Qualsiasi cosa, per te...

di _CodA_
(/viewuser.php?uid=152733)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ok, lo so che è follia intraprendere due long contemporaneamente... soprattutto con la confusione mentale che mi ritrovo, il perenne "blocco dello scrittore" e le millemila cose che ho da fare... ma ho abbozzato questa cosa e volevo avere il parere di qualcuno. Poi magari non la continuerò mai, ma intanto avremo perso un pò di tempo insieme u_u
E poi che devo farci?! So perfettamente che devo studiare e concentrarmi sulla letteratura italiana, ma britt e san non mi lasciano in pace! Attendo tanti commenti e consigli, sususu! :)
_CodA_




 
“Credi che così possa bastare?”
“Ancora un altro po’…”
Io annuì aumentando la lunghezza del filo che avevo tra le mani.
Percependo la sua faccia amareggiata e preoccupata, che teneva d’occhio la mia concentrata sul filo, non esitai ad alzare gli occhi verso di lei e a lasciarla parlare.
“Britt.. non credi che sia il caso di chiamarla?! Non puoi andare avanti così!”
Tirai un sospiro fatto di fatica e frustrazione. Davvero non potevo, non potevo chiamare Santana come se niente fosse e scaricare sulle sue spalle il dolore, l’angoscia, la rabbia e l’amarezza che stavo provando io adesso.
“Quinn, non è così facile…”
“Ma perché no?! Non riesco a credere, siete state insieme da… nemmeno me lo ricordo da quando state insieme!”
Sorrisi alla sua inevitabile tenerezza.
Feci un nodo all’estremità del filo e lo lasciai andare, avendo aggiustato anche quel dannatissimo costume.
“Insomma è dal liceo che siete divenute praticamente inseparabili! Siete cresciute insieme, siete fatte l’una per l’altra e tu cosa fai? Scappi via?!”
Nel momento stesso in cui parlava, la sua incredulità aumentava. E a dire il vero anche la mia. Messa così, era semplice trovare una soluzione, ma Quinn dimenticava una parte importante di questo puzzle.
“Io..”
“mamma, mi sono fatta la bua!”
Una dolce bambina dai capelli biondi mi interruppe mentre si avvicinò correndo verso di noi.
Istantaneamente ci voltammo verso di lei.
“Vieni piccola, cos’è successo?” le chiesi premurosamente, facendola sedere sulle mie gambe.
“Jake mi ha spinto a terra... e mi sono graffiata” completò mostrando il dito con una puntina di sangue.
“Oh…” mi finsi impressionata.
“JAKE, CON TE FACCIAMO I CONTI DOPO!” sentì urlare Quinn che si sporgeva oltre la mia figura per dare più carica alla sua minaccia con lo sguardo di una mamma incavolata e delusa.
“Ma io sono sicura che Jake non l’ha fatto apposta e che la ferita guarirà in meno di un secondo..”
“E come fai a saperlo?” chiedeva incantata la bimba con i suoi occhioni blu.
“Perché…” iniziai calandomi verso la mia borsa per estrarne un fazzoletto. “…io ho il fazzoletto del folletto!”
La biondina più piccola rise mostrando a tutti i presenti un paio di denti mancanti.
Le portai il fazzoletto al dito e il sangue, fermatosi da tempo, sparì.
“Wow! Avevi ragione! E’ proprio magico!”
“Che ti avevo detto?” chiesi retoricamente, andando fiera del mio trucco.
“Grazie mamma, ora torno a giocare!” esclamò di nuovo pronta per un’estenuante avventura.
“Ah.. non dimentichi qualcosa?” chiesi porgendo la guancia.
Si avvicinò sorridente e mi baciò. Poi scappò via.
Ancora sorridevo per quel gesto che oramai era come un patto tra noi due, un modo per comunicare, capire, intuire.
Quinn intanto silenziosamente mi fissava e sorrideva anche lei, piacevolmente impressionata.
“E’ incredibile quanto abbiate legato in così poco tempo!”
“E’ mia figlia dopo tutto” e con questo calò un velo di tristezza tra i miei pensieri e anche i suoi, che aveva intuito il mio combattuto stato d’animo.
“Santana ha il diritto di sapere”
Mi voltai bruscamente verso di lei.
“Sapere cosa? Che mentre eravamo insieme chissà come sono rimasta incinta? Ha davvero bisogno di sapere che l’ho tradita e non ne ho nemmeno un vago ricordo? E che per questi ultimi quattro anni mia figlia ha vissuto senza madre, senza che io lo sapessi? Credi che debba saperlo?”
“Si” rispose secca, lasciandosi poco impressionare dai miei attacchi di panico.
“No, no!” scuotevo il capo risoluta. “Non voglio che pensi male di me, che mi ricordi come una stronza che l’ha tradita, che ha abbandonato una figlia, che… non voglio che mi ricordi così! Non potrei sopportarlo! Non voglio che mi odi..”
“E invece preferisci che sia lei ad odiare se stessa?! Ma non capisci cosa stai facendo? Lei è convinta di aver fatto qualcosa di male, di sbagliato, unica sua conclusione per averti fatto fuggire così di punto in bianco! Si crogiola nei suoi tormenti, nella disperazione, con il pensiero fisso di tornare ad averti! Puoi essere così crudele?!”
“Non pensavo stesse così male..” ammisi, falsamente.
“Ah davvero? Perché tu come staresti se l’amore della tua vita, con la quale convivi da anni, ti lasciasse all’improvviso senza alcuna spiegazione? Brittany, ti prego… non prendiamoci in giro. Santana è distrutta. E non voglio mentirti, penso che potrebbe fare del male a se stessa se non le concedi come minimo una spiegazione. Anche qualcosa di inventato ma che le impedisca di auto affliggersi dolore. Non lo merita. Ti ha trattato come una principessa, come il tesoro più prezioso, per questi ultimi… 15 anni!!! Sei stata l’unica a far sbocciare il lato tenero di Santana Lopez e ora non puoi, se hai un briciolo di cuore, abbandonarla così.”
Avevo iniziato a piangere da parecchio, abbandonando la stupida costruzione di un costume da albero. Mi tenevo la testa tra le mani disperata implorando una soluzione, una macchina del tempo, qualcosa che riuscisse a fermare questo dolore.
“Non si merita questo.” Continuò Quinn. “E lo sai, la conosci meglio di me. Se le dicessi di avere una figlia, di essere da sola a crescerla, sapendo le difficoltà che incontreresti, sapendoti sola e vulnerabile, non esiterebbe un solo istante ad accoglierti nuovamente in casa, nella vostra casa. Si prenderebbe cura di te, di Kathrine, anche di un gatto se ne aveste uno! Vi tratterebbe come regine, come pietre rare. Sareste le sue due ragazze. Vi amerebbe come non ha mai amato nessuno.. e questo tu lo sai…”
Asciugandomi le lacrime tentai di parlare tra i singhiozzi.
“Stavolta non credo sarà così facile, è almeno un mese che non ho sue notizie. Non mi sono fatta sentire, non ho risposto alle sue chiamate. E da almeno una settimana ha smesso persino di provarci…” ammisi tristemente, adesso quasi arrabbiata ingiustamente con lei per aver perso le speranze, per non averci creduto abbastanza.
“Puoi biasimarla?”
Scossi il capo e tornai a piangere.
Quinn però frenò le mie mani nelle sue e cercò i miei occhi.
“Britt… Britt, guardami! So che adesso ti sembra tutto difficile ed impossibile, ma.. io sono qui. E potrai stare qui quanto vorrai! Ma devi ricordare che tu appartieni a Santana e lei appartiene a te. Non c’è storia. Devi solo trovare il modo di spiegare e farti perdonare.”
Annuì e strinsi ancora un po’ le sue mani, sorridendole riconoscente.
“D-domani… domani le andrò a parlare..”
“No, non domani! Oggi! Stasera stessa!”
Sgranai gli occhi allarmata.
“Quinn, non credo di essere pronta per..”
“No, devi starmi a sentire! Tu adesso ti vesti, ti dai una rinfrescata e vai da lei, non importa se non sei pronta! Devi fermare questo delirio!”
“Sta davvero così male?!”
“Tre volte l’ho trovata ubriaca fradicia e non ti dico le condizioni in cui aveva lasciato l’appartamento. E’ distrutta, Britt! Non può vivere così..”
Abbassai il capo colpevole, colpevole di tutto il dolore e i danni che avevo provocato.
“D’accordo. Stasera stessa”



5 settimane prima


“Santanaaaa!!!” urlai ridendo, mentre correvo e le sue braccia scure e forti mi afferravano per la vita e mi trascinavano verso di sé, contro di sé, in un abbraccio.
Il suo naso si intrufolò tra i miei capelli biondi, sul mio collo, finché le nostre guance non si sfiorarono, mentre la mia risata si calmava e lasciava posto ad un più tranquillo sorriso, ad occhi socchiusi e labbra provocanti.
Posai le mie mani sulle sue, sul mio ventre, mentre mi lasciavo cingere da dietro, mentre il suo respiro si faceva più lento e più sensuale sulla mia pelle.
Le nostre dita si accarezzarono a vicenda, la punta del suo naso accarezzava il mio viso e io stavo a guardare.
“Dove pensavi di scappare?”
Mi chiese con quella voce da gatta, roca e profonda, ammaliante, mentre graffiava leggermente il dorso della mia mano, per farmi rabbrividire ma soprattutto definire il suo potere su di me.
Io deglutì: la osservavo sott’occhio respirare sul mio collo, incollare il suo corpo al mio.
“Io voglio solo giocare con te…” concluse.
La sua mano destra iniziò a vagare sulle mie forme, contornandole, scendendo in fretta sulle mie gambe e lì sostare…
Fremente, mi voltai leggermente cercando i suoi occhi scuri, le sue labbra invitanti.
Il suo sguardo dritto nel mio, senza paura ma solo pieno di amore e passione, mi fece quasi sussultare.
Quello sguardo, quella bocca, riuscivano a trasformare ogni giorno, anche una semplice domenica mattina come quella, in un evento, una piccola avventura, che difficilmente si sarebbe potuta dimenticare.
Giorni come piccole perle, sempre insieme, instancabilmente unite, e innamorate.
“Mi vuoi?”
La mia domanda improvvisa la sorprese, intuì il cambiamento nelle mie intenzioni dal mio tono di voce più serio, dal mio volto in attesa, ma non esitò a rispondere.
Strinse la sua mano destra sulla mia coscia, l’altra mano strinse la mia, i nostri sguardi non si lasciarono.
“Ti voglio”
“Mi ami?”
Santana, più sicura ora, sorrise. “Sempre.”
Schiusi le labbra e invitai le sue che mi baciarono con passione, con delicata passione.
Con Santana è sempre come il primo giorno.
“Con te è sempre come il primo giorno” le confessai, orgogliosa del nostro rapporto, di lei, del nostro reciproco amore.
“No, è decisamente sempre meglio!” mi rispose con enfasi, prima di sollevare le mie gambe per aria, generando un mio urlo spaventato ma allo stesso modo divertito.
“E il meglio deve ancora venire..” concluse ammiccando portandomi in braccio verso la nostra camera da letto.



Qualche ora dopo, tra le coperte sfatte del nostro letto, avvertì dal mio sogno un lontano rumore insistente, un trillo, e quando aprì gli occhi realizzai.
Mi tirai stancamente su, cercando di non svegliare Santana che riposava accanto a me a pancia in giù.
Non poté che strapparmi un tenero sorriso quella figura nuda che poco prima mi aveva fatta sua con determinazione e adesso giaceva inerme tra le lenzuola bianche e fresche, come una bambina troppo stanca anche per respirare.
Incurante della mia nudità mi diressi in salotto e alzai la cornetta tranquilla.
“Pronto?”
“Brittany Pierce?!”
“Pierce-Lopez, se non le dispiace!” trillai con orgoglio, anche se non era ancora ufficiale.
“Già…” sentì quella voce, in un semplice monosillabo, incupirsi. Dopo una brevissima pausa, proseguì.
“Io e lei dobbiamo parlare. Ci vediamo domattina, al bar sulla terza strada.”
“Ma.. scusi.. lei chi è?” chiesi preoccupata.
“Si presenti domani e avrà tutte le risposte necessarie. Non dica niente a nessuno. Arrivederci. ...”


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Non credo che possa funzionare…”
“Oh io credo di sì!”
Quinn era molto più entusiasta di me di fronte alla mia immagine riflessa nello specchio.
Chissà quale futuro, quale scenetta deliziosa, le avevo evocato io con quell’aspetto pulito e aggraziato.
In un semplice vestito, un velo di trucco e il mio solito profumo alla vaniglia, lei ci vedeva già una cena romantica, inutili spiegazioni e una notte di fuoco.
Io invece sostavo incerta davanti allo specchio e tutto ciò che vedevo era una ragazza colpevole ed impaurita, che avrebbe faticato ad accostare due parole di senso compiuto, vergognandosi terribilmente della sua scelta di puntare tutto sull’aspetto, perché sapevo che non sarebbe bastato.
Il mio abito blu non mi convinceva: non doveva essere un appuntamento, né una qualsiasi uscita galante; non dovevo conquistare Santana, quello l’avevo già fatto una quindicina di anni fa… il mio obiettivo per quella serata era ristabilire l’ordine nelle nostre vite, fornire delle necessarie spiegazioni a ciò che era accaduto in quell’ultimo mese e, a mia insaputa, in quegli ultimi quattro anni, e far si che Santana si fidasse nuovamente di me.
Per Quinn tutto ciò che dovevo limitarmi a fare era sbattere le ciglia; ed occasionalmente far svolazzare la gonna per mostrare le mie gambe.
Non mi sembrava di giocare pulito: non volevo prendere in giro Santana, non volevo meschinamente farmi perdonare così, anche se sapevo che in fondo sarebbe stato piacevole per tutte e due… ma di certo non avrebbe sistemato le cose!
“Britt, non morderti il labbro! Quella bocca sarà la chiave del tuo successo questa sera!”
Sentire Quinn fare allusioni su me e Santana mi risultava ancora strano.
E mi innervosiva la sua sicurezza in quello che io avrei dovuto fare!
“Quinn… non sono sicura di farcela… insomma… Santana… non merita questo… non…”
“Non potrà resisterti!” esclamò eccitata.
“E’ proprio questo il punto!” diedi finalmente le spalle a quel terribile specchio, guardando Quinn dritto negli occhi. “Mi sembra di giocare sporco…” ammisi abbassando il capo.
“Ma noooo!” mi canzonò la piccola bionda, aggiustandomi il decolté. “Ti stai semplicemente assicurando la vittoria!”
Le sue parole non mi lasciarono del tutto convinta, ma capì che parlare con lei era fiato sprecato.
“Allora… a che ora hai dato appuntamento a Santana?”
Sgranai gli occhi e anche il suo volto si tramutò in un’espressione preoccupata.
“Britt… hai chiamato Santana, vero?”
“Credevo l’avessi fatto tu!! Ti ho detto che non avevo il coraggio di sentire la sua voce!”
“Oh cavolo, Britt! Sentirai la sua voce tutta la dannata sera!” mi rispose urlante e stizzita.
“Lo so, ma… è diverso!!”
Il mio tono colpevole e dispiaciuto fortunatamente placò il suo animo. E dopo aver nascosto per un considerevole lasso di tempo il viso dietro le mani per far scemare la rabbia e cercare un’illuminazione, tornò a guardarmi più seria che mai.
“Allora.. sono le 7 e 40. Magari se la chiamo adesso siamo ancora in tempo. Sicuramente non starà che poltrendo sul divano in cerca di una risposta divina sul significato della propria inutile e solitaria esistenza!” vagheggiò mentre si dirigeva in salotto per il telefono.
“Cosa ne sai?”
“E’ ciò che l’ho trovata a fare nell’ultime due sere..” pronunciò con fare disinteressato, quando a me saperla in quella situazione mi metteva in uno stato di ansia e sconforto totale.
Così mi abbandonai pesantemente sul bordo del letto e attesi a mani congiunte che Quinn tornasse con notizie positive.



“Proooonto?”
Una voce sconsolata prese vita dall’altro capo del telefono.
“Santana? Sei davvero tu?” chiese incredula Quinn.
“E chi altro potrebbe essere? Sono sola ormai!” pronunciò con quell’enfasi che le ricordò tanto Rachel Berry ai tempi del liceo.
“Oh ti prego! Non essere melodrammatica!”
“Q, che cosa vuoi?” chiese seria la bruna, sentendosi già abbastanza giù di suo.
“Buone nuove! Britt vorrebbe incontrarti, stasera…”
Un tonfo sordo lasciò Quinn un attimo interdetta.
“Santana..? Tutto bene..?”
“Eh.. si.. ero sul divano… e… Q, Britt vuole davvero vedermi?”
“Già, ha semplicemente chiesto a me di telefonarti mentre lei è andata a prepararsi..”
Santana deglutì.
“Ci sei ancora?”
“Sisisi, sono qui!” si affrettò a confermare la latina.
“Allora?”
“A che ora?” domandò secca.
“Pensava tra un’oretta, a casa tua.. la faccio accompagnare da Puck così tu avrai più tempo per prepararti e..”
“tu – tu – tu – tu – tu – tu….”
“Santana..? Santana?!? Ha riattaccato…” constatò Quinn incredula, ma piuttosto soddisfatta.



Quinn ritornò verso la sua camera da letto dove credeva di trovarmi ancora intenta a trastullarmi davanti allo specchio. Ma rimase sorpresa non trovando nessuno.
“Britt? Dove sei?”
Si aggirò per casa, chiamandomi, e quando mi vide non poteva crederci.
Jake e Katherine erano seduti sul tappeto nel salone, con la tv accesa ma ignorata; giocavano alle costruzioni. Ed io era seduta accanto a loro, in jeans e maglietta, con ben più difficoltà con le costruzioni rispetto a loro due.
“Brittany!!!” irruppe Quinn con tono di rimprovero.
Non avendola sentita arrivare, fui colta sul fatto e non seppi cosa fare. Lasciai istantaneamente le costruzioni e la guardai negli occhi, mettendo su il viso più dolce che conoscevo.
“Stavamo solo giocando…” tentai di giustificarmi.
E Quinn con le mani sui fianchi e il viso contrito era sul punto di sgridare quella che ai suoi occhi era solo una bambina troppo cresciuta.
“Non sono arrabbiata per questo! Cosa ne hai fatto dell’abito che ti avevo prestato?”
“Oh.. quello.. Quinn, devi perdonarmi, ma non posso proprio! Non mi sembrava giusto! L’ho rimesso dov’era… nell’armadio”
Non poté resistere a quel tenero faccino, a quella voce dispiaciuta, a quelle labbra già incurvate per occhi quasi in preda alle lacrime.
“D’accordo, d’accordo!” alzò rapidamente le mani in segno di resa. “Ma davvero non ti capisco!”
Io sorrisi contenta di poter finalmente fare di testa mia.
Tornai alle costruzioni e Quinn si sedette su uno dei braccioli del divano rosso scuro che ci circondava.
“Ho chiamato Santana..”
Al suo nome i miei occhi furono su di lei, attenti e in attesa, preoccupati.
“Tra un’ora sarà felice di averti da lei” concluse con un sorriso sincero.
In quel momento non seppi se essere sollevata o maggiormente angosciata.
Nonostante conoscessi la situazione difficile in cui mi ero andata a cacciare in quell’ultimo mese, vivere a casa di Quinn aveva significato uscire dall’ordinario, vivere in sospeso, incurante di tutto e tutti se non di me e della piccola Katherine.
Mi ero ritagliata una vita diversa fatta di giochi e novità che avevano divertito Kat e tenuto occupata me.
Ora dovevo fare i conti col mondo reale, con Santana che era stata messa in disparte senza una parola o un biglietto di scuse.
Era davvero difficile essere adulti.
Osservai i due piccoli che giocavano di fianco a me, sereni e liberi; li invidiai.
Tirai un lungo sospiro e poi tornai a guardare Quinn.
“Va bene, sono pronta”
Lei mi fece un accenno col capo, rassicurante.
“Puck sarà qui a momenti; dovrete passare a prendere qualcosa da mangiare lungo la strada se hai intenzione di fermarti lì..”
“Quinn, non so come andranno le cose. Per adesso non so nemmeno se riuscirò a parlarle, figuriamoci cenare insieme! Un passo alla volta.”
Ma lei si affrettò a bofonchiare sottovoce, assicurandosi che però io la sentissi.
“Se avessi messo quel vestito mozzafiato…”
“Non una parola!” la avvisai stufa, con un dito puntato verso di lei.
Fece il segno di cucirsi le labbra e alzò le mani arrendendosi.
“No, Jake! E’ mio!”
Quelle urla catturarono i nostri sguardi e la nostra attenzione.
Il piccolo Fabray ghignava soddisfatto con un  pezzo delle costruzioni in una mano alzata sopra la testa ancora troppo bassa della biondina.
“Jake, restituiscile il suo gioco!”  intimò la madre, stanca di dover avere a che fare con un simile teppistello, oltretutto sangue del suo sangue.
“Non è suo, è mio! I giochi sono i miei e ci gioca quando dico io!”
“E perché mai?” chiese la madre.
“Perché lei è una femmina!” sputò con disprezzo, facendo la linguaccia alla tenera bambina seduta sul tappeto con le lacrime agli angoli degli occhi.
Quinn gettò la testa tra le mani, in preda alla disperazione.
“Come ho fatto a crescere un simile demonio, persino misogino?! Ha solo 7 anni!”
Si sentì in lontananza la serratura della porta d’ingresso girare e Puck fece la sua entrata.
“Tesoro, sono a casa! E’ pronta la cena?”
“Ecco come!” esclamò arresa Quinn, mentre si chiedeva perché avesse sposato quell’idiota e ci avesse anche fatto un figlio assieme.
Io sorrisi divertita alla scenetta che si svolgeva davanti ai miei occhi, trovando impressionate l’orgoglio e la fierezza con la quale quel settenne sfoggiava il suo lato peggiore. Tutto suo padre!
Ma in cuor mio sapevo che Quinn e Puck si erano sposati per amore, quell’amore inevitabile che ti travolge ed è impossibile fermare.
Nella loro diversità, nei loro caratteri, seppur totalmente opposti, si erano attratti e compensati.
E anche se non l’avrebbero mai ammesso in presenza di altri, si amavano come sempre, forse più di prima, ora che dovevano affrontare un figlio, una vita, e tante avversità, insieme.
Oltre tutti quei difetti c’era una reciproca fiducia che non sarebbe mai venuta a mancare;
e lo vedevo nei loro occhi, nello sguardo divertito che si scambiarono una volta che lui ebbe varcato il salotto ed ebbe finto di essersi offeso ai commenti della moglie.
Semplice routine!
Guardandoli, ero fiera di loro. E i miei problemi sembrarono irrisori assistendo al loro giocare, litigare, prendersi in giro, come una normale famiglia.
Desiderai per me e Santana qualcosa di simile, sperando che i miei desideri coincidessero con i suoi, ancora.

Quinn dopo poco notò il mio sguardo perso e si affrettò ad informare Puck del piacere che doveva farmi accompagnandomi da Santana.
Lui non fece domande e non si lamentò, comprese anche lui la preoccupazione sul mio volto.
Così mi alzai e lei mi accompagnò alla porta.
“Allora, Britt.. ricordati di respirare!” scherzò notando il mio volto pallido.
Ma lo scherzo non coinvolse me.
“Britt..” si fece improvvisamente seria. “Non hai fatto nulla di male. Di tutto quello che ho capito di questa faccenda è che tu non sei colpevole di nulla; quando ti sarai spiegata, tutto sarà perdonato. Santana non vuole altro che riabbracciarti e riaverti con sé!”
“Speriamo…” sospirai incerta.
Lei mi sorrise, sincera, e apprensiva mi abbracciò.
Chiusi gli occhi per trarre forza da quell’abbraccio, quella salda amicizia che mi aveva sostenuto nel momento del bisogno, quando credevo di aver perso ogni appiglio.
Ma la lasciai andare.
Adesso era il momento di cavarmela da sola.
Ed infondo, nonostante la paura, il timore, l’angoscia, la vergogna… tremavo di gioia all’idea di rivedere la, se ancora così potevo chiamarla, mia bellissima Santana.
 
 
 
 
 
5 settimane prime

Spostai rapidamente lo sguardo una volta entrata nel piccolo bar all’incrocio della strada indicatami.
Non sapevo bene cosa cercare in effetti, non avevo alcuna informazione, per cui il mio sguardo e il mio comportamento dovettero risultare piuttosto goffi e circospetti.
Notai però un ciuffo biondo al centro della stanza che apparteneva ad un viso fin troppo conosciuto: era un ragazzo probabilmente della mia età, con un accenno di barba e degli occhi chiarissimi; sedeva ad un tavolino e sorseggiava qualcosa di caldo.
“Sam?! O mio Dio, quanto tempo! Che coincidenza!!!” gridai sconvolta una volta che mi fui avvicinata a lui “Che ci fai qui?”
Lui un po’ stordito dalla mia reazione mi fece segno di sedermi e con occhi tristi e voce seria iniziò a parlare.
“Vedi Britt, non è una coincidenza il nostro incontro.. sono stato io a chiamarti ieri sera..”
Spalancai gli occhi incredula.
“E.. e perché non mi hai detto che eri tu?”
“Ero imbarazzato.. e temevo non avresti acconsentito ad incontrarmi, per via di...”
Mi guardò timidamente, in totale contrasto al tono serio e quasi minaccioso che aveva finto al telefono, cercando di farmi intuire qualcosa, di trovare una certa complicità e una sintonia che gli avrebbe permesso di tacere parole inutili.
Capì a cosa si riferisse e gli sorrisi tranquilla.
“Sam… è acqua passata! Davvero, non preoccuparti. Non poteva che farmi piacere incontrarti. Ed infatti.. eccoci qua!” esclamai con un sorriso, ancora ignara di cosa mi attendeva.
Il suo sorriso non fu altrettanto sincero e spensierato. Si limitò a sforzare una smorfia coperta rapidamente dalla tazza calda e fumante che attendeva solo di essere svuotata.
Dopo qualche momento di silenzio, presi in mano la situazione.
“Sam, perdonami però.. cosa ci faccio io qui?”
Posò la tazza e si asciugò la bocca.
“Hai ragione, scusami. Tentavo di rimandare l’inevitabile, ma pare sia arrivato il momento…”
“Sam, è successo qualcosa di grave?” gli chiesi preoccupata, poggiando le mie mani sulle sue adagiate sul tavolino di ceramica.
Notai il suo sguardo finire sulle nostre mani che si toccavano. Ed evitai ogni commento ed ogni reazione per non ferirlo.
“Ho fatto un pasticcio, Britt… e spero davvero tanto che non mi odierai per questo.”
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=915337