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Ciao a tutti! Inizio questa
raccolta con quella che forse è la mia preferita tra le sensazioni che ho già
scritto. Dedicata a tutti coloro che hanno la sensazione di non riuscire a
trovare il loro posto nella vita!
Fuori
posto
Ci sono dei momenti in cui inizio
a piangere e non posso fare a meno di smettere. Perché in quei momenti realizzo
quanto io sia fuori dal mondo, inesorabilmente.
Quanto io sia diversa. Lo so che ne vado fiera, lo so, ma… a volte sento che
non vorrei esserlo. A volte sento che vorrei avere qualcuno che può capire
davvero il tumulto di sentimenti che ho dentro. Quando mi si annebbia la vista
per le lacrime, quando i contorni delle cose diventano sfocati, allora so… so che non sarò mai come gli altri.
So che non troverò mai un vero “mio posto” in questo mondo. Che continuerò a
sentirmi in qualche modo sbagliata, e
sola, per tutta la vita. E dovrei smettere di cercare, arrendermi. E lo farei se solo non avessi fatto della
testardaggine la mia ragione di vita.
I singhiozzi mi squassano il
petto per alcuni minuti, poi a poco a poco il respiro torna normale. Le labbra
tremano ancora e a tratti qualcosa mi colpisce il cuore con un martello, ma… a
poco a poco passa. E le lacrime che scivolano sul viso non sono calde, sono
appena tiepide, alcune anche fredde. Lasciano scie appiccicose sulla mia faccia
che per il momento non voglio asciugare. E’ solo un momento, tanto. Passerà
come ogni altro istante di questa vita.
Quindi, voglio godermelo. Anche
se fa male e mi scuote il petto, voglio godermi queste lacrime. Se sia perché
in fondo sono l’unica che può capire il loro significato, beh, di preciso non
lo so. So solo che devo farlo, perché
altrimenti sarebbe un momento perso, dimenticato. Vuoto. Le lacrime sono forse
il modo migliore per liberarci di tutti i pensieri e i sentimenti negativi, ti
lasciano svuotato, pronto per essere riempito di nuovo. Questo tipo di lacrime
sono gocce d’acqua pura che vanno assaporate nel silenzio e nella solitudine,
perché solo così possono purificarti. Nel momento in cui te le asciughi ti
senti come liberato da qualcosa che ti stava appesantendo, ti senti, sì, più leggero.
E’ una sensazione niente male,
davvero. Ne vale la pena.
Fai qualche respiro profondo, e
la nebbia si dissolve, torni a vedere le cose come prima, o forse no.
Ma forse – per un istante – puoi
capire gli uccelli che si librano in cielo; con fatica, con gioia, leggeri.
Lasciano la terra, e non è importante il volo, ma quell’attimo in cui staccano
le zampe dal suolo. Quell’improvvisa e strana consapevolezza di essere sospesi, al confine fra due mondi. La
terra e il cielo.
E se gli uccelli, dopo aver
volato, ritornano a posarsi, vuol dire che forse questi due mondi non sono così
poi diversi come appaiono.
E’ un perché che mi risuona
fortemente dentro, colpisce tutto ma non è riferito a qualcosa in particolare.
Forse i perché sono troppi, ed è impossibile concentrarsi solo su uno. Quando
lo sento emette un suono profondo e rimbombante, come una campana; e lo sento
fluire nelle mie particelle, in ogni singolo atomo del mio corpo, come un fiume
silenzioso e tiepido. E’ una di quelle sensazioni che fanno un po’ male e un
po’ bene allo stesso tempo, e non sai decidere se ti sta bene provarla o no.
E poi… la rabbia.
La rabbia che mi colma fino alla
gola e non mi fa più respirare, e il mondo diventa rosso sangue davanti ai miei
occhi. La rabbia riesce a riempirmi in modo così totale e completo, riesce ad
invadermi con tale forza che ho quasi l’impressione che prema per uscire dal
mio corpo e riversarsi fuori, in un vortice che spazza via qualunque cosa. Come
se il fiume di perché fosse aumentato all’improvviso, strabordando dai suoi
argini e premendo per scorrere fuori da me, cercando una qualsiasi fessura da
cui fuggire verso l’esterno. E il cuore batte così forte e frenetico da
rimbombarmi nella testa come un martello, come un tamburo impazzito. Lo stomaco
si attorciglia, stringe la sua morsa in un nodo stridente che blocca il respiro
e divora crudelmente l’interno del mio corpo, strappando la carne a brandelli e
facendomi ascoltare ogni singolo morso con crescente violenza.
L’importante è non far lavorare
la mente. Finchè la sensazione si ferma allo stomaco, al cuore o alla gola può
andare bene. Ma quando arriva alla mente, violando i ricordi che non devono
essere violati, allora vengono le lacrime e i perché ti travolgono come un
branco di bufali in corsa, impossibili da fermare, e ti calpestano con i loro
zoccoli duri e le loro domande. E vorresti qualcosa da mordere, qualcuno da
picchiare, oppure il… silenzio.
Ecco, sì, il silenzio è la cosa
più bella che può esserci quando si è in queste situazioni. Se tutti
spariscono, se riesci a trovare un rifugio sicuro dove far riposare le tue orecchie
e la tua mente stanca allora ti senti invadere dalla pace. Il fiume in piena si
ritira lentamente, torna nei suoi argini; lascia la sabbia bagnata al suo
passaggio e il cuore che batte sordo e accelerato nel silenzio. E a poco a
poco, a poco a poco i battiti rallentano e tornano alla normalità, lasciando
cadere un velo di pace su tutto il corpo.
Allora tutte le sensazioni
tacciono per qualche attimo e si può assaporare il nulla che sono diventati gli
organi, la carne e la mente. E’ un sentirsi un albero, un fiore, una foglia
verde sfiorata dal vento leggero.
Ci sono volte in cui vorresti
piangere, davvero, perché sai che piangendo tutti i sentimenti negativi, tutto
il rancore che cova dentro di te svanirebbe, lasciandoti un guscio vuoto,
sfinito all’inizio, ma in grado dopo di ricominciare. Ci sono volte in cui
vorresti piangere sopra ogni altra cosa, ma semplicemente le lacrime non
escono. Senti il corpo troppo stanco, pesante, come se la fatica che si è
accumulata sulla tua pelle premesse per schiacciarti al suolo. E vorresti
piangere, davvero, ma non puoi, perché non hai neanche la forza di farti salire
le lacrime agli occhi.
Sono asciutti, completamente.
Sterili. E pensi per un folle istante che non riuscirai mai più a piangere,
perché se non piangi in quel momento come potresti farlo in altri?
In queste occasioni la medicina
migliore è la musica. Una musica nostalgica, leggera, una vera e propria
colonna sonora di quell’attimo della tua esistenza. Le luci basse, se non
completamente spente; potresti arrampicarti sul davanzale della finestra del
bagno con l’ipod, al buio, e guardare quello spicchio di cielo stellato che ti
viene concesso, e non potrai evitare di sentire tutto come una prigione, e di
sentirti immensamente libera allo stesso tempo.
Non ha senso, lo so, aggiungere
la nostalgia al dolore, allo sconforto e alla tristezza. Ma la nostalgia è
bella, in qualche modo. La nostalgia ti permette di vedere il lato positivo
delle cose, i ricordi che la rabbia e la sofferenza ti fanno scordare o
deformare. La nostalgia ti strizza il cuore e rende la stanchezza più dolce, ti
da una strana sensazione, come di pace… triste. E quando torna il fiume dei
ricordi ti rendi conto che non c’è stato solo dolore nella tua vita, che non ci
sono state solo cose da buttare via, ma anche tanti momenti felici e che
dopotutto sei felice di come sono andate le cose, perché in ogni caso hai
imparato tanto.