Fearless

di Kelley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - Enchanted ***
Capitolo 2: *** 02 - Innocent ***
Capitolo 3: *** 03 - The Other Side Of The Door ***
Capitolo 4: *** 05 - Untouchable ***
Capitolo 5: *** 04 - Tied Together With A Smile ***
Capitolo 6: *** 06 - Teardrops On My Guitar ***
Capitolo 7: *** 07 - Secrets ***
Capitolo 8: *** 08 - Precious Dark ***
Capitolo 9: *** 09 - Revelations ***
Capitolo 10: *** 10 - My Immortal ***



Capitolo 1
*** 01 - Enchanted ***


Era una fredda mattina di dicembre. Eve passeggiava nel parco. Quel giorno aveva deciso di saltare la scuola, non aveva una ragione specifica semplicemente le andava di fare così. Eve era una ragazza come tante altre, aveva buoni voti a scuola e non aveva mai commesso nulla di insensato. Era alta, magra, pelle color porcellana, capelli lunghi ricci di un rosso sangue e occhi verde smeraldo. La sua vita sembrava perfetta per chi la vedeva dall’esterno, ma per lei no. Eve si sentiva all’interno di una gabbia dorata, stretta e soffocante quando era in casa. Viveva con sua madre, sua nonna e suo fratello di qualche anno più grande in una casa in stile vittoriano con giardino. La nonna era molto severa, non le aveva permesso di frequentare molte persone, le aveva riempito le giornate con lezioni di danza classica alternate a lezioni di piano e violino. Sua nonna le aveva sempre ripetuto che se voleva avere classe doveva iniziare da bambina. Per questo motivo non aveva molti amici, le persone che in genere le capitava di frequentare avevano per la maggioranza la puzza sotto il naso.. All’inizio le cose che le imponeva la nonna le erano ostili perché non le permettevano di avere un’infanzia normale, ma a poco a poco erano diventate un modo per evadere dalla realtà. La danza e la musica non erano le sue uniche passioni. Amava anche dipingere e andava in giro per la città a immortalare momenti magici e poi riproporli sulla tela.

Eve vedeva la magia in ogni cosa. Sua nonna aveva cercato in tutti i modi di farle togliere dalla mente questa assurda idea, come la chiamava lei, ma non hai mai ceduto e c’era suo fratello che la sosteneva e consolava nei momenti più duri.

Erick era sempre gentile e premuroso con la sua sorellina, era l’unico che la proteggeva dalla severità della nonna, perché la madre era sempre accondiscendente verso quest’ultima. Erick, diversamente da lei, aveva i capelli neri ma gli occhi dello stesso colore della sorella. Era un ragazzo molto vivace e pieno di vita, da lui aveva imparato a suonare di nascosto la chitarra, ma non era l’unico segreto che li legava.

Mentre scattava una foto ad un salice che pendeva i rami verso il laghetto, si accorse di aver immortalato anche una panchina con sopra una persona.

“Eppure prima non c’era nessuno.” pensò Eve.

Si avvicinò verso il laghetto tenendo lo sguardo verso la macchina fotografica.

“Lo sai che si deve chiedere il permesso prima di fotografare una persona?” disse una voce maschile profonda che la fece sobbalzare.

“Non ti volevo spaventare. Cosa ci fa una ragazza della tua età fuori da scuola a quest’ora?” disse il ragazzo misterioso e vedendo la faccia sconcertata di Eve “Ho visto che indossi la divisa e ho dedotto che vai in una scuola privata.”

Eve si guardò, la divisa del suo liceo era inconfondibile. Costituita da una gonna blu notte, che arrivava qualche centimetro al di sopra del ginocchio, una giacca dello stesso colore della gonna e una camicia bianca con un fiocco rosso legato al colletto.

“Lei dà sempre tanta confidenza agli estranei?” disse Eve.

“ Mi scusi, signorina, se sono stato così sfacciato. Non mi sono ancora presentato. Io sono Irial.” le disse lo sconosciuto porgendole la mano.

Eve guardò sorpresa il ragazzo. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo, tutti precisini sempre attenti alle apparenze. C’e qualcosa di famigliare nell’aspetto del ragazzo di fronte a lei che la faceva sentire a suo agio. Era alto, magro, moro con occhi verdi magnetici. Le ricordava vagamente suo fratello.

“Mi chiamo Eve.” disse e porse la mano verso il ragazzo, che la prese e la sfiorò con le labbra. “Tàim charmed”*

Eve non aveva mai incontrato un ragazzo così fino a quel momento.

“Eve, se non sono troppo invadente, potrei sapere come mai non sei a scuola?”

“Oggi non mi andava di andarci. Trovo quel ambiente troppo soffocante. Volevo svagare la mente e sono venuta qui per scattare qualche foto.” Non era mai stata cosi estroversa verso gli estranei. Si sentiva a suo agio.

“Quindi non sei andata a scuola perché non ti senti a tuo agio?”

“Non è proprio così.”

“Allora che cos’è?”

“Non lo so.” Eve si sentiva confusa. In quel momento si sentiva a disagio. Non amava quando le persone iniziavano a farle tante domande. Guardò l’orologio e si accorse che si stava facendo tardi, doveva essere davanti scuola prima della fine della lezione.

“Io devo andare. Ho un impegno e si sta facendo tardi.”

“Allora và. Stai certa che ci rivedremo.”

Eve si allontanò dal parco ma aveva la consapevolezza che due occhi la stavano seguendo.

 

* Questa è una parola Irlandese per dire “Sono incantato”

Lo so che potrebbe sembrare banale, ma spero che vi piaccia, se volete ditemi cosa ne pensate.

Baci da Kelley.

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Capitolo 2
*** 02 - Innocent ***


Quando Eve ritornò a casa fu accolta dallo sguardo truce della nonna.

“Dove sei stata questa mattina? La preside mi ha chiamata e mi ha informato della tua assenza.”

La preside era una amica di sua nonna, era ovvio che la informasse della sua assenza. Da quando era in pensione, era membro onorario della maggior parte dei comitati della città, di conseguenza conosceva molte persone importanti.

“Mi sono sentita poco bene.”

“Se ti sentivi poco bene potevi ritornare a casa.”

“Non vi volevo fare preoccupare.”

“Non mentirmi, ragazzina. Non mi puoi tenere all’oscuro di nulla. So perché non sei entrata stamani, so dove sei andata e chi hai incontrato. L’unica cosa che voglio è saperlo da te.”

Quando faceva così sua nonna era inquietante.

“Non avevo voglia di stare a scuola, così mi sono diretta verso il parco. Lì ho incontrato un ragazzo e ci siamo messi a parlare per non molto tempo e me ne sono andata.”

“Com’era questo ragazzo?”

“Era un ragazzo come tanti altri.”

“Com’era questo ragazzo? Eve rispondimi seriamente.”

“Era alto, magro, con capelli corvini e uno sguardo magnetico. Ha detto di chiamarsi Irial”

Mentre descriveva il misterioso ragazzo, Eve aveva uno sguardo incantato.

“Non lo dovrai mai più rivedere.”

“Ma so solo il suo nome è quasi impossibile rivederlo.”

“Fino a quanto vivrai in questa casa tu ubbidirai alle mie regole. Da ora in poi non uscirai più da sola. Ora puoi andare.” poi aggiunse “Vorrei ricordarti che alle cinque e mezza hai lezione di danza.”

“Non preoccuparti, nonna, non la mancherò.”

Eve si ritirò nella sua stanza e sbatte violentemente la porta. Si buttò sul letto e iniziò ad urlare con il cuscino premuto sul viso.

Qualcuno bussò alla porta. Eve si sistemò, si sedette sul letto e disse “Avanti.”

La porta si aprì ed entrò Erick.

“Quanta formalità, sorellina. Chi pensavi che fosse?”

“La nonna. Oggi mi ha fatto un lavata di testa e mi ha messo in punizione. Non posso più uscire di casa da sola fino a data indeterminata.”

“Ho sentito. Cosa hai fatto di tanto grave da meritarti tale cosa?” la prese in giro Erick e si sdraiò sul letto vicino a lei.

“Ho saltato la scuola e ho conosciuto un ragazzo”

“Stai diventando una vera ribelle. Da quando è iniziata questa trasformazione?”

“Quale trasformazione?”

“Quella da innocente ragazza a criminale incorreggibile.”

“Finiscila di prendermi in giro.” disse Eve lanciando un cuscino in faccia al fratello. “Come fai tu a passarla liscia dopo tutto quello che fai?”

“Non sono così cattivo.” disse Erick imbronciato.

“Voglio dire che il preside chiama spesso la nonna per te. Salti spesso la scuola, fai scherzi in continuazione eppure non vieni punito. Invece io, basta che sbaglio una volta e mi castiga.”

“Ho un bel faccino. Lo sai che la nonna ha un debole per me.” disse Erick in tono scherzoso “Semplicemente io riesco a farmi perdonare qualsiasi cosa, ma non è vero che le passo tutte. Una volta avevo organizzato uno scherzo in un ricevimento dove la nonna aveva invitato anche il sindaco e altri funzionari importanti. Io avevo piazzato dei petardi nella torta, una di quelle alte due piani, tutta panna e rose.” Eve annuì in segno di aver capito e lui continuò “Ho aspettato che entrasse in sala e di nascosto ho acceso la miccia. La torta è saltata in aria sporcando gli ospiti di panna. Avevo solo nove anni quando successe, ma quel giorno mi sono divertito come un pazzo.”

“Ora ricordo. La nonna era infuriata nera. Quali sono state le conseguenze?”

“Un mese senza tv e computer.”

“Vedi, la nonna non è così severa con te. Se lo avessi fatto io invece mi avrebbe spellato viva. Cosa hai da ridere?” disse Eve vedendo il fratello che rideva a crepa pelle.

“Sei veramente buffa quando metti il broncio.”

“Grazie tante.”

“Non so il perché nonna con te sia più severa.” disse Erick seriamente, poi aggiunse, dopo aver guardato l’orologio. “È ora di andare, principessa. Hanno delegato a me il compito di accompagnarti.”

Eve fu sollevata per il fatto che era Erick ad accompagnarla e non sua nonna.

Dopo la lezione di danza si avviò verso gli spogliatoi.

“Oggi è stata più massacrante di altri giorni.” le disse Sophie, una ragazza che seguiva il corso assieme a lei.

“Non ci ho fatto caso.” le rispose.

“L’istruttrice ci sta facendo lavorare di più perché tra poco ci sarà il saggio di natale. Ho sentito che quest’anno ci saranno molte persone importate.” disse Madelaine.

“Mio padre mi ha detto che ci sarà il senatore.” disse un’altra ragazza.

Eve, che non era per niente interessata al discorso, finì di prepararsi, salutò le sue compagne ed uscì.

Fuori faceva molto freddo e aveva iniziato a nevicare. Eve si strinse nel cappotto di cachemire. Di suo fratello non si vedeva neanche l’ombra. Le aveva detto di aspettarlo dentro se faceva tardi, ma non era riuscita a sopportare quelle oche.

Era buio e l’unica fonte di luce era data dai lampioni ed era molto fievole.

A un tratto sentì in rumore di un accendino che veniva sfregato e si girò verso la fonte del suono.

Nella penombra vide il rosso della sigaretta accesa e senti il classico suono prodotto da chi espira il fumo di quest’ultima.

Eve senti un brivido lungo la schiena. Non sapeva come, ma era consapevole che nella penombra c’era lo stesso ragazzo di quella mattina.

Si avvicinò verso quella direzione.

“Ci rivediamo ancora.” disse Irial aspirando il fumo della sigaretta.”Cosa ti ha portato da queste parti?”

“Ho avuto lezione di danza. Vengo qui da quando avevo tre anni. Invece a te cosa ti ha portato da queste parti?”

“Affari” disse Irial.

“Se non sono troppo sfacciata, potrei sapere che tipo di affari?”

“Sono top secret. Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti.” disse ridendo.

Era una risata forte e profonda che le fece venir la pelle d’oca.

“Sei una specie di agente segreto?”

“Più o meno.”

“Con me puoi confidarti. Non dirò a nessuno i tuoi segreti.”

Eve si avvicinò ad Irial fino a stargli di fronte. Sentiva il calore del suo respiro sul viso.

“Mmm … Hai l’aria di essere una brava ragazza. Così innocente, così pura.”

Irial le accarezzo il viso con il dorso della mano. Un calore la invase tutto il corpo.

“Senti freddo. Se vuoi ti riscaldo, basta che vieni qui tra le mie braccia.”

Eve abbassò lo sguardo. Si sentiva confusa, non aveva mai provato sensazioni così forti.

Irial le accarezzò di nuovo la guancia e un’altra ondata di calore la invase.

“Cosa stai pensando, ?”

“Io non …” Eve alzò lo sguardo vide un’aurea nera irradiare dal corpo di Irial. Sgranò gli occhi per lo stupore.

“Cosa hai visto, a ghrà?”

La voce di lui, profonda e roca, ebbe l’effetto calmante, come una doccia di acqua calda.

“Non era niente, almeno credo …” sussurrò perplessa.

“Non vuoi che ti abbraccio?”

Le braccia forti di lui erano invitanti. Irial indossava un cappotto lungo e nero, i pantaloni dello stesso colore erano infilati in un paio di stivali di cuoio al ginocchio, neri e lisci come il velluto, i capelli corvini erano abbastanza lunghi da arricciarsi intorno a collo, la maglietta nera con scollo a v era abbastanza aderente da rivelare i possenti muscoli sottostanti.

Eve si stava avvicinando per constatare lei stessa la vigorosità del petto e la morbidezza di quei ricci, quando un suono di clacson la distrasse.

Si girò e vide la peugeot di suo fratello.

“Io devo andare.” disse a Irial, ma quando si voltò non c’era nessuno.

Si diresse verso la macchina e salì su di essa.

“Hai aspettato molto, sorellina? Potevi aspettarmi dentro. Fuori si gela.”

“Non avevo voglia di stare ancora lì e poi non avevo freddo.”

“Lo so che non ami stare con i pomposi e con chi ha la puzza sotto il naso, ma dovresti comunque farti degli amici.”

“Lo so, ma proprio non li sopporto.”

“Io mi preoccupo per te. C’è Sophie, l’ho conosciuta, mi sembra una ragazza simpatica. Uscivate spesso prima.”

“Lo è.”

“Allora metterò una buona parola per te con nonna per farti abbreviare la punizione. Tu promettimi che ti organizzerai con Sophie.” le sorrise

“Te lo prometto.” Eve sorrise a sua volta.

Nel tragitto verso casa Erick le parlava, ma Eve pensava a come sarebbe stato trovarsi tra le braccia possenti di Irial.

 

 

Ringrazio chi ha recensito e chi ha solo letto.

Spero che il nuovo capitolo vi piaccia.

Baci Kelley.

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Capitolo 3
*** 03 - The Other Side Of The Door ***


Irial si rese invisibile nello stesso istante in cui Eve si voltò verso la macchina.

Rimase ancora ad osservarla fino a quando non sparì.

Mio sire, siete ancora dietro quella ragazza? una banshee apparve alle sue spalle, lui non si girò.

Non sono più il tuo sire.

Per me lo rimarrete sempre.

Ti ringrazio Aibhill.”

“Niall inizia a sospettare. Crede che prima o poi infrangerete la promessa che gli avete fatto.”

Era passato molto tempo da quando Irial aveva rinunciato al suo trono per il bene del suo popolo. L’esperienza avuta con Leslie lo aveva indebolito rendendolo più umano. Aveva rinunciato a tutto. Le persone che amava lo avevano abbandonato.

“Non l’ho fatto.” disse

“Non ancora.” ribadì lei.

“Non devo nulla a Niall. Quello che faccio sono affari miei.” Irial si voltò verso di lei e le prese il viso tra le mani.

“Non volevo mancarle di rispetto.”

“Nessuno si metterebbe contro di me. Di questo non ti puoi preoccupare.” le sue labbra sfioravano quelle della banshee.

“Ora non parliamo più di questa storia.”

“Se non sono inopportuna, potrei sapere perché lei?”

“Non è come le altre. Dietro a quel visino d’angelo nasconde un diavolo.”

“Lei non riempirà il vuoto che sentite.”

“Ora sei inopportuna.”

“Non volevo, mio sire.”

“Chiamami Irial. Aibhill avrei un incarico da darti.”

“Farei qualsiasi cosa per te Irial” la banshee attese guardandolo nei occhi come ipnotizzata.

“Segui la ragazza e voglio che tu mi riferisca tutto quello che le succede.”

“Ai suoi ordini.” la banshee sparì.

La notte era fredda e buia. Irial iniziò a vagare senza meta immerso nei suoi pensieri. Aveva iniziato a nevicare, ma non ci badò.

I suoi pensieri turbinavano come la neve intorno. Gli esseri fatati giocavano per le vie facendo scherzi agli esseri umani ignari. Quando incrociavano il suo cammino, quest’ultimi, si dileguavano intimoriti. Lui non ci badava, era abituato a tali atteggiamenti. A volte ne era compiaciuto, ma ora aveva altro per la mente.

Senza accorgesi si ritrovò di fronte al loft della Corte del Buio. Nonostante non fosse più il loro Re, considerava ancora quel luogo come la sua casa.

Entrò e trovò Niall, il nuovo Re del Buio, ad accoglierlo. La stanza era semi illuminata dalla luce del fuoco che ardeva. La carta da parati bianca, con sottili disegni in argento, oro e rame, produceva un effetto vagamente orientale, nella penombra sembrava aver preso vita. La moquette era nera. Contro la parete opposta c’era un divano cosparso da cuscini color rosso sangue. Un angolo del divano era occupato da Niall, con jeans neri e una maglietta dello stesso colore.

“Non mi aspettavo questo tipo di accoglienza. Sono molto onorato.” disse in modo sarcastico.

“Non è per una visita di cortesia il perché sono qui.”

“Se non è per vedermi, per quale motivo?”

“Dove sei stato in questi giorni?”
“In giro. Hai sentito la mia mancanza?”

“No. Sono qui per accertarmi che tu non compia azioni di cui potresti pentirti.”

“Non so di cosa parli.”

“Lo sai perfettamente. Non fare finta di non saperlo.”

“Non sto fingendo. Non so di cosa parli davvero.” Irial si era seduto sul lato opposto del divano. Guardava Niall negli occhi.

Niall sbuffò passandosi una mano tra i capelli. Non amava quei tipi di giochi.

“Arrivo subito al sodo. Mi sono arrivate voci, si dice in giro che tu sia interessato ad un’umana.”

“E con questo? Sei geloso per caso?”

“Sono venuto a darti un avvertimento. Lascia stare quella ragazza.”

“Se no cosa mi fai? Sei passato alle minacce?” disse Irial in tono beffardo.
“Non voglio che la storia si ripeta. Hanno sofferto fin troppe persone per i tuoi giochi.” Niall si riferiva a lui e Leslie.

Niall si avvicinò alla porta e prima di uscire disse “Non ti avvertirò una seconda volta.” e lasciò Irial da solo.

Eve si sentiva strana da quando era ritornata dalla scuola di danza. Sentiva una presenza al suo fianco, una figura inquietante.

L’incontro con Irial l’aveva turbata, ma non era per quella ragione il perché si sentiva così. Si sentiva spiata.

“È solo la stanchezza.” si ripeteva, ma sapeva che non era così.

Era nel salone ad esercitarsi con il piano. Suonare aveva avuto un effetto calmante e le aveva schiarito le idee.

Si sentiva attratta da quel misterioso ragazzo, ma allo stesso tempo ne era intimorita.

Mentre le sue dita scorrevano sulla tastiera del piano con occhi chiusi vide il viso di Irial, il suo fisico. Immaginava scorrere le sue dita sul suo petto, sentire le labbra sulle sue, assaporarne il sapore e andare oltre.

Suonò una nota stonata e si fermò ansimando. Si accorse che il viso le bruciava. Non le era mai capitato di fare quel tipo di pensieri. Aveva perso il controllo e la cosa non le piacque affatto.

Si impose di calmarsi, attraverso la respirazione, e riprese il controllo.

Il salone aveva ampie vetrate e Eve riusciva a vedere il giardino della casa.

Quella stanza era stata voluta e idealizzata da sua nonna. Aveva un ampio divano con poltrone in stile liberty, un ampio caminetto e il pavimento era ricoperto da tappeti orientali. Conteneva diversi tipi di strumenti, dall’ ampio pianoforte a coda all’arpa, e una vasta collezione di violini. Aveva passato la sua infanzia in quel salone e con il tempo lo aveva imparato ad amare. Era la stanza più ampia e luminosa della casa.

Eve era rimasta incantata a fissare le fronde del salice piangente agitarsi al vento. Fuori si stava scatenando una tempesta di neve. Era felice di trovarsi dentro casa al caldo invece di stare lì fuori come quell’ albero.

Vicino al tronco gli parve di intravedere qualcosa di rosso.

Si avvicinò alla finestra per osservare con più attenzione. Vide il contorno confuso di una figura. “Forse è un vestito portato dal vento.” pensò. A mano a mano che la figura si faceva più vivida si accorse che non era affatto un vestito.

Di fronte a lei c’era una figura di una donna con un vestito rosso che fluttuava a mezz’aria con i capelli scompigliati dal vento.

Eve si portò una mano alla bocca per non urlare.

“Và tutto bene?” chiese la madre.

Eve sussultò e si girò.

“Ho bussato per non disturbarti e visto che non ho avuto nessuna risposta sono entrata.”

“Scusa, mamma. Non ho sentito bussare perché stavo suonando il piano.”

“Tesoro, stai poco bene? Hai un viso stravolto. È successo qualcosa?” chiese sua madre preoccupata.

“No, non è successo nulla. Ho avuto un piccolo capo giro. Oggi le prove per il saggio sono state più faticose del solito.” rispose per tranquillizzarla.

“Come stanno andando le prove?”

“Molto bene. La Smitt ci tiene che sia tutto perfetto.”

“È un insegnante di danza molto severa. Ho sentito dire che quest’anno ci saranno molte persone importanti.”

“L’ho sentito anche io. Sua madre cercava di aprire un dialogo, ma senza ottenere risultati. Quello che voleva Eve in quel momento era rinchiudersi in camera lontano da tutto e non parlare con sua madre delle cose accadute durante la giornata. “Se mi puoi scusare, mamma, vorrei andare in camera. Mi sento molto stanca.”

“Non ti preoccupare. Parleremo la prossima volta. Buonanotte.”

“Che non avverrà mai.” pensò e le rispose “Buonanotte.” e corse in camera evitando di sfiorarla.

Arrivata nella sua stanza richiuse la porta alle spalle in modo violento. Si accovacciò per terra con la schiena verso la porta e le mani sulla testa. Aveva il fiatone, ma non era per colpa della corsa fatta fino in camera sua.

Non sopportava sua madre quando faceva la gentile in quel modo e fingeva di preoccuparsi per lei. Le faceva venire i nervi.

L’anno prima le aveva confessato che Erick e lei non erano figli dello stesso padre.

Il padre aveva divorziato con la madre prima che lei nascesse.

Quando chiedeva perché il padre non era più con loro le rispondevano perché era morto, ma lei ora sapeva che i fatti erano diversi.

Un giorno era ritornata da scuola prima, trovando sua madre che parlava con un uomo che non aveva ma visto prima di allora, stavano discutendo nella sala con il piano forte e li aveva intravisti dalla finestra.

Eve era entrata e si stava avvicinando alla sala per salutare la madre e per sapere chi fosse lo sconosciuto. Lei era sempre troppo curiosa e non riusciva a trattenersi nel scoprire nuove cose. Sua nonna le aveva detto che la sua curiosità un giorno l’avrebbe messa nei guai, ma lei non le dava peso.

Era vicina alla porta con la mano sulla maniglia quando sentì l’uomo urlare.

“Sono più di tredici anni che non vedo mio figlio. Sono suo padre, ho il diritto di vederlo e me lo avete negato da fin troppo tempo.”

Eve si bloccò di colpo.

“Avevamo un accordo, ti ricordi? Se avessi fatto finta che Eve fosse tua figlia e saresti rimasto al mio fianco lo avresti avuto sempre vicino a te. Lo hai rifiutato e allo stesso tempo ti sei negato la possibilità di crescere Erick. Se devi dare la colpa a qualcuno è solo te stesso.”

“Se tu non mi avessi tradito noi saremo ancora una famiglia.”

Silenzio. Eve sentì un groppo alla gola.

Si ritrovò a fissare la madre senza rendersene conto.

“Tesoro, cosa ci fai qui?” disse la madre sorpresa.

Lei non le rispose. Si sentiva stordita e confusa.

La madre si avvicinò parlando, ma lei non sentiva niente. Quando le sfiorò la guancia si riprese, la guardò con disprezzo e scappò via. Si rinchiuse in camera sua fino al giorno seguente.

Si alzò da terra e andò in bagno.

Si lavò il viso e si appoggiò sul lavandino. Lo specchio le rimandava il viso di una ragazza stravolta e pallida.

Sospirò e andò a sdraiarsi sul letto. La morbidezza delle coperte la calmò subito.

Nel suo letto si sentiva protetta e al sicuro.


Sono tornata con un nuovo capitolo, ho avuto problemi perchè la storia su questo sito si era cancellata, l'ho ripubblicata, spero che vi piaccia! 
Baci Kelley 

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Capitolo 4
*** 05 - Untouchable ***


Lui la guardava. Era lì tra le sue braccia, innocente e indifesa. Le accarezzò i capelli, erano morbidi. Lei lo stava guardando e poi chiuse gli occhi, con il viso sollevato, aspettando che la baciasse. Le labbra sfioravano le sue, ma prima che si potessero sigillare l’une sulle altre si scostò. Un rumore aveva destato la sua attenzione. Cercò la fonte del rumore fino a scorgere una figura nera che si avvicinava. Eve aprì gli occhi . La lasciò e disse tenendo gli occhi fissi davanti a se “Temo che dovremo rimandare ad un altro giorno il nostro ballo, a ghrà.” La fissò negli occhi e aggiunse “Torna dalle tue amiche. Qui non gira buona gente e non è sicuro per una ragazza.”

Lei annuì, si staccò da lui con riluttanza e rientrò nel locale. Lui non staccò lo sguardo dalla figura davanti a sé.

“Sei sempre il solito scocciatore. Perché sei qui Niall?”

“Tu invece?”

“Mi sto divertendo, questo è tutto.”

“Ti diverti ad infrange il nostro patto. Cosa ci facevi con quella ragazza?” disse Niall

“Sei forse geloso?”

“Ancora con questa storia. Non sono geloso.”

“Sarà. Questa sembra una scenata di gelosia.”

“Non è questo il punto. Le ragazze umane per te sono intoccabili, compresa quella ragazza. Non capisci quello che le stai facendo?”

“No, sei tu a non capire.”

“Cosa non capirei?”

“Non te ne sei accorto?”

“Di cosa?”

“È possibile che tu, il re della Corte Oscura, non ti sia accorto di nulla?”

“Non ho tempo per sentirti farneticare.”

“Sei troppo distratto. Non ti accorgi di quello che succede attorno a te. La Corte Oscura si è rafforzata da quando sei diventato il suo re, ma non è abbastanza. Sopravvive, invece deve crescere, rafforzarsi. Sei troppo indulgente, debole.”

“E nel tuo discorso cosa centrerebbe la ragazza?”

“Ancora non lo so, ma quando sarà il momento ne sarai informato.”

“Ancora con i tuoi giochi contorti. Quando sarà? Quando la ragazza morirà?”

“Questo non succederà, lei è più forte di quello che credi.”

Niall incrociò le braccia e guardò torvo Irial.

“Dalla tua espressione capisco che non ti ho convinto.”

“Infatti.”

“Non importa. Fa come credi.” Irial gli girò le spalle per andarsene.

“Dove credi di andare?”

“Ovunque io vorrò.” fu inghiottito dall’oscurità della notte e dai fumi della città.

Niall rimase fermo, fissando la figura di Irial che spariva. Sospirò.

Irial era seccato dal comportamento di Niall. Troppo debole. Non riusciva a capire le sue vere intenzioni. Troppo preso dal suo stupido orgoglio per accettare i suoi consigli e dal suo senso contorto di giustizia, persino Keenan aveva intuito cosa fosse quella ragazza.

Girovagò di nuovo nel buio senza una precisa meta. Si ritrovò a vagare con la mente all’anno prima. Era solo nel suo viaggio, ma era stata una sua decisione. Aveva viaggiato per molto tempo in ogni luogo. Aveva lasciato la sua corte per renderla più forte. Credeva che Niall fosse all’altezza del compito, ma la realtà era un’altra. Con quella decisione lo aveva legato a se. Aiutare la Corte Oscura era diventata la sua unica ragione di vita ed ora forse aveva trovato una soluzione. La ragazza era la risposta che aveva cercato per tutto quel tempo, ne era sicuro.

Eve rientrò nel locale e si riunì con il resto della compagnia. Si sentiva stordita e confusa. Fino a pochi minuti prima si trovava tra le braccia di Irial, la stava per baciare, ma qualcosa lo aveva interrotto. Poi le aveva detto di rientrare e lei gli aveva ubbidito.

Le girava la testa e i suoni le arrivavano attutiti e confusi come se arrivassero attraverso un vetro.

“Stai bene?” chiese Sophie

“Cosa?” chiese lei.

“Ho chiesto se stai bene. Hai un aria stralunata.”

“Oh. No sto bene.”

“Sei sicura? Non ti vedo molto bene.”

“Si sono sicura.”

“Se vuoi ti riaccompagno a casa.”

“Ti ringrazio, ma non ti preoccupare. È stato solo il cambio di temperatura da fuori a dentro.”
“Ahh. Ecco dove eri finita. Ti ho cercato dappertutto. Dov’è il bel ragazzo che ti ha invitata a ballare? Eri con lui prima?” chiese Melanie.

“Si ero con lui. Ora non so dove è.”

“Ti ha baciata?”

“Non ricordo molto. Sono un po’ confusa. Non credo che mi abbia baciata. Mi ricordo che siamo usciti, lui mi ha abbracciata e qualcosa ci ha interrotto. No, qualcuno.”

“È stato qualcosa o qualcuno?”

“Qualcuno ma non ho visto chi era.”

“Ehi, voi due venite da noi. Non fate le asociali.” gridò Keenan.

Le ragazze si avviarono verso il tavolo. Keenan le andò incontro e si avvicinò ad Eve.

“Mi devi ancora un ballo.” le porse la mano come aveva fatto Irial.

Eve avvicinò la mano verso la sua, ma poi la ritirò portandosela al petto.

“Si sente poco bene.” disse Sophie.

“Cos’ ha?” chiese preoccupato.

“Non ho niente, mi gira solo un po’ la testa. Vorrei sedermi.” disse Eve seccata. Non amava che parlassero di lei come se non ci fosse.

“Allora lascia che ti accompagni fino al tavolo.” Gli porse il braccio e lei lo accettò con riluttanza. Aveva lo strano presentimento che di quel tipo non si ci poteva fidare.

“Come sei fredda.”

“Sono stata fuori. Tu al contrario sei bollente.”

“Lo sono sempre. È una delle mie qualità.”

Eve non rispose. Non voleva sapere quali erano le altre.

Keenan insistette per sedere vicino a lei. Non lo conosceva e già le era insofferente. Odiava i tipi appiccicosi e lui era uno di quelli.

Lui posò il braccio dietro le sue spalle, lei si scansò.

“Non ti mordo mica” disse lui portandosi un bicchiere di cristallo sulle labbra.

“Per caso sei timida?”

“Non do molta confidenza agli estranei.”

“Al tipo di prima gliela hai data però” il tono calmo della sua voce fece trapelare una nota di disprezzo che durò pochi secondi.

“Lo conoscevo.” Non sapeva dove voleva arrivare, ma capiva che non le sarebbe piaciuto.

“Dove l’hai conosciuto?”

“Fai sempre molto domande?”

“Sono molto curioso. Non hai ancora risposto alla mia domanda.”

“Al parco, l’ho conosciuto lì.”

“Al parco? Non mi aspettavo che fosse un tipo che passa le sue giornate in un parco.”

“Anche tu lo conosci?”

“Si, ma come l’ho conosciuto è una lunga storia e non ho voglia di deprimere la serata. Torniamo a noi” si avvicinò a lei. “So che frequenti una scuola di danza classica. Me lo hanno detto le tue amiche. Come ti senti ora?”

“Mi gira ancora un po’ la testa.”

“So cosa ti potrebbe aiutare.” Riempì un calice di cristallo con un liquido dorato e glielo porse. “Questo ti farà sentire bene.”

Eve riconobbe quel liquido. Era lo stesso che aveva bevuto Irial. Si ricordò dell’ ammonizione fatta e disse “Mi hanno detto che non lo dovrei bere.”

“Ah, no. E chi è stato a dirtelo?”
“Irial.”
“Mmm. Lui dice sempre tante cose, non dovresti dargli retta più di tanto. Cosa ti ha detto?”

“Che sono troppo piccola per bere certe cose.”
“Tutto qua?” lui scoppiò a ridere “A me non sembri piccola. Provalo così mi puoi dire cosa ne pensi.”

Eve ci pensò su. Irial lo aveva bevuto, perché lei non poteva farlo? Non ci vedeva nulla di male. Portò il bicchiere sulle labbra e sorseggiò un po’ del contenuto. La bevanda era dolce e sapeva vagamente di miele e altre spezie che non riconobbe.

“Allora com’è?”

“Molto buono.”

“Non è successo niente di male.”

Lei annuì e si morse il labbro.

“Cosa aspetti a berlo?”

Gli occhi erano tutti fissi su di lei, c’era chi tratteneva il fiato. Guardò il bicchiere e lo svuotò tutto in un fiato.

“Come ti senti ora?”

“Bene. Mi sento veramente molto meglio di prima.”

“Ora vuoi ballare?” chiese Keenan porgendole la mano.

“Perché no.” disse quelle parole senza pensarci e si pentì subito, ma era troppo tardi. Senza che se ne accorse Keenan le aveva afferrato la mano e la stava portando sulla pista da ballo. Lei cercò di divincolarsi, ma lui aveva una presa forte.

La pista era piena di gente che si muoveva e ballava. Keenan le stava attaccato. Cercava di staccarselo di dosso, ma non ci riusciva. Qualcuno lo urtò e si voltò per vedere chi era stato. Lei ne approfittò per scappare. Uscita fuori dalla pista Eve prese fiato e si portò la mano al petto. In quel momento si accorse che non aveva più la collana. Pensò che l’avesse persa mentre era sulla pista con Keenan. Si fece coraggio e rientrò in mezzo alla folla. Non credeva di ritrovarla. Sua nonna l’avrebbe messa in castigo a vita, dopo aver saputo che aveva perso la collana, così provò a cercarla. C’era poca luce, la gente la spingeva da tutti i lati e questo rendeva difficile la sua ricerca. Si guardò intorno invano.

“Cercavi questa?” chiese Keenan.

Lei si girò e fu abbagliata da una luce che proveniva dal ragazzo. Nel vederlo rimase senza fiato. Non era più lo stesso ragazzo di prima. Aveva i capelli rossi e sottili, le ricordavano fili di rame, la sua pelle emanava una luce abbagliante.

“Cosa c’è? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”

Eve si riprese e disse “Quella collana è mia, dammela”

“Prima mi devi spiegare cosa hai visto.”

“Un ladro con la mia collana.”

“Come siamo pungenti. Per la precisione non l’ho rubata, ma l’ho trovata. Ti stavo cercando per ridartela.” Gliela porse e lei la prese. Quando se la mise Keenan tornò ad essere come prima. Non lo ringraziò.

Sei stato molto carino a riportarmela.” “Prego, non c’è di che, ma la prossima volta non la perdere.” Non ti hanno insegnato a ringraziare?” la prese in giro Keenan.

“Solo a chi è gentile.”

“Io non lo sono stato?” lei non rispose “Ti stanno cercando le tue amiche per ritornare a casa. È stato un vero piacere” si avvicinò, ma lei lo ignorò e passò oltre raggiungendo il resto del gruppo.

 

Sono tornata, mi dispiace per il ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma ho avuto da fare. Ringrazio di cuore chi mi ha recensito e spero che continuerete a farlo. ^--^

Baci Kelley.

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Capitolo 5
*** 04 - Tied Together With A Smile ***


La mattina seguente Eve si svegliò frastornata. Aveva la mente annebbiata. Il sole filtrava attraverso le tende e questo voleva dire che era ora di alzarsi per andare a scuola. Stava temporeggiando oziando tra il piacevole tepore delle coperte. La sveglia suonò e la spense gettandola a terra. Voleva rimanere ancora nel letto, ma si impose di alzarsi. Il freddo pavimento la fece rabbrividire. Si avvicinò alla finestra e la aprì. Era una giornata splendida, ma fredda. Era l’opposto di come si sentiva lei. Sentiva che le tenebre la stavano avvolgendo, ma allo stesso tempo sentiva un piacevole calore nel petto.

Si preparò e scese le scale. Stava per uscire quando venne fermata da sua nonna.

“Non fai colazione?”

“Non ho fame. Prenderò qualcosa al bar della scuola.”

“Ti vedo turbata. È successo qualcosa?”

“La mamma le avrà raccontato di ieri sera. Non sono mai state così assillanti. Vorrei solamente che mi lasciassero in pace.” pensò Eve roteando gli occhi e disse “Sono solamente spossata per le prove del saggio che si sommano alla montagna di compiti e le lezioni di musica. Ho solo diciassette anni. Come dovrei stare secondo voi?” si pentì subito delle parole dette. Non aveva mai risposto in quel modo a sua nonna. Si aspettava che si infuriasse iniziando a gridare sull’ educazione e cose del genere, ma invece le accarezzò i capelli e disse:

“Hai ragione, bambina mia. Io e tua madre ci stiamo solamente preoccupando. Non vorremo mai assillarti. Se ti senti stanca puoi rimanere a casa per oggi.”

Eve rimase scioccata da quella reazione, sentì un brivido lungo la schiena nel pensare che sua nonna aveva ancora una volta capito cosa le passasse per la mente come se riuscisse a leggerle nel pensiero.

“Ho un importante compito in classe e non posso mancarlo.”

“Ho una cosa da darti. Avevo pensato di dartelo a natale, ma penso che ti sarà utile ora.” le porse una piccola scatoletta. Eve la aprì e al suo interno trovò una collana d’oro con un ciondolo di resina verde a forma di quadrifoglio.

“Apparteneva ad una nostra antenata ed è passato di generazione in generazione fino ad arrivare a me. Ora voglio che lo abbia tu. Se lo indosserai ti porterà fortuna.”

Eve lo indossò e si sentì libera come se quel ciondolo le avesse risucchiato ogni nebbia formatasi nella testa . “Ti ringrazio. È molto bella.”

“Promettimi che non te la toglierai mai per nessun motivo.”

“Te lo prometto, nonna. Ora devo andare. Ci vediamo al rientro.”

Eve si avviò con molti dubbi che riguardavano gli strani atteggiamenti di sua nonna. Arrivò in anticipo a scuola e decise di riscaldarsi bevendo una fumante tazza di cappuccino.

Strinse il medaglione tra le sue mani. Il quadrifoglio era circondato da una sottile linea d’oro lungo i bordi, era verde ma trasparente e alla luce del sole aveva riflessi dorati. Eve rimase incantata da quel piccolo oggetto.

Si sentì spingere verso avanti e si girò per dire qualcosa a chi l’aveva importunata e si ritrovò davanti Sophie che le sorrideva.

“Ciao, come mai da queste parti a quest’ora? Di solito arrivi qualche minuto prima del suono della campanella.”

“Mi sono svegliata presto. E tu che ci fai a quest’ora a scuola?” disse mettendosi il ciondolo sotto il capotto.

“Io vengo sempre presto. Vengo a piedi e faccio colazione qui. Sto andando al bar, vuoi venire?”

“È dove stavo andando.” le rispose sorridendo

“Dopo la scuola avevo pensato di andare al Rath end Ruins, se non hai impegni puoi venire anche tu. È venerdì sera e staremo fuori fino a tardi. Se hai problemi con tua nonna puoi dire che resti a dormire da me come una volta.”

Conosceva Sophie da molti anni. Da piccole erano state grandi amiche, ma era stato tanto tempo fa. Crescendo erano cambiate molte cose, compreso il rapporto con colei che considerava la sua migliore amica, per questo motivo il suo invito la sorprese.

“Avrei la lezione di piano, ma se la salto per un giorno non penso che sia una tragedia. Basta che chiamo mio fratello e ci penserà lui a convincere mia nonna. Quanti siamo, oltre noi due?”

“Benissimo. Ci saranno anche Susan e sua sorella Melanie.” poi aggiunse. “Melanie ha conosciuto il barista del locale ed è riuscita ad avere degli inviti.”

Eve passò il resto della mattinata assieme a Sophie. Aveva dimenticato come era piacevole la sua compagnia e si sentiva bene assieme a lei. Non ricordava più quando era stata l’ultima volta che si era sentiva così.

Il resto della giornata passò senza che se ne accorgesse.

Prima di uscire Eve e Sophie andarono in bagno dove incontrarono Susan, lì quest’ultime si cambiarono.

Arrivate al locale con Melanie, mostrarono gli inviti al buttafuori che le fece entrare.

Eve rimase per un attimo ad osservarlo. Aveva la sensazione che c’era qualcosa di strano in lui, ma non sapeva dire cosa. Distolse lo sguardo ed entrò con le altre.

Irial si trovava nel Rath end Ruins assieme a Aibhill. La banshee stava facendo il resoconto della sua missione e lui la ascoltava distrattamente sorseggiando un bicchiere di vino fatato.

La banshee parlava ma non la stava ascoltando. Il suo corpo si trovava nel locale ma la sua mente vagava libera, intorno gli si era formato una bolla dove i rumori e suoni arrivavano attutiti dall’esterno. Stava fissando il bancone senza realmente vederlo.

Il locale era affollato di persone. C’erano molti umani ed esseri fatati provenienti dalle tre corti, mancavano solo le creature della corte dell‘inverno.

Da una parte seduto, circondato dalle sue ragazze dell‘estate, c’era Keenan il re dell’Estate. Molto tempo fa aveva aiutato la madre Beira, ex regina dell’Inverno, a bloccargli i poteri. Non si era mai pentito di quella decisione. Trovava Keenan alquanto odioso per i suoi gusti.

In quel momento entrarono delle ragazze e Keenan gli andò incontro.

Da prima Irial non si interessò alle nuove arrivate, ma quando esse raggiunsero il tavolo del re dell’Estate si accorse di una fluente chioma cremisi che attirò la sua attenzione. Si rese conto che era Eve. Non si era neanche accorto della sua vicinanza. Di solito irradiava una splendente luce nera, era stata quella ad attirare la sua attenzione su di lei. Quel giorno era fievole ma allo stesso tempo abbastanza forte da attirare l’attenzione degli esseri fatati che la circondavano.

Keenan si era avvicinato a quella oscura creatura. Non poteva permettersi che il reuccio si interessasse ad una sua preda, ma allo stesso tempo non poteva fargli capire che era interessato alla ragazza. Keenan era attratto da ciò che non poteva possedere e avrebbe visto la cosa come una sfida.

Irial si alzò, si avviò con passo felino verso il gruppo con occhi fissi dinanzi.

Quando Eve entrò nel locale la prima cosa che le venne in mente fu caos.

C’era una strana atmosfera in quel locale. Si sentiva a disaggio, come se centinaia di occhi fossero puntati su di lei. Pensò che era dovuto al fatto che non era mai stata in un pub prima di allora.

Si guardò in giro, c’erano persone che ballavano, parlavano o semplicemente erano sedute con un bicchiere davanti. Riusciva a sentire una strana energia proveniente da alcune persone e da altre no, era come una scarica elettrica o magica. La definì soggezione, la magia non esisteva e si girò verso le sue amiche.

Melanie si era avvicinata ad un ragazzo alto, con capelli lunghi biondi e occhi azzurri.

“Non aveva conosciuto il barista?” chiese.

“È quello che mi aveva detto o molto probabilmente ho capito male io.” disse Susan.

“O non voleva essere scoperta dai vostri genitori.” disse Sophie scherzando.

“Avviciniamoci prima che si dimentichi della nostra esistenza.” disse Susan ed Eve annuì.

Quando Melanie fece le presentazioni il ragazzo biondo fisso intensamente Eve negli occhi. La stava guardando come se fosse un esemplare di animale raro. Le venne in mente il modo in cui la guardava Irial la prima volta che si erano incontrati, ma il modo in cui la guardava il ragazzo era più uno sguardo di curiosità che di passione.

Si avvicinò a lei e disse “Che piacevole e incantevole creatura. Potrei sapere il tuo nome?”

“Eve.” rispose lei timidamente.

“Un bellissimo nome per una ragazza altrettanto bella. Incantato di fare la tua conoscenza.” le prese la mano e la sfiorò con le labbra. “Ma che sbadato non mi sono ancora presentato. Io sono Keenan e sarei onorat …”

“Vuole concedermi l’onore di questo ballo, signorina?”

La voce profonda e sensuale di Irial era inconfondibile e le fece venire i brividi di piacere.

Eve si girò verso di lui e vide che sorrideva in maniera beffarda e allo stesso tempo provocante e le porgeva la mano come invito a seguirlo.

Keenan tossì “Veramente la ragazza stava parlando con me e non amo essere interrotto.” gli lanciò occhiate furenti.

“Stai passando una piacevole serata, reuccio?”

“Prima che tu arrivassi si.” rispose in maniera acida.

Irial non fece caso alla sua risposta e disse “Posso prendere in prestito questa ragazza? In fondo sei circondato da tantissime e bellissime ragazze, non penso che ti dispiacerà se te ne porto via una.”

“Veramente si. La ragazza è mia ospite e …”

“Allora facciamo decidere a lei.” Irial si girò verso Eve e le disse “Cosa vorresti fare? Ballare con me o stare seduta ed annoiarti sentendo gli sciocchi discorsi di Keenan?”

Eve guardò Sophie che sghignazzava, poi guardò Keenan ed infine si soffermò su Irial.

I suoi profondi e meravigliosi occhi verdi, oscuri come profondità marine, avevano la stessa forza di un magnete che l’attiravano a se, rischiando di farla annegare in essi. Lei, senza che se ne accorgesse, mise la mano nella sua.

“Sarà per la prossima volta, reuccio. Se mai ci sarà.” disse rivolto a Keenan e lo lasciarono imbambolato.

Ballarono fino a quando Eve si sentì talmente accaldata da sentire la testa girarle, fino a farla quasi svenire. Disse ad Irial che aveva sete e si avviarono verso il bancone.

Eve si sbottonò i primi tre bottoni della camicia facendo intravedere il ciondolo a forma di quadrifoglio.

Stava sorseggiando un’acqua tonica e si mise ad osservare meglio Irial. Quel giorno indossava un jeans nero e stivaletti consunti dello stesso colore, una camicia rosso sangue semi aperta, dalla quale si intravedevano i possenti pettorali. I capelli neri e lucidi gli ricadevano in una pioggia ondulata fino al colletto della camicia, le venne la voglia, ancora una volta, di toccarli per vedere se erano morbidi come sembravano ma si trattenne.

Lui si portò alle labbra un bicchiere con un liquido dorato. Stava osservando ipnotizzata le morbide e carnose labbra con la voglia di andargli vicino e baciarlo e invece disse:

“Che cos’è la bibita che stai bevendo? Non ho visto nulla di simile.”

“È un vino speciale, ma tu non lo puoi bere.”

“Perché no?” disse lei mettendo un finto broncio.

“Perché sei ancora piccola per queste cose, forse fra qualche anno.” rispose lui ridendo mentre osservava il suo petto.

Lei stava per replicare quando lui si avvicinò allungando la mano prendendo il ciondolo. Il contatto delle sue dita, anche se era stato per un breve momento, le fece divampare un calore in fondo al centro del corpo, fino a risalirle alle guance.

Irial fissava affascinato il ciondolo che era fra le sue dita.

“È un regalo di mia nonna, mi ha detto che se lo indosso sempre mi porterà fortuna.”

“La tua famiglia è di origini irlandesi?”

“Si, perché?”

“Curiosità. È un oggetto molto antico.”

“Appartiene alla mia famiglia da numerose generazioni.”

“Allora abbine cura. Fa molto caldo qui, che ne diresti di uscire fuori a prendere una boccata d’aria?”

“È una splendida idea.”

Il locale era affollato e non avevano l’intimità che lei desiderava. Non vedeva l’ora di stare sola con lui tra le sue braccia.

Passarono davanti al tavolo di Keenan che li osservava con uno sguardo contrariato.

Fuori c’era un cielo blu scuro senza luna. Le stelle brillavano come miriade di lucciole sospese per l’aria. Eve rimase affascinata da quello spettacolo. Si girò per vedere il suo compagno. Lui l’afferrò in un abbraccio. Lei sentiva il calore del suo corpo sul suo. Sentiva i suoi muscoli contratti nell’abbraccio senza farle male. Sentì un brivido attraversarle tutto il corpo. I capelli le sfioravano il viso ed erano morbidi, proprio come se li immaginava. Lo fissò negli occhi e le sorrise, poi chiuse gli occhi aspettando il bacio.


Ringrazio chi mi ha recensito e chi ha letto. Fatemi sapere che ve ne pare questo capitolo. =)
Grazie, Kelley.

 

 

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Capitolo 6
*** 06 - Teardrops On My Guitar ***


Eve fu svegliata da suo fratello la mattina successiva. Lui era entrato senza fare rumore e le si era buttato addosso urlando.
“Che fai? Sei forse diventato pazzo?”
“Lo facevo sempre quando eravamo piccoli. Ricordi?”
“Ma ora siamo cresciuti per questi giochi. Cosa vuoi a quest’ora?”
“Come a quest’ora?”
“Perché che ora è?”
“Sono le tre del pomeriggio. Hai dormito per tutta la mattinata.” Erick si alzò e aprì le tende. Il cielo era plumbeo e Eve si sentiva come esso.
“Perché non mi avete svegliato prima?” chiese lei sbadigliando.
“Nonna aveva delle cose da fare, mamma sta lavoro e visto che oggi non c’è scuola ti hanno lasciata dormire. Tra un po’ esco anche io. Vado a giocare a calcio con degli amici. Mi hanno incaricato di svegliarti se faceva tardi. Quindi” iniziò a farle il solletico sapendo che la sorella ne soffriva terribilmente.
“Và bene, ora mi alzo. Però ora basta.”
“Come siamo antipatiche questa mattina.”
“Ho avuto una lunga serata e ieri mi hanno fatto bere uno strano liquore. Ne sento ancora gli effetti.”
“Come è andata la serata?”
“Bene, almeno credo.”
“Come almeno credo? Sorellina sei veramente strana. Ti fanno bere un po’ e vai subito in tilt.”
Lei sbadigliò “La serata è andata bene, solo ho quasi litigato con un tizio.”
“Capisco. Sono felice che hai deciso di uscire” le fece un sorriso sincero e dolce.
“È anche merito tuo.”
“Si, modestie a parte.”
Eve sorrise e lanciò un cuscino contro il fratello. Lui lo prese e disse:
“Mi dispiace, sorellina, ma non ho tempo per fare una battaglia con i cuscini. Mi aspettano al campo, ma ho tempo per fare questo” lanciò il cuscino che prese Eve in piena faccia, poi corse prima che lei potesse controbattere.
Il sorriso di Eve si spense subito dopo che suo fratello scomparve fuori dalla porta. Guardò tristemente il cielo. Si sentiva confusa e smarrita. Non capiva se quello che aveva visto fosse reale o un’immaginazione donatele dal liquore. E perché quando aveva messo la collana tutto era scomparso? Cosa c’era di speciale in essa? Tante domande e nessuna risposta. Forse c’era una persona in grado di fornirgliene, Irial. Chissà dove era in quel momento. Non lo aveva più visto dopo che le aveva chiesto di tornare nel locale.
Si alzò e andò in bagno per fare una doccia. Si spogliò e quando il getto di acqua calda toccò la sua pelle, tutti i muscoli tesi si rilassarono. Amava fare la doccia la aiutava a riflettere. I boccoli color sangue le aderirono al corpo nudo. Le gocce le scivolarono sul corpo. Un modo per scoprire se la collana aveva proprietà magiche c’era. Bastava toglierla. E se avesse scoperto che le possedeva, cosa avrebbe fatto? Avrebbe chiesto spiegazioni a sua nonna? Non le sembrava una soluzione sensata. L’avrebbe presa per matta o peggio per drogata. Suo fratello? Avrebbe creduto che fosse una bella storia e magari l’avrebbe convinta a scriverci sopra un romanzo. Sua madre non la prese in considerazione. L’unica persona che rimaneva era Irial. Sperò di incontrarlo il più presto possibile. Anche se lo aveva visto la sera prima, ne sentiva già la mancanza. Era come una stretta allo stomaco che le faceva mancare il fiato, un bisogno insaziabile di lui. Non aveva mai provato sentimenti così forti in vita sua. Alzò il viso e il getto d’acqua le fece chiudere gli occhi che riaprì una volta abbassata. Questo gesto le fece rilassare i muscoli delle spalle e andar via la vista offuscata dal sonno. Non poteva aspettarlo, la sua mente era carica di dubbi e aveva paura che avrebbe rischiato di esplodere. Aveva deciso di recarsi al parco dove si sarebbe tolta la collana. Poi avrebbe atteso. Uscì dalla doccia e andò vicino allo specchio. Si era offuscato con il vapore della doccia. Lo ripulì con la mano e vide il proprio riflesso. I ricci, appesantiti dall’acqua, le ricadevano sul viso, era più pallida del solito e sotto gli occhi c’erano due chiazze violacee. I suoi occhi erano spenti, velati dalla tristezza. Guardò la collana, tra i due piccoli seni. La sfiorò con la punta delle dita. La superficie era liscia e fredda. Toccandola sentì delle vibrazioni elettriche provenire da essa. Sospirò chiudendo gli occhi e andando a vestirsi.
Mangiò qualcosa al volo in cucina e uscì. Il cielo nel frattempo si era oscurato ancora di più, ora era nero e minacciava pioggia. Eve non se ne curò molto, aveva portato con se un ombrello per ogni evenienza. Arrivò al parco e lo trovò semi vuoto. Si tolse  la collana. Si aspettava di vedere qualcosa di strano. Un essere invisibile o qualcuno mutarsi come era successo con Keenan, invece non accadde nulla di tutto ciò. Delusa si rimise la collana. Uscì dal parco senza sapere che in quei frammenti di secondo aveva attirato l’attenzione di un essere che si celava nell’ombra. Appena mise piede a casa  iniziò il diluvio. Certa che quel giorno non l’avrebbe rivisto si ritirò in camera sua prese la chitarra nel suo guardaroba, dove la teneva nascosta a sua nonna, e iniziò a suonare qualche nota triste. Suonare la rilassava. Non era più ritornata nella sala della musica, tranne per fare lezione con il maestro, da quando  aveva avuto la visione della donna in rosso. Quel luogo le metteva i brividi e ora si sentiva al sicuro solo in camera sua, dove passava la maggioranza del tempo.
Iniziò a suonare melodie che conosceva già fino ad arrivare a crearne una nuova. Ecco a cosa erano serviti anni e anni di studi sulle composizioni. Mentre la melodia prendeva vita lei non si accorse che dagli occhi sgorgavano in maniera corposa calde lacrime che le rigavano il viso e finivano sulla sua chitarra. Dopo alcuni minuti si fermò e alzò lo sguardo verso la finestra. Oggi si sentiva come il cielo, carica di dubbi e paure e alla fine esplose in un pianto.


Irial era in preda a una crisi di collera. Aveva saputo da Aibhill che Keenan aveva osato offrire a Eve del vino fatato e lei aveva  accettato di berlo. I suoi piani ora erano compromessi. Voleva usare l’energia della ragazza per alimentare la sua Corte, soprattutto ora che Ani se ne era andata ne avevano bisogno. Si trovava nella Corte Oscura, nel suo vecchio studio, dove stava dando il peggio di se gettando tutto in aria. Maledetto reuccio che si doveva intromettere in ogni faccenda che non gli riguardava. Strinse forte il pugno fino a far diventare le nocche bianche e sbatterlo contro la scrivania.
“Dovresti contenere la tua ira” disse Niall sul ciglio della porta. Qualcuno era andato a chiamarlo. “È stato Gabriel se te lo stai chiedendo, era preoccupato per le tue condizioni. A cosa devo la tua visita? E questo sfogo di rabbia? È rivolto a me per la discussione di ieri sera?” domandò il Re.
Irial ispirò profondamente e disse “In parte” si mise a sedere sulla poltrona davanti alla scrivania accavallando una gamba e intrecciando le dita delle mani.
“L’ho fatto solamente per proteggerla.”
“Non ce l’ho con te per quello che hai fatto fuori, ma per quello che non hai fatto dentro il locale”
“Spiegati meglio” Niall si mise a sedere alla poltrona di fronte a quella dove era seduto Irial.
Un sorriso beffardo riaffiorò sulle labbra di Irial. Ora che si era calmato era ritornato ad essere quello di prima.
“Quindi non sai quello che Keenan ha fatto?”
“Cosa dovrei sapere?”
“Mentre tu eri tanto impegnato a proteggere la ragazza da me, l’essere malvagio, Keenan ne ha approfittato per farle bere il vino fatato. Ah, ovviamente le ha tenuto nascosta la sua natura e gli effetti collaterali della bevanda.”
Il viso di Niall si contrasse per l’ira. Strinse i pugni poggiandoli sui braccioli. Odiava Keenan più di qualsiasi altra persona sulla terra.
“Quindi il reuccio, dopo essere stato rifiutato da Aislinn e Donia, si sta sfogando rovinando la vita alle altre ragazze?” chiese Niall
“Non credo che sia proprio così. Si è interessato a lei solo perché io ne ero interessato.”
“Quindi la ragazza è diventata l’attrattiva per i vostri perversi giochi?”
“Non ho in mente nessun perverso gioco, ho a cuore solo la salute della Corte.”
“Cosa centra la ragazza?”
Irial si accese una sigaretta e disse “Non credo che sia una semplice comune ragazza. Suppongo che sia un mezzo essere fatato, ma anche se lo fosse la sua energia è molto forte. Come lo era quella di Ani. Vorrei solo scoprire se è possibile utilizzarla per alimentare la nostra Corte.”
“Ma Ani apparteneva alla Corte Oscura. Lei no.”
“La sua natura è celata sotto un amuleto donatele da sua nonna. Questo mi ha fatto supporre che la sua famiglia sa degli esseri fatati, almeno sua nonna, e che fosse un mezzosangue.”
“Tu l’hai sentita? Cosa ne pensi?”
“Non so cosa pensare. Non ho mai avvertito nulla di simile in vita mia. Era sia un’energia che apparteneva alla Corte Oscura e sia appartenente all’Alta Corte. La sto ancora studiando” gli disse in tono pacato. “Ora che Keenan si è intromesso l’Alta Corte non tarderà ad intervenire”
“Cosa ne sarà di lei?” chiese serio Niall.
“Se la troveranno la porteranno via con se nel Regno Fatato”
“Cosa facciamo con Keenan?”
“Lo andiamo a trovare e gli spacchiamo quel suo bel visino” Irial gli sorrise maliziosamente e Niall ricambiò il sorriso.
Irial si alzò e si avvicinò alla finestra. Il cielo era scuro e stava piovendo a dirotto. Non sapeva se la sua teoria fosse giusta o fosse solo una sua ossessione. Se si era sbagliato il destino di Eve era segnato, condannata a diventare una ragazza dell’estate aumentando il numero dell’harem di Keenan. Ispirò la sigaretta e dopo un po’ una nuvola di fumo fuoriuscì dalla sua bocca con un sospiro. Irial sperò che sotto quel cielo oscuro lei fosse al sicuro, almeno per quel giorno.
Nell’oscurità qualcuno sapeva cosa era successo e si avviò ad informare la sua Regina.


Ecco un nuovo capitolo, spero che vi piaccia! Ditemi cosa ne pensate con una piccola recensione, anche negativa, cosi potrei migliorare la storia!
Grazie, baci Kelley.

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Capitolo 7
*** 07 - Secrets ***


Eve era seduta sul davanzale della finestra guardando fuori, pioveva ancora. Sospirò e guardò l’orologio. Guardare la pioggia cadere la rilassava. Intorno a lei c’era silenzio, l’unico rumore che udiva era lo scrosciare della pioggia contro la finestra. Vedeva le chiome degli alberi agitarsi al vento. Sospirò. Non riusciva a capire cosa le stava succedendo. Le sembrava di impazzire. Toccò la collana, lo faceva spesso negli ultimi tempi, e sentì una vibrazione sotto le sue dita. Quel gesto le serviva per calmarla. Non capiva il perché quando si era tolta la collana non era successo niente. Forse era semplicemente l’effetto della bevanda che Keenan le aveva offerto. Sbadigliò e si stropicciò gli occhi. Si sentiva stanca, ma non voleva andare a dormire. Ultimamente non riusciva a dormire bene. Non riusciva a sognare e si svegliava nel cuore della notte senza riuscire a riaddormentarsi. La sua mente vagava senza che lei potesse avere controllo sui propri pensieri per poter ragionare sulle cose accadute in quel periodo. Le sembrava di impazzire. Più provava a dare senso a quella situazione e più l’emicrania aumentava fino a diventare insopportabile. Le cose a casa erano insopportabili. Si sentiva rinchiusa in una gabbia dorata. Voleva urlare e spaccare tutto ma non poteva rischiare di perdere anche la poca libertà che gli rimaneva. Si sentiva soffocare. Passava la maggior parte del suo tempo libero rinchiusa in camera. Sua madre aveva cercato di parlarle senza successo. Non voleva vedere nessuno. Lasciava entrare solo suo fratello che le parlava e cercava di farla uscire ma lei non ascoltava neanche lui. Le vacanze di natale erano iniziate da cinque giorni e ormai lei usciva solo per fare le prove per il saggio che ci sarebbe stato il giorno dopo. Era gia l’una di notte. Eve si alzò e andò verso il letto per riposare almeno qualche ora. Quel giorno sarebbe stato molto impegnativo e ricco di sorprese.

Si svegliò con il sole sul viso. Stropicciò gli occhi e guardò la sveglia. Vide che erano le quindici. Si alzò di scatto. Si fece una doccia veloce e si preparò frettolosamente. Quello era il grande giorno, la mattina era impegnata con le prove per il saggio e lei si era svegliata tardi. Si chiese il perché sua nonna non l’avesse fatta svegliare. Scese le scale e si diresse verso il portone di casa con il borsone in mano.

Giù per le scale incontrò sua nonna che controllava dei documenti, vedendola disse

“Dove stai andando di corsa?”

“Alle prove del saggio. Sono già in ritardo.”

“No, le prove le hanno spostate per le sedici, quindi hai ancora un‘ora. È ancora presto. Dovresti pranzare. Andremo insieme. Puoi chiedere alla domestica di preparare qualcosa.”

Eve non rispose a sua nonna. Posò a terra il borsone e si diresse verso la cucina.

Appoggiò le mani sul tavolo e sospirò, poi si diresse verso il frigorifero.

Frugò all’interno senza che si rendesse conto di ciò che prendeva e si sedette.

Mangio distrattamente fissando la finestra della cucina. Il cielo era latteo e aveva iniziato a nevicare e andava a ricoprire il giardino dando un’aria magica.

Eve guardava incantata quello spettacolo. Era da qualche anno che non nevicava più in quel modo.

Quando era piccola amava giocare lì. A volte immaginava di perdersi in un bosco e di incontrare il popolo fatato e di parlare e danzare con loro, altre invece sognava di essere una di loro. Danzava e giocava con loro.

Un giorno le capitò di parlarne con sua madre mentre faceva un disegno con le fate. Lei non le disse che aveva un fervida immaginazione o di limitarsi ad assecondare le parole di una bambina perché lei non poteva essere una mamma come le altre. Lei la portò da una psicanalista per farle capire che ormai era grande per infantili immaginazioni. Aveva solo otto anni quando smise di crederci e per ironia della sorte quella sera avrebbe interpretato la fatina della neve nello Schiaccianoci.

Chiuse gli occhi scacciando via i ricordi. Si alzò e andò uscì dalla cucina. Il corridoio era deserto. Sua madre e suo fratello erano usciti. I suoi passi facevano eco. Si diresse in camera, aprì il primo cassetto della scrivania e prese un quaderno dalla copertina viola. L’aveva comprato qualche giorno prima senza un motivo preciso, ma quel giorno sentiva il bisogno di averlo con se.

Guardò l’orologio, era l’ora di andare. Scese le scale, mise il quaderno nella borsa e si avviò verso lo studio di sua nonna. Trovò la porta socchiusa e sentì sua nonna che parlava con qualcuno a bassa voce, ma non riusciva a capire bene di cosa stesse parlando e con chi. Si avvicinò alla porta per sentire meglio, ma riuscì a capire solo una frase.

“Mia sorella presto lo verrà a sapere e allora non potrai fare più nulla. Ricorda le mie parole.” poi non sentì più nulla.

Eve prese fiato e bussò.

“Avanti” rispose sua nonna

“Nonna sono io. È ora di andare.”

“Scusami, c’era una cosa che mi ha distratto. Tu vai all’ingresso, io mi preparo e vengo” disse.

“Va bene” Eve non chiese nulla, sapeva che era inutile, non le avrebbe mai risposto. Uscì dalla stanza e andò verso l’ingresso.

Sua nonna le era sembrata sconvolta e turbata, non le era mai capitato di vederla in quella condizione, era sempre stata sicura e forte.

La nonna arrivò poco dopo e si avviarono verso la macchina.

Più tardi al teatro Eve era seduta in un angolo rannicchiata scrivendo sul quaderno che teneva sulle ginocchia. Scriveva dei avvenimenti che erano accaduti in quei mesi, cercava di fare chiarezza nelle ombre della sua mente, ma non ci riusciva. Era come se avesse un velo davanti e le impediva di vedere la realtà.

Le prove erano state faticose e pesanti. Erano le 19.30 molte erano uscite per cenare e altre, come lei, erano andate al bar del teatro per prendere qualcosa.

Lei ora si trovava seduta dietro le quinte. Lo spettacolo sarebbe iniziato tra due ore e le persone intorno a lei erano in fermento, ma non si preoccupava di loro.

Morgan, una ragazza che frequentava il suo corso di danza, si avvicinò e le disse.

“Eve, in camerino c’era un telefono che squillava e penso che sia il tuo. Dovresti andare a controllare, forse è tua madre.”

“Grazie, Morgan. Ora vado.”

Eve si alzò e attraversò il palcoscenico per raggiungere il camerino.

Il corridoio deserto sembrava più stretto e buio del solito. I suoi passi riecheggiavano e la luce fievole delle lampade a parete le faceva venire la sonnolenza, ma forse era semplicemente stanca.

Si fermo per un attimo chiudendo gli occhi. Sentì improvvisamente a disagio e la sensazione di essere osservata. Si girò lentamente e vide solo il corridoio deserto.

Era quasi arrivata allo spogliatoio quando sentì dei passi dietro di lei. Affrettò il passo e l’altro fece lo stesso.

All’improvviso la luce si spense e Eve sentì i passi alle sue spalle farsi sempre più vicini e sempre più veloci. Lei spaventata iniziò a correre alla ceca.

Si sentiva angosciata e spaventata. Inciampò in qualcosa che sembrava tessuto, ma riuscì a rialzarsi subito.

Correva senza capire dove andare. Ora il buio le sembrava quasi tastabile e la sua angoscia cresceva ogni minuto di più. I passi l’avevano quasi raggiunta.

Una risata di scherno e agghiacciante risuonò nell’oscurità e le fece accapponare la pelle. Si senti mancare il fiato e non riuscì più a muoversi.

Qualcosa da dietro l’afferrò. Lei si divincolò per liberarsi e la mano che l’aveva afferrata la lasciò graffiandole il braccio con unghie che le sembravano artigli.

Eve cadde in avanti sbattendo contro il pavimento. Riuscì a girarsi, ma senza alzarsi, per vedere in faccia il suo aggressore, ma tutto ciò che vide fu una sagoma che sembrava più oscura del buio che la circondava.

Riuscì ad alzarsi a fatica e ricominciò a correre mentre la risata di prima risuonò divertita. Era come giocare al gatto e al topo, dove lei interpretava la parte del topo e sperava di non sapere come finisse quel gioco.

Andando avanti riuscì a vedere uno raggio di luce proveniente da uno spiraglio e lei affrettò il passo.

Lo aveva quasi raggiunto quanto si sentì afferrare dai capelli e una voce gracchiante dire: “Mi eri quasi fuggita, ma ora basta giocare.”

Eve stava aspettando il peggio quando sentì la presa dei capelli allentarsi e qualcuno spingerla a terra.

Sentì dei rumori di lotta e non riuscì a capire quando durasse, non osava alzarsi per guardare.

Sentì urlare e poi qualcuno la prese in braccio.

Lei aprì gli occhi per vedere il volto del suo salvatore.

Le lacrime le oscuravano la vista e riuscì a distinguere solo dei capelli neri e un volto famigliare.

“Irial” disse Eve con un sussurro prima di svenire.

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Capitolo 8
*** 08 - Precious Dark ***


Eve aprì gli occhi. Si sentiva frastornata e confusa. Cercò di alzarsi, ma non ci riuscì. Le girava la testa e le sembrava che la stanza le vorticasse intorno.

Sospirò e si mise a sedere contro la parete chiudendo gli occhi per controllare la nausea.

Fece il resoconto nella sua mente.

“Sono stata aggredita, qualcuno mi ha salvata, Irial, almeno credo, ed ora mi ritrovo su un letto?” disse a mente.

Solo ora si era resa conto che si trovava su un letto.

Pian piano la visuale si faceva sempre più nitida.

La stanza era ampia illuminata da un’unica fonte di luce proveniente dalla finestra balcone circondata da tende, situata al lato sinistro dove si trovava lei.

Il chiarore della luna rendeva lo scenario alquanto tetro e misterioso.

La sua attenzione fu catturata proprio in quel punto. Non capiva bene il perché.

Un fruscio la fece sobbalzare. Ora che i suoi occhi si erano adattati all’oscurità lei riusciva a distinguere una sagoma. Non riusciva a capire chi fosse, sapeva solo che era rivolto verso l’esterno della camera e che non era Irial.

Cercò di muoversi silenziosamente approfittando, e sperando, del fatto che non la stesse guardando.

“Dove vorresti andare?” chiese lo sconosciuto.

Lei non rispose, ma si immobilizzò all’istante.

“Fuori di qui ci sono molte creature che ti vorrebbero morta ed altre ti vorrebbero per se.”

Nel frattempo si era mosso e camminava per la stanza.

“Come questo qui.”

Eve vide che a terra c’era un corpo immobile, vedendolo non riuscì a trattenere un gemito.

“Era un emissario dell’Alta Corte inviato a condurti lì, ma in realtà si era venduto e non voglio immaginare cosa ti sarebbe successo” poi volse lo sguardo verso di lei “Non ti preoccupare non voglio farti nulla di male, semplicemente non ti conviene uscire da questa stanza, soprattutto senza questo”, dalla sua mano stretta in un pugno fece scivolare fuori il ciondolo di Eve. La ragazza si portò una mano al collo. Si sentiva terrorizzata.

“Tu non sai che cosa sia questo o a cosa serva?”

Eve si limitò a scuotere la testa.

“Questo è un amuleto proveniente dal mio mondo e serve per celare la tua vera natura”

Eve lo guardò senza capire cosa stesse dicendo.

“Tu non sai nulla di ciò di cui ti sto parlando a quanto pare.”

L’uomo misterioso riprese a camminare.

“Tua nonna non ti ha mai raccontato nulla sulla tua famiglia?”

“Cosa dovrei sapere sulla mia famiglia?” chiese Eve dopo aver preso coraggio.

“Allora sai parlare” disse l’uomo, poi continuò “Da secoli la tua famiglia ha un grande dono, quello di possedere la seconda vista, di poter vedere cose che ai comuni mortali sono recluse, ma tu sei diversa da loro. Tu hai un potere in più”

“Forse è perché ho bevuto una strana bevanda dorata? Da quel giorno ho iniziato a vedere cose che non esistono. Ho creduto di essere diventata matta” e lo credeva ancora come credeva che lo fosse l’uomo di fronte a lei, lo stava assecondando solo perché aveva paura di quello che gli avrebbe fatto.

“Stai parlando del vino fatato? No, quella sostanza non ha nessuno effetto su quelli come te, sui mezzosangue intendo dire”

“Cosa?” chiese lei sbigottita.

“Sui mezzosangue, individui che sono metà mortali e metà essere fatato”

“Questo per me è troppo” disse Eve “Tutto questo non può essere reale”

“È la pura verità” lui si avvicinò al letto appoggiando le mani alla testata, mentre Eve ritraeva le gambe verso il petto.

“Arriviamo al nocciolo della questione. Come mai entrambe le mie sorelle ti vogliono?”

Irial si trovava all’interno del teatro girovagando dietro le quinte. Non era riuscito ancora a trovare Eve. Quando non l’aveva vista uscire da dietro il sipario si era preoccupato e si era fiondato lì.

Ora stava indagando. Stava ispezionando un corridoio poco illuminato quando calpestò un pezzo di carta accartocciato. Lo prese aprendolo e lesse il contenuto.

Sopra c’erano scritte, con calligrafia minuta e delicata, solo tre parole. Ti amo, da una parte, e Irial dall’altra. Riconobbe subito la scrittura, era quella di Eve.

Aveva trovato un indizio e con lui una traccia da seguire.

Più avanti trovò un quaderno viola. Proseguendo trovò segni di lotta, graffi lungo le pareti del corridoio stretto ed angusto. Trovò anche gocce di sangue. Il percorso terminava con una porta che conduceva all’esterno. Lì finivano le tracce.

Irial si guardò intorno, ma non trovò altro.

Batté il pugno contro la parete per la rabbia.

Lei era l’unica soluzione per far sopravvivere la Corte Oscura, ora che Ani se ne era andata, e aveva fatto in modo che la rapissero. Non aveva trovato nessun altra persona che avesse le sue stesse capacità.

Ma il motivo della rabbia non era solo questo. Dopo Leslie era stata l’unica donna a risvegliare dei sentimenti umani in lui.

Come aveva potuto far in modo che succedesse questo? Era un errore imperdonabile.

Uscì dal teatro e si ritrovò in uno squallido vicolo secondario. Poco lontano c’era un corpo che giaceva affianco ad un cassonetto dei rifiuti. Lui si avvicinò e si accorse che era Aibhill, la banshee incaricata di sorvegliare Eve. Si trovava in una pozza di sangue, il corpo era cosparso di ferite profonde. Chi poteva averle fatto una cosa del genere? Ma lui sapeva già la risposta.

Prese la banshee tra le braccia e si accorse che respirava ancora anche se a fatica.

“Mio signore, siete voi?” chiese la povera e sfortunata creatura.

“Si, sono io” disse dolcemente Irial. Vederla in quello stato gli spezzava il cuore. Aveva visto troppe creature della sua Corte morire in quel modo senza poter fare nulla.

“Mio signore, vi ho deluso, non sono stata all’altezza del compito assegnato” dopo aver detto queste parole tossi. “Non sono degna del vostro perdono” la voce era ormai un sussurro.

“No, sei più che degna. Hai eseguito con onore il tuo compito. Riposa in pace.”

La banshee sorrise prima di dare l’ultimo respiro.

Irial strinse a se il corpo ormai privo di vita. Un’unica lacrima scese lungo la guancia.

Si alzò. Ora sapeva dove dirigersi. Sarebbe andato da chi aveva causato tanto dolore e gli avrebbe fatto assaporare la sua ira.

Si incamminò fuori da quel vicolo, facendo dell’oscurità il suo manto.

Eve guardò l’uomo di fronte a lei. Non riusciva a smettere di tremare.

“Tu chi sei?” chiese con voce vacillante.

“Io sono Devlin, Re della Corte delle Ombre” disse l’uomo misterioso.

“Ho creato la mia Corte assieme alla mia regina e amata Ani per garantire un equilibrio, lo stesso che tu stai mettendo a rischio con la tua semplice presenza. Posso capire il perché interessi a Lasair. Sei una mezzosangue molto dotata e un soggetto interessante sotto molti punti di vista per la Regina dell’Alta Corte. Ma il perché Bananach ti voglia morta mi è oscuro, molto probabilmente serve solo a provocare Irial, ex Re della Corte Oscura, se non lo sapessi.”

Eve rimase scioccata da questa notizia. Anche Irial, l’unica persona di cui si fidava ed aveva iniziato a provare dei forti sentimenti, era uno di loro.

Devlin si avvicinò e le porse la collana “Prendi, questa è tua.”

Eve allungò la mano per afferrarla, ma Devlin l’ha allontanò e afferrò il polso della ragazza.

Eve si ritrovò a fissarlo negli occhi.

“Non sai chi è realmente tuo padre?” lei scosse la testa.

“Bene” Devlin prese la collana e gliela mise al collo “Ora usciamo”

“Dove andiamo?” chiese Eve.

“A trovare la tua famiglia.”

 

Ecco un nuovo capitolo. Non sono molto sicura del risultato. Spero che vi piaccia e che mi direte le vostre opinioni. Ringrazio chi mi segue.

Baci, Kelley.

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Capitolo 9
*** 09 - Revelations ***


Irial era entrato nel regno di Bananach. Il luogo odorava di malvagità e morte.Vi regnava la disperazione.

Il nido era squallido ed abitato da oscure creature deformi e perverse.

Irial ogni volta che vi metteva piede faticava a credere che quel luogo con i suoi abitanti potessero far parte della Corte Oscura. La cosa che più lo aveva infastidito era il fatto che i loro gesti marchiavano l’intera Corte, la quale aveva preso la nominata di essere crudele e malvagia, quando in realtà non era così.

Il buio era denso privo di vita. Non aveva incontrato nessuno lungo la strada, cosa che lo insospettì.

“Bananach mi starà aspettando” si disse. La cosa non lo turbava affatto. Aveva tenuto le testa alta per secoli, non si sarebbe fatto intimorire proprio ora.

Ora era giunto il momento di affrontare Bananach.

 

Eve e Devlin erano arrivati davanti casa sua.

La casa non le era mai sembrata tanto grande. Sembrava deserta e vuota come un guscio senza anima. Troppi segreti si celavano dietro quelle mura, troppi sogni infranti. Era giunto il momento di svelare ogni intrigo.

Troppe le domande che le affollavano la mente, a cui voleva dare una risposta.

Chi era suo padre? Che ruolo aveva realmente la sua famiglia? E soprattutto cosa era lei?

Entrarono in casa. Era buia tranne per una luce proveniente dallo studio di sua nonna.

Devlin si diresse in quella direzione. Aprì la porta, che fino ad un attimo prima era socchiusa, e all’interno vi trovarono sua nonna e sua madre.

Sua madre aveva gli occhi rossi dal pianto e teneva in mano un fazzolettino. Sua nonna era come sempre composta, ma qualcosa nel suo comportamento fece capire ad Eve che fosse agitata anche lei.

Quando la vide la madre le si buttò subito addosso stringendola forte tra le braccia.

“Bambina mia, stai bene. Quando non ti ho più vista sono quasi morta di paura.”

La madre le accarezzava convulsamente i capelli.

“Dimmi che non mi farai più prendere simili spaventi.”

Eve non disse nulla. Osservava sua nonna e Devlin che si osservavano a vicenda.

“Salve Devlin, a cosa devo la tua visita?” chiese infine sua nonna.

“Hai altri messaggi di Lasair da comunicarmi?”

“Lucinda” disse lui “Non lavoro più per mia sorella, ora ho una mia Corte”

“L’ho saputo”

“Da Bananach, l’ho vista aggirarsi da queste parti. Tu puoi dirmi cosa voleva.”

Sua nonna guardò Eve e poi disse: “Tu invece puoi dirmi cosa ci facevi con mia nipote? Pensavamo che fosse stata rapita, sei stato tu?”

Eve lo aveva già sospettato in passato, ma quella era una conferma. Sua nonna le aveva sempre tenuto nascosto molte cose.

“No, le ho salvato la vita. È stata attaccata da Bananach e dai suoi seguaci.”

Sua madre si fece fuggire un gemito e ricominciò a piangere. Eve provò pena per lei, le ricordava una ragazzina fragile. Nonostante tutto non riusciva a provare amore nei suoi confronti, sentiva solo rabbia per essere stata ingannata per tutto quel tempo. E lo stesso sentimento provava verso sua nonna.

La donna si mise seduta e bevve un sorso di liquore.

“Dovrei ringraziarti per questo” disse infine “cosa vuoi sapere?”

“Cosa voleva Bananach”

“Quello che vuole Lasair, mia nipote. Lei vuole tutto quello che desidera Lasair, la vuole provocare, ma io ovviamente le ho risposto che non volevo essere coinvolta nelle vostre dispute”

“Perché?”

“Perché desidero una vita normale, così come la desidero per mia nipote. Non potrei mai lasciarla in mano a una psicopatica”

“Perché vuole tua nipote? Cosa c’è di speciale in lei?” chiese Devlin.

“Per via di suo padre, lui è uno di voi” disse sua madre con voce tremante.

“Lo sapevo già che era un mezzosangue” le rispose Devlin.

“Suo padre era l’ex re della Corte del Buio, colui che aveva regnato prima di Irial. Non so perché si è fatto rivedere, soprattutto da mia figlia, quando rimasi incinta lui scomparve senza farsi più rivedere” disse la madre. “Non lo avevo rivelato neanche a mia madre, le avevo detto che mi aveva raccontato che lui era un essere fatato libero, ma non chi era realmente”

Sia Eve che sua nonna rimasero scioccate per la rivelazione.

“Perché non me lo hai mai confessato prima?”

“Avevo paura che tu non avresti mai accettato la realtà. Mi hai sempre messo in guardia dagli esseri fatati, soprattutto da quelli della Corte Oscura, ma non ti ho mai dato retta. Quando mi sono sposata ero così giovane, avevo ancora sedici anni ero ancora una bambina. Quando incontrai lui si riaccese in me qualcosa che era rimasto assopito per molti anni. Con lui mi sono sentita libera di scegliere per la prima volta nella mia vita. L’unica colpa che ho è di non avertelo detto. Ti chiedo perdono per questo”

“Io non ti avrei mai giudicata, sei sempre mia figlia”

“Ora si spiega ogni cosa” disse Devlin.

“Che cosa?” gli chiese sua nonna.

“Il perché tua nipote è così potente e come mai è attirata dagli essere fatati. Lei ormai fa parte della Corte del Buio. Pensavate veramente di riuscire a tenerla nascosta?”

“Ho provato, ma ho fallito” disse sua nonna.

“Ora dovete cercare protezione e vi consiglio di trovarla presso la Corte del Buio” disse Devlin “L’alternativa è quella di portarla da Lasair e in quel caso la ragazza dovrebbe andare nel nostro mondo”

“Ho passato la maggior parte della mia vita cercando di tenerla all’oscuro del vostro mondo, ora non farò nessun patto con nessuna Corte”

“Lei è una creatura del buio, per quando ancora credi di tenerla nascosta?”

Sua nonna non disse nulla, ma volse lo sguardo verso sua madre quest’ultima abbassò lo sguardo.

“È vero tuo padre apparteneva alla Corte del Buio, ma quando l’ho conosciuto era una creatura libera.”

Ecco un nuovo capitolo. È un pò corto rispetto ai precedenti e non credo che sia il migliore. Spero che vi piaccia, e spero di ricevere le vostre opinioni e commenti.

Ringrazio chi mi segue.

Baci, Kelley. 

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Capitolo 10
*** 10 - My Immortal ***


“Sono per metà essere fatato” pensò Eve sbigottita.

“A dire la verità per metà fai parte della Corte Oscura e per l’altra fai parte della Corte della Luce, o Alta Corte come preferiamo definirla” le disse Devlin.

“Quindi non sono umana” disse Eve rabbrividendo.

“Lo eri, anche se era una parte misera, prima che accettassi il Vino Fatato” disse Devlin.

“Cosa sono?” chiese Eve.

“Sei mia nipote e questo nessuno lo può cambiare” disse Lucinda.

“Ormai non può più vivere nascosta tra gli umani. Non è al sicuro da sola e nessun amuleto la potrà proteggere” disse Devlin “Mi è stato ordinato di condurla nel Regno di Lasair”

“Non puoi costringerla a seguirti. Lei può scegliere in quale corte appartenere” disse Lucinda.

“Faresti vivere tua nipote nella Corte Oscura?” le chiese Devlin.

“La Corte Oscura non è il male assoluto e si la preferirei lì che come oggetto da collezione di Lasair” gli rispose Lucinda.

“Nessuno può opporsi agli ordini di Lasair” disse Devlin, poi si rivolse ad Eve “Di addio alla tua famiglia perché questa è l’ultima volta che li vedrai”

La madre di Eve si gettò sulla figlia in lacrime e disse “Tu non avrai la mia bambina”

“Ormai non è più tua” le disse Devlin

Una nebbia nera avvolse Eve oscurandole la vista. Quando riuscì a rivedere si accorse che non era più a casa , ma sotto un cielo stellato. Era sola con Devlin.

Sua madre, sua nonna e suo fratello erano spariti e aveva la consapevolezza che non li avrebbe mai più rivisti. Avrebbe sempre vissuto con il rimpianto di non essere riuscita a dirgli quanto li amava.

“Ora alzati e seguimi” le ordinò Devlin.

“Dove stiamo andando?” chiese la ragazza.

“Oltre il portale” le disse Devlin seccato.

Eve si fermò e disse sussurrando “Mia nonna ha detto che potevo scegliere”

“Cosa?” chiese devlin girandosi verso di lei.

“Mia nonna ha detto che potevo scegliere, non sono costretta a seguirti” disse Eve con voce più alta.

“Non puoi scegliere. Tutti gli esseri fatati appartengono all’Alta Corte” disse Devlin aprendo il portale che si trovava dietro di lui.

“Io scelgo di appartenere alla Corte Oscura” disse Eve togliendosi la collana.

“È ora di finirla di fare la bambina. Se non mi segui di tua spontanea volontà lo farai con la forza” Devlin le prese per un braccio.

“No” urlò Eve mentre cercava di liberarsi dalla presa.

L’aria divenne all’improvviso pesante e carica di elettricità. Nella lotta di Eve sentì una grande forza in lei che cresceva fino a formare un muro tra lei e Devlin. Quando la liberò si sentì debole e sveni.

Si sentì un forte boato nell’aria seguito da un silenzio innaturale.

Quando Eve riaprì gli occhi intorno a lei era calmo. Il portale era chiuso e Devlin era sparito.

Era stata lei a creare quella forte esplosione? Sapeva quale era la risposta, ma stentava a crederci.

La sua mente era in uno stato confusionario. Irial era l’unico che poteva aiutarla a non cadere nella follia.

Si alzò e si avviò nella notte seguendo il suo istinto per trovare Irial.

 

“Dove si trova?” chiese Irial a Bananach.

“Chi?” chiese la donna uccello leccandosi il sangue dalle dita “Vieni nel mio regno senza darmi spiegazioni”

Bananach aveva attaccato Irial con il risultato di una lotta alla pari. Ora i due si trovavano ricoperti di sangue e i vestiti lacerati.

“Lo sai chi sto cercando” disse lui.

“Forse stai cercando quella ragazza dai capelli color fiamma? No, mi dispiace non si trova qui. A dire la verità il dispiacere è il mio che non ho potuto saziarmi con la sua tenera carne” disse la donna rapace mettendosi a ridere follemente.

Irial strinse il pugnale che aveva in mano e si avventò contro la donna. Le afferrò i capelli e la pugnalò al collo.

Lei lo scaraventò contro il muro. Si mise a ridere mentre estraeva il pugnale e disse “È tutto quello che riesci a fare? Sei diventato debole” lo derise Bananach.

Una palla nera colpì in pieno a Bananach.

“Non osare a fargli del male” disse Eve alle spalle di Bananach.

I raggi argentei della luna illuminavano tenuemente la fanciulla. La figura era avvolta da un’aura oscura. I capelli le ricadevano selvaggi lungo ai fianchi, gli occhi erano colmi d’ira e in una mano reggeva una palla di energia oscura. Era una visione sublime e terrificante allo stesso tempo.

Irial stentava a riconoscere la fragile e dolce ragazza che aveva conosciuto.

Bananach scoppiò a ridere e disse “Ecco la tua graziosa ragazza che tanto hai cercato nel mio rifugio. Non avrei mai pensato che fosse cosi forte. Bene vorrà dire che questa notte mi divertirò molto ”

“Io non ci conterei molto” disse la ragazza “Ora allontanati da Irial”

“O se no mi farai molto male?” la derise Bananach “Non sai che e proprio quello che spero è vedere scorrere il tuo caldo sangue e quel bel visino contorcersi in una smorfia di dolore”

“Tu non mi fai paura” disse la ragazza

“Povera sciocca creatura. Invece dovresti averne o credi di potermi sconfiggere con le tue misere forze?” disse la donna uccello prima di scaraventarsi contro la ragazza.

Eve la evitò prima che la potesse colpire e le lancio la palla che aveva in mano.

Bananach urlò di dolore e dove era stata colpita c’era una bruciatura.

Irial si era rialzato a fatica, al fianco aveva una ferita profonda.

Eve stava di fronte a lui senza sapere cosa fare. Lui le accarezzò il viso e le sorrise.

“Mi hai fatto preoccupare parecchio” le disse lui.

“Non era mi intenzione” disse Eve “Sei ferito”

“Non è nulla” disse Irial per rassicurarla.

“Non mentirmi, so che è grave. Fammi dare un’occhiata” disse Eve preoccupata.

“No, ora la nostra priorità è allontanarci da questo posto il prima possibile” disse Irial abbracciandola.

“Non sarà facile” disse la ragazza.

“Ma che bel quadretto romantico. Non vi sarete dimenticati di me?” disse Bananach con la sua voce gracchiante.

“Come potremmo dimenticarti visto che ci trattiene con la forza nella tua graziosa dimora” disse Irial ironicamente.

“Devo trattare bene i miei ospiti, visto che hanno avuto la gentilezza di venirmi a trovare” gli rispose Bananach.

Eve lanciò una sfera oscura contro Bananach. Mentre la donna uccello si spostava per evitare il colpo i due approfittarono per scappare.

Bananach urlò di rabbia e ordinò ai ly erg di inseguirli.

Irial aveva perso molto sangue e aveva la vista offuscata, ma doveva andare avanti. Ora che l’aveva ritrovata aveva il compito di metterla in salvo.

Avanzavano a fatica mentre le immonde creature di Bananach si avvicinavano sempre di più velocemente.

Arrivarono all’uscita, ma i ly erg li avevano raggiunti.

Iniziarono ad attaccarli ed Irial li respingeva, ma non poteva resistere a lungo.

Eve si sentiva impotente, incapace di proteggere se stessa e si sentiva un peso per Irial.

Gli ly erg erano numerosi. La loro Regina non era con loro, ma sarebbe arrivata da un momento all’altro.

Eve avrebbe voluto che ci fosse un muro tra loro e quelle oscure creature.

La ragazza chiuse gli occhi e iniziò a visualizzare nella mente una gabbia nera che li imprigionasse quel che bastava per permettergli di scappare.

Aprì gli occhi e vide che i ly erg erano stretti nella morsa di una gabbia di fumo nero che ella stessa aveva evocato.

Le creature si agitavano e sbattevano contro la gabbia nel vano tentativo di liberarsi. Urla strazianti si levarono nell’aria.

Eve senti prendere per il braccio. Quando si voltò vide Irial preoccupato, il suo viso era pallido, la fronte era imperlata di sudore. Lei gli sorrise.

Insieme iniziarono a correre la conduceva lontano da quel luogo maledetto.

Erano entrati in città e si erano fermati nel parco dove si erano conosciuti.

Eve guardò in giro e vide che era deserto. Ne umani e ne esseri fatati era presente in quel momento.

Il cielo era buoi e l’aria era fredda. Dal cielo cadevano canditi fiocchi di neve che andavano a ricoprire il suolo formando un candito manto.

Eve si girò verso Irial che era accasciato a terra.

La ragazza corse verso di lui sperando che fosse ancora vivo.

Irial era sdraiato a terra con gli occhi chiusi sembrava che dormisse. Il volto era bianco e la pelle era fredda come la neve che lo circondava. Nello scontro aveva ricevuto numerose ferite da cui fuoriusciva molto sangue che in quel momento andava a tingere di rosso la bianca neve.

Eve non sapeva cosa fare. Era inutile chiamare aiuto, nessuno sarebbe arrivato a soccorrerli.

Presa dalla disperazione si accovacciò accanto ad Irial e appoggiò la testa sul suo petto scoppiando a piangere finché non perse i sensi

 

Eve si sentì trasportare a mezz’aria come in un sogno. Aprì gli occhi, ma non riuscì a distinguere bene le figure perché aveva la vista annebbiata.

“Dove mi trovo?” chiese con voce roca.

“Ti sto portando a casa” disse una voce inconfondibile.

“Irial? Non eri morto? O forse sto sognando?” chiese la ragazza credendo che fosse in un sogno.

“Credi che sia così semplice uccidermi, a grà?” le chiese Irial “E non ti trovi neanche in un sogno”

Irial aprì le porte del Loft della Corte del Buio. All’intero c’era Niall seduto su una poltrona vicino al camino.

Irial lo ignorò e adagiò Eve sul divano.

Niall si alzò e si avvicinò verso loro e disse arrabbiato “Per quale motivo l’hai portata qui?”

“Dove dovrebbe essere?” chiese Irial.

“A casa sua?” chiese Niall sarcastico.

“A casa non ci posso più tornare. Devlin ritornerà per portarmi nel mondo fatato” disse Eve agitata.

“Perché Devlin ti dovrebbe condurre da Lasair?” chiese Niall.

Eve stava per parlare quando Irial la zittì “Ci sarà tempo per le spiegazione, a grà. Benvenuta nella tua nuova e umile dimora” le disse dolcemente.

 

 

 

 

Sono finalmente riuscita a scrivere l’ultimo capitolo di questa storia. So che non è gran chè e avrei potuto fare di meglio. Molto probabilmente vi avrà deluso e vi chiedo scusa per questo.

Mi piacerebbe sentire le vostre opinioni e anche qualche critica.

Ringrazio coloro che mi hanno seguito e hanno commentato.

Baci Kelley.

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