciò, esporla a tal punto.
Nella villa di montagna aveva telefonato a Ran, con la voce di Shinichi e le aveva chiesto di risolvere il caso al suo posto…ma di certo, non poteva fare lo stesso in quella situazione! Ed ovviamente, Miyano era da escludere…
Sospirò, rendendosi tristemente conto che rimaneva un’unica possibilità.
-Nelle deduzioni non ci sono vincitori o vinti, perché la verità è sempre una sola!- si ripetè, quasi nauseato all’idea di dover pronunciare quelle parole…purtroppo, però, non aveva davvero scelta.
-Nelle deduzioni non ci sono vincitori o vinti, perché la verità è sempre una sola! –tentò nuovamente di convincersi, prima di prendere aria dalla bocca e proclamare ad alta voce:
“Il mio amico…Ishimaru…” biascicò, evitando di chiamarlo per cognome in modo che la copertura non andasse in fumo. “Lui vi spiegherà come sono andate le cose.”

“Tu avevi capito l’identità dell’assassino, in quell’agriturismo. Ma sapevi che quel giornalista era lì e non volevi correre troppi rischi, non è vero? Per questo hai ceduto la palla a lui…” e, con un cenno del capo, indicò Ishimaru.
“Cosa?!” sbottò Ran, incredula.
“Sciocchezze!” fu invece la reazione del giovane chiamato in causa “Figuriamoci se quel poppante…”
“Eppure Megure era rimasto così sorpreso quando aveva saputo che non era stato lui a risolvere il caso…” s’intromise Kogoro, che sino a quel momento aveva taciuto, incredulo.
Tutti i presenti vacillarono: era molto più probabile ritenere che Kudo, per non mandare all’aria una copertura tenuta nascosta persino a loro, avesse preferito rimanere nell’ombra piuttosto che pensare che non fosse stato capace di risolvere quel caso. Questa ipotesi risultava illogica anche per Michiyo, sebbene non volesse darlo a vedere.
“Non mischiarti al sangue nero, Cool Guy. Sherry è uno squalo, un terribile squalo…Angel, invece, è un pesciolino così candido!”
Shinichi dilatò gli occhi, sorpreso: -E’ questo che intendeva dire!!- capì, finalmente. Poi, tra sé e sé, sorrise amaramente: -Quella stupida…-
“Tu meriti lei, e nessun’altra.” Quell’affermazione suscitò in Ran uno spasmo: Angel era lei, presumibilmente. E allora…allora perché gli stava suggerendo di…? Chiuse gli occhi, confusa. Mentre a tale catena di affermazioni, persino Kogoro ed Ishimaru non replicarono. In silenzio, spostarono gli occhi sul detective che, sicuro di sé, era tornato a sorridere.
“Io non liquiderei l’argomento agriturismo così in fretta, Vermouth. C’è un’altra cosa. Sakata faceva parte dell’organizzazione, il suo nome in codice era Brandy.”
-Avevo ragione!- trionfò mentalmente Michiyo.
-Organizzazione…?- si chiese invece Ran, interessata a quel punto più ai possibili risvolti sentimentali che alla fantomatica indagine top secret condotta in quei mesi da Shinichi.
“ Ignoro se avessi capito che l’avevo scoperto o se tu stessa avevi piazzato delle ricetrasmittenti addosso a me o a Ran, ma questo poco importa: tu eri certa che io avrei raggiunto Sakata in quella scuola abbandonata, quella notte.”
Con un sorriso eloquente, Chris rispose.
“Chi era Brandy, Chris? Che ruolo aveva all’interno dell’organizzazione? Un semplice rifornitore di stupefacenti?”
“I’m really sorry, Cool Guy: questo non posso dirtelo. Inoltre, non ha più molta importanza…” ed i suoi occhi lampeggiarono di emozione “Brandy è morto.”
“Sei stata tu ad ucciderlo?” chiese allora: e quella era una domanda che da tempo si poneva.
“No.” Rispose subito Vermouth, così da indurre Shinichi a pensare fosse la verità “Dovresti sapere che Gin non perdona. Finire nelle mani della polizia è, prima di tutto, un errore imperdonabile. In secondo luogo, nessuno poteva sapere se Brandy avrebbe parlato o meno. Non si poteva correre il rischio ne derivassero testimonianze, denunce…l’erbaccia va estirpata.”
Fredda, tagliante, decisa. E soltanto allora Kudo ricordò la conversazione captata tra i due uomini:

“Ma sta’ attento, Brandy: ti abbiamo abbonato un errore, non deve essercene un altro.”
"Non dubitare, Gin"

Ran tremò tra le sua braccia.
“Lo pensi davvero?” sorrise spavaldo Shinichi, come se fosse convinto del contrario.
“E’ legge di natura, Cool Guy. Ed è anche il tuo limite: sai perché continui a perdere? Sai perché non ottieni tutto quello che vuoi? Perché non adotti questa regola: devi imparare ad essere spietato.”
“Dovresti imparare ad esserlo anche tu, Vermouth.” Sospirò, portandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
La donna trasalì.
“Mentre guidavo per arrivare a quella vecchia scuola, mi è arrivato un sms. Per questo ho sbandato, di fronte ad un ristorante…”

I due ragazzi si voltarono giusto in tempo per vedere che, rischiando di andare a schiantarsi contro il guard-rail tra il marciapiede e la strada, una moto nera come la notte aveva girato bruscamente all’incrocio lì di fronte.
Ishimaru la seguì con gli occhi, focalizzando l’attenzione sul guidatore: un ragazzo con un casco altrettanto scuro, guanti di pelle, giacchetto nero di piume e jeans blu scuro.
Non ci pensò neanche un attimo a dire:
“Ran, perdonami. Ma che ne penseresti se ti chiedessi di rimandare l’appuntamento?”

“Eri tu.”

§§§

«Perdonami se ti contatto a quest’ora, Shinichi. Il fatto è che da giorni ho un peso sullo stomaco, delle parole sulla punta della lingua e stasera non sono riuscito a frenarmi; non prendermi per un impiccione, ma…non è tutto come sembra, io me ne sono accorto. Non so cosa tu voglia da Ran ma so quello che lei vorrebbe da te. E’ una ragazza straordinaria, non capisco perché farla soffrire in questo modo. Sbrigati ad accorgertene, o lei sceglierà qualcun altro…credo tu abbia capito a chi mi riferisco.»

§§§

“Che…che facciamo?” sussurrò Sonoko a Kogoro, cui era riuscita ad avvicinarsi pensando che a Vermouth tale movimento fosse passato inosservato.
“Non ne ho la minima idea.” Rispose, sincero ma teso “Non ci sto capendo quasi nulla, questa storia ha dell’incredibile…”
“Speriamo che ad Ishimaru venga un’idea…!” affermò l’ereditiera, fissando il ragazzo che a sua volta non riusciva a staccare gli occhi da Kudo: in lui montava la rabbia.
“Tu volevi assicurarti che io non fossi ancora nelle vicinanze della scuola. In caso contrario, avresti certamente udito il mio telefonino squillare.”
Il suo silenzio fu l’unica risposta che al detective occorse.
“Perché? Perché, Vermouth? Su quell’autobus, durante quel dirottamento, mi hai salvato la vita. Non hai detto all’organizzazione di me. Non mi hai ucciso, sebbene quella notte in macchina, ne avessi avuto la possibilità: io ero narcotizzato, del tutto inerme. Hai rinunciato a Sherry, l’hai ripetuto anche stasera. E come se tutto questo non bastasse, mi avresti aiutato anche quel giorno, mandandomi indietro in non so quale modo, se fossi arrivato quando Gin e Vodka si trovavano ancora nei dintorni della scuola e avrebbero potuto riconoscermi: è bastato un sms. Perché, Vermouth?”

§§§

Il telefono squarciò quel silenzio divenuto decisamente fastidioso. Era una serata davvero tranquilla alla centrale di polizia di Beika-Choo.
“La prendo io.” Disse Megure, afferrando la cornetta.
Gli altri poliziotti tornarono alle loro occupazioni, ma a Sato non sfuggì l’espressione sconcertata dell’ispettore.
“Si calmi signorina, la prego. Lei non è…”

§§§

La donna scoppiò a ridere. E quella risata mise i brividi.
A tutti.
“Hai ragione tu: neppure io riesco ad essere spietata. Non con te, almeno.” Aggiunse subito dopo. Il suo volto era illuminato da un sorriso molto strano, che non prometteva nulla di buono.
“Tu cosa ne pensi, Angel?” si rivolse alla ragazza, stringendola più forte. In tutta risposta, Ran fu scossa da un tremore violento.
“Oh, non devi avere paura di me, Angel. Perché non riesco ad essere spietata neppure con te.” Le sorrise: per un istante la giovane ebbe l’impressione di trovarsi di fronte a Richard, il ragazzo che tanto l’aveva aiutata e sostenuta…ma no! Richard era Vermouth e quella Vermouth era una criminale!...una criminale con un debole per Shinichi, a quanto pareva.
Improvvisamente, la stretta sulle sue braccia diminuì, fino a cessare.
“Sei libera.” Proferì Vermouth, sorprendendo tutti, persino il liceale detective. “Ed ho anche un…un gift, for u*. Lo vuoi?”
“Allontanati da lei, Ran!” l’ammonì Kogoro, facendo per muovere dei passi verso la figlia.
Un suono sordo squarciò l’aria: la canna della pistola, che Vermouth aveva estratto dalla fondina sotto la giacca con una velocità inaudita, fumò.
“Do not move. *” Scandì lentamente.
Ran era sotto tiro.
“Ascolta, mia cara.”
A quel punto, Shinichi comprese: “NO!” gridò, avvicinandosi alle due donne.
“Non sto scherzando, Cool Guy, non avvicinarti. Non ora, almeno.” Mosse la pistola, ma non con fare minaccioso: eppure il giovane, al timore che quell’arma potesse essere davvero utilizzata per ferire la sua amica d’infanzia, s’immobilizzò.
“Non farlo, Vermouth.” Insistette però.
“C-cosa vuole fare?” balbettò Sonoko, spaventata: temeva per la vita di Ran, che dal canto suo ancora tremava.
“Se con le tue manie hai messo nei guai mia figlia…” fece per inveire Kogoro contro il moro, ma la bionda s’intromise: “Non era nelle sue intenzioni.”
"Non sono affari che ti riguardano, Vermouth!” insistette Shinichi, palesemente preoccupato e privo di controllo. “Questo non ha a che vedere con l’organizzazione.”
“Ne sono certa.” Concluse la precedente affermazione, lasciata in sospeso, ignorando la preghiera del suo detective preferito. Gli occhi si concentrarono dunque sulla sagoma della ragazza al suo fianco, mentre dalla tasca dei pantaloni da uomo estraeva un piccolo registratore, lo stesso adoperato pochi giorni prima alla centrale di polizia.
“Vermouth, ti prego.” Arrivò a dire Kudo “Non lo fare.”
Vermouth schiacciò il tasto di ripetizione:
“Di cosa mi vuole parlare, professore?” Tutti riconobbero la voce di Shinichi.
“Sei fantastico, Shinichi, ma sei quasi antipatico quando fingi di essere uno psicologo. Vedi io…io…vorrei parlarti di Ran.” Agasa.

§§§

“Ma che fine ha fatto Kudo-kun?” si domandò Ayuika, una delle ragazze addette alle stoffe.
Infatti, mentre al primo piano e nel cortile il mercatino di beneficenza organizzato dalla scuola si svolgeva normalmente, ai piani più alti si consumava la catastrofe.
“Anche Sin Vey è sparito…” osservò un’altra giovane.
“E Mouri!”, “Chissà cosa stanno combinando!”
“Dici che…Kudo e Mouri…?” Domandò Ayuika alla sua amica, che rispose: “Se sono tornati come prima, dici? Mi auguro di no! Da quando non gli gira più attorno lei, è così facile avvicinarlo!”
Mai altre parole furono così profetiche.

§§§

“Io non sono mai stato d’accordo con questo…quest’assurdo piano pensato da te e Shiho, ma ho taciuto. Ho rispettato le vostre opinioni, ma…ultimamente…”
“Ha parlato con Ran?”
“No. Però, visto quello che mi hai raccontato…eh, insomma, Shinichi: lei ti ha seguito! Credi sia venuta in quella scuola per stare con Michiyo? Io non credo…”
“Questo non ha la benché minima importanza!”
“Sì, invece! Sei importante per lei, dell’agente Michiyo…non…”
“E’ il suo ragazzo.”
“No, non è vero. Questa è una scusa che ti fa comodo, Shinichi! Loro non stanno insieme, io sono certo che a Ran il poliziotto Michiyo non interessi…non come possibile fidanzato, almeno…”
“E cosa glielo fa credere? Una dolce metà gelosa, premurosa…e vicina. Non potrebbe legarsi a nessuno, meglio di lui.”
“E tu? Tu tieni a lei, Shinichi.”
“Io ho sbagliato, professore. Una sera di tanto tempo fa ho anteposto il mio lavoro a lei: non mi pento di aver seguito Gin e Vodka, di aver focalizzato la mia attenzione sulla loro ricerca per tutti questi mesi. Lo rifarei uno, due, tre, mille volte.
Tuttavia, mi rendo anche conto del grave, gravissimo rischio che corro ogni istante della mia esistenza: se mai dovessero scoprirmi, mi ucciderebbero senza pietà. I membri dell’organizzazione provano puro piacere nell’eliminare qualcuno a sangue freddo, godono della loro vista inerme, pregustano la loro morte lenta e dolorosa…Mi pento di avergliene parlato, professore.”
“Come?”
“Ora lei è in pericolo quanto me. L’organizzazione si sbarazzerà di ogni possibile nemico, quindi di chiunque abbia comunque avuto a che fare con me…pensa che si preoccuperebbero di uccidere qualche persona in più, che si affaticherebbero e ricercare con attenzione tutti coloro a cui io ho raccontato della loro esistenza? No, per sicurezza li toglierebbero di mezzo tutti, tutti! E…e non potrei sopportare la morte di Ran. Già l’altra sera, in quel magazzino, ha rischiato veramente la vita: Sakata stava per ucciderla nonostante sapesse bene che lei è all’oscuro della faccenda. Più mi sta alla larga, minori sono i rischi che corre: quel che ne sarà di me non ha la benché minima importanza. Starò benissimo sin quando saprò che lei è viva, e che nessuno osa toccarla.”

Kogoro, Sonoko, Ishimaru…e anche Ran: tutti avevano ascoltato a bocca aperta quella registrazione e, udita quell’ultima frase, con la quale Shinichi rinunciava alla sua felicità in cambio della salvezza di Ran, si voltarono a guardarlo. Il liceale stringeva i pugni tanto da conficcarsi le unghie sul palmo della mano; aveva abbassato il volto cosicché nessuno potesse scorgerlo in faccia e la frangetta gli celava gli occhi. Il suo cuore batteva freneticamente, quanto mai prima era accaduto: nessun indagine risolta e nessun caso archiviato gli aveva provocato una tale alterazione del battito cardiaco, nessun faccia a faccia con un criminale l’aveva fatto sudare così freddo. Nessun incontro con i membri dell’organizzazione l’aveva mai agitato così tanto.
“Shinichi…” lo chiamò Ran, con voce tremante. Eppure, da quella voce trapelava gioia.
“He’s sweet, isn’t he?*” Vermouth interruppe il nastro, soddisfatto del suo lavoro.
“Te l’avevo detto, Angel. Nelle sembianze di Richard, te l’avevo ripetuto in continuazione.”
“Qu-quel moccioso…” Kogoro era incredulo, scrutava il giovane davanti a lui riuscendo però solamente a vederne le spalle: le braccia, tese lungo i fianchi, tremavano.
“Kudo.” Per la prima volta, Michiyo si rivolse a lui senza appellativi, ma quella parola era un ringhio.
L’unica persona a poterlo osservare pienamente era Ran, che gli era davanti: tutti gli altri non riuscivano a scorgere che la sua schiena.
“Shinichi…” ripetè, iniziando a vedere la sua sagoma sfocata a causa della lacrime di commozione che, rapidamente, le danzavano negli occhi. Non le importava più nulla di Shiho, e neppure di quella strana donna che si era finta Richard: i dubbi sulle possibili relazioni intrattenute con quelle donne, le notti di passione rovente che aveva immaginato, il corpo nudo di Shinichi avvinghiato a quello di una collega o di un’avversaria ammaliante, i suoi occhi calamitati dalla figura di qualche splendida ragazza, in quel momento svanì ogni cosa. Nulla aveva più ragione di essere e, sebbene fossero giorni che la gelosia non l’abbandonava mai, bastò un istante perché nella sua mente non risuonasse altro che il discorso di Shinichi e nella sua testa non apparisse altro che lo sguardo del ragazzo fuggire il suo, quando lei gli aveva chiesto di fissarla per dirle che l’odiava.
“Shinichi…” non riusciva a dire altro.
L’investigatore però non alzava la testa.
“Shinichi, ti prego, guardami!” lo pregò la giovane, avvicinandosi a lui: era completamente presa dalla sue emozioni, da aver dimenticato che a pochi passi da lei una pericolosa assassina le puntava contro una pistola. Ma Vermouth non aveva intenzione di sparare:
“Avanti, Cool Guy. Qual è il problema? Per Angel è lo stesso, sai?”
Sorrise, quando vide che Ishimaru e Kogoro tentavano di avvicinarsi a Shinichi e Ran, eppure non vi riuscivano: il loro corpo non ubbidiva.
“Nonostante tutto e nonostante tutti, è stata l’unica ad ascoltarti…Quando hai ammonito i tuoi amici di non bere dalle lattine che io avevo disposto, solo lei l’ha fatto. Tutti gli altri, è solo questione di tempo…il sonnifero sta già facendo effetto…”
Solo a quel punto, Shinichi alzò gli occhi: ma non guardò Ran, concentrò l’attenzione sugli altri tre presenti in quella stanza.

“I riscaldamenti sono altissimi, ho una sete!” esclamò Kogoro, passandosi una mano tra il collo della camicia e la pelle.
A quelle parole la karateka tornò a squadrare il suo amico d’infanzia dall’alto in basso.
“Ci sono delle lattine di coca-cola e aranciata in vendita!” propose la Suzuki, ma subito si intromise Kudo: “No, non bevetele!”
“E perché? Sei pure salutista, adesso?” Michiyo reagì con sarcasmo alla sua foga. “Non è questo…” sbuffò Shinichi, volgendo lo sguardo da un’altra parte con fare indispettito. “Solo, non bevete da quelle lattine. Per favore.” Aggiunse, mettendo le mani nelle tasche dei jeans scuciti sulle ginocchia.

Il giovane non ebbe che il tempo di vederli crollare a terra, privi di sensi.
“L’avevo fatto per poter chiacchierare tranquillamente con te, ma…” rise melliflua “Vorrà dire che questa sera, per Angel, sarà la sera delle grandi rivelazioni.” Detto questo, rimise l’arma nella sua fondina.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda, Vermouth.” Riprese il filo del discorso il liceale, dopo essersi tranquillizzato: il sonno profondo in cui erano caduti tutti quanti permetteva di ritardare il momento dei chiarimenti e Ran non era abbastanza vicina a lui da imbarazzarlo, purché non la guardasse negli occhi; chiaramente, evitava quest’azione come la peste.
“Prova a cambiare domanda, allora.” Gli sorrise la donna, estraendo dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette.
“Ti eri travestita da Richard per monitorare Brandy?”
“Perché me lo domandi se lo sai già, mi chiedo.” Accese la sigaretta, aspirandone il fumo.
Ran trovò elegante quella donna persino in quella circostanza: i suoi movimenti erano sempre calcolati, come quelli di un’attrice. Ran infatti ignorava che dietro il volto di Sin Vey, si celasse la famosa Chris Vineyard, la stessa donna che pochi mesi prima le aveva ordinato di togliersi di mezzo così da permettere di sparare alla piccola Ai.*
“Mi avevano affidato il compito di tenerlo sotto controllo, non era un pesce grosso e dunque non si fidavano di lui. Visto che quell’agriturismo si trovava vicino Tokyo, ho pensato di tornare a dare un’occhiata…e non me ne pento. Ho scoperto cose molto interessanti, che in passato aveva ipotizzato, ma mai verificato.” Naturalmente, non si riferiva né a Brandy né all’organizzazione: aveva appurato che Shinichi amava Ran e che Ran era innamorata di Shinichi.
“Quando la polizia è arrivata all’agriturismo, mi è stato ordinato di controllare cosa mai avesse combinato. Ma dal momento che davvero l’omicidio non aveva nulla a che vedere con i nostri affari, non è stato necessario m’infiltrassi: sono andata via subito. Ma non prima, di vedervi in quella cantina…”
-Il bacio!- pensò Ran –Il bacio che Shinichi mi ha dato! Ecco perché Richard non mi era sembrato sorpreso quando gliel’avevo raccontato…!-
“Ad ogni modo, non so cos’avesse intenzione di fare Brandy con le informazioni raccolte su di te.” Gettò la sigaretta a terra, spegnendola con la scarpa.
In quel momento, Shinichi sussultò: Vermouth aveva intenzione di rivelare a Ran anche di Conan?
Fece per parlare, ma l’attrice fu più veloce: “A me non aveva detto nulla, non mi aveva rivelato di aver scoperto la copertura di Shinichi Kudo.” Un sorriso, dopo quella frase, suggellò quella muta e mai richiesta promessa. D’altronde non aveva raccontato a Gin quella curiosa storia, perché avrebbe dovuto farlo con Ran?
“Immagino avrebbe chiesto una promozione di grado, per quell’informazione.”
“Non ne ha avuto il tempo.” Commentò serio Kudo, nella cui testa erano ancora nitide le immagini di quell’esplosione “Credeva che all’interno della scuola avrebbe trovato aiuto e invece è stato accolto da una bomba.”
“Quando ho riferito a Gin che la polizia era lì per l’aggressione ad una ragazza, mi ha risposto che l’attenzione sarebbe stata rivolta tutta a quell’indagine e che nessuno si sarebbe accorto dei traffici di droga.” Sorrise “ Non aveva considerato te.”
“Purtroppo, neppure io avevo considerato lui.” Sorrise di rimando, ma amaramente: quando aveva visto Brandy ammanettato, aveva creduto d’averlo in pugno.
“Come hai capito che ero io?” gli domandò, tutto d’un tratto. Shinichi parve sorpreso, ed infatti Chris precisò: “So che è sciocco chiederlo proprio a te, ma è stato grazie all’anagramma o…”
“Mi ha portato sulla buona strada, ancor prima dell’anagramma del tuo nome, il tuo modo di parlare. Utilizzavi spesso e volentieri abbreviazioni tipicamente americane…c’mon al posto di come on, ya invece di you…All’inizio ho creduto che potessi essere Tom McRay per questa ragione, poi ho pensato che quel giornalista, oltre a scrivere articoli, presenta i notiziari in diretta, deve quindi avere una dizione perfetta. Se davvero Richard fosse stato quel famoso giornalista, allora, l’abitudine avrebbe avuto la meglio e avrebbe parlato inglese, non slang.”
“I see.*” Disse allora la donna, con una pronuncia perfetta.
Shinichi sorrise, poi però riprese il controllo della situazione:
“Vermouth. L’obiettivo dell’organizzazione ha a che vedere con l’apotoxina che…”
“POLIZIA! APRITE LA PORTA!” quest’urlo interruppe le parole del giovane che, sorpreso, si girò in direzione dell'entrata, ovviamente manomessa perché nessuno potesse accedere.
Uno, due, tre, quattro colpi sul legno della porta non riuscirono neppure a smuovere di un centimetro la serratura.
“APRITE!” era la voce di Megure.
Shinichi volse di nuovo gli occhi a Vermouth, che sorrideva compiaciuta “Sherry’s been fast.*” Aprì la giacca per riprendere la pistola e prepararsi allo scontro.
Kudo Shinichi ebbe pochi istanti per decidere: cosa doveva chiederle? L’obiettivo dell’organizzazione ed il ruolo che le ricerche dei Miyano in esso occupavano era di importanza essenziale, se Vermouth gliel’avesse rivelato forse sarebbe riuscito a prevedere le mosse dell’organizzazione stessa. Ma anche la vita umana è di importanza essenziale, ed anzi è la cosa più importante in assoluto. Di fronte ad essa, qualsiasi altra cosa può aspettare, persino l’indagine.
“Perché mi salvi la vita, Vermouth?” chiese, rapido. Il tono di voce con cui aveva posto quella domanda non era lo stesso utilizzato pochi minuti prima: in precedenza quella richiesta altro non era che un modo per perdere tempo e cercare una via d’uscita, mentre la seconda volta aveva assunto un diverso significato.
La donna, decisamente sorpresa, si voltò a fissarlo.
“Uno, due, e tre!” provenivano le urla dall’esterno, preludio ad una manovra che avrebbe sfondato la porta.
Chiuse gli occhi, e sorrise.
Pochi istanti prima che la porta crollasse a terra e che gli agenti di polizia facessero il loro ingresso nella sala, Vermouth recitò: “A secret makes a woman woman, Silver Bullet.”
Gli ordini di “Mani in alto!” si mischiarono ai richiami preoccupati di Shiho “Kudo!”
Il giovane, come riscossosi da una dimensione onirica, balzò di fronte a Miyano, facendole da scudo: Vermouth le aveva sparato.
La pallottola lo colpì sulla schiena, procurandogli un gemito.
Shinichi si piegò sulle ginocchia, cercando di sorreggersi sulle spalle della scienziata, che cercò a sua volta si sostenerlo ponendogli le mani sotto i gomiti. Mentre s’inginocchiava assieme a lui per accompagnarlo nei movimenti, alzò gli occhi per guardare Richard negli occhi:
“Vermouth.” Disse con voce che tradiva soltanto risentimento, e non più paura.
“The one and only*” le sorrise, mostrandole un gelido ghigno e rivelando alla polizia il suo vero sesso.
“U-una donna?” balbettò Takagi, che fu il primo a rialzare gli occhi dalla figura del liceale che si accasciava a terra. La sparatoria aveva infatti distratto tutte le forze dell’ordine, dando così a Chris il tempo di fuggire.
Con un’abile mossa, riuscì a balzare dalla finestra, abbandonando così la stanza.
“Si è uccisa!” esclamò Sato, correndo in quella direzione.
“S-sotto un balcone…” sussurrò Shinichi, oramai sdraiato a terra “Dev’essersi nascosta sotto un balcone per aspettare il momento migliore per scappare…”
Nonostante tutto, infatti, non si poteva ignorare come Chris fosse l’attrice allieva di Toichi Kuroba, il padre di Kaito Kid.
“Non parlare!” lo ammonì Ran, che nel frattempo era corsa al suo fianco: inginocchiata a terra, non osava sfiorarlo. Quel corpo da lungo tempo bramato, rischiava di sbriciolarsi tra le sue dita.
“E’ solo un sonnifero, anche se molto potente.” La rassicurò Miyano che, riacquistata coscienza, si dimostrava l’abile scienziata che era.
“S-sonnifero?” balbettò di rimando Ran, tirando su con il naso.
“Miyano…” la chiamò lui, cercando di sollevarsi.
“Ho capito che qualcosa non quadrava e ho chiesto al professor Agasa di rivelarmi la verità.” Shinichi fece per parlare, ma lei lo interruppe di nuovo, pensando di aver capito cosa avesse intenzione di dire:
“Non prendertela con lui, non gli ho permesso di fare altrimenti. E comunque avevo già intuito che stava accadendo qualcosa di strano. Quando mi ha rivelato che il problema era Richard Sin Vey, non ho impiegato molto tempo per anagrammare il nome e ricavare quello di Vermouth. Per questo, ho avvisato la polizia.”
“Miyano, tu…” iniziò Shinichi, ma per l’ennesima volta non potè terminare la frase:
“Non preoccuparti, non ho detto nulla. Soltanto che, per la stupida mania di addossarti tutto il peso delle difficoltà, stavi…”
Shinichi le afferrò una mano, che sino ad allora era rimasta serrata intorno al suo polso per monitorare il battito.
“Perdonami, Shiho.”
La giovane strabuzzò gli occhi.
“Non avevo capito…quando quel giorno mi hai detto che…” il giovane cominciava ad avere difficoltà a parlare, il sonnifero stava facendo effetto “che non ti eri spostata dalla costa per non dare l’impressione di temere i delfini…”
Nel frattempo, Megure aveva rinunciato ad inseguire una donna della quale a malapena conosceva la voce, per cui si era avvicinato al ragazzo e vedendolo a terra pensò bene di ordinare a Sato e Takagi di chiamare un’ambulanza.
“…quando hai detto di non avere paura degli squali, ma dei delfini…che gli squali scappati dalle buie profondità del mare non possono competere con i delfini…*”
Gli occhi di Shiho iniziavano a bruciare.
“Non avevo capito…ti ho già detto di non fuggire al tuo destino…”
A quel punto, anche i poliziotti si erano inginocchiati nel tentativo di soccorrere l’investigatore, del cui discorso colsero solo questa frase:
“…questo vuol dire che non puoi ignorare il tuo passato, ma devi vivere il presente: da tempo, ormai, le tue mani non sono più sporche di san...”
Privo di forze, iniziò a chiudere gli occhi “…gue...” Con le ultime forze che gli restavano in corpo, le strinse forte la mano ancora in aria “Tu non sei più Sherry, ma Shiho Miyano…”
E chiuse gli occhi.
“KUDO!” gemette l’ispettore, scuotendolo come per rianimarlo “Non dormire, Kudo! KUDO!”
La scienziata, dal canto suo, strinse forte la mano del giovane che allora era totalmente inerme.
Ran la stava fissando insistentemente, ma lei non se ne curò: per la prima volta, dopo lungo tempo, pianse per una persona che non era sua sorella.
-Sei uno sciocco, Kudo…- pensò, mentre Megure concitatamente gridava: “Allora, quest’ambulanza arriva o no?”
Si dice che la fenice, splendido animale mitologico, dopo la morte tragga nuovamente origine dalle sue stesse ceneri: e Shinichi, dopo quella morte che l’aveva portato a perdere quanto di più caro aveva al mondo, una morte che non era fisica ma che pure l’aveva ucciso, sarebbe rinato a nuova vita dalle sue brillanti piume rosso sangue.

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Note dell’autrice:
Ed eccomi qui!! Dovete davvero perdonarmi per la terribile attesa cui vi ho sottoposto, non era nelle mie intenzioni XD Ho avuto per parecchio tempo da fare per colpa degli studi dei quali, come diceva qualcuno, “ho il destino di essere innamorata” xD E quando ho rimesso le mani alla storia avevo dimenticato alcuni passaggi, quindi è stato necessario rileggere alcuni capitoli interamente perché in quest’ultimo tutto quadrasse. Non ho voluto postarlo sino a quando non ho avuto la certezza che fosse come io lo desideravo: sebbene sia, a mio avviso, il capitolo più importante della fic, era l’unico sul quale non aveva un’idea precisa! Non sapevo come strutturarlo, se separare le reazione ed i pensieri di ognuno oppure se narrarli in fieri (la mia scelta alla fine è ricaduta su quest’ultima possibilità, spero che il discorso tra Shinichi e Vermouth non ne risenta e non risulti discontinuo!), senza contare il fatto che descrivere un personaggio come Chris Vineyard…XD Mio Dio, non sono ancora convinta di non averla dipinta OOC! Lo strano interesse che palesemente nutre nei confronti del nostro detective preferito mi è sempre interessato, e molto, ed ho voluto renderlo in questo modo! Spero di non aver stravolto i personaggi. Inoltre, mi auguro anche che la consistente presenza di flashback non vi sembri pesante! Visti tutti i collegamenti con i capitoli precedenti, non mi sono arrischiata a descrivere i vari trucchi o gli stratagemmi utilizzati semplicemente rifacendomi al discorso di Shin, rischiavo di non capirci più nulla neppure io…XD
E infine, ultima ma non ultima…la svolta ShinxRan! Vi è piaciuta? L’idea che sarebbe toccato a Vermouth il compito di sciogliere l’intreccio creatosi tra i nostri due protagonisti era l’unica che ho avuto ben chiara sin dal prologo di questa storia XD E comunque ho voluto sottolineare anche il rapporto di enorme e sincera amicizia che, a questo punto, lo lega ad Ai…i suoi fan mi perdoneranno se l’ho fatta comparire per un tratto così breve, ma avevo già dei problemi a gestire Ishimaru, Kogoro e Sonoko…un altro personaggio ancora avrebbe rischiato di mandarmi all’aria tutto! E l’equilibrio di questo capitolo è già precario xD In realtà infatti non sono ancora troppo convinta neppure di questo capitolo, ma so bene che, qualsiasi cambiamento io apporti, non mi andrà mai del tutto bene! E in questa prospettiva di eterna insoddisfazione, questo capitolo mi è sembrato il migliore tra tutti quelli che avevo realizzato in questo tempo XP.
Alla fine delle note troverete una lista che vi collegherà ciascun flashback o frase ricordata dai personaggi al capitolo corrispondente, nonché una precisazione su alcuni avvenimenti avvenuti in passato nel manga/anime. E c’è anche un PS che mi piacerebbe molto voi leggeste.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ho davvero adorato scriverlo. Fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto con ansia i vostri giudizi. Ah! Naturalmente, ci tengo a precisare, visto la frase finale, che la fic non è finita: si avvia alla conclusione, mancano pochi capitoli, ma ci sono ancora alcune cose da chiarire: il triangolo Shinichi, Ran, Ishimaru, ad esempio (un esempio a caso, naturalmente!).
Un abbraccio davvero affettuosissimo a tutti coloro che hanno letto, con aggiunta di un bacio enorme a tutti coloro che invece hanno anche recensito o recensiranno! E ringrazio anche tutti coloro che hanno assecondato la mia follia e hanno letto la mia one-shot, pausa tra il capitolo 30 e questo di questa stessa fic XD, Da Cosa Nasce Cosa. Spero che vi sia piaciuta :D
Alla prossima (stavolta sarà prima, “promesso” xD)

@Shiho93 :
E infatti ti faccio i miei più vivi complimenti! xP Hai raccolto bene gli indizi che, capitolo per capitolo, avevo seminato! Avevo finto che la deduzione di Shinichi lo portasse al giornalista McRay proprio perché desideravo che, arrivati al fatidico “Tu sei Vermouth!” la suspence avesse raggiunto il suo apice.
No, non ho fatto tornare piccolo Shinichi nel bel mezzo del suo dialogo con Vermouth e tutti gli altri XD Anche se in effetti sarebbe stato interessante…eheh! Però, per quanto riguarda i suoi sentimenti, mi sa che la bastardata cui accennavi nella recensione, l’ho fatta lo stesso: tana per Shinichi! XD Mi auguro che la parte dedicata a Shinichi e la tua omonima sia stata di tuo gradimento…:D E mi scuso tanto per l’attesa :( Un bacione e alla prossima :***

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate:
Innanzitutto, ti ringrazio per la recensione che mi hai lasciato per Da Cosa Nasce Cosa. E’ stata una piccola follia, sono contenta che ti sia piaciuta XD Una sorta di siparietto comico tra i nostri due protagonisti prima delle vicende conanesche. Sei stata molto gentile anche in quel caso, e mi hai fatto arrossire per i complimenti ^//^ Per quanto invece riguarda questo capitolo, sono contenta che la vera identità di Richard ti abbia sorpresa, era esattemente quello che speravo XD Ho l’impressione che in questo capitolo Michiyo non abbia vinto, sai ? xP E, anche a me che sono la sua « mamma », ha fatto quasi tenerezza…comunque, la questione Ishimaru non è ancora risolta, conto di concluderla nel prossimo capitolo. L’anello che ha regalato a Ran adesso non vale più nulla , però, questo anche se ovvio lo anticipo xD Spero che la « sorpresina » circa il rapporto di Ran con Shin sia stato di tuo gradimento, mi è piaciuto molto scriverla ! Dopo tutte le liti che ho dovuto descrivere nel dettaglio, questo bel tratto di risoluzione l’ho adorato ! Per quanto riguarda la vera identità del detective, no : ho ritenuto meglio far tacere Vermouth, che credo sia più contenta se un progetto tanto importante per l’organizzazione, quale l’apotoxina, resti segreto e sia conosciuto dal minor numero di persone. Senza contare il fatto che trovo molto interessante il rapporto tra lei e Shinichi, dunque li ho voluti rendere complici, in un certo senso. Ti chiedo tremila volte scusa per il ritardo, comunque : mi dispiace un sacco ! Spero che in compenso questo capitolo sia valso il tempo che ho impiegato per scriverlo. Un bacione grandissimo e ancora grazie grazie grazie…graziessimo XD Bacioni !! :*******

@_ire_95_ :
Ciao! Sono contenta di aver ottenuto l’effetto-sorpresa! Questa dualità personaggio strano che sembra cattivo e poi buono, e poi buono e dopo cattivo mi ha sempre affascinato! Spero che tu abbia trovato bello anche questo capitolo. Grazie di cuore per i complimenti!! :D Bye bye ^_^

@Daminga :
Ehy ! :D Beh, suppongo che ora Shinichi avrà decisamente molto campo libero, anche se tra Sonoko e Michiyo non nasce del tenero xD Sei una ShinRan, vero ? Questo tratto tra Shinichi e Ran ti è piaciuto ? ;P La risposta alla domanda che mi avevi fatto te la do, anche se oramai è ovvia : sì, questo capitolo è parzialmente dedicato a loro due ! Il prossimo vedrà anche ulteriori scene di…ehm, diciamo « riappacificamento » tra i due xD Spero di cuore che continuerai a leggerai questa fic, nonostante la lunghissima attesa a cui ti ho costretta ! Perdonami, mi dispiace molto ;_ ; Un bacio e, spero, al prossimo capitolo ! :P

@_Rob_ :
Ehy!! :D La migliore, addirittura ?! Ma tu mi fai arrossire ^////////^ E mi onori anche ! Sei gentilissima, non so come ringraziarti ^///^ Eh, anche stavolta mi sono presa una « pausa »…^^ » Ripeto ancora che mi dispiace tantissimo aver ritardato così :( ma, come ho spiegato nelle note, un pò gli impegni, un pò il blocco della scrittrice, un pò qualsiasi cosa scrivessi non mi piaceva…xD ecco là che ci ho impiegato un sacco di tempo ! I ritmi quotidiani, come hai detto tu nella recensione, sono piuttosto incalzanti purtroppo xD Però per fortuna ora sono in vacanza e avrò tempo per, spero, concludere questa fic ! Non mancano molti capitoli, non ho ancora pensato a come dividerli ma so già dove voglio andare a parare con la trama.
Ahah, ho fatto la carogna XD Il fatto è che quando, nelle recensioni, ho visto che alcuni dicevano : ‘Ma Richard sarà mica Vermouth ?’ ho cominciato a sudare freddo XA Quindi ho deciso di ingannarvi XD Spero di aver, in questo modo, aumentato la sorpresa e così essere riuscita a rendere la storia più piacevole e interessante ! Beh, su Wikipedia ci sono tutti i membri dell’organizzazione, anche quelli che in Italia non sono ancora arrivati (non nell’anime almeno, nel manga sì per fortuna !) come ad esempio Bourbon (segui il manga ?), ma comunque nessuno di loro è americano…non per il momento, almeno XD Poi, chissà cosa ci riserverà il caro vecchio Gosho !
Passiamo ora, e con grande piacere, a Shinichi, il nostro ideale di principe azzurro…stonato xDD ! Mi auguro che la ‘dichiarazione’ fatta da Vermouth sia stata degna della coppia ShinxRan, da quando ho iniziato ad avere l’idea, anche se abbastanza confusa, di questa fic, ho subito stabilito : « A risolvere la questione tra quei due sarà Vermouth ! » Non so perchè ma mi sembrava una dinamica interessante e, in quanto mai esplorata, non banale : spero sia stato effettivamente così. E spero anche che il tratto dedicato a Shin e Shiho, anche se non è il tuo pair, sia stato di tuo gusto :D Ho comunque voluto sottolineare come il nostro ex bimbo sia innamorato di Ran, ma reputi Shiho oramai una sua amica, non più un membro dell’organizzazione del quale diffidare. Ti ringrazio ancora per tutti i complimenti che mi fai, sei sempre più carina ! Ed il fatto che la mia fanfiction ti piaccia così tanto mi fa davvero molto ma molto contenta ! Infine, mi scuso ancora INFINITAMENTE per il ritardo ! Un bacio gigantesco e a presto (promesso ! xD) :******

@_ire_:
Ciao! Beh, sì: devo ammettere che ho iniziato a immaginare ed organizzare gli indizi già da lungo tempo, a partire dai primi capitoli più o meno. Mi fa molto piacere che l’anagramma ti sia piaciuto e, scusa la franchezza,sono anche contenta che tu non l’avessi capito prima xD Ogni volta che postavo un capitolo in cui era presente Richard, pensavo: ‘Speriamo non si accorgano dell’anagramma…altrimenti l’intrigo più bello della fic è finito!’, eheh XD
Sono davvero contenta che la storia ti piaccia, mi fa un piacere enorme saperlo! :D E quindi mi dispiace ancora per di più per il ritardo! Anche il lavoro cavilloso di mettermi a elencare tutti i flashback mi ha rubato un sacco di tempo ^^” Mi auguro che ne sia valsa la pena e che questo capitolo ti sia piaciuto ;P E comunque grazie mille per i complimenti, sei davvero troppo gentile! ^////^ Al prossimo capitolo! XP Ciau ^O^

@Shashon_94:
Ciao Shashon! Grazie di cuore, questi complimenti mi fanno davvero provare tanto piacere! ^////^ Ti ringrazio davvero tanto! E tanto mi scuso per il ritardo, che riconosco essere imperdonabile. Spero vorrai perdonarmi…:D Ti è piaciuta questa svolta tra Shinichi e Ran? Spero di sì! E spero anche continuerai a leggere la fic…! A presto! ;P

@holmes88 :
A Giugno! XD Eccolo qui il capitolo. Mi scuso molto per il ritardo, davvero :(nSpero vorrai comunque continuare a leggere questa storia, e che ti sia piaciuta :D Bye bye :)

@Day Dream:
Ciao! Ma certo, sono contentissima che tu abbia potuto recensire :D Avevi scritto che speravi di leggere il capitolo presto...beh ^^” Mi dispiace davvero molto per la super attesa, spero che almeno però sia valsa la pena di aspettare! Poverino Michiyo, non ti ha fatto tenerezza in questa scena? Quando si rende conto che anche Shin tiene a Ran e resta senza parole? xD Poverino, il suo amore è infranto! Ad ogni modo, io sono una ShinRan e dunque ti assicuro che anche nei prossimi capitoli la loro storia andrà bene ;D Il peggio è passato! Spero continuerai a recensire, mi fa molto piacere sapere cosa pensi di questa storia. Ciao! =)

@_nikole_ :
Spero di non aver messo a dura prova la tua ansia! Mi dispiace molto per averci messo così tanto ad aggiornare, ma spero che vorrai leggere ancora la storia e dirmi che impressione ti ha fatto! Ciao, alla prossima recensione! :D

@FM107 3 RADIOCAOS:
Ciao! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Sono contenta che tu non abbia voluto criticarmi, come hai scritto nella recensione al capitolo precedente, ma comunque anche un giudizio negativo sarebbe stato ben accetto: dalle critiche è possibile imparare molto e migliorarsi, secondo me.
Ecco spiegato come Kudo se l’è cavata, eheh! Scusami tantissimo per il tempo che ho impiegato per postare questo nuovo capitolo, non volevo prolungare così tanto l’attesa! Spero comunque che l’aggiornamento ti sia piaciuto! Grazie mille per le tue recensioni :D Un bacio!

Ed eccoci giunti al termine: aver ricevuto così tante recensioni mi ha davvero procurato un enorme piacere, sono davvero molto lieta! Significa che è piacevole leggere questa storia così come per me è davvero piacevole scriverla ( per me scriverla è stupendo in realtà, non solo piacevole, ma tant’è…xD). Di seguito troverete la lista con i capitoli ai quali appartengono i flashback di quest’aggiornamento, le traduzioni dall’inglese e dei collegamenti con il manga.
Vi ricordo anche il PS.
Spero di ritrovarvi altrettanto numerosi nel prossimo capitolo! Un enorme bacio!

XXX Cavy-Chan XXX

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TRADUZIONE DALL’INGLESE

I was sure...: Ero certa che avresti capito, Cool Guy.
I’m a woman…: Sono una donna, Angelo. Proprio come te.
Don’t worry…: Non preoccuparti. Cool Guy sta per prendere la parola.
Listen carefully: Presta attenzione.
…gift, for ‘u: esempio tipico delle abbreviazioni americane che hanno permesso a Shinichi di capire la vera identità di Richard. Sta per: it’s for you, vale a dire ‘è per te’.
Do not move: Non muoverti.
He ‘s sweet, isn’t he?: E’ dolce, vero?
I see: Capisco.
Sherry’s been fast: Sherry è stata veloce.
The one and only: In persona!

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There’s always one only truth: C’è sempre una sola verità. Nel capitolo 18 Richard dice questa frase a Ran, ma in realtà è Shinichi a pronunciarla sempre, però in giapponese. Di conseguenza, è una prova evidente che Richard (Vermouth) conosce Shinichi, e bene.

La frase degli squali e dei delfini è la seguente: “Io non temo gli squali, ma i delfini! Già, il delfino…la stella del mare! Lo squalo cattivo fuggito dalle fredde e scure profondità del mare non può certo vincere contro di lui”. Appartiene al volume 31, file 5 e corrisponde all’episodio 246 (numerazione giapponese).

Vermouth vuole uccidere Ai, ma Ran si frappone tra le due nell’episodio 345 (numerazione giapponese), volume 42.

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LISTA DEI FLASHBACK:

“Ecco il bagno" esclamò saltando l'ultimo gradino della rampa di scale (…). Capitolo 1.
“Ehm...stavamo dicendo…?” “Di Ishimaru.” (…). Capitolo 7.
“E’ il tuo boyfriend?”(…). Capitolo 7.
“Perché non studiamo insieme la storia di Moon’s Knight? Ti andrebbe?” chiese perciò, speranzosa.(…). Capitolo 4.
“Oh My…! Ran!” (…). Capitolo 11.
“Perdonami se ti ho disturbato, ma…”(…). Capitolo 20.
Beh…” Kudo stette sul punto di affermare: “Ho risolto il caso(…). Capitolo 18.
Ma sta’ attento: ti abbiamo abbonato un errore, non deve essercene un altro.” Capitolo 24.
I due ragazzi si voltarono giusto in tempo per vedere che…(…). Capitolo 24.
Infine, la registrazione è tratta dal capitolo 27.

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PS. Un ringraziamento particolare, infine, è d’obbligo alla mia cara Neechan . Voglio così prendere due piccioni con una fava: dal momento che ho sottoposto tutti i lettori a questa lunga (eccessiva!) attesa, posto una sorta di extra. E’ un piccolo brano satirico, privo di qualsivoglia significato, che spero non offenda né i fan di Shinichi, né tanto meno quelli di Ran (per cui io tifo) o quelli di Shiho (per cui invece tifa questa persona che noi chiameremo “Neechan”, ma che qui su EFP è iscritta con il nickname di MisakiKyuuki.) La sopracitata Neechan (scusate la ripetizione)è stata in assoluto la prima a leggere questo capitolo, e mi ha molto aiutato: le devo quindi porgere un ringraziamento particolare, che voglio sottolineare postando questa follia. Dopo aver letto la storia, arrivata al punto in cui Shinichi chiede perdono a Shiho, ha scritto una sorta di finale alternativo (che pensava sarebbe rimasto privato e invece…ohoh, scusa Neechan XA), al quale a mia volta io, dopo averlo letto, ho aggiunto dei commenti. Eccolo qui di seguito: la parte scritta in nero è la sua, mentre invece i commenti in rosso sono i miei.
Buon divertimento!:

“Perdonami, Shiho.” La giovane strabuzzò gli occhi.
“Non avevo capito… che in realtà ti ho sempre amata… scusami. Sono un idiota patentato, lo so” il giovane cominciava ad avere difficoltà a parlare, il sonnifero stava facendo effetto “ti prego solo di…di perdonarmi, se puoi.”
Lei lo guardò con occhi ricolmi di lacrime, le gote arrossate per l’emozione. Una smorfia amara, però, le increspò il volto “Non mentirmi…so che ami Muori.” MOURI XA NON MUORI!
“NON E’ VERO!” urlò con veemenza XA XA XA E’ OOC, prendendola saldamente per le spalle, il suo corpo robusto che sovrastava l’esile figura di lei. “Lei è una psicotica ossessivo-compulsiva! Dovevo assecondarla! Dovevo far finta di avere sentimenti umani nei suoi confronti! Ma nulla è mai sconfinato al di là di un semplice‘Ciao Ran!’ ‘Ciao Shinichi!’ ‘Arrivederci Ran!’ ‘Arrivederci Shinichi! X°DDDDDDD Questa cosa mi fa morire, non so perché!!’ Io amo te, Shiho, te e te solo. Siamo due anime legate dal destino, non capisci?! ” E poi la giovane si svegliò, sudata: era un sogno.
No, non capiva. E non le importava. Si scagliò con ogni fibra del suo essere contro di lui, che preso alla sprovvista, vacillò pericolosamente all’indietro, riuscendo però a salvare entrambi da una rovinosa caduta. Ma non ebbe il tempo di registrare la cosa, o di avere reazione di sorta, che le sue labbra vennero saldamente ancorate in un dolce e morbido abbraccio. Shinichi si svegliò, sudato. “Grazie a Dio, era solo un incubo” soffiò, asciugandosi la fronte. Poi fece l’azione di masticare, riflettendo immobile per un paio di istanti.
“La sensazione però era così reale! Mi fa veramente schifo, meglio che vada a sciacquarmi la bocca con il bicarbonato.” Decretò, sputacchiando qua e là saliva.

Rispose al bacio con una passione sopita e inattesa, stringendo a sé la ragazza. E in lontananza, lontano da quel tenero idillio, una voce soffusa si diramava:
“Comunque a me piace Vermouth eh! ò_ò” Ran Muori. MOURIIIIIIIIIII, NON MUORI! Caspiterina ò.ò

Vuole essere un modo originale di ringraziarti, Neechan. Spero tu gradisca.

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Capitolo 33
*** Shinichi Kudo contro Ishimaru Michiyo ***


Capitolo Trentadue

Shinichi Kudo contro Ishimaru Michiyo

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il corpo muscoloso di Kudo che sovrastava quello di Ran, più minuto e delicato. Il suo petto nudo e sudato che si alzava e abbassava freneticamente, ansante per l’eccitazione. Le sue braccia che la imprigionavano, impedendole qualsiasi movimento. Le loro pance, a stretto contatto, li facevano gemere rumorosamente, colmando di sospiri la stanza buia. Le mani di lui scorrevano, avide, sui fianchi di lei, mentre la sua bocca le sfiorava il collo:
“Shinichi…” sospirò, passandogli le mani tra i capelli.
“Ran…” le soffiò di rimando all’orecchio, facendola rabbrividire.
“Giù le mani…” sussurrò invece Michiyo, spiazzato.
“Da quanto tempo desideravo farlo, Ran…” proseguì però Kudo, la voce roca.
“Giù le mani da lei…” ripetè allora il poliziotto, stavolta a voce più alta.
Il moccioso-detective afferrò i fianchi di Ran, avvicinando il corpo al suo.
“Voglio che tu sia mia.” Decretò, con un tono autoritario.
“TI HO DETTO DI TOGLIERE QUELLE LURIDE MANI!” gridò Ishimaru, spalancando gli occhi. Ansante, si rizzò a sedere sul letto, guardandosi intorno: non c’era nessuno.
“Era un sogno.” Constatò ad alta voce, sfregandosi gli occhi con la mano.
“Sono davvero così ossessionato da quel tipo da sognarlo mentre…mentre..." gettò le coperte al suo fianco con un colpo secco, irato, non riuscendo a proseguire oltre "...con Ran!”
“Non permetto di rubare la mia roba…la mia roba!” ovviamente si riferiva a Ran.
“Kudo non si divertirà con i giochi che avevo già adocchiato io!” Dunque scattò in piedi, afferrando i vestiti precedentemente riposti sullo schienale di una sedia.
“E sarà meglio che mi sbrighi, prima che il mio incubo s’avveri…”

§§§

Delle voci continuavano a tormentarlo da un tempo incalcolabile, anche se assolutamente indefinito: all’inizio non era riuscito a distinguerle, poi pian piano aveva capito a chi ciascuna appartenesse e desiderava rispondere, ma la voce non poteva uscirgli dalla gola poiché i suoi muscoli erano talmente deboli – o meglio, anestetizzati!- da non permettergli nemmeno di dischiudere le labbra.
Così fu per ventiquattro ore: il sonnifero che Vermouth gli aveva sparato addosso era davvero potente. Il secondo giorno non udì nulla e quindi non ricevette alcuno stimolo di aprire gli occhi. Continuò a dormire, sin quando un urlo lo svegliò di soprassalto:
“KUDO!”
Spalancò le palpebre con uno scatto, percependo una fitta lancinante pervadergli la fronte. Meccanicamente si portò una mano alla testa, chiudendo un occhio per tollerare meglio il dolore. Fece anche per sollevare il busto, ma qualcosa lo ostacolava; abbassando gli occhi vide Ran a braccia conserte sulla sua pancia, seduta su una sedia attaccata alla sponda del letto.
Non appena i loro sguardi s’incontrarono gli sorrise, ma l’espressione era preoccupata.
“R-Ran…” constatò più tra sé e sé che rivolto alla ragazza, avvampando. Cercò nella sua mente una bella frase da dirle, ma non ebbe il tempo, giacchè due mani si posarono ai lati del bacino:
“Ben svegliato, signorino.” Gli disse aggressivo Michiyo: era stato lui a gridare il suo nome in quel modo, pochi istanti prima.
Shinichi assottigliò gli occhi, all’inizio dimentico di ogni cosa: “Dove…” fece per chiedere, ma Ran lo prevenne:
“Sei in ospedale. Il sonnifero presente in quel proiettile era molto potente e i medici non sono stati in grado di prevedere quando esattamente ti saresti svegliato. Ma la ferita sulla schiena non è affatto profonda, si rimarginerà in poco tempo.” Gli sorrise nuovamente.
“Ah…” metabolizzò lui, concentrandosi per ricordare di che proiettile stesse parlando la ragazza, che gli teneva stretta una mano nella sua.

“Shinichi…” lo chiamò Ran, con voce tremante. Eppure, da quella voce trapelava gioia. “He’s sweet, isn’t he?” Vermouth interruppe il nastro, soddisfatta del suo lavoro. “Te l’avevo detto, Angel. Nelle sembianze di Richard, te l’avevo ripetuto in continuazione.”

Tutt’a un tratto ricordò ogni cosa: la sera del mercatino, Vermouth, la sparatoria, la registrazione…La registrazione?! Sentendosi accaldato ritirò immediatamente la mano dalla stretta della sua amica d’infanzia, come scottato. Quel gesto però gli costò caro poiché una seconda fitta lo costrinse a chiudere gli occhi, gemente.
“Shinichi!” lo chiamò Ran, scattando in piedi. “E’ colpa tua!” aggiunse poi, rivolgendosi ad Ishimaru “Ti avevo detto di parlare piano, il medico si era raccomandato di non svegliarlo di botto e tu gli hai gridato contro!”
“Ci sono troppe cose strane che deve chiarire perché io abbia tempo e voglia di svegliarlo dolcemente! Non sono una donna e non ho trascorso la notte con lui…” Il poliziotto tornò nuovamente su quell’argomento, sperando che la tecnica con la quale aveva in passato instillato dubbi in Ran potesse ancora funzionare.
Tuttavia quel dialogo concitato e soprattutto il nome del detective più volte ripetuto preoccupò il professor Agasa, che attendeva all’esterno della stanza.
“Ci sono problemi?” chiese, entrando nella piccola sala ma subito il suo timore si tramutò in entusiasmo: “Ah, Shinichi! Ti sei svegliato!”.
Finalmente il detective ebbe voglia di sorridere: “Professore.” Lo salutò, gentile.
“Quanto mi hai fatto preoccupare, Shinichi-kun…” disse, avvicinandosi al letto. E il detective sapeva che quando il vicino di casa faceva seguire quell’appellativo al suo nome, era in ansia per lui.
“Mi dispiace, professore…” gli rispose, continuando a sorridere. Quindi, desideroso di tranquillizzarlo tentò di alzarsi, per dimostrargli di star bene. Fece faticosamente leva sulle braccia, issando il busto.
“Non stancarti!” lo ammonì Agasa, mentre Ran lo sosteneva per i gomiti.
“No-non c’è bisogno…” balbettò, rosso in volto e gli occhi ridotti a due miseri puntini, alla giovane perché lo lasciasse.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Il ragazzo, incuriosito, si voltò verso il professore, come a chiedergli l’identità della persona nel corridoio ma Agasa ovviamente l’ignorava.
“Avanti…” acconsentì allora, dopo essere riuscito a trovare equilibrio e quindi tranquillamente seduto sul letto.
L’ispettore Megure, l’agente Shiratori e Takagi fecero la loro entrata. Quest’ultimo gli sorrise, palesemente rassicurato: “Ti sei svegliato! Come ti senti?”
“Bene.” Mentì, ricambiando il sorriso: anche nelle sembianze di Conan, Takagi era sempre stato molto gentile e comprensivo con lui.
“Ne siamo lieti, Kudo.” Aggiunse l’ispettore, ma il suo tono di voce era molto serio e Shinichi lo notò subito.
Quando poi vide Michiyo guardare tronfio Megure, che aveva lasciato trasparire un’espressione preoccupata sul volto, capì subito il motivo della loro presenza:
“Non credo sia una visita di cortesia.” Disse subito.
“Ovvio che non lo è!” lo rimbeccò Ishimaru, ma l’ispettore lo zittì, poi spiegò:
“Perdonaci Kudo, sappiamo che sei stanco. Ma i medici ci avevano detto che avremmo potuto parlare con te non appena ti fossi svegliato, poiché quel proiettile conteneva solamente una sostanza narcotizzante…”
Il liceale non rispose, fissando serio l’uomo.
Agasa provò a dire: “Shinichi ha appena ripreso conoscenza. Forse è meglio se…”
“Non appena si fosse risvegliato…” Michiyo ripetè le parole appena pronunciate dall’ispettore, scandendo bene ogni singola sillaba.
“Però…” fece per intervenire anche Ran, ma con lei il poliziotto fu ancora più brusco: “Tu non potresti nemmeno ascoltare. Se le cose così non ti stanno bene, vattene fuori.” Era evidente che Ishimaru, la notte precedente, era stato colpito in pieno nel suo orgoglio di corteggiatore: era quindi stata la gelosia a parlare; inoltre, il sogno avuto la notte precedente proiettava ancora immagini nitide nella sua testa.
“Da quello che Michiyo e Kogoro ci hanno raccontato, tu conoscevi quella…donna?”
Kudo assottigliò gli occhi, voltando leggermente il capo.
“La chiamavi Vermouth." Gli ricordò, con meno tatto, l’agente castano “Quella tua amichetta è stata chiamata Sherry…e Sakata aveva il nome in codice di Brandy.”
Agasa fissava Shinichi, preoccupato.
“Ci devi delle spiegazioni.” Concluse Michiyo.
Il detective allora aprì la bocca, ma non fece in tempo ad emettere alcun suono:
“E non ritirare fuori la scusa del ‘Vi avevo detto di avere a che fare con un caso top-secret’ e tutte quelle stronzate che ci hai rifilato dopo la morte di Brandy!” lo aggredì Ishimaru, soffermandosi sull’ultima parola “…perché non ci basta. Io, Kogoro, Ran, Sonoko: tutti noi siamo stati coinvolti in questa storia e ci siamo andati di mezzo. Quella donna ci ha puntato una pistola contro. Io esigo che tu ci dica tutto, ora.”
“Po-potresti…” aggiunse Takagi, più titubante, quando vide che Kudo continuava a non rispondere “…insomma, potresti ricevere…se, se Michiyo intende procedere…”
“Falsa testimonianza nell’interrogatorio sulla morte di Sakata e favoreggiamento in questo.” Prese la parola Megure, più deciso eppure con lo sguardo sinceramente dispiaciuto.
“Ma stiamo scherzando?! Shinichi ha solo…” sbottò Agasa, ma con un grido perentorio Michiyo gli ordinò di tacere.
“Tu frequenti brutta gente” decretò il poliziotto, guardandolo torvo. “E, secondo me, hai rivelato più cose a questo vecchio…” indicò Agasa con un cenno del capo “…che a noi. E per fortuna che collaboravi con la polizia!”
Ran era ammutolita: ma come stavano trattando il suo Shinichi? Fece per comportarsi come il dottor Agasa, e quindi parlare a difesa del giovane, che però rise.
Tutti se ne sorpresero.
“Collaborare con la polizia.” Ripetè, con tono tagliente. “Prima…prima di andar via l’ho fatto, nonostante tutto credo che l’ispettore Megure si ricordi dei tempi in cui mi telefonava perché lo aiutassi nelle indagini. Qualsiasi caso mi sia stato proposto, io l’ho risolto.”
“Qui non è in gioco la tua comunque dubbia bravura, noi vogliamo…” lo interruppe Michiyo ma Kudo alzò il tono della voce, riprendendo la parola:
“…e quando, sebbene io non vi avessi chiesto nulla, mi avete proposto di aiutarvi nell’inchiesta sul serial-killer io ho accettato. Sebbene tu non tolleri le stronzate” ripetè con ironia i termini utilizzati da quello che, in quel frangente, era il suo primo avversario “che io vi ho rifilato dopo la morte di Sakata e non voglia accettare che io stia lavorando ad un caso riservato, è questa la verità: ed io vi avevo avvisati. Vi avevo detto chiaramente la mia occupazione, vi avevo detto chiaramente che non vi avrei rivelato nulla e ve l’ho ripetuto quando, ignorando ogni procedura, avete convocato per la seconda volta Miyano in centrale. E sapevo, ero certo…” si affrettò ad aggiungere prima che qualcuno lo interrompesse: ma, prima di proseguire con il suo discorso, abbassò il capo cosicchè la frangetta potesse celargli parte del volto “…che vi sareste insospettiti. Era chiaro che avreste avuto dei dubbi, che vi sareste chiesti di quale indagine potesse trattarsi. Ma mai…mai avrei potuto immaginare che mi avreste trattato come un sospettato: voi mi avete pedinato…” sputò, con risentimento “…mi avete messo dietro un’autovettura…, mi avete tenuto nascosto le ultime scoperte sul serial killer, mi avete accolto con gelo quando avevo appena salvato Ran e Kogoro da quel pazzo, tu addirittura mi volevi sparare addosso, Michiyo…” mai quel nome fu pronunciato con più stizza “Avete costretto Miyano a venire a testimoniare, per la seconda volta, senza avvisarmi e quando sono arrivato in centrale quasi non mi avete lasciato andare…Ed ora, piombate qui. ‘Non appena si fosse svegliato’ ” furono ripetute, per la terza volta, le parole dell’ispettore Megure “…è giusto, avete ragione: è questo che recita il regolamento. Perché qui voi non venite come collaboratori, come colleghi. Voi venite qui come poliziotti, a elencarmi le accuse in cui posso incorrere… ”
S’infiammò, perdendo il controllo: infatti il suo tono di voce divenne più alto e le mani quasi tremavano: “E mi sottoponete ad un interrogatorio in piena regola!!” sbottò, infine, con un eccessivo sforzo: non solo la fronte, infatti, ma anche le tempie furono percorse da un dolore lancinante, che lo costrinse ad afferrarsi la testa con le mani e poi ripiegarsi su se stesso.
“Shinichi…” si preoccupò Agasa, correndo al suo fianco per poggiare una mano sul capo.
Senza pensarci due volte Ran, dal canto suo, afferrò il piccolo telecomando posto sul comodino, schiacciando ripetutamente il tasto che avrebbe allertato il dottore.
“Mi trattate come un criminale.” Scandì Shinichi con amarezza, mentre ancora si reggeva la testa.
Allora entrò nella stanza il medico, senza bussare: “Che succede qui?” domandò, scorgendo tutti quegli uomini attorno al letto e il paziente dolorante.
“Gli fa male la testa...” rispose Agasa per Shinichi, mentre Ran accorreva anche lei al bordo del letto, posandogli una mano sulla spalla. Ma lui non si voltò neppure a guardarla: con l’aiuto delle mani teneva il capo basso, e nessuno poteva più vederlo.
“Da quanto si è svegliato?” domandò il medico ad Agasa.
“Da pochi minuti.”
“Lei è il padre?” incalzò.
“N-no…io sono…” rispose incerto Agasa, ma l’uomo non gli diede tregua:
“E’ un suo parente?”
“N-no, sono…” fece di nuovo per dire, ma di nuovo il dottore parlò:
“C’ è qualche suo parente in questa stanza?”
Tutti abbassarono gli occhi.
“Bene, allora potete accomodarvi fuori, a meno che il paziente non richieda specificamente la presenza di qualcuno…”
Shinichi tacque, mantenendo la stessa posizione.
Michiyo iniziò: “Noi siam…”
“Siete poliziotti, lo so.” Lo interruppe il dottore “Ho visto le vostre divise, ma come vedete il paziente è ancora stanco e non si sente bene. Accomodatevi fuori.” Ripetè, autoritario.
Il poliziotto allora fece per intervenire di nuovo, ma Megure lo richiamò: “Andiamo.” Disse. Prima di uscire dalla porta, lanciò uno sguardo al figlio del suo vecchio amico scrittore, nella speranza che avesse alzato gli occhi e potesse leggere nel suo sguardo le sue scuse. Ma questo non avvenne.
Agasa, allora, seguì a ruota gli uomini, ma non prima di aver salutato il ragazzo che considerava davvero come un nipote – se non come un figlio- con una carezza.
“Mi scusi…” richiamò l’attenzione del primario Ran “E’ possibile tornare nel prossimo turno di visite?” pose quella domanda, però, a bassa voce, come se non volesse farsi sentire da nessuno.
“Certo, signorina.” Le sorrise il dottore “Lei che ha vegliato ininterrottamente questo ragazzo fino a che non si è svegliato, può tornare. Ma prima le consiglio di riposarsi: dev’essere stanca.” La ragazza, un po’ rossa in viso, annuì; quindi afferrò la giacca che aveva poggiato precedentemente sulla sedia accanto al letto.
“Ciao, Shinichi…” disse a bassa voce, temendo che i suoni alti potessero procurargli di nuovo quei terribili dolori alla testa.
Tuttavia, lui non rispose: provava ancora molto imbarazzo per quanto era accaduto…non era nei piani che Ran venisse a sapere la verità circa il suo silenzio!
Alzò la testa e parlò quando nella stanza si trovava soltanto il dottore: “E’ rimasta per tutta la notte?” domandò.
Il chirurgo annuì: “E per tutto il giorno. Sono le sei del pomeriggio.”
-Ran…- pensò, arrossendo.
“Quand’è il prossimo turno di visite?” s’informò allora.
“Domani mattina, alle nove.” Gli rispose il dottore. “Se tornerà a trovarla, le consiglio di riceverla.” Gli suggerì, poi aggiunse anche che per lui sarebbe stato molto meglio distendersi. In tutta risposta il ragazzo disse: “Desidero uscire, dottore. Dove devo firmare?”

§§§

Aveva atteso che tutti gli agenti di polizia, Ishimaru compreso, e il dottor Agasa se ne fossero andati, per tornare indietro. Non aveva riflettuto neppure un attimo, quando li aveva visti salire in macchina, per fare dietro front e varcare nuovamente la soglia dell’ospedale. Shinichi si era svegliato, maledizione! Doveva assolutamente parlargli!! Doveva dirgli che era stato uno sciocco, che non avrebbe mai dovuto cercare di proteggerla in quel modo, che…che era stato maledettamente dolce, e romantico. Shinichi Kudo romantico? In diciassette anni di vita mai avrebbe pensato di poter attribuire quell’aggettivo al suo amico. Shinichi era pieno di qualità…ma non era romantico! Non come Ishimaru, almeno: non le aveva mai baciato le mani di fronte a tutti, non aveva mai paragonato la sua bellezza ad un cielo stellato, non l’aveva mai squadrata tanto insistentemente da farla sentire in imbarazzo…non l’aveva mai corteggiata. Le sarebbe piaciuto e molto: ma come avrebbe reagito? Quella sera, di fronte a Richard, era bastato fissare il detective negli occhi per un solo istante, prima che lui stesso divagasse lo sguardo, perché il suo cuore battesse all’impazzata privo di controllo e il suo corpo fosse avvolto da uno strano calore. In passato, era sufficiente che il giovane le sfiorasse una mano, perché lei si emozionasse.

“E adesso domande a tappeto di biologia…evviva!” disse ironica Ran, voltando la testa in direzione di Sonoko. Era il cambio d’ora al liceo Teitan e le due ragazze sedevano l’una di fronte all’altra.
“Io non ho ripassato nulla ieri…non credo andrà bene!” le rispose l’amica, battendo la testa contro il banco.
“Cos’è un vacuolo? *” fece finta di interrogarla Ran, ma la ricca ereditiera emise solo un lamento.
“E’ una vescicola di trasporto nelle cellule vegetali.” Rispose al suo posto Shinichi, sedendosi sul banco di Ran.
“Tu sai sempre tutto, eh?” lo apostrofò Sonoko, acida.
“Sei tu l’unica a non saperlo.” rispose lui con lo stesso tono di voce “Questa è una cosa che tutti conoscono.”
“Ah sì, eh?” fu l’unica replica della ragazza, che parve troncare lì il discorso: “Ran! Che bell’anello che hai! Dove l’hai preso?”
“Io non ho nessun anello, Sonoko!” rispose basita la giovane, porgendole le mani per mostrarle la veridicità di quanto aveva detto.
“Oh, davvero…?” Suzuki afferrò prontamente la mano di Ran, gettandola su quella di Shinichi, poggiata sulla sua stessa coscia.
“E-ehy!” si lamentarono entrambi, interrompendo all’istante quel contatto.
“E tu sei l’unico a non sapere che i fidanzatini devono sempre tenersi per mano!!” si vendicò l’ereditaria sghignazzando di fronte all’imbarazzo dei suoi due amici.

A quel ricordo, sorrise. Era trascorso un anno da allora, eppure lo ricordava dettagliatamente: le prese in giro di Sonoko le erano mancate davvero tanto! Sentirsi apostrofare come ‘fidanzatina di Ishimaru’ in quei giorni non aveva di certo avuto lo stesso effetto!...avrebbe detto a Shinichi anche questo. Gli avrebbe detto tutto.
Totalmente persa in queste riflessioni, neppure si accorse di aver già percorso il corridoio dell’ospedale ed essere giunta davanti all’ascensore. Quarto piano, stanza 621. Stava preparando mentalmente un discorso che sicuramente di fronte a lui avrebbe dimenticato, quando le porte si aprirono: eppure era il secondo piano!
-Forse qualcuno ha chiamato l’ascensore…- comprese, facendo qualche passo indietro per permettere al ragazzo di entrare.
Al ragazzo?
“Sh…Shinichi?” lo riconobbe, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
Il giovane, vestito degli stessi panni che aveva indossato la fatidica sera del mercatino al Teitan, sollevò lo sguardo, incontrando il suo.
“R-Ran?”
Le porte dell’ascensore si chiusero: erano intrappolati lì dentro, da soli.
“Che…che stavi facendo?” le domandò, tenendosi a debita distanza da lei.
“Io…io volevo tornare indietro per dirti…alcune cose…” cercò di evitare il suo sguardo “…in privato…”
Sollevò per un istante gli occhi, ma così facendo incontrò i suoi; entrambi allora si voltarono verso la direzione opposta, arrossendo.
“E tu, invece? Perché ti sei vestito?”
“Sto uscendo.” Rispose, secco.
“Oh…fai una passeggiata in giardino? Io…io posso accompagnarti, sempre…sempre se tu vuoi…” propose all’istante Ran, cogliendo la palla al balzo.
“No.” Fu la sua risposta, e la giovane non nascose il suo risentimento “La vuoi smettere con questa farsa? Oramai so tutto e puoi smetterla di tenermi lontana…”
“Io…” la interruppe il detective “Io intendevo dire che non sto andando in giardino…io esco dall’ospedale, torno a casa.”
Ran avvampò: “Oh…ma…ma certo! Ovvio!” quindi si lasciò andare ad una risata nervosa. Si stava dando mentalmente della stupida, quando di nuovo provò a spostare il suo sguardo su Shinichi: il giovane teneva le mani in tasca, gli occhi rivolti verso il basso e soprattutto si stava schiacciando contro un angolo dell’ascensore, come se avesse paura di lei.
-E’ lo stesso atteggiamento che avevo io non appena l’ho rivisto!- constatò, un’idea che le invadeva la mente –Quando…quando mi scoprivo per la prima volta attratta da lui e mi sentivo a disagio a stargli vicino…Possibile, possibile che anche lui…?- scosse freneticamente la testa, come per cancellare quella folgorazione.
-Ma no, cosa vado a pensare? Shinichi…lui è così …- avvampò, per l’ennesima volta -non può essere attratto da me! Ma se fosse così…perché voleva proteggermi da quei criminali?-
L’ansia, il disagio e l’imbarazzo giocano brutti scherzi; senza capacitarsi di quanto stava dicendo, Ran pensò a voce alta:
“Perché hai voluto tenermi fuori dalla faccenda?”
Il ragazzo spalancò gli occhi, voltandosi a fissarla.
“Nel senso…perché hai fatto tutto questo per me?” Anche lei lo fissò.
Finalmente i due ragazzi si guardarono negli occhi, ignorando la sensazione d’imbarazzo che li avrebbe portati, per l’ennesima volta, a scrutare con attenzione il pavimento.
In quell’istante, l’ascensore si fermò ma le porte non si aprirono. L’illuminazione si spense, facendo calare il buio in quell’esiguo spazio: fortunatamente però le lampadine si riaccesero subito.
“C-che succede?” si allarmò Ran, sobbalzando.
“Dev’essersi bloccato.” Dedusse Shinichi, avvicinandosi ai diversi tasti e premendo quello della campana d’emergenza. In quel modo, si ritrovò piuttosto vicino a lei, che non potè fare a meno di pensare:
-Sono chiusa in uno spazio di un metro per un metro con Shinichi, da sola…-
All’idea, avvampò…poi sorrise, beffeggiando se stessa: certo, se si fosse trattato di Ishimaru probabilmente quella situazione avrebbe portato a frasi romantiche e pericolosi avvicinamenti, ma lì con lei c’era Shinichi! Spesso era rimasta da sola con lui…avevano addirittura viaggiato in aereo!* E non era mai successo nulla…
“Davvero non capisci il perché io l’abbia fatto?” la voce del ragazzo attirò la sua attenzione e, alzato il volto, Ran si ritrovò immersa nei suoi occhi.
I loro corpi erano talmente vicini che alla ragazza era possibile percepire una sensazione di elettricità che l’allontanava, poi immediatamente la riavvicinava al giovane, desiderando abbracciarlo e poi…
Deglutì spaventata quando si rese conto d’essere di nuovo vittima di quell’incontrollabile attrazione.
-Adesso capisco perché le sue ammiratrici gli stavano sempre così attorno…- pensò, appoggiandosi alla parete come per allontanarsi da lui.
“Ran…” la chiamò per nome.
Chiuse gli occhi, inebriata dal tono della sua voce.
“Dillo ancora, chiamami per nome…” sussurrò per poi ascoltare di nuovo il giovane: “Ran…”
Le mancò il fiato quando percepì le mani di Shinichi posarsi sulle sue spalle. Aprì gli occhi, vedendo le sue labbra muoversi per articolare di nuovo quella parola.
“Ran…”
Eppure quelle labbra erano sempre più vicine: poteva addirittura sentire il respiro caldo di Shinichi sul suo volto. Aprì leggermente la bocca, per prendere aria: aveva l’impressione di soffocare!
La stava forse per baciare? Era talmente emozionata da non riuscire neppure a pensare! Eppure, tenne gli occhi fissi sul viso dell’amico d’infanzia che si avvicinava sempre di più, finchè non sentì chiaramente le labbra del giovane sfiorare le sue.
E poi…il ragazzo si allontanò da lei.
Sorpresa, batté le palpebre per un paio di volte, congiungendo e poi allargando le labbra, sentendo improvvisamente la bocca secca. Ma cosa…?
Il detective le sorrise, rosso in volto e impacciato: con le spalle alzate ma contratte, aveva portato entrambe le mani nelle tasche.
Le porte si aprirono: tanto era presa dalla situazione da non essersi accorta che l’ascensore era ripartito.
“Ciao, Ran.” La salutò per poi darle le spalle e allontanarsi velocemente da lei.
Lei non si era mai sentita più confusa di allora.
“SHINICHI! ASPETTA!!” gridò, inseguendolo. Era rimasta a fissarlo così a lungo da aver mosso dei passi verso di lui soltanto quando aveva oltrepassato la soglia dell’ospedale. Percorse in fretta, correndo, l’intero corridoio per uscire anche lei dall’edificio. Nella corsa, tuttavia, urtò una donna; la sua borsa cadde a terra, ai loro piedi.
“Ah…mi scusi.” Si affrettò a dire, al che la signora replicò: “Non preoccuparti.”
-Che bella donna!- pensò subito Ran, nonostante non potesse vedere i suoi occhi perché celati da occhiali da sole scuri. Quindi afferrò la borsetta che la bionda aveva raccolto da terra per lei.
“La ringrazio!” s’inchinò leggermente e udì quella probabile paziente rispondere “Vai pure, mia cara.” prima d’incamminarsi verso l’uscita.
Non diede subito peso a quell’incontro.

§§§

“E quindi te lo sei lasciato sfuggire!” Sonoko parlò senza mezzi termini, tenendo le braccia distese lungo i fianchi.
“Quando sono uscita dall’ospedale era già andato via. Non ho idea di come abbia fatto, non aveva la moto parcheggiata lì fuori…” Ran aveva raccontato l’accaduto alla sua migliore amica, ovviamente. Ignorava che il professor Agasa, non appena ricevuto l’sms di Shinichi, si era precipitato lì per portarlo a casa.
Entrambe le ragazze indossavano l’uniforme scolastica ed erano dirette verso il liceo Teitan: la karateka, perse le tracce di Shinichi, aveva deciso di tornare a casa visto anche che si erano fatte le sette di sera; doveva cucinare la cena a suo padre e cercare di parlare con Ishimaru…naturalmente, il secondo proposito non si era realizzato. Il poliziotto non aveva risposto a nessuna delle sue quattro chiamate, e non si era fatto vivo neppure dopo l’sms che gli aveva inviato.
‘Ho bisogno di parlarti…puoi chiamarmi? Oppure, se preferisci, possiamo vederci’ recitava il testo di quel messaggino.
“Spero di incontrare Shinichi a scuola! Forse stamattina tornerà…” si confidò con la ragazza, che prontamente le disse: “E cosa gli dirai? ‘Sei stato così dolce, amore mio! Non avresti dovuto farlo! E’ per questo che ti amo alla follia, ti amo, ti amo, ti amo ’!” Sonoko le fece così il verso, causando in Ran un profondo imbarazzo.
“Ma cosa vai dicendo…” stava replicando, paonazza, ma una voce alle loro spalle fece trasalire entrambe:
“Se davvero le cose stanno così, tu non metti più piede fuori casa, Ran.”
“P-papà!” la giovane Mouri si sentì sprofondare per la vergogna.
“Cosa ci fa, qui? E’ geloso di sua figlia?” Sonoko aveva sempre una parola buona per ogni circostanza.
“Immaginavo un’eventualità del genere…” rispose l’uomo con gli occhi ridotti a due fessure.
“Ma…ma guarda che Sonoko stava scherzando…!” cercò di convincerlo la figlia, ancora rossa in viso.
“Non si sa mai.” Tagliò corto l’investigatore “Ti accompagno a scuola, oggi.”

§§§

Il giardino dell’istituto pullulava di studenti, come se quella sera non fosse successo nulla: nessuno si era accorto dello scontro tra Shinichi e Vermouth.
Per di più, l'attenzione dei ragazzi era completamente rivolta ad una questione ai loro occhi più importante di qualsiasi altra: la grande finale di calcio. Da quando il detective Kudo aveva abbandonato la squadra, il team del Teitan non era più riuscito a sconfiggere i calciatori avversari, appartenenti alla scuola superiore Ruizu. Come poteva un solo giocatore decidere le sorti una partita? Shinichi poteva. Per questa ragione il caposquadra, Takeshi Mishiama, quella mattina si trovava in piedi, ritto di fronte al cancello: aspettava l’arrivo dell’asso nella manica.
“Kudo!” lo salutò con entusiasmo quando lo vide , facendo voltare anche Ran, suo padre e Sonoko, che erano giunti da poco tempo.
Il ragazzo che, avendoli notati, sperava di passare inosservato e silenziosamente oltrepassare la soglia del cortile, gemette mentalmente:
“Buongiorno Mishiama…” disse tentando di fingersi indifferente: ma sentiva lo sguardo di quei tre addosso.
“La farò breve, Kudo. Gioca con noi.” Gli propose il ragazzo, sorridente.
“Prego?” Il calcio era, in quel momento, l’ultimo pensiero di Shinichi.
“Oh, andiamo! Gioca nella nostra squadra per la finale…sono sicuro che sei ancora fortissimo!” gli spiegò poco accuratamente, infervorato dall’idea di aver il miglior giocatore del liceo al suo fianco.
“Ti ringrazio, ma…” A Kudo non interessava affatto: sin quando aveva potuto, era stato membro del team di calcio scolastico per allenare i muscoli, essenziali per catturare i criminali…il calcio non gli piaceva poi così tanto.
“Se non sei sicuro, puoi allenarti prima della finale! Ti lascio il campo aperto!”
“Beh…” Frottole! Il calcio gli piaceva eccome!.. gli sarebbe piaciuto giocare, ma non era il caso di mostrare così tanto la sua faccia.
“Vinceremo! Vinceremo la coppa, Kudo!” D’altronde, Vermouth l’aveva scoperto anche se non aveva messo in mostra il suo vero volto, dunque…no! Aveva già rischiato troppo.
“Per favore! Abbiamo provato a far giocare Michiyo…è bravissimo, certo! Ma non quanto te!”
“Come?” Quella frase ebbe l’effetto di un eccitante nelle orecchie del giovane investigatore.
“Michiyo ha giocato con noi una partita…ma Turuzu, l’attaccante del Ruizu…è imbattibile! Scendi in campo, Kudo-kun!”
“Sta bene.” In fin dei conti, quanto avrebbe mai potuto rischiare con una semplice partita di calcio?
“Giocherò.” Il suo volto era di nuovo illuminato dal sorriso che piaceva a tutte le donne…anche a Ran:
“Verrò a fare il tifo!” gli disse infatti, avvicinandosi ai due giovani.
Shinichi, che per quel breve momento aveva dimenticato la presenza della ragazza, avvampò.
“Oh, Mouri!” la salutò al settimo cielo - avevano Kudo, finalmente avevano Kudo!- il caposquadra “Sì sì, mi raccomando: voglio un tifo da Koshien!”
“Entra a scuola, altrimenti farai tardi, Ran.” La voce di Kogoro risuonò sopra quella di tutti.
“Ma papà, io…” fece per controbattere la giovane, ma il detective dormiente non volle sentire ragioni: “Entra.”
La karateka fu costretta ad ubbidire, seguita a ruota dalla sua amica Sonoko; ma non prima di aver lanciato un fugace sorriso al suo amico d’infanzia.
“Vado a prendere subito i moduli dell’iscrizione…prima che ci ripensi!” detto questo, Mishiama scomparve mischiandosi tra la folla di studenti in attesa del suono della campanella.
Shinichi sospirò.
“Smettila di metterti in mostra, maledizione!” gli risuonarono nella testa le parole di Miyano.
-Eheh…- rise tra sé sé –Il calcio, dopotutto, è calcio!-
Stava per tuffarsi nella mischia, varcando il cancello dell’istituto, quando Kogoro aprì di nuovo la bocca per affermare:
“Puoi parlarle, se vuoi.”
Il ragazzo non comprese subito: si voltò, ritrovandosi però faccia a faccia con le spalle dell’uomo.
“Non ti proibisco di parlarle, ecco.” Sputò, con enorme fatica.
Quello era il modo migliore con cui Mouri avrebbe potuto accordare a Shinichi il suo perdono per l’accaduto e concedergli il suo benestare. O meglio…non proprio il suo benestare. Infatti, ancor prima che Shinichi potesse rispondergli, si affrettò ad aggiungere:
“Ma senza esagerare. E guai da te se provi a…a fare qualcosa di diverso, dal parlare. Potete solo parlare.”
Nonostante il tono minaccioso che il padre di Ran aveva cercato d’assumere, Shinichi ridacchiò: “Ti ringrazio, Kogoro.”
Poi gli porse la mano.
Con la coda degli occhi, il detective più grande la squadrò per un po’. Infine, decise di accettare quella muta offerta di pace.
I due si strinsero la mano…ma, dopo pochi istanti, l’ex poliziotto tirò a sé il liceale, avvisandolo:
“Se esageri con la confidenza…te lo taglio, chiaro?”

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“Ran, muoviti! Non vorrai mica far aspettare il tuo principe azzurro?” Sonoko era davvero tornata l’amica di prima, sembrava aver totalmente rimosso Ishimaru! Per la giovane figlia dell’investigatore era impossibile, invece: nonostante tutto, le aveva dedicato tempo ed attenzione, e dunque non poteva smettere di frequentarlo senza dargli spiegazioni; se le meritava! Dopotutto, era un bel ragazzo e un abile poliziotto…sicuramente avrebbe trovato la donna giusta per lui...ma quella, non era lei. Si sarebbe comportata in modo maturo e sarebbe stata sincera.
Mentre frugava nei cassetti della scrivania, Ran sorrise tra sé e sé: -Se Richard fosse al mio fianco, mi avrebbe dato questo consiglio…- Poi però si riprese subito, pensando che la donna, sotto le mentite spoglie di uno studente d’oltreoceano, era un criminale! Eppure…
“Ma cosa fai? Che cerchi?” Sonoko interruppe i suoi pensieri entrando nella sua camera, totalmente sottosopra. La ragazza era passata a prenderla perché potessero andare insieme alla finale calcistica del Teitan, alla quale Shinichi aveva accettato di prendere parte. Tuttavia, la ragazza non sembrava essere pronta per uscire.
“Non…” balbettò, in imbarazzo: persa nei suoi pensieri, aveva sprecato tempo e a quel punto non sapeva ancora cosa indossare. “Non so come vestirmi…” spiegò.
“L’avevo capito, sai? Sei in accappatoio” la prese in giro Sonoko, poggiando sul letto della sua amica la borsetta.
“Non dirmi che sei tornata ai tempi in cui perdevi ore ed ore davanti allo specchio a farti bella per far colpo sul tuo Shin-chan?”
“Cosa? Ma che dici, Sonoko, no! Ho solo…non avevo visto fosse così tardi, tutto qui…” mentì. In realtà la biondina aveva quasi indovinato: quel pomeriggio Ran desiderava essere bella, o meglio, attraente…per così tanto tempo si era sentita attratta dal corpo di Shinichi, e per un attimo il giorno prima, in ascensore, aveva pensato che anche il ragazzo provasse lo stesso, che quel pomeriggio voleva davvero lasciarlo senza fiato. Desiderava esercitare sul corpo dell’amico la stessa scarica elettrica che provava lei, ogniqualvolta lo vedesse…voleva che, scorgendola, tornasse con la mente al bacio che le aveva dato, passionale, all’agriturismo e che fosse assalito dal desiderio di farlo ancora, terminando quello che, aveva l’impressione, aveva lasciato sospeso all’ospedale, quando erano rimasti intrappolati nell’ascensore. Voleva dimostrare di sentirsi una donna, di essere una donna.
Ma non voleva esagerare: indossare uno di quei vestitini scollati e attillati che Sonoko le regalava ogni Natale sarebbe stato davvero imbarazzante: non era il caso che Shinichi capisse che la ragazza si stava dando tanto da fare per lui, doveva sembrare una cosa del tutto naturale…senza contare poi che, alla partita, non ci sarebbero stati solo loro due! Non si trattava di un appuntamento romantico, ma di un incontro al quale avrebbero assistito quasi tutti gli studenti del liceo e numerosi esterni. Era stata una fortuna, però, che suo padre avesse appuntamento per giocare a mahjong con dei suoi vecchi amici proprio quel pomeriggio…forse, dopo la finale, lei e Shinichi avrebbero potuto…
“ A cosa stai pensando, Ran? Perché sei arrossita?” le diede di gomito l’amica, facendola avvampare ancora di più.
“Qu-quanto tempo abbiamo?” cercò allora di cambiare discorso, stringendosi nell’accappatoio.
“Beh, dovremmo essere già in marcia…visto che è così tardi, perché non vieni così?” Sonoko diventava sempre più indiscreta “Sono sicura che Kudo amerebbe il tuo abbigliamento: all’occorrenza, gli basterebbe tirare un po’ la cinta e…”
“SONOKO!” la interruppe, completamente viola in viso. “Smettila di dire sciocchezze.”
“Ok ok.” Convenne, non riuscendo però a trattenersi dal ridacchiare “Ti aiuto a scegliere qualcosa.”

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“Michiyo, firma il rapporto.” Gli ordinò Megure, porgendogli un fascicolo.
“Michiyo!” lo richiamò, vedendolo distratto. Il poliziotto alzò gli occhi, ardenti di rabbia: “E’ una sciocchezza. Quel moccioso, perché di moccioso si tratta, non ci mente una volta, ci mente due volte…! E invece di …di…di fargliela pagare, di incastrarlo!...Lei archivia il caso? Ma è folle?”
Takagi trasalì, convinto che l’ispettore non avrebbe ignorato tale mancanza di rispetto del suo ruolo gerarchico.
“La signorina Miyano ci ha telefonato, dicendoci che nel liceo Teitan si stava svolgendo qualcosa di pericoloso. Ci siamo recati lì, il criminale è riuscito a scapparci. Non ci sono morti, soltanto un ferito: Kudo, che sostiene di non conoscere l’identità dell’aggressore. In questo consiste il caso.” Parlò lentamente Megure, porgendo di nuovo il fascicolo all’agente di polizia.
“Frottole! Lei lo sa, io lo so…tu lo sai!” sbottò, additando un Takagi intimorito “…tutti lo sanno! Kudo non ci ha detto la verità! Lui…” fece per denigrarlo per l’ennesima volta, ma l’ispettore glielo impedì:
“Lui collabora con noi da quando ha sedici anni. Lo conosco da quando ne ha sette, suo padre mi aiutava in alcune indagini e sulle scene del delitto lo portava con sé. Conosco persino sua madre. Sono bravissime persone, ed anche lui lo è.”
“Davvero? E’ una brava persona un detective che con il massimo della probabilità se la fa con una criminale capace di travestirsi da…” Michiyo era un fiume in piena: dalla sera del mercatino non faceva altro che pensare a Kudo…e a Ran. Se le parole registrate su quella cassetta erano state davvero pronunciate dal detective da quattro soldi, lei lo avrebbe perdonato per come l’aveva trattata! E sicuramente il perdono consisteva in…il sogno avuto la notte precedente gli pervase la mente, facendogli ribollire il sangue nelle vene! Kudo l’aveva sconfitto sul campo professionale; per ben due volte si era dimostrato più bravo di lui: non solo, infatti, aveva salvato la vita all’intera famiglia Mouri capendo che il vero serial killer era Kaetsu, ma addirittura era implicato in un’indagine tanto importante da richiedere che i suoi avversari avessero dei nomi in codice! Non si sarebbe lasciato sconfiggere anche in amore: Ran doveva essere sua! A qualsiasi costo!!
“BASTA!”gridò Megure, facendo scattare Takagi sull’attenti. “KUDO E’ TRA I MIGLIORI INVESTIGATORI CHE IO CONOSCA ED UN OTTIMO COLLABORATORE.” Si schiarì la voce, cercando di calmarsi:
“E anche tu lo sei. Ma devi riuscire ad imitarlo, in questo: lasciare le questioni personali fuori dal lavoro. Kudo è stato capace di darti ragione, quando necessario…e di riconoscere quando avevi torto. E’ stato obiettivo…ed anche tu devi esserlo. La questione che vi riguarda nella vita privata non mi riguarda, non voglio saperne nulla. Ma non sopporterò più di sentirlo denigrare, professionalmente. Ho sbagliato a farlo pedinare, non capiterà più. Discorso chiuso.”
Nessuno osò replicare, neanche Ishimaru: tuttavia, i pugni stretti tremavano dalla rabbia.
Megure si avviò verso la sua scrivania, gettando il rapporto sulla scrivania del sottoposto:
“Firmalo.”

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“Ok, possiamo andare.” Esclamò Ran, alzandosi dal letto su cui si era seduta per allacciarsi i sandali dorati “Lasciami solo prendere la borsa…”
“No, no, no!” cercò di bloccarla Sonoko, contrariata “Perché ti sei vestita così? Non stai uscendo a fare shopping! Dai, mettiti almeno questa…!” La pregò, porgendole una canottiera bianca, trasparente.
“Ti ho già detto di no, Sonoko! Così va benissimo!”
Ran aveva indossato un abito leggero, quasi estivo: la fantasia floreale rosa, blu e verde, su sfondo dorato, richiamava il colore dei sandali.
“Uffa, fai come ti pare! Ma non lamentarti poi se Shinichi non ti salta addosso, eh!” gemette Sonoko, incrociando le braccia dietro la testa.
Ran ridacchiò, divertita dal coinvolgimento dell’amica. Quelle parole, però, le fecero ricordare per l’ennesima volta l’accaduto del giorno prima: Shinichi aveva cercato di baciarla? E se davvero era quello il suo intento…perché all’improvviso si era bloccato?
“Muoviti, dai!” la richiamò per la centesima volta.
“Sì, svuoto solo un po’ la borsa e ho fatto…” le rispose, pensando però dubbiosa:
-Strano, è la stessa che ho utilizzato per andare in ospedale. Non mi ricordavo che fosse così pesante, non mi sembrava di averci messo nulla di…-
All’improvviso le sue mani vennero a contatto con una superficie fredda, come se fosse metallica.
“Che succede?” le domandò Sonoko, notando la sua esitazione.
“…nulla.” Mentì Ran, cercando di dissimulare la sorpresa “Credo…credo che sia meglio lo zaino però, si intona di più!” affermò sorridente, aprendo l’armadio.

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Nonostante l’enorme ritardo accumulato, le due giovani non solo erano arrivate in tempo, ma addirittura in anticipo: com’era sempre stata tradizione, infatti, Ran riuscì anche ad assistere ai riscaldamenti precedenti alla partita. I ragazzi, a coppie di due o tre, correvano intorno al campo; ci impiegò pochi secondi prima di scorgere, tra tutti i giocatori, il suo Shinichi: la maglia della squadra, bianca a righe verdi, gli donava davvero molto. E mentre lo osservava sdraiarsi a terra per fare gli addominali, ebbe l’impressione di tornare indietro nel tempo, quando assisteva ad interi pomeriggi di allenamenti perché poi il detective fosse presente alle sue gare di karate.
No, quella era una scusa per replicare a testa alta alle prese in giro di Sonoko: in realtà lei assisteva alle sue partite perché ne aveva voglia.
Presa dai ricordi, continuava a tenere gli occhi puntati su di lui; tutt’un tratto, i loro sguardi s’incontrarono: Ran sorrise, cordiale anche se un po’ imbarazzata, mentre Shinichi, probabilmente gaudente di quel tuffo nel passato, le ammiccò.
“VEDETE DI VINCERE! IN CAMBIO METTIAMO IN PALIO UN BEL BACIO!!” urlò Sonoko, interrompendo quel sensuale scambio di occhiate tra i due. La ragazza aveva parlato al plurale, ma ovviamente si riferiva a Kudo.
“Dacci un taglio, Sonoko!” l’ammonì la figlia di Kogoro, mentre molti giocatori invece le davano corda:
“Uhuh, dici davvero?” “Se il bacio ce lo dai tu, allora perdiamo!” “Non ti avvicinare, per carità!”
Sin quando, però, ancora entusiasta per la presenza in squadra del giovane detective, che ai suoi occhi sarebbe stato la causa della loro vittoria, Mishiama arrivò a gridare:
“Guardate che in campo c’è il miglior giocatore di tutta Tokyo! Per Kudo-san dovete trovare una ragazza stra-bella da baciare!”
Il liceale tirato in causa strabuzzò gli occhi, puntandoli poi sulla buffa espressione della sua amica; ridacchiò, immaginando i suoi pensieri:
-Ricominciamo con tutte ragazze che gli girano intorno, adesso?!- si stava infatti lamentando mentalmente lei, dimentica che al suo fianco c’era la temibile Sonoko:
“Ran gli sta bene?” propose, attraverso la rete che divideva il campo da calcio dagli spalti.
L’intera squadra scoppiò a ridere, mentre la ragazza avvampava: stava già per maledire Suzuki, quando il suono di un fischietto richiamò tutti all’ordine; la squadra avversaria era arrivata.
Le giovani presero posto, rendendosi conto solo allora che pian piano molti tifosi stavano facendo il loro ingresso. In pochi minuti tutti i posti furono occupati e la partita ebbe inizio.
> Come il caposquadra aveva pensato, Shinichi fu davvero il perno attorno cui ruotò la sorte della finale: nella prima mezz’ora segnò due goal alla temibile Ruizu, la squadra che da mesi scippava il primo premio al Teitan.
Anche i timori di Ran, d’altro canto, s’erano avverati:
“KUDO! FORZA!” “BRAVISSIMO KUDO!” “COME SEI BELLO, DETECTIVE!!” queste e mille ancora erano le frasi che le studentesse del liceo gridavano dopo un goal o durante un’azione particolarmente audace del ragazzo. All’inizio le avevano dato davvero fastidio, poiché ad ogni singolo urlo sentiva la gelosia montare, ricordandosi molto bene della vanagloria del suo amico d’infanzia.
“Guarda quante lettere, le vedi?!” le aveva detto in passato, mostrandole decine e decine di buste colorate “Le donne amano i detective!”* aveva dunque affermato con il tono di voce vicino al falsetto a causa dell’entusiasmo che quella lunga lista di fans gli procurava.
-Lui e il suo stupido ego!- stava già pensando, quando si accorse che ogni volta che sentiva un complimento urlato da qualche ragazza, Shinichi si voltava a guardarla: quell’occhiata durava un istante, visto che la sua concentrazione doveva essere tutta rivolta al pallone, eppure era sufficiente a confondere Ran:
-Perché guarda me? Perché non si fissa sulle ammiratrici che gli urlano addosso?- si chiedeva ed anche una risposta si faceva largo nella sua mente: agitava la testa, furiosamente, per cacciare quell’idea assurda che pure la lusingava.
Ed ogni volta che il detective si voltava nella sua direzione, il suo cuore perdeva un battito; era come se ci fossero soltanto loro due, da soli, nel raggio di chilometri.
A pochi secondi dalla fine della partita, la squadra del Teitan era ovviamente in vantaggio: tre goal contro un solo punto segnato dagli avversari. Eppure nella mente di Shinichi risuonavano ancora le parole del caposquadra:
“Per favore! Abbiamo provato a far giocare Michiyo…è bravissimo, certo! Ma non quanto te!”
Sorrise, sicuro di sé e decise di infierire: dall’altra parte del campo tirò un calcio tanto potente alla palla da, nonostante la distanza, riuscire a segnare il quarto goal.
Un enorme boato coprì il fischio che segnava la fine della partita: il Teitan vinceva.
Tutti i giocatori della squadra si lanciarono addosso a Kudo, festeggiandolo: un paio di ragazzi lo sollevarono per le gambe, portandolo in trionfo per tutto il campo mentre lui rideva agitando il pugno in segno di vittoria.
A quella vista Ran non seppe più trattenersi:
“BRAVO, SHINICHI!!!” gridò, scattando in piedi con enorme sorpresa di Sonoko.
Nonostante la sua voce fosse stata sovrastata da numerose altre grida, Shinichi si voltò a guardarla: Ran non seppe mai se il giovane l’avesse fissata perché l’aveva sentita o semplicemente perché continuava a lanciarle occhiate dall’inizio della partita, eppure percepì il cuore allargarsi dalla gioia.
Agitò il pugno in aria, festosa. Come tutta risposta Kudo, ancora sollevato dai compagni di squadra, mimò un inchino e le ammiccò di nuovo.
Sulla scia degli avvenimenti, la ragazza gli fece segno che l’avrebbe aspettato fuori dagli spogliatoi e lui annuì. Quando anche ebbero finito di scambiarsi messaggi a distanza, continuarono a fissarsi finchè l’intera squadra non si ritirò dal campo.
Ran si voltò in direzione di Sonoko, che però la precedette: “Appuntamento romantico, eh?”
“Ma no! Voglio solo fargli i complimenti per…” ma, per l’ennesima volta, non ebbe il tempo di finire la frase:
“Gli avevamo promesso un bacio, ricordi? Devi essere di parola! Ti auguro solo che, nonostante il testosterone alle stelle, si prenda almeno il tempo di farsi una doccia, era tutto sudato! Non vorrei mai dovessi avvinghiarti ad un moccioso puzzolente!!” scherzò, passandole un braccio intorno alle spalle.
Anche Ran allora rise, avviandosi con l’amica verso l’uscita degli spogliatoi; ma lì, la folla era davvero numerosa ed era, perlopiù, composta da ragazze.
“Ma cos’avete tutte da sbavargli così tanto dietro?” piagnucolò l’erede Suzuki, passandosi una mano tra i capelli.
“Lo aspetterò all’altra uscita.” Decretò la giovane, frugando nella borsa alla ricerca del cellulare.
“C’è un’altra uscita?” le fece eco l’amica “Non lo sapevo…Quindi voi vi incontravate sempre di nascosto , eludendo tutte queste ragazzine?” insinuò, maliziosa.
Ran ridacchiò: “Mai successo. In realtà, questa seconda porta è recente. Me l’ha mostrata Ishimaru l’ultima volta che ha preso parte ad una partita, mi ha detto che sarebbe stato più facile incontrarci lì perché è un posto molto tranquillo, quasi nessuno la conosce, per il momento…”
“Forse neppure Kudo sa che esiste, allora…” le suggerì, ma lei le fece l’occhiolino: “Gli mando un sms!”
“In questo caso, non ho certo intenzione di fare il terzo incomodo!” esclamò, dando di gomito alla ragazza, di nuovo rossa in volto.
“Ma guarda che non…” cercò di replicare, ma Sonoko già si era allontanata da lei salutandola con la mano.
“Voglio sapere tutti i dettagli, stasera!” si raccomandò, prima di perdersi tra la folla.
Ran sorrise, ringraziando mentalmente l’amica: -Dovrò ricambiare il favore con Kyogoku, un giorno…- si disse, mentre digitava il messaggino da inviare a Shinichi.
Dunque, raggiunto il luogo dell’appuntamento, si appoggiò ad una colonnina di cemento: Ishimaru le aveva detto la verità, quel posto era veramente deserto.
-Meglio…- constatò, arrossendo subito dopo per la malizia che l’aveva pervasa –Speriamo solo che Shinichi controlli il cellulare…-
Alzò gli occhi al cielo, sorridendo felice. Nulla avrebbe potuto rovinarle quella splendida giornata, nulla!
“Che carini…”
O quasi.
“Siete davvero molto carini.” recitò ironicamente una voce, proveniente dalle sue spalle.
Lei si voltò, stupita.
“I-Ishimaru…” balbettò, sentendosi improvvisamente a disagio.
Il poliziotto era vestito in borghese, jeans e maglietta attillata; il suo solito stile, insomma. Sul viso aveva però dipinta un’espressione piuttosto singolare, quasi sinistra, che portò Ran a deglutire.
“Come…come mai sei qui?” gli chiese, allontanandosi leggermente dalla colonna scura.
“Per vedere la partita.” Le rispose, avvicinandosi “Anche io ho giocato in questa squadra, ricordi?”
La giovane annuì, cercando di sorridergli: nel suo atteggiamento c’era qualcosa di davvero strano.
“Però io non ho vinto.” Terminò il discorso, fermandosi a pochi passi di distanza da lei.
“Beh…Shinichi gioca a calcio da quando eravamo alle medie, è molto bravo!” gli rivelò con l’intento di consolarlo, ma alle orecchie del castano questa frase suonò più come una sfida:
“Quindi è ovvio che sia più bravo di me?” scattò.
“N-no!” cercò di riprendersi Ran, portando le mani all’altezza del petto “I-intendevo solo dire che…”
Ma il poliziotto non la fece finire: “Cosa c’è? L’hai visto giocare e ti sei emozionata?”
Lei battè le palpebre un paio di volte, sorpresa.
“Vuoi andarci a letto, Ran?” incalzò, ardente di rabbia e gelosia miste insieme.
“Ma…ma che stai dicendo?” replicò, spaventata: Ishimaru era decisamente aggressivo.
“Ti ho vista, sai? Come lo guardi... E a quell’imbecille non pare vero di gettare nel suo letto una donna!” alzò il tono della voce, riprendendo la marcia inesorabile che l’avrebbe portato a pochi centimetri di distanza dalla ragazza.
“Mi…mi spaventi, Ishimaru…” ammise Ran, indietreggiando quando lo vide avanzare.
“Accetteresti di intrattenerlo anche subito, qui! Te lo leggo negli occhi…” insistette, privo di controllo “Per settimane ti sono stato dietro, settimane! Non sai la fatica che ho fatto a non toccarti…e tu non mi hai mai neppure dato un bacio!!” sibilò, continuando a camminare nella sua direzione, davvero minaccioso.
Seriamente preoccupata dalla piega che stava prendendo quella situazione, Ran continuò a camminare all’indietro. La sua fuga, però, fu arrestata dalla colonna che le impediva di andar via; infatti, battè le spalle contro il cemento e il poliziotto si fece tanto vicino da spaventarla sul serio:
“Non ti sei comportata bene con me, Ran.” Decretò, fissandola negli occhi.
Dal canto suo la ragazza cercò di tranquillizzarsi pensando di poter ricorrere al karate: sarebbe bastato un colpo per liberarsi di Michiyo, nel caso avesse cercato di afferrarla, ma capì di non volerlo fare…nonostante tutto, Ishimaru aveva ragione: Ran avrebbe dovuto dirgli subito la verità, vale a dire che lei era innamorata di Shinichi e che il suo cuore poteva appartenere a lui soltanto. L’aveva preso in giro e se ne rammaricava: non era questa la sua intenzione, non lo era mai stata.
Quindi non reagì, cercando semplicemente di farlo ragionare:
“Per favore, Ishimaru…”
“Mi devi qualcosa, Ran.” Ignorò la sua richiesta, interrompendola: troneggiava su di lei, scrutandola intensamente dall’alto in basso.
“I-Ishimaru…” balbettò di nuovo: la situazione non le piaceva affatto, aveva l’impressione che l’agente di polizia potesse perdere il controllo.
“Stai solo cedendo agli istinti…” le sussurrò, cercando di convincere più se stesso che lei “Lui ti attrae, ma tu…tu ami me, Ran-chan…”
La ragazza deglutì, vedendo che il castano si avvicinava pericolosamente alle sue labbra.
“La lezione dell’agriturismo non ti è bastata?” la voce autoritaria e minacciosa di Shinichi lo fermò, facendo voltare entrambi nella sua direzione.
Lei inconsciamente sorrise, vedendolo: aveva indosso una tuta da ginnastica grigia e portava a tracolla il borsone da palestra.
Dopo essersi lavato a cambiato aveva avuto infatti l’impressione che il suo cellulare vibrasse, quindi aveva consultato il display trovando così l’sms di Ran; sebbene ignorasse la presenza di quell’uscita si fidò dell’amica, lieto di poter rimanere da solo con lei ed anche di non ritrovarsi nel mezzo di una folla numerosa tanto quanto la ragazza gli aveva descritto nel messaggio: dopotutto, doveva evitare di attirare esageratamente l’attenzione! Aveva riposto la divisa nel borsone che Ran stessa gli aveva regalato, anni prima, quando aveva ottenuto il ruolo nella squadra, poi aveva cercato di passare inosservato tra i suoi compagni di gioco, dirigendosi verso la seconda porta. Ma quando era giunto di fronte all’uscita, si era bloccato: aveva chiuso gli occhi per qualche secondo, deglutendo rumorosamente; nonostante tutto, era ancora imbarazzato per quanto era successo con Vermouth, senza contare l’avvenimento dell’ascensore dell’ospedale. Dopo aver riaperto gli occhi aveva pigiato la maniglia, ritrovandosi in una piazzola deserta, circondata da colonnine. Non appena aveva aperto la porta però, aveva anche notato Ishimaru troneggiare, pericolosamente vicino, sulla ragazza, con le spalle attaccate al muro: ricordando i discorsi che gli aveva sentito pronunciare, fu assalito dalla gelosia che per troppo tempo, nei panni di Conan, aveva dovuto celare e non si era nemmeno reso conto di essere intervenuto in modo tanto aggressivo.
“Ne vuoi ancora?” insistette dunque, scrutando torvo il poliziotto: ovviamente si riferiva a quanto era accaduto pochi giorni prima.*

“Se non altro, perché ci tengo a sapere se mi sono innamorato di una poco di buono!” ancor preso dalla rabbia, non si rese conto di aver parlato troppo: a quelle parole, infatti, una forte ginocchiata gli affondò nello stomaco, piegandolo in due.
Michiyo cadde sulle ginocchia, reggendosi il petto con entrambi le mani; alzò lo sguardo, scrutando furente il detective con il ginocchio ancora alto.
“Brutto…” lo insultò, ma il dolore era così forte da togliergli il fiato.
“Ora che ti sei calmato.” Esordì Shinichi, portandosi le mani in tasca. “Ti spiego cos’è successo.”
La risposta di Michiyo fu solo un rantolio addolorato.
“Ho visto Sakata recarsi furtivamente verso i magazzini dietro l’edificio e l’ho seguito. Nascosto dietro una colonna per osservarlo, mi sono accorto che anche Mouri aveva fatto lo stesso: siamo rimasti lì fin quando lui non se n’è andato. Nessun tradimento, nessuna azione illecita.” Cambiò leggermente i fatti, trascurando volutamente il piccolo dettaglio circa il loro bacio.
In tutta risposta, Michiyo strabuzzò gli occhi e poi tentò di rialzarsi, barcollando.
“Tu…Sakata…” balbettò.
“I dettagli li avrai da Mouri.” Tagliò corto il liceale, voltandogli le spalle.
“Sempre se deciderà di perdonarti.” Precisò tagliente.

A quel ricordo, Michiyo assottigliò gli occhi, rabbioso:
“Non credere di poterla avere sempre vinta!” ruggì, allontanandosi da Ran per scagliarsi contro di lui.
“SHINICHI!” gridò la ragazza, preoccupata. Fece per correre anche lei nella direzione dei due, ma non ne ebbe tempo: Ishimaru scagliò un pugno al detective, che però riuscì a schivare il colpo.
Totalmente rapito dall’ira, Michiyo tirò indietro il braccio, nel tentativo di colpirlo nuovamente; la sua mano, però, fu bloccata a mezz’aria dal ragazzo, che si preparò a contrattaccare: aver visto quel poliziotto incombere così minacciosamente su Ran gli aveva mandato davvero il sangue alla testa, non capiva più nulla! E la sua rinomata pacatezza l’aveva abbandonato, lasciando il posto all’impulsività. Tuttavia, le sue orecchie riuscirono comunque ad udire il grido dell’amica: “SHINICHI, NO!”ed il suo braccio non potè che fermarsi a mezz’aria cosicchè Ishimaru lo colpisse in pieno volto, facendogli cadere la borsa da palestra a terra con un tonfo sordo.
Il detective si portò una mano alla bocca per sentire il sangue colargli tra le dita; alzò lo sguardo verso l’agente di polizia, ancora col pugno sollevato, che alzava e riabbassava energicamente le spalle. Michiyo ansimava.
“Smettetela, basta!” li pregò Ran, frapponendosi tra loro.
“Io…io ti chiedo scusa, Ishimaru, hai ragione: non mi sono comportata bene con te. No…non avrei dovuto accettare di uscire insieme, io…non sono la persona giusta per te.” Nonostante il comportamento assunto dal poliziotto, lei non sembrava arrabbiata, tutt’altro: si sentiva profondamente in colpa per averlo illuso. Lei sapeva cosa volesse dire soffrire per amore: non voleva essere la causa del suo dolore.
“Sono sicuro che troverai presto una donna capace di…di farti innamorare. Ma quella non sono io…perdonami, Ishimaru.”
Shinichi ascoltò con attenzione le parole della sua amica: sebbene gli desse le spalle, non potè che apprezzare il buon cuore che da anni aveva capito appartenerle. Tuttavia, i suoi muscoli erano tirati: era pronto a difendere la ragazza, qualora il poliziotto si fosse nuovamente lasciato trasportare dalla rabbia.
Dal canto suo, Michiyo la scrutò attentamente; poi spostò lo sguardo sul liceale, pochi passi dietro di lei. Infine, tornò di nuovo a rivolgere la sua attenzione a Ran, sorridendole.
Ishimaru non aveva mai provato amore vero per una ragazza: aveva avuto delle storie, ma non si era mai fermato a riflettere sulla profondità dei suoi sentimenti. Animato dalla stima per se stesso, gioiva nell’avere intorno belle donne che gli ricordassero continuamente le sue qualità, e di rimando lui elencava le loro doti: gli occhi profondi come gli oceani, le labbra rosse come le rose appena sbocciate, il sorriso luminoso come la luna piena.
Non appena aveva visto Ran era rimasto colpito dalla bellezza della giovane, che però appariva molto pudica: era completamente diversa dalle donne che era solito frequentare e forse proprio per quella ragione aveva attirato particolarmente la sua attenzione. La sua gentilezza l’aveva lasciato senza fiato: una persona tanto giovane eppure tanto buona! Molto presto aveva capito che quella ragazza sarebbe stata in grado di vivere al fianco di un poliziotto, capace di fronteggiare i compiti che quel legame comportava: Ran sarebbe stata una fidanzata perfetta. Dunque, aveva subito iniziato a corteggiarla: aveva visto il suo volto arrossire ai suoi complimenti, i suoi occhi abbassarsi rifiutando il suo sguardo; aveva creduto che queste reazioni fossero indice di un grande imbarazzo, proprio di una ragazza tanto pura. Mai gli aveva sfiorato la mente l’idea che il cuore della giovane potesse appartenere a qualcun altro, anzi: tutto gli sembrava andare per il meglio, quando Shinichi Kudo era apparso. E lui aveva notato subito che Ran si agitasse, nervosa, quando quel detective era nelle vicinanze: arrossiva, esattamente come accadeva quando la corteggiava, però non evitava il suo sguardo, tutt’altro: lo cercava, insistente e allo stesso tempo speranzosa, come se volesse lasciar trasparire attraverso i suoi occhi i sentimenti che provava. Ishimaru era un poliziotto, e un uomo: aveva capito che Ran non si sentiva soltanto un’amica di Shinichi, che quel ragazzo le piaceva: anche Sonoko qualche volta aveva fatto riferimento a una presunta cotta della karateka per lui. Nella sua testa, però, la vanagloria aveva avuto la meglio sul buon senso e sulla ragionevolezza: poteva semplicemente trattarsi di una storia infantile, legata al passato! Lui le avrebbe mostrato com’era un amore da adulti, da persone mature, non un sentimento fatto solo di telefonate e qualche sms. Quel piano era parso al poliziotto tanto più realizzabile quando aveva notato Kudo trattarla male, tenerla lontano: infine, la comparsa di Miyano era stata davvero la ciliegina sulla torta. Nonostante tutto, però, nei momenti in cui metteva da parte l’amor proprio, Ishimaru sapeva che molto presto quella bolla di sapone sarebbe scoppiata: Ran gli avrebbe detto di amare Shinichi, e la loro storia sarebbe finita ancor prima di cominciare. Ne aveva avuto la certezza quando, in quella vecchia scuola, la ragazza aveva fatto da scudo ai proiettili che Sakata sparava contro il detective. Se il punto fosse stato solo quello, probabilmente Ishimaru si sarebbe arreso: “Va’ pure da quel mocciosetto! Ma non sai cosa ti perdi!! Le avrebbe detto, beffandosi di lei e del suo orribile gusto. Però c’era dell’altro: Kudo Shinichi era un investigatore abile, che giocava lealmente e lealmente lo aveva sconfitto. Le parole che gli aveva rivolto all’agriturismo lo avevano turbato:

“Io non sono come te.”
“Cosa? Mi prendi in giro, ragazzino?” Il poliziotto era accecato dalla gelosia.
“No. Semplicemente, io non sono come te.” Disse di nuovo Shinichi, il tono della voce per niente spaventato. “Tu lavori perché un delinquente venga arrestato, incolpato della morte di chissà quanti innocenti. Io lavoro perché lo stesso delinquente non ferisca o peggio, uccida, un altro innocente.”
Ishimaru strabuzzò gli occhi.
“Tu pensi che il nostro compito sia solo quello di arrestare i criminali…io credo invece che il primario obbligo a cui dobbiamo rispondere sia quello di proteggere coloro che chiedono il nostro aiuto. Per questo, non faccio differenza tra la vita di un assassino o quella di un assassinato…nel corso della mia vita, ho salvato un killer, un ladro…perché non avrei dovuto salvare una ragazza? I sentimenti che nutro per lei non contano…odio o rancore che sia, io quando lavoro li metto da parte. Tu, a quanto vedo, no.” *

Aveva ragione! Aveva maledettamente ragione! Shinichi aveva chiaro nella sua mente i canoni da seguire, il comportamento da tenere: nonostante la professionalità, non perdeva la sua umanità. Inoltre, anche l’opinione di Megure circa il suo conto era sensata: Kudo era oggettivo, riusciva bene a distinguere la vita privata dal lavoro. All’inizio Ishimaru non aveva accettato la superiorità del ragazzo, il suo orgoglio gliel’aveva impedito: per questo aveva convinto l’ispettore a farlo pedinare, per questo faceva tanto leva sul caso top-secret che andava dicendo di seguire, per questo cercava in tutti i modi di ostacolarlo! Voleva dimostrare di essere più bravo. E prima che agli altri, voleva dimostrarlo a se stesso. Ogni suo piano aveva però fallito: con Sakata, con quel Richard…Kudo aveva sempre vinto, e davanti agli occhi di tutti. E lui, anche per questo, lo detestava: conscio di aver perso la sfida sul campo professionale, dunque, aveva agito d’istinto per ottenere la vittoria almeno negli affari personali, nella questione che riguardava Ran…lei doveva essere sua! Doveva riuscire a conquistarla, a mostrarle che, nonostante tutto, lui era dieci volte meglio di quel ragazzino!
Era stato uno sciocco: preso da questo proposito non aveva avuto occhi per nient’altro, non volendo vedere la verità: e quando ci si era imbattuto, gli aveva fatto male. Male davvero. Non aveva capito più nulla, era corso lì, sperando di poter ancora avere qualche possibilità, di poter conquistare la ragazza…ma ovviamente si sbagliava. Ciò che però lo lasciava davvero perplesso, era la reazione della giovane: di fronte al suo comportamento, lei non si era arrabbiata, anzi! Lei gli stava chiedendo scusa!
-Saresti stata davvero un’ottima donna da avere a fianco!- constatò per l’ennesima volta, amaramente.
Le si era affezionato; probabilmente non l’amava, tutta quell’ossessione, quell’insistenza…era solo smania di vincere contro Kudo. Ma a Ran voleva davvero bene e c’era un unico modo per dimostrarlo: doveva permetterle di vivere l’amore che provava nei confronti del detective. Michiyo ignorava se effettivamente lui ricambiasse o meno i suoi sentimenti, ma Ran meritava almeno di tentare: molto meglio soffrire per un rifiuto che per il rimpianto di non essersi mai fatta avanti.
“No, scusami tu, Ran.”
Fu l’unica cosa che riuscì a dire, guardandola negli occhi e donandole il suo ultimo sorriso: quello fu il loro addio.

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
Vacuolo: Se mai deciderai di leggere questa fic, Gin, questo è un omaggio a te e alla tua follia! XD
Viaggiato insieme in aereo…: Passato alla storia come Il Primo Caso di Shinichi, episodio 162.
(…) le donne amano i detective!: Episodio 1, volume 1, file 1.
(…)ricordo: Dal capitolo 20.
Il discorso di Shinichi è un estratto dal capitolo 18.

^***^ ^***^ ^***^

Note dell’autrice: Ed ecco qui, signore e signori, il trentaduesimo capitolo! Non è passato tanto tempo, no? xD Ho preferito mettere da parte il giallo –cos’avrà trovato Ran nella sua borsa?- per dare risalto alla parte sentimentale XD Spero sia stata di vostro gradimento! Inutile ripetere che la mia più grande paura è quella di risultare OOC: ultimamente sono abbastanza tranquilla mentre caratterizzo alcuni personaggi e quindi penso subito: “Oh, no! Non è che sto scrivendo in modo troppo superficiale?” E quindi hanno inizio le paranoie! ^^”
Alcuni pezzi sono stati scritti cinque o sei volte, prima che mi andassero bene! Ad esempio, lo scontro tra Shin e Ishi…nonché la scena dell’ascensore! Uh, cielo, la scena dell’ascensore non potete pensare quanto mi ha fatto penare!!XD Però ho adorato scriverla…*-*
In questo capitolo mi rendo conto di aver utilizzato, talvolta, espressioni un tantino ‘colorite’…erano necessarie, mi auguro di non aver turbato la sensibilità di nessuno e di non essere risultata troppo pesante! :-(
Nel prossimo capitolo, ovviamente Ishi si è tolto di mezzo, dunque…diciamo con un eufemismo che Shin avrà campo libero! =D
I numerosi commenti ricevuti per il capitolo trentuno mi hanno davvero lusingata! Siete davvero troppo troppo gentili ^///////^ Con enorme piacere, quindi, vado ora a rispondere ;D

@Misaki: Le tue battute anti-ShinRan iniziano a seccarmi, mia cara Neechan (6) Arrenditi alla realtà del Love Isn’t Zero e basta §§
Copio ed incollo questa frase, perché possa poi mostrartela quando mi accusi ingiustamente di non parlare o scrivere a dovere in italiano (6):

La scena finale è mozzafiato, e per averlo scritto in poche ore (XA ti prego dimmi come accidenti hai fatto), ti sei sicuramente guadagnata (come al solito d'altronde) il mio plauso.

E te la riproporrò forever and ever (vedi come miglioro, pure in inglese? Che, come vedi, non scrivo neppure in maiuscolo…:-) )
Se gradisci, potrei scriverti un’intera storia in francese…magari di analisi e retrospettiva del Love Isn’t Zero, visto che in questo campo sei eretica (a)…
XDD !!
Grazie mille dei complimenti, Neech! Lo sai che mi lusingano sempre ;D Quando vai avanti con Departure?
Un bacione one one one one :***
Ps. Hai fatto bene a scusarti, rischiavi le botte!! XDDDDDDD

@_Rob_ : Ciao, carissima! ;D Sono contenta di questa…’telepatia’ XD E ripeto che tutti questi complimenti mi fanno davvero piacere…finirò col montarmi la testa, sai? Sei davvero TROPPO gentile ^/////////^ Oserei dire che sei gentile in modo…sublime ;D Stavolta, nonostante i vari impegni privati non sono stata troppo lenta, visto? xD Mi sono intestardita a voler andare avanti perché, anche se mi dispiace dirlo, voglio portare a conclusione questa fic (non so come organizzare ancora gli ultimi eventi, ma siamo vicini alla fine!) perché, visto il nostro fantastico episodio 621, rischia di diventare una What if…? E poi sono diversi anni che la porto avanti, non vorrei fare come il papà di Shinichi, il buon vecchio Yusaku…xD E poi, se devo essere sincera, ho alcune altre idee nella mia testa, come ti accennavo…e mi piacerebbe metterle nero su bianco! Inoltre, devo analizzare bene- ancora meglio della mia venerazione nei suoi riguardi *-*- il personaggio di Shinichi per poter scrivere bene il secondo capitolo di E a Tokyo, quando? a cui tengo parecchio, vista la dichiarazione che ci ruota attorno xD Alla domanda riguardo Harry Potter…ahah, ne abbiamo già discusso! ^^ Sono contenta che ti sia piaciuta quella similitudine, è stata un po’ una folgorazione…! Spero di aver mantenuto la promessa e di aver postato non troppo tardi XD E scusa il ritardo nella risposta! XD
Un bacione grandissimo!!
Ps. Ovviamente, ShinRan FOREVER! XD Mi trovi perfettamente d’accordo, ovvio ;DDD

@Shiho93: Ma grazie! E’ un piacere leggere quello che mi hai scritto =P
Noiosa? Ma scherzi?! Mi fai semplicemente arrossire…! Sono molto contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto…e spero sia stato lo stesso anche per questo ;D Anche se Shiho non è comparsa :-( Però abbiamo punito Ishimaru! xD
Al prossimo capitolo (lo prometto, ancor più in fretta!)
Ciau! =)

@_ire_95_: Grazie! Sei molto gentile =D Mi auguro che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento…sei anche tu ShinRan, no?
A prestissimo! ^-^

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate: Meno male! Il tempo trascorso tra il capitolo 30 e 31 effettivamente è stato allucinante XD Mi scuso ancora per l’enorme ritardo ma purtroppo quando ho da fare, anche se riesco a ritagliarmi un’oretta non sono capace di scrivere bene…perché con l’ansia del “Devo sbrigarmi, devo sbrigarmi!” vengono fuori certe sciocchezze…XD Ecco perché ci ho messo tanto tempo a postarlo! Per questo capitolo invece ho fatto prima perché ho adorato scrivere le parti ShinRan e dunque sono andata abbastanza spedita, sebbene alcuni momenti siano stati scritti e riscritti cento volte prima di andarmi bene XD
Spero che siano stati di tuo gradimento ;D Il prossimo capitolo sarà quasi interamente dedicato al rapporto Shinichi/Ran e…ho già alcune ideuzze in mente, eheheh *risata malefica* Ma tranquilla, i problemi oramai sono finiti per loro! xD
A presto –promesso!-
Bye bye :**************

@_ire_: Davvero? Ma che onore, grazie! Spero che la tua reazione sia stata tanto entusiasta anche stavolta! Mi fa sempre piacere sapere che l’impegno che metto nello scrivere questa fic da i suoi frutti :D
Già, arrivo a dire che forse trenta capitoli sono troppi! xD All’inizio non pensavo di farne così tanti, solo che una parola tira l’altra e…XD Non credo, però, che manchi molto alla fine di questa storia: innanzitutto sono anni che la scrivo ed è giusto che le doni un finale! Poi, la situazione tra Shin e Ran è quasi risolta, perché non lasciarli vivere la loro storia d’amore in pace adesso?XD E infine, ho qualche altra idea per la testa che mi piacerebbe sviluppare…:D Ed alcune di esse riguardano anche Shiho! Apprezzo molto il fatto che tu abbia deciso di continuare a seguire la storia nonostante sia ShinRan…e non so quanto alcune scene di questo capitolo possano esserti piaciute XD Spero di sì, però! Mi dispiacerebbe molto averti delusa :-(
Grazie di cuore per tutti i complimenti che mi hai fatto, davvero! Sono super, stra, iper contenta! …visto? Non ci ho messo poi così tanto tempo a pubblicare questo nuovo capitolo, no? Niente fucile, stavolta, ahah!
Un bacione grandissimo e, lo giuro, a molto molto presto!! ;D

@Portos: Ciao! Sono felice che ti sia piaciuta e spero che continuerai a seguirla!! Al prossimo capitolo :-)

@_nikole_: Mi fa davvero piacere ;D Ho impiegato molto tempo perché avevo paura di non essere riuscita ad inquadrare bene Vermouth, ma sono contenta che ti sia piaciuta! Spero che sia stato di tuo gradimento anche questo capitolo!
Stavolta niente parte ironica XD Non ho dato sfogo alla mia ironia, lo scontro tra Ishimaru e Shinichi mi ha presa parecchio XDD
Al prossimo capitolo ^__^

@Daminga: Ahah, la verità è che mi sta molto simpatico Makoto, quindi mi dispiacerebbe farlo tradire da Sonoko per colpa di Michiyo! Ma nel prossimo capitolo inserirò un lieto fine anche per lui, poveretto…in fin dei conti ha perso perché si è voluto mettere contro Shin e nessuno può sconfiggere Shin (assomiglio un po’ alle ammiratrici descritte in questo capitolo eh?XDD) !!! Però non è poi così malaccio, povero poliziotto…merita un po’ di felicità ;D
Beh, direi che il riappacificamento tra Shin e Ran ci sia stato…ma non è tutto! Ho voluto prima mettere da parte Michiyo, così da lasciare campo libero a Shinichi…sia lui che Ran saranno i protagonisti del prossimo capitolo, perché la questione dell’ascensore va chiarita! ;)
Grazie mille per i complimenti, sei sempre gentilissima! Al prossimo capitolo che assicuro non ci metterà tantissimo ad arrivare! XD
Baci! :**

@holmes88: Grazie a te, piuttosto! Mi fa molto piacere che tu pensi questo della mia storia!! Io odio lasciare le cose in sospeso, quindi stai pur certa che, anche se non dovessi aggiornare per anni (cosa che è quasi successa, ahimè!) prima o poi posterò il nuovo capitolo! Non credo che passerà più così tanto tempo però perché io vada avanti, visto che questa fanfic si avvia alla conclusione…ho altre idee in testa che voglio sviluppare, sempre su Detective Conan ovviamente!
A presto, è una promessa ;P
Ciau!! =D

@izumi93: Non sai quanto piacere mi faccia il fatto che tu abbia letto tutti i capitoli di questa fic! Sono davvero onorata di questa tua decisione ;D Mi fa molto piacere che la storia ti piaccia e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gusto.
Beh, su questo sono d’accordo con te: Shin è un vero figo! XQ_ Lo descrivo così perché lo vedo così! Eheh :D Ti è piaciuto lo scontro tra lui e Ishi? Nel prossimo capitolo Ran dovrà medicargli la ferita…XDD
Ed è una fortuna anche non essere caduta nell’OOC. Spero valga lo stesso anche stavolta ;D Grazie mille per tutte le recensioni che mi hai lasciato, mi hanno provocato una gioia indescrivibile!
A prestissimo!! Ciao ^^

Ovviamente ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, e mando un enorme bacione a coloro che hanno anche recensito la fic E a Tokyo, quando? , dal momento che ci ho davvero lasciato un pezzo del cuore, in quell’analisi d’amore! Non credo però che posterò il secondo e ultimo capitolo di quella fanfic prima di aver finito questa!
Detto questo, la smetto di annoiarvi! Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo capitolo, il trentatre!
A presto, non mancherò di scriverlo in fretta!
Un enorme bacione e un abbraccio fortissimo!
La vostra

XXX Cavy XXX

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Capitolo 34
*** Shinichi e Ran ***


Capitolo Trentatre

Shinichi e Ran

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

“Grazie per essere intervenuto…” soltanto allora Ran trovò il coraggio di pronunciare questa frase.
Quando, per qualche inspiegabile ragione, Ishimaru aveva voltato loro le spalle allontanandosi dal campo di calcio, i due ragazzi erano rimasti da soli: l’imbarazzo era piombato però tra di loro all’istante, impedendo qualsiasi azione più o meno desiderata. Ran era comunque riuscita a convincere l’ amico ad andare a casa sua, perché potesse medicargli la ferita sul volto: in realtà era un graffio poco profondo, ma necessitava comunque di essere disinfettato. Anche se titubante, Shinichi aveva accettato: il cambiamento repentino del poliziotto non l’aveva convinto, pensava che potesse presentarsi all’agenzia investigativa con qualche strana pretesa. Ignorava l’esame di coscienza cui Ishimaru si era sottoposto e che l’aveva portato alla decisione di lasciarla in pace.
La giovane figlia dell’investigatore, d’altro canto, era stata capace di leggere la resa nel sorriso del suo corteggiatore,e l’aveva salutato con dolcezza: gli augurava davvero ogni bene.
Dopo aver fatto rientro in casa, aveva rassicurato Shinichi dicendogli che suo padre era fuori a giocare a mahjong con degli amici e che probabilmente avrebbe fatto tardi: dopotutto, erano appena le sette di sera!
Aveva quindi estratto dall’armadietto del bagno la cassetta del pronto soccorso e si era improvvisata infermiera per aiutare l’amico, come quando erano piccoli e lui tornava tutto graffiato da una partita di calcio: quello era davvero il giorno dei ricordi.
L’atmosfera che li aveva avvolti allo stadio sembrava essersi dissipata: entrambi imbarazzati, capaci di compiere solamente alcuni movimenti piuttosto impacciati, a disagio e taciturni; mentre poche ore prima non avrebbero mai cessato di guardarsi negli occhi, in quel momento se uno di loro incrociava lo sguardo dell’altro voltava subito il volto nel lato opposto, arrossendo vistosamente.
Ran sospirò leggermente, pentendosi subito dopo dell’azione a cui si era abbandonata e sperando che Shinichi non l’avesse notata; quindi, applicò della garza in corrispondenza del labbro, dove la ferita era più profonda.
“Non ho fatto nulla…” riuscì a sibilare lui, dopo un lungo silenzio, nonostante dovesse tenere la bocca chiusa per permetterle di applicare il cerotto.
“Ha-hai fatto tutto da sola…”
“Non…non volevi che rispondessi così ad Ishimaru?” si allarmò, pensando di essersi comportata troppo amichevolmente con il poliziotto agli occhi di Shinichi, che d’altro canto replicò, ridacchiando in imbarazzo:
“Cosa c’entro io? Tu puoi…fare quello che vuoi…”
Il silenzio, che per tutto il tempo aveva fatto loro da compagno, calò di nuovo nella stanza.
“Ecco…tra un paio d’ore potrai togliere la garza senza che la ferita continui a sanguinare…” gli comunicò, terminando la medicazione. Lui la ringraziò, passandosi una mano tra i capelli, decisamente a disagio.
“Ehm…” fece poi, non sapendo davvero cosa dire: quindi si alzò dal divanetto su cui si era precedentemente appoggiato, tornando ad essere più alto di Ran.
“Ora è meglio che vada…” decretò, sorridendole lievemente. Fece per voltarsi in direzione della porta a vetri, ma la ragazza lo afferrò per un braccio con entrambe le mani:
“No!” si affrettò a replicare “Tu…” ma la suoneria di un cellulare la interruppe.
Entrambi tacquero, ancora più imbarazzati di prima: “Scusami, devo…” iniziò a dire lui, ma lei comprese subito: “Rispondi pure…” gli concesse, lasciandolo andare.
“Ehy, Kudo! Ma che fine hai fatto?” la voce di Mishiama risuonò dal cellulare, facendo avvampare le guance del giovane investigatore:
-Sono andato via con Ran…- rispose mentalmente, guardandosi bene dal rispondere con tale affermazione al caposquadra.
“Io…” esitò per un attimo, ma per sua fortuna non vi fu ragione di inventare una spiegazione; Mishiama era tanto entusiasta per la vittoria da sprizzare energia da ogni poro:
“Oh, non fa niente! Hai fatto bene ad andare a festeggiare! Lo sapevo che saresti stato tu a portarci alla vittoria, grande Kudo!” si complimentò ancora per un po’, prima di rivelargli la vera ragione della telefonata:
“Le ragazze…” si riferiva ovviamente a tutte quelle giovani che, poche ore prima, si trovavano di fronte agli spogliatoi in attesa di incontrare i giocatori “…ci hanno invitato a cena per festeggiare! Visto che sei tu la nostra carta vincente, ho risposto che senza di te non avremmo fatto alcuna cena!” esclamò, pensando di fare al detective cosa gradita.
Al suo fianco c’era però Ran, che poteva sentire ogni parola visto il tono di voce alto con cui Mishiama parlava: e a quella frase la giovane aveva rimpicciolito gli occhi, imbronciandosi.
-Le ragazze….- ripetè mentalmente, tornando nuovamente vittima della gelosia che allo stadio l’aveva rapita. Ma esattamente come allo stadio era accaduto, Shinichi puntò gli occhi su di lei, e questo servì a tranquillizzarla e confonderla allo stesso tempo.
“Ho già avvisato tutti! Mi restano solamente Suzuki e Mori!” proseguì il caposquadra, ilare “Ahah, Suzuki ti aveva promesso un bacio, no? Stasera ti facciamo trovare una bella ragazza!!”
Quei vaneggiamenti durarono ancora per un po’ senza che il detective avesse occasione di replicare: Mishiama era davvero al settimo cielo. “L’appuntamento è tra due ore, di fronte al ristorante. Pensi di fare in tempo?”
“Ah, sì sì, so dov’è…” prese finalmente parola Kudo, aggiungendo repentino “Avviso io le due ragazze…”
“Perfetto, così finisco di prepararmi!” lo ringraziò, prima di salutarlo: “A dopo, campione!”
Shinichi staccò la chiamata, riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni:
“Ci andrai, vero?” propose Ran, avvicinandosi leggermente al suo amico, che annuì.
“Forse però…sarebbe il caso che mi cambiassi…” ridacchiò, abbassando il capo per guardarsi: aveva ancora indosso la tuta da ginnastica.
“Sì, forse dovresti…” convenne, ridendo anche lei.
“Ok, allora…ci vediamo lì?” domandò Shinichi, avviandosi verso la porta. Ran annuì: “Certo. A dopo…non vedo l’ora di stare un po’ con te…”
aggiunse subito dopo, a voce più bassa. Il giovane, seppur arrossito, le mostrò parte del volto affinché lei potesse notare il suo sorriso.
“Ah! Una cosa, Shinichi!” lo richiamò proprio mentre il giovane stava mettendo piede fuori di casa.
“Per caso…per caso hai preso tu la penna argentata? Quella che mi porta fortuna durante i compiti in classe…” all’occhiata incuriosita del ragazzo, si affrettò ad aggiungere: “L’avevo nella borsa quando sono venuta in ospedale…oggi l’ho cercata anche nei cassetti della scrivania, ma non c’era…magari, ho pensato che mi fosse caduta e tu l’avessi raccolta…”
“No, Ran, mi dispiace: non l’ho presa io.” Negò il giovane, prima di salutare di nuovo l’amica e abbandonare l’agenzia investigativa.
Quando rimase sola, la giovane si abbandonò ad un’idea che si era insinuata nella sua testa da quel pomeriggio: -Possibile che…?-
Proprio in quell’istante però il cellulare che aveva poggiato sulla scrivania di suo padre suonò e lei si riscosse dai suoi pensieri per leggere l’sms appena ricevuto:
‘Qualsiasi ora si faccia, non dimenticare di tenermi informata, romanticona!’
Il mittente era ovviamente Sonoko.
“Sarà il caso di avvisarla di stasera…” si disse ad alta voce, premendo il tasto di chiamata rapida che l’avrebbe messa in comunicazione con la sua amica.

§§§

Uno, due, tre pallottole trafissero la testa bianca, a metri di distanza dal poliziotto che aveva sparato.
Ishimaru caricò nuovi proiettili, quindi sollevò l’arma contro il manichino di cartone, pronto a puntare.
Si trovava al poligono: era lì che si rifugiava quando qualcosa gli andava storto ed anche se effettivamente molto tempo era stato assente, si sentiva sempre a suo agio in quel luogo.
Attraverso gli occhiali protettivi assottigliò gli occhi, cercando di prendere la mira: il rumore assordante provocato dallo sparo non lo infastidì, poiché indossava anche un paraorecchie.
Gli restava un solo proiettile: puntò e…
BANG! Una pallottola s’infisse sulla spalla dell’uomo di carta, ma non era stato lui a sparare. Si voltò di scatto, spaventato: chi mai…?
Una bellissima donna, alle sua spalle, teneva ancora la pistola a mezz’aria; il poliziotto impiegò diversi secondi per osservarla attentamente: capelli neri lunghi che le ricadevano dietro le spalle, una frangetta dello stesso colore a celarle in parte gli occhi di un verde brillante ed un corpo asciutto e ben allenato.
“Perdonami, ma ho avuto l’impressione che esitassi un po’ troppo…” gli disse, sorridendogli.
“Può darsi.” Convenne, abbassando l’arma e ricambiando il sorriso.
“Sei Ishimaru Michiyo, vero? Ho sentito molto parlare di te, Raggio di Sole della polizia giapponese…” lo chiamò la donna, citando il soprannome che i giornalisti gli aveva affibbiato.
Lui se ne compiacque.
“Sei una poliziotta?” le domandò, scrutandola ancora con attenzione: gli piaceva molto.
“Esatto. Potremmo…sparare insieme, ogni tanto. Se ti va…” aggiunse repentina, arrossendo leggermente: quella proposta suonava piuttosto stramba.
-Un’ammiratrice, eh?- constatò Ishimaru, sorridendo beffardo.
“Vieni…ti insegno come riuscire a colpirlo in testa.” Le disse e sebbene quell’affermazione apparisse decisamente macabra, la giovane si avvicinò; quindi sollevò la pistola, puntando il bersaglio. Il poliziotto pose le braccia sopra le sue, cercando di indirizzare la sua traiettoria. Poco prima di farle premere il grilletto, però, le chiese:
“Come ti chiami, bellezza?”
“Akane Obe. E’ un piacere conoscerti, Michiyo”.
“Puoi chiamarmi Ishimaru, Akane.”

§§§

Uscì dalla doccia, afferrando l’asciugamano in precedenza poggiato sul lavandino e si avvolse il busto. Poi ne afferrò un altro, iniziando a strofinare energicamente i capelli bagnati. Dopo essersi recato nella sua camera aprì un’anta dell’armadio, estraendone una giacca blu notte dello stesso colore dei pantaloni riposti sopra il letto; quindi si avvicinò allo specchio, fissando il suo riflesso:
“Quanto mi era mancato non apparire un bambino!” esclamò Shinichi, ammirando la figura di un ragazzo che s’avviava a diventare un uomo.
Scrutò il volto, leggermente graffiato e arricciò il naso; in compenso almeno la ferita che Vermouth gli aveva procurato era guarita. Dal petto, tornò di nuovo a scrutarsi il viso: si passò una mano sul labbro, ferito. Eppure non fu lo scontro di poco prima a sovvenirgli in mente…

-E va bene!- si diede coraggio Shinichi. Dapprima spense gli auricolari che gli si arrampicavano addosso, poi afferrò Ran per i fianchi in modo da neutralizzare anche i suoi: nessuno avrebbe dovuto sapere cosa sarebbe successo di lì a poco!
“Cosa sei disposta a fare per rimediare?” le sussurrò.
Lei alzò gli occhi, scorgendo una luce negli occhi di lui. Poi realizzò: Shinichi aveva un piano!
“Tutto!” rispose all’istante, gonfiando il petto per l’imbarazzo. “Tutto…tutto?” si accertò e lei annuì “Certo. Ho combinato io il disastro ed ora è ovvio che voglia rimediare!”
“Insomma!!” pronunciò di nuovo Yuri, percorrendo gli ultimi spazi per raggiungerli e scoprirli.
“Molto bene!” sentenziò il detective e la conversazione terminò; si posizionò davanti a lei, tirandola verso di sé: per la seconda volta in pochissimo tempo, i loro corpi aderivano perfettamente, tanto che ognuno poteva sentire il battito cardiaco dell’altro.
“Cos…” provò ad informarsi la figlia di Kogoro, spingendosi contro il muro freddo della colonna.
“Vedi di recitare bene, Mouri…” le sussurrò, fiondandosi dopo sulle sue labbra: Ran non si mosse, perplessa e anche intimorita.
Presto, comunque, Shinichi diede inizio alla lussuria: dapprima le sfiorò la bocca, poi, aiutandosi con la lingua, fece sì che essa si spalancasse.
-Mi sta…mi sta baciando…- Ran assunse lo stesso colore dei pomodori maturi e sentì che il cuore le era arrivato nella gola.
Kudo riuscì a sentire il battito decisamente accelerato della ragazza e pregò che lei non percepisse il suo, continuando comunque a baciarla con foga e trasporto. Dopo parecchio, la giovane riprese i sensi e, delicatamente, gli cinse la nuca con le mani, carezzando i capelli morbidi con le dita; contemporaneamente, prese a ricambiare con timidezza il bacio, che via via, si faceva sempre più appassionato.*

Sorrise, ripetendosi nella mente le parole della ragazza: “Non vedo l’ora di stare un po’ con te…”
Lasciò cadere a terra l’asciugamano che gli fasciava il bacino, rimanendo così nudo; indossò i pantaloni e fece per afferrare la camicia bianca ma il suono del telefono attirò la sua attenzione. Ancora a petto nudo e con i capelli non completamente asciutti scese le scale che lo avrebbero condotto nel salone per poi portare la cornetta all’orecchio:
“Non c’è problema. Cosa c’è?” rispose al suo interlocutore, sedendosi sul bracciolo del divano.
“D’accordo, ho capito.” Lanciò un’occhiata all’orologio: le otto e un quarto. Se avesse accettato quella richiesta, forse non avrebbe fatto in tempo a…ma sì, avrebbe fatto in fretta! E seppure fosse arrivato al ristorante con qualche minuto di ritardo, sicuramente non sarebbe stato un problema.
“Va bene.” Decretò infine, salutando poi la persona dall’altra parte del telefono e interrompendo la chiamata.
Salì velocemente le scale per finire di vestirsi e uscire di casa.

§§§

“Secondo te, avrei dovuto dire a Shinichi che ho lasciato Ishimaru perché, beh…” si arrischiò a chiedere la giovane Mouri, arrossendo.
“Io non posso credere che tu ti sia vestita ancora come una scolaretta!” rispose però lei, fissando la sua canottiera lilla e la salopette, composta da una gonna che le arrivava sino a metà coscia.
Sonoko aveva indossato, invece, un abito nero piuttosto corto e senza spalline: una cinta nera che raffigurava una rosa laccata d’argento impreziosiva quell’abito.
Le due ragazze si erano incontrate di fronte ad un bar dove spesso, quando erano in anticipo, si fermavano a fare colazione prima di andare a scuola: in quel momento erano dirette al ristorante indicato da Mishiama e camminavano lentamente, giacchè erano in perfetto orario.
“Stiamo andando ad una cena del club di calcio…forse sei tu ad essere un po’ troppo elegante, non credi?” la rimbeccò lei, rinunciando a trattare, per quella sera, un discorso tanto serio con la sua amica.
“Ci saranno un sacco di ragazze in tiro e con la permanente! Bisogna risaltare, Ran!” le rispose, scioccata dal fatto che la giovane non ci avesse pensato. “Vuoi conquistare o no quel maniaco delle deduzioni?” aggiunse subito dopo, impertinente.
“No!” fu la risposta secca, e del tutto menzognera, di Ran. “Tu, piuttosto: attenta a ciò che fai, perché riferirò tutto a Kyogoku!”
Continuarono a chiacchierare e scherzare sino a quando non giunsero in prossimità del locale: l’orologio segnava le nove meno un quarto, dunque erano in ritardo di cinque minuti nonostante l’anticipo con cui erano uscite di casa.
“Dietro quell’angolo, si cela il tuo principe azzurro!” insistette Sonoko, dandole di gomito.
“Piantala!” cercò di farla smettere: tuttavia, lo stomaco si era gradualmente contratto man mano che la meta si avvicinava ed allora percepiva chiaramente una specie di nausea padroneggiare indisturbata nel suo corpo.
-Possibile che io sia tanto agitata? Non è mica il nostro primo appuntamento!- cercò di calmarsi, ma senza risultato.
Prese un lungo respiro e, al fianco della sua migliore amica, svoltò l’angolo: di fronte all’entrata del ristorante un gruppo considerevole di ragazzi faceva confusione, scherzando bonariamente e con allegria. Tutti erano ancora raggianti per la vittoria appena ottenuta.
Subito cercò con gli occhi la figura di Shinichi, ma non riuscì a trovarla: -Forse non è ancora arrivato…- ipotizzò, sospirando delusa.
Alcune loro compagne di classe le salutarono, avvicinandosi: dopo alcuni convenevoli, Ran prese il coraggio a due mani e pose alle ragazze una domanda ovvia: “Siamo arrivati tutti?”
Naturalmente, scossero il capo: “No…manca Takayama, del II C…l’attaccante, per intenderci! Alcune ragazze del I E…e poi Kudo!”
“Che peccato, il nostro caro detective non è ancora qui…” cantilenò Sonoko, assottigliando gli occhi per canzonare Ran.
“Mishiama gli sta telefonando ora! Se è nei dintorni, lo aspettiamo fuori!” tutte le ragazze avevano gli occhi a forma di cuoricini.
-Eheh…- ridacchiò la mora, cercando di non cadere per l’ennesima volta vittima della gelosia; dunque si voltò in direzione del caposquadra, con il telefonino poggiato contro l’orecchio.
“Stavo per chiamarti, Mishiama…” gli stava dicendo in quel momento Shinichi “Scusami davvero, ma…”
Ignare di cosa il ragazzo stesse parlando, Ran e Sonoko si avvicinarono al giocatore di calcio, aspettando notizie. Ma ebbero un cattivo presentimento quando il giovane, dopo aver chiuso la chiamata, disse loro: “Pare che Kudo abbia da risolvere una questione…un caso…non ho ben capito. Non sa ancora se farà in tempo ad essere dei nostri!”
“Oh, che peccato!” si sollevò un coro muliebre di rammarico. Ciò nonostante, alla fine tutti convennero sul da farsi: entrarono, prendendo possesso del tavolo e iniziando la cena.
Tutti, tranne una persona che, a testa bassa, rimase indietro.
“Ran…” cercò di consolarla Sonoko, mettendole una mano sulla spalla “Dai, magari arriva…più tardi, ma arriva!” detto questo le ammiccò, convinta di averle restituito la speranza, ma la giovane scosse la testa:
“Non è questo il punto…”

§§§

L’erede della famiglia Suzuki non si era sbagliata, in effetti: il detective parcheggiò la sua moto davanti al locale allorchè l’allegra compagnia stava per sciogliersi.
“Ah, Kudo!” una ragazza sottolineò il suo arrivo, facendo voltare tutti.
“Perdonatemi! Non credevo di impiegare così tanto tempo…” il ragazzo spense il motore, poggiando le mani sul casco per poi sfilarlo.
“Noi stiamo andando via.” Lo accolse dura Sonoko, le mani sui fianchi.
“Sì, mi dispiace…” Kudo si massaggiò la nuca con una mano, ridendo leggermente; non potè però fare a meno di notare che, vicino alla biondina, mancava qualcuno…
“Ran ha dimenticato il portafoglio…!” sentì poi dire una ragazza, che stava uscendo allora dal ristorante.
“E’ andata già via?” diede allora voce ai suoi dubbi, cercando di attribuire a quella domanda un’intonazione naturale, come se fosse una richiesta come un’altra: in realtà era ansioso di saperlo.
Dopo aver ricevuto la risposta “Sì, quando abbiamo sentito il rumore della tua moto ha detto di essere stanca, ed è tornata a casa.” le prese dalle mani l’oggetto dimenticato, affermando “Glielo riporto io! Buonanotte, ragazzi!” e mise di nuovo in moto, avviandosi in direzione dell’agenzia investigativa.
Mentre percorreva la strada si chiese se solo per coincidenza Ran avesse scelto quel momento per lasciare il locale oppure se avesse in qualche modo voluto evitare di incontrarlo.
-Ma no, è ridicolo…- cercò di tranquillizzarsi, ripensando a quel pomeriggio: la giovane non aveva dato segni per cui fosse lecito ipotizzare che serbasse rancore nei suoi confronti…eppure Shinichi aveva un cattivo presentimento.
Finalmente, la vide: stava camminando velocemente, con le braccia incrociate e la testa china.
“RAN!” la chiamò, accelerando per raggiungerla più in fretta.
“Ehy, Ran!” Ma la ragazza non si voltava.
Riuscì ad arrivarle di fianco, rallentando l’andatura del motociclo perché potesse andare al passo della karateka: cercò di attirare la sua attenzione, ma lei continuò ad ignorarlo, non arrestando la marcia concitata. Allora, seccato, il detective diede rumorosamente gas aumentando all’improvviso la velocità per tagliarle la strada e parcheggiare sul marciapiede, impedendole di proseguire oltre.
“Che ti prende?” le domandò, il tono della voce più acuto per il risentimento; si pentì, tuttavia, di aver reagito così impulsivamente quando l’amica d’infanzia alzò il volto, mostrandogli gli occhi lucidi di lacrime trattenute a fatica.
“Cosa c’è?” cercò di capire, scendendo dalla moto per farsi più vicino al suo corpo. “Che hai?”
Non rispose, poiché ogniqualvolta cercasse di aprire la bocca per articolare dei suoni, le labbra le tremavano: per ancora poco tempo sarebbe riuscita a trattenere il pianto.
Abbassò di nuovo il capo, scuotendolo leggermente come per dirgli che non era successo nulla e di non preoccuparsi; ovviamente, Shinichi non gettò la spugna:
“Dimmi perché stai male, Ran.” Avvicinò una mano sulla guancia, nel tentativo di accarezzarle il volto e allo stesso tempo sollevarlo perché potesse scorgere i suoi occhi.
In un primo momento, lei oppose resistenza; poi, come scossa da un fremito, alzò velocemente la testa e si mosse finchè le sue labbra non si posarono su quelle di Shinichi, che strabuzzò gli occhi, colto di sorpresa:
“Ricordati di questo, quando sarai via.” Gli soffiò sulla bocca, dopo aver interrotto quel contatto.
Si scansò da lui, non riuscendo a trattenere un singhiozzo: “Consideralo pure come un addio!!” disse poi con voce tremante, preludio di chi sta per piangere.
Se fosse rimasta di fronte a lui, probabilmente Shinichi non avrebbe avuto i riflessi tanto pronti dopo quel bacio –che effettivamente non poteva definirsi propriamente un bacio quanto uno contatto tra labbra, che però l’aveva scosso- ma la vista di Ran che, superando la moto, iniziava a correre gli permise di reagire prontamente:
“Perché dovrei andare via?” le domandò, inseguendola a piedi.
“Non hai di nuovo da fare con quel caso che ti tiene occupato da mesi? Inseguire Richard per il mondo? Od indagare su qualsiasi indagine purchè sia distante da me?” gli urlò contro, dando voce ai pensieri che dalla sua scomparsa le affollavano la mente.
“Ma, Ran…” cercò di controbattere, tuttavia lei non gli concesse di terminare: “Se mi vuoi almeno un po’ di bene, stammi lontano, Shinichi! Non voglio più soffrire…”
Colpito da quella frase, il detective arrestò il passo.

§§§

Salì precipitosamente le scale, inciampando un paio di volte sui gradini a causa della fretta con cui pretendeva di risalirli.
Aprì la porta, richiudendola con foga e scagliando poi la borsetta a terra, con uno scatto nervoso.
-Stupida, stupida!- si rimproverò mentalmente Ran, accasciandosi sul pavimento mentre si teneva la testa con le mani: il volto era solcato da un flusso irrefrenabile di lacrime, che non volevano saperne di diminuire. -Come ho potuto pensare di essere più importante delle sue indagini?- pianse convulsamente, abbandonandosi finalmente a gemiti rumorosi e singhiozzi che le scuotevano tutto il corpo. La ragazza tremava, preda degli spasmi:
“Ho anche perso ore per vestirmi! Chissà che cosa volevo ottenere!” gridò, iniziando a togliersi i vestiti di dosso e gettandoli sul pavimento, come se anche gli abiti fossero legati al ragazzo che si proponeva di dimenticare. In quel momento qualcuno bussò alla porta.
“Fantastico, adesso dovrò anche sopportare papà mentre mi dice che mi aveva avvisato…” si piegò su se stessa la ragazza che in quel momento, oltre alla biancheria intima, indossava solamente una canottiera leggera. “Ran, sono io.”
Era la voce di Shinichi.
“Vorrei parlarti…”
“N-non entrare!” fu la sua risposta, rendendosi conto, oltretutto, di essere quasi del tutto nuda.
“No…va bene anche da qui.” Le disse, un tono di voce piuttosto provato.
“Perdonami, Ran. Io non ho mai voluto farti soffrire, non è mai stata mia intenzione.”
La giovane tentò di coprirsi le orecchie con le mani, accovacciandosi ancor di più contro la porta dell’appartamento.
“E’ per questa ragione che avevo deciso di tenerti lontana. Stare al mio fianco…non immagini quanto sia pericoloso: hai visto come quegli uomini…i membri dell’Organizzazione, siano crudeli e privi di compassione. Inoltre, tu meriti sicuramente di meglio, non qualcuno che può soltanto telefonarti ogni tanto…non ho lasciato che Michiyo ti fosse così vicino perché non m’importava nulla di te, ma perché ritenevo che lui potesse davvero renderti felice. Nonostante tutto…credi non mi fossi accorto delle tue lacrime? Ti vedevo, a scuola, in centrale, con gli occhi rossi, il viso tirato, pallido…e non mi davo pace per il dolore che ti procuravo. Quella sera, quando il poliziotto aveva fatto credere a tutti che aveste passato la notte insieme io…io ti ho vista in quello stato…non sono riuscito a lasciarti da sola, non ho potuto evitare di starti accanto, e così ti ho causato ancora più sofferenza, perché il giorno seguente di nuovo non ti parlavo. Ti ho fatto del male quando avevo programmato di farlo, perché tu mi dimenticassi…ti ho fatto del male quando mi comportavo naturalmente…ti ho fatto del male quando cercavo di farti piacere…mi sono reso conto di questo molto tempo fa, Ran: che tu, con me, non saresti mai stata felice. Credi che sia così ingenuo, Ran? Così sciocco da confondere un cuore per una pesca?*
Ran non sapeva che Shinichi aveva poggiato la fronte contro la porta, mentre il suo sguardo era rivolto a terra e il suo corpo si reggeva in piedi grazie allo stipite che la sua mano teneva stretto.
“Ho sempre preferito non vedere, fingere di non capire…cos’avrei potuto dirti, Ran? Accetto il tuo cioccolato, ricambio il regalo…ma non ti starò vicino. Tengo a te, ma non tornerò. Voglio trascorrere la mia vita al tuo fianco, ma possiamo soltanto sentirci per telefono. Vorrei assistere alle tue gare di karate, ma dovrai dirmi se hai vinto o perso con un sms. Avrei potuto costringerti a tutto questo, Ran? Avrei potuto relegarti a quest’inferno? Non sono stato in grado di chiedertelo. Non potevo chiedertelo…non volevo chiedertelo. Non te lo meritavi…non tu, che hai un cuore talmente grande da decidere di aspettarmi anche dopo essere stata abbandonata al tavolo del Beika Center Building *…Nel momento in cui ho scoperto che uscivi con quel poliziotto, non ci ho visto più, ero…ero davvero geloso: continuavo a chiedermi che cosa ti avesse colpito di lui, se fosse più bravo di me, se fosse più affettuoso, se ti trattasse meglio…dopo, ho capito di essere stato egoista: con Michiyo forse avresti ritrovato il meraviglioso sorriso che io ti avevo rubato. Eppure non riuscivo a tollerare tutte…tutte quelle occhiate, quelle smancerie…è per questo che mi allontanavo da voi, non potevo reggere quella vista. La sera in cui Vermouth ti ha fatto ascoltare quella registrazione, quando ti ho visto fissarmi con quegli occhi pieni d’affetto, quando, svegliandomi, in quegli stessi occhi mi sono specchiato…io ho ceduto. Ho creduto che…che non fosse così sbagliato stare al tuo fianco, legarti a me…che forse, nonostante tutto, avrei potuto renderti felice anche io. Per il breve tempo in cui ho avuto questa certezza, sono stato davvero bene, i pochi momenti in cui ti ho vista sorridermi, mi sono illuso di essere degno di…”
Rimase in silenzio, lasciando in sospeso la frase.
“..anche se non mi comporto come dovrei: io non sono capace di corteggiarti come Michiyo, non riesco ad essere romantico, non so quali complimenti rivolgerti…non ti ho mai detto quanto tu sia importante per me…Ho sbagliato: anche quando sono vicino, accanto a te…anche quando non c’è alcuna organizzazione di mezzo, anche quando siamo soltanto io e te…io sono comunque la causa del tuo dolore. Comprendo perfettamente il tuo risentimento per non averti detto nulla e per aver dovuto scoprire tutto soltanto per opera di Vermouth…Richard, come la chiami tu. Credevo che oramai questa faccenda appartenesse al passato ma…è giusto che tu non l’abbia accettato e che sia arrabbiata con me. Non sono venuto qui per convincerti del contrario, perché tu dimentichi tutto. Volevo soltanto che tu sapessi che ogni cosa…io l’ho fatto in buona fede. Non è mai stata mia intenzione ferirti, o… non so, io…io non ti ho tenuto all’oscuro di tutto per mancanza di fiducia, perché temevo che non potessi mantenere il segreto o dominare la situazione…io volevo soltanto proteggerti. E questo mi era sembrato il modo migliore per farlo. Odiami pure, se vuoi…me lo merito. Ma, ti prego, non piangere più.”
Dopo quel lungo discorso, pronunciato con voce bassa, quasi tremante, il ragazzo tacque per qualche secondo:
“Ti lascio il portafoglio che avevi dimenticato al ristorante sotto il primo gradino. Ciao, Ran.” Aggiunse, sollevando la testa dalla porta e issandosi in posizione eretta. Lanciò un ultimo sguardo alle sue spalle, contemplando l’ingresso alla casa dove aveva vissuto per mesi e che probabilmente non avrebbe più rivisto. Quindi iniziò a camminare, avviandosi verso le scale.
Improvvisamente, però, la porta si spalancò: Ran, correndo, lo raggiunse abbracciandolo da dietro e posandogli le mani sul petto. Non disse nulla; semplicemente si strinse a lui, singhiozzando vittima di brividi che la facevano tremare convulsamente.
“Non piangere, ti prego…” ripetè il ragazzo, immobile. Ma lei non riusciva a frenare le lacrime che, anzi, scorrevano sul suo volto bagnando la spalla di Shinichi, dove si era appoggiata. Il ragazzo strinse le mani che Ran teneva ancora sul suo petto, cercando di infonderle un po’ di calore: anche quelle tremavano.
Rimasero per un po’ di tempo così, sul pianerottolo: alle spalle la porta spalancata, di fronte le scale.
“Si può sapere che indagine ti ha tenuto tanto occupato, stasera?” gli domandò dopo essersi calmata.
“Indagine?” ripetè quella parola, come se ne ignorasse il significato.
“Me lo ha detto Mishiama: che avevi un caso da risolvere…” spiegò, allontanandosi da lui: voleva che Shinichi si voltasse e la guardasse negli occhi, poiché non avrebbe accettato altro che la verità come risposta a quella domanda.
Ed, in effetti, il ragazzo si voltò: ma rise, con sua enorme sorpresa.
“Veramente io gli avevo detto ‘questione’…non ho mai parlato di ‘caso’…”
“E’ la stessa cosa!” scoppiò Ran, irritandosi: gli pareva il momento giusto per essere tanto pignolo? “E’ comunque un lavoro che per mesi ti terrà impegnato…e distante. Tanto distante.”
“No, non lo è.” Insistette però lui.
“Shinichi, tu…” fu interrotta:
“Il professor Agasa si è ammalato. Tra due giorni dovrà recarsi a Tottori, nella sede di un edificio piuttosto famoso, dove si terrà un convegno sulle biotecnologie. Pare che abbia costruito un attrezzo con non so quale funzione e che voglia presentarlo agli altri scienziati…”
“Mi dispiace per il dottore, ma…cosa c’entra questo ora? Perché divaghi?” Ran appariva impaziente.
“Vuole andarci assolutamente ma aveva bisogno di prenotare i biglietti del treno…i visitatori o i partecipanti potrebbero essere così tanti da non lasciare alcun posto libero. Miyano si sta occupando di lui, che non fa altro che dormire, non si regge neppure in piedi…ed io sono andato a comprare i biglietti al suo posto. Dopo tutto quello che ha fatto per me non mi sembrava carino negargli questo favore, però non pensavo di impiegarci così tanto tempo: c’era un sacco di traffico! E poi anche la fila per l’acquisto era considerevole…”
Ran, a bocca aperta, aveva gli occhi spalancati.
“Era questa la ‘questione’…” sottolineò con la voce quella parola “…dalla quale non potevo sottrarmi.”
Sorrise e, per dimostrare di essere stato sincero, estrasse dalla tasca due foglietti di carta, porgendoglieli. Ran li afferrò, leggendo la scritta:
“Biglietto di andata e biglietto di ritorno per Tottori…”
Ripetè quelle parole senza sosta sino a che il liceale non le domandò:
“Credevi che sarei partito? Credevi che…fossi partito?”
Ran non rispose, il suo sguardo improvvisamente attratto dal pavimento; come si dice, comunque, chi tace acconsente.
“Aspetta!” Shinichi ebbe un’illuminazione “Eri arrabbiata per questo? Non perché non ti avevo detto niente di Vermouth?”
Gli occhi della giovane si tramutarono in due minuscoli puntini neri:
“Pensavo che mi avresti lasciato di nuovo sola.” Confessò, con un fil di voce “Che…che dopo questo pomeriggio, dopo quegli sguardi, quei sorrisi…dopo che ti avevo detto di non vedere l’ora di stare con te…tu avessi comunque preferito le tue indagini, a me. Ho avuto paura di non essere abbastanza importante.”
Nonostante l’imbarazzo, Shinichi si abbandonò ad un sorriso: “Sei una stupida.” Disse. Scrutandola attentamente, però, notò che il suo corpo continuava a tremare, scosso e il colorito era davvero cadaverico. Quindi, per rasserenarla, la prese in giro:
“Sei andata a cena così?”
Ran seguì la traiettoria del suo sguardo, ricordandosi improvvisamente di essere in biancheria e canottiera; con un gesto repentino cercò di coprirsi aiutandosi con mani e braccia, causando una sonora risata dell’amico:
“Perché ti copri? Guarda che stai molto meglio così rispetto ad oggi pomeriggio! Sei molto…” stava per aggiungere, un sorriso malizioso dipinto sul volto.
“Sei un pervertito! Lo dirò a mio padre!” lo minacciò, arrossendo vistosamente.
“Ah, sì?” domandò, ironico; quindi si avvicinò a lei, sfiorandole le labbra con il pollice:
“Gli dirai anche di avermi baciato?”
Secondo le sue previsioni, Ran si sarebbe infuriata, e probabilmente avrebbe anche sfoderato una temibile e dolorosa mossa di karate.
Ma non fu così.
La ragazza deglutì, poi serrò le palpebre: Shinichi invece aggrottò le sopracciglia, sorpreso. Dunque, inspirando aria, si decise a rispondere a quella muta domanda.
“No, gli dirò che tu hai baciato me.” Spalancò gli occhi Ran quando la bocca di Shinichi distava pochi millimetri dalla sua.
“E per ben due volte…” aggiunse, spavalda, riferendosi a quanto accaduto nell’agriturismo di Sakata*.
“La prima volta non sapevi di cioccolato…” insinuò lui, stampato sulla faccia lo stesso sorriso.
“Se fossi davvero un detective montato, ti direi che è facile capire che hai mangiato un gelato o un budino al cioccolato, perché quando mi hai sfiorato le labbra mi hai lasciato quella fragranza sulla bocca…ma siccome sono un investigatore pacato e a modo, non ti dirò nulla.”
Ran rise, divertita: “Certo, come no…” Ma quella serata era stata decisamente faticosa! I nervi erano stati tesi per tutto il tempo, le lacrime l’avevano sfinita e il discorso di Shinichi le aveva tolto il fiato: troppe emozioni in una sola volta. Le cedettero le gambe e sarebbe sicuramente caduta se il ragazzo non l’avesse prontamente afferrata per le spalle:
“Ehy, che hai?” le domandò, allarmato.
“Mi sento un po’ debole…” confessò lei, portandosi una mano alla testa. “Andiamo in casa, vieni.” Detto questo le passò un braccio sotto le gambe, sollevandola da terra per prenderla tra la braccia.
Ran odiava ammettere di stare male: lei era forte! E poi non aveva bisogno che qualcuno si prendesse cura di lei, semmai il contrario: lei si occupava di suo padre, di Conan…Eppure non resistette al calore emanato dal corpo di Shinichi; si arrese volentieri, ammettendo di avere pochissime forze e permettendo al ragazzo di adagiarla sul divano.
“Bevi.” Le consigliò, porgendole un bicchiere di acqua e zucchero “Penso sia stato solo un abbassamento di pressione.”
La ragazza seguì le sue indicazioni, osservandolo mentre raccoglieva i vestiti da terra e li poggiava sopra la poltroncina di fronte a lei; in quel momento gli fu davvero grata di non averle chiesto per quale motivo i suoi abiti si trovassero lì.
“Va meglio?” le domandò, sedendosi al suo fianco.
“Cosa…accidenti…è…questa…confusione…” sentirono entrambi pronunciare e si voltarono per ritrovarsi faccia a faccia con Kogoro:
-Accidenti! Non ho chiuso la porta!!- si maledisse Shinichi, scattando in piedi non appena il detective baffuto dedicò la sua attenzione alla salopette di jeans sulla poltrona e poi alle gambe nude di sua figlia.
La scena che gli si parava davanti era inaccettabile: Ran distesa, mezza nuda, sul divano e quel giovane perverso al suo fianco, pronto a farle chissà cosa!!!
“Non è come sembra, Kogoro…” si affrettò a giustificarsi, alzando le mani di fronte al petto.
“Ah, infatti, noi stavamo solo…” intervenne anche Ran, sollevandosi in piedi: il ragazzo però le lanciò un’occhiata di fuoco, che voleva equivalere ad un: “Sei nuda! Siediti!!”. Allora la giovane, avvampando, si gettò sul divano, cercando di coprirsi con un cuscino.
BOOM! Un tonfo sordo attirò l’attenzione dei due amici, occupati a rendere l’apparenza il meno compromettente possibile: Kogoro era svenuto.

§§§

I due ragazzi, oltremodo imbarazzati, avevano tirato un sospiro di sollievo nel momento in cui Kogoro era crollato a terra, ma subito dopo Ran si era ovviamente preoccupata.
“Papà?!” gli corse vicino, inginocchiandosi al suo fianco.
“Secondo te ha bevuto oppure gli è preso un collasso?” fu il dubbio che espresse Shinichi mentre muoveva dei passi nella loro direzione.
Nonostante la situazione Ran rise divertita: “In entrambi i casi, sarà meglio farlo distendere su qualcosa di più morbido del pavimento…” quindi fece per issarlo, ma lui la bloccò:
“Sei ancora debole. Lascia, faccio io.” E dopo averle regalato un sorriso, circondò la vita dell’ex poliziotto sollevandolo in piedi, portandolo poi in spalla sino al letto.
Nel frattempo, Ran pensò fosse meglio rivestirsi e dunque indossò nuovamente la salopette che quella sera le aveva causato tanti problemi.
“Sarà meglio che vada.” Esclamò Shinichi dopo essere uscito dalla camera del suo vecchio Ojii-san . “Non vorrei che tuo padre si risvegliasse e mi uccidesse.” Al pensiero dell’uomo che riprendeva i sensi, Shinichi sudò freddo:
“Brutto porco! Cosa stavi facendo alla mia bambina? Io ti tolgo dal mondo!!” lo sentiva già gridare.
Lei convenne: “Forse sì…”
Lo accompagnò sulla soglia della porta, rimasta ancora aperta, visibilmente a disagio:
“Peccato, però…” aggiunse lui con tono malizioso, scoccando un’occhiata alle sue gambe.
“Potrei sempre raccontare tutto a papà, più tardi.” Lo minacciò, spingendolo per le spalle fuori dall’appartamento, sulle scale; lui però le afferrò un polso, trascinandola con sé:
“Cosa? Di avermi sfiorato qui?” e si passò un dito sulle labbra.
“Ha ragione lui: sei un maniaco!” decretò, liberandosi dalla sua presa.
“Dovrei considerarlo il premio che Suzuki mi aveva promesso in cambio della vittoria?” continuò a scherzare, ricordando le parole pronunciate da Sonoko quella mattina.
Ran non seppe come ribattere, quindi continuò a ripetere: “Maniaco, pervertito…”
“Mhm…” il ragazzo non rispose, lasciando però trasparire un sorriso beffardo sulla faccia. Dopo averla fissata per un po’, disse: “Se io fossi davvero un maniaco, tu saresti la mia prossima preda…” prima che potesse replicargli, le voltò le spalle scendendo i gradini della scalinata.
La giovane Mouri fissò le sue spalle per un po’, sentendosi ancora leggermente agitata: eppure, sorrise.
“Se hai tempo, domani passa in palestra! Ti mostro perché non dovrei preoccuparmi qualora decidessi di braccarmi, pervertito!”
Prima di chiudere la porta, per caso, abbassò lo sguardo: si sorprese quando notò che, effettivamente, sotto il primo scalino era appoggiato il suo portafoglio.

§§§

“Mouri! Vuoi concentrarti o no?! “ L’allenatore di karate fischiò due o tre volte, per richiamare l’attenzione della ragazza.
“Mi-mi scusi!” si affrettò a replicare, passandosi una mano sulla nuca; ma quella distrazione le fu fatale e il suo avversario la colpì in pieno volto con un calcio.
“Ahi!” gemette, portandosi una mano sulla guancia.
“Visto?” la rimbeccò l’allenatore, portandosi le mani sui fianchi “Per svegliarti sarà meglio che tu ti trattenga qui anche quando gli altri avranno finito!” Ecco cosa le era costato il pensiero di Shinichi! E probabilmente non si sarebbe neppure presentato!
La giovane avvampò, rivolgendo lo sguardo a terra, sul tatami colorato; quindi annuì, in segno di assenso. Il ragazzo che stava combattendo contro di lei, soddisfatto per essere riuscito a colpire la temibile cintura nera Mouri, prese posizione per ricominciare ad allenarsi.
“Lasciami il posto, Izae. Ora mi batto io contro di lei.” Kazumi, la vincitrice di numerosi tornei regionali e idolo di Ran, bloccò il giovane, costringendolo a ritirarsi.
“Ah, Kazumi-sempai, io…” fece per giustificarsi la giovane, ma la karateka la interruppe:
“Dai tuoi occhi…scommetto che il motivo della tua distrazione è un ragazzo!!” le ammiccò, stringendosi il nodo della cintura attorno alla vita.
“Ehm…veramente…” cercò di negare Ran, completamente rossa in viso.
“Oh, avanti! Se mi dici chi è, prometto che resto io con te dopo gli allenamenti!” le si avvicinò con fare amichevole, aggiungendo mentre le sorrideva complice: “Sarà mica quel Michiyo di cui parlano i giornali? Qualche volta vi ho visti insieme, fuori scuola…”
“No!!” si affrettò a dire “In realtà…”
“Allenatevi, forza! Non perdete tempo!” le richiamò all’ordine l’allenatore, mettendo fine a quell’imbarazzante conversazione.

“Ehy, Ran?” Shinichi varcò la soglia della palestra, calandosi gli occhiali da sole sul naso per vedere nitidamente in un luogo tanto scuro.
Mosse qualche passo verso l’interno della sala, nel tentativo di trovare la sua amica: la vide, vicino al muro, intenta a sferrare un calcio contro la donna mora che anche lui, nei panni di Conan, aveva conosciuto. Così prese da quel combattimento le due ragazze non lo avevano sentito e non notarono neppure la sua presenza.
Non volendo disturbarle, il detective tentò di indietreggiare ma posò un piede su un tatami rovinato, che non impedì al pavimento di legno di scricchiolare sotto il peso del suo corpo.
Entrambe allora si voltarono, interrompendo lo scontro.
“Ah, perdonatemi…” alzò lievemente le spalle, in segno di scusa; poi spostò lo sguardo sulla figura di Ran “E’ che sono usciti tutti e…non ti vedevo…”
“Non sarà mica lui, eh? Il famoso ragazzo con la capacità di distrarti…” sussurrò Kazumi, fissando Kudo.
Ran in tutta risposta arrossì per l’ennesima volta, annuendo.
“E’ davvero bello…” la campionessa non staccava gli occhi da quel ragazzo mai visto prima: Shinichi aveva indosso dei jeans chiari strappati all’altezza delle ginocchia ed una maglietta bianca a righe nere, larga abbastanza da non lasciare intravedere la corporatura; dalle braccia nude, però, per via delle mezze maniche, era possibile intuire che fosse davvero molto muscoloso.
“Non preoccuparti, non sei di alcun disturbo!” proferì con tono amichevole ad alta voce, alzando una mano in aria per salutarlo.
“Ehm…Kazumi, ti presento Shinichi Kudo. E’ un mio amico.” Prese allora il coraggio Ran, schiarendosi la voce “E Shinichi…lei è Kazumi-Sempai, è la campionessa regionale, ha vinto tutti i tornei per tre anni di seguito.”
“E’ un piacere.” Finse il ragazzo, dal momento che la conosceva già molto bene.
“Il piacere è mio…” la karateka gli strinse la mano, sorridendogli.
“Shinichi Kudo…non sarai mica il famoso investigatore?”
Allora l’interpellato si passò una mano tra i capelli, arrossendo leggermente: “Sono io…”
“Ohhh, ma allora arrivi proprio al momento giusto!” disse, dandogli una pacca sulla spalla “Saprai sicuramente combattere, non è vero? Ran-san deve rimanere qui perché oggi era un po’ distratta, le avevo promesso di aiutarla ad allenarsi ma avevo dimenticato di avere già un impegno! La affido a te!” concluse, avviandosi con passi veloci verso gli spogliatoi.
“Mi raccomando!” quando si trovò dietro le spalle del ragazzo ma comunque di fronte alla figlia dell’investigatore, le mimò con le labbra:
“Raccontami, poi…”
Lei sorrise di rimando, aspettando in silenzio di rimanere sola con il suo amico d’infanzia.
“Eri distratta, eh?” la canzonò lui, quando nella palestra non si trovava più nessun’altro. “Come mai?”
“Pensavo a ieri sera!” ammise, chiudendo gli occhi per non essere costretta a ricambiare il suo sguardo.
“Al bacio che mi hai dato?” le ricordò con tono malizioso, irritandola:
“No! Al mancamento di mio padre!”
Il liceale rise: “A proposito, come sta?”
“Bene. Ti ringrazio ancora per avermi aiutato a metterlo a letto… Quando ha ripreso conoscenza ha provato a dire qualcosa, ma l’ ho convinto di aver avuto un soltanto un incubo.” Gli rivelò, alzando medio ed indice in segno di vittoria.
“Allora ti devo la vita!” scherzò il giovane, augurandosi che Kogoro le avesse creduto per davvero: non avrebbe mai voluto trovarselo, infuriato e pronto ad uccidere, di fronte al cancello di casa.
“Beh, in fondo non stavamo facendo nulla di male!” gli ricordò, stringendosi nel kimono.
“Oh, non ancora…”
Quel lato malizioso di Shinichi non le dispiaceva affatto: ogni volta che vedeva le sue labbra incrinarsi in un sorriso provocatorio percepiva un brivido attraversarle la schiena. Sin da quando erano piccoli aveva desiderato stare al suo gioco almeno un po’, per vedere dove sarebbe arrivato: l’imbarazzo però l’aveva sempre bloccata, impedendole di rispondere a tono e portando il ragazzo ad evitare quel tipo di atteggiamento. Forse quella sarebbe stata l’occasione giusta…
“Allora? Mi aiuti ad allenarmi o hai paura?” lo sfidò, mettendosi in posizione d’attacco.
L’investigatore non le rispose, ma adagiò gli occhiali da sole sulla piccola panca attaccata al muro.
Ran aspettò che fosse di nuovo concentrato su di lei per attaccarlo: gli sferrò un pugno, invano. Allora provò con una gomitata, ma Shinichi schivò anche quella.
“Sei migliorato…” constatò, alzando la gamba per calciare.
“O magari sei ancora distratta…” le afferrò la coscia, portandola poi a contatto con il suo fianco destro per tenerla ferma.
Ran deglutì: aveva colto nel segno! Combattere contro Shinichi era stato sempre molto complicato per lei: da una parte non voleva fargli male, dall’altra si imbarazzava enormemente percependo i loro corpi a stretto contatto…Per questa ragione aveva sempre evitato di affrontarlo; d’altronde lui assisteva alle sue gare e non gli dispiaceva affatto poter rifuggire i calci e i pugni con i quali lei stendeva sempre l’avversario, mettendolo al tappeto.
Si mosse per liberarsi, ma il disagio le impedì di infondere energia in quel movimento e la gamba rimase intrappolata: -Ma come mi è venuto in mente di allenarmi con lui?- si rimproverò, iniziando a preoccuparsi.
Kudo, dal canto suo, strinse la presa facendola saltellare sul piede libero per non perdere l’equilibrio:
“No-non fare mosse sleali!” lo ammonì subito, cercando di non perdere il controllo.
“Ma questa mossa è lecita!” replicò a tono mentre indirizzava lo sguardo sulla sua coscia.
La ragazza deglutì per la seconda volta; quindi poggiò entrambe le mani sulle spalle dell’amico per reggersi in equilibrio mentre con il piede tentava di farlo cadere, forzando le caviglie. Quell’azione ebbe successo infatti il detective, colto di sprovvista lasciò la presa, sbilanciandosi all’indietro. Approfittando della situazione, Ran pensò di avere oramai vinto: alzò il braccio per dargli un pugno ma Shinichi si riprese in tempo e le afferrò la mano. Lei ebbe un sussulto, seccata di quella vittoria andata in fumo; allora tentò di portare a termine quella mossa con l’altra mano, ma il risultato fu lo stesso.
Il ragazzo la immobilizzò portandole le mani dietro la schiena e costringendola a voltarsi: quindi la tirò a sé e le cinse la vita con un braccio.
“Non sarò io a distrarti?!” le soffiò all’orecchio, stringendola ancora di più a sé. Lei abbassò gli occhi su quel braccio forte che la teneva stretta e le impediva di muoversi: essere consapevole della forza con cui Shinichi poteva dominarla la rendeva dannatamente debole, eppure la esaltava. Il suo orgoglio da karateka ebbe la meglio: sperando di riuscire a liberarsi scagliò un calcio all’indietro proprio mentre lui rendeva più salda la presa, permettendole di sentire sulla schiena gli addominali scolpiti e la pancia che da tanto tempo desiderava ammirare. Il brivido che le dilaniò l’anima e il corpo indebolì il suo calcio, così da permette al giovane di parare il colpo stringendo la gamba di Ran tra le sue.
Quella posizione era decisamente imbarazzante: i loro corpi erano l’uno addosso all’altro. Nonostante i vestiti, Ran poteva disegnare con la mente ogni singolo centimetro di quella pelle maschile! La schiena a contatto con il suo petto, la gamba intrappolata tra le sue, energiche e bollenti…e i suoi polsi tenuti immobili da una sola sua mano: il pensiero che Shinichi l’avesse immobilizzata e potesse farle qualsiasi cosa desiderasse la elettrizzava.
Calò ancora una volta lo sguardo su quel braccio che la teneva stretta, memorizzando ogni muscolo che lo delineava.
“Se fossi un maniaco, ora sarebbe il momento perfetto per…” riprese il discorso del giorno prima, sussurrandole tali parole all’orecchio. Lei rabbrividì, chiudendo gli occhi; approfittò della posizione –Shinichi, in fin dei conti, non poteva guardarla negli occhi o scorgere il rossore che le colorava il volto- per dargli corda:
“Cosa mi faresti?”
Desiderava ardentemente essere inerme al suo cospetto, come era avvenuto in quell’agriturismo fuori città: le mani a sollevarle il viso e la lingua ad esplorarle la bocca. Le parve quasi di poter ancora assaporare quelle labbra salate che si erano scontrate violentemente con le sue, causandole scariche elettriche e brividi per tutto il corpo.
“Cosa vorresti che io ti facessi?” rigirò la domande, abilissimo oratore quale era. E fu quella sua caratteristica a suggerirle la risposta:
“Sei un detective, perché non lo scopri?”
“In questo caso, non posso che procedere per esclusione…” decretò, sfiorandole il collo con le labbra. L’ennesimo brivido che le attraversò la schiena stavolta ebbe una portata tale da manifestarsi anche sul suo fisico: Ran tremò, sussultando a quel contatto.
Allora sentì, proprio com’era successo pochi giorni prima nell’ascensore dell’ospedale, Shinichi esitare: la presa sulle braccia diminuì e le sue gambe si aprirono liberando la sua. Il tempo di aprire gli occhi ed anche il braccio che le circondava la vita era sparito.
Si voltò, allarmata: “Cos’ho detto?” sbottò, stupita. Pronunciando quelle tre parole aveva puntato gli occhi sul volto dell’amico, scoprendolo imbarazzato e nervoso.
“N-nulla…” mentì, balbettando.
“E allora perché…perché mi hai lasciata?” l’incalzò, sollevando un braccio all’altezza del petto.
“P-per darti la rivincita…” le fu chiara la bugia.
“Ah, sì? Bene.” Stabilì, adirata. Quindi si gettò sul ragazzo, scagliando un numero spropositato di pugni: il quinto, finalmente, lo colpì vicino all’ombelico, costringendolo a piegarsi su se stesso per sopportare meglio il dolore.
Senza dargli il tempo neppure di gemere, Ran sferrò un calcio sulla sua caviglia, facendolo cadere rovinosamente a terra: infine, s’inginocchiò ponendo le gambe ai lati del suo corpo e posizionando le mani vicino alla testa.
Shinichi non era soltanto al tappeto, ma anche immobilizzato: deglutì, capacitandosi della situazione.
“Perché ti sei fermato?” trovò il coraggio di domandargli, sebbene sentisse il volto andarle a fuoco.
Lui non rispose, concentrando l’attenzione sul tatami su cui era disteso:
“Perché, in ospedale…non…non mi stavi per baciare?” chiese conferma, abbassando però il tono della voce come se la domanda, posta in quel modo, fosse meno imbarazzante.
“Le…le tue labbra tremavano…” ammise lui, arrossendo vistosamente.
“Come?”
“Ho percepito le tue labbra tremare, quel giorno in ascensore…” le rivelò “E anche adesso…il tuo corpo tremava…”
Ran scosse la testa, non capendo il significato di quelle affermazioni: qual era il problema?
“Io…io ti ho già fatto male abbastanza…” proseguì, deglutendo “…non voglio fare nulla che tu…non…non gradisca…” cercò di spiegarle con un eufemismo, scaldandole comunque il cuore.
Le mani di Ran si spostarono, allora, dai lati della sua testa ai capelli mori, poi al collo, brandendolo: la ragazza abbracciò Shinichi, poggiando la testa sul suo addome, sorridente.
“Sei uno sciocco…” gli disse, risalendo con il capo il suo corpo finchè non giunse sulla faccia del ragazzo. Quindi gli accarezzò la guancia con la sua, nel tentativo di mostragli tutto l’amore che provava senza l’aiuto della malizia.
A quel punto, Kudo sorrise:
“Te…te l’avevo chiesto, no? Cosa volevi che ti facessi…”
“Puoi farmi tutto quello che vuoi. Perché io…”
“Non so e non voglio sapere cosa state facendo…ma io devo chiudere la palestra.”
I ragazzi sollevarono lo sguardo per trovare, in piedi davanti a loro, una donna piuttosto robusta e bassa con le braccia incrociate sul petto.
“Minowa-san!” la chiamò Ran, sorpresa.
“E chi sarebbe?” le chiese Shinichi all’orecchio, ottenendo come risposta il sussurro: “Pulisce la palestra e la chiude dopo ogni allenamento!”
Entrambi scattarono in piedi, cercando di persuadere quella donna dall’aria divertita:
“Non è come pensa, Minowa-san!”
“Non stavamo facendo nulla!”
“Vatti a cambiare signorina, forza.” Le ordinò con tono perentorio, totalmente in contrasto con l’espressione del viso, dal quale trapelava simpatia.
“E tu aspettala fuori.” Aggiunse subito, volendo intendere che non avrebbe mai permesso di mostrarla nuda al giovane.
“N-non mi sarei permesso!” rispose di scatto, scuotendo energicamente le mani.
La signora afferrò la scopa appoggiata al muro, mentre Ran correva vicino alla panca per recuperare la chiave dello spogliatoio; Shinichi le si avvicinò, bisbigliandole: “Due volte in poche ore…”
Si stava chiaramente riferendo allo stesso equivoco che, la sera prima, si era presentato sotto gli occhi fuori dalle orbite di Kogoro.
“Forse diamo l’idea di essere molto attratti l’uno dall’altra...” gli rispose, allontanandosi contenta per essere finalmente riuscita a sfoderare una battuta maliziosa.

§§§

“Buongiorno. Si pregano i signori di spegnere qualsiasi apparecchio elettronico, l’aereo sta per decollare. I peace-maker sono consentiti. Vi ringraziamo per aver scelto di volare con la nostra compagnia. Good morning…” l’altoparlante trasmise il messaggio in inglese, ma lei non gli presto attenzione: nelle sue mani, giocava con una penna color argento. Argento, come il Silver Bullet, il proiettile d’argento. Il suo Proiettile D’Argento.
-I'm sorry, Angel…- pensò, portandola davanti agli occhi azzurri –But I want to remember these days.*- Fece roteare la penna un paio di volte, poi la ripose nella tasca interna della giacca.
-When I’ll be a sinner, I’ll remember to have been Sin, too.-*

§§§

I suoi capelli, mossi dal vento, gli solleticavano le guance che, per qualche strana ragione, avevano assunto un colore tiepido.
Nonostante il freddo e l’alta velocità, non percepiva altro che le braccia della ragazza intorno alla sua vita , mentre lei si illudeva di poter addirittura percepire il battito cardiaco dell’amico. E aveva l’impressione fosse decisamente accelerato: quell’idea la fece arrossire; così, cullata da quel dolce ritmo, si strinse ancora più forte alla sua schiena, poggiando la testa sulla sua spalla: da quando aveva visto la bella –per i suoi gusti, anche troppo! Si trattava infatti di una bellezza pericolosamente tendente alla sensualità- Shiho reggersi saldamente a Shinichi mentre quel motociclo correva sulla strada, aveva desiderato fare altrettanto.
E finalmente quel sogno era diventato realtà: rispondere alla domanda “Vuoi un passaggio, Ran?” era stato molto difficile, poiché ogni suo muscolo si era irrigidito tanto per la sorpresa mista all’emozione da impedirle di aprire la bocca per articolare un qualsiasi suono.
Non appena la moto aveva cominciato a sfrecciare, veloce, sulla strada completamente libera lei aveva rischiato di perdere l’equilibrio, trovandosi sbalzata indietro dalla forza che ostacolava la marcia: aveva allora mosso convulsamente le mani, aggrappandosi saldamente ai due lati della moto. Allora, era intervenuto Shinichi: il volto illuminato da un sorriso che lasciava trasparire una certa malizia, aveva afferrato entrambe le mani di Ran portandole intorno alla sua vita.
“Tieniti qui!” le aveva detto, e alla risposta “Preferirei di no…” aveva bruscamente accelerato, costringendola a stringersi forte attorno a lui per non volare giù dal motociclo.
In poco tempo aveva realizzato fosse una posizione davvero comoda: così schiacciata contro la sua schiena sentiva il calore emanato dal suo corpo scaldarle l’anima.
Con estremo dispiacere di entrambi, il percorso fu breve e molto presto si ritrovarono di fronte all’agenzia investigativa.
Quasi con riluttanza la giovane lasciò andare il detective, tornando a posare i piedi a terra:
“Grazie mille, Shinichi…”
“Non c’è problema…” le rispose, spegnendo il motore pur rimanendo in sella.
“Allora…” tentennò lei, rivolgendo velocemente lo sguardo ai suoi piedi “Ci vediamo domani…”
La giovane si sentiva un po’ a disagio: nonostante quel giorno fosse trascorso velocemente in sua compagnia, un pensiero era tornato ossessivo ad infestarle la mente quando gli scherzi avevano ceduto il passo alla dolcezza e lei aveva potuto abbracciare il corpo del ragazzo durante il tragitto. Aveva delle remore persino a pensarlo, eppure una piccola parte di sé sapeva che per ben due volte aveva quasi baciato Shinichi…Oppure, che per ben due volte Shinichi aveva quasi baciato lei: quel giorno in ascensore, il pomeriggio durante gli allenamenti…era una sua impressione? Oppure realmente lui…?
Agitò la testa nel vano tentativo di distrarsi, eppure non riusciva in alcun modo a distogliere lo sguardo dalle sue labbra in movimento mentre le parlava:
“Figurati.”
Voleva baciarlo.
“E’ stato un piacere.”
Voleva baciarlo.
“E’ stato un vero piacere, Ran.”
E voleva essere baciata.
Come preda di una sorta di furore si avvicinò al suo viso, facendo per dire qualcosa:
“Io…”
“Certo.” Annuì il ragazzo, sorridendole.
-Allora…allora davvero…- realizzò, il cuore che quasi voleva uscirle dal petto: finalmente avrebbe disteso le sue labbra e avrebbe di nuovo assaporato quella splendida bocca!
Chiuse gli occhi poco prima di avvertire le dita del ragazzo sul suo mento: interpretandola come una carezza rimase in attesa di quel contatto che aspettava da anni.
Il cuore pulsava convulsamente.
Il corpo andava a fuoco.
La mente era vuota.
I muscoli irrigiditi.
Il respiro corto.
Mentre tentava di dominare questo vortice di sensazioni ed emozioni cui era preda, percepì un soffio sussurrarle:
“Ecco fatto.”
Riaprì gli occhi, anche se questi si tramutarono immediatamente in due minuscoli puntini: vedendola avvicinare il ragazzo aveva creduto gli stesse chiedendo di aiutarla a slacciare il casco, che così le aveva sfilato dalla testa.
“Ah, ehmh…ah ah, grazie…” ridacchiò, imbarazzata e tutta rosa in viso.
Lo fissò, beandosi della sua espressione: nella sua mente, piena della figura dell’investigatore rischiarata dal chiarore della luna oramai scesa sulla città, apparve distintamente un solo pensiero, un’unica considerazione: lei lo amava.
Lo amava profondamente.
Amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di non metterla in pericolo, aveva accettato di rinunciare a lei; amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di tenerla al sicuro, aveva permesso a Michiyo di prendersi gioco di lui; amava con tutto il cuore quello stupido che, pur di vederla felice, aveva lasciato ferirsi nell’orgoglio, ed anche nel corpo; amava con tutto il cuore quello stupido che, in quel momento, la fissava splendido e con un’espressione dolce delle labbra.
Ran amava con tutto il cuore Shinichi.
E voleva dirglielo.
“Ascolta…” iniziò allora, sforzandosi di reggere il suo sguardo: ma non appena si rispecchiò in quel celeste brillante quanto le profondità limpide dell’oceano non fu abbastanza forte e deglutì, costretta ad abbassare gli occhi per non perdere il coraggio di parlare.
Inspirò un paio di volte prima di aprire la bocca, per pronunciare tre semplice parole: “Io ti…”
“RAN!”
Una voce la interruppe, facendola trasalire: si voltò nella direzione di provenienza di quel grido, ritrovandosi faccia a faccia con suo padre, affacciato alla finestra.
“Papà…” constatò, emettendo un lungo sospiro.
L’uomo reggeva in mano, senza vergogna, una bottiglia vuota di birra, muovendola avanti e indietro come per mostrare alla figlia che l’aperitivo era terminato ed era giunto il momento che lei gli preparasse la cena; la camicia slacciata e la cravatta legata intorno alla fronte, il detective adulto non si era neppure preoccupato di radersi, quel giorno, ed una lieve barba simile ad un pizzetto lo rendeva simile al famoso ispettore Zenigata.
“E’ già buio! Ed io ho fam…” stava già rimproverandola, quando si accorse della presenza di Kudo accanto alla sua bambina.
“TU!!” gridò, puntando con ferocia il dito contro di lui “BRUTTO MOCCIOSO, SEI STATO TU A FARLE FARE TARDI!” continuò, sporgendosi tanto dalla finestra da rischiare di precipitare oltre il davanzale. Iniziò a sbracciarsi, squarciando il silenzio romantico di quella bella serata:
“VOGLIO SPERARE CHE TU NON SIA SALITA SU QUELLA CARRETTA!” indicò la moto, gli occhi fuori dalla orbite: i due compagni di classe sospirarono rumorosamente.
Ran comprese che l’atmosfera era rovinata ed il suo discorso avrebbe dovuto aspettare: era necessario rimandare.
“Meglio che vada…” balbettò allora, il tono della voce impercettibilmente udibile ad indicare il suo disagio.
“C-certo…” le rispose lui , temendo uno scontro faccia a faccia con Kogoro: meglio evitare che, tutto un tratto, ricordasse d’averlo visto al fianco della sua bambina, mezza nuda, la sera prima.
-Già va dicendo in giro che voglio sedurla…- ricordò le frasi udite i giorni in cui vestiva i panni di Conan, arrossendo al solo pensiero –Non alimentiamo il fuoco già bollente, rischio davvero di finire bruciato…-
“Ci vediamo domani, Ran.” Si congedò. Ruotò allora la chiave già inserita nel cruscotto della moto, scatenando un rombo; diede gas e partì.
Se il loro incontro fosse realmente terminato in questo modo la serata si sarebbe conclusa: ma Shinichi ebbe la malaugurata idea, mentre si avviava verso casa, di voltarsi per lanciare un ultimo sorriso all’amica; e quella mossa fu letale.
Ran, rapita da quell’espressione, si sentì tremendamente in colpa per aver solo pensato di tenerlo all’oscuro di quanto aveva scoperto quel pomeriggio: lui aveva dimostrato di essere pronto a tutto per lei. Non poteva tirarsi indietro e comportarsi in modo tanto meschino!
“SHINICHI!” lo richiamò, iniziando ad inseguirlo come se volesse raggiungerlo.
“RAN!!” cercò però di bloccarla Kogoro, sporgendosi ulteriormente dalla finestra. “NON OSARE RINCORRERLO!” Notando che, ovviamente, la ragazza non seguiva i suoi ordini, si rivolse al moro:
“E TU NON OSARE FERMARTI!” Neppure Shinichi ubbidì: in un attimo, infatti, arrestò la corsa accostandosi nuovamente al marciapiede.
“NON OSATE METTERVI A CHIACCHIERARE!” li ammonì ancora una volta- ed ancora inutilmente- l’ex agente di polizia: ma entrambi si trovavano troppo distanti perché potesse sentire le loro parole. Vedeva soltanto la sua bambina parlare ed il giovane ascoltarla con le sopracciglia aggrottate:
“GUARDATE CHE SCENDO!” li minacciò: parvero non sentirlo.
“Grr…e va bene! Scendo!” decise, avviandosi con passi rapidi ma poco stabili verso la porta: velocemente, caracollò giù dalle scale, atterrando di testa.
“Ahia!!” gemette rumorosamente.

“SHINICHI!” si era sentito chiamare e aveva scorto la ragazza inseguirlo attraverso lo specchietto: velocemente allora si era accostato al marciapiede, permettendole di raggiungerlo.
“Aspetta un attimo…” lo pregò, ma inutilmente: il giovane si era già fermato e la scrutava serio.
“Dimmi.” Disse non appena fu di nuovo al suo fianco.
“Beh, ecco…in effetti c’è una cosa che devo dirti…”iniziò a balbettare, grattandosi la guancia con l’indice.
Per tutta riposta, lui annuì.
“Quando…quando sono venuta a trovarti, l’altro giorno, in ospedale…mi sono scontrata per sbaglio con una donna bionda. E…”
Ma Shinichi non l’ascoltava più: due parole avevano paurosamente attirato la sua attenzione: -Una donna bionda?- la sua mente abile ed elastica non impiegò più di una manciata di secondi a ricollegare quella descrizione con la fisionomia di una persona ben conosciuta: -Vermouth!!-
“Che ti ha fatto?” le chiese con foga, la voce che lasciava trasparire preoccupazione.
Lei scosse il capo: “Niente! Mi ha solo aiutato a raccogliere la borsa che era caduta a terra…pensavo.” Aggiunse repentinamente.
“Poi però mi sono accorta che…”
“Che?” incalzò. Quando Vermouth si aggirava nei paraggi non c’era da aspettarsi nulla di buono!
“…che mi aveva messo qualcosa, nella borsa.”
“Cosa?” ripetè, agitato. Per incitarla a parlare più rapidamente la prese per le spalle, avvicinandola a sé: “Cosa ti ha messo nella borsa??”
“Ehm…” arrossì, deglutendo. Dopo aver aperto la sacca da ginnastica, frugò al suo interno e ne trasse fuori una piccola audio-cassetta.
“Questa.” Gliela mostrò, porgendogliela.
Kudo non fece altro se non osservarla, il volto scuro:
“L’hai ascoltata?” domandò all’istante, non osando alzare gli occhi nella sua direzione. “No.” Si affrettò a rispondere lei, infastidita: era evidente che ci fosse qualcosa che Shinichi non voleva sapesse. Subito però le risuonarono alla mente le parole pronunciate da lui negli ultimi giorni:

“Credi che sia così ingenuo, Ran? Così sciocco da confondere un cuore per una pesca?”
“Odiami pure, se vuoi…me lo merito. Ma, ti prego, non piangere più.”
“Se io fossi davvero un maniaco, tu saresti la mia prossima preda…”
“Non sarò io a distrarti?”
“Ho percepito le tue labbra tremare, quel giorno in ascensore…E anche adesso…il tuo corpo tremava…”
“Io…io ti ho già fatto male abbastanza…non voglio fare nulla che tu…non…non gradisca…”
“Te…te l’avevo chiesto, no? Cosa volevi che ti facessi…”

E lo accettò.
Se davvero c’era qualcosa che Shinichi non voleva rivelarle…andava bene così. Probabilmente si trattava di una questione che lui riteneva potesse metterla in pericolo, oppure di un’indagine che pensava non le interessasse. Non aveva importanza: qualunque cosa fosse, lui credeva fosse meglio che lei la ignorasse e lei aveva piena in fiducia in lui.
Gli sorrise, afferrandogli la mano per restituirgli quell’audio-cassetta:
“Immagino sia la registrazione che Rich…ehm , quella donna!” si corresse subito “…ti ha fatto ascoltare in centrale e a scuola.” Decretò.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, fissandola:e così lesse la sorpresa nei suoi occhi; nemmeno lui si aspettava gliel’avrebbe ceduta così facilmente, senza che vi fosse bisogno di lunghi discorsi, persuasioni o trucchi.
Ran, per meglio suggerirgli che accettava tutto ciò, gli sorrise calorosamente, ritraendo la mano vuota.
Shinichi continuò a scrutarla per un po’ , come se volesse verificare che non cambiasse idea e si rimpossessasse della cassetta. Quindi, spostò gli occhi sull’oggetto in questione, deglutendo.
Un pensiero gli attraversò la mente, e sorrise serrando le palpebre.
Quando le riaprì, allungò la mano libera in direzione della ragazza: comprendendo che voleva ringraziarla, grato, per quell’atto di fiducia, Ran avvampò: eppure non esitò un solo istante e gli prese la mano, pur arrossendo.
Shinichi continuò a sorridere.
Inaspettatamente, adagiò sul suo palmo aperto l’audio-cassetta.
“Cosa?” Ran cadde dalle nuvole, incredula.
“Ascoltala.” Affermò soltanto.
“No…io…” ribattè lei, decisamente sorpresa.
Shinichi sorrise rumorosamente: “Ti ringrazio per avermi…per aver dimostrato di nutrire tanta fiducia in me da essere disposta a rinunciare a questo, ma…”
“No…no!” replicò all’istante, interrompendolo “Io non te l’ho restituita perché volevo ottenere come risultato che tu me la dessi di nuovo! Non è una strategia! Io davvero voglio che la tenga tu, non voglio ascoltarla!! Non sto cercando di ingannarti!”
“Lo so, stupida.” Nel suo volto il sorriso non tremava neppure un momento. “Sono io che voglio che tu lo faccia.”
“Ma…ma io…” balbettò, indecisa. Guardò la cassetta, poi di nuovo Shinichi: la sua espressione era sincera.
“…sei sicuro?” si accertò, esitando. “A me sta bene per davvero darla a te e…”
“Ne sono più che certo. E’ giusto che tu la ascolti…” fece una piccola pausa, quindi riprese la parola: “Perché vedi, Ran, io…”
“Moccioso!” Kogoro, irato, si avvicinava a grandi passi. La sua attenzione era tutta concentrata sulla mano del ragazzo che, nella sua opinione, stringeva quella della sua figliola violentemente, contro la sua volontà e con arroganza.
Shinichi capì subito l’antifona, e la lasciò andare, tornando ad impugnare il manubrio della moto con entrambe le mani: un vero peccato essere stato interrotto in quel momento, ma forse era meglio così. Le avrebbe detto anche quello, ma solo in seguito all’ascolto di quella cassetta.
“Sentila.” Ripetè per l’ennesima volta, ammiccandole per rafforzare il concetto “Buonanotte, Ran.”
E senza attendere che il pugno chiuso di Kogoro lo raggiungesse, mise in moto e sfrecciò via.
-Sì, hai ragione, Ran.- constatò mentre osservava dallo specchietto retrovisore il suo ojii-san, sempre più distante, sbracciarsi e gridare contro di lui - Probabilmente quell’audio-cassetta è la stessa che Vermouth aveva con sé la sera del mercatino di beneficenza…quella su cui sono incise chiaramente le conversazioni che ho avuto con il professor Agasa, con Miyano…e probabilmente anche i discorsi che facevo da solo, a voce alta. Io stesso ho rimosso le ricetrasmittenti da casa mia, dall’abitazione del dottore e anche dal tuo appartamento, ieri sera, dopo la cena con il club di calcio, senza che tu te ne accorgessi. Non voglio che Vermouth possa immischiarsi oltre, o che possa venire a conoscenza di informazioni che potrebbero ledere te, tuo padre o chiunque altro. Non ho idea di cosa abbia registrato: quella cassetta potrebbe essere vuota, potrebbe non contenere nulla ed essere semplicemente un avvertimento per me.
‘Stai attento, Cool Guy, perché ti tengo in pugno!
’ – imitò mentalmente le parole che il temibile membro dell’organizzazione avrebbe potuto rivolgergli.
-Oppure potrebbe contenere la mia dichiarazione…potrebbe aver inciso la mia voce, mentre ammetto di amarti e di essere disposto a cederti a Michiyo, pur di saperti al sicuro.- Aumentò la velocità, lasciando che il vento gli penetrasse nel giacchetto, solleticandogli l’addome. -Oppure…oppure potrebbe contenere anche le parole pronunciate da Conan. Nulla esclude che ascoltando quella registrazione, tu possa venire a conoscenza della vera identità del tuo fratellino, Ran-neechan*…-
La luna brillava nel cielo, rischiarando tutt’intorno la volta celeste e sembrando rendere ancora più luminose le stelle del firmamento. Neppure una nuvola, in cielo, impediva a quei raggi bianchi come la neve di illuminare il sorriso dipinto sul volto del liceale-detective Shinichi Kudo.
-…ma va bene così. Affidiamo al caso questa scelta, io non mi sarei mai deciso: dirti la verità, e dimostrati di essere sincero, mentirti ed avere la certezza che tu saresti stata mia…Non avrei mai preso una decisione e, per sempre, mi sarei pentito d’aver compiuto qualche azione, o avrei rimpianto di non essermi comportato in modo diverso. Non so neppure quanto ancora durerà l’effetto dell’aptx, la mia vita è in balia della sorte. E allora, perché non affidare al destino anche questo? Che decida lui se è giusto o no che tu sappia questo segreto, Ran. Qualora ciò accada, sarò lieto che tu lo abbia scoperto: ti meriti tutta la verità, sei una donna splendida. Ed io, che non posso fare a meno di te, non ho altro modo per dimostrarti i miei sentimenti.-
Il cielo notturno fu testimone di quella dichiarazione:
“Ti amo, Ran.”

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Il ricordo del bacio e i riferimenti all’agriturismo di Sakata sono estratti o citazioni dal capitolo diciannove, (S)Piacevole Imprevisto.
(...)confondere un cuore con una pesca: E' il caso di San Valentino.
-I'm sorry, Angel…But I want to remember these days: Perdonami, Angelo…Ma desidero avere un ricordo di questi giorni…
-When I’ll be a sinner, I’ll remember to have been Sin, too: Quando sarò una peccatrice, mi ricorderò d’essere stata anche Sin.
O meglio ancora, per comprendere bene il gioco di parole di Vermouth: “Quando commetterò un peccato (= ‘sin’), mi ricorderò d’essere stata anche Sin” (Sin significa, appunto, ‘peccato’ in inglese: ma Sin era anche il cognome di Richard, che appunto per intero si presentava come Richard Sin Vey.)
Ran-neechan: Appellativo che usa Conan nei riguardi della sua sorellina.

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Note dell’autrice: Trick or treat?
Regalino di Halloween! XD
Ecco, come avevo promesso, un capitolo dedicato a Shinichi e Ran! Spero proverete nel leggerlo lo stesso piacere che ho sentito io nello scriverlo! Visto che nell’altro aggiornamento avevo lasciato da parte qualsiasi parte ironica, ho voluto spezzare la narrazione con il siparietto di Kogoro xD Dunque, con il prossimo aggiornamento, che non sarà propriamente un capitolo bensì un epilogo…-Sì, Rob, mi hai convinta: che epilogo sia! ;D-, la fan fiction sarà conclusa: questo mi provoca molta malinconia, perché la scrivo all’incirca dal 2006…XDDD E’ un po’ vergognoso il fatto che io abbia impiegato degli anni per scrivere 33 capitoli, 1 prologo e 1 epilogo ma…purtroppo è andata così ^^”
Ho delle idee che, nel corso del tempo, avevo accantonato per concludere questa fic e che ora andrò a riprendere: alcune riguardano delle situazioni professionali (l’Organizzazione!), altre sentimentali…ma naturalmente continuerò a scrivere in questa sezione, dedicata a Detective Conan! ^-^
Prima di tutto però, dopo aver terminato questa, posterò il secondo e ultimo capitolo dell’altra fic, E A Tokyo, Quando? volendo mettere un punto anche a quell’analisi introspettiva di Shinichi e Ran.
Infine, mi auguro che tutte le fan di Michiyo -…ci sono? Ahah XD- siano rimaste soddisfatte da Akane: ho ritenuto giusto che, un tipo come lui, non potesse rimanere da solo! In fin dei conti non è mai stato ‘troppo’ cattivo e voleva davvero bene a Ran: allora, perché non regalare un lieto fine anche a lui?
Per quanto invece riguarda la questione Vermouth: ho voluto donarle l’umanità della quale io la credo spaventata, ma profondamente affascinata. Spero che il gioco di parole in quel paragrafo sia stato chiaro, non me la cavo troppo bene in questo genere di cose…^^” Per questo ho preferito spiegare quella frase tra le precisazioni, soprastanti.
Infine, le registrazioni che il nostro caro detective ha lasciato ascoltare a Ran, il loro rapporto… : l’epilogo riguarderà queste due questioni, più un piccolo ‘extra’ per onorare e lodare Shin come ottimo investigatore, da tutti riconosciuto come tale.
Passo ora a rispondere ai commenti che mi rendono sempre tanto tanto tanto felice! :D : (perdonate se utilizzo per tutti lo stesso colore, ma purtroppo questa sera sono un po’ di fretta :[ )

@FM107 3 RADIOCAOS: Ehy!! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto :D un bacione!

@_ire_ Ciao! Eh già xD Magari trascorrono mesi, ma stai certa che non ho intenzione di lasciare incompiuta questa fic! Non ora, poi, che non mi resta altro che l’epilogo e poi sono riuscita a portarla a termine! Mi fa piacere che i personaggi siano descritti in modo tale da permetterti di immedesimarti! E’ esattamente quello che accade a me mentre ne scrivo a proposito xP Spero però che anche questo capitolo ti sia piaciuto! ;D Per quanto riguarda la questione Shin vs. polizia, si risolverà nel prossimo aggiornamento…ho in mente una bella cosuccia xDD Penso ti piacerà! Ed in effetti, anche se non proprio ‘non casta’…una scena di Ran che cura Shin c’è stata, esattamente come avevi messo nella tua recensione ahah xD Per quanto riguarda il giuramento…chiedo venia!! : ( Ero certa di riuscire a postare in minor tempo…e invece, come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio!! ç_ç chiedo davvero scusa! Grazie mille, mille e mille ancora per i complimenti e…alla prossima! Mi fai sempre arrossire ;D Un bacione grandissimo!!

@_Rob_: Rieccomi! ;D E ti annuncio con fierezza (ahah xD) che l’epilogo ci sarà! :D Mi hai convinta, e poi da un tocco di classe alla storia, no? Eheh XD Naturalmente, sarà stupendamente ShinRan ;) Spero che il rapporto descritto tra loro in questo capitolo ti sia piaciuto e che tu abbia gradito anche la ‘fine’ di Michiyo…poverino, non mi andava di lasciarlo da solo XD Ho voluto, in un certo senso, trovare anche per lui una maturazione in fieri, durante lo scorrere di questi capitoli…mi auguro di esserci riuscita xP Mi scuso enormemente per essere sparita, ma sono rimasta lontano da casa per un po’ e non appena tornata ho dovuto rimettermi a studiare…solo ora sono riuscita a connettermi, terminare il capitolo, inserire i tag, e postare! Infine, non posso fare a meno di ringraziarti perché i tuoi complimenti sono sempre gentilissimi! A presto mia carissima ;) Un sacco di baci :***

@_ire95_: Ma brava! XD Effettivamente, Ran aveva trovato un’altra cassetta ;P Questa vicenda troverà un giusto finale nell’epilogo, ma spero che nonostante questo mio lasciare in sospeso questo, il capitolo ti sia piaciuto lo stesso :D Al prossimo aggiornamento e grazie di cuore! Ciau ^O^

@izumi_curtis: Povero Ishimaru! xD Quando l’ho introdotto, nei primi capitoli, l’ho appositamente descritto in modo ‘negativo’ in un certo senso, perché volevo sottolineare il suo ruolo di oppositore e di rivale rispetto a Shin. Ora però che siamo giunti alla sua conclusione, ho voluto sia renderlo comunque più umano (alla fine mi ci sono affezionata, è una mia creatura xDD) e sia mostrare come, nel corso delle vicende che ha vissuto, sia maturato e cresciuto. Che ne dici di Akane, è il suo tipo?XD Su questo punto siamo d’accordo: SHINICHI E’ VERAMENTE FIGO XP Lo descrivo così perché lo vedo così XQ___ Ahah XD Alla prossima, con un epilogo super ShinRan! :D

@SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate: Salve! :P Fammi capire: tu chiedi scusa a me per il ritardo? Ahah, non farmi ridere xD Io sono la campionessa dei ritardi! E infatti mi dispiace infinitamente di aver pubblicato il nuovo capitolo così tardi, ma ho avuto un po’ da fare e non riuscivo a scrivere la parte conclusiva del capitolo, perché non sapevo bene come farlo terminare…alla fine ho optato per lasciare in sospeso la questione cassette, ho voluto creare un po’ di suspance XP Stessa cosa per la questione Shinichi/Polizia: anche questa verrà risolta nell’epilogo. Sono contenta che quella scena, del capitolo precedente, ti sia piaciuta! Volevo sottolineare come Michiyo lo ‘danneggiasse’ da un punto di vista sentimentale ma anche riguardo l’ambito del suo lavoro, al quale sappiamo che Shinichi tiene molto! Poi però ho voluto salvare anche Ishimaru e gli ho trovato una ragazza XD Spero ti sia piaciuta la trovata…e spero anche ti sia piaciuto questo nuovo capitolo, è stata una gioia scriverlo *-* Indovinato!: la donna era Vermouth…e l’oggetto nella borsa non era esattamente un registratore, ma una registrazione…ci sei andata comunque mooolto vicina ;D E la domanda che mi avevi posto penso si sia risolta da sola, ma comunque rispondo xD Sì, ora finalmente Shinichi e Ran possono riprendere da dove avevano lasciato! Ma non hanno ancora finito…:D Grazie ancora di cuore per i complimenti, mi fanno sempre un enorme piacere!! :PP Un bacione gigantesco! :**************

@Miyako 89: Ciao, piacere di conoscerti! :D Sono davvero contentissima che la mia fic ti sia piaciuta così tanto e spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Ho letteralmente adorato scriverlo, anche se ci ho messo un bel po’ di tempo XD Grazie di cuore ^-^

@Schinichi Kudo: Ciao, è un piacere! =) ma no, figurati! Anche se avessi commentato un anno dopo la pubblicazione del capitolo mi avrebbe fatto un enorme piacere lo stesso xD Sei molto gentile e ti ringrazio infinitamente per i complimenti, sono davvero contenta che questa fic ti sia piaciuta! Michiyo direi che sì, possiamo definitivamente dire che si è tolto di mezzo eheh XD La tua supposizione era giusta: l’oggetto che Vermouth ha dato è Ran è proprio una cassetta, anzi è QUELLA cassetta! Ma ultimamente sono diventata un po’…come si dice da me, una infamona XD e dunque ho deciso di scrivere nel prossimo aggiornamento cosa c’è registrato sopra. Nel frattempo, spero ti sia piaciuto leggere dello svolgimento del rapporto tra Shinichi e Ran…mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, lo aspettavo con ansia da quando ho cominciato la storia XD Chiedo scusa per il ritardo con cui ho pubblicato, ma purtroppo sono stata parecchio impegnata :[ Spero comunque continuerai a seguire la storia :P Ciao :D

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e che gli avvenimenti tra Shinichi e Ran siano stati all’altezza delle vostre aspettative! Un enorme bacio, e al prossimo aggiornamento!

XXX Cavy XXX

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Capitolo 35
*** Epilogo ***


Epilogo

Piccolo avvertimento: la parte con il normale carattere è la narrazione degli eventi presenti. La parte in corsivo è il flashback più consistente e più lungo; la parte in corsivo e grassetto è il flashback dentro il flashback. Perdonate questa struttura complicata, ho voluto provare a realizzare un epilogo originale. Buona lettura!

Disclaimer: Il caso principale che vede come assassino un serial-killer, in particolar modo la procedura dei delitti narrati, sono tratti o ispirati dal manga di Detective Conan, files 5-8 del volume 19 e dei corrispondenti episodi (124-125). Tutti i diritti d'autore sono perciò di Gosho Aoyama e i fatti sono ripresi dall'autrice Il Cavaliere Nero non a scopo di lucro ma solo a fini amatoriali.

Il sole iniziava a spuntare tra le nuvole chiare, tingendo di luce le cupole degli edifici più alti e maestosi.
I suoi raggi, ancora troppo deboli per accecare gli occhi del giovane disteso sul letto, penetravano attraverso i vetri della finestra chiusa, infrangendosi al suolo: era l’alba. Eppure il ragazzo aveva aperto gli occhi quando ancora il buio avvolgeva le case, rischiarate soltanto dalla flebile luce delle stelle e della luna, quella notte quasi invisibile: non era stata una nottata serena, tutt’altro, una lieve ma incessante pioggia aveva ticchettato un’ora dopo l’altra sino al mattino presto, quando finalmente aveva cessato.
Shinichi sospirò; le lenzuola candide gli coprivano il bacino e le gambe, lasciando però scoperto il petto nudo. Con le mani incrociate dietro la testa, a mò di cuscino, aveva riflettuto per molto tempo, incapace di prendere sonno.
Teneva ancora lo sguardo fisso davanti a sé, lanciando di tanto in tanto un’occhiata all’orologio: in quel momento, erano le sei e un quarto.
D’un tratto, le labbra si curvarono in un sorriso felice: i ricordi del giorno precedente presero nitidamente forma nella sua mente, cullandolo, dopo tanto penare, in una dimensione di piena soddisfazione:

Nel preciso istante in cui solo una porta lo divideva dall’incontro (scontro?) con Ran, che probabilmente aveva già ascoltato l’intera cassetta, il cuore prese a battergli violentemente nel petto, come neanche di fronte ad un terribile assassino aveva mai fatto. Quella ragazza era capace di sottrargli la razionalità: quando c’era di mezzo lei non capiva più niente, diventava vittima dei suoi sentimenti e perdeva la testa.
Ricordava ancora perfettamente quando, in preda al panico, aveva temuto che la sua amica, pur di salvare la vita di un uomo, avesse messo a rischio la propria: e mentre lei, correndo, si recava nel luogo di prigionia della vittima che proprio Shinichi le aveva indicato, lui chiamava la polizia vaneggiando, dando agli agenti indicazioni poco lucide, gridando come un pazzo di affrettarsi perché la situazione non degenerasse in un omicidio; tanto poco razionalmente aveva condotto quella telefonata, da non ricordare precisamente neppure le sue stesse parole! In quel momento sapeva solo di volerla salvare, di temere per la sua vita e di non poter permettere a nessuno di farle del male.*
Credeva di averci fatto l’abitudine, conoscendola da tempo immemore, invece in ogni occasione la storia si ripeteva: i battiti cardiaci sembravano scandirsi senza sosta, susseguendosi rapidamente; il viso s’imperlava di sudore freddo, immaginando la sua reazione, ben conscio della sua abilità nel karate; e lo stomaco era avvolto in una morsa. Nonostante potesse, sulle prime, apparire una condizione sgradevole, in realtà il liceale-detective ne aveva sentito la mancanza nei panni di Conan Edogawa.
Rare erano state le occasioni in cui aveva provato quella sensazione nel suo soggiorno all’agenzia Mori, o meglio: capitava spessissimo. Ogni volta che Ran citava il suo nome di fronte al bambino, lui sussultava!
Ma ben diverso era parlare a nome di Shinichi dall’essere Shinichi.
Ben diverso era permetterle di specchiarsi negli occhi di un bambino ingenuo, dal riflesso di sé che poteva scorgere negli occhi di un ragazzo avviatosi a divenire un uomo.
Ben diverso era stringerle la mano, non riuscendo neppure a cingerla completamente, dallo stringerla al suo corpo, circondandole la vita con le braccia quasi per nasconderla e così proteggerla.
E forse questo l’aveva scoperto anche lei.

Shinichi continuò a scrutarla per un po’ , come se volesse verificare che non cambiasse idea e si rimpossessasse della cassetta. Quindi, spostò gli occhi sull’oggetto in questione, deglutendo.
Un pensiero gli attraversò la mente, e sorrise serrando le palpebre.
Quando le riaprì, allungò la mano libera in direzione della ragazza: comprendendo che voleva ringraziarla, grato, per quell’atto di fiducia Ran avvampò: eppure non esitò un solo istante e gli prese la mano, pur arrossendo.
Shinichi continuò a sorridere.
Inaspettatamente, adagiò sul suo palmo aperto l’audio-cassetta.
“Cosa?” Ran cadde dalle nuvole, incredula.
“Ascoltala.” Affermò soltanto.

Nonostante non si fosse pentito neppure per un istante della sua decisione, non riusciva a tranquillizzarsi; prese un respiro profondo, poi poggiò la mano sulla maniglia della porta, entrando nell’aula della scuola Teitan.
Deglutì un paio di volte, prima di realizzare che Ran non era presente. L’assenza della ragazza, però, non lo rese più calmo, anzi: l’attesa del suo arrivo l’avrebbe ucciso!
Con passo deciso, capace di nascondere i suoi moti interiori con un aspetto sicuro di sé, prese posto.
“Ti senti solo oggi, eh?” lo salutò la voce dell’ereditiera Suzuki.
“Prego?” le rispose, meravigliandosi di come fosse riuscito a mantenere un tono di voce fermo.
“Ran non c’è!” gli spiegò, poggiando un gomito sulla sua spalla. I suoi occhi vispi brillavano di malizia, mentre le labbra fremevano per replicare prontamente a qualsiasi cosa Shinichi avesse detto.
“E…?” si finse noncurante lui, gli occhi ridotti a due fessure nel tentativo di sembrare annoiato.
“E avete rotto!” sbottò lei “Prima c’è la mogliettina che aspettava il marito; poi c’è il maritino che aspetta la moglie! Vi rendete conto che siete assurdi?”
Paonazzo, il detective alzò le spalle per scrollarsi di dosso il braccio di Sonoko: “Sei tu, qui, l’unica a seccare!” replicò quindi “E comunque Ran non è malata, a momenti arriverà…” aggiunse, domandandole così indirettamente il motivo di quel ritardo.
“No, Cavaliere Nero*, non arriverà! La tua Principessa di Cuori* oggi ha gli allenamenti speciali per il torneo di karate di domani, non ricordi?”
Il ragazzo spalancò gli occhi, sorpreso: “Non lo sapevo! Domani c’è la finale?”
“Certo!” lo rimbeccò lei, avvicinandosi minacciosamente al suo viso “E sia chiaro, detective da quattro soldi!” prese a muovere freneticamente l’indice a pochi centimetri di distanza dal suo naso “…se non vai a vederla ci penserò io a te! Dopo tutto il tempo che avete sprecato, non esiste che ora vi prendiate la libertà di tergiversare! Datevi una mossa e mettetevi insieme!”
Per l’ennesima volta, Kudo avvampò; ma non ebbe il tempo di negare, che Sonoko, repentina, aggiunse: “Inoltre, mio caro Cavaliere…tu a Ran devi ancora un bacio!” insinuò, riferendosi naturalmente a quanto era stato interrotto durante la recita scolastica del Teitan.

-Quanto dovrò aspettare prima di sapere cosa diavolo aveva inciso Vermouth su quell’audio cassetta?!- imprecò il ragazzo, percorrendo con passo lento il cortile dell’istituto. La mattina era passata con enorme sforzo, poiché il suo pensiero era continuamente rivolto alla ragazza: -Uffa!- concluse, calciando un sassolino che andò a infrangersi contro la ruota di una macchina.
Alzando gli occhi, Shinichi scoprì che quella vettura era una volante della polizia. Assottigliò gli occhi; l’ultimo incontro che aveva avuto con le forze dell’ordine non era stato troppo piacevole…

“Collaborare con la polizia.” Ripetè, con tono tagliente.
“Prima…prima di andar via l’ho fatto, nonostante tutto credo che l’ispettore Megure si ricordi dei tempi in cui mi telefonava perché lo aiutassi nelle indagini. Qualsiasi caso mi sia stato proposto, io l’ho risolto.”
“Qui non è in gioco la tua comunque dubbia bravura, noi vogliamo…” lo interruppe Michiyo ma Kudo alzò il tono della voce, riprendendo la parola:
“…e quando, sebbene io non vi avessi chiesto nulla, mi avete proposto di aiutarvi nell’inchiesta sul serial-killer io ho accettato. Sebbene tu non tolleri le stronzate” ripetè con ironia i termini utilizzati da quello che, in quel frangente, era il suo primo avversario “che io vi ho rifilato dopo la morte di Sakata e non voglia accettare che io stia lavorando ad un caso riservato, è questa la verità: ed io vi avevo avvisati. Vi avevo detto chiaramente la mia occupazione, vi avevo detto chiaramente che non vi avrei rivelato nulla e ve l’ho ripetuto quando, ignorando ogni procedura, avete convocato per la seconda volta Miyano in centrale. E sapevo, ero certo…” si affrettò ad aggiungere prima che qualcuno lo interrompesse: ma, prima di proseguire con il suo discorso, abbassò il capo cosicchè la frangetta potesse celargli parte del volto “…che vi sareste insospettiti. Era chiaro che avreste avuto dei dubbi, che vi sareste chiesti di quale indagine potesse trattarsi. Ma mai…mai avrei potuto immaginare che mi avreste trattato come un sospettato: voi mi avete pedinato…” sputò, con risentimento “…mi avete messo dietro un’autovettura…, mi avete tenuto nascosto le ultime scoperte sul serial killer, mi avete accolto con gelo quando avevo appena salvato Ran e Kogoro da quel pazzo, tu addirittura mi volevi sparare addosso, Michiyo…” mai quel nome fu pronunciato con più stizza “Avete costretto Miyano a venire a testimoniare, per la seconda volta, senza avvisarmi e quando sono arrivato in centrale quasi non mi avete lasciato andare…Ed ora, piombate qui. ‘Non appena si fosse svegliato’ ” furono ripetute, per la terza volta, le parole dell’ispettore Megure “…è giusto, avete ragione: è questo che recita il regolamento. Perché qui voi non venite come collaboratori, come colleghi. Voi venite qui come poliziotti, a elencarmi le accuse in cui posso incorrere… ”
S’infiammò, perdendo il controllo: infatti il suo tono di voce divenne più alto e le mani quasi tremavano:
“E mi sottoponete ad un interrogatorio in piena regola!!” sbottò, infine, con un eccessivo sforzo: non solo la fronte, infatti, ma anche le tempie furono percorse da un dolore lancinante, che lo costrinse ad afferrarsi la testa con le mani e poi ripiegarsi su se stesso.
“Shinichi…” si preoccupò Agasa, correndo al suo fianco per poggiare una mano sul capo.
Senza pensarci due volte Ran, dal canto suo, afferrò il piccolo telecomando posto sul comodino, schiacciando ripetutamente il tasto che avrebbe allertato il dottore.
“Mi trattate come un criminale.” Scandì Shinichi con amarezza, mentre ancora si reggeva la testa.

Era ridicolo trovarsi in una condizione di tale avversione con la polizia! Lui, che per amor di giustizia aveva corso infiniti rischi, svolto innumerevoli indagini, messo in gioco la sua stesa vita, era allora totalmente contrapposto agli agenti e all’ispettore. Sorrise, lasciando trasparire un’espressione amara sul viso:
-Era prevedibile…tenere nascosta l’Organizzazione e l’inchiesta che la riguarda…come ho fatto a non capire che sarebbe potuto accadere?- Un lampo gli folgorò la mente: -Spero davvero che Ran reagisca meglio, se davvero in quella cassetta c’è…- ma non riuscì a terminare la sua riflessione, troppa era l’ansia che gli impediva di ragionare lucidamente.
Lanciò un’occhiata alle sue spalle: a Ran avrebbe pensato dopo! In quel momento la sua preoccupazione principale era evitare la polizia: non aveva la minima voglia di scontrarsi di nuovo con loro. Se il cancello posteriore della scuola fosse stato aperto, sarebbe potuto passare da lì…
Ma un uomo si schiarì la voce; allertato da Takagi, che aveva notato l’investigatore a causa del rumore provocato dal sassolino da lui calciato, l’ispettore Megure scese dall’automobile, posizionandosi in piedi al fianco della portiera bianca.
Shinichi si ritrovò costretto a ricambiare il suo sguardo: per un istante arrestò il passo, preoccupato.
-Ma bene…- pensò ironicamente, riprendendo a camminare mentre una folata di vento gli scompigliava i capelli mori.
Avvicinandosi, notò che era presente anche Michiyo.
-Questa non ci voleva…- affermò mentalmente, immaginando il motivo della loro presenza: -Ed ora cosa racconto? Se mi portano in centrale per un interrogatorio ufficiale, cosa mi potrò inventare?-
L’ispettore teneva gli occhi fissi sulla sua figura in movimento; e lui, d’altro canto, sorreggeva il suo sguardo senza neppure batter ciglio: nonostante si trovasse in grande difficoltà, non l’avrebbe dimostrato. Mai! La sua espressione era sicura, come poche ore prima in classe; l’andatura decisa e il passo fermo. Nulla provava che la sua mente era colma di pensieri:
-Maledizione! Avrei dovuto aspettarmelo! Perché? Perché non mi sono preparato?-
Quando fu abbastanza vicino da arrestare la marcia, improvvisamente, Megure sorrise.
“Buongiorno, Kudo. Possiamo rubarti un po’ di tempo?” fu la risposta che offrì l’uomo all’espressione interrogativa dell’investigatore.
Il ragazzo, sorpreso, corrugò la fronte; ma riprese subito coscienza della situazione:
-Bene, almeno non è irritato…forse riuscirò a cavarmela, in questo modo…-
“Sì.” Rispose laconico, la cartella sotto il braccio ed entrambe le mani nelle tasche della divisa.
“Ci troviamo qui per…”
Per l’ennesima volta quel giorno, il cuore di Shinichi mancò un battito.
“…porgerti le nostre scuse circa quanto accaduto in ospedale pochi giorni fa. Non era né il momento né il luogo adatto per presentarci in veste ufficiale.”
“Co-cosa?” non riuscì a trattenersi il giovane Holmes, sbalordito.
L’ispettore si voltò a squadrare Ishimaru, come per invitarlo a prendere la parola; il castano sospirò, volgendo lo sguardo al cielo: il messaggio che poco prima aveva ricevuto da Akane* fu l’unica ragione che lo spinse ad annuire, in segno d’assenso.
Quel cenno era il massimo che si sarebbe potuto ottenere da Ishimaru.
“Spero vorrai accettare le nostre scuse.” Concluse Megure, porgendogli la mano.
Il detective fu titubante per qualche secondo: non credeva ai suoi occhi! Tuttavia, non appena i due anni di collaborazione con la polizia riaffiorarono alla mente, non esitò a ricambiare la stretta di mano.

“Ispettore, sono Kudo!” la voce contratta, che a fatica usciva dalla gola.
“K-Kudo?!” ripetè sorpreso l’uomo, stringendo più forte tra le mani il telefonino nel timore di aver capito male.
“Mi ascolti: deve assolutamente bloccare i due uomini vestiti di nero che sono appena entrati nell’hotel!” il tono era cupo, come se l’investigatore fosse stato colto da una grande preoccupazione.
“Cos...? E tu come fai a sapere che mi trovo nell’hotel Haido City? E che questi due uomin…” Si trattava pur sempre di un poliziotto, dopotutto. Ma il ragazzo non gli diede modo di terminare la frase:
“Ispettore, è importante!” lo interruppe, incalzando frettolosamente “Per favore, blocchi quei due uomini!”
Megure non capì la ragione di quell’atteggiamento tanto strano, né comprese il perché, non appena aver accettato quell’assurda richiesta, il ragazzo avesse immediatamente riagganciato. Ma, sicuramente, doveva essere sul serio qualcosa d’importante, altrimenti Kudo non avrebbe osato arrivare a tanto. Pochi istanti dopo, a tutti gli agenti di polizia presenti all’interno dell’albergo, fu diramato l’ordine di bloccare i due individui vestiti di scuro.*

“Fantastico come sempre!” si rivolse a lui Megure, mentre Takagi scortava la donna nell’auto della polizia.
“La ringrazio, ispettore, ma non è stato niente!” ridacchiò il giovane, scompigliandosi i capelli con una mano: vestiva ancora i panni del Cavaliere Nero.
“Che ne diresti di venire con noi a seguire gli interrogatori come i vecchi tempi?” gli propose cordiale, ignorando l’affermazione di Kogoro “E’ bravo, ma non può certo pretendere che raggiunga il mio livello…” e avviandosi a lunghi passi nella sua direzione.
“La ringrazio, ma temo di dover declinare l’invito” rispose senza un attimo d’esitazione, lanciando poi un fugace sguardo alle sue spalle: Ran, splendida nell’abito da principessa, lo fissava incuriosita. “Ho qualcosa di importante da fare qui, adesso…” rivelò poi, allusivo.
“Come preferisci…” Megure non nascose la sua delusione: sperava di caricare in auto anche quell’investigatore che tante volte l’aveva aiutato nelle inchieste!
“Oh, a proposito: vorrei che non rivelasse che sono stato coinvolto in questo caso, ispettore!” aggiunse repentino, una mano accanto alla bocca perché solo l’uomo lo udisse.
“Non capisco davvero perché tu ultimamente ti comporti in modo così strano!” lo guardò interrogativo, come a chiedergli una spiegazione, che però non arrivò.
“Sei stranamente modesto!” tentò ancora di ottenere una risposta, ma Shinichi lo scrutava in silenzio.
“Sia come vuoi!” accordò infine. Gli lanciò un ultimo sguardo, prima di lasciare la palestra e raggiungere i suoi sottoposti nella vettura.

“Conan…ma sei sicuro che così potremo capire chi è l’assassino?” domandò stupito Takagi, gli occhi assottigliati. L’agente si chinò, poggiandosi sulle ginocchia per trovarsi alla medesima altezza del bambino.
“Certo! Basterà pronunciare questa frase e tutto sarà più chiaro!” assicurò il piccolo detective, annuendo convinto.
“Intendi dire che se la recito riuscirò ad individuarlo?” gli fece eco Megure, poco propenso a dare adito a quella che, nella sua opinione, era semplicemente una buffonata.
“E’ una formula magica che mi ha rivelato Shinichi!” tentò allora il bambino occhialuto, sperando che quella fosse la giusta strategia perché i due poliziotti gli dessero ascolto. E infatti:
“Beh, se davvero è un’idea di Kudo…” acconsentì l’uomo, facendo un cenno del capo a Takagi affinché radunasse i sospettati. Poco tempo dopo, l’ispettore era in piedi, di fronte a quattro sedie, intento a pronunciare il motto giapponese: “Shiranpuri!”*

L'ispettore Megure aveva sempre riposto in lui la massima fiducia; un eccesso di formalità -per lo più, causato probabilmente dall'interferenza di Michiyo- non poteva cancellare quel legame di reciproco rispetto e stima.
“Naturalmente!” sorrise Shinichi di rimando, cordiale.
Il ragazzo spostò la sua attenzione su Takagi che, alle spalle dell’ispettore Megure, ricambiò con vero affetto e riconoscenza il suo sorriso: lo riteneva davvero in gamba, inoltre non poteva dimenticare l’aiuto nell’indagine che gli aveva permesso di interrompere il miai di Sato.*
-Oh, pericolo scampato!- pensò Shinichi, tirando un sospiro di sollievo mentre un enorme gocciolone gli scivolava sulla nuca –Mi ero preoccupato inutilmente…-
Ebbe immediatamente modo di ricredersi:
“Inoltre, Kudo…” esordì Megure, lasciandogli la mano per riportare le sue congiunte dietro la schiena.
-Ahi ahi ahi!- imprecò mentalmente, sudando freddo.
“C’è un'altra cosa.”
Michiyo incrociò le braccia, pronto a trasformare un rumoroso sospiro in uno sbuffo; Takagi, allora, gli assestò una gomitata su un fianco, causando un gemito sommesso. L’espressione dell’agente innamorato della bella Miwako non riusciva a nascondere il suo entusiasmo: ammiccò a Shinichi, annuendo poi ripetutamente come per suggerirgli la risposta alla probabile domanda che Megure stava per rivolgergli.
“Anche volendo, non è possibile ignorare la tua abilità. Eri molto bravo sin da ragazzino: ricordo ancora con piacere…”
“Ricordiamo!” lo interruppe Takagi assumendo un tono di voce acuto nella foga di sottolineare il suo compiacimento.
“Sì, vabbeh, ricordiamo…” mugugnò Megure, assottigliando gli occhi seccato:
“Dicevo,
ricordiamo con piacere il primo caso che risolvesti per noi, su quell’aereo diretto a New York…* Già allora eri davvero bravo. Ma ora, Kudo, hai davvero superato te stesso. Non posso…”
“Possiamo!” di nuovo interferì Takagi, gli occhi brillanti per la gioia.
“Non
possiamo…” si corresse Megure, al limite della sopportazione.
Shinichi, nonostante i complimenti appena ricevuti, trattenne una risata per quel siparietto che stava prendendo vita davanti ai suoi occhi.
“…non possiamo esimerci dal porgerti le nostre più grandi congratulazioni. Hai sviluppato uno spirito d’osservazione senza eguali, il tuo intuito è forse maggiore di quello di tuo padre e il tuo coraggio supera di molto quello del più dei poliziotti, devo ammetterlo. Inoltre possiedi una professionalità e un contegno degno di un vero professionista del mestiere.”
Kudo era arrossito, palesemente: le gote, coloratesi di un rosso acceso, scottavano.
“Ma no, non esageri!” ridacchiò, scompigliandosi convulsamente i capelli con la mano: il lato più fiero di lui tornò, dopo mesi, a fare violentemente capolino nella sua personalità, trasparendo dai suoi occhi e dal suo sorriso.
“Infine, se mi permetti di rivolgermi a te…come amico della tua famiglia da tanti anni…sei diventato un uomo, Shinichi. Un uomo valoroso. Ne sono rimasto colpito!” terminò il discorso, battendo un paio di pacche sulla spalla del giovane paonazzo ma estremamente rasserenato:
“La ringrazio davvero.” Disse, grato. Quel giudizio espresso da una personalità tanto importante quanto l’ispettore e la faccia accondiscendente di Takagi, valente poliziotto, non poteva che renderlo estasiato: Shinichi era al settimo cielo.
Quindi, un po’ in imbarazzo, ma comunque lieto e soddisfatto, afferrò il casco legato alla sua moto, parcheggiata quella mattina affianco al cancello della scuola.
“Ogni volta che avrà bisogno di me, ispettore, io…” fece per manifestarsi disponibile, ma Megure lo interruppe:
“Perdonami, Kudo, ma c’è ancora un’altra cosa che vorrei dirti.” Affermò, serio, grattandosi la guancia con l’indice. Quel movimento di soggezione lo intimorì:
-Oh, no, no, no, no! Non ditemi che era solo un discorso per introdurre la questione dell’interrogatorio! No!- temette, preoccupato per la possibile domanda circa l’organizzazione e deluso per tutti quei complimenti che, in quel caso, sarebbero divenuti assolutamente inconsistenti.
Un sonoro sbuffo di Michiyo, ancora una volta interrotto dal tempestivo intervento dell’agente Takagi, contribuì a tranquillizzarlo: doveva trattarsi di qualcosa che al poliziotto non risultava gradito! Forse una nuova inchiesta?
-S-sì, ma certo…- ridacchiò nella testa –E’ molto probabile che sia così…- Sospirò, più sereno, avvalorando l’ipotesi di una nuova indagine per la quale si richiedeva il suo intervento.
“Per i motivi che ti ho appena citato…per la tua bravura e la tua validità in quanto uomo di legge…”
Takagi, evidentemente, fremeva.
“…siamo venuti sin qui anche per chiederti…”
Michiyo stava per esplodere, il volto rosso per la collera.
“…di entrare nella polizia.”
Cadde il silenzio.
I poliziotti fremevano per ottenere la risposta del ragazzo che, con la mandibola quasi a toccare terra e gli occhi strabuzzati, balbettava:
“Cos…cosa…cosa volete chiedermi??”
Riuscì infine ad articolare la frase, le spalle che si alzano e riabbassavano convulsamente per la sorpresa.
“Kudo, sei talmente bravo che non possiamo lasciarti sfuggire!” tentò di spiegarsi meglio Megure, un sorriso sincero dipinto sul volto.
Takagi gli diede man forte: “Entra nella polizia! Faremo…l’ispettore…” si corresse immediatamente, dominando un brivido lungo la schiena alla gelida occhiata di dell’omone “…farà in modo che, non appena terminata l’accademia, tu possa essere assegnato alla nostra divisione! Ti tratteremo benissimo, puoi scommetterci!”
Ishimaru sbuffò per l’ennesima volta, manifestando senza remore il suo dissenso.
Il liceale, ancora basito, si riprese gradualmente, ma continuava a tacere.
“Sarai uno tra i migliori poliziotti in circolazione, Kudo!” lo incoraggiò l’ispettore, notando il suo viso iniziare tirarsi a causa di un sorriso d’orgoglio e di soddisfazione che il ragazzo cercava di trattenere: il liceale stava lottando contro quel lato tanto spavaldo e sbruffone di sé che da tempo era riuscito a mantenere sopito.
“Entra nella polizia, Kudo!” ripetè, convinto di quale sarebbe stata la reazione dell’investigatore.
Come tutta risposta Shinichi finalmente lasciò esplodere la risata che a stento era riuscito a trattenere, sorprendendo i tre uomini.
“Io un poliziotto?” domandò retoricamente, calzando il casco che poco prima aveva afferrato e che sino ad allora aveva tenuto in mano.
“Ma fossi matto!” rispose, saltando in sella alla sua moto ed accendendo il motore.
“Eh? Come? Cosa?” furono le repliche dei tre agenti: strabuzzarono gli occhi e spalancarono la bocca proprio come aveva fatto il ragazzo pochi istanti prima.
“Non ci penso proprio!” si voltò verso di loro, asserendo: “Mai e poi mai!”
Poi diede gas e partì, lasciandosi alle spalle una scia di fumo e tre uomini assolutamente esterrefatti. Era ignaro però, che dietro al muretto della scuola, una ragazza si era nascosta per ascoltare la conversazione: dapprima intenzionata ad intervenire in caso di accuse contro il suo amico d’infanzia, Ran aveva preferito tacere ed assistere in disparte alla gloria del ragazzo che amava.
“Meno male che almeno Kogoro si è risparmiato questa buffonata!” aveva sentito commentare Michiyo, contento di non dover chiamare il suo rivale con l’appellativo di ‘collega’ “Beato lui che è andato per tre giorni alle terme con i suoi ex compagni di judo!”
Osservando con insistenza la moto di Shinichi allontanarsi, anche lei si era avviata verso casa.

Portò una mano lungo un fianco, poggiando la testa su un solo braccio. Neppure la mattina seguente, al pensiero della proposta ricevuta il giorno prima, quel sorriso si arrendeva, anzi: le labbra erano sempre distese in un’espressione di pura libidine; a questo riguardo, l’ispettore Megure non aveva sbagliato.
Sospirò ancora, muovendo leggermente le gambe sotto le lenzuola perché non si addormentassero.
L’orologio segnava le sette meno un quarto.
Chissà quando si sarebbe svegliata Ran! Voleva parlarle…

Era calata la sera: il giovane detective aveva trascorso tutto il giorno, una volta fatto rientro dalla scuola, a fare zapping tra i canali del televisore, senza potersi mai soffermare su un programma. Era inquieto, di certo non stava guardando la televisione: quello era un modo come un altro per non rimanere immobile, come chi finge di ascoltare della buona musica cambiando melodia quando sono trascorsi i primi tre secondi della canzone appena scelta. Il professor Agasa, consapevole della situazione sgradevole in cui il suo vicino di casa era coinvolto, aveva tentato di telefonargli, ma lui non aveva risposto: non aveva voglia di parlare con nessuno. “Shinichi! Sono giorni che mangi piatti pre-cotti! Passa non appena rientri, ho preparato del sushi in più! So che a te piace molto…A più tardi!” recitava il messaggio in segreteria lasciato dal dottore, ma lui l’aveva ignorato. Non aveva voglia neppure di mangiare.
Si limitava, talvolta, a lanciare uno sguardo oltre la finestra, contemplando il paesaggio farsi sempre più scuro: il cielo plumbeo non lasciava trasparire che pochi raggi dalla luna, contribuendo in questo modo a creare un’atmosfera quasi tetra.
“Uffa…” sbuffò Shinichi, gettando malamente il telecomando sul cuscino della poltrona accanto a sé; quindi sprofondò ancora di più nel divano, chiudendo gli occhi.
Mentre il televisore pubblicizzava un ottimo dopobarba, lui pensava:
-Chissà se Ran avrà già ascoltato quell’audio-cassetta…-
Quell’idea non lo abbandonava mai, neppure per un istante: persino il tentativo di riposare era stato vano, poiché il tanto desiderato sonno si tramutava in un’ansiosa veglia di riflessioni:
-Tutte le volte che l’ho ingannata quando lei mi chiedeva se davvero fossi io…come potrò spiegarle anche questo?*-
Un rumore lo dissolse dai suoi pensieri, costringendolo a sollevare di scatto le palpebre: sussultò prima di capacitarsi che si trattasse del campanello. Guardò ancora fuori dalla finestra, scoprendo che aveva anche cominciato a piovere.
“Accidenti, professore…” bofonchiò a mezza voce alzandosi faticosamente dal sofà “Ma perché insiste tanto?” continuò a lamentarsi, avviandosi però in direzione della porta d’ingresso.
Girò il pomello dell’imponente villa in stile occidentale, iniziando a mugugnare: “Ho sentito il messaggio, la ringrazio, ma non ho molto appetit…”
Le parole gli morirono in gola.
Davanti a lui, completamente zuppa a causa della pioggia, Ran era in piedi con le mani congiunte al grembo.

La sveglia del suo telefonino iniziò fastidiosamente a trillare: erano le sette.
Shinichi velocemente la staccò, rimanendo poi disteso su un fianco: non si sarebbe alzato.
Chiuse gli occhi, cercando inutilmente di prendere sonno e dormire almeno una mezz’ora: tuttavia in luogo di Morfeo, furono le immagini della sera precedente a rapirlo di nuovo:

“R-Ran!” si sorprese, conscio dell’ora tarda e del pessimo tempo.
“C-Cosa ci fai qui?” le domandò, squadrandola da capo a piedi: gli stivali di tessuto grigio erano divenuti neri per il fango, che le aveva sporcato anche le gambe nude; la gonna ed il giacchetto erano completamente bagnati e la frangetta si era appiccicata alla fronte accaldata.
La ragazza non rispose, fissandolo negli occhi: Shinichi deglutì.
-Ha…ha sentito l’audio-cassetta…- realizzò, preparandosi al peggio: già immaginava la karateka sferrargli un calcio sull’addome, oppure colpirlo in pieno viso con una raffica di schiaffi. E perché non usare una di quelle mosse letali che Kazumi* continuava ingenuamente ad insegnarle?

Eppure, fortunatamente, non era andata poi tanto male.
-Mph, no…- si corresse immediatamente ridendo di sé, gli occhi ancora chiusi nel vano tentativo di dormire –La fortuna non c’entra nulla…-
Tornò supino, portando di nuovo entrambe le braccia sotto il capo; aprì gli occhi, fissando poi lo sguardo sul soffitto. Sorridendo, permise con piacere che il ricordo della notte precedente avesse la meglio sulla sua mente: ignorando il colloquio che avevano avuto sulla soglia dell’abitazione, ripensò immediatamente a ciò che era avvenuto quando aveva trascinato Ran dentro la casa, chiudendo la porta alle loro spalle.

“Ti prenderà un’influenza se non ti cambi!” la rimproverò, prendendola per le spalle e costringendola così ad entrare nella villa.
La giovane si lasciò trascinare senza opporre resistenza, trovandosi così appoggiata al torace dell’amico.
Entrambi tacquero per qualche secondo, prima che Shinichi balbettasse imbarazzato:
“Do-dovrebbero ancora esserci i vecchi vestiti di mia madre, da qualche parte…” Quindi, tenendola ancora per le spalle, richiuse la porta con un colpo del piede, causando un tonfo sordo.
Ran e Shinichi erano soli in una casa gigantesca, chiusa.
A quel pensiero, la ragazza fu percorsa da un brivido: nonostante avesse trascorso spesso del tempo con lui da sola, da bambini, le tornarono in mente i suoi atteggiamenti maliziosi negli ultimi giorni e sperò che volesse riproporli.
Constatando però che Shinichi, dopo quella frase, taceva nell’attesa di una replica non tardò a rispondere:
“E pensi davvero che io accetti di cambiarmi davanti a te?” l’imbarazzo si unì al freddo provato nella corsa, tramutando le sue gote in due pomodori maturi. Tuttavia, non abbassò lo sguardo, ma anzi sostenne quello del ragazzo:
“Non credo tu abbia altra scelta…” le sorrise furbo, soffermando gli occhi sugli abiti bagnati.
“E se preferissi ammalarmi all’idea di spogliarmi?” lo canzonò, il tono di voce divertito, mentre poggiava le mani sul petto dell’investigatore, come a distanziare i loro corpi.
“Allora temo che dovrei intervenire io…” le rispose. Quindi, animato da una forza la cui provenienza ignorava, fece scendere le mani sotto il giacchetto della giovane, buttandolo a terra per lasciarla in maglione.
Lei sussultò, ma non oppose resistenza: “La maglia è asciutta, sai?” sussurrò mentre seguiva con lo sguardo le dita dell’investigatore tirarle giù la zip.
“Meglio prevenire che curare…” bisbigliò di rimando, prima di sfilarle anche quell’abito: Ran era in canottiera.
Una canottiera molto attillata che lasciava intravedere perfettamente le sue curve.
Shinichi, imbarazzato ma improvvisamente audace, soffermò gli occhi sulla sua figura, rapito.
“Cosa stai guardando?” lo richiamò subito, ponendogli un dito sotto il mento perché alzasse la testa.
Non rispose, sorridendole ammiccante: “Hai sbagliato…Proprio tutta sola nella tana del lupo ti dovevi venire a cacciare?”
La attirò a lui per i fianchi, facendo aderire i loro corpi.
Quel lato di Shinichi le piaceva sempre di più: per questa ragione non si dimenò, né tanto meno si finse offesa come di solito avrebbe fatto. Semplicemente, assecondò lo scorrere degli eventi, sperando di trovare il coraggio, in quell’atmosfera, di essere sincera e rivelare i suoi veri sentimenti all’amico d’infanzia, ignara che anche lui desiderava fare altrettanto.
“Shinichi, io…” arrossì ancora di più, all’idea di ciò che stava per dire.
“Ecco…” abbassò gli occhi, deglutendo. Quando però, in un estremo atto temerario, li risollevò per fissarlo nel viso, non fece in tempo a terminare il discorso: il ragazzo le pose una mano dietro la nuca, attirandola a sé con la foga di chi non vuole esitare oltre per paura di perdere il coraggio di agire.
Dapprima, i due si sfiorarono le labbra: molto presto, però, esattamente com’era avvenuto nel vecchio magazzino di Sakata, il bacio divenne profondo. Shinichi approfittò della sorpresa di Ran per aprirle pian piano la bocca con le labbra, permettendo così per la seconda volta alle loro lingue d’incontrarsi. Dopo poco Ran, vinto l’iniziale stupore, ricambiò il bacio ed allora i loro respiri si fecero affannati: eppure continuarono a baciarsi con trasporto, con foga, con ardore. Troppo tempo avevano atteso, troppo tempo erano stati distanti e troppo tempo si erano
desiderati perchè potessero soddisfarsi con così poco. Non c’erano più limiti al loro amore: nessuna organizzazione, nessuna copertura, nessun pericolo, nessun rivale, nessun fraintendimento, nessuna accusa, nessuna colpa.
Niente.
C’erano soltanto Shinichi e Ran, nulla si frapponeva tra loro. E quella notte sarebbe appartenuta a loro.
Liberi, finalmente, da un peso pesante quanto un enorme macigno, entrambi si sentivano pronti ad esprimere le loro emozioni, ad affrontare quel discorso che tante volte, per l’imbarazzo o il disagio, avevano rimandato a tempi migliori. Ma forse, quella sera, non serviva più alcun discorso: erano i loro sentimenti ad agire e fare quello che le loro menti invece non avevano trovato il coraggio di portare a compimento.
Respirando sempre più affannosamente Ran non volle prendere le distanze da Shinichi: perciò, continuando a baciarlo, fece scorrere le mani sul petto del ragazzo. Con le dita tremanti afferrò il primo bottone della sua camicia bianca, riuscendo con difficoltà a separare i due lembi di stoffa. A quell’azione tanto intraprendente Shinichi rispose stringendo ancora più forte a sé il corpo della karateka, circondandole poi la vita con le braccia.
Ran, incoraggiata dalla sua reazione, proseguì nell’ opera: ogni bottone slacciato liberava parte del torace del giovane, muscoloso ed allenato esattamente come, per tutti quei giorni, l’aveva immaginato. Sbottonata definitivamente l’intera camicia, desiderosa di constatare quanto la sua fantasia avesse errato e quanto invece avesse avuto ragione circa Shinichi, fece scorrere le mani sul suo busto nudo: gli accarezzò la pancia risalendo velocemente al petto, dove invece si soffermò.
A quel contatto, lui sussultò: Ran lo percepì chiaramente tremare, come se fosse scottato, quando le sue mani sostarono sui muscoli. Fece allora per ritrarle, temendo di averlo infastidito: ma, con sua meraviglia, lui rese il loro bacio ancora più intenso, ricatturando velocemente le labbra che lei aveva iniziato ad allontanare dalla sua bocca per scusarsi. Le loro labbra continuarono a separarsi e poi unirsi con rapidità per numerose volte, ogni incontro tra le loro bocche diveniva rumoroso: con il cuore che le batteva a mille, tornò nuovamente a posare le mani sul suo addome, accarezzandolo. Sebbene non avesse mai aperto gli occhi e non fosse quindi stata in grado di osservare i muscoli del giovane, Ran fu certa che la sua immaginazione non fosse caduta in errore: Shinichi godeva davvero di un fisico splendido, decisamente ben allenato.
A quella constatazione sentì il sangue ribollirle nelle vene: si affrettò a far scivolare a terra la sua camicia per carezzargli anche le spalle –altrettanto muscolose- e poi passargli le braccia attorno al collo, per giungere alla schiena.
Allora percepì distintamente le labbra del ragazzo, che ancora premevano sulle sue, distendersi in un sorriso: non si chiese il motivo quando Shinichi la sollevò dal pavimento, prendendola in braccio. In un batter d’occhio si ritrovò seduta su una superficie morbida e calda: aprì leggermente un occhio per scoprire che il ragazzo l’aveva portata in camera da letto.
Non riuscì a trattenere una risatina:
“Questa non è la stanza dei tuoi genitori?” gli sussurrò all’orecchio, per evitare di guardarlo negli occhi. Approfittò del tempo impiegato dall’investigatore per rispondere, facendo scivolare rapidamente la vista sul suo corpo semi-nudo: deglutì, contemplandolo.
“Preferisci il divano sporco di caffè?” le soffiò all’orecchio, dimostrando di non aver perso il suo umorismo neppure in quella circostanza.
Lei rise di nuovo, portandosi al centro del letto con le gambe e trascinando con sé Shinichi, che ancora abbracciava per la vita. L’investigatore si lasciò tirare, prendendo a solleticarle il collo con le labbra. Lei fremette, trattenendo un gemito quando lo sentì baciarla. Gli cinse allora la nuca con una mano, scompigliandogli i capelli corvini.
“Hai un ottimo profumo…” si lasciò sfuggire Ran, tra un bacio e l’altro. Le guance di Shinichi s’imporporarono, eppure trasse da quel complimento il coraggio necessario per inginocchiarsi a cavalcioni su di lei, imprigionandole il bacino tra le gambe.
Quindi lei, lentamente, indecisa se fosse o meno la cosa giusta da fare, si distese: il capo sprofondò nel cuscino di piume, mentre lo sguardo si sollevava per incontrare quello di Shinichi.
Le gote arrossate e l’espressione imbarazzata, le sorrise dolcemente.
“Shinichi…” lo chiamò per nome, le labbra che s’incrinavano spontaneamente in un sorriso senza che la testa gliel’avesse ordinato.
“Mhm?” rispose, chinandosi verso di lei per poggiare le mani ai lati delle sue spalle. Non riuscì a fare nient’altro che sorridergli: le guance s’incendiavano sempre di più, eppure non poteva staccare gli occhi da quelli azzurri dell’amico d’infanzia.
Sorreggendo il suo sguardo lui le si avvicinò al volto, catturandole di nuovo le labbra.
Ma il bacio fu breve, presto infatti la sua bocca scivolò fino al decolleté, una scia di baci bollenti nel tragitto percorso.
Ran percepì le sue mani calde risalirle lungo i fianchi mentre le sfilava la canottiera: divenne paonazza quando lui, sollevandosi leggermente, la osservò nuda, con solo il reggiseno a coprirla, sotto di sé. Con il cuore che le martellava nel petto, attese che si sporgesse di nuovo verso di lei: ma questo non accadde. Shinichi stava contemplando il suo corpo, candido, snello, marmoreo. Appariva rapito da quella visione che lo deliziava.
Troppo imbarazzata per permettergli di mirarla oltre, Ran si sporse celermente verso di lui, baciandolo: Shinichi rimase immobile per qualche istante, sorpreso. Poi ricambiò il bacio, chiudendo gli occhi e cingendole le spalle con le braccia: presto, però, le mani scesero sino a raggiungere i gancetti del reggiseno.
Nel momento in cui sentì le dita di Shinichi posarsi sul suo indumento, Ran, impaziente, gli morse un labbro, tornando a giocare con i suoi muscoli.
Deglutì quando avvertì le bretelline rosate scenderle lungo le braccia: era per metà nuda, allora, al suo cospetto. Attese agitata l’attimo in cui l’investigatore avrebbe portato le mani anche lì: eppure questo non accadde. Shinichi continuò a baciarla, tenendo le mani sui suoi fianchi: temeva di risultare rude e non voleva rovinare un momento che non aveva neppure mai osato immaginare, sebbene ardesse di desiderio. Anche Ran fremeva e perciò, preso coraggio, si strinse a Shinichi congiungendo il seno scoperto al suo petto nudo: entrambi furono costretti a sciogliere il bacio per liberare un gemito.

“Sei sveglio?” udì il bisbiglio di Ran: sebbene l’avesse visto muoversi nel letto, temeva di poterlo distogliere da un buon sonno ristoratore.
“Sì…” le rispose lui, continuando a fissare un punto indeterminato di fronte a sé: terminata quella nottata, si era esaurita anche tutta la sua audacia e Shinichi era tornato il ragazzo timido e, talvolta, un po’ impacciato che era sempre stato. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi, non dopo quello che…
“Buongiorno, allora.” La sentì dire, il tono di voce ovattato.
“Ti…ti ha svegliato il suono del cellulare?” le domandò, maledicendosi mentalmente per essersi dimenticato di staccare il telefonino.
Lei annuì: “Anche a te?”
“No, ero sveglio da un po’…” ammise, gli occhi grandi quanto due puntini all’idea di avere la ragazza nuda, avvolta solo dalle coperte, a pochi centimetri di distanza.
La risposta giunse dopo un lungo silenzio: “Non hai preso sonno per colpa mia? Ti ho infastidito in qualche modo?”
Shinichi lasciò sfuggire un sorriso rumoroso: nonostante cercasse di apparire disinvolta, anche lei era molto imbarazzata. La consapevolezza di condividere il letto con il ragazzo che amava sin da bambina e che da tempo l’attraeva non la metteva certamente a suo agio.
Divertito dal tono titubante della giovane e allo stesso tempo colpito dalla sua insicurezza, si girò su un fianco, guardandola; presa alla sprovvista, lei si strinse nelle spalle, scoperte, cercando di nascondere il proprio corpo tra le lenzuola: la stoffa descriveva morbidamente ogni sua forma, accompagnandola dolcemente.
“Tu non m’infastidisci mai.” Le rispose, facendola arrossire: quando la vide abbassare lo sguardo, sorridendo però felice, vinse la timidezza e le cinse le spalle con un braccio, per trarla a sé.
Lei poggiò allora il capo sulla scapola del compagno di classe, sistemandosi comoda; quindi lentamente, come se volesse testare la sua reazione, pose una mano sul petto muscoloso di lui.
“Mi sono pentito.” Disse d’un tratto lui, serio.
Ran si sentì sprofondare in un baratro: si tirò a sedere di scatto, reggendo con una mano la coperta all’altezza del seno.
“Di…di questa notte? O…o di quello che mi hai detto quando…” incalzò, fissandolo con gli occhi sgranati.
Lo vide ridere con le mani incrociate sotto la nuca.
“Ti bevi proprio tutto, eh?” la prese in giro. Si rizzò a sedere anche lui, ponendole per la seconda volta un braccio attorno alla schiena:
“Mi sono pentito del modo in cui ti ho salutato questa mattina…” precisò, sorridendo a un suo broncio.
“Buongiorno, Ran…” Finse si fosse svegliata in quel preciso momento, posandole un delicato bacio a fior di labbra che divenne molto presto passionale. Ran gli circondò il collo con le braccia; per tutta risposta, lui si distese di nuovo, trascinandola sopra di lui.
“Ben svegliata!” concluse, soffiandole sulle labbra non appena il bacio fu terminato.
“Buongiorno anche a te, Shinichi…” Replicò, tornando ad appoggiare il capo sul suo torace. Rimasero per un po’ così, immobili; poi lei iniziò a disegnare con l’indice delle eccentriche circonferenze sul suo petto, solleticandogli la pelle.
Shinichi le incatenò le gambe alle sue, sotto le lenzuola che avevano visto il loro amore raggiungere l’apice del piacere.
“Dovremmo alzarci…” constatò, stringendola più forte a sé “E tu, dovresti allenarti!” il tono di voce era ironicamente perentorio “Oggi pomeriggio hai la finale. Non voglio essere certo la causa della tua sconfitta.”
“Sarai la causa della mia vittoria!” gli confidò, di getto, avvampando subito dopo; tuttavia continuò ad accarezzargli l’addome con la mano.
“Verrai a vedermi?” azzardò, prendendo a tracciare con la punta del dito dei cuori sui suoi muscoli.
“Solo se mi prometti che vincerai.” Le ammiccò, bloccandole quella stessa mano che dipingeva figure immaginarie su di lui.
“E cosa vincerò da te? Un pomeriggio al Tropical Land…senza alcuna interruzione?” sottolineò le ultime parole con la voce, riferendosi naturalmente all’esito del loro primo appuntamento in quel luna-park: quando tutto era iniziato.
“No.” Incrociò le sue dita con quelle della ragazza, in un gesto dolce che le strappò l’ennesimo sorriso d’amore “Vincerai me.”
Si fissarono in volto, specchiandosi l’uno negli occhi innamorati dell’altra.
Shinichi amava Ran.
Ran amava Shinichi.
Come potrebbe essere descritto un finale migliore di questo?
“E se perdessi?”s’informò, guardinga, avvicinandosi al suo viso sinuosa. “Cosa vincerò, se perdo?” Il tono era scherzoso, ma lo sguardo serio.
Il detective le sussurrò all’orecchio, causandole un brivido caldo lungo la schiena:
“Vincerai me.”
Quindi, senza attendere alcuna risposta, la baciò. Ma stavolta non s’interruppero: il ragazzo afferrò con una mano il lenzuolo, sollevandolo sopra le loro teste così da coprire interamente i loro corpi nudi.
“Shinichi!” lo chiamò lei, ridendo felice.

Prese di nuovo a baciarle il collo, scansandole i capelli dietro la schiena con una mano. Le sue labbra però, con inesorabile lentezza, scesero ad arrivare al suo seno.
“Sh…Shinichi…”ansimò quando percepì la sua lingua prendere il posto della bocca in quel gioco di lussuria.
Il gemito della ragazza gli causò una scarica d’adrenalina nelle vene; e così in un gesto di impaziente foga Shinichi afferrò i lembi della gonna di Ran, sfilandogliela senza neppure sbottonarla: l’indumento fu immediatamente gettato a terra, dalla parte opposta del letto.
Con il corpo bollente e l’eccitazione che sempre di più la divorava, lei tentò di imitare i gesti dell’amante: sbottonati i jeans chiari, li abbassò finché l’investigatore non si ritrovò in boxer.
Quindi, passandogli le braccia intorno alle spalle, gli baciò l’addome esattamente come aveva fatto lui pochi istanti prima: baci dolci, schioccati con labbra tremanti per l’imbarazzo e contemporaneamente per l’eccitazione, descrissero figure astratte sul petto, sul torace, e poi sulla pancia dell’investigatore.
“R-Ran…” si lasciò sfuggire, afferrando poi l’ultimo indumento che aveva indosso a coprirla.
Molto presto anche la loro biancheria intima non fu più di nessun impaccio.
“Ti amo, Ran.”
Le confessò all’orecchio, afferrandola per i fianchi per poi avvicinarla al suo corpo nudo.
Il cuore della giovane perse un battito: non poteva credere alle proprie orecchie. Non riuscì più a trattenere un sorriso di sincera gioia, che le illuminò il viso e che sempre, da allora, gliel’avrebbe illuminato di quella stessa luce che per tutta la vita avrebbe brillato negli occhi di Shinichi Kudo; e mentre, sotto di lui, raggiungeva il punto più alto del piacere, Ran Mouri lo abbracciò stretto:
“Ti amo, Shinichi.”

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Precisazioni
*Volume 61, file 10.
* Cavaliere Nero: Volume 26. Perdonatemi, mi sono presa la libertà di questo vezzo d’omonimia XD
*Principessa di Cuori: E’ la parte che interpreta Ran nello spettacolo in cui Shinichi è il Cavaliere Nero.
*Akane: la ragazza comparsa nel capitolo 33.
*E’ il caso in cui Conan e Ai s’imbattono per coincidenze in Gin e Vodka: Ai viene in seguito catturata da un altro membro dell’organizzazione, Pisco, e rinchiusa nel magazzino dell’hotel Haido City. Mentre Gin e Vodka si stanno recando in quella stanza per ucciderla, Conan chiama Megure con la voce di Shinichi, pregandolo di fermarli: naturalmente la polizia non riuscirà a bloccarli e Gin quasi ucciderà Ai, tornata adulta grazie al Paikal. Episodi secondo la numerazione giapponese: 176-178.
*Shiranpuri: volume 58, file 11.
*Miai di Sato: Episodio 254 nella numerazione giapponese (273 in quella italiana).
*New York: Volume 35.
*Ran ha sospettato la vera identità di Conan varie volte, ma il piccolo detective è sempre riuscita a dissuaderla.
*Kazumi: è la Sempai di Ran.

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Note dell’autrice: Eccomi giunta, dopo ben sei anni –udite udite!- alla fine di questa storia. Finirla quando appena è iniziato il nuovo anno, ammetto, sembra una contraddizione in terminis…ma è segno che non ho intenzione di posare la penna. Questa fic mi ha dato tante emozioni, scriverla mi ha permesso di mettere nero su bianco tutte le riflessioni che affollavano disordinatamente la mia mente, dando loro un preciso ordine, per di più…o, quanto meno, ho provato a fare questo :P Per prima cosa, come già ho annunciato in passato, terminerò l’altra fic E a Tokyo, quando? , che necessita ancora di uno o due capitoli. Poi, sarà il momento per una nuova creazione :D Non ho ancora ben in mente, esattamente, a quale delle tante (folli!) idee che risiedono nella mia testa darò vista, ma mi auguro di realizzare qualcosa di buono…
Non posso esimermi, naturalmente, dal ringraziare di cuore tutti coloro che hanno letto e ancora di più chi ha recensito la storia, o chi l’ha aggiunta nei preferiti o nelle seguite: GRAZIE DI CUORE!
Siete stati la ragione per cui ho continuato a scrivere anche nei momenti di defalliance, e mi avete donato tanto coraggio, enorme forza, ma anche un immenso piacere: sapere di aver interessato tante persone mi ha fatto provare davvero una gioia indescrivibile. Spero di essere riuscita a trasmettervi, con i capitoli di questa fanfiction, almeno un po’ del piacere che ho provato io.
Ora la smetto di cianciare inutilmente, sia per evitare di annoiarvi che per tentare di non commuovermi…un po’ difficile, onestamente, ma ci proverò sul serio ^^ Passo quindi a commentare io stessa :D Spero di non aver reso troppo disordinata o ambigua la struttura di questo capitolo: di fatto si tratta di un enorme flashback, all’interno del quale la narrazione procede concatenata ad alcuni momenti del presente e secondi flashbacks, di lunghezza minore; il punto di vista è quello di Shinichi. La prima parte, totalmente dedicata a lui, è un mio omaggio alla sua figura: un detective che mi piace sin da quando ero bambina, e che mi suscita sempre tante emozioni ogni volta che lo leggo…so bene che è un personaggio inventato XD, eppure, un po’ come fa lui con Sherlock Holmes, non riesco a non ammirarlo. Ho voluto sottolineare come lui sia nato investigatore e, secondo la mia modesta opinione, non cesserà mai di essere tale: bravissimo, eppure restio a divenire un poliziotto, o agente dell’FBI.
La seconda parte, invece, è un momento ShinRan: spero di non essermi spinta troppo oltre con la descrizione dell’accaduto ma…ho voluto davvero compiacere il mio ego da loro accanita fan e in più descrivere un momento, che, ammetto, desidero leggere nel manga da secoli xD Non ho ritenuto necessario alzare il rating poiché, l’effettivo…amore xD, consumato tra i due è stato, in un certo senso, censurato. Inoltre, spero di non aver reso i personaggi OOC, di non essere stata troppo melensa, né troppo volgare, d’altra parte, di aver descritto bene la scena…i dubbi, come al solito, sono molti: mi auguro davvero di aver realizzato un buon lavoro e che questa parte vi sia piaciuta! Anche Shinichi e Ran, dopotutto, meritavano un vero lieto fine.
Ultima ma non ultima, la questione dell’audiocassetta: voi mi direte “Hai dimenticato forse del momento in cui Shinichi e Ran ne discutono sulla soglia della porta di Villa Kudo?” Ed io vi risponderò: “No di certo, ma…non ve lo dico!” XD
Avevo sin dall’inizio intenzione di scrivere un finale aperto: dapprima avevo pensato, onestamente, di non lasciar capire se Shinichi tornasse nuovamente Conan o meno, addirittura, descrivendo soltanto l’effetto dell’aptx; poi però ho compreso che sarebbe stata una carognata XD Inoltre, da come si è svolta la storia, effettivamente la trama aveva preso una nuova forma rispetto alla ‘scaletta’ principale ed ho dunque ritenuto opportuno dare una fine precisa al tutto. Tuttavia, questo ‘sfizio’ di un argomento aperto, ho voluto togliermelo XD In realtà ad un lettore attento, un investigatore :D, anche la questione della cassetta sarà risolta: ho inserito qua e là piccoli dettagli, degli indizi oserei dire, che chiarificano la faccenda a mio piacimento e la orientano verso una direzione precisa. Non ho però intenzione di sottolinearli ;P Spero che non sia una scelta azzardata, e se così fosse…perdonate, vi prego, l’ego di una povera pazza scrittrice (?) XD Ora, con enorme piacere, passo ai miei adorati recensori!

@ Donychan:
Ciao! E’ un piacere ri-vederti…ho letto alcune tue storie e mi sono piaciute molto! E’ bello ricevere un commento positivo da te, cui apprezzo lo stile narrativo e le idee per le fic :D Ti ringrazio infinitamente, sono contenta che la mia storia ti sia piaciuta! Ho impiegato molto tempo per concluderla, ma…mi auguro davvero che ne sia valsa la pena! Avremo modo di risentirci nelle recensioni alle tue storie – non seguire il mio pessimo esempio, ti prego: aggiorna presto! Ahah, lo so, non sono nella posizione giusta per una richiesta simile ma…m’azzardo :P- Un grande bacio e auguri di buon 2012 :D

@Shinichi Kudo:
E tra uno spoiler e una benedetta pagina internet che non si carica, rieccoci qui! :D Che ne dici di quest’ultimo aggiornamento? Spero ti sia piaciuto!! Avevo promesso un regalino di Natale…ne ho fatto uno come augurio per un buon 2012, dai XD Michiyo, indubbiamente, non è più un problema per Shin e Ran: inoltre, oramai ha Akane! ;D Stavolta, poi, anche Kogoro si è tolto di mezzo XD Tre giorni con i vecchi compagni, così non interrompe i nostri due ‘amici’! Anche a me, devo ammettere, dispiace di aver concluso questa storia: mentre la rileggevo, prima di postarla, mi ha preso una malinconia terribile! Però d’altra parte sono contenta: come sappiamo, rischiavo di andare in una What if (sappiamo cos’è successo a Londra eheh). E poi, ora potrò concentrami su qualcos’altro (Okiya, Akai, Shin ehm ehm ehm XDDD). Non mi spiacerebbe scrivere una storia su di loro…Un bacio e a presto (ci si vede sul DCF :D). Ciauuu =)

@ _ire_:
Con che faccia mi ripresento dopo tutto questo tempo, eh? Lo so, da Halloween è passato un bel po’ ma…spero che l’attesa sia valsa la pena! Ho paura di essermi spinta un po’ troppo in là con l’ultima parte di Shin e Ran ma…la mano andava da sola a digitare sulla tastiera, mi è veramente uscito dal cuore. Mi auguro di non essere risultata volgare o sgradevole e di non essere scaduta in un racconto trash.
Mi rallegra molto sapere che i dialoghi ti coinvolgano tanto! E pensare che ogni volta che ‘tiro un discorso per le lunghe’ penso: “Non diventerà troppo pesante poi? Non annoierò con tutte queste frasi?” e altri mille dubbi che non mi lasciano mai in pace.
Ho tentato di dare una giusta caratterizzazione anche a Megure e Takagi, sottolineando il lato più ‘infantile’, in un certo senso, di quest’ultimo. Neanche io so se definirmi triste per la storia finita o felice per la possibilità di iniziarne una nuova XD Una cosa però la so: che le tue recensioni mi hanno reso sempre felicissima e ogni volta che le leggevo non poteva fare a meno di sentirmi veramente lieta! =D Ti ringrazio infinitamente, non puoi immaginare quanto mi abbiano fatto piacere!!
Un bacio grande grande grande e a presto, giuro! :**** Oh, aspetta, mi stavo quasi scordando: auguri, buon anno!!! :D

@ SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate:
Ciao! :P
Visto? In realtà io sapevo fosse il tuo compleanno, l’ho fatto di proposito! Ahah, naturalmente scherzo: approfitto però per farti gli auguri! Sono passati esattamente due mesi e due giorni da quella data! XDD Ovviamente, anche auguri per un bellissimo 2012!
Passando alla fic: mi fa molto piacere sapere che i momenti ShinRan dello scorso aggiornamento siano stati di tuo gradimento, spero possa essere lo stesso anche per questo epilogo! Non vorrei essere scaduta in una narrazione sgradevole e volgare…ho davvero scritto ciò che sentivo, più che la mente stavolta in me è entrato in azione il cuore. Adoro la loro coppia, mi dispiace vederli sempre soffrire, per un motivo o per un altro…ho voluto regalare loro il finale che, nella mia opinione, si meritano dopo tanto dolore. Michiyo ora non sarà più un problema per Shin, in assoluto: né in amore (scongiuro la possibilità che mai scriverò qualcosa in cui Ran sposa Shin e poi si prende Ishimaru come amante, per carità! Ahah XD) né nella carriera, il nostro investigatore ha intenzione di rimanere tale. E in questa scelta - per intenderci, la prima parte di quest’ultimo aggiornamento- credo di essere stata abbastanza fedele con il personaggio e il suo amore per la professione di detective. D’altronde, ci è stato presentato come il liceale che esclama: “Io voglio essere lo Sherlock Holmes del terzo millennio!” E Holmes era un investigatore, no? XP
Spero di non aver dimenticato nulla e aver risolto tutti i dubbi sparpagliati qua e là nei vari capitoli; nel caso non fosse così, chiedi pure tutto quello che vuoi: sarò a tua completa disposizione. Infine, la questione dell’audio-cassetta: mi auguro che neppure questa sia una scelta azzardata! Come ho già detto nelle note, in realtà il finale c’è: ho lasciato alcuni piccoli dettagli, degli indizi che possono illuminare sulla risoluzione della faccenda ma…unicuique suum, come si dice XD
Ho delle idee in cantiere che non vedo l’ora di realizzare…i miei tempi però sono quelli che sono, purtroppo! ^^” Ma prometto che questa non sarà l’ultima fic! Grazie di cuore per tutto il tempo impiegato a leggere e poi recensire la mia storia, mi ha fatto davvero un piacere immenso! Ogni volta che vedevo la recensione positiva (con tutti questi bei complimenti che mi fanno arrossire, poi ^///^) il cuore batteva davvero veloce :D Un bacio gigantesco e un abbraccio!
Ed ancora: grazie grazie grazie!

@ _Rob_:
Ehilà! Salve! =D
Innanzitutto: mi fa piacere che il gioco di parole di Vermouth ti sia piaciuto, temevo fosse una stupidaggine xD Se devo essere sincera, mi è venuto di getto, non era neppure calcolato XA Succede sempre così, a me: quando voglio inserire qualche collegamento intrigante ci penso e ripenso su per giorni senza cavare un ragno dal buco e alla fine mi devo arrendere e soggiacere alla mia scarsa abilità (per elaborare il caso del serial killer di questa fic…mamma mia, quanto tempo ci ho dovuto ragionare!! Per non parlare dell’anagramma del nome di Vermouth, Richard Sin Vey! E’ stata la parte più difficile di tutta la fic XDD) ! Quando invece non ho intenzione di inserire niente del genere…ecco là che mi viene l’ispirazione! Un dono e una maledizione (come dice Holmes del suo intuito nel film da poco uscito ;) ).
Michiyo, a questo punto, è del tutto out: ora può tranquillamente vivere la sua vita –professionale e amorosa- felice e contento senza intromettersi negli affari che non lo riguardano! Infondo, nonostante tutto, mi ero affezionata anche a lui xD E’ l’unico personaggio inventato di sana pianta dalla mia mente un po’ instabile XD e ho voluto donargli un lieto fine ^^
Ecco, ora…^///^ Riguardo alla questione della ‘pomiciata’ che accennavi nella recensione…XDDD Diciamo che ho seguito il tuo consiglio :D
Ripeto: ho davvero il timore di aver un po’ esagerato, non vorrei aver scritto qualcosa di erotico o porno XDD Però, davvero, mi dispiaceva terminare questa fic senza almeno descrivere un momento dolce tra loro! L’ho fatto anche come buon auspicio, nella speranza che per loro Gosho spenderà qualche pagina nel manga e ci mostrerà come la questione di Londra si evolverà! Fammi sapere cosa ne pensi di questa parte un po’ hot, ma sii sincera XD Se ho esagerato, dimmelo pure! ;)
Infine, l’audiocassetta: ahi ahi, anche qui sono stata un po’ una carognetta (come Gosho nel file 800! Ahah XD), ti permetto di dirlo! xD Quest’idea del finale aperto mi tormentava da un po’ eh…ma ripeto: ho lasciato qualche frasuccia che dovrebbe far capire cosa c’era registrato e cosa poi Ran, a questo proposito, ha deciso. Dedicare spazio a questa faccenda ne avrebbe sottratto alla…mh, questione di letto, diciamo xDD
Non so davvero come ringraziarti per tutti i complimenti che mi hai sempre fatto e per la tua amicizia, che è davvero un dono prezioso! :D Mi auguro davvero che l’epilogo (merito tuo, inoltre, se tutto questo è nato ;P) ti sia piaciuto.
Un abbraccio e un bacio grandissimo
Ps. Com’è andata poi l’interrogazione di storia?xDD

@ sarelf:
Ahah, figurati! Meglio tardi che mai, come recita il proverbio XD No, scherzo, naturalmente: un commento bello quanto il tuo è sempre ben accetto ;D Ti ringrazio molto, sei stata veramente gentile e mi hai fatto davvero arrossire ^///^ Sono contenta che la storia ti sia piaciuta e spero davvero che anche quest’ultimo capitolo sia stato di tuo gradimento. Come credo si sia capito, soprattutto da quest’ultimo capitolo, anche io sono una fan ShinRan ;D Ahah. Un bacio e grazie ancora! Oh, e ovviamente: AUGURI! =)

@izumi_curtis :
Ehy :D
Eheh, davvero? Beh, GRAZIE! ;D Hai avuto la stessa reazione anche oggi? Ahah, speriamo di sì, sarebbe buon segno =P Il fatto di essere riuscita ad essere tanto coinvolgente mi riempie di gioia, perché questa è, in assoluto, la mia più grande preoccupazione: non azzeccar il carattere dei personaggi, descrivere male una scena –troppo dettagliata da risultare noiosa o pesante, troppo imprecisa da rimanere vaga, indefinita e scadente!-, non essere chiara nei passaggi e rendere la scena ambigua. Sapere che questo non è capitato mi rende molto felice :D E i tuoi complimenti, come al solito, mi fanno arrossire ^/////^
Michiyo e Akane sono sistemati: belli, felici, e soprattutto…soli! Lontani da Shin e Ran, che sono ora liberi di…ehm…amarsi :D Ahah, spero davvero che anche l’epilogo sia stato piacevole come gli altri capitoli, non vorrei aver esagerato con l’ultima parte di Shin e Ran! Inoltre: il nostro caro Kudo è stato abbastanza provocante e provocatore in questo capitolo?? XDD Speriamo non lo sia stato troppo! Descrivere loro due in una situazione del genere è stato un po’ rischioso anche perché temo di andare fuori dalla caratterizzazione ma…ho voluto rischiare. Un lieto fine, un vero lieto fine, dopo tante peripezie, se lo meritano! E poi, se l’ho dato a Michiyo, perché loro no? XD
Tu ringrazi me? No no, aspetta: c’è stata un’inversione dei ruoli! Sono io che, con enorme piacere, ringrazio te: tutti i complimenti che mi hai sempre fatto, le recensioni, la volontà di seguire sempre la mia storia…mi hai resa davvero super, iper felice!! Grazie di cuore, sul serio :****
Eh già: merito di Rob se ho optato per l’epilogo! XP Se non mi avesse dato questo suggerimento, probabilmente ora la storia si sarebbe già conclusa ad Halloween, devo ammetterlo!
Grazie di nuovo, per tutto! E per tutto intendo: tutto! XD Non so come avrei fatto senza questo sostegno.
A presto con una nuova ficcy, promesso ;*** E, naturalmente, buon anno!!! Un bacio grande grande :XXX

@ :_ire_ 95
Ciao! Ed ora, la storia è finita! Spero ti sia piaciuto anche quest’epilogo e che questo lato più…deprevato? xD Di Shinichi sia stato di tuo gusto. Ti ringrazio molto per la recensione e i complimenti, sei stata veramente molto gentile. A presto!Auguroni! Bye bye :D

Siamo giunti al termine. Voglio ringraziare di nuovo CON TUTTO IL CUORE tutti coloro che mi hanno spinto a continuare questa fic, vi ho davvero adorato.
Non so davvero come avrei fatto senza di voi.
A presto (promesso! Anche se, oramai, temo conosciate i miei lunghi e dolorosi tempi ^^”).
Un enorme bacio e un abbraccio, augurandovi anche un sereno 2012!

XXX Cavy-chan XXX

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