Rosa d'inverno

di postit2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Dal fuoco nel camino scoppiettavano più scintille del solito quella sera. Segno evidente che stava per succedere qualcosa… e la ragazza seduta ad ammirare le fiammelle sapeva esattamente cosa.

In strada, un uomo si accorse che stranamente attirava l’attenzione di chiunque incontrasse sul suo tragitto e si chiese il perché di questo strano comportamento, visto che in genere non faceva voltare lo sguardo di nessuno nemmeno se si metteva a ballare urlando. Non che fosse sempre stato un uomo perdigiorno e introverso ma purtroppo da qualche anno lo era diventato suo malgrado. Si ricordò solo in quel momento della serata passata a bere, delle tante birre scolate e della mattinata passata dormendo vicino bagno della taverna. Capiva ora perché tutti lo guardassero con tanta insistenza: era ancora sotto i fumi dell’alcool e barcollava spaventosamente rischiando di tanto in tanto di finire addosso a qualcosa o qualcuno.

Finalmente riuscì a riconoscere la facciata della villetta color pesca come casa sua e si buttò pesantemente addosso al portone di legno sapendo che di lì a poco sarebbe arrivato qualcuno ad aprire.

I grandi occhi verdi, in cui si stavano rispecchiando le lucenti scintille volanti, erano rivolti al cielo per l’esasperazione. Ginevra si alzò dalla comoda poltrona e si diresse alla porta. Stava andando raccattare per l’ennesima volta il fratello ubriaco dalla soglia di casa e questo la infastidiva non poco.

“Ron! Lo sapevo! Questa storia deve finire perché non ho più la minima intenzione di raccoglierti da terra ancora per molto” disse esasperata vedendo il fratello disteso sul pianerottolo di casa. Era una minaccia che Ginevra  ripeteva ogni volta, ma entrambi sapevano quanto fosse inutile dato che non avrebbe mai avuto un riscontro pratico.

“Piantala con queste scemenze donna”

Ginevra  si fece forza e chinandosi con un sospiro prese il braccio sinistro del fratello e cercò di sollevarlo. Ron però non cercava neppure lontanamente di contribuire all’operazione e nel giro di qualche secondo si ritrovò di nuovo sulla roccia fredda.

“Attenta stupida mi vuoi rompere un osso?”

“Sarebbe una buona idea così resteresti a casa e lontano da quella maledetta taverna” disse Ginevra di ribatto “Avanti se non vuoi restare qui vedi di aiutarmi ad alzarti”

Così dicendo riprese il braccio di Ron e questa volta riuscirono a entrare senza troppe difficoltà in casa. Prima di richiudere la porta Ginevra diede una veloce sbirciata fuori per controllare che nessuno avesse visto quella scena indecorosa ma per fortuna era una mattinata uggiosa e per strada non c’era più nessuno se non un uomo su un cavallo, ma era ancora lontano tanto che sentiva a malapena il rumore degli zoccoli.

Richiusa la porta dietro di sé diede tutta la sua attenzione al fratello che in quel momento stava tentando di ritrovare l’equilibrio appoggiandosi al mobile dell’ingresso, ma l’unico risultato che aveva ottenuto era stato far cadere la statuetta di porcellana vinta dai genitori a una gara di ballo.

“Possibile che tu non riesca a smettere di bere? Mi chiedo cosa ci troverai di così divertente nel venire a casa traballante e ubriaco fradicio? Per di più sono le 11 di mattina, tutti ti possono vedere!” esclamò con veemenza Ginevra sbattendo con forza la statuetta al suo posto.

“Smettila tu non sai cosa vuol dire essere un uomo finito” così dicendo rivolse lo sguardo verso il suo braccio destro, quello stesso braccio destro che non riusciva più a muovere da quasi tre anni.

Più guardava quel suo arto menomato e più cresceva in lui la rabbia e il rancore verso l’uomo causa di questa sua condizione, ma probabilmente se fosse stato sobrio e più razionale avrebbe capito che ciò che provava non era odio, ma semplice amarezza e immensa tristezza. Ginevra non sapeva come comportarsi con lui, le aveva provate tutte in questi anni, era stata severa, dolce, intransigente e gioiosa ma niente di quello che lei faceva o diceva riusciva a scuotere il fratello dallo stato di torpore in cui cadeva ogni volta che pensava a quel lontano e maledetto giorno.

Persa nei suoi pensieri non si accorse che Ron stava cominciando a svuotare con copiosi sorsi il bicchiere di whisky appena riempito dalla brocca in salotto.

“Non ti pare di avere bevuto abbastanza per oggi? Vuoi stramazzare del tutto al suolo?”

“Oggi ti ho già detto di piantarla con le scemenze?”

“Se fosse sobrio te lo ricorderesti… sai bere non giova alla memoria” disse piccata Ginevra . Stava per dirgli di andare subito a letto quando avvertì qualcosa di strano… il fuoco! Con uno scoppio secco dalle braci ardenti si sollevarono più scintille che mai e restarono a volteggiare in aria. Un centinaio di piccole luci giravano e giravano sopra le fiamme, sembravano quasi impegnate in un antico ballo unendosi e staccandosi subito dopo. Ginevra rimase incantata ad osservarle come se cercasse di sentire anche lei quella musica che faceva ballare le scintille. Fin da piccola sua madre le aveva sempre detto che c’è, per ogni essere magico, un elemento capace di riflette il suo destino e il sua forza: il suo era il fuoco. Guardando le fiamme riusciva a tranquillizzarsi o a trovare la determinazione necessaria per andare avanti, ma ora non capiva cosa le fiammelle volessero dirle, sentiva solo che presto non sarebbe più stata la stessa persona di sempre.

Uscendo da questo strano stato di trance si rese conto che il fratello, svuotato il bicchiere di whisky, era crollato addormentato sulla poltrona davanti al fuoco e aveva preso a russare sonoramente. Guardandolo con aria sconsolata ma allo stesso tempo tenera, si stava già preparando per la faticaccia che avrebbe dovuto fare per portarlo al piano di sopra a letto. Cercò di svegliarlo chiamandolo, scuotendolo, provando persino a rovesciargli un bicchiere d’acqua in faccia ma niente risvegliava Ron dal suo sonno profondo. Anzi quasi le sembrava che, per prenderla ulteriormente in giro, avesse incominciato a russare più forte. Provare a sollevarlo con le sue forze era escluso non avrebbe fatto neppure due passi e le sarebbe venuto un gran male alla schiena… “Ron dormirà sulla poltrona, non sarà poi la fine del mondo” decise infine Ginevra.

Presa questa pratica decisione Ginevra decise di preparare del tè per quando il fratello si fosse svegliato e dirigendosi verso la cucina provò all’improvviso una sensazione di vuoto: mancava qualcosa. Il rumore di zoccoli che fino a poco prima sentiva distintamente fuori dalle sue finestre era cessato: il cavaliere solitario che poco prima procedeva fra la nebbia doveva essersi fermato davanti a casa sua. Sicuramente era uno dei tanti amici di suo padre, infatti proprio quella mattina l’aveva avvisata che nel pomeriggio sarebbe arrivato un cento Neville Pachiok e lei lo avrebbe dovuto accogliere nei migliori dei modi.

“Probabilmente” pensò Ginevra con sarcasmo “avrà deciso che Neville sarà un perfetto marito per la sua adorata figlia… Mah baggianate, sto benissimo così e mio padre farebbe bene ad accettarlo una buona volta”. Ginevra restò in attesa e quando dopo qualche secondo il campanello trillò si diresse spedita verso la porta d’ingresso. Nello stesso istante in cui aprì la porta di uno spiraglio si ricordò del fratello steso scomposto sulla poltrona a russare e fece appena in tempo a intravedere una figura scura e coperta da un impermeabile cercare di ripararsi dalla forte pioggia che aveva preso a scendere. Praticamente gli chiuse la porta in faccia mormorando un “Arrivo subito” appena udibile. Precipitandosi in salotto restò qualche secondo a girellare nervosamente attorno a Ron addormentato cercando di trovare una soluzione, alla fine optò per buttargli addosso lo scialle che aveva attorno alle spalle sperando di attenuare almeno un po’ il tronfio russare del fratello. Osservò per alcuni secondi il risultato della sua fantasia e giudicò che, se l’ospite si fosse trattenuto per poco, forse non se ne sarebbe accorto. Il Signor Paciock! Se ne era completamente dimenticata, lo aveva lasciato davanti alla porta e sotto la pioggia per di più, se non se ne era già andato chissà quali insulti le avrebbe rivolto contro. Questa ultima possibilità a conti fatti non era poi così male e per qualche istante prese in seria considerazione la possibilità di lasciarlo lì dov’era ma alla fine decise per curiosità di vedere il volto, probabilmente orrendo, del Signor Paciock.

Correndo ad aprire la porta preparò uno dei suoi migliori sorrisi sperando di addolcire almeno un po’ la collera del signore, non aveva voglia di perdersi litigi. Quello che la giovane strega non poteva sapere era che quel sorriso cambiò la vita dell’uomo e con essa la sua.

La prima cosa che Ginevra  notò furono gli stivali, costosi e davvero ben fatti, ma non aveva tempo per analizzare il vestiario del Signor Paciock, si fece da parte e lasciò entrare l’uomo zuppo di pioggia. Richiudendo la porta passò davanti al mago e venne investita da un forte profumo di pioggia e terra, quasi non voleva muoversi per non correre il rischio di non sentirlo più. Si riscosse voltandosi verso il Signor Paciock.

“Benvenuto signore, mi dispiace molto avervi lasciato sotto la pioggia ma.. ma.. avevo una pentola sul fuoco e si stava bruciando tutto e voi sapete di questi tempi non si può sprecare nulla..” non era molto brava a trovare prontamente una scusa ma questa le sembrava abbastanza plausibile comunque ancora non aveva trovato il coraggio di alzare lo sguardo sull’uomo per evitare di vedere la sua espressione di certo scettica e infuriata. Decise di continuare a parlare a vanvera almeno non avrebbe dato tempo al Signor Paciock di inveire contro di lei.

“Sa cucinavo patate, patate lesse e quelle beh forse lei non lo sa ma non si possono lasciare sole un secon…”

“Scappano certo, la mia infanzia è costellata di ricordi in cui rincorro patate sfuggite alla cuoca”

Se non avesse avuto il carattere che aveva probabilmente Ginevra  si sarebbe sotterrata dalla vergogna ma era da sempre tremendamente sicura di sé e il fatto che un perfetto sconosciuto mettesse in dubbio, in modo così sfrontato, le sue parole la faceva infuriare da matti, ma chi si credeva di essere? Naturalmente non considerò affatto che la sua storia non avesse alcun senso… Anzi alzò con aria di sfida gli occhi sull’uomo, pronta a difendere il concetto delle “patate fuggitive”.

“Finalmente vedo i vostri occhi, meravigliosi da sembrare gemme” disse il Signor Paciock lasciando completamente spiazzata Ginevra . Il complimento non era molto differente dai tanti ricevuti per i suoi occhi di un intenso verde ma la voce bassa e quasi roca di quel uomo le rimbombava nel cervello provocandole uno strano piacere lontano.

“Volete darmi il soprabito? Sarete bagnato fino all’osso” disse Ginevra  nel vago tentativo di cambiare argomento. Questo Signor Paciock le faceva uno strano effetto e non andava per niente bene! Aveva ancora il cappuccio del impermeabile calato sul capo ma il viso era illuminato dalle lampade della casa e fermandosi ad osservarlo Ginevra  doveva ammettere che era bello, incredibilmente bello. Aveva la carnagione chiara e il viso bagnato, tante gocce impertinenti scivolavano lungo le sue guance per intrufolarsi nel colletto della camicia bianca, i ciuffi di capelli biondi che sfuggivano dal cappuccio erano bagnati anch’essi ma formavano un elegante intreccio sulla sua fronte. La cosa che più piaceva a Ginevra  però erano i suoi occhi, grigi come il mare in tempesta quando tutto è talmente scuro da non riconoscere più dove incominci il cielo e finisca il mare. Mentre era intenta a creare romantiche similitudini si accorse che, oltre a essere ammalianti quegli occhi erano anche pieni di ironia, quel uomo la stava nuovamente prendendo in giro divertendosi a guardarla aspettando pazientemente che smettesse di mangiarlo con gli occhi.

“Non temere faccio questo effetto a molte donne, anche se devo ammettere che per ora tu sei la più bella ragazza incantata che abbia mai visto” disse il Signor Paciock vedendo la collera tornare nuovamente sul viso di Ginevra .

“Voi siete Ginevra Weasley, figlia di Arthur Weasley giusto?” riprese subito il Signor Paciockk non dando tempo alla ragazza di rispondere.

“Si… sono io” rispose Ginevra “Voi, invece, dovete essere il signor Neville Pachiok, mio padre mi aveva avvertita del vostro arrivo. Prego accomodatevi, volete una tazza di tè?” disse Ginevra  cercando di ridare normalità a quella situazione che le sembrava tanto assurda. Dapprima l’espressione del Signor Paciock sembrò sorpresa ma sul suo viso tornò quasi subito quel sorriso da bimbo birichino che, sia per rabbia sia per piacere, faceva aumentare i battiti del cuori di Ginevra .

“Gradirei molto una tazza di tè, il tempo oggi è davvero inospitale”

Ginevra  colse subito l’allusione a quanto era stata lei inospitale lasciandolo fuori al freddo ma decise di non rispondere alla provocazione ma anzi cercò di diventare su due piedi la migliore “donna di casa” d’Inghilterra.

“Il tè arriverà in un attimo, nel frattempo non state qui sulla porta. Venite, accomodatevi in salotto, c’è un bel fuoco e potrete riscaldarvi comodamente seduto”.

Bene, ora era arrivata al momento decisivo, poteva sentire distintamente il russare di Ron ed era praticamente impossibile che il Signor Paciock non si accorgesse di nulla. Facendogli strada nel breve corridoio che divideva l’ingresso dalla sala decise di restare indifferente, come se quel sordo e continuo rumore non esistesse. Per fortuna il Signor Paciock si sedette sul divano e nella posizione in cui era almeno non vedeva le gambe di Ron sbucare dai lati della poltrona. Quanto era bello, un vero spettacolo anche da seduto! Non ne sapeva molto in materia ma in vita sua Ginevra aveva visto pochi uomini con un fisico così imponente e ben fatto.

“Insomma ragazza non ti perdere nei tuoi pensieri come al solito e parlagli o penserà che sei un pesce” pensò Ginevra nuovamente incantata.

“Avete fatto un lungo viaggio signore? Da dove venite?”

“Da Londra, ma è valsa la pena sopportare il freddo e l’acqua per essere qui con voi ora”. Per quale assurdo motivo quell’uomo si divertiva tanto a metterla in imbarazzo questo Ginevra proprio non se lo sapeva spiegare.

“Proprio una pioggia fortissima, ma ho sentito che nei prossimi giorni il tempo andrà migliorando” rispose Ginevra, dovevano smettere di parlare del tempo, la cosa stava diventando ridicola.

“Noto che siete abituata a trattare con un certo riguardo gli ospiti della vostra casa. In confronto a lui” disse il Signor Paciock indicando Ron “devo ritenermi fortunato ad essere solo stato lasciato fuori dalla porta e sotto la pioggia”.

Ginevra arrossì all’istante ma tanto sapeva che prima o poi il Signor Paciock si sarebbe accorto di Ron quindi…

“È mio fratello signore. Mi dispiace che voi abbiate dovuto vederlo in queste condizioni ma da sola non sono riuscita a portarlo a letto. Vogliate scusare sia me che Ron” Ginevra parlò con lentezza e semplicità, senza troppi giri di parole e questo nuovo lato della giovane colpì il Signor Paciock, affascinandolo ancora di più. Ginevra Weasley era una ragazza davvero strana, conoscendo suo padre si immaginava di trovarsi davanti un esserino gracile e con ispidi capelli rossi, invece alla porta era apparso un angelo sorridente dai lucenti capelli. In quanto al suo carattere, beh si erano incontrati da poco più di dieci minuti e già la considerava la persona di sesso femminile più interessante  e pazza che avesse mai conosciuto. Ma per conoscerla aveva tempo, per ora si stava limitando ad osservare la sua bellissima figura aspettare una risposta da lui.

“Vostro fratello non può restare lì in eterno” e così dicendo si alzò dal divano avvicinandosi a Ron.

“Oh non preoccupatevi, ha la pellaccia dura lui” disse Ginevra vedendo che il Signor Paciock stava per sollevare Ron dalla poltrona “ signore davvero non dovete preoccuparvi, Ron pesa davvero molto e…”. Inutile continuare il Signor Paciock aveva già sollevato quel peso morto di suo fratello come se nulla fosse, e pensare che per fare due passi lei aveva faticato come dopo una lunga corsa!

“Volete cortesemente indicarmi dove si trova la camera da letto di vostro fratello?”

“Oh si certo, venite vi faccio strada”

Salendo le scale che conducevano al piano superiore Ginevra ebbe la sensazione che il Signor Paciock la fissasse insistentemente ma non ebbe il coraggio di voltarsi. Se si fosse girata sarebbe di certo arrossita vedendo come gli occhi grigi dell’uomo seguissero il leggero ondeggiare dei suoi fianchi e della sua sottile vita.

“Ecco questa è la sua stanza” disse Ginevra aprendo l’ultima porta in fondo a un lungo corridoio “Mettetelo pure sul letto, ci penso io a sfilargli gli stivali e la giacca. Fate solo attenzione signore, ecco… mio fratello ha il braccio destro menomato”. Forse avrebbe fatto meglio a celare questo particolare al Signor Paciock ma non voleva che appoggiando Ron sul letto potesse fargli involontariamente male al braccio. L’espressione sul volto del Signor Paciock era cambiata e questo preoccupò Ginevra  “Probabilmente ora penserà che siamo una famiglia di disgraziati e scapperà appena ne avrà l’occasione, cioè ora!”

Il Signor Paciock però non si ritrasse di scatto né proferì parole di mero biasimo, si limitò ad stendere delicatamente Ron sul letto, accertandosi che il braccio stesse sempre ben disteso e non finesse sotto il peso del busto. Ginevra sorrise dolcemente a quella scena, poche persone avrebbero reagito a quel modo, il Signor Paciock doveva essere davvero un’ottima persona.

“Perché non avete usato la magia per sollevare vostro fratello?” chiese di scatto l’uomo facendo bloccare Ginevra con le mani ancora sullo stivale di Ron. Dal rossore che vide sulle gote della ragazza quando si girò a guardarlo capì di aver posto una domanda sbagliata o quando meno indiscreta.

“Signore, forse non dovrei dirvi queste cose ma sento che non mi deriderete. Vedete non sono brava con la magia, anzi sono davvero pessima. Non ho la minima idea di come si usi una bacchetta magica o di come si voli su una scopa. Non ne sono capace signore.” ammise tutto d’un fiato Ginevra “ Ma non dovete pensare che non sia una strega, lo sono e a tutti gli effetti, solo che non uso la magia comune. Mia madre da piccola mi ripeteva, ogni volta che un bambino mi scherniva perché non sapevo far volare oggetti, “Ginevra  tu hai un potere speciale che và al di là di pozioni e bacchette, la tua magia viene dallo spirito e dal cuore”. Questo è tutto signore. Ora come mi giudicate?”

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

Salve! Prima di incominciare con il nuovo capitolo vorrei spiegare alcune cose... La mia storia prende spunto da un romanzo "Rosa d'inverno" di Kathleen E. Woodiwiss. In genere i romanzi troppo romantici non mi piacciono ma la trama di questo libro mi ha colpita tantissimo così ho deciso creare la mia storia sulla sua base. I primi capitoli due capitoli della mia storia sono molto simili al romanzo "Rosa d'inverno" ma non ho intenzione di continuare a riscrivere il libro. Dal terzo capitolo in poi la storia si distaccherà completamente dalla trama del libro della Wodiwiss ma come ho già detto manterrò soltanto l'idea alla base della storia d'amore fra i personaggi. Volevo scusarmi per ho scritto queste spiegazioni solo nel secondo capitolo ma è la prima storia che scrivo e non sapevo bene come funzionavano le cose. Il primo capitolo è stata una prova per vedere se riuscivo a fare tutte le operazioni necessarie per il verso giusto e non mandarre all'aria il computer. Se qualcuno di voi ha letto il libro di cui ho parlato sarei curiosa di sapere cosa ne pensa di come ho cambiato la stroria. Scusate ancora per il ritardo di questa nota. Grazie mille un bacio.

 

Capitolo 2

 

Il silenzio del Signor Paciock la stava innervosendo, forse si era sbagliata a giudicarlo però le sembrava davvero impossibile, si fidava ciecamente del suo istinto.

L’uomo si avvicinò piano a Ginevra che non si spostò di un centimetro incatenata com’era da quei dannati e freddi occhi grigi.

“Questo mia cara signorina Weasley vi rende speciale e unica, un fiore vermiglio da ammirare e amare” disse il Signor Paciock sistemandole al centro del seno l’ametista che portava legata a un nastro intorno al collo . Ginevra restò ferma sotto quella dolce e lieve carezza rabbrividendo al contatto con la mano calda e sicura dell’uomo.

“Chi è quest’uomo che ha il potere di ammaliarmi con un solo tocco o una frase pronunciata a mezza voce? Il cuore mi batte forte, troppo forte mi sono ripromessa di essere sempre superiore alle situazioni in cui mi sarei trovata, ma ora non ho più il controllo né del fato né del mio stesso corpo. Svegliati Ginevra!” e per la seconda volta in una giornata si rimproverò da sola per il suo continuo imbambolarsi.

“Signore io credo sia meglio scendere, Ron ora dorme tranquillo e le devo ancora un tè” dicendo questo Ginevra sperava che l’uomo si allontanasse di almeno due metri da lei o sarebbe diventata matta per contenere il cuore nel petto. Il Signor Paciock infatti si allontanò e Ginevra poté tornare a respirare regolarmente.

“Allora com’è Londra di questi tempi? È molto che non andiamo più in visita lì” chiese Ginevra incamminandosi verso le scale.

“Al solito, rumorosa e sporca, ma è sempre la più bella”

“Si, ricordo le tante gite passate in città fra i musei e i parchi, mi divertivo sempre tanto. A quei tempi la mia famiglia poteva ancora essere chiamata con tale nome…” disse con una punta di malinconia Ginevra “comunque voi da che parte di Londra venite? L’ho visitata quasi tutta sapete! Forse sono persino passata da casa vostra”

“Non credo sia possibile. La mia residenza si trova nel Derbyshire ed è decisamente fuori Londra. Inoltre se  voi foste stata in visita a casa mia non avreste avuto bisogno di ricordarvi dove si trovasse perché non vi avrei più lasciata andar via”

“E cosa vi fa pensare che sarei rimasta?”

“Fidatevi, sareste restata signorina Weasley”

“Ginevra”

“Fidatevi Ginevra” disse con un roco sussurro il Signor Paciock avvicinandosi al volto della ragazza ferma sul ciglio delle scale. Vedere quello splendido viso da vicino diede una scossa a Ginevra, voleva baciarlo e voleva farlo ora mentre la mano dell’uomo scivolava lentamente sulla sua schiena.

“CHE COSA SUCCEDE QUI!! GINEVRA SCIAGURATA STUPIDA FIGLIA CHE STAI FACENDO?” la voce potente del padre di Ginevra risuonò ancora più amplificata dal corridoio delle scale.

Ginevra spaventata si allontanò subito dal Signor Paciock e si voltò verso il padre. Non capiva perché se la stava prendendo tanto, infondo stava solo intrattenendo l’ospite che lui stesso le aveva detto di trattare con riguardo. “Beh forse ho un po’ esagerato questo è vero, ma non mi sembra così grave, tanto più che mio padre considera il Signor Paciock un possibile pretendente alla mia mano. Sarà felice di vedere che per una volta sono d’accordo con lui, no?”

“DISGRAZIATA SEI UNA DISGRAZIATA!”

“Ovviamente no” pensò Ginevra con stizza.

“Padre state calmo posso spiegare, Ron si era addormentato sulla poltrona e il Signor Paciock mi ha gentilmente aiutato a portarlo a letto, tutto qui. Non siate adirato, non è successo nulla” cercò di calmarlo Ginevra scendendo in fretta le scale. Quando fu arrivata davanti ad Arthur Weasley si ritrovò a gemere di dolore per la forte presa del padre sul suo braccio.

“STUPIDA! Quello a cui ti stavi strusciando non è il Signor Paciock ma quel dannato e maledetto Malfoy, il bastardo che ha ridotto tuo fratello a una nullità!” disse suo padre scuotendo violentemente il braccio della figlia tanto da farla urlare “me ne vado di casa per un attimo a cercare un uomo tanto stupido da sposarti e quando torno ti ritrovo addosso a quell’infame. Disgraziata ora sei rovinata per sempre!” Non poté continuare a insultare selvaggiamente la figlia perché d’un tratto si ritrovò contro il muro, imprigionato nella morsa di un uomo dai capelli biondi e dallo sguardo colmo di disprezzo.

“Non toccarmi verme”

“Faccia ancora del male a sua figlia e giuro che sfonderò il muro con il vostro cranio signor Weasley”

“Basta! Siete davvero il Draco Malfoy? L’uomo che ha ferito mio fratello?” domandò Ginevra cercando di fare ordine in tutto quel marasma.

“Si Ginevra, quello è il mio nome”

“Brutto farabutto! Perché non lo avete detto subito invece di farmi fare la figura della sciocca?”

“Voi eravate così sicura e non ho avuto il cuore di contraddirvi, poi lo volevo proprio quel tè”

“FUORI! Fuori da casa mia!” urlò Ginevra preda di una rabbia incontrollabile.

“Suvvia Ginevra non arrabbiatevi per così poco”

“Miss Weasley prego”

“Mi spiace ma credo che non potrò più chiamarvi così, mi piace troppo vedere il rossore che vi tinge le guance quando pronuncio il vostro nome di battesimo”

“Fuori ho detto!” urlò nuovamente V puntando i piedi per terra e agitando le mani come una bimba capricciosa.

“E va bene me ne vado ma” disse pacato Malfoy “prima devo sistemare una cosa con vostro padre se permettete” Voltandosi verso il signor Weasley si accorse che era rimasto esattamente come lo aveva lasciato, attaccato al muro con le mani ancora in atto di difesa.

“Signore voi mi dovete la somma di 200 sterline che suppongo non abbiate quindi vi offro un accordo: il debito è nullo se in cambio mi date vostra figlia”

“Non continuerai a rovinare la mia famiglia Malfoy,e non farai di mia figlia una delle tue tante sgualdrine! Ti ridarò i soldi fino all’ultimo e poi non voglio più vedere la tua schifosa faccia in casa mia”

“Sicuro della vostra scelta? Non troverete con facilità tutto quel denaro e anche se ci riusciste spendereste tutto in bere prima di poterlo restituire a me”

Ginevra furibonda si frappose fra il padre e Malfoy.

“Signor Malfoy non sono in vendita come un prosciutto e siete pregato in futuro, se mai avremmo lo spiacere di rincontrarci, di discutere con me le decisione in merito alla mia persona. Mio padre le ha promesso 200 sterline e 200 sterline avrà al più presto. Ora qui non ha più niente da fare anche perché, in questi ultimi anni, per la nostra famiglia ha già fatto abbastanza quindi la prego di andarsene. Sa dov’è la porta.”

“Ginevra non vi credevo così risoluta nel parlare, mi sorprendete sempre più. Vostro padre dovrebbe far condurre a voi i suoi affari, di certo avete un maggior talento diplomatico. E siete anche più piacevole da vedere.”

Arthur Weasley stava per riversare su Malfoy un altro torrente di inutili e probabilmente oscene parole ma fu bloccato dalla figlia e, come succedeva sempre anche con la moglie, lasciò che fosse la donna di casa a risolvere il problema con le parole più appropriate alla situazione.

“Le è già stato detto, per ben tre volte, di lasciare questa casa e ancora siete qui a infastidirci, volete forse una richiesta per iscritto?”

“Arrivederci Virginia” disse Malfoy con un inchino derisorio ed esagerato.

“Miss Weasley! E un ultima cosa… Draco Malfoy valgo molto più di 200 sterline.”

Con un mezzo sorriso intrigante Malfoy finalmente usciva da casa Weasley per tornare sotto la pioggia scrosciante e scomparire piano in essa.

“Si può sapere cosa ti è preso? Come hai fatto ad accogliere in casa quel figlio di cane!” chiese una volta che la porta si fu chiusa Arthur Weasley alla figlia che stava in piedi davanti a lui rigida. L’espressione risoluta e combattiva che aveva in volto fino a un attimo prima era scomparsa lasciando nel viso di Ginevra sollievo e calma.

“Questa mattina mi avevate detto che sarebbe arrivato un vostro amico nel pomeriggio così vedendo Malfoy alla porta ho pensato fosse il Signor Paciock”

“Beh evita di pensare in futuro che fai solo danni! E comunque quello sarebbe un buon motivo per strofinarti addosso al primo venuto?”

“Non mi stavo strofinando addosso a nessuno!”

“Ehi ragazzina ho trent’anni più di te credi che non sappia riconoscere una donna appiccicata a un uomo?”

Ginevra punta nel vivo non osò rispondere, non si era buttata fra le braccia di Malfoy ma di certo non aveva fatto nulla perché non accadesse. Distogliendo imbarazzata lo sguardo dal padre si accorse che sul divano era seduto un uomo chiaramente molto in imbarazzo. Aveva ispidi capelli castani, dolci occhioni scuri e un visetto pieno che metteva allegria. Si stava torcendo fra le mani in un cappello di feltro ed era chiaro che cercasse in modo goffo di far notare la sua presenza.

“Padre…” disse Ginevra interrompendo il flusso di parole che il padre aveva cominciato a far uscire senza ritegno dalla bocca di cui lei non aveva ascoltato nulla. Interrotto il Signor Weasley vide dove era indirizzato lo sguardo della figlia e subito si ricordò di aver lasciato appollaiato sul divano il Signor Paciock poco prima di scoprire Ginevra con il verme.

“Oh si ecco! Questo è il vero Signor Paciock. Suvvia alzatevi sembrate seduto su un divano di spine da come vi contorcete”

Ginevra si vergognò per il padre e cercò di essere il più gentile possibile con il Signore che aveva davanti infondo aveva l’aria simpatica, non sarebbe mai potuto essere suo marito ma di certo sarebbe stato un buon amico.

“Piacere di fare la vostra conoscenza Signor Paciock” disse con garbo Ginevra “potrete mai scusarci per l’ indecorosa scena a cui avete assistito poco fa? Ne siamo davvero molto spiacenti”

“No cioè si volevo… non preoccupatevi Miss Weasley. Ora però gradirei tornare a casa è tardi e credo abbiate molte cose su cui discutere voi e vostro padre”

“Non dite sciocchezze, resterete qui a cena” disse il Signor Weasley.

“Padre se il Signor Paciock vuole andare a casa non saremo certo noi a fermarlo”

Arthur Weasley non poté far altro che accompagnare l’ospite alla porta visto che il Signor Paciock vi si stava già dirigendo da solo, scappando al più presto da quella casa di matti.

“Sei contenta? Se n’è andato un altro pretendente. Mi domando come fai ad essere così ingrata? Mi sforzo ogni giorno per trovarti un uomo decente che sia disposto a sposarti anche senza dote e tu me li fai fuggire tutti!”

“Padre vi assicuro che se mi portaste un uomo giovane di aspetto quantomeno decente sarei disposta ad assecondarvi”

“Cosa vai blaterando ti ho portato il meglio”

“Ah! Il meglio? Un vecchio incapace di stare in piedi da solo, un essere sudaticcio che mi ha palpeggiata da sotto il tavolo e un uomo basso una spanna meno di me e nervoso come un cavallo imbizzarrito sarebbero il vostro meglio?”

“Non fare la schizzinosa, che razza di uomo vuoi che ti sposi? Sei senza dote, non convieni a nessuno!”

“Soldi sempre soldi, non sapete pensare ad altro. In un matrimonio ci dovrà pur essere l’amore?”

“Cara bambina, l’amore è per chi ha soldi ed è libero di scegliere”

Nello stesso momento in cui Ginevra correva triste e sconsolata su per le scale diretta nella sua camera, nella taverna poco lontana da casa Weasley un uomo stava guardando il riflesso del suo viso nelle ultime gocce di birra rimaste nel boccale.

“Vali più di tutto” mormorò.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

 

Capitolo 3

 

Incominciavano a intravedersi le prime stelle e la luna era ormai alta nel cielo da più di un’ora quando Ginevra si alzò dal letto. Aveva pensato molto e non le era giovato a nulla, era ancora più depresse e malinconica di prima.

La sua famiglia non aveva più un soldo, suo padre e Ron avevano dissipato in bere e gioco d’azzardo il poco denaro che sua madre era riuscita faticosamente a risparmiare o ora non avevano più nulla.

“E logicamente mio padre pensa che, se sua figlia si sposasse con un uomo benestante, tutti i suoi problemi finanziari si risolveranno… certo come no!”

Era stata una giornata piuttosto pesante e piena di scossoni, troppi per lei abituata alla solita monotonia domestica. Ginevra si diresse con calma verso la cucina decisa a preparare il famoso tè e una volta scesa si accorse che suo padre se ne era andato di nuovo. Sollevata al pensiero di non dover discutere con nessuno si dedicò interamente al suo lavoro.

Era seduta sulla sedia davanti al letto del fratello da quasi dieci minuti. Ron dormiva tranquillo e la tazza piena di tè che teneva fra le mani le infondeva un piacevole calore in tutto il corpo.

“Com’è dolce e sereno quando dorme, sembra quasi felice” pensò con tristezza Virginia. Era tanto che non vedeva il fratello ridere da quando Jenny era morta. Dovevano sposarsi in maggio, sarebbe piaciuto tanto alla sposa celebrare un matrimonio ricolmo di fiori e Ron esaudiva ogni suo desiderio. Ginevra ricordava ancora quella tranquilla sera di marzo, era seduta a leggere vicino al fuoco quando voltandosi verso le fiamme sentì… non seppe mai di preciso cosa ma si ritrovò a correre come una pazza per la strada urlando il nome di suo fratello con tutta la forza che aveva.

Una stoffa di seta bianca rotolava leggera sulla strada e, incurante della polvere che la sporcava, giocava col vento senza sapere, nella sua ingenuità, che sarebbe dovuta diventare il velo per una bellissima sposa. Il destino di quel velo però era cambiato, non sarebbe più stato sollevato da un timido sposo pronto a baciare la giovane moglie, ma avrebbe continuato a rotolare diventando sempre più grigio perché ora la sposa era morta.

Quando Ginevra arrivò davanti al negozio di tessuti e abiti Ron era inginocchiato in mezzo alla strada e stringeva un fagotto di stoffa al petto come se volesse mandare i battiti del suo cuore a quello ormai fermo dell’amata. Piangeva e allo stesso tempo cercava di sussurrare parole di conforto a Jenny, ma non riusciva a dire niente solo gemiti e singulti. Jenny doveva sapere che la stoffa appena comprata gli piaceva davvero tanto anche se aveva fatto una faccia strana quando lei gli aveva mostrato il tessuto, doveva sapere dell’anello a forma di farfalla che le aveva comprato perché le piacerà un sacco. Soprattutto doveva assolutamente dirle che la carrozza passata pochi minuti prima, anche se aveva calpestato il suo fragile corpo di fanciulla, non le aveva fatto nulla e lui l’avrebbe aspettata a maggio in chiesa per dirle quanto l’ama.

Come quel lontano giorno di tre anni fa, lacrime amare corsero sul viso di Ginevra per finire sul corpetto verde del vestito. Pochi giorni dopo il funerale di Jenny, Ron decise di vendicarla e sfidò il proprietario della carrozza a un duello con le pistole proprio sulla strada in cui il suo amore era morto. Quel giorno Ron perse l’uso del braccio quando la pallottola sparata da Draco Malfoy colpì il suo gomito frantumandone le ossa.

Malfoy… non lo accusava dell’omicidio di Jenny come faceva il resto della sua famiglia, la morte della fidanzata di Ron fu un incidente. Il conducente della carrozza era un ragazzo giovane, non doveva avere più di vent’anni e Ginevra ne ricordava l’espressione colpevole e tremendamente affranta mentre guardava Ron disperato. Non l’aveva vista era sbucata all’improvviso da dietro un calesse, lui andava di fretta perché il suo padrone era in ritardo e non riuscì a frenare per tempo.

Nonostante questo disprezzava Malfoy, era insensibile e presuntuoso. Non aveva aspettato neppure un attimo a colpire suo fratello al braccio o a far ripartire in tutta fretta la carrozza dopo l’incidente senza neppure degnarsi di scendere. Lo odiava, tanto che le tremavano le mani al pensarci.

“Calma, oggi mi ha ingannata solo perché non sapevo che aspetto avesse ma ora lo so e se mi si avvicina ancora, prendo la mira e gli lancio una scopa! Non gli farà niente, ma almeno starà lontano.”

Erano solo le nove di sera ma Ginevra decise di andare a letto, sentiva le braccia e le gambe pesantissime. Lasciò il tè sul comodino di Ron e raggiunta la sua camera si raggomitolò fra le lenzuola ancora fredde.

La svegliò il sole che filtrava dalle, ormai consunte, tende alle finestre. Era una bella e soleggiata giornata, solo alcune nuvole bianche si rincorrevano nel cielo spinte dal vento fresco. Ginevra si alzò dal letto sbadigliando e, mentre seduta sul letto cercava a tentoni le pantofole, pensava già alle commissioni che avrebbe dovuto sbrigare quel giorno.

“Allora, comprare cibo, portare lettera alla posta, riordinare assolutamente casa” i pensieri di Ginevra al mattino erano al quanto schematici ma questo la aiutava ad ordinare le cose. Dopo una breve toeletta per mandar via le ultime tracce di sonno si vestì con un vecchio abito azzurro, lo possedeva da tanto e anche se aveva molti rattoppi, non aveva mai avuto il cuore di buttarlo.

Le sue commissioni erano andate a buon fine, aveva trovato finalmente delle carote a basso costo e la posta di suo padre sarebbe stata spedita nel pomeriggio, ora non le restava altro che spolverare e sistemare la casa.

Entrando in cucina appoggiò le buste cariche di cibo sulla tavola e, prima di incominciare a cucinare, corse in camera sua per prendere un grembiule pulito. Una volta che fu stata in salotto però trovò ad attenderla una inaspettata sorpresa. Sul divano era appoggiata una scatola quadrata, bassa ma molto larga, di quelle usate per confezionare vestiti o corredi. Poco distante da essa era seduto suo padre, con il completo migliore addosso e un sorriso tenero sulle labbra.

“Padre cosa succede? Per chi è la scatola?” disse Ginevra non sapendo resistere alla curiosità.

“Come per chi è? È tua!”

Ginevra con un sorriso raggiante corse verso la scatola e sedendosi a terra davanti al bordo del divano avvicinò con mani tremanti il pacco al viso. Non ricordava più quando suo padre le avesse fatto per l’ultima volta un regalo e davanti a quella sorpresa il cuore le batteva a mille.

Un vestito bellissimo! Era pastello, dello stesso colore delle tele vuote dei pittori e nel corpetto vi un gotico intreccio di fiori e farfalle in oro.

“È meraviglioso padre” disse Ginevra continuando a fissare a da accarezzare i fini ricami di cotone.

“Mi sono fatto aiutare dalla signora al negozio per scegliere il modello”

“Mi sembrava troppo bello perché lo avesse potuto scegliere lui” pensò con sarcasmo Ginevra.

“Grazie padre, grazie davvero” disse infine ragazza alzandosi e appoggiandosi il vestito contro il seno per provare l’effetto che le faceva addosso.

“Di nulla tesoro, l’ho fatto per te”

“Un momento” disse di scatto Ginevra smettendo all’istante di volteggiare per ammirare la dolce gonna del vestito diventare una grande trottola pastello “dove avete trovato i soldi per questo abito? No no, non mi interessa. Ditemi piuttosto a quale scopo mi avete regalato un abito?”

“I costumi di questo paese sono così cambiati che un padre non può fare regali alla figlia?” disse cominciando ad alterarsi Arthur Weasley.

“Non un padre come voi” disse con risentimento Ginevra “non guardatemi con quella faccia, lo sapete voi e come lo so io che non siete nato per fare il padre e di certo non potrete imparare ad esserlo ora”

“Dove vuoi arrivare ragazza?”

“Smettetela, lo sapete cosa voglio sapere!” disse alterata Ginevra con un cipiglio tanto rabbioso e deciso che il Signor Weasley non ebbe il coraggio di perdere altro tempo e confessò la verità alla figlia.

“Ieri sera figlia mia, sono riuscito a fare l’impossibile. Sono andato a far visita alla casa del Signor Paciock a Londra e l’ho convinto a sposarti”

“COSA? Padre come avete potuto?” disse in preda alla disperazione Ginevra.

“Non fare la tragica per l’amor del cielo, avresti dovuto essere lì per vedere quello che sono riuscito a fare per te. Quel mammalucco non voleva più saperne di matrimonio ma io l’ho convinto che, se si fosse lasciato scappare una ragazza bella e pura come te, non ne avrebbe trovata un’altra in tutto il mondo!” disse con orgoglio Arthur Weasley sporgendo in avanti il petto come se avesse compiuto un’azione da eroi.

“Non posso sposare quel uomo, non mi renderebbe felice e io non renderei mai felice lui. È troppo timido e nervoso per starmi accanto, lo farei uscire di testa continuamente!”

“Meglio! Impegnati a farlo schiattare in fretta e non avrai più problemi di soldi finché campi” disse il Signor Weasley immaginandosi già di poter vivere sui soldi del caro genero morto.

“Mi date il voltastomaco” disse Ginevra disgustata dai propositi macabri del padre.

“Ragazza vomita pure quanto vuoi, a me basta che domenica ti presenti in chiesa a sposi l’allocco”

“Domenica?” domandò Ginevra confusa “Questa domenica? Ma scherzerete spero, è solo dopodomani!”

“Precisamente tesoro, e vedi di essere presentabile, vestita così sembri una serva. Ti ho comprato il vestito per fare una splendida figura il giorno del matrimonio, non voglio che all’ultimo momento il Signor Paciock possa riconsiderare la sua decisione”

“Padre no…”

“Finiscila ragazzina, ho già speso 25 delle 150 sterline che Neville Paciock mi ha dato per prepararti al matrimonio e non voglio spendere più nulla per te” disse con un foga il Signor Weasley “quindi vedi di fare come ti ho detto perché se non lo farai ti costringerò con le cattive e non sarà affatto piacevole”

Ginevra scossa dai fremiti dei rabbia e frustrazione raccolse con calma la scatola del vestito e si diresse piano verso la sua camera, non guardando neppure per un attimo il padre fermo davanti a lei.

Una lacrima solitaria scivolava sul suo viso e cadde sulla coperta di lana del letto su cui Ginevra sedeva ormai da diverso tempo. Piangeva per rabbia, ma non per la faccenda del matrimonio, a quel problema aveva già trovato una soluzione, sarebbe semplicemente scappata. Era, però, troppo arrabbiata in quel momento per concentrarsi sui problemi tecnici di questa sua decisione.

“150 sterline! Per mio padre valgo 150 misere sterline! Tanto vale che mi vendesse a quel farabutto di Malfoy, non avrebbe dovuto comprarmi vestiti e avrebbe avuto soldi in più!!” pensò infuriata Ginevra. Ma più si infuriava più si rattristava, la sua famiglia era oramai distrutta, suo fratello aveva bisogno di una scossa che lei non poteva dargli e suo padre considerava i suoi figli come merce di scambio per guadagnare. Arthur Weasley non era un uomo fondamentalmente calcolatore e insensibile, ma era cresciuto con la convinzione che i soldi fossero il valore supremo dell’esistenza, purtroppo questa sua ideologia si scontrava molto spesso con la sua insana abitudine di bene e giocare puntando forte. Ginevra gli voleva bene per quello che era, come del resto aveva fatto il Signora Weasley, ma non riusciva a comprendere i suoi difetti e le sue manie, e per questo, a volte, le sembrava di odiarlo.

Ginevra restò in camera tutto il pomeriggio, scese solo verso le sette di sera per preparare la cena al fratello dopo che questi l’aveva più e più volte pregata di cucinargli qualcosa. E fu mentre toglieva  la buccia delle carote che trovò la soluzione dei suoi problemi. Il suo piano sarebbe partito a breve.

Erano le tre di un ancora scuro sabato mattina e in casa Weasley una strana figura bianca si aggirava goffamente per il corridoio al piano superiore. Ginevra Weasley in camicia da notte stava cercando di camminare facendo cigolare il meno possibile le assi del pavimento, cosa molto difficile considerata l’età non più giovane del parquet che scricchiolava di continuo. Arrivata davanti a una porta l’aprì con un fruscio di stoffa si intrufolò nella camera del padre. Il Signor Weasley dormiva come un bambino tranquillizzato dall’idea di aver trovato una soluzione a tutti i problemi, se avesse saputo che proprio in quel momento, la fonte della sua salvezza stava sfilando i soldi del Signor Paciock dalla tasca del suo panciotto, sarebbe sicuramente saltato giù dal letto con l’agilità di un ragazzino. Presi i soldi Ginevra sgattaiolò veloce fuori dalla stanza lanciando un ultimo sguardo al padre. Ora doveva dormire anche lei, almeno per qualche ora.

Alle sette e mezza di mattina Ginevra era già pronta, si era lavata, pettinata e vestita di tutto punto e, guardando allo specchio il risultato del suo lavoro, si congratulò con sé stessa. Prese la sua piccola borsa di stoffa, un semplice sacchetto chiuso da un cordoncino rosa, e la scatola contenente il suo bellissimo vestito nuovo. Chiudendosi la porta di casa alle spalle il suo cuore ebbe un sussulto, ma resistette alla tentazione di tornare indietro e con fatica mosse il primo passo per allontanarsi dalla sua normale vita e dalla Ginevra Weasley che era da sempre stata.

Mano a mano che si allontanava da casa camminare le sembrava meno doloroso e il cuore più leggero almeno finché non arrivò davanti al negozio di abiti. Se fosse entrata in quel negozio non sarebbe più potuta tornare indietro, e in quel momento le balenò per la testa il pensiero di non avere la minima idea di quello che avrebbe fatto una volta fuori di casa. Questo nuovo ostacolo la spaventava davvero molto.

“Avrò fatto la cosa giusta? È la cosa migliore per me vero?” chiese a sé stessa la ragazza. Voltandosi per la strada vide molte persone camminare in fretta dirette al lavoro o chissà dove, e guardandoli capì di aver preso la decisione giusta. Non voleva correre, la sua vita non era solo una serie di orari da rispettare e posti da raggiungere, lei era fuoco e lui trova la sua strada da solo creandosi da sé il suo destino, e così come avrebbe fatto anche Ginevra. Fu con quei pensieri in testa che entrò decisa all’interno del piccolo negozio ricolmo di belle stoffe e  modellini di carta.

“Signorina Weasley, è da una vita che non ti vedo deve essere da quasi tre anni e…” la Signora Gemma si bloccò, non vedeva quella bella ragazza da quando la povera Jenny era morta ora lo ricordava bene.

“Comunque” riprese la padrona del negozio con un allegro sorriso che cacciò via l’atmosfera pesante creatasi “cosa ti porta a far visita a una signora strampalata come me, bella signorina? Forse il vestito che ha commissionato tuo padre non va bene?”

“No anzi è perfetto, siete un’artista nel creare abiti Signora Gemma”

“Oh beh suvvia… si in effetti sono proprio brava!” esclamò la simpatica signora scacciando una falsa modestia.

“Signora Gemma sono venuta a venderle il vestito” disse Ginevra interrompendo bruscamente quei convenevoli.

“Avevo capito che ti piaceva, perché vuoi venderlo?”

“Lo adoro, ma non posso metterlo”

“Tuo padre mi aveva detto che era per il matrimonio, non ti sposi più?”

Vedendo l’espressione imbarazzata e triste di Ginevra la signora capì come doveva essere andate le cose…

“Va bene se desideri vendermi l’abito allora lo comprerò. Tuo padre l’ha pagato 25 sterline ma con tutte le manfrine che mi ha propinato sul tuo matrimonio e su questo e su quello è riuscito a farmi scontare il vestito di 20 sterline, impresa non da poco se mi conosci. Ti compro il vestito per 60 sterline.”

“Singora Gemma è troppo, non voglio approfittare di lei”

“Sciocchezze! Io ho solo disegnato l’abito, a cucirlo ci hanno pensato altri e per una cifra irrisoria, quindi non ci rimetto nulla, anzi un abito così lo rivenderò a 130 sterline!”

“Grazie Signora Gemma” disse Ginevra regalando alla donna un sorriso dolcissimo.

“Di nulla cara, ecco i tuoi soldi”

“Ah potessi essere ancora giovane, lo so io cosa combinerei in giro con un abito così! Altro che 130 sterline come minimo 150!” disse la Signora Gemma fra sé e sé scomparendo nel retro bottega lasciando sola Ginevra. Ora le restava solo una cosa da fare prima di partire.

Una bella ragazza dai capelli rossi fu vista entrare nella locanda del paese e alcuni dei presenti la riconobbero come la figlia di Arthur Weasley. Ginevra odiava quel posto, ogni scaglia di legno, dai tavoli e al balcone, puzzava di alcool e se pensava che suo fratello perdeva in quel posto la sua vita si infastidiva ancora di più. Girandosi ad esaminare ogni lato di quella bettola avvistò il suo obbiettivo seduto su un tavolo a far colazione.

“Le vostre 200 sterline Signore”

Draco Malfoy era intento a masticare un boccone di frittella quando un sacchetto piombò tintinnando vicino al suo piatto. Alzando lo sguardo incontro un paio di bellissimi occhi verdi, gli stessi a cui aveva pensato fino a giungere alla soglia della pazzia la sera precedente.

“Ginevra, siete splendida di mattina. Volete unirvi a me per la colazione?”

“Vi ho portato il vostro denaro. Ora non dovrete più tornare a casa mia”

“Non posso permetterlo se voi sarete lì”

“Non ci sarò” disse Ginevra resistendo all’impulso di schiaffeggiarlo “ma ci potrebbe essere mio fratello e non voglio che vi veda. Ne soffrirebbe troppo”

“Vi prometto che non mi recherò più a casa vostra, almeno finché voi non sarete tornata”

“Grazie” disse a denti stretti Ginevra, ignorando il suo orgoglio che le urlava di tacere.

Si era umiliata abbastanza per quel giorno e richiudendo la borsa si voltò dirigendosi verso l’uscita.

“Ginevra dove andrete?” chiese Malfoy con un tono di voce cordiale e dolce. Sembrava quasi che ponesse la domanda ad un amico d’infanzia e non alla figlia di un suo debitore

La giovane donna spiazzata dall’ennesima sfaccettatura di quel uomo fu totalmente sincera.

“Per il momento credo andrò verso la fontana pubblica, poi si vedrà”

“Allora buon viaggio Ginevra” disse Malfoy prendendole una mano di Ginevra e portandola alle labbra.

“Oh no lui non può fare così. Riesco a mantenere perfettamente il controllo della situazione e con un bacio, uno semplice baciamano, Malfoy mi capitolare allo stadio di bambina impacciata.” pensò Ginevra contesa fra il suo istinto indipendente e il sogno di quel leggero e caldo bacio.

“Addio Signor Malfoy” riuscì a pronunciare dopo che drizzando le spalle e sbattendo gli occhi  aveva ripreso il controllo dei suoi pensieri.

“Arrivederci Ginevra. Ascoltate il consiglio di un viaggiatore però, se dovesse capitarvi di non saper che fare, troverete la risposta ai vostri problemi dove l’avete sempre cercata” Malfoy la guardava con uno sguardo talmente intenso e rassicurante che Ginevra fu costretta a battere velocemente in ritirata per non correre il rischio di far impazzire di nuovo il suo cuore.

Con un passo così spedito, Ginevra arrivò in poco tempo alla fontana pubblica del paese. Era una costruzione molto bella, installata quasi un secolo prima al centro di un modesto parco all’estremità sud del paese. Da piccola giocava spesso attorno a quella fontana, facendoci galleggiare precarie barchette di carta che regolarmente finivano per inzupparsi e crollare a picco. Anche in quel momento, alcuni bambini erano attorno alla fontana schizzandosi acqua a vicenda, senza considerare  i continui rimproveri delle madri, sedute a parlare. Ginevra sedendosi vicino a quelle signore continuò ad osservare i bimbi giocare e ridere, sentendo dentro di lei nascere una punta di dolce malinconia.

Ad un tratto la silenziosa quiete del parco fu interrotta da un rullo di tamburi, e subito dopo una voce cominciò ad urlare parole che, a causa dei fitti alberi, Ginevra non riusciva a capire. Poi si ricordò del volantino che le era stato consegnato quella mattina da un ragazzetto smilzo all’uscita del negozio di alimentari.

“Mah quella gente, fa un baccano insopportabile” sentì dire Ginevra da una madre con un abito rosa.

“Già hai ragione Silvia. Ma devo dire che sono bravi. Il mio piccolo Sammy mi ha costretta a vedere un loro spettacolo e sono rimasta piacevolmente sorpresa” rispose un’altra mamma.

“Possono essere bravi e applauditi quanto vogliono ma restano comunque gentaglia. Tutti depravati e sboccati gli zingari, non gli affiderei un soldo bucato!” continuò la Signora in rosa.

“Oh su questo sono pienamente d’accordo con te”

Ginevra smise di origliare le signore poiché la sua mente era già impegnata a fare altro. “Zingari girovaghi, perfetto per me” pensò di slancio alzandosi e camminando quasi correndo verso la fonte di tutto quel rumore.

La ragazza dai folti capelli scuri strappò dal suo corpo l’ultimo dei veli provocando uno scandalo e un mormorio generale. Ora aveva addosso solo pochi stracci dai colori sgargianti ma non le importava. La sua mente era in un altro posto, in un posto segreto, di cui lei e la musica erano sovrane. Al mondo, di questa sua personale estasi, offriva solo l’immagine del suo corpo seminudo ondeggiare e vibrare al suono di tamburi e campane. Ginevra ne restò ammaliata, mai in vita sua aveva visto un essere così straripante di vita ed energia, si muoveva come l’acqua di un torrente e aveva la sua stessa forza dirompente.

“Fammi capire bene, tu, una ragazza apparentemente di buona famiglia e reputazione, vorresti unirti a un gruppo di zingari? Non lo sai che noi siamo malvagi e malediciamo la gente?” disse la ragazza dai capelli castani tamponandosi la fronte con un panno. Ginevra aveva aggirato il piccolo palcoscenico e bloccato immediatamente la ragazza danzante appena questa fu uscita di scena.

“Si voglio unirmi a voi e no non sapevo nulla del genere”

La zingara squadrò da capo a piedi Ginevra prima di esprimere il suo giudizio finale.

“Sei troppo magra per tenere il passo” sentenziò.

“Ingrasserò!”

“Sciocchina, non è questo quello che volevo dire. Cioè, non è un male se ingrassi sei magra come uno stecchino fai quasi senso, comunque volevo dire che non sei adatta per venire con noi. Ci vuole volontà e determinazione, non siamo sempre ben accetti in ogni città, dobbiamo sopportare pesanti insulti a volte” spiegò amaramente la ragazza ricordando tutte le fatiche fatte per restare in quel paesino che, seppur piccolo, aveva dato un sacco di grane a tutti i suoi compagni.

“Qual è il vostro nome?”

“Sono Hermione”

“Bene Signorina Hermione, per prima cosa mi presento sono Ginevra Weasley, ed ora che ci conosciamo mi ascolti. Da quattro anni mi occupo da sola della gestione economica e pratica della casa. Mio fratello è un povero disgraziato, entrato in depressione e non fa altro che bere e bere per tutto il giorno. Mio padre, l’ultima perla della mia brillante vita, è un tirchio giocatore d’azzardo e se resto qui mi venderà in sposa a un povero uomo troppo ingenuo. Le assicuro che non sono di così fragile mentalmente da cedere al primo insulto”

“D’accordo, diciamo che ti prendo in prova, ma finiscila di darmi del voi, mi sembra di parlare con un vecchia aristocratica spocchiosa. Allora,qual è la tua arte?”

“Beh ecco…” disse Ginevra colta impreparata poiché come suo solito non aveva affatto pensato alla realizzazione pratica delle sue decisioni. Ricordò le parole di Malfoy, per quanto lo odiasse come uomo il suo consiglio le stavano tornando utile. Spostò lo sguardo verso il calderone di fuoco posto, al lato del palcoscenico, per il numero del mangiafuoco.

“Avete qualcuno che legge il futuro”

 

 

 

 

Ciao! Scusate è venuto fuori un capitolo decisamente troppo lungo ma volevo assolutamente arrivare a questo punto altrimenti non stavo bene. Spero che il cambiamento alla storia piaccia. Grazie davvero per i commenti. A presto e ancora grazie mille. Un bacio. Giulia

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

Nuovo capitolo! Spero che vi piaccia anche se non succede niente di particolare. Volevo avvisarvi che per questo capitolo i pensieri di Ginevra sono in corsivo perché altrimenti non sapevo come fare per distinguerli dalle frasi normali… sono una frana lo so…
Ringrazio tutti quelli che leggono e specialmente le anime buone che hanno lasciato un commento. Grazie mille mi fa piacere sapere cosa ne pensate della mia storia sia in bene che in male… continuate così! Un bacio Giulia.

 

Capitolo 4

 

 

Come scorrevano veloci i campi davanti agli occhi curiosi di Ginevra. Finalmente dopo la fine dello spettacolo e quelli che le sembrarono preparativi infiniti,la compagnia lasciò il paese e Ginevra ora guardava gli ultimi pezzi della sua passata vita diventare sempre più piccoli e confusi.
Questi maghi erano persone molto particolari, socievoli e cordiali ma erano molto diffidenti a causa della continua discriminazione nei loro confronti. Quando una volta finito lo spettacolo tutti i compagni di Hermione si riunirono dietro il palco riservarono a Ginevra occhiate indifferenti e quasi malevole. Poi, quando Hermione comunicò loro che quella strana ragazza si sarebbe unita a loro presero a fissarla come fosse uno scherzo di natura. Quella condizione di generale stupore continuò per tutto il tempo speso a inscatolare e sistemare abiti, accessori e altri strani oggetti in ampi scatoloni. Ginevra aiutò come poté cercando nel contempo di fare conoscenza con tutti i componenti della compagnia, ma l’unica con cui riuscì ad avere con conversazione decente fu una strampalata ragazza bionda, bassina e simpatica. I maghi possedevano due ampi carri, uno fungeva da magazzino e da palcoscenico mentre l’altro era l’alloggio della compagnia. In quel  momento Ginevra era seduta sul tetto del carro-alloggio e parlava allegramente con Luna, la ragazza bionda e con Christine, una anziana signora dalla strana acconciatura.
“Sei scappata da tuo padre” disse perplessa Luna “non ti mancherà la tua famiglia?”
“Certo, ho paura che mi mancherà così tanto da arrivare a rimpiangere la mia decisione. Mi devi promettere che se succedere mi farai tornare con i piedi per terra”
“È impossibile cara, ora che sei con noi non rimetterai i piedi per terra per molto tempo” disse pacata la Signora Christine con gli occhi persi nel vuoto “non siamo gente da far valere poco i sogni noi”
E con un sorriso Ginevra si voltò verso la grande scritta colorata di celeste e argento sulla fiancata del carro davanti a loro “LE ALI DEI SOGNI”. Una compagnia di persone fuori dalla norma era proprio quello che serviva a Ginevra per disegnare il suo futuro.
“Quando arriveremo a Londra?” chiese Ginevra tornata alla realtà.
“Hermione spera prima di sera ma lei non sa nemmeno cosa vuol dire senso dell’orientamento, non si ricorda quanta strada c’è da fare. Saremo fortunati se arriveremo alle due di notte” le rispose Luna con lo sguardo perso fra la campagna che stavano attraversando.
Ormai solo le stelle più timide non erano apparse nel cielo per far compagnia a una grassa e lucente luna bianca. Ginevra, seduta su un cuscino, guardava con aria divertita Hermione camminare su e giù all’interno della carro senza darsi pace.
“Dovevamo essere là prima di sera! Quando arriveremo a Londra sarà troppo buio per accamparsi decentemente!”
“Tesoro perché ti ostini a fare conti matematici col tempo e le distanze quando non ne sei assolutamente capace?” domandò pacata Luna.
“Per lo stesso motivo per cui tu non imparerai mai a tenere chiusa la bocca, visto che dici solo scempiaggini tesoro” disse sarcastica Hermione guardando malamente Luna.
“Bambine non litigate sempre, vi vengono le rughe” disse con calma Christine mentre, seduta accanto a Ginevra, rammendava un costume di scena strappato.
“É un modo come un altro per passare il tempo durante questo lungo viaggio” disse melensa Luna guardando dritto negli occhi Hermione.
“Senti un po’ carina…”
La lunga paternale di Hermione fu però interrotta dal brusco fermarsi del carro. Dopo qualche secondo in cui le quattro donne si guardarono perplesse attorno sbucò dalla porta il viso scompigliato di un ragazzo.
“Siamo in un paesello, credo si chiami Whipity o qualcosa del genere, per questa notte sarà meglio fermarsi qui” disse subito dopo il giovane.
“Hai perfettamente ragione Harry!” disse con fin troppa enfasi Luna passando dritta e col naso in aria davanti una scocciata Hermione.
Poco dopo anche le due ragazze scesero dal carro per osservare il nuovo paese e sistemare i carri per la notte.
“Ci accampiamo e facciamo spettacoli sono nei parchi pubblici o comunque dove ci sia molto prato e tanti alberi. Lo ha deciso Christine quando aveva vent’anni e da allora così è stato” spiegò Hermione a Ginevra mentre insieme scaricavano grosse valigie dal carro-magazzino.
“Perché solo nei parchi? Nelle piazze si troverebbe più pubblico”
“Christine è convita che spettacoli di magia e fantasia diventino unici se svolti su un fondale già emozionante di per sé”
Un sorriso di ammirazione fece capolino sul viso delle due ragazze mentre si voltarono contemporaneamente a guardare l’anziana signora seduta su una panchina fissare le stelle. Sembrava la protagonista di un quadro tanto era bella.
 
Whipity era un paesino davvero molto caratteristico e tranquillo, per strada alcune coppie passeggiavano lentamente e molti gruppi di signori anziani sedevano a parlare di raccolti e di una pioggia che non voleva saperne di cessare. Chrisitne aveva chiesto a Ginevra e a Luna di comprare la cena per quella sera, siccome era troppo tardi e non aveva voglia di cucinare, ed ora Ginevra poteva sentire il dolce profumo di coniglio e patate provenire dalla sporta che teneva in mano, mentre con Luna tornava verso la sua nuova casa. Varcando la porta del carro-alloggio rimase stupita nel vedere come l’angusto spazio in cui aveva trascorso l’ultima parte del viaggio era diventato, grazie all’uso della magia, un ampio salone guarnito con divani, sedie, una grande stufa e una lunga tavola apparecchiata.
“Sei Ginevra vero? Scusami con tutto questo trambusto non abbiamo potuto presentarci a dovere. Io sono Harry ballerino e acrobata, il ragazzo laggiù è Blaise, prova da anni a fare l’attore ma la cosa non gli riesce bene per nien…”
Di scatto, il ragazzo davanti a lei fu letteralmente abbattuto da una furia scagliatasi su di lui a velocità folle. Ginevra non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere alla scena di due ragazzi, apparentemente sani di mente rotolare e lottare per terra come due gatti selvatici. Conclusasi la rissa i due contendenti si guardarono in giro imbarazzati dalle risa dei loro compagni di viaggio.
“Sono profondamente mortificato per la scena alla quale hai assistito, un paio di occhi così belli non dovrebbero vedere cose tanto indecorose. Permettimi di presentarmi personalmente, sono Blaise e sono un attore a tutti gli effetti, con un particolare gusto per i classici romantici” si presentò il ragazzo che poco prima era steso.
Ginevra non sapendo cosa rispondere si limitò a sorridere dolcemente imbarazzata da quel ragazzo dai capelli castani e dallo sguardo caldo. “È davvero molto carino ma decisamente troppo esaltato” pensò schietta Ginevra.
“Concludendo in fretta le presentazioni” continuò Blaise “quel moccioso biondo laggiù è Evan, siamo tutti perfettamente coscienti che sembra una femmina ma ti prego non guardarlo male, sta ancora cercando la sua vera sessualità” Ginevra osservò allora il ragazzino che quella mattina le aveva dato il volantino della compagnia. Non le sembrava affatto che avesse l’aria effeminata, anzi crescendo sarebbe diventato un uomo molto affascinante, ne era sicura. Evan però non la degnò di uno sguardo, concentrandosi sul cucciolo di lupo che aveva fra le braccia.
“Buonasera Ginevra io mi chiamo Jhonny sono il marito di Christine, il lupo invece si chiama Dragonfly”
“È un piacere conoscerla signore” disse con un sorriso Ginevra. L’uomo anziano che aveva davanti aveva l’aria gentile e disponibile, mentre a dispetto dei capelli grigi e delle rughe, i suoi occhi erano vispi e allegri.
“Che ne dite se la finiamo con queste storie e iniziamo a mangiare?” propose Hermione mentre già stava cominciando a tirare fuori il coniglio dalle sporte.
L’atmosfera dentro il carro era allegra e piacevole, tutti parlavano e ridevano, e Ginevra si chiese perché mai delle persone disposte ad accogliere a braccia aperte una sconosciuta come lei potessero essere considerate pericolose per la società civile. Dopo cena rimasta sola nel letto assaporando il piacere di quel momento di libertà.
“Chissà cosa starà succedendo a casa? Non ci avevo ancora pensato. Sicuramente si saranno accorti della mia fuga e mio padre starà scandagliando i dintorni assieme ai suoi fedeli amici nella convinzione di trovarmi mezza morta in un fosso” pensò Ginevra mentre si rigirava fra le lenzuola fresche. Poteva sentire il respiro lieve di Chrisine, infatti le quattro donne dormivano insieme anche se solo un paravento dai bellissimi disegni orientali le divedeva dagli uomini. “Povero Ron, non voglio immaginare dove sarà in questo momento. Forse a bere, forse starà dormendo o forse è in giro a cercarmi” Fu pensando al fratello e al padre che Ginevra si addormentò quella notte, con il cuore colmo di insicurezza e preoccupazione.
“E adesso che caso faccio? Cosa dico a questa povera donna? Dovrei consolarla ma mi viene da piangere a sentire la sua storia!” pensò disperata Ginevra mentre guardava stralunata la signora che le sedeva davanti asciugarsi le lacrime con un fazzoletto.
Era la sua prima giornata da chiromante e si stava già facendo prendere dal panico. Quella mattina Hermione l’aveva svegliata prestissimo costringendola ad indossare un ridicolo costume viola e verde semplicemente orrendo. E ora stava lì, seduta su una scomoda sedia, davanti a una donna in lacrime, desiderosa di sapere se il marito, scomparso in mare l’anno prima, era veramente morto o si era miracolosamente salvato.
“Proverò ad essere schietta, infondo è da un anno che del marito non ha più notizie, la parte peggiore del trauma l’ha già smaltita” pensò risoluta Ginevra.
“Signora, non vorrei sembrarle troppo cruda ma suo marito è morto, sicuramente morto” disse con solennità l’apprendista chiromante. Con un grido strozzato la vedova si era ripiegata piangendo sul tavolino ed ora giaceva lì in un susseguirsi di gemiti e lamenti.
“Signora, no non faccia così. Mi deve scusare è colpa mia sono davvero insensibile, la prego mi perdoni. Signora ascolti suo marito la amava moltissimo ed era anche sicuro che il suo amore fosse pienamente ricambiato. Ora è al sicuro in un posto asciutto e caldo, non deve temere per lui” quelle parole pronunciate con delicata dolcezza alleviarono le sofferenze di quel cuore distrutto. La vedova sollevò piano la testa guardando Ginevra negli occhi in cerca di speranza.
“Dite davvero?”
“Ne sono certa”
Una volta che la Signora se ne fu andata Ginevra poté tornare a respirare normalmente senza che una gigantesca ansia le bloccasse il respiro.
“Dì un po’, sei davvero capace di leggere il futuro?”
“Hermione! Mi hai spaventata. Comunque certo che ne sono capace, devo solo esercitarmi un po’, fino ad oggi non era la mia professione e non lo so fare a comando”
“D’accordo capisco… guarda cosa ho finito di fare adesso!” disse tutta eccitata Hermione spiegando il foglio che teneva fra le mano.
 
Le ali dei sogni
Compagnia di spettacolo
Balli acrobazie ed emozioni magiche
 
Da oggi chiromante:
Il tuo futuro ti attende
Dietro la corteccia di un albero.
 
Nel volantino inoltre era disegnata una splendida fenice immortalata nel momento in cui spicca il volo.
“Che ne dici? Ti piace?”
“La fenice è davvero splendida… ma la frase “Da oggi chiromante” assomiglia a quelle scritte nei cartelloni fuori dai negozi alimentari. Tipo “Solo per oggi susine a metà prezzo!” ”
“Si, forse hai ragione, infatti quella frase non mi convinceva molto…” disse Hermione storcendo appena il naso “per ora distribuiremo questi poi, per quando saremo a Londra mi inventerò qualcos’altro”
Il suo secondo cliente, Ginevra poteva vederlo arrivare e la sua ansia cresceva in modo inversamente proporzionale al suo avvicinarsi.
“Buon pomeriggio Signore” riuscì a dire infine Ginevra ignorando il panico ormai completamente diffuso il lei. Doveva restare calma, aveva appena finito di pranzare non voleva stare male perché le tremava lo stomaco.
“Buona sera a voi” rispose un ragazzo un po’ allampato e dall’aria incredibilmente timida.
“Come posso aiutarvi?” chiese Ginevra “Ok resta calma respira, respira, ecco così va bene”
“Ecco io… mi piacerebbe sapere se, se la Signorina Richerdson sarebbe interessata a sposarmi” disse tutto d’un fiato il ragazzo tenendo gli occhi stretti come se facendo così le parole uscissero meglio dalle sue labbra.
“Hai provato a chiederglielo semplicemente?”
“Signore io non posso sapere come agirà un persona, poiché ognuno di noi nel suo piccolo è imprevedibile e dotato di libero arbitrio. Però vi posso dire che per vostra possibile fidanzata non siete affatto indifferente, anzi le piacete molto” disse dolcemente la ragazza “Avanti ragazzo svegliati, non stare giro a far venire crisi di nervi a chiromanti estranee, và dalla tua Signorina qualcosa e baciarla” pensò sarcastica Ginevra. Doveva smettere di essere così cattiva con quel signore nei suoi pensieri, infondo aveva l’aria simpatica ma non riusciva a smettere, era troppo agitata.
“Non saprei che dirle”
“Meglio se non parli! Baciala e basta”
“Signore, un semplice gesto fatto in silenzio vale più di un anello dato sproloquiando”
“Un mazzo di fiori le piacerà?”
“Ne servirà di pazienza a quella povera ragazza”
“I fiori le piaceranno moltissimo, consiglierei margherite bianche e rosa. Forse però dovrebbero essere accompagnate da un gesto un poco più esplicito che dimostri tutto l’amore che provate per lei”
“Speso capisca perché ho finito le idee”
Le guance del ragazzo si tinsero per un istante di rosso per tornare subito normali.
“Un bacio”
“Si” disse Ginevra con un sorriso raggiante. Improvvisamente si accorse di non essere più in ansia, la paura era passata e si era accorta che le piaceva davvero tanto aiutare e dare sicurezza a persone in difficoltà.
“Andate al più presto dalla vostra amata, vi sta aspettando da un bel pò” disse Ginevra con un  felice sorriso.
Una volta che il giovane uomo se ne fu andato a comprare i fiori per la sua Signorina, Ginevra restò seduta a contemplare l’immagine di quello strano ragazzo camminare spedito e contento verso il paese. Ad un tratto però si accorse di essere osservata. Evan se ne stava appollaiato sul ramo di un albero con un libro fra le mani e la guardava fisso con un’espressione indecifrabile.
“Ciao Evan” disse cordiale, non era ancora riuscita a parlare con quel ragazzino e questo infastidiva Ginevra perché Evan le stava simpatico per ragioni tutte sue.
“Cosa leggi?” chiese allora vedendo che Evan non aveva intenzione di parlare. Se ne stava semplicemente seduto a due metri d’altezza da Ginevra e la guardava tanto intensamente da farla sentire a disagio.
“Shakespeare”
Con uno scatto felino Evan saltò giù dall’albero atterrando leggero vicino a lei.
“Sogno di una notte di mezza estate” disse poi fissandola nuovamente negli occhi “una perfetta regina delle fate” bisbigliò a pochi centimetri dal suo braccio.
Ginevra restò immobile, gelata dal suo sguardo. Quel ragazzino aveva gli stessi occhi di Malfoy, forse solo meno ironici ma mentre la fissava Ginevra aveva sentito nuovamente le stesse sensazioni provate qualche giorno prima vicino alle scale di casa sua. Quando Evan si fu allontanato, lasciandola con i suoi pensieri Ginevra respirò forte e scacciò dalla mente il sottile piacere nato dal ricordo di quegli occhi concentrandosi sull’odio che provava verso il proprietario di quello sguardo incantatore.
Alzandosi dalla sua postazione “dietro al corteccia di un albero” come aveva scritto Hermione, Ginevra decise di aiutare il resto della compagnia ad allestire il palcoscenico per lo spettacolo di quella sera.
Per il numero di Harry erano state magicamente legate diverse corde ai tanti alberi attorno al carro e su di esse il ragazzo avrebbe eseguito il proprio spettacolo, lanciandosi e stando in precario equilibrio. E come le corde di Harry quasi tutti gli altri strumenti utilizzati per lo spettacolo venivano posizionati con la magia, e presto Ginevra si ritrovò a non avere più nulla da fare non sapendo utilizzare una bacchetta magica. Decise così di accompagnare Christine in paese a prendere da mangiare per la sera.
Fu svoltando l’angolo fra l’ufficio dello sceriffo e il negozio di alimentari che lo vide. Era lì in piedi con tutta la sua grazia e spavalderia, stava parlando con il cocchiere della sua carrozza. Rideva, probabilmente era felice e, nonostante fosse abbastanza lontana, Ginevra poté ammirare quanto il viso di un farabutto come lui si illuminasse con un sorriso.
“O sono perseguitata dalla sfortuna o sono perseguitata da Malfoy, e fra le due ipotesi opto decisamente per la seconda!” pensò sarcastica la ragazza.
“Tesoro… Ginevra ti senti bene?” chiese Christine guardandola con aria interrogativa.
“Non proprio, è come se stessi vivendo un incubo ad occhi aperti”
“Sono vecchia ormai ma un ragazzo alto, biondo e bello non lo giudicherei un incubo” rispose Christine con un sorriso da vecchia volpe.
“Ma Christine, non intrufolatevi nei miei sogni!” disse ridendo Ginevra. Dopo di ché prese a braccetto l’anziana signora ed entrò con un sorriso nel negozio.
“Allora cosa compriamo?”
Per ora voleva restare serena, senza pensare al suo bellissimo incubo.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 

 

 

Capitolo 5

 

 

Il vuoto sotto di sé, la folla poco più avanti, il corpo sospeso in aria come se l’atmosfera stessa trattenesse il respiro per il suo nuovo salto. La frenesia, la millimetrica precisione, e il piacere intimo e segreto degli applausi e delle urla sbalordite. Harry Potter nato a Londra ventuno anni prima sentiva tutto questo e gli piaceva da morire. In quel momento mentre volteggiava leggero sopra un centinaio di teste si sentiva vivo e allucinato. Saltava da un albero all’altro e vi si attorcigliava, il solo appiglio le sue mani e la sua forza. Luna guardava sbalordita quel ragazzo un po’ goffo e timido a terra, diventare deciso e virile in cielo. I suoi muscoli si muovevano di scatto ed erano risaltati da una leggera imperlatura di sudore, i capelli arruffati ondeggiavano, accompagnando Harry in quella danza sospesa. Luna era a dir poco incantata.
“È innamorata persa”
“Ed è anche tremendamente dolce” rispose Ginevra a Hermione “le brillano gli occhi, che bello”
“Mah tutto questo miele e melassa non fa per me, piuttosto romanticona aiutami ad allacciare il vestito” girandosi per far legare le stracche del vestito all’amica, Hermione si accorse che un nuovo cliente aspettava la chiromante più brava, nonché unica, del paese.
“Ginevra il dovere ti chiama, hai un nuovo cliente”
“Davvero! Che bello, sai mi piace davvero tantissimo questo nuovo lavoro!” disse Ginevra affrettandosi ad allacciare il vestito di Hermione e contemporaneamente cercando di sbirciare sopra la spalla dell’amica per vedere il nuovo arrivato.
“Chi è?”
“Qualcuno che presenterai anche a me!”
“Vuoi darti alla lettura del futuro?” chiese ironica Ginevra.
“Oh non ci penso neppure, ma ad un ragazzo così leggo quello che vuole!”
Ancor prima che Hermione si spostasse per farle vedere il suo cliente, ancor prima di guardarlo in faccia Ginevra avrebbe voluto stappare una tenda del palcoscenico, avvolgerla attorno al collo della persona che sapeva si sarebbe trovata davanti e stringere forte.
“Buona serata Signore, siete venuto per la nostra chiromante vero? Non ne incontrerete di meglio in vita vostra”
“Davvero?” disse Draco Malfoy guardando con sensualità e ironia Ginevra. La ragazza si sentì sollevare lo stomaco al suono di quella voce che le si intrufolava nel cuore facendolo battere troppo forte.
“Cosa ci fate qui?” chiese Ginevra cercando di restare calma il più a lungo possibile.
“Cercavo il mio futuro in una fanciulla nei cui occhi è contenuto il mondo intero”
“Ebbene Signor Malfoy il vostro futuro vi attende due metri sotto terra, perché sarà lì che riposerete per sempre se continuerete ad infastidirmi”
“Avanti Ginevra cara, usa il tuo grande dono per aiutare questo Signore” disse improvvisamente alle spalle della ragazza Christine. Sul suo viso c’era un sorriso furbo e incoraggiante e Ginevra capì di essere incastrata.
“Prego, si sieda Signore” disse Ginevra con il sorriso più falso e ipocrita che avesse mai rivolto a qualcuno in vita sua. Christine e Hermione se ne andarono per lasciare dare maggiore intimità alla chiromante e al suo strano cliente.
“Cosa vi preme conoscere Signore”
“Vorrei davvero sapere come fare per avere ancora su di me l’attenzione di due meravigliosi occhi verdi”
Ginevra sconsolata alzò lo sguardo verso la persona che stava diventando la sua fonte di disperazione e  quasi si rassegnò al battito irregolare del suo cuore, quando fissò ancora una volta quella dannata testa bionda.
“Come mi avete trovata?”
“Dopo la vostra piacevole visita ieri mattina, vi ho raggiunto al parco e vedendo come fissavate ammirata la zingara danzante ho capito cosa avevate in mente di fare”
“Mi sorprendete ogni secondo che passa Signore”
“Davvero?” chiese scettico Malfoy.
“No”
“Ditemi Ginevra e siate sincera vi prego” disse poi con calma Malfoy “avrò una figlia femmina? Adoro le donne”
“Si l’avrete, e sarà molto bella e forte, peccato solo per il padre zoticone”
“Ma avrò figli maschi?”
“Si”
“Allora mi sposerò?”
“Si”
“E sarà un matrimonio felice?”
“Si”
“Mia moglie mi amerà?”
“Si!”
“Mi sposerete?”
“Si”
Silenzio… panico! Ginevra accortasi solo dopo qualche secondo di quello che aveva detto restò di sasso. “Non posso avergli risposto che lo sposerò, non posso. Dicevo la pura verità quindi non gli ho  detto si” pensò disperata Ginevra.
Un sorriso trionfante anche se vagamente dolce apparve sulle sottili labbra di Malfoy.
“Vi ho incastrato Ginevra, ora dovrete sposarmi”
“Sciocchezze, mi sono solo fatta prendere troppo la mano dalle vostre petulanti domande tutto qui” disse cercando di salvare la situazione Ginevra mentre con gli occhi scrutava attentamente un piccolo insettino camminare vicino alla sua sedia.
“Non mi ingannate Ginevra, lo sappiamo entrambi che è la verità quindi potete far scivolare via dalla vostre guance quel rossore che vi dona tanto e darmi un bacio”
“No!” disse quasi urlando Ginevra mentre scattava in piedi “ascoltate bene la sola ragione che mi porterebbe a sposarvi sarebbe quella di distruggervi psicologicamente e cancellarvi fisicamente e dolorosamente dalla faccia della terra”
“Voi mi amerete Ginevra, o forse mi amate già, anche se non lo sapete” disse Malfoy alzandosi ed avvicinandosi pericolosamente a Ginevra.
“Vi assicuro di no Signore” rispose la ragazza con un sussurro basso ma deciso pronunciato a pochi centimetri di distanza dal viso dell’uomo.
“Le propongo un patto Signorina Weasley” disse con tono solenne Malfoy e Ginevra si sorprese nel sentirsi chiamare in quel modo formale abituata ad essere chiamata per nome da lui “vi concedo sei baci”
“Non capisco”
“Al settimo bacio saranno le vostre labbra a cercare le mie”
Ginevra non osò rispondere, così rimase lì ferma a fissarlo con l’aria di una bambina che non ha capito le regole di un nuovo gioco. Era bella, davvero bella. Quegli occhi grandi e ora persi nella confusione creata dalle sue parole facevano impazzire Draco Malfoy. Non restava mai indifferente al fascino di una donna. Fin da ragazzino le sue attività preferite erano state le donne e le loro segrete arti. Sapeva con precisione quando una donna lo desiderava e aveva sperimentato ogni carezza, ogni bacio, che potessero dare piacere ad una ragazza. Ora davanti a lui stava un perfetto esemplare del gentil sesso, in viso aveva un’aria mansueta e ingenua ma Draco sapeva bene come poteva mordere al primo tentativo di avvicinarla. Decise così di rinviare ancora il bacio che aveva intenzione di darle da quando aveva sentito la sua spina dorsale tremare la prima volta che Ginevra gli aveva sorriso.
“Non preoccupatevi Ginevra, non ho intenzione di baciarvi, perlomeno non ora” disse poi Malfoy in tono allegro e disinvolto per cercare di far uscire Ginevra dalla trance in cui era caduta “però pretendo un sorriso”
Ginevra fissando scettica l’uomo davanti che aveva di fronte stirò le labbra in una sorta di contorto sorriso per poi tornare subito all’espressione arrabbiata e stanca di poco prima.
“Se volevo che mi sorridesse una scrofa sarei andato in un porcile”
“Non vi trattengo se una scrofa vi attende. Come potrei sottrarvi ad un’altra delle vostre tante amanti?”
“Ultimamente cara Ginevra, il pensiero di voi mi sottrae a molte cose” disse Malfoy guardando la ragazza con finta aria offesa.
“Ne sono spiacente. Tengo troppo a voi per sapere di essere una causa di disturbo dal vostro lavoro qualunque esso sia, quindi ritengo sia meglio non vedersi più in futuro. So che sarà una condizione terribile per entrambi, ma vedrò di sopravvivere e vi prego di fare altrettanto”
“Mi domando come faccia a stare tutto questo sarcasmo in un corpicino piccolo come il vostro”
“Arrivederci Signore” disse seria e arrabbiata Ginevra. Voleva che se ne andasse al più presto, i suoi sentimenti erano abbastanza scossi, ed era stata in compagnia di Malfoy solo una decina di minuti.
“Non volete che vi paghi?”
“Oh sì giusto, sono 30 scellini”
“30 scellini non valgono le risposte che mi avete dato”
Ginevra stanca di quel continuo battibeccare si voltò di scatto dirigendosi verso la folla per ammirare anche lei il numero di Hermione.
Hermione ballava ormai da qualche minuto, ma non riusciva a concentrarsi e la danza non le riusciva bene come avrebbe voluto. Un ubriaco ballava, o per meglio dire saltava, ai piedi del palcoscenico e questo la disturbava molto, per di più ogni tanto l’uomo allungava una mano cercando di afferrarle una gamba. D’un tratto senza che se ne fosse minimamente accorta l’ubriaco era salito sul palco e ora si muoveva vicino a lei cercando di coinvolgerla nella sua frenetica danza.
“Scenda immediatamente!” disse Hermione smettendo di muoversi al suono della musica. Ma l’uomo non parve sentirla, anzi vedendola ferma le afferrò le braccia scuotendola e facendola roteare.
“La smetta mi sta facendo male” urlò forte Hermione strappando violentemente le braccia dalla morsa dell’ubriaco, mentre stavano già salendo sul palco sia Harry che Blaise.
“Avanti bambina fammi divertire, continua a ballare” riprese a parlare mangiandosi le parole l’uomo. Accortosi che gli si stavano avvicinando i due giovani, afferrò i veli del vestito di Hermione e li strappò con forza. Essendo stati staccati dal vestito con troppa foga i fermagli dei veli ruppero la stoffa dei pochi abiti che sarebbero dovuti restare addosso a Hermione ed ora la ragazza cercava disperatamente di tenere assieme le spalline e il filo di pizzo del corpetto.
“Ora basta! Tornatene a casa o va in un fosso a vomitare” disse con rabbia Blaise afferrando l’ubriaco per le spalle e allontanandolo da Hermione. Ma non aveva calcolato la forza dell’uomo che con uno scatto di reni sorprese Blaise e Harry e si diresse nuovamente verso la ballerina.
“Dai su, fammi sentire quanto è caldo il sangue di una maledetta maga”
E allora Blaise e Harry non dovettero più tenere fermo l’ubriaco ma Hermione che, dimentica di essere quasi nuda, si era scagliata addosso all’uomo colpendolo e graffiandolo.
“Schifoso essere strisciante non provare mai più a chiamarmi maledetta maga perché ti giuro, imparerò ad usare le maledizioni proibite solo per farti soffrire per il resto della tua insulsa vita! Hai capito brutto verme?” Hermione continuò ad inveire contro l’uomo ora steso a terra anche quanto fu sollevata di peso da Harry e portata dietro il palcoscenico.
“Vattene via, ora” disse una volta che la ragazza fu scomparsa Blaise, e aveva un tono talmente duro e imponente che l’ubriaco si alzò tentennante da terra e si diresse barcollando fuori dal parco.
“Rispettabili Signori e adorate Signore, siamo spiacenti di avervi offerto contro la nostra volontà quest’indegno spettacolo di rabbia. Ora se volete riservarci ancora una piccola porzione di fiducia, saremmo lieti di allietare i vostri spiriti. Miei gentili ospiti “Othello di Shakespeare”.” Concluse Blaise con una romantica riverenza, un attimo prima di scomparire magicamente per lasciare posto ad una curata e bella scenografia.
Ginevra non aveva aspettato la fine del discorso di Blaise ed era corsa velocemente da Hermione che ancora si dibatteva fra le braccia di Harry.
“Insomma mi vuoi lasciare o no?”
“Solo se starai buona e non t’improvviserai pugile”
“D’accordo sono calma” disse Hermione sospirando per calmare i battiti impazziti del suo cuore.
“Hermione tutto bene?” disse preoccupata Ginevra avvicinandosi all’amica e porgendole il suo scialle per coprirsi.
“Sto benissimo grazie. Hai sentito cosa ha detto quel coso a forma di uomo?” cominciò a parlare con veemenza Hermione “Se mi si ripresenta davanti gli faccio vedere di cosa è capace questa maledetta maga!”
“Tu non farai proprio niente, già non siamo i benvenuti in pratica in nessun posto, pensa come ci tratteranno se cominci a vendicarti per un semplice insulto” esclamò Harry risoluto da dietro le spalle di Hermione accompagnando le parole con gesti secchi delle mani.
“Semplice insulto un corno! In ogni caso hai ragione, ora mi calmo, respiro e vado a vestirmi, ho freddo conciata così. Ginevra ma che fai, ti porti dietro il lavoro?” chiese poi Hermione quando voltatasi vide alle spalle di Ginevra il bel ragazzo di prima.
“Ma siete ancora qui?” disse scocciata Ginevra quando anche lei si accorse che Malfoy l’aveva seguita fino a lì.
“Non vi ho ancora dato i soldi e poi devo confessare d’essere molto curioso di vedere gli sviluppi dello spettacolo di poco fa” disse ironico l’uomo passando in rassegna con gli occhi tutti i presenti dietro il carro.
“Non sono affari che vi riguardano e…” ma la frase di Ginevra fu interrotta da un grido lancinante e gelido proveniente dal palcoscenico.
“È tornato!” disse Ginevra con apprensione e per istinto o per chissà quale motivo, indietreggiò fino ad arrivare vicino al petto di Draco.
“Tranquilla, è Luna che sta morendo” disse distratta Hermione mentre constatava i danni al suo bel costume di scena.
“Cosa?” Ginevra allarmata e al tempo stesso confusa sbirciò dalla tenda blu che divideva il palco dalle quinte. Luna era in camicia da notte e stesa su di un letto, mentre Blaise la guardava inorridito e sconvolto indietreggiando. Il pubblico era in completo silenzio, perso come gli attori nella finzione così reale di quella scena.
“Perché Luna deve morire?” chiese curiosa Ginevra alternando lo sguardo da Hermione agli attori.
“È Othello, una tragedia di Shakespeare. Othello è sposato con Desdemona, la ama molto, ma la sua tremenda gelosia gli fa dubitare della sua fedeltà. Per un maligno inganno Othello è spinto a credere che Desdemona lo tradisca, così accecato dalla rabbia la uccide” disse Hermione con lo sguardo un po’ trasognato, coinvolta anche lei, come il pubblico, nelle vicende tragiche della coppia di sposi.
“Alla fine Othello scopre l’inganno e comprende che Desdemona gli era sempre stata fedele. Così si uccide per la disperazione” concluse Harry.
“È una storia tristissima” disse Ginevra continuando ad osservare lo spettacolo.
“È un monito a riporre la propria fiducia e il proprio amore in poco persone degne di custodirle” disse Draco Malfoy irrompendo all’improvviso nei pensieri di Ginevra.
“Voi non vi fidate di nessuno?” chiese allora Ginevra guardandolo negli occhi intensamente per cercare di carpire almeno in parte la contorta psiche di Malfoy.
“Di pochi e molto poco”
“Un uomo non può vivere pienamente se non è capace di riporre in qualcuno la sua vita senza remore o timori” continuò Ginevra sempre più presa da quella conversazione.
“Se si affida ad una persona il dominio del proprio destino e dei propri sentimenti si finisce per rimanere scottati a vita”
“Così preferisce vivere la sua vita rinchiuso a riccio, spaventato dal mondo e dalle persone piuttosto che essere felice correndo qualche rischio?”
“Non mi rinchiudo a riccio, semplicemente aspetto di aver bene giudicato una persona prima di fidarmene ciecamente tanto da scappare dalla mia famiglia e dai miei parenti per vivere da nomade e reietta”
“Se ne vada” un sussurro gelido uscì dalle labbra di Ginevra. L’atmosfera si era fatta fredda e pesante, Harry e Hermione ritennero più opportuno lasciare da sola quella coppia di strani personaggi guardarsi in cagnesco.
“No”
“Via”
“No” disse con forza Malfoy avvicinandosi a Ginevra ma continuando a guardarla con rabbia furente.
“Ti sei offesa Ginevra? Perché ho giudicato le tue decisioni e fatto vacillare la convinzione che fossero giuste, non è così?”
“Smettetela” disse agitata Ginevra allontanandosi da Malfoy che continuava ad avanzare.
“Certo che è così. Non sei mai stata sicura della tua scelta fin dal principio. E ora dove finisce tutta la tua bella fiducia tanto decantata?” disse in tono cattivo e derisorio Malfoy.
“Ora basta! Ho permesso alle vostre parole di farmi fin troppo male. Siete un uomo spregevole, non mi conoscete affatto eppure vi permettete di insultarmi e accusarmi di essere una bambina capricciosa. Ma la cosa più buffa di tutta questa assurda storia è che io sono davvero una bambina, e lo sei anche tu. Un piccolo bimbo al quale non sono state date abbastanza attenzioni perché possa aver imparato a fidarsi e ad amare veramente un’altra persona. Siamo solo bambini” Ginevra ora aveva un tono triste e angoscioso, la realtà che non aveva voluto vedere fino a quel momento le era piombata sui piedi con tanta violenza da lasciarla stordita. Ora stava lì, ferma a guardare Malfoy che ricambiava il suo sguardo con stupore e malinconia.
“Impareremo a diventare adulti” disse poi con tono determinato e allegro Malfoy. “Ginevra Weasley prometto che da oggi mi impegnerò al meglio delle mie forze per farti crescere in questo sciagurato mondo” continuò porgendo la mano con fare solenne alla ragazza. Ginevra inizialmente perplessa da quella strana uscita si riprese subito.
“Essia” esclamò stringendo con decisione la mano calda e grande del ragazzo “da oggi Draco Malfoy t’insegnerò a vivere”
Quei due strani ragazzi si guardarono negli occhi ma questa volta non per insultarsi o prendersi in giro, si osservavano e basta. Ginevra non avrebbe mai voluto staccare gli occhi da quelli grigi di Malfoy, ma dovette ricordare a se stessa che nonostante quel momento di serenità loro si odiavano e sarebbe sempre stato così. Lo sguardo le cadde allora su una massa rosa e nera al limite del suo campo visivo. Un ragazzo e una ragazza si stavano avvicinando, tenendosi per mano, al resto del pubblico. Lei aveva fra i capelli una bellissima margherita bianca e sorrideva felice al pari del ragazzo che le camminava accanto. Ginevra non poteva credere che quel tipo un po’ mingherlino e allampato fosse lo stesso ragazzo che aveva incoraggiato a dichiararsi giusto quel pomeriggio.
“Credo che il Signore sia già impegnato, meglio se spostate la mira verso altri” disse sarcastico e stizzito Malfoy, geloso che un ragazzetto gli avesse rubato l’attenzione dei lucenti occhi verdi di Ginevra.
“Aveva paura di dichiararsi, l’ho aiutato a farsi coraggio” disse piano Ginevra inorgogliendosi sempre più per l’ottimo risultato dei suoi consigli. La ragazza parlava vivacemente con un’amica e dal suo sguardo si poteva vedere lontano miglia quanto era felice e fiera del ragazzo che quel pomeriggio l’aveva stupita con un bacio leggero a fior di labbra. Ginevra guardandola con invidia si chiese se anche lei avesse un giorno potuto provare le stesse sensazioni.
Solo guardando quella giovane donna Ginevra si ricordò le parole del padre che l’avevano fatta soffrire tanto.
“Primo insegnamento Signor Malfoy, tenetevelo a cuore perché potrebbe evitare che un giorno vendiate vostra figlia al primo venuto. L’amore esiste per tutti!” disse raggiante Ginevra regalando un sorriso bellissimo all’uomo che lo stava aspettando da tanto.

 

 

 

 


Ciao! Fine capitolo… vi è piaciuto? Fatemelo sapere presto! Un bacio Giulia.

 

Per Blackangel: Ciao, grazie mille per il bel commento davvero. Mi ha fatto molto piacere. Scusami per gli errori di battitura, rileggo i capitoli tante volte, ma conoscendo già il testo mi sfuggono degli errori. Se ce ne sono anche in questo capitolo (ho controllato tre volte!) scusa ma allora sono davvero un caso disperato… La ragione per cui ogni tanto chiamo Ginevra Virginia sta nel fatto che ho incominciato a scrivere questa storia chiamandola Virginia poi ho cambiato ma mi è rimasta l’abitudine. Scusa guarda quanto ho scritto ma quando comincio non finisco più… spero che continuerai a farmi sapere cosa ne pensi perché ci tengo! A presto!

 

Grazie mille a tutti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


 
Il suo costume era sicuramente da buttare. Hermione avvolta in una corta e trasparente vestaglia era seduta con le gambe a penzoloni sul tetto del carro-alloggio.

“Ma guarda come me lo ha rovinato. È talmente pieno di strappi che non si troverebbe neppure un quadretto sano per farne un fazzoletto”
Hermione in preda ad un impeto di rabbia appallottolò quel che restava del suo vestito di scena e lo lanciò quanto più lontano poteva, ma essendo stoffa leggera non riuscì ad oltrepassare l’albero più vicino al carro. Ora, oltre ad essere furiosa per l’ubriaco e per il suo spettacolo rovinato era anche arrabbiata perché quell’inutile palotto di stoffa non aveva dato abbastanza importanza al suo sfogo.
Si accorse allora di una figura che avanzava verso di lei ondeggiando leggermente. Hermione sorrise malignamente sperando che quella persona fosse l’ubriaco di poco prima, e stava già facendosi mentalmente una lista di tutte le magie e sortilegi possibili da lanciargli contro. Ma, mano a mano che l’ombra avanzava, diventava sempre più chiaro il profilo di un ragazzo, magro e con i capelli notevolmente fuori posto.
“Non è lui, mannaggia” pensò con stizza e delusione Hermione mentre osservava incuriosita il nuovo arrivato avvicinarsi.
Ora lo poteva vedere chiaramente dall’alto del carro, era a meno di cinque metri da lei ma non si era accorto di essere osservato. Il ragazzo si chinò a raccogliere la pallina di stoffa vicino all’albero e la spiegò, probabilmente cercando di capire cosa poteva essere.
“Quello è mio” disse Hermione facendosi notare dal ragazzo per poter finalmente vedere il suo viso. Era un ragazzo molto carino, aveva in viso un’espressione stupita e un po’ allucinata, il che le fece una gran tenerezza. Hermione sorrise a quel ragazzo dai lucenti occhi azzurri, sperando che non la prendesse per pazza o scappasse. Ma il ragazzo considerava Hermione in tutti i modi fuorché pazza. Vedere stagliato contro la luce bianca della luna, il profilo armonioso e tondeggiante di quella strana ragazza, aveva risvegliato in lui un calore profondo, assopito nel suo cuore da troppo tempo.
“Hermione”
“I-Il vestito?”
“No” esclamò sorridendo la ragazza “io sono Hermione”
“Oh sì giusto” disse imbarazzato il ragazzo, abbassando lo sguardo sul tessuto che teneva ancora fra le mani.
Hermione rimase ad osservare perplessa il volto del ragazzo, muovendo da un lato all’altro la testa per cercare di attirare di nuovo l’attenzione su di sé.
“Non ti piaccio?”
“Eh?”
“Non mi vuoi dire il tuo nome, forse perché non credi che abbia l’aria simpatica”
“Scusatemi, sono Ron piacere di conoscervi” disse poi il ragazzo, mentre il lieve rossore nato sulle guance si diradava.
“Piacere mio. Dimmi Ron cosa ti porta in un paesino sperduto nella campagna a raccogliere gli abiti di una maga sventurata?” disse Hermione con spavalderia. Non sapeva neppure lei perché si era messa a parlare con quel tipo, ma le piaceva e poi adorava sentirsi padrona della situazione.
Ron si fece coraggio, ricacciò indietro la timidezza che troppo spesso prendeva il sopravvento sulle sue azioni e si avvicinò fino ad arrivare quasi a sfiorare con il viso i piedi nudi della ragazza.
“Forse dovrei rispondervi che sono semplicemente in cerca di mia sorella. Ora che sono qui, però credo di essere venuto solo per trovare nascosta fra gli alberi una bellissima fata al chiaro di luna”
La voce fresca e dolce di Ron sfiorò le corde del cuore di Hermione tanto da lasciarla senza parole, lei, che per tutta la sua vita non aveva avuto paura di rispondere a nessuno fosse un mendicante o un re. D’un tratto si sentì troppo svestita, le lunghe gambe nude che fino ad un momento prima aveva lasciato dondolare nel vuoto ora erano motivo d’imbarazzo e la leggera vestaglia non si adattava più alla situazione. “Sto arrossendo! Ballo seminuda davanti a centinaia di persone e arrossisco perché un ragazzo strampalato con i capelli rossi e sconvolti mi paragona ad una fata. Smetti di battere così forte cuore perché vorrebbe dire che sono vulnerabile”
Hermione ritrasse di scatto le gambe rannicchiandole vicino al petto e si avvolse attorno alle spalle lo scialle di Ginevra che aveva ancora con sé.
“Vi nascondete? Sono io ora ad avere l’aria antipatica?” disse dolce e un po’ sarcastico Ron.
Hermione guardò in malo modo Ron, offesa dal fatto di essere stata derisa dalle sue stesse parole. Il suo spirito combattivo era tornato ad essere più forte di quella strana sensazione di pudore che per pochi attimi si era impadronita di lei.
“Più che antipatica hai l’aria di un cucciolo strapazzato da un acquazzone. Dovresti imparare l’antica arte del pettine? Ti potrebbe fare comodo”
“So cos’è un pettine grazie” disse stizzito il ragazzo “il fatto è che non vogliono stare a posto”
L’immagine di Ron concentrato a schiacciarsi i capelli sulla testa era troppo divertente anche per l’animo arrabbiato di Hermione. La ragazza scoppiò a ridere e la sua risata era talmente dolce e coinvolgente che anche Ron, dopo aver guardato con perplessità Hermione, si mise a ridere.
“Non guardi lo spettacolo?”
“No, ero venuto a fare un giro da queste parti perché speravo di trovare mia sorella. Io e mio padre la stiamo cercando da due giorni ma ancora non siamo riusciti a trovarla”
“Oh mi dispiace” disse Hermione seriamente rattristata per il dramma di Ron.
Poi la sua espressione cambiò in un lampo. Capelli rossi, lievi lentiggini e corporatura magra, quello era il fratello di Ginevra! “Ma si può sapere perché gli impicci di mole gigantesca capitano tutti a me? Perché il guaio più grande che può avere Luna è trovare un ragno nel letto e a me capita di incontrare il fratello di una mia amica fuggitiva? E trovarlo molto carino per giunta!”
“Spero davvero che stia bene. Ginevra è una ragazza molto indipendente per la sua età ma a volte tende ad essere troppo impulsiva, agendo senza conoscere le conseguenze” disse Ron pensando con angoscia al destino di sua sorella.
“Sono sicura che sta bene” disse Hermione con un sorriso forse troppo marcato. La ragazza non sapeva cosa fare, stava lì seduta sul tetto del carro a torcersi le mani e si guardava frenetica intorno cercando un qualche aiuto.
“Lo spero tanto, mio padre la sta cercando in paese mentre altri tre suoi amici perlustrano i dintorni nella campagna. Pensate che non so neppure perché è scappata, mio padre non vuole parlare” disse con rabbia Ron ripensando alla mattina prima quando entrato nella camera di Ginevra l’aveva trovata vuota. Sapeva che suo padre era coinvolto, se non ne era la causa, della fuga di Ginevra ma non era riuscito, nonostante le tante domande a far confessare Arthur Weasley.
“Ripartirete domani?” chiese Hermione per cercare di cambiare argomento.
“Probabilmente resteremo qui per qualche altro giorno, poi forse andremo verso Londra”
“Beh… forse dovreste raggiungere vostro padre o si preoccuperà” Hermione doveva trovare il modo di correre da Ginevra per avvisarla che la sua famiglia era lì e la stava cercando.
“Fra tutte le cose che può fare mio padre preoccuparsi per me è l’ultima nella lista. Comunque penso che mi raggiungerà qui fra poco”
“Sempre felice di sapere che le cose vanno di bene in meglio! Quando aveva intenzione di dirmi che stava per arrivare il commerciante di figlie?” pensò al limite dell’agitazione Hermione.
“Scusa, devo andare!” disse poi tutto d’un fiato la ragazza alzandosi e saltando come una gatta giù dal carro per poi iniziare subito a correre verso il palcoscenico poco lontano. Ron rimase a guardare perplesso e stupito la ragazza sgusciare via dal suo sguardo in un fruscio di stoffa bianca. Il suo primo istinto fu di seguire Hermione nella sua bizzarra corsa ma poi la timidezza lo fece desistere.
“Cosa le dico? Ciao sono venuto ad impicciarmi dei fatti tuoi, in ogni caso ti ricordi di me? Sono quel tipo strano che ti ha raccolto un vestito distrutto da terra. A proposito lo sai che sei bellissima e mi hai incantato il cuore?” Ron sconsolato si diresse fuori dal piccolo parco andando incontro a suo padre.
 
“Hermione, cara, cosa succede? Hai visto un fantasma?” disse Christine quando vide la ragazza correre trafelata verso di lei. L’anziana signora si era unita a Ginevra e Draco qualche minuto prima quando aggirando il palco aveva trovato i due ragazzi fermi a fissarsi. Christine aveva già capito come quei due assieme erano come il fuoco e il vento, l’uno aizzava l’altro, così con un sorriso si era avvicinata alla coppia cercando di evitare che scoppiasse un finimondo.
“Tuo…padre” riuscì a dire Hermione fra i profondi respiri che faceva per riprendere fiato dopo la corsa.
“Mio padre è morto nel 1785, ed è seppellito nel cimitero di Hillary vicino a Londra. Faceva il carpentiere.”
“Non tuo padre” disse Hermione al limite dell’esasperazione “suo padre” concluse indicando Ginevra.
La ragazza si sentì mancare il cuore per un attimo, come se fosse stato risucchiato dalla tanta paura provata in un solo secondo.
“È qui?” chiese infine con voce tremante guardandosi furiosamente attorno.
“Sta arrivando, meglio se ti nascondi”
“Dove lo hai visto?”
“Ecco, non l’ho proprio visto. Diciamo mi hanno informato…ma poi scusa che importanza ha? Tuo padre è qui e se ti trova ti trascina per i capelli a casa!” disse impacciata Hermione mentre le guance si coloravano di porpora. Non aveva avuto il coraggio di dire a Ginevra di avere incontrato suo fratello.
“Hai ragione, ma cosa faccio? Mi tremano le gambe” disse sempre più agitata Ginevra spostando lo sguardo alternativamente da Hermione a Christine.
“Vieni con me” disse all’improvviso Malfoy da dietro le sue spalle.
“Il lombrico che avete nel cervello vi ha mangiato l’ultimo granello d’intelligenza? Non vengo con voi!”
“Avanti Ginevra pensaci bene. Ammettiamolo tuo padre non è l’uomo più arguto d’Inghilterra, ma quanto pensi che ci metterà a capire che sei nascosta qui? Di sicuro presto si ricorderà di aver visto la compagnia di maghi al tuo paese e capirà subito che sei fuggita con loro. Meglio se per questa sera non ti fai più vedere in giro. Raggiungerai i tuoi compagni domani mattina presto prima di partire” spiegò con pazienza Malfoy. Ginevra continuò a mantenere la stessa espressione di una bimba, persa fra la folla di una fiera, che si guarda in giro spaesata cercando i genitori.
“Il suo modo di pensare Signore si addice pienamente alla sua figura. Gli uomini alti e imponenti diventano ridicoli con una intelligenza mediocre e sciatta”
“Grazie Signora Christine, lei ha un interessante nuovo lato da scoprire ad ogni frase che pronuncia” disse Draco rimasto piacevolmente sorpreso dal complimento di Christine.
“Grazie lo so” disse sorridendo orgogliosa la donna “tornando al problemino di Ginevra, cara credo sia meglio se vai con il Signore. Sarai al sicuro e potrai riposare serena. Tornerai con calma domani mattina verso le sei quando partiremo”
“Christine non voglio andare con il Signore” disse decisa Ginevra anche sapeva che era la cosa migliore da fare “non voglio finire in un bordello”
“Porterete Ginevra fra le prostitute?” domandò diretta Christine.
“Signora non potrei mai, non ci sono bordelli qui” disse ironico Malfoy guardando dritto negli occhi Ginevra che si stava già infervorando.
“Perfetto dunque. Per questa volta Ginevra sei salva, ora va con il Signore” disse con il suo solito tono calmo e tranquillo Christine. Sembrava che i problemi o le discussioni non toccassero minimamente il suo umore, semplicemente le scivolavano addosso come acqua fresca.
 
Stavano camminando ormai da un bel po’, il paese non era molto grande così non avevano preso una carrozza, ma Ginevra pensava che Malfoy alloggiasse nell’alberghetto del paese e quando lo avevano oltrepassato spediti gli aveva chiesto come mai non si fossero fermati lì. Si era sentita rispondere in tono sbrigativo “Non alloggio in catapecchie pericolanti”.
“Povero piccolo! Il suo tenero ego è troppo smisurato e superiore per entrare in un semplice albero. Come avrò fatto ad essere così sciocca da non pensarci proprio non lo so” pensò oltremodo arrabbiata Ginevra.
“Dove stiamo andando di preciso allora? Vi avverto se mi accorgo che mi portate in un luogo isolato e buio…”
“Tranquillizzati Ginevra, siamo diretti nella casa di un conoscente. Piuttosto non mi dai più del tu? Fino a poco fa sembrava che ti fossi abituata alla nostra nuova intimità”
“L’intimità, se così vogliamo chiamarla, è svanita in pochi attimi e temo non tornerà mai più. Quindi non vedo perché continuare a darvi del tu”
“Perché io ti piaccio Ginevra, e anche tanto” disse Malfoy guardando la ragazza con sfida.
La sensazione di calore era tornata ad inondare Ginevra, tutta colpa del suo cuore traditore sempre pronto a sussultare ad ogni frase troppo indiscreta di Malfoy.
“Con un’intelligenza tanto sviluppata come la vostra ancora vi dilettate a dire scemenze?”
Malfoy si limitò a guardarla con sarcasmo e ironia, il che fece infuriare da matti Ginevra.
“Signor Malfoy le comunico con immensa gioia che non ho la minima intenzione di stare in sua compagnia un secondo di più. Addio”
Draco Malfoy rimase immobile a guardare fisso la figura di Ginevra girarsi e trotterellare via verso il paese. In vita sua non aveva mai incontrato una persona più strana di lei, un secondo pensava di aver capito il suo carattere e l’attimo seguente quella ragazza se ne usciva fuori con gesti o parole imprevedibili. Lo sconvolgeva completamente e, in meno di due giorni, era riuscita ad entrare tanto profondamente in lui da non riuscire più a non farla diventare parte di ogni suo pensiero.
“Al diavolo Malfoy, al diavolo il mio stupido cuore, al diavolo questa strana vocina che mi ronza nella mente e mi dice di seguire quel maledetto. Ma guarda che situazione!” pensò rabbiosa Ginevra.
“Ma cosa fate?” gridò Ginevra quando si ritrovò in un attimo in precario equilibrio su una spalla di Malfoy.
“Preferisci che ti tenda in braccio come una novella sposa?” disse sorridendo allegramente il ragazzo mentre invertiva il senso di marcia e si dirigeva verso la campagna aperta.
“Per l’amor del cielo no!” trillò Ginevra arrossendo.
“Esigo di essere posata a terra” disse la ragazza dopo che ebbe fatto un profondo respiro per acquietare la rabbia.
“Signor Malfoy, sono perfettamente in grado di reggermi in piedi senza sostegni dall’età di due anni e vi assicuro che vedere la vostra aitante figura ancora non mi fa tremare tanto le ginocchia da aver bisogno di aiuto” continuò Ginevra alterandosi leggermente dato che Malfoy non dava segni di voler rispondere.
“Mettetemi giù! Subito, voglio scendere” cominciò a strillare Ginevra agitando braccia e mani convulsamente cercando di colpire o perlomeno dare fastidio al suo sgradito portantino. L’unico risultato che ottenne però fu quello di schiacciare dolorosamente lo stomaco contro la spalla di Malfoy. Alla fine decise di rassegnarsi, con la forza non avrebbe risolto nulla, decise di optare per la diplomazia.
“Verrò con voi”
“Mi avete sentito? Non tenterò più di tornare in dietro”
“La sentite questa vocina provenire dalla vostra schiena? Non è un’allucinazione della vostra mente bacata, è reale. E non appartiene ad un sacco di patate, ma è di una ragazza, un essere umano che fra poco perderà i sensi per tutto il sangue defluito nel suo cervello!” concluse quasi urlando Ginevra.
“Siamo arrivati. Ricordami, se mai me ne scorderò, di non prenderti più in braccio, ne va del mio udito”
Appena Ginevra mise piede per terra si raddrizzò di scatto e si scagliò contro il ragazzo pronta a rovinargli quel bel viso a furia di graffi. Non calcolò minimamente di essere stata in una posizione strana per diverso tempo e che il sangue scivolando via in fretta dalla testa le avrebbe provocato un leggero capogiro. Ed ora era per terra, si era seduta di scatto, appena aveva avvertito mancarle la vista, tanto velocemente che Malfoy per qualche secondo non riuscì a capire dove era finita.
Miliardi di piccole lucette argentee le vorticavano furiosamente davanti agli occhi senza mai fermarsi. Piano cominciarono a diradarsi leggermente, tanto che Ginevra poté cominciare a vedere più nitidamente il panorama attorno a lei. Fra i bagliori lampeggianti riuscì a distinguere la sagoma di una costruzione, una casa molto grande. Strinse forte gli occhi e quando li riaprì non c’era più traccia di luci nel suo sguardo.
“Mi avete portato in una reggia?” chiese trasognata la ragazza quando finalmente poté ammirare i reali contorni della casa.
Malfoy guardò la ragazza con una strana sorta di compassione.
“Primo insegnamento Ginevra, questa è una semplice dimora di campagna, una reggia è un sogno ad occhi aperti che prometto ti farò vivere”

 

 

 

Nuovo capitolo! Spero vi piaccia, io mi sono divertita un sacco a scriverlo! Scusate il ritardo ma il mio computer per qualche giorno non mi apriva più niente, nemmeno una cartella. Credo sia di sesso femminile e per qualche giorno al mese ha anche lui le sue cose, vuole essere lasciata in pace a riposare (non sono una gran esperta di elettronica…). Fatemi sapere cosa ne pensate al più presto. Un bacione.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Capitolo 7


“Volete una tazza di tè Signore? Rilassa lo stomaco in trambusto”

“No Signora, per la seconda volta non lo voglio il suo tè. Voglio sapere dov’è mia figlia”
“Per la terza volta Signore, non so di cosa parla”
Christine e Arthur Weasley stavano intavolando questa bizzarra conversazione da quasi cinque minuti ed entrambi stavano cominciando a dare segni di nervosismo.
“Mi avete fatto perdere abbastanza tempo con le vostre inutili ciarle. So per certo che mia figlia ha trovato asilo presso di voi e ora, data la mia posizione di padre, la riprendo con me, volente o nolente” tuonò il Signor Weasley facendo sentire la sua voce anche ai ragazzi che dentro i camerini stavano togliendosi i costumi di scena.
“Signora giuro su quello che vuole che se Ginevra non salta fuori entro cinque secondi le ribalto i carri e li riduco in segatura fin tanto che neppure un insetto riuscirebbe a trovarvi riparo dalla pioggia”
“Signore ho ormai sessantacinque anni, quasi un primato considerando i tempi che corrono” cominciò a parlare calma ma stranamente secca Christine “da cinquanta anni faccio questo mestiere. In vita mia ho sopportato il freddo pungente, gli insulti, e le vendette più insensate e folli, crede seriamente che ora, vecchia come sono, mi faccia intimidire da un ometto venuto da chissà dove? Sua figlia non è qui e spero con tutto il cuore che lei non possa mai ritrovarla”
Arthur Weasley ebbe il primordiale impulso di scagliarsi come una furia verso la donna ma la sua parte razionale e saggia gli impose la calma. Ma non per questo avrebbe rinunciato, Ginevra era fuggita con quelle persone e lui l’avrebbe ritrovata, a costo di inseguirla in capo al mondo.
“Troverò mia figlia, statene certa. Arrivederci Signora” disse gelido l’uomo prima di girarsi di scatto e andarsene impettito e infuriato come un gallo.
Christine rimase ferma a guardarlo con un’espressione triste e perplessa in viso.
“Sei preoccupata per Ginevra?” chiese cauta Hermione appena sopraggiunta alle sue spalle.
“Non ha voluto neanche una tazza di tè, mi dispiace” disse imbronciata l’anziana signora.
“Christine a volte penso che tu non viva realmente in questo mondo” disse provocatoria la giovane maga. Ma Christine si limitò a sorridere dolcemente.
 
Ginevra uscì sul balcone di quella che per una sera sarebbe stata la sua camera da letto, chiedendosi come facesse un semplice terrazzo ad essere così bello. Tutto in quella casa era meraviglioso, dal giardino con le sue piante e i suoi fiori, dalla camera da letto, per cui ancora la ragazza doveva trovare un aggettivo adatto a descriverla, fino al Signor Thomson il proprietario della villa.
“Signorina entrate in casa, comincia a fare troppo freddo per restare fuori la notte”
“Ma mi ha sentito?” chiese insicuro il Signor Thomson a Malfoy vedendo che la ragazza non accennava a muoversi.
“Si è incantata, sembra sia una sua particolare dote” rispose svogliato Malfoy mentre, comodamente seduto sorseggiava il suo tè “voi non fateci caso”
Il padrone di casa allora tornò a guardare Ginevra con lo sguardo ancora perso fra i campi avvolti dal buio. Non si era sorpreso quando il suo amico era tornato a casa con una così bella ragazza, quello che lo aveva incuriosito era il modo in cui lui la trattata e la guardava. Draco non perdeva occasione per sfiorarla o starle vicino eppure lei si allontanava di scatto arrossendo, anche se continuava comunque a cercare lo sguardo del ragazzo. Formavano una coppia seriamente bizzarra ma molto pittoresca.
Qualcosa le era saltato addosso. Qualcosa di grosso, pesante e peloso. Ginevra lanciò un grido quando il grande gatto le balzò sulla schiena restando per qualche istante in precario equilibrio sulle sue spalle. Poi quando la ragazza incominciò una folle danza isterica per liberarsi di quello che per lei era un indefinito e pericoloso essere, il gattone scese a terra con un balzo.
“Se continui a girare così farai un buco nel pavimento” disse sarcastico Malfoy scattato in piedi appena sentito l’urlo di Ginevra.
“Cos’è? Dov’è andato? Mi è ancora addosso?” disse in preda all’agitazione Ginevra che non aveva ancora smesso di rigirarsi e controllare se non aveva cose strane sulle spalle.
“Guarda vicino ai tuoi piedi”
Un gatto! Ginevra abbassò lo sguardo e immediatamente nel secondo dopo aver capito di essersi agitata come una pazza per un gatto, si sentì molto sciocca. Era un bel micio grasso bianco e nero, ma i due colori erano talmente mischiati che creavano un’incredibile confusione sulla sua schiena.
“Questo gatto mi giudica pazza” disse con immensa serietà Ginevra guardando gli occhi neri e scintillanti del micio. Sembrava la stesse prendendo in giro e che pensasse “Tesoro quasi non valgo tutte queste urla isteriche”
“Probabilmente anche la sua intelligenza si adatta alla stazza”
Ginevra inviperita sorpassò con uno svolazzo sia il gatto che Malfoy e si andò a rifugiare in bagno.
“Ci mancava il gatto. Mio padre, Malfoy e i vari clienti depressi non bastavano a farmi uscire abbastanza di testa” borbottò fra sé e sé mentre chiudeva la porta del bagno con tragica solennità.
“Non è mio il gatto” disse con timore il Signor Thomson. Non aveva osato parlare durante tutta la bizzarra scena di poco prima per paura di essere aggredito da uno di quei tre folli esseri viventi che nel giro di qualche minuto avevano riempito casa sua.
“Lo so, è suo” si sentì rispondere da Malfoy.
“Non credo che la Signorina Ginevra voglia tenerselo”
“Questo è certo, ma il gatto vuole restare con lei quindi ora è il suo” disse piano Malfoy chinandosi verso il micio per accarezzarlo sul morbido collo “ti piace vero? È un po’ matta, ma è fantastica”
“Eddie puoi chiedere a qualcuno di preparare il letto nella stanza accanto?” chiese infine Malfoy quando si fu rialzato da terra.
“Certo, ma credevo che restassi qui”
“Non avrei nulla in contrario a restare se la signorina fosse d’accordo, ma visto che per il momento ha centinaia di ragioni per odiarmi mi limiterò a dormire nella stanza vicino a questa”
“Vado subito a cercare Rosie” e così dicendo uscì dalla stanza in cerca della cameriera. Aveva decisamente rinunciato a capire quei due ragazzi, stavano giocando ad un gioco di cui solo loro conoscevano le regole.
La rabbia di Ginevra stava aumentando a dismisura.
“Maledetta me. Come può la mia mente permettere al mio corpo di subire un tale trambusto emotivo. Ora lo so, comincerò a dimagrire o ingrassare dipende dai casi, in ogni modo se non la smetto di essere continuamente agitata il mio fisico è condannato alla rovina” brontolò da sola Ginevra mentre si sfilava il vestito da chiromante e si sciacquava il viso. Decise di concedersi un bagno, chissà quando avrebbe avuto ancora la possibilità di lavarsi i capelli in modo decente. L’acqua calda della vasca la fece rilassare e le sembrava quasi che i muscoli le facessero male mentre scaricavano tutta la tensione accumulata di quei giorni. Quando uscì dalla vasca si sentì rinata, la sua pelle era tornata morbida e i suoi capelli finalmente non erano più secchi e avviliti ma avevano ritrovato il loro vitreo splendore.
“Profuma anche l’asciugamano, ma che bellezza. Mi sembra di essere una principessa” pensò estasiata mentre si tamponava i capelli seduta su di una sedia. Il suo fantasticare sognante però fu interrotto da un lieve bussare alla porta.
“Signorina sono Rosie, la cameriera. Le ho portato una camicia da notte. La lascio qui fuori?”
“Eh? No arrivo, un secondo” rispose Ginevra confusa. Si trovò davanti il viso tondo e sorridente di una donna di mezza età, che le passò con gentilezza una camicia ben piegata.
“Buonanotte Signorina. Mi troverete nella camera in fondo al corridoio, chiamate se vi occorre qualcosa” disse poi con un inchino prima di dileguarsi velocemente.
“Grazie Signora” bisbigliò confusa Ginevra, ma la cameriera era già fuori della stanza. Aveva avuto la strana sensazione che quella donna la guardasse con complicità e ammirazione ma non sapeva trovarne il motivo.
Spiegando la camicia rimase ancora più stupita di prima. La leggera e fresca seta rosa della vestaglia fasciava morbida il suo corpo arrossato dagli asciugamani ruvidi. Per essere un semplice pigiama era davvero esagerato. Le arrivava a mala pena al ginocchio e aveva una profonda scollatura a cerchio guarnita con un lieve pizzo di rosa intenso.
“Scusa ma quella cameriera dove pensa che debba andare con questa roba addosso? Chissà quante pieghe orribili farò a questa meraviglia dormendoci sopra”
Ginevra osservò il suo riflesso nel grande specchio del bagno, le stava benissimo.
“Vorrà dire che farò finta di essere una dama aristocratica per questa notte” E drizzando la schiena uscì, con quella che lei sperava fosse eleganza, dal bagno.
“Dovete essere un’allucinazione dovuta al caldo del fuoco perché in terra non può esistere un essere tanto bello”
“Siete rimasto qui tutto questo tempo?” domandò Ginevra trovando a pochi metri da lei Malfoy seduto vicino al fuoco.
“Vi aspettavo”
“Non vi dovevate disturbare. Comunque sono riuscita ad uscire sana e salva dal bagno, quindi non c’è più bisogno che vegliate su di me” Non aveva la minima intenzione di litigare, ne aveva avuto abbastanza per quel giorno. Così cercò di non far caso a lui, mentre sistemava ordinatamente sul letto il suo vestito. La cosa si rivelò più difficile del previsto. Poteva sentire gli occhi del ragazzo scrutare ogni minimo particolare nel suo corpo, ma la cosa che le risultava più strana era la sua reazione. Non era arrabbiata o infastidita come avrebbe voluto essere, sentiva invece uno strano piacere, inatteso e bruciante, pervaderla completamente fino a farle desiderare di essere guardata da lui per sempre. Si voltò piano e ancor più lentamente si diresse verso il suo attento osservatore. Era ammaliata dai suoi occhi, dal suo sguardo tanto intenso da bloccarle il respiro e farla avvampare. Se in quel momento lui si fosse alzato e l’avesse divorata di baci e carezze per tutta la notte, lei non avrebbe più avuto la forza di staccarsi da lui. Se quel giorno in cima alle scale di casa sua Malfoy avesse avuto il tempo di baciarla tutta questa situazione non esisterebbe, perché sarebbe andata contro a tutto ciò che aveva di più caro, pur di restare assieme a quell’uomo venuto dal nulla. Fortunatamente per Ginevra, Malfoy non sapeva niente di tutto questo e rimase seduto a guardala avanzare con tutta la sua innata grazia.
“Sei una delle poche cose al mondo che sanno catturare così voracemente i miei desideri” disse piano Draco, continuando a tenere gli occhi fissi su Ginevra ora ferma dinnanzi a lui. La ragazza si sentì arrossire, ma rimase immobile, inebriata da quegli occhi e dal piacere che le facevano provare. In un secondo lo aveva fatto. Si era chinata e aveva sfiorato leggera le sue labbra alla guancia del ragazzo rimasto fermo per lo stupore e l’imprevedibilità del gesto. Poteva ancora sentire il lieve calore del suo respiro e il dolce tocco delle labbra sulla sua guancia mentre, guardando la ragazza correre a sedersi vicino al fuoco, aspettata che il suo cuore smettesse di battere tanto velocemente.
“Perché?”
“Per non avermi mai baciata. Non avrei mai conosciuto Hermione, Luna, Christine o Harry, tutti insomma, se non fosse per quel bacio non dato” disse sorridendo sollevata Ginevra. Si sentiva finalmente in pace con se stessa e felice. Certo non è che Malfoy avesse contribuito in parte così grande alla creazione della sua nuova vita, ma aveva sentito un moto di gratitudine immensa salirle verso la gola e aveva agito d’impulso.
“Dove pensavate di finire se vi avessi baciato?” chiese curioso Malfoy.
“Dove siete andato una volta uscito da casa mia l’altro giorno?”
“Alla taverna”
“Allora credo proprio che sarei finita alla taverna anche io” sussurrò Ginevra timorosa di dire quelle parole per paura di mostrare la sua debolezza.
Draco Malfoy, uomo dotato di grande perspicacia e intuizione, rimase interdetto. Non sarebbe mai riuscito a capire quella dolce creatura di luce talmente sorprendente da lasciarlo senza fiato. Era terribilmente bella, sedeva composta a terra davanti al camino e si pettinava distrattamente i capelli cercando di nascondergli il viso in fiamme. Mai in vita sua aveva provato un tale rimescolamento di sentimenti, a volte sentiva di non sopportarla mentre in altri momenti, come in questo, provava tenerezza e un incontrollabile desiderio.
“E lui cosa ci fa qui?” esclamò Ginevra quando il gatto che poco prima l’aveva stupidamente spaventata, le passò davanti con aria fiera per andare ad appallottolarsi ai piedi di Malfoy.
“Ma è il vostro gatto?” domandò stupita.
“No, ma questo bel gatto è arrivato alla mia stessa conclusione”
“Ossia?”
“Non ha intenzione di allontanarsi da voi” disse con voce calda e vibrante il ragazzo. Ginevra sentì rassegnata il suo stomaco fare un sobbalzo.
“Ma io non voglio gatti”
“Credo non gli importi molto di quello che pensate. Ha deciso di stare con voi e basta”
“Voi e quel gatto v’intendete a meraviglia”
“Desideriamo le stesse cose”
“Se mai dovessi incominciare a fare l’attrice non ci sarà bisogno di tingermi le guance di rosso. Basterà che ci sia lui fra il pubblico e avrò una tonalità porpora assicurata per ore” pensò sarcastica Ginevra arrabbiandosi con se stessa per il suo continuo avvampare.
“Comunque sia non credo che Dragonfly gradirà la sua presenza nella compagnia”
“Questa è una questione che discuteranno in privato loro due” esclamò serio Malfoy.
Ginevra guardò perplessa Malfoy, poi spostò lo sguardo sulla palla di pelo che dormiva sul tappeto.
“Così vuoi restare con me?” disse in un sussurro la ragazza avvicinandosi piano al gatto. Per tutta risposta lui si alzò e frullando più volte su se stesso si arrotolò di nuovo dandole la schiena.
“Ehi, guardami negli occhi quando ti parlo” protestò offesa Ginevra. Vedendo che l’animale non dava segni di vita, si acquattò vicino a lui e prese a stuzzicargli con le dita le fini orecchie.
“Ahi, mi ha graffiata!” urlò più sorpresa che arrabbiata voltandosi a guardare Malfoy come se lui potesse dirle il perché di quel cattivo gesto.
“Gli avete dato fastidio e lui vi ha fatto notare che non era il caso” disse con semplicità il ragazzo.
“Prendetelo voi, sareste una coppia perfetta. Scorbutici e intrattabili tutti e due” disse piccata Ginevra tornando a sedersi vicino al fuoco.
“Suvvia, ci sarà qualcosa che ti piace in noi. Altrimenti non staresti qui” disse provocatorio.
“Quando lo troverò, ve lo comunicherò seduta stante” rispose melensa la ragazza.
“Perché porti sempre quel ciondolo?” chiese Malfoy interrompendo il lungo silenzio che si era creato dopo la frase di Ginevra. Aveva notato già dal primo giorno il bel ciondolo che Ginevra portava al collo, e ora era curioso di sapere dove si fosse procurata una pietra tanto bella e rara in Inghilterra.
La ragazza portò istintivamente le mani al piccolo pendaglio dalla forma contorta, sorridendo pensando a tutti i ricordi che erano legati a quella pietra.
“Era di mia madre. Quando aveva dodici anni, in una gita in campagna con la famiglia, trovò uno strano sassolino sulle rive di un fiume. Le piaceva molto perché era diverso dagli altri, non si lasciava trasportare dalla corrente ma rimaneva saldo al suo posto. Solo quando lo portò da un orefice scoprì che si trattava di un’ametista”
“Doveva valere una fortuna. È ancora una pietra molto apprezzata ma non ha lo stesso valore di cinquanta anni fa”
“Sempre soldi eh? In ogni caso per mia madre quel ciondolo significava molto di più. Esattamente un mese dopo aver trovato l’ametista, la prima volta che se la mise al collo, incontrò mio padre e s’innamorò perdutamente. Mia madre diceva sempre che questa pietra conosce il segreto dell’amore”
“Segreto?”
“Signor Malfoy, Molly Weasley era fondamentalmente una donna fuori di testa, e molta della sua pazzia l’ha allegramente tramandata a me. Ora, visto e considerato che sono matta, non mi riesce difficile pensare che questo semplice sasso sappia cos’è l’amore, come faceva, del resto, mia madre. Ma capisco che per un estraneo, una persona sana di mente intendo, tutto questo possa sembrare illogico e stupido. In conclusione, non ho la più pallida idea di quello che voleva dire mia madre, ma ci credo ciecamente lo stesso”
“La Signora Weasley doveva essere una persona molto speciale e allegra”
“Si” disse con triste dolcezza Ginevra “era cordiale con tutti, piena di care amiche pronte ad aiutarla. L’unica pecca nella sua vita fu la sfortuna di innamorarsi di un uomo che lentamente l’ha distrutta nonostante l’amasse. Il matrimonio dei miei genitori fu felice, per i primi anni, quando nacquero i miei fratelli più grandi, poi incominciarono i problemi. Mio nonno era morto e mia madre, nonostante discendesse da una famiglia benestante si trovò senza un soldo. Mio padre, da grande amante dei soldi qual è sempre stato, non ebbe più a disposizione il sostentamento finanziario fino allora garantito dal suocero e iniziò a sperperare i risparmi racimolati dalla moglie, fino ad esaurirli. Mia madre si spense poco alla volta di tristezza e dolore, ma mai di rimpianto”
“Amava ancora Arthur dopo quello che le aveva fatto passare?” domandò incredulo il ragazzo.
“Mio padre non è un cattivo uomo” rispose Ginevra scandendo bene le parole “vuole i soldi, li cerca e li desidera. Sono per lui la cosa più importante ma amava veramente mia madre, e questo lei lo sapeva”
“Certo, immagino che avrà trovato il tempo di starle accanto negli ultimi giorni fra una partita di carte e una scommessa”
“Smettetela! Come fate ad essere così cocciuto?” disse balzando in piedi Ginevra “perché non siete capace di credere che qualcuno possa amare un’altra persona nonostante i suoi difetti?”
“Perché un difetto che porta all’esasperazione e poi alla morte del consorte mi sembra un tantino troppo esagerato per essere sorvolato con leggerezza”
“Non lo sorvolo affatto! Pensando a mio padre in questi giorni sono stata preda di così tanti sentimenti che ormai non so più nemmeno io cosa sento. Prima lo odiavo, poi ero preoccupata, poi solo infastidita. Anche ora se ripenso a quel povero ometto seduto sul mio divano a torcersi le mani mentre Arthur blaterava di voi mi viene una rabbia”
“Quale ometto?” chiese curioso Malfoy sperando di poter interrompere l’infinito parlare isterico della ragazza.
“Il Signor Paciock, credo ve ne ricorderete” disse sbrigativa Ginevra ancora presa dal pensiero del padre.
“Giusto ora ricordo. Ma era in casa quel giorno?”
“Si, che vergogna. Poverino era imbarazzato più di me”
“Sarà scappato appena ne avrà avuto occasione”
“Si ma non è servito a molto” disse triste Ginevra tornando a sedersi per terra.
“Perché?”
“Insomma non sono affari che vi riguardano” disse agitata la ragazza. Non voleva dirgli di essere praticamente stata venduta ad uno sconosciuto dallo stesso padre che fino a qualche minuto prima aveva strenuamente difeso.
“Ginevra ditemelo”
“No” disse incrociando le braccia come una bambina arrabbiata.
“Non stai tentando di resistermi vero? Sai che non ci riuscirai mai”
Ginevra si voltò di scatto verso la fonte di voce odiosa, pronta a ribattere combattiva il suo diritto alla riservatezza, ma le parole le morirono in gola. Malfoy le si era avvicinato e ora guardava dritto nei suoi occhi scaldandole l’anima e i sensi.
A un occhio esterno questa scena potrebbe sembrare incredibilmente romantica, due giovani innamorati seduti vicino al fuoco a sussurrarsi parole d’amore, coccolando di tanto in tanto il gatto addormentato ai loro piedi. L’estraneo ovviamente non conosceva il carattere incandescente dei due ragazzi.
 
 
 
Fine capitolo! Vi è piaciuto? Un consiglio… è carino che i due protagonisti parlino per una volta tanto normalmente invece di saltarsi alla gola? A me sembrava bello e pacifico, però sono un po’ insicura. Fatemi sapere cosa ne pensate al più presto! Un bacione Giulia.
 
Grazie a tutti per le recensioni mi hanno fatto davvero tanto piacere!
Ferefe84 – Visto niente ritardi! Ti piace questo capitolo? Grazie mille.
Un grazie anche ad Agata e MiaBlack, ecco il nuovo capitolo continuate a dirmi se vi piace ci tengo! Un bacio
Evenstar – Grassie! Sono contenta che ti piaccia la mia storia. Il libro “Rosa d’inverno” è molto carino. Personalmente non adoro i libri molto sdolcinati ma l’idea e la trama del racconto sono davvero belle! Te lo consiglio! Fammi sapere se ti piace anche questo capitolino! Un bacio.
BlackAngel – Non preoccuparti, ne so qualcosa di gente che si scorda le cose… mantengo un primato invidiabile! La figura dell’ubriaco nel capitolo 5 l’ho inserita per movimentare la scena e cambiare panorama, però l’uomo me lo sono immaginato come un tipino alto e magro ma con i capelli unti e pieni di foglie. Nel mio pazzo immaginario lavora come zappatore di ravanelli e si chiama Rufus. Sono contenta che ti sia piaciuto l’incontro fra Ron ed Hermione, credevo di aver reso male i pensieri dei due ragazzi! In ogni caso ti piace il nuovo capitolo? Spero di si! Un bacio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 

 
Capitolo 8
 
 
Ginevra si alzò di scatto e correndo si rifugiò sul balcone, fuori dalla vista della serpe che la faceva impazzire. L’aria fresca le rinfrescò il viso e i pensieri. Non dovevano stare così vicini, scorreva troppa energia perché riuscisse a sopportarla. Vide una pianta di more crescere disordinata sulla parete della casa e troppo golosa per resistere, strappò un piccolo frutto nero e lo assaggiò.
“Buono?” chiese una voce cantilenante e meravigliosa dietro di lei.
“Deliziosa” rispose sfoggiando il sorriso più disarmante e sensuale che riuscisse a fare. Vide gli occhi dell’uomo scintillare di bellezza e desiderio e sentì dentro di lei un piacere profondo di vittoria mista a felicità. “Perché poi dovrei essere felice se Malfoy mi guarda come se fossi una mora succosa” pensò confusa.
“Entra in casa. Hai ancora i capelli bagnati ti prenderai un malanno”
“Sto bene qui” rispose Ginevra in tono di sfida. Sapeva perfettamente che Malfoy aveva ragione, poteva già sentire avanzare il mal di testa, aveva agito solo per puro spirito di contraddizione.
“Guarda, ti è venuto a cercare anche lui”
Lo sguardo curioso di Ginevra si spostò impercettibilmente sul gatto apparso, da qualche istante dalla porta finestra del balcone. La guardava come se si aspettasse da lei qualcosa talmente semplice da farla sentire una sciocca per non riuscire a capirlo.
“E va bene entro. Come siete pedanti” disse sbuffando la ragazza mentre con un balzo aggirava Malfoy.
“Ecco Signor Gatto, qui vado bene?” domandò sarcastica seduta davanti al fuoco come poco prima.
Il micio non dette segni d’insofferenza, tornò a stendersi sul tappeto ma questa volta frapponendosi fra Ginevra e la porta del terrazzo.
“Hai proprio deciso di salvaguardare la mia salute! Grazie. Posso darti un nome? Non mi piace chiamarti gatto” L’animale sbadigliò e, prima di chiudere gli occhi per dormire, emise un flebile miagolio.
“Dunque?” chiese perplessa Ginevra al gatto.
“Il nome è un affare da umani, non gli interessa come lo chiami” tradusse per lei Malfoy.
“Capito” Poi lo sguardo della ragazza si fece sadico “quindi potrei chiamarti Pino mugo o Ostrichetto. Ci pensi Ostrichetto quando urlerò a squarciagola il tuo nome in una piazza piena di persone? Tutti potranno apprezzare il tuo portamento e la tua virilità”
Lo vedeva, stava incominciando a tremare, fra poco se avesse continuato le sarebbe saltato addosso per ucciderla, ma per ora si controllava restando superiore alle provocazioni.
“Oltre che scorbutico sei anche permaloso. Ma guarda che razza di gatto!”
Poi piano si avvicinò al micio e gli accarezzò lieve la piccola testa. Il gatto sembrò passare sopra all’attacco al suo orgoglio felino appena subito, e storse il collo per meglio apprezzare le dolci coccole.
“Onice” bisbigliò Ginevra “è il colore dei tuoi occhi, tutti neri. Ti piace?”
Il gatto si concesse un’ultima carezza e poi tornò ad appisolarsi respirando rumorosamente.
Ginevra si voltò raggiante verso il ragazzo alle sue spalle.
“Gli piace?” chiese con un sorriso speranzoso.
“Credo proprio di sì”
“Evviva”
Draco osservava tenero dall’alto della sedia quella dolce ragazza accarezzare veloce il dorso del gatto e avrebbe voluto che un pittore dipingesse quella scena. Niente al mondo gli sembrava potesse trasmettere tanta pace e serenità del vedere Ginevra, quella combattiva e pazza ragazza, coccolare allegra e sognante un micio scontroso.
“Credo sia meglio andare a letto ora. È tardi”
“Già, non mi ero accorta che fosse così tardi”
Ginevra ora non sapeva cosa fare. L’imbarazzo per tutta quella situazione le pesava addosso come un macigno impedendole qualsiasi reazione. Quella sera era stata inaspettatamente bene.
“Beh buonanotte Malfoy, questa sera mi sono divertita davvero tanto ma ricordati che continuo ad odiarti e quindi da domani si ritorna a litigare. Guarda se non ti presenti domani mattina con aria battagliera pronto a lanciarmi addosso i peggiori insulti finirò per perdere sul serio la testa per te. E non sarebbe una buona cosa, visto che già adesso fatico a controllarmi… chissà cosa farebbe se gli dicessi veramente queste cose? Meglio non pensarci, ho paura che la risposta potrebbe farmi piacere invece che disgustarmi” rifletté fra sé e sé Ginevra.
“Buonanotte Ginevra” disse Malfoy, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
“Sta venendo qui? No va alla porta. Magari! Sta proprio venendo qui. Ginevra muoviti, fa qualcosa” pensò allarmata.
“Volete che vi baci Ginevra?”
“No!” esclamò con foga Ginevra, troppa perché potesse risultare pienamente sincera.
“Non voglio più il voi” disse di scatto l’uomo ormai vicino alla ragazza.
“Cos’è che non volete?”
“Voglio che mi dai del tu. Odio le formalità antiquate. Poi dobbiamo sposarci, non vorrai dare a tuo marito del voi?”
“Smettetela. Lo sapete che quando cominciate ad essere ironico e mi prendete in giro, i vostri occhi s’illuminano e si allargano leggermente? Sembrate una triglia” rispose seccata Ginevra, anche se poi si stupì di se stessa per aver osservato così attentamente Malfoy da accorgersi dei piccoli particolari del suo carattere.
“Prima o poi comincerai a farlo istintivamente come questa sera dietro al carro, quindi tanto vale che deciderai di tua spontanea volontà”
“D’accordo” disse piano Ginevra dopo qualche secondo di silenzio.
“Ora andiamo a letto” continuò la ragazza. Voleva veramente dormire, si sentiva stanca e ancora molto in imbarazzo per la presenza di Malfoy.
“Buonanotte Ginevra. Dormi bene” sussurrò piano Draco.
Battito irregolare. La mano del ragazzo salì verso la sua guancia. Battito accelerato. Una delicata carezza partì dallo zigomo per finire, passando dal collo, fino a dietro l’orecchio. Battito decisamente accelerato. Il nastro che teneva legati i capelli fu slacciato in un colpo. Battito udibile ad un metro di distanza. I capelli delicatamente appoggiati sulle spalle e la mano che scivolò via, scorrendo sulla clavicola e poi ancora sul collo. Il cuore di Ginevra a quel punto era schizzato fuori dal petto, partito per luoghi meno a rischio infarto di quello.
In un attimo Malfoy era sparito, o forse lei era rimasta talmente tanto imbambolata da quelle carezze da non accorgersi neanche che il ragazzo era uscito dalla stanza.
“Come riesce a sconvolgermi tanto?” si chiese stupita Ginevra, senza sapere che nella stanza accanto Malfoy si stava ponendo la stessa domanda senza trovare risposta.
Il letto fu una vera benedizione, si stese allungando le gambe il più possibile e sprofondò la testa nel gonfio cuscino.
“Onice? Vuoi dormire con me?” domandò un po’ esitante al gatto, che steso sul tappeto, la guardava interrogativo. In un attimo il grande gatto era già saltato, con una straordinaria agilità per la sua mole, sul letto e si era elegantemente sistemato vicino alle ginocchia di Ginevra.
 
Perché non aveva tirato le tende prima di andare a letto questo proprio non se lo sapeva spiegare. Il sole, spuntato all’orizzonte ormai da un’ora, illuminava completamente la camera di Ginevra svegliandola. La ragazza tirò via con forza le coperte e chiuse con gesti di stizza le tende fino ad oscurare, al meno in parte, la stanza. Poi velocemente s’infilò ancora nel letto, lanciando uno sguardo di stizza ad Onice che aveva preso guardarla male per averlo svegliato.
Con un sospiro beato chiese gli occhi cercando di ripescare nella sua mente il sogno interrotto bruscamente a causa della luce. Concentrata decise di ignorare il rumore proveniente dal corridoio poiché sapeva già che era la cameriera venuta a svegliarla.
“Signorina, sto entrando” disse leggermente innervosita Rosie dopo che ebbe bussato per la quarta volta alla porta di Ginevra.
“Deve alzarsi Signorina Ginevra, i suoi compagni l’attendono fra un’ora al parco” disse pacata la cameriera vedendo lo sguardo truce che le aveva lanciato la ragazza nel letto.
“Hai ragione Rosie. Ora mi alzo”
“Bene le vado a preparare un bagno caldo”
Sbuffando sonoramente la ragazza scostò nuovamente le coperte e si sedette sul letto accarezzando distrattamente Onice.
“Il bagno è pronto” trillò energica Rosie da dentro il bagno della sua camera da letto.
Era davvero una splendida giornata. Il sole brillava alto nel cielo spazzando via la fredda umidità della notte. Ginevra, in terrazza, assaporava calma il tiepido calore sul suo viso, mentre avvolta in un morbido asciugamano aspettava che le ultime gocce d’acqua si asciugassero sulla sua pelle. La sua attenzione fu catturata in un lampo da una scia bianca entrata per un attimo nel suo campo visivo e poi subito scomparsa. Ai suoi piedi era atterrata con grazia una splendida rosa bianca, appena schiusa e ancora bagnata della rugiada mattutina.
“Devi aver fatto davvero colpo anche su Eddie se mi ha permesso di raccogliere una sua preziosa rosa per regalarla a te” La voce di Malfoy proveniva da un imprecisato punto alla sua sinistra ma, anche guardando attentamente Ginevra non vede nessuno.
“Non sono diventato invisibile se è questo che stai pensando. Sporgi il tuo delizioso capino dal balcone”
Ginevra raccolse svelta la rosa che per la sorpresa aveva lasciato per terra e si diresse svelta verso l’elegante ringhiera. Piegando quasi completamente il busto in avanti poteva vedere, nascosto da un’alta quercia, un altro terrazzo grande come il suo.
“Dovrò ringraziare il Signor Thomson per il magnifico regalo”
“Ma la rosa l’ho colta io per voi” esclamò Malfoy risentito.
“Avete la stessa espressione di un bimbo arrabbiato” disse ridendo la ragazza “in ogni caso vi ringrazio molto per la rosa”
“Ti sei scordata cosa avevamo stabilito ieri sera?” investigò Draco.
“Come? Ah giusto, ti ringrazio molto per la rosa”
“Ci siete ancora?” chiese perplessa Ginevra non sentendo una risposta. La vaga figura del ragazzo che prima intravedeva a stento fra i rami ora era sparita, così si sporse ancora di più dal parapetto.
Le era caduta la rosa! Maledetto asciugamano che aveva deciso di sciogliersi proprio mentre era tanto sbilanciata. Non era finita a terra ma si era appoggiata in precario equilibrio su un ramo della quercia.
Se metteva un piede in fallo era decisamente morta. Fare l’equilibrista sul piccolo cornicione di mattoni che accerchiava la casa e passava alla base del balcone, le era sembrata un’ottima idea per raggiungere la rosa, ma ora si stava rapidamente pentendo della sua scelta.
“Su non è difficile, devo solo attaccarmi a questo ramo qui, poi passare veloce in quello più in là, appoggiare i piedi su quello basso e sedermi su quello grosso. Bene sono in grado di farlo, spero”
Ginevra sospirò forte, si puntellò con le mani al muro e poi saltò. Attaccarsi al primo ramo fu la cosa più complicata, per un attimo tremendo le sembrò di perdere la presa ma subito si aggrappò ben salda. Con uno slancio si gettò verso l’altro ramo e afferrò anche questo appoggiando subito i piedi al tralcio sotto di lei. Ora che il peggio era passato scivolò sinuosa verso il sul ramo più grande dell’albero e si sedette.
“Altro che Harry!” disse trionfante Ginevra guardandosi attorno con aria gloriosa.
“Mi spieghi cosa fai sull’albero?” chiese sarcastico e innervosito Malfoy. Il ragazzo era arrivato giusto in tempo per vedere l’esibizione aerea di Ginevra, ed ora stava appoggiato alla ringhiera guardandola truce.
“Sei sparito e per trovarti mi è cascata la rosa. Penso che incomincerò a fare l’acrobata” rispose allegra.
“Io invece penso che ti porterò al più vicino manicomio, e anche in fretta” esclamò irato Malfoy “credevi di essere una scimmia forse? Se cadi da lì ti spacchi l’osso del collo piccola pazza!”
“Sono stata attenta” si difese piano Ginevra. La sua euforia era stata schiacciata dalla concreta logica di Malfoy e ora si sentiva sciocca e tremendamente insignificante.
“Ragazzina incosciente, non serve stare attenta, sono queste cretinate che non devi fare! Non ti si può lasciare sola un attimo come i mocciosi”
“Basta ho capito smettila” gridò disperata Ginevra portandosi le mani agli occhi che si stavano sempre più riempiendo di lacrime.
“Cavolo Ginevra metti le mani sull’albero!” disse forte e agitato Draco “adesso resta lì mentre io vado sotto la quercia e ti aiuto a scendere. Capito?”
La ragazza ancora scossa fece un flebile cenno d’assenso con la testa e vide sparire in un secondo Malfoy. Rimasta sola Ginevra si asciugò veloce gli occhi umidi e con uno slancio prese la rosa poco distante da lei e la lanciò a terra. Fece giusto in tempo a risistemarsi correttamente sul ramo prima di trovarsi Malfoy a cavallo di una bella scopa davanti a lei.
“Sali” ordinò brusco.
“No” bisbigliò esitante Ginevra.
“Sali subito” disse ancora più deciso e forte Draco.
“Fidati è meglio se resto qui”
“Ginevra”
“Le scope si comportano in modo strano quando ci salgo sopra, impazziscono. Finiremo per cadere tutti e due”
“D’accordo” disse sbrigativo il ragazzo e con un veloce movimento della mano afferrò la vita di Ginevra e caricò la ragazza sulle sue gambe.
Ginevra chiuse gli occhi e li strinse fino e farsi male. Per un secondo si era sentita cadere nel vuoto e il suo stomaco si era attorcigliato su sé stesso.
“Ma stai ferma?” disse scocciato Malfoy quando incominciarono a muoversi per scendere.
“Sono immobile, ti pare che abbai molte possibilità di muovermi in questa posizione?”
Draco faceva fatica a controllare l’andatura della scopa, si spostava e scattava di lato da sola, e lui dovette fare molta forza sulle braccia per restare in equilibrio.
“Ti avevo avvisato mi pare che non sto simpatica a questi cosi volanti” disse sarcastica Ginevra mentre, per non cadere, si artigliava con le braccia ad una gamba del ragazzo.
“Adoro la terra ferma” esclamò poi felice appena fu abbastanza vicina al terreno per poter scivolare giù dalla scopa senza rischi.
“Sei arrabbiato vero?” domandò titubante Ginevra quando anche Malfoy fu atterrato a terra.
“Vai a vestirti fra poco faremo colazione e poi ti riporto al parco” rispose brusco.
“Non provare a darmi ordini!” esclamò con vigore facendo voltare di scatto il ragazzo. Ginevra non si lasciò intimorire dal suo sguardo gelido e continuò a portare avanti le sue idee “il semplice fatto di avermi tirata giù da un albero non ti dà il diritto di impormi i tuoi ordini. Non sono così cocciuta da non riconoscere che ho fatto una sciocchezza colossale, ma ti voglio dire una cosa anche se nocerà molto al tuo ego, me la sarei cavata da sola. Convivo con la mia impulsività masochista da quasi venti anni credi che non sia in grado di sbrogliare i guai in cui mi caccio? Non sono un povera donzella bisognosa dell’aiuto di un aitante principe”
Dopo aver quasi urlato quelle ultime parole Ginevra corse in camera perché, anche se aveva appena detto di non essere una ragazza fragile, non sarebbe riuscita a sopportare ancora lo sguardo e la reazione di Draco Malfoy.
“Lo fa apposta!” esclamò stizzita Ginevra guardandosi allo specchio.
“Le sta benissimo Signorina Ginevra, il Signor Malfoy ha davvero buon gusto” disse raggiante Rosie dietro le sue spalle.
La ragazza sospirò forte, era davvero un abito stupendo. Era di un azzurro chiarissimo tanto da sembrare bianco se non fosse stato per i leggeri merletti nella scollatura e nelle sottili maniche di un azzurro più acceso. L’intero corpetto era ricoperto di un morbido velo e lasciava completamente scoperte le spalle unendosi alle maniche del vestito solo con una sottile striscia di raso.
“Non può farmi un regalo del genere proprio quando devo essere arrabbiata con lui. Non è giusto!”
“Avanti Signorina, scendete a fare colazione e fategli vedere quanto siete bella con il suo vestito. Vedrete che non sarà più in collera con voi”
“Non m’importa niente se lui è arrabbiato con me, sono io che non sono più arrabbiata con lui!” sbuffò Ginevra. Non era solita dimenticare un’offesa con un semplice regalo, le sue idee non erano così facile da demolire con un solo vestito ma la cosa che la rattristava era aver fatto arrabbiare Malfoy quando lui era venuto a portarle quel gradito regalo.
Non la degnò di uno sguardo, se non fosse stato per il Signor Thomson che parlava con lei durante la colazione avrebbe pensato di essere diventata un fantasma. Perfino quando si trovarono soli sulla carrozza che li portava in paese non si scambiarono una parola.
“Non che mi rattristi l’idea di non parlare più con te, ma vorrei ringraziarti per questo vestito. È splendido”
“Ora almeno sembri una vera chiromante e non un pagliaccio ridicolo” biascicò veloce Malfoy posando solo per un secondo gli occhi su Ginevra.
“Sono stata davvero scortese questa mattina, mi hai aiutata e in cambio ti ho offerto parole di rimprovero, mi dispiace” bisbigliò piano la ragazza ma i suoi occhi corsero subito a cercare quelli grigi del ragazzo per osservarne la reazione.
“Avresti potuto chiamarmi. Avremmo buttato la rosa per terra con una scopa, e poi si sarebbe potuta raccogliere facilmente dal giardino” rispose Malfoy ancora innervosito.
“Non ci avevo pensato”
“Ho notato” sentenziò duro il ragazzo.
“Devi imparare a riflettere prima di compiere gesti così sconsiderati. Se fino ad ora ti è sempre andata bene non giustifica il fatto che non possa succedere nulla di grave in futuro. Scommetto che non avevi pensato neanche per un attimo alle conseguenze della tua fuga, non è così? Ora sarai braccata da tuo padre e i tuoi nuovi amici per proteggerti saranno costretti a fuggire con te” spiegò con tono duro Malfoy, poi vedendo l’espressione contrita e addolorata di Ginevra si addolcì “ma lo faranno volentieri. Probabilmente sei diventata la loro missione speciale” concluse ridendo il ragazzo.
Ginevra alzò titubante gli occhi con un piccolo sorriso che faceva capolino sulle sue labbra.
 
“Mi devi 5 sterline”
“Sapientone che non sei altro, a volte ti odio”
“Sei una donna ma in quanto a sentimenti femminili non ti ci raccapezzi proprio. Non sarai mica un uomo?”
“O forse sei tu ad essere una donna”
“Potrei incatenarti a me con uno schiocco di dita se solo volessi”
“Provalo”
“Ragazzi basta, arriva Ginevra!” disse Jhonny interrompendo bruscamente il battibecco fra Blaise ed Hermione.
“Ricordati la scommessa, Ginevra è tornata quindi voglio i soldi” bisbigliò piano Blaise all’orecchio della ragazza.
“Uhm farà sempre in tempo a scappare con il biondo, la scommessa non si riferiva solo all’arco limitato di questa notte” enunciò con superiorità avviandosi sorridente verso Ginevra.
“Dove hai trovato questo splendore?” chiese subito stupita Hermione.
“Sembro una chiromante seria ora?”
“Certo, quel coso che ti avevo dato ieri era orrendo”
“Mi hai fatto andare in giro conciata da pagliaccio senza sentirti neanche un po’ in colpa?” domandò sarcastica Ginevra.
“Certo ma che domande, mi divertivo un mondo” dichiarò con semplice schiettezza Hermione.
“Avanti ora dobbiamo andare, discuterete di vestiti durante il viaggio” disse calmo Jhonny mentre chiudeva con un grosso gancio il carro magazzino.
“Arrivo” disse in tutta fretta Ginevra per poi voltarsi e correre verso il ragazzo che poco prima aveva lasciato vicino alla carrozza.
“Addio Malfoy, grazie per il vestito e per i consigli. Porta ancora i miei saluti al Signor Thomson e ringrazialo”
“Eddie si era accontentato già al terzo ringraziamento, gli altri dieci che gli hai regalato sono del tutto superflui” disse sarcastico.
“Non si può mai sapere” esclamò Ginevra stringendosi nelle spalle.
“Dove andrai?”
“Credo di aver imparato qualcosa dal tuo carattere e so che se ancora non sai dove andrò, e mi sembra strano, ne verrai a conoscenza fra breve per tanto non ti do la soddisfazione di sentirtelo dire da me”
Malfoy sorrise divertito da quella nuova sorpresa e si avvicinò alla ragazza che gli stava davanti. Ginevra lo guardò perplessa spostarle una ciocca di capelli e inclinare la testa come il ragazzo stesse riflettendo attentamente su qualcosa. Malfoy sparì veloce dentro la carrozza ma in un attimo era di nuovo davanti a lei con in mano la sua rosa. Era proprio lei la riconosceva, i delicati petali non erano più bagnati ma leggermente più aperti di quella mattina. Con un gesto fulmineo il ragazzo strappò il gambo del fiore e stringendo gli occhi per concentrarsi, con un fermaglio apparso dalla sua tasca le appunto la rosa fra i capelli. Il candore dal fiore creava un forte e scintillante contrasto con il rosso vivo dei capelli di Ginevra, illuminandole gli occhi e il viso.
“Sembrate una regina delle fate” sussurrò rauco Draco.
 
 
Fine! Vi piace? Ho scritto tutto nel giro di mezza giornata perché mi piaceva troppo come si scorreva la storia. Fatemi sapere se vi piace un bacione. Un grazie grande grande a tutti quelli che dedicano un po’ del loro tempo a leggere la mia storia. Grazie!
 
Ginny7 – Grazie per le belle cose che hai scritto. La tua domanda è molto pertinente ma la mia risposta forse ti sembrerà un po’ confusa ma è tutta colpa della mia frenetica immaginazione. La storia è ambientata semplicemente nel passato ma ho cambiato una cosa. Nel racconto tutte le persone sanno che esiste la magia, e di conseguenza i maghi, ma questi ultimi sono visti come una minaccia perché diversi. Volevo che i miei personaggi si vivessero in un ambiente diffidente ma pieno di curiosità. Forse dovrei dire che la storia è ambientata in un mondo parallelo ma non ne sono sicura, tu che dici? Questo è quello che la mia mente malata ha elaborato cambiandolo centinaia di volte, spero di essermi spiegata bene… Grazie mille e fammi sapere se ti piace il nuovo capitolo! Bacio
Maxie – Grazie sei troppo gentile davvero! Grazie grazie grazie… Spero che riuscirai a leggere tutti i capitoli mi dispiace se sono così lunghi ma quando scrivo non mi fermo più!
Julietta – Ciao! Grazie mille per il commento. Hai proprio ragione i miei protagonisti sono un po’ sull’intontito ma ho deciso che per ora se ne resteranno buoni uno da una parte e uno dall’altra. Mi diverto troppo a scrivere le litigate! Grazie e a presto un bacione!
Un grazie grande COSI’  a Jessire per aver continuato a leggere la mia storiella e per trovarla sempre bella.
Fiubi – Probabilmente non lo senti ma ti sto urlando Grazie da almeno cinque minuti! Ti piace Draco arrabbiato in questo capitolo? Un bacio.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


  
 
Capitolo 9
 
 
“ ‘Restano cinque baci mia cara’, ma vai al diavolo stupido asino! Guarda come mi hai ridotta. Ho il cuore che sembra impazzito, continua a sembrare un tamburo da venti minuti, le mani per fortuna hanno smesso di tremare ma le gambe continuano a farlo, e non riesco a dire una parola sensata. Poi ho come la strana sensazione di essere imbambolata a guardare il paesaggio che scorre, ma non so se è vero perché non riesco a vedere nulla”
“È un dilemma di dimensioni enormi se resta così per un bacio come quello” disse Hermione a Luna, mentre assieme a Ginevra stavano sedute sul tetto del carro alloggio.
“Se non avessi il cuore che hai, capiresti quanto erano dolci assieme” bisbigliò Luna con espressione sognante.
“Dolci? Lei è rimasta ferma come una statua di marmo e il bacio è stato talmente veloce che quasi pensavo di essermi sbagliata”
“Ginevra era solo emozionata e incantata dalla vicinanza di quel tipo, a proposito come si chiama? Poi si vedeva benissimo come gli occhi di lui splendessero quando l’ha guardata in viso”
“Per me pensava che fosse un baccalà lesso, credo si chiami Malfoy o giù di lì. Fidati è per quello che è scappato subito”
“Non è scappato, non voleva rompere l’incanto di quel momento. Ha fatto bene ad andare via, ma è ricco? Aveva una carrozza enorme. Pensa, la magia romantica di quel momento li accompagnerà fino al loro prossimo incontro”
“Spero che Ginevra si sia svegliata dalla catalessi per allora, in ogni modo deve essere molto ricco. Hai visto il vestito di Ginevra? Quelli sono tessuti pregiati. Ci toccherà tirarle una secchiata d’acqua in faccia o non si riprende più, guarda lì? Sono venti minuti che sta ferma immobile”
“Sta smaltendo le troppe emozioni provate in un solo secondo, le ha regalato davvero un bel vestito. Quanto è felice, riusciremo anche noi a provare cose simili?”
“Avanti Luna non essere melodrammatica, le ha dato un bacio da niente quante emozioni vuoi che si scatenino in lei, credi che il Signorotto seguirà a Londra? Se si riduce così per un semplice sfioramento di labbra cosa farà quando la bacerà per il verso giusto se la ritrova?”
“Non era un semplice sfiorare di labbra ma il primo passo per capire i loro contorti sentimenti. Beh certo che la seguirà, ti pare che uno come quello rinunci facilmente a conquistare ciò che vuole? Deve essere molto ostinato e sicuro di sé. Lui e Ginevra sono persone così distati ma con un disperato bisogno l’uno dell’altro e quel bacio li ha legati con un sottile filo rosso che, ci scommetto, diventerà ancora più spesso fino al non poter essere più spezzato”
“Quanti assurdi ripieghi sentimentali vedi dietro un bacetto, ma perché il filo è rosso?”
“Mi sembrava carino che fosse rosso”
“Tu stai peggio di lei”
“Il rosso non si addice all’amore? Forse è un po’ scontato ma mi piace”
“Non capisco nulla d’amore ma credo che rinchiudere un sentimento in un colore sia un po’ troppo generico”
“Una riflessione interessante e profonda sull’amore da te non me la sarei aspettata neanche fra mille anni”
“Stupisco sempre, non lo sai”
“Uhm… ti sei innamorata! No non sei abbastanza bella per esserlo, ma di sicuro hai incontrato qualcuno che ti ha fatto battere il cuore. È così vero?”
“Primo, non ti darò la soddisfazione di vedermi innamorata. Secondo, un incontro di pochi minuti non ti fa cambiare idea dopo ventuno anni di totale regressione verso l’amore. Terzo, io sono sempre bella”
“Dimmi chi è?”
“Ma mi hai sentita?”
“No, neanche una parola. Avanti chi è riuscito a togliere un po’ di ruggine dal tuo cuore?”
“Ruggine? Il fatto che non sono un’inguaribile romantica come te non significa che abbia la ruggine!”
“La smetti di sviare la mia domanda e mi rispondi?”
“Va bene. Ieri sera ero seduta proprio qui sul carro, per sbollire la rabbia verso quell’ubriaco e uno strampalato ragazzo mi ha raccolto il vestito che avevo gettato a terra”
“Eri nuda?”
“No avevo la vestaglia, smettila di fare quella faccia sconvolta. Non è successo nulla di particolare, gli ho parlato su e giù per qualche minuto e poi me ne sono andata”
“Di cosa avete parlato?”
“All’inizio era molto imbranato più che altro ho parlato io, poi però è diventato più spigliato e tranquillo. Ha detto che gli sembravo una fata bellissima nascosta dalle foglie degli alberi. Luna quando ha detto così non so cosa mi è preso, sono diventata un’altra Hermione, mi sentivo timida e impacciata. Una sensazione orribile”
“È bello innamorarsi, ti illumina le giornate. Come si chiama?”
“Si chiama Ron”
“Tutto qui?”
“Se ha un nome corto cosa ci devo fare io”
“Non parlavo del nome ma del resto. Com’è carino? Simpatico? Dolce? Rude?”
“Si, si, non saprei dire e credo no ma non si sa mai”
“Riusciresti a ridurre un libro di duecento pagine a poche righe con il tuo stile conciso”
“Se non ti piace il mio linguaggio ristretto finiscitela di farti i fatti miei”
“Tanto ho ragione io, ti stai innamorando, eh si!”
 
La vedeva, era laggiù, bellissima e sempre più vicina. Già da un po’ l’aria si era fatta più pensate e grigia ma questo non la infastidiva per niente, anzi la rallegrava perché voleva dire che stava per raggiungerla. Le case troppo vicine, i grandi stabilimenti industriali con i loro fumi neri e la loro perfetta tristezza, le strade strette e sporche. Londra.
Ginevra sentiva il cuore batterle forte nel petto mano a mano che si avvicinava alla città che custodiva ricordi a lei cari della sua infanzia. Entrarono con gli ingombranti carri nelle affollate vie di Londra dalla stessa porta ad arco che aveva oltrepassato dieci anni prima su una carrozza in braccio a sua madre. Se si concentrava poteva ancora vedersi scendere in fretta dalla carrozza e correre avanti seguita da Molly. Aveva nove anni e una gran voglia di conoscere e vedere tutto, sbirciava in ogni vicolo, osservava a lungo ogni negozio, che vendesse abiti o ferramenta. Ma soprattutto le piaceva guardare le persone, poteva vedere contemporaneamente nella stessa strada eleganti signore girare allegre fra le vetrine, bambini giocare con una palla di stracci e mendicanti accasciati ai bordi del marciapiede. Tutto questo la affascinava allora come adesso. Non la disturbavano gli sguardi torvi e a volte maligni che la gente per strada le lanciava, era troppo emozionata e persa nel passato per accorgersi dell’amaro presente.
“In quale parco ci fermiamo?” chiese curiosa ad Hermione.
“Credo all’Hyde Park. se non ci sono grossi problemi. Ci fermiamo sempre lì quando siamo a Londra e il comune ormai non fa più tante storie se gli paghiamo la tassa”
Quando arrivarono, dopo essere stati per quasi mezzora inghiottiti nel caos nevrotico della città, Ginevra era ancora più felice di prima. Ricordava bene il parco dove si stavano fermando. Dieci anni fa aveva pranzato con un panino ripieno di salsiccia proprio sotto quell’albero secolare poco distante dalla bella e grande fontana. “Chissà se Ron si ricorda del bagno nella fontana? Se non si ricorda quello di sicuro ha ancora in testa gli strilli di mamma quando si è accorta che si era tuffato!” pensò gaia.
“Ginevra no non farlo. Aspetta di avermi aiutato a sistemare i letti per la notte prima di tornare ad imbambolarti” esclamò preoccupata Hermione vedendo che l’amica stava perdendosi nuovamente nei suoi pensieri.
“Sono sveglia” ribatté divertita Ginevra. Le avevano raccontato come era rimasta immobile per ore a fissare la campagna scorrerle davanti, e si era stupita di non essersene minimamente accorta.
“Sistematevi a dovere, resteremo qui per un po’. Christine prepara qualcosa di buono per questa sera, bisogna festeggiare il nostro arrivo”
“Va bene Jhonny”
“Perché non prepari il tuo pollo arrosto?”
“Va bene”
“E ci metti dentro anche quella cosa piccante e verde?”
“Tesoro vai a pagare la tassa la comune” rispose pacata Christine allontanandosi piano dal marito che ancora le parlava della cena.
“Mi ha vista, che figura!” pensò allarmata Ginevra colta da Evan con le mani nel sacco. Non aveva saputo resistere. Era tutta colpa del pollo, di quel pennuto arrosto dal profumo delizioso e invitante, e Ginevra da consumata golosa quale era, sgattaiolò vicino alla cucina e ne afferrò in tutta fretta un pezzetto nascondendolo subito dietro le spalle.
Evan la fissava con un’espressione vacua, come se quasi non la vedesse, poi la superò piano e con naturalezza prese un coltello e staccò una fetta generosa di carne fumante.
“Novellina” le disse sarcastico prima di uscire al carro. Ginevra restò a guardare perplessa la sua figura venire inghiottita dagli alberi e si chiese chi mai fosse quel ragazzo. Le dava incredibilmente fastidio non riuscire a capire quel ragazzo, la ignorava bellamente per ore e poi quando meno se lo aspettava le compariva davanti con frasi insensate o ironiche guardandola in quel modo strano che la faceva impazzire.
“Adesso lo vado a cercare e faremo per una volta una conversazione sensata. Non potrò mica continuare ad imbambolarmi ogni volta che vedo un paio di occhi grigi insomma”
Staccò un altro pezzetto di carne dal pollo, ne prese un morso e il restante lo regalò ad Onice che da quando era entrata in cucina aveva preso a guardarla con ruffiana dolcezza. Poi si diresse spedita nella direzione in cui era sparito il ragazzino.
“Ginevra vieni subito” urlò Luna appena vide Ginevra uscire dal carro.
“Luna cosa è successo?” domandò curiosa la ragazza vedendo tutti i suoi compagni di viaggio riuniti vicino ad una panchina. Christine era seduta e sul volto aveva la solita espressione calma ma sembrava preoccupata.
“Come può essere cambiato così tanto in un anno?” chiese Harry.
“Il vecchio sindaco è morto lo scorso inverno e il suo successore ha deciso di aumentare le entrate del comune alzando le tasse. Da quel che ho capito molte persone si sono trovate in seria difficoltà specie i più poveri. Ha aumentato tutto, in misura diversa ma ogni cosa costa di più. C’è di buono che il denaro guadagnato viene speso effettivamente per migliorare la città e non sperperato al vento” spiegò con calma Jhonny seduto accanto alla moglie.
“Quanto dobbiamo pagare?” domandò spicciola Hermione.
“150 sterline”
“Ma è un furto!” esclamò sdegnata e fu subito seguita a ruota dalle imprecazioni e maledizioni non molto simpatiche rivolte al nuovo sindaco, da tutti gli altri componenti del gruppo.
“La vecchia tassa era di 35 sterline, è diventata quattro volte tanto” disse sgomenta Luna.
“Come facciamo a racimolare tutti quei soldi? Lavoriamo tutto il giorno e mangiamo aria?” continuò sarcastico Harry.
“Se facciamo quattro spettacoli al giorno in una settimana dovremmo riuscire a guadagnare abbastanza da permetterci di mangiare cibi solidi e di pagare il comune” disse pensierosa Hemione facendo un breve calcolo mentale dei possibili guadagni.
“Non è possibile. Il comune vuole i soldi entro domani sera o non ci lascerà restare qui” bisbigliò piano Jhonny timoroso del sicuro scatto di rabbia di Hermione.
“Ladri e bacchettoni! Cosa gli costa darci qualche giorno? Veniamo qui da anni, lo sanno che paghiamo regolarmente. Ipocriti che non sono altro, quando vai a pagare sono tutti sorrisi, ti dicono “Grazie e benvenuti a Londra”. Poi gli vai a chiedere tre giorni di proroga e “No, i soldi entro domani o addio”. Ci vado io a parlare con il nuovo astro nascente di Londra. Gli farò allungare le orecchie fino a terra se non mi ascolta!”
“Hermione cara, rilassati. Respira brava, avanti siediti qui vicino a me” disse dolce Christine facendo posto alla ragazza castana “pagheremo la tassa al comune entro domani. Abbiamo già 35 sterline, e se lavoriamo sodo riusciremo a guadagnarne altrettanti per domani”
“Quanto sei ottimista” disse amaro Blaise “siamo appena arrivati, il pubblico non sarà molto e anche se lo fosse non otterremmo più di 15 sterline”
“Ha ragione Blaise. L’ammontare della tassa è pari al nostro guadagno di un mese” disse stanca Luna.
“Che ne dite di muoverci invece di star qui a lagnarci” s’intromise improvvisamente Evan nella conversazione. Nessuno lo aveva visto arrivare ma tutti quanti concordarono con la sua idea.
“Evan tu e Luna andate in città e distribuite quanti più volantini potete. Se le persone non vi ascoltano salite sul tetto di un palazzo e gettate tutto in strada, così è sicuro che si ricorderanno di voi. Harry, Blasie ed io sistemeremo le corde fra gli alberi e le sceneggiature nel palcoscenico. Hermione voglio che rinvigorisci i fondali disegnati dello spettacolo, devono sembrare veri e risplendere. Christine riesci a creare dei nuovi costumi di scena? Un nuovo vestito per Hermione o per Harry? Bene perfetto, Ginevra ti darà una mano almeno finché non arriverà un cliente per lei”
Le otto persone riunite in gruppo vicino ad una panchina in breve si dispersero per eseguire gli ordini impartiti da Jhonny.
Quella sera in uno dei parchi più grandi di Londra si tenne quello che gli abitanti ricordarono come il migliore spettacolo di magia dell’anno. Luci iridescenti volteggiavano in aria a ritmo di musica, c’erano colori ovunque, sembrava che l’anima stessa d’ogni albero, persona e fiore uscisse fuori a danzare.
 
“Allora?” domandò impaziente Hermione tamponandosi i capelli appena lavati.
“Allora… 20 sterline!” rispose solenne Christine.
“In un solo spettacolo? È fantastico”
“Non per demoralizzarti ma credi che domani a mezzogiorno ci sia lo stesso pubblico di questa sera?” chiese perplesso Harry.
“Lo sapremo domani” disse allegra Hermione per scacciare quella patina d’amarezza che era scesa su tutto il gruppo.
“Hermione o finisci entro dieci secondi o ti uccido!” gridò Ginevra da sotto le coperte. Erano circa le sei di mattina e per lei era inconcepibile alzarsi prima del sole.
“Forza alzati. Facciamo un giro per la città, magari troviamo qualcuno che vuole conoscere il suo destino”
“Sparisci” si sentì rispondere da una voce arrabbiata.
“No cara. Verrai con me a costo di tirarti giù dal letto”
Ginevra allora scattò a sedere sul letto gettando di lato le coperte.
“Guarda fuori, cosa vedi? Niente. E lo sai perché non vedi niente? Perché è ancora buio. Anche le galline dormono a questa ora!”
“Per l’amor del cielo andate fuori a berciare come due oche” brontolò all’improvviso una strapazzata Luna apparsa per un attimo da dietro il cuscino. Nello stesso istante anche Onice graziosamente appallottolato ai piedi di Ginevra alzò la testa e la guardò truce.
“Andiamo a Londra” bisbigliò allora sconsolata Ginevra scendendo dal letto.
Per quanto fosse presto le vie della città erano brulicanti di vita, massaie e cameriere indaffarate si muovevano frenetiche fra negozi e panettieri, tanti bambini giocavano sicuri per le strade ancora per poco sgombere dal via vai delle carrozze. Si respirava quella piacevole aria di un caos famigliare in cui ci si trova a proprio agio pur essendone estranei.
Le due ragazze in poche ore fecero tutto quello che Ginevra avrebbe fatto in tre giorni. Girarono quasi mezza Londra, troppo eccitate per accorgersi di camminare correndo. Entrarono in ogni negozio, che avesse al suo interno anche solo un articolo interessante o bello. Salutarono tutte le persone che incontrarono per strada: bambini, signori in abito elegante e governanti. Non sapendo resistere alla tentazione mangiarono gustose frittelle, mentre sedute su di una panchina osservavano divertite un fiume di lavoratori riversarsi nelle strade per poi sparire dopo meno di mezzora.
“Mi ricordo questo palazzo. Qui dentro ho passato la maggior parte delle mie serate a Londra”
“Questa è una delle più celebri case da gioco della città e tu ci passavi le vacanze a soli dieci anni?” chiese sbigottita Hermione.
“Si” disse in un soffio Ginevra per poi subito incamminarsi spedita verso un panificio poco distante “compriamo un po’ di dolcetti anche per gli altri fra poco incomincia il nuovo spettacolo”
“Va bene, ma non credere di sfuggirmi così facilmente. Prima o poi questa cosa del gioco me la devi spiegare”
“Per fortuna siete qui, siamo messi male. Lo spettacolo incomincia fra meno di mezzora e non c’è nessuno” esclamò Luna correndo verso le due ragazze appena le vide avvicinarsi all’accampamento “avete portato le paste che bello! C’è della cioccolata?”
“Ieri sera abbiamo fatto uno spettacolo grandioso com’è possibile che non sia venuto nessuno questa mattina?” chiese allarmata Hermione.
“Forse è troppo presto… ma sono tutte alla crema? Questa cosa qui è cioccolata?”
“Solo quasi le dieci di mattina, dovrebbe esserci del pubblico” disse perplessa Ginevra.
“Oh gli spettatori ci sono ma il fatto è che sono pochi. No questa è uvetta, non mi piace”
“Prova a guardare nel fondo, se mi ricordo bene qualcosa con la cioccolata lo avevamo comprato”
“Ma la volete finire di parlare di dolci?” gridò quasi isterica Hermione drizzandosi sulle punte dei piedi “c’è un problema più grosso da risolvere adesso”
“Una volta ho sentito dire da un’attrice che gli scatti d’ira e i continui sbalzi d’umore nuocciono alla pelle e favoriscono la caduta dei capelli” spiegò Luna concentrata nello sforzo di ricordare i vecchi consigli.
“Tu stai troppo tempo con Christine” esclamò piccata Hermione prima di correre verso Jhonny.
Ginevra lasciò Luna a cercare la sua preziosa cioccolata e si avvicinò al palcoscenico per osservare di prima persona il nuovo pubblico. In effetti non si avvicinava nemmeno al mare di persone della sera precedente e Ginevra sentì chiudersi lo stomaco al pensiero dei pochi soldi che avrebbero guadagnato quella mattina. Se anche gli altri spettacoli della giornata fossero stati così disastrosi non sarebbero riusciti a raccogliere i soldi necessari.
Alle quattro del pomeriggio Londra se ne stava placidamente stesa al suolo ad assaporare gli ultimi raggi di un tiepido sole di settembre come faceva ormai da secoli alla fine d’ogni estate. E come la città anche una ragazza, con il suo grosso gatto, stava distesa su un morbido letto d’erba leggermente inumidito dalla prima nebbiolina della sera. Queste due figure femminili, l’una Signora l’altra appena donna, contemplavano il cielo gareggiando su chi delle due avrebbe visto per prima la stella più spavalda spuntare nel cielo quando ancora la luna si fa attendere.
Con un agile scatto la ragazza dai lunghi capelli rossi saltò in piedi e sorridendo tornò verso casa lanciando un ultimo sguardo a quel piccolo bagliore lontano apparso da qualche attimo fra i rami più alti di un albero.
“Christine riesci a trovarmi un abito da signora di classe?”
“Ci sono i costumi di scena. Non fare quella faccia bambina, li ho cuciti io e modestamente sono una sarta magnifica”
“Vuoi andare ad un ballo mentre noi affondiamo nei debiti?” chiese perplessa Hermione.
“Vado a prendere le 65 sterline che ci occorrono. In tre spettacoli abbiamo racimolato 30 sterline per questa sera non riusciremo a guadagnare il rimanente necessario per pagare” spiegò sbrigativa Ginevra.
“E come pensi di fare?” domandò curioso Harry seduto accanto a Luna.
“Andrò al Grosvenor Victoria Casinò”
“Sei impazzita forse?” esclamò Blasie.
“Affatto. Il meraviglioso talento con le carte che mio padre desidera per sé da quando è nato sfortunatamente è un dono unico della sua sciagurata figlia” bisbigliò con amarezza Ginevra “in pratica sono un’ottima truffatrice al gioco”
“Non voglio che i soldi per la tassa vengano guadagnati rubando” disse deciso Jhonny.
“Nelle case da gioco tutti rubano a tutti. Se non le prendo io quelle 65 sterline, domani verranno sfilate da un’altra persona e state certi che non le spenderà in cose serie. Probabilmente andranno ad arricchire qualche locandiere o una matrona di un bordello”
“Solo i soldi necessari, non uno spicciolo di più” sentenziò infine Christine che fino a quel momento non aveva staccato i suoi occhi chiari da Ginevra.
“Grazie. Jhonny riesci a far posticipare la scadenza del pagamento a domani mattina”
“Se non ci riesce lui ci penso io” disse spavalda Hermione con una scintilla di furbizia negli occhi.
“Non puoi andare in quel posto da sola. È pericoloso” disse Luna preoccupata.
“Vado io con lei” sussurrò piano Evan da dietro le spalle di Jhonny.
“Una ragazza e un moccioso, adesso sì che siete perfetti” disse divertito Blasie.
“Ci andrò anche io, sono curiosa di vedere come sono quei posti” disse forte Hermione in tono di sfida.
“Non sono una grande esperta in sale da gioco ma credo che a questa ora siano chiuse”
“Partiremo dopo cena” rispose piano Ginevra. Ora che tutti erano d’accordo con il suo pazzo piano cominciava a sentirsi stringere lo stomaco. Non aveva più così tanta sicurezza di sé come quando se era alzata dal prato e sentiva dentro di lei crescere una spiacevole ansia. Guardandosi disperata attorno in cerca di un qualsiasi appiglio inciampò per sbaglio nello sguardo di Evan. Il ragazzo biondo la fissò per un attimo e poi le regalò un sorriso complice e amichevole. Ginevra si morse il labbro sorridendo di rimando, non aveva più paura.
 
 
Che ne dite? Avevo cominciato a descrivere il primo baci fra i miei due adorati picconi ma non mi piaceva. Fare raccontare un passo così importante dagli occhi esterni di Luna ed Hermione mi sembrava bello bello invece! A voi piace? Un bacio.
Un bacione grandissimo a Jessire. Grassie!
Ginny7: Hai ragione se si considera il contesto storico che ho inventato la mia storia si capisce molto meglio. Forse avrei dovuto spiegalo nei primi capitoli ma questo racconto è nato di getto, l’idea per il mondo circostante è nata per gradi. Se mi conosco abbastanza non si è ancora fermata ma continua a evolversi nella mia contorta testa. Sono davvero felice che la mia storia ti piaccia, continua a leggerla e fammi sapere cosa ne pensi mi raccomando! Un bacio.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 

 
Capitolo 10
 
 
“Francamente per quanto possa essere bello questo vestito è la cosa più scomoda che abbia mai messo in vita mia” brontolò Hermione intenta a scrollare la gonna dell’abito che aveva addosso “mi spieghi cosa sono tutte questi strati? Ce ne saranno come minimo una decina, come si fa a camminare con tutta questa roba che ti si attorciglia alle gambe?”
“Ci sono donne che ci dormono con vestiti così complicati” disse Ginevra.
“Il genere femminile non progredirà mai se continueremo ad infliggerci da sole torture tanto ridicole e inutili. È necessario quest’affare rigido nel corpetto? Mi stritola le costole”
“Dicono che fa risaltare le curve”
“Sai come risalteranno domani i lividi sul mio povero petto?”
“Hermione prometto che un giorno ti presenterò una sarta e allora potrai farle tutte le tue innumerevoli rimostranze”
“Chissà che faccia può avere la persona che crea questi attrezzi masochistici? Per me è un uomo”
“Siete pronte?” La voce di Harry rimbombò forte nel carro dove le due ragazze stavano vestendosi.
“Arriviamo” disse divertita Ginevra afferrando la mano di Hermione e trascinandola verso l’uscita.
“Stai tranquillo Onice, torno presto” bisbigliò Ginevra al micione che si era alzato e aveva preso a seguirla “dimmi ti piaccio così?”
Si sentì rispondere con un miagolio indefinito e decise di prenderlo come un si.
Il Grosvenor Victoria casinò era stato costruito quasi cento anni prima, quando fra gli abitanti di Londra ancora serpeggiava un’inutile aria d’ipocrisia. Nel ‘600 Londra brulicava di case da gioco e bordelli ma, nonostante tutto, le persone, altolocate e non, pensavano che dovessero restare un segreto. Questo contribuiva ad aumentare l’atmosfera di pericolo ed eccitazione che invadeva l’animo di chiunque entrasse in uno di questi luoghi. Il fondatore del Victoria casinò era però una persona fuori della massa come dimostrava pienamente il suo ritratto di dimensioni reali, appeso nel salone principale, ma non sulle pareti come tutti gli altri, bensì al soffitto, fra decori dorati e scintillanti lampadari di cristallo. Il grande palazzo in cui tre timorosi ragazzi stavano entrando era stato il primo vero locale di classe, aperto alla luce del sole. Niente più clandestinità e segretezza, i peggiori atti d’avidità, ira e lussuria venivano compiuti dove tutti potevano vederli e nessuno veniva giudicato perché tutti quelli che frequentavano il Victoria casinò erano della stessa pasta.
“Il soffitto è uno specchio!” bisbigliò incantata Hermione.
“Questo posto sembra uscito da una fiaba vero? Ricordo di essere rimasta ore a girare come una trottola cercando di osservare più che potevo ogni cosa presente” disse Ginevra muovendo forte le mani “ero arrivata al punto di ricordarmi a memoria ogni merletto o ghirigoro delle colonne”
“Entriamo?” chiese impaziente di entrare Evan.
Il Grosvenor Victoria casinò aveva in sé una particolare magia, con i suoi spettacolari interni e le sue tante luci creava una strana euforia di vita capace di artigliare i desideri di chi entrava facendo compiere alla persona più saggia e composta azioni che il giorno seguente avrebbe, non solo rinnegato, ma addirittura biasimato ad altri.
“A cosa si gioca?” domandò eccitata Hermione.
“A carte!” esclamò Ginevra sorridendo e allo stesso tempo cercando con gli occhi un tavolo libero.
Oltre il banco verde sul quale rotolavano dadi ai quali erano legate infinite speranze di sconosciuti, la ragazza intravide un tavolo rotondo con pochi giocatori e decise di puntare là sua fortuna. Drizzò la testa con aria elegante ma decisa, e incamminandosi lentamente si diresse verso la sua preda. Si posizionò con grazia alle spalle di un Signore baffuto cercando di intavolare una sciocca conversazione con la moglie sedutagli accanto. Voleva essere invitata ad unirsi al gioco, se si fosse offerta lei stessa avrebbe perso quell’ aria di giovane ragazza sprovveduta e parte della sua magia truffatrice sarebbe svanita.
“Tesoro hai vinto” disse rassegnato il Signore con i baffi “mi domando come tu faccia a vincere buttando le carte a caso?”
“Tutta fortuna!” esclamò divertita la Signora ritirando la sua vincita. In cerca d’altra ammirazione la donna si girò a guardare gli spettatori e, incontrando lo sguardo pronto di Ginevra, le sorrise amichevolmente.
“Veniamo qui da anni, ma questo gioco proprio non mi entra in testa. Edward mi tiene il muso per ore quando vinco!” disse divertita a Ginevra, accarezzando dolcemente la spalla del marito.
“Non datele retta Signorina, questa donna è una vecchia strega malefica”
“Edward” esclamò arrossendo divertita la Signora “voi sapete giocare Signorina?”
“Non gioco spesso e le poche volte che ho provato i miei risultati sono stati incredibilmente scarsi” disse sorridendo docilmente Ginevra. Non le piaceva mentire, anche se si trattava di una cosa da poco come quella, e sperava di non arrossire.
“Oh non potrete essere peggio di me. Volete unirvi al nostro gioco?”
“Giusto, forza sedetevi” disse entusiasta un Signore dalla giacca blu, probabilmente contento che al tavolo si unisse una sprovveduta pronta a regalargli il proprio denaro. L’apparenza al Victoria casinò era la base d’ogni vincita, quantomeno per Ginevra. Aveva curato il suo aspetto fino all’esasperazione e ora fasciata da un bellissimo abito color pesca e con piccole gocce di cristallo fra i capelli, sembrava una vera polla aristocratica pronta per essere derubata legalmente alle carte.
Con un movimento fluido prese posto vicino alla Signora e si guardò attorno in cerca di Evan ed Hermione. La giovane ragazza castana si era avvicinata al tavolo dei dadi e dalla sua espressione concentrata si capiva che stava cercando di capire le regole del gioco. Non le sarebbe piaciuto affatto chiedere informazioni sul gioco ad uno sconosciuto, al contrario di Ginevra, Hermione non desiderava passare per una sprovveduta ma voleva mantenere la sua aria di donna autosufficiente. Evan stava bevendo qualcosa d’indefinito nel grande bar del locale e leggeva uno dei tanti libri messi a disposizione dalla casa per alleggerire lo spirito e invogliare a nuove scommesse.
“Ecco le sue carte Signorina” Lo sguardo lontano di Ginevra fu richiamato all’attenzione dalla voce cortese della Signora al suo fianco.
“Ginevra vi prego”
“Piacere, io sono Penny e questo è mio marito Edward come avrete già capito”
“Giochiamo?” domandò brusco il Signore dalla giacca blu impaziente di vincere nuovi soldi per le sue tasche.
Ginevra non amava particolarmente il gioco con le carte, dopo qualche partita si annoiava sempre e spesso si distraeva guardando da altre parti. Questa volta però si concentrò sulle cinque carte che aveva in mano pensando a come riuscire a vincere. Ricapitolò mentalmente le regole del poker insegnatele da suo padre anni prima. Rivede ogni partita giocata in quelle sere di primavera fino a ricordarsi nei particolari le espressioni stupite e tenere dei giocatori che vedevano sottrarsi i soldi da una bimba tanto prodigiosa. Il primo giro non fu fortunato, il Signor Edward aveva un bella scala e se avesse battuto già dall’inizio una combinazione così forte si sarebbero insospettiti. La seconda mano la vinse con quanta più falsa modestia aveva, sfoggiando pessimi sorrisi ipocriti mentre esclamava di non sapere nemmeno cosa aveva fatto. Questa assurda parodia continuò per quasi un’ora, nella quale Ginevra aveva vinto una somma modesta, perso quanto bastava, e appesantito il suo senso della giustizia d’incredibili moine.
“Mi sono stancata, ora mi prendo le 40 sterline che mi servono e la smetto di prendere in giro questa gente” pensò decisa Ginevra. Afferrò con uno slancio le carte che le venivano date e fissando il denaro in palio calcolava quanto poteva azzardare. Le cinque carte si strinsero in un compatto mazzo fra le sue mani e quando furono nuovamente allargate una nove e un sette di troppo avevano lasciato posto a due regine.
“Credo di avere un full… giusto?” chiese poi titubante osservando i suoi compagni di gioco con aria titubante.
“Ginevra avete vinto! Visto Edward per vincere a questo assurdo gioco è necessario non conoscerne le regole” disse altezzosa Penny.
“Oh troppa fortuna. Meglio se salvaguardo i miei miseri guadagni e mi ritiro prima di perderli tutti quanti”
“Quando la fortuna in una sera ti bacia così sfacciatamente, non è il caso di lasciarla andare tanto presto non credi?”
Delle parole appena risuonate nell’aria Ginevra registrò solo il tono e l’intonazione, e subito le si gelò il sangue provocandole una spiacevole sensazione di dolore alla base del collo.
“Posso unirmi al vostro tavolo Signori e Signore?”
“Certo prego” disse allegro il Signore con la giacca blu.
“Non vi mangio se mi salutate sapete?”
“Ad essere sincera mi vengono delle strane bolle sulla pelle, quando siete in un raggio inferiore a  cento metri da me” bisbigliò Ginevra per non fare sentire la loro ridicola conversazione agli altri.
“Che cosa bizzarra, posso vederle?”
“Avanti Ginevra restate ancora un poco con noi” disse allegra Penny. La ragazza scostò una ciocca di capelli sfuggita all’acconciatura e fissando con aria enigmatica le carte davanti a lei sorrise dolcemente a Penny.
“Chi ti ha insegnato a giocare?”
“Mio padre” rispose secca Ginevra continuando a fissare le carte che aveva in mano.
“Arthur Weasley non è in grado di fare certi giochi tanto complessi e fini”
“Doppia coppia di assi Signor Malfoy. Credo si chiami poker e ora le sue 20 sterline sono mie” disse acida Ginevra spiattellando le sue carte senza badare più agli sguardi stupiti degli altri componenti del gruppo. Con un gesto svelto della mano afferrò il denaro sul tavolo e prima che qualcuno la potesse fermare si allontanò dal tavolo salutando i suoi compagni di gioco con un buffo inchino.
“Ma che mi è preso! Rubare soldi a grandi uomini mi era sembrato un gioco divertente a dieci anni ma ora ne ho venti, dovrei avere imparato a distinguere il gioco dalla truffa” pensò Ginevra sgridandosi mentalmente mentre girava frenetica attorno ad una panchina. Con uno sbuffo di stoffa si mise a sedere e rovesciandosi il contenuto dalla sua piccola borsa sulle gambe contò la sua vincita.
“120 sterline! Sono troppe, ma ora cosa faccio? Restituisco i soldi? No mi vergogno troppo… domani li regalerò a qualche bambino. Meglio se vengono spesi in caramelle che in whisky”
Ginevra alzò gli occhi al cielo nella speranza di riuscire a vedere ancora una volta quella piccola prima stella della sera ma non riuscì a riconoscerla fra tutti i puntini luminosi nel cielo. Decisa a ritrovare la sua stella si alzò in fretta dopo aver rimesso i soldi nella borsa e prese a correre decisa lungo un piccolo viale fiancheggiato da cespugli di rose. Custodiva nei suoi ricordi un luogo d’incanto, lo aveva riposto con cura nella memoria perché non venisse sfocato da altri più inutili pensieri e di tanto in tanto quando si sentiva malinconica lo andava a spolverare. Quando arrivò fermandosi di colpo le sembrò di tornare bambina, se stringeva forte gli occhi poteva sentire la voce del padre urlarle di non correre troppo visto che era già caduta due volte, ma allora come adesso era troppo rapita dalla costruzione davanti a lei per prestare attenzione all’esterno. Non si trattava di una cattedrale o di una grande villa ma di una semplice torretta d’avvistamento che qualche secolo prima doveva aver fatto parte di qualche muraglia. Era rimasta abbastanza intatta perché vi si potesse entrare e salire senza correre rischi mentre il resto delle mura era crollato da molto e se ne intravedevano solo lievi segni sulle pareti della torretta. La cosa che più adorava Ginevra era l’entrata della torretta quasi del tutto ricoperta dall’edera che ormai aveva accerchiato la vecchia costruzione. La ragazza si avvicinò piano per non rompere la magia che sentiva dentro di lei e scostando qualche dispettoso ramo trovò una piccola apertura quadrata e sparì dentro di essa.
Quello che vide Draco Malfoy dopo aver inseguito perplesso la sua indisponente preda in una frenetica corsa lo avrebbe ricordato per il resto dei suoi giorni. Quel momento sarebbe diventato per lui un angolo di tenera quiete dove riposare la mente e alleggerire il fisico anche dopo tanti anni. I lunghi capelli danzavano leggeri con il vento e la ragazza dritta vicino al parapetto dalla torre puntava il viso al cielo come per sentire una piccola goccia di pioggia caderle sulla guancia.
“Sei la cosa più bella che abbia mai visto”
Ginevra si spaventò talmente tanto quando quelle dolci parole calde le vennero sussurrate alle spalle che sobbalzò dalla paura. Naturalmente senza il suo consenso diventò paonazza e il cuore prese a batterle come un tamburo ma cercò di non farci troppo caso.
“Hai uno strano modo di attirare gli uomini, le altre donne usano profumi o abiti eccentrici, tu incanti lasciandoti dietro una scia di diamanti lucenti” continuò il ragazzo avvicinandosi a Ginevra e mostrandole i piccoli diamanti che aveva fra le mani. Dovevano esserle caduti mentre correva come una gazzella per il parco, infatti la ragazza si accorse solo in quel momento che la sua acconciatura si era ammosciata e i capelli si erano liberati quasi completamente dal fermaglio.
“Ti si addice sai?” disse il ragazzo mentre sfiorava con la punta delle dita le piccole pietre brillanti.
“Cosa?” riuscì a bisbigliare rauca Ginevra che da un po’ combatteva con il suo cuore e la gola secca.
“Stupite le persone con qualcosa di talmente strano e speciale fino a che non potranno più farne a meno”
“È?” sussurrò confusa la ragazza fissando i piccoli cristalli nelle mani di Malfoy.
“Mi hai stregato Ginevra e ora non ti libererai più di me”
“Aiuto si avvicina. Non mi vorrà baciare ancora? Non posso restare di nuovo imbambolata per ore. Ma perché mi fa questo effetto? Ginevra!” pensò a velocità folle la ragazza.
Con un veloce passo di lato la ragazza si scostò e si mise seduta su di un muretto dalla parte opposta di Draco.
“Visto quante stelle? Cercavo la prima stella della sera, ma non riesco a trovarla”
Draco la guardò dapprima perplesso poi anche lui finì per fissare il cielo in cerca di questa stella perduta. Restarono così per molto, Ginevra non sapeva quanto tempo fosse passato ma dal gelo fastidioso che sentiva correrle per tutta la schiena doveva essere passata quasi mezzora.
“Meglio se rientriamo, Hermione potrebbe preoccuparsi”
“Quando sono uscito a cercarti stava parlando animatamente con un Signore, non so quale fosse l’argomento di conversazione ma sembravano tutti e due piuttosto concentrati sulle sottogonne del vestito della tua amica”
“Allora è sicuramente meglio se rientro”
“Non preoccuparti, questa Hermione non mi sembra un tipo fragile”
“Ma io non mi sto preoccupando per lei” disse ironica Ginevra.
Il ragazzo sorrise divertito poi con fare mellifluo avvicinò una mano al viso di Ginevra e con leggeri tocchi le accarezzò la guancia. La calda mano poi scese sul collo e risalì verso l’orecchio. Ginevra contesa fra il calore del piacere e la repulsione dell’odio fece appena in tempo a vedere il lampo di furbizia negli occhi di Malfoy prima che la mano di lui le finisse a peso morto nella scollatura del vestito.
“Avete un intero mazzo di carte qui dentro. Sono curioso di sapere dove potete aver nascosto i dadi truccati” disse sarcastico ed ironico Draco mentre sfogliava fra le agili dita diverse carte da gioco.
“Smettetela!” urlò in preda al panico Ginevra tentando con agitati gesti dalle braccia di riacciuffare le carte.
“Oh non mi dirai che ora ti metti a fare la ragazza innocente vero?”
“Fai un favore al mondo, ficcati quelle carte in gola e strozzati”
“Anche tutta questa aggressività la nascondi nel corpetto?”
“Mi avevi vista imbrogliare, perché ora ti metti a fare tutte queste lagne?”
“Le mie non sono lagne, sono constatazioni. Devo dire che sono curioso. Come può una ragazza di diciamo buona famiglia, barare alle carte come il peggiore dei marinai?”
“Mi ha insegnato mio padre”
“Ne ha trovato il tempo fra una bevuta e l’altra?”
“Ero piccola”
“Hai imparato a giocare qui vero? Si vede che conosci il posto”
“Si”
“Sai che una scimmia ha più dialettica di te?”
“Allora vai da una scimmia”
“Ginevra”
“Eravamo in vacanza a Londra” cominciò a parlare Ginevra alzando gli occhi per l’esasperazione “avevo dieci anni e una sera mio padre decise di venire a giocare qui tanto per spendere un altro po’ di soldi. Voleva portare mio fratello ma aveva la febbre quel giorno così si tirò dietro me. All’inizio mi lasciò girare per tutta la casa senza degnarmi di uno sguardo ma poi probabilmente per intenerire o distrarre i suoi compagni di gioco mi chiamò vicino a lui. Dopo due giocate avevo già le carte in mano e passata mezzora avevamo vinto 50 sterline. Dopo quella sera penso di aver passato intere giornate qui dentro”
“Che storia drammatica”
“Sei disgustoso” bisbigliò Ginevra prima di correre giù dalla torretta lottando contro i rami d’edera che volevano trattenerla.
“Avanti fermati hai frainteso le mie parole”
“A mio avviso esiste solo un modo per intendere un derisione”
“Se la smettiamo con questa assurda maratona forse riesco a spiegarti, sempre che il tuo cervellino ingrani un ragionamento più complesso del solito” esclamò Malfoy alle spalle di Ginevra. I due ragazzi stavano creando con il loro comportamento una bizzarra scena: camminavano o per meglio dire correvano l’uno dietro l’altro continuando a discutere animatamente. Ginevra in quel momento si bloccò di colpo girandosi furiosa verso il ragazzo e pestando i piedi dalla rabbia.
“Se il mio cervello non funziona più molto bene non è certo merito mio! Da quando ti è presa questa mania di tormentarmi la mia mente subisce una continua pressione nervosa”
“Pensala come ti pare, in ogni modo io intendevo dire che deve piacerti parecchio”
“Cosa? Avere il cervello bollito?”
“Barare”
“Ti sbagli è una cosa che mi disgusta”
“Se per te fosse una cosa così spregevole non avresti mai imparato”
“Ero una bambina, cosa potevo capire?”
“Ginevra non essere cieca, lo sapevi benissimo cosa facevi a quel tavolo da gioco, nonostante fossi solo una mocciosa. La verità era che ti sembrava un divertente gioco ed è ancora così. Stasera hai giocato con le carte e con le apparenze, e non venirmi a dire che non ti sei sentita esaltata e viva”
Ginevra restò ferma, solo le sue braccia tremavano leggermente lungo i fianchi.
“Sono una brava persona” bisbigliò infine guardando fissa la ghiaia vicino ai suoi piedi.
“Tu sei un’ottima persona, ma sei nata per non esserlo. Certo non diventerai mai un assassina o una rapinatrice di banche ma ammettilo, lo sai da sempre di non essere un angelo. Quando eri piccola e gli altri bambini ti prendevano in giro perché non sapevi volare su una scopa tu cosa facevi?”
“Urlavo per un po’ quanto fossero crudeli e poi correvo da mia madre”
“La verità”
“A sette anni facevo veramente così, il fatto che compiuti quindici anni tutti i bambini cresciuti si fossero innamorati di me e che puntualmente li sfruttavo per lavori ingrati, non è rilevante vero?”
“Fattene una ragione ti sentirai subito molto meglio, fidati”
“Parli per esperienza personale?”
“Esatto, mi vanto di essere un pessimo ragazzo e nella maggior parte dei casi è così, ma infondo sono una brava persona per quando mi dispiaccia”
“Mi credi se ti dico che non lo avevo notato per niente?” chiese Ginevra con un sorriso ironico sulle labbra “ma mi sta chiamando qualcuno?” continuò poi con un’espressione più perplessa guardandosi attorno. Ginevra nei dintorni poteva vedere solo piante e cespugli ben curati, ma sentiva una voce lontana e soffocata chiamarla. Fece qualche passo incerto nella direzione in cui le sembrava provenisse quel suono ma la situazione non migliorò di molto se non per il fatto che ora pestava delle delicate pianticelle di viole.
“Smettila di tormentare quelle povere piante con i tuoi ingombranti piedi e seguimi”
Dopo aver serpeggiato per qualche minuto per stretti sentieri che Ginevra non conosceva arrivarono all’entrata principale del giardino.
“Evan sei tu?” gridò incerta Ginevra ad una figura scura poco più avanti dei due ragazzi.
“Ginevra finalmente ti ho trovata! Hanno arrestato Hermione!”
 
 
 
Che ne dite? Vi piace? Volevo puntualizzare che di gioco d’azzardo e di poker non ne so quasi nulla. La mia ultima partita a poker risale all’ultima autogestione scolastica, come minimo quattro anni fa. Ora, considerato questo, ho fatto una breve ricerca su internet per non scrivere cavolate ma nel caso in cui abbia fatto un errore ditemelo così aggiorno le mie conoscenze al gioco! Grazie a tutti quelli che leggono la mia storia! Fatemi sapere cosa ne pensate al più presto!
 
Per fiubi: allora ti è piaciuta questa Ginevra? Personalmente mi sono divertita un sacco ad immaginarmi il comportamento di una giocatrice d’azzardo! Un bacio.
Per Jessire: grazie di continuare a seguire la mia storia, spero ti piaccia il capitolo. Fammi sapere perché ci tengo tanto! Un bacione.
Per Ginny7: grazie per la recensione, non importa se è corta sono contenta se mi dici cosa ne pensi nel bene e nel male! Grazie un bacio!
Per julietta: sai che ho fatto un po’ fatica a trovare la tua storia? Ho provato a cercarti nell’elenco degli autori ma non ti ho trovata, poi per fortuna ho visto la tua storia poco dopo la mia! Forse ho sbagliato qualcosa, tu me lo sai spiegare? Comunque grazie e continua a farmi sapere se la mia storia ti piace! Un bacio!
Per evenstar: grazie mille mi rende felicissima sapere che la mia storia ti piace! Spero che la trama continui a sorprenderti! Un bacio e a presto.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 
 
Capitolo 11
 
 
“Siete coscienti del fatto che appena uscirò da qui vi trasformerò in rugosi rospi? E potete perdere qualunque speranza di tornare normali con il bacio di una principessa perché non accadrà”
“Non parlate più? Prima però non avete sprecato un attimo per insultarmi e urlare alla gente di fare largo perché passava una donna delirante eh?”
“Per vostra informazione non sono pazza, sono solo sconcertata dagli usi sciocchi e decadenti del nostro secolo. Questa, per esempio, ne è una prova lampante. Una donna oggigiorno non può esprimere la sua idea in modo più concreto di un semplice e azzardato consiglio che subito viene arrestata! Prima o poi ci sarà qualcuno che si ribellerà a tutto questo e allora miei cari Signori, si proprio voi due con le vostre fiere uniformi, scapperete come mosche”
“Ginevra per fortuna sei qui! Vedi se riesci a fare parlare questi due cosi, credo siano uomini ma non ne sono del tutto certa”
“Hermione stai bene?”
“Se sorvoliamo sul fatto di essere stata trascinata per tutto la sala principale, di venire considerata pazza perché ho parlato con un’ottava in più del normale e che da mezzora sono qui seduta a discutere da sola, allora mai stata meglio”
“La sua amica è stata allontanata dalla sala da gioco per la sua condotta deplorevole” disse con voce chiara uno dei due poliziotti. Solo in quel momento Ginevra si voltò ad osservare i due soggetti in uniforme e li trovò alquanto imbalsamati. Se ne stavano seduti con la schiena ritta e la ragazza ebbe l’impressione che se si fosse avvicinata e gli avesse dato una spinta si sarebbero spezzati a metà.
“Cosa deve fare ora?”
“La Signorina passerà la notte qui e, se per domani pagherete le 25 sterline di cauzione, sarà libera di andarsene”
“Scordatevi che io passi la notte in questa scatola di sardine!” gridò Hermione da dentro la sua piccola cella. Ginevra non riusciva a spiegarsi perché avessero rinchiuso la ragazza dietro le sbarre, ma poteva immaginare come doveva essersi dimenata selvaggiamente Hermione, quando l’avevano trascinata via.
“Signori non c’è un modo per farla uscire seduta stante? Posso pagare una somma maggiore” chiese speranzosa Ginevra.
“La cauzione è fissa e può essere pagata dal giorno seguente all’arresto. Per questa sera non potete fare nulla Signorina”
“Deve esserci un modo” bisbigliò preoccupata Ginevra, voltandosi verso Evan che nel frattempo si era avvicinato ad Hermione e le stava parlando. Gli occhi della ragazza poi incontrarono quelli grigi di Malfoy, che per tutto il tempo era rimasto sulla soglia della stazione di sicurezza del Grosvenor Victoria casinò. Il ragazzo si fece avanti e si fermò con tutta la sua imponenza di fianco a Ginevra, questo le diede molta più sicurezza di quella che si sarebbe mai aspettata.
“Desidero parlare con il Direttore” disse poi con aria decisa.
“Non è possibile Signore”
“Non m’interessa quello che un poliziotto mancato può fare o meno, voglio parlare con il Direttore”
“L’avverto non le conviene provocarmi” disse nervosa una delle due salme alzandosi dalla sedia.
“Il Direttore. Ora” sentenziò Malfoy. Tutti i presenti nella stanza ammutolirono e restarono a guardare la scena. Ginevra sentì correrle un brivido nello stomaco quando guardò l’espressione di Malfoy, non era infuriato ma di una calma glaciale. Non trapelava nessuna emozione dai suoi occhi, non lo aveva mai visto in quel modo. Chiunque trovandosi davanti un uomo così non avrebbe potuto fare a meno di tremare obbedendo e, come volevasi dimostrare, la guardia imbalsamata scivolò veloce fuori dalla porta lasciando il suo collega a fissare di sottecchi quel pericoloso individuo.
Dopo qualche minuto Ginevra stava percorrendo guidata da Malfoy un lungo corridoio fin troppo ricolmo di quadri e contorte opere d’arte che la ragazza avrebbe voluto osservare più al lungo.
“Sei stato piuttosto brusco con quel poliziotto” azzardò Ginevra rallentando il passo per distanziarsi dal ragazzo.
“Devi imparare ad essere più incisiva quando desideri qualcosa” le rispose Draco senza neppure fermarsi o voltarsi.
“Devi imparare ad essere più diplomatico quando discuti con qualcuno” esclamò Ginevra incapace di trattenere il suo istinto combattivo.
“Tu vuoi insegnare a me come dare ordini?”
“Si” rispose Ginevra puntando il naso in aria.
“E sentiamo come dovrei comportarmi per fare qualcosa in cui eccello da quando avevo tre anni?”
“Magari ogni tanto prova a chiedere per favore. Funziona più spesso di quanto il tuo ego aristocratico creda”
“Guarda discutere con le buone maniere dove ti ha portata, a fuggire dalla tua famiglia e a chiedere aiuto a me!”
“Asino sbruffone”
“Donnetta fragile”
“Draco perché tutte le volte che vieni a farmi visita ci deve essere qualche problema d’entità criminale?”
I due ragazzi, fermi nel bel mezzo del corridoio a guardarsi in cagnesco, si voltarono nello stesso momento verso la porta che si era aperta un istante prima. Dritto sulla soglia se ne stava un uomo alto con una bella pancia tonda e un sorriso gioviale.
“Sei ingrassato Erby” disse ridendo Malfoy.
“Ognuno ha le sue debolezze” esclamò gioviale il Direttore del Victoria casinò “quello che è stato, a detta del mio addetto alla sicurezza, uno scandaloso spettacolo nella sala grande, è opera di una delle tue preferite debolezze?”
“Non so di che parli?” disse allora ironico Draco.
“Mi riferisco all’episodio dello scorso inverno che ha condotto due meravigliose creature con abiti  molto generosi per gli occhi, e te, nel mio ufficio, per atti talmente sordidi da non poter neppure essere nominati. Il tavolo da biliardo penso se ne ricordi ancora”
“Questo è troppo!” gridò Ginevra alle spalle di Malfoy non dando tempo al ragazzo di continuare quella ridicola parodia “lei è il Direttore di questo posto non è così? Bene allora dovrebbe avere più buon senso. Prima di mettersi a fare il buontempone con il biondino qui e parlare di prostitute, potrebbe verificare se non ci sono individui estranei nei paraggi. Sono venuta qui con il Signor Malfoy e, anche se la cosa le potrà risultare strana, non sono una prostituta!”
“Ginevra capisco che tu voglia mettere subito in pratica i miei consigli ed essere più incisiva, ma lascia che me la sbrighi da solo” disse Draco piazzandosi davanti alla ragazza.
“No lascia Draco, la Signorina ha perfettamente ragione. Dovete scusare la mia indole burlona, non intendevo affatto offendervi”
“Va bene… Signore voi potete aiutate Hermione?” chiese con voce implorante Ginevra mordendosi il labbro inferiore.
“Hermione è la ragazza arrestata vero? Prego entrate ne discuteremo comodamente seduti” disse l’uomo entrando nel suo studio e lasciando la porta aperta agli ospiti.
Ginevra si strinse nelle spalle e sospirò profondamente cercando di trovare ancora un po’ di forza dentro di lei. Quella sera il suo spirito combattivo e la sua determinazione avevano subito pesanti colpi e ora che aveva fermato i pensieri per un attimo si sentiva incredibilmente stanca.
“Erby, in breve, la ragazza deve essere rilasciata” disse risoluto Malfoy una volta che si fu seduto accanto a Ginevra nel morbido divano a un lato della grande stanza.
“Non avrei nulla in contrario se la Signorina fosse sotto la mia giurisdizione. Mi spiego meglio, le persone arrestate all’interno del Victoria casinò per aver commesso atti illeciti o comunque criminali sono sotto il diretto controllo decisionale della polizia di stato. In parole povere che ti arrestino nel Victoria casinò o in strada non cambia nulla, devi sottostare alle leggi dello Stato”
“Posso avere qualcosa da bere?” bisbigliò in un gemito strozzato Ginevra.
“Whisky?” domandò allegro Malfoy.
“Perfetto” concluse la ragazza con tono depresso.
“Erby, sei il direttore di uno dei migliori casinò di Londra non mi verrai a dire che non hai mai infranto una piccola legge dispotica?” chiese Draco con aria curiosa mentre versava il liquore ambrato in un piccolo bicchiere.
“Mai. Certo è anche vero che una legge si può sempre aggirare”
“Può aiutarmi allora?” chiese Ginevra con gli occhi illuminati dalla speranza e dal whisky che nel frattempo aveva bevuto.
“La vostra amica per questa sera non potrà lasciare il Grosvenor Victoria casinò, ma questo non significa che soggiornerà in un’angusta cella. Al piano superiore ci sono stanze più consone ad una Signora”
“Non mi sta prendendo in giro? Oh lei è troppo buono, una persona davvero deliziosa, a parte la questione delle prostitute. Grazie infinite da parte mia e anche da Hermione. Quando le dirò che dormirà qui sbatterà la testa nel soffitto per i salti troppo alti! Vado a darle la buona notizia subito così non starà in pensiero per molto. Grazie Signor Direttore” disse euforica Ginevra prima agitandosi sulla sedia e poi correndo verso la porta. La gonna color pesca del suo bel vestito era sparita da pochi attimi dietro lo stipite della porta quando una chioma rossa fece nuovamente capolino.
“Signore, ecco mi chiedevo se…” disse titubante la ragazza muovendo gli occhi dal Direttore del Victoria casinò al pavimento di marmo.
“Esigo la vostra presenza qui questa notte” disse fiero l’uomo con un allegro sorriso in viso.
In cambio Ginevra si esibì in un goffo inchino ma gli regalò uno splendido sorriso raggiante e, anche se il cuore del Direttore aveva nei suoi cinquant’anni già provato il fascino d’innumerevoli donne, fece un balzo improvviso.
“L’hai trovata sulla luna?” domandò dopo qualche minuto il Direttore al giovane amico seduto davanti a lui.
“Mi ha trovato lei, per sbaglio sulla soglia di casa. Onestamente credo si domandi tuttora quale assurdo motivo non le ha permesso di sbattermi la porta in faccia. Se lo avesse fatto di sicuro ora non sarebbe qui”
“Non mi sembra dispiaciuta di essere qui e di stare in tua compagnia, anche se dieci minuti fa voleva ucciderti davanti al mio ufficio” concluse al posto di Malfoy il Direttore.
“Erby, a dispetto delle apparenze, capisci le persone al volo!”
“Signor Muffin” L’allegra conversazione dei due uomini fu interrotta da un fruscio di vestiti subito seguito dalla voce profonda di uno dei poliziotti del Grosvenor Victoria casinò “quello che la strana amica della Signorina arrestata va urlando per tutto il locale corrisponde a verità?”
“Cosa dice questa ragazza?” domandò con un sorriso di falsa e ironica preoccupazione Erby.
“È entrata nella sala sicurezza come una furia e ha subito preteso che liberassimo la sua amica con tanto di scuse, perché per quella sera sarebbero state gradite ospiti del Victoria casinò
“La Signorina ha perfettamente ragione” dichiarò con aria solenne.
 
“Aspetta non ho capito, tutte queste boccettine servono per fare un bagno? Le Signore altolocate perderanno mezza giornata solo per preparare la vasca” borbottò Hermione osservando concentrata le numerose bottigliette di profumo sulla mensola di cotto nel grande bagno della loro camera.
“Non le devi usare tutte, ne scegli solo alcune e le mischi all’acqua calda” le rispose distratta Ginevra mentre, seduta dentro la vasca, cercava il modo di far scorrere l’acqua da un complicato e moderno rubinetto. Aveva avuto poche occasioni di vedere dei marchingegni idraulici così complessi e in queste poche volte non aveva mai avuto il permesso di avvicinarsi.
“Qui c’è scritto che devi tirare il pomello verso di te dopo aver regolato la temperatura dell’acqua” disse Hermione leggendo il piccolo foglio attaccato al retro della porta del bagno.
“Sto tirando da cinque minuti ormai, se doveva venire fuori l’acqua sarebbe già uscita da un po’”
“Lascia faccio io” esclamò Hermione entrando anche lei nella grande vasca.
“Allora tiro questo affare e… niente acqua” bisbigliò Hermione “forse si è otturato il tubo. Prova a vedere se quel coso lassù è chiuso”
Ginevra, in precario equilibrio sulla ceramica scivolosa, si alzò per esaminare da vicino uno strano rubinetto rotondo con tanti buchini come uno scolapasta.
“Sembra nuovo” disse incerta sfiorando la superficie liscia e scintillante dell’oggetto.
“Forse c’è un’altra levetta. Se metto questa stanghetta di ferro di qua e poi premo questo bottone gigante qui di lato, tiro il pomello…”
“Hermione spegni subito!” gridò Ginevra mezzo soffocata dall’acqua che d’improvviso aveva cominciato a piovere dal rubinetto tondo con i fori.
“Si e tu credi che io sappia come si fa!” esclamò la ragazza castana spostando frenetica le mani su tutte le leve e pomelli che aveva davanti.
“Tira ancora quel coso” disse Ginevra avvicinandosi all’amica e contemporaneamente cercando di non bagnarsi ancora di più. Fatica inutile, dopo una manciata di secondi passati ad urlare istericamente di fare così e di girare di là, l’acqua si fermò lasciando le due ragazze depresse e bagnate a guardarsi i capelli, sedute sul bordo della vasca.
“Pensaci quando racconteremo questa cosa hai nostri nipotini come rideremo” disse gaia Ginevra con un sorriso rassegnato.
“Certo, li addormenterò narrandogli la storia di due coraggiose avventuriere e di come hanno sventato l’attacco del rubinetto pazzo! A proposito tu hai capito perché si è fermata l’acqua?”
“No” ammise triste Ginevra.
“Neanche io” bisbigliò atona Hermione “tanto la prima a fare il bagno sarai tu!”
“Scordatelo, io ora vado a cercare degli abiti asciutti da buttarci addosso mentre tu diventerai un’eroina sconfiggendo il malvagio rubinetto!”
Con un’agile salto Ginevra era già fuori dal bagno e dandosi una rassettata si stava incamminando verso la porta.
“Solo perché mi hai tirata fuori da quel buco!” sentì urlare Hermione da dentro il bagno.
Ginevra girandolò per tanti corridoi più intenta ad ammirare quadri che a cercare qualcuno in grado di fornirle abiti asciutti. Passò con aria incantata e un leggero sorriso di stupore sulle labbra lunghi corridoi e ampi saloni, osservando tutto quello che le si parava davanti.
“Nancy trovami immediatamente il mio vestito celeste e butta giù Marie dal letto, deve sistemarmi questi capelli”
Una bella voce musicale rovinata da una nota d’isteria rimbombò forte all’interno del corridoio che stava percorrendo Ginevra. Accelerando il passo vagò alla cieca per qualche secondo, per poi trovarsi davanti ad un grande arco dai contorni antichi intagliati nella pietra. Ginevra quando varcò con naturalezza quella maestosa entrata non sapeva che la persona alla quale stava andando ingenuamente incontro avrebbe contribuito a scardinare gli ultimi granelli di sanità mentale ancora presenti in lei.
“Questa zona è privata. Giratevi e continuate a camminare, prima o poi incontrerete qualche inserviente che saprà indicarvi dove andare” disse la ragazza con voce secca appena ebbe visto avvicinarsi Ginevra.
“Mi dispiace non sapevo di essere in un’ala vietata. Forse mi potete aiutare sto cercando la lavanderia, o un qualunque posto in cui trovare abiti asciutti” disse tentennando Ginevra intimorita dalla durezza di quella ragazza mora.
“Credevo che i vestiti a voi non servissero. Riconosco però che per un dono, seppur sciatto come il tuo corpo, una bella confezione non guasti mai”
Ginevra rimase per qualche istante imbambolata davanti a quella bella ragazza vestita come una principessa non riuscendo a capire il senso delle sue parole. Poi accorgendosi di stare facendo la figura della sciocca si riscosse e scusandosi si allontanò alla svelta da quel posto. Quella ragazza la innervosiva, quella strana aria di superiorità e il fascino naturale che possedeva la facevano sentire in imbarazzo con il suo vestito fradicio e i capelli ammosciati sulla testa.
“Signorina Ginevra ma cosa vi è successo?”
“Oh Signor Direttore ecco… io ed Hermione abbiamo avuto un piccolo disguido con il rubinetto del bagno, e visto che nessuna delle due è pratica con quelle apparecchiature moderne il risultato non è stato dei migliori” disse con un sospiro Ginevra indicandosi con un gesto rassegnato il vestito zuppo.
“Venite vi accompagno in lavanderia. Pensate che coincidenza, stavo giusto appunto andando a cambiarmi l’abito anche io. Fra poco si terrà una piccola riunione privata per amici intimi e volevo essere affascinante, chissà che non riesca ad attirare le attenzioni di qualche Signora. Ho paura però che questa sera le uniche donne presenti saranno solo arcigne matrone” continuò allegro il Signor Muffin conducendola nuovamente attraverso il grande arco di pietra.
“Non siete sposato?” domandò indiscreta ma troppo curiosa Ginevra, mentre sbirciava verso la porta chiusa in cui qualche minuto prima aveva incontrato la ragazza bruna.
“Lo ero. Mia moglie è morta più di cinque anni fa e ora mi diverto a fare il cascamorto con le altre donne come un ragazzino di sedici anni. Ma la mia Emily lo sa che amo solo lei” disse in un soffio con un sorriso dolce sulle labbra.
“Sono arrivato, queste sono le mie stanze. Mi scusate se non vi accompagno in lavanderia? È molto tardi, i miei ospiti arriveranno a minuti e devo ancora dare le varie consegne ai domestici”
“Non si preoccupi, adoro girare per questo palazzo, anche se mi perdo non sarà un disturbo! Devo andare avanti qui, a destra e poi sempre dritto vero?” disse Ginevra concentrata nel ricordare le indicazione datele dal Signor Muffin un attimo prima.
“Ah Signorina Ginevra?” La ragazza si sentì chiamare ancora dall’uomo dopo che ebbe compiuto pochi passi nel corridoio.
“Sarei felice se voi e la vostra combattiva amica vorrete unirvi alla piccola comitiva di questa sera. Non capita spesso che due meravigliose ragazze possano unirsi ad un gruppo di panciuti e sornioni vecchi Signori. Se non starete attenta vi ruberanno tutti i soldi al gioco, sono dei furbacchioni i miei amici”
“Se troverò un abito adatto nella vostra lavanderia, sarò felice di dilettare i vostri compagni con la mia sbadataggine al gioco” rispose sorridendo Ginevra.
 
 
 
Vi piace? Di preciso non so se nel 1814 esistesse già qualche modello di rubinetto con tubature interne, ma la scena mi piaceva troppo! Scusate per il ritardo! Grazie a tutti quelli che leggono la mia storia, siete fantastici grazie!
 
Ginny7: hai visto la mia recensione alla tua storia? Che ne dici ti piace questa Hermione femminista? A me tantissimo! Spero che il capitolo ti sia piaciuto un bacione!
Julietta: ti piace? Ti prego dimmelo perché ci tengo tanto!
Fiubi: sul serio ti piacciono le scene di Draco e Ginevra assieme? Io mi sento sempre un po’ insicura quando le scrivo perché ho paura di diventare scontata o di essere troppo smielata. Correggimi subito se mi succede! Sai, la scena che ti è piaciuta tanto non la volevo ambientare su il  rudere di una torre ma volevo un ponte. Come quello in cui Cenerentola e il principe vanno dopo il ballo al castello. Troppo bello, ma mi sembrava strano mettere un fiume nel giardino di un casinò… Comunque se per caso proverai mai a barare con le carte nella scollatura dimmelo perché voglio sapere se funziona!
Jessire: grazie sei un angelo! Questo capitolo ti piace? Un bacio grande grande.
Rayne: allora ti è piaciuta Hermione arrestata? Mi sono divertita un sacco a scrivere la scena! Grazie per il commento spero che continuerai a farmi sapere se la storia ti piace o no! Un bacio!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 

 
Capitolo 12
 
 
“È un peccato che Evan non possa essere qui, si divertirebbe un mondo” disse Hermione osservando le pareti della stanza in cui erano entrate lei e Ginevra. Nonostante le accurate indicazioni e la concentrazione messa nella ricerca si erano perse fra i tanti corridoi e svincoli di quel posto. Erano tornate due volte davanti alla loro stanza, una volta nella sala grande nel casinò e non avevano perso il conto di quante volte erano passate davanti ad un bel quadro di una donna seduta a leggere alla luce del tramonto.
“Questo posto è meraviglioso!” bisbigliò Ginevra in preda allo stupore più puro. Davanti a lei, su ogni parete, in ogni più piccolo scaffale, erano disposti ordinatamente una quantità enorme di libri.  Le sarebbe servita una vita per leggerli tutti ed era precisamente quello che aveva deciso di fare nell’attimo in cui era entrata.
“Dobbiamo andarcene, se ci trovano qui sono guai” bisbigliò Ginevra tirando l’amica per un braccio.
“Uno piccolo per favore? Lo nascondo nel corpetto del vestito, tanto è talmente rigido che nessuno si accorgerà che c’è un libro” implorò con voce speranzosa Hermione mentre puntava i piedi per non essere trascinata fuori della stanza.
“Hermione se chiedi al Signor Muffin il permesso di passare la notte nella sua biblioteca, farai prima” disse con fare da maestra Ginevra.
“A volte sei quasi più geniale di me!”
 
“Non avevo mai visto tanti soldi tutti assieme?”
“Scusa ma cosa credevi? A queste riunioni fanno parte solo elementi scelti per la capienza esagerata delle loro tasche e per la libertà con cui le svuotano. Una qualsiasi di queste persone può puntare, in un solo giro, più denaro di quanto tu e io vedremo mai in tutta la nostra vita” sussurrò Hermione per non farsi sentire da nessuno dei partecipanti alla festa privata.
“Signorina Ginevra, vi stavo aspettando prego venite a sedervi” disse allegro il Signor Muffin sopraggiunto silenzioso alle spalle delle ragazze.
“Prego, vi ho riservato il tavolo con la vista migliore non vi sembra? Sapete Lord Rembrant mi aveva chiesto questo tavolo ma io sono stato irremovibile. D'altronde seduto alla mia poltrona laggiù, vedo direttamente questo tavolo e le vostre armoniche figure sono più gradite ai miei occhi che la struttura spigolosa e secca di Lord Rembrant” continuò giocoso l’uomo mentre camminava verso un piccolo ma grazioso tavolo di legno tondo, posto proprio davanti ad una grande vetrata che, per qualche metro, prendeva il posto del muro in mattoni.
“Accomodatevi fra poco arriverà un cameriere” Il Signor Muffin era sparito tanto velocemente quanto era apparso poco prima e le due ragazze si ritrovarono con trenta paia di occhi puntati addosso. Il salone in cui era allestita la festa privata era molto grande, quasi quanto la sala grande del casinò ma in quel momento a Ginevra sembrava piccolissima e angusta. Ogni persona presente in sala la stava sondando e catalogando: due ragazze giovani e sole, vestite con abiti chiaramente non loro, potevano sembrare solo una cosa e per quella sera ne aveva avuto abbastanza di essere scambiata per una prostituta.
“Forse abbiamo fatto male a venire qui” bisbigliò rivolta ad Hermione.
“Ginevra, considerando il tuo carattere pacifico in questi casi hai due opportunità, o scappi disperata e sconfitta come stai per fare, o adotti momentaneamente la calma estenuante di Christine. Ti avverto che in nessuno di questi due casi riuscirai a divertirti o quantomeno a sorridere più di dieci volte in una sera. Per cui, opto per la scelta numero tre, ossia fai come la sottoscritta: tu sei la regina del mondo!”
“Peccato che non sia niente del genere”
“Qui dentro non importa quello che sei ma quello che dai l’idea di essere, o mi sbaglio?”
Ginevra rimase ferma per qualche istante a riflettere, poi inspirò profondamente e drizzando la schiena, spostò lo sguardo su tutti quelli che ancora continuavano a guardarle con indiscrezione. Osservò ogni particolare, dai capelli laccati di tutto punto al vestito senza pieghe, fino a che ogni persona distolse lo sguardo, imbarazzata dai suoi infondati sospetti verso quella Signorina aristocratica.
“Spero non sia presente anche quel mollusco che mi ha fatta arrestare” disse Hermione mentre spaziava con gli occhi all’interno della sala.
“Cosa ti aveva detto per farti arrabbiare così tanto?” domandò curiosa Ginevra.
“Non che mi potessi aspettare qualcosa di diverso da un uomo che considera le donne come stormenti di piacere e di pulizia casalinga. Per l’essere viscido il mio vestito era perfetto, anzi avrebbe preferito una stecca in più per far uscire del tutto il seno dal corpetto! Sai che ha una moglie incinta? Me lo ha detto con un sorriso dopo avermi tastato ampiamente il sedere! Sarei curiosa di vederlo ridere adesso, sta cetra che con il destro che gli ho mollato uno o due denti se li sognerà la notte!”
“Credevo avessi solo alzato la voce” disse stupita Ginevra.
“Tu guardi troppo ai dettagli”
“Signorine permettetemi di presentarvi una persona” disse il Signor Muffin irrompendo nella conversazione delle due ragazze “questa è mia figlia Pansy” continuò poi con tono orgoglioso facendo spazio alla ragazza.
“Piacere di conoscervi, mio padre mi ha raccontato la vostra sfortunata storia e siamo entrambi molto lieti di avervi qui questa sera. Avete degli abiti bellissimi” disse una ragazza mora, con l’incanto di una vera regina del mondo.
Ginevra dovette impegnare ogni sua energia nello sforzo di non aprire la bocca stupita e di imporre alle gambe di non scappare il più veloce possibile. Quella ragazza le stava facendo lo stesso effetto di qualche ora prima, solo che ora era molto più bella e orgogliosa.
La mente di Ginevra registrò quello che successe in seguito come una serie di indistinti comportamenti umani al limite della parodia. I suo occhi intontiti videro Hermione alzarsi e inchinarsi alla nuova arrivata con un sorriso di finta gioia sulle labbra. Sentì la ragazza castana ritirarsi in quanto preda di un inaspettata e inattesa voglia di giocare nata, probabilmente, dalla vicinanza della cara Pansy. Poi l’aria si fece più leggera e al contempo più dolorosa da respirare, e capì che stava arrivando. Se lo aspettava, le comunicò la sua mente, ma il cuore non si era preparato abbastanza a quello che avrebbe visto e per poco non si fermò. La sua salute cardiaca fu definitivamente perduta, quando vide le labbra di Pansy su quelle di lui.
Ora, a questo punto si potrebbero distribuire davanti a noi, non solo qualche opportunità di scelta, ma interi mazzi. I quattro neuroni rimasti a Ginevra vagliarono la fuga disperata, l’impassibilità gelida, le grida isteriche, il cuocersi il cervello con il rum, l’omicidio multiplo, la reclusione in un manicomio di massima sicurezza, l’infarto istantaneo, ma alla fine scelsero, come sempre, la cosa più insensata, sciocca, seppur incredibilmente giusta da fare. Si scollegarono.
Un secondo prima era seduta composta su di una comoda poltrona e un attimo dopo eccola afflosciarsi come seta sul pavimento. Non che stesse rimproverando il suo cervello per aver collassato, ma decisamente poteva scegliere un momento più opportuno. Se non altro ora non aveva più davanti agli occhi i due picconi intenti a tubare dolcemente, anche se, considerata la situazione nel suo insieme, era meglio guardare Malfoy amoreggiare con Pansy che stare dove era in quel momento. Infermeria, era questa la parola scritta con lettere d’ottone attaccate alla porta che aveva varcato fra le braccia di uno sconosciuto, tanto gentile da auto erigersi suo portantino personale.
Un’algida donna di mezza età, con il viso solcato da premature rughe probabilmente dovute alla nevrosi, aveva indicato al suo salvatore un letto in fondo alla grande sala, ed era proprio lì che ora se ne stava Ginevra. Non sapeva perché ma i suoi stanchi circuiti cerebrali si rifiutavano di pensare a cose serie: per esempio, sarebbe dovuta essere preoccupata per Hermione rimasta sola in quella gabbia di matti, oppure domandarsi perché era svenuta come una pera cotta, solo per aver visto un asino baciare un’aristocratica stizzosa. Invece era quasi un quarto d’ora che cercava di entrare nella psiche dell’infermiera, per capire quale assurdo motivo l’aveva spinta a sistemarla nell’unico angolo buio della stanza, quando nessun altro letto era occupato.
“Ti senti meglio?”
“Non dirmi che adesso devo anche risponderti? Immaginavo che fossi tu sai? Chi altro poteva caricare un peso morto come me e portarlo qui di corsa, se non tu. Ora però fammi un piacere torna alla festa ad ingozzati di tartine al salmone, lasciami pure qui a smaltire quest’assillante mal di testa. Sto bene sola e la simpatia dirompente dell’infermiera terrà lontano qualunque male intenzionato”
“Ginevra mi senti?”
“Si che ti sento, smettila di parlare così forte”
“Hai gli occhi aperti e anche se ti ostini a guardare il soffitto. So che mi senti, quindi rispondimi”
“Usi la tattica ‘sono incisivo e maleducato ma guarda caso ottengo quello che voglio’ vero? Ti avviso con me non funziona dovresti saperlo ormai”
“Sai che sei diventata l’attrazione numero uno della serata? Alle feste di Erby in genere scoppiano risse o donne isteriche scappano piangendo, ma una giovane e delicata ragazza non si era mai disperata tanto da arrivare a svenire”
“Chi sarebbe disperata? Quante storie che fai per un semplice mancamento. Chissà quante povere oche hai fatto svenire con il tuo discutibile fascino di tenebroso uomo di mondo”
“Tanto non me ne vado finché non mi rispondi”
“Perfetto, vorrà dire che gareggeremo a chi è più testardo dell’altro. Faremo le ragnatele prima che uno dei due si decida a dichiararsi sconfitto”
“D’accordo così non funziona, sei testarda come un mulo. Sei svenuta perché hai visto Pansy baciarmi”
“Non sperare di farmi cedere con delle provocazioni, usuri le corde vocali per nulla”
“Non so se hai notato, ma era una constatazione”
“Sprechi tempo”
“Sei gelosa di Pansy”
“Vattene a letto. O muori, fa come ti pare”
“Aspetta, non è tutto deve ancora arrivare la parte più bella. Sei innamorata cotta di me”
“Respira, piano. Ti arrestano se lo uccidi, lo sai vero?”
“Considerando questo è normale che tu non regga alla vista di un innocuo bacetto fra me e Pansy”
“A parer mio nell’indole dalla dolce Pansy non c’è nulla d’innocuo”
“Oramai avresti dovuto imparare che le persone non si giudicano dall’esterno e soprattutto dalla prima impressione. Non so cosa ti abbia fatto Pansy, però se ti prenderai cinque minuti per stare con lei scoprirai che è un’acida strega, ma infondo è simpatica e generosa”
“ ‘Acida strega’ non solo stona con gli aggettivi ‘simpatica e generosa’, è proprio l’opposto!”
“Il contrasto fra bene e male è piuttosto rilevante nel caso di Pansy lo ammetto, ma questo la rende più interessante”
“Vai a studiare il tuo caso da laboratorio allora, e lascia in pace me”
“Ogni persona è contraddittoria a suo modo. Quando avevo diciotto anni sono stato un mese a Parigi in visita con mio padre da un amico di famiglia. Questo Signore possiede una fabbrica di saponi molto famosa. Un giorno ci portò a visitare lo stabilimento e così conobbi uno dei tanti operai. Mi disse che a volte con il suo stipendio non riusciva ad arrivare alla fine del mese e, per alcuni giorni, non era capace di portare neanche un pezzo di pane fresco a casa. Eppure, ogni sera, quando usciva da lavoro stanco e sporco, si fermava in una pasticceria e comprava un dolce per la figlia di quattro anni. Diceva che era troppo innamorato del suo sorriso di gioia per risparmiare quei soldi”
“Perché mi racconti queste cose?”
“Anche tu sei una contraddizione vivente sai? Se t’incontrassi per strada in giorno di pioggia penso che sarei troppo impegnato a ripararmi dall’acqua per accorgermi di te. Sai ho conosciuto solo una manciata di ragazze capaci di incantare senza il bisogno di essere viste, solo con la loro presenza”
“Tutto quella storia dell’operaio per dirmi che non sono una donna fatale? Guarda, lo sapevo già da tempo, e senza il tuo aiuto”
“Prima di storcere il naso offesa fammi arrivare al dunque. In apparenza tu sei una ragazza mite e composta, che ti fa accomodare sulla poltrona accanto al fuoco e ti offre una calda tazza di tè. É il tuo aspetto a suggerire questo carattere, gli zigomi alti e rosei, gli occhi grandi e lucenti, e, in generale, il tuo essere così fine e controllata”
“Questa sarebbe la mia contraddizione?”
“Quando ridi però cambia tutto. Non so cosa ci sia di speciale nel tuo sorriso, hai labbra morbide ma non sono le migliori che abbia mai visto. Forse è merito delle guance che si ritirano formando delle buffe colline ai lati del viso. In ogni modo quando sorridi regali al mondo una parte di te stessa che nascondi gelosamente in un angolo del cuore. La Ginevra che sogna di viaggiare e conoscere ogni cosa, di ridere finché le fa male la pancia, d’amare e di essere amata. Sei bellissima quando ridi perché diventi l’essenza gioiosa della vita e infondi la voglia di sorridere a tutti quelli che ti stanno accanto. Credimi tu sei la sola ragazza capace di rendere felice qualcuno anche senza essere vista. Naturalmente tutto cambia quando smetti di sorridere e arriva la Ginevra petulante, impulsiva, testarda e anche un po’ viziata”
“Sai che ti dico, ora mi alzo e ti spacco quel brutto muso da faina che ti ritrovi!”
“Sono stato davvero sfortunato. Mi sono accorto troppo tardi del tuo caratteraccio. Perché quel giorno quando mi hai aperto la porta non mi hai detto ‘Devi essere più diplomatico quando dai ordini’ oppure, anche meglio ‘Sai che sono capace di arrampicarmi su un albero di cinque metri per recuperare una rosa’. Se lo avessi fatto ora non dovresti sposarmi”
“Ginevra? Ti sei nascosta sotto il letto?”
In un secondo la bizzarra statua di pietra che fino a quel momento era stata Ginevra si era volatilizzata, tanto in fretta che neppure le lenzuola parevano non essersi spostate.
“Sono qui”
Una voce dolce ma titubante uscì dal buoi e concentrandosi Draco riuscì a scorgere una vaga sagoma bianca rischiarata dalla poca luce lunare che entrava dalla finestra.
“Non mi dirai che il muro che si vede dalla finestra è più bello di me?” chiese ironico Malfoy sperando che la ragazza non smettesse un’altra volta di parlare.
“Mi chiedevo come ci riesci? Intendo a capire cosa penso. Non so se considerarlo un pregio o un difetto ma non sono una ragazza semplice da gestire ma prima mi parlavi come se capissi ogni cosa che pensavo e questo m’inquieta leggermente”
“Perché?”
“Non mi piace l’idea di essere un libro aperto, mi fa sentire vulnerabile”
“Lo so che odi passare per una donna indifesa e fragile, ma non hai mai provato a fidarti completamente di qualcuno? Senza pensare, senza problemi. Dimmi Ginevra saresti capace di lanciarti nel vuoto con la consapevolezza che qualcuno ti afferrerà al volo?”
“Sono salita su una scopa con te”
“E questo per te equivale a fidarsi ciecamente?”
“Hai visto come dondolava quel discutibile mezzo di trasporto?”
“E va bene! No, non credo di essermi mai fidata completamente di nessuno. È una cosa che mi spaventa” ammise con esasperazione la ragazza dopo che ebbe visto lo sguardo scettico di Draco.
“Bene, vorrà dire che faremo un esperimento pratico”
“Prima che la tua mente escogiti cose assurde, ti dico una cosa: non mi fido di te. Neanche in minima parte, quindi ogni tuo possibile esperimento fallirebbe miseramente”
“Sciocchezze, certo che ti fidi di me”
“La mia fiducia nei tuoi riguardi ha lo stesso spessore della tua modestia, praticamente inesistente”
“Ginevra?”
“Si?”
“Sta zitta”
“Ma come…”
Ma le parole le morirono lì dove erano nate. Se avesse voluto in quel momento avrebbe potuto contare le scaglie d’azzurro cielo presenti negli occhi di Malfoy, tanto il ragazzo era vicino al suo viso.
La mano di Draco salì in una lenta carezza sulle sue gote, per poi scendere con calda lentezza fino alla mano leggermente tremante di Ginevra.
“Hai paura?” bisbigliò roco il ragazzo.
“No”
Ginevra sapeva quello che stava per fare, non lo conosceva affatto a dispetto di quanto credeva, ma aveva già provato quella sensazione d’attesa snervante. Il vuoto allo stomaco, le labbra tremanti e leggermente aperte, i battiti impazziti e quello strano sentore di fare la cosa giusta. La voglia che tutto accadesse più in fretta possibile e allo stesso tempo il desiderio incontrollato di fermare il tempo e vivere centinaia di volte quell’istante. Aspettare qualcosa che sai avvicinarsi eppure stupirsi come una bambina quando arriva. Tutto questo aveva sentito Ginevra Weasley, una mattina di settembre, quando Draco Malfoy la baciò. La cosa buffa che stupì Ginevra in quel momento, mentre stava ferma davanti alla finestra di un’infermeria, fu la sua reazione. Conoscendosi da quasi vent’anni, si sarebbe aspettata di scattare via, di stampare la sua mano sulla guancia di quel presuntuoso con un sonoro schiaffo o di fare qualsiasi cosa tranne restare ferma. Eppure fu quello che fece, rimase immobile ad aspettare pensando a come si sarebbe dovuta sentire e a sgridarsi mentalmente per quello che invece provava.
Quando le labbra di Malfoy si appoggiarono delicate ma decise sulle sue, Ginevra avrebbe voluto urlare, strapparselo di dosso e correre il più lontano possibile. Le braccia del ragazzo che la stringevano a lui, furono una comoda scusa per rassegnarsi a restare dov’era. Poi tutto quello che li circondava sparì in un lampo nero e subito dopo venne il freddo.
 
 
 
 
Finalmente, solo per voi, un bacio! Visto? Con calma ma ci sono arrivati prima di mettere le radici! Volevo dare una piccola informazione. Di sicuro vi sarete accorti che ho cambiato il cognome di Pansy. Mi dispiace molto aver cambiato la storia ma non ho saputo farne a meno. Quando ho ideato il direttore del casinò non avevo pensato di farlo diventare il padre di Pansy così gli ho dato un nome a caso. Poi però il suo cognome si adattava talmente bene al suo carattere buffo che non ho avuto il cuore di cambiarlo. Mi dispiace spero che mi perdonerete. Volevo anche chiedervi se si capiva la parte in cui Ginevra risponde a Draco con dei pensieri e non con parole, perché per me è chiaro, ma l’ho scritto io, e non vorrei che per una persona esterna la scena risultasse strana.
Fatemi sapere cosa ne pensate! Un baciotto!
 
 
Per fiubi: ce l’hanno fatta! Si sono baciati! Quasi gli darei un premio! Grazie per i complimenti e cosa avevi detto riguardo alla gelosia? Ci hai proprio preso in pieno! Ti è piaciuto come ho descritto il bacio? Ci ho pensato per un giorno intero, non volevo essere banale ma allo stesso tempo volevo descrivere bene i sentimenti di Ginevra. Mi si è attorcigliato il cervello per scrivere quelle dieci righe! Fammi sapere presto! Un bacio grande. Ps. Mi piace anche a me la scena del bagno, ogni volta che la rileggo rido come una cretina!
Per jessire: allora piaciuto il bacio? Mi serve il tuo parere. Come provetta scrittrice di storie ricche di miele e struggimenti devi giudicare come sono andata. Ho descritto bene? Sono stata troppo veloce? Grazie ci tengo al tuo parere. A proposito, perché hai cancellato la tua storia? Mi piaceva tanto… Grazie di continuare a leggere la mia storia a presto! Un bacione.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


 

 
Capitolo 13
 
 
È strana la sensazione che senti quando sei felice, al caldo e protetta. Poche volte in vita sua Ginevra Weasley aveva provato tutti questi sentimenti in una sola volta. Le costava molta fatica ammettere a se stessa di sentirsi a casa solo fra le braccia dell’uomo più sbagliato del mondo. Eppure era così. Non lo avrebbe mai detto a voce alta, nemmeno sotto tortura, ma stretta in quel deciso abbraccio si sentiva bene, libera di sorridere senza che ce ne fosse motivo, senza pensieri né belli né brutti, semplicemente in pace.
Draco Malfoy la stava ancora baciando, con quelle labbra dannatamente sensuali, e la sua forza di volontà aveva da un bel po’ sventolato bandiera bianca arrendendosi davanti all’irresistibile. Per qualche istante, non si accorse del gelido vento che le sferzava i capelli e le penetrava strisciante nelle ossa. Poi, quando il viso del ragazzo si allontanò di poco dal suo, e quel torpore incantante si fu in parte dissolto, il freddo la colpì come un violento schiaffo nel viso.
Nero e luci si alternavano attorno a loro in una strana combinazione gotica, tanto che le stelle nel cielo erano solo una pallida cornice di quell’immenso spettacolo.
Ginevra distolse lo sguardo dal luccicante panorama solo per lanciare un’occhiata interrogativa al ragazzo che ancora la stringeva forte.
“Dove siamo?” bisbigliò Ginevra girando la testa quanto più poteva per sbirciare dietro le spalle di Malfoy.
“Sul tetto del Victoria casinò” rispose con semplicità il ragazzo fissandola negli occhi per vederne la reazione.
“Perché?” domandò perplessa Ginevra incapace di staccare gli occhi da tutte quelle scintillanti lucine davanti a lei.
“Primo perché adoro come s’illumina il tuo viso quando guardi qualcosa che ti piace e secondo per il tuo esame di fiducia”
“Sorvolando sulla prima ragione, mi potresti illustrare la seconda? Perché non ho ben chiaro il concetto di ‘esame di fiducia’” disse curiosa ma titubante Ginevra, guardando di sottecchi Malfoy.
“Prima o poi devi imparare a fidarti delle persone, e non vedo perché non cominciare con me”
“Per esempio perché odio averti accanto”
“Non vorrei contraddirti cara, ma mi sei spalmata addosso e non sembri bruciare d’odio”
“Fa freddo quassù, e per ora sei l’unica fonte di calore”
“Salta” sentenziò secco Malfoy muovendo la testa in direzione nel parapetto.
“Salta tu” esclamò Ginevra come se spiegasse una cosa semplicissima ad un bambino.
“Voglio che salti” continuò imperterrito Draco, cominciando a trascinare la ragazza verso la fine del tetto.
“Tu sei pazzo, lasciami!” urlò energica Ginevra gesticolando per liberarsi dalla forte presa del ragazzo.
Sapeva già che la forza delle sua gracili braccia non avrebbe spostato di un filo Malfoy, mentre lui continuava ad avvicinarsi al bordo come se stesse camminando tranquillo. Gli occhi di Ginevra saettarono veloci verso il buco nero al di là del parapetto per poi tornare a fissare gli occhi di Malfoy. Era deciso e sicuro di sé, la stava costringendo a buttarsi.
“Adesso basta smettila!” gridò infuriata Ginevra, agitandosi sempre più.
Per un secondo il ragazzo parve bloccarsi, ma subito dopo riprese a camminare con Ginevra stretta fra le braccia. Dopo pochi tentennanti passi arrivarono sull’orlo del tetto del Victoria casinò, al di là del bordo solo un’infinità di nero pece.
“Saresti capace di saltare sapendo che ti lascerei mai toccare terra?”
“Lasciami andare psicopatico” ringhiò la ragazza pronta a mordere e graffiare qualunque parte di Malfoy le capitasse a tiro.
“Tu sai leggere nel futuro delle persone e nel loro animo. Lo sai che non ti lascio cadere”
Ginevra smise di agitarsi e restò inerme a fissare gli occhi di Malfoy incapace di ammettere la verità. Ma sapeva benissimo come il ragazzo avesse già compreso quello che lei faticava a credere.
“Non ti fidi neppure di te stessa, è così vero? Sai perfettamente che potresti buttarti da un palazzo di Parigi e io arriverei da Londra a prenderti nel tempo di un respiro. Ma non hai il coraggio di provare a crederci perché vorrebbe dire che ti fidi di me, e questo sarebbe un vero problema visto il tuo tanto decantato odio nei miei confronti” sentenziò con rabbia Malfoy “per la miseria Ginevra quando la smetterai di comportarti come una bambina?”
“E così sarei io l’immatura? Stai minacciando gettarmi giù da un tetto e la bambina sono io perché non mi fido? Scusami tanto se tengo alla mia povera vita!” gridò gesticolando frenetica Ginevra.
“Smettila. La tua vita, con me nei paraggi, corre solo il rischio di essere vissuta al meglio ogni giorno”
“Togliti dalla testa la presunzione di migliorarmi la vita con la tua ingombrante presenza. Non voglio stare qui, non voglio stare con te e non voglio averti sulla mia strada”
Le braccia di Malfoy si spalancarono di scatto tanto velocemente che per poco Ginevra non cadde per terra.
“E allora vattene. Resta tranquilla nel tuo mondo delle bambole, vivendo sotto una bella campana di vetro. Ti avverto però che non durerà per sempre, prima o poi qualcosa riuscirà a scalfire la tua barriera e resterai sola in un mondo sconosciuto e desolato” sentenziò duro Malfoy allontanandosi da Ginevra a grandi passi.
“Tu non mi conosci per niente, come osi tirare le somme della mia vita in modo così gelido?” gridò la ragazza in preda alla più ceca rabbia. Con uno scatto che sorprese lei stessa corse fino a raggiungere Malfoy e strattonò con forza il suo braccio.
“Guardami quando ti parlo! Credi davvero che sia così stupida da pensare alla vita come ad una serie d’avvenimenti indistinti e belli? So perfettamente come la vita può essere ingiusta e cattiva a volte, non sono nata ieri” ringhiò Ginevra, non ascoltando una parola di quello che diceva tanto era furiosa.
“E così sapresti quanto è difficile vivere? Cosa mai avranno sopportato le tue povere membra per poter affermare questo?” la canzonò con cattiveria Malfoy “oh certo tuo padre è un ubriacone spendi soldi e tuo fratello è sulla buona via per seguirne le orme. Poi non dimentichiamoci della cara mamma svitata morta di crepacuore…”
Ginevra agì di scatto. In un battito d’ali aveva schiaffeggiato con tutta la forza che aveva in corpo Malfoy e ora lo teneva saldo per il collo dell’elegante giacca nera.
“Parla una sola altra volta in questo modo della mia famiglia e giuro, che tu e del tuo ghigno maledetto diventerete cenere al vento” bisbigliò gelida a pochi centimetri dalle labbra di Draco.
Ginevra lasciò la presa di scatto, per poi correre lontano da quel posto e dal ragazzo il più veloce possibile.
Draco Malfoy rimase fermo qualche istante ad ascoltare lo scalpitio dei piedi veloci di Ginevra correre giù dalle scale e poi sparire debolmente. Con una mano si sfiorò il punto in cui Ginevra lo aveva afferrato con inaudita violenza per i muscoli delle sue braccia e lo trovò rovente. Il tessuto della giacca e piccola porzione di pelle che era entrata in contatto con le dita di Ginevra erano bollenti. Come se non le avesse afferrate una mano calda ma un tizzone ardente.
Ripensando ore dopo a quel momento, Draco si diede dell’idiota per non essersi chiesto immediatamente come le mani di Ginevra avessero potuto essere tanto calde. Su quel tetto, da solo con il freddo vento che gli scompigliava i capelli, rifletté su come non aveva minimamente avvertito quel calore, mentre lei era presente. Forse era colpa del suo cuore che batteva sempre così forte quando era vicino a Ginevra, o forse era solo a causa della rabbia provata. Nel momento stesso in cui formulò queste ipotesi si accorse di commettere lo stesso sbaglio che poco prima aveva ammonito a Ginevra: non ammetteva la verità a se stesso. Non aveva sentito il calore spropositato delle mani della ragazza per quell’insolito macigno che gli si stava posando sempre più pesante sullo stomaco. A primo acchito poteva sembrare un semplice vuoto di stomaco dovuto alla fame, ma riflettendoci un po’ sopra lo classificò come un indiscreto quanto assurdo senso di colpa.
“È oltremodo inconcepibile che abbia sensi di colpa. Ho sempre pensato che se mai avessi dovuto provare rimpianto per qualcosa detto o fatto a qualcuno sarebbe stato per un mio imperdonabile errore. E ora mi ritrovo solo su un tetto a pentirmi amaramente di quanto detto cinque minuti fa. Quanto mi dà ai nervi sentirmi in colpa per qualcosa che so essere giusto!” pensò seccato Malfoy tirando un violento calcio ad un piccolo sassolino vicino ai suoi piedi.
Rimase fermo qualche istante ad osservare il sasso sparire nel buoi, poi si girò deciso a ritrovare Ginevra.
 
“Cosa ci fai qui? Ti credevo ancora in infermeria con il biondo”
“Sto benissimo” rispose seccata Ginevra seduta sul letto. Era già da una mezzora che se ne stava lì a seguire con le dita gli intrecciati ricami della coperta. Lo aveva fatto di nuovo. Si era agitata troppo e aveva perso il controllo di sé, e come sempre i suoi strani poteri avevano fatto il resto. Doveva imparare a controllarsi, ma era talmente difficile farlo con Malfoy nei paraggi. Era sempre riuscita a controllarsi davanti a quell’asino perché sapeva che i suoi insulti erano soltanto vili provocazioni, quella sera però non c’era riuscita.
“Bene Ginevra, ora è il momento di analizzarsi. Quando avrai capito il problema tutto sarà più semplice” pensò la ragazza parlandosi in terza persona com’era solita fare quando pensava a cose serie “accidenti lo sto facendo ancora! Il verme ha ragione. Mento a me stessa con la stessa facilità con cui mangio un pezzetto di pane. Mi sono innervosita a tal punto perché avevo abbassato la guardia, colpa di quel bacio e delle sue parole. Appurato questo e sorvolando sul mio povero orgoglio ferito che strepita, devo ripromettermi di non cascare più in una così vile trappola. Nessun bacio, nessuna carezza, niente potrà scalfire la mia pace dei sensi. Resterò una statua di marmo, ferma e gelida. Ma chi prendo in giro? Mi scioglierò come burro al sole, e lui scivolerà ancora di più in me, sconvolgendomi completamente. No! Non può accadere. Trovato, se non lo vedo non corro rischi. Mi terrò lontana, se solo dovessi intravedere un’impertinente chioma bionda fra la folla, non solo cambierò strada ma proprio la città. Mi troverà ugualmente… non c’è nulla da fare. Allora, sono assolutamente e definitivamente spacciata. Va a finire che mi toccherà pure sposarlo. Per carità no, questo no!” E con questi pensieri che le frullavano per la testa, Ginevra si lasciò cadere a pancia in su nel grande e soffice letto, chiudendo gli occhi per attenuare la confusione nella mente.
“Ginevra mi vuoi spiegare che ti prende? Hai la stessa espressione di un fachiro indiano che ho visto anni fa a Parigi” brontolò Hermione avvicinandosi all’amica. Con un piccolo balzo si distese di fianco a Ginevra e dopo averla osservata per qualche istante prese, a fissare il punto che la ragazza guardava con insistenza da quando aveva riaperto gli occhi.
“Il soffitto è bravo a dare consigli? Perché avrei una o due domande senza risposta”
“Eh?” biascicò Ginevra ancora
“Il biondino ti ha baciata di nuovo, vero?”
“Hermione esiste una pozione per dimenticare?”
“Certo, ma nessuna delle persone che l’hanno presa ha avuto risultati positivi”
“Se dimentichi tutto il tuo passato come puoi dire di vivere meglio o peggio di prima?”
“Nel profondo di noi stessi resta sempre un filo, che per quanto sottile continua a tenerti legato alle cose più importanti della vita. Prendere quella pozione significa non ricordare più nulla. A volte può sembrare la cosa migliore ma se considerata a lungo termine nessuna situazione per quanto disperata si può risolvere annullandola dalla mente”
“Ogni situazione è diversa, non generalizzare”
“Forse hai ragione, ma resto dell’idea che i ricordi sono sempre utili, anche quelli dolorosi e tristi”
“La mia vita sta diventando più ingarbugliata delle istruzioni all’uso di quello stupido bagno”
“Beh, alla fine in un modo o nell’altro siamo riuscite ad usare quegli assurdi rubinetti, quindi direi che anche la tua vita potrà tornare in ordine”
“Mi stai paragonando ad un rubinetto?”
“Sei tu che hai tirato fuori tutte queste similitudini!”
“Ma non volevo essere un rubinetto”
“Allora non dire che sei come un rubinetto”
“Non l’ho detto!”
“Giusto, sei le istruzioni all’uso del rubinetto”
“Perché prendi tutto sul serio?”
“Perché tu non ti sai spiegare”
“Sei tu che non capisci”
“Io capisco quello che mi viene detto”
“Leggi fra le righe!”
“Leggi le mie labbra… non-ti-sai-esprimere”
Un secondo dopo, il sorriso ironico di Hermione fu cancellato dal tonfo di un cuscino atterrato con insolita forza proprio sul suo naso.
“Mi hai dato una cucinata?”
“Magari ti si ricollega il cervello e la finisci di sproloquiare”
Come poteva una ragazza con uno spirito combattivo a livelli oltremodo elevati come Hermione restare ferma? Semplice, non può.
Con un fulmineo movimento del braccio afferrò il cuscino vicino alla sua testa e senza nemmeno accennare ad alzarsi lo sbatté a peso morto sulle spalle e sul capo di Ginevra che per poco non cadde dal letto.
“Non guardarmi così, ti modello a cuscinate per farti assomigliare al rubinetto” ghignò Hermione alzandosi in ginocchio e guardando dall’alto in basso Ginevra. Un paio d’occhiate gelide ma complici e in pochi attimi l’elegante stanza fu rivoltata come un calzino.
“Qui è pieno di piume” sentenziò perplessa Ginevra guardandosi attorno in piedi sopra ad una cassapanca.
“Dovresti vedere i tuoi capelli” esclamò ridendo Hermione seduta sul morbido tappeto.
“Come può un cuscino esplodere se sbattuto contro il muro. Insomma siamo nel casinò più rinomato di Londra, dovrebbero dotarsi d’accessori di prima qualità”
“Il mio lancio era di prima qualità! Hai visto? Neanche se riprovassi centinaia di volte prenderei così bene lo spigolo di quel quadro” disse esaltata Hermione gettando un immaginario cuscino verso il dipinto di una verdura morta.
“Vuoi una medaglia?”
“Ci penserò” disse orgogliosa Hermione puntando il naso sul soffitto.
“Dovremmo sistemare tutto questo caos”
“Che ne dici se raccogliamo tutte le piume e le portiamo in massa da un fabbricante di cuscini”
“Scusa ma perché?” domandò perplessa Ginevra smettendo per un attimo di togliere le tante piume incastrate fra i suoi capelli.
“Non trovi indecente che per produrre un singolo cuscino grande su per giù cinquanta centimetri occorra il piumaggio di tre oche? Insomma, poveri pennuti, non credo proprio che siano al mondo solo per tenere comode le nostre teste”
“Tu ti fai degli strani problemi”
“Parla quella che si fa dei complessi grandi come casa per un bacio!”
“Antipatica” brontolò Ginevra facendo con una smorfia la lingua all’amica castana.
 
“Hermione sbrigati” gridò Ginevra dal fondo del corridoio.
“Se urli come un’aquila sveglierai tutti, compreso il tuo biondo”
“Muoviti!” esclamò piccata la ragazza rossa svoltando veloce l’angolo del corridoio.
“Sai che oggi incominciamo le prove per una nuova commedia” disse allegra Hermione raggiungendo con una corsa l’amica.
“Davvero?” chiese Ginevra rallentando il passo.
“Certo. Ogni volta che veniamo a Londra organizziamo un nuovo spettacolo” spiegò Hermione sorridendo felice di tornare camminare normalmente.
“Pensi che potrò partecipare anche io?”
“Non potrai, dovrai”
Il sole del mattino e un grande sorriso illuminarono il viso ancora assonnato di Ginevra, quando oltrepassò i cancelli del Victoria casinò. Finalmente lasciava quel posto.
“Hermione cos’è quel coso?” chiese curiosa Ginevra notando solo in quel momento il voluminoso sacco di stoffa che l’amica teneva stretto fra le mani.
Per tutta risposta Hermione aprì un poco i lembi della stoffa e mostrò il contenuto del sacco a Ginevra.
“Hermione!?”
“Voglio liberarle”
“Ma sono morte”
“Non importa, queste povere oche sono state costrette in un’angusta prigione di stoffa pregiata troppo a lungo”
“Tu sei pazza”
“Anche tu”
“Già” considerò Ginevra dopo aver riflettuto qualche attimo “ti aspetto al campo. Auguri per la vostra nuova liberta care oche” disse rivolta al sacco.
E voltandosi con un grosso respiro, mosse il primo passo verso la strada. Si concentrò al massimo sulla parte di lei che la spronava ad allontanarsi ancora di più da quelle stanze ricolme di quadri, da quei tavoli da gioco, e da lui. Il resto di lei che voleva disperatamente tornare indietro fu prontamente rilegato in un angolo della sua mente a sussurrare da solo la sua voglia di vita. Più i passi che la portavano lontano dal Victoria casinò aumentavano più quei sussurri diventarono bisbigli, parole, grida, urla. Fintanto che Ginevra fu costretta ad incassare la testa nel collo per non udire i propri sentimenti.
Hermione guardò amorevolmente l’amica allontanarsi così leggera da sembrare trasportata dal vento. Poi strinse maggiormente la presa al sacco di stoffa e cominciò a correre nella direzione opposta a Ginevra, verso il giardino del Victoria casinò. Una parte del parco era formata da un’incolta foresta, rimasta tale più per mancanza di volontà dei giardinieri che per bellezza.
Hermione s’intrufolò quanto poteva fra cespugli di mirtilli e felci, infine si fermò con solennità in quella che le sembrava un radura. Dal punto in cui si era fermata si vedeva chiaramente la strada, ma ad Hermione non era mai importato molto il giudizio della gente, che guardassero pure con le loro facce stupidamente incuriosite.
“Forza ragazze, ora potete andare dove volete. Viaggiate tanto fino a conoscere ogni filo d’erba del mondo, il vento è un ottimo mezzo per spostarsi”
A causa di una leggera brezza alcune piume sgusciarono via dal sacco posandosi lievi ai piedi di Hermione.
“Non ancora, non abbiate fretta”
Un brusio lontano. Il rumore di foglie secche accartocciate fra loro. Un impercettibile sibilo. E poi via, dritte nel cielo.
Con uno scatto Hermione spalancò il sacco e contemporaneamente lo lanciò verso l’alto per mandare le piume dritte nella folata di vento.
Il turbinio bianco durò poco meno di tre secondi, ma per Hermione furono abbastanza. Era come stare al centro di una favola in cui accadono cose straordinarie. E quello che ti rende più felice è il sapere che sta succedendo a te. Tante volte aveva letto libri in cui la classica sfortunata fanciulla cantava o addirittura ballava fra centinaia di foglie cadenti o candidi fiocchi di neve. Certo le sue erano penne d’oca, ma questo è un dettaglio.
“A volte mi chiedo se sono solamente sfortunata o certe cose me le vado realmente a cercare” bisbigliò Hermione depressa guardando la persona che dalla strada la stava osservando a bocca aperta.
 
 
Ciao! Scusate lo so sono in ritardo pazzesco. Ultimamente il tempo a mia disposizione per scrivere si è ridotto tanto e vado avanti a rilento. Prometto che cercherò di migliorare perché non mi piace aggiornare con tanto ritardo! Allora vi piace il nuovo capitolo? Fatemi sapere per favore!
 
 
Per julietta: si i ringraziamenti erano per te! Scusami tanto, ma devo essermi confusa visto che poco prima di scriverlo ho cercato (inutilmente fra l’altro) di ordinare le recensioni. Deve essermi rimasto in testa un altro nome. Scusa! Grazie per i complimenti davvero sei gentilissima. Hanno litigato in questo capitolo visto? Volevo metterci un po’ di pepe. Ti piace Hermione liberatrice d’oche? Mi sembra un’idea assurda ma mi piaceva troppo! Ci sono le tessere del club dei romanticoni? Perché la voglio! A presto un bacione. Ps. Auguri per la tua storia!
Per fiubi: mi fai arrossire! Grazie! Sai che hai perfettamente ragione sul percorso sentimentale di quei due? Per ora sono messi proprio così, ma non mi piace fare restare le cose statiche per molto e presto sconvolgerò qualcosa, anche se ancora ci devo pensare… per ora hanno litigato. Mi piace l’idea di una Ginevra combattiva che esce a testa alta anche se correndo come una pazza! Per Pancy tornerà, anche qui non so quando ma quelle come lei tornano sempre! Fammi sapere cosa pensi del capitolo! Un bacio.
Per Thaiassa: davvero ti piace? Che bello sono felice! Questo capitolo ti è piaciuto? A presto un bacio. Sono contenta se ti è piaciuta la scena del bacio, mi sono impegnata per renderla al meglio!
Per Aurora: grazie per il consiglio, nei prossimi capitoli se mi capiterà nuovamente un’occasione simile starò più attenta. Non ho messo in corsivo i pensieri nel capitolo scorso perché volevo che il lettore ci arrivasse da solo, ma evidentemente ho fatto male i calcoli. Grazie ancora e continua a farmi sapere cosa ne pensi. Un bacio.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
 
“Ron finiscila di stare lì come un pesce, vieni a darmi una mano!” brontolò un uomo dagli spettinati capelli rossi, mentre scendeva goffamente da una carrozza in Edgware Road.
Arthur Weasley guardò perplesso il figlio, imbambolato come un fesso in mezzo al marciapiede e si chiese da chi avesse preso quel ragazzo. Certo non da lui. Per quanto gli costasse ammetterlo, di tutti i suoi figli, solo Ginevra aveva il suo stesso carattere: insolente, testarda e coraggiosa. Lo aveva capito fin da quando era nata che quella mocciosa gli avrebbe dato solo rompicapi, ma aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di quei brillanti occhini verdi e del suo sorriso divertito quando le faceva le boccacce da sopra la culla.
“Accidenti Ron, muoviti!” gridò Arthur poi più forte, mente cominciava a scaricare una grande valigia dal tetto della carrozza.
“Arrivo” mugugnò distratto Ron.
L’aveva vista solo per un attimo. Un battito di cuore ed era già scomparsa come le piume che le vorticavano attorno. Forse era stata la sua immaginazione, oppure la stanchezza del lungo viaggio gli aveva giocato un pessimo tiro. Eppure era sicuro d’averla vista, la sua fata del bosco. Se voleva avere la speranza di ritrovarla doveva averla vista a tutti i costi.
Ron sospirò forte e con pazienza ripose l’immagine della sua strano e bellissimo spiritello in un piccolo angolo del suo cuore, dove sarebbe stato al sicuro dall’usura del tempo. Voltandosi di scatto verso il padre, una leggera piuma marroncina scivolò via dalla sua spalla, dove si era appoggiata poco prima portata dal vento.
Arthur Weasley vide avvicinarsi il figlio con un sorriso raggiante e un’espressione beata tanto strana, che decise di porre termine al tentativo di capire i pensieri Ron.
Se si fosse sforzato ancora un poco avrebbe notato come una mano di Ron fosse stretta in un deciso pugno. Quella mano custodiva una morbida piuma, volata da lui per caso o per magia, che lo avrebbe portato da lei.
 
“Corri! Non fermarti, non ti guardare indietro potrebbe seguirti” urlò Hermione a sé stessa, mentre sfrecciava come una lepre fra le strade di Londra diretta in nessun luogo. Solo quando le gambe non riuscirono più ad andare avanti per inerzia, si accasciò su una panchina a lato del marciapiede. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro cercando di trasformare quel ansimare animalesco in qualcosa di più umano.
“Santo cielo, Santo cielo…” bisbigliò lanciando la testa a peso morto all’indietro “cavoli, non possono capitare tutte a me! È matematicamente impossibile che tutte le sfortune mi raggiungano. Insomma esisteranno delle statistiche in merito, e se non ce ne sono provvederò alla loro stesura personalmente!” pensò risoluta alzando di scatto la testa per dare maggiore enfasi alla sua decisione.
“Dunque, qui la situazione si sta arricciando. Ma si dice arricciando? Oltre al respiro mi si è sballato pure il cervello. Non posso perdere le mie capacità dialettiche o mi accompagno da sola in manicomio” riflette Hermione giocherellando con una foglia caduta accanto a lei.
“Se lui è a Londra per Ginevra si mette male. Devo avvisarla al più presto, ma per ora è meglio se resto qui. Non mi reggono le gambe” pensò sconsolata sbattendo i palmi delle mani sulle cosce.
“Signorina, un dolcino per farle tornare il sorriso?” chiese una voce rauca sorprendendo una distratta Hermione. Era un signore anziano con un simpatico sorriso e un buffo capello verde in testa.
“Sono solo pochi penny Signorina, un po’ di zucchero risolve tutto” continuò il signore porgendo un dolcetto alla cioccolata ad Hermione.
“Generalmente sarei d’accordo con lei, ma per oggi sono soffocata dal pessimismo”
“Oh questo è proprio un guaio, non si combina nulla con il pessimismo. La malinconia non è bella, ma ci fa vedere il presente con più chiarezza, la rabbia è davvero pessima, però ci dà quella forza senza controllo che a volte è molto utile. Il peggio poi è l’amore, sentimento indispensabile non c’è che dire, ma come combina bene i guai lei non c’è nessuno. Il pessimismo invece non porta a nulla, se non a starcene seduti su una panchina a rimuginare le nostre sfortune. Tieni qui, offre la casa, mangialo” concluse lo strano signore mettendo il dolce al cioccolato fra le mani di Hermione.
“Molto buono” disse piano la ragazza dopo il primo assaggio.
“I dolci fanno sempre bene alla salute” esclamò l’uomo alzando il petto con orgoglio “ora però ci vuole un piano tattico” disse poi con fare cospiratorio sedendosi veloce accanto a Hermione.
“Vuole fare una guerra?” domandò sarcastica la ragazza guardando di sottecchi il signore accanto a lei.
“Anche quella è un’altra cosa poco utile a questo mondo, ma di questo parleremo dopo. Per il momento dobbiamo cacciare via il pessimismo. Sarà un osso duro!”
“Non si preoccupi, risolvo tutto con calma appena mi torna la sensibilità nelle gambe”
“Cosa ti ha portato qui? Prima ti ho vista correre, sei veloce come un fulmine. Ho fatto una gran fatica a vedere chi eri”
“Ma mi ha seguito?” chiese sbigottita Hermione.
“Certo. Una che sfreccia in quel modo per le vie di Londra deve avere per forza bisogno dei miei dolcetti” rispose sorridendo il signore.
“Lei è quasi più pazzo di me” bisbigliò atona Hermione guardando perplessa l’uomo.
“Le persone matte sono le più interessanti, devi andarne fiera. Torniamo a noi, cosa ti ha portata qui?”
Hermione rimase in silenzio per qualche istante indecisa se raccontare i suoi problemi ad un perfetto e pazzo sconosciuto o andarsene semplicemente. Alla fine scelse.
“Sono scappata dalla famiglia di una mia amica. Lei è se n’è andata da casa e loro l’hanno seguita fin qui”
“Un bel problema” disse il signore inclinando la testa di lato “ma non mi hai detto perché sei qui? Intendo su questa panchina”
“Le ho appena detto che sono scappata, mi vista correre no?”
“Certo, ma da quello che mi hai detto saresti dovuta correre subito dalla tua amica ad avvisarla, invece sei qui”
“Ero in panico, non ho guardato dove andavo!” esclamò piccata Hermione.
“Sciocchezze. Hai visto benissimo dove andavi solo che eri troppo agitata, e il tuo istinto ha scelto al posto della tua mente” rispose vivacemente l’uomo.
“E cosa c’è di strano?”
“Sei corsa qua”
“Questo lo abbiamo appurato già da un po’, ma non vedo dove sia il problema”
“Perché sei corsa via?”
“Non volevo farmi vedere per paura che, attraverso me, raggiungessero Ginevra”
“Allora perché non sei andata da lei?”
“Mi sarò persa” disse Hermione tentando di trovare una risposta che non sapeva.
“Sbagliato”
“E allora me lo dica lei per quale assurdo motivo sarei arrivata davanti a questa stupida panchina, visto che sembra morire dalla voglia di dirmelo!” esclamò esasperata Hermione con grandi gesti delle braccia.
“Hai avuto paura, però non capisco di cosa. Il padre della tua amica ha la testa a lucertola? Ho conosciuto un signore di Boston che, per un incantesimo sbagliato, si è ritrovato con la coda di un asino” riflette l’uomo appoggiando la testa ad una mano.
“No, niente del genere” rispose Hermione abbassando il capo “mi ha vista solo il fratello di Ginevra. Ron”
“Ora si spiega il pessimismo. Guardi il problema dalla parte sbagliata, tutto qui”
“Non capisco”
“Tieni, mangia un altro dolcetto” disse allegro il signore “ti piace quel ragazzo vero? E certo deve essere un tipo piuttosto particolare per attirare l’attenzione di una signorina come te”
“Si è decisamente strano” ammise schietta Hermione sorridendo al vuoto “ma non mi piace. È carino lo ammetto, ma insomma cosa centra lui con me? Non potrei mai essere attratta da un imbranato, indeciso, dolce e intrigante… ragazzo come lui ecco! No, è certo”
“Bimba mia tu paragoni l’amore alla matematica. Nello scorrere caotico della vita due più due spesso e molto volentieri non fa quattro, ma cinque, sei e a volte anche venti. Non crucciarti per cose le poche cose certe che hai. Tu lo sai di che colore sono i tuoi occhi?”
“Marroni”
“Ti facevo meno generica ragazza! Per esempio ora sono del colore dell’ambra grezza, ancora da scalfire e pulire. Prima quando correvi erano scuri come la terra smossa dalla vanga del contadino. Dopo che hai assaggiato il mio pasticcino si sono fatti più brillanti e chiari, dello stesso colore del caramello. Ogni cosa è piena di sfumature, così tante che potresti passare la vita a classificare le varie tonalità di una rosa eppure non riusciresti a vederle tutte. Ti piace quel ragazzo? E rifletti questa volta prima di parlare”
“Si” bisbigliò fra le labbra Hermione. 
“Tieniti stretta questa certezza, non come se fosse un peso ma un rifugio dalle intemperie del futuro. Ora vado, fra poco tutti usciranno dal lavoro e la domanda di dolcetti sale alle stelle” concluse sorridente l’anziano signore alzandosi dalla panchina.
“Grazie, ma lei chi” il resto della frase si perse in una folata di vento che in un istante si portò via anche quel bizzarro signore con i suoi dolci.
Hermione scattò all’istante in piedi e s’incamminò decisa alla sua destra. Sarebbe andata dritta da Ginevra e le avrebbe detto che la sua famiglia era in città. In merito al suo piccolo problema di sentimenti aveva deciso di attuare una tattica d’auto convincimento. Quella sera sarebbe andata a letto presto e, al caldo, avrebbe imposto a sé stessa la realtà.
“Mi piace quel ragazzo. Se lo ripeto un centinaio di volte forse riesco a convincere la mia testa ad accettarlo. Ma guarda che situazione. Se non fossi così dannatamente cocciuta, forse tutto risulterebbe più semplice, ora capisco perché nessuno vuole discutere con me. Sono testarda come un mulo, non riesco ad ammettere i miei sbagli neanche se ci sbatto il naso contro. Magari chiedo aiuto a Luna, romantica com’è saprà aiutarmi. Avanti ragazza svegliati! Non ho affatto bisogno d’aiuto, sono intelligente abbastanza per superare le mie paure. Per domani avrò convinto me stessa di essere attratta da Ron, ne sono certa”
 
“ ‘Sogno di una notte di mezza estate’ ” enunciò con eccessiva concentrazione Jhonny muovendosi lentamente davanti agli occhi annoiati della sua compagnia. Erano circa cinque minuti che l’uomo continuava quella strana passeggiata disegnando un bizzarro percorso circolare nello spiazzo verde davanti a loro, ma a Ginevra parevano ore. L’unica cosa che la rallegrava era il piacevole solletico dell’erba sulle sue caviglie nude.
“Proveremo finché avremo forza nelle gambe. Deve riuscire al meglio questa commedia” esclamò deciso Jhonny con secchi movimenti delle braccia.
“Tesoro vieni a sederti qui vicino a me”disse calma Christine e nonostante la palpabile agitazione, Jhonny si sedette come un cucciolo scalmanato richiamato all’ordine.
“Devi scusarlo, ogni volta che allestiamo una nuova commedia va su di giri e non capisce più nulla” bisbigliò complice l’anziana signora a Ginevra “sono passati quaranta anni e ormai ho perso ogni speranza. L’unica possibilità è tenerlo occupato finché non si calma”
“Jhonny alcuni dei presenti qui non conoscono la trama della commedia” proseguì poi Christine voltandosi amorevolmente verso il marito “ora Evan racconterà a grandi linee il ‘Sogno’, nel frattempo tieni qui, non mi va che rotoli per terra” disse la donna mettendo fra le mani di Jhonny un grande gomitolo di lana blu. Poi afferrò veloce i ferri che aveva in grembo e riprese il lavoro interrotto per calmare il marito.
“ ‘Sogno di una notte di mezza estate’ è per l’appunto un sogno” spiegò con lentezza Evan seduto come suo solito su un ramo di un albero “il mondo in cui la vicenda si snoda è fiabesco e irreale. Amore, magia, invidia, gelosia, e oscuri sortilegi s’intrecciano apparentemente senza senso, ma tutto finisce com’è iniziato: con un sogno. La commedia si apre con il matrimonio fra Teseo e Ippolita, da cui si diramano tutte le altre vicende” concluse con un sospiro Evan. Ora brillava nei suoi vivaci occhi una nuova luce, quel bagliore speciale che illumina il viso dei bambini immersi in una storia. Come se si aspettasse da un momento all’altro di vedere sbucare da dietro un albero una fata o un folletto dispettoso.
“Hai preparato una bozza delle battute?” chiese Blaise sporgendosi in avanti per vedere meglio il ragazzino nascosto dalle foglie.
“Certo” sbotto piccato Evan “devo controllarli un’ultima volta assieme a Jhonny, poi saranno pronti”
“Hai già assegnato le parti?” domandò Luna curiosa di sapere quale ruolo le spettasse.
“Ho una mezza idea” bisbigliò fissando una nuvola muoversi lenta nel cielo.
“Posso essere una fata?” chiese speranzosa la ragazza.
“No, quel ruolo è già stato preso da tempo” rispose sicuro Evan. Con un balzo saltò giù dall’albero e prese a camminare in tondo come Jhonny.
“Luna? Sarai Ermina, pazzamente innamorata e ricambiata da Lisandro, che, per comodità, verrà impersonato da Harry, così non dovrete sforzarvi più di tanto. Jhonny, tu sarai il padre di Erminia, deciso a dare in sposa la figlia a Demetrio, cioè Blaise. Elena, impersonata da Hermione, che per fortuna non è presente, ama Demetrio ma i suoi sentimenti non sono corrisposti” disse Evan passando da una persona all’altra con crescente entusiasmo ed energia.
“Io chi sono?” chiese Ginevra trascinata dall’inconsueta vivacità di Evan.
“Te l’ho già detto, ricordi?” rispose enigmatico il ragazzo avvicinandosi a Ginevra “una splendida regina delle Fate” sussurrò poi vicino al suo viso, proprio come aveva fatto giorni prima vicino al suo tavolo da chiromante.
“Per quel che mi riguarda sarò Puck, un folletto al servizio nel Re delle Fate Oberon. Puck e il suo incantesimo sconvolgono l’intera storia e con essa i sentimenti dei personaggi. Purtroppo per mancanza d’attori, qualcuno dovrà interpretare due ruoli: per esempio Blaise, tu puoi essere sia Demetrio sia Teseo, duca di Atene”
“Un duca? Tu mi vuoi fare interpretare un amante disperato quando posso essere il duca di Atene? Scarico Demetrio e mi prendo solo questo Teseo” esclamò con vigore Blaise.
“Teseo appare all’inizio e nell’ultimo atto, davvero vuoi entrare in scena per cinque minuti?” domandò Evan sapendo bene quale risposta gli sarebbe stata data.
“Ma come posso interpretare Demetrio? Lui ama Erminia ma viene respinto, e mai in vita mia una donna mi ha detto di no. Perché non lo fa Harry? Lui con le donne è un impiastro” brontolò Blaise.
“Solo perché non mi atteggio come un pavone per la strada” ribatté offeso Harry.
“Sei invidioso” rispose il ragazzo castano liquidando l’amico con un gesto plateale della mano.
“Si, non vedi? Come non volere assomigliare ad un tronfio ragazzo che si guarda più volte allo specchio di una ragazzina e usa i fiocchi per i capelli”
“È una moda molto aristocratica indossare fiocchi ai capelli nelle cerimonie importanti, da un tocco di classe” rispose altezzoso Blaise gonfiando il petto.
“Peccato che tu d’aristocratico non abbia niente”
“Vallo a dire a mio padre se non sono aristocratico”
“Vacci tu, così ti scaglia addosso una bella maledizione e tanti saluti ai fiocchi di classe”
“LUNA!”
I due ragazzi stavano per saltarsi addosso inferociti come bufali, ma un grido lontano e chiaramente disperato li fermò.
“Per l’amor del cielo, Luna dove sei?”
“Hermione?” chiese confusa la ragazza bionda allungando il collo nello sforzo di delineare meglio i contorni della bizzarra figura marrone in lontananza.
Non ebbe bisogno di impegnarsi per molto visto che Hermione procedeva verso di lei ad una velocità folle, e per poco non la travolse quando le arrivò vicino.
“Devi aiutarmi! Non so più dove sbattere la testa. Mi sentivo bene, camminavo tranquilla, questo per circa una decina di secondi poi tutto è tornato nel caos. La mia autostima non ha mai toccato livelli così bassi” gridò la ragazza scuotendo veloce il braccio dell’amica.
“Tesoro, calmati. Poi non urlare, sono a mezzo metro da te, ti sento” disse Luna cercando di togliere il braccio dalla presa pericolosa di Hermione.
“Devo parlarti in privato” bisbigliò la ragazza castana.
“Certo” rispose dolcemente Luna felice di avere nuovamente il possesso del suo braccio “noi ci assentiamo per un po’, voi andate pure avanti con i preparativi” disse poi al resto del gruppo.
“Hermione ti senti bene?” chiese Ginevra spaventata dal comportamento anomalo dell’amica.
“Oh Ginevra, sono leggermente scombussolata ma poi ti dirò meglio” rispose Hermione con gesti frenetici delle mani.
“Bene ora che pavoni imbellettati e ragazze isteriche si sono sistemati direi che posso esporvi l’ultimo problema della giornata” disse Evan una volta che Hermione e Luna furono sparite fra gli alberi.
“Ce ne saranno di problemi fra costumi, scene, luci, il palco da risistemare e”
“Jhonny il filo si sta attorcigliando” disse Christine concentrata nel suo sferruzzare.
“Oh” esclamò l’uomo cominciando subito a districare il sottile filo di lana senza più badare alla commedia.
“Questo è un problema di un altro genere. Ho vagliato parecchie possibilità, cercando di combinare le scene al meglio, ma il risultato non è cambiato. Ci serve un altro attore o la commedia non sarà completa”
 
 
 
 
 
Commento, commento! Vi piace? Si era capito che alla fine del capitolo precedente Hermione aveva visto qualcosa di sconvolgente? Spero davvero tanto che la mia storia vi piaccia. In quanto a ‘Sogno di una notte di mezza estate’ ho letto molto su questa commedia, in parte perché m’interessava molto e in parte perché mi avrebbero interrogato a scuola. Spero di scrivere cose giuste e di non sbagliare nulla, in ogni caso correggetemi! Un bacio grande grande e scusate il ritardo.
 
 
Per Fiubi: sono misteriosi i poteri di Ginevra vero? Comunque ho già in mente da un po’ una bella idea e presto verranno svelati! Per ora i due litiganti restano così come sono ma fra poco si sconvolegerà tutto! Arriva il nuovo attore! Ti piace il personaggio del signore anziano con i dolcetti? A me tantissimo! A presto un bacio!
Per Thaiassa: in questo capitolo le idee se le schiarisce Hermione, ma arriverà anche il momento di Ginevra! Ti piace il capitolo? Un bacio.
Per julietta: grazie grazie grazie grazie grazie! Che ne dici di Hermione in questo capitolo? Volevo che fosse confusa ma sempre combattiva, mi piaceva ritrarla così. Un bacione.
Per dady: si ci sarà quella ‘cosa’ e arriverà fra poco! Mi sono ingegnata un sacco per trovare una ‘cosa’ simile a quella di K.E. Woodiwiss ma che si adattasse alla mia storia. Poi dovrai dirmi se ti piace! Intanto che ne pensi di questo capito? Un bacio e grazie!
Per Aurora: bello il capitolo? Mi sono impegnata per rendere i sentimenti di Hermione il meglio possibile. Fammi sapere cosa ne pensi! Un bacione.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
 
“E adesso dove lo andiamo a pescare un nuovo attore?” chiese scettico Harry scompigliandosi gli arruffati capelli neri.
“Non ne ho la minima idea” rispose con semplicità Evan sedendosi a terra.
“Uno di noi potrebbe recitare due ruoli diversi come farà Blaise” propose Harry in un lampo di speranza.
“Credi che non ci avessi già pensato?” rispose piccato Evan “ma non si può fare. Bottom è una figura protagonista, non è possibile rifilarla in un angolo alla meno peggio. Deve avere un suo attore”
“Chi è Bottom?” chiese curiosa Ginevra.
“Un semplice artigiano di Atene, che per un brutto scherzo di Puck si ritrova con una testa d’asino. Sfortuna, o fortuna, vuole che, per un bizzarro incantesimo, la regina delle Fate s’innamori di lui. Bottom è il simbolo della cecità dell’amore. Ami e basta, senza regole”
Ginevra si sentì trascinare dentro quel mondo fiabesco e per un secondo le parve di capire quella regina. Svegliarsi un giorno d’autunno e scoprirsi innamorata di qualcuno che semplicemente non può essere giusto.
“Potremmo appendere volantini ad ogni palo e muro della città” disse deciso Blaise interrompendo il fantasticare angoscioso di Ginevra.
“Quante persone normali credi che vogliano unirsi ad una compagnia di maghi? Noi siamo i cattivi, quelli che lanciano maledizioni e fanno crescere i brufoli sulla faccia di ragazze oche” brontolò Harry innervosendosi sempre più.
“Povera Marienne voleva solo il tuo amore e lei hai dato un porro gigantesco sul naso” disse melenso Blaise ricordando la strana ragazza incontrata anni prima.
“Quel coso in faccia le venne per i chili di cioccolata ingurgitati, non certo per il mio rifiuto” sbottò seccato il moro.
“Le spezzasti il cuore mascalzone. Potevi almeno fingere che ti piacesse un poco, almeno adesso potremmo tornare a Dover”
“Vi hanno cacciati?” chiese perplessa Ginevra.
“Esiliati è un termine più adatto. Quella pazza è andata in giro sostenendo che Harry aveva fatto un sortilegio al suo viso, per punirla delle indesiderate attenzioni verso di lui. Per poco non ci bruciavano il carro, e poi i cattivi siamo noi. La gente dovrebbe imparare a guardarsi allo specchio prima di giudicare” rispose Blaise, mentre dentro di lui riaffiorava più vivo che mai il rancore e l’odio provato quella sera.
“È molto difficile per voi farvi accettare?” domandò triste Ginevra, sapendo bene che d’ora in poi anche per lei sarebbero arrivate mortificazioni simili.
“In genere la gente comune ci tollera. Non c’è mai mancato il pubblico durante gli spettacoli, è questo mi fa sperare. Se tutta quella gente viene a vederci, significa che credono, seppure in minima parte, nella magia e forse un giorno riusciranno ad accettarla” rispose Blaise con lo sguardo vacuo perso nel nulla.
“Forse conosco chi fa al caso nostro”
L’aria malinconica scesa sui membri del gruppo fu spazzata via dall’argentina voce di Jhonny, arrivata per riportare tutti al presente.
“È un ragazzo che ho incontrato due anni fa in Irlanda, si chiama William Trevor. Lavorava per una compagnia di teatro piuttosto famosa a Dublino, anche se pochi avevano voglia di teatro in quegli anni” spiegò Jhonny corrugando la fronte per ricordare “vedi Ginevra anni fa avevamo pensato di espandere i nostri spettacoli fuori dell’Inghilterra ed ero andato là per trovare qualche ingaggio o procurarmi delle amicizie. Alla fine abbandonammo il progetto, l’Irlanda non era un posto fruttifero per il teatro di strada, ma sono sicuro che William si ricordi di me. Mi fece da guida per giorni dopo che lo conobbi nella taverna in cui alloggiavo”
“Potresti provare a scrivergli una lettera, sperando che non abbia cambiato indirizzo” propose Christine alzando per la prima volta la testa dal suo lavoro.
“L’ultima volta che ho avuto sue notizie era in Scozia, si era trasferito anche lui in cerca di fortuna. Non è passato molto tempo, spero sia ancora là. Se fra una settimana non riceveremo alcuna risposta, riempiremo Londra di volantini”
 
“Mi spieghi cosa ti è preso?”
“Sto impazzendo. La mia mente formula pensieri assurdi. Pensa che prima mentre correvo da te ho creduto di aver visto uno scoiattolo viola! Persino un bel viola, acceso e con una leggera sfumatura sulla coda”
“Oh che creaturina graziosa”
“Luna, era un’allucinazione. O almeno lo spero”
“D’accordo niente più scoiattoli viola, ora potresti sederti. Mi fai venire mal di testa”
Hermione che da qualche minuto girellava nervosamente attorno ad un cespuglio, crollò per terra in un tonfo. Poi alzandosi a quattro zampe sgattaiolò vicino all’amica seduta sotto una quercia.
“Hai presente quella paura isterica che ti prende prima del debutto di una nuova commedia? Quando ti senti spaventata a morte, quel timore di sbagliare qualche battuta, di dimenticarsi una scena. Però allo stesso tempo sei euforica ed emozionata come un bambino davanti ad un regalo inatteso. Vorresti andare in scena subito, provare questa cosa nuova davanti a tutti per vedere se sei abbastanza brava, se hai successo e resisti fino in fondo. Mi sento esattamente così”
“Ma ora non siamo su un palcoscenico”
“Questa è la parte più brutta dell’intera faccenda. Le commedie sono molto meglio della vita reale, i problemi si risolvono quasi sempre oppure smettono di esistere quando cala il sipario” brontolò Hermione con aria triste.
“Tu chi sei?”
“Come?”
“Tu non puoi essere Hermione” rispose sicura di sé Luna.
“Luna ti assicuro che per oggi ho avuto la mia razione di persone matte, quindi ti prego non uscire di testa anche tu”
“La ragazza che conosco io non direbbe mai una cosa simile. Certo è vero che la mia Hermione è un personaggio piuttosto eccentrico e realista, ma lei sa bene come la vita sia cento volte meglio di una commedia. Me lo ha detto lei sai? Durante le prove di Othello mi disse ‘Questa roba sarà pure magnifica quanto vuoi, ma mi dà ai nervi. Insomma se il marito ti piomba in camera da letto minacciando di ucciderti tu che faresti? Resti ferma e ti fai strozzare? Dai, nella vita reale le donne sono molto più combattive e tenaci per fortuna. Ci pensi se vivessimo in una commedia di Shakespeare? Sarebbe una noia mortale’ ” concluse Luna imitando le smorfie tipiche dell’amica.
“Ti ricordi tutte le parole” bisbigliò Hermione, mentre ritornava con la mente a quel giorno.
“Certo, le ricordo perché ho pensato che avevi davvero ragione. E ora dimmi che è successo?”
“Mi piace un ragazzo. E non sono come Ginevra che muore dietro al biondo, ma non se ne accorge. Io so che mi attira, ma questo non cambia la realtà”
“Ti sei innamorata dello scoiattolo?” chiese scioccata Luna.
“Ma che t’inventi? No! Ti avevo già parlato di lui ricordi?”
“Oh si, quello con il nome corto”
“Ron” ribadì Hermione sorprendendosi della sua velocità.
“Conosco la tua visione dell’amore in generale, ma suvvia che ci sarà poi di così grave se ti piace un ragazzo? Prima o poi ti doveva capitare”
“Non è quello il problema, anche se a dire la verità ci ho messo un po’ di tempo per mandare giù il tutto. Ma sai una cosa? I dolci fanno miracoli, specie quelli al cioccolato”
“Tu vieni a parlare a me di cioccolata e dolci? Ne mangio il doppio di te, e continuo a restare la più magra!” rispose ironica e altezzosa Luna.
“Vieni a dirmelo quando avrai quaranta anni e non entrai più nei vestiti! Va bene, basta scemenze, arrivo al dunque” disse Hermione, cancellando con un sospiro l’allegro sorriso che aveva in volto “Ron è il fratello di Ginevra, e cosa ancor peggiore è qui a Londra con suo padre” esclamò veloce Hermione abbassando la testa quasi a volerla nascondere fra le spalle.
“Oh” bisbigliò Luna fissando a vuoto i capelli dell’amica.
“Solo oh?” chiese Hermione guardando di sottecchi la ragazza bionda.
“Dunque per prima cosa dobbiamo informare Ginevra, anche se non so quanto possa servire. Non possiamo lasciare Londra e in ogni caso prima o poi dovrà affrontare suo padre. Noi possiamo solo aiutarla e sostenerla. In quanto al tuo piccolo dilemma sentimentale lascia fare al tempo. Di certo non puoi fare nulla oggi, né tanto meno domani. Resta ferma e vedi cosa succede”
“In pratica resto passiva, un’alga?”
“Si, lasciati portare dalle onde”
“E se mi portano dove non voglio andare?”
“Quando ti accorgerai di essere arrivata al punto di svolta, allora dovrai decidere. Ma non ti preoccupare, generalmente le scelte più importanti si prendono in una frazione di secondo e sono il cuore e l’istinto a decidere. Certo nel tuo caso sarà più complesso visto il tuo povero cuore rachitico, ma ce la farai anche tu!”
“Chi avrebbe il cuore rachitico?” esclamò inviperita Hermione avvicinandosi minacciosa a Luna.
“Sai che farai Elena?” disse tutto d’un fiato la ragazza bionda, sapendo benissimo che Hermione si sarebbe infuriata a morte con Evan, risparmiando lei.
“L’innamorata tonta e disperata?” chiese Hermione cominciando già ad innervosirsi.
“Si proprio lei” disse fiera di sé Luna.
“Ne ha approfittato perché ero assentente. Maledetto omuncolo biondo, ma aspetta che lo prenda e gli faccio diventare i capelli bianchi quanto è vero che non farò mai Elena!” strillò Hermione alzandosi e cominciando a camminare veloce verso il carro alloggio, in cerca della sua nuova preda.
 
“Vorrei un bel pollo grosso e qualche osso per il cane” disse Ginevra intenta a vagliare con lo sguardo la merce in vendita sul banco. Finalmente era il suo turno, aveva aspettato dentro la bottega del macellaio per un buon quarto d’ora, e doveva ancora passare a prendere la verdura. Si era offerta di accompagnare Jhonny all’ufficio postale, così ne aveva approfittato per fare una bella spesa.
“Grazie Signora e arrivederci” esclamò affabile il corpulento uomo dietro il balcone porgendole il suo sacchetto.
“Arrivederci” disse velocemente la ragazza uscendo al più presto dall’angusto negozio.
“Aria fresca che meraviglia” pensò non appena fu in strada “magari potrei prendere qualche pesciolino per Onice” considerò poi passando davanti ad una bella bancarella di pesce. Certo ormai la merce migliore era già stata venduta, ma per il suo tonfo micio quel che era rimasto andava benissimo. Felice di poter viziare almeno un po’ il suo gattone, comprò cinque pesciolini e con un nuovo sacchetto fra le mani, si diresse spedita verso il negozio di verdure.
“Signorina le è caduto questo”
Una voce impastata arrivò dalle sue spalle e voltandosi Ginevra vide un uomo di mezza età con chiari postumi di una sbornia in viso. Le stava porgendo un fazzoletto bianco con piccoli ricami azzurri ai bordi.
“Non è mio, ma grazie” disse Ginevra cercando di sembrare più gentile e cordiale possibile. Ne aveva viste di tutti i colori persino nel suo paesino di campagna. I farabutti conoscevano mille modi per adescarti e rubarti i soldi.
“Ma è caduto dalla sua borsa” continuò l’uomo avvicinandosi.
“Deve essersi sbagliato Signore” disse sicura di sé Ginevra, mentre riprendeva a camminare.
“È sicura Signorina?” riprese l’uomo e, sorprendendo la ragazza, di frappose fra lei e l’entrata del negozio.
“Assolutamente certa. E se vi foste fatto il piacere di pettinavi i capelli, forse non vi sarebbero ricaduti sugli occhi confondendovi la vista Signore”
“Ehi ragazzina impara il rispetto per le persone più grandi di te” sbraitò quel tizio afferrandole con forza il braccio e facendo così cadere i vari sacchetti.
“Ma questo è un bel pollo. Sai è da un sacco di tempo che non mangio un pezzo di carne decente” biascicò l’uomo raccogliendo la sporta del macellaio da terra.
“Quello che arriva nel vostro intestino non m’interessa, ma mi preme molto il destino di quel pollo. Se foste così gentile da rendermi il mio acquisto, farò a meno di gridare”
“Mi dovrei spaventare?”
“Signore, forse la troppa birra le offusca l’intelletto quindi le spiego la situazione. Se io mi metto ad urlare, quel poliziotto laggiù accorerà in meno di cinque secondi e a chi crede che darà ascolto? Ad una povera fanciulla indifesa e molestata o ad un mezzo ubriacone bisognoso di una bella rasata? Faccia un favore a se stesso, mi ridia quel sacchetto e se ne vada”
L’uomo parve pensarci su qualche istante, poi con un goffo inchino restituì la sporta a Ginevra e riprese la sua strada. La ragazza rimase a fissarlo per qualche istante stupendosi della velocità con la quale si era liberata di lui, era abituata a diverbi verbali più lunghi. Cercò di ignorare la strana sensazione allo stomaco ed entrò nel negozio.
“E io che pensavo di fare la parte del salvatore con la corazza d’argento”
“Sbaglio, o ti ho già assicurato che non sono una principessa bisognosa d’aiuto”
“Ho notato”
“Bene, e allora cosa ci fai ancora qui?”
“È un negozio. Compro della frutta”
“Allora devi andare dall’altra parte del negozio”
“Ma di là non ci sei tu”
“È per questo che devi andarci”
“Avanti Ginevra, almeno guardami”
“Preferisco i cavoli, grazie”
“Sai questa mattina, quando mi sono svegliato ho notato una cosa piuttosto bizzarra sul collo. Una bruciatura, tu non ne sai nulla vero?”
“Forse non è una bruciatura, ma un regalo della vostra donnetta di turno”
“No, è una scottatura, e anche piuttosto profonda”
Ginevra aveva resistito fin troppo. Si voltò cercando di non fissare troppo a lungo il bel viso del ragazzo e con sforzo si dipinse in viso un’espressione atona.
“Il fuoco brucia Malfoy, e non sempre ha la forma di una fiamma”
Il ragazzo si limitò a sorridere, mentre guardava quel suo strano angelo infilare con agitazione delle patate in un sacchetto di cartone.
“Quello non va bene” bisbigliò Ginevra. Era rimasta a guardare di sottecchi Malfoy prendere un sacchetto e infilarci dentro diverse verdure, imponendosi di restare impassibile. Ma non aveva resistito come suo solito.
“Tu e le verdure venite da due mondi distinti” esclamò la ragazza prendendo il sacchetto dalle mani del ragazzo, che restò a guardarla immobile.
Ginevra ripescò dal sacco due carote e un pomodoro che rimise loro posto.
“Queste non sono buone. Hanno la buccia ormai nera e questo povero pomodoro è buono ormai solo da tirare ai politici dispotici” borbottò mentre con genti veloci riempiva nuovamente il sacchetto del ragazzo con verdure più sane “ecco, così ve meglio” disse infine, restituendo la sporta al suo proprietario.
“Grazie” disse il ragazzo con un sorriso ironico in viso.
“Non c’è di che” ribatté secca la ragazza “ma togliti dalla faccia quel sorriso, è snervante”
“Stavo pensando ad una cosa. La vuoi sapere?” domandò Malfoy seguendo la ragazza, che nel frattempo si era avviata verso la cassa per pagare.
“Ti prego, no” rispose Ginevra senza voltarsi.
“C’è un angolo del mio giardino che sarebbe proprio adatto per coltivare un orto. È isolato quanto basta, rimane piuttosto riparato dalla pioggia, ma è sempre illuminato dal sole. Mia madre lo aveva riempito di rose, ma ormai saranno tutte morte, non è mai stata brava con i fiori, anche se le piacciono molto”
“Non mi rispondi?” chiese Malfoy, non vedendo nessuna reazione da parte di Ginevra.
“Sono felice per quel giardino perfetto, triste per le rose morte e tua madre mi sembra simpatica, ma non vedo come tutto questo possa interessarmi”
“Non vuoi avere un orto?”
“Si mi è sempre piaciuto molto, ma a casa mia non avevamo molto terreno a disposizione” confessò Ginevra, mente porgeva i soldi alla ragazza dietro il balcone.
“Quando ci sposeremo potrai avere un bellissimo orto. E magari mia madre farà sopravvivere qualche pianta” considerò sarcastico Malfoy appoggiando i suoi acquisti sul banco.
“Santo cielo ma sei più testardo di un mulo! Ritorna a ieri sera e ricordati cosa ti ho detto, mi sono stancata di ripetermi” esclamò Ginevra afferrando con forza il suo pacchetto e avviandosi verso l’uscita.
“È un peccato sai? Adoro quando ti arrabbi”
“Ma come hai…”
“Sono un mago Ginevra e anche piuttosto bravo” rispose altezzoso Malfoy facendo sparire dentro una tasca la lunga bacchetta.
“La verdura almeno l’hai pagata?” domandò con fare da maestra Ginevra.
“Certo. In ogni caso, tornando al discorso di prima, ti si accendono gli occhi quando mi ripeti di stare zitto o altre cose che non ascolto. Sei davvero incantevole, a patto certo che non incominci a bruciare la gente” concluse Malfoy. Voleva sapere a tutti i costi come aveva fatto Ginevra a bruciargli la pelle e ci sarebbe riuscito.
 
 
 
 
Anche questo capitolo è finito! Spero vi piaccia! Non so se qualcuno di voi ha mai visto il film Stage Beauty, comunque le riflessioni di Hermione sulla fragilità della parte femminile in ‘Othello’ le ho prese da quel film. Da innata femminista quale sono non ho potuto farne a meno! L’ho detto per dovere di cronaca e per non creare malintesi! Grazie a tutti voi, spero che continuerete a seguire la mia storia. Fatemi sapere al più presto cosa ne pensate mi raccomando. A presto un bacio!
 
Per julietta: si ci ho messo un po’ di tempo a scrivere questi capitoli, ma hai visto come ho aggiornato in fretta questa volta? L’attore che manca sarà un piccolo mistero fino alla fine… poi vedrai cosa volevo dire! Mi piace fare la misteriosa! Allora ti è piaciuto il capitolo? Carina la scena di Draco che compra le verdure? Un bacione!
Per dady: premetto che ‘Orgoglio e pregiudizio’ è il mio libro preferito! In pratica so le frasi a memoria! Se incominci una storia ispirata al libro ti appoggio in pieno! Verrà bellissima di certo! Sono davvero contenta che ‘Rosa d’invero’ ti sia piaciuto, ha una trama avvincente vero? Il film non l’ho mai visto, ma cercherò di trovarlo a noleggio… intanto che ne dici del capitolo? Ti piace? Fammi sapere e grazie mille per i bei commenti!
Per Thaiassa: che bello ti piace Hermione! Mi diverto tantissimo a scrivere i suoi pensieri e le sue reazioni! Il signore con i dolcetti ritornerà stanne sicura! Ti piace questo capitolo? Il match Ginevra contro ubriaco è venuto bene? Comunque non è finita lì... a presto un baciotto.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***




Capitolo 16


“Christine dov’è Ginevra?” domandò con una leggera nota d’ansia Luna.
“È andata in città con Jhonny. Sta facendo la spesa, mentre lui è alle poste” rispose la signora, spostando decine di pentole alla ricerca dell’unica padella che naturalmente non riusciva a trovare “Cos'è successo cara?” chiese poi guardando perplessa il volto preoccupato di Luna.
“La famiglia di Ginevra è in città” disse la ragazza bionda torturandosi nervosa le mani.
“Oh, è arrivato l’uomo dispotico. In ogni modo, Jhonny e Ginevra dovrebbero arrivare fra poco. Il pranzo è quasi pronto e mio marito non fa mai aspettare troppo il cibo” concluse divertita Christine mescolando con vigore il denso sugo al pomodoro.
 
 
“Malfoy io non brucio la gente” disse seccata Ginevra camminando talmente veloce che per diverse volte rischiò di perdere i sacchetti che aveva fra le sue mani.
“Il mio collo la pensa diversamente” rispose ironico il ragazzo mentre trotterellava malizioso dietro le sue gonne.
“Il tuo collo è un idiota, al pari di tutto il resto di te” ribatté acida Ginevra guardandosi attorno con aria nervosa.
“Un idiota bruciato però”
“Oh finiscila con questa storia” esclamò irritata la ragazza girellando su se stessa più volte.
“Ti sei persa?” chiese sarcastico Draco, osservando il buffo balletto di Ginevra.
“Certo che no, solo non ricordo bene questa parte della città” concluse bisbigliando la ragazza.
“Quello che vedi qui, è l’inizio dei sobborghi di Londra. In questa zona abitano operai e manovali. Se continui a correre testarda come qualche istante fa, arriverai nei bassifondi della città, e ti assicuro che non è un bel posto” disse Malfoy indicando con gesti delle mani la strada davanti a loro.
Ginevra si guardò attorno e si stupì di non essersi accorta prima del cambiamento di paesaggio. Quella dove si trovava ora sembrava un’altra Londra: niente bei palazzi e musei, nessun negozio con merce esposta all’esterno. Da lì poteva vedere solo case fatiscenti in cui molto probabilmente abitavano più persone di quelle che avrebbero dovuto starci, e miseria.
“Non è così male infondo” disse Malfoy interrompendo i suoi pensieri “le persone che abitano qui, sono animi gentili e vivaci. Ti sorprenderebbe vedere una delle loro feste, hanno una tale energia che non immagineresti mai quanto possa essere difficile la loro vita”
“Sembri sapere tutto di Londra” constatò Ginevra alzando gli occhi verso il ragazzo.
“È stata la mia casa per sette anni. Avevo undici anni quando venni ad abitare qui e, per un  adolescente, Londra è un vero e proprio parco giochi”
“Risparmiami le tue storie da bordello, grazie” disse ironica Ginevra superando Malfoy per tornare sui suoi passi.
“Al contrario di quello che pensi non ho passato la vita saltando da una donna all’altra” rispose Draco sorridendo ironico.
“Allora su cosa hai saltato?” chiese maliziosa Ginevra voltandosi verso il ragazzo.
“Musei, mercati, feste, casinò, biblioteche…” elencò Draco, ricordando gli anni passati a Londra con un pizzico di nostalgia.
“Perché mi guardi così?” domandò poi Malfoy osservando lo sguardo incantato di Ginevra. Sembrava che stesse fissando il vuoto, come immersa in un problema senza soluzione.
“Come?” chiese vacua la ragazza.
“Ginevra cosa ti è successo oggi? Sei più bizzarra del solito” sentenziò quasi preoccupato Draco passandole una mano davanti al viso.
“Se devo essere sincera mi sento un po’ scombussolata da questa mattina. Quando mi sono svegliata stavo bene ma adesso no. Hai presente quando devi pendere una penna nell’altra stanza, ti alzi, cammini, arrivi davanti al cassetto e poi non ricordi più cosa dovevi fare? Quell’antipatica sensazione di vuoto, sento la mia testa che mi sta urlando ‘Cretina come hai fatto a scordarti’ eppure non mi viene in mente nulla” concluse Ginevra storcendo le labbra di lato per concentrarsi.
“Forse ti sei dimenticata di comprare qualcosa” ipotizzò Draco con un’alzata di spalle.
“Non mi sono dimenticata di nulla, però mi sembra di dove correre da qualche parte per fare qualcosa” bisbigliò Ginevra guardando il ragazzo in cerca d’aiuto.
“Per me hai solo bisogno di mangiare. Sei troppo ossuta”
“Io mangio” ribatté Ginevra piccata, incrociando le braccia al petto.
“Ginevra ma dov’eri finita? Ti ho cercata per quasi mezzora”
“Oh Jhonny, scusa ma mi ero persa. Non sono mai stata in questa parte della città” disse Ginevra mortificata di aver fatto aspettare l’uomo.
“Per fortuna ti ho vista” esclamò Jhonny, quando la raggiunse “questo signore è con te?” domandò poi sussurrando appena vide Draco alle spalle di Ginevra.
“Si, mi stava giusto ricordando che è ora di pranzo. Meglio tornare” rispose pimpante la ragazza precedendo Jhonny sulla via del ritorno.
“Grazie di aver aiutato Ginevra, signore” disse Jhonny con cortesia.
“È stato un piacere. Sono Draco Malfoy, ho avuto il piacere di assistere ad uno dei vostri spettacoli a Whipity e volevo farle i miei più sentiti complimenti” disse Malfoy cominciando a camminare accanto a Jhonny.
“Lei è davvero gentile. Spero verrà ad assistere alla nostra nuova commedia. Ora non posso dirle di cosa si tratterà, ma di certo sarà un capolavoro. Sono un tipo piuttosto preciso e odio le commedie tirate alla meno peggio, è un insulto. Poi per la prima volta, da dieci anni, avremmo tutti una parte! Eccetto mia moglie, lei non vuole più fare nulla e ho smesso di discutere con lei da anni, tanto non mi da retta. Giusto questa mattina ho mandato una lettera ad un mio caro amico, spero che riesca ad unirsi al nostro gruppo, perché sa ci manca un attore” disse Jhonny. Ginevra sorrise dolcemente nel vedere lo sguardo allegro e vivace dell’uomo, che riusciva a contagiare tutti con la sua energia. Poi il suo sguardo passo all’alto ragazzo al fianco di Jhonny e restò perplessa ad osservarlo. Sembrava amichevole. Solo quell’aggettivo le sembrava adatto a descrivere i comportamenti e l’espressione sorridente di Malfoy, ma non poteva essere giusto. Lui non era amichevole. “Ma poi infondo io che ne so di Malfoy? Potrebbe essere anche il campione della burla” rifletté fra sé Ginevra. E quel pensiero le mise una strana e appiccicosa tristezza addosso.
“Verrò certamente ad assistere alla nuova commedia di qualsiasi cosa si tratti. Ora però dovete scusarmi, si è fatto tardi e devo ancora svolgere alcune noiose commissioni di lavoro. È stato un piacere conoscerla signore. Ginevra arrivederci” concluse poi rivolto alla ragazza. Ginevra si limitò a muovere velocemente un braccio in quello che a suo vedere sarebbe dovuto diventare un saluto, e riprese a camminare veloce.
“Questo tuo nuovo amico è simpatico. Ora che ci penso non gli ho nemmeno detto il mio nome, devo essere passato per un vero maleducato” disse pensieroso Jhonny raggiungendo Ginevra.
“Non preoccuparti, lui sa fare di peggio” rispose ironica la ragazza sorridendo divertita.
 
“Cosa succede laggiù?” domandò curiosa Ginevra.
“Hermione” disse semplicemente Harry continuando ad apparecchiare la grande tavola sistemata davanti al carro.
“Tesoro è meglio se non ti avvicini per un po’, potrebbero volare oggetti pericolosi ed è meglio tenersi a distanza” le disse dolcemente Christine appena uscita dalla cucina.
“Perché sta rincorrendo Evan con una scopa in mano?”
“Un piccolo disaccordo sui ruoli della nuova commedia, vedrai che per ora di cena si saranno calmati” rispose la donna guardando con un sorriso i due ragazzi in lontananza.
“Ma potrebbe fargli del male” disse preoccupata Ginevra.
“No, le abbiamo tolto la bacchetta, al peggio gli farà un occhio nero” disse Blaise alle spalle della ragazza.
“Cara verresti in cucina con me?” chiese Christine salendo i pochi gradini del carro.
“Hai bisogno di qualcosa?” domandò allegra Ginevra, entrando nella disordinata e profumata cucina.
“Devo dirti una cosa”
“Che cosa è successo Luna?” chiese la ragazza guardando l’amica seduta su una piccola sedia vicino al tavolo da lavoro.
“Hermione ha visto la tua famiglia in città” disse con calma Luna. Si era imposta di restare impassibile e decisa, se si fosse fatta prendere dal panico anche lei cosa avrebbe fatto Ginevra?
“Sono qui” ripeté a se stessa Ginevra “sono in trappola” sentenziò poi vagliando la sua situazione in pochi secondi.
“Se la vuoi vedere sotto questa luce, direi proprio di si” rispose schietta Luna. “Forse sto esagerando con questa cosa del sangue freddo” pensò poi vedendo il viso sconvolto di Ginevra.
“Non angosciarti cara, tutti noi ti staremo accanto” disse con grazia Christine avvicinandosi a Ginevra e scostandole qualche ciocca di capelli dagli occhi spalancati “dovrai parlare a tuo padre e fargli capire i tuoi desideri e i tuoi sogni. Credo che tu non abbia mai fatto una cosa del genere o non saresti mai scappata da casa, ma ora devi riuscirci. Però adesso non sei più sola, hai noi e ti aiuteremo”
“Mio padre non capirà mai” sussurrò Ginevra affondando la testa nel collo.
“Sciocchezze! Quell’uomo è arrogante e pieno di sé, ma ti vuole un bene dell’anima e se gli parlerai con il cuore saprà ascoltarti, ne sono certa” disse Christine continuando a pettinare i capelli di Ginevra.
“E se per caso non ti darà retta allora gli scaglieremo addosso Hermione! Si prenderà uno spavento tale che gli diventeranno bianchi tutti i capelli” disse con allegria Luna saltando in piedi.
Ginevra non poté fare a meno di sorridere alla scena di Arthur Weasley rincorso per tutta Londra da una pazza con la scopa in mano.
“Un sorriso è sempre un buon inizio per superare un problema, da fiducia in se stessi e tanta serenità. Quando tuo padre arriverà qui sarai pronta per affrontare le tue paure” disse decisa Christine afferrando con un agile slancio la pentola sopra i fornelli “ora però quello che ti serve è un buon pranzo, ti ridarà un po’ di colore alle guance. Forza prendi quel mestolo e vieni ad aiutarmi a fare i piatti prima che mi cada la pentola per terra!” esclamò divertita la donna uscendo barcollante dalla cucina.
“Andrà bene vero?” domandò preoccupata Ginevra all’amica bionda accanto a lei.
“Certo” rispose dolce Luna prima di seguire Christine all’aperto.
Ginevra prese mogia il mestolo dal grande cassettone davanti a lei, e raggiunse Christine.
“Hermione finiscila di correre e vieni a mangiare” gridò Jhonny nella speranza che i due ragazzi si fermassero.
“Se ricarichi le energie dopo lo acchiappi meglio” gridò nuovamente.
“Solo perché ho fame!” esclamò decisa Hermione sedendosi, dopo che Jhonny li ebbe chiamati per una ventina di volte.
“Tu sei pazza” rantolò Evan accasciandosi sulla panca accanto a Blaise.
“E tu sei un approfittatore” brontolò la ragazza inghiottendo un pezzo di pane.
“Finiscila con questa cantilena, ti avrei dato Elena anche se fosti stata presente” ribatté Evan bevendo in un solo sorso un grande bicchiere d’acqua.
“Ti assicuro di no” esclamò minacciosa Hermione stringendo gli occhi a due sottili fessure.
“Harry, mangia un po’ di verdure” disse con fare da mamma Christine avvicinando la ciotola colma d’insalata al ragazzo.
“Al contrario di quello che pensi non fai paura quando sei arrabbiata, sei solo snervante e logorroica” sbraitò Evan agitando la forchetta in aria.
“Ci tengo ai miei occhi, tieni giù quella cosa!” esclamò Blaise allontanandosi istintivamente dal raggio d’azione della forchetta.
“Se sono logorroica è perché tengo a precisare le mie opinioni e mi ribello quando non sono considerate minimamente. Perché non potrei essere Erminia? A Luna riuscirebbe molto meglio la ragazza disperata e rifiutata!”
“Erminia la faccio io, capito?” disse astiosa Luna rivolta ad Evan.
“Ho scelto Luna perché è già innamorata cotta, poi non è disperata per un rifiuto ma perché Harry è un idiota. Tu sei perfetta per Elena” continuò Evan alterandosi sempre di più.
“Idiota?” borbottò Harry, mentre ancora stava masticando.
“Ma la vuoi piantare con questa forchetta?” gridò Blaise strappando il pericoloso attrezzo dalle mani di Evan “in effetti sei un po’ idiota” disse poi rivolto a Harry che lo guardava con espressione buffa.
“Tesoro ma quanto sale hai messo in questa zuppa?” domandò Jhonny, mentre storceva la bocca.
Due grandi occhi verdi osservavano questa scena con un misto d’orgoglio e dolcezza. Poi un sorriso, un vero sorriso, sincero e felice, fece capolino sulle labbra delicate di Ginevra. La sua nuova bizzarra famiglia. Ora erano loro. Suo padre e suo fratello continueranno ad essere parte di lei per sempre, ma adesso doveva crescere. Avrebbe parlato a suo padre e abbracciato forte Ron, poi sarebbe uscita dalla porta e tornata alla sua nuova vita. Ripensandoci quando era scappata da casa giorni prima non aveva pensato di ritrovarsi in quel posto, seduta su una dura panca ad ascoltare le chiacchiere caotiche e talvolta senza senso di un gruppo di maghi girovaghi. Però ora era lì, e non era mai stata più felice.
“O Santo Cielo” bisbigliò Luna fissando un punto indefinito alle spalle di Blaise.
“Cosa c’è?” chiese curioso Jhonny voltandosi nella direzione degli occhi di Luna.
“Ma quello scoiattolo è viola!” esclamò stupita Ginevra, una volta messo a fuoco il piccolo esserino saltellante.
“Forse non sono completamente matta” bisbigliò Hermione fissando l’animaletto sparire fra le foglie di un albero.
 
“Ginevra, se non la smetti entro tre secondi vengo lì e ti strangolo!”
“Non riesco a dormire, mi dispiace” bofonchiò Ginevra da sotto le coperte.
“Capisco che hai qualche problema, ma devi per forza muoverti come una lucertola in trappola? Il tuo gatto è venuto a dormire qui” bisbigliò seccata Hermione, cercando di spostare con la gamba la grossa palla di pelo che le aveva ingombrato il letto.
“Sono angosciata” ammise Ginevra voltandosi verso il letto dell’amica.
“Cosa ti è successo? È per la tua famiglia?” domandò Hermione quando ormai ogni speranza di dormire o di scacciare il gatto era svanita.
“Ammetto che sapere di dover affrontare mio padre mi preoccupa molto, ma ho accettato l’idea. Poi non voglio scappare da loro in eterno, mi mancano e non sai quante volte in questi giorni sono stata in ansia per mio fratello”
“Sono felice di vederti così rasserenata, avevo paura che ti saresti chiusa in te stessa”
“Sto imparando!” rispose fiera di sé Ginevra alzando la testa con orgoglio.
“Bene, appurato questo, ora dormi?” chiese speranzosa Hermione cercando, inutilmente, di trattenere un grosso sbadiglio.
“No. Ho una strana sensazione allo stomaco da questa mattina e ora mi dà il tormento” disse Ginevra sbattendo un pugno sul letto.
“Forse hai mangiato qualcosa d’avariato”
“Anche tu con questa cosa del mangiare? Ma siete tutti fissati con la mia dieta?” brontolò stizzita Ginevra.
“Tutti chi?” chiese curiosa Hermione alzando di poco la testa dal morbido cuscino.
“Questa mattina ho incontrato Malfoy, il biondo, e mi ha detto che mangio poco”
“Allora doveva vederti divorare quel pollo a cena, sembrava che non mangiassi da secoli” esclamò la ragazza castana guardando di sottecchi Onice che nel frattempo stava cambiando posizione.
“Avevo fame, poi Christine è un’ottima cuoca!” bisbigliò arrossendo Ginevra “sai che un mezzo ubriaco mi voleva rubare il pollo? Mi aveva bloccata davanti al negozio di verdure”
“In giro è pieno di farabutti” sentenziò Hermione spostandosi al centro del letto.
“Quanto è vero. Continuava a sostenere che mi era caduto un fazzoletto dalla borsa e poi mi ha scrollata per un braccio, domani mi verrà un bel livido” disse Ginevra toccandosi il punto in cui quell’uomo l’aveva afferrata con forza.
“Dovevi tirargli un bel pugno sul naso” esclamò Hermione lanciando un pugno a vuoto nell’aria “senti potresti dire al tuo micio che vorrei un po’ di letto anche io. Ti sei impadronito della coperta, un triangolino di materasso lo puoi lasciare a me?” chiese poi rivolta ad Onice.
“Ginevra ti senti bene?” domandò Hermione quando si fu voltata verso l’amica.
La ragazza se ne stava mezza seduta sul letto con in volto un’espressione che stonava con la sua solita allegria. I suoi lineamenti erano perfetti e levigati ma sembravano finti, come il viso di una  statua di marmo senz’anima.
“Hermione devo uscire. Non preoccuparti torno presto” disse con voce atona e quasi irreale, prima di afferrare un vestito a caso e uscire velocemente dal carro.
“Ginevra ma dove vai?” gridò Hermione seguendola fuori del carro, ma la ragazza era già sparita fra gli alberi.
 
 
 
 
 
 
 
Fine capitolo? Allora? Commenti commenti commenti! Vi è piaciuto? Grazie a tutti coloro che leggono la mia storiella. Un bacio grandissimo.
 
Per julietta: grazie sei davvero troppo carina! Piaciuto il capitolo? Un consiglio, sono stata troppo veloce a descrivere i sentimenti di Ginevra? Avevo paura di fare tutto troppo alla svelta. Un bacione!
Per Thaiassa: ti è piaciuto il capitolo? Fammi sapere ti prego! Ti dico subito che nel prossimo capitolo saranno svelati i poteri di Ginevra! Però devi indovinare qual è il problema che non la fa dormire!
Per dady: grazie sei gentilissima! Che ne dici del capitolo? Fra poco vedrai una Ginevra arrabbiata nera! Il film a cui mi riferivo era The dust factory, che mi avevi consigliato. Non l’ho mai visto, ma rimedierò! Un bacio.
Per Fattucchiera: davvero hai scelto la mia storia per la tua prima recensione? Sono contentissima grazie mille! Ti è piaciuto il capitolo? Hai capito cosa impensierisce Ginevra? Un bacio e ancora grazie.
Per Aurora: l’attore mancante diciamo che sarà una bella sorpresa per tutti! Com’è il nuovo capitolo? Sono riuscita a rendere bene la decisione di Ginevra? Ho paura di essere andata di fretta… un bacio a presto.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 

 
Capitolo 17
 
 
 
Jhon Fellow si era sempre considerato un uomo realista e moderno, una vera rarità in quei tempi dove tutti davano credito alla magia e ad altre baggianate simili. Da pochi minuti, anche per quell’anno, se n’era andato settembre, lasciando il posto ad un uggioso 1 ottobre. Essere il portiere notturno del Grosvenor Victoria casinò non era cosa facile per nessuno, ma in quasi venti anni di carriera, Jhon aveva visto di tutto e nulla più lo poteva impressionare. O meglio, questo era quello che andava blaterando con sua moglie o con chiunque avesse ancora voglia di ascoltarlo. Persino quando fu vecchio senza più storie da raccontare, disse mai ad anima viva quel che accadde veramente quella sera.
Della folata di vento disumana che si abbatté sul grande portone di ferro battuto, della miriade di foglie e spazzatura volanti davanti ai suoi occhi inebetiti e della strana figura al centro del putiferio, non rimase quasi nulla nei suoi racconti. Solo una stramba ragazza, probabilmente una maga da quattro soldi, che lo pregò di entrare ed accompagnarlo nella stanza di un ospite. Naturalmente essendo Jhon un portiere diligente in principio aveva detto fermamente di no, ma poi commosso dalla tristezza della giovane, aveva ceduto a patto di accompagnarla. Con il tempo avrebbe dimenticato dove portò la ragazza, non ricordò più lo strano vestito troppo grande per il suo esile corpo e le parole che lei gli rivolse cambiarono nella sua mente talmente tante volte da non avere più significato. Eppure, qualcosa di lei rimase impresso a fuoco nella sua memoria. In modo così profondo che spesso nel cuore di quelle notti d’inverno fredde e piovose, ritornava ad essere vivido e reale, come se la fanciulla si trovasse nuovamente davanti a lui. I suoi occhi. Avevano la stessa energia divoratrice del fuoco vivo, erano rabbiosi e si spostavano frenetici osservando tutta la stanza. Mai in vita sua Jhon Fellow aveva visto cosa più bella. Uno sguardo tanto terrificante da essere sublime.
Il nostro confuso portiere esce qui dalle scene, lasciando Ginevra sola davanti alla porta 421.
“Ginevra? Hai finalmente capito che resistermi è fatica sprecata?”
“Devo trovare un uomo”
“Perché io ti sembro una mangusta?”
“Meglio che non ti risponda”
“Ginevra che ti è successo?”
Per tutta risposta il pesante scialle di lana che avvolgeva le spalle nude della ragazza scivolò a terra. La pelle diafana della ragazza scintillava sotto la fioca luce delle candele appese alle pareti. Il vestito di Hermione afferrato al volo prima di uscire era troppo grande per lei, e le sue ridotte forme non riempivano gli spazi in cui l’altra ragazza stava quasi stretta. Malfoy imbambolato da tanta luce perse per un secondo il suo classico sguardo ironico e distaccato, restando semplicemente fermo. Stupidamente intontito da quella piccola ragazza seminuda davanti a lui. Così tenera eppure dannatamente forte.
“Sei meravigliosa e non sai quanta voglia ho di toglierti di dosso quel ridicolo vestito ma non capisco dove sia il tuo prob… ma dov’è finita la tua collana?”
Improvvisamente si rese conto di come risultasse vuoto il collo di Ginevra, d’immensa bellezza questo è certo, ma tristemente arido. Come una bella signora vestita a festa seduta sola in una locanda.
“Un verme me l’ha rubata, al posto di un pollo”
“Era meglio se gli davi subito il pennuto” sentenziò sarcastico Draco appoggiandosi mollemente allo stipite della porta.
Gli occhi di Ginevra s’infiammarono di ceca rabbia e con sicurezza si avvicinò al ragazzo tanto da poterne sfiorare i vestiti.
“Non sono venuta qui per ascoltare i tuoi consigli indesiderati e stupidi. Conosci i sobborghi malavitosi di Londra molto meglio di me ed ero convinta che potessi portarmi in una locanda o in qualsiasi altra bettola sudicia in cui i ladruncoli si riuniscono per festeggiare con una sbronza i loro bottini. Evidentemente sei troppo occupato a parlare al vento, quindi torna a letto e dimentica di avermi visto”
Con un gesto veloce raccolse lo scialle da terra e perse a camminare a grandi passi verso l’uscita.
“D’accordo se me lo chiedi con così tanto garbo e gentilezza ti accompagnerò” cantilenò Draco chiudendosi la porta alle spalle.
“Ginevra mi aspetti o dobbiamo continuare a camminare a venti metri di distanza?”
“Io non ti aspetto, ti sbrighi tu” rispose melensa Ginevra sventolando elegantemente una mano.
 
“Sto cercando un uomo”
“Tesoro, ti sei guardata attorno? Qui ci sono solo uomini e puttane. Sono sicuro che con un bel visino come il tuo non avrai difficoltà a trovare chi cerchi”
Malfoy afferrò la ragazza un attimo prima che la lesta mano del barista le sfiorasse una ciocca di capelli.
“Ma vieni qua. Adesso me ne occupo io, tu stai zitta e buona” ordinò secco il ragazzo avvicinandosi al balcone e lasciando una stizzita Ginevra dietro di sé.
“Ha circa quaranta anni, alto e con i capelli castani. Adesca le donne per derubarle con la scusa di voler restituire un fazzoletto sfuggito alle loro borse” spiegò con calma Malfoy attirando l’attenzione del locandiere con una scintillante moneta.
“Ogni tanto viene qui un tipo, si vanta sempre dei suoi colpi e di come quelle galline ci caschino ogni volta. Le donne sono stupide quando ci si mettono. Questa sera non si è visto, peccato perché è un ottimo cliente. Beve ma è troppo sbronzo per mettersi a fare una rissa. Di solito sta con quei ragazzi laggiù, fanno sempre un baccano infernale” snocciolò mugugnando l’uomo.
“Molto gentile” disse con finta riconoscenza Malfoy, allontanandosi verso la tavolata occupata da una massa informe d’operai e vagabondi.
“Il grande uomo va in azione” bisbigliò fra se e se Ginevra osservando scocciata Malfoy parlare con quegli ubriaconi. Era bravo con la gente, lo si vedeva subito da come si poneva. Non pretendeva di avere la parte del grande uomo ricco e determinato, ma chiedeva un’informazione con eleganza e modi gentili. Ginevra si sorprese ad ammirare quel ragazzo così sfaccettato e adattabile. Non le sarebbe mai riuscita una tale diplomazia, ma promise a sé stessa di imparare.
Ora però qualcosa era cambiato, un uomo si stava alzando barcollante cercando di essere il più minaccioso possibile. Da solo era ridicolo ma Ginevra sentiva che se tutti i suoi compagni lo avessero imitato non sarebbe stata una bella situazione. Con passo svelto si avvicinò alle spalle di Malfoy, cercando di portare un minimo di calma.
“Sono sicuro che ne avrai a centinaia” biascicò l’uomo in piedi muovendo veloce le mani in aria.
“E questa sarebbe una buona ragione?” domandò divertito Malfoy.
“Non ti dirò nulla sull’uomo che cerchi. Ti sembra una ragione migliore?”
“No” rispose deciso Malfoy. Sembrava quasi che si divertisse a provocare quel tipo e la cosa infastidiva tremendamente la ragazza che era alle sue spalle.
“Ascoltate signore, sapere dove poter trovare quel ladro è molto importante per me. Ve ne prego” disse Ginevra ormai stanca di aspettare i comodi di Malfoy.
“Allora di al tuo amico qui che deve darmi la sua bella giacca” rispose beffardo l’uomo indicando Draco.
“Da la tua giacca al signore” ordinò secca la ragazza rivolta al ragazzo.
“Certo se me lo ordini tu rinuncerò volentieri ad una giacca da centoventi sterline per recuperare un ninnolo di tua mandre” disse Malfoy con enfasi.
“Sei più vanitoso di una ragazzina viziata” lo ribeccò Ginevra fissandolo da capo a piedi.
“Ehi ragazzina volendo potrei fare a meno della giacca, infondo non sei poi così male” disse l’uomo avvicinandosi e scostandole di poco lo scialle dalle spalle.
“Non mi tocchi” esclamò inviperita Ginevra girandosi di scatto verso l’uomo.
“Visto ragazzi che bambina cattiva, non mi vuole” cantilenò il tipo voltandosi verso i suoi compagni. Ma non arrivò nessuna risata alle sue orecchie, nemmeno un accenno di sorriso era presente sul viso dei suoi amici. Se non fosse stato per lo stupore sui loro visi, avrebbe quasi detto che erano terrorizzati. Incredulo rivolse nuovamente la sua attenzione alla ragazzina petulante e rimase indispettito dal vedere quanto si fosse avvicinata a lui.
“Dimmi, qual è il tuo nome?” chiese una voce sottile e affilata, inadatta ad un viso dolce come quello di Ginevra.
“Mike” disse titubante l’uomo facendo un passo indietro. Non sapeva cosa gli era preso ma sentiva rimescolarsi le viscere davanti a quella ragazza con la testa chinata verso terra.
“Mike, non hai capito bene la situazione in cui ti trovi” mormorò dolcemente Ginevra. Pareva la voce di una mamma amorevole ma era al contempo spaventosa.
“Quel tuo amico, mi ha sottratto una cosa a me molto cara e lo devo ritrovare. Finirà male per una persona questa notte e non vorrei che toccasse lo stesso infausto destino anche a te” continuò Ginevra restando con la testa china e i capelli sparsi sulle spalle come lingue di fuoco.
Quella stupida bambina lo stava impaurendo, le donne erano esseri adatti al piacere e alle pulizie, non si sarebbe fatto intimidire da una mocciosa.
“È una minaccia tesoro?” chiese beffardo avvicinando il collo al viso chinato di Ginevra.
“Ora non più”
Solo un sussurro. Appena percettibile. Quasi ridicolo e scontato se non fosse stato per quegli occhi. Erano fuoco vivo ed erano puntati dritti su di lui.
Il mare di Dover. Quello che accadde dopo gli ricordò una giornata d’estate passata a correre e a nuotare fra le alte onde. Quella volta si era divertito a venire spazzato a riva da una forza più grande di lui, sentire le gambe perdere il contatto con la morbida sabbia e lasciarsi andare. Anche adesso i piedi non toccavano più il terreno, ma non c’era l’acqua a sostenerlo. Fu il vento a spingerlo, una furia improvvisa lo gettò veloce contro il muro. Mike sentì il dolore improvviso percorrergli la spina dorsale e per un terribile attimo non riuscì a trovare aria per i polmoni.
“Dimmi Mike i tuoi amici qui lo sanno di chi sono i soldi che spendi? Loro lo sanno che tua moglie si brucia gli occhi cucendo giorno e notte, mentre tu sei qui? Immagino di no. Parafrasando una frase del locandiere, gli uomini sono stupidi quando ci si mettono. Sai cosa sta facendo tua moglie adesso? Si sta pettinando” disse cantilenando Ginevra girellando attorno all’uomo ancora schiacciato contro il muro “pensa tu sei qui a scialacquare i suoi soldi in alcool e prostitute mentre lei si fa bella per te. Per avere un tuo sguardo, perché tu la voglia toccare come nei primi anni di matrimonio, quando ancora la baciavi, quando le portavi dei fiori. Una primula. Cosa potrà mai essere una singola primula? Lo stai pensando lo so. Dimmi dove posso trovare quel ladro” concluse quasi ringhiando a pochi passi da Mike.
“Forse è alla taverna del Gallo, se non viene qui resta là a giocare a carte” bofonchiò la limite del panico l’uomo.
“Grazie. Mi hai fatto felice. Visto come una piccola cosa possa rendere una persona contenta? Vai a casa e fai l’amore con tua moglie, ti assicuro che sarà più appagante che con qualsiasi altra donna” esclamò sorridendo gaia Ginevra e voltandosi se ne andò spedita verso la porta, lasciando dietro di se un corteo di uomini spaventati e increduli. Compreso Malfoy.
 
“Credi che seguirà il mio consiglio?” chiese con curiosità Ginevra mentre affrettava il passo.
“Si, ci sono buone probabilità” rispose Draco voltandosi a fissare la ragazza al suo fianco.
“Non che in genere riesca a trovare la tua compagna piacevole, ma quando mi fissi così sei insopportabile” borbottò Ginevra senza voltarsi.
“Grazie lo so. La ragazza dentro quella taverna chi era?” domandò con semplicità Malfoy fermandosi di scatto.
Ginevra sentì un piccolo, ma gelido, cubetto di ghiaccio scivolarle giù lentamente lungo la schiena calda.
“Ero io. In genere controllo questi poteri strani, li argino dentro di me con pazienza e calma. Ma a volte straripano e divento cattiva. Quello che ho fatto a quel tipo, non è nulla in confronto a quello che potrei fare. Per colpa mia ci siamo trasferiti tre volte. Un bambino è quasi affogato”
“Cosa era successo?” chiese cauto ma curioso Draco.
“Mi prendeva in giro, da piccola ero piena di lentiggini e mi ostinavo a vestirmi come un maschio. Quel giorno c’era una festa in paese e mia madre mi obbligò ad indossare un ridicolo vestito pieno di balze, e quel bimbo, credo si chiamasse Jamie, mi prese in giro tutto il giorno. Poi lo vidi, stava facendo il bagno nel laghetto del parco e allora decisi di fargliela pagare. Non permisi all’acqua di lasciarlo andare”
“Cosa vuol dire che ‘non permisi all’acqua’?” esclamò perplesso Draco avvicinandosi alla ragazza ferma poco più avanti. Ginevra con lo sguardo perso in quella giornata di festa rovinata, alzò lentamente gli occhi fino ad incontrare quelli lucenti di Malfoy.
“Riesco a gestire forze più grandi di me, è per questo che perdo il controllo. Sono troppo forti e io debole. Promettimi che se mi vedrai esagerare con quel ladro mi schianterai”
“Non devi preoccuparti per questo, ti terrò al guinzaglio” rispose ironico Malfoy mentre girava attorno a Ginevra.
“Credimi, se non mi fermi farò del male anche a te. Non vorrai che il tuo bel visino si rovini?”
“Un graffietto è un giusto prezzo per vederti infuriata. Diventi un tizzone ardente, sensuale e pericoloso. Mi fai impazzire”
“Ma se hai fatto una tragedia per una bruciatura da nulla sul collo? E come hai fatto? La mai povera e delicata pelle bruciata? No, aspetta com’era… ah, una scottatura piuttosto profonda, neanche ti avessi spellato vivo!” disse Ginevra scimmiottando la voce forte e vibrante del ragazzo, cercando così di ignorare il rossore allarmante delle sue guance.
Un fugace movimento rovinò il gioco e entrambi i ragazzi tornarono seri. Ginevra lo riconobbe subito. Non aveva dei brutti lineamenti tutto sommato, ma la barba incolta e i capelli unti rovinavano il quadro generale. Stava cercando di restare in postura eretta mentre camminava appoggiato al muro di una casa. Fu strano come sia lei che Malfoy non fecero nulla. Restarono fermi, guardarono l’uomo passare e girare in uno stretto vicolo sparendo dalla loro vista.
Il freddo risvegliò Ginevra. L’aria gelida che penetrava dai piccoli fori dello scialle servì a ricordarle il suo ciondolo e la rabbia crebbe in lei come la marea. In pochi veloci passi raggiunge il vicolo e senza esitare si gettò nel buio sudicio di quella strada.
“Fermati e vedi di riuscire a stare dritto” gridò autoritaria appena intravide la sagoma contorta dell’uomo barcollare nel buio.
Il ladro spaventato prese a correre ma inciampando sui suoi stessi piedi o forse su qualche straccio, rotolò goffo a terra.
“Chi sei? Cosa vuoi?” urlò spaventato portandosi una mano davanti agli occhi per dare un volto alla figura che lo sovrastava.
“Vuoi vedermi? Ebbene sia”
Un secondo dopo l’intero vicolo era immerso dalla luce d’alte e calde fiamme nate dal nulla. Il suo inferno personale e quello davanti a lui non poteva essere altri che il demonio. Nessuno sulla terra aveva occhi tanto spaventosi e belli.
“Questa mattina. Ricordi la ragazza davanti al negozio di verdure? Le hai rubato la collana. Sono qui per riprenderla” disse quel mostro con voce inumana e atona.
“La pietra viola, certo ricordo. L’ho venduta” sussurrò balbettando l’uomo mentre indietreggiava terrorizzato.
“Pessima scelta”
E le fiamme gli furono addosso. Vedeva il corpo inconsistente, ma vivo del fuoco a pochi centimetri dai suoi occhi spalancati e quella donna ora gli era vicinissima.
“Sai cosa succede alla pelle di un uomo quando entra in contatto con una fonte di calore forte come il fuoco? Neppure nei tuoi sogni più orribili riusciresti ad immaginare un simile dolore. È atroce e non finisce mai. Resta con te finché non decidi di combatterlo o di lasciarti andare alla morte. In entrambi i casi resterai marchiato a vita, e dovunque andrai sentirai il dolce lambire di fiamma sul collo nudo” così sensuale e terribile quella voce gli entrava nel cervello e rimbombava come il suono delle campane per tutta la città.
“Momenti d’oro. È lì la collana, nel negozio qua dietro” gridò disperato l’uomo mentre una lacrima solcava il suo viso sfigurato dalla paura.
“Non rubare più, è da vigliacchi e tu non sei nato per esserlo” disse la donna allontanandosi piano con la testa rivolta a terra. Ora gli appariva solo per quello che era, nessuno demonio o mostro, ma una ragazzina da volto terribilmente triste. La sua voce era diventata dolce, quasi materna, senza nulla di spaventoso.
“Scusami ragazzina” brontolò l’uomo intimidito dalla possibile reazione di Ginevra, e ancora spaventato dalle fiamme intorno a loro.
“Vai a casa” bisbigliò dolce Ginevra mentre un piccolo sorriso le risplendeva in viso.
L’uomo svanì in pochi istanti dietro un alto muro di mattoni e Ginevra, rimasta sola con la sua anima dannata, si accasciò a terra. Se ne restò lì, non seppe dire per quanto. Un fagotto di stoffa e carne circondato dal fuoco. Poi sentì i suoi passi, non potevano essere di nessun altra persona. Chi sarebbe stato così folle da entrare in un vicolo invaso dalle fiamme e per di più con un passo tanto deciso e svelto? Solo lui, e il sapere di poter essere raggiunta da quel unica persona la riempì di gioia pura. Qualcosa si posò sulle spalle e sentì la terra cedere sotto il suo peso. Forse la stava risucchiando, così finalmente sarebbe finita in un posto adatto ad una come lei. Ma non stava cadendo, delle forti braccia la sostenevano con facilità e capì di essere al sicuro. Per la seconda volta si sentì protetta e felice. Sentì il cuore sciogliersi e lasciare libero tutto il peso che si era portata appresso per tanto tempo.
“Sono un mostro, una persona tremenda” mormorò piano affondando il viso nella spalla di Draco.
Lui non rispose e continuò a camminare imperterrito.
“Mi odia, anche lui. Ora mi poserà per terra e lo dovrò ringraziare se non mi farà internare in un qualche manicomio. Se ne andrà, non voglio” pensò disperata Ginevra e per istinto si artigliò come più poté alle spalle del ragazzo. Infine arrivò il momento di tornare con i piedi per terra.
Restò con lo sguardo fisso a terra, se non lo avesse guardato negli occhi magari avrebbe aspettato qualche secondo di più per andarsene per sempre. Fu una fatica inutile perché era già sparito. Davanti a lei solo una strada vuota. Cercò di piangere ma non ci riuscì, forse il cuore faceva troppo male anche per piangere.
Poi qualcosa di freddo le si posò sul collo nudo, lasciato scoperto dallo scialle finito chissà dove. Anche in quel momento il cuore le doleva ma non per la tristezza. La sua ametista era tornata, splendeva più bella che mai nell’incavo del seno e sembrava darle il bentornata. Si voltò e tornò ad attenderla lo sguardo incantato di quel ragazzo così strano e bello che la perseguitava nei sogni e duranti il giorno. Avrebbe voluto dirgli un milione di cose, spiegargli quello che era successo ma non le fu dato il tempo di fare nulla. E fu meglio così.
 
 
 
Ed ecco il nuovo capitolo! Ho impiegato una vita per scriverlo ma volevo che venisse al meglio. Qui si svelano in gran parte i poteri di Ginevra e tutto doveva piacermi. Volevo farla sembrare cattiva ma non patetica spero di esserci riuscita! In più desidero ringraziare di cuore tutti coloro che hanno recensito la mia altra storia ‘Lezioni di baci per ragazze confuse’. Un grazie sincero, non mi sarei mai aspettata che piacesse tanto ma ne sono felicissima! Lasciate un piccolo commento per questo capitolo? Ci tengo grazie! Un bacio.
 
Per Aurora: allora cosa ne dici dei poteri di Ginevra? Ancora non sono bene delineati ma vedrò di chiarirli meglio in futuro! Un bacio.
Per Thaiassa: che ne pensi? È molto ridicola Ginevra arrabbiata? Fammi sapere mi raccomando un bacione.
Per dady: ha fatto paura Ginevra arrabbiata? Spero sia venuta bene! Ciao un bacio!

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


 

 
 
Capitolo 18
 
 
 
Era di nuovo fra le sue braccia. Non fosse stato per quella massa di circa cinquanta chili appollaiata sulla sua schiena, sarebbe stata una meraviglia. Se Malfoy non l’avesse presa al volo ora sarebbe con la faccia sulla polvere della strada, una vera schifezza. Ma avrebbe dovuto capirlo. Un attimo prima Draco la stava fissando con quello sguardo che la faceva sciogliere, e un secondo dopo fissava la strada alle sue spalle con un espressione stupita.
“Hermione scendi immediatamente!” gridò Ginevra soffocata dalla camicia del ragazzo.
“Ma dov’eri finita? Ti ho cercata per un’intera ora! Il tuo felino qui non vale la metà di quello che mangia. Non è riuscito a sentire il tuo odore nemmeno da dietro l’angolo, sono dovuta arrivare io per vederti. Ma stai bene? Mi hai fatto venire una paura pazzesca” disse la ragazza scendendo con un piccolo balzo dalle spalle di Ginevra, sperando di non averle rotto nulla con la sua solita irruenza.
“No che non sto bene! Mi sembra di essere passata sotto una carrozza” esclamò irritata Ginevra storcendo avanti e indietro il busto, cercando di sgranchirsi la schiena dolorante.
“Stai insinuando che sono grassa?” chiese minacciosa Hermione stringendo gli occhi a due fessure e appoggiando le mani sui fianchi.
“Guarda, questo è un tuo vestito. Ci sto dentro due volte, fai tu i conti” brontolò Ginevra allontanando la scollatura del vestito di parecchi centimetri dal petto.
“Tesoro quelle si chiamano curve. Se sei piatta come una tavola, non venire a criticare me che a differenza tua ho il seno” disse melensa la ragazza castana incrociando le braccia al petto con orgoglio.
“Il mio fisico è proporzionato” esclamò piccata Ginevra.
“Magari fosse proporzionato alle stupidaggini che dici, allora sì che avresti delle belle curve”
“Ma così ti offendi da sola” cantilenò Ginevra indicando i generosi ma armoniosi fianchi di Hermione.
“Quanto siamo simpatiche questa sera, hai mangiato un riccio?”
“Signore direi che data l’ora e il nervosismo sarebbe meglio per tutti se andassimo a letto” disse pacato Draco frapponendosi fra le due ragazze pericolosamente vicine.
“Tu sta zitto!” esclamò energica Ginevra mentre lo afferrava per un braccio scostandolo violentemente.
“Già non parlare, dalle un bacio. Così mi cade in trance e riesco a trascinarla per i capelli a letto” brontolò Hermione prendendo Draco per l’altro braccio.
“Oppure cosa fai? Mi rincorri per tutta Londra con una scopa in mano, come facevi con Evan?” domandò sarcastica Ginevra cercando di nascondere il leggero rossore delle guance.
“Ora ho la bacchetta, mi basta schiantarti” disse con pratica semplicità Hermione, continuando a tenere artigliato il braccio di Draco.
“Tanto non mi prendi” esclamò quasi divertita Ginevra strattonando il braccio di Malfoy per fare arrivare il corpo del ragazzo davanti al suo.
“Senti ma cosa hai fatto hai capelli? Sembrano il nido di un uccello” chiese perplessa Hermione inclinando la testa di lato.
“Ho avuto un piccolo diverbio con il ladro di questa mattina. Quello che voleva rubarmi il pollo. Stanno così male?” domandò Ginevra cercando di rimettere una ciocca ribelle al suo posto.
“No, ho visto di peggio. Una volta ho incontrato una ragazza che aveva in testa un pettine da due anni. Diceva che quando aveva provato a pettinarli la spazzola si era rotta e un pezzo le era rimasto incastrato fra i capelli” raccontò con enfasi Hermione.
“Ma non le dava fastidio?” chiese scettica Ginevra mollando la presa sul braccio di Draco che si spostò prontamente da quelle due pazze.
“Quando si lavava i capelli le graffiava un po’ le mani ma niente di più. Ad ogni modo, non doveva lavarli molto spesso” spiegò Hermione facendo qualche passo verso la strada del ritorno.
“Certo che doveva avere dei capelli molto strani” disse pensierosa Ginevra seguendo l’amica “ma Onice ci sei anche tu? Che bravo micio mi sei venuto a cercare?” esclamò dolce inginocchiandosi vicino al gatto che la fissava da terra.
“Su torniamo a casa” disse poi afferrando Onice a alzandosi.
“Quel coso è stranissimo” disse Hermione guardando di sottecchi Onice che le regalò un’occhiata gelida.
“Ha il suo carattere” borbottò Ginevra mentre faceva scorrere la mano sul lucente pelo del gatto.
“È uno sfaticato, probabilmente questa sera ha fatto la passeggiata più lunga della sua vita. Poi mi guarda male, e ruba tutto il letto”
“Questo è vero” ammise Ginevra annuendo con la testa “Hermione aspetta un secondo. Torno subito” disse la ragazza passando uno scocciato Onice fra le braccia dell’amica.
“Ma quanto pesi gatto?” esclamò Hermione mentre tentava di afferrare meglio l’ingombrante Onice.
Ginevra si voltò e svelta tornò sui suoi passi. Si sfilò dalle spalle la giacca che l’aveva tenuta al caldo e rabbrividì al contatto con l’aria fredda della notte.
“Grazie” sussurrò appena mentre porgeva l’indumento al suo proprietario.
“Prego” rispose Draco fissando la testa china di Ginevra con un dolce sorriso “tienila tu la giacca, fa freddo questa sera” disse poi rimettendo la giacca sulle spalle nude della ragazza.
“Mi dai davvero la tua giacca da centoventi sterline?” domandò sarcastica Ginevra alzando appena lo sguardo sul ragazzo.
“È un prestito!” esclamò indispettito Malfoy.
“Buona notte Ginevra” bisbigliò poi prima di voltarsi e tornare verso le luci lontane del Victoria casinò.
Ginevra restò a fissare la sua schiena allontanarsi con la solita andatura sicura, quasi prepotente, e aspettò che il suo corpo agisse come la mente gli stava suggerendo di fare. Cominciò a correre e poi saltò. Non era una ragazza molto bassa ma per arrivare alle spalle di Draco Malfoy doveva fare un certo sforzo. Lo stava abbracciando, se lo dovette ripetere diverse volte per accettare il fatto. Non che la sua mente reticente potesse fare grandi cose ora che aveva il corpo premuto contro la schiena del ragazzo e le braccia saldamente legate al suo collo.
“Grazie di non avermi giudicata un essere mostruoso” bisbigliò con voce rotta Ginevra premendo la guancia contro la spalla di Draco.
Nessuna reazione. Non si era mosse di un millimetro se non si contano i capelli mossi dal vento freddo della notte. Per un tremendo attimo Ginevra pensò che la stesse davvero considerando un demonio, una cosa diversa, da allontanare al più presto. In un secondo la sua mente formulò talmente tanti pensieri che alla fine non capì cosa stesse provando, se paura o tristezza.
Poi Malfoy si mosse. Si voltò con inaspettata agilità vista la salda stretta in cui lo teneva Ginevra. Una calda mano costrinse due luccicanti occhi verdi ad alzarsi verso il volto del ragazzo.
“Ginevra guardami. Hai in te una magia sorprendente, forte e allo stesso tempo pericolosa, come il fuoco. Non sei un mostro, quelli in genere sono brutti e viscidi. Ciò non toglie che devi imparare a controllarti. Non puoi andare in giro ad infiammare vicoli sperando che nessuno ti incateni, capisci? Fino a questo momento hai sempre represso quello che avevi dentro, ora devi cercare di importi. Usa la tua magia più che puoi, e possibilmente lontano da boschi o persone. Con il tempo imparerai a gestire i tuoi poteri” spiegò lentamente Malfoy continuando a guardare Ginevra negli occhi.
“E se non ci riesco? Se faccio del male a qualcuno?” domandò preoccupata Ginevra.
“Quanto sei drastica, non ti ho detto di provocare uragani. Per cominciare prova ad accendere la fiamma di una candela” disse Draco inclinando la testa da un lato.
“Va bene, accendere candela” sussurrò Ginevra scandendo bene le parole.
“Ora vai a dormire, credo che la tua amica stia per uccidere il gatto” disse sarcastico Malfoy indicando con la testa Hermione mentre armeggiava con Onice.
“Si sa difendere” esclamò ironica Ginevra, scoprendo il braccio destro su cui faceva bella mostra di se un graffio lungo una decina di centimetri.
“Sei fortunata ad avere trovato amici disposti a cercarti nel cuore della notte. Tienili ben stretti” disse Draco voltando nuovamente lo sguardo verso Hermione. Ginevra restò qualche secondo a fissarlo confusa, cercando di capire se quella nota di malinconia nella voce del ragazzo non fosse frutto della sua fervida immaginazione.
Sentì la presa del ragazzo diventare più debole sul suo viso, finché la sua pelle perse il contatto con le mani di Draco e subito diventò fredda.
Chi era questo ragazzo davanti a lei? Come poteva essere lo stesso arrogante e disgraziato figlio di papà che aveva investito la fidanzata di Ron? Quello che la faceva diventare deliziosamente matta? Nel fisico nulla era cambiato, sempre bello, sempre irresistibile. Ma Ginevra non sentiva più quell’ondata di calore e passione uscire da lui, ora c’era solo gelo. Tristezza e ricordi ormai stantii trasformano le persone in aride lande di carne e ossa, niente di più.
Ginevra alzò lenta una mano e titubante sfiorò la guancia fredda del ragazzo.
“Io ti verrei a cercare” bisbigliò piano guardando gli occhi grigi e piatti di Malfoy.
Poi ci fu solo calore, per la vergogna, per il cuore che batteva al massimo, per lo sguardo di lui illuminato dal sole in piena notte.
Ginevra scacciò con impeto il rossore, e con un furbo sorriso rifilò un deciso pizzicotto alla guancia di Malfoy.
“Fila a letto ora, c’è un bellissimo sogno che ti aspetta” esclamò Ginevra ripetendo con orgoglio le parole sentite tante volte da sua madre quando si intestardiva a restare alzata.
“Subito Signora” esclamò Draco scattando sull’attenti.
Ginevra sorrise divertita, poi si voltò piano e correndo verso Hermione lanciò un ultimo sguardo a Malfoy.
 
“Sei un completo disastro” sbuffò Hermione mentre si stiracchiava le braccia ancora addormentate. Finalmente era tornato il sole, dopo tre giorni di pioggia e pioggia, ora si poteva godere un po’ del tiepido caldo autunnale. A Hermione non era mai piaciuta molto la pioggia. Oltre al fatto che con l’umidità i suoi capelli diventavano un covone di paglia, le dava fastidio quel costante rumore sul tetto del carro e il poter uscire solo correndo con un mantello in testa.
“Devo perfezionarmi tutto qui” borbottò Ginevra prendendo un'altra foglia secca dal mucchio che aveva di fianco a se.
“Per migliorare è quantomeno necessario saperla fare una data cosa. Tu non hai neppure questo” cinguettò Hermione facendo svolazzare una mano per aria con fare superiore.
“Sai che sei uguale alla figlia del direttore del casino?” disse provocatoria Ginevra guardando di sottecchi l’amica.
“Chi la gallina? Per carità, il mio sarcasmo è mille volte più costruttivo del suo. Poi sono più bella”
“Ma certo” esclamò con troppa enfasi Ginevra dando una leggera pacca sulla spalla di Hermione “ora mi aiuti?” domandò poi tornando alle cose serie.
Aveva deciso di seguire il consiglio di Malfoy, ma non stava facendo nessun progresso. Nei tre giorni passati nel carro per via della pioggia non si era azzardata a far nulla, per paura di combinare un guaio tremendo. Ora se ne stava seduta a terra davanti a una stupida foglia che non voleva prendere fuoco.
“Cosa devo fare?” chiese curiosa Hermione avvicinandosi di poco all’amica.
“Non ne ho idea” ammise schietta Ginevra continuando a fissare imperterrita la foglia accarezzata dal debole vento.
“Tu sei molto peggio di un completo disastro, non hai proprio speranze” disse seccata Hermione tornando al suo posto con uno sbuffo di vestiti.
“Non ho mai usato i miei poteri volontariamente, vengono fuori da soli quando mi arrabbio” bisbigliò depressa Ginevra pizzicando l’erba con le dita sottili.
“Pensa a qualcosa che ti ha fatto arrabbiare” disse con semplicità Hermione mentre si sistemava un ciocca di capelli sfuggita al suo controllo.
Corrugando la bianca fronte Ginevra cercò di ricordare quello che aveva provato quella sera nel vicolo, la rabbia e il desiderio di vendetta verso quel povero ladro. Si concentrò al massimo, visualizzò nella sua mente le fiamme che le lambivano i vestiti, il calore sul viso e la sensazione di vittoria provata davanti allo sguardo terrorizzato dell’uomo.
Niente. Nemmeno un pizzico di fumo.
“È una cosa snervante!” esclamò indispettita Ginevra sbattendo una mano a terra “e guarda mi sono persino tagliata con una spina” borbottò mentre esaminava il piccolo graffio sul palmo della mano.
“Guarda cosa hai fatto, piccola stupida”
Una voce nella testa, forte come un tuono ma comunque lontana. E poi sangue, gocce sul pavimento e sul coccio di vetro a terra. Alzò i vispi occhi da bambina e osservò con una punta di divertimento il grosso uomo davanti a lei. Le era sempre stato antipatico, entrava in casa sua come se fosse il padrone solo perché era amico di suo padre e non si preoccupava minimamente di trattarla come una schiava. Il bicchiere rotto era stato un incidente, ma non le dispiaceva affatto che quell’antipatico avesse sbattuto la mano proprio su un pezzo di vetro molto tagliente. Se non fosse stata intimorita dalla stazza e dalla nota violenza dell’uomo, sarebbe scoppiata a ridere urlando vittoria.
“Smettila di guardarmi così mocciosa” esclamò furibondo l’uomo alzando la mano illesa verso il viso della bimba davanti a lui.
Quella fu la prima volta che perse il controllo. La frustrazione, l’odio e la vergogna regnarono incontrastate nella mente di Ginevra accecandola o, riflettendoci più a fondo, facendole scorgere per un secondo la verità sulla sua vita da serva. Per un secondo tutto divenne scuro, poi arrivò la luce accecante delle fiamme a illuminarle il viso contratto.
“Ginevra guarda!”
Occhi verdi, fino a quel momento persi fra una nuvola di passaggio, tornarono a guardare cose reali. Della foglia accartocciata davanti a Ginevra non restava che un piccolo e fragile scheletro di radici, che dopo qualche istante venne spazzato via dal vento.
Ginevra restò a fissare l’erba leggermente bruciacchiata su cui era posata la foglia. Forse era riuscita a trovare la chiave dei suoi poteri.
“Certo che sei davvero formidabile!” esclamò entusiasta Hermione mentre sfiorava con le dita l’erba annerita.
“Adesso ho qualche speranza?” domandò divertita Ginevra ricordando le parole dell’amica.
“Direi di si, ma Ginevra?” disse con aria guardinga Hermione.
“Si?” chiese curiosa la rossa sorridendo felice.
“Sta lontana dai miei capelli”
“Promesso” recitò solenne Ginevra posandosi una mano sul petto prima di scoppiare a ridere.
E fu così che le trovò Luna dopo averle cercate a lungo, stese per terra a ridere tanto forte da tenersi la pancia.
“Vi ho trovato, ho fatto una corsa pazzesca” ansimò Luna accasciandosi al fianco di Hermione.
“Avverti se stai per svenire” disse ironica la bruna osservando l’amica annaspare in cerca d’aria.
“Grazie, ma per il momento credo di poter restare in me” rispose con quanta più stizza poteva Luna.
“Se devi restare in te allora perdi i sensi ti prego” cantilenò Hermione.
“Perché non fai un favore all’universo e ti mangi un porcospino? Morto però, non sopporterei l’idea di aver condannato un essere vivente a una sorte tanto orribile. Ad ogni modo sono qui per avvisarvi delle ultime novità!”
“Cosa è successo?” domandò curiosa Ginevra mentre afferrava saldamente il braccio di Hermione.
“Hai sentito cosa mi ha detto?” brontolò la ragazza cercando di divincolarsi dalla presa dell’amica.
“Impara a essere meno aggressiva e potrai andare dove vuoi” spiegò con calma Ginevra rimettendo Hermione a sedere con uno strattone.
“Questo pomeriggio arriverà il nuovo attore! Jhonny ha ricevuto il telegramma in risposta alla sua lettera proprio questa mattina. Quel suo amico non si trovava in grandi condizioni finanziarie a quanto ho capito, e appena ha visto la proposta di Jhonny è partito sul primo treno”
“Le poste di Londra devono essere migliorate parecchio se in tre giorni sono arrivate prima la lettera e poi la risposta” disse Hermione con aria compiaciuta. Si era già scordata delle parole poco carine di Luna, adesso era impegnata ad immaginare la faccia del nuovo attore.
“Chissà com’è?” si domandò Ginevra interpretando a parole gli stessi pensieri dell’amica.
“Viene dall’Irlanda, è probabile che abbia la carnagione chiara e i capelli rossi” considerò Luna arricciando le labbra verso l’alto.
“Se è amico di Jhonny allora è di bocca buona. Vedrete ci troveremo davanti un omone con una pancia enorme” disse Hermione descrivendo davanti alla sua sottile vita una pancia immaginaria.
“Forse ha una certa età, e magari ha perso i capelli! Per la commedia avremo uno spiritello con la pancetta e la calvizie. Per lo meno saremo unici nel genere” esclamò divertita Ginevra riprendendo a ridere come una matta.
 
“Ragazzi, Christine, questo è William”
“Oh Santo Cielo”
Luna fu la prima a parlare.
“Di sicuro non ha la calvizie” sentenziò con poco entusiasmo Hermione.
“Come fai a dire se ha i capelli?” brontolò a bassa voce Blasie.
“La smettete? Non sta bene parlare così davanti lui” disse secco Harry, ma neppure lui riusciva a chiudere la bocca rimasta spalancata.
“Che roba è?” domandò piano Evan.
“Non ne ho idea ma è spaventosa” rispose con un filo di voce Ginevra.
“Ben arrivato William, non ti dispiace se ti chiamo per nome vero?” disse con allegria Christine alzandosi e andando incontro al nuovo arrivato.
 
 
 
 
 
Fine capitolo! Dovete scusare questo immenso ritardo, ma questa volta non è dipeso da me. Il mio povero computer, come se non fosse già abbastanza malridotto, si è preso un bellissimo virus, ed è stato fuori combattimento per un mese. Chiedo ancora scusa.
Passando oltre cosa ne pensate del capitolo? È arrivato il nuovo attore! Come prima impressione ho voluto renderlo indescrivibile! Vi lascio quindi un po’ sulle spine, e ringraziandovi per l’appoggio mando un bacio grande grande. A presto!
 
 
Per julietta: scusami davvero tanto! La tua recensione era finita sotto una del capitolo precedente e non l’ho vista! Mi era sembrato strano che non ci fossi in effetti… beh che ne dici del nuovo capitolo? Hai capito com’è il nuovo attore? Bacio.
Per MiaBlack: grazie davvero. Ci ho messo ancora una vita per aggiornare ma alla fine arrivo sempre! Ti piace il capitolo? Fammi sapere ci tengo. Bacio.
Per Thaiassa: ti piace come si separano i due piccioni? Mi è sembrato carino fare vedere un lato malinconico di Draco… a presto un bacio!
Per dady: come ti sembra il capitolo? All’altezza delle tue aspettative? Anche se non c’è ombra di baci… ciao bacio!
Per lola91: grazie grazie davvero di cuore, questo capitolo ti piace? Un bacio.
Per Aurora: grazie davvero era un capitolo così bello? In questo non succede molto ma nel prossimo presento il nuovo personaggio! Ti è piaciuto Draco perso nei ricordi? Bacio.
Per Ginevra_Malfoy: allora cosa ne dici? Grazie e a presto un bacione.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 
 
Capitolo 19
 
 
 
“Ben arrivato William, non ti dispiace se ti chiamo per nome vero?” disse con allegria Christine alzandosi e andando incontro al nuovo arrivato.
“Affatto Signora. Le troppe formalità mi irritano”
Quella voce, sembrava venire dall’inferno. Lontana, rauca, ma penetrava le ossa e la mente come l’urlo disperato di una donna senza voce. Ginevra sentì la pelle accapponarsi e il freddo invaderle le vene.
“Quella che vedi qui è la mia compagnia. Magari sembrano un gruppo di sbarbatelli, ma non sottovalutarli” gongolò Jhonny allontanandosi da William per avvicinarsi a Luna.
“Per esempio, ti presento Luna. Spesso la sua mente gioca con le nuvole ma quando sale sul palco non riesci più a staccarle gli occhi di dosso, e porta in cielo anche te”
“Vuoi che diventi un pomodoro?” bisbigliò Luna arrossendo vistosamente.
Jhonny si voltò poi verso il resto del gruppo ancora impassibile e con un gesto secco li esortò a muoversi.
“Ciao io mi chiamo Blaise, spero ti troverai bene con noi” esclamò il ragazzo scattando in piedi.
“Sì me lo auguro anch’io. Devi scusarci, ma siamo rimasti un po’ spiazzati da… ecco” balbettò Harry cercando di nascondere l’imbarazzo.
“Non dovete preoccuparvi, non siete i primi e di certo neppure gli ultimi a restare inorriditi dal mio aspetto” disse pacatamente William con uno svolazzo di mano.
“Guarda che hai frainteso” brontolò Hermione alzando gli occhi verso l’uomo “inorriditi non è la parola giusta. Vedi letteralmente significa far provare, o provare orrore. Di conseguenza non puoi usarla per esprimere il nostro stato d’animo. Personalmente ti trovo piuttosto bizzarro, il tuo abbigliamento è più adatto alla festa di Ogni Santi che alla vita di tutti i giorni, ma non mi fai paura. Quindi togliti di dosso quest’aria malinconica e affranta perché io non ci casco”
“Ti consiglio di non provocarla, lei si che fa paura se si arrabbia. Pensa che ha fatto diventare viola uno scoiattolo da quanto era diventata brutta!” esclamò complice Blaise colpendo il braccio di William con un gomito.
Non arrivò nessuna replica piccata, ma un fulmineo raggio di luce splendente attraversò in un attimo l’aria per finire dritto fra le gambe semiaperte del ragazzo, mentre ancora stava ridendo sguaiatamente.
“Tu sei una pazza isterica, volevi uccidermi?” gridò agitato Blaise, mentre fissava il piccolo solco creatosi vicino ai suoi piedi.
“Quello era per spaventarti, ora ti uccido” rispose gelida Hermione brandendo con violenza la sottile bacchetta nell’esile mano.
“Ferma!” esclamò Luna, mentre si lanciava sul braccio teso dell’amica, mentre anche Harry cercava di trattenere Hermione.
Partì, probabilmente per sbaglio, un altro fascio di luce che con grande sollievo di tutti i presenti scomparve dietro un grosso cespuglio. Dopo poco uno strano verso scosse l’aria. Ginevra non avrebbe potuto dire con sicurezza da dove veniva, ma qualunque cosa avesse fatto quel grido non doveva stare molto bene.
“Onice!” esclamò sorpresa e preoccupata appena vide il gattone scappare fuori dal cespuglio con la coda fumante e bruciacchiata. Quella povera bestiola doveva essersi presa uno spavento con i fiocchi.
“Hai colpito Onice!” ringhiò furiosa Ginevra a Hermione mentre cercava di avvicinarsi al gatto.
“È stato un incidente, e anche se non fosse, ti sfido a provare il contrario” disse energica la ragazza finalmente libera dalla presa degli amici.
“Ginevra porta via quella palla di pelo!” gridò Blaise nell’attimo stesso in cui Onice con un alto balzo si arrampicò prima sulla gamba e poi sulla schiena di William.
“Ehi!” esclamò sorpreso l’uomo voltando il viso per vedere l’animale appollaiato su una sua spalla.
“Mamma mia scusami tanto, è spaventato, in genere non salta così” disse rammaricata Ginevra avvicinandosi al gatto.
“Si, in genere non fa altro che dormire” borbottò sarcastico Blaise.
“Finiscila, o mi metto a parlare di quello che fai tu di solito e allora potrai tranquillamente seppellirti sotto terra” minacciò la ragazza voltando di scatto la testa verso Blaise.
“Vieni qui Onice va tutto bene ora” riprese poi con tono dolce rivolta al micio ancora saldamente artigliato alla camicia nera di William.
Stese le braccia verso il gatto ma poco prima di sfiorare con le dita l’arruffato pelo di Onice, il suo corpo si inchiodò. Si era sentita così solo una volta in vita sua, ed era stato dopo passeggiata di due ore nel gelo di un mattino di febbraio; stava tornando a casa dopo una visita ad un’amica e il freddo le aveva intirizzito ogni muscolo, il più piccolo movimento le costava un esagerato impegno.
Come allora anche adesso prese a tremare, non visibilmente ma dentro di lei. Sentiva lo stomaco contorcersi e rilassarsi di continuo, tanto da farle venire la nausea, e le braccia ancora sospese a mezz’aria rimasero immobili.
Era stato lui. Quel suo aspetto la terrorizzava fino alle ossa. Ma non era per quel suo vestire completamente di nero, piuttosto per quello che aveva sul viso. Una maschera o un cappuccio coprivano interamente il suo volto, facendo immaginare solo i lineamenti del naso e delle sopracciglia. In cuor suo avrebbe anche potuto abituarsi a una simile stranezza per non ferire i sentimenti di William ma c’era qualcosa che non la tranquillizzava. In genere quando incontrava una persona provava una qualunque sensazione, che fosse simpatia, ribrezzo o curiosità non era importante. Ora era a meno di un metro da questo strano uomo e non avvertiva nulla. Lo guardava e non vedeva altro che una maschera nera, come se al suo interno non ci fossero carne e ossa ma solo aria.
“Ecco il tuo gatto. Meglio se da un’occhiata a quella coda, non ha un bel aspetto” disse rauca una voce dentro quel sacco di cuoio.
Per Ginevra fu l’ultima goccia. Le sembrò la voce del demonio stesso, sibilante e bassa, del tutto disumana. Afferrò Onice senza sfiorare le mani agguantate di William e scappò via mormorando una scusa incomprensibile.
 
“Jhonny dice che è rimasto vittima di un incendio due anni fa. Dormiva, quando la casa in cui viveva a Dublino ha preso fuoco, forse per colpa di una candela rimasta accesa. Ci pensi essere intrappolato dalle fiamme che piano piano ti bruciano?” disse rabbrividendo Luna, mentre seduta sul letto piegava con cura una montagna di panni.
“Deve aver auto una gran forza per non mollare o diventare pazzo” osservò Hermione appoggiata alla porta del carro.
“Hai ragione, chissà quante ne avrà passate. Certo che tu Ginevra potevi controllarti un minimo! Insomma, scappare come una lepre non è stata una cosa molto carina” brontolò Luna lanciando alla ragazza davanti a lei uno sguardo severo.
“Non hai idea di quanto mi stia sentendo in colpa” borbottò Ginevra affondando ancora di più la testa nel soffice cuscino “ma in quel momento non ragionavo più. Dovevo andare via subito o mi sarei messa a urlare come una vecchia isterica”
“Beh ti conviene abituarti perché dopo pranzo iniziamo le prove dello spettacolo” esclamò secca Hermione prima di uscire dal carro.
“Aiuto” sussurrò malinconica Ginevra rigirandosi senza tregua nel letto.
 
“Ma da dove comincia la prima scena? Non si campisce un accidente in questo copione” brontolò sbuffando Harry.
“Lo leggi dal verso sbagliato” disse distrattamente Jhonny, mentre annodava una grossa fune a un albero.
“Quella è la fine idiota” gli fece eco Blaise strappando di mano il blocco di fogli a Harry.
“Scusate io quando devo entrare in scena?” domandò perplessa Luna cercando si sbirciare il copione da dietro le alte spalle dei ragazzi.
“Qui gli ambienti cambiano continuamente, non posso creare dieci scenografie diverse” esclamò Hermione facendo svolazzare le pagine del suo copione.
“Finitela! Quali che siano le vostre domande siete pregati di rivolgerle a me” disse con calma glaciale Evan salendo con grazia sul palco di legno “Hermione, più tardi ti spiegherò come fare con le scenografie, a tutti gli altri dico solo una cosa: la storia non segue un filo logico per tanto il copione risulta senza senso. Di conseguenza limitatevi a seguire le direttive mie e di Jhonny ed a imparare le battute, evitando così osservazioni inutili” concluse con autorità il ragazzo squadrando dall’alto tutti i presenti.
“Adesso, chiariti tutti i dubbi possiamo passare alle prove vere” disse allegro Jhonny avvicinandosi al palco “nella prima scena compaiono Teseo duca D’Atene e Ippolita regina delle amazzoni. Blaise, Hermione salite sul palco. Mancano solo quattro giorni al vostro matrimonio e non potreste essere più felici”
“Qui ci vorrà dello sforzo per mostrarmi felice” bisbigliò Blaise a Harry.
“Non preoccuparti, nessuno si aspetta di vederti recitare bene” cinguetto Hermione passandogli accanto leggiadra.
“Vecchia strega acida”
“Viscido invertebrato”
“Per cortesia Signori, dovete sposarvi. Dov’è finito il famoso amore cavalleresco?” chiese affascinate Jhonny, mentre aiutava Hermione a salire sul palco.
“Sepolto, direi da almeno duecento anni in qualche sudicia bettola fuori Parigi” brontolò la ragazza ravvivandosi i capelli.
“Evan occupati di questi due, vado ad aiutare gli altri”
“Jhonny noi siamo nella scena successiva giusto? Dove tu entri e mi ordini di sposare Demetrio” chiese Luna sfogliando con attenzione le pagine del copione.
“Esattamente, fra poco la proviamo, verrà anche Christine a darci una mano. Prima però devo assegnare qualche compito anche a Ginevra e William” rispose pacato Jhonny prima di sedersi accanto a Ginevra.
“Come hai fatto a capire qualcosa da qui?” esclamò incredulo Harry indicando il mazzo di fogli che aveva fra le mani.
“Ma certo è semplicissimo, basta conoscere la trama della commedia”
“Se lo dici tu” biascicò Harry gettando il copione a terra “per quel che ci capisco io può stare anche lì”
Ginevra rimasta fino a quel momento in disparte, il più lontano possibile da William, si trovava ora davanti a quel mostro incappucciato incapace di emettere alcun suono.
“Allora io passeggio cantando per convincere i miei amici ateniesi che la mia testa non si è trasformata nel muso di un asino, quando tu addormentata ti svegli”
“Ah”
“Come regina delle fate sei un po’ scarsa in sostantivi e verbi” commentò sarcastico William appoggiando la schiena a un tronco d’albero.
“Sono perfettamente in grado di parlare, molto gentile per l’interessamento” sbottò quasi senza riflettere Ginevra.
“Bene allora cosa dici appena ti svegli?”
“Eeh” sussurrò in piena crisi di panico la ragazza “ti scongiuro non avvicinarti con quel sacco vuoto parlate” pensò al limite del terrore Ginevra, mentre indietreggiava senza accorgersene.
“Ricominciamo con i suoni indefiniti? Hai qualche problema a livello di concentrazione?” domandò con finta preoccupazione l’uomo.
“Affatto, ma chi ti credi di essere per venire qua e burlarti di me?” esclamò inviperita Ginevra puntando il dito verso il petto dell’uomo.
“Ho semplicemente notato che ottengo risposte sensate solo parlandoti con sarcasmo” rispose William con un’alzata di spalle.
“Questo non è vero, ecco…” Ginevra si accorse di difendere un partito sconfitto e lasciò la frase a volteggiare nell’aria.
“Hai paura di me vero?”
La domanda arrivò schietta e diretta lasciando Ginevra rossa di vergogna a fissare l’erba vicino alle sue scarpe.
“Non è esattamente paura, o meglio non saprei definirla. L’effetto è lo stesso, ma le cause sono complicate” bisbigliò quasi in un sussurro e rimase sorpresa che William lontano da lei avesse sentito le sue parole.
“Il mio aspetto di certo non aiuta ma”
“Questo non centra” lo interruppe con slancio Ginevra alzando la testa istintivamente per poi tornare ad abbassarla subito dopo “non posso negare che il tuo abbigliamento non mi abbai turbata, ma non sono così superficiale da fermarmi alle prime apparenze. Come posso spiegarmi, ho paura di offenderti ed è l’ultima cosa che voglio”
“Vai avanti” disse con inaspettata calma l’uomo tornando ad appoggiarsi al tronco.
“Sto cercando di dire che oltre alla prima apparenza lievemente sconvolgente non ho visto altro. Forse tutto è dovuto al fatto che non ci conosciamo ancora bene. Eppure non ho colto nessuna anima dentro i tuoi vestiti, come se fossi un pupazzo e il tuo spirito stesse dentro un altro uomo in un altro tempo”
“Tutto qui il problema?” chiese sbrigativo William.
Ginevra a quelle parole alzò gli occhi sbigottita.
“Gli ho appena detto che mi sembra una marionetta senza vita e lui se ne scappa fuori così? Se l’ha dentro c’è veramente qualcosa deve essere matta da legare” pensò esterrefatta la ragazza.
“Sono pronto a dimostrarti che dentro questa corazza nera c’è un uomo in carne e ossa. Il fuoco ha reso irriconoscibile il mio fisico, ma non ha toccato altro. Se il tuo spirito è forte neppure il fuoco può scalfirlo” disse William con un misto di orgoglio e allegria.
“Grazie di avermi ascoltata. Mi sento molto meglio ora che conosci le mie stramberie mentali” esclamò con un sorriso Ginevra, trovando il coraggio di fissare le due fessure nere per gli occhi del cappuccio. La sensazione di terrore gelido le arrivò dritta al petto come un pugno, ma la ignorò ripetendosi le parole dell’uomo.
“Il tuo primo sorriso della giornata solo per me? Decisamente è troppo”
“Molto simpatico” brontolò Ginevra mentre afferrava con due mani il copione che le riposava in grembo “dunque tu mi svegli e Titania, o meglio io, dico: ‘Quale angelo mi sveglia dal mio letto di fiori?’ e poi tu smetti di cantare e, aspetta un attimo questa matta si innamora di un asino?” disse scioccata Ginevra scorrendo con gli occhi le sue battute.
“Già, tutto a causa di un incantesimo di un dispettoso folletto. Titania e Bottom sono i simboli della causalità dei sentimenti, non scegli chi amare lo fai e basta”
“Ora ricordo, me lo aveva detto anche Evan. Sembri conoscere molto bene la commedia, reciti da molto vero?” chiese curiosa Ginevra. Con una dose massiccia di autocontrollo stava annaspando per tenere in piedi una conversazione decente, ma la cosa le riusciva difficile. Se avesse chiuso gli occhi sarebbe potuta restare ore a parlare con William certa che non si sarebbe annoiata un istante, ma la vista la tradiva e la voce del ragazzo appariva confusa e irreale, come se non venisse dalla persona davanti a lei.
“Faccio parte di compagnie teatrali da un bel po’ di tempo, più o meno da quando ho memoria. Ma mi piace leggere e viaggiare, molte delle cose che so le ho imparate così”
“Non saprei immaginare un modo migliore di vivere”
“A volte non è poi così piacevole. Prendi per esempio Londra, la parte eterna e aristocratica, deliziosa da visitare e conoscere in ogni suo anfratto. Poi ci sono i sobborghi, la periferia e i vicoli stretti, terribili e affascinanti nel loro squallido splendore”
“Le due facce della medaglia”
“Come Londra anche le persone hanno tanti volti. Mai fermarsi ai primi, anche se sembrano malevoli le prime impressioni sono spesso avvelenate dai pregiudizi”
Ginevra non trovò la voce per rispondere, c’era una grande malinconia nella voce di William, risultava evidente nonostante l’orrendo sacco cambiasse il tono. Provò una sgradevole sensazione di rammarico sopra lo stomaco, come se si fosse accorta in quel momento di aver insultato un caro amico senza accorgersene.
“Povero William, ormai avrà perso il conto delle ragazzine sciocche come me che scappavano davanti alla sua apparenza vuota. Sono una persona spregevole, adesso vado a sotterrarmi per qualche millennio e smetto di fare danni” pensò sconsolata Ginevra giocherellando con un filo di cotone staccatosi dal vestito.
“Non volevo rattristarti, perdonami. Avanti cosa fa la nostra addormentata Titania una volta sveglia?” la incalzò William dando un leggero colpetto al copione di Ginevra.
“Vediamo, giura amore eterno all’asino. Ma può essere una cosa del genere? Andiamo lo conosco da meno di un secondo, prima di promettergli il mio cuore a vita lascia che almeno sappia il suo nome! Adesso magari me lo porto pure a casa a mettere su famiglia” disse perplessa Ginevra sfogliando veloce le seguenti pagine, mentre William rideva di gusto.
“Come non detto” bofonchiò poi la ragazza leggendo le battute della sua svitata controparte.
 
 
 
 
Fine capitolo!
Perdonate il ritardo, come al solito sono una frana! Di buono c’è che sono andata avanti con a scrivere e quindi spero di poter aggiornare con più velocità.
Vorrei ringraziare le persone che hanno recensito “La danzatrice della vita”. Una storia scritta più che altro per me, ma che spero davvero possa risultare bella anche per voi. Vi invito a leggerla e a farmi sapere se vi piace, ve ne sarei proprio grata!!
Grazie a tutti quelli che leggono la mia storia, siete grandissimi!
Un bacio.
Giulia
 
 
Per concludere un saluto speciale a tutte le persone che hanno recensito l’ultimo capitolo di Rosa d’inverno. Ormai è un po’ tardi per rispondere singolarmente a ciascuno di voi, ma vi ringrazio e spero che la collettiva curiosità sul nuovo attore sia stata soddisfatta.
Fatemi sapere al più presto ci conto. Un bacione grande grande!
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


 

 
 
Capitolo 20
 
 
 
“Allora è simpatico l’amico dei neri più neri?”
“Molto interessante. Certo se me lo trovassi davanti all’improvviso, specie di notte, credo che morirei, ma è piacevole parlare con lui. Forse sa persino più cose di te” disse con aria indifferente Ginevra guardando di sottecchi la sicura reazione di Hermione.
“Mia cara non andare in giro a raccontare queste scemenze, qualcuno matto come te potrebbe finire per crederci” rispose con aria sofisticata Hermione.
“Basterebbe che ti vedessero in questo momento per dare credito alla mia versione”
“Perché?” chiese con autentica ingenuità la ragazza castana esaminando lo stato dei suoi vestiti. Doveva ammettere di essere in uno stato leggermente scombussolato, ma aveva le sue ragioni. Non poteva mica assemblare e dipingere il fondale del palco vestita con fronzoli e merletti.
“Diciamo che non sei l’immagine dell’eleganza”
Hermione rimase qualche istante a fissare perplessa la sua stessa mano scorrere sulla camicia oramai diventata di un colore indefinito e poi alzò gli occhi verso Ginevra. Le brillava nello sguardo una lucina di puro divertimento e furbizia. Ginevra che aveva imparato a stare al passo dell’amica un po’ svitata, ghignò aprendo la sfida.
“C’era una volta” prese a cantilenare Hermione con fare da dolce nonna “una ragazza bellissima con occhi color smeraldo e capelli di fuoco. Purtroppo era anche tanto povera. Un giorno nel suo piccolo villaggio arriva un meraviglioso principe azzurro, con lucenti capelli biondi e un fisico da fare invidia. Ma la nostra eroina prende su i pochi averi e scappa con un gruppo di maghi girovaghi, troppo scossa dalla bellezza del giovane”
“Hermione giuro che se continui ti rovescio questa roba addosso!” esclamò divertita Ginevra brandendo un pennello carico di vernice verde.
“Il giovane principe, probabilmente in possesso della metà del cervello con cui vengono dotati per natura tutti gli essere umani al concepimento, insegue la sua donzella. Dopo tante peripezie finalmente riesce a darle un bacio e chi si ritrova davanti il povero ometto? Un baccalà in trance. Dov’è finita la bella ragazza sbraitante e scalciante che aveva condotto nella lussuosa villa di campagna? Chi lo sa magari è rimasta appesa a un susino e non se n’è accorto. Povero, bisogna capirlo con le risorse mentali ridotte che si ritrova, non poteva fare di meglio”
“Sei la strega più dispettosa e snervante che conosco” gridò con versi strozzati Ginevra lanciando il pennello verso Hermione che scappò dietro la sagoma il legno di un albero.
“Ma se non hai sentito neanche la fine. I due sfortunati giovani si ritrovano in un casinò di Londra, dove vivono una notte colma di litigi, gelosia e batticuori. Se pensate che ci sia un lieto fine vi sbagliate. La ragazza, tramortita dall’ennesimo focoso bacio del principe si rifugia in camera a contare depressa i fili di cotone della trapunta. Ma per fortuna arriva la più intelligente e splendida strega in circolazione a tirarla su di morale. Con il suo umorismo e la sua spigliata parlantina libera il cuore confuso della giovane” cinguettò romantica Hermione mentre schiava l’ennesimo colpo di pennello di Ginevra.
“E assieme al cuore della ragazza liberò anche le penne di venti oche da allevamento” berciò Ginevra prima di acquattarsi dietro a dei sacchi di sabbia.
“La tua partecipazione alla narrazione della storia non era richiesta” brontolò Hermione aggirandosi furtiva fra le sagome di legno.
Ginevra sentì i passi avvicinarsi e immerse il pennello nella latta di vernice vicina. Hermione fece appena in tempo a compiere due passi che una lunga striscia verde e marrone le dipinse la camicia come una sorta di fascia.
“Tu considerati morta” gridò, mentre con una mano afferrava uno straccio per pulirsi alla meglio i vestiti.
“Ah si?” rispose scettica Ginevra allontanandosi comunque per precauzione da Hermione.
Distolse lo sguardo solo un attimo e la ragazza castana non era più al suo posto. Un senso di elettrica paura percorse la spina dorsale di Ginevra mentre si aggirava fra le bizzarre sagome come una ladra.
“Ho dimenticato una cosa che sbadata” esclamò la voce vivace di Hermione in un punto imprecisato del palco “una principessa delle favole che si rispetti non può andare in giro senza nemmeno un fiore”
Un istante dopo Hermione saltò fuori colpendo al petto Ginevra che non ebbe il tempo di reagire.
“Guarda come ti dona” disse melensa la ragazza castana.
Proprio sulla scollatura del vecchio abito di Ginevra campeggiava ora una chiazza rossa grande come un pugno, che con una dose massiccia di fantasia poteva sembrare una gigantesca rosa scarlatta.
“Adesso si che posso considerarmi una donna dell’élite londinese”
“Cosa credevi? Sono una professionista”
“In tal caso potresti impegnarti per dare un aspetto migliore a te stessa senza perdere tempo con poveracce come me”
“A questo hai già ampiamente provveduto tu stessa” trillò Hermione indicando la sua nuova fascia verde.
“Non volevo dirtelo, ma sembri un giunco grasso conciata così” sentenziò sarcastica Ginevra, mentre squadrava l’amica da capo a piedi.
“Tanto meglio che essere un pagliaccio rachitico” ribatté con veemenza Hermione.
“Mi volete spiegare che cosa diavolo è successo qui dentro? Cos’è tutta questa confusione?” esclamò molto alterato Jhonny. Aveva deciso di andare a dare una mano con le scenografie e si era ritrovato davanti due ragazze isteriche e piene di costosa vernice.
“Ecco” iniziò a parlare Hermione tormentandosi un lembo della camicia con una mano.
“Sai Jhonny, c’era una volta una ragazza bellissima, con occhi color smeraldo e capelli di fuoco” prese a narrare Ginevra ma non riuscì ad andare oltre perché la voce le venne inghiottita da un eccesso di risate incontenibile.
Entrambe le ragazze presero a ridere come pazze, indicandosi a vicenda i vestiti da buttare e asciugandosi piccole lacrime dagli occhi. Jhonny rimase a fissarle per un po’ poi tornò a tavola a rosicchiare gli avanzi della cena. In tutta la sua vita non era mai riuscito a capire le donne e ora che aveva i suoi bei anni sulle spalle, aveva imparato a guardare, senza chiedere, i dolci misteri del mondo umano.
 
“Guarda che non mi metterò a cucire un nuovo vestito solo perché fai la ragazzina schizzinosa!” brontolò Luna muovendo esasperata le braccia in aria.
“I servi in casa mia indossano divise migliori” esclamò indispettito un ragazzo agitando una ormai sgualcita giacca verde.
“Bene Blaise, torna a casa e prendi uno dei tuoi bei vestiti da pavone, così farai vedere a noi poveri plebei la vera classe inglese” disse Luna cercando di controllare la rabbia e la frustrazione. Insomma aveva lavorato a quei costumi per giorni in ogni suo momento libero, e adesso arrivava il Principe degli idioti a dirle senza mezzi termini che i suoi vestiti sono una schifezza.
“Non mi serve arrivare così lontano, basta spogliare uno a caso dei pescivendoli al mercato per avere qualcosa di migliore”
“Allora arrangiati cretino” gridò con voce strozzata Luna prima di strappare con forza la giacca dalle mani di Blaise e correre via.
“Complimenti per l’eleganza amico mio” disse arrabbiato Harry prima di avviarsi nella direzione in cui era sparita Luna.
Ginevra rimasta fino a quel momento a guardare indispettita la piccola discussione mollò un sonoro ceffone alla testa di Blaise.
“Sempre delicato come una farfalla mi raccomando” esclamò poi incrociando le braccia al petto.
“Infondo quello è il costume per Teseo, lo dovrai indossare solo pochi minuti” osservò Jhonny, mentre ripiegava il suo vestito di scena.
“Va bene ho capito vado a chiederle scusa, che brontoloni che siete”
“Adesso sta qui, lasciali un po’ da soli” disse Hermione con un dolce sorriso complice sulle labbra.
“Tu dai troppa fiducia al talento amatore di Harry, è una schiappa” rispose Blaise ghignando.
“E tu dai poca fiducia alla determinazione di Luna” bisbigliò Hermione ridendo sotto i baffi.
“Se non ci sono altre rimostranze sui costumi, direi che ognuno può tornare al suo lavoro” disse pratica Christine alzandosi e iniziando a raccogliere i costumi per gli ultimi ritocchi.
“Mi aiuti con le scenografie?” chiese Hermione a Ginevra, mentre si avviava verso il palco.
“Non posso, oggi devo predire il futuro a qualche altro disperato depresso” borbottò avvilita la ragazza abbassando la testa finché il mento non le toccò il petto. Ultimamente c’era stato un aumento di cliente venuti per qualche predizione. Inizialmente ne era stata contenta, dei soldi in più di certo non facevano male, anzi. Poi era arrivato lo stress. Pensava di avere superato quella fase da tempo e invece era tornata grande il doppio. Alla mattina si svegliava e già sapeva che tutti, nessuno escluso, si sarebbero presentati davanti a lei con un problema di dimensioni indefinibili e avrebbero preteso una soluzione miracolosa, che nella maggior parte dei casi non esiste.
“Mi dispiace moltissimo se tua moglie è tornata a casa di sua madre, ma che ci posso fare? Forse dovevi pensarci prima di andare a letto con la sarta” pensò irritata Ginevra, mentre alimentava la sua teoria “L’uomo: una specie di via di sottosviluppo”.
“Esiste qualcosa che fa dimenticare?” chiese speranzoso l’adultero appoggiandosi al tavolo.
“Mi dispiace” rispose con finto rammarico Ginevra allontanandosi dall’uomo il più possibile “ha mai preso in considerazione l’ipotesi di chiedere perdono a sua moglie?”
“Mi sta prendendo in giro?” esclamò irritato.
“Mi perdoni ho formulato male la frase” ribatté in fretta Ginevra “da quello che mi ha detto siete sposati da molti anni, ormai avrà imparato a conoscerla bene. Sa cosa le piace sentirsi dire immagino. Ritorni a essere il ventenne scavezzacollo che si arrampicava su un pergolato di rose solo per lasciarle messaggi d’amore sul davanzale. Le porti fiori e soprattutto le dimostri che senza di lei la vita non vale poi tanto, che è solo un ammasso di giorni senza scopo e risate. E per finire basta incontri clandestini”
“Credo che ormai il pergolato non mi regga più, ho messo su un po’ di peso sa” disse con una punta di imbarazzo l’uomo massaggiandosi la considerevole pancia “ma il resto posso ancora farlo. Le porto delle rose bianche, le aveva in testa quando ci siamo sposati” continuò poi fissando lo sguardo sulla chioma di un albero perso nei bei ricordi passati.
“Molto bene, e la sarta?” chiese con fare allusivo Ginevra.
“Beh, guardi che mi ha provocato lei, era così profumata che… finito basta, cambieremo sarta” esclamò poi con un gesto risoluto prima di alzarsi e correre via a comprare rose bianche.
“Di questo passo finirò per ammazzare qualcuno” bisbigliò a se stessa Ginevra prendendosi la testa fra le mani.
“Lei sa dirmi il mio futuro signorina?” chiese una voce dal tono basso e quasi timoroso.
“Santo cielo dammi la forza” pensò esasperata Ginevra prima di rispondere allo sconosciuto.
“Siete nel posto giusto Signore, come posso esservi util” il resto della frase morì in un acuto urlo di sorpresa che la sbalzò giù da piccolo sgabello facendola finire gambe all’aria.
“Ma dai mi sono anche pettinato oggi. Sono così brutto?”
“Ti ho visto meglio. Mi daresti una mano?” chiese con una punta di vergogna Ginevra, mentre cercava di districarsi fra il vestito e i piedi dello sgabello.
Il ragazzo che la fissava divertito e felice le afferrò una mano e la alzò in un attimo senza apparente sforzo.
“Sono contento di vederti, mi sei mancata sai”
Ginevra rimase pietrificata a fissare quel familiare volto, buffo e dolce allo stesso tempo. Ron. Stava bene grazie al cielo. In un istante tutte le ore passate a rigirarsi fra le lenzuola pensando a dove fosse, se era preoccupato per lei, a cosa mangiava e se era finito da qualche parte ubriaco fradicio, finirono nel dimenticatoio. Il vivace vivo di Ginevra si illumino con un ampio sorriso e saltò al collo del fratello senza pensarci due volte.
“Guarda che così mi strangoli” sussurrò con un verso strozzato Ron mentre ricambiava l’abbraccio della sorella.
“Sono così felice di vederti, sei tutto intero vero?” chiese Ginevra mentre esaminava a tastoni la testa di Ron “sono vestiti nuovi questi? Non puzzando di alcool che bello. Cosa avete mangiato in questo mese? Vi sarete ingozzati di carne e schifezze varie, immagino. Dove alloggiate qui a Londra? È un bel posto o papà ha fatto come al solito il taccagno e siete in una bettola? Giusto, li avete dei soldi? Ho dei risparmi, ma sono pochissimi”
“Ginevra calmati, stiamo bene, non devi preoccuparti così” rispose dolcemente Ron raccogliendo lo sgabello da terra e facendo sedere la sorella.
“Ma come faccio a non stare in pensiero? Vi ho lasciati soli, e anche se lo rifarei subito, non potrò mai perdonarmelo” bisbigliò Ginevra rossa in viso.
“In effetti ci sono stati parecchi cambiamenti da quando sei andata via, ma non tutti in peggio. Io mi sono ritrovato una valanga di responsabilità sconosciute sulle spalle e papà ha si è impegnato così tanto nel ritrovarti che ormai ha imparato a risparmiare” spiegò Ron ricordando i difficili giorni seguiti alla partenza di Ginevra. Non era stato per nulla semplice come le aveva fatto intendere, c’erano state litigate furiose, a volte finite con le mani, e i brutti giorni in cui l’alcool gli mancava così tanto che avrebbe dato il suo unico braccio buono per un bicchiere di whisky. In tre settimane aveva capito quello che Ginevra aveva cercato di insegnargli in tre anni, il rispetto per sé stessi e le inevitabili responsabilità dell’età adulta, per esempio.
“A proposito, lui dov’è?” domandò con un fil di voce la ragazza mentre abbassava lo sguardo triste.
“In giro a chiedere di te suppongo. È preoccupato anche lui, non si fida di questa gente e teme che ti stiano ingannando. Poi per un uomo come lui è difficile accettare che la figlia sia scappata da casa”
“E per te è difficile?”
“Per essere sincero, non è bello sapere che tua sorella preferisce la fuga a un altro giorno in famiglia. Ci si sente delle nullità. Però sono riuscito a capire il tuo gesto, più ci pensavo e meno ero arrabbiato con te. Resta solo la delusione e la sensazione di non essere abbastanza. Ieri ho trovato questo e ho immaginato che fossi qui” concluse poi togliendo dalla tasca un volantino della compagnia un po’ stropicciato.
“Ginevra va tutto bene? Ho sentito un urlo” chiese una voce sommessa alle spalle della ragazza.
“È tutto a posto grazie William. Questo è mio fratello Ron. Ron lui è un componente del gruppo teatrale, è con noi da solo un settimana” disse Ginevra improvvisando una goffa presentazione.
“Molto piacere” disse con grazia William avvicinandosi ai due fratelli così stranamente simili.
“Salve” balbettò Ron non riuscendo a staccare gli occhi dal nero cappuccio di William.
Un silenzio imbarazzante calò sulle tre figure impalate sotto un albero.
“Ginevra dove sei? Ascolta dici che questo affare mi fa sembrare una donnaccia? Forse è meglio se Luna accorcia un po’ questa scollatura” chiese quasi urlando Hermione prima di sbucare da dietro un albero con un bel vestito rosa. Stava intrecciando i sottili fili di raso sul corpetto per coprire al meglio, quello che si vedeva già fin troppo bene.
“Oh William, scusa non avevo visto che c’eri anche tu” disse poi una volta che ebbe alzato lo sguardo.
“Ti assicuro che è un vero piacere essere qui” esclamò ironico William.
“Molto spiritoso” brontolò Hermione avvicinandosi ai due amici.
Ginevra aveva già aperto la bocca per commentare l’assoluta necessità di diminuire la scollatura vide l’amica bloccarsi e fissare allucinata qualcosa oltre le sue spalle. Sembrava quasi terrorizzata e nella sua stramba immaginazione pensò di avere un qualche mostro o fantasma spaventoso dietro la schiena. Si girò di scatto per vedere quello che spaventava Hermione ma non c’era niente, solo alberi e aria.
“Magari torno più tardi” biascicò Hermione in modo quasi incomprensibile prima di scappare veloce come il vento coprendosi il seno con un braccio.
Ginevra guardò perplessa l’amica sparire dietro i tronchi degli alberi. Doveva esserci qualcosa di molto strano dietro di lei.
“Ginevra che stai facendo?” chiese sarcastico e curioso William inclinando la testa per meglio vedere la ragazza cercare chissà cosa fra dei cespugli.
“Cerco quello che ha spaventato Hermione” sbuffò Ginevra alzando lo sguardo sospettoso verso i rami degli alberi.
“E speri di trovarlo lì?” sbottò William ridendo.
“Hermione”
“Come hai detto Ron?” domandò confusa Ginevra voltandosi verso il fratello. Certo che aveva proprio un aspetto scombussolato, prima non l’aveva notato. Sembrava disorientato ed euforico come un bambino il primo giorno di scuola.
“È meglio che vada ora” disse con aria assente mentre fissava il vuoto.
“Sei sicuro di stare bene?” rispose Ginevra allungando il collo verso il fratello.
“Eh? Certo sto benissimo, mai stato meglio in effetti” esclamò Ron grattandosi i capelli con la mano con la sua solita aria scanzonata.
“Per ora mi fido” disse Ginevra con un sorriso “Ron, fra due settimane ci sarà la prima dello spettacolo. Il palco è poco distante da qui, all’inizio del parco. Sarò una fata con idee molto bizzarre sulla convivenza e gli uomini in generale, ad ogni modo mi farebbe davvero piacere se veniste ad assistere. Intendo anche papà” concluse in un soffio la ragazza.
“Grazie. Ci saremo” disse Ron prima di darle un piccolo bacio sulla guancia e andare a cercare il padre.
Ginevra guardò la figura di Ron allontanarsi fino a diventare un puntino indistinto fra alberi e case, poi con un sonoro sospiro si lasciò cadere sullo sgabello nascondendo il viso fra le mani.
“Mi sento un verme”
“Quanto sei melodrammatica” rispose William aggirando il tavolo per sedersi sulla sedia davanti a Ginevra.
“Ho lasciato mio fratello da solo quando più aveva bisogno di me, che razza di persona sono?”
“Si forse saresti dovuta restare nel tuo piccolo paesino a soffrire e a roderti il fegato finché non saresti morta di crepacuore”
“Che vuoi dire?” chiese Ginevra sbirciando William fra le dita delle mani premute sul viso.
“Da quello che ho capito tuo fratello era un alcolista, oggi però ho visto una persona cortese e simpatica anche se leggermente strana. Non si può negare che il tuo gesto sia stato un po’ egoistico, ma d'altronde non sei una santa e non lo sarai mai. Quindi consolati pensando che alla fine quello che hai fatto ha portato cose buone non solo per te, ma anche per la tua famiglia”
“Qui il numero aumenta” bisbigliò Ginevra togliendo finalmente le mani dal viso.
“Numero?”
“Delle persone che mi fanno notare quanto non sia una persona poi tanto buona”
“E chi lo è? Sai immaginare quanto può essere noiosa una persona senza il minimo difetto?”
“In effetti non deve essere molto divertente” osservò con un sorriso Ginevra.
“Forza, ora gradirei molto vedere la chiromante all’opera. Sai dirmi qualcosa del mio futuro?” chiese curioso William con quella che Ginevra identificò come una risata.
“Ebbene Signor Trevor, vedo una cosa più chiara delle altre sul vostro cammino. Sarete uno splendido asino” concluse melensa Ginevra prima di scoppiare a ridere.
“Su questo non avevo dubbi, sono il meglio degli attori” gongolò William poggiandosi una mano sul petto.
“E per l’amore?” continuò poi con strano interesse.
“Non vi facevo così classico signore” esclamò ridendo Ginevra alzandosi “dovrete cercare la vostra regina delle fate William, e un consiglio: quando la trovate non lasciatela scappare” sussurrò poi prima di incamminarsi verso il carro alloggio.
Le sembrò che l’uomo dicesse qualcosa, ma era lontana e le parole si persero, per sua sfortuna nel vento.
 
 
 
 
Fine capitolo! Mi è venuto più lungo del previsto, ma non riuscivo mai ad arrivare al punto di fermarmi. Aspetto i vostri pareri nel frattempo vi ringrazio e mando un bacio!
Giulia.
 
 
Per elie84: grazie di aver letto tutta la storia! Sono proprio contenta che ti sia piaciuta. Anche a me piacciono molto i personaggi di Luna ed Hermione, ho cercato di distinguere i due caratteri in modo che ognuna delle due ragazze avesse un suo stile. Spero di rendere bene le mie idee. Aspetto un tuo commento appena riuscirai a leggere. A presto un bacio!
Per Miyu: ciao! Ho letto con vero piacere la tua storia, come ti ho già detto mi piace molto e aspetto il seguito, che arriverà presto vero?! Spero che continuerai a commentare la mia storia. Dimmi pure se ci sono cose poco chiare a volte tendo a strafare! Un bacio.
Per dady: si sta succedendo proprio così, in fondo si chiama Rosa d’inverno no? Ma ho intenzione di fare svolgere tutto molto più in fretta che nel libro. Nel prossimo capitolo ci sarà un bel po’ di confusione con il caro papà in arrivo! Fammi sapere cosa ne pensi mi raccomando. Un bacione!
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


 
 
Capitolo 21
 
 
 
 
“Ti prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il mio orecchio si è innamorato delle tue note
come il mio occhio è rapito dal tuo aspetto.
Il potere irresistibile della tua virtù mi spinge
fin dal primo sguardo a dirti, anzi a giurarti che t’amo.”
(W. Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate)
 
 
“Hermione presto vai ad attaccare su questa roba” gridò Jhonny lanciando alla ragazza alcuni batuffoli di cotone a forma di nuvole.
“Quella è la mia cintura Blaise!”
“La tua è quella verde cretino”
“Sventura! Chi è troppo in alto non può legarsi a chi è in basso” recitò Luna con le mani premute sulle tempie.
“Allora dov’è la cintura verde?” chiese perplesso Harry frugando nel baule dei costumi di scena.
“Per l’amor del cielo come si mette questo affare?” esclamò nevrotica Ginevra armeggiando con una corona di fiori e frutta che non voleva stare al suo posto
“Usa delle forcine cara” disse Christine senza alzare la testa dal suo lavoro di cucito.
“Christine hai visto la mia cintura?”
“Evan vai a controllare il pubblico” ordinò Jhonny mentre si sistemava il drappo del costume.
“Christine la mia testa è finita?” domandò William avvicinandosi alla donna per vedere a che punto fosse la finta testa d’asino.
“Ho visto una cintura verde sul tavolo in cucina” brontolò distratta Luna.
“Aspetta ti aiuto” disse divertito William afferrando la corona di Ginevra prima che cadesse a terra.
“La testa è quasi finita, mi manca solo un mezzo orecchio”
“Hermione corri a vestirti che ci fai ancora così?” esclamò nervoso Jhonny guardando la ragazza tornare verso di lui con delle cordicelle fra le mani.
“Urlami ancora in faccia e scordati che salga su quel palco” ringhiò Hermione al limite della sopportazione.
“Hermione fai quello, Hermione le scenografie quando sono pronte? Hermione devi imparate la parte” bofonchiò irritata, mentre camminava verso il carro alloggio per mettersi il vestito. Aveva dato un veloce sguardo al pubblico riunito per la prima: mancava ancora mezzora all’inizio dello spettacolo e già non c’erano più sedie libere.
“Poi cosa mi ha detto l’altro giorno? Ah si, ‘Allora ti decidi o no a dire qualcosa?’” disse imitando la voce alterata di Jhonny.
“Ciao!” esclamò una voce alle sue spalle a metà fra lo spaventato e l’imbarazzato.
“E adesso che c’è ancora?” pensò sconsolata Hermione voltandosi lentamente.
Mai in vita sua era rimasta a bocca aperta come un pesce lesso. Aveva visto Luna e a Ginevra imbambolate come due sceme e si era ripromessa che una simile figura da demente a lei non sarebbe mai toccata. Peccato che il destino non fosse d’accordo con il suo orgoglio. Le stava succedendo una cosa molto bizzarra, il suo cervello registrava come sempre quello che accadeva a gran velocità, eppure il corpo non reagiva. E come si può facilmente immaginare la cosa non le piaceva affatto.
“Scusa mi hai colto in sprovvista con quella frase, altrimenti me ne sarei uscito con qualcosa di più intelligente di ciao” disse il ragazzo dagli arruffati capelli rossi tormentando il cappello che aveva in mano.
“Ecco” balbettò Hermione boccheggiando “grammaticalmente ‘in sprovvista’ non è esatto. Potrebbe anche essere accettato ma suona proprio male, ‘alla sprovvista’ è per fonetica e sintassi la combinazione migliore” disse tutta d’un fiato muovendo con troppa foga le mani.
“Ah, grazie” rispose con un sorriso perplesso Ron.
“Ma che cosa ho detto?” pensò quasi in preda al panico Hermione “penserà che sono una specie di maestra schizzata! Cosa aveva detto Luna? Restare calma e lasciare fare al tempo. Lasciamo perdere tanto non sono capace di star ferma”
“Sei il fratello di Ginevra vero? Avete trovato dei posti a sedere? È venuta molta più gente di quello che ci aspettavamo” chiese poi con aria sorprendentemente calma e elegante.
“Si siamo arrivati presto, mio padre è già seduto fra le prime file. È agitato come un ragazzino” disse poi con uno splendente sorriso tanto simile a quello di Ginevra. Certo che questa ragazza era strana, un vero incanto quindi.
“Bene. Anche tua sorella è emozionata, e ha solo una manciata di battute. Ma questa cosa con vostro padre la stressa molto e”
“Potrei chiederti una cosa che mi incuriosisce da un po’? Cosa ci facevi quel giorno con tutte quelle penne?” domandò Ron inclinando la testa di lato. Era andato lì, aveva il cuore a mille e l’ultima cosa che voleva fare era parlare di sua sorella.
“Le oche?” chiese imbarazzata Hermione. Ogni volta che cercava di essere il più possibile normale quel Ron la spiazzava del tutto. E il suo stoico autocontrollo andava letteralmente a quel paese in un mezzo secondo.
“Erano dentro un cuscino del casinò, poi si è rotto e erano lì da chissà quanto tempo, chiuse a soffocare. Sai questa storia la racconta meglio Ginevra, sembrerò una pazza comunque, ma almeno detta da lei fa ridere” bofonchiò Hermione giocherellando con un lembo della camicia.
“Ma come sono vestita? Sembro la brutta copia di un manovale” pensò esterrefatta notando in quel momento i suoi logori e sporchi abiti da lavoro “un momento da quando mi interessa l’opinione della gente?” rifletté perplessa.
“Mi piacciono le persone matte, sono le più interessanti” disse arrossendo un poco Ron, ricalcando senza saperlo le parole già dette dallo strano vecchietto incontrato da Hermione. Aveva ormai una dose sufficiente di anni sulle spalle eppure non era capace di essere disinvolto con le ragazze.
“Quel signore me lo ero dimenticato” bisbigliò Hermione fissando il vuoto.
“Chi?”
“Tu lo sai che nella vita ci sono pochissime certezze? Per esempio si può star sicuri che il cioccolato mi piacerà da impazzire finché avrò vita, o che i miei capelli non avranno mai forma umana. Vedi, sono sciocchezze ma danno un certo senso alla vita”
“Non riesco a seguirti”
“Ho capito una cosa che mi era stata detta giorni fa da uno strano venditore di dolci. Ora ho una certezza più concreta delle altre e anche se sarà una pazzia, non intendo lasciarmela scivolare dalle dita” concluse con una splendida luce negli occhi.
Un istante dopo aveva afferrato la giacca di Ron e spinta da una strana forza euforica lo aveva baciato. Solo per un secondo le sue labbra avevano sfiorato quelle del ragazzo ma una tremenda scossa alla schiena aveva provato a farla crollare. Per quanto il suo temperamento fosse forte la parte di lei impacciata e timida era tornata a galla più veloce del solito. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi prima di scappare via, con la più intensa felicità nel cuore.
Se solo avesse alzato lo sguardo il piccolo sorriso sulle sue labbra sarebbe diventato una vera risata di buffa allegria, alla vista degli occhi spalancati di Ron, delle sue guance infiammate e dei capelli più in aria che mai. Se solo avesse alzato gli occhi quella sera non sarebbe di certo tornata sul palco, ma avrebbe continuato a baciare quel tenero ragazzo che le cambiava l’anima.
 
Lo spettacolo era iniziato da qualche minuto. Hermione era più energica che mai quella sera, Blaise sempre il solito bravo attore, Jhonny aveva saltato qualche battuta ma niente di grave, Evan era appeso per la vita cercando di dirigere l’improvvisato sistema di luci. In quanto a lei se ne stata seduta su una cassa, con l’odiosa corona di fiori che minacciava di crollare ad ogni suo movimento del capo. Persino William era sul palco, appariva ogni tanto facendo ridere tutti con la buffa maschera da operaio ateniese e le sue battute da tonto.
Ginevra si alzò di scatto, stanca di restare intrappolata in quelle ridicole quinte e decise di cercare suo padre. Stare ad aspettare il momento giusto non serviva a niente, se conosceva bene suo padre le avrebbe urlato contro sia in mezzo alla folla sia in un luogo appartato. Girovagò fra il pubblico cercando con lo sguardo la ormai evidente pelata di suo padre ma non riuscì a distinguere nessuno dalla tanta gente che c’era.
“Entrerai in scena prima della fine o ti sei conciata come un fantasma per niente?” domandò un voce leggera e divertita.
Ginevra si guardò perplessa attorno, sapeva chi era il fastidioso proprietario della voce, ma non riusciva a vederlo.
“Chi devo ringraziare per la scollatura del tuo vestito? Uno spettacolo molto interessante, ma devo ammettere che un po’ più di sostanza non farebbe male”
Ginevra avvampò sentendo l’impertinente sguardo di Draco sfiorarle la gola. Non aveva una grossa scollatura, e neppure molto seno quindi di certo non poteva essere davanti a lei per vedere così bene le sue magre forme.
“Che diavolo ci fai lassù?” chiese indispettita e irritata la ragazza alzando il viso verso i rami della quercia accanto a lei.
“Non ho intenzione di passare la serata pigiato su scomode sedie, seduto accanto a pescivendoli e lattai” escalmò con semplicità il ragazzo staccando una foglia ingiallita.
“Chissà quali malattie potresti prendere, vero?” ribatté sarcastica Ginevra incrociando le braccia al petto.
“Sai prima mi è sembrato di vedere tuo padre. Devo essermi sbagliato” disse Draco con finta aria distratta.
“In effetti sta guardando lo spettacolo. Anche se da un momento all’altro mi aspetto di vederlo correre verso di me, afferrarmi per i capelli e trascinarmi a casa” brontolò Ginevra fissando le grosse radici dell’albero.
“Di cosa ti preoccupi? Ora sei una vera strega con veri poteri, sempre se hai seguito i miei consigli” disse Draco saltando giù dal ramo con un piccolo balzo.
“Tu sei peggio di un gatto, se lo facevo io mi sarei rotta l’osso del collo!”
“Stai sviando la mia domanda Ginevra?”
“Mi sono allenata” ammise la ragazza con un lieve sospiro “ma i risultati non sono stati molto soddisfacenti. Per ora ho bruciato una foglia, una pagina del copione di Luna e ho arrostito una zanzara che non voleva farmi dormire”
“Mia cara ti serve un maestro, rasenti il disastro” sentenziò ironico Draco accarezzandole il viso con la foglia che ancora aveva in mano.
“Grazie mille!” esclamò nervosa e imbarazzata Ginevra scostando con un colpo la mano del giovane “credi che non mi sia impegnata? Ho dedicato ogni mio momento libero a perfezionarmi, ma sono riuscita a controllare solo la portata dei miei poteri. Per il resto vengono fuori quando a loro fa più comodo”
Prima che Draco potesse formulare una qualsiasi parola un raggio luminoso lo colpì in pieno petto e sbatté seduto a terra.
“Stalle lontano, capito?” rimbombò forte la voce di Ron. Ginevra rimasta ammutolita, si volse verso il fratello pronta a dargli un meritato rimprovero, ma le parole le morirono in gola quando vide suo padre arrancare con qualche difficoltà dietro l’agile figlio.
“Noto che in tre anni hai conservato intatta la tua stupidaggine” disse calmo Draco alzandosi lentamente da terra e fissando senza espressione Ron.
“Ti inseguo per mezza Inghilterra per ritrovarti ancora avvinghiata a questo qui” esclamò Arthur Weasley cercando di essere il più deciso possibile nonostante il fiatone. Come si permetteva quella stupida di umiliarlo così? Quella sera aveva preso in mano l’orgoglio ed era andato lì per parlare civilmente e mentre guardava quel assurdo teatrino l’aveva vista civettare con quel maledetto.
“Hai una concezione molto bizzarra del termine ‘avvinghiata’” esclamò Draco con il solito sorriso di scherno.
“Viscido verme, vattene non sono questioni che ti riguardano” ringhiò Arthur rosso di rabbia.
“Mettiamola in questo modo. Ricordi il tuo debito? Consideralo estinto se mi concedi sua figlia”
“Cosa?” esclamò indignata Ginevra.
“Mia sorella non è merce da baratto” rispose Ron alzando la bacchetta.
“Tu abbassa quel affare, non vorrei che ti facessi male”
“Quale debito?” chiese furente Ginevra.
“Lascia stare ragazza è una storia vecchia. E in quanto a te, se credi che ti lascerò mettere le mani su mia figlia sei pazzo”
“Allora esigo il pagamento immediato delle mie millecinquecento sterline” lo beffeggiò Draco portandosi le mani ai fianchi.
“Millecin…” sussurrò incredula Ginevra strabuzzando gli occhi.
“Schifosa sanguisuga non permetterti di umiliarmi davanti alla mia famiglia”
“Direi che ti stai umiliando da solo”
“Te la chiudo quella bocca” esclamò Ron frapponendosi fra il padre e Draco.
“Vuoi che ti riduca in poltiglia anche l’altro braccio”
Ron non era fatto per i ragionamenti sensati e logici, aveva un istinto audace ma cieco. Alzò il braccio mirando alla faccia da schiaffi davanti a lui, però il suo avversario fu più svelto e scartò di lato con un sorriso divertito.
“Te l’ho già detto, ti farai male”
“Ron piantala di fare lo stupido e colpiscilo come si deve” incalzò Arthur alle spalle del figlio.
“Basta” disse piano Ginevra.
“Vedo che anche tu non sei cambiato molto, sempre pronto a mandare avanti gli altri per risolvere i tuoi problemi” disse Draco fissando con astio l’uomo.
“Smettila di insultare mio padre” gridò Ron scagliando un altro pugno all’aria.
“Basta” esclamò più decisa Ginevra.
“Consideri la verità un insulto? Non ti facevo così ipocrita” rispose Draco afferrando al volo il braccio di Ron diretto al suo stomaco.
“Maledetto bastardo” disse Ron digrignando i denti dal dolore al braccio, girato da Malfoy in una posizione innaturale.
“Ron spostati ci penso io” esclamò Arthur afferrando la bacchetta del figlio scivolata a terra nella lotta.
“Ma guarda il grande capo entra in gioco. Non sei troppo vecchio ormai?”
“Sta zitto!” fuggì Arthur brandendo la bacchetta.
“Ho detto BASTA!” gridò con forza Ginevra quasi senza sentire più la sua voce. Un’energia calda e incontenibile le attraverso il corpo e in un attimo una luminosa e viva fiammata uscì da ogni parte di lei riempiendo l’aria. I tre uomini vennero inghiottiti da quel terribile fuoco senza avere il tempo di fuggire. Uno strano fuoco che non bruciava, ma scaldava tutto al limite della sopportazione La pelle stiracchiata sembrava sul punto di rompersi e l’unico respiro strozzato che fecero, diede loro una fitta di atroce dolore ai polmoni e alla gola ustionandoli. Poi quel terribile calore scomparve, veloce come era arrivato tornò verso Ginevra che aprì gli occhi fiammeggianti.
“Queste stupidaggini vanno bene per bambini di cinque anni non per uomini adulti” disse con voce energica e dura “papà, perdonami per il mio comportamento, sono scappata come un vigliacca ma nonostante tutto non lo rimpiango. Qui ho trovato persone fantastiche e mi voglio molto bene. Non tornerò a casa, ma non posso restare qui sapendovi in difficoltà. Ron è maturato tanto papà, affidati a lui e spero con tutto il cuore che prima o poi questo tuo brutto carattere sparisca. Mi farete tanto felice se deciderete di restare a Londra per un po’, potremmo andare a cena in qualche bel ristorante o fare passeggiate come quando era viva la mamma, mi mancano tanto quei momenti”
“Hai ragione Ginevra, ci siamo comportati come animali” ammise Ron abbassando gli occhi.
“Va bene ragazza, accetto. Ma come la metti con questo qui?” chiese astioso Arthur indicando con un pollice Draco. Ginevra riusciva sempre a spaventarlo quando se ne usciva con quei trucchetti di fuoco.
“Se mai Malfoy dovesse arrivare a mettermi le mani addosso senza il mio consenso, cosa che ritengo assai improbabile, state pur certi che sarete il primi a sapere e così potrete ammazzarlo come e quando più vi piace. Fino a quel momento se vi ritrovo a litigare come cane e gatto vi sistemerò tutti quanti a dovere”
“Essia, ma stai attenta, quello verme è e verme rimane” brontolò suo padre con aria rassegnata.
“Fra poco devo entrare in scena” disse Ginevra dando una veloce occhiata al palco “tornate a sedere o vi perderete la mia figura da allocca!”
“Verremo a trovarti finito lo spettacolo” le bisbigliò Ron prima di raggiungere Arthur “credo che papà voglia parlare con il capo della tua compagnia, per vedere a quali persone lascia la figlia”
Ginevra sorrise dolcemente e guardò la sua collerica famiglia tornare verso le luci del palcoscenico.
“Una piccola curiosità” disse Draco con interesse “ora posso metterti le mani addosso con il tuo consenso senza che quelli vengano a rovinarmi il momento?”
“Malfoy” sussurrò suadente Ginevra voltandosi verso il ragazzo “se mai avrai il permesso di toccarmi, puoi stare certo che non troverai più il tempo per litigare con la mia famiglia”
“È un invito?”
“Diciamo più un presentimento” rispose con voce sottile la ragazza.
“Draco, ti dispiacerebbe molto tenermi? Credo di non avere più un grammo di forza” riuscì a dire Ginevra con sarcastica calma, prima di crollare a picco.
Braccia forti arrivarono in un lampo a sostenerla e una volta che si fu seduta a terra poté riaprire gli occhi senza che il mondo le girasse attorno come su una giostra.
“Devi cercare di domare i tuoi poteri, non possono lasciarti senza energia. Prima o poi ci resterai secca” disse gentilmente Draco sistemandole la corona di fiori scesa di lato sopra un orecchio.
“Confortante” brontolò Ginevra scacciando con uno sbuffo una ciocca di capelli finita davanti al viso.
“Prima non scherzavo. Hai bisogno di qualcuno che ti aiuti, e se vuoi sarò felice di farlo” disse il ragazzo muovendo le mani per accarezzarle i lunghi capelli sciolti.
“Non ho molta scelta vero?” domandò con una punta di allegria Ginevra.
“Direi di no” rispose ridendo Draco, mentre litigava con una forcina dispettosa.
“Lascia perdere, questa corona oltre che ridicola è anche senza speranze. Meglio se la tolgo o finirà per crollarmi sul palco, come se non fossi già abbastanza ridicola di mio” esclamò divertita la ragazza alzando le braccia per togliere le innumerevoli spille. Ma quando toccò, forse per sbaglio, le mani di Draco ritrasse subito le sue, come se si fossero scottate.
“Ginevra che cosa fai là! Corri devi entrare in scena” gridò Jhonny, con quanta discrezione possibile,.
“Arrivo” rispose agitata Ginevra raccogliendo la gonna del bel vestito bianco.
“La tua corona principessa” disse melenso Draco porgendole quel ammasso di orridi fiori e frutta finta.
“Guarda, te la regalo”
“Per essere il tuo primo dono mi aspettavo qualcosa di meglio” brontolò Draco giocherellando con una mela sul punto di staccarsi.
“Vedrò di migliorare” rispose ironica Ginevra prima di voltarsi e scappare via. Poi a metà strada sembrò ricordarsi qualcosa e si fermò di scatto.
“Dimenticavo” disse a Draco con voce più alta “ti aspetto domani per la prima lezione!”
 
 
 
 
 
Fine capitolo! Scusate è venuto molto lungo, ditemelo se devo accorciare i capitoli! Le cose si sono movimentate un po’ con l’arrivo di Arthur! Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate un commento anche piccolino! Un bacio e a presto.
 
 
 
Per dady: sai non avevo previsto di scrivere quello che aveva detto William, perché l’ispirazione delle parole portate via dal vento mi era venuta così. Ma vista la gran curiosità ho messo come inizio capitolo una battuta della regina delle fate che nel mio immaginario dovrebbe riassumere il concetto di quello che ha detto William. Non sono perfettamente normale, ormai convivo con questa consapevolezza da anni. Comunque ti è piaciuto il capitolo? Ho preferito rendere il primo incontro con Arthur quasi comico! Fammi sapere perché ci tengo tanto un bacio!
Per Miyu: aspetto il seguito della tua storia con impazienza quando arriva?! Beh ora che sono qui ti ringrazio per i complimenti! Ti piace il capitolo? Sono stata brava a fare la scena di lotta? Non ne avevo mai scritte e mi veniva da ridere! A presto un bacione!

 

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