And can you feel the love tonight?

di malikbubs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lui. (Andrea) ***
Capitolo 2: *** Tagli. (Zayn) ***
Capitolo 3: *** Voice. (Andrea) ***
Capitolo 4: *** Hater. (Zayn) ***
Capitolo 5: *** Se tu fossi veleno io ti berrei. (Andrea) ***
Capitolo 6: *** Love, tonight. (Zayn) ***
Capitolo 7: *** Nuovo inizio. (Andrea) ***
Capitolo 8: *** Gelosia. (Zayn) ***
Capitolo 9: *** 30 secondi. (Andrea) ***
Capitolo 10: *** Forever. (Zayn) ***
Capitolo 11: *** Ma tanto da morire. (Andrea) ***
Capitolo 12: *** Distance is a whore. (Zayn) ***



Capitolo 1
*** Lui. (Andrea) ***


Quella mattina a lezione, dormivo. La notte precedente non avevo chiuso occhio. I miei avevano litigato di nuovo e avevano urlato fino alle 3 di notte.
Di solito quando urlavano, iniziavo a contare.
1, 2, 3, 10, 100, 1000, 1.000.000... i numeri si susseguivano uno dietro l'altro; a volte anche senza seguire un filo logico. Ma pensandoci bene nemmeno le parole dei miei genitori, avevano un senso. "Ti odio." "Me ne vado." "Tu non vai da nessuna parte." "Perchè ti ho sposato?".
Ed io rimanevo seduta sul mio letto, a fissare il vuoto e a contare.
72, 86, 48, 90.
Che poi, la scelta di andare al college era stato un modo come un altro per rimanere fuori di casa il più possibile. Lì dentro impazzivo. Mi ero stancata di ogni cosa. Anche di Londra, la città dov'ero nata. Più volte nel corso dei miei 18 anni avevo avuto voglia di andarmene e lasciare tutto. Andarmene dove nessuno sapeva chi fossi, dove potevo finalmente dare sfogo alla mia fantasia e alla mia perversa voglia del rischio.
"Fuck all." avrebbe detto la mia ribelle sorella.
Lei se n'era andata da circa un anno, quando quella mattina invece di prendere appunti avevo iniziato a disegnare il mio prossimo tatuaggio sulla schiena.
Una frase, poco al di sotto della nuca:"Can you feel the love tonight?"
Adoravo quella canzone di Elton John. Mi aveva accompagnata per tutta l'infanzia, ogni volta che vedevo "Il Re Leone". E piangevo. Lacrime di una bambina di 5 anni, che sognava l'amore e lo immaginava come quello che può esistere tra due leoni.
Wow.
Crescendo avevo imparato che il principe azzuro o è gay, o è troppo impegnato con ragazze più belle e più sfacciate di te.
Io, avevo una discreta capacità nell'innamorarmi sempre della seconda categoria.
"Kant nella 'Critica della ragion pura' spiega che..."
Il professore parlava. Stava usando troppe parole, per dire ciò che già sapevo. Che la ragione dell'uomo è una completa schifezza e che dobbiamo rassegnarci perchè non sapremo mai tutto. Non conosceremo mai un bel niente. Abbiamo dei limiti. Come tutto, d'altronde.
Non avevo preso nemmeno un appunto.
Merda.
Qualcuno bussò alla porta. Succedeva raramente, durante una lezione di filosofia.
Il professore si bloccò. Probabilmente, dopo che l'intruso fosse uscito avrebbe speso mezz'ora a lamentarsi e a dire che aveva perso il filo del discorso.
"Mi scusi professore, buongiorno. Sono un nuovo studente"
Tutte le ragazze della mia classe, iniziarono a ridere. Odiavo quelle risatine da oche in calore. Evidentemente, il nuovo arrivato doveva essere un gran figo.
Alzai lo sguardo.
La prima cosa che pensai fu:"Oh no. Non lui."
A parlare con il professore c'era il nuovo studente. Ma non di certo uno sconosciuto.
Zayn Malik. Uno degli 'stra-fighissimi' One Direction.
Osservai le mie compagne.
Chi si truccava, chi arrossiva, chi si sistemava i capelli, chi parlava con la sua vicina e progettava un modo per parlargli o uscire con lui.
Bah, stronzate.
Avevo la nausea di quel gruppo di 5 ragazzi con tanta fortuna, forse troppa, che avevano avuto la possibilità di diventare famosi.
Ero contenta per loro. Ma ad essere sincera ingoravo tutto ciò che li riguardasse.
"Può sedersi affianco alla signorina Lewis."
BOOM.
Chi altro si chiamava Lewis oltre a me lì dentro?
Nessuno, mi sembrava di ricordare.
C'ero solo io, Andrea Lewis. La bionda anoressica del corso di filosofia.
Che poi non ero anoressica, ero solo troppo magra.
Zayn si sedette vicino a me ed io mi mantenni a distanza. Mi sorrise e pensai che una ragazza normale, al posto mio, sarebbe morta in preda alla pazzia. Io mi limitai a sedermi sul bordo della sedia per stare il più lontana possibile da lui, rischiando di cadere più e più volte fino al termine della lezione.
Una cosa, dovevano spiegarmi: cosa diavolo ci faceva un cantante famoso come lui, al college? E per di più, al corso di filosofia?
Domande esistenziali.
Se mai avessi avuto un dialogo con quel tipo, gli avrei chiesto:"Ma non avevi proprio nient'altro di meglio da fare?" oppure "Porterai anche gli altri 4, o sei solo tu l'intelligente di turno?"
La seconda domanda, era quella che mi piaceva di più.
La lezione proseguì con la sua solita lentezza ed io continuai a disegnare il mio tatuaggio. Sarei andata quello stesso pomeriggio a farlo, così almeno sarei tornata di nuovo tardi a casa. La mamma avrebbe iniziato a urlare che con l'ennesimo tatuaggio sembravo una drogata e che si rifutava di riconoscermi come sua figlia. Negli ultimi due mesi, lo aveva detto all'incirca una trentina di volte. Papà avrebbe sicuramente sospirato per poi dire:"Sei libera di fare ciò che vuoi, Andrea."
Dopo essermi tatuata il simbolo dell'infinito dietro l'orecchio, mia madre era impazzita. Diceva che avrei fatto la fine di mia sorella, che nella vita non sarei mai stata nessuno, che non potevo continuare a vivere di filosofia, di musica e di libri.
Mia madre era la classica donna che pensa di poter organizzare la vita di tutte le persone che la circondano. Forse, c'era riuscita solo con mio padre. Con me e mia sorella, aveva perso in partenza.
"E' il tuo tatuaggio questo?"
Il tizio 'sono un cantante che studia filosofia sperando di poter scrivere delle canzoni migliori' mi aveva rivolto la parola.
"Non è un po' troppo grande?"
Lo guardai storto. Era il mio tatuaggio, sulla mia schiena ed era ciò che volevo.
"Ehm, comunque piacere. Zayn." mi porse la mano.
La ignorai e tornai a disegnare.
"Andrea. Ma tutti mi chiamano Andy. Tu non chiamarmi per niente, che è meglio."
Sospirò e tornò a far finta di ascoltare.
Ormai mancavano pochi minuti alla fine dell'ennesima lezione alla quale non avevo prestato ascolto. Mancava una settimana agli esami. In tutta la ma carriera scolastica, anche senza sentire ero sempre riuscita a prendere il massimo. Ce l'avrei fatta anche quella volta. E poi quella mattina, il tatuaggio era più importante di Kant e i suoi deliri sulla ragione dell'uomo.
La lezione era finita e le mie compagne si erano affollate intorno a quel povero ragazzo, destinato ad essere il mio odiato compagno di banco.
Mi alzai e misi apposto le mie cose.
"Ci si vede, Andy." mi disse facendomi l'occhiolino.
"Speravo in un 'a mai più Andy'. Ma mi accontento. Addio." risposi.
Evidentemente, doveva averla presa come un frase scherzosa.
E non lo era.

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Capitolo 2
*** Tagli. (Zayn) ***


Aveva dei tagli sul polso.
Probabilmente aveva un gatto che quella mattina l'aveva graffiata.
O un cane.
Oppure erano solo un effetto ottico dovuto a quella luce del cazzo che avevamo in classe.
Oppure...
Stavo cercando di disintegrare quel pensiero
Non dovevo pensarci
forse
era più forte di me
ha tentato
il pensiero tornava
il sucidio. Quella frase prese vita dentro me riuscendosi a collegare anche in mezzo a tutti quei pensieri che s'agitavano lungo la "timeline" del mio cervello.
E all'improvviso, il vuoto.
Solo una frase rimaneva a lampeggiare come una scritta al neon che funziona male: forse ha tentato il suicidio.
Anche se solo avessi provato a chiedergli cosa avesse fatto, non avrei mai ricevuto una risposta degna di essere chiamata tale.
Tentai ugualmente.
"Che hai fatto al polso?"
I suo occhi grigi diventarono bianchi. La guance persero quel poco colore che avevano e mi parve di vedere la sua testa aprirsi in due e i suoi pensieri volare leggeri per poi cadere a terra e rompersi.
"Non. Sono. Affari. Tuoi."
Traduzione: sto morendo dalla voglia di dirtelo, ma non ti conosco e ti odio.
"Ok, ok. Me ne farò una ragione. Scusa se mi preoccupo."
Rise.
"Non mi servono le tue attenzioni, grazie. E non mi serve nemmeno che tu mi rivolga la parola. Io, se ancora non l'hai ben capito, non ti sopporto."
Vomitava parole che forse nemmeno lei pensava, o almeno questo era quello che mi piaceva credere.
Andrea era così. E per capirlo avevo solamente avuto bisono di una settimana.
Lei si difendeva odiando. Credeva di essere forte, di avere la situazione sotto controllo, di poter dominare il mondo e pensava di essere abbastanza grande per decidere ciò che era meglio per la sua vita. Sembrava una bambina, costretta a diventare grande troppo presto. E quei tagli, erano solo la richiesta di aiuto, un urlo disperato di una ragazza che pian piano stava svanendo.
Le sorrisi.
Era questo il modo migliore per smontare le idee sbagliate ed incoerenti di un'hater. Sorridere e ridere del loro stupido ed immotivato odio.
Iniziavo a ricambiare l'odio che Andrea aveva nei mei confronti, volevo farla affogare nello stesso mare che lei stessa aveva formato. Desideravo distruggerla.
Lentamente tutto quello che avevo provato nel vedere i tagli sul suo polso, svanì nel nulla e fu come se non avessi mai provato niente.
All'improvviso desiderai non averla mai conosciuta.
"Allora facciamo a modo tuo. Odiamoci."
Non credevo di poterlo dire, ma lo feci.
Le buttai addosso tutto ciò che lei aveva avuto bisogno di sentire fin dal primo momento in cui i miei occhi si posarono sui suoi.
"Hai detto qualcosa di sensato, finalmente."
Non sembrava affatto dispiaciuta, anzi era del tutto contenta di essere finalmente ricambiata.
C'era sempre una parte di me, quella ragionevole, che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Ma l'altra, quella che la odiava con tutta sè stessa, era più forte. L'odio aveva sempre la meglio sulla ragione.
amore
era da tempo che non provavo qualcosa di così forte
contro
tutto il mondo forse era contro di me
ragione
la ragione, cosa poteva la ragione contro l'anima sempre più incline alle passioni?
odio
l'avevo finalmente riscoperto
contro
Andrea, era contro di me. E lo sarebbe stata sempre.
ragione la mia mente non voleva odiarla.
Ero io, Zayn Malik contro me stesso. Contro il mio stesso volere (?) contro la mia stessa anima. Contro il mondo e contro Andrea.
"Non ti capisco." gli dissi.
Non capivo me stesso, non capivo lei.
"Non devi." rispose.
[Ma lo voglio, non sai quanto.]
"Non è che tu non capisca me. Tu non capisci il motivo del mio odio\indifferenza nei tuoi confronti. È diverso, Malik."
Mai nessuno mi aveva chiamato per cognome. Perlomeno, da quando ero diventato famoso.
"Sì forse è così." buttai lì, in maniera fredda.
Ero a disagio affianco a lei.
Quell'estate, avevo visto piangere Harry per colpa degli haters ed ora mi trovavo a combattere con una di loro, ogni giorno.
Se le lacrime potevano essere invisibili, probabilmente in quel momento all'incirca centinaia di goccioline mi stavano attraversando il viso a velocità della luce. Se le emozioni avessero avuto lo stesso effetto di una bomba, probabilmente, sarei morto.
Se Andrea non mi avesse odiato con così tanta determinazione e se io non fossi così vicino dal fare la stessa identica cosa, forse mi sarei potuto innamorare di lei, del suo profumo, della luce che i suoi capelli biondi liberavano nell'ambiente che la circondava. Forse avrei adorato il suo nuovo tatuaggio sulla schiena, quello dietro l'orecchio. Forse mi sarei disperato (e c'ero quasi riuscito) per quei tagli sul polso.
Sicuramente, non avrei fatto altro che guardarla durante le lezioni.
Non avrei desiderato altro che avere la mia mano premuta contro la sua.
Forse, sarei morto dalla voglia che avevo delle sue labbra. Avrei fatto in modo che tutto ciò accadesse se solo...
Se solo non fossi stato così dannatamente impegnato ad odiarla.
Non avevo mai soffermato i miei occhi così a lungo su quelle ciocche bionde come in quel momento.

Odiavo ogni singola parte di lei, perchè non potevo averla.

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Capitolo 3
*** Voice. (Andrea) ***


Erano le 4 di notte, pioveva e la chiave non entrava nella serratura che mia madre probabilmente aveva fatto cambiare per non farmi più entrare dentro casa.
Questo era uno di quei metodi che i genitori usano contro i figli che si drogano.
Ma madre pensava che fossi drogata e quello era uno dei suoi tanti modi per mandarmi in una comunità di recupero per tossico-dipendenti.
Feci il giro della villetta e mi accorsi che la finestra del balcone della mia camera era aperta. Se riuscivo ad arrampicarmi sull'albero, come facevo da bambina, senza cadere e rompermi qualcosa forse potevo arrivare in camera e dormire.
Mi arrampicai lentamente sull'albero come una ladra che cerca di entrare in una casa per rubare qualcosa; io stavo solo cercando di entrare in casa mia.

...

Ero in bagno e guardavo la vasca da bagno con gli occhi pieni di terrore.
L'ultima volta che vi ero entrata era stato per svanire dal mondo.
L'ultima volta che vi ero entrata ne ero uscita con dei tagli sui polsi.

17 Marzo 2009.
"Tu, vai in riformatorio."
Quelle parole, le vedevo scritte sul fondo della vasca. Avevo 16 anni, quando mi aveva minacciata.
Un'ora intera trascorsa a litigare.
"Tu, vai in riformatorio."
Ero corsa in camera, avevo sbattuto la porta e mi ero appoggiata al muro a piangere.
Mia sorella batteva i bugni sulla porta e mi supplicava di aprire. "Andrea, apri!"
Per ore lo aveva urlato incessantemente, mi aveva pregata di aprire quella fottuta porta e di affrontare il problema insieme.
Poi, col trascorrere delle ore la sua voce era diventata sempre più fioca e si era addormentata davanti alla mia camera.
Mezzanotte.
"Tu, vai in riformatorio." Guardavo al valigia vuota davanti a me.
Scappare era troppo semplice.
Morire, richiedeva coraggio.
Ricordo l'acqua che scorreva nella vasca.
La lametta nella mia mano.
La lametta sul mio polso.
Poi le tenebre.

15 Ottobre 2O11.
Quella notte dormii nella vasca da bagno.

...

Quando suonò la sveglia, ero convinta di essermi addormentata solamente un attimo prima.
Avevo dormito 4 ore nella vasca da bagno.
Quella notte era accaduto qualcosa di strano, avevo affrontato la mia ridicola paura.
Era nata una nuova Andrea.
Mi feci velocemente un bagno, mi cambiai e scesi sotto a fare colazione.
Mia madre e mio padre parlavano sottovoce.
Se fossi stata ancora una bambina avrei pensato che stavano preparando una sorpresa per me e mia sorella, una gita a Oxford, un weekend dai nonni a Brighton oppure una settimana a Parigi dalla zia, che sicuramente ci avrebbe accompagnate a Disneyland.
Ma da un anno, sapevo che quando parlavano sottovoce era perchè stavano discutendo su come potevano aiutarmi.
Ma, aiutarmi in cosa?
Ero una ragazza strana: lo sapevo già anche se non sapevo il perchè.
Avevo tentato il suicidio a 16 anni: ero andata due anni dallo psicologo ed ora stavo bene.
Studiavo filosofia: quello era il mio sogno fin da bambina, quando andavo a curiosare tra i libri di mia nonna in soffitta.
Scrivevo canzoni, poesie e piccole storie, suonavo il pianoforte, la chitarra, avevo tanti tatuaggi: per i miei genitori ero un alieno.
Forse, sarei anche potuta passare per una ragazza 'alternativa'. Non avevo amici che si drogavano (ma per mia madre erano tutti quanti dei tossici), non mi ero mai innamorata, e passavo intere notti a leggere.
Per i miei genitori ero un caso disperato.
"Buongiorno." dissi cercando di sembrare felice e spensierata. Senza guardarmi, mia madre disse:"A che ora e come sei rientrata?"
"Alle 4. Mi sono arrampicata sull'albero. La finestra in camera mia era aperta."
Mio padre sospirò.
"Andrea, dicci come possiamo aiutarti."
[Non ho bisogno di nessun aiuto.]
"Papà, io non ho bisogno d'aiuto. Sto bene."
Mia madre si alzò dalla sedia e mi guardò dritta negli occhi. "Hai 18 anni."
"Lo so." risposi in modo strafottente. Odiavo quelle ridicole ovvietà.
"E prorpio per questo," continuai "desidero essere lasciata in pace."
"NON HO FINITO ANDREA HELENA LEWIS!"
Andrea Helena Lewis, il mio nome intero.
"Torni tardi. Sei piena di tatuaggi."
Tornavo alle 4 e avevo dei tatuaggi e quindi avevo bisogno d'aiuto. Era mia madre quella che aveva bisogno d'aiuto. "Mah, smettetela. Mi avete fatta crescere da sola e solo ora vi ricordate di svolgere il vostro compito di genitori? Siete patetici. Non ho bisogno di nessun tipo d'aiuto, voi piuttosto. Ed ora vado, che sto facendo tardi a lezione."
Corsi di sopra a prendere la borsa ed ignorai le urla di mia madre che mi diceva che non aveva mai desiderato una figlia come me.
Era lei, con il suo menefreghismo e con la sua voglia di avere una figlia perfetta, che fa danza classica e studia matematica e fisica, che mi aveva fatta diventare così.
Mia sorella aveva capito tutto e per questo se n'era andata. La mamma l'aveva per anni costretta a fare sfilate e a partecipare a concorsi di bellezza, l'aveva quasi trasformata nella sua 'figlia ideale' quando lei si era stancata e se n'era andata. Ammiravo il suo coraggio.
Con me aveva provato a fare lo stesso, ma mi ero ribellata. Mi aveva minacciata di portarmi in riformatorio e mi ero quasi tolta la vita.
Mi pentivo di non esserci riuscita.

Arrivai davanti al college e vidi che tutti gli studenti era lì fuori. Chiesi cosa stava succedendo e scoprii che si stava occupando il college, e che il motivo non si sapeva.
Ottimo, avevo la mattinata libera.
Stavo mandando un messaggio a Meredith, la mia migliore amica, per dargli appuntamento a Trafalgar Square quando mi accorsi che Zayn mi stava venendo in contro.
Mi ero completamente dimenticata di lui.
Tutte le persone che mi conoscevano dopo un po' perdevano la speranza di riuscire a farmi ragionare o farmi cambiare idea. Tutti tranne lui.
"Ciao Andrea."
Non mi ero mai accorta di quanto fosse meravigliosa la sua voce.

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Capitolo 4
*** Hater. (Zayn) ***


"Ora che ci penso, di te so solo che ti chiami Andrea."
Sospirai.
"E che mi odi."
Andrea sorrise, mentre continuava a giocare con il suo portachiave.
"Potrebbe anche bastarti questo."
Mi alzai di scatto e mi misi a sedere sul divano. Lei rimase seduta a gambe incrociate sul tappeto.
"No, non mi basta."
I suoi occhi grigi vagarono per un istante nei miei, per poi fuggire impauriti e posarsi sulle mie mani.
"Cosa vuoi sapere?"
Le presi il polso.
"Come ti sei fatta questi?" le chiesi passando il pollice sulle cicatrici.
Una lacrima le percorse rapidamente la guancia.
"Avevo 16 anni." inizò a raccontare sospirando.
Avevo ancora le dita intorno al suo polso e potevo sentire il cuore battergli come un pazzo.
La lasciai andare.
"Non ricordo esattamente cosa accadde. Forse, l'ennessima cazzata fatta senza pensare. Un brutto voto a scuola. O forse soltanto la stupida convinzione che io sia una drogata, che mia madre ha dal momento in cui ho compiuto 14 anni."
Ora le lacrime le scendevano ancora più velocemente. Si passò le mani sugli occhi arrossati e strofinò via le lacrime.
"Mi disse:'Andrea, io ti mando in collegio.' Oppure disse, riformatorio. Non ricordo. Però mi ricordo, che scoppiai in lacrime corsi in camera e mi chiusi dentro."
La osservavo.
Si stava passando le dita nel punto in cui l'avevo presa. Se non fossi stato così certo, del suo odio nei miei confronti avrei pensato che lo stessa facendo per farsi forza. Invece stavo solo passando le dita sulle cicatrici, come se lì potesse trovare la trama dimenticata della storia che mi stava raccontando.
"Andare in riformatorio, sarebbe stata una sconfitta. Avrei abbandonato la mia vita, la mia musica, i miei amici. Mia sorella. Tutto. E non potevo accettarlo. Così decisi che forse era meglio, andarmene dove nessuno poteva raggiungermi."
Si mise in piedi, si avvicinò alla finestra e inizò a guardar fuori.
"Non so perchè l'ho fatto. Ed anche dopo, una volta uscita dall'ospedale continuavo a sentirmi sbagliata, inadeguata. E continuavo a ripetermi:'Perchè sono ancora viva?' Ero come posseduta da uno strano odio verso me stessa. Che poi ho trasformato in odio verso tutti gli esseri umani. Ma soprattutto verso i miei genitori, che sono tutto tranne che umani."
Ero dietro di lei. Avevo una grande voglia di abbracciarla e farle sentire che ero lì vicino a lei, volevo farle capire che di me poteva fidarsi.
Si voltò verso di me e mi disse:"Soddisfatto?"
Mi borsi il labbro inferiore.
Posai una mano sulla guancia di Andrea e le asciugai le lacrime. "Quante lacrime devi ancora versare prima di esplodere?"
"Sono già esplosa."
Si guardava i piedi in preda all'imbarazzo.
Era ancora convinta di odiarmi ma sia io, sia lei, sapevamo che non era più così.
"Devo andare, o mia madre mi lascia fuori casa un'altra volta."
La guardai con aria interrogativa. "Ehm, ha cambiato la serratura e quando stanotte, sono tornata a casa la chiave non entrava. Mi sono arrampicata sull'albero per poter entrare in camera mia."
"Stai scherzando."
Raccolse la borsa dal pavimento.
"No, non sto scherzando."
Si avviò verso la porta ed un attimi prima che uscisse, la presi per il braccio.
"Andrea io..."
"Sono un hater perchè non vuoi capirlo, Zayn?"
Era immobile, davanti a me. Forse paralizzata dalle sue stesse parole.
Prima che potessi dire altro, uscì fuori e chiuse la porta.
Andai alla finestra e la osservai camminare.
C'erano all'incirca un milione di cose che avrei potuto fare in quel momento: seguirla fino a casa e dirle che mi ero fottutamente innamorato di lei, lanciarmi sul divano e piangere perchè mi ero innamorato di un hater, uscire e farmi travolgere dal vento e dalla pioggia. Avrei perfino potuto chiamare Harry e raccontargli tutto, ma sarebbe stato come parlare da solo o con il muro.
Invece rimasi fermo davanti alla finestra a cercare aiuto negli occhi dei passanti che avevano già abbastanza problemi e di certo non gli serviva stare a sentire anche le mie pippe mentali.

Mi ero addormentato.
Non sapevo che ora fosse e la testa scoppiava.
Forse qualcuno vi aveva messo una bomba all'interno.
Qualcuno stava suonando il campanello. Mi alzai ed andai ad aprire. Odiavo quelle visite a sorpresa.
"Era ora! Sono secoli che suoniamo!"
Harry e Louis.
Quando quei due venivano a trovarmi la tranquillità spariva da casa mia per tornare ore dopo che se n'erano andati.
"Sembra che ti è morto il gatto. Hai una faccia da funerale."
Harry e la sua solita sensibilità di un bradipo morto.
"L'hater ti ha insultato pubblicamente?"
Non risposi.
Non volevo nemmeno che mi ricordasse l'esistenza di Andrea. Harry si allungò sul divano come se fosse casa sua e accese la televisione.
Le ore passavano lui e Louis ridevano e scherzavano come sempre ed io ogni tanto annuivo alle loro battute e cercavo di partecipare ai loro discorsi.
Ma la mia mente era altrove.
Desideravo Andrea più di ogni altra cosa al mondo.
Sentivo ancora le sue lacrime sulle dita, le sue cicatrici sotto il mio polpastrello.
Nelle orecchie avevo il suono veloce ed impazzito del suo cuore e nella mente la sua storia aspettava ancora di essere metabolizzata.
"Mi sono innamorato di Andrea." dissi.
Ad Harry cadde il cellulare dalle mani.
Louis rimase a bocca aperta.
"Ehm, che hai detto?" Harry non voleva crederci.
"Che mi sono innamorato."
Se avessi detto loro che lasciavo il gruppo, la loro reazione sarebbe stata migliore.

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Capitolo 5
*** Se tu fossi veleno io ti berrei. (Andrea) ***


Londra – Amsterdam.
Avevo dormito per tutto il volo con la musica nelle orecchie, a tutto volume.
La mia testa rischiava di scoppiare da un momento all'altro. Ai miei avevo detto che andavo a trovare mia sorella e che sarei stata via solamente una settimana.
O forse tutta la vita.
Non saprei dire, se quella fu una fuga temporanea o solo uno dei tanti modi per fare ordine nella mia mente.
Ero arrivata ad Amsterdam da circa mezz'ora. Ero all'uscita dell'areoporto ad aspettare che mia sorella, impegata in non so quale importantissimo impegno, venisse a prendermi, quando si avvicinò una ragazza per chiedermi una sigaretta.
"Non fumo." risposi svogliatamente.
"Ah! Peccato. Fumare rende meno nervosi." esclamò lei.
Sbuffai. Non ero d'accordo. Odiavo il fumo, mi soffocava.
"Comunque piacere Charlie. Ho 19 anni e vengo da Nottingham. Sono venuta qui per vivere con il mio ragazzo, ma i miei genitori sanno che sto qui per studiare. Che idioti."
"Eh." sospirai.
Mi stava parlando della sua vita come se mi conoscesse da sempre, quando invece mi aveva solamente chiesto una sigaretta.
"Io sono Andrea. Ma tutti, mi chiamano Andy."
Rise. Odiava i soprannomi, ma "Charlie" disse "suona sempre meglio di Charlotte."
Non faceva altro che spostare la sua chioma di ricci indomabili da una spalla all'altra. Invidiavo i suoi capelli. Erano castani, sembravano fatti di cioccolata. I miei invece erano di uno sgradevole biondo, che odiavo da sempre.
Tutti mi prendevano per una svedese.
"Tu come mai qui?"
"A Londra impazzisco. Non è una città adatta a me. E poi qui ho mia sorella, sono venuta a trovarla. Dovrei rimanere una settimana, ma vorrei restare per tutta la vita."
Mi guardò come se dovesse farmi una visita medica.
Era la prima estranea a cui davo così tanta confidenza.
Di solito erano gli altri, che cercavano di cavarmi fuori le parole di bocca.
"Ah, capisco. Problemi di cuore, eh?" disse con aria di chi la sa lunga sull'argomento.
"Probabile." dissi con tono enigmatico.
Stava ascolando la musica a tutto volume e riuscivo a sentire anche io la sua stessa canzone, ma non avevo idea di come si chiamasse.
"Che ascolti?" le chiesi.
"One thing, One Direction."
Mi sembrava di essere tornata a Londra, in classe, seduta vicino a Zayn.
"Li conosci?" continuò Charlie.
"Chi non li conosce a Londra? Solo che io, li odio." dissi con un sorriso maligno stampato in faccia.
Ero tornata a sbandierare il mio odio. Solo vicino a Zayn, non ci riuscivo.
"Inizieranno a piacerti, vedrai. Nessuno può resistere.
[Io sì. Quanto ci vogliamo scommettere?]
Volevo porre fine a quella patetica ed insensata conversazione. Non sarebbe mai successo che io iniziassi a seguire quei 5 pagliacci canterini. MAI.
Era una promessa che avevo fatto a me stessa.
Charlie canticchiava ma era tesa e nervosa, il suo ragazzo era in ritardo proprio come mia sorella.
"Andrea!"
"Charlie!"
Mi voltai.
Un ragazzo e una ragazza venivano verso di noi.
La ragazza era Ellen, mia sorella e lui, doveva essere il ragazzo di Charlie.
Andai incontro a mia sorella e l'abbracciai. Mi era mancata davvero tanto.
Lui si chiamava Travis ed era il ragazzo di Charlie. Uno di quei ragazzi che avevo sperato d'incontrare per tutta la vita. Tatuaggi, piercing, dilatatore. Uno di quei tipi che mia madre avrebbe cacciato di casa.
Era perfetto.
Aveva lo sguardo più dolce che avessi mai incontrato in vita mia.
Ma...
Mi ritornarono in mente gli occhi di Zayn, quell'attimo in cui avevano vagato dentro i miei cercando un scoglio a cui aggrapparsi prima di cadere.
"Travis, Charlie. Questa è mia sorella, Andrea."
Sorrisi. Ero ancora ferma, immobile tra il pensiero del ragazzo ideale e quello del ragazzo piombato nel mio destino come una stella cadente.
Scoprii che Travis ed Ellen, facevano parte di una stessa band e che Ellen era fidanzata con il leader, Josh.
Sì, mia sorella aveva dato un senso alla sua vita.
Ma io, cosa ci facevo lì?

...

"Andrea."
Di nuovo quella (maledetta) meravigliosa voce.
Di nuovo le sue dita sulle mie cicatrici.
Piangevo, senza un motivo.
O forse piangevo perchè lo conoscevo bene, troppo.

...

"Non mi hai ancora detto perchè sei qui." esordì Ellen.
La stavo aiutando a pulire casa. Ero io quella ordinata tra noi due.
E quello era anche un semplice lavoro manuale che non richiedeva l'uso del cervello, proprio quello di cui avevo bisogno.
"Sono venuta a trovarti."
Ellen sbuffò soffiando sopra ad una cornice impolverata. Avrei voluto gettare tutta quella polvere su quel pensiero chiamato "Zayn", lanciarlo in un baule, chiuderlo a chiave e trascinarlo nella soffita della mia mente.
Ma lui sarebbe continuato a tornare.
"Andrea, non ci credo."
Lottavo con me stessa e con la polvere che svolazzava per tutto il salotto.
"Mi sono innamorata, Elly."
Non lo stavo dicendo solo a mia sorella.
"Dici sul serio?" mi chiese.
Non mi ero mai innamorata.
"Non ti sto mentendo." dissi.
Sì, lo stavo dicendo anche a me.
Stavo ammettendo di fronte a mia sorella di amare una persona che avrei dovuto odiare.
"Chi è?"
Si era seduta per terra a gambe incrociate.
"Un cantante."
Mi guardò male.
"Oh, suvvia Andrea! Pensavo che avessi superato quella fase. Hai 18 anni."
Ecco perchè non volevo dirglielo, per lei avere 18 anni significava essere troppo grandi per tutto.
"E' il mio vicino di banco." (stavo peggiorando la situazione) "e lo odio, non lo sopporto."
Piccola bugia.
"Chi è?" mi chiese mentre fissava il pavimento alla ricerca di un aiuto che mai le sarebbe arrivato.
"Non mi crederesti."
Cercavo di nascondere che stavo per piangere, ridendo.
"Andrea, questa situazione è già abbastanza assurda. Dimmi chi è."
Sospirai camuffando un singhiozzo.
"Zayn Malik."
Dire il suo nome era più doloroso di una pugnalata.
O forse era soltanto la sua assenza, la sua lontananza a fare così dannatamente male.
"Stai scherzando."
Sembrava che stesse per urlare.
"Vorrei anche io che fosse tutto uno scherzo."
"Cosa sa di te?"
Era rossa e aveva gli occhi lucidi.
"Tutto. Sa della volta che ho tentato il sucidio e perchè. Sa che lo odio senza motivo o forse perchè la sua vita è fottutamente perfetta e la vorrei io."
Avevo capito la verità da sola, senza bisogno d'inutili sedute da uno psicologo con complessi più gravi dei tuoi.
"Cazzo! Andrea, tu hai idea di ciò che mi hai appena detto? Ti sei innamorata della persona che io vorrei. Del ragazzo che prego ogni giorno di seguirmi su Twitter. E tu lo odi. Non meriti di averlo conosciuto. Sei una maledetta hater. Una di quelle persone che quelle come, non sopportano."
Rabbia. Ecco cosa provavo.
"La verità Ellen, è che sei invidiosa. Tu sei scappata dai problemi che avevi a Londra e sei venuta qui, a vivere felice e spensierata. Io sono rimasta in quella città infernale a discutere con la mamma che mi rendeva la vita impossibile. Tu non sai quello che ho passato. Ed ora non darmi colpe che non ho."
Si alzò da terra.
"Vado alle prove. Quando torno voglio vedere la casa, vuota."
E se ne andò sbattendo la porta.
Non avevo mai discusso con mia sorella in quel modo, ma quella volta se l'era cercata.
Lei era scappata lì, ad Amsterdam e mi aveva lasciata sola.
Se non se ne fosse andata tutto questo non sarebbe mai accaduto.
Ma la verità era un'altra.
Zayn per me era come veleno.
Ed io l'avrei bevuto, anche solo per uccidere quella parte di me che ancora, ostinata, continuava ad odiarlo.

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Capitolo 6
*** Love, tonight. (Zayn) ***


Era passata all'incirca una settimana dall'ultima volta che avevo visto Andrea, e mi mancava.
Tanto.
Tutto di lei, mi mancava.
I suoi occhi grigi, che cercavano di sembrare vuoti ma che dentro racchiudevano il mondo.
I suoi capelli biondi, che sembravano voler fare a gara con il sole per quanto brillavano.
Il suo sorriso, che spuntava fuori da un momento all'altro e che aveva un qualcosa di misterioso.
Ogni notte rimanevo disteso sul letto a fissare il vuoto davanti a me, come se sul soffitto si proiettasse l'immagine di Andrea che mi guardava, sforzandosi di odiarmi.
Era tutto così assurdo, impossibile. Eppure era vero.
Ero innamorato di un hater.

Era una notte di ottobre come tante.
Fuori era freddo, ma non importava.
L'aria gelida non aveva alcun'effetto sulle mie braccia nude.
Ma dentro di me, c'era una tempesta.
L'assenza di Andrea, aveva lasciato una scia di ghiaccio dietro di sè.
Er seduto su di una sedia in balcone, a fumarmi la mia solita sigaretta delle 23.
La strada era deserta, ma in lontananza si sentivano dei passi.
"Le solite fans." sbuffai.
Arrivavano quando meno me l'aspettavo e rompevano la mia già apparente e fragile tranquillità.
Suonarono al campanello nello stesso istante in cui la mia sigaretta si spegneva, come uno dei tanti lampioni che illuminavano quella via.
"Chi diavolo è a quest'ora?" mi domandai.
Scesi di fretta le scale e andai ad aprire.
"Ehm, Zayn scusa se ti sono piombata davanti casa a quest'ora."
Andrea.
Lì.
Era.
Davanti a me.
Bellissima.
"Mia madre, mi ha cacciata di casa."
Le parole mi erano rimaste ferme nella gola, strozzandomi.
La guardavo, cercando di fotografare con la mente ogni minimo particolare.
Sorrideva.
E quando sorrideva le si formavano due fossette sulle guance. Rischiavo di perdere la vita, in quel sorriso.
"E come mai, sei venuta qui?"
Non so dove trovai il coraggio di parlare.
Andrea mi guardò stupita.
"Ehm, non sapevo dove altro andare. Ma se vuoi, me ne vado."
"No, entra pure."
Avrei voluto prenderla in braccio, stringerla a me, dirle che era entrata nella mi vita fin dalla prima volta che l'avevo incontrata.
Volevo dirle che non m'interessava, se lei mi odiasse con tutta la sua forza, io l'amavo e non potevo farne a meno.
Andrea entrò e si guardò intorno, spaesata.
"E' proprio tutto come mi ricordavo. Non è cambiato nulla." disse.
Si era messa a sedere sul divano e mi guardava.
"Nemmeno tu." sospirò.
Presi una sedia e mi misi a sedere di fronte a lei.
"Dove sei stata?" le chiesi.
Lei si soffiò il naso, aveva il raffreddore.
"Ad Amsterdam, da mia sorella. Sono partita il giorno dopo gli esami e sono tornata qualche ora fa."
"Sei stata via tanto, una settimana." dissi come per rimproverarla.
"Non quanto avrei voluto. Ammetto di aver pensato di rimanere lì per sempre."
SBAM. Il cuore precipitò giù, come in discesa libera.
"E poi cosa è successo?"
Nella mia voce c'era una nota di paura, alla quale cercavo di non dare importanza.
"Ho litigato con mia sorella e lei mi ha cacciata di casa." disse ridendo.
"Uh, ti cacciano tutti." osservai.
"Basta che non lo faccia tu, altrimenti sono fottuta."
"Non lo farò, sta tranquilla."
Avrei voluto chiederle perchè avesse litigato con sua sorella, perchè sua madre l'avesse cacciata di casa, perchè avesse scelto di venire lì da me.
Ma non dissi nulla.
Andrea si alzò dalla sedia.
"Sono stata una stupida, non dovevo venire. Devo andarmene e sarà meglio per tutti e due."
Quelle parole mi fecero sobbalzare, ricordandomi che potevo cambiare la situazione, che potevo farla restare. E questa volta, per sempre.
"Andrea, no. Questa volta, non te ne andrai."
Si voltò verso di me e mi guardò.
Stava per piangere.
L'avevo sempre immaginata come una ragazza forte, che non piange facilmente.
Una ragazza coraggiosa, capace di buttarsi il passato alle spalle e di andare avanti.
Andare avanti anche quando si ha tutto il mondo contro.
E la baciai.
La strinsi a me così forte che temevo di farle male.
Tutto quello che avrei voluto dirle, era racchiuso in quel bacio.
"Scusami, ho dovuto farlo." mormorai.
Le scostai i capelli dal viso.
Tremava.
"Ehi, è tutto ok?"
Non mi ero mai sentito così in imbarazzo con una ragazza.
"Speravo, che tu lo facessi. Io non ne avrei mai avuto il coraggio."
Stava piangendo.
Qualcosa mi diceva che lei mi amava e che si stesse sforzando di nasconderlo.
Perfino a se stessa.
Le tolsi le lacrime dagli occhi con le dita, le presi la mano e la portai di sopra.
"Quando si è nervosi, stanchi ed arrabbiati c'è solo una cosa da fare."
Andrea mi guardò con aria interrogativa.
Eravamo arrivati al balcone della mia camera.
Le porsi una sigaretta.
"Non fumo." mi disse.
"C'è sempre una prima volta." le risposi sorridendo.
Lei prese la sigaretta titubante e iniziò a fumare.
"Da quanto tempo hai smesso?" le chiesi.
Rise.
"Da cosa l'hai capito?"
"Da come fumi. Si vede che l'hai fatto altre volte."
"In realtà è da poco. 2-3 mesi. Mia madre ha fatto smettere sia me, sia mio padre. Odia il fumo."
Annuii.
La osservai: era magra, troppo. Avevo paura di romperla anche solo guardandola. Era appoggiata alla ringhiera del balcone e guardava fisso davanti a lei.
"Ho sempre odiato questa città infernale." ammise.
"Perchè?"
Non ero d'accordo. Da piccolo, avevo sempre sognato di andare a vivere a Londra e di diventare famoso.
Ed ecco che i miei sogni si avveravano.
Tutti, tranne uno.
"Perchè non è la città adatta a me. Non c'è nessuno disposto a capirmi, a fare spazio nella sua vita...per me."
Mi avvicina a lei.
"Questo non è vero." le mormorai all'orecchio.
Andrea sussultò si girò e mi guardò fisso negli occhi.
"Con me la vita è un inferno, Zayn."
"No, non è vero." risposi.
"Sì, lo è." ribattè lei.
La baciai di nuovo, ma questa volta non volevo dirle proprio nulla. Solo, amami.
Lasciati amare.


...

Eravamo sul mio letto.
Andrea dormiva, la sua testa era appoggiata sul mio petto ed io le accarezzavo i lunghi capelli biondi.
Forse stavo sognando, eppure era tutto così reale.
Mi rivenne in mente la frase che Andrea voleva tatuarsi sulla schiena: And can you feel the love tonight?
Quella notte l'amore l'avevo sentito, l'avevamo sentito.
E non c'era stato il bisogno di nessun tatuaggio, di nessuna domanda.

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Capitolo 7
*** Nuovo inizio. (Andrea) ***


Non volevo aprire gli occhi, avevo paura.
Paura di ciò che avrei trovato davanti a me.
Paura di quella sensazione, che avevo già provato altre volte, e che ora tornava.
Paura di essermi innamorata.
Eppure lo ero. Sentivo di amarlo, di non poter fare più a meno di lui, nonostante nella mia mente continuassi a ripetermi "lo odio!" ad intervalli regolari.
Mi serviva uno scoglio, qualcosa a cui aggrapparmi, perchè ciò che credevo certo, ora non lo era più.
La porta si aprì lentamente.
Zayn si sedette sul letto e iniziò ad accarezzarmi i capelli.
Cercai di rimanere immobile, ma quel gesto, la sua vicinanza, mi metteva a disagio, come se il mio corpo fosse ostinato nel rifiutarlo.
Fare l'amore con lui non era mai stato nei miei piani, non lo credevo possibile. E forse una volta l'avevo considerato un incubo, una tortura.
Ma sembrava appartenere tutto ad una vita passata, che non era più mia.
Sapevo, nel mio incoscio, che quella notte appena trascorsa, l'avevo sognata più e più volte, chiudendola in uno spazio remoto della mia mente, per impedire che uscisse e mi dicesse:"Ehi Andrea, tu lo ami."
Aprii lentamente gli occhi.
Zayn mi stava guardando, e caddi nel suo sguardo.
Quegli occhi, quei maledetti occhi erano peggio di una calamita, peggio di una trappola.
"Ehi, buongiorno."
La sua voce.
Sì, era proprio la sua voce che mi aveva fatta innamorare.
"A te."
Mi misi a sedere sul letto, cercando di tenermi a distanza di lui. I vestiti erano sparsi per tutta la stanza e al sol vederli mi tornavano in mente immagini della notte precedente. Era tutto confuso, disordinato.
Una sigaretta, poi un abbraccio, un bacio.
Sì un bacio, doveva esserci stato un bacio.
Poi mi aveva presa in braccio e mi aveva portata in camera.
"Andrea? Ti vedo distratta. Che succede?"
Sospirai.
"Oh, nulla. Tranquillo. Solo un po' di mal di testa."
Appoggiai la testa sulla sua spalla.
"Tra poco devo uscire, ho un appuntamento con i ragazzi. Cosa hai intenzione di fare tu, oggi?"
Sospirai.
"Volevo passare a casa, a prendere delle cose. Mamma la mattina non c'è, è a lavoro e papà anche. Così evito inutili litigi, e domande scomode alle quali non voglio rispondere."
Zayn mi sollevò il mento con le dita.
"Guardami."
Lo guardai.
"Promettimi una cosa." disse.
"Cosa?" risposi impaurita.
"Che quando tornerò a casa, sarai ancora qui."
"I-io..."
Quando avevo paura e temevo le mie stesse parole, balbettavo.
"Andrea..."
Nella mia vita, niente era sicuro.
Non credevo in me, non credevo nel mio passato, non credevo nel presente e nemmeno nel futuro.
L'unica cosa di cui ero sicura, così, come per magia, da un giorno all'altro, era che lo amavo.
Ed ero pronta ad ammetterlo.
"Sì, te lo prometto."
Mi sorrise.
E fu in quel fottuto momento, che mi accorsi che quel ragazzo era quello che avevo definito "perfetto" e quindi di conseguenza, "inesistente".
I suoi occhi erano paradiso ed inferno. Potevi fluttuarci libera e spensierata ma anche morirci dentro. Non ti lasciavano scappare. Si accorgevano di tutto, non tralasciavano nulla. A volte, avevo come l'impressione che mi scavassero dentro. Il suo sorriso era impossibile da descrivere.
Era come un secondo sole, che brillava per me, lì in quella stanza che era diventata il mio mondo.
E la sua voce. Della quale mi ero innamorata, perdutamente. Era dolce, gentile ed era l'unico ragazzo sulla faccia della terra ad aver capito chi fosse realmente Andrea Lewis, ad averla rincorsa ed averla salvata dal suo masochismo.
"Adoro quando mi guardi così."
Al sentirlo pronunciare quelle parole, mi resi conto che lo stavo fissando.
"Sembra quasi che ti stia dimenticando del tuo odio nei miei confronti."
Arrossii.
Lui si alzò. Stava per aprire la porta, quando lo chiamai.
"Zayn..."
Si voltò verso di me.
"Sì?"
"Io l'ho già dimenticato."

...

Passai tutta la mattinata a casa a prendere tutto ciò di cui avevo bisogno.
Non volevo rimanere a casa di Zayn a lungo, ma in attesa di trovare un'altra sistemazione, quello era l'unico posto dove potevo restare.
Stavo per lasciare la mia vecchia vita.
Stavo per cambiare pagina, di nuovo.
Stava per nascere una nuova Andrea.
Una ragazza che non pensava più a quei tagli che aveva sul polso, una ragazza che non pensava più a quella notte dove aveva rischiato di perdere tutto, una ragazza che non aveva più nulla da temere, più niente da odiare.
Ora c'era l'Andrea che aveva capito cosa si prova ad essere amati davvero, che odiare qualcuno, senza conoscerlo, non serve a nulla.
Se non a distruggersi la vita.
Perchè è questo, pensai, che gli haters fanno.
Odiano qualcuno, perchè lo invidiano. Perchè desiderano così tanto la loro vita, da iniziare ad odiarlo.
Ed essere degli haters non serve a nulla.
Se vuoi veramente qualcosa, odiare chi lo ha, non porta a nulla. Devi lottare, sperare, sognare e batterti per realizzare i tuoi sogni.
Ma mai, odiare chi è riuscito a realizzare i propri desideri.
Si finisce solamente con il perdere il significato di sogno, la concezione di desiderio.
Si perde l'immagine della teenager seduta davanti alla finestra a sognare in un futuro migliore o del bambino che sogna davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli.
L'hater non esisteva più.
C'era Andrea.
E Andrea, era innamorata di Zayn.

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Capitolo 8
*** Gelosia. (Zayn) ***


Ottobre lasciò il suo posto a Novembre.
Eravamo ormai in pieno autunno ed Andrea era sempre più irrequieta e strana.
Nonostante vivessimo insieme c'erano giorni in cui non la vedevo mai, se non durante le lezioni al college.
Mi salutava con un bacio sulla guancia, si metteva il cappello e correva via mentre io mi limitavo a guardare la sua sagoma che si confendeva con quella di altri mille studenti.
"Ci vediamo a casa." diceva.
Rientrava tardi, a volte anche a notte fonda, si infilava nel letto e lasciava che l'abbracciassi.
E quello era l'unico momento della giornata in cui mi sentivo davvero bene.
Ogni giorno era sempre lo stesso copione, mi sembrava di essere finito sul set di un film, dove la stessa scena viene ripetuta all'infinito, finchè non viene bene.
Ogni giorno lei si svegliava, accanto a me, mi guardava e mi dava il buongiorno appogiando le sue labbra sulle mie, poi si alzava, andava in bagno ed io rimanevo ad ascoltarla cantare sotto la doccia.
Non avevo mai ascoltato niente di simile.
Facevamo colazione insieme e andavamo a lezione.
E lei puntualmente, dopo la lezione, spariva.
Avevo paura che avesse un altro, che stesse cercando di scappare di nuovo, o che si fosse cacciata in un guaio.
Così, dopo 2 settimane di misteri, una sera decisi di aspettarla.
Ero nervoso, teso, arrabbiato e preoccupato, così in preda all'ansia, che in una sola sera mi fumai un intero pacchetto di sigarette.
Dov'era? Con chi? Perchè? Cosa le avevo fatto? Le domande si affollavano dentro la mia testa e non riuscivo a trovare nessuna risposta che avesse un senso.
Sentii la sua chiave girare nella serratura.
Entrò con passo sicuro e spedito nel salotto e me la trovai davanti.
"Oh, sei ancora sveglio?" mi domandò con tono sorpreso.
"Sì, ti stavo aspettando." le risposi.
Andrea sembrò quasi sconcertata dalle mie parole, aveva gli occhi lucidi.
Così, presi in mano la situazione.
"Dopo le lezioni sparisci, non si sa dove vai, torni a casa a notte fonda. Andrea, spiegami che cosa ti sta succedendo. Per favore. Ho fatto qualcosa che non va? Non vuoi più stare con me? Dammi una risposta, perchè io..."
Mi fermai, ero sul punto di scoppiare in lacrime anche io.
"...sto impazzendo."
Avevo la voce tremante a causa dei singhiozzi che stavo implorando di non esplodere.
"Non c'è niente che non va, Zayn. Io voglio stare con te, tu non mi hai fatto nulla. Sono io quella strana. Mi sembra di essere d'intralcio qui. Voglio cercarmi una casa mia. Tu hai bisogno dei tuoi spazi, di stare da solo. Hai bisogno di stare con i tuoi amici; non puoi rovinare la tua vita...per me."
Voleva andarsene.
Ma io avevo bisogno di lei, di stringerla a me durante la notte, di vedere dei film insieme; avevo bisogno di avere la sua mano stretta nella mia, di svegliarmi al suo fianco, di vedere il suo sorriso la mattina appena sveglia, di sentirla cantare sotto la doccia.
Avevo bisogno di ogni singolo momento, di ogni singolo istante, con lei.
"Ti sbagli. Tu non stai rovinando nulla. Tu, hai reso la mia vita migliore. Tu mi hai stravolto, Andrea."
Aveva il volto pieno di lacrime.
"Non piangere, ti prego."
La strinsi forte a me. La paura di perderla era più forte di qualsiasi altra cosa.
"Non voglio andare via." disse debolmente.
Tremava.
"Non devi farlo, infatti."
"Ma..." provò a ribattere.
"Niente ma."
Non so quanto tempo restammo in piedi, abbracciati.
Ma una cosa era certa: quello era il centro del nostro mondo.

...

Andrea si era trovata bene anche con i ragazzi; quando le avevo detto che avevo intenzione di presentarglieli, aveva protestato dicendo che non voleva, che aveva paura di non essere accettata.
Non avevo prestato molto ascolto alle sue fissazioni e così l'avevo presentata a Liam, Niall, Louis ed Harry.
Loro ovviamente non avevano fatto cenno di sapere niente, nè del fatto che fosse stata un'hater, nè del suo passato; e così Andrea entrò anche a far parte della loro vita.
Ero contento di tutto ciò: i miei migliori amici volevano bene alla mia ragazza, e la mia ragazza si trovava bene con loro.
Forse anche troppo bene però, con uno in particolare.
Harry.
Quando Andrea stava con lui, si trasformava, sembrava un'altra ragazza. Rideva, scherzava, parlava sempre e solo con lui. Avevano un'intesa incredibile ed ero invidioso di quel loro legame.
Si capivano con una sola occhiata e a volte iniziavo a sentirmi di troppo.
Harry era famoso per essere un "playboy" e anche se aveva un anno meno di Andy, temevo che in qualche modo lei finisse per innamorarsi di lui.
Lasciavo che la gelosia mi logorasse lentamente e nonostante ogni mattina mi svegliassi accanto ad Andrea, e mi perdessi nei suoi occhi che non si stancavamo mai di guardarmi, avevo paura che tutto potesse finire.
Con lei non ne avevo parlato, sapevo già cosa mi avrebbe detto:"Zayn, ma cosa dici? Sono innamorata di te, non di Harry." e mi convincevo che fosse davvero così, ma sentivo dentro di me, una vocina che mi diceva:"Si sta allontanando da te."
Avevo provato a parlarne con Louis, ma non era servito a nulla. Con lui, di Andrea, Harry non ne aveva parlato.

...

"Ho notato che ti trovi bene con i ragazzi."
Stavamo cercando di studiare per uno stupido esame, che avremmo avuto di lì ad una settimana.
"Oh, sì. Ho capito che ero davvero stupida ad odiarvi. Siete fantastici." disse lei, non staccando gli occhi dallo schema che stava cercando di elaborare.
"Soprattutto..." dissi senza pensare.
Andrea alzò gli occhi dal foglio e li posò su di me.
"Cosa vorresti dire?" mi chiese come in preda al panico.
"Eh, vedo che con Harry c'è molto feeling."
Mi sentivo uno stronzo.
"Oh, beh. Andiamo molto d'accordo. Abbiamo molte cose in comune." cercò di difendersi.
"Ah, avete molte cose in comune? Sono contento per voi. Siete proprio una bella coppia."
Vedevo Andrea sul punto di diventare isterica, ma continuai ad accusarla di un crimine che forse non aveva nemmeno commesso.
"Sai che ti dico? Puoi studiare con lui. Magari avete anche la stessa passione per la filosofia!"
Mi alzai, presi le chiavi e andai verso la porta.
"Zayn, fermati ti prego! Non sai quello che stai dicendo. Tra me ed Harry non c'è nulla."
Feci finta di non ascoltarla ed uscii di casa.
Non sapevo dove andare.

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Capitolo 9
*** 30 secondi. (Andrea) ***


Entrai in casa.
Tutto era silenzioso, avvolto nell'oscurità, ed io come un ombra scivolavo da una stanza all'altra.
Il dito continuava a sanguinare e non ricordavo nemmeno come avessi fatto a tagliarmi.
Andai in bagno, accesi la luce, sporcando di sangue l'interruttore e misi il dito sotto l'acqua ghiacciata.
Mi guardai allo specchio; la ragazza che mi guardava, non ero io.
Mi ero tagliata i capelli: ora erano pari, lunghi fino alle spalle con un ciuffo che usciva prepotentemente dal capello.
Il sangue continuava ad uscire anche sotto il getto dell'acqua gelida.
Zayn avrebbe senz'altro saputo cosa fare.
Zayn.
Mi mancava, e tanto.
La sera in cui avevamo litigato, ero rimasta davanti alla porta per ore aspettandomi di vederlo entrare, prendermi in braccio e stringermi forte a lui.
E alle 4, avevo preso le mie cose e me n'ero andata da casa sua.
Non lo avevo più cercato.
Ora vivevo in un piccolo appartamento vicino a Trafalgar Square, me lo aveva trovato papà, l'unico a cui avevo raccontato ciò che era successo.
A lezione, non si faceva più vedere ed io ero oramai abituata alla sua assenza.
"Le persone si abituano a tutto, se le si dà tempo a sufficenza."
Ed io oramai mi ero abituata a provare dolore e non faceva più male.
Era come una fiamma che distrugge tutto, ed io avevo bisogno di cancellare, ridurre a pezzi tutti i ricordi dei momenti felici che avevo passato con Zayn.
Ero tornata ad odiarlo, ammesso che l'avessi mai fatto prima d'ora, solo perchè grazie a lui avevo conosciuto l'amore, avevo imparato ad apprezzarlo e lasciare che s'imposessasse di me.
Lo stavo odiando perchè mi mancava e perchè lo amavo ancora.
L'odiavo perchè piangevo ogni notte, nella speranza di sentire le sue dita sulla mia pelle.
L'odiavo perchè lo avrei amato, sempre.

...

Erano le 9, quando il telefono squillò, svegliandomi.
Erano le 9 ed erano passate due settimane dall'ultima volta che l'avevo visto.
Risposi al telefono.
"Pronto?"
"Ehi, ciao Andy."
Era Harry, l'unico con il quale fossi rimasta in contatto dopo essermene andata da casa di Zayn.
"Harry, mi hai svegliata." dissi con aria stanca "spero che sia per un buon motivo."
"Sì, certo. Voglio vederti. Facciamo tra un'ora da me?"
Non avevo voglia di uscire, soprattutto se si trattava di andare da Harry.
"Mh, vieni tu. Sono stanca, non ho voglia di uscire." risposi.
"Ok. Allora sarò lì da te tra un'ora, ciao."
E riattaccò.
Era una di quelle classiche telefonate che preannunciano uno di quegli incontri che sembrano più delle sedute da uno psicologo piuttosto che un incontro con un amico, ma ormai ero rassegnata.
Harry tentava inutilmente di togliermi dallo stomaco quel peso che ormai mi portavo dietro da due settimane. Non ci sarebbe mai riuscito.
Mi alzai dal letto ed andai in bagno, avevo la nausea.
Mi guardai allo specchio; la sconosciuta della sera prima mi stava di nuovo guardando, ma quella volta era più pallida, bianca.
La testa girava e chiusi gli occhi.
Tutto scomparve e avevo voglia di sparire anche io.

...

"Sei sicura di star bene? Sei così pallida..."
Harry era davvero preoccupato.
"Sì, tranquillo. Sono solo un po' stanca."
Harry posò il suo sguardo su di me e parve che iniziasse a leggere tutto quello che mi passava per la testa in quell'istante.
"Andrea, non va tutto bene. Tu pensi che non mi sia accorto che i tagli che tu ostini a coprire con braccialetti e felpe sono di nuovo rossi? Credi che non mi sia accorto che sei ogni giorno pià magra e debole?"
Mentre ascoltavo ciò che già sapevo come per istinto nascosi le mani dentro le maniche della felpa che mi aveva regalato Zayn; mi stava da grande, e grazie a quella felpa riuscivo a nascondere quei tagli che rappresentavano una delle poche vie d'uscita che avevo a disposizione.
Non trovavo la forza di rispondere ad Harry, lui aveva ragione, su tutto.
"I-I-I-Io, voglio essere aiutata Harry. Da sola non ce la faccio. Mi manca, mi manca ogn giorno di più. Senza lui sto scomparendo."
M'immersi nelle braccia di Harry e piansi appoggiata alla sua spalla.
"Andy" disse toccandomi i capelli "tu devi dimenticarlo, perchè lui l'ha già fatto con te."
Tutto il mio mondo, tutto il mio essere, si racchiuse in quella frase.
"Lui l'ha già fatto."
L'unico rumore che si sentiva in casa erano quelli che venivano da fuori, dalla strada.
"Lui l'ha già fatto." Quelle parole continuavano a rimbombarmi nella testa.
Lui mi aveva dimenticata, ed io dovevo rassenarmi e fare lo stesso.
Mi aveva stravolto la vita, mi aveva cambiata, mi aveva capita, mi aveva salvata ed ora mi lasciava sola, di nuovo. Andrea Lewis, tornava ad essere di nuovo sola come era sempre stata.
Volevo scappare di casa ed iniziare a correre, correre fino a quando non sarei stata troppo stremata per continuare. Correre fino a quando non avrei dimenticato chi ero, come mi chiamavo e perchè continuavo ad esistere se non potevo essere felice.
Ma non sarebbe servito a nulla.
30 secondi.
Mi bastarono 30 fottutissimi secondi per decidere.
Mi staccai da Harry e andai verso la porta.
"Dove vai?" mi chiese ansioso.
"A riprendermi ciò che era mio."

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Capitolo 10
*** Forever. (Zayn) ***


La testa minacciava di esplodere.
Vedevo già i pezzi del mio cervello sparsi per tutta la stanza.
Kelly se n'era andata o forse non era mai entrata.
Liam me l'aveva presentata la sera prima come un'amica di Danielle; avevamo ballato, avevamo bevuto qualcosa insieme e poi lei mi aveva accompagnato a casa.
Io ero troppo ubriaco per guidare.
Della notte appena trascorsa, non ricordavo nulla.
Ma Kelly non era entrata, ne ero certo.
Anche se ero ubriaco, e la memoria era andata a farsi fottere, sapevo che non ero capace di fare entrare nella mia vita, qualcun'altro.
Qualcun'altro che non fosse Andrea.
Andrea si era presa tutto: il mio spazio, il mo tempo.
Si era presa la parte peggiore di me e se l'era portata via, lasciandomi da solo con i sensi di colpa.
Mi alzai dal letto e andai in bagno.
C'era ancora il suo profumo sul lavandino, non avevo ancora avuto il coraggio di levarlo.
Vederlo lì, mi dava sicurezza, mi dava speranza.
E mi convincevo che andando di sotto, l'avrei trovata appoggiata al bancone della cucina a leggere un libro e a mangiare pancakes; ma appena scendevo appoggiato al bancone ci trovavo solo il suo ricordo sbiadito e un sorriso. Il mio sorriso che era volato via con lei.
Anche quella mattina, il copione si ripetè inesorabile.
Andrea non c'era, e non ci sarebbe stata nè il giorno dopo, nè i giorni a seguire.
Una lacrima scivolò velocemente sul mio viso, svanendo sul mento dove tutte le lacrime terminano la loro breve vita carica del dolore altrui.
Il telefono squillò: era Harry.
"Pronto, Hazza?" risposi ancora assonnato.
"Zayn, fortunatamente sei sveglio. Sono andato da Andrea e le ho parlato di Kelly. Lei ora sta venendo da te, non sono riuscito a fermarla. Ho fatto un casino, cazzo."
Ero incapace di rispondere.
"Zayn ci sei?"
Harry era preoccupato.
"Harry. Hai fatto un casino, sì. Ma è il casino migliore che tu potessi fare." risposi calmo.
Andrea stava venendo lì. Da me.
Non lasciai ad Harry il tempo di rispondere e riagganciai.
Mi vestii velocemente e rimasi nell'attesa struggente di sentire il campanello suonare.
Quando lei sarebbe arrivata, avrebbe stravolto tutto il mio mondo, di nuovo.
Avrebbe pianto, urlato, mi avrebbe detto che ero uno stronzo, un bastardo, un puttaniere e non vedevo l'ora. Non vededo l'ora perchè dietro a tutte quella parole d'odio c'era lei, e lei forse mi amava ancora.
"And I will try to fix you."
Dalla radio usciva questa canzone, "Fix You" dei Coldplay. La canzone preferita di Andrea, la canzone che lei una volta mi aveva cantato, sussurandomi all'orecchio dopo aver fatto l'amore.
No.
Non potevo lasciare che lei andasse via da me.
Di nuovo.
Quella volta, lo avrei impedito.

...

Andai ad aprire la porta e c'era lei, lei.
Andrea.
Si era tagliata i capelli, ora erano pari, lunghi fino alle spalle.
Gli occhi erano sempre dello stesso ghiaccio, ma rossi.
La lasciai entrare senza nemmeno dire una parola.
Doveva essere lei la prima a parlare, la prima ad attaccare, la prima a sfogarsi.
"Non sono perchè sono venuta qui."
Pausa.
"E sicuramente ho sbagliato a farlo. Ma credo che se non l'avessi fatto me ne sarei pentita."
Un'altra pausa.
"Harry mi ha detto che ti eri già trovato un'altra. E non ho voluto crederci. Mi sembra tutto così impossibile. 'Andrea ti amo. Andrea sei tutto.' Hai perso tanto di quel tempo, per avermi, ed ora? Mandi tutto all'aria, per l'avventura di una notte? No Zayn. Questo non sei tu."
Si fermò di nuovo. Mi dava le spalle forse per non farmi vedere che stava piangendo, ma me ne ero accorto da come parlava. Si era rotto qualcosa all'interno della sua voce.
La raggiunsi con pochi passi, la presi per il braccio e la girai verso di me.
Non avevo mai visto tante lacrime.
"Sei tu la mia avventura e non ho bisogno di nessun'altro."
E la baciai.

...

Le sfilai la felpa delicatamente baciandola sul collo.
I nostri respiri seguivano lo stesso ritmo veloce.
Non avevo mai visto niente che assomigliasse anche un poco alla sua bellezza e se avessi potuto l'avrei anche spogliata di tutte quelle cicatrici che aveva.
Andrea mi stringeva più forte che mai, i nostri corpi si erano cercati per anni, magari anche in altre vite, ed erano fatti per stare insieme, così me le nostre anime che avevano avuto le loro asperienze e che dovevano amarsi, per guarire da ferite troppo profonde.
Eravamo due metà che si erano cercate per troppo tempo. Andrea respirava affanosamente e gemeva, mi baciava, sussurava il mio nome.
Raggiungemmo l'apice insieme, tenendoci la mano come due bambini che non vogliono lasciarsi.

La testa di Andrea era appoggiata sul mio petto.
Eravamo stanchi ma la voglia di recuperare il tempo perso, era troppa.
Giocherellavo con i suoi capelli, intrecciandoli.
"Appena sono uscito di casa quella sera, volevo tornare indietro, prenderti in braccio, stringerti e dirti che ero un povero stupido troppo geloso."
Andrea si mise a sedere sul letto e mi guardò fisso negli occhi.
"E perchè non l'hai fatto?" mi domandò.
"Perchè sono troppo orgoglioso." risposi vergognandomi di me stesso.
Andrea sbuffò.
"Al diavolo il tuo fottuto orgoglio, Zayn Malik."
E ridendo si tuffò sotto le coperte ed io sorridendo la raggiunsi.
"Ora, staremo per sempre insieme?" le chiesi mordendole il naso.
"Ho paura del per sempre." disse lei scivolando sopra di me.
"Allora, tutta la vita?"
"Tutta la vita può andare."
Scoppiò a ridere.
Facemmo l'amore di nuovo, stretti sotto le coperte e giurandoci che ci saremmo amati, per tutta la vita.


Spero che questo decimo capitolo vi sia piaciuto! Volevo salutare *fa ciao con la manina* le mie fedeli ammiratrici (?) che seguono questa storia da più di un mese, e ringraziarle per tutto quello che fanno per me!
Seguitemi su twitter! Sono @malikbubs.
Un bacio, -maart.

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Capitolo 11
*** Ma tanto da morire. (Andrea) ***


Zayn aveva voluto rendere ufficiale il nostro fidanzamento e non c'era più nessuno in tutta Londra, che non sapesse chi io fossi.
O meglio, chi io fossi diventata.
"Quella è la ragazza di Zayn Malik."
Questo leggevo negli occhi delle persone che mi guardavano. C'erano ragazze che mi fermavano per scambiare due parole, ragazze che mi chiedevano adirittura di fare autografi o scattare una foto con loro e c'erano ragazze che invece non mi sopportavano.
Tutti sapevano del mio passato, tutti sapevano che ero stata una hater e credevano che non meritassi di vivere la mia vita con Zayn.
Entravo su facebook di nascosto per vedere ciò che pensavano di me, e da quello che lessi risultò che la maggior parte delle Directioners, mi odiava.
Su twitter ricevevo in continuazione minacce di morte o insulti.
Passavo intere notti accanto alla finestra a piangere, in silenzio e Zayn di tutto questo non ne sapeva nulla.
Ne avrebbe solo sofferto.
Si riteneva il "responsabile" di tutti i cambiamenti che mi stavano travolgendo, e non faceva altro che sorridermi e chiedermi scusa.
Quello che provavo per lui non era assolutamente cambiato, ma io avrei voluto aspettare, avrei voluto avere la certezza sarebbe davvero durata per tutta la vita.
Avevo paura.
Paura che tutto ciò che avevamo costruito, ci sarebbe crollato addosso.

...

Mi stavo guardando allo specchio.
Nonostante tutto, ero soddisfatta del mio aspetto.
Indossavo un vestitino di seta verda, stretto fin sotto il seno da una cinta di cuoio marroncina, e con una larga gonna svolazzante fino al ginocchio.
I capelli li avevo lasciati sciolti e lisci.
Non volevo separarmi dal mio ciuffo, mi aiutava a nascondermi.
Non avevo neanche esagerato con il trucco: mascara, matita dorata e un po' di fondotinta per mascherare la mia carnagione troppo chiara.
Ero pronta, m'infilai i tacchi (troppo alti per me) e scesi di sotto, dove Zayn mi stava aspettando.
Scendendo le scale mi resi conto, che nulla poteva rovinare quella serata.
Avremmo partecipato ad una tranquilla festa di beneficenza e mi convinsi che non ci sarebbe stato nessuno a darmi contro, o ad attaccarmi.
Speravo di non sbagliarmi.
"Sei stupenda."
Zayn mi stava fissando, e mi sentii arrossire.
Di fronte a lui, mi sentivo come una bambina: arrossivo per qualsiasi cosa, avevo le vertigini, impazzivo per poco.
Lo amavo, e non potevo farne a meno.
"Allora? Ne è valsa la pena, di aspettare così tanto?" gli chiesi.
Mentre mi preparavo, ogni tanto era venuto a bussare per accertarsi che fossi pronta ed avevo dovuto sempre dire di no.
"Eh allora, andiamo."
Mi prese la mano ed uscimmo da casa.

...

Eravamo alla festa da circa un'ora e me ne stavo in disparte accanto a una delle grandi vetrate.
Mi sentivo osservata da tutti i presenti, e non ero abituata a niente di tutto ciò.
Sapevo che alcuni degli invitato stavano parlando di me, del mio strano comportamento e sapevo che Zayn si era accorto che mi sentivo a disagio.
Vedevo lui e gli altri ragazzi parlare, al centro della sala e con loro c'erano anche Danielle, la ragazza di Liam, ed Eleanor, la fidanzata di Louis.
Loro due erano abituate ad essere al centro delle attenzioni per via dei ragazzi, ma io no.
Odiavo essere guardata, criticata, esposta al giudizio delle persone che non era mai vero, ma che mi portava sempre a credere che fossi un disastro, un errore.
"Andrea, c'è qualcosa che non va?"
Danielle mi riportò alla realtà e la mia attenzione, che fino a quel momento era dedicata alla posizione della stella polare, si spostò su di lei che mi guardava, come se capisse perfettamente come mi sentivo e cosa provavo.
"Eh, ehm. No, è tutto apposto." risposi così, sebbene non fossi convinta nemmeno io delle mie parole. "E allora perchè non sei di là con noi? Zayn si sta preoccupando, ma aveva paura a venirti a parlare. Crede che tu gli nasconda i tuoi stati d'animo per non farlo soffrire..."
Ed aveva ragione.
"Danielle, io. Ho paura. Non faccio altro che ricevere insulti, minacce. Sono odiata dalla maggior parte delle fan dei ragazzi. Da hater sono diventata un bersaglio dell'odio altrui."
Danielle mi abbracciò.
"Ci sono passata anche io. Ma vedi, io avevo il mio amore per Liam ed è proprio amandolo, che tutti si sono convinti che ciò che stiamo costruendo è vero, reale. Tu ami Zayn?"
Darei la vita per lui.
"Sì, più della mia stessa vita. Ma non basta. Io sto con lui e mi odieranno sempre per questo."
Io che odiavo, ora ero odiata.
Invidia.
Era questo il prezzo da pagare, per essere felice con il ragazzo che amavo?
"Andrea ricorda che il vero amore, si costruisce proprio sopra l'odio. Si fortifica."
Zayn si stava avvicinando, Danielle si voltò e lo vide.
"Vi lascio soli. Andrea, voi due siete fatti per stare insieme. Lo sanno tutti è per questo che t'invidiano." e con un sorriso se ne andò, lasciandomi sola con i sensi di colpa.
Prima che Zayn potesse parlare, gli poggiai un dito sulle labbra.
Ripensai alle parole di Danielle e trovai la forza di parlare, di dare vita al mio caos interiore, riordinando ciò che dal giorno dalla mia nascita, era fuori posto.
"Questa sera mi sto comportando da idiota e da egoista. Me ne sto qui a pensare alle persone che mi odiano e che vorrebbero farmi sparire nel nulla da cui vengo. Quell'odio, quelle persone, stanno diventando il mio mondo. Ed è sbagliato. Perchè tutto il mio mondo, sei tu. Il tuo amore. I tuoi occhi, il tuo sorriso...."
Zayn bloccò le mie parole con un gesto della mano. "Vieni" mi disse e mi fece cenno di seguirlo.
Lo seguii fuori, nell'immenso terrazzo che dava sul Tamigi. Nonostante fosse notte nel fiume si specchiava il Big Ben, con tutte le sue luci.
Ero tornata a guardare le stella polare, che indicava il Nord da milioni e milioni di anni.
Come Zayn per me.
"La vedi quella stella?" mi disse indicando un puntino luminoso che non avevo mai visto prima, "l'ho trovata 3 giorni dopo che te ne eri andata. E sai come l'ho chiamata?"
Scossi la testa. Avevo già le lacrime agli occhi.
"Andrayn."
Il cuore batteva come un pazzo.
"Siamo noi quella stella. E in qualsiasi parte del mondo ci troveremo, basterà guardarla e saremo insieme. La guarderai e saprai che ti sto pensando."
"Ti amo Zayn. Ti amo da star male, tanto da morire."
"Anche io Andrea. Sei tutta la mia vita, ora."
La sua voce nascondeva tristezza.
Ma non riuscivo a capire perchè.


Ciao a tutte! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per il ritardo, sperando che ne sia valsa la pena! Mi sono divertita da matti a scriverlo e spero davvero di essere riuscita a descrivere nel modo esatto tutto quello a cui avevo pensato. Grazie a tutte quelle che leggeranno, un bacio! -maart.
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Capitolo 12
*** Distance is a whore. (Zayn) ***


Novembre passò in fretta e con lui caddero anche le ultime foglie, dagli alberi del giardino.
A differenza mia, Andrea adorava l'autunno.
Nei pomeriggi in cui pioveva, o semplicemente non avevamo voglia di uscire, trascorrevamo le ore sul terrazzo, e la guardavo dipingere, disegnare.
In tutte quelle foglie che lei raccoglieva, disegnava, o creava con semplici pennellate, però, c'era di più, molto di più. C'eravamo noi due, con il nostro amore, i nostri sogni.
Con il nostro futuro insieme.
In un pomeriggio di fine Novembre, il giorno dopo la festa di beneficenza, come tanti altri, ero seduto sul divanetto della terrazza ed Andrea, seduta per terra, disegnava appoggiando la schiena alle mie gambe.
Dal blocco di fogli che aveva in mano, volò via un foglietto.
"Ops!" sospirò lentamente Andrea.
Le spettinai dolcemente i capelli e mi alzai per riprenderlo.
"Grazie, sei davvero un gentiluomo. Quel foglietto è importante per me." mi disse sorridendo.
"Oh, davvero? E come mai?" risposi incuriosito.
Come poteva un pezzo di carta del genere, essere così importante?
"Guarda tu stesso."
Guardai il disegno.
C'era disegnata una ragazza, o meglio la sua schiena.
La ragazza aveva i capelli raccolti disordinatamente, che le ricadevano con grandi ciocche sulla schiena.
E sotto la nuca, c'era una frase: "And can you feel the love tonight?"
Era il disegno del tatuaggio che stava facendo il giorno in cui c'eravamo conosciuti.
17 Settembre 2011, era scritto in alto e ormai era quasi illeggibile.
Sorrisi.
"Vuoi ancora farlo?" le chiesi sedendomi accanto a lei.
"Il desiderio c'è ancora. Ma forse è troppo grande..."
Le porsi il disegno e scoppiai a ridere.
Ero stato io a dirle che forse era troppo grande e lei mi aveva rifilato una delle sue solite rispostacce acide. Ricordavo tutto come se fosse appena accaduto.
"Se vuoi farlo, ti accompagnerò. E se vuoi, sarò anche lì a stringerti la mano."
Andrea buttò la testa indietro e prese a guardare il cielo, che quel giorno era limpido e sereno, come per cercare la stella che le avevo fatta vedere la sera prima, la nostra stella.
"Non ho più bisogno di quel tatuaggio."
Dicendolo, mi prese la mano e la strinse forte.
"E perchè?"
"Perchè l'amore l'ho trovato, lo sento. E non solo di notte, ma ogni singolo secondo della mia vita."
Stavo guardando anche io il cielo, sforzandomi di non far cadere le lacrime.
Andrea mi faceva sentire il ragazzo più felice della terra, mi faceva sentire vivo, e mi amava.
Mi amava non perchè ero famoso, bello, affascinante, ma perchè ero Zayn.
Zayn e basta.
Ed io l'amavo perchè senza di lei, non mi sarei mai sentito così, me stesso.
Non avrei mai scoperto di poter amare una persona così tanto da star male, così intensamente da impazzire e dimenticarsi di tutto.
Perchè sensa di lei, nulla avrebbe avuto un senso.
E allora perchè, tutto doveva finire?

1 settimana prima.
L'ultimo ad arrivare fu Harry, quel ragazzo non era mai stato puntuale e tutti noi pensavamo che probabilmente, se mai si fosse sposato, sarebbe arrivato in ritardo anche al suo matrimonio.
"Le donne vanno fatte aspettare." diceva convinto.
" A me Andrea ha sempre detto di sostenere il contrario, ovvero che sono gli uomini, che vanno fatti aspettare."
"Pff, leggende metropolitane."
E la conversazione, finiva sempre in mezzo alle risate.
Quella mattina, a casa di Liam, dovevamo parlare del nostro futuro tour negli Stati Uniti; non che la cosa non m'interessasse, ma avrei preferito starmene a casa, svegliare Andrea con un bacio e portarle la colazione a letto.
E invece ero seduto sul divano, ad aspettare il solito Hazza ritardatario che non si svegliava mai in tempo.
"Andrea verrebbe con te in America, per il tour?" mi chiese Niall curioso.
Cazzo, non ci avevo mai pensato.
Sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare quell'argomento, ma non avevo idea di come farlo.
"Oh, ehm, beh...non ne abbiamo ancora parlato." risposi impacciato.
E a dirla tutta, nemmeno volevo farlo.
Ultimamente Andrea aveva iniziato ad apprezzare di nuovo Londra e stava riscoprendo la città in cui era nata e cresciuta, la stava guardando con nuovi occhi.
Con i miei occhi.
Sapevo del suo sogno di vivere all'estero, in America, nel North Carolina.
Voleva una casa sulla spiaggia, desiderava svegliarsi la mattina con il rumore delle onde, correre sulla riva, lasciare che il suo sguardo si perdesse nell'infinito e sentirsi libera, proprio come l'oceano.
Ma avevo anche capito che lei non sarebbe mai venuta con me in America, seguire il tour e soprattutto era una cosa che non potevo chiederle.
Ma non potevo nemmeno rinunciare a lei, lasciarla per tutti quei mesi da sola.
Aveva litigato con tutti i suoi amici e non vedeva da più di 2 mesi i suoi genitori.
"Ehi, Zayn? Ci sei?" Louis mi riportò sulla terra.
"Sì, stavo solo pensando."
"A cosa?" chiesero Liam e Niall in coro.
"Che Andrea non verrebbe mai in America con noi, e che io non posso nemmeno pretendere che sia entusiasta di questa idea..." non riuscivo a trovare le parole per continuare.
"... ma non puoi nemmeno rinunciare a lei, lasciarla qui e vivere per tanti mesi lontano dalla ragazza che ti ha cambiato la vita. E' normale."
Come se mi avesse letto nel pensiero, Liam terminò la frase. Ormai sul punto di scoppiare in lacrime, mi feci coraggio e domandai:"Allora, cosa dovrei fare?"
"Se l'ami davvero, dovresti lasciarla libera di scegliere." disse Niall.
"Devi lasciarla andare." sospirò talmente piano Louis, facendo in modo che sentissi solo io.
Liam andò ad aprire ad Harry che era arrivato, io lo seguii e uscii di casa.
"Dove vai?" mi chiesero in coro.
"A trovare la forza di non vivere." dissi quando ormai ero lontanto, per non farmi sentire.
Io senza Andrea non esistevo, non ero nulla.
Non ero me stesso.

...

"Ehi Zayn, è tutto ok?"
La voce di Andrea mi salvò dalla tempesta che i ricordi avevano provocato.
"Sì, è tutto ok." mentii. "Ci vediamo un film stasera?"
"Mh, ok. Vado a sceglierne uno su internet."
Si alzò e rientrò in casa.
[Che ne dici di guardare il film della nostra vita, per vedere come andrà a finire tra noi? Perchè non clicchiamo sul tasto "stop" e viviamo questo momento per sempre? Oppure mandiamo avanti, fottiamo questi stupidi mesi che passeremo distanti, perchè la distanza è solo una puttana, e viviamo il momento in cui ti avrò di nuovo tra le mie braccia.]
"Vieni con me, ti prego." sussurai.
Ma Andrea non poteva sentirmi.

Leggete anche le mie ONE-SHOT!
1 - Shall we dance.
2 - Il mondo è nostro stanotte.
3 - A beautiful melody when the night's so long.
Seguitemi su twitter, sono @malikbubs.
Un bacio a tutte, - maart.
P.S. Recensite, mi raccomando!

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