X-Men - La storia: Crystal

di Crystal Fenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** X-Men - La storia: Crystal ***
Capitolo 2: *** Prologo - Dark Past ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 - A New Hope ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 - Hot Ice ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 - Farewell ***



Capitolo 1
*** X-Men - La storia: Crystal ***


Ho tentato di sfuggire dal mio passato, da
quello che sono, ma non ci sono mai riuscita.
E’ da più di un secolo che viaggio per
questo continente, eppure gli eventi di quella
maledetta notte mi perseguitano ancora.
Incontrandoti e vedendo quello che fai,
però, mi hai dato una speranza.
Ora so che esistono ancora delle persone di cuore
che si impegnano per la nostra causa, perché
i mutanti non sono pericolosi a prescindere.
Non dipende dai poteri, ma dipende
da chi li ha e da come li usa.
E questo è un concetto che tutta l’umanità
dovrebbe sforzarsi di capire.



Crystal

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Capitolo 2
*** Prologo - Dark Past ***


Prologo • Dark Past

«La fuga»


Oregon
1854



Il fresco vento pomeridiano correva lungo la piccola spiaggia, e trascinava le onde dell’oceano fino a qualche metro sulla sabbia. All’orizzonte, nuvole scure veleggiavano con la stessa fierezza di galeoni e portavano con loro pesanti carichi di pioggia.
Una piccola figura si muoveva proprio di fronte all’acqua, una bambina che giocava a non farsi toccare dalle onde quando queste si allungavano fin quasi ai suoi piedi. La brezza le scompigliava la lunga chioma bionda, che con i raggi del sole sembrava risplendere d’oro.
«Crystal!» chiamò improvvisamente una voce lontana, e la piccola si voltò di scatto, in tempo per vedere la madre farle cenno di raggiungerla.
Non se lo fece ripetere due volte, e salutato l’oceano con la promessa di giocare di nuovo assieme, cominciò a correre in direzione della donna.
«Mamma!» esclamò aggrappandosi al suo grembiule non appena la raggiunse.
«Questa volta le onde non mi hanno presa nemmeno una volta!» le raccontò subito con aria fiera.
La madre rise divertita, e si sistemò una ciocca di capelli – anch’essi biondi – sfuggita alla crocchia.
«Hai vinto contro l’oceano, piccolina» si congratulò strizzandole l’occhio.
«Ma ora è venuto il momento di tornare, a casa ci aspettano Leonard e la cena».
Le prese la mano e, serenamente, si avviarono lungo il sentiero sterrato che conduceva ad una grande villa in stile vittoriano, dai muri color avorio e il tetto blu marino.
[…]


Fu finito di cenare che la mamma prese in braccio il piccolo Leonard e per mano la giovane Crystal, e assieme salirono le scale fino alla stanza dei due bambini. La donna sistemò delicatamente il neonato nella sua culla preziosamente ricamata, mentre la sorella si era già sistemata nel suo lettino.
«Mamma, mi racconti di nuovo la storia della principessa guerriera?» chiese timidamente quando la vide avvicinarsi per rimboccarle le coperte. Già a sette anni, Crystal aveva acquisito uno spirito stranamente tenace e combattivo, e preferiva le fiabe con un po’ più d’azione a quelle classiche, in cui dominava il romanticismo.
«Stasera non si può, tesoro mio. Papà non è ancora tornato e… è meglio che vada in soggiorno ad aspettarlo» tagliò corto la madre, pur continuando a rassicurare la figlia con il suo dolce sorriso.
Ma la bambina non sembrava del tutto convinta.
«Se ci ripensi prima di addormentarti, però, potresti sognarla…» la stuzzicò la giovane donna «…o potresti sognare te stessa nei suoi panni. Del resto, i sogni sono storie che contengono sempre un pizzico di realtà».
Gli occhi di Crystal si fecero sognanti, mentre la sua fantasia aveva già cominciato a galoppare libera. Fu il bacio della buonanotte della madre che la fece tornare al presente.
«Ti voglio bene, mamma» le sussurrò allora con la voce già impastata dal sonno.
«Anche io ti voglio bene, piccola mia» ricambiò lei, e silenziosamente uscì dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.

~


Si svegliò nel cuore della notte, per colpa di una sensazione di sete che le opprimeva la gola. Scese lentamente dal letto, si stropicciò gli occhi e poi si diresse verso il piano di sotto, senza alcuna paura dell’oscurità che la circondava.
In poco tempo scese le scale, attraversò il soggiorno e si ritrovò in cucina, dove prese uno sgabello per arrivare all’altezza del tavolo e versarsi dell’acqua dalla brocca lì appoggiata. Fu in quel momento che qualcosa, all’interno della sua visuale, cambiò. Un piccolo barlume di luce si proiettò oltre la soglia, così fievole che doveva per forza venire dal piano di sopra. Poi il rumore di una porta che sbatteva.
Crystal corse silenziosamente vicino al muro, e si sporse in modo da poter sentire più chiaramente quel che stava accadendo.
«Non mi avete nemmeno aspettato per la cena!» ringhiò una voce maschile, colma d’ira e odio.
«Ma i bambini avevano fame, Stewart, e voi siete rincasato solo poco fa» il tono di sua madre era invece sommesso e preoccupato, e invano tentava di calmare il marito.
Nella penombra, Crystal riuscì ad uscire dalla stanza, fino a nascondersi dietro al caminetto in soggiorno; da quella posizione, poteva osservare la scena con i propri occhi.
«Sempre e solo i bambini! Date davvero troppa importanza a quei parassiti, mentre non sono altro che due bocche in più da sfamare! Sapevo che ci avrebbero portato solo disgrazie» urlò il padre di tutta risposta.
Stewart Gray non avrebbe mai voluto avere figli, e la sua idea a loro riguardo era quella di “danni collaterali”. Erano state le insistenze di Jennifer Hart, sua sposa in seguito ad un matrimonio combinato, che lo avevano fatto acconsentire, ma per la sola volontà di farla tacere.
«Non potete parlare in questo modo, sono i vostri bambini, sono la mia vita…» la madre avrebbe certamente continuato se non avesse visto qualcosa negli occhi del marito. Un barlume di crudeltà, che le fece intuire quel che sarebbe accaduto.
Lentamente, in prossimità delle vertebre lombari, gli spuntò una coda, terminante con quella che poteva sembrare una mazza chiodata. Crystal si fece piccola dietro il caminetto.
Quello era il segreto di suo padre: quella sua capacità che in pochi conoscevano era stata creduta una malattia, nonostante al signor Gray non portasse alcuno svantaggio; al contrario, poteva servirsene per intimidire qualora fosse arrivata l’occasione, e persino per uccidere. E questo, la giovane donna lo sapeva bene.
«Ora mi sono stancato» sibilò con calma mortale, e poi, fulmineo, si diresse nella camera dei bambini.
Jennifer cominciò ad urlare, inseguendolo e tentando di fermarlo, ma fu tutto in utile: le urla di Leonard e dei tonfi furono le ultime cose che la piccola Crystal sentì prima di rivedere il padre spuntare dalla porta, macchiato di sangue.
«Crystal, scappa!» gridò disperata la madre, oramai in lacrime.
Ma il signor Gray fu più veloce, scese le scale e, anche nella penombra, riuscì a scorgere la bambina seminascosta. Si diresse verso di lei a passo spedito, e quando se la ritrovò di fronte, cominciò ad agitare minacciosamente la coda. Il destino della figlia sarebbe stato segnato se, proprio nel momento in cui l’uomo calò il colpo, la madre non si fosse lanciata in mezzo, proteggendo la piccola con il suo stesso corpo. L’urto fu così violento da scagliarla verso l’altro lato della stanza, lasciandola poi distesa a terra, con un profondo squarcio che correva dal fianco destro fino al petto. Il marito, tuttavia, non si scompose e si avvicinò alla moglie per un attimo.
«Era da tempo che aspettavo questo momento, mia cara» le sussurrò chinandosi verso il suo orecchio.
«Ora guarda tua figlia morire ».
Crystal, pietrificata, riuscì solo a vedere il volto della madre e a distinguere un lieve mormorio proveniente dalle sue labbra: perdonami diceva.
Ma la sua attenzione fu presto catturata dalla figura dell’uomo che, con occhi iniettati di sangue, ricominciava a camminare verso di lei.
«Farai la fine che ti spetta» le sibilò mentre si avvicinava.
Un altro passo, e un altro ancora, e di nuovo le fu di fronte. La piccola non provò nemmeno a scappare, tanto era il terrore che le bloccava le gambe, fino a renderle pesanti come macigni. Di nuovo, la coda intrisa di rosso prese a roteare, e di nuovo fece per abbattersi su di lei.
Ma qualcosa di estremamente normale e allo stesso tempo estremamente soprannaturale scattò in Crystal: la bambina scoppiò a piangere e strinse i pugni, e proprio dalle sue mani cominciò a liberarsi una forte luce bianca, che si espanse come uno scudo, fino a scagliare sulle scale il suo aggressore. Un potere, rimasto fino a quel momento nascosto, che trovava la sua forza nelle emozioni della piccola per difenderla.
L’uomo si rialzò, sconcertato ma allo stesso tempo furente. Non si arrese, e con un urlo si lanciò nuovamente in direzione della figlia; ma anche questa volta, fu la luce a guidare la sua mano e a farle sprigionare un potente raggio bianco che riallontanò l’assalitore, ferendolo in viso con un taglio sulla guancia.
Il signor Gray ghignò e con uno scatto afferrò una delle sedie sistemate attorno al tavolo, scaraventandola in direzione della bambina. Crystal riuscì a sposarsi in tempo, ma la poca agilità le fece perdere l’equilibro, e cadde a terra. Nel frattempo, l’uomo aveva afferrato il fucile appeso al di sopra del caminetto, e ora glielo puntava, come un cacciatore fa con la sua preda.
«E così sembra che tu abbia ereditato qualcosa da me» sentenziò con un ghigno crudele.
«Sei un mostro Crystal, proprio come tuo padre».
La piccola alzò gli occhi, terrorizzata.
«E’ un peccato che non vivrai abbastanza a lungo perché la gente ti dia la caccia» sussurrò infine con la voce colma d’odio, e aggiustò la mira in direzione della sua testa.
Alla bambina sembrò che nemmeno le sue nuove capacità fossero in grado di sconfiggere quell’essere terribile, ma nuovamente qualcosa si attivò lei; qualcosa che proveniva dagli angoli più bui della sua anima e che da quel momento sarebbe divenuta la sua condanna.
Improvvisamente, i suoi occhi si tinsero di rosso e l’ultima scena che vide fu lo sguardo sgomentato dell’uomo. Poi buio.
Riacquistò la vista qualche attimo dopo, e lo spettacolo che si trovò di fronte la fece nuovamente scoppiare a piangere: la stanza era devastata, i muri erano attraversati da tagli profondi che ne avevano lacerato la roccia; il sangue era ovunque, e ugualmente sparse erano le parti del corpo della persona che poco prima aveva tentato di ucciderla.
Chi aveva fatto tutto questo?
Crystal si guardò attorno, ma non vide nessun altro.
E la conclusione a cui arrivò era anche l’unica possibile.
Si rialzò, con la vista ancora appannata dalle lacrime che copiose rigavano il suo viso, troppo giovane per quello che la vita le aveva messo di fronte. Non prese nulla dalla casa, ma uscì dalla porta e si diresse verso la spiaggia, dove cominciò a correre, senza mai fermarsi.

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 - A New Hope ***


Capitolo 1 • A New Hope

«Il professore»


Westchester
1962



«No, cerca di stare più diritto. Su, quelle spalle» lo corresse di nuovo, ma vedendolo ancora incerto, gli si avvicinò e si mise al suo fianco.
«Allora Alex,» cominciò a spiegare «quello di cui devi essere cosciente, è il fatto che i tuoi raggi energetici provengono solo ed esclusivamente dal tuo corpo. Il catalizzatore che ha costruito Hank ti dà un enorme vantaggio: grazie ad esso, la tua precisione aumenta, permettendoti di concentrare le tue forze su un unico bersaglio» fece una breve pausa, indicando ad uno ad uno i manichini sistemati sul fondo del bunker.
«Non devi dimenticarti però che sei tu il regolatore primario, e solo tu puoi riuscire ad avere un perfetto controllo sul plasma che generi. Ora, prova a colpire quello al centro come hai fatto finora» suggerì facendo un passo indietro, e lasciando al ragazzo lo spazio di cui aveva bisogno.
«Sarebbe meglio che uscissi con il professore, Crystal» mormorò Alex timidamente.
La giovane sorrise.
«Non ce n’è bisogno. Anzi» il suo sguardo si accese improvvisamente, e si voltò verso lo sportello del bunker, a cui Charles era appoggiato. Con un cenno, gli indicò di sistemarsi al suo fianco.
Xavier inclinò il capo, dubbioso, ma alla fine capì che cosa aveva intenzione di fare la ragazza, senza neanche il bisogno di leggerle nel pensiero. Così, con qualche passo, la raggiunse.
«Ti assicuro, Alex, che non ci farai alcun male» lo rassicurò quindi lei.
Havok non sembrava ancora del tutto certo, ma poi si voltò verso i manichini: si concentrò, e dal suo corpo sprigionò il raggio di energia scarlatta che con forza si diresse verso il fondo del bunker, senza però centrare precisamente nessuno dei bersagli. Il giovane sospirò, deluso, e si voltò quindi verso il professore e la ragazza: con sua sorpresa, notò che gli occhi di lei si erano illuminati di bianco, e attorno ai due si era eretta una barriera scintillante, che sparì qualche attimo dopo. Anche l’espressione di Xavier era abbastanza stupefatta.
«Quello che intendevo dire…» riprese subito Crystal «…è che, principalmente, devi essere tu quello pronto ad assumere il controllo del raggio, con o senza l’aiuto del catalizzatore. Partiamo dalla posizione» spiegò tornandogli vicino.
«Durante l’attacco, ti ho visto insicuro, il che ti ha sbilanciato molto quando hai sprigionato l’energia. Devi assumere un postura che ti dia la possibilità di resistere all’urto e, successivamente, di regolare il plasma a tuo piacimento. Guarda me».
La giovane alzò il braccio destro, puntando il palmo della mano verso il manichino più a destra, ma senza fare resistenza con il polso: si concentrò, i suoi occhi si illuminarono nuovamente, e finalmente lanciò il raggio di luce. La mano, però, venne leggermente sbalzata all’indietro, e il colpo mancò il bersaglio.
«Visto? Questo è quello che accade quando non opponi abbastanza forza per sostenere il tuo potere. Se invece io avessi tenuto il polso ben saldo…» e continuò la frase con la dimostrazione pratica, questa volta centrando il manichino e staccandogli di netto un braccio, con un colpo che avrebbe potuto essere quello di una lama affilata.
Il ragazzo, meravigliato dal potere di Crystal, provò allora a sistemarsi, mettendo in avanti le spalle e inarcando leggermente la schiena.
«Esatto, e piedi ben saldi» si fece avanti Xavier, che oramai aveva capito su cosa l’amica volesse lavorare.
«Mi sembra ottimo. Prova ora» concluse compiaciuto, guardandolo negli occhi.
Alex annuì con il capo e, atteso che il professore e Crystal si fossero allontanati di qualche passo, riprovò l’attacco: questa volta, riuscì ad opporsi maggiormente alla forza del plasma, e il raggio di energia si fece strada in linea retta lungo il bunker, arrivando a colpire perfettamente il manichino centrale.
Il ragazzo si voltò raggiante verso i due amici, e si accorse che questa volta non c’era alcuna barriera. Lanciò un grido di gioia, sotto l’applauso del professore e l’amichevole pacca di Crystal.
In quel momento, però, la massiccia porta del rifugio antiatomico si aprì, e spuntò la testa di Hank; dopo aver osservato con sguardo compiaciuto il manichino in fiamme, si rivolse a Charles.
«Professore, dovrebbe venire con me» lo avvertì con tono incerto.
«Si tratta di Sean e del progetto sul volo» aggiunse allo sguardo interrogativo di Xavier, che non tardò a congedarsi da Alex e a dirigersi verso l’uscita, con un cenno a Crystal perché anche lei lo seguisse.
«Qual è il problema?» gli chiese mentre si avviavano dal giovane Banshee.
«La paura, suppongo» rispose Hank con un sospiro.
Crystal e Charles si scambiarono uno sguardo d’intesa: forse, sapevano già come infondere coraggio al ragazzo.


«…e sei sicuro che questo funzionerà?» domandò nuovamente Sean, osservando stranito il paio di ali in tela che gli stavano fissando alle braccia.
«Tutto è possibile. Ho basato il calcolo su…» tentò di spiegare Hank, ma Xavier lo interruppe, conscio del fatto che troppi dettagli di tipo tecnico non avrebbero giovato al ragazzo.
«Hank, basta parlare. Andiamo» esordì con una pacca sulla spalla di Banshee, e assieme si avviarono verso la finestra.
Il sole che splendeva e la leggerissima brezza pomeridiana diedero al giovane un po’ di coraggio in più quando venne fatto sedere sul davanzale; dalla finestra a fianco, Alex, Raven ed Erik osservavano la scena, con espressioni che variavano dal preoccupato al divertito.
Improvvisamente, però, uno spostamento d’aria e un leggero cambio di luce fecero alzare lo sguardo di Sean: Crystal fluttuava nell’aria a qualche metro di distanza dalla parete, mantenuta in volo grazie allo sbattere di soffici ali bianche, che parevano quelle di un angelo. Di sicuro, fra i suoi poteri, era quello che lei preferiva.
«Mi raccomando, urla più forte che puoi» la voce del professore al suo fianco lo riportò alla realtà.
«Le onde sonore devono essere ultrasoniche,» specificò poi Hank «prendile con l’angolazione giusta e dovrebbero trasportarti».
«Dovrebbero trasportarmi? La cosa mi conforta» rise nervoso il ragazzo.
«Non ti preoccupare, Crystal può aiutarti in qualunque momento» ribatté però Xavier, e la ragazza poco distante annuì.
«Auguri. E ricordati di urlare» furono le ultime parole di Charles che, con un sorriso, si allontanò dalla finestra.
Sean rimase per un attimo immobilizzato sul davanzale, ma poi, deciso a spiccare il volo, si fece un veloce segno della croce e prese un bel respiro: finalmente spalancò le braccia, lasciando che il tessuto a righe gialle e nere delle ali si stendesse per bene.
Un altro respiro, e in un secondo si lasciò cadere in avanti. Purtroppo però, l’angolazione e la potenza dell’urlo non furono sufficienti, e il ragazzo precipitò verso il suolo senza alcun freno. Chiuse gli occhi, ma li riaprì quando capì che la sua caduta era stata interrotta: il prato, in effetti, si stava via via allontanando, e quando riuscì ad alzare lo sguardo vide Crystal reggerlo per la felpa e riportarlo in direzione della finestra. Lo lasciò delicatamente sul davanzale e gli diede una pacca sulla spalla, come poi fecero anche Xavier e Hank.
Gli altra ragazzi, invece, scoppiarono divertiti in una risata.

~


«Avanti» rispose la voce di Xavier dall’interno, dando il permesso alla ragazza di entrare nella stanza.
Fuori era ormai buio, e non si sentiva nemmeno il vento ululare. Anche la casa era avvolta dal silenzio: tutti erano andati a dormire da qualche ora, e nello studio, in cui il professore stava ancora leggendo, lo scoppiettare del fuoco nel camino era l’unico suono percepibile. Almeno, fino a quel momento.
«Crystal» la salutò con sorpresa alzando lo sguardo dal suo libro.
«Ancora sveglia?».
La giovane si bloccò un attimo sulla soglia, con fare un po’ incerto, ma alla fine entrò, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Posso rubarti un attimo? Se non sono di disturbo, ovviamente» chiese guardandolo negli occhi.
L’espressione di Charles si fece dubbiosa per un attimo, ma poi chiuse il volume rilegato in cuoio.
«Nessun disturbo, anzi,» la rassicurò facendole segno di sedersi al suo fianco sul divano «colgo l’occasione per ringraziarti».
«Per cosa?» domandò Crystal inclinando la testa di lato.
Xavier sorrise.
«Per l’aiuto che ci hai fornito oggi. Hai dato dei validi consigli ai ragazzi, e ora sono tutti più sicuri e abili. E’ molto importante per il loro addestramento» le spiegò entusiasta.
«Sono contenta di poter supportare anche loro in qualche modo, ma davvero, non ho fatto nulla di così notevole…» sussurrò sinceramente, ma l’amico la interruppe.
«Crystal, tu sei… straordinaria» cominciò con il tono di chi non sa trovare le parole per descrivere.
«Hai una mutazione unica e molto potente, che ti permette di generare luce e di regolarla a tuo piacimento, da bagliore per illuminare a raggio laser per tagliare persino il ferro. Puoi modellarla per qualsiasi scopo, come lama per attaccare o come scudo per proteggere. E poi sei in grado di volare…» proseguì con sguardo sognante.
«Se non erro, mi hai già fatto un discorso simile, Charles» rise lei divertita, ma il giovane continuò imperterrito.
«…e come se non bastasse, hai moltissime conoscenze sui poteri altrui. Ti rendi conto che grazie a te, negli ultimi giorni, abbiamo fatto passi da gigante?» questa volta, i suoi occhi sinceri erano puntati verso quelli della ragazza.
Lei sorrise e abbassò timidamente lo sguardo, senza però nascondere la felicità che provava nel sentire che il suo aiuto aveva fruttato qualcosa.
«Se ci ripenso, mi sembra solo ieri quando ci siamo incontrati per la prima volta. Ricordo persino la prima frase con cui mi hai avvicinato» sorrise Xavier, lasciando che il suo sguardo si perse nel vuoto, quasi come se avesse di fronte la scena.
«Davvero? Sentiamo» lo schernì Crystal, tornando a guardarlo in viso.
«Charles Xavier, è capace di mantenere una promessa?» rispose lui mascherando il tono di voce.
Assieme, i due giovano scoppiarono a ridere, nel ricordo di quel pomeriggio di qualche mese prima in cui la ragazza lo aveva trovato, dopo aver attraversato mezzo continente.
«Avevo bisogno della garanzia che non mi avresti letto nel pensiero, che non ti saresti messo ad esplorare il mio passato... Solo in quel modo avrei potuto fidarmi di te» confessò improvvisamente lei, approfittando del momento di silenzio che si era venuto a creare.
Lo sguardo di Charles si fece perplesso e, se guardato bene, vi si poteva leggere anche una nota di preoccupazione. Per qualche secondo, lo scoppiettare del fuoco tornò ad essere il padrone della stanza, ma alla fine il professore si decise a parlare.
«Tu non accenni mai ai tuoi ricordi o alle tue esperienze, come se ci fosse qualcosa di tetro che li infesta. Ed è da quando ho cominciato a conoscerti più a fondo che mi domando cosa ci possa essere di oscuro in qualcuno che, al di là della sua mutazione, è una delle persone più meravigliose e buone che io abbia mai conosciuto».
Le sue parole, riaccesero qualcosa in Crystal che, per un attimo, colorò i suoi occhi con un barlume di vera speranza. Ma quella scintilla si spense presto, quando la ragazza abbassò lo sguardo e un’espressione grave si delineò man mano sul suo volto.
«E’ proprio di questo che ero venuta a parlarti».

Il fuoco danzava sul legno all’interno del camino, ed era abbastanza tranquillo da non alzarsi troppo, ma contemporaneamente abbastanza vivace da espandere il suo calore e la sua luce all’interno di tutto lo studio. Con un po’ di fantasia, tra le fiamme, si potevano scorgere delle figure, che andavano dalle creature leggendarie dei libri di fiaba alle persone che comunemente si incontrano tutti i giorni. Allo stesso modo, quelle fiamme si rispecchiavano negli occhi celesti della ragazza, che però vi vedeva solamente dei fantasmi dal passato, di nuovo nel presente per ricordarle chi era.
«E’ da tempo che viaggio, Charles. Molto, moltissimo tempo» sospirò improvvisamente sotto l’attento sguardo dell’amico.
«Una delle caratteristiche della mia mutazione assomiglia ad una di quelle di Raven. Le mie cellule invecchiano ad un ritmo davvero lento. E’ un po’ come se io potessi crescere, ma non invecchiare» terminò la frase e fece una breve pausa, in cui tornò ad osservare il fuoco.
«Conosco tanti aspetti delle mutazioni delle persone perché ho avuto il tempo per osservarle e capirle» aggiunse poi abbassando lo sguardo.
«Quanti anni hai?» le chiese in sussurro Charles, che man mano stava riuscendo a capire che cosa la ragazza volesse dirgli.
Lei si lasciò sfuggire una risata che pareva divertita, ma che in realtà aveva un retrogusto amaro.
«Non lo ricordo, ho smesso di contarli da un po’. Ti posso però dire che Crystal Hart è nata attorno al 1847, in una città sperduta dell’Oregon, nonostante ora abbia l’aspetto di una ventenne» raccontò con voce sommessa.
Pur sorpreso da quella rivelazione, Xavier non riusciva comunque a capire cosa ci potesse essere di terribile in tutto quello. Dal tono dell’amica, sembrava davvero che un oscuro segreto si celasse fra le mura del suo passato, che fino a quel momento aveva protetto e nascosto a tutti i costi.
«Non pensavo che le mutazioni negli uomini avessero radici in un periodo di tempo così lontano…» ragionò quindi ad alta voce.
«Ma, tornando a te, non riesco a vedere nulla di negativo in questo».
In quell’istante, Crystal tornò a guardarlo negli occhi, e solo allora il professore si rese conto di quanto la sua espressione fosse triste e sofferente.
«Tu hai detto di trovare in me una delle persone più buone che tu abbia conosciuto. Ma ti sbagli…» confessò la ragazza con voce rotta.
Charles si fece visibilmente preoccupato, e prese la giovane per le spalle, guardandola dritta in volto.
«Che cosa è successo, Crys?» le chiese stringendo delicatamente la presa, come per infonderle sicurezza.
Lei sembrava affranta, e terribilmente incerta, ma alla fine parlò.
«Devi fare quello che ti avevo chiesto di non fare. Devi guardare nel mio passato, Charles, vedere attraverso i miei occhi il motivo del mio viaggio, della mia fuga… Ora che ti conosco, so di potermi fidare pienamente di te» spiegò tutto d’un fiato.
Il professore prese un respiro profondo, e la fissò negli occhi: in tutte quelle settimane in cui l’aveva avuta al suo fianco, avrebbe potuto infrangere la promessa che le aveva fatto quando ancora non si conoscevano, ed esplorare ogni sua singola memoria. E invece l’aveva rispettata. Dal primo momento, quella ragazza gli aveva dato un senso di lealtà, fiducia e sicurezza che non era riuscito a spiegarsi. La sentiva vicino a sé, come un’amica di lunga data. Eppure non conosceva nulla del suo passato, non sapeva chi realmente fosse. Ora, tutte le sue domande a riguardo avrebbero trovato una risposta.
Lentamente, si portò l’indice e il medio della mano sinistra sulla tempia. La guardò attentamente ancora una volta, come per cercare nuovamente il consenso nel suo sguardo. E lo trovò.
Così, attraverso il suo potere, cominciò ad esplorare.
Visioni confuse e consumate dal tempo cominciarono a scorrere nella sua mente, ma la cosa più nitida che poteva avvertire erano delle voci.

Questa volta le onde non mi hanno presa nemmeno una volta!

Ti voglio bene, mamma.

Anche io ti voglio bene, piccola mia.

Non mi avete nemmeno aspettato per la cena!

Non potete parlare in questo modo, sono i vostri bambini, sono la mia vita…

Ora mi sono stancato.

Crystal, scappa!

Sei un mostro Crystal, proprio come tuo padre. E’ un peccato che non vivrai abbastanza a lungo perché la gente ti dia la caccia.


Le immagini drammatiche di quella terribile notte gli si pararono davanti agli occhi come se lui in persona le stesse vivendo. Angoscia, terrore, rabbia… questi furono i sentimenti che avvamparono dentro lui, come più di cento anni prima avevano fatto nell’allora piccola Crystal.
Poi il buio, e poi ancora la scena che aveva sconvolto tanto quella bambina di sette anni.
In seguito, la vide attraversare Stati, boschi, prati e città. La osservò vagare da sola, alla continua fuga da quello sconvolgente episodio. Ma i ricordi erano disturbati, e nonostante le scene cambiassero, una frase continuava a risuonare nella sua mente: sei un mostro Crystal.
Una lacrima scese sulla guancia di Charles, mentre lentamente ritornava alla realtà.
Ora si trovava di nuovo all’interno del suo studio, nella grande villa di Westchester. Il fuoco scoppiettava nel camino, mentre all’esterno la luna diffondeva chiazze di chiarore qua e là. Di fronte a lui, Crystal lo guardava sfinita, e il suo viso era rigato dal pianto.
«Crys…mi dispiace» sussurrò lievemente per poi sporgersi in avanti e stringerla forte, lasciando che si sfogasse.
Ora capiva il motivo di tanto mistero, di tanta paura a rivelare quello che le era successo. Non avrebbe mai potuto immaginare che, dietro alla bontà e alla gentilezza con cui l’amica si mostrava ogni giorno, ci fosse in realtà un conflitto tanto acceso con il suo passato. E una persona meravigliosa come lei, non lo meritava.
Improvvisamente, la prese di nuovo per le spalle e la allontanò delicatamente da sé per poterla guardare negli occhi. Con una mano, le asciugò una lacrima.
«Tu non sei un mostro» le disse con tono deciso e sicuro.
La ragazza trattenne un singhiozzo.
«Ma hai visto quello che ho fatto… quello di cui sono stata capace. Sono come mio padre…» mormorò afflitta, ma Xavier la interruppe.
«Quell’uomo, lui si che era un mostro. Non provare neanche a paragonarlo a te, perché io conosco la vera Crystal, e non intendo cambiare di una sola virgola ciò che ho detto prima su di lei» la corresse il giovane, fermamente determinato a farle capire la differenza.
L’amica, nel frattempo, si era visibilmente calmata.
«All’inizio pensavo che quella mia e di mio padre fosse una malattia. Per decenni mi sono nascosta fra la gente, ma senza mai smettere di cercare una soluzione al problema. Più passava il tempo, più però mi convincevo che avevo sbagliato qualcosa. E dopo anni di paura e incertezza, ho cominciato a prendere confidenza con il mio potere e ad imparare ad usarlo, dosandolo in modo tale che nessuno si ferisse» raccontò con sguardo perso nel vuoto.
«Quell’intervallo di buio nella tua memoria nasconde ciò che ti ha permesso di sopravvivere quella notte… e non credo che fosse esattamente il potere che usi oggi» constatò dubbioso il professore.
Crystal annuì.
«Ho indagato anche su quello, e ho scoperto di cosa si tratta» cominciò a spiegare, ma poi si fermò un attimo per cercare le parole giuste.
«E’ simile ad un caso di duplice personalità. Tutto quello che sono riuscita ad apprendere di lei è che ha occhi rossi, come pozzi scarlatti, e che i suoi raggi sono neri come la notte e letali almeno tre volte in più dei miei. Il mio potenziale è molto ridotto rispetto al suo. Ma nonostante questo, non ho mai voluto liberarla. Se accadesse, tutti si troverebbero in pericolo, anche i miei amici più cari…» sospirò tristemente. Quello era il demone che per tutti quegli anni l’aveva perseguitata: se stessa.
«Puoi imparare a controllarla. E io posso aiutarti, Crys. Sono certo che insieme riusciremo a sconfiggerla e a tramutarla in qualcosa di buono» d’un tratto, il tono di Xavier si fece ancora più sicuro. Se poteva aiutare l’amica in qualche modo, non avrebbe esitato un solo istante.
«No, Charles» la risposta di Crystal fu più dura e risoluta di quanto si sarebbe aspettato, e la preoccupazione tornò a farsi strada nei suoi occhi. La ragazza, però, riuscì a leggerla.
«Amico mio… ti giuro che se potessi affidare la situazione a qualcuno, tu saresti l’unico possibile candidato della lista. So di cosa sei capace, e faresti di sicuro miracoli. Ma mai, e ripeto mai, correrei il rischio di esporti ad una minaccia tanto grande. Se accadesse qualcosa di spiacevole, non me lo perdonerei mai» e questa volta fu lei a stringergli amichevolmente una spalla.
Il professore la guardò: di norma, non si sarebbe arreso tanto facilmente, ma dopo essere stato nella mente di Crystal e dopo aver vissuto quel che le era capitato, riusciva a capire la sua decisione.
«Che cosa hai intenzione di fare?» le chiese quindi con un sospiro.
«E’ il mio demone, e come tale sento di doverlo combattere da sola. Ma ho bisogno di tempo e nuove esperienze perché ciò accada… per questo volevo partire» rispose lei. Aveva pronunciato le ultime parole con difficoltà, come se quella fosse stata una scelta obbligata che andava contro ogni sua volontà. E, in effetti, lo era.
«E dove vorresti andare?» la nuova domanda di Charles fu repentina, e lasciò trasparire per un attimo la sofferenza che gli avrebbe procurato quel distacco.
«Ovunque abbia la possibilità di dare libero sfogo al mio lato nascosto e, volta per volta, imparare a controllarlo, come ho fatto con il mio potere» spiegò la giovane, ma in fondo neanche lei sembrava troppo convinta.
«Non dovrei abbandonarvi così, non vorrei abbandonarvi così. Ma più tempo rimango, più sento che si fa forte il rischio che vi accada qualcosa per colpa mia» aggiunse infine prima che l’amico potesse proferire parola.
Altro attimo di silenzio: gli occhi del professore corsero nuovamente al fuoco, facendogli notare che si era fatto meno intenso. Senza pensarci, si alzò dal divano e si diresse verso la cassa a fianco del camino, che conteneva ancora qualche ceppo di legna. Ne prese due, e li gettò in pasto alle fiamme, che avide se ne impadronirono immediatamente.
«Non voglio impedirti di andare, Crys, assolutamente. Ma tu hai fatto davvero tanto in questi pochi mesi, e anche io vorrei poter fare qualcosa per te» confessò d’un tratto tornando a guardarla.
La ragazza, finalmente, sorrise di nuovo.
«Ascoltami, Charles» gli disse alzandosi.
«In tutti questi anni ho tentato di sfuggire dal mio passato, da quello che sono, ma non ci sono mai riuscita. E’ da più di un secolo che viaggio per questo continente, eppure gli eventi di quella maledetta notte mi perseguitano ancora. Incontrandoti e vedendo quello che fai, però, mi hai dato una speranza. Ora so che esistono ancora delle persone di cuore che si impegnano per la nostra causa, perché i mutanti non sono pericolosi a prescindere. Non dipende dai poteri, ma dipende da chi li ha e da come li usa. E questo è un concetto che tutta l’umanità dovrebbe sforzarsi di capire. Sono certa che tu sarai colui che riuscirà in questa impresa» sussurrò sincera arrivando di fronte a lui.
«Quindi grazie Charles, grazie per la lotta che combatti ogni giorno, grazie per credere sempre nella bontà dei mutanti e degli umani, grazie per avermi accettata per quello che sono… e grazie, perché in questi ultimi mesi, dopo tanto tempo, mi sono sentita di nuovo a casa».
A quelle parole, anche Xavier sorrise, e fece un passo in avanti per abbracciarla di nuovo.
«Sei destinata a grandi cose, Crystal» le mormorò ad un orecchio.
«Ti prometto che sei mai avessi bisogno di me, ovunque ti troverai, ti basterà cercarmi qui» e con l’indice si toccò una tempia.
Le sarebbe mancata, molto, ma qualcosa gli diceva che si sarebbero rivisti. E forse, in quel giorno sperduto nel futuro, il loro sogno di pace fra umani e mutanti si sarebbe realizzato.

Note: Comincio inanzittutto col ringraziare chi ha commentato :) Mi fa piacere che la storia piaccia e incuriosisca! Quindi grazie mille per le belle recensioni ^-^
Questo capitolo è abbastanza lunghino, e me ne sono accorta solo quando ho finito di scriverlo xD Diciamo che è un bel balzo nel tempo, e quindi ho dovuto spiegare un po' quello che è successo e la situazione attuale. Spero piaccia e non stanchi troppo, al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 - Hot Ice ***


Capitolo 2 • Hot Ice

«Morrigan»


All’ennesimo pugno luminoso, i cristalli di ghiaccio che pendevano dall’albero caddero tutti assieme, a parte i più resistenti, che rimasero a tintinnare attaccati ai loro rami.
«Dannazione» imprecò Crystal con voce sommessa.
«Questo livello di potenza non basterebbe per controllare lei».
Sospese le riflessioni a voce alta, e ricominciò invece a colpire il possente abete.
Una volta, Charles le aveva spiegato che dentro di lei c’era molto più potere di quanto ne usasse. In quel caso non si riferiva al suo alias, ma ad una parte di energia latente che l’avrebbe resa capace di sforzi ancora più grandi. Era probabile che, non essendosi mai trovata nella situazione di doverla usare, fosse rimasta sepolta dentro di lei; per potervi avere accesso, Crystal e il professore vi avevano lavorato per diverso tempo, ma la ragazza aveva deciso di partire prima che l’allenamento terminasse.
Da un lato, aveva paura che questo potenziale nascosto fosse strettamente legato a quello della sua seconda personalità; dall’altro, al contrario, l’istinto le diceva che avrebbe potuto essere l’arma con cui poterla combattere.
Sferrò un altro pugno, brillante di potere: durante quella prima settimana del suo esilio volontario, aveva infatti imparato a far confluire la luce in una precisa parte del suo corpo, rendendola più forte e resistente del normale. In un combattimento, questa nuova abilità le sarebbe stata molto d’aiuto.
Ma nonostante ciò, la giovane non era ancora convinta.
«Posso fare di più, ne sono certa» mormorò a se stessa.
Era da cinque o sei giorni che non rivolgeva la parola ad un altro essere umano, e non avrebbe potuto neanche se lo avesse desiderato: la zona dell’Alaska che aveva scelto come luogo del suo allenamento era infatti una fra le più deserte. Ad ogni modo, non era la solitudine a spaventarla.
D’improvviso la ragazza si bloccò, e un’idea cominciò a balenarle nella mente. Non ci rifletté sopra neanche troppo tempo: alla fine, decise di provare a liberarla. Era consapevole che il suo autocontrollo non sarebbe bastato; ma forse, si disse, la pratica era il miglior modo per fare progressi.

Fece qualche passo indietro rispetto all’albero, e si sistemò in piedi al centro della piccola radura innevata in cui si trovava. Iniziò una respirazione lenta e regolare, e si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Era in quelle situazioni di massima quiete che cominciava a sentirla: una sensazione di rabbia, confusione, agitazione, che vorticosa la turbava dal più profondo del suo animo. Quello era il modo in cui lei reclamava ogni volta la libertà.
Di nuovo, inspirò profondamente. Aveva paura, tanta paura, certamente; ma avrebbe trovato il modo di controllarla, e quindi di controllare anche la sua seconda personalità.
«Proviamo» mormorò per farsi coraggio.
Finalmente chiuse gli occhi e, lentamente,  lasciò che quel vortice di sentimenti negativi risalisse verso la superficie. Ad ogni passo che faceva dentro di lei, avvertiva le membra tremarle e il cuore batterle più forte mentre, a poco a poco, la sua mente si offuscava.
Con calma, Crys. Mantieni il controllo si disse cercando di conservare il suo stato di apparente tranquillità. Se vista dall’esterno avesse infatti potuto sembrare serena, al suo interno si stava consumando una lotta terribile.
Ci siamo.
Quando riaprì gli occhi, le sue iridi si erano tinte di rosso.
Con movimenti cauti e lenti, si guardò dapprima attorno e poi sollevò un braccio, portandosi la mano di fronte al viso: bastò pochissima concentrazione perché dal palmo scaturisse una sfera abbastanza grande di energia nera. Così scura, che avrebbe fatto invidia all’abisso più profondo.
Per un istante, Crystal pensò di tenerla sotto il suo controllo. La sua percezione di se stessa, in quel momento, si poteva paragonare ad una bomba: pericolosa e pronta ad esplodere in qualsiasi istante. E quell’istante, purtroppo, non tardò ad arrivare.
Un fruscio alle sue spalle attirò la sua attenzione: solo allora vide un cervo muoversi agile fra i tronchi degli enormi abeti. La ragazza sentì avvampare dentro di lei il vortice di potere negativo, che subito si trasformò in un fuoco, bruciando ogni tentativo di riprendere il controllo. Solo i suoi occhi assistevano impotenti alla scena che stava per verificarsi.
Il suo corpo scattò in avanti ad una velocità impressionante e si lanciò all’inseguimento dell’animale che, essendosene accorto, aveva cominciato a correre. Ma per quanto avrebbe tentato di distanziarla, non sarebbe riuscito a sfuggire a quella terribile avversaria.
Crystal, dalla sua prigione che sembrava annebbiarle la mente, provò nuovamente a riprendere il controllo quando si vide a pochissimi metri di distanza dal cervo. Il tentativo, però, fallì ancora.
Urlò, o almeno ci provò, perché dalla sua bocca non uscì alcun suono. Sotto a quegli occhi sanguinei, la sua espressione era dura e impassibile, i suoi muscoli tesi e scattanti nella corsa. Non c’era modo per fermare quella macchina da guerra.
Le bastò un attimo per essere addosso alla sua vittima, e poi tutto si fece nero. Quando un secondo dopo riuscì a riaprire gli occhi, di nuovo celesti, del povero cervo rimanevano solo resti scomposti e sangue.
Crystal si lasciò cadere a terra, sulle ginocchia, e si prese la testa fra le mani mentre tentava di trattenersi dal piangere. Il demone si era oramai ritirato, tornando ad essere quella piccola nota della sua mente che, insoddisfatta come sempre, premeva per essere liberata.
Con uno scatto di rabbia, la giovane si alzò e lanciò un raggio luminoso contro un abete poco distante, tagliandone di netto il tronco e facendolo cadere. Poi fece comparire le sua ali e, una volta spalancate spiccò il volo per il cielo grigio.
Aveva perso ancora una volta, e una sola frase le risuonava nelle orecchie: sei un mostro, Crystal.
 
 
Atterrò a qualche chilometro di distanza, nei pressi di quella che si preannunciava una lunga salita innevata fra gli alberi. Decise di proseguire a piedi: un po’ di fatica, forse, la avrebbe aiutata a non pensare a quel che era successo.
Si diede della sciocca per aver creduto di poter riuscire a controllarla. Il suo alias era davvero troppo potente, e bastava solamente che percepisse un altro essere vivente perché entrasse in azione. Cosa sarebbe accaduto in un luogo affollato come una città? Quante vittime avrebbe fatto prima di riuscire a fermarsi?
Scacciò subito quel pensiero, e continuò a camminare.
I suoi stivali neri sprofondavano fin sopra il polpaccio nella neve fresca, lasciando per tutto il versante una serie di impronte in linea retta. Faceva freddo, ma la ragazza non ci faceva caso.
A riportarla alla realtà fu una voce.
Crystal?
La giovane alzò di scatto la testa, e si guardò in giro. Qualcuno l’aveva chiamata, ne era certa, ma attorno a sé non vide anima viva. Immobile, cominciò di nuovo a scrutare gli alberi ghiacciati.
Crystal?
Al secondo richiamo, però, si accorse di qualcosa: conosceva quella voce.
Spalancò gli occhi, incredula, e alla fine capì.
«Charles!» esclamò entusiasta.
In un attimo, quel che era successo qualche ora prima e le sue preoccupazioni svanirono, cancellate dal suono delle parole dell’amico che le risuonavano nella mente.
Finalmente, Crystal! anche il tono del professore sembrava contento e sollevato.
E’ da un po’ che ti cercavo, sai?
La ragazza si fermò un attimo: Charles era ovviamente un telepate molto potente, ma come faceva il suo potere a raggiungerla anche in un luogo come quello?
Si diede da sola la risposta appena un attimo dopo, quando si ricordò della macchina che Hank aveva costruito per amplificare i poteri di Xavier.
Sì, sto usando Cerebro rise Charles captando i suoi pensieri.
Anche Crystal sorrise.
«E’ davvero bello sentirti, amico mio» confessò raggiante.
Dove diamine sei andata a cacciarti? la schernì lui, che ci aveva messo diverso tempo per riuscire a contattarla.
«Avevo bisogno di un luogo lontano e isolato, ricordi?» gli rispose subito la giovane.
Ma il professore non sembrava soddisfatto.
Posso vedere con i tuoi occhi? Con il tuo permesso, ovviamente le chiese infatti appena dopo.
L’espressione di Crystal si fece dubbiosa, con un accenno di sorpresa.
«Puoi fare anche questo?» domandò all’amico, pur conoscendo già la risposta. Charles non avrebbe mai finito di stupirla.
Certamente. Questo e molto altro… il tono scherzoso di Xavier conteneva anche una nota di malizia che, intercettata dalla ragazza, la fece scoppiare a ridere.
«Forza allora, goditi il panorama» lo invitò voltandosi in direzione della vallata.
Quasi involontariamente chiuse gli occhi e, quando li riaprì, una sensazione le disse che in quel momento il suo sguardo era anche quello di Charles. Solo allora, però, si accorse della meravigliosa veduta che si poteva ammirare dalla sua posizione.
Camminando, era quasi arrivata in cima ad un piccolo monte, che rivolgeva uno dei suoi versanti proprio su una bellissima pianura, circondata da altre catene di rilievi. Chiazze di pini e abeti la decoravano qua e là, mentre la neve, che come una coperta avvolgeva tutto quanto, risplendeva di piccoli cristalli sotto ai raggi del sole. Lo spettacolo era davvero magnifico, e lasciò sia la ragazza che il suo amico a bocca aperta.
Non ti sei risparmiata sullo splendore del panorama, a quanto vedo la punzecchiò improvvisamente lui.
In che zona ti trovi?
«Da qualche parte nell’Alaska» rispose Crystal, avvertendo che oramai l’amico aveva interrotto il collegamento diretto con il suo sguardo.
Per un attimo, nella sua mente, le sembrò di udire il sospiro di Charles.
Un po’ distante come posto… Qui manchi a tutti, sai?
La ragazza sorrise involontariamente.
«Come stanno i ragazzi?» chiese con nostalgia. Da quando erano entrati nel team e aveva cominciato ad aiutarli nell’addestramento, li aveva infatti considerati come una sorta di fratelli e sorelle minori, da istruire e proteggere. E in quel momento, sentiva davvero la loro mancanza.
Sono tutti in gran  forma. Alex continua con impegno il suo allenamento, e la sua precisione migliora di giorno in giorno. L’altro ieri, invece, abbiamo portato Sean sul radar poco distante da casa ed è finalmente riuscito a volare le raccontò entusiasta il professore.
«Sean vola? Ma è magnifico!» esclamò Crystal di tutta risposta, contenta che finalmente il giovane Banshee fosse riuscito a superare la sua paura.
Xavier rise.
In questi giorni, loro due hanno continuato a ripetermi che  se mai ti avessi rintracciata, avrei dovuto salutarti e ringraziarti per l’aiuto che gli hai dato. Si sono affezionati a te spiegò in aggiunta.
Erik, invece, insiste col fatto che tu sia andata via solamente per non pagargli quella famosa pizza che gli devi.
Anche questa volta, la giovane scoppiò in una risata, memore della piccola scommessa che aveva fatto – e in seguito perso – con l’amico.
«Prima o poi salderò il mio debito, digli che ha la mia parola» lo rassicurò allora.
«Hank e Raven, invece?» gli chiese poi.
Ci fu un attimo di silenzio nella sua mente, ma alla fine Xavier rispose.
Anche Hank sta migliorando. Oltre ad aiutare gli altri ragazzi con le sue conoscenze, sta imparando a trarre dei vantaggi dalla sua mutazione. Raven invece… e a quel punto si fermò, come se fosse indeciso sulle parole da usare.
Di sicuro, se lo avesse avuto davanti, Crystal avrebbe potuto dedurre qualche indizio in più dalla sua espressione o dai suoi gesti. Ma a centinaia di miglia di distanza, poteva solamente fare affidamento ai suoi pensieri.
Il professore riuscì probabilmente a leggere il dubbio nella mente della ragazza, perché si affrettò a completare la frase.
La verità, è che Raven è ancora molto restia dall’accettare la sua mutazione. Sono certo che stia vedendo la situazione dalla prospettiva sbagliata, e non vorrei che si sentisse a disagio… Sono un po’ preoccupato per lei, Crys confessò infine.
La ragazza si fermò un attimo a riflettere: la giovane Mystica era diventata una sua buona amica durante i mesi che avevano passato assieme. Crystal conosceva la paura di essere giudicati che la affliggeva, e spesso le era rimasta accanto per spiegarle che non doveva avere certe preoccupazioni: come sempre aveva sostenuto, le relazioni con gli altri dipendevano prima di tutto dal proprio carattere e dalla propria forza di volontà, non dalla mutazione che si possedeva. Era quasi riuscita a farle cambiare idea su se stessa, ma c’era sempre qualcosa che, alla fine, la scoraggiava.
«Raven è solamente da capire e… sostenere» rifletté triste ad alta voce.
«Ma per quanto possiamo cercare di infonderle fiducia, credo che alla fine toccherà a lei il passo finale, in qualunque direzioni porti. Cerca solo di farle capire che tu le sarai sempre vicino».
Il silenzio di Xavier le fece capire che anche lui era d’accordo.
«Tu, piuttosto, come stai? E usare Cerebro per troppo tempo non ti affatica?» chiese quindi la ragazza con tono un po’ incerto. Non voleva che l’amico si sfinisse solo per una semplice chiacchierata.
Non ti preoccupare, io sto bene la smentì subito lui.
Parlami invece del tuo allenamento. Come procede?
Crystal si bloccò. Erano arrivati alla domanda che avrebbe evitato volentieri. In un attimo, pietrificò i suoi pensieri, in modo tale che l’amico non li potesse percepire.
«Non bene come speravo…» ammise frettolosamente.
La frase vaga diede al professore il segnale che qualcosa era andato storto.
Hai provato a liberarla di nuovo?
La frase lasciò la giovane completamente esterrefatta, tanto che arrestò anche la sua camminata.
«Ma come…».
Sembrerai anche fredda e impenetrabile dall’esterno, ma io ormai ti conosco, amica mia spiegò la voce bonaria di Xavier quando percepì la sua sorpresa.
La ragazza non rispose. La sua mente tornò a vagare su quegli attimi di poco prima che avevano decretato il suo ennesimo fallimento, conscia del fatto che in quel modo il suo compagno avrebbe potuto esserne partecipe. Sconsolata, si lasciò cadere a sedere su un masso che, trionfante, emergeva dalla distesa di neve, e prese ad osservare il paesaggio con espressione vuota.
Crys… il tono dell’amico era afflitto. Aveva visto. Aveva capito.
«Charles… non credo di essere in grado di farcela. Ogni volta che credo di poterla vincere, accade qualcosa di imprevisto che le fa avere il sopravvento» sospirò abbassando lo sguardo.
«Morrigan potrebbe essere troppo potente per me».
Aspetta la fermò lui.
Morrigan?
Crystal rise amara.
«Morrigan era il nome della dea della guerra e della morte nella mitologia celtica. Dovevo darle un nome, è inutile continuare a chiamarla solamente lei» sospirò.
«Forse non riuscirò mai ad avere il controllo…» ma non fece in tempo a continuare.
Ora ascoltami, Crystal la interruppe infatti il professore.
Che questo alias, chiamiamola Morrigan, sia più potente di te o no è irrilevante al momento. Se la personalità che riesci a manifestare costantemente è quella buona, quella gentile, quella vera, allora significa che è quella dominante fra le due, non credi?
La ragazza non sembrava ancora molto sicura, ma Charles non si fermò.
E ogni volta che lasci uscire Morrigan, riesci sempre a tornare in te. Pensi che sia lei a permettertelo? Pensi che preferisca tornare nelle profondità della tua anima, della tua mente, anziché rimanerne fuori e saziare la sua sete di sangue? Tu hai già il controllo, Crys.
Rimase interdetta a quelle parole, incapace di controbattere in modo efficace.
Pensi sempre al tuo alias come ad un problema irrisolvibile, sforzandoti di trovare una soluzione, ma così facendo trascuri tutti i progressi che fai e quello che realmente sei.
E Xavier aveva ragione.
In tutti quegli anni non aveva fatto altro che concentrarsi su Morrigan, su quello che fosse accaduto se fosse sfuggita al suo controllo, quando in realtà era già riuscita ad ottenerlo. O almeno, in gran parte. Se di fronte ai problemi altrui riusciva sempre a trovare un raggio di speranza, la vita non le aveva mai insegnato ad essere ottimista con se stessa. Per la prima volta, le parole dell’amico riuscivano a farle vedere la situazione da una prospettiva totalmente diversa, più positiva di quanto avesse sperato.
A questo punto, dovresti sorridere.
Il nuovo messaggio telepatico del professore la fece tornare alla realtà e l’innocente ironia delle sue parole non poté far altro che ottenere l’effetto desiderato.
Crystal infatti sorrise. Un sorriso sereno, sincero, vero, che in qualche modo Xavier riuscì a captare.
«Charles io… non so che dire» sussurrò ancora esterrefatta per il suo discorso.
Credimi, questo tuo momento di felicità è più che sufficiente.
La ragazza rimase ad osservare il paesaggio con espressione sollevata, mentre una nuova scintilla di speranza cominciava a bruciare dentro di lei.
Passo per passo, riuscirai a controllare ogni lato del tuo potere. Io ho fiducia in te, Crys. E anche tu dovresti averne nelle tue capacità che, credimi... sono molto più alte di quanto tu possa immaginare.
 

~

 
Quella mattina si svegliò al sorgere del sole, scossa da uno strano presentimento.
Dal momento in cui aveva aperto gli occhi si rese conto che un’implacabile angoscia la agitava dal profondo, e fino a metà giornata provò a sopprimerla, invano.
In un primo momento la associò a Morrigan. Era ormai passata una settimana da quando aveva provato a liberarla, e pensò quindi che quell’opprimente sentimento non fosse altro che un grido di rabbia proveniente dalla sua alias. Ma poi, ascoltando più attentamente, capì che quella volta la sensazione non riguardava lei, ma qualcosa di momentaneamente più distante. Comprese infatti che quel presentimento non era altro che un sentore di pericolo, l’avvertimento di una minaccia imminente verso qualcosa di lontano rispetto a sé.
Brancolò nel buio alla ricerca di una spiegazione fino all’una di pomeriggio, quando improvvisamente le venne un’idea, tanto plausibile quanto terrificante.
Charles! gridò mentalmente, quasi sperando che lui potesse sentirla.
Ma il professore non poteva usare costantemente Cerebro, e le possibilità di stabilire un contatto si riducevano a zero.
Per un attimo, prevalse il lato razionale di Crystal per rassicurarla che non ci fosse nulla di veramente pericoloso che minacciasse i suoi amici. Se avesse anche solo avuto il sospetto di un qualcosa di simile, Charles l’avrebbe sicuramente avvertita.
Ma più tentava di soffocare il suo presentimento, più quello bruciava ardentemente, aumentando la sua agitazione e la sua preoccupazione. Così alla fine decise di smettere di camminare nervosamente per la stanza e optò per un’azione più produttiva.
E’ tempo di correre si disse uscendo dalla piccola baracca che in quei giorni era stata il suo rifugio.
Prese una boccata d’aria fresca e si mise in posizione: la velocità della luce era un’abilità che usava solo in casi estremi, visto il grande sforzo che richiedeva. Ma quella era certamente un’emergenza, e non ci pensò due volte.
Chiuse gli occhi per concentrarsi e quando li riaprì brillavano come due fuochi ardenti.
Un attimo dopo, in quel luogo, della ragazza non rimasero altro che lievissime impronte sul manto innevato.





Note: Comincio subito con un grande scusa per il ritardo con cui ho aggiornato. Il mio tempo libero è stato sopraffatto prima da diversi impegni scolastici e poi, con l'arrivo delle vacanze, da una repentina fuga nella casa in montagna, dove, ovviamente, manca la connessione >< In questa occasione sono di nuovo in città, e quindi eccomi qui ad aggiornare. Chiedo scusa di nuovo e ringrazio la pazienza di chi sarà di nuovo qui a leggere.
Inoltre, ringrazio in modo speciale _BeMyself, ElisaEliz e Sheriaan che hanno recensito il vecchio capitolo :)
Probabilmente non basterà, ma per farmi perdonare, corro a postare anche il terzo capitolo, sperando di non tardare più così tanto nell'aggiornare ><
Ancora scusa a tutti, al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 - Farewell ***


Capitolo 3 • Farewell

«L'isola»


Ad Erik bastò abbassare il pugno perché il cadavere di Shawe cadesse inerme sulla spiaggia, di fronte agli occhi increduli degli X-Men e a quelli del Team Inferno. Azazel si avvicinò per un attimo a quello che fino a poco tempo prima era stato il suo capo, ma appena dopo il suo sguardo corse all’altro uomo, che ora indossava l’elmetto per schermare la telepatia.
Lentamente, Erik si posò di fronte al relitto del sottomarino arenato, di fronte a tutti loro. Cauti, i ragazzi gli si avvicinarono.
«Togliete i paraocchi, fratelli e sorelle!» esclamò quando fu sicuro di avere la loro attenzione.
«Il vero nemico è laggiù» asserì  indicando le navi militari americane e russe che prendevano posizione a qualche centinaio di metri da loro.
«Sento le loro armi muoversi nell’acqua, il loro metallo che ci prende di mira! Americani, sovietici… umani, uniti nella loro paura dell’ignoto. L’uomo di Neanderthal è spaventato, miei fratelli mutanti!».
Assieme agli altri, cominciò ad avvicinarsi alla riva del mare, dove il calmo infrangersi delle onde sulla sabbia suggeriva che quella non era altro che la quiete prima della tempesta.
«Forza Charles…» disse Erik rivolto all’amico.
«Dimmi che sbaglio».
Xavier si portò indice e medio alla tempia sinistra, e scandagliò in un attimo le menti dei soldati a bordo delle navi. No. Erik non sbagliava.
La paura era il sentimento che in quel momento prevaleva nelle menti dei soldati, e specialmente in quelle dei loro comandanti, che stavano rivolgendo la loro completa attenzione e ciò che era successo sulla spiaggia. Che fossero russi o americani non avrebbe fatto differenza: avrebbero messo temporaneamente da parte il loro conflitto e si sarebbero coalizzati contro di loro.
E proprio in quel momento, i cannoni cominciarono a puntarsi su di loro.
Il professore, ansimante, rimase ancora un attimo con lo sguardo fisso in quella direzione, mentre ombre di incredulità e delusione si mescolavano nei suoi occhi. Poi si voltò verso Moira e con un cenno del capo le fece capire che la flotta doveva essere avvisata: la spiaggia era sicura, non c’era alcun motivo di attaccare.

La ragazza si precipitò verso il jet con cui, poco prima, erano arrivati sull’isola. Afferrò il microfono e una cuffia, pregando in cuor suo che funzionassero ancora, e immediatamente tentò di trasmettere il messaggio. Ma l’atterraggio di fortuna doveva aver danneggiato tutta l’apparecchiatura elettronica del velivolo. La radio era fuori uso.
Moira non fece in tempo a dire nient’altro: l’esplosione in lontananza di alcuni colpi fece voltare tutti quanti in direzione delle navi, confermando le paure di Charles. L’attacco era cominciato.
Decine e decine di missili iniziarono a dirigersi verso la spiaggia, disegnando larghi archi bianchi su tutto il cielo, mentre altri ancora venivano sparati da entrambi gli schieramenti.
I ragazzi si strinsero fra loro: era quella la fine che gli sarebbe toccata? Una morte per mano di coloro che si erano proposti di proteggere? E per cosa? Perché erano diversi da loro? Dove stava la giustizia, in tutto quello?
Fu il rapido movimento di polso di Erik a riportarli alla realtà. Con un po’ di fatica, riuscì infatti a bloccare tutti i missili, che ora fluttuavano in aria davanti ai loro occhi. La stessa scena lasciò senza parole i soldati sulle navi, che rimasero sbigottiti ad osservare la scena.
Ma quella situazione di stallo non durò a lungo: lentamente, i razzi si voltarono di mezzo giro, andando a puntare perfettamente la flotta che li aveva appena lanciati. Il professore capì subito.
«Erik, l’hai detto tu, siamo uomini migliori» esordì infatti avvicinandosi all’amico.
«Questo è il momento di dimostrarlo».
Ma Erik continuò impassibile a girare i missili, senza prestare attenzione alle parole di Xavier.
«Ci sono migliaia di uomini su quelle navi, uomini onesti, innocenti… stanno solo eseguendo ordini» continuò allora Charles. La sua voce era ferma, ma i suoi occhi tradivano la tensione che minacciava di sopraffarlo.
«Sono già stato vittima di uomini che eseguivano ordini» gli rispose allora Erik voltandosi a guardarlo.
«Non lo sarò mai più».
Gettò in avanti la mano aperta e i missili cominciarono a correre veloci verso le navi dei due schieramenti.
«Erik, fermati!» gridò il professore, che in fondo confidava nella bontà dell’amico. Ma più gli attimi passavano, più si rendeva conto che Magneto non si sarebbe fermato.
Con un urlo, si gettò allora addosso a lui: i due caddero sulla sabbia ed Erik, per un attimo, perse il controllo dei razzi. Alcuni cominciarono ad esplodere in aria, gli altri a cadere verso l’acqua.
Xavier tentò di togliere l’elmetto all’uomo, ma quello riuscì a scostarlo con un colpo di gomito.
«Non voglio ferirti, non mi costringere!» gli gridò.
I ragazzi cominciarono a correre verso di loro, nel tentativo di aiutare il professore, ma Erik fu più veloce e, manipolando il ferro delle loro divise, li scaraventò lontano. Solo Raven non fu colpita e, sorpresa, rimase immobile.
«Charles, adesso basta!» intimò poi a Xavier, che nel frattempo non aveva smesso di lottare.
Con una mano, Erik riuscì ad immobilizzarlo e con l’altra riprese il controllo dei missili, reindirizzandoli verso il suo obbiettivo. Mancavano poche decine di metri perché raggiungessero la flotta, e tutti pensarono che la sorte dei soldati fosse segnata.
E così sarebbe stato se, in quel momento, un’enorme barriera luminosa non si fosse materializzata di fronte alle navi, proteggendole dal loro stesso attacco. I razzi si infransero infatti contro la luce bianca, ed uno per uno cominciarono ad esplodere, sotto le grida di gioia dei soldati.
Sulla spiaggia, invece, tutti si voltarono: fra loro era infatti comparsa Crystal che, con occhi brillanti di potere, reggeva quel muro gigantesco. Ma nonostante la fermezza del suo corpo e la decisione della sua espressione, la ragazza ansimava: il viaggio a quella velocità le era costato un grande sforzo, e la creazione della barriera non era da meno.
«Fermati, Erik» sussurrò con voce rotta dalla fatica.
L’uomo si alzò in piedi, e non trovando addosso all’amica nessun oggetto di ferro da manipolare per bloccarla, cominciò a camminare verso di lei.
«Non capisci, Crystal? Dobbiamo cominciare a difenderci da ora, o sarà troppo tardi!» esclamò guardandola negli occhi.
Nel frattempo, le forze della giovane cominciavano a venir meno: più la barriera subiva colpi, più Crystal doveva impiegare nuove energie per rigenerarla. E più energia usava, più se ne privava.
Ancora qualche decina di esplosioni e avrebbe ceduto del tutto, ma Erik non sembrava avere intenzione di bloccare i missili. L’unico a capire veramente la situazione fu Charles.
«Erik, la ucciderai!» gridò tirandosi in piedi.
Ma lui era già di fronte a Crystal.
«Tu sai che cosa accadrà. L’hai sperimentato sulla tua pelle, prima di tutti noi» le sussurrò guardandola negli occhi.
«Ti hanno chiamato mostro, ti hanno dato la caccia, e tutto perché eri diversa da loro. Siamo migliori, e dobbiamo dimostrarglielo, così che non osino neanche farci del male!».
Non fece però in tempo a dire altro, perché gli occhi di lei, per un attimo, tornarono celesti.
«La nostra mutazione ci rende migliori solo per le nostre capacità, e non c’è bisogno di dimostrarlo a nessuno» mormorò la ragazza con un filo di voce.
«Dobbiamo dimostrare invece di essere migliori come persone».
Qualcosa cambiò nello sguardo di Erik, così Crystal approfittò dell’occasione e continuò.
«E tu sei una persona migliore di loro… di loro e di chi ti diede la caccia perché eri diverso. Quelli erano i veri mostri, Erik… ti prego, non diventare così anche tu…».
L’ennesimo missile si schiantò contro la barriera, e la ragazza cadde in ginocchio per lo sforzo di rinnovarla.
Ma le sue parole avevano fatto effetto, perché Erik, con sguardo confuso ma sofferente, stava per alzare una mano e bloccare i razzi rimanenti. Forse tutto si sarebbe risolto con quel gesto, se Moira, che aveva ormai identificato l’uomo come una minaccia, non avesse cominciato a sparargli.
Erik se ne accorse appena in tempo per deviare i proiettili, mentre nei suoi occhi tornava quell’ombra di odio che Crystal era appena riuscita a scacciare. Quella, per lui, era la dimostrazione che degli uomini non si sarebbe mai potuto fidare. Accecato dalla rabbia, lasciò la presa sui missili, che tornarono ad infrangersi sul muro di luce.
E in quel momento accadde l’inevitabile.
Uno dei proiettili deviati si diresse verso Charles, che in quel momento si stava alzando. Lo avrebbe sicuramente ucciso se, anche in quel momento, Crystal non fosse stata pronta.
Con una prontezza di riflessi di cui si stupì anche lei stessa, stese infatti un braccio in avanti, creando istantaneamente un’altra barriera più piccola, che però, a causa della mancanza di forze, riuscì solo a fermare temporaneamente il colpo. Ma nessun mutante avrebbe retto un così grande sforzo con così poche energie. Neanche lei.
Lascialo andare, Crys.
Il messaggio telepatico dell’amico le arrivò repentino. Il tempo sembrò quasi fermarsi a quell’istante, tanto che la ragazza pensò che non fosse reale. Ma lo voce non si fermò.
Lascialo andare ripeté con tono calmo.
Crystal inizialmente si oppose; non avrebbe permesso per nessun motivo al mondo che Charles si facesse del male, tantomeno per causa sua. Se riguardo a se stessa non era mai stata certa di nulla, in quel momento le fu invece ben chiara una cosa: avrebbe sacrificato la sua vita pur di salvare le persone a cui teneva. Quelle persone che, dopo tanto tempo, erano riuscite a conquistare la sua fiducia e le avevano donato affetto.
Ma c’era qualcos’altro che non sembrava essere della sua stessa opinione.
Nello stesso momento in cui Crystal accettò il fatto che quella fosse la sua fine, una nuova forza, molto più potente, scaturì dal profondo della sua anima. Attorno alla sua barriera di luce bianca se ne formò un’altra, nera come la notte, che cominciò a divorarla quasi fino a farla scomparire.
Quella era Morrigan.
Come più di un secolo prima non aveva permesso che Crystal morisse nello scontro con il padre, anche in quel momento sembrava che cercasse di proteggerla. Ma in quel caso, proteggere lei avrebbe significato la morte di Charles. E come si era ripromessa, la ragazza non lo avrebbe permesso.
Fu allora che la barriera bianca ricominciò a brillare e a sopraffare quella nera, arrestando nuovamente la corsa del proiettile. La lotta fra i due poteri non durò che appena qualche millesimo di secondo, ma a Crystal parve un’eternità. E alla fine, sopraffatta dalla stanchezza e dalla forza di Morrigan, lasciò la presa sul muro di luce.
Il proiettile, che non aveva più ostacoli di fronte a sé, continuò allora il suo percorso, ma gli sforzi della ragazza non erano stati vani, ed erano riusciti a deviare il colpo.
Quando il tempo sembrò riprendere il suo corso naturale, Crystal riuscì a vedere solamente Charles disteso a terra, con una mano sulla schiena, mentre Erik correva al suo fianco.
Poi, la vista le si annebbiò. Allora, sicura che tutti i missili fossero distrutti, lasciò che l’enorme barriera di fronte alla flotta scomparisse e si lasciò cadere a terra.
Sfinita, assistette alla scena successiva, in cui Erik estrasse il proiettile dalla schiena del professore e lo sorresse.
«Mi dispiace…» gli sussurrò con occhi spaventati.
Poi si voltò verso gli altri, che altrettanto preoccupati si stavano precipitando verso Xavier.
«Vi ho detto di stare indietro!» ruggì, impedendogli di avvicinarsi.
Lo stesso aveva fatto Moira, impaziente di fare qualcosa per l’amico, ma mettendosi di fronte a loro aveva attirato l’attenzione di Erik. In lei, vide la causa di quello che era successo a Charles.
«Tu…» mormorò mentre l’odio di prima tornava ad accendere il suo sguardo.
«…sei stata tu».
Gli bastò un veloce gesto della mano perché la collana con le piastrine della donna le si stringesse attorno al collo, minacciando di soffocarla. Moira si portò le mani alla gola, nel tentativo di allentarla, ma il controllo sul metallo di Erik era troppo potente.
«Erik… ti prego» lo chiamò allora Charles con un soffio di voce.
«Non è stata lei, Erik… sei stato tu».
L’uomo tornò allora a guardare l’amico steso a terra, con lo stesso sguardo afflitto di prima, e finalmente lasciò la presa su Moira.
«Metterci l’uno contro l’altro… è questo che vogliono. Ho provato ad avvertirti, Charles» replicò.
«Io ti voglio al mio fianco. Siamo fratelli, tu e io… tutti noi, insieme, per difenderci l’un l’altro. Vogliamo la stessa cosa».
No, Erik… non vogliamo la stessa cosa. E neanche tu hai ben chiaro quello che vuoi in questo momento avrebbe voluto rispondergli Crystal, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Riuscì solamente a mettersi seduta, appoggiandosi con le mani sulla sabbia e vincendo un terribile giramento di testa.
Ad attirare la sua attenzione fu poi la risposta di Xavier che, in un certo senso, tradusse in parole i pensieri della ragazza.
«Amico mio…» gli rispose con voce tremante.
«Mi dispiace… ma non è vero».
I due amici rimasero ancora qualche attimo a guardarsi negli occhi. Avrebbero voluto dirsi altro, probabilmente, ma nessuno dei due trovava il coraggio di parlare. Forse, come addio, bastava quello.
Erik alzò poi lo sguardo, e fece un cenno a Moira, che corse subito a sorreggere Charles al suo posto.
Solo allora, l’uomo si accorse dell’amica a pochi metri da loro.
Le corse vicino e si mise il ginocchio di fronte a lei, sorreggendola per le spalle.
«Crys» la chiamò preoccupato.
A fatica, la giovane alzò il viso e guardò finalmente Erik negli occhi. Solo allora lui si accorse della lacrima che le solcava la guancia.
Crystal aveva già capito cosa sarebbe successo. L’amico se ne sarebbe andato, li avrebbe abbandonati per inseguire quegli ideali che le esperienze di una vita gli avevano impresso nella mente. Che fossero giusti o sbagliati, non importava: Erik sarebbe andato fino in fondo, senza badare ad alcun prezzo. Questo, divideva inevitabilmente le loro strade.
«Non avrei voluto che andasse così» la sua voce la riportò alla realtà.
«Mi dispiace, Crys… so che condividi le idee di Charles, e che chiederti di venire con me sarebbe inutile. Ma voglio che tu sappia che devo molto sia a te che a lui. Abbiate cura l’un altro» sussurrò fievolmente, e con una mano le asciugò la lacrima. Le diede poi un bacio sulla fronte, e si allontanò verso gli altri.
Di quel che accadde dopo, Crystal non avvertì nulla, perché il sonno dell’incoscienza si impadronì di lei, trascinandola lontano da quella spiaggia, lontano da tutto.
 
~

 
«Ho bisogno che la riportiate subito a casa sua. Resterà svenuta ancora per qualche ora, e al suo risveglio non si ricorderà di nulla» spiegò Xavier ai due ragazzi.
Hank prese delicatamente in braccio Moira, mentre Alex fece un cenno di assenso con il capo. Dopodiché, i due si congedarono.
Charles sospirò e riprese a far girare le ruote della sedie a rotelle, continuando a percorrere lo spiazzo di fronte alla casa. Si fermò solo poco dopo, quando un sorriso si disegnò lentamente sul suo volto.
«Non serve leggere la mente per capire che sei qua attorno» rise guardando in avanti.
«Le tue ali fanno troppo rumore».
Da dietro un albero spuntò allora Crystal, intenta a ritirare dietro alla schiena i due grandi arti piumati, per poi farli scomparire lentamente.
«Allora devo porre rimedio a questo piccolo inconveniente, se voglio coglierti di sorpresa» sorrise timidamente.
«Ciao Charles».
«Ciao Crys» ribatté lui con tono invece solare e sicuro.
Pian piano gli si avvicinò, fino a sistemarsi di fronte a lui.
«Sembri di buon umore» constatò leggermente sollevata.
«E’ per via del progetto della scuola?».
«Esatto» sorrise lui.
«Ma se non ti dispiace, te ne vorrei parlare mentre facciamo un giro. Stare fermo qui mi annoierebbe abbastanza presto» aggiunse però subito scherzosamente.
Crystal accennò ad un nuovo sorriso, sebbene dietro ad esso si nascondesse una profonda amarezza. Aveva comunque capito quello che l’amico le aveva segretamente chiesto, e così fece due passi fino a portarsi dietro alla sedia dove, dopo un’amichevole pacca sulla spalla di Charles, afferrò i due manici e cominciò a spingere.
«Là fuori è pieno di ragazzi con poteri simili ai nostri, o ancora più particolari e affascinanti. Molti magari sono spaventati, altri curiosi, ma in tutti e due i casi è giusto che abbiano la possibilità di rivolgersi a qualcuno per saperne di più» cominciò allora a spiegare il professore con sguardo illuminato.
«Quello che voglio fare, è creare un luogo in cui possano affinare le loro abilità, imparare a conoscerle e a controllarle. Un luogo dove possano vivere al sicuro e non si sentano giudicati».
«Hai ragione» confermò allora l’amica.
«Credo anche io che siano elementi molto importanti, specialmente ora che il mondo intero è consapevole della nostra esistenza».
Si zittì per un momento, pensierosa.
«Il non far conoscere la nostra identità potrebbe essere un buon punto di partenza contro i pregiudizi della gente» ragionò a voce alta.
«Come ho detto poco fa a Moira, l’anonimato sarà la nostra prima strategia di difesa. Ed è anche il motivo per cui le ho cancellato la memoria» asserì in risposta il professore.
Sospirò.
«Mi dispiace per Moira… so che le eri affezionato» confessò allora Crystal.
«Non ti preoccupare, sto bene… è stato meglio così, per lei e per noi. La CIA può ricorrere a qualsiasi mezzo per arrivare a ciò che vuole. In questo modo, dovremmo essere tutti al sicuro».
Il ragionamento di Charles non faceva una piega, ma la ragazza capì che, in fondo, anche lui avrebbe voluto sbagliarsi riguardo a tutto ciò.
Ammettere che servivano protezione e difesa per i mutanti, significava essere consapevoli che il mondo non li avrebbe accettati con facilità. Quel che aveva detto Erik, era in parte vero, e Crystal e Xavier lo avevano sempre saputo. O meglio, temuto.
«Aveva imparato molte cose riguardo alle mutazioni. Perché non l’hai tenuta per insegnare qui?» chiese distrattamente la giovane.
«Perché non è una mutante. Tu ti sentiresti più sicura ad usare i tuoi poteri di fronte ad un altro mutante o ad una persona normale?».
Anche in quel caso, Charles aveva ragione.
«Giusto. In effetti la mia era una domanda poco pensata» ammise infatti Crystal.
«Devi avere altro per la testa. Tu sei una delle poche persone che pensano prima di parlare» sorrise l’amico voltandosi verso di lei.
Seguì un attimo di silenzio, in cui il cinguettio degli uccelli e il mormorio del vento si impadronirono della scena. L’atmosfera era tranquilla e serena, e in parte aveva sepolto l’accesa tensione di qualche giorno prima. Ma non sempre la cenere riesce a ricoprire completamente le braci, e qualcosa, in fondo, continua ad ardere.
«Speravo invece che tu potessi assolvere quel compito» la voce di Charles la riportò alla realtà e la lasciò senza parole.
Si fermò e si sistemò al suo fianco, guardandolo negli occhi con sguardo interrogativo. Il professore si lasciò sfuggire un lieve sorriso.
«Mi piacerebbe che tu insegnassi in questa scuola, Crystal» spiegò.
«Sai molte più cose di me riguardo agli effetti delle mutazioni e hai già dato prova di saper capire e aiutare i ragazzi. E, cosa più importante… non vorrei perdere un altro amico».
La ragazza rimase a guardarlo negli occhi senza sapere esattamente che cosa dire. Accadeva troppo spesso che lui la lasciasse senza parole. Ma quella volta era diverso.
Era da quella mattina che rimuginava su cosa avrebbe fatto e, fino a quel momento, la scelta era stata una sola. Xavier, con quell’offerta, l’aveva appena posta di fronte ad un bivio.
No, Crys. Tu sai cosa è meglio per lui si disse allora per mettere fine a quel conflitto di idee.
«Crys?» di nuovo, la voce dell’amico la riscosse dai suoi pensieri.
«Sì, scusami» mormorò scuotendo la testa, come per voler cancellare i ragionamenti di un attimo prima.
Prese un respiro profondo e poi tornò a guardarlo negli occhi.
«Però pensavo… come fai a volermi ancora vicino dopo quello che ti è successo?».
Charles inclinò la testa di lato con espressione stranita.
«Che cosa intendi?» le chiese socchiudendo gli occhi.
«Se non fosse stato per me, tu cammineresti ancora…» spiegò allora lei abbassando lo sguardo e il tono di voce.
Più ripensava a quello che era successo, alla lotta con Morrigan che aveva perso, più si rattristava.
Se solo fossi stata più forte…
«Ok, ora ascoltami» il professore la prese per le mani, costringendola a chinarsi perché i loro visi fossero alla stessa altezza.
«Non è stata colpa tua. E’ stato Erik a deviare il proiettile. Tu invece mi hai salvato la vita. Se non lo avessi spostato ancora, mi avrebbe ucciso» le disse con tono sicuro e deciso.
«Invece, se non fosse stato per Morrigan, ora non saresti costretto a stare su questa sedia a rotelle!» ribatté lei, mentre nei suoi occhi si faceva strada un terribile senso di colpa.
«Ma eri consapevole di quello che stavi facendo? Stavi per morire, Crys! Nessuno avrebbe retto una barriera così grande per così tanto tempo, senza contare che avevi già fatto uno sforzo enorme per raggiungerci. Quell’ulteriore muro di luce avrebbe prosciugato del tutto la tua energia vitale» contestò allora Charles.
Le strinse le mani.
«Sarei morto piuttosto che veder morire te. Ti avevo avvertito anche telepaticamente… Ma tu mi hai offerto un’altra scelta» continuò non vedendola convinta.
«E se mi chiedessero di scegliere fra la tua vita e le mie gambe… ora saremmo in questa stessa situazione».
La ragazza liberò una mano dalla presa dall’amico e se la passò sul viso. Le idee e i sentimenti di Charles avevano vinto le sue motivazioni per l’ennesima volta.
«Razza di testardo…» lo rimproverò con un sospiro.
Xavier stava probabilmente per ribattere, ma questa volta Crystal non lo lasciò parlare.
Ora o mai più si disse più decisa che mai.
«Ma per una volta, posso porre rimedio alla situazione» si affrettò infatti ad aggiungere.
«E’ da ieri che ho una strana sensazione. La sensazione di poterti guarire».
Il professore non nascose uno sguardo stupito.
«Crys… il tuo potere ha a che fare con la luce e sua manipolazione. Non capisco come si possa collegare alla guarigione» ragionò quindi ad alta voce.
«Hai ragione,» la ragazza si fece seria, «ma ricordi quell’energia latente di cui mi hai parlato? E’ da quando mi sono svegliata dopo Cuba che mi sembra quasi di sentirla».
Si fermò un attimo per cercare le parole.
«E’ come se l’aver quasi utilizzato tutto il mio potere avesse liberato quel potere nascosto. Non credo di essere diventata una guaritrice o di aver acquisito una nuova capacità. Ma il mio istinto… mi dice che ce la posso fare».
Xavier non dubitava dell’amica, ma forse la delicatezza della questione non riusciva a fargli credere completamente alle sue parole. Rimase a guardarla, confuso, fino a che lei non parlò di nuovo.
«Ci sono due effetti collaterali a tutto questo però» annunciò con voce incerta.
«Credo che la guarigione non sarebbe permanente. Con l’età è probabile che il problema ritorni. E inoltre…» sospirò, «…usare quell’energia latente sarebbe come aprire la cella in cui è rinchiusa Morrigan».
Quell’ultima condizione risvegliò completamente l’attenzione dell’amico.
«No, Crys. Non ho alcuna intenzione di lasciar…».
«Ma potrei fermarla» lo interruppe lei.
«Avrei il tempo di andare abbastanza lontano perché non possa nuocere a nessuno».
Sperava di riuscire a convincerlo, ma in fondo sapeva che lasciare andare un’altra persona cara non sarebbe stato facile per Charles.
«Sarebbe un’occasione per imparare a controllarla una volta per tutte. E chissà, quando tornerò potrei riuscire a guarirti definitavemente…».
«Ecco a cosa pensavi. Te ne stai andando… di nuovo» sussurrò Xavier.
Crystal non rispose, e lui distolse lo sguardo, volgendolo lontano.
«Charles, io…».
«Potresti rimanere» questa volta fu lui ad interromperla, fissando nuovamente gli occhi in quelli celesti di lei.
«E potremmo lavorarci insieme come ti ho promesso sin dall’inizio. Preferisco passare i giorni assieme a te che camminare per non so quanto tempo per poi ritornare così come ora».
«Ma io no» sussurrò la ragazza.
Xavier inclinò la testa di lato, senza capire quello che l’amica intendeva.
«Come già ti avevo spiegato, Morrigan sta diventando sempre più forte. Ma ora, finalmente, sento di poterla contrastare. Per farlo, però, devo liberarla, Charles» spiegò la giovane.
«E sai che non lo farei mai vicino a voi».
Fra i due calò il silenzio.
Erano entrambi molto testardi e non avrebbero rinunciato facilmente. Ma Crystal sarebbe stata divorata dal senso di colpa se Charles non avesse approvato la sua partenza. Abbandonare lui e tutti gli altri era un colpo davvero duro, anche perché quella volta significava tornare dopo davvero molto tempo. Aveva già sperimentato la nostalgia di quelle persone e di quel posto sulla sua pelle. L’unica cosa che rendeva possibile la sua decisione era la volontà di non metterli in pericolo.
«Crys» il tono di voce spezzato del professore costrinse la ragazza ad alzare lo sguardo: gli occhi dell’amico erano colmi di tristezza, e quello fu un ennesimo colpo al cuore per lei.
«Erik e Raven se ne sono andati. Tu sei tutto ciò che mi rimane del gruppo con cui questa storia è iniziata. Non credo che potrei lasciarti andare, e anche per gli altri sarebbe difficile» cominciò a spiegare, ricacciando indietro il suo dolore.
«Ma mi fido di te. Se tu ritieni che questa sia la scelta migliore, allora la accetterò anche io».
Riprese la mano della ragazza e la strinse forte, senza staccare gli occhi dai suoi.
«Però…» mormorò a fatica, «… voglio che tu mi prometta che avrai cura di te. Che se avrai bisogno di qualsiasi cosa, tornerai subito qui. E che questo non sarà in nessun caso un addio».
Crystal, con le lacrime agli occhi, si alzò e si sporse in avanti per abbracciarlo forte.
«Promesso» gli sussurrò ad un orecchio.
E’ meglio andare… Charles ha già sofferto abbastanza decise infine.
Si staccò dall’amico e si mise in piedi di fronte a lui, porgendogli una mano.
«Forza, Charles» lo incitò accennando ad un sorriso.
«E’ ora di camminare».
Xavier, seppur follemente triste, si sforzò di ricambiare il sorriso e afferrò la mano della ragazza.
Crystal la strinse e chiuse gli occhi.
Una luce meravigliosa scaturì dai due palmi uniti e pian piano inondò tutto il viale. Dolcemente, la giovane tirò in piedi Charles che, senza capire come, riuscì a non ricadere sulla sedia.
Il forte bagliore gli impedì di vedere cosa esattamente stava succedendo. Improvvisamente, però, sentì di nuovo l’amica che lo abbracciava forte.
«Se mai avessi bisogno di me, ovunque sarò, ti basterà cercarmi qui» gli sussurrò ad un orecchio poggiandogli delicatamente un dito su una tempia.
E quando la forte luce svanì e le sue braccia ricaddero contro il suo stesso petto, Xavier rimase immobile, in piedi sulle sue gambe, con una lacrima che dolcemente gli accarezzava una guancia.

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