Gate 15

di HermyLily89
(/viewuser.php?uid=122681)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stai facendo la cosa giusta ***
Capitolo 2: *** Hai bisogno di loro, te lo leggo negli occhi ***
Capitolo 3: *** Non so … mi dà forza ***
Capitolo 4: *** Macerie ***
Capitolo 5: *** Qualche noi di troppo ***
Capitolo 6: *** I miss you ***
Capitolo 7: *** Un solo abbraccio sincero ***
Capitolo 8: *** Sei sicura lo sarebbe stato? ***
Capitolo 9: *** So che non posso nasconderglielo. ***
Capitolo 10: *** In bilico ***
Capitolo 11: *** Vi siete scelti senza mai dirvelo ***
Capitolo 12: *** Vi dichiaro uniti per sempre ***
Capitolo 13: *** Troppo tardi? ***
Capitolo 14: *** Diciannove anni dopo ***
Capitolo 15: *** Gate 15 ***



Capitolo 1
*** Stai facendo la cosa giusta ***


“Un biglietto per Sidney, grazie”.

Una donna indaffarata, i capelli in ordine di un biondo spento, tirati su e fermati in modo elegante dietro la testa a malapena sembra ascoltarmi, tutta concentrata a masticare la sua chewingum.

“Classe?”

Nemmeno mi guarda, digita qualcosa su quel computer che ha davanti a sé, gli occhi che riflettono quella luce azzurrina.

“Seconda. Il primo volo che trova andrà bene”.

Mi sforzo di sorriderle, anche se nervosamente.
Non sono mai stata in un aeroporto, sinceramente, anche se può essere strano per una ragazza di diciotto anni. Ma è anche vero che finchè per nove mesi all’anno sei a contatto con maghi, difficilmente può capitarti di dover prendere l’aereo.
Mi guardo attorno, mentre la donna digita distrattamente qualcosa sul suo computer: persone che sorridono, che partono per le vacanze, piene di valigie e borsoni, persone che si ritrovano, che si abbracciano.
Come se l’aeroporto fosse una sorta di luogo d’incontro per ritrovare la propria felicità, per vivere delle emozioni forti.
D’altra parte è quello che sto facendo anche io.
Sto ricercando la mia felicità, andando a riprendere quelle persone che per una scelta difficile, ma giusta ho dovuto tener lontano da me.

“Allora, c’è un volo tra un’ora. Una volta che ha pagato, le conviene presentarsi già al gate d’imbarco.”

Solo allora smette di fissare lo schermo tremolante e si gira a guardarmi con un sorriso falso, di quelli da pubblicità del Settimanale delle Streghe, di plastica.
Le do i soldi necessari per il biglietto, cercando di non essere troppo sconvolta per la simile cifra, ma d’altronde l’Australia è dall’altra parte della terra e poi sto andando a prendere mamma e papà.
Qualunque cifra sarebbe irrisoria al confronto.

“Ecco a lei, signorina Granger. Buon viaggio”.

Mi porge il biglietto e, dopo aver controllato che tutti i miei dati siano corretti, prendo la mia borsa e vado alla ricerca del gate 15, come indicato da quel pezzo di carta.
Non riesco a fermare i pensieri di quello che è successo solo qualche ora prima, corrono, si confondono, si mescolano: la lotta nella scuola, i Mangiamorte, Piton, Fred… e Tonks, Lupin … Colin, la sconfitta di Voldemort.

Sii coerente, su. Non stavi pensando a questo.

Il bacio con Ron, le zanne di basilisco a terra, la voce di Harry che cerca di ricordarci in che situazione siamo.
La voce di Harry.
La sua voce.
Devo smettere di pensarci. Sto con Ron e Harry sta con Ginny.
Fine della questione ed è inutile che ci rimugino sopra.
Mi accorgo di aver passato il gate 15, solo quando arrivo al 20; i pensieri mi hanno portata troppo lonatana.
Sbuffando, mi volto e riprendo a camminare, questa volta facendo attenzione a ciò che mi circonda.
Gate 19, gate 18, gate 17, gate 16, gate 15. Eccolo.
Mi accomodo su una delle panchine in plastica, stanca, distrutta.
Ma non potevo aspettare ancora, ora che tutto è cambiato, e per il meglio, dovevo partire, andare da loro.
Anche perché ognuno era tornato a casa, ognuno con i suoi feriti da medicare e le perdite da ricordare.

Tranquilla Hermione, lo capisco. Vai dai tuoi genitori. Io rimarrò qui a dare una mano a mamma e agli altri, insomma. Sai, senza … ecco, senza di lui, George è distrutto.”
Si era morso il labbro inferiore e mi guardava con una profonda tristezza negli occhi.
Tornerò presto, Ron” gli avevo sussurrato, stringendogli la mano.
Da quella volta durante la battaglia non c'eravamo più baciati, benché Ron sembrasse sul punto di provarci anche altre volte, ma non me la sentivo, come se quelle morti avessero posto un confine tra ciò che aveva senso prima e ciò che ne aveva dopo.
Ron si era allontanato, poi, guardandomi un’ultima volta e si era diretto alla Tana assieme al resto della famiglia.
Stai facendo la cosa giusta”.
La voce di Harry mi fece sobbalzare il cuore nel petto.
Possibile che quella voce riuscisse a sconvolgermi in quel modo?

Harry era rimasto lì, ad Hogwarts, a dare una mano per rimettere in sesto la scuola.
Ed io avrei voluto rimanere lì, lo so bene.
Ma, come ha detto lui, sto facendo la cosa giusta, sto per andare a riabbracciare i miei genitori e so che lui, se avesse potuto, avrebbe fatto lo stesso.

Lo so, Harry. Ma avrei voluto restare qui, dare una mano”.
Avevo cercato il suo sguardo, volevo mi leggesse dentro e accadde.
I suoi occhi verdi si erano immersi nei miei per un istante che mi parve durare una vita.
Mi sentivo nuda, indifesa, alla mercè della sua curiosità, che però non aveva, come se potesse vedere anche la parte più intima del mio animo, quella parte che nemmeno io comprendevo bene.
Era come essere nella tenda, l’inverno scorso, io e lui, da soli.
Giochi di sguardi, attimi fugaci, nemmeno una parola, perché non serviva, non era necessario dire nulla.
Io e lui ci comprendevamo, ci siamo sempre compresi così.
La sua mano era scivolata sulla mia guancia. Una carezza.
Io sarò qui, quando avrai trovato i tuoi genitori. Non me ne vado”.

Era sicuro, deciso, pacato e mi sorrideva; in quel sorriso mi era parso di vedere l’Harry undicenne dopo la sconfitta di Raptor, una volta uscito dall’infermeria.
In lui riuscivo sempre a scorgere quel bambino insieme all’adulto che era diventato, probabilmente perché con lui ci sono cresciuta.

Ma non vedi Ron allo stesso modo, vero?

Era inutile fingere, ma allora perché l’avevo baciato? E con quel trasporto?
Per quale motivo ho fatto qualcosa di simile?
Grazie al cielo, i miei pensieri vengono interrotti dalla voce metallica dell’altoparlante: “I passeggeri per il volo per Sidney  delle ore 17:30 si accomodino davanti al gate 15. I passeggeri per il volo per Sidney delle ore 17:30 si accomodino al gate 15.”
Con tutta la forza in corpo, mi alzo e mi avvicino, trascinando la borsa dietro di me.
Tra poco potrò riabbracciare i miei genitori, finalmente, e prima farò loro tornare la memoria.
Per ora sono ancora orfana, sola al mondo, come Harry.
Come Harry.
E’ inutile che io eviti di pensarci, la sua immagine è nitida davanti ai miei occhi.
Magari questo viaggio mi potrà aiutare a fare chiarezza su ciò che davvero desidero, su ciò che realmente è per me.
Consegno il mio biglietto all’entrata del gate e poco dopo, quasi senza accorgermene, mi ritrovo sull’aereo.
Do uno sguardo dal finestrino, mentre l’aereo decolla, e mi si presenta davanti Londra, poi le praterie e le brughiere vicino alla mia casa, al mio mondo.
Si fa tutto così piccolo, mentre continuiamo a salire e, per quanto io sia terrorizzata dal volare, non smetto di guardare fuori, mentre l’Inghilterra sia allontana sempre di più.

“A presto mormoro, mentre con la mano faccio un piccolo cenno e poi chiudo gli occhi.

Io sarò qui, quando avrai trovato i tuoi genitori. Non me ne vado”.

Una lacrima furtiva mi bagna le guance.
Lui sarà lì. Non se ne andrà.


 

************************************************

Ed ecco il primo capitolo di questa mia nuova FF!
Ancora non so come ho intenzione di portarla avanti
anche perchè l'idea mi è venuta in mente così,
un po' per gioco.
Inutile dire che le vostre recensioni
sono per me necessarie, 
soprattutto per capire cosa sbaglio 
e cosa va migliorato!

Quindi, recensite! :D

Baci, HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Hai bisogno di loro, te lo leggo negli occhi ***


*Dling dlong*

Si avvisano i passeggeri che siamo in arrivo all’aeroporto di Sidney. Rimanete con le cinture allacciate fino alla fine dell’atterraggio. Grazie per aver viaggiato con noi.”

Sbatto le palpebre. Una, due, tre volte.
Guardo il cielo fuori, dal piccolo finestrino alla mia destra, la testa appoggiata sul vetro freddo.
Devo essermi addormentata così, con la guancia appiccicata al finestrino.
Decisamente uno spettacolo orribile da vedere, ma non mi importa.
E’ buio, non so nemmeno quante ore io abbia viaggiato, non è questo che realmente conta; sono a Sidney, finalmente, e un sonno ristoratore dopo quello che ho passato nelle ultime 36 ore direi che mi ci voleva proprio.
Sento l’aereo atterrare, le piccole ruote poggiarsi sull’asfalto della pista, facendolo sobbalzare un po’.
Mi slaccio la cintura di sicurezza, afferro la mia borsa dal vano sopra la mia testa e cerco di scendere il primo possibile, tanta è la mia voglia di arrivare da Wendell e Monica Wilkins.
L’aria frizzante della sera mi accarezza il viso e riesce ad asciugare quelle lacrime che durante il sonno non avevano smesso di rotolarmi sulle guance.
Sono a Sidney, lontanissima da Hogwarts. Da sola.
Per la prima volta nella mia vita devo fare qualcosa completamente sola, senza nessuno.
E’ la mia battaglia, la mia battaglia personale ed è giusto che me la veda io. Nessun Harry a tenermi la mano, nessun Ron a farmi sorridere.

Ma potrei andare più tardi … Harry, loro stanno bene. Tu hai bisogno di una mano”.
Non riuscivo ad andarmene, non riuscivo ad allontanarmi o allontanarlo, come avevo fatto con Ron.
E nemmeno lui sembrava volersi allontanare da me.
La sua mano, che prima accarezzava la guancia, era scesa e ora prendeva la mia, accarezzandola dolcemente.
No, Hermione. Devi andare. Non per loro, che nemmeno si ricordano di te, ma per te. Hai bisogno di loro, te lo leggo negli occhi. Ricordi nella Foresta di Dean? Me ne parlasti, mi parlasti di loro. Ora tutto è finito, siamo salvi e tu devi andare a riprenderli. Per te.”
Non c’era rimprovero nella sua voce, solo calma e dolcezza, come se cercasse di spiegare qualcosa ad una bambina di due anni un po’ capricciosa, ma non voleva farmelo pesare.
Improvvisamente mi si era formato un pensiero nella mente, un pensiero che lui sembrò catturare immediatamente, non appena aveva assunto una qualche sembianza.
Verrei con te, Hermione, come tu sei venuta con me a Godric’s Hollow, ma devo rimanere qui, lo sai.”
Stavo guardando a terra, le lacrime che cercavo di ricacciare indietro erano comunque sgorgate, ma non volevo che lui le vedesse.
Delicatamente, con l’indice della sua mano libera, mi aveva sollevato il mento e non avevo potuto non specchiarmi in quegli occhi.
Non aveva detto nulla, mi aveva solo guardata.
Uno dei nostri sguardi.

Un clacson di un’auto mi fa sobbalzare.
Sono nel centro di Sidney e a malapena ricordo come ci sono arrivata: tutto è molto di più grande di come lo sia in Inghilterra … i palazzi, i negozi, gli edifici.
Mi scuso col conducente della macchina e mi sposto sul marciapiede, tirando fuori dalla tasca un pezzo di carta un po’ stropicciato.

“ Wendell e Monica Wilkins,
London Street, 15
Sidney”

Quindici.
Lo ripeto lentamente, quasi sillabandolo.
Sembra quasi una coincidenza: gate 15, London Street 15.
Eppure l’avevo scelto io, inconsciamente, quella mattina di settembre, quasi un anno fa.

Sarebbe una bella idea prendere una casa in Australia, che te ne pare, caro?”
Sua madre stava versando una tazza di te a suo padre, mentre lui sfogliava distrattamente il giornale appena arrivato, gli occhiali in bilico sulla punta del naso.
In Australia? Beh, effettivamente … l’Inghilterra mi sembra sempre più grigia e poi Susy e Albert ci hanno proposto di lavorare in quello studio dentistico di Sidney” disse, sorseggiando appena il te bollente.
Io li sentivo dalla mia camera, con la porta aperta.
Era stato in quel momento che trovai quella soluzione, il modo per salvarli dalla furia dei Mangiamorte e di Voldemort.
Perché erano i genitori di una grande amica di Harry, tutto il mondo magico lo sapeva e io non sarei tornata ad Hogwarts, dove potevo essere controllata.
Dovevo metterli al sicuro, in un posto in cui nessuno li avrebbe cercati.
Sidney.
Mi ero messa a scrivere freneticamente sul primo brandello di carta che avevo trovato sulla scrivania.
I due nomi erano usciti così dalla mia mente, senza essere mai stati pensati prima d’ora.
Come la via e quel numero civico.
E quell’incantesimo, che spesso avevo incontrato nelle mie notti di studio in biblioteca, durante la preparazione dei G.U.F.O. : l’Oblivion.
In un attimo ero diventata orfana e i miei genitori erano salvi.

Ripiego il foglio e lo rimetto nella tasca dei jeans, piena di adrenalina e un po’ tesa.
Sempre camminando, vado alla ricerca di un posto deserto, per potermi smaterializzare senza sconvolgere alcun Babbano. Fortunatamente scorgo una stradina tra due palazzi enormi, altissimi, che non sembra essere mai stata notata da nessuno.
Con circospezione mi avvio per quell’antro piuttosto buio, sollevo la mia borsa, issandomela sulla spalle e, mentre mi concentro sulle tre “D”, ripeto mentalmente l’indirizzo, il cuore che batte a mille.
Chiudo istintivamente gli occhi, come sempre.
Come sempre quando ci smaterializzavamo lo scorso inverno. Io, Ron ed Harry.
Appena il tempo di provare una leggera nausea che mi trovo davanti alla porta d’ingresso dei signori Wilkins, come recita la targhetta posta sul campanello.
Monica e Wendell Wilkins.
Ho ripensato a questo momento per mesi, lì, mentre fuggivamo e ci spostavamo da foresta a foresta, mentre la neve cadeva ed eravamo a Godric’s Hollow. Per mesi ho pensato a cosa avrei detto, come li avrei riportati a casa, ma in quel momento tutte le idee che mi erano passate per la testa sembravano aver perso il loro senso.
Faccio un respiro profondo, inspiro ed espiro.
Si tratta solo di allungare il dito, suonare il campanello e provare a dire qualcosa, qualsiasi cosa.
Dalla finestra riesco a vedere mia madre in cucina, mentre passa lo straccio su un tavolo e parla con qualcuno che non è in quella stanza.
“Mamma” mormorò appena, la voce rotta da emozioni contrastanti: felicità, profonda tristezza, immensa gioia.

Forza Hermione, non è il momento di cedere, coraggio. Suona quel benedetto campanello.

Finalmente il mio braccio si muove, indipendentemente dal resto del mio corpo.
Sento il suono del campanello all’interno della casa, il rumore dei passi e poi la porta si apre.
Un uomo, gli occhiali sulla punta del naso e un libro in una mano, l’indice inserito a mo’ di segnalibro.
Come una persona può rimanere uguale a se stessa nonostante tutto, nonostante il nome diverso, una vita diversa, una casa diversa.
Ma è lui e mi si forma un groppo in gola, che mando giù a fatica, cercando di non farmi vincere dal tornado di emozioni.

“Salve e mi scusi se la disturbo. Avrei bisogno di chiamare una persona. Sono nuova in città e non ho spiccioli per usare una cabina telefonica. Beh, mi chiedevo se potrei utilizzare il suo telefono”.

E’ una cosa talmente idiota da pensare, figuriamoci da dire, ma ormai l’ho fatto, ho rischiato, d’altra parte non posso fare diversamente, e di certo non voglio entrare in casa con la forza.
Lo vedo scrutarmi, con quello sguardo così familiare, e tento di sorridergli, di fargli capire che di me può fidarsi.

“Beh, ecco… certo, venga pure signorina. Le mostro dove si trova il telefono.”

E’ nervoso, come è normale, ma continua a guardarmi, mentre attraverso la porta della loro casa, come se vedesse qualcosa in me.
Probabilmente è frutto della mia immaginazione o forse mi auguro che l’amore di un padre per una figlia possa sciogliere l’incantesimo, anche se so bene che non può essere.

“Tesoro, chi era alla porta?”
 
Le mani bagnate avvolte in un canovaccio e i capelli legati in uno stretto chignon. Nemmeno lei è cambiata.
“Oh, è una ragazza, Monica, ha bisogno del telefono. E’ appena arrivata in città”.

Le sorrido e annuisco alle parole di mio padre e anche lei mi sorride di rimando.
Un turbinio di emozioni mi sconvolge l’anima.
So che tra un attimo smetteranno di essere Monica e Wendell e torneranno ad essere Amy e Ryan Granger,
che tra poco avranno di nuovo tutti i loro ricordi, me compresa.
E’ un attimo, entrambi si voltano, forse per lasciare un po’ di privacy alla mia conversazione telefonica, e stringo la mia bacchetta tra le dita e la sollevo, puntandola verso di loro.
Con voce ferma mormoro il contro incantesimo, che per mesi e mesi ho continuato a ripetere nella mia testa, con la paura di dimenticarlo e la speranza di poterlo usare.
Improvvisamente sento solo il silenzio attorno a me e il tempo passa, scandito dai battiti incessanti del mio cuore, ma poi si voltano e mi vedono.
Per la prima volta da quando sono entrata in questa casa vedono ME, Hermione, non una ragazza che ha bisogno di un telefono.

“Her… Hermione!”
Mia madre è la prima a cedere e a corrermi incontro, stringendomi forte a lei.
Il suo profumo non è cambiato in questi mesi e mi sembra di essere davvero tornata a respirare solo ora, mentre i miei polmoni si riempiono di quell’odore così familiare.
Poi è il turno di mio padre, che mi guarda con profonda dolcezza e mi accarezza la guancia mormorando: “Figlia mia”.
Con calma spiegherò tutto quello che è accaduto, perché è giusto che sappiano, ma ora voglio godermi quegli abbracci, quelle lacrime di gioia.
Harry aveva ragione, è per me che sono arrivata fin qui. Per me.

Hai bisogno di loro, te lo leggo negli occhi”


 

***********************************************************

Ringrazio intanto tutti coloro che
hanno letto e recensito lo scorso capitolo :)
Grazie dei consigli 
e dei complimenti,
davvero!
Questo capitolo è stato abbastanza difficile per me
ma spero possa essere di vostro gradimento.
Fatemi sapere che ne pensate ;)
Baci
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Non so … mi dà forza ***


“Quindi è tutto finito? Non tornerà più?”

Mia madre è seduta accanto a me e mi tiene una mano tra le sue, accarezzandone dolcemente il dorso; avevo dimenticato cosa significava, avevo rimosso la bellezza e la dolcezza che poteva nascere in un suo semplice gesto.
Annuisco vigorosamente, mentre mio padre mi versa una tazza di te e subito dopo si appoggia con i palmi delle mani al tavolo e sospira.

“E’ tutto finito. V-Voldemort non c’è più, Harry l’ha ucciso, mamma. Il mondo è salvo.”

Le sorrido, le guance inondate di lacrime.
Ripercorrere quei mesi senza di loro, quei momenti difficili, la paura di non farcela, il freddo di quei mesi a dormire in una tenda. E poi la guerra che divampava, Hogwarts ridotta ad un cumulo di macerie, Voldemort finalmente annientato ed Harry.
Harry, finalmente libero da quel fardello, da quel peso che per quasi diciassette anni aveva dovuto portare da solo, tra menzogne e scoperte.
Harry, sempre e solo Harry. La mia mente sembra incapace di pensare ad altro, come se in qualsiasi cosa io vedessi un qualcosa che lo riguarda.

Devi pensare a Ron, coraggio. L’hai baciato, no? Vorrà pur dire qualcosa.

Istintivamente passo le dita sulle mie labbra, accarezzandole lievemente.
Deglutisco, cercando di ricordare il suo sapore, il sapore di quel bacio in mezzo alle macerie, ma nulla.
Labbra su labbra, certo, ma le emozioni sembrano essersi affievolite.
Forse le emozioni di quel momento erano più sue che mie e non me ne sono accorta, facendomi travolgere totalmente dai suoi sentimenti per me, credendo per un attimo potessero essere anche i miei.
Mia madre si alza lasciandomi la mano ed esce dalla stanza, diretta al piano superiore.
So perché l’ha fatto, sa bene del rapporto che abbiamo io e mio padre e che lui non avrebbe fatto nulla se non fosse rimasto da solo con me.
Un silenzio assordante riempie le mie orecchie, un ronzio, interrotto dalle automobili che sfrecciano fuori dalla finestra.
E poi accade, quell’abbraccio che mi stende, totalmente, che mi avvolge, mi scalda l’anima e che riesce davvero a sciogliere tutta la tensione che ancora mi blocca.
Chiudo gli occhi in un turbinio vorticoso di emozioni, le lacrime che scorrono sulle guance segnando delle piccole chiazze sul suo pullover.

Ti manca, vero?”
Avevo chiuso il libro quasi di scatto, sobbalzando.
Non lo stavo leggendo, non davvero almeno, e lui l’aveva capito, aveva compreso che i miei occhi non erano pieni delle parole di quelle pagine, ma di ricordi.
A mala pena ero riuscita a guardarlo, non volevo leggesse la tristezza che avvolgeva il mio cuore, non volevo che la situazione potesse complicarsi.
Aveva visto.
Quella lacrima furtiva era rotolata sulla mia guancia, bagnando anche il mio collo.
Con un gesto veloce della mano l’avevo asciugata e Harry si era avvicinato, riuscivo a scorgere le sue scarpe nel mio campo visivo.
Vieni qui, su. Mi fa male vederti così”.
Le sue braccia erano attorno a me, mi stringevano delicatamente e sentivo il suo cuore battere al di sopra del suo maglione.
Riuscivo a vederne i dettagli, l’intreccio delle maglie di lana, e il suo profumo, che riempiva i miei polmoni e riusciva a calmarmi.
Come se quello fosse il mio posto, come avessi sempre voluto stare così.

I passi di mia madre che si avvicina rompe come una bolla di sapone quel momento e i ricordi da esso scaturiti.
Era da molto che non pensavo a quella sera, che non mi soffermavo su quel gesto di Harry.

Mi fa male vederti così”.

Harry e il suo sguardo su di me, quel suo guardarmi intensamente, quel verde che riesce sempre a scavarmi dentro.

Ron. Devi pensare a Ron. Ron è innamorato di te da sempre. Harry è solo un amico.

Ripenso di nuovo al bacio, sperando di riuscire a carpire qualche sensazione più di prima, ma è inutile.
Più mi sforzo e più quel ricordo è come sbiadito, distante e mi fa male, mi fa sentire colpevole.
Perché so bene quello che sente Ron per me, l’ho sempre saputo, e credevo di saperlo anche io, di aver compreso cosa mi dicesse il mio cuore.

“Caro, io penso che dovremmo tornare in Inghilterra, appena possibile. Giusto il tempo di chiedere il trasferimento e riaprire il nostro vecchio studio. Amo l’Australia, ma il mio cuore è altrove”.

Mi guarda, come avesse compreso che non mi sarei stabilita qui, a Sidney, ma d’altronde è una madre e sa leggere dentro il mio animo.
Perché ho la mente altrove, e lo capisce, senza che io dica nulla.

“Per me non c’è alcun problema, Amy. Certo, ci vorrà qualche giorno prima di partire, però sono d’accordo.”

Come sempre mio padre è quello più pratico, più organizzativo.
Mia madre partirebbe oggi stesso alla volta del nostro paesino sperso per la brughiera inglese, quasi senza pensare a tutto il daffare, ma per fortuna ha sposato mio padre, che riesce a regolare tutto il suo entusiasmo.
Resto a fissare la mia tazza di te, quasi completamente vuota, e la tengo tra le mani accarezzando la liscia porcellana.
Mi sento combattuta tra il ritornare indietro al più presto e l’aspettare i miei genitori. Sono passate poco più di 24 ore da quando ho lasciato Hogwarts e già mi manca, terribilmente.

“Tesoro, vuoi tornare dai tuoi amici?”

Le sue mani sulla tazza di porcellana che stringo tra le mie mi fanno alzare lo sguardo su di lei, sul suo volto che per molto tempo avevo dovuto immaginare.
Non rispondo, non me la sento di dire nulla al momento, la testa piena di pensieri contrastanti.
Cosa vorrei davvero, non penso di saperlo, visto come tutto è cambiato e cambierà.
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi penetranti e verdi.
Verdi. Non avevo mai fatto davvero caso al colore degli occhi di mia madre, un verde vivo, benché scuro, così diverso dal verde degli occhi di Harry, ma con la stessa intensità e profondità.

Ancora Harry, sempre Harry. Stai diventando monotona, Hermione Granger e non lo sei mai stata.

Finalmente ti sei svegliata”.
Avevo appena sbattuto le palpebre e la luce che filtrava da una fessura della tenda illuminava il mio viso.
Non avevo ricordo di come ci fossi finita sul letto e nemmeno avevo nella mente bene idea di cosa avessi fatto prima di addormentarmi.
L’ultima immagine vivida nella mia testa era Harry che mi teneva tra le braccia mentre piangevo.
Ma cosa è successo?” gli avevo chiesto un po’ preoccupata.
Harry era in piedi, appena fuori dalla tenda, e stava accendendo il fuoco per preparare qualcosa di commestibile per colazione.
Eri distrutta e dopo aver pianto un po’ ti sei addormentata su di me, così ti ho adagiata sul letto e ti ho lasciata dormire”.
Si era girato e mi aveva sorriso, dolcemente. Si era preoccupato per me, nonostante tutto ciò a cui stava andando incontro, benché il suo migliore amico se ne fosse andato, aveva pensato a me.
Puoi riposarti ancora un po’, Hermione. Ci vorrà una decina di minuti perché tutto sia pronto”.
Istintivamente gli avevo sorriso e avevo annuito, sentendomi decisamente bene dopo i pianti della giornata precedente, nonché della stanchezza che si stava accumulando.
Comunque sono davvero felice di vederti stare meglio, non so … mi dà forza” aveva aggiunto, una volta giratosi di nuovo verso il fuoco.

“Resto qui, mamma, resto con voi. Ho bisogno di stare qui, assieme a te e al papà”.

Vedo i suoi occhi illuminarsi di gioia e comprendo di aver fatto la cosa giusta; Harry, Ron e tutto il resto potranno aspettare.
Nell’osservarla così raggiante non posso fare a meno di sorriderle di rimando, il cuore che si riempie di gioia.

“Dovresti sorridere sempre, figlia mia. Hai un sorriso che dona forza, serenità”.

Non so … mi dà forza”.

E allora comprendo davvero che Harry e mia madre sono davvero gli unici al mondo ad aver accesso al mio mondo, al mio modo di essere.
Mi capiscono come nessuno l’ha mai fatto.
E questo  mi dà davvero forza.




 

**********************************************

Ed eccoci arrivati al terzo capitolo
della mia personale follia :)
Intanto volevo ringraziare
tutti coloro che hanno letto e recensito
gli scorsi capitoli.
Le vostre opinioni
sono fondamentali per me
e mi hanno aiutata molto!
Spero recensirete anche questo,
voglio sapere che ne pensate ;)

Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Macerie ***


Nota dell’autrice: Questo capitolo è un po’ diverso dagli altri perché il punto di vista è quello di Harry. Dal momento che mi è stato chiesto se avremmo mai visto la vicenda attraverso i suoi occhi, ho deciso di accontentarvi in questo modo… ma non abituatevi troppo xD
 

**********************************************************


Pietre, sassi, sabbia.
Ho sempre riflettuto sul fatto che per costruire qualcosa ci voglia un tempo lunghissimo e che basti un attimo per distruggerlo, per raderlo al suolo.
Frammenti che non possono essere rimessi in piedi con un “Reparo”, perché sono frammenti che parlano di quelle persone che se ne sono andate, che hanno combattuto e che ora non ci sono più.
Vite frammentate, disgregate da quell’odio che per sei anni ho fronteggiato e non posso fare a meno che sentirmi in colpa.
Leggere la sofferenza negli occhi di Ron, quel dolore che ha a malapena sfogato nelle lacrime appoggiato a George, come morto senza la sua metà, il suo specchio.
Remus, Tonks, Piton, Colin.
Fa male, troppo male.
Il peso di quelle vite, di quelle famiglie distrutte è troppo per me.
Sono rimaste solo macerie.

Non avrei mai potuto lasciarti, Harry. Mai.”
Era la prima volta che parlavamo da quando se n’era andato, da quando Ron aveva pensato che io ero un idiota, che non sapevo quel che facevo, che stavo mettendo in pericolo tutti.
Ma sapevo di essere stato un pericolo per lui da quando ci siamo conosciuti su quel treno. Non lo biasimavo, per nulla, e non mi aspettavo che potesse tornare.
Però lei era rimasta, le guance sporche rigate dalle lacrime, lo sguardo deciso e i graffi sulle mani.
Era rimasta con me, nonostante avessi rovinato anche la sua di vita.
Non riuscivo a guardarla, se non distrattamente, perché sapevo quanto stesse soffrendo. Per lei, per i suoi genitori, per Ron. Per Ron.
L’avrei capito se l’avessi seguito. Se avessi deciso che questo era troppo per voi. Io sono coinvolto, Hermione, non tu.”
La mia voce era falsamente calma, non la riconoscevo.
In realtà avrei voluto urlare tutta la mia frustrazione, tutto il mio nervosismo, ma gli occhi lucidi di Hermione mi avevano fermato, mi avevano calmato un po’, come sempre.
Tutti siamo coinvolti, Harry. Tutti. E’ una guerra e riguarda ognuno di noi.”
Mi aveva preso la mano nelle sue; due mani delicate, calde nonostante il freddo in quella tenda.
Due mani che erano riuscite a scaldarmi il cuore, l’anima.

Sento gli occhi bruciare fastidiosamente, ma non voglio sentire le lacrime rotolare sulle mie guance, non ora che c’è bisogno di mettere tutto in ordine, di ricostruire una normalità.
Una realtà in cui non sono più il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto, ma semplicemente me stesso, finalmente.

“Vai a riposare, Potter. Ti vedo distrutto e abbiamo già fatto abbastanza per oggi”.

La Mc Granitt mi guarda con dolcezza attraverso i suoi occhiali, poggiando la mano sulla mia spalla, accarezzandola.
E’ una donna meravigliosa, più di quanto avrei mai potuto immaginare la prima volta che l’ho incontrata esattamente su questa scalinata, che ha perso le sembianze di ciò che era, diventando solo un mucchio di macerie.
Le sorrido e annuisco, alzandomi da terra e procedendo a passi incerti verso i dormitori, facendo ciondolare le braccia lungo i miei fianchi.
C’è un silenzio irreale nella scuola, un silenzio rotto ogni tanto dai bisbigli di chi, come me, è rimasto qui per dare una mano.
Un silenzio che ora è rotto dal mio scalpiccio sulle macerie di quella che per anni ho sentito come una casa, la mia casa.
I ricordi si susseguono dolorosi nella mia testa, passando per il cuore: Ron ed Hermione con me verso il capanno di Hagrid, Hermione in infermeria col viso coperto di pelo, Hermione che mi insegna ad usare l’incantesimo di Appello in vista della prima prova del torneo Tremaghi, Hermione in lacrime e Ron avvinghiato a Lavanda. Hermione, sempre Hermione.

E’ la ragazza del tuo migliore amico. E’ come una sorella per te.

E perché mi manca così tanto, allora questa presunta “sorella”?
Eppure sono stato io a dirle di andare, a consigliarle di trovare i suoi genitori, in Australia.
Io, con la mia maturità di diciottenne, ho fatto la parte del fratello premuroso, che vuole solo il bene di sua sorella.
Ma per quale motivo c’è l’Harry quindicenne dentro di me che scalpita desideroso di poterla avere accanto, di poterla respirare?
Un Harry che non ha quella maturità, che pensa a ciò che gli manca, incurante di cosa sia giusto per gli altri.
E lei è partita, ormai, da un mese.
Trentadue giorni, per l’esattezza.
Improvvisamente mi rendo conto che mi sto dirigendo verso la Guferia e non ho imboccato la strada dei dormitori.
Forse l’incoscienza mi sta spingendo a scriverle, a dirle quello che provo, quello che sento.
Quella patina di solitudine che mi avvolge penetrandomi nelle ossa, una sensazione che non provavo così intensamente dalla morte di Sirius.
Sirius.
Chissà cosa direbbe, cosa penserebbe di me se mi vedesse.
Un giovane uomo che prova emozioni sbagliate per la persona sbagliata.

Stai con Ginny, ricordi? La sorella di Ron, quella carina che tutti ti invidiano.

E lo è, non posso di certo negarlo.
Ginny è di una bellezza sconvolgente, meravigliosa col suo turbinio di capelli rossi, profumati, morbidi.
Ma non mi comprende, non mi ascolta come fa Hermione, non prevede le mie parole, i miei pensieri.
Li accetta, sì, ma non li capisce davvero.
E’ una ragazza splendida, ma …

Ma non è Hermione, giusto? E ora tu vorresti lasciare Ginny e dichiararti ad Hermione, rovinando in un colpo solo tre vite che già hanno avuto la loro dose di sofferenza? Bell’amico che sei, complimenti.

La mia mano inizia a scorrere su una pergamena, di quelle di riserva e di scorta che si trovano all’ingresso della Guferia.

  “Cara Hermione,
qui sta andando tutto abbastanza bene.  
I professori assieme a qualche volontario stanno ricostruendo la scuola, mentre i feriti sono stati ricoverati al San Mungo, ma si stanno riprendendo.”

Probabilmente la lettera più anonima che potessi pensare.
Vorrei dirle quanto mi manca, quanto avrei bisogno di appoggiarmi a lei, di sentire la sua mano stretta alla mia, che mi sa dare forza, coraggio e mi infonde tranquillità.

“Immagino tu sia ancora in Australia con i tuoi genitori.
Non sai quanto io sia felice che tu sia tornata da loro, perché ne avevi bisogno ed era giusto così.”

Felice? Io?
Ma potrei mai dirle quanto la vorrei con me? No, non posso.
Devo pensare al suo bene, non al mio sciocco egoismo.
Lei ha sempre pensato al mio bene, sempre, non si è mai tirata indietro, anche quando c’era la vita da mettere in pericolo ed ora è giusto che faccia la mia parte.

“Come ti ho già detto, non avere fretta a tornare. Quando lo farai io sarò comunque qui ad aspettarti.
Un abbraccio,
Harry”

Ovviamente sarei rimasto, anche perché dove sarei mai potuto andare?
Hogwarts è la mia casa, la mia sola ed unica casa.
Rileggo rapidamente la lettera striminzita e distaccata: nulla di ciò che ho scritto è davvero quello che vorrei dirle, ma va bene così.
Desidero solo saperla tranquilla, al sicuro e magari spero in una sua risposta.
Sì, lo spero, questo è certo.
Arrotolo la pergamena e la assicuro alla zampa di un allocco particolarmente grande, pensando per un attimo ad Edvige, la mia Edvige.
Un’altra vita sacrificata a causa mia.

“Sidney. Cerca Hermione Granger” sussurro piano al rapace, lasciandogli, poi, lo spazio per librarsi in volo.

Istintivamente vorrei richiamarlo indietro, aprire la pergamena e scrivere quanto lei sia importante per me, ma so che sbaglierei.
Quello che ora davvero conta è che tutto si sistemi, che si torni alla normalità.
Rovinerei tutto, con lei, con Ron e con Ginny.
Altre macerie, ben più pesanti e irreparabili di quelle che ormai giacciono nel luogo che ho sempre chiamato “casa”.


 

****************************************************************
Beh, innanzitutto spero che
questo "esperimento" col POV di Harry
vi sia piaciuto :)
Ringrazio infinitamente
tutti coloro che leggono
e soprattutto chi recensisce.
Fatemi sapere che ve ne pare
anche di questo :)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Qualche noi di troppo ***


“Hermione, sei pronta? Manca solo la tua valigia da caricare sul taxi.”

Mi alzo dal letto su cui ero seduta da una buona oretta, lisciando distrattamente il lenzuolo azzurro e bianco, la mia testa completamente altrove.
La valigia sta lì, abbandonata sul pavimento, aperta e colma di abiti e libri che trasbordano un po’ ovunque.
Certo, avrei potuto utilizzare la mia borsetta di perline e l’incantesimo Estensore, ma non mi andava di destare sospetti. E poi quella borsetta per me ha un valore unico e usarla per qualcosa del genere mi dava l’idea di profanare qualcosa di sacro.

Certo che lì dentro ci hai messo di tutto, Hermione”.
Rideva, quasi prendendomi in giro, scompigliandosi i capelli e guardandomi attraverso i suoi occhiali sporchi di fuliggine.
Caro Harry Potter, se io non ci avessi pensato ora tu andresti in giro in mutande, se non completamente nudo come un verme!”
Avevo assunto la mia solita aria imbronciata, accompagnata da braccia in crociate e piede che picchiava a terra nervosamente.
Ron stava dormendo, il braccio dolorante per la Smaterializzazione semi fallita, gli occhi cerchiati per la stanchezza e la sostanziosa perdita ematica dei primi giorni.
Ok, è vero, mi arrendo. Colpito e affondato.”
Stavamo parlando sottovoce e i nostri bisbigli e risate, però, per quanto cercassimo di contenerli, riuscivano a provocare ancora più rumore di quanto avremmo fatto senza trattenerci.
Ma era troppo tardi: Ron si era svegliato.
Cosa succede di tanto divertente?”
La voce roca ed impastata dal sonno, lo sguardo indagatore che si spostava alternativamente su entrambi, soffermandosi di più su di me e non riuscivo a fare a meno di sentirmi colpevole.
Colpevole per cosa, poi, non lo sapevo, né riuscivo a capirlo, ma avvertivo le mie guance arrossarsi e i miei occhi non riuscire quasi a sostenere il suo sguardo.
Ma niente, Ron, era una cavolata! Torna a riposarti.”
Harry aveva risposto per me e questo, se possibile, mi aveva fatta sentire ancora peggio.
Ancora più colpevole ed evidentemente Ron pensava la stessa cosa.
Sì sì, immagino … voi due … vabbè, nulla … torno a riposarmi … fate con comodo”.
Senza aggiungere altro, si era girato, lanciandomi un’occhiata tagliente.
Harry stava per rispondergli, avvertivo il suo nervosismo, ma non era il caso: Ron stava male e aggredirlo non sarebbe stata una mossa intelligente.
Con una mano lo avevo fermato, stringendo leggermente il suo avambraccio e, come sempre, aveva capito; era tornato accanto al fuoco, appena fuori dalla tenda, sbuffando.

Prendo dalla tasca le due lettere stropicciate, le due lettere delle due persone più importanti della mia vita, con cui ho vissuto tutto ciò che una persona normale sperimenta per quarant’anni, forse.
A noi sono bastati nemmeno dieci anni.

“Cara Hermione,
spero tu stia bene.
George è ancora piuttosto abbattuto, ma papà crede che al più presto debba riaprire il negozio.
Deve distrarsi, dice, tornare alla vita che avevamo prima, anche se senza di … ecco, di lui.
Probabilmente gli darò una mano e così potrò mettere via qualcosa per noi.
Fammi sapere quando torni in Inghilterra.
Ron”

“… potrò mettere via qualcosa per noi”.

Per noi. Qualcosa per noi.
Questa frase mi era rimbalzata nella testa anche nei giorni precedenti, da quando ho preso tra le mani questa lettera slegandola dalla zampa di un barbagianni.

“… qualcosa per noi”

La sussurro a fior di labbra, cercando di trovarne un senso.
O meglio, so benissimo quale sia il senso, ma voglio accertarmene, voglio spremerlo e avvertirlo dentro di me, comprendere se quel suono mi piace o no.

Se ti piace? No che non ti piace, ti fa sentire oppressa, Hermione, ammettilo.

E’ presto per parlare di un “noi”, è presto.
Siamo giovani, non abbiamo nemmeno vent’anni e poi c’è stato solo un bacio, un semplice bacio, nulla di che.

Nulla di che? Vallo a dire a Ron che per te quel bacio non è “nulla di che”.

Più ci rifletto, più avverto che quel bacio, quello strofinarsi di labbra sia stato un errore tremendo, frutto della disperazione, della paura. E ora quel bacio sembra avermi imprigionata, attanagliata a qualcosa che non credo di desiderare, di volere.
Passo le dita sui solchi tracciati dalla sua piuma sulla carta, quasi accarezzandoli, quasi volessi immaginare la sua mano mentre scrive. Deve essergli costato un grande sforzo parlare di cose come queste, di un futuro felice, di un “noi”.

Hermione … ecco … io, so che ho sbagliato …”
Nemmeno riuscivo a guardarlo, presa dalla collera e dalla voglia di colpire con forza ogni minimo centimetro del suo corpo, del suo essere, come avevo fatto fino a qualche ora prima.
Hai sbagliato?! No, Ronald Weasley, tu non hai semplicemente sbagliato. No, tu hai fatto una grandissima carognata a me e ad Harry. Hai idea di quanto potessimo essere in pensiero? Hai idea di quante volte io abbia chiamato il tuo nome mentre ti allontanavi?”
Un vomito di parole era fuoriuscito dalle mie labbra: volevo capisse quanto male ci aveva fatto, quanto idiota era stato.
Lo so, Hermione, lo so …”
“Ma che te ne importa, dopotutto? Nulla, no? Puoi pure andartene da dove sei venuto, per quel che mi riguarda”.
“ Her… senti, Hermione … io, ecco, quello che provo, che sento …”
“Se davvero ci tenevi a me, non te ne saresti andato. Se davvero credevi ci potesse essere qualcosa tra me e Harry, avresti dovuto lottare, non abbandonare il campo. Non potevi più sapere nulla di noi, potevamo morire e tu dov’eri? Dov’eri, Ronald Weasley?!”

Piangevo e urlavo, cercando di trasferire su di lui tutta la mia frustrazione degli ultimi mesi.
Lui restava lì, inerme, a guardarsi le punte delle scarpe, ferito.
Anche Ginny non è qui, Hermione … Harry non sa come sta, non è con lei …”
L’accenno ad Harry mi aveva fatto perdere totalmente il controllo.
Harry cerca di saperlo ogni giorno, ogni momento … Harry e Ginny si sono parlati, hanno deciso di fare così, di comune accordo … Non mettere in mezzo Harry, Ron, sei già in una situazione molto delicata …”
Detto questo ero uscita dalla tenda, lasciandolo da solo e ignorando le sue chiamate.

 Harry.
Ero riuscita a non pensarci per un po’, ma ecco che mi tornava alla mente.
Harry e Ginny.
Chissà se anche loro si erano messi a parlare di un “noi”, se avevano deciso qualcosa per il loro futuro assieme.
Avverto una stretta alla bocca dello stomaco al solo pensiero di loro due assieme, felicemente sposati.
Il loro “noi” che si concretizza.
Forse perché è un passaggio, il trio che si scioglie, che cresce e che ha bisogno dei suoi spazi, forse è per questo che ne soffro, che mi fa male.

Anche la lettera di Harry ti fa male, vero? L’anonima lettera di Harry.

La prendo tra le dita, osservandola in controluce, con la speranza di leggere qualcos’altro oltre alle parole impresse sulla carta.

“Quando lo farai io sarò comunque qui ad aspettarti.”

L’unico bagliore di luce in tutta la lettera, la sua presenza salda e forte dall’altra parte del mondo espressa in poche parole.

“Hermione, mi hai sentita? Dai che facciamo tardi!”

La voce di mia madre mi risveglia come da un torpore, dal turbinio dei miei pensieri.
Sono sempre stata dell’idea che penso troppo.
Chiudo la valigia e rimetto in tasca al sicuro le due lettere, quella del mio ragazzo e quella del mio migliore amico.
Quella che vorrei fosse del mio migliore amico e quella che, invece, vorrei fosse del mio ragazzo.

Quanto sei contorta, ragazza.

Afferro la valigia e do un ultimo sguardo a quella stanza che mi ha accolto per poco più di un mese.
Un altro posto a cui dover dire addio, come l’anno scorso.
Ma questa volta è diverso, questa volta sto tornando nel mio mondo.


 

******************************************************************************

Intanto ci tenevo a ringraziarvi
per le vostre recensioni agli scorsi capitoli,
dico davvero :)
Mi date la forza e la voglia
di continuare a scrivere :)
Quindi, fatemi sapere che ve ne pare
di questo capitolo :)
Baci, 
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** I miss you ***


Toc toc toc.
I miei passi risuonano rapidi e penetranti sul marmo dei gradini verso la Sala Grande, una scalinata ritornata quasi al suo vecchio splendore, se non fosse per la polvere che aleggia e per qualche maceria che ancora giace ai piedi dei corrimani, tra uno scalino e l’altro.
Un’emozione grandissima mi pervade, totalmente, più di quanto potessi credere o pensare.
Il cuore che addirittura batte più velocemente dei miei passi, così forte da rimbombarmi nelle orecchie, da darmi qualche attimo di annebbiamento, come se stessi per svenire da un momento all’altro.
Il portone immenso della Sala Grande è di fronte a me, socchiuso ed imponente come non lo è mai stato; mi ritrovo a pensare a quasi sette anni fa, alla mia espressione eccitata e felice di dodicenne all’inizio di quello che sarebbe stato il mio futuro, nuovo, estraneo, lontano da casa.
Sospiro e sorrido, aggrappandomi a quei ricordi, a quell’innocenza che mi manca così tanto.
Avrei mai creduto sarei arrivata fin qui, a lottare per questo posto assieme alle quelle persone che vedevo attorno a me, indecise e tremanti davanti all’entrata della Sala Grande in attesa di conoscere a propria casa?
Sento una timida lacrima spuntare e scorrere lievemente fino a lambirmi il collo; la asciugo velocemente senza trattenere un sorriso carico di emozioni, di sentimenti e di avvenimenti che ormai fanno parte di me.
Ero la diversa, per alcuni, la feccia. La figlia di Babbani, quella col sangue sporco.
Nella mia ingenuità di bambina credevo che il mondo magico fosse diverso da quello che conoscevo fin dalla nascita, credevo che io potessi essere come loro, una strega a tutti gli effetti, ma mi sbagliavo.
Il razzismo esiste, c’è sempre, in ogni mondo e società, perché è insito nell’uomo.
Questa scuola mi ha formata, mi ha fatto diventare la donna che sono, mi ha guidata e indirizzata, e mi ha fatto trovare loro, Harry e Ron.
Harry e Ron.
Sento il cuore perdere un battito, le lettere piegate con cura nella mia tasca dei jeans pungono un po’ sulla coscia, come per punirmi, come se mi dicessero che il mio futuro è tracciato, intrappolato in quelle parole di inchiostro: io e Ron, Ginny ed Harry.
Perché è giusto così, perché Ron mi ama da sempre e perché Ginny ha una cotta per Harry dalla prima volta che l’ha visto.
Sì, la sua è una cotta, non è amore. Lo desiderava quando ancora non lo conosceva, senza averci mai parlato, mentre io lo conosco, so cosa gli dà fastidio e cosa no, comprendo ogni suo pensiero; no, lei non lo ama.

Perché ora, sentiamo, sei pure così ferrata in questioni di cuore da capire se lei è innamorata di lui? Sentiamo, Hermione Jean Granger, sono curiosa.

Sono una presuntuosa, credo sempre di sapere, anche quando qualcosa non mi riguarda, mettendo becco in situazioni in cui io non c’entro.
Harry e Ginny, questa è la verità, loro sono una coppia, tanto quanto lo siamo io e Ron e il suo “noi”.
Una fitta fortissima mi fa piegare in due dal dolore, mi appoggio al portone, per evitare di scivolare giù, sul pavimento polveroso. Una fitta al cuore, che pervade anche lo stomaco, una pugnalata, come quella che con i miei discorsi sto infliggendo alle persone che amo.
Deglutisco , passandomi una mano sul viso madido di sudore, e respiro profondamente. Inspiro ed espiro.
Il dolore diminuisce la sua intensità, l’aria che entra nei miei polmoni è come dittamo.

Harry, mi prenderesti dell’altro dittamo dalla borsa? Ron sta perdendo ancora sangue.”
La luce nella tenda era tenue e tremolante, a malapena riuscivo a scorgere le sue ferite, un gioco di ombre a volte più marcate ed altre meno.
Harry aveva mormorato l’incantesimo di Appello nella mia borsetta che giaceva accanto a lui e senza una parola mi aveva appoggiato nella mano libera la boccettina contenente ciò che mi serviva.
Le nostre mani si erano sfiorate per un attimo, come tante altre volte prima di allora, eppure avevo sentito qualcosa, come una scarica elettrica tra le mie e le sue dita.
Avevo sussurrato qualche parola di ringraziamento e subito mi ero rigirata verso di Ron; le sue ferite erano la mia priorità e quel brivido l’avevo probabilmente immaginato.
Saremmo persi senza di te”.
Un mormorio all’orecchio, le sue labbra così vicine al mio viso che avevo creduto sarei svenuta.
Mi aveva stretto la spalla con la mano e poi si era allontanato, avvicinandomi la lampada perché io potessi vedere meglio.

Odio i miei pensieri, i miei ricordi così pieni di lui, così imbevuti di Harry e della sua gentilezza, del suo modo discreto di starmi accanto, facendomi sentire speciale. Speciale.
Vorrei poterli cancellare, smettere di avere questi flashback che mi mettono ancora più in crisi.
Vorrei che Ron fosse il centro della mia mente, dei miei pensieri, così come io lo sono per lui.
Spingo appena in avanti il portone, creandomi appena lo spazio per poter passare, senza disturbare nessuno; non voglio mi vedano, non voglio mi facciano domande, vorrei solo vederlo.
Guardarlo negli occhi e capire quello che da sola non riesco a districare, per comprendere se il destino è quello che ho letto tracciato in quel “noi” impresso su carta e in quello ipotetico, sussurrato da un cuore che non ha bisogno di parlare.
Entro piano, camminando lentamente, cercando di non fare il minimo rumore; so che è tardi e che molto probabilmente in molti stanno dormendo, ma non potevo più stare lontana da qui, non resistevo più. Dovevo tornare.
Senza le quattro lunghe tavolate delle casate, la Sala Grande sembra ancora più immensa, ma almeno si respira un’atmosfera calma e distesa, interrotto solo da qualche bisbiglio qua e là.
E’ piuttosto buio e l’unica fonte di luce è la luna che filtra appena tra le vetrate, allungando le sagome degli oggetti e delle persone presenti.

“Hermione! Sei tu?”

Una voce roca proveniente da qualche metro più avanti mi blocca, facendomi voltare verso un’ombra piuttosto lunga e ben piazzata.

“Neville! Come stai?”

Con uno slancio lo stringo forte a me, sollevata, stampandogli un bacio sulla guancia.
Sollevata perché non è Ron, sollevata perché non mi parlerà di un “noi”.

Ti stai ossessionando, ragazza. Ogni cosa a suo tempo.
Non crederai mica che a Ron venga in mente di chiederti di sposarlo dopo quel misero bacetto, suvvia.

Scuotendo la testa, facendo zittire la mia coscienza, mi faccio raccontare da Neville tutto ciò che in quel mese mi sono persa: dal trasferimento dei malati al San Mungo alla ricostruzione quasi integrale della scuola.
Lo vedo ancora piuttosto emaciato, ma il suo sorriso riesce a mascherare tutta la fatica che stanno facendo.
E’ felice, orgoglioso e credo di non averlo mai visto così bene e sono contenta per lui.
Gli racconto del mio viaggio in Australia, dei miei genitori e di quanto mi mancasse Hogwarts.
Poi è un attimo.
Mi volto, guardandomi appena intorno, e li vedo seduti sul freddo pavimento, vicini, le mani di lei sulle cosce di lui.
Parlano sottovoce e non si sono accorti del mio arrivo, non mi hanno vista, estraniati come sono da tutto ciò che li circonda. Si parlano, immergendosi l’uno negli occhi dell’altra, scavando alla ricerca di quel pezzo d’anima che ciascuno conserva dell’altro dentro di sé, per tenerlo al sicuro quando sono lontani.

Ho paura, Harry”.
La mia voce era rotta dal pianto, attutita nell’abbraccio del mio corpo con il suo.
Mi ero aggrappata con forza ai suoi vestiti, quasi temessi di essere strappata via da lui, e lui mi stringeva, delicatamente, accarezzando i miei capelli di tanto in tanto.
Per Ron?”
Ron era lontano ormai da diverse settimane e nei giorni precedenti avevo fatto di tutto per evitare di crollare davanti a lui, ma non ce la facevo più: quella maschera di finta forza era rotolata per terra, producendo un suono cupo.
Non lasciarmi anche tu”.
Le parole mi erano uscite senza che io fossi riuscita a controllarle, il mio cuore aveva parlato per me.
Le sue braccia mi avevano avvolta completamente, potevo respirare solo il suo profumo e sembrava essere l’unica cosa a tenermi in piedi.
Io ci sarò sempre, Hermione. Non me ne andrò mai.”

“… Non me ne andrò mai”.

Sento quelle parole rimbombarmi nel cervello ed è in quell’istante che si accorge di me, quasi come se quel flashback ci avesse uniti e avesse portato il suo sguardo su di me, distogliendolo da quello di Ginny.
Non si muove, sta lì e mi guarda, immobile.
Improvvisamente sento delle braccia attorno a me e un profumo diverso mi pervade le narici, facendomi mancare l’aria.

“Mi sei mancata così tanto”.

E’ sincero, gli sono mancata davvero e me lo sussurra anche il suo cuore battendo all’impazzata contro il mio collo.
Eppure il suo battito dovrei avvertirlo accanto al mio battito, dovrebbero muoversi all’unisono, non dovrebbero essere così poco accordati.
Perché ci sia un “noi” dovrebbe esserci armonia tra i palpiti.
Mi lascio stringere a lui, il mio sguardo fisso in colui che non dovrei guardare, i miei occhi che cercano di scavare in un’anima che non mi appartiene.

“Anche tu mi sei mancato, Ron”.


 

***************************************************************************

Ed eccoci giunti anche
al sesto capitolo :)
Rinnovo i miei ringraziamenti
a tutti coloro che mi recensiscono
e leggono ciò che la mia mente malata produce!
Un grazie particolare
ad una persona speciale
che legge sempre in anteprima 
quello che partorisco,
salvandovi da strafalcioni e amenità varie ;)
Fatemi sapere che ve ne pare
di questo ritorno :)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un solo abbraccio sincero ***


Falsa. Bugiarda.

Chiudo gli occhi, cercando di smettere di sentirmi in colpa e stringendo un po’ di più Ron nel mio abbraccio; voglio sentire, provare che ho solo preso una cantonata, che è lui la persona che voglio al mio fianco.
Ma nulla, niente, nessuna emozione, nessun battito più affrettato.

“Sei qui, sei tornata”.

Si libera goffamente dall’abbraccio e vedo i suoi occhi velati di lacrime: sta soffrendo ancora e la cosa non mi sorprende, la sua vita è stata distrutta in un attimo un mese fa e sta rimettendo ora insieme i pezzi.
E’ maturato, me ne accorgo, e mi spiace non riuscire ad essergli accanto come forse meriterebbe.
Cerco di sorridergli, di fargli capire che ci sono, che posso essere una spalla per lui.
Una spalla, così come Harry lo è per me.
Harry che tiene Ginny per mano, che le parla sottovoce, come fanno due persone che si amano. Come io e Ron non abbiamo mai fatto.

“Harry è rimasto qui, lo sapevi? Io starò qui poco, devo ritornare al negozio con George”

Annuisco senza proferire parola, non ci riesco, come se le parole si fossero bloccate nel cervello mentre si formavano e la mia mente non riesce a produrre nulla di diverso da un cenno di assenso con la testa.
Forse perché sono troppo presa dall’evitare di guardare Harry, perché temo riesca a scavarmi dentro come fa con lei, che capisca quello che provo e che sento per lui.

Finalmente l’hai ammesso,  Hermione! Provi  qualcosa per Harry!
Ce ne hai messo di tempo, ragazza!
E pensare che ti credevo più sveglia …

“Ciao Hermione!”
Mi abbraccia, forte, e mi viene da piangere.
Come posso abbracciarla quando vorrei essere al suo posto e quando il solo pensiero di ciò potrebbe procurare del dolore a lei, ad Harry e a suo fratello?
Ma mento, ormai sto diventando brava, la maschera resta ben calcata sul mio viso, un sorriso, finto, lo so.
Sono fredda, distaccata e il suo calore, la sua gioia non riescono ad intaccare il ghiaccio che mi avvolge, ma lei sembra non accorgersene.
E’ forte, lo è sempre stata, anche quando ha accettato di stare lontano dalla persona che ama senza versare una lacrima, rimanendo qui, non sapendo minimamente ciò che poteva accadergli.
E’ una ragazza che sa badare a se stessa, e a Ron.
Perché so che se Ron è più maturo di quando l’ho lasciato il mese scorso è soprattutto grazie a lei, alla sua tempra. Non si arrende, mai, e sa sempre ciò che vuole.

Provi ancora qualcosa per Harry, vero?”
Gliel’avevo chiesto un pomeriggio di fine estate alla Tana, mentre ce ne stavamo nella sua stanza a giocare con la sua Puffola Pigmea.
Aveva distolto lo sguardo dal suo nuovo animaletto e lo aveva fissato su di me, interrogativo.
Perché?”
Mi ero sentita arrossire leggermente, ma non avevo mollato la presa; nel negozio nuovo di Fred e George si era fermata davanti alle pozioni d’amore e l’avevo vista lanciare un’occhiata veloce ad Harry.
Beh, non credo che dopo tutti questi anni ti sia passata, no?!
Si era morsa il labbro e mi aveva ceduto il piccolo Arnold tra le braccia.
Hermione, ad Harry piaceva Cho che non mi assomiglia molto, direi … Penso a lui piacciano le ragazze come lei … o come te”.
Ero rimasta immobile, come pietrificata.
Come me? M-ma no, Ginny, figurati! Io ed Harry siamo come fratelli! E fidati, non demordere … si accorgerà di te. Hai fatto bene l’anno scorso ad uscire con altri, a non pensare a lui. Harry non è cieco, ti vedrà”.
Avevo sorriso, cercando di incoraggiarla, ma ero rimasta turbata dalle sue parole.
Grazie!”
Si era alzata dal letto e mi aveva abbracciata, forte, e mi ero sentita bene, felice, perché avevo fatto qualcosa di buono, qualcosa che le aveva ridato fiducia.

“Ginny, ti vedo bene!”

Continuo a non guardare Harry, sperando che il momento in cui dovrò salutarlo non arrivi mai, augurandomi di poterlo rimandare ad un altro giorno, ad un altro mese, ad un altro anno.
E’ stanca, sfinita, ma è forte, stabile sulle sue gambe; soffre di certo, ma non lo dà a vedere, vive un dolore suo, da sola, di nascosto, probabilmente l’unica persona con cui lo condivide è Harry, come è giusto che sia.
Io e Ron cosa condividiamo? Cosa abbiamo in comune?

“Beh, sto cercando di risistemare i pezzi della mia vita, ma ora va decisamente meglio, un po’ alla volta. So che Fred non avrebbe voluto vederci abbandonati alla disperazione”.

Pronuncia il nome di suo fratello senza esitazione, come se avesse superato il lutto, ma probabilmente ha bisogno di avere tutto sotto controllo e vuole essere un sostegno anche per Ron, che, infatti, al suono di quel nome quasi dimenticato, ha una sorta di cedimento, ma si riprende subito.

“Ron, è tardi e domani hai il lavoro al negozio, dobbiamo tornare ad Hogsmeade per smaterializzarci e tornare a casa, prima che mamma si inalberi”.

Annuisce e si asciuga le lacrime, mascherando il gesto con una mossa per sistemarsi i capelli.
Ginny mi avvolge in un altro abbraccio, più veloce e mi bacia sulla guancia, con lo schiocco.

“Ciao Hermione! Vienici a trovare alla Tana… farà bene a tutti vederti!”

E con un ultimo cenno ritorna da Harry, mentre Ron mi si para davanti; immagino Ginny debba salutare in maniera adeguata il mio migliore amico e ringrazio il cielo di avere il mio ragazzo piazzato di fronte a me, che nasconde la visione di qualcosa che mi avrebbe fatto più male delle maledizioni di Bellatrix e l’incantesimo di Dolohov messi assieme.

“Ginny ha detto tutto. Vieni a trovarmi presto!”

E’ imbarazzato e le sue orecchie sono arrossite spaventosamente, più del solito; so ciò che dovrebbe accadere ora e so anche che non lo voglio, che sarebbe qualcosa di sbagliato.

Vuoi fargli del male?
Non credo proprio, Hermione… e poi magari ti aiuterà a capire di più …


Arriva, prima che i miei pensieri riescano a prendere davvero forma, un bacio veloce, a fior di labbra, umido, rude ed impacciato.
Non faccio nemmeno a tempo a dire qualcosa che se ne va, portandosi via quel tocco di labbra, le mie sensazioni e i miei dubbi.
Poco dopo è raggiunto da sua sorella ed insieme spariscono nell’oscurità e resto basita, sconvolta, ma finalmente il mio cuore si sente libero, conscio di ciò che sente, e pesante, perché questa emozione mancata non è altro che una spinta verso il baratro.

“Ti avevo detto che ti avrei aspettata, no?”

Non si avvicina, mi guarda con quei suoi occhi penetranti, verdi, che sembrano illuminarsi alla luce tremula della luna attraverso le vetrate.
Nessuno dei due fa un passo, rimaniamo lì, lontani, ognuno nel suo spazio, forse perché sappiamo che qualcosa potrebbe rompersi, che gli equilibri potrebbero variare.

Ma lui ama Ginny.
Hai visto come la guardava prima… la ama, Hermione.


“Hermione, hai paura di me?”

Mi prende in giro e mi tende la mano, sempre restando su quella mattonella di marmo, come quella volta in tenda, quella volta in cui ho avuto poi bisogno di stringerlo a me.
E accade, corro verso di lui, per la prima volta in quella sera priva della maschera che mi imponeva sorrisi e forzature e lo abbraccio, lo stringo a me con tutta la forza che ho.

“Io non ti lascio Hermione, te l’ho detto.”

Mi sento avvolgere dalle sue braccia e i miei polmoni si riempiono di quel profumo che temevo di aver dimenticato, ma che invece avevo solo bisogno di percepire, di farlo entrare dentro di me.

“Io resto”.



 

***************************************************************

Ed eccoci al tanto atteso incontro Harry-Hermione :)
Ammetto di aver parecchio penato per scrivere
questo capitolo, non sapendo bene
come farlo evolvere.
Ma poi mi sono affidata al mio Harry
che, come sempre, sa cosa dirmi e
come darmi delle grandi idee :)
Tra l'altro è quello che si sorbisce
i capitoli in anteprima xD
Quindi grazie a tutti coloro che continuano a leggere la storia,
a recensirla e a complimentarsi con me,
ma un grazie speciale va a lui, Harry,
la mia musa ispiratrice :)
Fatemi sapere che ve ne pare di questo nuovo capitolo ;)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sei sicura lo sarebbe stato? ***


“Hermione, ti avevo cercata ovunque!”

Alzo lo sguardo dal mio libro di Antiche Rune che stavo cercando di ristudiare dopo quasi un anno che non prendevo in mano nessun testo scolastico.
Harry ha l’aria accaldata, le guance arrossate e la fronte imperlata di sudore; la sua camicia è nera di polvere e le maniche sono tirate su sino al gomito.
Mi sorride e con poca grazia si siede accanto a me, sotto quell’albero che spesso ci aveva riparati dalla calura estiva mentre ripassavamo per gli esami della fine dell’anno.

“Avevo bisogno di rilassarmi dopo tutto quel lavoro e così ho pensato di venire qui”.

Gli sorrido di rimando e gli faccio posto, mentre si siede sull’erba fresca mossa da un lieve venticello.
Rimaniamo così, in silenzio, a guardare il cielo di un azzurro terso, non più carico di nubi minacciose: un po’ come le nostre vite, ora senza la presenza di un pericolo incombente, liberi di essere giovani sul serio, come non lo siamo mai stati fino ad ora.
Improvvisamente si stende sull’erba, posando la nuca sulle sue mani intrecciate; lo guardo di sfuggita, sperando non si accorga, il mio cuore che tamburella nel petto ad una velocità sempre crescente.
Ormai non posso più mentire a me stessa, sarebbe un insulto alla mia intelligenza.
Forse è colpa di quei mesi dispersi nelle foreste inglesi, alla ricerca di un senso a ciò che stavamo facendo, da soli, senza Ron che ci imponesse involontariamente dei ruoli prestabiliti: io ed Harry, come fratello e sorella, punto. Ma è bastato che si allontanasse, perché tutto ciò che sembrava certo, ovvio, forse, andasse incontro a qualcosa di diverso, di unico, sconvolgendo le certezze che costituivano la mia vita, quelle certezze di cui andavo così fiera, ben incasellate negli spazi che avevo riservato loro: Harry come mio amico, Ron come mio ragazzo.

Hermione, Ron ha esagerato, lo sai. Non era così disgustosa la cena”.
Ron ha ragione, era immangiabile”.
Mi ero girata, in modo che Harry non vedesse i miei occhi lucidi e lì riflessa la mia paura di fallire, di non essere nemmeno in grado di arrangiarmi in una foresta. Tanti incantesimi e pozioni conosciuti a menadito e nemmeno la capacità di essere una buona cuoca, o comunque di saper rendere commestibile qualcosa.
Sapevo che non sarei mai stata all’altezza della signora Weasley ed ero certa che Ron avesse pensato a lei mentre guardava quei funghi ammuffiti nel piatto. Probabilmente avrebbe sempre fatto confronti tra me e lei, ed io ne sarei sempre uscita come perdente.
Hai saputo cucinare qualcosa qui, che non cresce quasi niente. Saremmo morti di fame.”
Stava cercando di consolarmi dalle parole dure di Ron, come aveva sempre fatto, ma questo non mi impediva di credere che anche lui la pensasse allo stesso modo, solo era più gentile e non voleva urtare i miei sentimenti.
Probabilmente la signora Weasley avrebbe improvvisato una ricetta buonissima anche con pochi funghi rinsecchiti e una manciata di cipolle”.
La mia voce suonava acida e lamentosa e non potevo fare a meno di odiare questo lato di me, questo mio essere alle volte infantile. Ma d’altra parte ero distrutta e vessata dai continui lamenti di Ron, dall’impotenza di Harry di fronte alla ricerca degli Horcrux e dal freddo che si infiltrava di notte nella tenda non facendomi dormire.
Tu sei Hermione, non la signora Weasley. Sei la nostra perfetta Hermione,che ci salva il collo anche in questa occasione. Te l’ho detto, saremmo morti di fame senza di te.”

Riapro il manuale di Antiche Rune, soprattutto per avere qualcosa a cui pensare che non siano quei maledetti flashback che irrompono nella mia mente dalla fine della guerra.

“Hai deciso, giusto? Resti qui il prossimo settembre”.

Lo dice come se stesse parlando del tempo, lo sguardo sempre fisso al cielo.
A volte mi chiedo come faccia a leggermi dentro in quel modo, come faccia a sapere esattamente ciò che passa nella mia mente senza che io proferisca parola.
Una volta avrei detto che era perché siamo migliori amici, perché ci conosciamo da sempre e ormai ognuno sa bene cosa bazzichi nella testa dell’altro. Una volta.
Ora è diverso, ma probabilmente lo era anche prima, solo che io, accecata dal mio voler avere tutto ben sotto controllo, avevo accantonato l’idea, perché sbagliata, perché, in un certo senso, incestuosa.

Ma anche Ron è il tuo migliore amico, come Harry.
Anche con lui dovrebbe essere incestuoso, no?


Con Ron non sembrava e non sembra nemmeno ora, credo non lo sia mai sembrato.
Eppure è esattamente la stessa situazione, identica.
Forse il fatto che tutti ci vedessero come una possibile coppia già quando avevamo dodici anni ha permesso a me di avere questa visione diversificata di due amicizie nate nel medesimo modo.
Con la maturità di qualche anno, con la guerra finalmente alle spalle e il tempo di riflettere da sola capisco quanto questa mia convinzione sia totalmente errata.

“Sì, resto. Devo finire la scuola, Harry. Voglio ottenere anche i M.A.G.O. Mi sentirei incompleta senza aver conseguito un’istruzione adeguata, specie se poi voglio lavorare al Ministero”.

“Almeno Ginny avrà te”.

Ginny.
Io e Ginny staremo a stretto contatto per un anno intero.
Improvvisamente avverto un senso di stordimento e di fastidio, ma subito passa, nel momento in cui Harry prende la mia mano: resto immobile, paralizzata.
Deve essersi seduto mentre riflettevo sul mio amore “incestuoso” e non me n’ero accorta.
La mia mano, appoggiata appena sull’erba ora era sotto la sua, stretta tra le sue dita, intrappolata.
Restiamo così, per un po’, senza che nessuno parli, l’unico suono è il fruscio leggero delle foglie mosso da quella brezza estiva.

Gelosa.

Eppure la mano di Harry è sulla mia, me la stringe e la accarezza al contempo.

L’ha sempre fatto, Hermione, sempre.
Non è la prima volta.


Il mio cuore batte senza posa, come se tutta me stessa fosse concentrata nelle dita della mia mano destra, come se il resto del corpo non fosse altro che un prolungamento.

Sta con Ginny, si preoccupa per Ginny.
Tu sei la sua migliore amica, quella di cui si fida, ma sta con Ginny.
L’hai sentito, no?
“Almeno Ginny avrà te”.

Da una parte vorrei sciogliere quella stretta, vorrei liberarmi delle sue dita, ma temo che possa essere l’ultima volta che lo fa, voglio illudermi, forse, che ci sia dell’altro, qualcosa di più di una stretta di mano tra amici, tra fratello e sorella.

Illuditi pure, ma Harry sta con lei.
Dovresti saperlo che sono destinati a stare assieme.

Io e lui siamo come fratello e sorella, come Ron e Ginny.
Tutto il resto è la proiezione di qualcosa che non può esistere, benché il nostro rapporto sia sempre stato al limite, con sbilanciamenti verso il “qualcosa in più” quando eravamo soli, in quella tenda.
E lo siamo anche ora, soli, di nuovo.
Sento la stretta delle sue dita farsi più forte e il suo pollice accarezzare delicatamente il dorso della mia mano, il cuore che batte così forte che sembra volere uscire dal petto.
Mi giro appena e improvvisamente mi accorgo del suo viso, a poca distanza dal mio, e le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.
Sento la testa annebbiarsi, i miei sensi quasi abbandonarmi, mentre lo vedo socchiudere gli occhi.
Deglutisco impercettibilmente, ciò che da qualche tempo o forse da sempre desideravo sta per accadere e non so bene cosa fare.

Sta con Ginny.
STA CON GINNY!

Riesco quasi a non vedere più gli occhiali sul suo naso, da quanto è vicino e temo possa sentire il mio cuore battere all’impazzata, visto che tutto attorno a noi tace, immerso nel silenzio.
Chiudo gli occhi anche io, piano, e sento il suo respiro penetrarmi dentro, e colmare i miei polmoni.

“No”.

Harry apre di scatto gli occhi e si allontana, di poco.
E’ sorpreso, capisce che sarebbe mancato meno di un secondo perché accadesse, ma non parla, non chiede, rimane a fissarmi, con quello sguardo penetrante che conosco troppo bene.

“Non è giusto, Harry.
Tu hai Ginny, io Ron.
Sarebbe stato un errore.”

Mi costa moltissimo dire una cosa simile, ma sento che è la cosa giusta, perché fa del male a meno persone.
La tristezza di due contro lo sconforto di più di una decina di persone, minoranza schiacciante.
Non riesco più a sostenere il suo sguardo, temo di tradirmi, di mostrargli il mio dolore.
Solleva il mio mento con le dita, costringendomi con dolcezza a guardarlo.

“Sei sicura lo sarebbe stato?
Sei sicura che sarebbe stato un errore?”

Il silenzio fa rimbombare nella testa le sue parole assieme al battito incessante del mio cuore.



 

*******************************************************************

Mi sembra doveroso ringraziarvi
per tutte le recensioni e soprattutto
per non esservi rotti i maroni della mia fanfiction :)
Ok, non so quanto questo capitolo possa piacervi,
ma ho cercato di essere il più realistica possibile, ecco.
Ringrazio in maniera particolare il mio Harry,
fonte della mia ispirazione :)
Fatemi sapere che ve ne pare anche di questo capitolo ;)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** So che non posso nasconderglielo. ***


Nota dell’autrice: Questo capitolo, come avevo annunciato in risposta a qualche recensione è di nuovo dal punto di vista di Harry. Spero di fare cosa gradita :)
 
Lei che lo abbraccia, che lo bacia velocemente e lui che sparisce nel buio.
Quasi fosse qualcosa di naturale, che fanno tutti i giorni, un’abitudine, un rito tra due amanti.
Stringere le mani di Ginny e desiderare che siano quelle di un’altra, scavare nei suoi occhi cercando un barlume di quell’anima che in questi sette anni ho imparato a conoscere, ad apprezzare fino a sentirla come vitale, indispensabile per me.

Egoista.

Aggiungerei anche “codardo”, perché solo un codardo potrebbe vivere una mezza vita, fingendo che tutto vada bene, che tutto sia come desidera, anche quando non è così.
Abbracciarla, stringerla a me come avrei voluto fare da quando era partita è stato ossigeno per i miei polmoni, una ventata d’aria fresca, che profuma così tanto di buono, perché è profumo di lei, l’essenza più inebriante del mondo.
Ma sapevo e so quello a cui siamo destinati, quello che siamo sempre stati agli occhi di tutti: la prova dell’esistenza dell’amicizia pura tra ragazza e ragazzo, un volersi bene senza oltrepassare limiti scomodi, sapendo bene quale linea non vada superata, nemmeno di poco.

Grazie, Hermione”
L’avevo sussurrato, senza pensarci; sentivo che era giusto così, perché se ora potevo respirare, camminare, parlare era grazie a lei.
Mi era passata la mezza arrabbiatura per la mia bacchetta, spezzata in modo irreparabile, sapevo che aveva fatto di tutto, come sempre, e che in una situazione di pericolo simile trarci in salvo era la priorità; probabilmente avrei agito anche io come lei.
Oh Harry, so che avresti fatto lo stesso”.
Mi aveva risposto timidamente, forse un po’ intimidita dal mio tono serio e avrei scommesso tutto l’oro nascosto nella mia camera della Gringott che si sentiva ancora in colpa.
Non solo per questo, ma per tutte le volte che mi hai salvato. Se ci pensi ogni anno, ogni avventura sarebbe stata insolubile senza il tuo aiuto. E ora sei qui, con me, non mi hai abbandonato.”
Avevo sentito gli occhi inumidirsi, ma non volevo che lei se ne accorgesse. Dovevo essere quello forte, la roccia, per entrambi e, comunque, lei lo meritava, meritava qualcuno su cui potessi appoggiare e più di qualsiasi altra cosa desideravo essere io il suo appiglio saldo.
All’improvviso la mia visuale era stata adombrata da folti capelli castani e le mie narici avevano respirato il suo profumo, la sua essenza, lei.
Un abbraccio, lei che mi cingeva dolcemente, quasi fossi un bambino, ma non mi importava, quello era il mio posto, lì, avvolto da lei.
Avrei voluto essere il suo solido sostegno, ma si erano invertiti i ruoli, lei mi reggeva, mi faceva sentire vivo e mi dava una ragione per continuare, più di quanto non avesse mai fatto prima.

Idiota, ti crogioli nei ricordi.
Rubi al passato quello sprazzo di gioia fingendo possa bastarti.
Idiota.

Perché quando vedo Ginny, non mi sento così speciale?
Perché le sue braccia non mi fanno sentire a casa, protetto, invincibile?
Ginny, la ragazza incantevole, che lo scorso compleanno ti ha fatto girare la testa baciandoti con quella passione, con tutto l’amore che prova.
Ginny, che non ha pianto quando ci siamo lasciati, prima della ricerca degli Horcrux, ma che dura, impassibile, forte era rimasta lì a guardarmi, dicendo che avrebbe capito.

Eppure non ti ha chiesto di venire con te, non si è impuntata.

Non gliel’avrei permesso comunque, non potevo farle correre dei rischi così grandi, la signora Weasley mi avrebbe ucciso.

Ma Hermione e Ron sono venuti con te.
Hermione è rimasta con te fino alla fine.

Hermione era maggiorenne già da tempo, Ginny no.
Sarebbe stato sbagliato, sarebbe stato un errore portarla via.

Non è giusto, Harry.
Tu hai Ginny, io Ron.
Sarebbe stato un errore.”

Hermione.
Hermione e la sua incrollabile razionalità.
Hermione che guarda al bene di tutti, al bene comune e, forse, dopo al suo, con un altruismo che credevo nemmeno esistesse.

Sarebbe stato un errore.”

Un bacio, un semplice bacio che avrei voluto darle, che sentivo di volerle dare da così tanto tempo.
E riuscivo ad avvertire il suo respiro, il profumo della sua pelle così vicino a me, le lentiggini sulla sua pelle, che le accarezzavano gli zigomi; sarei potuto rimanere così, in stallo, per sempre, nutrendomi di quel poco di lei che riuscivo a carpire.
Sapere che da quel giorno a malapena ci parliamo, mi distrugge totalmente; più dell’abbandono di Ron l’anno scorso, più dell’aver visto la scuola, la mia casa, ridursi in macerie.
Convenevoli, saluti stentati, forse qualche sguardo lanciato da lontano, senza farsi vedere.

Ho rovinato tutto, Hermione, tutto.
Non sarebbe stato un errore, lo è stato, anche solo avvicinarmi così a te, inebriarmi di te per qualche secondo lo è stato.

Guardarla di sfuggita, lavorare fianco a fianco.
Deve bastarmi questo e devo ricercare quello che mi serve tra le braccia di Ginny, perché è giusto così, la bella famiglia allargata. E felice.
O almeno gli altri lo saranno.

Adesso piangiti addosso, mi raccomando.
Bella fine che fa il Prescelto.

Sono passate due settimane da quando Ginny e Ron se ne sono tornati alla Tana e da allora mi hanno mandato due lettere, a cui non ho risposto.
Come posso essere dolce e innamorato, quando non riesco più bene a comprendere cosa sento per Ginny?
E che razza di amico posso essere per Ron?

“Abbraccia Hermione da parte mia”

Penso di aver riletto quella frase innumerevoli volte e ogni volta mi sono sentito sempre più in colpa: abbracciarla, da parte sua, come farebbe un buon amico, il migliore amico, quello che è come un fratello.
Ma so che se lo facessi, se la riabbracciassi, non vorrei più staccarmi, e sarebbe un abbraccio per me, da parte mia, e non di Ron. Un abbraccio egoista.
E l’amore non può essere egoista, qualcosa che fa del bene solo a me, sarebbe possesso, non volere il suo bene, ed io voglio solo che lei sia felice.

E credi che lo sarebbe con Ron più che con te?

Ricordo i suoi occhi mentre stringeva a sé Ron, quella sera.
Mi guardava e teneva lui tra le braccia, come se volesse qualcosa di diverso da quello che aveva a portata di mano, ma come se fosse anche ormai troppo tardi.

“Dobbiamo parlare, Harry”.

La sua voce giunge alle mie orecchi facendomi voltare verso di lei: è seria, preoccupata, scura in volto; si tormenta una ciocca di capelli e si mordicchia nervosamente le labbra.
Capisco che è qualcosa che non la rende tranquilla, è sempre stata così limpida per me.

“Certo, dimmi”.

Lo dico calmo, pacato, anche se dentro sento la paura avvampare, l’errore di quel pomeriggio sotto il faggio gravare su di me come un macigno.
Fisso i miei occhi nei suoi, anche se con fatica.
Che legga pure quello che sento, che provo, so che non posso nasconderglielo.
So che non mi interessa più nasconderglielo.


************************************************************

Eccoci al secondo tentativo di un POV di Harry ;)
Ammetto che non è sempre facile,
ma mi sembrava giusto cercare
di investigare un po' nella mente di Harry,
specie quel "quasi" bacio.
Come sempre, ringrazio tutti coloro che leggono
e recensiscono, perchè i vostri commenti 
sono fondamentali per me :)
Rinnovo il ringraziamento speciale
al mio Harry, che questa volta
si è cimentato nello scegliere un titolo adatto
(ergo se fa schifo è colpa sua xD).
Fatemi sapere che ve ne pare ;)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** In bilico ***


“Certo, dimmi”.

Ha lo sguardo fisso, fiero, come se nulla potesse preoccuparlo e scalfirlo; mi guarda con tanta decisione che quasi sono io a temere di parlargli.
Ma devo dirglielo, bisogna che sappia, che capisca; perché la faccenda potrebbe inesorabilmente sfuggirci di mano ed io non me la sento di mentire ancora.

“Ron e Ginny mi hanno scritto ripetutamente in queste settimane e soprattutto Ginny è preoccupata. Non rispondi a nessuno dei  due.”

Abbasso lo sguardo per una frazione di secondo, ma poi decido di essere forte anche io, benché sappia perfettamente per quale motivo Harry non scriva a loro due.
 
“Per dir loro cosa, Hermione? Che abbiamo sbagliato tutto? Che ciò che ci ha avvicinati nella tenda non ha smesso di unirci?”

Lo guardo intensamente e mi sento bruciare dentro, quasi quelle parole fossero uno schiaffo alla mia anima o forse perché in realtà c’è molto di vero. Troppo di vero.

Starei qui, Harry”.
La neve copriva ogni arbusto e con un manto leggero si posava sugli alberi e sulle lisce pietre della Foresta di Dean. Il cielo coperto sembrava essersi intonato a quella coltre candida e ovunque regnava la tranquillità; sembrava di essere in un posto senza tempo, in cui anche la guerra era distante, inesistente.
Anche io”.
L’aveva sussurrato appena, stringendomi a sé, la sua guancia appoggiata delicatamente alla mia fronte, seduti sopra una spessa coperta di pile e coperti da un’altra appena più leggera.
Avevo chiuso il libro delle Fiabe di Beda il Bardo e l’avevo adagiato su un angolo della coperta che ci avvolgeva come un abbraccio.
Ma non possiamo”.
Un velo di tristezza nelle mie parole sincere: era inutile che mi crogiolassi in quei momenti, che sperassi in un qualcosa. E lui ben sapeva che non mi riferivo all’abbandonare la guerra.
Non aveva risposto, si era limitato a stringermi di più a sé, quasi temesse che quel momento durasse troppo poco, anche meno di un battito di ciglia.

“Non possiamo, Harry”.

Sento lo stesso velo di tristezza di quel giorno di inverno, ma cerco di tenere ferma la mia voce, di non farla tremare nemmeno per un attimo. Sarebbe un errore, un passo falso e, forse, ne abbiamo già fatti troppi.

“Scrivi a Ginny e a Ron. Di’ loro che stai bene, che ti mancano”.

Evito un’altra volta il suo sguardo. Mi sento una bugiarda, perché so perfettamente come si sente e come mi sento anche io; sembra di recitare una pantomima, una finzione per non far soffrire gli altri.
Quante volte ho dovuto far finta che non mi importasse di Cho Chang e quante altre ho dovuto nascondere il mio animo ferito alla vista di Ginny ed Harry, l’una nelle braccia dell’altro.
Mi sono sempre ripetuta che era giusto così, che Ron era innamorato di me da sempre e che il mio volergli bene avrebbe potuto col tempo trasformarsi in qualcosa di più.

Eppure gli hai scaricato contro uno stormo di canarini, Hermione.
Vorrà pur dir qualcosa.

Credevo di esserne attratta, o forse trovavo idiota il suo comportamento e la sua superficialità.
Mettersi assieme ad una ragazza così, senza aver quasi mai parlato con lei.
Che razza di persona era diventato?

Ma è cambiato, Hermione, l’hai visto.

Però Harry non ha avuto bisogno di cambiare per piacermi, Harry c’era quando ero a pezzi per la storia d’ “amore” di Lavanda e Ron, si è accorto di quanto soffrissi.
Ed ora ho paura, una paura folle di poter mandare all’aria tutto ciò che in sette anni siamo riusciti a costruire, la nostra amicizia, che ci ha permesso di superare ostacoli che sembravano insormontabili.
Sarebbe la fine del nostro legame e quegli attimi di coraggio e spensieratezza resteranno solo ricordi ingialliti e sbiaditi.

“Mentire? Dovrei mentire? Che amico sarei, Hermione? Come potrei anche solo guardare in faccia Ginny e dirle che l’amo se non è ciò che sento?”

Odio che abbia ragione, ma soprattutto detesto questa situazione in cui siamo ora e in cui credo siamo sempre stati.
La differenza tra il dire e non dire, il fare e non fare, sta proprio tutta qui.
Siamo in un limbo difficile da superare, a metà tra due situazioni decisive e, per certi versi, anche terribili.

Oh, ma è un indovinello!”
Mi si erano illuminati gli occhi dalla gioia, alla vista delle sette fiale di colori e dimensioni diverse e del frammento di pergamena in cui erano impressi gli indizi utili per tornare indietro o andare avanti.
Quindi siamo rovinati, giusto? Rimarremo qui in eterno”.
La voce di Harry era preoccupata ed un po’ lamentosa, ma io ero fiduciosa: se fino a quel momento ce l’avevamo fatta, saremo riusciti a proseguire, lui sarebbe arrivato a fronteggiare Piton e a prendere la Pietra Filosofale.
Ma no! Dammi un po’ di tempo!”
In breve, rileggendo la sciarada e guardando le varie boccette ero riuscita a trovare le due che ci servivano, quella per tornare indietro e quella per andare avanti.
Sei sicura?”
Era preoccupato, riuscivo a leggerglielo nello sguardo, specchiandomi sul vetro dei suoi occhiali tondi.
Certo! Questa è per andare avanti e questa, beh, è per tornare indietro …”
C’era ben poco liquido in quella più piccola, appena un sorso, e sapevo che era per lui, che era il suo momento e che io sarei tornata indietro, avrei recuperato Ron e avrei cercato di rintracciare Silente.
Anche senza che lui me lo dicesse, lo sapevo, perfettamente.
L’avevo abbracciato, forte, sentivo il suo cuore battere dentro di me, risuonarmi nelle orecchie come se fosse il mio.
Oh Harry, ti prego, sta’ attento!”
Non potevo nascondere che avevo paura, che avrei voluto accompagnarlo, che non avrei voluto girarmi e andarmene.
Avevo bevuto il liquido dalla fiala più panciuta e un brivido di freddo mi  aveva scossa, facendo sobbalzare Harry.
Non sarà mica veleno?”
Avevo sorriso appena, scuotendo piano la testa.
No, ma sembra ghiaccio”. (*)

Un brivido mi pervade totalmente, ma non è il freddo, non questa volta.
Non c’è una pozione sconosciuta per attraversare un fuoco variopinto, non c’è un nemico in carne ed ossa da sconfiggere; è qualcosa che ci avvolge, che ci circonda, è la nostra stessa essenza a metterci davanti a scelte, a decisioni che mai abbiamo preso perché non era il momento e perché le priorità erano ben altre.

“Harry, pensaci, per favore. Non possiamo, è sbagliato!”

La mia voce trema, anche troppo per i miei gusti.

Brava Hermione, e meno male che dovevi essere quella forte.
Complimenti per l’autocontrollo.

“Sbagliato?”

E’ irritato, deluso e arrabbiato e non posso dargli torto.
Mi nascondo dietro il mio stesso dito, facendomi scudo della mia ombra, forte della distanza che ancora ci divide.
Rispondo senza davvero ascoltarlo, senza rielaborare ciò che mi dice, perché so che avrebbe ragione, so che il nostro comportamento, il mio in primis, è da vigliacchi: fingere che sia tutto bello così com’è per non scardinare un equilibrio che si è creato.

“Harry, ne varrebbe davvero la pena?”

Queste parole escono dalle mie labbra senza che io riesca a fermarle, come un sussurro, qualcosa di appena accennato, ma è troppo tardi.
Ha sentito, ogni singola sillaba è entrata in lui e vedo il suo dolore, la sua sofferenza per causa mia, di quella domanda che avrebbe dovuto restare dentro di me.
Non mi guarda più ed io mi sento pietrificata, il mio cuore sembra aver smesso di battere per qualche istante ed essersene andato con lui, che ora si allontana volgendomi le spalle.


 

********************************************************

Intanto mi scuso per avervi fatto penare un po',
ma tra studio, ripetizioni e contest a cui partecipare
non riuscivo a pensare bene al seguito :)
Quindi spero di non avervi deluso ;)
Vi ringrazio intanto
per le recensioni agli altri capitoli
e per aver la pazienza di leggere questi miei delirii.
Un ringraziamento particolare al mio Harry,
che si becca tutte le mie paturnie ;)
Fatemi sapere che ve ne pare di questo capitolo :D
Baci,
HermyLily89

 


 



(*) NdA: So perfettamente che questa parte non è di mia invenzione, ma della Rowling, e so pure che non corrisponde certamente per filo e per segno a ciò che compare nella Pietra Filosofale. E' un mio riarrangiamento, o meglio, un riarrangiamento di Hermione che ricorda qualcosa accaduto ben sette anni prima e che quindi non può essere qualcosa di perfettamente nitido nella sua mente.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Vi siete scelti senza mai dirvelo ***


Un’altra volta sola.
Come se non avessi imparato nulla dai miei “errori”; ho permesso che mi voltasse le spalle e si allontanasse ferito, senza corrergli dietro per farlo restare, come invece avevo fatto con Ron quasi un anno prima, uscendo dalla tenda e pregandogli di restare, per me.
Ho lasciato che la distanza tra di noi aumentasse ad ogni suo passo, rimanendo ferma, immobile, il mio sguardo fisso su di lui che aveva smesso di guardarmi.
D’altra parte cosa potevo mai dirgli? Cosa avrei potuto urlare?

Forse che sei una stupida, Hermione?
Sarebbe stato un passo in avanti, questo è certo.

E cosa avrebbe portato se non ad una complicazione ulteriore, ad un continuo rimuginare su “ciò che è giusto” e “ciò che vorrei”?

“Hermione, la zuppa di cipolle sta diventando una lastra di ghiaccio!”

Mi risveglio dai miei pensieri e mi accorgo che sto fissando il piatto che ho dinanzi da un buon quarto d’ora; la mia mano aveva afferrato il cucchiaio, ma era rimasta lì, appoggiata sulla tovaglia di pesante tessuto variopinto, le nocche che ne accarezzavano la superficie.
 
“Non ho fame”.
 
Una voce atona, priva di espressione, ma d’altronde è così da due giorni, da quando sono alla Tana, su invito di Ron e della signora Weasley; non riesco a sorridere e se ci provo lo sento forzato, finto, falso e i Weasley non se lo meritano, dopo tutto ciò che hanno sempre fatto per me, diventando la mia seconda famiglia.

Dai, Hermione! Vieni a giocare a Quidditch con noi!”
Ero raggomitolata su una delle poltroncine della Tana, immersa nella lettura di uno dei libri di testo, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico e la voce di Ron mi era giunta alle orecchie come se fosse venuta da un’altra dimensione.

“Ronald, onestamente, sai quanto io possa amare il Quidditch” gli avevo risposto, continuando a sfogliare il pesante tomo che avevo tra le braccia.
Sinceramente di rendermi ridicola su un manico di scopa non ne avevo voglia e men che meno di volare a dieci metri d’altezza lanciando una palla.

Con un’alzata di spalle, si era allontanato verso il magazzino nel giardino dove era riposto tutto il necessario per il Quidditch, seguito a ruota da Ginny, che mi aveva rivolto un mezzo sorriso.
“Ti farebbe bene staccare un po’”.
Mi si era seduto accanto Harry, sul bracciolo della vecchia poltroncina, dalla quale fuoriusciva un po’ di imbottitura giallastra, e mi sorrideva.
“Ma sarei totalmente inutile, Harry! A malapena riesco a mantenermi in sella, figuriamoci ad eseguire qualche azione.”
Non amavo lo sport, era vero, ma perché era qualcosa che non mi dava certezza e sicurezza, era qualcosa che sentivo non appartenermi, non essere mio; i libri avevano quell’aura che mi rendevano tranquilla e rilassata, come protetta da uno scudo, da un muro.

“Stai in squadra con me, ti va?”
“Ma …” avevo iniziato a ribattere.
“Non voglio sentire nessun ‘ma’! E ora andiamo, su, forza!”
Mi aveva presa per mano e fatta alzare dalla comoda poltrona, il libro aperto, abbandonato.

 
“Scusatemi tutti, non volevo essere scortese”.

Sollevo il cucchiaio e cerco di ingurgitare qualcosa, sperando di poter sprofondare sotto terra, senza più sentire gli sguardi dell’intera famiglia Weasley su di me.
La mano di Ron si posa gentilmente sul mio ginocchio e a quel tocco rabbrividisco impercettibilmente, come se il mio corpo rifiutasse quel gesto, come se fosse qualcosa di sbagliato. Forse la persona sbagliata.

Ti ricordo che sei stata tu a rovinare tutto.
Ora vedi di prendere una decisione e perseguirla senza capovolgere tutto.

Ron non si accorge di quel brivido, o forse lo interpreta positivamente, credendo che io senta e viva quei battiti rapidi che scombussolano il cuore degli innamorati e non me la sento di deluderlo, di ferirlo, di lacerargli il cuore, ora che è ancora debole.

“Ron, dobbiamo tornare al negozio”.

Il tono della voce di George è privo di espressione e mi accorgo che basta sentirlo parlare perché nella mente di tutti compaia vivida l’immagine della sua metà, di suo fratello che continua a vivere nello specchio su cui si riflette, ma che non può più toccare. Una parte di cuore strappata dal petto che ha portato con sé tutto il carattere che contraddistingueva entrambi, il sorriso morto con lui.
Mi sento soffocare, in preda ad un’ansia che diventa panico, i battiti che ora davvero accelerano, ma in maniera furiosa, malsana e terribile.
Chi sono io per recare altra sofferenza?
Quanto posso essere egoista?
Harry, Ron, Ginny, tre persone così importanti per me e che potrei dividere per sempre per un mio capriccio, per un mio stupido desiderio.

Vale la pena, allora, Hermione?
Sì, per Harry, giusto? Per quello che solo lui sa e comprende, per la sua spalla che c’è sempre stata, come un sostegno.
E per Ron? Per Ginny?

“Hermione cara, ti senti bene?”

La signora Weasley mi si avvicina ed inizia a sventolarmi un tovagliolo accanto al viso; una leggera brezza calma i miei sudori freddi, tranquillizzando per un attimo il mio respiro affannato.

“Ginny, tesoro, accompagna Hermione in camera tua e falla stendere. Intanto le preparo un ricostituente, ve bene?”

“Signora Weasley, non si disturbi, davvero. Sto già meglio!”

Ma le mie parole non sortiscono l’effetto desiderato, anzi, dal momento che vengo sollevata quasi di peso da Ginny e trascinata  sulle tortuose scale della Tana, fino al letto della camera di quella che ero arrivata quasi a considerare come la mia migliore amica.
Mi stendo, slacciando velocemente le scarpe e chiudendo, poi, gli occhi, nella speranza di addormentarmi di colpo, evitando di dover scambiare parole con Ginny, la cui sola visione mi faceva sentire tremendamente colpevole.

… E lei pensava che forse mi avresti notata di più se io fossi stata un po’ più … me stessa”.
“Astuta quell’Hermione”.
Nell’udire il mio nome mi ero girata di scatto: Harry e Ginny stavano parlando tra di loro poco dopo la fine dello straziante funerale di Silente, sottovoce e sorridevano.
Avevo stretto la mano di Ron, che mi era accanto, e l’avevo condotto via, distante, per non dargli occasione di rovinare i pochi momenti che i due riuscivano ad avere da quando stavano assieme.
Le mie lacrime erano rispuntate e lui mi aveva stretto a sé, come non aveva mai fatto prima, accarezzandomi dolcemente i capelli.
Ma non era come abbracciare Harry, non riuscivo a sentire il suo cuore palpitare alla stessa altezza del mio, come accadeva invece tutte le volte che era capitato che fossi tra le braccia del mio migliore amico.
Avevo dedotto che l’amore era diverso dall’amicizia, che i battiti fossero diversi, più complessi.
Forse non mi sbagliavo nemmeno così tanto.

 
“E’ per lui, non è vero?”

Le sue parole mi giungono come una coltellata al cuore, rapida, diretta e dolorosa.
D’altra parte non ho mai creduto che non ci arrivasse, conoscevo bene la sua perspicacia e sapevo bene che non avrei potuto nasconderle nulla; mi avrebbe scrutata dentro con i suoi occhi nocciola e avrebbe trovato ciò che cercava.

“Sì, per lui”.

Confermarlo inspiegabilmente mi fa sentire per un attimo più leggera, mi toglie un pesante macigno dal cuore e libera dall’ansia la bocca del mio stomaco; ne avevo bisogno, assolutamente, ed era giusto che venisse fuori, che mi confrontassi con qualcuno, ma mi rendo immediatamente conto che con quelle tre parole ho posto fine per sempre alla nostra amicizia, rovinando tutti quei precari equilibri che ci tenevano assieme dopo il 2 maggio.

“L’ho sempre saputo, sempre.
Non c’è stato attimo in cui io non l’abbia pensato, Hermione, nemmeno uno.
E lo scorso anno è stata dura stare lontano da voi, sapere che era con te.”
 
Guarda fuori dalla finestra, tormentando piano le pesanti tende ai lati degli infissi color ruggine.
Non piange e nemmeno la sua voce è rotta dal nervosismo: è tranquilla, pacata, forte e l’ho sempre ammirata per questo suo lato del carattere, poco incline alla collera, all’impulsività.

“Non è mai accaduto nulla, Ginny. Nulla, davvero.
Ti è sempre rimasto fedele”.
 
Si volta alle mie parole e mi sento quasi stordita dal suo sguardo penetrante.

“E’ tutto nel suo cuore, Hermione.
E nel tuo.
Vi siete scelti senza mai dirvelo apertamente.
Dovevate solo capirlo”.


 




Sì, sono imperdonabile, lo so.
Ci ho messo una vita per partorire il capitolo,
ma tra esami e corsi nuovi
il tempo a disposizione è quello che è.
Ringrazio tutti coloro che leggono
e recensiscono, siete davvero splendidi!
Mi scuso se non ho risposto alle ultime recensioni,
ma prometto che presto lo farò, non temete.
In ultimo, come sempre,
ringrazio il mio Harry,
sempre fonte di conforto,
sostegno e tante idee :)
Fatemi sapere che ve ne pare del nuovo capitolo!
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Vi dichiaro uniti per sempre ***


Nota dell’autrice: Sono passati diversi anni, Hermione ha completato i suoi studi come si era ripromessa, Harry ha fatto strada nel campo dell’Auror al Ministero, così come Ron, e Ginny è un’abile Cacciatrice nelle Holyhead Harpies. E’ arrivato, così, un giorno molto importante nella vita di Hermione, uno di quei giorni in grado di cambiarli tutti, per sempre.
 

* * *

 
I miei capelli domati in un’acconciatura elegante, morbida, con qualche ciocca che solletica appena l’incavo della mia spalla, gettando un’ombra a mo’ di onda sulla mia pelle chiara. Non riesco a soffermarmi su altro, riflettendomi nello specchio; fisso la mia fronte e i capelli che incorniciano il mio volto. So che se guardassi oltre, vedrei qualcosa che mi scuoterebbe troppo, che mi farebbe liberare la chioma da quell’intricato nodo e scappare via, lasciando tutti sconvolti e poco propensi in seguito a parlarmi.
Sento le lacrime pungermi appena gli occhi e infine rotolare sulle guance.

Forza, Hermione, sii forte. Non puoi cedere ora.
Sai che è giusto così. E’ quello che vuoi, no?

“Oh, Hermione, scusami, non volevo disturbarti.”

La signora Weasley era entrata nella stanza in cui c’ero, fasciata in un abito elegante color pervinca, con leggeri sbuffi sulle maniche e un nastro di raso di una tonalità più chiara che la cingeva, stringendo delicatamente sotto il seno. Aveva gli occhi lucidi e stringeva nella mano destra un fazzoletto di stoffa.

“Ma no, signora Weasley, non mi disturba, perché dovrebbe?
Le sta d’incanto quell’abito.”

Mi sforzo di sorriderle e con un gesto veloce mi asciugo le lacrime che avevano rigato le mie guance.
Sorride di rimando, imbarazzata, agitando la mano come per schernirsi dal complimento.

“E’ stata un’idea di Ginny, non voleva che mettessi lo stesso abito del matrimonio di Percy dello scorso anno. Dice che ogni occasione ha il suo abito!”

Ginny.
Ginny che ha sempre ragione, che sa come abbinare gli abiti all’occasione, che sa leggere dentro senza sforzarsi. Che ha visto ciò che mi rifiutavo di vedere.

“E’ tutto nel suo cuore, Hermione.
E ne tuo.
Vi siete scelti senza mai dirvelo apertamente.
Dovevate solo capirlo”.

 
“Parlo del folletto e spunta il cappello (*): eccoti, Ginny! Dai tu una mano ad Hermione a prepararsi? Manca poco oramai e voglio dare una mano alla signora Granger con gli ultimi preparativi.”
 
Vedo il suo riflesso nello specchio, una chioma rossa fluente entrare nel mio campo visivo e una altrettanto fulva sparire, lasciandosi dietro la scia di un profumo particolarmente dolce, ma che sa di casa.
Ha un abito di un azzurro tenue, delicato, che le disegna con maestria la fisionomia, sottolineandone le curve; i duri allenamenti con le Holyhead Harpies le hanno conferito un fisico davvero atletico e sinuoso, è davvero un incanto.

“Ciao, Ginny.”

Mi tormento il labbro, sentendomi in colpa, leggendo nel nocciola dei suoi occhi un’ombra di delusione, forse di fastidio, come se le avessi fatto un torto che il tempo le ha fatto metabolizzare, ma non dimenticare.
Si avvicina lentamente e prende dal comò accanto al grande specchio una collana sottile, un girocollo d’oro bianco, con un piccolo ciondolo coordinato. Con estrema cura lo adagia sul mio collo e rabbrividisco appena al contatto col metallo. Quella collana. Lui.
I secondi sembrano durare ere, mentre con circospezione fa scivolare il piccolo gancetto così da chiudere la collana, dandole il tempo di prendere la temperatura del mio corpo, ma invano; resta fredda, quasi fastidiosa, come quel senso di accusa che avverto alla nuca, e al cuore.

“Sarai perfetta, Hermione. Non avrà occhi che per te.”

Non faccio a tempo a ringraziarla che sento la porta aprirsi e nel giro di pochi istanti chiudersi dietro di lei. Per un attimo il vociare della gente che è arrivata aveva portato una ventata di allegria nella stanza, ma era stata solo una mera illusione.

Su, Hermione. Ci hai pensato per così tanto tempo e alla fine questa è stata la tua scelta.
Devi viverla a testa alta, con coraggio e con il sorriso, fregandotene di ciò che la gente pensa.

 
Per la terza volta mi sforzo di sorridere a quello specchio e con decisione mi scruto, senza sfuggire al mio stesso sguardo, che, con un gioco di riflessi, mi rimanda me stessa, senza filtri, senza maschere. Un abito ampio, ma non eccessivamente, un corpetto aderente, liscio, senza fronzoli; un trucco leggero, appena accennato, e per un attimo mi sembra di essere tornata ai miei quindici anni. Un abito pervinca, un nodo elegante dietro alla testa, un ballo.

Hai idea di cosa abbia Ron? E’ così irritante! Eppure credevo gli piacesse Krum!”
Avevo sbottato, nervosa, mentre Viktor era andato per l’ennesima volta a prendere da bere lasciandomi da sola con Harry. Ron era chissà dove, a sbraitare cose senza un minimo senso.
“Credo sia geloso, Hermione. Credevo l’avessi capito.”
L’aveva detto con naturalezza, come fosse la cosa più ovvia del mondo, come fosse l’unica spiegazione plausibile per il suo comportamento da maleducato.
“Geloso?! Harry Potter, ti ricordo che credeva che nessuno sarebbe venuto al ballo con me. Poteva invitarmi, no?! Forse ero un po’ meglio di Eloise Midgen, non credi? O vengo anche dopo di lei?”
Sentivo le mie guance avvampare, un caldo fastidioso attorno a me.
Ma una mano fredda aveva afferrato la mia, dandole refrigerio.
“Per quanto possa valere la mia opinione, sei davvero incantevole stasera”.

 
Sento bussare alla porta e poco dopo vedo mio padre fare capolino nella stanza, con gli occhi lucidi e carichi d’emozione, e con il mio bouquet in mano.

“Tesoro, sei uno splendore! Oh, fatti abbracciare, bambina mia!”

Mi stringe a lui e per un attimo mi sembra di tornare ad avere nove anni, col dolore delle ginocchia sbucciate o con la soddisfazione per un ottimo voto conseguito a scuola. E’ sempre stato il mio conforto ed ora dovrò separarmi da lui: forse è questo che mi fa più male.

“Su, andiamo, se no il tuo sposo penserà che sei fuggita con me!”

Mi strizza l’occhio e, prendendomi sotto braccio mi conduce fuori dalla stanza, fino all’ampio cortile addobbato per l’occasione: sedie bianche sono ripartite in due schieramenti, lasciando uno spazioso corridoio in cui passare agilmente; tutto attorno piante rampicanti dai fiori variopinti, profumo intenso di gelsomini e una dolce brezza estiva conferisce al tutto un delicato movimento.
Al suono della marcia nuziale mi sposto verso il corridoio, sempre legata a mio padre, e procedo con calma, cercando di focalizzarmi su lui, sulla persona con cui passerò il resto della mia vita.
Improvvisamente il mio sguardo cade sulla persona seduta accanto a Ginny, su di lui e i suoi occhi chiari sono come lame che si conficcano nel mio cuore, nella mia anima, facendomi male, facendomi sentire in colpa, sbagliata.

Non cedere ora, Hermione.
E’ la tua scelta.
E’ ciò che hai deciso, tempo fa.

“E ora siano portati gli anelli, per cortesia.”

Nemmeno mi sono accorta che tutto è iniziato, assorta come sono a parlare con me stessa. Alle parole del reverendo, Victoire si avvicina con un cuscino su cui sono adagiate le fedi.

E’ il momento.

“Io, Hermione Jean Granger,
prometto di esserti fedele sempre,
nella salute e nella malattia,
nella gioia e nel dolore
e di amarti ed onorarti per tutti i giorni della mia vita”.

Pronuncio queste parole infilandogli la fede al dito, fissando i miei occhi nei suoi, del mio sposo, alla ricerca di una sicurezza, di un segno che mi faccia capire che questa è davvero la cosa giusta.
Mi sorride, gli occhi lucidi dalla commozione. Quegli occhi chiari, diventati ancora più chiari.
E’ il suo turno.

“Io, Ronald Bilius Weasley,
prometto di esserti fedele sempre,
nella salute e nella malattia,
nella gioia e nel dolore
e di amarti ed onorarti per tutti i giorni della mia vita”.

Era fatta. Il volere si era compiuto.

“Vi dichiaro uniti per sempre”.

Un dolore lancinante al petto, quella frase, il suo significato ed in questo caso la mia volontaria condanna.


 


(*) Ovviamente non poteva esserci il detto "Si parla del diavolo, spuntano le corna", così l'ho adattato!

Prima di procedere ai ringraziamenti, volevo fare alcune precisazioni.
Numero 1: Spero che almeno per le prime due righe abbiate pensato che il matrimonio fosse tra Harry ed Hermione... ditemi di sì!
Numero 2: Spero non vogliate uccidermi per avervi illuso, perchè la scelta del titolo del capitolo effettivamente è stata una piccola cattiveria geniale ^^
Numero 3: D'ora in poi si andrà avanti saltando un po' di anni alla volta, ma non temete, vi avvertirò volta per volta.
Numero 4: Questo è il capitolo 12 e quindi forse è il caso di dirvi che ci saranno solo altri 3 capitoli, che io ho già ben delineati nella testa ;)

Ok, procediamo ai ringraziamenti!

Intanto vi devo ringraziare
per aver avuto la pazienza
di aspettare un sacco
prima che pubblicassi.
Sì, lo so,
sono impredonabile!
Ringrazio, poi,
il mio sopportatore quotidiano
che subisce i miei ragionamenti contorti
e mi dà sempre una mano :)

Fatemi sapere che ve ne pare di questo capitolo!
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Troppo tardi? ***


Nota dell'autrice: Seguendo il suggerimento di Kia, ho deciso di non darvi 'l'ambientazione temporale', che comunque si potrà evincere durante la lettura. L'unica cosa che vi dico è che è secondo il POV di Harry, e sarà l'ultimo capitolo con il suo punto di vista.
 

***


“Un altro bicchiere, grazie.”

So che non dovrei, so perfettamente che mi sarei dovuto fermare prima, tempo fa, al primo sorso di gin. Non reggo l’alcol e non l’ho mai retto, mi ha sempre dato alla testa, rendendo goffi i miei movimenti e lenti i miei pensieri. O forse solo più veritieri, aiutandomi a ragionare, a capire, a vedere sotto la lente di un microscopio ogni avvenimento. Solo che qui non c’è alcun microscopio, se non lo spesso fondo del bicchiere in cui fino a qualche istante fa c’era ancora del gin.
Un pub Babbano, nel cuore di Londra, un posto tranquillo, in cui nessuno mi guarda come fossi un eroe, ma semplicemente uno qualunque, che cerca di incassare una delusione come tante, trangugiando alcol, ben sapendo quanto male possa fargli.

Propongo un brindisi ai due novelli sposi!”
Hermione, elegante nel suo abito lilla, aveva alzato un calice di vetro e guardava raggiante verso me e Ginny nel giorno delle nostre nozze.
Tutti avevano sollevato i calici, sorridendo e ripetendo assieme ‘Ad Harry e Ginny’, mentre la signora Weasley singhiozzava emozionata nel suo fazzoletto bianco di trina.

“Per me è meglio qualcosa di poco alcolico” avevo detto, non avendo mai amato l’odore pungente delle bevande alcoliche.
“Ma dai, solo per oggi, Harry! Che male vuoi che ti faccia?!”
Ginny mi aveva messo nella mano il calice di spumante ed io, per farla felice, avevo sorseggiato appena, cercando di evitare espressioni sconvenienti.
Sollevando il calice lo sguardo mi si era posato su Hermione e per un attimo i nostri occhi si erano incrociati, procurandomi un leggero brivido lungo la schiena che non aveva alcun collegamento con l’alcol che il mio corpo stava cercando di assimilare.

 
Ripensare al matrimonio mi fa male, forse troppo, posare la mente a quegli sprazzi di felicità, forse fasulla.
Possibile che io riesca ad essere felice solo quando lei non c’è? Quando se ne va in giro per l’Inghilterra a gareggiare con le Holyhead Harpies? Trovo serenità oramai solo nello stringere a me il piccolo James o nel tenere tra le dita il freddo vetro di un bicchiere di gin.

Il grande Harry Potter.
Ecco a voi il Prescelto, il Ragazzo Sopravvissuto, totalmente incapace di costruirsi una famiglia e amare sua moglie come meriterebbe.

Rido non curandomi di poter sembrare solo un ubriaco, un pazzo che parla e ride rivolgendosi ad un bicchiere impolverato di un pub qualsiasi. Ma alla fine non sono altro che un uomo qualsiasi, in un pub qualsiasi, con una delusione qualsiasi.

Molly, scusami se ti disturbo a quest’ora.”
Ero arrivato davanti alla Tana, con il piccolo James avvolto nelle coperte e una borsa con l’occorrente per cambiarlo e per le poppate.
“Harry caro, entra pure. Non disturbi mai, lo sai!”
Con un sorriso e i bigodini in testa la signora Weasley mi fece entrare, prendendo tra le braccia il nipote con delicatezza, senza farlo svegliare. La casa era silenziosa, probabilmente anche perché oramai lì vivevano solo il signore e la signora Weasley, ma riusciva sempre ad apparirmi accogliente e colorata come la prima volta che la vidi.
“Beh, sai, Ginny è via con le Holyhead Harpies ed io… ecco… avevo bisogno di tranquillità. E’ un problema …” avevo iniziato incerto, sentendomi un padre pessimo, senza un minimo di spina dorsale.
“Ma scherzi?! Sto volentieri con James questa notte. Dico davvero, Harry caro.”
Mi aveva guardato con aria di compassione, come se avesse capito davvero come mi sentivo, le mie ansie e le mie preoccupazioni.
“E’ normale all’inizio avere dei momenti di stallo, aver bisogno di capire, Harry. Hai fatto la cosa giusta due anni fa, te ne renderai conto” aveva aggiunto sorridendomi e poggiando una mano sulla mia guancia, come già in passato aveva fatto innumerevoli volte per darmi forza e coraggio.

Inizia ad entrare sempre più gente nel pub, probabilmente perché sono passate le dieci di sera e in una fredda sera invernale come questa non c’è posto migliore in cui trovare un po’ di calore. Gruppi di amici che ridono e scherzano, coppie che entrano mano nella mano, uomini d’affari in completo nero sempre impeccabile. Ho sempre creduto che rimanere seduti ad un tavolo di un pub ti permetta di vedere il mondo mentre si muove, procede e va avanti, facendoti soffermare su situazioni mai osservate bene e con cura. Uno stralcio di realtà, in cui tu sei il passato, il futuro scorre ed il presente non si riesce ad afferrarlo.

“Harry! Che ci fai qui?!”

Una voce nota, di quelle che riconoscerei tra mille, mi riporta alla realtà, a quelle stessa realtà che avevo cercato di guardare passivamente attraverso il fondo spesso del bicchiere che stringo ancora tra le dita.
Una giovane donna con un cappotto nero, i capelli legati elegantemente dietro alla testa in una sorta di chignon e il viso accaldato a causa dello sbalzo termico tra fuori e dentro il pub.

“Hermione! Io, ecco … beh … passo un po’ di tempo …”

Potevo di certo inventarmi qualcosa di meglio, ma l’alcol aveva già annebbiato a sufficienza le sinapsi del mio cervello e mi rendevo conto che era già molto se riuscivo a mettere in fila due parole di senso compiuto. Odio farmi vedere in questo stato, soprattutto da lei, che già mi squadra con un sopracciglio alzato, facendomi ricordare lei stessa undicenne nella linda divisa scolastica e il nasino all’insù.

“Tu adesso vieni con me e usciamo di qui! La signora Weasley temeva facessi qualcosa di idiota e devo dire che aveva proprio ragione!”

Mentre cerco di ribattere, vedo che apre il suo portafoglio e paga il barista. Altra delusione. O meglio, io mi sento ancora più una delusione di quanto non mi sentissi prima. Portato via come un ubriaco, un incosciente, uno che non sa badare a se stesso, che è esattamente ciò che sono, senza alcun dubbio. Ma leggere quella compassione mista a rabbia nei suoi occhi fa più male di qualsiasi umiliazione.
Riesco a tirarmi su in piedi e un po’ barcollando, aiutato da Hermione, esco dal pub e l’aria frizzante della sera riesce un minimo a svegliarmi, a farmi comprendere che razza di idiota sono.

“Non volevo mi vedessi così, Hermione. Scusami.”

L’alcol mi dà la forza, se così posso chiamarla, di guardarla dritto negli occhi, di non abbassare il mio sguardo, nonostante il suo sia tutto fuorché benevolo nei miei confronti.

“Non è questo che conta, Harry, per nulla! Tu non devi stare così, non devi ridurti in questo stato!”

La voce le trema e, nonostante il mio essere poco lucido, comprendo che la preoccupazione che ha per me è autentica, ma solo la punta del grosso iceberg di ansie che si porta dentro; in questo non è cambiata: tiene dentro tutto ciò che la fa star male e all’improvviso scoppia.

“Hai ragione, sono un idiota. Una delusione. Meglio che me ne torni a casa. Grazie di tutto, Hermione.”

Sento una parte di me bruciare dalla vergogna, ma anche dal desiderio fortissimo che lei non mi lasci andare via. Vorrei sparire e allo stesso tempo che lei sparisse con me.

“Ora non iniziare a piangerti addosso, Harry Potter. Te ne tornerai a casa, questo è certo, ma ti accompagnerò io personalmente. Da solo e in quello stato non vai da nessuna parte!”

Il suo tono è risoluto, non ammette repliche e, sinceramente, non ho alcuna intenzione di farlo. D’altronde, come potrei?
Non riesco nemmeno a focalizzare il tragitto, preso come sono con i miei pensieri, le mie delusioni e il mio disprezzo verso questo me stesso, così diverso da quello in cui mi sono sempre riconosciuto. Può un matrimonio ridurmi così?

“E’ normale all’inizio avere dei momenti di stallo, aver bisogno di capire, Harry. Hai fatto la cosa giusta due anni fa, te ne renderai conto”
 
La cosa giusta.
La cosa giusta per chi? Per me o per Ginny?
Se ripenso a quei momenti di otto anni prima quando per mesi non la vidi, mi rendo conto che mi mancava, sì, ma non come sarebbe stato giusto mi mancasse. Però mi mancava.
Il suo profumo, la sua mano piccola stretta attorno alla mia.
Ora cosa è successo?

L’aria fresca respirata durante la passeggiata fino alla mia casa mi ha fatto tornare lucido e solo allora mi accorgo che la mano di Hermione è stretta alla mia e che lei ha gli occhi lucidi e gonfi di un pianto che vorrebbe esplodere, ma che resta ancora aggrappato nel suo cuore.
 
“Hermione, tutto bene?”

So già che mentirà, che dirà che non ha nulla che non va, ma come lei sa leggere me, io so leggere lei.
Riconosco quando sta male, e soprattutto comprendo quando il problema è Ron, come otto anni fa, io e lei, soli nella Foresta di Dean.

“Oh, nulla di che. Davvero.”

Prevedibile, ma non demordo. Vederla giù è qualcosa di insopportabile per me, più che non averla con me. Mi avvicino a lei e la stringo teneramente a me, ricordandomi solo all’ultimo momento che puzzo di alcol, che sono probabilmente l’ultima persona da cui vuole un abbraccio.

“Scusa, Hermione! Non volevo …”
“Ti prego, stringimi, Harry. Ne ho bisogno.”

La sua voce trema, come rotta da un pianto che per troppo tempo ha cercato di trattenere.

“Forse ora è meglio che torni a casa. Ron sarà preoccupato, non credi?”

Le accarezzo teneramente, rendendomi conto che egoisticamente vorrei rimanesse qui, con me, ma so che quel che conta è che lei sia felice, e se la sua felicità non è qui con me tra le mie braccia, è bene che se ne liberi. Un matrimonio che va avanti per inerzia non deve rovinarne uno che procede nel migliore dei modi.
 
“E’ da Charlie, a-aveva bisogno di una pa-ausa …”
“Una pausa … ?”

Sembra così piccola mentre la tengo tra le braccia e i singhiozzi la scuotono completamente, facendola tremare. Soffre ed io mi sento così impotente nel ruolo di ‘migliore amico’, in quel ruolo che io ho deciso per me e per lei, per tutti, una volta resomi conto di quanto dolore avrebbe provocato a tutti. Perché Hermione aveva ragione, sarebbe stato un errore, e l’avevo compreso guardando la gioia dipinta sul volto della signora Weasley quando vedeva me con Ginny e Ron con Hermione. Ero come un figlio per lei, sarebbe stato un tradimento.

E questa non è forse una farsa?
Incatenati in qualcosa che vi fa del male, ognuno al suo posto, ma col desiderio di rompere quelle catene e andare via, liberi?

“Oh Harry, siamo sposati da quasi un anno e … e nulla, capisci? Beh, tranne la settimana scorsa, ma mi sono messa a piangere poco dopo. Ma nient’altro. Niente. E lo leggo nei suoi occhi, leggo il suo timore, il pensiero che io non lo ami quanto lui ama me. Capisci?”

Una pausa. Ron si era preso una pausa perché sua moglie non riusciva a fare l’amore con lui.
L’avevo capito, lo capisco. O meglio, capisco quello che Hermione intende, comprendo le sue lacrime, la sua tristezza e il suo senso di inadeguatezza. Come potevo non capirlo se io per primo non riuscivo a togliermi dalla testa la mia ‘migliore amica’ anche quando ero con mia moglie?
La stringo ancora più forte, accarezzandole i capelli, la schiena, cercando col mio tocco di tranquillizzarla.

“Ti capisco, sì.”

E per un certo verso capisco anche i timori di Ron, gli stessi che otto anni fa l’avevano fatto allontanare da noi ed uscire dalla tenda. Se n’era andato anche questa volta, lasciandola sola a tormentarsi.
Mi guarda, gli occhi gonfi per le lacrime, rossi, ma comunque splendidi e non riesco più a trattenermi, non sento più in quel momento le barriere che definiscono i ruoli che per anni ci hanno imprigionato. La bacio.
Dolcemente e totalmente.
Le mie labbra accarezzano delicatamente le sue, sfiorandole, facendole mie, e la mia lingua si insinua trovando lo spazio necessario e trovando la sua, mescolandosi assieme, diventando parte della stessa anima. Risponde al bacio, prima in modo timoroso, poi con sempre più desiderio, sempre più passione, la stessa che era rimasta lì sopita per troppo tempo.
Entriamo in casa, continuando a restare uniti in quell’abbraccio, in quel bacio troppo a lungo negato a noi stessi e alle nostre anime.
Capisco che non riuscirei a fermarmi al solo bacio, ma non voglio forzarla a qualcosa che so sarebbe sbagliato, che tra qualche ora guarderemo come un errore irripetibile. Mi perdo nei suoi occhi, in quegli occhi che mi dicono che è tutto ciò che desidera, benché sappia benissimo che sia contro qualsiasi razionalità e correttezza.

Siamo stati troppo soggetti alle etichette degli altri, senza poter essere ciò che avremmo voluto.
Me ne pentirò? Probabilmente.
Ma non voglio più vivere di rimpianti.

Le mie mani affondano dolcemente nei suoi capelli, scendendo delicatamente lungo la sua schiena, con il desiderio crescente di sentirla mia. Nemmeno mi rendo conto come accade, tanto la mia mente è pervasa dal suo profumo, dal suo sapore, ma ci ritroviamo distesi sul divano poco distante da dove eravamo, nudi, senza più alcun ostacolo, alcun divieto.
Il suo sguardo è ricco di dolcezza e di femminilità, in un modo così perfetto da farmi girare la testa.

“Sicura?”
“Sicura.”
“Potresti pentirtene. Non voglio tu soffra, Hermione. Sei troppo importante per me.”
“Non accadrà, Harry”.

E’ così sicura da riuscire ad infonderne in me, così bella e delicata da togliere il fiato. Poso le mie labbra su di lei, accarezzando con le dita delicatamente la sua pelle diafana, e piano, con dolcezza e passione, ci amiamo totalmente, in una perfetta armonia di anime, di corpi, di menti. Per la prima volta riesco a sentirmi completo, felice e capisco che avremmo dovuto rompere quegli schemi prima.
Prima.
Ora è troppo tardi.

“Ti amo”.

E’ davvero troppo tardi?

 


Innanzitutto ci tengo a ringraziare tutti coloro
che leggono e recensiscono i miei capitoli :)
Grazie, perchè il vostro aiuto 
è per me indispensabile per comprendere
dove sbaglio.
A tal proposito ringrazio in particolare
PotionFang, per avermi fatto capire
lì dove sbagliavo.
Sì, avevo già scritto questo capitolo,
ma la 'prima versione' rischiava di assomigliare troppo
a qualcosa di sapientemente già redatto :D
Infine, dedico questo capitolo al mio Harry,
malato e bisognoso di cure,
che sempre mi segue nelle mie mirabolanti
avventure mentali ;)

Fatemi sapere che ve ne pare :)
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Diciannove anni dopo ***


Sorseggio in cucina il caffè con doppia dose di zucchero e latte, mentre la luce inizia a filtrare dalle imposte accostate; devo riuscire a svegliarmi davvero e, magari, a far sparire queste orrende occhiaie che si sono formate sotto agli occhi. Non soffro di insonnia, sono semplicemente piena di pensieri e con l’ansia di lasciare la mia piccola Rose, che partirà oggi per Hogwarts. Non vederla più gironzolare per casa, giocare con Hugo e leggergli qualche storia dal mio vecchio libro di Beda il Bardo. Dire che mi mancherà è un eufemismo, stringerla a me quando si sveglia da un cattivo sogno o semplicemente scrutare la sua dolcezza nei suoi grandi occhi chiari.
 
Oh Hermione cara, Rose è una meraviglia!”
Avevo sorriso raggiante alla signora Weasley che era entrata nella stanza dell’ospedale, seguita dai miei genitori.
“Deduco siate passati davanti al nido.”
Avevo cercato di mettermi a sedere mentre si avvicinavano e mi abbracciavano a turno. Rose stava bene ed io pure; nonostante ciò che avevo letto sulla prima gravidanza e il primo parto, tutto era andato per il meglio ed io mi sentivo più serena.
“Ron?!” aveva domandato curiosa mia madre.
“Oh, è andato a comprare alcune cosette per Rose. Era così su di giri che le infermiere gli hanno intimato di uscire, altrimenti rischiava di distruggere qualsiasi cosa.”
“Sempre il solito”
aveva concluso Molly, scuotendo il capo.
Chiesi di Teddy e Victoire, che stavano crescendo, diventando sempre più svegli e intraprendenti. Già mi vedevo a correre per la casa, all’inseguimento di Rose che gattonava.
“E’ permesso?”

Sullo stipite della porta era appoggiato un giovane uomo, i capelli neri costantemente spettinati e un mazzo di orchidee nella mano destra.
“Harry! Vieni, vieni!”
La signora Weasley l’aveva fatto entrare e poco dopo lei e i miei genitori si erano allontanati per andare a preparare il grande pranzo alla Tana per festeggiare tutti assieme, lasciandomi da sola con il mio migliore amico.
“Ho visto Rose, Hermione. E’ stupenda. Ti assomiglia così tanto.”
Non riuscivo a guardarlo negli occhi, il ricordo di quello che era accaduto quasi un anno prima era vivido nella mia testa e sentivo che era qualcosa che ancora dentro di me desideravo.

La sveglia nella camera da letto suona in lontananza e sento Ron muoversi e spegnerla. Tra poco arriverà giù e non ho intenzione di fargli scorgere le lacrime che sono spuntate, non voglio che mi chieda cos’ho che non va.

Credi che davvero capirebbe? O tirerebbe fuori una delle sue risposte?
“E’ per Rose che parte, giusto?!”
D’altra parte cosa potrebbe pensare se non questo?

Il ciabattare rumoroso si avvicina e poco dopo appare Ron che si stiracchia, sempre troppo alto per qualsiasi pigiama gli compri. Con uno sbadiglio mi cinge le spalle e mi stampa un bacio dolce, assonnato e frettoloso sulla guancia, mormorando quello che sembra un “Buongiorno, tesoro”.
Mi lascio abbracciare, mi lascio stringere e accarezzare da quelle parole impastate dal sonno, continuando a pensare a Rose, alla mia piccola Rose che solo l’altro giorno era così piccola.

Oddio, Hermione. Sembri tua madre.
Sono passati undici anni, lei è cresciuta e tu pure.
Le cose sono cambiate.
Le cose sono cambiate?

Un vociare e qualche strillo mi risveglia dai miei pensieri. Scommetterei  tutti i Galeoni chiusi nella camera blindata della Gringott che Hugo è saltato sul letto di sua sorella per farle uno scherzo. A volte mi chiedo se nel piccolo di famiglia il gene ‘Weasley’ non sia un po’ troppo presente.
Mi alzo di malavoglia e, con una sistemata alla vestaglia, mi avvio verso le scale, con la speranza di non trovare il letto di Rose coperto di qualche sostanza proveniente dal negozio dei Tiri Weasley; mio figlio è più che un cliente abituale e George non perde occasione per regalargli qualcosa: tra Hugo e Fred II non ho idea di chi sia il più ingestibile alle volte.
Ron mi raggiunge quando arrivo sull’uscio della camera di Rose e ho quasi timore di guardare in che condizioni possa essere al momento; lascio che sia mio marito a sbirciare per primo e, quando con un occhiolino mi assicura che è tutto regolare, tiro un sospiro di sollievo ed entro. Hugo è semplicemente sul letto di sua sorella e insieme stanno leggendo da un libro di fiabe la storia di Cenerentola.
Leggendo?
Hugo che non ha coperto Rose di unguenti puzzolenti o di insetti maleodoranti?
Che succede alla famiglia Granger-Weasley oggi, 1° settembre 2019?
Rimango appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte e la mano di Ron appoggiata sulla mia spalla. E’ impossibile non sorridere assistendo ad un tale spettacolo, soprattutto quando mi accorgo che Hugo abbraccia sua sorella, quasi temesse possa abbandonarlo da un momento all’altro.
 
“Pensavo avessi davvero capito! Come fai ad essere tanto ottuso?”
Avevamo già preparato le valigie per tornare a casa e tra qualche ora saremmo saliti sull’Espresso per Hogwarts. Lo guardavo battendo nervosamente il piede per terra e guardandolo di sottecchi.
“Hermione, come posso permettervi di venire con me? Dai, ci ho riflettuto e non mi sembra una buona idea.”
Si era seduto sull’erba, sotto la gigantesca quercia che per anni era stato il nostro riparo dalla calura estiva durante gli anni passati in quel castello.
Mi ero inginocchiata accanto a lui e con delicatezza avevo appoggiato la mia mano sulla sua spalla e con il pollice la stavo accarezzando.
“Potreste morire, Hermione. Tu e Ron. Ed io non potrei fare questo alle vostre famiglie, a voi.” Poi aveva aggiunto sottovoce “A me”.
Senza rendermene conto e come avevamo fatto già decine di volte l’avevo abbracciato, stretto a me. Volevo capisse che non era solo, che non era la sua guerra, ma la nostra guerra. Che non l’avremmo lasciato andare, che non l’avremmo abbandonato. Non io.

Sento la mano di Ron lasciare la mia spalla e lo vedo avvicinarsi a Rose ed Hugo, che subito mollano il libro sul tappeto e abbracciano forte il padre. Non potrei essere più felice di così, la mia bella famiglia, un marito amorevole e due figli splendidi.

Davvero non potresti, Hermione?

Scaccio con la mente quel pensiero che spesso si infiltrava nel profondo della mia anima scuotendo la mia coscienza, facendomi percepire chiaramente quel senso di colpa pungente che attanaglia lo stomaco.
La mia vita è questa, con i miei impegni e doveri di madre e moglie, nonché di donna in carriera; una vita è stata già abbastanza movimentata nei primi diciotto anni della mia esistenza. Direi che può decisamente bastare.
Con un lieve bacio sulla fronte dei miei figli annuncio che la colazione è pronta e che farebbero meglio a prepararsi in tempo perché il treno per Hogwarts non aspetta nessuno. Mentre i due uomini di casa Weasley corrono a perdifiato giù dalle scale verso la cucina, resto da sola con Rose, che sembra decisamente pensierosa e taciturna, come se Hugo avesse portato via tutta la freschezza e la leggerezza da quella cameretta. Gli occhi chiari sono chini sulle lenzuola di cotone azzurre, le mani che si tormentano l’una con l’altra.

“Rose, tesoro, tutto bene?”

Mi siedo ai piedi del suo letto, tenendo le sue mani tra le mie, accarezzandole finchè non sento che ha smesso di pizzicarsele con le unghie: lo fa sempre quando c’è qualcosa che l’innervosisce e non la fa stare tranquilla e oramai la conosco bene. Senza contare che mi ricorda me stessa alla sua età: le stesse ansie e gli stessi atteggiamenti di ‘difesa’.
 
“Mamma, hai mai avuto paura di fallire, di non farcela?”
 
Mi guarda e mi sento investita e un po’ stordita da quello sguardo penetrante, sincero e limpido. Chiaro, come i suoi occhi.

“Tesoro, non hai idea di quante volte io abbia temuto di non farcela. Quante. La paura di non essere all’altezza degli altri ragazzi che erano maghi da sempre, che lo sapevano; il timore di non avere nessuno come amico, di essere lontana dal mio mondo, quello che avevo conosciuto per dodici anni. Sii te stessa, Rose, sempre. Con le tue debolezze e la tua immensa forza d’animo. La paura ci sarà sempre, è normale, ma il coraggio di sopportare e di superare gli ostacoli e le fatiche avranno più peso. Io ci sarò sempre, tesoro. Sempre.”

Sento gli occhi pizzicare e una lacrima rotolare su una guancia e, nello stesso momento, scorgo che anche lei sta piangendo ed è un attimo e ci stringiamo forte, come non abbiamo mai fatto fino ad ora.
La mia Rose sta crescendo e me ne accorgo ogni attimo di più.
Poco dopo scendiamo anche noi per la colazione, unendoci a Hugo e Ron, che si erano già divorati un quarto di torta alle mele e mezza brocca di succo d’arancia.
Ore 9.46.
L’orologio scandisce il tempo e ci incalza a fare in fretta, di corsa, più di ogni altra mattina: le calze nell’armadio delle felpe, i libri sparsi per la cameretta, gli ingredienti delle pozioni sotto il letto. Se c’è qualcosa che Rose non ha preso da me, è il disordine; dovunque lei passi, lascia sparso qualcosa, dalle matite agli occhiali da vista.
Dopo una buona mezz’ora riusciamo ad entrare in auto e decido di dare un po’ di fiducia a Ron, che solo qualche giorno fa è riuscito ad ottenere la patente. Non che non mi fidi, ma ho un ricordo ancora piuttosto vivido della Ford Anglia azzurra del signor Weasley malmenata dal leggendario Platano Picchiatore: una cosa simili è difficile da dimenticare.
Nonostante qualche stop mancato e qualche inchiodata da brividi, arriviamo sani e salvi al parcheggio della stazione di King’s Cross, che pullula di persone sempre di corsa, di taxi parcheggiati in doppia fila e clacson sempre pigiati. Guardo distrattamente l’orologio al mio polso sinistro. Ore 10.45. Vivi ed in tempo. Direi che è un buon risultato per Ronald Bilius Weasley e la sua fresca patente di guida.
Attraversiamo il parcheggio una volta recuperato tutto l’indispensabile e una volta controllato se era rimasto qualcosa nel portabagagli; di certo in caso l’avremmo mandato a Rose via gufo nel giro di qualche ora, ma credo che questo accentuerebbe l’idea di non sentirsi ‘abbastanza’ che preoccupa così tanto mia figlia.
La chiacchierata ai piedi del letto deve averle dato forza e coraggio, nonché una buona dose di ottimismo, perché è raggiante nella sua divisa nuova e non smette di sorridere emozionata.
Arriviamo al pilastro tra il binario nove e dieci e, con grande eccitazione di Hugo che si era issato sul carrello di Rose,  l’attraversiamo tutti e quattro di corsa, giungendo alla banchina dove l’Espresso di Hogwarts è fermo, rosso fiammante come lo ricordo. Mi sento investita da un turbinio di ricordi, finchè non sento una voce femminile familiare.

“Credo che siano loro, Al.”

Ginny.
Sento il cuore stretto da una morsa dolorosa, ma ci sono ormai abituata. Poco dopo riesco a scorgerla, assieme al piccolo Albus, James, Lily e Harry.
Harry.
Harry ed i suoi occhi chiari che cercano di non guardare nella mia direzione, che sfuggono al mio sguardo.
Quegli occhi che ogni giorno vedo, limpidi, penetranti che sanno guardarmi dentro, scavare.
Che sappia? Che abbia capito finalmente?
Perché è vero, Rose mi assomiglia, come è sempre stata simile a me, fin dai primi giorni nel nido dell’ospedale, quando ancora i suoi occhi erano chiusi, ma una volta aperti non hanno smesso per un solo attimo di farmi pensare a quella sera, all’alcol e al profumo di quel divano di pelle.
Mia figlia si gira a guardarmi prima di correre da Albus, il suo cugino preferito, come dice sempre.
Uno sguardo chiaro, verde.
Il suo verde.

 


 

E siamo arrivati al penultimo capitolo!
Grazie a quanti sono arrivati sin qui
e hanno sopportato i miei scleri
e le mie idee balzane.
Grazie a tutti coloro che hanno letto
e recensito ogni capitolo,
o che ne hanno recensiti solo alcuni
o nessuno,
ma hanno comunque deciso di dedicare un po' del loro tempo
alla mia storia.
E grazie al mio Harry,
che si sorbisce SEMPRE 
le mie troppe paranoie e i capitoli
prima che io li pubblichi ;)

Fatemi sapere che ve ne pare di questo capitolo :)
Baci,
HermyLily89

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Gate 15 ***


Devo aver preso da mia madre, decisamente.
Per certi versi avrei sempre voluto discostarmene, non perché non la sopportassi, anzi, ma per poter essere io, me stessa, senza troppi condizionamenti. Tuttavia, la genetica parla chiaro, ed io sono sempre più simile a lei di quanto potessi aspettarmi.
Sistemo il colletto della camicia, dandomi un’ultima occhiata allo specchio e prendendo il borsone accanto a me. Una donna di quasi cinquant’anni mi sorride al riflesso dello specchio. Una donna di quarantasette anni, a voler essere precisi. Ma soprattutto, una donna che sorride, che ha imparato a farlo davvero, finalmente.
Guardo il letto alle mie spalle, con le lenzuola ben tirate da entrambe le parti, un giaciglio diventato per troppo tempo il mio rifugio dalla tristezza e dal fallimento, sempre sgualcito solo da un lato, il mio lato.

“Rose, potresti chiamare il taxi?”

La vedo con la coda dell’occhio mentre esce dalla sua stanza, l’ipod nelle orecchie e la bacchetta dietro l’orecchio. Guardarla mi provoca sempre un tuffo al cuore, un po’ per la somiglianza perfetta con me alla sua età e un po’ per quegli occhi verdi: già, è sempre la genetica che fa capolino.

Mi manca, mamma!”
Era seduta sul suo letto, le gambe incrociate, e si tormentava una ciocca di capelli con le dita, sfogando su di sé tutta la frustrazione che sentiva e che percepivo. D’altronde era colpa mia, perché se perfino Ron si era accorto che tra me e lui non poteva più funzionare, significava che era troppo evidente, che il mio cuore era davvero un libro aperto. Avevo sempre pensato che mio marito non fosse cresciuto, che fosse rimasto il ragazzino divertente e insensibile degli anni ad Hogwarts, ma avevo dovuto ricredermi. Aveva capito ed aveva fatto quello che io non ero stata capace di fare. Era passato un anno da quando se n’era andato, lasciandomi con Rose ed Hugo, che comunque vedeva ogni finesettimana.
“Tesoro, lo vedrai domenica.”
Sapevo bene che mia figlia intendeva ben altro, ma speravo scioccamente che questa risposta potesse bastarle. Era inutile: una ragazza di sedici anni, nel pieno dell’adolescenza, ricerca la verità più profonda, vuole conoscere e capire, si sente grande, soprattutto se si chiama Rose Weasley.
“Io so cosa senti per zio Harry, mamma. So quanto tutto è stato difficile per voi, che scelte abbiate dovuto prendere per il bene di tutti. Ma… ma papà è papà e lo vorrei qui, accanto a me.”
Non avevo avuto la forza per dirglielo, per dirle che quello che davvero chiamava ‘papà’ in realtà non lo era, ma d’altra parte Ron l’aveva cresciuta e l’aveva accudita, le aveva rimboccato le coperte e l’aveva presa in braccio per portarla in camera sua quando si addormentava sul divano, leggendo un libro. Ron era in fin dei conti più ‘padre’ di quanto lo fosse stato Harry per lei. Giusto o meno che fosse, era andata così, l’avevo fatta andare così  e non era in mio potere cambiare il passato.

 
“Certo mamma, telefono subito!”

Mi dà le spalle e scende dalle scale di corsa, alla ricerca del telefono e lasciando l’ipod davanti alla mia stanza, sul pavimento. Il disordine è parte di lei e per quanto io possa provarci, non cambierebbe nulla e di certo non accadrebbe ora, che ha vent’anni. L’anno prossimo dovrebbe entrare come tirocinante ad Hogwarts, affiancando la professoressa Vector di Aritmanzia ed io non potrei essere più orgogliosa di lei, non tanto per i G.U.F.O. e i M.A.G.O. ottenuti, ma perché sta coronando il suo sogno e vederla finalmente felice per me significa tutto.

“Mamma, sei bellissima!”

La voce profonda di Hugo mi distoglie dai miei pensieri riflessi su quello specchio della mia stanza che continuo ad osservare senza quasi rendermene conto. Osservarlo mi fa sentire sempre tremendamente in colpa e non solo perché è identico a suo padre. E’ sempre stato molto legato a me, come capita spesso tra una madre ed un figlio, mi ha sempre difesa nei litigi tra me e Ron nel cuore della notte, è sempre accorso, senza mai realmente capire quanto io avessi sbagliato, sin dall’inizio. Il suo amore a prescindere è troppo per me.

“Oh, tesoro. Dici?”

Gli sorrido e chiudo l’anta dell’armadio a cui è appeso lo specchio: basta riflessi, basta ricordi dolorosi, basta tutto. Si avvicina e solleva la valigia alla mia destra dandomi un lieve bacio sulla guancia.

“Non mento mai! Ti accompagno all’aeroporto?”

Con la mano libera gli scompiglio dolcemente i capelli e mi soffermo ad osservare i suoi occhi, così simili a quelli di Ron, ma con una luce diversa. E’ cresciuto anche lui, come Rose, e da qualche mese lavora assieme a George e Fred II ai Tiri Vispi Weasley. Vedere i miei figli felici mi dà una gioia immensa, anche perché so di averli fatti soffrire troppo in passato, perché gli sguardi tristi e abbattuti che per anni hanno oscurato i loro volti erano una mia colpa, un mio errore.

Avevo sentito bussare alla porta della mia stanza e poco dopo qualcuno era entrato, mentre con la mano cercavo di arginare le lacrime.
“Oh, Hugo, tesoro. E’ tardi. E’ meglio che tu vada subito a letto”.
Si era avvicinato, non prestando ascolto alle mie parole, e mi aveva gettato le braccia attorno al collo. Altre lacrime, solo mie. Mio figlio non stava piangendo, era lì per accogliere la mia tristezza e solo allora mi ero accorta che questa situazione l’aveva fatto crescere, maturare. Io avevo avuto la guerra che sconvolgeva la mia esistenza durante l’adolescenza, lui un terremoto all’interno della sua famiglia.
Eravamo rimasti così per non ricordo quanto tempo, forse fino a quando le mie lacrime si erano asciugate da sole, grazie al calore di quell’abbraccio.
“Vai a letto, tesoro.”
“Sii felice, mamma. Sii felice tu. Te lo meriti.”
Non capivo in quell’occasione chi fosse l’adulto e chi il ragazzo, o meglio, l’adulto non ero certamente io. Avevo sempre creduto non capisse, che mi vedesse in quel modo incantato in cui a volte i figli dipingono le proprie madri. Quella volta avevo compreso che Hugo conoscesse bene i miei limiti, che avesse ben chiari gli errori che avevo compiuto, ma che, nonostante tutto e forse proprio per quello, mi amasse.

“Tranquillo, Hugo. Rose ha appena chiamato un taxi”.
“Ah, questi aggeggi babbani!”

Scuote leggermente la testa, sorridendo, e mi aiuta a portare al piano inferiore i bagagli per la mia partenza. Ron ed io abbiamo sempre voluto che i nostri figli crescessero sapendosela cavare sia nel mondo magico, sia in quello babbano, anche se Hugo è sempre stato scettico a riguardo.
Non appena arrivo all’ingresso, avverto il rumore di un’automobile che frena delicatamente e Rose che mi avverte che il taxi è arrivato. E’ la prima volta che mi allontano da casa senza i miei figli, ma sento che ho bisogno di stare un po’ per conto mio, di essere egoisticamente felice per un po’. So che sanno badare a loro stessi, so che non mi biasimano per ciò che sto per fare, dal momento che sono stati loro ad insistere, ma questo viaggio mi dà la sensazione che molte cose stiano cambiando e mi sento come in bilico su una fune, con la paura che la novità possa cogliermi impreparata.

“Mi raccomando…”

Non faccio a tempo a finire la frase che sia Hugo, sia Rose mi abbracciano, come quando erano piccoli ed io andavo al lavoro. Un saluto affettuoso, dimenticato da tempo, diventato strano e finito nel dimenticatoio con l’imbarazzo dell’adolescenza.
Con un cenno, dopo aver baciato le loro guance e accarezzato le loro teste, apro la porta di casa e mi dirigo al taxi, dove salgo sistemando accanto a me i miei pochi bagagli. Il finestrino segnato dalle gocce di pioggia della sera precedente mi lascia intravvedere la mia famiglia, che agita la mano e che poi torna a casa, nella quotidianità che troppo spesso mi ha tenuta in trappola.

“All’aeroporto, grazie”.

Inizio a tormentarmi le mani e a giocare con i miei capelli: benché non abbia più undici anni, mi rendo conto di avere gli stessi atteggiamenti di quei tempi quando sono nervosa, come se stessi tornando giovane e stessi smettendo gli abiti da donna in carriera di mezz’età. Vedo il paesaggio cambiare, la campagna diventare città e poi di nuovo mutare, trasformandosi in una zona industriale, e mano a mano che tutto cambia sento il cuore farsi più leggero, battere forte come non mi è mai accaduto prima.

E’ l’amore, Hermione.
Credevi di essere cresciuta troppo per provarlo?
Credevi che la tua possibilità fosse stata sprecata trent’anni fa?

Giunta a destinazione, pago il tassista e cerco di respirare profondamente, sistemandomi il trench beige e i capelli, guardando il mio riflesso nel vetro della porta d’entrata scorrevole dell’aeroporto. Per un attimo rivedo il mio riflesso alla Tana, la collana fredda a contatto della mia pelle, il mio abito da sposa.
Riflessi e pensieri. Pensieri che si susseguono, come sempre, prima di un momento importante e decisivo.

“E’ tutto nel suo cuore, Hermione.
E ne tuo.
Vi siete scelti senza mai dirvelo apertamente.
Dovevate solo capirlo”.

Tutti avevano capito, avevano visto e avevano taciuto, tranne Ginny. La stessa Ginny che cinque anni fa aveva deciso di andarsene, come aveva fatto Ron.
Stufi di sentirsi ‘di ripiego’, stanchi di essere ‘la seconda scelta’. Che avevano scelto, loro sì, di andarsene, di farsi da parte, di buttare a terra la maschera e di guardare in faccia alla realtà, con quel coraggio che a me era mancato più volte.

“Harry, ne varrebbe davvero la pena?”
 
Credo di non aver mai detto qualcosa di più sbagliato nella mia vita, mai qualcosa di così sciocco e controproducente. Perché non è stato il matrimonio che ci ha allontanati, piuttosto il dubbio che quello che c’era tra di noi fosse autentico, vero, degno di esistere. Io, con la mia stupida ed onnipresente razionalità, ho tarpato le ali a me stessa e ad Harry, ho distrutto ciò che ancora doveva nascere davvero. E quella notte di ventun’anni fa non ha fatto altro che rendere evidente quanto mi fossi sbagliata, perché Harry è sempre stato tutto, ancora prima che me ne accorgessi.
Di solito, quando si fanno discorsi di questo tipo è tardi, la maturità è avanzata, portando qualche capello bianco in più e la voglia di lottare si è spenta del tutto.
Entro nell’aeroporto e vengo investita da ricordi che sembrano appartenere ad un’altra vita, ad un’altra me.
Cammino a passo spedito, alla ricerca del gate, ma soprattutto di una ragione concreta per partire, per non tornare sui miei passi ancora una volta.
E poi la vedo, una ragione nitida, sorridente, splendente, una ragione incarnata in un uomo di mezz’età, ma con i capelli spettinati che l’hanno sempre contraddistinto.

“Sei arrivato.”

Riesco appena a pronunciare quelle parole, tanta è la gioia mescolata all’emozione di poter riprendere in mano la mia vita come avrei dovuto fare  a diciotto anni.
Si avvicina ed in un attimo vengo investita da quel profumo dolce e speziato, che ho sempre portato nel mio cuore e nella mia mente. Il profumo di quel divano di pelle.

“Non sono mai andato via”.

Lo sussurra all’orecchio, facendomi rabbrividire, perché so perfettamente che sono stata io ad allontanarmi, a guardare altrove, nascondendomi dietro la paura del pensiero degli altri.
Un bacio, e poi un altro.
Non un bacio nascosto, anestetizzato dall’alcol, ma autentico, vero, alla luce del sole. Un bacio troppe volte negato, un bacio desiderato.
Sollevo lo sguardo e, leggendo la destinazione al pannello poco distante da noi, capisco che è il nostro gate, lì dove tra poco ci imbarcheremo.
Gate 15.
Australia.
Rinascita dopo una guerra che mi aveva cambiata, facendomi crescere prima del tempo e rinascita da un periodo troppo lungo in cui mi ero negata la felicità, mi ero negata me stessa.
La sua mano stretta alla mia mi fa capire che ha compreso ciò a cui sto pensando, che questa rinascita non è più solo la mia.
E’ la nostra.


 



Ebbene sì, la storia è finita.
Ed è finita esattamente dove è iniziata, come un cerchio, come l’infinito.
Ringrazio ciascuno di voi,
perché con le vostre recensioni,
i vostri commenti,
mi avete dato forza e determinazione per proseguire.
Grazie. Davvero.
Questo capitolo è dedicato ad ognuno di voi,
in particolare al mio Harry, che c’era sempre e
so che sempre ci sarà.
Fatemi sapere (per l’ultima volta) cosa vi pare :)
Baci,
HermyLily89


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=912070