You ... my biggest mistake but I would do it so many times

di Swaggg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one ***
Capitolo 2: *** Chapter two ***
Capitolo 3: *** Chapter three ***
Capitolo 4: *** Chapter four ***
Capitolo 5: *** Chapter five ***
Capitolo 6: *** Chapter six ***
Capitolo 7: *** Chapter seven ***
Capitolo 8: *** Chapter eight ***
Capitolo 9: *** Chapter nine ***
Capitolo 10: *** Chapter ten ***
Capitolo 11: *** Chapter eleven ***
Capitolo 12: *** Chapter Twelve ***
Capitolo 13: *** Chapter thirteen ***
Capitolo 14: *** Chapter fourteen ***
Capitolo 15: *** Chapter fifteen ***
Capitolo 16: *** Chapter sixteen ***
Capitolo 17: *** Chapter seventeen ***
Capitolo 18: *** Chapter eighteen ***
Capitolo 19: *** Chapter nineteen ***
Capitolo 20: *** Chapter twenty ***
Capitolo 21: *** Chapter twenty-one ***
Capitolo 22: *** Chapter twenty-two ***
Capitolo 23: *** Chapter twenty-three ***
Capitolo 24: *** Chapter-twenty-four ***
Capitolo 25: *** Chapter twenty-five ***
Capitolo 26: *** Chapter twenty-six ***
Capitolo 27: *** Chapter twenty-seven ***
Capitolo 28: *** Chapter twenty-eight ***
Capitolo 29: *** Chapter twenty-nine ***
Capitolo 30: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Chapter one ***


          You ... my biggest mistake but I would do it so                                    many times

                                                                         
                                                                                         Prologo

Stava ritornando, come tutti gli anni nella sua piccola cittadina. Amava e odiava contemporaneamente quella cittadina.
Sarà per tutti quei ricordi che aveva passato.
Ma allo stesso tempo le faceva comunque piacere andarci.
La signora Jenkins viveva ormai da diciassette anni in Italia.
Era sempre stato un suo sogno trasferirsi lì, ma non ne aveva mai avuto l’opportunità.
Quando poi Sidney, la figlia, si è sposata lei riuscì ad a realizzare ciò che voleva.
Viveva sola, non era sposata e quindi poteva fare ciò che vuole in piena tranquillità.
Tornava in quella cittadina solo per i diciassette anni della nipote, Charlie, che aveva visto solo in fotografia per la lunga distanza.
Era una donna vecchia fuori ma forte dentro. Era come se fuori avesse sessantadue anni e dentro, invece, si sentiva ancora quella ragazzina di diciannove anni di un tempo, bella, solare ma che tutto ad un tratto, un incontro le cambiò la vita, in meglio in peggio. Ma ogni volta che ci pensava portava la sua mente a ricordare qualcos’altro anche se era sempre lui il protagonista dei suoi pensieri. Nonostante fosse passato tanto tempo lei lo amava ancora, ma non riusciva ad ammetterlo a se stessa.
 
Durante tutto il tragitto dall’Italia al Canada fino a Toronto la signora Jenkins non aveva fatto altro che dormire. Era vecchia e stanca, ormai quei viaggi così lunghi il suo corpo non riusciva più a sopportarli.
 
Si risvegliò quando l’aereo stava atterrando. Uscendo dall’aereo notò un bel tempo, bello, soleggiato. Quando, invece aveva lasciato l’Italia che era notte fonda.
 
Prese le sue valigie e chiamò un taxi per arrivare a casa di sua figlia. Da Toronto a Stratford non ci voleva molto.

La signora Jenkins ammirava quelle piccole stradine di Toronto. E ad ogni stradina un ricordo le riaffiorava alla mente.
Tutti i suoi ricordi parlano di lei e il suo dolce amato.

Senza nemmeno accorgersene era già davanti a quella casa.
Così piccola ma che agli occhi di tutti era così graziosa. Prese le sue valigie e a fatica attraversò il vialetto che conduceva alla porta di quella piccola casa. Suonò al campanello e fu subito accolta dalla figlia, che l’abbraccio immediatamente. Le era mancata tanto, non vedeva la sua mamma dal suo matrimonio. La vedeva felice, almeno lei così faceva sembrare, ma sapeva che qualcosa non andava e sapeva anche il perché di tutte quelle volte che la mamma aveva rifiutato ad andarle a visitare. Stratford la rendeva triste, e solo lei sapeva il pechè.
La fece accomodare chiudendosi dietro la porta.
“Mi sei mancata tanto mamma”dice la ragazza, ormai adulta, ricomponendosi di nuovo in un abbraccio.
“Anche tu tesoro”dice la donna stringendola ancora un altro pò, per poi lasciarla andare.
I nipoti di lei sono già in riga per salutare la nonna che non avevano mai conosciuto realmente, ma solo per telefono.

Charlie, una ragazzina particolare, castana, come il padre, ma con gli occhi del nonno a tutti sconosciuto solo Sidney sapeva chi era il suo vero padre.
Forte e intelligente, la nonna era la persona con cui parlava di più, sapeva darle i giusti consigli e solo lei la capiva.

E poi c’era Josh, un ragazzino di otto anni, capelli neri, carnagione scura come il padre. Era tonto, ma nel suo sapeva essere intelligente ogni volta che voleva.
“Ciao nonna”salutarono i due all’unisono. Erano molto emozionati, nessuno dei due aveva visto la nonna dal vivo.
Era una donna anziana, con due occhioni marroni e nonostante l’età manteneva ancora quel suo meraviglioso colore di capelli.
La signora Jenkins sorrise e avviandosi verso la cucina, salutò Josh scompigliandogli di poco i capelli. I due poi sciolsero la riga.
La donna era sullo stipite della porta, intenta a guardare la figlia che metteva qualcosa sui fornelli. La osservò a lungo, in tutti i movimenti che faceva ci vedeva lei stessa, ma c’erano quei piccoli particolari che non erano suoi.
La donna si avvicina al bancone. Molto lentamente.
“Tesoro, allora come va con Jeff?”chiede la donna attirando l’attenzione della figlia.

Jeff Brown. Il marito di sua figlia e il padre dei suoi nipoti. Aveva sempre odiato quell’uomo. Non sapeva neanche lei il perché. Ma faceva contenta sua figlia ed era quello che le importava. Era un uomo abbastanza alto, castano, con degli occhioni azzurri da far invidia al cielo. Ma nonostante tutto non lo sopportava.

“Non va bene mamma, ci siamo allontanati molto in questo periodo, c’è una grande crisi ed è costretto a lavorare ventiquattro ore su ventiquattro, torna a casa ed ha il tempo solo di farsi una doccia e mangiare che deve ritornare a lavorare.”dice la ragazza.
Sembra preoccupata e dai suoi occhi scende anche qualche lacrima. La  donna non può far altro che abbracciarla e dirle che “andrà tutto bene”.
“Vuoi che vi dia una mano con i soldi?”chiede la donna lasciando andare sua figlia.
“Ma sei pazza mamma? non voglio metterti in mezzo in questa situazione” dice la ragazza per ritornare sui suoi fornelli.
La donna non può far altro che annuire silenziosamente e andarsene in soggiorno per aspettare che il pranzo sia pronto.
 
Dopo aver mangiato si riuniscono tutti in soggiorno. Tranne Charlie che era rinchiusa nella sua stanza già da un po’.
La signora Jenkins decide così di provare. E raggiunge, così in poco tempo la stanza della ragazza.
Dopo aver bussato, Charlie apre la porta.
“Tesoro ho portato il tuo regalo”dice la donna porgendoglielo. Ma la ragazza non muove un muscolo per afferrarlo e aprirlo per vedere cos’è.
“Qualcosa non va?”aggiunge poi la donna, poggiandole una mano sulla spalla.
“Si nonna… niente va bene!” dice la ragazza porgendo attenzione alla nonna.
La nonna la guarda per incitarla a continuare.
“ Le mie amiche mi prendono in giro solo perché non ho ancora fatto sesso, il mio ragazzo mi sta per lasciare solo perché non l abbiamo ancora fatto”dice la ragazza.
Si sentiva bene a parlare con la nonna, sapeva di poter usare qualsiasi termine dallo sconcio a quello più zozzo.
“Ho solo una soluzione a questo tuo problema”dice la nonna sorridendo alla nipote.
Nel problema che le aveva raccontato la nipote, la signora Jenkins si rispecchiava benissimo.
Era un errore quello che aveva fatto in passato
, ma pur sapendo di stare sbagliando era l’unica cosa che potesse fare per stare al fianco del suo amato.

“Andiamo di là così racconto questa storia anche a tuo fratello”dice la nonna dirigendosi sulla comodissima poltrona di quel soggiorno.



My Space
Ciao ragazzeeee *_*
ho scritto questa nuova storia per il semplice motivo che
mi andava di farla XD
comunque questo è solo l'inizio per 
spiegare diciamo un pò la situazione
nei prossimi capitoli la storia si sveglia XD
Alla prossima <3
Un commentino mi farebbe piacere :D
Giuly

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Capitolo 2
*** Chapter two ***





           Where it all begins!


“Nonna cosa ci devi raccontare”chiesero i due ragazzi mentre la nonna si preparava finalmente a raccontare la sua lunga storia.
“è una storia che potrebbe aiutarvi nelle situazioni, presenti o future”la nonna era convinta di quel che stava dicendo.
Sidney conosceva già la storia ma i ragazzi no.
“Ho tutto il tempo del mondo…o meglio abbiamo tutto il tempo del mondo”disse Charlie prima di accomodarsi sul Puff che c’era sul freddo pavimento. Josh, invece si accomodò, con l’eleganza di un elefante, sulle gambe della sorella.
All’inizio sussultò, ma intuendo le intenzioni del fratello, lo scaraventò sul pavimento.
Lui, una volta caduto col sedere per terra, guardò minaccioso la sorella. Ma già sapeva che con lei non poteva competere,
era più grande e quindi più forte. Decise quindi di rimare per terra. La nonna, invece, guardò la scena divertita.
“Okay adesso posso cominciare…”  si schiarì un attimo la voce e poi cominciò a raccontare.
                                                                                           


Era una calda estate del 2011... e lei Marianne Jenkins stava partendo, per la sua prima volta.
Era della California ma le sarebbe tanto piaciuto andare in Italia. Quello era il suo sogno.
Ma non poteva spostarsi quando voleva lei. Era un autista, doveva seguire le persone che le venivano affidate.
Odiava quel lavoro, anche perché stava sempre nello stesso posto. Ma pochi giorni prima di partire le era arrivata una telefona.
Diceva di andare subito a Toronto, Canada. Lì c’era un lavoro per lei. Per questo si trovava su quell’aereo adesso per lavorare,
non di certo per divertirsi. Ma un incontro le farà cambiare idea su tutto, anche sul suo lavoro. Ma lei non sapeva ancora niente.
Era vestita bene, aveva una gonna non troppo lunga, una camicia bianca con sopra una giacca. Sembrava una professionista.

Accomodatosi sulla poltroccina dell'aereo le vennero in mente brutti pensieri. 
Aveva paura che l’aereo potesse precipitare da un momento all’altro. Aveva l’ansia e respirava a tratti.
Di fianco a lei c’era un vecchietto che la tranquillizzò sul colpo.
“tranquilla cara, non precipiteremo, siamo nelle mani di Dio”disse il signore stringendo la mano della ragazza.
Non sapeva perché, ma quelle parole la tranquillizzarono sul serio. Lo sguardo di quell’anziano signore portava sicurezza, protezione. Adesso poteva dire che adorava viaggiare.
 
Il viaggio lo trascorse chiacchierando con l’anziano signore al suo fianco. Non le faceva pensare a niente e aveva anche scoperto
che si chiamava Jacob. Di colpo lei pensò al lupo di Twilight. Amava quella saga, era la sua preferita.
Senza accorgersene, era arrivata all’aereo-porto di Toronto. Molto soleggiato anche lì. E faceva tanto caldo.
All’uscita avrebbe dovuto incontrare Kenny. Il signore che doveva venirla a prendere all’uscita.
La sua valigia era Fucsia, il suo colore preferito, e aveva detto all’uomo che poteva riconoscerla dalla valigia.

Camminava ormai da quindici minuti, avanti e indietro aspettando che un uomo la fermasse e la riconoscesse. Ma niente.
Si arrese e decise di sedersi, al bancone di un bar. Aveva fame, ordinò quindi un bel panino, con un po’ di tutto dentro,
non sapeva neanche lei cosa ci fosse esattamente lì dentro. Ma sperava non ci fosse dell’aglio altrimenti avrebbe fatto
la sua prima figura del secolo.
Il suo stomaco la pregava di fermarsi, se mangiava un altro boccone sarebbe potuta anche scoppiare.
Ma lo abbandonò prima. Pagò e si diresse all’uscita, sperando di trovare qualcuno questa volta.

Ad un certo punto, un omone di colore, le toccò una spalla e lei in posizione di difesa, mollò di scatto la valigia e cercò di colpirlo. Ma si fece male lei. Quello sembrava un pezzo di ferrò anziché un essere umano.
“Ahiiiii”gridò la ragazza, massaggiandosi la mano.
L’omone, invece, rideva. E Marianne non sapeva cosa ci trovasse di così divertente,
rivolse all’uomo uno sguardo omicida.
“Che c’è?”domandò l’uomo alla ragazza rivolta ancora verso di lui.
“perché ridi?”chiese la ragazza incrociando questa volta le braccia.
“Sei buffa”rispose l’uomo poco dopo.
Marianne non ci vide più dalla rabbia. Prese la sua valigia, spiccante, e si incamminò in un posto anche a lei sconosciuto.
L’uomo notò quella valigia. La ragazza che poco prima le aveva dato un pugno, insignificante, doveva essere l’autista.
Prima di perderla di vista si precipitò verso di lei.
“Ehi Tu…Aspetta!”gridò l’uomo rincorrendo la ragazza che ormai faceva finta di non sentirlo.
Ma l’uomo la raggiunse e con uno scatto la fermò per il braccio.
“ Che vuoi? Mi devi ancora ridere in faccia?”chiese la ragazza fermandosi e rivolgendogli lo sguardo.
“Sei tu Marianne?”era lì che la ragazza capì al volo.
Lui doveva essere il famoso Kenny che era in ritardo di più di due ore.
“Sei in ritardo di due ore mio caro”disse la ragazza stringendo la mano all’uomo.
Da vera donna d’affari.
“Io sono Marianne Jenkins, sono qui per farle da autista”disse la ragazza.
“Wow, professionale la ragazza.” disse l’uomo facendo un piccolo risolino.
Marianne ritirò, subito, la mano vero si se.
“Venite con me, le presenterò il ragazzino a cui dovrete fare d’autista.”disse l’uomo mostrando un’auto non poco
più lontano dalla loro posizione attuale. Incominciarono ad avviarsi.
Ragazzino? Marianne in quel momento ebbe delle esitazioni lì per lì. E se era viziato? E se era uno sciupa femmine?
Tutte queste domande ormai ronzavano nella testa della giovane.
“A proposito…lei quanti anni ha signorina?”chiese l’uomo continuando a camminare
“Diciotto signor Kenny…e potrei sapere gentilmente la situazione di questo ragazzino?”chiese fermandosi di colpo,
per avere più tempo per la spiegazione.
“Certo signorina…Lui è il mitico, e l’unico Justin Bieber, non so se lo ha presente.
Sarà la sua autista per un po’. Lo farei io ma devo partire, e quindi non sarò neanche la sua Bodyguard.
Inoltre mi deve promettere di non allontanarvi tanto potrebbe essere pericoloso, per la sicurezza del signorino.”
dice l’uomo tutto d’un fiato per poi ricominciare a camminare.
Bieber? conosceva bene quel cognome, le sue cugine ne andavano pazze.
Essendo figlia unica passava sempre il pomeriggio con loro e le divertiva tanto vederle sfrenarsi,
o impazzire nel vedere Bieber con la ragazza.
Non fece altro che proseguire anche lei verso l’auto.
Aprì la portiera e ci si fiondò dentro, Kenny era al suo fianco.
“Salve signorino Bieber, io sono Marianne Jenkins e vi farò da autista per un po’”disse la ragazza girandosi verso Justin e stringendogli la mano, per stringerla poi anche alla ragazza al suo fianco. Selena Gomez.
 A prima impressione, era una bella ragazza, capelli neri, snella. Ma le sue cugine le avevano detto
espressamente di non ascoltare nessuna sua canzone live. Non sapeva il pechè, 
ma adesso l’unica cosa che le importava era il suo lavoro.
In tutto questo Justin era rimasto a bocca aperta, d'altronde era una bella ragazza, e la gonna che indossava
le faceva intravedere le sue gambe non troppo magre, ma neanche troppo grasse; lo faceva letteralmente impazzire.
Era sexy la ragazza. E i suoi capelli lo eccitavano particolarmente. Erano di un rosso, che andava nel rame, e le ricadevano dei boccoli sulla spalla. Aveva delle labbra piccole, e i suoi occhi erano neri, come l’oscurità.
Selena, invece era indifferente. Non avrebbe passato tutta l’estate con il Biebs.
Mentre guidava Kenny le spiegò tutto, ogni strada che avrebbe potuto prendere,
il centro commerciale e anche un ristornate dove avrebbe potuto portare i piccioncini.
Per altre informazioni, invece, poteva chiamare Kenny.
 
Li condusse in Hotel. Era bellissimo e molto grande. Non si soffermò sul nome, poco le importava.
E poi era troppo occupata a guardare all’interno. Justin invece era troppo occupato a guardarle il fondoschiena.
Prima che Selena gli desse uno scappellotto. Marianne guardò la scena divertita.
Mostrarono a tutti le proprie stanze e lei era proprio di fianco a quella dei due.
Entrò nella stanza e si catapultò sul letto adesso si poteva dedicare al proprio relax.
Almeno per  questa sera i ragazzini non avevano programmato nulla pensò.
 

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Capitolo 3
*** Chapter three ***




Now she could enter the world of dreams


Stava per chiudere gli occhi, per entrare poi nel tranquillo mondo dei sogni.
Ma spalancò di colpo gli occhi, quando dall’altra stanza si sentivano gemiti di godimento.
I due piccioncini avevano altro in programma per stasera. E Marianne stette per un po’ ad origliare,
tanto da appoggiare il suo orecchio al muro.
Lo tolse subito, le faceva schifo tutto ciò, e non sarebbe rimasta un solo minuto in più in quella stanza.
Prese la sua borsa e si avviò fuori la porta, che sbattè molto rumorosamente, in modo tale che i due sentissero.
 
Mentre camminava per le piccole strade di Stratford pensava a ciò che era successo poco prima.
Odiava tutto quello che riguardava l’amore. Perché quello portava a fare effusioni d’amore,
che piano piano si trasformavano in sesso e in sesso si sarebbe poi trasformato in cosa violenta se solo lei l’avesse respinto.
In testa le giravano quei ricordi così orribili della sua adolescenza. Ricordava benissimo ogni minimo particolare.
Le passavano per la testa le scene in cui “suo padre” tornò ubriaco a casa e lei era sola, con lui, senza una mamma che potesse proteggerla. Non conosceva nemmeno il nome di sua mamma, sapeva solo che era una donna bellissima, era quello che vedeva nelle fotografie. Morì appena partorì Marianne. Il padre, dalla disperazione, di aver perso la donna della sua vita, si diede all’alcol.
Ed ecco ancora quelle scene che le provocavano disprezzo, odio verso quell’uomo schifoso. Erano, appunto soli, lui era ubriaco,
e avendo mancanza di affetto violentò la figlia. Senza neanche avere qualche scrupolo di star violentando una persona sangue del suo stesso sangue. Il padre fu denunciato, fu stesso lei a farlo, anche perché da quella notte poi ce ne furono altre.
Lei fu affidata ad un orfanotrofio, ed ecco che si ritrovava lì.
Marianne in quel momento si accasciò per terra, in lacrime, dai troppi ricordi orribili che ormai avevano preso il sopravvento nella sua testa. Era sola per la strada, non girava anima viva, solo qualche cane randagio che girovagava nelle strade buie.
Si rialzò e asciugandosi le lacrime, incominciò ad avviarsi verso l’albergo. Sperando si ricordasse la strada.
 
Passarono svariati minuti, e si fermò, accorgendosi di girare in tondo. Stava percorrendo la stessa strada da ormai mezz’ora.
Le venne da ridere ed una risata si aggiunse alla sua. Ebbe paura. Ma non appena la voce uscì alla luce del lampione vide una figura familiare. Bieber.
“E tu che ci fai qui?”le domandò lei incrociando le braccia al petto.
“Sono uscito”disse il ragazzo avanzando verso di lei.
“Questo lo vedo, altrimenti non saresti qui a darmi fastidio”rispose Marianne acidamente.
“Ti sei persa o sbaglio? Io potrei darti una mano”risponde il ragazzo, ormai alle spalle della ragazza, con fare superiore.
“Non mi sono persa è…solo che…Okkey non trovo l’albergo!” spiegò la ragazza con un filo di imbarazzo nella voce.
 Il ragazzo rise “ è proprio dietro l’angolo” disse il ragazzo
svoltando l’angolo.
Lei lo seguì, e svoltato l’angolo si rese conto che il ragazzo non diceva cazzate.
In quel momento avrebbe voluto tanto essere invisibile dalla vergogna.
“E dimmi perché sei uscito?”le chiese la ragazza.
“Perché ti ho sentito uscire”spiegò il ragazzo accostandosi proprio davanti al suo viso.
In quel momento Justin e Marianne ebbero come un contatto. Ma non fisico, con gli occhi.
Strano da dire ma ciò che i due provarono in quel momento era un qualcosa di magico che nessuno dei due si sapeva spiegare.
Justin pensava che Marianne fosse bellissima, ma troppo, troppo, fin troppo presto per dire che le piaceva.
Pensava solo a portarsela a letto. Ma quello sguardo gli fece cambiare totalmente idea sul suo primo obbiettivo.
Marianne, invece, pensava che Justin fosse carino. Ma totalmente cretino. Eppure quell’incontro di sguardi provocò ,
anche in lei una reazione completamente diversa. Come se si conoscessero da anni.
Fu proprio Marianne a interrompere quel momento di pura magia.
“Ah…E Selena l’hai rimasta sola?” chiese la ragazza allontanando ogni tipo di contatto.
Justin sembrò deluso, gli piaceva quel tipo di contatto.
“L’ho rimasta dormendo” spiegò molto innocentemente il ragazzo.
Marianne annuì.
“Vabbè sarà meglio che vada, domani ci aspetta una giornata di shopping” disse la ragazza salutando il ragazzo.
Justin era sconcertato “Davvero? Shopping? Io odio lo shopping” si lamentò il ragazzo per poi avviarsi verso la sua camera d’albergo.
Marianne intanto rideva, il modo in cui Justin si era lamentato le faceva tanto ridere.

Adesso poteva finalmente rilassarsi sul serio. Adesso poteva finalmente entrare nel fatidico  mondo dei sogni.

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Capitolo 4
*** Chapter four ***






It was as if at that time was his.




Il giorno seguente si alzò con calma, come rilassata e infondo anche un po’ felice.
Si svestì e si catapultò sotto la doccia. Era l’unico posto dove poteva rimanere sola.
Era l’unico posto dove poteva sentirsi libera.
Le gocce d’acqua le ricadevano fluide sul suo corpo provocando in lei la sensazione di star volando.
In quel momento le venne in mente la sera prima. Justin, infondo, non era antipatico, e non era neanche viziato.
Era…carino. Ed era stata bene con lui.
Interrompe lei stessa i suoi pensieri uscendo dalla doccia e prendendo una qualsiasi asciugamano da legarsi un po’ al di sopra del petto.
Appena uscì dal bagno, sentì qualcuno bussare alla sua porta.
Andò ad aprire frettolosamente, e dietro quella porta c’era Justin. Le spuntò un sorriso.
“Ciao” disse lei sullo stipite della porta.
Justin la guardava come imbambolato. Aveva delle forme perfette, ma distolse subito lo sguardo prima che qualcosa si alzasse.
“Ehm…Ciao” disse Justin grattandosi la nuca e guardando altrove.
“Volevo solo avvertirti che noi siamo di sotto a fare colazione” aggiunse poi il ragazzo raggiungendo con lo sguardo gli occhi della ragazza, senza guardare in basso.
“Grazie, mi vesto e vi raggiungo” disse Marianne.
Notò che Justin la stava fissando e quindi arrossì abbassando lo sguardo.
Intanto chiuse la porta per andarsi a vestire.
Decise di indossare un pantalone classico e una camicetta bianca, su cui avrebbe abbinato sopra una giacca nera, e un tacco 12 sotto. Doveva sembrare professionale. Un filo di mascara ed era pronta. Non era il tipo di ragazza che sembrava Lady Gaga solo per truccarsi. Era…acqua e sapone.
Si affrettò a scendere di sotto a fare colazione, aveva una gran fame. E degli altri non gliene fregava un bel niente.
Nella sala ci mise un po’ a trovare Justin con la ragazza. Ma il suo sguardo cadde proprio su quegli occhi che la cercavano.
Come se a Justin mancasse Marianne.
Con molto stile la ragazza camminò verso il suo tavolo. Salutò tutti ed ordinò una colazione piuttosto abbondante.
I due ragazzi la guardavano sconcertati.
“Abbiamo deciso di andare al piccolo centro commerciale qui vicino” disse Selena rivolgendosi sicuramente a Marianne.
Justin sbuffò.
Quando la Gomez diceva che era un “piccolo” centro commerciale, significava che era enorme e ci mettevi tipo tutta la giornata per girare tutti i negozi. E se diceva che era qui vicino, significava che era minimo un’ora di macchina. Tutte queste cose le erano state spiegate da Kenny, che poverino doveva sopportarseli tutto il giorno.
Marianne si limitò ad annuire. Lei doveva solo guidare, era Justin che doveva portarle le buste. Marianne rise al solo pensiero.
Dopo aver fatto colazione Marianne si avviò all’auto, e più volte si domandava perché Justin non potesse guidare lui.
Era grande, aveva la patente. Non sapeva, davvero, cosa lo spingeva a non fare niente.
Poco dopo la raggiunsero i due.
Per tutto il tragitto da Stratford a Toronto Selena non aveva fatto altro che parlare di quello che si doveva comperare, e Justin,
poverino, doveva starla a sentire e consigliarla. Se Selena si accorgeva che egli non stava seguendo erano botte.


Era più di tre ore che Marianne aspettava spazientita in quella macchina. Dopo aver passato le prime ore ad ascoltare musica, dopo i suoi timpani non ne poterono più e fu costretta a spegnere lo stereo.
Passarono altre due ore e il suo stomaco adesso si faceva sentire. Guardò per un attimo l’entrata del centro commerciale, sperando nell’uscita della “padrona” e de sul schiavetto. Ma niente, da quella porta non usciva nessuno.
Passarono altre due ore, si era fatta ormai ora di cena e la ragazza, non ci vedeva più dalla fame. Pensò, adesso dovrebbe spuntare una bella Fiesta… ma niente, neanche quella voleva farsi vedere.
Si affacciò ancora una volta verso l’entrata di quel centro commerciale. Stava per perdere le speranze anche adesso, ma all’improvviso vide uscire una testolina bionda, che si intravedeva, a malapena sotto tutte quelle buste. E Selena?
parlava a telefono, sculettando e mostrando tutto il suo fascino.
In poco tempo lei raggiunse l’auto, a Justin ci volle un po’ per raggiungerla.
Marianne gli diede una mano a portare le buste nel bagagliaio, Selena era già dentro.
Marianne aveva tanto da chiedere a Justin, ma preferì starsene zitta e mettersi da parte.
Visto l’ora, li portò ad un bel ristorantino romantico, dove ovviamente avrebbe pagato Justin.
I due si appartarono, in modo tale da non farsi vedere.
Marianne era ad un tavolino, in disparte solo lei. Non ordinò niente di che…non aveva assai soldi, e semmai ci fosse stato un momento importante, voleva conservarseli per quel momento.
“Ciao” una voce la fece sobbalzare, sperò tanto che fosse Justin…ma no.
Alzò il suo sguardo e davanti a se si trovo un bel ragazzo di colore con occhi azzurri. Semplicemente fantastico pensò.
Si accorse di stare guardando il ragazzo un po’ troppo, così si affrettò a rispondere.
“Ciao” rispose Marianne visibilmente imbarazzata.
“Sei sola?” domanda il ragazzo accennando al fatto che Marianne fosse sola.
Lei si limitò ad annuire. E il ragazzo si sedette.
“Il tuo nome?” chiese il ragazzo.
“Marianne, Marianne Jenkins…Tu?” domandò la ragazza finendo l’ultimo boccone di insalata.
“Tom, Thomas Jefferson” rispose il ragazzo mostrando i suoi denti bianchissimi.
“Non sei di qui vero?” aggiunse Jefferson.
“No sono l’autista di Justin Bieber” risponde lei guardando il tavolo di Bieber.
Notò subito che Justin la stava guardando, e guardava in modo cagnesco il ragazzo seduto di fronte a lei. Era confusa.
“chi? Bieberon?” il ragazzo rise, e lei si aggiunse a lui.
Non fu tanto lo sfottò, ma il modo in cui lo disse che fece ridere Marianne.
“No dai se lo conosci è simpatico” disse lei alludendo a Justin.
“Sono geloso, sappilo” rispose Tom.
I due scoppiarono ancora una volta a ridere.
Intanto Justin si faceva rosso dalla rabbia, gelosia. Non sapeva neanche lui cos’era. Ma osservava i due divertirsi, e poi osservava lui e la Gomez. Non spiccavano parola, ne l’uno ne l’altro. Infatti tra di loro non c’era una vera e proprio conversazione, ma l amava e pensava solo quello servisse in una coppia, ma capì poi che non era così.

Dopo un po’ Justin e Selena finirono la cena e decisero e di pagare e di andarsene.
“Prima che te ne vai, mi dai il tuo numero?” chiese Thomas fermando Marianne che se ne stava andando.
Marianne non se lo fece ripetere due volte. Prese una penna che aveva al petto, e sul palmo della mano di Thomas ci scrisse il suo numero.

Lasciò i due davanti all’albergo e lei andò a parcheggiare.
Prima di ritirarsi aveva bisogno di starsene sola, decise di farsi una passeggiata sulla spiaggia deserta che era proprio di fronte all'hotel.
Si sedette sulla sabbia fredda e osservò le onde del mare muoversi. Un movimento fluido e veloce, una melodia rilassante.
Chiuse gli occhi per un secondo, immaginandosi come fosse la sua vita adesso se sua madre fosse ancora lì con lei. Di certo non si trovava in quella situazione, ma avrebbe avuto accanto un qualcuno che la incoraggiasse, un qualcuno che le offrirebbe una spalla su cui piangere. Ma non aveva nessuno. Solo se stessa.
Aprì gli occhi e si ritrovò davanti quello stolto ti Bieber.
Sobbalzò, per fare poi un piccolo gridolino, segno che aveva avuto paura.
“Cretino” gli urlò Marianne mantenendosi il cuore.
Justin rideva a crepapelle.
“Che ci fai qui?” gli domandò Marianne notando che ormai si era calmato.
Adesso era steso al suo fianco.
“Mi annoiavo” rispose Justin tranquillo.
Quella risposta risultò a Marianne una cosa inutile, odiava quelle risposte corte.
La ragazza sbuffò.
“Chi era quello al ristorante?” chiese Justin visibilmente infastidito.
“Ma cosa te ne importa? Comunque un amico” rispose lei ormai scocciata.
“Mhmm…” si limitò a mugugnare Justin.
“Perché ti fai trattare così dalla Gomez?” chiese, così, ad un tratto Marianne.
“La amo…” rispose Justin.
“Amare non significa, farsi schiavo” rispose logicamente Marianne.
Silenzio. Nessuno dei due parlò.
“Perché non guidi?” chiese ancora Marianne.
“Mi hanno sequestrato la patente, ho fatto una brutta infrazione.” rispose Justin.
La ragazza era concentrata ad osservare il mare, Justin notando di non essere tanto attiva per ucciderlo, provò a baciarle il collo.
Una bella sensazione prese ormai il sopravvento sul corpo di Marianne.
Era come se Justin se ne fosse impossessato, senza lasciarle scampo.
Justin voleva tanto provocarla, per portarsela poi a letto.
Ma Marianne, prima che Justin arrivasse alle labbra, si accorse di star sbagliando e gli mollò una sberla sulla sua bellissima guancia liscia.
Justin sembrava confuso, Marianne, invece, aveva già preso ad incamminarsi verso l’hotel.

Quando già fu nel suo letto, completamente al buio, ripensò a quello successo prima. Ritoccandosi il collo e chiudendo gli occhi per ricordare tutto nei minimi particolari.
Stava per addormentarsi, ma bussarono alla porta. Si alzò e andò ad aprire e davanti a se trovò…

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Capitolo 5
*** Chapter five ***





In Wonderland



Stava per addormentarsi, ma bussarono alla porta. Si alzò e davanti a se trovò un Justin in pigiama.
“Che vuoi?” gli urlò contro Marianne acidamente.
Dopo quello accaduto non voleva accettare scuse. Forse il giorno dopo.
“Non riesco a dormire” rispose Justin fregandosene di nulla ed entrano senza permesso nella stanza della ragazza.
“Fai con comodo eh!” disse lei chiudendo la porta e diriendosi verso il ragazzo, ormai spaparanzato sul bel letto della ragazza.
“Sentiamo perché non riesci a dormire” le chiese in modo molto più calmo sedendosi di fianco al ragazzo.
“Non immagini neanche quanto Selena russi…se un elefante la sentisse russare scapperebbe” le spiegò in modo divertente il ragazzo.
I due scoppiarono in un sonora risata che fu destinata a non finire.
Ma proprio mentre Marianne rideva, si chinò un po’ troppo indietro e cadde dal letto, trascinandosi, per un braccio, Justin.
Si ricreò la stessa  magia che c’era quella sera in cui i loro occhi non smisero di fissarsi, di penetrarsi.
Justin era ormai ad un millimetro dalle sue labbra. E sembrava che non avesse proprio intenzione di spostarsi.
Il cuore di Marianne batteva all’impazzata, come un suono di tamburi veloci ad una maratona.
“Dovresti alzarti” gli spiegò Marianne con voce tremante.
Era insicura anche lei. Il suo cervello le diceva di spostarselo dalle palle. Ma il suo cuore…
il suo cuore le diceva di farlo restare, finché lui volesse.
“Forse dopo” le rispose  Justin diminuendo sempre di piùla poca distanza che c’era tra le loro labbra.
Justin era come incantato da quelle labbra seppur piccole ma così dolci. Nella sua testa, le labbra di Marianne,
gli ballavano la danza del “Baciamiadesso”. Era sempre più tentato. Ma guardandola ancora le venne in mente Selena.
Era una ragazza fantastica, questo non lo metteva in dubbio.
Ma in quel momento gli venne da pensare che lei amasse Justin solo per i soldi. Marianne, invece, era diversa.
Lo trattava come un persona normale e questo piaceva a Justin. Lo riteneva così sexy il modo in cui lo trattava.
Ma non fu lui a rompere quella distanza. Ma lei.
Il suo cuore aveva pulsato troppo in avanti provocando così un innalzamento del torace.

Fu un bacio passionale. Marianne era sempre stata vergine di lingua.
Non aveva mai provato a baciare nessuno dopo l’accaduto durante la sua adolescenza.
Le lingue dei due ballavano una danza, che piano piano li portava ad andare oltre.
Ma Marianne non era ancora pronta a quello. E poi non dobbiamo dimenticare che lui era fidanzato.
Quindi sarebbe stato una cosa ingiusta nei confronti della Gomez.
Marianne si allontanò così di corsa per ricomporsi e mettersi in piedi.
“è successo qualcosa?” le domandò Justin con fare deluso.
Lui voleva che andassero oltre. Lui voleva sentirla  sua almeno per una notte.
Lei continuava a girare la testa a destra e sinistra. Segno di disapprovazione su quello che avevano appena fatto.
Justin si alzò e la raggiunse.
“Ehi piccola…Non è successo niente vieni qui” lui la prese e la tenne stretta tra le sue braccia.
Come se volesse proteggerla dal un male che neanche lui sapesse l’esistenza.
In quel momento Marianne si sentì protetta. Come non si era mai sentita. Pensava che tanto cretino il ragazzo non era.
“posso comunque dormire con te?” le chiese il ragazzo allontanandola per vederla meglio negli occhi.
Lei si limitò ad annuire ed insieme si diressero verso il letto.
Lui da una parte e lei da l’altra. Ma quando Justin l aveva dovuta lasciare ecco che di nuovo quel vuoto incolmabile si impadronì di lei.
“Justin?” Marianne chiamò il ragazzo per vedere se era ancora sveglio.
“Si?” rispose il ragazzo.
“Sei sveglio?” domanda ancora la ragazza.
“Se ti ho risposto significa che sono sveglio” rispose Justin con fare logico.
“Antipatico” rispose lei sistemandosi meglio sul letto per prendere la sua posizione per dormire.
“Stavo scherzando dimmi” disse Justin voltandosi verso la ragazza.
“No adesso te ne vai a fare in culo” rispose lei semplicemente.
Justin non vide unica soluzione che stringersi a lei.
“Se è così dormirò tutta la notte azzeccato a te” rispose Justin.
Ma lui non sapeva che era quello che Marianne realmente voleva. Non disse nulla e si fece cullare, dalle sue dolci braccia,
nel mondo delle meraviglie.

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Capitolo 6
*** Chapter six ***









that's his girlfriend


Il giorno seguente Marianne si girò dalla parte opposta del letto e non ci trovò nessun Bieber.
In quel momento si sentì delusa e amareggiata pensando che non avrebbe mai preferito lei a Selena.
Lei era famosa. Marianne non era nessuno.
Si affrettò per prepararsi e scendere di sotto a fare colazione.
Quella giornata indossò un bel jeans e una t-shirt sempre con una giacca sopra per rendere il tutto professionale come al solito.
Oggi ballerine.
Quando arrivò al ristorante dell’Hotel, stava per raggiungere Bieber e Selena, ma il suo cammino fu intralciato da qualcosa.
O meglio da qualcuno.
“Ehi…”esclamò il tipo.
Marianne guardò negli occhi il ragazzo e solo allora lo riconobbe. Era Thomas.
“Ehi…che ci fai qui?” chiese lei stampandogli un sonoro bacio sulla guancia.
“Sono venuto a trovarti, mi mancavi” disse accarezzando la mano scoperta della ragazza.
“Ohhh…ma che dolce, ma ci siamo visti ieri” disse lei evitando il tocco di lui spostando la sua mano sulla guancia di lui.

“Lo so, ma non mi avevi permesso di fare una cosa prima…” disse il ragazzo.
E prima che lei potesse controbattere Thomas prese il viso di lei tra le sue mani e lo avvicinò velocemente alle sue labbra.

Fu un bacio caldo, passionale. Ma in quel bacio lei non provò assolutamente nulla.

Bieber osservò la scena da lontano, rosso di rabbia. Ma poi ci pensò un attimo su. Lui voleva solo portarsela a letto.
Allora perché era geloso di quel tipo? Se ne stava forse innamorando? Nhaaa...
 
Dopo il lungo e interminabile bacio Marianne si ritrovò un dolce e bellissimo ragazzo con un sorriso da ebete sulla faccia.
“Che dici se stasera ci vediamo?” chiese Thomas leccandosi le labbra, come se volesse assaporare ancora per un po’ il sapore delle labbra della ragazza.
“certo per me va benissimo, ci vediamo alle otto” disse la ragazza lasciando un leggero bacio a stampo sulle labbra di Thomas.
Finalmente poté dedicarsi unicamente alla sua colazione.
“Oggi abbiamo deciso di andare al Luna Park” disse Selena bevendo il suo caffè.
Marianne si limitò ancora una volta ad annuire portandosi una ciambella alla bocca.
 
Dopo aver fatto colazione, come suo solito fare, si avviò all’auto aspettando i due piccioncini che arrivassero.
 
Dopo circa due ore arrivarono al Luna Park. E Marianne, invece, ci sarebbe andata quella sera stessa con Thomas.
Anche se adesso aveva diciotto anni amava le giostre anche perché da piccola non ci era mai andata.  Amava soprattutto quelle pericolose. Poi c’erano quelle per i fidanzatini, che le facevano assolutamente schifo e poi c’erano quelle per bambini.
“Non vieni con noi?” una voce alle sue spalle la fece sussultare.
“No Justin grazie ma stai con Selena” rispose semplicemente lei.
Erano venuti insieme e non voleva di certo fare il terzo in comodo.
“Ma Selena non sale su tutte, vieni con me” la supplicò Justin
Lei fece un sorriso e insieme si avviarono all’interno. Selena era dietro di loro che mandava messaggi.
 
Le giostre pericolose se le fecero Justin e Marianne insieme. Selena per una giostra si era sentita male ed era dovuta
correre in bagno a rimettere. Disse che se ne tornava in macchina.
Quindi i due rimasero completamente soli. E gli mancavano solo le giostre mielose.
“Okkey mi sembra che il nostro giro sia finito qui” disse Marianne incominciando ad avviarsi verso l’uscita.
Ma fu Justin a bloccarla per un braccio.
“Proviamo ad andare solo in quella” Justin indicò una specie di grotta. Dovevano salire su delle paperelle che li avrebbe
poi condotti all’interno della grotta.
“Ma no dai mi fa schifo” disse Marianne.
 
Ma Justin insistette e se la tirò con la forza. lei opponeva resistenza ma con scarsi risultati.
 
Justin andò dal bigliettaio.
“Due biglietti per favore” disse Justin
L’uomo all’interno quell’enorme cassa di acciaio annuì e gli porse due biglietti, subito dopo,
Justin si diresse verso Marianne che lo aspettava sbuffando.
“Dai non sarà così male” disse Justin avvicinandosi alle labbra di lei.
Marianne con uno scatto velocissimo della mano, prese il suo biglietto e si allontanò da Justin dirigendosi verso l’entrata della giostra.
Justin amava quella ragazzo proprio perché opponeva resistenza.
Salirono su una paperella blu. Marianna amava il blu.
Aspettarono un po’ prima che partisse e poi all’improvviso questa paperella si mosse.
La grotta era buoia e all’interno c’erano luci rossi qua e la sparse su delle rocce. Tutto per rendere la situazione più romantica.
“Siamo l’unica coppia a non essere una coppia” disse Justin per rompere quel silenzio.
“Ti rendi conto che in quello che hai detto non c’è nessuna parola di senso?” disse lei guardando altrove.
“Si è proprio perché il mio cervello, stando al tuo fianco, incomincia a non ragionare più” disse Justin strusciando la mano su una delle gambe di Marianne.
Lei sentì benissimo le parole di Bieber, ma volle far finta di niente. Altrimenti sarebbe caduta nel suo tranello se solo avesse incontrato i suoi occhi color del caramello. Erano capaci di ipnotizzarla e di far trasferire i suoi pensieri su un mondo tutto suo, suo e dove ovviamente il suo principe azzurro era Bieber.
“è una cosa incredibile che io non riesca a resisterti, sei così fottutamente sexy. Tutte le volte che ti guardo mi viene voglia di saltarti addosso e di assaporare ogni parte del tuo corpo” continuò Justin soffiando sui capelli della ragazza.
Marianne si sciolse al suono di quelle parole. E si girò dalla parte di Bieber, che si trovava a soli due centimetri dalle sue labbra.
Sentiva il suo respiro, calmo. E poi ascoltava il suo così agitato.
Fu Justin a fare l’uomo questa volta e spingersi lui in avanti e fare il primo passo.
Le diede un bacio ancora più passionale del primo. Solo con una caratteristica in più: Violento.
Le loro lingue era come se si rincorressero in un prato, come se si cercassero, come se fossero fatti per stare insieme.
Marianne adorava quel contatto con lui.
Justin voleva andare oltre.
 
Si fermarono, appena furono illuminati dalla poca luce del sole che andava a scomparire dietro e montagne. Entrambi, contemporaneamente, si leccarono le labbra.
 
Justin la prese per mano ed insieme uscirono dal Luna Park.
Appena furono troppo vicini all’auto, Marianne gli lasciò la mano e prese posto alla guida. Justin dietro vicino alla sua amata.
“Selena amore, come ti senti?” chiese Justin dandole un piccolo bacio a stampo.
Marianne gli salì la rabbia. Ma infondo doveva controllarsi, era la sua ragazza quella.
“non mi sento affatto bene, mi sa di aver preso l’influenza” disse Selena tossendo e starnutendo allo stesso tempo.
“Marianna possiamo partire” le disse Justin non degnandola nemmeno di uno sguardo.
Marianne annuì e dopo due ore erano all’Hotel.
Justin prese Selena in braccio, che non aveva nemmeno le forze per camminare, Marianne, invece li seguì a ruota fermandosi davanti la porta della sua camera da letto. Guardò Justin entrare e poco dopo entrò anche lei.

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Capitolo 7
*** Chapter seven ***





I know ... but you make me crazy


Marianne, una volta nella stanza, si accasciò lungo tutta la porta per poi scoppiare in lacrime.
Quel suo sfogo non sapeva neanche lei a cosa era dovuto realmente,
lei li considerava degli sfoghi, per liberarsi.
Quando si accorse di essere in ritardo per l’appuntamento con Thomas si affrettò per prepararsi.
Si fece una doccia veloce e poi indossò un vestito nero che le arrivava poco più sopra del ginocchio,
con sotto un paio di scarpe Gucci col tacco, sempre nere. Decise di lasciare i capelli sciolti e di lasciare il suo volto al naturale.
Prese la sua giacca, la borsa con il cellulare e quant’altro e uscì.
Fuori dalla sua stanza incontrò Bieber, con degli oggetti fra le mani.
Si squadrarono entrambi e dopo essersi scambiati sguardi, Marianne girò i tacchi,
se ne stava quasi per andare finché Bieber non la prese per il polso.
“Dove credi di andare?” le chiese in modo arrogante.
Come se Marianne fosse sua.
“A prostituirmi” ribatté la ragazza con  un leggero sorriso sulla faccia.
Le piaceva quel contatto che aveva con lui, era pervertito certo, ma sapeva che in fondo c’era un ragazzo fantastico.
“Simpatica” rispose lui lasciandole il polso.
“Dove stai andando?” richiese nuovamente il ragazzo, aspettando questa volta una risposta seria, come lo era lui.
Marianne sbuffò “Sto uscendo con Thomas” rispose la ragazza.
Non sapeva il perché di tutta quella sua preoccupazione, non era di certo malata come lo era la sua “passerotta”.
“Ah…” rispose il ragazzo abbassando lo sguardo un po’ deluso.
Justin quella sera si era immaginato tutt’altro: loro, un letto, senza vestiti.
Solo che era lui ad autoconvincersi che era quello che voleva realmente da quella ragazza.
Ma pian piano e più passava del tempo con lei, il suo desiderio andava a svanirsi.
“Deluso Bieber?” la ragazza si allontanò ridendo e sculettando più che poteva per far impazzire ancora un po’ Justin.
Justin sorrise a quei suoi movimenti. Dopo tornò nella stanza con la persona che realmente doveva stare. Selena.
Marianne quando si trovò giù all’atrio del Hotel ci ritrovò subito Thomas in tutto il suo splendore.
Più lo guardava e più lo vedeva in futuro come un amico, niente di serio.
“Ciao bellezza” disse il ragazzo raggiungendo la ragazza per poterle dare un leggero bacio a stampo.
“Dove vuoi andare dolcezza?” chiese lui prendendola per mano e conducendola fuori da quell’edificio.
“non so decidi tu” rispose lei non dando minima attenzione al ragazzo che le sostava accanto.
Era assai concentrata a come risolvere la situazione con Justin.
“Luna Park?” propose lui.
Lei fece “no” con la testa e mugugnò un qualcosa di incomprensibile.
“Mhm…fammi pensare” disse il ragazzo fermandosi e portando il dito indice al mento.
Le veniva da ridere, la sua espressione mentre pensava era davvero buffa.
“trovato!” disse il ragazzo facendo sobbalzare Marianne.
“Potremmo andare… me la sono scordata” rispose il ragazzo.
Marianne non resistette più e scoppiò in una fragorosa risata.
“Non ci posso credere che te la sei scordata” disse Marianne tra una risata e l’altra.
“Ahah Vieni qui” disse il ragazzo prima di prenderla e abbracciarla.
“Si okkey mi stai soffocando” disse Marianne cercando di allontanarlo.
“Ho un'altra idea…” disse il ragazzo.
“Si però adesso non te la scordare” disse Marianne ridendo ancora a crepapelle.
“potremmo andare…da una parte” disse lui con fare ovvio.
Marianne era visibilmente confusa dall’affermazione dell’amico.
Thomas la prese per mano e senza degnarle di qualche spiegazioni la condusse in un altro edificio,
poco più lontano dall’Hotel.
Salirono undici piani, alla porta del dodicesimo, Thomas le fece chiudere gli occhi e la condusse su quello che doveva essere un tetto.
Le tolse le mani dagli occhi ridandole la vista e Marianne rimase stupefatta su quello che si  celava lì sopra.
Una vista magnifica, si vedeva tutta Toronto. E il riflesso della luna sul mare era un qualcosa di fantastico.
Decise di prendere il telefono e di fare una fotografia a quello spettacolo.
All’improvviso due mani calde le circondarono il ventre, riscaldando tutto.
“Bello vero?” disse Thomas alle sue spalle.
“Fantastico, è l’unica cosa che mi viene da dire” disse la ragazza.
“Ci vengo spesso qui sopra” disse Thomas sospirando per poi riprendere a parlare
“ questo posto mi fa sentire libero, come se stessi volando e tutte le mie preoccupazioni, problemi svaniscono lasciando solo me e la brezza fresca che filtra tra i miei capelli.” finì il ragazzo.
Marianne doveva ammettere che le parole di Thomas erano davvero profonde,
come se in quel momento le avesse dette un poeta in persona.
Sorrise e con lei anche Thomas.

Passarono la serata lì a parlare di tutto quello che passava nella mente di entrambi.
Ebbero anche l’opportunità di conoscersi meglio.
I genitori di Thomas erano molto uniti, si amavano e per quanto le aveva raccontato Thomas sembravano essere una famiglia benestante. La signora Jefferson lavorava in banca mentre il Signor Jefferson era un compositore musicale.
Marianne raccontò una bugia invece sulla sua famiglia. Disse di essere in una famiglia modello,
dove la madre e il padre erano in sintonia. Ma lei sapeva di star dicendo delle bugie.
Le odiava, ma non era ancora pronta a raccontargli la verità, non voleva compassione da nessuno.

“Che ne dici se torniamo a casa?” disse la ragazza leggermente infreddolita.
“Ma non abbiamo neanche mangiato” rispose il ragazzo visibilmente dispiaciuto.
 “non fa niente non avevo nemmeno fame” disse la ragazza alzandosi e dirigendosi verso l’uscita.
Poco dopo la raggiunse anche Thomas.

“Grazie per la bellissima serata, sono stata benissimo” disse la ragazza ormai davanti alla porta della sua stanza d’albergo.
“Tutto per te” disse Thomas avvicinandosi alla ragazza per darle un bacio.
Erano vicini, vicinissimi ma qualcuno li disturbò.
“Oh scusate vi ho disturbati?” chiese Justin divertito.
Marianne lo guardò con sguardo omicida. Ma infondo non credeva potesse mandare avanti quella farsa ancora a lungo,
quindi tecnicamente Bieber le aveva salvato la vita, però lui non lo sapeva.
Thomas sbuffò leggermente irritato.
“Io vado ci sentiamo domani, ciao piccola” disse per poi avvicinarsi a Marianne e darle un bacio sulla guancia.
Dopo che se ne fu andato Bieber parlò “ammettilo che ti ho salvato il culo” disse Bieber pavoneggiandosi di quel che aveva fatto.
“Ma vaffanculo Bieber” disse Marianne per poi entrare nella sua stanza seguita a ruota da Justin.
Justin chiuse la porta e si avvicinò a lei che era poggiata sul letto.
“Perché sei ancora qui?” disse Marianne ormai stufa di quel suo essere sempre in mezzo ai piedi.
“mi devi ringraziare e poi me ne vado” disse Justin per poi stendersi sul letto.
“ ma neanche per sogno” disse Marianne spingendolo giù dal letto.
Rise per poi sentirsi soddisfatta.
Dal bordo del letto sbucò una testolina bionda che si lamentava.
“Mi hai fatto male!” disse per poi scomparire di  nuovo.
“Te lo meriti” disse lei con un sorriso sulle labbra.
“Bieber?” lo chiamò Marianne visto che Justin non si rialzava.
Si sporse per vedere per terra e non c’era nessuna traccia di lui.
Era confusa. Si abbassò ancora di più per vedere se era sotto al letto. Ed lì sbucò Bieber.
Marianne ebbe paura all’inizio, il cuore le batteva a mille.
“Stronzo” gridò lei notando Bieber leggermente divertito.
“Dovevi vedere la tua faccia…” disse Justin tra una risata ed un'altra.
Marianne si alzò di corsa e si diresse in bagno chiudendosi dentro.
“Marianne era solo uno scherzo” disse Justin fuori dalla porta.
Ma niente Marianne era entrata in bagno solo per cambiarsi.
E quando uscì, indossava solo una canottiera e una mutanda, pronta per dormire.
Si sedette sul letto.
“Sei rimasto incantato?” disse Marianne notando l’espressione a pesce lesso di Bieber.
Justin scosse la testa più volte per poter riprendersi dallo shock appena subito.
Era una “Madre Natura”, era perfetta in tutto.
Quando si riprese raggiunse Marianne sul letto.
Lei era già sotto le coperte a messaggiare con Thomas, Justin la guardava incantato da tutta quella bellezza.
All’improvviso Marianne si girò, sapendo che Bieber la stesse guardando.
“Minchia guardi?” disse la ragazza in modo scherzoso, posando il cellulare sul comò al suo fianco.
“Sei bellissima” disse Justin.
Mancava poco e le loro labbra si sarebbero unite di nuovo,
come una calamita che è in cerca di un qualcosa di metallico per potersi attaccare.
Loro erano così. Lui la parte di ripiano che deve essere d’acciaio…e lei la calamita che cerca qualcosa per essere felice.
Lui era una di quelle cose. Quando non era stupido.
Marianne arrossì a quella sua osservazione e si nascose sotto le coperte per non far vedere a Justin il suo imbarazzo in quel momento.
Justin la seguì a ruota, raggiungendola anche lui sotto le coperte. Non si vedeva quasi niente,
se non fosse stata per la luce accesa nella camera.
Si guardarono ancora, nessuno dei due riusciva più a staccarsi dagli occhi dell’altro. Uno attraeva l’altro.
“Okkey sei un polipo carino” disse Justin ridendo ed uscendo fuori dalle coperte.
Marianne sbuffò.
“E tu sei una scimmia nello sviluppo” ribbattè lei uscendo a sua volta dalle coperte.
Justin spense la luce e si andò a stendere su letto, dove era prima.
“Perché hai spento la luce?” chiese Marianne.
Una sua paura? Il buio non le piaceva per niente infatti lei teneva sempre delle lucine accese per tutta la stanza, come quelle che tengono i bambini piccoli che si mettono in corrente. Il buio le ricordava troppo i brutti momenti della sua adolescenza.
Suo padre la violentava con la luce spenta, solo la luce di una candela illuminava un angolo della stanza.
“Che c’è hai paura?” disse Justin con tono divertito.
“N-no di certo” disse Marianne insicura di quella sua affermazione.
Si girò dall’altro lato del letto, ricordandosi di quei momenti, e cercando almeno di chiudere gli occhi non pensando a niente.
D’un tratto si sentì prendere leggermente per i fianchi, e piano piano due braccia la accolsero in un abbraccio.
Quella sensazione di protezione succedeva solo con lui. Justin.
“Hai ancora paura?” le sussurrò Justin in un orecchio.
Marianne scosse la testa e cercò di dormire, ma i battiti dei suo cuore le vietava di fare tutto, anche di respirare.
Justin convinto che stesse dormendo, le stampò un docile bacio sulle labbra.
Marianne aprì di scatto gli occhi e  si alzò, facendo testa e testa con Justin.
“Ma che ti è venuto in mente?” chiese Justin massaggiandosi la fronte.
“Tu perché mi hai baciato?” chiese Marianne ovvia.
“Pensavo stessi dormendo!” disse Justin con tono dispiaciuto.
“Io non bacio le persone quando sono fidanzata” ribatté lei.
“Lo so…ma tu mi fai impazzire” disse Justin girandosi per incontrare gli occhi di lei.
“Anche tu…” disse Marianne abbassando lo sguardo.
Justin stupito da quell’affermazione, prese il mento della ragazza e avvicinò il suo viso al suo di viso.
E con uno scatto veloce, fece ricombaciare quelle due labbra, una più soffice di un'altra.
Un bacio semplice si trasformò in passionale, fino a diventare un bacio violento.
Le lingue dei due si cercavano, come le prede che scappano dal predatore.
Justin spinse violentemente Marianne sul letto senza mai staccare le proprie labbra da quel bacio.
Violentemente, le tolse la maglietta e lei fece lo stesso con quella di lui, fino a rimanere in intimo.
Stavano per togliersi anche quello, ma sul più bello, successe una cosa che i due non vollero,
almeno per quella sera, più continuare.
 
 
 

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Capitolo 8
*** Chapter eight ***





He was alone with her ​​perfume that surrounded the room.



Cosa sarà mai stato a farli smettere?
Un uccellino che picchiettava alla finestra della stanza di Marianne.
“Ma…è solo un piccolo uccellino, non possiamo riprendere?” chiese lui.
“No Justin potrebbe essere una spia internazionale che Selena potrebbe aver assunto per sorvegliarti” rispose Marianne chiudendo le tende delle finestre di tutta la stanza.
La ragazza aveva una fervida immaginazione. Le piaceva prendere per il culo le persone, soprattutto Justin.
“Vabbè…io vado a dormire!” disse Justin raccogliendo i suoi vestiti e dirigendosi verso la porta.
“Ma non rimani con me?” chiese Marianne.
“Mi vuoi con te?” chiese Justin con sguardo malizioso.
“Ma pensi sempre a quello?” disse Marianne divertita.
Justin le corse incontro, e la prese sulle spalle.
“Mio dio quanto sei pesante” disse Justin dolorante.
“Ehi…” disse Marianne facendo la finta offesa.
Stavano giocando a fare i super eroi. Justin era Superman e Marinanne era Super woman.
Ogni tanto si scambiavano baci, perché ognuno salvava l’altro e Justin pretendeva qualcosa in cambio.
Giocarono tutta la notte, finché, sfiniti, si ritrovarono l’uno sopra l’altro che dormivano.
 
La mattina seguente Marianne si svegliò di buon umore con un gran sorriso stampato sulla faccia.
Lui le faceva un effetto strano. Non sorrideva così da quando…da mai.
E lui fu l’unico che le fece ritornare il sorriso che lei amava mostrare alle persone, solo che non c’era mai
stato un buon motivo per sorridere. Allora, c’era lui.
Justin era nel suo letto con la Gomez. Quando all’alba si era alzato, Marianne era sveglia e avrebbe voluto fermarlo,
ma fu meglio lasciarlo andare.
 
Si fece una doccia, pensando a tutte le cazzate fatte la notte precedente. Dall’uccellino spia,
ai giochi con le marionette con i calzini. Chissà quella mattina cosa le sarebbe spettato fare,
ma stavolta non c’era niente che la tormentava, perché sapeva che Justin avrebbe passato di nuovo la sera con lei.
Almeno lei sperava fosse così.
Si vestì e uscì di corsa per raggiungere gli altri.
 
Arrivata al solito tavolo non c’era nessuno.
“Sono andati a fare un giro” disse uno dei camerieri.
“E dove sono andati?” chiese Marianne preoccupata.
“Mi hanno detto di dirle di non preoccuparsi, e di prendersi la giornata libera” disse e poi scomparve dietro le porte della cucina.
Marianne, invece, prese il telefono per chiamare Thomas, c’era un messaggio. Justin.
*siamo andati a fare un giro, Selena vuole che stiamo un po’ da soli, però stasera sei tutta mia*
Sorrise nel leggere quelle parole. Si tranquillizzò e chiamò Thomas.
Gli disse di incontrarsi tra un po’ al parco centrale di Toronto e lui accettò contento.
 
Marianne andò di sopra a cambiarsi. Troppo professionale per uscire di casa a fare una passeggiata.
Si mise un T-shirt, un jeans e delle convers. Poi potè finalmente uscire per dedicarsi totalmente a lei.
 
Poco dopo si ritrovò al parco più vicino, si sedette sulla prima panchina e aspettò che arrivasse il suo amico.
Diede un occhiata all’orologio, ed essendo tardi. Pensò che Thomas le avesse dato buca, quindi si alzò e si incamminò
verso una meta imprecisa.
Il sole era alto nel cielo, gli uccellini cinguettavano e i bambini che non andavano a scuola erano tutti lì che giocavano.
Marianne li osservò per un minuto e sorrise, ancora una volta.
Poi si incamminò di nuovo e alzò lo sguardo al cielo, notando che in quella giornata non c’era neanche una nuvola in cielo.
Libero, come lei si sentiva in quel momento.
All’improvviso sentì delle risate. Pensò a una coppia innamorata, che si divertiva. Voleva ammirare quella situazione,
sognando un futuro con Bieber. Si affacciò al lato dell’albero che nascondeva i due ragazzi.
E a quelle figure Marianne si bloccò. Erano Bieber e la Gomez. Che si scambiavano baci, carezze, e che si coccolavano a vicenda.
Justin sembrava felice, o era davvero felice?
Le si spezzò il cuore nel vedere i due come una coppia perfetta.
Li aveva sempre sotto gli occhi ma non sembravano mai così innamorati.
Si allontanò piano, cercando di non far rumore. Riuscita nel suo intento, corse, più veloce che potè.
Solo che lei non sapeva che Justin l’aveva vista correre. Si sentì in colpa, era furioso con se stesso.
E Con ciò che lo fermava ad amarla.
 
Marianne nel correre andò a sbattere contro qualcuno.
“Thomas ti prego portami via…” disse la ragazza tra le braccia di lui.
“Si andiamo” disse il ragazzo.
La prese in braccio, come si fa con le principesse e andarono a casa di lui.
La distese sul letto, e lui al suo fianco che le accarezzava la lunga chioma rossa.
“Perché piangevi?” domandò il ragazzo.
Si sentiva morire, amava davvero quella ragazza e vederla così gli faceva solo del male dentro.
“Niente di cui preoccuparsi” rispose la ragazza mettendosi seduta.
“Stavi piangendo come una pazza mi vuoi dire la verità?”
Quella parola: Verità, girava ormai nella testa di Marianne da un po’. Teneva a quel ragazzo, ma allo stesso tempo non voleva perderlo. Era l’unica persona che le faceva dimenticare la maggior parte dei problemi. Decise di non dire ancora niente,
avrebbe aspettato il momento giusto per dirgli la verità su ciò che provava realmente per lui.
“Okkey vuoi sapere la verità? e verità sia” disse la ragazza alzandosi in piedi.
“Non ho una famiglia come la tua. Mia mamma non l ho mai conosciuta, sono nata io ed lei è morta.” le lacrime ormai avevano preso il sopravvento sul viso della fanciulla. “ mio padre troppo dispiaciuto, arrabbiato per la sua morte ha incominciato a violentarmi, ogni volta che voleva, ogni volta che gli veniva in mente la mamma, diceva che gli ricordavo lei e…” non riuscì più a continuare.
Voleva dimenticare quella vita. Iniziare una vita migliore, lontana dalle sofferenze.
Thomas le corse incontro, abbracciandola come solo un buon amico sa fare.
“Perché non me lo hai detto prima?” chiese il ragazzo allontanandola di poco, quanto bastava per vederla negli occhi.
“Avevo paura di perderti” disse la ragazza.
A quel punto Thomas le diede un bacio, dolce, passionale. E non violento come quelli che dava Justin.
Ma era un bacio sincero.
Quel bacio trasportò anche Marianne, fino al letto.
Marianne era pronta? era quello il problema, non lo sapeva neanche lei.
Thomas si fermò un minuto.
“Aspetta un attimo, metto le precauzioni e vengo” disse Thomas.
Ma quando tornò non c’era ombra di Marianne. Aveva raccolto la rua roba in fretta ed era uscita da quella casa.
Pensò di tornare in albergo, ma cambiò idea. Era la sua giornata libera,
decise quindi di prendere l’auto e di avventurarsi nella cittadina dopo Toronto. Stratford.
 
Era ancora giorno, quindi non avrebbe avuto problemi nel trovare un posto dove riposarsi.
Attraversando quelle stradine Marianne rimase stupefatta, da quello che si celava in quella cittadina.
Era piccola, ma in se conteneva un qualcosa di magico. Fantastico.
Decise di fermarsi ad un bar, e prendere qualcosa da mangiare.
Si sedette al bancone.
“Salve cosa posso portarle?” chiese una donna.
Era forse una donna sulla quarantina. Bassina, castana e con due occhi enormi, bellissimi.
“Si, grazie vorrei solo un caffè” rispose Marianne sorridendo.
La signora ricambiò il sorriso per poi sparire dietro il bancone.
Nel frattempo Marianne osservava l’ambiente. Poche persone, ambiente confortevole e accogliente.
Dopo poco vide la signora tornare con il suo caffè tra le mani.
“Ecco a te, cara” disse la signora porgendogli la tazza.
“Grazie” disse Marianne prendondola.
“Non ti ho mai visto da queste parti sei nuova?” chiese la signora sedendosi su di uno sgabello al suo fianco.
“Si, in un certo senso, oggi ho la mia giornata libera dal lavoro e volevo visitare questa cittadina” spiegò Marianne soffiando sul suo caffè bollente.
“Capito…e come ti è sembrata…ti piace?”
“Molto, credo che passerò le mie giornate libere qui” disse Marianne accennando un sorriso.
“Comunque io sono Pattie, Pattie Mallette!” disse la signora porgendole la mano.
“Piacere, Io sono Marianne, Marianne Jenkins” disse stringendole la mano.
“Il piacere è tutto mio…Allora dove alloggerai?” chiese Pattie prendendo la tazza vuota di caffè.
“Veramente…credo dormirò in auto” disse Marianne prendendo il borsellino.
“Oh no cara…tu stasera verrai da me”
“Ma non vorrei disturbare”
“Sono una mamma single con un figlio in giro per il mondo, non disturbi nessuno” disse Pattie.
“Senti io ho quasi finito, aspettami qui” disse Pattie per poi allontanarsi con la tazza.
 
Poco dopo tornò con in mano una borsa.
“Okkay adesso possiamo andare” disse.
“Pattie…non so davvero come ringraziarla” disse Marianne abbracciando la signora.
Quella cittadina le piaceva perché tutte le persone che c’erano erano buone, e Pattie ne era la prova vivente.
Nel frattempo all’Hotel, Justin aveva da poco salutato la sua ragazza.
E finalmente poteva dedicarsi a quell’altra ragazza, che secondo lui lo stava aspettando da tutto il pomeriggio.
Si sbagliò. Bussando alla porta non rispose nessuno.
Girò la maniglia e la porta era aperta. Al suo interno non c’era anima viva.
Era solo, con il profumo di lei che circondava la stanza.

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Capitolo 9
*** Chapter nine ***





Justin, Justin Bieber!


La piccola donna e Marianne avevano da poco rincasato. E dal bar, fino casa di Pattie,
Marianne non aveva fatto altro che raccontare la sua vita a Pattie. E lei era stata ad ascoltare.
 
“Allora questa è casa mia…Benvenuta” disse Pattie facendo accomodare Marianne.
“Piccola, ma è una bella casa” ed era la verità.
La casa era piccola, ma grande quanto bastava.
“Lo so, mio figlio voleva comprarmi una villa enorme, ma vivendoci da sola non avrebbe avuto senso comperarla” disse Pattie poggiando la borsa su un tavolino che si trovava poco dopo l’entrata.
Marianne stava incominciando ad avere delle curiosità. Su suo figlio, su dove fosse il marito.
Ma preferì tenere a fermo le sue curiosità.
“Seguimi, ti mostro dove dovresti dormire” disse la donna avviandosi al piano di sopra.
Lei annuì e poco dopo la raggiunse.
Salendo le scale, notò delle fotografie. Ognuna di loro teneva immortalato un  momento particolare di quella famiglia.
E in ogni fotografia era presente il solito bambino, biondo, con occhi del color del caramello.
Le ricordava vagamente qualcuno. Ma scosse la testa al solo pensiero e continuò a salire le scale.
“questa è la tua stanza…ogni volta che vorrai puoi venire qui” disse Pattie mostrandole la stanza.
Era una stanza dove, forse ci dormiva il figlio.
Aveva coperte azzurre, alle pareti erano appesi dei trofei di Hockey più dei poster con dei giocatori di Basket.
“Grazie Pattie davvero non so come ringraziarti” disse entrando nella stanza osservando la situazione.
 disse, e poco dopo scomparve in un'altra stanza.
Marianne, intanto, decise di sedersi sul letto, e di osservare la stanza dal basso.
Il suo sguardo venne catturato soprattutto da quei trofei. Doveva scoprire a chi appartenessero.
Proprio mentre stava per leggerlo Pattie irrompe nella stanza, attirando la sua attenzione.
“Si quei trofei li ha vinti mio figlio, quando era piccolo, sai lui amava giocare a Hockey” disse per poi appoggiare uno dei suoi pigiami sul letto.
“Comunque…di sotto c’è la cucina e se hai fame trovi qualcosa, ci vediamo domani” disse.
Sembrava affranta, i ricordi forse le facevano del male? Voleva scoprire la sua vita, poterla aiutare.
Prese il pigiama e si cambiò, per poi spegnere la luce e distendersi in quel letto freddo.
 
Era ormai notte fonda, e Marianne non riusciva proprio a dormire.
Le venivano in mente le scene di quei due che si stavano sbaciucchiando.
Non pensava che un tipo come Justin potesse prendere in giro le persone così. Ma infondo doveva aspettarselo.
Nella sua vita non aveva mai avuto fortuna in queste cose.
Decise di alzarsi e di andare a mangiare qualcosa.
In cucina la luce era accesa, forse Pattie si era dimenticata di spegnerla, pensò.
Avvicinandosi sentì dei singhiozzi leggeri. E notò la figura di Pattie, seduta al bacone, che versava lacrime nel suo latte caldo.
Pattie notò Marianne e si asciugò di fretta le lacrime.
“Oh, ciao non ti avevo visto” disse per prendere una tazza di latte anche per lei.
Marianne si siede al suo fianco.
“Non riesci a dormire?” domanda Pattie tenendo lo sguardo basso.
“No…” disse per poi sorseggiare il suo latte.
Poi il silenzio diventa padrone di quella stanza.
Un silensio straziante, che Marianne non riusciva a sopportare.
Ma proprio quando pensò di parlare Pattie la precedette.
“Sai mio ne ha passate tante per essere dove è adesso, all’inizio eravamo poveri, il mio ex-marito ci maltrattava e l’unica cosa che salvava lui era la musica.”
Marianne stava ad ascoltare, proprio come aveva fatto Pattie, mentre lei raccontava la sua vita, quella reale.
“Poi è successo tutto così in fretta, lui è diventato famoso, mio marito si è risposato, e mio figlio si è fidanzato…la fama lo ha fatto diventare quello che non avrei mai sognato che diventasse. Si è montato la testa, e adesso quando viene a trovarmi non dorme neanche più da me” la donna era davvero a pezzi.
Si vedeva dal modo in cui parlava di suo figlio, era come se si disprezzasse da sola, per aver creato un mostro.
“Non dovresti disprezzarti, non è dicerto colpa tua se adesso è quello che è!” disse Marianne per rassicurare la donna.
“Non sembra mio figlio” in quel momento la donna si lanciò fra le braccia di Marianne che la accolse con piacere.
Quella donna aveva bisogno di attenzioni. E per il momento Marianne non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare,
non in quelle condizioni.
“Sai mio figlio mi abbracciava così” disse Pattie sciogliendo quell’abbraccio.
“Grazie Marianne” disse.
Stava per risalire le scale  ma Marianne la fermò.
“Pattie aspetta…” Pattie si fermò di scatto e si girò verso di lei.
“Dimmi…” le sorrise debolmente.
“Come si chiama tuo figlio” chiese Marianne ansiosa di una risposta.
Pattie sospirò “Justin, Justin Bieber” disse per poi risalire le scale.
Quel nome, Marianne lo conosceva troppo bene.
Era il ragazzo di cui in quel periodo era perdutamente innamorata.
Era il ragazzo con cui ci stava quasi per andare a letto.
Era il ragazzo a cui aveva detto la verità su tutto.
Era il ragazzo che adesso era a letto con la Gomez.
Dopo quel nome Marianne rimase troppo sconvolta. Non poteva neanche pensare che non venisse mai a trovare la madre.
Le mancò il respiro, la situazione non centrava niente con lei. Ma adesso voleva sapere da Justin la verità.
Detta in faccia senza essere nascosta niente.
Decise di andare a riposare. I giorno successivo sarebbe partita per ritornare in Hotel e parlare con lui.
Doveva sapere tutto.
Intanto Justin già dormiva. Ma non nel suo letto come pensava Marianne, ma dormiva nel letto di lei.
Dove le lenzuola trattenevano il  profumo di lei.
Decise di passare lì la notte. E di abbandonarsi alla brezza di quella stanza.

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Capitolo 10
*** Chapter ten ***




In a story would be a perfect match ... but also  it would in real life?



Il giorno seguente, Marianne non salutò nemmeno Pattie che corse in albergo.
Le lasciò solo un piccola lettera all’entrata della porta della sua stanza.
Dalla macchina, tutto quello che aveva visto il giorno precedente, le passava di fianco con molta più velocità.
Era furiosa ma non perché non le avesse detto la verità, ma perché l’aveva tenuta all’oscuro di tutto.
 
Arrivata al parcheggio dell’albergo, posteggiò e a passi pesanti si diresse al ristorante.
Pensava di trovarli lì, invece, non c’erano.
Salì al piano dove si trovavano entrambe le camere e bussò prima a quella di Justin. Non trovandoci nessuno, si arrese.
Aprì la porta della sua camera e una volta dentro si stese sul suo grande letto, esausta.
“Ahi…” disse una voce all’interno delle coperte.
“Oh mio dio…chi sei? cosa vuoi?” chiese Marianne spaventata alzandosi si colpo.
“Tranquilla sono io…” disse Justin uscendo allo scoperto.
Marianne tirò un sospiro di sollievo. Aveva avuto molta paura.
“Che ci fai nella mia camera? e per giunta nel mio letto?” chiese lei incrociando le braccia al petto.
Justin non poteva dirle la verità, che era andato a dormire nella sua stanza per sentirla vicina, inventò una scusa al momento.
“Mi sentivo solo, però non ti ho trovato” disse Justin alzandosi e sistemandosi la maglia.
“Non ero in città” rispose Marianne tranquilla.
“Selena?” chiese poi non notando la coppia essere insieme.
“è partita per il suo tour in Spagna” rispose Justin infilandosi una mano tra i capelli.
Marianne notò quel movimento, così sexy, e dolce allo stesso tempo. Le faceva impazzire tutto di lui.
Si morse il labbro e per non incantarsi davanti a tutta quella bellezza di girò andando a guardare fuori dalla finestra.
Justin le andò dietro, e le circondò il bacino.
“Dov’eri?” chiese Justin lasciandole un innocente bacio sul collo.
Marianne ricevette una scossa, e per poco non si dimenticò per cosa era ritornata realmente.
Si staccò di corsa, vedendo di star cadendo nella tentazione.
“Sono ritornata per sapere la verità” disse sicura di se Marianne.
“Ti ho già detto tutto” disse Justin girandosi dalla parte opposta.
“Oh beh…allora parlami di tua madre…e il fatto che non la vai mai a trovare quando sei nei paraggi…” ribattè Marianne posizionandosi giusto davanti a Justin.
Justin stette muto.
“Visto che non parli, parlerò io per prima” disse Marianne alzandogli il mento, costringendolo a guardarla negli occhi.
“Ieri sono stata a Stratford, la tua città natale, dove vive tua mamma, Pattie Mallette…” vedendo che Justin non la interrompeva continuò “ mi ha ospitato a casa sua, nel tuo letto. Abbiamo parlato, è uccisa dal dolore, da ciò che sei diventato” stava per continuare ancora ma questa volta fu Justin a parlare.
“Quando sono diventato famoso ho lasciato mia mamma da sola, la fama mi ha fatto diventare un'altra persona, mi ha montato la testa. Lei me lo ripeteva in continuazione e così ho deciso di andarmene e di non tornare più” finì lui.
Qualche lacrima scese sul viso di Justin. Marianne gliel’asciugò subito, dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
Justin, aveva un espressione confusa sul suo volto triste, ma allo stesso tempo vogliosa di nuovo di quel bacio.
Prese tra le sue mani il viso di Marianne e delicatamente la baciò.
Quello fu un bacio diverso da quei pochi che Marianne ebbe il piacere di assaporare.
Quello era un bacio, dolce, vero.
Le loro lingue erano unite, e sembrava non volessero più lasciarsi andare.
Allungarono il bacio, trasportandosi entrambi sul letto.
Quella volta Marianne era pronta. Solo perché era con lui che voleva davvero farlo.
Justin le tolse la maglietta delicatamente, senza mai staccare quel bacio infinito.
Poco dopo Marianne la tolse a lui, rimanendo a torso nudo.
Poi toccò al jeans di lei, dove Justin impiegò un po’ per toglierlo.
Lei le tolse il bermuda e così finirono entrambi in intimo.
Justin dalle labbra passò al collo di lei, provocandole leggeri brividi.
Passò poi alla spalla, sfilandole lentamente prima una e poi l’altra spallina del reggiseno.
Poi, senza slacciarglielo, glielo sfilò, come si fa con una maglietta.
Iniziò a baciale il seno, provocando sul corpo di lei leggeri brividi di piacere. Lei ansimava pesantemente, lui era solo all’inizio.
Justin voleva che per lei la prima volta fosse perfetta, senza andare di corsa.
Lui era sopra di lei. Continuarono a baciarsi e Justin lentamente le sfilava le mutandine rosa.
Lei non ci mise niente a togliergli i boxer. Ed è così che furono nudi.
Justin si fermò e la guardò negli occhi come nel cercare un permesso nel continuare.
Lei annuì, ed è così che lui entrò in lei. Prima lentamente, per farla abituare al dolore poi il ritmo aumentò.
I due gemevano insieme, le loro voci insieme erano come un orchestra che andavano d’accordo.
Arrivati all’orgasmo di fermarono entrambi. Lui disteso al suo fianco senza fiato.
“è…stato…bellissimo” disse Justin rivolgendole uno sguardo di sfuggita.
Marianne era troppo immensa nei suoi pensieri per ricambiare lo sguardo.
Si avvicinò piano a lui, accoccolandosi sul suo petto. E chiudendo gli occhi. Fu così che si addormentò fra le braccia di lui.
Justin, invece, fu sveglio tutto il tempo, gli piaceva guardarla dormire, pensava di aver trovato un altro hobby oltre alla musica.
La considerava come la “Bella addormentata nel bosco” e lui era il suo principe che con un bacio la veniva a svegliare dal sonno eterno.
Rimase a fissarla ancora qualche minuto, poi si addormentò anche lui.
In una storia sarebbero una coppia perfetta…ma lo sarebbero anche nella realtà?

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Capitolo 11
*** Chapter eleven ***




"So we could be friends-broom?"









Quando Justin si svegliò, tastò con la mano, la parte opposta del letto. Era libero.
Marianne era scappata di nuovo?No, era solo in bagno. Si udiva, infatti, la sua voce canticchiare qualcosa.
Justin rise, per quanto era stonata.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla porta del bagno. Era semiaperta.
Non resistette a sbirciare per quella fessura, Marianne stava facendo il bagno con le cuffie nelle orecchie, non l’avrebbe mai sentito.
Justin la osservò meglio, era bella in tutto quello che faceva, anche quando stonava le note alte.
Niente era paragonabile a lei. Sarà forse l’amore ad avergli fatto pensare quelle cose?
Non lo sapeva, ma Justin voleva che durasse, perché era una sensazione bellissima da vivere.
Non la sapeva spiegare, forse perché non era mai stato bravo con le parole,
o forse perché non esistevano parole per quello che stava vivendo, anche se in piccola parte, con Marianne.
Si allontanò e non si accorse di essere ancora nudo, si rivestì e dopo aspettò Marianne sul letto.
Marianne, invece, non aveva alcuna intenzione di uscire, quella vasca aveva l’idromassaggio incorporato,
miglior posto di quello non esisteva.
Purtroppo non si poteva rimanere in eterno in quella vasca, fu costretta ad alzarsi.
Prese un asciugamano poggiato poco più lontano da lei, e se lo avvolse al corpo, aveva ancora le cuffie nelle orecchie.
Uscì dal bagno ballando, convinta che Justin se ne fosse tornato nella sua stanza. Credeva male.
Era girata di spalle e ancora non aveva intravisto Justin. Lui le toccò una spalla e con un rapido movimento,
Marianne prese un oggetto e spaventata glielo tirò in testa.
Justin cadde stordito.
Marianne accorgendosi che fosse lui, si mise una mano sulla bocca, e più volte si dava degli scappellotti sulla testa per punirsi.
Non era normale, questo si era gia capito.
 
Dopo un ora Justin non si era ancora ripreso. Era in una posizione, come i morti, con le braccia poggiate sulla pancia.
Era bianco in viso. Lei era visibilmente preoccupata. Decise di dargli un bacio sulle labbra,
credendo che come nelle favole si risolvesse tutto con un bacio.
Si avvicinò, quindi, alle labbra di lui, stampandogli un bacio succoso. Stava per staccarsi, ma Justin la trattenne allungando il bacio.
“Dovrei morire più spesso” disse appena allontanatosi da Marianne.
“Ma sei un cretino” disse Marianne con un certo tono di divertimento.
Si alzò e andò a prendere i vestiti.
“Mi hai fatto male comunque…mi meriterei un altro bacio” disse Justin cingendole i fianchi.
Marianne si staccò e disse “Un passo alla volta Bieber”.
E si allontanò in bagno, questa volta chiudendo a chiave.
Justin scosse la testa e prese il suo telefonino.
Aveva dieci chiamate perse: Selena.
In quella notte si era proprio dimenticato di lei. Si era dimenticato di avere una relazione con lei.
Si sedette sul letto, e si prese la testa tra le mani.
Marianne uscì dal bagno vestita, e soprattutto felice.
Notò Justin triste, e il suo telefono poco distante da lui.
Collocò tutto: Selena, lui, relazione tra Marianne e lui non possibile.
L’unica cosa che poteva fare in quel momento era stargli vicino. Si avvicinò a lui e si sedette al suo fianco.
“Justin…io starò bene non ti devi preoccupare” disse accarezzandogli i capelli.
I suoi capelli morbidi, come riusciva a tenerli così lisci, fluenti e brillanti rimase un mistero.
Justin la fermò e le disse “ Non voglio chiudere questa storia…ma non posso chiudere quella tra me e Selena” abbassò lo sguardo “ Io credo di provare qualcosa per te…ma capisci ti prego, lei è stata importante e adesso non posso abbandonarla” aggiunse poi rivolgendole uno sguardo.
Marianne si ritrovò in una situazione complicata.
Doveva accettare e tenere tutto nascosto a Selena, oppure doveva scappare ancora?
Scelse la prima soluzione, tutto per stare al fianco dell’uomo che adesso era diventato tutta la sua vita,
l’unico che le aveva fatto provare emozioni uniche, nonostante si conoscessero da poco.
Annuì alle parole di Justin, poi si alzò e andò ad asciugarsi i capelli, mentre Justin parlava con la sua vera fidanzata al telefono.
Dopo ancora un ora passati insieme i due decisero di uscire.
Erano in auto, quando Marianne parlò “ Che ne dici se andiamo a trovare tua mamma?”
Justin sembrò pensarci su.
“Si…mi farebbe piecere rivederla, dopo due anni” disse per poi prendere direzione verso Stratford.
 
“Sei sicura che mi voglia vedere? Possiamo anche tornare una altra volta” disse Bieber.
Erano fuori la porta di casa di Pattie ma Justin aveva paura di entrare.
“Whao il mitico Justin Bieber che ha paura di andare a visitare la mamma” lo sfidò Marianne.
Justin con superiorità bussò al campanello, gli tremavano le mani, l’attesa che lei venisse ad aprire la porta era estenuante.
“Okkey non è in casa possiamo andare” disse Justin per poi voltare le spalle.
Ma proprio in quel momento si aprì la porta, e sul viso di Pattie adesso c’era un espressione sorpresa,
ma felice di aver rivisto il figlio dopo tanto tempo.
“Justin…” esclamò la donna meravigliata della sua presenza.
Esso si girò di scatto. Era rimasta la stessa per lui non cambiava mai.
Corse ad abbracciarla. La stringeva forte come non aveva mai fatto.
Marianne stava a guardare felice della sua missione compiuta.
“Entrate vi prego..” disse infine la donna con le lacrime agli occhi facendoli accomodare.
Si sedettero insieme su un divano.
“Non è cambiato niente di questa casa” disse Justin guardandosi intorno.
“Anche la tua camera è rimasta la stessa” disse Pattie.
Justin era meravigliato e corse nella sua stanza per osservarla.
Quando le due furono sole, Pattie si avvicinò a Marianne.
“Grazie cara, sono felice dopo tanto tempo, non so davvero come ringraziarti” disse Pattie abbracciando la fanciulla.
“Pattie era mio dovere non mi devi assolutamente nulla, tranquilla” disse infine Marianne per accarezzare la guancia della donna.
“Whoa è davvero tutto come prima” disse Bieber buttandosi sulla poltrona di fianco al divano.
“Si anche se ultimamente ci ho dormito io” disse Marianne ridendo.
“Adesso mi hai impuzzolentito il letto” disse Justin mettendo su un broncio.
“Carissimo io profumo” disse Marianne incrociando le braccia.
“Si di vacca” finì Bieber per poi far ridere tutti nella stanza.
Tranne ovviamente Marianne che fece la finta offesa.
“Vabbè io devo andare a lavoro voi rimanete qui” prese il suo giubbotto,
salutò tutti ed uscì di casa lasciando i due nuovamente soli.
Justin adesso era di fianco a Marianne.
“Piccola, io stavo scherzando, era solo per far ridere un po’ mia mamma” disse Justin posizionandosi giusto davanti a lei.
Incrociando i suoi magnifici occhi.
Marianne non rispose, teneva ancora il broncio.
Justin le si avvicinò lentamente, fino a stamparle un bacio sulle labbra, un piccolo ed innocente bacio sfuggente sulle labbra.
Marianne sorrise.
“Non puoi farti perdonare così” disse Marianne alzandosi e andando in cucina.
Justin la seguì.
“E come altrimenti?” disse Justin cingendole i fianchi, e lasciandole un soffice bacio sul collo,
che provocò, tanti piccoli brividi sul corpo di lei.
“Ho tanta voglia di te Justin…” disse Marianne girandosi e trovandosi faccia e faccia con Justin.
Lui era meravigliato dalle sue parole, anche lui aveva voglia di lei, ma non una sola volta, in continuazione.
Non avrebbe mai smesso. Era come una droga, una droga di cui non riusciva a farne a meno.
Si baciarono e finirono travolti sul letto di lui.
I vestiti erano sparsi ovunque, ognuno era voglioso dell’altro, ognuno non riusciva a fare a meno dell’altro.
Sfiniti dopo, movimenti violenti, e grida stridule, si stesero sul letto a parlare.
“Che stiamo facendo?” domandò Marianne confusa.
“Non lo so…ma mi piace” rispose Justin dedicandole uno sguardo.
“Il problema è che…piace anche a me” disse Marianne ricambiando lo sguardo di lui.
“Allora…cosa siamo?” chiese Marianne.
Voleva essere sicura che Justin non la stesse solo usando.
“Io provo più di una semplice attrazione verso i tuoi confronti Marianne, ma con Selena capiscimi, non possiamo avere una relazione” spiegò Justin accarezzando i capelli di lei. I suoi morbidi capelli rossi.
“Anche io provo le stesse cose” disse Marianne guardando il soffito.
Era vero, lei provava qualcos’altro, oltre all’attrazione fisica, lei pensava che le piaceva.
“Quindi potremmo essere scopa-amici?” chiese Justin aspettando una risposta.
Lui voleva che lei fosse sua, anche solo per quegli attimi che facevano sesso. Lui la voleva per se.
“Si potremmo cominciare con nell’essere scopa-amici” finì Marianne avvicinandosi alle labbra di lui e baciandolo passionatamente.
Rimasero lì, a palare del più e del meno. Avevano tanto da raccontarsi, e si trovavano bene insieme.
Si completavano a vicenda, solo che nessuno dei due se ne era ancora accorto.

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Capitolo 12
*** Chapter Twelve ***








where you dream of being in the right place, with the right person.



Era forse l’ora di alzarsi? Ma nessuno dei due voleva.
Stavano così bene su quel letto, giocavano, si picchiavano, e tra di loro c’erano anche dei baci dolci.
Dovettero alzarsi anche di malavoglia…Era arrivata Pattie, e la storia tra di loro non la doveva sapere nessuno.
Ma si sapeva che comunque sarebbe andata, Justin avrebbe detto tutto alla mamma, era l’unica con cui parlava.
Si vestirono in fretta e la prima ad uscire fu Marianne.
“Ehi Pattie vuoi una mano?” chiese la ragazza vedendo la donna in difficoltà con le tante buste che aveva fra le mani.
“Oh si grazie cara” disse la donna guardando implorante la ragazza.
Marianne la accorse subito e prendendo delle buste dalle sue mani le portò in cucina appoggiandole sul bancone.
Si sedette su una sedia. E osservò la donna in ogni suo movimento, veloce e delicato. Faceva tutto con tranquillità.
“Cosa si mangia stasera?” chiese la ragazza per far terminare quel silenzio che circondava la stanza.
“Il polpettone…” disse Pattie infornando quella sottospecie di carne.
Marianne aveva un espressione disgustata.
“Che c’è non lo preferisci?” chiese Pattie notando la sua espressione.
“No è che… sono vegetariana” disse Marianne imbarazzata.
Pattie si immobilizzò di colpo. Non sapeva nulla e credeva di aver fatto una brutta figura. Era perfettina su queste cose.
“Scusami…Justin non me lo ha detto” disse la donna mortificata dall’accaduto.
“No scusami tu… non l’ho detto a nessuno dovevo avvisarti” spiegò Marianne.
“Di cosa?” entrò Justin intromettendosi tra le due.
Pattie non gli degnò nemmeno uno sguardo, era troppo mortificata.
“E adesso cosa mangi?” chiese ancora una volta Pattie.
“Ma non so mi arrangerò con dell’insalata” rispose Marianne sotto lo sguardo curioso di Justin.
Che incominciò a spazientirsi per il fatto che nessuno lo ascoltava.
“Posso sapere cosa succede?” nessuno lo rispose,
Pattie era troppo occupata ad osservare il forno, Marianne era troppo occupata a guardarsi le unghie non curate.
Justin per attirare l’attenzione almeno della ragazza, le scoccò un bacio veloce sulle labbra.
Pattie era distratta era stata l’occasione giusta per approfittare.
“Ma che fai?” disse Marianne con fare scioccato.
Pattie, sentendo la ragazza urlare parlò “ Che succede?” chiese la donna girandosi verso i ragazzi.
“Niente Mà” disse Justin con un sorriso vittorioso sul suo faccino.
“Qui c’è stato un bacio, ho sentito il rumore di due labbra che si toccano” disse Pattie incrociando le braccia e dedicando ai due sguardi di fuoco.
Entrambi pensarono di essere stati beccati.
“Ma no è stata solo l’impressione” Justin buttò lì una scusa banale alla cui Pattie non crebbe.
Quindi insistette sullo sguardo persuasivo che solo lei sapeva fare.
Si dovevano inventare un'altra scusa, ma quella doveva essere più credibile di quel tonto di Bieber.
“ Gli ho dato uno schiaffo…si è stata la mia mano che si è posata pesantemente sulla sua guancia, mi voleva fare il solletico” Marianne pensò di aver detto una bella scusa.
Incrociarono le dita sperando che Pattie se la fosse bevuta, almeno per adesso.
Pattie mantenne il silenzio, quello stava a significare, o che stava pensando oppure non aveva niente da dire.
Alla fine, tenendo i due in suspance, parlò “ Brava vedo che hai imparato in fretta” disse Pattie per poi concentrare di nuovo l’attenzione su quel polpettone che ormai era quasi pronto.
I due tirarono un sospiro di sollievo per poi dirigersi in sala da pranzo ad apparecchiare la tavola.
 Qualche ora più tardi, quando tutti ebbero finito di mangiare, si rilassarono tutti sul divano,
fatta eccezione per Pattie, che invece era sul suo letto a leggere un libro.
Rimasero da soli, ancora una volta.
Justin era al suo fianco che teneva un braccio intorno al suo collo, e lei era accocolata al suo petto.
Stavano vedendo un film, “Amici di letto”. A Marianne venne in mente la loro situazione, solo che nel film i due si innamorano.
Lei era già innamorata di Justin. Era forse un problema per il film che stavano vivendo?
Lei sperava di no, non riusciva neache a pensare di stare lontana da lui.
Doveva almeno tenerlo d’occhio da lontato per essere sicura.
Justin, invece, pensava tutt’altro. Era immerso nei suoi pensieri e quel film non lo stava neanche guardando.
Era concentrato ad annusare l’odore dei capelli di lei, ciliegia, ne andava matto.
Ogni parte del suo corpo odorava di ciliegia gli piaceva avere quel profumo anche sulla sua di pelle dopo aver fatto sesso.
Lei notando l’espressione persa nel vuoto di lui, lo spinse, per attirare la sua attenzione.
“Che c’è?” disse lui incontrando il suo sguardo.
“Ti vedevo pensieroso” disse lei accarezzandogli una coscia.
Voleva provocarlo. Eh si era realmente quello che voleva.
Justin notando la mano di lei andare al livello della cinta, la fermò.
“Non mi provocare, non sai nemmeno di cosa sono capace” disse lui alzandosi, facendo cascare Marianne sul divano.
Lei era sconcertata da quella sua mossa.
Intanto lui si era avviato nella sua stanza.
Lei lo seguì, dopo aver spento la televisione e tutte le luci.
Lui era in boxer, steso sul letto. Era lui che stava provocando lei questa volta. Ma le venne un idea geniale.
“Mio dio che caldo in questa stanza” disse Marianne.
E poco dopo incominciò a togliersi i vestiti. Incominciò dalla maglietta rimanendo in reggiseno.
Justin fremeva nel volerla sotto di lui in quel momento.
Poi Marianne passò ai pantaloni.
“Certo che fa proprio caldo” disse ridendo e sfilandosi i pantaloncini.
Justin si ricompose sul letto sedendosi e si passò velocemente la lingua sulle labbra, inumidendole.
Marianne stava per sfilarsi anche il reggiseno, arrivò a slacciarlo, ma non a toglierlo.
“Meglio che vado in bagno, ci sono certi pervertiti qui” disse per poi scomparire dietro la porta del bagno.
Justin rimase deluso, ma anche divertito.
Più passava il tempo con quella ragazzo e più il sentimento che provava si faceva forte, molto forte.
Justin non si rivestì e si mise sotto le coperte, aspettandola.
Ma ci fu una piccola complicazione.
“Ehm…Justin?” lo chiamò lei dal bagno.
Ma niente si era per caso addormentato?
“Justin?” lo chiamò ancora ma niente nessuna risposta.
Lei aprì di poco la porta, ed eccolo spuntare.
“Buhhh…” disse spaventandola.
Lei di rimando, chiuse la porta velocemente.
“il mio naso…cazzo, il mio naso” si sentiva Justin imprecare fuori dal bagno.
Gli aveva chiuso il naso nella porta ma per fortuna non si era fatto niente.
“Scusaaa…” disse lei trattenendo le risate.
“Se se…comunque che vuoi?” disse Justin sempre fuori dal bagno.
“Mi servirebbe…una mutanda e un…” Justin non la fece finire che la interruppe “ non dirmi che ti sono venute le cose”
“Ehm…purtroppo si” rispose Marianne leggermente imbarazzata.
“Vedi in uno dei cassetti ci deve essere l’assorcoso e adesso ti vado a prendere la mutanda” disse Justin.
I suoi passi si facevano sempre più leggeri fino a scomparire del tutto.
Lei cercò nei cassetti e finalmente li trovò. Si sentì sollevata nel trovarli.
“Marianne?” disse Justin bussando alla porta.
Lei aprì di poco la porta e prese le mutande che egli le porse.
“ma sono boxer” disse Marianne allargandoli davanti asi suoi occhi.
“Accontentati, non so mamma dove tiene le mutande” disse Justin grattandosi la nuca.
“Ma sono boxer imbottiti” disse Marianne ridendo a crepapelle.
Justin era nel frattempo diventato un peperone, avrebbe di sicuro vinto un premio se solo lo avessero visto.
“Dammeli” disse Justin cercando invano di aprire la porta.
Era chiusa a chiave.
“Sto ancora ridendo…ma a cosa ti servono” disse la ragazza aprendo di poco la porta e porgendogli i boxer imbottiti.
“Fatti miei, aspetta qua” disse per poi scomparire di nuovo.
Tornò dopo poco, ma questa volta con dei boxer normali.
Li indossò e si vestì con un pigiama con delle nuvolette questa volta.
Uscì dal bagno e si ritrovò Bieber a due centimetri dalla faccia.
“Mi dispiace ma non possiamo farlo per una settimana” annunciò lei stampandogli un bacio sulla guancia per poi allontanarsi, lasciandolo si stucco.
Justin a quelle parole sgranò gli occhi.
“una settimana?” disse Justin seguendola a ruota.
“Eh si…” disse lei stendendosi sul letto entrando al suo interno.
“Ma di solito non dura 3 giorni?” chiese di nuovo sedendosi sul letto.
“Io sono un caso particolare mio caro” disse Marianne osservando il display del cellulare: 3 nuovi messaggi, Thomas.
Tutti dicevano la stessa cosa. Si scusava e diceva di amarla.
Justin sbuffò e si stese sul letto, prima spense la luce.
“possiamo almeno coccolarci?” chiese ancora accarezzando a chioma rossa di lei.
“si ma non stasera” disse lei spegnendo il cellulare e appoggiandolo sul comò.
“Yeahhhhhhh” urlò piano Justin.
Era felice, sembrava un bambino piccolo a cui avevano comprato un giocattolo oppure
un novellino del liceo che aveva appena avuto il suo primo sei.
La ragazza si accoccolò al petto di lui. Prima di addormentarsi gli stampò un bacio sulle labbra,
e poi finalmente cadde nel mondo dei sogni, dove tutto era semplice da vivere, dove non c’erano regole,
dove tu sogni di essere nel posto giusto, con la persona giusta.

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Capitolo 13
*** Chapter thirteen ***




The temptation was too much, far too much.







La dolce fanciulla si svegliò, ma come al solito Justin al suo fianco non c’era.
Si rattristò di colpo, come se qualcosa del suo corpo sia andato via da lei lascandole quel vuoto scoperto.
Eh si, la ragazza si stava innamorando proprio di brutto.
E quello era un amore che se l’avrebbe delusa non se lo sarebbe dimenticato tanto facilmente date le circostanze.
Smise di pensare e si alzò dal letto per andare in cucina e vedere se lo trovava lì.
Scese di sotto, ma non trovò nessuno a parte Pattie che stava leggendo un giornale.
“Buongiorno Pattie” disse Marianne attirando l’attenzione della donna, costringendola a girarsi verso di lei.
“Oh…cara Buongiorno anche a te” ribatté la donna ritornando con sguardo fisso sul suo giornale.
“Sai dirmi dov’è Justin” chiese la ragazza prendendo una tazza dal lavabo, per poi versarci dentro il latte.
“Ah? No non lo so mi dispiace” rispose pattie evitando ogni contatto con gli occhi della ragazza.
Stava nascondendo qualcosa, non diceva assolutamente niente e di solito parlava di tutto quello che le passava per la testa.
Passarono alcuni minuti di silenzio, poi Marianne decise finalmente di prendere il controllo della situazione.
“Okkay Pattie mi dici cosa sta succedendo, cortesemente?” disse lasciando il muffin che stava per addentare.
Pattie la guardò un attimo prese un bel respiro e parlò “ Allora…” le sue parole furono interrotte da delle risa, che avevano appena attraversato l’entrata.
Marianne si immobilizzò a quelle figure, così evidentemente innamorati.
Pattie mimò con le labbra uno “scusa” per poi sparire in giardino, lasciandola lì.
Stava per piangere questo lo sapeva, gli occhi le pizzicavano, e tutto stava diventando sfocato.
“Ehi ciao…com’è che ti chiami?” chiese Selena entrando in cucina mano nella mano con Justin.
“Marianne, mi chiamo Marianne e me ne sto andando” disse per poi uscire davvero da quella casa, poi si accorse di star facendo una brutta figura in pigiama, rientrò e andò a cambiarsi velocemente, uscendo di nuovo sotto lo sguardo dispiaciuto di Justin.
 
Aveva le chiavi della macchina, che praticamente era diventata sua, e ci entrò. Direzione? Casa di Thomas.
Si lui era come un amico a cui dire tutto, adesso doveva andare però a chiarire la situazione lasciatosi in sospeso.
Quindi a tutta velocità si diresse verso Toronto. E con qualche lacrima sulla guancia ascoltava canzoni deprimenti,
diventava  in fretta una ragazza depressa.
 
In un batter d’occhio fu lì, davanti a quella casa, da cui pochi giorni prima scappò, senza lasciare tracce,
solo un grande senso di colpa e cuori spezzati.
Ma non poteva far andare avanti quella farsa. In quel momento aveva bisogno qualcuno con cui sfogarsi e piangere finché non le sarebbero finite le lacrime, e Thomas le sarebbe stato d’aiuto solo se lui lo avesse voluto.
Si diresse, così, a passo svelto verso la porta e suonare al campanello, in alto a destra.
Suonò e le venne ad aprire proprio lui, che con un’espressione, sconvolta, sorpresa la fece entrare.
“Volevo chiederti scusa, avevo fatto tutto troppo presto e mi dispiace tanto io…” ma Marianne fu così intelligente da non farlo andare oltre.
“Thomas quelle che ti deve delle scuse sono io… non sono stata del tutto sincera con te.” disse per poi prendere fiato e ricominciare a parlare “ non ho una famiglia come la tua, mio padre, dopo la morte di mia madre è andato in depressione, ha cominciato a drogarsi, e ha s-stuprarmi, diceva che le ricordavo lei” si fermò ancora, trattenendo le lacrime che violente volevano uscire.
Thomas, dispiaciuto dalla situazione, la fece sedere, e l’unica cosa che potè fare è abbracciarla,
con tutto l’amore che in quel momento possedeva in corpo.
“Fammi continuare ti prego…” disse la ragazza staccandosi dall’abbraccio.
“ Sono venuta qui…il perché lo sai, però , come te lo posso dire..” ma le parole di Marianne non andarono a buon fine.
Thomas infatti precedette le sue intenzioni.
“Non ti sono mai piaciuto vero?” chiese Thomas.
Marianne in quel momento abbassò lo sguardo, si sentiva in colpa.
“Beh anche io non ero del tutto innamorato, mi attraevi solo fisicamente” Marianne si sentì sollevata a quelle parole,
tanto da buttarsi tra le sue braccia e piangere.
Ma questa volta la maggior parte delle lacrime erano causate dalla gioia provata in quel momento.
In quel momento Marianne aveva trovato un amico che poi le sarà fedele fino alla vecchiaia.
“Grazie, mi serviva adesso un tuo abbraccio” infatti era vero,
i suoi abbracci le piacevano proprio perché erano sinceri e non c’era segno di bugia.
“Anche a me…mi sei mancata” disse il ragazzo asciugandosi qualche lacrima che gli era scesa.
“Ma un uomo non piange mai” cercò di rimproverarlo Marianne, ma scoppiò in una sonora risata che poco dopo coinvolse anche lui.
“Anche noi uomini abbiamo dei sentimenti, e tu mi hai fatto commuovere” disse sorridendo compiaciuto del suo momento da poeta.
“Si ti meriti un applauso” disse la ragazza imitando un finto applauso.
“Ah si? la metti così? scappa ragazza” disse Thomas facendole uno sguardo da omicida.
Marianne non se lo fece ripetere due volte e incominciò a correre su per la sua stanza da letto chiudendosi la porta alle spalle.
Thomas fu lasciato fuori dalla sua porta, Marianne crebbe di aver vinto, ma quella era casa di Thomas e c’erano altri modi per entrare. Infatti, Thomas ebbe la brillante idea di uscire da casa sua, ed usare l’albero per entrare dalla finestra della sua stanza.
Marianne intanto, si lanciò affannosamente sul letto del ragazzo. Conosceva troppo bene quella stanza,
e si rivedeva le scene di quando lei corse via come una stupida.
Fu presa di sprovvista anche perché Thomas era riuscito ad entrare, e in quel momento si stava dirigendo verso il suo letto,
sembrava un toro da cui usciva il fumo dalle narici.
Marianne si alzò dal letto di scatto dirigendosi verso la porta, ma Thomas fu più veloce e la raggiunse in men
che non si dica anche perché la camera era piccina.
Marianne era tra le braccia di lui e sospirava affannosamente sulle labbra di lei.
“Sai… sono ancora attratto da te” disse avvicinandosi pericolosamente alle labbra di lei.
“Si ma non possiamo, ci faremmo solo del male” disse lei con fare saggio.
Lui annuì e si staccò per dirigersi verso il suo letto stendersi.
Si stava per stendere anche lei, ma il suo cellulare suonava incessantemente.
Notò il nome sul display: Justin, decise di attaccare e non rispondere.
Riprese quindi quello che stava per fare e appunto si stese al fianco di lui.
“Chi era al cellulare?” chiese il ragazzo tenendo lo sguardo fisso sul soffitto.
“Justin…”disse lei con tono sofferente.
Lui si sistemò di scatto su un lato, concentrando la sua attenzione su di lei.
“Dai raccontami tutto” disse facendole uno sguardo come a incitarla di parlare.
Lei allora, prese un bel respiro e incominciò a parlare.
Gli parlò dei suoi sentimenti che provava verso i confronti di lui, d quello che era successo la notte scorsa,
del patto degli scopa-amici, tutto quello che era successo dalla A alla Z.
E lui ad ogni parola di lei, annuiva interessato a ciò che gli diceva.
“Secondo me dovresti ritornate lì e fottertene di tutto.” consigliò Thomas all’amica annuendo convinto della sua affermazione.
“E come faccio? ne sono innamorata te l ho detto” disse in modo logico lei.
“ e tu provocalo, e vedrai come lascerà quell’alice per te” disse ovviamente imitando il pesciolino che di solito viene fritto e poi mangiato: L’alice.
Marianne rise, per poi assumere una posizione provocante.
“Secondo te così va bene?” chiese e si misi di nuovo in posa.
I due risero e scherzarono tutta la giornata.
Provando delle tecniche che sarebbero sicuramente servite a Marianne per far impazzire Justin.
Erano proprio fatti per essere amici e lei lo sapeva dall’inizio.
Si ritrovarono stanchi sul letto uno affianco dell’altro.
“Secondo me è meglio che vado” disse Marianne interrompendo il loro momento di “sballo assoluto”, così lo avevano definito.
“Già e ricordati il nostro piano infallibile” disse Thomas alzandosi e facendo un occhiolino a Marianne.
Poi le pose le mano, per aiutarla ad alzarsi, cosa che lei accettò felice.
“Ma quale piano?” disse corrugando la fronte.
“Ma come te ne sei già dimenticata?” disse Thomas ridendo per la sua vecchiaia già in atto.
“Il piano FIJ, ossia facciamo impazzire Justin” concluse Thomas.
“Ahhhhh…ovvio non me lo posso mai dimenticare, assomiglia ad un nome cinese” disse facendo ridere entrambi.
Thomas, quindi l’accompagnò alla porta.
“Grazie Tom mi servivano delle ore di svago” disse la ragazza abbracciando l’amico.
“Quando vuoi, piccola, io sono sempre qui” disse Thomas lasciandole un leggero bacio sulla guancia.
Marianne si avviò quindi verso l’auto, ci salì sopra e Thomas rimase lì ad aspettarla finché
non la vide sfrecciare velocemente verso la direzione giusta.
 
Marianne durante tutto il viaggio di ritorno verso casa, pensava solo ad attuare il piano,
sarebbe stato poi Justin ad accorgersi di quanto lui fosse importante per lei.
Lei non era il tipo di dire alle persone cosa provava verso di loro e tanto meno verso Justin.
Non voleva assolutamente tornare a casa, avrebbe preferito rimanere con Thomas, che assistere a quelle scene mielose tra la Gomez e Justin.
Ma era ormai troppo tardi per tornare indietro, era arrivata a destinazione.
Lentamente scese dal’auto, come se non volesse entrare in quella casa, e in realtà era ciò che voleva.
Chiuse l’auto e fu spaventata dalle urla di Justin.
“Ma dove sei finita? ti ho cercata per tutto il giorno, non rispondevi alle mie telefonate…” stava ancora continuando a parlare, ma ormai Marianne non lo seguiva più da tempo, e dalla sua bocca, per lei uscivano solo parole come “bla bla bla”.
Ascoltava per l’appunto disinteressata.
“Ehi… mi stai ascoltando?” disse sbraitando Justin, sventolando anche una mano davanti agli occhi di lei.
“Ah? sisi” disse Marianne come risvegliandosi da una bella dormita.
Justin fece un grande sospiro per poi parlare, ancora “ Dove sei stata?” chiese questa volta con modo più calmo.
“Affari miei” disse Marianne sorridendogli leggermente e sorpassandolo per entrare in casa.
Ma Justin fu così veloce che la fermò per un braccio.
“cosa è successo?” chiese Justin in modo dolce.
Marianne senza dar conto a quelle parole, con uno strattone violento,
riuscì a scappare dalla presa di Justin ed entrare tranquilla in casa.
Justin rassegnato la seguì solo poco dopo.
“Ciao Pattie, stasera passo per la cena” disse per poi lasciare tutti così ed entrare in camera,
prendere la roba che le serviva e andare in bagno.
Doveva essere forte, questo era ciò che si ripeteva nella testa, ed era quello che doveva portare avanti.
Il tempo di lasciarsi prendere dalle emozioni era ormai finito.
Anche se dentro di lei ci sarebbe sempre stata quella Marianne che cadeva ad ogni tentazione.
Era una parte di lei che non poteva trascurare, troppo forte per essere lasciata andare e troppo
ùimportante per farla scomparire del tutto.
Si lavò e rivestì in fretta, solo che questa volta aveva usato delle mutande adeguate per quel periodo di ciclo abbondante.
Sistemò il bagno e poi dritta nel letto, dove ovviamente avrebbe tenuto alla larga il giovane con gli ormoni a mille.
Si sdraiò sul letto, affondando la testa nel cuscino e coprendosi per bene con le coperte.
Anche se non dormiva, doveva far finta appena entrava lui.
Era incominciata la tattica del FIJ e per quell’occasione decise di indossare dei pantaloncini di pigiama corti, con solo una canotta.
Sapeva che Justin avrebbe sbriciato qualcosa.
Stava per entrare lui, che per tutta la giornata non aveva fatto altro che preoccuparsi per Marianne,
senza degnare alcun interesse alla sua fidanzata Selena. L’avrebbe lasciata ma non in quel momento.
Justin adesso era concentrato ad osserva quella meraviglia di ragazza che in quel momento stava dormendo nel suo letto.
In tutta la sua bellezza, era un angelo. Era piuttosto dispiaciuto del fatto che adesso avrebbe dovuto aspettare una settimana per fare di nuovo sesso con lei.
Ma avrebbe aspettato, tutto per averla affianco.
Justin, prese la sua roba e iniziò a cambiarsi lì, nella stanza, con Marianne che faceva finta di dormire,
e la quale aveva assistito a tutta la scena del suo “finto spogliarello”.
Quando Justin fu pronto, si distese anche lui nelle coperte, e per farsi spazio al loro interno,
dovette scoprirle casualmente anche dalla parte di Marianne.
In un certo momento non fece caso a come era vestita e distolse lo sguardo, doveva essere stato sovrappensiero.
Ma concentrando l’attenzione su di lei, spostò violentemente lo sguardò sul suo lato B.
Okkey voleva farlo letteralmente impazzire, pensò Bieber.
La tentazione era tanta, ma doveva aspettare, e poi stava dormendo e quindi si limitò ad accarezzarglielo dolcemente, senza svegliarla.
Marianne, sveglia, sentì la mano di Justin appoggiarsi lentamente sul suo sedere,
e tanti piccoli brividi ritornarono a percorrerle la colonna vertebrale.
La tentazione era troppa, fin troppa, era lui a provocare lei questa volta.
Marianne infatti non resistette più di tanto, si alzò e lo baciò con foga, lui ricambiò.
Non fecero l’amore ovvio, lei non poteva, ma rimasero a coccolarsi, finché non caddero in un sonno profondo,
ognuno nelle braccia dell’altro.

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Capitolo 14
*** Chapter fourteen ***



It was a particular day









Justin quella mattina dovette svegliarsi più presto del solito, avrebbe dedicato una giornata intera a Selena,
la quale non aspettava altro da più di una settimana.
Justin aveva pensato di organizzare per loro un pranzetto semplice sulla spiaggia, passando il pomeriggio in totale tranquillità,
almeno lui pensava. Sul finale c’era invece una cenetta romantica al ristorante più famoso di Stratford.
Aveva anche deciso di lasciare un'altra giornata libera a Marianne,
siccome lui aveva riacquisito i rapporti con la madre e in contemporanea aveva avuto il permesso di guidare.
Si lavò e vestì in fretta, non gli importava minimamente di fare tardi o presto, ma faceva tutto veloce per non incontrare gli occhi di Marianne, ancora una volta delusi, dispiaciuti perché non potesse esserci lei al posto della Gomez.
I sentimenti verso quella ragazza erano cambiati e non poco, ma i due non potevano fare altrimenti,
le chance erano di rimanere nell’ombra o scappare via da tutti, senza dire niente.
Justin aveva pensato a questa idea più di una volta, ma solo il pensiero di dover abbandonare di nuovo la madre e poi le Beliebers,
gli veniva il mal di stomaco. Marianne era diventata importante, ma non come le Beliebers e la madre,
le uniche persone che lo avevano sostenuto dall’inizio e nonostante tutto continuavano a farlo.
Ovviamente le “fans” lo abbandonavano ma lui sapeva e ne era sicuro, che le vere Beliebers sarebbero sempre rimaste,
nonostante il male che Justin aveva fatto loro in passato, trascurandole e non poco.
Quando fu pronto, lasciò un bacio sulla guancia di Marianne e una lettera sul comodino di fianco al letto,
spiegandole il vero motivo della sua assenza.
Dopo uscì di casa, diretto all’hotel dove alloggiava Selena.
 
Nel frattempo Marianne rimase nel mondo dei sogni ancora qualche minuto per poi svegliarsi, aveva umido su una guancia,
e le erano rimaste impresse delle labbra era per quello che si era svegliata?? No, aveva solo fame.
Così, corse di sotto, dove quella mattina in casa non c’era assolutamente nessuno.
Sul tavolo c’era un post-it, Marianne si aspettava che l’avesse scritto Justin e invece era di Pattie,
dove affermava di essere andata via per qualche giorno assieme hai nonni di Justin,
i quali Marianne non aveva ancora avuto l’opportunità di conoscere.
Chissà Justin dove era finito. Il pensiero di Justin era ormai fisso nella testa di Marianne, come un ossessione.
Ma la fame era più forte anche del pensiero ossessivo di Justin.
Così si affrettò ad aprire il frigorifero e cercare qualcosa da mettere nello stomaco.
Rimase delusa, nel frigorifero non c’era niente solo una bottiglia di latte mezza piena.
La prese e nella dispensa ci trovò dei cereali, quella mattina si doveva accontentare.
Pensava che nel pomeriggio Justin sarebbe tornato, solo che non aveva ancora letto la lettera.
Dopo aver fatto colazione la ragazza decise di rimanere in pigiama ancora per un po’, in questo modo,
quando Justin sarebbe rientrato, l’avrebbe vista così sensuale con indosso ancora quel pigiama.
Si sedette sul divano, e accendendo la televisione zappava col telecomando su tutti i canali.
Era così disperata, sia per la fame che si faceva spazio e sia perché in Tv quella giornata non trasmettevano niente di interessante.
Decise di guardare un film strappalacrime. Il film parlava di una ragazza a cui, dopo anni di fidanzamento,
muore il fidanzato, cade in depressione e alla fine muore per la solitudine.
Strano come film, non aveva neanche notato il titolo, troppo occupata a versare lacrime, nonostante l’ambiguità del film,
era davvero coinvolgente e riusciva subito a cacciar fuori le lacrime.
Aveva occhiaie giganti, i fazzoletti che straripavano dal divano e c’era anche del muco che le scendeva dal naso,
quel film l’aveva commossa, per chi non l’avesse capito.
Proprio in quel momento suonano alla porta, e senza curarsi del suo aspetto andò ad aprire.
“Oh mio dio ho visto un mostro” disse il ragazzo sull’uscio della porta coprendosi la bocca con le mani.
“Ciao…Thomas” disse Marianne lasciando cadere ancora qualche lacrima.
“Ma cosa è successo qui?” disse il ragazzo chiudendo la porta ed entrando in soggiorno, dove c’erano fazzoletti sparsi ovunque.
“Ho visto un filmm” disse Marianne ripensando alle scene del film e ricominciando a piangere.
“Uff…io pensavo ti fosse morta la gatta” disse Thomas visibilmente più rilassato.
“Ma quale gatta?” chiese Marianne confusa.
Non sapeva se l’affermazione di Thomas fosse una battuta o se facesse sul serio.
“Quella cosa pelosa che hai lì sotto” disse Thomas facendosi spazio tra i tanti fazzoletti e sedendosi sul divano.
“Ma fai schifo!” disse Marianne facendo un’espressione disgustata.
Thomas incominciò a ridere come un matto “ e adesso perché ridi?” chiese Marianne asciugandosi fino all’ultima goccia di muco e lacrime.
“La tua espressione era epica” disse aumentando le risate, fino a mantenersi la pancia.
Marianne per vendetta gli lanciò il fazzoletto che aveva appena usato.
Gli era capitato proprio in testa “ Che schifo, toglimelo, toglimelo” disse Thomas alzandosi spaventato e scacciando quel coso tutto umidiccio.
Marianne si godeva la scena da lontano, trattenendosi la pancia per le troppe risate.
Thomas dopo essersi finalmente liberato di quel coso, si imbatté con Marianne in una guerra.
“Adesso hai superato il limite” disse Thomas togliendosi la felpa, rimanendo così in T-shirt.
“Nhaaa, io penso solo…” non finì la frase la piccola ragazza,
perché ormai il ragazzo si era attrezzato di tutti i fazzoletti che si trovavano sul pavimento,
ma che in quel momento finirono tutti addosso alla ragazza.
Thomas rideva, soddisfatto di quella sua vittoria, ma Marianne era pronta a controbattere.
Si alzò schifata da tutto quei fazzoletti bagnati, che ovviamente lasciarono il segno su tutta la sua pelle scoperta di lei.
Quando si accorse di ciò incominciò a sbraitare “ Oh mio dio, ma sono appiccicosa, che schifo” disse notanto il bagnato sulla pelle.
“Vengo subito, tu ripulisci” ordinò all’amico per poi sparire in bagno, sotto la doccia.
Mentre lei si spazzolava per bene, Thomas aveva terminato il compito che gli aveva affidato e andò ad aspettarla in camera sua.
Si sedette sul letto e proprio lì, notò la lettera di Justin per Marianne.
Si guardò in giro, per assicurarsi che non ci fosse nessuno, la prese ed incominciò a leggerla
“Principessa,
io starò fuori tutta la giornata, mi piacerebbe stare con te 24 h su 24 ma proprio oggi dovrò dedicare un po’ del mio tempo a quella che definirebbe la mia fidanzata. Mi farò perdonare tra…tre giorni, sto tenendo il conto.
A stasera. Tuo Justin”

Quella lettera rimase Thomas letteralmente sconvolto, non voleva che l’amica la leggesse,
la gettò nel piccolo cestino per le carte tenuto sotto la scrivania.
Riuscì a ricomporsi prima che l’amica rientrasse nella stanza, con solo un asciugamano.
“Uh…pensavo stessi di là” disse prendendo qualcosa da indossare dentro ad un cassetto.
“Ehm…potresti uscire per un secondo?” chiese guardando l’amico, il quale annuì senza proferire parola.
Thomas si sentiva in colpa per quello che aveva appena fatto, nascondendole quanto Justin ci tenesse a lei.
Entrambi erano orgogliosi e nessuno dei due avrebbe mai potuto confessare i proprio sentimenti l’uno per l’altra
se non qualche lettera o messaggino.
Quando poi uscì Marianne, lui era seduto sul divano guardando un documentario sugli animali.
Marianne si fermò poco più lontano dalla televisione “ stai davvero guardando queste atrocità?” chiese Marianna guardando l’amico divertita.
“sempre meglio dei film che ti vedi tu” disse il ragazzo ridendo.
“Se se…io ho fame” esclamò la ragazza toccandosi lo stomaco che ormai brontolava da tempo.
“ E quando mai no…tu hai sempre fame” disse Thomas alzandosi e andando verso la cucina.
Lei lo seguì a ruota.
“Cosa vuoi fare non c’è niente” disse Marianne sedendosi su una sedia vicino al bancone.
“Ah davvero?” disse Thomas aprendo un mobiletto un po’ più sotto della dispensa.
Marianne spalancò la bocca, e infatti stamattina ebbe dovuto accontentarsi di qualche cereale.
“Tu stai qui da oggi e trovi un mobile pieno di prelibatezze, io sto qui da cinque giorni e trovo solo dei cereali? ma come è possibile” chiese sconvolta la ragazza.
Non poteva concepire assolutamente la scoperta di Thomas.
Anche se senza di lui, in questo momento potrebbe trovarsi a mangiare le unghie.
“ ma tu ti scocci di fare tutto” disse l’amico cacciando da quel mobile un pacco di pasta e una bottiglia di pomodori.
“Eh in effetti hai ragione…” disse Marianne affermando l’affermazione dell’amico.
Alla fine Thomas preparò per entrambi un pranzetto con i fiocchi. Se lo goderono fino all’ultimo filo di pasta, Marianne fece il bis.
“Oh…adesso sono piena” disse massaggiandosi la pancia.
“ Eh ci credo ti sei mangiata due piatti di pasta” disse Thomas e ponendo nel lavabo i piatti e la pentola ormai vuoti.
“Ma io non posso comandare la fame” disse Marianne.
Cercò di alzarsi “ Mio dio…Non riesco nemmeno a camminare” disse facendo ridere leggermente Thomas.
I due sistemarono la cucina e dopo andarono a coricarsi sul divano.
“Facciamo il pisolino come quando si faceva all’asilo?” chiese Marianne con una voce da bambina.
“Tu dovresti farti curare” disse, ma non ebbe nemmeno il tempo di fare qualcosa che Marianne lo bloccò saltando sulle sue gambe.
“Cullami, così potrò addormentarmi” disse appoggiando la testa sul petto di lui.
Alla fine Thomas cedette a così tanta dolcezza e iniziò a cullarla lentamente.
In poco tempo si addormentarono entrambi, a vederli erano così carini che chiunque coppia li avrebbe invidiati, erano perfetti.
 
Incominciò a calar la sera e i due erano ancora su quel divano che dormivano beati.
Marianne era così al caldo, e comoda e Thomas si trovava scomodo anche perché la ragazza dopo due piatti di pasta non era tanto leggera, ma sopportava perché le voleva bene.
Qualche ora più tardi la porta di casa si spalancò e questa volta c’era la coppia dell’anno, la coppia più sparlata da chiunque.
“Oh ma come sono bellini” disse la Gomez sottovoce per non svegliarli.
“Ehm… Ehm” urlò Justin apposta per svegliarli.
Vedere la sua futura ragazza in baccio ad un ragazzo era come un suicidio per Justin. Non lo poteva sopportare.
I due si svegliarono confusi, si stiracchiarono e dopo si sistemarono per poi salutare tutti nella stanza.
Justin guardava Marianne con uno sguardo di arrabbiato, mentre guardava Thomas con uno sguardo di fuoco come se volesse incendiarlo sul posto.
“Bentornato” salutò arrabbiata Marianne il ragazzo distraendolo dal suo compito di incendiare l’amico.
Justin era confuso, non aveva letto la lettera?
“vabbè Justin io vado a prenderti la roba nella tua camera” disse Selena attirando l’attenzione su di se e avviandosi accompagnata da Thomas “ io vado al bagno” disse poi per seguirla.
I due rimasero così soli per un po’, giusto il tempo per chiarire quella situazione che ormai si era creata.
“Dove vai?” chiese Marianne incrociando le braccia al petto.
“Vado a fare compagnia a Selena, ma solo per questa sera” Justin fu pronto a puntualizzare che solo per quella notte sarebbe stato via.
“Certo tutta la giornata non ti è bastata?” chiese Marianne irritata.
Justin questa volta era davvero confuso, avrebbe dovuto leggere la lettera.
“Ma scusa non hai letto la lettera che ti ho messo sul comodino stamattina?” chiese Justin curioso.
“Ma quale lettera?” chiese Marianne sciogliendosi da quella sua irritazione.
In quel momento non ci fu risposta, perché la conversazione dei due finì presto siccome furono interrotti da Selena e Thomas.
In quel momento a Marianne venne un idea.
“Thomas, Justin stasera non c’è, che ne dici di rimanere a dormire qui?” chiese Marianne affiancandosi all’amico.
Justin diventò viola e fu pronto a rispondere “ NO….”
“Justin scusa ma a te cosa importa vogliono stare da soli” intervenne Selena salvando la situazione.
Marianne fece uno sguardo provocatorio a Justin, mentre lui cercava una soluzione. Poi si ricordò della madre.
“Ma… non possono rimanere, c’è mia madre a casa” disse Justin facendo un sorriso compiaciuto
Ma Marianne sapeva come rispondere “ Tua madre è via per qualche giorno con i tuoi parenti” con queste parole spiazzò del tutto Justin, che rimase pietrificato.
“Okkay allora tutto apposto ce ne possiamo anche andare” disse Selena prendendo per il braccio il fidanzato e salutando tutti con un semplice cenno della mano.
Mentre Selena trascinava Justin, lui la guardava furioso, come per fargli intendere che lei era “sua”.
Quando furono letteralmente fuori dalla casa Marianne poté rilassare i muscoli, irrigiditi dalla tanta rabbia che le portava quel ragazzo.
“Sembri nervosa” affermò Thomas notando l’espressione contorta dell’amica.
“Si è quell’individuo che mi fa innervosire” disse battendo una mano sul divano.
“Stai calma, passerà tutto” la rassicurò Thomas mettendole una mano sulla coscia.
“No…mi ha parlato di una lettera ma secondo me è solo una scusa per pararsi il culo” disse Marianne scuotento più e più volte il capo.
Thomas si irrigidì di colpo, ed ecco ricomparire i sensi di colpa.
Non rispose, anzi si alzò e andò in cucina a mangiarsi una mela.
Marianne lo seguì poco dopo.
“Che fai stasera non cucini?” chiese fermandosi sull’uscio della porta.
“Dopo tutto quello che hai mangiato c’è ancora spazio lì dentro?” chiese l’amico indicando lo stomaco dell’amica.
“Eh… no okkay l’ho chiesto solo per parlare di qualcosa” disse Marianne abbassando il capo.
“Oh…piccola non ti preoccupare…” disse Thomas andandole vicino e abbracciandola.
“sembra tanto che tu non vorresti essere qui” disse Marianne mettendo su un broncio.
“Voglio essere qui più di chiunque altro, anche perché se non tornava Justin non ti rimanevo da sola” disse Thomas accarezzando la guancia destra di Marianne.
lei sorrise leggermente.
“Dai che ho sonno” disse per poi prendere per mano l’amico e portandolo nella camera da letto.
“Okkey io sono già pronta per dormire, adesso ti prendo un pigiama di Justin” disse per poi abbassarsi in modo provocante verso il cassetto.
Thomas non perse occasione per notare la perfezione del suo lato B.
Ma Marianne lo colse in fragrante, solo che lui cercava di fare l’indifferente.
“Ti ho visto” disse Marianne sorridendo.
“Tieni questo dovrebbe starti” disse per poi lanciarglielo giusto sul viso.
Lui si alzò e iniziò a cambiarsi.
Marianne notò le sue intenzioni e parlò all’istante “no aspetta ma che fai?” disse coprendosi gli occhi.
“Che c’è non hai mai visto un ragazzo in boxer?” chiese per poi avvicinarsi a lei.
“Ho finito puoi togliere le mani adesso” disse prendendo le sue mani e togliendole da sopra agli occhi.
Thomas si stava pericolosamente avvicinando al suo viso, ma a Marianna bastò uno sguardo per far intendere al ragazzo di non andare oltre.
Lui annuì e si diresse sul letto infilandosi nelle coperte.
Lei lo seguì poco dopo aver spento la luce.
Si addormentarono ognuno per conto suo, senza neanche darsi la “buonanotte”.
A lui dispiaceva che l’avesse respinto e a lei dispiaceva che in quel momento non ci fosse Justin al suo fianco.
La stessa cosa successe per Justin e Selena, si addormentarono in momenti diversi e ognuno era per conto suo.
Fu una giornata particolare.

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Capitolo 15
*** Chapter fifteen ***







it was love, pure love.




I giorno dopo i due si alzarono molto presto, solo Dio sapeva come aveva fatto Thomas a convincere Marianne ad andare a correre al parco. Lei odiava muovere ogni singolo muscolo del suo corpo per più di cinque minuti, figuratevi correre in un parco.
“Sei già stanca?” chiese ironico Thomas vedendo l’amica rallentare ad ogni passo.
“Nooo, è solo una tua impressione” disse la ragazza ormai senza fiato.
“Abbiamo corso solo due isolati” disse Thomas fermandosi vedendo l’amica in difficoltà.
“Oh grazie al cielo ti sei fermato” disse fermandosi al suo fianco e chinandosi in due per la stanchezza.
“Vabbè adesso tocca alla respirazione” il ragazzo aveva incominciato a camminare, respirando ed inspirando.
“Dobbiamo correre ancora?” chiese Marianne con un espressione preoccupata in volta.
“Per la tua gioia, no non dobbiamo correre” disse Thomas girandosi e sorridendole.
Lei fece un grosso respiro di sollievo ed incominciò ad imitare Thomas.
Proseguirono così a lungo, sul finale fecero gli addominali, e Marianne dopo due di essi era già stanca.
Thomas gli piaceva prenderla in giro, anche perché diventava rossa in viso ogni volta che doveva fare degli  sforzi.
Tornarono a casa due ore più tardi, Marianne era sfinita, si buttò sul pavimento baciandolo.
“Non mi sento la terra sotto i piedi” disse per poi ricomporsi e correre sul divano.
“Tu sei pazza” disse Thomas raggiungendola poco dopo.
“No, tu sei pazzo, mi hai fatto sprecare energie…adesso dovrò recuperarle” Marianne infatti non scherzava per niente.
Preferiva ingozzarsi, non facendo niente e rimanere magra, che fare sport ma ingozzarsi lo stesso.
Si alzò dal divano e prese tutte merendine possibili, ne mangiò una per gusto.
Thomas invece rimase sul divano a guardare la televione, era abituato a tutto quello sforzo fisico, gli piaceva mantenere la linea.
Dopo che Marianne terminò ritornò in soggiorno “ Tò io vado di sopra a farmi una doccia” disse Marianne avviandosi verso il bagno.
“Fai bene ti puzzano le ascelle” disse Thomas ridendo di gusto.
Di tutta risposta Marianne farfugliò qualche verso incomprensibile, poi quando fu lontana da Thomas, portò il naso sotto le ascelle,
e solo dopo capì che il ragazzo la stava prendendo per i fondelli, le sue ascelle odoravano di deodorante.
Dopo, lasciò in pace le sue ascelle e si diresse verso il bagno, dove si chiuse a chiave e vi rimase dentro per un bel po’.
Doveva farsi il conto da quanto tempo avesse addosso quel ciclo, e miracolosamente era finito prima del previsto.
Si fece una doccia, pimpante tornò nella sua stanza.
Si avvicinò alla scrivania, sulla quale c’era poggiato un reggiseno pulito, cercò di prenderlo ma cadde nel cestino sotto la scrivania.
Lo prese, e con esso prese anche una lettera, sulla quale c’era scritto il suo nome.
Rimase, lì per lì, confusa, non sapeva cosa fare se aprirla o meno.
Ma la sua curiosità fu più forte, e porto la ragazza ad aprire e leggere la lettera
“Principessa,
io starò fuori tutta la giornata, mi piacerebbe stare con te 24 h su 24 ma proprio oggi dovrò dedicare un po’ del mio tempo a quella che definirebbe la mia fidanzata. Mi farò perdonare tra…tre giorni, sto tenendo il conto.
A stasera. Tuo Justin”
lesse tutto lentamente, ma leggendo il suo nome alla fine della lettera fu lì che capì tutto.
Il perché Justin il giorno prima le avesse chiesto di una lettera e tutto ovviamente collegava a Thomas.
Che era l’unico che trovò appena uscita dal bagno il giorno precedente.
Rimase delusa, perché mai Thomas avrebbe gettato la lettera?
Cosa gli importava? Ma ovvio, Thomas era innamorato di lei, e quei giorni passati con lei erano la conferma a tutto.
Marianne decise di rivestirsi, e che appena scesa giù avrebbe fatto l’indifferente,
aspettando il momento giusto per chiedere il perché di quella sua azione.
Mise la lettera in un cassetto, per conservarla e scese di sotto in silenzio.
Ma l’indifferenza non era il suo forte, infatti si posizionò proprio davanti la visuale del ragazzo.
“Levati, mi sto appassionando al programma” disse Thomas per poi cambiare posizione e ritornare a vedere il programma.
Marianna incominciava a spazientirsi, spense la televisione, costringendo il ragazzo a guardarla nelle palle degli occhi.
“Ma che fai?” disse il ragazzo urlandole contro.
“Voglio sapere solo perché lo hai fatto” disse Marianne, questa volta con un espressione prossima al pianto.
Thomas deglutì “ N-no riesco a capire di cosa stai parlando” disse balbettando.
“Sai benissimo di cosa sto parlando” disse Marianne incrociando le braccia al petto.
“Davvero non so di cosa stai parlando” il ragazzo continuava a negare, e nonostante tutto non guardava neanche negli occhi l’amica.
“Okkay te lo dico io…ieri Justin ti ricordi mi ha parlato di una lettera? Bene…l ho trovata poco fa nella spazzatura e l’unico ad essere entrato nella mi stanza sei stato tu” disse questa volta con tono abbastanza alto.
“ anche la Gomez è entrata” disse il ragazzo.
Thomas faceva di tutto per non essere scoperto, se perdeva lei, era come perdere la sua vita per intero.
Stava bene quando era con lei, e adesso per un suo stupido sbaglio di gelosia la stava perdendo.
“Oh mio caro Thomas la lettera doveva esserci dalla mattina, su quel comodino e tu sei stato il primo ad entrare” Marianne concluse e vedendo che l’amico non rispondeva aggiunse “ Sei pregato di andartene” disse girando lo sguardo.
Thomas preferì rimanere muto, per questa volta aveva sbagliato e la sua punizione sarebbe stata quella di rimanere lontano da lei, dimenticarla, e forse un giorno ritornare e ridere insieme sul passato.
Raccolse  le sue cose e in men che non si dica, lasciò quella casa, lasciando Marianne nel silenzio assoluto.
Ma doveva avere delle spiegazioni, e non poteva scamparsela così.
La ragazza corse così fuori dalla porta, e lo trovò ancora lì aspettando il primo autobus di passaggio.
“Voglio sapere il motivo” disse Marianne urlando.
“è così difficile da capire Marianne” disse Thomas con parole immerse nel dolore “ Sono innamorato di te dal primo momento, e tu non hai fatto altro che parlare di Bieber e di quanto sapesse scopare bene” disse il ragazzo lasciando libera qualche lacrima scorrere sul suo viso.
“ Ma io sono innamorata di quel ragazzo” disse Marianne anche lei affranta da dolore e sorpresa da quello che le aveva appena detto l’amico, lei credeva che almeno lui l’avesse capita nel profondo.
“ E allora fatti avanti, te lo lascerai portare via continuando in questa maniera, e se altri sapessero di quello che state facendo verresti considerata…Una Troia” disse il ragazzo calcando la parola “TROIA”.
Marianne non riusciva a sopportare più niente di quello che stava dicendo l’amico, non riusciva a sopportarlo perché sapeva che stesse dicendo la verità. Ma lei non voleva sentirla, voleva fare di testa sua e quello che voleva fare era scopare quel ragazzo, con amore, finché lui non avrebbe sistemato realmente le cose con la sua fidanzata.
La ragazza, che in quel momento si sentiva più debole di un verme, corse in casa, chiudendosi violentemente la porta alle sue spalle. Scivolò contro la porta, accasciandosi sul pavimento e ricordando tutto quello che gli aveva detto l’amico. Piangeva.
Marianne si giustificava dicendo che non aveva mai avuto una mamma che le spiegasse queste cose, una mamma per cui sfogarsi, per cui parlare di queste cose e quindi agiva secondo un suo istinto, presumibilmente sbagliato.
Tutto il pomeriggio lo passò navigando su internet, incominciando a cercare un qualche viaggio per l’Italia,
il quale in futuro sarebbe costato molto di meno.
Amava l’Italia, era un suo sogno fin da bambina andarci, ed era per questo che lavorava, per realizzare uno dei suo grandi sogni.
Qualche ora più tardi si sentì la porta sbattere.
“Marianne?” chiamò il ragazzo per accertarsi che lei fosse ancora in quella casa.
Marianne sospirò, e poi parlò “ Sono di sopra”
E in un attimo Justin fu lì, che la guardava con i suoi occhi da cucciolo, che implorava il suo perdono.
“Ho letto la lettera” disse Marianne guardando il ragazzo che sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori “Thomas l’aveva buttata nel cestino” aggiunse poi e in quel momento il ragazzo cambiò espressione.
“Quel ragazzo non mi è mai piaciuto” disse quasi come se fosse arrabbiato.
Poi notando il viso triste della ragazza, andò a sedersi al suo fianco.
“Che c’è piccola? Cosa ti turba?” le domandò Justin accarezzandole leggermente una guancia.
“Non voglio essere una Troia, Justin” disse lei quasi sull’orlo di piangere, ancora una volta.
“Non lo sei infatti, solo perché fai sesso con me non vuol dire che sei una Troia” Justin non era mai stato bravo con le parole, lui amava cantare quello che provava, ma in quel momento non gli sembrò il caso.
“Justin quello che noi facciamo è amore o sesso?” chiese Marianne.
Doveva avere la conferma che Justin non provasse niente per lei, neanche un briciolo di amore.
Justin sapeva che tra loro non ci sarebbe mai stato nulla, ma lui l’amava e questo era più che certo.
Ma non poteva rovinare la sua carriera solo per amore.
Sesso” Justin decise quindi di non dire niente sui suoi sentimenti, e forse in futuro, se ne avrebbe avuto il coraggio,
avrebbe confessato tutto, fino all’ultima goccia del suo amore.
“Allora promettimi una cosa…” disse Marianne guardando negli occhi il ragazzo.
Justin annuì incitandola a continuare.
“Promettimi che non ti innamorerai di me” quello che  Marianne disse, lasciò Justin spiazzato,
non sapeva più che dire era come se le parole gli si fossero fermate in gola e che adesso non volessero più scendere.
“prometti?” chiese una seconda volta Marianne, proponendogli il mignoletto.
“Prometto” disse Justin con un velo di tristezza.
Incrociò il suo mignolo in quello di lei, e adesso non poteva più ritirarsi indietro, aveva fatto una promessa e lui manteneva sempre le promesse, solo che questa era un tantino più complicata.
Lei sorrise, per poi avvicinarsi al suo orecchio e sussurrargli qualcosa “ Il ciclo è terminato” disse lei con voce sensuale.
Justin sorrise a trentadue denti e senza farselo ripetere due volte, con quella voce sensuale, si avventò sulle sue labbra,
le quali gli erano mancate.
E si ancora una volta finirono a letto, solo che quello che loro pensavano fosse solo sesso, era amore, amore puro.

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Capitolo 16
*** Chapter sixteen ***








the alleged chase



Poi ci fu un giorno in cui Marianne era sola a casa e si annoiava, aveva accompagnato Justin,
accompagnato da Selena, a lavoro di lui e poi era ritornata a casa, si era stesa sul divano e aveva fatto un pisolino.
Pattie era a lavoro e non aveva nessuno con cui parlare, decise di alzarsi, prendere il telefonino,
la giacca ed uscire di casa a fare una passeggiata.
In tutto quel tempo che era stata lì doveva ancora farsi un giro e scoprire i segreti di quella cittadina.
Teneva le mani strette nelle tasche della giacca, poiché erano in pieno aprile e faceva freschetto,
camminava a testa alta osservando i raggi del sole sfiorare la candida pelle del suo viso pallido.
Amava quel calore, sarebbe rimasta interi minuti sotto il sole, che di quei tempi non era troppo caldo.
E così fece, trovò un posticino sull’erba fresca, ci si distese e portando le braccia dietro la testa,
si laciò riscaldare lentamente dai raggi del sole.
Stava per addormentarsi, quando un pallone le arrivò in pieno viso.
Si alzò di colpo, prendendo il pallone pronta a lanciarlo al suo proprietario.
“Scusa non ti avevo visto” disse un giovane ragazzo correndo in suo soccorso.
Marianne decise di calmare la sua rabbia, e per una volta avrebbe tenuto un tono gentile.
“Non ti preoccupare non mi sono fatta niente” disse alzandosi, così da essere alla stessa altezza del ragazzo,
il quale rise leggermente.
“Che hai da ridere scusa?” quella risata aveva liberato la sua scontrosità,
ma l’essere una persona educata aveva tenuto a bada la bestia che era in lei.
“Dici di non esserti fatta niente, allora perché stai piangendo?” a quella frase interrogativa,
Marianne le venne d’istinto toccarsi la guancia, e arrossì di colpo, quando scoprì che la sua guancia era bagnata.
“Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno” disse il ragazzo avvicinandosi pericolosamente al viso di lei.
Marianne sbuffò e con un’azione violenta gli porse il pallone all’altezza dello stomaco.
“Grazie..” disse il ragazzo sopprimendo il dolore.
“Prego” disse Marianne con un sorrisetto beffardo sul viso.
“Erik ma te la sei mangiata la palla?” disse una voce arrivando dalle spalle del ragazzo.
“No Rosy, stavo solo facendo conoscenza con questa bella ragazza” disse il ragazzo rivolgendo
uno sguardo provocatorio alla ragazza.
“Scusa gli atteggiamenti pervertiti di mio fratello…io sono Rosy” disse la ragazza porgendole aggraziatamente la mano.
“Piacere, io sono Marianne” disse ricambiando.
“E bambola, io sono Eri…” il ragazzo stava per presentarsi quando Marianne ebbe la bella idea di interromperlo.
“Non me ne frega” disse Marianne provando la rumorosa risata di Rosy.
Erik fece il finto offeso, mettendo un leggere broncio.
“Eh carino…” disse Marianne avvicinandosi a lui,
e con l’indice gli aveva toccato il labbro inferiore, proprio come si fa con i bambini.
“Mi sei già simpatica Mary” disse Rosy mantenendosi la pancia per il troppo ridere.
“Nessuna ragazza, prima di te, aveva mai trattato mio fratello come fai tu” disse la ragazza ricomponendosi
e mettendo le mani sui fianchi.
“So di essere unica, ma perché come lo trattano?” chiese Marianne visibilmente confusa.
Come si dovevano trattare gli uomini? Come delle pezze, proprio come loro trattano le donne, questa era l’ipotesi di Marianne.
“Tutte gli sbavano dietro anche se lui le tratta male” disse Rosy con fare ovvio.
Erik, infatti, era un bel ragazzo. Il tipico principe azzurro che esiste solo nelle favole.
Occhi azzurri e capelli biondi. Alto e muscoloso. Ma la caratteristica del Puttaniere, in primis.
Non assomigliava per niente a sua sorella Rosy, mora, occhi verdi e molto più bassa di lui.
Rosy notò l’espressione confusa di Marianne, e i suoi occhi facevano  balzi da Rosy a Erik, per trovare qualche somiglianza tra di loro.
“Non siamo fratelli…fratellastri” tutto adesso era più chiaro nella mente di Marianne, la quale sospirò.
“ Bene…ecco perché non vi assomigliate” Marianne non aveva un argomento così aveva parlato a vanvera.
I giovani ragazzi passarono tutto il pomeriggio a conoscersi, e Marianne disse la verità sulla sua vita questa volta,
senza nascondere niente. Fu la seconda volta per lei, si era fidata e si voleva fidare di quelle persone così gentili.
“Okkay è meglio se torniamo a casa” disse Erik alzandosi, seguito subito dopo da Rosy.
“Senti Marianne stasera ci sarebbe una festa a casa mia, ti andrebbe di venire?” chiese Rosy.
Marianne ci pensò su un attimo “Certo, vi accompagno così so dove abitate” ribatté Marianne prendendo
sotto braccio l’amica che di rimando sorrise.
Vedendole da lontano sembravano amiche per la pelle, era come se le due si conoscessero da tempo.
Avevano tanto in comune, e se sarebbero potute rimanere a parlare per ore e ore se solo Erik non fosse intervenuto al parco.
Arrivati davanti casa loro, Marianne decise di prendere la strada del ritorno,
ormai si stava facendo buio e si doveva preparare per la festa.
Tornata a casa, entrò in salotto e davanti ai suoi occhi, si ritrovò una scena vergognosa.
“Oh mio dio, scusatemi io non sapevo…” cercò di dire Marianne coprendosi gli occhi.
Ma l’unica cosa che riuscì a fare è correre in camera e chiudersi dentro finché i due
non avrebbero calmato o soddisfatto i propri ormoni.
In quel mese erano anche riusciti a trovare del tempo per andare a prendere la loro roba in albergo,
quindi i aveva di nuovo tutti i suoi vestiti più cool per  una festa.
Dopo quaranta minuti  interi, passati a provare qualcosa  che gli andasse , bussarono alla porta.
“Avanti…” disse togliendosi la maglia, provatovi proco prima, rimanendo in intimo.
“Marianne io…” Justin stava per parlare, ma quando si accorse che era in reggiseno,
degli effetti negativi presero il sopravvento sul suo corpo.
“Scusa non sapevo ti stessi svestendo” disse facendo per uscire fuori dalla stanza.
“Justin…non ti preoccupare rimani” disse Marianne bloccandolo e invitandolo di nuovo ad entrare.
“Volevo solo scusarmi per ciò che è accaduto di sotto, non avrei mai fatto sesso con Selena…” Justin poteva continuare all’infinito. Ma pensandosi, Marianne aveva delle cose da dire a riguardo.
“Justin, non ti devi scusare, il rapporto che abbiamo io e te non ci vieta di certo di essere fidanzati e avere altri rapporti.
Siamo dipendenti dal sesso, non è un dramma”
disse Marianne con tono tranquillo.
Justin rimase stupefatto dalle quelle parole, tanto da fargli spalancare la bocca e non riuscire più a richiuderla.
Quando poi si rese conto di quello che aveva realmente detto, parlò “ Rapporti con altre persone?” Justin lo disse con un tono di piena gelosia al suo interno. Non poteva immaginare le mani di un altro sul corpo della SUA Marianne.
“Sei per caso geloso?” chiese Marianne stuzzicandolo con lo sguardo.
“Chi io? Neanche per sogno” disse assumendo una posa altezzosa.
Intanto Marianne gli si avvicinò, e gli morse il labbro inferiore, per poi andare in bagno a farsi una bella doccia.
Justin rimase lì come uno stoccafisso, non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che
quella ragazza riusciva sempre a farlo impazzire, qualsiasi cosa ella facesse.
Forse doveva farsi avanti? Forse doveva mollare tutto per l’amore di una semplice ragazza? Per il momento non aveva alcuna voglia di lasciare Selena, in quanto lei portava a lui soldi. Per adesso voleva solo ammirarla da lontano e sentirla sua quelle poche volte che facevano l’amore. Anche per Justin era amore, non era sicuro, bisognava sperimentarlo.
Decise quindi di aspettarla fuori dal bagno e appena vi uscì,
rimase paralizzata come una bambina guarda Satana uscire dalla televisione.
“Ma tu sei cretino Bieber” disse Marianne toccandosi il petto dallo spavento.
Justin le si avvicinò poggiando le mani sui suoi fianchi, e con uno strattone la avvicinò a lei, fino a toccarsi la fronte.
“Facciamo l’amore?” chiese Justin respirando sulle labbra di lei.
“Justin lo facciamo in continuazione lo faremo dopo” disse Marianne cercando di vincolarsi dalla sua presa.
Ma lui era più forte e riusciva a tenerla salda tra le sue braccia.
“Marianne no il SESSO…l’AMORE” disse Justin calcando la voce su quelle due parole.
Che in quel momento erano particolarmente importanti per lui.
“Justin ma hai la febbre?” chiese Marianne tastandogli la fronte con la mano.
“Si sono malato di te” Marianne era sempre più convinta che Justin fosse caduto per le scale
e aver battuto la testa durante la sua assenza.
Rimasero a guardarsi ancora per un po’ e Justin iniziò a baciarle il collo scoperto,
lei si fece abbandonare e finirono entrambi sul letto.
Proprio nel momento più cool della serata Justin si alzò e la lasciò lì da sola.
“Pesce d’aprile Babe” disse Justin con un sorriso beffardo sul suo volto.
Marianne ci era cascata con tutte le scarpe e ci era rimasta male. Si sentiva offesa, si alzò,
cacciò Justin dalla stanza e si vestì per poi andare alla festa.
Indossava un leggins nero lucido con una maglia abbastanza scollata sopra, che le tagliava il sedere.
Sotto portava delle scarpe, tacco dodici. Prese il trucco ed incominciò a fare linee con l’elyner per poi completare il tutto con del mascara assai nero. Tenne i capelli sciolti, lasciando i suoi boccoli rossi liberi di volare sulle sue spalle.
Prese la sua giacca nera, il telefonino, le chiavi dell’auto ed uscì da quella casa,
sotto gli occhi curiosi di Justin.
Sarebbe stata una festa da non dimenticare, solo che Justin volle seguirla senza farsi seguire.





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Capitolo 17
*** Chapter seventeen ***



Pride in the end triumphs over all.




Marianne aveva da poco parcheggiato fuori casa di Rosy e Erik, ma aveva sempre l’impressione che qualcuno la seguisse,
che avesse gli occhi puntati su di lei e che non la mollasse per nulla al mondo con lo sguardo.
Lei non lo sapeva ma Justin era più vicino di quanto lei pensasse.
Era infatti riuscito ad intrufolarsi nella stessa auto che lei aveva usato per arrivare fino a lì.
Ed era riuscito ad uscire prima che lei chiudesse le sicure dell’auto.
Marianne non diede peso a quelle sue paranoie e per quella sera decise di divertirsi,
e poiché Justin poteva avere una fidanzata, decise che quella sera anche lei avrebbe avuto un fidanzato.
Avrebbe potuto scegliere Thomas, ma ormai lui era via per la scuola e non poteva più rimediare.
E poi lo considerava un amico, niente più.
“Ehi cara, pensavo non saresti venuta” cercò di farsi sentire Rosy per la alta musica che era presente in quella casa.
“Non potevo non mancare” rispose Marianne salutando con un bacio sulla guancia l’amica.
Rosy poi, fece cenno all’amica di seguirla e Marianne così fece.
Si ritrovarono sul retro della casa, dove c’era un giardino, molto più tranquillo di tutto il resto della casa.
“Non riuscivo a sentirti” dice Rosy sistemandosi il vestito rosa vistoso che portava.
“tuo fratello?” domandò Marianne non avendolo visto da nessuna parte.
“Starà a sbaciucchiarsi con qualche ragazza” disse Rosy visibilmente irritata dalla sua stessa voce.
Marianne la guardava in modo interrogativo come se avesse intuito qualcosa.
“Che c’è?” chiese Rosy guardando l’amica in posizione di voler sapere cosa succede.
“Dovresti dirmelo tu” disse ancora Marianne cercando di guardarla negli occhi.
“Cosa dovrei dirti? che mi piace dal primo giorno che l’ho visto, e che devo evitare di innamorarmi di lui perché è mio fratello?” Rosy sfogò tutto quello che aveva trattenuto per chissà quanto tempo, aveva anche incominciato a piangere e Marianne non poté far altro che correrle incontro ed abbracciarla.
Marianne si allontanò per guardarla negli occhi e dire come lei la pensava “ Punto primo: siete fratellastri…punto secondo: all’amore non si comanda e punto terzo: stareste benissimo insieme” disse sorridendo leggermente all’amica.
“Anche io sono innamorato di te” una voce alle loro spalle le fece sobbalzare.
“ Erik…Da quanto sei lì?” chiese Rosy avvicinandosi a lui.
“Abbasstanza da sentire tutto” i due si abbracciano e Marianne rientra in casa per lasciare loro dell’intimità.
Nel frattempo Justin era in cerca, furtivamente, dell’immagine di Marianne, che sembrava, tutto ad un tratto, scomparsa nel nulla.
Decise di salire ai piani superiori per dare un occhiata e mentre lui saliva, Marianne entrava in casa dalla porta del giardino.
E osservando la situazione capì che per quella sera, l’idea di una relazione non era possibile.
Si avvicinò al bancone dei drink e prese della Vodka.
Uno, due, arrivò a cinque bicchieri e la testa incominciava a girarle e stava barcollando.
“Ehi tu carissimo ragazzo, ti va di portarmi in un posticino più appartato?” Marianne parlava con un ragazzo qualunque e non si rendeva conto di cosa stesse realmente dicendo.
“Ehi dolcezza, ho già in mente dove possiamo andare” questo ragazzo la prese per mano e trascinandola con se,
la portò in una delle stanze di sopra.
Proprio quella tra cui Justin aveva già controllato e ispezionato per bene.
Questo ragazzo chiuse velocemente la porta a chiave e incominciò a baciare con foga Marianne, la quale rideva divertita della cosa.
Justin stava diventando pazzo, non trovava Marianne da nessuna parte e stava per perdere le speranze.
“Ehi ma tu sei Justin Bieber” disse Rosy sotto la spalla di Erik.
“Si sono io…” disse Justin non curandosi minimamente del fatto che i due ragazzi stavano parlando con lui.
“Stai cercando qualcuno?” chiese Erik notando il disagio e la preoccupazione nel guardarsi intorno del ragazzo.
“Si sto cercando una certa Marianne Jenckins la conoscete?” chiese Justin cercando speranze negli occhi dei due ragazzi.
Rosy ed Erik si guardarono negli occhi sbalorditi.
“Si…ma in questo momento non sappiamo dove sia” replicò Rosy sorridendo leggermente a Justin.
“Ah…grazie” disse deluso Justin guardandosi ancora intorno.
“Però potresti controllare al piano di sopra, starà con un ragazzo” disse Erik allontanandosi e portandosi con se anche Rosy.
Justin ebbe delle esitazioni a salire, pensava che i due ragazzi gli stessero dicendo una bugia e
che Marianne si trovava lì dove lui era in quel momento.
Ma senza farsi altre paranoie, tornò al piano di sopra e aprì tutte le stanze per vedere al loro interno se c’era qualcuno.
Arrivò ad una porta la quale non riuscì ad aprire essendo chiusa a chiave.
“Marianne se sei lì dentro apri questa porta” urlò Justin battendo un pugno sulla porta.
La quale si aprì subito dopo e dalla quale uscì un ragazzo.
“Ehi cosa le hai fatto?” chiese in modo arrogante Justin fermando il ragazzo per il braccio.
“Niente, si è addormentata sul colpo” disse scocciato per poi scendere velocemente al piano di sotto.
Justin fece un sospiro di sollievo e poi si catapultò nella stanza, cercandola con gli occhi.
Era distesa sul letto, accovacciata su se stessa, che dormiva beatamente.
Justin fece un piccolo sorriso e poi facendosi forza nelle braccia la prese in braccio baciandole leggermente il labbro superiore.
La distese sui sediolini inferiori dell’auto e mettendosi al posto di guida arrivarono a casa in breve tempo.
La prese di nuovo in braccio e entrando in casa, la portò nella stanza, distendendola sul letto in modo delicato,
per evitare il suo risveglio. La svestì e la mise sotto le coperte, augurandole la buona notte.
Lui scese di sotto, in cucina dove ci trovò la madre a bere una tazza di latte.
“Ehi mamma che ci fai sveglia a quest’ora?” domandò Justin prendendo una tazza e sedendosi su uno sgabello.
“Non riuscivo a dormire ero preoccupata per voi” disse Pattie sorseggiando la sua tazza di latte.
E poi il silenzio fece capolinea all’interno di quella stanza.
Nessuno dei due proferiva parola, da quando avevano riacquistato i rapporti non erano riusciti ancora a parlare del tutto.
“Mamma so che non abbiamo mai parlato fino ad ora ma io ho bisogno di dirti che ti ho pensato ogni attimo della mia vita, e il mio comportamento è stato troppo da super star montata, mi dispiace tanto” disse Justin cacciando tutto se stesso.
“Justin non ti devi preoccupare, certo ci sono rimasta malissimo quando te ne sei andato, ma io sono tua mamma e ti starò sempre vicino, qualunque decisione prenderai” disse Pattie accarezzando leggermente la guancia del figlio,
delicatamente come per paura di fargli del male.
“Grazie Mamma” disse il ragazzo guardandola negli occhi.
Pattie vedeva negli occhi del ragazzo una luce diversa, ma non perché in quel momento stesse con lei,
ma una forte luce, che aveva visto anche lei negli occhi di Marianne.
Ed è lì che il grande genio di Pattie collegò tutto.
“L’amore…” disse sospirando e guardando altrove.
“Cosa?” chiese Justin confuso da quella parola inappropriata sbottata così dalla bocca della madre.
“Sei innamorato e non l’ammetti nemmeno a te stesso” disse Pattie alzandosi e mettendo la tazza nel lavabo.
La carissima Pattie aveva centrato il punto.
Justin rimane sbalordito e di colpo sputa un quarto di quello che aveva ancora in bocca.
“Ma non è vero…” disse il ragazzo asciugando il latte versato.
“Senti ragazzino, a me le bugie non le racconti e lo sai bene, si vede dal modo in cui la guarda, il modo in cui la proteggi da lontano, il modo in cui sei geloso anche se qualcuno la tocca con lo sguardo” Pattie stava guardando intensamente gli occhi del figlio, aspettando che la verità venisse dalla sua bocca.
Non è uscì niente, ma lei sapeva che tutto quello che aveva detto ERA la verità, gli occhi le avevano detto tutto,
nel modo più silenzioso possibile.
Pattie non ottenendo risposta si dileguò con un sorriso compiaciuto sul viso,
lasciando il figlio da solo con il suo orgoglio che ormai viveva all’interno del suo corpo.
Justin rifletté sulle parole della madre, ma le scacciò subito dopo, convincendosi che tutto fosse una bugia.
Ma lui sapeva che la mamma aveva azzeccato i suoi sentimenti,
Decise di ripassarci un altro giorno su quell’argomento e andò a dormire sul suo letto, accanto alla dolce Marianne,
che ignara della discussione tra madre e figlio, provava gli stessi sentimenti,
e proprio come nelle favole aspettava che fosse il ragazzo a fare la prima mossa.
L’orgoglio alla fine ha sempre la meglio su tutto.

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Capitolo 18
*** Chapter eighteen ***






Sex toy.




La mattina seguente fu Justin a svegliarsi e non trovare al suo fianco Marianne,
la quale aveva tenuto stretta tra le sue braccia tutta la notte.
Si alzò preoccupato, quando uscendo sul corridoio, sentì dei versi strani provenienti dal bagno.
In casa non c’era nessuno oltre a loro due, Pattie era sicuramente a lavoro quindi quei versi erano ovviamente di Marianne.
Si avviò a passo svelto verso il bagno e aprendo la porta violentemente, gli apparve una Marianne piegata in due,
verso la tazza del water che vomitava, cacciando, forse, anche l’anima di se stessa.
Justin la accorse subito, mettendole una mano sulla fronte e mantenendole i capelli.
Marianne aveva gli occhi fuori dalle orbita, ogni volta che rimetteva, si vedeva il suo sforzo attraverso la vena che si gonfiava sul collo.
A Justin gli si spezzò il cuore a vederla così, lui ci era passato tante volte e ormai ci aveva fatto l’abitudine,
ma lei…lei era una santarellina. Solo lei poteva sapere cosa le era passata per la testa per bere così tanto.
Quando ormai Marianne sembrava avesse rimesso tutto, Justin la alzò di peso, e aprendo l’acqua della doccia, la sedette al suo interno. Spogliandola un po’ alla volta, con l’acqua che le picchiettava sulla testa.
“adesso facciamo il bagno, che puzzi” disse Justin cercando di avere con lei qualche contatto.
Per essere sicuro che sia ancora sveglia.
Marianne mugugnò qualcosa di incomprensibile, che Justin lo percepì come un consenso.
Dopo averla svestita del tutto le lavò i capelli, massaggiandole la testa per alleviare il dolore che si aveva dopo una sbronza.
La risciacquò, chiuse l’acqua, e prese un asciugamano appoggiato sul mobile.
Lo attorcigliò attorno al suo corpo e poi la prese in braccio distendendola sul letto.
Prima di andare a prendere i vestiti, si soffermò un attimo sulla bella visione che aveva davanti ai suoi occhi.
Sembrava una dea: capelli bagnati, corpo perfetto, e un seno bell’abbondante, nonostante la sua magrezza.
Marianne sembrò riprendere i sensi e si girò a guardandolo sorridendogli leggermente.
In quel momento Justin arrossì. Pensò che non gli era mai capitato fino ad ora con una ragazza,
ma Marianne non era UNA ragazza…Lei era LA ragazza, unica nel suo genere.
Ricambiò il sorriso e si allontanò un attimo per prendere qualcosa che la coprisse.
Marianne si sentiva spaesata, il mal di testa era atroce ed insopportabile, si chiese cosa avesse fatto quella sera.
I ricordi erano sfocati e le parti importanti non le ricordava, per esempio il perché avesse bevuto così tanto.
Ricordava solo lei su un letto e un ragazzo che le baciava il collo.
Ebbe paura di essere andata oltre e non essersene neanche accorta.
Poco dopo arrivò Justin, con in mano un pantalone della tuta e una felpa.
“Ehi…” disse Justin dolcemente “Come ti senti?” aggiunse poi sedendosi di fianco a lei sul letto.
“Posso dire una merda?” disse Marianne con un leggere sorriso sulle labbra,
così coinvolgente che riuscì a coinvolgere anche Justin.
“si lo puoi dire…comunque ti ho portato una mia tuta perché tu nella valigia porti solo jeans” disse Justin porgendole i vestiti che aveva in mano.
“Si lo so, odio le tute, mi fanno il culo grosso” disse Marianne facendo scoppiare in fragorosa risata Justin.
“Ma no…hai un culo fantastico” disse Justin imbarazzato per quello che il suo cuore gli aveva fatto dire.
Marianna arrossì a sua volta, emettendo una risata nervosa.
“Io vado giù a prepararti un aspirina, tu intanto vestiti” disse il ragazzo alzandosi e uscendo dalla stanza.
Marianne cercò di alzarsi, molto lentamente a causa del mal di testa che non le faceva mantenere l’equilibrio.
Indossò l’intimo, e poi con qualche esitazione indossò quella tuta che era particolarmente grande per lei.
Doveva allacciarsela oppure i pantaloni le sarebbero cascati da un momento all’altro.
Si avvicinò allo specchio e buttò l’occhio sul suo sedere. Era gigantesco, non solo per la tuta più grande ma odiava il suo sedere.
Decise di non pensarci e di andare ad asciugarsi i capelli, quelli non le venivano mai perfetti.
Era come se dietro la nuca i capelli di Marianne avessero un rigonfiamento.
A volte impazziva per come il suo parrucchiere glieli faceva così lisci da sembrare degli spaghetti.
Quando furono asciutti, decise di legarseli, per evitare di sembrare una leonessa con la chioma rossa.
La testa le faceva ancora male, si promise di non bere più nella sua vita, anche per mantenere una certa giovinezza.
Andando in cucina trovò Justin intento a preparare la colazione
Marianne si soffermò un attimo allo stipite della porta per osservare meglio tutti i precisi movimenti di quel biondino,
ancora più biondo di prima. Era bellissimo, in tutto ciò che faceva.
A fare l’amore non era aggressivo, ma dolce e Marianne era di quel suo lato dolce,
sensuale e maledettamente sexy, di cui si era innamorata.
Justin notò la sua presenza e le sorrise involontariamente.
Quel sorriso fece sciogliere il cuore di Marianne, perché sapeva che in quel momento quel sorriso fosse dedicato a lei.
“Vuoi una mano?” chiese Marianne avvicinandosi al bancone della cucina.
“No, grazie, l’aspirina è in quel bicchiere, lo devi solo bere” disse Justin mettendo sul fuoco una frittella.
“Okkay…” disse la ragazza prendendo il bicchiere e bevendolo tutto di un sorso.
“Se vuoi puoi andare a stenderti sul divano” disse Justin regalandole uno dolce sguardo.
“Non ho voglia, rimango qui con te, seduta su questa bellissima sedia” disse per poi sedersi
sulla sedia che sostava attorno al bancone.
“Justin..” lo chiamò la ragazza dopo interminabili minuti di silenzio.
“Dimmi…” disse il ragazzo rivolgendole piena attenzione.
“C-cosa è successo i-ieri sera?” chiese balbettando per paura di sentire una brutta notizia.
“Come non ti ricordi? mi hai detto che è stata la notte più bella della tua vita” disse scherzando il ragazzo.
Ma Marianne non colse il tono di ironia con cui Justin le aveva parlato.
“Sul serio? hai visto almeno se il ragazzo era carino?” chiese la ragazza anche lei in modo ironico.
Justin si sentì ribollire dentro dalla rabbia, pensava che fosse una cosa assurda che lei
si fosse preoccupata se quello con cui era andata a letto era carino o meno.
“Davvero ti preoccupi per questo?" chiese Justin in modo arrogante.
“Non ti scaldare ciccio…stavo solo scherzando” e dopo le parole di lei, Justin si sentì sollevato.
“Comunque non sei andata a letto con nessuno, sono arrivato giusto in tempo, prenderti e portandoti via” disse
il ragazzo con lo sguardo rivolto verso il basso.
“Ti ho chiamato io?” Marianne non ricordava niente, nemmeno di averlo chiamato in suo soccorso.
“Ti ho seguito quando sei uscita da questa casa” disse girando la frittella sul fuoco.
“E perché mai?” chiese la ragazza mantenendo ancora un tono pacato.
“Non volevo che nessuno ti toccasse, sono g-geloso” disse infine il ragazzo porgendole il piatto di frittelle.
Marianne era confusa, arrabbiata e stupita. Perché mai avrebbe dovuto essere geloso? Non erano mica una coppia loro due.
“E di cosa dovresti essere geloso? di me che sono la tua bambolina del sesso Justin?” la rabbia ebbe la meglio,
nonostante lei avesse voluto avere un tono calmo e dolce.
Lui non rispose, rimase immobile senza rivolgerle nemmeno uno sguardo.
Marianne in quel momento provò solo del ribrezzo verso il ragazzo che non era riuscito a confessarsi, a negare e correggere l’affermazione della ragazza. Marianne avrebbe voluto che Justin si dichiarasse, e che avesse confessato il suo amore.
Purtroppo siamo nella realtà pensò Marianne, e il principe azzurro non esiste.
Con espressione disgustata Marianne prese un paio di scarpe all’ingresso, indossandole e di fretta uscì di casa.ù
Fuori la porta andò a sbattere contro Selena.
“Ehi Marcie dove vai?” chiese Selena vedendo la ragazza andare di fretta.
“Il mio nome è Marianne brutta troia con tette rifatte” disse la ragazza andando via di corsa.
Arrivò al bar dove lavorava Pattie. In quel momento aveva bisogno di una figura femminile su cui contare,
nonostante lei fosse la madre del ragazzo che odiava. L’odiava perché nonostante la trattasse come una bambola di sesso,
e nonostante fosse così egocentrico, non lo odiava per niente.
“Pattie? Ho bisogno di Pattie Mallette la conoscete?” disse Marianne quasi gridando.
Si accasciò per terra piangendo. Dopo tanto tempo aveva bisogno di sfogarsi e non tenersi tutto dentro.
L’adolescenza le era stata rubata e non aveva mai avuto una madre che le sarebbe piaciuto avere.
Perché adesso non si trovava a fare quel lavoro da autista che lei tanto odiava, ma si era promessa che appena le sarebbe arrivata l’opportunità avrebbe lasciato l’America lasciandosi tutto il passato alle spalle.
“Tesoro cosa è successo?” Pattie la accorse subito, precipitandosi su di lei.
Pattie ormai considerava quella ragazza una figlia adottiva.
Le voleva davvero bene nonostante il poco tempo che ebbero trascorso insieme.
“Mi considera un giocattolo… solo un misero giocattolo” disse Marianne quasi in un sussurro.
“Alzati, qui ci guardano tutti andiamo in bagno” disse la donna aiutando la ragazza ad alzarsi.
La portò in bagno e la fece sedere sulla tazza del WC dopo avere abbassato la tavoletta.
“Allora, cerca di calmarti e dimmi cosa è successo” chiese la donna porgendo una fazzoletto alla ragazza,
la quale si soffiò il naso.
“ Abbiamo parlato…lui…mi…ha detto…che …per lui…sono solo un giocattolo” disse tra un singhiozzo e l’altro.
“Consideriamo per un momento che non sia mio figlio…dimmi tutto quello che ti ha detto” spiegò in modo semplice e coinciso la donna che sostava ai suoi piedi.
E così fece, Marianne le raccontò la loro discussione e Pattie rimase ad ascoltarla attenta e ogni tanto increspava le sopracciglia.
“Devi sapere che Justin è molto orgoglioso di se stesso, non vuole ammettere che tu gli piaci e non vuole neanche rompere la sua relazione con Selena. Con questo non lo sto assolutamente difendendo, sto solo dicendo che siete molto identici voi due” disse tranquillamente la donna.
“In che senso?” chiese la ragazza confusa da quelle parole.
“Nel senso che siete entrambi orgogliosi di voi stessi, vi piacete a vicenda e nessuno dei due fa un passo avanti per dichiararsi” concluse infine la donna sorridendo flebilmente alla ragazza.
Marianne rimase spiazzata, pensò che la donna stava dicendo delle stupidaggini e invece aveva più che ragione.
Quindi se lui non voleva fare il primo passo…allora perché non farlo lei?
Ci avrebbe provato quella sera, e anche se riceveva un rifiuto almeno poteva dire di averci provato.
“Fammi indovinare, vuoi riuscire a dichiararti questa sera” disse la donna alzandosi e guardandola furtivamente.
“Come hai fatto?” chiese Marianne imbarazzata.
“Sono una donna anche io…e mi dichiarerei anche io" disse sorridendo nel modo più sincero che esista.
“Comunque sia…io adesso devo andare, e stasera io sarò da un amico quindi avrete casa libera” disse facendole l’occhiolino.
“Grazie Pattie” disse Marianne correndo ad abbracciarla.
Dopo i saluti Marianne andò dal parrucchiere, la manicure, pedicure, doveva essere bella per quella sera.
Si sarebbe dichiarata non solo come giocattolo ma come persona innamorata.
                                                                   

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Capitolo 19
*** Chapter nineteen ***









Expect the unexpected.


Non aveva mai passato una giornata tutta dedicata a se stessa. Si sentiva leggera, bella e osservata da tutti,
infatti ogni volta che passava davanti a qualche ragazzo, quest’ultimo si ostinava a girarsi ed ammirarle il fondoschiena,
rimanendo con la bocca spalancata.
Camminava soddisfatta e sicura di se tra le piccole stradine di Stratford.
Ammirava il sole scaldarle la pelle, e gli uccellini cinguettare sui rami.
Passò in un parco e rimase qualche minuto ad osservare i bambini giocare divertiti a nascondino.
Le venne di istinto sorridere e incamminarsi verso casa. Pronta e decisa su quello che avrebbe detto a Justin.
Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che prepararsi un discorso,
e quando il suo cervello e le sue parole non connettevano più decise di affidarsi nelle mani del destino.
Quando fu davanti quella casa, aprì la porta e venne accolta da un Justin preoccupato.
“Dove eri finita? ho provato a chiamarti solo che hai lasciato il telefono a casa e mi sono preoccupato”
disse Justin tutto d’un fiato.
Marianne osservò il ragazzo divertita per poi scoppiare in una risata senza senso.
“Non c’è niente da ridere” sbottò il ragazzo incrociando le braccia arrabbiato.
“Scusa è che ti devo dire una cosa e…” Marianne stava iniziando il suo discorso
ma fu bruscamente interrotta dalla ragazza di Justin: Selena.
“Ciao Marcy…” la salutò Selena con tono di sfida.
“Oh Sesy ci sei anche tu qua” ribatté con tono indifferente Marianne.
Selena rimase spiazzata e ritornò in soggiorno.
Quando la via fu libera, Marianne prese coraggio e come un razzo si avvicinò alle labbra del ragazzo,
stampandogli un sonoro e un casto bacio a stampo.
Justin rimase allibito, sapeva quanto lei lo facesse impazzire e con Selena in casa, non avrebbe resistito un secondo di più.
Insieme si diressero in soggiorno e Justin si sedette di fianco a Selena mentre Marianne su una poltroncina di fronte alla coppia.
“Sei andata dal parrucchiere?” chiese d’un tratto il ragazzo guardandola.
“Si, non pensavo lo notassi” disse Marianne arrossendo di colpo.
Per tutto il tempo a seguire, Justin e Marianne si mandavano sguardi provocanti, furtivi e Selena,
per quanto scema fosse, era riuscita a percepirne qualcuno, provocando in lei una grossa gelosia tramutatosi in rabbia.
“Pulcino ho voglia di un insalata” disse Selena attirando l’attenzione del fidanzato.
Interrompendo le frecciatine tra lui e la dolce Marianne.
“Un insalata?” chiese con tono interrogativo il ragazzo.
“Si…non voglio diventare grassa…ma” il ragazzo la interruppe evidentemente sapendo già la risposta della sua ragazza “ ma sei una ragazza che mantiene la linea, lo so” sbuffò per poi alzarsi e porgerle la mano.
Lei gli sorrise accettando la mano e alzandosi, stampandogli un lungo bacio sulle labbra.
“Marianne noi andiamo…ci vediamo dopo” disse Justin prendendo per mano la fidanzata e dirigendosi verso la porta.
“Senti pulcino io vado un attimo in bagno tu aspettami in macchina okkay?” disse Selena fermandosi
prima di uscire da quella casa.
“Okkay fai come vuoi” disse il ragazzo uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Selena e Marianne in quel momento furono sole in casa.
“Selena e tu cosa ci fai qui? non dovevi andare a prendere la tua insalata?” chiese la ragazza
notandola sotto la soglia della porta del soggiorno.
“Ah. ah. ah spiritosa la ragazza” disse Selena avvicinandosi pericolosamente.
“Sentimi bene stupida ragazzina, devi lasciare in pace Justin o ti rovinerò la vita” disse puntandole il dito contro.
“Selena io non ho paura di te, e se voglio portarmi Justin a letto niente me lo vieta” disse la ragazza
alzandosi e guardandola negli occhi.
“Ti è vietato andare a letto con lui, sapevo che eri una troia ma non di quelle che andava con quelli già fidanzati” disse toccando un tasto dolente.
Marianne era forte, l'aveva chiamata troia, ma in quel momento il respiro si fece più
pesante come se le lacrime facessero la lotta per uscire.
Ma doveva tenerle ben salde e non mostrarsi debole agli occhi di quella ragazza.
“Te lo ripeto Selena…non mi fai paura” disse Marianne alitandole in faccia.
“Ho tutte le carte per farti soffrire mia cara” disse Selena spostando il capo disgustata.
“Guarda sto già tremando” disse mostrando le mani che tremolavano per finta.
“Aspettati l’inaspettato” quelle furono le ultime parole della Gomez prima di uscire da quella porta, da quella casa.
Marianne arrivata a questo punto decise di non dichiararsi e di tenersi dentro tutti quei sentimenti quando lui le stava accanto.
Doveva essere forte e per un po’ non accettare le provocazione che Justin le faceva.
Doveva far finta di nulla ed essere una buona coinquilina per il momento.
Justin aveva riavuto la sua patente e lei veniva messa a lavoro solo quando non c’era Selena.
Justin le diceva di riposarsi e Selena lo precedeva dicendole che avevano bisogno di intimità.
Odiava quella ragazza, non perché fosse invidiosa ma odiava la sua voce stridula.
E nel frattempo ammetteva che Selena fosse una brava attrice, e che fosse realmente una bella ragazza.
Se fosse stata più simpatica poteva esserci la possibilità tra le due ragazze di andare d’accordo.
Decise di distrarsi e di uscire a prendere una boccata d’aria, giusto per rinfrescarsi le idee.
In cielo il sole stava calando per dare spazio alla luna, che negli studi precedenti Marianne scoprì che la luna
non era altro che una stella priva di luce propria, ma che fosse il sole ad illuminarla.
Quando il buio fu il dominatore di quel paesino, Marianne non esitò di tornare a casa.
Molte ragazze sarebbero tornate indietro per la paura, ma Marianne non aveva alcuna intenzione di guardare i due piccioncini scambiarsi tenere coccole mentre lei li stava a guardare e immaginare che ci fosse lei al posto di Selena.
Non aveva paura di camminare da sola, anzi le dava del tempo per pensare,
e poi le precedenti storie di Pattie su quel paesino l’avevano rassicurata.
Non era mai successo niente di grave se non un incidente e qualche rapina, ma di stupri non se n’erano mai sentiti in giro.
Forse quello era la cosa che la rilassava di più, non voleva essere soggetta di nuovo di uno stupro.
Purtroppo la ragazza parlò troppo presto.
Da un vicolo sperduto ne uscì fuori un uomo con un calzino sul viso. E si avvicinò pericolosamente alla ragazza.
Questa teneva la testa bassa quindi si accorse dell’uomo solo quando gli andò a sbattere.
“Oh mi scusi…” disse la ragazza prima di sorpassarlo.
Questo la bloccò per un braccio e con violenza la trasportò dietro quel vicolo.
“Ma che fai lasciami stare” Marianne urlava e si dimenava per liberarsi dalla presa di quell’uomo che la toccava ovunque.
Ma l’uomo era più forte di lei e ad ogni movimento e calcio Marianne sembrava fargli il solletico.
“Se stai ferma in un attimo sarà tutto finito” disse l’uomo slacciandosi i pantaloni.
Marianne piangeva e sopportava in silenzio, le spinte dell’uomo all’interno della ragazza erano violenti, e le faceva del male.
Ma le preghiere di Marianne furono sentite da qualcuno, perché un ragazzo, dal viso familiare, le corse incontro.
“Ehi…ehi tu cretino vai via, lasciala stare” disse il ragazzo urlando e correndo verso di loro.
L’uomo, spevantato, se ne andò di corsa, lasciando la ragazza scivolare per terra presso quella parete umida e gelida.
“Ehi…ti senti..” le parole del ragazzo gli morirono in gola.
“Marianne?” disse il ragazzo sedendosi al fianco della ragazza.
“Andrà tutto bene, ci sono io adesso” disse  prendendola in braccio.
Marianne era traumatizzata, era da un sacco che non le succedeva e adesso non smetteva di piangere.
Quell’uomo l’aveva fatta male e per poco non la uccideva.
Il ragazzo, che lei non era ancora riuscita a riconoscere, la portò a casa.
Bussò alla porta e venne ad aprire proprio Justin, il quale spalancò gli occhi alla vista della povera ragazza che piangeva a singhiozzi.
“Che cosa le è successo?” chiese Justin facendo spazio al ragazzo per farlo entrare in casa.
“Non lo so stavo venendo da voi, quando ho l’ho trovata in un vicolo con un uomo che i pantaloni sbottonati che la toccava ovunque” disse il ragazzo portando la ragazza nella sua stanza.
“Oh ma che sta succedendo qui?” disse Selena raggiungendo gli altri.
“Un uomo dici?” chiese ancora Justin senza dare alcuna importanza alla sua ragazza,
la quale rimase zitta e indifferente sulla soglia della porta della stanza.
“Si era un uomo, e sembrava che..” il ragazzo non riuscì a continuare la frase, lasciandola interpretare a tutti i presenti.
Marianne ormai era ad occhi chiusi che piangeva distesa sul letto mente gli altri parlavano e cercavano di tranquillizzarla.
Quando poi Marianne riuscì a calmare le lacrime cercò di riposarsi, ma appena chiudeva gli occhi per non piangere,
le apparivano tutte le scene di quella sera orribile a cui si affiancavano le scene della sua vita precedente.
Aprì gli occhi d colpo e tastandosi la forte scoprì di star sudando.
“Come è andato l’incontro?” chiese una voce all’interno della stanza.
Avrebbe riconosciuto quella voce fastidiosa ovunque.
“Selena? sei stata tu a mandare quell’uomo da me?” chiese Marianne sollevando il busto per guardarla negli occhi.
“Si…ti avevo avvertito e tu hai fatto la spiritosa” disse Selena alzandosi e raggiungendola sul letto.
“sei una ragazza spregevole” disse Marianne sputandole in faccia.
Selena si ripulì il viso e sorrise beffarda.
“Tu toccami Bieber e sei morta, se scopro che sei incinta di lui giuro che ti uccido con le mie stesse mani” concluse Selena uscendo dalla stanza lasciandola sola con i suoi pensiere che navigavano nella sua testa.
In effetti, notava un leggero rigonfiamento sulla parte superiore, leggeri sbalzi di umore solo che non aveva mai avuto la nausea.
Aveva solo dei leggeri giramenti di testa e il suo ventre aveva assunto una forma più rotonda.
Ma quella caratteristica l’aveva collegata al fatto che nel mese precedente aveva esagerato sul cibo.
Decise, quindi che la mattina seguente sarebbe andata a fare una visita in ospedale accertandosi di non essere incinta.
“Posso entrare?” questo ragazzo interruppe i pensieri di Marianne.
“Thomas…ciao, si entra” disse Marianne facendogli spazio sul letto.
“Come ti senti?” chiese il ragazzo sedendosi al suo fianco.
“bene…” mentì la ragazza sorridendo flebilmente.
“Non ti credo..” disse il ragazzo ottenendo uno sguardo curioso da parte di Marianne.
“Come scusa?” chiese Marianne alzando il sopracciglio.
“Ho sentito la conversazione tra te e Selena” disse il ragazzo, mentre Marianne abbassò lo sguardo.
Thomas le alzò il viso, costringendo la ragazza a guardarlo negli occhi.
“Dimmi la verità…sei incinta di Justin?” chiese Thomas scrutando attentamente negli occhi della ragazza,
cercando di scoprire la verità.
“Non lo so…” rispose Marianne “ma se mai dovesse essere vero tu non dovrai dirgli niente, spetta a me parlargli” aggiunse poi puntandogli un dito contro.
Thomas alzò le mani in senso di arresa “si questo compito è il tuo ma io voglio accompagnarti a fare le analisi” disse in modo deciso il ragazzo.
Marianne annuì, non voleva essere sola mentre affrontava la visita.
“Comunque tu che ci fai da queste parti? non eri partito?” chiese Marianne concentrando
l’attenzione su un filo di cotone che era sfuggito dalla coperta.
“Sono tornato da poco e volevo venirti a trovare” disse Thomas sorridendo.
“Anche perché l’ultima volta abbiamo litigato quindi…” disse lasciando la frase in sospeso.
“Si certo…hai trovato qualche ragazza a Parigi?” chiese Marianne attorcigliandosi il filo di cotone alle dita.
“Si…si chiama Sophie ed è una ragazza bellissima è americana ed è davvero una strafiga” disse Thomas facendo ridere di gusto Marianne.
La loro attenzione fu catturata dal suono di qualche mano che bussò alla porta.
Justin era entrato e con uno sguardo fece intuire a Thomas di lasciarli soli.
Marianne decise di rimanere zitta per quanto riguardava l’argomento “Selena”
e finché non ne era certa non avrebbe detto nulla nemmeno della sua gravidanza.
Justin si sedette al suo fianco, e la guardava con sguardo come a mandarle delle scuse.
Era mortificato e imbarazzato aveva paura di aprire di nuovo l’argomento quindi il silenzio fu il padrone di quegli attimi interminabili.

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Capitolo 20
*** Chapter twenty ***





Good or bad news?






“Allora…scusami” Justin era impacciato e si poteva vedere dal suo atteggiamento con le mani.
Mancava poco e le avrebbe fatte sanguinare.
“E per cosa Justin? non sei mica stato tu?” ribatté Marianne guardando quello che Justin stava facendo alle sue mani.
“Scusami, perché sono stato con Selena e ti ho lasciata da sola a casa…Scusami perché dovevo starci io al posto di Thomas” Justin la guardava negli occhi.
Marianne, invece, non aveva perso nessuna parola di quello che le aveva detto.
Sorrise istintivamente.
“Ma era normale che tu stessi con la tua ragazza” Marianne,
 le piacevano quelle scuse così dolci da parte di Justin, quest’ultimo non doveva sentirsi in colpa per l’accaduto.
“Oh maledizione, lascia per un momento da parte quella troia e ascoltami…” sbottò all’improvviso Justin leggermente irritato.
Marianne era stupita, non perché l’avesse zittita in un secondo,
ma per il suo tono deciso con cui aveva chiamato “troia” la sua ragazza.
Justin non sapeva se parlare o rimanere zitto per non peggiorare la situazione.
Ma quelle parole gli erano uscite istintive, come se tutti i sentimenti che reprimeva si fossero ribellarti al suo volere di tenerli nascosti. E che quindi adesso si stavano facendo valere, dimostrando quanto Justin tenesse e amasse quella ragazza più di se stesso.
Aprì bocca per parlare, ma il loro discorso fu interrotto da una voce stridula che chiamava il nome del ragazzo.
“Tesoro…ho sentito urlare, è successo qualcosa?” chiese in tono preoccupato Selena.
Justin sbuffò e le dedicò uno sguardo di fuoco.
“No…stavo giusto scendendo” disse Justin per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione alla ragazza stesa nel letto.
Selena stava per uscire dalla stanza, non prima di aver dedicato uno sguardo agghiacciate alla povera Marianne.
“Justin vai…accompagnala a casa. Thomas starà con me finché non tornerai…Okkay? Non ti preoccupare” lo rassicurò la ragazza accarezzandogli leggermente la mano.
Justin annuì debolmente, deluso da non essere riuscito a mandare a fanculo la sua ragazza,
nel momento in cui i suoi sentimenti volevano farsi sentire. Uscì a piedi pesanti fuori dalla stanza,
per poi girarsi e dedicare un sorriso forzato alla ragazza che lo seguiva con gli occhi.
Marianne rimase di nuovo sola, capì le intenzioni di Justin e pensò che sarebbe stato meglio per entrambi
se nessuno dei due si fosse dichiarato. Selena l’aveva minacciata di renderle la vita impossibile e non voleva
vedere l’uomo che amava nelle grinfie di quella strega, ma doveva pensare anche a se stessa.
Per anni si era occupata del bene degli altri senza mai accorgersi che quella che soffriva realmente era lei.
L’amore che provava nei confronti di quel ragazzo erano forti, ma Selena e le sue minacce lo erano di più,
tanto da far indietreggiare di un passo Marianne e di farla sentire di nuovo un moscerino, tenuto sott’occhio dall’ape regina.
Voleva vederlo felice, e con Selena di mezzo, la relazione tra Marianne e Justin, non sarebbe mai stata felice.
Il suono di passi sul pavimento distrassero Marianne dai suoi pensieri, la quale spostò lo sguardo verso la porta.
“Per me dovresti combattere per averlo” era Thomas,
che in tutta la sua saggezza e bellezza era entrato nella camera provocando un sorriso sincero sul volto di Marianne.
“Ma smettila…le super star devono stare con le super star…e i poveracci con i poveracci” Marianne disse quelle parole contro la sua volontà, perché lei sapeva che la relazione tra lei e Justin ci poteva essere eccome.
“Se ti dicessi di fare il gabinetto, sarei troppo volgare?” disse Thomas dando una leggera spinta all’amica,
la quale non smetteva di ridere per l’affermazione lasciata dal suo amico.
“Si saresti super volgare” disse Marianne concludendo il tutto con una risata.
“Che senso avrebbe, vivere senza la persona che si ama?” Thomas sorprese Marianne con quella domanda ben formulata.
La ragazza non sapeva rispondere, era bloccata. Tutto si aspettava da quel ragazzo, ma non una domanda del genere.
Una cosa era certa, Thomas aveva ragione. Che senso aveva?
Niente, non aveva alcun senso, perché secondo Marianne nessuno era nella condizione di scegliere tra la sua
di vita oppure l’amore per il ragazzo che aveva sempre desiderato.
“Non devi rispondere per forza, la mia era una domanda retorica” aggiunse poi il ragazzo vedendo Marianne con gli occhi lucidi.
Improvvisamente, Marianne era tra le braccia di Thomas, il quale la stringeva forte come a lei piaceva.
Essere stretta forte tra le braccia di un ragazzo, amico, fidanzato qualsiasi esso sia, l’importante era che la facesse sentire al sicuro, protetta con la sicurezza di non essere mai lasciata da sola.
Aveva bisogno di un abbraccio, non importava da chi ma aveva bisogno di conforto.
E Thomas era l’unico che in quel momento le era stato vicino.
Il ragazzo l’allontanò da se per prenderle il viso tra le mani e asciugarle tutte le lacrime
che come lame scendevano sul viso delicato di Marianne.
“Ho paura...” disse la ragazza tra un singhiozzo e l’altro.
“E di cosa?” le chiese in modo dolce Thomas, guardandola negli occhi.
“Ho paura di tutto” disse Marianne cominciando di nuovo a piangere.
“Vedrai che tutto si sistemerà” disse Thomas accogliendola di nuovo tra le sue braccia.
Rimasero in quella posizione a lungo, finché le palpebre di Marianne si fecero pesanti,
facendole chiudere gli occhi ed entrare nel mondo dei sogni.
Thomas l’appoggiò con la testa sul cuscino e si distese al suo fianco.

Quando Marianne si risvegliò, al posto di Thomas c’era Justin al suo fianco,
che la teneva stretta al sul petto, con un braccio che le avvolgeva il bacino.
Marianne sorrise, si trovava bene, si girò e si ritrovarono fronte contro fronte.
Lui dormiva, lei lo guardava dormire. Era bello, non aveva nessuna imperfezione se non qualche brufolo di passaggio,
segno che stesse ancora maturando.
Le sue labbra…quelle non si potevano descrivere. Erano una cosa stupenda,
la cosa che per prima avevano fatto innamorare Marianne di Justin, dopo la sua voce angelica.
La sua voce, un qualcosa che aveva fatto innamorare milioni di ragazze, e che nessuna,
eccetto per qualcuna, si era mai pentita di ascoltarla.
“Marianne?” mugugnò Justin assonnato.
“Si Justin?” chiese Marianne.
“Perché mi stai osservando?” chiese Justin un leggere sorriso nascosto.
“Scusa…” disse Marianne arrossendo.
Credeva che Justin stesse dormendo e che non si fosse mai accorto che lo stesse osservando, e invece si sbagliava.
Justin in quel momento aveva gli occhi aperti, e si guardavano a vicenda. Attimi di silenzio,
comunicavano attraverso gli sguardi che erano incrociati. Un’immagine bellissima, dolce. Erano così in sintonia tra di loro.
Si amavano a vicenda e lo sapevano, eppure il male stava per avere la meglio. Alla fine il malvagio prevale su tutto.
“Cosa dovevi dirmi stamattina, quando mi hai dato quel leggero bacio?” chiese Justin interrompendo
quegli attimi di silenzio e di pura dolcezza.
Marianne sobbalzò, non credeva se ne fosse ricordato, ed era anche mezzo assonnato.
Non sapeva cosa rispondere, ma doveva inventarsi una scusa al più presto.
“Niente, avevi la lampo aperta” disse Marianne con un sorriso finto sulle labbra.
Non era nella posizione giusta per dire la verità, e quindi dirgli che era pazzamente innamorata di lui.
“Ah…” disse Justin deluso.
Marianne notò quell’accento di delusione nella sua voce, e quasi se ne pentì e mandare tutto all’aria.
Avvolgendo le sue abbraccia attorno al collo di lui e fare l’amore fino allo sfinimento,
ma le parole di Selena le tartassavano la mente e decise che fu meglio starsene zitta.
“Tu invece cosa dovevi dirmi?” chiese Marianne anche se sapeva già la risposta. E sapeva anche che lui avrebbe mentito.
Justin stette in silenzio qualche minuto, per poi aprire bocca e parlare “ Niente di importante, adesso dormiamo” disse il ragazzo.
Marianne in risposta, appoggiò la sua testa sul petto di lui, sul quale si poteva sentire il cuore di Justin che faceva a botte contro il suo petto, cercando di farsi sentire anche esso dalla giovane ragazza. Marianne sentì anche quello, e ne su felice,
e delusa dal fatto che Justin in quel momento non potesse sentire il cuore della ragazza battere così forte solo per lui.
Quella mattina Marianne si svegliò molto presto, doveva andare all’ospedale e accettarsi che non fosse incinta.
Thomas era in auto che l’aspettava e doveva fare presto.
Era pronta, doveva solo infilarsi le scarpe ed uscire, evitando un contatto sociale con Justin.
Il quale avrebbe fatto tante domande, riguardanti Marianne e l’uscita improvvisa di quella mattina.
Prese le scarpe, che erano ai piedi del letto e attenta a non fare rumore, se le infilò una ad una con facilità.
All’ultimo piede, perse l’equilibrio e sbatté col sedere per terra.
Justin scattò fuori dal letto, impaurito.
Marianne cosa ci fai lì per terra?” chiese Justin correndo ad aiutarla.
“Pulisco il pavimento col culo, che dici” disse Marianne in modo ironico, facendosi aiutare ad alzarsi, da Justin.
“Perché sei vestita?” ecco che incominciavano le domande.
Dopo essersi sistemata la maglia, che vi era sollevata, incominciò a trovare una scusa plausibile.
“Devo andare a fare un servizio” disse Marianne prendendo il cellulare sul mobile posto di fianco al letto.
“Con chi? che tipo di servizio?” chiese a sua volta Justin seguendola con lo sguardo.
“Con Thomas, e vado…a fare shopping” disse Marianne dirigendosi verso il soggiorno.
“Aspettami vi accompagno anche io” disse Justin seguendola in soggiorno.
“NO…cioè non devi andare in studio per registrare Believe?” chiese Marianne sperando quella
fosse la scusa per cui lui non sarebbe potuto venire.
“Hai ragione…ma potrei rimandare a domani” disse Justin pensandoci.
“NO…cioè hai già rimandato la scorsa volta” disse Marianne.
Era in preda dal panico, chiunque se ne fosse accorto, solo che Justin non la stava guardando.
“Hai ragione anche questa volta” disse Justin incrociando le braccia, guardando il pavimento.
“Justin io vado ci vediamo questa sera” disse Marianne avvicinandosi per dargli un bacio sulla guancia.
Justin voltò il viso per far combaciare le loro labbra perfettamente. Un incastro di morbidi labbra, perfettamente unite tra di loro.
Doveva essere un bacio a stampo, ma Justin si era trattenuto troppo a causa della persistente presenza della sua fidanzata,
che quel momento gli era sembrato quello giusto per intensificare il bacio. Trasformandolo in uno passionale,
dove le loro lingue potevano comunicare beate, tranquille senza essere interrotte da nessuno.
Un bacio aspettato da entrambi.
Quando Justin decise di far terminare quel bacio, erano ancora vicinissimi.
“Mi erano mancate le tue labbra” disse Justin in modo sexy.
Marianne arrossì e Justin sorrise alla timidezza che aveva quella ragazza, nonostante lui l’avesse vista addirittura nuda.
“I-I-Io v-vado, ci sentiamo dopo” disse Marianne per poi uscire fuori da quella casa, con un sorriso da ebete sulla faccia.
Quando entrò in auto, Thomas al suo fianco la guardava incuriosito.

“Cos’è questa felicità? chiese Thomas guardando l’amica che non smetteva di ridere.
“Niente...” disse Marianne giocherellando con i suoi capelli.
“Non ci credo...è successo qualcosa” disse Thomas togliendo le mani dal volante poggiandosele sulle gambe.
“Te lo giuro non è successo niente” disse Marianne continuando a tenere il suo sorriso.
Thomas la guardava come per costringerla a parlare, e infatti Marianne cedette e gli raccontò quello che era appena accaduto.
“Sa essere romantico Bieber” disse Thomas mettendo in moto l’auto.
“Si… e anche molto sexy” aggiunse Marianne ricordando la scena di prima.
“Si però adesso togliti quel sorriso, sembri impossessata” disse Thomas ridendo e coinvolgendo Marianne.
Erano in auto, diretti al General Hospital di Stratford.
Arrivati, parcheggiarono e il sorriso che prima aveva Marianne scomparve del tutto, lasciando spazio ad ansia e paura.
“Andrà tutto bene” disse Thomas stringendole la mano.
Marianne era poco convinta, ma doveva credergli e con poca sicurezze uscì da quell’auto.
Thomas e Marianne percorrevano i lunghi corridoi di quell’ospedale in cerca del reparto giusto.
Quando lessero il cartello delle indicazioni, questo li condusse in una stanza vuota.
“Vi serve aiuto?” chiese una donna bassina, mostrando un sorriso smagliante.
“Si grazie, dovrei fare delle analisi per sapere se sono incinta” disse Marianne
assecondando il tono dolce che aveva quell’infermiera.
“Certo, seguitemi” disse facendo segno ai ragazzi di seguirli.
Li condusse in un'altra stanza, molto più illuminata con un lettino, delle macchine che tintinnavano e una scrivania.
“Accomodatevi, tra un qualche minuto la dottoressa sarà da voi” disse l’infermiera per poi dileguarsi.
I due si accomodarono. Marianne si guardava intorno per distrarsi dall’ansia che le mangiava le interiora. Thomas la guardava.
“Hai paura?” chiese ad un certo punto Thomas.
Ma non ci fu risposta, Marianne era sovrappensiero e tutto quello che la circondava veniva messo in secondo piano.
Adesso stava pensando a se, a cosa avrebbe fatto se mai avesse scoperto di essere incita.
Se fosse stata una brava mamma. E cosa avesse raccontato al bambino/a sul padre se mai lo avesse chiesto.
I suoi pensieri furono interrotti dalle leggere spinte che le dava l’amico.
“Che c’è?” chiese in modo arrogante Marianne.
“La dottoressa è qui” disse Thomas indicando dietro di se.
Marianne impallidì, sperando che la dottoressa non avesse sentito la sua arroganza nei confronti dell’amico.
Avrebbe fatto sicuramente una brutta figura.
I due si alzarono in segno di rispetto, accogliendo e salutando la dottoressa.
“Salve ragazzi, allora chi deve sottoporsi alla visita tra voi?” chiese la dottoressa con ironia.
“Salve…si dobbiamo ammetterlo è lui che dovete visitare” disse Marianne indicando Thomas.
La dottoressa era una donna sociale, simpatica che aiutava a sdrammatizzare la situazione.
Una donna sulla trentina, bionda con occhi castano scuro. Alta ma robusta.
“Allora io sono la dottoressa Anna Fill” disse la la dottoressa presentandosi.
“Io sono Marianne Jenckins e lui è Thomas Ford” disse Marianne concludendo il tutto con un sorriso.
“Bene…Marianne distenditi su quel lettino, io torno subito” disse la dottoressa alzandosi per poi lasciare quella stanza.
Intanto, Marianne si distese su quel lettino ricoperto da della carta. Thomas le era vicino.
Poco dopo entrò la dottoressa con l’infermiera di prima.
“Allora, scopriti la pancia Marianne” disse la D.Anna mettendosi i guanti.
Nel frattempo l’infermiera spargeva del liquido blu sul ventre di Marianne la quale sussultò.
“Scusami non ti avevo avvertito che è freddo” disse con tono dolce l’infermiera.
Marianne sorrise rassicurante come per dirle che non aveva fatto niente di grave.
“Allora vediamo se c’è qualcuno…” disse la D. Anna poggiando sul ventre di Marianne un marchingegno.
Tutti avevano lo sguardo su quel mini televisore che illustrava quello che Marianne aveva dentro.
Era preoccupata, ma allo stesso tempo eccitata dell’idea.
“Congratulazioni mia cara, sei incinta già da un mese” affermò la dottoressa sfoggiando un sorriso allegro.
“Lui è il padre?” chiese la D. Anna indicando Thomas.
“No…” disse Marianne fingendo un sorriso.
Il padre di quel bambino/a non sarebbe mai venuto a sapere di quella sua gravidanza.
E prima che il pacione avesse incominciato a farsi  vedere, Marianne doveva andare via da quella casa per non creare sospetti.
“Allora da oggi ti seguirò io con questa gravidanza sarò la tua ginecologa, quinti ti do il mio numero di telefono” disse la dottoressa prima di darle il biglietto da visita.
“Grazie dottoressa” disse Marianne osservando il bigliettino.
“Ti prego chiamami Anna” disse facendole ancora un grande sorriso.
Tutti erano felici in quella stanza tranne Marianne, tutti sorridevano alla vita tranne Marianne.
Era incinta e non aveva una mamma su cui contare, era incita e doveva vedersela da sola.
Con solo Thomas al suo fianco, il quale non sapeva niente di gravidanze.
Dopo delle accurate spiegazioni su ciò che non doveva fare e su ciò che non doveva mangiare tornarono a casa.
E per tutto il tragitto tra Thomas e Marianne non era spiccata parola.
Lui troppo confuso su come doveva aiutare l’amica in quella situazione.
Lei troppo affranta dal dolore di non avere il suo amato vicino come lei sperava, mentre affrontava quella situazione.




My Spaceee *___*
Salveee a tutti
volevo ringraziare ki mi segue
siete tutte fantastiche...
la storia non so per quanto mandarla
avanti...anche perchè è quasi la fine e
l'ultimo capitolo stupirà tutte uahuah

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=835622&i=1 questa
è la storia di una mia amica se vi va potete darci un occhiata...
Any Way :D
Alla prossima 
XO XO Gossip Girl (?)

 

@GiulyBelieber97 me on twitter :)

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Capitolo 21
*** Chapter twenty-one ***




That could have been their last night.






Arrivati davanti casa, Thomas la scortò fino alla porta per poi andarsene in silenzio.
Marianne era preoccupata, e non aveva voglia di parlare. Thomas la conosceva bene
e sapeva quando intervenire e quando invece doveva starsene zitto.
E quello era proprio uno di quei momenti.
Marianne entrò in casa sicura che non ci fosse nessuno.
Ma la ragazza si sbagliò ancora una volta sulla sua così convinta
sicurezza di rimanere da sola e schiarirsi le idee finché non sarebbe tornato Justin dallo studio di registrazione.
“Selena…ancora qui” disse Marianne con tono scocciato.
“Si…avevo voglia di vedere la mia futura mammina” disse Selena con un tono di malignità in quello che diceva.
Marianne era confusa, Selena come faceva a sapere che lei era incinta? Non può essere stato Thomas a dirle tutto…
“E t-tu come f-fai a saperlo?” chiese Marianne impaurita da quella ragazza capace di fare di tutto.
“Ho le mie conoscenze” disse la ragazza alzandosi dalla poltroncina bordò su cui era seduta e dirigendosi al corpo, quasi fragile di Marianne.
“Ti prego dimmi chi è stato” chiese Marianne con voce spezzata dal dolore, sperando che non fosse stato Thomas a tradirla in quella maniera.
“Mia madre è un infermiera, e casualmente lavora proprio in quell’ospedale” disse Selena
guardando Marianne negli occhi augurandole forse tutto il male che c’era al mondo.
In quel momento Marianne si sentì sollevata di ciò che le aveva detto Selena e per quanto assurdo e contradditorio  fosse,
in quel momento Marianne aveva paura.
Paura di quella ragazza che le sostava davanti.
Paura di quella ragazza che qualche giorno prima l’aveva minacciata di morte.
Paura di quello che Selena aveva in serbo per lei e tutto solo per aver amato una persona.
“Che cosa vuoi da me Selena?” chiese Marianne cercando di apparire il più forte possibile,
cercando anche di reprimere le lacrime che violente volevano sfogarsi sul delicato e liscio viso di Marianne.
“Voglio che te ne vada da questa casa, via da Justin, da me e non dovrai dirgli nulla di questa gravidanza e se solo fai qualche passo falso…perderai il bambino” disse la ragazza concludendo il tutto con un sorriso malvagio che in quel momento aveva in pieno viso.
Marianne impallidì a quelle brutali parole che la ragazze le aveva appena rivolto.
“Fammi almeno passare del tempo con Justin e dirgli addio nel migliore dei modi” chiese Marianne quasi come se la stesse supplicando.
In effetti, salutare Justin nel modo migliore era l’unica cosa che Marianne desiderasse prima di andarsene e lasciarlo definitivamente.
Sperava solo che in quel momento avesse accettato la sua proposta lasciandola sostare in quella casa solo per un altro breve periodo di tempo.
Finché la sua gravidanza non dava segni di esistenza sul corpo di Marianne, mettendo in evidenzia, forse, un pancione accentuato.
“Okkay…tanto dovrò stare via per lavoro, circa un mese e prima che io ritorni, ti voglio fuori da questa casa, fuori dalla vita di Justin” disse per poi prendere la sua roba poggiata sulla poltroncina e infilandosi il giubbotto nero che di solito portava per camuffarsi.
“E come saprò che tu stai tornando?” chiese Marianne nel caso si fosse distratta dalla bellezza di Justin e fosse rimasta nel maggior tempo di quello prestabilito.
Immaginando, in quell’arco di tempo, che cosa le fosse accaduto se solo non si sarebbe fatta trovare fuori da quella casa, le venivano i brividi.
“Lo saprai benissimo…ti consiglio una cosa…non affidarti al tuo istinto, potresti sbagliare” disse per poi uscire da quella casa chiudendosi violentemente la porta alle spalle.
Marianne era affranta dal dolore, il quale la portò ad accasciarsi per terra e restare lì a piangere.
Piangeva perché non aveva un compagno con cui condividere il suo dolore.
Piangeva perché non aveva una famiglia su cui contare. Piangeva perché non aveva amiche stabili.
Piangeva perché non era sicura del fatto di saper fare la mamma.
Ma era come se qualcosa dentro di se volesse quel bambino più di qualsiasi altra cosa al mondo.
E fu proprio quell’esserino all’interno di Marianne, che le diede la forza di alzarsi e di affrontare gli ultimi momenti con Justin.
Belli o brutti che siano stati.
Decise di darsi da fare e prepararsi un programma su ciò che avrebbero fatto durante tutto quel mese.
L’avrebbe accompagnato in studio, ascoltando la sua voce melodica  ingombrare le pareti di quelle stanze,
e salire la sicurezza che era nascosta in lei. Perché lui con la sua voce, la rendeva una ragazza migliore,
sicura di se e armoniosa. La tranquillizzava e rilassava tutti i suoi nervi e pensieri accavallati meglio di un massaggio cinese.
Ritornando al programma che avrebbero svolto per tutto il tempo che avrebbero trascorso insieme, decise di staccare perché ormai la bava,
causata dal pensiero di lui che le cantava una canzone a petto nudo, incominciava a scendere senza fermarsi.
Si diede un po’ di autocontrollo e decise di guardare la televisione.
Stavano trasmettendo un cartone animato. IL cartone animato. “Tom and Jerry”… amava quel cartone era il suo preferito.
Ogni volta che lo vedeva non riusciva a capacitarsi del fatto che Jerry avesse sempre la meglio su Tom,
nonostante fosse un topolino cattivo e buono allo stesso tempo.
Ma nonostante tutto non riusciva a capire quanta stupidità ci fosse in un gatto e quanta intelligenza ci fosse in un topo.
Pur sapendo che si trattava di un cartone animato. Li amava, perché con una semplice stupidità le mettevano di buon umore.
Dopo qualche ora abbandonò i suoi cartoni animati dedicandosi interamente alla cena che ci sarebbe stata quella sera a casa Bieber.
Aveva chiamato Pattie, chiedendole il favore di lasciarle casa libera ancora per un giorno e che a partire dal giorno dopo,
sarebbe potuta tornare a dormire liberamente nel suo letto.
Per tutto il tempo tentò di preparare qualcosa di decente per poter mettere sotto ai denti, ma tutto le riusciva non molto bene.
La pasta a volte veniva troppo salata, oppure troppo cotta la carne che aveva preparato per lui,
siccome lei non poteva mangiarla perché era vegetariana.
Decise di chiamare un ristorante cinese, e farsi portare delle porzioni per due che avrebbe poi,
sistemato accuratamente in ogni singolo piatto, facendo credere di averlo cucinato lei con le sue mani.
Anche se il fatto di aver ordinato cinese, rendeva la messa in scena più complicata di quanto già non fosse.
Ma decise di tentare, anche perché Justin era dotato di stupidità.
Quando finalmente il fattorino bussò alla sua porta, con la rispettiva ordinazione, la sistemò negli appositi piatti.
Accese due candele al centro del tavolo. E affievolì la luce in sala da pranzo. L’atmosfera che vi presentava era romantica.
Profumata, per via delle candele alla vaniglia, e dolce.
Andò di sopra a prepararsi e a mettersi qualcosa di più adatto a quella situazione.
Dopo essersi fatta una doccia, decise di indossare un vestitino, né tanto elegante e né tanto sportivo, ma semplice, adatto a stare in casa in compagnia. Aveva una scollatura a “V”, che lasciava poco spazio all’immaginazione, ed era lungo fino al ginocchio di un blu scuro intenso.
In modo tale da distinguersi dalla luce rossa della sala da pranzo.
Mise un filo di mascara ed era pronta…pronta per aspettare e sorprendere Justin con quello che aveva organizzato.
Scese in soggiorno e proprio mentre stava per riguardare gli ultimi dettagli, la porta di casa si aprì, e da essa ne entrò un angelo che nonostante la stanchezza sul suo viso, era bellissimo.
“Ehi…ma sei bellissima” disse Justin chiudendo la porta velocemente per poi avvicinarsi alla dolce Marianne che sostava un po’ più distante da lui.
“Grazie…” disse Marianne abbassando il capo leggermente imbarazzata dall’atmosfera che si stava creando.
“A cosa devo tutte queste preparazioni?” disse Justin cingendole i fianchi.
“Volevo passare del tempo con te” disse Marianne sorridendo sensualmente.
“Mhmm…hai ragione era da tanto che non passavamo del tempo insieme” disse Justin baciandole leggermente il collo,
lasciando delle scie delle sue umide labbra.
“Vuoi mangiare?” chiese Marianne cercando di autocontrollarsi.
“Certo ho una fame…” disse lui per poi staccarsi e prenderla per mano,
conducendola fino al tavolo dove, da gentiluomo, la fece accomodare sulla sedia.
“Allora…sembra che abbiano una bella faccia questi spaghetti” disse Justin poco dopo aver preso posto sulla sedia di fronte a quella di Marianne.
“Si ho cucinato tutto io” disse la ragazza cercando di tenere un tono altezzoso.
“Si e quegli scatoli del ristorante cinese sulla sedia sono arrivati fino a qui con il teletrasporto”
“Oh…li hai notati” disse Marianne abbassando lo sguardo, maledicendosi per non averli nascosti o semplicemente buttati.
“Ma…stando al tuo fianco, tutto è perfetto. La luminosità della luna e delle stelle non sono paragonabili alla luce che tu crei anche solo se sorridi” disse Justin guardandola dritta negli occhi.
Lei sorrise arrossendo, per poi prendere le bacchette ed incominciare a mangiare.
“Allora come è andata in studio?” chiese Marianne mettendo in bocca il primo boccone.
“Bene…stiamo facendo le registrazioni per “Believe” e c’erano anche delle Beliebers fuori dallo studio quindi ho approfittato e ho fatto delle foto con loro” disse Justin cercando, invano, di prendere gli spaghetti.
“Sono davvero importanti per te…dico cioè le tue Beliebers” disse Marianne osservando la sua difficoltà in nel prendere un boccone.
“Se devo essere sincero…Si… sono importanti, senza di loro adesso non andrei in studio, non sorriderei tutti i giorni. Sono praticamente loro che mi fanno alzare la mattina. Si sono il mio mondo e ognuna di loro è la mia fidanzata” disse Justin sorridendo,
forse immaginando lui a letto con ognuna delle sue Beliebers.
“Fai i tuoi pensieri sconci, quando sei da solo” disse Marianne ridendo.
“Si e tu potresti aiutarmi con questi spaghetti?” chiese Justin divertito da quello che stava combinando sul tavolo.
“Si forse hai ragione, dovrei aiutarti” disse Marianne alzandosi e andandosi a sedere sulle gambe di Justin.
“Allora, prendi le bacchette e fai così…” prese le bacchette e con un agilità sconosciuta a Justin,
prese gli spaghetti e imboccò Justin come si faceva con i bambini piccoli.
Passarono il resto della cena così, tra una risata e un boccone e lasciandosi dei teneri baci sulle labbra.
Erano una coppia perfetta e in quel momento erano soli, nessuno c’era per disturbarli nemmeno Selena.
La serata era interamente dedicata a loro e ognuno era desideroso dell’altro.
Era, infatti, da tanto che non facevano sesso e quella serata sembrava proprio quella giusta per approfittare e per sentirsi uniti ancora una volta.
Decisero di spostarsi in camera da letto, senza mai staccarsi dai baci che li univano.
Finirono sul letto quando poi Marianne ebbe paura e quasi si dimenticò di essere incinta.
“Aspetta devo andare in bagno..” disse pero poi alzarsi e prendere il telefonino.
Chiudendosi a chiave digitò velocemente il numero delle ginecologa la quale rispose prontamente.
“Dottoressa mi scusi per l’orario ma volevo sapere se durante la gravidanza è possibile cioè…” Marianne era in imbarazzo,
le sue gote divennero subito rosse.
“Rapporti sessuali?” chiese la dottoressa dall’altro lato del telefono.
“Ehm…si” disse Marianne trattenendo il filo di imbarazzo che si poteva sentire attraverso il suo tono di voce.
“Si li puoi avere…ma fate piano mi raccomando” disse per poi riattaccare.
Adesso Marianne era sicura di quello che stava facendo e con disinvoltura si condusse nella stanza dove Justin l’aspettava.
“Eccomi…” disse avvicinandosi e appoggiando la testa sulla sua spalla.
In quegli attimi regnava il silenzio, ma si poteva sentire i loro cuori che battevano all’unisono in perfetta sintonia.
Era come se formassero una band fantastica che non sbagliava il ritmo della canzone di quel momento.
Marianne sollevò il capo dalla sua spalla, lo fissò con occhi annebbiati e Justin le posò un bacio leggero sulle labbra.
Marianne avvicinò la mano al volto di lui e gli accarezzò la guancia con la punta delle dita. Justin la baciò di nuovo,
sempre con immensa tenerezza e Marianne ricambiò, mentre le lunghe difficoltà si dissolvevano nella passione.
Marianne socchiuse le labbra mentre Justin le accarezzava le braccia lentamente, con tocco leggero.
Poi la baciò sul collo, sulle guance, sulle palpebre, lasciandovi la traccia umida della sua bocca.
Marianne gli prese una mano e la guidò verso i suoi seni, le sfuggì un gemito quando sentì il tocco di lui attraverso la stoffa.
Poi, muovendosi come in un sogno, il viso illuminato da quella poca luce che entrava nella stanza attraverso la finestra,
si staccò da lui e in silenzio cominciò a sbottonargli  la camicia.
Justin ascoltava ogni suo respiro mentre le sue dita scendevano sempre più in basso,
gli sfioravano la pelle ogni volta che slacciavano un bottone.
E quando la camicia fu completamente aperta le mani di Marianne scivolarono dentro ,
con carezze leggere esplorarono il suo corpo, indugiarono sui pochissimi peli del suo petto.
Poi gli baciò il collo mentre faceva scivolare la camicia giù dalle spalle e rialzò il capo per consentire che lui la baciasse.
Justin si liberò completamente dalla propria camicia, poi con un gesto sicuro sollevò il vestito di lei e dopo averle accarezzato dolcemente il ventre glielo sfilò dolcemente facendole alzare le braccia.
Marianne si sentì mozzare il fiato quando Justin la baciò nell’incavo dei seni e fece correre lentamente la lingua fino al suo collo.
Le mani di lui le accarezzavano la schiena, le spalle, le braccia e i loro corpo caldi di avvinghiarono, pelle contro pelle.
Marianne sollevò il bacino perché Justin le sfilasse le mutandine,
e lei allungò la mano per aprire la lampo dei jeans di lui, che si liberò di quest’ultimo indumento.
I loro corpi finalmente nudi si riavvicinarono piano piano, quasi muovendosi al rallentatore,
e quando si unirono tremavano entrambi.
La lingua di Justin indugiava sul suo collo mentre le mani di lui le accarezzavano il corpo, dai seni al ventre,
e più sotto dell’ombelico e di nuovo verso l’alto. La bellezza di Marianne lo ammaliava.
I suoi capelli rossi si mimetizzavano con l’oscurità che dominava in quella stanza.
La sua pelle era morbida e luminosa. Sentì le mani di lei premere sulla sua schiena, quasi per sollecitarlo.
Giacevano sul letto matrimoniale, in un’atmosfera romantica con solo la luce della luna ad illuminarli.
Marianne arcuò la schiena mentre Justin rotolava su di lei con un unico movimento fluido e le stringeva i fianchi tra le sue ginocchia.
Lei sollevò il capo per baciargli il mento e il collo, respirando con l’affanno, poi leccò le sue spalle e il suo sudore salmastro,
gli passò le mani nei capelli per attirarlo verso di sé, lottando contro la tensione dei suoi muscoli.
Ma Justin opponeva resistenza. Si limitò ad abbassare il proprio petto su quello di lei, soffregandolo piano, ancora e ancora,
poi baciò ogni parte del suo corpo mentre Marianne vibrava al desiderio dell’attesa e si lasciava sfuggire leggeri gemiti di piacere.
Continuò così finché capì che Marianne non avrebbe più retto,
e quando finalmente si unirono lei lanciò un grido e gli affondò le dita nella schiena.
Poi nascose il viso sulla sua spalla mentre lo sentiva penetrare a fondo dentro di lei, forte e gentile, carne e anima.
Cominciò a muoversi ritmicamente lasciando che Justin la guidasse dove voleva, nel luogo tanto atteso e sognato.
Quando Aprì gli occhi e alla luce della luna contemplò la bellezza di quel corpo che si muoveva su di lei.
Vide il sudore condensarsi sul suo petto in gocce di cristallo che a volte cadevano su di lei come la pioggia.
E a ogni goccia, a ogni respiro, Marianne sentiva che ogni sua responsabilità, ogni sfumatura della sua vita scivolava via nel nulla.
I loro corpi vibravano per l’interscambio di tutto ciò che ciascuno di loro prendeva e donava
e Marianne fu colmata dalla pienezza di una sensazione che non avrebbe mai creduta possibile,
e sembrava prolungarsi all’infinito finché si spense lasciandola tremante tra le braccia di lui.
Trascorsero le ore seguenti l’uno nelle braccia dell’altro, a volte facendo l’amore e a volte rimanendo in silenzio osservando il soffitto.
Quella sarebbe potuta essere la loro ultima notte.

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Capitolo 22
*** Chapter twenty-two ***





That was proving to be a chilly evening between the two.



La mattina seguente una flebile luce entrava dallo spiraglio della finestra,
infastidendo il dolce sonno di Marianne. Quest’ultima aprì gli occhi infastidita,
cercando di stiracchiarsi. I suoi stiracchiamenti mattutini furono deviati a causa
della persona che le sostava affianco. Era la prima volta che la mattina erano ancora insieme,
ognuno tra le braccia dell’altro. Marianne sorrise a quella scena insolita, ma che le portava tanta gioia.
Sapere che il suo amato era ancora al suo fianco, le dava un senso di sicurezza,
e la sua mente andò oltre con l’immaginazione, arrivando sino al momento
del matrimonio che ci sarebbe potuto essere tra lei e Justin.
Marianne avrebbe sicuramente indossato un abito tradizionale bianco,
e si sarebbero sposati su una spiaggia, una bellissima giornata di settembre,
dove l’aria calda era ancora padrona di tutte quelle giornate.
E poi avrebbe fatto la lista degli invitati affiancata da…Selena.
Quell’immagine la fece sobbalzare. Marianne incominciò a sudare e a scacciare
tutti quei pensieri carini che si era appena fatta. Perché nulla di tutto quello che
Marianne aveva immaginato si sarebbe avverato. Selena era ovunque.
“Marianne…” mugugnò Justin con la voce ancora impastata dal sonno.
“Si Justin…” disse Marianne tranquillizzandosi, accorgendosi di stare
ancora tra le braccia calde e muscolose di Justin.
Justin abbassò il capo per osservarla meglio negli occhi, per poi sorriderle gioioso.
Marianne ricambiò il sorriso, per poi spingersi in alto per raggiungere le sue morbide labbra,
e lasciargli un bacio leggero ed innocuo.
“Cosa vuoi fare questa mattina?” chiese lui dedicandole ancora uno di quei sorrisi raggianti, che solo lui poteva avere.
“Oggi devi andare in studio?” chiese Marianne ricambiando ancora una volta il sorriso.
“Uhm…si credo di si” disse pensando su quello che aveva fatto ieri “però posso rimandare”
aggiunse poi cercando un approvazione da parte di Marianne.
“No…è escluso. Io rimango qui e quando torni faremo qualcosa insieme” disse la ragazza per poi alzarsi e andare in bagno.
“Aspetta…” la chiamò Justin e lei puntualmente si girò rivolgendo pienamente la sua attenzione.
Justin era rimasto incantato, per tutte quelle volte che avevano fatto l’amore,
doveva ancora abituarsi alla perfezione che quel corpo possedeva. Marianne era perfetta.
Il seno sporgente e abbondante, curve che sembravano un autostrada su cui potevi perderti, e un fondoschiena passabile.
Marianne notando l’espressione incantata di Justin, pensava che qualcosa
in lei non andasse e guardandosi, si accorse di essere nuda.
Con scatto veloce prese le lenzuola, rimanendo scoperto il corpo nudo di Justin.
“Sei bellissima comunque” disse Justin ridendo e alzandosi per dirigersi verso di lei.
“Anche tu sei bellissimo Justin” disse la ragazza assumendo un colorito più rossastro un viso.
Justin aveva un corpo da mozzare il fiato. Aveva un fondoschiena fantastico
che le fan avevano potuto vederlo soltanto attraverso le mutande.
Marianne aveva avuto il privilegio di goderselo anche senza i boxer,
e quello che si celava al di sotto, era un nuovo mondo da esplorare.
Justin non era né tanto muscoloso, né tanto magrolino. Era al punto giusto del fisico che Marianne preferiva.
“Comunque…che ne diresti di venire in studio con me?” chiese Justin dedicandole uno sguardo sognatore.
Marianne aspettava da tanto quella domanda.
Avrebbe finalmente ascoltato la voce di quell’angelo che le sostava affianco,
e avrebbe aiutato la sua immaginazione ad andare oltre del normale.
Per  esempio al nome del bambino. Pensava di dare a Justin questo privilegio.
“Justin…?” chiese Marianne allontanandosi per prendere i suoi indumenti sparsi per la stanza.
“Dimmi Marianne…” rispose Justin, non perdendola d’occhio.
“Se avessi un bambino, come lo chiameresti?” Marianne era agitata.
E se avesse scoperto tutto? Se solo sarebbe successo la vita di Marianne era finita.
Sarebbe morta chissà in qualche buco per mezzo di Selena.
“Mhm…perché questa domanda?” chiese Justin infilandosi i boxer.
Marianne in quel momento sbuffò, e maledisse la curiosità di Justin.
“Tu rispondi e basta” disse Marianne con tono scocciato.
E mentre lei si metteva la biancheria intima, Justin spremeva le meningi per pensare a dei nomi adatti.
“Se fosse femmina mi piacerebbe Sidney…ho sempre amato questo nome” disse Justin forse immaginando lui,
con in braccio una bambina.
“E se fosse maschio?” chiese Marianne evitando il suo sguardo.
Se solo avesse incontrato quegli occhi caramello di cui tanto di era innamorata,
perdeva coscienza. Erano come un siero della verità in cui Marianne ci cascava ogni volta.
Non riusciva a non dire niente al padre dell’esserino che aveva al suo interno.
Ma doveva ragionare. Se solo avesse detto qualcosa, Selena le avrebbe reso la vita un inferno.
Justin, intanto, era sempre più confuso dalle strane domande che quella mattina la ragazza gli poneva.
Ma per non infastidirla con le sue di domande, si limitava a rispondere.
“Se fosse maschio, invece, mi piacerebbe Jaxon” disse per poi allargare le labbra e formare un sorriso “ proprio come il mio fratellino” aggiunse infilandosi l’ultimo indumento per essere completamente coperto.
“Non mi hai risposto…comunque vuoi venire in studio con me?” chiese Justin aspettando questa volta una risposta.
Marianne saltò in aria, come per essersi ricordata della magia e della fantastica domanda
che Justin le aveva posto pochi minuti prima e in quel momento.
“Lo prenderò come un “sì” disse Justin alludendo al fatto che Marianne sprizzava gioia da tutti i pori.
Si prevedeva una bella giornata. Ovvio erano insieme e per loro era quello l’importante.
Si vestirono entrambi e poi con tanta euforia, Marianne fu la prima ad entrare in macchina con un sorriso da ebete stampato sulla faccia.
“Vuoi sentire un bel ragazzo che canta?” chiese Justin mettendo in moto l’auto.
“Si si…chi è?” e proprio in quel momento, partì una canzone.
“Aspetta ma io la conosco..” disse Marianne appoggiando l’orecchio alle casse per ascoltare meglio la sinfonia che ne usciva.
“Ovvio che la conosci…il ragazzo bello che canta sono io” disse Justin incominciando a ridere come un cretino.
“Non fa ridere” disse Marianne interpretando una espressione annoiata.
Anche se dentro voleva ridere ma a fin dei conti non voleva dare tanta soddisfazione al bello che canta.
“sei cattiva…” affermò Justin stampandosi sulla faccia un espressione da finto offeso mentre incominciava a guidare.
“Potresti fare l’attore sai?” disse Marianne stuzzicandolo.
Nel frattempo Justin non la degnava neanche di uno sguardo, cercando di fare il sostenuto. E a dire la verità, gli riusciva davvero bene.
“Oh…adesso non mi parli neanche?” Marianne continuava a fare domande,
senza avere alcuna risposta oppure un gesto dal ragazzo alla guida.
Marianne stufa, si girò verso il finestrino, ammirando tutto quello che succedeva al di fuori.
Justin, intanto, faceva da Marianne alla strada con gli occhi, per poter ammirare tutta la sua bellezza.
Soprattutto quando era arrabbiata. Diventava una dea.
Erano arrivati davanti allo studio e Justin stava posteggiando l’auto.
“Sei Bellissima” disse Justin guardando la figura di lei ancora immobile davanti al finestrino.
“Ah bene adesso mi parli” disse la ragazza per poi aprire la portiera ed incominciare ad uscire.
Ma puntualmente, Justin l’afferrò per un polso, portandola alle sue labbra schioccandole un bacio tenero.
“Hai rovinato la mia uscita trionfale” disse Marianne sorridendo sulle labbra di lui.
“Sarà per la prossima volta…amore” disse lui per poi uscire e lasciare Marianne stupefatta,
ma contenta, da quella parola pronunciata alla fine.
Riprendendosi dallo choc, uscì dall’auto affiancandosi a Justin, il quale le prese teneramente la mano.
Poi si guardarono entrambi per quel gesto inaspettato e si scambiarono un sorriso, con dell’amore e felicità al suo interno.
“Ehi Brò…” disse Justin lasciando la mano di Marianne per avvicinarsi a salutare un signore alto e castano.
“E tu devi essere Marianne giusto? Justin ci ha parlato molto di te” disse guardando la ragazza che sostava imbarazzata alla porta dell’entrata.
Justin nel frattempo si grattava la nuca imbarazzato.
“Comunque io sono Scooter, molto piacere” disse per poi allungare la mano verso Marianne, la quale strinse volentieri.
“Sai già il mio nome, comunque Marianne” disse per poi far scattare in Scooter una leggera risata.
“Mi sta simpatica” disse l’uomo rivolgendosi a Justin.
Justin sorrise e questa volta in imbarazzo ci fu Marianne.
Poi tutti insieme si diressero nella sala registrazione, dove si incominciò a discutere, e organizzare le canzoni per il disco.
Marianne si limitava a rimanere in disparte, a volte ad osservare l’ambiente,
altre ad ascoltare le discussioni. E da quanto aveva capito, avevano registrato tante canzoni,
e che un solo disco non sarebbe bastato.
Ogni tanto Justin abbandonava tutti per dedicare degli sguardi veloci a Marianne.
Ma quando capitava lei era sempre distratta.
Justin aveva paura che lei si stesse annoiando e così propose di fare le prove.
Di cantare una canzone, per lei, anche se esplicitamente non l’aveva affermato.
E così incominciò a cantare “Boyfriend”, la quale tutte le Beliebers stavano aspettando il video,
e che lui le stuzzicava contando i giorni che mancavano.
Quindi, l’attenzione di Marianne, che era rivolta ad un crepa che c’era sul soffitto, si spostò velocemente su Justin.
Adesso Marianne, lo osservava attenta, ogni suo movimento di labbra che lei considerava estremamente sexy.
E la sua voce, era come una ninna nanna, una melodia che ti culla anche se stava cantando una canzone ritmata.
Marianne era anche troppo concentrata sulla voce del ragazzo, da non capire che la canzone era dedicata a lei,
e per tutto il tempo, le parole di quella canzone le erano saltate alla testa come dei
“bla bla bla” a tempo di musica, con la sua voce.
Poi tutt’ad un tratto la canzone finì e l’espressione di cretina che aveva Marianne l’aveva abbandonata.
“Ti è piaciuta la canzone?” chiese Justin avvicinandosi a lei.
“Si adoro il ritmo e la tua voce.” disse Marianne sorridendogli.
Anche se Justin era rimasto deluso. Lui voleva che ascoltasse le parole di quella canzone,
non il ritmo o la sua voce. Doveva capire che era unicamente dedicata a lei.
“Bene…io ho finito, ce ne possiamo andare” disse per poi prendere per mano la ragazza e trascinandola fuori da quell’edificio, senza neanche darle il tempo di salutare le persone che aveva conosciuto.
“Justin…fermati perché corri?” chiese Marianne cercando di farsi mollare da Justin.
Ma niente, il ragazzo sembrava non importarsi di lei in quel momento.
Poi Marianne cadde, e in quel momento Justin si rese conto di lei.
“Scusa Marianne, non era mia intenzione farti cadere” disse Justin aiutandola ad alzarsi.
“Vaffanculo. Ma che ti è preso all’improvviso?” disse Marianne cercando di opprimere le lacrime
che cercavano di scendere per il dolore al ginocchio sbucciato.
“Niente…cioè era sovrappensiero” cercò di scusarsi Justin, inventando una scusa.
Non poteva di certo dirle che stava pensando a lei, e al fatto di essere stata distratta durante le prove.
Lui si stava dichiarando anche se implicitamente.
“E potevi anche lasciarmi la mano” disse cercando di alzarsi, rifiutando l’aiuto di Justin.
Lui era dispiaciuto, non sapeva che fare e quello era un litigio, non uno vero che portava alle persone a non parlare per mesi,
ma non sentire la sua voce comunicare con la sua, gli dava un senso di solitudine.
Raggiunse Marianne che si era avviata per arrivare all’auto e per tutto il tragitto verso casa nessuno spiccava parola.
Justin lanciava continuamente sguardi a Marianne, la quale era stata tutto il tempo col viso rivolto verso il finestrino,
mentre il suo ginocchio continuava a sanguinare.
Arrivati a davanti casa, Marianne infuriata fu la prima ad uscire, seguita a ruota da Justin.
Quella si stava rivelando una serata gelida tra i due. Chissà se riescono a risolvere la situazione.
Chissà se succederà qualcosa di piccante. E chissà se, invece, non ci sarà qualcuno a peggiorare la situazione.

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Capitolo 23
*** Chapter twenty-three ***




If the situation had been convulsed by a person
 
 
 





Marianne era andata in cucina in cerca di un qualcosa per disinfettare la ferita che aveva sul ginocchio.
Nel frattempo Justin cercava di comunicare con lei, la quale, invece,
non aveva alcuna voglia di parlare con il ragazzo che poco prima l’aveva lasciata cadere.
E quando la vide disperarsi, perché non trovava il disinfettante,
allora decise di entrare in suo aiuto e prendere dal mobile del bagno, del disinfettante e dell’ovatta.
“Vieni…ci penso io” disse Justin facendo sedere Marianne sul divano.
“Posso riuscirci anche da sola” puntualizzò la ragazza con tono superiore.
“Non fare la capricciosa e fammi disinfettare prima che ti debbano amputare un ginocchio” disse Justin ormai stufo della posizione da bambina che aveva assunto Marianne.
La quale in silenzio si fece disinfettare e bendare, nonostante la ferita non fosse profonda oppure grave.
“Ecco…abbiamo finito” disse il ragazzo sedendosi a peso morto sul divano.
Tra i due regnava il silenzio, padrone di momenti imbarazzanti, momenti di solitudine, di frustrazione.
Ma il silenzio a volte, è utile per permettere alla persona in questione di riflettere sui propri errori.
E Justin non riusciva a capacitarsi dell’accaduto. Era stato così stupido, così egoista.
Ci sarebbero stati altri momenti in cui lui si sarebbe potuto dichiarare e non avrebbe dovuto prendere
così pesantemente il fatto che lei non abbia capito le sue parole oppure intenzioni quella mattina.
Adesso che Selena era fuori dalle scatole per un po’, doveva rilassarsi, pensò.
“Non possiamo andare continuare in questo modo per sempre” disse Justin interrompendo i momenti di silenzio.
Marianne giaceva vicino ad un braccio del divano, con le gambe al petto, rannicchiata in se stessa,
con nessuna intenzione di voler parlare.
“Marianne mi dispiace...quante altre volte te lo dovrò dire?” il ragazzo stava cercando di mantenere la calma,
ma con una ragazza testarda come lei, la calma andava a farsi fottere.
Justin decise così di alzarsi, e andare nella sua stanza, lasciando Marianne da sola, immersa nei suoi pensieri.
E mentre lei stava seduta sul divano, Justin era al telefono con Scooter.
“Amico…non so che fare, non mi parla e sono arrabbiato” disse Justin ormai in preda dalla disperazione.
“Non ti preoccupare si calmerà, organizzale una sorpresa, le donne amano queste cose” replicò l’uomo
dall’altro capo del telefono.
“Sarebbe una bella idea, ma in questo momento mi scoccio anche di pensare”
“Sei un nulla facente…portala via per un po’, tipo al mare oppure in montagna, vedi cosa le piace” e in quel momento Justin ebbe come un illuminazione.
Ringraziò il suo amico al telefono e andò da Marianne, la quale questa volta era in cucina a mangiare un insalata.
“Prepara le valige, stasera partiamo” disse Justin prendendo una bottiglia d’acqua e versandosi da bere.
“Come?” quello fu l’unica cosa che Marianne riuscì a chiedere.
E mancava poco e si sarebbe strozzata con una foglia d’insalata.
“Hai capito bene, prepara l’essenziale e quando saremo pronti partiremo” disse il ragazzo per poi sparire.
Marianne era confusa, amava viaggiare, ma non pensava che l’avrebbe portata in Italia. Troppe spese, pensò.
Ma infondo, decise di non obbiettare e accettare. Quelli erano i loro ultimi momenti e dovevano goderseli al meglio.
Perché poi dopo avrebbe spettato loro l’inferno.
Dopo mangiato, quindi come previsto partirono.
Accertandosi ovviamente di avere tutto a disposizione e dopo aver avvertito
Pattie la quale in quell’ultimo periodo passava la maggior parte del tempo da un suo amico, almeno lei così affermava.
“Posso almeno sapere dove stiamo andando?” chiese Marianne quando furono già in auto pronti per il breve viaggio che li aspettava.
“No…è una sorpresa, tu adori il mare o la montagna?” Justin sperava il mare,
aveva prenotato una piccola villa lì per passare il tempo insieme.
“Decisamente il mare…” disse per poi sorridere.
Marianne amava le soprese, la mettevano di buon umore e poi aveva davvero bisogno di una bella vacanza,
era la cosa più giusta per lei, per il bambino e per Justin.
Poi le balenò in mente l’idea di  fregarsene di tutto, di Selena, di alcune fan che non avrebbero acconsentito,
e  fare l’unica cosa che la rendeva felice: stare con Justin.
Chissà se Selena sarebbe stata più umana, e avrebbe lasciato almeno che Marianne dicesse tutto del bambino.
Almeno avrebbero continuato a vedersi e la creaturina sarebbe nata con una figura paterna.
“Allora…come stai?” Justin non aveva niente da dire, e stare zitto non era il suo forte.
“Ma sei scemo?” Marianne riteneva quella domanda, assurda.
“Non avevo niente da dire e tu te ne stai lì, zitta zitta”
Marianne sbuffò, anche se la cosa le sembrava divertente.
“Sto bene…e tu Justin?” decise allora di stare al gioco, e provare a fargli dire quale sorpresa aveva in serbo per lei.
“Sto bene…ti piacerà la sorpresa vedrai”
“Non stuzzicarmi Bieber…potrebbe finire male” disse puntandogli il dito indice contro.
“Non mi fai paura Jenckins” disse voltandosi verso di lei e facendole una linguaccia.
“Se la metti così, non ti dispiace se dormi in auto questa sera” disse lei con sguardo malefico.
“Non lo faresti…” questa volta Justin era voltato verso di lei e la guardava con sguardo impaurito.
“Oh si che lo farei…” e in quel momento entrambi scoppiarono a ridere.
A guardarli, sembravano una coppia, di quelle vere, non di quelle che si scambiano in continuazione effusioni d’amore,
ma di quelle che all’interno della loro relazione c’è anche dell’ironia. Loro si completavano.
Quando finalmente furono arrivati a destinazione, Marianne aveva gli occhi chiusi per la stanchezza
e Justin l’osservava dormire beatamente.
“Marianne svegliati, siamo arrivati” disse Justin scuotendola con le mani sul sedere.
Era un bel modo di approfittare, pensò.
“Levami le mani dal culo, pervertito” disse la ragazza per poi stiracchiarsi.
“Ti stavo svegliando…” disse cercando una scusa per giustificarsi.
“Si ma il culo non dorme è sempre sveglio non ti preoccupare” disse per poi aprire la portiera
e rimanere di stucco a così tanta bellezza che le si era prostata davanti.
“Bello vero? ed è tutto per noi” disse il ragazzo circondandole la vita con le braccia e appoggiando il mento sulla spalla di lei.
“è tutto bellissimo” fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Era imbambolata ad osservare quella meraviglia di paesaggio.
La villa era piccolina, non attirava l’attenzione, ma era sul mare.
E la flebile luce del sole che calava, rendeva la scena ancora più spettacolare di quando già non fosse.
Entrambi amavano il mare, la sintonia tra loro era perfetta, tutto era perfetto. Ma sappiamo bene che la perfezione non esiste.
Entrati in casa,  si guardarono intorno. Era un ambiente piacevole.
Il soggiorno era comunicante con la cucina ed era tutto decorato con delle papere.
In soggiorno c’era un divano molto antico, di fronte era posizionata una televisione vecchio stile.
Tutto l’arredamento era vecchio stile.
“Vogliamo inaugurare questa casa?” chiese Justin avvicinandosi alla ragazza.
“Mhmm…forse” e tra di loro ci furono dei lunghi baci, e dopo uno se ne susseguivano degli altri.
Come un vampiro non sazio del sangue di una sua preda.
Il loro momento magico però, finì presto.
“Justin ti suona il cellulare” ma il ragazzo non aveva alcuna intenzione di staccarsi dalle labbra di lei,
la quale fu costretta a staccarsi e farlo rispondere.
Purtroppo lei non riusciva a sentire la conversazione e per sua sfortuna Justin le passò il telefono.
“Pronto?” disse Marianne titubante
“Ehi Marcy, sono Selena” disse la ragazza tutta pimpante dall’altro lato del telefono.
Marianne ebbe un sussulto, a sentire quel nome.
“C-ciao Selena” disse lei balbettando, almeno cercando di nasconderlo.
“So che Justin ti ha fatto una sorpresa e voglio avvisarti, non scatenarti troppo con il mio ragazzo oppure ne subirai le conseguenze”
“Ma che fai mi spii?”
Marianne parlava a bassa voce, in modo tale che la conversazione tra lei e Selena non arrivasse alle orecchie di Justin.
“Può essere… ma non è questo l’importante, ti ho concesso una notte, e ti concedo anche quella dell’addio. Ma stai esagerando.” e con questo Selena chiuse la chiamata.
“Si Selena non ti preoccupare, ci sentiamo presto” intanto Marianne fece finta di star parlando ancora con Selena,
per far capire che la loro conversazione era finita bene.
Justin si sarebbe insospettito e questo era l’ultima cosa che Marianne voleva.
“Allora dove eravamo rimasti?” Justin si era avvicinato di nuovo a lei, dedicandole dei baci dolci e sensuali.
“Io me ne vado a dormire…ci vediamo domani” e con questo Marianne andò in camera,
chiudendosi dentro, lasciando il povero Justin deluso.
Lei aveva dormito comoda su un letto, lasciando lui solo su un divano alquanto scomodo.
Quello era uno dei tanti modi di scoprire che la perfezione non esiste.
Tutto, anche una minima parole potrebbe sconvolgere la situazione,
ma in quel caso la situazione era stata sconvolta da una persona,
una persona molto cattiva che voleva il male delle persone.

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Capitolo 24
*** Chapter-twenty-four ***





Without An Explanation





La mattina seguente, Marianne lasciò presto la casa per dirigersi sulla spiaggia.
Stendere un asciugamano sulla liscia e morbida sabbia, e poi stendersi sopra di esso e rilassarsi sotto i raggi del sol.
Era una giornata tranquilla, soleggiata, e le onde calme del mare rendevano l’atmosfera ancora più rilassante di quanto già non fosse.
Marianne indossava un due pezzi raffinato. Di un colore nero, che sperava attirasse l’attenzione sulle sue forme ,
invece che sul piccolo ventre che andava ad accentuarsi.
Stava guardando il mare, e qualche piccolo pesciolino che usciva fuori e fare qualche acrobazia,
quando tutta quella tranquillità che la circondava, venne interrotta dal ragazzo, che tutto eccitato,
corse con violenza verso il mare, alzando per aria un accumulo di sabbia.
Ma non aveva avuto l’opportunità di urlargli contro, oppure per ucciderlo, lui era già in acqua a divertirsi come fanno i bambini piccoli.
Marianne trovava molto tenera quella scena, tanto da non accorgersi dei movimenti di richiamo che
Justin le dedicava per farla entrare in acqua.
Il ragazzo, infatti, era uscito dall’acqua per andare da lei e farla uscire dal suo coma.
“Sei sveglia? oppure stai dormendo come i cavalli?” chiese il ragazzo schizzandola con le goccioline
d’acqua che gli cadevano dalle mani.
“Sono sveglia cretino!” disse lei asciugandosi il viso ad ogni gocciolina che lui le regalava.
“ Scorbutica , ti servirebbe un bel bagno rinfrescante per rilassare i nervi tesi” disse per poi sedersi al suo fianco, sulla sabbia.
“Ma io ero calma, finché non sei arrivato tu” disse indicandolo.
“L’ho detto che sei antipatica…però mi piaci anche così” disse avvicinandosi sempre di più alle labbra della ragazza.
La quale, con un gesto veloce e scattante, prese un po’ di sabbia tra le mani, lui aveva gli occhi chiusi, pronto a ricevere un bacio.
Ma quello che ricevette fu solo della sabbia sulle labbra.
“Fregato…” disse la ragazza dirigendosi di corsa verso il mare.
Justin la osservava lanciarsi in acqua come una sirena, mentre lui cercava di togliersi la sabbia dalle labbra,
la quale sembrava essersi incollata e non volersi staccare.
Da buon intelligente, decise di sciacquarsela con l’acqua salata del mare, raggiungendo così,
la ragazza di diciannove anni che si divertiva a fare lo squalo da sola.
“Giochi da sola?” chiese il ragazzo poggiando entrambi le mani sui fianchi.
“No…gioco a spaventare i pesciolini, sembrano cascarci” disse eccitata all’idea di giocare con degli esserini che scappavano da lei.
Sorrise a quella buffa scena e decise di unirsi a lei a quel gioco così infantile.
Facevano a turno per chi era lo squalo più forte e sembravano divertirsi.
Chiunque passasse di lì, li guardavano come a prenderli dei matti.
Ma guardandoli non sapevano che una persona pazza, è molto più bella e divertente di quelle troppo sofisticate e noiose.
Loro erano un misto tra il sofisticato, quando serviva, e il pazzo quando erano da soli.
Arrivò anche il momento di rientrare e pranzare, così si affrettarono e prepararono da mangiare insieme.
“Allora, io non ho mai toccato dei fornelli quindi…” il ragazzo stava per continuare,
ma Marianne lo precedette intuendo le sue intenzioni.
“Eh no caro…non mi lascerai da sola a cucinare” disse la ragazza per poi trascinarlo per un braccio in cucina.
“Mi serviranno forze per affrontare questo combattimento con il cibo” disse il ragazzo attirando Marianne verso di se,
facendo combaciare alla perfezione i loro corpi.
“E mangiati delle vitamine, potrebbero ridarti le forze necessarie per affrontare questo combattimento” ribatté la ragazza.
Marianne sapeva benissimo cosa lui volesse, ma se gli dava un bacio poi dopo sarebbero andati oltre,
e non sapeva come facesse, ma Selena li controllava.
“Neanche delle vitamine saprebbero darmi la forza che mi da un tuo bacio”
Erano vicinissimi, nessuno dei due riusciva a resistersi e Marianne stava cedendo alla tentazione.
Si controllerà dopo il bacio? O andrà oltre?
Si baciarono, molto intensamente. Un bacio dolce e violento allo stesso tempo, contenente al tuo interno tutto l’amore delle coppie presenti in quel mondo. Loro rappresentavano l’amore, il sentimento fatto in persona.
“Okay adesso possiamo iniziare” disse la ragazza staccandosi e volgendo le spalle al ragazzo.
Marianne amava le labbra di Justin, non ne poteva fare a meno, era come se la chiamassero e le dicessero di farle sue.
La stessa cosa valeva per Justin, tra loro c’era una forte attrazione fisica, e in amore ci deve essere anche quella,
altrimenti a letto non si va mai d’accordo. E loro a letto, facevano scintille.
Prepararono il pranzo, e furono molto bravi. Riuscirono a preparare una bolognese, il piatto italiano preferito di Marianne,
e prepararono anche dell’arrosto, che sfortunatamente solo Justin dovette consumare a causa del fatto che Marianne fosse vegetariana.
Pranzarono tra una risata e un'altra, nonostante l’imbarazzo del bacio precedente che ancora vagava nell’aria.
Loro affrontavano anche quello, respiravano imbarazzo, ma il loro amore era più forte di tutto.
Tranne, ovviamente, delle persone che possedevano nelle loro mani, tutto il potere, tutto il male per rovinare la vita di una persona. Quello era un problema che l’amore sapeva affrontare, ma che Marianne aveva paura di affrontare e quindi non dava all’amore l’opportunità di intervenire e di agire. In quei casi, dove il male si faceva vivo, Marianne nascondeva il suo amore,
tenendolo in gabbia e liberandolo quando ormai tutto era andato via, anche se non per sempre.
Dopo aver ripulito il tutto, si ritrovarono a girarsi i pollici sul divano.
“Cosa facciamo adesso?” chiese la ragazza visibilmente annoiata dalla situazione in cui erano.
“ Io una cosa avrei in mente…” disse il ragazzo con sguardo malizioso.
“Pervertito del cazzo” disse ridendo.
“Ehi…la finezza non è il tuo forte, ragazza” disse Justin prendendola in giro.
“Veramente non lo è mai stata”
“Devo insegnarti un po’ di buone maniere” si stava pericolosamente avvicinando di nuovo al viso di lei.
Fu costretta a evitarlo alzandosi dal divano.
“Sarà per la prossima volta” disse per poi avvicinarsi a delle cassette che sostavano sotto il televisore antico.
“Guarda…qui ci doveva vivere un antenato vissuto nel medioevo” disse provocando una leggera risata da parte del ragazzo.
“Ma dai…saranno anche delle cassette antiche ma sono simpatiche” disse Justin avvicinandosi e
guardando una ad una i titoli di quelle cassette.
“Sono dei film…ce ne vediamo una?” chiese all’improvviso Marianne.
Il ragazzo si limitò a sorridere ed annuire, tutto per farla felice, pensò.
E così, passarono l’intero pomeriggio a guardarsi la maggior parte delle cassette che sostavano sotto il televisore.
Justin si era addormentato alle prime dieci cassette, e Marianne se l’era viste tutte, osservando ogni minimo particolare.
“Justin… svegliati, sono finite” disse scuotendogli leggermente il braccio.
“Oh finalmente” disse stiracchiandosi.
“Hai dormito tutto il tempo, non vedo motivo di cui dovresti lamentarti” disse lei con tono ironico.
“Ehi…così mi offendi, io sono stato sveglio tutto il tempo”
“Ah si? allora dimmi di cosa parlavano”
“Bhè…dell’amore?” chiese sperando di aver indovinato.
“Ritenta la prossima volta, sarai più fortunato” disse scompigliandogli i capelli.
“E di cosa parlavano?” chiese Justin, incuriosito dal contenuto di quelle cassette.
“Parlavano della guerra, degli ebrei, di tutte queste cose che a me sarebbe piaciuto studiare in una scuola che non ho mai potuto frequentare” disse e nel suo tono si poteva percepire un velo di tristezza.
Justin la abbracciò e le diede un leggero bacio a stampo, che andò ovviamente a intensificarsi.
Questa volta fu Justin a controllarsi e lasciare le cose così come stavano e avrebbe continuato la cosa domani.
“Ho una sorpresa per te…” disse Justin sorridendo.
“Ancora?” chiese Marianne stupita dall’affermazione di quel ragazzo.
“Si però te la farò vedere domani prima di tornare a casa” disse prima di dedicarle un ultimo bacio
e andare in bagno a farsi una doccia.
Marianne, invece, andò nella sua camera e usò il bagno di quella camera, per lavarsi e mettersi il pigiama,
prima di stendersi nel letto e dormire con un dolce sorriso sulle labbra.
Il giorno seguente sarebbe stato l’ultimo per i due piccioncini, e quello era l’ultimo week-end che passavano insieme,
dopodiché, Marianne sarebbe uscita, senza una spiegazione, dalla vita di Justin.

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Capitolo 25
*** Chapter twenty-five ***





I Love You


Quella mattina, un dolce odore di cucinato, che filtrava dagli spifferi della porta,
dal piano di sotto, svegliarono Marianne, la quale, senza indugi si alzò e seguì quell’odore con il naso,
proprio come un cane che usa il suo fiuto per scovare qualcosa.
Marianne arrivò, così in cucina, dove ci trovò un Justin intento a cucinare delle frittelle.
Sulla tavola era già pronto un vassoio con un cornetto, latte fresco, cioccolata e tutto di più buono.
La ragazza stava incominciando ad avere l’acquolina, con tutto quello che aveva cucinato quel ragazzo con le sue mani,
a parte il cornetto, ovvio.
Justin si girò per posare il primo piatto di frittelle calde, e solo allora si accorse della presenza di Marianne.
“Oh no…” disse Justin con sguardo deluso.
“Buongiorno anche a te” disse Marianne ironicamente.
“Doveva essere una sorpresa”
“Oh…aspetta adesso torno nella stanza e faccio finta di dormire, così non ho rovinato niente” disse la ragazza prima di sparire e salire le scale velocemente.
Si lanciò nel letto e chiuse gli occhi facendo finta di dormire, aspettando Justin, che le portava la colazione.
Non vedeva l’ora di riempirsi di quella roba, solo a pensarci, sembrava di essere in un sogno,
dove tutte le caramelle, i dolciumi, i gelati, sono in stile gigante.
Nel frattempo, Justin saliva le scale lentamente, per non far cadere le cose che erano poggiate sul vassoio,
e quando fu nella stanza, rimase al gioco.
Appoggiò il vassoio sul ripiano vicino al letto e si allungò verso il viso di Marianne, per lasciarle un bacio a stampo.
Marianne sorrise, e si stiracchiò.
“Buongiorno” disse la ragazza allungando le braccia al collo di Justin, per lasciargli ancora un altro bacio.
“Dovremmo giocare più spesso” disse il ragazzo ridendo.
“Si okay adesso vai via, che devo mangiare” disse per poi spingerlo, e far spazio a quel vassoio pieno di prelibatezze.
“Guarda che devo colazionare anche io”
“ Punto uno: non si dice colazionare, non esiste questa parola, e punto due, vai a cagare, questo è tutto mio”
“Punto uno: quella parola esiste, solo nel mio vocabolario ma esiste. E punto due: ho avvelenato tutto”
“P…basta con questi punti…mangiamo” e così entrambi si lanciarono all’attacco.
A ingozzarsi, a più non posso di quello che Justin aveva portato.
E quando Justin si ritrovò a mantenersi la pancia, per tutto quello che avevano mangiato,
Marianne non era ancora sazia, decise di mangiare anche gli avanzi di Justin.
Era comunque una donna incinta, pensò.
“Mangi come una donna incita” disse Justin notando la voracità in cui Marianne consumò la colazione.
E la ragazza, quasi non si ingozzava per l’affermazione del ragazzo.
“Ehi…stai bene?” le chiese in modo premuroso il ragazzo.
“Benissimo…e poi avevo solo fame” si giustificò mentendo.
Avrebbe voluto dirgli del bambino dall’inizio, ma la paura era troppa.
La paura che Justin la lasciasse per strada, la paura che se solo glielo avesse detto, avrebbe rovinato la sua carriera.
Ma la paura più grande, era la grande quantità di malvagità, che aveva Selena in corpo.
Era terrorizzata all’idea che se solo  Justin sarebbe venuto a scoprire della gravidanza,
e avrebbe deciso di lasciare Selena, lei poteva anche perseguitare il bambino a vita, senza dargli una vita semplice.
“Ma che peccato, volevo vederti morta stecchita” disse prima di alzarsi e correre ridendo.
Marianne non sapeva proprio spiegarsi l’amore che provava per quel ragazzo.
Era una cosa che non aveva abbastanza aggettivi per descriverlo,
ma anche se ce ne fossero stati abbastanza,non bastavano, perché era indescrivibile a parole.
Scese al piano di sotto e trovò Justin già vestito e messo a tiro.
“Ma sei flash?” chiese Marianne guardandolo di stucco.
“Non capisco” disse cercando di capire intendesse.
“Niente, lascia stare”
“Ah comunque, preparati, andiamo dalle soprese”
“Dalle? si sono raddoppiate?”
“Si…per una persona speciale come te…non basta una sola sorpresa” disse il ragazzo avvicinandosi
alla ragazza che gli sostava davanti immobile.
“Oh Justin…” e si scambiarono un bacio pieno d’amore.
Un bacio dolce, da far invidia a tutte le cose dolci che avevano mangiato poco prima.
“Mi vado a preparare…aspettami” disse la ragazza prima di correre e chiudersi in bagno.
Justin, invece, si sedette sul divano. Era sovrappensiero,
quella sera Marianne avrebbe scoperto i sentimenti di Justin, ciò che lui aveva sempre provato.
Era sempre più convinto di volerla sposare e ogni tanto gli passavano davanti le immagini
del loro futuro…felicemente sposati con quattro bellissimi figli.
Aveva realizzato il sogno di diventare un cantante,
avrebbe realizzato anche il sogno di essere il marito perfetto, il marito di Marianne Jenkins.
“Ecco…sono pronta” disse la ragazza comparendo all’improvviso davanti gli occhi di Justin.
“Sei stata veloce…” disse alzandosi e porgendogli la mano, che poco dopo si intrecciarono.
Marianne era vestita semplice, aveva solo degli shorts e una T-shirt non tanto scollata.
Justin, invece, aveva anche lui jeans e maglietta, in effetti, non era un appuntamento galante,
avrebbero solo passato il pomeriggio fuori a divertirsi e passare il penultimo giorno insieme.
Presero l’auto e prima di mettere in moto, Justin cacciò dalla tasca dei pantaloni, una benda.
“Tieni metti questa” disse porgendo la benda alla ragazza che gli sostava affianco.
“E perché?” disse la ragazza prendendo la benda.
“è o no una sorpresa?”
L’aiutò ad allacciarsela e dopo poterono partire.
Il viaggio non fu molto lungo, infatti, dopo neanche mezz’ora erano arrivati.
“Ecco, siamo arrivati, aspetta che ti vengo ad aprire” disse il ragazzo prima di scendere e dirigersi verso la portiera della ragazza.
“Oh grazie..” disse prendendo la mano di Justin che l’aiutava ad uscire dall’auto.
“Posso toglierla adesso?” chiese la ragazza riferendosi alla benda che aveva sugli occhi.
“Non ancora… un po’ di pazienza” disse Justin conducendola alla sorpresa.
La fece accomodare su una sedia, Marianne poteva intravedere la luce del sole attraverso la benda.
“Adesso puoi toglierla”
E la ragazza, con velocità e impazienza, tolse la benda. E ciò che si ritrovò davanti fu uno spettacolo.
Sembrava di essere in un sogno, aria aperta, una grande distesa d’erba e il mare di fronte.
Sembrava il paradiso, felice e accogliente, caldo e fresco allo stesso tempo. Davvero bello.
“Whoa…” fu l’unica cosa che uscì dalla bocca di Marianne.
Era come incantata ad osservare ogni particolare di quel posto così perfetto,
cercando di trovare qualche imperfezione, ma proprio non ne aveva.
“Ti piace?” chiese Justin raggiungendola, posizionandosi al suo fianco.
In quel momento, Justin fu orgoglioso di se. Quando l’aveva trovato su internet,
non si era soffermato ad osservarlo,
ma adesso era una cosa che fece rimanere incantato anche lui dal bellissimo paesaggio che li circondava.
“Tantissimo…non riesco a dire altro.” spiegò Marianne tenendo gli occhi fissi sulle onde del mare.
“Oltre a questa sorpresa, ce ne un’altra, ma dovrai aspettare il tramonto, che renderà l’atmosfera ancora più romantica”
“Justin…io non credo di meritarmi tutto quello che mi stai facendo” disse Marianne, ma questa volta,
teneva gli occhi fissi in quelli di Justin.
“Marianne, io credo che tu meriti la Luna, e se solo ne avessi la possibilità ti porterei un pezzo di quella preziosità.”
Marianne non aveva parole, e per poco non si commoveva dal romanticismo che Justin aveva usato nelle parole.
“Allora cosa vuoi fare?” chiese Justin sorridendole allegramente.
“Potremmo…” Marianne mise una mano sul mento per pensare “ potremmo rotolarci sulla collina che porta alla spiaggia e rifarlo finché non ci siamo scocciati, per poi fare un grande castello di sabbia con i piedi nell’acqua” aggiunse poi, fantasticando sul meraviglioso pomeriggio che li spettava davanti.
“Queste cose sono strane, ma la stranezza fa parte di noi” disse il ragazzo prendendo per mano la fanciulla e distendendosi sull’erba, incominciando a rotolare.
Marianne lo seguiva, e quando la collina fu finita, ricominciarono il gioco,
proprio come dei bambini piccoli che di si divertono per così poco.
Costruirono anche il castello che avevano pensato di fare, ed era venuto davvero bene.
SI divertirono molto, e Marianne ammise di non essersi mai divertita così tanto nella sua vita.
Justin la rendeva felice più di qualsiasi altra cosa al mondo. Lo amava, e lo avrebbe amato per la vita.
“Il sole sta calando, e meglio se ti presento anche l’altra sorpresa” disse il ragazzo conducendo
la ragazza di nuovo sopra la grande collina.
Erano stanchi, e infatti ci misero un po’ di tempo per salirla tutta.
“Uh…e come ci sono arrivate queste cose  qua su?” chiese Marianne una volta sulla cima della collina.
Era stato preparato un tavolo, apparecchiato e due camerieri gli sostavano accanto.
E cosa più importante, la quale saltò subito agli occhi di Marianne,
fu appunto la chitarra di Justin, fatta apposta per i mancini come lui.
“Ho fatto preparare tutto questo per noi” disse facendo accomodare la ragazza su una delle sedie.
Mangiarono prima, e poi all’improvviso Justin guarda il sole calare e si alza, prendendo la sua chitarra.
“Marianne, ascolta bene le parole di questa canzone, per me è molto importante che non ascolti la mia voce, ma le parole…Marianne le parole” disse il ragazzo posizionandosi di fronte al tramonto, in modo da creare un effetto dietro di se.
“Cercherò di ascoltare, di concentrarmi” disse la ragazza guardandolo.
Justin prese un grosso respirò, e poi incominciò a cantare:
 
If I was your boyfriend, I’d never let you go
I can take you places you ain’t never been before
Baby take a chance or you’ll never ever know
I got money in my hands that I’d really like to blow
Swag swag swag, on you
Chillin by the fire while we eatin’ fondue
I dunno about me but I know about you
So say hello to falsetto in three two

I’d like to be everything you want
Hey girl, let me talk to you

If I was your boyfriend, never let you go
Keep you on my arm girl, you’d never be alone
I can be a gentleman, anything you want
If I was your boyfriend, I’d never let you go, I’d never let you go

Tell me what you like yeah tell me what you don’t
I could be your Buzz Lightyear fly across the globe
I don’t never wanna fight yeah, you already know
I am ‘ma a make you shine bright like you’re laying in the snow
Girlfriend, girlfriend, you could be my girlfriend
You could be my girlfriend until the —- world ends
Make you dance do a spin and a twirl and
Voice goin crazy on this hook like a whirl wind
Swaggie

I’d like to be everything you want
Hey girl, let me talk to you

If I was your boyfriend, never let you go
Keep you on my arm girl you’d never be alone
I can be a gentleman, anything you want
If I was your boyfriend, I’d never let you go, I’d never let you go

So give me a chance, ‘cause you’re all I need girl
Spend a week with your boy I’ll be calling you my girlfriend
If I was your man, I’d never leave you girl
I just want to love you, and treat you right

If I was your boyfriend, never let you go
Keep you on my arm girl you’d never be alone
I can be a gentleman, anything you want
If I was your boyfriend, I’d never let you go, never let you go
Na na na, na na na, na na na
Ya girl
Na na na, na na na, na na na ey
Na na na, na na na, na na na ey
Na na na, na na na, na na na ey
If I was your boyfriend
 
Marianne non aveva perso una sola parola di ciò che Justin aveva appena cantato.
Justin si era dichiarato e Marianne piangeva, era così felice, che tutti i problemi,
Selena, il bambino, erano svaniti, come volatizzati dal nulla.
Si alzò dalla sedia e corse verso Justin saltandogli in braccio.
Si baciarono e finirono sull’erba. Si fermarono un secondo per guardarsi e sorridere compiaciuti.
Justin affondò le mani nei suoi capelli, la baciò con tutto se stesso: quello era e quello che avrebbe voluto essere.
Udì un lieve mormorio soddisfatto quando la cinse con le braccia.
Socchiuse leggermente la bocca per permettere alle loro lingue di incontrarsi,
e a quel punto ebbe la certezza che era la donna giusta per lui,
che ciò che stava accadendo, ancora, era giusto per entrambi.
Le sfiorò le guance e il collo, mordicchiandola delicatamente, poi tornò a baciarla sulle labbra.
Si alzarono dall’erba, e sempre abbracciati, si avviarono verso l’auto. Fecero l’amore senza fretta.
Justin si muoveva piano sopra di lei, desiderando che non finisse mai mentre le mormorava paroline dolci.
Sentì il corpo di lei fremere ripetutamente di piacere.
Dopo, rimase raggomitolata sul suo braccio, il corpo acciambellato e sazio.
Parlarono risero, si coccolarono, fecero l’amore una seconda volta,
poi lui si mise al suo sedile e si sdraiò sul fianco, guardandola negli occhi e seguendo il profilo della sua guancia con un dito.
Le parole gli sgorgarono dal cuore, parole che non avrebbe mai immaginato di dire a Marianne.
“Ti amo Marianne” mormorò, ed era la pura verità.
Lei gli prese la mano e gli baciò le dita a una a una.
“Anche io ti amo, Justin”

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Capitolo 26
*** Chapter twenty-six ***




Leaving Everything





Quella stessa sera, tornarono a casa esausti per tutto quello che avevano fatto quel pomeriggio,
e questo li spinse ad andare a dormire molto presto, ma questa volta dormirono nello stesso letto,
abbracciati l’un l’altro, riscaldati dal calore dei loro corpi uniti.
La mattina si svegliarono insieme, allo stesso momento, e rimasero a lungo a guardarsi incessantemente negli occhi.
“Sei bellissima, anche di prima mattina” le parole salirono a Justin così, come il vento è assicurato ad una tempesta.
“E tu sei bellissimo ad ogni secondo, minuto e ora del giorno” disse Marianne sorridendo e stupendosi della sua dolcezza.
Era lui che le provocava quell’effetto, pensò.
“Tra un po’ dobbiamo partire” disse Justin assumendo un espressione triste.
“Già…e tutto sarà destinato a finire” disse Marianne, riferendosi alla sua partenza della mattina seguente.
“Perché a finire? sei comunque la mia autista quindi, dovrai sopportarmi a lungo” replicò Justin alzandosi e aprire la valigia per scegliere i vestiti da indossare.
Marianne era così dispiaciuta, da dover partire e non dirgli niente, senza neanche salutarlo.
La sua paura più grande, era che Selena non avrebbe avuto pietà di lei e sarebbe tornata prima dal suo tour,
senza dire niente a nessuno.
Questa volta, sperò in positivo. Autoconvincendosi del fatto, che Selena sarebbe tornata il pomeriggio del giorno seguente.
“Giusto hai ragione, Justin” si affrettò a rispondere la ragazza,
visto che aveva assunto una posizione e un espressione ambigua, dovute al suo smarrimento nei suoi pensieri.
“Io vado a farmi la doccia”
“Ed io vado a preparare la colazione, e poi invertiamo” disse Marianne, alzandosi e dirigendosi verso la cucina.
Nel frattempo, Justin era sotto la doccia a scaricare la tensione che lo tormentava in quei giorni.
Non conosceva, Marianne in tutti i suoi particolari, e sperava non lo lasciasse mai.
Sarebbe poi, un tonfo al cuore, che farebbe smettere a Justin di vivere.
Amava quella ragazza più di se stesso, e il solo pensiero di perderla, lo stancava,
lo rendeva debole davanti alle altre avversità della vita.
Mentre Justin si rilassava sciacquando via tutti suoi dubbi e tensioni,
Marianne era intenta nel preparamento di una buona colazione. Degna di almeno una stella d’oro.
Aveva preparato una cosa semplice: latte e cereali. Era l’unica cosa che le riusciva meglio, s
enza far fuoriuscire il latte dalla ciotola, oppure mettendo una troppo quantità di cereali.
“Ed io che mi aspettavo chissà che cosa” disse il ragazzo, vestito e profumato, sedendosi su una sedia attorno al tavolo.
“Accontentati, è il minimo che riesco a fare” disse la ragazza, poggiando la sua ciotola vuota nel lavabo.
“Io vado a farmi la doccia, tu dopo pulisci”  disse senza far rispondere il ragazzo.
L’acqua le scendeva lungo il corpo, lasciando residui di goccioline
che ad ogni passata d’acqua lasciavano lo strato di pelle, per lasciare spazio a delle altre.
Il modo in cui l’acqua le arrivava sulla pelle, scrosciando via tutti i pensieri più brutti,
lasciando spazio solo al relax, che incombeva in quella stanza annebbiata dal vapore acqueo che si era creato per via dell’acqua calda.
In quei momenti, Marianne riusciva a non pensare a niente, e godersi quel momento di solitudine e quietudine .
Ma quei momenti non potevano durare all’infinito.
Marianne doveva prendersi la responsabilità di uscire dal mondo dei sogni e uscire ad affrontare la realtà,
anche se a volte abbatte e ti uccide, lei doveva avere la forza di rialzarsi. Ma quella, ormai, era svanita già da tempo.
Quando si fu preparata, asciugandosi e vestendosi, sistemò la sua valigia e quando fu pronta,
la portò al piano di sotto, poggiandola di fianco alla porta.
“Justin hai già preso la tua valigia?” chiese ad alta voce, cercando di farsi sentire dal ragazza che sostava in soggiorno.
“No…adesso vado a prenderla” disse urlando a sua volta.
Pochi minuti dopo, i due ragazzi lasciarono la casa, intraprendendo il viaggio di ritorno verso casa, verso la realtà più rude.
Durante il viaggio ascoltarono musica e scherzarono, rimanendo ancora nel loro mondo, dove tutto il male era proibito.
Dopo neanche un ora, per via del  lieve traffico che avevano rincontrato, tonarono a casa,
dove Pattie, insieme ad un uomo, fu lieta di accoglierli.
“Ciao mamma…” disse Justin abbracciando la mamma.
“Ciao tesoro…Ciao Marianne…allora come è andato il vostro week-end?” chiese la donna,
forse per evitare il discorso, oppure le eventuali domande sull’uomo che era in poco più lontano da loro.
“Bene…ci siamo divertiti, e Justin ha scelto un posto bellissimo dove rilassarsi” disse Marianne,
concludendo il tutto con un sorriso.
“Se vabbè…rilassarvi” disse Patti dando una leggera spinta al figlio e di conseguenza, dedicando alla ragazza un occhiolino fugace.
“A quanto vedo, neanche tu ti sei rilassata, Mamma” ribatté con tono ironico Justin,
lanciando uno sguardo all’uomo dietro di loro, che sorrideva ogni tanto.
“Ma che dici, è solo un amico” disse la donna guardando altrove.
“Mamma…ha il tuo rossetto rosso preferito, sulle labbra e a meno che non sia gay…” Justin lasciò la frase in sospeso,
per dare più effetto a quello che aveva detto.
“E va bene, mi avete scoperto…” disse arrendendosi e rilassando i muscoli tesi “ragazzi lui è Robert, ci frequentiamo” aggiunse la donna, facendo intervenire l’uomo che era rimasto tutto quel tempo in disparte.
Dopo le presentazioni, e cogliendo qualche informazione dell’uomo,
i due ragazzi decisero di andare in camera, lasciando gli adulti da soli.
“Che ne pensi?” chiese Marianne, una volta soli.
“Di cosa?” chiese il ragazzo indifferente.
“Di Robert, e delle presunta relazione che hanno” disse la ragazza sedendosi sul letto.
“Penso che vada bene, è un avvocato, è un tipo apposto, mia mamma è sempre stata sola dopo il divorzio, e adesso la vedo felice, come rinata” disse il ragazzo sorridendo a sua volta.
“Anche a me fa piacere…e poi formano anche una bella coppia”
“Già…” il ragazzo adesso era sovrappensiero, doveva chiedere…doveva mettere a tacere tutti quei dubbi e paure che lo uccidevano.
“Marianne, mi prometti una cosa?” disse accovacciandosi davanti al suo corpo seduto e guardandola dritta negli occhi.
“Dimmi Justin” disse Marianne assumendo una posizione rigida.
“Mi prometti di non lasciarmi mai e di amarmi per sempre?”
Marianne si irrigidì ancora, in quanto si potevano vedere le vene forzate sul suo collo, sulla tempia.
“Justin io…” stava per parlare, ma il suono del cellulare di Justin la salvò per un pelo.
Justin si alzò sbuffando e rispose al cellulare, questa volta non si allontanò per parlare,
come faceva di solito, ma rimase nella stanza.
Marianne da quello che era riuscita a capire, era Selena.
Il cuore le batteva all’impazzata, aveva la nausea, tanto da correre in bagno e rimettere tutto ciò che aveva mangiato quella mattina.
Non pensava che quel rigurgito era dovuto alla gravidanza.
La dottoressa aveva detto che lei non rispondeva alla gravidanza attraverso le nausee.
Ma solo attraverso le altre caratteristiche.
Justin la raggiunse poco dopo.
“Ti senti bene?” chiese preoccupato, mantenendole la fronte.
“Si, deve essere una indigestione” disse ricomponendosi, poiché aveva rimesso anche l’anima.
“Sei sicura? non vuoi che andiamo in ospedale?”
“Stai tranquillo sto bene” e conclusero la chiacchierata lì.
Lei accese il computer e giocò a qualche gioco sconosciuto, lui andò in cucina a farsi un panino.
E mentre lui era lontano da lei, Marianne notò dalla finestra un uomo mai visto prima.
Osservava la sua finestra con aria minacciosa,
la ragazza ebbe l’esitazione di scendere e di chiedere chi fosse e cosa volesse da lei,
ma l’istinto le disse di rimanere ferma, perché quella era una brutta persona.
All’improvviso sembrò muoversi, e da una tasca del giubbotto,
ne tirò fuori un foglio che aprì e mostrò alla ragazza.
Marianne ci mise un po’ per leggere ciò che era scritto, erano dei numeri e una lettera.
C’era scritto “ 21.30” e una lettera. Avvicinandosi di più, rimase pietrificata, stupita.
La lettera era l’iniziale del nome di Selena. Era stata brava, e intelligente. Era sorpresa oltre che ansiosa.
Si affrettò così a preparare le sue valigie, avvertire Thomas attraverso un messaggio,
dicendogli di prepararsi alla partenza e di prendere dei biglietti per qualsiasi volo.
Nascose le valige, in modo tale da potersene andare, la mattina seguente,
senza svegliare Justin e dargli spiegazioni della sua partenza improvvisa.
Non voleva guardarlo negli occhi e mentirgli ancora, non ne sarebbe stata capace.
Dopo aver sistemato tutto, andò da Justin.
“Justin?” lo chiamò per raggiungerlo.
Ma nessuna risposta, solo una risata, forse nervosa che proveniva dal soggiorno.
“Justin?” lo chiamò ancora Marianne.
Pattie non era in casa, forse era uscita con il suo nuovo compagno, pensò la ragazza.
Soprassata la soglia del soggiorno, trovò Justin che rideva a crepapelle e piangeva.
“Justin cosa è successo?” chiese la ragazza raggiungendolo, posizionandosi al suo fianco.
“ Sarò padre, Marianne” disse il ragazzo, guardando felicemente la ragazza, alla quale si rizzarono tutti i capelli.
“C-cosa?” chiese balbettando. Non poteva essere riuscito a scoprirlo, lo aveva tenuto così ben nascosto.
“Selena è incinta”
In quel momento, Marianne ebbe la sensazione di suicidarsi, di mettere fine alla sua vita.
Poi pensò al bambino, e mettere fine ad una vita che nemmeno era iniziata, era troppo anche per lei.
“Sono felice per te” disse sorridendo flebilmente, cercando di nascondere il più possibile la sua tristezza interiore.
“Anche io per me…mi devi aiutare a proporle il matrimonio, dobbiamo organizzare tutto” il ragazzo era entusiasta di ciò che gli stava succedendo e impaziente di diventare padre.
“Certo…ti aiuterò” e così fece.
Passarono il pomeriggio ad organizzare ogni cosa, e anche se contro voglia,
Marianne desiderava la felicità di quel ragazzo e se quello lo rendeva felice, allora l’avrebbe aiutato.
Ogni dettaglio per il matrimonio era perfetto, e quando Pattie l’era venuto a sapere,
aveva assunto un espressione triste e delusa, rivolgendo quei suoi sguardi a Marianne, che la guardava allo stesso modo.
Ma nonostante tutto aveva aiutato il figlio nei preparativi.
E la sera, dopo cena, si erano rintanati tutti nelle loro stanze, cercando di dormire.
Marianne ricevette un messaggio da Thomas, il quale le diceva l’ora in cui sarebbe passato a prendere.
L’orario prevedeva una partenza piuttosto presto. E Marianne ne su felice.
Solo che non riusciva a dormire, a differenza di Justin che le sostava affianco ronfante.
Lei si rigirava in continuazione e decise di andare in cucina e farsi una camomilla,
e di sua sorpresa, seduta attorno al tavolo, ci trovò Pattie fare la stessa cosa.
“Non riesci a dormire?” chiese la donna notando la sua presenza.
“Si, volevo farmi una camomilla”
“Te l’ho fatta io, sapevo saresti venuta” disse guardando il contenuto della sua camomilla.
Marianne a quel decise di affrontare la situazione.
“Pattie mi dispiace tanto…” ma la donna non la fece finire di parlare che la precedette.
“So che sei incinta Marianne” e la ragazza in quel momento impallidì sul colpo “ e so anche che Justin è il padre” aggiunse poi guardandola.
“Io volevo dirtelo, ma non sapevo come” disse guardando in basso.
Pattie la raggiunse, e come una mamma sa fare, l’avvolse nelle sue braccia magre.
Accogliendola in un dolce abbraccio, facendola sentire al sicuro.
“Ti chiedo di mantenere il segreto, domani me ne andrò e uscirò definitivamente dalla vita di Justin, e lui non saprà mai del bambino” disse staccandosi dall’abbraccio e accertandosi che la donna avrebbe mantenuto il segreto.
“Manterrò il segreto, ma sappi che lo scoprirà, e tu dovrai farmi sapere come va la gravidanza e mi devi promettere che se ne avrai bisogno, potrai chiamarmi” disse tutto d’un fiatola donna, senza permettere alla ragazza di interromperla.
Marianne annuì, felice di sapere che Pattie ci sarebbe stata, ad un eventuale difficoltà.
Con quelle parole, la donna aveva tranquillizzato Marianne, la quale dopo aver abbracciato la donna,
andò a dormire. Il giorno seguente sarebbe stato il più duro da affrontare, e lei doveva avere le piene energie per farlo.
La mattina presto, mentre Justin era nel più bello dei sogni,
Marianne era pronta per partire. La casa era silenziosa , e per non disturbare il sonno di nessuno,
Marianne doveva uscire di casa più silenziosamente del silenzio.
Salutò Justin con un ultimo bacio, e scese le scale, portandosi dietro le sue valigie.
Thomas era già fuori che l’aspettava, pronto a cambiare la sua vita con il viaggio che stavano per affrontare,
cosciente delle difficoltà che erano prossime ad imbattere due ragazzi.
Marianne era sulla soglia della porta, quando si girò per un ultima volta per guardare la casa,
si trovò un Justin assonnato, con espressione dolce e triste sul viso,
come un bambino che scopre che Babbo Natale non esiste.
“Justin…” disse Marianne sotto voce.
“Te ne stai andando” disse il ragazzo incominciando a cacciare, dai suoi occhi color del caramello,
delle lacrime, che ogni volta che cadevano sul pavimento, era un colpo al cuore per Marianne, che guardava la scena da lontano.
“Justin…io…mi dispiace” disse la ragazza, incominciando a piangere anche lei.
“Non tornerai vero?”
La ragazza non rispose, e lasciò la risposta nel vento, cercando di farla intuire senza creare troppa sofferenza.
E se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle, lasciando per sempre quella casa,
quella città, ma soprattutto lasciando per sempre il suo amato.




My Space *___*
Mi dispiace informarvi che la storia sta 
per finire...questo NON è l'ultimo capitolo
ma a breve finirà anche questa :)
Volevo solo avvertivi per non creare delle
eventuali stranezze...
Per chi ha letto la storia dall'inizio
si ricorderà che l ho iniziata con un racconto
della nonna ai suoi nipoti
e quindi nel prossimo capitolo...si ritornerà
alla nonna e ai nipoti...nn so se mi sono spiegata XD
Grazie a tutte...
Alla prossima <3
Giuls.

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Capitolo 27
*** Chapter twenty-seven ***



Missing The Most Important Person


“E così finisce la storia di Marianne e Justin” disse la donna ricordando tutti i bei momenti passati con quel ragazzo.
“Ma nonna…e il bambino? dove nasce? Selena, è davvero incinta?” chiese Charlie agitando velocemente le braccia.
“Marianne e Thomas passarono i nove mesi più lunghi e difficili della loro vita.
Non era comunque facile trovare casa in Italia, trovare lavoro. Pattie li aveva raggiunti poche volte,
soprattutto gli ultimi mesi della gravidanza, ossia quelli più dolorosi per Marianne.
Justin e Selena si sono poi sposati, ma non si venne a sapere niente di una presunta gravidanza.”
concluse la donna, ripensando appunto su quello che era successo, su quella gravidanza e immaginando che non fosse mai stata reale.
“Che storia triste”
“No…non è triste. Perché, Marianne e Justin, passarono momenti felicissimi insieme. E come ho già detto tante volte, loro si amavano, e già stando insieme era una gioia per loro” e con questo,
la donna si alzò e andò nella sua camera, chiudendosi a chiave.
“Dobbiamo trovare nostro nonno” disse Charlie riferendosi a Zack,
il quale era ancora traumatizzato dalle scene troppo intime che la nonna aveva raccontato.
“Ma…la nonna ha detto che era famoso, chissà in quale posto sperduto di sarà rifugiato”
“ La nonna è Marianne, Zack. La storia della nonna riguarda lei e Justin Bieber”
“Impossibile, la nonna non poteva essere così figa da giovane" disse immaginandosi la nonna,
in quelle scene intime di cui avevano parlato.
Il ragazzino era piccolo, ma era intelligente e molto pervertito, e infatti, si meritò una spinta dalla sorella.
“Sei un porco, chi te le insegna queste cose?”
“Tu….” disse il ragazzino, indicando con l’indice la sorella.
“Dettagli… comunque dobbiamo trovare nostro nonno, faremo delle ricerche su internet e proveremo a contattarlo” disse alzandosi e trascinando per il colletto della camicia il fratello.
Si rifugiarono anche loro nella stanza, con gli occhi appiccicati al computer,
per cercare quell’uomo ex-famoso, ormai andato in pensione.
Dopo ore e ore di ricerche, Charlie notò una cosa che leggendo a fondo, ne fu sorpresa e anche molto felice per la nonna.
“Non ci posso credere…” esclamò la ragazza, con la bocca spalancata per la sorpresa.
“Cosa?” chiese il ragazzino, che stava sfogliando antiche riviste di gossip.
“L’ho trovato!” disse allargando le labbra in grosso sorriso compiaciuto.
“E dove abita adesso?”
“Stratford, Canada, Ontario”
“Ma è dove abitiamo noi” disse il ragazzino con fare ovvio.
In effetti, con la pensione, Justin era potuto ritornare nella sua cittadina, visto che prima abitava ad Atlanta per lavoro.
“e qui c’è anche il suo indirizzo…indovina dove abita?”
“E che ne so io…non sono mica il suo vicino”
“E invece si…abbiamo vissuto vicino nostro nonno per anni, senza mai sapere che era un nostro parente” disse la ragazza affacciandosi alla finestra.
Era proprio quella casina, l’unica che si distingueva dalle altre per un prato sempre curato,
e una Range Rover bellissima parcheggiata fuori.
“Ma che stai dicendo?” chiese il ragazzino affiancando la sorella.
“Guarda…” disse Charlie, facendo notare al fratello, la casa del loro nonno. La casa di fronte.
“E dire che io ci ho anche scambiato quattro chiacchiere” disse il ragazzino.
“Davvero? e di cosa avete parlato?”
I due ragazzi si erano allontanati dalla finestra e si erano seduti sul letto.
“del più e del meno…non mi ha mai detto nemmeno il suo nome” spiegò il ragazzino,
facendo soffermare la sorella a riflettere sul da farsi.
“Ho capito!” esclamò la ragazza alzandosi con il dito indice in alto.
“Cosa? Cosa ?” chiese il ragazzino alzandosi, assumendo la stessa posizione della sorella.     
“Dobbiamo andare da lui”
“A questo ci ero arrivato anche io, mia cara sorellina” disse per poi lasciarle un leggere buffetto sulla guancia e risedersi sul letto.
“Ma no cretino…dobbiamo andare da lui, scoprire se è il vero Justin Bieber e poi dirgli di essere i suoi nipoti”
“Ma da quanto ci ha raccontato la nonna, lui non sa dell’esistenza della mamma”
“Giusto…hai ragione” disse la ragazza, la quale  rassegnata si sedette sul letto “ Possiamo pensarci dopo aver fatto amicizia con lui…su quello che dobbiamo fare” e così chiusero lì la loro conversazione.
Si misero d’accordo e il giorno dopo sarebbero andati a fare una visita al loro nonno materno, il quale non sapeva di essere nonno.
La signora Jenkins, passò tutta la giornata sulla sedia a dondolo presente nella sua stanza, ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra.
Aveva passato l’intero pomeriggio a piangere silenziosamente, per ciò che era successo in passato e per le sue paure che doveva mandare a puttane tempo fa.
Aveva fatto degli enormi sbagli, e adesso era troppo tardi per rimediare, e anche se avrebbe voluto, non sapeva dove trovare Justin.
La sua attenzione si rivolse ai battiti sulla porta.
Si asciugò velocemente le lacrime che erano cadute potenti sulle sue gote e permise alla persona dietro la porta di entrare.
“Mamma…” disse la ragazza entrando nella camera.
“Sidney…dimmi tesoro” rispose la donna facendola accomodare sul suo letto.
“Oggi ho ascoltato tutta la storia, non me l hai mai raccontata con tutta quella enfasi che avevi oggi” spiegò la ragazza.
La donna respirò profondamente, ciò che la permise di pensare per ciò che doveva dire.
“Quando ho raccontato la storia a te, ero morta dentro. Era ancora troppo presto per riaprire le mie ferite, e così le ho aperte leggermente. Ma oggi, era come se volessi uccidermi, ma allo stesso tempo essere felice. Ho fatto tanti sbagli nella mia vita, ma quello di cui me ne pento più amaramente, è il fatto di non averti dato un padre.” spiegò la donna, attirando una attenzione della figlia, che non aveva mai avuto su di se.
“Con me ci è sempre stato zio Thomas da bambina, sei tu che mi hai lasciata sola nel momento del bisogno”
“E voglio chiederti scusa…ma dopo anche la perdita di Thomas, le ferite provocate dal passato si sono riaperte,
ed era come se io finissi affogata in un mare di sangue”

La donna piangeva…piangeva per il fatto di non aver fatto niente di giusto nella sua vita,
e di aver negato a sua figlia, l’affetto che le era stato negato a lei da bambina.
Sidney si alzò e andò ad abbracciarla. Perché nonostante tutto,
amava sua mamma e quello era uno di quei momenti che sperava non finisse mai,
perché adorava stare tra le braccia della madre.
“Adesso andiamo, la cena è pronta”
E così le due si alzarono e andarono a sedersi in soggiorno insieme a tutta la famiglia.
Parlarono del più e del meno, dimenticando per un momento tutti gli anni che avevano passato separatamente.
Erano una famiglia, mancava solo la persona più importante: JUSTIN.



Mi Space *___*
La storia non è finita...almeno non
per adesso...ci saranno altri momenti fantastici
tra Marianne e Justin anche da vecchi XD
Ma non vi aggiungo altro perchè siete fantastiche
e ho voluto pubblicare oggi...solo per voiiii
si sono buona e gentile XD
Forse pubblico dmn...nn si sa...
voi recensite <3
Giuls

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Capitolo 28
*** Chapter twenty-eight ***




Bad News, Good News And Then The End.






Il giorno seguente, i due ragazzi come  accordato, decisero di prepararsi e di andare a trovare
quella persona che non avevano mai conosciuto, quella persona che credevano morta già da un po’ di tempo,
quella persona, che era stata un vicino di casa, per bene, per la maggior parte della loro vita.
“Mamma…noi usciamo!” disse Charlie ormai fuori dalla porta, affiancata dal fratello più piccolo.
“E dove andate?” chiese Sidney affacciandosi dalla porta della cucina.
I due non sapevano cosa rispondere, erano immobilizzati, guardandosi, ognuno cercando una risposta negli occhi dell’altro.
“Devo andare da Max, il mio amico di scuola e lei mi accompagna” disse velocemente Zack,
inventandosi una scusa alla quale Sidney ci sarebbe cascata.
“Okay, ci vediamo dopo” disse per poi ritornare a rifare ciò che aveva lasciato in sospeso.
Quando i due ragazzi furono fuori dalla porta, tirarono un sospiro di sollievo, dedicato alla fortuna di non essere stati scoperti.
“Menomale, mi è venuto un colpo quando ci ha chiesto dove stavamo andando” disse Charlie ridendo per cacciare l’ansia che si era formata nel sentire quella domanda.
“Si hai ragione…ma adesso andiamo” disse il ragazzino prendendola per mano.
E assieme attraversarono la strada fino ad arrivare ai vialetti di fronte,
dove per l’appunto si trovava anche quella che sarebbe dovuta essere del nonno Justin.
“Bussa tu” dissero all’unisono i ragazzi.
“No io non busso” disse Charlie scuotendo più volte il capo, come segno di dissenso.
“Okay, bussa il più grande tra noi”
“Eh ma…uff okay, busserò io” disse Charlie arrendendosi alla intelligenza sempre maggiore del fratello,
mentre lui sorrideva orgoglioso di se.
Charlie avanzava a passo lento, e ad ogni movimento, inspirava ed espirava,
proprio come una persona che non riusciva a camminare e respirare contemporaneamente.
“Se continui di questo passo, non ci arriveremo mai”
“Arrivare dove?” chiese un uomo sulla sessantina dietro di loro, che reggeva in mano delle buste della spesa.
I due ragazzi si guardarono spaventati, e nessuno dei due proferiva parola.
“Siete sul mio vialetto, ho diritto a delle spiegazioni” disse l’uomo con tono ironico,
in modo tale da far sentire i ragazzi a proprio agio e spingerli a parlare.
“SI mi scusi signor…”
“Justin…chiamami Justin” e per Charlie e Zack, fu un tonfo al cuore sentir pronunciare quel nome.
Avevano il proprio nonno davanti agli occhi, e la voglia di correre ad abbracciarlo era tanta,
ma se solo l’avessero fatto, l’uomo li avrebbe presi per pazzi.
“Justin? Justin Bieber? Il famoso cantante canadese?” Charlie aveva avuto la brillante idea di inventare la scusa di conoscere quel ex-cantante, e passare del tempo con lui.
“Si, modestamente sono io” Justin, nonostante la vecchiaia,
aveva ancora nel suo corpo qualche briciola di adolescenza,
che la sua dolce amata aveva bloccato andandoseneper non ritornare più.
E la simpatia di Justin, aveva provocato le risa sguaiate dei ragazzi.
“Volete entrare a mangiare dei biscotti?”
“Ci farebbe molto piacere, nonno” disse convinta Charlie.
“Nonno?” chiese l’uomo allibito, per l’affermazione della ragazza.
“Ehm…scusa mi sono confusa, chiamo così mio fratello perché sta sempre chiuso in casa a studiare” si giustificò Charlie, sperando che Justin non fosse tanto sveglio.
“Sarà meglio se voi torniate a casa” disse l’uomo poggiando una mano sulla maniglia della porta di casa sua.
E prima che potesse aprire la porta, fu bloccato dalla ragazzina che aveva commesso l’errore di rovinare tutto.
Si vede che gli errori nella famiglia Jenkins, erano un vizio di famiglia.
“No aspetta…sei stato l’idolo di mia nonna, che adesso non c’è più e vorrei capire di più sulla tua vita” spiegò la ragazzina, sperando ancora una volta di essere il più convincente possibile.
Justin era indeciso, non sapeva se fidarsi o meno di quei ragazzini.
Ma guardandoli avevano un qualcosa di familiare che neanche lui sapeva spiegare,
e poi non aveva la forza di cacciarli, era come se loro appartenessero in qualche modo a lui,
anche se non ci aveva mai parlato profondamente prima di quella volta.
Sorrise e li invitò ad entrare, infondo erano dei ragazzini ed erano innocui. 
“Potete anche accomodarvi in soggiorno, io prendo i biscotti” disse Justin una volta entrati in quella casa.
Charlie ebbe un senso di deja vu. Nella storia, la nonna aveva raccontato quella casa perfettamente,
e Charlie se l’era immaginata uguale. Lo stesso profumo di cui parlava la nonna,
la stessa accoglienza, era bello stare vicino alla persona che avresti voluto al tuo fianco.
I due ragazzini si sedettero su quel divano, dove Charlie ricordò che nel racconto della nonna,
Marianne e Justin avevano passato le loro giornate più noiose su quel divano.
La ragazza, aveva una grossa curiosità di andare a vedere la stanza, forse lasciata intatta dallo stesso Justin.
“Ecco, spero vi piaccia il cioccolato, li ho fatti con le mie mani” disse,
appoggiando il vassoio di biscotti sul tavolino posto appena più avanti del divano.
“Allora cosa volete sapere?” chiese Justin addentando un biscotto.
“Volevamo sentire la canzone, di cui tante Beliebers hanno aspettato il video di cui non arrivava mai” disse Charlie,  arrivando al punto in cui lei e suo fratello erano andati lì.
“Mhm…fammi pensare…ho fatto penare le mie Beliebers per i video delle mie canzoni,
ma ho ricevuto molte cose buffe quando stavo facendo il video di Boyfriend”
disse Justin,
ricordando per l’appunto, ciò che le sue amate Beliebers erano capaci di inventare, si ricordava addirittura di “Jerry”.
“Si…mia nonna amava quella canzone, soprattutto perché le era stata dedicata” spiegò Charlie.
Justin pensò che quella ragazza doveva essere stata molto fortunata,
e che anche il ragazzo, il quale gliel’aveva dedicata, era molto fortunato,
perché forse la ragazza era rimasta dopo aver sentito la canzone,
in caso contrario di Marianne, che era fuggita una mattina, dove l’autunno era alle porte.
“Doveva avere proprio ben gusto tua nonna, soprattutto per ascoltare un ragazzo come me”
“Sei davvero molto modesto…ecco perché mia nonna ti amava” Charlie si accorse di aver detto un'altra verità,
che infatti fece insospettire Justin, il quale aveva sul volto, un espressione contorta.
“Cioè…ti amava come ti amavano tutte le Beliebers” riuscì a scamparsela ancora una volta,
ma non poteva andare oltre e farsi scappare tutto ciò di cui era a conoscenza.
“è mai stato innamorato, Justin?” questa volta fu Zack a parlare,
il quale era stato tutto quel tempo a mandare minacce di morte con gli occhi alla sorella,
la quale stava sbagliando tutto.
Justin, sembrò pensarci un attimo, e anche se ambigui, quei ragazzi gli piacevano.
“Se devo essere sincero…Si! sono stato innamorato,
e penso che lo sono tutt’ora nonostante lei adesso sia lontana da me”

disse Justin pensando al giorno della sua partenza con aria triste.
“Come si chiamava?” chiese ancora una volta, Zack.
“Si chiamava Marianne, una ragazza dai capelli rosso che andavano sul rame.
Dovete sapere che aveva delle labbra sottili, ma amabili da baciare.
Aveva un corpo da mozzare il fiato, e se solo sorrideva, emanava energia,
che se solo ne coglievi l’occasione, riuscivi a vivere in eterno”
Justin, era ancora evidentemente innamorato di Marianne. Entrambi erano ancora innamorati, e nonostante i tanti e tanti anni di allontanamento,
loro non si erano dimenticati l’uno dell’altro.
“Che cosa romantica” disse Charlie, alludendo al fatto che Justin,
raccontava di Marianne con occhi innamorati, ancora.
“Già…poi dopo non ho più avuto sue notizie” Justin abbassò il capo, e stava per scoppiare a piangere,
proprio come ad un bambino che viene rubata la sua caramella.
Passarono il pomeriggio a conoscersi, e nonostante loro sapessero già tutto di Justin,
era stato per loro un grande piacere starlo a sentire ancora.
L’unico obbiettivo, adesso, era far rincontrare Justin e la nonna.
Cosa molto complicata, perché la nonna se ne sarebbe andata dalla città da lì a due giorni.
E avevano poco tempo per organizzare tutto, e raccontare tutto alla mamma, anche per farsi dare una mano.
Doveva essere un incontro puramente casuale.
Solo che, nessuno di loro, avrebbe mai immaginato, che i loro piani sarebbero andati in fumo.
Il futuro, il destino, non era dalle loro parti. Perché il giorno seguente, successero delle cose inaspettate da tutti.
Brutte notizie, belle notizie e poi la fine.

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Capitolo 29
*** Chapter twenty-nine ***




The End.






Tornati a casa, i due ragazzini si precipitarono alla ricerca della loro mamma,
la quale era in cucina, intenta nei preparativi del pranzo.
“Mamma…dobbiamo dirti una cosa assurda” disse la ragazza, cercando, invano, di attirare l’attenzione della mamma.
“Non adesso, Charlie, ho da fare” disse la donna, sbuffando.
“Mamma la nonna dov’è?” questa volta a parlare fu proprio Zack, il quale ricevette uno sguardo di fuoco dalla sorella.
“è chiusa nella sua stanza da tutto il giorno, non vuole mangiare, e parlare con nessuno”
“Mamma dobbiamo parlarti del nonno” disse la ragazza, rientrando nel discorso che avevano iniziato poco prima.
Sidney, al sentir quelle parole, spalancò gli occhi, e questa volta dedicò tutta la sua attenzione
a quella ragazzina che non vedeva l’ora di vedere la nonna felice, glielo si leggeva negli occhi.
“C-cosa hai detto?” chiese la donna balbettando.
“Mamma, sappiamo il nonno dove abita e potremmo fargli incontrare la nonna.”
La donna scuoteva la testa più volte, sotto gli occhi increduli dei due ragazzi.
“Impossibile, se la nonna potesse rincontrarlo ci starebbe solo male” disse,
tornando a fare quello che aveva lasciato in sospeso, per il nervosismo.
“Ma mamma…sarebbe felice, e il nonno è ancora innamorato di lei” spiegò Charlie assumendo ancora una volta,
un tono di voce felice, e armonioso.
“E tu che ne sai?” disse la donna, posando violentemente il coltello delle verdure sul ripiano.
“Stamattina siamo andati a trovarlo, è un nostro vicino di casa” disse il ragazzino, prendendo per mano la mamma,
la quale la ritirò violentemente.
Il sangue di Sidney le si gelò nelle vene. Era riuscita a mantenere per anni il segreto del padre,
e adesso i figli ne erano venuti a conoscenza. Solo lei lo sapeva, e questo le permetteva di parlarci tutti i giorni,
di osservarlo da lontano, e immaginandosi un passato totalmente differente,
se solo la mamma avesse avuto il coraggio di confessargli tutto.
“Mamma sei impallidita, cosa ti succede?” chiese in modo amorevole la ragazza.
Sidney non riusciva a reggersi in piedi, si sedette su una sedia lì vicino,
e coprendosi il volto con le mani, incominciò a piangere.
Charlie le appoggiò una mano sulla spalla, mentre Zack l’avvolgeva teneramente tra le sue fragili braccia.
“Mi dispiace” continuava a ripetere la donna sotto voce.
“Ma di cosa?” chiese Charlie piegandosi di fronte a lei, all’altezza del suo viso.
“Sapevo che mio padre vivesse come nostro vicino, sapevo tutto, solo che l’ho voluto soltanto per me” spiegò la donna mortificata per ciò che stava succedendo “la nonna è riuscita a scamparsela tenendomi nascosto di avere un padre per molto tempo, quando poi mi ha raccontato la storia, per telefono, io ero già sposata e incinta di te, Charlie. E così ho fatto delle ricerche e ho scoperto che abita qui.” aggiunse, spiegando come la storia era veramente andata.
I ragazzini, comprensivi, la racchiusero in un abbraccio di famiglia, rendendo felice Sidney.
“Noi volevamo solo rendere felice la nonna” spiegò Zack, tirando su con il naso.
“La nonna, da quanto vi ha raccontato, non ha avuto una vita facile, quindi penso che un po’ di felicità le farà bene”
disse la donna sorridendo.
Infondo, Marianne non poteva meritarsi ancora del male.
Poteva essere felice in quegli attimi di vecchiaia, e la figlia poteva permetterglielo,
soltanto con un incontro, il quale era all’oscuro sia di Marianne che di Justin.
Marianne non sapeva che Justin vivesse ancora lì, e Justin non sapeva che Marianne fosse lì per la figlia.
In effetti i due non sapevano molte cose.
“E adesso cosa facciamo?” chiese Charlie guardando il sorriso stampato sul volto della madre.
“Io e te andremo dalla nonna e la faremo uscire, mentre Zack, fa uscire il nonno” disse Sidney ,
escogitando un piano molto velocemente e puramente casuale.
Sorrisero e si diedero il via. E mentre Zack era a convincere il nonno ad uscire di casa, per una passeggiata,
Charlie e Sidney cercarono di aprire la porta della stanza di Marianne.
“Mamma? la porta è chiusa, apri che ti dobbiamo dire una cosa” la donna la chiamò,
ma dall’altra parte della stanza, non arrivava risposta.
“Nonna? ci sei?” la chiamò, questa volta Charlie.
Ma anche questa volta, non ci fu risposta. La nonna era giovane,
e pensare al peggio in quel momento non aiutava di gran lunga.
Presero una chiave di riserva che avevano per tutte le porte, e con velocità aprirono la porta.
La scena che c’era in quel momento, era una delle più dolorose, una di quelle scene che ti ferma il battito del cuore.
Marianne Jenkins, era stesa sul pavimento gelido di quella stanza, senza dare segni di vita.
Sidney, le controllò il polso: era ancora viva.
La trasportarono di peso in macchina, e la portarono in ospedale.
Sidney, aveva la vista offuscata per via delle lacrime. Il suo cuore batteva all’impazzata.
La sua mente, vagava verso un futuro dove la mamma non c’era, e la paura che rimanesse di nuovo sola, era tanta.
Volevano solo renderla felice ,e lei se ne stava andando senza nemmeno una spiegazione.
Arrivarono in fretta all’ospedale, lo stesso ospedale dove Marianne aveva fatto la visita e aveva saputo di essere incinta di Sidney.
Una barella le accorse e portarono Marianne dentro all’ospedale, in una sala operatoria.
Sidney e Charlie aspettarono, impazienti e preoccupate, nella sala d’attesa.
Ma mancava un ultima cosa. Doveva avvertire Zack di venire di ospedale e di portare anche Justin.
Sidney si affrettò ad usare un telefono pubblico e chiamare a casa di Justin.
Sapeva il numero perché i due erano molto legati per il loro interesse per i fiori e i biscotti al cioccolato.
Per fortuna li trovò ancora a casa…e li avvertì giusto in tempo. Justin aveva avuto delle cose contrarie nell’andare,
ma alla fine cedette e lui e Zack si ritrovarono in ospedale il più in fretta possibile.
“Cosa è successo?” chiese Justin, una volta arrivati in ospedale.
“Mia mamma non si è sentita bene, l’abbiamo trovata distesa sul pavimento” Sidney singhiozzava,
aveva bisogno di un supporto morale, ma non l’aveva avuto per anni e in quel momento si sentiva cadere in basso,
proprio come una foglia che cade dal suo albero.
In quel momento, Justin era confuso, i ragazzi gli avevano detto che la loro nonna non c’era più da anni ormai.
E gli venne istintivo guardarli entrambi, i quali si nascosero dietro il corpo della loro mamma,
che giaceva in piedi, impaziente di una risposta che uscisse da quella sala operatoria.
E fu proprio come un illuminazione, da quella porta uscì un dottore.
“Mi scusi, la signora Jenkins?” chiese quest’ultimo, rivolgendosi a Sidney.
“Si sono io…” disse debolmente la donna, avvicinandosi a quello che doveva essere un dottore.
“Sua madre è viva, per il momento...è solo svenuta. Però dalle tac che abbiamo fatto, risulta avere un tumore, che purtroppo si è già esteso troppo per intervenire” spiegò nel modo più delicato possibile il dottore.
Mentre, Sidney piangeva senza avere più l’autocontrollo di se stessa e delle sue lacrime che sembravano non voler più finire.
“E-e quanto gli rimane?” chiese la donna tra un singhiozzo e un altro.
“Non ne siamo sicuri, ma potrebbero rimanerle una settimana e qualche giorno”
“E adesso dov’è?” chiese inghiottendo rimorosamente la sua stessa saliva.
“è cosciente, mi segua.” e detto questo, Sidney seguì il dottore in una stanza non lontana.
Lei era su quel lettino bianco che osservava fuori dalla finestra, illuminata dai raggi del sole.
“Mamma..” Sidney era arrabbiata, delusa e triste.
“Sidney tesoro, mi rimetteranno presto” disse Marianne cercando di tranquillizzare la figlia.
“Hai un tumore” disse per poi zittire la mamma.
Marianne non parlava, guardava fuori dalla finestra incessantemente, osservando un ramo che c’era fuori, tutto spoglio.
“Volevo aspettare per dirtelo” spiegò in modo tranquillo e senza colpe, Marianne.
“SI infatti, stai morendo e non mi ha detto niente di tutto ciò” la rimproverò in modo arrogante.
In fin dei conti, aveva ragione, Marianne non aveva detto a nessuno del suo stato di salute...
forse per non far preoccupare le persone che le stavano attorno, o per il semplice motivo di non voler accettare la situazione.
Era una donna di sessantadue anni, ed era ancora molto giovane per poter andare in paradiso, e lasciare tutto e tutti.
“Hai ragione…ma mettiti nei miei panni. Quando sono andata a fare la visita in Italia, da sola, senza nessuno al mio fianco, ho avuto paura, e così ho deciso di non accettare la cosa e continuare la mia vita” questa volta,
Marianne guardava la figlia negli occhi, dai quali scendeva ogni tanto qualche lacrima.
“E perché non mi hai chiamato? avrei preso il primo aereo e sarei venuta da te all’istante” disse la ragazza,
avvicinandosi al letto della mamma.
“Non volevo crearti problemi, ero solo un peso…” ma la figlia non la fece finire di parlare,
perché quello che stava per dire erano solo altre stupidaggini “ non pensare neanche una cosa del genere…anche se mi ha fatto soffrire, nascondendomi l’esistenza di mio padre, ti ho sempre voluto bene” disse per poi abbracciarla.
E dopo essersi asciugate le lacrime, uscì da quella stanza per andare incontro a Justin.
“Dentro c’è mia madre…che ti spiegherà la situazione, vai” disse per poi spingerlo leggermente.
Justin si trovò in difficoltà e leggermente confuso, ragionare non era mai stato il suo forte,
e molto spesso si domandava come da adolescente l’avessero diplomato non sapendo i continenti.
Ma se faceva piacere a quella ragazza, allora sarebbe andato da quella donna nella stanza e avrebbe ascoltato ciò che aveva da dirgli.
Stava per piangere, il cuore batteva per quella scena meravigliosa che aveva davanti.
Nonostante la vecchiaia, le rughe che le avvolgevano il viso, Marianne era rimasta uno splendore.
Si soffermò a guardarla, bellissima come il sole, candida come una caramella.
Aveva ancora quei capelli rossi che tanto lo fecero innamorare un tempo.
Non era cambiata di una virgola, se non fosse stato per il fatto che si trovasse su un letto di ospedale.
“Marianne?” disse, quando finalmente trovò il coraggio di parlare.
Marianne, girò la testa verso la direzione dove proveniva quella voce, e non poteva credere ai suoi occhi.
Davanti a lei c’era l’uomo della sua vita. Bello, anche da vecchio, e non poteva crederci,
ma aveva ancora tutti i capelli bianchi sulla testa. Si era accorciato, ma era rimasto lo stesso.
In lui si poteva ancora riconoscere l’adolescente di un tempo.
La stessa faccia da cucciolo, le stesse labbra a cuoricino, non era cambiato per niente,
solo per qualche rughetta sparsa per il viso.
“Justin?” disse, con ormai le lacrime che incominciavano a voler scendere dalla gioia che incombeva in quella stanza.
L’uomo di affrettò ad avvicinarsi a quel letto, e premere sulle labbra di quella donna.
Il bacio si intensificò, e finalmente il loro cuori erano di nuovo insieme, dopo anni.
“Che cosa ci fai qui?” chiese Marianne, staccandosi da quel bacio, che entrambi volevano durasse in eterno.
“La ragazza fuori, sono venuto con lei” disse, sedendosi di fianco alla sua amata.
“Ah…Justin…quella ragazza è tua figlia…quei ragazzi, sono i tuoi nipoti.” disse la donna,
nascondendo il viso tra le sue mani, per non incontrare gli occhi di quell’uomo.
Justin non poteva credere a quelle parole, e che nonostante tutto quello che avevano passato,
non poteva credere al fatto che lei non gli avesse detto niente di tutto ciò.
“Quando è successo?” chiese Justin, con voce ferma.
“Quando sono andata via, già ero incita di un mese”
Il cuore di Justin, si fermava ad ogni parola, ad ogni ago pungente che quella donna,
che aveva cercato per anni, gli riferiva.
Era la verità, tutto quello che la donna stava dicendo era la pura verità, e lui era stato all’oscuro di tutto.
“Perché non me lo hai detto?” chiese Justin assumendo un espressione da cucciolo bastonato.
Nonostante fosse arrabbiato, non gli sembrò il caso di prendersela con lei, ormai era inutile, ma le spiegazioni erano accettate.
“Perché sono successo troppe cose, è troppo una storia lunga” si lamentò Marianne.
“Non fare la bambina…sei un adulta,e io padre, ho il diritto di sapere il perché tu me l’abbia nascosto per così tanto tempo” la rimproverò Justin, alzando di poco la voce.
“Okay…ma non alzare la voce, mi fa male la testa” disse respirando profondamente “allora…ricordi quando sono stata violentata?” chiese Marianne, aspettando una risposta.
Justin annuì pur non capendo cosa centrasse quell’argomento in quella situazione.
“Che tu ci creda o meno…era stata Selena ha organizzare tutto, e mi ha minacciato di morte, a me e alla bambina che portavo in grembo, se solo non ti avessi lasciato in pace, ecco perché me ne sono andata senza una spiegazione, perché lei mi aveva proibito di parlartene”
Justin osservava Marianne confuso, ed ecco che tutte le cose si fecero chiare nella sua mente.
“Quando te ne sei andata, Selena è tornata e mi ha detto di non essere mai stata incinta, ma ha minacciato anche me, dicendomi che se non la sposavo, mi avrebbe rovinato. L’ho sposata e quando ha avuto la fama che voleva, mi ha lasciato” adesso le cose erano più chiare per entrambi.
Justin avrebbe tanto voluto sapere la situazione prima,
in modo tale da scappare insieme alla sua amata per proteggerla per sempre dal male che si trovava intorno.
All’improvviso, Justin l’abbraccio, regalandole dolci baci, come facevano un tempo. A vederli erano così carini.
“Adesso che ti ho ritrovata non ti lascerò mai più andare, staremo sempre insieme fino alla morte, e ti proteggerò da tutti nonostante la mia età. Ti amo Marianne Jenkins e continuerò a farlo per tutta la vita” disse Justin,
lasciando dei teneri baci sulle labbra di Marianne, la quale rideva a crepapelle e imbarazzata per le cose che l’uomo le diceva.
Era una cosa fantastica, dove due ragazzi, adolescenti avevano passato i momenti più belli della loro vita e dopo un allontanamento durato anni, per un puro scherzo del destino, si siano rincontrati da anziani.
E nonostante tutto, si amavano come non avevano mai fatto,
si amavano come il cioccolato sta bene spalmato sul pane, oppure come il mare attira la sabbia. Erano inseparabili.
“Ti amo anche io Justin, e non ho mai smesso e mai smetterò di farlo” disse la donna con un sorriso stampato sulla faccia.
Si poteva dire, che Marianne era felice come non lo era mai stata,
sembrava che dovessero dargli un pizzicotto per tornare alla realtà, ma non le sembrava vero…quella era la realtà.
“Vado a prenderti dell’acqua…tu rimani qui e non ti muovere” disse Justin, prima di lasciare Marianne sola in quella stanza.
Era felice, ma un grande male al cuore la fece stendere sul cuscino. Era arrivata l’ora della fine, proprio ora che aveva trovato la sua metà, proprio ora che provava ad essere felice per davvero.
I suoi occhi incominciarono a farsi man, mano sempre più pesanti fino a chiudersi del tutto.
Il suo cuore si spense piano, fino a non emettere più nessun battito, rumore all’interno di quel corpo ormai privo di vita.
Quando Justin tornò, con un sorriso stampato sulla faccia, vide Marianne stesa con le braccia sul petto,
il quale non si abbassava e alzava come regolarmente doveva fare.
Il suo sorriso scomparve, per lasciare spazio alle lacrime che scesero silenziose sulla sua pelle rugosa.
L’acqua gli cadde dalle mani, per andare a finire sui suoi mocassini e inzupparli del tutto.
Perdendo lei, aveva perso tutto, di nuovo.
Si avvicinò al corpo, ed era strano che le infermiere non dovevano essere ancora lì.
La macchina che andava a ritmo con i battiti del cuore,
adesso aveva un solo suono assordante che segnava definitivamente la sua fine.
Si avvicinò al suo corpo, e per un ultima volta, le lasciò un bacio, il bacio che definì il loro addio.
Marianne Jenkins, era morta per tumore, su un letto di ospedale, dopo aver incontrato, per un ultima volta,
la sua anima gemella, il suo amore infinito. Justin decise di stendersi, vicino a quel corpo,
fino a che non arrivarono le infermiere e definire l’ora del decesso, la fine di quella storia che tutti pensavano finisse in un lieto fine.
Ma il fato, aveva capovolto le cose, rendendo il tutto più complicato di quanto già non fosse.
Rendendo il mondo, una cosa senza vita, perché senza Marianne Jenkins, Justin trovava inutile vivere ancora.




My Space *___*
La storia è finita, andate in pace auhauha
il prossimo capitolo sarà un epilogo...
anche per sapere che finine fa Justin.
Mi dispiace averla finita così, ma 
le cose a lieto fine le vedo un pò
troppo irreali XD
Grazie a tutte per avermi seguito
dall'inizio, e subito dopo questa 
storia, ce ne sarà un altra che spero continuerete
a seguire <3
Alla prossima >.<
Giuls

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Capitolo 30
*** Epilogo. ***






Epilogo.






Dopo  due anni la morte di Marianne,  Justin era stato al fianco della figlia,
per tutto il resto della sua vita. E Sidney ne fu contenta, nonostante la morte della mamma,
suo padre aveva riportato armonia nella sua vita, nella sua famiglia.
Justin, li aveva aiutati economicamente, trovando un lavoro come discografico a Jeff, il marito di Sidney,
e adesso le cose sembravano andare meglio.
La famiglia passava le giornate a conoscere Justin, il quale venne a conoscenza della storia del loro amore,
che Marianne aveva raccontato ai nipoti.
Ne fu contento, perché nessuno la raccontava come lei.
“Nonno, andiamo a fare un giro in bici?” chiese Zack, spuntando dal soggiorno.
Justin, era intento nell’osservare la figlia, che toglieva le erbacce dal giardino. Era tutta sua mamma, pensò.
Aveva gli stessi lineamenti, lo stesso carattere e la stessa personalità,
ciò che aveva preso da lui era il naso e gli occhi, il resto era un miscuglio tra Marianne e Justin.
“No, Zack…devi fare i compiti” disse Justin rimproverando il ragazzino che gli sostava davanti.
“Ma…” lo interruppe “niente ma…su che sei intelligente non ci metterai niente” disse incitandolo ad andarsene con la mano.
E quando se ne fu andato, Justin tornò ai suoi pensieri, concentrandosi questa volta,
sul fatto che le mancava tantissimo Marianne. Era anche vero che erano stati lontani per anni,
ma adesso era come se non poteva farne a meno, doveva rivederla, ma non come l’ultima volta,
sul letto dell’ospedale con le braccia conserte, ma voleva vederla al suo fianco,
con un sorriso smagliante che spaccava e accecava tutti.
La realtà era che lei se ne era andata, e che niente e nessuno poteva riportarla indietro.
Gli occhi gli incominciarono a bruciare, e prima che incominciasse a piangere del tutto,
si alzò e senza avvertire nessuno, uscì di casa per un semplice passeggiata.
E attraversando quelle strade, gli venivano a mente tutti i momenti che aveva passato con lei,
infondo erano gli ultimi ricordi che gli rimanevano di lei.
Ma c’era un'altra cosa che le ricordava lei più di qualsiasi altra: la casa al mare-montagna,
in cui avevano passato la loro ultima notte. Dopo la partenza della ragazza, Justin l’aveva comprata per farla sua,
e poi non ci era mai andato, glielo impedivano i troppi ricordi che gli passavano a mente,
toccando ogni volta il tasto per far scorrere il fiume di lacrime che scendeva ad ogni via libera.
Decise di tornare indietro, prendere le chiavi dell’auto e salirci per dirigersi in quel mondo che avevano creato loro con l’amore,
con l’armonia che sprigionavano ogni volta che erano insieme.
Ci volle un’ora per arrivarci, e guardandosi intorno, rimase meravigliato dal fatto che nulla era cambiato,
nonostante fosse inverno inoltrato, tutto era perfetto come un tempo.
Il sole fresco che brillava sull’acqua, l’erba che veniva messa in evidenza dai raggi del sole,
e la casetta che spiccava isolata sulla collina, la collina su cui loro avevano fatto una specie di scivolo rotolandoci sopra.
Malinconia, solitudine, ecco ciò che stava provando Justin in quel momento,
dove tutte le scene di loro da giovani gli si riproducevano davanti,
mentre lui era da lontano ad osservare ogni minima scena, impotente di intervenire e cambiare il loro futuro.
Si diresse in quella casa, impolverata, al buio, ma con ogni particolare messo in ordine…tranne una cosa,
una lettera, che non aveva mai visto, e che spiccava sul quel pavimento marrone-scuro.
Justin si affrettò a chinarsi e prenderla e gli si gelò il sangue a riconoscere la calligrafia di lei su quel foglio bianco.
Incominciò a leggerlo:
“Sapevo che saresti venuto, quindi ti ho lasciato una lettera in questa casa,
non voglio tenerti all’oscuro ancora di tutto, quindi ti dirò realmente le cose come stanno.
Sono viva, più che viva, ho pagato i dottori per dire che avevo un tumore,
e quando sei entrato nella stanza mi hanno sedato e ho staccato, prima che entrassi,
il marchingegno che andava a ritmo con il mio cuore. Ti amo Justin, ti ho sempre amato e lo farò per tutta la vita.
Ma non posso stare con te, non in questa vita…ho causato troppi danni nella vita di mia, NOSTRA figlia,
e adesso voglio che sia felice, quindi sono andata via, non mi cercare perché scapperò per sempre,
fino alla mia vera morte. Stalle vicino.
Ti amo Justin.
Per sempre tua, Marianne.”

Justin non poteva credere a quelle parole. Lui aveva visto il suo corpo nella bara,
aveva visto che la sotterravano sotto terra. O era solo tutta una montatura? Quello che sapeva per certo,
e che forse gli portava un po’ di felicità, era che lui sapesse che era viva, stava bene.
Tornò a casa, e decise di non dire niente, altrimenti si sarebbero messi tutti alla ricerca per trovarla e non era quello che lei voleva.
Ma Justin non si fermava, avrebbe cercato un po’ alla volta.
E quando l’avrebbe trovata, sarebbero stati insieme per tutta la vita.
Marianne, era viva, e chissà in quale continente sconosciuto si trovava, e forse era anche felice.
Ma per il momento, il destino voleva che loro in quella vita fossero separati e mai uniti.
Ma per Marianne, Justin era uno sbaglio, che avrebbe sicuramente rifatto migliaia e migliaia di volte, per tutta la vita.




My Space *_ _ _ _*
è finita del tutto mie care
lettrici XD Mi dispiace
avervi lasciato così, ma alla fine 
ho avuto un colpo di genio e 
ho deciso così.
Riangrazio tutte quelle che mi hanno
seguito, messo nelle preferite,
ricordate e chi ovviamente mi ha sostenuto con 
le sue recensioni. A breve metterò
il Prologo di un altrà fan fiction e
spero seguirete anche quella, soprattutto
perchè è molto divertente da chi la vuole
prendere sul ridere XD
Alla prossima e grazie ancora <3
Giuls.

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