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di Fiorels
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I was broken ***
Capitolo 2: *** for a long time ***
Capitolo 3: *** but it's over ***
Capitolo 4: *** now. ***
Capitolo 5: *** Who I've been for who you are ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I was broken ***


TP - cap 3 Ok, salve! Beh dire che siamo emozionate è poco XD. Siamo decisamente sull'orlo di una crisi di panico ahahahah. Sapete quella sensazione di ansia mista ad eccitazione che si ha quando state per postare una nuova storia? Beh ecco, è esattamente ciò che abbiamo noi, elevato all'ennesima potenza.
La verità è che per noi scrivere questa storia è stata un'esperienza stupenda. Abbiamo pensato alla trama circa un mese fa ma poi, come al solito, abbiamo finito per ridurci a scriverla interamente durante l'arco della settimana scorsa ahah. Credevamo che sarebbe stato difficile farlo e invece...invece è stato meraviglioso *-*. E con meraviglioso non diciamo che non sia stato anche stancante e faticoso, perché lo è stato ovviamente, ma ne è decisamente valsa la pena. Questi Rob e Kris sono diversi da quelli di 'Qui dove batte il cuore'; sono più grandi e fanno tanti, tanti errori. Ve lo diciamo sin da subito xD. Ma non potrete non essere totalmente ed incondizionatamente conquistati dal loro amore.

La storia è stata scritta come regalo per il compleanno della nostra amica Leti che infatti l'ha già letta tutta (ma non cercate di corromperla, è incorruttibile u.u), esattamente come l'anno scorso fu per 'Never say never', motivo per cui cogliamo ancora una volta l'occasione per farle un milione di auguri di BUON COMPLEANNO!! Leti ti vogliamo bene e speriamo che tu ti sia divertita ieri durante la tua festicciola privata con il makako (ebbene sì, ieri è anche il compleanno del makako ahbubauhbabhau che culo eh? u.u)
 

Ok, ora vi lasciamo alla storia e...
Buona lettura *-*
Mi raccomando lasciateci una bella recensione per sapere che ne pensate!! 

Un mega bacio
Cloe&Fio 

Suggerimento musicale (da ascoltare, preferibilmente 'on repeat' lol)







Capitolo 1

I was broken
 
POV Kristen

È un’ora che ho in mano quella collanina. È da un’ora che la sto fissando senza muovere un muscolo. Sento solo la mascella serrarsi ad ogni nuovo dubbio che mangia ogni mia forza di volontà. Non so perché continuo a fissarla e a stringerla; forse spero ingenuamente che possa darmi la forza di fare quello che sto per fare, o forse spero che possa fermarmi. Svegliarmi.
Vorrei stringerla e sentirla pungere nelle mie mani. Vorrei sentire dolore per destarmi da questo incubo e tornare a vivere la mia vita com’era prima. Normale.
Guardo i particolari della stanza. La sua chitarra in un angolo, un paio di calzini sul letto, il suo i-pod sul comodino.
Non so ancora come farò a non averlo accanto, non so come potrò abituarmi a non vedere il suo sorriso quando assaggia una mia nuova ricetta e la trova buona o a non avere un suo bacio prima di dormire o la sua dolce carezza sulla schiena nuda, al mattino, quando ancora sono tra veglia e sonno.
Solo pensarci mi fa stare male.
Non posso pensarci ora, non posso affrontare tutto contemporaneamente. La sola cosa che so è che devo farlo. Non so come, ma devo. Perché lo amo, così tanto da non poterlo costringere a vivermi accanto e soffrire. Perché soffrirà, lo so. Più di quanto potrà soffrire adesso.
Vorrei tornare a due anni fa quando, di questo periodo, eravamo a Londra in giro tra concerti e pub quasi malfamati, del genere che amo tanto. E ricordo le sue mani nella mie tasche, le mie tra i suoi capelli, le sue braccia attorno alla mia vita mentre assecondava i miei movimenti lenti al ritmo di quelle canzoni che avevano segnato anche un po’ la nostra storia. Quante volte avevo pianto quando le intonava alla chitarra nella penombra delle mille camere di albergo che abbiamo vissuto insieme? Vorrei tornare all’anno scorso quando abbiamo passato il Ringraziamento dai miei nonni a Denver perché so che ama quella città.
Quest’anno nessuno dei due avrà nulla di cui ringraziare, ma col tempo, forse, capirà.
Per l’ennesima volta mi chiedo se sto facendo la cosa giusta, ancora una volta cerco di convincermi che non è necessario, che in fondo andrà tutto bene e posso essere egoista e tenerlo accanto a me per sempre. Poi quel briciolo di sanità mentale che da una settimana combatte con i miei interessi e con la paura di restare sola mi ricorda che lo amo.
Rinuncio a quello che sono stata per quello che sei. Continuo a ripetere a me stessa convincendomi di stare facendo la cosa giusta…
C’è sempre chi sta peggio di te… cerco di farmi forza ma non aiuta. Al momento mi sento morire e non so se ci sia qualcosa di peggiore del sapere che il tuo cuore sta morendo.
E qui iniziano i dannati se.
Se solo non avessi accettato quella parte…
Se solo non fossi andata in quel posto…
Se solo non mi fossi avvicinata tanto…
Se quella mattina avessi detto di no…
Se solo non fossi caduta…
Se… se… se…
Tanti se inutili perché i se vivono nella fantasia. La realtà è un’altra e sebbene cerchi di evitarla da più di una settimana so che non posso farlo più e andare avanti peggiorerà solo le cose.
Col tempo, forse, imparerò a guarire e andare avanti.
Ma col tempo non vale ora. Niente vale ora, niente ha senso ora se non la lacrima che non posso fermare perché non riesco a pensare di poter stare meglio in futuro mentre mi sento morire adesso.
Come farò a stare senza di lui? Come potrò farne a meno? Cosa sarò… senza di lui?
Stringo la collanina e… piango. Non riesco ad evitarlo. Ho bloccato quelle fottute lacrime per ogni fottuto secondo che ho passato con lui nell’ultima settimana. Ogni dannato attimo in cui ho dovuto negare, mentire e semplicemente dire che ero solo stanca ma che andava tutto bene. La verità è che negli ultimi otto giorni mi sono chiusa in bagno tante di quelle volte da aver perso il conto.
Ora che sono vicina a quello che cerco di evitare da giorni, non riesco a bloccarle e  non riesco a nascondermi.
Chino il viso nelle mani e scoppio a piangere, sempre più forte, lasciando sfogare tutto quello che non è uscito dal mio corpo fino ad allora, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai perché quando sento la sua voce preoccupata sulla porta, ho solo voglia di morire.
“Kristen…”
Va via, Rob. Va via. Lasciami. Ti prego, lasciami.
Piango più forte; non ho idea di cosa gli dirò né di come gli spiegherò quelle lacrime.
In un attimo è ai miei piedi, in ginocchio davanti a me, e cerca di alzarmi il viso.
“Kristen, che succede?”
Non riesco a rispondergli, non riesco a dirgli una sola parola. Non riesco a guardarlo in faccia.
“Amore, ti prego, mi spaventi così? Che diamine è successo?”
Se solo fosse facile rispondere a quella domanda senza farsi del male.
“Kristen…” mi accarezza una guancia e asciuga le mie lacrime. “Che è successo, piccola?”
È tutto davvero troppo per me. Stringo la sua mano sul mio viso un secondo solo prima di prendere un respiro e scostarla via in malo modo.
Il mio corpo segue i comandi del mio cervello; recitare è il mio lavoro ed è il momento di entrare in scena ma una piccola parte del mio cuore spera che lui non creda a una sola parola di quello che sto per dire.
“Kristen…”
“Rob…”
Fisso il pavimento, stringo le labbra, le sento quasi sanguinare. Bruciano.
“Voglio rompere…”
Non posso credere di aver appena detto quelle parole e dalla sua espressione, che intravedo con la coda dell’occhio, non ci crede nemmeno lui.
Grazie a Dio.
No, non va affatto bene.
“Cosa?”
Chino di nuovo il viso, faccio scrocchiare le dita delle mani, prendo tempo per trovare un qualsiasi modo che mi faccia risultare seria e convincente.
“Non… non funziona più, Rob…”
Spero che l’ultima orrenda settimana sia per lui la prova delle mie parole. So che ha notato qualcosa di strano, so che mi ha vista quando sono tornata a casa con gli occhi gonfi quella sera, so che si è reso conto che non facciamo l’amore da allora.
“Cosa?”
Non riesco a decifrare il tono della sua voce. Non so se crede che stia scherzando o se non ha ancora elaborato le mie parole.
“Mi dispiace…” è tutto quello che mi ritrovo a sussurrare.
“Kristen, scusa, fammi capire.”
Si avvicina e mi prende le mani riuscendo a farmi sentire una merda più di quanto non mi senta già.
Stringo i pugni ma non riesco a tirare via le mani dalle sue; voglio godermi quel contatto finché mi sarà possibile, finché non gli dirò davvero qualcosa, qualsiasi cosa che lo convincerà ad andare via da quella casa e lasciarmi sola. Deve succedere e devo essere io a farlo accadere.
“Andiamo, Rob. Non dirmi che non ti sei reso conto che le cose non vanno più bene…”
Lui mi fissa, ignaro. “Sì che me ne sono reso conto. Non ti fai quasi più toccare da una settimana…”
“Infatti.”
“Infatti cosa?”
Già, infatti cosa? Che cazzo gli dico ora? Perché non mi sono preparata un cazzo di discorso? Perché non ho programmato questa cosa come faccio per ogni altra? Perché una parte di me spera ancora che si possa risolvere tutto?
“Rob… ti prego…”
Cerco di svincolare le mie mani dalle sue ma lui non me lo per mette. Mi stringe i polsi, ma con delicatezza.
“No, Kristen. Niente Rob ti prego. È una settimana che eviti le mie domande, sei evasiva, sei intoccabile. Scatti per nulla e io non ho idea di cosa posso aver fatto per farti reagire così.”
“Niente, Rob. Non hai fatto niente. Tu non fai mai niente. Sei l’uomo perfetto. Nessuno può competere con te. Va bene?”
“Che cazzo c’entra questo adesso?”
“Questo cosa?” affronto il suo sguardo prendendo forza dalla rabbia che provo dentro, forzandomi di riversarla su di lui per aiutare me stessa.
“Con chi dovrei competere?”
“Cosa?”
“Devo preoccuparmi di competere con qualcuno?”
“Ma che stai dicendo?”
“Di cosa stai parlando Kristen? Di chi stai parlando?”
“Rob, non sto parlando di nessuno. Di chi dovrei parlare?”
“Non lo so, dimmelo tu.”
“Non so che dirti.”
“Non sei più come prima da quando sei tornata dall’Africa… Sei diversa.”
“L’Africa ti cambia, Rob. Ho visto delle cose lì che…”
“Non parlo di quello che hai visto. Me l’hai raccontato. Ti ho ascoltata, ti ho capita e mi dispiace. Parlo delle persone…”
“Non ti seguo.”
“E’ forse successo qualcosa mentre eravate lì?”
“Come…?”
“Ti sto chiedendo se è successo qualcosa mentre giravate in Africa.”
“No, tu non mi stai chiedendo se è successo qualcosa lì. Mi stai chiedendo se è successo qualcosa tra me e James mentre eravamo lì.”
Lui china il viso e per un secondo non mi sento una merda. Per quel secondo in cui dubita di me sento quasi di stare facendo la cosa giusta per ragioni diverse da quelle di cui ho cercato di convincermi finora.
Magari sarebbe finita in ogni caso. Ma non riesco a crederlo.
“Bè, è così?”
“Non posso credere che tu mi stia davvero chiedendo una cosa del genere…” dico disgustata.
“Non posso credere che tu ci metta tanto a rispondere.”
“Perché è una cosa di cui non dovresti nemmeno dubitare!”
“E infatti non ho avuto il minimo dubbio fino a cinque minuti fa!”
“Ma per favore! Mi hai sempre dato il tormento con la tua gelosia verso di lui!”
“Forse perché si fondava su qualcosa!”
“E su cosa esattamente? Le tue paranoie?”
“Sul tempo che avete passato insieme!”
“Per girare un film!”
“E i messaggi e gli inviti a cena.”
“E’ un amico, Rob!”
“Gli amici non guardano qualcuno così!”
“Così come?! Ma che cazzo stai dicendo?”
“Kristen, perché non rispondi semplicemente alla domanda che ti ho fatto?”
“CHE DOMANDA?” urlo esasperata.
Mi rendo conto solo ora di quanto il tono delle nostre voci sia completamente alterato e fuori controllo e di come sia spontaneo per me urlare un assurdo e surreale quando mi chiede per l’ennesima volta se è successo qualcosa con lui.
Lo guardo, esterrefatta e scioccata più di lui per quello che mi è uscito di bocca; deve essere proprio la mia espressione sorpresa a spegnergli gli occhi mentre inizia a guardarmi così, come se non mi conoscesse più.
Ed è la mia unica possibilità; aggrapparmi all’unica cosa che lo farà andare via senza indugi.
“Sono andata a letto con lui…” dico chinando il viso e sentendomi quasi meglio perché, in un certo senso, il peggio è passato. È il futuro che mi preoccupa mentre pronuncio le parole che mai avrei creduto di potergli dire in nessuna circostanza.
“Ti ho tradito, Robert.”
So quanta importanza ha dire quella esatta parola.
‘Tradire nel vero senso della parola. Tradire per sesso e non per amore. È una cosa che non perdonerei mai.’
E mentre richiamo alla memoria i mille dibattiti che abbiamo avuto sull’argomento, in passato, non posso non trovare ironico che sia stato lui stesso ad aprirsi la via di fuga dalla trappola del nostro rapporto, da cui devo liberarlo.
Alzo lo sguardo, il suo capo è chino.
E tutto va proprio come avevo immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie lacrime, con i miei pensieri, con i miei ricordi.
Sola con quell’amore che doveva essere la nostra svolta.
Sola senza sapere di non esserlo davvero.
 
 
7 ANNI DOPO
 
 
Non sapevo perché ero andata a ripescare quella collanina dal fondo del cassetto della scrivania. Davvero un perfetto cliché, pensai mentre cercavo di giustificarmi in qualche modo.
Lo pensi. Ogni giorno.
Ti manca. Ogni secondo.
Lo ami. Ancora.
Dopo sette anni ancora non ero riuscita ad accettare la mia vita senza di lui. Abituarmi sì, ma vivere senza pensarlo era stato e continuava ad essere impossibile.
Certo, trasferirmi a Vancouver forse non era stata una grandissima idea ma vivere a Los Angeles era diventato insopportabile per me e non riuscivo a considerare casa nessun altro posto se non quello che era stato l’inizio di tutto.
Continuavo ad aggrapparmi ai ricordi e a vivere ancorata al passato. Nonostante non dovesse esserci niente a cui aggrapparmi, nonostante avessi realizzato che quel tanto amato destino che avevo sempre creduto avesse avuto un ruolo tra di noi, in realtà non esisteva. Non avrebbe ostacolato tutto per molto tempo, altrimenti.
Non avrebbe dovuto fare in modo che mi dimenticasse così facilmente.
Prima che potessi evitarlo i ricordi furono più veloci di me e si susseguirono nella mente disconnessi, senza senso, diacronici.
E ripensai alle mie lacrime, alle sue parole affilate come lame pronte ad affondare nel cuore, alle silenziose telefonate a notte fonda. Solo per sentire il suo respiro e la sua voce ancora una volta. Solo perché non volevo lasciarlo andare.
Ripensai ai suoi occhi delusi, ai miei tentativi di chiamarlo e dirgli la verità, di rimangiarmi tutto. Falliti.
Ripensai alle visite, al dolore dei miei genitori, alle bugie. Alla tristezza, alla gioia, al baratro che mi aveva divorato lentamente.
E ripensai alla sorpresa, alla felicità, al sollievo. Alle chiamate fatte a vuoto perché aveva cambiato numero di cellulare, ovviamente. Finché non aveva ottenuto finalmente un nuovo numero da cui, tuttavia, non arrivò la risposta che speravo.
“Si è sistemato. Ti ha dimenticata, Kristen. Lascialo in pace.”
Ma non avevo creduto a Nick, non avevo voluto credergli… e invece avrei fatto bene a farlo ed evitarmi il dolore di sentire quella voce femminile al telefono.
Quello era stata l’ultimo contatto che avevo cercato di avere con lui e dopo tanto tempo ero ancora con quella catenina tra le mani cercando di accettare la vita senza lui, imparare a sentire la sua mancanza. Avrei già dovuto sapere a quest’ora cosa vuol dire…
E’ questa la vita senza te…
Una vita vuota, niente di lui è rimasto se non una collanina e…
“Mammaaaaa?”
Mi asciugai velocemente una lacrima prima che mia figlia entrasse in stanza e mi vedesse piangere.
Troppo tardi. Haley era già piombata accanto a me e chinava il viso per scrutare il mio.
“Mamma, piangi?”
“No! No, no. Mi è solo entrata una cosa nell’occhio.” Le sorrisi e le carezzai i capelli biondi e il viso pieno di suoi lineamenti.
Come potevo dimenticarlo quando avevo con me una parte di lui che non poteva essergli più simile?
“Okay…” disse lei incerta, carezzando a sua volta il mio viso. “Però dobbiamo andare o perdiamo l’aereo. Il taxi è fuori.”
Sospirai con enorme evidenza. “Amore, sei sicura di volerlo fare?” le chiesi per quella che doveva essere la centesima volta.
Avevo abbandonato la recitazione per ovvi motivi e avevo colto l’occasione per impegnarmi nel campo della produzione e della sceneggiatura ma per me era stato diverso. Tutta la mia famiglia lavorava nel campo, starne lontana sarebbe stato impossibile.
Okay, forse non era completamente diverso dal momento in cui la famiglia di Haley ero io ma avevo sempre sperato che lei si distaccasse da quel mondo. E invece ora mi trovavo a dover prendere un aereo per Los Angeles e portarla a un provino di cui si era autonomamente informata navigando su internet.
Rimpiansi maledettamente le bambole.
Eppure sapevo che la mia bambina era troppo intelligente per essere sprecata. I miei genitori mi avevano lasciato provare, avevano permesso che prendessi al volo ogni opportunità e non sarei stata io a legare le ali a mia figlia.
“Sì, mamma. Ne abbiamo già parlato. Non ricominciare” disse con un tono troppo adulto per i suoi sette anni. “E poi ancora non ho capito perché non vuoi…” aggiunse decisamente più triste.
“Hey” le alzai il viso con una mano. “Non è vero che non voglio.”
“Davvero? A me sembra il contrario.”
“Io voglio solo che tu sia felice, okay? Se vuoi farlo, lo farai.”
Il suo visino si aprì in un sorriso prima incerto poi sempre più sincero.
“Ecco, prendi questa.” Le misi la collanina tra le mani.
“Cos’è?”
“Un regalo che mi hanno fatto tanto tempo fa. Ora lo regalo a te. Vedi, questa specie di otto è il simbolo dell’infinito, ma è anche un portafortuna.”
Mi ascoltò attenta e annuì decisa ridandomi la collanina e voltandosi in modo da poterla legare al suo piccolo collo. Infine si girò e mi allacciò le braccia al collo stringendo forte. “Grazie, mamma.”
E mi pianse il cuore pensando a quanto in un momento del genere avrei voluto Rob con me, a quanto lo avrei voluto con lei.
Lui avrebbe saputo affrontare tutto meglio di me, tutto.
“Andiamo, su” dissi infine prendendole la mano per poi uscire di casa.
Il tassista ci venne incontro sul piccolo vialetto che conduceva all’entrata della modesta casetta che avevo comprato anni fa e prese le nostre valigie.
Entrammo in taxi e Haley strinse la mia mano e poggiò il capo sul mio braccio.
“Sei nervosa?” le sussurrai lasciandole un bacio tra i capelli profumati.
Lei scosse il capo. “No, se ci sei tu, no.”
“Bene.” Sorrisi. “All’aeroporto, grazie.”
 
Da quanto tempo non mettevo piede all’aeroporto di Los Angeles? Non lo ricordavo nemmeno più. Uno dei motivi, quello fondamentale in realtà, per cui avevo deciso di lasciare LA erano i ricordi. E per quanto assurdo fosse, anche quel posto ne era stracolmo. Quanti aerei presi nel cuore della notte per volare a Londra o a New York, quanti abbracci e baci consumati nella gioia di rivedersi dopo settimane, quanti tentativi di evadere dal mondo per restare soli.
Stare in quel posto mi faceva male più di quanto avessi immaginato e non potevo nemmeno pensare a quello che mi aspettava fuori.
Nemmeno vedere mia madre riuscì a calmarmi totalmente. Haley le corse incontro e si fiondò tra le sue braccia felice di riabbracciare la nonna, nonostante ci fossimo viste pochi giorni prima in occasione del Ringraziamento. Ma immaginai che era diverso. Doveva esserlo, stare lì, no?
Svolgevo il mio lavoro quasi sempre da casa, scrivevo molto e avevo volutamente tagliato ogni ponte con Los Angeles. Non sapevo se Haley sapesse cosa aveva davvero voluto dire per me tornare in quella città ma non potevo lasciare che mi sconfiggesse ancora prima di aver messo piede fuori dall’aeroporto. Dovevo farlo, per mia figlia.
Salutai mia madre con un abbraccio e lei accennò un tacito ‘tutto bene?’ con lo sguardo.
Annuii prendendo per mano Haley che saltellava impaziente.
Uscimmo dall’aeroporto ed entrammo in macchina come persone normali. Di quello potevo dire di essere estremamente sollevata.
Dal momento in cui avevo lasciato Rob e mi ero ritirata dalla recitazione per vivere nell’ombra dello schermo tutto era scemato attorno a noi.
Non avevo più ricevuto minacce di morte, non accettavo lavori, non uscivo molto, non avevo più occasione di fare niente e ciò aveva contribuito a far calare tutta l’attenzione nei miei confronti. Non potevo dire esattamente lo stesso di Rob. Se i media mi avevano lasciato in pace quasi subito, a lui avevano dato la caccia anche a Londra dove era tornato pochi giorni dopo la mia confessione. Era spesso fotografato per strada o mentre entrava in casa, e dopo un paio di mesi non era più solo ma ripreso con ragazze diverse; ogni ragazza, ogni foto, era una pugnalata al cuore così che avevo smesso di interessarmi. Evitavo ogni tipo di giornale o notiziario. Dovevo davvero voltare pagina e dovevo farlo soprattutto per portare a termine la gravidanza.
Che sciocca ero stata a credere di poter tornare da lui da un giorno all’altro. Avevo immaginato che avrebbe potuto perdonarmi, che avrebbe capito, che mi avrebbe detto che quelle ragazze non significavano nulla per lui perché sapevo che era così. Non potevano significare nulla.
Ma era troppo tardi. Le ragazze erano sparite e avevano lasciato spazio a una ragazza sola.
Ero al settimo mese di gravidanza quando avevo scoperto che Nick aveva ragione. Era davvero andato avanti, aveva davvero trovato un’altra ragazza e io non ero nessuno per tornare nella sua vita e dirgli che aspettavo un figlio da lui senza nemmeno sapere se mi avrebbe creduta o no.
“Kristen, smettila.”
La voce di mia madre mi ridestò dai miei pensieri.
“Co… cosa?”
Mi lanciò un’occhiata veloce per poi tornare a fissare la strada. “Smettila di pensare a quello che sono sicura tu stia pensando.”
“Non so di che parli.”
“Vallo a dire a qualcuno che non sia tua madre…”
Abbassai il viso e presi un respiro. “Io… non…”
“Hai fatto una scelta, Kristen. E noi l’abbiamo rispettata.”
“Lo so. Non sono pentita della scelta che ho fatto. Ho sempre apprezzato il vostro appoggio ma… Tornare qui fa uno strano effetto…”
“Più dello stare a Vancouver?”
Nessuno riusciva davvero a capire come avevo potuto lasciare una città piena di ricordi per vivere in una che ne era altrettanto piena; non riuscivo nemmeno a spiegarlo bene a parole.
Annuii distrattamente e mi voltai dietro per avere sostegno dalla parlantina di Haley ma lei era china sul suo copione. Chiudeva gli occhi e ripeteva sottovoce.
“Tesoro, basta ora. Abbiamo provato le battute migliaia di volte, le sai a memoria.”
“Sì ma se poi vado lì e le dimentico?”
“Allora improvvisa. Impara ad improvvisare se vuoi davvero recitare.”
“E come si improvvisa?”
Risposi senza nemmeno pensare. “Ti lasci andare a quello che senti in quel momento. Anche se dici cose che non sono nel copione, non fa nulla. Basta che le senti davvero…”
“Mmm… sarà. Tu hai mai improvvisato mami?”
“Certo. Tante volte.”
“Anche ai provini?”
E fu come un flash in piena notte. Il ricordo di quel giorno mi piombò davanti come se fosse ieri. Il momento in cui avevo visto entrare quel ragazzo dai capelli assurdi, lo sguardo chino, la voce dolce e intimorita. Avevamo bevuto una coca-cola, eravamo rimasti soli, avevamo parlato un po’. Avevamo letto le battute, ci eravamo guardati negli occhi ed improvvisare il resto era venuto spontaneo. E per quanto assurdo fosse, in quel momento esatto avevo capito di avere incontrato il mio primo vero amore. L’amore della mia vita, o almeno della vita parallela in cui a volte mi rifugiavo tanto per farmi del male con i ricordi più dolci; di quelli che fanno piangere tanta è la malinconia che genera dalla loro dolcezza.
“Una volta sola, a un provino” risposi con un mezzo sorriso sul viso. Mi ripromisi di affrontare quella giornata con un sorriso, qualunque cosa avrei incontrato per strada.
Così, con un sorriso, entrai al Charlie Hotel, ma stavolta era molto più amaro.
Perché ero stata così masochista da aver prenotato proprio lì dovevo ancora capirlo. Ovviamente mia madre si era offerta di ospitarmi ma onestamente io ed Haley avevamo i nostri ritmi e forse, in fondo, volevo davvero tornare in quel posto.
Se bisogna farsi del male tanto vale farlo con stile.
Lanciai un’occhiata al vialetto che portava al giardino sul retro, ai divanetti alla reception, all’ascensore in cui eravamo rimasti bloccati una volta.
E, prendendo alla sprovvista me stessa, sorrisi. Ci ripensavo con un sorriso e non potei esserne più felice. Anche quando entrammo nella suite pensavo che il cuore mi sarebbe piombato in corpo ma invece non fu così. Provai piuttosto malinconia soprattutto perché era molto cambiata rispetto alle sere che avevamo passato lì. Quello che era rimasto immutato era il terrazzo. Il nostro terrazzo, quello da cui avevamo guardato le stelle prima di separarci per un mese intero.
‘Staremo sempre sotto lo stesso cielo. E quando sentirai la mia mancanza, guarda la luna e la guarderò anche io.’
I ricordi di una vita possono davvero distruggere se non si ha nulla a cui aggrapparsi; ringraziai di avere Haley che con la sua allegria riusciva a tirarmi su, anche solo guardandola.
Era esattamente come suo padre: intelligente, spigliata, divertente… e quanto parlava!
Difatti quando rientrai stava parlando con il fattorino che aveva salito le nostre valigie.
“Ma il servizio in camera vale anche per la colazione? Ho sempre voluto fare colazione a letto in uno di questi hotel di super lusso.”
Mi avvicinai e abbozzai un sorriso sconcertato mentre le massaggiavo le spalle. “Domani avrai la tua colazione, tranquilla.” Sorrisi al ragazzo, congedandolo.
“Davvero? Ma non è che costa troppo? Non voglio farti spendere troppo, mami.”
Dimenticavo che, al contrario di ogni bambino normale, aveva questo acuto senso del risparmio e spesso dovevo davvero essere io a convincerla che potevo comprarle qualcosa che costava molto, cosa che, comunque, non accadeva spesso visto che, essendo stata educata da me, aveva amato da subito jeans, converse e magliette semplici.
Ne ero particolarmente fiera, in effetti.
“Non preoccuparti, tesoro” la rassicurai e lei riprese a saltellare per la stanza.
“Possiamo provare le battute ancora una volta? Ti preeeego? Possiamo? Possiamoooo?”
“Amore, non credo che…”
“Ho paura di dimenticarle, mami. Devo ricordarle alla perfezione!”
Alzai gli occhi al cielo perché, dio, era esattamente come me. Per sempre insicura delle proprie capacità e senza alcuna giustificazione visto che sapeva le sue battute a memoria ed era decisamente portata.
Avevo subito trovato alquanto curiosa la trama del film che parlava, essenzialmente, di come un padre debba prendersi cura della figlia, accettarla e amarla dopo la morte della madre di questa. Non avevo potuto fare a meno di chiedermi se Haley vi si fosse imbattuta per caso o se avesse esplicitamente cercato cose del genere e non osavo chiederlo.
Quando poi avevo scoperto che la regista era Catherine avevo trovato la cosa ancora più curiosa e infine mi ero lasciata abbandonare al pensiero che fosse un segno del destino che mi spingeva a dare a mia figlia quella possibilità. Glielo dovevo infondo.
Dopo aver ripetuto la battute per l’ennesima volta scendemmo in sala pranzo e mia madre non mancò di farmi le solite domande.
“Allora, novità?”
Ma sapevo bene che per lei novità nascondeva in realtà la frase ‘Hai conosciuto qualcuno?’
“Mamma, sono passati dieci giorni dall’ultima volta che me l’hai chiesto.”
“E allora? Succedono tante cose in dieci giorni.”
“Non a me. Ho lavorato molto…”
“Che mi dici di Stephan?”
Quasi mi affogai con l’acqua che stavo bevendo. “Chi?”
“Stephan. Quel bell’uomo con cui ti vedevi…”
“… due anni fa.” Terminai per lei per poi sospirare, stanca. “Mamma, non ho bisogno di un uomo…”
Lei storse il naso ma non poté davvero controbattere oltre visto che era stato chiaro a tutti come fossi lontana dall’essere veramente felice con Stephan. Onestamente avevo accettato di uscire con lui proprio per non averli più nelle orecchie. E lui era… perfetto. Gentile, premuroso, piaceva ad Haley e, a dirla tutta, avevo davvero bisogno di fare del sesso. Non importava a chi pensassi mentre lo facevo. Avevo bisogno di stare bene e sentirmi amata, da qualcuno, da chiunque. In qualunque modo.
Così, come ogni frivola storia che si rispetti, è finita poco dopo il primo anno di vita, per la mia incapacità di dire ti amo.
“E’ tutto inutile con te, Kristen. C’è ancora solo lui per te, ci sarà sempre solo lui per te.”
Aveva chiesto il trasferimento e non lo avevo più visto da allora.
Karma 2 - Kristen 0.
Non c’è due senza tre mi trovai a pensare mentre mia madre ancora blaterava su non so quale tizio che forse avrebbe potuto piacermi. Onestamente trovavo i suoi tentativi di accoppiarmi con qualcuno decisamente invadenti ma sapevo che lo faceva solo per non vedermi da sola.
Più sostenevo di non aver bisogno di un uomo più lei sosteneva il contrario.
Le era proprio difficile accettare il concetto e diverse volte avevo pensato che in realtà lei sapesse meglio di me che per me non ci sarebbe mai stato un altro.
Mai.
Finalmente, al dolce, lasciò cadere l’argomento e si lasciò coinvolgere da Haley nel racconto della trama del film finché non giunse l’ora di andare.
Il provino era alle tre e, se conoscevo Catherine, immaginavo che non ne saremmo usciti prima delle sei minimo.
Mia madre ci lasciò all’inizio di Hollywood Boulevard, sarebbe stato una bel tratto di strada da fare a piedi fino agli studi ma era ancora presto e pensai che una camminata avrebbe fatto bene a Haley, ma soprattutto a me visto che, per qualche motivo, iniziavo ad innervosirmi sempre di più. Da una parte non vedevo l’ora di lasciare quel posto, dall’altra facevo di tutto per tornare in quei luoghi che potenzialmente mi avrebbero fatto stare male, molto male.
Cercai di rilassarmi mentre camminavo con mia figlia mano nella mano e mi godevo la tranquillità delle due e mezza del pomeriggio, cosa alquanto insolita considerando che stavamo camminando lungo la Walk of Fame ma completamente rilassante, almeno finché non ci trovammo davanti il Grauman’s Chinese Theatre.
Avevo deciso di camminare proprio perché, masochisticamente, volevo passare davanti quel posto, volevo camminarci sopra ancora una volta, dopo tanto tempo, ma non avevo immaginato l’effetto che potesse avere su di me.
Ero immobile, a fissare la grande struttura cinese davanti i miei occhi mentre i ricordi vi scivolavano in mezzo.
 
“Cadrò, sicuramente.”
“Non cadrai.”
“Ti dico che cadrò, Rob. Cado sempre in queste occasioni. E poi questi cazzo di tacchi…”
“Non metterli allora.”
“Sai che non posso non metterli. Fosse per me…”
“Pensa che tra cinque minuti sarai in un paio di vans nuove di zecca.”
“Non vedo l’ora” mormorai nervosa facendo scrocchiare le ossa. Lui prese le mie mani tra le sue e le strinse.
“Andrà tutto bene…” sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli e io chiusi gli occhi abbandonandomi alle sue braccia, nella snervante attesa che chiamassero i nostri nomi.
“D’accordo ma… se cado tu prendimi, okay?”
Strinse le braccia attorno alla mia vita.
“Certo che ti prendo. Io ti prendo sempre.”
 
“Mamma ci sei anche tu qui!”
Non mi ero nemmeno resa conto che Haley aveva lasciato la mia mano e si era avventurata tra le pietre incastrate nel pavimento. Come avesse fatto a scovarmi tra le centinaia di impronte, poi, era ancora un mistero.
La raggiunsi, titubante e quasi impaurita, e quando fui accanto a lei guardai a terra e provai una dolorosa fitta al cuore quando le vidi. Le nostre firme, le nostre mani, i nostri piedi. Le nostre impronte che gravitavano le une verso le altre.
‘Da oggi starai ufficialmente accanto a me per sempre. È scritto nella pietra. Cosa c’è di più indelebile?’
Notizie indesiderate, bugie, amore.
Un mix letale per mantenere intatta una relazione.
E pensare che allora credevo davvero che sarebbe stato per sempre.
“Chi sono questi accanto a te?”
“Andiamo Haley.”
Le presi la mano e, senza risponderle, continuammo dritto davanti a noi, camminando sulle duemila stelle che tracciavano tutta la Hollywood Boulevard fino a Vine Street.
“Mamma, mi compri un pacchetto di gomme forti? Sai, per l’alito…”
Non riuscii a reprimere un sorriso mentre scuotevo il capo e attraversavamo per raggiungere il chiosco che Haley aveva indicato, dall’altra parte della strada.
Pagai le gomme e proprio quando stavamo per camminare di nuovo Haley mi bloccò.
“Guarda, mamma!” disse afferrando un giornale appeso ai lati del chioschetto. “Questo non è quello che ha fatto quei film con te?”
Notai di sfuggita una foto di Rob in prima pagina e annuii distratta ma presto il mio sguardo fu attratto dall’enorme scritta che, stampata sulla sua faccia, diceva: PRESTO SPOSATI.
Strappai la rivista dalle mani di mia figlia e osservai ogni minimo particolare di quella copertina. Una foto di un suo primo piano, non sapevo dire se recente o meno, occupava la maggior parte dello spazio ma il resto era costernato da piccoli riquadri di lui in compagnia di una ragazza bionda. La stessa ragazza che mi era capitato di vedere quelle poche volte in cui non ero riuscita ad evitare il gossip su di lui, la stessa che aveva sostituito tutte le altre che entravano in casa sua, la stessa che mi aveva risposto al telefono sette anni prima.
Sette anni. Sette anni insieme.
Io e lui nemmeno ci eravamo arrivati a sette anni.
Mi sentii sprofondare mentre sfogliavo il giornale e leggevo una frase qua e là.
“…pare che lui si sia proposto nella romantica città di Parigi mentre…”
“…le nozze si terranno a Londra nella Chiesa di…”
“…la luna di miele prevede un romantico viaggio a…”
Ogni frase era un colpo al cuore, ogni piccolo dettaglio di quel matrimonio mi faceva salire la nausea. Dettagli, su una cosa così pura che non andrebbe condivisa con il mondo intero.
‘Quando ci sposeremo io e te, voglio che siamo solo noi e gli amici più intimi ovviamente. Voglio solo che stiamo tutti insieme. Voglio solo te. Voglio lasciare il mondo fuori.’
E ora quella stessa persona che voleva lasciare il mondo fuori lo stava lasciando entrare come se nulla fosse. Se io potevo solo aver dato l’impressione di essere cambiata, lui era cambiato davvero e sentii una grande rabbia crescere dentro di me.
Per quello che c’era stato tra noi, per come era finita, per come stava andando avanti così, senza di me, mentre io non riuscivo nemmeno a fare l’amore con qualcuno senza pensare a lui.
“Scusi, non può leggere il giornale senza comprarlo…” la voce annoiata del giornalaio richiamò la mia attenzione e, prima che potessi fermarmi, gli avevo messo in mano un dollaro e cinquanta.
“Perché l’hai comprato, mamma?”
“Cosa?”
“Il giornale. Tu non compri mai quelle riviste. Dici sempre che dicono un sacco di bugie.”
“E infatti è così. Ma ogni tanto fa bene leggere queste cose per rendersi conto di quello che si inventa la gente.”
“Però è vero che si sposa, no?”
“Sì. Penso proprio di sì.”
“Capisco.” Rispose camminando lentamente. “Allora, come mai vi siete lasciati?”
“Chi?”
“Tu e quel ragazzo. Stavate insieme, no?”
Mi bloccai sul posto e Haley si voltò a guardarmi.
“E tu come fai a saperlo?”
“L’ho visto su internet. Ci sono un sacco di foto di voi due insieme, mano nella mano e che vi baciate.”
“Oh…” sussurrai perdendo fiato per diversi secondi. “Devo proprio sequestrarti quell’i-pad uno di questi giorni. Non devi metterti a vedere queste cose, tesoro.”
“Sì, sì, okay. D’accordo. Ma perché vi siete lasciati allora?”
“Perché non andavamo più tanto d’accordo.”
Era il massimo che potevo dirle e, avendole detto la stessa cosa quando mi aveva posto la stessa domanda riguardo a suo padre, non potei fare a meno di chiedermi se Haley sapesse più di quanto mi lasciasse intendere.
“E quanto tempo siete stati insieme?”
Vaga, Kristen. Resta vaga. Ed era assurdo visto che, presto o tardi, avrebbe voluto davvero sapere chi era suo padre.
“Qualche anno…”
“Mamma, posso farti una domanda?” ribatté subito dopo e in quel momento trattenni il respiro pensando che avesse capito tutto.
“Certo.” Cercai di restare calma e la osservai mentre stringeva e sfregava tra le dita la collanina ormai sua.
“Questa te l’ha regalata il mio papà?”
Strinsi gli occhi cercando di capire quello che le passava per quella testolina, ma fu inutile. “Sì, me l’ha regalata lui.”
Lei annuì ancora e sperai vivamente che non mi chiedesse di nuovo il nome di suo padre. Me lo aveva chiesto una sola volta, circa tre o quattro anni prima e le avevo risposto, con titubanza, che si chiamava Thomas. Questo, ovviamente, prima di scoprire che mia figlia cercava su Google notizie su me e i miei passati fidanzati.
Se avesse scoperto che quello era il secondo nome di Robert non ci avrebbe messo nulla a collegare le cose.
Ma, d’altronde, non sarebbe stata poi una grande tragedia. Le probabilità che incontrasse Robert in un futuro prossimo erano alquanto remote. Avrei dovuto iniziare a preoccuparmi quando sarebbe stata grande abbastanza da prendere un aereo e volare magari a Londra per presentarsi alla casa di un presunto padre, per lo più sposato, che non sapeva della sua esistenza e la cui colpa, secondo le mie parole, era solo quella di vivere molto lontano.
Era tutto un gran casino. Prima o poi avrei dovuto raccontarle la verità, tutta la verità. Tutta quella verità che non avevo raccontato nemmeno a lui.
Prima o poi l’avrei fatto; prima o poi, forse prima di morire, avrei dovuto prendere il telefono e raccontarla anche a lui.
Per il momento ringraziai solo di essere arrivate davanti gli studi così da non darle tempo di esplorare la faccenda.
Haley sembrava abbastanza calma ma vedevo dagli occhi lucidi che era eccitata solo all’idea di stare per sostenere un provino. Entrammo e mi strinse forte la mano. Ricambiai e lei ricambiò ancora. Era un po’ un nostro strano modo di comunicare; far capire all’altra che siamo lì.
Mi sentii quasi disorientata camminando tra i diversi set e non sapendo dove andare. Infine chiedemmo informazioni e fummo indirizzate verso un corridoio da cui si intravedeva una fila medio-lunga di bambine tutte pressoché con le stesse caratteristiche e tutte estremamente agitate.
“Lei è…?”
Una ragazza, probabilmente assistente di Catherine o addetta al casting, mi apparve accanto in un secondo.
“Kristen Stewart” risposi scioccamente.
“Mmm… Abbiamo una Haley Stewart in lista…” mugugnò controllando un paio di volte.
“Sì, sì. Sono io! Kristen Stewart è mia mamma!”
Perfetto, mia figlia presentava me.
“Perfetto, piccola. Aspettate qui finché non chiamano.”
“Okay” rispose mia figlia tranquillissima mentre io, per qualche motivo, avevo bisogno di un bicchiere d’acqua e avevo anche un gran voglia di rivedere Catherine.
Ritorno alle origini in pieno stile.
“Amore, la mamma va a cercare la regista un attimo. Va bene se aspetti qui?”
Haley si guardò intorno e notò che molti dei bambini non erano esattamente attaccati ai genitori per cui, immaginai, si fece coraggio.
“Sì, okay. Aspetto qui ma torna subito.”
“Sicuro.”
Le baciai una guancia e andai in cerca di Catherine.
Chiesi informazioni di nuovo e mi dissero che era in riunione ma potevo aspettarla fuori.
E così feci. Mi sedetti sulla panca di legno e aspettai sperando che non ci mettesse molto. Lanciai un’occhiata alla borsa che, per essere pronta ad ogni evenienza, ero costretta a portare con me da quando avevo una figlia, e intravidi la rivista galeotta.
Ero quasi riuscita a rimuoverla dalla mia mente fino a quel momento. Ancora non riuscivo a credere che si stava davvero per sposare. Era come se la notizia non mi riguardasse, e in effetti avrebbe dovuto essere così ma per quanto cercassi di convincermi che potevano essere solo stronzate sapevo che tali dettagli non potevano essere inventati; e c’era un solo modo per scoprire quanto di tutto quello fosse vero.
Afferrai la rivista ma restò impigliata nel manico della borsa che cadde rovesciando per terra il contenuto. Raccolsi il portafogli, l’agenda, l’i-pod, il cellulare, le chiavi e lasciai la rivista a terra, in attesa di essere raccolta e, finalmente, letta.
Ma qualcuno mi aveva preceduta. Una mano mi tendeva la rivista e, alzando il capo, feci scattare i capelli all’indietro rivelando il mio viso mentre iniziavo a mormorare un grazie che mi morì in gola appena lo vidi.
Robert.
Era proprio lì, davanti i miei occhi. Le nostre espressioni erano uno lo specchio dell’altra, esattamente come tanti anni fa.
Non era cambiato di una virgola. Si portava semplicemente più grande ma gli anni che avevamo passato senza vederci erano nascosti dal sottile strato di barba che avevo sempre adorato su di lui, i capelli arruffati e sconvolti quasi come la prima volta in cui lo avevo visto, la bocca perfetta e gli occhi…
Quegli occhi stupendi mi fissavano sorpresi, sconvolti. Pieni di qualsiasi sentimento possibile.
Non sapevo da quanto tempo eravamo immobili in quella posizione; non riuscivo ancora a realizzare che fosse davvero a un passo da me e che le nostre dita quasi si sfioravano. Iniziai quasi a pensare di stare sognando quando vidi le sue labbra muoversi, impercettibilmente. E la sua voce, immutata dagli anni, pronunciò di nuovo il mio nome.


La FF è composta da cinque capitoli. L'aggiornamento sarà ogni cinque giorni per cui coprirà, più o meno, tutto il mese di Dicembre.
'Ogni battito del mio cuore' verrà postata domani, dopo di che con quella torniamo a Gennaio. 
(Non ci uccidete e abbiate pietà visto che è Natale anche per noi e vi lasciamo questa da godervi u.u).
Salvo imprevisti, aggiorneremo comunque le nostre FF singole ;)
Se vi va potete trovarci alla nostra pagina Facebook, insieme a un gruppo infinito di sclerate come noi u.u Non esitate ad aggiungerci :) Ci fa sempre piacere conoscere i nostri lettori per chiarire dubbi, spoilerare o anche solo per parlare.
Fateci sapere che ne pensate visto che stiamo tremando come due foglie dall'emozione *____*

Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

Ah, Cloe... Aspetto la tua recensione u.u Bahahahahaha
  

 

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Capitolo 2
*** for a long time ***


TP - cap 3 Girls, dire che le vostre 63 (!!) recensioni al primo capitolo sono state inaspettate e sconvolgenti è assolutamente riduttivo. Non pensavamo che la storia potesse avere una simile partenza col botto e...beh, vi ringraziamo dal profondo dei nostri cuoricini *-----*
Purtroppo non possiamo rispondere a molte delle domande che avete posto o vi daremmo degli spoiler troppo evidenti ahahah u__u. Spesso siamo volutamente un pò criptiche perchè ogni cosa deve essere rivelata al momento giusto ;) 
Una cosa però ci tenevamo a precisarla. Quando Kris lascia Rob non sa di essere incinta, quindi quello non è il motivo. (Il vero motivo è una di quelle cose che scoprirete a momento debito u.u). E poi, come detto, quando cerca di riavvicinarsi a Rob e dirgli della gravidanza vede che lui è sereno e felice con un'altra e quindi.., quindi rinuncia. Atteggiamento criticabile ma cercate di capire Kris, soprattutto perchè aveva i suoi buoni motivi u.u ve lo garantiamo :)...(sempre tutto scoperto a tempo debito u.u)
Detto questo.... vi lasciamo al capitolo 2, sperando che la storia continui ad intrigarvi. Pronte per un salto nella mente di Rob?? ;)

Ci si risente fra cinque giorni,
Cloe&Fio

PS: Anche qui abbiamo un piccolo 
suggerimento musicale 





Capitolo 2

for a long time
 
POV Robert

“Kristen..”
E per quelli che dovevano essere i successivi 30 secondi non ebbi la forza di dire altro. Trenta secondi, trenta minuti, trent’anni..
A quel punto non capivo più neppure la differenza. Era come se il tempo si fosse cristallizzato ruotando intorno al viso della donna che mi stava davanti e lo scorrere avesse perso ogni tipo di logica o senso.
Il viso di una donna che un tempo avrei detto di conoscere bene, forse più di me stesso.
Teneva i capelli sciolti sulle spalle, lunghi e lisci come li aveva sempre portati e sembrava..sembrava sempre la stessa. Anche se erano passati..
Sette anni.
Sette anni?
Erano davvero passati sette anni da quando l’avevo vista l’ultima volta faccia a faccia?
Il primo, impulsivo, irrazionale istinto fu quello di sorriderle. Era l’istinto che la ricollegava a tutti i bei ricordi, ai momenti felici, ai baci, alle pause sul set, al suo profumo, al mio cuore che batteva per lei.
Inutile dire che quell’istinto si spense nell’istante in cui i miei occhi si spostarono nei suoi. Spalancati, impauriti della mia reazione, verdi e freddi. Gli stessi occhi con cui lo aveva massacrato, il mio cuore.
“E tu che ci fai qui?”
Le parole mi uscirono naturali, così come naturale fu il fare un piccolo ma rapido passo indietro e lasciare cadere la rivista nel palmo della sua mano aperta. Non l’avrei sfiorata. No, non avevo alcuna intenzione di farlo.
Nonostante facesse male i miei occhi non riuscivano a smettere di fissarla e di catturare ogni singolo gesto o reazione. Si passò la lingua veloce sulle labbra, le guance le si tinsero di rosa, le palpebre sbatterono decine di volte, il respiro divenne affrettato..
E io non smettevo di fissarla.
Perché non smettevo di fissarla?
E perché lei non smetteva di fare altrettanto?
Perché il mio cervello continuava a registrare i suoi piccoli, impercettibili movimenti come se non fosse passato neppure un giorno dall’ultima volta che ne era stato a contatto?
Qualcuno rise con forza poco distante e mi aggrappai a quel suono per sfuggire a qualunque cosa fosse quello strano momento. Distolsi lo sguardo, e mi fece male. Ma non tanto quanto me ne aveva fatto vedere lei.
“Io..” aggrottò le sopraciglia. Sembrava quasi che le parole le mancassero totalmente. Si guardò nervosamente attorno e mi parve un animale in gabbia.
Completamente terrorizzata.
E non era poi così assurdo che si comportasse a quel modo. Negli ultimi anni era completamente scomparsa. Insomma, lavorava e, nell’ambiente cinematografico, era molto conosciuta ma viveva a Vancouver e raramente partecipava ad eventi mondani. Ciò che sapevo era che passava la maggior parte del tempo a scrivere e..con sua figlia.
Deglutii, cercando di schiarire la mente.
Lei aveva la sua vita, io avevo la mia vita e il passato era esattamente quello. Passato.
“Voglio dire è..”
E’ bello rivederti?
Dopo quello che era successo non sembrava affatto la frase più appropriata da dire e neppure la più sincera.
“Sì è..” anche lei trascinò la frase e capii che, se non fossi intervenuto io, saremmo rimasti lì tutto il santo giorno.
“Lavori alla produzione del film?”
Mentre dicevo quelle parole sentii le viscere contorcersi. Non avrei mai accettato neppure di presentarmi a quel provino se avessi saputo che lei..
D’altra parte, però, il pensiero di lavorare ancora con Kris non mi fece scattare quell’angoscia che mi ero immaginato avrei provato. Il che era assurdo.
Avrei dovuto mettermi a correre il più lontano possibile da lì. Anzi, avrei dovuto scattare non appena i miei occhi si erano posati nei suoi e, invece, ero ancora lì come un grande idiota..
“No” abbozzò un piccolo sorriso che non sembrava affatto sincero “In realtà non so se sai che ho una figlia..e..lei, insomma non è che sia eccitata dalla cosa ma si è appassionata alla recitazione e quando l’ho detto a Catherine, lei..una cosa tira l’altra e..uhm.. Nemmeno io sapevo che tu fossi coinvolto o..”
“Sì, beh..uhm..Catherine ha detto che ero perfetto e ha insistito per mesi, così..”
Se quello era un qualche tentativo della nostra vecchia ‘amica’ di farci tornare a lavorare insieme, io..
“Se lo avessi saputo..”
Cosa?
Non si sarebbe presentata?
Il ricordo di ciò che era stato fra noi, dell’umiliazione, del dolore era ancora troppo vivido?
Sì..
Per me, almeno, lo era di certo.
“Beh io..devo sai..vado a rivedere la scena che dobbiamo..”
“Certo, certo” annuì veloce “Ci vediamo allora”
Scappò via così veloce che non ebbi il tempo di salutarla. Non che la mia mente avesse la capacità residua di farlo o..
Sentii l’impellente necessità di rimanere da solo anche solo per un paio di minuti. Infilai il copione in tasca e più velocemente possibile mi misi a correre verso il bagno. Era vuoto e non persi tempo ad infilarmi in uno dei cubicoli.
Cercai di respirare e di trovare la coerenza, il senso..in tutto ciò che era appena successo. Ma un senso non ce l’aveva. In quegli anni mi ero così tanto convinto che lei  fosse fuori dalla mia vita per sempre, che non l’avrei mai più rivista, che ora..ora mi sembrava di vivere un sogno.
Un incubo.
Un sogno..
No, un incubo. Un incubo.
Eppure, mentre chiudevo gli occhi e appoggiavo la fronte al muro, tutto ciò a cui pensavo non mi procurava orrore. Per niente.
Gli anni erano stati davvero gentili con lei:si era trasformata da una bella ragazza a una donna..spettacolare. I contorni del suo volto erano più definiti, gli zigomi sembravano più alti ed eleganti, la bocca più piena. Emanava un fascino sottile anche mentre mi guardava spaurita ed imbarazzata.
E un’ondata di rabbia montò in me, bianca, ribollente, quasi traboccante, prima che riuscissi ad arginarla. Quella forza improvvisa mi aveva colto di sorpresa. Erano anni che mi sforzavo di seppellire le mie emozioni e di controllare il mio carattere, il dolore e l’odio, e l’assurdo am..
No, l’assurdo affetto che una parte di me ancora provava per lei.
Avevo decisamente bisogno di calmarmi e c’era una sola persona che era in grado di farlo quando mi sentivo perso come, nel corso degli ultimi anni, ero stato spesso.
La linea squillò per così tanto tempo che quasi temetti che non avrebbe risposto.
No, avevo bisogno di parlare.
Ti prego, ti prego, ti prego..
“Pronto?”
“Era lì. Sono venuto al provino e lei era lì. Non l’ho riconosciuta subito ma quando le è caduta la rivista e io mi sono chinata a raccoglierla e lei si è alzata e..” mi passai una mano fra i capelli. Le parole mi uscivano sconclusionate ma non riuscivo a dar loro un senso logico neppure sforzandomi. “Ed era sempre la stessa ma..diversa. Più grande e più..più bella.”
Sentii Tom sospirare. “Rob ti ha dato di volta il cervello? Ok che non la vedi da un po’ di tempo ma non credo che tutti questi cambiamenti siano possibili in sette..”
“E invece sì! Mi si è bloccato il respiro non appena l’ho vista ed eravamo così vicini che potevo sentire il suo respiro sulla faccia e..”
“Beh, che c’è?” Tom sembrava quasi divertito “L’hai baciata?”
“Cosa?” esclamai
Ma si era bevuto il cervello?
“No, no che non l’ho baciata! Ero sorpreso e scioccato!”
“Beh, ma è stata una bella sorpresa no?”
Fissai allibito la porta davanti a me.
“Tom ma sei scemo?”
“Rob, è la tua fidanzata, vi sposate fra meno di un mese…sei scemo tu? Ok ti ha fatto una sorpresa ed è venuta a darti supporto al provino e so che quando ami qualcuno anche sette giorni lontani sembrano anni e sei felice ma..ma non esagerare ok?” borbottò lui “Oltretutto stavo mangiando e mi hai fatto andare di traverso il panino. Ah ho anche iniziato a scrivere il mio discorso da testimone..ahah ti dico solo che ci sarà da ridere.”
Mi morsi il labbro, alzai gli occhi al cielo, e presi un lungo sospiro. Aveva frainteso tutto. Ovvio, non mi ero spiegato, non..
“Tom non ho visto Shelby al provino. Lei è ancora a New York”
“E allora chi hai visto?”
“Kristen” mormorai “Ho visto Kristen”
Mi bastò il silenzio seguito dal suono di vetro infranto che avvertii dall’altra parte  per capire che Tom, in quel momento, doveva avere un’espressione molto simile alla mia di pochi minuti prima.
“Kristen?”
“Già..”
“Stewart? La nostra Kristen?”
Avrei tanto voluto dirgli che non era quella Kristen ma..
“Sì..”
La nostra Kristen..
“Cazzo” disse solo “Cazzo”
“Sì, beh..” mi bloccai quando sentii l’avviso di un'altra chiamata in arrivo. “Aspetta in linea un secondo”
Quando aprii l’altra conversazione sentii una voce famigliare tanto quella di Tom salutarmi.
“Amore!”
Per un attimo sussultai al tono allegro, gioviale e felice di Shelby ma subito mi ripresi. Dopotutto era una delle qualità che più amavo in lei. Era sempre stata così, solare e vivace, fin dal primo giorno in cui l’avevo conosciuta sul set, sette anni prima. Io che dovevo interpretare Jeff Buckley e..e non mi era stato affatto difficile calarmi nel personaggio. Non mi era stato difficile recitare la parte di un artista tormentato, depresso, infelice.
Mi bastava essere me stesso. Da quando era finita con Kristen mi ero chiuso in me stesso e non avevo lasciato a nessuno il permesso di aiutarmi, di entrare di nuovo nel mio cuore a lenire il dolore. Solo Tom di tanto in tanto, ma non era facile. Non quando lui aveva sofferto tanto quanto me quando lei ci aveva abbandonati.
E Shelby era stata letteralmente la mia boccata d’aria fresca; con la sua gioia di vivere e la sua spensieratezza mi aveva riportato ad avere un’esistenza quasi normale. Le dovevo tanto..tutto.
Mi aveva aiutato ad uscire dalla mia folle, ridicola idea di amore e destino a cui ero rimasto aggrappato per anni. Per quanto tempo avevo sperato che lei tornasse da me? Che il fato, Dio o qualunque altra cose ci fosse lassù ci avrebbe riportati insieme? Perché io l’avrei sempre perdonata se lei fosse tornata e, per mesi, avevo pregato che lo avrebbe fatto.
Ma, poi, con Shelby, avevo capito una cosa fondamentale. Avevo capito che Kristen non sarebbe tornata mai. E avevo anche capito che, forse, essere felici in qualche modo, anche solo un pochino, era meglio che soffrire per qualcuno che non avremmo mai potuto avere.
“Rob, mi ascolti?”
“Sì, sì..scusa”
“Tutto bene? Sembri strano”
“No, è che..” mi trattenni dall’impulso di raccontarle tutto. In fondo non c’era nulla da raccontare e, a poche settimane dal matrimonio, tirare fuori lo spettro della mia ex fidanzata, con cui ancora doveva convivere grazie alla stampa, era inutile. Inutile ed assurdo. “E’ solo che mi manchi”
Sentii una strana stretta al cuore mentre mi rendevo conto che quella era in parte una bugia. Era una settimana che non ci vedevamo visto che io ero bloccato a Los Angeles e lei a New York per i costumi di un film d’epoca e..e  mi era mancata.
In un certo senso.
Mi era mancata come mi mancavano i miei genitori, come mi mancava Tom; mi mancava come mi mancavano gli amici. Mi mancava soprattutto l’effetto rilassante e rinvigorente che mi dava il suo spirito.
“Oh mi manchi anche tu! Ma devo dire che mi sto divertendo. Quanto amo il mio lavoro quando si tratta di film d’epoca e posso lavorare con pizzi, merletti e decine di bellissimi costumi!” sospirò “Ah, volevo soprattutto dirti di chiamare tua madre quando puoi. Il prete ha qualche problema coi certificati o qualcosa del genere”
“Certo, certo. Senti devo lasciarti adesso. Tra poco ho un provino.”
“Okay” mormorò dolce “Ti amo tanto. E non vedo l’ora di essere tua moglie”
“Ti amo anche io”
Ed era vero. La amavo, ma dirle che contavo i minuti che mi separavano dal diventare suo marito sarebbe stata una bugia e a lei non ne avevo mai raccontate. Era solo che il matrimonio con Shelby era arrivato come una cosa logica e sensata, non come uno di quei momenti di puro e totale amore rivelatore. Dopo anni insieme era giusto compiere quel passo e sapevo che, con lei, sarei stato al sicuro e felice..
Sì..
Cambiai linea senza riuscire a trattenere una sorta di gemito.
“Tom devo scappare.”
“Ok, senti..vorrei sapere cosa dire per..”
Sapevo esattamente come si sentiva: non c’era assolutamente nulla da dire.
“Non fa niente, va bene così”
“E’ invece non va affatto bene così. Insomma non è giusto che dopo tutto quello che hai passato, proprio ora..” si interruppe come se stesse cercando le parole giuste “Senti, se ti capita di parlarle dille che..insomma dille che la..No, lascia stare. Non dirle nulla.”
Riagganciai e uscii dal bagno. Avevo sperato che parlare con Tom mi avrebbe aiutato ma la realtà era che non mi aveva fatto per nulla bene e, soprattutto, sapevo di aver riaperto una vecchia ferita anche per Tom.
Ritornai piano nel corridoio, guardandomi attorno alla sua ricerca. Mi fermai quando la vidi distante nella stanza a parlare con Catherine e, nonostante tutto, non potei non guardarla rapito. La stoffa della sua maglietta rendeva i suoi occhi verdi quasi grigi nella luce, quel colore inconfondibile anche a distanza. Dio, perché ogni volta che la guardavo mi sembrava sempre più bella?
E io mi stavo per sposare e quei pensieri, anche se non avrebbero portato a nulla, erano sbagliati. Sbagliati nei confronti di Shelby e della promessa che avevo fatto a me stesso sette anni prima: cancellare Kristen dalla mia vita in ogni modo.
E forse..forse anche fare quel provino era un grande errore. Se la figlia di Kris fosse stata presa e anche io..
No, dovevo andarmene da lì il prima possibile. Dopotutto era solo un film, uno stupido film come tanti altri e non ne valeva la pena.
Proprio nel momento in cui stavo per voltare le spalle al mio passato ed andarmene dall’edificio apparve una ragazza con una bambina a fianco. Erano prese da una conversazione piuttosto animata e non si accorsero della mia presenza così vicina. La giovane le servì un bicchiere d’acqua.
“Allora, sei nervosa?”
Vidi la piccola scuotere il capo da dietro. “No, eccitata. Mamma Kris sta parlando con la  regista. Mamma è più nervosa di me, mi sa”
Rise e capii.
Mamma Kris.
La figlia di Kristen..
Potevo vedere solo i suoi capelli biondi ma ci fu qualcosa..una sorta di attrazione. Un istinto primordiale mi spinse ad avvicinarmi di un passo. Era alta per la sua età, riflettei.
La ragazza, che riconobbi come una delle assistenti di Catherine, si accorse di me e mi sorrise. Attesi con il cuore in gola finchè anche la bimba si voltò, offrendomi da vicino la vista del suo volto.
Il fiato mi uscì di colpo dai polmoni, come se fossi stato colpito con forza allo stomaco.
Rimasi a fissarla , immobile come una statua, mentre la mia mente viaggiava a cento allora.
Quella era..
No, non poteva essere vero.
Eppure la prima cosa che avevo  pensato non appena i suoi occhi verde acqua si erano postai su di me era stata: quando ho avuto una figlia?
E soprattutto: quando ho avuto una figlia con Kristen?
No, no.
Kristen aveva una figlia. Una figlia con un altro uomo.
Con James o..o con qualcuno che io non conoscevo..
“Ciao” mi sorrise, dolcissima. “Ciao”
Il suo sorriso, i suoi occhi, le sue fossette..
Una parte di me voleva davvero risponderle ma l’altra parte era troppo presa ad analizzare la sua figura, il suo volto, il..
“Haley, forse è il caso che andiamo dalla mamma. Credo che il provino stia per iniziare”
Il sangue mi rimbombò nelle orecchie mentre guardavo l’assistente che spingeva con delicatezza mia figlia dall’altra parte della sala.
Mia figlia?
Mia figlia!
Nel farlo, notai uno scintillio sulla stoffa della sua maglietta.
Il ciondolo. Il mio ciondolo. Il nostro infinito..
Per sempre Kristen, come il nostro amore..
 “Haley..”
Quella parola mi uscì come un flebile sussurro.
Haley.
Un ricordo mi attraversò la mente come un lampo.
“Facciamo una cosa tipo Renesme. Un mix dei nomi delle nostre mamme” Kris mi baciò la guancia e sprofondò il volto sul cuscino al mio fianco.”Mmmm, vediamo. Julere? Clailes?”
Risi forte, metà divertito, metà orripilato. “Kris, non sei nemmeno incinta”
“E non è neppure nei miei piani più prossimi ma meglio portarsi avanti. Queste sono scelte che richiedono tempo.” Ribattè.
“Quindi se è maschio come lo chiamiamo?” risi “Johnard? Ahaha Kris è ridicolo.”
Scosse le spalle. “E’ inutile pensare ad un nome da maschio. Avremo una bambina”
La strinsi leggermente a me, affondando il volto fra i suoi capelli. Un giorno avremmo avuto una famiglia tutta nostra. Ci saremmo sposati, avremmo trovato una casa e saremmo rimasti insieme per sempre.
“A me piace Claire, Amy…Haley.” Ammisi un po’ imbarazzato dal fatto che avevo già immaginato molte volte i nostri figli.
Il suo volto scattò verso l’alto, meravigliato. “Haley. Haley Stewart Pattinson. E’..è perfetto”
“E lo saranno anche I nostri bambini”
Annuì. “Sì, lo saranno”
Si accoccolò su di me e mai come in quel momento sentii che lei era il mio futuro, la mia famiglia..
Haley.
Le aveva dato il nostro nome, il nome che, per scherzo, avevamo scelto insieme per la nostra futura ipotetica bambina. Eppure lei mi aveva tradito e abbandonato e..
“Rob. Terra chiama Rob” Catherine mi battè sulla spalla con forza “Non ho tutto il giorno, sai? Sarai anche uno dei miei protetti ma non ti aspetterai mica un trattamento speciale vero?”
Rise forte, probabilmente pensando che  l’avrei seguita a ruota, ma non lo feci ovviamente. Non c’era niente per cui ridere. Niente..
“Rob non mi sembra che tu stia bene”
Parlai nonostante la gola così secca che sentivo la pelle bruciare.
“Haley..”
Quando Catherine non rispose alzai gli occhi per guardarla. Si mordicchiò il labbro, si passò la mano fra i lunghi capelli biondi ed evitò accuratamente i miei occhi per parecchi secondi.
“Tu lo..tu lo..”
Scosse le spalle. “L’ho vista oggi per la prima volta Rob. E il mio motto è ancora: non fare domande se sai che non otterrai una risposta sincera.”
Mentre Catherine concludeva la sua frase spostai lo sguardo oltre il suo corpo e in un secondo incontrai gli occhi verdi di Kris spalancati dalla paura. Mi fissavano, terrorizzati, immobili, angosciati. Si abbassarono per un attimo sulle sue mani che stringevano convulsamente le esili spalle di Haley. La piccola si guardava intorno, tranquilla, ignara, finchè anche i suoi occhi verdi non si posarono su di me. Agitò una mano in segno di saluto e avrei voluto tanto avere la forza di ricambiare il gesto, ma rimasi immobile e paralizzato.
“Rob se non te la senti più, io..”
“No” incredibile come quella voce non mi sembrasse più nemmeno la mia “No, andiamo”
Abbassai lo sguardo e, facendolo, mi resi conto di aver stretto così forte che le unghie mi si erano conficcate nel palmo. Sanguinavo leggermente eppure non sentivo alcun dolore, se non una grande e cocente rabbia.
Iniziai a muovermi verso di loro proprio mentre la stessa assistente di prima prendeva Haley per mano e la conduceva al centro del piccolo palco mentre gli altri prendevano posto nelle sedie davanti a noi.
Quando mi ritrovai accanto a lei riuscii quasi a sentire il calore del suo corpicino; era così eccitata che saltellava impaziente di cominciare e io non riuscivo a smettere di fissarla estasiato.
Mi sembrava così identica a me, così..
Eppure una parte di me ancora si rifiutava di crederlo del tutto. Kris non mi avrebbe mai fatto questo.
La mia Kris non avrebbe mai fatto questo, pensai, La Kris degli ultimi giorni insieme, invece..
Quella Kris neppure sapevo chi fosse.
“Ehi” Haley mi tirò la manica della camicia “Ciao eh! E’ già la terza volta che ti saluto ma non mi rispondi.”
“Io..io..” non sapevo cosa dire perciò optai per la cosa più ovvia e scontata “Ciao”
Lei rise. “Ciao”
“Ok, allora quando volete potete cominciare con le vostre battute” ci disse Catherine.
Cercai di concentrarmi sulla scena che avrei dovuto recitare con lei e quasi mi parve un macabro, crudele scherzo del destino quando mi ricordai che era una scena tra padre e figlia.
“Guarda papà, un nido abbandonato! Qui dovevano esserci degli uccellini e..”
Haley iniziò a recitare la sua parte piano e anche io dovetti fare lo stesso ma la verità era che fu come vivere una sorta di esperienza extracorporea. Ero lì, la mia bocca parlava, le mie mani gesticolavano ma..
Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era la bambina di fronte a me e la donna che se ne stava seduta da qualche parte e che non avevo il coraggio di guardare. Perché se..se..
“Ehi..psss ehi..tocca a te..”
Mi riscossi quando Haley mi fissò e mi fece l’occhiolino.
“Tocca a te” ribadì in un sussurro e mi resi conto che era arrivato il momento della scena finale.
Un padre che si riuniva alla propria figlia.
Ironico. O catartico. Dipendeva dai punti di vista.
Mi inginocchiai di fronte a lei e abbracciarla fu più naturale di quanto mai avessi potuto pensare. I suoi capelli avevano un buon profumo e il suo corpicino caldo mi confortava.
“Io..ti..ti voglio bene piccola. Ti voglio bene”
Rise, staccandosi e dandomi un bacino sulla guancia, come da copione. “Anche io papà. E ora che ti ho ritrovato non ti lascerò mai più. Mai. Mai più”
 
 
 
“Dimmi che non è vero”
Chiusi la porta alle mie spalle. Nel guardaroba eravamo solo io e lei e anche se, forse, avrei dovuto andarci piano e fare un lungo giro di parole, semplicemente non potei farlo.
Rimase per qualche secondo bloccata, prima di finire di infilarsi il cappotto. Scosse il capo, facendo ricadere i lunghi capelli castani sulle spalle.
“Di che parli?”
La voce era ferma, ma colsi anche una punta di esitazione che mi fece incalzare.
“Lo sai di cosa parlo”
I suoi occhi si abbassarono, fissi sulle sue insostituibili converse e le dita strinsero la stoffa della giacca. E, se la conoscevo abbastanza, sapevo esattamente cosa avrebbe fatto adesso..
Tornò a guardarmi col sorriso più finto sulle labbra.
“E’ stato bello rivederti Rob”
Scappare, scappare e ancora scappare.
Quando aveva paura tutto ciò che faceva era scappare. Da tutto, da me, da chi amava.
Osservai con attenzione le sue palpebre. Ogni singola volta che mi mentiva le sbatteva tre volte.
Una..
Due..
Tre..
Giocava nervosamente coi capelli, sfuggiva il mio sguardo..
Prima che potessi rendermi davvero conto di ciò che facevo le afferrai il braccio e la spinsi contro la parete.
“Questa volta non ti lascio andare via. Non con qualcosa che è mio quanto tuo”
Scattò sulla difensiva immediatamente. “Non so di cosa..”
“Smettila!”
Sobbalzò quando sbattei il pugno contro il muro.
I miei occhi erano incollati ai suoi e i nostri respiri così vicini che l’aria si mescolava e condensava insieme.
“Te lo chiederò una volta e voglio.. pretendo la verità.” Sussurrai “Lei..Haley è..è mia??”
I suoi occhi corsero dal mio viso alla stanza vuota intorno a noi. Poi si abbassarono sulla sua borsa e, col braccio libero, estrasse la stessa cosa che meno di due ore prima le avevo raccolto dal pavimento.
La rivista People con me e Shelby in prima pagina.
Deglutì mentre me la metteva fra le mani e si scuoteva dalla mia presa.
“Sii felice Rob. Te lo meriti. Sii felice”
Rimasi paralizzato davanti a lei, la rabbia che usciva da me a ondate.
Era un’ammissione quella?
Era un cazzo di ‘sì Rob ti ho tenuta nascosta una figlia per sette anni’ o cos’altro?
“Kisten ti giuro su Dio che se..”
“Mamma?”
Feci istintivamente un passo indietro, voltandomi, quando sentii la voce della piccola Haley e la vidi che ci fissava confusa. Si avvicinò subito a Kris, protettiva.
“Tutto bene, mami?”
“Sì, sì. Hai salutato Catherine?”
Haley annuì, felice. “Sì, ha detto che sono stata molto brava e che io e Rob siamo perfetti insieme! Secondo te avrò la parte? Magari divento famosa come te e poi faccio anche io un film sui vampiri!”
“Magari tesoro, magari” la voce di kris era spezzata mentre io cercavo ancora di decifrare le sue frasi criptiche di pochi minuti prima. “Perché non vai a prendere il tuo cappotto così ce ne torniamo in hotel?”
“No”
“No”
Io ed Haley parlammo contemporaneamente ma fu lei a continuare. “Facciamo un giro.”
“No Haley” tagliò corto Kristen “Saluta Robert che ce ne torniamo in hotel”
Quella frase, quella semplice frase, mi fece infuriare.
Robert. Come se non fossi nessuno, come se non avessi alcun diritto..
“Haley metti il cappotto” dissi “Porto te e la mamma a prendere un bel gelato”
I suoi occhi si illuminarono, vivaci più che mai. “Davvero?”
“Sì, dai, metti il cappotto”
“Ok, lo cerco”
Si allontanò di qualche metro alla ricerca del giubbotto e kris si avvicinò a me, occhi spalancati e sguardo angosciato.
“Che stai facendo? Che stai..”
“Rispondi alla domanda di prima. Rispondimi”
“Io..” esitò affondando i denti sul labbro. Il cuore mi esplose nel petto mentre una piccola lacrima le rigava il viso. “So che non vale molto ma..ma mi dispiace”
Posso con tutta sincerità dire che, in quel secondo, mi sentii morire. Perché una parte di me avrebbe voluto che lei dicesse che ero pazzo e che quella bambina non era mia; volevo che mi dicesse che la Kristen che conoscevo era ancora lì dentro da qualche parte e che lei non avrebbe mai potuto farmi una cosa simile.
Scosse il capo. “Lei non lo sa, non sa niente, niente, non..”
“Sono pronta, vestita, imbacuccata” strillò Haley “Andiamo. Mmm ho voglia di banana split. Dite che la fanno anche se è pieno inverno?”
La sua domanda fu accolta solo da silenzio.
“Ehi ma siete morti? Dite che la fanno?”
Non so dove trovai la forza di sorridere a mia figlia e chinarmi davanti a lei.
Mia figlia..
Mia..
Sembrava tutto così surreale, così..
“Ehi” passò la mano davanti al mio viso “Ci sei?”
“Io..io conosco un posto dove la fanno buona” balbettai. “Vieni”
“Che bello! La voglio con triplo cioccolato: fondente, al latte e bianco. Vieni mamma”
Ci precedette come una scheggia fuori dalla porta. Kris mi passò accanto e quando sfiorò il mio braccio mi ritrassi di scatto.
“Rob..”
Potevo sentire dalla sua voce che doveva avere gli occhi carichi di lacrime ma non la guardai. Non potevo né volevo farlo. Uscii tentando di ignorarla.
Il viaggio in taxi fu strano.
Io e kris eravamo seduti accanto ai finestrini mentre Haley era in mezzo a noi ed era tutto ciò che faceva andare la conversazione.
In realtà era lei la sola che stesse davvero conversando.
Parlava e si rispondeva da sola, sporgendosi il più possibile fuori dal finestrino per vedere la città.
Quando arrivammo al ‘Bananarama’ Haley era ancora in piena attività ed eccitazione, che aumentarono quando entrammo nel negozio colorato e luccicante. Non appena occupammo uno dei tavoli sul fondo, però, seppi istantaneamente di aver fatto una grande sciocchezza. Erano anni che non entravo in quella gelateria e il motivo fondamentale era Kris. Era stata lei a portarmi lì la prima volta, quasi dieci anni prima.
Haley aprì il menù, facendo scorrere il suo ditino lungo la lista.
“E posso metterci quello che voglio come decorazione? Le palline colorate? O le codine rosa?Mmm però costa dieci dollari con tutto” aggrottò le sopracciglia e si mise a contare con le dita “Sono tanti soldi per un gelato. Ce l’hanno insegnato a scuola a contarli”
“Puoi prendere quello che vuoi. Pago io, prendi tutto..tutto quello che vuoi”.
“Ok, grazie, grazie davvero”
Era così educata, così..
“Mamma tu vuoi qualcosa?”
Percepii con la visione periferica il volto di Kristen alzarsi e guardarci attentamente.
“Mami hai tutti gli occhi rossi..”
“Sì, non mi ..sento tanto bene” balbettò ma non alzai gli occhi per guardarla “Vado in bagno. Voi mangiate il gelato con calma, ok?”
“Ok, però chiamami se stai male”
Kris diede un bacio ad Haley prima di fuggire dal nostro tavolo più velocemente possibile. La bambina la guardò allontanarsi preoccupata e ordinai la coppa più grossa di banana split per distrarla. Sembrò funzionare perché, quando tornò a guardarmi, la preoccupazione era sparita dal suo sguardo, lasciando posto alla curiosità.
E, da parte mia, all’ansia.
Ero solo con mia figlia, perché ormai ero certo che lei lo fosse, per la prima volta nella mia vita e..cosa ci saremmo detti?
Quella preoccupazione, però, si rivelò subito assurda quando Haley prese in mano le redini della conversazione.
“Tu e la mamma avete fatto un film sui vampiri insieme, vero?”
“Ehm..sì. parecchi anni fa”
“Li ho visti. Tutti e cinque” esclamò eccitata “La mamma però non voleva ma io l’ho chiesto alla baby-sitter e me li ha fatti vedere. Lei dice che sei super figo”
“Oh..” risi, imbarazzato.
“Però io non penso che sei figo” si bloccò quando arrivò la nostra coppa e mi passò un cucchiaino, affondando il suo e prendendone un boccone “Cioè sei bello, ma sei il mio papà, no?”
Quasi mi strozzai col gelato.
Il suo..
Kris aveva detto che non sapeva nulla, che..
“Nel film” precisò inghiottendo e poi arrossì “Certo, non so se mi prendono. Catherine sembra simpatica ma ci sono tante bambine più brave di me sicuramente.”
“No, tu sei stata bravissima. Sei bellissima e..”
Oddio avrei voluto abbracciarla e dirle che le volevo bene e..
Come si poteva già provare un sentimento simile verso qualcuno che si conosceva da poche ore? Sapevo che il legame con un figlio era forte sin da subito ma lei era..era perfetta al di là di ogni possibile descrizione per me.
In quel momento si sporse per leccare una goccia di cioccolata e il ciondolo che avevo notato prima le uscì dalla maglia. Afferrai l’occasione al volo anche se, ormai, i dubbi sulla mia paternità erano appesi ad un filo sempre più flebile.
“Bella collana”
“Mmm, sì. Me l’ha regalata la mamma. Gliel’aveva data il mio papà prima che ci lasciasse”
Alle sue parole questa volta lasciai davvero cadere il cucchiaino sul tavolo. Sbattè con un rumore assordante.
Potevo arrivare a credere che lei fosse mia, potevo credere di non aver mai conosciuto davvero Kristen, potevo credere persino che una persona potesse vivere sette anni con un segreto simile, ma ..lei non poteva averle mentito facendo cadere tutta la colpa su di me.
Non dopo quello che mi aveva fatto.
“Non..non conosci il tuo papà?”
“No” abbassò gli occhi, intristita “Mamma dice che lavora lontano e che non può venire ma..ma io penso che non voglia. Tutti gli anni mamma dice che uno dei regali che ho ricevuto a Natale è da parte di papà ma io lo so che è una bugia e che me l’ha comprato lei”
I pugni mi si strinsero automaticamente sul linoleum grigio del tavolo.
“Haley, quando sei nata?”
“13 Luglio” rispose “Del 2014”
Combaciava..
Tutto combaciava alla perfezione, se ancora avessi avuto dei dubbi.
Ma, ormai, non ne avevo.
Lei era mia figlia. Mia.
“Haley, amore, si sta facendo tardi” Kristen si materializzò al nostro fianco in un lampo, come se avesse aspettato apposta la fine del gelato e della nostra conversazione. “Ringrazia Rob, che ce ne andiamo. Ho già chiamato un taxi”
E io le lasciai andare.
Abbracciai Haley ed ignorai Kristen. E le lasciai andare.
Ma bastò un’occhiata veloce rivolta a Kristen per farle capire che era solo un gesto momentaneo. Non avrei mai lasciato andare via quella bambina.
“Siamo al Charlie Hotel. Haley di solito dorme per le dieci..”
Arrivai all’hotel con dieci minuti di anticipo, dopo un pomeriggio passato a fissare quasi interamente il vuoto, e dovetti impiegare ogni grammo di forza residua per non prestare attenzione all’ambiente che mi circondava. Pieno di ricordi, di passato, di..di noi.
Quando bussai alla porta della suite non potei non chiedermi perché lo avesse fatto. Perché quell’hotel? Perché quella stanza? Voleva farsi del male? Voleva farne a me? Beh, se quella era la sua intenzione, ci stava riuscendo come mai prima.
Aprì la porta. Gli occhi rossi e gonfi, i capelli in disordine, gli stessi abiti del pomeriggio.
Vederla in quello stato non mi fece niente. Anzi, forse una parte di me fu felice di vederla così distrutta e a pezzi perché la sua bugia era stata smascherata.
“Dorme” mormorò evitando il mio sguardo e facendomi entrare. “Andiamo di là. Fuori, sul terrazzo”
La seguii, fissandomi le scarpe, senza guardarmi intorno, finchè non avvertii l’aria fresca della sera; dopotutto eravamo pur sempre a Los Angeles e lì non era mai freddo, neppure in pieno Dicembre.
Si appoggiò alla balaustra e in silenzio fissò il cielo.
E più rimaneva in silenzio , più il mio rancore aumentava.
“Vuoi davvero che sia io? Davvero devo essere io a dire qualcosa?” sbottai.
“Io..” prese un lungo respiro e mi guardò. Una lacrima le scese lungo una guancia e, ancora una volta, non sentii nulla. La rabbia copriva tutto il resto. “Potrei dirti che mi dispiace. Ed è così, anche se so che.. che non vale molto..”
“No, hai ragione. Non vale. Detto da te poi non vale niente” mi veniva quasi da ridere in modo assurdo “Ti dispiace..ti dispiace? No. La sai la verità? La sola cosa di cui sei dispiaciuta è che io l’abbia scoperto. Tu..tu pensi solo a te stessa  e lo hai sempre fatto.”
Scosse il capo mentre altre calde lacrime le colavano lungo le guance. “Tu non..non puoi capire. Ho fatto tanti errori ma volevo solo proteggerti e proteggere lei..”
“Proteggermi?” risposi sarcastico “Proteggerla? Da chi? Da me?”
“Tu devi capire che dopo..dopo quello che ti avevo fatto, io..” si interruppe, le mani strette davanti a sé in una morsa d’acciaio “Tu stavi andando avanti con la tua vita e..sembravi felice. Non volevo rovinare tutto di nuovo. Non volevo ferirti di nuovo”
Avrei voluto riderle in faccia e l’avrei fatto se il mio viso non fosse stato totalmente paralizzato dal dolore.
Felice?
Per quanti mesi avevo pensato che lei sarebbe tornata da me? Per quanti mesi ero rimasto chiuso in casa sperando di sentire il telefono squillare, il campanello, la sua voce..
Era lei quella ad essere andata avanti immediatamente.
Deglutii con forza. Non le avrei dato la soddisfazione di vedere quanto male mi aveva fatto. Quanto ancora me ne stava facendo.
“Hai ragione. Ho superato la nostra storia dopo un po’” mentii “ma è quello ciò che avevo superato: noi due. Haley non c’entrava niente. Haley era.. Haley è..” sospirai pesantemente “E dimmi..l’hai chiamata così per farmi una specie di scherzo crudele, non è vero?”
I suoi occhi si aprirono leggermente, diventando duri e freddi, proprio come quelli dell’ultima volta che l’avevo vista. Li ripulì in fretta.
“Crudele? Se solo sapessi..” le sue labbra si piegarono verso il basso e tremarono “Tutto quello che ho fatto nella mia vita l’ho fatto per lei.”
Avrei voluto non farlo ma, prima che potessi fermarmi, mi ritrovai a battere le mani davanti a lei, sarcastico.
“Che madre devota” commentai “hai cresciuto tua figlia facendole credere di avere un padre orribile che non si fa mai vedere”
“Non è quello che..”
“E cosa credi che abbia pensato Kristen?” sussultò al mio tono di voce “Non siamo nel medioevo. Ci sono aerei e..lei crede che suo padre non la voglia, che non la ami e questa è solo colpa tua. E’ tutta colpa tua!”
Non rispose. Non emise neppure un debole suono.
“Lei è mia figlia. Che ti piaccia o no. E lo sai quanto ci metterei a..a distruggerti per quello che hai fatto? Con tutte le tue bugie..potrei portartela via in un secondo.”
Vidi i suoi occhi immersi nel terrore riempirsi di nuovo di lacrime. “Tu non..non..”
Scossi il capo, incredulo. “Potrei, ma non lo farei mai. E lo sai perché? Per il semplice motivo che io non sono come te. Io non strapperei un bambino all’amore di un genitore solo per il mio interesse. Ma questo non toglie che lei è mia e io sono suo padre e voglio, pretendo di esserlo. Ci siamo capiti?”
“Noi..noi domani torniamo a Vancouver”
“No. No”
“Rob..”
“Okay, perfetto, dimmi il volo. Vengo con voi” risposi pronto. Se sperava di togliermi ancora una volta mia figlia si sbagliava di grosso “appena torno in hotel mi prenoto un posto”
Non obiettò, non rispose affatto, e io mi voltai, pronto ad andarmene.
“Rob..”
Raggelai e, anche se sapevo che me ne sarei pentito, mi voltai.
I suoi occhi erano uguali a quelli del giorno in cui mi aveva lasciato.
“Io ero..ero onestamente convinta che fosse di James. Io e te non ci vedevamo quasi mai e io e James..siamo stati insieme tante volte invece.”
Avvertii un’improvvisa ondata di nausea percorrermi. La stessa che avevo provato migliaia di volte ripensando a loro due insieme, abbracciati, felici a fare l’amore.
Come poteva nominarlo? Come poteva dire una frase simile e spezzarmi dentro ancora una volta?
Rimasi a guardarla per lunghi minuti. I più lunghi della mia vita.
“Sai, per molto tempo ho pensato che non ti avrei mai perdonata per avermi tradito. Poi però ci sono stati momenti in cui..in cui avrei solo voluto che tu tornassi da me” mormorai “E se tu lo avessi fatto io ti avrei aiutata. Anche se il bambino fosse stato di James io ti avrei aiutata comunque. Lo sai per quanto tempo ho pensato di non essere abbastanza per te? Lo sai per quanto tempo io..”
No, non valeva neppure la pena sprecare il fiato..
“Ma adesso capisco che l’idiota sono sempre stato io. Fino a oggi una parte di me ha creduto che fosse tutta colpa mia. Ma non è così. La colpa è solo tua. Ma posso giurarti che Haley non ne pagherà le conseguenze. Voglio costruire un rapporto con lei e se questo significa passare del tempo con te sono disposto a sopportarlo ma tutto ciò non cambia ciò che c’è fra noi” dissi, voltandomi per andarmene.
Forse quello che stavo per dire non l’avrebbe scalfita, o forse sì.
In qualunque caso, speravo che le facesse male.
Tanto male.
“Non cambia il fatto che finalmente... finalmente riesco ad odiarti come meriti.”

Vi ricordiamo che potete trovarci al nostro profilo Facebook, e, se volete, farci tante domande a cui non risponderemo :D hahaha Ci piace lasciarvi con un pò di suspence ;) lol 
Che altro dire...? Speriamo che anche questo capitolo vi sia piaciuto... e... 
Grazie ancora infinitamente! 
Per citare Kristen... "We obviously have the greatest fans ever..." :')

Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

 

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Capitolo 3
*** but it's over ***


No, vabbè. Ditelo che ci volete morte *-* Seriamente, teniamo così tanto a questa storia che vedere il riscontro più che positivo che sta avendo... boh... ci riempie il cuore di gioia *-* Davvero! Quindi grazie mille a tutte voi che spendete un minuto (vabbè, forse più di uno XD) del vostro tempo per leggere o commentare! :')
Detto questo... dove eravamo rimasti? Ah già, a Rob che odia Kristen u.u Bahahaha che poi, cioè... Rob che odia Kristen... pfft. Non ci credo nemmeno se lo vedo u.u Certo, lei lo ha tradito ma... C'è sempre un ma. O almeno c'è sempre con noi! Hahaha
Okay, la smetto di blaterale e vi lascio al chappy che è bello lungo, ma immaginiamo che non vi dispiaccia lol! *-*
Ah, mi scuso per eventuali errori di battitura. Ho riletto un paio di volte ma magari qualcuno ci scappa sempre :S Hehe.

Buona lettura e grazie ancora *-*


Ci sentiamo in fondo e poi tra cinque giorni,
Cloe&Fio

PS: As usual ;) >
suggerimento musicale




Capitolo 3

but it's over
 
POV Robert


Non avevo chiuso occhio e i postumi della notte insonne si facevano sentire ad ogni persona contro cui andavo a sbattere per sbaglio. Avevo chiesto scusa almeno cinque o sei volte da quando avevo messo piede in aeroporto e il bagaglio che avevo portato on me da New York era piccolo ma abbastanza ingombrante nelle mie mani al momento. Ero arrabbiato col mondo, furioso con Kristen, nervoso all’idea di dover rivedere Haley con una nuova consapevolezza. Terrorizzato al pensiero di doverle dire che ero suo padre e che non era dipeso da me non averlo saputo prima. Non sapevo quali erano le intenzioni di Kristen a riguardo. La sera prima non ne avevamo parlato e immaginai che lo avremmo fatto appena atterrati, con calma. Avevo il coltello dalla parte del manico. Avrei potuto guardare mia figlia negli occhi e dirle che sua madre le aveva mentito per tutto quel tempo, che l’aveva ingannata, che era colpa sua se io non avevo saputo di lei fino ad allora. Ma quando le scorsi da lontano e vidi il modo in cui Haley le sorrideva, capii che non potevo farle questo. Kristen era tutto per lei mentre io ero appena un potenziale collega. Un completo sconosciuto. Probabilmente non mi avrebbe nemmeno creduto quando le avremmo detto che ero suo padre. E d’altronde come poteva? Aveva sempre conosciuto un padre che non aveva mai avuto nemmeno il tempo di alzare la cornetta e farle un colpo di telefono.
Di nuovo sentii montare la rabbia verso Kristen. Scoprire che avevo una figlia non era stato tanto destabilizzante quanto guardare negli occhi la donna che avevo amato oltre ogni limite e realizzare che aveva avuto il coraggio di non dirmi nulla per tutto quel tempo.
E non lo avrebbe fatto se non l’avessi scoperto da solo. Come aveva potuto farmi una cosa del genere? Non avevo ancora una risposta a quella domanda se non le sue stupide scuse ingiustificate perché niente, niente al mondo, avrebbe mai potuto giustificare una cosa simile e glielo avrei fatto pesare.
Kristen alzò il viso e incontrò il mio. Abbozzò un mezzo sorriso a cui non riuscii a rispondere. E dire che un tempo anche quella piccola curva sul suo viso mi faceva tremare. Haley si voltò e alzò le sopracciglia stupida quando mi vide avvicinarmi a loro.
“Hey! E tu che ci fai qui?” disse sorridendo mentre io salutavo, abbastanza freddo. Non riuscivo proprio a farne a meno.
Ovviamente Kristen non le aveva nemmeno detto che sarei andato con loro; di certo non aveva trovato nessuna scusa decente per spiegare una cosa simile.
“Robert viene con noi, tesoro.”
“Davvero? E perché?”
Ecco, e perché?
Guardai Kristen boccheggiando in cerca di una risposta o comunque in cerca di un aiuto. Dopotutto non conoscevo Haley per niente e non potevo sapere come prenderla. Non sapevo nulla di lei.
“Ehm…” mi chinai alla sua altezza.
“Sei il mio papà, vero?”
Sia io che Kristen ci immobilizzammo e la osservammo per qualche secondo prima di poter dire qualcosa.
“Cosa…?” mormorai io infine.
“Lo so che lo sei. Non sono mica nata ieri.”
“Da… davvero?”
“Già, davvero. E non sono stupida. Tu sei l’unico ragazzo che la mamma ha avuto prima che nascessi e il tuo secondo nome è Thomas e mamma mi ha detto che il mio papà si chiama così.”
“Ma… dove…come…?”
“Un giorno di questi ti trovi senza Internet, sei avvertita” mugugnò Kristen tra i denti ma Haley si limitò a scrollare le spalle. “E comunque la mamma ha una vostra foto nel comodino e l’ho beccata un sacco di volte a guardarla.”
Lanciai un’occhiata a Kristen che scostò subito lo sguardo e chinò il viso, imbarazzata.
“Quindi tu sai tutto…” dissi tornando a concentrarmi su Haley.
“Bè, non tutto. Certe cose non le trovo scritte sui siti…”
“E non sei arrabbiata con me?” mi sentii in dovere di chiederle. Dovevo sapere quale era l’opinione che aveva di suo padre.
“Devo essere arrabbiata con te?”
“Haley. Ci sono un sacco di cose che non sai…” intervenne Kristen e in quel momento mi chiesi cosa avesse in mente. Quale assurda scusa voleva darle ora? Avrebbe semplicemente detto la verità? Avrebbe davvero detto a sua figlia che aveva tradito suo padre anni prima e nell’incertezza di chi fosse figlia aveva preferito non dire nulla né a me né a lei?
Osservai Kristen con aria di sfida, trepidante per il continuo ma Haley la precedette.
“Non fa niente. Non voglio saperle.”
Kristen strabuzzò gli occhi. “No?”
“No. Non mi importa quale casino avete combinato. Tanto scommetto che non capirei lo stesso.”
Certo, non aveva tutti i torti. Era così dannatamente intelligente da far paura.
“Quindi… quindi ti fa piacere se vengo con voi e passiamo un po’ di tempo insieme?”
Lei aspettò qualche secondo e mi sorrise. Allungò le manine e le posò sul mio volto esplorandolo bene. “Mi piaci, Rob” disse infine. “Mi fa piacere che sei il mio papà.”
Sorrise ancora e, prendendomi totalmente alla sprovvista, mi gettò le braccia al collo e mi abbracciò. Io restai pietrificato per qualche secondo ma quando strinsi il suo esile corpicino e lo sentii davvero tra le mie braccia mi alzai stringendola a me e affondando il viso nel suo piccolo collo profumato. E, per quanto assurdo potesse suonare, mi sentii davvero a casa perché lei era una parte di me e la riconobbi subito, di nuovo, così come avevo sentito qualcosa di indescrivibile il giorno primo.
Lei era mia, lo era da sempre.
Guardai Kristen che aveva una mano davanti la bocca, commossa. Per un secondo pensai di sorriderle, di carezzarle una mano, di stringerla a me. Ma grazie a Dio rinsavii prima di poterlo fare davvero perché, nonostante per Haley fosse tutto passato, per me non lo era e non l’avrei mai perdonata per avermi tolto tanto della sua vita.
 
“Kristen, non se ne parla.”
“Robert, giuro che mi incazzo.”
“Incazzati pure” dissi infine mentre allontanavo i suoi soldi e davo i miei al tassista. Va bene che ce l’avevo a morte con lei ma non ero arrivato al punto da far pagare a lei il taxi. Per qualche motivo provavo ancora una strana mossa di gentilezza nei suoi confronti, la stessa che mi aveva fatto scostare, saliti sull’aereo, così che lei potesse sedersi vicino al finestrino perché ricordavo bene che non amava viaggiare seduta verso l’interno. Ciò che avrebbe dovuto preoccuparmi non era tanto il fatto che ricordassi tanti piccoli particolari di lei, ma che vi fossi ancora così attento.
Mi aveva sorriso probabilmente ricordando, come me, l’infinità di viaggi in aereo passati tra baci accennati e mani intrecciate. O forse era un sorriso amaro al pensiero di quanto questo viaggio era stato diverso. Lei aveva guardato fuori tutto il tempo mentre io ascoltavo Haley che, seduta tra noi, mi raccontava della sua vita.
Delle sue passioni, fondamentalmente il teatro e la recitazione, dei suoi amici, della scuola, delle lezioni di danza andate a male, dei suoi gusti preferiti. Di tutto quello che mi ero perso in sette anni, eppure non mi sembrava mai abbastanza. Avevo costantemente nuove domande ed erano state le sue risposte a colmare i silenzi tra me e Kristen. Dovevo immaginare che prima o poi Haley sarebbe stata zitta per cinque minuti di seguito e a quel punto io e Kristen avremmo dovuto parlare. Di tante cose. Di cosa sarebbe accaduto ora ma prima di tutto del riconoscimento di Haley. Camminammo per il vialetto di una modesta villa con tanto di prato inglese, una rete da pallavolo e mi sembrò di scorgere anche un campo da tennis nel retro del giardino. Haley afferrò le chiavi da Kristen e cose verso la porta.
“Pipì, pipì, pipì…” continuava a dire saltellando sul posto e mi scappò un sorriso. Non riusciva più a tenerla e per quando entrammo io e Kristen lei era già corsa dietro un angolo.
Posai le valigie all’ingresso e mi sfregai le mani per scaldarle. Non ricordavo quasi quanto Vancouver fosse fredda d’inverno.
“Scusa, accendo subito il riscaldamento” disse Kristen mentre io mi guardavo intorno.
L’ingresso non era grandissimo ma era particolare. Alla destra c’era una rampa di scale che portava al piano superiore. Alla sinistra due porte che davano rispettivamente a un piccolo studio e al salone collegato poi con la sala da pranzo che affacciava, a sua volta, sull’ingresso attraverso un’altra porta. Era tutto collegato.
“Vivete da sole?” mormorai seguendo Kristen che era entrata in una porta sotto le scale per azionare il riscaldamento.
“Sì. Con chi dovrei vivere?”
Mi guardò per un secondo per poi iniziare a girare per la casa e tirare su ogni tapparella abbassata così da lasciar entrare la luce. La casa acquistava decisamente colore e mi resi conto che l’amavo. Era il genere di casa di cui avevamo sempre parlato nell’ipotesi di andare a vivere insieme in una fissa.
Una casa, dei figli.
I nostri sogni erano realizzati, solo che lei li aveva realizzati da sola.
“Non è pericoloso? Stare da sola qui…”
“Il quartiere è uno dei più tranquilli.”
“Sì ma non hai paura? Sei una donna, da sola…”
“E allora? Parli come mia madre…”
“Come sta?”
“Lei bene. Io starei meglio se la smettesse di cercarmi uomini. A parer suo ne ho bisogno.” Non mi guardava in viso.
Continuò la sua opera e finii per seguirla in cucina mentre parlavamo. Per un secondo fui tentato di chiederle se avesse avuto altre storie e soprattutto che fine avesse fatto James ma mi limitai a chiedere qualcosa di più impersonale.
“Non è così?”
“Non ho bisogno di nessuno. Sto bene da sola.”
“Nessuno sta bene da solo, Kristen.”
“Bè, io sì” sbottò d’un tratto nervosa. “Scusa…” aggiunse subito dopo e capii che non era un argomento che voleva toccare e, onestamente, nemmeno io.
“Dobbiamo parlare di Haley” cambiai argomento mentre lei prendeva alcune cose dal frigo e dai mobili. Si bloccò e mi guardò.
 “Voglio riconoscerla. E voglio aggiungere il mio cognome al tuo.”
Lei annuì chinando lo sguardo.
“D’accordo…” e mi sembrò quasi di sentire l’incrinatura nella sua voce. “Tutto quello che vuoi, d’accordo. Solo… solo non portarmela via, ti prego.”
Prima che potessi realizzare che stava piangendo lei si portò il polso al viso e si asciugò le lacrime velocemente.
Dio, non poteva fare così e soprattutto non poteva farmi stare male il vederla così. Non dopo quello che aveva fatto. Repressi l’istinto di andarle vicino e fissai le mie mani per distogliere lo sguardo da lei.
“Ti ho già detto che non farò nulla del genere. Non potrei mai.”
Sussurrò un grazie incomprensibile e stavo quasi per alzarmi e avvicinarmi a lei, era più forte di me, quando Haley, grazie a Dio, irruppe in cucina saltellando.
“Rob, vieni! Ti faccio vedere la casa sopra e la mia camera! Vuoi vederla?”
“Certo che voglio, piccola!” risposi subito, sollevato come mai di tanto entusiasmo da parte sua.
“Sì, sì, andate. Io… io preparo qualcosa da mangiare…” la voce di Kristen giunse quando noi eravamo già in corridoio e poi su per le scale. Mentre il pian terreno era in parquet, quello superiore era in moquette. Proprio come aveva sempre voluto lei.
‘Il piano della zona notte dovrà essere in moquette così potrò camminare scalza quanto voglio.’
Altro sorriso amaro e raggiunsi quota ormai-non-li-conto-più.
Haley mi prese per mano e mi trascinò nella sua camera dandomi appena il tempo di scorgere il letto matrimoniale in quella di Kristen e, dio, non potei fare a meno di chiedermi se qualche uomo vi avesse mai dormito con lei.
Stupido, stupido Rob. Smetti di pensare.
La stanza di Haley era graziosa; giochi ovunque, un computer in un angolo, un letto a una piazza e mezzo e soprattutto non era tutta rosa come ci si poteva aspettare da una camera di una bambina di sette anni.
Il muro sopra il letto era pieno di bacheche di sughero tappezzate con foto; sue e di Kristen per lo più, ma anche foto di lei con i suoi amici e… tanta gente che non conoscevo. Riconobbi i fratelli di Kristen, i suoi genitori ovviamente. C’era persino Dakota in una foto. Non potevo credere che la sola persona che più di tutti avrebbe dovuto essere su quelle bacheche, non c’era. Ed ecco di nuovo la rabbia montare soprattutto quando scorsi una nuova foto in un angolo. Erano in un parco, almeno così sembrava. Haley sulle spalle di un uomo che teneva per mano Kristen. Lei aveva il capo chino ma sorrideva mentre lui la guardava. Strinsi la mano in un pugno.
“Haley, chi è qui?”
Lei mi raggiunse velocemente.
“Oh, quello è Stephan. E’ stato insieme alla mamma per un po’. Peccato, mi stava simpatico.”
“Oh… e sai perché si sono lasciati?”
“Mmm, no. La mamma non me l’ha detto ma penso che sia stata colpa sua. Boh.”
“Ah…” mormorai cercando di non rivelare quell’interesse che non avrebbe nemmeno dovuto esistere. “E questo chi è?” cambiai subito argomento indicando una foto di lei che dava un bacetto sulla guancia ad un bambino.
“Oh, lui è il mio fidanzato!”
Strabuzzai gli occhi a quelle parole e la osservai per capire se stesse scherzando o meno.
“Non… non sei troppo piccola per avere un fidanzato?”
“Assolutamente no!” ribatté lei quasi offesa per poi iniziare a trascinarmi fuori dalla stanza. “Ora scusa eh, ma mi devo cambiare.” Mi fece un occhiolino e chiuse la porta lasciandomi come un imbecille tra la sua stanza e quella di Kristen.
Lanciai un’occhiata dentro e sentii la ragione lottare con l’istinto.
Non entrare, Rob. Non farlo. Non frugare tra le sue cose.
Ma prima ancora che potessi convincermene ero dentro e sapevo di stare facendo qualcosa di sbagliato ma in fondo dopo tutto quello di sbagliato che aveva fatto lei, quanto poteva davvero valere un’occhiata tra le sue cose?
Mi guardai attorno senza sapere nemmeno quello che stavo facendo quando ricordai le parole di Haley.
‘E comunque la mamma ha una vostra foto nel comodino e l’ho beccata un sacco di volte a guardarla.’
Non ci pensai nemmeno che avevo già aperto il cassetto del comodino. Non ricordavo da quando ero diventato così poco scrupoloso nel rovistare tra la roba degli altri. Forse la mia coscienza si sentiva pulita dalla consapevolezza che frugavo tra la roba di una persona che mi aveva fatto molto più male di quello che le avrebbe fatto sapere che avevo aperto il cassetto del suo comodino, sempre se lo avesse scoperto ovviamente. Cosa che non sarebbe accaduta.
Mi ritrovai a muovere le mani tra la sua biancheria e non potei bloccare i ricordi. Quante volte le avevo tolto quegli indumenti di dosso, quante volte avevo deglutito nell’attesa di vederla nuda davanti ai miei occhi.
Scavai ancora un po’ fino a trovare una scatola. La presi in mano con delicatezza e l’aprii. C’era una nostra foto, una qualunque ma che ricordavo bene, scattata in una fredda sera di Portland di circa ben dodici anni prima. Noi sul letto, nella sua stanza d’albergo, la camera impostata sull’autoscatto e ridevamo, senza nemmeno guardare nell’obiettivo. Era la sera del suo compleanno. La ricordavo bene. Ricordavo il suo viso quando aveva aperto il mio regalo totalmente inaspettato, ricordavo il suo sorriso, le sue braccia attorno al mio collo, le mie attorno alla sua piccola vita, le sue labbra sulla mia guancia.
Lei aveva diciotto anni, io ventidue e non stavamo nemmeno ancora insieme.
Una semplice foto di due amici che stavano per mettersi in un grande casino e ne erano consapevoli.
Presi la foto per guardarla meglio ma notai presto che non era l’unica cosa che era nella scatola.
Mi scappò un mezzo sospiro pieno di malinconia quando vidi il laccio di scarpa che ci eravamo scambiati per sopportare il mese di lontananza, lei a LA e io a NY. E l’anello di Chanel, e la fedina. E in quella scatola doveva esserci anche la collanina prima che lei la regalasse ad Haley.
Perché teneva ancora quelle cose? Perché le custodiva così gelosamente…?
Sobbalzai sul posto quando il cellulare mi vibrò in tasca e sperai con tutto il cuore che non fosse Shelby. Mentirle la sera prima e quella mattina era stato abbastanza. Avrei preferito continuare a mantenere la media di una bugia al giorno anche se, da gran paraculo, preferivo parlare di omissione più che di bugia vera e propria.
Riposi velocemente lo scatolo al suo posto e fui felice di vedere che era Tom.
Oddio, felice relativamente. A lui dovevo qualche spiegazione anche perché se avessi continuato a tenermi tutto dentro sarei scoppiato.
“Pronto?”
“Rob!”
“Tom…”
“Ma dove cazzo sei?”
“Sono a Vancouver.”
“Sì, me l’ha detto Shelby. Volevo sapere che cazzo ci fai a Vancouver…”
“Sono in camera di Kristen…” dissi senza nemmeno pensare a quello che poteva trasparire da un’affermazione del genere.
E infatti…
“COSA? No, cazzo. No. Come cazzo hai fatto, Rob? Lo sai che tra meno di venti giorni ti devi sposare?! Che cazzo hai combinato!?”
“Tom, no. Non è come sembra…”
“Ci sei cascato di nuovo. Non posso crederci…”
La sua voce delusa, senza motivo. “Tom, ti ho detto che non è come sembra!”
“E allora come cazzo è?!”
“Lei è mia…”
“Chi è tua?”
“Haley?”
“Chi è Haley?”
“La figlia di Kristen!” stavo per urlare ma ricordai di abbassare il tono. “Lei… lei è mia… E’ mia figlia.”
Ci fu un attimo di silenzio e poi… “Mi prendi per il culo.”
“No, non ti prendo per il culo.”
“Rob, che cazzo stai dicendo? Che… Come…?”
“L’ho capito subito, Tom. Appena l’ho vista ho sentito qualcosa e, dio, lei è identica a me. Non puoi capire.”
“Co… cosa? Ma… E lei lo sa?”
“Sì. In realtà lo sapeva già, in un certo senso. Sapessi quant’è intelligente, Tom. E quanto è bella e divertente e solare e…”
“Frena, frena. Non sto capendo un cazzo. Parti dall’inizio e dammi il tempo di sedermi.”
Gli avrei detto che non avevo tempo se non avessi saputo che non l’avrebbe accettata come risposta perciò cercai di riassumere le ultime ventiquattro ore con minori parole possibile ma cercando di non omettere niente.
“Wow. Quindi… ora che fai? Sei lì? Resti lì? Per quanto tempo? E, cosa fondamentale, Shelby lo sa?”
“No, e non deve saperlo.”
“Rob!”
“Tom, ti prego.”
“Che le hai detto?”
“Che ero a Vancouver per risolvere delle cose.”
“Non lo crederà per molto.”
“Ti prego, ti prego. Non posso affrontare tutto questo in una volta sola.”
“Rob…”
“Stasera. Stasera o al massimo domani glielo dico.”
“Rob…” sentii la sua voce contrariata nello stesso istante in cui sentii la porta della camera di Haley aprirsi. E io ero ancora in quella di Kristen. Cazzo.
Per fortuna la piccola si diresse in bagno e si chiuse lì, ma io dovevo comunque uscire da quella camera.
“Tom, devo andare.”
“Rob, non fare cazzate. E…” indugiò un po’ e capii perfettamente.
“Te la saluto” dissi per lui chiudendo la telefonata e uscendo dalla stanza.
“Non posso credere che tu non me l’abbia detto.”
Quando scesi e mi diressi in cucina, mi resi conto che Kristen stava parlando con qualcuno, al telefono.
Evitai di entrare e, ancora una volta, stavo per immischiarmi in fatti che non erano miei, non credevo almeno.
“Non mi importa che non potevi immaginarlo. Hai idea di cosa abbia provato io trovandomelo lì sotto gli occhi? Avresti dovuto dirmelo…”
Ancora prima che pronunciasse il suo nome capii con chi stava parlando avendo avuto una telefonata più o meno simile la sera prima. E infatti non mi sbagliavo.
“No, Cath. Non lo sapeva. Nessuno lo sapeva a parte me. E credimi, glielo avrei detto prima o poi. Lo avrei fatto davvero ma… non così. Così è stato tutto sbagliato e ora lui mi odia. Mi odia e…”
Serrai la mascella mentre aspettavo che continuasse ma o aveva lasciato la parola a Catherine o… o stava piangendo. E, cazzo, il solo pensiero mi faceva stare male. Perché aveva ancora tutto quel potere su di me nonostante quello che aveva fatto?
“E’ complicato, Catherine. Non… niente è come sembra e io… Io davvero non volevo. Davvero… non volevo…”
Iniziai a fissare il pavimento e non riuscii più a distogliere lo sguardo da una macchia sul tappeto sotto i miei piedi. Che macchia era? Come si era formata? Era caduto del cibo? Della tempera? Quando era successo? Chi era stato?
Non sapevo nulla di tutto ciò. Solo che avrei dovuto saperlo. Noi dovevamo vivere insieme, continuare a recitare o fare musica o produrre film, realizzare i nostri progetti.
E invece mi trovavo in una casa sconosciuta a fissare una macchia sconosciuta su un tappeto e chiedermi come cazzo era successo.
Avevo perso il filo della telefonata tra Cath e Kristen e tornai in me solo per sentirle dire: “Okay, senti. Posso dirglielo quando sarà sicuro al cento per cento? Non vorrei illuderla...”
Se avevo capito bene…
“Sì. Infatti. D’accordo. Grazie Catherine. No, non preoccuparti. Tranquilla. Okay… Ciao…”
E fu quella la battuta del mio ingresso.
“Chi era?” chiesi come se nulla fosse, come se avessi davvero un effettivo diritto di chiedere con chi parlava al telefono.
Lei si voltò subito verso di me.
“Catherine. Pare che Haley abbia avuto la parte…”
“Davvero? È fantastico!”
“Già…” annuì lei poco convinta. “Ma comunque deve sentire il resto della produzione per cui vorrei aspettare di essere sicuri prima di dirglielo… Se… se per te va bene…”
Stava chiedendo la mia opinione e non potei non apprezzarlo nonostante su questo avessi un vero e proprio diritto.
“Certo, va bene.”
Annuì ancora. Sembrava che non riuscisse a fare altro e dato l’imbarazzo decisi di alleggerire l’atmosfera.
“A proposito, lo sapevi che nostra figlia ha un fidanzato?” ripresi sistemando la tavola e rendendomi conto solo dopo un po’ di aver usato le parole nostra e figlia nella stessa frase per la prima volta, e suonavano dannatamente bene; come avevo sempre immaginato. Finalmente vidi l’ombra di un sorriso sul suo viso.
“Certo” disse infine. “So tutto su di lei. Strano ma vero, si confida con me.”
“E tu lo permetti?”
“Hanno sette anni, Rob. Cosa vuoi che facciano?”
“Io guardavo sotto le gonne delle bambine a sette anni.”
“Questo perché tu eri un maniaco.”
“E cosa ti dice che non lo sia anche questo qui?”
Lei alzò gli occhi al cielo e percepì la leggerezza della conversazione. “Dai, giocano solo e qualche volta fanno insieme i compiti…”
“Giocano anche al dottore e all’infermiera per caso? Perché a passare dal gioco ai fatti non ci vuole niente, eh!”
Lei scoppiò a ridere e sentii nascere un sorriso automatico sul viso. Dio, da quanto tempo non sentivo la sua risata così vera, pura. La sua risata. E non mi ero mai reso conto di quanto mi fosse davvero mancata finché non l’avevo sentita di nuovo.
“Secondo te perché sono così permissiva? Almeno quando vorrà fare sesso me lo dirà e non sarà impreparata.”
Persi l’equilibrio e la bottiglia d’acqua che stavo posando sul tavolo si rovesciò bagnando tutta la tovaglia.
“Credo… credo di dovermi sedere…”
D’accordo che volevo alleggerire l’aria ma così era troppo.
“Non hai idea di quanto siano precoci i bambini di oggi…”
“Allora le metterò una cintura di castità fino ai trent’anni.”
“Lo farebbe lo stesso. Tanto vale che sia preparata…”
Lei sorrise ma in realtà l’argomento mi preoccupava seriamente. “Non permetterò che qualche teppistello si porti via il fiore della mia bambina a quindici anni…”
“Ma a diciotto sì, vero?”
Non so se lo disse con senno o se fu solo un riferimento alla maggiore età, eppure lei chinò il viso subito dopo e colsi la frecciatina.
Non ricordare, Rob. Non ricordare o sei finito.
Grazie a Dio per una volta il mio cervello collaborò con la mia forza di volontà e riuscii a rispondere senza perdermi negli anni ormai passati. “No, nemmeno a diciotto anni” conclusi, infine.
“Senti, che ne dici se ne riparliamo tra qualche anno? Non credo sia il caso di preoccuparci adesso.”
“Tu invece mi preoccupi eccome.”
“Di che parlate?” Haley, nel suo tornado di vivacità, era piombata in cucina correndo e si era arrampicata sulla lunga sedia accanto alla mia.
“Del tuo fidanzato e di come non lo vedrai più” sentenziai e mi beccai un’occhiata omicida.
“Ma davvero? E perché mai?”
“Perché sei ancora troppo piccola.”
“Spiacente ma non lo lascio. Io e Michael ci amiamooooooo.”
“Ecco. Già il nome è tutto un programma.”
Kristen rise. Anche Haley si lasciò sfuggire un sorrisino, si mise un pezzo di pane in bocca e masticò voracemente.
“Senti, Rob. Mi piaci, davvero. Ma se pensi di essere venuto qui a dettare regole, ti sbagli di grosso. Intesi?”
La guardai scioccato e Kristen evitò il mio sguardo. Stavo per rispondere quando mi resi conto di non sapere davvero cosa rispondere. Quella bambina mi prendeva totalmente in contropiede. Il silenzio imbarazzante fu finalmente interrotto dal telefono.
Haley lo afferrò prima di Kristen che le ordinò di andare a lavare le mani e poi venire a tavola.
“Susyyyyyyyy!” urlò dopo aver sentito chi era dall’altra parte della cornetta. “Tutto bene! È stato troppo divertente e ti devo raccontare tutto però oggi non posso venire! È tornato il mio papà e voglio stare un po’ con lui…”
Quella frase mi scaldò il cuore ma si gelò all’istante quando un’altra rimbombò dal corridoio. “No, te l’avevo detto che era sempre esistito…”
Dopo di che non riuscii a sentire più nulla, se non tutta la mia fiducia e l’autostima calpestate dagli anni di lontananza e dalla paura di non riuscire a conquistare il suo amore e il suo cuore.
“Credo di non piacerle particolarmente…” sussurrai più a me stesso che a Kristen ma lei ovviamente sentì e si voltò mentre metteva la pentola in tavola.
“Ma che dici?”
“Lei non… Non penso che mi accetti davvero.”
“Rob, l’hai sentita. Ha detto che vuole passare del tempo con te…”
“Ma senti come mi risponde?”
“È molto sveglia, lo ammetto.”
“Chissà da chi ha preso…” accennai un’occhiata ironica e lei la colse al volo.
“Non vuol dire niente. È una bambina dolcissima…”
“Non riesce nemmeno a chiamarmi papà. Siamo stati divisi troppo tempo.” Era stato più forte di me, avevo dovuto aggiungerne una; una di quelle frasi cattive pensate appositamente per liberarsi dal senso di colpa e rigettarlo sul vero colpevole perché, dopotutto, io davvero non avevo colpe in tutto ciò se non l’avere amato una persona che si era rivelata diversa da quella che avevo sempre creduto.
Sentii una mano di Kristen sfiorarmi la schiena, insicura.
“Rob, non so dirti quanto mi dispiace.”
“Risparmiati, Kristen.”
E la sua mano abbandonò la mia schiena con molta più velocità di quanta leggerezza aveva usato nel posarla dolcemente.
Non la guardai in faccia ma percepii il suo dolore anche a distanza. Dopo anni e anni ero ancora collegato a lei da un filo sottile che mi permetteva di capire esattamente cosa stesse provando in quel momento.
Dolore, tanto dolore. Ma non poteva minimamente pensare di poterlo paragonare al mio. Non poteva permettersi.
“Ti chiamerà papà, vedrai. Dalle tempo.”
Furono le ultime parole prima che Haley rientrasse in cucina e portasse un briciolo di allegria in tavola.
Ancora una volta la conversazione tra me e Kristen era tornata a un livello primordiale e non conoscendo le loro abitudini pomeridiane sentii in dovere di spezzare l’imbarazzo nato dopo aver lavato i piatti perché ero sempre io a lavare i piatti dopo che lei aveva cucinato. E gli anni l’avevano trasformata in una cuoca migliore di quella che ricordavo. Evitai di dirlo, tuttavia. I complimenti non avrebbero semplificato niente.
“Bene, allora… C’è qualche albergo qui? Il più vicino?” chiesi in difficoltà passando ad Haley l’ultimo piatto da asciugare.
“Tu resti qui, Rob.”
“No, davvero. Non voglio approfittare.”
“E’ il minimo” rispose lei con tutti i sottintesi connessi alla situazione.
“Sì, dai Rob. Resta. Ti preeeeego!”
Haley mi aveva afferrato la mano e saltellava sul posto pregando letteralmente. Come se ce ne fosse stato bisogno. In realtà speravo davvero che fosse lei a chiedermelo.
“Se me lo chiedi tu, allora resto!” confermai azzardando un abbraccio che lei ricambiò senza la minima titubanza.
“Rob resta, Rob resta, Rob restaaaa.”
Quanto avrei voluto sentirle dire la parola papà invece del mio nome che sembrava così freddo; ma immaginai che, considerando la situazione e gli eventi delle ultime ore, non potevo lamentarmi dopotutto.
Le urla di Haley furono interrotte dal campanello.
“Awwwww deve essere Miky!” esclamò entusiasta per volare alla porta d’ingresso.
“Viene da solo?”
“Abita di fronte.”
“Avevi detto che era un quartiere tranquillo.”
Altro sorriso. Altra pugnalata al cuore.
Dovevo decisamente smetterla o almeno prendere una decisione.
O ce l’avevo con lei o non ce l’avevo. O la odiavo o no.
Eppure non potevo scegliere ancora. Non potevo davvero odiarla perché era, dopotutto, la madre di mia figlia e farla crescere nell’odio non era nemmeno da considerare… anche se nemmeno il rancore era da meno. Eppure per il momento non potevo farci niente. Non potevo controllare l’enorme risentimento che sentivo nei suoi confronti e mi portava ad avere atteggiamenti diversi e attacchi lunatici imprevisti.
“Sii gentile” sussurrò quando Haley tornò in cucina accompagnata da una bambino dai capelli scuri e gli occhi più azzurri che avessi mai visto. Era una bel bambino, in fondo.
“Rob, lui è Michael. Michael, lui è il mio papà Rob.”
“Piacere di conoscerla, signore.” Allungò la mano e, esterrefatto, mi sforzai di rispondergli trattandolo da vero uomo e presentandomi in modo altrettanto formale.
“Bene, fatte le presentazioni puoi giurare solennemente di non dargli la caccia, di non ucciderlo e di non venire sopra a controllare così possiamo giocare in pace?”
“Ma non avete compiti da fare?”
“No, la scuola finiva oggi per le vacanze di Natale.”
“Oh, bè allora…”
“Giura, Rob!”
“D’accordo, lo giuro, lo giuro” fui costretto a soccombere facendomi anche un croce sul cuore.
“E’ stato un vero piacere conoscerla. Ciao Kristen.” E sparì.
“Allora? Non è uno schianto?” aggiunse Haley facendomi un occhiolino per poi raggiungerlo.
Non potei davvero trattenere un sorriso stupito.
“Ma in che scuola la mandi…?”
“La migliore” rispose, ovvia, per poi prendere un paio di birre dal frigo e passarmene una.
Avevamo appena finito di mangiare e non eravamo soliti bere ancora dopo pranzo ma sapevo che era un modo per allentare la tensione. Mi sentii quasi come a un primo appuntamento. Nervoso, impacciato, terrorizzato di poter dire qualcosa di sbagliato.
“Ti va di vedere delle foto?”
“Certo” risposi senza nemmeno pensarci e la seguii in salone.
Mi accomodai sul divano e lei mi raggiunse poco dopo con due album che aveva ripescato da uno scaffale pieno.
Procedendo in ordine cronologico guardai ogni foto a partire da quelle in ospedale, rivivendo la sua vita attraverso una serie di istantanee e le parole di Kristen, promettendo a me stesso di non farle pesare la sua colpa, non quel pomeriggio almeno. Non aveva alcun senso; quel che era fatto, era fatto.
Guardammo qualcosa come trecento o quattrocento foto. Forse anche di più. E ridevo mentre le guardavo e ascoltavo gli aneddoti che accompagnavano ogni foto.
“Non posso credere di aver perso tanto…” commentai amaramente quando girai un’altra pagina e trovai una foto di Haley con la faccia completamente sporca di gelato al cioccolato.
E c’erano tante persone che non conoscevo in quelle foto. Tanta gente che era entrata nella sua vita mentre io non ne ero nemmeno a conoscenza. C’era di nuovo quell’uomo, Sthepan. Lo vedevo con lei in diverse foto e… Dovevo esserci io in quelle foto, cazzo.
Evitai di commentare con Kristen per non perdere i miei buoni propositi.
“Ci sono anche molti video. Domani possiamo vedere quelli.”
“Perfetto” acconsentii nello stesso momento in cui una foto scappò dall’album. L’afferrai al volo e quando la voltai, c’eravamo noi tre. Io, Kris e Tom.
Inseparabili, completamente brilli e dannatamente felici.
“Non… non so come sia finita lì…”
Mi trovai a sorridere nonostante sentissi un gran peso sul cuore al pensiero di quello che eravamo e di quello che saremmo potuti essere. Se solo…
“Lui… lui come sta?”
Mi ridestai dai miei pensieri e posai la foto dov’era.
“Sta bene. Ti saluta.”
Le si illuminarono gli occhi. “Davvero?”
“Sì bè, era un po’ scioccato dalla notizia, ma…”
“Gliel’hai detto?”
“Sì, non ho potuto evitarlo. Sai com’è fatto.”
“Già. Lo so.”
E nonostante lessi la tristezza nei suoi occhi, di nuovo non potei evitare di farle pesare le conseguenze che le sue scelte avevano portato. “E’ stato davvero male, sai Kris? Tu eri la sua migliore amica…”
Per un secondo mi sentii potente ma quando la vidi chinare il viso nel tentativo di nascondere il labbro tremante, e di nuovo quel polso che andava velocemente agli occhi, mi sentii una vera merda.
Ero riuscito a farla piangere. Questo era il mio unico potere su di lei: riuscire a farla piangere.
Lei respirò con voracità e, da ottima attrice quale era sempre stata e ancora era, slittò su altro molto velocemente.
“L’hai detto ai tuoi? Come l’hanno presa?”
Scossi il capo. “Penso che a loro la mostrerò, prima o poi. Non ho idea di come dirlo.”
“Capisco. Ma immagino che tu l’abbia detto a…” lasciò la frase a metà e indicò la rivista di gossip che avevo raccolto il pomeriggio prima e che, chissà come, era sul tavolino proprio di fronte a noi.
“Shelby.”
“Shelby” confermò come se avesse appena ricordato un nome che aveva sempre saputo ma le sfuggiva al momento per qualche motivo.
“Non sono riuscito a dirlo nemmeno a lei.”
“Ma voglio sperare che tu abbia intenzione di farlo…”
“Io… ehm… Ma sì, sì.”
“Rob.”
“Glielo dirò, Kristen.”
“E quando? Il giorno delle nozze?”
Notai una piccola vena acida nel suo tono ma gliela lasciai passare.
“Ma no. Domani glielo dico, davvero.”
“E cosa le dirai? Cosa sa ora?”
“Che sono a Vancouver per risolvere una faccenda. Non sa che sono con te.”
“Lei sa di me?”
“Ovviamente sa di te, Kristen. Chiunque sapeva di te. Chiunque mi vedesse sapeva che stavo male per te.”
E nello stesso istante in cui l’ennesima cattiveria travestita da verità mi usciva da bocca mi trovai a pregare: ti prego, non piangere. Ti prego.
Ma quando alzai lo sguardo lei mi sorrideva. “Sono felice per te, Rob. Ti auguro davvero tutto il bene di questo mondo dopo il male che hai passato con me.”
E prima che potessi fermarmi le parole uscirono, incontrollate. “Con te non ho passato il male. Con te l’ho toccato, tu mi hai portato l’inferno in terra. Ma il tempo passato con te non è mai stato male.”
Lo dissi senza guardarla negli occhi perché sapevo che se l’avessi fatto non avrei resistito dall’impulso di toccarla. Infatti quando, nonostante ogni logica, alzai il viso e trovai i suoi occhi lucidi e umidi, la mia mano sfuggì al controllo e completamente attratta dal suo volto lo sfiorò appena prima di ritirarsi scossa dalla porta di casa che si chiudeva con forza.
Haley apparve in un lampo incrociando le braccia sullo schienale del divano.
“Miky è andato. Mangiamo?”
Solo in quel momento ci rendemmo conto di quanto tardi fosse. Un intero pomeriggio persi in ricordi che io non avrei mai avuto se non attraverso parole e pezzi di carta. Avrei dovuto imparare ad accontentarmi e recuperare il tempo perduto.
Fu probabilmente quel pensiero che mi spinse ad alzarmi velocemente, prendere Haley in braccio e farla volare sulle mie spalle. Perché era lì che sarebbe dovuto sempre stare. Non sulle spalle di uno Stephan qualsiasi, non sulle spalle di uno zio, ma su quelle di suo padre.
Lanciò un urlo quando l’afferrai velocemente.
“Andiamo a fare le pizzeeeee!”
“Davvero le sai fareee?” urlò chinando il capo mentre io stesso mi abbassavo per passare da una porta all’altra.
“Se le so fare? Si dia il caso che il tuo papà è il miglior pizzaiolo di Londra!”
“Bè, notizia flash. Qui siamo a Vancouver, non a Londra!”
“E allora diventerò anche il miglior pizzaiolo di Vancouver!”
Lei rideva e la sua risata era la mia soddisfazione maggiore.
“Non ci credo nemmeno se lo vedo. La Loggetta fa le migliori pizze di tutte Vancouver! Perciò devi per forza portarmi a Londra così lì potrai essere tu il migliore e mi farai le pizze più buone! Mi porti a Londra?”
A quelle parole fu spontaneo per me tirarla giù con un movimento tanto veloce da farla urlare di paura ma anche di eccitazione. La fermai a una spanna dal pavimento.
“Certo che ti porto a Londra, amore mio. Certo che ti porto!”
E la strinsi a me, beandomi, finalmente, della sua presenza tra le mie braccia.
Dopo cena e svariati complimenti per le mie pizze ben riuscite, proposi ad Haley di guardare i cartoni. Grazie a Dio avevo dei nipoti che mi informavano costantemente sui nuovi sviluppi delle serie televisive per cui ero anche abbastanza informato.
Dopo che Kristen mi ebbe mostrato la mia camera, una piccola stanza degli ospiti leggermente più distante dalla sua, io e Haley ci sistemammo sul divano con tanto di pop-corn e coperta. Stavo quasi aspettando che Kristen si unisse a noi quando annunciò che sarebbe andata a dormire perché troppo stanca.
Immaginai che volesse lasciarmi un po’ di tempo solo con Haley e gliene fui grato, almeno di quello.
Intenzionato a spegnere il cellulare per non essere distratto da niente e da nessuno, risposi a un messaggio di Tom.
-Avete parlato?
-Sì. Tutto okay. Tranquillo.
Certo, non si poteva proprio dire che le cose tra me e Kristen erano totalmente okay, ma avevamo fatto enormi passi avanti.
Mandai anche un messaggio a Shelby, ripromettendomi di dirle la verità quanto prima. Infine spensi il cellulare e potei concentrarmi totalmente su mia figlia.
Guardammo le sue serie televisive preferite e rideva alle battute e alle parodie che facevo dei personaggi che odiava.
Presto si accoccolò sul mio petto e strinse un braccio attorno alla mia vita.
“Mi sei mancato, papà, sai? Mi sei mancato proprio tanto…”
E con un ultimo sbadiglio piombò nel sonno mentre io sentivo gli occhi quasi inumidirsi. Le carezzai i capelli e vi lasciai un bacio.
“Anche tu, amore mio. Anche tu…”
 
Aprii gli occhi quando il salone era già abbastanza illuminato dalla prima luce del mattino, ma non era stata quella ad avermi svegliato bensì le mani di Kristen che tentavano di aggiustare la coperta attorno a noi.
“Scusa, non volevo svegliarti” sussurrò mortificata.
“No… no, tranquilla…” dissi in un sussurro altrettanto basso ma decisamente più impastato dal sonno.
“Mi dispiace… ci siamo addormentati sul divano…” indicai Haley ancor accoccolata su di me e per quanto non volessi separarmene ci tenevo a mantenere fede alla tacita promessa che le avevo fatto.
“Ma figurati…” rispose Kristen mentre io, con molta delicatezza, la scostavo da me e la stendevo sul divano per poi coprirla al meglio.
Le baciai il capo e seguii Kristen in cucina dove potevamo parlare come persone normali.
“Ma da quanto tempo sei sveglia?” le chiesi mentre mi passava una tazza di caffè.
“Da un po’.”
Afferrai il caffè e mi trovai a sorridere ripensando alla sera prima.
“Perché sorridi come uno scemo?”
Bevvi un goccio di quel caffè americano che avevo imparato a schifare nuovamente. “Mi ha chiamato papà ieri sera.”
Non sembrò molto sorpresa ma era decisamente felice per me. “E’ fantastico, Rob. Te lo avevo detto.” Sorrise sincera.
“Già… Senti, mi ha parlato di non so che colazione voleva fare in hotel…”
“Sì, ma poi siamo scese presto e non c’è stato tempo.”
“Infatti. Pensavo di poterle fare qualcosa del genere… Magari, magari con le sue cose preferite. Solo che… non… non so…”
“Ti aiuto io.”
Non ci fu bisogno di dire altro e con un sorriso riconoscente da parte di entrambi ci mettemmo all’opera.
Preparammo qualsiasi cosa piacesse ad Haley e imparai che le piaceva praticamente tutto quello che potesse essere cucinato per colazione. Uova, pancetta, frittelle, cornetti, succo, latte, cereali, burro e marmellata, fette biscottate…
“Però, come fa ad essere così mingherlina?”
“Quello l’ha preso da me!”
“Già, in effetti devo dire che ricordo come se fosse ieri il modo in cui ti ingozzavi da In&Out. E non ingrassavi mai un chilo.”
“Dote naturale.”
Sorrisi e preparai il vassoio senza dimenticare un fiore appena raccolto dal giardino.
Dire che Haley fu felice della sorpresa sarebbe stato un eufemismo. Mi gettò le braccia al collo facendomi perdere l’equilibrio ed entrambi cademmo a terra ridendo mentre Kristen, poggiata allo stipite della porta, ci guardava sorridendo.
“Oddio, oddio. Mamma, mammaaaaa! Facciamo l’albero di Nataleeeeee?” saltò su, dopo colazione, come se avesse appena avuto un’illuminazione.
Era adorabile con quel pigiamino rosso a fiocchi di neve. I capelli biondi come i miei, gli occhi verdi come Kristen. Era così bella da non riuscire a staccarle lo sguardo di dosso.
“Ehm, certo. Bisogna prendere l’albero in cantina però.”
Mi offrii subito volontario, ovviamente. Quale migliore occasione per legare se non approfittare dello spirito natalizio e addobbare l’albero insieme?
Haley saltò felice per tutta la casa e cercò anche di aiutarmi a trascinare lo scatolone su per le scale ma riuscii a convincerla a lasciarmi fare da solo o si sarebbe fatta male.
Era un albero non eccessivamente alto ma decisamente pieno. Impiegammo tutta la mattina solo per aprirlo e riempirlo di luci. Facemmo una pausa per pranzo e notai con piacere che Kristen aveva preparato la sua famosa tortilla soup. Una delle prime ricette che mi aveva fatto assaggiare.
“Non ti smentisci mai…” fu il mio commento e per qualche motivo quasi mi sentii in colpa.
Non avevo ancora detto nulla a Shelby nonostante avessi avuto modo di parlare quella mattina; volevo vivere questa cosa da solo, senza dirlo a nessuno. E mi sentii un verme nel pensarlo ma niente riusciva a distogliermi dall’immagine di me, Haley e Kristen come una famiglia, come stavamo vivendo e come avremmo sempre dovuto vivere.
Mandai un altro messaggio a Shelby.
-Ti Amo. Non dimenticarlo.
Tanto per sentirmi meno in colpa e meno ipocrita.
Ma poi perché avrei dovuto sentirmi ipocrita? Io l’amavo davvero.
Me lo ripetei tutto il pomeriggio mentre addobbavamo l’albero e costringemmo Kristen ad aiutarci e a non rintanarsi in cucina come aveva fatto quella mattina.
Non avrei mai creduto che addobbare un albero di Natale richiedesse tanto tempo.
In realtà ne richiedeva tanto solo perché Haley sembrava molto… esigente.
“Infatti. Sul Natale sono esigente. Voglio tutto perfetto. Sposta quella palla, papà. Non vedi che è storta?”
Quando sedemmo a tavola per la cena mancava solo il pezzo finale.
“Lo mettiamo dopo con la mamma, okay?” sussurrai ad Haley chinandomi alla sua altezza e abbracciandola da dietro.
“Okay, papi” concordò con me per poi voltare il visino e darmi un veloce bacio sulla guancia.
Ancora non potevo credere di avere avuto tanto da un giorno all’altro.
Ormai anche il pranzo e la cena era diventato un momento familiare ed era passato un solo giorno; e io mi sentivo così bene che non potevo non pensare a come mi sarei sentito dopo una settimana o un mese o un anno. O una vita intera.
Tornammo in salone e spegnemmo le luci per vedere l’albero illuminato.
Era un vero spettacolo.
“Abbiamo fatto un bel lavoro” commentò Haley.
“Già, ma manca qualcosa.”
La presi in braccio e l’allungai in modo che potesse mettere l’enorme stella in cima.
“Che cosa figa. Abbiamo sempre dovuto usare una sedia prima” disse carezzandomi il viso per poi chinarlo nell’incavo del mio collo. “Ma ora ci sei tu…”
E non so per quale motivo lo feci, non so quale forza spinse i miei movimenti ma un mio braccio salì piano accanto a me fino a posarsi alla vita di Kristen e avvicinarla a noi.
Sembrava semplicemente giusto così e potevo giurare di sentirla rabbrividire.
“Mamma. Papà. Vi voglio bene…” sussurrò Haley con voce decisamente assonnata.
“Anche noi…” dicemmo io e Kristen all’unisono e sorridemmo insieme.
“Anche noi…” ripetei io.
“Guardate! Nevica!” esclamò lei d’un tratto destandosi completamente e scivolando come un’anguilla dalla mia presa per correre alla finestra.
“Che bello! Che bello! Posso uscire? Posso? Vi preeego!”
Guardai Kristen lasciando che fosse lei a decidere. “Amore, ora fa troppo freddo, è tardi. È ora di andare a dormire…”
“Ma io non voglio dormireeee” si lamentò lei trascinandosi di nuovo verso di noi.
Io la presi in braccio e lei si accoccolò di nuovo su di me. “Vedila così. Prima vai a dormire, prima si fa mattina e possiamo giocare con la neve. Ora andiamo a letto e ti racconto una storia così ti addormenti subito. Okay?”
“Ooookay!”
Kristen le diede un bacio e le augurò la buonanotte prima che io salissi per le scale.
Mi accertai che si lavasse i denti, la misi a letto e mi stesi accanto a lei per raccontarle quante storie volesse finché non fui sicuro che dormisse tranquilla e profondamente.
Lasciai la lucetta accesa e andai in camera da Kristen per darle la buonanotte.
Bussai piano alla porta. “Hey, che fai?” le chiesi notando che osservava con uno strano sorriso una maglia che aveva tra le mani.
“Hey! Niente… mettevo a posto dei panni e ho trovato questa maglia pre-maman. Dio… Ero enorme…”
Mi avvicinai e la toccai, tanto per sentire una parvenza di consistenza di un altro ricordo che non potevo avere.
“Hai… hai foto di quando eri incinta?”
Una domanda insolita ma del tutto comprensibile dopotutto.
Lei si alzò ed uscì dal suo bagno con una cornice in mano.
“Perché ce l’hai in bagno?”
“Perché ero davvero enorme…” rispose mostrandomi la foto senza esitazioni.
Era… era bellissima. Dicono che le donne incinte siano più solari e anche solo attraverso una foto riuscivo a percepirlo.
Pensai che dal vivo Kristen dovesse risplendere di luce propria.
Con le dita toccai la cornice e poi la foto, tutto il suo corpo fino a soffermarmi sul pancione. Dio solo sa quanto avrei voluto baciarlo e toccarlo e sentire i calci di Haley e…
“Parlami un po’ della tua vita, Kristen.” Mi costrinsi a pensare ad altro.
“Cosa vuoi sapere?”
“Cos’hai fatto tutti questi anni?”
“Ho lavorato per lo più. E ho cresciuto Haley, ovviamente.”
“E l’hai cresciuta benissimo. E’ una bambina fantastica, Kris. Tu sei fantastica. Una fantastica madre.”
“Ho le mie pecche.”
“Perché hai lasciato Los Angeles?”
“I ricordi” rispose senza nemmeno pensarci. “I ricordi facevano male.”
“E hai pensato bene di venire in un posto altrettanto pieno. A Vancouver dove…”
“…dove è iniziato tutto. Sì, lo so. Sono un po’ masochista ma… Questo è l’unico posto in cui mi sento protetta. Quei ricordi non mi fanno male. Nessuno è mai riuscito a capirlo.”
“Io sì. Lo capisco.”
Sorrise ma non riuscii a ricambiare.
“James.” Dire il suo nome mi dava la nausea e Kristen rabbrividì. “Che fine ha fatto?”
Sembrò pensarci molto prima di rispondere. Era incerta e si vedeva benissimo.
“Oh… Bè lui se l’è squagliata quando gli ho detto che ero incinta.”
“Che bastardo.” Non rispose. “E Stephan?”
“Che ne sai di lui?”
“Haley.”
Sorrise ironica. “Stephan è stata l’unica storia. Era più per far contenta mia madre in realtà.”
“E perché è finita?”
Alzò il viso e scrutò il mio. Scrollò le spalle. “Lui era perfetto ma…”
“Ma?”
“Ma non era te. Nessuno è mai stato te.” E il silenzio piombò tra noi. Forse avrei dovuto chiedere di più, forse avrei dovuto chiedere cosa intendesse, forse avrei davvero dovuto chiederle perché mi avesse tradito, ma non lo feci.
“Tu piuttosto. Ti sposi, wow! Parlami di lei! Non mi hai detto praticamente niente e lei sa tutto di me…”
Sorrisi quasi imbarazzato. “Shelby.  Bè, lei è stata la mia salvezza. Bevevo tanto in quel periodo. Frequentavo ragazze diverse, molte ragazze. E poi, non lo so, è arrivata lei e mi ha ascoltato. E non volle entrare in casa. ‘Ci risentiamo quando sei sobrio’ disse. E io la richiamai. Il resto è storia, ma senza di lei non so che fine avrei fatto. Fa la costumista, sai? È molto bella e piena di vita. Anche se…”
Non sapevo perché mi ero fermato ma l’avevo fatto.
“Anche se?”
“Anche se non è te.” L’avevo detto. “Nessuna sarà mai te.” E l’avevo ribadito.
Restammo a fissarci negli occhi per un tempo così lungo che mi parve interminabile e, probabilmente, avremmo continuato a guardarci per molto tempo ancora se il pianto di Haley dall’altra stanza non ci avesse fatto sussultare e correre da lei.
“Amore, cos’è successo?”
Ci avvicinammo entrambi al letto che la vedeva seduta e in lacrime.
“Papaaaaà! Papaaaaà! Non te ne andare! Non te ne andareeeee” urlò e appena mi vide si aggrappò a me così forte da farmi quasi male.
“Amore, sono qui. Non vado da nessuna parte.” La baciai ovunque stringendola a me.
“E’ stato solo un incubo, tesoro.”
“Un brutto, orrendo incubo. Non vado da nessuna parte…”
Ma lei continuava a piangere e calmarla fu difficile per diversi minuti.
“Dormite con me stasera?” tirò su con il naso e… come poterle dire di no?
“Sì. Certo. Dormiamo qui” la rassicurai ottenendo completa approvazione da Kristen.
Ci infilammo sotto le coperte insieme a lei che si strinse tra di noi.
“Abbiamo fatto davvero un bel lavoro…” commentai mentre le carezzavo le guance lisce e i lineamenti perfetti.
“Sì. È perfetta.”
E restammo svegli a guardarla e ad accarezzarla finché non fu di nuovo addormentata, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di lasciarla di nuovo sola o forse mancava semplicemente la voglia di farlo.
Ci addormentammo così e, quando mi svegliai, prima dell’alba, sapevo solo che Haley era riuscita in qualche modo a spostarsi al mio lato e io stavo stringendo Kristen. Una mia mano era dietro la sua schiena, il suo capo chino sul mio petto e non mi ero mai sentito così bene.
Sorrisi e continuai a dormire.

POV Kristen

 
“Mi raccontate un po’ di quando stavate insieme?”
Dire che le cose erano migliorate col passare dei giorni sarebbe stato un eufemismo. Avere Rob a casa, vederlo accanto ad Haley che lo chiamava papà e ci teneva per mano mentre camminavamo e la facevamo saltare tra la neve era… era tutto quello che avevo sempre desiderato.  Ero quasi arrivata a credere che Rob non mi odiasse. Soprattutto quando mi riservava quei sorrisi che sembravano dimenticare il resto e aprirsi solo nel vedere il mio viso.
Eppure non potevano significare nulla. Lui stava per sposarsi e io dovevo davvero iniziare ad abituarmi all’idea. Non l’aveva ancora detto a Shelby nonostante io continuassi a spingerlo a farlo. Ci mancava solo che, una volta scoperto, avesse incolpato me per averlo costretto a tacere anche se non avrebbe avuto molto senso.
‘Tanto domani torniamo. Credo che la mostrerò direttamente anche a lei.’ mi aveva risposto quando gli avevo ribadito il concetto quel pomeriggio prima di uscire a fare due passi.
‘Mostrerai anche me?’ Avrei voluto chiedere ma avevo preferito evitare. Il solo pensiero di dover tornare a Londra dopo anni e affrontare… tutti, mi faceva stare male ma me lo meritavo. Ai loro occhi me lo meritavo e non potevo fare nulla per cambiare le cose, non ora. Non più.
“Sai, è strano che tu ce lo chieda. Stiamo passando proprio accanto a un posto dove abbiamo passato la maggior parte del tempo…” iniziò Rob mentre camminavamo accanto a uno dei set esterni di Twilight. Mi chiesi cosa stesse provando lui in quel momento. Io ci passavo spesso e ormai mi ero abituata all’inevitabile ondata di ricordi, ma lui?
“Ma la storia la sooooo. Tu che eri pazzo della mamma prima di conoscerla, hai fatto il provino per lei, lei ti ha scelto, e vi siete innamorati.”
Lo faceva sembrare così semplice.
“Voglio sapere qualcosa che non si legge da nessuna parte! Qualche dettaglio piccante tipo, il vostro primo bacio? O la vostra prima volta di qualche altra cosa?”
Sorrisi e chinai il viso al ricordo...
 
“Rob, che diavolo ci fai qui?” esclamai trovandomelo avvolto su se stesso al freddo, fuori il mio trailer.
“Non trovo le chiavi. Fammi entrare, ti prego. Sto gelando.”
Alzai gli occhi al cielo e lo lasciai passare. “Sei un idiota. Potevi prenderti una polmonite. Perché non sei tornato dentro?” dissi mentre gli sfilavo la maglia e gliene davo una mia, ma lui non la mise. Portò le sue mani alla mia vita e avvicinò i nostri corpi d’un tratto bollenti.
“Volevo vederti. Dio, quanto ti voglio…” disse contro il mio collo. “Fai l’amore con me, Kristen. Non lo saprà mai. Ti prego, non ce la faccio più. Fallo con me la prima volta.”
“Rob, non… non possiamo…” mugolai mentre lottavo tra cuore e ragione.
“Non mi vuoi?” chiese prendendo il mio viso tra le mani e incatenando il suo sguardo al mio; come se potesse esserci altra risposta a quella domanda se non: “Sì. Sì, ti voglio.”
E divenni creta nella sue mani. Per la prima volta. La mia prima volta.
 
“So a cosa stai pensando?” sussurrò Rob al mio orecchio e io sentii le guance andare in fiamme.
“Non so di cosa parli…”
“Sei arrossita, Kristen. So a cosa stavi pensando, perché ci pensavo anche io.”
Mi persi nei suoi occhi finché sentii Haley far scivolare la mano dalla mia presa e farla entrare in contatto con quella di Rob.
Sorridemmo entrambi, consapevoli di quello che nostra figlia stava facendo e, nonostante forse ci saremmo fatti ancora del male, restammo mano nella mano e la seguimmo camminando sulla neve.
Dopotutto non significava nulla, vero?
Solo due vecchi amici che si tenevano per mano sulla neve.
Non significava nulla.
 
“Non credere che non sappiamo quello che stai cercando di fare, signorina” dissi ad Haley con tono perentorio quando inserì il DVD di Twilight per poi venire a posizionarsi tra di noi sul divano.
“Iooo? Che ho fatto ora?”
“Vuoi dirmi che la scelta del film è totalmente casuale?”
“Mmm… Mi appello al quinto emendamento.”
Rob scoppiò a ridere. “Ma sai cosa vuol dire almeno?”
“Veramente no. Ma in TV lo dicono sempre quando non vogliono rispondere a qualcosa.” Rise e noi con lei. “E ora zitti, inizia.”
Vedere il film in silenzio era impossibile con Haley che si divertiva a commentare ogni minima cosa ma aveva anche la capacità di restare in silenzio durante le scene più intense e, mio dio, rivedere quel film dopo anni ed anni ebbe un effetto su di me che non potevo credere possibile e che era stato il motivo per cui non l’avevo più rivisto dall’ultima volta in cui, per scherzo, lo avevo visto insieme a lui.
“Bello eh? Voglio dire, tutta quella chimica e quell’attrazione… si tagliava col coltello…” fu il suo commento alla fine del libro al che io e Rob ci scambiammo uno sguardo divertito ma anche carico di intesa.
“Bene, io vado a dormire. È tardi e domani andiamo a Londraaaa! Awwwww.”
“Nessuna storia della buonanotte stasera?” chiese Rob che già aveva preso la mano con quell’abitudine.
“No, stasera no. Notte mami, notte papi.” Diede un bacio ad entrambi e sparì su per le scale.
“E’ tremenda…” commentò Rob e io mi limitai ad annuire. Ero ancora troppo scossa dal film. Possibile che quei due ragazzi, quei due piccoli ragazzi che a malapena si conoscevano erano arrivati a tanto?
“Hey, che hai?” mi chiese Rob, dolce. Dolce.
Io scossi il capo. “Niente… il film mi ha messo malinconia” confessai e, a quel punto, afferrai l’occasione per tirare tutto fuori. “Io… io non volevo, Rob. Mi dispiace davvero. Non volevo che le cose andassero così… è tutto sbagliato. Dovevano andare diversamente. Dovevamo vivere insieme con la nostra bambina e.. e magari sposarci e… e invece ho rovinato tutto. E ora tu mi odi e…”
Prima che potessi anche solo finire di parlare, sentii le sue braccia avvolgermi e il suo viso chino nel mio collo. Morii per un istante, ma in quell’istante mi sentii in paradiso.
Si staccò dopo molto tempo, quando ormai le lacrime avevano avuto il sopravvento su di me e le sentivo addensarsi come crema prima di rigarmi le guance.
Lui mi carezzò gli zigomi e ne asciugò una. “Io ti ho amato più di chiunque altro potrò mai amare in questa vita, e tu mi hai spezzato il cuore. Mi hai mentito, mi hai tradito, mi hai tenuta nascosta una figlia per sette anni.”
Chinai il viso ma lui lo alzò un secondo dopo.
“E nonostante tutto… non riesco ad odiarti. Ci ho provato. Vorrei tanto riuscire ad odiarti, sarebbe tutto più facile, ma non ci riesco. Dopo tutti questi anni tu sei… sei ancora troppo per me…”
Le nostri fronti a contatto, il mio cuore che batteva più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita sua, le sue parole che mi riscaldavano l’anima.
E quando una lacrima si addensò all’angolo della mia bocca, lui si avvicinò, molto lentamente, e la raccolse con le labbra.
Sentii il corpo gelarsi e riscaldarsi allo stesso tempo, la voglia di avvicinarlo ancora di più, di affondare le mani tra i suoi capelli, di incastrare i nostri corpi, ancora e ancora.
Mossi le labbra insieme alle sue e ci baciammo. Un bacio così semplice, pure e carico che mi sembrò di tornare al nostro primo bacio. Niente aveva più senso, niente importava più mentre le sue mani stringevano la mia vita, le mie volavano al suo viso e le nostre lingue si toccavano ancora, dopo tanto tempo.
Dio, da quanto non baciavo un uomo così. Da quanto non baciavo lui così…
Non lo ricordavo più e non volli ricordare nulla per molto tempo. Volevo solo perdermi tra le sue labbra ma quando il suo corpo fece pressione sul mio per farmi stendere sentii quanto tutto fosse sbagliato. E non solo perché lui stava per sposarsi ma perché c’erano ancora tante cose che non sapeva e io… io…
“Io… non… Non posso, Rob. Non possiamo…”
Mi staccai aggrappandomi ad ogni forza di volontà rimastami e lo scostai mentre mi alzavo dal divano e mi dirigevo in cucina.
Sperai davvero che non mi seguisse ma sentii i suoi passi dietro i miei prima di quanto mi aspettassi.
Non disse nulla. Mi afferrò il braccio costringendomi a voltarmi e incollò di nuovo le sue labbra alle mie.
E fu impossibile per me rinunciare. Mi erano mancate così tanto che sentivo di poter morire se le avessi lasciate andare. Mi aggrappai a lui che mi alzò sul ripiano della cucina. Era tutto sbagliato eppure… perché sembrava così giusto ai miei occhi in quel momento? Tutto poteva sistemarsi e forse… forse un giorno…
“No… no…” mugugnai ancora quando lui scese a baciare il mio collo facendomi impazzire. “Rob, aspetta. Devo… devo dirti ancora delle cose… Non…”
“Me le dirai dopo…” e la sua voce rauca ed eccitata fu il colpo di grazia.
Creta nelle sue mani, di nuovo.
“Dio, quanto mi sei mancata…”
“Dio, anche tu… troppo…”
Mi lasciai andare ai suoi baci, alle sue carezze, alle sue labbra e alla sua lingua.
“Andiamo sopra…” mormorò nella mia bocca.
“Haley…” riuscii a mugugnare in risposta.
“Il divano…” ed io annuii e mi aggrappai a lui aspettando che mi stringesse per portarmi di là quando il suono del campanello ci fece staccare improvvisamente.
Ci guardammo negli occhi consapevoli di avere appena fatto una grande cazzata e, con la fronte una contro l’altra, respirammo gli ultimi gemiti di entrambi prima di tornare alla realtà.

 

O_____________O omg omg omg! Si sono baciatiiiiiiiiiiiii! *___* Awwww Di certo non può più sposare Shelby ora! Sicuramente la ripudierà e dichiarerà a Kristen tutto il suo amore e vivranno felici e contenti! *__* Awwwww No, okay u.u forse non andrà proprio così! Muhahahahaha Che dire... lo scoprirete solo leggendo! ;) Hahaha Ovviamente essendo una ff di cinque capitoli le cose succedono un pò velocemente ma... siamo abbastanza sicure che abbiate apprezzato! LOL Fatecelo sapere in una recensioncina che ci fanno sempre tanto piacere *___* Siete the best! *___* 
Vi ricordiamo ancora il nostro 
profilo Facebook, dove troverete un piccolo spoiler al giorno nell'attesa del prossimo capitolo ;)
Che altro dire...? Niente... secondo voi chi è al campanello? Chi può mai essere a rovinare tutto così? u.u Io punto tutto su Shelby o James u.u Ho questo presentimento u.u Ma sarà perchè so cosa succede nel prossimo e voi noooo lalalala Okay, ammetto di essere un pò infantile .___. meglio che mi ritiro! hahahaha
Grazie mille di tutto, ancora una volta! 


Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

 

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Capitolo 4
*** now. ***


TP - cap 3 Allora ragazze eccoci qui! Iniziamo col dirvi che siamo completamente scioccate, sconvolte, entusiaste e stra-mega-happy per il vostro amore per la storia e le stupende recensioni che ci lasciate!!!
shghggaycysdhgcfsdghfhgsdhgfgh è tutto ciò che possiamo dire per descrivere adeguatamente come stiamo *___*.
Detto questo, eccoci qui al capitolo 4, il penultimo! Grazie a tutte le fantastiche ragazze le cui menti hanno pensato il soprannome 'Scialba Shelby'. Cloe l'ha rubato e messo in vostro onore in questo capitolo xD. Pensiamo che Haley vi farà morire dal ridere perciò ahahah tenetevi forte mentre leggete...anche perchè finalmente molti punti oscuri saranno rivelati O______O. Vogliamo ringraziare ancora una volta tutte voi che continuate a seguirci e a dimostrarci una dose enorme di amore su fb. Non pensavamo di trovare amiche così in sintonia con noi (e anche un pò pazze come noi hihihi ).
Bene vi lasciamo al capitolo e...
E chi sarà al campanello??? O_O
Buona lettura!!!!
P.S= Il capitolo è diviso in due pov diversi e se volete c'è un piccolo suggerimento musicale da ascoltare dal Kris pov in avanti.
Un mega bacio!!







Capitolo 4

now.
 
POV Robert


Rimasi ansimante con le mani sul ripiano della cucina. Kris se n’era andata al suono del campanello ma riuscivo ancora a sentirla addosso. Le sue labbra, la sua pelle, il suo sapore, il suo..
Chiusi gli occhi, cercando con ogni parte di me stesso di riprendere il controllo, ma fu tutto inutile. Avevo cercato per giorni di dire a me stesso che lei era solo..solo un vecchio amore.
Solo la madre di mia figlia.
Solo una potenziale amica futura.
Che lei era solo..solo Kristen.
Ma, dopotutto, era proprio questo il problema.
Lei era Kristen. Lei e nessun’altra. Nessuna sarebbe mai stata lei: la mia amante, confidente, migliore amica. Tutto allo stesso tempo.
Però c’era qualcun’altra nella mia vita adesso, qualcuno che sarebbe stato distrutto e devastato se avesse saputo ciò che avevo fatto.
Io mi stavo per sposare. Stavo per sposare una donna forte e fantastica che mi aveva letteralmente salvato da me stesso, dall’alcool e dalla depressione che avevo attraversato. Avevamo condiviso sette anni insieme e..e non si meritava un trattamento simile. Io le dovevo tutto, ogni singola cosa buona che avevo fatto dopo Kristen. Non potevo gettare tutto al vento per un bacio che non significava nulla e..e anche se il campanello non fosse suonato noi ci saremmo fermati.
Certo, come no.
Perché quello era stato solo un errore.
Un bell’errore, però.
Forse avevo avuto uno di quegli strani momenti di debolezza che tutti hanno prima di fare il grande passo. Sì, era per questo che l’avevo fatto:per provare che non c’era più nulla tra me e Kristen. E, infatti, quel bacio non aveva significato niente.
Bugiardo.
“Cazzo..”
Avrei continuato ad angosciarmi e a parlare come un pazzo con la mia coscienza se non avessi sentito una voce famigliare mescolata a quella di Kristen. E ogni mio pensiero sul fatto che quella persona non potesse essere lì, si volatilizzò quando vidi la figura alta ed esile di Shelby entrare in cucina come un tornado impazzito, seguita a ruota da una confusa e scioccata Kristen.
Entrambe erano rosse in viso, seppur chiaramente per due ragioni opposte. I miei occhi incrociarono per un attimo quelli di Kristen, enormi ed imbarazzati; uno specchio esatto di quelli che dovevano essere i miei.
“Tu che ci fai qui?”.
Il mio tono di voce uscì totalmente sbagliato e mi sentii in colpa nell’esatto istante in cui colsi il dolore sul volto di Shelby.
“Io..insomma, volevo dire. Come sei arrivata? Quando..io..” balbettai. Perché diavolo averla lì, nella cucina di Kristen,  sembrava così sbagliato e fuori luogo mentre esserci io sembrava così..giusto?
“Beh, non certo grazie a te” la voce di Shelby era strana, diversa dal suo solito tono allegro e gentile. “Hai detto che dovevi venire a Vancouver a risolvere una faccenda. Una faccenda? A dieci giorni dal nostro matrimonio? Ma io..io mi sono fidata di te. E poi Tom si fa sfuggire il suo nome” puntò il dito contro Kristen, senza però togliere gli occhi da me “Non mi ci è voluto molto per farmi dire che eri qui con lei, a casa sua e..” una lacrima le rigò il viso e mi sentii morire.
“Tom non ti ha spiegato. Shelby, c’è una spiegazione logica a..”
“Una spiegazione logica? Una..” cercò di prendere un lungo respiro anche attraverso le lacrime “Stai vivendo qui con lei da una settimana, mentendomi, e tra dieci giorni noi dovremmo sposarci! E hai anche il coraggio di dirmi che c’è una spiegazione logica?”
A quel punto kris fece un passo avanti. “No, aspetta, lo so che sembra brutto ma..è tutto un grosso malinteso.”
Shelby scattò, guardandola con un odio che non avevo mai visto sul suo volto. “Tu stai zitta. Dopo tutto quello che gli hai fatto, hai davvero un bel coraggio a..”
“Che sta succedendo?”
Tutti e tre sobbalzammo e ci ritrovammo a fissare la porta della cucina dove Haley se ne stava appoggiata allo stipite.
“Perché urlate? State litigando? Non litigate, dai..” i suoi occhi assonnati si posarono su Shelby e si spalancarono. Non perse neppure un secondo a gettarsi su di me, impaurita.
“Sei una ladra?” domandò cauta rivolgendosi a Shelby “No, forse sei una pazza. Hai l’aria di una appena uscita dal manicomio. Vuoi ucciderci tutti e farci a pezzi ?”
“Cosa? Io..no. Ma  chi diavolo sei tu?”
Haley alzò il viso verso di me. “Papà ma questa chi  è? Tu la conosci?”
Le avrei risposto ma il gemito sorpreso e sconvolto di Shelby mi distolse da mia figlia.
Kris si schiarì la voce, passandosi le mani nei capelli. “Io.. amore questa donna è la fidanzata di papà, non è una pazza. Lo sai che papà ha una fidanzata, no? Te l’avevamo detto..”sibilò tra i denti “E io ti avevo detto che dovevi dire tutto a Shelby, Rob”
E avrei davvero dovuto farlo perché lei sembrava letteralmente sul punto di svenire o di collassare. Il suo sguardo passava, angosciato, su noi tre senza sapere su dove posarsi.
“Haley, vieni. Andiamo di sopra. Ti leggo una storia..”
“Ma io voglio dormire con papà” alzò gli occhi e sporse il labbro all’infuori “E poi vorrei una tazza di cioccolata, mi è venuta fame”
“Haley..”
“Papino ti preeeeeeeeeeeeeeeego”
Avrei voluto poter cedere come facevo sempre e dirle che avrei fatto tutto ciò che voleva, ma ero troppo focalizzato sul volto pallido e sconvolto della mia fidanzata.
“Fatti fare la cioccolata dalla mamma” risposi “Poi dopo vediamo cosa fare. Io devo parlare in privato con Shelby.”
Non sembrò affatto felice della risoluzione della cosa ma si sedette ugualmente al tavolo, senza obiettare e con un grosso broncio sul viso.
Presi delicatamente la mano di Shelby nella mia e la condussi al piano di sopra, fino alla camera che occupavo. Dopo essersi seduta sul letto e aver bevuto un po’ d’acqua sembrò aver riacquistato un colorito leggermente più roseo.
“Io..non..non capisco”
“Lo so, lo so” mi sedetti al suo fianco e la circondai con le braccia.
Come diavolo avevo fatto ad essere così idiota? Ero stato assorbito da Haley e dal mio volerla solo per me ma quella donna era la mia fidanzata. La mia futura moglie e..e presto avrei dovuto dividere ogni piccola cosa della mia vita con lei. Compreso il mio amore per mia figlia. Tenendola all’oscuro avevo solo rischiato di ferirla irreparabilmente ed era l’ultima cosa che avrei voluto fare.
“E’ una storia lunga e complicata. Ascoltami, ok?”
Annuì e si voltò a guardarmi. Questa volta seria e senza più lacrime agli occhi.
Iniziai la mia storia partendo da ciò che era successo il giorno del provino. Non era necessario rivangare i dettagli più tristi della fine della mia storia con Kristen visto che sapeva già ogni cosa e di questo fui immensamente grato. I suoi occhi si fecero enormi e carichi di rabbia e comprensione mano a mano che le spiegavo tutto ciò che era successo in quei giorni. Eppure mi ritrovai a escludere dal mio racconto alcune parti e, paradossalmente, le più importanti. I momenti che ci avevano avvicinati in quei giorni, le piccole cose che avevamo condiviso insieme: i film sul divano, le cene a tavola, i giochi..
“Una figlia..” il gemito si Shelby mi riscosse dal mio torpore “Wow, è..è scioccante.”
“Già..”
“Io..” strinse i pugni sulle ginocchia, livida “Ho una gran voglia di andare lì fuori e prenderla a calci in culo. Come ha potuto tenerti nascosta tua figlia per sette anni? Certo posso capire che non sapere chi il padre fosse deve averla fatta sentire una sgualdrina, che poi è quello che è..”
“Shelby non dire così”
I suoi occhi mi fissarono scioccati. “La difendi? Perché diavolo la difendi?”
“Io no..non la difendo ma per Haley..” sospirai cercando di scacciare il fastidio che le parole di Shelby mi avevano procurato.
Kris non era affatto una sgualdrina, lei era..una brava madre e..
“E’ la mamma di Haley e bene o male saremo legati per sempre. Perciò credo che la cosa migliore sia avere tutti un rapporto sereno e ripartire da zero. Non voglio che mia figlia si senta stretta fra due fuochi e non sappia cosa dire o come comportarsi.”
I suoi occhi si addolcirono velocemente. “Hai ragione, ovviamente. Insomma..scusami. Se tu la puoi perdonare di certo posso farlo io. In fondo è sempre stato quello che ti ho detto di fare: dimenticare il passato e andare oltre. Perciò sì..cercherò di essere il più civile possibile. E..oddio ti ho accusato di tutte quelle cose orribili quando sono arrivata”
“Non fa niente, eri sconvolta e..”
Prima che potessi rendermene conto le sue labbra erano sulle mie, morbide e calde. Così simili a quelle di Kristen eppure così diverse..
Si staccò e, quando tornò a guardarmi, aveva un espressione triste e mortificata.
“No, è stato imperdonabile. Come se tu e lei poteste..insomma, dopo tutto ciò che ti ha fatto dovevo capire che tra voi due non potrebbe esserci più nulla. Sono stata davvero una sciocca,vero?”
Se avessi voluto quello sarebbe stato il momento per essere sincero. Per dirle del bacio, per dirle..
Ma c’era poi davvero qualcosa da dire?
Confessarle la verità avrebbe cambiato qualcosa o sarebbe servito solo a ferirla irreparabilmente?
Bacio o non bacio io e Shelby ci saremmo comunque sposati presto; le avevo fatto una promessa e l’avrei mantenuta ad ogni costo.
“Sciocca? Solo un pochino” sussurrai “Ma ti amo comunque”
Avvicinò nuovamente il volto al mio. “Anche io ti amo.”
“Ehm..ehm..”
Ci allontanammo di scatto e una Haley piuttosto arrabbiata si gettò sul mio grembo allacciandomi le mani al collo e affondando il capo sul mio petto.
“Cattivo, avevi detto che venivi da me e invece la mamma voleva mandarmi a dormire senza di te” sbottò “E invece io non ci vado se tu non ci sei.”
Strinsi il suo corpicino caldo a me, beandomi di quelle attenzioni. Mi aveva accettato con gioia sin da subito e vederla ricercare il mio affetto costantemente mi faceva sentire amato  come mai prima.
“Dormo con te, ok? Non preoccuparti” sussurrai respirando il buon profumo dei suoi capelli. “Prima però vorrei presentarti ufficialmente una persona che per me è molto importante. Haley, questa signora si chiama Shelby ed è la mia fidanzata. Shelby, lei è Haley, la mia bambina.”
Shelby fu la prima a sporgere la mano e a salutare con un sorriso. Haley la scrutò per un attimo prima di allungare, titubante, la manina.
“Piacere” disse “Scusa se non ti ho riconosciuta subito, prima. Ti avevo già vista su un giornale ma sembravi diversa.” Tossicchiò “Immagino che Photoshop faccia miracoli.”
Oh ca..
Iniziavamo bene!
“Ok, beh è ora della nanna. Tutti a dormire, su, domani ci aspetta un lungo volo fino a Londra” mi alzai tenendo Haley tra le braccia “Shelby, il nostro programma era di partire domani col volo delle 11. Se avessi saputo che..”
“Oh non preoccuparti” scosse la mano e mi resi conto che era ancora un po’ confusa su come interpretare la battuta su Photoshop “Mi prenoto un posto su internet. Di solito in prima classe c’è sempre disponibilità residua.”
Le diedi un bacio veloce sulle labbra e, quando mi allontanai di un passo, i miei occhi si posarono su Kris, ferma sulla porta con un’espressione assorta e illeggibile sul volto.
Illeggibile, forse per chiunque, ma non per me.
Stava pensando al nostro bacio, esattamente come avevo fatto io sino a quel momento.
 “Buonanotte, allora” mormorai, oltrepassandola con Haley fra le braccia.
Scossi il capo. Non c’era niente a cui pensare.
Niente.
 
 
 
“Dimmi ancora una volta che tu non c’entri”
“Io non c’entro” ripetè Haley tranquilla, troppo assorbita dall’ambiente circostante per prestare davvero attenzione alle mie parole.
“Haley..”
“Guarda che forte la mia stanza!” Corse attraverso il piccolo salottino di una delle suite del Ritz, seguendo il ragazzo che ci aveva aiutati con le valige. “Non sono mai stata in così tanti alberghi diversi! E tutti bellissimi”
Si gettò sul letto, scompigliando tutti i cuscini e il copriletto, troppo felice per poter essere contenuta..
“Le serve altro signore?”
Scossi il capo, dando una bella mancia al ragazzo che uscì dalla stanza lasciandoci soli.
Kristen entrò in quella che, per i giorni seguenti sarebbe stata la camera di Haley, e si sedette sul letto accanto a lei.
“Tuo padre ti ha fatto una domanda e voglio che gli rispondi. Sinceramente.”
E io non potei trattenere un mezzo sorriso notando che quella situazione rispecchiava totalmente le mie fantasie. Quando eravamo insieme avevo sempre pensato che io sarei stato il papà buono e permissivo e lei la madre che faceva rispettare le regole e, infatti, le cose stavano andando esattamente così.
Mi ricomposi quando Kris mi lanciò un’occhiataccia.
Haley si mise seduta composta e alzò gli occhi al cielo molto teatralmente. Come diavolo aveva pensato di non essere una buona attrice era incomprensibile per me, visto che era chiaramente tagliata.
“Mi ferisce molto che i miei genitori, coloro che mi hanno dato la vita, pensino questo di me” sollevò lo sguardo indignata “Io non ho fatto nulla”
La sua risposta non mi suonò affatto convincente ma il mio amore per lei era così spropositato ed enorme che, anche se quella fosse stata una bugia, non me la sarei presa poi più di tanto. Certo, Shelby era tutta un’altra storia..
La mattina di partire per Londra Shelby non era più riuscita a trovare il suo passaporto salvo scoprire, due ore dopo, che era misteriosamente finito nel tritarifiuti.  Questo aveva significato che Shelby era dovuta andare al consolato britannico a farsi fare un certificato provvisorio e aveva perso il nostro volo.
“Papà” Haley mi posò una mano sulla spalla “Mi spiace davvero. Ma devi ammettere anche tu che Shelby era molto sconvolta quando è arrivata a casa nostra. Forse ha posato la borsa in cucina e forse il passaporto è caduto accidentalmente nel lavello e forse il tasto dei tritarifiuti si è attivato da solo e..” scosse le spalle “Dopotutto è anche colpa tua”
Strabuzzai gli occhi, mezzo divertito. “Mia?”
“Beh, se tu le avessi detto chi ero sin da subito..” tagliò corto “E adesso scusate ma mi devo vestire per incontrare i nonni. Mi metto un vestito, ok? Le nonne delle mie compagne vogliono sempre che siano eleganti anche se a me i vestiti proprio non piacciono molto. Farò questo sforzo..”
Si legò i capelli biondi in una coda alta e corse ad afferrare la sua valigia, trascinandola in bagno e barricandosi dentro a fare chissà che cosa. Dovevo ammetterlo, la amavo, ma dovevo ancora capire da chi diavolo aveva preso tutta quella energia, parlantina e vivacità. Di certo non da me e Kristen che tendevamo ad essere piuttosto pigri e solitari. Forse da Lizzie, pensai con un sorriso.
Avevo detto a tutti che ci saremmo incontrati a casa dei miei quel pomeriggio alle quattro e, ad essere sincero, non vedevo l’ora. Tom era il solo a sapere chi Haley fosse, mentre per gli altri sarebbe stata una vera e propria sorpresa.
Una bomba atomica più che una sorpresa, ma non c’era un modo soft per comunicare la notizia. Non a questo punto almeno.
“Mi spiace” Kristen posò la mano sulla mia, naturalmente, e il gesto causò una vera e propria scarica di adrenalina nel mio corpo.
Stai calmo, stai calmo..
“Mmm, per cosa?”
Rise. “Lo sai che è stata lei. Non so cosa le sia passato per la testa. Forse ha paura che quando ti sposerai non avrai più molto tempo per lei e ha voluto guadagnare un paio di giorni per averti tutto per se.”
“Non..non voglio che lei pensi questo” risposi veloce. “Insomma, voglio che sappia che io ci sarò sempre e che..Dio devo ancora parlarne con Shelby ma posso prendermi un po’ di tempo libero dal lavoro e magari cercare una casa a Vancouver.”
Kris rafforzò un po’ la stretta su di me e, in un gesto totalmente inatteso, posò il capo sulla mia spalla. “Troveremo un modo, vedrai.”
Sentii ogni nervo, ogni fibra del mio corpo irrigidirsi al contatto del suo corpo contro il mio. E il suo profumo.
Non durò più di due secondi. Si staccò subito, non appena si accorse di cosa aveva fatto. Non so se il suo gesto fosse dovuto ad un attimo di debolezza o se , per un istante, avesse pensato di essere tornata nel passato.
Di certo, per me, era stato così.
“Scusa, non..”
“Kris non..”
Parlammo insieme, contemporaneamente, imbarazzati come due ragazzini.
Sussultammo quando sentimmo scattare la serratura del bagno ed Haley uscì dalla porta, piazzandosi davanti a noi con una giravolta.
“Allora, che ne pensate?”
Indossava un grazioso abitino rosso con dei fiocchi di neve natalizi e stivali pesanti.
Colsi al volo l’occasione per uscire da quella situazione imbarazzante e fastidiosa.
Così piacevolmente fastidiosa..
“Sei bellissima” tossicchiai “Tu..mm Kristen sei certa di non volere venire?”
Scosse il capo. “No, questo è un momento che è giusto condividere tra voi. Li saluterò un altro giorno.”
“Ok”
Francamente sapevo che la sua era una bugia ma non mi sentii di contraddirla. Sapeva benissimo che i miei non l’avrebbero accolta a braccia aperte e che , anzi, ce l’avrebbero avuta a morte con lei per aver impedito loro di conoscere una nipote per ben sette anni. Lo stava facendo per Haley, perché quel giorno così importante per lei non fosse macchiato da rabbia e risentimento.
“Allora andiamo!” sussultò mia figlia tirandomi per la manica del giubbotto.
Ebbi solo il tempo di voltarmi un secondo. “Kris..grazie.”
Annuì solamente, prima di mettere su il sorriso più esagerato e finto che le avessi mai visto. “Andate, su, o farete tardi. Divertitevi, mi raccomando. Tanto io ho un po’ di lavoro da sbrigare qui in hotel.”
Sentii il cuore pesante per tutto il viaggio in taxi e, se non fosse stato per Haley e la sua raffica di domande, non sarei riuscito a levarmi dalla mente Kris e l’immagine del suo volto così triste. Avevo creduto di odiarla quando avevo scoperto di Haley, ma vedendo la madre che era, i sacrifici che aveva fatto per farla vivere felice e al meglio..
Non potevo non pensare di essermi sbagliato totalmente. La mia Kristen era ancora lì, nascosta da qualche parte, e ogni giorno ne ritrovavo un nuovo pezzetto.
Haley sembrò felice ed eccitata fino a che il taxi non parcheggiò davanti a casa dei miei genitori. In quel momento divenne seria e muta, cosa che non era assolutamente da lei.
Scendemmo nell’aria fredda, quasi gelida, e grigia; qualche piccolo fiocco di neve svolazzava nell’aria. Dopo che il taxi si allontanò mi chinai davanti a lei: sistemai i suoi capelli biondi sotto il berretto di lana e le baciai il nasino. Non rise.
“Tesoro, che c’è?”
“E se non gli piaccio?” mormorò “Hai detto che ho due cugini. Magari non mi vogliono bene come ne vogliono a loro”
Mi sentii spezzare il cuore davanti al suo viso combattuto fra la voglia di entrare e farsi conoscere e la paura di non essere accettata.
“Io ti ho amata sin da subito” risposi sincero “E ti ameranno anche loro. Non perché hai un bel vestitino o sei intelligente. Non ti devi sforzare di essere chi non sei. Ti ameranno perché sei la loro nipotina e fai parte della famiglia. Ok?”
“Ok” sussurrò
Feci finta di morderle il pancino e fu con gioia che sentii una sua risata. “E sai chi altro ti vorrà bene? Shelby.”
Visto l’incidente col passaporto mi sembrò giusto sollevare l’argomento.
“Mmmm, certo” protestò sarcastica “Le matrigne amano sempre i bambini!”
“Haley.”
Scosse le spalle e prese il mio viso fra le mani. “Non mi interessa molto di piacerle papà. Mi interessa solo che tu mi vuoi bene per sempre e non te ne vai più.”
Ci misi meno di un secondo a stringerla con tutta la forza che avevo in corpo. “Papà ti vorrà bene sempre e adesso che ti ha trovata non ti lascerà andare mai più, intesi?Tu sei la persone che amo di più al mondo.”
“Anche più di Shelby?”
Mi sentii un po’ in colpa per la facilità con cui la risposta scivolò dalle mie labbra. Ma era la verità.
“Sì, sì. Anche più di Shelby”
“Ehi, non è che in tutto questo voler bene c’è anche un po’ di spazio per il povero, vecchio Tom ?”
Io ed Haley alzammo di scatto la testa, anche se avrei riconosciuto la voce di Tom ad occhi chiusi. Se ne stava avvolto nel suo cappotto e ci guardava un po’ in ansia.
Ma non aveva motivo di averne.
Tom era il solo che Haley non avesse timore di incontrare. Le avevo parlato di lui nel corso della nostra settimana a Vancouver e avevano persino scambiato i saluti al telefono una sera, prima di dormire. Perciò non mi stupii affatto quando lei gli saltò letteralmente tra le braccia e gli strinse la mano.
“Ciao, io sono Haley Stewart. Ti posso chiamare zio Tom?”
Risi come un pazzo quando vidi l’espressione un po’ scioccata del mio amico tramutarsi in un sorriso che avrebbe illuminato tutta Londra.
“Cazzo sì, suona bene zio Tom”
“Hai detto una parolaccia. Adesso devi darmi un dollaro per il mio barattolo delle parolacce” protestò lei.
“Non ce l’ho un dollaro” Tom la rimise a terra e si frugò in tasca. “ma ho una sterlina.”
Haley scrutò il pezzo di carta stropicciata a lungo, come se temesse che Tom la volesse fregare. “Sì, può andare bene”
Strinse le nostre mani nelle sue, piccole e avvolte dai guanti, mentre ci avvicinavamo alla porta di casa.
Tom non poteva smettere di guardarla e lo fece solo un attimo per potermi parlare.
“E’ identica a te. Identica”
“Lo so” risposi veloce. “Senti, com’è la situazione dentro?”
“Sono tutti un po’ nervosi, me l’ero svignata fuori per fumare una sigaretta. Non sanno che gli devi dire di così importante. Ci sono svariate teorie ma di certo non si aspettano..mm lei” arruffò i capelli di Haley dopo averle levato il cappellino “Non vedo l’ora di vedere le loro facce. ”
Entrammo nel corridoio e aiutai Haley a levarsi sciarpa e cappotto.
“Senti, stai un secondo in cucina con lo zio, ok? Io cerco di..prepararli e poi ti faccio fare l’ingresso trionfale che meriti”
Annuì, la parte da diva del suo animo che prese chiaramente il sopravvento.
Presi un profondo respiro prima di percorrere i passi che mi separavano dal salotto. Una volta entrato mi ritrovai davanti l’intera famiglia schierata, seduta sul divano e sulle poltrone. Persino i figli di Victoria e Liz, che avevano solo tre e cinque anni, mi guardavano seri e preoccupati.
Mamma fu la prima ad alzarsi ed abbracciarmi. “Rob dicci tutto, siamo così in ansia”
“Mamma, non è nulla di grave” la riportai seduta accanto a papà.
“E allora perché non ti siedi anche tu e ci dici tutto?”
“Perché…mmmm, preferisco stare in piedi e vedervi tutti faccia a faccia”
“La tua dolcissima e simpatica fidanzata non c’è?”
Ovviamente il commento di Liz non mi sorprese troppo visto che sembrava che le donne della mia famiglia non gradissero troppo Shelby. Non avevo mai compreso questa animosità, visto e considerato il carattere aperto di Shelby e il fatto che a mio padre, invece, piaceva tantissimo.
“No, in effetti lei non è a Londra.”
Mamma alzò la mano bloccando ogni mio discorso e mettendo su quella che io chiamavo la ‘finta faccia triste’. “Rob, non dire nulla. Abbiamo capito tutto subito. Una parte del mio cuore ha sempre saputo che fra te e Shelby non poteva davvero funzionare ed è meglio che tu l’abbia capito ora, anche a pochi giorni dalle nozze, piuttosto che dopo. Sarebbe stato solo peggio e”
“Rob” intervenne Vic afferrando il telefono “Non preoccuparti di niente. Ci pensiamo noi a disdire tutto.”
Paul, il marito di Liz, si alzò e mi diede una pacca consolatrice sulla spalla, seguito a ruota da suo figlio Michael.
“Zio Lob, ti siamo tuuuuti vicini” sussurrò con la saggezza dei suoi cinque anni.
E tutto questo ancora prima che io avessi aperto bocca.
“Io vi ringrazio” ribattei acido riportando l’attenzione su di me “Ma io e Shelby ci sposeremo come sempre il 24. Vic, metti giù quel telefono per favore. Quello che dovevo dirvi è di tutt’altro genere. Perciò se poteste gentilmente sedervi di nuovo..”
Tutti ripresero posto, confusi, bisbigliando fra loro nuove possibili congetture.
Ok, era adesso o mai più.
“Quando sono andato a Los Angeles per un provino dieci giorni fa ho incontrato una persona che non vedevo da tempo” iniziai “Ho incontrato Kristen. Stewart.”
Mamma si portò le mani alla bocca, Liz rabbrividì e sembrò che Vic stesse avendo una sincope.
“E lo dici così? Tranquillamente?” commentò scioccata “Il suo nome è stato per anni come quello di Voldemort e ora lo dici come se..nulla fosse?”
Mi fissarono sconvolti, probabilmente dubitando della mia salute mentale. E non li biasimavo visto che kris era da sempre un argomento tabù in casa e tutta la mia famiglia aveva sofferto quando ci eravamo lasciati. Scacciai i ricordi dolorosi che mi stavano sviando da ciò che era realmente importante.
“Sì, avete capito bene. Ho incontrato Kristen e..è venuto fuori che lei in questi anni ha avuto qualcosa di mio e..” mi bloccai. Come diavolo si diceva una cosa così scioccante alla propria famiglia? Forse avrei dovuto prepararmi un discorso ma, ormai, era tardi. “Qualcosa di mio che è cresciuto ed è diventato una..creatura splendida”
“Una pianta?” domandò Michael confuso.
“No” risposi prendendo un respiro. Il più lungo della mia vita. “Haley vieni qui.”
Haley entrò titubante, aggrappata alla mano di Tom, salvo poi stringere convulsamente la mia.
“Vi presento Haley. Mia figlia. Mia figlia e di ..Kristen”
Lei alzò piano la mano libera. “C..ciao”
In quel momento avrei davvero voluto avere una telecamera per riprendere la scena e le espressioni sconvolte della mia famiglia. In quei secondi successe letteralmente il finimondo, mentre la mia piccola rimaneva aggrappata al mio fianco.
Ci fu qualche urlo, qualche pianto, molte occhiate stupefatte , mormorii sconvolti e, purtroppo, anche alcune occhiate omicide di mia sorella Liz che mi chiese dove alloggiasse Kristen.  Non glielo dissi, ovviamente, e cercai di focalizzare la sua attenzione sulla nostra piccola Haley, invece. Non potei non tirare un enorme sospiro di sollievo e di gioia quando Haley trovò il suo posto sulle ginocchia di mia madre, stretta in un abbraccio fra lei e papà. Era esattamente il posto che le era sempre spettato. Pochi minuti dopo si liberò per venire da me e abbracciarmi, felice come mai l’avevo vista prima.
“Papà, hai visto? Piaccio alla tua famiglia!”
“E’ anche tua adesso” la corressi.
“La mia famiglia” mormorò piano, assaporando le parole ad una ad una. “La mia famiglia.”
 
 
  
POV Kristen (suggerimento musicale)
 
Non avevo mai visto mia figlia così felice. Mai.
Lei amava la mia famiglia, i miei genitori e i suoi zii, ma erano sempre state le sole persone che aveva conosciuto. Chissà quante volte si era domandata di suo padre, degli altri suoi nonni, di possibili cuginetti?
E io non avevo mai capito questo suo bisogno.
Lo avevi capito, ma sei sempre stata troppo codarda.
L’avevo privata della possibilità di vivere gli anni felici e spensierati che ogni bambina meritava e avrei dovuto vivere con questo rimorso per sempre.
Quei pochi giorni che aveva passato coi Pattinson erano bastati per farli letteralmente innamorare di lei ed Haley era  in overdose di essere così amata e venerata. Aveva trovato due nuovi nonni e zie pronti a viziarla e coccolarla e due cuginetti più piccoli che la seguivano ovunque e pendevano dalle sue labbra: l’ideale per lei che non aveva mai amato troppo le bambole e i giochi da femminuccia. E benché vederla eccitata, felice ed amata mi riempisse di gioia , non potevo evitare il devastante senso di colpa.
E di disagio, nel trovarmi seduta davanti a tre persone che mi odiavano letteralmente, una tazza di caffè fra le mani.
Caffè.
Già quello era un segno che avrebbe dovuto farmi fuggire a gambe levate. I Pattinson non ti offrivano il caffè, ti offrivano una bella tazza di Earl Grey . Sapevo che non avrei dovuto dare retta a Rob e che ci saremmo potuti incontrare in centro direttamente.
Rob voleva portare me ed Haley a fare un tour di Londra visto che negli ultimi giorni era stata così assorbita dalla sua nuova famiglia che a malapena  riusciva a mettere il naso fuori da casa Pattinson. Tornava da me in Hotel solo la sera per dormire ed in pratica non la vedevo quasi mai. Ma era felice e questa era la sola cosa che contava. Tutto ciò che guastava il suo umore era Shelby e il fatto che era tornata in città tre giorni prima e il dover dividere suo padre con lei.
Quel giorno aveva pranzato dai Pattinson e Rob mi aveva convinto ad incontrarci lì e, stupidamente, avevo accettato. Perciò questa era la ragione per cui mi trovavo seduta sul divano, sotto gli sguardi assassini di Liz, Vic e Richard. Beh, forse non Richard visto che sembrava il solo a disagio almeno quanto me.
“Allora Kristen” domandò cauto “Che hai fatto in questi anni?”
“Io..”
“Che domanda papà” ribattè Liz acida “ha cresciuto la figlia di Rob senza dire una parola a nessuno. Mi sembra ovvio, no?”
Sorseggiai il caffè.
Direi che me l’ero meritata..
“Scrivo..sai lavoro nelle sceneggiature, produzioni..”
“Capisco, capisco”
Il discorso cadde nel nulla.
Disagio. Ecco cosa sentivo solamente. Ed era terribile avvertirlo lì, in quella casa che una volta era stata la mia. Ma dopotutto non potevo lamentarmi. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Diceva così il detto , no?
Le cose peggiorarono solamente quando Clare entrò in salotto, nello stesso istante in cui Rob varcò la porta di casa. Era rimasta sempre al piano di sopra ad aiutare Shelby a scegliere un’acconciatura adatta alla cerimonia e avevo seriamente pregato che ci restasse finchè non me ne fossi andata. Ovviamente la fortuna non era proprio dalla mia parte.
“Ciao Clare” mormorai imbarazzata tenendo lo sguardo fisso sul tappeto. Ormai potevo pregare soltanto che non mi buttasse fuori a calci sotto lo sguardi Haley che era da qualche parte a giocare col figlio di Lizzie.
“Kristen” rispose fredda ma, quando alzai gli occhi, notai che la sua indifferenza era solo una maschera, come forse quella del resto della famiglia in fondo. Quelle persone credevano che fossi un mostro che aveva spezzato il cuore del loro figlio tradendolo con un altro uomo e che gli aveva nascosto una figlia per sette anni. E  il fatto che non fosse del tutto vero non contava nulla. Ai loro occhi ero una persona orribile e nulla avrebbe mai potuto riscattarmi eppure, allo stesso tempo, ero ancora la ragazza che in passato avevano amato e trattato come qualcuno di famiglia.
Guardò il contenuto della mia tazza e lanciò un’occhiataccia alle figlie. “Che diavolo le avete servito?”
“Caffè” risposi pronta, il mio sguardo che si alternava da lei a Rob “ma è buonissimo davvero”
“Caffè? Siamo inglesi, per favore datele una tazza di tè”
Vic borbottò qualcosa che somigliava tanto a un ‘che se lo faccia il tè’
“Te lo preparo io Kris” si offrì Rob “Lo prendi ancora con latte e un cucchiaino di miele?”
“Io..”
Le parole mi morirono in gola subito.
“Te lo ricordi ancora?”
“Io..” esitò un attimo, distogliendo lo sguardo “Sì, sì, certo..”
“Mamma, papà!” fortunatamente Haley scelse quel momento per irrompere in salotto già con indosso il cappotto e il cappello di lana “Andiamo? Michael dice che c’è questo fantastico negozio di giochi. Mi ci porti papà, mi ci porti? Papino ti pregoooooooo”
“Certo, dove vuoi amore mio”
Saltai in piedi prendendo il giubbotto e infilandomelo di corsa. A quel punto ero perfino disposta ad accettare che Rob cedesse e le comprasse Buckingham Palace pur di non restare un altro minuto lì dentro.
“Il taxi è fuori che ci aspetta” disse Rob “Vado a dare un bacio a Shelby e arrivo”.
Quella frase fu come un pugno allo stomaco e un’improvvisa ondata di nausea  mi lasciò senza fiato. Avevo bisogno di aria e di uscire da lì.
“Vieni Haley” le presi la mano e la trascinai fuori. L’aria fredda mi aiutò e non mi importò neppure di non aver salutato nessuno. Già mi odiavano, ormai che senso aveva fingere..
“Sali in macchina, amore”
Obbedì probabilmente avvertendo il mio sconforto in qualche modo e si strinse a me. L’avvolsi con un braccio, mentre appoggiavo il volto contro il finestrino gelido.
Non piangere davanti a lei, non piangere.
Lo avevo fatto per anni, perché ora era così difficile?
Oh certo, perché adesso avevo l’immagine di Rob e Shelby stampata in testa e, allo stesso tempo, avevo stampato sulle labbra ancora il sapore di Rob. Erano passati giorni ma era ancora lì, indelebile come un marchio a fuoco.
Cercai di ricompormi per il bene di Haley e, quando Rob salì sul taxi,  avevo un aspetto quasi normale.
“Allora, si va prima da Hamsley?”
Annuii ed Haley fece altrettanto, anche se notai il suo visino preoccupato per la prima volta da giorni, e mi maledissi mentalmente. Sin da quando era piccola era facile per lei capire le mie emozioni ed il mio stato d’animo, specialmente se si trattava di avvertire il mio stare male. Mi vergognavo un po’ che , a volte, la nostra relazione si invertisse e lei diventasse la mia protettrice.
“Tutto bene mamma?”
“Certo” mi finsi entusiasta e serena “Spero solo di non prendermi l’influenza ma per adesso va tutto ok. Nel caso, mi riaccompagnate in hotel. Ma ora si va al negozio di giocattoli più bello di Londra!”
E così facemmo.
Inghiottii il dolore come sempre e misi su il migliore sorriso che potei per la mia bambina. Perché lei era la sola cosa che contasse davvero sempre, in ogni momento. Il fatto che fosse felice e amata; e niente me lo rendeva più palese come il vederla girare per le corsie di quell’enorme fiera di giochi aggrappata alla schiena di Rob, indecisa su cosa prendere.
Erano così simili quando aggrottavano insieme le sopraciglia nel tentativo di capire il funzionamento di un gioco o ridevano davanti ad un pupazzo particolarmente buffo. Per Haley il sole nasceva e tramontava su Rob ed era giusto così; lui era una brava persona che meritava tutta la felicità del mondo ed una figlia che lo venerasse e lo adorasse. Si meritavano l’un l’altro e io..io avevo sbagliato tutto.
“Kris?” Rob mi scosse il braccio e sussultai “Ti va? Allora, ti va di fare un giro?”
“Mamma, ti prego?”
Sbattei gli occhi, cercando di scacciarne l’umidità.
Ci trovavamo in mezzo alla strada e loro avevano finito le loro coppe di cioccolata con panna. Non avevo neppure toccato la mia.
La gettai veloce nella spazzatura.
“Come?”
“Mamma ma dove hai la testa?” Haley si sbattè la mano sulla fronte e tentai di sorridere “Ti prego andiamo sul London Eye?! Ti prego?”
“Ma certo, piccola” acconsentii.
Dopotutto se dovevamo farci del male perché non farlo del tutto?
Rob comprò i biglietti per tutti e tre e presto ci ritrovammo in una delle grandi cabine che salivano verso l’alto. La fila non era stata molto lunga ma la cabina era piena visto che era quasi ora di chiusura.
“Mamma io voglio andare a guardare a quella finestra la in fondo” disse velocemente mollando la mia mano “Voi restate pure qui.”
“Haley no, ti perdi, vieni..” ma lei era già scivolata, piccola e agile, fra la gente e si era piazzata davanti ad un vetro poco lontano.
Lo sapevo cosa stava facendo e lo sapevo anche quando aveva tirato fuori ‘Twilight’, quando aveva preteso che dormissimo tutti insieme, quando aveva sabotato il passaporto di Shelby..
Voleva che i suoi genitori stessero insieme.
Ma non capiva che era troppo tardi e che, con ogni suo piccolo gesto, mi uccideva lentamente.
Qualcuno dietro di noi ci spinse e mi ritrovai premuta contro il vetro, il corpo di Rob contro il mio. Le sue mani si aggrapparono alla mia vita e i polpastrelli mi sfiorarono la pelle.
Mi sentii a pezzi e felice come mai negli ultimi anni. Era l’inferno ed il paradiso.
Il suo respiro mi carezzava il collo.
“Ricordi quella notte? Proprio qui, sopra Londra..”
No, ti prego, no. Ti prego non farlo.
Chiusi gli occhi e deglutii.
In un attimo tornai a quella notte di più di sette anni prima.
Il cuore mi batteva nel petto e, nonostante il piacere immenso, avevo il viso rosso per l’imbarazzo.
Se qualcuno ci avesse visti, sarebbe stata la fine.
“Rob tu sei pazzo. Non possiamo”
“Sì che possiamo.”
Le sue labbra erano febbrili sulle mie. Carezzavano la mia pelle bollente e non ne avrei mai avuto abbastanza.
“Rob..”
“E’ per questo che ho prenotato l’intera struttura solo per noi. Non ci salirà nessuno stanotte qui sopra” mormorò. La nostra cabina si immobilizzò proprio nel punto più alto sopra Londra. Voltai il capo mentre lui succhiava il mio collo e vidi le luci illuminare tutto.
“Fai l’amore con me” mormorò “Fai l’amore con me qui..”
“Sì”. Fu tutto ciò che riuscii a rispondere.
Era stato prima che tutto andasse in pezzi. Ero tornata da una pausa sul set dopo settimane che non ci vedevamo. Quando ancora ero felice. Prima di quel maledetto giorno in Africa. Non prendevo più la pillola per via di tutte le vaccinazioni che mi avevano fatto e quella notte, lì sopra Londra..
“Io credo che sia stata quella notte che l’abbiamo concepita” continuò. Rabbrividii “Non abbiamo preso precauzioni e io so che è stata quella notte..”
Mi staccai con un  gesto secco, anche se mi costò una brutta botta contro la balaustra. Ancora un istante addosso a lui e sarei morta di dolore; lo avevo sempre considerato impossibile ma ora sapevo che era così. Ero ad un solo piccolo passo dal non poter più continuare a vivere se non avessi fatto qualcosa.
“Non mi sento bene, io..Haley, vieni qui immediatamente”
Trotterellò di nuovo verso di noi e ripresi a respirare solo quando ci ritrovammo di nuovo nell’aria fredda. Fermai il primo taxi, quasi rischiando di gettarmici sotto, balbettando la scusa dell’influenza.
Non alzai gli occhi per guardare Rob, limitandomi a baciare Haley, e mi sedetti dentro al veicolo. Solo quando lo sentii muoversi mi lasciai andare alle lacrime.
Non volevo vedere Haley soffrire ma sperare invano che tra me e Rob ci potesse essere qualcosa l’avrebbe solo ferita di più. Era tutto finito. Tutto.
“Se ne farà una ragione. Lo supererà, lo supererà..” mormorai quella frase come un mantra fino all’Hotel ma, quando arrivai, non sapevo  più  se stavo parlando per mia figlia o  solo per me stessa.
 
 
 
E così il tempo era passato.
 Perché non importa quanto tu non voglia che questo succeda. Il tempo finisce sempre per scorrere e il giorno che hai temuto di più in tutta la tua vita finisce per arrivare. E tu non sai cosa fare, sola ed impotente, mentre i minuti e le ore scorrono troppo potenti per essere bloccati.
In meno di ventiquattr’ore Rob sarebbe stato un uomo sposato. Sposato con la donna che, in quel preciso momento, sedeva a pochi metri da me, felice e sorridente come ogni giovane sposa che si rispetti. Sarebbe stato sposato con una donna che non ero io, nonostante ci fosse stato un tempo  in cui avevo fermamente creduto che sarei stata la sola a potere dividere la vita con lui.
Ma avevo perso quel diritto molti anni prima e ormai non mi restava altro da fare che mettermi in un angolo e guardare l’uomo che amavo essere felice, sapendo che io non lo sarei mai stata. Una parte del mio cuore aveva sperato..aveva pregato che il bacio fra noi avrebbe cambiato le cose, ma era stata solo un’ illusione. E per Rob era stato meno di niente, probabilmente solo il frutto dell’attrazione che c’era sempre stata fra noi.
Chimica..
Sì, tutti avevano sempre detto che era forte e sempre presente fra noi..e forse era ancora così.
Ma l’amore, il suo amore..quello ormai apparteneva solo a Shelby.
Ma perché diavolo avevo accettato l’invito all’addio al nubilato della donna che stava per sposare il mio grande amore? Cosa avevo nella testa che non funzionava bene?
Haley entrò nella cucina di casa Pattinson, in cui mi trovavo, con un’aria furtiva e subdola che non mi fece presagire nulla di buono.
“Ciao” saltellò fino ad arrivare a me, sorridente ma chiaramente colpevole di qualcosa.
“Haley, cosa..”
Non ebbi il tempo di finire la frase che Shelby entrò in cucina, con ancora indosso uno di quei veli di tulle dello stupido gioco che stavamo facendo mezz’ora prima, reggendosi la chioma di capelli biondi al lato del capo.  Clare le veniva subito dietro.
“Cara, calmati, sono certa che verrà via”
“No” strillò “Non verrà via, no! Oddio dovrò tagliare la ciocca e tutta l’acconciatura sarà rovinata. Il mio matrimonio sarà rovinato per sempre!”
Una grossa gomma da masticare era appiccicata proprio al centro dei suoi capelli e spiccava come un pugno in un occhio. In realtà con le unghie stava riuscendo a tirarne via gran parte ma lei era comunque sull’orlo della lacrime.
Mi sentii un verme nel rendermi conto che, in fondo, una piccola parte di me godeva di quella situazione. Scossi il capo, disgustata da me stessa, e i miei occhi caddero su mia figlia che ridacchiava con la mano premuta sulla bocca senza farsi sentire.
Oh cielo, ci mancava solo questa..
Per distogliere totalmente l’attenzione da Haley mi alzai e, pronta, riuscii a dare un po’ di aiuto; ricordavo che il ghiaccio aiutava a seccare la gomma e, infatti, in pochi minuti riuscimmo a renderla abbastanza dura da staccarla quasi totalmente. Tagliammo la piccola ciocca rovinata che si mimetizzò perfettamente con il resto della chioma.
Shelby mi gettò addirittura le braccia al collo per la gratitudine. Francamente non capivo come potesse pensare ai capelli il giorno del suo matrimonio con un uomo così speciale. Fossi stata io li avrei tenuti al vento e avrei di certo indossato le scarpe da tennis.
Già, peccato che la sposa non fossi io..
“Sei stata una salvatrice” biascicò scacciando le lacrime col dorso della mano “Sai all’inizio io..ti temevo e lo so che è assurdo ma mi sentivo così minacciata da te. Ma sei davvero una brava madre e una brava persona e..Dio, sei sicura che tu non possa proprio venire alle nozze? Ci farebbe piacere..”
“Eh no, vorrei ma..ho un impegno di lavoro improrogabile. Dovrete accontentarvi della piccola Haley” sorrisi “Che sono certa si comporterà benissimo. Vero Haley?”
Diedi le spalle a Shelby e fissai mia figlia truce finchè non ottenni un ‘sì’ abbastanza convincente.
“Oh lei è buonissima! Sono io che sono un fascio di nervi totale. Prima mi è addirittura parso di vedere qualcosa di grosso ed orribile fuori dalla finestra, pensa un po”
Mi sentii mortificata quando Haley rispose, sarcastica, che probabilmente era solo il suo riflesso sul vetro. Mi trattenni a stento dal darle un pizzicotto.
“Beh, mentre le altre  bevono Margaritas io vado a dare una lavata ai capelli” disse Shelby e io colsi la palla al balzo per ritagliarmi la mia via di fuga.
“Io..ti saluto adesso,allora. Ho ancora qualche strascico dell’influenza dei giorni scorsi e vorrei riposare” mentii.
Influenza.
Buona scusa per chiuderti in albergo e non essere disturbata, soprattutto se un grande matrimonio era alle porte e nessuno voleva rischiare il contagio.
Dopo averla salutata se ne tornò di là, trascinando Clare con sé e lasciando me ed Haley sole.
Mi sedetti sulla sedia davanti alla sua e presi il suo visino tra le mani, costringendola a guardarmi. Quella notte  sarebbe stata lì a dormire per essere già pronta per la cerimonia del giorno dopo e avevo bisogno di fare la chiacchierata che avevo rimandato per troppo, troppo tempo.
“Haley, tu non puoi fare queste cose” mormorai piano “Io so che tu sei una bambina buona e gentile e quello che fai a Shelby non è giusto. Lei non ti ha fatto niente.”
Incrociò le braccia al petto ma abbassò lo sguardo. Conoscevo la mia bambina e sapevo che si stava sentendo male per ciò che aveva fatto. Sapeva la differenza fra giusto e sbagliato ed era qualcosa di cui ero sempre stata molto fiera.
“Non la voglio quella. Scialba Shelby..pff” mi rispose a mezza voce “Non mi piace per niente”
Già beh, nemmeno a me..
Mi morsi la lingua. Quella non era la verità, ero solo maledettamente gelosa e lo era anche Haley ma mia figlia, a differenza di me, non aveva alcun motivo per sentirsi minacciata.
“Ma è sempre gentile con te. E..e piace a papà. Lui la ama e vuole stare tutta la vita con lei e tu questo devi capirlo e rispettarlo. E poi non è che la dovrai vedere sempre, ok?”
Lei annuì, mesta.
“Papà ti ama tanto e sarai sempre la sua ragazza numero 1,ma questo non significa che non possa essere felice anche con Shelby. Riusciremo a bilanciare le cose ed essere tutti soddisfatti.”
Haley alzò il viso e mi sorrise cauta. “Mi dispiace per la gomma nei capelli. E anche per il passaporto.”
Era la prima volta che lo ammetteva guardandomi negli occhi e sentii un moto di orgoglio verso la mia piccola, grande bimba.
“Non fa niente. Io non lo dico a nessuno. Sarà il nostro piccolo segreto. Tu però da ora in poi comportati bene e fai quello che ti dice papà. Noi ci vediamo domani dopo la fine del matrimonio” dissi “E adesso è il caso che tu vada di sopra a fare il bagno e poi nanna. Sono già le dieci”
Ci stringemmo per diversi minuti e sentii gli occhi pungere quando la vidi correre su per le scale. Domani sarebbe stato un giorno orribile e avrei dato tutto per poterla avere con me ma..ma era uno dei momenti più importanti che Rob avrebbe mai vissuto e non potevo privarlo della figlia. Non dopo tutto ciò che già gli avevo tolto.
Aspettai seduta sull’ultimo gradino, con già indosso il giubbotto, l’arrivo del taxi che mi avrebbe riportata in hotel. Non ero stata l’anima della festa quindi, di certo, nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.
“Gomma nei capelli eh? Astuto”
Voltai il capo e vidi Lizzie appoggiata alla parete al mio fianco. Era la prima volta che mi rivolgeva volontariamente la parola.
“Devo averle fatto vedere troppe volte Genitori in trappola “ risposi alzandomi ed afferrando la borsa mentre sentivo il clacson all’esterno. “Stammi bene Liz.”
Ruotai la maniglia ma mi fermai quando la sentii parlare ancora.
“Non ti odio e spero che tu lo sappia. Ma non riesco a capire come tu possa averci fatto questo. Avrei voluto essere lì e..” scoppiò a ridere, amara “..e organizzarti una festa per il bambino e tenere il mio nipotino fra le braccia e..anche se fra te e Rob le cose erano andate male. Cristo santo ancora nemmeno so perché vi siete lasciati ma niente poteva essere così brutto da tenere nascosto un bambino al proprio padre.”
Co..cosa?
Deglutii con forza mentre le dita stringevano i manici della borsa in modo quasi compulsivo. “Voi..lui non vi ha detto perché ci siamo lasciati?”
Scosse il capo. “No, ma quando è tornato era devastato. Eppure non ci ha mai detto niente. Niente.” Sospirò “E’ qualcosa di così brutto?”
Sentii le lacrime colare senza alcuna possibilità di poterle fermare. Lui non aveva detto nulla. Mi aveva coperta, aveva cercato di salvarmi la faccia davanti alla sua famiglia perché loro non finissero per odiarmi o biasimarmi.
E l’aveva fatto per me.. nonostante tutto.
“Sì è brutto. Ma è stata sola colpa mia, perciò continuate ad odiare me”
Uscii di casa di corsa, precipitandomi in taxi, cercando di controllare i singhiozzi che mi squarciavano il petto. Che senso aveva avuto aver fatto l’attrice? Avevo arrogantemente creduto di sapere che cosa fosse il dolore, di saperlo rappresentare, ma la realtà era che non sapevo niente. Niente.
Perché se avessi anche solo immaginato di poter stare così male io..io avrei smesso di vivere molto tempo prima. 
E per il resto della vita era questo che dovevo aspettarmi? Solo altra sofferenza?
Probabilmente sì, perché sapevo che non avrei mai amato nessun’altro.
Con il suo matrimonio stavo seppellendo il mio cuore.
Arrivai in hotel completamente stremata e ringraziai Dio che Haley non fosse lì per vedermi in uno stato simile. Mi sentivo vuota, totalmente morta dentro.
“Signorina c’è una persona per lei. Ha insistito per aspettare” disse l’addetto alla reception ridandomi la chiave.
“Ma io non..”
“Kristen”
Ricominciai a piangere non appena riconobbi il tono di voce. Lo avevo evitato per giorni nonostante avesse pregato Rob di farci incontrare. Mi ero comportata come una codarda e avevo sempre detto di no. La verità era che lui era stata la persona che più avevo temuto di rivedere; perché era il mio migliore amico e.. ed ero stanca che tutti coloro che un tempo mi avevano amato ora provassero solo odio nei miei confronti.
Quando, però, alzai gli occhi su di lui non vi trovai l’odio che mi ero aspettata, solo..solo tanta tristezza. Non era cambiato di una virgola nel corso degli anni. Era sempre il mio migliore amico, era sempre..Tom.
Mi lanciai tra le sue braccia, scossa dai singhiozzi e onestamente non so come arrivammo alla mia stanza. Non so se mi trascinò, se mi portò in braccio o se si fece aiutare. So solo che mi ritrovai col capo posato sulla sua spalla, le nostre schiene sostenute dal divano.
E piangevo..piangevo per la prima volta da sempre davanti a qualcuno e non sola, accucciata nel mio letto mentre Haley dormiva.
Piangevo.
E piansi finchè non ebbi più alcuna lacrima da versare, solo dolorosi singhiozzi al petto. Tom mi mise in mano un bicchiere aiutandomi a bere. Era forte, ma il sapore non era importante. Ne ingoiai un altro sorso e riuscii a tirare un respiro seppur minimo.
Non so esattamente per quanto tempo restammo in silenzio ma, quando finalmente lui parlò, seppi che non avrei più potuto tacere.
“Non pensavo che ce l’avrebbe fatta Kris. E’stata..dura per lui. Diventò così..distante, chiuso, infelice.” Prese un lungo respirò e, quando voltai il capo, vidi le lacrime rigare anche il suo viso.
“E pensare che..eri incinta. Oddio kris i bambini sono una benedizione. Anche se..” si passò una mano sugli occhi “Anche se non eri certa chi fosse il padre, Rob ti sarebbe stato accanto. Io ti sarei stato accanto”
Non so neppure perché ma scoppiai a ridere quasi in modo isterico.
Non sapere chi fosse il padre..
“Il padre..già..”
Ingoiai un altro sorso nonostante la nausea.
“E poi..sei sparita così, nel nulla, dopo che hai confessato a Rob del tradimento. Avrei voluto avere la tua versione” sussurrò “Perché io ti conosco e so che..eri ubriaca? Vi eravate fatti una canna? E’ per questo che avete fatto sesso? Io so la persona che sei e tu non avresti mai potuto tradire Rob e..”
Basta.
Crollai.
Non ce la facevo più a tenermi tutto dentro. Dovevo parlarne con qualcuno perché portarmi quel segreto nella tomba era..no, non avrei retto ancora per molto.
Finii il bicchiere e fissai Tom che mi guardava stranito.
“Il padre poteva essere solo Rob. Non ho mai avuto alcun dubbio perché non l’ho mai tradito. Con nessuno e tantomeno con James che era un..era solo un collega e..” scoppiai di nuovo a ridere fra le lacrime “Era anche un attore penoso.”
Bevvi ancora finchè non sentii la gola ardere come fuoco.
“Ma lui ha creduto così facilmente alla mia bugia” continuai “E’ sempre stato così insicuro di se stesso che..non ha neppure immaginato che gli stessi mentendo. Io lo amavo disperatamente e non avrei mai, mai potuto fargli una cosa simile..”
Tom mi afferrò per le spalle, gli occhi spalancati.
“Ma allora perché? Perché diavolo lo hai detto?”
“Perché” gemetti “Perché credevo di avere l’HIV Tom. Un giorno andai in uno dei campi dei rifugiati e..ricordo che volevo disperatamente fare qualcosa, rendermi utile. Fu un gesto idiota, non era affatto sicuro ma ero giovane e testarda e..e ci andai. Ci fu un attacco di un gruppo di ribelli. Io non mi feci niente se non qualche taglio poco profondo sul braccio ma un bambino accanto a me…oh cielo lui perdeva tanto di quel sangue che..” deglutii mentre quelle orribili immagini ritornavano a galla dalla sabbia dei ricordi “Non ce la fece e morì fra le mie braccia. Quel bambino aveva l’AIDS. Ero certa al 90% di essere stata contagiata. Ne ero così sicura che..che mi ritrovai persa, Tom. Avevo 23 anni e una malattia che mi avrebbe portato nel giro di poco alla morte. Cosa avrei dovuto fare? Non volevo che Rob vivesse una vita a metà ma si sarebbe sentito costretto a stare con me se avesse saputo la verità e così gli ho detto di James.” Mi ripulii gli occhi con la manica della camicia ma altre lacrime bagnarono la stoffa “E quando ho scoperto di essere incinta ero ancora più devastata. Per la mia stupidità anche il mio bambino rischiava di nascere condannato. Presi tutti i farmaci per evitare il contagio del feto e poi al settimo mese..al settimo mese le analisi rivelarono che era stato un falso positivo. Non avevo l’HIV. Ero sana, mio figlio era sano e Rob era felice con Shelby. A quel punto io.. ho deciso che non potevo sconvolgere ancora la sua vita. Non avevo più alcun diritto.”
Tom rimase a fissarmi a bocca aperta per quelle che mi parvero ore. La richiuse solo per deglutire tre grossi bicchieri di tequila. Insieme, ci sdraiammo sul tappeto fianco a fianco.
“Non so cosa dire.” Sussurrò.
“Non c’è niente da dire.”
Si alzò di scatto a sedere. “E invece sì” mi guardò ovvio “La verità! Lui deve sapere.”
Scossi il capo.
No. Era felice. Stava per sposarsi. Ormai era tardi per noi e la verità non avrebbe cambiato quel fatto.
“No”
“Kris, non puoi tacere. Tu..Io l’ho visto con Haley. E’ di nuovo lui, il vecchio lui. Ha vissuto chiuso in se stesso tutti questi anni e, per quanto possa sembrare scontato o patetico, tu ti sei presa la sua anima quando lo hai lasciato. E adesso..adesso ce l’ha di nuovo. Ha te, ha Haley ed è di nuovo felice. Completo.”
Mi misi seduta anche io, guardandolo seria. Avevo bisogno che capisse. Lui doveva capire.
“E’ completo con sua figlia, non con me. Io non c’entro più nulla nella sua vita e tu mi devi” respirai contenendo le lacrime “Devi promettere che non gli dirai nulla. Mai. Se mi vuoi bene, Tom, me lo devi promettere.”
Non attesi la sua risposta e, presa la sua mano nella mia, mi lasciai ricadere sul tappeto. Le lacrime ricominciarono.
“Kristen..”
“Solo..solo prometti. Ti prego, prometti”
Avvertii le sue labbra tiepide sulla pelle della mia guancia.
“Lo..lo prometto”.
Si stese accanto a me.
“Bene” mormorai chiudendo gli occhi “Perché ormai è tutto finito. Tutto finito..”

 

 

Ebbene sì. E' tutto finito, quindi mettetevi l'anima in pace u.u Almeno fino a Natale :P hahaha 

Baci a tutte <3
As always, se volete stressarci un pò o mandarci minacce di morte si prega di farlo al nostro
profilo Facebook,  grazie u.u lol


Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

 

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Capitolo 5
*** Who I've been for who you are ***


TP - cap 3 Ragazzeeeeeeeeeeeeeeeee *_________________*. Dobbiamo essere sincere, stiamo un pò in lacrime. Ok, stiamo decisamente per piangere via msn mentre siamo qui a scrivere quest'intro T___T. Perchè questa storia è stata importante e bellissima per molte ragioni. E' stata scritta per una persona speciale, postata in un periodo dell'anno speciale e letta da persone che sono molto, molto più che 'speciali'. Avete accolto tutte 'Turning page' con tanto amore, avete lasciato centinaia di recensioni meravigliose e sentite, avete sclerato con noi sul nostro profilo fb e, soprattutto, ci avete dimostrato ancora una volta che amate ciò che scriviamo. E questo è qualcosa che non ha prezzo..
E ci siete state vicine anche se la trama di questa storia non era semplice e liscia come l'olio. E forse è proprio questa una delle cose più belle di 'Turning Page': le persone soffrono, commettono errori e si feriscono l'un l'altra ma a volte, nonostante la stupidità umana, il destino non può essere fermato. Specie a Natale ;)
Per questo motivo dedichiamo la storia a tutte voi che l'avete letta ed amata. Perchè sappiamo che qui su efp o su fb si scherza, si scrivono sciocchezze e si ride ma nella vita vera a volte le cose vanno diversamente; le persone hanno migliaia di problemi diversi, per cui.. per cui noi cerchiamo di darvi comunque un sorriso e un pò di speranza con questo epilogo.
E vi diciamo Buon Natale, dal profondo dei nostri cuori.
Buona lettura.
Le vostrre Cloe &Fio (in lacrime T__T)

PS: Ci sono due suggerimenti musicali (uno a POV)
Il primo è qui ed è "facoltativo" lol ma il secondo è d'obbligo u.u Lo trovate accanto al secondo pov ;)
Okay, buona lettura *-*






Capitolo 5

Who I've been for who you are
 
POV Robert


“Rob… che stiamo facendo…?”
La sua voce calda e rauca contro il mio orecchio ebbe l’effetto contrario di quello che avrebbe dovuto avere se avessimo davvero seguito i buoni propositi che ci eravamo imposti; non fece che farmi eccitare ancora di più. La volevo, la volevo disperatamente e da troppo tempo ormai. Sembravano secoli dall’ultima volta in cui avevo accarezzato le sue gambe, toccato la sua schiena nuda e baciato la sua pancia piatta e le sue labbra… così soffici. Come avevo potuto vivere anni senza di lei?
Risalii piano dal suo stomaco ai suoi seni, fino ad arrivare di nuovo alla sua bocca. Anche in quei pochi istanti in cui l’avevo abbandonata, mi era mancata. Le nostre lingue si toccarono e il suo bacino spinse contro il mio.
“Rob…”
“Sssh…” tappai la sua bocca con la mia e iniziai a baciarla, voracemente, cercando di godere in una volta sola di tutti quegli anni passati lontani.
Le sue mani sul mio petto mi facevano impazzire e quando scesero più giù credetti di morire. Non credevo possibile che quel contatto mi fosse mancato così tanto. Solo lei riusciva a farmi sentire in quel modo. Solo lei.
Le carezzai i capelli mentre gemevo e ansimavo sopra di lei. La volevo.
“Ho bisogno di te…”
“Non possiamo, Rob…”
“Possiamo, Kristen. Possiamo…”
E quando mi sistemai meglio tra le sue gambe e riconobbi il suo cenno di assenso, entrai in lei. Piano, gentile, assaporando ogni secondo, proprio come la prima volta.
Iniziai a spingere in lei sentendo ogni parte di me ricomporsi e tornare al proprio posto mentre corpo e cuore si univano in lei, finalmente, di nuovo.
Presto iniziò ad assecondare i miei movimenti e riuscire a pensare a qualcosa che non fosse il mio amore per lei fu totalmente impossibile.
Era tutto dimenticato, tutto andato al passato. Vivevo il presente e lo vivevo con lei.
Raggiungemmo il piacere insieme e le lasciai un bacio sulla fronte sudata.
“Ti amo… ti amo…” sussurrai sulle sue labbra mentre sentivo affondare le sue mani nella mia schiena e intravidi una lacrima scivolarle sul viso.
“Rob…” la voce addolorata. “E Shelby?”
Aprii gli occhi e mi trovai a fissare il soffitto buio della mia stanza. Sudato, ero sudato e quasi eccitato e, cazzo, Haley stava dormendo accanto a me.
La osservai sollevato di vedere che era ancora perfettamente addormentata e mi passai una mano tra i capelli, iniziando a realizzare quello che avevo appena sognato.
Che cazzo mi passava per la testa? O meglio, che cazzo mi passava per il subconscio?
Non potevo sposarmi tra dodici ore e sognare di fare l’amore con una donna che non era la mia futura moglie.
Però era un cazzo di sogno.
Scossi il capo e mi misi seduto nel letto stropicciandomi gli occhi per eliminare quelle immagini dalla mia testa ma era estremamente difficile.
Alzandomi con molta calma per non svegliare Haley scesi giù per bere qualcosa ma più cercavo di non pensarci più la figura di Kristen appariva sotto i miei occhi. Kristen nuda sotto di me, Kristen che si muoveva con me, Kristen che annuiva tacitamente.
Kristen, Kristen, Kristen.
Non poteva essere il mio pensiero fisso la notte prima delle nozze. Avrei dovuto prendere sonno, farmi una bella dormita e svegliarmi riposato invece di pensare e sognare una donna che non era più mia.
Mandai un messaggio a Tom chiedendo dove fosse ma quando lanciai un’occhiata all’orologio che segnava le quattro del mattino mi resi conto che doveva essere nel meglio del sonno. Beato lui.
Bevvi una camomilla per calmarmi, nonostante non mi piacesse particolarmente, e lavai anche la tazza quando sentii la voce assonnata di Haley sulla porta.
“Papi, che stai facendo?” Si stropicciò gli occhi.
“Piccola, che fai in piedi?”
“Io ti ho sentito. Che fai tu in piedi?”
Lasciai la tazza ad asciugare su uno straccio e la raggiunsi per prenderla in braccio. “Non riuscivo a dormire, ma tu dovresti.”
“Non riesco a dormire nemmeno io senza di te…” sussurrò con voce bassissima e in procinto già di tornare nel mondo dei sogni.
“Allora andiamo…” le massaggiai la schiena e, tornati a letto, si accucciò sul mio petto e la strinsi a me sperando di poter riuscire a dormire con lei accanto.
Ma fu inutile. Non chiusi occhio fino al sorgere del sole.
Quando li aprii, svegliato dal suono del campanello e da un “Roooob, vai tuuuuu” di incerta provenienza, avevo dormito meno di cinque ore e l’unico pensiero che mi passava per la testa era: ‘Tra quattro ore mi sposo’ ma la parte peggiore era che l’ansia che iniziava a salire non derivava da un’ansia di arrivare a quel passo, ma dalla paura di stare facendo qualcosa di sbagliato.
Paura che affondò le radici quando aprii la porta e mi trovai Kristen davanti agli occhi.
Lei. Ancora lei. Sempre e solo lei.
“Kris…”
“Rob. Tutto bene? Sembri uno zombie…”
Mi feci indietro per lasciarla entrare.
“Sì, cioè no… Non…” ed ecco che iniziavo a balbettare mentre la guardavo. “Ho dormito poco…”
“Oh, incubi?”
Magari…
Scossi il capo facendo di tutto per non pensare a lei nuda sotto di me, ma averla davanti non faceva altro che rendere le cose più difficili. “Non proprio, ehm… Comunque cosa ci fai qui? Cioè… non… Non che non mi faccia piacere, cioè non è che mi fa… Cioè…”
Le scappò un risolino che mi salvò da quella situazione imbarazzante e poi mi allungò una busta. “Haley ha dimenticato le scarpe in albergo.”
“Oh…” afferrai la busta dandomi dello stupido per aver pensato, in due secondi, alle altre mille ragioni che potevano averla spinta a venire a casa. “Grazie. Vuoi salutare Haley? Penso sia sotto le grinfie di mia madre o delle mie sorelle…”
“Sì, grazie” sorrise, uccidendomi.
Chiamai Haley e dopo un minuto si precipitò per le scale fino a piombare tra le braccia di Kristen, senza preoccuparsi di poter rovinare il vestitino appena messo.
Tutta sua madre.
“Tesoro!” Kristen se ne curò poco a sua volta e la strinse semplicemente prima di metterla giù.
“Ma fatti vedere! Sei bellissima!”
“Sembri una principessa…” commentai estasiato. Era davvero bellissima.
“Dite? Non lo so… mi sembra troppo… rosa…” disse lei con una vena di ironia nonostante il vestito per il matrimonio fosse di un rosa pallido, appena accennato.
“E’ perfetto” rispose Kristen chinandosi nuovamente. “Però ora ascoltami Haley. Voglio che fai la brava, intesi?”
“Non preoccuparti, mamma. Ho tutto sotto controllo!”
E dall’occhiolino che le fece e dal modo in cui cercò di filarsela velocemente temei davvero che avesse in serbo chissà qualche altro scherzo per Shelby.
“Haley!” la richiamò Kristen, trattenendola. “Dico sul serio. Se vengo a scoprire di qualche altro scherzo mi arrabbio davvero. Okay?”
Haley sbuffò ma poi borbottò ugualmente un okay incerto.
“Brava. E poi quando papà va via, tu vai con zio Tom e lui ti riporta da me, okay?”
“Okay.”
“Kristen, sei sicura di non poter restare?”
“Grazie, Rob. Ma ho tanto lavoro arretrato e delle scadenze da rispettare.”
Non insistetti oltre ancora incerto se la sua presenza potesse fare male più a lei che a me.
Haley la salutò di nuovo con un abbraccio forte e si sussurrarono qualcosa all’orecchio prima che la piccola corresse di nuovo su per le scale chiamata da mia madre.
“Bè, allora… Salutami gli altri e… Buon matrimonio e buona… luna di miele o qualunque cosa si dica in queste situazioni.”
Auguri andrà bene.”
“Giusto” strinse le labbra e si tirò i capelli dietro l’orecchio. Due dei particolari che più amavo di lei. “Allora… auguri Rob…”
Sorrise e nei secondi in cui si avvicinò non potei non pensare alle sue labbra sulle mie, alle mie sulle sue, quella sera.
Cosa sarebbe successo se il campanello non ci avesse interrotti?
Una sua mano si posò sul mio petto mentre le sue labbra lasciavano un cauto e innocente bacio sulla guancia.
Dovetti reprimere l’istinto di stringerle le mani in vita e abbracciarla perché sapevo che se l’avessi fatto non sarei stato più capace di lasciarla andare; e io dovevo lasciarla andare.
Si ritrasse velocemente senza guardarmi in faccia e la guardai allontanarsi proprio nel momento in cui Tom, vestito a lucido, scendeva dalla macchina che mi avrebbe portato in chiesa.
Avevo immaginato tante volte il loro incontro ma mai potevo aspettarmi che semplicemente si scambiassero un sorriso e si abbracciassero.
Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio e lei scosse il capo. Le diede un bacio sulla guancia, le carezzò il viso e la lasciò andare.
Che cazzo stava succedendo?
“Perché sei ancora così? E perché sembri uno straccio?” mi salutò, entrando, come se nulla fosse.
“Hai parlato con Kristen per caso?”
Lui spalancò gli occhi e mi guardò quasi …terrorizzato?
“Io? Cosa? No. Parlato… di cosa?”
“Cos’era quello allora?”
“Quello cosa?”
“Tu e Kristen. Quel vostro salutarvi come se niente fosse…”
“Oh, quello. Niente… Ci siamo solo salutati…”
“Come se niente fosse, Tom. Vi siete già visti prima di ora?”
“Ah sì. Ieri sera. Ma per poco. Niente di che. Non abbiamo quasi parlato. Cioè, lei non mi ha detto niente, eh! Ci siamo incontrati in un bar e così…”
“Sapevo che era tornata in albergo perché aveva mal di testa…”
Deglutì visibilmente. Ma che cazzo…?
“In… infatti. L’ho accompagnata subito in albergo. Abbiamo scambiato solo due parole…”
“Ed erano due parole interessanti?”
“Senti, perché non ti vesti? Vado a vedere Shelby come sta…”
E si avviò su per le scale.
“Ma Shelby non è qui, Tom. Si preparava in canonica e tu lo sai.”
Lui si irrigidì e si voltò. Potevo quasi giurare di vedere goccioline di sudore scivolare sulla sua fronte.
“Oh giusto, giusto. Allora… vado, vado a vedere Haley…”
“Tom, tutto bene?”
“Sì. Sì. Tutto perfettamente ottimo.”
Perfettamente ottimo? Ma come cazzo parli?”
“Tu piuttosto? Ho trovato il tuo messaggio di stanotte.”
“Sì, lascia stare. Non riuscivo a dormire.”
E d’un tratto il suo strano umore cambiò e mi riservò uno strano sorriso enigmatico “Non sarai mica assalito dai dubbi all’ultimo momento, vero?” e, voltando le spalle, salì lasciandomi da solo a navigare nell’incertezza di quella strana allusione.
Alla disperata ricerca di una risposta che fosse vera ed onesta.
 
“Aiutooooooo! Papaaaaaaaà! Vuole uccidermiiiiiiiiii!”
Mi voltai di scatto quando sentii le urla di Haley e l’afferrai al volo  mentre entrava in sagrestia volando a tutta velocità verso di me.
“Vuole uccidermi!” ripeté quando fu al sicuro tra le mie braccia, seguita da Tom.
“Chi vuole ucciderti?”
“Shelby! Mi ha urlato contro e ha detto che faccio solo guai e ora vuole uccidermi.”
A quel punto non potei fare a meno di  metterla giù per guardarla negli occhi.
“Haley. Cos’hai fatto?”
“Niente, papà. Stavolta non ho fatto niente!”
Lanciai un’occhiata a Tom per accertarmi che fosse la verità.
“E’ stato un incidente…” la giustificò lui senza che nessuno dei due mi spiegasse di cose stessero parlando.
“Infatti. È stato un incidente…” ripeté lei mettendo il broncio.
“Cos’hai fatto?” Sentii io stesso il mio tono inevitabilmente irritato.
Lei non rispose e guardò Tom in cerca d’aiuto.
“Ha camminato con le scarpe sporche di terra sul velo…ma…”
“Haley!” le gridai contro prima ancora di sentire la fine del racconto.
“Non è colpa mia! Stavo camminando e lei tiene quel velo così lungo…”
“Haley, avevi promesso che ti saresti comportata bene.”
“Ma non l’ho fatto apposta, papà! Lo giuro.”
“Ora basta, Haley. Non si giura il falso!” e mi sorpresi di come il mio tono di voce fosse così alto da far rimbombare quella frase tra le pareti della sagrestia e farla suonare ancora più meschina e cattiva di quanto non dovesse essere.
Vidi i suoi occhi inumidirsi e il suo labbro iniziare a tremare.
“Ma io davvero non l’ho fatto apposta!” scoppiò a piangere e, gettando a terra il bouquet di fiori che aveva in mano, corse via in lacrime lasciandomi affondare nella merda di uomo che ero.
Mi passai una mano tra i capelli e nella foga e nella rabbia diedi un veloce pugno al muro prima di andarle dietro ma Tom mi fermò.
“Dalle due minuti. Ora ti manderebbe solo a fanculo, un po’ come avrei voglia di fare io, onestamente.”
Detto da lui, che si comportava in modo lunatico da ore, era un po’ il colmo ma dovetti dargliene atto.
Afferrai il cravattino sulla scrivania e mi misi davanti allo specchio cercando disperatamente di ricordare come cazzo si appuntasse, ma senza buoni esiti.
Guardai l’orologio esasperato.
Dovevo sposarmi tra venti minuti e avevo un cravattino che non si appuntava, una figlia che ce l’aveva a morte con me, e il suo viso ancora davanti gli occhi.
Non volevo ammetterlo ma i dubbi mi stavano massacrando.
Tom sostituì le mie mani e iniziò a maneggiare il cravattino al posto mio. Lo lasciai fare dato che avevo, inaspettatamente, iniziato a tremare. E non per l’emozione, ma per l’ansia; per quell’orrenda sensazione che albergava in me e che mi portava ancora a credere di stare facendo qualcosa di sbagliato.
“Rob, sei sicuro di Shelby?”
“Sì” risposi senza nemmeno pensarci davvero e lui mi guardò in modo decisamente strano.
“Perché questa domanda?” dovetti chiedere.
“Niente…”
“Tom.”
“D’accordo. Mi chiedevo solo se… Se pensassi mai a come sarebbero andate le cose se Kristen…”
“Ci ho pensato ogni giorno della mia vita, Tom, lo sai. Ma quel che è fatto è fatto.”
“No, intendo…” fece una pausa e prese un respiro. “Se, per pure caso, Kristen non ti avesse tradito… Tu riusciresti a perdonarla per Haley?”
Oh, Tom. E io che credevo sapessi tutto di me.
Sospirai. “Io l’ho perdonata, Tom. Io l’avrei perdonata sempre. Io le avrei perdonato tutto. Lo sai… Lei è…”
“…Kristen. Lo so…”
Sospirai ancora.
“Bè, l’importante è che tu sia sicuro di Shelby.”
E per qualche motivo il tono di voce con cui lo disse, come se fosse l’ultima cosa di cui essere sicuri al mondo, riuscì solo a creare nuovi e nuovi dubbi. Tutti indefiniti, tutti senza forma ma decisamente presenti.
“Al diavolo questo affare.” Lanciò il cravattino in aria. “Vai a cercare tua figlia. Hai dieci minuti per farle cambiare idea su Shelby. Buona fortuna.”
Simpatico, davvero simpatico.
Trovai Haley che dondolava i piedi seduta su una panchina nel giardino retrostante.
Li muoveva in un modo che…
Se poteva essere identica a me nell’aspetto era identica alla madre nei gesti. Non feci in tempo a pensarlo che si scostò entrambe le ciocche di capelli dietro l’orecchio e chinò il capo da un lato. Rividi Kristen e sorrisi, solo che non sapevo perché.
Mi avvicinai cauto.
“Posso sedermi?” chiesi e, senza degnarmi di uno sguardo, fece con la testa.
Restammo in silenzio per qualche secondo, infine mi decisi a parlare. Non avevo poi molto da dirle se non porgerle le mie scuse.
“Mi dispiace di aver urlato prima… E di non averti creduto…”
Lei scrollò le spalle. “Non fa niente…”
“Non deve essere così, lo sai. Tra te e Shelby.” Non rispose. “Proprio non ti piace, eh…?” Ancora silenzio.
“Mi sgriderai ogni volta che sarai con lei? Sarà così? Dimenticherai quello che abbiamo passato a Vancouver? Dimenticherai la mamma?”
Quelle parole, il modo in cui le disse e la lacrima che, sola, le scivolò sul viso, mi spezzarono il cuore e senza pensarci la presi tra le braccia.
“No, non dimenticherò mai. Avrò sempre te e non dimenticherò mai la mamma…”
“Perché tu la ami, papà, vero?” sussurrò parole soffocate contro il mio petto, stringendosi a me e io non riuscii a trovare una risposta sincera nemmeno per me stesso.
“Sì. La amo, tesoro. Ma vedi, l’amore ha diversi livelli. Io le voglio molto bene e gliene vorrò sempre. Così come amerò sempre te. Okay?”
Tirò su con il naso senza annuire, senza dire nemmeno un semplice sì. Continuai a cullarla ancora un po’ finché non vidi Shelby, in bianco, ferma sulla porta che dava al giardino.
Che diavolo ci faceva lì…?
“Tesoro, perché non vai dalla nonna? Deve darti il cestino con i fiori…”
Lei annuì e scese dalle mie gambe ma non mi lasciò andare totalmente.
“Papà, sposa la mamma invece di lei. Ti prego…” e me lo chiese con occhi così dolci e sinceri che per un istante volli dirle di sì solo per non vederli ancora così tristi, o forse era quello di cui cercavo di convincermi.
Le carezzai il viso e le sorrisi. “Vai dalla nonna, tesoro.”
Lei sospirò e sfuggì al mio tocco lasciandomi nella consapevolezza che stavo per sposare una donna che mia figlia, probabilmente, non avrebbe mai accettato.
Incrociò Shelby per strada e riuscii a sentire un flebile scusa uscire dalle sue labbra. Shelby le sorrise ma lei corse dentro prima che potesse accarezzarle i capelli.
Mi alzai e andai incontro alla mia fidanzata. Era…
“… bellissima. Sei bellissima…” sussurrai quando prese le mie mani tra le sue. Arrossì.
“Sarà un inferno…” mormorò e capii immediatamente a cosa si riferisse.
“No, vedrai che si abituerà. Dalle tempo.” Usai le stesse parole che Kristen aveva detto a me con la sola differenza che sapevo di stare mentendo.
“Ma che ci fai qui? Sai che porta sfortuna vedere l’abito prima del matrimonio…”
“Lo so” disse lei “Ma dovevo vederti.”
“Che succede?”
Lei mi guardò per un istante interminabile prima di chinare il viso e parlare tutto d’un fiato.
“Tu la ami ancora, Rob?”
“Cosa?”
“Ti prego, ho bisogno di saperlo.”
“Shelby…”
“Ti prego. Se è così, dimmelo adesso ma non farlo sull’altare. Non lasciarmi lì. Dimmelo ora.”
Strinsi le sue mani in una delle mie mentre l’altra le alzava il viso. “Lei è il passato. Il mio futuro sei tu…” e ne ero convinto. Almeno mentre lo dicevo a lei, ne ero davvero convinto. Kristen non poteva continuare ad avere potere su di me, non dopo sette anni in cui quella donna mi era stata accanto salvandomi da me stesso. Le dovevo tutto e le dovevo il mio amore.
Per qualche motivo mi credette sulla parola e sorrise, commossa, prima di poggiare le sue labbra sulle mie.
Le sorrisi.
“Ora scusami, ma devo proprio andare a posizionarmi all’altare.”
“Ti raggiungo lì!” ammiccò semplicemente prima di baciarmi ancora una volta e andare via.
Ed ero di nuovo solo. Solo con me stesso e un cellulare in tasca.
Lo presi per spegnerlo ma lo schermo rivelò l’ultima cosa che potevo aspettarmi in quel momento.
1 missed call
Kristen
Il mio cuore perse un battito nel leggere il suo nome, ne perse due nell’immaginare il motivo per cui aveva chiamato, ne perse tre nel decidere se richiamare o no.
Nonostante fosse la cosa più sbagliata da fare al momento, nonostante mi fossi appena ripromesso di non lasciare che condizionasse la mia vita ancora, premetti quel pulsante verde e la richiamai.
E il mio cuore continuava a perdere battiti nell’attesa finché a fermarlo del tutto fu la segreteria telefonica. Spento.
Sorrisi amaro guardando lo schermo del cellulare ancora una volta prima di spegnerlo.
Non era destino, evidentemente.
Eppure, dieci minuti dopo, mentre aspettavo all’altare ero ancora lì a chiedermi perché mai potesse aver chiamato. Cosa voleva dirmi? Forse farmi gli auguri? No, non aveva senso dal momento in cui me li aveva fatti quella mattina. Forse chiedere di Haley? Ma perché farlo? E soprattutto perché farlo alle tre in punto?
Tutti riuscirono a notare la mia ansia e il mio nervosismo ma sicuramente nessuno aveva idea del vero motivo.
Shelby doveva essere il mio unico pensiero, e invece io ero lì sull’altare aspettando lei ma pensando a Kristen. Ed era tremendamente sbagliato. E anche quando Haley fece la sua entrata camminando troppo velocemente e rovesciando il cesto di fiori arrivata alla fine della navata, il mio pensiero fu Kristen e la bellissima bambina che avevamo insieme. Quando la marcia nuziale iniziò a suonare io pensai a Turning Page; quella doveva essere la nostra marcia nuziale. E quando Shelby apparve sulla porta della chiesa insieme al padre, io pensai a lei e all’emozioni che avevo provato nel vederla indossare un abito da sposa, anche se per finzione.
Non mi concentrai nemmeno su Shelby mentre camminava. Lei probabilmente mi sorrideva vedendo il mio sorriso e non potendo immaginare che era dedicato totalmente ad un’altra persona.
Me la trovai di fronte e con le mani tra le mie senza nemmeno rendermene conto.
“Vuoi tu, Shelby Melissa Collins, prendere il qui presente Robert Thomas Pattinson come tuo legittimo sposo per amarlo, rispettarlo e onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”
“Lo voglio.”
“E tu, Robert Thomas Pattinson, vuoi prendere la qui presente Shelby Melissa Collins come tua legittima sposa per amarla, rispettarla e onorarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”
Le parole rimbombarono nella mente, stridendo, come mille aghi che penetravano facendo un dolore e un rumore tremendo.
“Rob…”
E la sua voce, una voce totalmente diversa da quella che sognavo, da quella che avevo sognato quella notte stessa, mi scosse dai miei pensieri. Il suo viso sparì e mi sentii morire.
Amarla… onorarla… rispettarla… salute, malattia. Ricchezza, povertà…
, avrei voluto dire. Sì, posso farlo. Sì, lo voglio. Solo… solo non con te.
“Rob…”
“Mi dispiace…” fu tutto quello che ebbi la forza di dire mentre i suoi occhi mi uccidevano lentamente.
Lasciai le sue mani e tra i mormorii sorpresi e increduli della gente, corsi in sagrestia e chiusi la porta alle mie spalle.
Iniziai a camminare avanti e indietro, pensando a quello che avevo appena fatto. Cercando di capire se avessi appena fatto la più grande cazzata della mia vita o semplicemente la più intelligente.
E ora? Cosa diamine sarebbe successo ora?
Non riuscii a sbrogliare nemmeno un filo della matassa che era diventata la mia testa quando Tom entrò chiudendo velocemente la porta dietro di sé.
“Rob…”
“Tom… che cazzo ho fatto?”
“Hai fatto la cosa giusta! Grazie a Dio! Lo sapevo io! Sapevo che Kristen te lo avrebbe detto! Ma quando le hai parlato? Ti ha chiamato?”
Mi bloccai per guardarlo. “Io… io non ho parlato con Kristen…”
E la sua espressione tradì ogni altra scusa che avrebbe anche solo potuto pensare di inventare.
“Oh, cazzo.”
“Cosa avrebbe dovuto dirmi Kristen?”
Lui esitò per parecchi secondi.
“Tom…”
“Rob…” iniziò cauto, così tanto da farmi preoccupare. “Ci sono delle cose che devi sapere… Ed è meglio se ti siedi.”
 
 
  
POV Kristen (suggerimento musicale; obbligatorio u.u)
 
Immaginai lo strascico che scivolava leggero lungo la navata.
L’odore tenue di incenso ormai spento che aleggiava nell’aria mentre tutti si giravano a guardare la sposa che faceva il suo ingresso.
Bella, il volto leggermente arrossato, emozionata..
Un giorno avevo creduto davvero che quella sposa sarei stata io..
“Oh mi scusi.”
Un uomo mi urtò per sbaglio, prima di correre dalla sua famiglia che occupava uno dei divanetti all’interno del traghetto. Tutti stavano dentro. Faceva troppo freddo per gelare sul ponte dove l’aria della Manica ti tagliava il volto e la pelle.
Troppo freddo per chiunque, ma non per me. Il gelo dell’esterno non era niente rispetto a quello interno delle mie ossa. Non riuscivo nemmeno a sentirlo.
Abbassai lo sguardo per vedere l’ora e notai lo schermo del cellulare nella mia mano illuminarsi.  Avrei voluto non rispondere ma riconobbi il numero di Haley, così mi feci forza, ricacciando le lacrime che premevano ai lati dei miei occhi.
“Amore, dimmi. Tutto bene?”
Non rispose subito. Sospirò pesantemente. “Io sì, ma tu? Dove sei?”
“Sto andando in un posto..mmm un posto per un impegno importante. Ti ho detto che lo zio Tom sa dove sono. Dopo ti porta lui da me.”
Per lo meno non era una vera bugia. Avevo davvero un impegno importante quel giorno: stare lontana da Londra, lontana da Rob, lontana da quella chiesa. Mi conoscevo abbastanza da sapere che, se fossi rimasta in città,avrei finito per andarci e..e non potevo permettermi di farlo. Non sarebbe rimasto più nulla di me stessa e io dovevo tenere insieme i pezzi per Haley.
“Mamma, torna qui.” La voce di Haley era quasi una preghiera e spezzò il mio cuore già così fragile in un secondo. “Sposa tu papà, per favore. Ci penso io a Shelby”
Scossi il capo, stupidamente, come se avesse potuto vedermi.
“Amore ne abbiamo già parlato. Papà ama Shelby e noi dobbiamo rispettare questa cosa e..supportarlo. Soprattutto tu. E non fare nessuno scherzo cattivo, ok? Feriresti solo tuo padre e davvero lui non se lo merita. Si merita di..” passai veloce la lingua sulle labbra completamente secche e screpolate. La gola mi bruciava per il dolore e quasi non potevo respirare “Si merita di essere felice e vivere una giornata splendida.”
“Ma mamma..”
“Niente ma” mormorai “E ora..tesoro devo scappare e anche tu dovresti andare. Si sta facendo tardi ed è..è quasi ora, no?”
Era quasi ora..
Sentii uno spasmo alla bocca dello stomaco.
“Sì” sbuffò “Vado allora. A stasera mami.”
“A..sta..a stasera”
Riagganciai prima che le lacrime coprissero del tutto la mia voce. Posai la fronte sulla ringhiera del ponte, abbandonandomi alle lacrime e al dolore. E anche se era sbagliato, masochista, autolesionista i miei occhi non si distoglievano mai dall’ora sullo schermo del cellulare che, inesorabile, scorreva.
2.45pm..
Di certo Rob era arrivato, ormai. Probabilmente stava stringendo la mano al parroco e, come me, fissava impaziente l’orologio in attesa che la donna che amava spuntasse davanti a lui. In attesa di renderla sua per sempre.
3.00 pm..
Era l’ora, ma ogni sposa che si rispetti arriva in ritardo. E, ne ero certa, Shelby non avrebbe fatto eccezione.
3.10pm..
Riuscivo ad immaginarla avanzare, sorridente. Arrivare da lui, prendergli la mano. Vicini erano la coppia perfetta.
3.20
Lo scambio dei voti. Rob di certo li aveva scritti personalmente. E sapevo che sarebbero stati sentiti e perfetti. Dritti dal cuore.
3.30pm..
Le promesse.
Prometto di amarti e onorarti, ogni giorno della mia vita.
E la loro vita insieme iniziava oggi, proprio in quel momento. Mentre mi sembrava che la mia finisse in modo altrettanto inesorabile.
Sentii una gran rabbia scorrere attraverso il mio intero corpo, come se fosse stata la sola linfa che alimentasse le mie vene. Rabbia verso il mondo, il fato, il destino ma, soprattutto, verso me stessa. Perché potevo prendermela con chiunque ma la realtà era chiara come il sole. Ero la sola da incolpare.
Gettai con forza il telefono nelle acque fredde della Manica.
E se, invece, non fossi stata così stupida in Africa?
E se avessi saputo di essere incinta e non fossi mai andata in quel villaggio coi medici?
E se avessi avuto più fede in Rob, nel nostro amore, nella forza di sopportare il dolore di una mia possibile malattia?
E se..
Due piccole parole che, sole, erano semplici ed innocue.
Messe vicine, però, una accanto all’altra, avevano il potere di perseguitarti per il resto della tua vita.
E, ne ero certa, quello era esattamente ciò che avrebbero continuato a fare.
 
 
Ero grata a Tom di avermi dato una via di fuga da Londra, offrendomi la possibilità di passare la giornata nella sua casa di famiglia sull’isola di Wight, ma ora che ero veramente lì mi rendevo conto di quanto in realtà quella fosse stata una pessima idea.
L’isola era l’ennesimo luogo pieno di ..noi.
O forse ero semplicemente io.
Ogni luogo per me era pieno di me e Rob, anche quelli in cui non eravamo mai stati insieme. Lo riconoscevo tra i passanti, perfetti estranei mi sembravano lui, oggetti e cibi mi ricordavano i suoi gusti e le sue preferenze, canzoni mi facevano ripensare alla sua voce..
Eppure, indubbiamente, l’isola era una pugnalata al cuore più di qualunque altro posto al mondo.
Feci un altro passo su una delle rocce, lisce e fredde, e mi sedetti ad ascoltare il rumore del mare. Ormai si era fatta notte ed era così buio che non ero più in grado di capire la differenza fra dove finiva quello e iniziava il cielo cupo.
La mia mano sfiorò la superficie umida della pietra e fui subito assalita dai ricordi.
“Ti giuro che se mi fai cadere, io..”
“Tu cosa, eh?” mi afferrò per la vita e chiusi gli occhi, terrorizzata di cadere su una di quelle pietre e spaccarmi la testa “Cosa mi fai?”
Sentii il suo respiro sul mio volto ed un brivido mi travolse. Sapeva di lui, di fresco, dei suoi baci..
Posò le labbra sulle mie e non mi importò più neppure dell’altezza, delle pietre scivolose, del mare sotto di noi.
“Ci sono io Kristen, non avere paura”mormorò “Ci sarò sempre.”
L’ennesima lacrima scivolò lungo la mia guancia e, di scatto, mi alzai. Percorsi veloce i pochi metri che mi avrebbero riportata alla casetta della famiglia di Tom e, quando entrai in cucina, mi lasciai cadere su una sedia. Davanti a me c’era ancora la tazza di tè che mi ero preparata quando ero arrivata per cercare di calmare i nervi.
Tentativo inutile e patetico.
Bevvi un sorso della bevanda ormai fredda e, dopo pochi minuti, decisi di spostarmi in salotto. Avevo acceso il piccolo caminetto e l’aria aveva un confortevole tepore.
Quasi confortevole, per lo meno..
La casa era vecchia, vissuta, ma accogliente. Un tipico cottage inglese che sapeva darti una sorta di calore; come se tutte le persone che ci avevano vissuto avessero lasciato un piccolo pezzetto di loro pronto a darti il benvenuto.
Sfiorai i mobili, le foto leggermente impolverate; ne riconobbi una di Tom da bambino. Doveva aver avuto sì e no cinque anni e gli mancavano alcuni denti. Non potei non sorridere nonostante i muscoli del mio volto fossero così abituati a non farlo da tempo.
Salii su per due rampe di scale strette finchè non mi ritrovai in un ampio spazio aperto. Accesi la lampada più vicina e capii di trovarmi nella soffitta. Il tetto era spiovente ai lati e, su una parete, si aprivano due piccole finestrelle circolari.
Ma non fu quello che attirò la mia attenzione.
A quel punto non sapevo più se Dio, o chi per esso, stesse cercando di punirmi secondo le leggi di qualche orribile castigo cosmico.
Un vestito da sposa faceva bella mostra di sé su un manichino nell’angolo. Sembrava antico e di certo non poteva risalire a dopo gli anni cinquanta. Non so per quale motivo ne fui totalmente, dolorosamente, attratta. Ne carezzai la stoffa liscia anche se decisamente impolverata ed ingiallita dallo scorrere del tempo. Il velo, invece, era ancora in ottime condizioni e, prima che potessi fermarmi, le mie dita si erano chiuse sulla piccola clip che lo teneva fermo. Lo portai sul mio capo.
E mi sentii patetica e triste mentre fissavo il mio riflesso nello specchio sporco ed incrostato che mi stava di fronte. I capelli erano arruffati e mi ricadevano in disordine sulle spalle, sotto gli strati di tulle; i miei occhi erano gonfi e umidi e il mio volto pallido ed emaciato.
Che stupida che ero stata..
Avevo pensato che io ed Haley avremmo potuto passare le vacanze natalizie lì sull’isola, magari con Tom. Ma c’era troppo. Troppi ricordi, troppo dolore. La cosa migliore era prenotare il primo volo per Vancouver, partire, aiutare mia figlia a costruire un vero rapporto con suo padre cercando di farne parte il meno possibile. Dopotutto Rob doveva trascorrere del tempo con Haley, non con me. Non ci saremmo dovuti vedere quasi mai se non avessimo voluto.
Provai ad abbozzare un piccolo sorriso ma l’espressione che mi rimandò lo specchio era orribilmente falsa ed innaturale. Sarei mai riuscita a sorridere ancora? A sorridere perché ero davvero felice?
Il suono del campanello mi riscosse dai miei pensieri deprimenti. Mi bastò una rapida occhiata all’orologio per capire che dovevano essere Tom ed Haley. Era tardi, molto tardi e..
Il campanello continuò a suonare, incessante.
“Arrivo!” strillai precipitandomi giù per le scale “Arrivo”
Sfregai rapida le mani sul viso, sperando di scacciare almeno i segni più evidenti del mio pianto ma, quando aprii la porta e mi trovai di fronte mia figlia e Tom avvolti nei loro cappotti, capii che sarebbe stato tutto inutile.
“Kris ma perché diavolo non rispondi al cellulare? Eravamo preoccupatissimi!”
“Mamma, mamma papà non..”
Mi bastarono quelle parole per scoppiare in un pianto disperato. Affondai il volto fra le mani.
Ero una pessima madre e lo sapevo. Non sarei mai dovuta crollare così davanti ad Haley ma vederli lì mi fece capire che era finita. Adesso l’avevo davvero perso per sempre.
“E’ finito tutto..” gemetti “E’ finita..”
Sentii le lacrime tiepide colare fra le mie dita e poi il calore di due mani afferrarmi i polsi.
“Veramente avevo sperato che questo potesse essere l’inizio di tutto. Non la fine..”
Di scatto feci un passo indietro, staccandomi da quel calore, da quelle mani, perché..
Spalancai gli occhi quando vidi Rob di fronte a me. Indossava lo smoking ed era..era una visione.
Stavo sognando? Quello era tutto un grande ed assurdo sogno o..?
Ma quando ricatturò le mie dita tremanti nelle sue, ferme e decise, capii che non era affatto un sogno. Per qualche strana ragione lui era lì con me, non con Shelby a Londra.
Non staccai gli occhi dai suoi neppure quando sentii Tom e Haley parlare fra loro.
“Ok, io direi di lasciarli soli”
“Direi di sì. E poi dobbiamo preparare..beh cerchiamo un negozio aperto”
Le loro parole non avevano senso, ma non me ne curai. Niente aveva senso ed era perfetto così, se solo fossi potuta vivere in quell’attimo di follia per il resto della mia vita.
Rob fece un passo avanti e poi un altro e poi un altro..
Le sue mani si posarono sulla mia vita mentre mi spingeva di nuovo in salotto. I suoi occhi sembravano capaci di bruciarmi la pelle.
Si fermò quando ci trovammo davanti al calore del camino.
“Cosa..cosa ci fai qui?”
Non so neppure dove trovai la forza di parlare ma dovevo sapere, dovevo..
“Dimmelo tu Kristen. Dimmelo tu”
Il suo volto era teso, immobile, rigido. E benché vedessi che voleva lasciarsi andare al sollievo, non riusciva a mascherare la rabbia repressa dentro di sé.
E improvvisamente capii.
“Non hai sposato Shelby”
“No”
“Tom..” gemetti “Tom ti ha detto tutto”
“Sì”
No, no, no..
Mi sentii morire per l’ennesima volta nel rendermi conto che gli avevo di nuovo rovinato la vita. Non aveva sposato Shelby per venire lì a chiarire con me, perché si sentiva in colpa. Tutto quello che avevo sempre cercato di evitare..
“Tu la devi sposare. Devi essere felice. Devi tornare da lei. Devi..”
Quello che lui fece dopo fu un vero shock. Mi afferrò con forza per le braccia e mi sbattè alla parete finchè non mi ritrovai completamente premuta fra quella ed il suo corpo.
“Tu la smetti. La smetti adesso con tutte queste stronzate” la sua voce era un sibilo sul mio viso “La smetti di decidere cosa è meglio per me. La smetti di decidere il nostro destino, ci siamo capiti?”
Deglutii con forza.
“Non potevo sposare Shelby. E non la potevo sposare perché non è la donna che amo. E l’ho capito quando l’ho vista davanti e tutto ciò a cui riuscivo a pensare eri tu e a quanto volevo che fossi tu quella al suo posto” continuò. I suoi occhi erano come due smeraldi magnetici che mi imprigionavano. “Non potevo rovinarle la vita sapendo che..che non avrei mai potuto amarla davvero. Volevo venire a cercarti, a parlarti ma non sapevo dov’eri e..”
“Ma perché? Ancora credevi che ti avessi tradito con un altro, che ti avessi abbandonato senza il minimo..”
Le sue mani corsero al mio volto.
“Perché?” domandò. “Per lo stesso motivo per cui sette anni fa non riuscivo ad andare avanti senza di te. Per lo stesso motivo per cui ti avrei sempre ripresa con me, oggi come allora. Perché ti amo Kristen e questo non cambierà mai. Mai.”
I suoi occhi si velarono di nuovo di rabbia. “E poi Tom mi ha raccontato tutto. E adesso..adesso sono io che ti chiedo perché.”
Perché..
Avevo passato anni a inventarmi centinaia di perché, di scuse che mi aiutassero a sopportare il peso delle mie bugie e delle mie azioni e, adesso che era arrivato il momento di spiegare, non me ne veniva in mente neppure una.
Anzi, forse soltanto una.
“Per lo stesso tuo motivo, presumo” la mia voce era così flebile che a malapena potevo sentirmi “Perché ti amavo. Perché ti amo. E perché ferirti con la scusa di James ti avrebbe dato la possibilità di andare avanti”
“Ma io ti sarei stato vicino. Non mi sarebbe importato di niente. Nessuna malattia avrebbe potuto separarci” le sue mani vibravano sulla mia pelle. Vi posai sopra le mie.
“E questo è esattamente il motivo per cui ti ho mentito. Avevo paura e tu..la tua felicità era la sola cosa che contava ai miei occhi.” Risposi “Non merito il tuo perdono, lo so ma..”
“Ma ce l’hai”
Le sue parole mi lasciarono basita e senza fiato.
“Ce l’hai amore mio, ce l’hai, ce l’hai, ce l’hai..” posò la bocca sulle mie guance, sui miei occhi umidi, su ogni centimetro del mio volto “Ce l’hai. Però..però anche tu devi perdonare me.”
Lo guardai come se fosse un folle.
Io perdonare lui?
“Perdonami per aver creduto alla tua bugia. Perdonami per non aver capito che non avresti mai potuto farmi una cosa simile. Perdonami..” una singola lacrima colò  sul suo volto “Perdonami per non aver creduto nella forza del nostro amore quando tu non hai mai smesso di farlo.”
Gli gettai le braccia al collo e lo baciai mentre le nostre lacrime si mescolavano in un solo liquido caldo e avvolgente. Quell’uomo perfetto era davanti a me, a chiedermi di perdonarlo, dopo tutto ciò che io gli avevo fatto. Come se avessi potuto dire di no, come se avessi anche solo avuto quel diritto.
“Non c’è..non c’è niente da perdonare” il suo profumo sulla mia bocca mi dava alla testa.
“Basta bugie, basta scuse, basta…basta.” Le sue parole erano un alternanza di baci.
Bloccai il suo volto fra le mani e lo guardai, cercando di impedire al mio cuore di scoppiare di gioia.
Scossi il capo, sincera come non lo ero da anni.
“Ora non c’è più nessun segreto, nessuna bugia. E’ stato detto tutto quello che c’era da dire.”
Vidi le labbra di Rob curvarsi in un sorriso, caldo ed avvolgente.
“Veramente c’è ancora una cosa che potresti dirmi” mormorò.
“Co..cosa?”
Le sue dita si intrecciarono alle mie ed il suo pollice sfiorò il mio anulare. Il respiro mi si bloccò in gola.
“Potresti dirmi di sì.”
 
 
“Dove hai trovato un prete? E voi..voi dove avete trovato un negozio aperto la vigilia di Natale?”
Mi sembrava che la testa girasse in un vortice confuso. Mi sembrava di stare attraversando la peggior sbornia della mia vita e mi sembrava di vivere in un universo parallelo una vita troppo bella e che non mi meritavo affatto.
Ma era la mia vita. Era la mia vita..quella che avevo sempre voluto. Con il solo uomo che avrei mai potuto amare.
“Beh signorina quest’uomo ha fatto una donazione di 3000£ alla mia parrocchia” rispose il prete con una risata, dando una pacca sulla spalla a Rob “capisce che sarei andato perfino a casa del diavolo dopo tanta generosità.” Aggrottò le sopraciglia, ripensando probabilmente alle sue parole. “Beh, forse non del diavolo visto che sono un prete ma ci siamo capiti”
Si allontanò di qualche passo cercando di scaldarsi le mani nonostante l’aria fredda.
Mi stavo per sposare.
Mi stavo per sposare con i miei jeans, una pesante felpa di Gap, le converse ed un vecchio velo pieno di polvere in testa.
Eppure non ero mai stata più felice di così. Nemmeno se avessi indossato l’abito più prezioso del mondo.
“Non piangere”
Rob mi strinse al suo petto e mi resi conto solo in quel momento che avevo ricominciato. Ma questa volta la ragione del mio pianto era totalmente diversa. Questa volta non c’era più traccia del dolore costante che mi tormentava da anni.
“Piango perché sono felice. Ti amo..”
Mi ripulii il volto con le mani, alzando gli occhi e fissando l’albero del piccolo giardino su cui Tom ed Haley avevano attaccato  lucine colorate creando l’atmosfera perfetta.
“Dove avete trovato una ferramenta aperta il 24 Dicembre? Di notte, per giunta” domandai di nuovo dal mio posto caldo fra le braccia di Rob.
Haley scosse le spalle, tornando a concentrarsi sulle piccole casse che non so come aveva collegato allo stereo del salotto, e fissò Tom con aria colpevole.
“Beh” balbettò lui “Abbiamo cercato un po’ ma ovviamente non c’era nulla di aperto e così le abbiamo..mmm prese in prestito da una casa qua vicina.”
Scoppiai a ridere, scioccata, quando mi resi conto di cosa significava quel ‘prese in prestito’.
“Rubate? Le avete rubate? Ma siete impazziti?”
Si strinsero entrambi nelle spalle, sghignazzando mentre prendevano posto ai nostri lati.
Strinsi con forza le mani di Rob nelle mie.
“Bene ora che ci siamo tutti direi che possiamo cominciare” iniziò il prete “ragazzi, siete pronti? Voi, testimoni?”
“Aspetti solo un attimo” Haley corse a premere qualche tasto nello stereo e tornò al suo posto con un grande sorriso.
Le note di Turning page si diffusero nell’aria mentre il prete continuava a parlare.
Haley mi fece l’occhiolino e trattenni a stento una lacrima. Per quanto tempo mi aveva visto sofferente ed infelice? Per troppo…troppo. Ma adesso avevamo la possibilità di ricominciare tutto da capo e di essere di nuovo felici. E, questa volta, per sempre.
Vorrei poter dire che la cerimonia fu il fulcro della mia attenzione ma non fu così. Rob, mia figlia, il mio migliore amico, le loro espressioni felici. Loro furono tutto ciò che riuscii a vedere in quei minuti.
E quando Rob mi sollevò fra le braccia mentre i primi fiocchi di neve iniziavano a cadere e mi baciò con una libertà ed un trasporto che non avevo mai sentito capii che non ci sarebbe potuto essere per noi un matrimonio più imperfettamente perfetto. Mi aggrappai a lui, avvolgendogli le braccia intorno al collo e le gambe intorno alla vita. E niente fu come la risata estasiata di Haley che si abbracciava a noi facendoci sbilanciare leggermente.
“Non ci posso credere!” trillò felice “Allora Babbo Natale esiste! Esiste davvero!”
Alzò il volto al cielo, beandosi dei fiocchi freddi sulla pelle.
“E’ tutta la vita che gli chiedo tre cose e adesso me le ha date!”
“E che cosa gli chiedevi?” domandò Rob carezzandole i capelli mossi dal vento.
Haley gli afferrò la mano e se la strinse al viso. “Un papà..”
Prese anche la mano di Tom in quella libera. “Una famiglia e..”
Li lasciò andare per potersi accoccolare al mio calore.
Alzò gli occhi, supplicante. “Un fratellino”
Sia io che Rob scoppiammo a ridere. Ma quando lo guardai capii che non era per l’imbarazzo di doverle dire di no. Era perché eravamo felici; era perché lo volevamo entrambi. Anche se stava succedendo tutto molto in fretta era qualcosa che volevo dargli, un’esperienza che volevo regalargli. E, per la prima volta da sempre, non perché mi sentissi in colpa.
Solo perché volevo. Solo perché lo amavo.
“Un giorno” risposi guardando Rob.
“Presto?” domandò lui, la speranza chiara nei suoi occhi.
“Presto” sussurrai sulla sua bocca.
“Beh zio Tom, allora è il caso che li lasciamo soli a lavorare al fratellino e noi ci cerchiamo un albergo per la notte, che dici?”
Affondai il volto sul petto di Rob e lo sentii vibrare per le risate trattenute.
“Dio, Haley, ti devo levare quel computer da sotto le mani” mormorai senza sapere se essere più divertita o mortificata.
In realtà ero semplicemente felice della famiglia che avevo e di quella che avrei avuto in futuro. Era ancora troppo presto per parlarne e lo sapevo. Io e Rob dovevamo ricostruire il nostro rapporto, imparare a fidarci di nuovo l’uno dell’altra ma, un giorno.. un giorno ci saremmo arrivati.
Perché avevamo una nuova chance per ricominciare tutto da capo, qualcosa che era concesso a pochi. Il nostro amore era sempre stato lì, anche negli anni più bui ed infelici, anche quando credevamo di odiarci.
Il nostro amore era l’occasione per voltare pagina.
Sentii le campane che, in lontananza, battevano la mezzanotte.
Nostra figlia si strinse a noi con forza.
“Buon Natale mamma” disse “Buon natale papà”
“Buon Natale” risposi.
E lo era.
Il migliore di sempre.

 

 

Okay... e un'altra bimba è andata :')
Speriamo tanto che vi sia piaciuto...
Ci teniamo a dire che la scelta di non far parlare Tom è stata voluta e speriamo che siano evidenti i motivi dal capitolo, anche se in modo sottile.
Se Tom avesse parlato Rob avrebbe potuto annullare il matrimonio solo perchè mangiato dai dubbi e dal senso di colpa e Kristen non avrebbe mai saputo se lo avesse fatto solo per scrupolo o perchè lo sentiva davvero.

Potremmo dire le solite cose a questo punto: grazie, vi adoriamo, siete fantastiche... ma già lo sapete per cui...
Boh, niente... scrivere per se stessi è stupendo... ma lo è ancora di più se ci siete voi a leggerci.
Perciò sappiate che vi dobbiamo tanto: ogni recensione, ogni preferito, seguito; ogni parola, ogni sclero, ogni tutto! <3
Speriamo di non abbandonare mai questo mondo che ci fa sognare *-*
Un grazie particolare a Leti (ringraziatela perchè è praticamente il cuore di Turning Page; senza di lei probabilmente queste chicche non avrebbero mai vita lol).

La scritta "The end" c'è ma, chissà, potremmo anche sentire la mancanza di questa piccolina e tornare prossimamente quindi...
STAY TUNED!

E noi, niente, ci sentiamo su facebook *-*
Un bacio enorme e GRAZIE ancora per TUTTO!

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti! 

Cloe&Fio


 

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


TP - cap 3 Buonasera girls!!!! Ahhh e scommettiamo che non vi aspettavate di trovarci qui stasera e invece…SORPRESA!!!! Scherzavamo quando dicevamo che non ci sarebbe stato un epilogo per TP u___U. Ci va sempre un bell’epilogo. Questo è, diciamo, un piccolo salto nel futuro per vedere come procede la vita dei nostri quattro eroi ahahah (quattro u.u vedrete vedrete ;). Ok, questa è decisamente la fine di qst mini ff: non ci saranno seguiti o atri estratti  anche se qualcuna su facebook ci aveva provato (u.u voi sapete di chi parlo u.u). La storia è il nostro piccolo gioiellino ed è perfetta così per noi*__*
Cogliamo di nuovo l’occasione per ringraziarvi dal profondo del nostro cuore per…beh, per tutto. Siete le migliori, sempre e comunque.

Un bacio
Cloe&Fio








Epilogo

 
POV Kristen


“Tu sei davvero convinto?”
Sentii le gambe tremare mentre scendevamo dal taxi e abbandonavamo gli ultimi giorni vissuti nella fantasia per tornare alla realtà. Due settimane sull’isola, passate solo a fare l’amore, a cucinare, ballare, aprire regali di Natale, persino pescare… Eppure non erano state abbastanza per recuperare il tempo perduto; niente lo sarebbe mai stato. Sette anni erano andati e non sarebbero tornati. Non per me, e soprattutto non per Haley e Rob che non avrebbero mai avuto quel tempo in alcun modo.
Avevo davvero sottovalutato il desiderio di Rob di avere un bambino e mi ero sentita una stupida per averlo fatto. Lui lo aveva sempre voluto, anche molti anni prima, e non potevo sorprendermi se continuava a chiedermi di provarci. Sembrava così affrettato ma giusto al tempo stesso. Conoscevo quell’uomo da… da tutta la mia vita praticamente, avevo una figlia con lui; non potevo davvero credere che non fosse il caso di avere già un altro bambino.
“Una cosa alla volta…” avevo detto a Rob, eppure avevamo abbandonato ogni protezione; per meglio dire, non ne avevamo usate per nulla dalla stessa notte del matrimonio per cui non sarebbe stato uno shock se avessi scoperto di essere incinta nel giro di due settimane.
Una cosa alla volta… ripetei in mente; e la prima cosa da sistemare era la verità.
Non quella che avevo raccontato a Rob nel dettaglio una sera davanti al camino, mentre Haley dormiva, al riparo sull’isola. Non la verità da raccontare a chi sapeva già tutto.
Dovevo affrontare la famiglia di Rob e, per qualche motivo, ne avevo una paura assurda. Non sapevo se sarebbe bastato a redimermi dall’avergli tenuto Haley lontana per tanti anni e non lo volevo nemmeno. Avrei pagato il loro astio e il loro rancore se ne avessero avuto. Lo meritavo in fondo.
“Magari potremmo tornare a casa e passare più tardi… Magari non sono in casa…?” tentai nonostante l’idea di tornare all’appartamento che Rob aveva diviso con Shelby per tanti anni non mi entusiasmasse al massimo. C’ero entrata solo il tempo necessario per posarvi le valigie ma era bastato per ferirmi. E non erano le sue cose in camera da letto, le foto sulla libreria, o il soprabito femminile appeso all’entrata a farmi male; era il pensiero di una donna lasciata all’altare, il giorno di Natale.
Dopo molti giorni ancora mi sentivo in pena per lei e probabilmente era solo perché Rob l’aveva abbandonata per me. Probabilmente se l’avesse lasciata ma non fosse tornato avrei goduto come ogni persona normale e come segretamente, e molto in fondo all’animo, avevo sperato qualche secondo prima che l’orologio scoccasse le tre e la mia mente fosse invasa dalle immagini della sua camminata all’altare. Avevo avuto quello che volevo, quello che amavo, ed ora mi dispiaceva per lei.
E mi dispiaceva che Rob si sentisse in colpa ma non potevo biasimarlo. La clausola ‘segui il tuo cuore’ non esclude i sensi di colpa, purtroppo. Non i miei né tanto meno i suoi; soprattutto dal momento in cui non aveva avuto occasione di spiegarsi, di chiarire quel poco che poteva essere civilmente recuperato con lei che non aveva intenzione di parlargli. E forse era meglio così, almeno per ora.
Una cosa alla volta…
Rob mi lanciò un’occhiata che urlava ‘codarda’ e persino Haley iniziò a trascinarmi per la mano, ansiosa di rivedere i nonni. Certo, non era lei quella che doveva fare la più grande confessione della sua vita e non sapeva come sarebbe andata.
“Dai, mamma. Stai esagerando! Muoviti!”
Lasciai la sua mano con forza e indietreggiai ma trovai il petto di Rob scontrarsi con la mia schiena.
“La smetti di scappare? Da quando hai paura dei miei?”
“Sono più Lizzie e Victoria a farmi paura in realtà…”
“D’accordo” alzò gli occhi al cielo. “Allora da quando hai paura delle mie sorelle?”
“Mmm… da quando mi hanno offerto un tazza di caffè…?” azzardai sperando che valesse come scusa ma non abboccò.
“Smettila. Andiamo.”
Mi prese per mano e ci avvicinammo alla porta preceduti da Haley che non perse un secondo a suonare il campanello.
“Ciao Claire…” salutai timidamente quando la madre di Rob aprì la porta. Ebbe appena il tempo di sorridermi prima che Haley la travolgesse aprendo la strada a tutti verso il piccolo salottino dove, in perfetto stile tribunale, Richard era seduto sulla poltrona mentre Liz e Victoria sui braccioli accanto a lui.
Okay. Va bene che avevamo avvertito di dovergli parlare ma l’atmosfera non era decisamente delle migliori e non riuscivo a pensare ad alcun altro esito che non fosse una condanna.
Nessuno fiatò appena entrammo, a parte Haley che salutò tutti con un calore che una volta avrei usato anche io.
Mi sentivo esattamente come quel pomeriggio di un paio di settimane prima. Fuori luogo, in difficoltà, osservata. Non sapevo cosa si aspettassero da me, non sapevamo quanto avessero capito da tutta quella storia; probabilmente poco o niente visto che non sapevano nemmeno che io e Rob eravamo sposati.
“E’… è una fede quella?” disse Lizzie, rompendo il silenzio, quando vide al mio dito l’anello che Rob aveva insistito per comprare sull’isola. Non poteva aspettare.
Per un secondo fui tentata di scuotere il capo e negare l’evidenza ma Rob mi precedette stringendo la mia mano e intrecciando le nostra dita.
“Sì, ho sposato Kristen” disse come se fosse cosa ovvia per tutti.
In fondo per quale altro motivo poteva aver lasciato Shelby sull’altare se non per raggiungermi sull’isola di Wight e sposarmi con un velo impolverato, uno stereo a suonare la marcia nuziale e addobbi rubati dalle case vicine?
Aveva perfettamente senso.
Mi trovai a scuotere il capo mentre gli altri alternavano lo sguardo da me a lui.
“Non è il matrimonio il punto. Io… io devo dirvi tutta la verità…” non sapevo dove avevo trovato la forza di parlare né per quale motivo continuavo a tremare. Era il momento della verità, il momento del mio riscatto, eppure avevo ugualmente paura.
“Haley, vai di sopra” disse Rob ad Haley seduta sulle ginocchia di Richard.
“No” ribattei subito. “Tanto vale che ascolti anche lei…”
“Sicura?” chiese lui ma capii dal tono della sua voce che non poteva essere più d’accordo con me.
“Sì…” risposi semplicemente, presi un bel respiro e raccontai… la mia vita.
Tutti ascoltarono con attenzione, compreso Rob, e quando chiusi bocca non ricordavo nemmeno più ciò che avevo detto. Aspettavo semplicemente una reazione.
Aspettavo di vedere Lizzie abbracciarmi, Victoria preparare un tè, Claire e Richard farmi tante altre domande… Ma niente.
Aspettai ancora qualche secondo e stavo per aggiungere qualcosa io stessa quando iniziarono a ridere.
Sorrisi automaticamente per il suono così familiare e cercai di rilassarmi ma presto il suono di risate incredule si trasformò in qualcosa di… meschino.
Ridevano forte, con la bocca aperta, piegandosi su se stessi.
“E tu davvero ti aspetta che ci crediamo?” borbottò Lizzie tra una risata e un’altra.
“Co… cosa…?”
“Sei davvero una sgualdrina, Kristen!” aggiunse Victoria mentre io annaspavo già in cerca d’aria.
Mi voltai verso Rob ma rideva anche lui; sorrideva, ghignava, rideva ancora. Gli occhi cattivi, neri come la pece.
“Rob…”
“Sei una povera pazza, Kris” rise tra i denti. “Pensi davvero che sia così stupido da credere davvero al mucchio di bugie che ti sei inventata?”
Sentii un buco improvviso allo stomaco, come se lo avesse appena colpito una palla di cannone. “Cosa… cosa…? Io…”
“Vai via, Kristen. Ho avviato le pratiche per l’affidamento di Haley. Te la porto via.”
Stavo per dirgli che era assurdo, che non poteva e che lei non avrebbe mai voluto ma invece mia figlia attraversò la stanza e si gettò tra le braccia del padre che la tirò su senza fatica.
“Non prendertela Kristen. È il karma…”
Mio Dio…
“E tu… tu da dove…?” boccheggiai mentre Rob passava una sua mano dietro la vita di Shelby.
“Haley… no…”
D’un tratto non capii più nulla. Le risate presero più stridenti di prima, la stanza iniziò a girare, la testa prese a pulsare con forza e mi trovai per terra.
Aprii gli occhi lentamente, con la paura che non fosse un incubo. La tipica paura che ti prende quei cinque secondi prima di realizzare davvero che si tratta di un sogno.
Sospirai sollevata e strinsi gli occhi mentre sentivo la mano di Rob carezzarmi il braccio.
“Hey… tutto bene?”
Mi voltai per metterlo a fuoco nel buio della camera e solo quando mi spazzò via una lacrima dal viso mi resi conto di aver pianto.
“Kristen, che succede?”
“Niente…” mormorai. “Ho avuto un incubo.”
“Che hai sognato?”
Mi baciò il capo prima di sistemarsi per ascoltare meglio.
“Solo di quando abbiamo parlato con i tuoi ma… era tutto diverso alla fine. Ridevate tutti, nessuno mi credeva, e c’era Shelby e tu volevi portarmi via Haley e…”
“Ssssh, ssssh… è stato solo un incubo, amore. Dai…”
Non esitai a lasciarmi abbracciare e affondai il viso nel suo petto.
“Perché continuo con questi incubi ogni tanto? Sono passati anni…”
“Non ci pensare… Sarà il periodo…”
Probabilmente aveva ragione. Nonostante fossero passati due anni, di questo periodo sembrava sempre ieri. Ogni ricordo era più nitido e vivido che mai.
Sì, doveva essere il periodo Natalizio a riportare tutto a galla; incubi compresi.
“Comunque è stato bruttissimo…” dissi, stringendomi a lui.
“Non ci pensare…” ripeté. “Pensa a com’è andata davvero.”
Chiusi gli occhi e ci ripensai davvero. Non era andata poi tanto diversamente, finale tragico escluso.
Avevo davvero aspettato secondi interminabili per una reazione che nessuno si degnava a darmi. Avevo davvero guardato Rob; i suoi occhi erano normali. Nemmeno lui sapeva cosa fare o dire.
Come sempre era stata Haley a salvare tutti da un silenzio assordante.
“Cos’è l’a-di-esse?” aveva detto, confusa, ed erano bastate le sue parole per far scatenare un fiume di parole, lacrime e abbracci.
“Hai riempito le calze, vero?” sussurrai all’orecchio di Rob, decidendo di abbandonare i ricordi definitivamente.
“Sì… Però devo ancora capire perché in questa casa io faccio sia da Babbo Natale che da Befana.”
“Perché la barba e il naso donano più a te che a me” scherzai lasciandogli un bacio sul petto.
“Simpatica… ma avrei da ridire a riguardo. Le befane di oggi si sono modernizzate. Al posto del nasone hanno le orecchie a sventola…”
“Hey, lascia stare le mie orecchie!”
“Non prendertela piccola Dumbo… non sono poi così brutte…”
“La smetti?”
Rise mentre mi stringeva a sé. “No, lo sai che amo le tue orecchie…” disse prima di morderne una e farmi gemere.
Dio, da quando ero diventata così sensibile ad ogni suo tocco?
“Mmm… che ore sono…?” chiesi con voce carica di desiderio.
“Le… sei meno venti…”
“Oh… sai cosa vuol dire…?”
“Che mancano venti minuti alle sei?”
“No… cioè anche…” risposi carezzando il suo petto. “Vuol dire che l’ora x è passata da quaranta minuti buoni e… sarebbe un vero spreco non approfittarne, non trovi?”
Quando, finalmente, comprese a cosa mi stessi riferendo riuscii a vedere il suo viso illuminarsi di un sorriso tra il malizioso e il complice.
Non mi lasciò aggiungere altro e in un secondo la sua bocca fu sulla mia.
Nell’ultimo mese, Daniel aveva smesso di svegliarsi la notte, grazie a Dio, ma capitava sempre che almeno una volta a settimana lo trovassimo disperato nella sua culla; cosa che di solito accadeva tra le tre e le cinque di notte per cui potevamo ritenerci fortunati per quella sera.
Portai una mano al collo di Rob per avvicinarlo a me ancora di più e approfondire il bacio; in meno di due secondi avevo ribaltato le posizioni e mi muovevo su di lui con una voglia assurda.
“E’ un po’ che non sto sopra…” commentai tra un bacio e un altro mentre lui alzava la schiena così che mi trovassi seduta su di lui.
Le sue mani si mossero ansiose sulla mia schiena, scesero alla base della maglietta intima e in meno di tre secondi ne fui libera; nuda e leggermente infreddolita davanti a lui.
“Hai freddo?” disse mentre lasciava teneri baci ai brividi sulla mia spalla per scendere poi al seno.
“Un… un po’…” mormorai iniziando a gemere.
“Vedrai che ora ti passa…” e prima che potessi anche solo muovere un muscolo una sua mano spostò le mie mutandine e toccò la mia intimità.
Mi aggrappai alle sue spalle sorpresa da tanta irruenza ma lieta di scoprire che il freddo stava passando velocemente e in pochissimo tempo mi trovai accaldata e sudata, col mio corpo che si muoveva con le sue dita, sempre più in profondità.
Morsi la sua spalla per tacere il gemito quando il piacere mi travolse e mi accasciai sul suo petto.
“Dio…”
“Ancora freddo?” la sua voce rauca al mio orecchio mi fece eccitare di nuovo.
“Direi di no…” fu tutto quello che riuscii a dire prima di stenderlo sul letto. “Pensiamo a te…” sussurrai con la voce più sensuale che conoscessi e vidi i suoi occhi famelici sbarrarsi mentre mi chinavo su di lui e con una mano cercavo di sfilargli i boxer.
“Rob, se non mi aiuti non arrivi nemmeno nelle mutande…”
Lui rise e le sue mani raggiunsero le mie mentre la sua lingua carezzava la mia bocca.
Mossi la mia mano sulla sua intimità sentendola crescere sempre più mentre vedevo i suoi occhi ridursi a due fessure piccolissime e il petto alzarsi e abbassarsi a intervalli irregolari, guidati esclusivamente dal ritmo della mia mano.
Sbarrò gli occhi quando lo lasciai ma non gli diedi tempo di dire nulla. Mi sistemai meglio e con un solo movimento lo feci entrare in me, nell’esatto istante in cui bussarono alla porta.
“Cazzo!” imprecai “L’hai chiusa a chiave stavolta, vero?”
“Sì, sì l’ho chiusa!”
“Mami? Papi?”
“Cazzo!” fu Rob ad imprecare stavolta appena fu chiaro che Haley era dietro la porta.
Spostai lo sguardo dalla porta a Rob; di nuovo alla porta e di nuovo a Rob.
“Hai trenta secondi per esplodere di piacere” fu tutto ciò che riuscii a dire e non se lo fece ripetere due volte.
In un millesimo di secondo aveva ribaltato ancora le posizioni e iniziò a spingere in me, così forte che non ebbi quasi il tempo di stargli dietro. Dio, era troppo… e soprattutto era inaspettato e il pensiero che nostra figlia era dietro la porta, in modo alquanto perverso, mi fece eccitare ancora di più e rendergli più facile penetrare in profondità. Mettemmo a tacere i nostri gemiti con un bacio mentre Haley continuava a chiamarci.
“Dovrà… aspettare…” sussurrai consapevole che ci sarebbero voluti più di trenta secondi per riprendersi.
Rob sorrise e mi diede un bacio veloce prima di alzarsi e recuperare i boxer. Io, ancora stordita, infilai maglia e mutandine velocemente e gli diedi l’okay per aprire la porta.
“Finalmente! Che diavolo stavate facendo?”
Haley entrò in stanza quasi furiosa e… con Daniel in braccio, col viso bagnato dalle lacrime.
“Dormivamo, amore. Che succede?” mormorai utilizzando la mia migliore finta voce assonnata.
“Succede che Dan non la smetteva di piangere. Non l’avete sentito? Mi sono dovuta alzare io? Cioè, io! Vi sembra normale? Ho dovuto interrompere il bel sogno che stavo facendo…”
“Cosa stavi sognando?” chiese Rob chiudendo la porta e tornando sul letto, senza nemmeno preoccuparsi di prendere il bambino dalle braccia della sorella.
“Sognavo che mi sposavo con l’amore della mia vita awwwww…”
“Oh Gesù…” mormorò Rob mentre io scuotevo il capo e mi alzavo velocemente per prendere il piccolo.
“Pesa un accidente tra l’altro…”
“Che succede, amore di mamma? Mh?” lo cullai tornando a sedermi sul letto. Rob gli prese una manina e lui la strinse subito.
“Tatti…” balbettò.
“Vuoi il latte?” chiese Rob e lui annuì per poi chinare il visino nell’incavo del mio collo.
“Credo abbia ancora qualche decimo di febbre…” dissi sentendolo caldo contro la mia pelle.
“Tatti…”
“Ma no… gli era passata ieri. Saranno i residui…”
“Tatti…”
“Ha il nasino chiuso questo bimbo, vero?”
“Tatti…”
“Insomma, volete dargli questo latte o devo pensare a quello anche io? Dio, sembra che a volte sia io il genitore in questa casa…”
Io e Rob ci scambiammo un’occhiata mentre Haley veniva a stendersi nel letto, tra di noi. Potei solo sperare che non l’avessimo sporcato…
“Eri tu ad aver chiesto un fratellino per Natale o sbaglio? A conti fatti sei un po’ responsabile per lui.”
E infatti, come previsto, pochi giorni dopo essere tornati dall’isola ero risultata incinta a test ed analisi.
Una cosa alla volta davvero; non c’era che dire.
“Certo, e gli asini volano. Bel tentativo, mamma. Avrò anche solo nove anni ma non sono così scema da non sapere  come si fanno i bambini.”
Sentii Rob irrigidirsi accanto a me.
“Davvero…?”
“Sì.”
“E come… come si fanno…?”
“Bè, il papà deve mettere dei semi nella pancia della mamma e poi il bimbo cresce, tipo pianta, ma non è una pianta. Non so come fa ad uscire ora che ci penso. Cioè, il buco della farfallina non è troppo piccolo?”
Rob mi guardò sollevato e io risposi con uno sguardo ironico. Poteva davvero credere che una bambina di nove anni sapesse davvero come si concepissero i bambini?
Haley aveva ragione, in fondo. A volte era bambino più lui che Daniel.
“Vado a preparare il latte…” sussurrò quando notò il mio sguardo.
“Sì, vai, che è meglio…”
Daniel era completamente chino contro di me e riuscire a fargli misurare la febbre fu un’impresa. Fortunatamente la temperatura era normale per cui doveva davvero trattarsi dei residui del raffreddore.
Quando Rob tornò in camera col biberon, Haley era ormai completamente addormentata e svegliarla sarebbe stato un peccato.
“Portala in braccio…” sussurrai a Rob mentre Daniel, ben sistemato tra le mie braccia, prendeva il suo tanto agognato biberon.
“Non hai idea di quanto sia diventata pesante.”
“Rob, andiamo! Non fare il rachitico!”
“Quanto scommetti che non sta nemmeno dormendo davvero? Sarà una scusa per dormire con noi…”
“Oh, dai…”
“No, davvero…”
Prese un braccio di Haley e lo alzò. La piccola furbetta si dimenticò di lasciarlo cadere quando il padre lo lasciò andare e lo lasciò a mezz’aria, facendo finta di nulla.
Sorrisi.
“Sei tremenda” scandì Rob a una spanna dal suo viso e lei non riuscì a fermare la curva di sorriso che si formò sul suo volto.
“D’accordo, dormi con noi, ma almeno fatti più in là…”
Haley si ravvivò improvvisamente facendo spazio al padre e stringendosi a lui quando fu steso accanto a lei.
“Vuoi darlo a me?” chiese Rob indicando Daniel tra le mie braccia.
“No, sto bene” sorrisi mentre lo guardavo succhiare con occhi assonnati. “Tanto sta per crollare di nuovo…” dissi dopo un po’ ma parlavo da sola.
Rob ed Haley erano già persi nel mondo dei sogni e presto anche Daniel li raggiunse.
Lo stesi piano accanto alla sorella, carezzai i loro capelli biondi e mi resi conto di aver perso il sonno; probabilmente perché sarei potuta restare sveglia per ore, senza mai sentirmi stanca di guardarli tutti dormire.
Non c’era da stupirsi se al mio risveglio ero sola nel letto.
Il sole entrava dalle finestre, già caldo. Guardai la sveglia che segnava le dieci e dodici minuti e non ricordai l’ultima volta che avevo avuto il privilegio di dormire fino a quell’ora.
Scorsi un foglietto di carta sul cuscino di Rob e lo afferrai.
Dormi pure quanto vuoi, Dumbo. Ma alle dieci noi mangiamo x
Sorrisi tra me e me mentre scostavo le coperte e scendevo le scale.
“Sono in ritardo?” chiesi entrando in cucina.
Haley stava finendo di apparecchiare la tavola e Rob era ai fornelli mentre teneva per mano Daniel che, appena mi vide, corse letteralmente verso di me.
Lo afferrai e Rob si voltò per darmi un bacio.
“Giusto in tempo. Dormito bene? Altri incubi?”
Scossi il capo mentre sedevo Daniel nel suo seggiolone.
“Dio, sto morendo di fame! Che c’è per colazione?”
“Un po’ di tutto!” esclamò lui entusiasta iniziando a posare sotto i miei occhi uova e pancetta… e bastarono quelle per farmi salire un imprevisto conato di vomito.
“Oh, cazzo…” mormorai a me stessa ma Rob lo notò.
“Che… che succede?”
“Devo vomitare!”
Così come mi ero seduta a tavola mi alzai velocemente e volai nel bagno in camera; mi chinai sul water e vomitai il… nulla.
Ero così abituata a non avere nausee mattutine in gravidanza che la cosa mi aveva colto alquanto impreparata; come se dopo due figli fosse scontato che anche il terzo non desse problemi…
Evidentemente mi sbagliavo perché erano giorni che ero china sul water, e questa mattina non ero stata risparmiata.
“Così poco che sei lì e già fai così…” sussurrai tenendomi la pancia.
“Kris, tutto bene?” Rob apparve sulla porta e mi venne accanto.
“Sì, vai giù. Non voglio che vedi il mio vomito.”
“Kristen…”
“Davvero, Rob. Sto bene. Ieri ho mangiato troppo… dev’essere quello. Magari Daniel mi ha passato l’influenza…”
Ma lui mi ignorò totalmente per diversi minuti successivi; mi aiutò ad alzarmi e mi tenne i capelli mentre mi davo una sciacquata.
“Okay, ora sto bene. Vai giù prima che quei due si lancino le frittelle addosso. Vi raggiungo subito…”
“Sicura?”
“Sì, sicura” gli sorrisi per rassicurarlo e mi lasciò un bacio sulla guancia prima di lasciare il bagno.
Poteva essere l’occasione per dirgli del bambino ma di occasioni ne avevo avuto eppure… eppure continuavo a rimandare, come se avessi paura della sua reazione. Insomma, Daniel era ancora piccolo e un altro bambino  non era una cosa da nulla.
Senza contare che non era davvero il caso di dirglielo con la bocca sporca e l’alito al vomito.
Daniel era stato piuttosto aspettato tanto che era stato Rob stesso a comprare un test e ad aspettarne l’esito in bagno con me… Ma questo, questo era davvero una sorpresa. Lo era stato per me e volevo che fosse lo stesso per Rob.
Lanciai uno sguardo al piccolo cassetto che conteneva il test che avevo fatto qualche giorno prima; lo aprii e lo afferrai pensando che forse avrei potuto farglielo trovare nel piatto… ma a quel punto avrebbe fatto un po’ schifo visto che era stato a contatto con la mia pipì. Oddio, forse avrebbe fatto schifo a prescindere. Magari avrei dovuto avvolgerlo in un po’ di carta o magari avrei dovuto lasciarlo nel suo scatolo.
Decisi per la seconda opzione e scesi nuovamente le scale per poi complimentarmi col mio intelletto quando, dall’angolo del salone, vidi che Rob stava già mangiando, ovviamente.
Brava Kristen, davvero brava.
Forse avrei potuto lanciarglielo… o farlo cadere per sbaglio accanto a lui o sul tavolo, o…
Stavo ancora varando le varie opzioni quando alzai lo sguardo e, appese al camino, vidi tutto ciò di cui avevo bisogno per mettere fine ai miei dubbi; sorrisi soddisfatta ma senza riuscire a chiudere il buco allo stomaco che mi tormentava da ore senza motivo.
Una cosa alla volta.
 
 
  
POV Robert 
 
Le ipotesi erano due.
O io stavo impazzendo oppure lo stava facendo Kristen.
Prima mi saltava addosso come un’assatanata, non che mi lamentassi della cosa precisiamo ma di solito era sempre preoccupata che i bambini potessero interromperci, e poi correva in bagno a vomitare l’anima..
E, ora, stava ingoiando grosse forchettate di uova strapazzate seduta al fianco di Haley come se tutto fosse normalissimo.
Peccato che c’era qualcosa che non andava. Me lo sentivo e, a quel pensiero, percepii una fitta di quello che poteva essere chiamato solamente puro terrore attraversarmi da capo a piedi.
Mi stava nascondendo qualcosa ed era più di un anno che non lo faceva. Perché lei aveva giurato, aveva promesso che non l’avrebbe fatto mai più e, invece, ora qualcosa dentro di me mi diceva che Kristen mi stava mentendo.
Ancora una volta la vedevo nervosa, strana; scattava per un nonnulla e la vedevo sempre immersa nei suoi pensieri.
L’ultima volta che si era comportata così era stato quando..
Fortunatamente ci pensò Daniel a sottrarmi da quel brutto pensiero, gettandomi un pezzo di banana addosso e centrandomi in pieno nell’occhio.
Haley e Kris risero forte mentre continuavano la loro colazione e io ne approfittai per scacciare tutti i ricordi spiacevoli del passato grazie all’aiuto di mio figlio. A quindici mesi di vita Daniel era il bambino più dolce e solare che avessi mai visto. Non aveva bisogno di molto per ridere felice; un sorriso, una smorfia, un viso buffo e un po’ di solletico bastavano a far sì che il suono della sua risata si spargesse in ogni angolo della casa. E non fece eccezione quando gli solleticai i piedini coperti dalle calze che sbattevano contro l’imbottitura del seggiolone.
“No..nonnnnnaaaaaaaaa”
Oggi era più eccitato del solito ed in parte era colpa nostra visto che gli ripetevamo da giorni che i nonni stavano per arrivare a trovarci. Scoprii Haley che sbirciava con la coda dell’occhio il suo orologio. Nel corso dell’ultimo anno lei e la mia famiglia avevano imparato a conoscersi ed erano legatissimi…esattamente come lo eravamo noi due. Vivere con mia figlia, vederla crescere giorno per giorno, osservarla attentamente, mi aveva fatto capire quanto in più ci fosse in lei rispetto a quel poco che avevo scoperto nelle due settimane di quel dicembre. Haley non era solo bella, simpatica, allegra e vivace.
Era anche generosa e piena di amici.
Era brillante in matematica e talentuosa nella musica.
Era una sorella affettuosa e buona.
E, soprattutto, adesso, era Haley Stewart Pattinson e tutto il mondo sapeva che era la mia bambina.
Haley intercettò un altro pezzo di banana che Daniel stava usando come munizione nella sua personale guerra mattutina contro di me e riuscì ad infilarglielo in bocca.
“Il cibo lo devi mangiare Daniel, ci siamo capiti?” sollevò il dito come una maestrina e non potei contenere una risata “Hai idea di quanto costino le banane al chilo al giorno d’oggi?”
Il mio sguardo incontrò quello di Kristen ed entrambi alzammo gli occhi al cielo senza che lei ci notasse.
Avevo detto che mia figlia era brava in matematica ma forse non avevo precisato che era anche un’abile risparmiatrice e che mi aveva dato una sonora strigliata il giorno in cui ero tornato a casa con l’ennesima chitarra da più di tremila dollari.
“Daniel apri la bocca..Guarda la banana che vuole entrare nella boccuccia di Daniel..” feci l’aeroplanino con la mano e lui mi fissò estasiato per poi aprire infine le labbra e mangiare la banana che era avanzata. Non potei non sorridere di fronte al suo visino che masticava felice e contento ma, quando alzai gli occhi e guardai Kristen, sentii nuovamente quell’orribile sensazione che già avevo provato in precedenza scendermi sul cuore. Ci fissava e sul viso aveva l’espressione più triste che mai le avessi visto; lacrime premevano al lato dei suoi occhi e, quando abbassò il volto per nascondersi da noi, non mi fu difficile capire che stava facendo di tutto per non piangere.
“Haley, perché non prendi Daniel e lo porti a vedere i teletubbies? Non iniziano alle undici tutte le mattine?”
Haley sospirò pesantemente; adorava passare il tempo con suo fratello ma i teletubbies…beh, quelli li adorava di certo di meno.
“Va bene..” borbottò “Ma solo mezz’ora. Poi mi deve telefonare Anthony e sarà una conversazione lunga ed importante perciò sono occupata.”
“Ok..” annuii ma, non appena registrai le sue parole, mi voltai ad osservarla. “Anthony chi?”
Conoscevo i nomi di tutti i suoi compagni di scuola che erano assidui frequentatori della nostra casa durante i pomeriggi ma non avevo mai sentito di nessun Anthony. E adesso chiamava anche a casa?
“Anthony è il mio nuovo ragazzo” rispose come se fosse una cosa ovvia mentre afferrava Daniel fra le braccia “Non lo conosci perché è due anni più grande di me. Gioca a hockey e mi ha regalato un bracciale di perline e tutte le mie amiche mi invidiano”
Se non fossi stato preoccupato per Kristen probabilmente mi sarebbe venuta una sincope seduta stante. Due anni più grande?
Ma…quando? Come? Dove? Perché?
“E..e Michael?” balbettai.
Non credevo che l’avrei mai detto ma che fine aveva fatto il buon, caro, vecchio, affidabile Michael? Malgrado il nome si era dimostrato un bambino con la testa sulle spalle.
“Michael? Papà, con lui è finita mesi fa. Eravamo troppo diversi e quando le cose non vanno non vanno, no?” rispose lei “Sei stato tu a dirmi che bisogna sempre ascoltare il proprio cuore per evitare di ferire se stessi e gli altri, no? Vedrai che Anthony ti piacerà. Da grande vuole fare il musicista”
Saltellò via dalla cucina sballottando Daniel come un bambolotto e lasciandomi basito a contemplare le sue parole e, in qualche modo, anche  le mie che, ora, mi si stavano ritorcendo contro. Era vero, avevo detto quella frase per via del senso di colpa che in fondo avrei sempre provato verso Shelby ma qui..qui stavamo parlando della mia bambina che molto probabilmente sarebbe finita sposata ad un musicista squattrinato che si sarebbe ridotto a canticchiare qualche canzone alla fermata della metro.
“Ma tu lo conosci questo tizio? Le hai dato tu il permesso di frequentare un bambino di due anni più grande o..”
Mi bloccai dopo aver alzato gli occhi e aver visto che Kristen mi fissava e che, adesso, non cercava più di trattenere le lacrime che scorrevano libere sulle sue guance.
Accantonai immediatamente ogni altro pensiero e mi inginocchiai davanti a lei, afferrandole il viso umido e carezzandole le guance.
“Amore, che c’è? E ti prego se ci tieni alla mia salute mentale non dirmi ‘niente’”
Alzò la mano nel tentativo di spiegare ma gesticolò solo in modo strano finchè non la fece ricadere di nuovo sul suo grembo e balbettò disperata: “Sono una pessima madre!”
Le massaggiai la schiena, senza avere la più pallida idea di cosa risponderle se non che ovviamente non era vero e che era la madre migliore che i nostri figli potessero desiderare, ma lei non sembrava affatto d’accordo con me.
Si ripulì il naso con il tovagliolo e ci vollero diversi minuti prima che fosse in grado di dire qualcosa fra i singhiozzi.
“Un’ ottima madre” sorrise sarcastica “Certo, come no. Rob ti vedo con Daniel e ogni volta..mi rendo conto che sono stata una persona orribile a tenerti lontano da Haley. Dovevo fare di più, dovevo renderti partecipe della sua vita molto prima..dovevo..Sono una persona orrenda e finirò..finirò all’inferno di sicuro. Ti sei perso così tanto e un giorno…un giorno finirai per odiarmi…”
Ricominciò a piangere sulla mia spalla ed io la strinsi forte contro di me. Non era la prima volta che mi confidava una paura simile ma erano passati mesi dall’ultima volta che avevamo parlato dell’argomento.
Non era stato facile ricucire la nostra storia e le cose non erano sempre state tutte rose e fiori. C’erano state così tante bugie, così tante cose non dette fra noi che riconquistare la fiducia nell’altro si era rivelato più arduo del previsto.
Ma ci amavamo e amavamo la nostra famiglia. Sembrava banale a dirsi ma, in fondo, era la sola cosa che contava davvero. E quando avevamo scoperto che era incinta e..e il momento in cui aveva stretto la mia mano mentre metteva alla luce Daniel, allora avevo sentito che insieme avremmo potuto affrontare ogni cosa. Certo, mi ero perso molte cose con Haley ma avevo la possibilità di riviverle con mio figlio e, soprattutto, ci sarei stato per la mia bambina per il resto della sua esistenza.
Se comparati ad una vita intera sette anni non erano poi molti.
“Kris..” la allontanai gentilmente da me e le ripulii il volto con i pollici “Kris, ti prego, puoi ascoltarmi? Ti prego..”
Annuì piano e i suoi occhi tristi e gonfi si incatenarono ai miei.
“Lo sai che sono stato arrabbiato e..deluso da te per tanto tempo ma..ma ti ho giurato che sarei sempre stato sincero con te. Perciò devi credermi quando ti dico che il tempo in cui ho ti ho biasimata è finito il giorno in cui ci siamo sposati. Abbiamo deciso di ricominciare tutto da capo e per me il passato da allora è solo..solo passato. Non ha più alcun valore e io ti amo così totalmente e disperatamente che se credi che potrei mai odiarti sei davvero una stupida. Tutte le caramelle di questi giorni devono averti rimbambito leggermente il cervello, lo sai?”
Vidi l’ombra di un sorriso illuminarle il volto proprio mentre il suono del campanello seguito dall’urlo eccitato di Haley e Daniel inondavano la casa.
“Ti senti meglio?”
Annuì piano, poco convinta. “Sì, vai ad aprire. Questi sono di certo i tuoi genitori e le tue sorelle”
Mi alzai ma, quando arrivai alla porta della cucina, mi fermai un istante e mi voltai indietro a guardarla.
Ancora una volta la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava fu più forte che mai.
 
 
“Kristen tu glielo devi dire”
Mi bloccai sulla porta e feci immediatamente un passo indietro non appena sentii le voci di mia sorella Lizzie e di Kristen. Nel corso di quei quindici mesi le cose fra loro si erano di nuovo appianate e ora la mia famiglia era tornata ad adorare Kris come un tempo. In realtà ero convinto che non avessero mai smesso di volerle bene ma, come me, erano stati troppo accecati dalla rabbia per ammetterlo all’inizio.
“Liz..è che..non so davvero come. Insomma glielo dirò ma è una cosa così enorme che..”
“Kris, se non glielo dirai sarà peggio. E poi non ti capisco proprio. Avete promesso di essere sinceri l’uno con l’altra perciò..”
“E’ che ho paura di come reagirà, di quello che dirà”
“Beh, se non gli parli non lo saprai mai, no?”
“Rob che fai lì impalato? Porta quei piatti nel lavello” mia madre sopraggiunse alle mie spalle proprio quando stavo disperatamente cercando di capire di cosa Kristen e mia sorella stessero parlando. Di una cosa però, ormai, ero certo. C’era un problema..qualcosa di cui lei aveva paura di parlarmi.
Me lo confermarono i suoi occhi spalancati quando si accorse della mia presenza, come se fosse spaventata del fatto che avessi potuto sentire o meno la loro conversazione.
“Allora ragazze, è pronto questo dolce?” domandò mamma “Kris, cara, posso darne qualche pezzetto a Daniel? Non gli fa male vero?”
“No, no..mmm fai pure. Beh vado di là a vedere che vada tutto bene”
Mi passò di fianco così velocemente che non ebbi neppure il tempo di allungare la mano e cercare di fermarla.
“Lizzie, cosa sta..”
“Ah no, io non c’entro niente, vedetevela voi. Ciao!”
Scappò fuori dalla cucina come Kris, lasciando me totalmente scioccato e preoccupato e mia madre confusa più che mai.
“Ma che diavolo sta succedendo?” domandò.
Scossi il capo.
Avrei tanto voluto saperlo anche io.
Il resto del pranzo passò tranquillamente e senza intoppi, tra il chiasso dei bambini che correvano su e giù dalle scale e gli sguardi strani e complici di Kristen e mia sorella Lizzie. E ognuna di quelle occhiate che riuscivo ad intercettare era una pugnalata al cuore.
Qualcosa non andava.
Kristen mi stava nascondendo qualcosa e, forse, era qualcosa di brutto.
Di molto brutto.
Quando finalmente la mia famiglia fece ritorno in albergo non ero niente più che un ammasso di terrore e pura paura. La mia mano tremava come una foglia quando sfiorò il braccio di Kris che, a testa bassa, lavava i piattini del dolce nel lavello.
“Che succede?”. Avevo paura a chiedere ma, allo stesso tempo, avevo bisogno di sapere.
Mi lanciò una breve occhiata prima di tornare a ciò che stava facendo.
“Che vuoi dire?”
“Kris, lo sai che voglio dire”
“Non succede niente, non so di cosa..”
“Smettila!”
Sussultò, sorpresa al mio tono. Le mie dita si strinsero con più forza sul suo braccio e, quando parlai, quasi non riuscii a riconoscere la mia voce.
“Stai male, vero?”
Era la sola cosa che ero arrivato a pensare. Le nausee, le sue lacrime, i suoi  segreti. Se mi basavo su ciò che era accaduto in passato quella era la sola spiegazione che riuscivo a darmi.
“Sai quando dicevi che andava tutto bene? Quando sei tornata dall’Africa”
Lasciò andare il bicchiere che reggeva fra le mani con così tanta forza che pensai si fosse rotto nel lavello.
“Cosa?”
“Io lo sapevo che non andava bene per niente. Eri strana, impaurita, diversa. Ti stavi allontanando da me e..e lo stai facendo anche ora. Di che parlavi con Lizzie? Cos’è che non vuoi dirmi? Sei malata vero? Lo sei?”
“Io..”
Mi fissava a bocca spalancata e, quando pensavo che probabilmente stesse per darmi la notizia più brutta della mia esistenza, le sue labbra si tirarono in un sorriso.
“Non sono affatto malata amore” sussurrò “Ma su una cosa avevi ragione prima. Sono una gran stupida. Vieni con me..”
Mi prese la mano ancora bagnata di acqua e sapone e afferrò con forza la mia, trascinandomi in salotto. Haley e Daniel erano seduti sul tappeto e lei stava spezzettando un ovetto di cioccolato che aveva trovato dentro la sua calza dando a Daniel piccoli pezzettini.
Kristen mi consegnò la calza su cui c’era scritto il mio nome e che ancora non avevo aperto.
La fissai confuso e ancora col cuore a mille.
“Kris..”
“Aprila. Aprila e capirai.”
Infilai la mano dentro e mi stupii che la prima cosa che estrassi fosse un pacchettino quadrato di cartone su cui c’era scritto..
Test di gravidanza.
Ne avevo comprato uno identico meno di due anni prima e adesso mi trovavo in salotto con la stessa scatolina fra le mani.
E, improvvisamente, la nausea, le lacrime e i suoi strani silenzi ebbero un nuovo importantissimo senso.
“Non sei malata?”
Scosse il capo con forza.
“E non mi stai per lasciare?”
Scosse di nuovo il capo e mi diede un pugno scherzoso sul petto. “Ovviamente no, scemo”
Ma..ma..
Continuavo a fissare quella scatolina, sentendomi davvero un perfetto cretino. Da quanto..
E come diavolo era successo?
Dovevo averlo detto ad alta voce perché lei ebbe subito la risposta pronta.
“Mmm, Rob hai due figli e davvero ti devo spiegare come è successo?” mi prese in giro.
“Intendevo..”
“Lo so che intendevi..” rise avvicinandosi e passandomi le braccia intorno al collo “Beh che posso dirti…a volte per quanto si stia attenti..non lo si è abbastanza..”
Sbattei le palpebre un’altra volta, completamente scioccato.
Scioccato ma..ma felice. Incredibilmente felice.
Ero passato dal credere che mia moglie fosse malata al sapere di stare per diventare padre di nuovo.
Un altro bambino. Un altro bambino tutto nostro.
Posai la mano sulla sua pancia e sentii le mie labbra stendersi in un sorriso sempre più enorme mentre stringevo Kris a me e la baciavo con tutta la forza che avevo in corpo.
“Perché..perchè non me lo hai detto subito?” mormorai quando ci staccammo. I nostri nasi si sfioravano ed eravamo così vicini che sentivo tutto il suo corpo tiepido premuto contro di me.
“Non so..è stato inaspettato e Daniel è ancora così piccolo e..”
Bloccai le sue parole con un altro bacio.
“L’ho sempre detto che eri scema” le feci fare una piroetta fra le mie braccia sentendo l’eccitazione crescere sempre di più. “Da quanto lo sai? Di quanti mesi sei?”
Kris scosse il capo ridacchiando, gli occhi luminosi come non li vedevo da giorni.
“Ho fatto il test qualche giorno fa e..non so di quanto sono con esattezza. Dovrò chiamare il mio medico dopo le feste e..”
“Chiamiamolo adesso!” esclamai  “Con tutto quello che lo paghi potrà farti una visita speciale”
“Ma Rob, è festa e..”
Ma ormai non la stavo già decisamente più ascoltando. Trovai in fretta il numero della sua ginecologa che avevo salvato in rubrica sin dal giorno in cui aveva saputo di aspettare Daniel e, con un paio di moine, riuscii a convincerla a fare a Kris una visita veloce nel suo studio. Ovviamente passai tutto il viaggio in macchina con Kris che si lamentava di quanto fossi paranoico ed esagerato e con Haley che ci spiegava di come lei avesse già capito da ore che avrebbe avuto un nuovo fratellino visto che aveva trovato il test mentre stava rubando i mini mars dalla mia calza quella mattina.
“Spero sia una sorellina questa volta. Così noi femmine sorpassiamo in numero voi maschi” disse entusiasta, sfogliando una delle tante riviste di gossip che facevano mostra di sé sul tavolino, mentre il medico spalmava del gel freddo sulla pancia ancora piatta di Kris e le faceva alcune domande di routine.
“E tu Daniel vuoi una sorellina o un fratellino?” continuò Haley “Scommetto che vuoi anche tu una sorella. Se poi è un maschio ed ha più successo con le ragazze di te sarai geloso e litigherete. Meglio così, credimi. Io sono grande e so queste cose”
Daniel, seduto sulle mie ginocchia, le rispose mostrandole un largo sorriso sdentato, probabilmente chiedendosi cosa diavolo stesse blaterando sua sorella.
“Perciò…ohhh guarda papà, Scia..volevo dire Shelby si sposa! Hai letto?!”
Mi fece sventolare la rivista sotto il naso ed ebbi una rapida visione della foto di Shelby a passeggio a braccetto con un ragazzo.
“Sì, sì, ho letto”
Dopo quello che era successo la Vigilia di Natale dell’anno precedente non eravamo rimasti amici, ovviamente. Sarebbe stato impossibile date le circostanze, ma dopo alcuni mesi ci eravamo rivisti e avevamo parlato e, da allora, di tanto in tanto ci mandavamo qualche mail o ci sentivamo per gli auguri o le ricorrenze più comuni. Mi aveva accennato ad un nuovo ragazzo che aveva conosciuto e dovevo ammettere che speravo con tutto il cuore che fra loro funzionasse e che lei potesse essere felice; una parte di me non si era mai perdonata davvero per averla ferita tanto.
“Wow” la dottoressa Greene mi riportò alla realtà con la sua esclamazione sorpresa “Date le dimensioni del feto direi che sei molto più avanti di quanto pensassimo. Direi…almeno dieci settimane.”
“Cosa?” la mia mente abbandonò ogni pensiero su Shelby per concentrarsi sulle parole del medico “Ma ha detto di avere avuto un ciclo leggero il mese scorso, vero Kris? Com’è possibile? E non hai preso neppure una vitamina prenatale e..”
“Rob, non fa niente” rispose Kris.
“Sì invece, sono importantissime nel primo trimestre!”
La dottoressa rise continuando a far scorrere l’ecografo sul ventre di mia moglie. “Dio, Rob mi ero quasi dimenticata di quanto tu fossi iperprotettivo. A volte si hanno piccole perdite che possono essere scambiate per un ciclo leggero. Indicano semplicemente che il feto si sta attaccando all’utero. E da quello che posso vedere è un bimbo sano e perfetto. E’ tutto in ordine, credetemi.”
Kris intrecciò le dita alle mie e mi sorrise, serena.
Tirai un sospiro di sollievo e insieme osservammo lo schermo dove nostro figlio, o figlia, faceva bella mostra di sé.
“Sembra un fagiolo” commentò Haley “Ciao sorellina a forma di fagiolo. Daniel dì ‘ciao’!”
“Ta..tao!” esclamò lui.
La dottoressa rise con noi e ,alzandosi per prendere alcune salviette per Kris, domandò: “Allora, siete pronti per voltare pagina ancora una volta? A ricominciare tutto da capo di nuovo? Pannolini e nottate insonni?”
Kris ed io incrociammo i nostri sguardi e la risposta  mi uscì naturale dalle labbra come l’aria.
“Sempre” sussurrai “saremo sempre pronti a ricominciare da capo.”

 



Bene, e con questo diciamo davvero "bye bye" a questa storia :)
Abbiamo raccontato quello che volevamo raccontare e dato un epilogo con cui potete avere un'idea di quello che è successo dopo.
Perciò... niente.
"Ogni battito del mio cuore" torna tra una settimana; concedetecelo XD
Grazie mille per averci seguito in questa mini-avventura e per seguirci ovunque in effetti haha
Siete meravigliose *-* (si parla sempre al femminile perchè dubito che ci siano maschi qui haha nel caso, Tu!, fatti avanti! u.u) Hahaha.

Okay, un bacio a tutte, buona Epifania e stasera fa "Gli Aristogatti" in tv awwww *-*
Che bello poter tornare bambini in questo periodo :') haha

Ricordiamo che se volete aggiungerci ci trovate su facebook *-*

Un bacio enorme e buon 2012 a tutti! ;) 
Cloe&Fio


 

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