Rosa d'inverno di postit2 (/viewuser.php?uid=8178)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
Dal fuoco nel camino
scoppiettavano più scintille del solito quella sera. Segno
evidente che stava
per succedere qualcosa… e la ragazza seduta ad ammirare le
fiammelle sapeva
esattamente cosa.
In strada, un uomo si
accorse che stranamente attirava l’attenzione di chiunque
incontrasse sul suo
tragitto e si chiese il perché di questo strano
comportamento, visto che in
genere non faceva voltare lo sguardo di nessuno nemmeno se si metteva a
ballare
urlando. Non che fosse sempre stato un uomo perdigiorno e introverso ma
purtroppo da qualche anno lo era diventato suo malgrado. Si
ricordò solo in
quel momento della serata passata a bere, delle tante birre scolate e
della
mattinata passata dormendo vicino bagno della taverna. Capiva ora
perché tutti
lo guardassero con tanta insistenza: era ancora sotto i fumi
dell’alcool e
barcollava spaventosamente rischiando di tanto in tanto di finire
addosso a
qualcosa o qualcuno.
Finalmente riuscì a
riconoscere la facciata della villetta color pesca come casa sua e si
buttò
pesantemente addosso al portone di legno sapendo che di lì a
poco sarebbe
arrivato qualcuno ad aprire.
I grandi occhi verdi,
in cui si stavano rispecchiando le lucenti scintille volanti, erano
rivolti al
cielo per l’esasperazione. Ginevra si alzò dalla
comoda poltrona e si diresse
alla porta. Stava andando raccattare per l’ennesima volta il
fratello ubriaco
dalla soglia di casa e questo la infastidiva non poco.
“Ron! Lo sapevo! Questa
storia deve finire perché non ho più la minima
intenzione di raccoglierti da
terra ancora per molto” disse esasperata vedendo il fratello
disteso sul
pianerottolo di casa. Era una minaccia che Ginevra ripeteva
ogni volta, ma entrambi sapevano
quanto fosse inutile dato che non avrebbe mai avuto un riscontro
pratico.
“Piantala con queste
scemenze donna”
Ginevra si
fece forza e chinandosi con un sospiro
prese il braccio sinistro del fratello e cercò di
sollevarlo. Ron però non
cercava neppure lontanamente di contribuire all’operazione e
nel giro di
qualche secondo si ritrovò di nuovo sulla roccia fredda.
“Attenta stupida mi vuoi
rompere un osso?”
“Sarebbe una buona idea
così resteresti a casa e lontano da quella maledetta
taverna” disse Ginevra di
ribatto “Avanti se non vuoi restare qui vedi di aiutarmi ad
alzarti”
Così dicendo riprese
il braccio di Ron e questa volta riuscirono a entrare senza troppe
difficoltà
in casa. Prima di richiudere la porta Ginevra diede una veloce
sbirciata fuori
per controllare che nessuno avesse visto quella scena indecorosa ma per
fortuna
era una mattinata uggiosa e per strada non c’era
più nessuno se non un uomo su
un cavallo, ma era ancora lontano tanto che sentiva a malapena il
rumore degli
zoccoli.
Richiusa la porta
dietro di sé diede tutta la sua attenzione al fratello che
in quel momento
stava tentando di ritrovare l’equilibrio appoggiandosi al
mobile dell’ingresso,
ma l’unico risultato che aveva ottenuto era stato far cadere
la statuetta di
porcellana vinta dai genitori a una gara di ballo.
“Possibile che tu non
riesca a smettere di bere? Mi chiedo cosa ci troverai di
così divertente nel
venire a casa traballante e ubriaco fradicio? Per di più
sono le 11 di mattina,
tutti ti possono vedere!” esclamò con veemenza
Ginevra sbattendo con forza la
statuetta al suo posto.
“Smettila tu non sai
cosa vuol dire essere un uomo finito” così dicendo
rivolse lo sguardo verso il
suo braccio destro, quello stesso braccio destro che non riusciva
più a muovere
da quasi tre anni.
Più guardava quel suo
arto menomato e più cresceva in lui la rabbia e il rancore
verso l’uomo causa
di questa sua condizione, ma probabilmente se fosse stato sobrio e
più
razionale avrebbe capito che ciò che provava non era odio,
ma semplice amarezza
e immensa tristezza. Ginevra non sapeva come comportarsi con lui, le
aveva
provate tutte in questi anni, era stata severa, dolce, intransigente e
gioiosa
ma niente di quello che lei faceva o diceva riusciva a scuotere il
fratello
dallo stato di torpore in cui cadeva ogni volta che pensava a quel
lontano e
maledetto giorno.
Persa nei suoi
pensieri non si accorse che Ron stava cominciando a svuotare con
copiosi sorsi
il bicchiere di whisky appena riempito dalla brocca in salotto.
“Non ti pare di avere
bevuto abbastanza per oggi? Vuoi stramazzare del tutto al
suolo?”
“Oggi ti ho
già detto di
piantarla con le scemenze?”
“Se fosse sobrio te lo
ricorderesti… sai bere non giova alla memoria”
disse piccata Ginevra . Stava
per dirgli di andare subito a letto quando avvertì qualcosa
di strano… il
fuoco! Con uno scoppio secco dalle braci ardenti si sollevarono
più scintille
che mai e restarono a volteggiare in aria. Un centinaio di piccole luci
giravano e giravano sopra le fiamme, sembravano quasi impegnate in un
antico
ballo unendosi e staccandosi subito dopo. Ginevra rimase incantata ad
osservarle come se cercasse di sentire anche lei quella musica che
faceva
ballare le scintille. Fin da piccola sua madre le aveva sempre detto
che c’è,
per ogni essere magico, un elemento capace di riflette il suo destino e
il sua
forza: il suo era il fuoco. Guardando le fiamme riusciva a
tranquillizzarsi o a
trovare la determinazione necessaria per andare avanti, ma ora non
capiva cosa
le fiammelle volessero dirle, sentiva solo che presto non sarebbe
più stata la
stessa persona di sempre.
Uscendo da questo strano
stato di trance si rese conto che il fratello, svuotato il bicchiere di
whisky,
era crollato addormentato sulla poltrona davanti al fuoco e aveva preso
a
russare sonoramente. Guardandolo con aria sconsolata ma allo stesso
tempo
tenera, si stava già preparando per la faticaccia che
avrebbe dovuto fare per
portarlo al piano di sopra a letto. Cercò di svegliarlo
chiamandolo,
scuotendolo, provando persino a rovesciargli un bicchiere
d’acqua in faccia ma niente
risvegliava Ron dal suo sonno profondo. Anzi quasi le sembrava che, per
prenderla ulteriormente in giro, avesse incominciato a russare
più forte.
Provare a sollevarlo con le sue forze era escluso non avrebbe fatto
neppure due
passi e le sarebbe venuto un gran male alla schiena…
“Ron dormirà sulla
poltrona, non sarà poi la fine del mondo” decise
infine Ginevra.
Presa questa pratica
decisione Ginevra decise di preparare del tè per quando il
fratello si fosse
svegliato e dirigendosi verso la cucina provò
all’improvviso una sensazione di
vuoto: mancava qualcosa. Il rumore di zoccoli che fino a poco prima
sentiva
distintamente fuori dalle sue finestre era cessato: il cavaliere
solitario che
poco prima procedeva fra la nebbia doveva essersi fermato davanti a
casa sua.
Sicuramente era uno dei tanti amici di suo padre, infatti proprio
quella
mattina l’aveva avvisata che nel pomeriggio sarebbe arrivato
un cento Neville
Pachiok e lei lo avrebbe dovuto accogliere nei migliori dei modi.
“Probabilmente”
pensò Ginevra
con sarcasmo “avrà deciso che Neville
sarà un perfetto marito per la sua
adorata figlia… Mah baggianate, sto benissimo
così e mio padre farebbe bene ad
accettarlo una buona volta”. Ginevra restò in
attesa e quando dopo qualche
secondo il campanello trillò si diresse spedita verso la
porta d’ingresso.
Nello stesso istante in cui aprì la porta di uno spiraglio
si ricordò del
fratello steso scomposto sulla poltrona a russare e fece appena in
tempo a
intravedere una figura scura e coperta da un impermeabile cercare di
ripararsi
dalla forte pioggia che aveva preso a scendere. Praticamente gli chiuse
la
porta in faccia mormorando un “Arrivo subito”
appena udibile. Precipitandosi in
salotto restò qualche secondo a girellare nervosamente
attorno a Ron addormentato
cercando di trovare una soluzione, alla fine optò per
buttargli addosso lo
scialle che aveva attorno alle spalle sperando di attenuare almeno un
po’ il
tronfio russare del fratello. Osservò per alcuni secondi il
risultato della sua
fantasia e giudicò che, se l’ospite si fosse
trattenuto per poco, forse non se
ne sarebbe accorto. Il Signor Paciock! Se ne era completamente
dimenticata, lo
aveva lasciato davanti alla porta e sotto la pioggia per di
più, se non se ne
era già andato chissà quali insulti le avrebbe
rivolto contro. Questa ultima
possibilità a conti fatti non era poi così male e
per qualche istante prese in
seria considerazione la possibilità di lasciarlo
lì dov’era ma alla fine decise
per curiosità di vedere il volto, probabilmente orrendo, del
Signor Paciock.
Correndo ad aprire la
porta preparò uno dei suoi migliori sorrisi sperando di
addolcire almeno un po’
la collera del signore, non aveva voglia di perdersi litigi. Quello che
la
giovane strega non poteva sapere era che quel sorriso cambiò
la vita dell’uomo
e con essa la sua.
La prima cosa che Ginevra notò furono gli
stivali, costosi e davvero ben
fatti, ma non aveva tempo per analizzare il vestiario del Signor
Paciock, si
fece da parte e lasciò entrare l’uomo zuppo di
pioggia. Richiudendo la porta
passò davanti al mago e venne investita da un forte profumo
di pioggia e terra,
quasi non voleva muoversi per non correre il rischio di non sentirlo
più. Si
riscosse voltandosi verso il Signor Paciock.
“Benvenuto signore, mi
dispiace molto avervi lasciato sotto la pioggia ma.. ma.. avevo una
pentola sul
fuoco e si stava bruciando tutto e voi sapete di questi tempi non si
può
sprecare nulla..” non era molto brava a trovare prontamente
una scusa ma questa
le sembrava abbastanza plausibile comunque ancora non aveva trovato il
coraggio
di alzare lo sguardo sull’uomo per evitare di vedere la sua
espressione di
certo scettica e infuriata. Decise di continuare a parlare a vanvera
almeno non
avrebbe dato tempo al Signor Paciock di inveire contro di lei.
“Sa cucinavo patate,
patate
lesse e quelle beh forse lei non lo sa ma non si possono lasciare sole
un
secon…”
“Scappano certo, la mia
infanzia è costellata di ricordi in cui rincorro patate
sfuggite alla cuoca”
Se non avesse avuto il
carattere che aveva probabilmente Ginevra si
sarebbe sotterrata dalla vergogna ma era da
sempre tremendamente sicura di sé e il fatto che un perfetto
sconosciuto
mettesse in dubbio, in modo così sfrontato, le sue parole la
faceva infuriare
da matti, ma chi si credeva di essere? Naturalmente non
considerò affatto che
la sua storia non avesse alcun senso… Anzi alzò
con aria di sfida gli occhi
sull’uomo, pronta a difendere il concetto delle
“patate fuggitive”.
“Finalmente vedo i vostri
occhi, meravigliosi da sembrare gemme” disse il Signor
Paciock lasciando
completamente spiazzata Ginevra . Il complimento non era molto
differente dai
tanti ricevuti per i suoi occhi di un intenso verde ma la voce bassa e
quasi
roca di quel uomo le rimbombava nel cervello provocandole uno strano
piacere
lontano.
“Volete darmi il
soprabito?
Sarete bagnato fino all’osso” disse Ginevra nel vago tentativo di
cambiare argomento.
Questo Signor Paciock le faceva uno strano effetto e non andava per
niente
bene! Aveva ancora il cappuccio del impermeabile calato sul capo ma il
viso era
illuminato dalle lampade della casa e fermandosi ad osservarlo Ginevra doveva ammettere che era
bello,
incredibilmente bello. Aveva la carnagione chiara e il viso bagnato,
tante
gocce impertinenti scivolavano lungo le sue guance per intrufolarsi nel
colletto della camicia bianca, i ciuffi di capelli biondi che
sfuggivano dal
cappuccio erano bagnati anch’essi ma formavano un elegante
intreccio sulla sua
fronte. La cosa che più piaceva a Ginevra però
erano i suoi occhi, grigi come il mare in
tempesta quando tutto è talmente scuro da non riconoscere
più dove incominci il
cielo e finisca il mare. Mentre era intenta a creare romantiche
similitudini si
accorse che, oltre a essere ammalianti quegli occhi erano anche pieni
di
ironia, quel uomo la stava nuovamente prendendo in giro divertendosi a
guardarla aspettando pazientemente che smettesse di mangiarlo con gli
occhi.
“Non temere faccio questo
effetto a molte donne, anche se devo ammettere che per ora tu sei la
più bella
ragazza incantata che abbia mai visto” disse il Signor
Paciock vedendo la
collera tornare nuovamente sul viso di Ginevra .
“Voi siete Ginevra
Weasley,
figlia di Arthur Weasley giusto?” riprese subito il Signor
Paciockk non dando
tempo alla ragazza di rispondere.
“Si… sono
io” rispose Ginevra
“Voi, invece, dovete essere il signor Neville Pachiok, mio
padre mi aveva
avvertita del vostro arrivo. Prego accomodatevi, volete una tazza di
tè?” disse
Ginevra cercando di
ridare normalità a
quella situazione che le sembrava tanto assurda. Dapprima
l’espressione del
Signor Paciock sembrò sorpresa ma sul suo viso
tornò quasi subito quel sorriso
da bimbo birichino che, sia per rabbia sia per piacere, faceva
aumentare i
battiti del cuori di Ginevra .
“Gradirei molto una tazza
di tè, il tempo oggi è davvero
inospitale”
Ginevra colse
subito l’allusione a quanto era stata
lei inospitale lasciandolo fuori al freddo ma decise di non rispondere
alla
provocazione ma anzi cercò di diventare su due piedi la
migliore “donna di
casa” d’Inghilterra.
“Il tè
arriverà in un
attimo, nel frattempo non state qui sulla porta. Venite, accomodatevi
in
salotto, c’è un bel fuoco e potrete riscaldarvi
comodamente seduto”.
Bene, ora era arrivata al
momento decisivo, poteva sentire distintamente il russare di Ron ed era
praticamente impossibile che il Signor Paciock non si accorgesse di
nulla.
Facendogli strada nel breve corridoio che divideva l’ingresso
dalla sala decise
di restare indifferente, come se quel sordo e continuo rumore non
esistesse.
Per fortuna il Signor Paciock si sedette sul divano e nella posizione
in cui
era almeno non vedeva le gambe di Ron sbucare dai lati della poltrona.
Quanto
era bello, un vero spettacolo anche da seduto! Non ne sapeva molto in
materia
ma in vita sua Ginevra aveva visto pochi uomini con un fisico
così imponente e
ben fatto.
“Insomma ragazza non ti
perdere nei tuoi pensieri come al solito e parlagli o
penserà che sei un pesce”
pensò Ginevra nuovamente incantata.
“Avete fatto un lungo
viaggio signore? Da dove venite?”
“Da Londra, ma
è valsa la
pena sopportare il freddo e l’acqua per essere qui con voi
ora”. Per quale
assurdo motivo quell’uomo si divertiva tanto a metterla in
imbarazzo questo
Ginevra proprio non se lo sapeva spiegare.
“Proprio una pioggia
fortissima, ma ho sentito che nei prossimi giorni il tempo
andrà migliorando”
rispose Ginevra, dovevano smettere di parlare del tempo, la cosa stava
diventando ridicola.
“Noto che siete abituata
a
trattare con un certo riguardo gli ospiti della vostra casa. In
confronto a
lui” disse il Signor Paciock indicando Ron “devo
ritenermi fortunato ad essere
solo stato lasciato fuori dalla porta e sotto la pioggia”.
Ginevra arrossì
all’istante
ma tanto sapeva che prima o poi il Signor Paciock si sarebbe accorto di
Ron
quindi…
“È mio
fratello signore. Mi
dispiace che voi abbiate dovuto vederlo in queste condizioni ma da sola
non
sono riuscita a portarlo a letto. Vogliate scusare sia me che
Ron” Ginevra
parlò con lentezza e semplicità, senza troppi
giri di parole e questo nuovo
lato della giovane colpì il Signor Paciock, affascinandolo
ancora di più.
Ginevra Weasley era una ragazza davvero strana, conoscendo suo padre si
immaginava di trovarsi davanti un esserino gracile e con ispidi capelli
rossi,
invece alla porta era apparso un angelo sorridente dai lucenti capelli.
In
quanto al suo carattere, beh si erano incontrati da poco più
di dieci minuti e
già la considerava la persona di sesso femminile
più interessante e
pazza che avesse mai conosciuto. Ma per
conoscerla aveva tempo, per ora si stava limitando ad osservare la sua
bellissima figura aspettare una risposta da lui.
“Vostro fratello non
può
restare lì in eterno” e così dicendo si
alzò dal divano avvicinandosi a Ron.
“Oh non preoccupatevi, ha
la pellaccia dura lui” disse Ginevra vedendo che il Signor
Paciock stava per
sollevare Ron dalla poltrona “ signore davvero non dovete
preoccuparvi, Ron
pesa davvero molto e…”. Inutile continuare il
Signor Paciock aveva già
sollevato quel peso morto di suo fratello come se nulla fosse, e
pensare che
per fare due passi lei aveva faticato come dopo una lunga corsa!
“Volete cortesemente
indicarmi dove si trova la camera da letto di vostro
fratello?”
“Oh si certo, venite vi
faccio strada”
Salendo le scale che conducevano
al piano superiore Ginevra ebbe la sensazione che il Signor Paciock la
fissasse
insistentemente ma non ebbe il coraggio di voltarsi. Se si fosse girata
sarebbe
di certo arrossita vedendo come gli occhi grigi dell’uomo
seguissero il leggero
ondeggiare dei suoi fianchi e della sua sottile vita.
“Ecco questa è
la sua
stanza” disse Ginevra aprendo l’ultima porta in
fondo a un lungo corridoio “Mettetelo
pure sul letto, ci penso io a sfilargli gli stivali e la giacca. Fate
solo
attenzione signore, ecco… mio fratello ha il braccio destro
menomato”. Forse
avrebbe fatto meglio a celare questo particolare al Signor Paciock ma
non
voleva che appoggiando Ron sul letto potesse fargli involontariamente
male al
braccio. L’espressione sul volto del Signor Paciock era
cambiata e questo
preoccupò Ginevra “Probabilmente
ora
penserà che siamo una famiglia di disgraziati e
scapperà appena ne avrà
l’occasione, cioè ora!”
Il Signor Paciock però
non
si ritrasse di scatto né proferì parole di mero
biasimo, si limitò ad stendere
delicatamente Ron sul letto, accertandosi che il braccio stesse sempre
ben
disteso e non finesse sotto il peso del busto. Ginevra sorrise
dolcemente a
quella scena, poche persone avrebbero reagito a quel modo, il Signor
Paciock
doveva essere davvero un’ottima persona.
“Perché non
avete usato la
magia per sollevare vostro fratello?” chiese di scatto
l’uomo facendo bloccare
Ginevra con le mani ancora sullo stivale di Ron. Dal rossore che vide
sulle
gote della ragazza quando si girò a guardarlo
capì di aver posto una domanda
sbagliata o quando meno indiscreta.
“Signore, forse non
dovrei
dirvi queste cose ma sento che non mi deriderete. Vedete non sono brava
con la
magia, anzi sono davvero pessima. Non ho la minima idea di come si usi
una
bacchetta magica o di come si voli su una scopa. Non ne sono capace
signore.”
ammise tutto d’un fiato Ginevra “ Ma non dovete
pensare che non sia una strega,
lo sono e a tutti gli effetti, solo che non uso la magia comune. Mia
madre da
piccola mi ripeteva, ogni volta che un bambino mi scherniva
perché non sapevo
far volare oggetti, “Ginevra tu
hai
un potere speciale che và al di là di pozioni e
bacchette, la tua magia viene
dallo spirito e dal cuore”. Questo è
tutto signore. Ora come mi giudicate?”
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Salve! Prima di incominciare con il
nuovo capitolo
vorrei spiegare alcune cose... La mia storia prende spunto da un
romanzo
"Rosa d'inverno" di Kathleen E. Woodiwiss. In genere i romanzi troppo
romantici non mi piacciono ma la trama di questo libro mi ha colpita
tantissimo
così ho deciso creare la mia storia sulla sua base. I primi
capitoli due
capitoli della mia storia sono molto simili al romanzo "Rosa
d'inverno" ma non ho intenzione di continuare a riscrivere il libro.
Dal
terzo capitolo in poi la storia si distaccherà completamente
dalla trama del
libro della Wodiwiss ma come ho già detto
manterrò soltanto l'idea alla base
della storia d'amore fra i personaggi. Volevo scusarmi per ho scritto
queste
spiegazioni solo nel secondo capitolo ma è la prima storia
che scrivo e non
sapevo bene come funzionavano le cose. Il primo capitolo è
stata una prova per
vedere se riuscivo a fare tutte le operazioni necessarie per il verso
giusto e
non mandarre all'aria il computer. Se qualcuno di voi ha letto il libro
di cui
ho parlato sarei curiosa di sapere cosa ne pensa di come ho cambiato la
stroria. Scusate ancora per il ritardo di questa nota. Grazie mille un
bacio.
Capitolo 2
Il
silenzio del Signor
Paciock la stava innervosendo, forse si era sbagliata a giudicarlo
però le
sembrava davvero impossibile, si fidava ciecamente del suo istinto.
L’uomo
si avvicinò piano a Ginevra
che non si spostò di un centimetro incatenata
com’era da quei dannati e freddi
occhi grigi.
“Questo mia cara
signorina Weasley vi rende speciale e
unica, un fiore vermiglio da ammirare e amare” disse il
Signor Paciock
sistemandole al centro del seno l’ametista che portava legata
a un nastro
intorno al collo . Ginevra restò ferma sotto quella dolce e
lieve carezza
rabbrividendo al contatto con la mano calda e sicura
dell’uomo.
“Chi è
quest’uomo che ha il potere di ammaliarmi con
un solo tocco o una frase pronunciata a mezza voce? Il cuore mi batte
forte,
troppo forte mi sono ripromessa di essere sempre superiore alle
situazioni in
cui mi sarei trovata, ma ora non ho più il controllo
né del fato né del mio
stesso corpo. Svegliati Ginevra!” e per la seconda volta in
una giornata si
rimproverò da sola per il suo continuo imbambolarsi.
“Signore io credo sia
meglio scendere, Ron ora dorme
tranquillo e le devo ancora un tè” dicendo questo
Ginevra sperava che l’uomo si
allontanasse di almeno due metri da lei o sarebbe diventata matta per
contenere
il cuore nel petto. Il Signor Paciock infatti si allontanò e
Ginevra poté
tornare a respirare regolarmente.
“Allora
com’è Londra di questi tempi? È molto
che non
andiamo più in visita lì” chiese
Ginevra incamminandosi verso le scale.
“Al solito, rumorosa e
sporca, ma è sempre la più
bella”
“Si, ricordo le tante
gite passate in città fra i
musei e i parchi, mi divertivo sempre tanto. A quei tempi la mia
famiglia
poteva ancora essere chiamata con tale nome…”
disse con una punta di malinconia
Ginevra “comunque voi da che parte di Londra venite?
L’ho visitata quasi tutta
sapete! Forse sono persino passata da casa vostra”
“Non credo sia possibile.
La mia residenza si trova
nel Derbyshire ed è decisamente fuori Londra. Inoltre
se voi foste stata
in visita a casa mia non avreste avuto bisogno di ricordarvi dove si
trovasse
perché non vi avrei più lasciata andar
via”
“E cosa vi fa pensare che
sarei rimasta?”
“Fidatevi, sareste
restata signorina Weasley”
“Ginevra”
“Fidatevi
Ginevra” disse con un roco sussurro il
Signor Paciock avvicinandosi al volto della ragazza ferma sul ciglio
delle
scale. Vedere quello splendido viso da vicino diede una scossa a
Ginevra,
voleva baciarlo e voleva farlo ora mentre la mano dell’uomo
scivolava
lentamente sulla sua schiena.
“CHE COSA SUCCEDE QUI!!
GINEVRA SCIAGURATA STUPIDA
FIGLIA CHE STAI FACENDO?” la voce potente del padre di
Ginevra risuonò ancora
più amplificata dal corridoio delle scale.
Ginevra spaventata si
allontanò subito dal Signor
Paciock e si voltò verso il padre. Non capiva
perché se la stava prendendo
tanto, infondo stava solo intrattenendo l’ospite che lui
stesso le aveva detto
di trattare con riguardo. “Beh forse ho un po’
esagerato questo è vero, ma non
mi sembra così grave, tanto più che mio padre
considera il Signor Paciock un
possibile pretendente alla mia mano. Sarà felice di vedere
che per una volta
sono d’accordo con lui, no?”
“DISGRAZIATA SEI UNA
DISGRAZIATA!”
“Ovviamente no”
pensò Ginevra con stizza.
“Padre state calmo posso
spiegare, Ron si era
addormentato sulla poltrona e il Signor Paciock mi ha gentilmente
aiutato a
portarlo a letto, tutto qui. Non siate adirato, non è
successo nulla” cercò di
calmarlo Ginevra scendendo in fretta le scale. Quando fu arrivata
davanti ad
Arthur Weasley si ritrovò a gemere di dolore per la forte
presa del padre sul
suo braccio.
“STUPIDA! Quello a cui ti
stavi strusciando non è il
Signor Paciock ma quel dannato e maledetto Malfoy, il bastardo che ha
ridotto
tuo fratello a una nullità!” disse suo padre
scuotendo violentemente il braccio
della figlia tanto da farla urlare “me ne vado di casa per un
attimo a cercare
un uomo tanto stupido da sposarti e quando torno ti ritrovo addosso a
quell’infame. Disgraziata ora sei rovinata per
sempre!” Non poté continuare a
insultare selvaggiamente la figlia perché d’un
tratto si ritrovò contro il
muro, imprigionato nella morsa di un uomo dai capelli biondi e dallo
sguardo
colmo di disprezzo.
“Non toccarmi
verme”
“Faccia ancora del male a
sua figlia e giuro che
sfonderò il muro con il vostro cranio signor
Weasley”
“Basta! Siete davvero il
Draco Malfoy? L’uomo che ha
ferito mio fratello?” domandò Ginevra cercando di
fare ordine in tutto quel
marasma.
“Si Ginevra, quello
è il mio nome”
“Brutto farabutto!
Perché non lo avete detto subito
invece di farmi fare la figura della sciocca?”
“Voi eravate
così sicura e non ho avuto il cuore di
contraddirvi, poi lo volevo proprio quel tè”
“FUORI! Fuori da casa
mia!” urlò Ginevra preda di una
rabbia incontrollabile.
“Suvvia Ginevra non
arrabbiatevi per così poco”
“Miss Weasley
prego”
“Mi spiace ma credo che
non potrò più chiamarvi così,
mi piace troppo vedere il rossore che vi tinge le guance quando
pronuncio il
vostro nome di battesimo”
“Fuori ho
detto!” urlò nuovamente V puntando i piedi
per terra e agitando le mani come una bimba capricciosa.
“E va bene me ne vado
ma” disse pacato Malfoy “prima
devo sistemare una cosa con vostro padre se permettete”
Voltandosi verso il
signor Weasley si accorse che era rimasto esattamente come lo aveva
lasciato,
attaccato al muro con le mani ancora in atto di difesa.
“Signore voi mi dovete la
somma di 200 sterline che
suppongo non abbiate quindi vi offro un accordo: il debito è
nullo se in cambio
mi date vostra figlia”
“Non continuerai a
rovinare la mia famiglia Malfoy,e
non farai di mia figlia una delle tue tante sgualdrine! Ti
ridarò i soldi fino
all’ultimo e poi non voglio più vedere la tua
schifosa faccia in casa mia”
“Sicuro della vostra
scelta? Non troverete con
facilità tutto quel denaro e anche se ci riusciste
spendereste tutto in bere
prima di poterlo restituire a me”
Ginevra furibonda si frappose fra
il padre e Malfoy.
“Signor Malfoy non sono
in vendita come un prosciutto
e siete pregato in futuro, se mai avremmo lo spiacere di rincontrarci,
di
discutere con me le decisione in merito alla mia persona. Mio padre le
ha
promesso 200 sterline e 200 sterline avrà al più
presto. Ora qui non ha più
niente da fare anche perché, in questi ultimi anni, per la
nostra famiglia ha
già fatto abbastanza quindi la prego di andarsene. Sa
dov’è la porta.”
“Ginevra non vi credevo
così risoluta nel parlare, mi
sorprendete sempre più. Vostro padre dovrebbe far condurre a
voi i suoi affari,
di certo avete un maggior talento diplomatico. E siete anche
più piacevole da
vedere.”
Arthur Weasley stava per riversare
su Malfoy un altro
torrente di inutili e probabilmente oscene parole ma fu bloccato dalla
figlia
e, come succedeva sempre anche con la moglie, lasciò che
fosse la donna di casa
a risolvere il problema con le parole più appropriate alla
situazione.
“Le è
già stato detto, per ben tre volte, di lasciare
questa casa e ancora siete qui a infastidirci, volete forse una
richiesta per
iscritto?”
“Arrivederci
Virginia” disse Malfoy con un inchino
derisorio ed esagerato.
“Miss Weasley! E un
ultima cosa… Draco Malfoy valgo
molto più di 200 sterline.”
Con un mezzo sorriso intrigante
Malfoy finalmente
usciva da casa Weasley per tornare sotto la pioggia scrosciante e
scomparire
piano in essa.
“Si può sapere
cosa ti è preso? Come hai fatto ad
accogliere in casa quel figlio di cane!” chiese una volta che
la porta si fu
chiusa Arthur Weasley alla figlia che stava in piedi davanti a lui
rigida.
L’espressione risoluta e combattiva che aveva in volto fino a
un attimo prima
era scomparsa lasciando nel viso di Ginevra sollievo e calma.
“Questa mattina mi
avevate detto che sarebbe arrivato
un vostro amico nel pomeriggio così vedendo Malfoy alla
porta ho pensato fosse
il Signor Paciock”
“Beh evita di pensare in
futuro che fai solo danni! E
comunque quello sarebbe un buon motivo per strofinarti addosso al primo
venuto?”
“Non mi stavo strofinando
addosso a nessuno!”
“Ehi ragazzina ho
trent’anni più di te credi che non
sappia riconoscere una donna appiccicata a un uomo?”
Ginevra punta nel vivo non
osò rispondere, non si era
buttata fra le braccia di Malfoy ma di certo non aveva fatto nulla
perché non
accadesse. Distogliendo imbarazzata lo sguardo dal padre si accorse che
sul
divano era seduto un uomo chiaramente molto in imbarazzo. Aveva ispidi
capelli
castani, dolci occhioni scuri e un visetto pieno che metteva allegria.
Si stava
torcendo fra le mani in un cappello di feltro ed era chiaro che
cercasse in
modo goffo di far notare la sua presenza.
“Padre…”
disse Ginevra interrompendo il flusso di
parole che il padre aveva cominciato a far uscire senza ritegno dalla
bocca di
cui lei non aveva ascoltato nulla. Interrotto il Signor Weasley vide
dove era
indirizzato lo sguardo della figlia e subito si ricordò di
aver lasciato
appollaiato sul divano il Signor Paciock poco prima di scoprire Ginevra
con il
verme.
“Oh si ecco! Questo
è il vero Signor Paciock. Suvvia
alzatevi sembrate seduto su un divano di spine da come vi
contorcete”
Ginevra si vergognò per
il padre e cercò di essere il
più gentile possibile con il Signore che aveva davanti
infondo aveva l’aria
simpatica, non sarebbe mai potuto essere suo marito ma di certo sarebbe
stato
un buon amico.
“Piacere di fare la
vostra conoscenza Signor Paciock”
disse con garbo Ginevra “potrete mai scusarci per
l’ indecorosa scena a cui
avete assistito poco fa? Ne siamo davvero molto spiacenti”
“No cioè si
volevo… non preoccupatevi Miss Weasley.
Ora però gradirei tornare a casa è tardi e credo
abbiate molte cose su cui
discutere voi e vostro padre”
“Non dite sciocchezze,
resterete qui a cena” disse il
Signor Weasley.
“Padre se il Signor
Paciock vuole andare a casa non
saremo certo noi a fermarlo”
Arthur Weasley non poté
far altro che accompagnare
l’ospite alla porta visto che il Signor Paciock vi si stava
già dirigendo da
solo, scappando al più presto da quella casa di matti.
“Sei contenta? Se
n’è andato un altro pretendente. Mi
domando come fai ad essere così ingrata? Mi sforzo ogni
giorno per trovarti un
uomo decente che sia disposto a sposarti anche senza dote e tu me li
fai
fuggire tutti!”
“Padre vi assicuro che se
mi portaste un uomo giovane
di aspetto quantomeno decente sarei disposta ad assecondarvi”
“Cosa vai blaterando ti
ho portato il meglio”
“Ah! Il meglio? Un
vecchio incapace di stare in piedi
da solo, un essere sudaticcio che mi ha palpeggiata da sotto il tavolo
e un
uomo basso una spanna meno di me e nervoso come un cavallo imbizzarrito
sarebbero il vostro meglio?”
“Non fare la schizzinosa,
che razza di uomo vuoi che
ti sposi? Sei senza dote, non convieni a nessuno!”
“Soldi sempre soldi, non
sapete pensare ad altro. In
un matrimonio ci dovrà pur essere
l’amore?”
“Cara bambina,
l’amore è per chi ha soldi ed è libero
di scegliere”
Nello stesso momento in cui Ginevra
correva triste e
sconsolata su per le scale diretta nella sua camera, nella taverna poco
lontana
da casa Weasley un uomo stava guardando il riflesso del suo viso nelle
ultime
gocce di birra rimaste nel boccale.
“Vali più di
tutto” mormorò.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
Incominciavano a
intravedersi le prime stelle e la luna era ormai alta nel cielo da
più di
un’ora quando Ginevra si alzò dal letto. Aveva
pensato molto e non le era
giovato a nulla, era ancora più depresse e malinconica di
prima.
La sua famiglia non aveva
più
un soldo, suo padre e Ron avevano dissipato in bere e gioco
d’azzardo il poco
denaro che sua madre era riuscita faticosamente a risparmiare o ora non
avevano
più nulla.
“E logicamente mio padre
pensa che, se sua figlia si sposasse con un uomo benestante, tutti i
suoi
problemi finanziari si risolveranno… certo come
no!”
Era stata una giornata
piuttosto pesante e piena di scossoni, troppi per lei abituata alla
solita
monotonia domestica. Ginevra si diresse con calma verso la cucina
decisa a
preparare il famoso tè e una volta scesa si accorse che suo
padre se ne era
andato di nuovo. Sollevata al pensiero di non dover discutere con
nessuno si
dedicò interamente al suo lavoro.
Era seduta sulla sedia
davanti al letto del fratello da quasi dieci minuti. Ron dormiva
tranquillo e
la tazza piena di tè che teneva fra le mani le infondeva un
piacevole calore in
tutto il corpo.
“Com’è
dolce e sereno
quando dorme, sembra quasi felice” pensò con
tristezza Virginia. Era tanto che
non vedeva il fratello ridere da quando Jenny era morta. Dovevano
sposarsi in
maggio, sarebbe piaciuto tanto alla sposa celebrare un matrimonio
ricolmo di
fiori e Ron esaudiva ogni suo desiderio. Ginevra ricordava ancora
quella
tranquilla sera di marzo, era seduta a leggere vicino al fuoco quando
voltandosi verso le fiamme sentì… non seppe mai
di preciso cosa ma si ritrovò a
correre come una pazza per la strada urlando il nome di suo fratello
con tutta
la forza che aveva.
Una stoffa di seta bianca
rotolava leggera sulla strada e, incurante della polvere che la
sporcava,
giocava col vento senza sapere, nella sua ingenuità, che
sarebbe dovuta
diventare il velo per una bellissima sposa. Il destino di quel velo
però era cambiato,
non sarebbe più stato sollevato da un timido sposo pronto a
baciare la giovane
moglie, ma avrebbe continuato a rotolare diventando sempre
più grigio perché
ora la sposa era morta.
Quando Ginevra arrivò
davanti al negozio di tessuti e abiti Ron era inginocchiato in mezzo
alla
strada e stringeva un fagotto di stoffa al petto come se volesse
mandare i
battiti del suo cuore a quello ormai fermo dell’amata.
Piangeva e allo stesso
tempo cercava di sussurrare parole di conforto a Jenny, ma non riusciva
a dire
niente solo gemiti e singulti. Jenny doveva sapere che la stoffa appena
comprata gli piaceva davvero tanto anche se aveva fatto una faccia
strana
quando lei gli aveva mostrato il tessuto, doveva sapere
dell’anello a forma di
farfalla che le aveva comprato perché le piacerà
un sacco. Soprattutto doveva
assolutamente dirle che la carrozza passata pochi minuti prima, anche
se aveva
calpestato il suo fragile corpo di fanciulla, non le aveva fatto nulla
e lui
l’avrebbe aspettata a maggio in chiesa per dirle quanto
l’ama.
Come quel lontano giorno di
tre anni fa, lacrime amare corsero sul viso di Ginevra per finire sul
corpetto
verde del vestito. Pochi giorni dopo il funerale di Jenny, Ron decise
di
vendicarla e sfidò il proprietario della carrozza a un
duello con le pistole
proprio sulla strada in cui il suo amore era morto. Quel giorno Ron
perse l’uso
del braccio quando la pallottola sparata da Draco Malfoy
colpì il suo gomito
frantumandone le ossa.
Malfoy… non lo accusava
dell’omicidio di Jenny come faceva il resto della sua
famiglia, la morte della
fidanzata di Ron fu un incidente. Il conducente della carrozza era un
ragazzo
giovane, non doveva avere più di vent’anni e
Ginevra ne ricordava l’espressione
colpevole e tremendamente affranta mentre guardava Ron disperato. Non
l’aveva
vista era sbucata all’improvviso da dietro un calesse, lui
andava di fretta
perché il suo padrone era in ritardo e non riuscì
a frenare per tempo.
Nonostante questo
disprezzava Malfoy, era insensibile e presuntuoso. Non aveva aspettato
neppure
un attimo a colpire suo fratello al braccio o a far ripartire in tutta
fretta
la carrozza dopo l’incidente senza neppure degnarsi di
scendere. Lo odiava,
tanto che le tremavano le mani al pensarci.
“Calma, oggi mi ha
ingannata solo perché non sapevo che aspetto avesse ma ora
lo so e se mi si
avvicina ancora, prendo la mira e gli lancio una scopa! Non gli
farà niente, ma
almeno starà lontano.”
Erano solo le nove di sera
ma Ginevra decise di andare a letto, sentiva le braccia e le gambe
pesantissime.
Lasciò il tè sul comodino di Ron e raggiunta la
sua camera si raggomitolò fra
le lenzuola ancora fredde.
La svegliò il sole che
filtrava dalle, ormai consunte, tende alle finestre. Era una bella e
soleggiata
giornata, solo alcune nuvole bianche si rincorrevano nel cielo spinte
dal vento
fresco. Ginevra si alzò dal letto sbadigliando e, mentre
seduta sul letto
cercava a tentoni le pantofole, pensava già alle commissioni
che avrebbe dovuto
sbrigare quel giorno.
“Allora, comprare cibo,
portare lettera alla posta, riordinare assolutamente casa” i
pensieri di
Ginevra al mattino erano al quanto schematici ma questo la aiutava ad
ordinare
le cose. Dopo una breve toeletta per mandar via le ultime tracce di
sonno si
vestì con un vecchio abito azzurro, lo possedeva da tanto e
anche se aveva
molti rattoppi, non aveva mai avuto il cuore di buttarlo.
Le sue commissioni erano
andate a buon fine, aveva trovato finalmente delle carote a basso costo
e la
posta di suo padre sarebbe stata spedita nel pomeriggio, ora non le
restava
altro che spolverare e sistemare la casa.
Entrando in cucina
appoggiò
le buste cariche di cibo sulla tavola e, prima di incominciare a
cucinare,
corse in camera sua per prendere un grembiule pulito. Una volta che fu
stata in
salotto però trovò ad attenderla una inaspettata
sorpresa. Sul divano era
appoggiata una scatola quadrata, bassa ma molto larga, di quelle usate
per
confezionare vestiti o corredi. Poco distante da essa era seduto suo
padre, con
il completo migliore addosso e un sorriso tenero sulle labbra.
“Padre cosa succede? Per
chi è la scatola?” disse Ginevra non sapendo
resistere alla curiosità.
“Come per chi
è? È tua!”
Ginevra con un sorriso
raggiante corse verso la scatola e sedendosi a terra davanti al bordo
del
divano avvicinò con mani tremanti il pacco al viso. Non
ricordava più quando
suo padre le avesse fatto per l’ultima volta un regalo e
davanti a quella
sorpresa il cuore le batteva a mille.
Un vestito bellissimo! Era
pastello, dello stesso colore delle tele vuote dei pittori e nel
corpetto vi un
gotico intreccio di fiori e farfalle in oro.
“È
meraviglioso padre”
disse Ginevra continuando a fissare a da accarezzare i fini ricami di
cotone.
“Mi sono fatto aiutare
dalla signora al negozio per scegliere il modello”
“Mi sembrava troppo bello
perché lo avesse potuto scegliere lui”
pensò con sarcasmo Ginevra.
“Grazie padre, grazie
davvero” disse infine ragazza alzandosi e appoggiandosi il
vestito contro il
seno per provare l’effetto che le faceva addosso.
“Di nulla tesoro,
l’ho
fatto per te”
“Un momento”
disse di
scatto Ginevra smettendo all’istante di volteggiare per
ammirare la dolce gonna
del vestito diventare una grande trottola pastello “dove
avete trovato i soldi
per questo abito? No no, non mi interessa. Ditemi piuttosto a quale
scopo mi
avete regalato un abito?”
“I costumi di questo
paese
sono così cambiati che un padre non può fare
regali alla figlia?” disse
cominciando ad alterarsi Arthur Weasley.
“Non un padre come
voi”
disse con risentimento Ginevra “non guardatemi con quella
faccia, lo sapete voi
e come lo so io che non siete nato per fare il padre e di certo non
potrete
imparare ad esserlo ora”
“Dove vuoi arrivare
ragazza?”
“Smettetela, lo sapete
cosa
voglio sapere!” disse alterata Ginevra con un cipiglio tanto
rabbioso e deciso
che il Signor Weasley non ebbe il coraggio di perdere altro tempo e
confessò la
verità alla figlia.
“Ieri sera figlia mia,
sono
riuscito a fare l’impossibile. Sono andato a far visita alla
casa del Signor
Paciock a Londra e l’ho convinto a sposarti”
“COSA? Padre come avete
potuto?” disse in preda alla disperazione Ginevra.
“Non fare la tragica per
l’amor del cielo, avresti dovuto essere lì per
vedere quello che sono riuscito
a fare per te. Quel mammalucco non voleva più saperne di
matrimonio ma io l’ho
convinto che, se si fosse lasciato scappare una ragazza bella e pura
come te,
non ne avrebbe trovata un’altra in tutto il mondo!”
disse con orgoglio Arthur
Weasley sporgendo in avanti il petto come se avesse compiuto
un’azione da eroi.
“Non posso sposare quel
uomo, non mi renderebbe felice e io non renderei mai felice lui.
È troppo
timido e nervoso per starmi accanto, lo farei uscire di testa
continuamente!”
“Meglio! Impegnati a
farlo
schiattare in fretta e non avrai più problemi di soldi
finché campi” disse il
Signor Weasley immaginandosi già di poter vivere sui soldi
del caro genero
morto.
“Mi date il
voltastomaco”
disse Ginevra disgustata dai propositi macabri del padre.
“Ragazza vomita pure
quanto
vuoi, a me basta che domenica ti presenti in chiesa a sposi
l’allocco”
“Domenica?”
domandò Ginevra
confusa “Questa domenica? Ma scherzerete spero, è
solo dopodomani!”
“Precisamente tesoro, e
vedi di essere presentabile, vestita così sembri una serva.
Ti ho comprato il
vestito per fare una splendida figura il giorno del matrimonio, non
voglio che
all’ultimo momento il Signor Paciock possa riconsiderare la
sua decisione”
“Padre
no…”
“Finiscila ragazzina, ho
già speso 25 delle 150 sterline che Neville Paciock mi ha
dato per prepararti al
matrimonio e non voglio spendere più nulla per te”
disse con un foga il Signor
Weasley “quindi vedi di fare come ti ho detto
perché se non lo farai ti
costringerò con le cattive e non sarà affatto
piacevole”
Ginevra scossa dai fremiti
dei rabbia e frustrazione raccolse con calma la scatola del vestito e
si
diresse piano verso la sua camera, non guardando neppure per un attimo
il padre
fermo davanti a lei.
Una lacrima solitaria
scivolava sul suo viso e cadde sulla coperta di lana del letto su cui
Ginevra
sedeva ormai da diverso tempo. Piangeva per rabbia, ma non per la
faccenda del
matrimonio, a quel problema aveva già trovato una soluzione,
sarebbe
semplicemente scappata. Era, però, troppo arrabbiata in quel
momento per
concentrarsi sui problemi tecnici di questa sua decisione.
“150 sterline! Per mio
padre valgo 150 misere sterline! Tanto vale che mi vendesse a quel
farabutto di
Malfoy, non avrebbe dovuto comprarmi vestiti e avrebbe avuto soldi in
più!!”
pensò infuriata Ginevra. Ma più si infuriava
più si rattristava, la sua
famiglia era oramai distrutta, suo fratello aveva bisogno di una scossa
che lei
non poteva dargli e suo padre considerava i suoi figli come merce di
scambio
per guadagnare. Arthur Weasley non era un uomo fondamentalmente
calcolatore e insensibile,
ma era cresciuto con la convinzione che i soldi fossero il valore
supremo
dell’esistenza, purtroppo questa sua ideologia si scontrava
molto spesso con la
sua insana abitudine di bene e giocare puntando forte. Ginevra gli
voleva bene
per quello che era, come del resto aveva fatto il Signora Weasley, ma
non
riusciva a comprendere i suoi difetti e le sue manie, e per questo, a
volte, le
sembrava di odiarlo.
Ginevra restò in camera
tutto il pomeriggio, scese solo verso le sette di sera per preparare la
cena al
fratello dopo che questi l’aveva più e
più volte pregata di cucinargli
qualcosa. E fu mentre toglieva la
buccia
delle carote che trovò la soluzione dei suoi problemi. Il
suo piano sarebbe
partito a breve.
Erano le tre di un ancora
scuro sabato mattina e in casa Weasley una strana figura bianca si
aggirava
goffamente per il corridoio al piano superiore. Ginevra Weasley in
camicia da
notte stava cercando di camminare facendo cigolare il meno possibile le
assi
del pavimento, cosa molto difficile considerata
l’età non più giovane del
parquet che scricchiolava di continuo. Arrivata davanti a una porta
l’aprì con
un fruscio di stoffa si intrufolò nella camera del padre. Il
Signor Weasley
dormiva come un bambino tranquillizzato dall’idea di aver
trovato una soluzione
a tutti i problemi, se avesse saputo che proprio in quel momento, la
fonte
della sua salvezza stava sfilando i soldi del Signor Paciock dalla
tasca del
suo panciotto, sarebbe sicuramente saltato giù dal letto con
l’agilità di un
ragazzino. Presi i soldi Ginevra sgattaiolò veloce fuori
dalla stanza lanciando
un ultimo sguardo al padre. Ora doveva dormire anche lei, almeno per
qualche
ora.
Alle sette e mezza di
mattina Ginevra era già pronta, si era lavata, pettinata e
vestita di tutto
punto e, guardando allo specchio il risultato del suo lavoro, si
congratulò con
sé stessa. Prese la sua piccola borsa di stoffa, un semplice
sacchetto chiuso
da un cordoncino rosa, e la scatola contenente il suo bellissimo
vestito nuovo.
Chiudendosi la porta di casa alle spalle il suo cuore ebbe un sussulto,
ma
resistette alla tentazione di tornare indietro e con fatica mosse il
primo
passo per allontanarsi dalla sua normale vita e dalla Ginevra Weasley
che era
da sempre stata.
Mano a mano che si
allontanava da casa camminare le sembrava meno doloroso e il cuore
più leggero
almeno finché non arrivò davanti al negozio di
abiti. Se fosse entrata in quel
negozio non sarebbe più potuta tornare indietro, e in quel
momento le balenò
per la testa il pensiero di non avere la minima idea di quello che
avrebbe
fatto una volta fuori di casa. Questo nuovo ostacolo la spaventava
davvero
molto.
“Avrò fatto la
cosa giusta?
È la cosa migliore per me vero?” chiese a
sé stessa la ragazza. Voltandosi per
la strada vide molte persone camminare in fretta dirette al lavoro o
chissà
dove, e guardandoli capì di aver preso la decisione giusta.
Non voleva correre,
la sua vita non era solo una serie di orari da rispettare e posti da
raggiungere, lei era fuoco e lui trova la sua strada da solo creandosi
da sé il
suo destino, e così come avrebbe fatto anche Ginevra. Fu con
quei pensieri in
testa che entrò decisa all’interno del piccolo
negozio ricolmo di belle stoffe
e modellini di
carta.
“Signorina Weasley,
è da
una vita che non ti vedo deve essere da quasi tre anni
e…” la Signora
Gemma si
bloccò, non vedeva quella bella ragazza da quando la povera
Jenny era morta ora
lo ricordava bene.
“Comunque”
riprese la
padrona del negozio con un allegro sorriso che cacciò via
l’atmosfera pesante
creatasi “cosa ti porta a far visita a una signora
strampalata come me, bella
signorina? Forse il vestito che ha commissionato tuo padre non va
bene?”
“No anzi è
perfetto, siete
un’artista nel creare abiti Signora Gemma”
“Oh beh
suvvia… si in
effetti sono proprio brava!” esclamò la simpatica
signora scacciando una falsa
modestia.
“Signora Gemma sono
venuta
a venderle il vestito” disse Ginevra interrompendo
bruscamente quei
convenevoli.
“Avevo capito che ti
piaceva, perché vuoi venderlo?”
“Lo adoro, ma non posso
metterlo”
“Tuo padre mi aveva detto
che era per il matrimonio, non ti sposi più?”
Vedendo l’espressione
imbarazzata e triste di Ginevra la signora capì come doveva
essere andate le
cose…
“Va bene se desideri
vendermi l’abito allora lo comprerò. Tuo padre
l’ha pagato 25 sterline ma con
tutte le manfrine che mi ha propinato sul tuo matrimonio e su questo e
su
quello è riuscito a farmi scontare il vestito di 20
sterline, impresa non da
poco se mi conosci. Ti compro il vestito per 60 sterline.”
“Singora Gemma
è troppo,
non voglio approfittare di lei”
“Sciocchezze! Io ho solo
disegnato l’abito, a cucirlo ci hanno pensato altri e per una
cifra irrisoria,
quindi non ci rimetto nulla, anzi un abito così lo
rivenderò a 130 sterline!”
“Grazie Signora
Gemma”
disse Ginevra regalando alla donna un sorriso dolcissimo.
“Di nulla cara, ecco i
tuoi
soldi”
“Ah potessi essere ancora
giovane, lo so io cosa combinerei in giro con un abito così!
Altro che 130
sterline come minimo 150!” disse la Signora
Gemma fra sé e sé
scomparendo nel retro
bottega lasciando sola Ginevra. Ora le restava solo una cosa da fare
prima di
partire.
Una bella ragazza dai
capelli rossi fu vista entrare nella locanda del paese e alcuni dei
presenti la
riconobbero come la figlia di Arthur Weasley. Ginevra odiava quel
posto, ogni
scaglia di legno, dai tavoli e al balcone, puzzava di alcool e se
pensava che
suo fratello perdeva in quel posto la sua vita si infastidiva ancora di
più.
Girandosi ad esaminare ogni lato di quella bettola avvistò
il suo obbiettivo seduto
su un tavolo a far colazione.
“Le vostre 200 sterline
Signore”
Draco Malfoy era intento a
masticare un boccone di frittella quando un sacchetto piombò
tintinnando vicino
al suo piatto. Alzando lo sguardo incontro un paio di bellissimi occhi
verdi,
gli stessi a cui aveva pensato fino a giungere alla soglia della pazzia
la sera
precedente.
“Ginevra, siete splendida
di mattina. Volete unirvi a me per la colazione?”
“Vi ho portato il vostro
denaro. Ora non dovrete più tornare a casa mia”
“Non posso permetterlo se
voi sarete lì”
“Non ci
sarò” disse Ginevra
resistendo all’impulso di schiaffeggiarlo “ma ci
potrebbe essere mio fratello e
non voglio che vi veda. Ne soffrirebbe troppo”
“Vi prometto che non mi
recherò più a casa vostra, almeno
finché voi non sarete tornata”
“Grazie” disse
a denti
stretti Ginevra, ignorando il suo orgoglio che le urlava di tacere.
Si era umiliata abbastanza
per quel giorno e richiudendo la borsa si voltò dirigendosi
verso l’uscita.
“Ginevra dove
andrete?”
chiese Malfoy con un tono di voce cordiale e dolce. Sembrava quasi che
ponesse
la domanda ad un amico d’infanzia e non alla figlia di un suo
debitore
La giovane donna spiazzata
dall’ennesima sfaccettatura di quel uomo fu totalmente
sincera.
“Per il momento credo
andrò
verso la fontana pubblica, poi si vedrà”
“Allora buon viaggio
Ginevra” disse Malfoy prendendole una mano di Ginevra e
portandola alle labbra.
“Oh no lui non
può fare
così. Riesco a mantenere perfettamente il controllo della
situazione e con un
bacio, uno semplice baciamano, Malfoy mi capitolare allo stadio di
bambina
impacciata.” pensò Ginevra contesa fra il suo
istinto indipendente e il sogno
di quel leggero e caldo bacio.
“Addio Signor
Malfoy”
riuscì a pronunciare dopo che drizzando le spalle e
sbattendo gli occhi aveva
ripreso il controllo dei suoi pensieri.
“Arrivederci Ginevra.
Ascoltate il consiglio di un viaggiatore però, se dovesse
capitarvi di non
saper che fare, troverete la risposta ai vostri problemi dove
l’avete sempre
cercata” Malfoy la guardava con uno sguardo talmente intenso
e rassicurante che
Ginevra fu costretta a battere velocemente in ritirata per non correre
il
rischio di far impazzire di nuovo il suo cuore.
Con un passo così
spedito,
Ginevra arrivò in poco tempo alla fontana pubblica del
paese. Era una
costruzione molto bella, installata quasi un secolo prima al centro di
un
modesto parco all’estremità sud del paese. Da
piccola giocava spesso attorno a
quella fontana, facendoci galleggiare precarie barchette di carta che
regolarmente
finivano per inzupparsi e crollare a picco. Anche in quel momento,
alcuni
bambini erano attorno alla fontana schizzandosi acqua a vicenda, senza
considerare i
continui rimproveri delle
madri, sedute a parlare. Ginevra sedendosi vicino a quelle signore
continuò ad
osservare i bimbi giocare e ridere, sentendo dentro di lei nascere una
punta di
dolce malinconia.
Ad un tratto la silenziosa
quiete del parco fu interrotta da un rullo di tamburi, e subito dopo
una voce
cominciò ad urlare parole che, a causa dei fitti alberi,
Ginevra non riusciva a
capire. Poi si ricordò del volantino che le era stato
consegnato quella mattina
da un ragazzetto smilzo all’uscita del negozio di alimentari.
“Mah quella gente, fa un
baccano insopportabile” sentì dire Ginevra da una
madre con un abito rosa.
“Già hai
ragione Silvia. Ma
devo dire che sono bravi. Il mio piccolo Sammy mi ha costretta a vedere
un loro
spettacolo e sono rimasta piacevolmente sorpresa” rispose
un’altra mamma.
“Possono essere bravi e
applauditi quanto vogliono ma restano comunque gentaglia. Tutti
depravati e
sboccati gli zingari, non gli affiderei un soldo bucato!”
continuò la Signora in rosa.
“Oh su questo sono
pienamente d’accordo con te”
Ginevra smise di origliare
le signore poiché la sua mente era già impegnata
a fare altro. “Zingari
girovaghi, perfetto per me” pensò di slancio
alzandosi e camminando quasi
correndo verso la fonte di tutto quel rumore.
La ragazza dai folti
capelli scuri strappò dal suo corpo l’ultimo dei
veli provocando uno scandalo e
un mormorio generale. Ora aveva addosso solo pochi stracci dai colori
sgargianti ma non le importava. La sua mente era in un altro posto, in
un posto
segreto, di cui lei e la musica erano sovrane. Al mondo, di questa sua
personale estasi, offriva solo l’immagine del suo corpo
seminudo ondeggiare e
vibrare al suono di tamburi e campane. Ginevra ne restò
ammaliata, mai in vita
sua aveva visto un essere così straripante di vita ed
energia, si muoveva come
l’acqua di un torrente e aveva la sua stessa forza
dirompente.
“Fammi capire bene, tu,
una
ragazza apparentemente di buona famiglia e reputazione, vorresti unirti
a un
gruppo di zingari? Non lo sai che noi siamo malvagi e malediciamo la
gente?”
disse la ragazza dai capelli castani tamponandosi la fronte con un
panno.
Ginevra aveva aggirato il piccolo palcoscenico e bloccato
immediatamente la
ragazza danzante appena questa fu uscita di scena.
“Si voglio unirmi a voi e
no non sapevo nulla del genere”
La zingara squadrò da
capo
a piedi Ginevra prima di esprimere il suo giudizio finale.
“Sei troppo magra per
tenere il passo” sentenziò.
“Ingrasserò!”
“Sciocchina, non
è questo
quello che volevo dire. Cioè, non è un male se
ingrassi sei magra come uno
stecchino fai quasi senso, comunque volevo dire che non sei adatta per
venire
con noi. Ci vuole volontà e determinazione, non siamo sempre
ben accetti in
ogni città, dobbiamo sopportare pesanti insulti a
volte” spiegò amaramente la
ragazza ricordando tutte le fatiche fatte per restare in quel paesino
che,
seppur piccolo, aveva dato un sacco di grane a tutti i suoi compagni.
“Qual è il
vostro nome?”
“Sono Hermione”
“Bene Signorina Hermione,
per prima cosa mi presento sono Ginevra Weasley, ed ora che ci
conosciamo mi
ascolti. Da quattro anni mi occupo da sola della gestione economica e
pratica
della casa. Mio fratello è un povero disgraziato, entrato in
depressione e non
fa altro che bere e bere per tutto il giorno. Mio padre,
l’ultima perla della
mia brillante vita, è un tirchio giocatore
d’azzardo e se resto qui mi venderà
in sposa a un povero uomo troppo ingenuo. Le assicuro che non sono di
così
fragile mentalmente da cedere al primo insulto”
“D’accordo,
diciamo che ti
prendo in prova, ma finiscila di darmi del voi, mi sembra di parlare
con un
vecchia aristocratica spocchiosa. Allora,qual è la tua
arte?”
“Beh
ecco…” disse Ginevra
colta impreparata poiché come suo solito non aveva affatto
pensato alla
realizzazione pratica delle sue decisioni. Ricordò le parole
di Malfoy, per
quanto lo odiasse come uomo il suo consiglio le stavano tornando utile.
Spostò
lo sguardo verso il calderone di fuoco posto, al lato del palcoscenico,
per il
numero del mangiafuoco.
“Avete qualcuno che legge
il futuro”
Ciao! Scusate è venuto
fuori un capitolo decisamente troppo lungo ma volevo assolutamente
arrivare a
questo punto altrimenti non stavo bene. Spero che il cambiamento alla
storia
piaccia. Grazie davvero per i commenti. A presto e ancora grazie mille.
Un
bacio. Giulia
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Nuovo capitolo! Spero che
vi piaccia anche se non succede niente di particolare. Volevo avvisarvi
che per
questo capitolo i pensieri di Ginevra sono in corsivo perché
altrimenti non
sapevo come fare per distinguerli dalle frasi normali… sono
una frana lo so…
Ringrazio tutti quelli che
leggono e specialmente le anime buone che hanno lasciato un commento.
Grazie
mille mi fa piacere sapere cosa ne pensate della mia storia sia in bene
che in
male… continuate così! Un bacio Giulia.
Capitolo 4
Come scorrevano veloci i
campi davanti agli occhi curiosi di Ginevra. Finalmente dopo la fine
dello
spettacolo e quelli che le sembrarono preparativi infiniti,la compagnia
lasciò
il paese e Ginevra ora guardava gli ultimi pezzi della sua passata vita
diventare
sempre più piccoli e confusi.
Questi maghi erano persone
molto particolari, socievoli e cordiali ma erano molto diffidenti a
causa della
continua discriminazione nei loro confronti. Quando una volta finito lo
spettacolo tutti i compagni di Hermione si riunirono dietro il palco
riservarono a Ginevra occhiate indifferenti e quasi malevole. Poi,
quando
Hermione comunicò loro che quella strana ragazza si sarebbe
unita a loro
presero a fissarla come fosse uno scherzo di natura. Quella condizione
di
generale stupore continuò per tutto il tempo speso a
inscatolare e sistemare
abiti, accessori e altri strani oggetti in ampi scatoloni. Ginevra
aiutò come
poté cercando nel contempo di fare conoscenza con tutti i
componenti della
compagnia, ma l’unica con cui riuscì ad avere con
conversazione decente fu una
strampalata ragazza bionda, bassina e simpatica. I maghi possedevano
due ampi
carri, uno fungeva da magazzino e da palcoscenico mentre
l’altro era l’alloggio
della compagnia. In quel momento
Ginevra
era seduta sul tetto del carro-alloggio e parlava allegramente con
Luna, la
ragazza bionda e con Christine, una anziana signora dalla strana
acconciatura.
“Sei scappata da
tuo padre”
disse perplessa Luna “non ti mancherà la tua
famiglia?”
“Certo, ho paura
che mi
mancherà così tanto da arrivare a rimpiangere la
mia decisione. Mi devi
promettere che se succedere mi farai tornare con i piedi per
terra”
“È
impossibile cara, ora
che sei con noi non rimetterai i piedi per terra per molto
tempo” disse pacata la Signora
Christine
con gli occhi persi nel vuoto “non siamo gente da far valere
poco i sogni noi”
E con un sorriso Ginevra si
voltò verso la grande scritta colorata di celeste e argento
sulla fiancata del
carro davanti a loro “LE ALI DEI SOGNI”. Una
compagnia di persone fuori dalla
norma era proprio quello che serviva a Ginevra per disegnare il suo
futuro.
“Quando
arriveremo a
Londra?” chiese Ginevra tornata alla realtà.
“Hermione spera
prima di
sera ma lei non sa nemmeno cosa vuol dire senso
dell’orientamento, non si
ricorda quanta strada c’è da fare. Saremo
fortunati se arriveremo alle due di
notte” le rispose Luna con lo sguardo perso fra la campagna
che stavano
attraversando.
Ormai solo le stelle
più
timide non erano apparse nel cielo per far compagnia a una grassa e
lucente
luna bianca. Ginevra, seduta su un cuscino, guardava con aria divertita
Hermione camminare su e giù all’interno della
carro senza darsi pace.
“Dovevamo essere
là prima
di sera! Quando arriveremo a Londra sarà troppo buio per
accamparsi
decentemente!”
“Tesoro
perché ti ostini a
fare conti matematici col tempo e le distanze quando non ne sei
assolutamente
capace?” domandò pacata Luna.
“Per lo stesso
motivo per
cui tu non imparerai mai a tenere chiusa la bocca, visto che dici solo
scempiaggini tesoro” disse sarcastica Hermione guardando
malamente Luna.
“Bambine non
litigate
sempre, vi vengono le rughe” disse con calma Christine
mentre, seduta accanto a
Ginevra, rammendava un costume di scena strappato.
“É un
modo come un altro
per passare il tempo durante questo lungo viaggio” disse
melensa Luna guardando
dritto negli occhi Hermione.
“Senti un
po’ carina…”
La lunga paternale di
Hermione fu però interrotta dal brusco fermarsi del carro.
Dopo qualche secondo
in cui le quattro donne si guardarono perplesse attorno
sbucò dalla porta il
viso scompigliato di un ragazzo.
“Siamo in un
paesello,
credo si chiami Whipity o qualcosa del genere, per questa notte
sarà meglio
fermarsi qui” disse subito dopo il giovane.
“Hai
perfettamente ragione
Harry!” disse con fin troppa enfasi Luna passando dritta e
col naso in aria davanti
una scocciata Hermione.
Poco dopo anche le due
ragazze scesero dal carro per osservare il nuovo paese e sistemare i
carri per
la notte.
“Ci accampiamo e
facciamo
spettacoli sono nei parchi pubblici o comunque dove ci sia molto prato
e tanti
alberi. Lo ha deciso Christine quando aveva vent’anni e da
allora così è stato”
spiegò Hermione a Ginevra mentre insieme scaricavano grosse
valigie dal
carro-magazzino.
“Perché
solo nei parchi?
Nelle piazze si troverebbe più pubblico”
“Christine
è convita che spettacoli
di magia e fantasia diventino unici se svolti su un fondale
già emozionante di
per sé”
Un sorriso di ammirazione
fece capolino sul viso delle due ragazze mentre si voltarono
contemporaneamente
a guardare l’anziana signora seduta su una panchina fissare
le stelle. Sembrava
la protagonista di un quadro tanto era bella.
Whipity era un paesino
davvero molto caratteristico e tranquillo, per strada alcune coppie
passeggiavano lentamente e molti gruppi di signori anziani sedevano a
parlare
di raccolti e di una pioggia che non voleva saperne di cessare.
Chrisitne aveva
chiesto a Ginevra e a Luna di comprare la cena per quella sera, siccome
era
troppo tardi e non aveva voglia di cucinare, ed ora Ginevra poteva
sentire il
dolce profumo di coniglio e patate provenire dalla sporta che teneva in
mano,
mentre con Luna tornava verso la sua nuova casa. Varcando la porta del
carro-alloggio rimase stupita nel vedere come l’angusto
spazio in cui aveva
trascorso l’ultima parte del viaggio era diventato, grazie
all’uso della magia,
un ampio salone guarnito con divani, sedie, una grande stufa e una
lunga tavola
apparecchiata.
“Sei Ginevra
vero? Scusami
con tutto questo trambusto non abbiamo potuto presentarci a dovere. Io
sono
Harry ballerino e acrobata, il ragazzo laggiù è
Blaise, prova da anni a fare
l’attore ma la cosa non gli riesce bene per
nien…”
Di scatto, il ragazzo
davanti a lei fu letteralmente abbattuto da una furia scagliatasi su di
lui a
velocità folle. Ginevra non riuscì a trattenersi
e scoppiò a ridere alla scena
di due ragazzi, apparentemente sani di mente rotolare e lottare per
terra come
due gatti selvatici. Conclusasi la rissa i due contendenti si
guardarono in
giro imbarazzati dalle risa dei loro compagni di viaggio.
“Sono
profondamente
mortificato per la scena alla quale hai assistito, un paio di occhi
così belli
non dovrebbero vedere cose tanto indecorose. Permettimi di presentarmi
personalmente, sono Blaise e sono un attore a tutti gli effetti, con un
particolare gusto per i classici romantici” si
presentò il ragazzo che poco
prima era steso.
Ginevra non sapendo cosa
rispondere si limitò a sorridere dolcemente imbarazzata da
quel ragazzo dai
capelli castani e dallo sguardo caldo. “È
davvero molto carino ma
decisamente troppo esaltato” pensò
schietta Ginevra.
“Concludendo in
fretta le
presentazioni” continuò Blaise “quel
moccioso biondo laggiù è Evan, siamo tutti
perfettamente coscienti che sembra una femmina ma ti prego non
guardarlo male,
sta ancora cercando la sua vera sessualità”
Ginevra osservò allora il ragazzino
che quella mattina le aveva dato il volantino della compagnia. Non le
sembrava
affatto che avesse l’aria effeminata, anzi crescendo sarebbe
diventato un uomo
molto affascinante, ne era sicura. Evan però non la
degnò di uno sguardo,
concentrandosi sul cucciolo di lupo che aveva fra le braccia.
“Buonasera
Ginevra io mi
chiamo Jhonny sono il marito di Christine, il lupo invece si chiama
Dragonfly”
“È un
piacere conoscerla
signore” disse con un sorriso Ginevra. L’uomo
anziano che aveva davanti aveva
l’aria gentile e disponibile, mentre a dispetto dei capelli
grigi e delle
rughe, i suoi occhi erano vispi e allegri.
“Che ne dite se
la finiamo
con queste storie e iniziamo a mangiare?” propose Hermione
mentre già stava
cominciando a tirare fuori il coniglio dalle sporte.
L’atmosfera
dentro il carro
era allegra e piacevole, tutti parlavano e ridevano, e Ginevra si
chiese perché
mai delle persone disposte ad accogliere a braccia aperte una
sconosciuta come
lei potessero essere considerate pericolose per la società
civile. Dopo cena
rimasta sola nel letto assaporando il piacere di quel momento di
libertà.
“Chissà
cosa starà
succedendo a casa? Non ci avevo ancora pensato. Sicuramente si saranno
accorti
della mia fuga e mio padre starà scandagliando i dintorni
assieme ai suoi
fedeli amici nella convinzione di trovarmi mezza morta in un
fosso” pensò
Ginevra mentre si rigirava fra le lenzuola fresche. Poteva sentire il
respiro
lieve di Chrisine, infatti le quattro donne dormivano insieme anche se
solo un
paravento dai bellissimi disegni orientali le divedeva dagli uomini.
“Povero
Ron, non voglio immaginare dove sarà in questo momento.
Forse a bere, forse
starà dormendo o forse è in giro a
cercarmi” Fu pensando al fratello e al padre
che Ginevra si addormentò quella notte, con il cuore colmo
di insicurezza e
preoccupazione.
“E adesso che
caso faccio?
Cosa dico a questa povera donna? Dovrei consolarla ma mi viene da
piangere a
sentire la sua storia!” pensò disperata Ginevra
mentre guardava stralunata la
signora che le sedeva davanti asciugarsi le lacrime con un fazzoletto.
Era la sua prima giornata
da chiromante e si stava già facendo prendere dal panico.
Quella mattina
Hermione l’aveva svegliata prestissimo costringendola ad
indossare un ridicolo
costume viola e verde semplicemente orrendo. E ora stava lì,
seduta su una
scomoda sedia, davanti a una donna in lacrime, desiderosa di sapere se
il
marito, scomparso in mare l’anno prima, era veramente morto o
si era
miracolosamente salvato.
“Proverò
ad essere
schietta, infondo è da un anno che del marito non ha
più notizie, la parte
peggiore del trauma l’ha già smaltita”
pensò risoluta Ginevra.
“Signora, non
vorrei
sembrarle troppo cruda ma suo marito è morto, sicuramente
morto” disse con
solennità l’apprendista chiromante. Con un grido
strozzato la vedova si era
ripiegata piangendo sul tavolino ed ora giaceva lì in un
susseguirsi di gemiti
e lamenti.
“Signora, no non
faccia
così. Mi deve scusare è colpa mia sono davvero
insensibile, la prego mi
perdoni. Signora ascolti suo marito la amava moltissimo ed era anche
sicuro che
il suo amore fosse pienamente ricambiato. Ora è al sicuro in
un posto asciutto
e caldo, non deve temere per lui” quelle parole pronunciate
con delicata
dolcezza alleviarono le sofferenze di quel cuore distrutto. La vedova
sollevò
piano la testa guardando Ginevra negli occhi in cerca di speranza.
“Dite
davvero?”
“Ne sono
certa”
Una volta che la Signora
se ne fu andata
Ginevra poté tornare a respirare normalmente senza che una
gigantesca ansia le
bloccasse il respiro.
“Dì un
po’, sei davvero
capace di leggere il futuro?”
“Hermione! Mi hai
spaventata. Comunque certo che ne sono capace, devo solo esercitarmi un
po’,
fino ad oggi non era la mia professione e non lo so fare a
comando”
“D’accordo
capisco… guarda
cosa ho finito di fare adesso!” disse tutta eccitata Hermione
spiegando il
foglio che teneva fra le mano.
Le
ali dei sogni
Compagnia
di spettacolo
Balli
acrobazie ed emozioni magiche
Da
oggi chiromante:
Il
tuo futuro ti attende
Dietro
la corteccia di un albero.
Nel volantino inoltre era
disegnata una splendida fenice immortalata nel momento in cui spicca il
volo.
“Che ne dici? Ti
piace?”
“La fenice
è davvero
splendida… ma la frase “Da oggi
chiromante” assomiglia a quelle scritte nei
cartelloni fuori dai negozi alimentari. Tipo “Solo per oggi
susine a metà
prezzo!” ”
“Si, forse hai
ragione,
infatti quella frase non mi convinceva molto…”
disse Hermione storcendo appena
il naso “per ora distribuiremo questi poi, per quando saremo
a Londra mi
inventerò qualcos’altro”
Il suo secondo cliente,
Ginevra poteva vederlo arrivare e la sua ansia cresceva in modo
inversamente
proporzionale al suo avvicinarsi.
“Buon pomeriggio
Signore”
riuscì a dire infine Ginevra ignorando il panico ormai
completamente diffuso il
lei. Doveva restare calma, aveva appena finito di pranzare non voleva
stare
male perché le tremava lo stomaco.
“Buona sera a
voi” rispose
un ragazzo un po’ allampato e dall’aria
incredibilmente timida.
“Come posso
aiutarvi?”
chiese Ginevra “Ok resta calma respira, respira,
ecco così va bene”
“Ecco
io… mi piacerebbe
sapere se, se la Signorina Richerdson
sarebbe interessata a sposarmi” disse
tutto d’un fiato il ragazzo tenendo gli occhi stretti come se
facendo così le
parole uscissero meglio dalle sue labbra.
“Hai
provato a
chiederglielo semplicemente?”
“Signore io non
posso
sapere come agirà un persona, poiché ognuno di
noi nel suo piccolo è
imprevedibile e dotato di libero arbitrio. Però vi posso
dire che per vostra
possibile fidanzata non siete affatto indifferente, anzi le piacete
molto”
disse dolcemente la ragazza “Avanti ragazzo
svegliati, non stare giro a far
venire crisi di nervi a chiromanti estranee, và dalla tua
Signorina qualcosa e
baciarla” pensò sarcastica Ginevra.
Doveva smettere di essere così cattiva
con quel signore nei suoi pensieri, infondo aveva l’aria
simpatica ma non
riusciva a smettere, era troppo agitata.
“Non saprei che
dirle”
“Meglio
se non parli! Baciala
e basta”
“Signore, un
semplice gesto
fatto in silenzio vale più di un anello dato
sproloquiando”
“Un mazzo di
fiori le
piacerà?”
“Ne
servirà di pazienza
a quella povera ragazza”
“I fiori le
piaceranno
moltissimo, consiglierei margherite bianche e rosa. Forse
però dovrebbero
essere accompagnate da un gesto un poco più esplicito che
dimostri tutto
l’amore che provate per lei”
“Speso
capisca perché ho
finito le idee”
Le guance del ragazzo si
tinsero per un istante di rosso per tornare subito normali.
“Un
bacio”
“Si”
disse Ginevra con un
sorriso raggiante. Improvvisamente si accorse di non essere
più in ansia, la
paura era passata e si era accorta che le piaceva davvero tanto aiutare
e dare
sicurezza a persone in difficoltà.
“Andate al
più presto dalla
vostra amata, vi sta aspettando da un bel pò”
disse Ginevra con un felice
sorriso.
Una volta che il giovane
uomo se ne fu andato a comprare i fiori per la sua Signorina, Ginevra
restò
seduta a contemplare l’immagine di quello strano ragazzo
camminare spedito e
contento verso il paese. Ad un tratto però si accorse di
essere osservata. Evan
se ne stava appollaiato sul ramo di un albero con un libro fra le mani
e la
guardava fisso con un’espressione indecifrabile.
“Ciao
Evan” disse cordiale,
non era ancora riuscita a parlare con quel ragazzino e questo
infastidiva
Ginevra perché Evan le stava simpatico per ragioni tutte
sue.
“Cosa
leggi?” chiese allora
vedendo che Evan non aveva intenzione di parlare. Se ne stava
semplicemente
seduto a due metri d’altezza da Ginevra e la guardava tanto
intensamente da
farla sentire a disagio.
“Shakespeare”
Con uno scatto felino Evan
saltò giù dall’albero atterrando
leggero vicino a lei.
“Sogno di una
notte di
mezza estate” disse poi fissandola nuovamente negli occhi
“una perfetta regina
delle fate” bisbigliò a pochi centimetri dal suo
braccio.
Ginevra restò
immobile,
gelata dal suo sguardo. Quel ragazzino aveva gli stessi occhi di
Malfoy, forse
solo meno ironici ma mentre la fissava Ginevra aveva sentito nuovamente
le stesse
sensazioni provate qualche giorno prima vicino alle scale di casa sua.
Quando
Evan si fu allontanato, lasciandola con i suoi pensieri Ginevra
respirò forte e
scacciò dalla mente il sottile piacere nato dal ricordo di
quegli occhi
concentrandosi sull’odio che provava verso il proprietario di
quello sguardo
incantatore.
Alzandosi dalla sua
postazione “dietro al corteccia di un albero” come
aveva scritto Hermione,
Ginevra decise di aiutare il resto della compagnia ad allestire il
palcoscenico
per lo spettacolo di quella sera.
Per il numero di Harry
erano state magicamente legate diverse corde ai tanti alberi attorno al
carro e
su di esse il ragazzo avrebbe eseguito il proprio spettacolo,
lanciandosi e
stando in precario equilibrio. E come le corde di Harry quasi tutti gli
altri
strumenti utilizzati per lo spettacolo venivano posizionati con la
magia, e
presto Ginevra si ritrovò a non avere più nulla
da fare non sapendo utilizzare
una bacchetta magica. Decise così di accompagnare Christine
in paese a prendere
da mangiare per la sera.
Fu svoltando
l’angolo fra
l’ufficio dello sceriffo e il negozio di alimentari che lo
vide. Era lì in
piedi con tutta la sua grazia e spavalderia, stava parlando con il
cocchiere
della sua carrozza. Rideva, probabilmente era felice e, nonostante
fosse abbastanza
lontana, Ginevra poté ammirare quanto il viso di un
farabutto come lui si
illuminasse con un sorriso.
“O
sono perseguitata dalla sfortuna o sono
perseguitata da Malfoy, e fra le due ipotesi opto decisamente per la
seconda!” pensò sarcastica la
ragazza.
“Tesoro…
Ginevra ti senti
bene?” chiese Christine guardandola con aria interrogativa.
“Non proprio,
è come se
stessi vivendo un incubo ad occhi aperti”
“Sono vecchia
ormai ma un
ragazzo alto, biondo e bello non lo giudicherei un incubo”
rispose Christine
con un sorriso da vecchia volpe.
“Ma Christine,
non
intrufolatevi nei miei sogni!” disse ridendo Ginevra. Dopo di
ché prese a
braccetto l’anziana signora ed entrò con un
sorriso nel negozio.
“Allora cosa
compriamo?”
Per ora voleva restare
serena, senza pensare al suo bellissimo incubo.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5
Il vuoto sotto di
sé, la
folla poco più avanti, il corpo sospeso in aria come se
l’atmosfera stessa
trattenesse il respiro per il suo nuovo salto. La frenesia, la
millimetrica
precisione, e il piacere intimo e segreto degli applausi e delle urla
sbalordite. Harry Potter nato a Londra ventuno anni prima sentiva tutto
questo
e gli piaceva da morire. In quel momento mentre volteggiava leggero
sopra un
centinaio di teste si sentiva vivo e allucinato. Saltava da un albero
all’altro
e vi si attorcigliava, il solo appiglio le sue mani e la sua forza.
Luna
guardava sbalordita quel ragazzo un po’ goffo e timido a
terra, diventare
deciso e virile in cielo. I suoi muscoli si muovevano di scatto ed
erano
risaltati da una leggera imperlatura di sudore, i capelli arruffati
ondeggiavano, accompagnando Harry in quella danza sospesa. Luna era a
dir poco
incantata.
“È
innamorata persa”
“Ed è
anche tremendamente
dolce” rispose Ginevra a Hermione “le brillano gli
occhi, che bello”
“Mah tutto questo
miele e
melassa non fa per me, piuttosto romanticona aiutami ad allacciare il
vestito”
girandosi per far legare le stracche del vestito all’amica,
Hermione si accorse
che un nuovo cliente aspettava la chiromante più brava,
nonché unica, del
paese.
“Ginevra il
dovere ti
chiama, hai un nuovo cliente”
“Davvero! Che
bello, sai mi
piace davvero tantissimo questo nuovo lavoro!” disse Ginevra
affrettandosi ad
allacciare il vestito di Hermione e contemporaneamente cercando di
sbirciare
sopra la spalla dell’amica per vedere il nuovo arrivato.
“Chi
è?”
“Qualcuno che
presenterai
anche a me!”
“Vuoi darti alla
lettura
del futuro?” chiese ironica Ginevra.
“Oh non ci penso
neppure,
ma ad un ragazzo così leggo quello che vuole!”
Ancor prima che Hermione si
spostasse per farle vedere il suo cliente, ancor prima di guardarlo in
faccia
Ginevra avrebbe voluto stappare una tenda del palcoscenico, avvolgerla
attorno
al collo della persona che sapeva si sarebbe trovata davanti e
stringere forte.
“Buona serata
Signore,
siete venuto per la nostra chiromante vero? Non ne incontrerete di
meglio in
vita vostra”
“Davvero?”
disse Draco
Malfoy guardando con sensualità e ironia Ginevra. La ragazza
si sentì sollevare
lo stomaco al suono di quella voce che le si intrufolava nel cuore
facendolo
battere troppo forte.
“Cosa ci fate
qui?” chiese
Ginevra cercando di restare calma il più a lungo possibile.
“Cercavo il mio
futuro in
una fanciulla nei cui occhi è contenuto il mondo
intero”
“Ebbene Signor
Malfoy il
vostro futuro vi attende due metri sotto terra, perché
sarà lì che riposerete
per sempre se continuerete ad infastidirmi”
“Avanti Ginevra
cara, usa
il tuo grande dono per aiutare questo Signore” disse
improvvisamente alle
spalle della ragazza Christine. Sul suo viso c’era un sorriso
furbo e
incoraggiante e Ginevra capì di essere incastrata.
“Prego, si sieda
Signore”
disse Ginevra con il sorriso più falso e ipocrita che avesse
mai rivolto a
qualcuno in vita sua. Christine e Hermione se ne andarono per lasciare
dare
maggiore intimità alla chiromante e al suo strano cliente.
“Cosa vi preme
conoscere
Signore”
“Vorrei davvero
sapere come
fare per avere ancora su di me l’attenzione di due
meravigliosi occhi verdi”
Ginevra sconsolata
alzò lo
sguardo verso la persona che stava diventando la sua fonte di
disperazione e quasi
si rassegnò al battito irregolare del
suo cuore, quando fissò ancora una volta quella dannata
testa bionda.
“Come mi avete
trovata?”
“Dopo la vostra
piacevole
visita ieri mattina, vi ho raggiunto al parco e vedendo come fissavate
ammirata
la zingara danzante ho capito cosa avevate in mente di fare”
“Mi sorprendete
ogni
secondo che passa Signore”
“Davvero?”
chiese scettico
Malfoy.
“No”
“Ditemi Ginevra e
siate
sincera vi prego” disse poi con calma Malfoy
“avrò una figlia femmina? Adoro le
donne”
“Si
l’avrete, e sarà molto
bella e forte, peccato solo per il padre zoticone”
“Ma
avrò figli maschi?”
“Si”
“Allora mi
sposerò?”
“Si”
“E
sarà un matrimonio
felice?”
“Si”
“Mia moglie mi
amerà?”
“Si!”
“Mi
sposerete?”
“Si”
Silenzio…
panico! Ginevra
accortasi solo dopo qualche secondo di quello che aveva detto
restò di sasso.
“Non posso avergli risposto che lo sposerò, non
posso. Dicevo la pura verità
quindi non gli ho detto
si” pensò
disperata Ginevra.
Un sorriso trionfante anche
se vagamente dolce apparve sulle sottili labbra di Malfoy.
“Vi ho incastrato
Ginevra,
ora dovrete sposarmi”
“Sciocchezze, mi
sono solo
fatta prendere troppo la mano dalle vostre petulanti domande tutto
qui” disse
cercando di salvare la situazione Ginevra mentre con gli occhi scrutava
attentamente un piccolo insettino camminare vicino alla sua sedia.
“Non mi ingannate
Ginevra,
lo sappiamo entrambi che è la verità quindi
potete far scivolare via dalla
vostre guance quel rossore che vi dona tanto e darmi un bacio”
“No!”
disse quasi urlando
Ginevra mentre scattava in piedi “ascoltate bene la sola
ragione che mi
porterebbe a sposarvi sarebbe quella di distruggervi psicologicamente e
cancellarvi fisicamente e dolorosamente dalla faccia della
terra”
“Voi mi amerete
Ginevra, o
forse mi amate già, anche se non lo sapete” disse
Malfoy alzandosi ed
avvicinandosi pericolosamente a Ginevra.
“Vi assicuro di
no Signore”
rispose la ragazza con un sussurro basso ma deciso pronunciato a pochi
centimetri di distanza dal viso dell’uomo.
“Le propongo un
patto
Signorina Weasley” disse con tono solenne Malfoy e Ginevra si
sorprese nel
sentirsi chiamare in quel modo formale abituata ad essere chiamata per
nome da
lui “vi concedo sei baci”
“Non
capisco”
“Al settimo bacio
saranno
le vostre labbra a cercare le mie”
Ginevra non osò
rispondere,
così rimase lì ferma a fissarlo con
l’aria di una bambina che non ha capito le
regole di un nuovo gioco. Era bella, davvero bella. Quegli occhi grandi
e ora
persi nella confusione creata dalle sue parole facevano impazzire Draco
Malfoy.
Non restava mai indifferente al fascino di una donna. Fin da ragazzino
le sue
attività preferite erano state le donne e le loro segrete
arti. Sapeva con
precisione quando una donna lo desiderava e aveva sperimentato ogni
carezza,
ogni bacio, che potessero dare piacere ad una ragazza. Ora davanti a
lui stava
un perfetto esemplare del gentil sesso, in viso aveva un’aria
mansueta e
ingenua ma Draco sapeva bene come poteva mordere al primo tentativo di
avvicinarla. Decise così di rinviare ancora il bacio che
aveva intenzione di
darle da quando aveva sentito la sua spina dorsale tremare la prima
volta che
Ginevra gli aveva sorriso.
“Non
preoccupatevi Ginevra,
non ho intenzione di baciarvi, perlomeno non ora” disse poi
Malfoy in tono
allegro e disinvolto per cercare di far uscire Ginevra dalla trance in
cui era
caduta “però pretendo un sorriso”
Ginevra fissando scettica
l’uomo davanti che aveva di fronte stirò le labbra
in una sorta di contorto
sorriso per poi tornare subito all’espressione arrabbiata e
stanca di poco
prima.
“Se volevo che mi
sorridesse una scrofa sarei andato in un porcile”
“Non vi trattengo
se una
scrofa vi attende. Come potrei sottrarvi ad un’altra delle
vostre tante amanti?”
“Ultimamente cara
Ginevra,
il pensiero di voi mi sottrae a molte cose” disse Malfoy
guardando la ragazza
con finta aria offesa.
“Ne sono
spiacente. Tengo
troppo a voi per sapere di essere una causa di disturbo dal vostro
lavoro
qualunque esso sia, quindi ritengo sia meglio non vedersi
più in futuro. So che
sarà una condizione terribile per entrambi, ma
vedrò di sopravvivere e vi prego
di fare altrettanto”
“Mi domando come
faccia a
stare tutto questo sarcasmo in un corpicino piccolo come il
vostro”
“Arrivederci
Signore” disse
seria e arrabbiata Ginevra. Voleva che se ne andasse al più
presto, i suoi
sentimenti erano abbastanza scossi, ed era stata in compagnia di Malfoy
solo
una decina di minuti.
“Non volete che
vi paghi?”
“Oh sì
giusto, sono 30
scellini”
“30 scellini non
valgono le
risposte che mi avete dato”
Ginevra stanca di quel
continuo battibeccare si voltò di scatto dirigendosi verso
la folla per
ammirare anche lei il numero di Hermione.
Hermione ballava ormai da
qualche minuto, ma non riusciva a concentrarsi e la danza non le
riusciva bene
come avrebbe voluto. Un ubriaco ballava, o per meglio dire saltava, ai
piedi
del palcoscenico e questo la disturbava molto, per di più
ogni tanto l’uomo
allungava una mano cercando di afferrarle una gamba. D’un
tratto senza che se
ne fosse minimamente accorta l’ubriaco era salito sul palco e
ora si muoveva
vicino a lei cercando di coinvolgerla nella sua frenetica danza.
“Scenda
immediatamente!”
disse Hermione smettendo di muoversi al suono della musica. Ma
l’uomo non parve
sentirla, anzi vedendola ferma le afferrò le braccia
scuotendola e facendola
roteare.
“La smetta mi sta
facendo
male” urlò forte Hermione strappando violentemente
le braccia dalla morsa
dell’ubriaco, mentre stavano già salendo sul palco
sia Harry che Blaise.
“Avanti bambina
fammi
divertire, continua a ballare” riprese a parlare mangiandosi
le parole l’uomo. Accortosi
che gli si stavano avvicinando i due giovani, afferrò i veli
del vestito di
Hermione e li strappò con forza. Essendo stati staccati dal
vestito con troppa
foga i fermagli dei veli ruppero la stoffa dei pochi abiti che
sarebbero dovuti
restare addosso a Hermione ed ora la ragazza cercava disperatamente di
tenere
assieme le spalline e il filo di pizzo del corpetto.
“Ora basta!
Tornatene a
casa o va in un fosso a vomitare” disse con rabbia Blaise
afferrando l’ubriaco
per le spalle e allontanandolo da Hermione. Ma non aveva calcolato la
forza
dell’uomo che con uno scatto di reni sorprese Blaise e Harry
e si diresse
nuovamente verso la ballerina.
“Dai su, fammi
sentire
quanto è caldo il sangue di una maledetta maga”
E allora Blaise e Harry non
dovettero più tenere fermo l’ubriaco ma Hermione
che, dimentica di essere quasi
nuda, si era scagliata addosso all’uomo colpendolo e
graffiandolo.
“Schifoso essere
strisciante
non provare mai più a chiamarmi maledetta maga
perché ti giuro, imparerò ad
usare le maledizioni proibite solo per farti soffrire per il resto
della tua
insulsa vita! Hai capito brutto verme?” Hermione
continuò ad inveire contro
l’uomo ora steso a terra anche quanto fu sollevata di peso da
Harry e portata
dietro il palcoscenico.
“Vattene via,
ora” disse
una volta che la ragazza fu scomparsa Blaise, e aveva un tono talmente
duro e
imponente che l’ubriaco si alzò tentennante da
terra e si diresse barcollando fuori
dal parco.
“Rispettabili
Signori e
adorate Signore, siamo spiacenti di avervi offerto contro la nostra
volontà quest’indegno
spettacolo di rabbia. Ora se volete riservarci ancora una piccola
porzione di fiducia,
saremmo lieti di allietare i vostri spiriti. Miei gentili ospiti
“Othello di
Shakespeare”.” Concluse Blaise con una romantica
riverenza, un attimo prima di
scomparire magicamente per lasciare posto ad una curata e bella
scenografia.
Ginevra non aveva aspettato
la fine del discorso di Blaise ed era corsa velocemente da Hermione che
ancora
si dibatteva fra le braccia di Harry.
“Insomma mi vuoi
lasciare o
no?”
“Solo se starai
buona e non
t’improvviserai pugile”
“D’accordo
sono calma”
disse Hermione sospirando per calmare i battiti impazziti del suo cuore.
“Hermione tutto
bene?”
disse preoccupata Ginevra avvicinandosi all’amica e
porgendole il suo scialle
per coprirsi.
“Sto benissimo
grazie. Hai
sentito cosa ha detto quel coso a forma di uomo?”
cominciò a parlare con
veemenza Hermione “Se mi si ripresenta davanti gli faccio
vedere di cosa è
capace questa maledetta maga!”
“Tu non farai
proprio
niente, già non siamo i benvenuti in pratica in nessun
posto, pensa come ci
tratteranno se cominci a vendicarti per un semplice insulto”
esclamò Harry
risoluto da dietro le spalle di Hermione accompagnando le parole con
gesti
secchi delle mani.
“Semplice insulto
un corno!
In ogni caso hai ragione, ora mi calmo, respiro e vado a vestirmi, ho
freddo
conciata così. Ginevra ma che fai, ti porti dietro il
lavoro?” chiese poi Hermione
quando voltatasi vide alle spalle di Ginevra il bel ragazzo di prima.
“Ma siete ancora
qui?”
disse scocciata Ginevra quando anche lei si accorse che Malfoy
l’aveva seguita
fino a lì.
“Non vi ho ancora
dato i
soldi e poi devo confessare d’essere molto curioso di vedere
gli sviluppi dello
spettacolo di poco fa” disse ironico l’uomo
passando in rassegna con gli occhi
tutti i presenti dietro il carro.
“Non sono affari
che vi
riguardano e…” ma la frase di Ginevra fu
interrotta da un grido lancinante e
gelido proveniente dal palcoscenico.
“È
tornato!” disse Ginevra
con apprensione e per istinto o per chissà quale motivo,
indietreggiò fino ad
arrivare vicino al petto di Draco.
“Tranquilla,
è Luna che sta
morendo” disse distratta Hermione mentre constatava i danni
al suo bel costume
di scena.
“Cosa?”
Ginevra allarmata e
al tempo stesso confusa sbirciò dalla tenda blu che divideva
il palco dalle
quinte. Luna era in camicia da notte e stesa su di un letto, mentre
Blaise la
guardava inorridito e sconvolto indietreggiando. Il pubblico era in
completo
silenzio, perso come gli attori nella finzione così reale di
quella scena.
“Perché
Luna deve morire?”
chiese curiosa Ginevra alternando lo sguardo da Hermione agli attori.
“È
Othello, una tragedia di
Shakespeare. Othello è sposato con Desdemona, la ama molto,
ma la sua tremenda
gelosia gli fa dubitare della sua fedeltà. Per un maligno
inganno Othello è
spinto a credere che Desdemona lo tradisca, così accecato
dalla rabbia la
uccide” disse Hermione con lo sguardo un po’
trasognato, coinvolta anche lei,
come il pubblico, nelle vicende tragiche della coppia di sposi.
“Alla fine
Othello scopre
l’inganno e comprende che Desdemona gli era sempre stata
fedele. Così si uccide
per la disperazione” concluse Harry.
“È una
storia tristissima”
disse Ginevra continuando ad osservare lo spettacolo.
“È un
monito a riporre la
propria fiducia e il proprio amore in poco persone degne di
custodirle” disse
Draco Malfoy irrompendo all’improvviso nei pensieri di
Ginevra.
“Voi non vi
fidate di
nessuno?” chiese allora Ginevra guardandolo negli occhi
intensamente per
cercare di carpire almeno in parte la contorta psiche di Malfoy.
“Di pochi e molto
poco”
“Un uomo non
può vivere
pienamente se non è capace di riporre in qualcuno la sua
vita senza remore o
timori” continuò Ginevra sempre più
presa da quella conversazione.
“Se si affida ad
una
persona il dominio del proprio destino e dei propri sentimenti si
finisce per
rimanere scottati a vita”
“Così
preferisce vivere la
sua vita rinchiuso a riccio, spaventato dal mondo e dalle persone
piuttosto che
essere felice correndo qualche rischio?”
“Non mi rinchiudo
a riccio,
semplicemente aspetto di aver bene giudicato una persona prima di
fidarmene
ciecamente tanto da scappare dalla mia famiglia e dai miei parenti per
vivere
da nomade e reietta”
“Se ne
vada” un sussurro
gelido uscì dalle labbra di Ginevra. L’atmosfera
si era fatta fredda e pesante,
Harry e Hermione ritennero più opportuno lasciare da sola
quella coppia di strani
personaggi guardarsi in cagnesco.
“No”
“Via”
“No”
disse con forza Malfoy
avvicinandosi a Ginevra ma continuando a guardarla con rabbia furente.
“Ti sei offesa
Ginevra?
Perché ho giudicato le tue decisioni e fatto vacillare la
convinzione che
fossero giuste, non è così?”
“Smettetela”
disse agitata
Ginevra allontanandosi da Malfoy che continuava ad avanzare.
“Certo che
è così. Non sei
mai stata sicura della tua scelta fin dal principio. E ora dove finisce
tutta
la tua bella fiducia tanto decantata?” disse in tono cattivo
e derisorio
Malfoy.
“Ora basta! Ho
permesso
alle vostre parole di farmi fin troppo male. Siete un uomo spregevole,
non mi
conoscete affatto eppure vi permettete di insultarmi e accusarmi di
essere una
bambina capricciosa. Ma la cosa più buffa di tutta questa
assurda storia è che
io sono davvero una bambina, e lo sei anche tu. Un piccolo bimbo al
quale non
sono state date abbastanza attenzioni perché possa aver
imparato a fidarsi e ad
amare veramente un’altra persona. Siamo solo
bambini” Ginevra ora aveva un tono
triste e angoscioso, la realtà che non aveva voluto vedere
fino a quel momento
le era piombata sui piedi con tanta violenza da lasciarla stordita. Ora
stava
lì, ferma a guardare Malfoy che ricambiava il suo sguardo
con stupore e
malinconia.
“Impareremo a
diventare
adulti” disse poi con tono determinato e allegro Malfoy.
“Ginevra Weasley
prometto che da oggi mi impegnerò al meglio delle mie forze
per farti crescere
in questo sciagurato mondo” continuò porgendo la
mano con fare solenne alla
ragazza. Ginevra inizialmente perplessa da quella strana uscita si
riprese
subito.
“Essia”
esclamò stringendo
con decisione la mano calda e grande del ragazzo “da oggi
Draco Malfoy t’insegnerò
a vivere”
Quei due strani ragazzi si
guardarono negli occhi ma questa volta non per insultarsi o prendersi
in giro,
si osservavano e basta. Ginevra non avrebbe mai voluto staccare gli
occhi da quelli
grigi di Malfoy, ma dovette ricordare a se stessa che nonostante quel
momento
di serenità loro si odiavano e sarebbe sempre stato
così. Lo sguardo le cadde
allora su una massa rosa e nera al limite del suo campo visivo. Un
ragazzo e
una ragazza si stavano avvicinando, tenendosi per mano, al resto del
pubblico.
Lei aveva fra i capelli una bellissima margherita bianca e sorrideva
felice al
pari del ragazzo che le camminava accanto. Ginevra non poteva credere
che quel
tipo un po’ mingherlino e allampato fosse lo stesso ragazzo
che aveva
incoraggiato a dichiararsi giusto quel pomeriggio.
“Credo che il
Signore sia
già impegnato, meglio se spostate la mira verso
altri” disse sarcastico e
stizzito Malfoy, geloso che un ragazzetto gli avesse rubato
l’attenzione dei
lucenti occhi verdi di Ginevra.
“Aveva paura di
dichiararsi, l’ho aiutato a farsi coraggio” disse
piano Ginevra inorgogliendosi
sempre più per l’ottimo risultato dei suoi
consigli. La ragazza parlava
vivacemente con un’amica e dal suo sguardo si poteva vedere
lontano miglia
quanto era felice e fiera del ragazzo che quel pomeriggio
l’aveva stupita con
un bacio leggero a fior di labbra. Ginevra guardandola con invidia si
chiese se
anche lei avesse un giorno potuto provare le stesse sensazioni.
Solo guardando quella
giovane donna Ginevra si ricordò le parole del padre che
l’avevano fatta
soffrire tanto.
“Primo
insegnamento Signor
Malfoy, tenetevelo a cuore perché potrebbe evitare che un
giorno vendiate
vostra figlia al primo venuto. L’amore esiste per
tutti!” disse raggiante
Ginevra regalando un sorriso bellissimo all’uomo che lo stava
aspettando da
tanto.
Ciao! Fine capitolo… vi è
piaciuto? Fatemelo sapere presto! Un bacio Giulia.
Per Blackangel: Ciao,
grazie mille per il bel commento davvero. Mi ha fatto molto piacere.
Scusami per
gli errori di battitura, rileggo i capitoli tante volte, ma conoscendo
già il
testo mi sfuggono degli errori. Se ce ne sono anche in questo capitolo
(ho
controllato tre volte!) scusa ma allora sono davvero un caso
disperato… La
ragione per cui ogni tanto chiamo Ginevra Virginia sta nel fatto che ho
incominciato a scrivere questa storia chiamandola Virginia poi ho
cambiato ma
mi è rimasta l’abitudine. Scusa guarda quanto ho
scritto ma quando comincio non
finisco più… spero che continuerai a farmi sapere
cosa ne pensi perché ci
tengo! A presto!
Grazie mille a tutti.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Il
suo costume era sicuramente da buttare. Hermione avvolta in una corta e
trasparente vestaglia era seduta con le gambe a penzoloni sul tetto del
carro-alloggio.
“Ma
guarda come me lo ha rovinato. È talmente pieno di strappi
che non si
troverebbe neppure un quadretto sano per farne un fazzoletto”
Hermione
in preda ad un impeto di rabbia appallottolò quel che
restava del suo vestito
di scena e lo lanciò quanto più lontano poteva,
ma essendo stoffa leggera non
riuscì ad oltrepassare l’albero più
vicino al carro. Ora, oltre ad essere
furiosa per l’ubriaco e per il suo spettacolo rovinato era
anche arrabbiata
perché quell’inutile palotto di stoffa non aveva
dato abbastanza importanza al
suo sfogo.
Si
accorse allora di una figura che avanzava verso di lei ondeggiando
leggermente.
Hermione sorrise malignamente sperando che quella persona fosse
l’ubriaco di
poco prima, e stava già facendosi mentalmente una lista di
tutte le magie e
sortilegi possibili da lanciargli contro. Ma, mano a mano che
l’ombra avanzava,
diventava sempre più chiaro il profilo di un ragazzo, magro
e con i capelli notevolmente
fuori posto.
“Non
è lui, mannaggia” pensò con stizza e
delusione Hermione mentre osservava
incuriosita il nuovo arrivato avvicinarsi.
Ora
lo poteva vedere chiaramente dall’alto del carro, era a meno
di cinque metri da
lei ma non si era accorto di essere osservato. Il ragazzo si
chinò a
raccogliere la pallina di stoffa vicino all’albero e la
spiegò, probabilmente
cercando di capire cosa poteva essere.
“Quello
è mio” disse Hermione facendosi notare dal ragazzo
per poter finalmente vedere
il suo viso. Era un ragazzo molto carino, aveva in viso
un’espressione stupita
e un po’ allucinata, il che le fece una gran tenerezza.
Hermione sorrise a quel
ragazzo dai lucenti occhi azzurri, sperando che non la prendesse per
pazza o
scappasse. Ma il ragazzo considerava Hermione in tutti i modi
fuorché pazza.
Vedere stagliato contro la luce bianca della luna, il profilo armonioso
e
tondeggiante di quella strana ragazza, aveva risvegliato in lui un
calore
profondo, assopito nel suo cuore da troppo tempo.
“Hermione”
“I-Il
vestito?”
“No”
esclamò sorridendo la ragazza “io sono
Hermione”
“Oh
sì giusto” disse imbarazzato il ragazzo,
abbassando lo sguardo sul tessuto che
teneva ancora fra le mani.
Hermione
rimase ad osservare perplessa il volto del ragazzo, muovendo da un lato
all’altro la testa per cercare di attirare di nuovo
l’attenzione su di sé.
“Non
ti piaccio?”
“Eh?”
“Non
mi vuoi dire il tuo nome, forse perché non credi che abbia
l’aria simpatica”
“Scusatemi,
sono Ron piacere di conoscervi” disse poi il ragazzo, mentre
il lieve rossore
nato sulle guance si diradava.
“Piacere
mio. Dimmi Ron cosa ti porta in un paesino sperduto nella campagna a
raccogliere gli abiti di una maga sventurata?” disse Hermione
con spavalderia.
Non sapeva neppure lei perché si era messa a parlare con
quel tipo, ma le
piaceva e poi adorava sentirsi padrona della situazione.
Ron
si fece coraggio, ricacciò indietro la timidezza che troppo
spesso prendeva il
sopravvento sulle sue azioni e si avvicinò fino ad arrivare
quasi a sfiorare
con il viso i piedi nudi della ragazza.
“Forse
dovrei rispondervi che sono semplicemente in cerca di mia sorella. Ora
che sono
qui, però credo di essere venuto solo per trovare nascosta
fra gli alberi una
bellissima fata al chiaro di luna”
La
voce fresca e dolce di Ron sfiorò le corde del cuore di
Hermione tanto da
lasciarla senza parole, lei, che per tutta la sua vita non aveva avuto
paura di
rispondere a nessuno fosse un mendicante o un re. D’un tratto
si sentì troppo
svestita, le lunghe gambe nude che fino ad un momento prima aveva
lasciato
dondolare nel vuoto ora erano motivo d’imbarazzo e la leggera
vestaglia non si
adattava più alla situazione. “Sto arrossendo!
Ballo seminuda davanti a centinaia
di persone e arrossisco perché un ragazzo strampalato con i
capelli rossi e
sconvolti mi paragona ad una fata. Smetti di battere così
forte cuore perché
vorrebbe dire che sono vulnerabile”
Hermione
ritrasse di scatto le gambe rannicchiandole vicino al petto e si
avvolse
attorno alle spalle lo scialle di Ginevra che aveva ancora con
sé.
“Vi
nascondete? Sono io ora ad avere l’aria
antipatica?” disse dolce e un po’
sarcastico Ron.
Hermione
guardò in malo modo Ron, offesa dal fatto di essere stata
derisa dalle sue
stesse parole. Il suo spirito combattivo era tornato ad essere
più forte di
quella strana sensazione di pudore che per pochi attimi si era
impadronita di
lei.
“Più
che antipatica hai l’aria di un cucciolo strapazzato da un
acquazzone. Dovresti
imparare l’antica arte del pettine? Ti potrebbe fare
comodo”
“So
cos’è un pettine grazie” disse stizzito
il ragazzo “il fatto è che non vogliono
stare a posto”
L’immagine
di Ron concentrato a schiacciarsi i capelli sulla testa era troppo
divertente
anche per l’animo arrabbiato di Hermione. La ragazza
scoppiò a ridere e la sua
risata era talmente dolce e coinvolgente che anche Ron, dopo aver
guardato con
perplessità Hermione, si mise a ridere.
“Non
guardi lo spettacolo?”
“No,
ero venuto a fare un giro da queste parti perché speravo di
trovare mia
sorella. Io e mio padre la stiamo cercando da due giorni ma ancora non
siamo
riusciti a trovarla”
“Oh
mi dispiace” disse Hermione seriamente rattristata per il
dramma di Ron.
Poi
la sua espressione cambiò in un lampo. Capelli rossi, lievi
lentiggini e
corporatura magra, quello era il fratello di Ginevra! “Ma si
può sapere perché
gli impicci di mole gigantesca capitano tutti a me? Perché
il guaio più grande
che può avere Luna è trovare un ragno nel letto e
a me capita di incontrare il
fratello di una mia amica fuggitiva? E trovarlo molto carino per
giunta!”
“Spero
davvero che stia bene. Ginevra è una ragazza molto
indipendente per la sua età
ma a volte tende ad essere troppo impulsiva, agendo senza conoscere le
conseguenze”
disse Ron pensando con angoscia al destino di sua sorella.
“Sono
sicura che sta bene” disse Hermione con un sorriso forse
troppo marcato. La ragazza
non sapeva cosa fare, stava lì seduta sul tetto del carro a
torcersi le mani e
si guardava frenetica intorno cercando un qualche aiuto.
“Lo
spero tanto, mio padre la sta cercando in paese mentre altri tre suoi
amici
perlustrano i dintorni nella campagna. Pensate che non so neppure
perché è
scappata, mio padre non vuole parlare” disse con rabbia Ron
ripensando alla
mattina prima quando entrato nella camera di Ginevra l’aveva
trovata vuota. Sapeva
che suo padre era coinvolto, se non ne era la causa, della fuga di
Ginevra ma
non era riuscito, nonostante le tante domande a far confessare Arthur
Weasley.
“Ripartirete
domani?” chiese Hermione per cercare di cambiare argomento.
“Probabilmente
resteremo qui per qualche altro giorno, poi forse andremo verso
Londra”
“Beh…
forse dovreste raggiungere vostro padre o si
preoccuperà” Hermione doveva
trovare il modo di correre da Ginevra per avvisarla che la sua famiglia
era lì
e la stava cercando.
“Fra
tutte le cose che può fare mio padre preoccuparsi per me
è l’ultima nella
lista. Comunque penso che mi raggiungerà qui fra
poco”
“Sempre
felice di sapere che le cose vanno di bene in meglio! Quando aveva
intenzione
di dirmi che stava per arrivare il commerciante di figlie?”
pensò al limite
dell’agitazione Hermione.
“Scusa,
devo andare!” disse poi tutto d’un fiato la ragazza
alzandosi e saltando come
una gatta giù dal carro per poi iniziare subito a correre
verso il palcoscenico
poco lontano. Ron rimase a guardare perplesso e stupito la ragazza
sgusciare
via dal suo sguardo in un fruscio di stoffa bianca. Il suo primo
istinto fu di
seguire Hermione nella sua bizzarra corsa ma poi la timidezza lo fece
desistere.
“Cosa
le dico? Ciao sono venuto ad impicciarmi dei fatti tuoi, in ogni caso
ti
ricordi di me? Sono quel tipo strano che ti ha raccolto un vestito
distrutto da
terra. A proposito lo sai che sei bellissima e mi hai incantato il
cuore?” Ron
sconsolato si diresse fuori dal piccolo parco andando incontro a suo
padre.
“Hermione,
cara, cosa succede? Hai visto un fantasma?” disse Christine
quando vide la
ragazza correre trafelata verso di lei. L’anziana signora si
era unita a
Ginevra e Draco qualche minuto prima quando aggirando il palco aveva
trovato i
due ragazzi fermi a fissarsi. Christine aveva già capito
come quei due assieme
erano come il fuoco e il vento, l’uno aizzava
l’altro, così con un sorriso si
era avvicinata alla coppia cercando di evitare che scoppiasse un
finimondo.
“Tuo…padre”
riuscì a dire Hermione fra i profondi respiri che faceva per
riprendere fiato
dopo la corsa.
“Mio
padre è morto nel 1785, ed è seppellito nel
cimitero di Hillary vicino a Londra.
Faceva il carpentiere.”
“Non
tuo padre” disse Hermione al limite
dell’esasperazione “suo padre” concluse
indicando Ginevra.
La
ragazza si sentì mancare il cuore per un attimo, come se
fosse stato
risucchiato dalla tanta paura provata in un solo secondo.
“È
qui?” chiese infine con voce tremante guardandosi
furiosamente attorno.
“Sta
arrivando, meglio se ti nascondi”
“Dove
lo hai visto?”
“Ecco,
non l’ho proprio visto. Diciamo mi hanno
informato…ma poi scusa che importanza
ha? Tuo padre è qui e se ti trova ti trascina per i capelli
a casa!” disse
impacciata Hermione mentre le guance si coloravano di porpora. Non
aveva avuto
il coraggio di dire a Ginevra di avere incontrato suo fratello.
“Hai
ragione, ma cosa faccio? Mi tremano le gambe” disse sempre
più agitata Ginevra
spostando lo sguardo alternativamente da Hermione a Christine.
“Vieni
con me” disse all’improvviso Malfoy da dietro le
sue spalle.
“Il
lombrico che avete nel cervello vi ha mangiato l’ultimo
granello d’intelligenza?
Non vengo con voi!”
“Avanti
Ginevra pensaci bene. Ammettiamolo tuo padre non è
l’uomo più arguto
d’Inghilterra, ma quanto pensi che ci metterà a
capire che sei nascosta qui? Di
sicuro presto si ricorderà di aver visto la compagnia di
maghi al tuo paese e capirà
subito che sei fuggita con loro. Meglio se per questa sera non ti fai
più
vedere in giro. Raggiungerai i tuoi compagni domani mattina presto
prima di
partire” spiegò con pazienza Malfoy. Ginevra
continuò a mantenere la stessa
espressione di una bimba, persa fra la folla di una fiera, che si
guarda in
giro spaesata cercando i genitori.
“Il
suo modo di pensare Signore si addice pienamente alla sua figura. Gli
uomini
alti e imponenti diventano ridicoli con una intelligenza mediocre e
sciatta”
“Grazie
Signora Christine, lei ha un interessante nuovo lato da scoprire ad
ogni frase
che pronuncia” disse Draco rimasto piacevolmente sorpreso dal
complimento di
Christine.
“Grazie
lo so” disse sorridendo orgogliosa la donna
“tornando al problemino di Ginevra,
cara credo sia meglio se vai con il Signore. Sarai al sicuro e potrai
riposare
serena. Tornerai con calma domani mattina verso le sei quando
partiremo”
“Christine
non voglio andare con il Signore” disse decisa Ginevra anche
sapeva che era la
cosa migliore da fare “non voglio finire in un
bordello”
“Porterete
Ginevra fra le prostitute?” domandò diretta
Christine.
“Signora
non potrei mai, non ci sono bordelli qui” disse ironico
Malfoy guardando dritto
negli occhi Ginevra che si stava già infervorando.
“Perfetto
dunque. Per questa volta Ginevra sei salva, ora va con il
Signore” disse con il
suo solito tono calmo e tranquillo Christine. Sembrava che i problemi o
le
discussioni non toccassero minimamente il suo umore, semplicemente le
scivolavano addosso come acqua fresca.
Stavano
camminando ormai da un bel po’, il paese non era molto grande
così non avevano
preso una carrozza, ma Ginevra pensava che Malfoy alloggiasse
nell’alberghetto
del paese e quando lo avevano oltrepassato spediti gli aveva chiesto
come mai
non si fossero fermati lì. Si era sentita rispondere in tono
sbrigativo “Non
alloggio in catapecchie pericolanti”.
“Povero
piccolo! Il suo tenero ego è troppo smisurato e superiore
per entrare in un
semplice albero. Come avrò fatto ad essere così
sciocca da non pensarci proprio
non lo so” pensò oltremodo arrabbiata Ginevra.
“Dove
stiamo andando di preciso allora? Vi avverto se mi accorgo che mi
portate in un
luogo isolato e buio…”
“Tranquillizzati
Ginevra, siamo diretti nella casa di un conoscente. Piuttosto non mi
dai più
del tu? Fino a poco fa sembrava che ti fossi abituata alla nostra nuova
intimità”
“L’intimità,
se così vogliamo chiamarla, è svanita in pochi
attimi e temo non tornerà mai
più. Quindi non vedo perché continuare a darvi
del tu”
“Perché
io ti piaccio Ginevra, e anche tanto” disse Malfoy guardando
la ragazza con
sfida.
La
sensazione di calore era tornata ad inondare Ginevra, tutta colpa del
suo cuore
traditore sempre pronto a sussultare ad ogni frase troppo indiscreta di
Malfoy.
“Con
un’intelligenza tanto sviluppata come la vostra ancora vi
dilettate a dire
scemenze?”
Malfoy
si limitò a guardarla con sarcasmo e ironia, il che fece
infuriare da matti
Ginevra.
“Signor
Malfoy le comunico con immensa gioia che non ho la minima intenzione di
stare
in sua compagnia un secondo di più. Addio”
Draco
Malfoy rimase immobile a guardare fisso la figura di Ginevra girarsi e
trotterellare via verso il paese. In vita sua non aveva mai incontrato
una
persona più strana di lei, un secondo pensava di aver capito
il suo carattere e
l’attimo seguente quella ragazza se ne usciva fuori con gesti
o parole
imprevedibili. Lo sconvolgeva completamente e, in meno di due giorni,
era
riuscita ad entrare tanto profondamente in lui da non riuscire
più a non farla
diventare parte di ogni suo pensiero.
“Al
diavolo Malfoy, al diavolo il mio stupido cuore, al diavolo questa
strana
vocina che mi ronza nella mente e mi dice di seguire quel maledetto. Ma
guarda
che situazione!” pensò rabbiosa Ginevra.
“Ma
cosa fate?” gridò Ginevra quando si
ritrovò in un attimo in precario equilibrio
su una spalla di Malfoy.
“Preferisci
che ti tenda in braccio come una novella sposa?” disse
sorridendo allegramente
il ragazzo mentre invertiva il senso di marcia e si dirigeva verso la
campagna
aperta.
“Per
l’amor del cielo no!” trillò Ginevra
arrossendo.
“Esigo
di essere posata a terra” disse la ragazza dopo che ebbe
fatto un profondo
respiro per acquietare la rabbia.
“Signor
Malfoy, sono perfettamente in grado di reggermi in piedi senza sostegni
dall’età di due anni e vi assicuro che vedere la
vostra aitante figura ancora
non mi fa tremare tanto le ginocchia da aver bisogno di
aiuto” continuò Ginevra
alterandosi leggermente dato che Malfoy non dava segni di voler
rispondere.
“Mettetemi
giù! Subito, voglio scendere” cominciò
a strillare Ginevra agitando braccia e
mani convulsamente cercando di colpire o perlomeno dare fastidio al suo
sgradito portantino. L’unico risultato che ottenne
però fu quello di
schiacciare dolorosamente lo stomaco contro la spalla di Malfoy. Alla
fine decise
di rassegnarsi, con la forza non avrebbe risolto nulla, decise di
optare per la
diplomazia.
“Verrò
con voi”
“Mi
avete sentito? Non tenterò più di tornare in
dietro”
“La
sentite questa vocina provenire dalla vostra schiena? Non è
un’allucinazione
della vostra mente bacata, è reale. E non appartiene ad un
sacco di patate, ma
è di una ragazza, un essere umano che fra poco
perderà i sensi per tutto il
sangue defluito nel suo cervello!” concluse quasi urlando
Ginevra.
“Siamo
arrivati. Ricordami, se mai me ne scorderò, di non prenderti
più in braccio,
ne va del mio udito”
Appena
Ginevra mise piede per terra si raddrizzò di scatto e si
scagliò contro il
ragazzo pronta a rovinargli quel bel viso a furia di graffi. Non
calcolò
minimamente di essere stata in una posizione strana per diverso tempo e
che il
sangue scivolando via in fretta dalla testa le avrebbe provocato un
leggero
capogiro. Ed ora era per terra, si era seduta di scatto, appena aveva
avvertito
mancarle la vista, tanto velocemente che Malfoy per qualche secondo non
riuscì
a capire dove era finita.
Miliardi
di piccole lucette argentee le vorticavano furiosamente davanti agli
occhi
senza mai fermarsi. Piano cominciarono a diradarsi leggermente, tanto
che
Ginevra poté cominciare a vedere più nitidamente
il panorama attorno a lei. Fra
i bagliori lampeggianti riuscì a distinguere la sagoma di
una costruzione, una
casa molto grande. Strinse forte gli occhi e quando li
riaprì non c’era più
traccia di luci nel suo sguardo.
“Mi
avete portato in una reggia?” chiese trasognata la ragazza
quando finalmente
poté ammirare i reali contorni della casa.
Malfoy
guardò la ragazza con una strana sorta di compassione.
“Primo
insegnamento Ginevra, questa è una semplice dimora di
campagna, una reggia è un
sogno ad occhi aperti che prometto ti farò vivere”
Nuovo
capitolo! Spero vi piaccia, io mi sono divertita un sacco a scriverlo!
Scusate
il ritardo ma il mio computer per qualche giorno non mi apriva
più niente,
nemmeno una cartella. Credo sia di sesso femminile e per qualche giorno
al mese
ha anche lui le sue cose, vuole essere lasciata in pace a riposare (non
sono
una gran esperta di elettronica…). Fatemi sapere cosa ne
pensate al più presto.
Un bacione.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7
“Volete una tazza di tè
Signore? Rilassa lo stomaco in trambusto”
“No Signora, per
la seconda
volta non lo voglio il suo tè. Voglio sapere
dov’è mia figlia”
“Per la terza
volta
Signore, non so di cosa parla”
Christine e Arthur Weasley
stavano intavolando questa bizzarra conversazione da quasi cinque
minuti ed
entrambi stavano cominciando a dare segni di nervosismo.
“Mi avete fatto
perdere
abbastanza tempo con le vostre inutili ciarle. So per certo che mia
figlia ha
trovato asilo presso di voi e ora, data la mia posizione di padre, la
riprendo
con me, volente o nolente” tuonò il Signor Weasley
facendo sentire la sua voce
anche ai ragazzi che dentro i camerini stavano togliendosi i costumi di
scena.
“Signora giuro su
quello
che vuole che se Ginevra non salta fuori entro cinque secondi le
ribalto i
carri e li riduco in segatura fin tanto che neppure un insetto
riuscirebbe a
trovarvi riparo dalla pioggia”
“Signore ho ormai
sessantacinque anni, quasi un primato considerando i tempi che
corrono”
cominciò a parlare calma ma stranamente secca Christine
“da cinquanta anni
faccio questo mestiere. In vita mia ho sopportato il freddo pungente,
gli
insulti, e le vendette più insensate e folli, crede
seriamente che ora, vecchia
come sono, mi faccia intimidire da un ometto venuto da
chissà dove? Sua figlia
non è qui e spero con tutto il cuore che lei non possa mai
ritrovarla”
Arthur Weasley ebbe il
primordiale impulso di scagliarsi come una furia verso la donna ma la
sua parte
razionale e saggia gli impose la calma. Ma non per questo avrebbe
rinunciato,
Ginevra era fuggita con quelle persone e lui l’avrebbe
ritrovata, a costo di
inseguirla in capo al mondo.
“Troverò
mia figlia,
statene certa. Arrivederci Signora” disse gelido
l’uomo prima di girarsi di
scatto e andarsene impettito e infuriato come un gallo.
Christine rimase ferma a
guardarlo con un’espressione triste e perplessa in viso.
“Sei preoccupata
per
Ginevra?” chiese cauta Hermione appena sopraggiunta alle sue
spalle.
“Non ha voluto
neanche una
tazza di tè, mi dispiace” disse imbronciata
l’anziana signora.
“Christine a
volte penso
che tu non viva realmente in questo mondo” disse provocatoria
la giovane maga.
Ma Christine si limitò a sorridere dolcemente.
Ginevra uscì sul
balcone di
quella che per una sera sarebbe stata la sua camera da letto,
chiedendosi come
facesse un semplice terrazzo ad essere così bello. Tutto in
quella casa era
meraviglioso, dal giardino con le sue piante e i suoi fiori, dalla
camera da
letto, per cui ancora la ragazza doveva trovare un aggettivo adatto a
descriverla, fino al Signor Thomson il proprietario della villa.
“Signorina
entrate in casa,
comincia a fare troppo freddo per restare fuori la notte”
“Ma mi ha
sentito?” chiese
insicuro il Signor Thomson a Malfoy vedendo che la ragazza non
accennava a
muoversi.
“Si è
incantata, sembra sia
una sua particolare dote” rispose svogliato Malfoy mentre,
comodamente seduto
sorseggiava il suo tè “voi non fateci
caso”
Il padrone di casa allora
tornò a guardare Ginevra con lo sguardo ancora perso fra i
campi avvolti dal
buio. Non si era sorpreso quando il suo amico era tornato a casa con
una così
bella ragazza, quello che lo aveva incuriosito era il modo in cui lui
la
trattata e la guardava. Draco non perdeva occasione per sfiorarla o
starle
vicino eppure lei si allontanava di scatto arrossendo, anche se
continuava
comunque a cercare lo sguardo del ragazzo. Formavano una coppia
seriamente
bizzarra ma molto pittoresca.
Qualcosa le era saltato
addosso. Qualcosa di grosso, pesante e peloso. Ginevra
lanciò un grido quando
il grande gatto le balzò sulla schiena restando per qualche
istante in precario
equilibrio sulle sue spalle. Poi quando la ragazza
incominciò una folle danza
isterica per liberarsi di quello che per lei era un indefinito e
pericoloso
essere, il gattone scese a terra con un balzo.
“Se continui a
girare così
farai un buco nel pavimento” disse sarcastico Malfoy scattato
in piedi appena
sentito l’urlo di Ginevra.
“Cos’è?
Dov’è andato? Mi è
ancora addosso?” disse in preda all’agitazione
Ginevra che non aveva ancora
smesso di rigirarsi e controllare se non aveva cose strane sulle
spalle.
“Guarda vicino ai
tuoi
piedi”
Un gatto! Ginevra
abbassò
lo sguardo e immediatamente nel secondo dopo aver capito di essersi
agitata come
una pazza per un gatto, si sentì molto sciocca. Era un bel
micio grasso bianco
e nero, ma i due colori erano talmente mischiati che creavano
un’incredibile
confusione sulla sua schiena.
“Questo gatto mi
giudica
pazza” disse con immensa serietà Ginevra guardando
gli occhi neri e
scintillanti del micio. Sembrava la stesse prendendo in giro e che
pensasse
“Tesoro quasi non valgo tutte queste urla isteriche”
“Probabilmente
anche la sua
intelligenza si adatta alla stazza”
Ginevra inviperita
sorpassò
con uno svolazzo sia il gatto che Malfoy e si andò a
rifugiare in bagno.
“Ci mancava il
gatto. Mio
padre, Malfoy e i vari clienti depressi non bastavano a farmi uscire
abbastanza
di testa” borbottò fra sé e
sé mentre chiudeva la porta del bagno con tragica
solennità.
“Non è
mio il gatto” disse
con timore il Signor Thomson. Non aveva osato parlare durante tutta la
bizzarra
scena di poco prima per paura di essere aggredito da uno di quei tre
folli
esseri viventi che nel giro di qualche minuto avevano riempito casa
sua.
“Lo so,
è suo” si sentì
rispondere da Malfoy.
“Non credo che la
Signorina
Ginevra voglia tenerselo”
“Questo
è certo, ma il
gatto vuole restare con lei quindi ora è il suo”
disse piano Malfoy chinandosi
verso il micio per accarezzarlo sul morbido collo “ti piace
vero? È un po’
matta, ma è fantastica”
“Eddie puoi
chiedere a
qualcuno di preparare il letto nella stanza accanto?” chiese
infine Malfoy
quando si fu rialzato da terra.
“Certo, ma
credevo che
restassi qui”
“Non avrei nulla
in
contrario a restare se la signorina fosse d’accordo, ma visto
che per il
momento ha centinaia di ragioni per odiarmi mi limiterò a
dormire nella stanza
vicino a questa”
“Vado subito a
cercare
Rosie” e così dicendo uscì dalla stanza
in cerca della cameriera. Aveva
decisamente rinunciato a capire quei due ragazzi, stavano giocando ad
un gioco
di cui solo loro conoscevano le regole.
La rabbia di Ginevra stava
aumentando a dismisura.
“Maledetta me.
Come può la
mia mente permettere al mio corpo di subire un tale trambusto emotivo.
Ora lo
so, comincerò a dimagrire o ingrassare dipende dai casi, in
ogni modo se non la
smetto di essere continuamente agitata il mio fisico è
condannato alla rovina”
brontolò da sola Ginevra mentre si sfilava il vestito da
chiromante e si
sciacquava il viso. Decise di concedersi un bagno, chissà
quando avrebbe avuto
ancora la possibilità di lavarsi i capelli in modo decente.
L’acqua calda della
vasca la fece rilassare e le sembrava quasi che i muscoli le facessero
male
mentre scaricavano tutta la tensione accumulata di quei giorni. Quando
uscì
dalla vasca si sentì rinata, la sua pelle era tornata
morbida e i suoi capelli
finalmente non erano più secchi e avviliti ma avevano
ritrovato il loro vitreo
splendore.
“Profuma anche
l’asciugamano, ma che bellezza. Mi sembra di essere una
principessa” pensò
estasiata mentre si tamponava i capelli seduta su di una sedia. Il suo
fantasticare sognante però fu interrotto da un lieve bussare
alla porta.
“Signorina sono
Rosie, la
cameriera. Le ho portato una camicia da notte. La lascio qui
fuori?”
“Eh? No arrivo,
un secondo”
rispose Ginevra confusa. Si trovò davanti il viso tondo e
sorridente di una
donna di mezza età, che le passò con gentilezza
una camicia ben piegata.
“Buonanotte
Signorina. Mi
troverete nella camera in fondo al corridoio, chiamate se vi occorre
qualcosa”
disse poi con un inchino prima di dileguarsi velocemente.
“Grazie
Signora” bisbigliò
confusa Ginevra, ma la cameriera era già fuori della stanza.
Aveva avuto la
strana sensazione che quella donna la guardasse con
complicità e ammirazione ma
non sapeva trovarne il motivo.
Spiegando la camicia rimase
ancora più stupita di prima. La leggera e fresca seta rosa
della vestaglia
fasciava morbida il suo corpo arrossato dagli asciugamani ruvidi. Per
essere un
semplice pigiama era davvero esagerato. Le arrivava a mala pena al
ginocchio e
aveva una profonda scollatura a cerchio guarnita con un lieve pizzo di
rosa
intenso.
“Scusa ma quella
cameriera
dove pensa che debba andare con questa roba addosso? Chissà
quante pieghe
orribili farò a questa meraviglia dormendoci
sopra”
Ginevra osservò
il suo
riflesso nel grande specchio del bagno, le stava benissimo.
“Vorrà
dire che farò finta
di essere una dama aristocratica per questa notte” E
drizzando la schiena uscì,
con quella che lei sperava fosse eleganza, dal bagno.
“Dovete essere
un’allucinazione dovuta al caldo del fuoco perché
in terra non può esistere un
essere tanto bello”
“Siete rimasto
qui tutto
questo tempo?” domandò Ginevra trovando a pochi
metri da lei Malfoy seduto
vicino al fuoco.
“Vi
aspettavo”
“Non vi dovevate
disturbare. Comunque sono riuscita ad uscire sana e salva dal bagno,
quindi non
c’è più bisogno che vegliate su di
me” Non aveva la minima intenzione di
litigare, ne aveva avuto abbastanza per quel giorno. Così
cercò di non far caso
a lui, mentre sistemava ordinatamente sul letto il suo vestito. La cosa
si
rivelò più difficile del previsto. Poteva sentire
gli occhi del ragazzo
scrutare ogni minimo particolare nel suo corpo, ma la cosa che le
risultava più
strana era la sua reazione. Non era arrabbiata o infastidita come
avrebbe
voluto essere, sentiva invece uno strano piacere, inatteso e bruciante,
pervaderla completamente fino a farle desiderare di essere guardata da
lui per
sempre. Si voltò piano e ancor più lentamente si
diresse verso il suo attento
osservatore. Era ammaliata dai suoi occhi, dal suo sguardo tanto
intenso da
bloccarle il respiro e farla avvampare. Se in quel momento lui si fosse
alzato
e l’avesse divorata di baci e carezze per tutta la notte, lei
non avrebbe più
avuto la forza di staccarsi da lui. Se quel giorno in cima alle scale
di casa
sua Malfoy avesse avuto il tempo di baciarla tutta questa situazione
non
esisterebbe, perché sarebbe andata contro a tutto
ciò che aveva di più caro,
pur di restare assieme a quell’uomo venuto dal nulla.
Fortunatamente per
Ginevra, Malfoy non sapeva niente di tutto questo e rimase seduto a
guardala
avanzare con tutta la sua innata grazia.
“Sei una delle
poche cose
al mondo che sanno catturare così voracemente i miei
desideri” disse piano
Draco, continuando a tenere gli occhi fissi su Ginevra ora ferma
dinnanzi a
lui. La ragazza si sentì arrossire, ma rimase immobile,
inebriata da quegli
occhi e dal piacere che le facevano provare. In un secondo lo aveva
fatto. Si
era chinata e aveva sfiorato leggera le sue labbra alla guancia del
ragazzo
rimasto fermo per lo stupore e l’imprevedibilità
del gesto. Poteva ancora
sentire il lieve calore del suo respiro e il dolce tocco delle labbra
sulla sua
guancia mentre, guardando la ragazza correre a sedersi vicino al fuoco,
aspettata che il suo cuore smettesse di battere tanto velocemente.
“Perché?”
“Per non avermi
mai
baciata. Non avrei mai conosciuto Hermione, Luna, Christine o Harry,
tutti
insomma, se non fosse per quel bacio non dato” disse
sorridendo sollevata
Ginevra. Si sentiva finalmente in pace con se stessa e felice. Certo
non è che
Malfoy avesse contribuito in parte così grande alla
creazione della sua nuova
vita, ma aveva sentito un moto di gratitudine immensa salirle verso la
gola e
aveva agito d’impulso.
“Dove pensavate
di finire
se vi avessi baciato?” chiese curioso Malfoy.
“Dove siete
andato una
volta uscito da casa mia l’altro giorno?”
“Alla
taverna”
“Allora credo
proprio che
sarei finita alla taverna anche io” sussurrò
Ginevra timorosa di dire quelle
parole per paura di mostrare la sua debolezza.
Draco Malfoy, uomo dotato
di grande perspicacia e intuizione, rimase interdetto. Non sarebbe mai
riuscito
a capire quella dolce creatura di luce talmente sorprendente da
lasciarlo senza
fiato. Era terribilmente bella, sedeva composta a terra davanti al
camino e si
pettinava distrattamente i capelli cercando di nascondergli il viso in
fiamme.
Mai in vita sua aveva provato un tale rimescolamento di sentimenti, a
volte
sentiva di non sopportarla mentre in altri momenti, come in questo,
provava
tenerezza e un incontrollabile desiderio.
“E lui cosa ci fa
qui?”
esclamò Ginevra quando il gatto che poco prima
l’aveva stupidamente spaventata,
le passò davanti con aria fiera per andare ad
appallottolarsi ai piedi di
Malfoy.
“Ma è
il vostro gatto?”
domandò stupita.
“No, ma questo
bel gatto è
arrivato alla mia stessa conclusione”
“Ossia?”
“Non ha
intenzione di
allontanarsi da voi” disse con voce calda e vibrante il
ragazzo. Ginevra sentì
rassegnata il suo stomaco fare un sobbalzo.
“Ma io non voglio
gatti”
“Credo non gli
importi
molto di quello che pensate. Ha deciso di stare con voi e
basta”
“Voi e quel gatto
v’intendete
a meraviglia”
“Desideriamo le
stesse
cose”
“Se mai dovessi
incominciare a fare l’attrice non ci sarà bisogno
di tingermi le guance di
rosso. Basterà che ci sia lui fra il pubblico e
avrò una tonalità porpora
assicurata per ore” pensò sarcastica Ginevra
arrabbiandosi con se stessa per il
suo continuo avvampare.
“Comunque sia non
credo che
Dragonfly gradirà la sua presenza nella compagnia”
“Questa
è una questione che
discuteranno in privato loro due” esclamò serio
Malfoy.
Ginevra guardò
perplessa
Malfoy, poi spostò lo sguardo sulla palla di pelo che
dormiva sul tappeto.
“Così
vuoi restare con me?”
disse in un sussurro la ragazza avvicinandosi piano al gatto. Per tutta
risposta lui si alzò e frullando più volte su se
stesso si arrotolò di nuovo
dandole la schiena.
“Ehi, guardami
negli occhi
quando ti parlo” protestò offesa Ginevra. Vedendo
che l’animale non dava segni
di vita, si acquattò vicino a lui e prese a stuzzicargli con
le dita le fini
orecchie.
“Ahi, mi ha
graffiata!”
urlò più sorpresa che arrabbiata voltandosi a
guardare Malfoy come se lui
potesse dirle il perché di quel cattivo gesto.
“Gli avete dato
fastidio e
lui vi ha fatto notare che non era il caso” disse con
semplicità il ragazzo.
“Prendetelo voi,
sareste
una coppia perfetta. Scorbutici e intrattabili tutti e due”
disse piccata
Ginevra tornando a sedersi vicino al fuoco.
“Suvvia, ci
sarà qualcosa
che ti piace in noi. Altrimenti non staresti qui” disse
provocatorio.
“Quando lo
troverò, ve lo
comunicherò seduta stante” rispose melensa la
ragazza.
“Perché
porti sempre quel
ciondolo?” chiese Malfoy interrompendo il lungo silenzio che
si era creato dopo
la frase di Ginevra. Aveva notato già dal primo giorno il
bel ciondolo che
Ginevra portava al collo, e ora era curioso di sapere dove si fosse
procurata
una pietra tanto bella e rara in Inghilterra.
La ragazza portò
istintivamente le mani al piccolo pendaglio dalla forma contorta,
sorridendo
pensando a tutti i ricordi che erano legati a quella pietra.
“Era di mia
madre. Quando
aveva dodici anni, in una gita in campagna con la famiglia,
trovò uno strano
sassolino sulle rive di un fiume. Le piaceva molto perché
era diverso dagli
altri, non si lasciava trasportare dalla corrente ma rimaneva saldo al
suo
posto. Solo quando lo portò da un orefice scoprì
che si trattava di
un’ametista”
“Doveva valere
una fortuna.
È ancora una pietra molto apprezzata ma non ha lo stesso
valore di cinquanta
anni fa”
“Sempre soldi eh?
In ogni
caso per mia madre quel ciondolo significava molto di più.
Esattamente un mese
dopo aver trovato l’ametista, la prima volta che se la mise
al collo, incontrò
mio padre e s’innamorò perdutamente. Mia madre
diceva sempre che questa pietra
conosce il segreto dell’amore”
“Segreto?”
“Signor Malfoy,
Molly
Weasley era fondamentalmente una donna fuori di testa, e molta della
sua pazzia
l’ha allegramente tramandata a me. Ora, visto e considerato
che sono matta, non
mi riesce difficile pensare che questo semplice sasso sappia
cos’è l’amore,
come faceva, del resto, mia madre. Ma capisco che per un estraneo, una
persona
sana di mente intendo, tutto questo possa sembrare illogico e stupido.
In
conclusione, non ho la più pallida idea di quello che voleva
dire mia madre, ma
ci credo ciecamente lo stesso”
“La Signora
Weasley doveva
essere una persona molto speciale e allegra”
“Si”
disse con triste
dolcezza Ginevra “era cordiale con tutti, piena di care
amiche pronte ad
aiutarla. L’unica pecca nella sua vita fu la sfortuna di
innamorarsi di un uomo
che lentamente l’ha distrutta nonostante l’amasse.
Il matrimonio dei miei
genitori fu felice, per i primi anni, quando nacquero i miei fratelli
più
grandi, poi incominciarono i problemi. Mio nonno era morto e mia madre,
nonostante discendesse da una famiglia benestante si trovò
senza un soldo. Mio
padre, da grande amante dei soldi qual è sempre stato, non
ebbe più a
disposizione il sostentamento finanziario fino allora garantito dal
suocero e
iniziò a sperperare i risparmi racimolati dalla moglie, fino
ad esaurirli. Mia
madre si spense poco alla volta di tristezza e dolore, ma mai di
rimpianto”
“Amava ancora
Arthur dopo
quello che le aveva fatto passare?” domandò
incredulo il ragazzo.
“Mio padre non
è un cattivo
uomo” rispose Ginevra scandendo bene le parole
“vuole i soldi, li cerca e li desidera.
Sono per lui la cosa più importante ma amava veramente mia
madre, e questo lei
lo sapeva”
“Certo, immagino
che avrà
trovato il tempo di starle accanto negli ultimi giorni fra una partita
di carte
e una scommessa”
“Smettetela! Come
fate ad
essere così cocciuto?” disse balzando in piedi
Ginevra “perché non siete capace
di credere che qualcuno possa amare un’altra persona
nonostante i suoi
difetti?”
“Perché
un difetto che
porta all’esasperazione e poi alla morte del consorte mi
sembra un tantino troppo
esagerato per essere sorvolato con leggerezza”
“Non lo sorvolo
affatto!
Pensando a mio padre in questi giorni sono stata preda di
così tanti sentimenti
che ormai non so più nemmeno io cosa sento. Prima lo odiavo,
poi ero
preoccupata, poi solo infastidita. Anche ora se ripenso a quel povero
ometto
seduto sul mio divano a torcersi le mani mentre Arthur blaterava di voi
mi
viene una rabbia”
“Quale
ometto?” chiese
curioso Malfoy sperando di poter interrompere l’infinito
parlare isterico della
ragazza.
“Il Signor
Paciock, credo
ve ne ricorderete” disse sbrigativa Ginevra ancora presa dal
pensiero del
padre.
“Giusto ora
ricordo. Ma era
in casa quel giorno?”
“Si, che
vergogna. Poverino
era imbarazzato più di me”
“Sarà
scappato appena ne
avrà avuto occasione”
“Si ma non
è servito a
molto” disse triste Ginevra tornando a sedersi per terra.
“Perché?”
“Insomma non sono
affari
che vi riguardano” disse agitata la ragazza. Non voleva
dirgli di essere
praticamente stata venduta ad uno sconosciuto dallo stesso padre che
fino a
qualche minuto prima aveva strenuamente difeso.
“Ginevra
ditemelo”
“No”
disse incrociando le
braccia come una bambina arrabbiata.
“Non stai
tentando di
resistermi vero? Sai che non ci riuscirai mai”
Ginevra si voltò
di scatto
verso la fonte di voce odiosa, pronta a ribattere combattiva il suo
diritto
alla riservatezza, ma le parole le morirono in gola. Malfoy le si era
avvicinato e ora guardava dritto nei suoi occhi scaldandole
l’anima e i sensi.
A un occhio esterno questa
scena potrebbe sembrare incredibilmente romantica, due giovani
innamorati
seduti vicino al fuoco a sussurrarsi parole d’amore,
coccolando di tanto in
tanto il gatto addormentato ai loro piedi. L’estraneo
ovviamente non conosceva il
carattere incandescente dei due ragazzi.
Fine capitolo! Vi
è
piaciuto? Un consiglio… è carino che i due
protagonisti parlino per una volta
tanto normalmente invece di saltarsi alla gola? A me sembrava bello e
pacifico,
però sono un po’ insicura. Fatemi sapere cosa ne
pensate al più presto! Un
bacione Giulia.
Grazie a tutti per le
recensioni mi hanno fatto davvero tanto piacere!
Ferefe84 – Visto
niente
ritardi! Ti piace questo capitolo? Grazie mille.
Un grazie anche ad Agata e
MiaBlack, ecco il nuovo capitolo continuate a dirmi se vi piace ci
tengo! Un
bacio
Evenstar –
Grassie! Sono
contenta che ti piaccia la mia storia. Il libro “Rosa
d’inverno” è molto
carino. Personalmente non adoro i libri molto sdolcinati ma
l’idea e la trama
del racconto sono davvero belle! Te lo consiglio! Fammi sapere se ti
piace
anche questo capitolino! Un bacio.
BlackAngel – Non
preoccuparti, ne so qualcosa di gente che si scorda le cose…
mantengo un
primato invidiabile! La figura dell’ubriaco nel capitolo 5
l’ho inserita per
movimentare la scena e cambiare panorama, però
l’uomo me lo sono immaginato
come un tipino alto e magro ma con i capelli unti e pieni di foglie.
Nel mio
pazzo immaginario lavora come zappatore di ravanelli e si chiama Rufus.
Sono
contenta che ti sia piaciuto l’incontro fra Ron ed Hermione,
credevo di aver
reso male i pensieri dei due ragazzi! In ogni caso ti piace il nuovo
capitolo?
Spero di si! Un bacio.
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8
Ginevra si alzò
di scatto e
correndo si rifugiò sul balcone, fuori dalla vista della
serpe che la faceva
impazzire. L’aria fresca le rinfrescò il viso e i
pensieri. Non dovevano stare
così vicini, scorreva troppa energia perché
riuscisse a sopportarla. Vide una
pianta di more crescere disordinata sulla parete della casa e troppo
golosa per
resistere, strappò un piccolo frutto nero e lo
assaggiò.
“Buono?”
chiese una voce
cantilenante e meravigliosa dietro di lei.
“Deliziosa”
rispose
sfoggiando il sorriso più disarmante e sensuale che
riuscisse a fare. Vide gli
occhi dell’uomo scintillare di bellezza e desiderio e
sentì dentro di lei un
piacere profondo di vittoria mista a felicità.
“Perché poi dovrei essere felice
se Malfoy mi guarda come se fossi una mora succosa”
pensò confusa.
“Entra in casa.
Hai ancora
i capelli bagnati ti prenderai un malanno”
“Sto bene
qui” rispose
Ginevra in tono di sfida. Sapeva perfettamente che Malfoy aveva
ragione, poteva
già sentire avanzare il mal di testa, aveva agito solo per
puro spirito di
contraddizione.
“Guarda, ti
è venuto a
cercare anche lui”
Lo sguardo curioso di
Ginevra si spostò impercettibilmente sul gatto apparso, da
qualche istante
dalla porta finestra del balcone. La guardava come se si aspettasse da
lei
qualcosa talmente semplice da farla sentire una sciocca per non
riuscire a
capirlo.
“E va bene entro.
Come
siete pedanti” disse sbuffando la ragazza mentre con un balzo
aggirava Malfoy.
“Ecco Signor
Gatto, qui
vado bene?” domandò sarcastica seduta davanti al
fuoco come poco prima.
Il micio non dette segni
d’insofferenza, tornò a stendersi sul tappeto ma
questa volta frapponendosi fra
Ginevra e la porta del terrazzo.
“Hai proprio
deciso di
salvaguardare la mia salute! Grazie. Posso darti un nome? Non mi piace
chiamarti gatto” L’animale sbadigliò e,
prima di chiudere gli occhi per
dormire, emise un flebile miagolio.
“Dunque?”
chiese perplessa
Ginevra al gatto.
“Il nome
è un affare da
umani, non gli interessa come lo chiami” tradusse per lei
Malfoy.
“Capito”
Poi lo sguardo
della ragazza si fece sadico “quindi potrei chiamarti Pino
mugo o Ostrichetto.
Ci pensi Ostrichetto quando urlerò a squarciagola il tuo
nome in una piazza
piena di persone? Tutti potranno apprezzare il tuo portamento e la tua
virilità”
Lo vedeva, stava
incominciando a tremare, fra poco se avesse continuato le sarebbe
saltato
addosso per ucciderla, ma per ora si controllava restando superiore
alle
provocazioni.
“Oltre che
scorbutico sei
anche permaloso. Ma guarda che razza di gatto!”
Poi piano si
avvicinò al
micio e gli accarezzò lieve la piccola testa. Il gatto
sembrò passare sopra
all’attacco al suo orgoglio felino appena subito, e storse il
collo per meglio
apprezzare le dolci coccole.
“Onice”
bisbigliò Ginevra
“è il colore dei tuoi occhi, tutti neri. Ti
piace?”
Il gatto si concesse
un’ultima carezza e poi tornò ad appisolarsi
respirando rumorosamente.
Ginevra si voltò
raggiante
verso il ragazzo alle sue spalle.
“Gli
piace?” chiese con un
sorriso speranzoso.
“Credo proprio di
sì”
“Evviva”
Draco osservava tenero
dall’alto della sedia quella dolce ragazza accarezzare veloce
il dorso del
gatto e avrebbe voluto che un pittore dipingesse quella scena. Niente
al mondo
gli sembrava potesse trasmettere tanta pace e serenità del
vedere Ginevra,
quella combattiva e pazza ragazza, coccolare allegra e sognante un
micio
scontroso.
“Credo sia meglio
andare a
letto ora. È tardi”
“Già,
non mi ero accorta
che fosse così tardi”
Ginevra ora non sapeva cosa
fare. L’imbarazzo per tutta quella situazione le pesava
addosso come un macigno
impedendole qualsiasi reazione. Quella sera era stata inaspettatamente
bene.
“Beh buonanotte
Malfoy,
questa sera mi sono divertita davvero tanto ma ricordati che continuo
ad
odiarti e quindi da domani si ritorna a litigare. Guarda se non ti
presenti
domani mattina con aria battagliera pronto a lanciarmi addosso i
peggiori
insulti finirò per perdere sul serio la testa per te. E non
sarebbe una buona
cosa, visto che già adesso fatico a controllarmi…
chissà cosa farebbe se gli
dicessi veramente queste cose? Meglio non pensarci, ho paura che la
risposta
potrebbe farmi piacere invece che disgustarmi”
rifletté fra sé e sé Ginevra.
“Buonanotte
Ginevra” disse
Malfoy, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
“Sta venendo qui?
No va
alla porta. Magari! Sta proprio venendo qui. Ginevra muoviti, fa
qualcosa”
pensò allarmata.
“Volete che vi
baci
Ginevra?”
“No!”
esclamò con foga
Ginevra, troppa perché potesse risultare pienamente sincera.
“Non voglio
più il voi”
disse di scatto l’uomo ormai vicino alla ragazza.
“Cos’è
che non volete?”
“Voglio che mi
dai del tu.
Odio le formalità antiquate. Poi dobbiamo sposarci, non
vorrai dare a tuo
marito del voi?”
“Smettetela. Lo
sapete che
quando cominciate ad essere ironico e mi prendete in giro, i vostri
occhi
s’illuminano e si allargano leggermente? Sembrate una
triglia” rispose seccata
Ginevra, anche se poi si stupì di se stessa per aver
osservato così
attentamente Malfoy da accorgersi dei piccoli particolari del suo
carattere.
“Prima o poi
comincerai a
farlo istintivamente come questa sera dietro al carro, quindi tanto
vale che
deciderai di tua spontanea volontà”
“D’accordo”
disse piano
Ginevra dopo qualche secondo di silenzio.
“Ora andiamo a
letto”
continuò la ragazza. Voleva veramente dormire, si sentiva
stanca e ancora molto
in imbarazzo per la presenza di Malfoy.
“Buonanotte
Ginevra. Dormi
bene” sussurrò piano Draco.
Battito irregolare. La mano
del ragazzo salì verso la sua guancia. Battito accelerato.
Una delicata carezza
partì dallo zigomo per finire, passando dal collo, fino a
dietro l’orecchio.
Battito decisamente accelerato. Il nastro che teneva legati i capelli
fu
slacciato in un colpo. Battito udibile ad un metro di distanza. I
capelli
delicatamente appoggiati sulle spalle e la mano che scivolò
via, scorrendo
sulla clavicola e poi ancora sul collo. Il cuore di Ginevra a quel
punto era
schizzato fuori dal petto, partito per luoghi meno a rischio infarto di
quello.
In un attimo Malfoy era
sparito, o forse lei era rimasta talmente tanto imbambolata da quelle
carezze
da non accorgersi neanche che il ragazzo era uscito dalla stanza.
“Come riesce a
sconvolgermi
tanto?” si chiese stupita Ginevra, senza sapere che nella
stanza accanto Malfoy
si stava ponendo la stessa domanda senza trovare risposta.
Il letto fu una vera
benedizione, si stese allungando le gambe il più possibile e
sprofondò la testa
nel gonfio cuscino.
“Onice? Vuoi
dormire con
me?” domandò un po’ esitante al gatto,
che steso sul tappeto, la guardava
interrogativo. In un attimo il grande gatto era già saltato,
con una
straordinaria agilità per la sua mole, sul letto e si era
elegantemente
sistemato vicino alle ginocchia di Ginevra.
Perché non aveva
tirato le
tende prima di andare a letto questo proprio non se lo sapeva spiegare.
Il
sole, spuntato all’orizzonte ormai da un’ora,
illuminava completamente la
camera di Ginevra svegliandola. La ragazza tirò via con
forza le coperte e
chiuse con gesti di stizza le tende fino ad oscurare, al meno in parte,
la
stanza. Poi velocemente s’infilò ancora nel letto,
lanciando uno sguardo di
stizza ad Onice che aveva preso guardarla male per averlo svegliato.
Con un sospiro beato chiese
gli occhi cercando di ripescare nella sua mente il sogno interrotto
bruscamente
a causa della luce. Concentrata decise di ignorare il rumore
proveniente dal
corridoio poiché sapeva già che era la cameriera
venuta a svegliarla.
“Signorina, sto
entrando”
disse leggermente innervosita Rosie dopo che ebbe bussato per la quarta
volta
alla porta di Ginevra.
“Deve alzarsi
Signorina
Ginevra, i suoi compagni l’attendono fra un’ora al
parco” disse pacata la
cameriera vedendo lo sguardo truce che le aveva lanciato la ragazza nel
letto.
“Hai ragione
Rosie. Ora mi
alzo”
“Bene le vado a
preparare
un bagno caldo”
Sbuffando sonoramente la
ragazza scostò nuovamente le coperte e si sedette sul letto
accarezzando
distrattamente Onice.
“Il bagno
è pronto” trillò
energica Rosie da dentro il bagno della sua camera da letto.
Era davvero una splendida
giornata. Il sole brillava alto nel cielo spazzando via la fredda
umidità della
notte. Ginevra, in terrazza, assaporava calma il tiepido calore sul suo
viso,
mentre avvolta in un morbido asciugamano aspettava che le ultime gocce
d’acqua
si asciugassero sulla sua pelle. La sua attenzione fu catturata in un
lampo da
una scia bianca entrata per un attimo nel suo campo visivo e poi subito
scomparsa. Ai suoi piedi era atterrata con grazia una splendida rosa
bianca,
appena schiusa e ancora bagnata della rugiada mattutina.
“Devi aver fatto
davvero
colpo anche su Eddie se mi ha permesso di raccogliere una sua preziosa
rosa per
regalarla a te” La voce di Malfoy proveniva da un imprecisato
punto alla sua
sinistra ma, anche guardando attentamente Ginevra non vede nessuno.
“Non sono
diventato
invisibile se è questo che stai pensando. Sporgi il tuo
delizioso capino dal
balcone”
Ginevra raccolse svelta la
rosa che per la sorpresa aveva lasciato per terra e si diresse svelta
verso l’elegante
ringhiera. Piegando quasi completamente il busto in avanti poteva
vedere,
nascosto da un’alta quercia, un altro terrazzo grande come il
suo.
“Dovrò
ringraziare il
Signor Thomson per il magnifico regalo”
“Ma la rosa
l’ho colta io
per voi” esclamò Malfoy risentito.
“Avete la stessa
espressione di un bimbo arrabbiato” disse ridendo la ragazza
“in ogni caso vi
ringrazio molto per la rosa”
“Ti sei scordata
cosa
avevamo stabilito ieri sera?” investigò Draco.
“Come? Ah giusto,
ti
ringrazio molto per la rosa”
“Ci siete
ancora?” chiese
perplessa Ginevra non sentendo una risposta. La vaga figura del ragazzo
che
prima intravedeva a stento fra i rami ora era sparita, così
si sporse ancora di
più dal parapetto.
Le era caduta la rosa!
Maledetto asciugamano che aveva deciso di sciogliersi proprio mentre
era tanto
sbilanciata. Non era finita a terra ma si era appoggiata in precario
equilibrio
su un ramo della quercia.
Se metteva un piede in
fallo era decisamente morta. Fare l’equilibrista sul piccolo
cornicione di
mattoni che accerchiava la casa e passava alla base del balcone, le era
sembrata un’ottima idea per raggiungere la rosa, ma ora si
stava rapidamente
pentendo della sua scelta.
“Su non
è difficile, devo
solo attaccarmi a questo ramo qui, poi passare veloce in quello
più in là,
appoggiare i piedi su quello basso e sedermi su quello grosso. Bene
sono in
grado di farlo, spero”
Ginevra sospirò
forte, si
puntellò con le mani al muro e poi saltò.
Attaccarsi al primo ramo fu la cosa
più complicata, per un attimo tremendo le sembrò
di perdere la presa ma subito
si aggrappò ben salda. Con uno slancio si gettò
verso l’altro ramo e afferrò
anche questo appoggiando subito i piedi al tralcio sotto di lei. Ora
che il
peggio era passato scivolò sinuosa verso il sul ramo
più grande dell’albero e
si sedette.
“Altro che
Harry!” disse
trionfante Ginevra guardandosi attorno con aria gloriosa.
“Mi spieghi cosa
fai
sull’albero?” chiese sarcastico e innervosito
Malfoy. Il ragazzo era arrivato
giusto in tempo per vedere l’esibizione aerea di Ginevra, ed
ora stava
appoggiato alla ringhiera guardandola truce.
“Sei sparito e
per trovarti
mi è cascata la rosa. Penso che incomincerò a
fare l’acrobata” rispose allegra.
“Io invece penso
che ti
porterò al più vicino manicomio, e anche in
fretta” esclamò irato Malfoy
“credevi di essere una scimmia forse? Se cadi da
lì ti spacchi l’osso del collo
piccola pazza!”
“Sono stata
attenta” si
difese piano Ginevra. La sua euforia era stata schiacciata dalla
concreta
logica di Malfoy e ora si sentiva sciocca e tremendamente
insignificante.
“Ragazzina
incosciente, non
serve stare attenta, sono queste cretinate che non devi fare! Non ti si
può
lasciare sola un attimo come i mocciosi”
“Basta ho capito
smettila”
gridò disperata Ginevra portandosi le mani agli occhi che si
stavano sempre più
riempiendo di lacrime.
“Cavolo Ginevra
metti le
mani sull’albero!” disse forte e agitato Draco
“adesso resta lì mentre io vado
sotto la quercia e ti aiuto a scendere. Capito?”
La ragazza ancora scossa
fece un flebile cenno d’assenso con la testa e vide sparire
in un secondo
Malfoy. Rimasta sola Ginevra si asciugò veloce gli occhi
umidi e con uno
slancio prese la rosa poco distante da lei e la lanciò a
terra. Fece giusto in
tempo a risistemarsi correttamente sul ramo prima di trovarsi Malfoy a
cavallo
di una bella scopa davanti a lei.
“Sali”
ordinò brusco.
“No”
bisbigliò esitante
Ginevra.
“Sali
subito” disse ancora
più deciso e forte Draco.
“Fidati
è meglio se resto
qui”
“Ginevra”
“Le scope si
comportano in
modo strano quando ci salgo sopra, impazziscono. Finiremo per cadere
tutti e
due”
“D’accordo”
disse
sbrigativo il ragazzo e con un veloce movimento della mano
afferrò la vita di
Ginevra e caricò la ragazza sulle sue gambe.
Ginevra chiuse gli occhi e
li strinse fino e farsi male. Per un secondo si era sentita cadere nel
vuoto e
il suo stomaco si era attorcigliato su sé stesso.
“Ma stai
ferma?” disse
scocciato Malfoy quando incominciarono a muoversi per scendere.
“Sono immobile,
ti pare che
abbai molte possibilità di muovermi in questa
posizione?”
Draco faceva fatica a
controllare l’andatura della scopa, si spostava e scattava di
lato da sola, e
lui dovette fare molta forza sulle braccia per restare in equilibrio.
“Ti avevo
avvisato mi pare
che non sto simpatica a questi cosi volanti” disse sarcastica
Ginevra mentre,
per non cadere, si artigliava con le braccia ad una gamba del ragazzo.
“Adoro la terra
ferma”
esclamò poi felice appena fu abbastanza vicina al terreno
per poter scivolare
giù dalla scopa senza rischi.
“Sei arrabbiato
vero?”
domandò titubante Ginevra quando anche Malfoy fu atterrato a
terra.
“Vai a vestirti
fra poco
faremo colazione e poi ti riporto al parco” rispose brusco.
“Non provare a
darmi
ordini!” esclamò con vigore facendo voltare di
scatto il ragazzo. Ginevra non
si lasciò intimorire dal suo sguardo gelido e
continuò a portare avanti le sue
idee “il semplice fatto di avermi tirata giù da un
albero non ti dà il diritto
di impormi i tuoi ordini. Non sono così cocciuta da non
riconoscere che ho fatto
una sciocchezza colossale, ma ti voglio dire una cosa anche se
nocerà molto al
tuo ego, me la sarei cavata da sola. Convivo con la mia
impulsività masochista
da quasi venti anni credi che non sia in grado di sbrogliare i guai in
cui mi
caccio? Non sono un povera donzella bisognosa dell’aiuto di
un aitante
principe”
Dopo aver quasi urlato
quelle ultime parole Ginevra corse in camera perché, anche
se aveva appena
detto di non essere una ragazza fragile, non sarebbe riuscita a
sopportare
ancora lo sguardo e la reazione di Draco Malfoy.
“Lo fa
apposta!” esclamò
stizzita Ginevra guardandosi allo specchio.
“Le sta benissimo
Signorina
Ginevra, il Signor Malfoy ha davvero buon gusto” disse
raggiante Rosie dietro
le sue spalle.
La ragazza
sospirò forte,
era davvero un abito stupendo. Era di un azzurro chiarissimo tanto da
sembrare
bianco se non fosse stato per i leggeri merletti nella scollatura e
nelle
sottili maniche di un azzurro più acceso. L’intero
corpetto era ricoperto di un
morbido velo e lasciava completamente scoperte le spalle unendosi alle
maniche
del vestito solo con una sottile striscia di raso.
“Non
può farmi un regalo
del genere proprio quando devo essere arrabbiata con lui. Non
è giusto!”
“Avanti
Signorina, scendete
a fare colazione e fategli vedere quanto siete bella con il suo
vestito.
Vedrete che non sarà più in collera con
voi”
“Non
m’importa niente se
lui è arrabbiato con me, sono io che non sono più
arrabbiata con lui!” sbuffò
Ginevra. Non era solita dimenticare un’offesa con un semplice
regalo, le sue
idee non erano così facile da demolire con un solo vestito
ma la cosa che la
rattristava era aver fatto arrabbiare Malfoy quando lui era venuto a
portarle
quel gradito regalo.
Non la degnò di
uno
sguardo, se non fosse stato per il Signor Thomson che parlava con lei
durante
la colazione avrebbe pensato di essere diventata un fantasma. Perfino
quando si
trovarono soli sulla carrozza che li portava in paese non si
scambiarono una
parola.
“Non che mi
rattristi
l’idea di non parlare più con te, ma vorrei
ringraziarti per questo vestito. È
splendido”
“Ora almeno
sembri una vera
chiromante e non un pagliaccio ridicolo” biascicò
veloce Malfoy posando solo
per un secondo gli occhi su Ginevra.
“Sono stata
davvero
scortese questa mattina, mi hai aiutata e in cambio ti ho offerto
parole di
rimprovero, mi dispiace” bisbigliò piano la
ragazza ma i suoi occhi corsero
subito a cercare quelli grigi del ragazzo per osservarne la reazione.
“Avresti potuto
chiamarmi.
Avremmo buttato la rosa per terra con una scopa, e poi si sarebbe
potuta
raccogliere facilmente dal giardino” rispose Malfoy ancora
innervosito.
“Non ci avevo
pensato”
“Ho
notato” sentenziò duro
il ragazzo.
“Devi imparare a
riflettere
prima di compiere gesti così sconsiderati. Se fino ad ora ti
è sempre andata
bene non giustifica il fatto che non possa succedere nulla di grave in
futuro.
Scommetto che non avevi pensato neanche per un attimo alle conseguenze
della
tua fuga, non è così? Ora sarai braccata da tuo
padre e i tuoi nuovi amici per
proteggerti saranno costretti a fuggire con te”
spiegò con tono duro Malfoy,
poi vedendo l’espressione contrita e addolorata di Ginevra si
addolcì “ma lo
faranno volentieri. Probabilmente sei diventata la loro missione
speciale”
concluse ridendo il ragazzo.
Ginevra alzò
titubante gli
occhi con un piccolo sorriso che faceva capolino sulle sue labbra.
“Mi devi 5
sterline”
“Sapientone che
non sei
altro, a volte ti odio”
“Sei una donna ma
in quanto
a sentimenti femminili non ti ci raccapezzi proprio. Non sarai mica un
uomo?”
“O forse sei tu
ad essere
una donna”
“Potrei
incatenarti a me
con uno schiocco di dita se solo volessi”
“Provalo”
“Ragazzi basta,
arriva
Ginevra!” disse Jhonny interrompendo bruscamente il
battibecco fra Blaise ed
Hermione.
“Ricordati la
scommessa,
Ginevra è tornata quindi voglio i soldi”
bisbigliò piano Blaise all’orecchio
della ragazza.
“Uhm
farà sempre in tempo a
scappare con il biondo, la scommessa non si riferiva solo
all’arco limitato di
questa notte” enunciò con superiorità
avviandosi sorridente verso Ginevra.
“Dove hai trovato
questo
splendore?” chiese subito stupita Hermione.
“Sembro una
chiromante
seria ora?”
“Certo, quel coso
che ti
avevo dato ieri era orrendo”
“Mi hai fatto
andare in
giro conciata da pagliaccio senza sentirti neanche un po’ in
colpa?” domandò
sarcastica Ginevra.
“Certo ma che
domande, mi
divertivo un mondo” dichiarò con semplice
schiettezza Hermione.
“Avanti ora
dobbiamo
andare, discuterete di vestiti durante il viaggio” disse
calmo Jhonny mentre
chiudeva con un grosso gancio il carro magazzino.
“Arrivo”
disse in tutta
fretta Ginevra per poi voltarsi e correre verso il ragazzo che poco
prima aveva
lasciato vicino alla carrozza.
“Addio Malfoy,
grazie per
il vestito e per i consigli. Porta ancora i miei saluti al Signor
Thomson e
ringrazialo”
“Eddie si era
accontentato
già al terzo ringraziamento, gli altri dieci che gli hai
regalato sono del
tutto superflui” disse sarcastico.
“Non si
può mai sapere”
esclamò Ginevra stringendosi nelle spalle.
“Dove
andrai?”
“Credo di aver
imparato
qualcosa dal tuo carattere e so che se ancora non sai dove
andrò, e mi sembra
strano, ne verrai a conoscenza fra breve per tanto non ti do la
soddisfazione
di sentirtelo dire da me”
Malfoy sorrise divertito da
quella nuova sorpresa e si avvicinò alla ragazza che gli
stava davanti. Ginevra
lo guardò perplessa spostarle una ciocca di capelli e
inclinare la testa come
il ragazzo stesse riflettendo attentamente su qualcosa. Malfoy
sparì veloce
dentro la carrozza ma in un attimo era di nuovo davanti a lei con in
mano la
sua rosa. Era proprio lei la riconosceva, i delicati petali non erano
più
bagnati ma leggermente più aperti di quella mattina. Con un
gesto fulmineo il
ragazzo strappò il gambo del fiore e stringendo gli occhi
per concentrarsi, con
un fermaglio apparso dalla sua tasca le appunto la rosa fra i capelli.
Il
candore dal fiore creava un forte e scintillante contrasto con il rosso
vivo
dei capelli di Ginevra, illuminandole gli occhi e il viso.
“Sembrate una
regina delle
fate” sussurrò rauco Draco.
Fine! Vi piace? Ho scritto
tutto nel giro di mezza giornata perché mi piaceva troppo
come si scorreva la
storia. Fatemi sapere se vi piace un bacione. Un grazie grande grande a
tutti
quelli che dedicano un po’ del loro tempo a leggere la mia
storia. Grazie!
Ginny7 – Grazie
per le
belle cose che hai scritto. La tua domanda è molto
pertinente ma la mia
risposta forse ti sembrerà un po’ confusa ma
è tutta colpa della mia frenetica
immaginazione. La storia è ambientata semplicemente nel
passato ma ho cambiato
una cosa. Nel racconto tutte le persone sanno che esiste la magia, e di
conseguenza i maghi, ma questi ultimi sono visti come una minaccia
perché
diversi. Volevo che i miei personaggi si vivessero in un ambiente
diffidente ma
pieno di curiosità. Forse dovrei dire che la storia
è ambientata in un mondo
parallelo ma non ne sono sicura, tu che dici? Questo è
quello che la mia mente
malata ha elaborato cambiandolo centinaia di volte, spero di essermi
spiegata
bene… Grazie mille e fammi sapere se ti piace il nuovo
capitolo! Bacio
Maxie – Grazie
sei troppo
gentile davvero! Grazie grazie grazie… Spero che riuscirai a
leggere tutti i
capitoli mi dispiace se sono così lunghi ma quando scrivo
non mi fermo più!
Julietta – Ciao!
Grazie
mille per il commento. Hai proprio ragione i miei protagonisti sono un
po’
sull’intontito ma ho deciso che per ora se ne resteranno
buoni uno da una parte
e uno dall’altra. Mi diverto troppo a scrivere le litigate!
Grazie e a presto
un bacione!
Un grazie grande
COSI’ a
Jessire per aver continuato a leggere la
mia storiella e per trovarla sempre bella.
Fiubi –
Probabilmente non
lo senti ma ti sto urlando Grazie da almeno cinque minuti! Ti piace
Draco
arrabbiato in questo capitolo? Un bacio.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9
“
‘Restano cinque baci mia
cara’, ma vai al diavolo stupido asino! Guarda come mi hai
ridotta. Ho il cuore
che sembra impazzito, continua a sembrare un tamburo da venti minuti,
le mani
per fortuna hanno smesso di tremare ma le gambe continuano a farlo, e
non
riesco a dire una parola sensata. Poi ho come la strana sensazione di
essere
imbambolata a guardare il paesaggio che scorre, ma non so se
è vero perché non
riesco a vedere nulla”
“È un
dilemma di dimensioni
enormi se resta così per un bacio come quello”
disse Hermione a Luna, mentre assieme
a Ginevra stavano sedute sul tetto del carro alloggio.
“Se non avessi il
cuore che
hai, capiresti quanto erano dolci assieme”
bisbigliò Luna con espressione
sognante.
“Dolci? Lei
è rimasta ferma
come una statua di marmo e il bacio è stato talmente veloce
che quasi pensavo
di essermi sbagliata”
“Ginevra era solo
emozionata e incantata dalla vicinanza di quel tipo, a proposito come
si
chiama? Poi si vedeva benissimo come gli occhi di lui splendessero
quando l’ha
guardata in viso”
“Per me pensava
che fosse
un baccalà lesso, credo si chiami Malfoy o giù di
lì. Fidati è per quello che è
scappato subito”
“Non è
scappato, non voleva
rompere l’incanto di quel momento. Ha fatto bene ad andare
via, ma è ricco?
Aveva una carrozza enorme. Pensa, la magia romantica di quel momento li
accompagnerà fino al loro prossimo incontro”
“Spero che
Ginevra si sia
svegliata dalla catalessi per allora, in ogni modo deve essere molto
ricco. Hai
visto il vestito di Ginevra? Quelli sono tessuti pregiati. Ci
toccherà tirarle
una secchiata d’acqua in faccia o non si riprende
più, guarda lì? Sono venti
minuti che sta ferma immobile”
“Sta smaltendo le
troppe
emozioni provate in un solo secondo, le ha regalato davvero un bel
vestito.
Quanto è felice, riusciremo anche noi a provare cose
simili?”
“Avanti Luna non
essere
melodrammatica, le ha dato un bacio da niente quante emozioni vuoi che
si
scatenino in lei, credi che il Signorotto seguirà a Londra?
Se si riduce così
per un semplice sfioramento di labbra cosa farà quando la
bacerà per il verso
giusto se la ritrova?”
“Non era un
semplice
sfiorare di labbra ma il primo passo per capire i loro contorti
sentimenti. Beh
certo che la seguirà, ti pare che uno come quello rinunci
facilmente a
conquistare ciò che vuole? Deve essere molto ostinato e
sicuro di sé. Lui e
Ginevra sono persone così distati ma con un disperato
bisogno l’uno dell’altro
e quel bacio li ha legati con un sottile filo rosso che, ci scommetto,
diventerà ancora più spesso fino al non poter
essere più spezzato”
“Quanti assurdi
ripieghi
sentimentali vedi dietro un bacetto, ma perché il filo
è rosso?”
“Mi sembrava
carino che
fosse rosso”
“Tu stai peggio
di lei”
“Il rosso non si
addice
all’amore? Forse è un po’ scontato ma mi
piace”
“Non capisco
nulla d’amore
ma credo che rinchiudere un sentimento in un colore sia un
po’ troppo generico”
“Una riflessione
interessante e profonda sull’amore da te non me la sarei
aspettata neanche fra
mille anni”
“Stupisco sempre,
non lo
sai”
“Uhm…
ti sei innamorata! No
non sei abbastanza bella per esserlo, ma di sicuro hai incontrato
qualcuno che
ti ha fatto battere il cuore. È così
vero?”
“Primo, non ti
darò la
soddisfazione di vedermi innamorata. Secondo, un incontro di pochi
minuti non
ti fa cambiare idea dopo ventuno anni di totale regressione verso
l’amore.
Terzo, io sono sempre bella”
“Dimmi chi
è?”
“Ma mi hai
sentita?”
“No, neanche una
parola.
Avanti chi è riuscito a togliere un po’ di ruggine
dal tuo cuore?”
“Ruggine? Il
fatto che non
sono un’inguaribile romantica come te non significa che abbia
la ruggine!”
“La smetti di
sviare la mia
domanda e mi rispondi?”
“Va bene. Ieri
sera ero
seduta proprio qui sul carro, per sbollire la rabbia verso
quell’ubriaco e uno
strampalato ragazzo mi ha raccolto il vestito che avevo gettato a
terra”
“Eri
nuda?”
“No avevo la
vestaglia,
smettila di fare quella faccia sconvolta. Non è successo
nulla di particolare,
gli ho parlato su e giù per qualche minuto e poi me ne sono
andata”
“Di cosa avete
parlato?”
“All’inizio
era molto
imbranato più che altro ho parlato io, poi però
è diventato più spigliato e
tranquillo. Ha detto che gli sembravo una fata bellissima nascosta
dalle foglie
degli alberi. Luna quando ha detto così non so cosa mi
è preso, sono diventata
un’altra Hermione, mi sentivo timida e impacciata. Una
sensazione orribile”
“È
bello innamorarsi, ti
illumina le giornate. Come si chiama?”
“Si chiama
Ron”
“Tutto
qui?”
“Se ha un nome
corto cosa
ci devo fare io”
“Non parlavo del
nome ma
del resto. Com’è carino? Simpatico? Dolce?
Rude?”
“Si, si, non
saprei dire e
credo no ma non si sa mai”
“Riusciresti a
ridurre un
libro di duecento pagine a poche righe con il tuo stile
conciso”
“Se non ti piace
il mio
linguaggio ristretto finiscitela di farti i fatti miei”
“Tanto ho ragione
io, ti
stai innamorando, eh si!”
La vedeva, era
laggiù,
bellissima e sempre più vicina. Già da un
po’ l’aria si era fatta più pensate e
grigia ma questo non la infastidiva per niente, anzi la rallegrava
perché
voleva dire che stava per raggiungerla. Le case troppo vicine, i grandi
stabilimenti industriali con i loro fumi neri e la loro perfetta
tristezza, le
strade strette e sporche. Londra.
Ginevra sentiva il cuore
batterle forte nel petto mano a mano che si avvicinava alla
città che custodiva
ricordi a lei cari della sua infanzia. Entrarono con gli ingombranti
carri
nelle affollate vie di Londra dalla stessa porta ad arco che aveva
oltrepassato
dieci anni prima su una carrozza in braccio a sua madre. Se si
concentrava
poteva ancora vedersi scendere in fretta dalla carrozza e correre
avanti seguita
da Molly. Aveva nove anni e una gran voglia di conoscere e vedere
tutto,
sbirciava in ogni vicolo, osservava a lungo ogni negozio, che vendesse
abiti o
ferramenta. Ma soprattutto le piaceva guardare le persone, poteva
vedere
contemporaneamente nella stessa strada eleganti signore girare allegre
fra le
vetrine, bambini giocare con una palla di stracci e mendicanti
accasciati ai
bordi del marciapiede. Tutto questo la affascinava allora come adesso.
Non la
disturbavano gli sguardi torvi e a volte maligni che la gente per
strada le
lanciava, era troppo emozionata e persa nel passato per accorgersi
dell’amaro
presente.
“In quale parco
ci
fermiamo?” chiese curiosa ad Hermione.
“Credo
all’Hyde Park. se
non ci sono grossi problemi. Ci fermiamo sempre lì quando
siamo a Londra e il
comune ormai non fa più tante storie se gli paghiamo la
tassa”
Quando arrivarono, dopo
essere stati per quasi mezzora inghiottiti nel caos nevrotico della
città,
Ginevra era ancora più felice di prima. Ricordava bene il
parco dove si stavano
fermando. Dieci anni fa aveva pranzato con un panino ripieno di
salsiccia
proprio sotto quell’albero secolare poco distante dalla bella
e grande fontana.
“Chissà se Ron si ricorda del bagno nella fontana?
Se non si ricorda quello di
sicuro ha ancora in testa gli strilli di mamma quando si è
accorta che si era
tuffato!” pensò gaia.
“Ginevra no non
farlo.
Aspetta di avermi aiutato a sistemare i letti per la notte prima di
tornare ad
imbambolarti” esclamò preoccupata Hermione vedendo
che l’amica stava perdendosi
nuovamente nei suoi pensieri.
“Sono
sveglia” ribatté
divertita Ginevra. Le avevano raccontato come era rimasta immobile per
ore a
fissare la campagna scorrerle davanti, e si era stupita di non
essersene
minimamente accorta.
“Sistematevi a
dovere,
resteremo qui per un po’. Christine prepara qualcosa di buono
per questa sera,
bisogna festeggiare il nostro arrivo”
“Va bene
Jhonny”
“Perché
non prepari il tuo
pollo arrosto?”
“Va
bene”
“E ci metti
dentro anche
quella cosa piccante e verde?”
“Tesoro vai a
pagare la
tassa la comune” rispose pacata Christine allontanandosi
piano dal marito che
ancora le parlava della cena.
“Mi ha vista, che
figura!”
pensò allarmata Ginevra colta da Evan con le mani nel sacco.
Non aveva saputo
resistere. Era tutta colpa del pollo, di quel pennuto arrosto dal
profumo
delizioso e invitante, e Ginevra da consumata golosa quale era,
sgattaiolò
vicino alla cucina e ne afferrò in tutta fretta un pezzetto
nascondendolo
subito dietro le spalle.
Evan la fissava con
un’espressione vacua, come se quasi non la vedesse, poi la
superò piano e con
naturalezza prese un coltello e staccò una fetta generosa di
carne fumante.
“Novellina”
le disse
sarcastico prima di uscire al carro. Ginevra restò a
guardare perplessa la sua
figura venire inghiottita dagli alberi e si chiese chi mai fosse quel
ragazzo.
Le dava incredibilmente fastidio non riuscire a capire quel ragazzo, la
ignorava bellamente per ore e poi quando meno se lo aspettava le
compariva
davanti con frasi insensate o ironiche guardandola in quel modo strano
che la
faceva impazzire.
“Adesso lo vado a
cercare e
faremo per una volta una conversazione sensata. Non potrò
mica continuare ad
imbambolarmi ogni volta che vedo un paio di occhi grigi
insomma”
Staccò un altro
pezzetto di
carne dal pollo, ne prese un morso e il restante lo regalò
ad Onice che da
quando era entrata in cucina aveva preso a guardarla con ruffiana
dolcezza. Poi
si diresse spedita nella direzione in cui era sparito il ragazzino.
“Ginevra vieni
subito” urlò
Luna appena vide Ginevra uscire dal carro.
“Luna cosa
è successo?”
domandò curiosa la ragazza vedendo tutti i suoi compagni di
viaggio riuniti
vicino ad una panchina. Christine era seduta e sul volto aveva la
solita
espressione calma ma sembrava preoccupata.
“Come
può essere cambiato
così tanto in un anno?” chiese Harry.
“Il vecchio
sindaco è morto
lo scorso inverno e il suo successore ha deciso di aumentare le entrate
del
comune alzando le tasse. Da quel che ho capito molte persone si sono
trovate in
seria difficoltà specie i più poveri. Ha
aumentato tutto, in misura diversa ma
ogni cosa costa di più. C’è di buono
che il denaro guadagnato viene speso
effettivamente per migliorare la città e non sperperato al
vento” spiegò con
calma Jhonny seduto accanto alla moglie.
“Quanto dobbiamo
pagare?”
domandò spicciola Hermione.
“150
sterline”
“Ma è
un furto!” esclamò
sdegnata e fu subito seguita a ruota dalle imprecazioni e maledizioni
non molto
simpatiche rivolte al nuovo sindaco, da tutti gli altri componenti del
gruppo.
“La vecchia tassa
era di 35
sterline, è diventata quattro volte tanto” disse
sgomenta Luna.
“Come facciamo a
racimolare
tutti quei soldi? Lavoriamo tutto il giorno e mangiamo aria?”
continuò
sarcastico Harry.
“Se facciamo
quattro
spettacoli al giorno in una settimana dovremmo riuscire a guadagnare
abbastanza
da permetterci di mangiare cibi solidi e di pagare il comune”
disse pensierosa
Hemione facendo un breve calcolo mentale dei possibili guadagni.
“Non è
possibile. Il comune
vuole i soldi entro domani sera o non ci lascerà restare
qui” bisbigliò piano
Jhonny timoroso del sicuro scatto di rabbia di Hermione.
“Ladri e
bacchettoni! Cosa
gli costa darci qualche giorno? Veniamo qui da anni, lo sanno che
paghiamo
regolarmente. Ipocriti che non sono altro, quando vai a pagare sono
tutti
sorrisi, ti dicono “Grazie e benvenuti a Londra”.
Poi gli vai a chiedere tre
giorni di proroga e “No, i soldi entro domani o
addio”. Ci vado io a parlare
con il nuovo astro nascente di Londra. Gli farò allungare le
orecchie fino a
terra se non mi ascolta!”
“Hermione cara,
rilassati.
Respira brava, avanti siediti qui vicino a me” disse dolce
Christine facendo
posto alla ragazza castana “pagheremo la tassa al comune
entro domani. Abbiamo
già 35 sterline, e se lavoriamo sodo riusciremo a
guadagnarne altrettanti per
domani”
“Quanto sei
ottimista”
disse amaro Blaise “siamo appena arrivati, il pubblico non
sarà molto e anche
se lo fosse non otterremmo più di 15 sterline”
“Ha ragione
Blaise.
L’ammontare della tassa è pari al nostro guadagno
di un mese” disse stanca
Luna.
“Che ne dite di
muoverci
invece di star qui a lagnarci” s’intromise
improvvisamente Evan nella
conversazione. Nessuno lo aveva visto arrivare ma tutti quanti
concordarono con
la sua idea.
“Evan tu e Luna
andate in
città e distribuite quanti più volantini potete.
Se le persone non vi ascoltano
salite sul tetto di un palazzo e gettate tutto in strada,
così è sicuro che si
ricorderanno di voi. Harry, Blasie ed io sistemeremo le corde fra gli
alberi e
le sceneggiature nel palcoscenico. Hermione voglio che rinvigorisci i
fondali
disegnati dello spettacolo, devono sembrare veri e risplendere.
Christine
riesci a creare dei nuovi costumi di scena? Un nuovo vestito per
Hermione o per
Harry? Bene perfetto, Ginevra ti darà una mano almeno
finché non arriverà un
cliente per lei”
Le otto persone riunite in
gruppo vicino ad una panchina in breve si dispersero per eseguire gli
ordini
impartiti da Jhonny.
Quella sera in uno dei
parchi più grandi di Londra si tenne quello che gli abitanti
ricordarono come
il migliore spettacolo di magia dell’anno. Luci iridescenti
volteggiavano in
aria a ritmo di musica, c’erano colori ovunque, sembrava che
l’anima stessa
d’ogni albero, persona e fiore uscisse fuori a danzare.
“Allora?”
domandò
impaziente Hermione tamponandosi i capelli appena lavati.
“Allora…
20 sterline!”
rispose solenne Christine.
“In un solo
spettacolo? È
fantastico”
“Non per
demoralizzarti ma
credi che domani a mezzogiorno ci sia lo stesso pubblico di questa
sera?”
chiese perplesso Harry.
“Lo sapremo
domani” disse
allegra Hermione per scacciare quella patina d’amarezza che
era scesa su tutto
il gruppo.
“Hermione o
finisci entro
dieci secondi o ti uccido!” gridò Ginevra da sotto
le coperte. Erano circa le
sei di mattina e per lei era inconcepibile alzarsi prima del sole.
“Forza alzati.
Facciamo un
giro per la città, magari troviamo qualcuno che vuole
conoscere il suo destino”
“Sparisci”
si sentì
rispondere da una voce arrabbiata.
“No cara. Verrai
con me a
costo di tirarti giù dal letto”
Ginevra allora
scattò a
sedere sul letto gettando di lato le coperte.
“Guarda fuori,
cosa vedi?
Niente. E lo sai perché non vedi niente? Perché
è ancora buio. Anche le galline
dormono a questa ora!”
“Per
l’amor del cielo
andate fuori a berciare come due oche” brontolò
all’improvviso una strapazzata
Luna apparsa per un attimo da dietro il cuscino. Nello stesso istante
anche
Onice graziosamente appallottolato ai piedi di Ginevra alzò
la testa e la
guardò truce.
“Andiamo a
Londra”
bisbigliò allora sconsolata Ginevra scendendo dal letto.
Per quanto fosse presto le
vie della città erano brulicanti di vita, massaie e
cameriere indaffarate si
muovevano frenetiche fra negozi e panettieri, tanti bambini giocavano
sicuri
per le strade ancora per poco sgombere dal via vai delle carrozze. Si
respirava
quella piacevole aria di un caos famigliare in cui ci si trova a
proprio agio
pur essendone estranei.
Le due ragazze in poche ore
fecero tutto quello che Ginevra avrebbe fatto in tre giorni. Girarono
quasi
mezza Londra, troppo eccitate per accorgersi di camminare correndo.
Entrarono
in ogni negozio, che avesse al suo interno anche solo un articolo
interessante
o bello. Salutarono tutte le persone che incontrarono per strada:
bambini,
signori in abito elegante e governanti. Non sapendo resistere alla
tentazione
mangiarono gustose frittelle, mentre sedute su di una panchina
osservavano
divertite un fiume di lavoratori riversarsi nelle strade per poi
sparire dopo
meno di mezzora.
“Mi ricordo
questo palazzo.
Qui dentro ho passato la maggior parte delle mie serate a
Londra”
“Questa
è una delle più
celebri case da gioco della città e tu ci passavi le vacanze
a soli dieci
anni?” chiese sbigottita Hermione.
“Si”
disse in un soffio
Ginevra per poi subito incamminarsi spedita verso un panificio poco
distante
“compriamo un po’ di dolcetti anche per gli altri
fra poco incomincia il nuovo
spettacolo”
“Va bene, ma non
credere di
sfuggirmi così facilmente. Prima o poi questa cosa del gioco
me la devi
spiegare”
“Per fortuna
siete qui,
siamo messi male. Lo spettacolo incomincia fra meno di mezzora e non
c’è
nessuno” esclamò Luna correndo verso le due
ragazze appena le vide avvicinarsi
all’accampamento “avete portato le paste che bello!
C’è della cioccolata?”
“Ieri sera
abbiamo fatto
uno spettacolo grandioso com’è possibile che non
sia venuto nessuno questa
mattina?” chiese allarmata Hermione.
“Forse
è troppo presto… ma
sono tutte alla crema? Questa cosa qui è
cioccolata?”
“Solo quasi le
dieci di
mattina, dovrebbe esserci del pubblico” disse perplessa
Ginevra.
“Oh gli
spettatori ci sono
ma il fatto è che sono pochi. No questa è uvetta,
non mi piace”
“Prova a guardare
nel
fondo, se mi ricordo bene qualcosa con la cioccolata lo avevamo
comprato”
“Ma la volete
finire di
parlare di dolci?” gridò quasi isterica Hermione
drizzandosi sulle punte dei
piedi “c’è un problema più
grosso da risolvere adesso”
“Una volta ho
sentito dire
da un’attrice che gli scatti d’ira e i continui
sbalzi d’umore nuocciono alla
pelle e favoriscono la caduta dei capelli” spiegò
Luna concentrata nello sforzo
di ricordare i vecchi consigli.
“Tu stai troppo
tempo con
Christine” esclamò piccata Hermione prima di
correre verso Jhonny.
Ginevra lasciò
Luna a
cercare la sua preziosa cioccolata e si avvicinò al
palcoscenico per osservare
di prima persona il nuovo pubblico. In effetti non si avvicinava
nemmeno al
mare di persone della sera precedente e Ginevra sentì
chiudersi lo stomaco al
pensiero dei pochi soldi che avrebbero guadagnato quella mattina. Se
anche gli
altri spettacoli della giornata fossero stati così
disastrosi non sarebbero
riusciti a raccogliere i soldi necessari.
Alle quattro del pomeriggio
Londra se ne stava placidamente stesa al suolo ad assaporare gli ultimi
raggi
di un tiepido sole di settembre come faceva ormai da secoli alla fine
d’ogni
estate. E come la città anche una ragazza, con il suo grosso
gatto, stava
distesa su un morbido letto d’erba leggermente inumidito
dalla prima nebbiolina
della sera. Queste due figure femminili, l’una Signora
l’altra appena donna,
contemplavano il cielo gareggiando su chi delle due avrebbe visto per
prima la
stella più spavalda spuntare nel cielo quando ancora la luna
si fa attendere.
Con un agile scatto la
ragazza dai lunghi capelli rossi saltò in piedi e sorridendo
tornò verso casa
lanciando un ultimo sguardo a quel piccolo bagliore lontano apparso da
qualche
attimo fra i rami più alti di un albero.
“Christine riesci
a
trovarmi un abito da signora di classe?”
“Ci sono i
costumi di
scena. Non fare quella faccia bambina, li ho cuciti io e modestamente
sono una
sarta magnifica”
“Vuoi andare ad
un ballo
mentre noi affondiamo nei debiti?” chiese perplessa Hermione.
“Vado a prendere
le 65
sterline che ci occorrono. In tre spettacoli abbiamo racimolato 30
sterline per
questa sera non riusciremo a guadagnare il rimanente necessario per
pagare”
spiegò sbrigativa Ginevra.
“E come pensi di
fare?”
domandò curioso Harry seduto accanto a Luna.
“Andrò
al Grosvenor
Victoria Casinò”
“Sei impazzita
forse?”
esclamò Blasie.
“Affatto. Il
meraviglioso
talento con le carte che mio padre desidera per sé da quando
è nato
sfortunatamente è un dono unico della sua sciagurata
figlia” bisbigliò con
amarezza Ginevra “in pratica sono un’ottima
truffatrice al gioco”
“Non voglio che i
soldi per
la tassa vengano guadagnati rubando” disse deciso Jhonny.
“Nelle case da
gioco tutti
rubano a tutti. Se non le prendo io quelle 65 sterline, domani verranno
sfilate
da un’altra persona e state certi che non le
spenderà in cose serie.
Probabilmente andranno ad arricchire qualche locandiere o una matrona
di un
bordello”
“Solo i soldi
necessari,
non uno spicciolo di più” sentenziò
infine Christine che fino a quel momento
non aveva staccato i suoi occhi chiari da Ginevra.
“Grazie. Jhonny
riesci a
far posticipare la scadenza del pagamento a domani mattina”
“Se non ci riesce
lui ci
penso io” disse spavalda Hermione con una scintilla di
furbizia negli occhi.
“Non puoi andare
in quel
posto da sola. È pericoloso” disse Luna
preoccupata.
“Vado io con
lei” sussurrò
piano Evan da dietro le spalle di Jhonny.
“Una ragazza e un
moccioso,
adesso sì che siete perfetti” disse divertito
Blasie.
“Ci
andrò anche io, sono
curiosa di vedere come sono quei posti” disse forte Hermione
in tono di sfida.
“Non sono una
grande
esperta in sale da gioco ma credo che a questa ora siano
chiuse”
“Partiremo dopo
cena”
rispose piano Ginevra. Ora che tutti erano d’accordo con il
suo pazzo piano
cominciava a sentirsi stringere lo stomaco. Non aveva più
così tanta sicurezza
di sé come quando se era alzata dal prato e sentiva dentro
di lei crescere una
spiacevole ansia. Guardandosi disperata attorno in cerca di un
qualsiasi
appiglio inciampò per sbaglio nello sguardo di Evan. Il
ragazzo biondo la fissò
per un attimo e poi le regalò un sorriso complice e
amichevole. Ginevra si
morse il labbro sorridendo di rimando, non aveva più paura.
Che ne dite? Avevo
cominciato a descrivere il primo baci fra i miei due adorati picconi ma
non mi
piaceva. Fare raccontare un passo così importante dagli
occhi esterni di Luna
ed Hermione mi sembrava bello bello invece! A voi piace? Un bacio.
Un bacione grandissimo a
Jessire. Grassie!
Ginny7: Hai ragione se si
considera il contesto storico che ho inventato la mia storia si capisce
molto
meglio. Forse avrei dovuto spiegalo nei primi capitoli ma questo
racconto è
nato di getto, l’idea per il mondo circostante è
nata per gradi. Se mi conosco
abbastanza non si è ancora fermata ma continua a evolversi
nella mia contorta
testa. Sono davvero felice che la mia storia ti piaccia, continua a
leggerla e
fammi sapere cosa ne pensi mi raccomando! Un bacio.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10
“Francamente per
quanto
possa essere bello questo vestito è la cosa più
scomoda che abbia mai messo in
vita mia” brontolò Hermione intenta a scrollare la
gonna dell’abito che aveva
addosso “mi spieghi cosa sono tutte questi strati? Ce ne
saranno come minimo
una decina, come si fa a camminare con tutta questa roba che ti si
attorciglia
alle gambe?”
“Ci sono donne
che ci dormono
con vestiti così complicati” disse Ginevra.
“Il genere
femminile non
progredirà mai se continueremo ad infliggerci da sole
torture tanto ridicole e
inutili. È necessario quest’affare rigido nel
corpetto? Mi stritola le costole”
“Dicono che fa
risaltare le
curve”
“Sai come
risalteranno
domani i lividi sul mio povero petto?”
“Hermione
prometto che un
giorno ti presenterò una sarta e allora potrai farle tutte
le tue innumerevoli
rimostranze”
“Chissà
che faccia può
avere la persona che crea questi attrezzi masochistici? Per me
è un uomo”
“Siete
pronte?” La voce di
Harry rimbombò forte nel carro dove le due ragazze stavano
vestendosi.
“Arriviamo”
disse divertita
Ginevra afferrando la mano di Hermione e trascinandola verso
l’uscita.
“Stai tranquillo
Onice, torno
presto” bisbigliò Ginevra al micione che si era
alzato e aveva preso a seguirla
“dimmi ti piaccio così?”
Si sentì
rispondere con un
miagolio indefinito e decise di prenderlo come un si.
Il Grosvenor Victoria
casinò era stato costruito quasi cento anni prima, quando
fra gli abitanti di
Londra ancora serpeggiava un’inutile aria
d’ipocrisia. Nel ‘600 Londra
brulicava di case da gioco e bordelli ma, nonostante tutto, le persone,
altolocate e non, pensavano che dovessero restare un segreto. Questo
contribuiva
ad aumentare l’atmosfera di pericolo ed eccitazione che
invadeva l’animo di
chiunque entrasse in uno di questi luoghi. Il fondatore del Victoria
casinò era
però una persona fuori della massa come dimostrava
pienamente il suo ritratto
di dimensioni reali, appeso nel salone principale, ma non sulle pareti
come
tutti gli altri, bensì al soffitto, fra decori dorati e
scintillanti lampadari
di cristallo. Il grande palazzo in cui tre timorosi ragazzi stavano
entrando
era stato il primo vero locale di classe, aperto alla luce del sole.
Niente più
clandestinità e segretezza, i peggiori atti
d’avidità, ira e lussuria venivano
compiuti dove tutti potevano vederli e nessuno veniva giudicato
perché tutti
quelli che frequentavano il Victoria casinò erano della
stessa pasta.
“Il soffitto
è uno
specchio!” bisbigliò incantata Hermione.
“Questo posto
sembra uscito
da una fiaba vero? Ricordo di essere rimasta ore a girare come una
trottola
cercando di osservare più che potevo ogni cosa
presente” disse Ginevra muovendo
forte le mani “ero arrivata al punto di ricordarmi a memoria
ogni merletto o
ghirigoro delle colonne”
“Entriamo?”
chiese
impaziente di entrare Evan.
Il Grosvenor Victoria
casinò aveva in sé una particolare magia, con i
suoi spettacolari interni e le
sue tante luci creava una strana euforia di vita capace di artigliare i
desideri di chi entrava facendo compiere alla persona più
saggia e composta
azioni che il giorno seguente avrebbe, non solo rinnegato, ma
addirittura
biasimato ad altri.
“A cosa si
gioca?” domandò
eccitata Hermione.
“A
carte!” esclamò Ginevra
sorridendo e allo stesso tempo cercando con gli occhi un tavolo libero.
Oltre il banco verde sul
quale rotolavano dadi ai quali erano legate infinite speranze di
sconosciuti,
la ragazza intravide un tavolo rotondo con pochi giocatori e decise di
puntare
là sua fortuna. Drizzò la testa con aria elegante
ma decisa, e incamminandosi
lentamente si diresse verso la sua preda. Si posizionò con
grazia alle spalle
di un Signore baffuto cercando di intavolare una sciocca conversazione
con la
moglie sedutagli accanto. Voleva essere invitata ad unirsi al gioco, se
si
fosse offerta lei stessa avrebbe perso quell’ aria di giovane
ragazza
sprovveduta e parte della sua magia truffatrice sarebbe svanita.
“Tesoro hai
vinto” disse
rassegnato il Signore con i baffi “mi domando come tu faccia
a vincere buttando
le carte a caso?”
“Tutta
fortuna!” esclamò
divertita la
Signora
ritirando la sua vincita. In cerca d’altra ammirazione la
donna si girò a
guardare gli spettatori e, incontrando lo sguardo pronto di Ginevra, le
sorrise
amichevolmente.
“Veniamo qui da
anni, ma
questo gioco proprio non mi entra in testa. Edward mi tiene il muso per
ore
quando vinco!” disse divertita a Ginevra, accarezzando
dolcemente la spalla del
marito.
“Non datele retta
Signorina, questa donna è una vecchia strega
malefica”
“Edward”
esclamò arrossendo
divertita la
Signora
“voi sapete giocare Signorina?”
“Non gioco spesso
e le
poche volte che ho provato i miei risultati sono stati incredibilmente
scarsi”
disse sorridendo docilmente Ginevra. Non le piaceva mentire, anche se
si
trattava di una cosa da poco come quella, e sperava di non arrossire.
“Oh non potrete
essere
peggio di me. Volete unirvi al nostro gioco?”
“Giusto, forza
sedetevi”
disse entusiasta un Signore dalla giacca blu, probabilmente contento
che al
tavolo si unisse una sprovveduta pronta a regalargli il proprio denaro.
L’apparenza al Victoria casinò era la base
d’ogni vincita, quantomeno per
Ginevra. Aveva curato il suo aspetto fino all’esasperazione e
ora fasciata da
un bellissimo abito color pesca e con piccole gocce di cristallo fra i
capelli,
sembrava una vera polla aristocratica pronta per essere derubata
legalmente
alle carte.
Con un movimento fluido
prese posto vicino alla Signora e si guardò attorno in cerca
di Evan ed
Hermione. La giovane ragazza castana si era avvicinata al tavolo dei
dadi e
dalla sua espressione concentrata si capiva che stava cercando di
capire le
regole del gioco. Non le sarebbe piaciuto affatto chiedere informazioni
sul
gioco ad uno sconosciuto, al contrario di Ginevra, Hermione non
desiderava
passare per una sprovveduta ma voleva mantenere la sua aria di donna
autosufficiente. Evan stava bevendo qualcosa d’indefinito nel
grande bar del
locale e leggeva uno dei tanti libri messi a disposizione dalla casa
per
alleggerire lo spirito e invogliare a nuove scommesse.
“Ecco le sue
carte Signorina”
Lo sguardo lontano di Ginevra fu richiamato all’attenzione
dalla voce cortese
della Signora al suo fianco.
“Ginevra vi
prego”
“Piacere, io sono
Penny e
questo è mio marito Edward come avrete già
capito”
“Giochiamo?”
domandò brusco
il Signore dalla giacca blu impaziente di vincere nuovi soldi per le
sue
tasche.
Ginevra non amava
particolarmente il gioco con le carte, dopo qualche partita si annoiava
sempre
e spesso si distraeva guardando da altre parti. Questa volta
però si concentrò
sulle cinque carte che aveva in mano pensando a come riuscire a
vincere.
Ricapitolò mentalmente le regole del poker insegnatele da
suo padre anni prima.
Rivede ogni partita giocata in quelle sere di primavera fino a
ricordarsi nei
particolari le espressioni stupite e tenere dei giocatori che vedevano
sottrarsi i soldi da una bimba tanto prodigiosa. Il primo giro non fu
fortunato, il Signor Edward aveva un bella scala e se avesse battuto
già
dall’inizio una combinazione così forte si
sarebbero insospettiti. La seconda mano
la vinse con quanta più falsa modestia aveva, sfoggiando
pessimi sorrisi
ipocriti mentre esclamava di non sapere nemmeno cosa aveva fatto.
Questa
assurda parodia continuò per quasi un’ora, nella
quale Ginevra aveva vinto una
somma modesta, perso quanto bastava, e appesantito il suo senso della
giustizia
d’incredibili moine.
“Mi sono
stancata, ora mi
prendo le 40 sterline che mi servono e la smetto di prendere in giro
questa
gente” pensò decisa Ginevra. Afferrò
con uno slancio le carte che le venivano
date e fissando il denaro in palio calcolava quanto poteva azzardare.
Le cinque
carte si strinsero in un compatto mazzo fra le sue mani e quando furono
nuovamente allargate una nove e un sette di troppo avevano lasciato
posto a due
regine.
“Credo di avere
un full…
giusto?” chiese poi titubante osservando i suoi compagni di
gioco con aria
titubante.
“Ginevra avete
vinto! Visto
Edward per vincere a questo assurdo gioco è necessario non
conoscerne le
regole” disse altezzosa Penny.
“Oh troppa
fortuna. Meglio
se salvaguardo i miei miseri guadagni e mi ritiro prima di perderli
tutti
quanti”
“Quando la
fortuna in una
sera ti bacia così sfacciatamente, non è il caso
di lasciarla andare tanto
presto non credi?”
Delle parole appena
risuonate nell’aria Ginevra registrò solo il tono
e l’intonazione, e subito le
si gelò il sangue provocandole una spiacevole sensazione di
dolore alla base
del collo.
“Posso unirmi al
vostro
tavolo Signori e Signore?”
“Certo
prego” disse allegro
il Signore con la giacca blu.
“Non vi mangio se
mi
salutate sapete?”
“Ad essere
sincera mi
vengono delle strane bolle sulla pelle, quando siete in un raggio
inferiore
a cento metri da
me” bisbigliò Ginevra
per non fare sentire la loro ridicola conversazione agli altri.
“Che cosa
bizzarra, posso
vederle?”
“Avanti Ginevra
restate
ancora un poco con noi” disse allegra Penny. La ragazza
scostò una ciocca di
capelli sfuggita all’acconciatura e fissando con aria
enigmatica le carte
davanti a lei sorrise dolcemente a Penny.
“Chi ti ha
insegnato a
giocare?”
“Mio
padre” rispose secca
Ginevra continuando a fissare le carte che aveva in mano.
“Arthur Weasley
non è in
grado di fare certi giochi tanto complessi e fini”
“Doppia coppia di
assi
Signor Malfoy. Credo si chiami poker e ora le sue 20 sterline sono
mie” disse
acida Ginevra spiattellando le sue carte senza badare più
agli sguardi stupiti
degli altri componenti del gruppo. Con un gesto svelto della mano
afferrò il
denaro sul tavolo e prima che qualcuno la potesse fermare si
allontanò dal
tavolo salutando i suoi compagni di gioco con un buffo inchino.
“Ma che mi
è preso! Rubare
soldi a grandi uomini mi era sembrato un gioco divertente a dieci anni
ma ora
ne ho venti, dovrei avere imparato a distinguere il gioco dalla
truffa” pensò
Ginevra sgridandosi mentalmente mentre girava frenetica attorno ad una
panchina. Con uno sbuffo di stoffa si mise a sedere e rovesciandosi il
contenuto dalla sua piccola borsa sulle gambe contò la sua
vincita.
“120 sterline!
Sono troppe,
ma ora cosa faccio? Restituisco i soldi? No mi vergogno
troppo… domani li
regalerò a qualche bambino. Meglio se vengono spesi in
caramelle che in whisky”
Ginevra alzò gli
occhi al
cielo nella speranza di riuscire a vedere ancora una volta quella
piccola prima
stella della sera ma non riuscì a riconoscerla fra tutti i
puntini luminosi nel
cielo. Decisa a ritrovare la sua stella si alzò in fretta
dopo aver rimesso i
soldi nella borsa e prese a correre decisa lungo un piccolo viale
fiancheggiato
da cespugli di rose. Custodiva nei suoi ricordi un luogo
d’incanto, lo aveva
riposto con cura nella memoria perché non venisse sfocato da
altri più inutili
pensieri e di tanto in tanto quando si sentiva malinconica lo andava a
spolverare. Quando arrivò fermandosi di colpo le
sembrò di tornare bambina, se
stringeva forte gli occhi poteva sentire la voce del padre urlarle di
non
correre troppo visto che era già caduta due volte, ma allora
come adesso era
troppo rapita dalla costruzione davanti a lei per prestare attenzione
all’esterno. Non si trattava di una cattedrale o di una
grande villa ma di una
semplice torretta d’avvistamento che qualche secolo prima
doveva aver fatto
parte di qualche muraglia. Era rimasta abbastanza intatta
perché vi si potesse
entrare e salire senza correre rischi mentre il resto delle mura era
crollato
da molto e se ne intravedevano solo lievi segni sulle pareti della
torretta. La
cosa che più adorava Ginevra era l’entrata della
torretta quasi del tutto
ricoperta dall’edera che ormai aveva accerchiato la vecchia
costruzione. La
ragazza si avvicinò piano per non rompere la magia che
sentiva dentro di lei e
scostando qualche dispettoso ramo trovò una piccola apertura
quadrata e sparì
dentro di essa.
Quello che vide Draco
Malfoy dopo aver inseguito perplesso la sua indisponente preda in una
frenetica
corsa lo avrebbe ricordato per il resto dei suoi giorni. Quel momento
sarebbe
diventato per lui un angolo di tenera quiete dove riposare la mente e
alleggerire il fisico anche dopo tanti anni. I lunghi capelli danzavano
leggeri
con il vento e la ragazza dritta vicino al parapetto dalla torre
puntava il
viso al cielo come per sentire una piccola goccia di pioggia caderle
sulla
guancia.
“Sei la cosa
più bella che
abbia mai visto”
Ginevra si
spaventò
talmente tanto quando quelle dolci parole calde le vennero sussurrate
alle
spalle che sobbalzò dalla paura. Naturalmente senza il suo
consenso diventò
paonazza e il cuore prese a batterle come un tamburo ma
cercò di non farci
troppo caso.
“Hai uno strano
modo di
attirare gli uomini, le altre donne usano profumi o abiti eccentrici,
tu
incanti lasciandoti dietro una scia di diamanti lucenti”
continuò il ragazzo
avvicinandosi a Ginevra e mostrandole i piccoli diamanti che aveva fra
le mani.
Dovevano esserle caduti mentre correva come una gazzella per il parco,
infatti
la ragazza si accorse solo in quel momento che la sua acconciatura si
era
ammosciata e i capelli si erano liberati quasi completamente dal
fermaglio.
“Ti si addice
sai?” disse
il ragazzo mentre sfiorava con la punta delle dita le piccole pietre
brillanti.
“Cosa?”
riuscì a
bisbigliare rauca Ginevra che da un po’ combatteva con il suo
cuore e la gola
secca.
“Stupite le
persone con
qualcosa di talmente strano e speciale fino a che non potranno
più farne a
meno”
“È?”
sussurrò confusa la
ragazza fissando i piccoli cristalli nelle mani di Malfoy.
“Mi hai stregato
Ginevra e
ora non ti libererai più di me”
“Aiuto si
avvicina. Non mi
vorrà baciare ancora? Non posso restare di nuovo imbambolata
per ore. Ma perché
mi fa questo effetto? Ginevra!” pensò a
velocità folle la ragazza.
Con un veloce passo di lato
la ragazza si scostò e si mise seduta su di un muretto dalla
parte opposta di
Draco.
“Visto quante
stelle?
Cercavo la prima stella della sera, ma non riesco a trovarla”
Draco la guardò
dapprima
perplesso poi anche lui finì per fissare il cielo in cerca
di questa stella
perduta. Restarono così per molto, Ginevra non sapeva quanto
tempo fosse
passato ma dal gelo fastidioso che sentiva correrle per tutta la
schiena doveva
essere passata quasi mezzora.
“Meglio se
rientriamo,
Hermione potrebbe preoccuparsi”
“Quando sono
uscito a
cercarti stava parlando animatamente con un Signore, non so quale fosse
l’argomento di conversazione ma sembravano tutti e due
piuttosto concentrati
sulle sottogonne del vestito della tua amica”
“Allora
è sicuramente
meglio se rientro”
“Non
preoccuparti, questa
Hermione non mi sembra un tipo fragile”
“Ma io non mi sto
preoccupando per lei” disse ironica Ginevra.
Il ragazzo sorrise
divertito poi con fare mellifluo avvicinò una mano al viso
di Ginevra e con
leggeri tocchi le accarezzò la guancia. La calda mano poi
scese sul collo e
risalì verso l’orecchio. Ginevra contesa fra il
calore del piacere e la
repulsione dell’odio fece appena in tempo a vedere il lampo
di furbizia negli
occhi di Malfoy prima che la mano di lui le finisse a peso morto nella
scollatura del vestito.
“Avete un intero
mazzo di
carte qui dentro. Sono curioso di sapere dove potete aver nascosto i
dadi
truccati” disse sarcastico ed ironico Draco mentre sfogliava
fra le agili dita
diverse carte da gioco.
“Smettetela!”
urlò in preda
al panico Ginevra tentando con agitati gesti dalle braccia di
riacciuffare le
carte.
“Oh non mi dirai
che ora ti
metti a fare la ragazza innocente vero?”
“Fai un favore al
mondo,
ficcati quelle carte in gola e strozzati”
“Anche tutta
questa
aggressività la nascondi nel corpetto?”
“Mi avevi vista
imbrogliare, perché ora ti metti a fare tutte queste
lagne?”
“Le mie non sono
lagne,
sono constatazioni. Devo dire che sono curioso. Come può una
ragazza di diciamo
buona famiglia, barare alle carte come il peggiore dei
marinai?”
“Mi ha insegnato
mio padre”
“Ne ha trovato il
tempo fra
una bevuta e l’altra?”
“Ero
piccola”
“Hai imparato a
giocare qui
vero? Si vede che conosci il posto”
“Si”
“Sai che una
scimmia ha più
dialettica di te?”
“Allora vai da
una scimmia”
“Ginevra”
“Eravamo in
vacanza a
Londra” cominciò a parlare Ginevra alzando gli
occhi per l’esasperazione “avevo
dieci anni e una sera mio padre decise di venire a giocare qui tanto
per
spendere un altro po’ di soldi. Voleva portare mio fratello
ma aveva la febbre
quel giorno così si tirò dietro me.
All’inizio mi lasciò girare per tutta la
casa senza degnarmi di uno sguardo ma poi probabilmente per intenerire
o
distrarre i suoi compagni di gioco mi chiamò vicino a lui.
Dopo due giocate
avevo già le carte in mano e passata mezzora avevamo vinto
50 sterline. Dopo
quella sera penso di aver passato intere giornate qui dentro”
“Che storia
drammatica”
“Sei
disgustoso” bisbigliò
Ginevra prima di correre giù dalla torretta lottando contro
i rami d’edera che
volevano trattenerla.
“Avanti fermati
hai
frainteso le mie parole”
“A mio avviso
esiste solo
un modo per intendere un derisione”
“Se la smettiamo
con questa
assurda maratona forse riesco a spiegarti, sempre che il tuo cervellino
ingrani
un ragionamento più complesso del solito”
esclamò Malfoy alle spalle di
Ginevra. I due ragazzi stavano creando con il loro comportamento una
bizzarra
scena: camminavano o per meglio dire correvano l’uno dietro
l’altro continuando
a discutere animatamente. Ginevra in quel momento si bloccò
di colpo girandosi
furiosa verso il ragazzo e pestando i piedi dalla rabbia.
“Se il mio
cervello non
funziona più molto bene non è certo merito mio!
Da quando ti è presa questa
mania di tormentarmi la mia mente subisce una continua pressione
nervosa”
“Pensala come ti
pare, in
ogni modo io intendevo dire che deve piacerti parecchio”
“Cosa? Avere il
cervello
bollito?”
“Barare”
“Ti sbagli
è una cosa che
mi disgusta”
“Se per te fosse
una cosa
così spregevole non avresti mai imparato”
“Ero una bambina,
cosa
potevo capire?”
“Ginevra non
essere cieca,
lo sapevi benissimo cosa facevi a quel tavolo da gioco, nonostante
fossi solo
una mocciosa. La verità era che ti sembrava un divertente
gioco ed è ancora
così. Stasera hai giocato con le carte e con le apparenze, e
non venirmi a dire
che non ti sei sentita esaltata e viva”
Ginevra restò
ferma, solo
le sue braccia tremavano leggermente lungo i fianchi.
“Sono una brava
persona”
bisbigliò infine guardando fissa la ghiaia vicino ai suoi
piedi.
“Tu sei
un’ottima persona,
ma sei nata per non esserlo. Certo non diventerai mai un assassina o
una
rapinatrice di banche ma ammettilo, lo sai da sempre di non essere un
angelo.
Quando eri piccola e gli altri bambini ti prendevano in giro
perché non sapevi
volare su una scopa tu cosa facevi?”
“Urlavo per un
po’ quanto
fossero crudeli e poi correvo da mia madre”
“La
verità”
“A sette anni
facevo
veramente così, il fatto che compiuti quindici anni tutti i
bambini cresciuti
si fossero innamorati di me e che puntualmente li sfruttavo per lavori
ingrati,
non è rilevante vero?”
“Fattene una
ragione ti
sentirai subito molto meglio, fidati”
“Parli per
esperienza
personale?”
“Esatto, mi vanto
di essere
un pessimo ragazzo e nella maggior parte dei casi è
così, ma infondo sono una
brava persona per quando mi dispiaccia”
“Mi credi se ti
dico che
non lo avevo notato per niente?” chiese Ginevra con un
sorriso ironico sulle
labbra “ma mi sta chiamando qualcuno?”
continuò poi con un’espressione più
perplessa guardandosi attorno. Ginevra nei dintorni poteva vedere solo
piante e
cespugli ben curati, ma sentiva una voce lontana e soffocata chiamarla.
Fece
qualche passo incerto nella direzione in cui le sembrava provenisse
quel suono
ma la situazione non migliorò di molto se non per il fatto
che ora pestava
delle delicate pianticelle di viole.
“Smettila di
tormentare
quelle povere piante con i tuoi ingombranti piedi e seguimi”
Dopo aver serpeggiato per
qualche minuto per stretti sentieri che Ginevra non conosceva
arrivarono
all’entrata principale del giardino.
“Evan sei
tu?” gridò
incerta Ginevra ad una figura scura poco più avanti dei due
ragazzi.
“Ginevra
finalmente ti ho
trovata! Hanno arrestato Hermione!”
Che ne dite? Vi piace?
Volevo puntualizzare che di gioco d’azzardo e di poker non ne
so quasi nulla.
La mia ultima partita a poker risale all’ultima autogestione
scolastica, come
minimo quattro anni fa. Ora, considerato questo, ho fatto una breve
ricerca su
internet per non scrivere cavolate ma nel caso in cui abbia fatto un
errore
ditemelo così aggiorno le mie conoscenze al gioco! Grazie a
tutti quelli che
leggono la mia storia! Fatemi sapere cosa ne pensate al più
presto!
Per fiubi: allora ti
è
piaciuta questa Ginevra? Personalmente mi sono divertita un sacco ad
immaginarmi il comportamento di una giocatrice d’azzardo! Un
bacio.
Per Jessire: grazie di
continuare a seguire la mia storia, spero ti piaccia il capitolo. Fammi
sapere
perché ci tengo tanto! Un bacione.
Per Ginny7: grazie per la
recensione, non importa se è corta sono contenta se mi dici
cosa ne pensi nel
bene e nel male! Grazie un bacio!
Per julietta: sai che ho
fatto un po’ fatica a trovare la tua storia? Ho provato a
cercarti nell’elenco
degli autori ma non ti ho trovata, poi per fortuna ho visto la tua
storia poco
dopo la mia! Forse ho sbagliato qualcosa, tu me lo sai spiegare?
Comunque
grazie e continua a farmi sapere se la mia storia ti piace! Un bacio!
Per evenstar: grazie mille
mi rende felicissima sapere che la mia storia ti piace! Spero che la
trama
continui a sorprenderti! Un bacio e a presto.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11
“Siete coscienti
del fatto
che appena uscirò da qui vi trasformerò in rugosi
rospi? E potete perdere
qualunque speranza di tornare normali con il bacio di una principessa
perché
non accadrà”
“Non parlate
più? Prima
però non avete sprecato un attimo per insultarmi e urlare
alla gente di fare
largo perché passava una donna delirante eh?”
“Per vostra
informazione
non sono pazza, sono solo sconcertata dagli usi sciocchi e decadenti
del nostro
secolo. Questa, per esempio, ne è una prova lampante. Una
donna oggigiorno non
può esprimere la sua idea in modo più concreto di
un semplice e azzardato
consiglio che subito viene arrestata! Prima o poi ci sarà
qualcuno che si
ribellerà a tutto questo e allora miei cari Signori, si
proprio voi due con le
vostre fiere uniformi, scapperete come mosche”
“Ginevra per
fortuna sei
qui! Vedi se riesci a fare parlare questi due cosi, credo siano uomini
ma non
ne sono del tutto certa”
“Hermione stai
bene?”
“Se sorvoliamo
sul fatto di
essere stata trascinata per tutto la sala principale, di venire
considerata
pazza perché ho parlato con un’ottava in
più del normale e che da mezzora sono
qui seduta a discutere da sola, allora mai stata meglio”
“La sua amica
è stata
allontanata dalla sala da gioco per la sua condotta
deplorevole” disse con voce
chiara uno dei due poliziotti. Solo in quel momento Ginevra si
voltò ad
osservare i due soggetti in uniforme e li trovò alquanto
imbalsamati. Se ne
stavano seduti con la schiena ritta e la ragazza ebbe
l’impressione che se si
fosse avvicinata e gli avesse dato una spinta si sarebbero spezzati a
metà.
“Cosa deve fare
ora?”
“La Signorina
passerà la
notte qui e, se per domani pagherete le 25 sterline di cauzione,
sarà libera di
andarsene”
“Scordatevi che
io passi la
notte in questa scatola di sardine!” gridò
Hermione da dentro la sua piccola
cella. Ginevra non riusciva a spiegarsi perché avessero
rinchiuso la ragazza
dietro le sbarre, ma poteva immaginare come doveva essersi dimenata
selvaggiamente Hermione, quando l’avevano trascinata via.
“Signori non
c’è un modo
per farla uscire seduta stante? Posso pagare una somma
maggiore” chiese
speranzosa Ginevra.
“La cauzione
è fissa e può
essere pagata dal giorno seguente all’arresto. Per questa
sera non potete fare
nulla Signorina”
“Deve esserci un
modo”
bisbigliò preoccupata Ginevra, voltandosi verso Evan che nel
frattempo si era
avvicinato ad Hermione e le stava parlando. Gli occhi della ragazza poi
incontrarono quelli grigi di Malfoy, che per tutto il tempo era rimasto
sulla
soglia della stazione di sicurezza del Grosvenor
Victoria casinò. Il ragazzo si fece avanti e si
fermò con tutta la sua
imponenza di fianco a Ginevra, questo le diede molta più
sicurezza di quella
che si sarebbe mai aspettata.
“Desidero parlare
con il
Direttore” disse poi con aria decisa.
“Non è
possibile Signore”
“Non
m’interessa quello che
un poliziotto mancato può fare o meno, voglio parlare con il
Direttore”
“L’avverto
non le conviene
provocarmi” disse nervosa una delle due salme alzandosi dalla
sedia.
“Il Direttore.
Ora”
sentenziò Malfoy. Tutti i presenti nella stanza ammutolirono
e restarono a
guardare la scena. Ginevra sentì correrle un brivido nello
stomaco quando
guardò l’espressione di Malfoy, non era infuriato
ma di una calma glaciale. Non
trapelava nessuna emozione dai suoi occhi, non lo aveva mai visto in
quel modo.
Chiunque trovandosi davanti un uomo così non avrebbe potuto
fare a meno di
tremare obbedendo e, come volevasi dimostrare, la guardia imbalsamata
scivolò veloce
fuori dalla porta lasciando il suo collega a fissare di sottecchi quel
pericoloso individuo.
Dopo qualche minuto Ginevra
stava percorrendo guidata da Malfoy un lungo corridoio fin troppo
ricolmo di
quadri e contorte opere d’arte che la ragazza avrebbe voluto
osservare più al
lungo.
“Sei stato
piuttosto brusco
con quel poliziotto” azzardò Ginevra rallentando
il passo per distanziarsi dal
ragazzo.
“Devi imparare ad
essere
più incisiva quando desideri qualcosa” le rispose
Draco senza neppure fermarsi
o voltarsi.
“Devi imparare ad
essere
più diplomatico quando discuti con qualcuno”
esclamò Ginevra incapace di
trattenere il suo istinto combattivo.
“Tu vuoi
insegnare a me
come dare ordini?”
“Si”
rispose Ginevra
puntando il naso in aria.
“E sentiamo come
dovrei
comportarmi per fare qualcosa in cui eccello da quando avevo tre
anni?”
“Magari ogni
tanto prova a
chiedere per favore. Funziona più spesso di quanto il tuo
ego aristocratico
creda”
“Guarda discutere
con le
buone maniere dove ti ha portata, a fuggire dalla tua famiglia e a
chiedere
aiuto a me!”
“Asino
sbruffone”
“Donnetta
fragile”
“Draco
perché tutte le
volte che vieni a farmi visita ci deve essere qualche problema
d’entità
criminale?”
I due ragazzi, fermi nel
bel mezzo del corridoio a guardarsi in cagnesco, si voltarono nello
stesso
momento verso la porta che si era aperta un istante prima. Dritto sulla
soglia
se ne stava un uomo alto con una bella pancia tonda e un sorriso
gioviale.
“Sei ingrassato
Erby” disse
ridendo Malfoy.
“Ognuno ha le sue
debolezze” esclamò gioviale il Direttore del Victoria
casinò “quello che è
stato, a detta del mio addetto alla sicurezza, uno
scandaloso spettacolo nella sala grande, è opera di una
delle tue preferite
debolezze?”
“Non so di che
parli?”
disse allora ironico Draco.
“Mi riferisco
all’episodio
dello scorso inverno che ha condotto due meravigliose creature con abiti molto generosi per gli
occhi, e te, nel mio
ufficio, per atti talmente sordidi da non poter neppure essere
nominati. Il
tavolo da biliardo penso se ne ricordi ancora”
“Questo
è troppo!” gridò
Ginevra alle spalle di Malfoy non dando tempo al ragazzo di continuare
quella
ridicola parodia “lei è il Direttore di questo
posto non è così? Bene allora
dovrebbe avere più buon senso. Prima di mettersi a fare il
buontempone con il
biondino qui e parlare di prostitute, potrebbe verificare se non ci
sono
individui estranei nei paraggi. Sono venuta qui con il Signor Malfoy e,
anche
se la cosa le potrà risultare strana, non sono una
prostituta!”
“Ginevra capisco
che tu
voglia mettere subito in pratica i miei consigli ed essere
più incisiva, ma
lascia che me la sbrighi da solo” disse Draco piazzandosi
davanti alla ragazza.
“No lascia Draco,
la
Signorina ha perfettamente ragione. Dovete scusare la mia indole
burlona, non
intendevo affatto offendervi”
“Va
bene… Signore voi
potete aiutate Hermione?” chiese con voce implorante Ginevra
mordendosi il
labbro inferiore.
“Hermione
è la ragazza
arrestata vero? Prego entrate ne discuteremo comodamente
seduti” disse l’uomo
entrando nel suo studio e lasciando la porta aperta agli ospiti.
Ginevra si strinse nelle
spalle e sospirò profondamente cercando di trovare ancora un
po’ di forza
dentro di lei. Quella sera il suo spirito combattivo e la sua
determinazione
avevano subito pesanti colpi e ora che aveva fermato i pensieri per un
attimo
si sentiva incredibilmente stanca.
“Erby, in breve,
la ragazza
deve essere rilasciata” disse risoluto Malfoy una volta che
si fu seduto
accanto a Ginevra nel morbido divano a un lato della grande stanza.
“Non avrei nulla
in
contrario se la Signorina fosse sotto la mia giurisdizione. Mi spiego
meglio,
le persone arrestate all’interno del Victoria casinò
per aver commesso atti illeciti o comunque criminali sono sotto il
diretto
controllo decisionale della polizia di stato. In parole povere che ti
arrestino
nel Victoria casinò
o in strada non cambia
nulla, devi sottostare alle leggi dello Stato”
“Posso avere
qualcosa da
bere?” bisbigliò in un gemito strozzato Ginevra.
“Whisky?”
domandò allegro
Malfoy.
“Perfetto”
concluse la
ragazza con tono depresso.
“Erby, sei il
direttore di
uno dei migliori casinò di Londra non mi verrai a dire che
non hai mai infranto
una piccola legge dispotica?” chiese Draco con aria curiosa
mentre versava il liquore
ambrato in un piccolo bicchiere.
“Mai. Certo
è anche vero
che una legge si può sempre aggirare”
“Può
aiutarmi allora?”
chiese Ginevra con gli occhi illuminati dalla speranza e dal whisky che
nel
frattempo aveva bevuto.
“La vostra amica
per questa
sera non potrà lasciare il Grosvenor
Victoria casinò,
ma questo non significa che soggiornerà in
un’angusta cella. Al piano superiore
ci sono stanze più consone ad una Signora”
“Non mi sta
prendendo in
giro? Oh lei è troppo buono, una persona davvero deliziosa,
a parte la
questione delle prostitute. Grazie infinite da parte mia e anche da
Hermione.
Quando le dirò che dormirà qui
sbatterà la testa nel soffitto per i salti
troppo alti! Vado a darle la buona notizia subito così non
starà in pensiero
per molto. Grazie Signor Direttore” disse euforica Ginevra
prima agitandosi
sulla sedia e poi correndo verso la porta. La gonna color pesca del suo
bel
vestito era sparita da pochi attimi dietro lo stipite della porta
quando una
chioma rossa fece nuovamente capolino.
“Signore, ecco mi
chiedevo
se…” disse titubante la ragazza muovendo gli occhi
dal Direttore del Victoria
casinò al pavimento di marmo.
“Esigo la vostra
presenza
qui questa notte” disse fiero l’uomo con un allegro
sorriso in viso.
In cambio Ginevra si
esibì
in un goffo inchino ma gli regalò uno splendido sorriso
raggiante e, anche se
il cuore del Direttore aveva nei suoi cinquant’anni
già provato il fascino
d’innumerevoli donne, fece un balzo improvviso.
“L’hai
trovata sulla luna?”
domandò dopo qualche minuto il Direttore al giovane amico
seduto davanti a lui.
“Mi ha trovato
lei, per
sbaglio sulla soglia di casa. Onestamente credo si domandi tuttora
quale
assurdo motivo non le ha permesso di sbattermi la porta in faccia. Se
lo avesse
fatto di sicuro ora non sarebbe qui”
“Non mi sembra
dispiaciuta
di essere qui e di stare in tua compagnia, anche se dieci minuti fa
voleva
ucciderti davanti al mio ufficio” concluse al posto di Malfoy
il Direttore.
“Erby, a dispetto
delle
apparenze, capisci le persone al volo!”
“Signor
Muffin” L’allegra
conversazione dei due uomini fu interrotta da un fruscio di vestiti
subito
seguito dalla voce profonda di uno dei poliziotti del Grosvenor
Victoria casinò “quello che la strana
amica della Signorina arrestata va
urlando per tutto il locale corrisponde a verità?”
“Cosa dice questa
ragazza?”
domandò con un sorriso di falsa e ironica preoccupazione
Erby.
“È
entrata nella sala
sicurezza come una furia e ha subito preteso che liberassimo la sua
amica con
tanto di scuse, perché per quella sera sarebbero state
gradite ospiti del Victoria
casinò”
“La Signorina ha
perfettamente ragione” dichiarò con aria solenne.
“Aspetta non ho
capito,
tutte queste boccettine servono per fare un bagno? Le Signore
altolocate
perderanno mezza giornata solo per preparare la vasca”
borbottò Hermione
osservando concentrata le numerose bottigliette di profumo sulla
mensola di
cotto nel grande bagno della loro camera.
“Non le devi
usare tutte,
ne scegli solo alcune e le mischi all’acqua calda”
le rispose distratta Ginevra
mentre, seduta dentro la vasca, cercava il modo di far scorrere
l’acqua da un
complicato e moderno rubinetto. Aveva avuto poche occasioni di vedere
dei
marchingegni idraulici così complessi e in queste poche
volte non aveva mai
avuto il permesso di avvicinarsi.
“Qui
c’è scritto che devi
tirare il pomello verso di te dopo aver regolato la temperatura
dell’acqua”
disse Hermione leggendo il piccolo foglio attaccato al retro della
porta del
bagno.
“Sto tirando da
cinque minuti
ormai, se doveva venire fuori l’acqua sarebbe già
uscita da un po’”
“Lascia faccio
io” esclamò
Hermione entrando anche lei nella grande vasca.
“Allora tiro
questo affare
e… niente acqua” bisbigliò Hermione
“forse si è otturato il tubo. Prova a
vedere se quel coso lassù è chiuso”
Ginevra, in precario
equilibrio sulla ceramica scivolosa, si alzò per esaminare
da vicino uno strano
rubinetto rotondo con tanti buchini come uno scolapasta.
“Sembra
nuovo” disse
incerta sfiorando la superficie liscia e scintillante
dell’oggetto.
“Forse
c’è un’altra
levetta. Se metto questa stanghetta di ferro di qua e poi premo questo
bottone
gigante qui di lato, tiro il pomello…”
“Hermione spegni
subito!”
gridò Ginevra mezzo soffocata dall’acqua che
d’improvviso aveva cominciato a
piovere dal rubinetto tondo con i fori.
“Si e tu credi
che io
sappia come si fa!” esclamò la ragazza castana
spostando frenetica le mani su
tutte le leve e pomelli che aveva davanti.
“Tira ancora quel
coso”
disse Ginevra avvicinandosi all’amica e contemporaneamente
cercando di non
bagnarsi ancora di più. Fatica inutile, dopo una manciata di
secondi passati ad
urlare istericamente di fare così e di girare di
là, l’acqua si fermò lasciando
le due ragazze depresse e bagnate a guardarsi i capelli, sedute sul
bordo della
vasca.
“Pensaci quando
racconteremo questa cosa hai nostri nipotini come rideremo”
disse gaia Ginevra
con un sorriso rassegnato.
“Certo, li
addormenterò
narrandogli la storia di due coraggiose avventuriere e di come hanno
sventato
l’attacco del rubinetto pazzo! A proposito tu hai capito
perché si è fermata
l’acqua?”
“No”
ammise triste Ginevra.
“Neanche
io” bisbigliò
atona Hermione “tanto la prima a fare il bagno sarai
tu!”
“Scordatelo, io
ora vado a
cercare degli abiti asciutti da buttarci addosso mentre tu diventerai
un’eroina
sconfiggendo il malvagio rubinetto!”
Con un’agile
salto Ginevra
era già fuori dal bagno e dandosi una rassettata si stava
incamminando verso la
porta.
“Solo
perché mi hai tirata
fuori da quel buco!” sentì urlare Hermione da
dentro il bagno.
Ginevra
girandolò per tanti
corridoi più intenta ad ammirare quadri che a cercare
qualcuno in grado di
fornirle abiti asciutti. Passò con aria incantata e un
leggero sorriso di
stupore sulle labbra lunghi corridoi e ampi saloni, osservando tutto
quello che
le si parava davanti.
“Nancy trovami
immediatamente il mio vestito celeste e butta giù Marie dal
letto, deve
sistemarmi questi capelli”
Una bella voce musicale
rovinata da una nota d’isteria rimbombò forte
all’interno del corridoio che
stava percorrendo Ginevra. Accelerando il passo vagò alla
cieca per qualche
secondo, per poi trovarsi davanti ad un grande arco dai contorni
antichi
intagliati nella pietra. Ginevra quando varcò con
naturalezza quella maestosa
entrata non sapeva che la persona alla quale stava andando ingenuamente
incontro avrebbe contribuito a scardinare gli ultimi granelli di
sanità mentale
ancora presenti in lei.
“Questa zona
è privata.
Giratevi e continuate a camminare, prima o poi incontrerete qualche
inserviente
che saprà indicarvi dove andare” disse la ragazza
con voce secca appena ebbe
visto avvicinarsi Ginevra.
“Mi dispiace non
sapevo di
essere in un’ala vietata. Forse mi potete aiutare sto
cercando la lavanderia, o
un qualunque posto in cui trovare abiti asciutti” disse
tentennando Ginevra
intimorita dalla durezza di quella ragazza mora.
“Credevo che i
vestiti a
voi non servissero. Riconosco però che per un dono, seppur
sciatto come il tuo
corpo, una bella confezione non guasti mai”
Ginevra rimase per qualche
istante imbambolata davanti a quella bella ragazza vestita come una
principessa
non riuscendo a capire il senso delle sue parole. Poi accorgendosi di
stare
facendo la figura della sciocca si riscosse e scusandosi si
allontanò alla
svelta da quel posto. Quella ragazza la innervosiva, quella strana aria
di
superiorità e il fascino naturale che possedeva la facevano
sentire in
imbarazzo con il suo vestito fradicio e i capelli ammosciati sulla
testa.
“Signorina
Ginevra ma cosa
vi è successo?”
“Oh Signor
Direttore ecco…
io ed Hermione abbiamo avuto un piccolo disguido con il rubinetto del
bagno, e
visto che nessuna delle due è pratica con quelle
apparecchiature moderne il
risultato non è stato dei migliori” disse con un
sospiro Ginevra indicandosi
con un gesto rassegnato il vestito zuppo.
“Venite vi
accompagno in
lavanderia. Pensate che coincidenza, stavo giusto appunto andando a
cambiarmi
l’abito anche io. Fra poco si terrà una piccola
riunione privata per amici
intimi e volevo essere affascinante, chissà che non riesca
ad attirare le
attenzioni di qualche Signora. Ho paura però che questa sera
le uniche donne
presenti saranno solo arcigne matrone” continuò
allegro il Signor Muffin
conducendola nuovamente attraverso il grande arco di pietra.
“Non siete
sposato?”
domandò indiscreta ma troppo curiosa Ginevra, mentre
sbirciava verso la porta
chiusa in cui qualche minuto prima aveva incontrato la ragazza bruna.
“Lo ero. Mia
moglie è morta
più di cinque anni fa e ora mi diverto a fare il cascamorto
con le altre donne
come un ragazzino di sedici anni. Ma la mia Emily lo sa che amo solo
lei” disse
in un soffio con un sorriso dolce sulle labbra.
“Sono arrivato,
queste sono
le mie stanze. Mi scusate se non vi accompagno in lavanderia?
È molto tardi, i
miei ospiti arriveranno a minuti e devo ancora dare le varie consegne
ai
domestici”
“Non si
preoccupi, adoro
girare per questo palazzo, anche se mi perdo non sarà un
disturbo! Devo andare
avanti qui, a destra e poi sempre dritto vero?” disse Ginevra
concentrata nel
ricordare le indicazione datele dal Signor Muffin un attimo prima.
“Ah Signorina
Ginevra?” La
ragazza si sentì chiamare ancora dall’uomo dopo
che ebbe compiuto pochi passi
nel corridoio.
“Sarei felice se
voi e la
vostra combattiva amica vorrete unirvi alla piccola comitiva di questa
sera.
Non capita spesso che due meravigliose ragazze possano unirsi ad un
gruppo di
panciuti e sornioni vecchi Signori. Se non starete attenta vi ruberanno
tutti i
soldi al gioco, sono dei furbacchioni i miei amici”
“Se
troverò un abito adatto
nella vostra lavanderia, sarò felice di dilettare i vostri
compagni con la mia
sbadataggine al gioco” rispose sorridendo Ginevra.
Vi piace? Di preciso non so
se nel 1814 esistesse già qualche modello di rubinetto con
tubature interne, ma
la scena mi piaceva troppo! Scusate per il ritardo! Grazie a tutti
quelli che
leggono la mia storia, siete fantastici grazie!
Ginny7: hai visto la mia
recensione alla tua storia? Che ne dici ti piace questa Hermione
femminista? A
me tantissimo! Spero che il capitolo ti sia piaciuto un bacione!
Julietta: ti piace? Ti
prego dimmelo perché ci tengo tanto!
Fiubi: sul serio ti
piacciono le scene di Draco e Ginevra assieme? Io mi sento sempre un
po’
insicura quando le scrivo perché ho paura di diventare
scontata o di essere
troppo smielata. Correggimi subito se mi succede! Sai, la scena che ti
è
piaciuta tanto non la volevo ambientare su il
rudere di una torre ma volevo un ponte. Come quello in cui
Cenerentola e
il principe vanno dopo il ballo al castello. Troppo bello, ma mi
sembrava
strano mettere un fiume nel giardino di un
casinò… Comunque se per caso
proverai mai a barare con le carte nella scollatura dimmelo
perché voglio
sapere se funziona!
Jessire: grazie sei un
angelo! Questo capitolo ti piace? Un bacio grande grande.
Rayne: allora ti
è piaciuta
Hermione arrestata? Mi sono divertita un sacco a scrivere la scena!
Grazie per
il commento spero che continuerai a farmi sapere se la storia ti piace
o no! Un
bacio!
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Capitolo 12
“È un
peccato che Evan non
possa essere qui, si divertirebbe un mondo” disse Hermione
osservando le pareti
della stanza in cui erano entrate lei e Ginevra. Nonostante le accurate
indicazioni e la concentrazione messa nella ricerca si erano perse fra
i tanti
corridoi e svincoli di quel posto. Erano tornate due volte davanti alla
loro
stanza, una volta nella sala grande nel casinò e non avevano
perso il conto di
quante volte erano passate davanti ad un bel quadro di una donna seduta
a
leggere alla luce del tramonto.
“Questo posto
è
meraviglioso!” bisbigliò Ginevra in preda allo
stupore più puro. Davanti a lei,
su ogni parete, in ogni più piccolo scaffale, erano disposti
ordinatamente una
quantità enorme di libri.
Le sarebbe
servita una vita per leggerli tutti ed era precisamente quello che
aveva deciso
di fare nell’attimo in cui era entrata.
“Dobbiamo
andarcene, se ci
trovano qui sono guai” bisbigliò Ginevra tirando
l’amica per un braccio.
“Uno piccolo per
favore? Lo
nascondo nel corpetto del vestito, tanto è talmente rigido
che nessuno si
accorgerà che c’è un libro”
implorò con voce speranzosa Hermione mentre puntava
i piedi per non essere trascinata fuori della stanza.
“Hermione se
chiedi al
Signor Muffin il permesso di passare la notte nella sua biblioteca,
farai
prima” disse con fare da maestra Ginevra.
“A volte sei
quasi più
geniale di me!”
“Non avevo mai
visto tanti
soldi tutti assieme?”
“Scusa ma cosa
credevi? A
queste riunioni fanno parte solo elementi scelti per la capienza
esagerata
delle loro tasche e per la libertà con cui le svuotano. Una
qualsiasi di queste
persone può puntare, in un solo giro, più denaro
di quanto tu e io vedremo mai
in tutta la nostra vita” sussurrò Hermione per non
farsi sentire da nessuno dei
partecipanti alla festa privata.
“Signorina
Ginevra, vi
stavo aspettando prego venite a sedervi” disse allegro il
Signor Muffin
sopraggiunto silenzioso alle spalle delle ragazze.
“Prego, vi ho
riservato il
tavolo con la vista migliore non vi sembra? Sapete Lord Rembrant mi
aveva
chiesto questo tavolo ma io sono stato irremovibile. D'altronde seduto
alla mia
poltrona laggiù, vedo direttamente questo tavolo e le vostre
armoniche figure
sono più gradite ai miei occhi che la struttura spigolosa e
secca di Lord
Rembrant” continuò giocoso l’uomo mentre
camminava verso un piccolo ma grazioso
tavolo di legno tondo, posto proprio davanti ad una grande vetrata che,
per
qualche metro, prendeva il posto del muro in mattoni.
“Accomodatevi fra
poco
arriverà un cameriere” Il Signor Muffin era
sparito tanto velocemente quanto
era apparso poco prima e le due ragazze si ritrovarono con trenta paia
di occhi
puntati addosso. Il salone in cui era allestita la festa privata era
molto
grande, quasi quanto la sala grande del casinò ma in quel
momento a Ginevra
sembrava piccolissima e angusta. Ogni persona presente in sala la stava
sondando e catalogando: due ragazze giovani e sole, vestite con abiti
chiaramente non loro, potevano sembrare solo una cosa e per quella sera
ne
aveva avuto abbastanza di essere scambiata per una prostituta.
“Forse abbiamo
fatto male a
venire qui” bisbigliò rivolta ad Hermione.
“Ginevra,
considerando il
tuo carattere pacifico in questi casi hai due opportunità, o
scappi disperata e
sconfitta come stai per fare, o adotti momentaneamente la calma
estenuante di
Christine. Ti avverto che in nessuno di questi due casi riuscirai a
divertirti
o quantomeno a sorridere più di dieci volte in una sera. Per
cui, opto per la
scelta numero tre, ossia fai come la sottoscritta: tu sei la regina del
mondo!”
“Peccato che non
sia niente
del genere”
“Qui dentro non
importa quello
che sei ma quello che dai l’idea di essere, o mi
sbaglio?”
Ginevra rimase ferma per
qualche istante a riflettere, poi inspirò profondamente e
drizzando la schiena,
spostò lo sguardo su tutti quelli che ancora continuavano a
guardarle con
indiscrezione. Osservò ogni particolare, dai capelli laccati
di tutto punto al
vestito senza pieghe, fino a che ogni persona distolse lo sguardo,
imbarazzata
dai suoi infondati sospetti verso quella Signorina aristocratica.
“Spero non sia
presente
anche quel mollusco che mi ha fatta arrestare” disse Hermione
mentre spaziava
con gli occhi all’interno della sala.
“Cosa ti aveva
detto per
farti arrabbiare così tanto?” domandò
curiosa Ginevra.
“Non che mi
potessi
aspettare qualcosa di diverso da un uomo che considera le donne come
stormenti
di piacere e di pulizia casalinga. Per l’essere viscido il
mio vestito era
perfetto, anzi avrebbe preferito una stecca in più per far
uscire del tutto il
seno dal corpetto! Sai che ha una moglie incinta? Me lo ha detto con un
sorriso
dopo avermi tastato ampiamente il sedere! Sarei curiosa di vederlo
ridere
adesso, sta cetra che con il destro che gli ho mollato uno o due denti
se li
sognerà la notte!”
“Credevo avessi
solo alzato
la voce” disse stupita Ginevra.
“Tu guardi troppo
ai dettagli”
“Signorine
permettetemi di
presentarvi una persona” disse il Signor Muffin irrompendo
nella conversazione
delle due ragazze “questa è mia figlia
Pansy” continuò poi con tono orgoglioso
facendo spazio alla ragazza.
“Piacere di
conoscervi, mio
padre mi ha raccontato la vostra sfortunata storia e siamo entrambi
molto lieti
di avervi qui questa sera. Avete degli abiti bellissimi”
disse una ragazza
mora, con l’incanto di una vera regina del mondo.
Ginevra dovette impegnare
ogni sua energia nello sforzo di non aprire la bocca stupita e di
imporre alle
gambe di non scappare il più veloce possibile. Quella
ragazza le stava facendo
lo stesso effetto di qualche ora prima, solo che ora era molto
più bella e
orgogliosa.
La mente di Ginevra
registrò quello che successe in seguito come una serie di
indistinti
comportamenti umani al limite della parodia. I suo occhi intontiti
videro
Hermione alzarsi e inchinarsi alla nuova arrivata con un sorriso di
finta gioia
sulle labbra. Sentì la ragazza castana ritirarsi in quanto
preda di un
inaspettata e inattesa voglia di giocare nata, probabilmente, dalla
vicinanza
della cara Pansy. Poi l’aria si fece più leggera e
al contempo più dolorosa da
respirare, e capì che stava arrivando. Se lo aspettava, le
comunicò la sua
mente, ma il cuore non si era preparato abbastanza a quello che avrebbe
visto e
per poco non si fermò. La sua salute cardiaca fu
definitivamente perduta,
quando vide le labbra di Pansy su quelle di lui.
Ora, a questo punto si
potrebbero distribuire davanti a noi, non solo qualche
opportunità di scelta,
ma interi mazzi. I quattro neuroni rimasti a Ginevra vagliarono la fuga
disperata, l’impassibilità gelida, le grida
isteriche, il cuocersi il cervello
con il rum, l’omicidio multiplo, la reclusione in un
manicomio di massima
sicurezza, l’infarto istantaneo, ma alla fine scelsero, come
sempre, la cosa
più insensata, sciocca, seppur incredibilmente giusta da
fare. Si scollegarono.
Un secondo prima era seduta
composta su di una comoda poltrona e un attimo dopo eccola afflosciarsi
come
seta sul pavimento. Non che stesse rimproverando il suo cervello per
aver
collassato, ma decisamente poteva scegliere un momento più
opportuno. Se non
altro ora non aveva più davanti agli occhi i due picconi
intenti a tubare
dolcemente, anche se, considerata la situazione nel suo insieme, era
meglio
guardare Malfoy amoreggiare con Pansy che stare dove era in quel
momento.
Infermeria, era questa la parola scritta con lettere d’ottone
attaccate alla
porta che aveva varcato fra le braccia di uno sconosciuto, tanto
gentile da
auto erigersi suo portantino personale.
Un’algida donna
di mezza
età, con il viso solcato da premature rughe probabilmente
dovute alla nevrosi,
aveva indicato al suo salvatore un letto in fondo alla grande sala, ed
era
proprio lì che ora se ne stava Ginevra. Non sapeva
perché ma i suoi stanchi
circuiti cerebrali si rifiutavano di pensare a cose serie: per esempio,
sarebbe
dovuta essere preoccupata per Hermione rimasta sola in quella gabbia di
matti,
oppure domandarsi perché era svenuta come una pera cotta,
solo per aver visto
un asino baciare un’aristocratica stizzosa. Invece era quasi
un quarto d’ora
che cercava di entrare nella psiche dell’infermiera, per
capire quale assurdo
motivo l’aveva spinta a sistemarla nell’unico
angolo buio della stanza, quando
nessun altro letto era occupato.
“Ti senti
meglio?”
“Non dirmi che
adesso devo
anche risponderti? Immaginavo che fossi tu sai? Chi altro poteva
caricare un
peso morto come me e portarlo qui di corsa, se non tu. Ora
però fammi un
piacere torna alla festa ad ingozzati di tartine al salmone, lasciami
pure qui
a smaltire quest’assillante mal di testa. Sto bene sola e la
simpatia
dirompente dell’infermiera terrà lontano qualunque
male intenzionato”
“Ginevra mi
senti?”
“Si che ti sento,
smettila
di parlare così forte”
“Hai gli occhi
aperti e
anche se ti ostini a guardare il soffitto. So che mi senti, quindi
rispondimi”
“Usi la tattica
‘sono
incisivo e maleducato ma guarda caso ottengo quello che
voglio’ vero? Ti avviso
con me non funziona dovresti saperlo ormai”
“Sai che sei
diventata
l’attrazione numero uno della serata? Alle feste di Erby in
genere scoppiano
risse o donne isteriche scappano piangendo, ma una giovane e delicata
ragazza
non si era mai disperata tanto da arrivare a svenire”
“Chi sarebbe
disperata?
Quante storie che fai per un semplice mancamento. Chissà
quante povere oche hai
fatto svenire con il tuo discutibile fascino di tenebroso uomo di
mondo”
“Tanto non me ne
vado
finché non mi rispondi”
“Perfetto,
vorrà dire che
gareggeremo a chi è più testardo
dell’altro. Faremo le ragnatele prima che uno
dei due si decida a dichiararsi sconfitto”
“D’accordo
così non
funziona, sei testarda come un mulo. Sei svenuta perché hai
visto Pansy
baciarmi”
“Non sperare di
farmi
cedere con delle provocazioni, usuri le corde vocali per
nulla”
“Non so se hai
notato, ma
era una constatazione”
“Sprechi
tempo”
“Sei gelosa di
Pansy”
“Vattene a letto.
O muori,
fa come ti pare”
“Aspetta, non
è tutto deve
ancora arrivare la parte più bella. Sei innamorata cotta di
me”
“Respira, piano.
Ti
arrestano se lo uccidi, lo sai vero?”
“Considerando
questo è
normale che tu non regga alla vista di un innocuo bacetto fra me e
Pansy”
“A parer mio
nell’indole
dalla dolce Pansy non c’è nulla
d’innocuo”
“Oramai avresti
dovuto
imparare che le persone non si giudicano dall’esterno e
soprattutto dalla prima
impressione. Non so cosa ti abbia fatto Pansy, però se ti
prenderai cinque
minuti per stare con lei scoprirai che è un’acida
strega, ma infondo è
simpatica e generosa”
“
‘Acida strega’ non solo
stona con gli aggettivi ‘simpatica e generosa’,
è proprio l’opposto!”
“Il contrasto fra
bene e
male è piuttosto rilevante nel caso di Pansy lo ammetto, ma
questo la rende più
interessante”
“Vai a studiare
il tuo caso
da laboratorio allora, e lascia in pace me”
“Ogni persona
è
contraddittoria a suo modo. Quando avevo diciotto anni sono stato un
mese a
Parigi in visita con mio padre da un amico di famiglia. Questo Signore
possiede
una fabbrica di saponi molto famosa. Un giorno ci portò a
visitare lo
stabilimento e così conobbi uno dei tanti operai. Mi disse
che a volte con il
suo stipendio non riusciva ad arrivare alla fine del mese e, per alcuni
giorni,
non era capace di portare neanche un pezzo di pane fresco a casa.
Eppure, ogni
sera, quando usciva da lavoro stanco e sporco, si fermava in una
pasticceria e
comprava un dolce per la figlia di quattro anni. Diceva che era troppo
innamorato del suo sorriso di gioia per risparmiare quei
soldi”
“Perché
mi racconti queste
cose?”
“Anche tu sei una
contraddizione vivente sai? Se t’incontrassi per strada in
giorno di pioggia penso
che sarei troppo impegnato a ripararmi dall’acqua per
accorgermi di te. Sai ho
conosciuto solo una manciata di ragazze capaci di incantare senza il
bisogno di
essere viste, solo con la loro presenza”
“Tutto quella
storia
dell’operaio per dirmi che non sono una donna fatale? Guarda,
lo sapevo già da
tempo, e senza il tuo aiuto”
“Prima di
storcere il naso
offesa fammi arrivare al dunque. In apparenza tu sei una ragazza mite e
composta, che ti fa accomodare sulla poltrona accanto al fuoco e ti
offre una calda
tazza di tè. É il tuo aspetto a suggerire questo
carattere, gli zigomi alti e
rosei, gli occhi grandi e lucenti, e, in generale, il tuo essere
così fine e
controllata”
“Questa sarebbe
la mia
contraddizione?”
“Quando ridi
però cambia
tutto. Non so cosa ci sia di speciale nel tuo sorriso, hai labbra
morbide ma
non sono le migliori che abbia mai visto. Forse è merito
delle guance che si
ritirano formando delle buffe colline ai lati del viso. In ogni modo
quando
sorridi regali al mondo una parte di te stessa che nascondi gelosamente
in un
angolo del cuore. La Ginevra che sogna di viaggiare e conoscere ogni
cosa, di
ridere finché le fa male la pancia, d’amare e di
essere amata. Sei bellissima
quando ridi perché diventi l’essenza gioiosa della
vita e infondi la voglia di
sorridere a tutti quelli che ti stanno accanto. Credimi tu sei la sola
ragazza
capace di rendere felice qualcuno anche senza essere vista.
Naturalmente tutto
cambia quando smetti di sorridere e arriva la Ginevra petulante,
impulsiva,
testarda e anche un po’ viziata”
“Sai che ti dico,
ora mi
alzo e ti spacco quel brutto muso da faina che ti ritrovi!”
“Sono stato
davvero
sfortunato. Mi sono accorto troppo tardi del tuo caratteraccio.
Perché quel
giorno quando mi hai aperto la porta non mi hai detto ‘Devi
essere più
diplomatico quando dai ordini’ oppure, anche meglio
‘Sai che sono capace di
arrampicarmi su un albero di cinque metri per recuperare una
rosa’. Se lo
avessi fatto ora non dovresti sposarmi”
“Ginevra? Ti sei
nascosta
sotto il letto?”
In un secondo la bizzarra
statua di pietra che fino a quel momento era stata Ginevra si era
volatilizzata, tanto in fretta che neppure le lenzuola parevano non
essersi
spostate.
“Sono
qui”
Una voce dolce ma titubante
uscì dal buoi e concentrandosi Draco riuscì a
scorgere una vaga sagoma bianca
rischiarata dalla poca luce lunare che entrava dalla finestra.
“Non mi dirai che
il muro
che si vede dalla finestra è più bello di
me?” chiese ironico Malfoy sperando
che la ragazza non smettesse un’altra volta di parlare.
“Mi chiedevo come
ci
riesci? Intendo a capire cosa penso. Non so se considerarlo un pregio o
un
difetto ma non sono una ragazza semplice da gestire ma prima mi parlavi
come se
capissi ogni cosa che pensavo e questo m’inquieta
leggermente”
“Perché?”
“Non mi piace
l’idea di
essere un libro aperto, mi fa sentire vulnerabile”
“Lo so che odi
passare per
una donna indifesa e fragile, ma non hai mai provato a fidarti
completamente di
qualcuno? Senza pensare, senza problemi. Dimmi Ginevra saresti capace
di lanciarti
nel vuoto con la consapevolezza che qualcuno ti afferrerà al
volo?”
“Sono salita su
una scopa
con te”
“E questo per te
equivale a
fidarsi ciecamente?”
“Hai visto come
dondolava
quel discutibile mezzo di trasporto?”
“E va bene! No,
non credo
di essermi mai fidata completamente di nessuno. È una cosa
che mi spaventa”
ammise con esasperazione la ragazza dopo che ebbe visto lo sguardo
scettico di
Draco.
“Bene,
vorrà dire che
faremo un esperimento pratico”
“Prima che la tua
mente
escogiti cose assurde, ti dico una cosa: non mi fido di te. Neanche in
minima
parte, quindi ogni tuo possibile esperimento fallirebbe
miseramente”
“Sciocchezze,
certo che ti
fidi di me”
“La mia fiducia
nei tuoi
riguardi ha lo stesso spessore della tua modestia, praticamente
inesistente”
“Ginevra?”
“Si?”
“Sta
zitta”
“Ma
come…”
Ma le parole le morirono
lì
dove erano nate. Se avesse voluto in quel momento avrebbe potuto
contare le
scaglie d’azzurro cielo presenti negli occhi di Malfoy, tanto
il ragazzo era
vicino al suo viso.
La mano di Draco
salì in
una lenta carezza sulle sue gote, per poi scendere con calda lentezza
fino alla
mano leggermente tremante di Ginevra.
“Hai
paura?” bisbigliò roco
il ragazzo.
“No”
Ginevra sapeva quello che
stava per fare, non lo conosceva affatto a dispetto di quanto credeva,
ma aveva
già provato quella sensazione d’attesa snervante.
Il vuoto allo stomaco, le
labbra tremanti e leggermente aperte, i battiti impazziti e quello
strano
sentore di fare la cosa giusta. La voglia che tutto accadesse
più in fretta
possibile e allo stesso tempo il desiderio incontrollato di fermare il
tempo e
vivere centinaia di volte quell’istante. Aspettare qualcosa
che sai avvicinarsi
eppure stupirsi come una bambina quando arriva. Tutto questo aveva
sentito
Ginevra Weasley, una mattina di settembre, quando Draco Malfoy la
baciò. La
cosa buffa che stupì Ginevra in quel momento, mentre stava
ferma davanti alla
finestra di un’infermeria, fu la sua reazione. Conoscendosi
da quasi vent’anni,
si sarebbe aspettata di scattare via, di stampare la sua mano sulla
guancia di
quel presuntuoso con un sonoro schiaffo o di fare qualsiasi cosa tranne
restare
ferma. Eppure fu quello che fece, rimase immobile ad aspettare pensando
a come
si sarebbe dovuta sentire e a sgridarsi mentalmente per quello che
invece
provava.
Quando le labbra di Malfoy
si appoggiarono delicate ma decise sulle sue, Ginevra avrebbe voluto
urlare,
strapparselo di dosso e correre il più lontano possibile. Le
braccia del
ragazzo che la stringevano a lui, furono una comoda scusa per
rassegnarsi a
restare dov’era. Poi tutto quello che li circondava
sparì in un lampo nero e
subito dopo venne il freddo.
Finalmente, solo per voi,
un bacio! Visto? Con calma ma ci sono arrivati prima di mettere le
radici!
Volevo dare una piccola informazione. Di sicuro vi sarete accorti che
ho
cambiato il cognome di Pansy. Mi dispiace molto aver cambiato la storia
ma non
ho saputo farne a meno. Quando ho ideato il direttore del
casinò non avevo
pensato di farlo diventare il padre di Pansy così gli ho
dato un nome a caso.
Poi però il suo cognome si adattava talmente bene al suo
carattere buffo che
non ho avuto il cuore di cambiarlo. Mi dispiace spero che mi
perdonerete.
Volevo anche chiedervi se si capiva la parte in cui Ginevra risponde a
Draco
con dei pensieri e non con parole, perché per me
è chiaro, ma l’ho scritto io,
e non vorrei che per una persona esterna la scena risultasse strana.
Fatemi sapere cosa ne
pensate! Un baciotto!
Per fiubi: ce
l’hanno
fatta! Si sono baciati! Quasi gli darei un premio! Grazie per i
complimenti e
cosa avevi detto riguardo alla gelosia? Ci hai proprio preso in pieno!
Ti è
piaciuto come ho descritto il bacio? Ci ho pensato per un giorno
intero, non
volevo essere banale ma allo stesso tempo volevo descrivere bene i
sentimenti
di Ginevra. Mi si è attorcigliato il cervello per scrivere
quelle dieci righe!
Fammi sapere presto! Un bacio grande. Ps. Mi piace anche a me la scena
del
bagno, ogni volta che la rileggo rido come una cretina!
Per jessire: allora
piaciuto
il bacio? Mi serve il tuo parere. Come provetta scrittrice di storie
ricche di
miele e struggimenti devi giudicare come sono andata. Ho descritto
bene? Sono
stata troppo veloce? Grazie ci tengo al tuo parere. A proposito,
perché hai
cancellato la tua storia? Mi piaceva tanto… Grazie di
continuare a leggere la
mia storia a presto! Un bacione.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13
È strana la
sensazione che
senti quando sei felice, al caldo e protetta. Poche volte in vita sua
Ginevra
Weasley aveva provato tutti questi sentimenti in una sola volta. Le
costava
molta fatica ammettere a se stessa di sentirsi a casa solo fra le
braccia dell’uomo
più sbagliato del mondo. Eppure era così. Non lo
avrebbe mai detto a voce alta,
nemmeno sotto tortura, ma stretta in quel deciso abbraccio si sentiva
bene,
libera di sorridere senza che ce ne fosse motivo, senza pensieri
né belli né
brutti, semplicemente in pace.
Draco Malfoy la stava
ancora baciando, con quelle labbra dannatamente sensuali, e la sua
forza di
volontà aveva da un bel po’ sventolato bandiera
bianca arrendendosi davanti
all’irresistibile. Per qualche istante, non si accorse del
gelido vento che le
sferzava i capelli e le penetrava strisciante nelle ossa. Poi, quando
il viso
del ragazzo si allontanò di poco dal suo, e quel torpore
incantante si fu in
parte dissolto, il freddo la colpì come un violento schiaffo
nel viso.
Nero e luci si alternavano
attorno a loro in una strana combinazione gotica, tanto che le stelle
nel cielo
erano solo una pallida cornice di quell’immenso spettacolo.
Ginevra distolse lo sguardo
dal luccicante panorama solo per lanciare un’occhiata
interrogativa al ragazzo
che ancora la stringeva forte.
“Dove
siamo?” bisbigliò
Ginevra girando la testa quanto più poteva per sbirciare
dietro le spalle di
Malfoy.
“Sul tetto del
Victoria
casinò” rispose con semplicità il
ragazzo fissandola negli occhi per vederne la
reazione.
“Perché?”
domandò perplessa
Ginevra incapace di staccare gli occhi da tutte quelle scintillanti
lucine
davanti a lei.
“Primo
perché adoro come
s’illumina il tuo viso quando guardi qualcosa che ti piace e
secondo per il tuo
esame di fiducia”
“Sorvolando sulla
prima
ragione, mi potresti illustrare la seconda? Perché non ho
ben chiaro il
concetto di ‘esame di fiducia’” disse
curiosa ma titubante Ginevra, guardando
di sottecchi Malfoy.
“Prima o poi devi
imparare
a fidarti delle persone, e non vedo perché non cominciare
con me”
“Per esempio
perché odio
averti accanto”
“Non vorrei
contraddirti
cara, ma mi sei spalmata addosso e non sembri bruciare
d’odio”
“Fa freddo
quassù, e per
ora sei l’unica fonte di calore”
“Salta”
sentenziò secco
Malfoy muovendo la testa in direzione nel parapetto.
“Salta
tu” esclamò Ginevra
come se spiegasse una cosa semplicissima ad un bambino.
“Voglio che
salti” continuò
imperterrito Draco, cominciando a trascinare la ragazza verso la fine
del
tetto.
“Tu sei pazzo,
lasciami!”
urlò energica Ginevra gesticolando per liberarsi dalla forte
presa del ragazzo.
Sapeva già che
la forza
delle sua gracili braccia non avrebbe spostato di un filo Malfoy,
mentre lui
continuava ad avvicinarsi al bordo come se stesse camminando
tranquillo. Gli occhi
di Ginevra saettarono veloci verso il buco nero al di là del
parapetto per poi
tornare a fissare gli occhi di Malfoy. Era deciso e sicuro di
sé, la stava
costringendo a buttarsi.
“Adesso basta
smettila!”
gridò infuriata Ginevra, agitandosi sempre più.
Per un secondo il ragazzo
parve bloccarsi, ma subito dopo riprese a camminare con Ginevra stretta
fra le
braccia. Dopo pochi tentennanti passi arrivarono sull’orlo
del tetto del
Victoria casinò, al di là del bordo solo
un’infinità di nero pece.
“Saresti capace
di saltare
sapendo che ti lascerei mai toccare terra?”
“Lasciami andare
psicopatico” ringhiò la ragazza pronta a mordere e
graffiare qualunque parte di
Malfoy le capitasse a tiro.
“Tu sai leggere
nel futuro
delle persone e nel loro animo. Lo sai che non ti lascio
cadere”
Ginevra smise di agitarsi e
restò inerme a fissare gli occhi di Malfoy incapace di
ammettere la verità. Ma
sapeva benissimo come il ragazzo avesse già compreso quello
che lei faticava a
credere.
“Non ti fidi
neppure di te
stessa, è così vero? Sai perfettamente che
potresti buttarti da un palazzo di
Parigi e io arriverei da Londra a prenderti nel tempo di un respiro. Ma
non hai
il coraggio di provare a crederci perché vorrebbe dire che
ti fidi di me, e
questo sarebbe un vero problema visto il tuo tanto decantato odio nei
miei
confronti” sentenziò con rabbia Malfoy
“per la miseria Ginevra quando la
smetterai di comportarti come una bambina?”
“E
così sarei io
l’immatura? Stai minacciando gettarmi giù da un
tetto e la bambina sono io perché
non mi fido? Scusami tanto se tengo alla mia povera vita!”
gridò gesticolando
frenetica Ginevra.
“Smettila. La tua
vita, con
me nei paraggi, corre solo il rischio di essere vissuta al meglio ogni
giorno”
“Togliti dalla
testa la
presunzione di migliorarmi la vita con la tua ingombrante presenza. Non
voglio
stare qui, non voglio stare con te e non voglio averti sulla mia
strada”
Le braccia di Malfoy si
spalancarono di scatto tanto velocemente che per poco Ginevra non cadde
per
terra.
“E allora
vattene. Resta
tranquilla nel tuo mondo delle bambole, vivendo sotto una bella campana
di
vetro. Ti avverto però che non durerà per sempre,
prima o poi qualcosa riuscirà
a scalfire la tua barriera e resterai sola in un mondo sconosciuto e
desolato”
sentenziò duro Malfoy allontanandosi da Ginevra a grandi
passi.
“Tu non mi
conosci per
niente, come osi tirare le somme della mia vita in modo così
gelido?” gridò la
ragazza in preda alla più ceca rabbia. Con uno scatto che
sorprese lei stessa
corse fino a raggiungere Malfoy e strattonò con forza il suo
braccio.
“Guardami quando
ti parlo!
Credi davvero che sia così stupida da pensare alla vita come
ad una serie
d’avvenimenti indistinti e belli? So perfettamente come la
vita può essere
ingiusta e cattiva a volte, non sono nata ieri”
ringhiò Ginevra, non ascoltando
una parola di quello che diceva tanto era furiosa.
“E
così sapresti quanto è
difficile vivere? Cosa mai avranno sopportato le tue povere membra per
poter
affermare questo?” la canzonò con cattiveria
Malfoy “oh certo tuo padre è un
ubriacone spendi soldi e tuo fratello è sulla buona via per
seguirne le orme.
Poi non dimentichiamoci della cara mamma svitata morta di
crepacuore…”
Ginevra agì di
scatto. In
un battito d’ali aveva schiaffeggiato con tutta la forza che
aveva in corpo
Malfoy e ora lo teneva saldo per il collo dell’elegante
giacca nera.
“Parla una sola
altra volta
in questo modo della mia famiglia e giuro, che tu e del tuo ghigno
maledetto
diventerete cenere al vento” bisbigliò gelida a
pochi centimetri dalle labbra
di Draco.
Ginevra lasciò
la presa di
scatto, per poi correre lontano da quel posto e dal ragazzo il
più veloce
possibile.
Draco Malfoy rimase fermo
qualche istante ad ascoltare lo scalpitio dei piedi veloci di Ginevra
correre
giù dalle scale e poi sparire debolmente. Con una mano si
sfiorò il punto in
cui Ginevra lo aveva afferrato con inaudita violenza per i muscoli
delle sue
braccia e lo trovò rovente. Il tessuto della giacca e
piccola porzione di pelle
che era entrata in contatto con le dita di Ginevra erano bollenti. Come
se non
le avesse afferrate una mano calda ma un tizzone ardente.
Ripensando ore dopo a quel
momento, Draco si diede dell’idiota per non essersi chiesto
immediatamente come
le mani di Ginevra avessero potuto essere tanto calde. Su quel tetto,
da solo
con il freddo vento che gli scompigliava i capelli, rifletté
su come non aveva
minimamente avvertito quel calore, mentre lei era presente. Forse era
colpa del
suo cuore che batteva sempre così forte quando era vicino a
Ginevra, o forse
era solo a causa della rabbia provata. Nel momento stesso in cui
formulò queste
ipotesi si accorse di commettere lo stesso sbaglio che poco prima aveva
ammonito a Ginevra: non ammetteva la verità a se stesso. Non
aveva sentito il
calore spropositato delle mani della ragazza per
quell’insolito macigno che gli
si stava posando sempre più pesante sullo stomaco. A primo
acchito poteva
sembrare un semplice vuoto di stomaco dovuto alla fame, ma
riflettendoci un po’
sopra lo classificò come un indiscreto quanto assurdo senso
di colpa.
“È
oltremodo inconcepibile
che abbia sensi di colpa. Ho sempre pensato che se mai avessi dovuto
provare
rimpianto per qualcosa detto o fatto a qualcuno sarebbe stato per un
mio
imperdonabile errore. E ora mi ritrovo solo su un tetto a pentirmi
amaramente
di quanto detto cinque minuti fa. Quanto mi dà ai nervi
sentirmi in colpa per
qualcosa che so essere giusto!” pensò seccato
Malfoy tirando un violento calcio
ad un piccolo sassolino vicino ai suoi piedi.
Rimase fermo qualche
istante ad osservare il sasso sparire nel buoi, poi si girò
deciso a ritrovare
Ginevra.
“Cosa ci fai qui?
Ti
credevo ancora in infermeria con il biondo”
“Sto
benissimo” rispose
seccata Ginevra seduta sul letto. Era già da una mezzora che
se ne stava lì a
seguire con le dita gli intrecciati ricami della coperta. Lo aveva
fatto di
nuovo. Si era agitata troppo e aveva perso il controllo di
sé, e come sempre i
suoi strani poteri avevano fatto il resto. Doveva imparare a
controllarsi, ma
era talmente difficile farlo con Malfoy nei paraggi. Era sempre
riuscita a
controllarsi davanti a quell’asino perché sapeva
che i suoi insulti erano
soltanto vili provocazioni, quella sera però non
c’era riuscita.
“Bene Ginevra,
ora è il
momento di analizzarsi. Quando avrai capito il problema tutto
sarà più
semplice” pensò la ragazza parlandosi in terza
persona com’era solita fare
quando pensava a cose serie “accidenti lo sto facendo ancora!
Il verme ha
ragione. Mento a me stessa con la stessa facilità con cui
mangio un pezzetto di
pane. Mi sono innervosita a tal punto perché avevo abbassato
la guardia, colpa
di quel bacio e delle sue parole. Appurato questo e sorvolando sul mio
povero
orgoglio ferito che strepita, devo ripromettermi di non cascare
più in una così
vile trappola. Nessun bacio, nessuna carezza, niente potrà
scalfire la mia pace
dei sensi. Resterò una statua di marmo, ferma e gelida. Ma
chi prendo in giro?
Mi scioglierò come burro al sole, e lui scivolerà
ancora di più in me,
sconvolgendomi completamente. No! Non può accadere. Trovato,
se non lo vedo non
corro rischi. Mi terrò lontana, se solo dovessi intravedere
un’impertinente
chioma bionda fra la folla, non solo cambierò strada ma
proprio la città. Mi
troverà ugualmente… non c’è
nulla da fare. Allora, sono assolutamente e
definitivamente spacciata. Va a finire che mi toccherà pure
sposarlo. Per
carità no, questo no!” E con questi pensieri che
le frullavano per la testa,
Ginevra si lasciò cadere a pancia in su nel grande e soffice
letto, chiudendo
gli occhi per attenuare la confusione nella mente.
“Ginevra mi vuoi
spiegare
che ti prende? Hai la stessa espressione di un fachiro indiano che ho
visto
anni fa a Parigi” brontolò Hermione avvicinandosi
all’amica. Con un piccolo
balzo si distese di fianco a Ginevra e dopo averla osservata per
qualche
istante prese, a fissare il punto che la ragazza guardava con
insistenza da
quando aveva riaperto gli occhi.
“Il soffitto
è bravo a dare
consigli? Perché avrei una o due domande senza
risposta”
“Eh?”
biascicò Ginevra
ancora
“Il biondino ti
ha baciata
di nuovo, vero?”
“Hermione esiste
una
pozione per dimenticare?”
“Certo, ma
nessuna delle
persone che l’hanno presa ha avuto risultati
positivi”
“Se dimentichi
tutto il tuo
passato come puoi dire di vivere meglio o peggio di prima?”
“Nel profondo di
noi stessi
resta sempre un filo, che per quanto sottile continua a tenerti legato
alle
cose più importanti della vita. Prendere quella pozione
significa non ricordare
più nulla. A volte può sembrare la cosa migliore
ma se considerata a lungo
termine nessuna situazione per quanto disperata si può
risolvere annullandola
dalla mente”
“Ogni situazione
è diversa,
non generalizzare”
“Forse hai
ragione, ma
resto dell’idea che i ricordi sono sempre utili, anche quelli
dolorosi e
tristi”
“La mia vita sta
diventando
più ingarbugliata delle istruzioni all’uso di
quello stupido bagno”
“Beh, alla fine
in un modo
o nell’altro siamo riuscite ad usare quegli assurdi
rubinetti, quindi direi che
anche la tua vita potrà tornare in ordine”
“Mi stai
paragonando ad un
rubinetto?”
“Sei tu che hai
tirato
fuori tutte queste similitudini!”
“Ma non volevo
essere un
rubinetto”
“Allora non dire
che sei
come un rubinetto”
“Non
l’ho detto!”
“Giusto, sei le
istruzioni
all’uso del rubinetto”
“Perché
prendi tutto sul
serio?”
“Perché
tu non ti sai
spiegare”
“Sei tu che non
capisci”
“Io capisco
quello che mi
viene detto”
“Leggi fra le
righe!”
“Leggi le mie
labbra…
non-ti-sai-esprimere”
Un secondo dopo, il sorriso
ironico di Hermione fu cancellato dal tonfo di un cuscino atterrato con
insolita forza proprio sul suo naso.
“Mi hai dato una
cucinata?”
“Magari ti si
ricollega il
cervello e la finisci di sproloquiare”
Come poteva una ragazza con
uno spirito combattivo a livelli oltremodo elevati come Hermione
restare ferma?
Semplice, non può.
Con un fulmineo movimento
del braccio afferrò il cuscino vicino alla sua testa e senza
nemmeno accennare
ad alzarsi lo sbatté a peso morto sulle spalle e sul capo di
Ginevra che per
poco non cadde dal letto.
“Non guardarmi
così, ti modello
a cuscinate per farti assomigliare al rubinetto”
ghignò Hermione alzandosi in
ginocchio e guardando dall’alto in basso Ginevra. Un paio
d’occhiate gelide ma
complici e in pochi attimi l’elegante stanza fu rivoltata
come un calzino.
“Qui è
pieno di piume”
sentenziò perplessa Ginevra guardandosi attorno in piedi
sopra ad una
cassapanca.
“Dovresti vedere
i tuoi
capelli” esclamò ridendo Hermione seduta sul
morbido tappeto.
“Come
può un cuscino
esplodere se sbattuto contro il muro. Insomma siamo nel
casinò più rinomato di
Londra, dovrebbero dotarsi d’accessori di prima
qualità”
“Il mio lancio
era di prima
qualità! Hai visto? Neanche se riprovassi centinaia di volte
prenderei così
bene lo spigolo di quel quadro” disse esaltata Hermione
gettando un immaginario
cuscino verso il dipinto di una verdura morta.
“Vuoi una
medaglia?”
“Ci
penserò” disse
orgogliosa Hermione puntando il naso sul soffitto.
“Dovremmo
sistemare tutto
questo caos”
“Che ne dici se
raccogliamo
tutte le piume e le portiamo in massa da un fabbricante di
cuscini”
“Scusa ma
perché?” domandò
perplessa Ginevra smettendo per un attimo di togliere le tante piume
incastrate
fra i suoi capelli.
“Non trovi
indecente che
per produrre un singolo cuscino grande su per giù cinquanta
centimetri occorra
il piumaggio di tre oche? Insomma, poveri pennuti, non credo proprio
che siano
al mondo solo per tenere comode le nostre teste”
“Tu ti fai degli
strani
problemi”
“Parla quella che
si fa dei
complessi grandi come casa per un bacio!”
“Antipatica”
brontolò
Ginevra facendo con una smorfia la lingua all’amica castana.
“Hermione
sbrigati” gridò
Ginevra dal fondo del corridoio.
“Se urli come
un’aquila
sveglierai tutti, compreso il tuo biondo”
“Muoviti!”
esclamò piccata
la ragazza rossa svoltando veloce l’angolo del corridoio.
“Sai che oggi
incominciamo
le prove per una nuova commedia” disse allegra Hermione
raggiungendo con una
corsa l’amica.
“Davvero?”
chiese Ginevra
rallentando il passo.
“Certo. Ogni
volta che
veniamo a Londra organizziamo un nuovo spettacolo”
spiegò Hermione sorridendo
felice di tornare camminare normalmente.
“Pensi che
potrò
partecipare anche io?”
“Non potrai,
dovrai”
Il sole del mattino e un
grande sorriso illuminarono il viso ancora assonnato di Ginevra, quando
oltrepassò i cancelli del Victoria casinò.
Finalmente lasciava quel posto.
“Hermione
cos’è quel coso?”
chiese curiosa Ginevra notando solo in quel momento il voluminoso sacco
di
stoffa che l’amica teneva stretto fra le mani.
Per tutta risposta Hermione
aprì un poco i lembi della stoffa e mostrò il
contenuto del sacco a Ginevra.
“Hermione!?”
“Voglio
liberarle”
“Ma sono
morte”
“Non importa,
queste povere
oche sono state costrette in un’angusta prigione di stoffa
pregiata troppo a
lungo”
“Tu sei
pazza”
“Anche
tu”
“Già”
considerò Ginevra
dopo aver riflettuto qualche attimo “ti aspetto al campo.
Auguri per la vostra
nuova liberta care oche” disse rivolta al sacco.
E voltandosi con un grosso
respiro, mosse il primo passo verso la strada. Si concentrò
al massimo sulla
parte di lei che la spronava ad allontanarsi ancora di più
da quelle stanze
ricolme di quadri, da quei tavoli da gioco, e da lui. Il resto di lei
che
voleva disperatamente tornare indietro fu prontamente rilegato in un
angolo
della sua mente a sussurrare da solo la sua voglia di vita.
Più i passi che la
portavano lontano dal Victoria casinò aumentavano
più quei sussurri diventarono
bisbigli, parole, grida, urla. Fintanto che Ginevra fu costretta ad
incassare la
testa nel collo per non udire i propri sentimenti.
Hermione guardò
amorevolmente l’amica allontanarsi così leggera da
sembrare trasportata dal
vento. Poi strinse maggiormente la presa al sacco di stoffa e
cominciò a
correre nella direzione opposta a Ginevra, verso il giardino del
Victoria
casinò. Una parte del parco era formata da
un’incolta foresta, rimasta tale più
per mancanza di volontà dei giardinieri che per bellezza.
Hermione
s’intrufolò quanto
poteva fra cespugli di mirtilli e felci, infine si fermò con
solennità in
quella che le sembrava un radura. Dal punto in cui si era fermata si
vedeva
chiaramente la strada, ma ad Hermione non era mai importato molto il
giudizio
della gente, che guardassero pure con le loro facce stupidamente
incuriosite.
“Forza ragazze,
ora potete
andare dove volete. Viaggiate tanto fino a conoscere ogni filo
d’erba del
mondo, il vento è un ottimo mezzo per spostarsi”
A causa di una leggera
brezza alcune piume sgusciarono via dal sacco posandosi lievi ai piedi
di
Hermione.
“Non ancora, non
abbiate
fretta”
Un brusio lontano. Il
rumore di foglie secche accartocciate fra loro. Un impercettibile
sibilo. E poi
via, dritte nel cielo.
Con uno scatto Hermione
spalancò il sacco e contemporaneamente lo lanciò
verso l’alto per mandare le
piume dritte nella folata di vento.
Il turbinio bianco
durò
poco meno di tre secondi, ma per Hermione furono abbastanza. Era come
stare al
centro di una favola in cui accadono cose straordinarie. E quello che
ti rende
più felice è il sapere che sta succedendo a te.
Tante volte aveva letto libri
in cui la classica sfortunata fanciulla cantava o addirittura ballava
fra
centinaia di foglie cadenti o candidi fiocchi di neve. Certo le sue
erano penne
d’oca, ma questo è un dettaglio.
“A volte mi
chiedo se sono
solamente sfortunata o certe cose me le vado realmente a
cercare” bisbigliò
Hermione depressa guardando la persona che dalla strada la stava
osservando a
bocca aperta.
Ciao! Scusate lo so sono in
ritardo pazzesco. Ultimamente il tempo a mia disposizione per scrivere
si è
ridotto tanto e vado avanti a rilento. Prometto che cercherò
di migliorare
perché non mi piace aggiornare con tanto ritardo! Allora vi
piace il nuovo
capitolo? Fatemi sapere per favore!
Per julietta: si i
ringraziamenti erano per te! Scusami tanto, ma devo essermi confusa
visto che
poco prima di scriverlo ho cercato (inutilmente fra l’altro)
di ordinare le
recensioni. Deve essermi rimasto in testa un altro nome. Scusa! Grazie
per i
complimenti davvero sei gentilissima. Hanno litigato in questo capitolo
visto?
Volevo metterci un po’ di pepe. Ti piace Hermione liberatrice
d’oche? Mi sembra
un’idea assurda ma mi piaceva troppo! Ci sono le tessere del
club dei
romanticoni? Perché la voglio! A presto un bacione. Ps.
Auguri per la tua
storia!
Per fiubi: mi fai
arrossire! Grazie! Sai che hai perfettamente ragione sul percorso
sentimentale
di quei due? Per ora sono messi proprio così, ma non mi
piace fare restare le
cose statiche per molto e presto sconvolgerò qualcosa, anche
se ancora ci devo
pensare… per ora hanno litigato. Mi piace l’idea
di una Ginevra combattiva che
esce a testa alta anche se correndo come una pazza! Per Pancy
tornerà, anche
qui non so quando ma quelle come lei tornano sempre! Fammi sapere cosa
pensi
del capitolo! Un bacio.
Per Thaiassa:
davvero ti piace? Che bello sono felice! Questo capitolo ti
è piaciuto? A
presto un bacio. Sono contenta se ti è piaciuta la scena del
bacio, mi sono
impegnata per renderla al meglio!
Per Aurora:
grazie per il consiglio, nei prossimi capitoli se mi
capiterà nuovamente
un’occasione simile starò più attenta.
Non ho messo in corsivo i pensieri nel
capitolo scorso perché volevo che il lettore ci arrivasse da
solo, ma
evidentemente ho fatto male i calcoli. Grazie ancora e continua a farmi
sapere
cosa ne pensi. Un bacio.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo 14
“Ron finiscila di
stare lì
come un pesce, vieni a darmi una mano!” brontolò
un uomo dagli spettinati
capelli rossi, mentre scendeva goffamente da una carrozza in Edgware Road.
Arthur
Weasley
guardò perplesso il figlio, imbambolato come un fesso in
mezzo al marciapiede e
si chiese da chi avesse preso quel ragazzo. Certo non da lui. Per
quanto gli
costasse ammetterlo, di tutti i suoi figli, solo Ginevra aveva il suo
stesso
carattere: insolente, testarda e coraggiosa. Lo aveva capito fin da
quando era
nata che quella mocciosa gli avrebbe dato solo rompicapi, ma aveva
avuto la
sfortuna di innamorarsi di quei brillanti occhini verdi e del suo
sorriso
divertito quando le faceva le boccacce da sopra la culla.
“Accidenti
Ron,
muoviti!” gridò Arthur poi più forte,
mente cominciava a scaricare una grande
valigia dal tetto della carrozza.
“Arrivo”
mugugnò distratto Ron.
L’aveva
vista
solo per un attimo. Un battito di cuore ed era già scomparsa
come le piume che
le vorticavano attorno. Forse era stata la sua immaginazione, oppure la
stanchezza del lungo viaggio gli aveva giocato un pessimo tiro. Eppure
era
sicuro d’averla vista, la sua fata del bosco. Se voleva avere
la speranza di
ritrovarla doveva averla vista a tutti i costi.
Ron
sospirò
forte e con pazienza ripose l’immagine della sua strano e
bellissimo spiritello
in un piccolo angolo del suo cuore, dove sarebbe stato al sicuro
dall’usura del
tempo. Voltandosi di scatto verso il padre, una leggera piuma
marroncina
scivolò via dalla sua spalla, dove si era appoggiata poco
prima portata dal
vento.
Arthur
Weasley
vide avvicinarsi il figlio con un sorriso raggiante e
un’espressione beata
tanto strana, che decise di porre termine al tentativo di capire i
pensieri
Ron.
Se si fosse
sforzato ancora un poco avrebbe notato come una mano di Ron fosse
stretta in un
deciso pugno. Quella mano custodiva una morbida piuma, volata da lui
per caso o
per magia, che lo avrebbe portato da lei.
“Corri!
Non
fermarti, non ti guardare indietro potrebbe seguirti”
urlò Hermione a sé
stessa, mentre sfrecciava come una lepre fra le strade di Londra
diretta in
nessun luogo. Solo quando le gambe non riuscirono più ad
andare avanti per
inerzia, si accasciò su una panchina a lato del marciapiede.
Chiuse gli occhi e
si concentrò sul suo respiro cercando di trasformare quel
ansimare animalesco
in qualcosa di più umano.
“Santo
cielo,
Santo cielo…” bisbigliò lanciando la
testa a peso morto all’indietro “cavoli,
non possono capitare tutte a me! È matematicamente
impossibile che tutte le
sfortune mi raggiungano. Insomma esisteranno delle statistiche in
merito, e se
non ce ne sono provvederò alla loro stesura
personalmente!” pensò risoluta
alzando di scatto la testa per dare maggiore enfasi alla sua decisione.
“Dunque,
qui la
situazione si sta arricciando. Ma si dice arricciando? Oltre al respiro
mi si è
sballato pure il cervello. Non posso perdere le mie capacità
dialettiche o mi
accompagno da sola in manicomio” riflette Hermione
giocherellando con una
foglia caduta accanto a lei.
“Se
lui è a
Londra per Ginevra si mette male. Devo avvisarla al più
presto, ma per ora è
meglio se resto qui. Non mi reggono le gambe”
pensò sconsolata sbattendo i
palmi delle mani sulle cosce.
“Signorina,
un
dolcino per farle tornare il sorriso?” chiese una voce rauca
sorprendendo una
distratta Hermione. Era un signore anziano con un simpatico sorriso e
un buffo
capello verde in testa.
“Sono
solo
pochi penny Signorina, un po’ di zucchero risolve
tutto” continuò il signore porgendo
un dolcetto alla cioccolata ad Hermione.
“Generalmente
sarei d’accordo con lei, ma per oggi sono soffocata dal
pessimismo”
“Oh questo
è proprio un
guaio, non si combina nulla con il pessimismo. La malinconia non
è bella, ma ci
fa vedere il presente con più chiarezza, la rabbia
è davvero pessima, però ci
dà quella forza senza controllo che a volte è
molto utile. Il peggio poi è
l’amore, sentimento indispensabile non
c’è che dire, ma come combina bene i
guai lei non c’è nessuno. Il pessimismo invece non
porta a nulla, se non a
starcene seduti su una panchina a rimuginare le nostre sfortune. Tieni
qui,
offre la casa, mangialo” concluse lo strano signore mettendo
il dolce al
cioccolato fra le mani di Hermione.
“Molto
buono” disse piano
la ragazza dopo il primo assaggio.
“I dolci fanno
sempre bene
alla salute” esclamò l’uomo alzando il
petto con orgoglio “ora però ci vuole un
piano tattico” disse poi con fare cospiratorio sedendosi
veloce accanto a
Hermione.
“Vuole fare una
guerra?”
domandò sarcastica la ragazza guardando di sottecchi il
signore accanto a lei.
“Anche quella
è un’altra
cosa poco utile a questo mondo, ma di questo parleremo dopo. Per il
momento
dobbiamo cacciare via il pessimismo. Sarà un osso
duro!”
“Non si
preoccupi, risolvo
tutto con calma appena mi torna la sensibilità nelle
gambe”
“Cosa ti ha
portato qui?
Prima ti ho vista correre, sei veloce come un fulmine. Ho fatto una
gran fatica
a vedere chi eri”
“Ma mi ha
seguito?” chiese
sbigottita Hermione.
“Certo. Una che
sfreccia in
quel modo per le vie di Londra deve avere per forza bisogno dei miei
dolcetti”
rispose sorridendo il signore.
“Lei è
quasi più pazzo di
me” bisbigliò atona Hermione guardando perplessa
l’uomo.
“Le persone matte
sono le
più interessanti, devi andarne fiera. Torniamo a noi, cosa
ti ha portata qui?”
Hermione rimase in silenzio
per qualche istante indecisa se raccontare i suoi problemi ad un
perfetto e
pazzo sconosciuto o andarsene semplicemente. Alla fine scelse.
“Sono scappata
dalla
famiglia di una mia amica. Lei è se n’è
andata da casa e loro l’hanno seguita
fin qui”
“Un bel
problema” disse il
signore inclinando la testa di lato “ma non mi hai detto
perché sei qui?
Intendo su questa panchina”
“Le ho appena
detto che
sono scappata, mi vista correre no?”
“Certo, ma da
quello che mi
hai detto saresti dovuta correre subito dalla tua amica ad avvisarla,
invece
sei qui”
“Ero in panico,
non ho
guardato dove andavo!” esclamò piccata Hermione.
“Sciocchezze. Hai
visto
benissimo dove andavi solo che eri troppo agitata, e il tuo istinto ha
scelto
al posto della tua mente” rispose vivacemente
l’uomo.
“E cosa
c’è di strano?”
“Sei corsa
qua”
“Questo lo
abbiamo appurato
già da un po’, ma non vedo dove sia il
problema”
“Perché
sei corsa via?”
“Non volevo farmi
vedere
per paura che, attraverso me, raggiungessero Ginevra”
“Allora
perché non sei
andata da lei?”
“Mi
sarò persa” disse
Hermione tentando di trovare una risposta che non sapeva.
“Sbagliato”
“E allora me lo
dica lei
per quale assurdo motivo sarei arrivata davanti a questa stupida
panchina,
visto che sembra morire dalla voglia di dirmelo!”
esclamò esasperata Hermione
con grandi gesti delle braccia.
“Hai avuto paura,
però non
capisco di cosa. Il padre della tua amica ha la testa a lucertola? Ho
conosciuto un signore di Boston che, per un incantesimo sbagliato, si
è
ritrovato con la coda di un asino” riflette l’uomo
appoggiando la testa ad una
mano.
“No, niente del
genere”
rispose Hermione abbassando il capo “mi ha vista solo il
fratello di Ginevra.
Ron”
“Ora si spiega il
pessimismo. Guardi il problema dalla parte sbagliata, tutto
qui”
“Non
capisco”
“Tieni, mangia un
altro
dolcetto” disse allegro il signore “ti piace quel
ragazzo vero? E certo deve
essere un tipo piuttosto particolare per attirare
l’attenzione di una signorina
come te”
“Si è
decisamente strano”
ammise schietta Hermione sorridendo al vuoto “ma non mi
piace. È carino lo
ammetto, ma insomma cosa centra lui con me? Non potrei mai essere
attratta da
un imbranato, indeciso, dolce e intrigante… ragazzo come lui
ecco! No, è certo”
“Bimba mia tu
paragoni
l’amore alla matematica. Nello scorrere caotico della vita
due più due spesso e
molto volentieri non fa quattro, ma cinque, sei e a volte anche venti.
Non
crucciarti per cose le poche cose certe che hai. Tu lo sai di che
colore sono i
tuoi occhi?”
“Marroni”
“Ti facevo meno
generica
ragazza! Per esempio ora sono del colore dell’ambra grezza,
ancora da scalfire
e pulire. Prima quando correvi erano scuri come la terra smossa dalla
vanga del
contadino. Dopo che hai assaggiato il mio pasticcino si sono fatti
più
brillanti e chiari, dello stesso colore del caramello. Ogni cosa
è piena di
sfumature, così tante che potresti passare la vita a
classificare le varie
tonalità di una rosa eppure non riusciresti a vederle tutte.
Ti piace quel
ragazzo? E rifletti questa volta prima di parlare”
“Si”
bisbigliò fra le
labbra Hermione.
“Tieniti stretta
questa
certezza, non come se fosse un peso ma un rifugio dalle intemperie del
futuro.
Ora vado, fra poco tutti usciranno dal lavoro e la domanda di dolcetti
sale
alle stelle” concluse sorridente l’anziano signore
alzandosi dalla panchina.
“Grazie, ma lei
chi” il
resto della frase si perse in una folata di vento che in un istante si
portò
via anche quel bizzarro signore con i suoi dolci.
Hermione scattò
all’istante
in piedi e s’incamminò decisa alla sua destra.
Sarebbe andata dritta da Ginevra
e le avrebbe detto che la sua famiglia era in città. In
merito al suo piccolo
problema di sentimenti aveva deciso di attuare una tattica
d’auto
convincimento. Quella sera sarebbe andata a letto presto e, al caldo,
avrebbe
imposto a sé stessa la realtà.
“Mi piace quel
ragazzo. Se
lo ripeto un centinaio di volte forse riesco a convincere la mia testa
ad
accettarlo. Ma guarda che situazione. Se non fossi così
dannatamente cocciuta,
forse tutto risulterebbe più semplice, ora capisco
perché nessuno vuole
discutere con me. Sono testarda come un mulo, non riesco ad ammettere i
miei
sbagli neanche se ci sbatto il naso contro. Magari chiedo aiuto a Luna,
romantica com’è saprà aiutarmi. Avanti
ragazza svegliati! Non ho affatto
bisogno d’aiuto, sono intelligente abbastanza per superare le
mie paure. Per
domani avrò convinto me stessa di essere attratta da Ron, ne
sono certa”
“
‘Sogno di una notte di
mezza estate’ ” enunciò con eccessiva
concentrazione Jhonny muovendosi
lentamente davanti agli occhi annoiati della sua compagnia. Erano circa
cinque
minuti che l’uomo continuava quella strana passeggiata
disegnando un bizzarro
percorso circolare nello spiazzo verde davanti a loro, ma a Ginevra
parevano
ore. L’unica cosa che la rallegrava era il piacevole
solletico dell’erba sulle
sue caviglie nude.
“Proveremo
finché avremo
forza nelle gambe. Deve riuscire al meglio questa commedia”
esclamò deciso
Jhonny con secchi movimenti delle braccia.
“Tesoro vieni a
sederti qui
vicino a me”disse calma Christine e nonostante la palpabile
agitazione, Jhonny
si sedette come un cucciolo scalmanato richiamato all’ordine.
“Devi scusarlo,
ogni volta
che allestiamo una nuova commedia va su di giri e non capisce
più nulla”
bisbigliò complice l’anziana signora a Ginevra
“sono passati quaranta anni e
ormai ho perso ogni speranza. L’unica possibilità
è tenerlo occupato finché non
si calma”
“Jhonny alcuni
dei presenti
qui non conoscono la trama della commedia”
proseguì poi Christine voltandosi
amorevolmente verso il marito “ora Evan racconterà
a grandi linee il ‘Sogno’,
nel frattempo tieni qui, non mi va che rotoli per terra”
disse la donna
mettendo fra le mani di Jhonny un grande gomitolo di lana blu. Poi
afferrò
veloce i ferri che aveva in grembo e riprese il lavoro interrotto per
calmare
il marito.
“
‘Sogno di una notte di
mezza estate’ è per l’appunto un
sogno” spiegò con lentezza Evan seduto come
suo solito su un ramo di un albero “il mondo in cui la
vicenda si snoda è
fiabesco e irreale. Amore, magia, invidia, gelosia, e oscuri sortilegi
s’intrecciano apparentemente senza senso, ma tutto finisce
com’è iniziato: con
un sogno. La commedia si apre con il matrimonio fra Teseo e Ippolita,
da cui si
diramano tutte le altre vicende” concluse con un sospiro
Evan. Ora brillava nei
suoi vivaci occhi una nuova luce, quel bagliore speciale che illumina
il viso
dei bambini immersi in una storia. Come se si aspettasse da un momento
all’altro di vedere sbucare da dietro un albero una fata o un
folletto
dispettoso.
“Hai preparato
una bozza
delle battute?” chiese Blaise sporgendosi in avanti per
vedere meglio il
ragazzino nascosto dalle foglie.
“Certo”
sbotto piccato Evan
“devo controllarli un’ultima volta assieme a
Jhonny, poi saranno pronti”
“Hai
già assegnato le
parti?” domandò Luna curiosa di sapere quale ruolo
le spettasse.
“Ho una mezza
idea”
bisbigliò fissando una nuvola muoversi lenta nel cielo.
“Posso essere una
fata?”
chiese speranzosa la ragazza.
“No, quel ruolo
è già stato
preso da tempo” rispose sicuro Evan. Con un balzo
saltò giù dall’albero e prese
a camminare in tondo come Jhonny.
“Luna? Sarai
Ermina,
pazzamente innamorata e ricambiata da Lisandro, che, per
comodità, verrà
impersonato da Harry, così non dovrete sforzarvi
più di tanto. Jhonny, tu sarai
il padre di Erminia, deciso a dare in sposa la figlia a Demetrio,
cioè Blaise.
Elena, impersonata da Hermione, che per fortuna non è
presente, ama Demetrio ma
i suoi sentimenti non sono corrisposti” disse Evan passando
da una persona
all’altra con crescente entusiasmo ed energia.
“Io chi
sono?” chiese
Ginevra trascinata dall’inconsueta vivacità di
Evan.
“Te
l’ho già detto,
ricordi?” rispose enigmatico il ragazzo avvicinandosi a
Ginevra “una splendida
regina delle Fate” sussurrò poi vicino al suo
viso, proprio come aveva fatto
giorni prima vicino al suo tavolo da chiromante.
“Per quel che mi
riguarda
sarò Puck, un folletto al servizio nel Re delle Fate Oberon.
Puck e il suo
incantesimo sconvolgono l’intera storia e con essa i
sentimenti dei personaggi.
Purtroppo per mancanza d’attori, qualcuno dovrà
interpretare due ruoli: per
esempio Blaise, tu puoi essere sia Demetrio sia Teseo, duca di
Atene”
“Un duca? Tu mi
vuoi fare
interpretare un amante disperato quando posso essere il duca di Atene?
Scarico
Demetrio e mi prendo solo questo Teseo” esclamò
con vigore Blaise.
“Teseo appare
all’inizio e
nell’ultimo atto, davvero vuoi entrare in scena per cinque
minuti?” domandò
Evan sapendo bene quale risposta gli sarebbe stata data.
“Ma come posso
interpretare
Demetrio? Lui ama Erminia ma viene respinto, e mai in vita mia una
donna mi ha
detto di no. Perché non lo fa Harry? Lui con le donne
è un impiastro” brontolò
Blaise.
“Solo
perché non mi
atteggio come un pavone per la strada” ribatté
offeso Harry.
“Sei
invidioso” rispose il
ragazzo castano liquidando l’amico con un gesto plateale
della mano.
“Si, non vedi?
Come non
volere assomigliare ad un tronfio ragazzo che si guarda più
volte allo specchio
di una ragazzina e usa i fiocchi per i capelli”
“È una
moda molto
aristocratica indossare fiocchi ai capelli nelle cerimonie importanti,
da un
tocco di classe” rispose altezzoso Blaise gonfiando il petto.
“Peccato che tu
d’aristocratico non abbia niente”
“Vallo a dire a
mio padre
se non sono aristocratico”
“Vacci tu,
così ti scaglia
addosso una bella maledizione e tanti saluti ai fiocchi di
classe”
“LUNA!”
I due ragazzi stavano per
saltarsi addosso inferociti come bufali, ma un grido lontano e
chiaramente
disperato li fermò.
“Per
l’amor del cielo, Luna
dove sei?”
“Hermione?”
chiese confusa
la ragazza bionda allungando il collo nello sforzo di delineare meglio
i
contorni della bizzarra figura marrone in lontananza.
Non ebbe bisogno di
impegnarsi per molto visto che Hermione procedeva verso di lei ad una
velocità
folle, e per poco non la travolse quando le arrivò vicino.
“Devi aiutarmi!
Non so più
dove sbattere la testa. Mi sentivo bene, camminavo tranquilla, questo
per circa
una decina di secondi poi tutto è tornato nel caos. La mia
autostima non ha mai
toccato livelli così bassi” gridò la
ragazza scuotendo veloce il braccio
dell’amica.
“Tesoro, calmati.
Poi non
urlare, sono a mezzo metro da te, ti sento” disse Luna
cercando di togliere il
braccio dalla presa pericolosa di Hermione.
“Devo parlarti in
privato”
bisbigliò la ragazza castana.
“Certo”
rispose dolcemente
Luna felice di avere nuovamente il possesso del suo braccio
“noi ci assentiamo
per un po’, voi andate pure avanti con i
preparativi” disse poi al resto del
gruppo.
“Hermione ti
senti bene?”
chiese Ginevra spaventata dal comportamento anomalo
dell’amica.
“Oh Ginevra, sono
leggermente scombussolata ma poi ti dirò meglio”
rispose Hermione con gesti
frenetici delle mani.
“Bene ora che
pavoni
imbellettati e ragazze isteriche si sono sistemati direi che posso
esporvi
l’ultimo problema della giornata” disse Evan una
volta che Hermione e Luna
furono sparite fra gli alberi.
“Ce ne saranno di
problemi
fra costumi, scene, luci, il palco da risistemare e”
“Jhonny il filo
si sta
attorcigliando” disse Christine concentrata nel suo
sferruzzare.
“Oh”
esclamò l’uomo
cominciando subito a districare il sottile filo di lana senza
più badare alla
commedia.
“Questo
è un problema di un
altro genere. Ho vagliato parecchie possibilità, cercando di
combinare le scene
al meglio, ma il risultato non è cambiato. Ci serve un altro
attore o la
commedia non sarà completa”
Commento, commento! Vi
piace? Si era capito che alla fine del capitolo precedente Hermione
aveva visto
qualcosa di sconvolgente? Spero davvero tanto che la mia storia vi
piaccia. In
quanto a ‘Sogno di una notte di mezza estate’ ho
letto molto su questa commedia,
in parte perché m’interessava molto e in parte
perché mi avrebbero interrogato
a scuola. Spero di scrivere cose giuste e di non sbagliare nulla, in
ogni caso
correggetemi! Un bacio grande grande e scusate il ritardo.
Per Fiubi: sono misteriosi
i poteri di Ginevra vero? Comunque ho già in mente da un
po’ una bella idea e
presto verranno svelati! Per ora i due litiganti restano
così come sono ma fra
poco si sconvolegerà tutto! Arriva il nuovo attore! Ti piace
il personaggio del
signore anziano con i dolcetti? A me tantissimo! A presto un bacio!
Per Thaiassa: in questo
capitolo le idee se le schiarisce Hermione, ma arriverà
anche il momento di
Ginevra! Ti piace il capitolo? Un bacio.
Per julietta: grazie grazie
grazie grazie grazie! Che ne dici di Hermione in questo capitolo?
Volevo che
fosse confusa ma sempre combattiva, mi piaceva ritrarla
così. Un bacione.
Per dady: si ci
sarà quella
‘cosa’ e arriverà fra poco! Mi sono
ingegnata un sacco per trovare una ‘cosa’
simile a quella di K.E.
Woodiwiss ma che si
adattasse alla mia storia. Poi dovrai dirmi se ti piace! Intanto che ne
pensi
di questo capito? Un bacio e grazie!
Per Aurora: bello il
capitolo? Mi sono impegnata per rendere i sentimenti di Hermione il
meglio
possibile. Fammi sapere cosa ne pensi! Un bacione.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15
“E adesso dove lo
andiamo a
pescare un nuovo attore?” chiese scettico Harry
scompigliandosi gli arruffati
capelli neri.
“Non ne ho la
minima idea”
rispose con semplicità Evan sedendosi a terra.
“Uno di noi
potrebbe
recitare due ruoli diversi come farà Blaise”
propose Harry in un lampo di
speranza.
“Credi che non ci
avessi
già pensato?” rispose piccato Evan “ma
non si può fare. Bottom è una figura
protagonista, non è possibile rifilarla in un angolo alla
meno peggio. Deve
avere un suo attore”
“Chi è
Bottom?” chiese
curiosa Ginevra.
“Un semplice
artigiano di
Atene, che per un brutto scherzo di Puck si ritrova con una testa
d’asino.
Sfortuna, o fortuna, vuole che, per un bizzarro incantesimo, la regina
delle
Fate s’innamori di lui. Bottom è il simbolo della
cecità dell’amore. Ami e
basta, senza regole”
Ginevra si sentì
trascinare
dentro quel mondo fiabesco e per un secondo le parve di capire quella
regina.
Svegliarsi un giorno d’autunno e scoprirsi innamorata di
qualcuno che semplicemente
non può essere giusto.
“Potremmo
appendere
volantini ad ogni palo e muro della città” disse
deciso Blaise interrompendo il
fantasticare angoscioso di Ginevra.
“Quante persone
normali
credi che vogliano unirsi ad una compagnia di maghi? Noi siamo i
cattivi,
quelli che lanciano maledizioni e fanno crescere i brufoli sulla faccia
di
ragazze oche” brontolò Harry innervosendosi sempre
più.
“Povera Marienne
voleva
solo il tuo amore e lei hai dato un porro gigantesco sul
naso” disse melenso
Blaise ricordando la strana ragazza incontrata anni prima.
“Quel coso in
faccia le
venne per i chili di cioccolata ingurgitati, non certo per il mio
rifiuto”
sbottò seccato il moro.
“Le spezzasti il
cuore
mascalzone. Potevi almeno fingere che ti piacesse un poco, almeno
adesso
potremmo tornare a Dover”
“Vi hanno
cacciati?” chiese
perplessa Ginevra.
“Esiliati
è un termine più
adatto. Quella pazza è andata in giro sostenendo che Harry
aveva fatto un
sortilegio al suo viso, per punirla delle indesiderate attenzioni verso
di lui.
Per poco non ci bruciavano il carro, e poi i cattivi siamo noi. La
gente
dovrebbe imparare a guardarsi allo specchio prima di
giudicare” rispose Blaise,
mentre dentro di lui riaffiorava più vivo che mai il rancore
e l’odio provato
quella sera.
“È
molto difficile per voi
farvi accettare?” domandò triste Ginevra, sapendo
bene che d’ora in poi anche
per lei sarebbero arrivate mortificazioni simili.
“In genere la
gente comune
ci tollera. Non c’è mai mancato il pubblico
durante gli spettacoli, è questo mi
fa sperare. Se tutta quella gente viene a vederci, significa che
credono,
seppure in minima parte, nella magia e forse un giorno riusciranno ad
accettarla” rispose Blaise con lo sguardo vacuo perso nel
nulla.
“Forse conosco
chi fa al
caso nostro”
L’aria
malinconica scesa
sui membri del gruppo fu spazzata via dall’argentina voce di
Jhonny, arrivata
per riportare tutti al presente.
“È un
ragazzo che ho
incontrato due anni fa in Irlanda, si chiama William Trevor. Lavorava
per una
compagnia di teatro piuttosto famosa a Dublino, anche se pochi avevano
voglia
di teatro in quegli anni” spiegò Jhonny corrugando
la fronte per ricordare
“vedi Ginevra anni fa avevamo pensato di espandere i nostri
spettacoli fuori
dell’Inghilterra ed ero andato là per trovare
qualche ingaggio o procurarmi
delle amicizie. Alla fine abbandonammo il progetto, l’Irlanda
non era un posto
fruttifero per il teatro di strada, ma sono sicuro che William si
ricordi di
me. Mi fece da guida per giorni dopo che lo conobbi nella taverna in
cui alloggiavo”
“Potresti provare
a
scrivergli una lettera, sperando che non abbia cambiato
indirizzo” propose
Christine alzando per la prima volta la testa dal suo lavoro.
“L’ultima
volta che ho
avuto sue notizie era in Scozia, si era trasferito anche lui in cerca
di
fortuna. Non è passato molto tempo, spero sia ancora
là. Se fra una settimana
non riceveremo alcuna risposta, riempiremo Londra di
volantini”
“Mi spieghi cosa
ti è
preso?”
“Sto impazzendo.
La mia
mente formula pensieri assurdi. Pensa che prima mentre correvo da te ho
creduto
di aver visto uno scoiattolo viola! Persino un bel viola, acceso e con
una
leggera sfumatura sulla coda”
“Oh che
creaturina
graziosa”
“Luna, era
un’allucinazione. O almeno lo spero”
“D’accordo
niente più
scoiattoli viola, ora potresti sederti. Mi fai venire mal di
testa”
Hermione che da qualche
minuto girellava nervosamente attorno ad un cespuglio,
crollò per terra in un
tonfo. Poi alzandosi a quattro zampe sgattaiolò vicino
all’amica seduta sotto
una quercia.
“Hai presente
quella paura
isterica che ti prende prima del debutto di una nuova commedia? Quando
ti senti
spaventata a morte, quel timore di sbagliare qualche battuta, di
dimenticarsi
una scena. Però allo stesso tempo sei euforica ed emozionata
come un bambino
davanti ad un regalo inatteso. Vorresti andare in scena subito, provare
questa
cosa nuova davanti a tutti per vedere se sei abbastanza brava, se hai
successo
e resisti fino in fondo. Mi sento esattamente così”
“Ma ora non siamo
su un
palcoscenico”
“Questa
è la parte più
brutta dell’intera faccenda. Le commedie sono molto meglio
della vita reale, i
problemi si risolvono quasi sempre oppure smettono di esistere quando
cala il
sipario” brontolò Hermione con aria triste.
“Tu chi
sei?”
“Come?”
“Tu non puoi
essere
Hermione” rispose sicura di sé Luna.
“Luna ti assicuro
che per
oggi ho avuto la mia razione di persone matte, quindi ti prego non
uscire di
testa anche tu”
“La ragazza che
conosco io
non direbbe mai una cosa simile. Certo è vero che la mia
Hermione è un
personaggio piuttosto eccentrico e realista, ma lei sa bene come la
vita sia
cento volte meglio di una commedia. Me lo ha detto lei sai? Durante le
prove di
Othello mi disse ‘Questa roba sarà pure magnifica
quanto vuoi, ma mi dà ai
nervi. Insomma se il marito ti piomba in camera da letto minacciando di
ucciderti tu che faresti? Resti ferma e ti fai strozzare? Dai, nella
vita reale
le donne sono molto più combattive e tenaci per fortuna. Ci
pensi se vivessimo
in una commedia di Shakespeare? Sarebbe una noia mortale’
” concluse Luna
imitando le smorfie tipiche dell’amica.
“Ti ricordi tutte
le
parole” bisbigliò Hermione, mentre ritornava con
la mente a quel giorno.
“Certo, le
ricordo perché
ho pensato che avevi davvero ragione. E ora dimmi che è
successo?”
“Mi piace un
ragazzo. E non
sono come Ginevra che muore dietro al biondo, ma non se ne accorge. Io
so che
mi attira, ma questo non cambia la realtà”
“Ti sei
innamorata dello
scoiattolo?” chiese scioccata Luna.
“Ma che
t’inventi? No! Ti
avevo già parlato di lui ricordi?”
“Oh si, quello
con il nome
corto”
“Ron”
ribadì Hermione
sorprendendosi della sua velocità.
“Conosco la tua
visione
dell’amore in generale, ma suvvia che ci sarà poi
di così grave se ti piace un
ragazzo? Prima o poi ti doveva capitare”
“Non è
quello il problema,
anche se a dire la verità ci ho messo un po’ di
tempo per mandare giù il tutto.
Ma sai una cosa? I dolci fanno miracoli, specie quelli al
cioccolato”
“Tu vieni a
parlare a me di
cioccolata e dolci? Ne mangio il doppio di te, e continuo a restare la
più
magra!” rispose ironica e altezzosa Luna.
“Vieni a dirmelo
quando
avrai quaranta anni e non entrai più nei vestiti! Va bene,
basta scemenze,
arrivo al dunque” disse Hermione, cancellando con un sospiro
l’allegro sorriso
che aveva in volto “Ron è il fratello di Ginevra,
e cosa ancor peggiore è qui a
Londra con suo padre” esclamò veloce Hermione
abbassando la testa quasi a
volerla nascondere fra le spalle.
“Oh”
bisbigliò Luna
fissando a vuoto i capelli dell’amica.
“Solo
oh?” chiese Hermione
guardando di sottecchi la ragazza bionda.
“Dunque per prima
cosa
dobbiamo informare Ginevra, anche se non so quanto possa servire. Non
possiamo
lasciare Londra e in ogni caso prima o poi dovrà affrontare
suo padre. Noi
possiamo solo aiutarla e sostenerla. In quanto al tuo piccolo dilemma
sentimentale lascia fare al tempo. Di certo non puoi fare nulla oggi,
né tanto
meno domani. Resta ferma e vedi cosa succede”
“In pratica resto
passiva,
un’alga?”
“Si, lasciati
portare dalle
onde”
“E se mi portano
dove non
voglio andare?”
“Quando ti
accorgerai di
essere arrivata al punto di svolta, allora dovrai decidere. Ma non ti
preoccupare, generalmente le scelte più importanti si
prendono in una frazione
di secondo e sono il cuore e l’istinto a decidere. Certo nel
tuo caso sarà più
complesso visto il tuo povero cuore rachitico, ma ce la farai anche
tu!”
“Chi avrebbe il
cuore
rachitico?” esclamò inviperita Hermione
avvicinandosi minacciosa a Luna.
“Sai che farai
Elena?”
disse tutto d’un fiato la ragazza bionda, sapendo benissimo
che Hermione si
sarebbe infuriata a morte con Evan, risparmiando lei.
“L’innamorata
tonta e
disperata?” chiese Hermione cominciando già ad
innervosirsi.
“Si proprio
lei” disse
fiera di sé Luna.
“Ne ha
approfittato perché
ero assentente. Maledetto omuncolo biondo, ma aspetta che lo prenda e
gli
faccio diventare i capelli bianchi quanto è vero che non
farò mai Elena!”
strillò Hermione
alzandosi e cominciando a camminare veloce verso il carro alloggio, in
cerca
della sua nuova preda.
“Vorrei un bel
pollo grosso
e qualche osso per il cane” disse Ginevra intenta a vagliare
con lo sguardo la
merce in vendita sul banco. Finalmente era il suo turno, aveva
aspettato dentro
la bottega del macellaio per un buon quarto d’ora, e doveva
ancora passare a
prendere la verdura. Si era offerta di accompagnare Jhonny
all’ufficio postale,
così ne aveva approfittato per fare una bella spesa.
“Grazie Signora e
arrivederci” esclamò affabile il corpulento uomo
dietro il balcone porgendole
il suo sacchetto.
“Arrivederci”
disse
velocemente la ragazza uscendo al più presto
dall’angusto negozio.
“Aria fresca che
meraviglia” pensò non appena fu in strada
“magari potrei prendere qualche
pesciolino per Onice” considerò poi passando
davanti ad una bella bancarella di
pesce. Certo ormai la merce migliore era già stata venduta,
ma per il suo tonfo
micio quel che era rimasto andava benissimo. Felice di poter viziare
almeno un
po’ il suo gattone, comprò cinque pesciolini e con
un nuovo sacchetto fra le
mani, si diresse spedita verso il negozio di verdure.
“Signorina le
è caduto
questo”
Una voce impastata
arrivò
dalle sue spalle e voltandosi Ginevra vide un uomo di mezza
età con chiari
postumi di una sbornia in viso. Le stava porgendo un fazzoletto bianco
con
piccoli ricami azzurri ai bordi.
“Non è
mio, ma grazie”
disse Ginevra cercando di sembrare più gentile e cordiale
possibile. Ne aveva
viste di tutti i colori persino nel suo paesino di campagna. I
farabutti
conoscevano mille modi per adescarti e rubarti i soldi.
“Ma è
caduto dalla sua
borsa” continuò l’uomo avvicinandosi.
“Deve essersi
sbagliato
Signore” disse sicura di sé Ginevra, mentre
riprendeva a camminare.
“È
sicura Signorina?”
riprese l’uomo e, sorprendendo la ragazza, di frappose fra
lei e l’entrata del
negozio.
“Assolutamente
certa. E se
vi foste fatto il piacere di pettinavi i capelli, forse non vi
sarebbero
ricaduti sugli occhi confondendovi la vista Signore”
“Ehi ragazzina
impara il
rispetto per le persone più grandi di te”
sbraitò quel tizio afferrandole con
forza il braccio e facendo così cadere i vari sacchetti.
“Ma questo
è un bel pollo.
Sai è da un sacco di tempo che non mangio un pezzo di carne
decente” biascicò
l’uomo raccogliendo la sporta del macellaio da terra.
“Quello che
arriva nel
vostro intestino non m’interessa, ma mi preme molto il
destino di quel pollo.
Se foste così gentile da rendermi il mio acquisto,
farò a meno di gridare”
“Mi dovrei
spaventare?”
“Signore, forse
la troppa
birra le offusca l’intelletto quindi le spiego la situazione.
Se io mi metto ad
urlare, quel poliziotto laggiù accorerà in meno
di cinque secondi e a chi crede
che darà ascolto? Ad una povera fanciulla indifesa e
molestata o ad un mezzo
ubriacone bisognoso di una bella rasata? Faccia un favore a se stesso,
mi ridia
quel sacchetto e se ne vada”
L’uomo parve
pensarci su
qualche istante, poi con un goffo inchino restituì la sporta
a Ginevra e
riprese la sua strada. La ragazza rimase a fissarlo per qualche istante
stupendosi della velocità con la quale si era liberata di
lui, era abituata a
diverbi verbali più lunghi. Cercò di ignorare la
strana sensazione allo stomaco
ed entrò nel negozio.
“E io che pensavo
di fare
la parte del salvatore con la corazza d’argento”
“Sbaglio, o ti ho
già
assicurato che non sono una principessa bisognosa
d’aiuto”
“Ho
notato”
“Bene, e allora
cosa ci fai
ancora qui?”
“È un
negozio. Compro della
frutta”
“Allora devi
andare
dall’altra parte del negozio”
“Ma di
là non ci sei tu”
“È per
questo che devi
andarci”
“Avanti Ginevra,
almeno
guardami”
“Preferisco i
cavoli,
grazie”
“Sai questa
mattina, quando
mi sono svegliato ho notato una cosa piuttosto bizzarra sul collo. Una
bruciatura, tu non ne sai nulla vero?”
“Forse non
è una bruciatura,
ma un regalo della vostra donnetta di turno”
“No, è
una scottatura, e
anche piuttosto profonda”
Ginevra aveva resistito fin
troppo. Si voltò cercando di non fissare troppo a lungo il
bel viso del ragazzo
e con sforzo si dipinse in viso un’espressione atona.
“Il fuoco brucia
Malfoy, e
non sempre ha la forma di una fiamma”
Il ragazzo si
limitò a
sorridere, mentre guardava quel suo strano angelo infilare con
agitazione delle
patate in un sacchetto di cartone.
“Quello non va
bene”
bisbigliò Ginevra. Era rimasta a guardare di sottecchi
Malfoy prendere un
sacchetto e infilarci dentro diverse verdure, imponendosi di restare
impassibile. Ma non aveva resistito come suo solito.
“Tu e le verdure
venite da
due mondi distinti” esclamò la ragazza prendendo
il sacchetto dalle mani del
ragazzo, che restò a guardarla immobile.
Ginevra ripescò
dal sacco
due carote e un pomodoro che rimise loro posto.
“Queste non sono
buone.
Hanno la buccia ormai nera e questo povero pomodoro è buono
ormai solo da
tirare ai politici dispotici” borbottò mentre con
genti veloci riempiva
nuovamente il sacchetto del ragazzo con verdure più sane
“ecco, così ve meglio”
disse infine, restituendo la sporta al suo proprietario.
“Grazie”
disse il ragazzo
con un sorriso ironico in viso.
“Non
c’è di che” ribatté
secca la ragazza “ma togliti dalla faccia quel sorriso,
è snervante”
“Stavo pensando
ad una
cosa. La vuoi sapere?” domandò Malfoy seguendo la
ragazza, che nel frattempo si
era avviata verso la cassa per pagare.
“Ti prego,
no” rispose
Ginevra senza voltarsi.
“C’è
un angolo del mio
giardino che sarebbe proprio adatto per coltivare un orto. È
isolato quanto
basta, rimane piuttosto riparato dalla pioggia, ma è sempre
illuminato dal
sole. Mia madre lo aveva riempito di rose, ma ormai saranno tutte
morte, non è
mai stata brava con i fiori, anche se le piacciono molto”
“Non mi
rispondi?” chiese
Malfoy, non vedendo nessuna reazione da parte di Ginevra.
“Sono felice per
quel
giardino perfetto, triste per le rose morte e tua madre mi sembra
simpatica, ma
non vedo come tutto questo possa interessarmi”
“Non vuoi avere
un orto?”
“Si mi
è sempre piaciuto
molto, ma a casa mia non avevamo molto terreno a
disposizione” confessò
Ginevra, mente porgeva i soldi alla ragazza dietro il balcone.
“Quando ci
sposeremo potrai
avere un bellissimo orto. E magari mia madre farà
sopravvivere qualche pianta”
considerò sarcastico Malfoy appoggiando i suoi acquisti sul
banco.
“Santo cielo ma
sei più
testardo di un mulo! Ritorna a ieri sera e ricordati cosa ti ho detto,
mi sono
stancata di ripetermi” esclamò Ginevra afferrando
con forza il suo pacchetto e
avviandosi verso l’uscita.
“È un
peccato sai? Adoro
quando ti arrabbi”
“Ma come
hai…”
“Sono un mago
Ginevra e
anche piuttosto bravo” rispose altezzoso Malfoy facendo
sparire dentro una
tasca la lunga bacchetta.
“La verdura
almeno l’hai
pagata?” domandò con fare da maestra Ginevra.
“Certo. In ogni
caso,
tornando al discorso di prima, ti si accendono gli occhi quando mi
ripeti di
stare zitto o altre cose che non ascolto. Sei davvero incantevole, a
patto
certo che non incominci a bruciare la gente” concluse Malfoy.
Voleva sapere a
tutti i costi come aveva fatto Ginevra a bruciargli la pelle e ci
sarebbe
riuscito.
Anche questo capitolo
è
finito! Spero vi piaccia! Non so se qualcuno di voi ha mai visto il
film Stage
Beauty, comunque le riflessioni di Hermione sulla fragilità
della parte
femminile in ‘Othello’ le ho prese da quel film. Da
innata femminista quale
sono non ho potuto farne a meno! L’ho detto per dovere di
cronaca e per non
creare malintesi! Grazie a tutti voi, spero che continuerete a seguire
la mia
storia. Fatemi sapere al più presto cosa ne pensate mi
raccomando. A presto un
bacio!
Per julietta: si ci ho
messo un po’ di tempo a scrivere questi capitoli, ma hai
visto come ho
aggiornato in fretta questa volta? L’attore che manca
sarà un piccolo mistero
fino alla fine… poi vedrai cosa volevo dire! Mi piace fare
la misteriosa!
Allora ti è piaciuto il capitolo? Carina la scena di Draco
che compra le
verdure? Un bacione!
Per dady: premetto che
‘Orgoglio e pregiudizio’ è il mio libro
preferito! In pratica so le frasi a
memoria! Se incominci una storia ispirata al libro ti appoggio in
pieno! Verrà
bellissima di certo! Sono davvero contenta che ‘Rosa
d’invero’ ti sia piaciuto,
ha una trama avvincente vero? Il film non l’ho mai visto, ma
cercherò di
trovarlo a noleggio… intanto che ne dici del capitolo? Ti
piace? Fammi sapere e
grazie mille per i bei commenti!
Per Thaiassa: che bello ti
piace Hermione! Mi diverto tantissimo a scrivere i suoi pensieri e le
sue
reazioni! Il signore con i dolcetti ritornerà stanne sicura!
Ti piace questo
capitolo? Il match Ginevra contro ubriaco è venuto bene?
Comunque non è finita
lì... a presto un baciotto.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo 16
“Christine
dov’è Ginevra?”
domandò con una leggera nota d’ansia Luna.
“È
andata in città con
Jhonny. Sta facendo la spesa, mentre lui è alle
poste” rispose la signora,
spostando decine di pentole alla ricerca dell’unica padella
che naturalmente
non riusciva a trovare “Cos'è successo
cara?” chiese poi guardando perplessa il
volto preoccupato di Luna.
“La famiglia di
Ginevra è
in città” disse la ragazza bionda torturandosi
nervosa le mani.
“Oh, è
arrivato l’uomo
dispotico. In ogni modo, Jhonny e Ginevra dovrebbero arrivare fra poco.
Il
pranzo è quasi pronto e mio marito non fa mai aspettare
troppo il cibo”
concluse divertita Christine mescolando con vigore il denso sugo al
pomodoro.
“Malfoy io non
brucio la
gente” disse seccata Ginevra camminando talmente veloce che
per diverse volte
rischiò di perdere i sacchetti che aveva fra le sue mani.
“Il mio collo la
pensa
diversamente” rispose ironico il ragazzo mentre trotterellava
malizioso dietro
le sue gonne.
“Il tuo collo
è un idiota,
al pari di tutto il resto di te” ribatté acida
Ginevra guardandosi attorno con
aria nervosa.
“Un idiota
bruciato però”
“Oh finiscila con
questa
storia” esclamò irritata la ragazza girellando su
se stessa più volte.
“Ti sei
persa?” chiese
sarcastico Draco, osservando il buffo balletto di Ginevra.
“Certo che no,
solo non
ricordo bene questa parte della città” concluse
bisbigliando la ragazza.
“Quello che vedi
qui, è
l’inizio dei sobborghi di Londra. In questa zona abitano
operai e manovali. Se
continui a correre testarda come qualche istante fa, arriverai nei
bassifondi
della città, e ti assicuro che non è un bel
posto” disse Malfoy indicando con
gesti delle mani la strada davanti a loro.
Ginevra si
guardò attorno e
si stupì di non essersi accorta prima del cambiamento di
paesaggio. Quella dove
si trovava ora sembrava un’altra Londra: niente bei palazzi e
musei, nessun
negozio con merce esposta all’esterno. Da lì
poteva vedere solo case fatiscenti
in cui molto probabilmente abitavano più persone di quelle
che avrebbero dovuto
starci, e miseria.
“Non è
così male infondo”
disse Malfoy interrompendo i suoi pensieri “le persone che
abitano qui, sono
animi gentili e vivaci. Ti sorprenderebbe vedere una delle loro feste,
hanno
una tale energia che non immagineresti mai quanto possa essere
difficile la
loro vita”
“Sembri sapere
tutto di
Londra” constatò Ginevra alzando gli occhi verso
il ragazzo.
“È
stata la mia casa per
sette anni. Avevo undici anni quando venni ad abitare qui e, per un adolescente, Londra
è un vero e proprio parco
giochi”
“Risparmiami le
tue storie
da bordello, grazie” disse ironica Ginevra superando Malfoy
per tornare sui
suoi passi.
“Al contrario di
quello che
pensi non ho passato la vita saltando da una donna
all’altra” rispose Draco
sorridendo ironico.
“Allora su cosa
hai
saltato?” chiese maliziosa Ginevra voltandosi verso il
ragazzo.
“Musei, mercati,
feste,
casinò, biblioteche…” elencò
Draco, ricordando gli anni passati a Londra con un
pizzico di nostalgia.
“Perché
mi guardi così?”
domandò poi Malfoy osservando lo sguardo incantato di
Ginevra. Sembrava che
stesse fissando il vuoto, come immersa in un problema senza soluzione.
“Come?”
chiese vacua la
ragazza.
“Ginevra cosa ti
è successo
oggi? Sei più bizzarra del solito”
sentenziò quasi preoccupato Draco passandole
una mano davanti al viso.
“Se devo essere
sincera mi
sento un po’ scombussolata da questa mattina. Quando mi sono
svegliata stavo
bene ma adesso no. Hai presente quando devi pendere una penna
nell’altra
stanza, ti alzi, cammini, arrivi davanti al cassetto e poi non ricordi
più cosa
dovevi fare? Quell’antipatica sensazione di vuoto, sento la
mia testa che mi
sta urlando ‘Cretina come hai fatto a scordarti’
eppure non mi viene in mente
nulla” concluse Ginevra storcendo le labbra di lato per
concentrarsi.
“Forse ti sei
dimenticata
di comprare qualcosa” ipotizzò Draco con
un’alzata di spalle.
“Non mi sono
dimenticata di
nulla, però mi sembra di dove correre da qualche parte per
fare qualcosa”
bisbigliò Ginevra guardando il ragazzo in cerca
d’aiuto.
“Per me hai solo
bisogno di
mangiare. Sei troppo ossuta”
“Io
mangio” ribatté Ginevra
piccata, incrociando le braccia al petto.
“Ginevra ma
dov’eri finita?
Ti ho cercata per quasi mezzora”
“Oh Jhonny, scusa
ma mi ero
persa. Non sono mai stata in questa parte della
città” disse Ginevra
mortificata di aver fatto aspettare l’uomo.
“Per fortuna ti
ho vista”
esclamò Jhonny, quando la raggiunse “questo
signore è con te?” domandò poi
sussurrando appena vide Draco alle spalle di Ginevra.
“Si, mi stava
giusto
ricordando che è ora di pranzo. Meglio tornare”
rispose pimpante la ragazza
precedendo Jhonny sulla via del ritorno.
“Grazie di aver
aiutato
Ginevra, signore” disse Jhonny con cortesia.
“È
stato un piacere. Sono
Draco Malfoy, ho avuto il piacere di assistere ad uno dei vostri
spettacoli a
Whipity e volevo farle i miei più sentiti
complimenti” disse Malfoy cominciando
a camminare accanto a Jhonny.
“Lei è
davvero gentile.
Spero verrà ad assistere alla nostra nuova commedia. Ora non
posso dirle di
cosa si tratterà, ma di certo sarà un capolavoro.
Sono un tipo piuttosto
preciso e odio le commedie tirate alla meno peggio, è un
insulto. Poi per la
prima volta, da dieci anni, avremmo tutti una parte! Eccetto mia
moglie, lei
non vuole più fare nulla e ho smesso di discutere con lei da
anni, tanto non mi
da retta. Giusto questa mattina ho mandato una lettera ad un mio caro
amico,
spero che riesca ad unirsi al nostro gruppo, perché sa ci
manca un attore” disse
Jhonny. Ginevra sorrise dolcemente nel vedere lo sguardo allegro e
vivace
dell’uomo, che riusciva a contagiare tutti con la sua
energia. Poi il suo
sguardo passo all’alto ragazzo al fianco di Jhonny e
restò perplessa ad
osservarlo. Sembrava amichevole. Solo quell’aggettivo le
sembrava adatto a
descrivere i comportamenti e l’espressione sorridente di
Malfoy, ma non poteva
essere giusto. Lui non era amichevole. “Ma poi infondo io che
ne so di Malfoy?
Potrebbe essere anche il campione della burla”
rifletté fra sé Ginevra. E quel
pensiero le mise una strana e appiccicosa tristezza addosso.
“Verrò
certamente ad
assistere alla nuova commedia di qualsiasi cosa si tratti. Ora
però dovete
scusarmi, si è fatto tardi e devo ancora svolgere alcune
noiose commissioni di
lavoro. È stato un piacere conoscerla signore. Ginevra
arrivederci” concluse
poi rivolto alla ragazza. Ginevra si limitò a muovere
velocemente un braccio in
quello che a suo vedere sarebbe dovuto diventare un saluto, e riprese a
camminare veloce.
“Questo tuo nuovo
amico è
simpatico. Ora che ci penso non gli ho nemmeno detto il mio nome, devo
essere
passato per un vero maleducato” disse pensieroso Jhonny
raggiungendo Ginevra.
“Non
preoccuparti, lui sa
fare di peggio” rispose ironica la ragazza sorridendo
divertita.
“Cosa succede
laggiù?”
domandò curiosa Ginevra.
“Hermione”
disse
semplicemente Harry continuando ad apparecchiare la grande tavola
sistemata
davanti al carro.
“Tesoro
è meglio se non ti
avvicini per un po’, potrebbero volare oggetti pericolosi ed
è meglio tenersi a
distanza” le disse dolcemente Christine appena uscita dalla
cucina.
“Perché
sta rincorrendo
Evan con una scopa in mano?”
“Un piccolo
disaccordo sui
ruoli della nuova commedia, vedrai che per ora di cena si saranno
calmati”
rispose la donna guardando con un sorriso i due ragazzi in lontananza.
“Ma potrebbe
fargli del
male” disse preoccupata Ginevra.
“No, le abbiamo
tolto la
bacchetta, al peggio gli farà un occhio nero”
disse Blaise alle spalle della
ragazza.
“Cara verresti in
cucina
con me?” chiese Christine salendo i pochi gradini del carro.
“Hai bisogno di
qualcosa?”
domandò allegra Ginevra, entrando nella disordinata e
profumata cucina.
“Devo dirti una
cosa”
“Che cosa
è successo Luna?”
chiese la ragazza guardando l’amica seduta su una piccola
sedia vicino al
tavolo da lavoro.
“Hermione ha
visto la tua
famiglia in città” disse con calma Luna. Si era
imposta di restare impassibile
e decisa, se si fosse fatta prendere dal panico anche lei cosa avrebbe
fatto
Ginevra?
“Sono
qui” ripeté a se
stessa Ginevra “sono in trappola”
sentenziò poi vagliando la sua situazione in
pochi secondi.
“Se la vuoi
vedere sotto
questa luce, direi proprio di si” rispose schietta Luna.
“Forse sto esagerando
con questa cosa del sangue freddo” pensò poi
vedendo il viso sconvolto di
Ginevra.
“Non angosciarti
cara,
tutti noi ti staremo accanto” disse con grazia Christine
avvicinandosi a
Ginevra e scostandole qualche ciocca di capelli dagli occhi spalancati
“dovrai
parlare a tuo padre e fargli capire i tuoi desideri e i tuoi sogni.
Credo che
tu non abbia mai fatto una cosa del genere o non saresti mai scappata
da casa,
ma ora devi riuscirci. Però adesso non sei più
sola, hai noi e ti aiuteremo”
“Mio padre non
capirà mai”
sussurrò Ginevra affondando la testa nel collo.
“Sciocchezze!
Quell’uomo è
arrogante e pieno di sé, ma ti vuole un bene
dell’anima e se gli parlerai con
il cuore saprà ascoltarti, ne sono certa” disse
Christine continuando a
pettinare i capelli di Ginevra.
“E se per caso
non ti darà
retta allora gli scaglieremo addosso Hermione! Si prenderà
uno spavento tale
che gli diventeranno bianchi tutti i capelli” disse con
allegria Luna saltando
in piedi.
Ginevra non poté
fare a
meno di sorridere alla scena di Arthur Weasley rincorso per tutta
Londra da una
pazza con la scopa in mano.
“Un sorriso
è sempre un
buon inizio per superare un problema, da fiducia in se stessi e tanta
serenità.
Quando tuo padre arriverà qui sarai pronta per affrontare le
tue paure” disse
decisa Christine afferrando con un agile slancio la pentola sopra i
fornelli
“ora però quello che ti serve è un buon
pranzo, ti ridarà un po’ di colore alle
guance. Forza prendi quel mestolo e vieni ad aiutarmi a fare i piatti
prima che
mi cada la pentola per terra!” esclamò divertita
la donna uscendo barcollante
dalla cucina.
“Andrà
bene vero?” domandò
preoccupata Ginevra all’amica bionda accanto a lei.
“Certo”
rispose dolce Luna
prima di seguire Christine all’aperto.
Ginevra prese mogia il
mestolo dal grande cassettone davanti a lei, e raggiunse Christine.
“Hermione
finiscila di
correre e vieni a mangiare” gridò Jhonny nella
speranza che i due ragazzi si
fermassero.
“Se ricarichi le
energie
dopo lo acchiappi meglio” gridò nuovamente.
“Solo
perché ho fame!”
esclamò decisa Hermione sedendosi, dopo che Jhonny li ebbe
chiamati per una
ventina di volte.
“Tu sei
pazza” rantolò Evan
accasciandosi sulla panca accanto a Blaise.
“E tu sei un
approfittatore” brontolò la ragazza inghiottendo
un pezzo di pane.
“Finiscila con
questa
cantilena, ti avrei dato Elena anche se fosti stata presente”
ribatté Evan
bevendo in un solo sorso un grande bicchiere d’acqua.
“Ti assicuro di
no” esclamò
minacciosa Hermione stringendo gli occhi a due sottili fessure.
“Harry, mangia un
po’ di
verdure” disse con fare da mamma Christine avvicinando la
ciotola colma
d’insalata al ragazzo.
“Al contrario di
quello che
pensi non fai paura quando sei arrabbiata, sei solo snervante e
logorroica”
sbraitò Evan agitando la forchetta in aria.
“Ci tengo ai miei
occhi,
tieni giù quella cosa!” esclamò Blaise
allontanandosi istintivamente dal raggio
d’azione della forchetta.
“Se sono
logorroica è
perché tengo a precisare le mie opinioni e mi ribello quando
non sono
considerate minimamente. Perché non potrei essere Erminia? A
Luna riuscirebbe molto
meglio la ragazza disperata e rifiutata!”
“Erminia la
faccio io,
capito?” disse astiosa Luna rivolta ad Evan.
“Ho scelto Luna
perché è
già innamorata cotta, poi non è disperata per un
rifiuto ma perché Harry è un
idiota. Tu sei perfetta per Elena” continuò Evan
alterandosi sempre di più.
“Idiota?”
borbottò Harry,
mentre ancora stava masticando.
“Ma la vuoi
piantare con
questa forchetta?” gridò Blaise strappando il
pericoloso attrezzo dalle mani di
Evan “in effetti sei un po’ idiota” disse
poi rivolto a Harry che lo guardava
con espressione buffa.
“Tesoro ma quanto
sale hai
messo in questa zuppa?” domandò Jhonny, mentre
storceva la bocca.
Due grandi occhi verdi
osservavano questa scena con un misto d’orgoglio e dolcezza.
Poi un sorriso, un
vero sorriso, sincero e felice, fece capolino sulle labbra delicate di
Ginevra.
La sua nuova bizzarra famiglia. Ora erano loro. Suo padre e suo
fratello
continueranno ad essere parte di lei per sempre, ma adesso doveva
crescere.
Avrebbe parlato a suo padre e abbracciato forte Ron, poi sarebbe uscita
dalla
porta e tornata alla sua nuova vita. Ripensandoci quando era scappata
da casa
giorni prima non aveva pensato di ritrovarsi in quel posto, seduta su
una dura
panca ad ascoltare le chiacchiere caotiche e talvolta senza senso di un
gruppo
di maghi girovaghi. Però ora era lì, e non era
mai stata più felice.
“O Santo
Cielo” bisbigliò
Luna fissando un punto indefinito alle spalle di Blaise.
“Cosa
c’è?” chiese curioso
Jhonny voltandosi nella direzione degli occhi di Luna.
“Ma quello
scoiattolo è
viola!” esclamò stupita Ginevra, una volta messo a
fuoco il piccolo esserino
saltellante.
“Forse non sono
completamente matta” bisbigliò Hermione fissando
l’animaletto sparire fra le
foglie di un albero.
“Ginevra, se non
la smetti
entro tre secondi vengo lì e ti strangolo!”
“Non riesco a
dormire, mi
dispiace” bofonchiò Ginevra da sotto le coperte.
“Capisco che hai
qualche
problema, ma devi per forza muoverti come una lucertola in trappola? Il
tuo
gatto è venuto a dormire qui” bisbigliò
seccata Hermione, cercando di spostare
con la gamba la grossa palla di pelo che le aveva ingombrato il letto.
“Sono
angosciata” ammise
Ginevra voltandosi verso il letto dell’amica.
“Cosa ti
è successo? È per
la tua famiglia?” domandò Hermione quando ormai
ogni speranza di dormire o di
scacciare il gatto era svanita.
“Ammetto che
sapere di
dover affrontare mio padre mi preoccupa molto, ma ho accettato
l’idea. Poi non
voglio scappare da loro in eterno, mi mancano e non sai quante volte in
questi
giorni sono stata in ansia per mio fratello”
“Sono felice di
vederti
così rasserenata, avevo paura che ti saresti chiusa in te
stessa”
“Sto
imparando!” rispose
fiera di sé Ginevra alzando la testa con orgoglio.
“Bene, appurato
questo, ora
dormi?” chiese speranzosa Hermione cercando, inutilmente, di
trattenere un
grosso sbadiglio.
“No. Ho una
strana
sensazione allo stomaco da questa mattina e ora mi dà il
tormento” disse
Ginevra sbattendo un pugno sul letto.
“Forse hai
mangiato
qualcosa d’avariato”
“Anche tu con
questa cosa
del mangiare? Ma siete tutti fissati con la mia dieta?”
brontolò stizzita
Ginevra.
“Tutti
chi?” chiese curiosa
Hermione alzando di poco la testa dal morbido cuscino.
“Questa mattina
ho
incontrato Malfoy, il biondo, e mi ha detto che mangio poco”
“Allora doveva
vederti
divorare quel pollo a cena, sembrava che non mangiassi da
secoli” esclamò la
ragazza castana guardando di sottecchi Onice che nel frattempo stava
cambiando
posizione.
“Avevo fame, poi
Christine
è un’ottima cuoca!” bisbigliò
arrossendo Ginevra “sai che un mezzo ubriaco mi
voleva rubare il pollo? Mi aveva bloccata davanti al negozio di
verdure”
“In giro
è pieno di
farabutti” sentenziò Hermione spostandosi al
centro del letto.
“Quanto
è vero. Continuava
a sostenere che mi era caduto un fazzoletto dalla borsa e poi mi ha
scrollata
per un braccio, domani mi verrà un bel livido”
disse Ginevra toccandosi il
punto in cui quell’uomo l’aveva afferrata con
forza.
“Dovevi tirargli
un bel
pugno sul naso” esclamò Hermione lanciando un
pugno a vuoto nell’aria “senti
potresti dire al tuo micio che vorrei un po’ di letto anche
io. Ti sei
impadronito della coperta, un triangolino di materasso lo puoi lasciare
a me?”
chiese poi rivolta ad Onice.
“Ginevra ti senti
bene?”
domandò Hermione quando si fu voltata verso
l’amica.
La ragazza se ne stava
mezza seduta sul letto con in volto un’espressione che
stonava con la sua
solita allegria. I suoi lineamenti erano perfetti e levigati ma
sembravano
finti, come il viso di una statua
di
marmo senz’anima.
“Hermione devo
uscire. Non
preoccuparti torno presto” disse con voce atona e quasi
irreale, prima di
afferrare un vestito a caso e uscire velocemente dal carro.
“Ginevra ma dove
vai?”
gridò Hermione seguendola fuori del carro, ma la ragazza era
già sparita fra
gli alberi.
Fine capitolo? Allora?
Commenti commenti commenti! Vi è piaciuto? Grazie a tutti
coloro che leggono la
mia storiella. Un bacio grandissimo.
Per julietta: grazie sei
davvero troppo carina! Piaciuto il capitolo? Un consiglio, sono stata
troppo
veloce a descrivere i sentimenti di Ginevra? Avevo paura di fare tutto
troppo
alla svelta. Un bacione!
Per Thaiassa: ti
è piaciuto
il capitolo? Fammi sapere ti prego! Ti dico subito che nel prossimo
capitolo
saranno svelati i poteri di Ginevra! Però devi indovinare
qual è il problema
che non la fa dormire!
Per dady: grazie sei
gentilissima! Che ne dici del capitolo? Fra poco vedrai una Ginevra
arrabbiata
nera! Il film a cui mi riferivo era The dust factory, che mi avevi
consigliato.
Non l’ho mai visto, ma rimedierò! Un bacio.
Per Fattucchiera: davvero
hai scelto la mia storia per la tua prima recensione? Sono
contentissima grazie
mille! Ti è piaciuto il capitolo? Hai capito cosa
impensierisce Ginevra? Un
bacio e ancora grazie.
Per Aurora:
l’attore
mancante diciamo che sarà una bella sorpresa per tutti!
Com’è il nuovo
capitolo? Sono riuscita a rendere bene la decisione di Ginevra? Ho
paura di
essere andata di fretta… un bacio a presto.
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17
Jhon Fellow si era sempre
considerato un uomo realista e moderno, una vera rarità in
quei tempi dove
tutti davano credito alla magia e ad altre baggianate simili. Da pochi
minuti,
anche per quell’anno, se n’era andato settembre,
lasciando il posto ad un
uggioso 1 ottobre. Essere il portiere notturno del Grosvenor Victoria
casinò
non era cosa facile per nessuno, ma in quasi venti anni di carriera,
Jhon aveva
visto di tutto e nulla più lo poteva impressionare. O
meglio, questo era quello
che andava blaterando con sua moglie o con chiunque avesse ancora
voglia di
ascoltarlo. Persino quando fu vecchio senza più storie da
raccontare, disse mai
ad anima viva quel che accadde veramente quella sera.
Della folata di vento
disumana che si abbatté sul grande portone di ferro battuto,
della miriade di
foglie e spazzatura volanti davanti ai suoi occhi inebetiti e della
strana
figura al centro del putiferio, non rimase quasi nulla nei suoi
racconti. Solo
una stramba ragazza, probabilmente una maga da quattro soldi, che lo
pregò di
entrare ed accompagnarlo nella stanza di un ospite. Naturalmente
essendo Jhon
un portiere diligente in principio aveva detto fermamente di no, ma poi
commosso dalla tristezza della giovane, aveva ceduto a patto di
accompagnarla.
Con il tempo avrebbe dimenticato dove portò la ragazza, non
ricordò più lo
strano vestito troppo grande per il suo esile corpo e le parole che lei
gli
rivolse cambiarono nella sua mente talmente tante volte da non avere
più significato.
Eppure, qualcosa di lei rimase impresso a fuoco nella sua memoria. In
modo così
profondo che spesso nel cuore di quelle notti d’inverno
fredde e piovose,
ritornava ad essere vivido e reale, come se la fanciulla si trovasse
nuovamente
davanti a lui. I suoi occhi. Avevano la stessa energia divoratrice del
fuoco
vivo, erano rabbiosi e si spostavano frenetici osservando tutta la
stanza. Mai
in vita sua Jhon Fellow aveva visto cosa più bella. Uno
sguardo tanto
terrificante da essere sublime.
Il nostro confuso portiere
esce qui dalle scene, lasciando Ginevra sola davanti alla porta 421.
“Ginevra? Hai
finalmente
capito che resistermi è fatica sprecata?”
“Devo trovare un
uomo”
“Perché
io ti sembro una
mangusta?”
“Meglio che non
ti
risponda”
“Ginevra che ti
è
successo?”
Per tutta risposta il
pesante scialle di lana che avvolgeva le spalle nude della ragazza
scivolò a
terra. La pelle diafana della ragazza scintillava sotto la fioca luce
delle
candele appese alle pareti. Il vestito di Hermione afferrato al volo
prima di
uscire era troppo grande per lei, e le sue ridotte forme non riempivano
gli
spazi in cui l’altra ragazza stava quasi stretta. Malfoy
imbambolato da tanta
luce perse per un secondo il suo classico sguardo ironico e distaccato,
restando semplicemente fermo. Stupidamente intontito da quella piccola
ragazza
seminuda davanti a lui. Così tenera eppure dannatamente
forte.
“Sei meravigliosa
e non sai
quanta voglia ho di toglierti di dosso quel ridicolo vestito ma non
capisco
dove sia il tuo prob… ma dov’è finita
la tua collana?”
Improvvisamente si rese
conto di come risultasse vuoto il collo di Ginevra, d’immensa
bellezza questo è
certo, ma tristemente arido. Come una bella signora vestita a festa
seduta sola
in una locanda.
“Un verme me
l’ha rubata,
al posto di un pollo”
“Era meglio se
gli davi
subito il pennuto” sentenziò sarcastico Draco
appoggiandosi mollemente allo
stipite della porta.
Gli occhi di Ginevra
s’infiammarono di ceca rabbia e con sicurezza si
avvicinò al ragazzo tanto da
poterne sfiorare i vestiti.
“Non sono venuta
qui per
ascoltare i tuoi consigli indesiderati e stupidi. Conosci i sobborghi
malavitosi di Londra molto meglio di me ed ero convinta che potessi
portarmi in
una locanda o in qualsiasi altra bettola sudicia in cui i ladruncoli si
riuniscono per festeggiare con una sbronza i loro bottini.
Evidentemente sei
troppo occupato a parlare al vento, quindi torna a letto e dimentica di
avermi
visto”
Con un gesto veloce
raccolse lo scialle da terra e perse a camminare a grandi passi verso
l’uscita.
“D’accordo
se me lo chiedi
con così tanto garbo e gentilezza ti
accompagnerò” cantilenò Draco
chiudendosi
la porta alle spalle.
“Ginevra mi
aspetti o
dobbiamo continuare a camminare a venti metri di distanza?”
“Io non ti
aspetto, ti sbrighi
tu” rispose melensa Ginevra sventolando elegantemente una
mano.
“Sto cercando un
uomo”
“Tesoro, ti sei
guardata
attorno? Qui ci sono solo uomini e puttane. Sono sicuro che con un bel
visino
come il tuo non avrai difficoltà a trovare chi
cerchi”
Malfoy afferrò
la ragazza
un attimo prima che la lesta mano del barista le sfiorasse una ciocca
di
capelli.
“Ma vieni qua.
Adesso me ne
occupo io, tu stai zitta e buona” ordinò secco il
ragazzo avvicinandosi al
balcone e lasciando una stizzita Ginevra dietro di sé.
“Ha circa
quaranta anni,
alto e con i capelli castani. Adesca le donne per derubarle con la
scusa di
voler restituire un fazzoletto sfuggito alle loro borse”
spiegò con calma
Malfoy attirando l’attenzione del locandiere con una
scintillante moneta.
“Ogni tanto viene
qui un
tipo, si vanta sempre dei suoi colpi e di come quelle galline ci
caschino ogni
volta. Le donne sono stupide quando ci si mettono. Questa sera non si
è visto,
peccato perché è un ottimo cliente. Beve ma
è troppo sbronzo per mettersi a
fare una rissa. Di solito sta con quei ragazzi laggiù, fanno
sempre un baccano
infernale” snocciolò mugugnando l’uomo.
“Molto
gentile” disse con
finta riconoscenza Malfoy, allontanandosi verso la tavolata occupata da
una
massa informe d’operai e vagabondi.
“Il grande uomo
va in
azione” bisbigliò fra se e se Ginevra osservando
scocciata Malfoy parlare con
quegli ubriaconi. Era bravo con la gente, lo si vedeva subito da come
si
poneva. Non pretendeva di avere la parte del grande uomo ricco e
determinato,
ma chiedeva un’informazione con eleganza e modi gentili.
Ginevra si sorprese ad
ammirare quel ragazzo così sfaccettato e adattabile. Non le
sarebbe mai
riuscita una tale diplomazia, ma promise a sé stessa di
imparare.
Ora però
qualcosa era
cambiato, un uomo si stava alzando barcollante cercando di essere il
più
minaccioso possibile. Da solo era ridicolo ma Ginevra sentiva che se
tutti i
suoi compagni lo avessero imitato non sarebbe stata una bella
situazione. Con
passo svelto si avvicinò alle spalle di Malfoy, cercando di
portare un minimo
di calma.
“Sono sicuro che
ne avrai a
centinaia” biascicò l’uomo in piedi
muovendo veloce le mani in aria.
“E questa sarebbe
una buona
ragione?” domandò divertito Malfoy.
“Non ti
dirò nulla
sull’uomo che cerchi. Ti sembra una ragione
migliore?”
“No”
rispose deciso Malfoy.
Sembrava quasi che si divertisse a provocare quel tipo e la cosa
infastidiva
tremendamente la ragazza che era alle sue spalle.
“Ascoltate
signore, sapere
dove poter trovare quel ladro è molto importante per me. Ve
ne prego” disse
Ginevra ormai stanca di aspettare i comodi di Malfoy.
“Allora di al tuo
amico qui
che deve darmi la sua bella giacca” rispose beffardo
l’uomo indicando Draco.
“Da la tua giacca
al
signore” ordinò secca la ragazza rivolta al
ragazzo.
“Certo se me lo
ordini tu
rinuncerò volentieri ad una giacca da centoventi sterline
per recuperare un
ninnolo di tua mandre” disse Malfoy con enfasi.
“Sei
più vanitoso di una
ragazzina viziata” lo ribeccò Ginevra fissandolo
da capo a piedi.
“Ehi ragazzina
volendo
potrei fare a meno della giacca, infondo non sei poi così
male” disse l’uomo
avvicinandosi e scostandole di poco lo scialle dalle spalle.
“Non mi
tocchi” esclamò
inviperita Ginevra girandosi di scatto verso l’uomo.
“Visto ragazzi
che bambina
cattiva, non mi vuole” cantilenò il tipo
voltandosi verso i suoi compagni. Ma
non arrivò nessuna risata alle sue orecchie, nemmeno un
accenno di sorriso era
presente sul viso dei suoi amici. Se non fosse stato per lo stupore sui
loro
visi, avrebbe quasi detto che erano terrorizzati. Incredulo rivolse
nuovamente
la sua attenzione alla ragazzina petulante e rimase indispettito dal
vedere
quanto si fosse avvicinata a lui.
“Dimmi, qual
è il tuo
nome?” chiese una voce sottile e affilata, inadatta ad un
viso dolce come
quello di Ginevra.
“Mike”
disse titubante
l’uomo facendo un passo indietro. Non sapeva cosa gli era
preso ma sentiva
rimescolarsi le viscere davanti a quella ragazza con la testa chinata
verso
terra.
“Mike, non hai
capito bene
la situazione in cui ti trovi” mormorò dolcemente
Ginevra. Pareva la voce di
una mamma amorevole ma era al contempo spaventosa.
“Quel tuo amico,
mi ha
sottratto una cosa a me molto cara e lo devo ritrovare.
Finirà male per una
persona questa notte e non vorrei che toccasse lo stesso infausto
destino anche
a te” continuò Ginevra restando con la testa china
e i capelli sparsi sulle
spalle come lingue di fuoco.
Quella stupida bambina lo
stava impaurendo, le donne erano esseri adatti al piacere e alle
pulizie, non
si sarebbe fatto intimidire da una mocciosa.
“È una
minaccia tesoro?”
chiese beffardo avvicinando il collo al viso chinato di Ginevra.
“Ora non
più”
Solo un sussurro. Appena
percettibile. Quasi ridicolo e scontato se non fosse stato per quegli
occhi.
Erano fuoco vivo ed erano puntati dritti su di lui.
Il mare di Dover. Quello
che accadde dopo gli ricordò una giornata d’estate
passata a correre e a
nuotare fra le alte onde. Quella volta si era divertito a venire
spazzato a
riva da una forza più grande di lui, sentire le gambe
perdere il contatto con
la morbida sabbia e lasciarsi andare. Anche adesso i piedi non
toccavano più il
terreno, ma non c’era l’acqua a sostenerlo. Fu il
vento a spingerlo, una furia
improvvisa lo gettò veloce contro il muro. Mike
sentì il dolore improvviso
percorrergli la spina dorsale e per un terribile attimo non
riuscì a trovare
aria per i polmoni.
“Dimmi Mike i
tuoi amici
qui lo sanno di chi sono i soldi che spendi? Loro lo sanno che tua
moglie si
brucia gli occhi cucendo giorno e notte, mentre tu sei qui? Immagino di
no.
Parafrasando una frase del locandiere, gli uomini sono stupidi quando
ci si
mettono. Sai cosa sta facendo tua moglie adesso? Si sta
pettinando” disse
cantilenando Ginevra girellando attorno all’uomo ancora
schiacciato contro il
muro “pensa tu sei qui a scialacquare i suoi soldi in alcool
e prostitute
mentre lei si fa bella per te. Per avere un tuo sguardo,
perché tu la voglia
toccare come nei primi anni di matrimonio, quando ancora la baciavi,
quando le
portavi dei fiori. Una primula. Cosa potrà mai essere una
singola primula? Lo
stai pensando lo so. Dimmi dove posso trovare quel ladro”
concluse quasi
ringhiando a pochi passi da Mike.
“Forse
è alla taverna del
Gallo, se non viene qui resta là a giocare a
carte” bofonchiò la limite del
panico l’uomo.
“Grazie. Mi hai
fatto
felice. Visto come una piccola cosa possa rendere una persona contenta?
Vai a
casa e fai l’amore con tua moglie, ti assicuro che
sarà più appagante che con
qualsiasi altra donna” esclamò sorridendo gaia
Ginevra e voltandosi se ne andò
spedita verso la porta, lasciando dietro di se un corteo di uomini
spaventati e
increduli. Compreso Malfoy.
“Credi che
seguirà il mio
consiglio?” chiese con curiosità Ginevra mentre
affrettava il passo.
“Si, ci sono
buone
probabilità” rispose Draco voltandosi a fissare la
ragazza al suo fianco.
“Non che in
genere riesca a
trovare la tua compagna piacevole, ma quando mi fissi così
sei insopportabile”
borbottò Ginevra senza voltarsi.
“Grazie lo so. La
ragazza
dentro quella taverna chi era?” domandò con
semplicità Malfoy fermandosi di
scatto.
Ginevra sentì un
piccolo,
ma gelido, cubetto di ghiaccio scivolarle giù lentamente
lungo la schiena
calda.
“Ero io. In
genere
controllo questi poteri strani, li argino dentro di me con pazienza e
calma. Ma
a volte straripano e divento cattiva. Quello che ho fatto a quel tipo,
non è
nulla in confronto a quello che potrei fare. Per colpa mia ci siamo
trasferiti tre
volte. Un bambino è quasi affogato”
“Cosa era
successo?” chiese
cauto ma curioso Draco.
“Mi prendeva in
giro, da
piccola ero piena di lentiggini e mi ostinavo a vestirmi come un
maschio. Quel
giorno c’era una festa in paese e mia madre mi
obbligò ad indossare un ridicolo
vestito pieno di balze, e quel bimbo, credo si chiamasse Jamie, mi
prese in
giro tutto il giorno. Poi lo vidi, stava facendo il bagno nel laghetto
del
parco e allora decisi di fargliela pagare. Non permisi
all’acqua di lasciarlo
andare”
“Cosa vuol dire
che ‘non
permisi all’acqua’?” esclamò
perplesso Draco avvicinandosi alla ragazza ferma
poco più avanti. Ginevra con lo sguardo perso in quella
giornata di festa
rovinata, alzò lentamente gli occhi fino ad incontrare
quelli lucenti di Malfoy.
“Riesco a gestire
forze più
grandi di me, è per questo che perdo il controllo. Sono
troppo forti e io
debole. Promettimi che se mi vedrai esagerare con quel ladro mi
schianterai”
“Non devi
preoccuparti per
questo, ti terrò al guinzaglio” rispose ironico
Malfoy mentre girava attorno a
Ginevra.
“Credimi, se non
mi fermi
farò del male anche a te. Non vorrai che il tuo bel visino
si rovini?”
“Un graffietto
è un giusto
prezzo per vederti infuriata. Diventi un tizzone ardente, sensuale e
pericoloso. Mi fai impazzire”
“Ma se hai fatto
una
tragedia per una bruciatura da nulla sul collo? E come hai fatto? La
mai povera
e delicata pelle bruciata? No, aspetta com’era…
ah, una scottatura piuttosto
profonda, neanche ti avessi spellato vivo!” disse Ginevra
scimmiottando la voce
forte e vibrante del ragazzo, cercando così di ignorare il
rossore allarmante
delle sue guance.
Un fugace movimento
rovinò
il gioco e entrambi i ragazzi tornarono seri. Ginevra lo riconobbe
subito. Non
aveva dei brutti lineamenti tutto sommato, ma la barba incolta e i
capelli unti
rovinavano il quadro generale. Stava cercando di restare in postura
eretta
mentre camminava appoggiato al muro di una casa. Fu strano come sia lei
che
Malfoy non fecero nulla. Restarono fermi, guardarono l’uomo
passare e girare in
uno stretto vicolo sparendo dalla loro vista.
Il freddo
risvegliò
Ginevra. L’aria gelida che penetrava dai piccoli fori dello
scialle servì a
ricordarle il suo ciondolo e la rabbia crebbe in lei come la marea. In
pochi
veloci passi raggiunge il vicolo e senza esitare si gettò
nel buio sudicio di
quella strada.
“Fermati e vedi
di riuscire
a stare dritto” gridò autoritaria appena intravide
la sagoma contorta dell’uomo
barcollare nel buio.
Il ladro spaventato prese a
correre ma inciampando sui suoi stessi piedi o forse su qualche
straccio,
rotolò goffo a terra.
“Chi sei? Cosa
vuoi?” urlò
spaventato portandosi una mano davanti agli occhi per dare un volto
alla figura
che lo sovrastava.
“Vuoi vedermi?
Ebbene sia”
Un secondo dopo
l’intero
vicolo era immerso dalla luce d’alte e calde fiamme nate dal
nulla. Il suo
inferno personale e quello davanti a lui non poteva essere altri che il
demonio. Nessuno sulla terra aveva occhi tanto spaventosi e belli.
“Questa mattina.
Ricordi la
ragazza davanti al negozio di verdure? Le hai rubato la collana. Sono
qui per
riprenderla” disse quel mostro con voce inumana e atona.
“La pietra viola,
certo
ricordo. L’ho venduta” sussurrò
balbettando l’uomo mentre indietreggiava
terrorizzato.
“Pessima
scelta”
E le fiamme gli furono
addosso. Vedeva il corpo inconsistente, ma vivo del fuoco a pochi
centimetri
dai suoi occhi spalancati e quella donna ora gli era vicinissima.
“Sai cosa succede
alla
pelle di un uomo quando entra in contatto con una fonte di calore forte
come il
fuoco? Neppure nei tuoi sogni più orribili riusciresti ad
immaginare un simile
dolore. È atroce e non finisce mai. Resta con te
finché non decidi di combatterlo
o di lasciarti andare alla morte. In entrambi i casi resterai marchiato
a vita,
e dovunque andrai sentirai il dolce lambire di fiamma sul collo
nudo” così
sensuale e terribile quella voce gli entrava nel cervello e rimbombava
come il
suono delle campane per tutta la città.
“Momenti
d’oro. È lì la
collana, nel negozio qua dietro” gridò disperato
l’uomo mentre una lacrima
solcava il suo viso sfigurato dalla paura.
“Non rubare
più, è da
vigliacchi e tu non sei nato per esserlo” disse la donna
allontanandosi piano
con la testa rivolta a terra. Ora gli appariva solo per quello che era,
nessuno
demonio o mostro, ma una ragazzina da volto terribilmente triste. La
sua voce
era diventata dolce, quasi materna, senza nulla di spaventoso.
“Scusami
ragazzina” brontolò
l’uomo intimidito dalla possibile reazione di Ginevra, e
ancora spaventato
dalle fiamme intorno a loro.
“Vai a
casa” bisbigliò
dolce Ginevra mentre un piccolo sorriso le risplendeva in viso.
L’uomo
svanì in pochi
istanti dietro un alto muro di mattoni e Ginevra, rimasta sola con la
sua anima
dannata, si accasciò a terra. Se ne restò
lì, non seppe dire per quanto. Un
fagotto di stoffa e carne circondato dal fuoco. Poi sentì i
suoi passi, non
potevano essere di nessun altra persona. Chi sarebbe stato
così folle da
entrare in un vicolo invaso dalle fiamme e per di più con un
passo tanto deciso
e svelto? Solo lui, e il sapere di poter essere raggiunta da quel unica
persona
la riempì di gioia pura. Qualcosa si posò sulle
spalle e sentì la terra cedere sotto
il suo peso. Forse la stava risucchiando, così finalmente
sarebbe finita in un
posto adatto ad una come lei. Ma non stava cadendo, delle forti braccia
la
sostenevano con facilità e capì di essere al
sicuro. Per la seconda volta si
sentì protetta e felice. Sentì il cuore
sciogliersi e lasciare libero tutto il
peso che si era portata appresso per tanto tempo.
“Sono un mostro,
una
persona tremenda” mormorò piano affondando il viso
nella spalla di Draco.
Lui non rispose e
continuò
a camminare imperterrito.
“Mi odia, anche
lui. Ora mi
poserà per terra e lo dovrò ringraziare se non mi
farà internare in un qualche
manicomio. Se ne andrà, non voglio”
pensò disperata Ginevra e per istinto si
artigliò come più poté alle spalle del
ragazzo. Infine arrivò il momento di
tornare con i piedi per terra.
Restò con lo
sguardo fisso
a terra, se non lo avesse guardato negli occhi magari avrebbe aspettato
qualche
secondo di più per andarsene per sempre. Fu una fatica
inutile perché era già
sparito. Davanti a lei solo una strada vuota. Cercò di
piangere ma non ci
riuscì, forse il cuore faceva troppo male anche per
piangere.
Poi qualcosa di freddo le
si posò sul collo nudo, lasciato scoperto dallo scialle
finito chissà dove.
Anche in quel momento il cuore le doleva ma non per la tristezza. La
sua
ametista era tornata, splendeva più bella che mai
nell’incavo del seno e
sembrava darle il bentornata. Si voltò e tornò ad
attenderla lo sguardo
incantato di quel ragazzo così strano e bello che la
perseguitava nei sogni e
duranti il giorno. Avrebbe voluto dirgli un milione di cose, spiegargli
quello
che era successo ma non le fu dato il tempo di fare nulla. E fu meglio
così.
Ed ecco il nuovo capitolo!
Ho impiegato una vita per scriverlo ma volevo che venisse al meglio.
Qui si
svelano in gran parte i poteri di Ginevra e tutto doveva piacermi.
Volevo farla
sembrare cattiva ma non patetica spero di esserci riuscita! In
più desidero
ringraziare di cuore tutti coloro che hanno recensito la mia altra
storia
‘Lezioni di baci per ragazze confuse’. Un grazie
sincero, non mi sarei mai
aspettata che piacesse tanto ma ne sono felicissima! Lasciate un
piccolo
commento per questo capitolo? Ci tengo grazie! Un bacio.
Per Aurora: allora cosa ne
dici dei poteri di Ginevra? Ancora non sono bene delineati ma
vedrò di
chiarirli meglio in futuro! Un bacio.
Per Thaiassa: che ne pensi?
È molto ridicola Ginevra arrabbiata? Fammi sapere mi
raccomando un bacione.
Per dady: ha fatto paura
Ginevra arrabbiata? Spero sia venuta bene! Ciao un bacio!
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Capitolo 18
Era di nuovo fra le sue
braccia. Non fosse stato per quella massa di circa cinquanta chili
appollaiata
sulla sua schiena, sarebbe stata una meraviglia. Se Malfoy non
l’avesse presa
al volo ora sarebbe con la faccia sulla polvere della strada, una vera
schifezza.
Ma avrebbe dovuto capirlo. Un attimo prima Draco la stava fissando con
quello
sguardo che la faceva sciogliere, e un secondo dopo fissava la strada
alle sue
spalle con un espressione stupita.
“Hermione scendi
immediatamente!” gridò Ginevra soffocata dalla
camicia del ragazzo.
“Ma
dov’eri finita? Ti ho
cercata per un’intera ora! Il tuo felino qui non vale la
metà di quello che
mangia. Non è riuscito a sentire il tuo odore nemmeno da
dietro l’angolo, sono
dovuta arrivare io per vederti. Ma stai bene? Mi hai fatto venire una
paura
pazzesca” disse la ragazza scendendo con un piccolo balzo
dalle spalle di
Ginevra, sperando di non averle rotto nulla con la sua solita irruenza.
“No che non sto
bene! Mi
sembra di essere passata sotto una carrozza”
esclamò irritata Ginevra storcendo
avanti e indietro il busto, cercando di sgranchirsi la schiena
dolorante.
“Stai insinuando
che sono
grassa?” chiese minacciosa Hermione stringendo gli occhi a
due fessure e
appoggiando le mani sui fianchi.
“Guarda, questo
è un tuo vestito.
Ci sto dentro due volte, fai tu i conti” brontolò
Ginevra allontanando la
scollatura del vestito di parecchi centimetri dal petto.
“Tesoro quelle si
chiamano
curve. Se sei piatta come una tavola, non venire a criticare me che a
differenza tua ho il seno” disse melensa la ragazza castana
incrociando le
braccia al petto con orgoglio.
“Il mio fisico
è
proporzionato” esclamò piccata Ginevra.
“Magari fosse
proporzionato
alle stupidaggini che dici, allora sì che avresti delle
belle curve”
“Ma
così ti offendi da
sola” cantilenò Ginevra indicando i generosi ma
armoniosi fianchi di Hermione.
“Quanto siamo
simpatiche
questa sera, hai mangiato un riccio?”
“Signore direi
che data
l’ora e il nervosismo sarebbe meglio per tutti se andassimo a
letto” disse pacato
Draco frapponendosi fra le due ragazze pericolosamente vicine.
“Tu sta
zitto!” esclamò
energica Ginevra mentre lo afferrava per un braccio scostandolo
violentemente.
“Già
non parlare, dalle un
bacio. Così mi cade in trance e riesco a trascinarla per i
capelli a letto”
brontolò Hermione prendendo Draco per l’altro
braccio.
“Oppure cosa fai?
Mi
rincorri per tutta Londra con una scopa in mano, come facevi con
Evan?” domandò
sarcastica Ginevra cercando di nascondere il leggero rossore delle
guance.
“Ora ho la
bacchetta, mi
basta schiantarti” disse con pratica semplicità
Hermione, continuando a tenere
artigliato il braccio di Draco.
“Tanto non mi
prendi”
esclamò quasi divertita Ginevra strattonando il braccio di
Malfoy per fare
arrivare il corpo del ragazzo davanti al suo.
“Senti ma cosa
hai fatto
hai capelli? Sembrano il nido di un uccello” chiese perplessa
Hermione
inclinando la testa di lato.
“Ho avuto un
piccolo
diverbio con il ladro di questa mattina. Quello che voleva rubarmi il
pollo.
Stanno così male?” domandò Ginevra
cercando di rimettere una ciocca ribelle al
suo posto.
“No, ho visto di
peggio.
Una volta ho incontrato una ragazza che aveva in testa un pettine da
due anni.
Diceva che quando aveva provato a pettinarli la spazzola si era rotta e
un
pezzo le era rimasto incastrato fra i capelli”
raccontò con enfasi Hermione.
“Ma non le dava
fastidio?”
chiese scettica Ginevra mollando la presa sul braccio di Draco che si
spostò
prontamente da quelle due pazze.
“Quando si lavava
i capelli
le graffiava un po’ le mani ma niente di più. Ad
ogni modo, non doveva lavarli
molto spesso” spiegò Hermione facendo qualche
passo verso la strada del
ritorno.
“Certo che doveva
avere dei
capelli molto strani” disse pensierosa Ginevra seguendo
l’amica “ma Onice ci sei
anche tu? Che bravo micio mi sei venuto a cercare?”
esclamò dolce
inginocchiandosi vicino al gatto che la fissava da terra.
“Su torniamo a
casa” disse
poi afferrando Onice a alzandosi.
“Quel coso
è stranissimo”
disse Hermione guardando di sottecchi Onice che le regalò
un’occhiata gelida.
“Ha il suo
carattere”
borbottò Ginevra mentre faceva scorrere la mano sul lucente
pelo del gatto.
“È uno
sfaticato,
probabilmente questa sera ha fatto la passeggiata più lunga
della sua vita. Poi
mi guarda male, e ruba tutto il letto”
“Questo
è vero” ammise
Ginevra annuendo con la testa “Hermione aspetta un secondo.
Torno subito” disse
la ragazza passando uno scocciato Onice fra le braccia
dell’amica.
“Ma quanto pesi
gatto?”
esclamò Hermione mentre tentava di afferrare meglio
l’ingombrante Onice.
Ginevra si voltò
e svelta
tornò sui suoi passi. Si sfilò dalle spalle la
giacca che l’aveva tenuta al
caldo e rabbrividì al contatto con l’aria fredda
della notte.
“Grazie”
sussurrò appena
mentre porgeva l’indumento al suo proprietario.
“Prego”
rispose Draco
fissando la testa china di Ginevra con un dolce sorriso
“tienila tu la giacca,
fa freddo questa sera” disse poi rimettendo la giacca sulle
spalle nude della
ragazza.
“Mi dai davvero
la tua
giacca da centoventi sterline?” domandò sarcastica
Ginevra alzando appena lo
sguardo sul ragazzo.
“È un
prestito!” esclamò
indispettito Malfoy.
“Buona notte
Ginevra”
bisbigliò poi prima di voltarsi e tornare verso le luci
lontane del Victoria
casinò.
Ginevra restò a
fissare la
sua schiena allontanarsi con la solita andatura sicura, quasi
prepotente, e
aspettò che il suo corpo agisse come la mente gli stava
suggerendo di fare.
Cominciò a correre e poi saltò. Non era una
ragazza molto bassa ma per arrivare
alle spalle di Draco Malfoy doveva fare un certo sforzo. Lo stava
abbracciando,
se lo dovette ripetere diverse volte per accettare il fatto. Non che la
sua
mente reticente potesse fare grandi cose ora che aveva il corpo premuto
contro
la schiena del ragazzo e le braccia saldamente legate al suo collo.
“Grazie di non
avermi
giudicata un essere mostruoso” bisbigliò con voce
rotta Ginevra premendo la
guancia contro la spalla di Draco.
Nessuna reazione. Non si
era mosse di un millimetro se non si contano i capelli mossi dal vento
freddo
della notte. Per un tremendo attimo Ginevra pensò che la
stesse davvero
considerando un demonio, una cosa diversa, da allontanare al
più presto. In un
secondo la sua mente formulò talmente tanti pensieri che
alla fine non capì
cosa stesse provando, se paura o tristezza.
Poi Malfoy si mosse. Si
voltò con inaspettata agilità vista la salda
stretta in cui lo teneva Ginevra.
Una calda mano costrinse due luccicanti occhi verdi ad alzarsi verso il
volto
del ragazzo.
“Ginevra
guardami. Hai in
te una magia sorprendente, forte e allo stesso tempo pericolosa, come
il fuoco.
Non sei un mostro, quelli in genere sono brutti e viscidi.
Ciò non toglie che
devi imparare a controllarti. Non puoi andare in giro ad infiammare
vicoli
sperando che nessuno ti incateni, capisci? Fino a questo momento hai
sempre
represso quello che avevi dentro, ora devi cercare di importi. Usa la
tua magia
più che puoi, e possibilmente lontano da boschi o persone.
Con il tempo
imparerai a gestire i tuoi poteri” spiegò
lentamente Malfoy continuando a
guardare Ginevra negli occhi.
“E se non ci
riesco? Se
faccio del male a qualcuno?” domandò preoccupata
Ginevra.
“Quanto sei
drastica, non
ti ho detto di provocare uragani. Per cominciare prova ad accendere la
fiamma
di una candela” disse Draco inclinando la testa da un lato.
“Va bene,
accendere
candela” sussurrò Ginevra scandendo bene le parole.
“Ora vai a
dormire, credo
che la tua amica stia per uccidere il gatto” disse sarcastico
Malfoy indicando
con la testa Hermione mentre armeggiava con Onice.
“Si sa
difendere” esclamò
ironica Ginevra, scoprendo il braccio destro su cui faceva bella mostra
di se
un graffio lungo una decina di centimetri.
“Sei fortunata ad
avere
trovato amici disposti a cercarti nel cuore della notte. Tienili ben
stretti”
disse Draco voltando nuovamente lo sguardo verso Hermione. Ginevra
restò
qualche secondo a fissarlo confusa, cercando di capire se quella nota
di
malinconia nella voce del ragazzo non fosse frutto della sua fervida
immaginazione.
Sentì la presa
del ragazzo
diventare più debole sul suo viso, finché la sua
pelle perse il contatto con le
mani di Draco e subito diventò fredda.
Chi era questo ragazzo
davanti a lei? Come poteva essere lo stesso arrogante e disgraziato
figlio di
papà che aveva investito la fidanzata di Ron? Quello che la
faceva diventare
deliziosamente matta? Nel fisico nulla era cambiato, sempre bello,
sempre
irresistibile. Ma Ginevra non sentiva più
quell’ondata di calore e passione
uscire da lui, ora c’era solo gelo. Tristezza e ricordi ormai
stantii trasformano
le persone in aride lande di carne e ossa, niente di più.
Ginevra alzò
lenta una mano
e titubante sfiorò la guancia fredda del ragazzo.
“Io ti verrei a
cercare”
bisbigliò piano guardando gli occhi grigi e piatti di
Malfoy.
Poi ci fu solo calore, per
la vergogna, per il cuore che batteva al massimo, per lo sguardo di lui
illuminato dal sole in piena notte.
Ginevra scacciò
con impeto
il rossore, e con un furbo sorriso rifilò un deciso
pizzicotto alla guancia di
Malfoy.
“Fila a letto
ora, c’è un
bellissimo sogno che ti aspetta” esclamò Ginevra
ripetendo con orgoglio le
parole sentite tante volte da sua madre quando si intestardiva a
restare
alzata.
“Subito
Signora” esclamò
Draco scattando sull’attenti.
Ginevra sorrise divertita,
poi si voltò piano e correndo verso Hermione
lanciò un ultimo sguardo a Malfoy.
“Sei un completo
disastro”
sbuffò Hermione mentre si stiracchiava le braccia ancora
addormentate.
Finalmente era tornato il sole, dopo tre giorni di pioggia e pioggia,
ora si
poteva godere un po’ del tiepido caldo autunnale. A Hermione
non era mai
piaciuta molto la pioggia. Oltre al fatto che con
l’umidità i suoi capelli
diventavano un covone di paglia, le dava fastidio quel costante rumore
sul
tetto del carro e il poter uscire solo correndo con un mantello in
testa.
“Devo
perfezionarmi tutto
qui” borbottò Ginevra prendendo un'altra foglia
secca dal mucchio che aveva di
fianco a se.
“Per migliorare
è
quantomeno necessario saperla fare una data cosa. Tu non hai neppure
questo”
cinguettò Hermione facendo svolazzare una mano per aria con
fare superiore.
“Sai che sei
uguale alla
figlia del direttore del casino?” disse provocatoria Ginevra
guardando di
sottecchi l’amica.
“Chi la gallina?
Per
carità, il mio sarcasmo è mille volte
più costruttivo del suo. Poi sono più
bella”
“Ma
certo” esclamò con
troppa enfasi Ginevra dando una leggera pacca sulla spalla di Hermione
“ora mi
aiuti?” domandò poi tornando alle cose serie.
Aveva deciso di seguire il
consiglio di Malfoy, ma non stava facendo nessun progresso. Nei tre
giorni
passati nel carro per via della pioggia non si era azzardata a far
nulla, per
paura di combinare un guaio tremendo. Ora se ne stava seduta a terra
davanti a
una stupida foglia che non voleva prendere fuoco.
“Cosa devo
fare?” chiese
curiosa Hermione avvicinandosi di poco all’amica.
“Non ne ho
idea” ammise
schietta Ginevra continuando a fissare imperterrita la foglia
accarezzata dal
debole vento.
“Tu sei molto
peggio di un
completo disastro, non hai proprio speranze” disse seccata
Hermione tornando al
suo posto con uno sbuffo di vestiti.
“Non ho mai usato
i miei
poteri volontariamente, vengono fuori da soli quando mi
arrabbio” bisbigliò
depressa Ginevra pizzicando l’erba con le dita sottili.
“Pensa a qualcosa
che ti ha
fatto arrabbiare” disse con semplicità Hermione
mentre si sistemava un ciocca
di capelli sfuggita al suo controllo.
Corrugando la bianca fronte
Ginevra cercò di ricordare quello che aveva provato quella
sera nel vicolo, la
rabbia e il desiderio di vendetta verso quel povero ladro. Si
concentrò al
massimo, visualizzò nella sua mente le fiamme che le
lambivano i vestiti, il
calore sul viso e la sensazione di vittoria provata davanti allo
sguardo
terrorizzato dell’uomo.
Niente. Nemmeno un pizzico
di fumo.
“È una
cosa snervante!”
esclamò indispettita Ginevra sbattendo una mano a terra
“e guarda mi sono
persino tagliata con una spina” borbottò mentre
esaminava il piccolo graffio
sul palmo della mano.
“Guarda cosa hai
fatto,
piccola stupida”
Una voce nella testa, forte
come un tuono ma comunque lontana. E poi sangue, gocce sul pavimento e
sul
coccio di vetro a terra. Alzò i vispi occhi da bambina e
osservò con una punta
di divertimento il grosso uomo davanti a lei. Le era sempre stato
antipatico,
entrava in casa sua come se fosse il padrone solo perché era
amico di suo padre
e non si preoccupava minimamente di trattarla come una schiava. Il
bicchiere
rotto era stato un incidente, ma non le dispiaceva affatto che
quell’antipatico
avesse sbattuto la mano proprio su un pezzo di vetro molto tagliente.
Se non
fosse stata intimorita dalla stazza e dalla nota violenza
dell’uomo, sarebbe
scoppiata a ridere urlando vittoria.
“Smettila di
guardarmi così
mocciosa” esclamò furibondo l’uomo
alzando la mano illesa verso il viso della
bimba davanti a lui.
Quella fu la prima volta
che perse il controllo. La frustrazione, l’odio e la vergogna
regnarono
incontrastate nella mente di Ginevra accecandola o, riflettendoci
più a fondo,
facendole scorgere per un secondo la verità sulla sua vita
da serva. Per un
secondo tutto divenne scuro, poi arrivò la luce accecante
delle fiamme a
illuminarle il viso contratto.
“Ginevra
guarda!”
Occhi verdi, fino a quel
momento persi fra una nuvola di passaggio, tornarono a guardare cose
reali.
Della foglia accartocciata davanti a Ginevra non restava che un piccolo
e
fragile scheletro di radici, che dopo qualche istante venne spazzato
via dal
vento.
Ginevra restò a
fissare
l’erba leggermente bruciacchiata su cui era posata la foglia.
Forse era
riuscita a trovare la chiave dei suoi poteri.
“Certo che sei
davvero
formidabile!” esclamò entusiasta Hermione mentre
sfiorava con le dita l’erba
annerita.
“Adesso ho
qualche
speranza?” domandò divertita Ginevra ricordando le
parole dell’amica.
“Direi di si, ma
Ginevra?”
disse con aria guardinga Hermione.
“Si?”
chiese curiosa la
rossa sorridendo felice.
“Sta lontana dai
miei
capelli”
“Promesso”
recitò solenne
Ginevra posandosi una mano sul petto prima di scoppiare a ridere.
E fu così che le
trovò Luna
dopo averle cercate a lungo, stese per terra a ridere tanto forte da
tenersi la
pancia.
“Vi ho trovato,
ho fatto
una corsa pazzesca” ansimò Luna accasciandosi al
fianco di Hermione.
“Avverti se stai
per
svenire” disse ironica la bruna osservando l’amica
annaspare in cerca d’aria.
“Grazie, ma per
il momento
credo di poter restare in me” rispose con quanta
più stizza poteva Luna.
“Se devi restare
in te
allora perdi i sensi ti prego” cantilenò Hermione.
“Perché
non fai un favore
all’universo e ti mangi un porcospino? Morto però,
non sopporterei l’idea di
aver condannato un essere vivente a una sorte tanto orribile. Ad ogni
modo sono
qui per avvisarvi delle ultime novità!”
“Cosa
è successo?” domandò
curiosa Ginevra mentre afferrava saldamente il braccio di Hermione.
“Hai sentito cosa
mi ha
detto?” brontolò la ragazza cercando di
divincolarsi dalla presa dell’amica.
“Impara a essere
meno
aggressiva e potrai andare dove vuoi” spiegò con
calma Ginevra rimettendo
Hermione a sedere con uno strattone.
“Questo
pomeriggio arriverà
il nuovo attore! Jhonny ha ricevuto il telegramma in risposta alla sua
lettera
proprio questa mattina. Quel suo amico non si trovava in grandi
condizioni
finanziarie a quanto ho capito, e appena ha visto la proposta di Jhonny
è
partito sul primo treno”
“Le poste di
Londra devono
essere migliorate parecchio se in tre giorni sono arrivate prima la
lettera e
poi la risposta” disse Hermione con aria compiaciuta. Si era
già scordata delle
parole poco carine di Luna, adesso era impegnata ad immaginare la
faccia del
nuovo attore.
“Chissà
com’è?” si domandò
Ginevra interpretando a parole gli stessi pensieri dell’amica.
“Viene
dall’Irlanda, è
probabile che abbia la carnagione chiara e i capelli rossi”
considerò Luna
arricciando le labbra verso l’alto.
“Se è
amico di Jhonny
allora è di bocca buona. Vedrete ci troveremo davanti un
omone con una pancia
enorme” disse Hermione descrivendo davanti alla sua sottile
vita una pancia
immaginaria.
“Forse ha una
certa età, e
magari ha perso i capelli! Per la commedia avremo uno spiritello con la
pancetta e la calvizie. Per lo meno saremo unici nel genere”
esclamò divertita
Ginevra riprendendo a ridere come una matta.
“Ragazzi,
Christine, questo
è William”
“Oh Santo
Cielo”
Luna fu la prima a parlare.
“Di sicuro non ha
la
calvizie” sentenziò con poco entusiasmo Hermione.
“Come fai a dire
se ha i
capelli?” brontolò a bassa voce Blasie.
“La smettete? Non
sta bene
parlare così davanti lui” disse secco Harry, ma
neppure lui riusciva a chiudere
la bocca rimasta spalancata.
“Che roba
è?” domandò piano
Evan.
“Non ne ho idea
ma è
spaventosa” rispose con un filo di voce Ginevra.
“Ben arrivato
William, non
ti dispiace se ti chiamo per nome vero?” disse con allegria
Christine alzandosi
e andando incontro al nuovo arrivato.
Fine capitolo! Dovete
scusare questo immenso ritardo, ma questa volta non è dipeso
da me. Il mio
povero computer, come se non fosse già abbastanza
malridotto, si è preso un
bellissimo virus, ed è stato fuori combattimento per un
mese. Chiedo ancora
scusa.
Passando oltre cosa ne
pensate del capitolo? È arrivato il nuovo attore! Come prima
impressione ho
voluto renderlo indescrivibile! Vi lascio quindi un po’ sulle
spine, e
ringraziandovi per l’appoggio mando un bacio grande grande. A
presto!
Per julietta: scusami
davvero tanto! La tua recensione era finita sotto una del capitolo
precedente e
non l’ho vista! Mi era sembrato strano che non ci fossi in
effetti… beh che ne
dici del nuovo capitolo? Hai capito com’è il nuovo
attore? Bacio.
Per MiaBlack: grazie
davvero. Ci ho messo ancora una vita per aggiornare ma alla fine arrivo
sempre!
Ti piace il capitolo? Fammi sapere ci tengo. Bacio.
Per Thaiassa: ti piace come
si separano i due piccioni? Mi è sembrato carino fare vedere
un lato
malinconico di Draco… a presto un bacio!
Per dady: come ti sembra il
capitolo? All’altezza delle tue aspettative? Anche se non
c’è ombra di baci…
ciao bacio!
Per lola91: grazie grazie
davvero di cuore, questo capitolo ti piace? Un bacio.
Per Aurora: grazie davvero
era un capitolo così bello? In questo non succede molto ma
nel prossimo
presento il nuovo personaggio! Ti è piaciuto Draco perso nei
ricordi? Bacio.
Per Ginevra_Malfoy: allora
cosa ne dici? Grazie e a presto un bacione.
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Capitolo 19
“Ben arrivato
William, non
ti dispiace se ti chiamo per nome vero?” disse con allegria
Christine alzandosi
e andando incontro al nuovo arrivato.
“Affatto Signora.
Le troppe
formalità mi irritano”
Quella voce, sembrava
venire dall’inferno. Lontana, rauca, ma penetrava le ossa e
la mente come
l’urlo disperato di una donna senza voce. Ginevra
sentì la pelle accapponarsi e
il freddo invaderle le vene.
“Quella che vedi
qui è la
mia compagnia. Magari sembrano un gruppo di sbarbatelli, ma non
sottovalutarli”
gongolò Jhonny allontanandosi da William per avvicinarsi a
Luna.
“Per esempio, ti
presento
Luna. Spesso la sua mente gioca con le nuvole ma quando sale sul palco
non
riesci più a staccarle gli occhi di dosso, e porta in cielo
anche te”
“Vuoi che diventi
un
pomodoro?” bisbigliò Luna arrossendo vistosamente.
Jhonny si voltò
poi verso
il resto del gruppo ancora impassibile e con un gesto secco li
esortò a
muoversi.
“Ciao io mi
chiamo Blaise,
spero ti troverai bene con noi” esclamò il ragazzo
scattando in piedi.
“Sì me
lo auguro anch’io.
Devi scusarci, ma siamo rimasti un po’ spiazzati
da… ecco” balbettò Harry
cercando di nascondere l’imbarazzo.
“Non dovete
preoccuparvi,
non siete i primi e di certo neppure gli ultimi a restare inorriditi
dal mio
aspetto” disse pacatamente William con uno svolazzo di mano.
“Guarda che hai
frainteso”
brontolò Hermione alzando gli occhi verso l’uomo
“inorriditi non è la parola
giusta. Vedi letteralmente significa far provare, o provare orrore. Di
conseguenza non puoi usarla per esprimere il nostro stato
d’animo.
Personalmente ti trovo piuttosto bizzarro, il tuo abbigliamento
è più adatto
alla festa di Ogni Santi che alla vita di tutti i giorni, ma non mi fai
paura.
Quindi togliti di dosso quest’aria malinconica e affranta
perché io non ci
casco”
“Ti consiglio di
non
provocarla, lei si che fa paura se si arrabbia. Pensa che ha fatto
diventare
viola uno scoiattolo da quanto era diventata brutta!”
esclamò complice Blaise
colpendo il braccio di William con un gomito.
Non arrivò
nessuna replica
piccata, ma un fulmineo raggio di luce splendente attraversò
in un attimo
l’aria per finire dritto fra le gambe semiaperte del ragazzo,
mentre ancora
stava ridendo sguaiatamente.
“Tu sei una pazza
isterica,
volevi uccidermi?” gridò agitato Blaise, mentre
fissava il piccolo solco
creatosi vicino ai suoi piedi.
“Quello era per
spaventarti, ora ti uccido” rispose gelida Hermione brandendo
con violenza la
sottile bacchetta nell’esile mano.
“Ferma!”
esclamò Luna,
mentre si lanciava sul braccio teso dell’amica, mentre anche
Harry cercava di
trattenere Hermione.
Partì,
probabilmente per
sbaglio, un altro fascio di luce che con grande sollievo di tutti i
presenti
scomparve dietro un grosso cespuglio. Dopo poco uno strano verso scosse
l’aria.
Ginevra non avrebbe potuto dire con sicurezza da dove veniva, ma
qualunque cosa
avesse fatto quel grido non doveva stare molto bene.
“Onice!”
esclamò sorpresa e
preoccupata appena vide il gattone scappare fuori dal cespuglio con la
coda
fumante e bruciacchiata. Quella povera bestiola doveva essersi presa
uno
spavento con i fiocchi.
“Hai colpito
Onice!”
ringhiò furiosa Ginevra a Hermione mentre cercava di
avvicinarsi al gatto.
“È
stato un incidente, e
anche se non fosse, ti sfido a provare il contrario” disse
energica la ragazza
finalmente libera dalla presa degli amici.
“Ginevra porta
via quella
palla di pelo!” gridò Blaise nell’attimo
stesso in cui Onice con un alto balzo
si arrampicò prima sulla gamba e poi sulla schiena di
William.
“Ehi!”
esclamò sorpreso
l’uomo voltando il viso per vedere l’animale
appollaiato su una sua spalla.
“Mamma mia
scusami tanto, è
spaventato, in genere non salta così” disse
rammaricata Ginevra avvicinandosi
al gatto.
“Si, in genere
non fa altro
che dormire” borbottò sarcastico Blaise.
“Finiscila, o mi
metto a
parlare di quello che fai tu di solito e allora potrai tranquillamente
seppellirti sotto terra” minacciò la ragazza
voltando di scatto la testa verso
Blaise.
“Vieni qui Onice
va tutto
bene ora” riprese poi con tono dolce rivolta al micio ancora
saldamente
artigliato alla camicia nera di William.
Stese le braccia verso il
gatto ma poco prima di sfiorare con le dita l’arruffato pelo
di Onice, il suo
corpo si inchiodò. Si era sentita così solo una
volta in vita sua, ed era stato
dopo passeggiata di due ore nel gelo di un mattino di febbraio; stava
tornando
a casa dopo una visita ad un’amica e il freddo le aveva
intirizzito ogni
muscolo, il più piccolo movimento le costava un esagerato
impegno.
Come allora anche adesso
prese
a tremare, non visibilmente ma dentro di lei. Sentiva lo stomaco
contorcersi e
rilassarsi di continuo, tanto da farle venire la nausea, e le braccia
ancora
sospese a mezz’aria rimasero immobili.
Era stato lui. Quel suo
aspetto la terrorizzava fino alle ossa. Ma non era per quel suo vestire
completamente di nero, piuttosto per quello che aveva sul viso. Una
maschera o
un cappuccio coprivano interamente il suo volto, facendo immaginare
solo i
lineamenti del naso e delle sopracciglia. In cuor suo avrebbe anche
potuto
abituarsi a una simile stranezza per non ferire i sentimenti di William
ma
c’era qualcosa che non la tranquillizzava. In genere quando
incontrava una
persona provava una qualunque sensazione, che fosse simpatia, ribrezzo
o
curiosità non era importante. Ora era a meno di un metro da
questo strano uomo
e non avvertiva nulla. Lo guardava e non vedeva altro che una maschera
nera,
come se al suo interno non ci fossero carne e ossa ma solo aria.
“Ecco il tuo
gatto. Meglio
se da un’occhiata a quella coda, non ha un bel
aspetto” disse rauca una voce
dentro quel sacco di cuoio.
Per Ginevra fu
l’ultima
goccia. Le sembrò la voce del demonio stesso, sibilante e
bassa, del tutto
disumana. Afferrò Onice senza sfiorare le mani agguantate di
William e scappò
via mormorando una scusa incomprensibile.
“Jhonny dice che
è rimasto
vittima di un incendio due anni fa. Dormiva, quando la casa in cui
viveva a
Dublino ha preso fuoco, forse per colpa di una candela rimasta accesa.
Ci pensi
essere intrappolato dalle fiamme che piano piano ti
bruciano?” disse
rabbrividendo Luna, mentre seduta sul letto piegava con cura una
montagna di
panni.
“Deve aver auto
una gran
forza per non mollare o diventare pazzo” osservò
Hermione appoggiata alla porta
del carro.
“Hai ragione,
chissà quante
ne avrà passate. Certo che tu Ginevra potevi controllarti un
minimo! Insomma,
scappare come una lepre non è stata una cosa molto
carina” brontolò Luna
lanciando alla ragazza davanti a lei uno sguardo severo.
“Non hai idea di
quanto mi
stia sentendo in colpa” borbottò Ginevra
affondando ancora di più la testa nel
soffice cuscino “ma in quel momento non ragionavo
più. Dovevo andare via subito
o mi sarei messa a urlare come una vecchia isterica”
“Beh ti conviene
abituarti
perché dopo pranzo iniziamo le prove dello
spettacolo” esclamò secca Hermione
prima di uscire dal carro.
“Aiuto”
sussurrò
malinconica Ginevra rigirandosi senza tregua nel letto.
“Ma da dove
comincia la
prima scena? Non si campisce un accidente in questo copione”
brontolò sbuffando
Harry.
“Lo leggi dal
verso
sbagliato” disse distrattamente Jhonny, mentre annodava una
grossa fune a un
albero.
“Quella
è la fine idiota”
gli fece eco Blaise strappando di mano il blocco di fogli a Harry.
“Scusate io
quando devo
entrare in scena?” domandò perplessa Luna cercando
si sbirciare il copione da
dietro le alte spalle dei ragazzi.
“Qui gli ambienti
cambiano
continuamente, non posso creare dieci scenografie diverse”
esclamò Hermione
facendo svolazzare le pagine del suo copione.
“Finitela! Quali
che siano
le vostre domande siete pregati di rivolgerle a me” disse con
calma glaciale
Evan salendo con grazia sul palco di legno “Hermione,
più tardi ti spiegherò
come fare con le scenografie, a tutti gli altri dico solo una cosa: la
storia
non segue un filo logico per tanto il copione risulta senza senso. Di
conseguenza limitatevi a seguire le direttive mie e di Jhonny ed a
imparare le
battute, evitando così osservazioni inutili”
concluse con autorità il ragazzo
squadrando dall’alto tutti i presenti.
“Adesso, chiariti
tutti i
dubbi possiamo passare alle prove vere” disse allegro Jhonny
avvicinandosi al
palco “nella prima scena compaiono Teseo duca
D’Atene e Ippolita regina delle
amazzoni. Blaise, Hermione salite sul palco. Mancano solo quattro
giorni al vostro
matrimonio e non potreste essere più felici”
“Qui ci
vorrà dello sforzo
per mostrarmi felice” bisbigliò Blaise a Harry.
“Non
preoccuparti, nessuno
si aspetta di vederti recitare bene” cinguetto Hermione
passandogli accanto
leggiadra.
“Vecchia strega
acida”
“Viscido
invertebrato”
“Per cortesia
Signori,
dovete sposarvi. Dov’è finito il famoso amore
cavalleresco?” chiese affascinate
Jhonny, mentre aiutava Hermione a salire sul palco.
“Sepolto, direi
da almeno
duecento anni in qualche sudicia bettola fuori Parigi”
brontolò la ragazza
ravvivandosi i capelli.
“Evan occupati di
questi
due, vado ad aiutare gli altri”
“Jhonny noi siamo
nella
scena successiva giusto? Dove tu entri e mi ordini di sposare
Demetrio” chiese
Luna sfogliando con attenzione le pagine del copione.
“Esattamente, fra
poco la
proviamo, verrà anche Christine a darci una mano. Prima
però devo assegnare
qualche compito anche a Ginevra e William” rispose pacato
Jhonny prima di
sedersi accanto a Ginevra.
“Come hai fatto a
capire
qualcosa da qui?” esclamò incredulo Harry
indicando il mazzo di fogli che aveva
fra le mani.
“Ma certo
è semplicissimo,
basta conoscere la trama della commedia”
“Se lo dici
tu” biascicò
Harry gettando il copione a terra “per quel che ci capisco io
può stare anche
lì”
Ginevra rimasta fino a quel
momento in disparte, il più lontano possibile da William, si
trovava ora
davanti a quel mostro incappucciato incapace di emettere alcun suono.
“Allora io
passeggio
cantando per convincere i miei amici ateniesi che la mia testa non si
è
trasformata nel muso di un asino, quando tu addormentata ti
svegli”
“Ah”
“Come regina
delle fate sei
un po’ scarsa in sostantivi e verbi”
commentò sarcastico William appoggiando la
schiena a un tronco d’albero.
“Sono
perfettamente in
grado di parlare, molto gentile per
l’interessamento” sbottò quasi senza
riflettere Ginevra.
“Bene allora cosa
dici
appena ti svegli?”
“Eeh”
sussurrò in piena
crisi di panico la ragazza “ti scongiuro non avvicinarti con
quel sacco vuoto
parlate” pensò al limite del terrore Ginevra,
mentre indietreggiava senza
accorgersene.
“Ricominciamo con
i suoni
indefiniti? Hai qualche problema a livello di
concentrazione?” domandò con
finta preoccupazione l’uomo.
“Affatto, ma chi
ti credi
di essere per venire qua e burlarti di me?”
esclamò inviperita Ginevra puntando
il dito verso il petto dell’uomo.
“Ho semplicemente
notato
che ottengo risposte sensate solo parlandoti con sarcasmo”
rispose William con
un’alzata di spalle.
“Questo non
è vero, ecco…”
Ginevra si accorse di difendere un partito sconfitto e
lasciò la frase a
volteggiare nell’aria.
“Hai paura di me
vero?”
La domanda
arrivò schietta
e diretta lasciando Ginevra rossa di vergogna a fissare
l’erba vicino alle sue
scarpe.
“Non è
esattamente paura, o
meglio non saprei definirla. L’effetto è lo
stesso, ma le cause sono
complicate” bisbigliò quasi in un sussurro e
rimase sorpresa che William
lontano da lei avesse sentito le sue parole.
“Il mio aspetto
di certo
non aiuta ma”
“Questo non
centra” lo
interruppe con slancio Ginevra alzando la testa istintivamente per poi
tornare
ad abbassarla subito dopo “non posso negare che il tuo
abbigliamento non mi
abbai turbata, ma non sono così superficiale da fermarmi
alle prime apparenze.
Come posso spiegarmi, ho paura di offenderti ed è
l’ultima cosa che voglio”
“Vai
avanti” disse con
inaspettata calma l’uomo tornando ad appoggiarsi al tronco.
“Sto cercando di
dire che
oltre alla prima apparenza lievemente sconvolgente non ho visto altro.
Forse
tutto è dovuto al fatto che non ci conosciamo ancora bene.
Eppure non ho colto
nessuna anima dentro i tuoi vestiti, come se fossi un pupazzo e il tuo
spirito
stesse dentro un altro uomo in un altro tempo”
“Tutto qui il
problema?”
chiese sbrigativo William.
Ginevra a quelle parole
alzò gli occhi sbigottita.
“Gli ho appena
detto che mi
sembra una marionetta senza vita e lui se ne scappa fuori
così? Se l’ha dentro
c’è veramente qualcosa deve essere matta da
legare” pensò esterrefatta la
ragazza.
“Sono pronto a
dimostrarti
che dentro questa corazza nera c’è un uomo in
carne e ossa. Il fuoco ha reso
irriconoscibile il mio fisico, ma non ha toccato altro. Se il tuo
spirito è
forte neppure il fuoco può scalfirlo” disse
William con un misto di orgoglio e
allegria.
“Grazie di avermi
ascoltata. Mi sento molto meglio ora che conosci le mie stramberie
mentali”
esclamò con un sorriso Ginevra, trovando il coraggio di
fissare le due fessure
nere per gli occhi del cappuccio. La sensazione di terrore gelido le
arrivò
dritta al petto come un pugno, ma la ignorò ripetendosi le
parole dell’uomo.
“Il tuo primo
sorriso della
giornata solo per me? Decisamente è troppo”
“Molto
simpatico” brontolò
Ginevra mentre afferrava con due mani il copione che le riposava in
grembo
“dunque tu mi svegli e Titania, o meglio io, dico:
‘Quale angelo mi sveglia dal
mio letto di fiori?’ e poi tu smetti di cantare e, aspetta un
attimo questa
matta si innamora di un asino?” disse scioccata Ginevra
scorrendo con gli occhi
le sue battute.
“Già,
tutto a causa di un
incantesimo di un dispettoso folletto. Titania e Bottom sono i simboli
della
causalità dei sentimenti, non scegli chi amare lo fai e
basta”
“Ora ricordo, me
lo aveva
detto anche Evan. Sembri conoscere molto bene la commedia, reciti da
molto
vero?” chiese curiosa Ginevra. Con una dose massiccia di
autocontrollo stava
annaspando per tenere in piedi una conversazione decente, ma la cosa le
riusciva difficile. Se avesse chiuso gli occhi sarebbe potuta restare
ore a
parlare con William certa che non si sarebbe annoiata un istante, ma la
vista
la tradiva e la voce del ragazzo appariva confusa e irreale, come se
non
venisse dalla persona davanti a lei.
“Faccio parte di
compagnie
teatrali da un bel po’ di tempo, più o meno da
quando ho memoria. Ma mi piace
leggere e viaggiare, molte delle cose che so le ho imparate
così”
“Non saprei
immaginare un
modo migliore di vivere”
“A volte non
è poi così
piacevole. Prendi per esempio Londra, la parte eterna e aristocratica,
deliziosa
da visitare e conoscere in ogni suo anfratto. Poi ci sono i sobborghi,
la
periferia e i vicoli stretti, terribili e affascinanti nel loro
squallido
splendore”
“Le due facce
della
medaglia”
“Come Londra
anche le
persone hanno tanti volti. Mai fermarsi ai primi, anche se sembrano
malevoli le
prime impressioni sono spesso avvelenate dai pregiudizi”
Ginevra non
trovò la voce
per rispondere, c’era una grande malinconia nella voce di
William, risultava
evidente nonostante l’orrendo sacco cambiasse il tono.
Provò una sgradevole
sensazione di rammarico sopra lo stomaco, come se si fosse accorta in
quel
momento di aver insultato un caro amico senza accorgersene.
“Povero William,
ormai avrà
perso il conto delle ragazzine sciocche come me che scappavano davanti
alla sua
apparenza vuota. Sono una persona spregevole, adesso vado a sotterrarmi
per
qualche millennio e smetto di fare danni” pensò
sconsolata Ginevra
giocherellando con un filo di cotone staccatosi dal vestito.
“Non volevo
rattristarti,
perdonami. Avanti cosa fa la nostra addormentata Titania una volta
sveglia?” la
incalzò William dando un leggero colpetto al copione di
Ginevra.
“Vediamo, giura
amore
eterno all’asino. Ma può essere una cosa del
genere? Andiamo lo conosco da meno
di un secondo, prima di promettergli il mio cuore a vita lascia che
almeno
sappia il suo nome! Adesso magari me lo porto pure a casa a mettere su
famiglia” disse perplessa Ginevra sfogliando veloce le
seguenti pagine, mentre
William rideva di gusto.
“Come non
detto” bofonchiò
poi la ragazza leggendo le battute della sua svitata controparte.
Fine capitolo!
Perdonate il ritardo, come
al solito sono una frana! Di buono c’è che sono
andata avanti con a scrivere e
quindi spero di poter aggiornare con più velocità.
Vorrei ringraziare le
persone che hanno recensito “La danzatrice della
vita”. Una storia scritta più
che altro per me, ma che spero davvero possa risultare bella anche per
voi. Vi
invito a leggerla e a farmi sapere se vi piace, ve ne sarei proprio
grata!!
Grazie a tutti quelli che
leggono la mia storia, siete grandissimi!
Un bacio.
Giulia
Per concludere un saluto
speciale a tutte le persone che hanno recensito l’ultimo
capitolo di Rosa
d’inverno. Ormai è un po’ tardi per
rispondere singolarmente a ciascuno di voi,
ma vi ringrazio e spero che la collettiva curiosità sul
nuovo attore sia stata
soddisfatta.
Fatemi sapere al
più presto
ci conto. Un bacione grande grande!
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Capitolo 20
“Allora
è simpatico l’amico
dei neri più neri?”
“Molto
interessante. Certo
se me lo trovassi davanti all’improvviso, specie di notte,
credo che morirei,
ma è piacevole parlare con lui. Forse sa persino
più cose di te” disse con aria
indifferente Ginevra guardando di sottecchi la sicura reazione di
Hermione.
“Mia cara non
andare in
giro a raccontare queste scemenze, qualcuno matto come te potrebbe
finire per
crederci” rispose con aria sofisticata Hermione.
“Basterebbe che
ti
vedessero in questo momento per dare credito alla mia
versione”
“Perché?”
chiese con autentica
ingenuità la ragazza castana esaminando lo stato dei suoi
vestiti. Doveva
ammettere di essere in uno stato leggermente scombussolato, ma aveva le
sue
ragioni. Non poteva mica assemblare e dipingere il fondale del palco
vestita
con fronzoli e merletti.
“Diciamo che non
sei
l’immagine dell’eleganza”
Hermione rimase qualche
istante a fissare perplessa la sua stessa mano scorrere sulla camicia
oramai
diventata di un colore indefinito e poi alzò gli occhi verso
Ginevra. Le
brillava nello sguardo una lucina di puro divertimento e furbizia.
Ginevra che
aveva imparato a stare al passo dell’amica un po’
svitata, ghignò aprendo la
sfida.
“C’era
una volta” prese a
cantilenare Hermione con fare da dolce nonna “una ragazza
bellissima con occhi
color smeraldo e capelli di fuoco. Purtroppo era anche tanto povera. Un
giorno
nel suo piccolo villaggio arriva un meraviglioso principe azzurro, con
lucenti
capelli biondi e un fisico da fare invidia. Ma la nostra eroina prende
su i
pochi averi e scappa con un gruppo di maghi girovaghi, troppo scossa
dalla
bellezza del giovane”
“Hermione giuro
che se
continui ti rovescio questa roba addosso!” esclamò
divertita Ginevra brandendo
un pennello carico di vernice verde.
“Il giovane
principe,
probabilmente in possesso della metà del cervello con cui
vengono dotati per
natura tutti gli essere umani al concepimento, insegue la sua donzella.
Dopo
tante peripezie finalmente riesce a darle un bacio e chi si ritrova
davanti il
povero ometto? Un baccalà in trance.
Dov’è finita la bella ragazza sbraitante e
scalciante che aveva condotto nella lussuosa villa di campagna? Chi lo
sa
magari è rimasta appesa a un susino e non se
n’è accorto. Povero, bisogna
capirlo con le risorse mentali ridotte che si ritrova, non poteva fare
di
meglio”
“Sei la strega
più
dispettosa e snervante che conosco” gridò con
versi strozzati Ginevra lanciando
il pennello verso Hermione che scappò dietro la sagoma il
legno di un albero.
“Ma se non hai
sentito
neanche la fine. I due sfortunati giovani si ritrovano in un
casinò di Londra,
dove vivono una notte colma di litigi, gelosia e batticuori. Se pensate
che ci
sia un lieto fine vi sbagliate. La ragazza, tramortita
dall’ennesimo focoso
bacio del principe si rifugia in camera a contare depressa i fili di
cotone
della trapunta. Ma per fortuna arriva la più intelligente e
splendida strega in
circolazione a tirarla su di morale. Con il suo umorismo e la sua
spigliata
parlantina libera il cuore confuso della giovane”
cinguettò romantica Hermione
mentre schiava l’ennesimo colpo di pennello di Ginevra.
“E assieme al
cuore della
ragazza liberò anche le penne di venti oche da
allevamento” berciò Ginevra
prima di acquattarsi dietro a dei sacchi di sabbia.
“La tua
partecipazione alla
narrazione della storia non era richiesta”
brontolò Hermione aggirandosi
furtiva fra le sagome di legno.
Ginevra sentì i
passi
avvicinarsi e immerse il pennello nella latta di vernice vicina.
Hermione fece
appena in tempo a compiere due passi che una lunga striscia verde e
marrone le
dipinse la camicia come una sorta di fascia.
“Tu considerati
morta”
gridò, mentre con una mano afferrava uno straccio per
pulirsi alla meglio i
vestiti.
“Ah
si?” rispose scettica
Ginevra allontanandosi comunque per precauzione da Hermione.
Distolse lo sguardo solo un
attimo e la ragazza castana non era più al suo posto. Un
senso di elettrica
paura percorse la spina dorsale di Ginevra mentre si aggirava fra le
bizzarre
sagome come una ladra.
“Ho dimenticato
una cosa
che sbadata” esclamò la voce vivace di Hermione in
un punto imprecisato del
palco “una principessa delle favole che si rispetti non
può andare in giro
senza nemmeno un fiore”
Un istante dopo Hermione
saltò fuori colpendo al petto Ginevra che non ebbe il tempo
di reagire.
“Guarda come ti
dona” disse
melensa la ragazza castana.
Proprio sulla scollatura
del vecchio abito di Ginevra campeggiava ora una chiazza rossa grande
come un
pugno, che con una dose massiccia di fantasia poteva sembrare una
gigantesca
rosa scarlatta.
“Adesso si che
posso
considerarmi una donna dell’élite londinese”
“Cosa credevi?
Sono una
professionista”
“In tal caso
potresti
impegnarti per dare un aspetto migliore a te stessa senza perdere tempo
con
poveracce come me”
“A questo hai
già
ampiamente provveduto tu stessa” trillò Hermione
indicando la sua nuova fascia
verde.
“Non volevo
dirtelo, ma
sembri un giunco grasso conciata così”
sentenziò sarcastica Ginevra, mentre
squadrava l’amica da capo a piedi.
“Tanto meglio che
essere un
pagliaccio rachitico” ribatté con veemenza
Hermione.
“Mi volete
spiegare che
cosa diavolo è successo qui dentro?
Cos’è tutta questa confusione?”
esclamò
molto alterato Jhonny. Aveva deciso di andare a dare una mano con le
scenografie e si era ritrovato davanti due ragazze isteriche e piene di
costosa
vernice.
“Ecco”
iniziò a parlare
Hermione tormentandosi un lembo della camicia con una mano.
“Sai Jhonny,
c’era una
volta una ragazza bellissima, con occhi color smeraldo e capelli di
fuoco”
prese a narrare Ginevra ma non riuscì ad andare oltre
perché la voce le venne
inghiottita da un eccesso di risate incontenibile.
Entrambe le ragazze presero
a ridere come pazze, indicandosi a vicenda i vestiti da buttare e
asciugandosi
piccole lacrime dagli occhi. Jhonny rimase a fissarle per un
po’ poi tornò a tavola
a rosicchiare gli avanzi della cena. In tutta la sua vita non era mai
riuscito
a capire le donne e ora che aveva i suoi bei anni sulle spalle, aveva
imparato
a guardare, senza chiedere, i dolci misteri del mondo umano.
“Guarda che non
mi metterò
a cucire un nuovo vestito solo perché fai la ragazzina
schizzinosa!” brontolò
Luna muovendo esasperata le braccia in aria.
“I servi in casa
mia
indossano divise migliori” esclamò indispettito un
ragazzo agitando una ormai
sgualcita giacca verde.
“Bene Blaise,
torna a casa
e prendi uno dei tuoi bei vestiti da pavone, così farai
vedere a noi poveri
plebei la vera classe inglese” disse Luna cercando di
controllare la rabbia e
la frustrazione. Insomma aveva lavorato a quei costumi per giorni in
ogni suo
momento libero, e adesso arrivava il Principe degli idioti a dirle
senza mezzi
termini che i suoi vestiti sono una schifezza.
“Non mi serve
arrivare così
lontano, basta spogliare uno a caso dei pescivendoli al mercato per
avere
qualcosa di migliore”
“Allora
arrangiati cretino”
gridò con voce strozzata Luna prima di strappare con forza
la giacca dalle mani
di Blaise e correre via.
“Complimenti per
l’eleganza
amico mio” disse arrabbiato Harry prima di avviarsi nella
direzione in cui era
sparita Luna.
Ginevra rimasta fino a quel
momento a guardare indispettita la piccola discussione mollò
un sonoro ceffone
alla testa di Blaise.
“Sempre delicato
come una
farfalla mi raccomando” esclamò poi incrociando le
braccia al petto.
“Infondo quello
è il
costume per Teseo, lo dovrai indossare solo pochi minuti”
osservò Jhonny,
mentre ripiegava il suo vestito di scena.
“Va bene ho
capito vado a
chiederle scusa, che brontoloni che siete”
“Adesso sta qui,
lasciali
un po’ da soli” disse Hermione con un dolce sorriso
complice sulle labbra.
“Tu dai troppa
fiducia al
talento amatore di Harry, è una schiappa” rispose
Blaise ghignando.
“E tu dai poca
fiducia alla
determinazione di Luna” bisbigliò Hermione ridendo
sotto i baffi.
“Se non ci sono
altre
rimostranze sui costumi, direi che ognuno può tornare al suo
lavoro” disse
pratica Christine alzandosi e iniziando a raccogliere i costumi per gli
ultimi
ritocchi.
“Mi aiuti con le
scenografie?” chiese Hermione a Ginevra, mentre si avviava
verso il palco.
“Non posso, oggi
devo
predire il futuro a qualche altro disperato depresso”
borbottò avvilita la
ragazza abbassando la testa finché il mento non le
toccò il petto. Ultimamente
c’era stato un aumento di cliente venuti per qualche
predizione. Inizialmente
ne era stata contenta, dei soldi in più di certo non
facevano male, anzi. Poi
era arrivato lo stress. Pensava di avere superato quella fase da tempo
e invece
era tornata grande il doppio. Alla mattina si svegliava e
già sapeva che tutti,
nessuno escluso, si sarebbero presentati davanti a lei con un problema
di
dimensioni indefinibili e avrebbero preteso una soluzione miracolosa,
che nella
maggior parte dei casi non esiste.
“Mi dispiace
moltissimo se
tua moglie è tornata a casa di sua madre, ma che ci posso
fare? Forse dovevi
pensarci prima di andare a letto con la sarta”
pensò irritata Ginevra, mentre
alimentava la sua teoria “L’uomo: una specie di via
di sottosviluppo”.
“Esiste qualcosa
che fa
dimenticare?” chiese speranzoso l’adultero
appoggiandosi al tavolo.
“Mi
dispiace” rispose con
finto rammarico Ginevra allontanandosi dall’uomo il
più possibile “ha mai preso
in considerazione l’ipotesi di chiedere perdono a sua
moglie?”
“Mi sta prendendo
in giro?”
esclamò irritato.
“Mi perdoni ho
formulato
male la frase” ribatté in fretta Ginevra
“da quello che mi ha detto siete
sposati da molti anni, ormai avrà imparato a conoscerla
bene. Sa cosa le piace
sentirsi dire immagino. Ritorni a essere il ventenne scavezzacollo che
si
arrampicava su un pergolato di rose solo per lasciarle messaggi
d’amore sul
davanzale. Le porti fiori e soprattutto le dimostri che senza di lei la
vita
non vale poi tanto, che è solo un ammasso di giorni senza
scopo e risate. E per
finire basta incontri clandestini”
“Credo che ormai
il
pergolato non mi regga più, ho messo su un po’ di
peso sa” disse con una punta
di imbarazzo l’uomo massaggiandosi la considerevole pancia
“ma il resto posso
ancora farlo. Le porto delle rose bianche, le aveva in testa quando ci
siamo
sposati” continuò poi fissando lo sguardo sulla
chioma di un albero perso nei
bei ricordi passati.
“Molto bene, e la
sarta?”
chiese con fare allusivo Ginevra.
“Beh, guardi che
mi ha
provocato lei, era così profumata che… finito
basta, cambieremo sarta” esclamò
poi con un gesto risoluto prima di alzarsi e correre via a comprare
rose
bianche.
“Di questo passo
finirò per
ammazzare qualcuno” bisbigliò a se stessa Ginevra
prendendosi la testa fra le
mani.
“Lei sa dirmi il
mio futuro
signorina?” chiese una voce dal tono basso e quasi timoroso.
“Santo cielo
dammi la
forza” pensò esasperata Ginevra prima di
rispondere allo sconosciuto.
“Siete nel posto
giusto
Signore, come posso esservi util” il resto della frase
morì in un acuto urlo di
sorpresa che la sbalzò giù da piccolo sgabello
facendola finire gambe all’aria.
“Ma dai mi sono
anche
pettinato oggi. Sono così brutto?”
“Ti ho visto
meglio. Mi
daresti una mano?” chiese con una punta di vergogna Ginevra,
mentre cercava di
districarsi fra il vestito e i piedi dello sgabello.
Il ragazzo che la fissava
divertito e felice le afferrò una mano e la alzò
in un attimo senza apparente
sforzo.
“Sono contento di
vederti,
mi sei mancata sai”
Ginevra rimase pietrificata
a fissare quel familiare volto, buffo e dolce allo stesso tempo. Ron.
Stava
bene grazie al cielo. In un istante tutte le ore passate a rigirarsi
fra le
lenzuola pensando a dove fosse, se era preoccupato per lei, a cosa
mangiava e
se era finito da qualche parte ubriaco fradicio, finirono nel
dimenticatoio. Il
vivace vivo di Ginevra si illumino con un ampio sorriso e
saltò al collo del
fratello senza pensarci due volte.
“Guarda che
così mi
strangoli” sussurrò con un verso strozzato Ron
mentre ricambiava l’abbraccio
della sorella.
“Sono
così felice di
vederti, sei tutto intero vero?” chiese Ginevra mentre
esaminava a tastoni la
testa di Ron “sono vestiti nuovi questi? Non puzzando di
alcool che bello. Cosa
avete mangiato in questo mese? Vi sarete ingozzati di carne e schifezze
varie,
immagino. Dove alloggiate qui a Londra? È un bel posto o
papà ha fatto come al
solito il taccagno e siete in una bettola? Giusto, li avete dei soldi?
Ho dei
risparmi, ma sono pochissimi”
“Ginevra calmati,
stiamo
bene, non devi preoccuparti così” rispose
dolcemente Ron raccogliendo lo
sgabello da terra e facendo sedere la sorella.
“Ma come faccio a
non stare
in pensiero? Vi ho lasciati soli, e anche se lo rifarei subito, non
potrò mai
perdonarmelo” bisbigliò Ginevra rossa in viso.
“In effetti ci
sono stati
parecchi cambiamenti da quando sei andata via, ma non tutti in peggio.
Io mi
sono ritrovato una valanga di responsabilità sconosciute
sulle spalle e papà ha
si è impegnato così tanto nel ritrovarti che
ormai ha imparato a risparmiare”
spiegò Ron ricordando i difficili giorni seguiti alla
partenza di Ginevra. Non
era stato per nulla semplice come le aveva fatto intendere,
c’erano state
litigate furiose, a volte finite con le mani, e i brutti giorni in cui
l’alcool
gli mancava così tanto che avrebbe dato il suo unico braccio
buono per un
bicchiere di whisky. In tre settimane aveva capito quello che Ginevra
aveva
cercato di insegnargli in tre anni, il rispetto per sé
stessi e le inevitabili
responsabilità dell’età adulta, per
esempio.
“A proposito, lui
dov’è?”
domandò con un fil di voce la ragazza mentre abbassava lo
sguardo triste.
“In giro a
chiedere di te suppongo.
È preoccupato anche lui, non si fida di questa gente e teme
che ti stiano
ingannando. Poi per un uomo come lui è difficile accettare
che la figlia sia
scappata da casa”
“E per te
è difficile?”
“Per essere
sincero, non è
bello sapere che tua sorella preferisce la fuga a un altro giorno in
famiglia.
Ci si sente delle nullità. Però sono riuscito a
capire il tuo gesto, più ci
pensavo e meno ero arrabbiato con te. Resta solo la delusione e la
sensazione
di non essere abbastanza. Ieri ho trovato questo e ho immaginato che
fossi qui”
concluse poi togliendo dalla tasca un volantino della compagnia un
po’
stropicciato.
“Ginevra va tutto
bene? Ho
sentito un urlo” chiese una voce sommessa alle spalle della
ragazza.
“È
tutto a posto grazie
William. Questo è mio fratello Ron. Ron lui è un
componente del gruppo
teatrale, è con noi da solo un settimana” disse
Ginevra improvvisando una goffa
presentazione.
“Molto
piacere” disse con
grazia William avvicinandosi ai due fratelli così
stranamente simili.
“Salve”
balbettò Ron non
riuscendo a staccare gli occhi dal nero cappuccio di William.
Un silenzio imbarazzante
calò sulle tre figure impalate sotto un albero.
“Ginevra dove
sei? Ascolta
dici che questo affare mi fa sembrare una donnaccia? Forse è
meglio se Luna
accorcia un po’ questa scollatura” chiese quasi
urlando Hermione prima di
sbucare da dietro un albero con un bel vestito rosa. Stava intrecciando
i
sottili fili di raso sul corpetto per coprire al meglio, quello che si
vedeva
già fin troppo bene.
“Oh William,
scusa non
avevo visto che c’eri anche tu” disse poi una volta
che ebbe alzato lo sguardo.
“Ti assicuro che
è un vero
piacere essere qui” esclamò ironico William.
“Molto
spiritoso” brontolò
Hermione avvicinandosi ai due amici.
Ginevra aveva
già aperto la
bocca per commentare l’assoluta necessità di
diminuire la scollatura vide
l’amica bloccarsi e fissare allucinata qualcosa oltre le sue
spalle. Sembrava
quasi terrorizzata e nella sua stramba immaginazione pensò
di avere un qualche
mostro o fantasma spaventoso dietro la schiena. Si girò di
scatto per vedere
quello che spaventava Hermione ma non c’era niente, solo
alberi e aria.
“Magari torno
più tardi”
biascicò Hermione in modo quasi incomprensibile prima di
scappare veloce come
il vento coprendosi il seno con un braccio.
Ginevra guardò
perplessa
l’amica sparire dietro i tronchi degli alberi. Doveva esserci
qualcosa di molto
strano dietro di lei.
“Ginevra che stai
facendo?”
chiese sarcastico e curioso William inclinando la testa per meglio
vedere la
ragazza cercare chissà cosa fra dei cespugli.
“Cerco quello che
ha
spaventato Hermione” sbuffò Ginevra alzando lo
sguardo sospettoso verso i rami
degli alberi.
“E speri di
trovarlo lì?”
sbottò William ridendo.
“Hermione”
“Come hai detto
Ron?”
domandò confusa Ginevra voltandosi verso il fratello. Certo
che aveva proprio
un aspetto scombussolato, prima non l’aveva notato. Sembrava
disorientato ed
euforico come un bambino il primo giorno di scuola.
“È
meglio che vada ora”
disse con aria assente mentre fissava il vuoto.
“Sei sicuro di
stare bene?”
rispose Ginevra allungando il collo verso il fratello.
“Eh? Certo sto
benissimo,
mai stato meglio in effetti” esclamò Ron
grattandosi i capelli con la mano con
la sua solita aria scanzonata.
“Per ora mi
fido” disse
Ginevra con un sorriso “Ron, fra due settimane ci
sarà la prima dello
spettacolo. Il palco è poco distante da qui,
all’inizio del parco. Sarò una
fata con idee molto bizzarre sulla convivenza e gli uomini in generale,
ad ogni
modo mi farebbe davvero piacere se veniste ad assistere. Intendo anche
papà”
concluse in un soffio la ragazza.
“Grazie. Ci
saremo” disse
Ron prima di darle un piccolo bacio sulla guancia e andare a cercare il
padre.
Ginevra guardò
la figura di
Ron allontanarsi fino a diventare un puntino indistinto fra alberi e
case, poi
con un sonoro sospiro si lasciò cadere sullo sgabello
nascondendo il viso fra
le mani.
“Mi sento un
verme”
“Quanto sei
melodrammatica”
rispose William aggirando il tavolo per sedersi sulla sedia davanti a
Ginevra.
“Ho lasciato mio
fratello
da solo quando più aveva bisogno di me, che razza di persona
sono?”
“Si forse saresti
dovuta
restare nel tuo piccolo paesino a soffrire e a roderti il fegato
finché non
saresti morta di crepacuore”
“Che vuoi
dire?” chiese
Ginevra sbirciando William fra le dita delle mani premute sul viso.
“Da quello che ho
capito
tuo fratello era un alcolista, oggi però ho visto una
persona cortese e
simpatica anche se leggermente strana. Non si può negare che
il tuo gesto sia
stato un po’ egoistico, ma d'altronde non sei una santa e non
lo sarai mai.
Quindi consolati pensando che alla fine quello che hai fatto ha portato
cose
buone non solo per te, ma anche per la tua famiglia”
“Qui il numero
aumenta”
bisbigliò Ginevra togliendo finalmente le mani dal viso.
“Numero?”
“Delle persone
che mi fanno
notare quanto non sia una persona poi tanto buona”
“E chi lo
è? Sai immaginare
quanto può essere noiosa una persona senza il minimo
difetto?”
“In effetti non
deve essere
molto divertente” osservò con un sorriso Ginevra.
“Forza, ora
gradirei molto
vedere la chiromante all’opera. Sai dirmi qualcosa del mio
futuro?” chiese
curioso William con quella che Ginevra identificò come una
risata.
“Ebbene Signor
Trevor, vedo
una cosa più chiara delle altre sul vostro cammino. Sarete
uno splendido asino”
concluse melensa Ginevra prima di scoppiare a ridere.
“Su questo non
avevo dubbi,
sono il meglio degli attori” gongolò William
poggiandosi una mano sul petto.
“E per
l’amore?” continuò
poi con strano interesse.
“Non vi facevo
così
classico signore” esclamò ridendo Ginevra
alzandosi “dovrete cercare la vostra
regina delle fate William, e un consiglio: quando la trovate non
lasciatela
scappare” sussurrò poi prima di incamminarsi verso
il carro alloggio.
Le sembrò che
l’uomo
dicesse qualcosa, ma era lontana e le parole si persero, per sua
sfortuna nel
vento.
Fine capitolo! Mi
è venuto
più lungo del previsto, ma non riuscivo mai ad arrivare al
punto di fermarmi.
Aspetto i vostri pareri nel frattempo vi ringrazio e mando un bacio!
Giulia.
Per elie84: grazie di aver
letto tutta la storia! Sono proprio contenta che ti sia piaciuta. Anche
a me
piacciono molto i personaggi di Luna ed Hermione, ho cercato di
distinguere i
due caratteri in modo che ognuna delle due ragazze avesse un suo stile.
Spero
di rendere bene le mie idee. Aspetto un tuo commento appena riuscirai a
leggere. A presto un bacio!
Per Miyu: ciao! Ho letto
con vero piacere la tua storia, come ti ho già detto mi
piace molto e aspetto
il seguito, che arriverà presto vero?! Spero che continuerai
a commentare la
mia storia. Dimmi pure se ci sono cose poco chiare a volte tendo a
strafare! Un
bacio.
Per dady: si sta succedendo
proprio così, in fondo si chiama Rosa d’inverno
no? Ma ho intenzione di fare
svolgere tutto molto più in fretta che nel libro. Nel
prossimo capitolo ci sarà
un bel po’ di confusione con il caro papà in
arrivo! Fammi sapere cosa ne pensi
mi raccomando. Un bacione!
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Capitolo 21
“Ti
prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il
mio orecchio si è innamorato delle tue note
come
il mio occhio è rapito dal tuo aspetto.
Il
potere irresistibile della tua virtù mi spinge
fin
dal primo sguardo a dirti, anzi a giurarti che
t’amo.”
(W.
Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate)
“Hermione presto
vai ad
attaccare su questa roba” gridò Jhonny lanciando
alla ragazza alcuni batuffoli
di cotone a forma di nuvole.
“Quella
è la mia cintura
Blaise!”
“La tua
è quella verde
cretino”
“Sventura! Chi
è troppo in
alto non può legarsi a chi è in basso”
recitò Luna con le mani premute sulle
tempie.
“Allora
dov’è la cintura
verde?” chiese perplesso Harry frugando nel baule dei costumi
di scena.
“Per
l’amor del cielo come
si mette questo affare?” esclamò nevrotica Ginevra
armeggiando con una corona
di fiori e frutta che non voleva stare al suo posto
“Usa delle
forcine cara”
disse Christine senza alzare la testa dal suo lavoro di cucito.
“Christine hai
visto la mia
cintura?”
“Evan vai a
controllare il
pubblico” ordinò Jhonny mentre si sistemava il
drappo del costume.
“Christine la mia
testa è
finita?” domandò William avvicinandosi alla donna
per vedere a che punto fosse
la finta testa d’asino.
“Ho visto una
cintura verde
sul tavolo in cucina” brontolò distratta Luna.
“Aspetta ti
aiuto” disse
divertito William afferrando la corona di Ginevra prima che cadesse a
terra.
“La testa
è quasi finita,
mi manca solo un mezzo orecchio”
“Hermione corri a
vestirti
che ci fai ancora così?” esclamò
nervoso Jhonny guardando la ragazza tornare
verso di lui con delle cordicelle fra le mani.
“Urlami ancora in
faccia e
scordati che salga su quel palco” ringhiò Hermione
al limite della sopportazione.
“Hermione fai
quello,
Hermione le scenografie quando sono pronte? Hermione devi imparate la
parte”
bofonchiò irritata, mentre camminava verso il carro alloggio
per mettersi il
vestito. Aveva dato un veloce sguardo al pubblico riunito per la prima:
mancava
ancora mezzora all’inizio dello spettacolo e già
non c’erano più sedie libere.
“Poi cosa mi ha
detto
l’altro giorno? Ah si, ‘Allora ti decidi o no a
dire qualcosa?’” disse imitando
la voce alterata di Jhonny.
“Ciao!”
esclamò una voce
alle sue spalle a metà fra lo spaventato e
l’imbarazzato.
“E adesso che
c’è ancora?”
pensò sconsolata Hermione voltandosi lentamente.
Mai in vita sua era rimasta
a bocca aperta come un pesce lesso. Aveva visto Luna e a Ginevra
imbambolate
come due sceme e si era ripromessa che una simile figura da demente a
lei non
sarebbe mai toccata. Peccato che il destino non fosse
d’accordo con il suo
orgoglio. Le stava succedendo una cosa molto bizzarra, il suo cervello
registrava come sempre quello che accadeva a gran velocità,
eppure il corpo non
reagiva. E come si può facilmente immaginare la cosa non le
piaceva affatto.
“Scusa mi hai
colto in
sprovvista con quella frase, altrimenti me ne sarei uscito con qualcosa
di più
intelligente di ciao” disse il ragazzo dagli arruffati
capelli rossi
tormentando il cappello che aveva in mano.
“Ecco”
balbettò Hermione
boccheggiando “grammaticalmente ‘in
sprovvista’ non è esatto. Potrebbe anche
essere accettato ma suona proprio male, ‘alla
sprovvista’ è per fonetica e
sintassi la combinazione migliore” disse tutta d’un
fiato muovendo con troppa
foga le mani.
“Ah,
grazie” rispose con un
sorriso perplesso Ron.
“Ma che cosa ho
detto?”
pensò quasi in preda al panico Hermione
“penserà che sono una specie di maestra
schizzata! Cosa aveva detto Luna? Restare calma e lasciare fare al
tempo.
Lasciamo perdere tanto non sono capace di star ferma”
“Sei il fratello
di Ginevra
vero? Avete trovato dei posti a sedere? È venuta molta
più gente di quello che
ci aspettavamo” chiese poi con aria sorprendentemente calma e
elegante.
“Si siamo
arrivati presto,
mio padre è già seduto fra le prime file.
È agitato come un ragazzino” disse
poi con uno splendente sorriso tanto simile a quello di Ginevra. Certo
che
questa ragazza era strana, un vero incanto quindi.
“Bene. Anche tua
sorella è
emozionata, e ha solo una manciata di battute. Ma questa cosa con
vostro padre
la stressa molto e”
“Potrei chiederti
una cosa
che mi incuriosisce da un po’? Cosa ci facevi quel giorno con
tutte quelle
penne?” domandò Ron inclinando la testa di lato.
Era andato lì, aveva il cuore
a mille e l’ultima cosa che voleva fare era parlare di sua
sorella.
“Le
oche?” chiese
imbarazzata Hermione. Ogni volta che cercava di essere il
più possibile normale
quel Ron la spiazzava del tutto. E il suo stoico autocontrollo andava
letteralmente a quel paese in un mezzo secondo.
“Erano dentro un
cuscino
del casinò, poi si è rotto e erano lì
da chissà quanto tempo, chiuse a
soffocare. Sai questa storia la racconta meglio Ginevra,
sembrerò una pazza
comunque, ma almeno detta da lei fa ridere”
bofonchiò Hermione giocherellando
con un lembo della camicia.
“Ma come sono
vestita?
Sembro la brutta copia di un manovale” pensò
esterrefatta notando in quel
momento i suoi logori e sporchi abiti da lavoro “un momento
da quando mi
interessa l’opinione della gente?”
rifletté perplessa.
“Mi piacciono le
persone
matte, sono le più interessanti” disse arrossendo
un poco Ron, ricalcando senza
saperlo le parole già dette dallo strano vecchietto
incontrato da Hermione.
Aveva ormai una dose sufficiente di anni sulle spalle eppure non era
capace di
essere disinvolto con le ragazze.
“Quel signore me
lo ero
dimenticato” bisbigliò Hermione fissando il vuoto.
“Chi?”
“Tu lo sai che
nella vita
ci sono pochissime certezze? Per esempio si può star sicuri
che il cioccolato
mi piacerà da impazzire finché avrò
vita, o che i miei capelli non avranno mai
forma umana. Vedi, sono sciocchezze ma danno un certo senso alla
vita”
“Non riesco a
seguirti”
“Ho capito una
cosa che mi
era stata detta giorni fa da uno strano venditore di dolci. Ora ho una
certezza
più concreta delle altre e anche se sarà una
pazzia, non intendo lasciarmela
scivolare dalle dita” concluse con una splendida luce negli
occhi.
Un istante dopo aveva
afferrato la giacca di Ron e spinta da una strana forza euforica lo
aveva
baciato. Solo per un secondo le sue labbra avevano sfiorato quelle del
ragazzo
ma una tremenda scossa alla schiena aveva provato a farla crollare. Per
quanto
il suo temperamento fosse forte la parte di lei impacciata e timida era
tornata
a galla più veloce del solito. Non ebbe il coraggio di
guardarlo negli occhi
prima di scappare via, con la più intensa
felicità nel cuore.
Se solo avesse alzato lo
sguardo il piccolo sorriso sulle sue labbra sarebbe diventato una vera
risata
di buffa allegria, alla vista degli occhi spalancati di Ron, delle sue
guance
infiammate e dei capelli più in aria che mai. Se solo avesse
alzato gli occhi
quella sera non sarebbe di certo tornata sul palco, ma avrebbe
continuato a
baciare quel tenero ragazzo che le cambiava l’anima.
Lo spettacolo era iniziato
da qualche minuto. Hermione era più energica che mai quella
sera, Blaise sempre
il solito bravo attore, Jhonny aveva saltato qualche battuta ma niente
di
grave, Evan era appeso per la vita cercando di dirigere
l’improvvisato sistema
di luci. In quanto a lei se ne stata seduta su una cassa, con
l’odiosa corona
di fiori che minacciava di crollare ad ogni suo movimento del capo.
Persino
William era sul palco, appariva ogni tanto facendo ridere tutti con la
buffa
maschera da operaio ateniese e le sue battute da tonto.
Ginevra si alzò
di scatto,
stanca di restare intrappolata in quelle ridicole quinte e decise di
cercare
suo padre. Stare ad aspettare il momento giusto non serviva a niente,
se
conosceva bene suo padre le avrebbe urlato contro sia in mezzo alla
folla sia
in un luogo appartato. Girovagò fra il pubblico cercando con
lo sguardo la
ormai evidente pelata di suo padre ma non riuscì a
distinguere nessuno dalla
tanta gente che c’era.
“Entrerai in
scena prima
della fine o ti sei conciata come un fantasma per niente?”
domandò un voce
leggera e divertita.
Ginevra si
guardò perplessa
attorno, sapeva chi era il fastidioso proprietario della voce, ma non
riusciva
a vederlo.
“Chi devo
ringraziare per
la scollatura del tuo vestito? Uno spettacolo molto interessante, ma
devo
ammettere che un po’ più di sostanza non farebbe
male”
Ginevra avvampò
sentendo
l’impertinente sguardo di Draco sfiorarle la gola. Non aveva
una grossa
scollatura, e neppure molto seno quindi di certo non poteva essere
davanti a
lei per vedere così bene le sue magre forme.
“Che diavolo ci
fai lassù?”
chiese indispettita e irritata la ragazza alzando il viso verso i rami
della
quercia accanto a lei.
“Non ho
intenzione di
passare la serata pigiato su scomode sedie, seduto accanto a
pescivendoli e
lattai” escalmò con semplicità il
ragazzo staccando una foglia ingiallita.
“Chissà
quali malattie
potresti prendere, vero?” ribatté sarcastica
Ginevra incrociando le braccia al
petto.
“Sai prima mi
è sembrato di
vedere tuo padre. Devo essermi sbagliato” disse Draco con
finta aria distratta.
“In effetti sta
guardando
lo spettacolo. Anche se da un momento all’altro mi aspetto di
vederlo correre
verso di me, afferrarmi per i capelli e trascinarmi a casa”
brontolò Ginevra
fissando le grosse radici dell’albero.
“Di cosa ti
preoccupi? Ora
sei una vera strega con veri poteri, sempre se hai seguito i miei
consigli”
disse Draco saltando giù dal ramo con un piccolo balzo.
“Tu sei peggio di
un gatto,
se lo facevo io mi sarei rotta l’osso del collo!”
“Stai sviando la
mia
domanda Ginevra?”
“Mi sono
allenata” ammise
la ragazza con un lieve sospiro “ma i risultati non sono
stati molto
soddisfacenti. Per ora ho bruciato una foglia, una pagina del copione
di Luna e
ho arrostito una zanzara che non voleva farmi dormire”
“Mia cara ti
serve un
maestro, rasenti il disastro” sentenziò ironico
Draco accarezzandole il viso
con la foglia che ancora aveva in mano.
“Grazie
mille!” esclamò
nervosa e imbarazzata Ginevra scostando con un colpo la mano del
giovane “credi
che non mi sia impegnata? Ho dedicato ogni mio momento libero a
perfezionarmi,
ma sono riuscita a controllare solo la portata dei miei poteri. Per il
resto
vengono fuori quando a loro fa più comodo”
Prima che Draco potesse
formulare una qualsiasi parola un raggio luminoso lo colpì
in pieno petto e
sbatté seduto a terra.
“Stalle lontano,
capito?”
rimbombò forte la voce di Ron. Ginevra rimasta ammutolita,
si volse verso il
fratello pronta a dargli un meritato rimprovero, ma le parole le
morirono in
gola quando vide suo padre arrancare con qualche difficoltà
dietro l’agile
figlio.
“Noto che in tre
anni hai
conservato intatta la tua stupidaggine” disse calmo Draco
alzandosi lentamente
da terra e fissando senza espressione Ron.
“Ti inseguo per
mezza
Inghilterra per ritrovarti ancora avvinghiata a questo qui”
esclamò Arthur
Weasley cercando di essere il più deciso possibile
nonostante il fiatone. Come
si permetteva quella stupida di umiliarlo così? Quella sera
aveva preso in mano
l’orgoglio ed era andato lì per parlare civilmente
e mentre guardava quel
assurdo teatrino l’aveva vista civettare con quel maledetto.
“Hai una
concezione molto
bizzarra del termine ‘avvinghiata’”
esclamò Draco con il solito sorriso di
scherno.
“Viscido verme,
vattene non
sono questioni che ti riguardano” ringhiò Arthur
rosso di rabbia.
“Mettiamola in
questo modo.
Ricordi il tuo debito? Consideralo estinto se mi concedi sua
figlia”
“Cosa?”
esclamò indignata
Ginevra.
“Mia sorella non
è merce da
baratto” rispose Ron alzando la bacchetta.
“Tu abbassa quel
affare,
non vorrei che ti facessi male”
“Quale
debito?” chiese
furente Ginevra.
“Lascia stare
ragazza è una
storia vecchia. E in quanto a te, se credi che ti lascerò
mettere le mani su
mia figlia sei pazzo”
“Allora esigo il
pagamento
immediato delle mie millecinquecento sterline” lo
beffeggiò Draco portandosi le
mani ai fianchi.
“Millecin…”
sussurrò
incredula Ginevra strabuzzando gli occhi.
“Schifosa
sanguisuga non
permetterti di umiliarmi davanti alla mia famiglia”
“Direi che ti
stai
umiliando da solo”
“Te la chiudo
quella bocca”
esclamò Ron frapponendosi fra il padre e Draco.
“Vuoi che ti
riduca in
poltiglia anche l’altro braccio”
Ron non era fatto per i
ragionamenti sensati e logici, aveva un istinto audace ma cieco.
Alzò il
braccio mirando alla faccia da schiaffi davanti a lui, però
il suo avversario
fu più svelto e scartò di lato con un sorriso
divertito.
“Te
l’ho già detto, ti
farai male”
“Ron piantala di
fare lo
stupido e colpiscilo come si deve” incalzò Arthur
alle spalle del figlio.
“Basta”
disse piano
Ginevra.
“Vedo che anche
tu non sei
cambiato molto, sempre pronto a mandare avanti gli altri per risolvere
i tuoi
problemi” disse Draco fissando con astio l’uomo.
“Smettila di
insultare mio
padre” gridò Ron scagliando un altro pugno
all’aria.
“Basta”
esclamò più decisa
Ginevra.
“Consideri la
verità un
insulto? Non ti facevo così ipocrita” rispose
Draco afferrando al volo il
braccio di Ron diretto al suo stomaco.
“Maledetto
bastardo” disse
Ron digrignando i denti dal dolore al braccio, girato da Malfoy in una
posizione innaturale.
“Ron spostati ci
penso io”
esclamò Arthur afferrando la bacchetta del figlio scivolata
a terra nella
lotta.
“Ma guarda il
grande capo
entra in gioco. Non sei troppo vecchio ormai?”
“Sta
zitto!” fuggì Arthur
brandendo la bacchetta.
“Ho detto
BASTA!” gridò con
forza Ginevra quasi senza sentire più la sua voce.
Un’energia calda e
incontenibile le attraverso il corpo e in un attimo una luminosa e viva
fiammata uscì da ogni parte di lei riempiendo
l’aria. I tre uomini vennero
inghiottiti da quel terribile fuoco senza avere il tempo di fuggire.
Uno strano
fuoco che non bruciava, ma scaldava tutto al limite della sopportazione
La
pelle stiracchiata sembrava sul punto di rompersi e l’unico
respiro strozzato
che fecero, diede loro una fitta di atroce dolore ai polmoni e alla
gola
ustionandoli. Poi quel terribile calore scomparve, veloce come era
arrivato
tornò verso Ginevra che aprì gli occhi
fiammeggianti.
“Queste
stupidaggini vanno
bene per bambini di cinque anni non per uomini adulti” disse
con voce energica
e dura “papà, perdonami per il mio comportamento,
sono scappata come un
vigliacca ma nonostante tutto non lo rimpiango. Qui ho trovato persone
fantastiche e mi voglio molto bene. Non tornerò a casa, ma
non posso restare
qui sapendovi in difficoltà. Ron è maturato tanto
papà, affidati a lui e spero
con tutto il cuore che prima o poi questo tuo brutto carattere
sparisca. Mi
farete tanto felice se deciderete di restare a Londra per un
po’, potremmo
andare a cena in qualche bel ristorante o fare passeggiate come quando
era viva
la mamma, mi mancano tanto quei momenti”
“Hai ragione
Ginevra, ci
siamo comportati come animali” ammise Ron abbassando gli
occhi.
“Va bene ragazza,
accetto.
Ma come la metti con questo qui?” chiese astioso Arthur
indicando con un
pollice Draco. Ginevra riusciva sempre a spaventarlo quando se ne
usciva con
quei trucchetti di fuoco.
“Se mai Malfoy
dovesse
arrivare a mettermi le mani addosso senza il mio consenso, cosa che
ritengo
assai improbabile, state pur certi che sarete il primi a sapere e
così potrete
ammazzarlo come e quando più vi piace. Fino a quel momento
se vi ritrovo a
litigare come cane e gatto vi sistemerò tutti quanti a
dovere”
“Essia, ma stai
attenta,
quello verme è e verme rimane” brontolò
suo padre con aria rassegnata.
“Fra poco devo
entrare in
scena” disse Ginevra dando una veloce occhiata al palco
“tornate a sedere o vi
perderete la mia figura da allocca!”
“Verremo a
trovarti finito
lo spettacolo” le bisbigliò Ron prima di
raggiungere Arthur “credo che papà
voglia parlare con il capo della tua compagnia, per vedere a quali
persone
lascia la figlia”
Ginevra sorrise dolcemente
e guardò la sua collerica famiglia tornare verso le luci del
palcoscenico.
“Una piccola
curiosità”
disse Draco con interesse “ora posso metterti le mani addosso
con il tuo
consenso senza che quelli vengano a rovinarmi il momento?”
“Malfoy”
sussurrò suadente
Ginevra voltandosi verso il ragazzo “se mai avrai il permesso
di toccarmi, puoi
stare certo che non troverai più il tempo per litigare con
la mia famiglia”
“È un
invito?”
“Diciamo
più un
presentimento” rispose con voce sottile la ragazza.
“Draco, ti
dispiacerebbe
molto tenermi? Credo di non avere più un grammo di
forza” riuscì a dire Ginevra
con sarcastica calma, prima di crollare a picco.
Braccia forti arrivarono in
un lampo a sostenerla e una volta che si fu seduta a terra
poté riaprire gli
occhi senza che il mondo le girasse attorno come su una giostra.
“Devi cercare di
domare i
tuoi poteri, non possono lasciarti senza energia. Prima o poi ci
resterai
secca” disse gentilmente Draco sistemandole la corona di
fiori scesa di lato
sopra un orecchio.
“Confortante”
brontolò
Ginevra scacciando con uno sbuffo una ciocca di capelli finita davanti
al viso.
“Prima non
scherzavo. Hai
bisogno di qualcuno che ti aiuti, e se vuoi sarò felice di
farlo” disse il ragazzo
muovendo le mani per accarezzarle i lunghi capelli sciolti.
“Non ho molta
scelta vero?”
domandò con una punta di allegria Ginevra.
“Direi di
no” rispose
ridendo Draco, mentre litigava con una forcina dispettosa.
“Lascia perdere,
questa
corona oltre che ridicola è anche senza speranze. Meglio se
la tolgo o finirà
per crollarmi sul palco, come se non fossi già abbastanza
ridicola di mio”
esclamò divertita la ragazza alzando le braccia per togliere
le innumerevoli
spille. Ma quando toccò, forse per sbaglio, le mani di Draco
ritrasse subito le
sue, come se si fossero scottate.
“Ginevra che cosa
fai là!
Corri devi entrare in scena” gridò Jhonny, con
quanta discrezione possibile,.
“Arrivo”
rispose agitata
Ginevra raccogliendo la gonna del bel vestito bianco.
“La tua corona
principessa”
disse melenso Draco porgendole quel ammasso di orridi fiori e frutta
finta.
“Guarda, te la
regalo”
“Per essere il
tuo primo
dono mi aspettavo qualcosa di meglio” brontolò
Draco giocherellando con una
mela sul punto di staccarsi.
“Vedrò
di migliorare”
rispose ironica Ginevra prima di voltarsi e scappare via. Poi a
metà strada
sembrò ricordarsi qualcosa e si fermò di scatto.
“Dimenticavo”
disse a Draco
con voce più alta “ti aspetto domani per la prima
lezione!”
Fine capitolo! Scusate
è
venuto molto lungo, ditemelo se devo accorciare i capitoli! Le cose si
sono
movimentate un po’ con l’arrivo di Arthur! Spero
davvero che il capitolo vi sia
piaciuto, lasciate un commento anche piccolino! Un bacio e a presto.
Per dady: sai non avevo
previsto di scrivere quello che aveva detto William, perché
l’ispirazione delle
parole portate via dal vento mi era venuta così. Ma vista la
gran curiosità ho
messo come inizio capitolo una battuta della regina delle fate che nel
mio
immaginario dovrebbe riassumere il concetto di quello che ha detto
William. Non
sono perfettamente normale, ormai convivo con questa consapevolezza da
anni.
Comunque ti è piaciuto il capitolo? Ho preferito rendere il
primo incontro con
Arthur quasi comico! Fammi sapere perché ci tengo tanto un
bacio!
Per Miyu: aspetto il
seguito della tua storia con impazienza quando arriva?! Beh ora che
sono qui ti
ringrazio per i complimenti! Ti piace il capitolo? Sono stata brava a
fare la
scena di lotta? Non ne avevo mai scritte e mi veniva da ridere! A
presto un bacione!
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