Viso d'angelo;

di gm19961
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


Capitolo uno

"Ma quello è George Harrison!"

 

  E così è iniziata la mia storia. Andando in giro per Liverpool imbacuccato fino al collo, evidentemente, non è servito a nulla. Certe volte essere un Beatle è davvero faticoso, le fan non ci lasciano in pace neanche un secondo ed io, non che non sia contento, però non posso andare in bagno che me le ritrovo a guardarmi mentre sto facendo cose che almeno lì, dovrei star da solo. Che nervoso, devo sempre correre su e giù per le strade della città, e man mano le fan diventano sempre di più e se mi raggiungono, mi travolgono e muoio, questo è certo. Oh dimenticavo, il mio nome è George Harrison e sono il chitarrista di un gruppo che sembra che negli ultimi tempi sia diventato famosissimo, i Beatles. Vi dico che la fama non è tutto, davvero, certe volte, però è divertente essere circondato da belle ragazze, essere elogiato, sì direi che tante volte ti riempie d’orgoglio. E certe volte la fama, come ora ad esempio, fa schifo. Corro senza sosta e mi rendo conto che le fan non ce la fanno più inseguirmi, guardo a destra e sinistra e vedo un bar: dalla vetrina sembra vuoto con due o tre persone dentro. Non ho scelta! Furtivo, m'intrufolo con una finta tranquillità in volto, e chiudo la porta dietro di me. Mi rimetto gli occhiali da sole, con la fronte sudata e con il fiatone che non mi abbandona, mi metto a sedere al bancone. Incrocio le mani e mi guardo attorno: è davvero un posto niente male. E’ pieno di quadri di Elvis e band ancora più antiche. C’è una pianta vicino all’ingresso, verde e rigogliosa. Sorrido e sospiro, forse dovrei ordinare qualcosa, altrimenti non passo di certo inosservato. “Scusi cameriera, vorrei ordinare…” sembra che non mi senta, è presa a parlare ininterrottamente al telefono rosso fisso. Mi da perfino le spalle, ma che modi sono questi? Non mi stupisco che non ci sia nessuno qui. “Scusi... ehm... ” continuo a chiamarla con un profondo imbarazzo, ma niente, sembra ignorarmi spudoratamente. “Nancy è diffidente ai nuovi clienti.” Sento una voce saccente e dolce provenire dalla mia destra. Giro lo sguardo e mi trovo davanti ai miei occhi una ragazza. Ha in mano un bicchiere di Coca Cola e con le gambe accavallate, aspira dalla cannuccia la sua bibita. Quand’è arrivata? Io non l’ho sentita nemmeno sedere accanto a me. “Davvero? Allora perché tu hai in mano una bibita e a me non la da?” dissi io come uno scemo, sorridendole. “Perché Nancy è come una mamma per me, e mi conosce da tanti anni. A te, invece, non ti conosce.” dice sfoggiandomi un sorriso vittorioso che mi rende incomprensibilmente felice. La guardo un po’ di più: indossa un vestito bianco corto, con le maniche lunghe e in pizzo. Ai piedi indossa degli stivali color marrone corteccia con delle stringhe allacciate grossolanamente. I suoi capelli sono lunghi e lisci, e non sono né rossi né castani, una tonalità arancione particolare, con due occhi sfavillanti di color azzurro cielo, non tanto grandi che però, coperti da quello che il mio istinto maschile prevede sia mascara, la rendono molto affascinante. Ha anche molte lentiggini in viso, e queste la rendono notevolmente carina. Passo cinque minuti in silenzio e contemplo la sua figura snella, e i lineamenti del suo volto. “C’è qualche problema?” mi chiede con uno strano tono, credo sia preoccupata; che idiota, mi sono messo a fissarla, anche io mi sarei sentito a disagio. “No, nessun problema, davvero.” dico stropicciando gli occhi. “C’è buio qua dentro.” affermo come un idiota, sorridendole. “Forse perché stai indossando degli occhiali da sole in pieno pomeriggio?” replica lei ridacchiando e appoggiando il bicchiere ormai vuoto, sul bancone lucido di marmo. Sono uno scemo. Li tolgo senza nemmeno preoccuparmi che la gente mi riconosca. Sento il suo sguardo addosso al mio, e sorride. “Non ho mai visto un Beatle così vicino, dev’essere il mio giorno fortunato.” Il suo tono è ironico e scuote il bicchiere per far segno alla cameriera di versarle dell’altra Coca Cola. Dev’essere un pozzo senza fondo quella ragazza... hey! Ma.. ma .. mi ha riconosciuto devo iniziare a correre di nuovo! Mi alzo di scatto e lei nemmeno mi segue, è troppo presa a bere la sua Coca Cola. “Hey, perché non mi insegui?” dico io ingenuo, risedendomi accanto a lei. “Devo proprio?” mi dice roteando gli occhi cerulei con una tranquillità assoluta. Io non so che dire, mi ha colto alla sprovvista; appoggio la mano sul bancone e le sorrido. “Perché fai così?”

“Così come?” dice lei aspirando rumorosamente dalla cannuccia. Io le levo il bicchiere dalla bocca involontariamente e lei sgrana gli occhi. “Ti va di parlare?” dico con una faccia ebete, che se mi fossi visto, probabilmente, mi sarei riso in faccia da solo. Lei sorride curiosa .”Certo.”
“Qual è il tuo nome?” le chiedo appoggiando gli occhiali da sole sul bancone e togliendomi il cappello.
“Angel” mi dice indifferente. “ E tu chi sei dei quattro?”
Alzo un sopracciglio. “Non sai come mi chiamo?”
“No.” dice mordicchiando la cannuccia colorata. “Ma sai che sono un Beatle...”
“E allora? Quattro nomi sono troppi da ricordare. Sei per caso quello con il nome strano? Tingo? Bingo?” replica in modo innocente, sorridendomi e mostrando una dentatura perfetta. “No, io non sono il mio amico Ringo.” evidenzio con la voce la lettera "R" del suo nome. Povero Rings, lo sfottono sempre!

 

“Ah ecco! Ringo, che nome strano.”
“Quello non è il suo vero nome!” ridacchio insieme a lei. “Meglio per lui, altrimenti lo avrei preso per il culo a vita.” prende un bel respiro e mi guarda attentamente. “Ne rimangono tre di nomi. Dai su, sputa il rospo.” dice lei sorridendomi. “Indovina.” le dico con un tono di sfida, lei ricambia lo sguardo.

“John?”
Scuoto la testa, non sembra che stia fingendo, anzi, mi pare davvero sincera. “Paul? John?” scuoto di nuovo la testa e lei mi guarda, sospirando. “L’altro nome non me lo ricordo.” dice lei scherzosamente. Tipico, ovviamente lei non sa il mio di nome. “Chiamami –quello la-!”
Lei si mette a ridere di gusto ed io mi unisco a lei. “Come vuoi Quello là.”
“Beh, quanti anni hai?” dice io, cercando di trovare una scusa per continuare il discorso. “Ventidue.”
“Sei del ’42? Io del ’43.” dico roteando gli occhi. “Che buffa situazione, non parlo mai con uomini più piccoli di me.” dice facendo spallucce. Rimango imbambolato a guardarle il viso e per sbaglio faccio cadere i miei occhiali, e mi chino pe raccoglierli. Mi ritrovo a osservare le sue gambe accavallate, magre e belle. Arrossisco e scuoto la testa. “Hey, tutto bene laggiù?” dice guadando il mio capo chinato curiosa e riprendendo subito dopo, a bere sorridente. "No, cioè sì tutto bene.” Mi rialzo ma sbatto la testa come un cretino. E tutto questo mentre beveva! A perfino sputato la Coca dalla bocca dalla risata fragorosa che le ho provocato. Mi massaggio la nuca e lei continua a ridere, prendendo un tovagliolo e asciugandosi le labbra che lasciano il segno del rossetto sul pezzo di stoffa. “Scusa, non volevo... cioè… non era mia intenzione offenderti con la mia risata!” mi dice mettendomi le mani sulle spalle e guardandomi la testa. Mi tocca nel punto in cui ho o avrò il livido. “Mi sa che ti verrà un bel bernoccolo, caro George.” dice lei alzando le sopracciglia e sbadigliando, non facendo però scomparire il suo bellissimo sorriso. “Hey, avevi detto di non sapere il mio nome!”
“Me ne sono ricordata, oppure ho visto quel quadro appeso alla parete. Ci siete voi con i vostri nome sotto. George Harrison, che bel nome.”
Mi ha sorpreso, è davvero particolare e intelligente. “E’ comune!”
“Io studio l’etimologia dei nomi. E hai ragione, George è un nome umile e dal greco significa agricoltore o contadino.” dice bevendo di nuovo al sua Coca Cola, sorridendomi. “Che brava!” le dico e lei mi sorride. “Mentre dal tuo nome, capisco che sei una persona molto angelica?” dico sospirando e deglutendo. Ho una sete tremenda. “Sì, ma l’apparenza inganna, George. Comunque tieni.” Mi porge il suo bicchiere di Coca cola. “Non hai schifo a bere da qui, vero?” io scuoto la testa. Di sicuro non rifiuto un gesto così dolce da una donna così bella: prendo il bicchiere e senza rendermene conto beve tutto il suo contenuto. Lei ridacchia strana. “Ho bevuto tutta la Coca, cavolo, adesso te la ripago!” dico mettendomi le mani nelle tasche e le agito alla ricerca di qualche spicciolo. “Ma che fai, tranquillo, te l’ho offerta volentieri.- dice lei sospirando e alzandosi dallo sgabello, si allaccia le scarpe.” Devo andare, ci si rivide, allora.” mi dice, estraendo  dalla una borsetta un pacchetto di sigarette. “Un angelo come te fuma?” dico ironico e lei si mette la sigaretta in bocca, mi sorride “Come ti dicevo, l’apparenza inganna, George Harrison.” E detto questo s’incammina verso l’uscita. ”Aspetta! Quando ci possiamo rivedere?”
Lei si gira, e fa un tiro con la sigaretta, sorride ed esce senza rispondermi. Io sorrido come un ebete e di scatto, prendo i miei occhiali e mi rimetto il cappello. “Considerati fortunato, giovanotto.” Incredibile, la cameriera mi ha rivolto la parola. “Come, prego?”
“Angel è molto corteggiata e non parla molto con i suoi ammiratori, la scocciano. Ma con te è stato diverso, ti ha parlato e ti ha offerto anche la sua bibita, vuol dire che le interessi.” Mi dice la donna, iniziando a spolverare il bancone. Non so cosa dire, sorrido semplicemente. “Beh, se davvero le interessassi, non se ne sarebbe andata via senza avermi dato il suo numero.” dico, arricciando le labbra. “Ma davvero? E quello cos’è?” dice lei, indicandomi un fogliettino che ho attaccato sulla mia nuca. “E questo?” dico sorpreso. “Quando me l'ha attaccato?”
“Quando ti ha controllato la ferita alla testa, è una ragazza molto particolare.” Mi dice sorridendo. “E’ la ragazza più dolce, buona e leale del mondo. Ora vai, sono sicura che i tuoi amichetti ti stiano aspettando per suonare!” Dice lei ridendo e camminando verso il retro del bar. Che posto di matti... ma in compenso ho il suo numero. Angel, mmm… chissà cosa dirà quando la chiamerò!
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Ciao ragazze *o*
Vi piace questa nuova storia con protagonista Georgee scritta schifosamente? *v*
Angel è la modella Cintia Dicker, una modella bellissima *-*
Spero vi piacciano le storie d’amore, altrimenti questo non è il posto giusto per voi :D
Prendetela come una sostituzione per P.Y.T (La storia di John e Valerie. Mi si è rotto il pc e tutti i suoi capitoli comprese immagini li ho sull’altro computer che tornerà fra 15 giorni ._. Quindi, accontentatevi di Georgino <3)
Un bacio e una recensione non fa mai male ;D
gm19961

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


Capitolo due

Io e la mia chitarra oggi non andiamo d’accordo: io sono presente ma con la testa penso ad altro, e sembra che gli altri tre questo lo abbiano capito prima di me. “Ma che ti prende oggi George? Sbagli tutti gli accordi!” mi rimproverò Paul sbuffando. Io sospiro e appoggio la chitarra nella custodia, oggi non è giornata. Non ho dormito bene, ed ho pensato ad Angel tutto il tempo. Beh, cioè, non in quel senso... bah, lasciamo stare.

“So io cosa è successo al nostro Georgie! C’è una femmina di mezzo! “ replica John mentre mi sorride maliziosamente ed io ricambio per compiacerlo. “Lo sapevo, Lennon non sbaglia mai!” esulta dando il cinque a Paul. Ringo mi guarda sorridendo “E’ quella tipa del film, eh? Pattie?” mi chiede Paul ridacchiando.  Bene, ora anche lui pensa che sia innamorato... ma io non lo sono, sul serio, non lo sono! Cioè, io sto frequentando Pattie da qualche tempo, ma non c’è ancora nulla di ufficiale. Inutile dire che è una donna bellissima, dolce, e tutto quello che volete. Ma allora perché mi sento così legato ad Angel? E non ho nemmeno voglia di restar qua, è sabato e rimanere in questo studio non mi va. Ringo e gli altri m'invitano a prendere una birra con loro, ma io ho rifiuto, devo fare un’altra cosa. Prendo la giacca e corro verso la cabina telefonica più vicina. Prende il fogliettino, lo guardo e digito i tasti velocemente. Okay, calma Harrison, è solo una ragazza, non fare la femminuccia, sii decis…”Pronto?” sento la sua voce e improvvisamente ho un vuoto nella testa, la sua voce è così bella. “Pronto... cioè, sono quello la!” dico io con una strana agitazione. Non la sento più, ecco, mi ha dimenticato. “George? Hai trovato il mio numero?” chiede lei felice. ”Sì, è naturale!”

“Beh, che c’è?” mi domanda lei con la sua voce aggraziata e dolce.
“Vuoi uscire con me?” dico schietto, senza pensarci due volte, sto correndo troppo e sono un idiota.
Sento del silenzio e poi… “Certo, perché no. Vieni al bar di ieri?”
“Sì, certo. Adesso?” chiedo come uno scolaretto al primo appuntamento.
“Sì, io sono già qui!”
“Aspetta, mi hai dato il numero del bar?” accidenti, ma quella è matta, magari mi avrebbe risposto la cameriera che m’ignora.
“Beh ovvio, non do il mio numero di casa agli sconosciuti, Harrison!” dice lei ridendo e facendomi scaldare il cuore.
“Allora arrivo, aspettami lì!”
Dopo una ventina di minuti raggiungo il bar e la vede seduta di nuovo, al solito posto, con la Coca Cola in mano. Mi siedo in parte, appoggiando le braccia sul bancone. Ci guardiamo. “Ciao.” mi dice con un sorriso dolce in viso. S’è cambiata d’abito. Oggi indossa una minigonna nera con degli stivali lunghi e scuri. Ha una maglietta a maniche lunghe di tutti i colori e i suoi bellissimi capelli, oggi sono mossi. “Sei molto carina oggi.” Le sorrido e lei non smette di ricambiarmi le sue splendide fossette marcate nelle guance. “Anche tu stai bene.” mi dice, riprendendo a bere la sua Coca. “Ti piace molto, eh?” dico indicando la bevanda che sembra bere con grande gusto. “Oh sì, sono come dipendente da questa.”
“Io sono dipendente da altro..” dico sorridendo e la cameriera mi sorride, porgendomi un’aranciata. Lei guarda spaesata il bicchiere e poi mi sorride. “Hai parlato con Nancy, eh?”
“Sì, un minuto, ieri.” Faccio l’indifferente, iniziando a bere guardando da un’altra parte. Angel la guarda, scuotendo la testa. “E che ti ha detto?”
“Non ricordo.” dico sorridendole e lei fa cadere il suo sguardo sui mie capelli. “Ti ha detto del numero, vero?”

Non so cosa dire, il tono che sta usando è strano, non mi va di perderla. “Sì, ma... fidati, che se non me l’avessi dato, sarei tornato qui per cercarti di nuovo.” I suoi occhi s’illuminano e sorride mentre beve la sua bibita.
“Beh, che hai fatto oggi?” devio il discorso e mi metto in bocca una sigaretta, le faccio vedere il pacchetto, magari ne vuole una. Lei accetta e la mette in bocca con una grazia inaudita e la accende, facendo il primo tiro “Beh…” butta fuori il fumo e sorride beata “Oggi ho fatto un servizio fotografico per una rivista.”
Una modella, ecco perché è così bella, l’avrei dovuto capire prima. “Fai la modella?” dico io con un tono stranamente dolce. “Sì, ma studio anche come fotografa.” dice sbattendo con l’indice della mano, la sigaretta sul posacenere. Cavolo, quant’è bella. “Tu, invece? Scommetto che sei andato a fare musica!” io annuisco e finisco di fumare, schiacciando il mozzicone di sigaretta nel posacenere in mezzo a noi. “Ovviamente, e tu? Suoni qualcosa?”
Lei sospira, facendomi arrivare il fumo in faccia che stranamente non mi ha dato fastidio. “Da piccola suonavo la batteria. Tipo, fino a quindici anni, poi ho lasciato stare. Non era la mia vocazione.”
Finisce di fumare e ribeve la sua Coca Cola. “La batteria? Una donna? Che strano.”
“Io sono strana.” mi sorride e mi prende la mano. “Ti va di vedermi posare per una rivista? Saranno pochi scatti.”
E io come faccio a dirle di no? Annuisco e con la mano intrecciata alla sua, esco del bar, mettendomi gli occhiali da sole. Iniziamo a parlare del più e del meno, mi dice che adora mangiare tanto pur essendo una modella, che è anche italiana e che ha vinto un concorso di poesie in terza media. Le chiedo della famiglia e mi dice che è cresciuta con suo padre e su fratello in Italia e che poi si è trasferita in Inghilterra, da sola e con una promettente carriera da modella.
“Sei una donna con tanti talenti.” dico non scollandomi dalla sua mano, ho perfino paura di farle male da quanto la stringo. “Lo so, ma sono talenti inuti.. hey George, guarda là!!” mi urla nelle orecchie e sorride entusiasta. “C-che cosa c’è?” le dico, sentendo il suo respiro vicino al mio.
“Un banchetto dei gelati, a Dicembre è impossibile trovarli! “
Questa si è messa a urlare per un banchetto dei gelati, e non per me che sono un Beatles: wow. Ma, ripeto, come riesco a dirle di no?
“Andiamo, te lo compro io.” Mi trascina davanti al banchetto che non ha una varietà immensa di gusti. “Quale vuoi?” dico estraendo il portafoglio. “Quello che vuoi tu, lo mangiamo insieme.”
“Va bene, allora, cioccolato e panna. Ti va bene?” le sorrido e lei annuisce, guardando l’uomo dei gelati con strana ammirazione. Spero che non mangi anche lui. Mi ruba il cono dalla mano e ride. Lascio i soldi al tizio e a braccetto, inizia a mangiare il gelato, sporcandosi pure il naso. Prendo un fazzoletto e glielo pulisco lentamente, e lei incrocia gli occhi e noto che improvvisamente diventa più rossa del normale. “Grazie.” mi sorride sicura e mi porge il cono. Ne mangio un po’ anche io, ma i 2/3 se lo è mangiato da sola. Arriviamo allo studio e la segretaria, seduta con i piedi sulla scrivania, intenta a limarsi le unghie, mi guarda un po’ perplessa.
 “Chi è quello?” si rivolge ad Angel. “E’…”
“Lo sai che non puoi portare gli amici qui, sono ammessi solo la famiglia o i fidanzati, ma non i conoscenti.”
“E’ il mio ragazzo, infatti.” Cosa? Cos’ha detto? Lei mi ammicca e mi fa segno di stare il gioco. “Ma se fino a ieri eri da sola! Non ci casco, Angie.”
“E cosa dovrei fare per convincerti?”
“Se siete realmente fidanzati, non dovrebbero esserci se vi scambiate un bel bacio, quindi, baciatevi ora. Davanti a me.”  Mastica la gomma con un fare snervante… Io faccio spallucce e mi avvicino, sicuro che lei ci stesse. “Okay, mi hai scoperto, non è il mio ragazzo.”
“Cosa?” dico imbarazzato. Mi ha rifiutato!

“Non prendertela male, George, ma non bacio quelli che conosco dopo due giorni!” ridacchia e io alzo un sopracciglio. “Ti fa niente aspettarmi qui in sala d’attesa?” mi sbatte le ciglia e io annuisco, sorridendo. “E va bene!” mi siedo e lei se ne va, tranquilla.
Perché non mi ha voluto baciare? Perché? Faccio così schifo?
Passano venti minuti buoni e la vedo riemergere, con un nuovo abito. “E i vestiti di prima?”
“Beh, erano dello studio, e ho posato con questi, quindi ora, ho questi. Ti piacciono?” sorride e fa un piroletta davanti a me. Ora indossa una maglietta grigia, con una sciarpa viola a fiori intorno al collo. E’ senza trucco, ma è bellissima lo stesso. Indossa anche un cappotto pesante, dopotutto fa freddo, è comprensibile. Mi riprende per mano ed usciamo dall’agenzia, silenziosa. “Che c’è?” le chiedo e lei scuote la testa. “Sei offeso, vero?”
“Offeso per cosa?
“Perché non t’ho voluto baciare.”
Io mi fermo e la guardo, facendo spallucce. “No, è giusto così. Anche se sono famoso, sono una persona normale, come ti puoi fidare di me dopo 48 ore?” sorrido ironico e lei mi indica le  nostre mani unite. ”Io mi fido di te, non vedi che ci stiamo tenendo per mano? Ma io non bacio sulla bocca, infatti, i miei fidanzati mi hanno lasciato perché appunto non li baciavo mai lì. E’ una cosa più forte di me, ho paura. Sono philemafobica.”
“Hai paura dei baci?” chiedo perplesso. Che strana fobia.
“Sì. Se no lo avrei fatto volentieri, non credi?” mi sorride e le do ragione, ridendo. “La devi superare questa cosa, altrimenti come fai a sposarti o fidanzarti?”
“Oh, una soluzione la troverò!” mi dice seria e si stacca dalla mia mano. “Ora devo andare, ho appuntamento con un fotografo, grazie per la bel pomeriggio, sei un ragazzo d’oro.” mi dice guardandomi con i suoi scintillanti occhi azzurri, sotto le sue lentiggini ci sono le sue guance rossastre e la sua bocca è aperta, sorride con grazia. “Beh, mi dai il tuo numero?” le dico sorridendo e con le mani in tasca. “Nah.” Mi dice lei ridendo. “Scherzo, ma io non me lo ricordo davvero. Domani se passi al bar fattelo dire da Nancy, lei lo sa sicuramente. Chiamami quando vuoi.”
“Vedi io devo fare un sacco di servizi fotografici in questi giorni. Sarò impegnato.” dico mortificato alla sola idea di non poterla rivedere. “Capisco, beh anche io!” mi dice a braccia conserte.
 ”Chi lo sa, magari poseremo insieme un giorno.” Lei mi sorride e mi abbraccia teneramente. Sento le sue mani fredde dietro il mie collo e noto che ha gli occhi chiusi.
 Sorrido e ricambio il suo abbraccio, ora pure io me ne devo andare. “Stammi bene, e ricorda di passare al bar. Comunque ora mi presento per bene, anche se me ne devo andare. Piacere  Angel White, e i miei non avevano fantasia con i nomi! ” lei mi fa l’occhiolino e si mette le mani nella tasca; si volta e se ne va, lasciandomi solo nel parco.  Sorrido, e la guardo andarsene. Ha una camminata così sicura e i capelli le svolazzano qua e la. Ho trovato il mio angelo.
--
Capitolo due, gente! Mi sono uscite tre pagine, il mio massimo è due quindi bisogna festeggiare! LOL
Comunque, replico, spero di non fare così schifo a scrivere in prima persona, ma con George mi riesce facile, non so perché :)
Bene girls, siete degli Angeli e grazie ancora per le recensioni precedenti! <3
Un bacio
gm19961

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre

“Bene ragazzi, comportatevi bene con le modelle e tu John, non toccarle, sorridi e tieni le mani a posto!” lo rimprovera di punto in bianco Brian. John fa una delle se facce sadiche e si sfrega le mani soddisfatto. Paul rotea gli occhi, e si allenta la cravatta quando vede le ragazze che si stanno preparando sul fondo dello studio. Sono tutte di schiena e le stanno tipo mettendo quattro quintali di trucco; poverette, io non lo sopporterei. “Hey George, quale ti piace di più?” mi dice Ringo, sorridendo sguaiatamente. “Sa com’è, sono tutte girate, non riesco a vederle in faccia.”
 

“E allora? Ci sono tante cose da vedere anche di schiena, Geo!” replica Paul, entrando nel discorso. Scuoto la testa, che maiali, mamma mia. Oddio, non sono nemmeno io un santarellino ma diamine, un po’ di contegno!
 

“Bene ragazzi, mettetevi qui, dietro lo sfondo bianco, chiameremo le modelle una ad una e poi farete una foto tutti insieme, okay? Sbizzarritevi!” esulta il nostro fotografo con un sorrisetto in faccia. Beh, modella dopo modella, faccia strana dopo faccia strana, e faccia perversa John dopo faccia perversa di John, le modelle pian piano si esauriscono. Paul mi picchietta la spalla. “Che te ne pare quella di modella? Non è uno schianto?” John e Ringo sorridono come incantati, deve essere davvero bella allora. Sono passate solo due settimane e quella ragazza somiglia tanto ad Angel. Si gira verso di noi, indossa dei pantaloni a vita alta neri, con delle scarpe rosse dello stesso colore del rossetto fuoco che adorna le sue belle  labbra. I capelli su ricci e arancioni la rendono come una bambola. Ed è anche piuttosto scollata, eh! La guardo meglio e sgrano gli occhi, ma quella è proprio...!
 

Il suo sguardo incontra il mio, e mi fa “ciao” con la mano. Cammina verso di noi ed io prontamente, me la prendo in braccio prima che John posi i suoi artigli su di lei. “Che fai?” sgrana gli occhi e sorride. “Faccio una foto con una modella!” dico sorridendo verso l’obiettivo. E posiamo insieme con lo sguardo cagnesco di John, lo sguardo deluso di Paul e lo sguardo perplesso di Ringo. Dopo vari scatti diversi e relative occhiatacce sulle mani di John che si avvicinavano pericolosamente alle zone “oscure” della modella, le foto finirono. Le rivolgo subito la parola. “Alla fine abbiamo posato insieme, vero Angel?” lei fa sì con la testa, mentre beve –come sempre- della Coca Cola. “Harrison, ci stiamo incontrando troppo spesso noi due!” mi sorride e mi abbraccia, ed io ricambio ma la stacco subito. Non vorrei creare pettegolezzi o chiacchiere. “Che c’è? Perché ti sei staccato?” dice lei con il suo sguardo innocente. “Niente Angel, ma, insomma, non voglio che ci vedano insieme!” lei abbassa lo sguardo, come delusa, e annuisce. “Capisco.” Risponde secca e alza i tacchi andandosene dall’altro lato della stanza. Io la seguo e le afferro la mano “Che c’è?” mi risponde lei con un sopracciglio alzato. La porto fuori sul balcone dello studio, ci trovavamo al sedicesimo piano. “Volevo dirti che sei bellissima.” Lei mi guarda perplessa “Tutto qui?”
 

“Perché che altro dovrei dirti?”
“Non so. Ciao, come stai, come mai non mi hai cercata negli ultimi giorni…” disse lei delusa. “Ti avevo detto di essere impegnato e poi noi due, non stiamo insieme, ecco..” arriccio le labbra e la vede mordersi le labbra. “Hey, non volevo dirtelo così, ma vedi, c’è una cosa che devi sapere.” Lei si appoggia alla ringhiera del balcone e mi fa segno di procedere. “Io sono in procinto di fidanzarmi, beh cioè, sono fidanzato tecnicamente.”
Lei sgrana gli occhi e sorride, delusa. “Avrei dovuto saperlo che eri uguale a tutti gli altri, che stronzo..” cammina verso la porta per poter rientrare ma io metto davanti ad essa. “Levati, George.”

“No, non hai capito. Una relazione non può nascere su una bugia e se te l’ho detta, sta a significare che a te ci tengo, e voglio essere sincero con te. Io e Pattie, ci siamo appena conosciuti…
“Momento.. Pattie? Patricia?” dice lei come se la conoscesse. Oh Cristo, forse la conosce. “Boyd? Certo che la conosco, era una modella della mia agenzia, e siamo confidenti!” lei scuote la testa.
“Sarà contenta di sapere che il suo ragazzo ci prova con altre!” mi sorride e cerca di spostarmi dalla porta, ma con quei tacchi vedo che fa davvero fatica. “Angel, aspetta. Io non sento più nulla per Pattie, beh sì, all’inizio. Ho iniziato a frequentarla dei mesi fa senza dire nulla a nessuno. Ma poi ho incontrato te, e .. ho perso la testa.” Lei si mette a braccia conserte. “Certo, come no.”
“No davvero. Non riesco a registrare in studio, sento che mi manchi. A Pattie nemmeno ci penso, e prima quando John ti guardava o ti toccava, mi sono sentito davvero inerme, perché lui ti poteva avere tra le braccia e io no. Mi sei piaciuta da quando t’ho vista seduta in quel bar sconosciuto, quando ti sei mangiata tutto il gelato, la tua semplicità, il tuo mordicchiare la cannuccia della Coca cola quando sei nervosa… Ma che te lo dico a fare.”
Vedo che è rimasta a braccia conserte ma l’espressione è cambiata. Ha una faccia imbronciata e improvvisamente mi abbraccia, si toglie quelle scarpe e riscopro la sua altezza naturale. La prima volta che l’avevo vista era così bassa e stava molto meglio. Mi abbraccia forte e io le accarezzo i capelli. “Davvero ti piaccio George?” mi dice con una voce dolce e io annuisco, prendendole le mani. “Anche tu mi piaci tanto.” Mi avvicino a lei, voglio baciarla e lei sgrana gli occhi e allontana il suo viso dal mio. “George, te l’ho detto, io non ci riesco..” la prende per i fianchi e mi avvicino alle sue labbra e le chiude gli occhi, come se fosse in pericolo. Capisco che non vuole e quindi mi scosto. “Scusami.” Le dico, con lo sguardo deluso. Lei apre prima un occhio e mi sorride lievemente. “Non ti devi scusare, sono io che sono....strana.”
“Mi piaci lo stesso.” Le sorrido e le bacio la guancia. “Adesso devo andare… “ dico sorridente e nascondendo la mia immensa tristezza per non aver ancor assaporato le sue labbra.
“George, tieni..” mi da un fogliettino, non ci credo. E' il suo numero. Sorride serena. “Ora so che mi posso fidare di te. Grazie.” io annuisco e trattengo la felicità, mettendomela nella tasca. “Io ora vado, ciao.” Le stampo un altro bacio e vedo che Brian è infuriato, mi prende per l’orecchio. “George, ora ti ci metti anche tu? Fila in macchina!!” sorrido al cielo, il mio Angelo mi ha appena dichiarato che mi ama, sono l’uomo più felice del mondo! Esulto da solo e penso che gli altri tre mi trovino abbastanza idiota. Ma chissene frega, ho il mio angelo ora!

 

***
 

Dopo giorni pasati tra servizi fotografici opprimenti, e senza aver avuto un minimo contatto esterno con nessun altro eccetto gli altri tre, mi sono sentito stanco e depresso. Autunno è davvero noioso e dormire in quesa stagione è la cosa più bella che c'è, a mio parere. Sono appunto sdraiato sul mio letto e sto dormendo beatamente. E’ dicembre e fuori fa freddo, sentire il tepore che si è creato tra le mie lenzuola mi da una sensazione di tranquillità assoluta.  Ma c’è qualcosa che disturba il mio sonno, è un ronzio, che aumenta sempre di più il volume: solo ora mi rendo conto che il campanello di casa mia continua a suonare. Maledico chi c’è alla porta,  e senza guardarmi allo specchio e nemmeno darmi una sistemata apro la porta. E’ Pattie, sorridente come sempre. Mi salta addosso e mi bacia sulla bocca, come credo sia di consuetudine per una fidanzata, sorrido e la stacco subito. “Che c’è?” mi chiede accarezzandomi le guance ed io scuoto la testa. “Nulla, nulla…” mi avvicino a lei e le stampo un bacio sulla bocca. Che sto facendo? Io non amo più Pattie, io.. io amo Angel, la mia Angel. Come se fossi un robot, chiudo la porta e rimango attaccato alle labbra morbide della mia fidanzata: inizio a sfilarle i guanti e la sciarpa, e indumento dopo indumento, in quel freddo devastante, rimango nudo attaccato a lei. Inizio a baciarla sempre di più e la butto sotto di me sul letto ancora disfatto. Inizio a leccarle l’orecchio, il collo e la sento tremare sotto di me. Posa le sue mani sui miei capelli e mi incita a scendere sempre più giù con la lingua; le accarezzo i suoi morbidi e magri fianchi, e meccanicamente, entro dentro di lei; come se non l’avessi mai fatto. Io e Pattie abbiamo già fatto queste genere di cose e in questi mesi sempre più spesso, senza un perché, come adesso. Mentre inizio a spingere e i miei sensi sembrano in una pace assoluta, chiudo gli occhi e vedo un volto che sembra piangere istericamente, è annebbiato, non riesco a riconoscerlo, ma è davvero inquietante. Ha gli occhi rossi e fa impressione. Cerco di rimuoverlo dalla testa e bacio con foga Pattie che geme sempre di più, e affonda le dita nei miei capelli, incitandomi a continuare e non smettere. E come posso non accontentare la mia ragazza? Dopo forse trenta minuti o anche di più, con una faccia stampata di goduria totale, Pattie è stremata. Mi bacia e mi lecca le labbra. “Se sei venuta qui solo per questo, vieni a trovare più spesso.” dico sorridendo e lei ridacchia, mettendosi sopra di me. Sento il suo piccolo seno comprimere sul mio petto: metto le mani sulla sua schiena e chissà, forse continueremo fino a stasera. Ma quell’immagine, quell’immagine inquietante della ragazza che mi stava gridando addosso con gli occhi rossi non se ne va. In quel momento mi dimenticai di Angel, e continuai a fare sesso spudoratamente con Pattie, senza rendermi conto che il mio cuore supplicasse di smettere di farlo.  Ma dopo circa due ore di passione qualcosa mi spinge a smettere. Il telefono squilla all’impazzata e per quanto Pattie mi chiede di ignorarlo, io estendo il braccio e cercando di ricomporre il mio respiro pezzato, rispondo. “P—Pronto?”
“George!”

E’ il mio Angelo. “Ciao! S..senti questo non è un bel momento, sto facendo una cosa abbastanza importante con i ragazzi e .. e devo riattaccare subito. Ti chiamo dopo, ciao!” e così dicendo riattacco il telefono. Non immagino come l’abbia presa. Pattie mi guarda perplessa. “Era Brian!” dico io e lei sospira sollevata. “Allora, dove eravamo rimasti?” lei mi sorride e ricomincia, sì, forse all’infinito.
--
Ma ciao! <3
Allora, lo so, George non è un bastardo solo che beh, non ha mai avuto una “relazione seria”. Era di consuetudine dei Beatles andare con più donne, e lui, pur essendo innamorato di Angel, non riesce a lasciare Pattie, fa ancora parte della sua vita y.y
Beh, la storia si farà davvero (spero) interessante nel prossimo capitolo, non perdetevelo! :D
Un bacio,

gm19961

P.S Negli scatti coi Beatles, solo farvi un'idea della sua figaggine, vi faccio vedere la foto da cui ho preso spunto per il capitolo *-*

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


Capitolo quattro

Riattacco la cornetta. Molto interessante. Prendo una sigaretta e me la metto in bocca: la accendo e aspiro il suo sapore amaro, esso riesce a darmi un po’ di pace ai sensi. Mi sono messa a chiamarlo e lui mi risponde così? Dovrebbe avere le sue ragioni ma, qualcosa mi dice che non mi ha detto tutta la verità. No, devo fidarmi di lui, insomma, vuole lasciare Pattie per me. Mi dispiace per quello che sto facendo a Pattie ma credo di essermi innamorata di George. Lui è così dolce, sincero, generoso. Il primo che non si è comportato come un maniaco depravato e che non pensa con il pendolo in mezzo alle gambe. Mi dispiace però... volevo sentire la sua splendida voce e tutto ciò che ho potuto udire, è stato solo misero “devo andare, ciao.”

Butto fuori ancora del fumo e guardo l’ora. E’ mezzogiorno e fuori fa freddo, molto freddo. Mi conviene rimanere in casa a questo punto. Non mi va nemmeno di far visita a Nancy: chi ha voglia di rimanere fuori in strada e assomigliare a un pinguino infreddolito? Io di sicuro no. Certo che, sono una ventiduenne con un lavoro appagante, una bella casa e che non ha nessuno con cui stare. Pensavo che George sarebbe venuto volentieri a farmi compagnia, ma spesso dimentico che lui è un Beatle e per questo dato di fatto, tutti vogliono un pezzo di lui, compresa me stessa. Mi alzo dalla sedia della cucina e dopo aver finito di fumare, vado in bagno. Credo che un bel bagno caldo sia l’ideale in queste giornata glaciale. L’Inghilterra è un ambiente troppo freddo per me, l’Italia mi manca, e sento anche la lontananza dal mio fratellino. Chissà come sta…

Apro il rubinetto dell’acqua calda e aspetto che la vasca si riempia per bene. Passano quindici minuti, e il bagno si riempie di profumo e bollicine di sapone. Il bello di immergermi e sento il telefono squillare. Roteo gli occhi e andando in giro per casa senza vestiti, rispondo al telefono. “Pronto?”
“Ciao Angel, sono George! Ora mi sono liberato e c’è qualcosa che dovevi dirmi?” io sorrido e a sua voce è così incredibilmente affascinante. “Sì, volevo chiederti di venire a casa mia, ma se sei impegnato...”
“No che dici, ora sono liberissimo. Dov’è che abiti?” mi dice allegramente, e io gli do le indicazioni necessarie. Che tempismo, però! Riattacco la cornetta e vado a farmi un bagno veloce, giusto il tempo di darmi una sistemata. M'immergo nella vasca e quanto mai l’avessi fatto, chiusi gli occhi e lasciai il tempo scorrere. Ormai sono troppo rilassata perché possa uscirne. Ma poi il campanello della porta, ovviamente, suonò. “Entra pure George!” grido dal bagno ed esco dalla vasca, mettendomi subito un accappatoio e rimanendo scalza, vado verso di lui. “Mi hai beccato nel momento sbagliato” ridacchio e vedo che mi squadra dalla testa ai piedi: improvvisamente il suo pallore scompare, e da invece via a un colorito sempre più rossastro sulle guance. “Nah, sono capitato al momento giusto, invece!” ride lanciandomi dei sorrisi continui. “Beh, vado a vestirmi, tu siediti pure sul divano.” In quel momento sento che mi prende la mano e mi tira verso di sé. Mi abbraccia stretto, ed io appoggio il viso sul suo petto, sorridendo serena e socchiudendo gli occhi. Le sue mani mi accarezzano la schiena e ci sediamo insieme sul divano. Io mi siedo su di lui, e gli circondo il collo con le braccia. Il cuore mi batte a mille e forse anche di più, vedo che si avvicina alle mia labbra incrocio gli occhi, mi allontano un po’ e lui mi sorride, e di scatto mi bacia, senza che facessi in tempo a scostarmi. Rimango a fissarlo, lui ha gli occhi chiusi. Non ci credo, era da circa… quella volta che non baciavo qualcuno, quattro anni circa. Chiudo gli occhi anch'io e schiudo la bocca, lasciando intrecciare la mia lingua con la sua. Improvvisamente non ho più paura, sento di potermi fidare di George, ho trovato la persona giusta. Si scolla da me e strofina il mio naso contro il suo.
“Allora? Era così complicato?” mi sussurra nell’orecchio e io scuoto la testa sorridendo. “In effetti, no.” Ci baciamo un’altra volta, forse questa più intensamente di prima. Sento che mi slega a corda di stoffa dell’accappatoio e il mio cuore sussulta, batte all'impazzata, e non riesco a mantenere il mio fiatone. Che gran figura di merda. Posa le sue dolci e calde mani sui miei fianchi e mi accarezza dolcemente.  Non so cosa mi fosse preso ma non facemmo nulla quella volta, restammo accoccolati l’un l’altro, sdraiati sul divano, a dormire come dei bambini. Mi ricordo che, certe volte mi svegliavo per controllare che lui non avesse preso e se ne fosse andato. Forse dormire con lui è stata la cosa più bella che io avessi mai fatto. Ma torniamo al presente, George mi mette le dita tra i capelli e li arriccia su di esso, dolcemente. Io apro gli occhi e me lo ritrovo a fissarmi con il sorriso più bello che abbia mai visto. “Ben svegliata.” Mi dice, baciandomi le labbra e stampandomi un sapore buonissimo, che però, mi sembrava molto femminile. Sarà solo la mia impressione!
“Vuoi andare a fare in giretto in centro o preferisci star qui?” mi chiede, sbattendo le palpebre con un fare tenero. Sembra un angelo. Il mio Angelo. “Non lo... so.” sbadiglio, sono sicura di avere i capelli spettinati e mi auguro che il mio accappatoio sia chiuso. Abbasso lo sguardo ed è aperto solo sul mio petto ma George non sembra prestare molta attenzione al mio seno, o almeno spero. “Inutile che lo chiudi, l’ho già visto prima!” mi ride in faccia ed io gli tiro uno schiaffetto sui capelli. Lui mi prende i polsi e si mette sopra di me, accarezzandomi la nuca. “Ma io quanto ti amo?”  dice dandomi un bacetto sulle labbra. “Non lo so, credo tanto.” Rispondo baciandolo di mia spontanea volontà. “George...”
“Dimmi” sembra sereno, e con quei capelli spettinati è davvero bello. “Nessuno si metterà in mezzo a noi, vero? Non ci tradiremo mai, giusto?” lui mi guarda, e dopo un solo secondo di silenzio, mi risponde. “..Nessuno...”
Ed io gli credo, se George mi dice una cosa, deve per forza essere la verità, no?

 

***
 

Sono passati circa tre mesi e la relazione con George va a gonfie vele. Diciamo che possiamo definire come una “vecchia coppia sposata.” Ormai viene sempre a casa mia e lui si mette pure a cucinare per me. Certe volte dormiamo insieme ma non abbiamo ancora fatto quel genere di cose, e ripeto, forse è il ragazzo migliore che abbia mai conosciuto. Oggi però, è quasi Natale e deve andare in TV a fare quegli spettacoli e quelle interviste che lo porteranno via da me per circa settantadue ore. Beh, riflettiamo un momento, prima che arrivasse lui a sconvolgermi la vita, di solto, che facevo? Mi metto a pensarci per vari minuti ma scuoto la testa, è come se da quando lui è entrato nel mio cuore, il resto non ha più avuto importanza. Ed è una magnifica sensazione, qualcuno mi ha riempito il mio organo ormai lesionato e abusato, e ora è nelle mani di quel ragazzo d’oro. Il mio angioletto. Guardo una sua fotografia che ci ha scattato un passante per strada e che ho messo in una cornice in bella vista sul comodino di casa, in parte a un vaso fiori che il mio Georgie mi ha regalato ieri, prima di salutarmi. Ripeto che è un amore. Rimango a fissare la foto e improvvisamente sento suonare alla porta. Sbuffo e cammino scalza verso la porta: afferro la sua maniglia fredda e spalanco la porta. “Ciao Angel.”
Il mio cuore sussulta, è davvero lui. Metto una mano sulla bocca e chiudo la porta con forza ma la sua resistenza me lo impedisce. "Ah, non penserai di scappare ancora da me? Non ora, amore bello.” Mi guarda con i suoi occhi scuri, quelli che mi piacevano tanto, e che se ora provo a fissarli per qualche secondo, rivedo solo l’orrore. “Entra.” dico fredda verso di lui, e lui mi ferma per il polso, incitando a rimanere ferma dove sono. “Aspetta, prima ti devo presentare una persona.” Sfoggia il suo miglior accento italiano e mi sorride soddisfatto: si inginocchia, sorridendo nel vuoto del corridoio. “Vieni, vieni a conoscere la mamma!”
Cha diamine ha detto?! Sporgo la testa nel corridoio e vedo una testolina bionda che sbuca fuori dal nulla e che corre verso di lui. Lo prende in braccio, e quel bambino, che avrà che ne so, più di tre anni, sporge le braccia verso di me. Io rimango immobile. “Che storia è questa, Alex!?”
“Questo bambino è la nostra storia.” Lo osservo per bene. Assomiglia in tutto e per tutto a lui, solo con un particolare: ha delle lentiggini pur essendo biondiccio. “E tu pensi che.. che io ti creda? Non m’assomiglia affatto!” gli urlo addosso, non curante dei sentimenti del bambino che improvvisamente si mette a piangere. “Bene, ora che mi sono scollato la sua responsabilità di dosso, t’invito alla mia residenza estiva in Italia, te la ricordi?”
“Io non vado da nessuna parte.” dico incazzata.
“Ti sbagli. Tu verrai con me, e mi darei un bel po’ di informazioni. Lavoravi per me e non hai mai smesso di farlo, bambolina. Anche se mi hai abbandonato. Sono un uomo buono, non ho fatto del male alla tua famiglia, solo perché sei una bellezza inaudita e perché ci possiamo divertire ancora.” Mi prende per il polso e io lo scuoto, facendolo staccare.
“Io ho una nuova vita.”
“Finché ci sarò io, tu non avrai mai una vita. Riceverai il tutto, documenti e altro tra sette giorni, preferisco farti passare il Natale con il tuo Beatle. E non portarti dietro il marmocchio quando sarai in missione, non voglio pesti tra i piedi. Ciao zuccherino.” “Come fai a sapere di George?” lo guardo in cagnesco e lui scuote la testa, sospirando. “Allora non mi conosci affatto, amore.”
“Piantala di chiamarmi come se fossi una ragazzina!”
“Ma tu sei una ragazzina, o no? E non ho tempo di discutere.Ricorda che se rifiuti l’invito, qualcuno si farà del male, tipo non so la tua “mammina” Nancy o il tuo fidanzato.”
Lo da in braccio a me. “Divertiti con lui. E oh, non ho passato tanto tempo con lui, sai, sono stato impegnato. Non so quale sia il suo nome, quindi chiamalo come vuoi. Baci, amore bello.”
E così se ne va. E questo è veramente il bambino che ho dato alla luce quattro anni fa? Credo di sì.
Lo so, vi sembrerà strano ma io quell’uomo lo conosco da una vita. E’ stato una persona importante, e anche un infame, forse la persona più pericolosa che abbia mai conosciuto. Chiudo la porta e poso il bambino sul divano, inginocchiandomi a lui. “Come ti chiami?”
Il bambino mi guarda con uno sguardo triste e io gli sorrido, forse non sa che sono io. “Non lo so.”
Lo guardo perplessa, vorrei proprio sapere come mai non gli hanno dato un nome e non avete idea dei sensi di colpa che ho in questo momento. Mi viene da piangere, chissà quante cose ha passato e io non ero lì con lui. Ma credetemi quando vi dico che non avevo scelta, il mio cervello da diciottenne non ragionava, ero così stupida e così malata. “So io come chiamarti. Ti piace il nome Georgie?”
Il bambino annuì e io sorrisi. A chi non piace quel nome..
Il mio primo incontro con mio figlio forse fu la cosa più bella che avessi mai fatto. Ma nella mia testa rimbombavano mille pensieri, come ad esempio, quel era lo scopo di Marlon di riavermi a lavorare per lui, il passato del mio piccolo Georgie. Tante e troppe cose. E quello che mi spezza il cuore è che io non possa passere più di tanto tempo con George. Rientrerà solo fra tre giorni e passeremo il Natale insieme, sarà bello, spero di avere un ricordo spettacolare di “noi” in questo periodo.

Appena tornato a casa, gli raccontai tutta la storia, di mio figlio e dell’uomo che me lo aveva affidato. Non gli dissi nient’altro, coinvolgerlo nella mia vita poteva ferirlo e ne ero già abbastanza spaventata e frustrata io, figuriamoci lui. Quando vide Georgie dormire in braccio a me, la prima cosa che fece fu sorridere beatamente. Mi disse che ero una mamma fantastica, anche se ho cercato di rifiutare quello scricciolo dal mio cuore di madre. Georgie si abituò subito a George.  In quella settimana passammo tanto tempo insieme, e forse mi accorsi di amare George sempre di più, l’amore che provavo per lui fu in costante evoluzione fino a raggiungere il suo culmine: la notte di Natale, mentre Georgie dormiva beatamente sul divano, e il buio della notte ne faceva veglia, dall’altra parte, in camera mia, feci l’amore con George: era successo tutto così all’improvviso, una cosa dolcissima, la notte migliore della mia vita. Sentivo il calore della sua pelle bruciare contro il mio corpo, le sue labbra pulsavano affetto e amore con una tale foga che mi lasci in pace i miei tesi e saldi nervi. Con lui riuscivo ad essere me, lasciare da parte la mia corazza e aprire il mio cuore verso di lui, fidarmi totalmente, come nessuno mai. Provai un senso di appartenenza totale: ero sua e lui era mio. Iniziai a toccare la sua schiena nuda e lui mi accarezzava dolcemente il corpo, facendolo da sobbalzare da tale piacere che l’atto mi conferiva.
Quella notte ci amammo per davvero, e appena finimmo, ci guardammo l’un l’altro negli occhi. Era sudato, un bell’Angelo lì in parte nel mio letto, e anche lui, con il suo sguardo spensierato e raffinato, mi scrutava come se fosse davvero soddisfatto di quella notte di passione. Non rimpiansi quella settimana trascorsa con la mia nuova famiglia, ma capii che era ora di andarmene in Italia. Raccontai una bugia al mio fidanzato, dicendogli di fare un lungo servizio fotografico in America del Sud, e Georgie sarebbe stato con Nancy, e qualche volta con il suo “papà”. Il giorno prima della partenza, mi regalò un anello d’oro bianco, doveva essergli costato una fortuna e guardai l’incisione nell’interno dell’oggettino tondo: “You’re my beautiful Angel’s Face – I love you. G.H”
Quando lo vidi piansi dalla gioia, era stato un gesto magnifico, di completa fiducia reciproca. Ma non mi dovetti fidare di lui, qualcosa di orribile stava per succedere, e me ne ricordo come se fosse ieri.

 
 

 

--

Questo è un capitolo rivelatorio, uno dei tanti che stanno per arrivare. Duuuunque, la nostra Angel ha un passato da nascondere che gli si ripresenta davanti. Un figlio da accudire, sette giorni con il suo George trascorsi meravigliosamente. Ma non vi sfugge qualcosa? JNon vi sfugge il fatto che Geo stesse tradendo spudoratamente la sua Angel prima si mettersi insieme ufficialmente? Lui dopotutto, agli occhi di tutti, sta ancora con Pattie.
 

La parte in corsivo sono i fatti narrati dalla stessa Angel, che vi riassume i fatti dei periodi lunghi e complicati. Infatti sono scritti al passato remoto, mentre le scene che si devono sviluppare e descritte in dettaglio, al presente, come di consuetudine. Il POV di Angel si presenterà, oltre che in questo capitolo appena fatto, in altri due o tre. Per il resto, tocca a George, perché la storia dopotutto, è anche sua.
 

Lo so, sono brava a complicare le cose, ma voglio farvi divertire o per lo meno, appassionare <3
 

Un bassssscione,
 

gm19961
 

P.S Grazie per le belle parole degli scorsi capitoli <3
 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque. ***


Capitolo cinque
 

 “Come sarebbe a dire che è finita?!” la voce di Pattie risuona nelle mie orecchie, è sull’orlo di una crisi di nervi. “Hai capito bene Pattie, io non ti amo più.” dico io, sospirando. Lei mi si avvicina e mi mette le mani sul viso, i suo occhi blu sono lucidi: più li guardo, più non ci vedo niente. Solo una frivola bellezza che un tempo è entrata nel mio cuore, ma che andando avanti col tempo si è trasformata in un qualcosa di apparente e superficiale. Ero innamorato di Pattie per il suo corpo e di certo non per il suo carattere, e solo ora me ne rendo conto. “Non puoi abbandonarmi George! E la nostra storia? E tu che mi hai fatto tante promesse?” piange ancora e mi abbraccia stretto. Le bacio la fronte e poi la stacco.
 

 “Mi dispiace Pattie, sei stata meravigliosa, ma ... io non provo più nulla per te, se non più di una semplice amicizia.”
“C’è un’altra, vero?!” mi urla lei, sbattendo a terra il suo cappellino nero. I suoi capelli biondi si appiccicano sul suo volto bagnato. Io sospiro e con una pena immensa annuisco. “Sì, mi sono innamorato di un’altra.” Ai suoi occhi appaio indifferente, ma il cuore sta scoppiando.
“Chi è?”
Ha il volto bagnato. “Pattie, calmati, non ti voglio dire chi è, non risponderesti di te se te lo dicessi.”
“Sii onesto per una vola, George!! Dimmi chi è!” mi urla addosso, non l’avevo mai vista in quello stato. “No.” Le dico, con le mani in tasca. Non glielo dirò mai.

Lei mi guarda, si avvicina e mi tira un ceffone. Mi ha fatto un male cane. “E allora vivi felice con lei, George!! E vaffanculo!” e detto questo, senza aggiungere altro, se ne va via da casa mia, sbattendo la porta.
E ora si chiude anche questo capitolo della mia vita, in un modo alquanto deprimente. Mi siedo sulla poltrona, mettendomi una mano sulla fronte e inizio a respirare rumorosamente. Non ho pentimenti, né rimorsi.
La “mia” Pattie ora non è più mia. E’ stata una ragazza magnifica, con i suoi difetti e pregi, ma era inutile andare avanti e illuderla, credo di aver fatto la cosa migliore e la bellezza non le manca, si troverà qualcun altro, migliore di me sicuramente. Guardo il telefono, e digito i tasti che ormai ho imparato a memoria a forza di guardarli. Mi porto la cornetta nera all’orecchio destro. “Pronto Angel? Sono George… ti va di vederci a casa mia? Voglio rivederti ancora, non riesco a non pensare alla tua partenza, t’aspetto a casa mia, un bacio dolcezza.”

 

Lei accetta l’invito e dopo averle dato il mio indirizzo, riattacco. Aveva un tono strano, magari era molto sorpresa che io avessi fatto questa cosa dolce. Dopo una ventina di minuti sento suonare alla porta. Mi sistemo i capelli e nascondo la mia tristezza. Apro la porta e sgrano gli occhi: è ancora Pattie. Questa volta sembra più calma, tiene le mani unite e ha il capo basso. “Che ci fai ancora qua?” mi passo una mano in viso e la guardo, con gli occhi lucidi. E’ vero, non la amo più, ma è stata una delle donne più importanti della mia vita. “George. Io... io ti amo, non puoi lasciarmi così. Non puoi!” ricomincia  a piangere. “Pattie. Chiudiamo questa storia con dignità, Santo Dio. Preferivi che continuassi a fingere d’amarti e farti soffrire?!” le dico prendendole le mani e cercando di tranquillizzarla. “Ma io lo so che mi ami ancora, è solo una pausa quella che vuoi!” io scuoto la testa. “No, è definitivo. Vai via ora, per cortesia, non credere che per me sia facil... ” non riesco a finire la frase che già mi è saltata addosso. Ricomincia a baciarmi, non ho nemmeno il tempo di chiudere la porta. Sento le sue labbra contro le mie e non riesco nemmeno a staccarmela di dosso. Inizia a sbottonarmi la camicia ed io le prendo le mani, ma sembra come appiccicata alle mie labbra, non si vuole staccare. Sento un tonfo verso l’entrata, sposto lo sguardo sul davanzale: c’è Angel. Ha fatto cadere la sua borsa sullo zerbino, e ha le lacrime agli occhi. I suoi occhi azzurri piano piano s'inumidiscono.  Con tutta la forza che ho in corpo, stacco finalmente Pattie da me. “Mi avevi detto di non amarla più, me lo avevi giurato.. parole al vento, eh?” mi dice scuotendo la testa e mordendosi le labbra. “Angel!” scosto Pattie e corro verso di lei, ma si allontana. “Non toccarmi, sei solo un infame e nient’altro!! Vaffanculo!”
“No, Angel, lasciami spiegare!” la supplico e lei scuote la tasta. “ Ma che cazzo c’è da spiegare?!” mi avvicino a lei e le sfioro la mano, è fredda e la ritira subito. “ Vai al diavolo Harrison!”
Io suoi occhi celesti sono rossastri e sono io la causa di quel rossore che le deturpa il suo viso d’angelo. E ora ho capito quelle immagini inquietanti che mi assillavano durante i miei rapporti con Pattie. Lei stava soffrendo, inconsciamente per me. Sono un traditore, ma io ora sono sincero, mi deve credere “Se solo mi lasciassi spiegare!”
“George, sei solo un brutto stronzo. Dammi solo un buon motivo per star qui ad ascoltarti!” piange e si morde le labbra. Mi sta maledicendo, me lo sento. “Ho.. ho lasciato Pattie, te lo giuro! Ma è tornata prima che tu arrivassi!” sono un idiota. Pattie si intromette nel discorso e corre verso di noi. ”Quindi è questa la troiet… Angel?!”
“Pattie.” dice rivolgendo lo sguardo altrove. “Quindi sei tu?! Brutta stronza, che volevi dal mio George?!
“Il tuo George, mi ha conosciuta e mi ha portata a letto circa tre giorni fa e mi ha anche regalato questo cazzo di anello! Oh, che peccato. Non lo sapevi? Ha fatto le corna sia a te che a me.” sembra soddisfatta e innervosita, e io non ho la forza di parlare. Entrambe mi guardano e io scuoto la testa, guardando il pavimento, mi sento solo un idiota e un traditore. “Chi tace acconsente.” Angel con le lacrime agli occhi, prende la borsa e corre via, per la strada con una mano in viso per coprirsi le lacrime. Pattie rimane fissa a guardarmi, con un broncio in viso. E io ho un groppo in gola, le lacrime questa volta vengono giù e non riesco fermarmi. “Pattie va fuori di qui.”

 

Anche lei piange, mette una mano in viso e scuote la testa. “VAI VIA HO DETTO!” le urlo addosso, e apro la porta per far segno d’andarsene. E’ spaventata ma in questo momento non riesco nemmeno a guardarla negli occhi, ho troppa rabbia e tristezza, probabilmente le farei del male se restasse lì un minuto di più ed io non voglio assolutamente farle male. Inizia ad incamminarsi verso la porta, e mi tocca la spalla “George i-io..” tolgo subito la sua mano dalla spalla e le sbatto la porta in faccia. Chiudo la serratura a chiave, e mi passo il braccio in viso. Pattie continua a bussare ripetutamente alla porta, ma io mi rifiuto di aprirle non dopo quello che ha fatto. Piango come un bambino, seduto sulla poltrona e ci vorranno ora affinché mi tranquillizzi. Complimenti George, come perdere le donne della tua vita in venti minuti. Angel, se solo tu fossi arrivata prima…
Non so cosa fare, sinceramente mi sento inerme a far qualsiasi cosa. Nella mia testa ho solo lei che se ne va con gli occhi lucidi, io l’ho fatta piangere e la colpa è mia. Solo mia. Devo trovare un modo per distrarmi, ma cosa? Mi guardo in giro, come se non conoscessi casa mia, come se ci stessi lì per la prima volta. Ho un’improvvisa voglia di buttare fuori tutto,  come se scrivessi qualcosa mi salverebbe dalla situazione. Mi butto a peso morto sul divano e prendo un foglio qualsiasi, stropicciato e una matita e iniziò a riflettere. E se provassi a… sì, perché no, dopotutto non ho più nulla da perdere. Ma perché l’ho fatto? Io ho bisogno di lei, ho bisogno del mio Angelo e come uno stupido l’ho persa, per sempre. Ormai non c’è più nulla che possa fare, ne sono consapevole. Ma ormai non rimane di fare l’impossibile: essere graziato dal suo perdono.

 

***
 

“E così ti ha beccato mentre la tua ragazza ti stava baciando? E hai portato avanti due relazioni contemporaneamente?” ho toccato il fondo a parlarne con lei. Vi chiederete, perché parlarne con una cameriera amica di Angel e non con i Beatles? Perché loro probabilmente, non si farebbero tutti sti problemi e mentre lei, lo so per certo, che mi darà una mano. Ritorno alla domanda che mi ha fatto ed io annuisco in modo colpevole. “Se conosco Angel, non ti parlerà mai più. Devi farti perdonare caro il mio chitarrista. Non mi sembri molto pratico in relazioni.” Sbuffa dispiaciuta e mi versa dell’aranciata nel bicchiere sul bancone. “No, infatti. Ma io.. io mi sono innamorato di lei.” Nancy mette un gomito sul bancone lucido e mi guarda negli occhi. “Ti faccio una domanda.”
“Spara.”
“Cos’è lei per te? La trovi solo bella o altro?” io sorrido e abbasso la testa, continuando a sorridere. “Cos’è lei per me? E’ difficile da spiegare.” ridacchio e inizio a bere. Vedo che si siede di fronte  a me. “Vedi clienti? No. Quindi ho tutto il tempo, dai su, racconta.”
“E va bene.” Ci mettiamo comodi e inizio a raccontare. “Quando sono arrivato qui, non sono entrato per lei, sono entrato per rifugiarmi dalle fan che mi avevano scoperto per strada. Qui non sarebbero entrate di sicuro e sedendomi in questo esatto punto, per la prima volta, vedo che mi rivolge la parola una ragazza stupenda, con degli occhi che appena li guardi ti trasmettono qualcosa, un emozione infinita. I suoi capelli, che variano dal mosso al liscio, sono sempre spettacolari. Il suo viso poco marcato e le sue lentiggini le danno quell’aria innocente e dura allo stesso tempo. E poi la sua voce che cambia di tono ogni persona che incontra. Ne ha di diversi tipi: con me è sfacciata e ironica, quando parla sul posto di lavoro ha la voce seria e professionale, quando parla con te ha la voce più dolce che esista e quando piange… ha la voce più glaciale che possa esistere. E’ un angelo, ecco tutto. E io sono solo un patetico vigliacco che ha portato avanti due relazioni nello stesso momento. Ero così confuso che non ci davo nemmeno troppa importanza alle conseguenze. E ora mi rendo conto di quanto ami Angel, solo che lei non mi vuole più.”
Vedo che Nancy si asciuga una lacrima, devo averla commossa. “Oh, Angel è così fortunata ad aver trovato un ragazzo così dolce e così… Oh senti, sei stato uno stronzo, lasciatelo dire, ma vedo che sei sincero, almeno non neghi e ammettere la colpa è già un bel passo. Solo che non puoi pretendere che ti perdoni subito. Quando il rapporto tra due persone si spezza, non torna più indietro. E tu ti sei giocato la carta della fiducia, quella più importante e l’hai persa. Ti consiglio di lasciarla perdere, non ti perdonerà. E poi ora partirà… per l’Italia.” mi dice scompigliandomi i capelli ed io metto un broncio terrificante. Sono distrutto. “E ora non mi vuole neanche più parlare...aspetta un momento, Italia? Non doveva partire per il Sud America per un sevizio fotografico?”
Lei tace e mette un espressione affranta in viso. “A quanto pare nemmeno lei ti ha rivelato la sua vita, George. Tu non sai che lei è ricercata in Italia e che la potrebbero mettere in prigione in qualsiasi momento?”
Io sgrano gli occhi e scuoto la testa: ma che cosa sta dicendo?
In prigione?
Ho un bruttissimo presentimento. Angel, in che guaio ti sei cacciata?
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Ciaoo :)
I’m back e questo è il nuovo capitolo, grazie delle recensioni precedenti, siete tenerissime ç.ç <333
Spero vi piaccia pure questo capitolino ;))
Un bacio,
gm19961

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei. ***


Capitolo sei

“Prigione?” dico io, a bassa voce, sono sconvolto da quest’affermazione, non me lo sarei mai aspettato.
“Spiegati.”
Lei si mette a sedere davanti a me, e fa un bel respiro.
“Angel, o per meglio dire Angela, è italiana. Era un bravo poliziotto, insieme a suo fratello Alberto e al padre, Cristiano. La madre morì durante il parto di Angela, e quindi di figure materne non ne ha mai avute. Sua madre era irlandese, una gran brava donna, e una mia grande amica, si chiamava Julie. La sua vita comunque fu molto tranquilla fin quando non incontrò Lui. Il suo ex fidanzato, Alexander, o Alex. Ora ha una miriade di falsi nomi, è un boss di un’organizzazione di un mercato nero internazionale. Era un semplice studente ma ben presto divenne la persona più pericolosa d’Italia. Angela iniziò a frequentarlo, era ancora un poliziotto, e quando i due si fidanzarono ufficialmente, lui le rivelò la sua vera identità. Lei ne rimase sconvolta ma accecata dall’amore che provava per lui, si convertì: divenne ben presto la sua guardia del corpo personale, un’assassina. Chi potrebbe sospettare di una figura angelica come la sua, sempre sorridente e innocua? E poi tanto innocua non è.”
Io la incito a continuare, iniziando a mordermi le unghie. E’ tutto così strano, come se tutto quello che sto vivendo fosse irreale. Mi sento irrequieto e non sono l’unico, Nancy si asciuga il sudore in fronte e sbuffa. “Comunque, i due ebbero una relazione seria, lei abbandonò la famiglia senza ovviamente rivelare la vera identità del fidanzato e il bambino fu affidato ad Alexander; Angel aveva delle tendenze omicide verso il figlio e ne restò in pratica traumatizzata e lui questo bambino, diciamocelo chiaro e tondo, non lo voleva affatto. Ma essendo suo figlio, lo lasciò alla famiglia di Angel, e con questa non ebbe buoni rapporti, essendo sia il padre che il fratello poliziotti. Beh, comunque, dopo aver fatto delle sedute dallo psicologo e dopo aver preso contatto me come confidente ufficiale, decise di cambiar vita. Essendo bella e sapendo l’inglese, si trasferì da me, lavorando come cameriera qua, in questo bar…”
Io rimasi pietrificato, la mia Angel un... una pazza omicida? Scuoto la testa e beve ancora un sorso d’aranciata per riprendermi, ma il brutto è che più questa storia va avanti più m’intriga. Voglio sapere la verità e aiutarla a venirne fuori.
“Poi fece dei provini come modella e la accettarono, iniziando a far carriera. E il resto è storia, dopo qualche anno di felicità ha incontrato il qua presente Beatle.” ridacchia ma io sono teso, sono letteralmente sconvolto. “ E ora? E ora dove cazzo è Angel?!” non rispondo di me e iniziò a massaggiarmi i capelli preoccupato, inizio a vedere annebbiato. “Diciamo che Alex è tornato da lei. E la rivuole al suo servizio, e questa volta se non fa tutto ciò che lui le dice...” lei sott’intende con lo sguardo ciò che succederà. “ La ucciderà?”
“No, non hai capito. Farà fuori TE, poi ME e poi Georgie. O addirittura la famiglia di Angel. Lei se n’è andata per proteggerci, e pur avendole fatto quel torto, lei sta rovinando la sua vita per uno che si scopa ancora la sua fidanzata e se le fa contemporaneamente”
“Se stai cercando di farmi venire i sensi di colpa, sappi che ci sei riuscita.” Dico scuotendo la testa e passandomi una mano sul viso, non so davvero cosa fare.
“Meglio.”
“E ora?! Cosa posso fare per salvarla?” dico esasperato, sembra un film questa cosa, mi sento come intrappolato in un vortice e più cerco di uscirne più vengo risucchiato dentro. “Nulla, non puoi fare niente, George. Puoi scriverle a casa della sua famiglia, ma non penso che tornerà lì. Però Angel non è stupida, sa che io le scriverò in quell’indirizzo, lo controllerà sicuramente.”
“George, Nancy!” una vocina deliziosa risuona in quel delicato momento di tensione. E’ Georgie, doveva essere al piano di sopra nell’appartamento della barista. Ha in mano un orsacchiotto e mi cerca, vuole che lo prenda in braccio. Lo sollevo e lo poso sulle mie ginocchia. “Ciao Georgie. Come va?”
Lui annuisce e si guarda intorno spaventato. “Dov’è la mamma?” i suoi occhi sono grandi, azzurri e dolci. Guardo Nancy ed io sospiro. “E’ andata in viaggio a fare tante belle foto, solo che non mi ha detto quando torna! Accidenti, quando le telefono, la sgrido proprio!”
Si mette a ridere, strusciando la sua testolina contro la mia. “Dai, ora torna su a giocare.”
“Ma io voglio giocare con te!”
“Ora non posso proprio, ma stasera vengo qua e ti porto un regalo, okay?” lui annuisce e sorridente, salta giù dalle mie gambe e come un pazzo si mette a correre ridendo e si avviò verso le scale, provocando un rumore assordante. “Quel bambino è la reincarnazione di Angel, è uguale a lei.”
“A me non pare proprio.”
“Ah davvero? A me pare di sì. Quando uscivate insieme non si metteva a ridere o esultare per qualsiasi cosa?”
“Come ad esempio un bacchetto dei gelati, eh? Sì, in effetti quei due si assomigliano ma ora non posso che pensare a che cosa farà quel pazzo alla mia ragazza.” Sono distrutto, devo scriverle e fare in modo che lei risponda!
“Allora, dammi l’indirizzo della casa di Angel, te ne prego!” la supplico e Nancy annuisce poco convinta. Devo risentirla, deve darmi almeno un minimo segno della sua sopravvivenza in quel posto di assassini.
***
“Benvenuta Angela.”
Mi guardo intorno, in quella schifosissima (si far per dire) residenza. Tutte quelle persone che non vedovo quattro anni, i miei “colleghi”, non mi guardano nemmeno: forse hanno ancora paura di me, oppure non so, ho fatto qualcosa di male. Il maggiordomo mi sorride ed io accenno una riverenza con il capo, mostrando il mio sorriso falso e impercettibile. “Il signor Alexander la sta aspettando nel suo ufficio. Posi pure qui i suoi bagagli.” Io annuisco e poso con garbo le valigie su pavimento di marmo. Era da tanto tempo che non entravo qua dentro. Cammino come un robot verso l’ufficio di Alex e senza nemmeno bussare, spalanco le immense porte della stanza. E’ li, mi da le spalle e ammira la sua vetrata con le mani unite dietro la schiena. Si volta e mi sorride calorosamente. “Sapevo che saresti venuta da me, Angioletto.”
“Che cosa vuoi Alex?”
Lui mi fa segno di sedermi alla scrivania, ed io lo guardo perplessa. Ma se c’è una cosa che ho imparato nella mia carriera di killer è quella di mantenere il controllo e il sangue freddo. Dopotutto devi sempre mantenre autocontrollo quando accoltelli una persona, no?
 Faccio battere i tacchi neri verso la sedia, e lo guardo negli occhi. Freddi, spenti, con una tale faccia tosta. Come potevo amare un essere così?
“Vuoi del tè?”
“No.” rispondo secca e anche infastidita.
“Ah, pensavo che ormai fossi diventata un inglese doc poiché sono le cinque, e pensavo che anche il tuo George ti avesse fatto prendere l’abitudine.”
Lo zittisco. “C’è un limite a tutto, smettila di parlarmi di lui. Smettila, non ho paura di te, porca puttana!” gli urlo addosso e mi alzo di scatto dalla sedia, sto iniziando a piangere e non mi va affatto. Ma rivedere George baciare Pattie mi riapre la ferita al cuore, e fa troppo male. Lui mette le mani sulle mie spalle. “Non c’è bisogno di essere così maleducati. Adesso ti fai tutto quello che ti dico io e come lo dico io, okay?” mi sussurra all’orecchio, e sento che inizia a baciarmi il collo. Sono pronta a tirargli una gomitata ma mi stringe il gomito prontamente, sembra che me lo stia per stritolare e il dolore è lancinante: una lacrima mi scorre in viso, e per quanto mi faccia male, non è per nulla paragonabile al mal di cuore che ho dentro di me. “Non costringermi a farti fuori Angela.”
“Non lo faresti mai.”
“Forse, ma uccidere George, sì che lo farei. Visto che ridiventerai il mio killer e guardia del corpo fidata, credo che dovremo eliminare il problema, no?” mi sorride e lascia il mio gomito, guardando fuori dalla finestra. “Che cazzo vorresti dire?”
“La tua famiglia non sa che tu eri “il serial killer di quattro anni fa”. E non sa nemmeno che dirige quest’associazione. Ricorda che io posso andare da loro e farti sbattere in galera, dalla tua stessa famiglia di poliziotti. Poi potrei uccidere George, Nancy, ehhh.. tante persone a cui vuoi bene, no?”
Alzo il dito e sospiro. “Sei solo un figlio di puttana.”
“Oggi non sei per niente educata.” mi sorride dolcemente.
“Io non voglio essere educata con te, mi hai rovinato la vita, perché dovrei essere cordiale nei tuoi confronti?!” urlo nuovamente, ma sembra che io più urli più alimenti il suo divertimento: gli sto dando troppa soddisfazione.
“Perché io posso manovrarti come un burattino, e se non fossi così bella e così perfetta ti avrei già ucciso. Ma io.. io non riesco a fare a meno di te. E per questo ti ho già trovato un incarico bello fresco. Ne discuteremo stasera nel mio parco privato, ti va?” si rivolta verso di me e mi accarezza la mano come se tutto ciò che dicessi io fosse solo di eco, in secondo piano.
“No.” Gli rispondo ritirando la mano e abbassando lo sguardo al pavimento.
“Ottimo, fatti trovare pronta per le otto, e mettiti addosso qualcosa di carino, ed elimina quell’accento inglese, mi da sui nervi.”
Io annuisco ma dentro di me grido un secco “no”. Forse l’accento Liverpooliano riesce a farmi restare collegata a George. Io lo odio… ma chi voglio prendere in giro, io l’amo ancora, sebbene mi abbia fatto quella cosa: io lo voglio rivedere ma so che ormai il mio destino è segnato.
***
Il parco è illuminato da dei piccoli lampioni, e il profumo di fiori è davvero nauseante. Mi chiedo che ci facciano ad esserci fiori in questo giardino visto che è Dicembre. Non sento freddo, il calore del mio corpo continua a farsi sentire per via della mia giacca pesante che nasconde il mio abito piuttosto scollato. Mi guardo intorno e inizio a girovagare per il parco che sembra quasi un labirinto. “Alex, vieni fuori. Sono le otto spaccate.” dico io scocciata e a bassa voce. “Amo la tua puntualità, dolcezza.”
Sento qualcosa appoggiarsi sulle mie spalle, sono le sue mani. Immagino che ci sia George dietro di me e invece, voltandomi, riesco solo a vedere un bel viso che però non mi trasmette niente, se non un conato di vomito da quanto mi fa schifo.
“Che cosa devi dirmi?” taglio corto, voglio andarmene da qui al più presto.
“Quanta fretta…” dice sorridendomi malizioso e abbracciandomi. Io lo scosto immediatamente e lui mi afferra la mano, stringendomela. “Siamo diventate cattive!”
“Io sono cattiva solo con te,” sbotto e distolgo lo sguardo dai suoi occhi scuri, così penetranti e disgustosi.
“Tralasciamo. Il tuo compito è di fare fuori i miei rivali, ti ricordi? Sono sempre loro, ma da quando te ne sei andata tu nessuno è riuscito a sopravvivere, quindi ben tornata Angela. Fai il tuo lavoro come si deve.”
Mi da un bacio sulla bocca e sono ancora troppo sconvolta per scostarmi: quel gesto non ha significato nulla, ha solo rievocato ricordi che ho cercato in tutti i modi di sopprimere dentro di me. Si stacca da me e alza i tacchi, cammianndo verso la residenza. “Buonanotte.”
Io rimango ferma, immobile e delle lacrime amare mi marcano il viso, non voglio ricominciare, non sono più in grado di uccidere una persona, o forse sì..?
 
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Gne. Questo capito è orribile, scusatemi, ma è solo un capitolo di transizione e la fine comunque è vicina :)
Grazie delle belle parole delel recensioni precedenti, anche non le merito affatto ç.ç <3
Un bacio,
gm19961

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Capitolo 7
*** Capitolo sette. ***


Capitolo sette
 

“Il chiaro di luna è qualcosa di meraviglioso, e sarebbe ancora più bello se tu fossi qua accanto a me. Quanto pagherei per averti di nuovo al mio fianco, sentire il tuo respiro addosso al mio corpo, riguardare quei tuoi meravigliosi occhi azzurri e ritoccare i tuoi capelli morbidi e lisci. Eri un angelo che ho fatto scappare con le mie stesse mani e adesso non riesco a fare altro che piangere, perdonami Angel. Sono stato uno stupido a fare quello che ho fatto, ma ti prego, cerca di andartene da lì e torna da me, dal tuo Georgie. Ti prego, io non ce la faccio più. Spero che tu legga queste poche righe anche se il mio cuore ha tanto altro da dirti. Ti amo. –George Harrison.”
Rileggo per la decima volta quelle righe che ho scritto circa un’ora fa, è mezzanotte e la luna è favolosa stasera, quest’atmosfera mi ricorda te. E’ tutti così strano, chiuso, ma bello. Proprio come lo eri tu: strana, chiusa e bella. Georgie sta dormendo sul divano del tuo appartamento e ne faccio veglia, è l’unica cosa che mi ricorda te. E anche a lui manchi, eppure te ne sei andata via.. ad uccidere. Sono più spaventato all’idea che ti possano uccidere, di farti volare in cielo. E io non lo permetterò, te lo giuro. Chiudo la lettera bella busta bianca, e scrivo l’indirizzo sopra di essa, ci aggiungo pure il francobollo. Dovrei dormire,  ma non ci riesco; e domani mi aspetta pure una giornata faticosa in studio, il nuovo album mi sta portando via troppo tempo, intendo il tempo per pensare a te. La voglia di suonare è passata da quando te ne sei andata, e io non faccio altro che stare zitto, riguardare le tue foto, accudire Georgie e morire piano piano dentro. Prendo il cappotto, do un bacio sulla guancia al bimbo e mi metto la lettera nella tasca interna della giacca. Fatto questo, chiudo la porta dell’appartamento e chiudo la serratura a chiave. Corro giù per le scale e appena il freddo dell’ambiente e sterno viene a contatto con il calore della mia pelle, mi sento terribilmente irrequieto. Metto le mani in tasca e cammino velocemente sul marciapiede, fino ad arrivare alla prima buca delle lettere. Sfilo la busta e dopo averla baciata, la infilo dentro senza indugiare. E’ la decima lettera che invio negli ultimi tre mesi, e non ho ancora ricevuto una dannata risposta. Una lacrima scorre sulla mia guancia, e non ce la faccio più. Ti rivoglio amore mio, ti prego, ritorna da me. Febbraio è freddo, e di te nessuna notizia.
E’ snervante non poterti avere tra le braccia, è soprattutto difficile nascondere i miei sentimenti. La gente si accorge che non sono lo stesso, che qualcosa mi disturba. Gli scandali con la mia rottura con Pattie aumentano a vista d’occhio e non mi va di smentirli. Quanto vorrei leggere una rivista e non trovarci la mai faccia dentro. All’improvviso mi viene un’idea. E’ l’unica cosa che posso fare per riuscire a rivederti. Corro di nuovo a casa e senza fare troppo rumore, digito violentemente il numero sul telefono nero ludico. Dopo un paio di secondi di attesa, qualcuno mi risponde.
“Pronto?” una voce piuttosto assonnata e spenta mi risponde. “Ringo, sono George..”
“G-george? Ma ti rendi conto di che ore sono?” mi chiede duramente. “Lo so, Rings. Ma ti prego, devi avvertire tu Brian.”
“Di che cosa?”
“Parto.”
“Che cosa?? E dove vorresti andare? Ma sei impazzito?” mi chiede il mio amico aumentando il volume della voce.
“Hai capito bene, parto per l’Italia e tornerò presto, te lo prometto. Avverti tu Paul e John. Mi farò risentire, te lo prometto Ringo.”
“… Va bene, va bene. Non ti permetterò di fare lo stesso sbaglio che ho fatto io.” mi dice con la voce affranta.
“.. Riguarda lei?”
“Sì, non sono riuscito a parlare di nuovo con Audrey*, mi ha letteralmente cacciato di casa e dalla sua vita e non ho reagito abbastanza. Ma almeno tu, George, vattela a riprendere..” sorrido e annuisco, anche se so che non può vedermi. “Sei un amico, Richard.”
“Vai ora, che aspetti.”
E  dopo averlo salutato  preparo le valigie, corro a casa di Nancy che nuovamente mi maledice. Le lascio il bambino, dandogli un bacio forte e corro alla stazione senza nemmeno un ripensamento. Sono passati troppi mesi e io non ce la faccio più.

***

E’ passato qualche mese, Febbraio è davvero troppo freddo e in una stazione centrale di polizia, la tensione è palpabile: il Killer è tornato.
“Gli omicidi sono ripresi già da qualche mese, commissario.” una voce squillante e preoccupata alleggia nell’aria. Un ragazzo dai capelli rossastri e occhi chiari distoglie lo sguardo dai documenti che sta guardando con tanta foga, e li chiude senza esitare. “Gli omicidi, eh?” si mette una mano in fronte e guarda fuori dalla finestra. “Sì, quelli che hanno.. beh, quelli che hanno coinvolto anche l’agente di polizia White, sua sorella.”
“Sì, lo avevo capito. Avete ritrovato qualche corpo?” chiede freddo il commissario, guardando spento gli occhi del cadetto davanti a sé. “Sì, sulla spiaggia. E’ un luogo non molto comune ma dal modus operandi abbiamo stabilito che la persona che cerchiamo sia quasi sicuramente il nostro assassino.”
Grazie agente, verrò tra poco, può andarsene ora.” E così dicendo il cadetto se ne va, lasciando solo il commissario che prontamente estrae dal cassetto della scrivania il quotidiano di qualche giorno fa.
“Era da circa quattro anni che non abbiamo avuto più notizie di quegli omicidi. Sempre e solo nelle strade, nessuno che vede o sente nulla. Il Killer uccide solo gente piuttosto losca, ma alla quale la polizia non può indagare oltre. Farà parte di sicuro di quella organizzazione, quella che da tempo la polizia sta cercando di beccare ma senza risultati. Quattro anni fa, esattamente quando la sorella del commissario White se ne è andata e da quel giorno nessuno la più vista.” All’uomo le lacrime scendono giù senza nemmeno tentare di fermarle.. Era da tempo che sua sorella se ne era andata in Inghilterra, la sua fedele compagna d’avventure, una poliziotta eccellente. Ma per quanto avessero indagato su Angela, e sulla sua misteriosa scomparsa e l’improvvisa cessazione dei delitti fu un fatto davvero ambiguo. Ma era inutile, gli alibi di Angela erano troppi, variegati e indistruttibili. Era praticamente intoccabile.
 “Non è stata lei, non è stata mia sorella, Alberto. Smettila di avere questi dubbi.” inizia a ripetersi queste parole che ormai da troppi anni gli invadono il cervello. E più se lo ripete più il suo cuore ha questa convinzione: era sua sorella il vero killer.
E in quel preciso istante, solo per ricercare un po’ di luce in quei suoi occhi spenti e bui, volta il capo verso l’enorme vetrata. Una donna fuori dal cancello dai capelli rossi fuoco ha un fazzoletto bianco tra le mani, ma è distante. Il suo viso è troppo lontano da poterlo identificare, ma il commissario sgrana gli occhi e si alza di scatto dalla sedia e corre fuori dalla stazione di polizia: è troppo tardi. Se ne è andata, dissolta, volatilizzata. E’ pazzo, il bene che vuole a sua sorella è davvero troppo forte. Decide quindi, di farsene una ragione e di abbandonare per almeno un paio d’ore il lavoro, tornandosene a casa dove suo padre sta probabilmente sbrigando alcune faccende casalinghe. Dopo pochi minuti di tragitto, scende dall’auto ancora e con la divisa addosso, passa davanti alla cassetta della posta piena di lettere. In quella settimana non ci ha nemmeno poi tanto caso, è stato molto impegnato con la fidanzata e con il lavoro. E poi non gli piace la posta perché può solo contenere solo bollette, volantini pubblicitari o notizie poco importanti. Ma questa volta è diverso: sono solo lettere, né più né meno. Le raccoglie e entra in casa, salutando il padre e le posa sul tavolino. I due si guardano senza dire parola e iniziano a leggere ad alta voce, una ad una. George Harrison? E’ impossibile, che qualcuno si stesse prendendo gioco di loro? Ma quando i loro occhi incrociano il nome di Angel, ai due viene un colpo al cuore. Angel ha avuto una storia con il chitarrista dei Beatles? Strano, ma non impossibile visto che lei si trova a Liverpool. “Angela è qui.” dice l’uomo anziano, passandosi una mano in viso. “Lo so, l’ho vista fuori dal commissariato oggi, ma è fuggita prima che io la raggiungessi. E’ lei, è tornata e io devo fermarla.” Il ragazzo dai capelli rossi si sente stringere il braccio dal padre. “E’ tua sorella, mia figlia. Non puoi.” la voce dell’anziano è roca e dura. “E’ un’assassina.”
“Angela ha alcuni problemi mentali, e tu lo sai! E’ debole, molto influenzabile!” replica l’uomo con un groppo in gola.
“Oltre alla faccenda del bambino, lei è sempre stata felice. Non venirmi a fare la predica inventandoti scuse, porca miseria! Angela è un’assassina, e tu questo lo sai, inoltre è capace sia d’intendere sia di volere. Non possiamo proteggerla, non più papà.” gli dice affranto e l’uomo scuote la testa, sedendosi sulla sedia lì vicino.
“Papà, tu sei stato un grande poliziotto con il senso della giustizia. E lo sono anche io e anche Angela lo sa. Dobbiamo trovarla.”
“Perché non la possiamo trovare e rispedirla in Inghilterra?!” chiede l’uomo anziano aumentando il tono della voce. “Perché saremmo involontariamente suoi complici. Prima non c’erano prove a suo carico, ora che è tornata sì. Siamo due complici, due poliziotti che nascondono un membro della famiglia in pericolo. La troverò e la metterò in prigione, perché è la cosa giusta da fare.”
“Non te lo permetterò, Alberto.”
Il commissario da un calcio al tavolo e prende per il colletto il padre, in lacrime. “E’ l’unico modo per tornare a vivere come una famiglia normale, possibile che non riesci a capirlo?!” il padre di lui riesce a staccarselo di dosso e con un enorme forza, lo sbatte contro il muro del salotto. “Non ti permetterò di sbattere in galera tua sorella, o mia figlia. Non me ne frega niente di andare in prigione, pur di vederla felice farei qualsiasi cosa, hai capito?”
“Anche sbattere in prigione il tuo stesso figlio?” replica il commissario, mordendosi il labbro inferiore. Il padre sgrana gli occhi e abbassa lo sguardo, staccandosi dal figlio. “Sei un codardo, papà.” Il commissario prende il suo cappello e lo mette in testa e senza aggiungere altro esce di casa, correndo nuovamente verso il commissariato.
Nel frattempo, quella stessa mattina qualcuno è arrivato in Italia. Un Beatle si aggira per le vie italiane senza meta ma desideroso di poter rivedere e salvare la sua fidanzata. George con il suo  zaino in spalla, e con tutto il suo fascino inglese, cammina senza meta per l’enorme città, facendo scalpore tra le giovani donne che lo trovano così famigliare e così misterioso allo stesso tempo. Ma a lui poco importa delle altre, lui vuole solo lei e non gli importa il resto.
 Ma all’insaputa di lui, un uomo in nero lo vede, e dopo un attimo di esitazione, e con un sorriso soddisfatto si reca verso la cabina telefonica più vicina. Digita frettolosamente dei tasti e attende che il suo interlocutore risponda. “Capo? Sono io. Non indovinerà mai chi è arrivato in Italia…”
---
Perché mi sembra di scrivere una Fiction per Canale 5? D:
Vi giuro che è snervante la cosa X°D
Comunque, ancora due o tre capitoli e la storia finisce, godetevela ora finché potete ^^
Un bacio a tutte voi che avete letto, sia alle silenziose e sia alle mie donne che recensiscono sempre e mi fanno felice <3
gm19961
 
*se avete notato una frase strana che riguarda una certa Audrey, non prendetemi per pazza, è solo una citazione a una mia vecchia fan fiction che si ambienta negli stessi anni XD (ovviamente tutto inventato da me :3).
La gente che ha letto l’altra storia capirà meglio ;D

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Capitolo 8
*** Capitolo otto. ***


Capitolo finale 
Parte 1

Boom. 
E’ finita per sempre questa volta. Il corpo cade con un tonfo pesante sull’asfalto. Mille flash, sirene accecanti e troppi cuori spezzati. E’ successo tutti così in fretta, ancora ho il corpo sdraiato al suolo con un gran mal di testa. Vedo tutto nero e non so se sono ancora in vita, ma se sono in grado di pensare vuol dire che il corpo senza vita è…
Boom.
La morte di crepacuore sopraggiunge e la mia vista si fa sempre più oscurata. Se quel giorno non ci fossimo parlati, ti avrei sicuramente risparmiato la vita.

La mattina prima.

“Zuccherino, ho un incarico per te!” mi chiede con quel suo subdolo sorriso che mi fa accapponare la pelle. Ho ucciso troppe persone negli ultimi mesi e i miei sensi di colpa sono alle stelle, ma se non lo facessi le persone che amo di più farebbero la stessa fine e questo non lo posso proprio permettere. Con un gesto annuisco ad Alex e mi siedo senza nemmeno il suo permesso sulla sedia della sua scrivania. Ha le mani congiunte dietro la schiena e mi da le spalle.
“Hai fatto un ottimo lavoro, Angela. Però ho un incarico molto più importante per te, e lo devi fare al più presto.”
Alzo un sopracciglio e accavallo le gambe, chi dovrò fare fuori questa volta?
“Dovrai uccidere uno straniero. E’ arrivato un Italia stamattina e voglio che tu lo metta fuori combattimento senza i tuoi soliti trucchetti. Un colpo di pistola, o due. Voglio che tu non lo veda negli occhi.” Si volta verso di me sorridendo e si siede alla sua imponente sedia guardandomi freddo negli occhi.
“Chi è?” chiedo, anche se so che la risposta non mi arriverà. “Un Beatle.”
Sussulto all’istante. Le mani cominciano a tremare e la mia fronte sudare, ma non devo mostrare questi sintomi a lui, oppure capirebbe che ha toccato il mio punto debole. “E’ il tuo George.”
Lo sapevo. Mi alzo di scatto dalla sedia e sbatto le mani sulla sua scrivania perfettamente in ordine e la botta che ho provocato mi fa diventare le mani rossissime, ma poco me ne importa del dolore alle mani, il vero supplizio è quello che ho è dentro di me.
“NON PUOI FARMELO FARE.” urlo così forte da spaccare il vaso di cristallo davanti alla finestra. Ho ancora le mani appoggiate sulla scrivania e lo fisso con disprezzo negli occhi, solo ora noto che ha una fossetta alzata. Alex sta godendo. “Invece sì. Se non fai tu, lo farò io. Quindi decidi, Angela. O lo uccidi per mano tua, quindi può essere semplice e indolore, oppure per mano mia. E quando intendo mano mia lo sai che prevede una serie di atti poco piacevoli.”
“Avevi detto che se facevo tutto quello che volevi lo avresti risparmiato!!”
“Non toccarmi sull’orgoglio, Angela! Una promessa è una promessa, è vero. Ma è lui che ha fatto il grande sbaglio di venire qui. Finché se ne restava bello tranquillo in Inghilterra non lo avrei nemmeno sfiorato, ma l’Italia è il mio territorio e lui è il nemico numero uno per quanto riguarda il tuo cuore.”
“Il mio cuore?” che domanda stupida. Sono nervosa e faccio fatica a respirare, il solo pensiero di uccidere George mi fa stare male, mi fa sentire una vera assassina. Mi fa sentire come il diavolo in persona. Non potrò mai uccidere la persona che amo, neanche se volessi.
“Noi ti amiamo, e io voglio far fuori la concorrenza. Hai quarantotto ore Angela. Se le superi senza aver tolto nemmeno un capello al tuo amore, lo farò io. Sta all’albergo, quello in piazza. Lo conosci. Fai quello che devi fare e torna qui. E’ tutto chiaro, dolcezza?” mi prende per un polso e mi fa l’occhiolino, con il suo solito sorriso arrogante. Mi stacco immediatamente da lui ed esco dal suo ufficio sbattendo le porte e con il capo basso, le lacrime iniziano a scendermi dagli occhi e ormai non c’è più niente che io possa fare, se non fare fuori il mio George.
Io semplicemente non posso farlo, solo all’idea di vedere la scena, solo immaginarmela mi fa scoppiare il cuore. Ma se dovessi scegliere, sceglierei sicuramente di far fermare il suo dolce cuore per mano mia. Corro via, giù per le scale e poi via di corsa verso il parcheggio. Prendo una delle mille auto nella residenza di Alex e spingo il motore al massimo; corro via da quel posto maledetto e inizio a pensare, con le lacrime agli occhi che persistono e che non se ne vanno nemmeno a supplicarle. Sono straziata, devastata e ora c’è un’unica cosa che devo fare: farla finita. Fremo bruscamente nel piazzale desolato, e scendo dall’auto sbattendo la portiera con forza. Mi dirigo verso l’hotel, il vento mi scompiglia i capelli e fa alzare di pochi centimetri la mia gonna bianca. Nella reception lascio un messaggio al tipo dell’albergo, il quale dovrà riferire a George di venire a incontrarmi alle sette di quella stessa sera, nel piazzale lì vicino.
George Harrison sei la cosa migliore che abbia avuto, ti sei insinuato dentro il mio cuore senza nemmeno chiedermi il permesso. E ti amo, ma non tutte le favole hanno il lieto fine. Esco dall’albergo e mi fermo all’istante nella piazza. Lo vedo arrivare, vestito con abito scuro e quel suo sorriso gentile e amorevole. Potrebbe essere amato da qualsiasi perdona, e il destino mi ha intrecciato a lui ingiustamente. Avrei preferito non averlo mai incontrato, avrei preferito aver continuato la mia vita da killer senza di lui o mio figlio in mezzo, avrei preferito che lui restasse con Pattie, avrei preferito che non gli fossi mai piaciuta, avrei preferito qualsiasi cosa, tutto tranne questo. Lo vedo fare le scale per andare dentro la struttura e in quel momento vedo che si ferma, si volta con gli occhi sgranati. Io sorrido con le lacrime agli occhi e me ne vado via di nuovo con l’auto, lasciandolo imbambolato sulle scale, come se avesse visto un fantasma. George corre giù per le scale e m’insegue, le sue gambe sono veloci ma mai quanto queste quattro ruote. Ho voglia di franare, di lasciarmi andare, ma se lo facessi, probabilmente, non avrei il coraggio a ucciderlo il giorno stesso. Ma se c’è qualcuno che deve pagare qui, sono solo io. Sono io la causa di tante disgrazie, e me ne devo andare per sempre dalla sua vita.
 
-

MAGARI TI CHIAMEROOO’  TROTTOLINO AMOROSO E DUDU DADADA… *si accorge di non essere sola* D:
*fugge*
*ma poi ritorna*
Salve ragazze :))
Questo è la prima parte dell’ultimo capitolo, preferisco dividerlo in pezzi per far crescere l’attesa u.u
All’inizio, la prima parte accade con la morte misteriosa di qualcuno, ma ovviamente non c’è nulla che vi possa indicare se si tratti di Alex, George, Angel, Georgie, Alberto e chi più ne ha più ne metta XD (ovviamente io so chi ha abbandonato la storia D:)
Grazie per le belle parole precedenti, I love you **
Un bacio,
gm19961
 

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Capitolo 9
*** Capitolo nove. ***


Ultima parte. Ho trovato una canzone di Noemi che diciamo è come se l'avesse scritta apposta per George e la bella Angela. Metto i pezzi più significativi, leggeteli e capirete che sono fatti per loro. Grazie per tutti quelli che hanno seguito la storia, e non me ne volete se vi dico che uno dei due morirà. Vi voglio un bene che nemmeno vi immaginate, e sono contenta di concludere con questo finale che davvero sono davvero soddisfatta d'aver scritto.

 

Capitolo nove.

Parte II

 

Per tutta la vita
Cercare un appiglio
L'autunno che passa
Ma forse sto meglio
Trovarsi per caso
In un bar del centro e sentirsi speciale

 

Ho passato la notte insonne, e tutto perché l'ho rivista per un nano secondo e non di più. Sarei disposto a tutto pur di riaverla qua accanto a me, sentire il suo profumo, ritoccare la sua pelle candida e morbida, perdermi in quei grossi occhi azzurri, grandi e infiniti come l'oceano; senza lei mi sento incompleto. E' come se il mio cuore fosse diviso a metà, e non riesce più ad amare completamente visto che l'altra parte la custodisce lei, e nessun altro. Mi accorgo solo adesso che sono già le sei del mattino e ho la testa che mi fa un male cane. Mi accarezzo la fronte e a disturbarmi ancora di più è il telefono, che squilla all'impazzata. Mi dirigo lentamente verso di il comodino su cui è appoggiato e con vece flebile rispondo.

“Pronto?”

“George?”

Colpo al cuore. E' la sua voce.

“Angel!”

Sentendo la sua voce mi scappa un urlo di gioia, mi ricompare il sorriso in volto e solo per il suono della sua voce pure e cristallina. “Devo parlarti, facciamo tra un'ora nella piazza fuori al tuo Hotel.”

“D'accordo ma io ti devo di...!!”

Riattacca prontamente, e non mi lascia concludere la frase. Abbasso lo sguardo e riattacco la cornetta del telefono e senza esitazione mi preparo, indossando una camicia bianca e dei pantaloni neri e lasciando i miei capelli spettinati. Non capisco, che cosa mi dovrà dire di così importante? Insomma, fino a ieri scappava via da me e ora addirittura mi chiama al numero della mia stanza, che per la cronaca non so nemmeno come abbia ottenuto. Mi siedo sulla poltrona e mi metto una mano in fronte, spremendomi le meningi, cercando di capire su cosa possa dirmi. Forse mi vuole dire addio, forse vuole tornare a Liverpool con me, forse vuole tornare da suo figlio. No. E' qualcos'altro.

Senza rendermene conto l'ora passa, e mi ritrovo già in piazza, osservando il cielo cupo italiano e la gente che dorme ancora; dopotutto sono le cinque del mattino, e qua c'è ancora buio pesto. Ho fatto bene a mettermi anche la giacca, fa davvero freddo e sento del gelo insinuarsi nelle mie orecchie e appoggiarsi sulle mia guance. Mi guardo in giro ancora con le mani nelle tasche e alla fine vado una macchina nera fermarsi a pochi metri da me. Angel scende. Indossa una giacca e un completo bianco che le mette in risalto il suo fisico magro, quasi stecco. Ha gli occhi rossi, gonfi che risaltando ancora di più i suoi iridi cerulei. La bocca è socchiusa e vedo che ha una mano tremolante in tasca. Faccio per avvicinarmi ed estrae una pistola, me la punta addosso.

Sgrano gli occhi e sono in preda dal panico. “Angel.. che cosa vuoi fare...”

La sua mano destra inizia a tremare ancora di più e le lacrime le rigano il volto, quasi come marcandoglielo con il fuoco. E' un peccato deturpare un viso così bello.

“George, se solo tu.. tu non mi avessi incontrato in quel fottuto bar. Se non mi avessi visto non dovrei fare questo.”

Mi avvicino a lei, anche se una parte di me scapperebbe via. La pistola mi fa non poca paura ma devo correre il rischio, per lei e per me. “Se tu non fossi entrato nella mia vita non dovrei uccidere la persona che amo, porca puttana. Io non ti perdono tutto, mi hai tradita e usata. Ma alla fine sei sempre il mio unico pensiero costante, sebbene sia delusa da te... G..george, cazzo, parla.”

Piange, piange ancora. E le lacrime iniziano insinuarsi nei mie occhi ma ancora mi trattengo, non è il momento di piangere. “Che cosa dovrei dirti? Mi vuoi uccidere, fallo. E anche se lo fai non cambierà niente. E sai perché? Perché anche quando sarò morto ti amerò ancora e sarai consapevole di avermi perso, ma questa volta per sempre. Quindi, forza, premi il grilletto.

“Era il mio compito ucciderti, ma ho deciso che qualcun'altro morirà. E non sarai tu. Ho preso la mia decisione e ora è tardi per tornare indietro.

Ma l'amore è distratto, 
L'amore è confuso 
Tu non arrabbiarti, ma io non ti perdono 
Delusa da te, da me, 
Da quello che non mi hai dato...mai 

 

“Cosa vorresti dire?”

Sento in lontananza il suono di sirene, forti, e dei volanti che si dirigono verso di noi. Io la guardo per chiedere spiegazioni, e ancora con il braccio teso verso me, annuisce. “Angel, che.. che cosa hai fatto?!”

“Mi dispiace... perdonami amore mio.”

Le auto si fermano a pochi metri da noi, e degli agenti escono. Angel sposta lo sguardo verso i poliziotti che le dicono di gettare a terra la pistola, ma lei non lo fa. Cerca disperatamente lo sguardo di qualcuno, lo sguardo di un poliziotto dai capelli rossi, in lacrime. “Alberto perdonami.”

“Commissario, spari, non vuole buttare giù la pistola.”

Mi fiondo verso Angel, capendo le intenzioni della polizia e le estraggo dalle mani la pistola, cadendo sopra di lei. Le rubo l'ultimo bacio, così casto e così sofferto.

L'uomo scuote la testa e tira fuori la pistola: chiude gli occhi dopo averla puntata contro il mio Angelo. “Alberto fallo.” Le urla mentre sento il colpa di una pistola troppo vicino a me.


Esplode 
    Il cuore 
Distante 
Anni luce fuori da me 
Sei colpa mia 
La gelosia 
Infrange tutto e resta niente...qui 

    

Chiudo gli occhi, non voglio guardare. Ma il mio cuore mi ordina di aprirli, e dopo un ripensamento sgrano gli occhi, vedendo il poliziotto che corro verso di noi. Vedo sotto di me Angel, senza vita, il cui sangue esce dalla nuca.

Tutto diventa silenzioso. Sento il mio cuore scoppiare e le lacrime vengono giù, come una cascata. Sono sporco di sangue, ma non m'interessa. Le bacio le labbra, noncurante che la gente guardi. Sento mille flash, i fotografi ci sono, la gente scende dalle proprie abitazioni mentre viene spinta via dalla polizia. L'uomo mi guarda, e ho un istinto omicida verso i suoi confronti. “Perché l'ha fatto?” Chiede in lacrime mentre accarezzo la mai gioia stesa a terra. Non mi risponde è troppo preso a stringerle la mano e piangere disperato.

La polizia mi spinge via da lei, e alcuni mi riconoscono anche, ma me ne frego, non me la possono portare via. “Lasciatemela guardare un'ultima volta, vi prego.” Li supplico ma non ne vogliono sapere. E mentre mi mettono in ambulanza per controllarmi se sono ferito, vedo che la mettono in una barella e coprendola completamente con della carta nera. Quella scena mi rimarrà sempre nella mente.

 

E' inutile dire cosa è successo dopo.

Sono tornato in Inghilterra, e dopo quasi sei mesi di disperazione mi sono rimesso a lavorare con i Beatles. Pattie è venuta da me a consolarmi più volte e alla fine abbiamo deciso di rimetterci insieme dopo quasi un anno e mezzo. Tutte le canzoni d'amore che scrissi dopo però, nessuno sa che non erano per lei, ma per il mio Angelo che ancora oggi veglia su di me e il suo bambino, che ora vive con Nancy. Anche quest'ultima ha chiuso il bar dopo aver saputo che Angel era morta e prova per me un odio così grande da non volermi mostrare Georgie.

La mia vita era tornata come prima, uguale, identica. Con un solo difetto... il George felice se n'era andato da quando lei si è portata via quel pezzo di cuore. E così sempre sarà, nessuno mi restituirà quell'amore, quelle sensazioni, nessuno me le riporterà indietro. E sopratutto nessuno potrà ridarmi il mio Angelo, che dopo quasi un anno sotto terra, mi manca ancora.

Faccio finta di stare bene;

Faccio finta di essere il Beatle normale;

Faccio finta di amare Pattie;

Faccio finta di non voler mollare tutto e raggiungerla;

Faccio finta di non amarla più;

 

Eppure non farò mai finta di aver cancellato quei suoi ricordi che mi hanno formato, che hanno costruito la persona che sono oggi. 

THE END.

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