Every breath you take

di nevaeh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Goodnight, goodnight ***
Capitolo 2: *** Let me be myself ***
Capitolo 3: *** Us and them ***
Capitolo 4: *** Feeling Good ***
Capitolo 5: *** Butterflies and hurricanes ***
Capitolo 6: *** Blood brothers ***
Capitolo 7: *** For once in my life ***
Capitolo 8: *** Somethin' stupid ***
Capitolo 9: *** Rumors has it ***
Capitolo 10: *** Get up, Stand up ***
Capitolo 11: *** Everything ***
Capitolo 12: *** So beautiful ***
Capitolo 13: *** Play the game ***
Capitolo 14: *** I'm your man ***
Capitolo 15: *** Streets of London ***
Capitolo 16: *** I won't let you go ***
Capitolo 17: *** Canzone dell'amore perduto ***



Capitolo 1
*** Goodnight, goodnight ***


A Donatella, senza la quale sarei perduta;

a Chiara, perché è lei.


 

 

Goodnight, goodnight


 

I need an alarm system in my house 
So I know when people are creeping about 
These people are freaking me out (these days) 

I just wanna live, Good Charlotte

 

 - Io lo amo - sospirò Olivia tenendo fisso lo sguardo sul monitor del suo computer. Dall’altra parte del salotto Julie grugnì appena qualcosa, senza nemmeno sprecarsi ad alzare lo sguardo dalla lista della spesa che stava solertemente redigendo. In effetti la scena non aveva nulla di nuovo o di diverso dal solito: da quando Julie era andata a vivere nel mini –ma davvero mini- appartamento nella zona universitaria della Queen Mary University insieme ad Olivia, aveva dovuto imparare ad accettare i pregi e i difetti di quella strana convivenza ma soprattutto di quella stranissima coinquilina, che, alla ormai avanzata età di diciannove anni, ancora si entusiasmava a guardare i cartoni animati delle otto e impazziva per i cantanti come una qualsiasi ragazzina di tredici anni. Non che Julie potesse farci molto, sia chiaro: voleva bene alla sua biondissima coinquilina, ma proprio non riusciva a capire come potesse tanto essere presa dalla lettura del nuovo tatuaggio di Mr Tal dei Tali, soprattutto considerato il fatto che il manuale di Storia dell’arte medievale giaceva abbandonato ai piedi del divano, sul quale Olivia stava distesa a sbavar.. pardon, guardare con vivo interesse la fotografia del suddetto tatuaggio, (s)fortunatamente disegnato proprio sotto al pettorale scolpito del cantante.
- A quanto pare – stava nel frattempo leggendo la ragazza – Louis e la sua fidanzata storica avrebbero appena rotto e lui, per la disperazione, si è fatto tatuare un pugnale sul petto. Oh, com’è romantico – sospirò.
Julie alzò gli occhi al cielo, scarabocchiando “latte di soia” sulla lista. In realtà, la disposizione d’animo della giovane in quel momento non era effettivamente delle migliori, considerando il mal di testa provocato dalle chiacchiere della sua amica e l’ansia per l’imminentissimo esame di Chimica I, sicuramente la materia in cui era meno ferrata.
- Fantastico – borbottò senza convinzione, alzandosi finalmente per prendere alcune banconote dal barattolo sull’ angolo colazione e infilandole in una enorme borsa, quasi pronta per uscire.

 – Vieni con me al supermercato? - Olivia, le lunghissime gambe fasciate in un paio di strettissimi jeans, seguì pigramente i movimenti della sua amica, una sigaretta stretta tra indice e medio e lo sguardo vacuo di chi nemmeno respirerebbe se non fosse un’operazione automatica.
- Grazie, ma passo per questa volta. Non posso uscire di qui – rispose l’altra, decidendosi finalmente ad alzarsi dal divano.
- Finalmente ti decidi ad aprire un libro! – sospirò contenta Julie, poiché le energie spese dalla sua coinquilina per lo studio erano inversamente proporzionali a quelle per la cura di corpo, capelli e/o unghie. Se non altro ogni tanto si rassegnava e piegava la bella testolina bionda sui libri per …
- Devo finire di fare la valigia perché alle cinque ho l’appuntamento con la manicure e non sia mai che arrivi in ritardo, che mi salta anche il parrucchiere alle sei e un quarto –
Appunto. 
Julie, due dita alla radice del naso come a voler fermare un mal di testa imminente indossò il soprabito e sconsolatamente uscì di casa.

 

****    ****    ****

 

Friends will be friends

When you need of love they give you care and attention

Friends will be friends

When you’re through with life and all hope is lost

Hold out your hands cos friends will be friends right till the end.

Friends will be friends, Queen

 

Cinque valigie, un trolley per le scarpe, una grossa borsa da viaggio, beauty e una shopper stipata fino all’orlo di tutti i generi di prima necessità che non potevano essere lasciati nella stiva. Non si poteva certo dire che Olivia Webb viaggiasse leggera; almeno non lo pensò il tassista che alla vista delle poche cosine per il weekend preparate dalla bionda quasi ebbe uno svenimento.

- Va bene cara – riprese per la centesima volta rivolgendosi ad un’annoiata Julie – starò via solo per tre giorni, ti prego non incendiare la casa, non lasciare accesso il gas, chiudi e metti l’allarme di sicurezza e ti prego non perdere le chiavi, perché non ne abbiamo altre – e con un’occhiata eloquente le mise in mano un mazzo di chiavi. Julie sbuffò, prendendole e mettendole in borsa.

- Capirai – ripose – solo perché avrò lasciato il gas aperto un paio di volte, o perché avrò dimenticato di chiudere casa o …- cominciò a giustificarsi, poi, quando capì che si stava scavando la fossa da sola preferì tacere prendendo a fissare la gente che passava. Olivia represse una risata, il tassista si fermò un attimo per asciugarsi il sudore dalla fronte gonfiando le guance come a trattenere l’ilarità; Julie sbuffò nuovamente contrariata ma si concesse un sorriso. Voleva bene alla sua amica, ma non poteva certo dire di non essere contenta di poter passare sola qualche giorno, a studiare e guardare Project Runway in tv. Il tassista intanto aveva finito di caricare le valige nel bagaglio e sul sedile posteriore. Con un ultimo abbraccio Olivia salì sul sedile accanto all’uomo che aveva messo in moto e le lanciava sguardi più o meno lascivi alle gambe.

- Ah quasi dimenticavo! – esclamò la ragazza abbassando in fretta la manopola del finestrino – probabilmente una di queste sere arriva una telefonata importante per me, potresti chiedere di chiamare a casa dei miei? – chiese, gli occhioni azzurri brillanti. Julia annuì distrattamente mentre controllava un nuovo sms nella rubrica, senza aver sentito una parola.

- Mi mancherai cara! – esclamò Olivia allora con un sorriso, Julia le strinse la mano.

- Anche tu – rispose sinceramente. Poi la macchina partì e la ragazza rimase a fissarla mentre si allontanava nel traffico.

 

 

***    ***    ***

 

Beauty queen of only eighteen 
She had some trouble with herself 
He was always there to help her 
She always belonged to someone else.

She will be loved, Maroon five

 

Quando alle dieci di sera Julie chiuse sconsolatamente il libro di chimica, capì che la concentrazione per quella sera era completamente andata a farsi benedire. Ora aveva solo bisogno di alzarsi dal letto, andare in cucina e servirsi un generoso bicchiere di latte caldo. L’ideale, certo, non fosse stato per l’esame che doveva dare alle undici la mattina dopo, fondamentale per i suoi studi, un po’ meno per la sua sanità mentale. Cherié, la gatta bianca che Olivia costringere a girare con nastri di seta deliziosamente legati intorno al collo, decise che quello era il momento migliore per annunciare la sua presenza con soffi e miagolii, costringendo la padrona di casa ad alzarsi per prepararle qualcosa da mangiare. Lì si preparò un tè al bergamotto, lasciando invece il latte alla gatta, che con decisi miagolii approvò lo spuntino. Lo squillo del telefono riscosse poco dopo la tranquillità della ragazza, sedutasi sul divano. Allungò un braccio senza voglia cercando a tastoni il telefono poggiato da qualche parte sui cuscini ma dopo qualche secondo decise che era meglio lasciarlo squillare. Soddisfatta si allungò placida tra i cuscini, la gatta le si sistemò sulle gambe e ormai completamente rilassata … driin, driin, driin!

- Ma chi è che la sera deve per forza rompere i cogl….- cominciò a dire aprendo la comunicazione, arrabbiata come una iena.

- Complimenti per la finezza delle dieci e un quarto di sera, spero tu non ti sia preparata questo soave saluto apposta – la interruppe una voce maschile dall’altro lato della cornetta, ironica. Julie rimase un secondo spiazzata, riuscendo solo a pensare a quella voce. Leggermente roca, profonda, sexy. Poteva una voce essere sexy? Be’, si a quanto sembrava. Poi la ragazza registrò le parole appena emesse dalla voce, e il colorito delle guance assunse una sfumatura scarlatta.

- Ma senti questo …- sbottò la giovane – chiami la gente di sera per due volte consecutive e ti permetti anche il lusso di sfottere? Ma vattene un po’ al diavolo! – concluse, già pronta a sbattere il telefono in faccia a “voce sexy”

- E dai che si ritorna ai francesismi …– continuò a celiare la voce, ridacchiando. Julia sbuffò alzando gli occhi al cielo.

- Capita, quando dall’altra parte del telefono ci sono sbruffoni maleducati – rispose acidamente la giovane, alzandosi e cominciando a camminare per il piccolo salotto.

- Non sono io quello che ha mandato al diavolo un perfetto sconosciuto dopo tredici secondi di conversazione -  le fece notare voce sexy, sempre più divertito dalla faccenda – ora, nonostante mi piacerebbe sapere come mai oggi per cena hai preferito un paio di limoni scaduti al caro vecchio roastbeef, devo assolutamente continuare con questa telefonata, se no dubito che ne usciremo vivi. Quindi, puoi gentilmente tacere per i prossimi quaranta secondi? Prometto che sarà veloce e indolore  - chiese l’uomo dall’altra parte della cornetta, la maledetta voce così seria da farle venire voglia di prenderlo a schiaffi.

- E sia, ma dopo ti spettano di diritto almeno un minuto e mezzo di insulti per avermi messa a tacere nemmeno avessi dieci anni – rispose Julie con  le gote rosse di rabbia e imbarazzo.

- Perché quanti ne hai, tredici? Ok come non detto, se no domani a quest’ora saremo ancora qui – borbottò la voce –ok, ciao! Sono Louis Tomilson e tu sei la fortunata vincitrice del concorso “Vinci una cena con Louis” indetto dalla casa discografica Sony il mese scorso! Ora, non oso immaginare la gioia che starai provando a questo annuncio, anche se immagino che la esprimerai non appena avrò finito di parlare; presto sarai contattata dalla casa discografica per tutte le informazioni che sono sicuro, non vedi l’ora di ricevere. Sono contento che sia stata scelta per il concorso, sicuramente andremo un sacco d’acc … no, questa proprio non la posso dire, mi dispiace. Bene, ho terminato – Julie era rimasta in silenzio per tutto il discorso che voce sexy stava sicuramente leggendo da qualche parte, prima di sbottare in quella che il ragazzo dall’altra parte prevedeva come la più furiosa tra le battute della sua interlocutrice. Chiuse quasi gli occhi quando sentì la ragazza sbottare …

- Eh? – questo proprio non se l’era aspettato. Da qualche parte in un lussuoso appartamento di Londra Louis quasi cadde dalla sedia, in una fedele imitazione di un manga giapponese.

- Non dici altro? Solo “eh”? – chiese quasi timorosamente, la voce grave abbassata di qualche tono.

- E cosa dovrei rispondere a uno che mi sta prendendo per il culo? – rispose retoricamente la giovane, tornando nella cameretta e lasciandosi cadere sul letto –senti, non ho tempo da perdere per questo teatrino e domani ho un esame all’Università che non passerò, e parte della colpa sarà anche tua che mi stai tenendo al telefono per uno stupido scherzo. Non ho idea di chi sia tu, forse hai sbagliato numero o forse sei solo uno sfigato con la voce sexy che si diverte a prendere in giro la gente – rispose quasi in un sospiro Julia, aprendo il libro al paragrafo precedentemente lasciato a metà e accendendo il piccolo computer portatile.

- Scusa tu sei Olivia Webb? – chiese allora stupidamente Louis, raddrizzato sulla sedia.

- Non l’ultima volta che ho controllato – rispose cinicamente lei, prestando attenzione per metà al ragazzo e per metà alle reazioni si termo dinamica. Dall’altra parte della città il cantante si grattò il mento pensando ad una risposta abbastanza sagace per controbattere. Quando non ne trovò, si accontentò di emettere un sonoro sbuffo.

- Quindi dovrò ripetere tutto il teatrino a questa Olivia Webb? – chiese quasi a se stesso. Julie dall’altra parte voltò rumorosamente pagina.

- Avresti dovuto registrarlo – rispose – ora, dal momento che tu hai una telefonata da fare nel West Yorkshire dove troverai una eccitatissima Olivia pronta a venire a cena con te e io ho le fasi del pH da memorizzare per domattina alle undici e se non passo l’esame è per colpa tua, direi di attaccare e rimuovere il trauma di questa specie di conversazione – propose infine la giovane, alzando gli occhi dal libro per un secondo e ascoltando la risata bassa del ragazzo dall’altra parte. Pure la risata era sexy. Julie arrivò alla triste conclusione che sicuramente Olivia aveva generosamente corretto il tè con rum.

- Stanotte non mi farai dormire per i sensi di colpa – rispose Louis semiserio.

- Ne sono addolorata – assicurò la ragazza, poi, decidendo che poteva anche bastare, mise giù senza tanti complimenti, tornando al libro con un sospiro.

 

***    ***    ***

 

Posto questo breve prologo sperando che vi piaccia. Un grazie particolare a quella fata della mia Sister Chiara, alla mia preziosa Donatella e a quante vorranno leggere e recensire. Seguitemi su Twitter per gli aggiornamenti :D @nevaehEFP.

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Capitolo 2
*** Let me be myself ***




 

 



Let me be myself 

 

And all the kids they dance, all the kids all night
until monday morning feels another life
I turn the music up
I’m on a roll this time
and heaven is in sight.

Every teardrop is a waterfall, Coldplay



Louis Tomlinson aprì gli occhi nella sua casa londinese dopo un sabato sera di bagordi particolarmente spinti. Le gambe erano incastrate tra le coperte bianche dell’enorme letto a due piazze, le tende erano aperte e con la coda dell’occhio si accorse della rossa che dormiva beatamente accanto a sé. Con occhio esperto il giovane la squadrò da capo a piedi: capelli lunghi e mossi, alta, magra, probabilmente una delle ragazze immagine della festa della sera prima. Un mezzo sorriso gli si dipinse sul volto soddisfatto al ricordo della notte precedente, poi senza tanti complimenti allungò una mano sulla spalla della ragazza. Quella si voltò assonnata e aprì un occhio azzurro, un sorriso increspò le sue labbra perfette.
- Buongiorno - borbottò, allungando una mano verso il corpo del cantante.
- Anche a te. Sparisci – rispose invece lui, alzandosi senza un minimo di vergogna e afferrando un paio pantaloni dal pavimento. La ragazza scosse la testa e senza commentare cominciò ad afferrare la biancheria e un vestitino nero; si vestì e senza scarpe si avvicinò a Louis, che nel frattempo si era accesso una sigaretta che penzolava da un angolo della bocca.
- E’ stato un piacere – sussurrò la rossa, posandogli un bacio –ricordo di tante piccole attenzioni delle ore trascorse insieme – e infilandogli nella tasca un pezzo di quella biancheria, in pizzo, nera. 
- Così non ti dimentichi di me – mormorò la ragazza, piegando la testa per rubargli un altro bacio e la sigaretta dalla mano. Louis alzò il sopracciglio soddisfatto e sorrise alla rossa.
- Potrei mai? – chiese retorico. L’altra scoppiò a ridere e con le scarpe in mano si avviò verso l’uscita, seguita a qualche passo di distanza dal cantante.
- Arrivederci signorina! – sentì poi dire mentre varcava la soglia della cucina, permeata da un invitante odore di caffè appena fatto. Harry Styles aveva appena salutato tranquillamente la ragazza che usciva di casa sollevando appena la tazza di caffè bollente che aveva in una mano, continuando con l’altra a pigiare tasti sul computer poggiato sull’angolo colazione. Louis rimase un secondo interdetto sulla porta, poi invitato dall’odore di caffè raggiunse il piano cottura e se ne servì una generosa tazza, si sedette su uno sgabello e osservò il suo migliore amico, che aveva smesso di scrivere per osservarlo a sua volta.
- Carina – 
- Ovviamente – rispose Louis, poi parve pensarci – tu non eri a Manchester? –
- E tu non mi avevi invitato a venirti a fare una sorpresa a Londra? Sorpresa! A proposito, sei sexy svestito così, sto per eccitarmi, giuro – esclamò il ragazzo, per poi scoppiare a ridere. Louis e Harry erano diventati migliori amici quando all’età di quattro anni si erano giurati eterna fratellanza sotto una quercia nel piccolo parco del loro quartiere, mentre le rispettive mamme chiacchieravano e li tenevano d’occhio. Da quel giorno erano passati quindici anni e non erano mai venuti meno a quel patto, perché loro fratelli lo erano davvero, forse anche più che di due parenti di sangue. 
- Mi fa piacere, soprattutto per il caffè. Dio solo sa quanto ne ho bisogno – fu il commento del cantante, che tornò soddisfatto a bere il suo elisir. 
- Si vede. Che hai combinato ieri notte? – chiese il suo amico con una punta di invidia. 
- Siamo fratelli ok, ma non credo sul serio tu voglia saperlo – fu la risposta del ragazzo, condita da un ghigno che era tutto una promessa. Harry lo guardò un secondo perplesso.
- Vestiti và, ti porto a fare colazione razza di buffone che non sei altro! –
- Sbruffone a me? – rispose fintamente risentito Louis, avviandosi verso la sua camera da letto. Si fermò un secondo a metà strada, poi si voltò con uno strano sorriso sulle labbra.
Harry? – chiamò, l’altro distolse l’attenzione dal pc, solo per trovarsi in faccia un perizoma nero lanciatogli dall’amico, che ridendo si decise finalmente ad andare a vestirsi.

 

 

*** *** ***



Olivia si era espressamente raccomandata con la sua migliore amica circa esplosioni o eventuali incendi dolosi nell’appartamento, ma nonostante questo non potette fare a meno di chiamare Londra non appena si fu alzata nella sua camera nello Yorkshire. Julie rispose al terzo squillo.
- Buongiorno mia cara – esclamò la ragazza.
Mpf – fu la risposta non troppo convinta di Julie, che proprio in quel momento si era svegliata – ma che ore sono? – chiese con voce spenta. Olivia la immaginava con una mano tra i capelli arruffati mentre apriva tutte le antine della cucina per cercare il caffè, dimenticando ovviamente che si trovava in dispensa.
- Le sette e mezzo del mattino, tesoro – rispose quindi, attese qualche secondo in silenzio, poi sbuffò – Julie. Terza mensola nella dispensa accanto al frigo, dietro ai biscotti integrali – l’informazione venne accolta da un borbottio e dal rumore di antine che si aprivano e di biscotti che cadevano rovinosamente sul pavimento.
- Ci sono – annunciò poco dopo la ragazza. Nella casa dei suoi genitori nel frattempo Olivia aveva infilato un vestitino rosa pallido e un paio di ballerine, un cardigan bianco e una sciarpa dello stesso colore per scendere al piano di sotto per la colazione. 
- Non avevo dubbi – la rassicurò –allora, che programmi hai per oggi? – chiese poi, servendosi una generosa tazza di caffè. Julie ci pensò un po’ prima di rispondere, mentre rimetteva a posto il sacchetto dei biscotti e azionava la macchina del caffè. D’un tratto si fermò, il braccio ancora fermo a mezz’aria, imprecando in modo da far arrossire uno scaricatore di porto.
- Ti sei appena ricordata che oggi hai l’esame e non ti sei alzata prima per ripetere, ora stai pensando al fatto che devi raggiungere l’Università entro le undici e mezzo e non passerai mai l’esame. Be’ tranquilla cara, perché tu quell’esame lo passerai e anche col massimo dei voti – disse tutto d’un fiato Olivia, smettendo per un attimo di sorseggiare la sua bevanda. Molte volte Julie ancora si chiedeva come facesse Olivia, l’emblema della superficialità e dell’egocentrismo ad essere tanto tenera e profonda. Un sorriso tenero le increspò le labbra ed ebbe l’insana voglia di abbracciarla.
- Grazie – rispose soltanto, sedendosi finalmente sullo sgabello dell’angolo colazione.
- Comunque ho fatto bene ad andare dalla manicure prima di partire – continuò la bionda. Non si era mai visto che rimanesse seria per più di quindici secondi di fila, ma sotto un certo punto di vista era una delle cose che Julie più apprezzava di lei – non sai che sciatteria che ho trovato qui a Yeadon, assurdo! –
- Non oso immaginare . A proposito – aggiunse poi – ieri sera ho preso una chiamata per te – Olivia rimase in silenzio, quasi in fibrillazione.
- Da parte di chi? – chiese circospetta.
- Non me lo ricordo … un certo Louis … com’è che si chiama quel cantante che ti piace tanto? Vabbè, da quello – rispose senza pensarci Julie, che nel frattempo si era alzata e aveva cominciato a spulciare l’armadio per trovare qualcosa da mettere – A proposito – riprese, come se il pensiero l’avesse colta solo in quel momento – non sai che tipo strambo è quello. Nemmeno tredici secondi di conversazione e mi ha mandata al diavolo. Da non crederci … -

 

***    ***    ***



Una volta arrivati al piccolo bar scelto per la colazione i ragazzi si accorsero di quanto fosse tardi, così si accontentarono si considerare lo spuntino come una sorta di brunch.
- Che fine ha fatto la cara vecchia nausea post sbornia? – chiese Harry dopo che la cameriera si fu allontanata con due l’ordinazione. Louis si limitò a scrollare le spalle, incrociando le braccia al petto (per gonfiare i tricipiti, ovviamente) e ammiccando verso un gruppo di ragazzine che lo fissavano indicandolo e ridacchiando. Scuotendo la testa Harry gli tirò un pezzetto di pane, suscitando gridolini eccitati delle fanciulle, che si erano coraggiosamente avvicinate al tavolo dei due giovani. Louis si beccò ridendo il proiettile, tirando a sua volta una mollica al compare, che gli si incastrò tra i ricci castani.
Le fanciulle accolsero il gesto con un coro di malcelati sospiri. 
Nel frattempo la cameriera arrivò con pancetta fritta e uova strapazzate, due tazze giganti di caffè americano e due muffin. 
- Buon appetito – disse con un sorriso civettuolo, per poi allontanarsi stando ben attenta a sculettare verso il bancone. Harry rispose con un sorriso ammiccante, Louis quasi non la degnò, dedicandosi anima e cuore alle uova. Lanciò un’occhiata di traverso all’amico, che continuava a sorridere maliziosamente.
- Sei geloso perché le ragazze mi muoiono dietro – decise il cantante, parlando con la bocca piena e indicandolo con la forchetta. 
- Vorrei farti notare che la cameriera sexy mi ha lasciato il suo numero di cellulare – rispose soddisfatto, mostrando lo scontrino con le cifre scarabocchiate in un angolo. Louis rifletté per qualche secondo.
- Era per me, non c’è altra soluzione – decise poi, togliendosi gli occhiali da sole e poggiandoli con cautela sul tavolino.
- Tu hai qualche problema – fu la candida risposta dell’amico, che strappò il pezzo di carta con il numero della ragazza – comunque a pensarci qualcosa per te c’era – aggiunse dopo aver messo il pezzetto di carta al sicuro nel portafoglio. Louis ghignò.
- Era ovvio. Cosa? – rispose. Fu il turno di Harry a ghignare.
- Ma il conto, caro. Cos’altro? – annunciò lanciandogli lo scontrino. Poi, dopo aver preso la giacca e gli occhiali da sole si alzò in tutta calma, imitato dal cantante che gettò distrattamente qualche sterlina sul tavolino. La nidiata di ragazze che aveva preso la panchina di fronte al locale come una specie di quartier generale seguì la scena con tanto di occhi spalancati e bava ad un angolo della bocca. Louis soddisfatto si stiracchiò – le ragazze quasi svennero, Louis sorrise – e raggiunse il suo amico di corsa.



*** *** ***



- Comunque prima non scherzavo quando ti ho detto che hai dei problemi – annunciò poco dopo Harry senza voltarsi a guardare l’amico che gli camminava di fianco. Louis alzò il sopracciglio e gli lanciò un’occhiataccia.
- E’ meraviglioso detto dal mio migliore amico, non c’è che dire –
- Scusa se mi preoccupo per te – fu l’acida risposta del riccio, che infilò le mani in tasca e si strinse nelle spalle – ok, mi dispiace. Forse sono stato brusco – riprese dopo una pausa.
- Forse – concesse Louis.
- E’ che non mi piace cosa ti sta succedendo – continuò Harry fingendo di non essere stato interrotto.
- Non riesco a capire che intendi. Anche questo – rispose Louis, indicando due ragazze che gli scattavano una fotografia da lontano – fa parte del mio lavoro adesso e mi stupisco che nemmeno tu possa comprenderlo – terminò stizzito. Harry continuò a camminare senza rispondere, imitato dall’altro ragazzo che fissava ostinatamente le vetrine dei negozi.
- Lo comprendo. Sapevo che la tua vita sarebbe cambiata ed ero pronto ad un’eventuale popolarità. Quello che non mi aspettavo era … questo – ricominciò Harry – torni a casa ad orari assurdi, eviti di rispondere alle telefonate da casa, ti svegli ogni giorno con una ragazza diversa a fianco … -
- Fammi capire bene, io pensavo che fossi venuto a trovarmi perché ti mancavo e invece sei venuto per conto dei miei genitori? Come un postino o … - lo interruppe Louis, voltandosi di scatto e fissando gli occhi azzurri in quelli verdi del suo amico.
- Sono soltanto preoccupati per te … Siamo preoccupati per te. Tuo padre … - provò ancora Harry.
- Mio padre – rispose lapidario Louis – potrebbe prendersi il disturbo di chiamare, anche se credo che dopo avermi cacciato di casa per essermi iscritto a quel dannato programma televisivo preferirà tagliarsi una mano piuttosto che alzare la cornetta per sapere che fine ho fatto – il breve discorso, cominciato quasi con un urlo, era diventato un sibilo rabbioso; il viso di Louis si era avvicinato a quello del suo migliore amico, che respirando profondamente si liberò dalla stretta che gli artigliava un polso.
- Smettila di fare l’idiota e telefona a casa –concluse invece Harry con profonda calma – e non pensare nemmeno per un secondo che sia venuto fin qui a fare il postino per conto di qualcuno. Mi mancavi e sono venuto a trovarti, ti voglio bene e ti consiglio di non comportarti da idiota. Fammi uno squillo quando torni ad essere il mio migliore amico e non questo stronzo egoista che sei diventato – e senza girarsi si allontanò, lasciando Louis da solo nel bel mezzo della strada.



*** *** ***


Baby, I'm so into you 
You got that somethin', what can I do? 
Baby, you spin me around 
The earth is movin, but I can't feel the ground.
You drive me crazy, Britney Spears 


Una doccia, due tram e diverse imprecazioni dopo, Julie giunse finalmente davanti alla facoltà di Medicina e Chirurgia della Queen Mary Universtity. Senza guardare in faccia nessuno si diresse a grandi passi verso l’aula 17, dove stavano cominciando a fare l’appello. La ragazza si legò i capelli con una matita pescata a caso dall’astuccio ripetendo formule e leggi, che sicuramente gli avrebbero chiesto. In silenzio i candidati entrarono e presero posto, un plico di fogli dall’aria minacciosa era in bella mostra su ogni postazione.

- Avrete quattro ore a partire da … ora – annunciò il presidente, per poi sedersi e cominciare a sfogliare senza interesse dei documenti. Julie smise di pensare non appena aprì la prima pagina del questionario. Nel suo cervello si riconcorrevano solo nomi di chimici famosi, teorie e differenze tra le varie nomenclature; la mano scorreva sicura sul foglio, spuntava una risposta, risolveva un esercizio, si fermava a pensare un secondo ticchettando con la penna sul labbro inferiore. Quasi non si accorse quando d’un tratto il professore si alzò, invitando gli studenti a chiudere i fogli e annunciando la data di consegna dei risultati. Julie si sciolse i capelli meccanicamente, raccattò la penna che aveva lasciato sul banco e prese il cellulare, inviando un sms a Olivia: “Pensavo peggio, almeno un venti non me lo toglie nessuno :P” poi soddisfatta uscì nella fresca aria di novembre, infilò la giacca e salutò un paio di amiche, una di loro sia avvicinò con un caldo sorriso sul volto.

- Credevo sul serio di non farcela” annunciò Selene Jones, la ragazza più dolce e timida del mondo.

- Non me ne parlare – rispose l’altra annuendo gravemente – che avevi tu? –

- Letteratura francese – rispose la ragazza. Le due si avviarono verso la fermata della metro; Selene era al primo anno come lei e studiava Letteratura, unica sua passione. In realtà non era difficile immaginarla tra libri antichi e traduzioni assurde, la ragazza era piccolina, esile e con due occhi marroni enormi così dolci da far venire il diabete. All’inizio Julie infatti l’aveva trovata un po’ antipatica, salvo poi scoprire che la sua compagnia discreta e rilassante era un toccasana nei momenti più stressanti.

-Non posso continuare così – stava intanto dicendo, togliendosi dal viso i corti capelli scuri.

- Perché? –

-  Al supermercato dove lavoro mi pagano una miseria e devo fare anche gli straordinari, il tipo che mi ha affittato la casa ha deciso che vuole almeno il doppio e minaccia di cacciarmi. E io non posso tornare – si lamentò la ragazza. Non aveva mai fatto mistero del cattivo rapporto che la legava alla sua famiglia, dalla quale era fuggita – se così si può dire – non appena ne aveva avuto l’opportunità. E sicuramente non posso fargli capire che ho fallito, anche se è così a ben pensarci – concluse la mora, con un sospiro sconsolato. Julie si morse un labbro come faceva sempre quando era pensierosa e si passò una mano tra i capelli mossi. Diede una stretta consolatoria all’amica – la superava di qualche centimetro, ma non arrivava al metro e settantadue di Olivia – e le indicò un bar dove rifugiarsi per pranzo.

- Potresti venire a stare da noi, sai che Olivia impazzirebbe di gioia – propose Julie con un sorriso, accomodandosi a un tavolino.

- Si, ma poi dovremmo mettere fuori la mobilia. Quella casa è sul serio troppo piccola – rispose ridendo Selene, togliendosi giacca e sciarpone.

-Non offendere la mia meravigliosa dimora! – rispose ridendo Julie, imitandola. Ok, forse era un po’ piccola, va bene, era molto piccola, ma rappresentava la sua indipendenza e poi dopo averci trascorso tanto tempo ci si era affezionata.

- No ok scusa, ma sul serio abbiamo un problema. Dovrei cercare di … - ricominciò dopo qualche secondo Selene, interrotta però dall’arrivo del cameriere.

- Che vi porto ragazze? – chiese quello, blocchetto e penna alla mano. La risposta però, non arrivò tanto presto. Le due ragazze si erano voltate quasi in contemporanea ed erano rimaste incantate alla vista del ragazzo.

- Ragazze? – chiese daccapo, cercando di non ridere.

Sexy.

Non c’era altra parola per descriverlo, solo sexy. Alto, almeno uno e ottanta, carnagione olivastra, occhi scuri, maglietta attillata che era tutta una promessa, denti bianchissimi. Sexy.

- Una … un … caffè, grazie – riuscì a dire dopo un po’ Selene, le guance deliziosamente arrossate e lo sguardo basso.

- Due – aggiunse Julie, che al contrario della sua amica lo guardava con la bava alla bocca. Il cameriere annotò l’ordinazione.

- Non vi posso dare nient’altro? – chiese poi, un sorriso malizioso che gli increspava le labbra piene e invitanti. Julie quasi si strozzò con la sua stessa saliva, Selene scosse il capo, le gote viola. Con un’ultima occhiata il ragazzo si allontanò verso bancone, le due amiche ricominciarono a respirare.

- Sto per avere un orgasmo – annunciò Selene, facendo scoppiare a ridere di gusto l’altra ragazza, che non l’aveva mai sentita così sboccata.

- Io l’ho già avuto . fu il candido commento, voltandosi a guardare il cameriere che dietro al bancone preparava tramezzini e caffè con mosse meccaniche. La ragazza continuò a far vagare lo sguardo nel locale, per poi soffermarsi di fronte a un foglio di risma con un annuncio nero stampato sopra.

- Sel? – chiamò allora la ragazza, che stava controllando il telefonino – credo di aver appena risolto tutti i tuoi problemi – annunciò con uno strano sorriso.

- Eh? – rispose la mora, ma la sua amica non l’ascoltò nemmeno, impegnata a recuperare il foglio con aria estremamente soddisfatta. Lo lesse nuovamente e poi lo  passò a Selene, che la imitò strabuzzando gli occhioni.

- Cercasi cameriera, prezzo contrattabile – ripeté Selene, rilanciando un’occhiata al cameriere – bene Julie, direi che ho appena trovato il lavoro perfetto –

- E mica solo quello! – rispose ridendo la ragazza, mentre venivano raggiunte dal sexy cameriere con le loro ordinazioni.


***    ***    ***


Grazie mille per le rensioni, i preferiti e le seguite, spero vogliate continuare a seguirmi ;D

Se volete aggiornamenti o anche solo due chiacchiere seguitemi su Twitter: @nevaehEFP :)

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Capitolo 3
*** Us and them ***


Us and Them

 

 

There’s nothing you can make that can’t be made.
No one you can save that can’t be saved.
Nothing you can do but you can learn how to be in time.

All you need is love, Queen 

 

Nella sua breve vita, Olivia Webb aveva potuto contare senza grossi problemi un cospicuo numero tra fidanzati ufficiali, ufficiosi, pretendenti e ammiratori segreti sparsi un po’ per tutto il Regno Unito; l’unica persona però della quale gli era sul serio importato qualcosa era il fratello alto, biondo e stronzo della sua attuale coinquilina, tale Niall Horan. La ragazza, dopo ripetute e attente analisi, aveva dato per scontato che si fosse intestardita su di lui soltanto perché era stato l’unico a permettersi di lasciarla. Ora, le motivazioni di tale rottura, nonostante fosse passato più di un anno, erano ancor tutte da chiarire: secondo il sopracitato fratello “se lo meritava proprio quella stronza”, secondo quella stronza “lui non aveva assolutamente capito niente, e presto se ne sarebbe pentito”.

Quando l’autunno successivo Olivia scese dall’aereo e camminò sicura fino al check out su un paio di tronchetti – non stivaletti, tronchetti –, aveva ormai iper analizzato la questione, giungendo alla conclusione che se il ragazzo non era ancora tornato da lei in ginocchio supplicandolo di tornare insieme probabilmente, anzi sicuramente, era stato solo a causa da una caduta durante una delle stupide esercitazioni del RAF, della quale faceva parte. Che lei fosse ancora totalmente persa per lui, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, era tutto un altro paio di maniche; che sempre il ragazzo avesse chiamato sua sorella avvisandola che sarebbe andato a trovarla prima di Natale e le avesse chiesto se gentilmente potevano ospitarlo … bè, non c’erano indumenti adatti per descrivere la cosa. 

Con un sospiro afferrò la valigia più piccola e aprì la pagina degli ultimi sms ricevuti. Tanti nomi, battute, emoticons, fotografie. Selezionò la conversazione “Niall”, ancora niente. Si disse che doveva cancellare il suo numero, poi si diede della stupida perché tanto lo conosceva a memoria, quel numero, uscì dall’aereo porto per fumarsi una sigaretta e … un tipo le venne addosso, quasi facendola cadere.

Capelli scuri e ricci, passo svelto, felpa dell’Università e una borsa da viaggio in spalla. Olivia rimase con la sigaretta stretta tra indice e medio cercando di ricordare dove avesse visto quel viso.

- Scusami tanto! – esclamò il ragazzo incespicando sui suoi passi e alzando il viso. E la giovane vide i suoi occhi. Verdi, brillanti, che si guardavano intorno in imbarazzo.

- Tu sei il migliore amico di Louis Tomlinson! –esclamò ricordando di colpo tutte le fotografie che aveva spulciato su Google e sui vari social network; ricordava di aver letto che quei due erano inseparabili, tanto da essere chiamati dalla stampa i Larry Stylinson. Ad ogni modo la smorfia che comparve sul viso di Harry non era tanto convinta, anche se Olivia decise di non badarci. Nel frattempo riusciva soltanto a pensare che il migliore amico del suo sogno erotico – be’, dopo Niall – era a tre centimetri da lei in quell’istante e le stava porgendo il cellulare che reggeva in una mano prima della colluttazione.

- Scusa ancora – disse il ragazzo con un sorriso, denti bianchissimi, labbra carnose, e si dileguò in fretta. Olivia pensò di aver avuto una serata davvero fortunata, poi un taxi inchiodò davanti all’affollato ingresso dell’aereoporto, e Olivia andò in paradiso.


 

***    ***    ***

 


Ci sono persone che capiscono quando stare zitte ed evitano discussioni e liti poco edificanti. Poi ci sono persone che non capiscono affatto quado stare zitte, litigano e pretendono di avere ragione ad ogni costo. E infine c’erano le persone – pardon, gli idioti – che capiscono un istante troppo tardi di aver tirato un tantino la corda. Precisamente lo capiscono nel momento esatto in cui la corda si spezza.

Louis Tomlinson in particolare concordò col suo cervello nel dire che la corda si era spezzata nell’istante in cui il suo migliore amico lo aveva lasciato solo in mezzo alla strada come una povera anima in pena.

No, come un idiota.

Il cantante fece la prima cosa sensata che gli venne in mente: prese il primo taxi che passava e corse a casa, dove ad aspettarlo c’era la triste sorpresa. La sacca da viaggio che quella mattina era stata abbandonata intatta sul divano del salotto era sparita, insieme al piccolo computer portatile e alle poche cose che in quel breve tempo Harry aveva seminato per casa. La corsa al taxi e fu quindi automatica, la cospicua mancia che diede al tassista una necessità. Davanti all’entrata dell’aereoporto le persone parlavano al telefono, abbracciavano i cari, stavano sedute ai piedi dell’enorme fontana aspettando un taxi; nessuno di conseguenza notò con attenzione il giovane che apriva lo sportello mentre la macchina era ancora in moto e che correva incespicando verso l’entrata. Harry stava seduto nella grande sala d’aspetto attendendo il volo che lo avrebbe riportato a casa con un caffè in una mano e il biglietto nell’altra. Louis non ebbe difficoltà a trovarlo, seguendo semplicemente la vocina metallica che annunciava arrivi e partenze e i numerosi cartelli con le frecce.

- Mi sto comportando da idiota – furono le prime parole che disse sedutosi accanto al riccio, che non rispose. Rimasero in silenzio qualche istante, Louis riprendeva fiato dopo la corsa.

- Non sto cercando di giustificarmi – riprovò dopo un po’, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani intrecciate sotto il mento – ho esagerato prima, con la questione dei miei e tutto il resto … - Harry rimase ancora in silenzio; i due guardavano un punto imprecisato davanti a sé.

- Non sai fare di meglio? – furono le prime parole che gli rivolse il ragazzo, quando Louis stava per aprire bocca per la terza volta. Il cantante si diede dello stupido perché non era bravo in quel genere di cose, lui.

- Mi sei mancato anche tu – ammise infine, ricordando le parole di quella mattina.

Mi mancavi e sono venuto a trovarti.

- E ti stai comportando da stronzo egoista – continuò Harry per lui, voltando leggermente la testa nella sua direzione.

- Sì, ma non puoi sul serio volere che lo ammetta – disse ridendo Louis, sorriso che si congelò quando vide lo sguardo serio del suo amico.

- Ok va bene, va bene – rinunciò poi, con tanto di mani alzate in segno di resa – forse mi sto comportando un po’ ….- l’occhiataccia che gli rivolse Harry lo fece desistere – ok, va bene, ok. Mi sto decisamente comportando da stronzo egoista – ammise alla fine, con tanto di sbuffo nemmeno avesse alzato un peso da cento chili. Il viso di Harry si aprì in un sorriso – con tanto di fossette – e si alzò, porgendo il bicchiere di caffè al cantante.

- Non è stato poi tanto difficile, no? – gli disse mentre s’incamminavano fianco a fianco verso l’uscita, una mano posata fraternamente sulla spalla.

- Vuoi litigare di nuovo? –

 

***    ***    ***

 

 

Hello, I love you 
Won't you tell me your name? 
Hello, I love you 
Let me jump in your game 
Hello, I love you 
Won't you tell me your name? 
Hello, I love you 
Let me jump in your game.

Hello, I love you, The doors

 

Julie rientrò a casa solo nel tardo pomeriggio, dopo una seduta di shopping con la sua amica e una telefonata con Olivia, che la avvisava che sarebbe rientrata la sera stessa. Con un sospiro la giovane si tolse sciarpa e giacca sfilando contemporaneamente gli stivaletti con la punta dei piedi. Decise per una doccia, un po’ di televisione e una tazza di caffè. Meccanicamente cominciò a spogliarsi e aprì l’acqua della doccia per farla diventare bollente; poi tolse le lenti a contatto e sbirciò nell’armadio alla ricerca di qualcosa di comodo da indossare. Si rilassò sotto il getto per un quarto d’ora abbondante, un po’ di buona musica in sottofondo, la gatta che si era sistemata sulla lavatrice e la guardava scocciata … e il telefono di casa che continuava a squillare. Julie sbuffando chiuse l’acqua di colpo e si asciugò in fretta, afferrando con la mano libera il telefono che giaceva abbandonato sul letto.

- Pronto? – rispose, infilando la biancheria, il telefono poggiato tra la spalla e un orecchio.

- Niente insulti oggi? Dire che mi ero preparato una signora risposta! –

- Oh, sei tu – borbottò Julie mentre s’infilava un enorme maglione grigio su un vecchio pantalone della tuta. Sentì il ragazzo che ridacchiava dall’altra parte.

- Non mi sembri molto entusiasta – costatò quello, che nel suo appartamento si stava beatamente accendendo una sigaretta.

- Dieci e lode per la perspicacia – celiò Julie. La gatta, che sfoggiava un nastro di seta verde legato intorno al collo, la seguiva fedelmente sperando in qualcosa da mangiare, la ragazza le versò un po’ di latte nella ciotola e cominciò a cercare una tazza per il suo caffè.

- Ad ogni modo – continuò il ragazzo, per nulla turbato dall’interruzione – mi stavo chiedendo come fosse andato l’esame. Sai … stanotte quasi non ho dormito per l’ansia – disse seriamente, facendole alzare gli occhi al cielo.

- Per l’ansia? –

- Ovvio … - confermò lui - e per la ragazza che è stata con me fino a stamattina, certo – aggiunse poi, pensandoci meglio. Julie non potette fare a meno di piegare le labbra in un sorriso sarcastico.

- Sarebbe un modo per farmi capire che hai tanta esperienza e speri che questo m’induca a voler sperimentare? – chiese allora retoricamente la mora, sedutasi nel frattempo sul divano.

- Io non lo stavo per niente pensando – rispose il cantante –comunque posso assicurarti che non saresti la prima a chiedere un’esperienza con me – la voce si era nuovamente abbassata come la sera precedente, diventando più roca e calda – e posso sempre assicurarti che nessuna si è mai lamentata … anzi – Julie rimase qualche secondo con la tazza a sospesa in aria, prima di poter formulare una risposta degna di tal nome.

- E questo te lo dicono prima di scappare dalla tua camera da letto? – lo provocò la giovane cercando di mantenere la voce ferma.

- Le ragazze che entrano nel mio letto vanno via solo quando vengono cacciate – rispose lui con un sorriso malizioso sul volto, che fortunatamente Julie non potette vedere.

- Molto macho, complimenti – lo assecondò lei, nonostante la bocca si fosse fatta arida tutto d’un tratto. Prese un altro sorso di caffè.

- Incontriamoci – propose d’un tratto lui, Julie si pentì di aver bevuto quando un sorso di bibita bollente quasi le andò di traverso.

- Non reggerei il trauma di essere cacciata dal tuo letto domani mattina – rispose allora.

- Subito a pensar male. Un caffè e basta, devi ancora dirmi com’è andato l’esame – insistette il ragazzo, che comodo sulla poltrona del salotto se la rideva sotto i baffi.

- L’esame è andato bene – lo informò quindi – ops, ora che te l’ho detto non abbiamo più argomenti di conversazione, sarebbe imbarazzante. Be’ peccato sarà per la prossima –

Louis spiazzato scoppiò a ridere di gusto mentre spegneva la cicca in un piattino.

- Andiamo - provò ancora – sei logorroica, scommetto che qualcosa di cui parlare lo troviamo – nel suo piccolo appartamento Julie sbuffò e si concesse un sorriso.

- Sembri un pazzo psicopatico che telefona alle povere fanciulle indifese per invitarle a uscire con quella voce sexy che ti ritrovi … guarda che li seguo anch’io i notiziari sai? Ho visto come vanno a finire queste storie – Louis si ritrovò a ridere nuovamente spiazzato da quella strana ragazza, che aveva detto un’altra volta che la sua voce era sexy.

- E lo farei così allo scoperto? – le fece notare allora – sono un personaggio pubblico, i vizi me li posso concedere solo in privato –

- Cosa c’è di più privato di un umido vicolo buio? – chiese retoricamente la ragazza.

- Questa conversazione sta cominciano ad avere del ridicolo – la informò il giovane, non abituato a tanta resistenza da parte del gentil sesso.

- E mica sono stata io a cominciare – rispose lei, il telefono daccapo tra spalla e orecchio mentre apriva l’armadio per scegliere cosa indossare quella sera.

- Giusto – le concesse il ragazzo – allora è un no? –

- Secondo te esiste un’espressione più chiara per fartelo capire? –

- Non credo, no – rispose Louis – anche se stai tranquilla che fino alla fine ti convinco – annunciò, scatenando un eccesso di risa della ragazza.

- Non sai nemmeno come mi chiamo – gli ricordò – e poi non sarebbe una buona idea se tu richiamassi – aggiunse. Louis rimase un secondo in silenzio, in sottofondo c’era solo Harry che tentava di prepararsi la cena, facendo rovesciare cose. E altre cose. Louis fece una preghiera per le sue stoviglie.

- Scommetto che è un bellissimo nome – rispose allora.

- Questa era squallida. Non hai sentito l’altra cosa che ho detto? –

- Certo, ma l’ho ignorata – ammise candidamente. Nel frattempo si era alzato e aveva raggiunto il suo amico in cucina, convincendolo con lo sguardo a lasciar stare. Harry si fece cadere su uno sgabello, una mano corse a cercare di togliersi la farina dai capelli.

- Ascolta – aggiunse poi – stanno seriamente cercando di farmi saltare in aria la cucina – occhiata torva a Harry, che gli sorrise con tanto di fossette – quindi ecco cosa faremo. Domani ti richiamerò e mi spiegherai perché non è una buona idea uscire a prendere un caffè con me ed io invece ti convincerò quanto sia esaltante essere cacciate dal mio letto dopo una meravigliosa notte di … -

- Louis! –

Il diretto interessato scoppiò a ridere – ti ricordi come mi chiamo – notò.

- La mia migliore amica sogna di portarti a letto da due anni e me lo ripete tutti i giorni – gli fece notare lei.

- Ossessionata – osservò Louis, che aveva cominciato a prendere alcuni ingredienti dalla dispensa per la cena.

- Nah, è una brava ragazza. Ha sperato in questa cena per tanto tempo – la difese Julie.

- Avrà la cena che ha sognato allora - la rassicurò il ragazzo – se mi dici il tuo nome – aggiunse poi.

- Non è più misterioso così? – scherzò la ragazza, invadendo la cornetta di una risata cristallina. Louis si accese un’altra sigaretta.

- A me sembra solo un po’ inquietante – le rispose a tono.

- Julie – rivelò allora la giovane, finendo di sistemarsi la camicetta – ma non provare più a chiamare, né domani né in futuro – Louis sorrise per la piccola conquista e si poggiò con i gomiti sul bancone.

- Avevo detto che era un bel nome –

- Stai ridiventando squallido –

- Scusa. Ti convincerò a uscire con me – riprese.

- Tu sei uno squilibrato – annunciò allora Julie, che fece scoppiare a ridere il ragazzo. Harry osservava il suo migliore amico con occhi vacui, pizzicandosi distrattamente da pelle intorno a un tatuaggio sul polso.

- Mi stai simpatica – rispose lui – non ero abituato a ragazze tanto … dolci. Sei un toccasana –

Julie scosse la testa e s’infilò un paio di stivaletti col tacco.

- E poi – aggiunse il ragazzo – se uscirò con … -

- Olivia –

- Olivia, dovrò comunque conoscere anche le sue amiche! – continuò Louis, soddisfatto della propria logica ferrea.

- Non fa una piega. Ora devo proprio andare ad avvisare la mia amica della tua barbara usanza di cacciare le ragazze nel post orgasmo, se vuoi scusarmi … - rispose Julie, pronta per uscire.

- Ah, eccolo- esclamò il cantante.

- Cosa? –

- Il francesismo, miele – le rispose lui – quasi non ci speravo più! –

La ragazza scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

- Siamo già arrivati ai soprannomi? – chiese ridendo.

- E non abbiamo ancora avuto il primo appuntamento, immagina – rispose Louis. Julie rimase un secondo in silenzio, mordendosi il labbro.

- Perché non te ne vai al diavolo? – disse, cercando di mantenere l’espressione seria.

- Daccapo? – si lamentò scherzando il cantante.

- Daccapo – confermò la ragazza, sorridendo. Ringraziò il cielo di non essere vista da nessuno.

- Ti chiamo domani – annunciò allora Louis.

- Non ci provare, e non chiamarmi miele – rispose la ragazza, ma era troppo tardi, dall’altra parte avevano già attaccato. Julie si concesse un mezzo sorriso, poi scosse la testa e si decise a uscire da casa.



***   ***    ***


 

Liam Payne, studente francese residente a Londra da un anno, se ne stava comodamente seduto al bancone del bar guardando la sua migliore amica alle prese con il primo giorno di lavoro.

E si stava divertendo da matti.

La piccola e dolce Selene Jones stava mentalmente imprecando mentre preparava la macchina del caffè. Non aveva previsto che fare la barista potesse essere tanto assurdo. C’era il caffè americano, e poi quello italiano, d’orzo, con il ginseng, con latte scremato, di soia, di mandorle. Macchiato caldo, macchiato freddo, con la schiuma o senza schiuma. Poi ovviamente il caffè lungo, ristretto, corretto. E il suo titolare non era ancora passato alla lezione sugli amari, ritenendo che per quel giorno la ragazza avesse abbastanza da fare. Aveva ritenuto giusto.

Selene con un sospiro provò per la decima volta a montare la macchina per l’espresso, in fondo non poteva essere tanto difficile. Mani pulite, un labbro tra i denti, sguardo concentrato e fu pronta: manopola per la porzione, pressare forte sulla polvere di caffè, trovare l’incastro e tirare verso di sé. Poi premere il pulsante e sistemare la tazzina. Non era difficile, pensò con un mezzo sorriso mentre premeva il pulsante. Pochi istanti dopo, mentre la polvere di caffè bagnata e appiccicaticcia s’infilava tra i capelli, fu costretta a ritrattare l’ultimo pensiero.

Liam continuava a divertirsi da matti.

- E smettila – lo apostrofò la ragazza, spegnendo in fretta la macchinetta, per poi partire alla ricerca di qualcosa che potesse porre rimedio al disastro che aveva combinato. Una mano sottile dalla carnagione scura apparve in quel momento sotto il naso della giovane, che rimase immobile col cuore che batteva forte mentre la macchina veniva smontata, pulita e preparata per essere riutilizzata.

- Grazie - mormorò con le guance in fiamme Selene, voltandosi verso il suo soccorritore.

Nelle due ore che aveva trascorso nel bar come apprendista era venuta a conoscenza pochissime informazioni sul conto del cameriere che aveva servito lei e Julie poco tempo prima.

- Non è complicato come sembra - rispose quello mentre con gesti automatici preparava due caffè-

Si chiamava Zayn, aveva un anno in più di lei e studiava storia dell’arte.

- Sono … devo … prenderci la mano sai … in queste cose … il caffè – farfugliò lei, dandosi mentalmente della stupida. Zayn la guardava con un sopracciglio sollevato e un mezzo sorriso sul volto.

Possibile che dovesse fare sempre quelle figure?

- Imparerai – rispose il giovane, per poi andarsene com’era arrivato. Selene si voltò verso Liam, le cui labbra tremavano per lo sforzo di trattenere una risata.

- Non ti permettere –gli intimò la ragazza guardandolo torno; lui scosse la testa come a far capire che non ce la faceva più e dopo un secondo cominciò a ridere a crepapelle.

- Devo prenderci la mano … - cominciò a sbeffeggiarla tra una risata e l’altra – in queste cose … il caffè … - e continuava a ridere, facendo voltare diversi clienti nella sua direzione. Selene sbuffò e cercò di coprirsi il volto con i capelli troppo corti per essere utili allo scopo.

- Smettila – gli intimò cercando tuttavia di reprimere un sorriso. Liam cercò di darsi un contegno e si alzò dallo sgabello, lasciando una banconota come saldo del caffè preso.

- Bon travaux ma chérie – augurò, allungandosi a posare le labbra su quelle della ragazza per una frazione di secondo - segno d'affetto tipico dei due - e si avviò svogliatamente verso l’uscita, lasciando Selene in preda all’isterismo.

 


***    ***    ***


 

Ringrazio veramente tutte le – poche – ragazze che hanno commentato l’ultimo capitolo e o che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite o ricordate.

Un grazie particolare ad Amnesia che ha creato il meraviglioso banner della storia (senza mandarmi a quel paese :D) e a Chiara, che mi sgrida per gli orrori che faccio (soprttutto quando me ne sbatto).

In questo capitolo compare per la prima volta Liam, si scopre che il cameriere sexy è Zayn (alzi la mano chi lo sospettava!) e finalmente cominciamo ad entrare nella trama. Spero soltanto che questo capitolo possa avere più recensioni e vi prometto il capitolo per la settimana prossima!

Seguitemi su Twitter: @nevaehEFP e nei commenti rispondete per favore a questo sondaggio: ho scritto una shot su Louis e Harry, un po’ arancione. Quante sarebbero interessate a leggerla? Non voglio offendere nessuno … ;D


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Capitolo 4
*** Feeling Good ***


 

 

 

 

Feeling Good

 

When you were young and your heart was an open book

You used to say life and let life

(you know you did, you know you did, you know you did)

But in this ever changing world in which we live in

Makes you gice in and cry.

Live and let die, Paul McCartney



Una cosa che Louis odiava davvero tanto – oltre ai broccoli, al Grande Fratello e a chiunque non mangiasse carote – era essere fermato mentre faceva colazione nel suo bar preferito da ragazzine che volevano soltanto dicesse “ciao Millie” o “ti amo, Germania” nemmeno fosse uno speaker radiofonico. E quella mattina poi era arrabbiato (con la casa discografica che pretendeva raddoppiasse gli impegni per i prossimi due mesi ), stanco (aveva passato la nottata a giocare all’ultima versione di PES con Harry, riuscendo a mettere insieme due ore di sonno in tutto) e depresso (perché il bar aveva finito i suoi biscotti preferiti). Poi ovviamente, mentre il cantante valutava la resistenza del lampadario in caso di suicidio tramite impiccagione, si erano materializzate una decina di ragazzine intorno al suo tavolo, che in men che non si dica avevano cominciato a chiedere di dare loro il suo numero di telefono, proclamare il suo amore per loro, sposarle e, un paio – cellulare alla mano – gli avevano chiesto di dire “Ti amo Francia”, raccomandandosi anche di scandire bene le parole.

 Harry, che entrava in quel momento nel locale, gli occhi ancora gonfi di sonno e una borsa di pelle marrone poggiata mollemente sulla spalla, fu costretto a fare colazione al banco da solo, ridendo delle occhiate d’aiuto che provenivano dal compare. In effetti nemmeno lui aveva una bella cera e, se si univa alla depressione che gli prendeva sempre prima di quattro ore di antropologia culturale, ci si poteva senza dubbi aspettare che da un momento all’altro cominciasse a litigarsi il lampadario con Louis.

 - Buongiorno – bofonchiò il giovane avvicinandosi all’amico e sedendosi sulla sedia a cavalcioni, mentre l'altro apriva e chiudeva la mano massaggiandola con l’altra. Louis fece un verso senza nemmeno alzare gli occhi, Harry capì e fece segno alla cameriera di portare altri due caffè.

 - Oggi sarà un inferno – continuò il riccio, non troppo preoccupato del fatto che fosse una conversazione unilaterale.

 - Mh – appunto.

 - Tra l’altro mi devi ancora dire con chi eri ieri sera al telefono, ridevi come un idiota – continuò, poggiando il mento sulle braccia incrociate sul tavolo.

 - Ah. Una – fu la risposta di Louis, che beveva il secondo caffè in tre sorsi – bella voce ma acida come un limone scaduto – aggiunse dopo un po’, attaccando anche il caffè di Harry.

 - Sarà una di quelle basse, grasse e frustrate – rifletté il riccio, che non si era nemmeno accorto del furto.

 - O forse è lesbica. Comunque ho intenzione di invitarla a prendere un aperitivo qualche volta –

 - E che la inviti a fare se pensi sia lesbica? –

 - Non so … fantasie sessuali represse immagino – Louis si strinse nelle spalle bevendo un ultimo sorso di caffè, poi si decise ad alzarsi, gettandosi una sacca in spalla.

 - Pervertito – gli urlò dietro Harry, mentre l’altro alzava un braccio in segno di saluto senza nemmeno voltarsi. Il giovane si guardò intorno e notò che la porta si era riaperta, rivelando la ragazza della sera prima in compagnia di due amiche. Alta, bionda, occhi azzurri, nasino all’insù e un sorriso meraviglioso mentre sedeva a un tavolino poco distante dal suo; c'era da chiedersi come facesse a non inciampare due volte ogni tre passi con quei tacchi vertiginosi. Subito un cameriere si avvicinò per prendere le ordinazioni, le ragazze ridacchiarono mentre questo si allontanava, continuando a fissargli il sedere, la bionda annuiva come a dar ragione alla sua amica con i capelli corti e lisci che le diceva qualcosa. D’un tratto si ricordò che lui quelle ragazze le conosceva, quella che stava fissando, in particolare, studiava nella sua stessa facoltà, storia dell’arte.

 Poi, quando capì che stava facendo la figura del guardone si girò di colpo e avvicinò la tazza al viso, fino a coprirselo. Ma era vuota.

 - Che brutto str… - ma l’imprecazione fu interrotta dalla cameriera in arrivo con il conto. Harry ringraziò e pagò la colazione dell’amico – sembrava che Louis ci stesse prendendo gusto – oltre che la sua, poi con uno sbuffo uscì nella fredda aria autunnale per andare in facoltà.

 - Aspetta! – esclamò dopo un po' una voce con il fiatone, costringendo il giovane a togliersi le cuffie dell’mp3 dalle orecchie e a voltarsi.

 La ragazza bionda lo stava raggiungendo di corsa, cercando di non inciampare nelle scarpe davvero troppo alte.

 

 

*** *** ***

 

 

 Il cameriere carino si allontanò dal tavolo dopo aver portato i caffè per la colazione, lasciando le ragazze con una gradevole panoramica su quello che senza dubbi costituiva il suo lato migliore. Selene ridendo si avvicinò confidenzialmente all’orecchio di Julie, che quasi sbavava.

 - Ieri alla fine ho scoperto che si chiama Zayn .- Ripeté, forse per la millesima volta. La ragazza rise e notò con la coda dell’occhio Olivia che fermava un ragazzo fuori dal bar e, scambiata qualche parola, si avviava con lui verso la facoltà.

 - Non mi dire – rispose la ragazza – chi è quel tipo? – chiese poi facendo segno verso la finestra, dove i ragazzi erano appena spariti. Selene bevve un sorso del thè e seguì lo sguardo della sua amica.

 - Quello è l’amico del tipo che piace tanto a Olivia… Andiamo, quel cantante che va tanto adesso e che sarà dimenticato dal mondo del giro di un paio d’anni – rispose, parlando a raffica per cercare di ricordare quel nome che proprio le sfuggiva.

 - Louis Tomlinson – rispose allora Julie quasi senza pensarci.

 - Lo conosci? – la mora alzò un sopracciglio.

 - No è che … - non aveva detto a nessuno delle due telefonate che il ragazzo le aveva fatto. Non poteva mica farlo, d’altronde. No, in realtà poteva, ma poi Olivia l’avrebbe assillata per millenni. E non poteva certo dirlo a Selene, che aveva già i suoi problemi. O a Niall, che era il fratello più geloso della storia.

 E poi cosa c’era da raccontare? Un tipo famoso la chiamava da un paio di giorni per chiacchierare la sera per telefono e a lei dava fastidio. Che poi avesse una bella voce e un senso dell’umorismo spigliato era tutta un’altra storia. Che Julie per il momento preferiva non approfondire. – È che Olivia non fa altro che parlarne, da quando ha vinto quella stupida cena poi… Credo che parlerà ancora quando porteremo i nostri figli al parco – la scusa messa su reggeva alla grande; da quando un annetto prima, facendo zapping, Olivia si era fermata a guardare una puntata di X Factor, la povera ragazza era stata risucchiata da quegli occhi azzurri come il cielo in una giornata di primavera (parole sue).

 Julie, nonostante avesse dovuto ammettere che il ragazzo non era niente male, sicuramente non condivideva la passione sfegatata per la sua musica pop, né tanto meno copriva le ante dell’armadio con poster e/o frasi delle sue canzoni.

 - Io sono contenta che possa realizzare questo suo sogno – rispose invece Selene, dolce come sempre.

 - Avrebbe potuto realizzarlo con me ogni volta che ne aveva l’occasione! - Alto, bruno, capelli ricci e occhi scuri, accento francese e fisico mozzafiato. E non era Gary Stu.

 Liam Payne si sedette scompostamente sulla sedia lasciata libera da Olivia e rivolse un sorriso a entrambe le ragazze. La cotta del ragazzo per la bella bionda era così palese che tutti – Olivia compresa, il che era tutto dire – sapevano dell’impotenza mentale e fisica del giovane quando si trattava della ragazza, e si aspettavano prima o poi – sempre più prima, in realtà – che i due si mettessero insieme. Ovviamente Liam aveva abbastanza spirito di autoconservazione per decidere di non dichiararsi, così si limitava a qualche battutina e a continuare a sperare in un incontro riservato e senza impegno con lei.

 Selene scosse la testa ridacchiando, Julie alzò gli occhi al cielo posandogli qualche pacca sulla spalla a mo’ di conforto. Le due ragazze continuarono a ciarlare del più e del meno mentre il locale si riempiva di studenti e impiegati in pausa caffè, passando dai disperati “Non resisterò alle tre ore di istologia di oggi pomeriggio” della bruna ai “Ma guarda quanto è figo! Non dovrebbero permettergli di girare così a piede libero” di Selene, che seguiva ogni passo del suo collega, in trance. Liam invece approfittava per mangiare una brioche inzuppata nel cappuccino (condita dai – che schifo – di Julie e dalle occhiate disgustate di Selene), mentre con una mano continuava ad accarezzare i capelli della sua amica, arricciandoseli tra le dita.

 - Comunque io ora devo proprio andare – annunciò Julie con un sorriso frugando nella borsa alla ricerca del portafogli – voglio passare da quel negozio di dischi che abbiamo visto io e Olivia l’altro giorno e mi devo psicologicamente preparare per il pranzo con mia madre –

 Selene arricciò le labbra, ben sapendo dei caratteri cordiali ma distaccati vigenti tra lei e sua madre... E del rapporto della donna con Niall, che aveva preferito arruolarsi nella RAF piuttosto che rimanere un altro anno a casa. Effettivamente la ex signora Horan non aveva di certo il carattere più docile di Londra.

 - Buona fortuna – augurò con uno dei suoi soliti sorrisi diabetici Selene, mentre Liam le faceva segno che avrebbe offerto lui la colazione quella mattina. Julie sorrise a mo’ di ringraziamento e lasciò il locale, lasciando i due da soli.

 

 

 

*** *** ***

 

 

 - Non mi sono ancora scusato per lo spintone che ti ho dato ieri sera – esordì imbarazzato Harry passandosi una mano tra i capelli. Olivia gli rivolse un mezzo sorriso facendo un segno con la mano.

 - Non ti preoccupare. E poi mi sembravi abbastanza ... impensierito – rispose la ragazza.

 - Interessante scelta di termini, non c’è che dire… - Harry ridacchiò mentre attraversavano la strada, stretti nei giacconi.

 Un silenzio imbarazzato calò tra loro.

 Perché lo aveva fermato, poco prima? Olivia sembrava assolutamente serena mentre gli camminava a fianco, come se passeggiare con un perfetto sconosciuto nel quartiere universitario fosse un azione consuetudinaria per lei.

 - A dire la verità non è per questo che ti ho fermato – si decise a dire dopo un po’ la giovane.

 Harry, totalmente assorto in un riccio che gli tormentava la fronte, prestò attenzione a quella bellissima ragazza, che continuava a fissarlo con un sorriso – sai che tra dieci giorni abbiamo l’esame, no? Tu hai la media più alta del corso e avevo pensato che magari potevamo studiare insieme qualche volta -

 Bene, Olivia si rese conto in quel momento che la scusa che aveva inventato era piuttosto plausibile. In fondo, mica poteva dire a un perfetto sconosciuto che lo aveva seguito solo perché era rimasta affascinata dal colore dei suoi occhi, la sera precedente. Sarebbe passata per psicopatica. Cioè, sarebbe passata per psicopatica ancora più di quanto era.

 Con una mano si sistemò un ciuffo dietro le orecchie e guardò il ragazzo in attesa di risposta, mentre varcavano le porte della facoltà.

 - Direi che per me non ci sono problemi… Se mi lasci il tuo numero magari ci sentiamo e ci mettiamo d’accordo – propose lui tirando fuori il cellulare.

 Pochi minuti dopo il giovane entrò in una delle salette studio riservata agli studenti, un sorriso incredulo sulle labbra: in una sola mattinata aveva agganciato - ok, era stato agganciato - da uno schianto di ragazza, le aveva chiesto il numero (ok, solo per il gruppo di studio) e aveva fissato un nuovo incontro.

 Si, sempre e solo per lo studio ma… Un passo alla volta, no?

 


 

*** *** ***

 

 I want to break free,

I want yo break free from your lies,

You're so self satisfield I don't need you.

I want to break free, Queen

 

 

Julie entrò nell’elegante ristorante alle dodici e quarantacinque, giusto per il gusto di far aspettare sua madre un quarto d’ora da sola.

 - Buongiorno, mamma – freddo, formale. Non sicuramente il saluto che ci si aspetta da madre e figlia dopo tre mesi passati ai due poli dell’Inghilterra.

 - Ciao, cara –

 Camille Prince un tempo in Horan era una donna di cinquantacinque anni alta, bionda e con due freddi occhi azzurri che sembravano sempre star squadrando qualcosa. Quel giorno poi, con un completo gessato e i capelli elegantemente raccolti sulla nuca era estremamente irritante, e il sorriso accondiscendente alla vista della figli era decisamente snervante.

 - Allora – cominciò la donna mentre un cameriere arrivava per l’ordine – come sta tuo fratello? – la domanda sembrava assolutamente naturale, come se l’argomento fosse stato tirato fuori solo per necessità di fare conversazione.

 - Mah – rispose la ragazza – Non dovrebbe nemmeno più essere in analisi – Camille rimase un secondo interdetta, salvata dall’arrivo delle insalate.

 - Speravo di trovarti meno indisponente di una sedicenne in crisi – sibilò la donna guardandola sottecchi. Julie afferrò il bicchiere di vino bianco che aveva ordinato e ne sentì l’odore sovrappensiero.

 - Speravo di trovarti leggermente più umana rispetto alla strega che sei solitamente – rispose a tono, prendendo poi un sorso di vino.

 - Siete sempre stati dei maleducati, tu e tuo fratello – le fece notare la madre, senza scomporsi. Julie rise incrociando le caviglie sotto il tavolo e prendendo un boccone di insalata. Una volta un commento del genere le avrebbe fatto male, magari le sarebbe scappata anche una lacrima, ma ormai conosceva la donna che l’aveva messa al mondo, così dedita alla carriera da dimenticare cosa significasse essere un madre… O anche un essere umano, alle volte.

 - Devo ricordarti chi ha educato me e mio fratello? – chiese invece retoricamente la giovane, finendo di bere il vino e facendo segno al cameriere di portarne un altro. Camille si concesse di stirare le labbra in una smorfia che sembrava un sorriso, Julie si complimentò mentalmente per la sagace risposta. Chiunque avesse visto la scena dall’esterno avrebbe pensato sul serio che Julie fosse solo una figlia ingrata e maleducata, ma ovviamente bisognava conoscere la storia della loro infanzia. Nemmeno troppo lunga a dir la verità: due fratelli, una madre assenteista e un padre che cerca per dieci anni di rimettere in piedi un matrimonio distrutto; poi la mamma che va a letto con il collega dello studio legale associato e il fratello che entra proprio in quell’istante (non aveva mai brillato per fortuna, povero ragazzo) e scopre il tradimento. Infine il povero ragazzo che, tormentato dalla madre perché accusato di essere la rovina della famiglia – come se il tradimento fosse solo un cavillo -, è costretto a lasciare il nido preferendo arruolarsi nell'aeronautica, piuttosto che rimanere ancora a farsi tormentare l’esistenza.

 - Non capisco perché ti è così difficile avere una conversazione civile con me, soprattutto dopo che non ci vediamo da mesi –

 - A proposito – fece la ragazza, come se se ne fosse ricordata in quell’istante – non mi hai detto come sta… Com’è che si chiama quello che ti fai adesso? – le chiese ingenuamente, vuotando l’ultimo sorso di vino e sorridendo soddisfatta.

 Camille le rivolse uno sguardo furente, posò il tovagliolo che aveva in mano fino a un istante prima e poi fece un respiro profondo.

 - Non tollero questo tipo di atteggiamento nei miei confronti, signorina. Sono tua madre e come tale devi portarmi rispetto – sibilò con il tono autorevole che di solito faceva tremare tutti i tribunali – quindi adesso ti calmi, ci salutiamo come due persone civili e ci mettiamo d’accordo per incontrarci la settimana prossima, dal momento che sarò qui per lavoro – istruì Camille, facendo cenno al cameriere di portare il conto. Julie, le labbra strette per il disappunto, non potette fare altro che annuire e afferrare di fretta giacca e borsa.

 - E’ stato un piacere pranzare con te, mamma – si costrinse a dire, sistemandosi la sciarpa. Poi, senza attendere risposta da parte della donna uscì a passo spedito dal ristorante.

 Louis Tomlinson, improbabili pantaloni rossi, maglia bianca aderente e bretelle, fumava una sigaretta soddisfatto a qualche passo da lei. Senza pensarci la giovane gli si avvicinò e gli prese la cicca dalle labbra, prendendone un lungo tiro.

 - Ora è come se ci fossimo baciati – fu l’unico commento del ragazzo, ormai abituato agli strani comportamenti delle fans. Julie, che si era appoggiata contro il muro con gli occhi chiusi, volse per un istante lo sguardo al cantante.

 - Allora oggi la tua è una giornata fortunata – rispose, prendendo un altro tiro – tanto più che ci siamo incontrati, e senza vicoli bui e stretti dove potermi violentare –

 Louis rimase un secondo interdetto, cercando di ricordare perché la voce della ragazza e quel commento sarcastico gli fossero tanto familiari, poi – quando ci arrivò – scoppiò a ridere, poggiando a sua volta le spalle contro il muro.

 - Julie?

 - Ti sei ricordato il mio nome, mi sento onorata – rispose quella, che fece un ultimo tiro gli rimise la cicca tra le labbra.

 - Non è facile dimenticare una voce come la tua –

 - Stai ridiventando squallido – lo avvisò Julie, raddrizzandosi con un colpo di reni e sistemandosi la giacca.

 - Scusa. Sei venuta qui apposta per me? – le chiese lui con un sorriso.

 - Diciamo pure che se lo avessi saputo sarei andata a pranzo a Brighton – fu l’acida risposta della giovane, ancora inviperita dall’incontro con la genitrice.

 - Mi sto convincendo del fatto che tu sia stata cresciuta a latte scaduto e limoni acidi. Vuoi dirmi cosa c’è che non va, miele? – la incoraggiò il ragazzo, divertito come sempre.

 Julie nemmeno si prese la briga di rispondere, limitandosi a scuotere la testa e ad avviarsi verso il suo bar fidato. Poi come un lampo un’idea le balenò in mente.

 - Ti va un caffè con me? -

 

 


***    ***    ***

 

 

 

Vi ringrazio davvero per le recensioni meravigliose che avete lasciato nello scorso capitolo e spero davvero vogliate continuare a seguirmi :D

Un grazie particolare a Chiara per il betaggio (anche se sospetto che prima o poi getterà la spugna) e ad Amnesia per il banner.

Come sempre vi invito per due chiacchiere a seguirmi su Twitter: @nevaehEFP e vi do l'appuntamento alla settimana prossima con l'aggiornamento.

 

 

Angolo Pubblicità:

Ho postato una shot che si chiama Delirium, raiting arancione, pairing Harry/Louis (e non fate quelle facce, su!)

 

 

 

e colgo l'occasione per invitarmi a leggere uno spin off di questa ff molto dolce, di _Selene13 intitolata Come on, let me love you just a little bit, raiting verde, pairing Liam/Nuovo Personaggio.

 

Alla prossima :D

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Capitolo 5
*** Butterflies and hurricanes ***


Butterflies and Hurricanes

 

Well life has a funny way

of sneaking up on you

When you think everything's okay

and everything's going right.

Ironic, Alanis Morrisette

 

Sembrava che con Louis non ci si potesse sentire in imbarazzo. O almeno era quello che stava pensando Julie mentre si accomodava al solito bar, facendo un segno alla sua amica Selene che aveva appena cominciato il turno. Il problema principale in realtà stava nel fatto che la ragazza non aveva avuto il tempo materiale per sentirsi in imbarazzo, troppo impegnata a chiedersi cosa il cameriere del ristorante le aveva messo nell’insalata per portarla a invitare il cantante. Qualche flash accompagnò i movimenti del ragazzo, un paio di risatine dimostrarono che le ragazze delle fotocamere avevano apprezzato che Louis avesse tolto il cappotto. Anche il giovane apprezzò, ringraziando tacitamente le due ragazze incrociando le braccia – sempre per mettere in risalto i tricipiti, certo -. Julie sbuffò quando si accorse della scenetta, incrociando a sua volta le braccia.

- Sei patetico – disse soltanto.

- Secondo me sei solo gelosa – rispose con un sorriso il ragazzo.

- Non sai far altro che sorridere? –

- Se no vengo male in foto, no? – ovviamente doveva avere sempre la risposta pronta. E il sorriso stampato in faccia. La risposta piccata della ragazza venne però interrotta da Selene che, blocco per gli appunti e penna alla mano, si era accostata al tavolino per prendere le ordinazioni, le labbra contratte come a trattenere una risata. Julie pensò che la sua amica trascorresse davvero troppo tempo con Liam.

- Ciao Julie! – salutò, rivolgendo invece un sorriso dolcissimo al ragazzo, che aveva riconosciuto all’istante – che vi porto ragazzi? –

- Per me un espresso italiano – rispose la ragazza – ma se hai difficoltà portami la cosa che ti riesce meglio – aggiunse poi, ridendo. Selene gonfiò le guance e arrossì, senza però riuscire ad evitare di ridacchiare a sua volta.

- Giuro che m’impegno – assicurò la cameriera – sto anche migliorando, sai? – aggiunse poi, avvicinandosi a Julie come in confidenza. Lo sbuffo divertito del cameriere sexy che stava sistemando le tazze sugli scaffali fece intendere di non essere totalmente d’accordo con la sua collega. Le guance di Selene raggiunsero un rosso tendente al viola, Julie rise di gusto.

- Per me … caffè americano macchiato e una fetta di torta con le mele – decise Louis alzando gli occhi dal menù – e un muffin alla banana – aggiunse poi, chiudendolo definitivamente. Selene annuì prendendo l’ordine, poi con un ultimo sorriso si dileguò.

- Mangi sempre così? – chiese stupita la ragazza, rilassandosi sulla sedia.

- Non sempre – ammise lui – oggi mi sono trattenuto perché sono in compagnia di una ragazza –

- Meno male – rispose la giovane concedendosi un sorriso. Le ragazzine al tavolo accanto non furono per niente contente. – Non è noioso essere sempre al centro dell’attenzione? – chiese scocciata allora, spostando rumorosamente la sedia per dare completamente le spalle all’altro tavolo. Il bar a quell’ora era semideserto, il rumore spaventò un po’ Selene che stava arrivando con le ordinazioni.

- Tanto quanto essere sempre così acida – rispose a tono il cantante, ringraziando (indovinate un po’, sì: con un sorriso) la cameriera, prendendo poi un sorso di caffè.

- E cosa c’entra con la conversazione, questo? –

- Nulla, avevo piacere nel ristabilire i ruoli – ammise Louis.

- E quale sarebbe allora il tuo, di ruolo? – chiese la ragazza, girando distrattamente la sua bevanda col cucchiaino.

- Io sono il povero ragazzo che deve sopportare quella acida, provando a capire qual è stato il trauma infantile che l’ha portata ad avere questo caratteraccio e cercando di sedurla con suo fascino e col solo fine di portarla a letto – rispose lui, come se fosse la spiegazione più logica del mondo.

- A proposito di traumi, no? – borbottò allora Julie, per poi prendere un sorso di caffè.

- Di nuovo con questo discorso, miele? – chiese il giovane fingendosi esasperato.

Julie rise scuotendo la testa, mentre il suo accompagnatore finiva in due morsi il muffin, già guardando la torta di mele.

- Considerando che ci conosciamo da circa dieci minuti …- rispose a tono la giovane e non chiamarmi così – aggiunse poi, come se se ne fosse accorsa solo in quel momento.

- Avrò tutto il tempo per convincerti allora – rifletté Louis ad alta voce.

- Pensi solo a una cosa, solitamente? – chiese acidamente lei. Il cantante non ci pensò due volte.

- Praticamente si –

Julie scosse la testa alzando nuovamente gli occhi al cielo, mentre le labbra si piegavano inevitabilmente all’insù. Le ragazzine al tavolo accanto si sgranchirono rumorosamente la voce, Louis ridacchiò e fece loro l’occhiolino.

- Patetico un’altra volta –

- Gelosa un’altra volta –

- In effetti fare l’occhiolino a un’altra mentre provi a sedurmi non è certamente l’idea più geniale che potessi avere – gli fece notare.

- Che vuoi farci, sono fatto così – ammise lui stringendosi giocosamente nelle spalle.

- A cazzo? –

Eccolo! – urlò allora il cantante ridendo e battendo le mani, la ragazza incrociò indispettita le braccia al petto e guardò fuori dalla finestra. Louis non se ne mostrò colpito più di tanto – dio mio credevo quasi che non ne avresti detto nemmeno uno! – continuò ridendo. Julie gli riservò un’occhiata particolarmente gelida, il cantante sfoderò il suo migliore sorriso angelico. 

- Che vuoi farci, sono fatta così – gli fece il verso lei, alzando eloquentemente le sopracciglia. 

- A questo punto dovrei rispondere con il francesismo, ma dal momento che sono troppo educato – altro sorriso angelico – eviterò e passerò alla seconda parte della conversazione facendo finta che non sia successo nulla – annunciò, sistemandosi meglio sulla sedia e poggiando gli avanbracci sul tavolino e abbassandosi verso la ragazza in modo confidenziale. Julie sbuffò e lo imitò, comunque divertita e incuriosita dalla faccenda. 

- C’è anche la seconda parte? –  

- Ovviamente, miele –

- Spara –

- Perché eri al ristorante prima? Così inacidita, poi  – chiese allora lui– cioè … più del solito – si sentì poi in dovere di puntualizzare, beccandosi uno schiaffo sulla spalla.

 Le ragazze squittirono indignate per l’affronto.

- Sai – rispose allora lei avvicinandosi ancora di più al cantante in maniera confidenziale e abbassando notevolmente la voce, che si ridusse a un sussurro – che resti tra noi ma … a quanto pare nei ristoranti si pranza – e scoppiò a ridere, di una risata cristallina e divertita che Louis – nonostante fosse appena stato preso in giro – non potette fare a meno di ammirare.

- Sempre la solita – commentò, scuotendo la testa.

- E come fai a sapere come sono di solito? – gli fece notare Julie, ancora sorridendo. Louis rimase in silenzio un istante, come a vagliare le risposte.

- Non lo so, e sto cercando in tutti i modi di scoprirlo, se solo tu me lo permettessi – ribatté frustrato, gli occhi azzurri che brillavano. Julie strinse le labbra, infastidita dalla piega che stava prendendo la conversazione. Non sapendo come rispondere, voltò la testa nuovamente verso la vetrata che dava sulla strada, le braccia incrociate come una bambina.

- Non capisco se hai qualche confusione sessuale in testa, hai sul serio subìto qualche trauma da piccola o …- ricominciò il cantante, interrotto però dalla ragazza.

O cosa? Non mi conosci e pretendi di fare il latin lover che può portarsi a letto le ragazze con la sola forza del pensiero, non riuscendo a capire che magari oltre alla facciata da grand’uomo non c’è poi molto. E visto che io sono l’unica stupida che non ci sta ti senti in dovere di fare il carino e di cercare di entrare nel mio gelido cuore, solo per convincerti che la tua virilità non può essere sminuita – il discorso era stato fatto di fretta, probabilmente si era anche mangiata qualche parola ma sul serio non riusciva più a farsi prendere per i fondelli dal primo stupido di turno, non più.

Louis accettò tutto lo sfogo in silenzio, lasciandole anche qualche secondo per riprendere fiato. Rimase anche in silenzio mentre con due dita la prendeva per il mento costringendola a guardarlo in faccia. Gli occhi di Julie erano sfuggenti.

- Non pensavo che mi ritenessi così – le disse.

- E’ solo l’impressione che ho avuto – si difese la giovane, costringendosi a guardarlo.

- A volte le prime impressioni possono essere davvero … nocive – continuò Louis, un mezzo sorriso sulle labbra. Le spalle di Julie si rilassarono completamente.

- Mi capita di essere acida – ammise Julie sussurrando. Louis si astenne dal commentare.

- Mi capita di essere sbruffone – rispose allora il cantante. Julie sbuffò ridendo, il ragazzo le lasciò il mento e si rimise comodo sulla sedia. Le ragazze accanto – che avevano assistito a tutta la scena – tirarono un sospiro sollevato quando il tavolo tornò a dividere i due.

- Comunque … - ricominciò il giovane finendo di mangiare l’ultimo boccone di torta, interrotto dal suono del cellulare. Julie gli fece segno di rispondere, lui tirò fuori velocemente l’apparecchio e lesse l’SMS. – devo andare, la casa discografica … - annunciò passandosi distrattamente una mano tra i capelli.

- Va bene, anche perché tra un’ora ho lezione – rispose Julie, cominciando ad alzarsi per prendere la giacca.

- Ok allora … Ti chiamo – propose Louis, come illuminato. Julie si strinse nelle spalle e annuì.

- Tanto il numero lo conosci –

- E se quando ti chiamo non sei a casa? –

- E’ un modo velato per chiedermi il numero di telefono? – chiese ridendo Julie, avvolgendosi la sciarpa intorno al collo.

- Non tanto velato se ci hai messo due secondi a capirlo – rispose con una risata il cantante, Julie gli prese il cellulare dalla mano e compose in fretta il suo numero, poi gli rivolse un sorriso e fece un cenno a Selene, uscendo poi dal locale.

 

***    ***    ***

 

Zayn stava sistemando una torta nell’espositore quando Liam Payne entrò nel bar, rivolgendo un dolcissimo saluto alla sua nuova collega. In quei pochi giorni in cui la ragazza aveva cominciato a lavorare lì i due non si erano mai rivolti direttamente la parola, limitandosi a qualche cenno per mettersi d’accordo sui tavoli da servire e a una risata quando la ragazza faceva qualche macello con tazze piattini.

- Tra le altre cose – stava dicendo il ragazzo parlando concitatamente al telefono – stasera giochiamo in casa, ed io non posso assolutamente perdermela –

Selene nel frattempo aveva già preparato, non senza difficoltà, espresso italiano macchiato per il suo amico, che l’aveva ringraziata con un cenno del capo.

- Non capisci, non capisci … - continuava esasperato scuotendo la testa, con la mano libera afferrò una bustina di zucchero – domani pomeriggio? No, a me serve adesso – aggiunse poi. L’accento francese era diventato più acuto come la sua voce; Zayn si avvicinò allo sgabello del giovane intuendo il motivo di tanto sconforto.

- Va bene, si – disse infine – domani – e chiuse la chiamata con uno sbuffo. Selene si girò verso il suo amico un po’ scandalizzata quando si accorse che questo, in preda alla depressione, si era abbandonato contro il bancone, la testa nascosta tra le braccia.

Selene scosse la testa stranita, preferendo poi tornare al suo lavoro. Chi mai avrebbe potuto compatire quell’idiota del …

- Ti capisco, amico – Zayn, sedutosi sullo sgabello accanto a quello di Liam, gli dava fraterne pacche sulla spalla annuendo gravemente.

Ovviamente.

La ragazza posò un attimo la bottiglia che aveva tra le mani, poggiandosi con i gomiti al bancone per assistere alla tragica scena.

- E sul serio non si può fare niente? – stava chiedendo il moro con profonda costernazione, mentre Liam scuoteva la testa, avvilito. A quel punto la domanda era: da quando Liam e il suo collega erano amici? O più precisamente: da quando si rivolgevano la parola?

- E’ … è una … - Liam innaspava come alla ricerca delle parole, Zayn continuava con le pacche. Selene pensò stesse mettendo su proprio una …

Tragedia! – appunto. I due ragazzi rimasero in silenzio un attimo mentre la ragazza cercava di capire il perché di tanta depressione.

- Comunque per me non c’è problema – Zayn era passato alla rassicurazione, come un padre col proprio bambino – puoi venire da me … se la questione è così fondamentale, poi – aggiunse il cameriere, annuendo sollecitamente.

 Non c’è problema? Da me? Questione fondamentale?

Selene cominciò con un misto di ansia e terrore a rivivere gli avvenimenti degli ultimi giorni, cercando di capire perché il suo migliore amico volesse abbandonarla così. Non aveva fatto nulla di strano o che avesse potuto offenderlo, oltre a rompere la televisione del salotto.

La ragazza sgranò un attimo gli occhi, pensando – no, sperando – che il suo migliore amico non stesse facendo tante storie per quello. E invece …

- Sarebbe fantastico, amico! Sai quanto è fondamentale questo derby! – esclamò Liam illuminandosi e rivolgendo un sorriso al moro. Entrambi si girarono spaventati da un rumore.

Selene sbatteva sconsolatamente la testa contro il bancone, suscitando sguardi straniti da parte degli avventori del locale.

- Non capisco perché tante tragedie …- fu l’unico commento del francese, che scosse la testa e tornò a chiacchierare col suo nuovo amico.

 

***    ***    ***

 

Grazie mille per le splendide recensioni, e scusate se il capitolo è breve ma ho preferito dividerlo in due.

Un grazie come sempre a Chiara e una dedica speciale alla mia _Selene13, che sta male e ha visto le materie per la maturità :D

 

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Ho postato una shot che si chiama Delirium, raiting arancione, pairing Harry/Louis (e non fate quelle facce, su!)

e colgo l'occasione per invitarmi a leggere uno spin off di questa ff molto dolce, di _Selene13 intitolata Come on, let me love you just a little bit, raiting verde, pairing Liam/Nuovo Personaggio.

 

Cercherò di postare il nuovo capitolo all'inizio della prossima settimana, alla prossima!

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Capitolo 6
*** Blood brothers ***


Blood Brothers

 

 

If you're tossin' and you're turnin

and you just can't fall asleep

I'll sing a song beside you

And if you ever forget how much you really mean to me

Every day I will remind you

Count on me, Bruno Mars

 

Harry era uscito dall’aula di sociologia da qualche minuto quando il cellulare nella borsa a tracolla cominciò a squillare.

 - Tira fuori lo smoking dall’incerata, amico – comandò allegro Louis quando fu aperta la conversazione.

 - Potevo essere a lezione – fu la risposta divertita di Harry, che si era fermato per prendere un caffè a un chiosco.

 - Fortuna che non lo sei, allora – riprese il cantante – comunque, passo a prenderti alle otto, fatti carino –

 - Sorvolando sul fatto che io sono sempre carino – rispose il riccio – per gli inviti galati non si dovrebbero concedere alcuni giorni di anticipo? – chiese retorico.

 - In effetti il mio non era un invito, quanto più un… avviso – gli fece notare Louis, che in quel momento era in pausa da una riunione alla casa discografica.

 - Un avviso, certo – sbuffò il giovane – se non altro pretendo un enorme mazzo di fiori – intimò mentre raggiungeva l’auto per tornare a casa.

 - Come no – accettò il suo amico.

 - Dov’è che mi porti? – si ricordò allora di chiedere il riccio, che incurante delle regole stradali guidava tranquillamente col cellulare all’orecchio.

 - Una festa di quelli del programma … tutte foto e brillantina – rispose il cantante con uno sbuffo; un assistente gli fece segno che la riunione stava ricominciando e lui annuì alzandosi dal divanetto sul quale era stravaccato.

 - Sembra simpatico, devo andare a prenotare il parrucchiere allora – rise Harry.

 - Non farti troppo bello, non vorrei che qualcuno ti mettesse gli occhi addosso! – esclamò ridendo il cantante – ora scappo, ho una riunione – aggiunse poi.

 - Non riesco ancora a credere che tu sia diventato tanto responsabile, quasi mi commuovo – notò con voce melodrammatica il riccio.

 - Scherzi? Partecipo solo perché il caffè è gratis e la stagista è sexy – rispose orripilato Louis.

 - Questo è il ragazzo che amo – rise l'amico, mentre svoltava nella via dell’appartamento. Dall’altra parte della cornetta il cantante lo imitò, poi senza aggiungere altro mise giù. 


*** *** ***

 

 Julie e Olivia s’intrattenevano nel piccolo soggiorno del loro appartamento londinese. La bionda, capelli legati e maglietta tre taglie più grandi del normale, stava seduta al tavolo cercando di studiare qualcosa per l’esame della settimana successiva; Julie, che l’ultimo esame della sessione l’aveva dato quella mattina, si metteva lo smalto ai piedi con aria estremamente soddisfatta.

- Faccio una pausa – decise d’un tratto Olivia stropicciandosi gli occhi chiari. Julie annuì senza prestare tanta attenzione, mentre chiudeva la boccetta e agitava le mani, anche quelle appena smaltate, nella speranza di far asciugare più in fretta il colore.

- Fai bene … ah, sai che alla fine sono uscita a prendere un caffè con Louis? – rispose la ragazza allungandosi sul divano. Olivia rise.

- Hai capito alla mia Julie! Tanto a ridere di me e delle mie cotte infantili e poi … - e rise ancora. La riccia sbuffò alzando gli occhi al cielo mentre la sua amica la raggiungeva sul divano.

- Non provare nemmeno per un secondo a paragonare un caffè alla tua ossessione perversa nei suoi confronti! – rispose ridendo, facendole spazio accanto a sé.

- Lo sai perché lo faccio – disse seriamente Olivia. E infatti Julie lo sapeva. Sapeva cosa suo fratello le aveva fatto, sapeva quanto lei ci stesse male, sapeva anche che la scelta di vivere senza pensieri era in parte (in gran parte) a causa di quello che lui le aveva fatto passare.

E da qui la scelta di prendersi una cotta: “è più facile andare dietro a un personaggio che in realtà non esiste, sai che non ci sarà mai niente e non soffri a prescindere” le aveva detto una volta, quando a causa del troppo vino erano finite sulla panchina di un vecchio parco abbandonato a chiacchierare sperando che il mal di testa passasse.

- Lo so – rispose con un sorriso malinconico Julie, fattasi seria. Solo che lei voleva bene a suo fratello, a quel biondo con la risata sempre pronta che riusciva a tirare fuori sempre il lato migliore della gente. Be’, quasi sempre.

Olivia scosse la testa come a voler cancellare qualche brutto pensiero, poi con un sorriso tornò la solita superficiale e svampita che Julie aveva imparato ad apprezzare.

- Ad ogni modo – riprese la bionda alzando dal divano per mettere su il caffè – devo trovare un paio di scarpe adatte da mettere col vestito per stasera – annunciò, mentre l’altra annuiva con convinzione.

- A proposito, dov’è che andiamo stasera? –

- Matt ha detto che era un localino tranquillo che hanno aperto da poco in una traversa della Picadilly – rispose la bionda riferendosi al ragazzone biondo e simpatico che quella mattina l’aveva invitata a uscire. In realtà ad avvicinarsi era stato Logan, un compagno di corso di Julie, che con i suoi splendidi occhi azzurri aveva in fretta fatto capitolare la ragazza, che aveva accettato di uscire con lui; Olivia e il suo nuovo amico si erano aggregati naturalmente, complici l’amicizia delle ragazze e la passione per la stessa squadra di calcio dei giovani.

- E poi andiamo a ballare? – chiese ancora Julie, legando i lunghi capelli ricci in una coda di cavallo e prendendo la tazza di caffè che le veniva offerta.

- Ovviamente! – esclamò Olivia, che ormai abbandonata l’idea di continuare a studiare aveva cominciato a cercare le famose scarpe perfette, mettendo a soqquadro il suo armadio. Il vestito era corto, modello tubino stretto sotto il seno da una cintura color corda. La giovane cominciò ad analizzare con occhio critico tutte le calzature che possedeva seduta per terra con le gambe incrociate. Matt le piaceva e ci teneva a fare bella figura.

- Meglio, ho voglia di divertirmi – rispose con una risata Julie – vado a fare una doccia – annunciò poi, posando la tazza sul tavolino e dirigendosi verso il bagno. Olivia grugnì qualcosa come risposta mentre si gettava alle spalle anche un paio di decolté tacco quindici blu; poi, troppo pigra per alzarsi, gattonò fino all’armadio della sua coinquilina ricominciando l’operazione dall’inizio. Via i tronchetti rossi, le ballerine grigie e gli stivali di camoscio; tenne da parte un paio di sandali gioiello e valutò per qualche istante le francesine rosa, prima di afferrare un paio di stivali color corda che arrivavano sopra al ginocchio. Con un sorriso si alzò e si diresse nella sua stanza, mentre Julie canticchiava sotto il getto caldo della doccia.

 

 *** *** ***

Take off your shoes, lay back, and take a load off
Give me your blues, let me love it away
Nothing to lose, so don’t act like such a grownup
Stay out all night in the moonlight with me

The best thing about me is you, Ricky Martin

 

La serata si preannunciava tranquilla: divano, una coperta, thè bollente e un buon libro, per riprendersi dalle fatiche della settimana appena trascorsa.

 Certo non si poteva dire che Selene non fosse una ragazza pantofolaia.

Liam entrò in quel momento nel salotto dell’appartamento, che un po’ per mancanza di soldi un po’ per gusto condividevano, e si concesse un sorriso alla vista della sua migliore amica rannicchiata sotto diversi strati di pile tutt’intenta a leggere un libro dall’aria non propriamente salutare.

- Che leggi? – chiese, avvicinandosi al divano e sedendosi, mettendosi i piedi della ragazza in grembo.

- Critica alla ragion … -

- No scherzo non lo voglio sapere! – la interruppe lui con una risata, che subito contagiò Selene.

Liam era tutto l’opposto della sua amica: lei era timida fino all’inverosimile, lui era divertente ed estroverso; lei amava i libri, lui la gazzetta dello sport (ma solo quando lo stesso articolo non era detto in tv o radio).

Ed era imbranata, dolcissima e divertente, e quando sorrideva illuminava tutto ciò che la circondava: era la sua migliore amica.

Selene sbuffò divertita alzando gli occhi al cielo, per poi tornare a leggere il suo librone. Stavano bene così, anche in silenzio a fare cose diverse, consapevoli comunque della reciproca presenza. Liam sbadigliò e poggiò la testa all’indietro sul cuscino del divano.

- Zayn è proprio fortissimo – buttò lì, con gli occhi chiusi. Selene si irrigidì un attimo quando sentì quelle parole, le guance si arrossarono leggermente. Conosceva Zayn troppo poco e da troppo poco tempo per dire di avere un’infatuazione per lui, ma non poteva certo ammettere di non essere attratta dal suo fisico o dal suo sorriso o …

- Non mi dire – borbottò la giovane senza alzare gli occhi dal libro – no sul serio non farlo – aggiunse poi, quando Liam cercò di continuare il discorso.

- Scommetto che ti piacerebbe, anche lui legge – la ignorò bellamente lui.

- Le etichette dei liquori? –

Liam le lanciò un’occhiata stranita, Selene abbozzò un sorriso di scuse – è che mi mette in soggezione – ammise poi, alzando gli occhi dal libro e incrociando lo sguardo del suo migliore amico.

- Allora sarà imbarazzante – si limitò a rispondere lui, con un’eloquente espressione sul viso. Selene lo fissò senza capire, piegando la testa di lato – lui e una sua amica stanno venendo qua a cena –

Selene sbarrò gli occhi, lasciando cadere il libro per terra. Il suo amico intanto se ne stava imbarazzato di fronte a lei, una mano tra i capelli biondi e uno strano sorriso sul volto.

- Liam – proferì lentamente la ragazza – questo è il momento in cui scoppi a ridere, mi dici che mi stai prendendo in giro e mi chiedi che pizza voglio ordinare – ma Liam continuava a non parlare.

- Per la terza parte non ci sono problemi, stasera cucino io – cercò di rimediare (senza successo, ovviamente) il giovane, mentre Selene si alzava dal divano.

- Quindi mi stai dicendo che Zayn, il tipo che mi mette in soggezione e principale spettatore delle mie migliori figuracce sta venendo qui perché tu lo hai invitato a cena senza chiedere il mio permesso? – riepilogò con un sibilo Selene, la sua celebre calma ormai nel dimenticatoio.

- Occhio e croce, si – fu la geniale risposta del francese, che senza volerlo si metteva sempre di più nei guai – ieri sera mi ha inviato a vedere la partita a casa sua e mi ha offerto la cena, ho pensato fosse un gesto carino ricambiare … - cercò di rimediare poi, realizzando che probabilmente fare una sorpresa del genere alla sua coinquilina non rientrava nelle dieci idee migliori dell’anno.

- E credi che sarà carino quando mi metterà così in imbarazzo che cadrò dalle scale e mi romperò una gamba? – chiese allora Selene.

- Non abbiamo scale in casa, quindi il problema non si pone – le fece notare lui con una risata, avvicinandosi e abbracciandola. Selene si lasciò cullare dalle braccia del ragazzo, la fronte poggiata contro il suo petto.

- Sarà una catastrofe - mugugnò, sentendo il corpo del suo amico scosso dal tremito di una risata trattenuta – e non ridere! – aggiunse allora, colpendolo giocosamente sulla schiena tuttavia concedendosi un sorriso.

- Sarà una bella serata – le disse invece Liam, dopo averla costretta ad alzare il viso verso il suo, i venti centimetri che li separavano lo fecero sorridere – perché sei con me ed io non permetterò a nessuno di farti sentire fuori posto o in soggezione, chiaro? – le disse serio; Selene annuì con un sorriso dolcissimo sul volto, che contagiò il ragazzo.

- Vado a fare una doccia – annunciò rassegnata, sciogliendosi dall’abbraccio e raccattando libro e coperta – vedi di non bruciare tutto! –

Liam sorrise e scosse la testa, cominciando a preparare la cena.

 

 *** *** ***


- Ciao piccola –

- Ciao a te! Come stai? –

Olivia e Julie erano appena salite nella macchina per raggiungere il locale e i ragazzi quando il telefono di quest’ultima aveva cominciato a squillare: Niall.

- Diciamo pure che non vedo l’ora di tornare a casa! E da te invece? – rispose il ragazzo con la sua solita risata, che fece sorridere di rimando anche sua sorella.

- Non c’è male. Stasera andiamo in un locale che hanno aperto da poco, se mi piace quando torni ci andiamo insieme – Olivia stringeva spasmodicamente le mani al volante mentre guidava, lanciando occhiate continue alla sua amica.

- Non vedo l’ora … c’è anche Olivia lì con te? – aggiunse poi, come in imbarazzo. Julie si concesse un sorriso prima di rispondere.

- Si, è qui accanto a me – la diretta interessata sbarrò gli occhi continuando a stringere il volante, le guance arrossate come non le capitava mai.

- Dille che la saluto – Poi schiarendosi la voce cambiò discorso: - arrivo all’inizio di Dicembre, non appena finiamo le sei settimane di addestramento qui in Scozia – annunciò.

- Questa si che è una notizia meravigliosa! E per quanto rimarrai? – chiese entusiasta la riccia, guadagnandosi un’occhiata incuriosita dalla sua amica.

- Fino al due Gennaio, credo … forse qualcosa in più – rispose il fratello. Julie sorrise contenta, dimenticando l’acidità che la caratterizzava normalmente. 

- Non vedo l’ora –

- A chi lo dici … ora però devo scappare, divertitevi e comportatevi bene! – si raccomandò il giovane con una risata che contagiò sua sorella. Olivia sbuffò e allentò la presa sul volante, mentre ormai s’immettevano nel centro. La chiamata fu chiusa dopo qualche istante, Julie si voltò verso di lei.

- Sto bene – annunciò la bionda percependo l’occhiata preoccupata dell’amica.

- Sicura? – rispose quella, prendendole la mano. Olivia annuì nuovamente e si passò una mano tra i capelli, sorridendo.

- Stasera facciamo follie! – annunciò cambiando totalmente discorso. Julie comprese e annuì con vigore, sistemandosi il lucidalabbra nello specchietto che portava in borsa. Dopo pochi minuti si fermarono davanti al locale, individuarono i ragazzi fermi all’entrata che si stringevano nei giacconi e si sorrisero, prima di scendere dalla vettura.

 

 

 *** *** ***

 

 La festa era di una noia assurda.

Tutti gli altri sembravano divertirsi un modo, ma Louis era sempre più tentato di mollare tutto e andare a prendersi un panino da qualche parte, soprattutto perché – convito di poter mangiare qualcosa lì – non aveva cenato. La domanda a quel punto era: che significano gli antipasti mignon? Cioè … gli antipasti sono cibo, e il cibo deve saziare. Gli antipasti mignon invece erano scomodi e non saziavano, e Louis era sempre più depresso.

Harry, poco distante da lui, chiacchierava amabilmente con la bionda trentenne che aveva presentato il programma durante la sua edizione, e sembrava non accorgersi di altro oltre che delle enormi … qualità della sua interlocutrice. Depresso posò per qualche foto e partecipò al brindisi con gli altri concorrenti, mentre cercava un modo per dare buca al suo amico e andarsene da lì.

- Louis, amico … stasera credo che non tornerò a casa, mica mi presti le chiavi della macchina? – Harry si era avvicinato al suo amico con un sorriso malandrino sul volto, contento della piega che aveva preso la serata. Caroline, la bellissima presentatrice che aveva puntato all’inizio della serata, lo aveva invitato a prendere qualcosa da bere in un posto più tranquillo e lui non poteva sperare in nulla di meglio. Louis scosse la testa ridendo e gli allungò le chiavi dell’auto di lusso sulla quale erano arrivati.

- Tratta bene la mia bimba – gli intimò serio, facendo ridere l’altro.

- Contaci. A domani – lo salutò brevemente il riccio, che subito raggiunse la bionda che lo attendeva all’ingresso pronta per uscire. Con un ultimo cenno della mano i due lasciarono il locale e Louis, ormai totalmente depresso e senza macchina, si rassegnò a dover rimanere con la sola compagnia del vino e degli antipasti insulsi.

 

***    ***    ***

 

Sono partita a scrivere questo capitolo che era un incrocio tra il no sens e il porno, poi mi sono ridimenzionata (o almeno ho cercato di farlo!)

Un grazie particolare a Donatella che mi ha salvata dalla crisi, a Chiara che continua a betarmi i capitoli anche se storce il naso (stavo per pubblicare il capitolo con la nota del gene recessivo e della Orfei, vedi te) ma soprattutto a Hellen_Styles, che ho scoperto essere la mia anima gemella e che mi manda le foto che mi ispirano il porno (e se sopravvive all'esame di filosofia me la sposo,deciso XD) :D

Grazie mille a voi che avete recensito (7 commenti!) e che seguite la mia storia!


Angolo Pubblicità:

E nuovamente vi invito a passare dalla shot che ho pubblicato qualche tempo fa: Delirium, raiting arancione, pairing Louis/Harry. *trasgressiva*



Inoltre consiglio per chiunque volesse la storia della mia carissima _selene13: Come on, let me love you just a little bit, raiting verde, pairing Liam/Nuovo Personaggio, spin – off di questa storia (:

Infine una ff che nonostante sia all'inizio mi ha molto colpita per gli argomenti trattati e per come è stata scritta: Hopeless, di Baaguette_, raiting arancione, un po' tutti i personaggi.

 

Alla prossima ;D

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Capitolo 7
*** For once in my life ***


 

For once in my life

 

 

 

 

It's meeting the man of my dreams

And then meeting his beautiful wife

And isn't it ironic, don't you think

A little too ironic, and yeah I really do think

Ironic, Alanis Morrisette

 

Imbarazzante.

 Non esistevano parole più esatte per descrivere quella serata e in particolare quella cena, solo… imbarazzante. Che poi l’unica a sentirsi in imbarazzo fosse lei, era un’altra questione.

 Selene stava seduta alla destra di Liam, che chiacchierava con i suoi ospiti spostando tutta l’attenzione su di sé.

 E meno male.

 Da quando Zayn e la sua biondissima accompagnatrice avevano varcato le porte del piccolo appartamento, la ragazza si era chiusa in un ostinato mutismo, convinta del fatto che se avesse spiccicato anche una sola sillaba avrebbe fatto una figuraccia. Anche perché in quel momento si sentiva abbastanza destabilizzata, a causa del moro che stava seduto di fronte a lei: pantaloni neri e stretti, maglia bianca attillata e un enorme cardigan di lana rosso scuro, che faceva risaltare la pelle. Selene si chiese se fosse l’unica a vedere il cartello gigante con scritto “stuprami” che gli lampeggiava in testa. Probabilmente no, soprattutto a notare le occhiate che gli inviava la sua ragazza. Ecco, quello era un altro motivo per il quale aveva scelto il silenzio. Ellie, ventenne amica del suo collega, era la ragazza perfetta: bionda, occhi azzurri ovviamente. e gambe chilometriche; all’inizio Selene aveva pensato che almeno si sarebbe dimostrata una totale imbecille. Sbagliato: studiava letterature antiche e parlava correttamente tre lingue. E allora Selene aveva sperato fosse antipatica e altezzosa. Sbagliato un’altra volta: era solare, sorridente, simpatica e dolcissima.

 La ragazza perfetta.

 Comunque la ragazza sperò che la sua ospite si strozzasse con il risotto che Liam aveva preparato.

 E quando mai.

 - Hai un nome bellissimo – Ellie, annoiata dalla conversazione che ovviamente era finita sul calcio, si era rivolta a Selene con un sorriso smagliante. Stomachevole.

 - Cosa? – chiese la diretta interessata che non aveva sentito, troppo occupata a maledirla.

 - Il tuo nome – ripeté paziente Ellie – nella mitologia greca era la dea della luna – le raccontò. I ragazzi smisero di chiacchierare unendosi alla conversazione delle giovani. Selene conosceva a memoria quella storia, non c’era mica bisogno che una super modella reincarnazione di Einstain venisse a raccontargliela.

 - Davvero? E che storia ha? – ma ovviamente il suo migliore amico non era d’accordo con lei. Anche Zayn prestò orecchio alla sua accompagnatrice, ignorando bellamente Selene. Come aveva fatto per tutta la sera, in effetti. Certo, lei non aveva spiccicato parola ma...

 - Allora, Selene si innamorò di un giovane bellissimo, Endimione, che dormiva in una grotta. Questa cominciò ad andare a trovarlo tutte le notti per potersi unire a lui – risate soffocate dai commensali – fino a quando non si accorse che il giovane stava invecchiando. Allora la dea chiese a Zeus di concedere al mortale il sonno eterno, così che potesse rimanere sempre giovane e grazie a questo rimasero insieme per l’eternità -tutti, Selene compresa, rimasero incantati dalla sua capacità di raccontare. Fu Zayn il primo a rompere il silenzio cui seguì il racconto: - e si unirono ogni notte? – chiese giocosamente, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Liam ridacchiò.

 - Concepirono cinquanta figlie – rispose allora stizzita Selene come a voler dimostrare di conoscere a sua volta il mito, pentendosi un attimo dopo del tono che aveva usato. Perché non ne faceva una giusta? Come sempre fu Liam a sviare la situazione.

 - Hai capito Endimione! – esclamò infatti ridendo – è bravo quasi quanto me! – le sue parole scatenarono le risa della compagnia, che in breve ricominciò a chiacchierare come nulla fosse, tutti rallegrati dal vino e dal buon cibo. Maledicendosi per la sua incapacità a tenere la bocca chiusa, Selene si alzò con la scusa di andare a prendere il dolce, portato dagli ospiti. In cucina la ragazza si poggiò al piano cottura e respirò profondamente. Non le piaceva molto la presenza di Zayn nella stessa stanza, già al lavoro era una tortura, ma anche a casa… aveva sempre paura di dire qualcosa di sbagliato, fare qualcosa di stupido o…

 - Hai bisogno di una mano? – una voce interruppe i suoi pensieri. Zayn, le mani nelle tasche e un mezzo sorriso sul volto, se ne stava in mezzo alla cucina a fissarla.

 Selene si girò di scatto, stupita dalla presenza del moro. Da quando aveva cominciato a lavorare come barista i loro rapporti erano sempre stati freddi e professionali, e non si aspettava certo che lui si offrisse di aiutarla.

 - Il dolce è nel frigo – si limitò a rispondere con lo sguardo basso, mettendosi poi alla ricerca del coltello e dei piattini per servirlo.

 - Ellie non ti sta molto simpatica, eh? – stava facendo conversazione con lei? Zayn Malik stava facendo conversazione con lei mentre sistemava la torta al cioccolato su un piatto da portata nella sua cucina?

 - Mi sembra una brava ragazza – rispose atona, raggiungendolo per prendere le posate.

 - Però non ti sta simpatica – Zayn ridacchiò e si poggiò contro il piano, incrociando le braccia. Selene si ritrovò a pensare che fosse bellissimo in quella posizione e, instantaneamente, le guance assunsero una tonalità scarlatta. Zayn sorrise, accorgendosene.

 - Non è la mia ragazza – gli disse allora, ferma con le mani poggiate ai bordi del piatto. Zayn annuì maliziosamente, staccandosi dal piano e avvicinandosi a lei.

 - Beh nemmeno la mia, ma penso comunque che sia simpatica – Selene si accorse che il ragazzo veniva verso di lei, si costrinse a non indietreggiare. Lui la raggiunse e rimase in silenzio a scrutarla, attendendo una sua risposta; Selene non ci capiva più niente, e aveva appena fatto l’ennesima figuraccia.

 - Stai parlando con me – notò allora, cambiando totalmente argomento – non lo fai mai –

 Stupida, stupida, stupida

 Zayn si esibì nuovamente nel suo mezzo sorriso sexy, avvicinandosi ulteriormente.

 - Beh – mormorò allungando la mano per sfiorare il fianco della ragazza – sei la padrona di casa, ed è buona educazione parlare con lei e poi… ci tenevo a farti sapere che apprezzo questo adorabile vestitino e tutto ciò che lascia vedere – disse, passando la mano tra le pieghe dell’abito, fino a sfiorare la coscia della giovane, che tremò. In effetti quella sera aveva deciso di indossare un vestitino semplicissimo ma che le piaceva, abbinato a un paio di ballerine. E si era trovata carina, o almeno lo aveva fatto fino a quando non era entrata Ellie con il suo completo Chanel che sembrava indossato da una modella. Si stupì che Zayn l’avesse apprezzato, anche perché di solito non metteva mai nulla di così vistoso per uscire o andare al lavoro. La mano del ragazzo intanto continuava ad accarezzare la sua gamba sotto l’abito, il respiro di Selene era spezzato.

 - E poi… - mormorò ancora il ragazzo avvicinando il viso a quello della giovane e facendosi più audace con le carezze. 

 - Zayn quanto tem… - Liam e Ellie entrarono in quel momento nella cucina, trovando i due addossati contro il piano cottura, una mano del ragazzo sotto il vestitino di Selene e i visi a pochi millimetri. Tutti e quattro rimasero congelati per un istante, poi Liam prese la parola: - Zayn – proferì lentamente, come se cercasse di mantenere la calma – cosa ci fa la tua zampa sotto il vestito della mia migliore amica? –

 Il ragazzo in questione infilò prontamente entrambe le mani in tasca, Ellie fece un passo avanti, salvando Selene.

 - Abbiamo comprato questa torta in una nuova pasticceria dalle parti della biblioteca – disse, avvicinandosi a prendere il dolce – io amo il cioccolato, in questa poi è triplo! Allora, chi ne vuole una fetta? – aggiunse, passando lo sguardo da Liam a Selene a Zayn. I due giovani rimasero un attimo in silenzio, poi Liam distolse lo sguardo.

 - Io ne prendo un po’ volentieri, Sel vieni? – e con quello, tornarono tutti in salotto.

 

 

***    ***    ***

 

 

In the all night cafe

At a quarter past eleven,

Same old man is sitting there on his own

Looking at the world

Over the rim of his tea-cup.

Streets of London, Ralph McTell

 

 

Nel locale c’era un caldo assurdo, e le ragazze continuavano a dimenarsi senza posa in pista. Logan e Matt si sentivano fortunati, in effetti.

 Julie ridendo prese una mano della sua amica facendole fare una giravolta, Olivia alzò il grosso bicchiere di plastica pieno di liquido colorato come a fare un brindisi ai due ragazzi che le guardavano seduti nel privè che avevano prenotato. 

 - Ok basta, devo assolutamente andare a sedermi! – esclamò a un certo punto Julie rivolta alla sua amica, che annuì e continuò a ballare, subito raggiunta dal suo accompagnatore. La giovane si sedette sul divanetto, sollevando i piedi gonfi a causa delle scarpe col tacco alto e sorrise a Logan, che le si avvicinò.

 - Bella serata, eh? – chiese il ragazzo solleticando il collo di Julie con l’indice, mentre lei ridacchiava.

 - Molto, molto bella – rispose lei, accostando il viso al suo – e sai come potrebbe migliorare? – aggiunse poi, sussurrando sulle labbra del giovane, che intuendo tutto sorrise e le socchiuse. Ma Logan non potette mai appurare il miglioramento, dal momento che la borsetta della ragazza cominciò a vibrare e poichè era all'estremità del tavolino cadde, finendo sul piede della ragazza. Julie voltò la testa scocciata, allungandosi con una mano a raccoglierla: - è una mezzora che continua a squillarti il cellulare – ricordò il ragazzo sistemandosi comodo sulla poltroncina e chiudendo Julie in un abbraccio, mentre lei cercava di aprire la cerniera difettosa borsetta  per estrarne il telefono, che dopo una breve pausa aveva ricominciato a squillare.

- Pronto? – chiese, urlando per farsi sentire al di sopra della musica – pronto? – ripeté ancora, mentre con uno sbuffò si liberava della stretta calda di Logan per raggiungere l’uscita.

 - Julie! – una voce metallica quasi la fece sussultare. Eppure ormai quella voce la conosceva: Louis. La ragazza capì che il tono del suo interlocutore era spaventato, e senza pensarci alzò il passo, avviandosi al guardaroba.

 - Louis, che cosa è successo? – urlò per farsi sentire mentre, il telefono incastrato tra spalla e orecchio, cercava il bigliettino dell’exit e lo consegnava a un membro del personale.

 - Julie, Julie… - continuò a dire con voce lamentosa il ragazzo, lei uscì nella fredda aria notturna finendo di indossare il cappotto, sempre più spaventata.

 - Oh mio dio Louis, che succede? – chiese, la voce alterata per la preoccupazione.

 - Io… non lo so, Julie. Vieni a prendermi? – chiese quasi piangendo lui. Julie rimase turbata a sentire quel tono, soprattutto perché era sempre stata abituata all’allegria della voce del cantante. In fretta cercò le chiavi della macchina nella borsetta, camminando velocemente verso la vettura. I piedi le facevano male ma quasi non li sentiva, troppo preoccupata per il ragazzo. Perché poi si stava preoccupando? Alla fine non c’era alcun rapporto tra i due eppure…

 Velocemente mise in moto, la mano che scandiva i secondi nervosamente sul volante.

 - Dove sei? – chiese al ragazzo che era rimasto in silenzio respirando rumorosamente, come se stesse riprendendo fiato dopo una corsa. Ci mise qualche secondo a rispondere.

 - Io… non lo so. Credo… c’è un’insegna – farfugliò Louis – è grande e blu… c’è scritto The Pidgeon o qualcosa del genere – aggiunse poi, mentre Julie, intuendo dove si trovasse il giovane, svoltava a sinistra.

 - Cosa ti è successo Louis? – chiese ancora spaventata, accelerando.

 - Ho fatto una grande, enorme sciocchezza… - rispose grave lui, nuovamente sul punto di mettersi a piangere. Julie aveva la gola secca e il piede in automatico spinse nuovamente sull’acceleratore.

 - Ok, credo di aver capito dove sei… non muoverti sto arrivando – sospirò, prima di mettere giù. Era spaventata, preoccupata e confusa. Riusciva solo a pensare al fatto che Louis fosse in pericolo e al fatto che stesse piangendo, non gli era passato invece nemmeno dall’anticamera del cervello che aveva appena lasciato Logan, Olivia e Matt senza avvisare, e che si sarebbero spaventati a loro volta. Cosa poteva essergli successo? Lo avevano aggredito? Una fan scatenata aveva tentato di stuprarlo? A quel pensiero un sorrisetto nervoso le increspò le labbra, prima che ricordasse che non era il momento. Dopo pochi minuti svoltò per l’ultima volta nella strada che ricordava essere quella del Pidgeon.

 E Louis era lì, seduto alla panchina davanti alla birreria stretto nel giaccone pesante che indossava.

 Julie accostò e scese dalla macchina, quasi correndo per raggiungerlo. 

 - Oh mio dio Louis, cosa ti è successo? – esclamò avvicinandosi per guardarlo bene in viso. Il ragazzo alzò la testa di scatto e la guardò, con il suo solito sorriso sul volto.

 - Oh ciao, miele! Finalmente sei arrivata – esclamò contento – non sai che freddo qui ad aspettare, meno male che c’era Fruit Ninja! – Julie non riusciva a spiccicare parola, mentre le guance si coloravano di rosso. 

 - Tu mi hai chiamata piangendo, dicendo di aver fatto un’enorme cazzata e chiedendomi di venirti a prendere – scandì lentamente, guardandolo attentamente in faccia.

 - Ah quello – rispose il giovane stringendosi nelle spalle con noncuranza – in realtà mi serviva soltanto un passaggio, ho prestato la macchina al mio migliore amico e non mi è venuto in mente che poi io sarei rimasto a piedi e… - Picchialo, disse una vocina.

 - COSA? - rispose Julie, fermando Louis per un polso e costringendolo a voltarsi – tu mi hai chiamata piangendo! –

 - Recitavo – fu la candida risposta del giovane, che ebbe anche il coraggio di sorriderle. Lascialo a terra rantolante, nessuno lo saprà mai.

 - Recitavi – sibilò Julie, chiudendo gli occhi e deglutendo, come a voler ritrovare la sua inesistente calma. Poi, quando capì che non sarebbe mai riuscita nella sua impresa, fece l’unica cosa che le sembrava logica. Si avventò su Louis per dargliele di santa ragione. Il ragazzo ridendo cominciò a parare i colpi con le braccia, tentando di preservare la sua incolumità.

 - Sei un idiota! Ho rischiato di fare non so quanti incidenti per colpa tua! – ringhiò la ragazza, dandogli l'ennesimo pizzicotto sul braccio. Non era vero, e lei lo sapeva dal momento che a quell’ora le strade erano praticamente deserte, ma già che c’era … 'Sti greci perversi...

 - Scusa! E io come ci tornavo a casa? – IN UN SACCO DI PLASTICA NERA! urlò la vocina della ragazza, mentre lui, decidendo che poteva bastare come sfogo e incrociandole le braccia sul petto, per bloccarla.

 - Posso usare anche i calci – lo avvertì Julie guardandolo in cagnesco – mi hai quasi fatto prendere un infarto! – aggiunse poi, colpendolo col tacco nello stinco. Louis imprecò tra i denti senza tuttavia mollare la presa, Julie si accorse con una parte del cervello di essere stretta tra le sue braccia, in una sottospecie di abbraccio.

 - Potresti lasciarmi andare, adesso – intimò, con sguardo di fuoco.

 - Scherzi? Ci tengo alla pelle io! – rispose Louis scuotendo la testa con vigore. Julie sbuffò e continuò a fissarlo scocciata.

 - Sei un idiota – borbottò.

 - Me lo hai già detto – le fece presente lui.

 - Era giusto per ribadire il concetto, in effetti –

 - Casomai me ne fossi dimenticato – il tono di Louis era sarcastico, la strinse ancora un po’ e la fissò negli occhi. Julie, imbarazzata da quella strana intimità, distolse lo sguardo. Il cantante sbuffò.

 - Cosa? – chiese Julie, contrariata.

 - Non capisco perché sei così … così … - il ragazzo non riuscì a trovare la parola esatta, e si limitò a sbuffare. Era contrariato, confuso e stanco. Julie notò la sua espressione e si sforzò di addolcire il tono.

 - Sono venuta a prenderti – mormorò, sempre con lo sguardo basso.

 - Lo hai fatto – 

 - E’ solo che … ci sto provando – disse ancora la ragazza, profondamente in imbarazzo come non le capitava mai. Louis sorrise leggermente e decise di alleggerire la tensione.

 - A smetterla con questa tua insana indipendenza dai limoni scaduti? – le chiese ridendo. Julie fece una strana smorfia e scosse la testa.

 - Sto per darti un altro calcio –

 - Scusa. Mi offri la colazione? - chiese poi il ragazzo, tornando serio. Julie lo guardò male, alzando gli occhi al cielo.

 - Casomai me la offri tu, dato che sono ancora traumatizzata per colpa tua – rispose tragica. Louis rise e le prese le chiavi della macchina che aveva ancora in mano. – ok – disse – allora guido io, non sia mai che lo shock ci faccia fare qualche altro incidente – e, dopo averla lasciata, si avviò verso l’auto.

 - Che stronzo! – esclamò allora la giovane, dopo essersi ripresa dal freddo che la lontananza dal colpo di Louis le aveva provocato. Il ragazzo in questione scoppiò a ridere e le aprì molto cavallerescamente la portiera.

 - Oh, miele! Sempre con la tua finezza da dama dell’ottocento – disse mettendosi una mano sul cuore, teatralmente – prego, madame – aggiunse poi ridendo e indicando l’auto. Julie scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, accettando tuttavia la mano che le veniva porta per salire a bordo.

 

 

***    ***    ***

 

 

Alle sei del mattino Harry Styles aprì gli occhi nella camera da letto della presentatrice Caroline Flack, dopo il sesso migliore della sua vita. Soddisfatto si girò nel letto stiracchiandosi, non stupendosi di trovare il posto accanto al suo freddo. Il giovane si alzò attratto dall’odore di caffè che proveniva dalla cucina e indossò i vestiti sparsi per il pavimento.

 - Buongiorno – disse con un sorriso Caroline dopo qualche secondo, quando il giovane entrò nella cucina. Harry le rispose con un mezzo sorriso, accettando con aria grata il caffè che lei gli stava porgendo.

 A quel punto la cosa diventava imbarazzante. 

 - Sono stata bene, stanotte – disse la donna per spezzare il silenizio.

 - Anche io – confermò Harry con un sorriso malizioso, ricordando ciò che era avvenuto durante la notte. Caroline dovette fare lo stesso, almeno a giudicare dalla gote arrossate Tutte che arrossiscono? La smerciano alla grande e hanno pure il coraggio di arrossire?. Il caffè fu finito in silenzio, il ragazzo si alzò alla ricerca della giacca. è finita sopra il lampadario, ma che cavolo avete combinato ieri notte?!?

 - Mi piacerebbe rivederti, se vuoi… - disse quando l’ebbe trovata, voltandosi verso Caroline. Quella annuì compiaciuta e gli porse un pezzetto di carta, sul quale era già appuntato il suo numero di cellulare – ti chiamo – disse allora Harry, poi le lasciò un bacio sulla guancia, che fece ridacchiare di gusto la donna, e uscì dall’appartamento.

 Dopo una mezzora parcheggiò davanti allo stabile nel quale abitava. Con uno sbadiglio aprì il portone principale e si avviò verso gli ascensori, raggiunto poco dopo da Louis, così stravolto che non lo riconobbe nemmeno.

 - Buongiorno – borbottò il riccio allora, passandosi una mano tra i capelli. Il cantante si votò verso di lui e lo guardò stranito per qualche secondo.

 - Tu sei il mio migliore amico – provò poi, socchiudendo gli occhi chiari come a volerlo mettere a fuoco. 

 - Tu sei un idiota – rispose allora Harry, scuotendo la testa rassegnato ed entrando nell’ascensore. Il riccio ne ebbe poi la conferma quando venne raggiunto dall’amico, che ridacchiava come un idiota.

 Appunto.

 

***    ***    ***

 

Grazie a quante, in questi giorni, mi hanno supportata e mi hanno fatto tornare il sorriso sulle labbra. Grazie a Chiara, che mi fa le correzioni in notturna (come ai vecchi tempi) e mi fa morire dal ridere; grazie a Donatella e __MariMalfoy per i messaggi e i tweet carinissimi che mi hanno inviato; grazie a quella figona di Hellen Styles perchè è lei e basta; grazie a jas_ che è gode quando sono a lutto e grazie a juls_angel, a evenearsier e baguette_ per le splendide recensioni.

 

Angolo Pubblicità:

E nuovamente vi invito a passare dalla shot che ho pubblicato qualche tempo fa: Delirium, raiting arancione, pairing Louis/Harry.

 

Inoltre consiglio per chiunque volesse la storia della mia carissima _selene13: Come on, let me love you just a little bit, raiting verde, pairing Liam/Nuovo Personaggio, spin – off di questa storia (:

 

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Somethin' stupid ***


 

Somethin' Stupid

 

 

 

 

 

Now she’s tryin’ to forget him and

The salary came with him

When he first met her

When they first got together.

I don't wanna be in love, Good Charlotte


- Tra le altre cose, zucca – stava dicendo Harry poggiato contro lo stipite della porta – non è normale che tu non l’abbia ancora baciata – Louis, un maglione in una mano e un paio di boxer puliti nell’altra, si voltò verso il suo amico, sgranando gli occhi.

 - Ti ho già detto del suo carattere, no? – l’altro annuì – quindi non c’è bisogno che ti faccia notare l’alta probabilità di ritrovarmi senza lingua nel caso provassi ad infilargliela in bocca – disse il cantante con fare ovvio, per poi continuare a soppesare i due indumenti che aveva in mano. La valigia stava aperta sul letto, traboccante di vestiti gettati alla rinfusa: Louis Tomlinson era in partenza. I boxer finirono gettati nella valigia, il maglione fu abbandonato a terra senza troppi complimenti. Harry continuava a bere il suo caffè in mutande senza nemmeno sognarsi di aiutare l’amico.

 - Sembra una prospettiva dolorosa – rifletté portandosi la tazza alle labbra, sovrappensiero. Louis prese due paia di jeans puliti dall’armadio.

 - Comunque mi piace – continuò – quando smette di mangiare limoni è quasi… piacevole. Rossi o verdi? – aggiunse, indicando gli indumenti che aveva tra le mani.

 - E hai visto la sua amica? Rossi – rispose il riccio – è sul serio… dovrebbe chiamarmi, a proposito – Louis fece finire i pantaloni prescelti nel borsone, lasciando gli altri in bella mostra sul letto.

 - Ah, il professore sexy! – commentò alzando il sopracciglio maliziosamente, Harry rise scuotendo la testa, mentre si avvicinava per raccogliere il carica batterie del cellulare da terra e infilarlo in una tasca della valigia.

 - Dobbiamo soltanto studiare –

 - Si dice così, adesso? –

 - E non fare l‘idiota! –

 - Intanto ci stai facendo un pensierino… - e via ad un’altra occhiata maliziosa. Harry scoppiò a ridere e si sedette sul letto, cercando di farsi spazio in mezzo a tutto il caos provocato dall’amico. Sicuramente il cantante non era la persona più ordinata del mondo, ecco.

 - Non sono asessuato – gli fece notare – e comunque dobbiamo sul serio solo studiare –

 - Purtroppo – si sentì in dovere di aggiungere Louis per lui. Il cellulare di Harry prese a squillare in quel momento, costringendolo ad alzarsi per andare a recuperarlo in salotto. Tornò qualche secondo dopo con un sorriso sul volto.

 - Parli del diavolo… - borbottò, notando il mittente della chiamata.

 - E spuntano le gambe? – provò ad indovinare l’amico, messo a tacere da un pugno sul braccio sesso violento?. Harry sospirò, riflettendo circa la stupidità di scegliersi un migliore amico come Louis, e toccò il tasto per rispondere.

 - Pronto? –

 - Ciao Harry, sono Olivia… non so se ti ricordi di me –

 - Oh ciao, certo che mi ricordo. Come stai?– rispose il ragazzo voltandosi verso il muro per non vedere il suo amico che gli faceva cenni di incoraggiamento sussurrando “vai così, vai così!”.

 - Un po’ stressata per gli esami – ammise lei – e tu? –

 - Alla grande grande... –

 - Mi fa piacere. Senti… volevo chiederti se ti andava di venire a pranzo da me, magari potevamo studiare insieme – lo invitò di punto in bianco. Harry ebbe la sensazione che si stesse mordendo un labbro, e sorrise.

 - Oggi? Perché no… - accettò allora, mentre Louis saltava sul letto al pari di un bambino di sette anni continuando a sussurrare “colpisci, tigre!”.

 - Bene, allora ti mando un messaggio con l’indirizzo, ci vediamo più tardi! – e dopo i saluti di rito mise giù. Louis si fermò di botto dal saltare, avvicinandosi al suo amico ancora col fiatone. 

 - Harry – disse seriamente posandogli le mani sulle spalle – ricorda che è importante che voi facciate sesso sicuro, te lo ricordi il preservativo?– il diretto interessato gli mollò un ceffone dietro alla testa e lo mandò al diavolo, per poi uscire dalla stanza per andare a prepararsi. Il cantante scosse la testa ridendo e riflettendo su quanto il suo amico avrebbe invece dovuto ringraziarlo per i saggi consigli, poi gettò un’occhiata all’orologio e sorrise soddisfatto, afferrando il cellulare. In effetti quella notte Julie gli aveva detto che aveva un sacco da studiare e lui mica voleva che lei prendesse un brutto voto… E poi aveva avuto quattro ore per dormire… erano più che sufficienti.

 - E’ ora di svegliarsi, miele! – urlò non appena la conversazione fu aperta. Dall’altra parte della cornetta nessuno parlò per un secondo.

 - Louis? – la voce di Julie era un sussurro, il cantante pensò fosse molto sexy.

 - Dimmi –

 - Vai al diavolo, idiota – e mise giù.

 

 

 

*** *** ***


So I won't let you close enough to hurt me, no

I won't ask you, you to just desert me

I cant give you, what you think you gave me

It's time to say goodbye to turning tables.

Turning tables, Adele

 

 Olivia chiuse soddisfatta la chiamata, inforcando gli occhiali da vista che usava sempre in casa. Sentì la suoneria del cellulare di Julie squillare dall’altra parte dell’appartamento e, dopo averla sentita urlare qualcosa a Louis, cominciò a preparare il caffè. Erano tornate a casa solo da poco ed entrambe non erano riuscite a dormire più di un paio d’ore.

 - 'Giorno – la bionda accolse con un sorriso la sua amica che si stava sedendo in quel momento sullo sgabello dell’angolo colazione. Non ottenne risposta, ma non disperò.

 - Era Louis? – provò ancora, allungandosi per prendere le tazze. Stavolta Julie mugugnò qualcosa di incomprensibile mentre cercava di mettere a fuoco l’orologio per rendersi conto dell’ora. Faceva strano, ad Olivia, che Julie fosse in contatto col suo cantante preferito, soprattutto sapendo dell’avversione di quest’ultima rispetto a qualsiasi forma di infantilismo. Comunque per il momento aveva deciso di approfittarne, e estorcerne quante più notizie e gossip possibili.

 - E ti ha detto dov’è? – chiese curiosa, mettendo la tazza di caffè davanti al naso della riccia, che ne prese subito un sorso. Sapeva che il cantante avrebbe fatto un’apparizione in un importante evento televisivo francese, e che sarebbe partito proprio quella mattina.

 - Sepolto sotto sette metri di terra, mi auguro – si decise a rispondere la ragazza.

 - Julie! –

 - Scusa… e sotto un camion di cemento armato, anche – aggiunse lei, fraintendendo deliberatamente il richiamo della sua amica. Olivia rise e poggiò sul bancone un pacco di biscotti, Julie ne prese uno e lo spezzò a metà, ancora intontita dal sonno.

 - Che fai oggi? – cambiò argomento la riccia.

 - Ho invitato Harry a studiare – rispose Olivia alzandosi e accendendosi la prima sigaretta della giornata.

 - Harry chi? –

 - Harry l’amico di Louis che viene con me all’Università. Tranquilla, non è come lui – aggiunse poi, notando la faccia dell’amica.

 - Dio ce ne scampi... – borbottò infatti Julie con evidente sarcasmo. Olivia la guardò distrattamente mentre rimetteva in ordine la cucina – ieri… stamattina… siamo andati a fare colazione insieme – ammise dopo un po’, senza guardarla. 

 - Ho ricevuto il tuo messaggio, in effetti. Mi devo preoccupare? – chiese ridendo la bionda.

 - Credo di si – si decise a rispondere dopo un po’ l’altra, continuando ad asciugare una tazza.

 - Perché è stato così terribile? – 

 - Perché è stato così perfetto! – sbottò allora Julie, voltandosi verso l’amica. Ed era vero. Dopo che erano saliti in auto, lui l’aveva portata in un piccolissimo bar, dove avevano chiacchierato per ore. Ed era stato perfetto: l’aveva fatta ridere, le aveva chiesto tante cose, e non aveva fatto quasi mai l’idiota. E poi l’aveva accompagnata a casa, limitandosi a sfiorarle il braccio o la mano ogni tanto.

Perfetto.

 - E quindi il problema dove sta? – chiese la ragazza, stranita. Ed era questo che Julie non sapeva: perché proprio con lei, che era tanto acida e menefreghista?

 - Principalmente nel fatto che, ovviamente, mi sta prendendo in giro, e se poi mi… - innamoro – affeziono, quando lui comincerà ad ignorarmi perché avrà trovato la nuova bambolina con cui giocare io ci starò male, e non mi piace l’idea di stare male per un idiota del genere – sputò d’un fiato. Olivia soppesò in silenzio le sue parole, continuando a scrutarla.

 - Non è solo questo – decise dopo un po’ – e in ogni caso ti stai fasciando la testa prima di cadere, voglio dire… uscite insieme, vi frequentate. Non ti sta chiedendo di sposarlo –

 - Lo sai che ho un carattere difficile – le ricordò Julie.

 - Tutti lo sanno, cara – le fece presente Olivia ridendo – ciò non significa che devi precluderti la possibilità di essere… - felice – tranquilla per questo – Julie sorrise, alzandosi.

 - Dì al tuo spacciatore che la roba che ti sta dando è buona… magari consigliagli di tagliarla un po’ più fina la prossima volta – commentò uscendo dalla stanza. Perché aveva strani modi di comunicarle che le era grata per le sue parole, ma Olivia lo aveva capito, e sorrise raggiungendola.

 

 

*** *** ***

 

 

 - Ti ho chiuso il telefono in faccia, stamattina –

 - Lo so, c’ero anch’io – l’aereoporto di Londra quella mattina era molto affollato. Louis camminava sorridendo a tutte le ragazze che lo salutavano, spintonavano e palpavano, cercando di capire quello che gli stava dicendo Julie.

 - Giusto… io volevo solo dire che… cioè, non posso dire che non sia nel mio carattere farlo ma… voglio dire, mi hai tenuta sveglia fino alle sei, e poi erano le undici quando mi hai svegliata e… - il cantante pensò che fosse dolcissima imbarazzata, ma si vide bene dal farglielo notare, limitandosi a sogghignare senza pensare nemmeno per un istante a interromperla. Sorrise distrattamente posando per una foto con due ragazze, il cellulare ancora all’orecchio, e ringraziò con un cenno un gruppetto con tanto di cartellone “We love you!”.

 - Miele – disse soltanto quando lei si fu resa abbastanza ridicola – guarda che se dovessi scusarti per tutte le volte che mi mandi a quel paese potremmo stare tranquilli fino a domani! – Julie dall’altra parte sbuffò divertita, il cantante venne sospinto da una guardia del corpo fino a una saletta tranquilla dove poteva parlare al telefono. Le fan si appiccicarono al vetro continuando a salutarlo e mandargli baci volanti – che stai facendo? – era strano, parlare così con lei, eppure gli piaceva.

 - Vado al Martin’s a prendere degli appunti che ha una mia amica, poi a cercarmi un posto dove poter studiare – rispose lei, alludendo al bar che frequentavano di solito e in cui lavorava Selene.

 - A casa tua non puoi? –

 - No, ci sono Olivia e il tuo amico a prepararsi per un esame – 

 - Oh, prepararsi per un esame…- e daccapo il tono malizioso. Julie tuttavia non poté evitarsi una mezza risata, che arrivò alle orecchie del cantante accompagnata dallo scampanellio di una porta.

 - E non fare l’idiota! –

 - Scusa. Perché mi hai chiamato? – chiese poi, mentre sorrideva a un gruppo di scatenate che urlava a più non posso il suo nome.

 - Perché ho… - tentò la ragazza – volevo solo… -

 - Sono stato bene anche io, ieri sera – mormorò nella cornetta Louis, girandosi per crearsi un po’ di privacy. La giovane rimase in silenzio un po’, il cantante avrebbe scommesso fosse arrossita.

 - Ora mi spiegheresti perché mi hai svegliata, stamattina? – e cambiava argomento. Perché dovevano fare un passo avanti e tre indietro? Louis trattenne a stento un sospiro, mentre un'assistente entrava ad avvisarlo di prepararsi alla partenza.

 - Hai detto tu che avresti dovuto studiare – si difese – e poi… mi annoiavo! Harry andava in giro nudo per casa, avevo bisogno di un po’ di comprensione, abbi pazienza! – vero, ma non del tutto: si, Harry andava decisamente in giro per casa nudo o quasi, ma ormai non se ne faceva più un problema, o almeno… 

 - Compragli un paio di boxer – il tono di Julie era ritornato ad essere divertito mentre sentiva la voce di qualcuno che la chiamava.

 - Andrebbe contro ogni sua fondata convinzione –

 - Dì la verità: ti piace avercelo nudo per casa – lo stuzzicò; Louis rise e seguì l’assistente lungo un corridoio.

 - Oh, mi hai scoperto! – si rallegrò nel sentirla ridere e, convinto che doveva essere forte della propria virilità per poter fare battute del genere, si concesse un sorriso soddisfatto – certo, ciò non toglie che avrei preferito avere nuda per casa una bella ragazza… -

 - Vai al diavolo, Louis –

 - Oh, ancora devo partire e già mi manchi! – sospirò ironicamente il ragazzo, voltandosi un’ultima volta a salutare la folla urlante – ti porto un regalo da Parigi –

 - Che dolce... – fu il commento forzatamente sarcastico di Julie.

 - Se il paragone è con te… - e saggiamente chiuse la conversazione, prima di essere investito dagli insulti della ragazza.

 

 

 *** *** ***

 

Oh, sometimes

I get a good feeling, yeah

And a feeling that I never,

never, never, never had before, no no

I get a good feeling, yeah.

Levels, Avicii


 Alle dodici e mezzo Harry si presentò al campanello di casa Horan – Webb, un sorriso sul volto e i libri nella sacca di pelle. E la mascella a terra, quando Olivia gli aprì per invitarlo ad entrare: - ciao, grazie di essere venuto –. La bionda indossava un paio di pantaloni elasticizzati neri e una canotta bianca che lasciava poco – molto poco – all’immaginazione; i capelli lisci erano stretti in una coda di cavallo e un paio di occhiali da vista addolcivano il visino rotondo.

Una visione.

 I due si accomodarono nel minuscolo salotto, Harry si tolse il giaccone per via dei riscaldamenti al massimo e si sedette sul divano, la sacca poggiata ai suoi piedi per prendere l’occorrente. 

 - Propongo di mangiare qualcosa e di metterci subito a studiare, ti accorgerai che sono senza speranza! – Olivia si era alzata e si era avviata in cucina, controllando una pentola piena d'acqua che stava bollendo.

 - Cucini? – le domandò curioso il ragazzo, che l’aveva raggiunta e si era seduto su uno degli sgabelli dell’angolo colazione. La ragazza annuì preparando il condimento per la pasta e si voltò verso di lui, i gomiti poggiati sul bancone.

 - Diciamo che la mia coinquilina è capace di far bruciare un uovo al tegamino, o imparavo o sarei potuta andare avanti a scatolette di tonno e McDonald’s – disse sorridendo.

 - Anche io so cucinare! – esclamò Harry con tono orgoglioso – certo… non fosse stata quella volta che ho quasi mandato a fuoco la casa per riscaldare la pizza… o quell’altra in cui ho lasciato il gas aperto e ho rischiato di saltare in aria… o… -

 - Ho capito l’antifona. Non metterai mai mano nella mia cucina! – lo interruppe la bionda, con una risata. Gli piaceva, la risata di Olivia. Cristallina, femminile… sexy. Molto, molto sexy. La ragazza si voltò per controllare che il sugo non stesse bruciando, poi indicò due tipi di pasta al giovane, che ne scelse distrattamente uno. Le gambe di Olivia. Oh Signore, le gambe di Olivia.

 - Allora, è da poco che studi qui a Londra – la giovane si allungò a prendere il sale sul ripiano, con conseguente alzamento della canotta. Harry deglutì.

 - Sono stato a Manchester per un periodo, venivo solo per dare gli esami – si costrinse a rispondere, sistemandosi meglio sulla sedia.

 - E poi hai deciso di tornare definitivamente –

 - E meno male – si lasciò sfuggire il ragazzo, lanciando scappare un’occhiata alla curva del seno di Olivia, messa in evidenza dalla scollatura della maglia. Lei rise, seguendo il suo sguardo, e si voltò nuovamente per girare la pasta: - io sono sul serio stressata per questo esame, non credo che riuscirò a passarlo – aveva cambiato argomento. Quella santa donna aveva cambiato argomento e lo aveva tolto dall’imbarazzo. E aveva anche messo in mostra la linea del collo, lunga e delicata. Faceva caldo o era una sensazione di Harry?

Sei uno stupido.

 - Qualcosa ce la inventiamo, tranquilla – si sentì in dovere di rassicurarla. Pervertito, pervertito.

 Olivia sospirò e scosse la testa.

 - Speriamo – Olivia scolò la pasta e la servì, in breve si trovano seduti all’isola colazione a mangiare e bere un bicchiere di vino: - non credo sia l’idea più intelligente dell’anno – aveva detto ridendo Harry, quando la giovane aveva tirato fuori la bottiglia. E in effetti non era stata una grande idea, soprattutto visto che la conversazione si era spostata su temi piuttosto delicati. 

 - E perché eri a Manchester? –

 - Stavo con una ragazza… Madison – non gli faceva piacere raccontare quella storia, soprattutto a una semi sconosciuta; ma poi, un po’ perché la sua compagnia era piacevole, un po’ perché quel vino andava giù che era una meraviglia, si sbottonò completamente. 

 - Ah, sono le peggiori – osservò Olivia facendolo ridere – scommetto che è andata con l’assistente – Harry rise e scosse la testa: - è andata direttamente con il professore, la stronza – quasi urlò il ragazzo. Olivia rise e prese un altro sorso di vino.

 - Hai capito Madison… diciamo che siamo sulla stessa barca, allora – ammise allora, allontanando il piatto e sporgendosi verso Harry, come a creare un clima di confidenza.

 - Ti ha tradita? – le chiese sgranando gli occhi lui. Sul serio c’era qualcuno che poteva permettersi di tradirla? Olivia scoppiò a ridere.

Sexy Sexy. Sexy.

 - Mi ha trovato in atteggiamenti sconvenienti con l’assistente – ammise la ragazza storcendo il nasino. Harry rimase allibito un secondo – e mi ha mollata… me lo sono meritato, non c’è che dire – Entrambi rimasero un po’ in silenzio, a riflettere su quell’amara verità.

 - Il problema – esordì dopo qualche secondo Harry, come se ci avesse pensato a lungo e con particolare attenzione – è che si pretendono relazioni serie a quest’età… Dio, abbiamo diciannove anni! – Olivia annuì grevemente, pensando a Niall e alla loro storia.

 - Lui è il ragazzo perfetto… sono stata davvero una stronza – ammise, ormai completamente disinibita.

 - Secondo me hai bisogno di non dare importanza alla cosa –

 - Disse il ragazzo che ha cambiato città pur di non ritrovarsela davanti al supermercato – ribatté sarcasticamente Olivia, alzatasi per mettere via i piatti. Harry le si avvicinò con un sorriso malizioso sul volto.

 - Appunto… servono le distrazioni – la ragazza ridacchiò avvicinandosi a sua volta di un passo.

 - Quale migliore distrazione dell’arte del primo decennio paleocristiano? – lo provocò lei, avviandosi verso il salotto. In silenzio afferrò un libro e si mise comoda, cominciando a sfogliarne le pagine. Harry la raggiunse e il discorso venne accantonato, entrambi troppo presi dagli argomenti di studio per l’esame. In fretta si fecero le sei di sera, fuori stava imbrunendo. Harry mise il cappotto mentre lanciava un’ultima occhiata rattristata alle gambe della bionda, che era rimasta seduta sul divano. 

- Ci vediamo domani per continuare? – gli chiese, alzandosi per accompagnarlo alla porta. Il ragazzo annuì e la seguì, Olivia aprì la porta con un sorriso pensieroso sul volto – allora ciao – disse lui, avviandosi fuori dall’appartamento. In un secondo sentì una mano prendergli il polso, e due labbra posarsi sulle sue. La lingua di Olivia chiese accesso alla sua bocca senza dolcezza, Harry dopo un attimo di smarrimento posò le mani sui suoi fianchi e approfondì il contatto tra le loro labbra. Senza staccarsi entrarono in fretta in casa, la porta venne chiusa con un calcio e il cappotto e la sciarpa del ragazzo finirono a terra, abbandonati, mentre loro si addossavano contro una parete. Le mani di Olivia erano sotto il suo maglione, esplorando il petto con i polpastrelli. Aveva le mani fredde, e il tocco fece eccitare il giovane, che le posò una mano sulla coscia. Olivia gli morse maliziosamente un labbro, intrecciando la gamba contro il suo busto. Gli piaceva come la stava accarezzando, gli piaceva il suo sapore in bocca e gli occhi verdi che la scrutavano sotto le ciglia scure. Si separarono un attimo mentre il maglione di Harry finiva a terra, le mani del ragazzo intanto avevano cominciato a sfiorare la pelle sotto la canotta di Olivia: il ventre, la schiena… velocemente il reggiseno venne sganciato e fatto finire a terra con la maglia. le labbra del ragazzo scesero sul collo di Olivia in una scia di baci e morsi, sfioramenti, leccate e soffi. Lei rabbrividì, aggrappandosi alla sua nuca mentre la lingua di Harry passava sul suo seno, con dedizione. La ragazza accarezzò la schiena di Harry in tutta la sua lunghezza fino all’impedimento dei pantaloni, mentre Harry continuava a baciarla inginocchiandosi. Le lasciò un morso sul fianco, poi si scusò con un bacio sullo stesso punto,che continuò fino all’ombelico. Le gambe di Olivia tremarono appena mentre lo faceva alzare per slacciargli i pantaloni, riaggrappandosi alle sue labbra come a un’ancora di salvezza. Harry la prese in braccio afferrandola per i glutei, Olivia intrecciò le gambe al suo busto continuando a baciarlo. Finirono sul divano, ancora caldo del loro pomeriggio di studio. La giovane cominciò a far vagare la mano sul ventre del ragazzo, soffermandosi poi sull’erezione sopra i boxer. Sorrise maliziosamente mentre Harry rabbrividiva e scendeva di nuovo a baciarle il petto e il collo. Si liberarono entrambi degli ultimi indumenti, tremando di eccitazione quando si sfiorarono troppo intimamente. Un nuovo bacio, una nuova carezza. Le mani di Olivia lo fermarono per le spalle un secondo prima che entrasse in lei: - è solo una distrazione. Niente di personale, niente di sentimentale – sussurrò con la voce resa roca dall’eccitazione. Harry annuì lasciandole un nuovo bacio a fior di labbra, poi in un’unica spinta entrò in lei. I sospiri della ragazza dettavano il ritmo dell’amplesso, Harry si morse il labbro continuando a scrutarla affascinato. Anche Olivia lo guardava, in un’intimità che andava oltre quello che stavano consumando. Poi vennero insieme, e stranamente si sorrisero.



***    ***    ***



E' una sveltina quella che ho appena scritto? Ah, ragazza pervertita...

Dieci recensioni. Ventuno preferite. Otto ricordate. Quarantacinque seguite. Ho una sola parola: Grazie. Spero di non deludere le aspettative!

[edit per Chiara: continuiamo a parlare di sesso sicuro? Perchè Harry è andato in farmacia ma avevano finito i preservativi in gomma di caucciù, devo portarlo a fare il chech-up completo come agli attori dei film porno... per combattere la sempre più tragica diffusione dell'HIV, sai...]

Parliamo di aggiornamenti: per questa storia credo di riuscire a portare il ritmo di aggiornamenti settimanali (scuola e vita sociale permettendo), sempre intorno al lunedì/martedì. Spero vogliate portare pazienza :D

Per "La tua canzone" saranno un po' più veloci, ogni quattro/cinque giorni... ma solo perchè sono più avanti coi capitoli :)


Angolo Pubblicità:

E nuovamente vi invito a passare dalla shot che ho pubblicato qualche tempo fa: Delirium, raiting arancione, pairing Louis/Harry.

Ho anche pubblicato una nuova long, La tua canzone, raiting giallo, pairing Harry/Nuovo Personaggio.

Inoltre consiglio per chiunque volesse la storia della mia carissima _selene13: Come on, let me love you just a little bit, raiting verde, pairing Liam/Nuovo Personaggio, spin – off di questa storia (:

E infine consiglio entrambe le storie di Hellen Styles, dolcissime e scritte fantasticamente!


Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** Rumors has it ***


 

Rumors has it

 

 


 

Well open up your mind and see like me
open up your plans and damn you're free
look into your heart and you'll find love love love.

I’m yours, Jason Mraz

 

Julie e Olivia si erano date appuntamento al Martin’s per bere qualcosa insieme prima di andare a cena. la prima a varcare la porta fu Julie, annunciata dallo scampanellio della porta e dal rumore dei tacchi alti sul pavimento. A quell’ora il bar era pienissimo, uomini e donne che avevano finito di lavorare, professori e studenti, i soliti avventori e qualche sconosciuto, rintanato in un angolo con la sola compagnia di una birra. La riccia si sedette su uno degli sgabelli posti davanti al bancone, rivolgendo un cenno di saluto a Selene, che correva per i tavoli con un vassoio in mano.

- Che ti preparo? – ormai era abituata alla sua presenza, eppure ogni volta che rivolgeva lo sguardo verso Zayn, il cameriere collega della sua amica, la ragazza rimaneva imbambolata a fissarlo.

Sexy. Troppo, troppo sexy.

- Manhattam – rispose lei sorridendo.

- Fai due, per me con Bourbon – Olivia, i lunghi capelli legati in una coda di cavallo e gli occhiali da vista posati elegantemente sul naso, si sedette accanto alla sua amica con uno sbuffo mentre Zayn annuiva e cominciava a preparare le bevande con gesti esperti, giocando col le bottiglie e i bicchieri. La riccia approfittò del momento di silenzio per prendere il cellulare dalla borsa e accenderlo dopo il pomeriggio di studio sfrenato in biblioteca; quello vibrò un paio di volte, indicando l’arrivo di due nuovi sms.

- Devo parlarti – annunciò Olivia prendendo il suo bicchiere e voltandosi verso l’amica, che non le stava prestando attenzione. Nuovi sms: Niall, Louis. Julie sorrise aprendo il testo di suo fratello: “ero in tram ed è partita a random quella canzone che ascoltavamo a ripetizione l’anno scorso in quel viaggio… dov’è che eravamo andati? Lì si che ci divertimmo! Mi manchi, non vedo l’ora di tornare a casa.” era troppo, troppo dolce. Da quando l’anno prima era partito per il militare si erano sentiti quasi tutti i giorni, in ogni modo e con ogni mezzo possibile; la ragazza digitò in fretta una risposta e passò al secondo messaggio.

- Sono andata a letto con Harry –

- Hai la mia attenzione – Julie dimenticò in fretta il cellulare, volgendo lo sguardo verso Olivia che stava prendendo un generoso sorso del suo drink come sovrappensiero.

Le sue mani, dio quelle mani, che percorrevano il profilo del seno. Curiosità.

- Allora? – Julie dovette trattenersi dallo sventolarle una mano davanti agli occhi; Selene, che aveva deciso di prendersi cinque minuti di pausa, di poggiò con i gomiti al bancone per ascoltare la conversazione – di che stiamo parlando? – chiese con un sorriso stanco.

- Del fatto che è andata a letto con quello con cui studia – rispose la riccia. Selene spalancò la bocca, ricordando il bel ragazzo con i capelli scuri e gli occhi verdi al quale Olivia aveva accennato in una delle loro conversazioni – voto? – continuò poi la ragazza rivolgendosi alla bionda, che quasi si strozzò con il Manahattam.

- Otto…? – il tono era insicuro, gli occhi vaghi.

Le sue labbra, dio quelle labbra, che baciavano, mordevano, leccavano. Impazienza.

- Otto e mezzo, magari – ritrattò, riscuotendosi dai suoi pensieri. Selene rise e si voltò per versare l’acqua calda in una teiera e prendere una bustina di thè alla cannella – quindi bravo – continuò di spalle. Zayn passò in quel momento alle sue spalle con una bottiglia di prosecco tra le mani, la ragazza si irrigidì per un istante.

- Molto positivo – confermò Olivia, lasciandosi sfuggire una risata – ma sul serio non me lo sarei aspettata. Ti giuro – e si rivolse a Julie, che guardava con occhio critico le spalle contratte della barista – un attimo prima era sulla porta e stava per uscire e un attimo dopo… - e si interruppe.

I suoi occhi, dio quegli occhi, che la scrutavano, analizzavano ogni sua espressione, ogni suo gemito, ogni suo movimento. Adorazione.

- Un attimo dopo? – la spronò Selene, che aveva preso una fetta di torta al cioccolato dall’espositore.

-E che ne so… prima avevamo parlato di distrazioni, mi ha deviata, capite? – Olivia cercava scuse per giustificare il comportamento avventato di qualche ora prima, e guardava con occhioni supplichevoli le ragazze, in una tacita richiesta di appoggiarla.

- Oh, certo – le tenne il gioco Julie, senza tuttavia capire di cosa stesse parlando la sua amica – e tu, povera fanciulla, ti sei lasciata sedurre – il tono era volutamente sarcastico, Selene ridacchiò nascondendo il viso nella tazza, Olivia la fulminò con un’occhiataccia. Certo, non poteva mica ammettere di essere stata davvero sedotta, se non dalla conversazione almeno da quelle mani, e da quelle labbra, e da quei occhi, e…

La sua voce, dio quella voce, scura, profonda, calda, che aveva sussurrato alle sue orecchie, e aveva sospirato, e gemuto, e urlato. Intimità.

Selene e Julie continuavano a ridacchiare, Zayn passò nuovamente e si fermò alle spalle della sua collega, guardando al scena con le sopracciglia aggrottate. Poi, scelto saggiamente di non voler sapere di cosa stessero parlando, si strinse nelle spalle e le prese la forchetta dalle mani.

- Ti cercava Stella, qualche minuto fa – annunciò riferendosi a una loro collega, che aveva il turno successivo al suo. Selene annuì e rimase ferma mentre lui si sporgeva per staccare un pezzo del dolce con la posata, che si portò alle labbra con naturalezza.

- Buona – fu il commento mentre le restituiva la forchetta – io vado, buon proseguimento, fanciulle – e con un ultimo sorriso (sexy, ovviamente) si allontanò verso un gruppo di clienti che si erano avvicinati al bancone.

Julie e Olivia si lasciarono andare a un sospiro, guardandogli quello che credevano fossesenza dubbio il suo lato migliore, Selene scosse la testa contrariata cercando di nascondere le guance rosse con i capelli, sempre maledettamente troppo corti.

- Non oso immaginare cosa non gli farei se me lo trovassi in un angolo appartato – Julie distolse lo sguardo dal sedere del ragazzo, lanciando uno sguardo eloquente a Selene, che assunse una sfumatura violetta.

- Io si, e non vorresti saperlo – le fece eco Olivia, facendo tintinnare il bicchiere con quello della sua amica, in un muto brindisi alle grazie di Zayn. Selene si morse un labbro – le solite esagerate – le apostrofò sforzando una risata. A lei non davano fastidio i commenti delle sue amiche. No – e poi com’è finita? – riprese, cambiando argomento e guardando Olivia.

- Cosa?-

- Con Harry –

- Ah – la giovane finì il drink e passò distrattamente l’indice sul bordo del bicchiere

E poi? Un sorriso, un bacio a fior di labbra. L’ultima carezza, in punta di dita.

- E poi niente, si è rivestito e se n’è andato – si limitò a dire la ragazza, facendo aggrottare le sopracciglia delle altre ragazze.

- E basta – il tono di Julie non era interrogativo, quanto più confuso. Olivia annuì, guardandosi intorno con finto disinteresse. Non avrebbe mai ammesso di essere rimasta un po’ delusa dal comportamento tanto partecipe mentre quanto distaccato subito dopo. Non in quel momento, non parlando di un semisconosciuto, nonostante l’avesse vezzeggiata e venerata e…

- Mah – fu il commento di Selene, che finito il thè aveva cominciato a preparare l’ordine di due clienti, seguendo comunque la conversazione. In quel momento entrò Liam, che salutò calorosamente le ragazze sedute (Olivia in particolare) e si sporse per sfiorare le labbra della sua amica con un bacio.

- Bonsoir bijou – le sussurrò con un sorriso, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

- Buonasera a te, dove sei stato tutto il giorno? –

- A lezione, e a convincere una ragazza di darmi un appuntamento – rispose quello con naturalezza, sedendosi accanto a Julie. Alzò una mano facendo un cenno a Zayn, poi concentrò la sua attenzione sulle belle gambe della bionda a qualche passo da lui, che male non faceva sicuramente.

- Se ti denuncia per stalking non ci vengo a tirarti fuori di galera, sia chiaro! – la barista sorrise mentre disponeva una ciotola di patatine davanti a due ragazzi che avevano ordinato l’aperitivo.

- Si invece, ti mancherei troppo – rispose Liam sicuro si sé.

- Probabilmente è vero… torniamo a casa insieme? – Julie e Olivia si godevano la tenera scenetta, in presenza di Liam la loro amica si trasformava completamente, diventava radiosa.

- Sono venuto apposta – Selene controllò l’orologio notando che il suo turno era finito già da qualche minuto e si liberò in fretta del grembiule nero che aveva legato sui jeans. Zayn nel frattempo si era avvicinato al suo nuovo amico e i due avevano intavolato unaprofonda discussione circa le ultime notizie di calcio mercato. Dopo trenta secondi. Tutte e tre le ragazze sbuffarono, annoiate.

- Quindi rimani? – Zayn, interrotta una risata, si era rivolto a lei. Rimanere? Dove? – Stella. Il cambio di turno che voleva chiederti… - la aiutò il ragazzo come se fosse ritardata.

- Non mi ha detto nulla –

- Infatti ti cercava per dirtelo –

- Non mi ha trovata a quanto pare, visto che non ne so niente – ed era diventata di nuovo acida. Solo in sua presenza. E solo perché si sentiva così… in imbarazzo. E lui se ne stava lì, a fissarla, con quegli occhi stupendi e quelle labbra carnose.

Julie ne approfittò per richiamare l’attenzione della bionda accanto a sé, invitandola con lo sguardo ad alzarsi.

- Noi andiamo – Olivia richiamò l’attenzione dei ragazzi, Selene smise di mordersi un labbro per annuire e Liam sorrise ad entrambe, ormai rassegnato allo strano carattere della sua migliore amica. Poco dopo le due si trovarono a passeggiare nelle fredde strade londinesi, piene di gente come sempre. Julie si ricordò dell’sms che non aveva più letto, aprendolo con curiosità: “Parigi è la città più dolce del mondo, scommetto che farebbe sciogliere persino te! Vengo a prenderti per fare colazione domani mattina, e non fare quella smorfia, lo so che ti manco! Xx”. La ragazza rise scuotendo la testa, divertita dal fatto che lui avesse previsto la smorfia che effettivamente aveva fatto.

- Dove andiamo a cena? – chiese Olivia distraendola dai suoi pensieri. La ragazza si strinse nelle spalle e la prese a braccetto, improvvisamente e stranamente contenta.

 

 

***    ***    ***


 

Il cellulare cominciò a squillare nell’esatto istante in cui Louis entrava nella hall dell’albergo nel centro di Parigi, dopo uno stressante pomeriggio passato a firmare autografi e cercare di non farsi stuprare.

- Mi sento soddisfatto – esordì Harry non appena la conversazione si aprì. Louis alzò gli occhi al cielo sedendosi scompostamente sul divano di uno dei salottini messi a disposizione per gli ospiti, un tipo alto due volte due lui e grosso per tre gli si sistemò discretamente a qualche passo di distanza, fissando con occhio minaccioso le ragazzine che continuavano ad urlare al di fuori dell’edificio.

- Non mi dire –

- Che ho fatto il sesso migliore della mia vita? – il cantante drizzò le orecchie, sedendosi anche meglio tra i cuscini.

- Dimmelo –

- Ho fatto il sesso migliore della mia vita – annunciò Harry dall’altra parte della cornetta, facendo sbuffare il suo amico, che si chiese per un momento per quale strana concezione astrale il karma aveva permesso il loro incontro, secoli addietro.

- Sei ancora nel post orgasmo? –

- Che ore sono? –

- Le dieci di sera – controllò Louis, non capendo bene dove l’altro volesse arrivare.

- E no, sono andato via un paio d’ore fa da casa sua. Là si che non capivo niente – ammise ridendo il riccio, le parole accompagnate da un sinistro rumore di pentole che sbattevano. Louis deglutì pensando alla sua povera cucina e a cosa ne avrebbe trovato (caso mai l’avesse trovata ancora) al ritorno a Londra.

- Dio se sei volgare –

- Me ne sto rendendo conto anche io, ultimamente – ammise Harry – com’è che si cucina il pollo al curry? – chiese poi, cambiando totalmente argomento.

- Vuoi mandare a fuoco casa? Lascia subito il forno e vai ad ingozzarti al primo Burger King che trovi – lo minacciò il giovane, scuotendo la testa sconsolato.

- Non lo vendono il curry, lì – il tono di Harry era lamentoso, come un bambino che fa i capricci.

- Quella con cui sei andato non era abbastanza piccante? – al contrario, il tono di Louis era volutamente provocante nella speranza di ottenere qualche informazione in più. Non che il suo amico fosse uno discreto, comunque.

Olivia? Scherzi, amico? – chiese, come se non fosse concepibile – Olivia? – chiese ancora; Louis poteva scommettere che avesse sgranato gli occhi giocosamente.

- Per caso sei andato a letto con una che si chiama Olivia? – rise il cantante prima di ricollegare – Olivia quella alta, bionda, sexy con la quale devo uscire la prossima settimana? – era il suo turno, di essere sconvolto.

- Lo sapevi che sarebbe finita così…- gli fece presente il riccio, ricordando i discorsi del giorno precedente, - così come? – lo provocò nuovamente Louis, totalmente calato nei panni di ragazzina pettegola. Harry rise cogliendo il tono volutamente stridulo del compare. Dalla cornetta si sentirono i rumori di un cappotto che veniva infilato e del portoncino dell’appartamento che veniva chiuso.

- Io e lei contro il muro del salotto di casa sua – passi che scendevano le scale, lo scatto del portone principale e i rumori ottavati della città che non dorme mai.

- Poetico –

- Nemmeno ti sto a dire – rispose il ragazzo con lo stesso sarcasmo, mentre si incamminava a piedi per le strade sempre troppo gremite di persone.

- Meno male che avevi detto che non avresti fatto una sveltina con la tua compagna di studi – gli fece notare Louis, che colto da un’improvvisa ispirazione aveva deciso di alzarsi per andare a cena. Dall’altra parte della cornetta Harry sbuffò – Sì, una sveltina. Se non altro perché ci abbiamo messo un attimo a decidere di farla – Louis si sedette al tavolo riservato a lui facendo un cenno alla cameriera e rivolgendo un sorriso ai due manager che stavano mangiando allo stesso tavolo.

- Credo di non starti seguendo – ammise il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli. Harry entrò nello stesso momento da qualche parte, il suo amico sentì distintamente il suono dello scampanellio della porta di un locale che si apriva.

- Nemmeno io a dir la verità: un secondo prima ero sulla porta e stavo andando via e uno dopo le mie mani erano nelle sue mut… -

- Risparmiami i dettagli, che sono in astinenza - gli ricordò ridendo Louis mentre sfogliava distrattamente il menù. Sentì Harry ordinare un panino numero quattro e attese, approfittando a sua volta per chiamare la cameriera – sei pronto per l’esame? – riprese poi, quando capì che il suo amico era uscito dal fast food.

- Qualcosa me l’invento –

- Perché no… che poi andiamo a festeggiare da qualche parte – promise. Si permise un secondi di soffermarsi a pensare su quanto fosse fantastico avere sempre le porte aperte in qualsiasi locale, i cordoni alzati in ogni discoteca e i privè migliori a tutte le serate. Poi pensò che non ne poteva usufruire quasi mai, dal momento che quelle poche volte che stava a casa era troppo stanco persino per andare a cena dal McDonald’s. Ovviamente Harry aveva già capito cosa stava passando per la testa del suo amico, perché sospirò – devo trovarti una ragazza, fratello – disse, cambiando per l’ennesima volta argomento in un modo che avrebbe fatto impazzire chiunque altro: loro erano così, l’amicizia che li legava… spontanea, schietta, perfetta.

- Non me ne parlare… - Harry scoppiò a ridere contagiando Louis, davanti al quale venne posato un piatto con bistecca e patate al forno – oh la cena! ti saluto, fratello – annunciò allegramente prendendo il limone.

- Lumache? –

- Che schifo –

- Non essere razzista –

- Nei confronti delle lumache? –

- Ci stanno rimanendo male –

- Continuiamo a parlare delle lumache? – ormai stavano entrambi ridendo, Louis pensò che non avrebbe potuto avere un amico migliore.

- Mangia anche per me, che questo panino piange – gli chiese, poi mise giù. Il cantante sistemò il cellulare in tasca e cominciò a mangiare, seguendo distrattamente la conversazione tra i due agenti, che parlavano di tour in America e un film documentario. Si sentì solo per un istante, poi scosse la testa e tornò alla sua bistecca.





***    ***    ***



When I walk on by, girls be looking like damn he fly

I pay to the beat, walking on the street with in my new lafreak, yeah
This is how I roll, animal print, pants out control.

I’m sexy and I know it, LMFAO 


 

- Ah ti cercavo – Selene si girò verso Stella, la sua collega che le avrebbe dato il cambio – volevo chiederti se per te non fosse un problema fare cambio di orario con me –

- Stasera? – la ragazza era titubante. Non voleva anticipare il suo turno, non se l’alternativa era tornare a casa e guardarsi un bel film infagottata in un paio di coperte sul divano del salotto.

- Si, sarebbe importantissimo – Liam e Zayn guardavano la scena senza parlare, anche se il biondo già sapeva come sarebbe finita.

- Non saprei, avevo già preso un impegno… -

- Oh ti prego, si tratta solo di anticipare il turno e domani faccio io il doppio – ritentò Stella, che pure conosceva il carattere della sua collega. Selene mi morse un labbro, impensierita.

- Io non… va bene – acconsentì in fine, sorridendo verso l’altra ragazza che le stampò velocemente un bacio sulla guancia. Liam scosse la testa ridendo, Zayn continuò a preparare un cockail gettando occhiate disinteressate alla scena che si svolgeva a pochi passi. La ragazza si voltò sbuffando poggiandosi contro il bancone – non ho la minima idea di come si facciano tutti quegli… intrugli – ammise, indicando le due bottiglie che il suo collega aveva in mano per la preparazione della bevanda. Liam rise.

- A questo punto devo inventarmi un modo per tornare a casa – sospirò, alzandosi dallo sgabello.

- Prendi la mia auto – propose Selene.

- E poi tu come ci torni a casa? –

- La accompagno io – era stato Zayn a parlare, facendo paralizzare la giovane. Liam ci pensò un attimo, prima di annuire in modo secco e allungarsi per prendere le chiavi che la sua amica gli stava porgendo, - zampe a posto, mi raccomando – lanciò un’occhiata al barista che annuì alzando le mani in segno di pace, ridendo. Ultimi saluti, un tenero bacio, poi Liam andò via.

- Cominciamo? – Zayn la guardò con occhi maliziosi, Selene deglutì.

Si preannunciava una serata interessante.



***    ***    ***


ATTENZIONE! CAPITOLO NON BETATO!

Buonasera :) Sto guardando la partita quindi sono di fretta. Grazie mille davvero per le stupende recensioni, alle queli risponderò più tardi ma sopratutto per i bei messaaggi e le splendide parole, senza le quali non potrei andare avanti!

Spero continuerete a seguirmi, portando pazienza per le attese tra gli aggiornamenti!

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Capitolo 10
*** Get up, Stand up ***


Get up, stand up

 

 

Should I? Should I?

Maybe I’ll get drunk, again

I’ll be drunk, again, i’ll be drunk, again

To feel a little love again.

Drunk, Ed Sheeran


Era il delirio.

Selene continuava a guardarsi intorno spaesata cercando di capire chi stesse gridando cosa e perché. Il locale era pieno come un uovo di ragazze troppo svestite e troppo ubriache, ragazzi contenti di vedere ragazze troppo svestite e troppo ubriache, coppie, gruppi di amici, i soliti marpioni che speravano in un qualche dolce incontro, stormi di adolescenti con i documenti falsi pronti a una serata trasgressiva e gente che brindava a destra e a manca. E poi camerieri e barman che si affaccendavano dietro il bancone e tra i tavoli, ballerine mascherate da gatto che ballavano in precario equilibrio sui tacchi vertiginosamente alti e due dj che si davano il cambio alla console.

Il delirio, appunto.

- Allora, che zona prendo? – chiese la ragazza rivolta a Zayn che con abili mosse preparava i drink per due belle ragazze. Quello le lanciò un’occhiata di traverso, continuando a giocare con la bottiglia che aveva tra le mani. Selene attese ancora un po’, sentendo il mal di testa alle porte; - allora? – lo spronò nuovamente, odiando il fatto che dovesse urlare per farsi sentire oltre la musica decisamente troppo alta per i suoi gusti.

- Cosa? –

- Che zona devo servire? – urlò nuovamente la giovane.

- Questa! – e Zayn indicò con un cenno del braccio il bancone, dove altri due barman continuavano a preparare stuzzichini e bevande per i clienti. La ragazza rimase un secondo in silenzio, poi ricordò: Stella non era una cameriera come lei. Faceva la barman professionista.

- No no no! Non hai capito proprio niente! Io non sono capace a fare quegli… intrugli! – Zayn prese due fettine di lime da un piattino e le mise nei drink, poi le servì alle ragazze.

- Scommetto che sei una che impara in fretta – quelle parole vennero sussurrate all’orecchio della giovane, che rimase bloccata sul posto. Zayn rise delle sue guance rosse, poi cominciò ad indicare alcune bottiglie:- quella è Vodka secca, Vodka alla pesca e il Rhum. Poi abbiamo il Cointreaou e il prosecco, lo spumante, lo Sherry e i vari succhi di frutta – snocciolò in fretta, mentre un cameriere di avvicinava al banco con qualche ordine. Selene rimase in silenzio cercando di memorizzare qualche bottiglia contenesse quale liquido e quale bicchiere servisse per quale drink.

- Ok gente – un cameriere biondo e non molto alto attirò in quel momento l’attenzione dei due – abbiamo tre B-52 al tavolo infondo e un giro di Mojito per le signorine al bancone! – Zayn annuì velocemente richiamando l’attenzione della sua collega, che sbuffò.

- Bene, amore: lezione numero uno – la giovane arrossì senza decenza per il nome col quale l’aveva chiamata, poi cercando di darsi una regolata si mise attenta ad ascoltare – prendi lo shot – e indicò il bicchierino più piccolo, solitamente usato per i cicchetti ponendolo sul bancone – una parte di liquore al caffè, una di crema Baileys e Grand Marnier – mentre elencava passava a preparare il drink con cura, attento a non mischiare gli strati per conservare l’effetto scenografico. Per ultimo buttò il cucchiaino del Baileys nel lavello e versò il liquore lentamente, per poi dargli fuoco con un accendino; Selene rimase ad osservare quei gesti tanto semplici ed automatici per lui come incantata. La curva del collo messa in risalto dalla t-shirt nera nella divisa, la mascella pronunciata e l’orecchino a forma di stellina che gli conferivano – ma lei non lo avrebbe mai ammesso – un’aria decisamente virile.

- Chiaro – si costrinse a dire quando il giovane si voltò a guardarla.

- Bene, prepara gli altri due allora – Selene annuì e prese gli altri due bicchierini, sperando di non fare una figuraccia come suo solito. Quella volta le andò bene: riuscì a terminare l’ordine e mise soddisfatta i drink su un vassoio, richiamando l’attenzione del cameriere che continuava a fare avanti e indietro tra i tavoli. Zayn continuava a lavorare senza sosta passandole spesso accanto e facendole provare ogni volta un imbarazzo tremendo. La serata andò avanti in questo modo: tutti i ragazzi dietro il bancone preparavano decine di cocktails per i clienti, Zayn e un altro barman cominciarono a farsi la lotta con la Coca Cola, finendo entrambi con le magliette fradicie, le ballerine continuavano a ballare e i dj a mettere musica spaccatimpani, per la gioia delle tempie di Selene, che pulsavano senza sosta, il bancone prese molto scenograficamente fuoco per qualche secondo, cocktails andavano e venivano nel locale, in un turbinio di colori ed eccitamento.

- Ok, abbiamo due Angeli azzurri e un Martini – annunciò il solito cameriere con il fiatone. Selene rimase ferma non sapendo cosa fare, dal momento che Zayn gli aveva insegnato a preparare solo pochissimi drink oltre alla prima traumatica lezione. Il ragazzo in questione si avvicinò in quel momento, poggiandole una mano alla base della schiena per richiamare la sua attenzione.

- Gin, Cointreau e Blue Curaçao – il giovane prese gli alcolici in questione e li versò nel bicchiere giusto dopo averlo riempito di ghiaccio. Poi prese lo shaker, poggiandocelo sopra – dai un colpo e poi shakera per cinque secondi – le impartì all’orecchio; la barista deglutì e si affrettò ad eseguire, per poi servire a un ragazzo che si era accomodato sullo sgabello davanti al bancone. Quello prese un sorso del drink e le sorrise. Era molto carino, sulla ventina con occhi e capelli scuri, lo sguardo sveglio: - sei nuova? – le chiese, sporgendosi per farsi sentire dalla ragazza, che nel frattempo era passata a preparare le altre bevande. Selene si limitò ad annuire, imbarazzata come sempre.

- Mi chiamo Matt – riprovò dopo qualche secondo il tipo, porgendole la mano. La ragazza rimase nuovamente in silenzio, lo sguardo basso mentre finiva di mettere i drink sul vassoio – non ti mangio mica! Voglio solo sapere come ti chiami –

- Selene – mormorò allora la barista. Non era abituata ad essere notata dai ragazzi e sapeva per certo che le sue guance erano già diventate viola; prese la mano che le veniva porta, bollente in confronto alla sua, ghiacciata per tutto il ghiaccio che aveva toccato.

- E da quanto lavori qui, Selene? – la domanda arrivò ovattata a causa dei rumori, ma comunque la giovane si voltò verso Matt per rispondergli.

- Non da molto, solitamente faccio i turni di giorno –

- Tutti i giorni? – le chiese il giovane.

- No. Non tutti i giorni –

- Quindi posso chiederti di uscire con me, qualche giorno – la voce del ragazzo si era fatta più suadente, Selene deglutì imbarazzata dal momento che Matt si era sporto per sussurrargli quella proposta nell’orecchio. Zayn, che si trovava in quel momento a passare di lì, si fermò a guardare la scena con occhio contrariato. La barista rise e si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, distogliendo lo sguardo da quello del corteggiatore.

- Meglio di no – rispose, voltandosi. Zayn rilassò la mascella.

- Dai, insisto – ritentò il giovane, prendendo un altro sorso dal bicchiere ormai mezzo vuoto. Selene scosse ancora la testa, cominciando a preparare un giro di cicchetti per un gruppo di ragazze sedute poco distante – su! Almeno bevi con me il prossimo! –

- Cosa? – la barista finì di versare il rhum e chiuse la bottiglia. Zayn continuava a guardarli e lei si sentiva terribilmente a disagio.

- Bevi qualcosa con me, adesso – ripeté Matt accennando alla bottiglia ancora tra le mani della giovane. Zayn pensò che quel tipo fosse un colossale imbecille.

- Sto lavorando, non posso. E poi solitamente non bevo – Selene si voltò verso le mensole dei bicchieri, scegliendo quelli utili per preparare il successivo ordine.

- Dai, solo uno! – Selene guardò Zayn, che continuava imperterrito a guardarla trucemente. Fu tentata di rifiutare, d’altronde lei odiava gli alcolici, poi si accorse che aveva paura della reazione del suo collega. Ed era una cosa molto, molto stupida: loro non stavano insieme, lui non poteva dirle cosa fare e cosa no, non poteva impedirle di parlare, uscire o bere qualcosa con un ragazzo carino. Giusto? E allora perché continuava a mordersi il labbro indecisa? Il barman intanto se ne stava lì, la maglia a mezzemaniche nera tesa sui bicipiti e le sopracciglia contratte, attendendo la sua prossima mossa.

- E va bene, dai – la giovane sorrise forzatamente e preparò velocemente due cicchetti – a cosa brindiamo? – chiese, allungando un bicchierino al ragazzo.

- Alle nuove amicizie? – fece l’altro, lanciandole un’occhiata maliziosa. Zayn pensò che fosse anche sfigato, oltre che imbecille. Selene rise nervosamente e brindò, mandando poi il liquido amaro giù tutto d’un fiato. Gli occhi le si fecero lucidi e la gola cominciò a bruciarle, non abituata al sapore forte dell’alcool. Matt dall’altra parte del bancone rise a crepapelle, più per l’alcool in circolo che per l’episodio in sé.

Sfigato, imbecille e ubriacone. Zayn avrebbe voluto ucciderlo.

- Ok sono le quattro, abbiamo finito – il ragazzo attirò in quel momento l’attenzione della sua collega, posandole una mano sulla spalla. Selene sospirò contenta e annuì.

- Ci vediamo presto, allora – la salutò il tipo con un sorriso, allungandosi per darle un bacio sulla guancia. Sia la ragazza che Zayn si irrigidirono, l’una sorpresa quanto l’altro infastidito. Il primo a riscuotersi fu proprio il ragazzo, che la prese per un braccio e senza tante cerimonie la portò nel retro del negozio, dove recuperarono i cappotti. Poi il silenzio, rotto solo da informazioni puramente logistiche come “dov’è la macchina?” “qui dietro” e “non ricordo se devo svoltare alla prima o alla seconda” “alla seconda, dopo il semaforo”; per il resto niente. E lui sembrava arrabbiato. Lui. E per cosa? Selene rimuginò per qualche secondo su quel ragazzo tanto bello quanto lunatico, e alla fine sbottò, non riuscendo più a trattenersi: - sei arrabbiato –

Zayn continuava a guardare la strada, entrambe le mani ferme sul volante, rigide – si – si limitò a rispondere. La ragazza si morse un labbro, arrabbiata.

- C’è qualcosa che non ti va a genio? –

- Nulla, a parte il fatto che fai la gatta morta con un tipo che non conosci per il puro gusto di fare nuove amicizie mentre sei sotto la mia responsabilità – il tono era rimasto tranquillo, ma la rabbia traspariva dal timbro di voce e dalle nocche delle mani, ormai bianche.

Selene rimase un istante in silenzio, metabolizzando quelle parole per evitare una scenata – te lo dirò una sola volta, Zayn, quindi apri le orecchie perché non sono concetti così difficili: io e te non siamo amici. Tu non devi farmi da balia dal momento che ho diciannove anni e credo che sappia scegliermi da sola le compagnie da frequentare, e pure che così non fosse non sono affari che ti riguardano. Mi va bene se tu e Liam siete diventati amici, amanti, fratelli, cugini o quello che ti pare: io non sono sua figlia e quindi se facciamo lo stesso turno io non sono sotto la tua responsabilità – Selene si limitò  sibilare quelle parole, guardandolo bene in faccia; il ragazzo rimase in silenzio, svoltando con cura alla seconda dopo il semaforo.

- Non capisci – la macchina si fermò sotto il palazzo della ragazza, Zayn spense il motore e si voltò a guardarla.

- Cosa? Perché prima hai provato a baciarmi, poi mi hai ignorata e ora ti comporti da amico? No, in effetti non lo capisco – non era abituata ad usare toni tanto cattivi e sarcastici, ma le dava davvero fastidio essere trattata come una bambolina senza cervello. E senza cuore.

Zayn scosse la testa chiudendo gli occhi, le labbra si piegarono in un mezzo sorriso – non sembrava disdegnassi le mie attenzioni, l’altra sera – le ricordò, facendola ammutolire.

- Non mi trattare come una bambina –

Rimasero nuovamente in silenzio – forse dovrei cominciare a farlo – mormorò il giovane, a voce così bassa che Selene stentò a sentirlo. La ragazza decise che non ne poteva più di quello strano ragazzo, almeno per quella sera; in silenzio afferrò la borsa dal sedile posteriore e aprì lo sportello, mormorando un semplice “grazie del passaggio” mentre scendeva.

Stupido, stupido ragazzo; con i suoi occhi e le sue labbra e quelle mezze frasi senza senso che sembravano voler dire tutto.

Stupida, stupida lei; con la sua incapacità ad essere forte e la sua totale incapacità di intendere e di volere davanti a quegli occhi e a quelle labbra e a quelle frasi.

Selene arrivò a casa e lasciò borsa e cappotto all’ingresso, per poi togliersi gli stivaletti che aveva indossato tutta la sera cercando di non fare rumore. Liam comparve in quel momento dal salotto con un libro tra le mani.

- Ciao – mormorò con il suo accento, che Selene riconosceva come un qualcosa di assolutamente intimo e personale.

- Sei ancora sveglio? Sono le quattro e mezza del mattino! –

- Non avrai pensato che andassi a letto sapendoti fuori casa – i due continuavano a parlare a voce bassissima, spostandosi nella cucina. A Selene quasi vennero gli occhi lucidi a quell’ultima affermazione del suo amico. Potevano succedere tutti i Zayn e i turni notturni e i Matt del mondo, ma lui sarebbe stato lì con lei.

- Sono stanchissima – ammise la giovane, passandosi una mano tra i capelli.

- Immagino. Vai a dormire, domani abbiamo entrambi lezione – Liam le sorrise avvicinandosi per lasciarle un bacio – buonanotte –

Selene gli sorrise, accarezzandogli una guancia – buonanotte –

 

 

***    ***    ***

 

My secrets are now things I can touch,

this is complicity I'm going into embrace

this man with no facejust fly.

Gift, Elisa


Miele? Sono le sette e mezza, alzati – Julie si girò nel letto mugugnando qualcosa, mentre un sorriso le increspava le labbra. Stava sognando la voce di Louis, e il suo tocco sulla fronte e sulle guance. Le piaceva. – sul serio, è tardi – disse, costringendola ad aprire un occhio.

- No, dai… - il sogno era molto realistico: Louis, occhiali da vista con la montatura nera e t-shirt di Topolino, era seduto sul bordo del suo letto e le toccava dolcemente il viso, sorridendole. Era la prima volta che Julie lo sognava, ma quando le labbra del giovane si abbassarono fino a sfiorarle in mento decise che non era poi così male. Probabilmente stava per svegliarsi, sentiva distintamente la barba appena accennata che le pizzicava la pelle; sorrise, tirando fuori una mano dal piumone per accarezzargli i capelli.

- Si, dai… dovevamo andare a fare colazione, ricordi? – Louis le sussurrò queste parole all’orecchio, il fiato caldo la fece rabbrividire dolcemente.

- E se rimanessimo qui? – certo che l’inconscio faceva davvero brutti scherzi, alle volte. Era vero che avesse un appuntamento con Louis la mattina successiva, ma non credeva di aspettarlo con così tanta impazienza da arrivare addirittura a sognarlo. Che il suo subconscio le stesse dando un segnale. Il giovane soffocò una risata, continuando ad accarezzarle il viso – potremmo, ma sai che noia rimanere a guardarti dormire qui seduto? – Julie sbuffò sentendo quelle parole, girandosi dall’altro lato e facendosi piccola piccola – non fregarti tutto il piumone, che sono freddolosa – borbottò, invitando in questo modo il cantante a raggiungerla al suo fianco. Le braccia di Louis circondarono la sua vita, facendo aderire il petto alla sua schiena.

- Mi ci voleva, non ho dormito per niente nelle ultime settantadue ore – Louis soffocò uno sbadiglio prima di posare un bacio tra i capelli ricci di Julie.

- Che hai fatto di bello? – era bello starsene così, senza il bisogno costante di apparire forte e sicura, stretta tra le braccia di quel ragazzo che, volente o nolente, era completamente entrato nella sua vita.

- Ho cantato, sono stato assalito dalle fan, ho firmato tanti autografi, ho perso una scarpa – la ragazza rise sentendo quello strambo elenco, mormoratelo all’orecchio – non ridere, è stato tragico – Louis le pizzicò piano un fianco, facendola sussultare. Sentiva tutto sempre con maggior precisione: il risveglio era alle porte. E non voleva svegliarsi, non ancora.

- Non sapevo portassi gli occhiali –

- Non sapevo potessi riuscire ad essere simpatica – risero entrambi, piano. Julie si voltò verso di lui, sempre con gli occhi chiusi e sorrise, la fronte poggiata contro il suo petto.

- Non mi voglio svegliare – mugugnò nuovamente, come una bambina.

- Sei già sveglia –

Qui si, ma non voglio svegliarmi veramente – Julie sospirò e si poggiò meglio contro il corpo di Louis, caldo e profumato.

- Possiamo dormire ancora un po’, se è quello che vuoi – il ragazzo sembrava non stesse capendo, Julie annuì senza aggiungere altro.

Nessuno seppe con esattezza quanto durò ancora il sonno della giovane, fatto sta che Olivia, jeans attillatissimi e cappotto già infilato urlò dal salotto, richiamando la sua attenzione – io vado a lezione e poi a tennis, ci vediamo stasera! – seguita dal rumore del portoncino di ingresso che si apriva e si richiudeva con un tonfo qualche secondo dopo. Julie sospirò scocciata per quella brutta sveglia, passandosi una mano sul volto mentre metteva a fuoco la stanza. E poi lo vide: Louis Tomlinson dormiva beatamente al suo fianco a pancia in giù, un braccio infilato sotto il cuscino e gli occhiali storti sul naso.

Louis Tomlinson. Nel suo letto.

Julie lo scrollò con una mano – Louis? Louis svegliati –

- Non ne ho la minima intenzione – il cantante abbracciò meglio il cuscino nel dormiveglia, tornando  dormire. Julie si ritrovò a sorridere, ringraziando di non essere vista. Quindi non stava sognando, e Louis quella mattina era sul serio entrato nella sua camera. E lei se lo era trascinato a letto. Bene.

- Vorrei farti notare che sei nel mio letto –

- Ha un buon odore in effetti – Louis aprì un occhio, svogliatamente.

- Esci da questo letto. Immediatamente – il tono era perentorio, il cantante sbuffò mettendosi seduto.

- Certo che sei contraddittoria, eh. Prima mi inviti ad entrare… –

- L’idea era quella di soffocarti nel sonno – Julie sbuffò alzandosi per prendere dei vestiti, Louis rimase tra le coperte a massaggiarsi le tempie.

- Allora devo avere nove vite, per essere ancora qua – con un ultimo sospiro stanco il giovane si alzò dal letto riassettandosi i pantaloni. Le scarpe erano abbandonate poco distanti dal letto, ancora annodate.

- Come dici tu… puoi spiegarmi l’esatta dinamica? –

- In che senso? –

- Di come hai fatto a trovarti nel mio letto alle otto e un quarto di mattina – Julie formulò la richiesta mentre afferrava una camicetta e un pantalone – anzi dimmela dopo, che devo fare la doccia – e sparì oltre porta della camera, diretta verso l’unico bagno della casa. Perché invece di essere arrabbiata non riusciva a staccare gli occhi dalle guance rosse di sonno del cantante? E non riusciva a formulare una risposta decente, confusa dalla voce resa più roca dalla levataccia? La giovane si infilò sotto la doccia ghiacciata, cercando un modo veloce di riprendersi. Indossò un paio di jeans e una camicetta, asciugò in fretta i capelli e si truccò con cura, uscendo poi dal bagno diretta in cucina. C’era un forte odore di caffè appena fatto, e Louis che aveva apparecchiato il piano colazione per due persone – visto che siamo in ritardo ho arrangiato qualcosa qui – disse semplicemente, porgendola una tazza colma di liquido scuro. La ragazza rimase un secondo stupita mentre si sedeva allo sgabello, pescando un biscotto dal sacchetto posato sul tavolo, la gatta bianca guardava la scena comodamente acciambellata sul divano di stoffa.

- Non hai niente in questa casa, non si usa fare la spesa? – Louis la raggiunse con un vassoio della pasticceria all’angolo, su cui erano adagiate alcune paste – avresti cucinato qualcosa io ma non hai nemmeno la farina! –

- Perché, tu cucini? – Julie sbadigliò prendendo l’unico dolce ripieno di cioccolato bianco e addentandolo.

- Sono un uomo dalle mille risorse –

- Come entrare nel letto delle povere ragazze indifese mentre dormono? – la ragazza prese un nuovo sorso di caffè nero.

- Quella non è una risorsa, quanto più un… talento. E quel dolce lo volevo io –

- Io non lo chiamerei così, comunque… a proposito, mi devi ancora spiegare come ho fatto a trovarti addormentato in camera mia – gli fece notare, porgendogli la pasta.

- Harry. Stamattina sono atterrato alle sette e l’ho chiamato per chiedergli l’indirizzo. Mi sono ricordato che non me lo hai mai dato – Louis addentò a sua volta il dolce, estasiato, per poi alzarsi a prendere il latte dal frigorifero, come fosse a casa sua.

- Logico. E come ti sei trovato nel mio letto? –

- Non serve che te lo spieghi, c’eri anche tu – Louis sorrise maliziosamente, tornando ad accomodarsi.

- Credevo di sognare – le guance di Julie si tinsero di un rosa acceso, il giovane rise di gusto.

- Sognare, ovviamente. Guarda che puoi dirmi che non vedevi l’ora di trascinarmi a letto e violentarmi tutta la notte –

- Nei tuoi sogni… -

- No, nei tuoi – e ancora risate, mentre Julie valutava l’idea di rovesciargli il caffè in testa – comunque Olivia è simpatica – aggiunse il ragazzo – oddio, quando ho suonato e mi ha aperto è rimasta immobile e poi mi ha chiuso la porta in faccia. Quando mi ha riaperto però mi è piaciuta –

Julie scosse la testa trattenendo una risata, ben conscia dell’amore della sua migliore amica nei confronti del cantante.

- Sei un idiota

- Ti dirò, preferisco la Julie addormentata e semi incosciente che mi accarezza i capelli e mi stringe nel lettone – il tono di Louis si era fatto provocatorio, lo sguardo luccicante.

- L’hai detto: ero addormentata e semi incosciente –

- Cioè devo drogarti e darti una botta in testa ogni volta per farti essere carina? – il ragazzo rise e le porse l’ultimo pezzetto del dolce, Julie sbuffò e lo mangiò con gusto

- Vai al diavolo, Lou – borbottò, alzandosi per mettere la tazza vuota nel lavello.

- Stiamo cominciando a diventare seriamente monotoni, miele – Louis la raggiunse, sedendosi sul piano mentre lei lavava i piatti – dobbiamo stare attenti o ci scambieranno per una di quelle coppie sposate, che stanno insieme solo per abitudine –

- E lei se la fa col ventenne modello di turno? – Julie lo fissò di sbieco, realizzando quanto il loro discorso non stesse avendo senso.

- Squallido – il cantante prese un canovaccio per asciugare le tazze – ti ho portato un regalo –

La ragazza gli passò le posate che avevano usato per la colazione, guardandolo – non credevo mi portassi un regalo –

- Ti avevo promesso che lo avrei fatto – Louis le sorrise per la prima volta quel giorno senza malizia, frugando nella tasca del pantalone fino a trovare un piccolo astuccio. Dentro c’era un braccialetto d’oro formato da tanti piccoli anelli intrecciati, a uno di questi era appeso un ciondolo della Tour Eiffel in bronzo, piccolissimo anche questo e una ancor più piccola “L”. Leggero e delicato, Julie lo adorò subito.

- E’ meraviglioso – mormorò, avvicinandosi a prenderlo dalla custodia per sfiorare i ciondoli. Louis sorrise prendendoglielo dalle mani, con l’intento di aiutarla ad indossarlo.

- Così mi porti sempre con te –

Inquietante, non trovi? –

Louis scosse la testa esasperato, chiudendo il gancetto – mi devi sempre rovinare tutti i momenti poetici! – si lamentò come un bambino, facendo ridere la giovane.

- Andiamo poeta del ventunesimo secolo, che ho lezione tra un quarto d’ora! –

 

***    ***    ***

 

Olivia finì di prepararsi nello spogliatoio del campo coperto che lei e una sua amica avevano prenotato per allenarsi a tennis, sport che amava.

- Allora, pronta? – Danielle, sua compagna di corsi di pittura fiamminga, entrò in quel momento e le sorrise, porgendole la racchetta.

- Certo, controllo il cellulare e cominciamo – la bionda rispose al sorriso e prese il cellulare, che in quel momento cominciò a squillare. Mittente: Harry. Olivia ebbe una scossa che la lasciò pietrificata qualche secondo.

- Ciao – sospirò quando la conversazione venne aperta.

Harry rispose con tono tranquillo, cosa che fece irrigidire ancora di più la bionda – dobbiamo parlare -


***    ***    ***


Rieccoci :)

Ho cercato di aggiornare in fretta questo capitolo soprattutto perchè non ho la minima idea di quando riuscirò a trovare tempo per scrivere il prossimo.

Grazie mille per le recensioni e per tutte le stupende parole che mi fanno andare avanti. Grazie soprattutto a mio fratello, che mi ha cancellato il capitolo sabato e mi ha costretta a riscriverlo (si, è sarcastico).

E una dedica specialer per la mia Hellen Styles, che è sempre così dolce <3

Alla prossima!


Vi invito a passare da questa meravigliosa storia (conclusa) che a me è piaciuta tantissimo: 20 domande.

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Capitolo 11
*** Everything ***


Everything

 

 

 

You're something beautiful 
a contradiction 
I wanna play the game 
I want the friction 

Time is running out, Muse


Quando la partita finì – con un equo pareggio – Olivia trovò Harry ad attenderla sugli spalti. Il ragazzo si era offerto di passare a prenderla e lei aveva accettato di buon grado, ben sapendo che non avrebbe comunque avuto voglia di tornare a casa con i mezzi pubblici o peggio ancora, a piedi. L’imbarazzo però era palese, tanto che la bionda decise saggiamente di ritirarsi nello spogliatoio vuoto dove si infilò sotto la doccia bollente, lasciando che l’acqua le scorresse sulle spalle esili e le permettesse di rilassarsi. A dire la verità ci aveva pensato molto – troppo - a quello che era successo con il ragazzo che la attendeva fuori: perché lo aveva fatto? Perché no?, si chiese un attimo dopo. Andiamo, era giovane, poteva permettersi un’avventura con un bel tipo. Quello che sicuramente invece non si sarebbe mai sognata era che lui potesse essere tanto… strano. Chi è che prima viene a letto con te, poi se ne va subito dopo e infine ti chiama senza preavviso chiedendoti un appuntamento? Olivia scosse la testa sotto la doccia, lavando via gli ultimi residui di shampoo mentre le possibili ragioni di quella telefonata: che fosse incinto? A quel pensiero scoppiò a ridere da sola, dandosi della stupida. E allora cosa voleva? La giovane chiuse la manopola d’acciaio e rimase un secondo immobile beandosi del freddo che le entrava nelle ossa. Si riscosse solo quando cominciò ad avere i brividi, e velocemente uscì in cerca dell’accappatoio. Lo trovò, qualche secondo dopo, tra le mani di Harry ..., che le si avvicinò e l’aiutò ad infilarlo, per poi annodarglielo in vita. Svolsero tutta l’operazione in religioso silenzio, quasi senza respirare. Harry guardava attentamente il laccio di spugna che stava annodando, Olivia guardava lui, imbarazzata.

- Lo spogliatoio è femminile – furono le prime parole che riuscì a formulare, non appena si sentì sicura e coperta. Harry si strinse nelle spalle, passando le mani sul colletto dell’accappatoio per sistemarlo – non c’era nessuno –

- C’ero io – la ragazza incrociò le braccia sotto il seno – ed ero nuda  –

Harry sorrise nuovamente, voltandosi per prendere un asciugamano  dal borsone, che poi le porse – nulla che non abbia già visto  – Olivia sbuffò e cominciò a frizionarsi i capelli, cercando di riprendere controllo di se stessa. Non era normale che si sentisse come una ragazzina timida; non lei, non con lui. Cercando di simulare calma cercò l’intimo nel borsone e poi un jeans e un maglione grigio, che indossò velocemente.

- Andiamo? –

Harry scosse la testa – hai i capelli bagnati –

- Dieci punti alla perspicacia, complimenti – sbuffò la ragazza, che poi finì di sistemare il borsone – sono pronta –

- Fuori piove, asciuga i capelli – Harry sembrava davvero un padre rompiscatole, Olivia si avvicinò di malavoglia agli asciugatori automatici e inserì un gettone, accompagnando ogni gesto a un sospiro esasperato. Harry le si avvicinò con un sorriso, sedendosi a gambe incrociate sulla panca di legno – mi dispiace –

Olivia alzò un attimo lo sguardo, sbattendo gli occhi – per essere entrato senza permesso nello spogliatoio? – provò ad indovinare, anche se in fondo sapeva a cosa il ragazzo si stava riferendo.

- Per essere uscito così velocemente da casa tua – a quello parole seguirono il silenzio, Olivia si schiarì la voce e mise su il sorriso più suadente che le riusciva, mentre continuava a passarsi una mano tra i capelli chiari nel vano tentativo di farli asciugare più velocemente.

- Ah, quello... – nuovo sorriso, scrollata di spalle. Bugiarda. E lo sapevano entrambi, lei soprattutto; ma era troppo orgogliosa per mostrarsi debole di fronte ad uno sconosciuto che l’aveva trattata come una. Non se lo meritava, e lei non era ancora così autolesionista. Harry rimase in silenzio, stranito. Certo, quello proprio non se lo sarebbe aspettato – Se è solo per questo che sei venuto qui… - ancora il sorriso suadente e anche un po’ scocciato, come con un pretendente buffo ma un po’ fastidioso. Olivia prese il pettine e lo passò tra i capelli, che poi intrecciò mollemente. Bellissima. Senza un filo di trucco, con un jeans e un maglione che le arriva alle cosce e le lasciava scoperta una spalla, i capelli disordinati. Bellissima. Harry rimase incantato per un istante, poi si alzò e le si avvicinò, una mano le sfiorò la spalla tracciando il bordo della canotta nera che indossava sotto il maglione. 

- Certo che sei una stronza – parole forti, che feriscono. 

- Dici? –

- E una bugiarda – aggiunse il riccio, sussurrando quelle parole quasi sulle labbra della giovane.  Olivia accennò a un sorriso derisorio e piegò la testa di lato, sfidandolo con lo sguardo. Si, era bugiarda. Una grande bugiarda.

- Mi stai facendo perdere tempo, vattene – Harry scosse la testa, continuando nella sua carezza.

- Tu non vuoi che io me ne vada –

- Si, invece. Vattene, non ho tempo da perdere con te –

- Non vuoi veramente che lo faccia – ripeté Harry – tutto di te me lo dice – aggiunse, mentre l’altro braccio, fino a quel momento rimasto inerme lungo il suo fianco, risaliva in una carezza fino a sfiorarle il bordo del seno.  Olivia non riuscì a reprimere un fremito, al ricordo di quelle mani che avevano toccato e accarezzato e adorato il suo seno. Harry sorrise, poi posò le labbra sulla guancia, sulla clavicola, sul collo, sulla spalla della ragazza.  Olivia aveva chiuso gli occhi, sentiva soltanto il fiato caldo di Harry sulla sua pelle, il suo tocco gentile sul seno, le sue carezza sulla schiena.

- Smettila –

Harry alzò la testa fino ad incontrare lo sguardo di Olivia, leggermente lucido. Non le piaceva essere così malleabile, e non le piaceva che lui riuscisse ad avere tanto potere sul suo corpo.

- Vieni a letto con me –

La richiesta era stata sussurrata, Olivia quasi credette di aver sentito male, o di esserselo immaginato – tu sei pazzo – Harry abbozzò un sorriso, mentre con le mani riprendeva ad accarezzare il profilo del viso della ragazza.

- Ammetti anche tu di non aver pensato ad altro –

Olivia scosse la testa, mentre la carezza si spostava sotto il maglione, a tracciare la colonna vertebrale. Ogni carezza un fremito, ogni fremito un sospiro, ogni sospiro un sorriso – sempre più consapevole – di Harry. 

- Mi fa ridere invece che tu ci abbia davvero pensato –

- Voglio solo… togliermi lo sfizio  Harry pronunciò quelle parole quando era a ormai un soffio dalle labbra della bionda, che quasi per riflesso incondizionato si schiusero – e lo vuoi anche tu –

La ragazza sollevò un sopracciglio, ormai non era padrona della situazione. Ed era una sensazione che decisamente non le piaceva – sei molto sicuro di te –

- So che anche tu lo rivuoi. Che mi rivuoi come io rivoglio te –

- In effetti era il mio sogno inconfessato quello di essere mollata da un semisconosciuto nel mio appartamento giusto un secondo dopo essere venuta – Olivia sibilò sarcasticamente quelle parole, poi si scrollò di dosso le mani curiose di Harry e afferrò la borsa e il cappotto – vai al diavolo, Harry –

Il diretto interessato rimase un secondo in silenzio, non sapendo come ribattere a quelle parole, poi – allora perché hai accettato di vedermi, oggi?  - gridò alle spalle della bionda, che stava lasciando lo spogliatoio. Quella si fermò, pietrificata. Cosa avrebbe dovuto rispondere a quella provocazione? Che non riusciva ad addormentarsi senza pensare al piacevole dolore dei suoi denti che affondavano nella sua spalla? Che non riusciva a passare davanti al salotto senza provare lo stesso brivido di quando era venuta, nuda e completamente esposta alle sue carezze e ai suoi affondi? Che non poteva non pensare al suo tocco, ai suoi baci, alla sua lingua? 

Harry la raggiunse alle spalle, la superò e le aprì la porta – lo so io, lo sai tu… siamo grandi ed entrambi vogliamo e possiamo permetterci di sfogarci così –

- Hai una strana concezione del sesso – si costrinse a dire Olivia.

Il riccio si strinse nelle spalle – nessun coinvolgimento emotivo, nessuna responsabilità, nessun dovere. Solo sesso, e solo quando ne abbiamo voglia – 

- Tu sei pazzo – Olivia scosse la testa, uscendo nell’aria fredda di novembre.

 - E tu più di me, dal momento che ci stai pensando – Harry la raggiunse e le diede un bigliettino. – ci vediamo presto, spero – e con queste parole e un bacio sfiorato la lasciò così, inerme e da sola.

 


***    ***    ***

 

It's a beautiful day 
Sky falls, you feel like 
It's a beautiful day 
Don't let it get away 

Beautiful Day, U2


Julie, Olivia e una stanchissima Selene si sedettero intorno al tavolo del ristorante in cui avevano prenotato per passare una serata tra ragazze non appena ebbero finito le lezioni del pomeriggio. Julie era parecchio distratta, ma a quanto pare non era l’unica: Selene continuava a guardarsi intorno cercando di trovare qualcosa di interessante, Olivia… Olivia era in un altro mondo, un mondo fatto di lunghe occhiate a un cartoncino che stringeva come un talismano  e di bestemmie spezzate tra i denti. Ovviamente nemmeno la riccia quella sera era in vena, e la cosa la faceva sul serio riflettere. Louis quella sarebbe partito in poche ore e prima, mentre si stava truccando di fronte allo specchio del piccolo bagno del suo appartamento, aveva realizzato che le sarebbe mancato. Louis. A lei. E da quel momento non era più riuscita a connettere nulla. Non era sul serio possibile che un tale idiota, rumoroso, vivace fino all’iperattività e strano ragazzo come Louis Tomlinson si fosse trovato così prepotentemente un posto nella sua vita. E la cosa più assurda era che lei glielo aveva permesso, prima con quelle telefonate, e poi addirittura in quel momento, mentre sfiorava il braccialetto d’oro bianco.

Olivia sbuffò per l’ennesima volta in pochi minuti – Dio! – esclama – un gruppo di settantenni è meglio disposto di noi, in questo momento! –

La prima a ridacchiare fu Selene, che si passò stancamente una mano sul viso – sto cercando di non pensare ad una cosa – 

- E quindi a cosa stai pensando? –

- A quella cosa, mi pare più che ovvio – tutte e tre le ragazze si concessero un sorriso, poi Olivia, con la sua solita finezza, puntò un dito contro la sua amica – è il cameriere strafigo, ammettilo! –

L’accusata divenne rossa come suo solito, mentre una ragazza poco più grande di loro andava a prendere le ordinazioni.

Dopo aver ordinato vino e arrosto alla griglia, le giovani si rilassarono contro le sedie, rivolgendo l’attenzione su Selene – è pazzo. Quel ragazzo è pazzo – fu l’unica lamentela mossa dalla giovane allora.

Non me ne parlare – soffiò annoiata Olivia, prendendo un sorso di vino. Julie ridacchiò scuotendo la testa – ieri sera è stata la cosa più… strana che mi sia capitata – continuò Selene, ben felice di poter finalmente parlare di quella cosa che le attanagliava lo stomaco con qualcuno. Non che Liam non potesse ascoltarla ma… andiamo, era Liam! Se avesse saputo l’avrebbe segregata in casa e poi… era Liam! 

Fu di nuovo Julie a spronare la sua amica a parlare - avete fatto sesso? – 

- Non… non si tratta del sesso – il tono della ragazza era esasperato, mentre parlava.

Non dire così, credimi – Olivia interruppe lo sfogo con un altro dei suoi commenti, guadagnandosi un’occhiata curiosa da parte di entrambe; ma Julie era troppo presa dalla vicenda di Selene, e scelse di ignorare la sua amica in quel momento – prima era tutto… carino e simpatico, poi è diventato protettivo, come nemmeno Liam poteva essere. Infine ha detto che non capisco. Io!  come se fosse normale per lui provarci con una, con una come me tra l’altro, e poi comportarsi come nulla fosse – Olivia la interruppe con un sospiro consapevole, accarezzandole un braccio - e poi riprovarci e comportarsi un’altra volta come se nulla fosse. E la colpa di chi è, alla fine?  – ma la domanda non era rivolta a nessuno, dal momento che non diede il tempo di rispondere – la mia, mi sembra normale! Perché non capisco… lo avevo già detto questo, vero?-

Olivia mosse una mano con noncuranza - Si; ma vai, tranquilla –

- Il punto è – e la ragazza passò a rivolgersi a Julie, che ascoltava il racconto interessata e un po’ divertita – che non capisco come devo comportarmi, dal momento che lui è così… e io sono così… - e qui il racconto si interruppe. Sicuramente Selene non spiccava per sicurezza in se stessa, e questa era la cosa che Julie meno sopportava – tu cosa, Nene?– la incitò a parlare, con quel soprannome che solo lei usava sin dal primo incontro.

- Io… nulla. E’ questo il problema. Non so come comportarmi visto che lui sembra sempre essere così padrone di sé, sempre così a suo agio in ogni occasione e con chiunque. E io sono…io. Mi sento intimidita –

Olivia le prese la mano, Julie le sorrise – odio quando fai così, davvero. Sei la ragazza più bella e dolce e sincera e intelligente che io abbia mai conosciuto –

- Dopo di me, mi pare ovvio – sbuffò Olivia, facendo ridere le altre – il punto è – riprese a parlare la riccia, scuotendo la testa esasperata per la sua migliore amica – è che non devi lasciare che il comportamento senza senso di uno  strafigo qualunque ti faccia credere di non essere abbastanza –

Selene annuì e le prese la mano, tirando su col naso – grazie –

- Dolce. Ora passiamo ad analizzare il bellissimo e costosissimo braccialetto che indossa la nostra Julie, per favore? –

Julie scosse la testa, imbarazzata – e perché invece non parliamo dei tuoi commenti mentre Nena parlava? – 

- Ah, Harry mi ha chiesto se voglio diventare la sua scopamica. Louis invece ti h regalato un bracciale da mila sterline: questo si che è un buon argomento di conversazione! –

Sia Julie che Selene rimasero ammutolite; la prima a riscuotersi su la riccia, che sbatté le palpebre e si sporse verso la sua amica – e me lo dici così? –

- Stai cercando di cambiare argomento? –

- Non prendermi in giro e racconta cosa sta succ… - ma l’intimazione della riccia venne interrotta dallo squillo del suo telefonino – sei salva per un pelo – sussurrò ad Olivia, che sorrise angelicamente.

- Pronto? –

- Stavo pensando che non so come ti piace il gelato – la voce allegra di Louis fece sorridere Julie, che si vide costretta ad alzarsi per creare un po’ di intimità dalle occhiate maliziose delle sue amiche, che poi ripresero a chiacchierare – con le nocciole e… crema, decisamente –

- Bene, vengo a prenderti tra mezz’ora –

Julie sorrise nuovamente, mentre il cuore cominciava a battere all’impazzata – no, sono a cena con delle amiche e non posso –

Louis rimase qualche secondo in silenzio, poi – ok, ma se l’aereo sul quale dovrò salire tra cinque ore avrà un’avaria e cadrà, sfracellandosi al suolo con tutto l’equipaggio e tu non… -

- Ok, ok… - lo interruppe la ragazza – hai vinto. Ci vediamo più tardi, però? Finisco qui per le undici-

- Certo, miele. A dopo! –

Julie chiuse la conversazione scuotendo la testa, a metà tra l’esasperato e il divertito. Olivia e Selene nel frattempo avevano continuato nella loro chiacchierata, e anche quando Julie tornò a sedersi le due non smisero di parlare – e cosa dovrei fare? – ovviamente la domanda che Olivia stava ponendo era retorica.

Non devi andarci a letto – Selene invece sembrava pienamente convinta di quello che stava dicendo.

Julie sorseggiò il vino, riprendendo il filo del discorso – secondo me invece sì – fu il suo turno di essere guardata male, poi la bionda scoppiò a ridere.

- Questo non me lo sarei aspettata –

La riccia accavallò le gambe – andiamo Olivia, sei tu che l’altra volta gli sei saltata addosso! – sicuramente non il commento più diplomatico della storia.

- Grazie, cara

Selene scoppiò a ridere, Julie fece un gesto di noncuranza – lui è sexy, tu sei in astinenza. Lui non vuole una cosa seria, tu sei innamorata perdutamente di un ragazzo che non vedi da un anno e non provare a dire il contrario – la bloccò mentre stava aprendo la bocca per ribattere – quindi non vedo perché non dovresti – 

Olivia rimase in silenzio riflettendo su quelle parole – se vuole sfogare le sue voglie può anche comprarsi una bambola gonfiabile – 

- Appunto – fu il commento di Selene, sempre così dolcemente tradizionalista.

Julie nemmeno la sentì – si tratta di te, Olivia. Per sfogare le tue, di voglie – 

- Romantico –

- Non prendiamoci in giro – il discorso venne interrotto dal cameriere che portava vi ai piatti sporchi, poi Julie riprese a parlare – devi solo essere forte e non lasciarti prendere da coinvolgimenti emotivi –

Stavolta fu Olivia a rimanere perplessa, storcendo la bocca – quindi dovrei usarlo come bambol…otto gonfiabile? – la domanda era dubbiosa, Julie annuì, Selene sospirò sconfortata – non lo so… - ma nuovamente il discorso venne interrotto dallo squillo del cellulare della riccia.

- Di nuovo Louis? – si arrischiò a chiedere Selene, con un mega sorriso.

La ragazza rispose all’sms che le era arrivato e rimise il cellulare in borsa – si, mi ha chiesto dove doveva venire a prendermi: andiamo a mangiare un gelato – il tono con cui aveva risposto era quello di una bambina deliziata, e le altre non potettero fare a meno di notarlo; subito Julie si schiarì la voce mentre la mora rideva.

- Il gelato a Novembre? –

- Nessuno ha mai detto che Louis fosse un tipo normale –

- Meno male che è sexy – fu il commento di Olivia – comunque dovremmo passare ad analizzare l’ultima questione: da quando siamo passati da “che idiota quel tipo come fa a piacerti?” a “andiamo a prendere un gelato e mentre lo dico sembro una ragazzina alla prima cotta e mi ha regalato un bracciale!”? – mentre parlava Olivia imitava malamente il tono di voce di Julie, che ridendo si rilassò un po’. 

- Non c’è niente da dire – provò, messa subito a tacere dalle occhiate delle altre due ragazze – siamo solo amici – 

Selene sbuffò – ovviamente, il ciondolo con la sua iniziale fa molto… amicizia – la battuta sarcastica fece arrossire la riccia, che poi allungò il braccio verso Olivia che con lo sguardo le stava chiedendo di poter rimirare il gioiello – è stupendo –

- Non so cosa stia succedendo – fu l’ammissione di Julie dopo qualche secondo – so soltanto che… mi piace. Come parla, come riesce a tenermi testa, come sorride, come… Mi piace e basta –

Mentre la ascoltava Olivia annuiva e continuava a guardare i ciondoli – e che problema c’è, allora? –

E che problema c’era, allora? Era quello che la ragazza si era chiesta tante, troppe volte considerando il poco tempo che lo conosceva. Non c’era alcun problema. C’erano tutti i problemi del mondo.

- Non ce ne sono… solo… non lo so, ok? E’ come se fosse tutto troppo perfetto, e ho paura che una parola sbagliata, un gesto affrettato… non voglio mandare tutto all’aria – ed era la prima volta che lo ammetteva ad alta voce. No, era la prima volta che lo ammetteva e basta: perché fino a quel momento lo aveva solo trattato con sufficienza come era solita fare con tutti i ragazzi, che poi scappavano via. Invece lui era stato il primo a ridere del suo modo di fare e ad aiutarla a sciogliersi  e ad essere naturale. E non voleva mandare tutto all’aria; ma tutto cosa, poi? Non lo sapeva ancora, ma qualsiasi cosa fosse sentiva che era speciale, e non voleva assolutamente rovinarlo.

Selene le sorrise e le prese una mano per confortarla, Olivia soppesò le sue parole – mi piace quel tipo, e non solo perché è un gran figo che popola i miei sogni più perversi. Ti fa stare bene, e se una cosa ti fa stare bene va vissuta – la bionda sorrise – e poi spero sempre di trovarmelo nudo per casa qualche mattina, non si sa mai! – e scoppiò a ridere, trascinando le altre. Olivia era così: tanto sofisticata quanto volgare, ma nonostante tutto Julie apprezzò quella strana benedizione, che la fece sorridere.

Le tre si alzarono e dopo aver pagato il conto infilarono i cappotti, uscendo. Louis Tomlinson, jeans nero, maglia a righe e spolverino aperto, era fermo davanti al ristorante fumando una sigaretta poggiato contro lo sportello della sua auto sportiva; non appena vide Julie si aprì in un sorriso ed indicò un sacchetto che giaceva sul cruscotto, sicuramente contenente gelato. 

- Che gran pezzo di… -

Olivia! – Selene e Julie scossero la testa esasperate, non riuscendo tuttavia a reprimere un sorriso.

- Non ho detto niente! – si difese la bionda – comunque ti lasciamo col tuo principe da stupro. Proteggetevi, mi raccomando – e con quell’ultimo saluto e un bacio lei e Selene si avviarono verso la loro auto.

Julie si avvicinò a Louis, che continuava a fumare sorridendo – ciao –

- Ciao, miele – il giovane fece un passo verso di lei porgendole una sigaretta, che la ragazza prese di buon grado – dove andiamo? –

La giovane salì al posto del passeggero, aprendo poi il sacchetto di una gelateria con curiosità – dipende da quanto tempo hai –

- Non molto, purtroppo – fu la risposta rammaricata di Louis, che mise in moto e si avviò nel traffico. La radio era sintonizzata su una nota stazione che passava vecchi successi, Julie se ne stava tranquilla contro il sedile di pelle, la vaschetta aperta e un dito sporco di crema – è sempre così?-  -  Cosa? – rispose Louis rilassato, svoltando in una strada secondaria.

Sarai sempre così lontano? – non è stressante viaggiare così tanto? –

Louis si strinse nelle spalle – è il mio lavoro, trascorro tanto tempo lontano da Londra – Louis parcheggiò in uno spiazzo ed entrambi scesero dall’auto, sedendosi sul cofano – non ci ho mai fatto caso, prima –

 - Ora, invece? – e poi Louis fece qualcosa che nessuno dei sue si sarebbe mai aspettato: avvicinò il viso a quello della ragazza e le sfiorò il bordo del labbro con la lingua, pulendola da un residuo di gelato. Julie rimase interdetta per un secondo, mentre qualcosa dentro di lei cominciava a battere – non voglio partire, perché ci sono delle persone importanti qui –

- Amici? – lo provocò la ragazza.

- Anche –

- Harry? – entrambi risero, il giovane per la prima volta le sfiorò il viso in una carezza.

Assolutamente – 

Julie sapeva di crema e gianduia mentre rideva, Louis le si avvicinò quasi per riflesso incondizionato – e basta? -

E poi successe, e le labbra dei due si scontrarono. Dolci, timide. Julie sorrise per un istante, socchiudendo la bocca e permettendo alla sua lingua di incontrare quella del ragazzo. Il gelato giaceva abbandonato accanto a loro, ma non ci fecero più caso: le mani del giovane sfioravano quasi con reverenza le guance della ragazza, che quasi per un bisogno fisico gli si faceva più vicino. E poi, come tutto era iniziato, tutto finì.

- Pronto? – il tono di Louis era abbastanza scocciato mentre rispondeva al telefono che aveva cominciato a squillare – si, va bene. No… ci sarò, per forza. Si, la ringrazio…. Grazie, a dopo –

La ragazza si schiarì la voce in imbarazzo, notando che mentre parlava Louis continuava ad accarezzarle la guancia – è successo qualcosa? – chiese con discrezione.

- Nulla di eclatante, ma devo essere in aereoporto tra due ore –

- Oh, è un peccato – 

Il cantante sorrise maliziosamente – due ore sono un sacco di tempo – e tornò ad accarezzare le sue labbra con le proprie.


 

***    ***    ***


 

Alcune piccole precisazioni:

- Quando ho cominciato a scrivere questa storia conoscevo (gl)i One Direction da tre giorni e nemmeno, di conseguenza in questa storia i personaggi hanno esclusivamente il corpo dei componenti della band, perché poi ognuno è tratteggiato in maniera totalmente diversa dalla realtà (Louis che cucina, fuma e ha un tatuaggio, Liam francese… tanto per dirne qualcuna). Probabilmente cambierò gli avvisi.

- Sono contentissima che la storia vi piaccia e che lo scorso capitolo abbia raggiunto le 16 (16!!) recensioni, ma purtroppo devo dare un avviso: non ho intenzione di abbandonare la storia, ma fino all’estate verrà aggiornata molto molto lentamente.

- Grazie come sempre a Chiara (ormai non mi spreco più nemmeno a ribattere ai tuoi commenti… ma chi vogliamo prendere in giro, ti ho inviato la mail in verde. Ho il coupon al sicuro, stamattina eri in visita dal dottor S.? Sei stata offline tutta la mattina, fagli i complimenti e digli che pure Sting è orgoglioso di lui :D)

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Capitolo 12
*** So beautiful ***


 

So beautiful

 

 

 

I am the funniest woman that you've ever known 

 I am the dullest woman that you've ever known 

I am the most gorgeous woman that you've ever known 
And you've never met anyone as everything as I am sometimes.

Everything, Alanis Morrisette


Selene aveva passato le precedenti sei ore cercando di capire come mai Spinoza non avesse saggiamente deciso di gettarsi a mare, invece di dare fastidio a lei e a tutti gli studenti che avrebbero dovuto dare a breve l'esame. Solo alle undici di sera passate, dopo diversi sms intimidatori di Liam e qualche occhiata arrabbiata della bibliotecaria, si era decisa a tornare a casa usando l'ultima corsa della metropolitana, fatta in silenzio e nella quasi totale solitudine. Mentre la giovane apriva il portoncino dell'appartamento che divideva col suo migliore amico non riusciva a pensare a nulla di diverso da una doccia, dal pigiama posato sul termosifone per farlo diventare caldo e da un buon libro, accompagnato da Ed Sheeran, giusto per creare l'atmosfera. Non fu per niente felice, quindi, nel momento in cui varcò la soglia del salotto e trovò il migliore amico in compagnia di Zayn che scherzavano consumando una cena d'arrangio sul divano durantet tutta quella che sembrava una avvincente partita alla play station.

 - Ciao – si arrischiò a dire la ragazza sganciando con le dita fredde i bottoni del cappotto, che poi fece scivolare con noncuranza sul bordo del divano. I due lì seduti fecero appena segno di averla notata, preferendo invece commentare a voce grossa l'ultimo passaggio che Liam aveva fatto. Selene scosse la testa e si avviò in cucina, dove si poggiò contro il piano cottura e si permise di respirare normalmente. Lui era lì. Lui era lì, lui era lì. E lei si stava comportando come una ragazzina in preda agli ormoni. In fondo si erano intravisti quel pomeriggio durante il cambio di turno, e lui – ovviamente – non l'aveva degnata di uno sguardo. Non che Selene se lo aspettasse, questo era ovvio. Andiamo... voleva davvero cercare di capire il cervello distorto di quel ragazzo? Probabilmente il bizzarro taglio di capelli non gli permetteva di prendere aria a dovere; o più semplicemente era così imbecille che non ci pensava proprio, quando apriva la bocca. La giovane sorrise, accorgendosi che in realtà insultare mentalmente Zayn riusciva a scaricarle i nervi e a tenerla tranquilla: si ripromise di farlo ogni volta che si fosse trovata in difficoltà per i suoi occhi, per la sua voce o per la sua presenza, che continuava a metterla a disagio. Perchè, poi, la guardava in quel modo? Erano sconosciuti, si disse la ragazza con convinzione, e lui era pazzo. Sicuramente.

E lei stava peggio, se rimaneva lì nella cucina a non far altro che respirare profondamente e insultarlo. Pazza, stava diventando pazza anche lei.

 - Sel? - Liam si sporse in quel momento attraverso la porta della cucina; Selene aprì la dispensa fingendo di star cercando qualcosa per cena. Come avrebbe potuto giustificare i suoi strani pensieri a Liam?

 - Dimmi -

Il giovane le sorrise aprendo il forno, dove era conservata una porzione di carne con le patate – ti abbiamo lasciato questo, non c'è bisogno che cerchi altro per cena -

 - Ti voglio bene, Liam, ma non credo che quello che cucini sia esattamente... commestibile – la giovane represse una risata e si avvicinò a lui, per prendere la teglia che il suo amico aveva tra le mani.

 - Divertente, Sel, davvero divertente – fu il commento del francese, arrotondando deliziosamente tutte le sue “r” - ma non ho cucinato io, l'ha fatto Zayn -

Selene si sedette al tavolo fingendo indifferenza al nome del ragazzo che continuava a giocare nell'altra stanza, - bene – si costrinse a dire, accettando le posate che il suo amico le stava porgendo – buon appetito, allora – concluse, assaggiando poi un boccone. Buono, decisamente buono.

Liam rimase per qualche secondo nella cucina, poi si passò una mano tra i capelli, in imbarazzo. Dondolava sui talloni poggiato con le mani allo schienale della sedia. Selene continuò a mangiare, ignorandolo bellamente: Liam era un tipo abbastanza logorroico, se c'era qualcosa che doveva dirle – perchè c'era qualcosa, a meno che non stesse avendo una crisi epilettica – lo avrebbe fatto senza troppi incitamenti; la giovane si alzò in tranquillità per prendere l'acqua dal frigorifero, due bicchieri e un pezzetto di cioccolato fondente. Come volevasi dimostrare, Liam non riuscì a stare buono troppo a lungo – so che non ti ho chiesto il parere nemmeno questa volta – attaccò quindi a parlare, con un sorriso imbarazzato. Selene gli rivolse l'attenzione masticando un pezzo di cioccolato, - ma tu dici sempre che l'amicizia è la cosa più importante e che bisogna aiutare sempre le persone in difficoltà e che... be', devo dirti una cosa. Ricorda, però, prima di avere una qualsiasi reazione, che ho un rene solo e che devi avere pietà di me -

 - Liam sono stanca e non ho il tempo di andarmene dietro a queste idiozie. Ti decidi a dirmi che hai fatto? - la pazienza di Selene era ovviamente arrivata allo stremo, ma nonostante tutto si sforzava di tenere il tono di voce calmo. Liam ci pensò su, come se stesse scegliendo le parole da usare, poi – c'è tipo questo coinquilino pazzo di Zayn, no? Ecco, lui era parecchio fumato, ma proprio tanto e... be', stava fuso e si sa che quando si sta fusi si fanno delle stupidate. E... be', voleva fare la doccia ma stava proprio fuso, no? E l'acqua intanto scorreva... e scorreva - il discorso del biondo non aveva assolutamente senso e Selene si sentì in dovere – per la sanità mentale di entrambi – di aiutarlo a fare chiarezza.

C'era un tizio che voleva fare la doccia. E ha aperto l'acqua che misteriosamente ha cominciato a scorrere – c'era una vena sarcastica che non si addiceva per niente al solito carattere della ragazza; in realtà stava soltanto cercando di trattenere le risate, ma se Liam lo avesse solo sospettato le avrebbe tenuto il muso per anni.

 - Esatto! -

 - E intanto l'acqua scorreva... - ormai la ragazza non riusciva più a trattenersi, e nascose la bocca con un tovagliolo che ridere del suo migliore amico.

 - E ha allagato tutto l'appartamento. E stamattina Zayn si è trovato zuppo, con la casa inagibile e senza un posto dove stare -

A quelle parole Selene voltò la testa di scatto verso il suo amico: improvvisamente i suoi tentennamenti e tutti i discorsi senza senso di Liam non erano più così divertenti.

 - Tu non lo hai invitato a stare qui. Non lo hai fatto perchè sai che la sua compagnia non mi piace. E comunque mi chiederesti prima cosa ne penso – il suo tono, che non si era minimamente alterato, riusciva ad essere perentorio, mantenendo persino un mezzo sorriso sulle labbra. Liam rimase in silenzio, colto nel sacco, e improvvisamente le si sedette accanto prendendole le mani: - oh, andiamo! È solo per un paio di giorni! Comunque non stai mai a casa tra lavoro e Università e poi... -

Selene scosse vigorosamente il capo, senza nemmeno pensarci – scordatelo direttamente, caro mio, sia pure che hai ragione. Non hai chiesto il mio parere come se qui io fossi solo un'ospite e non la tua coinquilina: sono una ragazza, ho bisogno dei miei spazi e della mia tranquillità e sicuramente non ho voglia di trovarmi tra i piedi un tipo maleducato e che nemmeno conosco. E il discorso è chiuso qui, per quello che mi riguarda -. Senza dare il tempo al suo amico nemmeno di controbattere la giovane si alzò e mise il piatto che aveva utilizzato per la cena nel lavandino. Poi, senza guardarlo neanche, uscì a grandi falcate dalla cucina, spintonando senza preavviso un alquanto confuso Zayn che se ne stava appoggiato allo stipite della porta. Liam si voltò a guardarlo e si strinse nelle spalle mormorando un “avrà il ciclo”, come se quella fosse l'unica spiegazione possibile.

 - E non ho il ciclo! - l'urlo della giovane, che ormai conosceva Liam meglio di se stessa, fece scoppiare a ridere l'ospite; scuotendo la testa tornò in salotto a prendere il borsone con le sue cose e - Grazie comunque, davvero – cominciò ad accomiatarsi, dirigendosi alla porta. Senza nemmeno pensarci Liam scosse la testa e gli fece segno di tornare in salotto.

 - Non dirlo nemmeno per scherzo. Selene sta vivendo un periodo un po' difficile e quindi è... schizzata. Puoi rimanere quanto vuoi, le passerà -

Zayn scosse la testa – scherzi? Quella se mi rivede mi stacca la testa a morsi... cosa le avrò fatto, poi? - ma intanto si era riaccomodato sul divano, accettando il joistick che l'altro gli porgeva.

 - Donne – sospirò sconsolatamente Liam, scuotendo la testa in maniera alquanto melodrammatica – chi le capisce è bravo. Chi non le capisce è chiaramente fottuto 

 

 

***    ***    ***

 

I put it all away
Holding it down for a rainy day
But wouldn’t that day will come
I need loveNothing's real but love, Rebecca Ferguson


  • Quando Julie entrò in casa, con un sorriso a cento e un dente, trovò Olivia seduta a gambe incrociate sul pavimento del salotto che si rigirava un pezzetto di carta tra le mani, quasi a volerlo incenerire. 

    -Ciao, tesoro -

    Olivia rispose con un mugugno per niente convinto, continuando a guardare il foglietto di carta. La ragazza invece diede una carezza alla gatta che faceva le fusa contro la sua gamba e si avviò verso la cucina, dove mise su l'acqua per una tisana.

    - Non vuoi sapere dove sono stata fin'ora? -

    A quelle parole seguì un assenso distratto, la bionda non aveva nemmeno alzato lo sguardo. Ovviamente nemmeno allora Julie si lasciò scoraggiare: era troppo contenta, quella sera.

    - Allora non ti dirò che Louis mi ha baciata -

    E finalmente Olivia si riprese: - Cosa? Stai scherzando? Davvero? Oh mio Dio, lo dicevo io! -

    Julie scoppiò a ridere accogliendo l'abbraccio della sua amica, che rideva; - ora devi dirmi quando, come, dove, perchè e come è stato prima, durante e dopo e poi... -

    - Ok frena frena frena, ragazza! - Julie rise e tornò in cucina a prendere il bollitore, scelse le tisane e le tazze (il tutto seguita dalla sua amica in versione detective) e tornò in salotto – te lo racconterò, ma prima tocca a te -

    E come sempre, Olivia si chiuse a riccio – non c'è niente da dire -

    -Mh mh... Cos'è quel bigliettino che ti porti dietro dal ristorante? -

    - Nulla -

    Julie non si scompose: - chi te lo ha dato? -

    - Nessuno -

    - Olivia... -

    La bionda si strinse nelle spalle, togliendo la bustina della tisana dall'infusione – Cosa? -

    - Lo sai che puoi dirmelo -

    - Cosa? - ripeté la bionda, come una finta tonta. Julie sbuffò.

    - Qualsiasi cosa - invece nessuno parlò, dopo quella frase. Come avrebbe mai potuto fare, Olivia, a parlare di quello con la sua amica? E di suo fratello e di tutto quello che stava provando? - comunque... credo che tu debba fare quello che ti senti. Dicevo sul serio, prima al ristorante: se fare questa cosa ti aiuta a toglierti dalla testa quell'idiota di mio fratello, be'... falla. Non dico che sia una cosa etica o tutte quelle cavolate, ma... hai diciannove anni, puoi permettertelo e hai l'occasione di ricominciare con la tua vita. E se questo è l'unico modo... -

    Olivia non rispose, preferendo continuare a sorseggiare la su tisana.

    - Voglio solo... Sono ancora innamorata di lui, capisci? -

    L'altra le toccò amorevolmente il braccio, con un sorriso – lo so, lo so. È solo di te che si tratta, adesso. Pensaci, ok? -

    Julie si alzò dal divano e prese le tazze ormai vuote, ritirandosi nella sua stanza e lasciando Olivia lì, che prese la sua decisione.

     


    ***    ***    ***

     

     

    Se c'era una cosa che Harry non riusciva proprio a sopportare era il momento in cui, dopo essersi rigirato per ore nel letto, realizzava che non sarebbe riuscito ad addormentarsi. In realtà questo capita quasi tutte le notti, anche se il ragazzo ancora non riusciva a spiegarsi il perchè: andiamo, quanti giovani della sua età avevano questo tipo di problemi? Harry non lo sapeva con precisione, ma sbuffo e si alzò dal letto bollente quando capì che non era importante saperlo, e comunque questo non sarebbe riuscito a farlo addormentato. In silenzio si avviò verso la cucina buia lasciata in perfetto ordine e si concesse un bicchiere d'acqua fresca. Non gli piaceva per niente l'idea di dover perdere ore così preziose, ma soprattutto non gli piaceva l'idea di rimanere da solo: semplicemente, aveva bisogno di qualcuno, in quel momento, che potesse tenergli compagnia e aiutarlo a cacciare l'insonnia. A tentoni cercò il cellulare in carica accanto al forno a microonde e lo accese, rimanendo abbagliato un attimo dalla luce dello schermo. Il numero che cercava era nelle ultime chiamate, il ragazzo sfiorò il nome senza pensarci due volte e raggiunse il divano del salotto, dove si stese comodamente.

    La persona dall'altra parte rispose al quinto squillo, con voce assonnata e anche parecchio arrabbiata – ci sono le bustine di camomilla nella dispensa, le compresse per l'ansia nel tuo beauty case e una corda per impiccarti nel ripostiglio. Buonanotte, Harry – Louis chiuse il telefono mentre il più piccolo, per niente scosso dalla sua reazione, soffocava un sorriso e lo chiamava nuovamente.

    - E dai, lo sai che mi annoio quando non riesco a dormire – Harry prese a parlare nel momento in cui sentì che la conversazione si era aperta, conscio di avere l'ottanta percento delle possibilità di essere mandato al diavolo nei successivi sette secondi. Non una bella statistica, si ritrovò a considerare.

    - Ammazzati -

    - Sempre così tenero, Boo – Louis odiava quel soprannome, ricordo di una infanzia che ormai non gli apparteneva più, ma gli piaceva quando a chiamarlo così era Harry. Nonostante tutto sbuffò contrariato, e controllò la sveglia.

    - Sono le due del mattino, diamine! - si ritrovò quasi ad urlare Louis, zittito da qualcuno in stanza con lui. Harry ridacchiò e prese un sorso d'acqua che si era oculatamente portato dietro, - davvero? Bene, allora ho solo altre – si interruppe un attimo come a voler fare un calcolo mentale – quattro ore prima che la sveglia suoni e io possa fingere di non aver passato la notte in bianco al telefono con te -

    Louis sbuffò nuovamente, reprimendo poi a fatica uno sbadiglio – che succede, Harry? - in realtà questa strana difficoltà del suo amico stava cominciando a preoccuparlo. E poi aveva bisogno di dormire, lui.

    - Avevo bisogno di sentire la tua voce? -provò il più piccolo.

    - Ritenta -

    Harry represse un sorriso – non lo so – ammise poi, chiudendo gli occhi e massaggiandoli con la mano libera, in lenti movimenti circolari – semplicemente è come se... quando chiudo gli occhi ho paura -

    - Di cosa? - Louis, perso ufficialmente il sonno, si alzò silenzioso dal letto e indossò il cappotto per uscire poi nella gelida aria di Dublino.

    - Non lo so – il tono dell'altro era frustrato – ma non parliamo di questo, che non è interessante – il problema di Harry, e ormai di questo il suo migliore amico si era rassegnato, era la sua totale incapacità nel comunicare quello che sentiva: mai qualche particolare che potesse farlo apparire debole, mai qualcosa che potesse essergli rivolto contro. E il fatto che non riuscisse a sfogarsi nemmeno con quello che riteneva essere suo fratello faceva capire quanto chiaramente fosse fragile. Louis si concesse un nuovo sbuffo mentre, cellulare incastrato tra orecchio e spalla, si accendeva senza non poche difficoltà una sigaretta. La prima boccata gli sembrò fastidiosa e pungente, la seconda quasi piacevole.

    - Immagino di no – si arrese alla fine, come faceva sempre. La terza boccata, deliziosa e rilassante, arrivò insieme a una folata di vento che portava i rumori di qualche festaiolo dell'ultima ora, - che hai fatto, oggi?

    - Studiato, mangiato, fumato. Non precisamente in quest'ordine – la risposta di Harry arrivò tranquilla, come se il solo suono della voce del suo amico bastasse a distrarlo dal buio che tanto lo terrorizzava. Forse era di quello che aveva paura, si ritrovò un attimo a riflettere, del buio e dei dubbi che portava.

    - L'ideale di giornata perfetta, in pratica -

    - Se così vogliamo dire... com'è Dublino? - Harry si mise più comodo sul divano, rimpiangendo per un secondo di non aver portato con sé una coperta.

    - Piena di pazze scatenate, fredda, troppo distante da Londra -

    Il più piccolo ridacchiò – non sembra un bel posto 

    - Dipende dai punti di vista, immagino -

    - Probabile. E anche dalla compagnia, immagino – a quelle parole seguì il silenzio, rotto dai rumori della città in movimento sotto Louis e dal respiro regolare di Harry.

    - L'ho baciata – sparò dopo un po' il maggiore.

    - Chi? -

    - Quella ragazza di cui ti avevo parlato... Julie -

    - Quella pazza? - chiese a mo' di conferma Harry; Louis rispose con una risata e si strinse di più nel cappotto.

    - Immagino di si -

    Harry rimase in silenzio per un po', poi tonò a parlare: - è per lei che vuoi tornare a Londra? -

    - Anche – ammise il cantante.

    - Sarà dura – riprese dopo un po' Harry – dico... quando vi lascerete per i tuoi troppi impegni e per l'esaurimento della sua scorta di pazienza – le sue parole rimasero per un po' nell'aria, poi a sorpresa il più grande scoppiò a ridere.

    - Non capiterà mai, Harry – gli assicurò aspirando l'ultima boccata, quella più vicina al filtro – e poi siamo ancor all'inizio di questa cosa e per la verità non ci siamo nemmeno sentiti da quando sono partito quindi... e poi certo che porti una fortuna, tu... -

    I due soppesarono l'ultima parte della conversazione per un po', cullati dal silenzio e dalla calma che poteva venire solo dalla consapevolezza di essere protetti, al sicuro nella loro piccola bolla.

    - Chiamala tu, allora -

    Louis ridacchiò – stai sparando troppe idiozie stanotte -

    - E perchè? Andiamo cosa potreb... - ma le parole di Harry furono interrotte dal suono del campanello. Breve e timido, tanto che in un primo momento il ragazzo credette di esserselo solo immaginato. Poi il campanello suonò ancora.

    - Harry? -

    - Scusa, Boo, suonano alla porta – il giovane si alzò dal divano e concluse la conversazione, soffocando il sarcastico “come no, alle tre meno un quarto del mattino” del suo migliore amico. Mentre si avvicinava all'ingresso decise che gli avrebbe mandato un sms prima di andare a dormire, consapevole che comunque non gli avrebbe tenuto il muso per la bruca interruzione. Non troppo, almeno.

    Ed Olivia, la punta del naso rossa per il freddo e le mani infilate nel cappotto, si presentò ai suoi occhi come l'essere più bello e strano dell'universo. I capelli erano sciolti e le incorniciavano il volto rotondo, sfiorando appena le guance arrossate; gli occhi grandi e senza trucco, appena lucidi: lo sguardo era deciso. Poi, prima che il giovane potesse dire una qualsiasi parola, fu lei a spezzare il silenzio: - Ci ho pensato –

    Harry rimase immobile contro lo stipite del portone dell'appartamento, - e..? -; ma a quella domanda non seguì alcuna risposta diversa dal tocco timido delle labbra della ragazza, che chiusero le sue in un gemito represso. Nessuno dei due poteva minimamente immaginare quanto quel tocco, prima leggere e cauto, ma poi sempre più umido e profondo, fosse mancato all'altro: le lingue si cercavano,denti contro denti, labbra gonfie e rosse, respiri irregolari. Harry chiuse la porta con un calcio distratto, troppo impegnato a lambire la curva del collo della ragazza. Quella sospirò passandogli una mano tra i ricci; - vuoi saperlo? -

    - No. Vuoi dirmelo? - quelle parole erano affannate, come se poi alla fine a nessuno di loro interessasse davvero il perchè lei fosse lì. Non importava nulla, a dir la verità. Nulla che non fossero le mani di Harry che spogliavano la ragazza del cappotto, che la facevano tremare con una carezza sulla schiena, lenta e languida. Non c'era più bisogno di parole, probabilmente tra di loro nemmeno servivano. Qual'era il modo migliore di comunicare se non lo sguardo complice che Olivia gli stava rivolgendo, togliendoli la vecchia t-shirt dell'Hard Rock Cafè, quale migliore argomentazione delle sue labbra che erano scese ad accarezzare il petto glabro, fino ad arrivare appena sopra l'ombelico. E quale risposta più sagace del gemito di Harry, nel momento in cui le labbra della bionda sfiorarono la sua intimità, ancora coperta dal pantalone della tuta? E poi ancora un gemito, e un altro e un altro ancora; e la camera da letto troppo distante da raggiungere, le unghie di Olivia sul ventre di Harry, che sospirò ancora posandole una mano sulla testa.

    - Aspetta, aspetta – un sussurro inascoltato, e poi Olivia che percorse a ritroso il torace del ragazzo alternando morsi e carezze, con la lingua e con il naso e con la punta delle dita. E il collo di Harry, teso e bianco. E il suo sorriso, malandrino mentre nascondeva il volto nell'incavo del collo di lei. E poi – vieni con me – le mormorò soltanto prendendola per un polso per guidarla fino alla sua camera, che aveva ancora le lenzuola calde e spiegazzate.

    Infine solo sospiri, e Harry che le sganciò la fibbia della cintura e il fruscio dei jeans che scivolavano dalle gambe. E il rumore del cassetto del comodino che veniva aperto in fretta, lo schiocco della lingua della ragazza contro la spalla di Harry; e la risata di Olivia mentre lo distraeva dal mettere il preservativo e il bacio dispettosi del giovane, sulla punta del naso.

    Ancora sospiri, dopo. E sorrisi, e gemiti e occhiate. Forse avrebbero anche parlato; ma in quel momento nulla contava più della piccola bolla che si erano creati.

     

    ***    ***    ***

     

     Listen, to the sound from deep within 
    It's only beginning 
    To find release 

    Listen, Beyonce


    C'era quel momento strano dove non era più notte e non era nemmeno giorno, e faceva freddo ma nemmeno poi così tanto; e tutto intorno si fermava a contemplare il cielo che non era ancora azzurro ma nemmeno scuro come la pece, e quel colore che era tra il viola e il bianco e il blu faceva sentire tutti al sicuro.

    Olivia fu la prima a svegliarsi, rendendosi conto solo guardando la sveglia di quanto fosse presto. O tardi, che dir si voglia. In silenzio si stiracchiò e una mano corse a tirarsi indietro un ciuffo che le solleticava la fronte, posando nel frattempo lo sguardo su Harry, che dormiva indisturbato supino, un braccio che abbracciava mollemente la vita della ragazza, ancora nuda. Olivia lo contemplò per un po': i capelli scuri che gli arrivavano quasi al collo, ricci e disordinati; il profilo della guancia, la pelle bianca, i lineamenti rilassati. La giovane tracciò una carezza lungo la spina dorsale del ragazzo, che grugnì in apprezzamento tanto da farla sorridere. Sembrava tutto così semplice, eppure lei non riusciva a non immaginare un'altra persona, al posto di Harry. Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere dei capelli biondi, una collanina con un crocifisso, i muscoli delle spalle che si contraevano in moto, quando impennava per farla spaventare così che le si avvicinasse di più. Come se ce ne fosse bisogno, poi. Semplicemente, ogni ragazzo aveva il volto di Niall Horan, e ogni ragazzo non sarebbe mai comunque riuscito ad arrivargli. E lei aveva rovinato tutto quasi un anno prima, ed era così codarda da avere paura di fare qualcosa per cambiare quella situazione. Cosa, poi? Quanto sarebbe stato facile abbassarsi sul viso di Harry, baciarlo e svegliarlo; cominciare un nuovo capitolo con lui. Quanto sarebbe stato facile dimenticare il suo orgoglio, raccattare la sua roba e chiamare quel numero per sentire la sua voce. Quanto gli mancava quella voce? E quella risata? Nemmeno riusciva a spiegarsi il perchè fosse stata così stupida. Gli mancava, ecco tutto. E non poteva fare più nulla per riaverlo.

    - Ehi – Harry le sorrise con gli occhi socchiusi, senza accennare a togliere la mano dalla sua vita. Olivia si limitò a sorridergli, poi chiuse gli occhi quando si accorse di non riuscire a sopportare quello sguardo – guardami – era la seconda volta che glielo diceva, come se il contatto visivo per lui fosse tutto. Olivia riaprì gli occhi, controvoglia.

    - Non dovrei essere qui -

    - Avresti dovuto pensarci un po' prima, non credi? - il tono di Harry non voleva essere cattivo, solo realista. Non poteva sicuramente immaginare quanto fosse stato difficile, per lei, decidere di andare a casa del ragazzo, quella sera. Olivia non rispose, allora Harry sbuffò e si alzò dal letto, alla ricerca di un paio di boxer. La giovane rabbrividì per un secondo, poi si strinse nel piumone stringendosi le gambe al petto.

    - Non serve essere così duro -

    Il ragazzo la fulminò con lo sguardo – io non ti capisco, Olivia! Prima vieni a letto con me e poi ti fai le paranoie... davvero, sei impossibile -

    Olivia decise saggiamente di rimanere in silenzio, fino a quando il ragazzo non decise di sua spontanea volontà di tornare sul letto, - scusa – mormorò soltanto, capendo forse di aver esagerato.

    - E' solo che... - le parole non volevano uscire. Certo, raccontare a quello che era un perfetto sconosciuto tutta la storia non era certo nei suoi sogni più frequenti, eppure la ragazza non poteva fare a meno di fidarsi di lui. L'unica conclusione cui era riuscita ad arrivare era che gli occhi di Harry erano buoni: il sorriso era sempre malandrino, come quello di un bambino che aveva commesso una marachella sicuro che la mamma non se ne sarebbe mai accorta; era bello, decisamente bello e cosciente di esserlo... eppure gli occhi erano buoni, gli occhi di qualcuno di cui ci si poteva fidare. Ecco perchè, ancora nuda nel lettone, guardò Harry negli occhi e cominciò a raccontare.

     

    ***    ***    ***

     

    E' una vita e mezza che non aggiorno e quindi ho un po' di cose da dire, quindi... puntiamo!

    ♥ Dio mio, prima ho aperto la pagina delle recensioni dell'ultimo capitolo e... 21? Wow, sono senza parole davvero, grazie mille a tutte quante!;

    ♥ Scrivere questo capitolo è stato un trauma: vi basti sapere che di tutto doveva parlare tranne di quello di cui parla (non so se quello che ho appena scritto sia corretto grammaticalmente ma ormai l'ho scritto quindi amen);

    ♥ Puntare le cose mi piace da matti, si sappia che è diventato il mio nuovo hobby;

    ♥ Il capitolo in questo preciso istante non è betato, e io sono famosa per i tremila e centouno errori che faccio tutte le volte che scrivo, quindi abbiate pazienza e aspettate che Chiara finisca di studiare/leggere The Hunger Games e apra la mail col campo oggetto strano;

    ♥ Il prossimo capitolo arriverà prestissimo, anche perchè mi rendo conto di quanto sia "inconcludente" questo, ma poi non lo so... ora io e Donatella siamo fomentatissime per THG e abbiamo intenzione di invadere quel fandom a breve #ScappateSePotete;

    ♥ Se poi proprio non riuscite ad attendere, perchè non passate dalle altre long/shot che ho pubblicato giusto per intasare il fandom? :D.


    Alla prossima!

     

     

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Capitolo 13
*** Play the game ***


    Play the game


    Tell me if I'm wrong
    Tell me if I'm right
    Tell me if you need a loving hand
    To help you fall asleep tonight

    Cold coffee, Ed Sheeran


    Olivia aveva sedici anni e non era mai stata a Dublino. Il fatto, poi, che quel giorno piovesse e che avesse perso suo padre nella folla non aiutava affatto. E non era contenta, per niente. Non che fossero molte le cose che la rendevano felice davvero negli ultimi tempi, considerato l'elevato numero di ormoni adolescenziali, il ragazzo di Londra che l'aveva mollata come nulla fosse alla notizia del suo trasferimento e la certezza di aver per sempre rovinato la sua vita. E Dublino le sembrava così grigia e rossa, come quelle stampe che che vendevano al Duty Free e che in realtà l'avevano sempre un po' schifata. Suo padre, poi, l'aveva mollata nell'aereoporto non appena avevano varcato la zona di irreperibilità dei cellulari. Sempre la solita storia. 

    La giovane scosse la testa e si sedette all'uscita, confidando nel fatto che prima o poi l'uomo  si sarebbe accorto di averla persa e sarebbe tornato indietro a riprenderla. Olivia amava suo padre, sempre così dolce e distratto e pieno di cose da fare, ma con lo sguardo più sincero del mondo e un profumo che sapeva di caldo, di casa e di famiglia; ciò non toglieva che fosse anche la persona più distratta, sopra le nuvole e sbadata che avesse mai incontrato, sempre dietro alla Canon che ormai aveva completamente sostituito sua madre, andata di casa anni prima. Olivia amava suo padre anche per quello, in realtà, e sperava solo di poter diventare un giorno come lui.

    - Mi dispiace – James Webb, quarantacinque anni portati bene e sguardo totalmente imbarazzato, si palesarono a sua figlia.

    La giovane scosse la testa e si alzò dal muretto sul quale lo stava aspettando, - meno male che sei mio padre – furono le sue uniche parole. L'uomo sorrise e le passò un braccio sulle spalle, mentre le lasciava un bacio tra i capelli biondi legati come sempre in una treccia.

    - Meno male... Oh, ti piacerà, Dublino, vedrai – aggiunse poi, cercando di mostrarsi contento e nascondendo in questo modo tutta la sua preoccupazione. Olivia non si fece trarre in inganno, però, conoscendo le rughe di preoccupazione  che gli si formarono intorno agli occhi.

    Tuttavia sorrise e annuì – vedremo -


  • *** *** ***


    Quando alle sei e trenta del mattino la sveglia suonò, Selene si rese conto che avrebbe dovuto sul serio dare retta a chiunque le avesse sconsigliato, anni prima, di trasferirsi a Londra per studiare. Certo non era la cosa più divertente del mondo doversi svegliare ore prima solo per poter prendere al volo la metropolitana e raggiungere la facoltà; abbastanza scomodo risultava, poi, il fatto che comunque alla fine sarebbe rimasta in piedi, con la sola conseguenza di doversi scusare ogni due per tre con le persone che travolgeva mentre cercava di ripetere qualcosa durante il tragitto. La cosa che però la colpì davvero, quella mattina, fu il forte odore di caffè che si propagava per la casa. Liam, che studiava Lingue, non aveva l'obbligo di frequenza e mai si sarebbe sognato di svegliarsi a quell'ora solo per prepararle la colazione; la giovane si tirò su passandosi una mano tra i capelli aggrovigliati e ormai senza speranza. A passo malfermo raggiunse la cucina, e lì rimase di sasso: Zayn, pantaloni grigi della tuta, t -shirt bianca aderente e capelli sparati in ogni dove, stava mettendo un pacco di fette biscottate sul tavolo, già apparecchiato per la prima colazione. Il cuore di Selene si fermò per un istante, non riuscendo a capacitarsi di quanto fosse assurdo quel momento: c'era un ragazzo bellissimo quanto indesiderato a piede libero nella sua zona giorno, che si era grattato il mento ispido e si era appena accorto della sua presenza. Liam a quanto pare non aveva ben afferrato l'alquanto esplicito concetto del “io qui l'amico tuo non ce lo voglio”.

    – Buongiorno, caffè? - il ragazzo le sorrise e fece segno di riempirle una tazza; Selene scosse il capo in segno di diniego e raggiunse la dispensa, dove prese le bustine per il tè e la teiera.

  • – Non mi piace il caffè – furono le sue prime parole, ancora un po' impastate di sonno e molto imbarazzate. Era quello che odiava, principalmente: sentirsi sempre in imbarazzo e in soggezione, come se gli occhi scuri del suo collega la tenessero costantemente sotto esame. E lei odiava essere sempre sotto esame, tanto più che poi l'ansia le faceva duplicare le figuracce. Zayn si limitò ad annuire e si versò quella che aveva l'aria di essere almeno la terza tazza della mattinata, poi prese posto accanto a lei e cominciò ad imburrare una fetta biscottata – credevo fossi andato via – continuò Selene.

    – Liam mi ha detto che non facevi sul serio – rispose il giovane prendendo poi la marmellata di albicocche – ha tirato in ballo la sindrome premestruale e... -

    Le gote della ragazza si arrossarono improvvisamente mentre cercava di reprimere una parolaccia, non certamente consona al suo carattere, mentre Zayn scoppiava a ridere.

    Idioti... - si limitò allora a sibilare mentre versava l'acqua bollente in una tazza e metteva il tè in infusione.

    – Mi dispiace, davvero... immagino che questi periodi per voi ragazze siamo piuttosto traumatici... - si stava bellamente prendendo gioco di lei, come se nulla fosse accaduto. Che poi, cosa era accaduto veramente oltre ai diecimila sbalzi d'umore del giovane che in quel momento rideva e le passava la fetta biscottata pronta? Selene scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, accettando comunque il dolce.

    Zayn si allungò per prendere una seconda fetta per sé, - vai in Facoltà? -

    - Sì -

    – Se vuoi posso darti un passaggio - Selene rimase in silenzio a sorseggiare il suo tè, ponderando la sua richiesta. Era sicuro che l'ultima volta non fosse stata esattamente archiviata come un bel ricordo, ma alla fine non era male approfittare di quei momenti in cui sembrava quasi un ragazzo normale – così mi faccio perdonare dell'improvvisata qui a casa tua – mentre parlava le offrì un'altra fetta biscottata, che la giovane accettò sovrappensiero.

    – Va bene, grazie. Devo fare la doccia, allora – Selene si alzò e bevve l'ultimo sorso di tè, poi poggiò velocemente la tazza nel lavello e si affrettò ad andare a prepararsi con ancora la fetta biscottata in mano. Prese in fretta un paio di jeans, una t – shirt e un cardigan grigio, un paio di stivaletti, intimo e beauty, per poi fiondarsi in bagno per quella che divenne la doccia più veloce della storia. Un filo di trucco, sciarpone e cappellino e fu pronta.  Zayn nel frattempo aveva aggiunto una felpa e le scarpe, la giacca di pelle e aveva cercato di dare un senso ai capelli, e ora la aspettava giocando pigramente con il tablet che Liam aveva lasciato in cucina.

    – Sono pronta – annunciò la ragazza per farsi notare; Zayn alzò lo sguardo dal gioco con cui si stava rilassando e annuì, per poi prendere le chiavi dell'auto poggiate sull'angolo colazione. In auto Selene cominciò a sentirsi davvero a disagio, forse per i brutti ricordi legati a quel luogo,forse perchè Zayn teneva le mani strette al volante fino a farsi sbiancare le nocche, o più probabilmente perché entrambi si erano resi conto di quanto fosse sbagliata quella situazione. Assurda e sbagliata, sicuramente.

    – Dove ti lascio? - chiese il giovane, nonostante sapesse che l'appartamento era abbastanza distante dalla zona universitaria.

    Selene si portò distrattamente un ginocchio al petto, scomoda per l'angusto abitacolo; - in biblioteca andrà benissimo – si limitò poi a rispondere. Voleva dire qualcosa per spezzare il silenzio. Qualcosa di spiritoso o sagace, anche se si rese conto che non serviva essere troppo schizzinosi: un qualsiasi argomento saarebbe andato bene.

    Perchè sei così complicato? Perchè non mi lasci in pace? Perchè sono contenta che non mi lasci in pace? - perchè hai la tuta? Non lavori, stamattina? -

    – Attacco alle dodici fino alle otto di stasera, prima mi sarebbe piaciuto andare in palestra -

    Bene, ora serviva assolutamente una battute sacastica-ironica-sagace, realizzò la ragazza; - oh! È importante... andare in palestra – Zayn si voltò a guardarla, trafiggendola con i suoi occhi scrutatori. Selene si sentì ancora più in imbarazzo – per la... sai, la forma fisica... ci si risparmia un sacco di infarti... - eppure l'unico infarto lo stava avendo lei, in quel momento, con le guance in fiamme per la colossale figuraccia e per le labbra del ragazzo che guidava, ora incurvate in un sorriso abbastanza divertito. Zayn sembrava abbastanza di buon umore, quella mattina, ma la giovane non riuscì a meditare il suicidio per qualche secondo mentre abbassava lo sguardo sul ginocchio.

    Il ragazzo si schiarì la voce, non riuscendosi tuttavia a trattenere una risata – be',  è importante cercare di prevenire... gli infarti – la prese in giro bonariamente, tanto da farle gonfiare le guance di rabbia. Si stava rendendo ridicola sempre di più ai suoi occhi, e nonostante tutto non riusciva a riprendere il controllo di sé.

    – Smettila di prendermi in giro! -

    – Non posso, è troppo divertente! - controbatté il giovane ritornando con gli occhi sulla strada e poi di nuovo su di lei – quando parli con me sei sempre così... tesa – notò poi, facendo inconsciamente leva sul tasto dolente della situazione.

    Selene lo guardò malamente di sbieco, - Bella scelta di parole -

    – Non capisco perchè -

    – Bugiardo – lo interruppe lei, alzando finalmente lo sguardo – ti rendi conto di non avere il carattere più stabile dell'Inghilterra, si? -

    Zayn boccheggiò un attimo – io? Quand'è stata l'ultima volta in cui mi sono comportato male nei tuoi confronti? -

    Nessuno dei due rispose però a quella domanda, mentre la conversazione di quella sera tornava a galla prepotentemente nei loro ricordi.

    - C’è qualcosa che non ti va a genio? –

    - Nulla, a parte il fatto che fai la gatta morta con un tipo che non conosci per il puro gusto di fare nuove amicizie mentre sei sotto la mia responsabilità –

    Qual'era stata l'ultima volta in cui si era comportato incoerentemente con lei, infondo? Quando mai l'aveva fatta sentire confusa, fragile e impotente? E se c'era una cosa che Selene proprio non riusciva a sopportare era il sentirsi poco adeguata, nonostante si rendesse conto che negli ultimi tempi aveva creduto di esserlo troppe volte. Per colpa di chi, poi? Sua? Di Zayn? E cosa faceva lui alla fine? Quasi non avevano rapporto e già si poteva permettere di condizionarla in tal maniera? Selene si diede della stupida, rendendosi conto di esserlo davvero, chiusa in quell'auto con lui all'ora di punta.

    - Quand'è stata l'ultima volta in cui ti sei comportato bene? - Zayn non rispose a quella domanda, verso della sua precedente. Non riusciva a trovare una risposta, come sempre. E come sempre la ragazza questo non poteva accettarlo.

    È complicato – disse il ragazzo, tirando fuori l'unica scusa che aveva pronta in quel tipo di situazioni. Stupida, senza alcun significato ed esplicazione. Un po' come si sentiva lui, del resto.

    Selene sbuffò e scosse la testa, guardando fuori dal finestrino. Scorse distrattamente l'edificio del suo ateneo in lontananza e ringraziò mentalmente di essere quasi arrivata. - Non trattarmi come una bambina – l'unica richiesta che gli aveva fatto, questa e l'altra volta, e mai rispettata. 

    Non trattarmi come una bambina.

    – Non lo sto facendo – si difese il giovane, sbuffando.

    – Allora spiegami cosa significa “è complicato”! Non riesci proprio ad essere un normale civile che saluta cortesemente i propri colleghi? O prendermi in giro è così divertente che l'hai preso come nuovo sport? -

    Zayn scosse la testa, per niente toccato dalle accuse quasi urlate dalla ragazza. Parcheggiò nella zona riservata agli studenti e si voltò verso di lei, accennando a un sorriso. Aveva cambiato di nuovo sguardo, che da divertito si era fatto serio e pensieroso:- non sei propriamente una ragazza sicura di sé – le mormorò, prendendo con naturalezza il suo mento con due dita.

    – Diciamo anche che tu non aiuti alla causa – cercò di scherzare lei, sulla difensiva.

    Il giovane sorrise, - è solo che... è complicato, va bene? -

    Daccapo Selene prese le distanze, interrompendo il contatto con la sua mano: - per me non c'è problema. Solo... se è così complicato e non credi valga la pena dirmi il perché, abbi almeno la decenza di lasciarmi stare – e con queste parole afferrò la borsa e scese dall'auto, senza voltarsi. Non si accorse, quindi, detto sbuffo contrariato nè dei pugni scagliati ferocemente contro il volante dal ragazzo.

     

    *** *** ***


    Maybe the man in charge, doesn’t like my face

    But then as real not a always good

    And nothing’s real but love
    Nothing’s real but love
    No money, no house, no car, can beat love.

    Nothing's realt but the love, Rebecca Ferguson

     

    La casa era piccola ma pulita, l'arredamento un po' scarno; Olivia l'amò subito. In realtà non era minimamente abituata a quello, avendo da poco lasciato la villa di campagna della nonna, tanto elegante rispetto all'appartamento. E forse era proprio per quello che le piacque subito: rappresentava un nuovo inizio per lei e per suo padre; una nuova vita. E lei era pronta ad affrontarlo? Si, si disse subito posando il bagaglio a mano nell'ingresso. Suo padre la seguiva a pochi passi di distanza, le sopracciglia contratte dallo sforzo di dover portare due enormi valigie con sé. Si fermò sul portone di ingresso e posò le mani magre sui fianchi, tirando un sospiro.

    - Già mi piace, un tocco personale da qualche parte e sarà perfetta – disse con un sorriso soddisfatto.

    Olivia si limitò ad annuire, voltandosi poi per aiutarlo a portare dentro le valigie.

    In poche ore l'appartamento fu pronto: un cumulo di cartoni giaceva abbandonato fuori dalla porta d'ingresso, James posò l'ultima foto sul tavolino del salotto e si girò per prendere qualcosa di fresco da bere. La delusione fu molta, quindi, quando aprendo il frigorifero si accorse di come questo fosse completamente e irrimediabilmente vuoto. Olivia scoppiò a ridere comodamente seduta sullo sgabello dell'angolo colazione, poi prese il cellulare e cominciò a trafficarci, guadagnandosi un'occhiata incuriosita dal padre.

    - Ti pare il momento di giocare? - le chiese abbastanza piccato, raggiungendola.

    Olivia nemmeno si scompose, continuando a scrivere; - è la lista della spesa, papà – si degnò alla fine di comunicargli, allungando la mano in una tacita richiesta di soldi. James tirò fuori il portafogli, porgendole una banconota.

    - Ecco cosa avevo dimenticato... la spesa! -

    Nessuno dei due ritenne indispensabile criticare quell'ultima battuta, Olivia semplicemente prese l'ombrello e diede un bacio all'uomo, che rimase seduto sconsolatamente nella cucina.

     

     

    *** *** ***

     

    Julie entrò trafelata, in ritardo come sempre. Il Martin's era stranamente vuoto, ma le lezioni erano finite da poco, e ora gli studenti stavano a casa o in biblioteca a prepararsi per l'imminente sessione di esami. Come se quella che avevano appena concluso non fosse abbastanza. Julie sbuffò sedendosi allo sgabello e fece un cenno a Zayn, per richiamare l'attenzione.

    - Che ti porto? -

    - Un caffè con latte di soia – ordinò la giovane, tirando fuori il cellulare che aveva appena cominciato a squillare. Nemmeno vide chi fosse, dal momento che già se lo aspettava. Rispose con un sorriso – da che ora sei in piedi? -

    - Domanda sbagliata, miele. Non sono riuscito proprio ad andare a dormire – il tono di Louis era allegro come sempre, appena arrochito dalla mancanza di sonno.

    Sexy, molto sexy.

    - Abbiamo fatto le ore piccole, eh? -

    Il ragazzo sbuffò, come se non fosse un ricordo piacevole. Julie pensò per un istante a tutti i modi in cui aveva potuto passare la notte in bianco, e si stupì a pensare che non gliene andava a genio nemmeno mezzo. Per un istante fu tentata addirittura di riattaccare.

    - Nemmeno ti racconto... Harry non riusciva a dormire e ha sentito l'irrefrenabile bisogno di chiamarmi alle tre del mattino per mettermene a parte -

    Julie si rilassò istantaneamente, dandosi della stupida. – solidale – commentò, mentre pensava al perchè l'idea di lui con un'altra le desse tanto fastidio. Nemmeno una delle spiegazioni le andò a genio di nuovo, e quindi decise di aspettare il caffè prima di cominciare a pensare, al mattino. Giudicandola una cosa intelligente, Julie riprese a sentire la voce di Louis, che proprio in quel momento stava dicendo – quindi pensavo che potessimo uscire, anche perchè prima ho la cena con la tua amica -

    - Olivia? - si, si era persa e si, si sentiva abbastanza stupida in quel momento. Di cosa stavano parlando?

    - Ci sei, miele? -

    - Si si, è che non ho ancora preso il caffè – si limitò a rispondere la giovane, ringraziando poi mentalmente Zayn quando le portò il bicchiere d'asporto. Gli porse una banconota.

    Gelosa? Lei?

    - E sei sicura che sia necessario? Voglio dire... già tranquilla sei assurda, figurati sotto l'effetto di caffeina! -

    Julie sbuffò, rendendosi conto che per quanto si impegnasse, il ragazzo dall'altra parte del telefono non avrebbe mai potuto esimersi dall'essere tanto idiota.

    - Tu dovresti cominciare a berne un po', invece. Magari mettere in movimento il cervello ti eviterà di essere tanto imbecille – gli fece allora notare abbastanza piccata, suscitando però solo una risata.

    Roca, gutturale, sincera. Sexy.

    - Forse è perchè ne prendo troppi. Dicono che dopo un po' ti mandi in palla i neuroni -

    Julie scosse la testa, evitando una coppia di studenti che si affrettavano verso la biblioteca. Nel frattempo si era incamminata verso l'area riservata alle sale studio, dove sapeva che avrebbe trovato Selene o qualche altro studente intento a preparare un esame.

    - A questo punto sono curiosa di sapere chi sia il tuo medico di base -

    - Hai preso il caffè, eh? -

    Julie non rispose nemmeno, limitandosi a scuotere la testa sapendo che lui non poteva vederla. Louis non si fece abbattere dalla mancata reazione alla sua frecciatina; - almeno sono contento di sapere che ti manco -

    A questo punto la giovane rischiò seriamente di strozzarsi con il caffè – cosa? -

    - Oh, andiamo! Mica c'è da vergognarsi! - Louis rideva sguaiatamente, evidentemente soddisfatto di averla messa in imbarazzo.

    - Stai di nuovo dicendo idiozie -

    A quelle parole seguì il silenzio, che durò fino a quando Louis non riprese a provocarla, stavolta con voce più bassa e carezzevole – quindi non hai pensato per niente all'altra sera, miele? -

    Di nuovo Julie rimase in silenzio, mordendosi un labbro. Entrò in sala studio e posò la borsa su un tavolo accanto alla finestra; - che c'entra – mormorò, imbarazzata.

    - C'entra – la contraddisse il cantante – perchè io ci ho pensato e non vedo l'ora di tornare, perchè mi manchi -

    - Anche tu mi manchi – le parole furono dette velocemente e quasi masticate, ma il senso venne capito dal giovane. La ragazza sentì chiaramente che Louis si stava sciogliendo in un sorriso.

    - È stato tanto difficile dirlo? - la prese in giro allora. E Julie decise che per quel giorno poteva anche bastare: - idiota – borbottò nella cornetta; poi mise giù e si concesse una risata, subito soffocata dalle occhiatacce degli altri studenti.

     

     

    *** *** ***

     

    You won’t find him trying to chase the devil
    for money, fame, for power, out of grief
    you won’t ever find him where the rest go
    you will find him, you’ll find him next to me.

    Next to me, Emilì Sandè

     

    Dublino era così grande che ogni quartiere funzionava come un piccolo villaggio, con una drogheria, un supermercato, qualche negozio di abiti e uno di scarpe e accessori. La ragazza vagò un po' per i viottoli stretti e bagnati di pioggia, cercando di trovare la strada più comoda per raggiungere il supermercato. D'un tratto scorse anche il St. Paul, l'istituto privato superiore cui era stata ammessa con una generosa donazione di sua nonna, santa donna. Sapeva che sarebbe stato difficile, cominciare a frequentare a metà semestre e dal secondo anno, ma, mentre entrava nel supermercato e prendeva il cestello di ferro dalla cassa, si auto convinse di dover sopportare solo un altro anno e mezzo, prima di poter tornare in Inghilterra a frequentare l'Università.

    I corridoi erano poco affollati, la giovane prese i generi di prima necessità come latte, uova, pasta e detersivi, poi pane, biscotti, frutta e bibite. L'unico inconveniente stava nel fatto che, data la grossa mole di prodotti, mentre si dirigeva al successivo reparto avesse seri problemi a camminare tenendo tutto in equilibrio, fino a quando – naturalmente – non cadde tutto miseramente a terra.

    Quello che non si aspettava, però, era che l'esclamazione poco elegante che le prudeva sulla lingua venisse bloccata da un – serve una mano? – detto con la voce più dolce che avesse mai incontrato.

    Il ragazzo davanti a lei aveva più o meno la sua età, i capelli chiarissimi e due occhi azzurri e sinceri come non ne aveva mai visti. Olivia rimase per un istante in silenzio, in imbarazzo e comunque sorpresa che il giovane avesse già rimesso a posto nel cestello alcuni prodotti; mormorò un – grazie – che quasi non distinse nemmeno lei, poi si affrettò a mettere a posto le ultime cose. Le uova, miracolosamente salve, giacevano traballanti in cima al mucchio, quando il ragazzo le porse il cesto.

    - Non dovevi – disse con lo sguardo basso la ragazza. Il biondo davanti a lei scosse una mano come a dire che gli era di dovere, e le mostrò due bottiglie di latte e un sacchetto di pane che aveva ancora tra le mani.

    - Ti aiuto a portare questi alla cassa, magari? -

    - Non voglio darti fastid... - ma di nuovo le sue parole vennero bloccate dal giovane, che inaspettatamente rise. Olivia lo guardò contrariata, cercando di ricordare se avesse pulito bene i denti dopo il pranzo in aereo. Perché il tipo rideva?

    Quello parve notare il disappunto della giovane, che nel frattempo aveva raggiunto la cassa; - non sei di qui, vero? Hai un accento buffo! - spiegò, sempre con un sorriso sulle labbra. I denti, notà Olivia, erano dritti e bianchi, segno che doveva aver tolto da poco l'apparecchio per i denti.

    Di nuovo la ragazza corrucciò lo sguardo, poi borbottò un – senti chi parla – a mezza voce e cominciò a posare i prodotti sul nastro.

    Il ragazzo rise ancora, aiutandola; - scusa, ok... sono stato indelicato – disse con leggerezza.

    - Dici? -

    - Sei simpatica, sai? Mi chiamo Niall, e tu? -

    Olivia si voltò verso di lui, notando la mano sinistra tesa - l'altra teneva una confezione di sei di birra - e poi il suo sorriso. Rimase a squadrarlo un attimo, poi decise che quel sorriso le piaceva. Gli strinse la mano e sorrise dicendo il suo nome.

     

     *** *** ***

     

    La scena a cui Liam stava assistendo, fermo sulla soglia del Martin's, aveva dell'inverosimile: Selene, il viso completamente bagnato e che colava di uno strano liquido blu, imprecava senza ritegno contro una bottiglia irrimediabilmente rotta sul pavimento. Zayn, dall'altra parte del locale, se la rideva sotto i baffi continuando a spremere limoni in una macchinetta dal rumore assordante.

    - Selene – chiamò il ragazzo avvicinandosi cautamente al bancone – vuoi dirmi tu perché la tua faccia è colorata di azzurro o devo arrivarci da solo? - come sempre si stava divertendo a provocare la sua migliore amica, che però in quel momento non era propriamente dell'umore.

    - Non ci vuole certo un genio per arrivarci – lo freddò infatti la ragazza. Liam non si scompose, Zayn fece una smorfia con cui esprimeva tutto il cordoglio per l'amico.

    - Le stavo insegnando a contare le once – intervenne allora il cameriere – sai, tipo... bolla, uno due, tre e così via -

    Liam assunse un'espressione come “no, non ho idea di cosa tu stia dicendo ma no, non mi importa nemmeno saperlo” e si voltò di nuovo verso Selene, che con uno straccio raccoglieva il liquido per terra; - e allora? -

    - E allora – continuò Zayn, mentre la giovane sbuffava – non si è accorta che la bottiglia aveva un po' di condensa che la rendeva scivolosa e... -

    Nemmeno ebbe il tempo di continuare, però, perché Liam scoppiò a ridere e Selene si esibì in un nuovo sbuffo.

    - Idiota – apostrofò poi il suo migliore amico. La porta si aprì nel locale semivuoto e un ragazzo di circa vent'anni entrò con un sorriso malizioso. Sia Selene che Zayn si irrigidirono, riconoscendo il ragazzo che ci aveva provato qualche sera prima.

    - Matt... - lo salutò insicura Selene.

    - Ciao, ti trovo... colorata – la ragazza arrossì e sia Zayn che Liam si misero sull'attenti. Imbecille, pensarono in coro.

    Selene si schiarì la voce – che... cosa ci fai qui? -

    - Volevo un caffè, siamo in un bar – le fece notare il giovane, che aveva chiaramente messo fuori i due ragazzi presenti dalla conversazione.

    - Un caffè... in un bar... certo, si... arriva subito – borbottò allora, girandosi per sbrigare l'ordine. Matt rise e si sedette allo sgabello, sporgendosi verso la ragazza. Liam socchiuse gli occhi, Zayn continuò a spremere limoni con aria accigliata.

    - Ecco -

    - Quanto ti devo? - le sorrise il ragazzo, tirando fuoriil portafogli. La cameriera scosse la testa, sorridendo: - offre la casa – rispose mesta, per poi tornare a pulire il disastro che aveva combinato.

    Il giovane ringraziò e si avviò all porta, poi però ci ripensò e tornò indietro al bancone: - posso sdebitarmi almeno? - le chiese guadagnandosi uno sguardo incuriosito da parte di tutti e tre – vieni a cena con me, domani sera -

    Nel locale ci fu il silenzio, rotto solo dal “no” di Liam e dal ”ma certo che no” convinto di Zayn.

    Selene si accigliò. Chi erano loro per decidere con chi dovesse uscire? E Zayn, poi? Gonfiò le guance, sorrise, si sporse verso Matt.

    - Con piacere -

     

     

    *** *** ***


    ♥ nemmeno io so cosa sto combiando con l'html negli ultimi capitoli, ma sono pigra, sono impegnata e sono responsabile e quindi posto uguale, tanto se avanzano trenta centimetri bordo pagina non succede niente.

    ♥ ho detto che avrei aggiornato prestissimo. Be', mentivo: sono stata pienissima di cose da fare e... vabbè, non sto nemmeno a raccontarvi.

    ♥ le recensioni sono calate tantissimo, ma non disperiamo: in questo capitolo recuperiamo tutto!.... Vero? :D

    ♥ il capitolo è completamente dedicato a Donatella che mi ha suggerito una parte importante e che sta(va) male... ti voglio bene :)

    ♥ il prossimo capitolo arriverà... oh, ma che lo dico a fare che poi sforo sempre di quindici giorni? Ah, il capitolo non è (ancora) betato. Portate pazienza, Chiara (di cui ho perso le tracce da ieri all'una) è completamente assorbita dall'operazione zerodebiti, che le porta via non poche energie. Beterà, vedrete. Quando?.... eh, boh!


    Alla prossima!

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Capitolo 14
*** I'm your man ***


I'm your man

 

 

It's sad, so sad

It's a sad, sad situation.

And it's getting more and more absurd.

It's sad, so sad

Why can't we talk it over?

Sorry, seems to be the hardest world, Elthon John

 

- Esci? - Liam si affacciò nella camera da letto di Selene, cogliendola di sorpresa.

- Si, Matt passa a prendermi tra dieci minuti - la ragazza continuò a passare uno strato di matita nera sotto gli occhi, fingendo di non accorgersi dello sguardo del suo migliore amico. Dopo, quando ebbe finito e messo tutto a posto, si voltò verso di lui sbuffando: -cosa? -

- Cosa? - ripeté stralunato Liam, strabuzzando gli occhi.

Selene cominciò a cercare le scarpe, le uniche col tacco che possedeva; - si, Liam. Sembri costipato tanto sei rosso intorno al collo -

Il giovane per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. - Stai scherzando? Esci con un tipo praticamente sconosciuto che non mi va a genio e io devo anche essere contento? -

- Credo che non siano affari tuoi - gli fece notare allora la ragazza, che pur di non guardarlo aveva cominciato a mettere i suoi effetti nella borsa che avrebbe usato per uscire.

Liam boccheggiò un momento: - non... Non sono affari miei? Stai scherzando, Selene? -

- Certo che sei ripetitivo! E' un ragazzo che mi invita fuori, non ci vedo nulla di male ma... ah, ecco cosa sta succedendo! - e la ragazza si voltò a fronteggiare l'altro con l'indice puntato - credi che non sia abbastanza per poter uscire con lui. No - si corresse automaticamente, poi - tu non credi sia abbastanza per uscire con nessuno! Come se fossi capace solo a lavorare, studiare e stare sul divano del salotto a bere tè e leggere classici russi. Be', non è così. -

Liam rimane in silenzio, troppo sconvolto per parlare. Poi scosse la testa e si allontanò da lei: sembrava un'estranea, in quel momento; - credi che io pensi davvero questo? - la delusione era così grande che il ragazzo pareva quasi esterrefatto; Selene non rispose - be', sono contento che in tanti anni di amicizia tu credi che io ti giudichi una ragazzina asociale e inutile. -

- Non so cosa pensare, in realtà - intervenne lei, con gli occhi lucidi e lo sguardo basso. Non avrebbe pianto, però. Se lo sarebbe impedito ad ogni costo.

- Dovresti pensare che voglio solo il meglio per te ed è per questo che non mi va a genio che esci con uno come quello. -

Selene rise sarcasticamente, in modo del tutto nuovo: - e quale sarebbe il tipo che va bene per una come me, Liam? Guarda che lo so cosa dicono sempre i tuoi amici della coinquilina "complessata che mette radici in biblioteca". E so anche che tu non fai mai nulla per difendermi. -

Per la seconda volta Liam boccheggiò, quella sera - io... Non... -

- Risparmiati - lo zittì Selene. Perché glielo stava dicendo? Erano mesi, per non dire anni, che quelle parole gli prudevano sulla lingua, ma non avrebbe mai dovuto confessarle a lui. Liam era l'unico, oltre alle ragazze, che la capiva e le voleva bene. E lei aveva rovinato tutto, e lui ora avrebbe...

- Va bene, hai ragione - il tono del giovane si fece più tagliente, mentre annuiva e incrociava le braccia al petto - penso che tu sia una bambina, a volte. Non combatti mai e quando ti decidi a farlo è solo per le cause sbagliate. Cosa vorresti dimostrarmi uscendo con Matt, stasera? Ah, no - e qui si fermò, come se volesse pensarci - non è a me che vuoi dimostrare qualcosa, è a te stessa. Bene, Selene: cosa stai dimostrando, ora, indossando abiti che odi, calzando scarpe che non sopporti e pettinandoti in un modo che giudicheresti ridicolo? Cosa dimostri con quel trucco? -

Selene annuì, incrociando a sua volta le braccia al petto - e quali sarebbero le cause per cui dovrei combattere, allora? -

- Perché non hai voluto che Zayn dormisse qui? -

- Cosa che poi ha fatto comunque - precisò lei, astiosa.

Liam sbuffò, poi sorrise ironicamente - vedi? Lo stai facendo di nuovo. Scegli le battaglie da combattere e ignori tutto il resto. Rispondi alla mia domanda: perché hai paura di Zayn? Perché Matt sì, e i ragazzi che davvero ti piacciono no? -

Selene deglutì arrabbiata, il cellulare cominciò a vibrare nella borsetta - Zayn è un idiota. E lo sono anche io, ad essermi fidata di te così ciecamente. -

- Non chiamarmi, quando la serata andrà a rotoli. Mi sono stancato di te e delle tue manie da ragazzina insicura. -

Selene annuì, afferrando la borsetta. Il cellulare aveva smesso di squillare e questo significava che Matt era sotto casa sua. La giovane prese il cappotto e la sciarpa, infilandoli mentre percorreva il corridoio. Liam rimase lì nella stanzetta, le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso nel vuoto.

Matt la aspettava fuori dall'auto, le mani nelle tasche del cappotto e un sorriso sul volto.

- Ciao – fu lui a rompere il silenzio, dal momento che la ragazza sembrava ancora abbastanza arrabbiata - tutto bene? -

No, non andava tutto bene! avrebbe voluto urlare la giovane. E mettersi a piangere, a battere i piedi per terra e singhiozzare e farsi abbracciare. Il suo migliore amico, la persona che era sempre stata la più importante, quella più indispensabile. Se n'era andato. Selene non avrebbe mai potuto farcela, da sola, ma soprattutto non avrebbe mai potuto sopportare di doversi tenere tutto dentro, quella sera. Eppure lo aveva fatto così tante volte con Liam, quando i suoi amici facevano battute e lei rimaneva in silenzio e quando lui per primo non la difendeva. E anche prima, con i suoi genitori che volevano quella figlia perfetta che non avrebbe mai potuto esistere e che comunque lei si sforzava di essere. Cosa c'è di sbagliato nell'essere imperfetti e normali? La perfezione è sopravvalutata, le diceva sempre Liam. E lei ci aveva sempre creduto. Era per questo che ogni mattino si alzava e combatteva. Era per questo che era riuscita a diplomarsi, ad essere ammessa all'Università e a mandare al diavolo sua madre e tutte le sue pretese. Perché in lei non c'era nulla di sbagliato, e Liam glielo ripeteva ogni giorno. Fino a che punto ci credeva lui per primo? Quante bugie le aveva detto? Quante cose alle spalle? E ora lei era sola; e voleva piangere e sfogarsi e rispondere a quel "va tutto bene" con la verità, con le urla e con i singhiozzi.

Invece sorrise e annuì - tutto bene, grazie. E tu? -

C'era stato un tempo, ricordava la ragazza, in cui tutto era diverso. In cui se le persone le chiedevano come stesse era perché davvero gli importava. C'era stato un tempo, poi, in cui se lei chiedeva a qualcuno come stesse era perché quella persona gli stava sempre a cuore. Forse era quello il problema, rifletté Selene salendo in auto, il tenerci troppo. Se Liam non fosse stato così importante per lei adesso sarebbe disposta a passare una bella serata con un ragazzo, invece di rimuginare su qualcosa che non potrà mai cambiare. C'era voluto così poco, a mandare all'aria un'amicizia di anni e anni? Di chi era la colpa? Sua, sempre sua. Per le battaglie sbagliate che combatteva, per il suo essere così bambina. Che male c'era, poi, ad essere bambina? Zayn gliel'aveva rimproverato, Liam anche. Era così sbagliata?

- Bene! Ho prenotato in un ristorante in centro. Vedrai, ti piacerà. -

Selene si costrinse a sorridere, mentre annuiva - ne sono certa. -

Le battaglie sbagliate, il carattere sbagliato. Gli amici sbagliati. Doveva sempre essere così complicato. La ragazza si passò distrattamente due dita sulle tempie, come a voler fermare una forte emicrania in arrivo; - com'è andata oggi? - chiese, pur di fare conversazione e distrarsi. Quando Matt cominciò a blaterare sul nuovo assistente del suo corso, però, Selene si rese conto che i suoi pensieri non sarebbero mai usciti dalla sua mente, quella sera. Guardò fuori dal finestrino per tutto il tragitto, invece, sperando che la serata si evolvesse per il meglio.

 

*** *** ***

 

Olivia provò un paio di stivaletti col tacco, poi decise che non si abbinavano abbastanza al top e li gettò sul pavimento senza tanti complimenti.

- Julie? - chiamò, ottenendo un verso non ben definito in risposta - dici che a Louis piacciono di più le ballerine o il tacco quindici? -

L'interpellata entrò in quel momento nella stanza della sua migliore amica, sedendosi sul letto - non lo so e non dovrebbe interessarti, dal momento che Louis è impegnato - le fece notare, cominciando a usare il cellulare pur di non incrociare lo sguardo dell'altra.

- Ah, si? Ha una nuova relazione e Sugar Scape ancora non sa nulla? - Olivia si esibì nella migliore espressione da ingenua del repertorio, così sfacciata che la sua amica scoppiò a ridere poco dopo.

- Non è divertente, Olivia - la rimproverò giocosamente l'amica, prendendo un sorso del tè che aveva preparato.

L'altra sorrise, stringendosi nelle spalle - mi piace che sei quasi normale, ora che stai con Louis -

Julie arrossì, quasi versandosi addosso il contenuto della tazza, - io... noi... non stiamo insieme! - e mentre lo diceva quasi si mangiava le parole. Olivia sorrise, non era abituata a quello stato d'animo della sua amica, anche se scoprì che le piaceva parecchio. Certo, lei le voleva bene anche con crisi d'acidità improvvisa e la vena sarcastica che la caratterizzavano, ma così tranquilla e sorridente non le dispiaceva per niente.

- Mh... questo punto magari dovresti discuterlo con lui, non credi? - chiese allora per provocarla. Julie sbuffò e si avviò verso la cucina, la tazza vuota tra le mani.

- Probabile - stette allora al gioco - e tu dovresti richiamare Harry, è da stamattina che prova a chiamarti. Che è successo? - il repentino cambio d'argomento non stupì nessuna delle due. Era strano come, nonostante anni di amicizia, alcuni argomenti rimanessero sempre così ardui da discutere.

Olivia sbuffò, cominciando ad infilare in una pochette il cellulare e il portafogli. Julie la raggiunse con una copia delle chiavi di casa, che l'amica prese con un tacito ringraziamento.

- Allora? Vuoi dirmi che succede? -

- No - fu la semplicissima risposta dell'altra, che poi ci ripensò e cadde a sedere sul letto: - scusa. Il problema è che... mi piace, ok? Nel senso a parlarci. Mi spiego? -

Julie rimase in silenzio, cercando di mettere insieme i pezzi, - No - rispose poi, accentuando la confusione con un movimento della testa.

- Benvenuta nel club, allora. - sorrise sarcasticamente Olivia.

- Tu e lui andate a letto insieme? - chiese allora spiccia Julie.

L'altra si limitò ad annuire - ma no sempre sempre cioè... -

- Si, chiaro - fu interrotta - e voi... parlate? Durante? - ora il tono di Julie si era fatto leggermente ironico, un po' per provocarla e molto per spingerla a confidarsi.

Olivia annuì un seconda volta, accavallando le gambe - è come se... non lo so, lui ascolta. Ascolta sul serio, Julie. E'... strano, ma bello. Come se mi capisse senza giudicarmi. - e non era mica facile, soprattutto visto quello che lei aveva fatto per perdere la fiducia di Niall.

- Ed è una cosa positiva, no? - mentre poneva la domanda Julie valutò due opzioni: o era lei che aveva qualche problema a capire o era la sua amica, quella complessata.

- No! - la seconda, decisamente.

Julie annuì lentamente, poi fu salvata dallo squillo del cellulare della sua amica - va be' - decise, alzandosi dal letto - vai a goderti la vincita del concorso e quando torni a casa ne riparliamo. - propose.

Olivia annuì, infilando il cappotto - tu cosa fai, stasera? -

- Centro con delle colleghe della facoltà -

Olivia ci pensò su - mi dispiace che la prima sera in cui Louis è a Londra dopo Dublino deve trascorrerla a cena con me. -

Julie sorrise, porgendole la borsetta - non è importante. -

- Si invece. Non fingere che non ti piaccia, Julie! - si scaldò Olivia.

- Ok, be'... ne parleremo poi. - decise, aprendo persino la porta alla sua amica. Olivia le posò un bacio sull guancia, poi uscì.

 

*** *** ***

Give me love like never before

Cos lately I've been craving more

And It's been a while but I still feel the same

Maybe I should let you go

Give me love, Ed Sheeran

 

- Quindi... tu sei quella che se la fa col mio migliore amico - se c'era una cosa i cui tutti potessero star certi, era la bravura di Louis Tomlinson nel mettere in imbarazzo la gente; quello che il cantante non sapeva, però, era che solo Olivia potesse decidere per cosa imbarazzarsi. E dal sorriso malandrino che gli rivolse, seduti al tavolo di uno dei ristoranti più eleganti della capitale, non fu difficile intuire che quella provocazione non aveva assolutamente dato i suoi frutti.

La giovane accavallò le gambe, facendo segno al métre di versarle un po' di vino - e tu quello che non è ancora riuscito a farsela con la mia migliore amica. -

Louis, che nella sua breve vita ne aveva viste un po' di tutti i colori e conosciute un po' di tutti i tipi, decise che Olivia le stava simpatica, e scoppiò a ridere rilassandosi sulla sedia; - non ancora, hai detto bene. Mi piaci, Olivia -

- Non diciamolo a Julie. - scherzò la ragazza, prendendo un sorso di vino. Louis scosse la testa, incredulo. Sempre più simpatica, decise.

- Ha senso. - rispose allora. Rimasero entrambi in silenzio, mentre il cameriere portava gli antipasti. Poi, Olivia scoppiò a ridere.

- Dai, chiedimelo - e quella semplice richiesta sembrò bastare a far rimanere attonito il cantante.

Louis si guardò intorno imbarazzato - io non... Andiamo, me lo diresti sul serio? -

La ragazza si strinse nelle spalle - devo decidere. Tu comincia a chiedere. - era strano come, a volte, persone che si conoscevano da anni non riuscivano a trovare la stessa sintonia di altre conosciutesi da dieci minuti. Ed era forse per quello strano scherzo del destino che Olivia e Louis sembravano leggersi nel pensiero dopo quindici secondi di conoscenza.

- L'hai voluto tu: non voglio proprio una telecronaca minuto per minuto - cominciò il ragazzo, come a volerla convincere - ma convieni con me nel dire che tutti vorrebbero sapere com'è a letto il proprio migliore amico! -

Olivia spezzò un grissino mentre soppesava una risposta - non ti dirò quanto mi sembra ambigua questa richiesta, quindi no. Non mi hai convinta per niente. -

- Oh, andiamo! - continuò Louis in quel siparietto - voglio solo... un voto! Dimmi quanto è stato bravo da uno a dieci! -

Olivia scoppiò a ridere. scuotendo la testa - tu sei matto, Louis Tomlinson! -

- E tu sei una mia fan! Oh, ti prego! - tentò ancora.

Olivia parve pensarci su ancora - non lo so... sai, io e te siamo praticamente sconosciuti... E poi, scusa, se tanto ci tieni a saperlo vai da lui direttamente! -

- In che senso? -

- In tutti i sensi - su la sibillina risposta della giovane, che poi scoppiò a ridere dello sguardo attonito di quel suo nuovo quanto inaspettato amico.

Louis scosse la testa ridendo, poi fece un cenno al cameriere perché portasse la cena; - dimmi solo se è maggiore o inferiore di sette. Attenta, però: i miei sfottò per i prossimi venticinque anni dipenderanno dalla tua risposta. -

- Ah, mi sento formalmente responsabile! - Olivia si portò la mano al cuore, poi si avvicinò a Louis confidenzialmente - maggiore di sette. - rivelò, con un mezzo sorriso.

Il cantante scoppiò a ridere - e di preciso? Su, dai! - ma non ci fu più modo di smuoverla: la giovane scosse la testa e fece cenno di no, cambiando poi completamente argomento.

- Tocca a te, posso farti qualche domanda? -

Louis annuì, con la bocca piena - ma non è ugualmente divertente, tu non ci sfotti Julie per i prossimi decenni! -

- Vero, ma tranquillo: forse riesco ad estorcerti qualcosa con cui sfottere te, per i prossimi decenni. - Julie si esibì in un nuovo sorriso malandrino, Louis decise che in realtà loro erano gemelli separati alla nascita. Le fece segno di procedere sorridendo, mentre le versava ancora un po' di vino.

Olivia ci pensò su, poi scosse la testa - no, niente di troppo imbarazzante da chiedere. - annunciò dispiaciuta - ma non temere, mi verrà in mente qualcosa. -

- Allora posso chiedertela io una cosa? -

- Certo - rispose la ragazza.

Louis rimase in silenzio per qualche istante, mentre il cameriere portava via i piatti sporchi; - sai da quanti anni io e Harry ci conosciamo? - cominciò, anche se la domanda era retorica - be', ti basti sapere che non credo di avere ricordi dove lui non ci sia e... ad ogni modo, sai la cosa più brutta che mi è capitata di fare quale è stata? - Olivia scosse la testa, interessata e anche un po' intimorita - dovergli stare accanto dopo che la sua ex lo ha mollato. Ora - fece una pausa per prendere un sorso di vino - tu mi stai sul serio simpatica, sono contento che abbia vinto il concorso e bla bla bla... Fai stare male il mio migliore amico e stai pur certa che renderò la tua vita un inferno. -

Olivia rimane in silenzio soppesando quelle parole, mentre faceva girare distrattamente il liquido del suo bicchiere; - carino da parte tua, mi piace - rispose alla fine, sciogliendosi in un sorriso - ma, ecco... io non mi faccio condizionare dalle tue parole. Harry mi piace e lo frequento. -

- Ti ha raccontato della sua permanenza a Manchester? -

- Una volta - confermò la giovane - anche se vagamente. Diciamo che siamo un po' sulla stessa barca; forse è per questo che ci troviamo. -

Louis annuì - sono stato un po' indelicato? - chiese con un sorriso, per stemperare la tensione.

- Appena appena, ma tranquillo: si vede che gli vuoi bene. Anche io ne voglio molto a Julie. - disse la ragazza, sorridendo appena al nome della sua migliore amica.

- Ah, miele... come vi siete conosciute? - Louis era sempre stato un ragazzo di natura curioso, quando poi gli argomenti lo riguardavano da vicino diventava quasi una adolescente a un pigiama party. Si avvicinò in maniera confidenziale ad Olivia, che rise scuotendo la testa.

Lei ci pensò qualche secondo, prima, come se stesse scegliendo quali parole usare. O cosa precisamente dire: - mia madre mollò me e mio padre tempo fa, così lui trovò lavoro come fotografo a Dublino. Voleva, sai... ricominciare e tutto il resto. In realtà gli faceva male stare nei luoghi che aveva occupato con lei e... ad ogni modo - Olivia fece un sospiro - un giorno lei e suo fratello vennero in negozio a chiedere per la stampa di alcune fotografie, dopo qualche giorno suo fratello ritornò da solo per chiedere a mio padre di insegnarli il mestiere e... be', loro sono gemelli e stavano sempre insieme. Mio padre e il fratello se ne stavano al lavoro e io e Julie... diciamo che non era come l'hai trovata adesso. Ho fatto un buon lavoro con lei, eh? -

Louis rise - in che senso? -

- Molto meno smalto e messa in piega e molto più... trecce e salopette sporche di fango. Un vero maschiaccio, ti giuro! - istantaneamente la giovane si coprì la bocca con le mani, pentendosi di quello che aveva rivelato. Stupida, stupida, stupida!

Il cantante rimase serio, come se stesse riflettendo; - ti prego - riprese dopo qualche secondo, con un tono tale da far credere che stesse per dirle qualcosa di importanza internazionale - dimmi che hai ancora qualche fotografia! -

- No, mi spiace - rispose Olivia scoppiando a ridere - le abbiamo bruciate tutte quando ci siamo trasferite a Londra per l'Università. -

La notizia e il conseguente malumore del cantante furono l'argomento di conversazione di tutto il proseguimento della serata; i due uscirono dal ristorante e posarono per le foto da postare nel sito ufficiale del cantante, poi, finiti gli obblighi "lavorativi", si decisero per un dolce e una passeggiata in centro.

- Chissà se Julie ha finito con le sue amiche... - rifletté a voce alta Louis.

Olivia si strinse nelle spalle - la chiamo, magari si unisce a noi se è ancora in zona. - propose mentre prendeva il cellulare dalla borsa. In quel momento anche l'iPhone del cantante cominciò a squillare, annunciando l'annuncio di un sms di Harry:

"Finito di lavorare? Con questi è una palla, credono davvero che me ne importi qualcosa del calendario d'esame... a me! Io sono in centro, comunque. Birretta?"

Olivia si avvicinò nuovamente al suo nuovo amico - Julie ha detto che può raggiungerci in un quarto d'ora, si sta annoiando a morte. -

- Bene - rispose allegro Louis - ci raggiunge anche Harry! -

Olivia sbiancò, - C... cosa? -

- Tutto bene? Non sembra che tu stia bene. Stai bene? -

Olivia lo fulminò con un'occhiataccia - no che non sto bene... io e Harry nello stesso posto... senza vino o superfici orizzontali... Sarà un inferno. -

Louis scoppiò a ridere, prendendola a braccetto - in tal caso... non vedo l'ora! -

 

*** *** ***

 

Selene era un'esperta di cose noiose. D'altronde aveva vissuto con sua madre per diciotto anni, oltre a tutte le conferenze letterarie, la letteratura russa e il cinema polacco che guardava ogni tanto. La cosa certo, però, era che mai, mai nella sua vita, si fosse annoiata tanto come a quella cena. Matt era il classico figlio di papà viziato e senza alcun interesse e, ovviamente, meno cose aveva da dire più parlava, per la gioia dell'emicrania della sua accompagnatrice.

- Quindi - ricominciò a dire dopo aver preso un sorso dal suo bicchiere - andammo in Svizzera per questo fine settimana di scii e c'era un tizio, che è lontanamente imparentato con la casa Reale, che voleva a tutti i costi provare lo snowboard e allora - e qui fece una pausa ad affetto per soffocare una risata. Selene annuì, cominciando a pensare a tutti i modi grazie ai quali potesse uscire da quel pub senza risultare sgarbata. Non che lui se ne sarebbe accorto, rifletté poi, mentre Matt infilava in bocca una manciata di arachidi e le sorrideva, raccontando di come fosse accorto niente di meno che il medico personale di Charlize Teron per soccorrere l'amico che era caduto dalla tavola da snowboard - e non sai quante risate, mentre lo portavano in ospedale! - completò il giovane tenendosi la pancia per il troppo ridere.

- Carino, da parte vostra - mormorò Selene prendendo il bicchiere di Coca cola poggiato su bancone.

Matt si fermò di colpo - hai detto qualcosa, scusa? -

- No, dicevi? - e solo questo bastò a farlo continuare nel racconto, secondo il quale il medico li avrebbe poi invitati alla festa del cugino di... Selene non ce la faceva più. Cominciò a massaggiarsi le tempie sovrappensiero, accarezzando nel frattempo il contorno del cellulare nella borsa. Chi avrebbe potuto chiamare, però, considerando che Olivia e Julie erano impegnate e Liam era completamente fuori discussione. La giovane sbuffò, cercando di non farsi sentire dal suo interlocutore che era passato a confrontare il soggiorno in Svizzera con quello ad Amsterdam con gli amici del College - si perché, sai, sono stato anche un semestre a Boston! - ci tenne a precisare, come se ce ne fosse bisogno. Probabilmente, pensò la ragazza, nemmeno se ne accorgeva di come in realtà si stesse rendendo ridicolo. Perché non era possibile, nemmeno nelle realtà più stravaganti, che qualcuno si comportasse volutamente in tal modo. Andiamo! Era monotono, maleducato, arrogante e prima donna: Selene voleva scappare da quel pub all'istante. D'un tratto dimenticò persino della lite con Liam, tanto forte fu il desiderio di chiamarlo e farsi venire a prendere, prima di rendersi conto di quanto fosse stupido il suo pensiero. Fingendo di stare attenta al racconto della serata in un locale di Parigi del ragazzo, Selene prese il cellulare dalla borsa e aprì la casella messaggi.

- Ti sto annoiando? - chiese Matt, accorgendosi di non avere più la sua totale attenzione.

La giovane finse un sorriso - no, continua. Ti dispiace se nel frattempo rispondo a un sms? -

- No, prego, rispondi pure. Dicevo... ah, si! Allora Danielle è salita sul bancone e... -

Mentre Matt continuava con l'ennesimo aneddoto la giovane inviò il suo "SOS" e attese col cuore in gola una risposta, che arrivò pochi secondi dopo.

"Dammi l'indirizzo." nient'altro diceva il messaggio. Selene rispose e mise via il cellulare, concedendosi il primo sorriso della serata.

 

*** *** ***

 

I need to tell you

how you light up every second of the day

But in the moonlight

you just shine like a beacon on the bay.

Something about the way you look tonight, Elthon John

 

Harry fece un cenno agli amici ancora dell'auto per ringraziarli del passaggio, e il conducente suonò il clacson per ricambiare. Il giovane si guardò intorno cercando il suo amico, avvistandolo qualche secondo dopo all'ingresso di un elegante café.

- Finalmente! - lo saluto quello, una sigaretta a metà stretta in mano e il viso nascosto nello sciarpone. Harry sorrise e gli andò incontro.

- Jake non riusciva a capire quale fosse la via e... lasciamo perdere. - fu la giustifica del ragazzo - andiamo da qualche parte? Pub? -

Louis si strinse nelle spalle - veramente... - cominciò, ma non ci fu bisogno che dicesse nient'altro: Olivia e Julie stavano arrivando in quel preciso momento chiacchierando fitto fitto tra loro, vicine.

- Olivia, Louis? Sul serio? - chiese scandalizzato. Non era pronto a vederla, soprattutto considerando che dopo il racconto, in cui lei si era totalmente esposta, le cose erano diventate abbastanza imbarazzanti.

Louis sgranò gli occhi - e che ci sarà mai di male! Prendiamo un caffè, chiacchieriamo! Ti faccio conoscere Julie... - tentò di convincere l'amico.

- Tu non capisci! E' così... -

- Cosa? - rispose esasperato Harry. Odiava non poter conoscere tutto del suo migliore amico, a causa dei continui viaggi cui era costretto. Harry però non riuscì a rispondere; le ragazza si avvicinarono a loro ridendo ancora dell'ultima battuta di una delle due.

- Buonasera a tutti! - disse con un sorriso Julie, stranamente allegra.

Louis le prese una mano -hai bevuto, miele? -

- No, perché? - chiese la giovane stranita.

Louis si strinse nelle spalle, preparandosi psicologicamente agli insulti - e che ne so, sei così allegra che nemmeno mia zia Muriel a Capodanno... -

La giovane lo guardò stranita - Quale zia? -

- Quella acida, in meno pausa e zitella! -

- Idiota - fu allora il commento di Julie, che ormai lo chiamava solo in quel modo. Louis, che se lo aspettava, scoppiò a ridere e le passò un braccio intorno alle spalle - Dici che si scanneranno? - chiese, cambiando totalmente argomento.

- Olivia e Harry? No, ma credo che sarà un po' imbarazzante. -

Louis annuì - me lo dai un bacio, quindi? O devo chiedertelo con un invito in carta bollata? -

La ragazza sorrise - credevo fossi un duro, di quelli che sbattono al muro, baciano e poi cacciano le ragazze la mattina dopo. - lo provocò semi seria. E ovviamente Louis non si fece pregare: posò le labbra su quelle della ragazza e sorrise per l'arrendevolezza con cui lei le socchiuse. Il bacio non durò molto, ma fece sentire entrambi meglio.

- Prima che me ne dimentichi! - disse d'un tratto il cantante, frugando nella tasca del pantalone scuro. Ne tirò fuori una scatolina grigia con un fiocco blu di raso a chiuderla. Julie lo sciolse e aprì il coperchio, curiosa. C'era un piccolo ciondolo a forma di quadrifoglio, tipico simbolo dell'Irlanda da cui era appena tornato Louis - per il braccialetto. - tenne a precisare il ragazzo.

- E'... bellissimo, davvero. Non dovevi. - furono le uniche parole di Julie.

Louis sbuffò, prendendoglielo dalle mani per agganciarlo al braccialetto - smettila, dovevo. Tu sei importante per me, chiaro? -

La ragazza non rispose, semplicemente si sporse leggermente e gli lasciò un bacio sulle labbra screpolate e ancora un po' socchiuse.

- Allora, ragazzi? Mettiamo radici? - Harry, con il suo solito tatto, richiamò all'attenzione la coppia, che tornò indietro per raggiungere gli amici. Mano nella mano.

 

 *** *** ***

 

 Nell’abitacolo c’era un silenzio assordante, rotto solo da Selene che picchiettava con la nocca contro il finestrino.

- Non voglio dirti che te l’avevo detto, ma… -

 La ragazza sbuffò – sì, come vuoi tu. – sbuffò. Il ragazzo al posto di guida represse un sorriso.

 - Cos’è successo? –

 - Non era il mio tipo. – si limitò a rispondere lei, che non aveva la minima voglia di raccontare l’orribile uscita. Era semplicemente contenta che fosse finita e che fosse in macchina con una persona che, nonostante tutto, non aveva sbattuto ciglio al suo SOS.

 Il giovane annuì, concentrato mentre svoltava – e perché hai chiamato proprio me? – insisté nell’interrogatorio.

 Selene si strinse nelle spalle. Perché eri l’unico a cui potevo chiedere – perché credevo che mi avresti risparmiato l’interrogatorio. – rispose invece, piccata – Speranza vana, a quanto pare. –

 - Certo, perché invece Liam che ha detto quattro parole in tutta la sera, sono una strana e buffa coincidenza. – Zayn Malik distolse lo sguardo dalla strada per un secondo, piantandolo in quello scandalizzato di lei.

 - Che ha detto? – in realtà avrebbe voluto rispondere con qualcosa di sarcastico, ma era troppo curiosa di sapere cosa fosse successo quando era uscita di casa. Il ragazzo si strinse nelle spalle, accostando al marciapiede per trovare parcheggio.

 - Non ho capito bene, ma qualcosa che aveva a che fare con te, con il tuo essere bambina e… -

 Selene sbuffò, interrompendolo – non voglio sapere più niente, lascia stare. – decise. Sovrappensiero raccolse le gambe al petto in una posa così fragile che Zayn, per un secondo, ebbe voglia di abbracciarla.

 - Farete pace. – riprese allora Zayn, con un’eloquenza che non gli apparteneva minimamente.

 Selene rise sarcasticamente – la vedo un po’ difficile, in realtà. – rispose mentre scendeva dall’auto. Si accorse però che non erano arrivati a casa, bensì al Martin’s, che quell’ora era chiuso – perché siamo qui? –

 Zayn non rispose, troppo impegnato a cercare le chiavi nella tasca del giaccone – cosa è successo tra voi? – tornò invece all’argomento principale.

 - Abbiamo discusso. Ci siamo detti cose. – i due entrarono nel locale e accesero la luce dietro il bancone.

- Non piacevoli? – provò ad indovinare lui, con un mezzo sorriso. Nel frattempo aveva messo fuori una bottiglia aperta di rosso e due bicchieri, che pulì con una pezzuola mentre Selene si sedeva allo sgabello.

 Anche lei ridacchiò, scuotendo la testa – se così si può dire… -

 - Capita, di litigare – cercò di rassicurarla il giovane, con una premura che rare volte lei gli aveva visto.

- Mi ha detto che sono una bambina e che mi intestardisco sulle cose infantili. Mi ha detto che sono una ragazzina con manie di insicurezza e che si è stancato di me. –

 Zayn fischiò, passandogli il bicchiere – però, ci è andato giù pesante. –

 - Dici? – rispose sarcasticamente la ragazza, concedendosi tuttavia un mezzo sorriso triste. Non riusciva ancora pensare a quello che era avvenuto con il suo migliore amico poche ore prima, e non poteva credere che era finito tutto.

 Il giovane la raggiunse allo sgabello, e d’un tratto sentì una pressione sulla mano posata sulla coscia: Zayn gliel’aveva stretta, a darle coraggio – vedrai, si sistemerà tutto. –

 - Non sono sicura di volere che si sistemi tutto. – ammise dopo qualche secondo di silenzio – non sarebbe più facile scappare da tutto e ricominciare? –

 - Forse. – ammise il giovane – Ma tu lo faresti davvero? –

 Selene ci pensò su, poi scosse la testa, - mi dispiace di averti chiamato, eri impegnato? –

 - Sono contento che mi abbia chiamato. – e Selene, che era famosa per il suo comportamento riflessivo e il temperamento pacato, fece quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: si sporse, posando le labbra appena socchiuse su quelle di Zayn. Durò solo una frazione di secondo, uno sfioramento che fece tremare entrambi, e non solo di sorpresa.

 E Zayn, quando lei lo guardò con un labbro tra i denti e gli occhi spaventati, sorrise e la baciò.

 

 *** *** ***

 

A Donatella e a tutti i maturandi :)

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Capitolo 15
*** Streets of London ***


Streets of London


 

 

 

 And your skin, oh yeah your skin and bones

turn into something beautiful.

and you know, for you I bleed myself dry.

Yellow, Coldplay


Olivia non era una ragazza che si poteva mettere facilmente in imbarazzo, ma stare allo stesso tavolo con Harry - sono il tuo sogno erotico - Styles non era un'impresa facile. E a quanto pare lui si sentiva allo stesso modo, dati gli sbuffi che emetteva da quando si erano seduti. La cosa più assurda, tra l'altro, era che in camera da letto - o in qualunque posto che li beccasse in intimità - tutti i muri venivano abattuti, e la ragazza si sentiva sicura e a suo agio. Nel momento in cui, però, si incontravano al di fuori di queste occasioni, la situazione diventava pesante e, ovviamente, imbarazzante.

- Ok, così non va bene. - decise d'un tratto Harry, che dovette addirittura dare un pugno sul tavolo per richiamare l'attenzione della giovane.

- Cosa intendi? - ma il ragazzo non riuscì a rispondere perché Louis e Julie rientrarono in quel momento. La nuova arrivata si sedette accanto alla sua amica e prese il menù senza parlare, ma con un enorme sorriso sul volto; Harry e Louis presero quella che doveva essere una conversazione precedentemente interrotta, poiché entrambe le ragazze non riuscirono a capire di cosa stessero parlando. Olivia ascoltò distrattamente la conversazione, in cui si era inserita anche Julie, guardando senza rendersene conto Harry. Quella sera, con le guance rosse per il freddo, il maglione con lo scollo a V e i capelli così in disordine, sembrava davvero stesse dicendo "prendimi, sono tuo!" e la ragazza non riusciva a cercare scuse buone per non seguire il tacito consiglio. Le venne quasi da ridere, un momento, quando si rese conto dei pensieri che stava facendo. Eppure lei e Harry erano stati insieme proprio quella mattina, contro il muro dello spogliatoio dei campi da tennis. E poi anche il giorno prima, a casa di lei mentre "studiavano", e quella sera in cui lei gli aveva raccontato della sua famiglia. Ed era così facile, in quei momenti, lasciarsi andare. Perché parlare, le gambe intrecciate sotto le coperte, era così bello? E i gemiti nello spogliatoio, smorzati da un bacio e una risata: perché doveva sembrare tanto semplice? E anche in quel momento, mentre lui proponeva un viaggio in auto a casa del suo patrigno per Natale, perché doveva...

- Cosa? - Olivia si risvegliò da quello stato di trance in cui era entrata, rivolgendo un'occhiata spaventata a Louis.

Il cantante rise, prendendole una mano sopra il tavolo - è bello riaverti con noi, Olivia. - le disse con tono fintamente affettato, mentre cercava di non ridere.

- Mi sono distratta mezzo attimo. Che viaggio? -

Harry guardava la sua cioccolata al caramello, mentre rispondeva; - volevamo organizzare tre giorni nella casa in campagnia di mio padre, solo noi quattro... per stare tranquilli. - la informò.

- Io... ah, ok. - e invece non andava bene per niente. In quel momento ebbe voglia di sprofondare: come avrebbe fatto a reggere tre interi giorni con lui quando il solo guardarlo la mandava in confusione? Il problema, si disse pensandoci, era che lui la faceva sentire a casa, come non le era mai capitato. Non era il divertimento con Niall, le nottate in discoteca, l'estate a girare l'Europa in sacco a pelo. Harry era tranquillità, sicurezza. Era la cioccolata calda a fine giornata, i piedi sul divano e un petto a cui poggiarsi. Era futuro, e a Olivia questa cosa spaventava. E attraeva.

- Olivia. - fu proprio Harry a richiamare l'attenzione della ragazza, alzandosi in piedi.

La ragazza alzò lo sguardo - si? -

- Vieni con me. -

- Non posso, - rispose, per niente ispirata dal tono che il giovane stava usando - devo... finire il mio té. -

Hrry sbuffò - te ne compro due scatole. Dai. - la invitò allora. Louis e Julie intanto rimasero in silenzio, la ragazza stranita e il cantante semplicemente divertito. Olivia guardò la sua amica in cerca di aiuto, non voleva rimanere da sola con lui.

Julie sorrise e le fece cenno di andare - vai, - le consigliò, per poi rivolgersi a Louis - amore, dai a Harry le chiavi della macchina, così poi la riaccompagna a casa. -

Louis, troppo impegnato a tenere la bocca spalancata per lo stupore, ci mise qualche secondo a registrare l'informazione ed eseguire il comando - tu ce l'hai, la macchina? - le chiese poi; Julie annuì e guardò sfilare Harry e Olivia verso l'uscita.

I due rimasero un secondo in silenzio, poi Louis le prese una mano da sopra al tavolo - non credi, amore, - cominciò a parlare sovrappensiero, accentando volutamente sul nomignolo che lei aveva usato per prima - che fino alla fine si scanneranno? -

Julie sbuffò - al massimo sarà Olivia a fargli cambiare i connotati. -rifletté.

- E' una tosta. Mi piace. - concordò il cantante, e poi - mi hai chiamato amore, prima. -

- Dobbiamo parlarne per forza? - chiese infastidita Julie, mentre Louis gongolava.

- No, non per forza. Ma, sai... mi hai chiamato amore! - e scoppiò a ridere, sapendo quanto questo la imbarazzasse.

Julie scosse la testa e prese un sorso di té - be', tranquillo, non capiterà più. -

- Ah, - concluse allora il ragazzo - peccato. - e Julie prese un altro sorso dalla sua tazza, solo per poterci nascondere dietro il sorriso che le era appena comparso sulle labbra.

 

*** *** ***

 

Quando Selene rientrò a casa, quella notte, tutto le sembrava rosa e meraviglioso. Aveva baciato il ragazzo che le piaceva, e lui aveva risposto. E tutto era perfetto, a cominciare dal suddetto ragazzo che lasciava le chiavi dell'auto nello svuota tasche all'ingresso e la seguiva in cucina.

- Vuoi qualcosa? Un tè? - chiese la ragazza mentre prendeva il bollitore.

Zayn rise - ti sembro un tipo che prende il té? - le fece notare con fare ovvio, indicandosi. Be', pensò Selene guardandolo dalla testa ai piedi, in quel momento sembrava solo un gran figo. Del resto nulla era importante.

- Allora niente. -

- Dai, vada per il té. Credi che Liam sia a casa? -

Selene si irrigidì un po', poi scosse la testa - non me ne importa, veramente. -

- Ah, lo so bene. - la prese in giro il ragazzo. Quando faceva così diventava così limpido che Seene avrebbe avuto voglia di abbracciarlo. Si limitò a sorridere, invece, e a servire due tazze di acqua bollente sul tavolo. Zayn le si avvicinò, fino ad avvicinare la fronte alla sua. Le sorrise, come solo lui sapeva fare per farla sciogliere, e poi si allontanò per prendere dei biscotti nella dispensa.

Selene ridacchiò - ma... passi l'intera vita mangiando? -

- Devo crescere! - rispose il giovane, porgendole un biscotto.

- No, grazie. Se ne mangio troppi cresco anch'io, ma in larghezza. - Selene mise in infusione la sua bustina, sbadigliando.

- Smettila, odio le ragazze che si fanno di questi problemi. -

- Disse quello che mangia e dimagrisce. - lo prese in giro la ragazza. Si sentiva leggera, e stava bene. Non aveva paura di niente in quel momento. Niente ansie, niente preoccupazioni. Zayn rise dandole ragione.

- Allora, Zayn... - riprese Selene, con un coraggio che nemmeno lei sapeva di avere - parlami di qualcosa. -

Zayn prese un altro biscotto - di cosa? -

- E che ne so, scegli tu! -

- Ok, - il ragazzo parve pensarci un po', poi prese a parlare - mi piacerebbe avere un locale come il Martin's, un giorno, e fare dell'hobby del barman un mestiere. - confessò.

- Non vedo perché non dovresti riuscirci. -

Il ragazzo rise e abbassò lo sguardo - tante cose, sai... i soldi, la fortuna. Vedremo. - rispose.

- Dopo il liceo sono venuta qui per studiare Lettere, e i miei genitori mi mantengono. In estate e a Natale vado a trovarli e voglio loro un gran bene - cominciò a racconatare allora Selene - be', è tutta una bugia: mi hanno umiliata e fatta sentire come se non valessi niente per diciotto anni, dopo il diploma sono scappata qui e loro mi inviano un assegno mensile inconsistente per stare in pace con la coscienza e, be'... non li vedo dall'ultimo giorno di liceo. -

Zayn alzò lo sguardo - perché me lo stai raccontando? -

- Perché tu mi hai raccontato una cosa privata e... non lo so, ho visto che eri in imbarazzo. Ora siamo pari, una cosa che non dirò mai più ad alta voce per una cosa che non dirai mai più ad alta voce. - mentre diceva queste parole, Selene si era alzata e aveva cominciato a trafficare con qualcosa al lavandino. Zayn la raggiunse e le poggiò una mano sul fianco, per farla girare.

- Grazie. - mormorò solo, avvicinando le labbra alle sue. In quel momento la porta si aprì, e una luce si accese in salotto.

- Chi c'è? Zayn? - chiamò Liam, raggiungendo la cucina. Il ragazzo, seduto nuovamente al tavolo, lo salutò con un cenno di mano.

- Ehi. -

- Ciao. Io vado a dormire. - annunciò, evitando intenzionalmente di notare la presenza della ragazza nella stanza. Lei rimase in silenzio, ferma contro il piano cottura. Quando si sentì la porta della camera sbattere i due si guardarono.

- Io... credo che andrò a dormire. Buonanotte. - furono le uniche parole della ragazza, addolorata e imbarazzata.

- Ok... notte. - rispose Zayn, prima che la ragazza sparisse nel corridoio.

 

*** *** ***

 And you can stay with me forever,

or you could stay with me for now.

Cold coffee, Ed Sheeran


Dopo il breve scambio di battute con un cameriere a cui aveva pagato il conto, Harry non aveva più spiccicato parola. In auto c'era silenzio, Olivia aveva accavallato le gambe e guardava fuori dal finestrino, cercando di calmarsi. Dove la stava trascinando? E perché continuava a non parlare? Dopo un po' non resse più, e decise di prendere parola.

- Non capisco questa buffonata, Harry, - cominciò, con tono scocciato. In realtà le piaceva stare lì, sentire la sua presenza mentre guidav troppo velecemente verso la periferia - prima mi rapisci come la pupa del boss, adesso non mi spieghi il perché... -

Harry arrivò davanti a un piccolo parco, completamente deserto, e parcheggiò - scendiamo. - disse soltanto, mentre apriva la portiera. Olivia per un momento ebbe voglia di ribattere, ma si vedeva lontano un miglio quanto anche lui fosse nervoso, quindi decise di lasciar correre e raggiungerlo.

Harry aveva le guance rosse e le mani nelle tasche, si guardava intorno e la aspettava. Quando Olivia lo raggiunse lui si sciolse in un sorriso.

- Ti metto paura? - le chiese.

Olivia ebbe voglia di negare fermamente, poi decise di rispondere siceramente - non nel modo che credi tu, però. -

Harry annuì, sempre con lo stesso sorriso sul volto - e in che modo? -

- Cosa vuoi dirmi, Harry? - lo interruppe Olivia, che non voleva esporsi troppo.

- Che anche tu mi fai paura, Olivia, e sai perché? Perché sto bene con te, a letto e fuori dal letto, e ho paura che conoscendoti meglio possa innamorarmi di te. E sai qual'è la cosa peggiore? - Olivia scosse la testa, sconvolta - che una parte di me lo vorrebbe senza esitazioni. -

- E l'altra parte? - chiese in un sussurro la ragazza.

- L'altra parte ha capito che c'è qualcosa, tra noi, che ci separa anni luce. -

Olivia annuì, cercando di rimanere fredda, poi abbassò lo sguardo per non incontrare quello del ragazzo. Magra consolazione, sapere che anche lui sentiva le sue stesse cose.

- Niall. - mormorò soltanto la ragazza.

- Lo ami ancora? -

- Credevo di si, ma adesso sono confusa. - Olivia si avvicinò e mise le mani nelle taasche della giacca del ragazzo, intrecciando le dita alle sue - cosa succederebbe se cominciassimo a frequentarci? - chiese, le labbra che sfioravano quelle di Harry.

- E' quello che mi chiedo anche io. -

Olivia annuì - e credi ne valga la pena... portare questa... cosa... al di fuori della camera da letto? -

Harry ridacchiò - l'abbiamo già portata fuori dalla camera da letto. Ricordi in salotto? O l'ultima volta ai campi? - chiese, guadagnandosi un'occhiataccia e un "imbecille, ero seria!".

- Ok, ok. Scusa. Devi capire quello che vuoi, non posso permettermi di fare lo stesso errore che ho fatto con Madison. -

Olivia annuì, gli occhi socchiusi - il weekend di Natale. - disse solo.

- Cosa? -

- Ti darò una risposta al weekend di Natale. - Olivia gli lasciò un bacio sulle labbra - ti va di passeggiare? - gli chiese poi, porgendogli una mano.

Harry sorrise, prendola - chissà che non riusciamo a fare una normale chiacchierata come una coppia civile! - scherzò.

Olivia si irrigidì un attimo, a sentir nominare la parola "coppia". Poi decise che le piaceva, pronunciata dalla voce del ragazzo, e si rilassò - male che vada il parco è deserto e ci sono un sacco di panchine! - ammiccò. Entrambi scoppiarono a ridere, poi il ragazzo la attirò a sé per rubarle un bacio.

- Non mi far penare troppo. -

Olivia sorrise e scosse la testa - promesso. -

 

*** *** ***

 

Louis e Julie passeggiavano mano nella mano in silenzio, e Julie non avrebbe potuto essere più felice. In effetti, per quanto fosse acida, trovarsi con la guancia poggiata sulla spalle del ragazzo, sorridendo come un'ebete e stringendogli forte le dita era un bel traguardo, e lei ne era abbastanza soddisfatta.

- Spero che i sedili della mia piccolina siano ancora al loro posto, domani mattina. - cominciò Louis semi serio.

Julie rise - non ti facevo tanto attaccato alle cose materiali, sai? -

- Ma... miele! - rispose con finto tono scandalizzato il ragazzo, fermandosi nel bel mezzo della strada a gurdarla - lei non è una cosa materiale. Lei è... è... la perfezione! Può fare di tutto! - gli occhi quasi gli brillavano, Julie rise e si avvicinò fino a cingergli il collo con le braccia.

- Ah, si? - chiese, mormorando - anche questo? - e gli lasciò un bacio sulla guancia - e questo - si spostò sul naso - o... questo? - le labbra si sfiorarono, poi Julie rise dell'espressione del ragazzo e si allontanò.

Louis si riprese e le afferrò una mano - dove credi di andare?! - la sgridò giocosamente, tanto da costrimgere la ragazza a correre per sfuggirgli, in un gioco tanto improvvisato quanto divertente. Il ragazzo le diede un po' di vantaggio, Julie mise due ragazze che passeggiavano tra di loro come distanza di sicurezza e rise forte, tanto che Louis riuscì ad approfittarne per prenderla per la vita.

- Dove scappi? - le mormorò sulle labbra prima di baciarla nuovamente, con tutto il desiderio di cui era capace. Fu soltanto il vociare concitato del pubblico che li fece allontanare, imbarazzati.

- Dio, è sempre così? - chiese Julie mentre raggiungevano l'auto, poco più avanti.

Louis si limitò ad annuire - e sai qual'è la cosa peggiore? - Julie scosse la testa, e così il ragazzo continuò - che in questo momento il tuo identikit è già su ogni social network possibile e immaginabile. Domani mattina invece sarai sul Sun. Divertente, vero? -

- Nemmeno ti dico. - rispose la ragazza lancindogli le chiavi e sedendosi al posto del passeggero - e perché fanno così? -

Il cantante si strinse nelle spalle - fa parte del pacchetto, miele. - si limitò a rispondere. La giovane annuì e si strinse nelle spalle.

- Per me va bene, basta che non mi infastidiscono troppo. - decise, accavallando le gambe e rivolgendogli un sorriso. Louis si schiarì la voce e non rispose, e per qualche minuto guidò in silenzio. D'un tratto aumentò la velocità e si sporse per abbassare la radio.

- Domani parto. - annunciò semplicemente.

Julie non lo guardò - fa parte anche questo del pacchetto? - chiese, irritata. Non era possibile che proprio in quel momento, con tutto che andava bene, lui dovesse partire.

- Si tratta solo di tre settimane, tranquilla. -

Julie si girò verso il ragazzo, gli occhi spalancati - tre settimane, Louis? -

- Svezia, Spagna, Italia, Belgio. - elencò allora il ragazzo.

- E la cara vecchia Londra? -

Louis non seppe cosa rispondere, così si limitò a stringersi nelle spalle. - mi dispiace. - disse solo. Julie annuì, abbastanza intristita.

- Sai qual'è la parte peggiore? - chiese d'un tratto citandolo involontariamente, quasi a se stessa - che non posso nemmeno arrabbiarmi. Voglio dire... non sono la tua ragazza, non hai obblighi verso di me e... be'... -

- Cosa? - la interruppe il ragazzo, qusi ridendo - non mi interessa come la società ci definisce, ok? Io ci tengo a questa cosa, comunque vogliamo chiamarla, e ho tutti gli obblighi del mondo verso di te. Chiaro? -

Julie annuì - Allora, - prese coraggio - non hai intenzione di frequentare altre ragazze? -

- Solo se tu non hai intenzione di frequentare altri ragazzi. - le assicurò il ragazzo, con un sorriso. Julie annuì e guardò fuori dal finestrino, una mano stretta intrecciata a quella del ragazzo sul cambio. Il cellulare prese a squillare in quel momento, spaventandola quasi.

- Pronto? - chiese, notando distrattamente il nome sul display - oh, mio dio. E'... stupendo! Va bene, si! - era così contenta che Louis si voltò a guardarla, con una punta di gelosia.

- Chi era. -

Julie sorrise - Portami a casa, vedrai! -

 

*** *** ***

And knowin' that you're gone and leavin' me behind

I gotta make you see, I gotta make you see, I gotta make you see

I still love you, I still love you.

I still love you, Kiss

 

 In quell'intreccio di braccia e lingue, non si capiva nemmeno cosa appartenesse a chi. Olivia baciò nuovamente Harry, mentre lui le slacciava il cappotto e le toglieva la sciarpa. Presto finirono sul pavimento anche i maglioni; Harry si tolse le scarpe saltellando, e Olivia rise quando quasi cadde. Un bacio smorzò la risata, e allora ci furono solo ansiti, e il rumore della lampo dei jeans che scendeva. E Harry che sussurrava cose all'orecchio, la porta che veniva chiusa e la schiena di Olivia contro la parete.

- Ti voglio... adesso. - mormorò Harry riempiendo il petto della ragazza di baci. Olivia annuì, lo aiutò a liberarsi dei pantaloni e poi... la luce si accese.

Niall Horan, in pantaloni della tuta a canotta, fece il suo ingresso in salotto, rimanendo immobile con la mano poggiata sull'interruttore.

- Tu... cosa ci fai qui? - Olivia afferrò i jeans e Niall le porse il maglione. Harry rimase in un angolo a sistemarsi, mentre i due andavano in cucina.

- Ti trovo bene, Olivia. - rispose lui con un sorriso, aggiustandole colletto del maglione. Olivia incrociò le braccia, sulla difensiva.

- Dovevi tornare tra tre settimane. -

Niall si strinse nelle spalle - avevo nostalgia di Londra. Di voi. - si limitò a spiegare.

La ragazza abbassò lo sguardo, poggiandosi contro il piano colazione per cercare stabilità - ah, si? Avavi nostalgia di noi? - chiese con tono beffardo, quasi prendendolo in giro.

Niall annuì, poi si avvicinò impercettibilmente a lei - avevo nostalgia di te. Ho capito di aver fatto un errore a lasciarti andare, mesi fa. Ti amo, Olivia, e sono qui per chiederti di tornare con me. -

 

*** *** ***

 

Eccomi. Sembra strano, ma dopo tre settimane torno a postare. Un capitolo brevissimo (il più breve fin'ora), ma pur sempre un capitolo. #Yeeee

Il problema sta nel fatto che:

a) siamo in dirittura d'arrivo e mi sento malissimo, questa storia è una specie di figlia emi dispiace da morire che stia terminando;

b) sono fomentatissima per una nuova cosa che sto scrivendo (Mary, Dona e Bea lo sanno. E ormai mi odiano.) e non riesco a non pensarci e a non scriverla;

c) il nuovo capitolo arriverà mercoledì prossimo, ma io non ci sarò e quindi lo farò postare a Dona o Chiara (devo ancora chiedere, ma dettagli) e poi mancherà davvero poco.

Note di servizio: nel prossimo capitolo si avrà un salto temporale di un mese, per due ragioni fondamentali:

1. non voglio annoiare scrivendo capitoli vuoti, dal momento che uno dei protagonisti mancherà e non avrebbe senso;

2. sento che se la continuassi ancora per molto, la storia diventerebbe noiosa. E noi non vogliamo che diventi noiosa, vero?

Note di servizio numero due: grazie per le recensioni, inserimento in preferite/seguite/ricordate e bla bla bla. Vi amo.

Scusate se non posso passare dalle storie che mi consigliate, ma (e guarda un po') sono quasi più impegnata adesso che in inverno, tra studio, mare, amici e... ok, sono scuse. E' che fa caldo e non mi va di stare al pc. Amen.

Alla settimana prossima (e complimenti a me per le note che sono più lunghe del capitolo!).

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Capitolo 16
*** I won't let you go ***


I won't let you go


 


I'm not over

I'm not over you just yet

Cannot hide it

You're not that easy to forget

I'm not over, Carolina Liar

 

Nelle settimane che seguirono, tutto tornò alla normalità. E quando si parlava di normalità, Selene cominciava davvero ad arrabbiarsi. E intristirsi. Perché non le piaceva il fatto che Zayn, dopo quella perfetta notte, avesse ricominciato a trattarla come un'estranea, a provarci con tutte le ragazze che entravano nel locale – non che lei avrebbe potuto impedirlo in alcun caso, comunque – e a non incrociare il suo sguardo nemmeno per sbaglio. Liam, poi, non le era di aiuto. In quasi un mese, si erano incrociati in cucina nemmeno quattro volte, e solo perché magari uno dei due non era stato troppo attento prima di uscire dalla propria camera. Zayn, che aveva trovato una stanza in un appartamento poco distante dalla loro casa, passava comunque tutti i pomeriggi prima di andare al locale nel suo soggiorno, giocando alla play station o leggendo – sì, perché a quanto pareva lui leggeva – in silenzio mentre il suo nuovo amico del cuore studiava ricurvo sul tavolo della cucina. Selene, che i primi giorni aveva cercato di ignorare cordialmente sia Liam che Zayn, negli ultimi tempi non riusciva più a reggerli, soprattutto considerando che passava la mattina e parte del pomeriggio a evitarli a casa, e il resto del giorno ad ignorarli al Martin's. E così ormai trascorreva il suo tempo divisa tra l'appartamento di Julie e Olivia – dove, da quando era arrivato Niall, c'era sempre confusione e musica ad alto volume e qualcuno che urlava o cantava a squarciagola o chiacchierava allegramente in cucina – e la biblioteca dell'Università, ormai diventata sua seconda casa un po' perché tutta quell'euforia le faceva venire l'emicrania, e un po' perché era Novembre inoltrato, e prima della pausa natalizia avrebbe dovuto dare tre esami. Il che non era del tutto il male, se poteva trascorrere un sacco di ore lontana da casa ogni giorno. E poi dopo gli esami non avrebbe avuto motivo di rimanere a Londra per la Vigilia, e magari sarebbe tornata a casa. Forse, si disse mentre si sedeva al tavolo di noce un po' appartato della biblioteca, quando sarebbe tornata le cose con Liam avrebbero potuto prendere una piega migliore, e Zayn poteva sempre decidere di tornarsene nell'ombra dove aveva gentilmente vissuto nei precedenti vent'anni.

- Ehi, Selene! - una ragazza con i capelli rossi si sedette accanto a lei, un libro tra le mani. Shiver, quello era il suo nome, era ormai la ragazza ufficiale di quello che fino a poco tempo prima Selene considerava il suo migliore amico. Per un attimo si pentì di averlo aiutato a non fare la figura dell'idiota al primo appuntamento. E poi, rifletté mentre sorrideva alla ragazza, i suoi sforzi erano stati del tutto vani: se una persona era idiota, poco potevi tentare di fare per risolvere le cose – è un po' che non ti si vede in giro, come stai? -

- Bene, un po' stressata per gli esami. - rispose Selene cercando di fingere di essere troppo concentrata sugli appunti che aveva davanti.

Shiver se ne accorse, perché prese un respiro come se stesse riflettendo su come continuare la conversazione – senti, - si decise infine – lo so che le cose tra te e Liam non vanno tanto bene ultimamente, ma lui ti vuole bene, e sono certa che si rimetterà tutto a posto. 

- Ti ha detto perché abbiamo litigato? - chiese inespressiva Selene. Perché, perché quella ragazza stava facendo di tutto per rendersi antipatica ai suoi occhi? La gente non sapeva sul serio farsi gli affari propri.

- No. 

- Bene, allora in base a cosa puoi parlare? - il tono era probabilmente stato troppo brusco, ma non le andava che una quasi estranea si intromettesse nei suoi affari.

Shiver, probabilmente resasi conto della gaffe che aveva appena fatto, cambiò il tiro – hai ragione, scusami. 

- No, scusami tu. E' che sono un po' stressata per tutta la storia di Liam e Zayn... 

- Zayn il barman che non sopportavi? - Selene le aveva parlato di lui, la prima volta in cui si erano conosciute e qualche altra quando si erano viste a casa. L'altra ragazza frequentava la sua stessa facoltà, e si erano viste diverse volte nei mesi precedenti, anche solo per un tè.

Selene chiuse il libro e si girò verso Shiver – no, - scandì bene, come se stesse costando un enorme sforzo – Zayn il barman che mi ha baciata e poi non mi ha più rivolto la parola. 

- Divertente. Per quale motivo? - il tono dell'altra ragazza si fece più cinico.

- Chiedilo a lui. - rispose serafica Selene, per poi tornare al suo studio – tu invece, tutto bene con... 

Shiver si affrettò ad annuire – mi dispiace che ultimamente abbiamo avuto modo di vederci. Perché non organizziamo qualcosa? - propose d'un tratto, accendendosi in un sorriso.

- Tipo... cosa? 

- Non lo so... solo ragazze, andiamo in giro per qualche locale, magari ci fermiamo in una discoteca carina... 

Selene ci pensò su – non lo so, - borbottò infine – non è esattamente il mio genere. 

- E allora? Dai, una volta non ha mai ucciso nessuno! Chiamo anche Demetria, la mia migliore amica. Non credo che tu la conosca, ma ti piacerà di sicuro! Puoi avvisare le tue amiche, se ti va... 

Nuovamente Selene ci pensò. Shiver era simpatica e le si era sempre dimostrata amica, nonostante non si frequentassero tutti i giorni, e poi se la meritava una nottata di bagordi, ogni tanto. Che cosa poteva mai succedere di male? Ripensò per un istante alle conseguenze che aveva avuto quel pensiero l'ultima volta, ma lo represse velocemente. - Sai che ti dico? Ci sto. - decise allora, sorridendo alla sua amica – chiamo anche Olivia e Julie, così saremo in cinque. 

- Perfetto! - ormai Shiver era in visibilio, le sorrise e si alzò leggendo un sms – c'è... mh... devo andare. - per un istante stava quasi per dire che Liam era andato a prenderla, ma in un moto di delicatezza decise di evitare. Selene sorrise e scosse la testa, come a volerle dire che non importava – vuoi che... te lo saluti? - azzardò.

Selene tornò ai libri con un sospiro – no, noi... lascia perdere, è meglio. 

Shiver annuì, poi prese la borsa – sono contenta che possiamo continuare a vederci. Sei una brava ragazza, e Liam è un idiota se non capisce cosa ha lasciato andare. - il tono con cui disse quelle parole fu così sincero e convinto che quasi Selene si commosse.

- Ti mando un sms appena sento le ragazze. - rispose poi. Un attimo dopo Shiver si dileguò e Selene riuscì a tornare a studiare. Le piaceva davvero tanto la compagnia di quella ragazza, ed era contenta di poter trascorrere qualche ora con lei e le altre. Alla fine Liam, per quanto idiota poteva essere, aveva fatto bene la sua scelta. Gli augurò mentalmente di non fare lo stupido anche con lei, e in silenzio continuò a studiare fino a quando il suo cellulare non squillò. Aveva previdentemente messo la sveglia al cellulare per non fare ritardo al lavoro, dove ormai faceva il turno di notte approfittando della fine delle lezioni e della paga migliore. L'unica nota stonata stava nel fatto che la stagione aveva costretto il proprietario a tenere due soli ragazzi per ogni turno e, per ovvie ragioni, lei doveva trascorrerlo con Zayn. Durante il viaggio in tram la ragazza ne approfittò per dare appuntamento alle sue amiche al locale per sms e a leggere un qualche pagina di un romanzo che aveva preso in prestito quel pomeriggio. Purtroppo però, presto arrivò la sua fermata, e dovette scendere attenta a non accalcarsi agli altri passeggeri. Il locale era a un centinaio di metri, ma i primi fiocchi di neve della stagione avevano colorato di bianco i marciapiedi, tanto da costringere Selene a camminare piano per non scivolare.

Il Martin's era caldo e pieno di gente che sorseggiava tè e cioccolata calda, per lo più studenti della vicina università e mamme con bambini piccoli. La ragazza accolse con un sorriso la ventata bollente che fece diventare rosse le guance, si tolse il cappotto e la sciarpa e si passò una mano tra i capelli sempre troppo corti, che si erano scompigliati a causa del berretto di lana.

- Buonasera. - salutò mentre si infilava velocemente dietro al bancone. Tracy e Steve, i ragazzi che facevano il turno prima di lei, le sorrisero stancamente e si tolsero i grembiuli neri con un sospiro contento. Chiacchierando allegramente infilarono i cappotti e le sciarpe ed uscirono dal locale salutando la nuova venuta con un sorriso. Selene decise di non aspettare Zayn, e cominciò a mettere sul bancone le bottiglie di alcolici sistemandole secondo una logica ben precisa, per non confondersi poi quando avrebbe dovuto preparare i drink. Quando il suo collega arrivò, la ragazza aveva ormai preparato le postazioni di lavoro per entrambi e stava pulendo il bancone.

- Ciao. - Zayn passò dietro al bancone e si sistemò la camicia nera con un gesto distratto.

Selene guardò l'orologio – sei in ritardo. 

- Scusa. Non capiterà più. - rispose monocorde il ragazzo, mentre controllava le bottiglie e sistemava la bottiglia di vodka alla pesca. Selene si trattenne a stento dallo sbuffare, ma i primi ragazzi entrarono per un Martini, e la ragazza riuscì a scollegare i pensieri per un po'. Aveva scoperto nel frattempo che il mestiere da barman le piaceva, e ormai si muoveva abbastanza facilmente tra once e ricette. Certo, ogni tanto qualche bottiglia volava per terra, ma in linea di massima poteva dirsi del tutto soddisfatta del lavoro che sera dopo sera faceva. L'inverno, comunque, non lasciava spazio a troppi clienti, così che quando Julie e suo fratello entrarono nel locale, Selene poté prendersi una pausa senza problemi. Preparò due drink invisibili, ne colorò uno con il cocco e l'altro con la fragola e si concesse un Piña Colada che aggiunse al vassoio. I due intanto si erano sistemati nel solito tavolino appartato che solitamente tutti evitavano, e stavano chiacchierando fitto. Da quando Niall era arrivato, tre settimane prima, non lo aveva mai visto distante più di cento metri da sua sorella, come se in così poco tempo avessero voluto recuperare tutto quello che non potevano dirsi durante i lunghi periodi lontani.

- Buonasera, fratelli Horan! - li salutò con un sorriso la ragazza, andandosi a sedere. Mise l'invisibile al cocco tra le mani di Niall e diede quello alla fragola a Julie, che controllava il cellulare – allora, come va? 

Niall si strinse nelle spalle – cerco di convincerla a smetterla di tormentarsi per Louis. 

- E ci stai riuscendo? 

Il ragazzo la guardò sarcasticamente – sembra che io ci stia riuscendo? - chiese con una mezza risata, osservando sua sorella che continuava a fissare il telefono, magari in cerca di un miracolo. Le cose non andavano bene tra lei e Louis, perché non era normale per una coppia fresca come la loro stare tanto distanti. Selene prese dolcemente il cellulare dalle mani della sua amica e le sorrise mentre lo faceva sparire nella tasca dei jeans.

- Smettila di tormentarti, Julie. 

L'altra si passò una mano tra i capelli – io non mi tormento. Stavo solo controllando l'ora. - rispose, cercando di essere superiore. Non ci voleva molto a capire quanto tutta quella situazione la stesse facendo soffrire. Nel frattempo al suo braccialetto si erano aggiunti altri tre ciondoli, regali di Louis un pomeriggio in cui era potuto scappare a Londra prima di ripartire per il Belgio, ultima tappa di quel mini tour per presentare il DVD del suo tour. C'era un fiocco di neve stilizzato che aveva comprato in Svezia, un cornetto rosso direttamente da Madrid e un fiore di cristallo che aveva preso a Milano, in un raro momento di libertà. Quei regali erano le uniche cose che però aveva di Louis, dal momento che non poteva quasi mai stare al telefono, rispondeva telegraficamente agli sms e non lo sentiva in nessun modo da almeno tre giorni.

- Nella casella sms? - rise Niall, che poggiò il bicchiere sul tavolino e si allungò sulla sedia. Era sempre stato un ragazzo mingherlino, di quelli con il ciuffo alla Justin Bieber che passava assolutamente inosservato. L'esercito, invece, lo aveva reso completamente diverso: aveva schiarito i capelli, si muoveva con fierezza ostentando i nuovi muscoli, l'apparecchio era sparito e lo sguardo, una volta insicuro, adesso era malizioso e ammiccante. Selene dovette ammettere a se stessa che non era niente male, lì con un paio di jeans stretti e una felpa grigia.

- Che c'entra, - sbuffò la sorella piccata, mentre metteva a posto il cellulare – ma guarda un po' che te ne vieni da dove te ne vieni solo per sfottermi! 

Niall ci pensò su – vieni da dove te ne... lasciamo perdere. 

- Ok, stiamo perdendo di vista il punto principale del discorso! - Selene interruppe quel siparietto ricordandosi del perché avesse chiamato la sua amica. Zayn, che aveva appena finito di servire due clienti, era ormai libero e si avvicinò al tavolino.

- E sarebbe? - chiese Niall.

- Tu non c'entri, Niall! Dicevo... - riprese, mentre il ragazzo riprendeva il suo drink in mano con espressione scontenta – che ne dici se domani sera ce ne andiamo per locali? Io, tu, Olivia e un paio di mie amiche dell'Università. - sparò. Julie ci pensò per un paio di secondi, poi annuì e recuperò il cellulare, con cui cominciò a scrivere un sms.

- Per Olivia va bene, purché sia dopo le dieci. - annunciò contenta qualche istante dopo. Le ragazze cominciarono allora a chiacchierare vivacemente su cosa avrebbero indossato e dove sarebbero andate, fino a quando non furono interrotte da Zayn.

- Io domani lavoro. - annunciò, guardando Selene. La giovane rimase un po' in silenzio, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.

- E... allora? 

- Allora non potrò venire a recuperarti come l'ultima volta, stai attenta. - e detto questo si allontanò dal gruppo. Selene sbuffò e si lasciò andare contro la sedia.

Julie le accarezzò un braccio – vai a parlargli. 

 

*** *** ***

 

Ormai i vicini li odiavano. Da quando Niall era tornato a casa non esisteva ora di giorno o di notte in cui non ci fosse qualcosa che suonasse o qualcuno che strillasse, o entrambi contemporaneamente. A Julie però non importava, troppo contenta di avere il fratello finalmente a casa mentre Olivia, che aveva realizzato che per rimanere nei tempi doveva mettersi davvero a studiare, trascorreva così poco tempo a casa che comunque non se ne accorgeva nemmeno. In effetti Niall non era troppo convinto che lei evitasse l'appartamento solo per motivi di studio, ma aveva saggiamente deciso di darle i suoi tempi. In fondo, si era detto dopo un paio di giorni, lui aveva avuto bisogno di mesi interi per capire cosa provasse davvero per Olivia, e quindi non poteva far altro che lasciarle un po' di spazio per venire a patti con se stessa. Erano fatti l'una per l'altra, e su questo non si poteva assolutamente discutere. O almeno, lui la amava davvero tanto, e aveva preso tutti quei giorni di licenza solo per poter tornare a casa e cercare di farsi perdonare. Dopo tutto quello che era successo a Dublino, Niall aveva sul serio pensato di lasciar perdere tutto e ricominciare daccapo in una nuova città, e dimenticarla per sempre. Ovviamente questo ottimo proposito non era durato dalla fermata dell'autobus all'aereoporto, e i sensi di colpa erano cominciati dopo nemmeno quarantotto ore dalla rottura. E allora, sapendo che lei lo amava e lo aspettava a casa, perché non era tornato subito? In effetti, valutò il ragazzo mentre usciva dalla doccia e si avvolgeva un telo intorno ai fianchi, non aveva fatto completamente un errore. Se fosse tornato indietro subito non sarebbe cambiato niente. Lui, almeno, non sarebbe mai diventato così. L'esercito, non lo avrebbe mai immaginato, lo aveva trasformato in un uomo sicuro di se e meno scellerato del ragazzino che andava per pub tutte le sere con gli amici. Se non altro adesso poteva contare su delle certezze, che lo aiutavano anche a capire cosa volesse davvero dalla vita. E tutto quello che voleva, si era reso conto, era Olivia. Gli era mancata ogni istante, ogni respiro, ogni pensiero. Tutto quello che aveva fatto in quel tempo, dagli allenamenti al nonnismo al rigore militare, era per crescere e diventare una persona migliore. Solo per lei, perché mai avrebbe potuto immaginare una vita senza il suo sorriso, la sua voce. Ed era tornato per dirglielo.

Niall si guardò intorno spaesato entrando in cucina, cercando di ricordare se nel frigo ci fossero almeno delle uova. Al bar, un'ora prima, non aveva nemmeno pensato a mangiare qualcosa. Invece l'intera dispensa, oltre al pane integrale e ai biscotti senza zucchero, era completamente vuota. - Fantastico. - borbottò, mentre prendeva l'elenco telefonico per cercare una pizzeria a domicilio. In quel momento la porta si aprì, e proprio Olivia entrò parlando al cellulare. In un primo momento non si accorse della presenza del ragazzo in cucina, e senza pensarci chiuse la chiamata e si tolse le scarpe e le calze. Niall pensò che fosse bellissima, così con il maglione che le pendeva un po' dalla spalla destra e i piedi minuscoli e nudi sul pavimento.

- Ciao, Olivia.

La ragazzo si voltò di scatto e si sforzò ad alzare una mano in segno di saluto. Alzò il riscaldamento e si rifugiò in camera sua senza aggiungere nulla. Niall si strinse nelle spalle e continuò a cercare il numero di una pizzeria. Al telefono ordinò per entrambi, quando erano più piccoli rimanevano spesso a casa a guardare film, e ormai conosceva i suoi gusti in fatto di pizza e birra. Soddisfatto si andò a sedere nel salotto e spense la radio. Cominciò a vedere un reality di ragazze americane rimaste incinte a sedici anni, mentre in realtà cercava scuse per andare in camera da Olivia. Dopo nemmeno cinque minuti, però, decise di bussare lo stesso alla sua porta, sperando in un'illuminazione divina al momento giusto.

- Che... che ci fai qui? - chiese la ragazza, poggiata contro lo stipite della porta.

Niall cercò per qualche istante una risposta intelligente, poi sospirando si rassegnò a dire la verità – ero di là e cercavo una scusa per venire a bussare. - cominciò.

- L'hai trovata?

- No, ma vorrei entrare lo stesso. - rispose. Olivia represse un sorriso, mentre ci pensava. Poi aprì la porta e lo lasciò passare in silenzio. Niall si accomodò sul letto a una piazza e mezza e si guardò un po' intorno. Nelle tre settimane che aveva già trascorso a Londra, non si era mai azzardato ad entrare nella camera della ragazza, e non aveva potuto notare quanto fosse cambiata. Cresciuta. Un mucchio di libri giaceva abbandonato sulla scrivania, accanto a un blocco per appunti mezzo scritto e a una matita. Niall ricordò con un sorriso la strana avversione che aveva Olivia per le penne, e se ne rallegrò quando scoprì che almeno in una piccola cosa come quella non era cambiata.

- Ho ordinato la pizza anche per te. Prendi sempre la Corona, vero?

Olivia si sedette accanto a lui, con le gambe raccolte contro il petto – te lo ricordi.

- Non ho dimenticato niente di te.

A quella battuta seguì del silenzio, rotto solo dallo sbuffo della giovane – non ricominciare.

- A fare cosa?

- Questo! Non credere di poter venire qui come se nulla fosse e...

Niall sorrise – e confonderti?

- Già.

- Piccola, se fossi sicura di quello che provi per lui non saresti confusa adesso. Lo sai?

Olivia rimase in silenzio. Odiava questo nuovo Niall, così attento e riflessivo, e soprattutto odiava la sensazione che le dava la sua voce che scandiva quel “piccola” come se nulla fosse – lui ha un nome, ed è Harry. E comunque non si tratta di questo. - ci tenne a precisare, solo per prendere tempo.

- No? E allora di cosa si tratta? - Niall si avvicinò alla ragazza e le prese le mani – abbiamo commesso entrambi degli errori, e questo lo sappiamo. Io ti amo, e tu ami me. Perché non possiamo stare semplicemente insieme?

- Perché io sono stata per un anno con il cellulare in mano, sperando in un tuo messaggio o... non lo so nemmeno io in cosa. E tu eri lì e mi hai lasciata da sola.

Niall l'abbracciò di colpo – mi dispiace tantissimo – mormorò – ma ti giuro che se mi sceglierai di nuovo non ti lascerò mai più sola, nemmeno per un istante.

Olivia si fece cullare da quelle braccia – scegliere?

- Ho visto come ti guarda, Olivia. C'è qualcosa tra voi e sotto un certo punto di vista sono contento che sei riuscita ad essere felice. Ti ho fatta soffrire e...

Olivia annuì contro il suo petto. Quello strano abbraccio era troppo intimo e troppo familiare perché riuscisse a capire molto. Era con Niall, e lo amava. Lo aveva sempre amato. Perché allora era così difficile sceglierlo?

- Dammi del tempo, ok? - Olivia alzò lo sguardo puntandolo in quello di Niall, che le sorrise annuendo.

- Vuoi che vada via?

La ragazza fece segno di no con la testa, poi si stese trascinandolo con sé – ho bisogno di te, Niall. Ho bisogno di capire se quello che provi è vero e quello che dici è la verità. Non posso permettermi di rimanere delusa così un'altra volta.

- Va bene. Vorrà dire che il fattorino rimarrà sulla porta per i prossimi dieci anni! - scherzò accarezzandole la schiena. Rimasero in silenzio per un po', poi il respiro della ragazza divenne più regolare. Niall si addormentò poco dopo.

 

*** *** ***

I'm a fool for I believed your lies

But now I've seen through your disguise

Who needs, well I don't need,

who needs you?

Oh I believed you.

Who needs you, Queen

 

Quando furono quasi alla chiusura e riuscirono ad andare nel laboratorio, Selene si accorse che più che intimidita, si sentiva arrabbiata. E non di quelle arrabbiature che vengono così, perché la prof ti ha dato 26 quando meritavi ventinove o addirittura trenta. Era incazzata come una bestia, e lo sguardo di Zayn non aiutava di certo la causa.

- Tu non ci andrai. - disse soltanto il ragazzo, le braccia incrociate al petto.

- Credevo avessimo già affrontato l'argomento. Tu ti fai gli affari tuoi e siamo tutti più felici. - Selene era scioccata da quell'ennesimo cambio di tono, e incrociò a sua volta le braccia.

Zayn si avvicinò di qualche passo, mentre uno strano sorriso gli increspava le labbra – tu sei affar mio.

- Ah, si? E da quando? - il tono della ragazza era piccato, per nulla facile da ammorbidire.

- Da quando... andiamo, Selene! Sai cosa intendo!

La ragazza fece cenno di no con la testa – spiegamelo tu, perché davvero non lo so. Se poi ti riferisci all'avermi baciata e poi ignorata completamente è un'altra storia.

Zayn rimase in silenzio, lo sguardo basso. Selene si sentì in potere di continuare – non credere di poter dettare il bello e il cattivo tempo a tuo piacimento. Ho già abbastanza affari da sbrigare senza le tue manie da primadonna mestruata. - e finito di parlare si girò e raggiunse in fretta la porta. Il giovane però non la lasciò proseguire, fermandola per un braccio. E, senza pensarci, la baciò. Quella volta però Selene sentì solo un vago disgusto, mentre lo respingeva – cosa vorresti dimostrare così?

- E dai, Selene! - era strano come avesse pronunciato tante volte il suo nome, quando solitamente evitava sempre di farlo. La ragazza si accorse che, nonostante tutto, quel suono le piaceva molto se emesso dalla sua voce, ma respinse quel pensiero quasi immediatamente.

- E dai cosa? Se credi che ti basti fare il prepotente ogni volta che c'è qualcosa che non va, allora non hai capito niente di me. E sai perché? Perché non ti sei mai sprecato a volermi conoscere. Capisci cosa vuoi, poi ne riparliamo.

Il ragazzo rimase in silenzio e non ebbe nemmeno il coraggio di fermarla nuovamente, mentre Selene usciva finalmente dal laboratorio.

 

*** *** ***

 

Louis riuscì a liberarsi da un gruppo particolarmente devoto di fan, solo quando il concerto era ormai finito da due ore. Si sentiva stanco, aveva voglia di tornare a Londra quella sera stessa e di mangiare la pasta di Harry. Un tizio del suo managment, che era quasi convinto si chiamasse Tod, non la pensava esattamente come lui.

- Lou, eccoti. Vieni un attimo qui. - al ragazzo non piacque quel diminutivo detto da voce estranea, ma si rassegnò a seguire l'uomo fino ad una delle stanze nel retro del teatro. Attorno a un tavolo, in una gretta imitazione di Re Artù e i suoi cavalieri, stava il team intero che lo aveva aiutato ad arrivare al successo in compagnia di una delle ragazze più belle che avesse mai visto.

Il capo del gruppo prese la parola, mentre il ragazzo si sedeva accanto alla nuova arrivata – Louis, ti presento Sophie Collins. E' il nuovo angelo di Victoria's Secret e trascorrerete un sacco di tempo insieme nei prossimi mesi.

- Non capisco.

- Non c'è molto da capire. Vi frequenterete per sei mesi, così da darvi visibilità a vicenda. Poi, quindici giorni prima dell'uscita del tuo prossimo singolo romperete.

Sophie non sembrava a sua volta molto contenta della soluzione, ma se ne stava seduta lì accanto in ascolto – questa situazione è strana anche per me. - mormorò dopo qualche secondo di silenzio.

Louis annuì, poi si alzò – interessante, ma... no, grazie. Sono già impegnato.

- Lo sappiamo, - riprese Tod – ma dovrai lasciarla stasera stessa e andare in un locale con Sophie. Sarà solo per sei mesi.

Fu proprio a questa che Louis si rivolse – e tu cosa ci guadagni? - le chiese, ma senza attendere risposta si alzò e uscì dalla stanza. All'esterno faceva freddo e tirava vento, ma lui quasi non se ne accorse. Il contratto diceva che doveva fare tutto quello che gli veniva chiesto dai suoi manager, ma questo... non amava Julie, o almeno era troppo presto per dirlo, ma teneva a lei e a quello che stava nascendo. Per quanto in quel periodo non le fosse stato molto vicino, a causa dei tremila impegni che aveva avuto, l'aveva pensata ogni momento, e non gli piaceva un prossimo futuro senza di lei. In quel momento uscì anche Sophie, con un cappotto rosso stretto con un cinturino intorno ai fianchi. Si accese in silenzio una sigaretta e la passò al ragazzo, poi ne accese una per sé e si poggiò senza troppi pensieri contro il muro accanto a Louis.

- A me l'hanno detto stamattina, durante una pausa dal photoshoot che stavo facendo. - si interruppe un attimo per prendere una boccata – mi hanno detto che è una cosa necessaria per la mia carriera.

Louis fumò ancora per qualche minuto, fino a quando non arrivò al filtro – non mi interessa. Io ho già una ragazza.

- E io anche, che credi?

Nuovamente il ragazzo rimase in silenzio – non c'è nulla che possiamo fare?

- Ci possiamo inventare qualcosa, ma per il momento...

- Devo fare una chiamata.

Sophie annuì, staccandosi dal muro – mi stai simpatico, Louis.

Quello non rispose, limitandosi a comporre il solo numero che poteva chiamare in quel momento.

- Questo è un pasticcio, Boo. - furono le prime parole di Harry, accompagnate da un fischio, quando Louis finì di raccontargli tutto.

- Smettila di dire le cose ovvie e trovami una soluzione.

Harry rise – Boo, ti rendi conto che sono le due del mattino? Perché non chiami mai ad orari decenti?

- Perché così è più intimo, no? - rise Louis – sono serio, Harry. Come faccio?

- Devi decidere, no? Se è più importante Julie o la tua carriera. Anzi, - ci ripensò soffocando uno sbadiglio – se è più importante la tua vita pubblica o quella privata. -

Louis sbuffò – questo che mi aiuta.

- Perché non ne parliamo domani? Ho sonno, Boo. - piagnucolò Harry

- Grazie mille, eh. Buonanotte

- Finalmente! Notte, Boo. - borbottò infine Harry, chiudendo la chiamata. Louis rimase solo, ed ebbe solo una gran voglia di picchiare qualcuno.

 

*** *** ***

 

Poche parole: grazie solo a chi, nonostante i miei continui ritardi, continua ad avere la pazienza di aspettare il nuovo capitolo. Grazie alle persone che mi sono davvero vicine in ogni momento (sì, Dona, parlo soprattutto con te!), perché senza non riuscirei a fare davvero nulla. Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, e a chi perderà tempo a recensire anche questo.

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Capitolo 17
*** Canzone dell'amore perduto ***


Canzone dell'amore perduto

 

 

You had my heart inside of your hand

And you played it

To the beat.

Rolling in the deep, Adele


Il venerdì mattina Julie, con due libri di Anatomia tra le braccia e una tazza di caffè americano tra le mani si sedette al divano del salotto per studiare e concentrarsi un po’. Aveva provato a sentire Louis quella mattina, ma quando qualcuno di molto più adulto e molto meno flessibile aveva risposto al suo cellulare, la ragazza aveva sbuffato e aveva deciso di lasciar perdere almeno per qualche ora. Quattro giorni che non rispondeva al cellulare, ai messaggi e alle mail. Julie accese il televisore e fece zapping quando proprio la faccia di Louis, sorridente e maliziosa come sempre, comparve sul primo canale.

- Credo che si fantastico il fatto che i fan vengano davanti all’hotel o al ristorante dove sto pranzando. Ci tengono a me, non sarei qui se non fosse per il loro supporto. – Julie quasi poteva immaginare il manager dietro la telecamera che annuiva soddisfatto e le venne quasi voglia di dare di stomaco.

Intanto l’intervista, di una radio finlandese, continuava e Louis sorrideva e rispondeva, – qual è la parte migliore e la parte peggiore dell’essere Louis Tomlinson?

- Credo... la parte migliore è l’essere qui, poter fare musica e poter realizzare il mio sogno. La parte peggiore… - il ragazzo si fermò, Julie credette che non avrebbe più risposto alla domanda, ma durò solo un secondo – non poter essere sempre insieme alle persone che amo. Sono spesso in giro e sento molto la mancanza della mia famiglia e dei miei amici.

- A proposito di amici, Louis, - riprese allora l’intervistatore, con un sorriso complice – ce n’è qualcuno di particolare? –

Louis scoppiò a ridere, fraintendendo deliberatamente la domanda, – be’, Harry e io siamo amici da un sacco… - e facendo divertire tutto il pubblico.

- Sai a cosa mi riferisco, su! – Julie ebbe un tuffo al cuore e dimentica della tazza traballante sul ginocchio e dei libri buttati a casaccio sul divano si protese verso la televisione.

- Ah, in quel senso! – finse di cadere dalle nuvole – sto frequentando una ragazza, sì.

- Ed è una cosa seria? – il tono dell’intervistatore divenne confidenziale.

Louis sorrise, mentre scuoteva la testa, – non lo so, ci vediamo da poco; ma lei è fantastica, vedremo come si evolveranno le cose.

- Be’, qui sappiamo che non senti molto la sua mancanza… com’è stato il concerto dei Coldplay di ieri sera? – continuò l’uomo, in quello che sembrava un copione del tutto prestabilito. Julie cominciò a non capire molto il senso di quella conversazione. Lei e Louis si vedevano da poco, ma non erano mai stati ad un concerto. E poi lei era a Londra, quindi…

- Piacciono molto sia a me che a Sophie, è stato bello poterci andare insieme. – il cellulare di Julie cominciò a squillare quasi contemporaneamente, e lei rispose come in trance. Selene, dall’altra parte della cornetta, cominciò a parlare a raffica.

- Hai un secondo nome?

Julie scosse la testa, ricordando solo in un secondo momento che doveva necessariamente parlare affinché l’amica carpisse la sua risposta; - no.

 - Un soprannome? Un vezzegiativo?

Julie si alzò dal divano e prese la tazza, ormai in procinto di cadere sul tappeto – Selene, io sono a Londra. – disse allora.

- E allora chi è questa?

Julie sospirò, – non ne ho idea, ma a quanto pare io e Louis abbiamo appena rotto.

- E perché tu non ne eri al corrente?

- Avrà voluto farmi una sorpresa. – ribatté sarcastica.

- Che sorpresa del cazzo. – solitamente la ragazza non diceva mai parolacce, e Julie si ritrovò ad essere doppiamente concorde con lei; - ci vediamo tra un’ora? Andiamo a fare colazione insieme?

- Perché no, intanto vado a svegliare Olivia.

- A dopo. Ti voglio bene. – Julie sorrise, versò senza farci troppo caso il caffè nel lavandino ed infilò un paio di jeans, un maglione di lana bianca di suo fratello e un paio di stivaletti marroni. Non si truccò lasciò gli occhiali da vista in bilico sul naso ed entrò in camera della sua migliore amica senza bussare, trovandola vuota. Non le ci volle molto per fare due più due: mise il cappotto, un berretto di lana che le ricadeva all’indietro sul capelli ricci e uno sciarpone che la copriva fino al naso, lasciò un biglietto sull’angolo colazione ed uscì di casa. Fu solo quando si sedette in metropolitana che ebbe modo di pensare sul serio a quello che era appena successo. Decise di partire dal principio: si erano visti l’ultima volta tre settimane prima e non avevano litigato, anzi; lui era partito e nei primi giorni la chiamava anche tre volte al giorno e si scambiavano decine di sms. Le era arrivato il regalo dalla Spagna, che aveva aggiunto al braccialetto con un sorriso e il cuore accelerato. E poi? Le chiamate si erano diradate, lui aveva un sacco di impegni e spesso il cellulare rimaneva nelle mani del suo manager, che ignorava ogni tentativo di comunicazione da parte della ragazza. Lui l’aveva chiamata la settimana prima mentre era in aereoporto, le aveva detto che le mancava un sacco e che non vedeva l’ora di tornare a casa. Lei gli aveva chiesto se stesse facendo il bravo, la sua voce mentre rispondeva era così stanca che lei non aveva avuto dubbi nel crederci. Quel pomeriggio era arrivato il fiore di cristallo dall’Italia. Dopo quella chiamata c’erano stati solo sms. Lui rispondeva ad uno ogni sei che lei gliene inviava, ma tutte le volte le diceva che era impegnatissimo e che non poteva stare al cellulare, ma che sentiva la sua mancanza. Una volta gli aveva scritto che Stoccolma era bellissima, ma che sarebbe stata ancora più bella se lei fosse stata lì in quel momento. Due giorni dopo era arrivato un corriere con un pacchetto contente un fiocco di neve minuscolo; Julie aveva letto il bigliettino scritto con la sua grafia disordinata che ormai aveva imparato a conoscerlo, mandandolo addirittura a memoria visto che lui non aveva più risposto ai suoi messaggi. Era passato ancora un giorno, poi, e Julie aveva pensato che probabilmente era eccessivamente occupato per stare al cellulare, ma nonostante tutto non era riuscita a nascondere la delusione. Non si era nemmeno res conto che ormai dipendeva dalla sua voce e dai suoi messaggi. Probabilmente, se lui fosse stato più tempo a Londra, avrebbe avuto modo di diventare dipendente anche dai suoi occhi. E invece lui aveva preso l’ennesimo aereo ed era atterrato a Dublino, e i giorni erano diventati quattro. E poi c’era stata quell’intervista. Il cellulare prese a squillarle nell’enorme borsa che portava al braccio e ci mise qualche secondo per trovarlo e rispondere.

- Miele. – Julie rimase in silenzio, divisa in due. Le era mancato il suono della sua voce, quel soprannome giocoso con cui solo lui la chiamava. Ebbe voglia di chiudergli il telefono in faccia, ma quando lui riprese a parlare non ne ebbe il coraggio – devo parlarti.

- Potrei dirti che non voglio parlare con te, ma sai benissimo quante volte ho provato a telefonarti o mandarti sms. E tu non hai mai risposto. – la sua voce era fredda e distaccata, il tono basso per mantenere un minimo di privacy nella folla del treno sotterraneo.

- Ho avuto da fare, sai quanto siano pressanti quelli del managment.

Julie sorrise sarcasticamente, – so anche quanto tempo porti via un concerto dei Coldplay, anche se sono convinta che tu e la tua nuova ragazza siate passati dalla corsia preferenziale per super star. – Louis non rispose, così Julie chiese – vero? – solo per metterlo in difficoltà.

- Devi capire che non è assolutamente una cosa che io voglio.

- Ovviamente c’è costantemente qualcuno che punta una pistola alla testa.

Louis rimase in silenzio per un po’, poi sospirò – non è come sembra, davvero. È solo per pubblicità.

- E ovviamente non potevi opporti. – Julie fece una pausa, il treno si fermò e scese facendo a spintoni – non voglio nemmeno sapere le motivazioni, perché effettivamente non mi importa.

- Domani torno a Londra, possiamo vederci?

Julie vide la sua amica davanti allo Starbucks e le fece un cenno – forse è meglio di no, Louis. Ciao. – spense il cellulare e si avvicinò a Selene.

- Io e te dobbiamo parlare. – disse soltanto la nuova arrivata, trascinando la sua amica verso lo Starbucks più vicino. Julie scosse la testa e la accompagnò fino al banco senza proferire parola.

- Allora?

Julie alzò lo sguardo, cercando un posto dove sedersi; - allora cosa?

- Vuoi parlarne? – Selene sorrise fiduciosa alla sua amica, che però scosse la testa.

- Mi dispiace di averti praticamente trascinata qui, ma dopo che ho parlato con Louis mentre venivo…

Selene sgranò gli occhi: - cosa? Gli hai parlato?

- Già – fu la laconica risposta di Julie, che poi prese un sorso del suo caffè, - ma non è andata bene.

- Ti va di dirmi cosa vi siete detti?

Julie sorrise, - Selene, non trattarmi come una malata terminale, sto bene. Sono solo contenta che la cosa sia terminata prima di diventare troppo seria.

- E’ questo il problema, Julie: per te la cosa è già troppo seria.

Entrambe le ragazze rimasero in silenzio qualche secondo, consumando la colazione. Fu Julie la prima a riprendere a parlare: - Ha detto che è solo una questione di lavoro. Lei ha bisogno di essere fotografata e lui è sempre seguito dai paparazzi. – spiegò, monocorde.

- Bello schifo.

Julie sorrise, - non me ne parlare. Sai una cosa, però? Non ci voglio minimamente pensare. A che ora usciamo, stasera?

Selene non rispose subito, pensando che la sua amica stesse scherzando. Non la conosceva da quando erano piccole, ma avevano trascorso abbastanza tempo insieme perché lei potesse intuire quello che davvero provava la sua amica. Alla fine, però, ammirando il suo coraggio, sospirò e rispose: - alle dieci. Mettiti in tiro, facciamo conquiste!

 

***

But everything we talked about is gone

And the only chance we have of moving on

Was trying to take it back before it all went wrong.

Before the worst, The Script


- Ho fatto una cazzata. – Julia Webb sospirò, il telefono premuto tra spalla e orecchio e le mani che cercavano di preparare un pranzo quantomeno decente.

- Ne hai fatte parecchie, ultimamente. A quale ti riferisci in particolare?

Louis borbottò quello che sembrava un insulto, poi mormorò solo: - pensavo non fosse così importante per lei, capisci? Cioè, io lo so che è la mia ragazza e anche lei lo sa. Non vedevo il problema.

- Cioè… - Olivia cercò di riassumere – sei stato davvero così imbecille da credere che la tua ragazza non avrebbe dato di matto sapendo che tu, dopo non esserti fatto sentire per settimane, avevi cominciato ad uscire con una modella di Victoria’s Secrets? – il tono, volutamente sarcastico, non fu del tutto utile al ragazzo.

- E’ solo per pubblicità!

Olivia sospirò, decidendosi finalmente ad accendere il gas, - andiamo, Lou, non prendermi in giro. E dire che lo sai anche il caratteraccio di Julie!

- Cosa dovrei fare, allora? – Louis, che in quel momento si trovava sul terrazzo di un lussuoso hotel di Stoccolma, buttò il filtro della sigaretta e si sedette a gambe incrociate sul pavimento. Il suo manager molto probabilmente lo stava cercando, ma a lui proprio non interessava.

- Mollarla, forse?

- Non credo io possa farlo senza perdere il lavoro.

Olivia prese due piatti dalla credenza per preparare la tavola, - ti mangiano vivo, Lou, e non riesci nemmeno a rendertene conto. La questione, credo, non è poi più tanto Sophie o Julie. Qui c’è in ballo la tua salute psicologica. Credi davvero ne valga la pena?

Louis non rispose subito alla domanda, limitandosi stringersi nelle spalle come un bambino, forse dimentico del fatto che la ragazza non avrebbe potuto vederlo, - cosa vorresti dire, Olivia?

- Niente, Lou, solo… Devi capire a cosa tieni di più, se alla fama o alla tua vita privata. – rispose semplicemente l’altra.

Il ragazzo rise, scuotendo la testa, - tu passi decisamente troppo tempo con Harry, lo sai? Mi ha praticamente detto la stessa cosa, quando ne ho parlato con lui.

Olivia, nel suo appartamento di Londra, si fermò nel mezzo della cucina con la pentola bollente tra le mani e gli occhi sbarrati, senza rispondere.

- Olivia, ci sei?

-Sì, sono qui. – la ragazza preparò il il piatto da portata per la pasta e lo portò a tavola, - stavi dicendo?

- Un sacco di stronzate, e una di queste ti ha turbata, a quanto pare. – fu la sua risposta, che comunque fece ridacchiare la ragazza – va tutto bene con Harry?

Olivia sospirò, – non lo so, veramente.

- Ne vuoi parlare? – Louis si strinse nel cappotto e si accese un’altra sigaretta, Olivia lo imitò inconsciamente.

- Non voglio annoiarti, tranquillo, non è niente di speciale. Quando torni a Londra? – cambiò subito argomento la ragazza. Non aveva del tutto voglia di parlare di quello che stava succedendo con Harry e Niall, che dormiva ancora nel suo letto con i jeans addosso.

Due uomini in giacca e cravatta uscirono sul terrazzo richiamando il ragazzo, che sospirò annoiato – ora devo andare, ma voglio davvero sapere cosa sta succedendo a casa. Torno domani, tieniti libera perché ti porto a pranzo! – annunciò, tirando per l’ultima volta dalla sigaretta prima di buttarla a terra con noncuranza.

Olivia sorrise, - wow, e non ho neanche dovuto vincere un concorso, stavolta! – scherzò, comunque grata al suo amico. Come fossero arrivati al punto di chiacchierare al telefono non se lo riuscivano a spiegare nemmeno loro, ma alla fine entrambi avevano bisogno di quella strana amicizia, fatta di telefonate ad orari improponibili e pranzi tra una lezione e una tappa di tour.

- Ci sentiamo presto, fai la brava! – la salutò, infine. Olivia mormorò un “anche tu” prima di spegnere il cellulare, in tempo per accogliere Niall che, con la t-shirt a mezze maniche stropicciata e senza scarpe, entrava in cucina.

- Giorno, piccola. – le sorrise, in quel modo che le faceva battere il cuore forte.

- Giorno. Ho preparato il pranzo.

Niall sorrise, avvicinandosi a lei, - grazie. – le disse tentando di abbracciarla, afferrando però solo il vuoto. Olivia, da quando si era alzata, ci aveva pensato bene. Non voleva che solo una notte, che poi avevano passato a chiacchierare e a dormire, dovesse sconvolgere lei e tutta la sua vita. Non poteva essere stupida di nuovo, nonostante quegli occhi blu ancora lucidi di sonno le facessero perdere quasi totalmente la ragione.

- Ci ho pensato.

Niall alzò gli occhi al cielo, - non mi dire…

- E prendimi sul serio! – lo apostrofò divertita lei, allora, sedendosi mentre il ragazzo serviva la pasta nei piatti e tornava a sedere a sua volta.

Niall sorrise, alzò le mani come a dire “ok, scusa!” e cominciò a mangiare; Olivia giocò un po’ col cibo nel suo piatto, - è quasi Natale, - cominciò, dopo qualche secondo.

- Lo so.

- Sei qui già da un po’, e poi tornerai alla tua base o come cavolo si chiama. – continuò, mentre Niall alzava la testa dal piatto.

- So anche questo.

Olivia annuì, - mi sono innamorata di te quando non sapevo nemmeno cosa significasse. Ti ho amato quando sei scappato di casa perché non riuscivi più a sopportare tua madre, ti amato quando hai messo l’apparecchio e quando lo hai tolto, quando mi hai convinta a saltare scuola e ci hanno beccati e siamo stati in punizione per una settimana, non ho smesso di amarti nemmeno quando mi hai lasciata. Dio, quanto mi sono odiata in quel momento…

Niall le prese una mano, accarezzandogliela dolcemente col pollice, - Olivia, tu mi hai tradito e comunque sono qui a chiederti di darci un’altra possibilità. Non credi sia abbastanza?

- No, credo che io non sia abbastanza. Tu meriti qualcuno che non sia come me.

Niall le sorrise, scosse la testa, – e tu cosa meriti? Un ragazzo che ti porta a letto e basta? Sei contenta così? – le chiese, serio.

- Harry non è così, lui… abbiamo deciso insieme di non avere una relazione, all'inizio. – lo difese Olivia, abbassando lo sguardo per la vergogna.

- E perché?

La ragazza si strinse nelle spalle, - ho paura, Niall. Distruggo tutto quello a cui tengo. – fece una pausa, fissò lo sguardo in quello azzurro di lui, - ho distrutto te.

Niall le lasciò la mano, - mi hai fatto tanto male, Olivia. Ho creduto di odiarti a un certo punto. Lo sapevi quanto ti amavo, quanto ti amo ancora adesso. Ho pensato che la colpa fosse la mia, che non fossi abbastanza bello per te, che non fossi abbastanza divertente o premuroso. In effetti un po’ mi aiutato a mettermi in discussione, a capire quello che volevo veramente.

- E cosa volevi veramente, Niall?

- Volevo essere abbastanza forte per finire il liceo, volevo il coraggio per andare via di casa una volta per tutte, volvevo la forza per cambiare totalmente quello che ero. Volevo te, anche, anche se non me ne rendevo conto. – mormorò il ragazzo, continuando a guardare Olivia.

Olivia rimase in silenzio, alzandosi per poggiarsi contro l’angolo colazione. Niall rimase fermo al tavolo.

- Non ho mai smesso, nemmeno un secondo, ti pensare a te e a quanto sono stata stupida. Neanche un giorno fino a quando non ho conosciuto Harry. – disse solo, dopo quasi un minuto, la ragazza.

Niall rimase in silenzio, limitandosi ad annuire.

- Ho cominciato a credere che magari non ero così sbagliata, se stato avendo una seconda opportunità di stare bene. Non voglio sprecarla. E' da qualche settimana che ci frequentiamo come coppia.

- Cosa provi per lui? – il mormorio di Niall arrivò attutito ad Olivia, che aveva incrociato le braccia al petto.

- Non quello che tu hai detto. Non è solo sesso, per me. Con lui sto bene. - rispose la ragaza, rendendosi contoo di pensarlo sul serio.

Niall annuì nuovamente, imitandola nella posizione, -bene come stavi con me?

- Non lo so. E' tutto diverso, voglio andarci piano.

- E per lui, invece? - Niall fece qualche passo fino a raggiungere Olivia, le prese il mento tra le dita; - lui prova lo stesso che provi tu?

Olivia non riuscì a rispondere, scosse la testa ed uscì dalla stanza.

 

***

 

Quando le ragazze, quella sera, si incontrarono in un bar alla moda per cominciare la serata, l’umore non era dei migliori. Selene, che già si era pentita di aver accettato, sedeva su un divanetto di pelle bianca stretta in un abitino nero monospalla; Olivia e Julie, che in realtà si erano incontrate solo in quel momento visto che la seconda era tornata a casa solo un’ora prima dell’appuntamento, chiacchieravano fitto di chissà cosa a loro agio in due abitini che lasciavano ben poco all’immaginazione, Demetria e Shiver, entrambe in pantaloncini e con calze dalle fantasie particolari, commentavano il locale e la serata.

- Si preannuncia una serataccia. – annunciò Olivia poco dopo, quando tutte e cinque ebbero ricevuto il loro drink.

Demetria annuì, sconsolata – non me ne parlare. Ho perso un concorso per una borsa di studio a Chicago.

- Harry mi sfrutta solo per fare sesso e l’ho capitolo solo quando il mio ragazzo del liceo è tornato all’attacco. – continuò Olivia, mandando giù un sorso.

Selene sospirò, - credo di essermi innamorata di un imbecille. E l’ho pure schiaffeggiato.

- Io e Liam ci siamo presi una pausa. – la voce di Shiver era bassa e imbarazzata, ma comunque tutte poterono sentirla. Dal momento che la sua migliore amica si voltò verso di lei con gli occhi spalancati, tutte capirono che la notizia era davvero fresca e quindi parecchio dolorosa.

 Julie fu l’ultima a parlare, appena un secondo dopo aver finito il suo Martini: - tra me e Louis è finita. E non sono nemmeno completamente sicura che sia mai iniziata. – disse solo.

Tutte rimasero in silenzio, poi Olivia sbatté il bicchiere sul tavolo rischiando di farlo rompere. – Cameriere! – chiamò allora, mentre le altre la guardavano stranita. Fu solo dopo aver ordinato il secondo giro di Martini che si decise a parlare, finalmente: - ecco come stanno le cose: è stata probabilmente una delle settimane più difficili che abbiamo passato, ma non ci piangeremo addosso, chiaro? Da adesso guai a chi parla di ragazzi, di guai all’Università e di lavori che vanno a rotoli; è permesso solo bere, flirtare con ragazzi carini e divertirsi. Sono stata chiara?

Tutto il gruppo scoppiò a ridere, alzando i bicchieri che nel frattempo erano stati serviti; - cristallina! – quasi ulrò Shiver.

Le ragazze fecero tintinnare i bicchieri: - a noi! – annunciò Julie.

- A chi ci vuole bene! – continuò Demetria.

- Ma soprattutto – Selene alzò il suo bicchiere e sorrise alle altre – a chi ci vuole male!

 

***

 

Sono tornata, dopo mesi, per non sparire più!

Grazie per i messaggi e le recensioni che mi avete lasciato in tutto questo tenpo, non credo avrei mai terminato questo capitolo se non avessi letto tutte le belle parole da parte vostra. Ringrazio soprattutto, come sempre, Donatella, perché rimane con me anche quando mi butto a terra. Grazie a Chiara perché ha bellamente ignorato la mail che le ho mandato ma è la mia migliore amica lo stesso. Grazie a chi ha aspettato il capitolo e lo leggerà anche se sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento e soprattutto grazie a chi, leggendo questa storia, andrà a leggere (e recensire?) anche I do, la nuova fanfiction che sto scrivendo, e gli altri miei lavori. Giuro che non passeranno mesi per il prossimo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, magari? :)

P.S. il titolo è in italiano ed è ripreso pari pari dalla canzone di De Andrè, che ho ascoltato in loop per tutta la scrittura del capitolo ♥ :)

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