Roba da Callen

di Vagabonda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Approccio ***
Capitolo 2: *** 2. Attrazione ***
Capitolo 3: *** 3. Sguardi ***
Capitolo 4: *** 4. Biologia ***
Capitolo 5: *** 5. Bella ***
Capitolo 6: *** 6. Preparativi ***
Capitolo 7: *** 7. Rumore ***
Capitolo 8: *** 8. Il salvatore ***
Capitolo 9: *** 9. Tra baci, detti e autobus ***
Capitolo 10: *** 10. Il mio Jacob ***
Capitolo 11: *** 11. Giornata no...? ***
Capitolo 12: *** 12. Scombussolata ***
Capitolo 13: *** 13. Ferma tempo ***
Capitolo 14: *** 14. Ravioli ***
Capitolo 15: *** 15. Dov'è Alessia? ***
Capitolo 16: *** 16. Complicazioni ***
Capitolo 17: *** 17. Perdite e guadagni ***
Capitolo 18: *** 18. Dietro ai tuoi occhi ***
Capitolo 19: *** 19. Chiarezza ***
Capitolo 20: *** 20. Anche le rose più belle hanno le spine ***
Capitolo 21: *** 21. La calma prima della tempesta ***
Capitolo 22: *** 22. Tra due fuochi ***
Capitolo 23: *** 23. Spicchi d'amore ***
Capitolo 24: *** 24. Un'inaspettata confidente ***
Capitolo 25: *** 25. Riunione ***
Capitolo 26: *** 26. Apparizioni ***
Capitolo 27: *** 27. Toccami l'anima ***
Capitolo 28: *** 28. Quello che accadde nel campo di grano ***
Capitolo 29: *** 29. Sensi ***
Capitolo 30: *** 30. Occhi ***
Capitolo 31: *** 31. Una fine...o un inizio? ***



Capitolo 1
*** 1. Approccio ***






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Storia un pò diversa, basata sul magnifico romanzo di Stephenie Meyer e sulla vita reale. Elisabetta è una ragazza normalissima, come me e voi. Va bene a scuola, ha una migliore amica fantastica e una famiglia perfetta. E allora, cos’è che un giorno stravolge la sua vita? Un libro. Un oggetto apparentemente innocuo. Ma questo non è un libro qualsiasi. Twilight farà scoprire ad Elisabetta un mondo speciale, che diverrà anche il suo. Perché dopo che il destino avrà regalato questo romanzo alla ragazza, un altro elemento entrerà a far parte della sua vita, talmente simile ad Edward, talmente straordinario, che sembrerà uscito dal libro stesso…
Ma anche Elisabetta non è proprio come tutte le altre, a dirla tutta. Anche lei assomiglia molto a Bella, sia d’aspetto che di carattere, come dimostrano la sua spiccata tendenza a cacciarsi nei guai o la completa assenza di equilibrio.
E allora, cosa succederà tra questi due ragazzi, così simili agli eroi del nostro libro?
Spero di avervi incuriosito, e mi auguro che vorrete almeno dare un’occhiata a questa storia, dove Edward e Bella, insieme a tutti i Cullen, non mancheranno di far parte.








-Elisabetta, sbrigati!!- mi intimò una voce davanti a me, confusa e poco udibile.
Ma nel caos del sabato pomeriggio, qualsiasi suono appariva sfocato. Correvo a per di fiato, attenta a non inciampare nei miei piedi e non urtare la marea di gente intorno a me. Pareva che tutta la città si fosse riversata nel piccolo centro, chi per acquistare gli ultimi regali natalizi, o solamente per passare un po’ di tempo con gli amici all’aria aperta. Mi strinsi la sciarpa al collo, quel giorno faceva davvero freddo e persino la prospettiva di uscire a fare shopping perdeva la sua solita attrattiva.
-Ma cosa fai, rallenti? Dai che perdiamo l’autobus!- mi rimproverò la voce severa della mia amica. Quasi le finii addosso, quando fu costretta ad arrestare la sua corsa davanti ad un automobile.
-Stai attenta!- strillò lei, cercando di afferrare le voluminose buste contenenti gli altrettanto numerosi acquisti. Non feci in tempo a risponderle che l’auto era passata, e lei era già ripartita a razzo. Ma da dove la tirava fuori tutta questa energia, specialmente con quel gelo?
Ripresi anche io a correre, le gambe insensibili e il fiato già corto. Inciampai in uno dei sassi lisci e scivolosi che componevano l’acciottolato, e rischiai di travolgere una malcapitata vecchietta al mio fianco. Lei si ritrasse terrorizzata ma non potevo concedermi il lusso di fermarmi, già non vedevo più Alessia, in mezzo a quella bolgia infernale. Così mormorai le mie scuse, promettendomi di prestare più attenzione a dove mettevo i piedi. Era facile scivolare su di un terreno simile, con i sassi resi ancora più viscidi dal gelo polare, specialmente per una con dei seri problemi di equilibrio.
Intravidi una massa di ricci arruffati poco più avanti, e mi gettai al suo inseguimento. Riuscii a riacchiappare Alessia proprio mentre passava il Ventuno. Salimmo sull’autobus e ci accasciammo su una coppia di sedili stranamente liberi. Quando sentii il tessuto dei miei jeans farsi insolitamente freddo, ne capii improvvisamente il motivo. Mi alzai di scatto, fulminando la pozza di acqua ghiacciata sul mio sedile, come se fosse colpa sua se si trovava lì, e non del cappotto bagnato dalla pioggia di qualche passeggero precedente. Lanciai un’occhiata allusiva alla mia amica, che però scosse la testa stancamente.
-Sono troppo esausta per stare in piedi, e non me ne frega niente se mi bagno un po’, tanto stasera devo farmi comunque la doccia, ho i capelli che si potrebbero strizzare!- esclamò, catturando tra le dita uno dei suoi riccioli ribelli, afflosciato dall’umidità.
Alzai le spalle, appoggiandomi sul palo lì vicino –Dove è finita la tua foga di poco fa?-
Sbuffò –Ely, ma devo sempre spiegarti tutto? Un conto e correre per accaparrarsi un paio di scarpe in saldo, un conto è precipitarsi alla fermata per non perdere uno stupido autobus, che ti porterà nel tuo stupido paesino, dove tornerai alla tua stupida casa-
Sorrisi davanti alla sua faccia corrucciata –Proprio non ti piace Cava Manara, eh?-
-E come potrebbe? È un buco! E poi non c’è uno straccio di negozio nemmeno a pagarlo-
Risi amara –Perché invece qui a Pavia abbiamo un’ampia scelta-
-Bhe, di sicuro più che in un postaccio come quello- replicò lei, testarda.
Alzai gli occhi al cielo, ma non risposi. Tanto era inutile discutere con Alessia, alla fine la scampava sempre.
-Allora, domani vieni a casa mia?- domandò lei, forse temendo che mi fossi arrabbiata. Negli ultimi tempi il mio umore altalenante era calato bruscamente, arrivando finanche a variare bruscamente nel giro di pochi minuti.
-Non posso- dissi distratta, guardando fuori dal finestrino. Aveva cominciato a piovere e un leggero velo copriva il vetro, appannato dai nostri respiri caldi.
-Ah-
Mi voltai verso la mia amica, incuriosita dal suo tono piatto. Mi fissava penetrante, le labbra strette in un’unica linea.
Sospirai –Ale, mi dispiace, sul serio, ma domani proprio non ce la faccio. Devo studiare per l’interrogazione di geometria- storsi il naso, pensando a tutti quei teoremi e formule assurde.
Lei non rispose, continuando a guardarmi, scettica.
-Sul serio!- esclamai –che ne dici di venerdì? Per il giorno dopo non abbiamo molto, e spero che le prof non siano così carogne da interrogare l’ultimo giorno di scuola!-
Alessia scosse il capo, amareggiata –Venerdì io parto, vado in Calabria con i miei. Per questo ti avevo invitata domani-
Mi morsi le labbra, cavolo, mi ero completamente dimenticata della sua partenza imminente. E sì che erano già due settimane che me ne parlava, eccitata all’idea di rivedere il suo migliore amico, ma triste davanti alla prospettiva di perdersi la festa di fine anno, organizzata periodicamente dalle scuole.
Sbirciai Alessia e incrociai il suo sguardo chiaro, vivace eppure con una punta di tristezza. La mia amica era il delizioso risultato dell’unione tra nord e sud: i suoi capelli riccissimi e bruni, insieme alla carnagione olivastra, erano un regalo del padre, ma gli occhi celesti erano gli stessi che si potevano vedere sul volto della madre. Occhi così espressivi che spesso ero costretta a evitarli, non potendo reggere tutto quell’azzurro troppo a lungo.
-Te ne eri dimenticata- constatò lei, tranquilla.
Arrossii, tormentando il labbro inferiore con i denti –Già. Scusa-
-Non ti preoccupare- il suo tono troppo rilassato mi indusse a voltarmi, e mi ritrovai un enorme fiocco rosa spiaccicato in faccia.
Presi il fiocco, attaccato ad un pacco di forma rettangolare, avvolto in una bella tonalità di lilla –Cos’è?-
-Il tuo regalo di Natale- spiegò Alessia –te lo do adesso perché poi non ci vedremo più-
-Ma puoi benissimo portarlo con te, domani a scuola- replicai a disagio, tentando di restituirle il pacchetto. Niente da fare, lei me lo rimise in mano, con sguardo deciso.
-Non mi va di tirarlo fuori in classe, e poi così puoi aprirlo e dirmi cosa ne pensi-
-Pensavo di attendere fino alla vigilia…-
-Eh no cara mia, voglio vedere la tua faccia!-
Mi arresi –Aspetta almeno domani- decisi, poi afferrai il pacchetto, ficcandolo in borsa e ignorando l’occhiata irritata che mi rivolse la mia amica. Fortuna che il mio regalo gliel’ho già dato, pensai, lanciando uno sguardo al braccialetto voluminoso allacciato al suo polso destro. Era un ciondolo unico: cuoricini, stelline, lunette e quant’altro, tutto spolverato da una cascata di lustrini viola, verdi e oro. Il classico articolo da Alessia, l’avevo definito. Perfetto, per una…eccentrica come lei.
-Sveglia Ely, la prossima è la nostra!- mi gridò la mia amica, dall’altra parte dell’autobus. Ormai era già arrivata alle porte.
-Chi era quella stanca?- le bisbigliai, giuntale accanto. Lei mi fece la linguaccia e indicò con un dito la pioggia, che ormai aveva preso a scrosciare copiosa. Storsi il naso, ovvio, non voleva bagnarsi troppo, rischiando di perdere la fermata giusta.
Scendemmo e ci precipitammo sotto il primo portico disponibile.
-Ti fermi a cena?- mi chiese Alessia, mentre si strizzava i ricci già fradici.
-Vorrei, ma mamma stasera ha preparato l’arrosto…-
-…e non vuoi perdertelo- concluse lei, ridacchiando –afferrato il concetto-
Le sorrisi, come era rilassante passare il tempo con lei. Non dovevo mai sforzarmi, ne di divertirmi tantomeno di parlare, poiché sempre riuscivamo a comunicare tra di noi. C’era come un legame speciale, una sorta di telepatia reciproca.
-Mi dispiace-
-Sarà per la prossima volta- disse lei, abbracciandomi –sicura di non volere un passaggio?- domandò dubbiosa, guardando con occhio critico la ormai cascata fuori dal nostro piccolo rifugio.
-Tranquilla, faccio una corsa-
Sospirò –Va bene allora, a domani-
-E mi raccomando, non prendere freddo!- esclamammo all’unisono, per poi scoppiare a ridere.
Mentre Alessia di voltava per dirigersi in direzione di Cava, io schizzavo sotto quell’acquazzone, facendo lo slalom tra le gocce che cadevano come meteore. Raggiunsi la fermata dell’uno con i vestiti appiccati al corpo e i piedi che navigavano dentro alle scarpe di tela. Bella trovata Ely, mettersi le All Star con questo tempo! Pensai, riprendendo il rimprovero che sicuramente mi avrebbe rivolto la mia amica. Adesso che ci riflettevo, strano che Alessia non mi avesse fatto notare una cosa del genere. Forse era troppo preoccupata per la partenza imminente, o dai suoi problemi in famiglia…arrossii, colpevole. In quel periodo ero stata completamente assente, talmente presa dai miei sbalzi d’umore da non rendermi conto della difficile situazione della mia migliore amica. Mi tormentai il labbro, furiosa con me stessa. Ma che razza di amica ero?! Decisi che avrei comprato un altro regalo ad Alessia, magari un peluche, accompagnato da una bella pergamena di scuse e perché no, da una giornata all’insegna dello shopping, di quelle che piacevano a lei. Sorrisi, soddisfatta di quella mia trovata, e preparandomi a salire sull’autobus in rapido avvicinamento.
Questa volta badai bene a dove mi sedevo, evitando i sedili fradici e gocciolanti. Mi accomodai in quello che stimai essere il posto più asciutto, e mi preparai a quindici minuti di viaggio terribilmente noiosi e umidi. Tirai fuori il cellulare dalla borsa per fare uno squillo a mamma, segno che tra breve sarei arrivata a casa, ma la mia mano incontrò una superficie liscia e fredda. Mi ricordai del regalo di Alessia quando lo tirai fuori, accecata dal riverbero della carta scintillante. Girai il pacchetto tra le mani, era perfettamente rettangolare, un po’ arrotondato ai bordi. Doveva essere un libro, di certo.
La curiosità mi colpì, inaspettatamente. Che libro poteva aver scelto un tipo come Alessia, per una come me? Non prediligevo nessun genere letterario in particolare, anche se ero una gran divoratrice di classici come Romeo e Giulietta o Cime tempestose. Al contrario, la mia amica non leggeva niente che non fosse un mattone fantasy. Le andava bene tutto, dalle streghe ai folletti, passando per gatti parlanti e foreste incantate. La sua ultima fiamma erano i vampiri, specialmente un certo Edward Callen, o qualcosa del genere, eroe dell’ultima saga fantastica. Non faceva altro che parlare di lui, di quanto fosse fico e dolcissimo, e tormentava il suo fidanzato, continuando a paragonare i suoi difetti con la perfezione del vampiro. Povero Nicolò, era così un caro ragazzo!
Scossi la testa, divertita da quelle considerazioni. La smania di sapere cosa celava quella carta lilla mi stava divorando, così non stetti a pensarci tanto su e con un unico movimento, liberai il libro dal suo involucro brillante. Con Alessia avrei fatto i conti più tardi.
Rimasi a bocca aperta, fissando la faccia del volume con un misto di sorpresa e ilarità. La lucida copertina nera ricambiò il mio sguardo, le lettere rosse che parevano dichiarare prepotentemente il loro nome. Twilight lessi.
Fui presa dall’insensata voglia di ridere e un singulto isterico uscì dalle mie labbra serrate. Quando si parla del diavolo…
Ma ero soddisfatta e abbastanza impaziente, quando cominciai a sfogliare le pagine del libro. Finalmente avrei appreso la storia del vampiro più discusso del momento direttamente dalle parole dell’autrice, e non sarei più apparsa una completa ignorante di fronte alle acclamazioni della mia amica.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, recitava la prima frase, seguita da molte altre. Sorrisi, afferrando quel libro così improbabile tra le mie mani, e mi sistemai comoda sul sedile. Mi rimanevano ancora pochi minuti di viaggio, ma perché non sfruttarli al meglio? A dir la verità, quel volume mi incuriosiva e non poco, e già le prime parole avevano stuzzicato il mio istinto di lettrice. E poi, non ero forse impaziente di conoscere meglio questo Edward?
Con quei pensieri e la pioggia scrosciante che accompagnava i miei occhi avidi di sapere, cominciai a leggere il libro Twilight.

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Capitolo 2
*** 2. Attrazione ***






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Ringrazio mille e più volte la Meyer e suo bellissimo romanzo, senza il quale questa storia non potrebbe esistere! Grazie nonna Meyer! :)


Alzai la mano e cercai il campanello a tentoni. Dopo vari tentativi riuscii a trovarlo e li spinsi forte. Un secondo dopo la porta si spalancò, e mia madre mi assalì furiosa.
-Ma ti sembra questa l’ora di tornare?! Dove sei stata?!?-
-Sono andata in centro con Alessia- dissi laconica, spostandola con una mano per entrare in casa. Mi tolsi le scarpe fradice e il cappotto, dirigendomi verso il piano di sopra.
-ELISABETTA, TORNA IMMEDIATAMENTE QUI!!-
Sbuffai, voltandomi verso la voce imbestialita di mia madre –Che c’è?-
Sciaf. Il suo schiaffo mi colpì in pieno viso, facendo un risucchio e lasciandomi la guancia in fiamme. Mi morsi le labbra e una solitaria lacrima sfuggì al mio controllo.
Fissai la donna davanti a me, con un misto di sorpresa e dolore.
Mia madre mi somigliava molto. Piccolina come me, forse un po’ più bassa, aveva i miei stessi occhi color cioccolato, e la ruga che le vedevo sulla fronte era la medesima che compariva sulla mia, quando ero preoccupata o infastidita.
Ricambiò il mio sguardo, già pentita del suo gesto, e allungò una mano per sfiorarmi la pelle incandescente. Mi scostai e lei sospirò.
-Tesoro, mi dispiace, ma lo sai che mi da fastidio quando ti parlo e non mi ascolti-
-Ma io ti stavo ascoltando-
Mi guardò scettica e scoccò un’occhiata allusiva al libro che stringevo tra le mani. Arrossii e lo nascosi dietro alla schiena.
L’ombra di un sorriso passò sul suo volto stanco, subito sostituita da un’espressione curiosa –Cosa leggi?-
-Niente- mi affrettai a rispondere, la faccia ormai in fiamme. Cercai di spostare il volume dalla sua traiettoria ma lei fu più veloce e lo acchiappò, strappandolo dalle mie mani.
-Ridammelo!-
Mi ammonì con lo sguardo e rivolse la sua attenzione al libro.
-“Twilight”- lesse ad alta voce. Poi mi fissò divertita –Ma non è il fantasy preferito di Alessia?-
Cercai di ignorare il tono con cui aveva pronunciato la parola “fantasy”, come se si trattasse di un disgustoso insetto. Mia madre, come me, era una grande divoratrice di libri, ma mentre io tolleravo tutti i generi letterali, lei aveva certi…pregiudiz su alcuni.
-Sì, infatti- dissi rigida –me l’ha regalato proprio lei-
-E ti piace?- chiese, sfogliando il volume assorta. Si trattava pur sempre di un libro, e come tale per lei era sacro.
-Ho appena cominciato a leggerlo e gradirei continuare, se me lo restituisci-
Tesi la mano per riappropriarmi di Twilight, ma lei lo tenne alzato, guardandomi penetrante –Perché hai fatto così tardi?-
Sbuffai –Te l’ho detto, sono stata con Alessia fino alle sei, poi ho preso l’autobus, solo che…è arrivato in ritardo- conclusi.
Le sue sopracciglia scure sparirono sotto ai fitti ricci –Non sei mai stata brava a mentire. Dì la verità, o non riavrai il tuo libro-
Chiusi gli occhi, cacciando indietro le lacrime e respirando profondamente. Succedeva sempre così, quando mi arrabbiavo. Scoppiavo letteralmente a piangere, molto umiliante.
-Ho sbagliato fermata-
-Perché?-
La fulminai con lo sguardo –Perché stavo leggendo-
Dopo un attimo di silenzio, scoppiò a ridere, abbassando il braccio. Afferrai svelta il libro e feci per andarmene.
-Aspetta, non volevo offenderti!- la sentii boccheggiare.
-Troppo tardi- mormorai a denti stretti, salendo velocemente le scale e chiudendomi in camera.
Mi buttai sul letto, la testa affondata nel cuscino. Avrei voluto piangere, sfogare tutta la mia frustrazione, ma avevo cose più urgenti da fare. Presi Twilight, abbandonato al mio fianco, e ripresi a leggere da dove mi ero fermata.
Lo ammetto, l’inizio mi intrigava. Questa ragazza che decideva di trasferirsi in una cittadina umida e insignificante, abbandonando il caldo sole della California, solo per non essere di peso alla madre e al suo nuovo marito. Mi piaceva, innanzitutto perché Forks mi ricordava terribilmente Pavia, “un piccolo agglomerato urbano che in un anno registra il più alto numero di giorni piovosi di tutti gli Stati Uniti”. Bastava solo sostituire “Italia” alla fine, et voilà: ecco la Forks dei poveri.
Certo, Bella Swan era forse un po’ troppo piagnucolona per i miei gusti, ma speravo che nel corso del romanzo sarebbe migliorata. Anche se, non potevo negarlo, avevamo parecchie cose in comune. I problemi di equilibrio, ad esempio, o l’innata timidezza, e tanti altri piccoli dettagli, compreso l’aspetto fisico. Entrambe bianche come il latte, fiacche e negate per qualsiasi attività fisica.
Fu in quel momento, seduta a pranzo, impegnata a conversare con sette estranei curiosi, che li vidi per la prima volta.
Mi feci attenta. Ecco, ci siamo.
Erano seduti nell’angolo più lontano e isolato della mensa. Erano in cinque. Non parlavano e non mangiavano, benché ognuno di loro avesse di fronte a sé un vassoio pieno di cibo, intatto.
Chiusi il libro di scatto, infilandoci un dito dentro per non perdere il segno. Respirai profondamente, cercando di calmare i battiti del mio cuore impazzito. Eccoli, i vampiri, i famosi Callen, o quel che era. Scossi la testa, potevo mai agitarmi per una cosa del genere?! Riaprii la pagina.
Non si somigliavano affatto. Dei tre ragazzi, uno era grosso, nerboruto come un sollevatore di pesi professionista, i capelli neri e ricci.
Corrucciai la fronte, no, non era lui. Il mio vampiro era più sottile, con i capelli ramati, un sorriso sghembo stampato sul volto perfetto e gli occhi color ambra. Ormai avevo imparato a memoria la sua descrizione, a forza di sentirmela ripetere da Alessia. Avrei potuto benissimo riconoscere Edward anche per strada.
Uno era più alto e magro, ma comunque muscoloso, biondo miele.
No, nemmeno questo. Eddai Bella, arriva al punto! Cercai di ricordare quanti erano i ragazzi, ma lasciai subito perdere. Meglio continuare.
Il terzo era smilzo, meno robusto, con i capelli rossicci e spettinati.
Ah! Eccolo. Edward.
Lessi ancora, e conobbi anche le altre due. La bionda col fisico da modella e la moretta dal modi aggraziati. Indugiai su quest’ultima, il pensiero che volò ad Alessia.
C’era un non so che di simile, tra le due. La vampira e l’umana. Sorrisi.
E quelli chi sono? Brava Bella, ti sei svegliata.
Sono Edward ed Emmet Cullen, assieme a Rosalie e Jasper Hale…Alice Cullen…
No, fermi un attimo. Cullen? Con la u? Come “Culo”?? Ma che razza di cognome era?! Mille volte meglio quello che avevo pensato io!!
Mentre li studiavo, il più giovane dei Cullen (bha) alzò lo sguardo e incrociò il mio.
Mi immobilizzai, gli occhi fissi sulla pagina e il respiro accelerato. Il cuore premeva contro il petto come se volesse schizzare fuori, e il sudore mi imperlava la fronte.
Appoggiai il libro a faccia in giù sul letto e mi alzai tremante, dirigendomi verso la finestra. La spalancai e ispirai l’aria fresca d’inverno. Benché fosse umida e odorasse di pioggia, riuscì comunque a schiarirmi le idee. Ma c’era sempre quel senso di nausea che rimaneva, come una fastidiosa sensazione.
Possibile che…? No, non poteva essere. Quello era solo un libro, e nient’altro. Casualmente era capitato anche a me. Di incrociare il suo sguardo.
Nello stesso identico modo.
Scossi il capo e chiusi le imposte. Ma per favore! Un libro. Solo un libro.
-Elisabetta, a tavola!!- sentii gridare mia madre dal piano di sotto.
Sobbalzai e mi precipitai giù dalle scale. Dopo neanche un quarto d’ora ero di nuovo in camera.
Mi guardai intorno, in cerca di un’occupazione. Avrei potuto giocare un po’ al computer, magari navigare in Internet. Era da tanto che non mi connettevo. Afferrai il mio portatile e lo accesi. Quando la schermata iniziale si riempì di tutte le icone, costellando lo screensaver di tanti piccoli puntini gialli, lo spensi.
Forse disegnare era la cosa giusta da fare. Mi era sempre piaciuto scarabocchiare sui fogli, specialmente fumetti e paesaggi. Ma negli ultimi tempi avevo completamente perso l’ispirazione, probabilmente a causa dei miei continui sbalzi d’umore.
Armadio, libreria, letto, ancora armadio. Fare qualcosa, distrarsi, tenersi impegnata. Non pensare. Non pensare.
E poi l’occhio mi cadde su di lui. Twilight pareva che mi guardasse, con le sue scintillanti lettere rosse, la copertina leggermente arcuata come in un sorriso, come per deridermi. Notai un’orecchia a lato di una pagina e afferrai il volume di riflesso, per spianarla con un dito. Lo tenni in mano un secondo, soppesandolo, poi mi arresi, e ripresi a leggere da dove ero arrivata.







Eccoci qua!!
Bhe, prima di ogni altra cosa: BUON ANNO!!!
Come procede questo venti dieci? Io sono più pigra che mai…ecco spiegato il motivo del mio ritardo nell’aggiornamento! :/)
Lo so, capitolo un po’ cortino, ma non è colpa mia! Diciamo che volevo racchiudere l’essenza delle parole (eh, che frase poetica) nel senso che volevo trasmettere le sensazioni che prova Elisabetta leggendo il primo capitolo del nostro amato libro.
La prima volta che legge di Edward, e il primo sguardo che si scambiano lui e Bella…cosa le avrà ricordato?? Chissà…
Spero comunque che vi sia piaciuto, aspetto una recensioncina, anche una piiiccola piccola va benissimo! Mi interessa davvero sapere cosa ne pensate di questa storia :)
Buon proseguimento a tutti, e a presto (pigrizia permettendo!)
Baci,
Ele




Per rispondere a quelle squisite personcine che hanno lasciato una recensione…


Gin_ookami97: Ciao! Sono contenta che questa nuova ficcy ti piaccia! Perdonami se ho impiegato tanto ad aggiornare, ma il 2010 mi ha infiacchito…ihih! Allora, il mio contatto di MSN è patu4ever@hotmail.it, ma ti avverto che in questo periodo ho il computer che mi mongoleggia, e non so se potrò accedere…mistero! x) Spero che il chap ti sia piaciuto, se continuerai a recensire mi farà molto piacere ;) Baci!
mione94: Amore mio!! Non sai quanto sono happy che questa new ficcy te gusti! (Scusa, ma a forza di “studiare” inglese e spagnolo faccio un po’ di confusione xD) Allurs, che ne dici del nuovo chap? Lo so, tu ci sei poco, ma vedrai che nel prossimo ci sarò abbondanza di Compe…ihih! Ti amo!
nanerottola: Ehi! Scusa se ti ho fatto aspettare, ma il 2010 mi distrugge! Ihih…spero che il capitolo nuovo ti sia piaciuto, nonostante la sua “cortezza” x) Se continuerai a recensire mi renderai molto felice ihih, baci!
Bella_kristen: Tesora! Buon anno! Quali sono i tuoi buoni propositi? I miei sono dimagrire, trovare un fidanzato e…aggiornare più spesso! x) Sono felicissimissima che la ficcy ti piaccia, e che bello vederti anche qui! Un bacione enorme e a presto (spero xD)

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Capitolo 3
*** 3. Sguardi ***






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Il mattino seguente mi destai col rombo della pioggia. Aprii gli occhi e li fissai sulla finestrella sul tetto della mia stanza: tante piccole goccioline tempestavano il vetro opaco, degna cornice del sottofondo musicale delle lacrime delle nuvole. Il pensiero corse subito a Forks, e ai suoi particolari abitanti.
Chissà se anche Bella si sveglia tutte le mattine con questa sinfonia mi domandai, dandomi della sciocca mezzo secondo più tardi. Ma che cosa mi passava per la testa?! I Callen manco esistevano!
Scuotendo la testa e con un mezzo sorriso sul volto, mi apprestai a scendere dal letto e cominciare quella umida giornata.
Fuori il gelo imperversava incontrastato, e quasi mi stupivo che i grossi goccioloni che cadevano dal cielo non si ghiacciassero, cadendo al suolo come meteoriti. In compenso, la pioggia si abbatteva forte sul mio povero ombrello, risuonando con un suono secco e ripetuto. Mi stava venendo il nervoso, a forza di sentirlo, tanto che fui quasi sollevata quando finalmente misi piede dentro all’affollatissimo atrio della mia scuola. Ma subito il momentaneo sollievo che avevo provato venne sostituito da un’ansia crescente, e cominciai a guardarmi intorno con sguardo apprensivo. Dopo gli avvenimenti di ieri sera non potevo proprio permettermi di vederlo, tanto più bagnata fradicia come un pulcino!
-Ehi Betta, che fai qui impalata?-
Sobbalzai al suono di quella voce, ma mi rilassai leggermente riconoscendo il tono vivace e profondo di Giorgio, il fratello maggiore di Nicolò.
-Miseriaccia Gio, mi hai fatto venire un infarto!- esclamai, portandomi una mano sul cuore.
-Tanto anche se non sono io a farti cascare a terra stecchita, provvedi da sola!- ridacchiò lui, alludendo ai miei problemi di equilibrio.
Gli feci una linguaccia, arrossendo, ma non potei fare a meno di sorridere. Giorgio era un gran burlone, e spesso le sue battute si rivelavano pungenti, ma era anche un grande amico.
Sbirciai dietro alle possenti spalle del ragazzo –Tuo fratello?-
Lui fece spallucce –Penso che stia aspettando fuori la tua amica-
-Con questo freddo?- chiesi sorpresa, rabbrividendo al pensiero. L’amore faceva fare cosa davvero stupide, a volte.
-Senti, io vado in classe, mi accompagni? Magari ti stendo su un termosifone- aggiunse, fissando eloquente il mio cappotto impregnato di pioggia –mi sa che ne hai davvero bisogno-
Feci una smorfia e mi apprestai a seguirlo. La classe di Giorgio non era lontana dalla mia, e pensai che avrei fatto un salto anche lì per mollare lo zaino pesantissimo che gravava sulle mie spalle. Ma appena mi voltai, il mio sguardo incrociò quello chiarissimo di Lui, e tutto intorno a noi scomparve.
Anche quel giorno era bellissimo come sempre, o forse anche di più. Piccole goccioline tracciavano disegni immaginari sulla sua pelle candida, imperlando i capelli biondo cenere. Il piumino verde acido non lasciava intravedere il petto, ma sapevo che sotto tutti gli strati si nascondeva una muscolatura da calciatore, come lasciavano intendere le gambe ben fatte. Mi persi nel suo sguardo, di un verde quasi impossibile, e le sue iridi tempestati di pagliuzze argentate si mescolarono al caldo cioccolato delle mie.
-Ehi Umbe, noi andiamo in classe, che fai, vieni?- domandò una voce, rompendo l’incanto che si era creato.
Lui si riscosse e fissò il ragazzo al suo fianco –Arrivo subito- disse, con la sua voce calda e rassicurante, che parve fluire nelle mie vene come un nettare benefico. Mi lanciò un ultimo breve sguardo, e si affrettò a seguire i suoi amici.
Il tutto non era durato più di pochi secondi, eppure il mio cuore batteva all’impazzata e il respiro usciva a fatica dalle mie labbra semi aperte.
-Betta? Tutto a posto?- mi chiese Gio, sventolandomi una mano davanti al viso.
Mi riscossi e lo fissai stralunata, facendolo scoppiare a ridere.
-Che hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua?-
Magari l’avesse fatto! Certamente sarebbe stato meno doloroso del peso che avvertivo sul petto in quell’istante.
-Andiamo- soffiai debolmente, ondeggiando in direzione dell’aula.
Dopo aver accompagnato il mio amico, mi trascinai nella mia classe, accasciandomi sul mio banco e rimanendo in quella posizione per non so quanti minuti.
E così, l’avevo visto. Anche quella mattina non ero riuscita ad evitarlo, come tutte del resto. Pareva quasi che un incantesimo, una forza più potente di noi ci spingesse ad incontrarci, sempre ed inevitabilmente. Umberto, il ragazzo che popolava i miei sogni da quasi tre anni. Lui, così bello, perfetto come un divo del cinema, da far galoppare il mio cuore ogni volta che lo vedevo. Eppure non ci conoscevamo, non ci eravamo mai parlati e non sapevo quasi niente di lui. E allora perché, quando lo vedevo, sentivo delle vampate di calore e il respiro mi si mozzava in gola?
Non mi accorsi dell’insistente battere sulla mia spalla, finche questa non cominciò a farmi male. Alzai lo sguardo e incontrai quello corrucciato e alquanto perplesso della mia amica.
-Ehi, ma che ti prende? Ti sto chiamando da mezz’ora- proruppe lei.
Mi limitai a fissarla con lo stesso sguardo vacuo di prima, e parve capire.
-Lo hai visto di nuovo, vero? Hai incontrato Umberto- sussurrò. Non ebbe bisogno della mia conferma, il mio viso parlò da solo, imporporandosi mentre gli occhi si riempivano di lacrime.
-Oh Ely!- esclamò Alessia, abbracciandomi forte. Nascosi il viso nell’incavo della sua spalla, soffocando i singhiozzi. Non sapevo perché reagivo così, ma la sola vista di quel ragazzo bastava per mettere in tumulto tutto il mio organismo.
Infine, Ale mi staccò da lei, fissandomi trepidante –E allora? Ti ha parlato?-
Scossi il capo –No, ma perché dovrebbe? Io sono una sconosciuta, una ragazza come le altre-
Ma la mia amica, che si era subito rabbuiata alla mia risposta, si alzò infervorata
–Ma non capisci? Voi siete destinati l’uno all’altra, altrimenti come lo spieghi il mare di emozioni che ti travolge ogni volta che lo vedi?-
Sussultai. A quanto pareva, la mia lotta interiore non passava inosservata –Per lui non è così…- sussurrai.
Alessia mi squadrò, sorpresa e furibonda –Come puoi saperlo? E se questo non ti basta, pensa agli sguardi. Che ne dici di quelli, eh? Per guardarsi bisogna essere in due-
-Non necessariamente- replicai io –magari solo io mi accorgo di lui, e tutte queste non sono altro che ipotesi inverosimili-
Lei lanciò un ringhio esasperato, alzando gli occhi al cielo –Ely, Ely: ma come devo dirtelo…?!-
-No, Alessia- dissi decisa –Umberto non sa nemmeno che esisto, e niente cambierà questo. Ora calmati, che è entrata la professoressa-
Mi alzai, imitata dai miei compagni, e salutai la signora Mibi, docente di italiano latino. Quando la lezione fu cominciata, presi un foglio e una penna per gli appunti, ma dopo pochi minuti stavo già fantasticando. E se Alessia avesse avuto ragione? Se davvero Lui avesse saputo chi ero? Chissà, magari un giorno avrebbe trovato il coraggio di venirmi a salutare, e da lì sarebbe nata una bellissima amicizia, o forse anche qualcosa di più…
Mi costrinsi a frenare la fantasia, e prestare attenzione alla professoressa. Purtroppo quel giorno ci stavamo dedicando al ripasso di tutto il programma di inizio anno, in vista dell’incombente verifica di fine primo quadrimestre, e tutte le cose che diceva la prof. mi sembravano dette e ripetute all’infinito, cosicché presto la mia attenzione si volse verso altri orizzonti.
-Pss- fece una voce al mio fianco. Mi voltai leggermente e incrociai lo sguardo furbetto della mia amica, il che non prometteva niente di buono.
-Allora…ho saputo che hai cominciato a leggere Twilight. Non potevi proprio aspettare di aprire il regalo davanti ai miei occhi, eh? Ci tenevo davvero a vedere la tua faccia- si lamentò scherzosamente.
Ricambiai lo sguardo, rossa come un peperone –Come hai fatto a…-
-Tua madre- tagliò corto lei –ha chiamato la mia e le ha raccontato della tua performance di ieri sera. Davvero hai sbagliato fermata perché leggevi?- chiese maliziosa.
Sentivo che la faccia mi stava andando a fuoco -È stato un incidente, l’ho già spiegato. Ma perché quella donna non si fa mai gli affari suoi?-
-Non prendertela con lei, piuttosto- Alessia di fece più vicina –dimmi: ti piace?-
-C-cosa?- balbettai, i pensieri ancora rivolti ad Umberto.
Lei sbuffò –Il libro, no?!-
-Oh-
Ecco, il grande momento era arrivato. Strano, avevo pensato che la mia amica avrebbe fatto più storie perché avevo scartato il suo regalo quando lei non c’era, ma a quanto pare la curiosità aveva vinto l’irritazione. Ma ora, cosa dovevo dirle? La verità, e ammettere così che mi ero sbagliata sul suo vampiro, o mentire spudoratamente?
-Allora?- mi sollecitò Alessia, impaziente. Poi vide il mio sguardo, e le sue spalle si afflosciarono –Ho capito, dovevo immaginarlo. Che peccato però, avrei scommesso che questa volta ci avrei azzeccato, invece a quanto pare per te Twilight è l’ennesimo fantasy sdolcinato per ragaz…-
Le poggiai un indice sulle labbra, troncando la parola a metà –Ti sbagli, non lo trovo affatto stupido come libro, anzi, devo dirti che…mi piace. Mi piace molto-
Sorrisi davanti alla sua espressione incredula e felice, permettendole di parlarle.
-Davvero?- esclamò la mia amica raggiante, con così tanta foga che la prof. si voltò per guardarla male. Alessia abbassò il tono –Perciò non ti fa schifo?-
-No no, affatto! Sono arrivata alla lezione di biologia-
Lei strabuzzò gli occhi –Sei già lì! Perciò Edward ha già fatto il suo ingresso in scena-
Come sempre, aveva pronunciato il nome del vampiro come se si trattasse di una divinità a lei sacra, impregnandolo di amore, cuore e fiore. Povero Nico, non avrebbe mai potuto competere con un vampiro centenario!
-Ti riferisci al loro primo incontro in mensa? Sì, ne ho letto proprio ieri sera- assentii, tremando leggermente al ricordo dello sguardo che si erano scambiati i due protagonisti. Era apparso così simile a quello mio e di Umberto di stamattina…
Alessia battè piano le mani –Oh, adesso arriva una delle mie parti preferite! A lezione di biologia è la prima volta che si parlano, e Edward è così fico e Bella è tutta imbarazzata, specialmente quando l…-
-Shh!!- le tappai la bocca con la mano, scoccando un’occhiata preoccupata alla signora Mibi, che continuò tranquillamente a tradurre la versione. Poi mi rivolsi alla piccola furia al mio fianco, fulminandola con lo sguardo –Parla piano, e ricordati che non voglio sapere niente della trama! Preferisco scoprire tutto pagina dopo pagina, se non ti dispiace-
Lei corrucciò la fronte, ma si portò la mano sul cuore, fissandomi supplicante. Con un sospiro, la liberai e mi travolse un fiume di parole –Oh Ely, ma quanto rompi! Comunque, che ne dici di Ed? È uno gnocco da paura eh? Non trovi che somigli un po’ al tuo Umberto? E adesso che mi ci fai pensare, anche tu e Bella avete molte cose in comune…ma Lui, quanto non è bello? Col suo naso drittissimo e i suoi capelli spettinatissimi e gli occhi profondissimi e…-
Lasciai che continuasse a sproloquiare, soffermandomi sulle prime frasi. Era vero, Edward Callen era la copia spiccicata di Umberto. Certo, c’erano i capelli e gli occhi di colore diverso, ma per il resto erano praticamente uguali. Stesso naso (perfetto, come lo definiva Alessia), un identico sorriso sghembo stampato in viso, e quello sguardo misterioso e terribilmente sexy. Adesso sì che capivo come si sentiva Bella, quando fissava il bel vampiro.
Per non parlare del nome.
Giusto. Entrambi avevano nomi un po’ all’antica, come se provenissero da epoche passate. Bhe, per Edward era così, dopotutto.
-Mi stai ascoltando?- mi riscosse la voce lamentosa della mia amica, infastidita dal mio silenzio assente.
-Scusa?-
Lei sbuffò sonoramente –Piantala di pensare un attimo al tuo Umbe e dammi retta: pensi di continuarlo?-
Inarcai un sopracciglio –Certo, perché non dovrei?-
Un piccolo acutissimo strilletto proruppe dalle labbra di Alessia, attirando una volte per tutte l’attenzione della prof. su di noi.
-Lombardi, vorresti dire anche a noi che cosa c’è di così eccitante da interrompere la lezione?- domandò la signora Mibi, fissando impassibile la mia compagna di banco.
-Oh prof., non può immaginare che cosa è successo! Ho regalato Twilight ad Elisabetta, e lei mi ha detto che le piace! Non è meraviglioso?- trillò la pazza al mio fianco, sorridendo come un ebete.
Nascosi la faccia paonazza dietro ai miei folti capelli. Possibile che Alessia non sapesse stare mai zitta?!
-Ne siamo tutti davvero molto felici, Lombardi, ma sono certa che apprezzerai la lettura di Cesare ancor più di questo libro. Che ne dici di tradurre tu la prossima frase?-
Mi dedicai alla versione, imitata da una non più tanto entusiasta Alessia, e per il resto della giornata non pensai più ne ad Umberto, ne al fantomatico libro.





Ciao ragazzuole!
Ehi, ma dove siete finite tutte?? La mia ficcy fa così schifo? ç_ç…xD dai, spero di vedervi presto e numerose…
Allooora questo capitolo è parecchio importante, cominciamo a conoscere i personaggi principali della storia e fa il suo grandioso ingresso in campo l’Edward della situazione…che ne dite, vi è piaciuto? È abbastanza lunghetto, così mi riscatto dalla volta scorsa…
Ringrazio infinitamente le persone che hanno aggiunto la ficcy tra seguite e preferite, ma soprattutto le due stelline che hanno commentato: Gin_ookami97 (mia cara, mi sa che per l’incontro con i nostri beniamini dovrai aspettare ancora un po’…^^) e Bella_kristen (Tesora miaaa!! Io sto bene, e tuu? Vacanze okay, un po’ cortine ç_ç Hai visto? Questo chappy è un po’ + lungo…spero tu abbia gradito! xD)
Spero di vedervi numerosi, voi e le vostre deliziose recensioncine ^^
A parte gli scherzi, mi farebbe davvero piacere se deste un opinione su questa storia :)
A presto (spero) e tanti baciii!
Ele

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Capitolo 4
*** 4. Biologia ***






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La mattina seguente arrivai a scuola trafelata e terribilmente in ritardo.
Quando entrai in classe, mi scusai con la professoressa e gettai in malo modo il mio zaino per terra, lasciandomi cadere sulla sedia col fiatone. Detestavo correre, e ancora di più non arrivare in orario. Non era da me, io che ero sempre quella super puntuale e pignola. Ma la sera precedente ero andata a dormire ad un orario indecente e come sempre mi ero svegliata presto la mattina.
Tutta colpa di quel libro pensai arrabbiata. Ed effettivamente Twilight stava diventando una vera e propria ossessione.
Coperta dal mio caldo piumone, una tazza di cioccolata calda bollente in mano, avevo finalmente letto della famosa lezione di biologia. Quando Bella si era seduta al fianco di Edward, avevo subito capito che c’era qualcosa che non andava. Perché lui pareva che tanto distaccato e riluttante? Non mi sembrava verosimile. Ma quei due non erano destinati all’amore eterno o roba del genere? Non avevo mai contemplato la possibilità che potessero esserci degli ostacoli tra di loro, tanto meno che la bella protagonista potesse non piacere al vampiro.
Ma era stato lo sguardo che si erano scambiati a farmi rabbrividire. Edward aveva letteralmente gelato la povera umana sulla triste sedia dell’aula di biologia. E lei? Troppo timida, troppo confusa per parlare aveva taciuto. Allora, contemporaneamente alle lacrime di Bella, era subentrata una grande rabbia nel mio corpo. Ma chi cavolo si credeva di essere, questo Callen? Il re del mondo?
A quel punto, esattamente a fine capitolo, avevo chiuso di scatto il libro, troppo nervosa per andare avanti. Ma ora, nel bel mezzo della noiosissima lezione di matematica, avrei tanto desiderato riprendere in mano quel volume maledetto, per scoprire il destino dei due protagonisti.
Il suono della campanella mi destò dai miei pensieri, facendomi sobbalzare mentre intorno a me tutti i miei compagni si alzavano.
-Elisabetta, tu non vieni?- domandò una voce timida al mio fianco.
Mi voltai e incrociai un paio di occhioni azzurri, nascosti dietro ad una cascata di arruffatissimi riccioli rosso fuoco. Entrambi appartenevano a Chiara, una ragazza dolce e disponibile, molto riservata e tranquilla, esattamente come me.
La guardai senza capire, e lei sorrise accondiscendente –Abbiamo laboratorio, adesso-
Annui, me ne ero dimenticata –Arrivo subito. Tu comincia ad andare-
La osservai allontanarsi, col suo passo leggero e impacciato. Mi avviai a mia volta, chiudendo la porta della classe alle mie spalle. Ero l’ultima rimasta.
Mi voltai e andai a sbattere contro qualcuno. Barcollai pericolosamente, preda del mio non-equilibrio, e un paio di mani forti mi afferrarono.
-Ehi, tutto a posto?- chiese una voce che mi fece letteralmente gelare il sangue nelle vene.
-Io…p-penso di sì…- balbettai, fissando il ragazzo che mi teneva tra le braccia.
Ero altro, molto, e moro, con un bel paio di occhi neri, leggermente a mandorla. Sotto la pelle ambrata risaltava il profilo del muscoli, tesi ed allenati, sul braccio una vena pulsava, percorrendolo fino alla mano. Sul viso aveva un’espressione divertita e un po’ perplessa. Chissà, magari rideva di me. O forse no. Dopotutto, sapeva dei miei problemi di equilibrio, della mia timidezza, sapeva molte cose su di me. E come non avrebbe potuto? Era il migliore amico di Umberto, era ovvio che mi conoscesse.
-Sicura?- domandò ancora, sorridendomi. Gli angoli della bocca si incresparono, creando due fossette sulle guance. Il mio stomaco si chiuse.
-Sto bene, benissimo- farfugliai, la faccia in fiamme, allontanandomi da lui- grazie, scusa-
Scappai letteralmente su per le scale, tanto che rischiai di inciampare più volte. Una volta all’angolo mi azzardai a guardare giù. Lui era ancora lì, fermi davanti alla mia classe, un grande recipiente trasparente in mano e lo sguardo rivolto verso di me. Avvampai ulteriormente, schizzando avanti. Avrei potuto giurare di aver visto un ghigno sul suo viso. Ma magari era stata solo una mia impressione.
Entrai velocemente nell’aula del laboratorio, infilandomi nel posto vicino a Chiara. Lei mi salutò con un sorriso e io tentai di ricambiare, stiracchiando la bocca in quella che di sicuro risultò essere una smorfia degna di un fil horror. Temevo che potesse fare delle domande, alle quali di sicuro non avrei saputo rispondere. Ma Chiara si limitò semplicemente a quel sorriso, voltandosi subito dopo in direzione del professore, giunto in quel momento. La ringraziai mille volte mentalmente, benedicendo la sua discrezione. Per questo mi piaceva tanto, quella ragazza.
-Non tirate fuori il materiale- sentii dire dal signor Re –oggi non lavoreremo qui. La professoressa Caldi ci attende nell’aula di biologia, assisteremo insieme a lei e alla sua classe ad un esperimento- spiegò.
Il mio stomaco fece un salto. Aveva proprio detto aula di biologia?
-Ora seguitemi, che siamo già in ritardo- ci intimò il professore, stiracchiandosi nervosamente le mani. Era un tipo molto impaziente.
Mi accodai ai miei compagni, estraniandomi dai loro discorsi. Avvertivo distrattamente l’eccitazione che li percorreva: un esperimento era sempre qualcosa di straordinario, e se non fossi stata tanto presa da altri pensieri, anche io mi sarei unita a quello stato d’animo. Ma un terribile sospetto stava prendendo corpo nella mia mente, ed ero tanto impaziente di arrivare nell’aula quanto timorosa.
Quando fummo davanti all’anonima porta grigia, potevo sentire distintamente il battito frenetico del mio cuore.
Stai calma, sciocca, cosa ci può essere di tanto spaventoso dietro quella soglia? Mi dissi, eppure sapevo che non era così.
Poi il signor Re spalancò l’uscio, e io sbirciai dentro. L’aula era ampia era costellata da sedili gialli, disposti in ordinate file da due. La metà sinistra era già occupata dall’altra classe, che parlottava animatamente, mentre una piccola donna paonazza cercava di richiamare l’ordine.
Il nostro professore la raggiunse, bisbigliandole qualcosa, e lei sorrise e fece un gesto con la mano. La voce tonante del signor Re rimbombò nell’aula, riportando il silenzio.
-Aspettate a sedervi- ordinò ai miei compagni, che già stavano muovendosi –mi è venuta un idea-
Detto questo, intimò agli altri alunni di alzarsi e mischiarsi con noi. In questo modo avremmo parlato di meno, a sentire lui.
Fui trascinata dalla folla e alla fine mi ritrovai seduta su una seggiola nell’ultima coppia in fondo. Davanti ai miei occhi gli altri si stavano pian piano sistemando, finche nessuno fu più in piedi. Il prof. osservò soddisfatto la sua opera, poi diede il via alla lezione.
Sbirciai timorosa al mio fianco: l’altra sedia era vuota. Sospirai di sollievo, e proprio in quel momento la porta della stanza si spalancò.
Ancor prima della sua voce, riconobbi il suo profumo. Sapeva di fresco, e di gigli, una fragranza dolce e delicata che si disperse quasi immediatamente nell’aria, mitigata dalla cappa calda che aleggiava in quel luogo. Poi parlò, e il mio cuore si fermò.
-Professoressa, abbiamo portato i contenitori per l’esperimento- disse, una leggera erre moscia sull’ultima parola. Ogni tanto gli capitava, ma era un difetto che rendeva ancora più perfetta la sua voce.
-Oh, grazie Moretti, potete andarvi a sedere adesso- disse la Caldi.
Sentii un rumore di passi, ma non osai voltarmi, continuando a fissare il muro alla mia destra, almeno fino a quando non percepii il fastidioso suono di una sedia che strusciava sul pavimento. Ma nemmeno allora mi girai, preda del terrore.
La lezione cominciò, e io non seguii una parola. Peccato, doveva trattarsi di un esperimento interessante, considerato che i miei compagni, solitamente così rumorosi, rimasero in silenzio per tutto il tempo, alzando qualche volta la mano per rivolgere una domanda o chiarire un dubbio. Mi sarebbe piaciuto ascoltare, tuttavia nella mia mente non c’era più posto per nient’altro se non la paura cieca che provavo. Sentivo lo stomaco attorcigliato, le mani sudate e il viso in fiamme. Eppure non mi volevo voltare. Non desideravo forse mettere fine a quell’atroce dubbio? Erano in due, aveva detto. C’era una piccola possibilità che su quella sedia non ci fosse lui, ma il suo amico. L’immagine del ragazzo in corridoio mi colpì improvvisamente: doveva essere lui. Ecco spiegato il motivo del contenitore nella sua mano, e del ghigno sul suo volto. Lui sapeva.
Sì, la risposta alla mia domanda era sì, ma il timore era più forte. Sapevo già cosa avrei visto, e sapevo anche che non sarei sopravvissuta. Non quel giorno, non così! Perché Alessia non c’era mai quando serviva? Che ci faceva al mare in Calabria, mentre la sua migliore amica rischiava la vita a scuola?
Cominciai a ponderare l’idea di chiedere di andare in bagno e rifugiarmi lì per il resto della lezione. Tanto quanto poteva mancare? Ma scacciai anche quell’ipotesi. Il mio posto si trovava nell’angolino dell’aula, perfettamente incastrato tra la sedia di fronte a me e quella al mio fianco. E alzarsi voleva dire chiedere il permesso per passare, e ciò significava a sua volta parlare con il mio misterioso vicino. E questo era fuori discussione.
-Ciao-
Sobbalzai vistosamente, smettendo di respirare. Chissà se anche lui sentiva il battito frenetico del mio cuore impazzito, che pulsava dolorosamente nelle mie orecchie. La testa prese a girarmi e la vista mi si annebbiò.
Niente panico pensai terrorizzata. Il tempo passava e io dovevo rispondere. Dovevo voltarmi e salutarlo. Lo feci con estenuante lentezza, ma una volta davanti al suo sguardo, la bocca si prosciugò e mi dimenticai le parole da dire.
A dir la verità, non mi ricordavo nemmeno il mio nome. Tutti i miei pensieri, tutta la mia attenzione erano focalizzati su quel paio di occhi verdissimi che mi fissavano preoccupati.
-Tutto bene? Sei un po’ pallida- mi disse, inclinando leggermente la testa verso sinistra. Era un gesto che faceva spesso, un gesto che conoscevo a memoria.
Parla! Urlava il mio cervello. Eppure il mio cuore taceva. Come può sopravvivere una persona, tanto più pensare, se il suo cuore non batte più?
-Sì…- mi costrinsi a mormorare, sentendo una fitta alla gola. Mi ero scordata perfino come si parlava!
Lui sorrise, leggermente rassicurato dalla mia risposta. E quella fu la mia fine.
Fortunatamente la campanella suonò proprio in quel momento, altrimenti non so come avrei potuto spiegare il mio scatto repentino verso la porta. Non mi voltai neanche una volta indietro, mentre mi precipitavo in bagno. Era stato il primo posto a cui avevo pensato, il più riservato e sicuro.
Mi chiusi dietro la porta di una delle cabine, lottando contro l’impulso di accasciarmi al suolo. Dopotutto, provavo ancora un senso di schifo, verso i bagni della scuola, anche se vagamente. La mia mente era ancora sconvolta, e faticavo a mettere insieme i pezzi di quello che era appena successo. Solo due cose mi erano chiare.
Avevo conosciuto Umberto, anche se usare quella parola mi sembrava un po’ azzardato. Lui mi aveva parlato, io mi ero limitata a mugugnare una risposta senza senso. E avevo fatto una figura di merda, nel vero senso della parola. E questa era la mia seconda terribile e umiliante certezza.
D’altra parte, come altro avrei potuto reagire davanti al sorriso sghembo che mi aveva rivolto, all’espressione curiosa che rendeva così magnetico il suo sguardo?
Le gambe mi cedettero e mi ritrovai seduta sulle fredde piastrelle del pavimento. Ma non mi importava, e non avevo la forza di alzarmi. Perché un pensiero mi aveva colpito prepotentemente, insinuando nella mia testa un terribile dubbio, che si stava già trasformando in verità. Adesso tutto mi appariva chiaro, quasi scontato. E insieme a quell’ultima certezza, arrivò la rabbia.
Era tutta colpa di Twilight.
Dovevo sbarazzarmi di quel libro.







Ciao, mie belle ragazzuole!
Oh, devo dire che sono veramente fiera di me. Questo capitolo mi piace un sacco! Lo so, sono molto modesta. Ihih!
Ma è della vostra opinione che mi interessa! Vi prego, ditemi cosa ne pensate!**
Bhe, non è successo molto, eppure è successo tutti (amo gli enigmi ihih). La nostra Elisabetta ha “conosciuto” Umberto, parallelamente a Bella con Edward. che sia un caso?? Bha…x)
Orsùùùù mettete via quelle asce, da brave! Non temete: Betta non potrà liberarsi così facilmente del nostro amato libro ihih!
Un grazie ENORMEEE a chi ha aggiunto questa ficcy tra seguite e preferite, e un bacio speciale a Bella_kristen (Davvero assomigli ad Eli? Ma lo sai che anche io mi riconosco in lei?? ** Eh eh, Umberto fa questo effetto a molti ù.ù Sono contentissima che la storia ti piaccia tesora mia!!! ^^) e a Austen95 (Davvero scrivo bene?? ooooOOOOOoooh tu non sai come mi rendi felice dicendomi così!!! Grazie!!) per le loro recensioni!!
Spero che il capitolo sia piaciuto, fatemi sapere!!
Un bacioneee
Ele

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Capitolo 5
*** 5. Bella ***






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-Okay Eli, adesso calmat- la sentii dire dall’altro capo del ricevitore.
-No che non mi calmo!- strillai, battendo i piedi per terra.
Avevo chiamato Alessia non appena ero arrivata a casa, ed era da più di un’ora che eravamo a telefono. Le avevo raccontato per filo e per segno la mia disastrosa giornata, chiedendole consiglio. E questo era tutto quello che mi sapeva dire?!
-Troveremo una soluzione, tranquilla. Siediti- mi ordinò, e io obbedii. Mi sentivo prima di volontà, priva di tutto.
-Oh Ale, come faccio? Non riuscirò più a guardarlo negli occhi…- singhiozzai sul cellulare, già fradicio per le numerose lacrime versate durante il mio resoconto.
-Shh shh tesoro, non dire così- mi consolò la mia amica –vedrai che nemmeno si sarà accorto della tua…paura-
-E come non avrebbe potuto?! Sono scappata sotto i suoi occhi, Alessia!- gridai isterica, le parole confuse dal pianto.
Passò un attimo di silenzio –Anche questo è vero- fu costretta ad ammettere –ma non disperiamo. Se ti ha parlato è perché gli interessi, no? Vuole conoscerti, capisci?-
-Voleva- la corressi, tirando su col naso –a quest’ora avrà già chiamato gli uomini col camice bianco per dirgli di venirmi a prendere-
-Oh, Elisabetta! Basta commiserarsi- mi rimproverò lei, usando il suo tono inflessibile –la prossima volta andrà meglio, vedrai-
-Ma chi ti dice che ci sarà una prossima volta? E se anche fosse, non sarebbe più così incosciente a sedersi di fianco a una paz…-
-Guarda che ti appendo il telefono in faccia-
Sbuffai –Va bene, la pianto- mi arresi, soffiandomi il naso –ma tu smettila di consolarmi! Sono uno schifo di persona ed è giusto che io mi senta così-
-Certo certo- sentii mormorare flebilmente, mentre urla di bambini raggiungevano il ricevitore.
-Sei ancora in spiaggia?- chiesi invidiosa.
-Aspetta- mi intimò, mentre le grida continuavano. Avvertii confusamente uno sfregare e poi la voce di Alessia tornò chiara –Scusa ma mi stavo asciugando dopo l’ultimo tuffo-
-Tu mi devi proprio odiare tanto, eh? Io sono qui, disperata, e tu ti abbronzi sotto il caldo sole calabrese!- mi lagnai.
Un fischio interruppe la conversazione.
-Ale?- chiesi titubante –Ci sei?-
Niente. Sospirai, cercando di assumere il tono più innocente che conoscevo –Lo so, scusa, ma questa storia mi sta facendo impazzire! Prometto che farò la brava, dai, rispondi…-
Con uno schiocco la voce della mia amica tornò a farsi sentire –Giura-
Mi portai una mano sul cuore –Hai la mia parola-
-Stai incrociando le dita?-
Sorrisi, separando quelle dei piedi –Mi hai beccata-
Potevo quasi vedere il sogghigno sulla sua faccia. Dopo un attimo parlò ancora –Toglimi una curiosità, ma come facevi a sapere che era proprio lui ad essersi seduto al tuo fianco?-
Arrossii –Non lo sapevo-
Il silenzio dall’altro capo del telefono mi invitò a continuare.
Parlai ancora, sempre più rossa in viso –Ecco…l’avevo intuito. Ormai conosco così bene i movimenti di Umberto, da riconoscerlo anche senza vederlo. Lo sfregare delle sue mani, i suoi gesti scattanti, il suo profumo…sono solo alcuni dei suoi tratti distintivi- mi interruppi un attimo –ero sicura che fosse lui-
Percepivo chiaramente lo stupore della mia amica –Wow- disse dopo un istante –devi essere proprio innamorata-
Spegnete la mia faccia! –Già-
-Sai, mi ricordate un po’ Edward e Bell…-
-Non mi nominare quel libro!- la interruppi, fremendo di rabbia –è tutta colpa sua se stanno capitando questi casini!-
-Ma cosa vai blaterando?-
Cercai di ricompormi, ma l’irritazione non se ne andava. I miei propositi di liberarmi di Twilight erano ancora lì, più saldi che mai. Ma forse non era una buona idea parlarne con Alessia, dopotutto, il libro me l’aveva regalato lei.
-Niente, scusa, sono solo stanca. Vado a buttarmi sul letto, ci sentiamo dopo-
-Okay- rispose lei, lentamente –ma sei sicura che sia tutto a posto?-
Fremetti al ricordo delle stesse parole, pronunciate da ben altre labbra solo poche ore fa –Certamente. A dopo-
Chiusi la conversazione, respirando profondamente. Non mi piaceva nascondere le cose alla mia migliore amica, ma non ero nemmeno brava a mentire. Proprio come Bella.
Mi alzai di scatto, precipitandomi sul mio comodino e afferrando il volume maledetto. Lo guardai, e come sempre non riuscii a scacciare la sensazione che anche lui ricambiasse la mia occhiata. Distolsi lo sguardo e mi avvicinai al piccolo cestino che avevo messo in un angolo di camera mia. Avrei coperto il libro con delle cartacce, in modo che mamma non si accorgesse di lui. Altrimenti non mi avrebbe mai permesso di buttarlo. Ma io dovevo liberarmene, e al più presto.
Non farlo.
Caddi a terra, frastornata. Twilight mi sfuggì dalle mani, atterrando pochi metri lontano da me. A distanza di sicurezza, diciamo.
Elisabetta.
Mi guardai intorno, ma ero sola. Allora saltai in piedi e corsi al piano di sotto, girando per tutte le stanze. Nessuno. Tornai in camera mia, acciambellandomi sul letto a pensare. Era venerdì, e quel giorno mia madre lavorava fino a tardi. Mio fratello invece sarebbe uscito da scuola solo tra poche ore. Ma allora, chi aveva parlato?
Come, non mi riconosci?
Sussultai. Quella voce…adesso che ci pensavo, assomigliava a come mi ero sempre immaginata quella di…
Scossi il capo, sorridendo. A volte l’immaginazione ci gioca davvero brutti scherzi. Fissai il libro nero, ancora abbandonato per terra. Dovevo sbrigarmi a liberarmene, prima che tonasse mia madre.
Non farlo, ripetè la voce.
-Chi sei?- urlai alla casa vuota, pentendomi quasi immediatamente di quelle parole. Se cominciavo a parlare da sola, allora sì che era la fine.
Non sei sola. Io sono sempre con te.
Mi presi la testa tra le mani, ansimando velocemente. Stavo forse diventando pazza? Gli avvenimenti di oggi mi avevano stravolta a tal punto da farmi perdere il lume della ragione?
Le prime note di You give love a bad name mi riscossero. Afferrai il cellulare al mio fianco, guardando il display che recitava a sfavillanti lettere viola il nome di mia madre. Continuai a fissarlo per qualche secondo, poi deviai la chiamata proprio alla fine dell’assolo di Bon Jovi. Sapevo che più tardi avrei dovuto fare i conti con la belva, ma in quel momento avevo affari più urgenti da sbrigare.
Poggiai il cellulare, chiudendo gli occhi, in attesa. Fatti avanti, non ho paura.
Non devi averne.

Sussultai leggermente, cercando di mantenere la calma. Chi sei?
Lo sai già.

Corrucciai la fronte. Non capisco.
Fai uno sforzo, Elisabetta.

Mi irrigidii. Come fai a conoscere il mio nome?
So molte cose di te. Noi siamo molto simili.

Scossi la testa, le palpebre più serrate che mai. No, non poteva essere. No! Tu non esisti.
Ne sei sicura?

Sbirciai il pavimento sotto di me, fino a incrociare le lettere rosso fuoco, che mi fissavano come sempre, in un ghigno perenne. È un libro. Solo un libro.
E allora come mai da quando hai cominciato a leggerlo tutto è cambiato?
Sì…
Non mentire. L’hai ammesso tu stessa.

Ma era un libro! 412 pagine di carta piena di parole, belle, certo, ma parole e nient’altro! E i personaggi, per quanto verosimili potessero apparire, non esistevano.
Tu non esisti. Pensai ancora, con forza.
Apri gli occhi, Elisabetta.
Le palpebre tremarono, ma contrassi forte i muscoli. No.
Per favore.
Disse la voce, dolcemente.
Solo una sbirciatina, nient’altro. Spalancai timorosa gli occhi, strabuzzandoli per poi nascondere il viso tra le mani.
No, non è possibile, non è vero!
Tu non esisti, non esisti, non esisti…
Elisabetta.
No!
Betta.
No.
Io sono…
No…
Io sono te.
Ripensai a poco prima, alla ragazza pallida e boccolosa che avevo visto nella mia stanza. Era stato un attimo, ma non me l’ero immaginata. Sei ancora qui?
No, ma presto tornerò.

Rabbrividii, più che una promessa pareva una minaccia.
Non ti voglio fare del male. Sono qui per aiutarti.
In un lampo, rividi i begli occhi color cioccolato della giovane, fissarmi con infinita dolcezza.
-Bella…-




…Okay, non sono pazza. O forse sì. Muahmuahmuah.
Sta di fatto che Elisabetta non lo è, credetemi. E questo capitolo è fondamentale per il proseguimenti della storia.
Non dico altro, e lascio a voi fare le vostre considerazioni…se me le farete sapere sarò contenta!
Un bacione!
Ele

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Capitolo 6
*** 6. Preparativi ***






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Okay, forse ero pazza. Sentire voci nella propria testa vuol dire questo, no? Eppure…non mi sentivo tale. Certo, probabilmente lo ero sempre stata (vedi: sbalzi d’umore, paranoie e le ultime arrivate voci di personaggi di un libro). Ma io sentivo solo Bella. Sì, perché ormai non potevo più negarlo. Quella che aveva parlato era Bella.
Me l’ero sempre immaginata così: dolce e un po’ triste, un tono che però nascondeva una grande forza d’animo. Era forte, timida ma decisa. Proprio come me. Dopo quel giorno, non l’avevo più udita. Ne percepivo la presenza, come se dormisse in un angolo della mia mente, ma non si era più fatta viva. E io avevo una mia teoria in proposito. Che si manifestasse solo quando mi trovavo in pericolo, tipo un campanello di allarme? E con pericolo intendevo ovviamente la vicinanza di Umberto. Ma siccome il nostro ultimo disastroso incontro coincideva con la fine della scuola, avrei dovuto aspettare il 7 Gennaio del prossimo anno per rivederlo. Prospettiva allettante, detta così. Ma in realtà si trattavano solo di pochi giorni.
E non dimentichiamo la festa. L’attesissima festa in discoteca di fine anno, evento imperdibile per qualsiasi persona che avesse uno straccio di vita sociale. Cosa che a me non interessava affatto. Sfortunatamente, la mia migliore amica non era dello stesso parere, e mai si sarebbe persa un’occasione del genere. Ovviamente, se lei andava venivo anche io. Evviva.
Alessia aveva insistito così tanto per tornare in tempo per il grandioso evento, che alla fine i suoi avevano acconsentito. E tra tutti i casini che avevano in ballo, i litigi e i problemi, non era stato difficile per la mia amica convincerli. Dopotutto, si sentivano in colpa per questa situazione, e non volevano far mancare niente alla figlia.
Figlia che si era presentata davanti alla porta di casa mia, pochi giorni dopo il mio non-discorso con Umberto, un sorriso smagliante stampato in volto e quella notiziona da urlo sulle labbra. Non penso ci sia bisogno di descrivere l’espressione sul mio viso, all’udire la nefasta novella.
Non aveva voluto aspettare nemmeno un minuto. La festa è alle porte! Aveva esordito, quando avevo timidamente cercato di ribattere. E così avevamo passato la vigilia di natale a fare shopping per il grande giorno. Fosse stato per me, avrei indossato la prima cosa che mi fosse capitata tra le mani frugando nel mio armadio.
Ma con Alessia non avevo nemmeno osato parlare di quella proposta.
-Sarai uno splendore, e Umberto non saprà resisterti!- aveva trillato eccitata.
Sembra pazzesco, eppure lei era seriamente convinta che con la mia figura di cacca non mi fossi giocata un bel niente. E che, ovviamente, la sera del 27 Dicembre avrei fatto strage. Quella ragazza aveva un senso dell’umorismo che riusciva sempre a sorprendermi.
-Elisabetta Negri, cosa fai lì impalata?!- sentii gridare alle mia spalle.
Mi voltai, subito travolta da un fulmine dalla chioma ribelle –Datti una mossa, altrimenti faremo tardi!-
Sospirai, trattenendomi dall’alzare gli occhi al cielo –Alessia, mancano più di tre ore…-
-Appunto, è tardissimo!- sbraitò la mia amica, come se fosse scontato.
La fissai incredula, mentre si aggirava come un animale ferito tra le varie stanze. Il piano superiore della mia casa appariva come un vero e proprio campo di battaglia. Poveri vestiti feriti, accasciati qua e là sui mobili, scarpe agonizzanti per il tanto provare, bracciali e anelli, orecchini e collane sparpagliati ovunque. Pareva quasi che un uragano avesse investito la mia casa. Ma forse avrei preferito quello, al ciclone Alessia.
-Se non ti muovi giuro che ti prendo a calci- disse la mia amica, in tono minaccioso. Obbedii, certa che non stesse scherzando. Non lo faceva mai, quando si trattava di questioni importanti.
Mi guardai intorno, spaesata. Non ero abituata a tutto quel disordine, che regnava invece sovrano nella camera della mia amica. Individuai un vestito da terra, uno dei tremila che mi aveva proposto Alessia per quella sera, e lo agguantai, porgendoglielo –Questo- sentenziai sicura. O almeno, speravo di sembrare tale.
Ma qualcosa sulla faccia della mia amica mi indusse a credere il contrario –Oh, miseriaccia!- esclamò lei, rubando la mia espressione preferita. Sorrisi, faceva sempre così quando era sovrappensiero.
-Non puoi assolutamente mettere quel coso! Non vedi?- disse, strappandomi di mano il povero abito –sembra appena uscito dall’armadio di mia nonna!-
Fissai sconsolata lo straccetto stretto tra le sue dita. Era uno dei miei vestiti preferiti, in lana pensante di un caldo colore rosso, perfetto per il clima rigido di quell’inverno. Alessia scagliò lontano il malcapitato, che cozzò contro una sedia, afflosciandosi a terra. Un'altra vittima del ciclone.
-Prova questo- la sentii dire, trovandomi un secondo dopo soffocata da un abito tutto tulle e merletti. Lo osservai sconcertata, figurandomi con quell’obbrobrio addosso. Altro che fare colpo, sarebbero tutti scappati a gambe levate.
-Ale, non penso che…-
-Esatto, non pensare Elisabetta, di quello mi occupo io!- mi interruppe lei, levandosi la sua ultima cavia e setacciando il territorio in cerca della prossima preda.
Fissai il corpo nudo della mia migliore amica. Era snella, con la vita sottile e il seno minuto. Tutto in lei sembrava parlare di piccolo e grazioso. Ma era proporzionata, e non so quante volte avevo desiderato avere un sederino a mandolino come il suo. Con uno strilletto acuto, la vidi lanciarsi contro un cumulo di vestiti. Ne riemerse stringendo tra le mani quello che identificai subito come l’abito preferito di mia madre, quello che indossava per le occasioni più importanti.
Era un tubino nero, molto semplice. Un’unica fascia color panna adornava la vita, separandola dal corpetto, privo di bretelle. Il morbido cachemire si muoveva sinuoso tra le dita di Alessia, seguendone gli spostamenti.
-Non ci pensare neanche- mi affrettai a dirle, cercando di prenderglielo dalle mani.
Lei si voltò a guardarmi, infastidita –Che vuoi dire?- chiese, non mollando la presa.
-È di mamma- spiegai –è il suo abito da cerimonia. Ci tiene sul serio. Tanto-
La mia amica sbuffò –E allora? Mica glielo rovino-
Il mio sguardo eloquente la convinse a demordere –E va bene, se non ti fidi di me, non lo metterò-
La fissai sollevata, ma il mio conforto durò un attimo. Mezzo secondo dopo, mi ritrovai senza vestiti e con l’abito di mamma stretto in mano.
-Che cosa significa?- domandai spaesata alla mia amica, che mi squadrava sghignazzando.
-Ho detto che non lo porterò io- disse poi, tranquilla.
Dopo un attimo di incertezza, capii dove voleva arrivare.
-Oh no, no no no!- gridai, ficcandole il tubino tra le braccia –ci tengo alla vita, io!-
-Non fare la bambina, non gli succederà niente! Tu sei quella responsabile, quella sobria e parsimoniosa. Sarà in buone mani- replicò Alessia, allungandomi di rimando il vestito.
La fissai supplicante, ma non ci fu verso di convincerla. Infilai lentamente l’abito, sbirciando il mio riflesso nel grande specchio appeso al muro. Rimasi sorpresa nel constatare che per una volta, Alessia aveva fatto la scelta giusta. L’abito aderiva bene al mio corpo magro, piegandosi dolcemente sulle curve e valorizzando il mio poco seno. Mi arrivava circa al ginocchio, lasciando scoperte le gambe, nude come le braccia e il collo.
-Avrò freddo- dissi, poco convinta.
-Calze e copri spalle, questa è la soluzione- rispose la mia amica, tendendomeli prontamente.
Quando li ebbi indossati, mi osservai nuovamente allo specchio. Niente da dire: stavo proprio bene.
-Hai visto?- esordì Alessia, cingendomi la vita alle mie spalle –sei una strafiga-
Risi insieme a lei, ricambiando la stretta. Nonostante fosse una maniaca del vestire e spesso adottasse atteggiamenti non proprio docili, le volevo un bene infinito e insieme riuscivamo sempre a trovare il modo di divertirci. Anche in una situazione critica come quella.
Passammo l’ora seguente a ultimare i preparativi, e all’orario prestabilito eravamo entrambe pronte per essere caricate da mia madre. Sentimmo il suo clacson mentre ancora Alessia si stava dando gli ultimi ritocchi.
-Dai che sei bellissima- la incitai, dirigendomi verso il pianerottolo.
-Un attimo!- strillò lei, imprecando quando il rimmel le finì nell’occhio.
Non scherzavo, dicendo che era splendida. Il corto vestitino azzurro cielo pareva fatto su misura per lei. Leggermente a sbuffo, cingeva le cosce circa a metà, con un elastico, lo stesso che fermava le spalline incrociate intorno al collo. Due lunghi pendenti, appesi alle orecchie, si intravedevano tra i folti ricci della mia amica. Avevamo cercato in tutti i modi di domare i suoi capelli ribelli, ma era stato tutto inutile. Alessia detestava i suoi riccioli magnifici, cosa assolutamente incomprensibile per una con dei capelli lisci come me.
-Vieni qui- mi ordinò la mia amica, facendomi un gesto con la mano.
Obbedii, accostandomi a lei. Passò velocemente un piumino incipriato sul mio volto, facendomi starnutire, subito seguito da matita e mascara.
-Non starai esagerando?- tossii preoccupata –non vorrei sembrare un clown-
-Sciocchezze- mi liquidò lei, continuando la sua opera –conciata così stai d’incanto, e non riesco a capire perché non ti trucchi mai per venire a scuola-
-Non mi piace mettermi tutta quella roba sulla faccia- borbottai, distratta da un pensiero vagante.
Nemmeno a me.
Sussultai, spalancando gli occhi.
Trovo che ti appesantisca solo il volto, specialmente quell’intruglio sulle ciglia.
Cercai di regolare il respiro, sbirciando l’espressione di Alessia. Fortunatamente, non si era accorta di niente.
Cosa vuoi? Perché sei tornata? Pensai allarmata, continuando a scrutare la mia amica.
Non temere, lei non può sentirmi. Solo tu puoi.
Repressi il fastidio. Dunque ero davvero pazza.
Non sei matta, Elisabetta.
Sembrava sconsolata. Forse l’avevo offesa…
Scossi la testa. Non esisteva nessuno da offendere. Mi alzai, meritandomi un’occhiataccia da parte di Alessia.
-Dobbiamo andare- spiegai concisa, precipitandomi giù dalle scale.
Lei arrivò qualche minuto dopo, mentre mi stavo infilando velocemente il giubbotto. Fuori, mamma continuava a suonare impaziente, creando una sinfonia bizzarra e alquanto fastidiosa. La raggiungemmo, e incassate le lamentele sul ritardo e le raccomandazioni, riuscimmo finalmente a giungere alla nostra meta.
Il piazzale davanti alla discoteca era affollatissimo. Pareva che non solo vi fossero i ragazzi della mia scuola, ma quelli di tutti i licei di Pavia. Poi mi ricordai che l’evento era riservato agli alunni delle due scuole superiori più frequentate della città. Gemetti piano, attirando comunque l’attenzione della mia amica al mio fianco.
-Che succede?- chiese lei curiosa –sei preoccupata?-
-No, direi piuttosto intimorita…- risposi, continuando a guardarmi intorno. Le persone seguitavano ad aumentare.
Lei sorrise –Non temere, farai colpo su di lui, ne sono sicura-
Sobbalzai, colpita dal pensiero di Umberto. È vero, ci sarebbe stato anche lui quella sera! Ripresi a osservare tra la calca, con più attenzione.
Adesso che ci riflettevo, tutto mi appariva più chiaro. Ecco perché la voce di Bella si era fatta risentire dopo tutto quel tempo, perché quella notte ero in pericolo…insomma, avrei rivisto Umberto.
-Si entra- disse Alessia, eccitata.
Mi afferrò la mano e insieme consegnammo i due bigliettini al tipo all’ingresso. Mi lasciai trascinare dalla folla, stringendo forte le dita della mia amica. Se mi fossi persa là dentro, non ne sarei più uscita. Almeno, non viva. Finalmente riuscimmo a sorpassare l’ingresso, e potei guardarmi intorno. Non ero mai stata in una discoteca, ma certo non me la sarei mai immaginata così.
Alberi e panchine regnavano sovrani, in un tripudio di luci e colori. Una lunga passerella conduceva al vero ingresso del locale, rischiarato da lucine a intermittenza. Io e Alessia ci guardammo, sorridendo emozionate. Lo ammetto, anche io mi sentivo elettrizzata. Entrammo titubanti, preparandoci a venire catapultate in un mondo a noi sconosciuto.







Mi genufletto ai vostri piedi implorando perdono. Ma, credetemi, in questo periodo non riuscirei a buttare giù nemmeno la lista della spesa! L’ispirazione gira, come la fortuna: ma se è davvero così, vorrei proprio sapere che cappero di giro ha fatto, perché da me non passa da un sacco di tempo! A parte gli scherzi (ehi, non scherzo!) mi dispiace davvero per avervi fatto aspettare così a lungo!
Ora voi vorrete uccidermi, e lo comprendo. Non si fa sentire per anni e poi ci propina un capitolo di passaggio! Bhe gente, calma. Okay, è di passaggio, ma non è completamente inutile. E poi dai, non fa nemmeno tanto schifo! Io lo trovo divertente ùù
E poi, credetemi, per quello che ho in serbo per voi serve un’accurata preparazione psicologica…perché il prossimo capitolo sarà una vera e propria BOMBA. Sperando che l’ispirazione mi assista…
Recensite numerosi, mi raccomando!
Un bacione grande grande,
Ele



annalicious: ** OoOoOoOohhh che belloo, una nuova lettrice!! Piacere di conoscerti ^^ Anche io ricordo il primo giorno con Twilight…me l’ha regatato una mia amica (proprio come è successo ad Elisabetta!) e l’ho letto d’un sol fiato…tralasciando i compiti, ovviamente!! xD Spero che anche questo chap ti sia piaciuto..baci!
Bella_kristen: Tesora miaaaa!! Sì, lo so, questa storia è un po’ complicata, ma vedrai che più avanti le cose si faranno più chiare…^^ Baciiii
Austen95: ** addirittura??!? Grazie mille!! ^^ kiss






Un’ultima cosa, poi potete mandarmi a quel paese (ihih): l’ho detto anche nella mia altra ficcy, e qui lo ripeto. Non per farmi pubblicità (forse un pochiiiino), ho scritto un’altra storia, sempre su Twilight. È molto divertente (così mi hanno detto) e assolutamente non pesante. Se vi andasse di farci un salto mi farebbe molto piacere! Si chiama “I Promessi Sposi”, ma non fatevi ingannare dal titolo! La trovate nella sezione di Twilight.
Okay, adesso mi levo davvero di torno! Baciiii

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Capitolo 7
*** 7. Rumore ***






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Okay, prima che cominciate a tirarmi qualsiasi oggetto contundente che avete a portata di mano, lasciatemi spiegare. Ehmm…allora, bhe, ecco….eheh!
Lo so, faccio schifissimo, ma oh, sta cavolo di ispirazione…! Ad ogni modo, in questo periodo sono stata anche super presa da
-scuola con relative verifiche e interrogazioni (e tentativi di tirare su quello schifo di matematica)
-ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ragazzo, ovvero i miei 12 uomini (non sono una poco di buono, sono IO che vado dietro a LORO xD)
-la gita in Inghilterra e il conseguente ritardo del ritorno (ritardo del ritorno ihih…okay, la pianto) causa nube vulcanica
perciò cercate di soffocare almeno in parte la vostra ira funesta, perché come vedete non è tutta colpa mia e della mia cappero di non-ispirazione…
Bene, e dopo questo sproloquio, passiamo al capitolo! Spero vivamente che vi piaccia, è la prima roba decente che riesco a buttare giù da settimane…fatemi sapere please!
Ci vediamo a fondo cap con le risposte alle recensioni, baci! Ele







Inciampai per l’ennesima volta nei miei ingombranti piedi. Perché quella sera mi parevano così grandi e goffi? Era forse colpa delle vertiginose scarpe che mi aveva costretto a indossare la mia amica, o della calca infernale che regnava sovrana intorno a noi?
Non avevo mai visto tante persone tutte in una volta, nemmeno al supermercato il sabato pomeriggio. E per una come me, decisamente misantropa, trovarsi in mezzo a tutta quella gente equivaleva ad essere catapultata nel peggiore dei miei incubi.
Cercai di spostare un ragazzino che si dimenava davanti a me, col solo risultato di beccarmi una gomitata in un fianco. Stanca e dolorante, riuscii infine a raggiungere la mia amica, che si era prontamente rifugiata in un angolino, e fissava preoccupata la sala delirante.
-Eccoti qua!- esordì quando mi vide –ma dove eri finita? Temevo di averti persa-
-Per poco non succedeva davvero- ansimai, appoggiandomi ad una colonna –là dentro è un vero e proprio inferno-
-Mh- mugugnò Alessia, distogliendo lo sguardo.
Non potei fare a meno di sogghignare –Non te lo aspettavi così, eh?-
-Non capisco cosa intendi-
-Io credo di sì-
Dopo un attimo di incertezza, la vidi sospirare e sciogliersi contro il muro –La discoteca estiva è tutta un’altra cosa!- mugugnò.
Sorrisi –Quindi?-
Lei mi fissò intensamente, afferrandomi la mano –Quindi ora si va a ballare-
La squadrai atterrita, non era quella la risposta che mi aspettavo!
Mi si avvicinò per sussurrarmi qualcosa all’orecchio –Non ho fatto tutta questa fatica per renderti magnifica e poi buttare all’aria il mio lavoro. Questa serata deve essere indimenticabile, e se ha bisogno di una spintarella, noi gliela daremo!-
Non mi lasciò nemmeno il tempo di ribattere, trascinandomi nuovamente in mezzo a quella bolgia.
Subito mi mancò il respiro. Tutti quei corpi sudati che si muovevano a ritmo o meno, seguendo le note stonate di canzoni che provenivano ad un volume disumano da casse sparse ovunque…ero stordita e mi pareva come di galleggiare. Vedevo al mio fianco Alessia che imitava i movimenti inconsulti delle persone accanto, e che mi incitava a fare lo stesso. La fissai sconcertata e la vidi sillabare con le labbra glitterate un nome a me noto. Arrossii immediatamente, quando lo riconobbi. E come non riuscirci? La curva che seguiva la bocca della mia amica era così sinuosa, e il modo in cui arricciava le labbra…solo un nome era talmente bello anche da mimato. Mi guardai intorno, cercando di scorgere un ciuffo dorato tra la folla. Chissà dov’era…
Qualcuno mi pestò un piede, facendomi saltare dal dolore e riscuotendomi dalle mie fantasie. Ripresi a ballare, se così si può dire, anche se nel mio caso significava solamente compiere movimenti a casaccio e cercare di imitare alla bell’è meglio quelli della mia amica. La cercai con lo sguardo, a corto di mosse, e constatai che non riuscivo più a vederla. Immediatamente fui preda del terrore. Era stata la prima cosa che mamma ci aveva raccomandato, prima di lasciarci nel piazzale della discoteca: non separatevi per alcun motivo. Detto fatto! E adesso come avrei fatto?
Cercai di uscire dalla calca, pensando che una volta libera sarei riuscita a vederla meglio, ma ogni volta che superavo una persona, un’altra compariva subito al suo posto. Ero circondata, intrappolata in una gabbia colorata fatta di braccia, gambe, piedi. Le luci mi accecavano, i suoni mi stordivano, quel ritmo incalzante e sordo rimbombava nella mia testa come mille tamburi impazziti. Sentii i miei piedi che si annodavano, e mi preparai all’inevitabile caduta. Percepii il terreno scivolare sotto le mie altissime scarpe, e contemporaneamente un paio di forti braccia afferrarmi per le spalle.
Cercai con lo sguardo il volto del mio salvatore, e quando lo riconobbi quasi rimpiansi di non essere caduta per davvero. L’amico di Umberto mi fissava sorridente di fronte a me, cingendomi ancora e aiutandomi a ritornare in posizione eretta. Lo vidi sillabare parole che non compresi.
-Scusa?- domandai tremando.
Con mio sommo orrore, avvicinò il suo volto al mio, portando le labbra carnose all’altezza del mio orecchio.
-Che sorpresa vederti qui!- disse, facendo trapelare tutto il suo stupore.
-Eggià- mormorai impacciata.
Si allontanò leggermente, giusto quel che bastava per permettermi di vedere le fossette agli angoli della bocca.
-Bhe, che ne dici di ballare?-
Lo fissai stralunata, non certa di aver capito bene. Si era forse dimenticato dei miei non piccoli problemi di equilibrio?!
-Io…veramente…- balbettai, cercando di distanziarlo.
Ma lui mi afferrò le mani, cingendomi a sé –Non ti preoccupare, non cadrai. Ci sono io a tenerti-
Boccheggiai, incapace di proferir parola, troppo distratta dal caldo contatto che trasmetteva la sua mano intorno alla mia, così piccola in confronto. Poi cominciò a muoversi, e fui catturata da lui.
Si muoveva come nessun altro, in quella sala. Pareva che le sue ossa fossero state liberate dal vincolo delle articolazioni, per come si spostavano sinuose all’interno del copro muscoloso. Ma non rendevano l’effetto inquietante e anche un po’ disgustoso che fanno i contorsionisti, tutt’altro: era uno spettacolo incredibile, lui era incredibile. I capelli neri si alzavano e abbassavano morbidi, il petto possente s’intravedeva dalla camicia bianca mezza sbottonata, gli occhi, ora chiusi, ora fissi su di me, guizzavano impazziti, pozzi neri nei quali mi perdevo lentamente. Le sue mani mi guidavano, cercando di smuovere quei tronchi che avevo al posto della braccia. Ma io rimanevo immobile.
-Non ci riesco- sussurrai.
Lui mi si accostò, incatenandomi con gli occhi –Affidati a me-
Lo guardai, sentendo il sangue affluire sulle mie guance. Cosa dovevo fare? Era il migliore amico di Umberto, e già così mi pareva di aver superato ogni limite concesso…
Non fidarti.
Sobbalzai, riconoscendo la voce di Bella.
Non fidarti, Elisabetta.
Perché?
Domandai infervorata.
Ma non capisci? Vuole ingannarti.
E tu che ne sai?
Chiesi stizzita.
Non fidarti ripeté lei.
Fissai il ragazzo che ballava davanti a me, e mi parve bello e attraente come non mai.
Elisabetta, pensa ad Umberto.
Oh, stai zitta!
Urlai mentalmente cosa vuoi saperne tu? Non vorrà mai più avere niente a che fare con me, non dopo la figura di merda che ho fatto a Biologia! Stasera voglio divertirmi, e non sarà certo il personaggio di un libro ad impedirmelo. Lui è reale, e tu non lo sei.
Strinsi le sue mani tra le mie dita e lentamente cominciai a seguire i suoi passi. Lui sorrise, rallentando leggermente per permettermi di armonizzarmi coi suoi movimenti. Mi ritrovai a ballare, io, che non ero mai riuscita a muovere un passo di danza, che inciampavo ovunque e comunque. Assaporai quell’esperienza totalmente nuova, e continuai a danzare elettrizzata e sempre più veloce. Lo fissai, raggiante, e lui ricambiò lo sguardo. Poi mi tirò a se, facendo combaciare i nostri corpi in movimento. Esplorai curiosa quel nuovo ballo, così intimo, ed arrossii al pensiero. Cosa mi stava succedendo? Non mi ero mai sentita così…donna. Sentivo la mia femminilità che premeva per venire a galla, percepivo il suo profumo, così pungente e virile, che mi offuscava la mente. Le sue mani scivolarono via dalle mie, giù per i fianchi, accarezzandomi e facendomi venire mille brividi sulla schiena. Un sospiro mi uscì dalle labbra, mentre con la coda dell’occhio vedevo il suo sorriso allargarsi sempre di più. Perché era così vicino? Non me lo ricordavo così vicino…
Qualcosa di morbido e umido mi premette sulle labbra. Mi aveva baciata! Non poteva averlo fatto veramente! Mi scostai terrorizzata da lui, bloccandomi sul posto. Tese una mano verso di me, e mi ritirai spaventata, voltandomi e scappando in mezzo alla folla.
Mi feci largo a spintoni tra i corpi sudati ed esausti, cercando di reprimere le lacrime e i singhiozzi. Non poteva essere successo veramente! Lui era il migliore amico di Umberto, il mio Umberto! Scossi il capo, arrendendomi e dando libero sfogo al pianto. Riuscii infine a uscire dalla massa ed accasciarmi sul muro. Piansi amare lacrime, ripensando alle parole di Bella. Aveva ragione, non avrei dovuto fidarmi! La cercai nella mia mente, la chiamai per nome, ma niente, non rispose. Fantastico, avevo perso anche lei, adesso! Alzai gli occhi al cielo, cercando di arrestare la cascata che fuoriusciva dai miei occhi. Un paio di mani si attaccarono al mio braccio, interrompendo la mia lotta interiore e facendomi sussultare. Mi voltai e una zaffata di alcol mi colpì in pieno viso. Storsi il naso, allontanandomi dalla fonte di quel tanfo, che riconobbi come la bocca della mia migliore amica, arcuata in una smorfia trasognata.
-Ciao Eliii!- gridò lei, lanciandosi sopra di me.
L’afferrai, tremando sotto il suo peso. Si era completamente lasciata andare!
-Alessia, hai bevuto?- domandai ironica, soffocata dall’odore di alcol che aleggiava intorno alla mia amica.
-Oh, solo un pochino! Ma te dove eri? Io mi sono voltata e, oh! Tu non c’eri più!- strillò sulla mia spalla –allora ti ho cercata, ma tu non c’eri davvero, e poi io ho incontrato il Nico, però era tutto attaccato ad un’altra, e non mi ha vista…-
-In che senso attaccata ad un’altra?- domandai, scansandomi dal suo alito cattivo.
-Sì! Stavano ballando, o almeno, penso! Anche se quella lì gli era tutta appiccicata e si strusciava su di lui come una biscia, e lui mica si spostava!-
-E tu non gli hai detto niente? Non sei andata a parlargli?- non capivo, non era da Alessia rimanere con le mani in mano, specie se si trattava del suo ragazzo!
La mia amica mi guardò sconsolata –Io ci ho provato sai, ma mentre mi avvicinavo quella stronza l’ha baciato, e lui non si è staccato…-
Mi morsi le labbra –Oh Ale, io…-
-Shhh- mi disse lei, poggiandomi un dito sulle labbra –non ti preoccupare! Non sono arrabbiata, no no, non me ne importa niente di quello sfigato, può farsi tutte le ragazze che ci sono in questo posto, tanto a me non frega proprio niente, oh n…-
La fissai perplessa, intanto che ammutoliva. In un lampo capii cosa sarebbe successo, e feci appena in tempo a scansarmi mentre un getto di liquido giallastro fuoriusciva dalla bocca della mia amica, e lei si accasciava esanime a terra.
-Alessia!- gridai, precipitandomi al suo fianco e sorreggendole la testa con la mano.
-Io…penso di non sentirmi tanto bene…- biascicò debolmente, prima di abbandonarsi tra le mie braccia.
Urlai spaventata, fissando le persone vicine a noi in cerca di aiuto. Solo pochi si erano accorti di quella scena, ma quasi nessuno appariva preoccupato come me.
-Permesso, fatemi passare, permesso!- disse una voce concitata. Nicolò sbucò tra la gente, precipitandosi verso di noi.
-Cosa è successo?- chiese allarmato, fissando la figura priva di sensi che era la sua fidanzata.
-Si è sentita male, ha bisogno di un medico!- gridai, preda del panico. Una piccola parte della mia mente registrò che era tutta colpa sua se Alessia si trovava in quello stato, ma ricacciai con rabbia quel pensiero. Prima di tutto la salute della mia amica. Nicolò avrebbe avuto già il suo bel daffare quando Alessia si fosse risvegliata.
-Vado a chiamarne uno!- esclamò lui, e una zaffata familiare mi colpì sotto il naso.
-No, vado io- dissi decisa, alzandomi in piedi –c’è bisogno di qualcuno sufficientemente lucido per comporre uno straccio di numero d’emergenza-
Lui mi fissò imbarazzato, annuendo e voltandosi verso Alessia. Mi inoltrai nella calca, facendomi spazio a spintoni. Non avevo tempo, la mia amica poteva peggiorare ogni minuto che passava! Finalmente riuscii ad uscire dal locale, e mi precipitai nel parcheggio subito lì fuori. Mi guardai intorno; appena arrivate mi era parso di vedere una cabina telefonica non lontano dalla discoteca…la riconobbi dall’altra parte dello spazio. Imprecai a bassa voce, non c’era tempo! Decisi di correre, nonostante i trampoli che avevo ai piedi. Ma anche slacciare la complicata chiusura delle scarpe avrebbe significato perdere minuti preziosi. Con uno slancio mi lanciai in direzione del mio obbiettivo.
Quando siamo preoccupati per una persona, spesso ci dimentichiamo di noi stessi. Così non mi preoccupai di controllare la strada, e non vidi la macchina che si avvicinava velocemente verso di me. Solo quando la luce degli abbaglianti mi colpì in pieno, ferendomi gli occhi, mi accorsi della grande cavolata che avevo fatto. Mi bloccai, fissando con gli occhi sgranati la morte venirmi incontro. Poco prima dell’urto, qualcosa mi spinse lontano, battei la testa sulla strada, e tutto divenne buio.








Per rispondere a…

mione94: Amouuurrr!! Hai visto che infine ce l’ho fatta a postare? Eheh, il tuo prognostico non era proprio esatto…perché sei tu ad essere stata traditaa!! Ahahaha che te ne pareee?? Ti amooo
Bella_kristen: Tesora mia, che bello sentirti! Alla fine sono riuscita a postare pure questa ficcy…però, che fatica sai?! Questa cavolo d’ispirazione si fa desiderare…xD Allora, che te ne pare del chappy?? Colpone di scena, hai visto?! Fammi sapere che ne pensi, baciii!
Austen95: Grazie mille!! :D

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Capitolo 8
*** 8. Il salvatore ***






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Due occhi verdissimi mi fissavano preoccupati.
-Come ti senti?- diceva una voce.
Non rispondevo, perdendomi invece in quel mare color smeraldo.
Le sopracciglia chiarissime si curvavano, e una ruga d’apprensione increspava la pelle liscia della fronte.
-Rispondi, te ne prego- parlava ancora, quella voce, con la erre moscia, e l’inconfondibile cadenza. Il mio cuore sussultava.
Cercavo di articolare una risposta, ma le mie labbra parevano incollate tra loro. La lingua era pesante, e io fissavo disperata quegli occhi straordinari, ricolmi di tristezza.
Poi lui se ne andava, e sopraggiungevano altre voci, altri suoni, e io volevo gridare, ma non ci riuscivo! Poi, tutto si faceva buio, e mi lasciavo scivolare nell’incoscienza, accompagnata dall’immagine di quel paio di occhi così familiari.

Spalancai gli occhi con un sussulto, lasciando uscire il fiato che avevo trattenuto. Presi due veloci respiri, il sangue che fluiva velocemente al cervello. Quando mi fui calmata, osservai l’ambiente intorno a me. Non lo riconoscevo, ma dal fastidioso odore di farmaci e pomate, lo classificai immediatamente come ospedale. Storsi il naso. Non penso ci sia bisogno di dire che gli ospedali erano i luoghi che meno preferivo.
Come ti capisco esclamò una voce nella mia mente.
Sospirai di sollievo, a quel suono che tanto temevo di aver perso. Bella! Non sai quanto mi dispiace! Avevi ragione, hai sempre avuto ragione…
Shh, non dire così
mi interruppe lei ora devi solo pensare a riprenderti.
Ma dove mi trovo?
Penso che tu l’abbia intuito, o per lo meno, l’ago che si trova nel tuo braccio dovrebbe esserne una conferma
disse lei amara.
Spostai lo sguardo, prima rivolto al neutro soffitto della camera, verso il mio braccio, incastrato in un cumulo di fili che terminavano tutti in una flebo, piantata bellamente sotto la mia carne…
Che schifo pensai nauseata.
Avvertii il comune disgusto che legava me e Bella, e un sorriso mi si aprì in volto. L’ennesimo tratto in comune che riscontravo tra di noi.
Quindi…non sei arrabbiata? Domandai titubante. Forse ero davvero pazza, a preoccuparmi dell’opinione di un personaggio inesistente di un libro, ma mi turbava seriamente l’idea di irritare Bella. Povera malata di mente.
No, non sono arrabbiata rispose lei, ignorando volontariamente quel mio ultimo pensiero solo dispiaciuta. Non avrei mai voluto che tutto questo succedesse.
Tu lo sapevi?
E come avrei potuto?! Io sono frutto della tua immaginazione, no?

Sbaglio, o avevo sentito una punta di sarcasmo nella sua voce?
Non sto scherzando Elisabetta, io non sapevo niente.
Lo so
mi affrettai a chiarire è solo colpa mia e del mio gesto avventato, se ora mi trovo qui pensai sconsolata sono grave?
Non lo so cara
replicò Bella quello puoi saperlo dall’infermiera.
Proprio in quell’istante una graziosa ragazza dai capelli rossi entrò nella camera, dandomi le spalle e chiudendo delicatamente la porta. Si volto, ravvivandosi i capelli, e si accorse che ero sveglia. Sussultò, salutandomi con un sorriso.
-Ben svegliata! Come ti senti?- mi chiese gentile, avvicinandosi a me.
-Ehm…- mormorai distratta, fissando terrorizzata le sue mani che si avvicinavano pericolosamente alla flebo.
-Oh, capito, hai paura degli aghi- disse lei, bloccandosi nell’atto di toccare il mio braccio tremante –e probabilmente non ti piacciono nemmeno gli ospedali-
Annuii lentamente, sentendo le guance imporporarsi.
Ma l’infermiera sorrise, conciliante –Ti rivelo un segreto- disse poi, abbassandosi verso di me –anche io non sopporto questo luogo! È così pieno di sofferenza…ma mi piace aiutare i malati, mi fa sentire utile-
La ascoltai distrattamente, troppo concentrata sul suo viso accanto al mio, e ricordandomi di ben altre labbra attaccate al mio orecchio…
La serata in discoteca! Il peso dei ricordi minacciò di travolgermi, facendomi sussultare. La ragazza mi fissò preoccupata -È meglio che controlli la situazione-
La lasciai fare, ignorando forzatamente il pizzicore al braccio. Sentivo i bip dell’encefalogramma aumentare a seconda dei miei battiti, che a loro volta variavano da ricordo a ricordo. O forse erano le sensazioni che mi aveva lasciato quella serata. Una parte in particolare, oserei dire. Ricordavo tutto con estrema chiarezza, dall’entrata nel locale al mancamento di Alessia, per non parlare di quello che era successo nel mezzo. Solo dal malore della mia amica tutto diventava confuso. Ero uscita per chiamare aiuto, e fin lì ci arrivavo, ma poi? Cosa era accaduto nel parcheggio della discoteca? Le immagini nella mia mente erano talmente nebulose…
Il sogno! Avevo sognato Umberto. Ma cosa avevo sognato? Mi abbandonai sconsolata sul lettino.
-Finito!- annunciò improvvisamente l’infermiera, facendomi trasalire –le tue condizioni sono buone, e già in serata potrai abbandonare l’ospedale- mi disse, strizzandomi l’occhio. Sorrisi timidamente, mormorando un grazie.
-Ma cosa mi è capitato?- chiesi poi, arrossendo.
-Sei caduta e hai battuto violentemente la testa- spiegò lei –non hai riportato danni gravi, ma eri disidratata e abbiamo preferito tenerti un giorno in osservazione per fare delle analisi-
Annuii, sì, quello me lo ricordavo. Il dolore alla testa ricomparve, seguito da quello al braccio e al ginocchio destro, con i quali avevo cercato di proteggere il mio corpo durante la caduta.
-Adesso devo andare, ma per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi- mi disse cortese l’infermiera –basta che urli Carolina, e io sarò subito qui da te-
-Grazie- ribadii sincera.
Lei uscì, e rimasi sola nella camera coi miei pensieri. E con la caduta un altro pezzo si aggiungeva al mosaico. Ma come mai ero caduta? Quello proprio non lo ricordavo…
Qualcuno bussò alla porta, mentre sentivo provenire da fuori l’inconfondibile voce concitata di mia madre, deformata dalla preoccupazione.
-Avanti- mormorai, e non feci nemmeno in tempo a finire di parlare che una cascata di riccioli mori si abbatté su di me, soffocandomi con un abbraccio.
-Oh la mia bambina! Come stai? Come ti senti? Come va la testa, e il braccio, la gamba?-
-Mamma, mamma, sto bene, ma così mi soffochi!- gracchiai.
Lei mi lasciò di scatto e potei tornare a respirare nuovamente.
-Mi sono precipitata qui appena mi hanno avvertita, ma non mi hanno fatto entrare prima!- esclamò lei –ci hanno messo una vita per farti tutte quelle analisi, oh, ma si sa, l’amministrazione di questo paese lascia seriamente a desiderare!-
Alzai gli occhi al cielo, eccola là, sempre pronta a polemizzare.
-L’importante è che stai bene, però- aggiunse con voce dolce, accarezzandomi una guancia –cosa è successo tesoro?-
-Non lo so nemmeno io- dissi sincera.
Il suo telefono squillò e lei lo afferrò prontamente, leggendo il numero sul display e sospirando -È tuo padre- rispose alla mia occhiata interrogativa –gli avevo detto che lo avrei richiamato-
La fissai inorridita –Gli hai detto che sono in ospedale?!- mio padre era la persona più apprensiva del mondo e ovviamente, come me, detestava gli ospedali.
-Ho dovuto- spiegò colpevole –lo sai che non riesco a mentirgli! Adesso devo proprio rispondere, se no impazzisce- si affrettò ad aggiungere –torno dopo!- concluse, lanciandomi un bacio e sfuggendo alla mia occhiata inteneritrice.
Squadrai la porta che si chiudeva con uno scatto, sospirando. Una volta fuori di lì mi sarebbe toccato sorbirmi pure la ramanzina di papà! Mi portai una mano sul volto, stancamente. Quanto avrei desiderato qualcosa di alcolico e forte, in quel momento!
Improvvisamente, mi tornò in mente la mia amica. Chissà come stava! Dopo che l’avevo lasciata con Nicolò non avevo più avuto suo notizie. Si trovava anche lei lì? Speravo con tutto il cuore di no.
Vidi passare la chioma rossa di Carolina davanti alla porta della camera, e la chiamai titubante. Lei arrivò immediatamente e le chiesi di Alessia. Disse che si trovava anche lei nell’ospedale, nel reparto subito accanto al mio. Le domandai se potevo farle visita, e lei mi rispose con un sorriso, aiutandomi a salire sulla sedia a rotelle. Mentre attraversavamo i corridoi dell’edificio, mi guardai intorno, registrando i particolari dell’ospedale. Le tende color pastello, il colore neutro delle pareti, i malati ad ogni angolo…mi venne in mente una scena di un libro piuttosto familiare, quando la protagonista si faceva male e veniva portata in un posto molto simile a quello. Sospirai. Anche in quella situazione, Twilight era sempre presente nella mia vita.
Arrivammo infine davanti alla camera prescelta, e entrammo silenziosamente. Alessia giaceva nel letto, gli occhi chiusi e le labbra semi aperte. Constatai sollevata che stava dormendo profondamente. Fissai la miriade di macchinari che la circondavano e i fili che si attorcigliavano intorno al suo corpo minuto, mordendomi frustrata il labbro interiore. Chissà se stava soffrendo, come stava…
Un movimento al lato opposto del letto catturò la mia attenzione. solo allora mi accorsi della figura che giaceva appoggiata a fianco della mia amica, e che mi fissava torva.
-Ciao Elisabetta- gracchiò Nicolò.
Era in condizioni penose. La faccia appariva smunta e incavata, due profonde occhiaie violacee incorniciavano gli occhi rossi e gonfi, e un inconfondibile odore di alcool e puzza saturava l’aria intorno a lui.
Storsi il naso, disgustata –Nico! Ma lo sai che hai proprio bisogno di un bagno?-
Lui sorrise stancamente –Me l’hanno già fatto notare- rispose, guardando allusivo Carolina, che arrossì immediatamente –ma non ho voluto staccarmi da lei neanche un secondo- continuò, spostando lo sguardo sulla figura addormentata di Alessia.
Anche io guardai la mia amica, nel sonno il suo viso appariva rilassato e non c’era traccia del tormento che vi avevo letto gli ultimi istanti in cui l’avevo vista sveglia. Ripensai a quanto mi aveva detto. Chissà come avrebbe reagito al suo risveglio…e cosa sarebbe toccato passare a Nicolò! Era giusto che si arrabbiasse, dopotutto, l’aveva tradita, ma forse sarebbe stato il caso di dirle che era rimasto puzzolente e esausto al suo fianco, per tutto quel tempo…
-Scusate, mi chiamano da un’altra stanza- annunciò Carolina –tempo si sbrigarmi e torno a riprenderti!- mi avvisò, sparendo dietro la porta.
La guardai correre via, portando poi lo sguardo su Nicolò, che fissava immobile la fidanzata addormentata. Le palpebre gli cadevano, ciò nonostante si ostinava a rimanere sveglio e vegliare sul sonno di Alessia.
-Come sta?- gli chiesi.
-Meglio- ripose immediatamente lui –ha rischiato il coma etilico, ma per fortuna i soccorsi sono stati tempestivi-
-Ma come hai fatto a…?-
-Cellulare- spiegò lui –non sapevo se avresti fatto in tempo a chiamarli tu, e quando mi sono accorto di averlo in tasca ho composto il numero…- disse imbarazzato.
-Hai fatto bene- lo tranquillizzai io –come vedi, non sarei stata comunque in grado di farlo al tuo posto-
-Ma a te cosa è successo? Mi è quasi venuto un colpo, quando mi hanno detto che anche tu ti trovavi qui!-
-Non ricordo bene- dissi semplicemente –mi hanno detto che sono caduta, e mi sono risvegliata in ospedale-
Lui annuì, probabilmente poco sorpreso dalle mie parole. Anche lui era a conoscenza dei miei problemi di equilibrio.
-Sono un coglione- disse improvvisamente.
Lo fissai intensamente, cercando di incrociare il suo sguardo. Ma lui era concentrato su Alessia –Perché lo hai fatto? Mi sembra che tu le voglia ancora bene-
-Infatti è così- replicò –è solo che negli ultimi tempi la sentivo così distante…avevo paura di perderla-
-E hai pensato che tradendola questo non sarebbe accaduto?- dissi, arrabbiata.
Nicolò scosse il capo –Non era premeditato, è successo-
-Bhe, potevi evitare che succedesse allora! Non la ami? Perché quando qualcuno ama una persona non va in giro a baciare la prima che capita!- sbottai, ora seriamente incazzata.
Finalmente alzò gli occhi, incatenandoli hai miei. Ammutolii, leggendo tutta la sofferenza che si nascondeva dietro quelle iridi azzurre –Certo che la amo. La amo con tutto il mio cuore, e darei tutto per lei. Non vedi? Faccio schifo e puzzo come una capra, nonostante questo sono rimasto al suo fianco, e non lo dico come un merito, perché mi dispiace impuzzolentire il suo corpo col mio odore. Ma mi sento sporco dentro, e non so cosa fare. L’ho ferita, ed è solamente colpa mia se si trova qui- disse, singhiozzando.
Ecco, se c’è una cosa che mi fa davvero impressione, è vedere un ragazzo piangere. Sono così rari al giorno d’oggi! Eppure, è uno spettacolo talmente unico, da risultare bellissimo. Mi alzai tremando dalla sedia a rotelle, ignorando le sue proteste, e mi avvicinai a lui, gettandogli le braccia al collo.
-Io non so cosa ti sia passato per la testa- ammisi, stringendolo a me –ma se davvero ci tieni a lei, sono sicura che saprà perdonarti-
Lui si abbandonò contro la mia spalla, lasciando libero sfogo alle lacrime.
-Ehi voi due, è forse morto qualcuno? Perché io sto benissimo, sapete- disse in quel momento una voce flebile.
Entrambi alzammo lo sguardo, registrando immediatamente la figura della nostra amica che ci fissava stancamente, ma sveglia e vigile.
-Alessia!- esclamammo all’unisono, mentre io mi gettavo su di lei.
-Ahi! Piano, piano- mi intimò lei, facendo una smorfia tra le mia braccia –sto bene, ma non sono in forma smagliante- disse, massaggiandosi la testa –e poi potreste non urlare? Ho un mal di testa terribile-
-E ci credo, beona, hai rischiato il coma etilico!- esclamai io, lasciandola andare e sorridendo davanti alla sua espressione corrucciata.
-Sei diventata sorda? Parla piano!- si lamentò lei, facendo una faccia buffissima.
Scoppiammo entrambe a ridere, ah, come era bello sapere che stava veramente bene! Era la mia Alessia, non c’erano dubbi. Chissà se ricordava la serata in discoteca…
-Sai perché sei qui?- le domandai ad un tratto.
Lei fece una smorfia –Certo, mi sono sbronzata come una cogliona e mi sono sentita male-
Sorrisi, anche se dentro mi sentivo un po’ contrariata. Ero l’unica che non ricordava niente?
-Oh, guarda un po’ chi c’è, il fidanzato infedele che torna strisciante dalla ragazza cornuta!- sentii esclamare la mia amica.
La guardai, seguendo il suo sguardo verso Nicolò, che si era rannicchiato su una sedia, il più lontano possibile dal letto.
-Alessia- cominciò lui, gli occhi bassi e la voce flebile –non ci sono scuse per quello che ho fatto, lo so…-
-E fai bene a saperlo- lo interruppe lei –perché nemmeno io ne trovo, a parte che sei un lurido verme schifoso-
Nicolò tacque, abbassando il capo colpevole.
-Lo sai cosa fa la maggior parte delle donne, quando il loro uomo le tradisce? Lo perdonano, e giustificano le corna con frasi come “era stressato” o “non gli ho dato abbastanza attenzioni”. Bhe, sai cosa penso io? Che sono tutte delle povere illuse. Un uomo che tradisce volontariamente non merita il perdono, ma solo che gli venga tagliato il cosino che si ritrova in mezzo alle gambe-
Fissai con la bocca aperta la mia amica, incapace di proferir parola. Al mio fianco, Nicolò continuava a tacere, incassando un colpo dietro l’altro.
-Io non sono una stupida, Nicolò, e so perfettamente perché hai baciato quella ragazza- disse ancora Alessia –ma dimmi, come ti sei sentito un attimo dopo averlo fatto?-
-Una merda…- borbottò il ragazzo.
-Esatto! Tu non lo sapevi ancora, ma ora ne sei a conoscenza. Perché vedi, nessuno bacia meglio di me. E non troverai mai nessuna che ti ami come ti amo io-
Lui alzò lo sguardo, fissandola negli occhi –Cosa?-
Alessia sorrise timidamente –Non sono una stupida donna che perdona il suo uomo usando scuse banali- ripeté –ma ho sentito le tue parole di prima, e sono pronta a darti un’altra possibilità-
-Tu…hai sentito quello che ho detto?- domandò terrorizzato Nicolò, sbiancando.
-Sì- ripose la mia amica –e le tue parole mi hanno colpita, quasi quanto il tuo gesto- disse, alludendo alle lacrime che ancora bagnavano le guancie del ragazzo –ti perdono, ma questa è l’ultima volta che chiudo un occhio. Alla prossima non mi accontenterò di lasciarti, ma provvederò e mettere in atto le minacce di poco fa-
Non potei trattenere un sorriso, davanti alla faccia preoccupata del mio amico.
-E adesso vieni a darmi un bacio, deficiente- gli intimò Alessia, e lui non se lo fece ripetere.
Osservai quella scena romantica, mentre qualcosa si muoveva nel mio stomaco. Le immagini di un bacio molto familiare si insinuarono nella mia mente, facendomi sussultare e arrossire. Avevo ancora molto, a cui pensare.
-Eccomi!- esclamò Carolina, comparendo dalla porta –ops, non volevo rovinare un momento intimo!- si scusò, quando vide i miei due amici avvinghiati.
-Non ti preoccupare, piuttosto voi due vedete di andarvene, che qui la cosa potrebbe degenerare- avvertì Alessia, facendomi l’occhiolino.
Risi, sedendomi sulla sedia a rotelle, e lasciando che Carolina mi riaccompagnasse in camera.
Quando fui nuovamente sola, stesa sul mio letto e finalmente priva di flebo, ripercorsi con la mente gli ultimi progressi che avevo fatto. Mi ero ricordata della macchina, quella da cui stavo per essere investita. Ma non sapevo ancora come avessi fatto a salvarmi.
Un leggero tocco sulla porta mi ricosse dai miei pensieri. Sbuffai, chi era adesso?
-Avanti- dissi stancamente, ammutolendo quando l’ultima persona che mi sarei aspettata entrasse in quella stanza, fece il suo trionfale ingresso in scena. Dico trionfale, perché con la sua bellezza non sarebbe mai passato inosservato.
Umberto se ne stava dritto in fronte a me, fissandomi preoccupato. I capelli biondo cenere erano gellati all’insù, nel tipico ciuffo che portava sempre, e solo qualche ciocca ribelle cadeva su quegli occhi incredibili, di un verde quasi impossibile. Si passò una mano tra quei crini meravigliosi, accostandosi a me.
-Posso?- chiese con la sua voce melodica, indicando il bordo del letto.
Annuii, non capendo assolutamente niente.
Lui si sedette, senza smettere di guardarmi.
-Allora…come ti senti?- domandò, facendo trapelare dalla voce tutta la sua sincera preoccupazione.
Bene, la testa non gira più e il dolore al fianco destro del corpo è praticamente svanito. Ah, sto anche cominciando a ricordare come sono finita qui. E ho visto la mia amica che sta bene e ha fatto pace col fidanzato, perciò sono anche felice per loro. No, aspetta, ora che ci penso non è affatto così. Sai, da quando sei entrato tu in questa stanza mi sento malissimo. In primo luogo non riesco a respirare, o forse i miei polmoni non vogliono che dell’inutile aria contamini il tuo profumo sublime, e poi penso che non riuscirò mai più a spiccicare parola. Il mio cuore batte a una velocità spaventosa, o non batte proprio, e ho talmente tanto sangue al cervello che potrebbe scoppiarmi la testa. Ah, te l’ho già detto che sei bellissimo?
-Bene- mormorai senza fiato.
Lui sospirò –Mi hai fatto preoccupare. Scusa, ma si può sapere cosa ci facevi in mezzo alla strada?-
Lo fissai, incapace di rispondere. Lo avevo fatto preoccupare. Umberto si era preoccupato per me. Non riuscivo a concepire come una creatura celestiale come lui potesse provare anche solo qualcosa simile all’interesse per un essere insignificante come me.
-Mi dispiace, non volevo farti stare in pena per me-
-Ma perché eri lì?-
Cercavo di non cadere per colpa dei tacchi numero dodici che mi aveva messo ai piedi la mia migliore amica –Non lo so…-
Lui scosse la testa –Non hai visto la macchina che ti stava venendo incontro? Non hai pensato di spostarti?-
Abbassai il capo, colpevole. No, non ci avevo pensato. Non ero in grado di pensare, allora. La preoccupazione per Alessia era troppa, e il mio unico obbiettivo era raggiungere il telefono e chiamare i soccorsi. Ma questo non potevo dirglielo.
Un tocco leggero mi alzò il mento, incatenando i miei occhi a un paio di smeraldi luccicanti.
-Se non ci fossi stato io a spingerti via- disse Umberto –probabilmente saresti morta. Lo sai cosa significa questo?-
-No, cosa significa?- chiesi d’impulso. Anche perché non avrei potuto fare altrimenti, dato che la mia lucidità era letteralmente andata a farsi fottere quando le sue dita mi avevano sfiorata.
Umberto mi fissò intensamente, tanto da indurmi quasi ad abbassare lo sguardo. Ma non potevo, non ci riuscivo: ero sua, completamente sua. Lo ero sempre stata.
Poi Carolina entrò nella stanza, bloccandosi sulla porta e fissando Umberto chino su di me. Sbaglio, o il suo viso era più vicino di quanto ricordassi?
-Oh, scusate! Oggi arrivo sempre nei momenti sbagliati!- esclamò lei.
Umberto si tirò su, sorridendo debolmente all’infermiera –Non ti preoccupare, stavo per andarmene- le disse.
Si avviò verso la porta, girandosi a guardarmi –Ci vediamo, Elisabetta- disse, prima di sparire dietro l’uscio.
Spostai lo sguardo su Carolina, indecisa se ringraziarla o strangolarla. Lei sorrise in segno di scusa, arricciando poi il naso.
-Mi sa che hai bisogno di un bel bagno, o almeno di cambiarti quel vestito- esordì.
Seguii il suo sguardo, notando solo allora la grande macchia di vomito che spiccava sul tubino nero di mia madre. Non riuscii a trattenere le lacrime, pensando a quello che mi sarebbe aspettata, una volta tornata a casa.







Ma ciao ragazzuole! Allora, avete visto come sono stata brava? Ho aggiornato subito, e con un bel capitoletto lungo lungo, oserei dire!
Non vorrei essere azzardata, ma mi pare che la signorina ispirazione sia tornata a girare a casa mia. Ho cominciato a scrivere con le idee piuttosto nebulose, quasi quanto i ricordi di Elisabetta, ma poi il capitolo è semplicemente sgusciato fuori dalle mie dita! E direi che è sgusciato piuttosto bene…voi che ne dite? xD
Capitolo molto discorsivo, nel quale Elisabetta ha diversi colloqui, prima con l’infermiera, poi con la madre, con Nicolò e Alessia (non so voi, ma la parte in cui lei se la prende con il ragazzo mi ha fatto morire dal ridere mentre la scrivevo!) e infine con il nostro uomo, Umberto! Che ho notato aspettavate tutte impazienti. Ehi, non è che vi state prendendo una cotta per l’Edward della storia?! Perché guardate che me lo sono prenotata già io U.U xD
Bene…direi che ho finito le cose da dire. Aaaah, non sapete quanto sia bello non doversi scusare per una volta del ritardo nell’aggiornare!
Mi raccomando, aspetto i vostri commenti :D
Un bacio, a presto (confidando che la signorina ispirazione si fermi a cena e oltre)
Vostra Ele




Per rispondere a...


mione94: Hai visto che ho aggiornato subito, Compa Dubbiosa?!? ù.ù xD Eeeeh, pazienza amore, pazienza…arriverà anche lui…intanto goditi il tuo Nico, o meglio, Vul…(non so se hai notato gli occhi) A doma! Ti amo!
Saretta__Trilly__: Ciao!! Oooooh, che bello, una nuova commentatrice *-* Bel venuta! ^^ Come vedi Umbe è arrivato (sbav) e adesso ne succederanno delle belle…xD
Austen95: Eccomi qui, e hai visto quanto presto ho postato?! Sono stata proprio brava ù.ù xD
DarkViolet92: Ma il nostro Umbe! Bello lui..xD Eh già, poverette, le ho fatte un po’ penare…xD
Bella_kristen: Tesoraaa! Hai visto? Umbe è arrivato, e direi al momento più opportuno! Eh lo so, le ho trattate un po’ male…ma vedrai che mi riscatterò ;) hai visto come sono stata brava ad aggiornare?!?! ^^ bacioneeee!!

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Capitolo 9
*** 9. Tra baci, detti e autobus ***






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Capitolo dedicato alla mia Compa, mia musa preferita, per consacrare il suo amore con il ragazzo dei suoi sogni…Ti adoro ♥




Trascorsi tre giorni a casa, tempo necessario per far riprendere la mia povera parte destra del corpo, secondo i medici, utilissima distrazione dai miei ormai onnipresenti pensieri per me. Pensieri che, una volta tornata a scuola, sarei stata costretta ad affrontare. Ma quando infine mi alzai la mattina del grande giorno, e mi avviai verso il patibolo, non ero pronta. Non ero affatto pronta.
-Betta! Ben tornata!- mi accolse Giorgio, stritolandomi in un abbraccio.
-Anche tu mi sei mancato- gracchiai, massaggiandomi il braccio destro.
-Qui senza di te è stata una vera palla, le lezioni sono appena cominciate e già i professori fissano le prime verifiche!- esclamò il mio amico, facendo una faccetta triste troppo buffa.
Scoppiai a ridere, seriamente felice di rivederlo. Ciò nonostante, non abbandonai quello stato vigile che avevo mantenuto fino ad allora. Ci trovavamo nell’ampio atrio della scuola, punto d’incontro di tutti gli studenti, luogo prediletto di alcuni. Ed erano proprio questi ultimi a preoccuparmi. Fortunatamente le mie attenzioni furono vane, poiché non incrociai nessuna persona pericolosa.
La mattinata trascorse noiosa come a suo solito, quando si parla di scuola. Ero sempre stata una brava studentessa, prendevo voti alti, stavo attenta in classe. Ma quel giorno, la mia testa era altrove. Era spaccata in due volti, completamente diversi tra loro. Uno biondo cenere con occhi sfavillanti, l’altro moro e intrigante. E per entrambi nutrivo una terribile paura.
Rivedere Umberto non avrebbe dovuto spaventarmi più di tanto. Certo, ora che ci parlavamo avrei dovuto cercare di mantenere un contegno degno di questo nome in sua presenza, cosa assai improbabile, dato che ogni volta che lo vedevo il mio cuore si fermava e cominciavo a tremare come una foglia. Ma erano dettagli.
Con il suo migliore amico invece, bhe, quella era tutt’altra storia. Come cappero dovevo comportarmi?! Mi morsi il labbro inferiore, frustrata. Non ero io, quella brava in queste cose! Mettetemi davanti un’equazione e ve la risolverò, proponetemi un problema di geometria, ma non l’amore, oh, quello no!! Come ci si comporta dopo che un ragazzo ti ha baciata? Si dice “ciao, come va?” o si scappa a gambe levate? Io propendevo decisamente per la seconda ipotesi.
-Negri ti vedo distratta, ti senti poco bene?-
Le due immagini nella mia mente sfumarono, lasciando posto al viso preoccupato della professoressa Mibi. Mi stava fissando, come il resto della classe. Impiegai parecchi secondi per rispondere alla sua domanda.
-Sto bene- sentenziai alla fine. Non era propriamente vero, ma di sicuro era una risposta più accettabile di “Se avessi la certezza di spiaccicarmi mi butterei anche subito giù dalla finestra, ma sfortunatamente ci troviamo al piano terra e probabilmente mi prenderei solo una brutta storta”.
-Forse avresti dovuto riposarti di più…- suggerì lei, non convinta della mia fiacca risposta.
Magari! Tutto pur di non affrontare quei due. –Mi scusi. Presterò più attenzione-
Mi guardò ancora un attimo, perplessa, poi si voltò verso la lavagna, riprendendo a tradurre la versione lasciata a metà. Sospirai, squadrando le parole che sgorgavano dal gessetto bianco. Ero sempre stata brava in latino, a tradurre in particolare. Bhe, non capivo niente nemmeno di Cesare, quel giorno.


Cosa che non mi aiutò affatto durante la versione del giorno successivo.
China sul foglio, pressoché immacolato, tormentavo coi denti ora il labbro, ora la penna, interrogandomi sul significato nascosto di quell’ammasso di parole. Ero ferma alla terza riga da quasi mezz’ora, quando qualcuno bussò alla porta della classe. Sentii la prof. sbuffare, i suoi passi frettolosi che uscivano dall’aula. I miei compagni alzarono la testa, incuriositi, tutti tranne me. Perciò immaginatevi la mia sorpresa, quando la potente voce della professoressa pronunciò il mio nome.
-Dicono che ti vogliono in segreteria!- annunciò, facendomi segno di raggiungerla.
Mi alzai titubante, restia ad abbandonare quel rebus sul mio banco. Forse avrei dovuto vederla come un’occasione per distrarmi e prendere una boccata d’aria, ma io vedevo solo una grande perdita di tempo. Cosa dovevo andare a fare in segreteria? Non ero nemmeno la rappresentante di classe!
-Sbrigatevi- mi ammonì la prof., chiudendo la porta alle sue spalle e lasciandomi fuori, ancora voltata verso la classe. Mi girai per vedere il volto di colui che mi aveva strappato alla versione, perdendomi invece in un paio di pozzi neri.
Oh miseriaccia. Cosa ci faceva lui lì?! Indietreggiai, cozzando contro il muro alle mie spalle. Era davanti a me e si stava avvicinando pericolosamente. Non avevo vie di fuga! Chiusi gli occhi, aspettando la mia fine.
-Ciao- disse, con la sua voce calda e profonda.
Attesi che continuasse, ma non aggiunse nient’altro. Sollevai una palpebra, scoprendolo a fissarmi preoccupato. Effettivamente non dovevo sembrare troppo normale…però, insomma! Tutto lì?? Mi sarei aspettata come minimo una sfuriata per essere fuggita in quel modo in discoteca, o una valanga di domande! E invece solo quel saluto striminzito. Ero delusa e, a dirla tutta, anche un po’ offesa. Valevo solo un “ciao”?
-Elisabetta? Tutto okay?- chiese, osservando il mio tumulto interiore passarmi sul viso. Non ero mai stata brava a nascondere le mie emozioni.
Sbuffai. Ero stufa di tutte quelle domande sulla mia salute fisica e mentale, di tutte quelle attenzioni. La maggior parte delle persone chiede a qualcuno come sta solo per cortesia, e per protocollo quest’ultimo risponde con bene e tu. Avrei semplicemente potuto seguire la prassi. Ma ve l’ho detto, ero arcistufa.
-No, va tutto uno schifo!- scoppiai esasperata –è quasi una settimana che mi preparo psicologicamente per tornare a scuola, per ricominciare a studiare, per cercare di evitare certe persone, persone che potrebbero mettermi a disagio, persone che magari non vorrei vedere, e guarda caso una di queste si presenta davanti alla mia classe, proprio durante una difficilissima versione di latino! Perciò per rispondere alla tua domanda: no, non va tutto okay!!-
L’amico di Umberto mi fissò sconvolto, poi si guardò intorno, mi prese per mano e mi trascinò in un angolino lì vicino, ma abbastanza nascosto dagli sguardi indiscreti. Mi lasciai portare passivamente, troppo provata dalla mia sfuriata. Non ero abituata a quegli scatti di ira, non era da me. Pensai ad Alessia. Era lei quella impulsiva, quella incazzosa! Non era ancora tornata a scuola, e tecnicamente non avrebbe potuto fino alla settimana successiva, ma la sera precedente mi aveva chiamata, dicendo che quel giorno mi sarebbe venuta a prendere fuori da scuola. Avevo cercati di ribattere, non volendo contravvenire agli ordini del suo medico, ma qualcosa nel tono della mia amica mi aveva indotto a lasciar perdere. Non era abituata a rimanere ferma troppo a lungo, e quel riposo forzato la stava distruggendo. Tornai con la mente al presente, fissando il viso del ragazzo davanti a me. Sì, avevo decisamente bisogno di parlare con Alessia.
L’amico di Umberto sospirò, passandosi una mano tra i capelli spettinati. Aprì la bocca, poi la richiuse, arrossendo e fissando un punto indefinito poco sopra alla mia testa.
-Scusa, il mio è stato un gesto avventato- disse infine –non ho pensato che a te potesse non far piacere. Non sono abituato a sentirmi dire no dalle ragazze, e un rifiuto non fa mai piacere, specie se da qualcuno che ti piace veramente. Ma io non ci posso fare niente, e posso solo scusarmi per quello che è successo in discoteca-
Lo guardai, non sapendo rispondere. Ma poi, era necessario ribattere alle sue parole? Aveva detto tutto lui. E aveva fatto anche di più. Si era scusato, è vero, ma non era stato quello ad avermi colpita maggiormente. Qualcuno che ti piace veramente, aveva detto. Ma stava davvero parlando di me?
Dì qualcosa!
Sobbalzai, presa alla sprovvista. Perché Bella mi parlava? Ero forse in pericolo?
Non c’è nessun pericolo Elisabetta, solo una grande figura di merda se non rispondi! Dì qualcosa! Ripeté concitata.
Fissai i profondi occhi neri del ragazzo, la frustrazione che trapelava da essi. Sì, dovevo ribattere.
Cosa devo fare?! Pensai allarmata.
Non lo so! Ma muoviti! Gridò Bella nella mia testa, agitata quanto me.
Guardai ancora una volta l’amico di Umberto, il suo viso triste, i capelli sugli occhi, la cicatrice sul sopracciglio, poi mi alzai sulla punta dei piedi, appiccicando le mie labbra alle sue.
Passarono cinque secondi, dieci. Non faceva niente, non mi scansava, ma nemmeno mi assecondava. Cosa dovevo fare? Proprio quando stavo per staccarmi, le sue labbra cominciarono a muoversi, rispondendo al mio bacio. Erano morbide e calde, e un piacevole tepore percorse il mio viso. Capii che ero arrossita, ma non mi importava. Sapevo che quel gesto era sbagliato, ma non mi importava. Quel momento non sarebbe potuto essere più giusto.
Le gambe mi tremavano, ma lui portò le sue mani sui miei fianchi, aiutandomi a sorreggermi. Poggiai le mie sul suo petto, abbandonandomi a lui. Stavo bene, stavo davvero bene.
Poi finì, improvvisamente com’era cominciato. Ci guardammo negli occhi, rossi e spettinati.
-Non è che non volessi…- cominciai.
-Non aspettavo altro- mi interruppe lui, fraintendendo –ma ecco…mi hai preso alla sprovvista-
Sorrisi, scuotendo il capo –Non intendevo quello. Parlavo della discoteca-
Ammutolì, fissandomi. Presi un bel respiro, trattenendo l’aria nei polmoni.
-Quello che hai detto prima non è esatto. È vero, il tuo è stato un gesto avventato, ma non mi ha dato fastidio. Anzi, mi è piaciuto- arrossii –mi è piaciuto molto-
In quel momento la campanella suonò, e una valanga di studenti si riversò nei corridoi. Mi morsi il labbro, avevo dimenticato che era l’ultima ora! Già i primi curiosi cominciavano a sbirciare nel nostro angolino, così fissai un’ultima volta l’amico di Umberto, prima di voltarmi e andare via. Ma lui mi prese il polso, trattenendomi.
-Aspetta!-
Mi girai –Devo andare-
-Lo so ma…non sai ancora il mio nome, mentre io so il tuo, e non mi sembra giusto- mi strinse la mano, sorridendo –piacere, io sono Luca-
Guardai le fossette ai lati della sua bocca, sorridendo debolmente –Allora ciao, Luca-
Sfilai la mano dalle sue dita, sparendo in mezzo alla calca.


Può un bacio avere l’effetto di una droga? Mi sembrava di fluttuare nell’aria, mentre scansavo quei corpi ammassati, i suoni che mi arrivavano erano ovattati e i contorni degli oggetti sfocati. Fu per pura fortuna che vidi Alessia, o meglio, che lei agganciò me.
-Elisabetta!- mi chiamò sconvolta –ma ti sei fatta?-
Le sorrisi da ebete –Una cosa del genere…-
Mi fissò preoccupata –Senti, non ho tempo di andare da un medico, quindi vedi di riprenderti- sentenziò, incamminandosi verso mete sconosciute.
-Dove vai?- le urlai dietro, seguendola.
-In stazione- rispose laconica, proseguendo imperterrita la sua marcia –vieni a casa mia?-
Annuii –Ma come mai in stazione? Non viene tua madre a prenderci?- chiesi, arrancando alle sue spalle. Maledetto il suo cavolo di passo da shopping!
Fece una smorfia, ravvivandosi i ricci con una mano –Guarda, lascia perdere! L’hanno spostata in un ospedale in culo al mondo e le hanno affibbiato dei turni pazzeschi! Perciò d’ora in poi mi toccherà prendere quello schifo di autobus per tornare a casa-
Annuii, troppo sfiancata per ribattere.
Mi fissò curiosa, dimenticando per un attimo il problema imminente –E a te cos’è successo? Non ti ho mai vista così prima d’ora, sembri…felice. E anche un po’ fatta, sul serio-
Ridacchiai –Lo so, ma hai ragione. Non mi sono mai sentita così prima di oggi-
Le raccontai tutto. Dell’incontro con Luca, delle sue parole, del bacio. Alessia ascoltò attenta, senza commentare. In pochi minuti arrivammo in vista della stazione e filammo spedite in biglietteria. La mia amica si mise in fila, mentre io mi accasciai su una sedia, più morta che viva. Bhe, almeno riuscivo a pensare più lucidamente. L’effetto bacio era ancora lì, sepolto sotto i sensi di colpa che affollavano la mia mente.
Avevo baciato un altro. Un ragazzo che non era Umberto. Di nuovo. Avrei dovuto sentirmi uno schifo, farmela col suo migliore amico! E invece no, stavo bene, troppo bene. Mi presi la testa tra le mani, era quella la cosa peggiore di tutte.
-Piantala di compiangerti e alzati- mi intimò una voce –è inutile piangere sul latte versato-
Sollevai stancamente il capo, fissando colpevole Alessia –Sono un mostro-
Lei sbuffò –No che non lo sei!- esclamò, guardandomi negli occhi –si chiama umanità, Elisabetta, è quella cosa che ci fa provare sentimenti e ci induce a seguire i nostri istinti, esattamente quello che hai fatto tu!-
-Errare è umano…- mormorai, girando il capo.
Le dita della mia amica si strinsero attorno al mio viso, voltandomelo nuovamente.
-La sai un’altra? Dice “Se ti fa stare bene, non è mai sbagliato”. Non devi nulla a Umberto, e non devi precluderti di avere altre storie a causa sua-
Mi scrollai dalla sua presa, guardandola furiosa –Non dare la colpa a Umberto! Se c’è qualcuno che non ne ha, quello è lui. Anche Luca è innocente, sono stata io a baciarlo- tacqui –sono io il mostro-
-Oh, smettila con questa storia! Hai forse tre occhi e la pelle verde? No!-
-Lo sai che non intendevo quello-
Alessia si sollevò di scatto –Allora pensala come vuoi, rimani qua a piangerti addosso per un errore che non hai commesso. Per quanto mi riguarda, non penso che tu sia in torto, e che se Umberto ti vuole solo per sé, si deve dare una mossa. Il mondo non gira intorno a lui, anche su pensi il contrario-
Detto questo, girò i tacchi, uscendo dalla biglietteria a passo di marcia. Sospirai, fantastico! Adesso anche lei era arrabbiata con me. Trattenni le lacrime a stento. Ero un vero disastro, non ne combinavo una giusta!
Non dire così.
Scossi il capo No Bella, ho ragione! Non vedi la sofferenza che causo alle persone che amo?
Non sanno quello che stai provando, non possono giudicare.
Lo fanno per il mio bene.
Solo tu puoi sapere cos’è meglio per te.

Mi morsi il labbro È questo il punto. Non lo so più, cos’è meglio per me.
Bella rimase in silenzio Cosa farai adesso? Chiese infine.
Non lo so risposi sconsolata. Guardai l’anonimo muro di fronte a me, e l’occhio mi cadde sul grande orologio circolare. Trasalii Una cosa è certa: se non mi do una mossa, perderò l’autobus!
Mi alzai e uscii dalla porta a vetri, risoluta a trovare la mia amica. La individuai al binario del 21, e mi mossi per raggiungerla. Mentre camminavo, mi guardai intorno. La stazione era affollata, per la gran parte da studenti, e molti del mio liceo. Cercai tra quei visi qualcuno di conosciuto. Ne riconobbi un paio, e salutai persino due o tre persone, finche non intravidi una figura familiare. Trattenni il fiato, nascondendomi dietro a una colonna. Strisciando furtivamente, attenta a non farmi vedere, raggiunsi Alessia, che aveva osservato dal binario le mie mosse, un’espressione di dubbio e stupore dipinta sul viso.
-Forse più che un medico hai bisogno di uno psichiatra- commentò, quando fui al suo fianco.
-Non urlare!- le intimai spaventata, senza perdere di vista l’oggetto del mio timore.
La mia amica seguì il mio sguardo, fino a incontrare il bersaglio delle mie occhiate terrorizzate.
-Ehi, ma quello è Umberto!- esclamò, indicandolo.
Mi avventai sul suo braccio, abbassandoglielo –Ma dai?! Non l’avevo visto!- dissi ironica.
Lei mi fece la linguaccia –Perché non vai a salutarlo?-
La fissai come si guardano i pazzi. Ma che domande faceva?! Avevo appena baciato il suo migliore amico, i sensi di colpa che ancora mi squassavano il cuore, e secondo lei dovevo andare a salutarlo?!
Alessia alzò le mani, in segno di scusa –Okay, okay, forse non è una buona idea. Ma cosa intendi fare, stare qui a fissarlo?-
Annuii vigorosamente, guadagnandomi un’occhiataccia da parte sua. Fortunatamente proprio in quel momento arrivò il 21, che si fermò esattamente davanti a noi, coprendomi la vista di Umberto. Salii sul mezzo, sospirando sollevata. Dietro di me, Alessia mi seguì, brontolando e lamentandosi della puzza e della folla. Proprio non sopportava prendere l’autobus.
Effettivamente però, di persone ce ne erano parecchie. Pigiate tra braccia e gambe, un po’ scivolando, un po’ arrancando, riuscimmo infine a raggiungere le porte centrali. Quando ci fummo sistemate, e io fui più o meno in grado di rimanere in piedi, la mia amica mi rivolse la domanda che mi aspettavo.
-Perciò…hai deciso di buttarti giù dalla finestra o riprendere in mano le redini della tua vita?- chiese, con falsa nonchalance.
Meditai qualche secondo sulla riposta, certa che ne andasse della mia stessa vita.
-La prospettiva della finestra è allettante- dissi infine, guadagnandomi un’occhiata inceneritrice dalla mia amica –ma penso che riuscirei solamente a rompermi due o tre ossa- sospirai –non mi rimane che imparare a convivere con la mia parte cattiva e puttanesca, e cercare di reprimerla ogni volta che preme per venire a galla-
Alessia non rispose, anche se mi parve di sentirla mormorare qualcosa tipo “Elisabetta, il mostro di Loch Ness”.
Alzai gli occhi al cielo, voltandomi per controllare le fermate. Un leggero tocco sulla spalla attirò la mia attenzione. Mi voltai, vedendo Alessia che mi indicava con la testa qualcosa in fondo all’autobus. La guardai interrogativamente, non capendo.
-Ma non l’hai visto? È troppo carino!- bisbigliò, sbirciando il sedile in fondo.
Seguii il suo sguardo e notai infine un ragazzo dall’aria pensierosa, isolato in un angolo dell’autobus. Un paio di cuffie spuntavano sotto i capelli castani, scuri e spettinati, che incorniciavano il viso spigoloso. I bei occhi guardavano fuori dal finestrino, persi in chissà quali pensieri, mentre le labbra carnose mimavano le parole di qualche canzone. Le maniche della felpa blu erano arrotolate fino ai gomiti, mettendo in mostra le braccia su cui spiccavano le vene, che intrecciandosi tra di loro raggiungevano le mani, abbandonate in mezzo alle gambe.
-Allora? Che te ne pare?- domandò impaziente Alessia, continuando a fissare il ragazzo.
-Non è male ma…ti ricordo che sei fidanzata- la ammonii.
A quelle parole, lei portò il suo sguardo azzurro sul mio viso –Lo so! Ma questo non mi impedisce di pare apprezzamenti sugli altri esemplari di sesso maschile, specialmente se così gnocchi- esclamò indignata.
-Siamo già passati da “carino” a “gnocco”?-
-Macché carino, quello lì è uno strafigo!-
Risi della sua espressione esasperata, squadrando nuovamente il ragazzo. Non era più seduto, ma si stava alzando e avanzava velocemente verso la nostra direzione.
-O miseriaccia, sta venendo qui!- sussurrò eccitata Alessia, stringendomi forte la mano.
La guardai perplessa, non era da lei agitarsi in quel modo per un maschio.
Il ragazzo si fermò a pochi metri da noi, appoggiandosi ad un palo e ravvivandosi i capelli con una mano. Devo ammettere che era davvero gnocco.
-Okay, stai calma Alessia, va tutto bene-
Fissai sconvolta la mia amica, che si agitava impaziente al mio fianco. Lei ricambiò il mio sguardo, ridendo istericamente –Ma non le aprono le porte? Siamo arrivate!-
L’autobus si fermò e Alessia cercò di raggiungere l’uscita, bloccata da tre ragazze che però non accennavano a spostarsi.
-Scusate…- mormorò la mia amica, bellamente ignorate dalle tre.
Sbuffai, fissando nervosa le porte aperte. Se non si muovevano, non saremmo più riuscite a scendere.
-Ehi voi, lasciate passare- disse in quel momento una voce.
Sia io che Alessia ci voltammo verso il ragazzo di prima, che stava fissando sorridendo la mia amica.
-Oh, scusa Dani!- esclamarono quelle oche, facendo gli occhi dolci al ragazzo. Ma lui non aveva occhi che per Alessia.
Fissai la mia amica, che se ne stava imbambolata ferma in mezzo all’autobus, lo sguardo perso negli occhi del ragazzo, la bocca mezza aperta e le guance color porpora. La presi per mano, tirandola giù dal mezzo a forza, un attimo prima che le porte si chiudessero e il 21 partisse sgommando.
Feci per avviarmi, passando sotto lo stretto ponte che portava direttamente a casa della mia amica. Ma non sentendo i passi di quest’ultima alle mie spalle, mi voltai, scoprendola ferma nello stesso punto in cui l’avevo lasciata. Sbuffai, tornando indietro.
-Ti dai una mossa?- le dissi, arrivatole di fianco.
Lei non rispose, continuando a fissare il vuoto.
Cominciavo seriamente a preoccuparmi, non l’avevo mai vista in quello stato –Alessia?- la chiamai, scuotendola leggermente per la spalla –ti senti bene?-
Finalmente si riscosse, voltando il capo verso di me –Scusa?- domandò trasognata.
Davanti alla sua assenza di espressione, decisi di lasciare perdere. La presi per un braccio e la trascinai verso casa. Non parlò per tutto il tragitto, e una volta arrivate fui costretta a cucinare io stessa, dopo che quasi si amputò un dito con una forchetta. Sì, avete capito bene, una forchetta. E non chiedetemi come fece.
La feci sedere sul divano, dove rimase immobile, lo sguardo languido fisso di fronte a sé. Non toccò cibo, e mi toccò consumare la mia insalata in compagnia di un automa. Sospirai, ma c’era qualcosa che era andato per il verso giusto, in quella giornata?
Improvvisamente mi ricordai della versione lasciata a metà sul mio banco, e poggiai il piatto sul tavolo. Stranamente, era passata la fame anche a me.







Ohibò, che caldo!
Ma non lo sentite anche voi? Io proprio non lo posso soffrire! E credetemi se vi dico che non c’è niente di peggio che scrivere chiusi dentro a una camera che pare un forno crematorio…
Sono tre giorni che provo a buttare giù qualcosa, ma puntualmente mi trovo svenuta sulla tastiera, disidratata e mezza morta. Ma oggi, ah! che ideona che mi è venuta! Sapete cosa ho fatto? Mi sono trasferita in camera di mio fratello, dove c’è l’aria condizionata, e comodamente spaparanzata sul suo letto, sono finalmente riuscita a scrivere un capitolo degno di questo nome!
Allora, c’è da dire che è stato un capitolo difficile. L’incontro tra Elisabetta e Luca si è scritto da solo, anche se la scena del bacio ha sorpreso perfino me. Eheh. Più difficile è stata la seconda parte, fondamentale per il proseguimento della storia. Ma basta spoiler…
Spero che vi sia piaciuto, e che ripagherete la mia fatica e il mio sudore con un piccolo commentino. Ahah, scherzo. C’è, no, se volete commentare sono contenta!
Ci sentiamo presto, caldo permettendo!
Un bacionee!
Ele




Per rispondere a...


mione94: …Allora, che ne pensi? Capitolo scritto unicamente per te e TDC…spero ti sia piaciuto amore mio…e ricorda: W IL TEAM TDC!!! XDXD Ti amo!
Saretta__Trilly__: Ciaooo! Eheh lo so, lo scorso capitolo è stato molto discorsivo…ma direi che in questo qui mi sono rifatta!! Allora, che te ne pare?? Hai visto quanti colpi di scena?? E siamo solo all’inizio…ihih…baci!
Austen95: Bhe…grazie!!! X)
Bella_kristen: Tesora miaaa!! Eheh lo so, sono molto sadica, ma questo tu lo sapevi già…ahah! Wowowo, Umbe è solo mio U.U xD Posso rivelarti un segreto?? Per il suo personaggio mi sono ispirata tantissimo al ragazzo che piace a me…niente male, eh?! xD Un bacione tesorinaa!
DarkViolet92: ** Grazie mille!! Eheh, chissà cosa frulla nella testa del nostro Umbe…si vedrà…ahah x)

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Capitolo 10
*** 10. Il mio Jacob ***






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Stesa sul mio letto, sepolta sotto il piumone morbidoso, stringevo tra le mani il libro Twilight, sfogliandolo pensierosa.
Dimostrava quattordici anni, forse quindici, e aveva i capelli lunghi, neri e lucidi, stretti con un elastico alla base della nuca, recitavano le parole sotto i miei occhi.
La sua pelle era bellissima, vellutata e color ruggine, gli occhi scuri, incastonati sopra gli zigomi sporgenti. Solo il mento ancora un po’ rotondo gli dava un’aria infantile. Nel complesso, aveva un viso molto bello.
Terminai di leggere la descrizione e, forse per la decima volta, mi interrogai nuovamente. Bella aveva conosciuto questo ragazzo, Jacob Black, dalla fisonomia inquietantemente simile a quella di Luca. Era solo un caso? Eppure si trattava dell’ennesima analogia tra la mia vita e quella storia misteriosa.
Arrivai al punto nel quale Jacob narrava delle leggende a Bella. Freddi, lessi sorridendo. Mi ricordavo quella parte, era una delle preferite di Alessia. E se non mi sbagliavo, da lì a poco Bella sarebbe venuta a conoscenza della vera natura di Edward.
Sospirai, girandomi a pancia in su. Bella, Edward, Jacob. Un triangolo dall’aria dannatamente familiare. Non conoscevo bene gli altri libri della saga, ma sapevo che Jacob avrebbe dato del filo da torcere al bel vampiro. Bella era innamorata di Edward, eppure si sentiva attratta da Jacob. Mi chiesi come si sentisse. Probabilmente era l’unica che riusciva veramente a capirmi.
La scuola era ricominciata da quasi due settimane, ma di Umberto non c’era traccia. Ogni giorno arrivavo a scuola, impaziente e speranzosa di vederlo, e puntualmente rimanevo delusa. Era da quel famoso giorno in stazione che non lo vedevo, e mi mancava terribilmente. E non solo. La mia mente malata e piena di complessi aveva provveduto prontamente ad elaborare un’ipotesi fantasiosa eppure, a parer mio, non così impossibile: e se Umberto fosse venuto a conoscenza del bacio (dei baci) che c’erano stati tra me e il suo migliore amico? Se Luca avesse fatto la spia?
Scossi la testa. Che motivo avrebbe avuto per farlo? Col rischio di litigare con l’amico? Poi mi ricordai che ad Umberto fregava poco e niente di me, e che ero io quella perdutamente innamorata, tra i due. Però…chissà come avrebbe reagito, se avesse saputo del segreto che accumunava me e Luca. Si sarebbe arrabbiato? O avrebbe proseguito la sua vita come niente fosse?
Da parte sua, Luca era stato anche troppo presente nella mia vita, in quei giorni. Spesso lo trovavo la mattina davanti alla mia classe, ad aspettarmi, o lo incrociavo “casualmente” per i corridoi. Quando mi vedeva, il suo viso si illuminava, e quelle splendide fossette increspavano la bocca in un sorriso. Sembrava voler riempire il vuoto causato dalla mancanza di Umberto. E, mio malgrado, giorno dopo giorno il mio interesse per lui cresceva e cresceva, sempre di più.
All’inizio, si era trattato solo di un vago presentimento. Vederlo seduto sul termosifone di fronte alla porta della mia aula, lo sguardo volto verso il corridoio in attesa di vedermi comparire, mi faceva piacere, non lo nascondo. Ma mi sentivo anche a disagio. Lui era il migliore amico di Umberto, e questo non potevo dimenticarlo. Nonostante questo, non mi occorse molto tempo per accorgermi che i miei sospetti si erano tramutati in realtà. Saperlo felice alla mia vista mi appagava, mi sentivo finalmente apprezzata, e coccolata. Le sue attenzioni mi facevano piacere, molto piacere. Decisamente troppo. Eppure appena lui se ne andava, subito i sensi di colpa tornavano ad affliggermi, e un solo nome rimbombava nella mia testa, ripetuto più e più volte. Umberto, Umberto, Umberto.
Per quello avevo deciso di allontanarmi da Luca, di troncare il nostro rapporto, di qualsiasi cosa si trattasse. Non c’erano più stati né baci ne carezze, ma era impossibile non percepire la tensione che saturava l’aria intorno a noi, quando eravamo insieme. Era automatico: lui compariva, e il mio stomaco si chiudeva, la bocca si asciugava e il cuore accelerava i battiti. Sintomi decisamente preoccupanti, e orribilmente simili a quelli riscontrati in presenza di Umberto.
Basta pensai decisa, fissando la copertina nera del libro domani ci parlerò, e metterò fine una volta per tutte a questa storia.
Ne sei proprio sicura?

Non fui sorpresa di sentire la voce di Bella nella mia testa. Ormai mi ero abituata a sentirla, anche più volte al giorno, e avevo capito che non si manifestava solo in presenza di Umberto. Anche perché altrimenti non l’avrei udita quasi mai…
risposi non posso rischiare così tanto.
Forse dovresti ascoltare i consigli di Alessia…
suggerì lei.
La mia amica tifava spudoratamente per Luca. Sosteneva che Umberto era un cretino, un bamboccio ritardato e che se non si dava una mossa mi avrebbe persa in favore dell’amico. Ovviamente era un’opinione che non appoggiavo affatto.
Non necessariamente usando le parole della tua amica, ma il concetto espresso non è poi tanto sbagliato rifletté Bella.
Umberto non è un bamboccio ringhiai a denti stretti.
Potevo quasi vederla sorridere Certo che no, non intendevo quello. Ma tu hai una vita, e non puoi stare ad aspettare lui per sempre.
Tu non l’avresti fatto, per Edward?

Sorrisi soddisfatta, ascoltando la sua muta risposta.
Non è la stessa cosa. Luca non è male, gli piaci e sembra un ragazzo a posto. Perché non dargli una possibilità? Ribatté lei, infine.
È il mio Jacob risposi semplicemente. Entrambe sapevamo che quello andava oltre ogni altra spiegazione.
Un assolo di chitarra squarciò l’aria, facendoci sobbalzare entrambe. Twilight cadde dal letto, seguito subito dopo da me. Mi rialzai dolorante, afferrando furibonda il cellulare sulla mensola.
-Pronto?- esclamai, massaggiandomi il sedere, Per fortuna avevo un bel paio di natiche sode ad attutirmi la caduta!
-Marrone scuro o neri?- sentii domandare dall’altra parte della cornetta.
-Si può sapere di cosa stai parlando?- chiesi stancamente, riconoscendo la voce della mia migliore amica.
-Secondo te di che colore sono i capelli del Dani? Aiutami perché non so proprio decidere- si lagnò Alessia, tormentata.
Alzai gli occhi al cielo, chinandomi per raccogliere il libro. Anche lui sembrava esasperato, le pagine spiegazzate e piene di orecchie.
-Allora?-
-Ma io che ne so!- sbottai spazientita.
-Sei inutile- sbuffò Alessia. La sentii battere velocemente sulla testiera del computer.
-Non dirmi che stai facendo quello che penso- esclamai, conoscendo già la risposta.
-È l’ultima volta, giuro!-
Cercai di mantenere la calma –Ale- dissi pacata –è la decima volta che lo rifai. Non ti sembra un tantino esagerato?-
Aspettai pazientemente una risposta –Forse hai ragione- ammise infine la mia amica –ma ogni volta che lo vedo scopro piccoli, nuovi dettagli su di lui!-
Scossi la testa. Erano due settimane che Alessia prendeva il 21 per tornare a casa, e da quella prima volta non si era più lamentata. Chissà come mai, avevo il sospetto che c’entrasse il bel ragazzo dell’autobus.
-Lo sai che scrivere un diagramma sui segni particolari di una persona è sintomo di pazzia?-
Anche senza vederla, potevo figurarmi la sua linguaccia e le smorfie –Capelli, occhi, naso e bocca ti sembrano segni particolari?-
-E il numero dei nei, i vestiti e i movimenti dove li hai lasciati?-
Un sonoro sbuffo uscì dalla cornetta, mentre le dita della mia amica scorrevano veloci sui tasti.
-Comunque direi marrone scuro- proruppi dopo qualche attimo di silenzio.
-Sono d’accordo- confermò lei –colore che ovviamente si sposa con la sua carnagione e gli occhi-
-Mi ha chiamato Nicolò sai, dice che non risposi al telefono- dissi con nonchalance –sembrava preoccupato-
Alessia non rispose, continuando a battere sulla tastiera.
-Da quant’è che non uscite, che non passate un po’ di tempo insieme? È il tuo ragazzo, Alessia, gli devi delle attenzioni- la incalzai.
-Forse è lui che dovrebbe essere meno appiccicoso- la sentii borbottare.
-Non dire stronzate, lo sai che ti vuole bene, e che sta cercando di farsi perdonare- esclamai infervorata.
-E se non glielo volessi dare, questo perdono?-
Chiusi gli occhi, mordendomi la lingua –Non era questo che avevi detto, in ospedale- replicai, quando mi fui calmata.
Sentii le sue mani fermarsi –Lo so, hai ragione. Sono stata una stronza, ma ecco…il Dani…-
-Non lo conosci neanche, per quanto ne sai potrebbe benissimo essere un pezzo di merda- la interruppi –invece sappiamo entrambe quanto Nicolò sia un ragazzo d’oro. Certo, anche lui fa i suoi sbagli, ma sa riconoscerli e non merita di essere trattato così-
-Lo so-
-Bene- dissi –facciamo così: adesso chiudiamo, e tu lo chiami immediatamente. E se non lo farai, lo verrò a sapere- aggiunsi minacciosa.
Alessia ridacchiò, nervosa –Come vuoi-
-Miraccomando- l’ammonii, prima di interrompere la chiamata.
Poggiai il telefono sul mobile, abbandonandomi sul letto e riflettendo sulla conversazione appena conclusa. Questa situazione mi preoccupava, specialmente perché era totalmente nuova. Alessia non era mai stata presa così da un ragazzo, nemmeno da Nicolò. Ma proprio quando le cose tra i due stavano cominciando ad andare bene, era arrivato questo Daniele.
Dopo quella prima volta che l’aveva visto sull’autobus, Alessia non era più riuscita a toglierselo dalla testa. Ogni giorno, aspettava impazientemente il momento di prendere il 21, ed ogni volta, arrivata a casa, mi chiamava eccitata o apatica, per raccontarmi com’era vestito quel giorno il Dani, cosa aveva detto e quanto era bello.
Di per sé, la cosa non mi dava fastidio. Anzi, ero contenta che la mia amica avesse trovato una distrazione dai suoi problemi familiari. Ma il punto era uno, e uno solo: il povero Nicolò non sapeva niente di questo nuovo rivale. Non era stupido, e probabilmente aveva intuito che c’era qualcuno che si frapponeva tra lui e Alessia. Ma Nicolò era sempre stato un ragazzo pacifico e tranquillo, e non era abituato ad affrontare situazioni del genere.
Forse però, quella che mi dava più da pensare era proprio Alessia. Ci conoscevamo da parecchi anni, eppure non mi era mai capitato di vederla così. Era…svampita. Lei, sempre così attiva e concreta, attraversava in quei giorni una fase di calma apatica. Non era raro che nella sua giornata riscontrasse buchi neri di anche ore dei quali non ricordava assolutamente nulla. Inoltre, era diventata terribilmente emotiva. La settimana scorsa, ad esempio, il prof. di Biologia ci aveva portati a vedere un filmato sulla riproduzione. Ma invece di fare i commenti maliziosi che mi sarei aspettata da lei, la mia amica era letteralmente scoppiata in lacrime di fronte alla scena di un cucciolo di cane nato morto. Una cosa triste, è vero, ma forse graffiarsi le braccia con le unghie dal dolore è un po’ esagerato, non trovate?
Il telefono squillò nuovamente, ridestandomi dai miei pensieri. Questa volta risposi quasi immediatamente.
-Abbiamo chiarito- spiegò la voce di Alessia dall’altro capo dell’apparecchio.
-Ne sono felice-
-Anche io- disse semplicemente –senti, che ne dici di andare a fare un giro a Milano, questo sabato?-
-Domani?-
-Oh cavolo, è vero!- esclamò la mia amica, sorpresa –e io che pensavo fosse giovedì! Peccato, domani non vedrò Da…sì, comunque domani-
Trattenni una risata –Per me va bene, quando andiamo?-
-Che ne dici direttamente dopo la scuola? Andiamo in stazione e prendiamo il Milano Diretto-
Il respiro mi si mozzò in gola e inciampai nei mie stessi piedi.
-Qualcosa non va? Elisabetta?- chiese preoccupata Alessia.
-Hai detto…Milano Diretto?- ripetei tremando.
-Sì…c’è qualche problema?-
Cercai di regolare il respiro –L’ultima volta che l’ho visto, Umberto stava salendo sul Milano Diretto-
-Oh- mormorò la mia amica, tacendo subito dopo.
Riflettei sulla possibilità di rivederlo. Mi mancava, ma non ero ancora pronta per affrontarlo. Tuttavia…
-Va bene- sentenziai.
-Sicura?-
Annuii –Non posso evitarlo per sempre. E poi non è detto che lo veda-
-Benissimo!- esclamò Alessia, felice –allora a domani!-
-Aspetta- le dissi, prima che chiudesse –per caso questo fatto di prendere proprio il pullman, che si trova in stazione, invece del treno, potrebbe avere qualche attinenza con vedere Daniele?-
-Elisabetta!- sbottò Alessia, indignata –ma cosa vai a pensare?-
Feci per ribattere, ma il tuu tuu della linea mi annunciò che mi aveva bellamente sbattuto il telefono in faccia.
Chissà se mi ero immaginata quella sfumatura colpevole nella voce della mia amica.
Afferrai Twilight, leggendo per l’ennesima volta la descrizione che tanto mi assillava. Non avevo trovato un solo Jacob, bensì due. Sorrisi, forse nella vita di ognuno di noi c’è un Jacob, riflettei, per poi scoppiare a ridere.







Vedo un computer…e vedo delle scritte…ma è tutto molto confuso…oh, adesso è diventato tutto buio…


Okay, ci sono. C’è, si fa per dire. Sono leggermente morta dal caldo. E ho pure l’abbassamento di voce da concerto (eheh) e non posso accendere l’aria condizionata! *si dispera afona*
Ad ogni modo, caldo a parte oggi è stata davvero una bella giornata! E per puro cu…ehm, fortuna, sono pure riuscita a buttare giù un flash-capitolo pure decente. Lo so, è abbastanza introspettivo e discorsivo, ma serve per prepararvi psicologicamente al prossimo, che sarà mooolto movimentato! E poi dai, insomma, già lo scorso era bello lunghino e agitato, concediamo un po’ di tregua a questi poveretti! U.U
Ah, in questo capitolo ho seminato qua e là indizi che vi potrebbero far prevedere cosa succederà nel prossimo…vediamo chi li coglie! Voglio farvi notare che Elisabetta comincia a parlare di lei e Bella come di un’unica entità, e ci sono vari accenni a Luca e Dani, che saranno due personaggi importanti nella vicenda…ma basta spoilerare!
Sto delirando e tra un po’ svengo sulla tastiera, adesso accendo l’aria condizionata e chissenefrega dell’abbassamento! Ecco fatto! Ahhh, che belloooo…
A presto, se non muoio prima ^^
Bacioni!
Ele




Per rispondere a …


mione94: Amore, non sai quanto sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto. Ero parecchio in ansia quando l’ho scritto, ho cercato di essere più fedele possibile alla descrizione e di attenermi ai fatti, ma temevo di non esserci riuscita…e invece, che gioia!! E come hai visto anche in questo capitolo, Alessia è già molto presa da Dani…però c’è Nico e, dopo i fatti di oggi, mi sa che gli concederò una parte più importante di quella che pensavo…anche se io rimango fedele al team TDC U.U E comunque nella versione non ho preso 2, un bel 6 che ha salvato la vita al mio amore (anche se lo avrei lo stesso appeso al muro e seviziato ahaha xD) Ti amo tanto tanto <3
DarkViolet92: Eggià! In questo capitolo nuovo non ci sono nuovi avvenimenti, ma stai sicura che nel prossimo ne succederanno delle belle…bacione!
Saretta__Trilly__: Ciaooo! Cavolo, ma quanto sei perspicace! O.O Praticamente hai anticipato questo capitolo! Ahah! Eh sì, abbiamo un nuovo Jake…e Alessia è presa dal Dani…e Umbe e Nico? Si vedrà…il prossimo capitolo non ti deluderà, vedrai! ;)
Bella_kristen: Tesoraaa! Hai visto come sono brava?! Sono velocissima ultimamente, almeno per i miei standard! Ahah! Wowowo, non corriamo, Luca c’è, ma non dimentichiamoci di Umbe! Comunque sì, il suo personaggio è preso molto fedelmente dal mio grande amore e…persino il nome! Muahmuahmuah! Perciò mi dispiace, ma è tutto tutto mio U.U XD Bacioneeee!!
Austen95: O.O Davvero sei allergica al sole?? Poveriiiina!! Io quando vado al mare mi scotto, ma essere allergici…!!! Quindi i due Jake non ti convincono?? Eheh, si vedrà….ahah x)

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Capitolo 11
*** 11. Giornata no...? ***






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È appurato. È un assioma. È inequivocabile. Più cerchi una persona, più desideri vederla, che stai pure certo non la incrocerai mai. Così succedeva con Umberto, da lì a due settimane prima, così mi capitò l’indomani con Luca.
Mi sarebbe dovuto nascere già qualche sospetto quando non lo trovai davanti alla porta della mia aula. Normalmente, la mattina era sempre lì, ad aspettarmi col suo sorriso e le sue deliziose fossette. All’intervallo lo avevo cercato ovunque, ma niente, non c’era.
Ero furibonda, mentre cercavo di tenere dietro al passo da compratrice della mia migliore amica. Possibile che proprio quando mi ero decisa a parlargli, lui non si trovasse da nessuna parte?! Avevo passato tutta la sera a pensare a cosa dirgli, e quella notte non avevo chiuso occhio. Ovviamente, a scuola ero uno straccio, e la professoressa di Storia mi aveva beccato a sonnecchiare sul banco, regalandomi una bella nota sul registro. E quel deficiente non si era degnato di farsi vivo. Pestai pesantemente i piedi per terra, ringhiando frustrata. La giornata prometteva decisamente male!
-Vedrai che domani andrà meglio- cercò di consolarmi Alessia, voltandosi per darmi una pacca sulla spalla. Senza smettere di camminare, s’intende.
Sbuffai –Certo, magari è la volta buona che mi spezzo l’osso del collo cadendo dalle scale- commentai sarcastica.
Lei mi fulminò con lo sguardo, non gradendo il mio humor nero –O forse incontrerai sia Umberto che Luca, chi lo può sapere?-
Alzai un sopracciglio, fissandola scettica. Mi accorsi di essere rimasta indietro, e la raggiunsi con una corsetta.
-Ma devi proprio correre?- le domandai ansimando.
-Non sto correndo-
La ignorai –Guarda che riusciamo a beccarlo lo stesso, anche se non vai ai trecento all’ora-
Mi guardò ingenuamente –Ma chi?-
Arrossì sotto la mia occhiata più che eloquente.
-Non è come pensi- borbottò, accelerando leggermente.
-Frena!- le gridai, afferrandola per un braccio.
Lei rallentò con una smorfia in viso –Il pullman passa tra mezz’ora-
-E la stazione è nella strada qui vicina- replicai, normalizzando il passo –riusciremo a raggiungerla in tempo anche a passo umano, fidati-
-Ah, se ci fosse Edward…- sospirò Alessia.
Ridacchiai, pensando al bel vampiro. Immaginai di stringermi al suo petto marmoreo, mentre sfrecciavamo per le strade di Pavia. È proprio vero quel che si dice, tra le fan di Twilight: non c’è modo migliore di viaggiare, se non tra le braccia di un vampiro immortale.
Come da me previsto, giungemmo in vista della stazione pochi minuti dopo. Filammo dritte in biglietteria, facendo pazientemente la fila. Mi guardai intorno circospetta, aspettandomi di veder spuntare un ciuffo dorato da un momento all’altro. Alessia sbucò tra la gente, i biglietti in mano, dritta verso l’uscita. La seguii, senza abbassare la guardia, procedendo lentamente verso il binario uno. Alzai lo sguardo, incontrando quello esasperato della mia amica che, già arrivata, mi faceva segno con la mano di sbrigarmi. La ignorai, controllando volto per volto tutte le persone in attesa del nostro stesso pullman. Di Umberto nessuna traccia.
Giunsi infine alla mia meta, leggermente più rilassata. Forse non sarebbe davvero venuto, dopotutto quel giorno, come sempre, non lo avevo visto a scuola…
Lo sguardo mi cadde sulla mia amica che, nemmeno tanto prudentemente, si stava guardando intorno, anzi, era fissa sulla fermata del 21. Mi schiarii la gola, attirando distrattamente la sua attenzione.
-Più comodo, dicevi?- dissi noncurante, fissandola divertita.
-Scusa?- rispose lei, senza perdere d’occhio il suo obbiettivo.
-“La stazione dei pullman è più vicina di quella dei treni!”- esclamai, ripetendo le sue parole di quella mattina.
-Eh?- le iridi celesti della mia amica erano puntate sulla preda.
Scossi la testa –Lascia perdere- mi arresi, riprendendo a scrutare la fermata. Ma non vidi niente di allarmante.
Improvvisamente, una morsa d’acciaio si strinse attorno al mio braccio.
-Oddio Eli, è lui, è il Dani!- mi sussurrò eccitata la mia amica.
Spostai stancamente lo sguardo, seguendo il suo, e incontrando la ormai familiare figura del bel ragazzo dell’autobus.
Non era raro che andassi a casa di Alessia, dopo scuola, perciò sovente prendevo il 21 con lei. Daniele c’era quasi sempre, e dopo le insistenti descrizioni della mia amica, avrei potuto riconoscerlo anche in mezzo ad una folla. Gli elogi di Alessia per “quel pezzo di gnocco” erano eguagliati solamente dagli stessi per il vampiro della nota saga.
Quel giorno, Daniele vestiva un paio di pantaloni blu, che fasciavano morbidi le gambe muscolose da calciatore. Il petto sporgente era cinto da un leggero maglione beige, sotto il quale si intravedeva il profilo dei muscoli. Poco sopra il colletto della sua polo lilla, si intravedeva un cordino nero, che delineava il profilo della giugulare, pulsante di sangue. Le braccia erano lasciate volutamente scoperte, arrotolando le maniche del maglione. Forse il ragazzo voleva far notare i bicipiti allenati, sui quali spiccavano le numerose vene. I piedi calzavano un paio di Nike bianche, che si sollevavano a ritmo, facendo trapelare l’impazienza del loro proprietario.
-Ma quanto sei figo?!- esordì Alessia, roteando gli occhi.
-Non penso che riesca a sentirti-
Lei distolse per una frazione di secondo lo sguardo dal ragazzo, lanciandomi un fulmine azzurro –Eureca! Mica parlavo con lui, dicevo in generale-
-Sarà, ma a me non pare tutta questa bellezza…- commentai a mezza voce.
-Infatti. Non solo è bello, ma è anche affascinante- confermò la mia amica, mangiandoselo con gli occhi.
La fissai preoccupata, ponderando seriamente l’idea di chiamare un ospedale psichiatrico. Ma proprio in quel momento, Daniele si girò, incrociando il mio sguardo.
Durò una frazione di secondo, eppure rimasi folgorata. Era questo che provava Alessia, ogni volta che prendeva l’autobus? Il famoso “effetto Dani”? Non mi sentivo follemente innamorata, tuttavia il mio cuore aveva perso qualche battito, quando i miei occhi avevano incrociato quelli marrone di lui.
Cosa vi avevo letto? Non riuscivo a spiegarmelo. Era come se qualcosa fosse nascosto, in quello sguardo scuro, come se un segreto si nascondesse dietro alle iridi nere.
Sobbalzai, facendo voltare Alessia.
-Cosa succede?-
-Mi…mi ha guardata- boccheggiai, sbattendo gli occhi e cercando di regolarizzare il respiro.
Le curatissime sopracciglia della mia amica si incrinarono, indurendo il viso dolce –Guarda che è già occupato- mi ammonì.
Annuii –Certo, è tutto tuo- mi affrettai a dire. Non volevo avere niente a che fare con quello strano ragazzo.
Alessia si rilassò, abbassando le spalle e fissando amorevolmente Daniele. Lui si voltò, ricambiando l’occhiata, e le guance della mia amica si tinsero di rosso. Chissà cosa provava, quando si scambiavano quegli sguardi…dubitavo che sentisse quello che avevo provato io, altrimenti più che seguire il bel ragazzo, ne sarebbe fuggita terrorizzata. Scossi la testa, non mi piaceva quel Dani, non mi piaceva proprio.
-I suoi occhi sono così profondi, e le sue labbra talmente piene…e il naso? Un’unica, perfetta linea- sospirò Alessia, persa nella contemplazione del suo Dio personale.
Osservai le sue gote rosse e gli occhi lucidi. Urgeva una chiacchierata con Nicolò. Mi voltai, incrociando la familiare figura del pullman in arrivo. Inghiottii a vuoto, guardandomi freneticamente attorno. Ma l’unica persona che conoscevo era Alessia. Salimmo sul Milano Diretto, cercando un posto a sedere. Trovammo un paio di sedili liberi dietro, e ci sedemmo, entrambe assorte nei proprio pensieri.
Mentre Alessia guardava tristemente la figura del Dani farsi sempre più piccola, il naso schiacciato contro il finestrino, io allungavo il collo in cerca di quella ben più conosciuta di Umberto, senza trovarla. Non era nemmeno lì.
Mi rilassai sul sedile, guardando sorniona la mia amica.
-Bhe, cos’è quella faccia?- chiese lei sorpresa.
-Non c’è, non c’è- canticchiai.
Lei ridacchiò –Io non ti capisco- disse poi –dovresti essere triste di non vederlo…non è il tuo Edward? Bella non vive senza il suo vampiro-
-Se per questo, nemmeno io- concordai –ma dopo i recenti sviluppi…-
-Tanto anche se Luca glielo dicesse, quello sarebbe troppo citrullo per fare qualcosa-
La guardai male –Umberto è un galantuomo, e non offenderebbe mai il suo migliore amico-
-No hai ragione, lo prenderebbe a clavate in testa, come gli uomini delle caverne-
Le feci la linguaccia, non riuscendo però a rimanere seria. Alessia si inventava di quegli insulti!
Trascorremmo il resto del viaggio a parlare del più e del meno, fino a quando non toccai l’argomento Nicolò.
-Che senso ha avuto chiarire ieri con lui, se poi oggi eri punto e a capo?- le chiesi perplessa. Ero seriamente interessata a capire.
Ma lei fraintese la mia domanda, interpretandola come una critica –Voglio bene a Nicolò, ma sono libera di guardarmi intorno- replicò concisa, e facendomi intendere che la questione si chiudeva lì.
A pochi minuti dalla meta, incontrammo una coda terrificante.
-Ma perché la gente prende la macchina per andare al lavoro? Non potrebbero fare una salutare passeggiatina di dieci chilometri?- commentò Alessia esasperata, fissando la fila di auto mentre io mi accasciavo sul sedile, il petto scosso dalle risate.
Giungemmo infine a Famagosta, meta del nostro viaggio.
-Dobbiamo prendere la linea verde della metro, e scendere a una delle fermate centrali- dichiarò la mia amica, il viso immerso nella carina di Milano, facendosi largo tra le persone ammassate vicino al pullman. La seguii a fatica, cercando di non perderla di vista. Ero terrorizzata da tutta quella gente, abituata com’ero al tranquillo traffico pomeridiano di Pavia.
-Allora, sempre dritto e poi a destra…- borbottò Alessia, alzando brevemente gli occhi dalla cartina.
-Vedi di non perderti, che qui c’è già abbastanza cas…-
Lasciai la frase in sospeso, seguendo con occhi spiritati la figura appena passata al mio fianco. Era impossibile che mi fossi sbagliata, avrei riconosciuto il suo profilo ovunque. E quegli occhi verdi…possibile che anche lui fosse lì?
Scossi il capo, tornando presente a me stessa. Non avevo tempo per distrarmi. Mi voltai, cercando la mia amica con gli occhi, per accorgermi di non riuscire più a trovarla.
Vagai per dieci minuti buoni tra la folla, spintonando a casaccio e gridando a gran voce il suo nome, prima di ammettere di essermi persa. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, mentre mi sedevo alla base di una colonna, prendendomi la testa tra le mani. E adesso cosa avrei fatto? L’unica cartina ce l’aveva Alessia, e concentrata com’era a studiarla chissà quanto tempo sarebbe passato, prima che si accorgesse di avermi persa…l’unica soluzione era cercare di raggiungere la nostra meta finale. Per fortuna ricordavo vagamente dove si trovava l’imponente Duomo, ma di certo non sarei riuscita a giungervi senza chiedere indicazioni.
Mi alzai, cercando di fermare una signora, ma quella si scansò e proseguì imperterrita la sua marcia. Anche le tre persone successive che provai a bloccare ebbero la medesima reazione, e un signore dalla lunga barba bruna arrivò persino ad urlarmi dietro parole poco adatte alle orecchie di una ragazza.
La mia ricerca di informazioni mi portò infine in un buio vicolo milanese, sudicio e stranamente silenzioso. Della folla di Famagosta nessuna traccia.
Ondeggiai per la strada, il morale sotto i tacchi. Cominciavo seriamente a pensare che non sarei più riuscita a trovare la mia amica. E come avrei potuto, se nessuno aveva tempo per me? Non chiedevo tanto, una misera indicazione...ma le persone erano tutte di fretta. D’altra parte, così sono gli uomini: corrono, corrono, senza mai sapere veramente dove andare.
-Ehi piccola, cosa fai qui tutta sola?- proruppe una voce, spezzando l’innaturale silenzio della via.
Mi voltai indietro, notando solo allora i loschi figuri alle mie spalle. Chissà da quanto tempo mi stavano seguendo. Accelerai il passo, sperando che non si stessero rivolgendo a me.
-Dove scappi?- esclamò purtroppo uno –se ti sei persa possiamo aiutarti noi a ritrovare la strada di casa!-
Mio malgrado rallentai, tentata da quelle parole. Mi girai appena, fissando la faccia di quello che aveva parlato. Avrà avuto poco più di vent’anni, tozzo con i capelli scuri. Indossava una camicia di flanella aperta sopra una maglietta sporca, jeans tagliati e sandali. Mi accorsi troppo tardi che quella descrizione coincideva perfettamente con quella di uno dei tipacci incrociati da Bella a Port Angeles.
-Ecco così, brava- disse quello, raggiungendomi –non c’è niente da temere, non vogliamo farti del male. O forse sì, eh ragazzi?-
Quelli risero sguaiatamente, e un brivido percorse la mia schiena. Camminando, ero arrivata alla fine della stradina, in un parcheggio male illuminato e deserto. Mi guardai intorno: lo spiazzo era di forma circolare, e i quattro uomini erano disposti in maniera da bloccarmi qualsiasi via di fuga. In un lampo, mi resi conto che quel numero era lo stesso degli individui incontrati da Bella. Ansimai, indietreggiando spaventata. Il tipo basso venne avanti, allungando una mano.
-Non fare così, bellezza- esclamò, pronunciando come da copione le frasi del famoso libro.
Ero a dir poco terrorizzata. Cercai di ricordare come si era comportata Bella in quella situazione, senza riuscirci. La mia mente si rifiutava di pensare, rimanendo muta alle mie richieste. Allora invocai la voce della stessa Bella, ma anche lei tacque. Feci un altro passo indietro, mentre l’uomo davanti a me ne mosse due nella mia direzione. Le risate roche alle sue spalle riecheggiarono come un canto di morte, ed io alzai i pugni in segno di difesa. Sapevo di non poter niente contro quegli armadi, ma non mi sarei arresa al mio destino senza lottare.
All’improvviso un paio di fari luminosi quasi mi accecò, ma riuscii comunque a distinguere il profilo di una macchina che entrava sgommando nel parcheggio, quasi travolgendo il tipo tarchiato.
L’auto si fermò e la portiera davanti si spalancò.
-Sali- ordinò una voce familiare.
Non me lo feci ripetere, e appena fui a bordo il motore ruggì, portandoci via dal pericolo scampato.
Mi voltai verso di lui, fissandolo incredula. Le belle mani erano ben strette al volante, e i tratti del viso, solitamente così morbidi, erano contratti come la mascella serrata. Ma non c’erano dubbi: quello seduto al mio fianco era proprio Umberto, nella sua versione più dark e incazzata.
Guidò per un paio di minuti, prima di fermarsi vicino ad un parco affollato di persone. Dopodiché si voltò verso di me, investendomi come un uragano.
-Si può sapere che cosa ci facevi in giro tutta sola per Milano? Non lo sai che è pericoloso per una ragazza?- mi ringhiò addosso, gli occhi verdi accesi di collera.
Rimasi immobile e silenziosa, annientata dalle sue parole e rapita dalla sua bellezza. L’ira gli conferiva un aura pericolosa e dannatamente sexy.
Umberto sospirò, chiudendo gli occhi e prendendosi la testa tra le mani. Vedendolo così, fragile e distrutto, mi si strinse il cuore e gli occhi si riempirono di lacrime. Allungai una mano esitante, fino a toccare il suo braccio. Lui non si scostò come temevo, ma non fece nemmeno nessun altro movimento. Sembrava una statua, perfettamente sbozzata in marmo pregiato.
-Mi dispiace- sussurrai –ero venuta a Milano con una mia amica, ma poi mi sono persa. Ho cercato di chiedere informazioni, ma nessuno mi ascoltava. Non so come sono arrivata in quel vicolo, ma sono certa che se non fossi arrivato tu, a quest’ora avrei fatto una brutta fine- presi un respiro –grazie- soffiai debolmente, prima di tacere.
In un attimo, mi ritrovai il suo viso a pochi centimetri dal mio. Era stato velocissimo.
-Prima in Discoteca, poi adesso, è mai possibile che tu riesca sempre a metterti nei guai?-
Abbassai il capo, colpevole. Ma lui me lo alzò, con un solo movimento della mano. Riuscii a sfuggire comunque al suo sguardo.
-Guardami, Elisabetta- disse allora.
Obbedii, non potendo farne a meno. Quando pronunciava il mio nome, cadevo totalmente in suo potere. Così spostai gli occhi verso il suo viso, incrociando il suo limpido sguardo color smeraldo. Le iridi brillavano come di luce propria, talmente chiare da riflettere la mia immagine.
-Te l’ho già detto una volta, e te lo ripeto: tu non hai idea di cosa significherebbe per me perderti- disse Umberto –io ci sarò sempre per salvarti, ma non è detto che una volta non arrivi troppo tardi. E se così fosse, non riuscirei mai a perdonarmelo. Non riesco a immaginare un’esistenza senza di te. Capisci cosa intendo?-
Annuii. La sola idea di perderlo bastava a farmi girare la testa. Non che in quel momento fosse proprio a posto. Sentivo il suo alito fresco sul mio viso, balsamo rigenerante per le mie guance bollenti. La sua bocca aveva parlato a pochi centimetri dalla mia, le parole mi erano arrivate come in un soffio.
Non so cosa sarebbe successo, se non si fosse allontanato in quel momento. Ma lo fece, sospirando e ficcando una mano nella tasca dei jeans. Ne estrasse un cellulare, porgendomelo.
-Chiama la tua amica e dille di raggiungerci- disse. Ad un tratto appariva molto stanco.
Obbedii, digitando il numero di Alessia e aspettando che rispondesse. Lo fece quasi immediatamente.
-Pronto?- disse la sua voce agitata.
-Ale, sono io…-
-Ma dove cappero eri finita?! Mi hai fatto preoccupare a morte!- esclamò la mia amica, sinceramente in ansia.
-Scusa, mi ero persa e…-
Non mi lasciò finire –Dove sei adesso? Di chi è questo numero?-
Guardai Umberto che mi tese la mano. Gli passai l’apparecchio e lo portò all’orecchio.
-Ciao Alessia, sono Umberto- disse con la sua voce calma e profonda –ero in giro da queste parti e ho incrociato Elisabetta in compagnia di quattro simpatici amichetti-
Arrossii, era ancora arrabbiato con me. Lui si voltò, sfiorandomi con un dito le guance rosse –Sta bene- sorrise –glielo riferirò-
Poi le spiegò dove ci trovavamo e le diede tutte le indicazioni per raggiungerci.
Quand’ebbe riagganciato, lo assalii.
-Cosa mi devi dire?- chiesi curiosa.
Lui ridacchiò per la mia impazienza, e gli occhi ridenti e le fossette agli angoli della bocca mi mandarono in iperventilazione.
-La tua amica mi ha detto di dirti che ha “vinto su tutta la linea”-
Mi morsi le labbra per soffocare una risata. Alessia non si smentiva mai.
-Per la cronaca- proruppe Umberto –c’entro per caso io?-
-Oh no- mi affrettai a rispondere –assolutamente no!-
Lo contemplai rapita mentre la sua risata cristallina risuonava nell’abitacolo. Forse quella giornata non sarebbe stata completamente da buttare…







Eeeeh, che capitolone che vi ho regalato! Ma mi sembrava doveroso, trattandosi di un regalo di addio.
No, non ho deciso di suicidarmi, anche se sono imbranata quasi quanto Bella, nonché campionessa di caduta libera dalle scale, bensì parto. Me ne vado al mareeeee! All’isola d’Elba, per esattezza. E, mi dispiace per voi, non tornerò prima di una settimana. Ma anche una volta tornata non è detto che aggiorni subito, causa preparativi per viaggio in Inghilterra. Lo so, ma la mia estate è sempre così. Non sto ferma un attimo!
Perciò spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. È importante, come potete capire, nel suo complesso. Nei prossimi non so ancora bene cosa accadrà, ma penso che per un po’ non lascerò in pace i nostri protagonisti…muahmuhamuha, me malvagia!
Per fugare un dubbio generale: Bella non sarà l’unico personaggio di Twilight a comparire in questa storia, più avanti ne verranno altri, non temete. E sì, anche il nostro amato vampiro!
Ora scappo che ho una valigia da finire, buone vacanze a tutti e a presto!
Baci!
Ele




Per rispondere a…


mione94: C’è, dimmi se non è stato un capitolo movimentato! Anzi, penso che non sarai più in grado di dirmi niente…ahah! xD Fammi sapere il tuo parere amore, lo sai che conta molto per me, specialmente per le parti sul Dani ùù Mi manchi già :’( Ti amo tantissimo!
Saretta__Trilly__: Ciaoo!! Hai visto quanti colpi di scena?! Comunque no, ci saranno praticamente tutti i personaggi, non temere! ^^
Austen95: Tua nonna è una grande! Anche io detesto Jacob >< Edward foreveeeeerrr! ^^ O mamma, ma che incubo dev’essere questa allergia! oO Quindi non puoi abbronzarti? Io divento un aragosta….ihih xD
Bella_kristen: Tesoraaaa miaaaa, ma grazie a te che commenti sempre!!! :D Comunque mi dispiace per te, ma Umbe è solo mio ùù Se vuoi ti posso dare Luca, o uno degli altri 10 che mi piacciono! Ahah xD Vampiri chiedi? Mmm non so, ho delle idee in testa ma devo ancora definirle bene…so per certo che dopo Bella arriveranno molti personaggi! Bacioniiii!

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Capitolo 12
*** 12. Scombussolata ***






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Pochi minuti dopo vidi comparire il profilo familiare della mia amica che, spaesata, si guardava intorno, cercando la macchina giusta. Mi voltai verso Umberto ed ad un suo cenno scesi dall’auto. Corsi incontro ad Alessia, che mi accolse con un sorriso e una vagonata di domande.
-Dove caspita eri andata? Ero terrorizzata, tanto più che ti conosco! Non sai orientarti nemmeno a casa tua! E quei tizi di cui parlava Umberto? Chi erano? E adesso perché sei con lui? Come…-
-Un attimo!- gridai, tappando con una mano quella cascata di parole –ti spiegherò tutto dopo, adesso non mi sembra il caso di far aspettare Umberto- Alessia protestò, guardando male me e le mie dita sulla sua bocca, ma poi annuì, portandosi una mano sul cuore. Lasciai cautamente la mia posizione, notando sollevata che pareva aver bloccato il fiume in piena.
Raggiungemmo Umberto che nel frattempo si era acceso una sigaretta e fumava tranquillo, il braccio muscoloso fuori dal finestrino. Salutò la mia amica con un sorriso, mentre entrambe prendevamo posto nell’auto, io davanti e lei dietro. Osservai le fossette agli angoli della bocca di Umberto, non potendo fare a meno di confrontare il suo sorriso con quello di Luca. Erano differenti, sebbene entrambi terribilmente attraenti. Ma mentre quello di Luca contagiava sovente gli occhi, illuminando il bel viso, quello di Umberto era più contenuto. Ad ogni modo, non riuscivo a capire come Alessia potesse essere ancora viva, dopo aver ricevuto un regalo del genere.
-Ehm ehm- disse proprio in quel momento la mia amica –Elisabetta mi stava raccontando di come l’hai prontamente salvata-
Mi riscossi dal mio torpore, spostando lo sguardo sulla mia amica, che mi stava fissando, un sopracciglio alzato e un ghigno canzonatorio in faccia. Con la coda dell’occhio sbirciai Umberto, anche lui divertito. Forse i miei pensieri non erano poi così segreti…
Arrossii di botto, affrettandomi a rispondere ad Alessia.
-S-sì, è stato magnifico, è comparso nella piazza appena in tempo!- esclamai, pentendomi un secondo dopo delle mie parole. Umberto mi fissava sorridendo, chiaramente lusingato dalle mie parole. Ma perché non stavo mai zitta?! Quando c’era lui, il mio corpo reagiva per conto suo, non volendo obbedire alla mente che non era in grado di pensare. Quel ragazzo mi...stordiva!
-Hai visto, i casi della vita- commentò Alessia, squadrando Umberto –bello, affascinante e pure provvidenziale! Un uomo da sposare- aggiunse poi, voltandosi verso di me.
Ero stata l’unica a notare il tono canzonatorio della sua voce?
-Io direi piuttosto che è Elisabetta, quella propensa a cacciarsi sempre nei guai- disse Umberto, parlando per la prima volta.
Le mie guance, già in fiamme, si tinsero se possibile ancora di più, mentre le risate di quei due risuonavano nell’abitacolo. Poco dopo sfrecciavamo per le strade di Milano, diretti verso casa. Il viaggio fu tranquillo, e stranamente Alessia non aprì bocca. Forse era stanca, o magari non voleva distrarmi dalla mia contemplazione personale. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui: mi sembrava di essere una calamita, attirata inevitabilmente nella sua orbita magnetica. Sbirciavo in continuazione il suo viso rilassato, i capelli biondi spettinati dal vento proveniente dal finestrino abbassato. Ad un osservatore distratto, avrebbe potuto apparire calmo e a suo agio, ma nei suoi occhi potevo ancora leggere la tensione e la preoccupazione che li avevano animati poco prima. Mi rabbuiai, pensando che probabilmente quel suo malumore era dovuto a me. Notai che mi fissava, un’espressione curiosa in viso. Voltai la testa, portando lo sguardo verso la campagna milanese, e sperando che non avesse notato la lacrima che lentamente scorreva sulla mia guancia.
Quando eravamo ormai in prossimità della città, Umberto chiese ad Alessia dove abitava. Seguendo le indicazioni della mia amica, arrivammo a Cava, fermandoci esattamente davanti a casa sua. Lei scese, ringraziando Umberto e fissandomi eloquente. Sospirai, seguendola verso il portone.
-Non credere di sbrigartela così! Stasera voglio tutti i dettagli- mi minacciò lei.
Annuii, guardandola tragicamente. Sarebbe stato inutile insistere, con Alessia non potevo vincere.
Lei sorrise, stupita che mi fossi fatta convincere così facilmente. Mi scoccò un bacio sulla guancia, infilandosi dentro l’edificio.
Raggiunsi a capo chino la macchina, sedendomi sul sedile mentre Umberto ripartiva, facendo ruggire il motore.
-Cosa ti ha detto per farti deprimere così?- mi chiese lui, divertito dalla mia espressione. Ma riuscivo a leggere la preoccupazione celata dietro quelle parole.
-Appena arrivo a casa mi attende un interrogatorio- spiegai, una smorfia sul viso.
Lui si avvicinò, portando una mano sulla mia fronte e spianando la ruga che si era formata –Potrei rapirti- sussurrò, guardandomi negli occhi.
Quel contatto visivo e il suo tocco leggero mi fecero andare in palla. Respiravo a fatica, mentre il cuore batteva troppo velocemente. Chissà se sapeva dell’effetto che mi faceva…
-S-sarebbe bello- commentai, con un filo di voce.
Lui sorrise, allontanandosi subito dopo. Lo guardai corrucciata, riprendendo a far entrare aria nei miei poveri polmoni. Tacemmo per un attimo, e con mia grande sorpresa fu lui il primo a rompere il silenzio.
-Prima stavi piangendo…-
Lo fissai esterrefatta, come aveva fatto ad accorgersene? Mi pareva di essermi girata immediatamente…
Vedendo che non rispondevo, si voltò verso di me, osservandomi attentamente. Arrossii, sotto il suo sguardo limpido e indagatore.
-Non voglio che tu soffra-
Restai senza fiato. Lo guardai, gli occhi colmi di lacrime.
-Nemmeno io voglio che lo faccia tu. È per questo che ero triste, perché tu stavi soffrendo-
Umberto sospirò, asciugando con la mano le mie guance bagnate. Chiusi gli occhi, beandomi di quel contatto. Sentivo il cuore battermi veloce nel petto, come succedeva ogni volta che mi sfiorava. Cercai di regolarizzare il respiro e i frenare il tremito del mio corpo.
-Mi preoccupo per te, Elisabetta. Non posso lasciarti sola un attimo, che tu rischi di farti ammazzare!-
Aprii gli occhi, sorpresa dal suo tono arrabbiato.
Lui sospirò, portando entrambe le mano sul volante.
-Non ce l’ho con te…- cominciò -…ma con me stesso-
-Perché?- chiesi, senza riuscirmi a trattenere.
-Perché non riesco a proteggerti- rispose immediatamente, un’espressione contratta e sofferente sul bel viso.
Vederlo in quello stato faceva star male anche me. Fu il mio turno di sfiorargli la mascella contratta, facendolo sussultare. La sua pelle era stranamente fredda, ma morbida e liscia.
-Non è colpa tua- sussurrai –non puoi esserci sempre. Devo imparare a cavarmela da sola-
Lui scosse la testa, tacendo. Non capivo cosa volesse dire. Improvvisamente ci fermammo, e lui si voltò verso di me.
-Sei arrivata-
Guardai fuori dal finestrino, ritirando la mano mentre un’espressione sorpresa di dipingeva sul mio viso. Dall’altro capo della strada, la mia casa. Corrucciai la fronte, non mi ricordavo di avergli dato il mio indirizzo…
-Ti conviene scendere ora che non sta passando nessuno- aggiunse. Che avesse fretta? O forse non voleva restare più in mia compagnia, insieme al “Pericolo Pubblico”…
Feci per aprire la portiera, ma Umberto mi sfiorò il braccio. Mi girai a fissarlo, una smorfia sul viso. Lui si rabbuiò, lasciando la presa sul mio polso.
-Non essere triste- mormorò, avvicinandosi.
Rimasi immobile, mentre mi poggiava le labbra sulla fronte. Quando si allontanò, mi pareva di avere un marchio incandescente dove si era poggiata la sua bocca.
-Non lo sono mai, quando sto con te-
Spalancai gli occhi, mentre sentivo le guance andare a fuoco. Sebbene le mie parole fossero state avventate, erano del tutto veritiere. Non riuscivo a mentire, in sua compagnia.
Umberto sorrise debolmente –Ora devi andare-
Annuii, ma prima di scendere gli rivolsi la domanda che mi tormentava da giorni
–Perché non c’eri a scuola, ultimamente?-
-Ho avuto un…contrattempo- rispose, poi, vedendo che ero ancora in attesa, aggiunse –non mi sono sentito tanto bene-
Lo fissai, preoccupata –Ma adesso come stai?-
Mi sfiorò una guancia, sorridendo –Ora? Ora sto benissimo-
Una scia di fuoco seguì il suo tocco leggero –Domani verrai?- sussurrai, trattenendo il respiro.
Scesi, fissandolo trepidante. Umberto sorrise, ammiccando e partendo a tutta velocità.
Osservai la sua auto fino a quando non fu diventata un puntino all’orizzonte. Cosa voleva dire quel gesto? Era un sì o un no? Sbuffai, attraversando e suonando alla porta. Perché doveva sempre essere così ambiguo?! Okay che quella sua aura di mistero lo rendeva se possibile ancora più sexy, però le sue risposte non facevano atro che confondermi ulteriormente! All’improvviso mi resi conto che non gli avevo nemmeno chiesto se il fatto che si trovasse sempre nei paraggi quando io ero in pericolo fosse una coincidenza o meno. Ma subito mi diedi della stupida: figuriamoci se un tipo come lui passava le sue giornate a seguire me! Di certo aveva di meglio da fare.
La porta si spalancò e comparve la figura di mia madre.
-Oh, eccoti finalmente! Com’è andato il giro a Milano?- mi chiese, mentre entravo in casa e cercavo di filarmela al piano di sopra.
Mi bloccai, guardando il pavimento –Tutto okay, mamma-
-Ma non hai comprato niente?- constatò lei, sorpresa.
-No…non c’era niente che mi piacesse- dissi, continuando a fissare la pavimentazione irregolare del mio salotto.
Sbirciai nella sua direzione e la vidi assottigliare lo sguardo –Tu non me la racconti giusta. Non vorrai mica costringermi a chiamare la mamma di Alessia per una conferma, vero?-
Alzai gli occhi da terra, puntandoli su di lei –Non ce n’è alcun bisogno! Non ti sto mentendo!- esclamai, diventando paonazza.
Ci fissammo un attimo in silenzio, poi abbassò lo sguardo, sospirando –Non sei mai stata brava a dire le bugie, Elisabetta, ma per una volta mi voglio fidare-
Rilassai le spalle, facendo per andarmene.
-Aspetta!- mi richiamò lei –ho un messaggio per te-
-Da chi?- chiesi curiosa.
-Un ragazzo, un certo Luca- rispose lei, calcando di proposito sul nome –ha telefonato oggi pomeriggio, ma visto che non c’eri ha detto di richiamarlo-
Spalancai la bocca, senza però farne uscire alcun suono.
Mia madre parve sorpresa da quel gesto –Lo conosci, tesoro? Mi è sembrato così carino e gentile…-
Certo, proprio da lui! pensai con rabbia, aggiungendo poi a voce –Sì, lo conosco mamma. Grazie per il messaggio-
Corsi su in camera mia, sbattendo la porta dietro di me. Ero furiosa. Ma come si era permesso di telefonare a casa mia?! E come aveva ottenuto il mio numero? Digrignai i denti, mentre un pensiero mi colpiva. Afferrai il cellulare, dimenticato sul comodino, e digitai velocemente il numero. La robotica voce della centralinista mi rispose gentile, facendomi appendere, sempre più arrabbiata. Domani io e Alessia avremmo fatto i conti.
Mi gettai sul letto, affondando la faccia del cuscino. Perché le lacrime premevano per uscire? Era stata una giornata tutto sommato indimenticabile! Avevo rischiato la vita e il ragazzo dei miei sogni mi aveva salvata. Di nuovo. E allora come mai mi sentivo così…scombussolata?
Ti capisco commentò una voce nella mia testa.
Dove eri finita?! Non sei venuta, quando ti ho chiamato! L’aggredii immediatamente.
Elisabetta, ascolta…
No, ascoltami TU, adesso!
La interruppi, gridando Ti ricordi l’aggressione a Port Angeles? I quattro uomini? Ero sola e spaventata, e tu eri l’unica a potermi capire e aiutare! Invece non mi hai risposto, e non oso immaginare cosa sarebbe potuto succede se non fosse arrivato Umberto in quel momento!
Cosa avrei potuto fare io? Sono solo una voce dentro la tua testa!

Rimasi di stucco, incapace di ribattere. Aveva ragione, come sempre. Guarda il lato positivo, proseguì Bella dolcemente, lui è venuto a salvarti, e questo significa molto.
Non capisco.
Edward è sempre arrivato nei momenti in cui ero più in difficoltà, così come Umberto con te. Può significare una sola cosa.
Mi dispiace, ma continuo a non arrivarci
, commentai dispiaciuta.
Lei tacque. Non importa, disse alla fine, c’è tempo.
Presi un bel respiro mi dispiace per come ti ho trattata prima, non avrei dovuto attaccarti in quel modo…
Sssh, va tutto bene
disse Bella, e potei quasi immaginarmela mentre sorrideva è stata una lunga giornata, e sei stanca. Ci mancava solo questa storia di Luca!
Percepii il suo fastidio unirsi alla mia rabbia Domani mi sente, lui e quella traditrice della mia migliore amica!
Mi sollevai dal letto, afferrando Twilight che riposava tranquillo su una mensola. Mi immersi nella lettura, con la speranza di trovare qualche indizio su come farla pagare a quei due, e perché no, anche un’idea su come conquistare l’Edward del mio cuore.







Tesori miei! Non so quanti di voi siano rimasta in vita, o almeno in possesso di un corpo, per leggere fino alla fine questo capitolo. Non perché sia il capitolo in sé a fare schifo (almeno, spero di no) più che altro per il caldo atroce che fa in questi giorni. Ma, per curiosità, voi come fate a sopravvivere?? Io se non mi chiudo in camera con l’aria condizionata a 21 mi sciolgo come neve al sole!
Ad ogni modo, torniamo al capitolo. Lo so, è di passaggio, corto e bla bla bla, però non è inutile! Innanzitutto volevo ben evidenziare la differenza tra quello che Elisabetta prova per Umberto da quello che sente per Luca. E non è una cosa da poco ùù
E poi, bhe…ci sono parecchi indizi sui capitoli futuri, esattamente 4/5, vediamo chi me li trova! E non sono indizi da niente…specialmente quelli su Umberto! Ma basta suggerimenti, adesso tocca a voi ùù
Con mio grande dispiacere sono costretta ad annunciarvi che non aggiornerò fino al 16 Luglio, tornando proprio quel giorno dall’Inghilterra. Mi fermerò a casa fino al 7 Agosto, e spero di riuscire ad aggiornare in quella settimana là! Poi andrò al mare, ma a Roma rientrerò finalmente in possesso del computer. Muahmuhamuha.
Mi mancherete, voi e le vostre recensioni, e anche questa storia, alla quale mi sto sinceramente appassionando! Spero sia lo stesso per voi ^^
Adesso vado a stravaccarmi sul letto fingendomi morta, magari mamma ci casca e non mi fa stendere i panni. Pregate per me!
Buone vacanze a tutti!
Bacioniii
Ele




Per rispondere a:

mione94: Ahah, PER LA CRONACA!! xDxD Eeeeh, che capitoline quello scorso! OooOoOoOoh, bella Amore! Ahah xD Tranquilla, il DANI, D-A-N-I, è tuo forever and ever…oO Amore ma…lo sai che lo scorso chappy tu non stavi ancora con VUL?!? Oo E comunque…FORZA TEAM TDC!!!! XDxD Ti amooo
Bella_kristen: Tesora miaaa! Che piacere sentirti :D Ahah, lo so, mi dispiace ma Umbe è solo mio ùù Dici che Luca non è male?? Mmm, non voglio smentirti, ma più avanti vedrai…me muta! :X ^^ E il Dani…eheh, anche su di lui ci saranno parecchie sorprese…^^ E che ne dici di questo chappy??? Ti è piaciuto?? Hai visto, ce l’ho fatta ad aggiornare prima di partire! A presto tesora, bacioniiii!!!
Saruxxa: ** Adori Umbe??? Oh bhe, allora ti stimo ùù xDxD Lo so, il Dani (si chiama Daniele, non Davide xD) è strano, e vedrai più avanti…! I vampirotti arriveranno tra un po’..non so bene quando, non me l’hanno ancora comunicato xD Ciaooo!
Austen95: Ehilàà!! Non mi sono scottata sai, sono solo diventata a chiazze bianche e rosse, come la Pimpa xD Tifi per Umbe?? Sei una grande ùù Ahah alla prossima!! :D
DarkViolet92: Grazie mille!! Spero che anche questo piiiccolo chappy ti sia piaciuto ^^

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Capitolo 13
*** 13. Ferma tempo ***






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O miseriaccia.
Non ditemelo.
Sono quattro settimane che non aggiorno. Quattro settimane?!
Miseriaccia, sono imperdonabile!
Mi prostro ai vostri piedi, chiedendo venia. Ma, nonostante non ci siano scuse, ho argomenti validi da portare a mia discolpa.
Primo, i miei amici. Sì, è colpa loro se non ho avuto il tempo di scrivere la settimana dopo l’Inghilterra. Mi hanno letteralmente succhiato ogni singolo minuto di ogni giornata, perciò, prendetevela con loro!
Secondo, la casa al mare. Sono stata a Siponto, in Puglia, un paesino dove la televisione è arrivata pochi anni fa. E questo vi dice tutto.
Terzo, flirt. Eh, si sa, in estate è così...
Comunque ho pronto questo bel capitolone per voi. Non è venuto male, affatto, è molto movimentato e ricco di avvenimenti. Spero vi piaccia.
Vi prego, vi prego, non abbandonatemi. Non fate come me, non punitemi non recensendo. Ho bisogno dei vostri consigli, di sentirvi. Mi siete mancati :)
Adesso sono a Roma, col computer stretto tra le braccia giorno e notte, e, compiti permettendo, cercherò di aggiornare una volta a settimana.
Ah, volevo dirvi che ho un’altra FanFic in cantiere...l’idea mi entusiasma tantissimo!
A presto miei cari, un bacione dalla vostra perenne vagabonda,
Elena







Il giorno dopo, entrai come una furia in classe.
-Tu!- gridai, indicando con un dito accusatore la mia migliore amica -sei una schifosa traditrice!-
Lei mi guardò confusa, chiaramente senza la vaga idea di cosa stessi dicendo.
Mi avvicinai a lei, sfuggendo alle mille orecchie delle mie compagne pettegole -Il mio numero- le bisbigliai -il mio numero, a Luca!- ripetei esasperata, davanti alla sua faccia da pesce lesso.
-Oh- disse, finalmente consapevole della sua colpa -quello-
-Sì, esatto, quello- ringhiai frustrata -un piccolo dettaglio che mi è costato la mia reputazione con mia madre-
-Ha davvero chiamato a casa tua?- domandò sorpresa e curiosa Alessia.
Chiusi gli occhi, reprimendo l’istinto di strangolarla -Sì, e non sono stata io a rispondere-
-Wow!- commentò lei, lasciandomi basita -non avrei scommesso un soldo che lo facesse! E bravo il ragazzo!-
L’afferrai per le spalle, incapace di trattenermi -Bravo il ragazzo? Bravo il ragazzo?! Mi è quasi venuto un infarto! E ha pure lasciato detto di richiamarlo!- mi battevano i denti, da tanto tremavo.
Alessia mi prese le mani, rigide tra le sue, e mi guardò negli occhi -Elisabetta, adesso calmati- mi intimò, con voce modulata -fai respiri profondi, ecco, così. Non è successo niente di male! Quando è venuto a chiedermi il tuo numero, non ho voluto darglielo. Ma quello di casa, che male c’era? Avrebbe potuto benissimo trovarlo su qualsiasi elenco telefonico. E poi, chi se lo aspettava che avrebbe chiamato veramente?!- aggiunse colpita -non ha fatto niente di terribile, semmai dovresti sentirti lusingata-
Sorpirai, terminando l’ultimo ciclo di respiri. Ero tranquilla. Squadrai storta la mia amica, ma ormai non ero più arrabbiata con lei. Aveva ragione, Luca non aveva commesso un omicidio, mi aveva solo cercata. Cosa che non aveva mai fatto nessun ragazzo, prima di lui. Arrossii, scacciando quel pensiero. Tornai a fissare Alessia, che ricambiò lo sguardo, curiosa.
-Ma si può sapere da che parte stai, tu?! Prima fai tutta la carina con Umberto, e poi vengo a sapere che spiattelli il mio numero a destra e a manca...-
Lei alzò le spalle, come se non considerasse importante l’argomento -Io non sto dalla parte di nessuno. A me basta che ti fidanzi con uno dei due, così la pianti di assillare me con i tuoi problemi sentimentali-
La fulminai con lo sguardo, ma non potei frenare il sorrisetto che aveva increspato l’angolo della mia bocca. Schietta, diretta e crudele. Esattamente come piaceva a lei.
-Ah, e sarei io quella che si tormenta? Chi è che sbava dietro a Mister Muscolo, mentre il suo povero fidanzato rimane a osservare tutto nell’ombra?- ribattei, volutamente cattiva.
Ohi ohi, mossa sbagliata. Vidi con orrore gli occhi della mia migliore amica riempirsi di lacrime, e restai a osservare sgomenta la sua chioma ricciuta sparire dietro l’angolo del corridoio. Cosa avevo detto, di così terribile?
Mi accasciai sul banco, già preda dei sensi di colpa. Mai che ne combinassi una giusta!


Alessia non si fece vedere fino alla quarta ora, quando entrò in classe e consegnò la giustificazione (chiaramente falsa) alla professoressa Mibi, salutandola con un sorriso e sfoggiando una camminata sicura e sensuale fino all’ultimo banco in fondo all’aula. Non si sedette al mio fianco.
Mi voltai, cercando senza successo di non farmi notare, e la scoprii a fissarmi risentita, la bella maschera sul suo viso distorta dalla rabbia. Rabbrividii, voltandomi e non degnandola di uno sguardo fino al suono della campanella. Decisi che le avrei parlato. Non poteva fingere con me, la conoscevo troppo bene. Avrebbe dovuto dirmi cosa c’era che non andava, io avrei capito, mi sarei scusata e poi puff, amiche come prima. Ma appena l’acuto suono risuonò nell’aria, Alessia si precupitò fuori dalla classe. Afferrai la borsa, cercando di correrle dietro.
-Alessia!- la chiamai, arrancando dietro alla sua camminata veloce. Lei non si voltò, accellerando il passo. La imitai, intestardita a non perderla. Ovviamente, inciampai nei miei stessi pantaloni. Caddi all’indietro, ma un attimo prima di toccare terra, venni afferrata da un paio di braccia robuste. Osservai le mani del mio salvatore, mentre questi mi aiutava a tirarmi su e mi portava lontano dalla calca, al sicuro. Lo lasciai fare, un po’ perchè sarebbe stato inutile intestardirsi a inseguire la mia amica, un pò’ perchè avevo riconosciuto quella stretta così familiare.
-Arrivo sempre al momento giusto, a quanto pare-
Sorrisi debolmente -Ciao, Luca-
Osservai il sorriso abbandonare lentamente il suo bel viso, a partire dagli occhi scuri, che mi fissarono come a volermi leggere dentro.
Magari tu ci riuscissi veramente, pensai tristemente.
Non avevo dimenticato i miei propositi dell’altro giorno. Ma adesso, dopo che mi aveva evitato l’ennesima caduta, la prospettiva di rompere con lui si rivelava più difficile del previsto.
-Qualcosa non va?- mi domandò lui, sfiorandomi il braccio delicatamente.
Rabbrividii, scostandomi impulsivamente. Lo guardai allarmata, sperando che non se ne fosse accorto. Il suo sguardo sorpreso e ferito mi convinse del contrario.
-Effettivamente sì- cominciai -ieri mia madre mi ha riferito il tuo messaggio...-
-Oh, quello!- mi interruppe lui -non ti preoccupare, non mi aspettavo davvero che mi richiamassi- sorrise, sfrontato.
Digrignai i denti, mentre lo stomaco mi si chiudeva alla vista delle sue dannate fossette. Perchè non mi aveva lasciata finire? Adesso riprendere sarebbe stato ancora più faticoso.
-Non è per quello- replicai, prendendo un bel repiro -ma la tua telefonata mi ha aiutata a capire come stanno veramente le cose-
-E cioè?- mi chiese lui, avvicinandosi pericolosamente, senza staccare gli occhi dai miei.
-Tu...io...penso che tu abbia freinteso quello che c’è tra di noi- boccheggiai, mentre la sua mano scendeva sul mio fianco e le sue labbra si poggiavano sul mio collo. Mi guardai intorno, allarmata. Il corridoio della scuola era vuoto.
-Ah sì? Allora prova a spiegarmelo tu...- lo sentii sussurrare, roco. Sentivo il suo fiato caldo sulla mia pelle, la sua bocca lasciare linee incandescenti dove passava.
-Io...- comunciai, interrompendomi quando il lobo del mio orecchio fu catturato dai suoi denti. Cercai di repirare normalmente, di riordinare le idee -noi non stiamo insieme-
-Mmm...- mormorò lui, baciandomi la mascella e attirandomi di più a sè.
Strinsi gli occhi, cercando di ignorare i battiti frenetici del mio cuore e le sue labbra sul mio mento -e io penso...-
-Vuoi sapere cosa penso io?- mi interruppe lui, smettendo di baciarmi e allontanandosi dal mio volto quanto bastava per guardarmi negli occhi -penso che tu sia bellissima, e di essere pazzo di te-
Avrei voluto ribattere, ma non sapevo cosa dire. E avrei voluto scansarmi, quando le sue labbra si impadronirono delle mie, ma, francamente, non ne avevo nessuna voglia.
Capii subito che quello non sarebbe stato un bacio come gli altri. Forse fu per la scarica di adrenalina che sentii scorrere nelle mie vene, o forse per il suo corpo avvinghiato al mio. La sua lingua si fece strada nella mia bocca, le sue labbra si aprirono e si chiusero, imitate dalle mie, i nostri repiri, ansimanti, si mescolarono. Sentivo il suo sapore, caldo, sensuale, buono. Sentivo le sue mani, bollenti, infilarsi sotto la mia camicetta, le sue gambe intrecciate con le mie. Ma mi sorpresi molto, quando percepii le mie dita a contatto con la sua pelle. Non sapevo come le mie mani fossero arrivate sotto la sua maglietta, come i miei polpastrelli seguissero la linea perfetta dei suoi addominali. Il mio corpo non mi rispondeva più. Gemetti, quando il suo tocco mi sfiorò il seno. Non seppi mai dove trovai la forza, ma fu allora che, con enorme sforzo, mi staccai da lui, appoggiandomi stremata al muro.
Mi sistemai la camicetta, lisciandola con le mani, rossa d’imbarazzo. Non ero mai stata il tipo da strusciarsi con un ragazzo in un angolo della scuola, col rischio di essere visti da chiunque. Eppure, era proprio quello che avevo fatto. E, con mio sommo orrore, mi accorsi che mi era pure piaciuto.
Vidi Luca ricomporsi, esattamente come me, e guardarmi imbarazzato -Devo andare- disse.
Annuii, incapace di spiccicare parola. Lui fece per avviarsi, poi cambiò idea, tornando indietro e lasciando un bacio sulla mia fronte. Lo guardai andare via, fino a quando non fu sparito. Solo allora scoppiai in un pianto dirotto, accasciandomi a terra, la testa fra le mani, scossa dai singhiozzi e dalla muta rabbia che nutrivo verso me stessa.
Un disastro! Ecco che cos’ero, un disastro! Una cosa dovevo fare, una semplice, piccola cosa. Okay, non tanto semplice, ma, insomma! Quanto ci vuole per rompere con uno che non è nemmeno il tuo ragazzo?! Ma no, non solo non lo avevo fatto, mi ero ritrovata a limonare in modo osceno con lui! Ero una vigliacca, e quel che era peggio è che non ero nemmeno riuscita a dirgli di no. Adesso lasciarlo andare sarebbe stato ancora più difficile.
Non so per quanto tempo rimasi lì, raggomitolata nel corridoio della scuola, a versare fiumi di lacrime e crogiolarmi nella mia incompetenza. Forse ore, o forse solo minuti. Il tempo aveva perso il giusto corso, per me. Umberto mi trovò così, nella stessa posizione di quando Luca se n’era andato.
-Elisabetta!- sentii esclamare.
Alzai la testa, inorridita, vedendolo corrermi incontro.
-Cos’è successo?- mi domandò lui spaventato, non appena vide la mia faccia.
Feci una smorfia, dovevo davvero essere in uno stato pietoso.
Mi aiutò ad alzarmi, ma provata da tutte quelle lacrime, non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi. Portò una mano sulla mia vita, sorreggendomi e conducendomi fuori dall’edificio. Lì, mi fece sedere su una panchina e allungare le gambe, intirizzite per la posizione scomoda. Poi, si accomodò al mio fianco, in attesa della mia risposta alla sua domanda.
-Sto bene- gracchiai, la gola arrochita dal tanto piangere. Arrossii immediatamente.
Ma Umberto non sembrava divertito dalla mia voce da matusalemme, al contrario. Sul suo viso leggevo solo preoccupazione. Quando mi resi conto che la causa del suo tormento ero io, non riuscii a trattenermi, e scoppiai a piangere. Di nuovo.
-Elisabetta, Elisabetta, non fare così, te ne prego!- si allarmò subito, sporgendosi verso di me.
Ma non ce la facevo, le lacrime scorrevano come un fiume in piena. Guardai il suo volto, scioccato e addolorato. Grosso errore. Nuove lacrime andarono ad aggiungersi a quelle che, già abbondantemente, rigavano il mio viso. Portai le mani sugli occhi, cercando di frenare quel flusso esagerato, e nascondendo la vista del suo dolore.
Dopo un attimo, percepii una leggera ma decisa pressione sui miei polsi. Allontanai le braccia, trovandomi col viso di Umberto a pochi centimetri dal mio.
Il suo respiro freddo mi accarezzò le guance, permettendomi di pensare con maggiore lucidità. Smisi di piangere, strizzando gli occhi e fissando quelli, incredibili, di lui. Era così vicino, troppo vicino...
Sarebbe accaduto, lo sapevo. Mi avrebbe baciata. Lo capivo da come fissava alternativamente i miei occhi e la mia bocca, dal suo sguardo indeciso. E io, io sarei morta. No, non esageravo, ne ero certa, sicura al cento per cento.
Poggiai un dito sulle sue labbra, quando ormai mancavano una manciata di millimetri al contatto con le mie.
-No...- mormorai flebile.
Vidi un lampo di quella che mi parve rabbia passare nei suoi occhi, prima che, con uno scatto repentino, si allontanasse da me. Lo fissai colpevole, aspettando che parlasse. Volevo che mi urlasse contro, che mi dicesse quanto ero puttana, quanto gli facevo schifo. Ma Umberto taceva, a pochi centimetri da me, eppure così lontano.
-Perdonami-
Strabuzzai gli occhi, incredula. Lui chiedeva scusa a me?
Scossi il capo, prendendogli la mano. Lui si voltò a fissarmi, mentre mi allungavo a poggiare un leggero bacio sulle sue labbra dischiuse. Poi, poggiai il capo sul suo petto, chiudendo gli occhi. Sentii la sua mano carezzarmi la schiena, la sua testa sulla mia spalla. Il tempo si fermò di nuovo, ma questa volta rimasi ad ascoltare ogni singolo battito del suo cuore, senza perdermi nemmeno un attimo di quel momento magico.







Ero indecisa come intitolare questo capitolo. L’altra opzione era “Baci”, ma è una parola che ho già utilizzato in precedenza, e mi premeva sottolineare la differenza di Elisabetta nell’utilizzare il suo tempo, passato con Umberto e con Luca. Ma, soprattutto, la differenza tra i due baci. Spero di esserci riuscita!
E ora, passiamo alle vostre splendide recensioni!


mione94: O.O Amore...waaa! Adesso io tengo del Team Nico anche al di fuori della ficcy!! O.O E come vedi tu sei neutrale...ah, solo una cosa...ti ricordi come si chiama l’Emmet di questa storia?...Giorgio...e con questo, ho detto tutto...Luca, Umberto e Giorgio...uccidetemi -.- Ti è piaciuto??? Commenta, miraccomando ù.ù Ti amo un pkok di pkok, mi manchi :( <3
Saruxxa: Ehiiii sìsì, l’avevo capito che eri tu con un altro nome :) scusa se ci ho messo una vita ad aggiornare >< Il nostro Umbe ha un segreto, e questo è appurato...ma cosa sarà??? Ehehe...
Bella_kristen: Tesora miaaaa!! Mi sei mancata :( Londra è bellissima, e ho anche fatto conquiste...quindi forse posso concederti una scappatella con Umbe...forse! Allora? Ti piace il chappy?? Non vedi l’ora di sapere la tua opinione! Bacionii :*
DarkViolet92: Brava, vedo che sei molto perspicace! Umberto è l’Edward di Elisabetta, e nei prossimi capitoli ci sarà un altro colpone di scena...e questo, ti è piaciuto??:)

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Capitolo 14
*** 14. Ravioli ***






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-Non hai ancora mangiato-
Non alzai nemmeno la testa dal suo petto, gli occhi ancora chiusi, in ascolto del suo cuore.
-Non ho fame-
Sentii la sua mano portarsi sotto il mio mento ed esercitare una leggera pressione. Un po’ infastidita, mi costrinsi a sollevare il capo, fino a portare gli occhi all’altezza di quelli splendidi di lui.
-Io però sì, e anche parecchia!- cercò di scherzare, poi si fece serio -dovresti mettere qualcosa nello stomaco-
Capii che, anche se non l’aveva detto espressamente, era preoccupato per me. Ormai avevo imparato a riconoscere quell’espressione sul suo viso.
Con un’enorme sforzo di volontà, mi tirai sù, al suo fianco -Ora che ci penso, sento un certo languorino- esclamai, cercando di essere convincente.
A quanto pare ci riuscii, e sorrisi anch’io insieme a lui. Ci alzammo e ci incamminammo insieme verso la stazione. Con mia grande sorpresa, mi prese la mano, guardandomi felice. Sorrisi anch’io, contagiata dalla sua allegria.
-Dove vuoi che ti porti?- mi chiese lui, gentile.
-Ehm...dove vuoi!- risposi io, troppo concentrata sulle sue dita intrecciate alle mie per formulare una risposta soddisfacente.
Umberto sogghignò -Conosco un posto molto carino-
Annuii, preferendo tacere. Il cuore mi batteva fortissimo.
Passeggiammo in silenzio fino alla stazione, salimmo la scala e arrivammo ad una piazzetta, costellata da negozietti. Avevo un mare di domande per lui, ma la mia curiosità era mitigata dalla paura che, manifestandola, avrei rotto quel momento magico. Era tutto perfetto, sarei rimasta così per sempre. Ma, infine, giungemmo al piccolo bar e entrando ci sedemmo ad un tavolino dalla candida tovaglia a fiori.
-Che posto carino- commentai, facendo nascere un sorriso sul suo volto. Il mio stomaco fece capolino.
-Si mangia anche piuttosto bene- replicò Umberto, sciogliendo la presa dalla mia mano per accomodarsi di fronte a me.
Mi sedetti un po’ triste, avvertendo prepotentemente la mancanza della sua stretta delicata.
Fortunatamente Umberto non se ne accorse, troppo impegnato a parlare con una graziosa cameriera, sopraggiunta per servirci. Lo sguardo che rivolse a Umberto però, me la fece subito sembrare antipatica. Mi mossi a disagio sulla sedia, le mani che prudevano, vogliose di scacciare quel sorrisetto malizioso dal suo bel faccino rotondo.
-Vado e torno- disse lei, facendo l’occhiolino al mio accompagnatore.
Non mi aveva degnata di uno sguardo. Ma forse era meglio così, non era il caso che notasse la smorfia omicida sul mio viso...
-Tutto bene?- mi domandò Umberto, distogliendomi dai miei pensieri.
Mi sforzai di sorridere, archiviando la lista delle cose che avrei potuto fare alla cameriera con un coltello e una corda. L’avrei ripresa in mano più tardi, mi dissi malefica.
-Certo!- esclamai -piuttosto, volevo scusarmi per prima...non so cosa mi è preso-
Ma alle mie parole, Umberto scosse la testa, serio -Sono io che mi devo scusare, non volevo metterti a disagio col mio comportamento-
Lo guardai, confusa. Ma se era stato così premuroso!
-Ho agito d’istinto, non sapevo nemmeno io quello che stavo facendo- continuò, guardando il tovagliolo vicino alla sua mano -non avrei dovuto avvicinarmi così tanto a te-
Ero scioccata. Era la mia immaginazione, o si stava scusando per aver tentato di baciarmi?!
-Non hai fatto niente di male, sono stata io ad avere una reazione esagerata- replicai con forza.
Umberto non rispose, contunuando ad esaminare con interesse pezzo di stoffa. Sembra assurdo, ma mi stavo seriamente irritando con quel tovagliolo.
Finalmente, dopo quella che mi parve un’eternità, alzò lo sguardo smeraldino, puntadolo su di me.
-Non mi giustificare, non avrei dovuto prendermi tanta confidenza con te-
Non risposi, cacciando indietro le lacrime. Non credevo di possederne ancora, ma la sua risposta gelida ne aveva portate a galla altre. Abbassai lo sguardo per nascondere la mia frustrazione.
-Ti prego, perdonami-
Sbirciai il suo volto, incuriosita dal suo tono. Il bel viso era distorto da una smorfia di rabbia.
-Sono un maleducato, non penso mai prima di parlare!-
Sbattè con forza un pugno sul tavolo, prendendosi poi la testa fra le mano, distrutto. Io, che ero sobbalzata per il suo imprevedibile scatto d’ira, allungai una mano fino a sfiorargli un braccio, incapace di trattenermi.
Lui alzò il capo, i bei occhi verdi liquidi di lacrime. A quella vista, il cuore mi si strinse in petto. Mi sporsi sul tavolo per abbracciarlo, stringendolo a me. Sentivo l’impulso irrefrenabile di proteggerlo. Ormai, lo conoscevo abbastanza bene per poter dire che, sotto la sua corazza luccicante, si nascondeva un ragazzo insicuro e sensibile.
Rimanemmo stretti l’uno all’altra per un paio di secondi, poi Umberto si staccò da me. Ma non si allontanò, prendendomi invece le mani.
-Elisabetta- cominciò, con voce strozzata, ma ferma -quando sono con te, non mi riconosco più. Divento instabile, emotivo, e i miei istinti prendono il sopravvento. Tu mi destabilizzi, mini il mio equilibrio mentale-
Feci per abbassare lo sguardo, ma un suo cenno di diniego mi fece bloccare. Lo guardai negli occhi: sorrideva. Era stanco, provato, ma sorrideva.
-Non è una cosa brutta, come ti viene da pensare. Quando sono con te, mi sento vivo. Mi dai una forza che non credevo di possedere, Elisabetta-
-E non ti dispiace se ti faccio soffrire? Se sono un peso per te?- replicai querula.
Umberto scosse il capo con forza -No! Al contrario, con te sto più che bene- poi mi guardò male -e non ti permettere di dire mai più che sei un peso. Sei leggera come l’aria, Elisabetta, una brezza fresca che mi permette di repirare-
Arrossii, lusingata. Nessuno mi aveva mai parlato così.
Lui allungò una mano, fino a sfiorarmi una guancia incandescente -Solo che a volte diventi un turbine, e io ho paura di perdermi in te...-
Spalancai gli occhi, fissandolo sorpresa. Taceva, immobile.
Ovviamente, in quel momento sopraggiunse la mia amica, con un piatto di ravioli ai funghi e due coche nelle mani. Sorrise a Umberto che, con mio sommo piacere, non staccò un attimo gli occhi dal mio viso, limitandosi a mormorare un “grazie” sottovoce. La cameriera se ne andò impettita, mentre io gongolavo. Uno a zero per Betta, mia cara.
-Mangia, se no si fredda- mi intimò Umberto.
Portai lo sguardo dal piatto fumante davanti ai miei occhi, alla coca stretta tra le sue mani.
-Per te non hai preso niente?- chiesi, sorpresa.
-Non ho fame-
Lo fissai, scettica. Chi era quello che aveva insistito per pranzare?
Addentai un raviolo bollente, scottandomi la lingua. Era buono, e mi accorsi effettivamente di essere affamata.
Umberto notò la smorfia sul mio viso, e mi porse la sua coca, sospirando. Avvampai, prendendola dalla sua mano e bevendo un lungo sorso.
-Se posso, come mai ti ho trovata in un mare di lacrime, questa mattina?-
Sentii la fredda bevanda bloccarsi nella mia gola, mentre un eccesso di tosse spruzzava ovunque il contenuto della mia bocca. Osservai un Umberto fradicio e strabiliato, indecisa se ridere o piangere. Optai per una via di mezzo, accasciandomi esanime sul tavolo, il petto scosso dalle risate e le lacrime agli occhi.
-Miseriaccia, scusami!!-
Lui si passò il tovagliolo sul viso -Tranquilla, senza volerlo mi hai riparmiato la doccia, stasera-
Sorrisi imbarazzata, fissandolo mentre si ripuliva. Sentii lo stomaco chiudersi, quando una sua mano venne passata velocemente tra i capelli biondo cenere. Lui puntò lo sguardo cristallino sul mio viso paonazzo, curioso.
-Stavamo dicendo?- mi affrettai a dire, cercando di evitare scomode domande. Mi pentii subito del mio gesto, quando mi ricordai il suo quesito di poco prima.
-Oh- esclsamai allora. Umberto si sistemò sulla sedia, aspettando la mia risposta.
Mi morsi il labbro inferiore. E adesso che dovevo dirgli?!
Sai, il tuo amico mi aveva appena baciata appassionatamente, ed ero provata da tutti quei faticosissimi strusciamenti, perciò ho sbroccato.
Mmm. No, decisamente no.
D’altronde, non mi andava nemmeno di mentirgli. Mi agitai sul posto, reprimendo l’istinto di correre via a gambe levate. Che situazione di merda.
Forse dovresti dirgli la verità.
Ah cara Bella, sempre così innocente!
Lo dico per te, sai, replicò lei, piccata.
Certo, poi hai intenzione di venire al mio funerale? Replicai, sarcastica.
Lo sai che non ti farebbe mai del male.
Va bene, magari a me no
, concessi, ma a Luca?
Bella taque. Non penso, disse infine.
Proprio adesso che stavamo prendendo confidenza! Mi lagnai.
-Non c’è bisogno che me lo dici, se farlo ti mette così in difficoltà-
Lo fissai, sorpresa e, a dirla tutta, speranzosa.
Umberto sorrise -Non mi importa veramente saperlo, quello che conta è che adesso tu stia bene-
Capivo che la prima parte della sua frase non era del tutto vera, ma mi costrinsi ad ignorare quella bugia. Una piccola menzogna tra di noi non avrebbe rovinato tutto...vero?
E poi, non ero intenzionata a tenergli nascosto per sempre quello che c’era tra me e Luca. Magari solo il tempo di sistemare le cose, di smetterla di appartarmi con lui...
Cercai di sorridergli -Sei stato tu a salvarmi, come sempre- dissi, cambiando discorso.
Ci riuscii -Passavo di lì per caso- rispose subito lui. E fu proprio questo a insospettirmi.
Presi un bel respiro -Mi stavo chiedendo...-
-Basta domande. Adesso mangia- mi interruppe lui.
Lo guardai male.
Sospirò -Facciamo così: un boccone, una domanda-
Mi ficcai una forchettata in bocca, strangolandomi. Umberto rise nervosamente.
Sapevo che lo stavo mettendo a disagio, ma la curiosità che avevo soffocato poco prima stava prepotentemente premendo per venire a galla. E poi, magari, bombardandolo di quesiti ne avrei evitati di scomodi da parte sua.
Inghiottii velocemente -Come fai? A esserci sempre, intendo. Quando io sono in difficoltà, compari sempre tu dal nulla, pronto per salvarmi-
-L’impavido eroe- commentò lui, cercando di distrarmi. Non lo fece.
-Diciamo che hai molta fortuna- rispose infine, con una smorfia. Lui stesso non sembrava convinto delle sue parole.
Feci per parlare, ma mi bloccò con un mano, indicando i ravioli. Ne misi in bocca due, masticando rapidamente. Decisi di ignorare la domanda precedente, passando alla successiva.
-Perchè non c’eri a scuola, la settimana precedente?-
-Ho avuto un...contrattempo-
-Che genere di contrattempo?- replicai inflessibile. Ero decisa a non mollare.
Lui mi fissò penetrante, trafiggendomi con i suoi occhi verdi. Mi stava implorando, e io stavo per cedere. Distolsi lo sguardo, mangiando altri tre ravioli per invogliarlo a rispondere.
Umberto sospirò, sconfitto. Mi preparai alla grande rivelazione che mi aspettavo.
-Certe volte...- cominciò, bloccandosi per guardarmi. Gli sorrisi timidamente, incoraggiandolo a continuare.
-Certe volte sono...strano. Sorprendo perfino me stesso-
-In che senso, strano?-
-Sento le voci-
Mi bloccai, la forchetta pronta per essere imboccata a pochi centimetri dalle labbra. Rimasi così, con il braccio alzato e gli occhi strabuzzati per svariati secondi.
Non era possibile. Forse avevo sentito male. Non poteva essere, non ci cred...
-Ecco, lo sapevo-
Fissai Umberto, confusa.
Lui ricambiò l’occhiata, sofferente -Mi credi pazzo, come è giusto che sia-
Impiegai un minuto buono per capire il senso delle sue parole, sentivo il cervello come atrofizzato. Infine, mi ricossi dal mio torpore, lasciando cadere la forchetta che, andandosi a schiantare sul tavolo, schizzò funghi ovunque.
-No, non penso affatto che tu sia matto, oh no!- esclamai.
Lui mi fissò, sconcertato.
Sospirai -Anche io sento le voci, anzi, una voce sola- ammisi, imbarazzata. Era consolante sapere che anche a lui succedeva, ma ammetterlo per davvero appariva comunque impensabile.
-Una voce? Maschile?- domandò lui, trepidante.
-No, di una ragazza- dissi, arrossendo. Mi pareva impossibile trovarmi seduta in un bar in compagnia di Umberto Moretti a parlare di voci nella testa!
Lui si prese il mento, pensieroso. Lo fissai in silenzio, lasciandogli il tempo di immagazzinare la notizia. Intanto, ammirai la sua bellezza, come non ero ancora riuscita a fare quel giorno. Mentre rifletteva, aveva assunto un’espressione corrucciata, gli occhi fissi sulla tovaglia e le labbra arricciate. Il ciuffo sulla sua testa cadeva scomposto sulla fronte ampia, donandogli un’aura da “bello e dannato”. Deglutii a vuoto, notando con piacere che, dopo il mio ultimo lancio al raviolo, il piatto di fronte a me era rimasto vuoto. Non sarei comunque riuscita a ingoiare un boccone di più.
-Si è fatto tardi- disse Umberto infine, alzando lo sguardo e fissando l’orologio appeso al muro dietro di me.
Annuii, alzandomi e seguendolo verso l’uscita. Feci per tirare fuori il portafoglio dalla borsa, ma a una suo occhiata inceneritrice, rinunciai. Non avevo la forza di protestare.
Pagò, poi ci dirigemmo verso il binario uno.
-Devo prendere il Milano Diretto oggi, ho lasciato la macchina in riparazione- spiegò.
-Cosa è successo?-
-Un piccolo incidente, niente di che-
Lo fissai terrorizzata, ispezionando il suo corpo con gli occhi, in cerca di fratture e contusioni.
Umberto rise, abbracciandomi.
-Non mi sono fatto niente, tranquilla!-
Non risposi, trattenendo il repiro. Il suo profumo mi confondeva, la sua stretta mi destabilizzava. Era sempre così, quando stavo con lui. Il mio corpo partiva per la tangente, e allora chi lo riacchiappava più!
Dalla sua spalla, vidi il pulman avvicinarsi velocemente. Lui si staccò da me e capii tristemente che era arrivato il momento di separarci.
-Non fare quella faccia, mica sparisco per sempre!- mi disse, allegro.
Rimasi confusa da quel suo repentino cambiamento di umore -Con te non si può mai sapere...- borbottai.
Lui sorrise ancora, chiandosi su di me e lasciando un bacio sulla mia guancia bollente -Non ti libererai tanto facilmente di me- mi sussurrò all’orecchio.
Dopodichè, salì sul pulman, e a me non rimase che guardarlo andare via, sorpresa per l’ennesima volta da un suo gesto inatteso.







Okay, non commentate il titolo del capitolo. Non sapevo come chiamarlo!
Ovviamente sono in ritardo come al solito, ma stavolta invece di propinarvi scuse (non sono scuse, sono giustificazioni U.U) sono arrivata a una conclusione: evidentemente, non sono l’autrice che si prepara tutti i capitoli prima e poi li posta e, evidentemente, ho bisogno del mio tempo per scrivere un capitolo. Se poi il capitolo deve anche essere decente, il tempo di preparazione aumenta. E più lungo è, più impiego a scriverlo. Ergo igitur, ho bisogno dei miei tempi da scrittrice lumaca!
Ad ogni modo, questo capitolo doveva essere più lungo e con più avvenimenti. Naturalmente, mi sono dilungata come al solito nella prima parte, e sono stata costretta a rimandare la seconda al prossimo capitolo. Ma forse è meglio così, almeno focalizzate la vostra attenzione solo sulla coppia Umberto/Elisabetta.
Eheh, che capitolo scopiazzato! Penserete. Bhe, insomma, devo essere fedele al nostro amato libro! Ci sono sì e no sei punti ai quali mi sono ispirata partendo da Twilight, ma ovviamente il contesto è diverso, così come i due protagonisti. E non potete dirmi che mancano i colpi di scena!
Grazie infinite ai tesori che hanno recensito, aggiunto la storia tra seguite/preferite, o anche solo letto il capitolo precedente! Mi fa piacere sapere che non mi avete abbandonata, nonostante i miei tempi epici nell’aggiornare :)
Mi sa che il prossimo capitolo lo scriverò dalla mia casina adorata...ebbene sì, anche per me, perenne vagabonda, le vacanze stanno per finire! Adesso quattro giorni in Veneto, e poi Pavia :D
Spero di vedere tanti piccolo funghetti di recensioni spuntare per questo capitolo (no, sembra strano ma non ho fumato roba strana)
Un bacione miei cari, a presto!
Elena




Per rispondere a:


Austen95: Eeeeh lo so, sono “un po’” lenta ^^’’ però il capitolo era bello! Se tifi per Umbe, allora questo sì che ti sarà piaciuto!! xD
Saruxxa: Chissà se Betta troverà davvero la forza di lasciare Luca, e se si metterà con Umbe, e se gli dirà la verità...quanti se, quanti ma! Ma io sono cattiva, e devi aspettare per sapere! xD
Lightofmyeyes: Ciao! Sono davvero contenta che la storia ti appassioni! :D E vedrai che colponi di scena vi aspettano, anche sul fronte Daniele!
DarkViolet92: Eeeh, quante domande! Ormai dovresti saperlo che sono cattiva e non faccio spoiler xD Comunque posso dirti che i Cullen ci saranno, e come vedi anche Umberto sente una voce...chi sarà mai?! Misteeero xD
mione94: Amour mio! Anche tu mi manchi ç_ç Hai visto in che casino mi sono andata a cacciare?? Però questo capitolo mi piace molto, chissà perchè...xD Vedrai tra un paio, cosa succederà...eheh! Ti amo un botto (O.O) di pkok <3

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Capitolo 15
*** 15. Dov'è Alessia? ***






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Sono in un bosco. Intorno a me, buio. È notte.
Mi sento osservata, avverto un movimento alle mie spalle. Sento di essere in pericolo. Improvvisamente, il panico si impossessa di me. Comincio a correre, ma non vado lontano. Inciampo in una radice e cado. La
cosa dietro di me si avvicina, il panico si impossessa di me. Non riesco quasi a respirare, quando mi volto per guardare la morte in faccia. I miei occhi incrociano quelli verdi di lui, e vi leggo sofferenza, rabbia e frustrazione. Scopre i denti, in quello che definisco un sorriso di morte. Poi, Edward si slancia verso di me, e io urlo. Urlo così forte da farmi male alle orecchie, mentre la sua bocca, gelida, si posa sul mio collo.


Mi svegliai urlando. Twilight, che giaceva abbandonato sul mio ventre, cadde dal letto. Mi portai le mani sul volto, tutto il corpo scosso da muti singhiozzi.
-Amore, piccola mia, era solo un brutto sogno!- sentii dire da mia madre. Non l’avevo nemmeno sentita entrare in camera.
Scossi il capo, troppo sconvolta per parlare. Non poteva capire. Nessuno poteva capire.
Cercò di consolarmi ancora, accarezzandomi la testa, un gesto che detestavo. Poi si scusò, dicendo che sarebbe arrivata tardi al lavoro, e sparì. Solo allora aprii gli occhi, e mi decisi ad alzarmi. Andai in bagno, mi lavai la faccia e rimasi a fissare il mio viso allo specchio. Passai un dito sui cerchi violacei sotto gli occhi, gonfi di lacrime. Forse addirittura quelle di ieri.
Il sogno che avevo fatto non aveva senso. Io non avevo paura di Edward, né dell’Edward - Umberto della mia immaginazione. E sta volta non potevo nemmeno dare la colpa al libro. Il sogno di Bella non assomigliava nemmeno lontanamente al mio, ambientazione e sensazioni a parte. Ma perché avrei dovuto aver paura del ragazzo che amavo, sebbene fosse un vampiro?
Andai in camera, vestendomi velocemente. Non avevo né tempo né voglia di pensarci, ero già in ritardo. Sbirciai il tempo fuori dalla finestra: il cielo ero plumbeo e nebbioso. Sorrisi, afferrando le carpe pesanti. Un tempo da vampiri.
Scesi le scale, afferrando la borsa e uscendo di casa. Quasi mi venne un infarto, quando notai la macchina grigio metallizzata ferma davanti alla porta. Mi avvicinai circospetta, ma un grande sorriso spontaneo mi si dipinse in volto, notando il viso del guidatore della splendida autovettura.
-Ehi ehi, che accoglienza!- esclamò Umberto, ridendo.
Arrossii –Scusa-
-E di cosa? Mi fa solo piacere vedere che non scappi urlando da me, dopo quello che ti ho detto ieri-
-Perché dovrei? Anche io sono pazza-
Lui rise ancora, facendo un cenno in direzione dell’auto –Vuoi un passaggio, graziosa matta?-
Sorrisi –Volentieri, mio bel folle-
Mentre salivo, corsi con la mente a Twilight, ancora esanime sul pavimento della mia stanza. Insieme al pensiero che le pagine si sarebbero stropicciate, affiancai l’immagine di quella scena con una, decisamente famigliare, contenuta nel misterioso libro.
-Sei pensierosa, stamattina. Hai fatto sogni interessanti?-
Sussultai –Non particolarmente- risposi, guardandolo.
Umberto era normalissimo, come tutti gli altri giorni. Se con normale si intende assolutamente bellissimo e perfetto. Ma per nulla spaventoso.
-Hai riparato la macchina- esordii, guardandomi intorno. L’abitacolo era silenzioso, e profumava di lui. Avrei anche potuto trasferirmi in quella macchina quello stesso giorno.
-Era solo una piccola ammaccatura, te l’ho detto- si affrettò a dire.
Lo guardai. Quando usava quel tono, significava che mi stava nascondendo qualcosa.
-Sbaglio, o l’ultima volta che l’ho vista era di un altro colore?-
Umberto annuì, rilassandosi. Non era quello il mistero che mi stava celando.
-Ne ho approfittato per chiedere al carrozziere qualche piccola modifica-
Avrei voluto continuare a parlare con lui, ma ormai eravamo arrivati a scuola. Parcheggiò l’auto e mi aiutò a scendere, prendendomi la mano senza accennare a mollarmela. Entrammo così dentro l’atrio della scuola, sotto gli occhi attenti e sbalorditi di millecinquecento studenti. Sentivo le guance in fiamme. La presa sulla mia mano si intensificò, quando Umberto si accorse del mio disagio.
Mi accompagnò davanti all’aula, lasciando le mie dita.
-Ci vediamo dopo- gli dissi. In verità, suonava più come una minaccia.
Lui sorrise –Ovviamente-
Poi si chinò a depositare un leggero bacio sulla mia guancia. Mi chiedevo se riuscisse a sentire il battito del mio cuore impazzito. Qualcosa nel suo sguardo mi convinse di sì. Lo guardai allontanarsi, sfiorando il lembo di pelle dove si erano poggiate le sue labbra. Pulsava.
-Bettina!-
Sobbalzai, guardando stralunata il viso di Giorgio.
Lui scoppiò in una sonora risata –Ah, com’è facile spaventarti, Bettina! Sei diventata così prevedibile-
-Non chiamarmi in quel modo- replicai, infastidita.
-Eddai Bettina, non far così! Sai che odio quando mi tieni il muso-
Guardai il suo volto contratto in una smorfia implorante, che era più buffa che commovente. Non riuscii a trattenere un sorriso.
-Oh, ecco la mia Elisabetta! Ma senti, chi era il pinguino che ho visto allontanarsi poco fa?-
-Non osare!- esclamai, punta sul vivo. Nessuno poteva insultare il mio Umberto!
Giorgio alzò le mani –Uh uh, come siamo suscettibili oggi! Mangiato pane e simpatia a colazione?-
-Non sto scherzando, Gio. Non parlare mai più male di Umberto- dissi, minacciosa.
-Va bene, imploro il tuo perdono- esordì lui –comunque, chi è il fustacchione?-
-Un…un mio amico- risposi, poco convinta. Come potevo definirlo? Dopotutto, eravamo usciti solamente una volta…e non si era trattato nemmeno di un appuntamento in piena regola!
-Amico eh? Da come ne parli non sembrerebbe proprio…-
Sbuffai, incrociando le braccia. Giorgio sorrise.
In quel momento suonò la campanella, e fummo costretti a interrompere quella spiacevole conversazione. Entrai in classe, lasciandomi cadere sulla sedia, esausta. La giornata era appena cominciata, ed era già satura di avvenimenti. Dovevo parlare di quello che stava succedendo con qualcuno, o sarei esplosa. Mi guardai intorno, in cerca di Alessia. Già la sera prima avevo provato a chiamarla varie volte, ma il suo cellulare era sempre staccato. Non la vidi in classe, e non arrivò nemmeno quando la professoressa fece l’appello. Non entrò alla seconda ora, né alla terza. Quando suonò l’intervallo, ero seriamente preoccupata.
Uscii dalla classe, trovando Umberto ad aspettarmi. Era appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto e il viso rivolto verso l’aula. Un gran sorriso lo illuminò, quando mi scorse tra i miei compagni. Sorrisi anche io, felice, andandogli incontro. Non mi sembrava ancora vero che quel ragazzo meraviglioso stesse aspettando proprio me.
-Ciao!- esclamai.
Rise del mio entusiasmo –Come sono andate le prime ore di lezione?-
-Bene- risposi laconica. In verità, non avevo prestato molta attenzione, quella mattina. Chissà come mai…
La causa della mia distrazione corrugò la fronte –Non mi pari entusiasta. C’è qualcosa che non va?-
Sospirai. Non potevo tenergli nascosto proprio niente –Sono preoccupata per la mia amica-
Umberto si mise nella posizione che avevo imparato a riconoscere come quella del “ti ascolto”. Cominciai a raccontargli di Alessia e Nicolò, di Daniele e del nostro litigio. Mentre parlavo, Umberto mi prese la mano con noncuranza, conducendomi attraverso il corridoio della scuola. Terminai il racconto quando giungemmo al cortiletto posteriore, il più piccolo e riservato dell’istituto.
-E oggi non è venuta a scuola?- domandò il mio interlocutore, che non si era perso una parola di quello che avevo detto.
-No-
-E non risponde al telefono-
-Già-
-Perciò temi che le sia potuto succede qualcosa-
-Esatto- dissi, un piccolo sorriso sulle labbra. Interlocutore che era anche molto arguto e perspicace.
Umberto fissò il mio volto, come cercando una risposta al mio dilemma.
-Forse non si è sentita tanto bene…- suggerii.
-O magari stava troppo bene per venire a scuola-
Mi bloccai –Che cosa?-
Sospirò –Elisabetta, mi dispiace dirlo, ma penso che Alessia si sia vista con Daniele-
Mi irrigidii –Ma lei sta con Nicolò-
Umberto mi guardò teneramente –Piccola, non sempre stare con una persona implica la fedeltà assoluta-
Avvampai. Che brutto, bruttissimo discorso da fare con lui!!
Scossi la testa –Alessia non lo farebbe mai- replicai, convinta.
Lui mi fissò scettico –Ne sei sicura?-
-Certo! Come puoi giudicarla, tu? Non la conosci nemmeno!- esclamai, scostandomi da lui.
Lo vidi irrigidirsi –Era solo un’ipotesi-
-Un’ipotesi sciocca e senza alcun fondamento!-
La mia risposta, quasi gridata, fu coperta in parte dal suono stridulo della campanella.
-Dobbiamo rientrare. Ci vediamo dopo, se vorrai- disse Umberto, girandosi e sparendo dentro la porta dell’edificio.
Rimasi un attimo immobile, tremando di rabbia e frustrazione. Ma una volta arrivata in classe, l’irritazione si era già tramutata in pentimento. Sentivo i sensi di colpa per come avevo trattato Umberto torcermi lo stomaco. Lui aveva solo cercato di aiutarmi, e io gli avevo risposto così male…
Mi veniva da piangere, ma a quanto pareva avevo finalmente esaurito le lacrime.
Non essere così dura con te stessa, cercò di consolarmi Bella, hai solo difeso la tua amica.
Ma Umberto ha ragione, lo so, l’ho sempre saputo! Alessia ha incontrato Daniele ieri, e oggi non è venuta a scuola.
Cosa te lo fa pensare?
La conosco, e conosco anche l’Alessia arrabbiata. Quando succede, diventa impulsiva e non ragiona più. È l’unico motivo che l’avrebbe spinta a vedersi con Daniele. E se questo fosse successo veramente, sarebbe una tragedia.





Sei giorni, ancora sei giorni di libertà!
I miei amici mi stanno sommergendo di inviti a uscire, e di scrivere non mi è passata l’idea nemmeno per l’anticamera del cervello, fino a ieri. Ma, dato che stamattina il cielo era plumbeo quasi quanto quello della storia, mi sono armata di computer e musica, e ho buttato giù questo capitoletto.
Non è malaccio, ed è abbastanza importante per la storia. Ma la vera bomba sarà il prossimo…penso. Dipende da quanto lo faccio lungo, e anche da voi. Più recensioni ho, prima scrivo il capitolo, più avvincente sarà. Lo so, sono diabolica, ma conoscere il vostro parere mi interessa veramente ùù
Vado a finire i compiti di Spagnolo (chi di voi non è ancora in altro mare, su questo fronte?!)
Ci vediamo presto, spero, magari prima dell’inizio della tortura!
Un bacione,
Ele




Per rispondere a:


Eca Cullen: nooo il nostro Umbe non è un vampirozzo, vedi, occhi verdi, arrossisce, è vivo…eheh. OoOoOo sono contenta che lo scorso chappy ti sia piaciuto ** Però non spoilero lo stesso ùù muahmuahmuha. A presto! :D
Austen95: ahahah vedo che hai imparato a conoscermi! È vero, non spoilero! Ahahahah ;D
DarkViolet92: eeeeeh ci vuole pazienza, una cosa alla volta! Ti posso solo dire che le due cose sono collegate, il triangolo Alessia-Daniele-Nicolò e la storia di Elisabetta con Luca…;)
Lightofmyeyes: ahahahah naaa, per Luca niente voci! XDD Eeee ne prossimo capitolo saprai, saprai…^^
Saruxxa: eh tesoro, mi sa che per i Cullen dovrai aspettare un po’…ma tranquilla, non ti annoierai nell’attesa ;)
mione94: amour! Ce l’hai fatta eh?! Anche se un po’ in extremis! Eeheh hai ragione, ci fossi stata io al posto di Elisabetta, il povero amore mio non sarebbe più…integro!! Ahahaha xP Eeeeh amore, il prossimo capitolo non so se sia il caso che tu lo legga…potrebbe traumatizzarti un po’ .__. ^^ <3

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Capitolo 16
*** 16. Complicazioni ***






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Non ero mai stata meno presente in classe. La mia mente vagava ovunque, persa in mille pensieri, e nemmeno uno riguardava il presente. Principalmente, mi preoccupava il futuro. Dov’era la mia amica? Con chi? Ma soprattutto, stava bene?
Il suono della campanella di fine lezioni mi parse il più bello di tutti. Fui la prima a uscire dalla classe, precipitandomi verso l’uscita. Ancora prima di Alessia, c’era qualcun altro che mi premeva incontrare.
Nonostante le maniere brusche che avevo usato nei suoi confronti poco prima, Umberto era fuori dal cancello, immobile come una statua. Una statua perfettamente sbozzata. Il mio David personale, pensai sorridendo. Bella rise insieme a me.
Quando lo raggiunsi, mi dava le spalle. Avevo usato l’uscita secondaria, per coglierlo di sorpresa. Un attimo prima che piombassi su di lui, si voltò a guardarmi. Subito, un sorriso si dipinse sul suo volto. Arrossii, e mi sentii malissimo quando la sua espressione divenne seria e composta.
-Ti stavo aspettando- disse calmo e pacato.
Mi morsi il labbro inferiore. Detestavo sentirlo così distante. Meditai un attimo, prima di gettargli le braccia al collo.
-Ti prego, perdonami! Non avrei mai dovuto comportarmi in quel modo, sono stata una sciocca! Hai ragione tu, lo sapevo! Ma non volevo ammetterlo…che maeschina, sono stata, ti chiedo scusa!-
Avrei continuato a parlare, se Umberto non avesse poggiato un dito sulle mie labbra socchiuse, ridendo.
-Quanta foga!- esclamò, stringendomi a lui –non è tutta colpa tua, ho mancato di tatto nell’esporti la mia opinione. Quindi, vedi? Siamo pari- spiegò, il viso nascosto nei miei capelli.
Annuii, poggiando la testa sul suo petto –Non mi convinci, e penso che tu stia bluffando, ma…non mi importa. Farò finta di crederti-
Il mio sorriso tremò, scosso dalle risate di Umberto. Mi baciò il capo, e io mi aggrappai ancora più forte a lui. Ovunque fosse la mia amica, non riuscivo a preoccuparmi per lei in quel momento.
Mi sentivo sicura, stretta tra le sue braccia, mi sentivo capace di tutto. Sarei rimasta così per sempre, ma con mio enorme disappunto, alla fine Umberto si scostò da me.
-Su piccola, non fare quella faccia. Dobbiamo trovare la tua amica, ricordi?-
Sospirai, sentendo lo stomaco chiudersi. Aveva ragione.
Non indugiammo oltre. Ci dirigemmo velocemente verso la macchina, salimmo e Umberto mise in moto. Mentre volavamo sulle strade di Pavia, mi espose il suo piano.
-Se ho ragione io, Dio non voglia, Alessia potrebbe trovarsi in pericolo- esordì, facendomi sussultare –dobbiamo trovarla al più presto-
-Hai un’idea di dove potrebbe essere?- lo interruppi, con voce tremante.
Umberto mi guardo, staccando una mano dal volante e stringendo la mia –Ne ho un paio, controlleremo entrambi i posti- si interruppe –probabilmente, si trova ancora con Daniele. Per questo vorrei che tu non venissi-
-Non se ne parla- dissi, decisa.
Lui sospirò –Sapevo che avresti detto così. Va bene, ma al primo accenno di pericolo, promettimi che correrai a casa- si fermò, riprendendo dopo un mio cenno di assenso.
-Agiremo in fretta. Andrai a casa e dirai a tua madre che devi andare da Alessia per consegnarle i compiti. Dirai che è urgente. Avrai un’ora di tempo per convincerla, dopodiché io ti aspetterò davanti a casa tua. Andremo insieme a casa di Alessia, anche se dubito che la troveremo lì-
-Dove…dove pensi che sia?- domandai con un filo di voce.
La stretta sulle mie dita si intensificò –Non preoccuparti. La troveremo-
Non ne dubitavo. Sapevo che Umberto, come me, non si sarebbe fermato davanti a niente. Ma non era questo a preoccuparmi. Agognavo sapere come stava la mia amica.
Arrivati davanti a casa mia, scesi dalla macchina, gettandomi sulla porta e suonando il campanello. Cercai le chiavi in borsa, ma mia madre fu più veloce.
-Cosa è successo?- mi chiese immediatamente, guardandomi allarmata.
Chissà che faccia avevo! –Sto bene mamma, vado di fretta-
-Dove devi andare?-
-A casa di Alessia, devo…devo darle i compiti-
-Non c’era oggi a scuola?-
-No-
Mentre parlavamo, salii le scale, precipitandomi in camera mia. Mia madre mi seguiva, continuando a bombardarmi di domande.
-Non puoi portarglieli domani? Non saranno mica così urgenti! Non ti vedo mai a casa, non parliamo mai…-
Sbuffai piano. Ma proprio adesso doveva mettersi a fare la mamma premurosa?!
-Abbiamo una relazione da consegnare il prima possibile. È importante, non posso aspettare- dissi decisa.
-Va bene tesoro, ma torna presto! Quando esci?-
-Tra un’ora. Ho già mangiato, non preoccuparti- mentii. Non avevo tempo anche per quello. E, comunque, non sarei riuscita a buttare giù nulla. Ero agitata quasi quanto la vigilia di un compito in classe.
-Sempre così di fretta, sempre più impegnata…come crescono velocemente…- la sentii borbottare scendendo le scale. Mi sentii in colpa, forse era vero che la stavo trascurando. Scossi il capo, archiviando il problema in un angolo della mia mente. Non avevo tempo da perdere. Terminai di preparare lo zaino, e in un batter d’occhio fui davanti alla porta di casa. Salutai mia madre, che era in cucina, e feci per uscire. Appena aprii la porta, mi trovai di fronte a Luca.
-Ah!- esclamai, chiudendogli la porta in faccia. Che cavolo era venuto a fare?!
Dopo un attimo, sentii bussare.
-Vado…vado di fretta!- dissi velocemente. Il cuore mi batteva fortissimo. Cercai di respirare normalmente, mentre il nostro ultimo incontro riaffiorava nella mia mente. Allora, non c’era proprio nessuna porta a separarci…
-Elisabetta, aprimi! Ho bisogno di parlarti- disse Luca. Sembrava arrabbiato.
Non voglio litigare con te, ti prego. Non adesso! Umberto mi aspetta…Umberto potrebbe vederci insieme! Pensai allarmata.
Stai calma.
Oh Bella, cosa faccio?!
Respiravo male.
Sssh, non ti agitare ulteriormente. Esci e parlaci. È l’unico modo che hai per liberartene. Ma sbrigati, prima che arrivi l’altro! Non vorrai farti vedere con lui da Umberto.
No!
Gridai mentalmente, aprendo la porta e schizzando fuori.
Afferrai la mano di Luca, trascinandolo nella stradina accanto alla casa. Era una via piccola e nascosta alle macchine. Lì, saremmo stati in pace.
-Cosa vuoi?- lo aggredii immediatamente. Speravo si trattasse di qualcosa di frivolo e veloce da risolvere.
-Voglio che tu non veda più Umberto Moretti-
Spalancai la bocca, sbalordita.
Luca arrossì –Non mi piace come ti guarda. Oggi vi ho visti, fuori da scuola-
Mi morsi il labbro, avvampando. Non poteva scegliere momento peggiore per beccarci, abbracciati come due innamorati.
-Quello che faccio con gli altri ragazzi non è affar tuo. Mi pare di averti già detto che noi non stiamo insieme-
Lo vidi irrigidirsi –Non sembrava così, l’altro giorno. O vai in giro a baciare ogni ragazzo che frequenti?- sussultai –Che c’è? Baci anche Moretti, come hai fatto con me? O con lui fai anche altro?-
-Non è vero!- gridai, gli occhi pieni di lacrime, Allora ce ne erano ancora!
-A no? E allora lo fai solo con me? Cosa sono, una specie di gioco, di passatempo? Io non mi faccio usare da nessuno- disse lui, gelido.
-No! No! Tu non sei un gioco, tu…tu mi piaci!- singhiozzai, coprendomi il viso con le mani. Perché, perché proprio adesso?! Non volevo che finisse così!!
Passò un attimo, prima che le mani di lui si stringessero delicatamente intorno ai miei polsi. Allontanò le mie braccia dal volto, portandole distese sui miei fianchi, senza mollare la presa.
-E allora, perché?- chiese debolmente, la voce rotta.
In quel momento, capii che Luca ci teneva davvero a me. Provava nei miei confronti lo stesso sentimento che io sentivo per Umberto. E compresi anche che lui per me era importante. Troppo importante, e che non lo volevo perdere.
Le lacrime rigavano, abbondanti, il mio viso. Non volevo farlo soffrire, non volevo che più nessuno soffrisse, eppure qualsiasi cosa avessi fatto, avrei fatto del male a qualcuno. Se lo avessi lasciato, gli avrei spezzato il cuore. Se non l’avessi fatto, avrei perso Umberto. Mi sentivo come un elefante in una cristalleria: ovunque mi voltassi, avrei distrutto.
-Io ti amo- dissi flebilmente –ma amo più lui-
Quando vidi Luca allontanarsi da me, come se l’avessi scottato, quando vidi il suo sguardo ferito, fu come se qualcosa si fosse rotto dentro di me. Fu come se il mio cuore si fosse spezzato, e una parte fosse stata sgretolata in mille pezzi.
Rimanemmo a guardarci per quella che parve un’eternità. Alla fine, i miei occhi erano asciutti, sebbene rossi e gonfi. I suoi, invece, erano pieni di disprezzo.
Si voltò lentamente, senza smettere di fissarmi, allontanandosi da me. Quando lo vidi sparire dietro l’angolo, fui tentata di corrergli incontro, baciarlo e dirgli che mi ero sbagliata, che amavo più lui, che volevo stare con lui. Ma, per quanto lo volessi in quel momento, sapevo che non era vero. E Luca non si meritava una bugia. Non ero degna di stare con lui. A dirla tutta, non lo ero neanche di Umberto.
Ero un mostro, questa era la verità. Come un ragno, attiravo le ignare prede nella mia tela, per poi cibarmi dei loro cuori infranti. Ignorando le proteste di Bella, mi crogiolai per un attimo nell’odio verso me stessa. Un rombo forte e insistente interruppe i miei pensieri.
Mi voltai e in fondo alla stradina scorsi una moto. Era ferma e, chiaramente, stava aspettando me. Pareva una pantera, nera e sinuosa, dal pelo lucido e brillante. Il suo guidatore, vestito interamente di nero, indossava un giubbotto di pelle e un casco integrale. Alzò la visiera, e potei scorgere due fantastici occhi verdi fissarmi impazienti. Nonostante in quel momento desiderassi solamente morire tra atroci sofferenze, mi mossi in direzione del bellissimo veicolo.
Umberto mi porse un casco, senza guardarmi negli occhi –Sali. È tardi-
Lo infilai e salii dietro di lui, aggrappandomi ai suoi fianchi, senza fiatare. Appena fui pronta, la moto partì sgommando.
Distrattamente, mi chiesi come mai Umberto fosse venuto con la moto invece che con la sua auto. Poi, mi dissi che non mi interessava. Non mi toccava nemmeno essere stretta a lui così forte, sentire il suo profumo nelle narici. Non mi importava più di niente.
Come mi avesse letto nel pensiero, Umberto parlò.
-Stiamo andando da Alessia, Elisabetta- disse solo. Ma quelle poche parole bastarono per risvegliarmi dal mio torpore.
Ero sempre stata brava ad archiviare i problemi, per risolverli poi in un secondo momento. Ma quella volta, temetti di non farcela. Il dolore che provavo per la perdita di Luca era così forte, così recente. Fu solo grazie ad un’enorme sforzo di volontà e al pensiero della mia amica in pericolo, che ci riuscii.
Mi strinsi più forte a Umberto, ad una curva particolarmente ripida. Era quella della rotonda. Eravamo quasi arrivati. Lui lo interpretò come un incentivo a sbrigarsi e, dando gas al motore, volammo per le vie di Cava.
Appena la moto si fu fermata, Umberto saltò giù e corse verso il cancello della casa di Alessia. Ma, vedendo che non lo seguivo, si voltò a guardarmi interrogativamente.
Io, le gambe strette sul sedile, non riuscivo a muovermi. I muscoli non mi rispondevano più. Ricambiai la sua occhiata, allarmata, rimanendo sorpresa quando lo vidi scoppiare in una sonora risata. Prima che potessi chiedergli spiegazioni, fu al mio fianco. Cingendomi delicatamente i fianchi, mi tirò su di peso come una bambina, e mi staccò dalla moto. Non opposi resistenza, abbandonandomi tra le sue braccia.
-Scusa- mormorai imbarazzata, poggiando le mani sulle sue spalle e cercando di mettermi in piedi.
Lui mi sorresse, aiutandomi. Non disse niente, limitandosi a sbirciare il mio viso.
In quel momento, un pensiero colpì la mia mente: Umberto sapeva. Umberto aveva visto me e Luca insieme. Mi aveva vista piangere per lui. Ma, soprattutto, aveva ascoltato le mie parole.
Sbiancai, rischiando di accasciarmi a terra. Lui, intanto, era tornato davanti al cancello, e aveva suonato al campanello di Alessia.
-Sì?- rispose la voce della madre della mia amica, stranamente metallica.
Umberto mi guardò interrogativamente e io corsi velocemente al suo fianco.
-Sono Elisabetta, signora. Alessia è in casa?- chiesi, sorpresa di trovare la mia voce ferma.
-Ma come, non è con te? Aveva detto che dopo scuola sareste rimaste fuori insieme- esclamò lei, allarmata.
Trattenni il respiro -È vero, me ne ero dimenticata. Probabilmente mi starà aspettando a casa mia. Adesso la chiamo subito, non si preoccupi. Arrivederci-
Mi voltai, cercando il volto di Umberto, ma lui era già corso al motorino. Lo raggiunsi, infilandomi dietro di lui e aggrappandomi al suo giubbotto.
-Non c’è- dissi con voce tremante.
-Lo sospettavo- rispose lui.
Guardai la sua nuca bionda –Dove andiamo?-
Lui mise in moto –Nell’unico posto dove può trovarsi la tua amica, adesso-
-Alla stazione degli autobus- mormorai.
Ma Umberto era già partito, e lei mie parole furono portate via dal vento, che sferzava violento i nostri volti.








Okay, non era questo che immaginavo.
Sinceramente, questo capitolo doveva essere completamente diverso. I protagonisti sarebbero dovuto essere altri, come penso abbiate intuito. Ma, come sempre, sono riuscita a sorprendere tutti, me stessa per prima. La linea della storia era già definita nella mia mente, il capitolo era quasi pronto. E invece, è venuto fuori questo. Che poi, detto fra noi, non è affatto inutile. Anzi, penso che se non l’avessi scritto oggi, l’avrei fatto tra due settimane. Perciò, non arrabbiatevi: diciamo che il capitolo di oggi è semplicemente rimandato. E, se non ho risolto la questione Alessia-Daniele, sono riuscita a farlo con la coppia Elisabetta-Luca. Questione altrettanto spinosa!
Mentre con il primo problema sapevo già come muovermi, con quei due ero in alto mare. Come risolvere la storia? Bhe…questo è quello che è successo. Non è bello, non è piacevole per nessuno. Io stessa mi sono commossa, mentre scrivevo. Perché, sebbene sia del Team Umberto, mi dispiace far soffrire i miei personaggi. Persino Luca, che incarna Jacob della situazione.
Ma, ahimè, è andata così. E poi, in questo modo, sono anche rimasta fedele al libro. Perciò, non posso lamentarmi :)
Or dunque, che ne dite voi, di questo capitolo? Ha soddisfatto le vostre aspettative? Cosa vi aspettate che succeda nel prossimo? Perché adesso non si scappa, Alessia verrà allo scoperto e…ne succederanno delle belle! ;)
Fatemi sapere la vostra opinione, anche solo lasciando una piccola recensioncina. Lo sapete che per me non c’è niente di più importante del parere dei miei lettori!
Vado a sbrigarmela con matematica, ho una questione in sospeso con un paio di disequazioni che non vogliono sapere di essere risolte -.-
Ci sentiamo presto, scuola permettendo!
Un bacione, miei tesori!
Ele


P.S. Avete notato il titolo?! Quando si dice “ispirarsi a un libro”….:P




Per rispondere a:


Austen95: ahahahahahah bhe, ecco, sei contenta?! Luca è ufficialmente uscito di scena (penso…oO) xD
DarkViolet92: no, niente lupacchiotti che parlano nelle menti! E…chissà se Umberto avrà assistito alla conversazione tra Luca e Elisabetta? Una cosa è certa…lei ha dato il ben servito al nostro Jacob! xP
Lightofmyeyes: bhe, non era quello che vi aspettavate ma…spero ti sia piaciuto lo stesso! :P
Saruxxa: come ti capisco! Non so te, ma io sono già strapiena di compiti! ç____ç tranquilla, non ti annoierai di sicuro! xD

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Capitolo 17
*** 17. Perdite e guadagni ***






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Prima di leggere questo capitolo, vi consiglio vivamente di farlo da seduti e di allontanare qualsiasi oggetto contundente dalle vostre mani. Sì, verrete colti da un irrefrenabile voglia di farmi del male. E no, non lo farete. Perché io sono la vostra Elena, la vostra cara Elenuccia. Vero? Vero che non mi farete del male? Vero, vero?...






-Quanto dista la stazione?-
Eravamo in viaggio solo da pochi minuti, ma già non vedevo l’ora di arrivare. Sebbene tenessi ciò che avremmo potuto trovare, la voglia di vedere la mia amica, il desiderio di saperla al sicuro erano più forti di qualsiasi paura. E poi, non dovevo essere spaventata. C’era Umberto con me.
-Arriveremo tra un quarto d’ora- rispose lui, laconico.
Annuii, mordendomi il labbro e cacciando indietro le lacrime, con rabbia. Ormai ne ero sicura: Umberto aveva captato qualcosa della conversazione tra me e Luca. Non sapevo ancora se i miei gesti o le mie parole, magari entrambi. Non mi sarebbe importato se non avesse più voluto vedermi, se non avesse più voluto avere niente a che fare con me. Io stessa mi odiavo per quello che avevo fatto. Nonostante avessi cercato in tutti i modi di evitarlo, ero comunque riuscita a spezzare i cuori delle due persone più importanti della mia vita. E questo, non sarei mai riuscita a perdonarmelo.
-Cosa…cosa faremo?- chiesi con un filo di voce. Che domanda stupida. Come potevamo saperlo, se nemmeno conoscevamo la sorte della mia amica? Non volevo una vera risposta. Desideravo solo conforto, una consolazione che Umberto, con le sue belle parole, avrebbe potuto regalarmi. Ma non sapevo come si sarebbe comportato il nuovo Umberto, quello a cui avevo appena distrutto ogni certezza.
Guardai i suoi capelli biondi, spettinati dal vento. Erano cresciuti, in quelle settimane. Mi accorsi che, da un po’ di tempo, non li pettinava più nel solito ciuffo laccato, ma li lasciava liberi e sbarazzini. Per un attimo, mi parve che fossero ramati. Scossi la testa, doveva essere stata la luce del sole. Sbirciai il cielo, coperto da nuvole biancastre. La luce forte e chiara mi colpì gli occhi.
Umberto rimaneva in silenzio, continuando a guidare. Era un bravo motociclista, accorto e per niente spericolato. Per fortuna! Pensai sollevata. La moto era sempre stata il mezzo di trasporto che meno prediligevo. Troppo pericolosa, mi ero sempre detta.
A una curva un po’ troppo ripida, mi strinsi più forte alla vita del mio accompagnatore. Lo sentii sussultare e immediatamente allentai la presa. L’avrei lasciato, se non avessi avuto il terrore di cadere.
Quando fummo tornati sul rettilineo, Umberto parlò.
-Non so cosa faremo- disse in un soffio, tanto che pensai di essermi immaginata le sue parole –non so se riuscirò a proteggerti-
-Non devi preoccuparti per me, devi portare Alessia al sicuro. Io non sono importante, anzi, se sparissi sarebbe meglio per tutti-
Una brusca frenata quasi mi sbalzò via dalla moto. Come una furia, Umberto scese e si avventò su di me. Mi prese le spalle, facendomi voltare verso di lui.
-Guardami- ruggì, costringendomi ad alzare la testa. Quando incrociai i suoi occhi, il verde dell’iride bruciava di rabbia.
-Non. Dirlo. MAI PIÙ. Non capisci? Senza di te, la mia vita non avrebbe senso!- gridò, frustrato.
-Ti risparmierei preoccupazioni. Non dovresti più venire sempre a salvarmi- mormorai.
-Quello è il minimo!- esclamò lui. Poi, mi guardò accigliato –Davvero pensi questo? Di essere…solo un peso, per me?-
Dopo un attimo, annuii. Lui mi lasciò di scatto, allontanandosi. Lo guardai, mentre camminava davanti a me, furioso. Infine, si arrestò, fissandomi contrito.
-Tu non capisci. Tu…non puoi nemmeno immaginare come mi sentirei se dovessi perderti. Non ci riesco neanche io. Penso che morirei- disse, la voce strozzata –non potrei vivere senza di te-
-Senza una creatura abbietta come me, il mondo sarebbe migliore!- gridai –senza me, non soffriresti come stai facendo ora-
-Io non sto soffrendo-
-Sì, invece! Da quando ti conosco, non ho fatto altro che portarti guai. L’altro giorno, quando hai dovuto portarmi a pranzo, Alessia che è scomparsa, e adesso…adesso questo!- dissi tra le lacrime. I singhiozzi spezzavano le mie parole, parole che provenivano dritte dal cuore. Ero stanca, tanto stanca. Di discutere, di parlare, di tutto. Desideravo tornare alla mia vita di prima, quella di cui Umberto non faceva parte. Avrei preferito una vita noiosa e senza amore, piuttosto che causare dolore alla mia unica ragione di vita.
Lui si avvicinò a me, facendo per abbracciarmi. Poi si arrestò, guardandomi indeciso. Lo fissai, gli occhi gonfi di lacrime. Lo capivo. Come potevo biasimarlo, per non voler toccare un essere sporco come me? Ecco, mi sentivo sporca. Infettata da tutte le bugie che avevo detto.
Alzò una mano, portandola sulla mia guancia bagnata –Tu sei libera di stare con chi vuoi, lo sai questo?-
Si aspettava una risposta, ma non riuscii a dire niente. Avevo la gola secca, prosciugata da tutte quelle lacrime. La testa era vuota, una tabula rasa. Avevo già speso tutte le parole a mia disposizione.
Umberto sospirò, poggiando la gemella della mano sulla mia altra guancia. Con il viso a pochi centimetri dal mio, mi soffiò sugli occhi. Il suo respiro sapeva di fresco e di gigli. Avevo sempre amato quel suo profumo così particolare.
-Ti ho vista, con Luca. Quando sono arrivato, eravate ancora insieme. Stavo per andarmene, quando tu hai detto il mio nome. Te l’ho mai detto, che pronunciato da te, ha un suono meraviglioso?- sorrise debolmente –mi sono fermato ad ascoltare. Non avrei dovuto, lo so, ma è stato più forte di me. Sono umano, dopotutto- mi chiesi il perché della smorfia sul suo viso.
-Avrei volentieri spaccato la faccia a Luca, quando se n’è andato. Lasciarti da sola, nello stato in cui eri! Ma passandomi di fianco, non mi ha riconosciuto. Meglio così, mi sono detto. Se gli avessi fatto del male, ti avrei solo fatto soffrire di più. Non era la prima volta che reprimevo il desiderio di picchiarlo, ma già le altre volte ci ero riuscito. Anche se l’altro giorno, nel corridoio della scuola, quando vi ho visti insieme…lì avevo quasi ceduto- sussultai –ma ce l’ho fatta. Vedi? Tu mi dai una forza che non credevo di possedere-
-Tu…- non riuscivo a crederci. Sapeva tutto, lo aveva sempre saputo. Era a conoscenza dei miei incontri con Luca e probabilmente anche di ciò che facevamo insieme. E, nonostante questo, era rimasto al mio fianco. Un singhiozzo scappò dalle mie labbra traditrici. Non meritavo un ragazzo come lui.
-Ssh- sussurrò Umberto, accarezzandomi il viso –non ti preoccupare. Non mi dava fastidio che steste insieme, temevo che lui ti facesse soffrire. Nella mia prepotenza, ho sempre pensato che io sarei stato il meglio per te. Ma vedevo che, nonostante i litigi, con lui eri felice. Perciò oggi, quando lo hai lasciato, sono stato molto sorpreso-
-Non…non hai sentito le mie parole?- chiesi, spalancando gli occhi.
Scosse la testa –Sono arrivato quando lui se n’è andato-
Annuii. Non sapevo se esserne sollevata o meno. Umberto non sapeva che avevo detto a Luca di amarlo, ma non conosceva nemmeno il vero motivo per cui l’avevo lasciato.
-Non piangere- mi sussurrò –detesto vederti soffrire-
-Sono io che sto facendo del male a te. A te e a Luca- gli dissi. Lui mi guardò confuso.
Sospirai –Gli ho detto che lo amo- lo vidi irrigidirsi, vidi il dolore nei suoi occhi –ma amo più te. Per questo non posso stare con lui- mi affrettai ad aggiungere.
Continuava a non capire. Presi le sue mani tra le mie tremanti –Ti ho sempre amato. Dalla prima volta che ti ho visto, non sono più riuscita a cancellare la tua immagine dalla mia mente. Eri così bello, così…inavvicinabile. Quando poi ti ho conosciuto, ho scoperto anche che sei una bellissima persona. Premuroso, paziente e…buono. Sei così buono! Anche con me, che ti ho fatto tanto male- presi un respiro –Luca è completamente diverso. È affascinante, passionale. Con lui stavo bene…ma non mi sono mai sentita protetta come quando sono con te. Volevo lasciarlo, il giorno in cui ci hai visti insieme. Ma non ci sono riuscita. Sono una debole, lo so. E poi, oggi…non so dove ho trovato la forza per farlo. Forse ero stanca di tutti quei segreti. Però…però penso di sapere perché- tacqui, arrossendo.
Umberto mi strinse la mano, incoraggiandomi a continuare. Alzai il viso, sfiorando il suo naso. Eravamo vicinissimi. Lo guardai negli occhi, quegli occhi verdi di cui ero tanto innamorata.
Come potevo spiegare la forza che mi aveva spinto a parlare, a dire quelle cose a Luca? Era un qualcosa che non si poteva giustificare a parole, un’energia che mi permaneva dalla testa ai piedi.
-Tu mi stavi aspettando- dissi, semplicemente –eri lì per me. Ci sei sempre stato, ed era arrivato il momento che fossi io ad esserci-
-Tu sei sempre con me- mi sussurrò lui –anche quando non stiamo insieme. Sento quando sei in pericolo, sento quello che provi. Anche adesso percepisco la tua tristezza. Non devi essere triste, piccola mia, altrimenti rendi infelice anche me!-
-Ma io ti faccio soffrire comunque…-
-No! Tu mi fai sentire bene. Quando sono con te, il resto del mondo non esiste-
-Ti amo-
-Anche io, Elisabetta-
Ci baciammo. Fu il contatto più dolce che potesse esistere, quello tra di noi. Umberto mi abbracciò e io mi lasciai andare tra le sue braccia, che mi cingevano a lui. Mi sentivo così piccola, così insicura, L’unica certezza che avevo, era l’amore che nutrivo verso quel ragazzo. Sentivo il mio cuore colmo di quel sentimento, così pieno che temevo potesse scoppiare. Le sue labbra erano morbide, il suo tocco delicato. Il suo profumo mi avvolse, inebriandomi. Era forse il paradiso, quello? Se fosse stato così, sarei anche potuta morire in quello stesso istante.
Quando ci separammo, Umberto poggiò la sua fronte sulla mia.
-Sei pronta?- disse.
Mi separai da lui –Andiamo-
Questa volta, il viaggio sembrò brevissimo. In pochi minuti, giungemmo in vista della stazione.
-Parcheggia lì- suggerii, indicandogli il posto con la mano –saremo nascosti da sguardi indiscreti-
Una volta scesi, Umberto mi prese per mano, camminando velocemente verso la fermata del Ventuno.
-Ma sei impazzito?!- sibilai –così ci vedranno!-
-Stai tranquilla. Lascia fare a me-
Ci nascondemmo dietro a un cespuglio, nel parchetto di fianco alla fermata. Umberto non lasciò un attimo la mia mano, nemmeno quando per poco non gliela staccai, alla vista della mia amica.
Come pareva diversa, con quegli abiti scuri addosso, lei sempre vestita con colori vivaci! I pantaloni neri le cadevano, segno che era dimagrita ulteriormente. Se fosse andata avanti così, avrebbe finito per scomparire. Ma la cosa che più mi spaventava, era il suo viso. L’espressione seria e concentrata cozzava con l’immagine della mia Alessia, così spensierata e felice. Questa Alessia, invece, si muoveva circospetta verso la fermata. La seguii con lo sguardo, finché non si fermò sotto la pensilina. Cosa era venuta a fare, lì? Dov’era Daniele? Forse si erano dati appuntamento per quell’ora…
Le mie supposizioni si rivelarono esatte. Dopo pochi minuti, vedemmo comparire il bel ragazzo camminare tranquillamente verso la fermata. Un brivido mi percorse il corpo. Quel tipo mi aveva sempre inquietata. Anche lui vestiva di nero, quasi fosse una divisa. Una dolcevita scura faceva risaltare il pallore innaturale della sua pelle. Sul viso, gli occhi neri brillavano minacciosi, cerchiati da profonde occhiaie violacee. I capelli erano più spettinati del solito, e si muovevano a scatti seguendo i movimenti del padrone.
-Sembra un pazzo- commentò Umberto.
Trattenni una risatina isterica. Tremavo. Lui se ne accorse, e strinse con più forza la mia mano.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene…
Non mi piace,
disse Bella, non mi piace per niente.
Nemmeno a me.
Dobbiamo avere fiducia in Alessia. Lei non cascherà nella sua trappola.

Annuii. Lo speravo davvero.
Quando Daniele notò la mia amica in trepidante attesa, un sorriso si dipinse sul suo volto. Magari agli altri sarebbe pure parso affascinante, canzonatorio. Ma a me dava i brividi.
La raggiunse sotto la pensilina, cogliendola di sorpresa. Da dove eravamo, potevo cogliere ogni singola parola che si dicevano.
-Ciao- gli disse lui, arrivando alle sue spalle. Aveva una voce strana, stridula eppure profonda. Comunque, molto diversa dal ringhio gutturale che mi aspettavo.
Alessia sobbalzò –Mi hai spaventata!- gli disse, voltandosi.
-Scusa-
La mia amica sorrise –Ti perdono-
Corrugai la fronte. Da dove veniva tutta quella confidenza? Che non fosse la prima volta che si incontravano? Quasi mi cadde la mascella, quando Alessia si sporse verso il ragazzo e lo baciò appassionatamente sulle labbra.
-Vogliamo andare?- disse poi lui.
Si avviò verso un parcheggio di motorini mentre la mia amica lo seguiva come un cagnolino scodinzolante. Solo allora mi accorsi dell’insistente tocco sulla mia spalla.
-Presto, dobbiamo sbrigarci- mi intimò Umberto.
Mi lasciai guidare da lui fino alla moto. Non riuscivo a pensare a nient’altro se non alla scena di poco prima. Perché si erano baciati? Come aveva potuto Alessia tradire così Nicolò?
Distrattamente, avvertii Umberto fissarmi il casco sulla testa. Lo ringraziai mentalmente per averlo fatto al posto mio. Salii dietro di lui, cercando con lo sguardo il ragazzo e la mia amica. Anche loro erano sopra a un motorino, di colore blu elettrico. Quando partirono sgommando, Umberto li seguì, badando a tenersi a distanza di sicurezza.
-Anche se ci vedessero, non penso che Alessia potrebbe riconoscerti- mi rassicurò comunque –il casco ti copre il viso, mentre il mio corpo fa il resto-
Arrivati davanti al Castello Visconteo, i due parcheggiarono e scesero, dirigendosi all’interno del parco. Umberto fermò la moto poco distante da quella blu, mi prese per mano e insieme varcammo in cancello.
Il Castello era uno dei luoghi più affollati della città. Ci andavano sempre le coppiette ad amoreggiare, sotto gli alberi o sulle panchine di pietra. Quel giorno però, era stranamente vuoto. Forse a causa del tempo che prometteva così male. Individuai immediatamente Daniele, grazie al suo abbigliamento scuro e all’altezza considerevole. Insieme ad Alessia, stavano scendendo le scale che portavano al fossato, un tempo colmo d’acqua, del castello. Dopo averli lasciati andare un po’ avanti, io e Umberto li imitammo.
-Dove sono?- chiesi allarmata, non vedendoli.
Lui mi strinse la mano –Hanno appena girato l’angolo-
Si appiattì contro il muro, allungando la testa per vedere. Io mi appoggiai alle sue spalle, cercando di imitarlo. Soffocai un urlo quando li trovai a pochi metri da noi, appoggiati alla parete, che si baciavano con trasporto.
Alessia, la schiena contro il muro, stringeva tra le mani i capelli di Daniele, premendo il suo viso contro quello del ragazzo. Lui aveva le mani sui fianchi della mia amica, il corpo premuto contro il suo. Si baciavano con foga, quasi con disperazione. In un attimo, intuii che non era la prima volta che si rifugiavano in quel luogo per avere un po’ di intimità.
Un movimento agitato di Umberto richiamò la mia attenzione sulla coppia. Qualcosa era cambiato. Prima, pareva quasi che fosse Alessia a dirigere il gioco. Adesso era Daniele a esplorare con le mani il corpo della mia amica, passandogliele ovunque. Quando vidi la sua mano scivolare sotto la maglietta di Alessia, conficcai le unghie nella spalla di Umberto. Come si permetteva, quel bruto? Mi prudevano le mani dalla voglia di prenderlo a schiaffi.
Il gemito di Alessia giunse fino alle mie orecchie.
-No J., dai, lo sai che non voglio…-
-Ma io sì- rispose quello, mordendole il collo e schiacciandola ancora più contro la parete. Pareva quasi un vampiro che succhiava il sangue alla povera vittima, riflettei rabbrividendo.
-Io intervengo- disse in quel momento Umberto, che sotto di me tremava.
-No! Così ci farai scoprire!- sussurrai terrorizzata. Cosa avrebbe pensato Alessia, se mi avesse trovata a spiarla?
Nel frattempo, la situazione si stava facendo spinosa. Daniele aveva afferrato entrambe le braccia della mia amica e gliele teneva bloccate lungo i fianchi, mentre con la lingua la leccava collo e clavicole. Poi, spostò la maglietta, baciandole un seno. Lei si divincolò, ma non riuscì a liberarsi. Daniele era troppo forte.
-Non puoi chiedermi di stare qui a guardare- ringhiò Umberto, fremendo sul posto.
Stavo per ribattere, quando ammutolii. Daniele si era slacciato i pantaloni. Vidi l’espressione di terrore sul volto della mia amica, immaginando che fosse la stessa del mio. Contemporaneamente, Umberto saltò fuori dal nostro nascondiglio, avventandosi sul ragazzo. Il suo pugno mandò Daniele a terra, ma subito Umberto gli fu addosso. Non lo avevo mai visto così. Era furioso, fuori controllo. I suoi colpi non miravano a centrare il bersaglio. Quello che gli interessava era distruggere.
Ma Daniele non rimase inerte e, dopo il primo pugno, rispose a tono, mollandone uno nello stomaco a Umberto. Urlai, quando lo vidi tossire sangue. Intanto, Alessia si era ricomposta, e seguiva la lotta con un espressione terrorizzata dipinta in volto. Quando mi vide, lessi nei suoi occhi la sorpresa, mista alla paura. Per chi temeva, in realtà? Per Umberto, o per il ragazzo che aveva appena tentato di violentarla?
Un urlo soffocato richiamò la mia attenzione sulla zuffa. Daniele si era alzato in piedi, tenendosi la testa con una mano, mentre l’altro braccio era abbandonato lungo il fianco. Sanguinava da un occhio. Ma l’urlo che avevo sentito proveniva da Umberto. Era inginocchiato a terra, le mani strette sulla pancia.
Guardai Daniele che, notandomi per la prima volta, ricambiò lo sguardo. Mi sentii esattamente come quella volta che, alla stazione, mi aveva gelata coi suoi occhi neri. Ma allora non ero furiosa con lui.
Il ragazzo lanciò un’occhiata veloce ad Alessia, prima di voltarsi e correre via. Cosa dovevo fare? Inseguirlo? Fissai Umberto che stava tentando di alzarsi. Barcollò e cadde a terra. Corsi da lui per aiutarlo.
-Sta…sta scappando- mormorò flebile. Poi tossì, e un fiotto di sangue sporcò l’erba davanti a lui.
Trattenni un conato –Non ti preoccupare di lui, adesso. Ti devo portare subito in ospedale-
-Non ce n’è bisogno, sto bene-
-Non dire cazzate, sputi sangue. Adesso stai zitto e fai come ti dico io- dissi in tono autoritario.
Lui mi guardò sorpreso, ma sostenni il verde delle sue iridi. Stavo migliorando.
Rassegnato, si alzò in piedi, cercandosi di non appoggiarsi troppo a me.
-Volete una mano?-
Mi ero quasi dimenticata di Alessia. Mi voltai e la trovai a pochi metri da noi, che sbirciava timida nella nostra direzione.
-Tu vai a casa immediatamente. È tardi, e tua madre sarà preoccupata- sbottai –con te parleremo più tardi-
Lei annuì, arrossendo. Fissai il colore sulle sue guancie, reprimendo il desiderio di mollarle un ceffone. Dovevo pensare a Umberto.
Ci sarà tempo dopo, tranquilla, mi rassicurò Bella che, a mio pari, non vedeva l’ora di fare i conti con Alessia.
Un amaro sorriso comparve sul mio volto, mentre aiutavo Umberto a raggiungere il motorino e voltavo le spalle a quella che una volta era la mia migliore amica. Quel giorno avevo trovato l’amore, ma avevo perso l’amicizia di una vita. Ricacciai indietro le lacrime, concentrandomi su un problema ben più urgente. Chi avrebbe guidato il motorino? Guardai Umberto che capì al volo.
-Non oseresti…-
Non lo lasciai nemmeno finire. Gli ficcai una mano in tasca, tirando fuori le chiavi.
-Ho fatto il corso, posso farcela-
-Quindi hai il patentino?-
-Ho detto che ho fatto il corso, non che ho passato l’esame-
Feci in tempo a vederlo sbiancare, mentre mi portavo alla guida della moto. Dopo un attimo, lo sentii sedersi alle mie spalle, e avvertii la presa delle sue mani sui miei fianchi.
Presi un bel respiro, accendendo il motore. Le fusa della pantera nera coprirono il singhiozzo che scappò dalle mie labbra. Poche gocce caddero sul lucido metallo nero, subito asciugate dal vento che sferzava i nostri volti. Le lacrime non ebbero nemmeno il tempo di scendere, evaporando già sugli occhi. Ma le ferite che sentivo dentro, quelle sarebbero state ben più difficili da curare.







Ho paura. Mi odiate così tanto? Magari però pensate che è IL capitolo della storia, che è bello lungo e che succedono un sacco di cose…no eh? Va bene…
Anche questa volta, vi ho fatto penare e non poco prima di sbrogliare la questione Alessia. Ma, anche io come i due protagonisti, dopo il loro chiarimento mi sono sentita più leggera. Infatti, mentre le prime tre pagine ho impiegato 2 ore a scriverle, le ultime tre sono uscite fuori quasi da sole. Non vedo l’ora di scrivere il prossimo capitolo!
Ma di questo, voi che ne dite? ESIGO una recensione, è d’obbligo dopo tutto quello che vi ho fatto passare per avere questo capitolone!
Penso che d’ora in poi aggiornerò ogni Domenica, perciò…alla settimana prossima! ;)
Bacioni dalla vostra
Elenuccia




Per rispondere a:


Saruxxa: Nooooo sgamata in pienooooo! Ups! :X Bhe, ormai…penso che tu l’abbia capito da sola…;)
Austen95: Grazieee :D Sono contenta che lo scorso chappy ti sia piaciuto così tanto!! E di questo, che dici?? Come vedi alla fine Umbe aveva sentito tutto xD
DarkViolet92: Se il ritmo dello scorso capitolo era incalzante, questo non so come lo si potrebbe definire! Io ansimavo, mentre lo scrivevo! Chissà se Luca romperà ancora ai nostri piccioncini, chi può dirlo…solo io, ma non lo farò mai! Muahmuhamuha ;)
mione94: Allora, innanzitutto espelli il tipo dal cervello XDXD E ora…NON MI UCCIDEREEEEE!! Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensi, amore mio, visto che questo capitolo riguarda esclusivamente te e TDC (a parte la prima parte ^^ parte parte o.o ihihihih) bheeee comunque COMMENTA IMMEDIATAMENTE!!! E quando hai finito di leggere chiamami a casa ù.ù Ti amo, micropollice del mio cuore <3
Bella_kristen: Tesora miaaaa!!! Che bello rivederti!!! Mi sei mancata davvero un sacco :(( Ma l’importante è che sei ancora quiii!! Divertita quest’estate?? Com’è stato il rientro?? Per me devastante…la prima volta che ti becco su MSN ti racconto tutto, e anche tu devi farlo!! Ma senti, tu hai per caso un account Face Book? Perché vado più lì che in chat! >< Cooomunque, sono contenta che sei tornata in tempo per leggere questo CAPITOLONE! Che ne dici allora??? Non vedo l’ora di sentire il tuo parere!! ** Bacioni!




IMPORTANTE! ><
Ho un dilemma. Cambiare raiting, o non cambiare raiting?
Ci sono un po’ di parolacce, ma per quello il giallo dovrebbe essere sufficiente. Ma…i baci, le carezze, gli strusciamenti…? Sono da arancione?
Aiiiiuuutooo, non sono pratica di queste cose tecniche! Non vorrei offendere o scandalizzare nessuno, perciòòò…ditemi voi cosa fare! ^^”

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Capitolo 18
*** 18. Dietro ai tuoi occhi ***






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Aspettavo fuori dalla porta già da parecchio tempo, quando il dottore uscì dalla stanza. Lo guardai fremente, sgranando gli occhi dalla preoccupazione.
Lui mi sorrise rassicurante –Il ragazzo sta bene, ha solo una costola leggermente incrinata-
-È…è grave?- chiesi con la voce strozzata.
-Guarirà da sola. Ci vorrà un po’ di tempo, e sarà abbastanza doloroso. Ma sta bene- ripeté l’uomo.
Annuii, nervosa. Non mi andava che Umberto soffrisse, non ancora! Fissai il dottore, facendo per aprir bocca.
-Potrai vederlo tra qualche minuto, ho lasciato detto all’infermiera di venirti a chiamare- mi anticipò lui, allargando il sorriso.
Annuii, ringraziandolo. Mentre lui se ne andava, tornai a fissare l’anonima porta, di un bianco lattiginoso. Appoggiai il gomito sulla gamba, abbandonando la testa sulla mano. Sentivo il capo scoppiarmi. Troppi, decisamente troppi pensieri affollavano la mia mente.
Prima, era la consapevolezza di aver finalmente ritrovato Alessia. A questa, seguivano il sollievo e la rabbia. Non riuscivo ancora a spiegarmi come avesse potuto fare una cosa del genere a noi, agli amici di una vita. Inconsciamente, mi affannavo a cercare giustificazioni per scagionarla, ma per quando mi sforzassi, non ne trovavo nemmeno una che reggesse. Aveva tradito il suo ragazzo, mollato tutto per uno sconosciuto, fatto venire i capelli bianchi a sua madre. Aveva marinato la scuola. Aveva messo la sua vita in mano al caso, in mano a un pazzo. Ma soprattutto, non si era fidata di me. Era questo che più mi feriva. Perché non mi aveva parlato delle sue intenzioni? Forse si vergognava? Ma allora, perché farlo! Perché mandare all’aria una vita costruita con fatica, una vita felice, per…per uno come LUI!!
Sì, ero furiosa. E non solo perché mi sentivo tradita. Se il peso delle decisioni di Alessia fosse ricaduto solamente su di me, non avrebbe importato più di tanto. Certo, avrei sofferto, ma sarebbe stato un mio problema. Ma se la questione si spostava su altre persone, persone a cui tenevo, era un altro paio di maniche.
Innanzitutto, c’era Nicolò. Doveva sapere, ne aveva il diritto. E a dirgli tutto avrebbe dovuto essere Alessia. Proprio lei, che aveva sempre decantato la sua fedeltà e i suoi principi all’antica, adesso si era comportata in maniera così vile e scorretta! Ma se, nella sua vigliaccheria, non fosse stata in grado di affrontare il problema, sarei stata io a farlo. Avrei parlato io con Nicolò. Forse sarebbe stato opportuno che sapesse la storia da me fin dall’inizio. Magari avrebbe sofferto di meno. Ma spettava alla sua ragazza raccontargli di come lo aveva tradito con un essere abbietto che aveva poi cercato di farle del male. È compito suo, pensai con rabbia, se è rimasta ancora un po’ della mia amica di un tempo, potrà gustare almeno una punta del dolore che ha provocato. Del male che ha fatto agendo così sconsideratamente.
E poi, bhe, poi c’era Umberto. Non avrei mai, MAI potuto perdonarla per averlo spedito in ospedale. Perché anche se fisicamente non era stata colpa sua, era grazie alle sue azioni che Umberto era finito a botte con Daniele. Lo aveva fatto per difenderla. E cosa ci aveva guadagnato? Una costola mezza rotta e un posto in prima fila al San Matteo. Alzai la testa, stringendo entrambe le mani a pugno. No, non avrei mai potuto scusarla per aver fatto del male al mio amore. Come dice il detto: toccatemi tutto, ma non le persone che amo. Altrimenti mi perderete.
Mi hai persa Alessia, e non c’è niente che tu possa fare per riparare al dolore che hai portato.
Un rumore di passi distolse la mia attenzione da quei tristi pensieri. Perché è sempre triste rendersi conto della fine di un’amicizia, specie se con la persona che ti ha accompagnata nella tua vita fin dai primi anni.
Vidi una sagoma scura avvicinarsi alla porta e diventare sempre più grande e nitida. Poi, una donna comparve nel corridoio. Spalancai gli occhi riconoscendola.
-Carolina!-
Lei si voltò nella mia direzione, sorpresa di vedermi quanto io del rincontrarla.
-Sei tu! Cosa ci fai qui?- esclamò, schietta e vivace come sempre.
Sorrisi. Dopotutto, quella ragazza mi era mancata. Anche se forse avrei preferito incontrarla in altre circostanze. Stavo per rispondere, quando lei si portò una mano sulla fronte.
-Ma certo, devi essere tu la ragazza tanto agitata!- esclamò.
La guardai accigliata.
Lei sorrise furbetta –Il tuo ragazzo sta bene e non fa altro che chiedermi di te. È un po’ assillante, non trovi? Comunque è di là che ti aspetta a braccia aperte-
Arrossii violentemente –Non è il mio ragazzo- farfugliai.
Carolina rise, prendendomi la mano e trascinandomi oltre la porta. Fissai le nostre dita intrecciate, pensando alle sue parole. Davvero Umberto era così impaziente di rivedermi?
-Certo che non riesci proprio a stare lontana da questo posto, né?!-
Mi riscossi –Scusa?-
La ragazza alzò gli occhi al soffitto –Oh cielo, è persa! Bhe, possiamo dire che una parte del merito va a me-
Ero totalmente disorientata –Ma di cosa stai parlando?-
Carolina si fermò davanti a una stanza, voltandosi a guardarmi, raggiante –Scommetto che tu e quel ragazzo avete parlato per la prima volta quando eri tu ad essere attaccata alle macchine-
Ridacchiai –Più o meno è così- le concessi.
-E se io non vi avessi lasciati soli, questo non sarebbe mai potuto accadere! Perciò penso che tu mi debba almeno un grazie- concluse soddisfatta.
-Ma se tu non ci avessi interrotti, chissà cos’altro sarebbe potuto succedere!- non potei trattenermi dal dire.
Carolina avvampò –Dettagli!- trillò con la sua voce acuta –sbrigati adesso, o vuoi far attendere ancora quel povero ragazzo?-
Scossi la testa, sorridendole un’ultima volta e precipitandomi dentro la stanza.
Appena entrata però, mi bloccai sulla soglia. Nel letto in mezzo alla stanza, coperto fin sotto le gambe, Umberto dormiva beato. Mi girai a socchiudere la porta, avvicinandomi poi a lui, cercando di non fare rumore.
Fissai il suo corpo. Una stretta fasciatura cingeva il torace nudo, che si alzava e abbassava a scatti. Mi morsi il labbro inferiore, tormentata. Possibile che anche nel sonno soffrisse? Portai il mio sguardo sul suo viso. Eppure appariva così rilassato…
Le lunghe ciglia bionde tremavano appena, la bocca era dischiusa, a forma di cuore. I capelli, schiacciati dal cuscino, cadevano scomposti sulla fronte alta. Non me l’ero immaginato, si stavano scurendo per davvero. Alzai la mano, sfiorando con le dita quel bocciolo rosso semi aperto. Osservai quel volto che amavo tanto, teneramente. E in quel momento, capii che non avrei mai più potuto vivere senza il suo proprietario. Non capivo come, solo poche ore prima, un simile pensiero avesse potuto attraversare la mia mente. Ma allora, non sapevo ancora che Umberto mi amava…
Non riuscivo ancora a capacitarmene. Lui, così perfetto, così meravigliosamente perfetto, con me, una persona decisamente banale e insignificante.
Inizialmente, avevo pensato che stesse mentendo. Come poteva essere vero? Sarebbe stato un sogno divenuto realtà. Ma si sa, queste cose non accadono nella vita reale. Ma poi, guardandolo, avevo scorto qualcosa in fondo ai suoi occhi. Avevo visto il verde delle sue iridi ribollire, come se un fuoco indomabile ardesse dentro di lui. Lo stesso che bruciava il mio cuore di amore. Sentivo di dover ringraziare il cielo, per avermi donato l’amore della creatura eterea che giaceva addormentata su quel lettino d’ospedale.
Distrattamente, sentii qualcosa sfiorarmi il braccio.
-Non dirlo…-
Sobbalzai, allontanandomi di scatto. Umberto fece per sollevarsi, ma con un gemito ricadde nel letto. Mi precipitai al suo capezzale.
-Stai attento! Il dottore ha detto che devi stare a riposo- gli intimai, allarmata.
Ma lui cercò nuovamente di mettersi a sedere, facendo leva sui pugni. Ci riuscì, volgendo il capo e guardandomi serio.
-Non pensare mai più una cosa del genere- disse secco.
Fissavo i suoi occhi arrabbiati, non capendo.
Lui sospirò, voltandosi lentamente verso di me. Un movimento troppo azzardato fece comparire una smorfia sul suo viso. Alzai le mani per fermarlo, ma lui scosse il capo. Feci per riabbassarle, impotente. Un suo cenno mi bloccò, e le sue dita furono sulle mie.
-Tu non sei inferiore a me- spiegò, stringendo la presa –anzi! È evidente che non hai una buona percezione di te stessa-
-Io so solamente che ti ho fatto soffrire così tante volte…-
-Pensi davvero che quello fosse dolore? Tu non sai com’era la mia vita, prima di incontrare te. Ero…vuoto. La mia intera esistenza lo era. I giorni si susseguivano senza posa, mattino e sera si mescolavano. Vivevo in una perenne oscurità. Poi, sei arrivata tu. Come il sole da luce alle cose, così tu hai illuminato la mia vita, piccola Elisabetta-
Non potevo credere alle sue parole. Stava raccontando le mie giornate prima di conoscere lui.
-Tu sei speciale, amor mio- disse ancora Umberto, fissandomi dolcemente –non credevo di poter mai stare così bene con qualcuno, non pensavo di riuscire ad essere cosi felice-
-Ti amo- sussurrai, le labbra tremanti –Ti amo così tanto!-
Umberto rise, spensierato –Anche io, mia piccola catastrofe, con tutto me stesso-
Si sporse verso di me per lasciare un leggero bacio sulle mie labbra.
-Come mi hai chiamata?!-
Lui sorrise, tornando a sedersi –Sei la mia piccola catastrofe personale-
-Vedi? Sono un guaio per te- mi lamentai, mettendo il broncio.
Ma quando mi ritrovai tra le sue braccia, non riuscii a rimanere seria.
Mentre ridevamo, Carolina entrò nella stanza. Si fermò a guardarci, un sorriso che nasceva sul volto.
-Eccomi qua, puntuale come sempre!- esclamò, facendomi l’occhiolino. Io ridacchiai notando l’espressione interrogativa sul viso di Umberto. Lui non poteva capire.
-Mi dispiace dovervi separare, ma il signorino ha bisogno di risposare- esordì poi Carolina, sinceramente dispiaciuta –ordini superiori!-
Annuii, abbandonando a malincuore le braccia di Umberto. Guardai il suo viso, poi la ragazza che ingenuamente aspettava sulla porta.
-Oh!- disse lei, capendo al volo –ehm, bhe, mentre vi salutate io aspetto fuori!-
Si volatilizzò all’istante. Mi girai verso Umberto, e lo trovai a fissarmi intensamente. Sotto il suo sguardo smeraldino, non potei fare a meno di arrossire violentemente. Stavo facendo progressi, è vero, ma non avrei mai potuto reggere tutto quel verde.
Lui mi accarezzò le guance incandescenti –Quanti mi piace questo-
-Farmi andare in iperventilazione?- chiesi boccheggiando.
Sorrise accigliato –Molto simpatica- disse, ironico. Lo vidi esitare un attimo.
-Cosa farai adesso?- domandò alla fine.
-Parlerò con Alessia- Se riuscirò a non prenderla a sberle…
-Voglio venire con te-
Scossi il capo –No, è una questione tra me e lei-
Umberto annuì –Stai attenta-
Sorrisi debolmente –Non penso che correrò rischi. Semmai, è lei che deve guardarsi dall’avvicinarmisi troppo!-
Ma lui era serio –Non intendevo quello-
Capii, e tacqui. Chissà dov’era andato Daniele, dove si era nascosto. Magari non sarebbe più comparso nelle nostre vite, magari ci avrebbe lasciato finalmente in pace…
-Non ci conterei troppo- mormorò Umberto.
Lo fissai, sorpresa –Mi leggi nel pensiero?!-
Sobbalzò leggermente –Ma cosa dici! Sicura di non essere tu quella ad aver sbattuto la testa?!- esclamò sorridendo. Ma non mi era sfuggito un guizzo di paura sul suo viso.
-Non mi pare. A questo proposito, tu dovresti riposare-
Si fece triste, quasi disperato –Non voglio che te ne vada- disse, con voce lamentosa.
Sorrisi –Non eri stato tu a dire che sono sempre con te?! E comunque non starò via per molto-
-Torna presto da me-
-Tranquillo, non ti libererai tanto presto della tua catastrofe personale-
Mi baciò teneramente –Ti amo, mio piccolo guaio-
Mentre uscivo dalla stanza, ripensai alle sue parole. Forse mi ero solo immaginata quella sfumatura allarmata…
-Quanto ci hai messo! Che avete fatto su quel lettino?! Guarda che è fragile!-
-Ah!-
-Scusa, ti ho spaventata?-
Mi portai una mano sul petto –Aspetta che il mio cuore ricominci a battere, per avere una risposta-
Carolina sorrise –Mi pare che batta molto forte. Sembrati fatti l’uno per l’altra-
Arrossii –Lo pensi davvero-
-Oh, sì. E non vedo l’ora di conoscere i vostri undici bambini!-







Buonasera, mie care!
Scusate per il ritardo nell’aggiornamento, ma il votaccio di matematica mi ha demoralizzata talmente tanto che il capitolo ha fatto fatica a uscire dalle mie mani -.-“
Lo so, è stupido, lo so, non è nemmeno scritto tanto bene. Insomma, non mi piace! Ma questo passa per il convento, spero che non lo troviate così disgustoso e non degno di una piccola recensione :(
Ovviamente, non era di questo che avrei voluto scrivere. Doveva esserci il confronto tra Elisabetta e Alessia, e invece…mi sono concentrata solo sui due piccioncini! Però, non so voi…ma io adoro questa coppia! ** E comunque, CARISSIME, mi dispiace deludervi ma…Umberto è MIO, MIO, MIO e solo MIO! ><
Ad ogni modo, non è così inutile come sembra…c’è un particolare molto importante per il futuro (penso, bhe, dipende da come mi gira XD), siete riuscite a coglierlo?
Vi prometto che il prossimo capitolo sarà quello che vi aspettate, scritto bene e SODDISFACENTE! A costo di prendere un 2 (non ci manca molto -.-‘’)
Un bacioni miei tesori preziosi!
La vostra Ele




Per rispondere a…


mione94: Amour mio <3 Hai visto che capitoline ti ho scritto??!?! Eeeeh lo so, essere stuprate da TDC non sarebbe così orribile, anche perché tu saresti consenziente…XDD Mmm, sai cosa stavo pensando?? Magari ci ficco dentro pure Pkok Vivo…ahahah!! XDXD Ti amo!
Saruxxa: Ehiiii :D Bhe, direi che anche in questo capitolo il nostro Umbe è stato dolcissimo…lo amo troppo ** ihihi…eeee lo so, sono successe un sacco di cose sconvolgenti…ma non è ancora finita…!! Muhamuahmuah, me perfida XDD
Austen95: Noooo, povera Alessiaaa!!! È Daniele che deve sparire U.U XDD
Bella_kristen: Tesoraaaa!! ** Acc…bhe, vuol dire che ci beccheremo su MSN (prima o poi XDD) Eh lo so, Umbe è…fantasticosamentemirabolantemeraviglioso ** ihihihi lo adoro ^^ Non ti preoccupare, troverò il modo di farla pagare a Daniele…;) Dove hai lavorato quest’estate?? Un bacione!

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Capitolo 19
*** 19. Chiarezza ***






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Guardai per l’ennesima volta le chiavi strette nella mia mano. Mi mossi a disagio, seduta sul sedile della moto. Avevo promesso a Umberto di tornare sana e salva da lui. Chi mi garantiva che avrei mantenuto la parola data, prendendo il motorino? Un conto è guidarlo quando dietro di te hai il tuo ragazzo sofferente e con una costola rotta. Ma quando non c’è l’adrenalina che ti brucia le vene, quando sei consapevole della velocità, delle macchine che sfrecciano al tuo fianco…quello è un altro discorso. Un discorso molto, molto serio.
Non avevo il patentino. Ero stata bocciata due, non una, due volte all’esame. Se mi fermavano i vigili, avrei preso una multa. E avrebbero sequestrato il motorino. Di Umberto.
D’altra parte…non vedevo l’ora di parlare con Alessia. Fremevo dalla voglia di capire, ormai non potevo aspettare oltre.
Strinsi le dita intorno alla tozza chiave che avrebbe deciso il mio destino. Era stata tutta colpa delle precedenze. Cinque errori, tutti sulle precedenze. Ma come avrei potuto imparare a memoria tutti quegli stupidi schemini pieni di autobus, automobili e quant’altro?! E poi, di che utilità sarebbe stato sapere se deve passare prima la corriera o la tua moto? A Pavia non c’è nemmeno il tram!
Perché l’aveva fatto, cosa l’aveva spinta, come mai non si era fidata di me…Basta! Avevo bisogno di risposte. E poi, con la moto sarei tornata prima da Umberto. Anche se ovviamente, lui non sarebbe mai venuto a sapere che avevo usato il suo prezioso mezzo senza nemmeno uno straccio di documento.
Infilai le chiavi e diedi gas, sussultando quando le fusa del motore fecero sentire la loro possente voce. Ingoiai a vuoto. Ma ormai avevo deciso. La mia mente era spaccata in due: da una parte Alessia, dall’altra Umberto, nel letto d’ospedale. Scossi la testa, cacciando a malincuore quei pensieri. Dovevo concentrarmi, e cercare di tornare tutta d’un pezzo da Umberto. Chissà come avrebbe reagito, se invece mi avesse avuta come compagna di stanza. Sorrisi, infilandomi nel traffico serale pavese.
Fortuna che le giornate erano ancora lunghe! Con il buio, non sarei mai riuscita a distinguere tutte quelle macchine che, come saette, sfrecciavano al mio fianco. Tenni sempre una velocità moderata, non facendo mai superare i sessanta al tachimetro. Okay, ero terrorizzata. Ma anche determinata a non farmi ammazzare. Forse qualcuno lassù mi voleva davvero bene, poiché riuscii ad arrivare sana e salva alla tangenziale. Adesso la strada sarebbe stata più semplice. Sempre dritto, limite dei cinquanta, destinazione: Cava Manara. Casa di Alessia Lombardi.


Parcheggiai di fronte alla casa, scendendo dalla moto e rischiando di sfracellarmi. Avevo i muscoli delle gambe a pezzi, causa lo sforzo con cui mi ero aggrappata alla moto durante il tragitto. Mi appoggiai al mezzo, sfilandomi il casco. Quando fui sicura di riuscire a camminare, mi avviai barcollando verso il citofono.
-Signora scusi l’ora ma ho bisogno di parlare con sua figlia- dissi alla madre di Alessia quando ebbe risposto.
-Oh, Elisabetta! Meno male che sei venuta, stavo per chiamarti-
Corrugai la fronte –Che succede?-
-Non parla con nessuno, non mi lascia nemmeno entrare in camera!- disse la povera donna, la voce rotta dal pianto.
Sorrisi feroce. Ecco che arrivano i sensi di colpa, cara Alessia.
-Non si preoccupi, ci parlo io-
La madre di Alessia mi accolse in casa con tutti gli onori, offrendomi da bere e da mangiare. Ma nei suoi occhi vedevo la preoccupazione per la figlia. Rifiutai gentilmente, avviandomi verso la camera di Alessia.
Aprii la porta senza bussare, bloccandomi sulla soglia. Che ordine! Quella non era la stanza della mia migliore amica. Non avrebbe mai potuta essere cosi linda e sistemata. Poi, vidi lei. Era stesa sul letto, il volto affondato nel cuscino, il corpo scosso dai singhiozzi. Non mi faceva alcuna pena. Anzi, pensavo che si meritasse tutto quel dolore. Troppo poco, comunque.
Entrai nella camera, chiudendo con forza la porta alle mie spalle. Lei si alzò di scatto, guardandomi allarmata. Non potei fare a meno di sussultare. Vedevo il volto della mia amica rigato di lacrime, il trucco sbavato, il moccio al naso. Il ritratto della sofferenza. Eppure, sapevo che non era lei. La mia migliore amica non sarebbe tornata mai più. Cacciai quel senso di disagio, indurendo l’espressione del mio viso.
-Sono qui per avere delle risposte- dissi gelida.
Lei non parlò, continuando a guardarmi. I suoi occhi erano vitrei, sembrava che nemmeno mi vedesse. Poi, tornò a nascondere il volto nel cuscino, ricominciando a singhiozzare.
Con una falcata fui al suo fianco. Le afferrai i capelli con la mano, tirandole indietro il capo. Non mi importava di farle male. Volevo farle male.
-Hai capito cosa ho detto, sgualdrinella? Dimmi perché l’hai fatto. Dimmi perché hai tradito il tuo ragazzo. Dimmi perché sei sparita di casa per quasi due giorni. Ero preoccupata per te, lo sai? Pensavo che ti avessero fatto qualcosa. Che stessi male. Invece tu eri tra le braccia di quel…quel…quel mostro. Oh, ma hai fatto bene sai. Tu sei della sua stessa pasta-
-No!- gridò finalmente Alessia. Si dimenò dalla mia presa, finché non fui costretta a mollarla. Si rannicchiò nell’angolo del letto, coprendosi la faccia con le mani. Cercai di tirargliele via.
-Cosa no? Pensi di essere diversa da Daniele? Di essere migliore di lui? Magari ti ritieni superiore pure a noi, ai tuoi amici, alla tua famiglia- sputai con disprezzo. Sentivo la rabbia possedere il mio corpo, mi pulsavano le tempie.
Lei disse qualcosa. Mi sporsi per sentire meglio.
-Nicolò…-
-Nicolò?- ripetei –lo hai tradito per quella feccia-
-No, no…-
-A no? Bhe, ti dò una notizia: baciare un altro significa tradire il proprio ragazzo-
-Io…io non stavo più con lui…-
Mollai la presa dai suoi polsi, di scatto.
-Cosa?- domandai spiazzata.
Alessia tornò a rannicchiarsi, chiudendosi in un silenzio spezzato unicamente dai suoi singhiozzi. Fissai la sua figura, che pareva così piccola e indifesa. Ero venuta là per avere delle risposte. Adesso, rischiavo di andarmene via ancora più confusa.
Sospirai, sedendomi sul letto. Sbirciai nella sua direzione. Niente. Non mi guardava nemmeno.
-Senti…- cominciai, modulando la voce –non volevo essere così aggressiva. Ma cerca di capirmi. Sono arrabbiata Alessia. Con Daniele, con te, soprattutto però con me stessa. Non sono stata in grado di proteggerti, di impedirti di fare quello che hai fatto. Non mi sono accorta di come stavi, non ti ho ascoltata. È anche colpa mia. Per questo voglio capire perché. Cosa è passato nella tua mente quando sei andata da lui- mi voltai verso di lei. La trovai a fissarmi attentamente.
Incrociai i suoi occhi con i miei, e fui risucchiata dall’azzurro delle sue iridi. Era sempre quello, sempre così puro, così…disarmante. Per un attimo, ebbi il desiderio di strappare quegli occhi da quel viso. Quello sguardo puro e innocente non apparteneva alla nuova Alessia. Poi però, lei parlò.
-Non devi- disse semplicemente, la voce una linea sottile –non devi sentirti in colpa. Perché il peso delle mie azioni deve gravare solo su di me-
-Ero la tua migliore amica. Avrei dovuto capire che qualcosa non andava-
-No! Non avresti potuto. Nessuno poteva capire come mi sentivo. Tranne…tranne lui- replicò lei, abbassando lo sguardo.
-Daniele- non era una domanda.
Alessia annuì. Sentii la rabbia ribollirmi nelle vene. Chiusi gli occhi, respirando profondamente.
-Non è come pensi-
Li aprii di scatto –A no? Perché a me sembra tutto molto chiaro. Ti sei stufata di noi, di gente banale, e hai deciso di andare la lui, che è come te. È superiore-
Lei scosse la testa, mentre nuove lacrime le rigavano il volto –Io non sono degna di te, della mia famiglia- si bloccò un attimo –di Nicolò. Per questo l’ho lasciato-
-Tu…che cosa?!- boccheggiai.
-Ti ricordi quando mi dicesti di parlarci? Di chiarire?-
Annuii. Era stato quando avevo baciato Luca. A quel ricordo, sentii una morsa stringermi il petto.
-Lo chiamai- disse Alessia –ma non andò come avevo sperato-
Raccontò che avevano litigato. Lei gli aveva chiesto scusa per averlo trascurato, ma quando lui le aveva domandato se avesse fatto qualcosa che non andava, si era arrabbiata e lo aveva trattato male.
-Gli dissi che era lui a non andare bene- confessò con voce strozzata –in realtà ero furiosa con me stessa. Non riuscivo a smettere di pensare a Daniele. Mi sentivo in colpa, non ero degna di lui- ripeté.
Prese un bel respiro –Lo lasciai quel giorno stesso. Agii d’impulso, la furia verso me stessa mi impediva di ragionale lucidamente. Per questo quando mi domandasti se avevo chiarito, ti dissi di sì. Pensavo di aver finalmente messo ordine nella mia vita. Con Nicolò fuori dai piedi, avrei potuto avere Daniele-
Digrignai i denti. Alessia mi fissò.
-Ma non riuscivo a parlarci. Sentivo come se una forza più grande di me mi spingesse verso di lui. La mia non era solo attrazione fisica. Tra di noi c’era sempre stato qualcosa. Fin dal nostro primo incontro, avevo sentito come una scarica percorrere il mio corpo, incrociando il suo sguardo. Sai che non sono mai stata un tipo facile. Non ho mai creduto nei colpi di fulmine. Eppure, quel giorno mi convinsi di essermi innamorata di Daniele-
Sta di fatto che ero troppo timida per avvicinarmi a lui. I giorni passavano, gli sguardi continuavano, ma quelli tra me e Daniele non erano gli unici che ero costretta a sopportare. Nicolò non si era dato per vinto, e subito mi aveva chiesto di ritornare insieme. Gli avevo detto di no. A quella e a tutte le successive volte. Non riuscivo nemmeno più a guardarlo negli occhi. Mi sentivo sporca, e ingiusta. L’avevo lasciato e ancora non riuscivo a parlare con Daniele.
Tutto è cambiato quando tu mi hai parlato, quel giorno in classe-
-Io?-
Alessia annuì –Le tue parole mi hanno aperto gli occhi. Non potevo continuare così. Far soffrire Nicolò e soffrire a mia volta. Mi ero decisa a tornare con lui, quando…-
Aspettai che continuasse. Non avevo fiatato fino ad allora. Ma, vedendo che la sua esitazione si prolungava, mi decisi ad intervenire.
-Dimmi tutto. Arrivati a questo punto, tanto vale confidarci apertamente l’un l’altra-
Lei mi fissò, indecisa, infine parlò.
-Ho pensato di essere pazza. Non potevo credere a quello che mi stava succedendo. Forse avevo letto il libro troppe volte, me lo diceva sempre mamma. “Finirai per sentire le voci!”- esclamò, imitando la voce della madre. Poi sorrise tristemente –Chi l’avrebbe detto che avrebbe avuto ragione, un giorno…-
-Cioè, fammi capire…tu senti delle voci?-
Alessia arrossì, abbassando il capo –Non sono tante, solo una- disse.
Cercai di respirare normalmente –Come…come è possibile?!-
-Non lo so, è incominciato così, dal nulla…-
-No, come è possibile che sia tu che Umberto sentiate una dannata voce nella vostra testa?!- gridai. Sentivo che stavo per crollare.
L’avevo presa in contro piede. Alessia mi fissò sbalordita, abbandonando finalmente quell’aria da cane bastonato –Cosa dici? Anche Umberto sente Alice parlargli nella testa?-
Scossi il capo –No- dissi, ridendo istericamente –lui sente Edward!-
Era senza parole.
Mi presi la testa tra le mani. Mi faceva un male terribile. Ero sicura al cento per cento che tra poco mi sarebbe scoppiata. Chissà cosa avrebbe detto la madre di Alessia, trovando il letto della figlia imbrattato del cervello della sua amica. Speravo che si sarebbe limitata a pulire e che non avrebbe detto niente a mia madre…
Un lampo rosa passò sotto i miei occhi. Sobbalzai, alzandomi di scatto. Alessia era tesa verso di me, la mano a mezz’aria. Quando vide la mia reazione, la ritrasse, mortificata.
-Scusa- le dissi, la voce flebile –ma questa storia è assurda. Prima Umberto, adesso tu. E io che pensavo di essere l’unica pazza…-
Trattenne il respiro –Vuoi dire che anche tu…?-
Annuii –Sono stata la prima, o almeno credo. È cominciato tutto dopo la lezione di Biologia- entrambe sapevamo che non stavo parlando di una lezione qualunque, ma di quella in cui Umberto si era rivolto a me per la prima volta.
-Alice ha cominciato a parlarmi dopo che abbiamo litigato- spiegò Alessia –sono corsa a casa a piangere, e non ho fatto altro per tutto il giorno. Alla fine, mi sono addormentata. La mattina dopo, quando mi sono svegliata, lei era lì- scosse la testa, sorridendo debolmente –mi sono spaventata a morte-
-A chi lo dici…- concordai, ricordando la prima volta che era successo a me. Cercai Bella nella mia mente. Niente.
Guardai Alessia, pensando.
-Tu adesso…- cominciai.
-No, non sento niente- mi interruppe lei. Annuii. Rimanemmo un attimo in silenzio.
-Invece tu…-
-No- dissi immediatamente –niente-
Lei assentì. Poi, vidi il suo volto illuminarsi. Sentii una stretta al cuore. Se fosse successo alla vecchia Alessia, avrei pensato che le fosse venuta un’idea.
-Se a me parla Alice e a Umberto Edward, significa che a te…-
Sospirai. Il ragionamento era elementare.
Alessia tacque, guardandomi con gli occhi sgranati.
-Raccontami cosa è successo dopo che hai sentito Alice per la prima volta- dissi, tentando di cambiare argomento. Dopotutto, la storia non era ancora finita, e mancava una risposta a molti dei miei quesiti.
-Ero terrorizzata- riprese Alessia –pensavo di, insomma, essere fuori come un melone. Inizialmente, non ascoltai nemmeno quello che mi disse. Ma quando capii che c’entrava Daniele, mi feci attenta. Alice sosteneva che lui…-
-Che lui?- domandai impaziente.
Ma lei esitava. Alla fine però cedette, sebbene le parole uscirono dalla sua bocca a spezzoni e mozziconi.
-Sosteneva che Daniele fosse il mio Jasper. Che lui vivesse dentro il ragazzo. Sono stata una stupida, ma mi sembrava che tutto fosse chiaro! Se Daniele fosse stato davvero Jasper, allora eravamo destinati l’uno all’altra. Inoltre, si spiegava anche l’innata attrazione che nutrivamo reciprocamente. Insomma, ormai mi ero convinta che quella fosse la verità. Così, invece di andare a scuola, mi diressi verso la stazione.
Lì lo incontrai e gli raccontai tutto. Delle voci e della mia teoria. Quando anche lui mi disse che sentiva qualcuno nella sua testa, mi sentii esplodere di felicità. Era lui, era lui l’amore della mia vita!- esclamò, rapita dalla narrazione.
Poi si ricompose –Che ingenua- mormorò amara –sono caduta in pieno nella sua trappola. Dopo quel primo incontro, ci eravamo dati appuntamento per quel pomeriggio. Quando arrivò, mi propose di andare insieme al Castello, per…conoscerci meglio- tacque –il resto della storia lo sai-
Annuii. Non avrei mai pensato che potesse essere andata in quel modo. Dopotutto, forse Alessia non era il carnefice. Anche lei, come tutti noi, era l’ennesima vittima di un gioco.
Sì, qualcuno stava giocando con noi. Qualcuno che si divertiva a manipolare le nostre menti, a riempirci la testa di illusioni. Chissà, magari perfino Daniele non aveva colpa delle sue azioni. Se davvero qualcuno parlava anche lui, forse era stato costretto a fare quello che aveva fatto.
Alessia si sbagliava. In quella storia non c’era niente di chiaro. Ma non era sola. Insieme, avremmo scovato il colpevole, colui che aveva manovrato le nostre vite negli ultimi mesi. E una volta venuto allo scoperto, gliel’avremmo fatta pagare molto cara.







Carissimi!
Scusate i soliti due o tre mesi di ritardo nell’aggiornamento, ma come penso sappiate la scuola non dà scampo e nemmeno i casini amorosi :P
Però…ammettetelo, con questo capitolo ho superato me stessa!
Ho scritto ESATTAMENTE quello che volevo dire, buttando giù in modo comprendibile quello che nella mia testa era solo un’accozzaglia di idee. Insomma, sono davvero fiera di me! u.u
Allurs, cosa abbiamo qui? Un’Elisabetta pazza furiosa, un’Alessia pentita e piagnucolona, un Nicolò diventato ex e un Daniele che forse non è più il mostro che tutti noi credevamo. Per non parlare del povero Umberto, mezzo rotto e all’ospedale! Direi che ce n’è abbastanza per altri sei o sette capitoli, voi che dite?
In queste righe si sono spiegati molti dei misteri della storia, in particolare sul triangolo Nicolò-Alessia-Daniele. Spero che abbiate capito che lei non ha colpe, o almeno, ne ha ma non quelle che le attribuivamo. Insomma, era confusa! Adesso ce l’ha a morte con se stessa. Avete capito perché riteneva che Daniele fosse l’unico a poterla capire? Perché anche lui sente una voce. Ma chi sarà a parlare al misterioso ragazzo? Chissà…
Ci sono cose che un’autrice non può svelare. Il bello dello scrivere le storie è proprio questo: saranno sempre un po’ più tue, perché solamente tu sai tutto quello che succede. E alcune cose rimangono dentro alla tua testa, e ai lettori non resta che arrivarci. O immaginare. ;)
Ad ogni modo, si è scoperto che invece tutti e quattro sentono le voci. Ma, come mai? Che scopo hanno? E cosa succederà? Ah miei cari, dovrete aspettare ancora un po’ per scoprirlo…anche perché prossimamente comparirà un nuovo personaggio! E se siete stati attenti per tutta la storia, dovreste anche capire chi è…sono aperte le scommesse!
Cercherò di aggiornare il prima possibile, tipi e verifiche permettendo!
Un bacione, e grazie mille a chi mi segue sempre. Mi piacerebbe che lasciaste un vostro parere. Lo so, mi ripeto sempre, ma ci tengo davvero a sapere cosa ne pensate della storia!
A presto!
Ele




Per rispondere a quei tre angeli che hanno commentato:

Saruxxa: Mia cara! Che bello sapere che ti sei affezionata ai miei personaggi ** *commoss commoss* XD Comunque come hai visto Alessia non si è confidata con Elisabetta perchè pensava di essere pazza…quando invece la prima tra i pazzi è proprio la sua amica! Umberto legge nel pensiero? Chissà…ricorda solo che Liz non è Bella…percioòòò….eheh! Sono cattiva e non ti dico altro u.u ^^ A prestooo baciii ;)
Bella_kristen: Tesora miaaaa! Liz non è Bella, perciò chissà se ha lo scudo o meno?? Mah…XDD E Daniele…sei ancora convinta che la debba pagare così cara? Mmm, non sai cosa ho in mente per lui…ti dico solo che non sarò buona! Muhamuhamuha ^^ bacioniii!
Austen95: Ma chissà se per davvero oppure no????? Eheh ;D

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Capitolo 20
*** 20. Anche le rose più belle hanno le spine ***






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Mie care,
non starò qui a scusarmi, e distogliere ulteriormente la vostra attenzione dalla storia. L’unica giustificazione che posso dare per questo mio enorme ritardo è la mancanza di tempo e di testa che ho avuto in questi ultimi mesi. Spero che saprete perdonarmi e non abbandonerete la lettura per questa mia negligenza :)
Mi è sembrato opportuno e doveroso scrivere per voi (e, confesso, anche per me) un piccolo riassunto di questa intricatissima storia: vi consiglio di leggerlo, almeno per riprendere il filo!
Vi mando tanto baci e vi ringrazio per la vostra fedeltà,
Elena





Dove eravamo rimasti…


Twilight fa parte della vita di Elisabetta da ben prima che gli venga regalato per le vacanze natalizie. La sua migliore amica, Alessia, è infatti appassionata della saga di vampiri, e non passa giorno senza che ne parli con la ragazza. Ma a Elisabetta la storia non interessa. Fino al giorno in cui entra in possesso del famoso libro.
Subito si accorge delle numerose somiglianze, non solo fisiche, tra lei e la protagonista della saga, Bella. Entrambe timide e con uno spiccato istinto a cacciarsi nei guai, hanno in comune la pelle pallida e i grandi occhi color cioccolato. Come Bella, anche Elisabetta è perdutamente innamorata di un ragazzo inavvicinabile: Umberto Moretti è perfetto; perfetti i capelli dorati; perfetto il sorriso sghembo; perfetti, infine, gli occhi verdissimi, nei quali la ragazza ama perdersi.
Umberto ha un migliore amico, Luca, specularmente il suo opposto: alto e ben piazzato, mori i capelli crespi come pure gli occhi, dallo sguardo sensuale e affascinante. Ben presto, Elisabetta si scopre attratta da Luca, con cui si scambia un bacio accidentale mentre stanno ballando in discoteca. Ma, al contrario delle aspettative della ragazza, la cosa non finisce lì: i due si incontrano ancora a scuola, e sta volta è Elisabetta a baciare lui. Luca, d’altro canto, non sparisce, ma invece continua a essere partecipe della vita della ragazza, mostrandosi interessato a lei.
Il rapporto tra Umberto e Elisabetta non è altrettanto vivace: dopo la tremenda figura di lei a una lezione di Biologia, condivisa con la classe del ragazzo, si ritrovano all’ospedale, mentre Elisabetta è ricoverata per un mancato incidente a cui è scampata miracolosamente. Lì, scopre che il suo misterioso salvatore è proprio Umberto. Quest’ultimo le raccomanda di prestare più attenzione e di non cacciarsi più nei guai.
Elisabetta non riesce a mantenere la parola. Un pomeriggio a Milano con l’amica Alessia si perde, trovandosi ad affrontare sola quattro robusti individui che vogliono approfittare di lei. Fortunatamente interviene Umberto che porta in salvo la ragazza, facendola ricongiungere con l’amica.
Umberto è strano: a momenti di cordialità e tenerezza, si alternano giornate in cui sparisce senza lasciare traccia. Elisabetta è preoccupata, e di questo e altro parla con Alessia. Ma anche l’amica ha i suoi problemi. Dopo aver visto il suo fidanzato Nicolò baciare un’altra in discoteca si ubriaca, finendo in ospedale. Qui riceve le scuse del ragazzo, perdonandolo con riluttanza. Un giorno, prendendo l’autobus per tornare a casa, Alessia vede per la prima volta Daniele, misterioso e affascinante coetaneo, e se ne innamora a prima vista. Elisabetta al suo fianco percepisce subito qualcosa di sbagliato nel ragazzo, un’ombra sinistra nel suo sguardo, ma non dice niente, preferendo seguire il corso degli eventi.
Ma le cose precipitano quando Alessia misteriosamente sparisce, dopo un violento litigio con la migliore amica. Elisabetta è preoccupata e insieme a Umberto parte alla ricerca della ragazza. Tra i due sembra essere nato qualcosa, ma Elisabetta deve ancora affrontare Luca. La discussione ha un finale tragico: quando la ragazza si accorge dei sinceri sentimenti che lui prova per lei, lo lascia in nome dell’amore che nutre per Umberto. Si separano in malo modo, con grande sofferenza di Elisabetta, che però non ritorna sui suoi passi e, anzi, confessa il suo amore ad Umberto. La sua felicità sarebbe completa quando il ragazzo le rivela di ricambiare il sentimento, se non fosse offuscata dalla preoccupazione per la sorte dell’amica scomparsa. Le ricerche infatti, hanno rivelato che Alessia manca da casa ormai da ore, e i due, sempre più preoccupati, decidono di recarsi in stazione.
Qui, assistono a una scena sconvolgente: Alessia si incontra con Daniele e, dopo un bacio appassionato, i due si dirigono al Castello di Pavia. Una sconvolta Elisabetta li segue, accompagnata da Umberto che interviene in difesa di Alessia, quando la ragazza rischia di essere violentata da Daniele. Lo scontro tra i due ragazzi finisce con la fuga del misterioso individuo, mentre Umberto rimane accasciato al suolo, ferito e sanguinante. Elisabetta, troppo preoccupata per lui, decide che si occuperà di Alessia più tardi. Le intima di andare a casa, mentre lei porta Umberto all’ospedale.
Il ragazzo ha una costola incrinata, e nella stanza del San Matteo ha luogo un dialogo tra lui e Elisabetta, dal quale la ragazza comincia a sospettare che Umberto riesca a leggere nel pensiero. Poi, guidando prudentemente la moto del ragazzo, si dirige verso la casa della sua ex migliore amica. La discussione tra le due ragazze è subito accesa: Elisabetta vuole delle risposte, si sente ferita per il tradimento di Alessia e non riesce a concepire quello di quest’ultima nei confronti di Nicolò. Ma la ragazza la sorprende, rivelandole che quando si era incontrata con Daniele non stava già più con il fidanzato, che aveva lasciato, preda dei sensi di colpa, qualche giorno prima. Alessia confessa inoltre di sentire la voce di Alice, personaggio del libro
Twilight, nella sua testa. La cosa sconvolge profondamente Elisabetta che, infatti, riesce a fare lo stesso con Bella. Pochi giorni prima la ragazza ha scoperto che anche Umberto sente una voce, probabilmente quella di Edward, il ragazzo di Bella. Alessia ammette di essersi fidata senza riserve di Daniele, quando lui le ha confidato di sentire una voce analoga che gli parlava. Pensando che si trattasse del compagno di Alice, la ragazza si era convinta dell’inevitabilità della sua unione con Daniele.
Elisabetta però intuisce che non solo Alessia è vittima di un giogo più grande di lei, ma che lo stesso Daniele è stato usato per il fine di qualcuno. La ragazza decide che insieme ai suoi amici scoprirà l’identità del misterioso nemico, e che gli farà pagare ogni azione scellerata commessa.





Mi strinsi forte la sciarpa sul collo, rabbrividendo per l’ennesima folata di vento gelido. Alzai gli occhi al cielo: pesanti nuvole nerastre si spostavano velocemente. Entrai dentro l’edificio scolastico, dirigendomi subito verso il primo termosifone che mi cadde sotto gli occhi. Mi attaccai a quella deliziosa fonte di calore, cercando di frenare il fremito del mio corpo.
-Ma che grazioso ghiacciolo abbiamo qui!- esclamò una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
-Giorgio! Possibile che tu appaia sempre così dal nulla?!- mormorai, portando una mano sul mio cuore impazzito.
Il mio amico sorrise –Tranquilla, a quello ci pensa Umberto- ammiccò accennando alle mie dita.
Arrossii violentemente, nascondendo il viso nel giubbotto. La notizia si era sparsa per la scuola a macchia d’olio: ormai, tutti sapevano che Elisabetta Negri e Umberto Moretti facevano coppia fissa. Pensai a quali orecchie potessero aver udito quelle parole, e l’immagine di un volto familiare riempì la mia mente. Scossi la testa, ricacciando indietro le lacrime con rabbia. Non era il momento di riflettere sul passato, avevo cose più urgenti di cui preoccuparmi. Guardai Giorgio, per prima cosa dovevo liberarmi di lui.
Feci per aprire bocca, ma fu lui a parlare.
-Hai sentito della studentessa nuova? Arriva dal Sud Africa, ed è un vero schianto!-
-Non ne sapevo nulla- ammisi, sorpresa per la novità. Era raro che qualcuno arrivasse a scuola a metà anno.
-Non mi sorprende- disse Giorgio con una smorfia –nelle ultime settimane hai vissuto sulla tua nuvoletta rosa insieme al pinguino, lontana da tutti e da tutto-
-Non chiamarlo così!- minacciai. Detestavo il soprannome con cui il mio amico si riferiva al mio ragazzo.
-Ma hai visto come cammina?- cercò di ribattere lui, subito zittito da una mia occhiataccia.
Alzò le mani in segno di resa –Ci rinuncio-
-Ecco- approvai annuendo –e già che ci sei, vai a dare il ben venuto alla nuova ragazza-
Sorrisi, vedendo il volto di Giorgio illuminarsi. Due secondi dopo era già sparito, andato chissà dove a cercare la bella sudafricana.
Scossi la testa divertita, proprio mentre un paio di forti braccia mi cingevano la vita alle mie spalle.
-Quando sorridi sei ancora più bella- mormorò una voce al mio orecchio.
-Mi fai il solletico!- protestai, girandomi e incrociando un magnifico paio di occhi verde smeraldo.
Una ruga comparve sulla fronte si Umberto –Io ti dico che sei bellissima, e questo è tutto ciò che sai rispondere?-
-Tu esageri sempre- lo zittii, baciandolo affettuosamente sulle labbra.
-Sei tu a minimizzare- replicò lui, stringendomi a sé e prolungando il contatto tra le nostre bocche. Dischiusi leggermente la mia, facendo scontrare le nostre lingue impazienti. Come mi era mancato quel contatto, in così poche ore…
-Ma che schifo! Non si fanno queste cose in pubblico-
Mi separai velocemente da Umberto, che però non accennò a mollare la presa sulla mia vita.
-Buongiorno anche a te, Alessia- disse invece, sorridendo alla mia amica.
-È inutile che fai quegli occhioni, con me non attacca- rispose dura, ma a nessuno sfuggì il fremito che percorse il suo corpo.
Presi le mani di Umberto, stringendole tra le mie, fiera che tutta quella bellezza appartenesse solo a me.
-Sei troppo buono, con certa gente bisogna adottare metodi drastici- commentai, guadagnandomi un’occhiataccia dalla mia migliore amica.
-Almeno io non vado in giro a slinguazzare per i corridoi della scuola- ribatté lei, una buffissima quanto oscena smorfia sul bel viso.
-Quando sei scema!- sbottai, le guance in fiamme. Dietro di me sentii il petto di Umberto scosso dalle risate e mi girai a guardarlo. Lui ricambiò lo sguardo, e nei suoi pozzi verdi lessi lo stesso sentimento che animava i miei occhi.
-Ci risiamo- borbottò Alessia –basta con le smancerie, è ora di andare in classe!- aggiunse ad alta voce, afferrando la mia mano e facendo per trascinarmi via.
Mi aggrappai alle dita di Umberto, protendendomi verso di lui –Ci vediamo all’intervallo!- feci appena in tempo a dire prima che, dopo un ultimo bacio, venissi strappata dalle sue braccia.
Una volta giunte in classe, lasciai la mano della mia amica, incrociando le braccia sul petto.
-Potevi lasciarmi stare ancora un po’ con lui- mi lamentai, sedendomi al mio banco.
Subito lei mi si affiancò, abbracciandomi a tradimento –Tu sei anche mia, deve capirlo!-
Rimasi sorpresa dal suo gesto, affrettandomi a ricambiare. Ero commossa per quella sua premura, che dimostrava tutti i giorni da un mese a quella parte. Tanto infatti, era passato dall’indimenticabile incidente al Castello.
Non erano state settimane felici. Umberto era rimasto in ospedale per giorni, troppo debole e dolorante per tornare a scuola. Anche adesso, a volte, la costola incrinata tornava a tormentarlo, sebbene lui non mostrasse mai la sua sofferenza. Alessia invece aveva ripreso a frequentare regolarmente le lezioni quasi subito. Ma sul suo volto potevo ancora leggere il tormento che le davano i sensi di colpa, e non era riuscita a tenermi nascosti gli incubi che di notte affollavano la sua mente. Il soggetto, ovviamente, era sempre e solo uno.
Nessuno di noi aveva più rivisto Daniele dopo quel famoso pomeriggio. Non che l’avessimo cercato, anzi, cercavamo il più possibile di evitare i luoghi da lui frequentati. Alessia non era più andata in stazione. Dopo aver raccontato alla madre di un individuo che continuava a importunarla, era stata la signora stessa a insistere per cambiare i propri orari di lavoro, e poter venire così a prendere la figlia a scuola. Solo il Sabato Alessia doveva tornare a casa da sola, ma anche in quel caso il problema era stato prontamente risolto. Umberto infatti si era offerto di scortare personalmente la mia amica, che d’altro canto aveva accettato volentieri. Diceva che con nessuno si sentiva al sicuro come che con il mio ragazzo. E come darle torto? Era stato lui a salvarla da violenza certa.
Strinsi forte il corpo della mia amica, a quei pensieri. Ancora adesso non potevo fare a meno di fremere d’indignazione. Non riuscivo a capacitarmi di come una persona, sebbene abbietta e meschina, potesse arrivare a tanto.
Se non ci fosse stato Umberto, se non fosse intervenuto, chissà dove sarebbe stata a quest’ora Alessia…
L’ingresso il classe del’insegnante mi distolse da quelle macabre riflessioni. Mi separai da Alessia con un sorriso, guardando l’aula: ero stata così presa dai miei pensieri da non accorgermi nemmeno di quanto si era gremita. Sulle facce dei miei compagni lessi impazienza, aspettativa. Mi stavo chiedendo il motivo di quello stato d’animo, quando la porta della classe si aprì, e Giorgio fece il suo teatrale ingresso.
-Professoressa, è arrivata- annunciò, guardando verso il suo pubblico in fremente attesa e ammiccando misteriosamente.
-Falla entrare- disse la professoressa con calma. Ma sul suo viso potevo leggere la stessa curiosità che animava gli animi di tutti. Cosa stava per succedere di così speciale? Quando il mio amico si fu messo da parte, la risposta alla mia domanda entrò ancheggiando in classe.
-Ragazzi, ho il piacere di presentarvi Rosaspina Salute- esordì Giorgio, indirizzando un’occhiata maliziosa alla ragazza al suo fianco. Lei ricambiò con un sorriso, mostrando una dentatura di un bianco accecante.
Rosaspina era bellissima. Le più famose modelle avrebbero sfigurato a confronto. Mentre il mio sguardo passava sul suo corpo tonico, sentivo la mia già scarsa autostima abbassarsi ulteriormente. Come avrebbero potuto le mie gambe rachitiche tenere testa alle sue, slanciate e toniche? Come i miei capelli ramati alla sua cascata di boccoli dorati?
Sbirciai le facce dei miei compagni. I maschi, nessuno escluso, stavano letteralmente sbavando sui banchi. E le ragazze, beh…ero pronta a scommettere che le loro espressioni disperate non fossero tanto diverse dalla mia. Solo Alessia manteneva una calma glaciale.
-Cos’hanno tutti? Manco fosse scesa Venere in terra!- esclamò, dopo aver lanciato appena un’occhiata di sufficienza a quello splendore.
La guardai come si guardano i malati di mente –Ma sei cieca o cosa? Quella fa un baffo, a Venere-
La mia amica alzò gli occhi al cielo –Che esagerazione- la sentii mormorare distrattamente.
Ma la mia attenzione era stata ancora una volta catturata da Rosaspina che, come una regina, osservava il suo popolo adorante con un’aria soddisfatta sul viso perfetto. Era perfettamente consapevole della sua bellezza, nonché dell’effetto che causava al suo passaggio. Chissà, magari aveva anche temuto che qualcuno potesse tenerle testa. Adesso però, era certa di non avere rivali.
Mentre quei pensieri passavano per la mia testa, Rosaspina si girò a guardarmi. Fu un attimo, eppure nei suoi grandi occhi verdi mi parve di vedere un lampo. Per un attimo solo, pensai fosse paura. Poi lei si girò, spezzando quel contatto visivo. Mi accasciai sulla sedia, il cuore in tumulto.
Non mi piace, disse Bella. Potevo percepire il suo disagio.
Alessia è in buona compagnia, commentai sarcastica.
I suoi occhi…non hai visto?
Sì.
Come dimenticare uno sguardo del genere?
Nasconde un segreto. Un segreto che dobbiamo scoprire.
Mi accigliai. Perché? È appena arrivata, diamole almeno il tempo di ambientarsi!
Un pensiero terribile passò per la mia mente.
No, sentenziai decisa, non possiamo coinvolgere anche lei. Già troppe persone sanno.
Lei già sa.

Rimasi spiazzata, mentre dentro di me riecheggiavano le parole di Bella.
Mi sentii soffocare, quando percepii la verità contenuta in esse.
Ecco un altro problema che si aggiunge alla lista, commentò lei, mentre Rosaspina prendeva posto al fianco di Giorgio.

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Capitolo 21
*** 21. La calma prima della tempesta ***






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-Ben arrivata!-
Rosaspina si voltò a guardarmi, un’espressione stizzita sul volto. Le rivolsi un sorriso forzato, stampandomelo in viso.
-Lei è la ragazza di cui ti parlavo- esordì Giorgio al suo fianco –Bettina-
Sentendo il nomignolo tanto odiato, il sorriso si trasformò in una smorfia. Fu solo un attimo, che però non sfuggì alla bella ragazza.
-Bettina- ripeté lei. Sulle sue labbra, persino quel nome acquistava un certo fascino.
Le porsi la mano –Spero ti troverai bene qui- dissi, distendendo i lineamenti.
Lei ignorò il mio braccio teso –Non ne dubito- rispose, catturando un ricciolo ribelle tra le dita –dicono che tu stia col ragazzo più bello della scuola-
Percepii un forte calore sulle gote, mentre un ghigno malefico deformava il bel volto della mia interlocutrice.
-Isabella- pronunciò il mio nome come pregustando un frutto succoso –io voglio il meglio per me. Sempre-
La guardai alzarsi e scrollare la cascata dorata sulla sua testa. Si avvicinò alla porta, lanciandomi un ultimo sguardo prima di uscire –E lo avrò-
Guardai il punto dove Rosaspina era scomparsa, la mano ancora tesa. Ritrassi il braccio, portandolo disteso sul fianco, chiudendo le dita a pugno. Tremavo.
Lo sguardo mi cadde su Giorgio, che si dimenava a disagio sulla sedia. Ricambiò la mia occhiata.
-Scusa- mormorò, prima di alzarsi e uscire dall’aula.
Rimasta sola, mi lasciai cadere sul banco vuoto. Nell’aria aleggiava ancora il profumo penetrante e dolciastro di Rosaspina. Sentii gli occhi pungere, prima di portare una mano sul viso e scoprirlo già inondato di lacrime. Così mi trovò Umberto, dopo che l’argentino suono della campanella ebbe segnato la fine delle lezioni.
-Santo cielo- disse, fermo sulla porta. Un attimo dopo era al mio fianco, troppo veloce perché avessi potuto vederlo. Mi abbracciò e io lo strinsi a me.
-Ti vuole portare via…- sussurrai, affondando il viso nel suo petto.
-Chi?-
Tacqui, ripensando alla bella Sud africana e alle sue parole. Mi ero solo immaginata il tono canzonatorio e di disprezzo? Quella ragazza non aveva nessun motivo reale per odiarmi. Solo voci. Ma le voci girano sempre, e tutti sanno che la maggior parte delle volte sono solo creazioni di menti invidiose. Eppure, mi era sembrato davvero che Rosaspina mi disprezzasse.
Umberto portò una mano sotto il mio mento, sollevandolo in modo che potessi guardarlo negli occhi.
-Cosa è successo?- domandò calmo. Nonostante ciò, potevo leggere l’ansia che gli dilaniava dentro.
Gli raccontai tutto. Non avevo segreti per lui. Ascoltò attento, non parlando se non alla fine della vicenda. Allora sospirò, prendendomi il viso tra le mani.
-Amore mio- disse teneramente.
-Io non voglio perderti…-
-Non succederà- ribatté prontamente –sai che non potrei amare altri che te-
Scossi la testa –Tu non hai visto Rosaspina. È l’incarnazione della bellezza. È sensuale, sicura di sé…tutto ciò che io non sono e non sarò mai- la voce mi si incrinò sulle ultime parole.
-Proprio per questo non potrei mai stare con lei!- esclamò Umberto –stare con una persona che non ha niente in comune con te, che, come dici, ti detesta.
Potrà anche avere sembianze divine, ma dentro, dentro non sarà mai bella come lo sei tu. Non sarà mai così dolce, premurosa, altruista e buona. Tu sei tanto buona, piccola mia, spesso anche con chi non lo merita. E io ti amo, ti amo per quello che sei, per come sei-
Le lacrime che bagnavano le mie guance adesso erano di gioia. Ero commossa, mai mi sarei aspettata che un giorno tali elogi fossero rivolti proprio a me. Umberto aveva sconvolto la mia vita, e continuava a sconvolgerla ogni giorno.
-Anche io ti amo- riuscii solamente a mormorare, ma le mie labbra erano già state catturate dalle sue, e mi dimenticai di parlare.


Pochi minuti dopo uscimmo mano nella mano da scuola, trovando un’impaziente Alessia ad aspettarci davanti all’edificio.
-Che fine avevate fatto?- ci assalì. Poi, notando il rossore sul mio viso, aggiunse –Sempre a imboscarvi, voi due. La prossima volta col cavolo che vi aspetto!-
Umberto ridacchiò, mentre il mio volto si fece, se possibile, ancora più paonazzo. I contatti fisici tra me e lui erano ancora piuttosto limitati. Baci appassionati, carezze, ma niente di più. Non che desiderassi altro, ci sarebbe stato tempo. Ma la mia amica era convinta che avessimo già bruciato tutte le tappe.
-Una coppia è affiatata come lo siete voi solo dopo aver condiviso una notte d’amore!- era solita dirmi.
A niente servivano le mie proteste e le mie rassicurazioni: ormai si era fissata con quell’idea. Davanti a lei, mi imbarazzava anche solo sfiorare il mio ragazzo.
-Mia madre sarà qui tra poco- esordì Alessia, distogliendomi dai miei pensieri.
La mia amica si rivolse a me –Ti aspetto tra un’ora a casa mia. Sii puntuale, non dimenticarti che hai un centinaio di pagine di formule e dimostrazioni da spiegarmi-
Annuii. Lei e la fisica proprio non andavano d’accordo.
Il tempo in compagnia di Umberto passò velocemente, come sempre. Dopo aver consumato un pranzo frugale, passeggiammo insieme per la città, abbracciati come due innamorati. Era proprio così che mi sentivo: ormai, lui era diventato il mio mondo. Mi sentivo come un asteroide che gravita intorno al proprio pianeta di riferimento. Allora, potevo finalmente comprendere Bella, quando si riferiva in quegli stessi termini ad Edward. Non avremmo potuto vivere senza di loro, perché erano diventati una parte di noi.
Troppo presto giungemmo alla fermata del Ventuno. L’autobus era già lì. Guardai tristemente Umberto, odiando il veloce scorrere del tempo. Avrei voluto stare con lui per sempre.
-Ci vediamo domani- mi disse lui, sorridendo della mia smorfia disperata.
-Sono molte ore- mi lamentai, scatenando un eccesso di risate da parte sua.
-Cosa sono una manciata di ore, rispetto all’eternità?- replicò, stringendomi a sé e baciandomi con trasporto. Sorrisi sulla sua bocca. Quella era proprio una frase alla Edward Callen.
Salii sul Ventuno in partenza, osservando l’immagine del mio ragazzo finche non fu sparita dietro l’angolo. Allora presi posto sul sedile, attendendo impaziente l’arrivo. Quell’autobus mi metteva addosso un’inquietudine insopportabile, forse per tutti i ricordi che vi erano legati. Pensai a Daniele: chissà dov’era in quel momento, cosa stava facendo…se pensava ad Alessia.
La vibrazione del cellulare mi raggiunse attraverso la tasca del giubbotto. Lo presi in mano, osservando il numero sul display. Accettai la chiamata, portando l’apparecchio all’orecchio.
-Sto arrivan…- feci per dire, ma mi interruppi. Dall’altra parte della linea, qualcuno ansimava pesantemente.
-Ma cos…-
-È qui…lui è qui!...- disse una voce allarmata. A fatica riconobbi il tono della mia amica, distorto dalla paura.
-Chi è lì, Alessia?- chiesi, un bruttissimo presentimento nel cuore.
-Aiuto…aiuto!...aiuto!...aiut…-
Rimasi immobile, mentre al telefono la voce metallica di un’operatrice mi comunicava la fine della chiamata. Lentamente mi alzai, avvicinandomi alla porta. Ero arrivata alla mia fermata.
Scesi dall’autobus, inspirando profondamente.
Calma.
Composi in fretta il numero di Umberto. Rispose dopo due squilli.
-Già finito?- disse la sua voce allegra. Sentendola, mi si stinse il cuore.
-Daniele ha trovato Alessia- dissi, il tono neutro.
Dopo pochi istanti, sentii dei movimenti dall’altro capo del telefono. Il rombo di un motore, il rumore del traffico.
-Dove sei?-
-Sono appena scesa alla fermata-
-Sto arrivando. Non ti muovere da lì-
Chiusi la conversazione, preparandomi ad aspettare.
L’attesa, sebbene breve, mi parve infinita. La preoccupazione per la mia amica e per quello che poteva esserle capitato mi stava dilaniando il cuore. Quando vidi la moto di Umberto venirmi velocemente incontro, sentii il groppo nella mia gola allentarsi leggermente. Adesso che lui era arrivato, sarebbe andato tutto bene.
Tutto bene, mi ripetei mentalmente, mentre il ragazzo mi veniva incontro e mi abbracciava con forza.
-Stai bene- lo sentii dire sollevato.
-Io sì, ma Alessia…-
Umberto mi guardò negli occhi –Anche lei starà bene, te lo prometto-
Guardai dentro i suoi limpidi occhi verdi, non trovandovi traccia di paura. Solo una determinazione ferrea, a proteggere me e la mia amica. Annuii, prendendo posto dietro di lui sulla sua lucida moto nera. Sfrecciando per le stradine di Cava, in breve tempo raggiungemmo la casa di Alessia.
Con Umberto alle spalle, subito mi precipitai alla porta, e quando la madre della mia amica ci ebbe aperto, su per le scale. Entrai in casa, salutando la signora. Distrattamente, sentii la voce del mio ragazzo scusarsi per la sua inaspettata intrusione, immediatamente zittito dal tono gentile e premuroso della madre della mia amica. Ma le parole volarono via, e io raggiunsi la stanza di Alessia. Trovando la porta socchiusa, entrai cautamente.
L’ambiente era immerso in una cupa penombra. Le luci erano spente, le finestre chiuse, le tende tirate. Un’aria pesante si respirava, un’aria di paura e timore. Cercai con lo sguardo la mia amica, individuandola sul letto. Mi avvicinai a lei, trattenendo il respiro. Mi pareva che persino il movimento dei miei polmoni contratti producesse rumore, in quella calma minacciosa.
La pallida luce che filtrava dalle persiane mi permetteva di intravedere l’espressione sul volto della mia amica. Non aveva paura, no. Era letteralmente terrorizzata.
La interrogai su quello che era successo, non ricevendo altra risposta che un preoccupante silenzio. Stravo per arrendermi, quando Umberto entrò nella stanza. Gli lanciai un’occhiata disperata, e lui si accostò al letto. Ma quando Alessia lo vide, i suoi occhi si spalancarono, riempiendosi di lacrime. Si gettò su di lui, tremando vistosamente. Umberto la trattenne, evitando di farla cadere.
Alessia aveva cominciato a dire qualcosa, con un tono talmente basso da far risultare le sue parole praticamente incomprensibili. Avvicinai il mio volto al suo.
-Era lui…era qui…- riuscii a comprendere.
-Era Daniele, Alessia?- domandò Umberto, serio.
Lei tremò, subito stretta dalle forti braccia del mio ragazzo. Ci guardammo negli occhi, annuendo. Lui mi fece cenno di aprire le finestre. Feci per obbedirgli, ma appena mi fui avvicinata alle tende, un grido mi intimò di fermarmi.
-No! Lui era lì, era fuori!- esclamò Alessia, i begli occhi blu spalancati dal terrore.
-Voglio solo controllare se c’è qualcuno- cercai di rassicurarla, ma l’espressione agghiacciante non accennò ad abbandonare il suo viso. Solo quando Umberto si fu offerto di farlo al mio posto, vidi la mia amica tranquillizzarsi leggermente. Umberto uscì sul piccolo balcone e tornò dentro dopo pochi secondi.
Lo guardai, e lui scosse il capo. Spostai lo sguardo su Alessia, che ricambiò la mia occhiata.
-Era lì- ripeté lei, la voce flebile –era sotto il balcone. Stavo annaffiando i fiori, e lui era in strada. Mi guardava, con quegli occhi neri, con i suoi pozzi neri…- un brivido interruppe le sue parole.
La strinsi a me, appoggiando il mio capo sul suo. Rimanemmo in quella posizione per non so quanto tempo, mentre Umberto esplorava i dintorni della casa. Quando rientrò, l’espressione sul suo viso era indecifrabile. Ciò nonostante, capii subito che aveva trovato qualcosa…o qualcuno.
-C’è una persona che vorrebbe parlarti- annunciò, rivolto ad Alessia.
Quando si fu spostato, riconobbi la sagoma di un ragazzo allampanato e spettinato alle sue spalle.
Ecco la tempesta, pensai, mentre Nicolò posava lo sguardo sulla mia amica.







Cucù!
Buon anno, mie adorate! Avete passato un bel Capodanno? Spero che sia stato migliore del mio! Diciamo che ho inaugurato le prime ore di questo Duemilaundici passandole in bagno, a stretto contatto con la tazza del water…ma passiamo ad argomenti più piacevoli.
Devo dire che sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo. Non succedono grandi cose, ma serve a prepararvi psicologicamente al prossimo, che sarà…come dire…tempestoso! ;)
D’ora in avanti lascerò ben poco riposo ai nostri protagonisti…e a voi! La vicenda si complica…seguite attentamente! E non dimenticate di lasciare una piccola recensione, consideratelo un regalo per il nuovo anno!
A presto mie care, vi auguro un Duemilaundici ricco di felicità, amore e bei vampirozzi!
Elena

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Capitolo 22
*** 22. Tra due fuochi ***






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La guardava con occhi di fuoco, la guardava con occhi di ghiaccio. Nelle iridi chiare, chiunque avrebbe potuto leggere il tormento che animava i suoi pensieri. Nicolò era confuso, incerto tra la felicità di rivedere l’amata e il dolore per averla persa. Poi, un fuoco: quel pensiero doveva aver acceso la rabbia dentro di lui, perché le sue mani cominciarono a tremare e l’espressione sul suo volto si indurì.
Era dimagrito, la maglia color prugna cadeva larga sulle spalle, i pantaloni avevano il cavallo basso e pieghe si formavano intorno alle ginocchia. Ma era il viso la cosa più spaventosa: non riconoscevo più quella scintilla di vita che animava i suoi occhi. Erano spenti, palle di vetro vuote e fredde. La scintilla, l’amore per Alessia, era davvero sparita?
-Ciao, Nicolò- sussurrò la mia amica. La guardai, stupita dal suo tono stanco. Non guardava in faccia il suo ex ragazzo, probabilmente non ci riusciva. I suoi occhi erano puntati poco sopra la sua spalla, verso l’esterno, ed erano ancora pieni del terrore che vi avevo riconosciuto poco prima.
Mi avvicinai a lei, cingendole le spalle con un braccio –Tesoro, va tutto bene. Hai sentito Umberto? Non c’è nessuno. Niente ti farà del male-
Alessia annuì, incerta. Non riusciva a tranquillizzarsi. Nicolò allora aprì bocca per la prima volta.
-Dobbiamo parlare- disse solo, ma il dolore nella sua voce mi colpì ugualmente.
Guardai Umberto che colse la mia occhiata.
-Andiamo sul balcone. Vi aspettiamo fuori- disse, mentre io trattenevo un sorriso. Esattamente le parole che avrei pronunciato io.
Ma Alessia scosse la testa –Voglio che Elisabetta rimanga- mi fissò –ti prego- aggiunse, la voce rotta.
Spostai lo sguardo dall’espressione supplicante della mia amica a quella contratta e sofferente del suo ex ragazzo. Nicolò però annuì, e non mi restò che guardare uscire Umberto e chiudersi le persiane alle spalle, lasciandomi sola tra due fuochi in attesa di ardere.
Mi sedetti sulla sedia della scrivania, lontana quanto bastava dai due contendenti perché le fiamme dei loro sguardi non mi raggiungessero.
Fu Nicolò a iniziare, sfoderando immediatamente il guanto di sfida.
-Quando due persone stanno insieme, condividono tutto. La felicità dell’uno dipende da quella dell’altro. Sono direttamente proporzionali. Se uno dei due soffre, l’altro se ne accorge immediatamente, a discapito di tutti i tentativi di nasconderlo. E soffre insieme all’amato- fece una pausa, prendendo un respiro. Aveva parlato tutto d’un fiato. Quando riprese, qualcosa nella sua voce era cambiato.
-Io sto male, Alessia. Ho ripensato a tutti questi mesi con te, a come sono stato felice. Sono tornato ai pomeriggi al cinema, ai gelati caduti, ai baci passati, ai picnic sul fiume, al tuo vestito blu e al tuo cappello di paglia che volava sempre via. E quando ero sulle rive del Ticino, con te in braccio e un sandwich in bocca, mi sono chiesto: perché? Perché non posso essere più così felice, perché tutto si è rovinato. Il nostro amore è stato scalfito da una lama, che l’ha plagiato un poco giorno dopo giorno. Ha plagiato te, ti ha portata via dalle mie braccia, da quei panini un po’ insipidi, da quella coperta rossa a scacchi.
Ma le lame hanno una duplice funzione. Possono levigare, ma sono nate per tagliare. Ti sei punta Alessia, con un coltello intriso di veleno. Non sei più quella ragazza dal sorriso spensierato e dalla risata gioiosa, non sei più il mio tenero amore. Ti vedo fredda e distante, quasi vivessi in un mondo tutto tuo. E soffrissi, soffrissi come mai hai sofferto nella tua vita.
E sai una cosa? Nonostante tutto quello che è successo, nonostante tu mi abbia lasciato e sia corsa immediatamente tra le braccia di un altro, nonostante tu mi abbia spezzato il cuore, mi abbia catapultato in un luogo buio, in mezzo a notti di lacrime e giorni che si susseguivano uno uguale all’altro, scanditi dai dolorosi battiti del mio cuore, che nonostante tutto è sopravvissuto a questo, alla fine del mondo, mentre io speravo che perisse insieme a me. Nonostante questo, io ci sto ancora male. E mi odio, perché da quando sono entrato in questa stanza, da quando ti ho vista e ho letto il terrore nei tuoi occhi, io ho capito di amarti ancora. E di volerti proteggere come ho sempre fatto-
Tacque Nicolò, l’ex ragazzo ancora innamorato della mia amica. E io guardai il suo volto sudato, le mani nei capelli, gli occhi opachi e le guance bagnate di lacrime. Non mi ricordavo quando avesse cominciato a piangere, forse quando aveva smesso di parlare in generale ed era ricaduto nella sua storia. Un racconto scandito da parole intrise di un dolore così grande che solo l’amore era stato in grado di sopportare. Perché sebbene una pianta di rovi avesse attaccato il suo affetto, quella piccola rosa era sopravvissuta all’abbandono e al tradimento, uscendone malandata e fragile, ma viva.
Guardai Alessia, l’ex ragazza distrutta dalla paura. Cosa avrebbe detto? Come avrebbe risposto a quelle parole, a quello straziato grido di aiuto?
-Non farlo, non stare male per me- cominciò la mia amica, la voce implorante –non innamorarti di nuovo di me. Io sono sicura che in queste settimane sei riuscito a farmi uscire dal tuo cuore, a costruire una barriera per me impenetrabile. Non lasciare che essa cada-
Sentendo quelle parole, lo sguardo di Nicolò si indurì –Credi che io lo voglia? Credi che voglia che tutti i miei sforzi siano resi vani? Non è una mia scelta, è l’amore che mi guida. Ti ho sempre amata, fin da quando bambini giocavamo con la terra, e io guardavo il tuo volto sporco di fango e pensavo “com’è bella”. Anche adesso che ti ho davanti e vedo la tua anima macchiata di ben altri peccati, non riesco a chiuderti fuori dal mio cuore…-
-Ma io non faccio niente per entrarci!- urlò Alessia. E fu un urlo di dolore, un poco di quel dolore che si portava dentro tutti i giorni.
-Tu fai tutto! Tu, che finanche immersa nella sofferenza riesci ad essere così bella. Tu così fragile, che inconsapevolmente mi chiedi di proteggerti-
-No!- strillò la mia amica. Poi si ricompose, guardando il ragazzo con una scintilla negli occhi chiari –sicuro di volerlo, sicuro di volere me? Una persona che ti ha lasciato, senza un motivo apparente, illudendoti con un perdono fasullo. Una ragazza che si è gettata immediatamente tra le braccia di un altro, che ha baciato altre labbra, ha tratto piacere da quel abbietto tradimento di anime. Alessia è cambiata. Non è più la spensierata ragazza che correva sui sassi del fiume, che ti abbracciava ridendo. Quell’Alessia è morta. È stata sepolta da una valanga di rocce acuminate, che hanno disintegrato i fiori della sua gioventù- si interruppe, avvicinandosi a Nicolò quel tanto che bastava perché avvertisse il suo fiato sul viso.
-Quella ragazza non esiste più. E tu non potrai fare niente perché ritorni-
-Io lotterò per lei. Perché è viva, lo sento qui- disse lui, portandosi una mano sul petto e stringendo la maglietta tra le dita.
Alessia scosse la testa tristemente –Troppe sofferenze gravano sulle sue spalle, non sopravvivrà-
La mano di Nicolò incontrò quella della mia amica, stringendola –Io sono qui per questo, per prendere con me un po’ del tuo dolore. Per aiutarti a superare questa cosa- una seconda mano si aggiunse alla prima. Adesso, entrambe quelle della mia amica erano circondate dalle dita di Nicolò.
-Insieme possiamo farcela. Insieme, possiamo fare tutto-
Alessia guardò il ragazzo negli occhi. Da quella distanza, non riuscivo a vedere cosa vi leggesse, ma doveva essere qualcosa di dolce e tenero, qualcosa come un’ancora di salvezza. Ma la mia amica si ritrasse, preferendo affogare in un cupo mare.
-Ho mandato a puttane tutto- disse con forza, mentre le sue mani abbandonavano il caldo rifugio –sono stata con un altro, ti ho odiato, ho desiderato giacere con lui, ho goduto del tuo dolore-
Ascoltai sconvolta quella miscela di bugia e verità, scindendo una parte dall’altra. Cosa che, purtroppo, non fu in grado di fare Nicolò.
Trattenni il respiro quando una sua mano si alzò, pronta a colpire Alessia. Feci per lanciarmi su di lui, per proteggere quella che nonostante tutto era ancora la mia migliore amica, ma un grido mi costrinse a fermarmi.
-No!-
Mi gelai sul posto, ascoltando quella voce familiare, che però ero sicura non provenisse dalla mia testa. Voltai il capo, e mi parve di intravedere una figura fuori, sul balcone. I nostri sguardi si incrociarono, mentre la mia mente elaborava l’immagine che vedevo, sovrapponendola a quella apparsa nella mia stanza un’eternità prima. Tutto ciò accadde in un battito di ciglia, e quando i miei occhi si aprirono, lei non c’era più.
Mi costrinsi a riportare l’attenzione sui miei due amici che in quel momento, seppure fisicamente così vicini, erano più distanti che mai. Nicolò aveva ancora la mano alzata, le dita tese, eppure sembrava che qualcosa lo trattenesse dal colpire Alessia. Che, dal canto suo, non faceva niente per impedirglielo.
-Forza, fallo- sussurrava invece –vendicati di tutto il male-
-Io…-
-Vendicati dell’abbandono-
-…non…-
-Vendicati di me-
L’espressione sul volto di Nicolò era indescrivibile. Stava combattendo una lotta contro se stesso, una lotta che andava avanti da troppo tempo.
Infine, la mano si abbassò e il viso del mio amico si distese. Chi aveva vinto? L’amore o il dolore?
Alessia lo fissò, muta. Era ancora accasciata ai suoi piedi, abbandonata al suo volere. Nicolò si chinò a prenderle la mano e la tirò su. E quando furono uno di fronte all’altro, il ragazzo abbracciò la ragazza.
-Io non posso. Non ci riesco- mormorò, nascondendo il viso nei capelli della mia amica –volevo colpirti, lo volevo veramente. Ma una voce dentro di me gridava “non farlo! Tu la ami”. E aveva ragione- le sue mani sulle spalle di lei la scostarono, così che potessero guardarsi negli occhi. E fu quello sguardo a dire tutto, non altre parole. Basta con le parole. Esse hanno un potere troppo grande, che spesso viene dimenticato. Le parole sono in grado di costruire splendidi castelli, e distruggerli con altrettanta facilità.
Alla fine di quel muto incontro di anime, Nicolò sorrise. E Alessia, con mio sommo stupore, lo imitò. Fu il primo, vero sorriso che le vidi fare dopo un mese. Prese tutto il viso, raggiungendo gli occhi azzurri, che spiccavano come pietre preziose. Illuminò i due amati, che presero a brillare come angeli. Fu qualcosa di corporeo: una luce tangibile. Fuori dalla stanza, uno splendido tramonto macchiava il cielo turchino.
E, come nelle migliori storie d’amore, fu un bacio a suggellare la loro nuova unione. Un bacio lungo e dolce, la cura che entrambi cercavano da tempo per lenire le loro ferite, per curare i loro cuori infranti.
Quando si furono separati, Nicolò si girò verso di me.
-Oggi sei stata testimone di come il Vero Amore possa superare tutte le difficoltà. Non dimenticartene mai-
Annuii, mentre osservavo quei due fuochi amici unirsi in un’unica vampata dissetante.







Questo capitolo non è stato affatto facile da scrivere, per vari motivi. Il principale è che una domanda vorticava nella mia testa: Nicolò deve o non deve perdonare Alessia?
A rigor di logica e rispettando la morale, la risposta è scontata. Vero è che lei lo ha lasciato, prima di lanciarsi tra le braccia di Daniele, ma subito dopo lo ha fatto. E questo per lui è stato un colpo durissimo. Alla sua autostima, al ricordo del loro rapporto. Era davvero stato così poco importante per lei, da indurla a creare un altro legame con un ragazzo in così poco tempo?
Ma, come ben sappiamo, Alessia non è stata spinta da “amore”. Era confusa per quello che provava e non-provava per Daniele, per l’attrazione-repulsione che sentiva verso di lui. E questo l’ha indotta a pensare che la cosa migliore da fare fosse conoscerlo. Ma Alessia sapeva che probabilmente i suoi istinti l’avrebbero portata a tradire Nicolò, così prima di andare da Daniele lo ha lasciato. Quindi, da parte sua, l’azione di lasciare il ragazzo potrebbe essere interpretata come un gesto finanche generoso, in previdenza di un dolore che quasi sicuramente gli avrebbe causato.
Ovviamente, Nicolò ha sofferto comunque. Ma, come ha detto, l’amore è anche questo. L’amore è soffrire, lottare per la persona amata. L’amore è coraggio, è forza. L’amore è perdono, è stare vicino a chi si ama nonostante i suoi sbagli, è aiutarsi a vicenda a migliorarsi.
Nicolò era entrato in quella stanza con tutt’altre intenzioni. Si era preparato il discorsetto da fare ad Alessia. Ma appena l’ha vista così debole e indifesa, l’amore che aveva cercato di sopire per tutto quel tempo è venuto prepotentemente a galla, insieme all’istinto irrefrenabile di proteggerla.
E così è uscito fuori questo capitolo.
Questo però non è stato l’unico motivo a rendere la sua stesura difficile. Okkei, magari è una stupidata. Il nome. Nicolò. Ma porca paletta, proprio quel nome là dovevo scegliere?! Ma questa è un’altra storia che, credetemi, è meglio che qui non racconti.
Un’ultima cosa: devo ringraziare la mia Alessia per avermi fatto capire tutte queste cose sul Vero Amore. Dopo le mie innumerevoli delusioni a riguardo, spesso penso che l’amore non esista. O meglio, che esista ma che faccia schifo. Che non sia mai ricambiato, che ti faccia soffrire e basta.
Invece, tutti i giorni vedo lei e il suo Nicolò. E capisco molte cose. Perciò: grazie ragazzi. È merito vostro se ciò che ho scritto è ciò che ho scritto. Ho semplicemente messo bianco su nero quello che vedo. Il vostro amore.
Spero di essere riuscita a far trasparire il mio pensiero. E che il capitolo non sia completamente sbagliato, o una schifezza colossale! Io l’ho riletto varie volte, ma le modifiche apportate sono state poche. Ho troppo mal di testa e rischio di combinare un disastro, se lo cambio!
Ora vado a prendermi un Moment, ringrazio tutte voi che mi seguite e la vostra voce che si fa sentire nelle recensioni. Siete il motore che manda avanti la storia :)
A presto, baci
Elena

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Capitolo 23
*** 23. Spicchi d'amore ***






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-Aprite il libro a pagina 421, ragazzi-
Sfogliai le pagine del grosso tomo di Filosofia. In cima a pagina 421, lessi: “Simposio di Platone”. Poi la prof cominciò a leggere. Fissai quei segni neri chiamati parole scorrere sotto i miei occhi. Mi sfuggiva il loro senso, mi sfuggiva il senso di tante cose.
Come può qualcosa che non esiste, la perfetta invenzione di una mente prendere corpo? È irrazionale. È impossibile. Eppure, io ero sicura di averlo visto succedere. Non una volta sola, ben due!
Scossi la testa. Non ero pazza. Non. Lo. Ero.
Me lo ripetevo ormai da giorni, ogni volta con più forza, ogni volta credendoci sempre un po’ meno. Non dovevo perdere fiducia in me stessa. I miei amici si fidavano di me. Umberto si fidava di me.
Non gliene avevo ancora parlato, non ce n’era stato il tempo, tra scuola, problemi, impegni.
Non era vero. La verità era che avevo paura. Temevo la sua reazione. Cosa avrebbe pensato di me, se gli avessi confidato i miei sospetti? Niente. Avrebbe continuato ad amarmi incondizionatamente.
E allora, qual’era il problema?
Il mio orgoglio. Mi vergognavo all’idea di passare per una bambina, con la testa piena di fantasie infantili. Ero una donna, con pensieri e problemi da donna. Non c’era spazio per fantasmi di un libro che prendevano corpo, o voci nella testa.
Dovevo calmarmi, e dimenticarmi di quella storia. Umberto sospettava qualcosa: non potevo tenergli nascosto niente. Il nostro umore era legato a filo doppio, si accorgeva immediatamente se qualcosa non andava. Ma era stato così discreto da non farmi domande, da non forzarmi a parlare, da lasciarmi i miei spazi. Da una parte gliene ero grata. Mi serviva tempo per metabolizzare la cosa.
Ma dall’altra…se mi avesse costretta a confessargli tutto, forse sarebbe stato meglio. Forse, avrei trovato una motivazione per dare un po’ di colpa a lui. Spesso, chi parla sotto costrizione dice cose che non pensa. Cose irrazionali.
Quello che avevo visto era irrazionale.
-Negri, leggi tu-
Alzai lo sguardo dal libro, fissando la professoressa con sguardo interrogativo. Al mio fianco, Alessia mi indicò il punto da cui dovevo leggere. Cominciai con voce incerta, acquisendo sicurezza parola dopo parola.
Platone ci spiega come in origine l’uomo fosse un essere perfetto. Aveva quattro gambe e quattro braccia, cosa che gli conferiva una forza notevole, e un corpo tondo come una mela. Era completo e orgoglioso. Ma la sua superbia lo portò a sfidare gli dei, scalando le vette del cielo. Zeus decise allora di dividere in due parti l’uomo, per dimezzare la sua arroganza e forza.
Da quel giorno, gli uomini sono condannati alla ricerca della propria metà. Non è una ricerca semplice. Essa infatti, è stata levigata dai dispiaceri della vita, cosicché i bordi non combaciano più. Il sacrificio dell’uomo sta nell’accettare i difetti di chi ama, e completare la mela col proprio amore.

Terminai la lettura proprio sul suono della campanella.
-Per la settimana prossima voglio che svolgiate il seguente tema: “La mia metà della mela”. Dovete soffermarvi sui punti…-
La voce della prof fu coperta da quelle squillanti dei miei compagni, che si riversavano in corridoio per godersi l’intervallo. Li imitai, cercando tra i volti quello perfetto e familiare del mio ragazzo.
Lo trovai appoggiato al muro, le braccia conserte, l’espressione pensosa sul bel viso. Mi avvicinai silenziosamente, contemplando quella bellezza così luminosa da sembrare divina. Quando si accorse di me sorrise, nascondendo velocemente i suoi turbamenti. Questo mi fece male, come dedussi da una stretta al cuore.
Non volevo che ci fossero segreti tra noi. Volevo disperatamente essere sincera con lui. Feci per aprire la bocca, ma le parole mi morirono in gola. Umberto mi guardava come si guarda una dea. Mi adorava. E, per quanto potessi essere egoista, io non volevo che quel sentimento sparisse. Non volevo fare niente perché lui potesse arrabbiarsi con me, o peggio, vergognarsi. Non volevo dire niente che potesse portarlo a pensare male di me. Che potesse portarmelo via.
Era stato qualcosa che era nato giorno dopo giorno. L’avevo amato prima di conoscerlo, l’avevo amato ancora di più dopo averlo fatto. Sapevo già tutto di lui, prima che ciò avvenisse. Ma le voci che girano, anche le più attendibili, non possono farti conoscere una persona. È il tempo che ci passi insieme, le esperienze che vivi con lei, i ricordi che condividete, che creano un rapporto.
E adesso non volevo che tutto sfumasse. Mi fidavo di Umberto, mi fidavo di lui più che di me stessa. Ma avevo avuto troppe delusioni dalle persone a cui tenevo, e sapevo che ne sarebbe bastata un'altra per distruggere tutto il mio mondo.
Avevo paura, semplicemente paura.
Perciò chiusi la bocca, e tacqui. Il sorriso scivolò lentamente via dal viso di Umberto.
-Andiamo, gli altri ci aspettano fuori- disse, girandosi e incamminandosi verso l’uscita.
Lo seguii con passo recalcitrante, sforzandomi di trattenere le lacrime, inutilmente. Mi coprii il viso con una mano.
-Arrivo tra un attimo, devo andare…devo andare in bagno- feci appena in tempo a dire, prima di dileguarmi nel corridoio più vicino.
Odiavo mentire a Umberto. Lo odiavo quasi quanto nascondergli le cose. Ma spesso mentiamo per proteggere le altre persone, per evitargli sofferenze inutili. Potevo farcela. Avrei risolto il problema da sola. Ero stata da sola tanto tempo, prima di incontrare Umberto. Avrei potuto farcela.
Mi infilai nel primo bagno che incontrai. Con sorpresa, mi accorsi che era lo stesso dove mi ero rifugiata dopo quella memorabile lezione di Biologia con la classe di Umberto. Ridacchiai nervosamente, avvicinandomi allo specchio.
Mi chiesi da dove uscisse l’espressione estasiata di Umberto, quando mi guardava. Ero semplicemente orribile. Gli occhi, segnati da profonde occhiaie, dovute agli incubi e alle notti in bianco, erano pesti, le palpebre pesanti. Il trucco era praticamente andato tutto via, e il colorito pallido e malaticcio della mia pelle faceva risaltare quello violaceo delle borse e degli occhi pesti.
Feci una smorfia, chinandomi per sciacquare quel disastro e togliere gli ultimi residui di trucco. Quando mi sollevai, un leggero urlo fuggì dalle mie labbra. Una sagoma era comparsa al mio fianco, dentro lo specchio. Una sagoma terribilmente familiare.
-Scusa, non volevo spaventarti- disse Luca, avvicinandosi all’entrata del bagno.
Mi voltai a guardarlo, la bocca chiusa in una sottile linea pallida.
Lui si passò una mano nei capelli, imbarazzato –Non ti stavo spiando, se è questo che pensi. Ma ti ho visto precipitarti qui e mi sembravi sconvolta, così mi sono preoccupato e-
-Cosa ci fai qui?- riuscii a dire.
Tacque, la bocca ancora spalancata. La richiuse e l’aprì un paio di volte. Poi entrò in bagno, avvicinandosi a me. Istintivamente, indietreggiai. Luca si fermò, e lessi sul suo viso quanto quel gesto l’avesse ferito.
-So che non hai più niente da dire, che hai già fatto la tua scelta- esordì –ma voglio che tu sappia cosa ti sei persa, come…come avrebbero potuto andare le cose-
Presi un bel respiro, chiudendo gli occhi. Non ero pronta. Non ero ancora pronta per affrontarlo.
Ci avevo pensato, tanto. Anche in mezzo a tutti i problemi, Daniele, Alessia, Nicolò, Bella. In tutto ciò, ero riuscita a ritagliare un pezzo dei miei pensieri per lui.
Odiavo il modo in cui ci eravamo lasciati. Le parole che gli avevo detto erano state dure, la scelta che avevo fatto davanti ai suoi occhi era stata crudele. Ma avevo dovuto farla. E lui lo sapeva benissimo.
-Luca- mormorai. Il suo nome aveva un sapore amaro, dentro la mia bocca. Sapore di ricordi, di baci appassionati. Sapore di un passato che avevo tentato in tutti i modi di cancellare.
Ma lui alzò una mano, interrompendomi.
-Lasciami dire quello che ho da dire, ti prego. Solo quello, poi sparirò per sempre dalla tua vita-
Lo guardai negli occhi, e così fece lui con me. Dopo pochi, lunghissimi secondi, annuii.
Lui prese un bel respiro, come preparandosi a recitare un discorso imparato a memoria.
-Sono stato il primo ad accorgermi di quello che provavi per Umberto. Ero il suo migliore amico, stavo sempre con lui. Notavo le tue occhiate, i tuoi sguardi persi, come diventavi goffa quando lui ti passava accanto. Ti prendevo in giro, ridevo di te. Ma poi, ho cominciato a guardarti con occhi diversi. Mi piaceva la tua insicurezza, e il modo in cui spalancavi quei grandi occhi castani quando eri sorpresa, o imbarazzata, un po’ come in questo momento. Quel giorno, quando mi sei caduta tra le braccia in corridoio, mi è quasi sembrato un segno del destino. E mentre ti stringevo a me, non riuscivo a pensare che alla morbidezza della tua pelle, al tuo profumo leggero e rinfrescante. Quello che è successo in discoteca è stato un errore. Non avrei dovuto prenderti così, quasi con la forza.
Temevo di aver rovinato tutto, ancor prima che qualcosa potesse nascere. Ma poi, tu mi hai baciato. E allora ho capito che eravamo fatti l’uno per l’altra-
-Il nostro rapporto era solo quello: solo sesso-
Luca scosse la testa con forza –Non è vero, e tu lo sai-
Arrossii, ripensando a quei momenti. Ai mal di pancia, agli sguardi di fuoco, alle sue carezze.
Sobbalzai, quando le sue mani si posarono sulle mie spalle. Quando si era avvicinato così tanto? Una sola spanna separava i nostri volti coloriti. Il suo respiro sfiorava il mio viso, come una calda brezza d’estate.
-Io ti amavo, e ti amo ancora-
I suoi occhi neri erano fissi nei miei. Lessi la verità delle sue parole in quello sguardo, schiacciata dalla potenza dei suoi sentimenti. Deglutii, cercando di frenare il tremolio alle gambe.
-Io amo solo Umberto- tentai.
Lui sorrise –Non dire stronzate, Elisabetta. Credi che non mi accorga dell’effetto che faccio su di te?-
Maledissi le mie gambe bolli e le mie guance rosse.
-È solo sesso, solo quello…-
Scosse il capo –Dimmi che non ami-
Il suo profumo era tutto intorno a me. Vi ero completamente immersa, ne ero inebriata. Sapeva di passione, di calore, di seduzione. Ma una parte di me poteva cogliere anche la parte più nascosta di lui, quella sensibile, quella che mi amava e che voleva farsi disperatamente amare.
Lo guardai negli occhi –Amo più Umberto. È lui la mia anima gemella-
La mia metà della mela.
-L’anima gemella non esiste. Esistono persone con cui stai bene, in determinati momenti della tua vita, in determinate circostanze. Se tu non avessi mai conosciuto lui, adesso staremmo insieme. Ma ciò è successo, e so anche dirti perché hai scelto lui. Perché era ciò di cui avevi bisogno in quel preciso momento della tua vita. L’amore finisce, Elisabetta, come tutte le cose. Verranno altri ragazzi, che ti faranno soffrire, che ti faranno star bene, e andranno via e ne arriveranno altri. È la vita. Ecco, diciamo che io sono la tua altra anima gemella-
-Io e Umberto ci completiamo. Siamo fatti l’uno per l’altra-
-Non dirmi banalità!- esclamò Luca, ridendo. Ma non mi sfuggì la nota cupa nella sua voce.
-Io sono meglio, allora. Non sono perfetto, come non lo sei tu. Ma possiamo migliorare insieme, imparare a conoscerci meglio e ad apprezzarci-
Ormai i nostri volti erano vicinissimi.
-Io voglio stare con Umberto, io…-
-Dillo-
-Io…-
-Io…-
La sua bocca era a pochi centimetri dalla mia, il suo profumo era ovunque, le nostre mani erano ovunque.
-Ti amo-
Fu come ritrovare un vecchio amico. Le nostre bocche si aprirono insieme, le lingue entrarono sicure. Sapevano dove andare, sapevano cosa fare. Io conoscevo quel ragazzo, e lo amavo. O si, lo amavo come non avrei mai potuto amare nessun’altro. E forse aveva ragione, forse se le cose fossero state diverse avremmo potuto stare insieme. Pensai che sarei stata bene con lui.
Ma c’era Umberto. E io amavo Umberto. Era lui quello che mi serviva, era lui la cura per la mia anima. La mia dolce, dolcissima metà della mela.
Mi staccai da Luca, e dopo un ultimo, lunghissimo sguardo, lo salutai.
È sempre triste rendersi conto della fine di un amore.
Uscii dal bagno, asciugandomi le lacrime dalle guance e preparandomi a raggiungere Umberto.







Ciao a tutti.
Preferisco non parlare dei motivi che mi hanno portato a un così grande ritardo nell’aggiornamento. Sappiate solo che molti di essi sono contenuti in questo capitolo, perché anche mentre scrivevo non sono riuscita ad allontanarli dalla mia testa. A volte succede che la scrittura ti fornisca una sorta di salvagente, una distrazione momentanea dalla vita di sempre; anche questa volta, con questo capitolo, è stato così. Ma rileggendolo mi sono accorta di aver riversato le mie frustrazioni in queste parole. Guarda caso, erano adatte alla trama della storia. Per fortuna!
E così anche le cose con Luca si sono messe a posto. So che a molti questa soluzione non piacerà, ma mi sembrava la più adatta. Dopotutto, come negare che il modo in cui si erano lasciati i due fosse terribile?!
Ma il bel tenebroso sarà davvero uscito di scena? Mistero…
Spero di aggiornare presto. Rimetto ciò nelle preziose mani della mia migliore amica. Compa, spronami tu a scrivere, che io sono pigra!
Mi scuso ancora per il ritardo. Spero possiate perdonarmi, e che non ve la prendiate con la storia :P
Baci,
Elena

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Capitolo 24
*** 24. Un'inaspettata confidente ***






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Il senso di colpa è come un tarlo che lentamente ti corrode dall’interno. Ogni giorno, ogni momento, ogni singolo istante ti strappa un pezzo della tua anima, se ne nutre. E tu lo sai, tu avverti quei piccoli morsi che ti lasciano stordita e un po’ imbarazzata.
Umberto mi aspettava fuori dalla scuola, Alessia e Nicolò al suo fianco. Ridevano, scherzavano, la mia amica dava una botta sulla spalla al suo ragazzo. Nicolò e Umberto sogghignavano, la prendevano in giro. Un quadretto felice. Una scena che, nella mia mente, appariva come un sogno.
Ma arrivata io, sarebbe tutto cambiato. Il mio malumore, la mia faccia sbattuta, avrebbero preoccupato tutti. E il tarlo dentro al mio cuore avrebbe gioito, ricominciando la sua opera di distruzione.
Mi fermai, trattenendo con rabbia le lacrime. Non era il momento di compiangersi. Era il momento di riordinare le idee, di essere sincera con i miei amici e soprattutto con il mio ragazzo. Gli avrei raccontato ogni cosa, sì, sarei stata franca. Per almeno una volta nella mia vita, avrei tirato fuori un po’ di coraggio.
-Ti ho vista prima sai, in bagno con quel ragazzo-
Trasalii, voltandomi di scatto. Rosaspina, alle mie spalle, mi guardava, un sorriso accattivante stampato sul bel viso. Avvampai all’istante.
-Non si fanno certe cose, specialmente se sei fidanzata. Non te l’hanno mai detto?- commentò, superandomi ancheggiando.
Guardai la sua siluette dirigersi verso l’aiuola della scuola. Senza nemmeno accorgermene, le mie gambe mi avevano portata verso il giardino sul retro. Automaticamente, seguii la mia compagna.
-Tu…tu non capisci- dissi –tu non sai cos’è successo-
Rosaspina si chinò sulle piante, sfiorando le foglie con le lunghe dita. Senza voltarsi mi rispose.
-E allora dimmelo, no?-
Non so perché lo feci. Forse perché avevo accumulato talmente tante cose dentro di me, tanti segreti, tante menzogne, che avevo bisogno di sfogarmi, di confidarmi con qualcuno. Persino con quella bella e antipatica ragazza nuova. Sta di fatto che le dissi ogni cosa.
Le raccontai di Umberto, di come lo avevo amato ancor prima di conoscerlo, della nostra storia fino ad allora, delle difficoltà che avevamo superato insieme. Le parlai del suo migliore amico, Luca, e di quel fatale bacio in discoteca, delle improvvisate in corridoio, di come l’avevo lasciato, e come mi ero sentita nel farlo.
-E cosa era venuto a dirti oggi?-
Era la prima volta che mi interrompeva. Avevo parlato a ruota libera, mi ero finalmente aperta con qualcuno. Anche se con chi non avrei mai pensato.
-Lui…voleva chiarire una volta per tutte, penso. Insomma…ci siamo lasciati per sempre- risposi in un sussurro.
-E baciarsi in quel modo corrisponde alla tua idea di “lasciarsi”?- commentò Rosaspina, voltandosi a guardarmi, un perfetto sopracciglio inarcato in un’espressione di sorpresa.
-È stato un bacio di addio- dissi convinta, ricambiando il suo sguardo.
Lei fece spallucce, girandosi nuovamente verso i fiori. Accarezzò i petali di una rosa.
-Sai, le rose sono fiori magnifici. I più belli, a mio parere. Sbocciano all’improvviso, e la loro fioritura è spettacolare. Ogni petalo ha una sfumatura diversa, hanno la consistenza della seta, sono vellutati e morbidi. Ma le rose hanno anche le spine, piccole spine che, se non stai attento, possono pungerti e farti male. Le rose rosse sono di un rosso cupo, un rosso passionale, il colore del sangue. Poi, così come sono fiorite, appassiscono. In un istante, i petali cadono, anneriscono, avvizziscono. E tu puoi solo stare a guardare, e dispiacerti che una cosa così bella sia già morta-
Si alzò, guardandomi intensamente.
-L’amore è così, Elisabetta. È un istante che dura un secolo, è un bacio, una carezza e uno schiaffo, è lacrime, dolore e gioia. E l’amore finisce, e ricomincia. È un ciclo senza fine.
Tu ami Luca. L’ho letto nei tuoi occhi prima, quando ne parlavi. Ma ami anche Umberto, e adesso stai con lui. Ha il diritto di sapere quello che è successo, e tu devi parlargliene senza paura. Che timore si può avere, verso qualcosa che non c’è più?-
Guardai Rosaspina. Si può dire che, per la prima volta, la guardai veramente. E non vidi solo l’algida ragazza, bellissima e dagli occhi di ghiaccio. Vidi la compagna che mi aveva appena aperto gli occhi, che mi aveva dato il coraggio che mi mancava, che aveva frenato la bestia dentro al mio petto.
E quello che vidi mi piacque.
-Ti ringrazio, adesso so finalmente cosa fare- le dissi, sorridendole.
Dopo un attimo, lei ricambiò. Il suo viso perse un po’ di quella rigidità, e divenne se possibile ancora più bello.
-Adesso devo andare-
La guardai incamminarsi verso la nostra scuola. Di slancio, la richiamai. Lei si volto, e io con il cuore che batteva a mille, le raccontai delle voci che io, Umberto e Alessia sentivamo dentro la nostra testa. Non le parlai di Daniele. Una cosa alla volta, mi dissi.
Lei ascoltò in silenzio, ma mano a mano che procedevo nel racconto, vidi i suoi occhi farsi sempre più scuri.
-Perché mi stai dicendo queste cose?- mi bloccò.
Io tentennai –Pensavo ci saresti arrivata da sola…-
-Non capisco- Ma io sapevo che non era così. Altrimenti come spiegarsi la sua reazione?
-Rosaspina, tu…tu non hai mai sentito niente? Niente del genere?- domandai lentamente.
S’irrigidì –Io non sono pazza. E adesso, se mi vuoi scusare-
Prima che la potessi fermare, aveva già varcato la soglia dell’edificio. Rimasi qualche istante indecisa se seguirla o meno. Decisi che non era il caso.
Ma non mi sarei arresa. Ero chiaro come il sole che Rosaspina mentiva.
Anche io dicevo di non essere pazza…ora non ne sono più tanto sicura, pensai, mentre l’immagine della Bella fuori dalla finestra di camera di Alessia prendeva corpo nella mia mente.
La cercai dentro di me, ma non trovai niente. Da quando mi era apparsa quel giorno, non avevo più udito la sua voce. Che fosse in qualche modo riuscita a uscire dal mio corpo?
Scossi la testa, ridacchiando. Questa sì che era un pensiero da matta!
Entrai dentro la scuola, attraversando velocemente i corridoi. Ora che avevo le idee chiare, che sapevo cosa fare, non vedevo l’ora di incontrare Umberto. Lo trovai fuori con gli altri, esattamente come me li ero figurati, insieme, scherzosi e sorridenti. Sorrisi anche io, quando il mio ragazzo si voltò a guardarmi. Andai dritta da lui e lo baciai sulle labbra.
-Quando sorridi sembri ancora più bella- mi sussurrò lui, soffiandomi dolcemente sul viso –anche se ciò è impossibile-
-Sì sì, bellissima- tagliò corto Alessia. Salutai lei e Nicolò. Notai con piacere che il braccio di lui era intorno alla vita della mia amica, e che lei sembrava molto a suo agio. Non era stato facile per loro riprendere a frequentarsi.
-È come la prima volta, come se non fossimo mai stati insieme!- mi diceva Alessia.
Ma le cose andavano bene, forse meglio della prima volta. Finalmente, sembrava che non ci fossero ostacoli per la loro felicità. Speravo vivamente che fosse così, Alessia si meritava un po’ di tranquillità, dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare.
-Non ti chiedo nemmeno dove ti sei andata a cacciare questa volta, ho paura della risposta- si affrettò a dire la mia amica –ma ora che sei arrivata non mi sento più in colpa a lasciare da solo questo povero ragazzo. Noi andiamo in stazione, oggi mia madre ha il turno lungo e non può venirmi a prendere. Ma con lui- e qui strinse forse la mano del suo ragazzo –mi sento più che al sicuro- concluse, guardandolo con occhi pieni d’amore.
Nicolò sorrise, arrossendo imbarazzato. Quando faceva così era davvero delizioso.
Umberto fece per aprire bocca, ma lo precedetti –Noi andiamo a fare un giro, ti chiamo dopo!-
Ci avviammo verso la stazione insieme, salutandoci a un bivio. Io e Umberto andammo a destra, mentre i nostri amici proseguirono dritto.
Adesso che finalmente eravamo soli, non ero più così tanto sicura di me. Mi tremavano le gambe e le mani, respiravo a fatica e il cuore mi batteva a mille nel petto. Ovviamente, Umberto se ne accorse subito.
-Va tutto bene?- mi chiese, stringendomi la mano che teneva fra le sue.
-Non esattamente- risposi, guardandolo negli occhi. I suoi occhi mi erano sempre piaciuti. Erano verde smeraldo, anche se ultimamente si erano schiariti, sfumando in un verde appena più limpido. Presi un bel respiro, e gli raccontai tutto.
Come sempre, Umberto si rivelò un ascoltatore attento e silenzioso, sebbene mi sorpresi notando ogni assenza di reazione quando gli rivelai del bacio con Luca. Mentre io arrossii e mi sentii uno schifo, lui fece solamente un impercettibile movimento con la mascella.
-È stato l’addio definitivo, non ci vedremo più, non parleremo più. È meglio così, per tutti- conclusi con un fremito della voce. A quelle parole, non potei impedire che un paio di lacrime rigassero le mie guance.
Ci sedemmo su una panchina, lui guardando le sue mani intrecciate, io senza staccare lo sguardo dal suo volto. Infine, dopo quella che mi parve un’eternità, si girò verso di me. L’espressione calma sul suo viso mi spaventò molto di più che se avessi visto un ghigno di rabbia.
-Sei arrabbiato?- domandai in un bisbiglio.
Lui scosse la testa, sorridendo debolmente –Non sono arrabbiato. Perfino io capisco che avevate bisogno di un chiarimento, che non poteva finire tutto così. E sebbene io avessi sperato fino all’ultimo che non sarebbe successo, sapevo anche che ti sarebbe venuto a parlare. Perciò stamattina, quando Luca è venuto da me, non ho detto niente-
Trattenni il respiro, aprendo la bocca. Ma Umberto mi fermò.
-Sì, lo sapevo. Ma sono contento che tu me ne abbia parlato. Ovviamente, non sapevo niente del bacio…non posso dire che mi faccia piacere, ma capisco che per te è importante averlo salutato così-
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Come poteva un ragazzo del genere stare con una come me?
-Io non ti merito- dissi tra i singhiozzi.
All’improvviso mi trovai soffocata da un suo abbraccio. Umberto mi stringeva a sé come mai aveva fatto prima. Era un abbraccio disperato, un abbraccio di chi ha paura di perdere la cosa a cui tiene più al mondo. E io lo potevo capire benissimo.
-Io amo di più te, io voglio stare con te. E non per un anno o due, io voglio stare con te per sempre- dissi, la voce piena di pianto ma ferma.
Umberto si staccò da me, prendendomi il volto tra le mani –Io ti vorrò sempre, non me ne andrò mai. Sarò sempre qui per te, se tu mi vorrai-
Mi gettai sulle sue labbra, baciandolo con foga. Era un bacio disperato, una muta richiesta d’aiuto, un contatto che sigillava per sempre la nostra unione.
Quando ci staccammo, eravamo entrambi senza fiato.
-Potrebbero denunciarci per atti osceni in luogo pubblico, sai?- disse lui, e io risi mentre mi asciugavo gli occhi -Sono orribile- mi lagnai, sentendoli gonfi e pesti sotto il mio tocco.
-Sei bella come un fiore- ribatté lui, disarmandomi col suo sguardo colmo di amore.
Quelle parole mi ricordarono improvvisamente Rosaspina.
-Devo dirti una cosa- annunciai, e raccontai a Umberto della chiacchierata di quella mattina.
-Allora non è così male come pensavamo- commentò lui alla fine.
Scossi il capo –Però quando le ho detto delle voci…-
-È normale che si sia comportata così- disse però lui –nessuno sarebbe felice di ammettere che sente qualcuno parlargli nella testa! Ci sarà tempo per parlarne meglio e approfondire il discorso-
Annuii, pensando a Bella. Tra tutte le confidenze che avevo fatto a Umberto, non ero tuttavia ancora riuscita a dirgli della visione che avevo avuto a casa di Alessia.
Il cellulare cominciò a squillare dentro la mia tasca, distogliendomi da quelle macabre riflessioni. Guardai il display con sorpresa.
-È Nicolò- dissi a Umberto, rispondendo alla chiamata.
-Ehi Nico, cosa-
-Dovete venire qui! Subito!-







Ta-dan!
Sì, non sono morta. No, non ho giustificazioni.
Vacanze, pagina bianca, vacanze, noia, vacanze, sonno, vacanze, compiti…diciamo che ci sono stati tanti fattori che mi hanno impedito di continuare a scrivere! Ma adesso mi sono detta “Elena, hai ben cinque storie in sospeso, cerca di continuarne almeno un paio!” E così, eccomi qua! E siccome a questa storia non mancano poi così tanti capitoli, ho deciso di dare una svolta. Perché questo capitolo, e soprattutto il prossimo, daranno decisamente una svolta!!
È sgusciato fuori dalle mie mani come acqua che scorre in una fonte limpida (come sono poetica!) perciò…spero che vi piaccia! E che lascerete una piccola traccia del vostro passaggio, che so, insulti, minacce di morte, un pacco bomba…o una recensione :)
A presto miei cari, non odiatemi!
Ele

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Capitolo 25
*** 25. Riunione ***






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-Dovete venire qui! Subito!-
Sentendo il tono allarmato del mio amico, mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Un terribile presentimento attraversò la mia mente.
-Dov’è Alessia?- chiesi, gridando attraverso il cellulare –Nicolò, dov’è Alessia?-
Ma il silenzio dall’altra parte della linea confermò i miei peggiori incubi.
-Arriviamo- sussurrai, appendendo e voltandomi verso Umberto. I suoi occhi verdi erano fissi nei miei castani, colmi di lacrime.
-Alessia è…è…-
Lui mi accarezzò il viso –Andiamo- disse solo-
Pochi minuti dopo eravamo a bordo della sua lucida moto blu, e sfrecciavamo verso la stazione. Non so se fosse per la paura, o per la velocità folle a cui Umberto spingeva la motocicletta, ma il mio stomaco sobbalzava su e giù, e sentivo un leggero accenno di nausea. Finalmente, parcheggiammo e vidi Nicolò davanti alla fermata dell’autobus. Mi tolsi il casco con forza e corsi verso di lui.
-Nico…- il suo volto sembrava quello di un morto. Era pallidissimo, gli occhi gonfi e rossi. Doveva aver pianto molto, e dal fremito delle sue mani dedussi che era prossimo ad un’altra crisi.
Lo abbracciai, trasmettendogli tutto il mio appoggio. Lui si strinse a me, come un salvagente, come un affogato che cerca disperatamente un altro poco di ossigeno. Quando si staccò, cominciò a parlare, la voce rotta e flebile.
-Ci siamo salutati quando ha preso il 21. L’ho guardata salire e ho seguito con lo sguardo l’autobus finché è stato possibile. Sembrava così serena, quando ci siamo lasciati, così felice…ma…ma io me lo sentivo che c’era qualcosa che non andava. Le avevo detto di mandarmi un messaggio quando fosse arrivata. Quel messaggio non mi è mai arrivato-
-Cos’è successo?- chiesi, trattenendo il respiro. Nel frattempo Umberto doveva averci raggiunto, perché sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. La presi la tre mie, stringendola.
Nicolò continuò il suo racconto –L’ho chiamata più volte, ma non ha mai risposto. Il telefono era acceso, ma squillava a vuoto. Poi…poi qualcuno ha risposto. Un ragazzo- deglutì a vuoto –ha detto…ha detto che ha preso Alessia e…e d-di non fare sc-scherzi- calde lacrime avevano cominciato a solcare il suo viso. Mi guardò negli occhi, supplicante.
Ma io ero gelata dal terrore. Perché sapevo a chi apparteneva quella voce al telefono, lo sapevo benissimo.
-È tornato…- sussurrai,
-Non le farà niente-
Guardai Umberto, che aveva parlato con voce ferma e determinata, così diversa da quella di
Nicolò. Anche lui mi fissava, e lessi nei suoi occhi rabbia e odio. Nessuno meglio di lui poteva capire come mi sentissi. Nemmeno Nicolò. Perché Umberto c’era quando era successo tutto. Sembrava passata un’eternità, ma alla fine si era trattato solo di un paio di mesi. Sapevamo tutti che sarebbe ricomparso.
Daniele voleva la sua vendetta.
-Ma noi non gliela lasceremmo portare a termine-
Ancora una volta, sembrava proprio che il mio ragazzo mi avesse letto nella mente.
-Cosa facciamo? Chiamiamo la polizia?- domandai.
-No, hai sentito cosa ha detto- replicò Umberto –possiamo contare sulle nostre sole forze-
-Ma noi siamo in tre, chi ci assicura che lui sia solo?-
Umberto mi sorrise –Non siamo in tre. Siamo molti di più-
Non capivo, ma mi fidavo di Umberto più che di me stessa.
-Nicolò, hai la moto dietro?- chiese il mio ragazzo.
Nicolò lo guardò, chiaramente confuso –Sì, è a scuola…-
-Bene, valla a prendere. Ci troviamo al castello tra venti minuti- disse, seguendo con lo sguardo il nostro amico mentre si allontanava. Poi, si voltò verso di me –Amore…- mi disse, prendendomi il viso tra le mani –ce la fai a guidare da sola fino al castello?-
Lo fissai stupita –Tu non vieni con me?-
-No io…devo fare una cosa, prima. Ma se non te la senti…-
Scossi il capo –Ce la faccio- sorrisi debolmente –dopotutto, ho già fatto quella strada, no?-
Anche lui sorrise –Sei fantastica-
Ci baciammo dolcemente, poi io mi diressi verso la moto, lui sparì dietro alla fermata. Mi chiesi che cosa fosse andato a fare. Di qualsiasi cosa si trattasse, sicuramente sarebbe stata utile per salvare Alessia. Mi fidavo ciecamente di Umberto. Senza di lui, non avremmo mai potuto ritrovare la mia amica.
Strinsi bene il casco sulla testa e inforcai la moto. Accesi il motore, e le sue fusa rombanti fecero vibrare il mio corpo. Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi.
Andrà tutto bene, presto potrò riabbracciare la mia amica. Andrà tutto bene.
Ma sapevo che quella che sentivo nella mia mente non era la voce di Bella. Erano parole mie, parole impaurite, sebbene pregne di speranza. Bella mi aveva lasciata da tanto tempo, ormai. Sentii il cuore stringersi a quel pensiero.
Afferrai saldamente il manubrio, dando gas e avviandomi verso il castello. Questa volta impiegai molto meno tempo per arrivare. Conoscevo la strada, ed ero più sicura. Inoltre, andare in moto mi aiutava a non pensare. E in quel momento avevo solo bisogno di tranquillità.
Parcheggiai e mi incamminai verso l’ingresso. Quel giorno, come molti altri nella mia città, il cielo era coperto da grossi nuvoloni neri. Le persone in giro erano poche e andavano tutte di fretta, cercando un posto chiuso dove ripararsi prima che scoppiasse il temporale.
Non sapevo dove dovevo aspettare i miei amici, ma non ce ne fu bisogno. Pochi minuti dopo il mio arrivo, comparve Nicolò. Mi raggiunse e ci sorridemmo debolmente. Sfiorai una mano con le mie dita, e lui la strinse dolcemente.
Rimanemmo in silenzio, fino a quando non intravedemmo il familiare profilo del mio ragazzo stagliarsi all’orizzonte. Espirai, sollevata al vederlo avvicinarsi, ma trattenni il respiro quando mi resi conto che non era solo. Alle sue spalle, veniva Rosaspina, le sottili braccia incrociate sul petto e un’espressione tutt’altro che felice sul bel viso. Chiudeva la fila Giorgio, che seguiva perplesso le lunghe gambe della mia compagna.
-E loro cosa ci fanno qui?- non potei trattenermi dall’esclamare, una volta che fummo tutti insieme.
Umberto sorrise con fare misterioso –Ci daranno una mano-
Prima che potessi chiedere altro, riprese a camminare. Lo seguii, guardando accigliata i due nuovi arrivati. Rosaspina aveva l’aria di chi avrebbe voluto trovarsi da tutt’altra parte. Giorgio, invece, chiaramente non stava capendo niente di quello che stava succedendo.
-Betta, ma dove stiamo andando?- mi chiese, un’espressione sconcertata sul volto.
-Gio- risposi io –non ne ho la minima idea-
Finalmente, ci fermammo in uno spiazzo erboso. Sobbalzai, riconoscendolo. Era il luogo della prima aggressione di Alessia. Strinsi i pugni con rabbia, ricordando quei terribili momenti. Umberto, al mio fianco, afferrò le mie dita e le fece distendere.
-Stai tranquilla, ho un piano- mi sussurrò.
Poi si avvicinò al muro coperto di edera, si guardò in giro e cominciò a trafficare tra le foglioline verdi. Dopo pochi attimi, si sentì qualcosa scattare, e una maniglia comparve, seguita da una porticina che, ad un occhio distratto, sarebbe parsa invisibile.
Trattenni il respiro, imitata da Rosaspina e Nicolò. Giorgio fischiò in segno di sorpresa.
-Entrare, presto!- ci intimò Umberto, aprendo la porticina. Velocemente, sgusciammo uno dietro l’antro, il mio ragazzo per ultimo. Quando l’uscio si fu chiuso alle sue spalle, rimase solo un debole fascio di luce ad illuminare l’ambiente circostante.
Da quel poco che riuscivo a vedere, ci trovavamo in un lungo e basso corridoio, che si perdeva nei meandri del castello. L’aria era fredda e umida, i nostri respiri si condensavano in nuvolette che si mescolavano tra loro. Mi strofinai le braccia con le mani, trasalendo quando sentii dita estranee poggiarsi sulla mia vita. Mi voltai e incrociai lo sguardo di Umberto. Lo abbracciai, permettendomi di scardarmi col suo corpo.
-Si può sapere dove ci ai portato?- proruppe una voce acida –Cos’è questo posto?-
-È una galleria- rispose Umberto –un passaggio segreto che usavano i castellani per fuggire in caso di assedio-
-Sì ma non ci hai ancora detto perché siamo qui- lo interruppe di nuovo la voce. A quanto pare, Rosaspina non apprezzava l’ingegno tattico degli antichi abitanti del castello.
-Dobbiamo parlare- replicò il mio ragazzo.
-Mi sembra che già lo stiamo facendo-
-Non noi. Dobbiamo lasciar parlare loro- colsi una nota divertita nella voce di Umberto.
Lo guardai sorpresa. Era quello il momento di mettersi a scherzare?
Forse intuì i miei pensieri, perché aggiunse –Non siamo qui per divertirci. Una ragazza è stata rapita, e potrebbe essere in pericolo in questo stesso momento-
Sentii un gemito provenire alla mia destra. Allungai una mano fino a incontrare quella di Nicolò, fredda e tremante.
-Ma noi cosa possiamo fare per lei?- esclamò la voce di Giorgio, davanti ai miei occhi. Intuii che dovevamo aver formato un cerchio.
-Noi poco- disse Umberto –ma loro posso esserci di grande aiuto-
-Loro chi?!- gridò Rosaspina.
Sentii Umberto respirare profondamente.
-Edward, Isabella, Jasper, Emmet, Rosalie: benvenuti-







Capitolo molto, molto importante!
Fatemi sapere le vostre impressioni e come si evolverà la storia secondo voi. Questo calo di recensioni mi deprime assai, ma io non mi arrendo! Questa storia mi è entrata nel cuore, e io ho tutta l’intenzione di portarla a termine. Siete con me?
Aspetto i vostri preziosi commenti, intanto vi saluto e mi dedico alla goniometria. Povera me!
Baci, a presto
Elena


Quel tesoro di Bella_kristen ha creato una cover apposta per questa storia, eccola qui!



Bellissima, non trovate anche voi?! Grazie mille tesora mia :*

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Capitolo 26
*** 26. Apparizioni ***






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Guardai sorpresa quel poco che potevo vedere del mio ragazzo. Umberto doveva essersi bevuto il cervello.
-Ehm, amico…qui ci siamo solo noi…-
Scoccai a Giorgio un’occhiata fuggevole: anche lui sembrava perplesso e, a dirla tutta, un pochino spaventato.
-Arriveranno, anzi, penso siano già fra di noi- rispose tranquillo Umberto.
Incrociai lo sguardo di Nicolò, distogliendolo immediatamente; l’espressione sul viso di Rosaspina era più che eloquente.
A quanto pareva non ero l’unica a non aver capito: di cosa stava parlando il mio ragazzo?
Udii un rumoroso respiro vicino a me –Come potete non capire? Non sapete nemmeno di chi sto parlando, vero?-
Non avendo ricevuto altre risposte che quattro facce accigliate, Umberto si volse verso Nicolò.
-Vuoi salvare Alessia sì o no?- chiese spazientito.
Il mio amico sussultò – Certo!-
-E come credi di poterla salvare senza un aiuto?- riprese Umberto.
Nicolò non rispose, ma lo vidi abbassare lo sguardo e stringere i pugni, impotente. Continuavo a non capire: perché il mio ragazzo si comportava così?
-Avanti Nicolò, concentrati!- proruppe Umberto all’improvviso, facendomi sussultare –perché pensi di non essere riuscito a colpire Alessia, quella volta a casa sua? Sì, so tutto- aggiunse in risposta allo sguardo sbalordito del mio amico –rifletti: cosa ti ha fermato?-
Dopo un attimo, Nicolò rispose lentamente -È stato qualcosa dentro di me…una voce che…che mi ha impedito di farle del male-
-Esatto!-
Umberto sembrava esaltato –Una voce! Ma di chi?-
-Io…non lo so…la mia coscienza…?-
Ma vidi il mio ragazzo scuotere la testa –Non stiamo parlando di sentimenti. Questa è la realtà, o almeno credo. Nicolò…quella voce non era tua. E sono sicuro che, se era la prima volta che la sentivi, non sarà stata di certo l’ultima-
Vidi Nicolò sussultare, ma Umberto si era già voltato verso Rosaspina.
-Lo so che sai di cosa stiamo parlando, non fare quella faccia- disse, in risposta al’occhiataccia della ragazza –anche tu senti qualcuno parlarti dentro la testa-
Rosaspina borbottò qualcosa che assomigliava molto a “non sono pazza”.
-Nessuno qui è pazzo, eppure siamo tutti sulla stessa barca!- urlò Umberto.
Guardò Giorgio, che si ritrasse spaventato –Va bene lo ammetto, anche io sento una voce, ma ormai ci ho fatto l’abitudine, non è colpa mia!-
Il mio ragazzo parve soddisfatto e non gli disse niente. Infine, lo vidi girarsi verso di me. Non potei evitare di arretrare di un passo. La cosa parve ferirlo più di tutte le nostre espressioni perplesse.
-Elisabetta- sussultai, sentendo pronunciare il mio nome da lui –pensavo che almeno tu avresti capito-
-Non ha senso- sussurrai.
Lui sospirò –Anche io non potevo crederci, fino a quando…fino a quando non ho visto Bella-
Aprii la bocca, ma non uscì niente. Non potevo crederci. Umberto, lui…?
-Sì, quel giorno a casa di Alessia- disse, lanciando un’occhiata a Nicolò –è stato un attimo, ho creduto di essermela immaginata. Ma poi tu- mi guardò dritta negli occhi –mi hai fatto convincere che non era così-
-Io?- mormorai.
Annuì –Il tuo comportamento. Eri strana, con gli altri ma soprattutto con me. Spesso sembrava che tu volessi parlare, ma che non trovassi il coraggio. E ho capito che non mi ero immaginato niente, e che anche tu l’avevi vista-
-Bella…- dissi piano il suo nome, eppure esso riecheggiò nell’aria.
Poi, sentii un fruscio alle mie spalle, gli altri trattenere il respiro, e Giorgio esclamare –Urca!
Col cuore che batteva velocissimo nel petto, mi girai lentamente.
E lei era lì, bella come non mai. Non era proprio corporea, ma nemmeno un fantasma. La sua figura brillava, pulsando lievemente e illuminando l’ambiente oscuro. I grandi occhi castani, così simili ai miei, mi guardarono dolcemente.
-Ciao, Elisabetta-
La sua voce era completamente diversa dall’aspetto: forte e stabile, sebbene con un leggero accenno di eco dietro di sé. Lanciai un’occhiata agli altri, di sbieco.
-Anche loro possono sentirmi, sì- disse Bella, come leggendomi nel pensiero –non siamo più solo noi due- aggiunse poi, con un sorriso che però mi parve triste.
-Come…- guardai prima Umberto e poi lei, poi ancora Umberto. La mia mente si rifiutava di credere a una cosa così inverosimile.
Il mio ragazzo scosse il capo.
-Tu lo sapevi?- chiesi con voce innaturalmente acuta.
-Non ne ero sicuro. Per questo vi ho portati tutti qui. L’ultima volta che ho visto Bella era quasi trasparente, eppure il cielo era buio perché era sera. Ho pensato che in un posto ancora più oscuro sarebbe stato meglio…per tutti-
-Ma perché anche loro?- dissi, indicando gli altri tre.
Umberto mi guardò compassionevole –Non penserai che Bella sia sola, non dopo tutto quello che ho detto-
E infatti, come a voler rispondere a un suo muto richiamo, un Edward opalescente comparve al suo fianco. Trattenni a stento un grido.
-Sei un ragazzo molto intelligente- lo lodò Bella, guardando verso Edward. Lui le sorrise.
-Non è possibile…non ci credo…-
Presi a tremare come una foglia, fissando con gli occhi sgranati le due apparizioni.
-Voi non esistete…non siete reali…-
-Possiamo esserlo, se voi ci credete- disse Bella, con voce calda e affettuosa.
E improvvisamente, capii. Intuii ciò che aveva provato Umberto, perché anche io mi sentivo così. Senza rendermene conto, avevo chiamato Bella. L’avevo chiamata fuori dalla mia mente.
-Perché non hai dovuto pronunciare il nome di Edward?- chiesi a Umberto, brusca. Ce l’avevo un po’ con lui perché io avevo dovuto chiamare ad alta voce Bella, per farla comparire.
Umberto sorrise, un sorriso così simile a quello di Edward da farmi paura –Non c’è bisogno di parlare. Basta pensarlo-
Si rivolse ai tre ragazzi, che fissavano sbalorditi Edward e Bella che, con grazia, si portò al mio fianco. La guardai e lei mi sorrise leggermente. Ricambiai, un po’ più tranquilla. Cominciavo a capire cosa aveva in mente Umberto.
-Tocca a voi, ora. Non abbiate paura, aprite la mente e pensate-
Ma la paura era proprio quella che potevo leggere sulla faccia dei miei amici. Mi avvicinai a Nicolò e gli presi la mano.
-Fallo per Alessia- gli sussurrai, guardandolo negli occhi.
Dopo un attimo lo vidi annuire e, lasciata la mia mano, chiuse gli occhi, concentrandosi. Lentamente, al suo fianco apparve l’immagine sfuocata di un ragazzo alto e biondo, con profonde occhiaie sotto le iridi dorate. Jasper mi sorrise, mentre Nicolò apriva gli occhi e lo guardava spaventato.
-Tu saresti…-
-Jasper- rispose il vampiro, con voce bassa e tranquilla –sono il compagno di Alice-
-Il…fantasma di Alessia?-
Jasper sorrise –Non siamo fantasmi. Memorie, ricordi…speranze-
-Ma come…-
Le parole di Nicolò furono interrotte da un forte sbuffo. Tutti, umani e apparizioni, ci voltammo verso Giorgio che aveva gli occhi serrati e il colorito di un pomodoro un po’ troppo maturo.
-Io…non…ci…RIESCO!- disse tra i denti, continuando a sbuffare come una locomotiva.
-Non sforzarti in quel modo!- esclamò Umberto, preoccupato dalla sfumatura bordeaux che stava assumendo il mio amico –basta pensarlo!-
Giorgio interruppe la sua odissea per guardare Umberto. Poi chiuse gli occhi e, con un ultimo sforzo, chiamò al suo fianco un enorme ragazzone dalla faccia divertita.
-Emmet, sei sempre il solito- disse Edward, guardando accigliato il fratello.
-Lasciami divertire un po’!- replicò quello –il nostro amico qui mi fa morire- aggiunse, mollando una pacca sulla spalla di Giorgio, che trasalì.
Mi chiedi cosa avesse provato: era come essere sfiorati da una brezza, o come un tocco tangibile?
-Una via di mezzo- disse Bella. Ovviamente riusciva ancora a sentire i miei pensieri.
-Ma come mai adesso anche gli altri possono sentire la tua voce?- le chiesi.
Lei alzò le spalle –Così hai voluto tu- rispose semplicemente.
Guardai Emmet, che stava facendo una cosa molto strana: si era avvicinato a Rosaspina e sembrava aspettare qualcosa.
-Bè, allora?- proruppe, guardandola male.
Lei lo fissò allucinata, allontanandosi –Non mi toccare!-
-Tu non mi interessi, carina! Dov’è Rosalie?-
Rosaspina sbiancò –Non…non capisco di cosa tu stia parlando-
Emmet sbuffò, voltandosi verso Umberto e alzando un sopracciglio –Sicuro di aver preso quella giusta?-
Il mio ragazzo sorrise –Sicurissimo! Rosaspina, per favore, chiama Rosalie-
-No!- esclamò lei, con voce acutissima –io non sono matta!-
Vidi Umberto fare uno sforzo per trattenersi da alzare gli occhi al cielo –Lo sappiamo che non sei matta! Ora, per favore, potresti fare quello che ti chiedo? Ne va della vita di una ragazza-
Nicolò sobbalzò, fissando Rosaspina intensamente. Lei lo guardò e arrossì, poi lanciò un’occhiataccia a Umberto, e chiuse gli occhi. In un attimo, la scintillante figura di una ragazza dalla bellezza mozzafiato apparve al suo fianco. Rosaspina e Rosalie erano di certo le due che più si somigliavano: entrambe alte e bionde, dalla pelle chiara e le gambe lunghe e snelle. Si guardarono e, per la seconda volta, vidi un sorriso sfiorare le labbra della mia compagna.
-Ora che ci siamo tutti- disse Umberto –direi di cominciare-







Non dico nulla, niente spoiler, niente commenti, niente di niente! Voglio proprio vedere la vostra reazione a questo capitolone! Ah, ovviamente:
commentare è obbligatorio!
Bye!

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Capitolo 27
*** 27. Toccami l'anima ***






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Fu quasi un’ora dopo esservi entrati che uscimmo da quella piccola stanza segreta. Il tramonto era passato da poco e una luce soffusa illuminava cose e persone. E fantasmi, apparizioni o quel che erano.
Guardai Bella, che mi restituì uno sguardo stanco ma soddisfatto.
Speriamo che il piano funzioni… pensai. Ero la più scettica a riguardo. Strano: era stata proprio Bella ad avere quell’idea.
Funzionerà, mi rispose con la mente, sorridendomi. Ci vediamo dopo, Elisabetta.
La guardai scomparire, imitata dai suoi compagni. Rimanemmo di nuovo in cinque.
-Sapete cosa fare- disse Umberto, guardando Nicolò, Giorgio e Rosaspina.
Loro annuirono; Giorgio e Rosaspina si diressero verso l’uscita posteriore, dove il mio amico aveva parcheggiato la moto; Nicolò, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata, mi superò e scomparve. Sapevo che, come me, anche lui era piuttosto scettico sul piano di Bella.
-Funzionerà-
Per un attimo pensai che fosse stata di nuovo Bella a ripetermi quella parola, poi mi voltai verso Umberto e capii che era stato lui a parlare. Ancora una volta, sembrava proprio che mi avesse letto nel pensiero.
Lo guardai intensamente. Il muro di domande e di incertezze che si era erto fra noi in quei giorni era ancora lì, più solido e ingombrante che mai.
Perché non possiamo tornare ad essere la coppia spensierata di una volta? Mi chiesi disperata. Sperai che quel pensiero raggiungesse non solo la sua mente, ma anche il suo cuore.
Umberto mi prese per mano e insieme uscimmo dal parco. Arrivati davanti alla sua moto, mi passò il casco, che allacciai con facilità, salii sul veicolo e con un rombo partimmo.
Fu un viaggio silenzioso, entrambi eravamo concentrati sul nostro obbiettivo. Avrei voluto parlare col mio ragazzo, rivelargli i miei dubbi, ma capii che non era il momento adatto. Sbirciai il suo viso, o almeno, quello che potevo vedere sotto la visiera. I suoi occhi erano seri e assorti. Il mio stomaco fece una capriola: era davvero bellissimo. Mi strinsi ancora più forte a lui. Umberto interpretò il mio gesto come un’esortazione a muoverci, e accelerò. Fummo i primi ad arrivare.
Scesi dalla moto e tolsi il casco, alzando lo sguardo sulla casa della mia amica. Da dove eravamo, riuscivo a vedere il balcone su cui affacciava la sua camera. Il posto dove avevo visto Bella…
-Sai, non era la prima volta che mi appariva- dissi, senza distogliere lo sguardo. Con la coda dell’occhio, vidi Umberto bloccarsi e voltarsi verso di me.
-L’avevo già vista, tempo fa. Era comparsa in camera mia- continuai, ricordando –non volevo crederci. Penso di non averci creduto, perché ho dimenticato l’accaduto. L’ho archiviato in un angolo della mente. “Ci sarà tempo per pensarci” mi sono detta. Ma non è stato così-
Tacqui, girandomi verso Umberto –Noi non abbiamo tempo. Non possiamo permetterci di lasciare cose in sospeso, e io…io non voglio che ci siano malintesi tra di noi-
-Nemmeno io lo voglio- disse lui, debolmente. Non mi stava guardando negli occhi.
-Allora sono solo io ad avvertire della tensione fra noi?-
Quando non rispose, continuando a fissare un punto imprecisato dietro di me, trattenni l’impulso di prendergli il viso e voltarglielo.
-Cosa è successo? Non…non mi ami più?- chiesi, la voce rotta. Sapevo di essere prossima a crollare.
-Certo che ti amo!-
-E allora guardami, porca puttana, guardami e dimmi cosa c’è che non va!-
Finalmente alzò lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono. E fui sorpresa di trovare solo tenerezza in quelle splendidi iridi verdi, e tanto, tanto amore.
-Non c’è niente che non va, semplicemente ci sono momenti in cui due persone si allontanano, senza un perché, senza un motivo valido. Ma sono attimi che si superano a testa alta, e un’amicizia, un amore, ne escono ancora più saldi e forti di prima. Sono sicuro che sarà così per noi-
I miei occhi si riempirono di lacrime. Attraverso quel velo lattiginoso, vidi la sua mano prendere la mia.
-Io ti amo, Elisabetta, e so che è lo stesso per te. E ti perdono per non avermi parlato di Bella, perché comprendo i tuoi timori. Ma, ti prego, non dubitare più del mio amore. Non penso di averti mai dato motivo di farlo-
-No, certo- dissi io, trattenendo i singhiozzi. Sbattei le palpebre, e due grosse lacrime rotolarono sulle mie guancie. Umberto alzò un dito e le raccolse.
-Non devi soffrire, amore mio. Tutto si sistemerà- aveva parlato con una voce dolcissima. Lo abbracciai forte, decisa a non farlo andare mai più via.
-Perdonami se non mi sono fidata di te-
Lui sorrise, alzando il mio mento e intrecciando i nostri sguardi. Qualcosa dentro di me si sciolse, quando le nostre labbra si toccarono. Fu un bacio lento e profondo, un bacio che scandagliò gli angoli più intimi delle nostre anime.
-Ehm ehm-
Ci separammo velocemente, entrambi rossi e col fiato corto. Guardai Rosaspina con un misto di vergogna e rabbia. Lei ricambiò la mia occhiata con una di disgusto.
-Mi sembrava che avessimo qualcosa da fare-
-Vi stavamo aspettando- disse Umberto, la voce calma e un sorriso sul viso. Sembrava molto più sereno. Sorpresa e compiaciuta, mi accorsi che anche io mi sentivo più leggera.
-Bene, ora siamo qui. Dov’è la ragazza?- chiese Rosaspina, brusca. Nel frattempo, Giorgio e Nicolò ci avevano raggiunti, il primo nervoso, il secondo senza smettere di guardarsi attorno.
-Non penso che troveremo Alessia qui- replicò Umberto.
Rosaspina lo guardò spazientita –E allora per quale assurdo…-
Le sue parole furono coperte da un urlo di sorpresa di Nicolò. Il mio amico aveva estratto dalla tasca il cellulare, e lo guardava con sguardo allucinato.
-È…è il numero di Alessia!-
Umberto annuì. Sembrava l’unico a non essere sorpreso. Nel mio petto, il cuore batteva velocemente.
Nicolò rispose e mise il vivavoce.
-Siete stati bravi-
Sentendo quella voce, un brivido gelido mi attraversò la schiena. Sentii la rabbia montarmi dentro.
-Ma avete fatto male i vostri calcoli-
-Non abbiamo mai pensato che ti fossi nascosto qui- disse Umberto. Dal suo sguardo trapelava ira e disprezzo.
La voce rise –Bene! Allora saprai cosa fare-
Il mio ragazzo strinse le mano a pugno –Dove ti nascondi? Non ti vedo-
-Perché non voglio farmi vedere. Non ancora. Appena metterò giù, mi mostrerò a voi. Ho con me la ragazza, non fate scherzi-
La mano che teneva il cellulare tremò. Gli occhi di Nicolò erano gonfi di lacrime. Subito, afferrai la mano libera e la strinsi.
-Vi aspetto-
La comunicazione si interruppe, e subito Umberto corse alla moto. Lo imitammo tutti, e feci appena in tempo ad allacciare il casco, prima che una lucida moto blu elettrico comparisse all’orizzonte. Umberto mise in moto, partendo al suo inseguimento. Alle mie spalle sentivo dei rombi di motore, segno che anche gli altri si erano uniti a noi.
Strizzai gli occhi per vedere meglio: sulla moto blu c’erano due persone. Il conducente ci dava le spalle, mentre davanti a lui…
Con un sussulto, riconobbi la mia amica. Non la vedevo bene, ma sapevo che era lei. Daniele non aveva mentito.
-Fa sul serio- sentii dire da Umberto. Sbirciai il suo viso: per la prima volta, lessi tutta la preoccupazione che provava.
-Noi siamo tanti, e siamo uniti. Non può farcela-
Non potevo credere di aver pronunciato davvero quelle parole, proprio io, che trovavo il nostro piano azzardato e traballante! Ma appena lo ebbi fatto, sentii che era la cosa giusta da dire. Umberto annuì, lo sguardo un po’ meno cupo.
Dentro di me, c’era Bella. Non ero sola, non eravamo soli.
Potevamo farcela.
Potevamo salvare Alessia.




Capitolo di passaggio, lo so.
Manca poco alla fine, ogni riga può essere decisiva. Perciò…non prendetevela con me! E poi, questo capitolo non è proprio inutile. Dopotutto, Elisabetta e Umberto hanno finalmente chiarito, no? Ci voleva un bel chiarimento!
Consolatevi, e preparatevi per il prossimo capitolo: sarà il culmine della storia!
Un bacio, a presto, e non dimenticatevi di recensire! U.U
Elena

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Capitolo 28
*** 28. Quello che accadde nel campo di grano ***






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La moto blu elettrico imboccò una piccola e sterrata stradina di campagna. Io, Umberto e gli altri la seguimmo. Avevo un fastidioso groppo in gola e lo stomaco serrato. Non riuscivo a staccare gli occhi dalla mia amica.
Finalmente Daniele si fermò. Umberto spense la moto e io mi guardai intorno: eravamo nel bel mezzo di un campo di grano. Dove erano passate le ruote, le spighe si erano piegate. Eravamo isolati, completamente soli. Soli di fronte al pericolo, soli di fronte al mondo.
Umberto scese dalla moto e io lo imitai. Mi prese la mano e senza guardarmi la strinse. Ricambiai la stretta, cercando di tratte coraggio da quel contatto. Con la coda dell’occhio, vidi i miei amici stringersi intorno a noi, formando un semicerchio che vedeva al centro Daniele e Alessia.
Il ragazzo scese dalla moto, togliendosi il casco e rivelando una zazzera di capelli scurissimi. Non erano neri, ma castani, come gli occhi, di una bellezza sconvolgente e inquietante. Se non avesse avuto quello sguardo carico di odio e di cattiveria, sarebbe stato senz’altro un ragazzo bellissimo. Il corpo tonico era racchiuso in vestiti scuri e attillati, e un braccio muscoloso cingeva la vita della mia migliore amica. Spostai il mio sguardo sul viso di Alessia, e quello che vi lessi mi fece stringere il cuore e riempire gli occhi di nuove lacrime.
Gli occhi della mia amica, solitamente così vivaci e colorati, erano spenti e tristi. Non guardava me, non guardava nessuno di noi. Il suo sguardo era rivolto verso il cielo, verso la terra, ma sapevo che non vedeva niente. Era lo sguardo di chi ha smesso di lottare, di chi ha perso la speranza.
-Dobbiamo fare qualcosa…- sentii dire. Impiegai un attimo per riconoscere la mia voce. Era roca e strozzata, e sussultai rendendomi conto di quanto fosse piena di rabbia.
-Eccoci qua, infine. Avete impiegato una vita per arrivare- disse Daniele in quell’esatto momento. La sua voce era bassa e tranquilla e molto sexy.
-Abbiamo avuto…da fare- replicò Umberto, senza distogliere i suoi occhi di smeraldo da quello castani di lui. Potevo percepire sulla mia pelle l’elettricità di quel contatto. Rabbrividii istintivamente.
Daniele rise. Quel suono così bello mi attraversò e mi chiesi come potesse una cosa tanto affascinante risultare allo stesso tempo così minacciosa.
-Avete escogitato un piano? Un piano per salvare la vostra amichetta?- chiese, la voce satura di sarcasmo –E se lei non volesse essere salvata, eh? A questo non avete pensato?-
Lo guardai sconvolta, ma prima che uno di noi potesse ribattere, un lampo attraversò lo spazio che ci separava da Daniele e Alessia.
-Nicolò, no!-
Con un urto che lo fece sbalzare lontano, vidi il mio amico cadere a terra. Mi precipitai da lui e gli tesi una mano. Lui l’afferrò senza guardarmi negli occhi. I suoi erano puntati su Alessia, che però continuava a fissare il vuoto.
La melodiosa risata di Daniele riempì nuovamente l’aria –Cosa pensavi di fare, sciocco? Tu non vali nemmeno la metà di me, e Alessia questo lo sa-
Guardai Daniele. Di cosa stava parlando? Cos’era stato a far cadere Nicolò? Sembrava una specie di barriera…
-E perché non me l’ha mai detto, cane? Perché è tornata da me, se non perché mi ama?-
Sobbalzai, colpita dal tono del mio amico. Non credevo che Nicolò potesse provare tanto odio per una persona, non il ragazzo buono e ingenuo che conoscevo io.
Daniele sorrise, strafottente –Non ti ha mai amato. Da quando me ne sono andato, ha atteso il mio ritorno ogni giorno, mi ha sognato ogni notte, ha pronunciato il mio nome milione di volte-
Non potei tacere più a lungo –Alessia, è vero quello che dice?- urlai, rivolta alla mia amica. Lei non diede alcun segno di avermi sentita.
-Non c’è bisogno di chiederglielo, è vero-
Lo guardai –Non mi fido di te, non credo a una sola parola che hai pronunciato. Alessia ha sempre amato Nicolò, è destino che stiano insieme!-
-Ti sbagli, la sua anima è stata chiamata dalla mia- disse Daniele –non capisci? Si sono riconosciute-
Aggrottai la fronte. Anime gemelle? Che fosse la verità?
-No-
La potenza nella voce di Umberto mi fece sussultare. Lo guardai: il suo volto era di pietra, ma negli occhi ardeva una fiamma inestinguibile.
-Ha ragione-
Di chi era quella voce così sottile e inconsistente? Quelle parole erano davvero uscite dalla bocca della mia solare, gioiosa migliore amica? La guardai. Parlava a Umberto, ma i suoi occhi erano fissi su Nicolò. Due pozzi blu in cui perdersi.
-No!-
Anche il mio amico la guardava, ma al contrario degli occhi di Alessia, quelli di Nicolò erano carichi di parole e di amore –Noi abbiamo imparato ad amarci giorno dopo giorno, abbiamo superato mille difficoltà e il nostro amore ne è uscito sempre un po’ più forte. Come puoi dire questo? Come puoi pensare che si trattasse solo di una menzogna?-
-Non era una menzogna. Ma quello che provo per Daniele…è diverso- disse Alessia. Finalmente vidi un lampo di vita passare sul suo viso. Gli occhi le si riempirono di lacrime, quando pronunciò quelle parole –Non capisci? Io non ho avuto scelta, io non ho scelta. Devo stare con lui-
-Perché?- chiese Nicolò, il viso bagnato e gli occhi morenti –tu lo ami?-
Per la terza volta, la risata di Daniele riecheggiò nel campo –Amore? Cos’è l’amore, se non una pallida imitazione dell’odio? No, qui non si parla di sentimenti frivoli né di paroline dolci o carezze. Qui si parla di anime predestinare, di destini decisi ancor prima che noi nascessimo-
-Stronzate! Il destino non esiste, siamo noi a decidere il nostro futuro-
Rosaspina aveva parlato con voce forte e decisa. Guardai anche il suo viso: era alta e fiera, bella come non mai. Al suo fianco, Giorgio la guardava con occhi spalancati e ammirati. Sorrisi, non potendo evitarlo. Era bello vedere come l’amore potesse sbocciare anche in mezzo alle avversità.
-Il corpo di Alessia racchiude l’anima di una vampira, una vampira che da secoli è destinata al vampiro che riposa dentro di me. Adesso queste anime si sono svegliate e ritrovate, e voi non potrete fare niente per separarle!-
Trattenni il respiro, lanciando un’occhiata a Umberto. Lui mi strinse la mano, intimandomi di tacere.
-Non spetta a noi- sussurrò, in modo che potessi sentirlo solo io.
Annuii, sbirciando verso Giorgio e pregando che per una volta tenesse a freno la sua linguaccia. Ma il mio amico era ancora tutto preso da Rosaspina, perciò trassi un respiro di sollievo. Prima di girarmi, incontrai lo sguardo della mia nuova compagna. Mi parve che mi facesse l’occhiolino. Poi, Nicolò parlò.
-Questa volta chi si sbaglia sei tu, e te lo dimostrerò-
Tutti ci girammo a guardarlo, ma sapevo già cosa sarebbe successo. Senza che battesse ciglio, al suo fianco si materializzò la figura di Jasper. L’espressione sul volto del vampiro era molto simile a quella di Nicolò. Ma Jasper faceva anche paura, con gli occhi scuri e la mascella serrata. Sembrava più reale che mai, e qualcosa mi diceva che in quel momento era tangibile quanto me e gli altri.
Guardai Daniele, esultando. Chiaramente non sapeva dell’esistenza dei fantasmi-vampiro, e fissava Jasper con un misto di terrore e sorpresa.
-Alessia, chiama Alice-
La mia amica guardava Jasper con gli occhi spalancati, enormi e azzurrissimi. Non rispose, ma al suo fianco si materializzò la figura di una piccola vampira dai capelli corvini. Era poco più bassa di lei, il viso ovale dov’erano incastonati due grandi occhi furbi. Alice sorrise a Jasper, e il vampiro biondo ricambiò.
-Mi hai imbrogliata!-
Il pugno di Alessia colpì forte Daniele sul viso –Mi avevi detto che Jasper era dentro di te!-
Il ragazzo di asciugò il sangue dal labbro spaccato –Ho mentito. È stato facile, se vuoi saperlo. Dovresti fidarti meno degli estranei-
-Ma io ero attratta da te!- urlò Alessia, alzando di nuovo la mano per colpirlo.
Questa volta Daniele era pronto. Afferrò il braccio della mia amica e la tirò a sé -È questa la capacità del mio vampiro. Ma ormai non ha più importanza. Se non potrò averti io, non ti avrà nessuno-
Poi, accaddero molte cose contemporaneamente.
Vidi le mani di Daniele serrarsi intorno al collo della mia amica, gli occhi di Alessia aprirsi per la sorpresa e per l’orrore.
Vidi Nicolò scattare verso di lei, seguito da Jasper che tese le mani verso Alice.
Vidi Alice sporgersi verso di lui, ma le loro dita non si toccarono. La vidi sparire, mentre il colore abbandonava il viso della mia migliore amica, mentre la vita fuggiva velocemente via dal suo corpo.
Ma non udii il mio urlo, non sentii la mia voce che la chiamava, piangendo.
Non vidi più niente, coprendomi il volto con le mani e desiderando che fosse tutto un orrendo, impossibile incubo.





Come penso avrete capito, questo è IL capitolo. Quello decisivo, quello che segna la fine della storia. Penso che dopo questo ce ne saranno ancora un paio, poi scriverò la parola fine.
Non sono impaziente di farlo…ma vi compenso che la scarsa partecipazione da parte dei miei lettori non mi sprona a scrivere ancora. Insomma, sono un po’ depressa…
Fatemi sentire che ci siete, fatemi sentire che non mi avete abbandonata. ‘Kay?
Conto su di voi, l’ho sempre fatto. E ve lo ripeto, lo farò fino alla nausea: siete voi il motore della storia. Non dimenticatelo mai :)
A presto, spero
Baci
Elena

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Capitolo 29
*** 29. Sensi ***






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Tolsi le mani dal viso, facendo passate i polpastrelli sotto le palpebre morbide e asciugando l’ennesime lacrime che minacciavano di scappare dai miei occhi. Chinai lo sguardo sulla figura adagiata sul letto di fronte a me. Ancora una volta, guardandola, non potei evitare che il cuore mi si stringesse nel petto.
Alessia sembrava piccola e indifesa, sotto tutte quelle coperte, in mezzo a tutti quei fili. Lei era indifesa, era fragile. Lo era da una settimana, ormai.
Sfiorai il suo viso con la mia mano tremante. Era pallida e immobile. Era sempre immobile. Non potevo sopportare la vista della mia amica, la mia Alessia, così vitale, vivace, gioiosa, che se ne stava lì, fredda e come morta.
Dov’è il tuo principe azzurro? Quand’è che verrà a salvarti?
Mi risedetti sulla sedia che ormai abbandonavo raramente. Ero sempre al suo fianco. Finita la scuola, schizzavo in ospedale da lei, studiavo lì, le parlavo di sciocchezze, mi confidavo con lei. I medici ci avevano detto di fare così, di parlarle come se lei potesse sentirci. Ma lei non poteva, o se poteva, perché non si muoveva, non dava segni di aver sentito le mie parole?
A volte non riuscivo a nascondere le lacrime, i singhiozzi, e allora la pregavo e scongiuravo di tornare da me, di tornare dai suoi amici.
Come io non lasciavo mai il capezzale di Alessia, così Umberto non lasciava mai me. E quando c’era lui un po’ del dolore se ne andava, e aspettare non sembrava più così impossibile. Spesso il mio ragazzo arrivava insieme a Giorgio, e allora l’atmosfera si riscaldava e diventava familiare, come le battutacce del mio amico. Sorrisi a quel pensiero: Alessia l’avrebbe fatto.
Con mia enorme sorpresa, anche Rosaspina si recava spesso in “quell’edificio triste e puzzolente”. Sebbene non sopportasse gli ospedali, anche lei era venuta a trovare la mia amica. Erano venuti tutti, tranne la persona che più avrei voluto venisse.
Dopo quella terribile giornata, Nicolò era diventata un’altra persona. Era chiuso, triste, riservato. A scuola mi evitava, ci evitava tutti. E sebbene in parte lo capissi, non potevo fare a meno di provare un misto di rabbia e compassione per lui.
Presi la mano fredda e abbandonata della mia amica tra le mie, cercando di trasmetterle un po’ di calore insieme al mio amore, sempre amore.
-Andrà tutto bene- dissi, più a me stessa che a lei. Ormai quella frase era diventata un ritornello di una canzone triste, un mantra che ripetevo ogni giorno, ogni volta che pensavo sarei rimasta schiacciata dagli eventi.
Ogni volta che il peso dei ricordi mi sommergeva, rischiando di soffocarmi.




Il primo senso a tornare a funzionare nel mio corpo fu l’udito. Sentii un sonoro crac, come se qualcosa di molto grande si fosse spezzato.
Tolsi le mani dagli occhi, e fu la volta della vista. L’immensa barriera che aveva circondato Daniele e Alessia e che aveva tenuto alla larga Nicolò non era più invisibile. A dire il vero, non era più nemmeno intatta. Il mio amico e il suo vampiro l’avevano rotta, non so come. Schegge bellissime e luminose tagliavano l’aria.
Quando Umberto mi chiamò, il mio udito rispose.
-Elisabetta, vai da Alessia!-
Le mie gambe si mossero verso quella scena da cui sarei solo voluta scappare. La mia amica era a terra, non più tra le braccia assassine di Daniele. Mi chinai su di lei, prendendola tra le mie mani, e il tatto mi confidò quanto fosse fredda la sua pelle. Sul suo collo, segni viola indicavano il passaggio delle dita implacabili di quel mostro.
Mostro.
Strinsi Alessia al mio petto, strizzando gli occhi e liberando le lacrime. Aprii la bocca e il gusto mi sussurrò il sapore salato e disperato di quelle piccole perle bagnate.
Infine il mio olfatto respirò. Respirò odore di morte, l’odore della vita che se ne va, la vita della mia amica. Il rumore di un motore potente mi distolse dai miei pensieri.
Mi voltai e individuai subito l’enorme pick up che avanzava sbuffando verso il campo di grano. Si fermò con un rompo poco lontano da me, la portiera si spalancò e comparve l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere.
Il mio cuore reagì ancor prima della mia testa. Mancò un battito, poi riprese a pompare più forte, come se quella vista mi avesse ridato la voglia di vivere e la forza per farlo.
Urlai il suo nome, piangendo lacrime di gioia –Luca!-
Mi sorprese come, anche in mezzo a quel delirio, lui riuscisse a individuare proprio me. I suoi occhi trovarono i miei e lui corse al mio fianco. Lo accolsi con un sorriso, che dopo un attimo ricambiò. Poi, i suoi occhi si spostarono sul corpo esanime della mia amica.
-Dammi una mano a portarla in macchina, ha bisogno subito di un dottore- disse, tendendomi le braccia.
Lo seguii mentre correvamo verso il pick up. I miei occhi non abbandonarono mai il suo viso. Avevo così tante cose da dirgli, così tante domande…
Ma soprattutto, volevo che capisse quanto fossi contenta che lui fosse lì, con noi, con me.
Con estrema delicatezza, Luca adagiò sui sedili posteriori il corpo della mia amica. Le prese il polso, e mi stupii ancora una volta di quanto attenti e premurosi fossero i suoi gesti.
-Il battito c’è, è lento ma regolare- disse con la sua voce profonda. Poi incrociò il mio viso –Dobbiamo sbrigarci, non posso dire su due piedi come sia la situazione lì dentro- aggiunse, indicando il corpo della mia amica.
Annuii, pensando al lampo di tristezza che avevo visto passare nei suoi occhi. Poi, un grido ci fece voltare entrambi.
Daniele era accasciato di fronte a Nicolò, la testa fra le mani e un’espressione di pura sofferenza dipinta sul bel viso. Come il mio amico, anche lui aveva tagli e lividi qua e là. In piedi di fronte a lui, Nicolò lo guardava con odio e disgusto.
Daniele urlò ancora e una sagoma spettrale comparve al suo fianco. Istintivamente rabbrividii, mentre Luca si spostava davanti a me, facendomi scudo col suo corpo.
Il vampiro che era comparso era James, senza ombra di dubbio. Proprio come nel libro, era alto e muscoloso, il viso distorto da una smorfia cattiva, gli occhi rossi e luccicanti fissi su Jasper.
-Era ora che venissi allo scoperto- disse il mio amico vampiro.
-Mi sono divertito a osservare i vostri patetici sforzi- rispose James, senza cambiare espressione. Improvvisamente, capii dove avevo già visto quei lineamenti: erano gli stessi di Daniele. Spostai lo sguardo su di lui, sobbalzando per la sorpresa.
Daniele stava piangendo. Si teneva ancora la testa fra le mani e guardava James come se fosse un fantasma. Come se fosse un incubo.
Nicolò invece non distoglieva gli occhi da lui, e anche la sua espressione era immutata. Possibile che non si accorgesse di quello che era successo?
Guardai Umberto e i miei amici. Anche loro fissavano il ragazzo per terra con rabbia e disgusto. Vedere quei sentimenti sul viso di Umberto mi fece male al cuore.
Possibile che avessi capito solo io?
-Devi aiutarlo-
Mi voltai verso Luca –Devi aiutare quel ragazzo. Non so cosa sia successo e perché ce l’abbiano tutti con lui, ma è chiaro che non sa dove si trova e perché- dissse.
Annuii –Hai ragione-
Corsi verso Daniele, ignorando i richiami dei miei amici. Loro non capivano, non potevano capire. Mi fermai di fronte al ragazzo, che alzò gli occhi su di me. Trattenni il respiro. Il suo viso era di una bellezza sconvolgente, anche se rigato di lacrime. Gli occhi, di quel fantastico colore castano caldo, erano spalancati e completamente terrorizzati. Gli tesi una mano che lui afferrò e l’aiutai a sollevarsi in piedi.
-Elisabetta, cosa stai facendo?-
Sostenni lo sguardo di Nicolò –Sto aiutando un innocente-
Il mio amico spalancò gli occhi –Innocente? Ha quasi ucciso Alessia-
Sobbalzai –No, non è stato lui. È colpa di quel vampiro. Ma non capisci che era sotto il suo controllo? Guarda i suoi occhi, Nicolò! È più spaventato di tutti noi messi insieme-
Il mio amico non degnò di uno sguardo Daniele, che tremava al mio fianco –Le sue mani si sono strette intorno al collo della mia ragazza. Ha quasi ucciso la tua migliore amica, e ora tu lo difendi?- ripetè.
La risata di James squarciò l’aria, raggelandomi dentro.
-Così, litigate tra di voi! Mi rendete tutto più facile- disse, la voce carica di sarcasmo.
Inorridendo, mi accorsi di Jasper chino di fronte a lui, le mani sulla gola, il corpo scosso da sussulti. Davanti a me Nicolò cadde in ginocchio con un urlo, prendendosi la testa tra le mani, mentre lacrime di dolore gli rigavano il viso.
-Basta!- urlai –cosa gli stai facendo?!-
-Sta frugando nelle loro menti- disse Edward, glaciale al fianco del mio ragazzo –è questo il suo potere: piegare le volontà-
Tesi una mano verso Nicolò ma le mie dita incontrarono ancora la barriera invisibile. Incrociai lo sguardo rosso e assassino del vampiro, e una certezza mi colpì: se non avessi fatto qualcosa, Nicolò e Jasper sarebbero morti. Pensai alla mia amica esanime, al ragazzo terrorizzato al mio fianco, e una grande rabbia mi esplose nel petto.
Allargai le braccia, fissando quelle iridi scarlatte –D’ora in avanti, tu non farai più male a nessuno- dissi, la voce potente e amplificata da non so quale potere. Me ne sentivo pervasa, rinvigorita. Con quell’energia, potevo fare tutto. Potevo liberarci da quel male.
Mentre gli occhi di James si allargavano e il terrore prendeva forma sul suo volto, sentii al mio fianco la presenza di Bella.
Grazie per essere qui, le dissi mentalmente.
Riuscivo quasi a vederla sorridere. Non ringraziarmi, è un dovere, rispose. Non feci in tempo a chiederle il perché di quel tono così triste, che il mondo esplose davanti ai miei occhi.
Di nuovo schegge di vetro brillarono del cielo, catturando mille riflessi. La rottura della barriera fu accompagnata dall’urlo di James, un suono soffocato e pregno di dolore. Incrociai un’ultima volta quegli occhi così inquietanti. L’espressione strafottente aveva finalmente abbandonato il suo viso.
Poi, in un tripudio di luce e brillii, James esplose in mille pezzi.
Caddi per terra. Dentro di me, qualcosa si ruppe. Fu come se mi venisse strappato un pezzo di cuore.
Poi, tutto si fece buio e svenni.




Ero stata in ospedale tre giorni. Ventiquattro ore le avevo passate a dormire. Poi mi avevano tenuta in osservazione. Volevo tornare a casa, ma i medici avevano insistito. Erano preoccupati per il mio colorito pallido e i miei occhi rossi, sempre gonfi di pianto. Ma quello che si era rotto dentro di me non poteva essere aggiustato da nessun dottore.
Lo scatto della porta mi fece girare. Mi voltai, pronta a sorridere al mio ragazzo. Fui sorpresa di incontrare due occhi castani che mi guardavano colpevoli.
-Ciao- dissi di getto, trattenendo il respiro.
-Ciao- Luca mi guardò in faccia, circospetto. Improvvisamente, mi ricordai perché mi era piaciuto tanto. Sembrava avere la capacità di leggermi dentro con i suoi occhi così caldi ed espressivi.
-Non ti sei fatto più vivo- la mia non era una domanda. Semplicemente, era vero. Dopo quel giorno al campo di grano non l’avevo più visto, né a scuola né fuori. Non era mai venuto in ospedale, e non mi aspettavo che l’avrebbe mai fatto.
-Mi dispiace-
Scossi la testa, sorridendo debolmente –Non devi dispiacerti. Hai fatto anche troppo per noi- strinsi la mano che cingeva le dita di Alessia.
-Come sta?- chiese Luca, guardando la mia amica.
-Sta- risposi –i medici dicono che l’unica cosa da fare è aspettare-
Mi voltai verso di lui, gli occhi gonfi di lacrime –Ho aspettato. Sto aspettando da una settimana. Non un segno di vita, nulla- un singhiozzo sfuggì alle mie labbra –io odio aspettare. Mi fa sentire così…impotente-
Improvvisamente fui tra le sue braccia. Luca mi strinse a sé e bastò quel gesto a trasmettermi tutto il suo amore e la sua solidarietà. Poggiai la testa sulla sua spalla, piangendo silenziosamente.
Quando ci staccammo, gli sorrisi –Ti ho bagnato tutta la maglietta-
Lui guardò la macchia umida, facendo spallucce –Tanto poi la lava mia madre-
Un suono cristallino riempì l’aria. Impiegai qualche secondo a rendermi conto che si trattava della mia risata.
-Non ridevo da un sacco di tempo- dissi, sorpresa.
Luca sorrise –Allora una cosa buona l’ho fatta-
Lo guardai, tornando seria –Io ti volevo ringraziare. È merito tuo se Alessia è ancora qui. In coma, incosciente, ma viva-
Vidi le sue guance tingersi di rosso –Non ho fatto nulla. È merito tuo-
-Mio?-
-Sei stata tu a guidarmi. Io…a volte penso di riuscire a sentire i tuoi pensieri. Anzi, no. È qualcosa di più…le tue sensazioni, sì, ecco-
Aveva parlato tutto d’un fiato, impappinandosi, ma mi aveva lasciata lo stesso senza parole.
-Tu…senti quello che provo?-
Luca annuì, lentamente.
Lo guardai, scavando in quegli occhi castani –Dimmi cosa sento adesso-
-Non è una cosa che posso comandare-
-Tu provaci-
Lui mi guardò ancora un attimo, poi chiuse gli occhi e si concentrò. Cercai con tutte le mie forze di trasmettergli tutta la mia riconoscenza e la mia amicizia. Perché da tempo avevo capito che il sentimento che provavo per lui era cambiato. Sì, un tempo l’avevo amato, e probabilmente un po’ l’avrei amato per sempre. Un grande amore lascia sempre qualche traccia dentro di noi. Ma ora lui aveva preso il giusto posto nel mio cuore. Il posto di un fratello, mentre Umberto aveva occupato quello del mio amore. Lui sarebbe sempre stato il mio amore, l’unico e insostituibile.
Luca aprì gli occhi e mi guardò.
-Non funziona- disse, ma in quelle iridi così espressive lessi ciò che volevo: aveva capito, e aveva accettato la cosa. Sapevo che lui mi avrebbe amata per sempre, ma che avrebbe imparato a convivere con quel sentimento.
Sorrisi –Peccato-
Poi bussarono alla porta.
-Avanti!- gridai, sorridendo di gioia quando il profilo familiare del mio ragazzo comparve sulla soglia.
Umberto si fermò, lanciandomi una breve occhiata e fissando il suo sguardo su Luca. Alzai gli occhi al cielo, ignorando l’aria satura di testosterone. Mentre i due si squadravano decisi di intervenire in tempo prima che tirassero fuori le clave e cominciassero a darsele vicendevolmente in testa.
-Luca è venuto a trovare Alessia- esordii.
-Un pensiero gentile, da parte tua- commentò Umberto, educato.
Luca grugnì un assenso, poi si rivolse a me -È meglio che vada ora-
-Va bene. Ci vediamo a scuola- gli dissi.
-Anche prima- rispose, facendomi l’occhiolino. Poi, si chinò a baciarmi su una guancia.
Prima di uscire lanciò un’occhiata a Umberto che era ancora fermo sulla soglia. Si spostò per farlo passare e rimanemmo da soli.
-Stronzo bastardo- lo sentii mormorare, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Lo guardai male e lui venne a sedersi al mio fianco.
-Non dovete fare così. Le cose tra me e lui si sono sistemate. Adesso tocca a voi-
-Magari quando la smetterà di guardarti in quel modo io smetterò di volerlo pestare-
Sbuffai, ma ricambiai il tenero bacio che Umberto mi diede.
-Mi sei mancata- disse, le labbra contro le mie.
-Anche tu- sussurrai, il cuore che mi batteva forte.
Inizialmente, non pensai niente mentre approfondiva il contatto. Le nostre lingue si scontrarono, cominciando a danzare impazzite nelle nostre bocche. Quando le sue mani furono sul mio corpo, un leggero tepore nacque nella mia pancia.
-O vi prego, trovatevi una stanza!-
Mi separai da Umberto, guardando la mia amica senza poter credere ai miei occhi. Alessia era sveglia, e mi guardava con sguardo di rimprovero –Guarda che non sto scherzando, non bisognerebbe fare certe cose, specialmente davanti a…-
Non la lasciai finire, gettandomi su di lei piangendo e ridendo allo stesso tempo.
-Ehi- protestò la mia amica, ma vidi che anche le sue guancie erano bagnate.
-Sei viva!- riuscii a dire tra un singhiozzo e l’altro.
-Ma certo, ci vuole ben altro per farmi fuori- commentò Alessia.
Mi staccai da lei, guardandola tra le lacrime –Questo è un miracolo-
Il rumore della porta che si apriva attirò la mia attenzione.
Mi voltai e vidi Nicolò sull’uscio, che guardava sconvolto Alessia.









Okkei, questo doveva essere il penultimo capitolo. Quindi, ovviamente, me mancheranno ancora tre o quattro. Lo so, lo so, sono prolissa, ma mi lascio prendere dalla storia, dalle parole! Non abbiatevene!
Come tutte le mie storie, anche questa è piuttosto contorta. Ma io sono brava e buona, quindi vi fornirò le dovute spiegazioni prima della fine ;)
Vi chiedo un favore: lasciate una recensioncina, anche piccolina piccolina? Questa storia si sente abbandonata, e a dirla tutta anche io :( fatevi sentire mie lettrici!
Un bacione,
Ele

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Capitolo 30
*** 30. Occhi ***






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-Nicolò-
Alessia pronunciò il suo nome con circospezione. Fu solo una parola, eppure con quel nome a lei così caro fece trasparire tutto ciò che provava. Il rimorso per le sue azioni, il rimpianto per non essersi saputa controllare, il dispiacere per averlo fatto soffrire, l’amore, infine, che aveva sempre provato per lui.
Nicolò si voltò e uscì dalla stanza. Prima di poter pensare, schizzai in piedi e gli corsi dietro. Riuscii ad afferrarlo per un braccio e lo sbattei contro il muro. Eh no, quando è troppo è troppo!
-Non sono una persona violenta, ma mi hai davvero fatto incazzare- sbottai, guardando negli occhi il ragazzo.
-Non posso- disse lui, la voce rotta e roca dall’emozione –non sono degno di stare con lei-
Più delle sue parole, furono i suoi occhi a colpirmi. Occhi feriti, occhi che nascondevano un dolore troppo grande, troppo forte da sopportare. Occhi di chi ha smesso di lottare, di chi ama ma non vuole ammetterlo.
-Cosa dici?-
Nicolò mi guardò ancora, con quegli occhi disperati –Non ti sei chiesta perché non sono mai venuto a trovarla? Non ti sei domandata perché proprio io, il suo ragazzo, non mi sono preoccupato di stare al suo fianco?-
Mi allontanai da lui, ferita dalla rabbia contenuta nelle sue parole. Poi, lui si prese il viso tra le mani e cominciò a piangere. Un pianto muto, il corpo scosso dai sussulti. Un pianto di chi ha perso tutto, un pianto senza consolazione. E capii che la sua ira non era rivolta verso di me, ma verso se stesso.
Poggiai una mano sulla sua spalla, tirandolo a me e abbracciandolo. In certi momenti non servono le parole. Restammo così parecchi minuti, e poco a poco i sussulti di Nicolò diminuirono fino ad arrestarsi. Anche allora continuai a stringerlo a me, donandogli conforto con quell’abbraccio.
Quando ci staccammo, mi accorsi della presenza di Umberto. Mi sorrise, prima di rivolgersi al mio amico.
-So che ti senti in colpa, so che ti senti un vigliacco. Ma non è mai tardi per rimediare ai propri errori, o meglio, alle proprie mancanze. Puoi riempire il vuoto della tua assenza essendo presente ora, facendo sentire ad Alessia che adesso e in avanti per lei ci sarai sempre e comunque. L’hai salvata e lei ti ama. Cosa chiedi più di questo?-
Guardai il mio ragazzo, stupendomi ancora una volta della saggezza delle sue parole. Al mio fianco, sentii Nicolò irrigidirsi.
-E se non fossi alla sua altezza?-
Umberto sorrise, puntando gli occhi verdi sul mio viso –Non saremo mai all’altezza della persona che amiamo-
Presi la mano del mio amore e del mio amico e insieme tornammo dalla nostra Alessia. La mia amica ci aspettava seduta sul letto. Guardai il suo viso scarno, le occhiaie e i capelli arruffati, e mi si strinse il cuore. Poi però incrociai i suoi occhi e vidi quella fiamma che aveva arso per tutta la vita in quelle iridi turchesi. La mia amica era tornata e non se ne sarebbe più andata. Qualcosa me lo stava dicendo dal più profondo del mio cuore.
-Dove eravate andati tutti? Uno si sveglia dal coma e non può nemmeno stare con i suoi amici?- sbottò Alessia, fingendosi offesa.
Assunsi un’aria contrita, ridendo di gusto quando lei mi fece l’occhiolino. “Mi sei mancata”, mimai con le labbra. Lei sorrise, annuendo. Poi si rivolse a Nicolò.
-Io ti amo- disse semplicemente –ti ho sempre amato e ti amerò per sempre. Ho fatto una cazzata, l’ennesima, e non ho scuse per giustificarmi. Spero solo che il tuo amore sarà abbastanza forte da perdonarmi. Se non ci riuscirai, lo capirò.
In una sola falcata, Nicolò fu al suo fianco. Le prese la mano e la portò sul suo petto.
-Questo è tuo. Il mio cuore, il mio corpo, il mio amore. Io sono tuo. Noi ci apparteniamo, ne ho avuto la conferma qualche giorno fa, quando ti ho strappato dalle grinfie di quel manipolatore. Non è mai stata colpa tua, sei stata usata e Dio solo sa cosa sarebbe potuto succedere se non fossimo arrivati noi. Eri debole per colpa mia, perché ti ho lasciata sola troppo tempo. Eri insicura, e non ti biasimo. Sono io a chiederti scusa, per non essere stato forte abbastanza, non essere stato in grado di proteggerti-
Alessia pose un dito sulle sue labbra, arrestando quel fiume in piena di parole –Tu mi hai salvata, il resto non conta. Il passato è passato, il futuro verrà. Adesso noi dobbiamo pensare solo al presente, e il mio presente sei tu-
Nicolò la baciò e la mia amica si sciolse tra le sue braccia. Sorrisi, mentre lacrime di gioia rigavano il mio viso.
Tutto sarebbe andato bene. La mia amica si era svegliata, James era morto e Daniele era libero.
Stavo persino facendo amicizia con quell’acida di Rosaspina!
Un paio di forti ma delicate mani si posarono sui miei fianchi. Alzai lo sguardo fino a incontrare quello di Umberto al mio fianco, che mi sorrise. Il mio stesso sorriso felice e sicuro.
Sarebbe andato tutto bene, finalmente.









Eccomi qua!
Lo so sono una cacca, non mi faccio sentire per settimane intere e quando aggiorno lo faccio con un capitolo che a stento si può definire tale. Questo è il chiarimento finale (per davvero, questa volta) della coppia più travagliata di questa storia. Tutto è bene quel che finisce bene.
Ma sarà vero? Sarà davvero tutto finito? Tutte le incertezze chiarite, tutti i rapporti saldati? A me sembra che manchi qualcosa. E a voi?
Il prossimo capitolo sarà l’Epilogo, ma sarà senza dubbio un capitolone!
Intanto vi lascio con ogni intrigo quasi sbrogliato. E con questo bel bacio rappacificatore dei due innamorati :P
Ringrazio le quattro stelle che hanno recensito, e prego anche i lettori invisibili di farsi sentire. Siete forse i fantasmi dei Cullen, voi altri?!
A preso, e se non scriverò prima della fine dell’anno, vi faccio tanti auguri per questo 2012!
Baci,
Elena

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Capitolo 31
*** 31. Una fine...o un inizio? ***






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-Siamo proprio sicuri che reggerà?-
Guardai il cielo sopra di noi, plumbeo e poco promettente.
Umberto, al mio fianco, rise –Reggerà, reggerà-
Sbuffai, tornando a guardare la strada davanti a noi. Eravamo in viaggio già da parecchie ore e sentivo i piedi formicolare. Mi sistemai meglio sul sedile, le membra intirizzite.
-Quanto manca?- chiesi, la voce lamentosa. Non ne potevo davvero più.
-Pazienza- ripeté il mio ragazzo, per la millesima volta quel giorno.
Sbuffai –Non sono paziente, e tu lo sai-
La sua risata risuonò ancora nell’abitacolo –Lo so, ma io ti amo lo stesso-
Lo guardai con aria di rimprovero ma il suo sorriso contagiò anche me. Si sporse verso di me per baciarmi teneramente, e io assaporai le sue labbra sulle mie. Non mi sarei mai stancata di quel contatto.
-Guarda la strada- sussurrai sulla sua bocca.
Umberto aprì gli splendidi occhi verdi e li puntò sul mio viso –Ma tu sei molto più bella-
Sorrisi, arrossendo –Sono più bella da viva. Guarda la strada!-
Mentre lui obbediva, allungai una mano per accendere la radio.


I was a quick wet boy
Diving too deep for coins
All of your straight blind eyes
Wide on my plastic toys

And when the cops closed the fair
I cut my long baby hair
Stole me a dog-eared map
And called for you everywhere



-Oh!-
-Cosa succede?- il mio ragazzo si voltò a guardarmi, preoccupato per la mia esclamazione.
-Questa canzone- lo guardai –è la colonna sonora del ballo di Edward e Bella, nel film di
Twilight-
Lui sorrise, misterioso. Avevo cercato in tutti i modi di estorcergli il nome della meta del nostro viaggio, inutilmente. “Ti piacerà, vedrai” aveva detto. Sospirai, ma quando avrebbe imparato che io non ero effettivamente una persona paziente?!
Umberto allungò una mano e la posò sulla mia coscia. Presi le sue dita tra le mie, appoggiai la testa al finestrino e, sulle note di Flightless Bird, American Mouth, mi addormentai in breve tempo.


Un tocco leggero sulla mia spalla mi ridestò dal mio sonno.
-Siamo arrivati- sentii dire. Mi voltai e incrociai lo sguardo del mio ragazzo, le gambe già fuori dalla macchina.
-Ti aspetto fuori- disse –prenditi tutto il tempo che vuoi per svegliarti. Voglio che tu ti goda la sorpresa-
Annuii, e mi stirai mentre lui chiudeva la portiera. Mi stropicciai gli occhi, ringraziando per non essermi truccata quella mattina. Per ultimo, presi un bel respiro e uscii all’aria aperta. Sbattei gli occhi velocemente, aprendo la bocca sorpresa, del tutto impreparata alla vista che mi si stendeva davanti.
Una cittadina, graziosamente arroccata su un monte, circondata da colline verdi e rigogliose, come quella su cui mi trovavo. Osservai le mura antiche, i palazzi alti, il colore terreo dei tetti, riconoscendo immediatamente il posto.
Cercai con lo sguardo il mio ragazzo e lo trovai intento ad aprire il portabagagli della macchina, da cui tirò fuori un sacchetto giallo e un delizioso cestino di vimini. Mi raggiunse sorridendomi e tendendomelo –Sorpresa!- esclamò.
Mi gettai tra le sue braccia, schioccandogli un bacio sulla guancia –Mi hai portata a Montepulciano, mi hai portata dai Volturi!-
Lui rise, stringendomi più forte –Allora ti è piaciuto il regalo di Alessia?-
Gli sorrisi –Ho quasi finito New Moon e ho intenzione di divorare anche i due libri che restano!-
Presi il cestino dalle sue mani, seguendolo verso un grande spiazzo erboso. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei appassionata così tanto a quella saga?!
Umberto si fermò sotto un grande albero frondoso e dal sacchetto tirò fuori una tovaglia a quadri bianchi e rossa. La stese sulla morbida erba e vi ci si sedette sopra, battendo con la mano sullo spazio vuoto al suo fianco, invitandomi a imitarlo. Appoggiai il cestino, aprendolo e rivelando il suo contenuto: tramezzini di tutti i tipi, frutta, insalata di riso e le specialissime crocchette di mia madre. Tirai fuori tutto quel ben di Dio e lo deposi sulla tovaglia. Poi andai ad accoccolarmi di fianco al mio ragazzo, che mi accolse tra le braccia e mi strinse a sé.
Rimanemmo in quella posizione per non so quanto tempo, tanto che cominciai a perdere la sensibilità alle gambe. Ma non mi importava, non mi sarei mossa per nulla al mondo. La vista di Montepulciano, i prati verdi, le colline silenziose e Umberto tra le mie braccia.
Se questo è un sogno, vi prego, non svegliatemi mai più.
-Sei felice?- mi chiese il mio ragazzo, rompendo il silenzio che regnava da un po’ di tempo. Nessuno dei due aveva sentito la necessità di parlare.
Lo guardai, specchiandomi nei suoi occhi di smeraldo –La persona più felice della terra non potrebbe mai capire come mi sento- risposi.
Umberto aggrottò la fronte –Non bastava un semplice ‘sì’?-
Risi, baciandolo sulle labbra –Sì, sono felice da far schifo!- urlai, gli occhi rivolti al cielo e il cuore gonfio di amore. Anche il mio stomaco partecipò alla festa, scegliendo proprio quel momento per mettersi a brontolare sonoramente.
-Saresti più felice, dopo una delle crocchette di tua madre?- propose Umberto, offrendomene una. Arrossii, prendendola e mordendola con avidità.
Mangiammo tutto e una volta sazi ci stendemmo fianco a fianco, satolli di cibo e di amore.
-È tutto perfetto- disse Umberto.
Annuii, ma qualcosa dentro di me si mosse. Senza poterlo evitare, sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Chiusi le palpebre e due perle d’acqua lasciarono la loro scia luminosa sulle mie guance. Prima che potessero toccare terra, furono raccolte dalle dita del mio ragazzo.
Aprii gli occhi e incrociai il suo sguardo. Un velo di tristezza copriva le iridi verdi.
-Ti manca?-
Annuii, nascondendo il volto nel petto di Umberto. Ricordai la prima volta che quell’orrendo vuoto aveva riempito il mio corpo. Era stata durante un memorabile pomeriggio in un campo di grano, quando una bellissima barriera era stata spezzata. Alcuni pezzi allora si erano conficcati del mio cuore, strappando una parte di me.
Da quel giorno non avevo più sentito Bella. Nessuna voce che rispondeva ai miei pensieri, nessuna spalla su cui appoggiarmi. Quel giorno non avevo solo perso una parte di me, avevo perso un’amica, una confidente, un pezzo della mia vita. Un tassello fondamentale, come un elemento di un sistema più grande di me, come la Luna per la Terra, come un fratello o una sorella.
-Ogni giorno- mormorai –ogni giorno di più-
Umberto mi abbracciò –Ti capisco-
Anche Edward era sparito. E così Jasper, Rosalie, Alice ed Emmet. Andati, scomparsi, per sempre. Ma nessuno, nemmeno Umberto, poteva capire come mi sentivo. Loro non erano mai stati legati ai Cullen come lo ero stata io a Bella.
Il mio ragazzo mi prese le spalle e mi distanziò quanto bastava a guardarmi negli occhi.
-Lei non se ne andrà mai. Continuerà a vivere per sempre qui- disse, poggiando una mano sul mio cuore. La coprii con le mie, annuendo e sorridendo debolmente.
Poi Umberto si girò e tirò fuori qualcosa dalla busta gialla –Ho portato questo. L’ho tenuto per momenti come questo-
Guardai l’oggetto nelle sue mani, mentre nuove lacrime mi offuscavano la vista.
-Pensavo ti avrebbe fatto piacere averlo vicino- aggiunse lui, allarmato dalla mia reazione.
Gli sorrisi, prendendo il libro in mano –Grazie-
In quel momento un lampo squarciò il cielo, facendoci sobbalzare entrambi. Mi strinsi a Umberto sotto i folti rami dell’albero, mentre grosse gocce di pioggia cominciavano a cadere sull’erba.
-Dicevi?- dissi, ridacchiando tra le sue braccia.
Il mio ragazzo guardò con aria critica il cielo nero di nuvoloni –E io che ti volevo portare a fare un giro in paese…-
Lo guardai sogghignando –E che problema c’è? Siamo vampiri, mica streghe che si sciolgono per un po’ d’acqua!-
Umberto rise e mi baciò. Strinsi Twilight al petto, sentendo il suo rassicurante peso vicino al cuore.
Sempre insieme.






FINE




Okkei, prima di tutto precisiamo che la frase di Elisabetta è scherzosa e assolutamente non vera. Qui di vampiri ci sono solo i Cullen, o Callen, per dirlo come la nostra protagonista!
Bè, che dire, siamo giunti alla fine. Tutte le matasse sono stata sbrogliate, tutti sono felici e contenti. Ma i Cullen? Vi chiederete voi. I Cullen, i Callen…non lo so. Cioè, lo so, ma non voglio dirvelo. Questo è, come si dice, un finale aperto. Ognuno di voi è libero di pensare ciò che vuole dei nostri amati vampirozzi e di quello che hanno fatto in (e per) questa storia. Anzi, vi dirò di più! Chi volesse espormi le sue idee a proposito è pregato di farlo con un’ultima, graditissima recensione, a cui sarò felice di rispondere con la mia versione del finale. Insomma, date libero sfogo alla fantasia, o miei lettori!
Un ultimo, grande GRAZIE a chi mi ha sempre sostenuta in questa avventura, a chi ha letto Twilight insieme a Elisabetta, a chi si è emozionato per le storie d’amore, a chi si è preoccupato per Alessia, a chi, come me, sta piangendo per questa fine. È un “happy ending”, ma sempre di ending si tratta!
Spero di essere riuscita a regalarvi le emozioni che ho provato io scrivendo questa storia, e che magari ne porterete un pezzo nel cuore, insieme a voi. Sempre insieme :)

Elena

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