Nova Lux - Giochi di Potere di Calamity_Shadow (/viewuser.php?uid=149697)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bimba Dai Capelli di Fuoco ***
Capitolo 2: *** Vedremo ***
Capitolo 3: *** Un pollo francese ***
Capitolo 4: *** Giocare Sporco ***
Capitolo 5: *** Cinque Minuti di Tranquillità? Utopia! ***
Capitolo 6: *** Decisioni... Complicate! ***
Capitolo 7: *** La Domenica Non Si Dorme! ***
Capitolo 8: *** Testarda e Infantile... Ma pur sempre Mars! ***
Capitolo 9: *** Prudenza e Panico: Che Brutta Accoppiata! ***
Capitolo 10: *** Rosso Scarlatto e Profumo di Casa ***
Capitolo 11: *** Quaranta Giorni Di Buio ***
Capitolo 12: *** Letture Proibite e Discorsi Imbarazzanti ***
Capitolo 13: *** Cani Da Guardia & Giuramenti ***
Capitolo 14: *** Passato e Presente ***
Capitolo 15: *** Realtà Simulata ***
Capitolo 16: *** Dubbi & Questioni Irrisolte ***
Capitolo 17: *** Succo di Ribes ***
Capitolo 18: *** Se Una Cosa Funziona, Non Si Cambia ***
Capitolo 19: *** Questione di Priorità ***
Capitolo 20: *** Alla Luce Del Tramonto ***
Capitolo 21: *** Un Morto Che Cammina ***
Capitolo 22: *** Un Soffio Di Gelida Realtà ***
Capitolo 1 *** Bimba Dai Capelli di Fuoco ***
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NOVA LUX >>
Tre uomini vagavano nella
notte a cavallo di tre magnifici stalloni neri, le loro tuniche da Assassini
scintillavano al chiarore della luna e i mantelli si agitavano alle loro spalle
mentre percorrevano il sentiero che li avrebbe condotti a
Roma.
Quelle campagne erano
molto note per i briganti dunque i loro sensi rimasero allerta per tutto il
tragitto.
- Vedete anche voi
qualcosa che brucia? – disse Claudio, arrestando di poco la sua cavalcatura,
indicando un bagliore a qualche chilometro di distanza.
- Soltanto un cieco non
noterebbe un simile bagliore. – borbottò il più anziano dei tre – Siamo cauti
fratelli. Potrebbe attenderci un’imboscata. –
- Il solito timoroso. –
ridacchiò il più giovane, accarezzando la sua cavalcatura sul collo, prima di
rivolgere un’occhiata divertita al suo maestro - Dovresti preoccuparti di meno
Carlo, ti verranno i capelli bianchi anzitempo se continui di questo passo.
–
- Sei tu che ti preoccupi
troppo poco Luca. – Carlo gli rivolse uno sguardo carico di rimprovero ma decise
di concedere al suo allievo più promettente una piccola conquista - Mettiamola
così: quando imparerai a essere responsabile comincerò a prendere sul serio le
tue parole. –
Dopo di che, i tre
ricominciarono a percorrere il sentiero e una volta giunti in prossimità del
fuoco si accorsero che il carro di qualche mercante era stato saccheggiato e
nessuno sembrava essere sopravvissuto alla furia dei
briganti.
I tre, chiudendo gli occhi
alle povere vittime, pronunciarono un “requiescat in pace” e si riunirono
intorno ai resti bruciati della carrozza.
- Controllate nei dintorni
– sentenziò Carlo, legò la sua cavalcatura all’albero più vicino, estrasse la
spada dal fodero e si addentrò nella boscaglia.
Luca gettò uno sguardo
alle vittime e domandò al suo compagno se credeva ci fosse davvero la
possibilità che qualcuno fosse sopravvissuto, ottenne da Claudio un cenno di
diniego ma seguì ugualmente l’esempio del più anziano e cominciò a frugare tra i
cespugli.
Luca strappò un lembo dal
suo mantello, lo avvolse intorno ad un bastone, gli versò sopra un po’ di vino e
approfittò delle fiamme ancora vive di una parte del carro per accendere la sua
torcia improvvisata: dal momento che i suoi compagni avrebbero controllato gli
immediati dintorni per via della poca luce, lui si sarebbe addentrato
maggiormente nella foresta, giusto per tenere la mente occupata.
Camminò per qualche metro
e notò che intorno a lui c’erano pezzi di stoffe pregiate e ceramiche distrutte:
sicuramente i briganti non erano interessati a ciò che quella povera gente
portava con sé.
Un rumore alla sua destra
lo fece voltare.
Si ritrovò lontano dalla
via principale, a pochi metri da lui giaceva immobile il corpo di una donna che
tendeva la sua mano a una cesta… Scavò una fossa nella quale seppellire la donna
e la ricoprì di terra.
Stava per andarsene quando
udì un rumore provenire dalla cesta, levò il telo che la copriva e il suo
sguardo si scontrò con due oceani blu che lo lasciarono senza fiato: una bambina
di un anno appena lo stava guardando con curiosità, sulla sua testa spuntavano
dei fini capelli del colore del fuoco e i piccoli pugni si dibattevano nella sua
direzione, desiderosi forse di un contatto umano.
Incastrò nel terreno la
sua torcia e tese le mani verso la bambina che si ritrasse, già sull’orlo delle
lacrime, guardandolo quasi con timore.
Abbassò il cappuccio
mostrando alla bambina il suo volto e udì quanto di più simile a una risata
abbandonare quelle piccole labbra, - Era questo il problema… Volevi vedermi in
faccia? – la avvolse nel suo mantello per tenerla al caldo e la strinse a se
mentre la piccola gli toccava il volto, incuriosita dalla strana sensazione che
la sua barba provocava al tatto – Dai, torniamo indietro e dimostriamo a quei
due vecchietti che sono più bravo di loro a cercare sopravvissuti. –
Quando tornò al carro la piccola era già sprofondata
nuovamente nel sonno, stringendo in una presa ferrea la sua morbida tunica, quel
voltospensierato lo fece sorridere ma una volta entrato nel campo
visivo dei due compagni di viaggio tornò serio e gli chiese se avessero avuto
fortuna.
- Solo corpi senza vita…
Che hai lì? – domandò Claudio avvicinandosi a lui - Una bambina. Era sola?
–
- La madre è morta ma lei
è piena di energie… O almeno, lo era fino a un attimo fa. - Luca sorrise appena
guardando il volto della bimba, in quel preciso istante stava arricciando il
naso, come se qualcosa la infastidisse.
In quel momento Carlo
scoppiò a ridere, sotto lo sguardo confuso dei due che non lo persero di vista
per un attimo, in attesa di spiegazioni che non tardarono ad arrivare: - Ricordi
il mio discorso sulle responsabilità vero? Il buon Dio ha deciso di ascoltarmi a
quanto pare. –
- No… Hey, vediamo di non
scherzare! – sbottò lui, abbassando il tono subito dopo per evitare di svegliare
la piccola, ancora tra le sue braccia - Io l’ho soltanto trovata, non intendo
arrestare la mia vita per colpa di una bambina di cui non conosco nemmeno il
nome! –
- Si chiama Marte. -
rispose Claudio fulmineo, ottenendo la completa attenzione dei suoi compagni che
non capivano cosa gli desse tutta quella sicurezza su quell’argomento, dunque
estrasse dalla tasca un piccolo animaletto di stoffa e si spiegò – È il nome
cucito sulla schiena dell’orsetto… Non crederete che appartenga a qualcuno di
loro vero? –
Carlo richiamò
l’attenzione di Luca su di se, gli disse che poteva ugualmente fare un tentativo
cercando di crescere la bambina e restare un membro attivo dell’organizzazione
contemporaneamente.
- Perché dovrei? – sbuffò
il giovane, poco più che ventenne, guardando il più anziano del gruppo con
amarezza – Non potrebbe occuparsene qualcun altro? -
Carlo gli legò la bimba al
petto, in modo che non potesse scivolare fuori durante la cavalcata e con
sguardo severo, gli disse: - Lo farai tu e sappi che questo è un ordine.
– poi si allontanò e andò a liberare i cavalli, pronto a riprendere il viaggio
verso Roma.
- Ci siamo appena fregati da soli
lo sai? – borbottò Luca, sfiorando la morbida testolina della bimba che senza
svegliarsi gli afferrò un dito portandoselo alle labbra – Hem… E se le venisse
fame cosa dovrei fare? –
- Prima arriviamo in città
e prima potrai farla vedere da qualcuno che saprà dirti di cosa ha bisogno. –
gli rispose Carlo, guidando il suo cavallo al passo, precedendo i più giovani
lungo lo sterrato.
Claudio aiutò il più
giovane a montare sul cavallo e non riuscì a trattenersi dal prendere in giro il
compagno: - Il buon Dio ti ha accontentato stavolta… Prova a chiedere una
moglie, magari ti ascolterà ancora. -
Luca rispose con un paio
d’imprecazioni, rivolse all’amico un occhiata infastidita e partì al galoppo
prima che l’altro potesse aggiungere qualcos’altro.
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Capitolo 2 *** Vedremo ***
AC
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Marte trascorreva le sue
giornate girovagando per i mercati, si divertiva a saltare da un tetto all’altro
e, quando suo padre non era nei dintorni, si allenava con i più forti membri
della confraternita per testare le proprie capacità; era agile e delicata,
nessuno poteva resistere al suo sorriso ed era incredibilmente semplice cadere
in una delle sue trappole.
L’astuzia era una delle
sue doti più apprezzate e in molti, prima di mettersi in viaggio, le chiedevano
consigli sulle strategie da adottare.
Era conosciuta
con il nome di “Luce”: la sua fama era nota sia dentro sia fuori le mura della
città e persino i nobili si fermavano ad ascoltare i cantastorie per scoprire in
quale nuova impresa si fosse cimentata la giovane dall’animo ribelle; le ultime
nuove sul suo conto parlavano di una donazione all’orfanotrofio della Maddalena,
una struttura ormai in decadenza appena fuori le mura più antiche della città,
senza la quale la struttura sarebbe stata chiusa per mancanza di fondi… Era una
benefattrice dal volto celato ma a nessuno importava la sua reale identità.
Marte stava passeggiando
per le vie del centro. Quel giorno il mercato era gremito di gente, le nuove
bancarelle offrivano merci di tutte le terre e il suo sguardo si perdeva tra le
sete della Cina e gli eleganti tappeti persiani. I vini delle cantine francesi
erano esposti in bella vista davanti ai ristoranti di lusso. Due dame dell’alta
società si concedevano un the in compagnia mentre il garzone di turno le serviva
e riveriva, minimizzando come meglio poteva gli effetti del sole sulla sua
fronte.
Si avviò verso un banco
della frutta: una mela l’avrebbe sicuramente aiutata a ridurre gli effetti della
calura estiva… Con la destrezza tipica della sua confraternita ne afferrò una e
la nascose nelle tasche dei pantaloni, mescolandosi nella folla, agendo del
tutto indisturbata.
Qualche metro più in là,
ormai al sicuro dallo sguardo indiscreto delle guardie, estrasse il frutto dalla
tasca e lo addentò con gusto: erano secoli che non mangiava una mela di buona
qualità e riconoscere quel sapore sulla lingua fu una vera goduria.
Mancavano poco meno di
trenta minuti all’ora di pranzo.
Sfruttò alcune carrozze di
passaggio per raggiungere la sua meta nel minor tempo possibile e una volta
giunta in prossimità dalle mura romane cominciò a correre per la periferia fin
quando non giunse ai campi di grano. Raggiunse in breve l’allevamento dei
Perrone, dove il suo cavallo riposava indisturbato nelle scuderie, salutò i
figli dei contadini e scattò al galoppo fin quando, in lontananza, non scorse la
figura di suo padre.
- Cavolo. – borbottò lei,
tra se e se, riducendo gradualmente l’andatura del cavallo fino a quando non si
ritrovò faccia a faccia con un Luca De Tommasi particolarmente serio –
Buongiorno padre. Vi state godendo anche vuoi l’aria frizzantina di questa
splendida giornata? –
Lo sguardo dell’uomo
s’indurì all’istante: - Da quando tempo è che, di tua iniziativa, abbandoni la
casa senza avvertire nessuno? –
- Fatemi capire bene
padre. – cominciò lei, con il tipico tono di chi sa di aver ragione e non vede
l’ora di sbatterlo in faccia al proprio interlocutore – Posso assistere all'omicidio di un uomo ma non sono abbastanza matura per decidere quando uscire da
casa? –
Luca sospirò e le impose
di scendere dal cavallo, afferrò le redini della giumenta e s’incamminarono
entrambi verso le stalle: - Come fai a non renderti conto del fatto che tutta la
città ti conosce? -
- Siete ingiusto padre…
Nessuno mi ha mai visto in volto. - Marte gli rivolse uno sguardo infastidito;
ormai conosceva a memoria le argomentazioni del padre e aveva imparato come
rispondere a tono – Volete condannarmi per essere stata altruista con i
bisognosi? Credevo che Nostro Signore premiasse i buoni e i misericordiosi…
-
- Non ricominciare con
questo discorso Marte. – tolse la sella al cavallo, la adagiò lungo lo steccato
e si avvicinò alla figlia, le scompigliò i capelli e le rivolse uno sguardo di
rimprovero – Abbiamo già affrontato questa discussione almeno un centinaio di
volte. –
Marte si allontanò dal
padre, tolse le briglie a Stella, la sua giumenta, alla quale cominciò a
spazzolare il manto: - È evidente che non vi siete ancora stancato delle mie
risposte. –
- Sei proprio una testa
dura. – sbuffò lui, appoggiando le spalle alla staccionata, senza perdere di
vista la figlia – E smettila di darmi del “voi”, mi fai sentire vecchio.
-
- Beatrice dice che è
colpa vostra se sono cresciuta in questo modo. – sul suo volto comparve un
sorriso divertito, non tentò in alcun modo di nasconderlo al padre che attese la
sua prossima mossa in silenzio – Il “voi” te lo meriteresti a vita dal momento
che ti comporti come un vecchio rompiscatole. –
- Sono un padre: essere un
rompiscatole rientra nel contratto… Per non parlare del fatto che, con una
figlia come te, diventa tutto molto più difficile. – Luca ridacchiò apertamente
nel notare l’espressione spazientita comparsa sul volto della figlia – Vedi di
far scomparire immediatamente quel broncio. –
- È un ordine anche
questo? – sbottò lei infastidita, allontanandosi dalla stalla con il padre alle
calcagna che, sentendola parlare in quel modo la afferrò per un polso,
costringendola ad arrestare la sua camminata. Luca l’afferrò per le spalle e,
con sguardo severo, le disse: - Voglio sapere quando esci dalla casa e dove
intendi andare. Sono tuo padre, ho il diritto di sapere queste cose. –
- Così potrai farmi
seguire da qualcuno? Credi veramente che non me ne sia mai accorta? – Marte
rivolse al padre uno sguardo intenso a cui non seguì nessuna reazione, ogni
volta che discutevano i loro volti diventavano maschere di impassibilità, solo
chi si arrendeva era autorizzato a distogliere lo sguardo.
Luca sospirò, quella volta
aveva vinto lei ma non le avrebbe dato la soddisfazione di gongolare a
riguardo, dal momento che erano ancora lì entrambi lì avanzò la sua proposta
alla figlia: - Fai in modo di essere al campo d'addestramento per le tre. –
Il sopracciglio di Marte
si alzò, mostrando al padre quanto quella richiesta l’avesse sorpresa: - Vuoi
allenarmi tu? –
- C’è un fratello, appena
arrivato da Firenze, ha detto di volersi allenare con la persona più abile di
cui disponiamo al momento. – si incamminò verso il portone principale, il suo
stomaco cominciava a brontolare e non gli andava proprio di saltare il pranzo;
si voltò verso la figlia, ancora immobile a qualche passo dietro di lui e disse
- So bene che tu non sei ancora un membro ufficiale della confraternita ma non
credo gli darà fastidio. -
L’attenzione della ragazza
fu totalmente catturata da quelle semplici parole dette dal padre, lo affiancò e
in preda alla curiosità disse: - Quando dici che non sono ancora un membro
“ufficiale” della confraternita… -
- Penso di poter
considerare valida la tua candidatura per la prossima sessione degli
apprendisti. – si appoggiò con le spalle alla staccionata e le rivolse uno
sguardo serio - Niente giochi questa volta: sei diventata abbastanza grande da
poterti assumere le tue responsabilità e sto valutando la tua proposta.
-
Sul volto della ragazza
comparve un sorriso soddisfatto.
Marte ebbe l’impulso di
stritolare il padre in un abbraccio ma riuscì a contenere la sua euforia, lo
ringraziò semplicemente e con un sorriso a trentadue denti si accomodò in mezzo a
Giacomo e Stefano, i suoi migliori amici, in attesa del
pranzo.
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Capitolo 3 *** Un pollo francese ***
AC 2
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Giacomo le riservò
un occhiata divertita, erano settimane che non vedeva quel sorriso sul volto
dell’amica e la domanda gli sorse praticamente spontanea: - Hei splendore! Cos’è
quel sorriso soddisfatto? -
Marte si versò un
abbondante bicchiere di vino, stando attenta a non farsi vedere da suo padre o
da qualcuno dei membri anziani, sorrise agli amici e con una certa soddisfazione
disse: - Se vi dicessi che oggi pomeriggio mio padre mi concederà finalmente la
possibilità di entrare nella confraternita? -
- Complimenti
signorina! – Stefano, sinceramente contento per l’amica, la abbracciò e le
riservò un sorriso entusiasta tanto quanto quello di Marte - C’è anche da dire
che il tuo vecchio non può negare la tua abilità… sei una dei migliori qui
dentro. -
- Se le parli in
questo modo non farai altro che farle montare la testa. – come al solito fu
compito di Giacomo sedare gli animi elettrizzati dei due, gli piaceva restare
con i piedi per terra ma gli piaceva godere delle piccole cose che gli erano
state concesse fino a quel momento - Non dimentichiamoci che la nostra è solo
una delle migliaia di confraternite nel mondo… Sarebbe estremamente sciocco
credere che non ci sia nessuno più abile di noi. –
Marte sbuffò
riservando un occhiata delusa all’amico, l’unico in grado di smontare
completamente il suo entusiasmo era Giacomo e ancora una volta non aveva perso
l’occasione di rimarcare il concetto, bevve un lungo sorso dal suo bicchiere
assaporando con gusto il vino e disse: - Tu si che sai festeggiare come si deve!
–
Il ragazzo riservò
un occhiata dubbiosa alla rossa, riportò il suo sguardo sul suo piatto pieno di
cibo e la rimproverò com’era suo solito fare da anni ormai: - Cerca piuttosto di
non alzare il gomito… Credo diventerebbe complicato anche per te mirare ad un
oggetto da cento piedi se non riesci a reggerti in piedi! –
- Credi non sia in
grado di reggere un bicchiere? – gli domandò Stefano stranito, un’affermazione
del genere pronunciata proprio da Jack era qualcosa di davvero inaspettato visti
i suoi trascorsi notturni.
- Non è quel
bicchiere a preoccuparmi. – sbuffò spazientito il moro, riservando ai due un’
occhiata severa, spiegando “cosa” esattamente lo preoccupasse - Sono gli altri
che le offrirai tu ad impormi una certa cautela… Sarebbe alquanto difficile
colpire un avversario se non riesci a reggerti in
piedi. –
Marte alzò gli
occhi al cielo, per quanto trovasse quel lato di Giacomo particolarmente noioso
ed insopportabile fu costretta ad ammettere che aveva ragione: – Che dite…
Rimandiamo a stasera? –
- Direi! – dissero
in coro i due, prima di avventarsi su di lei per farle il solletico,
ripristinando l’euforia iniziale.
*****************
Trascorsero il
resto della pausa a rilassandosi sotto agli alberi della tenuta, aspettarono la
chiamata di Luca chiacchierarono del più e del meno e cercando di dare una forma
alle nuvole.
-
Dite che sarà forte? L’uomo di cui parla mio padre intendo. – domandò Marte,
improvvisamente incuriosita dalla misteriosa figura che lei e i suoi amici
avevano visto uscire dall’ufficio di Luca qualche ora prima.
- Viene da
Firenze, la patria dei Medici e della congiura dei Pazzi, tanto scemo non deve
essere. – fu la pacata risposta di Stefano, troppo occupato nel suo tentativo di
sonnecchiare per dare una spiegazione migliore all’amica.
- Che c’entra…
Magari lui nemmeno c’era. – disse Giacomo, giocando con i capelli della rossa,
sdraiata parzialmente sulle sue gambe – Quello che ti posso dire avendolo visto
per mezzo secondo è che non dovresti sottovalutarlo. –
- Fossi matta. Hai
visto quanto è sviluppata la sua massa muscolare? – Marte ricordò
istantaneamente la figura dell’uomo incappucciato, non ne conosceva ne il volto
ne l’effettiva forza ma era sicura di una cosa – Spero non mi chiedano un corpo
a corpo… Per quanto io possa essere veloce non potrei fare un gran che contro un
paio di braccia simili. –
Sul volto di
Stefano comparve un sorriso carico di malizia.
Marte era una
persone che tendeva a sminuire chiunque, un affermazione del genere detta da lei
poteva voler dire una cosa sola e lui era intenzionato a sbatterglielo in
faccia: - Te lo sei rimirato per bene… Ammettilo Mars, il nuovo arrivato ti
piace. –
La rossa tirò un
pugno in testa all’amico, lo sentì imprecare un paio di volte tra le risate di
Giacomo e disse: - Certe volte mi chiedo come tu possa essere ritenuto un bravo
stratega dalle alte sfere. –
*****************
Prima che tutto
avesse inizio, decise di recarsi in camera per indossare la divisa dei novizi,
raccolse i capelli in una comoda treccia e si infilò nello stivale destro un
piccolo ma pratico pugnale… “Non si sa mai” borbottò tra se e se prima di
raggiungere gli altri al campo di addestramento.
Non appena suo
padre la vide sbucare tra la folla l’esercitazione cominciò, gli fu spiegato che
l’esercitazione di quel giorno consisteva in un torneo di lotta ravvicinata in
cui potevano utilizzare una sola arma per volta.
Il tabellone degli
iscritti non era molto fornito… Soltanto altri nove, prima di lei, avevano
segnato il proprio nome sulla carta. Alle spalle di Marte c’erano, come sempre,
Stefano e Giacomo che vedendo i nomi dei suoi avversari scoppiarono a
ridere.
- Tu e il
francesino al primo turno… Questa non me la perdo Mars. – fu la divertita
risposta di Giacomo che, prima di raggiungere lo steccato, le augurò buona
fortuna - Mi raccomando ragazza, cerca di non essere troppo impulsiva e ricorda
sempre il nostro credo. Niente è reale… -
- Ricordo bene la
prassi. – sul suo volto comparve un sorriso divertito, si avvicinò al banco
delle armi e giocò abilmente con una spada milanese riservando all’avversario
qualche sguardo di sfida – Adesso andate ai vostri posti… Voglio che siate in
prima fila per vedere come mammina stende l’egocentrico parigino. –
Qualche istante
dopo Marte e Paul furono chiamati al centro dello steccato. Luca fu incaricato
di spiegare ai due concorrenti il regolamento base, composto da due semplici
regole: - Non tentate di uccidervi a vicenda perchè verreste squalificati
all’istante e per l’amor del cielo tenete strette le armi che avete scelto:
saranno le sole che potrete usare in combattimento. Tutto chiaro? – i due
sfidanti risposero con un cenno d’assenso alle sue parole prima di voltarsi le
spalle e allontanarsi di qualche passo l’uno dall’altra – Ti prego… Fai che non
combini qualche guaio oggi. –
Marte appoggiò le
spalle allo steccato, si sgranchì le gambe e sorrise appena nel notare il
nervosismo sul volto di Paul che per l’occasione aveva scelto una spada a due
mani.
La rossa rifletté
a lungo su cosa lo avesse portato a scegliere una simile arma ma non ne comprese
ugualmente la scelta: il francese non era molto prestante a livello fisico e per
quanto quella spada gli fornisse sicuramente un vantaggio, per quanto riguardava
la potenza dell’attacco, non gli permetteva la stessa libertà di un’arma
leggera.
Le bandiere furono
abbassate… Lo scontro aveva ufficialmente inizio.
- La storia si
ripete “pollo”. Riuscirai ad avvicinarti abbastanza da essere in grado di
colpirmi con quella? – le sue erano parole di sfida, conoscendo il carattere
impulsivo del suo avversario le fu facile capire la strategia migliore da
adottare, lo avrebbe provocato ed avrebbe sfruttato al meglio le aperture nella
sua difesa.
- Non questa volta
fiammetta. - Paul caricò il colpo, cominciando una rumorosa quanto folle corsa
verso di lei e quando fu abbastanza vicino, abbassò il colpo puntando alle sue
gambe nel tentativo di farle perdere l’equilibrio… Marte spiccò un salto verso
l’alto, gli rifilò una botta in testa con l’impugnatura della spada e lo vide
barcollare davanti a se.
- E va bene…
Facciamola durare più di trenta secondi. – si allontanò dall’avversario,
lasciandogli l’opportunità di riprendersi dallo stordimento, fece roteare la
spada un paio di volte prima di richiamare l’attenzione del ragazzo su di se –
Ebbene? Devo aspettare ancora molto? –
Dalle labbra del
ragazzo scaturì un basso ringhio che precedette l’ennesima carica… Marte attese
qualche istante, voltò le spalle al ragazzo e corse per il campo raggiungendo la
staccionata, vi si arrampicò rapidamente e con un abile balzo all’indietro evitò
l’attacco del biondo che andò ad infrangersi contro il legno producendo un mare
di schegge.
Gli occhi di Paul
si spalancarono per la sorpresa ma ancora prima che potesse fronteggiare lo
sguardo borioso della ragazza alle sue spalle, percepì il freddo della lama
nemica sfiorargli la gola e un divertito sussurro arrivargli alle orecchie: -
Spiacente amico… Sei morto. –
Marte si allontanò
da lui con l’intento di abbandonare l’arena ma Paul volle concedersi un ultima
mossa prima di dichiararsi sconfitto: abbandonò l’arma e tentò un attacco alle
spalle.
Caricò il pugno,
pronto a colpirla una volta per tutte ma non fece in tempo a raggiungerla che,
improvvisamente, Marte si abbassò facendogli da ostacolo… Crollò nella polvere
sentendo le risate di scherno dei presenti mentre il volto della rossa gli
appariva nebulosamente davanti.
- Questo non si fa
pollo… Attaccare alle spalle è da vigliacchi. – Marte gli rifilò un energico
calcio allo stomaco, gli riservò un ultimo sguardo carico di disprezzo e
abbandonò il recinto – Questi francesi egocentrici non valgono proprio niente.
-
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Capitolo 4 *** Giocare Sporco ***
AC
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Luca guardò la figlia scherzare con alcuni fratelli più
grandi di lei che, approfittando della pausa, si erano avvicinati per farle i
complimenti: la sua performance li aveva sorpresi non poco. Fu costretto ad
ammettere con se stesso di aver ampiamente sottovaluto la figlia.
Una
voce alle sue spalle lo costrinse a distogliere lo sguardo da sua figlia, restò
sorpreso nel ritrovarsi di fronte Ezio Auditore, niente meno che il nuovo
arrivato: - È veloce. Quanti anni ha? –
Luca
si schiarì la voce sentendosi improvvisamente a disagio, nonostante Ezio fosse
più giovane di lui, poteva chiaramente notare sul suo volto i segni di una vita
completamente votata alla confraternita: - Ne ha diciotto.
–
-
E non ha mai tentato prima d’ora le selezioni? – rispose il moro, vagamente
sorpreso dall’affermazione del fratello, riportando il suo sguardo sulla recluta
a qualche metro da loro – Vista la sua abilità mi sembra strano.
–
-
C’è stato qualche problema con… La famiglia ecco. – Luca sapeva bene quanto
fosse stato ingiusto da parte sua far crescere Marte in quell’ambiente pur non
permettendole di accedervi liberamente, l’aveva fatto nella speranza di non
coinvolgerla nel sanguinoso mondo degli assassini ma la conferma del suo errore
era arrivata da più fronti… Tuttavia non volle arrendersi – Posso dirti che, tra
le altre cose, non sa proprio rispettare le regole. -
-
Capisco. – sul volto di Ezio si materializzò un sorriso divertito, ringraziò con
un cenno del capo Lucas e si allontanò borbottando qualche frase tra se e se -
Il ragazzo non è male… Sarà divertente. –
Sul
volto del Gran Maestro comparve un’espressione dubbiosa… Sicuramente aveva
sentito male.
L’Auditore
non poteva aver scambiato sua figlia per un maschio… Giusto?
-
Ho davvero accettato di fare questa cosa? - Marte sbadigliò assonnata prima di
concedersi un lungo stiracchiamento che l’aiutò a rilassare le spalle – È una
cosa così… Noiosa. –
Stefano
e Giacomo si scoccarono uno sguardo d’intesa.
Attesero
l’ennesimo sbadiglio prima di afferrarla: Stefano le bloccò le braccia, Giacomo
si occupò delle gambe.
La
trascinarono fino alle vasche dei cavalli, sotto gli sguardi allucinati dei
presenti e con molte difficoltà visto il continuo scalciare/imprecare
dell’amica, dopo di che la scagliarono in acqua. I
due si scambiarono un cinque soddisfatto e s’inginocchiarono accanto all’amica
che, completamente inzuppata dalla testa ai piedi, si premurò di mandarli
ulteriormente a quel paese: - Vi sembra il caso? Devo combattere tra meno di
cinque minuti! –
-
In questo modo non corri il rischio di addormentarti… Dovresti ringraziarci! –
fu la risposta di Jack che, ancora divertito dall’espressione sul volto di
Marte, perse completamente di vista le azioni di Stefano.
Il
bruno gli arrivò alle spalle e, con molta poca grazia, lo spinse addosso alla
rossa gustandosi le espressioni abbagliate dei due: - Sembrate due falene che
fissano una lampada… Dovreste vedervi! –
In
quel preciso istante, a qualche metro da loro, comparvero Lucas e Marco. Li
videro ancora abbracciati, con i volti arrossati e i vestiti grondanti
d'acqua. Uno dei due in particolare trovò la scena inaccettabile, Luca non
perse tempo in introduzioni varie limitandosi a un semplice rimprovero
indirizzato ai due: - Vi sembra il momento per concedervi simili bambinate?! Hai
un duello da affrontare sciocca, cerca di ricomporti! –
Giacomo,
finalmente tornato alla realtà, si premurò di cogliere al balzo il disagio sul
volto dell’amica, la sbeffeggiò sorridendo: - Ops… Beccati.
–
- Scusa papà! – borbottò la rossa, schiarendosi la voce
mentre raggiungeva il padre, scoccò a entrambi un’occhiata poco amichevole –
Questa ve la faccio pagare... A più tardi mezze calzette! -
*****************
Ezio restò sorpreso nel
notare che il novizio, a pochi metri da lui, aveva optato per una daga… Non
mosse un muscolo ed attese con calma che il suo avversario finisse la propria
preparazione quindi si decise ad allungare la propria spada in sua direzione, in
un chiaro segno di sfida.
Sul volto di Marte apparve
un sorriso soddisfatto e, nonostante le raccomandazioni dei suoi amici, non
riuscì a trattenere un beffardo inchino in direzione del nuovo
arrivato.
La rossa indietreggiò di
un paio di passi, divaricò le gambe e si mise in posizione di
difesa.
Ezio si sporse in avanti e
tentò un affondo, Marte riuscì a pararlo salvo poi ritrovarsi con la lama nemica
puntata alla gola.
L’Auditore restò immobile
in quella posizione, cercò di intravedere il volto del suo avversario sotto il
cappuccio di tela, si ritrasse poco dopo senza un commento o un sorriso
beffardo, risistemandosi rapidamente in posizione di attacco: - Tieni
la guardia più bassa e non lasciare il fianco scoperto… Lo fai sempre. -
l’ammonì lui, tornando all’attacco.
Marte riuscì a stento a
parare quell’affondo.
La spada del suo
avversario scivolò contro la sua, lateralmente, dopo di che scattò
all’indietro.
- Grazie del suggerimento
straniero. – mantenne un tono basso, quasi mascolino e si accorse che, dentro di
lei, era cresciuto un sentimento di rabbia incontrollata che la fece scattare in
un nuovo assalto.
La rossa si accorse
soltanto dopo qualche secondo che la rabbia le stava facendo perdere la
concentrazione... Stava perdendo la coordinazione, i suoi gesti si fecero più
istintivi che calcolati e benché in condizioni normali la cosa non le
avrebbe procurato alcuno svantaggio, stavolta fu costretta ad ammettere il
contrario.
Ezio non fu certamente
gentile con lei, anzi, si accanì maggiormente in rapidi imprevedibili colpi,
fermando ogni volta la lama della sua spada a pochi centimetri dai punti vitali
di lei. Approfittò spudoratamente del sentimento di rabbia che, montando
progressivamente, disarticolava i movimenti del suo avversario.
Proseguirono a lungo con
quel duello in uno sprizzare di scintille e sudore… Ezio la
correggeva, secco, consapevole d’aver aperto l’unico canale di dialogo possibile
con quella furia dinnanzi a lui.
Nonostante durasse da ore,
lo scontro non sembrava ancora sul punto di concludersi e chissà come poi, Marte
si ritrovò in ginocchio con la punta della spada di Ezio freddamente premuta in
un punto imprecisato della sua schiena.
- Cerchi troppa vicinanza
con l’avversario e questo ti tradisce. -commentò lui ritraendo una
volta per tutte la sua spada, consapevole e vagamente speranzoso nel fatto
che il suo avversario dal volto celato gli sarebbe saltato al collo - Inoltre
devi imparare a giocare più sporco novellino. –
- Questa è bella… – fu in
quel momento che Marte comprese di aver sbagliato approccio con il nuovo
arrivato, aveva sopravvalutato le sue capacità e gli aveva permesso di sfruttare le sue debolezze - Davvero credi di aver combattuto con un
maschio per tutto questo tempo? –
Alcune ciocche di capelli
le ricaddero davanti agli occhi, finalmente libera dall’impiccio della parte
superiore della divisa si stiracchiò i muscoli indolenziti delle spalle
prendendo dei grandi respiri.
Ezio restò a bocca aperta
per qualche istante, quella proprio non se l’aspettava, aveva davvero combattuto
con…
- Una ragazza? –
- Complimenti per
l’intuito. – ridacchiò lei, bevve un po’ d’acqua dalla borraccia che le aveva
appena passato Giacomo e se ne versò un po’ sulla testa per rinfrescarsi,
recuperò la sua spada e sfidò Ezio con lo sguardo - Devo aver sopravvalutato le
tue capacità di osservatore… Che dici, ricominciamo? –
Ripresero qualche istante
dopo: il loro era uno strano balletto, in cui nessuno
dei due sembrava giungere ad una soluzione definitiva.
Di una cosa,
però, Ezio non si era accorto: in tutto quel tempo i lacci del corpetto di Marte
si erano lentamente allentati, scivolando negli stretti buchi in cui scorrevano
per tenerlo stretto.
Dopo
l’ennesimo attacco di Ezio e la conseguente parata di Marte, mossa che li portò
ad essere assai vicini, i lacci si sciolsero definitivamente ed il corpetto si
aprì in buona parte sul petto della rossa lasciando scorgere all’Auditore ciò
che aveva coperto fino a poco prima.
Ezio non lo
vide subito, era pronto ad attaccare nuovamente ma si
fermò di colpo, non appena i suoi occhi realizzarono ciò che avevano davanti.
Purtroppo
per lui, Marte aveva previsto tutto quindi si levò dalla traiettoria del suo attacco, approfittò dello squilibrio temporaneo dell'avversario per allungare una gamba a fargli uno sgambetto... Ezio finì
lungo e disteso al suolo.
Con un
sorrisetto divertito, la ragazza si accucciò al suo fianco e gli appoggiò la
punta della lama sulla schiena: - Ho vinto. –
Ezio si
rialzò, sul suo volto era palese un’espressione confusa, aprì la bocca per
parlare ma non riuscì a dire nulla… Infine scoppiò a
ridere.
Marte si
riallacciò il corpetto mantenendo un sorriso divertito mentre osservava le
espressioni sconvolte dei presenti.
- Me l’hai
detto tu che dovevo giocare sporco… - raccattò la sua roba e si allontanò,
dirigendosi all’armeria, salutando con un ultimo cenno
Ezio.
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Capitolo 5 *** Cinque Minuti di Tranquillità? Utopia! ***
AC 2
<< NOVA
LUX >>
La
giornata l’aveva sfinita e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era sentire
qualche commento sarcastico da parte dei suoi amici, o peggio ancora, da suo
padre che sicuramente non aveva apprezzato il suo scherzetto.
Rosa era la proprietaria della “Notte senza Luna”, l’aveva sempre
trattata come una figlia e si era curata di lei durante i lunghi periodi
d’assenza del padre. L’aveva rimproverata quando ancora la sua fase di
ribellione acuta consisteva nel derubare ignari turisti e l’aveva lodata per
l’impegno quando aveva portato “a casa” ottimi voti da
scuola.
Insomma, era la sua mamma numero uno poiché lei non aveva mai
incontrato la sua…
- Che ci fai tu qui? – disse la donna oltre il bancone,
asciugandosi le mani in un vecchio e logoro straccio, riservandole un’occhiata
incuriosita - Non sapevo che tuo padre fosse partito. –
- Niente viaggi per stavolta. - sbuffò la rossa, sedendosi sullo
sgabello più vicino alla donna, recuperò al volo un fiasco di vino e se ne versò
un bicchiere abbondante - Il vecchio avrebbe sicuramente approfittato della
notte per rimproverarmi quindi ho deciso di darmi alla macchia per un po’. Hai
bisogno di aiuto qui? -
- Mi faresti un grande favore sai? – le sorrise l’altra, alzando
gli occhi al cielo al solo pensiero di quanto lavoro ci fosse da fare
ultimamente nella sua taverna - Da quando la Nena è maritata non si può neanche
chiederle di fare la notte… Un marito ha le sue esigenze sai?
–
- Credevo che avessi capito come la penso dopo tutti questi anni.
– la rossa svuotò il bicchiere in una singola sorsata e mentre si preoccupava di
riempirlo nuovamente il suo sguardo vagò per il locale, in cerca di visi noti –
Parliamo di cose intelligenti. Che devo fare? -
- Ok, ok, mollo il colpo ma se non ti dai una mossa, resterai
zitella a vita! Te l’ho detto mille volte che gli uomini belli cercano le donne
giovani… - Rosa capì che anche quella volta la ragazza non avrebbe partecipato
attivamente al discorso, soprattutto grazie allo sguardo inviperito che Marte le
concesse prima di ributtarsi sull’alcol, sospirò affranta e le spiegò cosa
doveva fare - Va beh va… Quelle guardie al sette devono ordinare e tra poco
avrai la consegna del dodici. –
- Vado. – si alzò in piedi, mosse qualche passo verso il retro
dove avrebbe recuperato la sua divisa della "Notte senza Luna", poi cambiò idea
e recuperò la bottiglia sorridendo affabile alla donna – Questa viene con me!
–
*****************
Marte prese un gran respiro, il corpetto dell’uniforme era sempre
così stretto da toglierle il respiro e doveva sempre ricordarsi come dosare il
respiro se non voleva finire asfissiata: - Bene signori, sapete già cosa volete
ordinare? –
Quello più vicino a lei, le riservò un’occhiata abbastanza
eloquente, avvicinò una mano al suo fondoschiena e disse: - Che ne dici di un
pezzo di te per cominciare? –
La rossa fece un passo laterale con cui arrivò alle spalle del
soldato, lo afferrò per le spalle e con tono suadente gli bisbigliò: - Credo sia
in errore… Qui abbiamo solo cibo ber lo stomaco. –
Sul volto della guardia comparve un lieve rossore ma per non
sfigurare di fronte agli amici cercò di darsi un tono: - Mi accontenterò di un
tuo sorriso. Sono indeciso su cosa ordinare… Facciamo così, scegli tu qualcosa
di adatto per un uomo come me. –
Sul volto di Marte si materializzò un sorriso divertito,
sicuramente il ragazzo di fronte a lei non poteva vantare più di due o tre anni
in più rispetto a lei: - In questo caso segno subito il maiale… è molto buono ma
alla lunga può diventare troppo viscido. –
Gli altri due seduti al tavolo, scoppiarono a ridere bellamente
notando il colorito roseo sulle guancie del compagno.
Uno dei due gli riservò una poderosa pacca sulla spalla e, tra una
risata e l’altra, disse: - La ragazza qui sa il fatto suo Sergino e mi sa che
stasera non avrai niente di più di ciò che ti finirà nel piatto! Posso avere un
buon piatto di selvaggina o rischio la forca? –
- Niente forca per voi ma il vostro amico osa un po’ troppo per i
miei gusti. – ridacchiò lei tra se e se, annotando frettolosamente l’ordine sul
suo taccuino prima di rivolgere l’ennesima domanda di routine ai clienti -
Volete delle patate come contorno? –
- Si grazie… Anche se penso che dopo l’attentato alla virilità del
nostro amico potrebbe diventare sconveniente. – le fece un occhiolino e tornò a
beffarsi del compagno al suo fianco, ancora paonazzo e chiuso in uno strano
mutismo dopo le sue affermazioni.
- Per me rigatoni alla carbonara… Se posso fare una richiesta:
guanciale in abbondanza e per cominciare facciamo tre fiaschi di vino. – sorrise
in direzione della ragazza che stava prendendo la sua ordinazione, riservò
un’ultima occhiata al povero collega martoriato e sospirando tentò di
risollevare il morale, seppur indirettamente, all’amico - A Sergino qui, porta
dell’agnello arrosto. Nonostante le apparenze, il maiale non fa proprio per lui.
-
- Arrivo il prima possibile con le vostre portate. – dopo di che
sorrise bonaria al povero Sergio e si voltò verso il suo collega - Dica al suo
amico di non preoccuparsi: ne ho visti di peggiori qui dentro.
-
*****************
Marte attese che gli ordini dei suoi tavoli fossero pronti aiutando
Biagio a pulire il resto dei tavoli... Si trattava di un ragazzetto simpatico, moro e dagli
occhi ammalianti sui tredici anni che, per sopperire alla mancanza del padre morto per l'epidemia di febbre dell'inverno passato, si era cercato un lavoro adatto ai frenetici ritmi
della città eterna.
Chiacchierarono del più e del meno sino a quando Domenico non
l’aveva chiamata, urlando il suo nome e facendole venire un principio d’infarto,
dicendole che “la roba per i suoi allocchi” era
pronta.
Recuperò l’ordine e si allontanò ridacchiando per le parole
dell’altro, consegnò i viveri alle tre guardie e augurò loro un buon appetito ma
mentre stava tornando da Biagio, si accorse di una scena che non le piacque per
nulla: un tizio abbastanza corpulento aveva afferrato il ragazzo per il bavero
della camicia, l’aveva sollevato da terra avvicinandoselo al volto per poi sussurrargli qualcosa che, di punto in bianco, aveva trasformato il volto del giovinetto in una maschera di terrore.
Mollò il vassoio sul tavolo più vicino e si avvicinò ai
due.
- Ci sono problemi? – domandò lei, retorica riservando al gigante
un’occhiata stizzita mentre questo lanciava contro il bancone il ragazzo, ormai
cereo in volto.
Sul volto dell’uomo si materializzò un sorriso di sfida, la
squadrò da capo a piedi e scoppiò a ridere senza mezzi termini, recuperò il suo
bicchiere pieno di sidro e ne bevve un’abbondante sorsata: - E tu chi saresti…
La paladina delle pulci? –
Marte incrociò le braccia al petto, alzò il mento con orgoglio e
gli riservò un’occhiata molto ma molto poco rassicurante: - Mi dispiace deludere
le vostre aspettative ma sono quella che vi staccherà i testicoli dal resto del
corpo se non vi deciderete a saldare il conto prima di andarvene senza fare più
ritorno. –
- Tu? – disse il gigante dubbioso, alzando scettico un
sopracciglio prima di scoppiare nuovamente a ridere, dopo di che tentò di
avvicinare la rossa per soggiogarla - Senti, bambolina, non vorrei che i capelli
ti si... –
La ragazza non attese un istante di più per sferrare il suo
attacco: gli rifilò un pugno sotto il mento che lo fece traballare all’indietro,
uno allo stomaco che lo fece piegare e un calcio al ginocchio, che lo fece
cadere rovinosamente a terra sotto gli sguardi sconvolti del resto dei presenti.
- Chiamaci tua sorella bambolina. – e dopo un ultimo calcio
all’addome rassicurò Biagio con uno sguardo amichevole e lo convinse ad andare
sul retro a riposarsi un po’, dopo di che recuperò la sacca con i risparmi dello
sconosciuto – Questi li tengo io… per il disturbo e l’eccellente servizio di cui
hai goduto per tutta la sera. E ora vattene prima che ti trasformi in un eunuco
sfruttando la mannaia del cuoco. -
Ripresosi dal fulmineo attacco della rossa, l’uomo arrancò fino
alla porta borbottando un paio di maledizioni contro il “demone dai capelli di
fuoco” che lo aveva messo KO in meno di un minuto.
Alle loro spalle le tre guardie non poterono che riservare uno
sguardo sorpreso e ammirato nei confronti della cameriera: - Sarà anche una
ragazza di campagna ma sa il fatto suo! -
|
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Capitolo 6 *** Decisioni... Complicate! ***
AC 2
<< NOVA
LUX >>
- Che fine avevi fatto? – le domandò Giacomo sul piede di
guerra, abbandonando il muretto che lui e Stefano avevano condiviso nell’attesa
del suo ritorno.
Marte
sbuffò, appoggiandosi stancamente allo steccato, strinse meglio il collo della
sua bottiglia di vino e si perse a osservare le stelle: - Non avevo voglia di
affrontare gli stupidi commenti del resto della confraternita… Non voglio
immaginare i loro pensieri su di me dopo oggi. –
- Sei
ubriaca? – Stefano le afferrò il mento e la costrinse a guardarlo, notò che le
sue pupille erano incredibilmente dilatate e gli sembrò anche che la rossa fosse
vagamente accaldata – Si… Sei sicuramente ubriaca. -
Marte
si liberò debolmente dalla stretta dell’amico, si allontanò barcollante di
qualche passo e infastidita rispose: - E anche se fosse? Ho diciotto anni… Non
mi serve la balia. –
- Piano
tigre, ritira gli artigli! – Giacomo alzò le mani in segno di resa e le riservò
un’occhiata strana, tutta quella stravaganza non faceva parte del carattere di
Marte – Si può sapere cosa ti prende? –
Marte
si lasciò scivolare lungo lo steccato, svuotò la sua bottiglia dopo un’ultima
sorsata e la lanciò via. Scoppiò a ridere, vide i suoi amici scambiarsi
un’intensa occhiata perplessa e disse: - Che volete farci… Non si spegne il sole
con un colpo di pistola. –
- Hem…
Sono confuso! – borbottò Stefano, grattandosi una guancia, occupando il posto
accanto alla rossa.
–
Idiota! - Giacomo gli tirò un pugno in testa e sbuffò spazientito, certe volte
le uscite del suo migliore amico lo facevano dubitare della sua effettiva
intelligenza - Significa che il suo problema non può essere risolto con una
chiacchierata. -
- Non
ci credo… - borbottò Stefano, massaggiandosi la testa dolorante prima di
circondare le spalle dell’amica con un braccio - Racconta a tutto mammina e
papino. Possiamo fare un tentativo? –
-
Tu saresti la mia mammina? - borbottò divertita Marte, si appoggiò alla spalla dell’amico e
chiuse gli occhi per qualche secondo.
-
Sei stupenda quando lo chiami così. – ribadì Giacomo, trattenendo a stento le
risate mentre l’amico gli riservava un’occhiataccia, già pronto alla pungente replica.
-
Silenzio paparino! – Stefano si godette a pieno l’espressione allibita
dell’amico, dopo di che tornò a coccolare la rossa, rannicchiata al suo petto
come una bambina - Allora, questo problema? –
Marte
sbuffò nuovamente, riaprì stancamente gli occhi e con tono funebre espresse il
suo problema: - Sono una femmina. –
-
Fin lì potevamo arrivarci da soli… E dopo la tua bravata di oggi può confermarlo
anche il resto della confraternita. – fu l’eloquente commento di Jack che le
scompigliò amorevolmente i capelli, notando quanto il volto di Marte fosse sul
punto di raggiungere una tonalità ormai prossima a quella dei suoi
capelli.
Entrambi
i ragazzi, notando la reazione della ragazza, scoppiarono a
ridere.
-
Grazie dell’appoggio. Davvero, la mia autostima aumenta sempre di più grazie a
voi due. – sbottò lei, liberandosi dalla presa degli amici, si alzò in piedi e
mosse un paio di passi in direzione delle stalle.
-
Ok, la smetto ma ancora non mi è chiaro cosa ti preoccupa. - ripeté Jack
confuso, fu aiutato da Stefano a tornare in piedi poi entrambi la seguirono
dentro le scuderie.
Marte
recuperò un paio di spazzole, si avvicinò al suo cavallo e gli diede un po’ di
biada poi ricominciò a parlare: - Come credete mi tratteranno gli altri d’ora in
poi? –
-
Come hanno sempre fatto. – l’ovvietà con cui rispose Ste non fu evidentemente
condivisa dalla rossa.
Marte
gli riservò un’occhiata scettica.
Jack
era totalmente d’accordo con le parole dell’amico, non riuscivano proprio a
capire cosa preoccupasse realmente la rossa, quindi giunsero alla fatidica
domanda: - Perché mai dovrebbero cambiare atteggiamento nei tuoi confronti? Sei
sempre tu del resto. –
-
Figuriamoci, sarebbe troppo bello se fosse così… – sbottò lei, infastidita dalla
leggerezza con cui i suoi amici stavano prendendo la cosa, sapeva bene che
nessuno di loro avrebbe potuto comprendere i suoi pensieri ma voleva in un certo
senso che smentissero le sue stupide convinzioni – Prima non ero altro che una
consulente ed ero presa in considerazione soltanto perché mio padre è il capo
della gilda. Adesso posso quasi definirmi una recluta e, con un po’ d’impegno,
potrei soffiare le missioni ai veterani nel giro di un paio di anni. –
-
Quindi? Continuo a non capire. – ripeté Stefano incrociando le braccia sul bordo
del recinto in cui, fino a poco tempo prima, riposava indisturbata la giumenta
di Marte.
-
Diranno che sono una raccomandata. – sbuffò la rossa, iniziando a spazzolare il
pelo di Stella, sotto lo sguardo attento dei due - Che otterrò ciò che voglio
solo perché a nessuno piace ascoltare le lamentele di una femmina.
–
-
Non credo basti un bel decolté a ottenere una buona missione… - spiegò con aria
impassibile Jack mentre l’immagine di Stefano con un abito pieno di pizzi e
fronzoli addosso gli invadeva la mente; si costrinse a scrollare violentemente
il capo per scacciare la strana visione dai suoi pensieri e tornò a concentrarsi
sulle parole dell’amica - È inutile fasciarsi la testa prima del tempo: la
decisione spetta soltanto agli anziani. –
Dopo
qualche istante, passato nel silenzio più totale, Marte si alzò in piedi e
s’incamminò verso la reggia della confraternita. Rivolse un ultimo sguardo alla
volta celeste e, sbuffando, richiamò i due compagni: - Andiamo a dormire…
Persino guardare le stelle mi da noia questa sera. -
*****************
-
È una donna! – replicò aspramente uno degli anziani, totalmente contrariato
dalle idee proposte.
-
I tempi cambiano… Devo essere io a ricordarvi ciò che ha fatto ieri? – fu
l’ironica risposta dell’Auditore che, per l’occasione, era stato caldamente
invitato a prendere parte all’assemblea.
-
Ha dimostrato di essere all’altezza della situazione. – fu l’inaspettata replica
di Claudio che, noto per la sua mania per il rispetto delle tradizioni, avrebbe
dovuto spingere il consiglio verso il “no” definitivo anziché incoraggiarlo
positivamente – Questo non potete assolutamente negarlo. -
-
Fortuna! Può essere stato un caso… – rispose nervosamente un altro degli anziani
presenti. Dal suo punto di vista si trattava di affidare missioni di vitale
importanza alle inesperte mani di una donna che, fino a qualche giorno prima,
era ufficialmente adibita alle stalle e alle cucine: - Due giorni fa, voi per
primi, non avreste puntato una moneta sul suo conto! -
-
Su questo non mi trovi d’accordo… Molti dei nostri cadetti richiedono tuttora la
sua consulenza prima di un viaggio. – replicò a sua volta Carlo, l’anziano
maestro di Luca, accorso a Roma per l’occasione di assistere alla nomina della
sua figlioccia, lui per primo sapeva quanto poche fossero le possibilità di
Marte. Era una donna giovane e molti avrebbero usato quella carta per sfavorirla
agli occhi degli altri membri… In ogni caso lui avrebbe fatto il possibile per
convincerli: – Ammettendola non fareste altro che riconoscerle un ruolo che ha
ricoperto in questi anni e in ogni caso l’ultima parola spetta al padre.
-
-
Rischieresti la vita di tua figlia? – domandò l’uomo seduto accanto a Carlo,
guardando con sfida il padre della giovane, in pratica certo della risposta che
avrebbe dato l’austero padre di quell’incredibile scocciatura che si era infine
rivelata Marte.
-
Non crediate che sia semplice per me dare una risposta simile ma ho valutato con
attenzione la faccenda e ho preso la mia decisione… - spiegò Luca con
un’espressione impassibile in volto, guardò i membri del consiglio uno a uno
accertandosi di aver attirato la loro attenzione, quindi annuì semplicemente
spiegando le proprie motivazioni - Ho tentato di trattenerla al mio fianco per
troppo tempo… E cosa ho ottenuto in cambio? Niente di meno di una figlia
amareggiata dal comportamento ingiusto che ho dimostrato nei suoi confronti. Per
come la vedo io, indipendentemente dal fatto che sia un maschio o una femmina,
ha delle potenzialità che potremmo sfruttare in futuro. –
-
E tu Ezio? – domandò improvvisamente Carlo, interrompendo il brusio diffuso
all’interno della stanza, gli anziani smisero di confrontarsi su ciò che
l’intera faccenda avrebbe comportato e puntarono i loro sguardi sul giovane
fiorentino - Cosa ne pensi di tutta questa spinosa faccenda?
–
-
Penso che ne valga la pena… Per essere una ragazza è molto abile. Inoltre va
considerato l’effetto sorpresa. – notando l’espressione sorpresa di alcuni
presenti, si premurò di spiegare le sue parole, il tutto senza cercare
minimamente di trattenere un sorriso - Quale Templare dubiterebbe di una
donna? –
-
Lo dico per voi Auditore… - sul volto di Luca si materializzò istantaneamente un
sorriso divertito, il solo ricordo del cugino Riccardo appeso per le braghe ad
un rondone della villa era valso da monito per molti giovani all’accademia -
Fate in modo che lei non vi senta dire una cosa simile o sarete costretto a
schivare i suoi colpi sotto la cintola. Non si farà problemi a mirare in quei
punti che, per l’infinito orgoglio maschile, sono considerati sleali in
combattimento. -
-
Non stento a crederlo. – fu l’eloquente risposta del moro che, ormai
annoiato dalla discussione, portò il suo sguardo altrove: la rossa in questione
stava sistemando le posizioni di alcune reclute che, approfittando della
disponibilità di Marte, stavano chiedendo qualche consiglio riguardo l’uso delle
spade leggere.
La
ragazza, sentendosi osservata, alzò gli occhi verso l'alto e incrociò lo
sguardo curioso e irriverente di Ezio... Per nulla intimorita dalla fama che
circolava intorno al suo nome, dapprima gli sorrise sarcastica e poi
concluse con un gesto molto poco femminile che portò il giovane fiorentino
sull'orlo delle risate più sguaiate.
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Capitolo 7 *** La Domenica Non Si Dorme! ***
Nova Lux
<< NOVA
LUX >>
Marte stava
spiegando alle nuovissime ed esaltatissime reclute come centrare un bersaglio a
quaranta piedi di distanza con arco e frecce riducendo al minimo le possibilità
di sbagliare mira quando, di punto in bianco, si presentarono al suo cospetto
quattro ragazzi in divisa: era attesa con urgenza nello studio di suo
padre.
Con uno sbuffo
amareggiato congedò i novellini e si preparò a subire l’ennesima sfuriata di suo
padre.
Forse aveva
scoperto che era stata lei, due settimane prima, a rompere quella finestra
nell’ala ovest… Oppure, dopo la figuraccia del giorno prima, voleva rinchiuderla
in una cella a vita.
Restò in silenzio
per tutto il tragitto, con mille domande che le frullavano per la testa e
nessuna risposta veramente soddisfacente poiché la sua “scorta” era caduta preda
di un improvviso mutismo.
Entrò nello
studio del padre, la porta fu chiusa immediatamente alle sue spalle cosa che la
confuse ulteriormente, gettò uno sguardo sorpreso ai presenti ma non le fu
permesso di dire alcun che.
- Siediti Marte.
– fu la fredda richiesta di Luca che, con un gesto meccanico, le indicò la
poltrona posta dinanzi alla scrivania.
Marte guardò il
padre con sfida e dichiarò che non avrebbe mosso un passo sino a quando qualcuno
non si fosse degnato di spiegarle il motivo di quella convocazione così
brusca.
Sul volto di
Carlo si materializzò un sorriso divertito, si fece addirittura sfuggire una
risata che catturò immediatamente l’attenzione della rossa, quindi si avvicinò
alla nipote e abbracciandola disse: - Vedo che dopo tutti questi anni il tuo
carattere non è ancora stato domato. –
- Temo che per
un’impresa di tale portata sia necessario l’impiego di un intero esercito
signore. - fu la sarcastica quanto divertita risposta dell’Auditore, rimasto in
silenzio sino a quell’istante.
Marte si accorse
solo in quel momento della sua presenza.
Aveva scelto una
posizione distanziata rispetto agli altri presenti e se non fosse stato per
quella sua affermazione, probabilmente, non si sarebbe nemmeno resa conto della
sua presenza: - Auditore… Anche voi qui. Perché la cosa non mi sorprende?
–
Il fiorentino si
avvicinò di qualche passo, le afferrò rapidamente la mano e regalò un elegante
baciamano prima di rivolgerle uno sguardo estremamente divertito: - Sentivate la
mia mancanza Milady? –
- Non in questa
vita… Messere. – la rossa ritirò stizzita la mano, arrossì appena e riportò la
sua attenzione sul padre che non sembrava per niente intenzionato a concedergli
altro tempo - Posso sapere il motivo di questa convocazione? Stavo allenando le
reclute nel tiro con l’arco e sapete bene quanto facilmente si distraggano. –
- Qualcun altro
provvederà ad istruirli a tempo debito. Ora, tesoro, ti conviene sederti e sappi
che non lo ripeterò una terza volta. – Luca le riservò uno sguardo severo che la
convinse definitivamente a cedere, sprofondò nell’enorme poltrona e incrociò le
braccia, in attesa dell’ennesima ramanzina per Dio solo sapeva cosa –
Sicuramente ti sarai resa conto anche tu del continuo “via vai” che oggi hanno
sopportato queste vecchie e malandate mura… Vorresti saperne il motivo?
–
- Da quando vi
sprecate in spiegazioni con la sottoscritta? – le parve di sentire la risata mal
trattenuta di Ezio e, a giudicare dall’occhiata infastidita che suo padre
rivolse a una misteriosa figura apparsa alle sue spalle, aveva sentito bene –
Sino a oggi mi avete sempre raccomandato di impicciarmi dei fatti miei. Siete diventato una comare a mia insaputa? –
- Effettivamente
la questione ti riguarda piuttosto da vicino. – fu la laconica spiegazione di
Carlo che si spostò al fianco dell’ex-allievo pronto a dargli man forte, già dai
primi istanti gli era parso di capire che la sola presenza dell’Auditore fosse
in grado di mettere a disagio la giovane rossa e anche se non gli era del tutto
chiara la motivazione, era intenzionato a ridurre al minimo il tempo di quella
conversazione – Gli anziani, me compreso, si sono riuniti per valutare la tua
candidatura come effettivo membro della congrega degli Assassini.
–
Nonostante i
primi attimi di smarrimento, provocati dalla notizia assolutamente inattesa,
Marte tornò a concentrarsi sul volto del padre: - E tu, dopo tutte le remore che
hai mosso in questi anni, avresti convocato il consiglio? Di tua spontanea
volontà? –
Luca sospirò
affranto, si passò stancamente una mano sul volto e infine rivolse l’ennesima
occhiata al ragazzo alle sue spalle: - Per quanto m’infastidisca ammetterlo è
stato il fiorentino a convincermi, o meglio, a convincerci tutti ad appoggiare
la tua candidatura. –
- Dovresti
ringraziarmi bambina. –
La voce del moro
le arrivò come un divertito sussurro all’orecchio, un gelido brivido le percorse
la schiena ma riuscì a dissimulare il tutto con un “colpo di tosse” altamente
strategico: - Si, si, grazie mille. Dov’è la fregatura? –
- Non è nulla di
tragico se ci pensi… – borbottò appena il gran maestro della gilda, lo sguardo
che puntava ovunque tranne che su sua figlia, mentre un vago senso di colpa
iniziava a farsi strada in lui – Semplicemente sarà Ezio ad istruirti.
–
*****************
I giorni si
susseguirono, il rito andò meglio di quanto Marte avesse programmato e
nonostante le sue continue remore sugli effettivi insegnamenti che l’Auditore
poteva offrirle, la loro convivenza “semi-civile” si era protratta per più di un
mese… Ezio e Marte avrebbero continuavano ancora per molto a punzecchiarsi ma,
se non altro, durante gli allenamenti sembravano andare quasi
d’accordo.
I due avevano
preso l’abitudine di trascorrere i loro pomeriggi in quelle taverne sparse per
la città dove era facile trovare avversari corpulenti che, per un pugno di
monete, decidevano di affrontarsi in uno scontro diretto e quella giornata non
era un’eccezione.
- Cristo santo… È
domenica! Lasciami dormire! – borbottò la rossa, tirandosi la coperta fin sopra
la testa, cercando di ignorare il sole che grazie alla mossa del fiorentino le
finiva direttamente in faccia.
- Alza il tuo bel
fondoschiena pigrona! – sbottò il moro strappandole di dosso le coperte,
trattenne a stento una risata nel vedere la ragazza rannicchiarsi come una
bambina nel tentativo di restare al caldo - Ho trovato un siriano che fa proprio
al caso nostro! –
- Ancora con
questa storia? – sbottò quella, riemergendo da sotto il cuscino, soltanto per
riservare al suo “maestro” un’occhiata inferocita – Credevo di essere stata
chiara: ne ho piene le tasche di quegli stupidi armadi che mi piazzi davanti
ogni volta! –
Ezio si ritrovò a
sospirare per la disperazione, ogni mattina buttare Marte giù dal letto si era
dimostrata un’impresa titanica, tra remore e mozioni mosse dalla sua insolente
recluta, perdevano sempre minuti preziosi - Sono il tuo maestro: decido io cosa
devi o non devi fare… E smettila di perdere tempo! Non abbiamo tutta la
giornata! –
*****************
Marte si
acquattò, poggiando la mano sinistra sul terreno, sentì la polvere appiccicarsi
alla sua mano sudata, restò immobile fino all'ultimo secondo aspettando
l’ennesima mossa del suo avversario quindi saltò.
Mentre era ancora
in aria parò il fendente avversario neutralizzandone l’offesa e con un abile
movimento del polso, riuscì a disarmare l’avversario.
Atterrò con un
piede sulla spalla del siriano e sogghignò: aveva intenzione di esibirsi in una
capriola che sarebbe terminata proprio sulla testa dell'energumeno, in modo tale
da potergli puntare la spada alla gola da dietro… Magari quella sua mossa
sarebbe bastata a Ezio e lei sarebbe potuta, finalmente, tornare a
dormire.
I suoi ambiziosi
progetti furono rovinati dalla pronta reazione del suo avversario che, forse per
un suo eccesso di arroganza, aveva già dato per spacciato. Il guerriero la
afferrò per una caviglia, quindi la scaraventò pesantemente al suolo, la botta
fu tale da farle girare la testa per un paio di secondi e come se non bastasse,
il siriano aveva approfittato della sua mole per bloccarla al
suolo.
Approfittando
della posizione di vantaggio l’uomo sopra di lei le strappò la spada dalle mani
e la lanciò lontano, dove non avrebbe più potuto essere raggiunta, quindi le
strinse i polsi in una presa ferrea.
Marte tentò di
divincolarsi ma, colta da un’idea improvvisa, decise di tentare un nuovo
approccio con l’avversario, ringraziò mentalmente Dalila per il consiglio che si
erano scambiate pochi giorni prima e con le ultime energie che le erano rimaste
attuò il suo piano.
Finse di voler
dare una testata all’altro che, proprio come aveva previsto, si allontanò da lei
soltanto per finire poi a cozzare con la perla di metallo che aveva appeso in
fondo alla sua treccia… Il movimento del suo capo l’aveva spinta in avanti,
proprio sul naso del pesante energumeno che colto alla sprovvista aveva mollato
la presa sui suoi polsi concedendole infine una facile scappatoia da quella
scomoda posizione.
Finalmente libera
di usare le gambe, assestò un potente calcio al petto del siriano che crollò al
suolo poco lontano da lei.
La rossa afferrò
senza esitazione il piccolo pugnale che teneva sempre all’interno dello stivale
destro, si buttò letteralmente sullo sterno dell’altro e gli bloccò le braccia
quindi fece per…
- Basta così. -
sentenziò il fiorentino, scendendo dalla staccionata del campo di addestramento
con un abile balzo, quindi riservò alla ragazza uno sguardo
impassibile.
Marte si alzò di
scatto, liberando infine il suo avversario e mosse qualche passo in direzione di
Ezio contro cui si prodigò in una notevole sfuriata: - Lui sapeva! Gli hai detto
come combatto! –
- Lui sapeva… E
sai perché rossa? - rispose il moro
senza scomporsi minimamente, riservando al siriano un’occhiata compassionevole,
quelle ferite ci avrebbero messo parecchio a guarire - Non puoi credere di poter
contare sempre sull'effetto sorpresa… E smettila di essere così coreografica!
Non devi diventare uno spettacolo bello da guardare e piantala di saltare come una
cavalletta solo perché ti piace farlo! –
- Ho fatto la
cosa giusta… – borbottò Marte, a pochi centimetri dal suo volto, preoccupandosi
per la spropositata reazione del moro: da quando aveva messo piede nella
confraternita, non l’aveva mai visto così arrabbiato.
- Tu credi di aver fatto la cosa giusta!
Santo cielo bimba… La ritieni davvero la tua mossa vincente? Credi non ci siano
metodi più efficaci per atterrare qualcuno? Sai cosa ti dico: fai come credi ma sappi che una
cosa del genere ti espone al nemico... E cerca almeno di evitare tutte queste
cazzate da circo, non mi sembra di chiederti una cosa eccessivamente complessa!
– fu la sarcastica risposta di Ezio che, esasperato dall’intera situazione, si
passò stancamente una mano sul volto mentre l’indice della sua mano correva a
puntare il guerriero a pochi metri da loro - Non iniziare con i tuoi soliti
“ma”! Io dico quello che devi fare, tu obbedisci, fine della storia! Mi auguro
per te che tu abbia capito. -
La sfuriata del
fiorentino le aveva tolto ogni energia, si costrinse a restare in silenzio,
chinò la testa e attese di essere congedata...
Con un ultimo
sospiro e un’occhiata amareggiata, Ezio le voltò le spalle e si allontanò da
lei: - Ora sparisci dalla mia vista. Per oggi ho visto abbastanza.
–
Come se non
bastasse, oltre all’amarezza per aver subito quella sfuriata sotto gli occhi dei
suoi migliori amici, si accorse di provare un’intensa delusione verso se
stessa…
Note
della Sfigata:
Ringrazio
infinitamente bicci97 e Monky_Blue per il supporto morale dimostrato!
E
anche tutti gli altri che hanno dovuto attendere mesi per questo...
Coso. *si prostra umilmente al cospetto di tutti i
lettori*
Sappiate
che questo capitolo è molto diverso rispetto all’originale ma non posso dirmi
delusa da ciò che ne è venuto fuori… Spero possiate concordarlo un po’ tutti.
XD
Grazie
mille per la pazienza, l’ho davvero apprezzato, alla
prossima!
Calamity_Shadow
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Capitolo 8 *** Testarda e Infantile... Ma pur sempre Mars! ***
<< NOVA
LUX >>
Marte si rinchiuse nelle proprie stanze per il resto del
pomeriggio: ne aveva abbastanza delle lamentele e delle imprecazioni che Ezio
continuava a muovere per il suo atteggiamento.
Recuperò un libro dalla propria scrivania, erano trascorse
settimane dall’ultima volta che si era potuta concedere un simile svago e per
lei niente di meglio di una buona lettura per scaricare i
nervi.
Troppo immersa nella lettura di avvincenti duelli tra gli antichi
cavalieri di Britannia, sussultò ritrovandosi accanto Giacomo che le sventolava
una mano davanti agli occhi, schernendola appena con un sorrisetto divertito: -
Io ho bussato. –
- E se fossi stata indisposta? – replicò la rossa indignata,
tirando una librata in testa all’amico che si ritrasse dolorante.
- La solita manesca… E comunque non mi avresti mostrato niente di
nuovo. – replicò quello, sedendosi sul bordo del suo letto, riservandole
l’ennesima occhiata divertita nel notare l’espressione sorpresa della rossa -
Non guardarmi così! Te l’avrei raccontato prima ma nelle ultime settimane sei
diventata più sfuggente di un soffio di vento. –
- Dovevi dirmelo! – replicò Marte indignata, fu la prima ad
ammettere che negli ultimi tempi era stata parecchio assente a causa dei
numerosi allenamenti cui l’Auditore l’aveva sottoposta ma era altrettanto certa
del fatto che, impegni a parte, sarebbe stata ugualmente ben disposta a
scambiare quattro chiacchiere con i suoi amici di sempre – Sappi che mi ritengo
offesa dal vostro comportamento, striglierò per bene anche Stefano non appena ne
avrò l’occasione! Aspetta, torniamo al discorso principale, quindi mi stai
dicendo che sei finalmente riuscito a “esplorare” le sottane di Silvia?
–
Sul volto del moro comparve un’espressione fintamente indignata,
tirò un cuscino in testa alla rossa e ridacchiando appena le rispose: - Come sei
scurrile donna! E poi non sta bene fare certe confidenze a una ragazza in età da
marito. Credo che tuo padre mi manderebbe in isolamento forzato solo per aver
parlato dei “fatti della vita” con te! –
- Quanto sei noioso! – sbuffò Marte incrociando le braccia dietro
la nuca, puntò il suo sguardo sulla mappa astrale che lei stessa, tempo prima,
si era premurata di dipingere sul soffitto della sua stanza quindi rincarò la
dose con l’ennesimo commento imbarazzante - Tu che puoi divertirti dovresti
farlo e in nome della nostra amicizia condividere i particolari scottanti con la
sottoscritta! –
- Oh certo, questo rientra sicuramente tra le mie priorità. –
Giacomo si sfilò i calzari e si sdraiò al fianco della rossa, fece vagare il suo
sguardo sul soffitto per qualche istante, improvvisamente incuriosito dalle
invisibili mappe che collegavano le costellazioni - Luca è ancora convinto che
ci sia qualcuno disposto a prenderti per moglie, dopo le tue ultime bravate?
-
- Che vuoi farci, mio padre è sempre stato un testone. – qualche
secondo dopo Marte s’impose di ignorare il commento dell’amico sul fatto che i
loro caratteri fossero più simili di quanto lei stessa fosse in grado di
ammettere, quindi tornò a spiegare il suo punto di vista - Detto fra noi non mi
ci vedo proprio a fare la matrona in qualche casa di provincia.
–
Jack scoppiò a ridere figurandosi mentalmente la scena, strinse un
braccio intorno alle spalle dell’amica e scompigliandole i capelli le disse: -
Vorrei proprio vederti... Preoccupata solo dalla casa e da uno stuolo di
mocciosi erranti che vagano per la città! Sfortunatamente sappiamo entrambi che
l’ultima parola va a tuo padre… Spero tu l’abbia ringraziato per averti dato la
possibilità di entrare nella confraternita. –
L’altra alzò gli occhi al cielo, quel discorso lo aveva già
affrontato con Ezio qualche giorno prima, le parole erano state le stesse. -
Conosco la solfa: sono la prima femmina a essere entrata negli Assassini quindi
ho delle responsabilità, eccetera, eccetera… Perché dovrei ringraziarlo? È stato
lui il primo ad ammettere che me lo merito! –
- Sei sempre la solita testarda… A proposito, oggi ci hai davvero
sorpreso, me e Stefano intendo. – in risposta alla sua affermazione, ottenne uno
sguardo confuso da parte dell’amica a cui poco dopo si premurò di rispondere -
Dopo la sfuriata del fiorentino ci aspettavamo che gli tirassi addosso qualcosa
e invece… niente. Te ne sei andata in silenzio. Non è da te! –
Marte sbuffò appena, si accomodò meglio sulla spalla dell’amico e
gli spiegò il suo punto di vista, affinché non ci fossero altre domande di quel
tipo da parte sua: - Per quanto la cosa non sia facile da digerire, quell’uomo
sta davvero cercando di farmi migliorare. Dovrei cercare di dargli retta, senza
impuntarmi su cose banali. –
- E da quando sei diventata una ragazza calma e riflessiva? –
replicò il moro ironico, rischiando di beccarsi una “librata” sul naso da parte
di un’indispettita Marte che gli riservò un’ultima occhiataccia prima di tornare
al suo libro – A proposito, sono arrivati i Celtici per festeggiare l’equinozio
d’autunno. –
Lo sguardo della rossa si accese di nuovo interesse, sul suo volto
si aprì all’istante un sorriso entusiasta e prima ancora che se ne rendesse
conto la memoria era già tornata all’ultimo evento celtico cui avevano preso
parte: - Peccato sia già trascorso Beltane… Mi mancano i loro numeri con il
fuoco! –
- Tu e il fuoco siete una pessima accoppiata! – replicò Giacomo
ricordando l’ultimo esperimento della rossa, lui e Stefano mezzi bruciacchiati e
Marte indignata per i suoi capelli ormai rovinati dal fuoco - L’ultima volta hai
quasi dato Roma alle fiamme nel tentativo di replicare i loro giochi!
–
Marte riportò la sua attenzione sull’amico, gli rivolse
un’occhiata particolarmente severa e senza tanti giri di parole gli disse: -
Stai cercando di dirmi che sono un’imbranata? –
- Sia mai! Non sono
così folle da dirtelo apertamente! – … Inutile
dire che Giacomo si ritrovò con un altro bernoccolo in
testa.
*****************
I due trascorsero il pomeriggio a chiacchierare del più e del meno
sino a quando, dopo l’ennesimo commento ironico di Giacomo, i due avevano
intrapreso una furiosa lotta a cuscinate che trasformò la stanza di Marte in
qualcosa di più simile a un pollaio che a una
camera.
I due ridevano così tanto da non sentire nemmeno quel qualcuno
che, dall’altra parte della porta, aveva continuato per più di cinque minuti a
bussare in maniera decisamente insistente.
Sorridenti come bambini con un cesto pieno di leccornie, si
ritrovarono faccia a faccia con un Ezio decisamente nervoso e dall'aria poco
confortante.
Marte, non si sa bene come, perse l’equilibrio e precipitò sul
povero Giacomo che cadde dal letto insieme a lei… La posizione fu parecchio
equivoca per entrambi e sui loro volti comparve un’accennata sfumatura
rossastra.
- Vedo che ti sei ripresa in fretta dal disastroso allenamento di
oggi. – fu la piccata affermazione del fiorentino, Ezio riservò a entrambi uno
sguardo infastidito prima di raccogliere ciò che era rimasto di un cuscino e
fulminare letteralmente con lo sguardo Giacomo, ancora semi-sdraiato sopra la
rossa.
Marte scivolò lontano dall’amico, si levò qualche piuma di dosso e
si avvicinò a Ezio tentando di spiegargli la situazione: - Stavamo soltanto…
–
- Sappi che dopo questa bravata ti sei definitivamente giocata la
possibilità di venire in missione con il sottoscritto.
–
- Sei diventato il mio addetto alle scenate di gelosia? – Marte lo
disse con sarcasmo ma non le passò inosservato il fatto che, da quel momento, lo
sguardo dell’Auditore divenne sfuggente e difficile da intercettare – Per cosa
esattamente mi stai punendo? Non stavamo facendo niente di male!
–
- E lui cosa ci fa qui? – sbottò improvvisamente Ezio, indicando
Giacomo, ora alle spalle della rossa con un gesto stizzito e l’ennesima
occhiataccia - Luca sa che sei nelle stanze di sua figlia?
–
- L’unico permesso di cui ha bisogno per stare qui è il mio! –
replicò altrettanto stizzita la rossa, piazzandosi davanti al moro, in chiaro
atteggiamento di sfida – Dimmi cosa vuoi e facciamola finita. Sta diventando
ridicolo! -
La guardò negli occhi per qualche secondo, quindi voltò a entrambi
le spalle e, ormai giunto alla porta, lanciò l’ultima fugace frecciatina al
povero Giacomo che ancora non aveva detto una parola: - Ti voglio al campo di
allenamento tra due minuti! E non portare “fido-bau” con te!
–
Si chiuse la porta alle spalle, sbattendola, con poca
delicatezza.
Marte e Giacomo restarono in silenzio per qualche istante, troppo
sconvolti dalla scenata che il fiorentino aveva sonoramente terminato per
comprendere che non c’era più nessuno in quella stanza a parte
loro.
- Mars… Tu ci hai capito qualcosa? – domandò poi, di punto in
bianco, Jack ponendo fine a quel silenzio quasi soffocante rimasto
nell’atmosfera.
La rossa si voltò verso di lui, lo studiò per qualche istante,
cercando qualche dettaglio che magari le era sfuggito quindi gli domandò: -
Perché sembra avercela tanto con te? –
- Tu lo sai? – sbottò infine Giacomo, le diede un bacio sulla
guancia salutandola e si allontanò, diretto chissà dove - Vieni alla Notte Senza
Luna quando hai finito… Hai bisogno di prenderti una pausa da
quello. –
*****************
Marte
fu costretta a vagare per l’intera villa in cerca dell’Auditore. Nonostante si
fosse raccomandato con lei di darsi una mossa, giacché l’avrebbe “attesa” nel
cortile, non si era fatto trovare.
Le
era toccato andare in giro per più di cinque minuti buoni prima di scoprire che
il suo adorato maestro si era rintanato nelle stalle.
Sulla
via incontrò Marco, uno degli stallieri più giovani che smise immediatamente di
spazzare il pavimento per salutarla, chiacchierarono amabilmente per qualche
istante sino a quando Andrea, qualche metro più in là, non interruppe i propri
doveri solo per fare un apprezzamento sulla sua mise insolitamente
femminile.
Qualche metro più in là si trovava Ezio che, indispettito per la faccenda, origliò tutta la discussione; fu ben lieto di
accantonare la cosa, qualche secondo dopo, quando la rossa ancora alla sua
ricerca salutò i due.
Cosa ancora più strana, non appena voltò lo sguardo sul suo
cavallo, percepì con chiarezza il tono divertito di Marte mentre questa
scambiava un paio di battute giocose con Oreste, uno dei maniscalchi, in giro si
diceva che avesse la fama del Don Giovanni…
Fece un paio di colpi di tosse per attirare l’attenzione della
rossa su di se e, non appena percepì i passi della rossa avvicinarsi, tornò a
spazzolare il manto dell’animale: - Vedo che sei riuscita a raggiungermi.
-
- Mi vuoi spiegare che diavolo ti è preso prima? – sbottò la
rossa, abbandonando le carinerie destinate agli uomini con cui era cresciuta,
per dedicare tutto il suo malumore al giovane fiorentino – Nemmeno mio padre si
sarebbe cimentato in una simile sceneggiata! -
- Dopo più di un mese di allenamenti, l’unica cosa che sei in
grado di fare è saltellare come un grillo, dovrei forse complimentarmi con te
per gli ottimi risultati? – fu la sarcastica risposta del moro che, giusto per
rimarcare il concetto, le riservò un’occhiata sarcastica in chiaro riferimento a
ciò che era successo quello stesso pomeriggio - Come se vederti ogni giorno con
la faccia nella polvere mi riempisse di gioia! -
La rossa alzò gli occhi al cielo, gli prese la spazzola dalle mani
ottenendo il primo contatto visivo decente della giornata, quindi riprese il suo
discorso: - Smettila con questa cazzata del “cerchiamo un idiota da malmenare” e
insegnami a fare qualcosa! -
Ezio sospirò sfinito, non poteva capitargli un’allieva più
testarda e indisciplinata di Marte ma era stato proprio lui a offrirsi
volontario come suo maestro, non si sarebbe tirato indietro per nulla al mondo:
- Sarò onesto con te. Al nostro primo incontro mi hai colto alla sprovvista ma
come ti ho già detto, non puoi fare affidamento solo sull’effetto sorpresa
durante una missione. –
- Perché non dovrei? – replicò la giovane ricordandosi
improvvisamente dei racconti che, da bambina, era solita farsi ripetere dal
padre di ritorno da una “nuova ed emozionante” missione - Si suppone che, in
quanto Assassini, non ci siano secondi incontri. –
- Le voci si diffondono in fretta… Quanto tempo credi ci voglia
prima che i Borgia vengano a saperlo? – fu la pacata risposta del fiorentino,
l’esuberanza di quella ragazza era a dir poco impressionante quindi si premurò
di sedare il suo animo ribelle il più in fretta possibile – Se scoprissero chi
sei e per chi lavori, non ci metterebbero più di dieci minuti ad ordinare la tua
morte e ancora meno a far sparire le tue tracce. -
- Mi credi così stupida da sbandierare la mia identità ai quattro
venti? – sbottò la rossa, infastidita dal commento finale del suo maestro, dopo
l’ultimo allenamento con annessa sceneggiata le sembrò evidente quanto Ezio la
ritenesse più un fardello che un vanto – Credevo che mi avresti dato una
possibilità… Evidentemente mi sbagliavo: sei come tutti gli altri.
–
Rivolse al moro un ultimo sguardo pieno di delusione e rammarico,
gli voltò le spalle e se ne andò.
*****************
Luca si trovò di punto in bianco Marte davanti.
Era seduta sulla poltrona di fonte alla sua scrivania e a
giudicare dallo sguardo inviperito che gli stava rivolgendo, lei e il fiorentino
avevano nuovamente litigato, sospirò appena prima di porre la fatidica domanda:
- Cos’è successo stavolta? –
- Voglio una missione. – replicò istantaneamente la rossa, la sua
espressione mutò totalmente, sembrava addirittura un’altra persona rispetto a
poco prima - Recuperare documenti, indagare su qualcosa, parlare con qualcuno…
Mi va bene qualunque cosa. Qualunque. –
L’uomo sospirò stancamente, lui e il moro avevano affrontato
quell’argomento giusto un paio di ore prima, entrambi avevano concordato su una
cosa: - Non sei pronta. –
- L’hai deciso di testa tua o te l’ha detto lui? – un velato
sarcasmo nella voce, le braccia che istantaneamente s’incrociavano al petto
mentre lo sguardo di Marte si allontanava dal volto paterno, rifuggendo oltre i
confini della finestra - Ezio dice tante cose… Forse avevi ragione tu sin
dall’inizio. Avrei dovuto rinunciare a questa cosa anni fa. È evidente che non
fa per me. –
Si alzò in piedi ma,
ormai a pochi metri dalla porta, la sua avanzata fu interrotta da Luca stesso: -
Aspetta un momento signorina! Posso accettare
il tuo lato bugiardo, quello infantile e anche quello testardo…
- a ogni parola l’uomo si avvicinava sempre di più alla figlia e sorprendendola
le posò una mano sulla guancia, dolcemente, come non succedeva ormai da tempo -
Ma il tuo lato da persona che si arrende, quello non posso proprio ammetterlo.
Ci
sarebbero dei documenti da recuperare… Ma non andrai da sola! -
Marte abbassò lo sguardo, nel palese tentativo di nascondere un
sorriso soddisfatto, da lì alla resa di suo padre mancava davvero poco. Gli
sarebbe bastata un’ultima, tremenda, spintarella e il gioco era fatto: - Oreste
è molto gentile con me ultimamente… Credo verrà presto da voi a chiedermi in
moglie e poi, chissà, magari nel giro di un anno o due avrete una “piccola me”
che sgambetta per la villa. –
- E va bene, andrai da sola! – sbottò improvvisamente il Gran
Maestro riservandole un’occhiataccia, manco avesse tirato una bestemmia proprio
davanti ai suoi occhi, quindi le lanciò tra le mani un fascicolo guarnito di
ogni informazione utile al ritrovamento dei documenti incriminati - Ma torna
tutta intera o, quanto è vero che i Borgia sono Templari, ti vengo a ripescare
dall’inferno e ti riporto indietro a calci! -
Il sorriso spuntò furbetto sulle labbra della rossa, si avvicinò a
Luca e gli stampò un bacio sulla guancia e ringraziandolo, scappò lontana dallo
studio paterno prima che questo potesse cambiare idea: - Ti voglio bene papo!
–
Soltanto qualche minuto dopo Luca si rese conto di essere stato
nuovamente raggirato dalla figlia.
Fu grato con i suoi avi per lo spessore di quelle pareti che, per
l’ennesima volta, accolsero le sue imprecazioni lasciando il resto della gilda
nella quiete più totale.
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Capitolo 9 *** Prudenza e Panico: Che Brutta Accoppiata! ***
<< NOVA
LUX >>
Marte sfogliò con attenzione gli appunti che suo padre le aveva
dato: doveva recuperare una serie di documenti, al cui interno erano presenti
degli schemi in grado di favorire la decrittazione dei messaggi che i Templari
su scambiavano tra loro.
Un sorriso si materializzò istantaneamente sulle labbra: il giorno
seguente era prevista una grande festa in onore del fidanzamento della
primogenita di Maurizio del Neri, esattamente l’uomo entrato in possesso dei
documenti che doveva recuperare, aveva trascorso l’intera serata in giro per la
città cercando qualcuno che fosse in grado di aiutarla ad infiltrarsi nella tana
del lupo… e così era stato.
Dopo ore d’insuccessi Marte era finalmente incappata in un amico
di vecchia data che, tra una chiacchierata e l’altra, le aveva rivelato di
essere stato scelto per direttissima dalla moglie di Neri per organizzare e
gestire l’intero ricevimento. Come se non bastasse, qualche ora prima due delle
ragazze che aveva assunto per la cerimonia, l’avevano avvertito che non
avrebbero potuto presenziare all’evento, lasciandolo con un “buco nel personale”
non da poco.
Approfittando dell’incredibile colpo di fortuna, la rossa si offrì
volontaria accampando la prima scusa che le era venuta in mente per avvalorare
la propria candidatura: - La mia dote piange e se si tratta soltanto di servire
qualche portata, sono più che disposta ad aiutarti. –
L’altro, istantaneamente, l’aveva abbracciata baciandole le
guancie e se n’era andato soltanto dopo averle comunicato l’orario d’inizio dei
festeggiamenti.
Se il suo piano non avesse subito intoppi, sarebbe finalmente
stata in grado di zittire Ezio e di dimostrargli quanto si fosse sbagliato sul
suo conto.
Con un sorriso a trentadue denti si era presentata alla Notte
Senza Luna, dove aveva iniziato a festeggiare con gli altri membri della gilda
senza un motivo apparente… A tutti quelli che tentavano di carpirle qualche
informazione, poiché era entrata come una furia ma notevolmente soddisfatta,
rispondeva con un beffardo sorriso e alzata di spalle: non avrebbe detto una
parola!
Le pinte di birra scorsero a fiumi per l’intera serata. Si fecero
le tre del mattino e, strano a dirsi, quella sera l’unica sobria fu la
rossa.
Sul lato destro Marte poteva osservare la patetica fine fatta da
Feliciano, svenuto nel suo stesso vomito; Edoardo si assicurò che l’amico
respirasse ancora prima di correre il più lontano possibile dal resto del gruppo
e liberare l’intero contenuto del suo stomaco sul muro dell’unica casa presente
nel raggio di duecento metri; Stefano e Giacomo si sostenevano a vicenda, o
meglio, barcollavano all’unisono tentando di intonare un canto popolare. Pietro
e Guglielmo, rispettivamente alla sua sinistra, si guardavano alle spalle con
timore, balbettando qualcosa a proposito di un mostro a due teste con il volto
dell’Auditore che gli dava la caccia da quando avevano abbandonato la taverna…
Marte scosse la testa visibilmente innervosita: poteva ammettere che avessero
già ingollato notevoli quantità d’alcol prima del suo arrivo, il che non aveva
fatto altro che favorire il loro stato attuale ma per arrivare a quei livelli
dovevano aver davvero esagerato.
- Voi due, coro degli alcolizzati di Trevena!, raccattate
Feliciano e tornate alla villa prima che qualcuno si accorga della vostra
assenza! – i due in questione ubbidirono al suo comando ma non risparmiarono
qualche commento sui suoi metodi indiscutibilmente bruschi; per richiamare
l’attenzione di entrambi, che fino a poco prima l’avevano totalmente ignorata
per stonare ogni nota umanamente conosciuta, Marte si era servita di una piccola
pietra che aveva irrimediabilmente colpito la testa dei due. Pietro e Guglielmo,
ancora al suo fianco, sembravano sul punto di lanciarla di peso nell’unico punto
in ombra dello sterrato… Probabilmente speravano di sbarazzarsi di lei dandola
in pasto a Dio solo sa quale bestia le loro menti avevano partorito. Mantenendo
lo stesso tono con cui si era rivolta agli altri, Marte si premurò di cacciarli
il più lontano possibile da lei, così da recuperare il povero Edoardo e,
finalmente, rintanarsi tra le sue amate coperte: - E vuoi due, smettetela di
blaterare di mostri inesistenti e andate a letto prima che decida di lasciarvi
dormire tra i maiali! –
I due, ancora prima che potesse ultimare le sue minacce a vuoto,
fuggirono urlando qualcosa d’incomprensibile e su cui, francamente, preferì non
indagare.
- Come madre hai sicuramente un futuro. –
Un mezzo infarto e un pugno a vuoto dopo, Marte si ritrovò faccia
a faccia con il sorriso divertito di Ezio che, stretto nella mano destra, teneva
ancora il suo pugno: - Ti dispiacerebbe così tanto annunciare la tua presenza
fuori dall’orario di lavoro?! –
- Ti ho spaventato? - glielo domandò con preoccupazione, sorpreso
dalla strana reazione che aveva avuto Marte, lo sguardo terrorizzato che gli
aveva rivolto prima di riconoscerlo non gli era certo sfuggito – Sicura di stare
bene? Sei pallida… -
- Certo che sto bene! E non sono pallida, sarà la luce della luna
ad averti tratto in inganno! - sbottò lei, improvvisamente infastidita da tutte
quelle attenzioni che il fiorentino le stava rivolgendo, quindi riportò la
propria attenzione sull’ultimo “caduto” di quella sera - Non è che nel trambusto
generale ti sei accorto di dov’è andato Edoardo? Devo riportarlo indietro prima
dell’alba, altrimenti gli faranno un culo che la metà basta!
–
Un pensiero gli balenò per la testa e, di punto in bianco, Ezio
scoppiò a ridere sotto lo sguardo confuso della
rossa
Una cosa era certa, se Marte fosse nata uomo sarebbe stata
assolutamente perfetta, sia per il suo modo di parlare che per il suo
atteggiamento, sempre pronta a scontrarsi con tutti per amore del proprio
orgoglio: - La tua finezza mi sconvolge ogni giorno di più.
–
I due recuperarono il povero Edoardo, ormai mezzo addormentato nel
campo dei Perrone e lo trascinarono ancora barcollante fino alle sue stanze,
dove crollò definitivamente sul proprio letto.
Mentre camminavano fianco a fianco per i corridoi deserti della
villa, Marte ragionò a lungo sullo stato in cui potevano essere tornati i suoi
amici e non presagì nulla di buono per la mattinata seguente: - Mi auguro che
non abbiano svegliato nessuno rientrando. Tendono a essere parecchio rumorosi
quando si riducono in questo stato. –
- Sei proprio una mammina premurosa. – ridacchiò il moro tra se e
se, incrociando le braccia dietro alla testa, rivolgendole un’occhiata
divertita.
Marte gli diede una spinta con il bacino, gli sorrise appena prima
di introdurre il fatidico discorso riguardante il suo “impegno improrogabile”,
sapeva già cosa le avrebbe detto Ezio ma volle comunque informarlo: - Domani
sarò assente per tutto il giorno… Ho l’autorizzazione di mio padre quindi non
fare storie. E levati quel broncio dalla faccia immediatamente!
–
- Credevo ti fossi decisa a mettere la testa a posto… Ne abbiamo
parlato giusto un paio di ore fa. – replicò Ezio con tono fermo, senza guardarla
in volto, sapendo perfettamente quanto alla rossa desse fastidio l’assenza di
contatto visivo durante una conversazione.
L’altra sbuffò spazientita, quante volte le sarebbe toccato
affrontare quel discorso prima di chiuderlo in maniera definitiva? A volte il
ripetersi continuo di Ezio riusciva a mandarla in bestia: - Abbiamo capito di
avere priorità differenti in questo momento… Buona notte Auditore.
–
*****************
Tutto era andato secondo i piani: approfittando dell’ebbrezza
generale, era sgusciata via dall’enorme sala da pranzo e favorita dalle ombre
aveva raggiunto lo studio di Neri.
Le era toccato cercare a lungo. Erano trascorsi più di dieci
minuti da quando aveva iniziato a frugare tra le carte di quell’esaltato
traditore ma aveva ottenuto ciò che voleva ed era altrettanto certa che nessuno
si sarebbe accorto della sua assenza.
Nascose le pagine trafugate dentro il corpetto e tornò sino alla
sala da pranzo, recuperando al volo un vassoio ricolmo di cibo e tornò tra la
folla con un sorrisetto furbo sulle labbra.
A fine di serata aveva salutato gli altri valletti con cui aveva
avuto il piacere di lavorare e si era diretta verso casa. A furia di sentire
Ezio parlarle durante gli allenamenti, aveva sviluppato una sorta di apprensione
inconscia che l’aveva portata ad allungare ulteriormente la strada del ritorno,
si fermò alla Notte Senza Luna e affidò alla cara Rosa i preziosi documenti,
affinché fosse qualcuno della taverna a consegnare l’indomani il tutto a suo
padre.
Nella sua mente rimbombavano le parole che, più di frequente,
sentiva dire al fiorentino: di questi tempi la prudenza non è mai troppa.
E così fece, si fermò in altre due taverne, chiacchierò con alcuni
conoscenti e ritornò sui propri passi non prima di un paio d’ore.
Aveva dato per scontato che, da quel momento, tutto sarebbe andato
per il meglio...
Un dolore lancinante la fece crollare tra la polvere e poi, prima
ancora che potesse vedere il volto del suo assalitore… fu buio.
*****************
Luca
si presentò davanti alle stalle.
Era
certo di trovare l’Auditore nei paraggi e, poiché gli erano arrivati i documenti
recuperati la sera precedente da Marte, era certo di trovarla al suo fianco.
Vide il fiorentino seduto sul pagliericcio, un vecchio tomo tra le mani e lo
sguardo assorto nella lettura ma di sua figlia nemmeno l’ombra: - Dov’è Marte?
–
-
Come puoi vedere non è qui. – fu la laconica risposta di Ezio, rivolse al gran
maestro uno sguardo appena prima di tornare a concentrarsi sul libro che aveva
trafugato dalle stanze della rossa, per lo meno aveva buon gusto nella lettura -
L’ho aspettata per ore ma di lei non c’è traccia nei dintorni.
–
-
Sarebbe dovuta tornare al massimo entro la mattinata. – Luca si fece
improvvisamente pensoso, rimuginò a lungo su dove potesse essersi cacciata sua
figlia ma non gli venne in mente nessun luogo particolare in cui cercarla -
Forse avevi ragione, era davvero troppo presto per lei… Inizio ad essere
seriamente preoccupato. –
-
Troppo presto per cosa? – domandò improvvisamente il moro, chiudendo il tomo
come folgorato da un’improvvisa consapevolezza, sperò con tutto se stesso di non
ricevere una risposta positiva - Non l’hai mandata in missione da sola, vero?!
-
-
Mi ha incastrato ok? – sbottò l’uomo, frustrato dall’intera situazione, Luca si
passò stancamente una mano sul volto e distolse lo sguardo dal moro dinanzi a
lui - È più scaltra di una volpe ed io non riesco a dirle di no quando fa la
finta martire! –
Ezio
sospirò a sua volta.
Conosceva
perfettamente quel modo di fare della ragazza, in più di un’occasione era
incappato nei trucchetti psicologici di Marte e ci era cascato con tutte le
scarpe ma sperava che almeno suo padre ne fosse immune: - Se prima mi chiedevo
da chi avesse preso l’infantilità Marte, ora non ho più dubbi… Cosa gli hai
dato? –
-
Doveva recuperare dei documenti, a casa di un uomo che ha spesso contatti con i
Templari ma non era niente di rischioso! – spiegò quello mentre un senso
crescente di preoccupazione gli montava dentro, cogliendolo quasi del tutto
impreparato, quasi incespicò su alcune parole - Ha detto che se la sarebbe
sbrigata in ventiquattro ore… E così è stato! Ciò che doveva recuperare mi è
arrivato giusto una ventina di minuti fa. –
-
Quindi è andato tutto bene. – Ezio sospirò rinfrancato dalla notizia, la rossa
se l’era cavata con le sue sole forze ed era molto probabile che glielo avrebbe
rinfacciato a vita ma era ugualmente soddisfatto
dell’esito.
Luca
si passò una mano tra i capelli, il nervosismo ormai a livelli tali da fargli
tremare le mani in modo evidente e l’ottimismo del fiorentino non era certo una
consolazione: - È ciò che ho pensato anch’io ma lei non è qui!
–
-
La prossima volta quando ti dico che lei non è pronta
ascoltami! – sbottò Ezio, già pronto a mobilitare mezza confraternita nel
tentativo di recuperare quella testona ma non ci fu bisogno di nessuna
spedizione.
Due
secondi dopo Giacomo e Stefano li raggiunsero correndo e
fu il panico.
-
L’hanno presa! -
*****************
Un
pugno si scontrò contro la sua mascella… La botta fu tale che, per un attimo,
gli occhi di Marte smisero di mostrarle il volto del suo carnefice mentre la sua
bocca si riempì del ferroso sapore del sangue.
Erano
tre giorni che la picchiava e torturava nel vano tentativo di convincerla a
parlare: chi l’aveva assoldata, cosa aveva trovato e dove avesse portato ciò che
era riuscita a trafugare erano solo alcune delle domande che il suo aguzzino era
solito farle.
Contro
ogni previsione non aveva detto nulla, aveva mantenuto il sarcasmo come solo
meccanismo di difesa, sapendo fin troppo bene che non le era possibile fare
altro: che avesse o no detto la verità, ci sarebbe morta in quella cella. Ne era
praticamente certa.
I
pensieri le affollano la mente per poi spegnersi di botto mentre Orlando, così
lo chiamano gli altri quando usciva dalla sua cella, la colpì con un calcio in pieno stomaco per
un tempo che non seppe definire… Si morse le labbra a sangue, cercò di non far
trapelare un solo gemito per non dare a quel bastardo la soddisfazione di
vederla soffrire apertamente, arrivati a quel punto persino respirare era
un’operazione troppo dolorosa.
Poi,
di punto in bianco, s’interruppe.
Le
voltò le spalle, avvicinandosi alla porta della cella dove chiamò altre guardie
che vennero ad aprire la porta: gli consegnarono delle braci fumanti e un pezzo
di ferro appuntito… Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo da quel
momento.
Con
le poche forze che le erano rimaste, si tirò a sedere rifugiandosi in un angolo,
sapeva benissimo che non sarebbe servito a nulla ma per due secondi si sentì al
sicuro.
-
Tu e il tuo sangue iniziate davvero a stancarmi… Mi hai sporcato gli stivali.
Adesso puliscili puttana. –
Marte
lo guardò incredula, quelle parole erano acqua fresca in confronto a ciò che gli
diceva di solito ma non riuscì a trattenersi. Doveva rispondere, per se stessa e
per ciò che restava del suo orgoglio: - Puliscile da solo le tue scarpe. Stronzo. –
Sul
volto di Orlando si contrasse un muscolo, la sua presa sul ferro rovente si fece
più salda e un sorriso sadico si materializza sul suo
volto.
-
Ed eccola che torna. La tua sfrontatezza mi sorprende ogni giorno di più. Credi
che avrei remore a farti ancora più male bambina? Credi che me ne freghi
qualcosa di te e della tua esistenza? – s’inginocchiò e le afferrò il mento con
decisione, la terrorizzò con un solo sguardo e le leccò il volto fino ad
arrivare al suo orecchio - Ricordatelo bimba: posso fare ciò che voglio con il
tuo corpo. –
Poi
arrivò il dolore e fu straziante: Marte sentì la propria pelle sfrigolare sotto
il ferro rovente, la risata sadica del suo aguzzino mentre le sue carni
bruciavano, le lacrime che sgorgavano sul viso e la paura folle di non resistere
oltre, le mozzarono il respiro.
La
luce s’intensificò di colpo, sperò che fosse giunta la sua ora e che il suo
corpo non fosse più in grado di ammettere oltre quelle torture ma non fu così…
Il buio la accolse nuovamente tra le sue braccia e fu pace.
|
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Capitolo 10 *** Rosso Scarlatto e Profumo di Casa ***
<< NOVA
LUX >>
-
È una vecchia roccaforte a qualche ora da qui. - spiegò sbrigativamente Tom,
indicando un punto ben preciso sulla cartina aperta davanti a lui, informando il
resto dei presenti di ciò che aveva scoperto - Una prigione maschile in cui non
hanno esitato a sbatterla per motivi di comodità. -
Luca
sospirò affranto. Erano due giorni che non chiudeva occhio, la preoccupazione
era troppa e quella situazione non faceva che aggravarsi di ora in ora, dire che
era spaventato per la sorte di sua figlia era un eufemismo: - Sono già passati
cinque giorni Tom. –
-
È viva. Per adesso. – fu Giuseppe a comunicare la notizia, notò alcuni volti
distendersi per un secondo ma, per quanto gli dispiacesse ammetterlo, c’era ben
poco di cui rallegrarsi - Il vero problema sta nell’uomo a cui l’anno affidata…
Un sadico bastardo di nome Orlando. –
-
Andiamo a riprenderla. Adesso. – Ezio, rimasto in disparte sino a quel momento
per trovare una strategia efficace, rispose con decisione; non ci sarebbe stato
nessuno da salvare, neanche con la strategia migliore del mondo, se non si
fossero dati una mossa a partire – Dovranno credere che Marte sia morta in quel
buco dimenticato da Dio, altrimenti non avremo risolto nulla e continueranno a
cercarla. –
-
Ci inventeremo qualcosa. - lo sguardo di Luca vagò oltre la finestra, su per le
colline che Marte aveva tanto ammirato da bambina, ripensò a ciò che si erano
detti durante la riunione e ragionò sul da farsi: dovevano agire silenziosamente
e nella maniera più celere possibile, stando ben attenti alle guardie che
coprivano sia il perimetro esterno sia quello interno dell'antica roccaforte.
Non sarebbe stato facile…
-
Arriveremo in tempo. – Ezio gli diede una pacca sulla spalla, sapeva bene come
potesse sentirsi Luca in quella situazione e cercò di rincuorarlo il più
possibile. Sentirsi impotente mentre un tuo caro sta rischiando la vita chissà
dove… L’aveva vissuto sulla propria pelle ma, lui stesso si sorprese delle
proprie parole, dimostrò di nutrire una cieca fiducia in Marte.
– Lei è forte… Il resto non conta. –
*****************
Marte
riconobbe la voce di Orlando, lo guardò di sottecchi, stava a qualche metro da
lei con degli abiti diversi. Doveva essere trascorso l’ennesimo giorno dalla sua
cattura… Senza finestre era davvero difficile accorgersi dello scorrere del
tempo in quel postaccio.
Come
se non bastasse, il bastardo si beffava di lei con il resto delle guardie: - La
bambolina è svenuta di nuovo… È una femmina combattiva ma il suo corpicino
inizia a cedere. –
-
Ricordati cos’ha detto il capo. – replicò immediatamente una delle due guardie,
affidando al torturatore una piccola bacinella piena d’acqua, con cui questo si
lavò le mani.
Orlando
scoppiò a ridere e le rivolse un’occhiata divertita, il suo sguardo si soffermò
sin troppo a lungo sulle sue curve ormai esposte, meccanicamente la rossa cercò
di coprirsi con ciò che restava dei suoi abiti e all’uomo non restò altro che
riportare la propria attenzione sulle due guardie: - La farò cantare come un
usignolo ma ho bisogno di tempo… Che spreco. Un simile bocconcino doveva essere
uno spettacolo prima di finire qui dentro. –
Marte
si schiacciò al muro, quegli sguardi ricchi di brama la opprimevano e
spaventavano allo stesso tempo. Chiuse gli occhi istintivamente, relegando la
propria mente in un luogo lontano e pacifico, poi la sentì…
Alle
sue spalle, nel muro, c’era una pietra mobile. Se fosse riuscita a sfilarla,
avrebbe potuto usarla contro Orlando e porre fine a quella tortura
definitivamente. Dopo una simile azione l’avrebbero sicuramente condannata alla
forca ma avrebbe ottenuto la sua vendetta.
Tanto
le bastava.
Le
campane suonarono.
Sui
volti delle guardie si materializzò una muta domanda: quelle che sentivano erano
campane d’allarme…? Che un prigioniero fosse evaso?
Capire
cosa avesse disturbato la quiete della prigione era la nuova priorità dal
momento quindi i due lasciarono le chiavi della cella a Orlando e lasciarono il
corridoio il più velocemente possibile.
Lavorare
lì sotto, lontani dalla luce del sole, era solo una delle torture a cui erano
costantemente sottoposti i prigionieri di quell’ala.
Trascorsero
un paio di minuti in cui nessuno dei due osò muoversi, solo l’eco delle campane
disturbava il silenzio più totale e Marte lo sapeva: Orlando sarebbe tornato ai
suoi doveri non appena il silenzio si fosse ripristinato… A lui dava fastidio
lavorare in mezzo al rumore, glielo aveva detto la prima volta che l’aveva
sentita gridare, era successo dopo la terza “sessione” di
torture.
-
Finalmente soli bambina. – quello di Orlando fu un ghigno osceno, uno di quelli
che non ti fanno presagire niente di buono. Si avvicinò a lei brandendo un lungo
e affilato coltello.
Marte
si strinse le mani intorno alla testa fino a farsi male, il panico la assalì e
le sue mani presero a tremare. Infine cedette. Perché soffrire ancora?
-
Basta… Io… Ti dirò tutto. –
-
Risparmia il fiato, ok? – sbottò quello puntandole il coltello alla gola,
l’altra mano corse alla chiusura dei pantaloni e dal sorriso soddisfatto sul suo
volto, chiunque avrebbe potuto immaginare quali fossero le sue intenzioni - Oggi
griderai ma non di dolore bambina. –
-
Avevi promesso! – urlò la rossa, terrorizzata dalla situazione in cui era
finita, rivolgendo all’uomo uno sguardo intimorito con cui tentò di convincerlo
a desistere dalle proprie azioni - Avevi promesso di non toccarmi se ti avessi
detto la verità! –
-
Ho mentito bambina. Oggi si fa a modo mio. Domani… Chissà. – Orlando tentò un
primo assalto a cui la rossa riuscì a sfuggire semplicemente voltando il capo
ma, anziché convincerlo a rinunciare, quella negazione gli sembrò più un invito
– Non fare la difficile bambina… Vedrai, ti piacerà. –
Marte
tentò di allontanarlo da se con calcio allo sterno ma era troppo debole: non
ottenne altro che l’ennesima risata sarcastica e un paio di centimetri in più
tra i loro volti.
Orlando
la trascinò in piedi ignorando le sue urla spaventate, Marte si reggeva a stento
e per poco non gli crollò dritta tra le braccia dopo un capogiro, approfittando
dell’evidente malessere della ragazza questo aveva poi affondato il viso tra i
suoi seni, borbottando qualcosa sul fatto che finalmente aveva “domato la sua
bambina”…
Marte
percepì l’odore lercio della sua pelle, così vicina alla sua da farla stare
male, trattenne appena un conato aggrappandosi con ogni sua forza alla pietra
che giaceva tra le pieghe di ciò che era rimasto del suo
vestito.
Le
strinse il seno tra le mani, le baciò il collo e le leccò il volto, commentando
il tutto con i propri malati pensieri mentre all’altra non restava altro da fare
se non attendere che l’altro abbassasse la guardia.
-
Hai un buon odore bambina… Profumi di lavanda. – poi aveva riso calandosi i
pantaloni e afferrando una delle sue mani per portarla laddove aveva agognato
giungessero dal primo istante – Adesso datti da fare… Se sarai brava, ti farò
avere anche un po’ di cibo stasera. –
La
trascinò al suolo con sé…
Dalla
sua testa colava un copioso fiotto di sangue.
Con
quel colpo doveva avergli rotto il cranio.
Orlando rimase
supino e immobile sopra di lei, gli occhi sgranati e la bocca spalancata, sul
suo volto era dipinta la sorpresa che gli era stata
fatale.
Marte
si liberò dal pesante corpo che le gravava addosso, si trascinò nuovamente sino
alle mura della sua cella e si fissò le mani: era ricoperta del suo sangue Lo
aveva sulle mani, sul petto, tra i capelli.
Ma
era tutto finito.
Non
ci sarebbe più stato nessun Orlando a torturarlo.
Nessuna
guardia che la beffeggiava stando dall’altra parte delle
sbarre.
Eppure,
nonostante la sua vendetta ormai ultimata, non riuscì a sentirsi felice… Aveva
appena ucciso un uomo.
Insultò
se stessa, il suo maledetto orgoglio e qualunque altra cosa le avesse fatto
credere che Ezio aveva torto.
Non
era pronta… Non lo era davvero.
Si
abbandonò alla disperazione e pianse.
Ripensò
alla paura che aveva provato ogni singolo istante da quando aveva messo piede in
quel fottuto posto.
A
ciò che aveva subito stando in quella cella.
Ai
volti dei suoi carcerieri.
Alle
parole di quelli che le portavano il cibo, quelle stesse persone che le
auguravano la morte perché non c’era niente di peggio che
finire in quella cella… Ma lei non voleva morire.
Non
lì dentro.
Il
corpo di Orlando era immerso in una densa pozza scarlatta… Le chiavi della
cella, ancora legate alla cintura, erano sua la priorità.
Doveva
uscire da quel posto.
Strinse
tra le mani ciò che aveva finalmente recuperato e scattò verso la serratura,
stando attenta a non fare più rumore del necessario.
Recuperò
una lampada a olio, ne rovesciò il contenuto sul cadavere e con una fiaccola
diede il tutto alle fiamme.
Sperò
in cinque minuti di fortuna e si augurò che, per il ritorno delle guardie, non
restasse che cenere del contenuto della sua cella.
Di
una cosa era assolutamente certa: nessuno si sarebbe interrogato sulla scomparsa
di Orlando. Tra un turno di guardia e l’altro, le sentinelle si erano fatte
scappare qualche dettaglio di troppo sull’animo assenteista del torturatore: non
era insolito che sparisse nel nulla per settimane e nessuno, in passato, si era
mai posto il problema di cercarlo… Sperò che quella non fosse
un’eccezione.
Corse
per i cunicoli stando attenta a non incorrere in qualche pattuglia sino a quando
non si scontrò con qualcuno, perse l’equilibrio e sentì una fitta incredibile
alla testa.
L’ultima
cosa che Marte vide, furono un paio di occhi scuri incredibilmente familiari e
prima di cedere nuovamente all’incoscienza un pensiero le illuminò il volto di
speranza.
- Sei venuto a prendermi. -
*****************
C’era
un odore particolare intorno a lei: era odore di pulito… Odore di
casa.
Si
sentì strana, tutto intorno a lei era come ovattato, persino la sensazione delle
lenzuola sotto le sue dita era anormale.
Marte
tentò di parlare ma sentì la gola ardere per la sete e non avvertì alcun suono
uscire dalla sua bocca.
Poi
si accorse di un fatto destabilizzante: era sopravvissuta.
Quella
novità le fece aprire gli occhi di colpo ma la luce, quella che tanto l’era
mancata durante la prigionia, l’aggredì senza pietà e si ritrovò a dimenarsi
sonoramente in un letto in cui non ricordava di essere finita.
-
Marte? Oddio Marte! –
Qualcuno
le afferrò le braccia, fece quasi male e lei s’immobilizzò
tremando.
Nella
sua mente vorticava un solo e persistente pensiero.
“Basta dolore. Vi prego, basta dolore!”
Una
mano calda si posò sulla sua guancia, come a rassicurarla dai suoi stessi
pensieri: - Apri gli occhi Marte… Lentamente. Non c’è fretta.
-
Il
ricordo del dolore provato pochi istanti prima la convinse a non cedere a quella
richiesta così supplichevole, non avrebbe mai acconsentito, piuttosto si sarebbe
strappata gli occhi dalle orbite ma non avrebbe mosso un
muscolo.
-
È normale che reagisca così. Anche se è rimasta nel buio soltanto per qualche
giorno, i suoi occhi non sono più abituati alla luce… – era una voce
incredibilmente gentile e familiare, doveva appartenere a quell’uomo che aveva
appena posato la mano tra i suoi capelli accarezzandola - Prova a guardarmi. Ti
prego Marte, provaci, non importa se non resisterai a lungo.
–
Lottò
contro la sua stessa paura, chiunque la guardasse in faccia poteva chiaramente
notare la sua lotta interiore ma alla fine, dopo qualche secondo, decise di fare
un tentativo.
Aprì
gli occhi, come se fosse la prima volta e due iridi scure la accolsero con
inspiegabile sollievo e commozione, Ezio piegò le labbra in un sorriso tremante:
- Hey… -.
Un
mormorio, fu appena udibile ma i sensi di Marte si stavano aggrappavano a ogni
percezione, qualunque cosa che le gridasse “Sei ancora viva, non è un sogno” era
ben accetta.
Ezio
non aggiunse altro.
Liberò
la mano dall’intreccio dei suoi capelli rossi e le sfiorò lo zigomo livido con
estrema gentilezza, non voleva nemmeno immaginare come l’avessero trattata in
quei giorni, anche se non era difficile intuirlo viste le numerose ferite sul
suo corpo: - Non ti faranno più del male. –
L’espressione
di Marte si contorse dolorosamente, quell’orgoglio così duro a morire era
tornato prepotentemente, si costrinse a voltargli le
spalle…
Solo
in quel momento Marte si accorse della seconda presenza accanto al suo letto,
quell’uomo accanto a lei che piangeva silenziosamente era Luca: - La mia Marte…
Ho avuto paura di perderti. –
Quella
smorfia sul volto di suo padre, probabilmente quanto di più simile a un sorriso
fosse in grado di produrre Luca in quel momento, le sembrò la cosa più bella del
mondo... Gli era mancato il suo papà.
Con
un ultimo bacio sulla fronte, Luca la salutò tornando ai propri doveri, adesso
che aveva la certezza che sua figlia fosse vigile e sveglia era più
tranquillo.
-
Hai la febbre. - l’unica risposta che Ezio ottenne fu uno sguardo. Il fiorentino
non riuscì a trattenere una risata riconoscendo la sua irriverente allieva in
quell’occhiata sarcastica.
Sembrava
proprio voler dire: “Cosa ti aspettavi?”.
Era
passata più di un’ora dal suo risveglio eppure, nonostante le decine di domande
che sembravano passarle per la mente, Marte non aveva ancora detto una parola.
-
Ti hanno tagliato la lingua? - mormorò lui, dolcemente, scontrandosi con
l’espressione contrariata della rossa il cui sguardo rifuggì dalla sua figura
per poi perdersi oltre i limiti della finestra. Ezio notò che le mani della
ragazza si era strette convulsamente intorno alle lenzuola, sospirò
massaggiandosi il collo indolenzito e cercò di rassicurarla: - Puoi anche
insultarmi, se è questo che vuoi fare fallo, ma ti prego… Dimmi qualcosa.
–
Marte
tremava, come se non potesse credere a quello che le stava succedendo, si tirò
le coperte sin sopra la testa e si raggomitolò cercando di sfuggire
ulteriormente allo sguardo del moro.
-
Almeno con me potresti scambiarle due chiacchiere. - Ezio si mosse impacciato
sulla sedia, il fatto di non poterla guardare in faccia lo faceva sentire a
disagio, si alzò in piedi e le versò dell’acqua in un bicchiere – Se ti decidi a
riemergere dalle tenebre, qui c’è un bel bicchiere pieno d’acqua che ti attende.
-
La
rossa riemerse dal letto, ancora una volta per lanciargli un’occhiata raggelante
che valse più di mille parole, gli strappò il bicchiere dalle mani e ne bevve il
contenuto sino all’ultima goccia prima di ritornare alla sua posizione
originaria.
-
Febbre a parte, sembri essere piuttosto energica. – Ezio lo disse con sollievo
ricordandosi con orrore il momento in cui l’aveva trovata, quasi in fin di vita,
coperta di sangue. Per giorni le erano stati somministrati intrugli e unguenti
il cui unico scopo era quello di accelerare il processo di guarigione e
alleviarle il dolore ma c’era voluta più di una settimana prima che i guaritori
la dichiarassero fuori pericolo.
Ezio
tornò al libro che aveva abbandonato quando Luca l’aveva raggiunto, spostò la
sedia accanto al suo letto e le rivolse un ultimo sguardo restando nel silenzio
più totale.
–
Sono felice che tu sia qui. –
|
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Capitolo 11 *** Quaranta Giorni Di Buio ***
<< NOVA
LUX >>
-
Disidratazione ai limiti della mortalità, ustioni di vario grado ed estensione
sul 40% del corpo, alcune ferite su schiena e gambe erano infette ma le ho
sistemate, ti sei rotta il braccio sinistro ma non era niente di grave… -
Giorgio fu impassibile per tutto il tempo mentre leggeva le sue condizioni
iniziali ma quando alzò le mani dai fogli che aveva davanti agli occhi, le
rivolse un sorriso rilassato - In sintesi, te la sei cavata meglio di quanto
credessi. –
Sul
volto di Marte si materializzò un sorriso divertito, mise in mostra i bicipiti e
sorrise al dottore: - Sono piuttosto resistente sai? –
-
Forse… Ma per il momento sei bloccata a letto. – lui le scompigliò i capelli,
ripose i fogli con le prescrizioni della rossa all’interno della sua cartella e
si allontanò dal letto - Consiglio una degenza minima tra i trenta e i quaranta
giorni. Visto lo stato in cui ti trovi tuttora, mi sembra indispensabile.
–
-
Quaranta giorni?! Se credi che resterò bloccata a letto per tutto il prossimo
mese ti sbagli di grosso! – sbottò Marte allibita; gli aveva appena detto che
non era grave ma le stava imponendo di non muoversi per più di un mese, che
razza di problemi aveva?
-
Se necessario non mi farò problemi a legarti a quel letto, sappilo. – fu
l’eloquente replica di Ezio, il fiorentino incrociò le braccia al petto e le
riservò un’occhiata severa, di quelle che non ammettono
repliche.
La
rossa spalancò gli occhi per la sorpresa, boccheggiò senza sapere cosa dire ma
non poteva lasciare a lui l’ultima parola: - Mio padre non te lo permetterà!
–
Da
Luca arrivò l’ennesima occhiata severa, strano a dirsi sembrava essere
totalmente d’accordo con la proposta del fiorentino e non ci pensò un secondo a
farglielo notare: - Hai voluto fare di testa tua. Ora ne paghi le conseguenze. –
-
Andate al diavolo… Tutti quanti. - la rossa voltò le spalle ai tre per
rintanarsi nuovamente sotto le coperte, ormai sembrava essere quella la sua
barriera infrangibile contro il resto del mondo…
Ezio
e Luca sospirarono affranti: l’ultima cosa che volevano ottenere da lei era una
reazione infantile.
Luca
tentò di toglierle le coperte da sopra la testa ma, doveva ammetterlo, incontrò
una certa resistenza da parte di sua figlia: - Non fare la bambina. È per il tuo
bene! –
-
Come lo è stato negli ultimi diciotto anni padre?! – sbottò Marte su tutte le
furie, abbandonò le coperte soltanto per qualche istante, il tempo necessario a
rivolgere a tutti i presenti uno sguardo infuriato - Voglio iniziare questo “non
fare niente” da subito… Possibilmente stando da sola quindi andatevene!
-
- Tentare di accelerare ulteriormente il processo di
guarigione non ti gioverà per niente… – Giorgio le passò un bicchiere pieno di
un intruglio verdognolo che lei fu costretta, notevolmente controvoglia, ad
ingerire - Non fare mosse azzardate, chiaro? –
*****************
-
Marte è sempre stata una testona quindi non lasciatela da sola più del
necessario. Potrebbe tentare di alzarsi ma, per quanto stiano migliorando le sue
ferite, rischia soltanto di aggravare la situazione. – Giorgio non ammetteva
repliche sotto quel punto di vista, voleva essere chiaro che entrambi capissero
la gravità della situazione e che non commettessero errori nel giudicarla -
Tenetela impegnata. Datele qualche scartoffia da riempire, qualche missione da
organizzare e gestire, inventatevi qualcosa ma non fatela scendere da quel letto
prima di venti giorni. –
Luca
si passò stancamente le mani sulle tempie.
Lo
sfogo di sua figlia lo aveva lasciato basito, non credeva che dopo tutto quel
tempo Marte potesse ancora dubitasse della sua fiducia e la situazione attuale
tra loro non era l’ideale per chiarire in modo definitivo: - Sarebbe più facile
tenere una tigre in gabbia… –
-
Credi sia facile dimenticarlo? Oh beh, questo è il momento in cui il dottore se
ne va e lascia i problemi ad amici e parenti. – replicò il dottore riservando ad
entrambi un’occhiata divertita, fortunatamente non sarebbe toccato a lui subire
i terribili sbalzi d’umore della rossa, né tantomeno schivare all’ultimo secondo
l’ennesimo oggetto contundente capitato tra le sue mani - Tornerò tra un paio di
giorni per vedere come sta… Posso sapere come ha reagito al suo risveglio?
–
-
Era spaventata… E debole, soffriva ad ogni movimento, si vedeva lontano un
miglio. C’era qualcosa che la preoccupava. Ha passato più di un’ora a rigirarsi
nel letto, senza dire una parola, qualche sguardo buttato in giro ma niente di
più. – spiegò il fiorentino, ricordando con orrore i segni sulla pelle di Marte.
Sarebbero rimasti per sempre… Non avrebbe mai dimenticato quei cinque giorni.
Dopo qualche secondo, passato nel silenzio più totale, sul suo volto si
materializzò un sorriso divertito, il ricordo di ciò che era successo al
risveglio della rossa era appena stato sostituito da qualcosa di molto più
divertente: - Dopo due ore la pace è finita. Ha iniziato ad inveirmi contro…
Come se nulla fosse successo. Come se nulla fosse cambiato da
prima. –
Giorgio
si fece improvvisamente meditabondo.
Il
fatto che Marte riuscisse ancora a sorridente era a dir poco incredibile ma ciò
che dovevano fare, adesso che la situazione si era sbloccata, era convincerla a
parlare seriamente di ciò che le era successo: - Molte persone non si riprendono
mai da un simile trauma… Ezio, hem, Marte parla spesso con te giusto? Credi si
senta abbastanza a suo agio da raccontarti quello che le è successo alla Rocca?
–
Ezio
scosse la testa con rammarico, ci aveva provato un paio di volte nei giorni
precedenti ma non aveva ottenuto niente: - È troppo presto… Ci sono volte in cui
scoppia a piangere senza motivo, altre in cui non tollera nemmeno il contatto
umano ed inizia ad urlare in preda al terrore. Non è abbastanza forte adesso,
non può farcela. -
-
Ho visto uomini ben più preparati ed imponenti di lei impazzire per molto meno.
Lo stress post traumatico di Marte è alimentato dal suo rifiuto di parlare di
qualunque cosa riguardante la sua cattura. Per poter migliorare, per guarire,
dovrà cominciare a parlarne con te e con me. – Giorgio spiegò la situazione
cercando di esprimersi nella maniera più semplice possibile, gli serviva che
entrambi comprendessero la gravità della situazione e lo aiutassero a
rapportarsi con la rossa, lasciarla in quello stato poteva diventare pericoloso
- La mia preoccupazione è che, se penserà che a voi non importa sapere cosa le è
capitato, lei non si sentirà tenuta a parlarne. Non avrà ragioni di farlo,
sentirà di avere tutto ciò che le serve e non ne uscirà mai. Per questo è
fondamentale che riusciate a farvi raccontare ciò che le è capitato
prima che Marte diventi un
pericolo per se stessa. –
*****************
Una
mano ruvida le sfiorò la guancia, Marte restò immobile sentendo quella morbida
carezza sulla pelle, sentì che le scostava i capelli dal viso.
Cercò
di ignorare il brivido di paura che le corse lungo la schiena, era comoda e
quella mano gentile continuava a sfiorarla delicatamente.
Delle
labbra calde si poggiarono sulla sua gola, sentì dei denti mordicchiarla
leggermente prima di risalire verso la sua mascella e di volare alle sue labbra:
– Adesso datti da fare… Se sarai brava, ti farò
avere anche un po’ di cibo stasera. –
Marte
scattò a sedere e si tirò indietro con un grido
terrorizzato.
Ezio
si svegliò di soprassalto e sgranò gli occhi per la preoccupazione notando la
rossa rannicchiata in un angolo: aveva le mani insaponate e borbottava frasi
senza senso.
-
Buon Dio… Mi hai fatto venire un infarto! - sbottò il fiorentino, sollevato nel
notare che Marte non era assolutamente in pericolo come aveva pensato
inizialmente, quindi si avvicinò a lei - Che diavolo ti è preso?! Urlare nel
cuore della notte senza motivo! -
-
Dammi un minuto d’accordo? - borbottò lei, senza distogliere l’attenzione dalle
proprie mani, insaponandole e sciacquandole ancora una
volta.
Ezio
sospirò cercando di darsi una calmata, quella situazione stava diventando
davvero insopportabile, era già la quarta notte che la trovava in quello stato:
- Piantala con queste cretinate… Non dovresti nemmeno essere in piedi, hai
sentito il dottore. –
Marte
si alzò di scatto, tirò un calcio alla bacinella riversandone il contenuto sul
pavimento ed imprecò: - Non ci riesco maledizione! –
-
Ok, qual è il problema? – domandò lui, avvicinandosi alla rossa per accarezzarle
le spalle, nel tentativo di confortarla.
-
È che io… Sono successe tante cose e sto cercando di abituarmi a tutto questo.
Sono un po’ stressata. – spiegò Marte liberandosi dalla sua presa, asciugò il
pavimento con uno straccio, recuperò la bacinella e la riempì nuovamente
insaponandosi le mani - Sono passate due settimane e ancora non riesco a
smettere di lavarmi le mani. Vedo il suo sangue su di me… E non va via capisci?
–
Ezio
restò in silenzio, incapace di proferire parola per qualche secondo, quella
rivelazione l’aveva sconvolto non poco: - Mi dispiace. –
Marte
gli voltò le spalle, in quel momento era sicura di non poter sostenere il suo
sguardo, era delusa da se stessa e dalla sua debolezza: - No, dispiace a me,
scusami. È un brutto momento. Non devono vedermi così… Ognuno ha le sue croci e
io non voglio scaricarle su nessuno. -
*****************
-
Non ne posso più! Inizio a detestare la mia camera capisci? Io amo la mia
camera! – sbottò la rossa, sospirando affranta tra le coperte, al suo fianco
Giacomo scoppiò a ridere.
Le
tirò una cuscinata in testa e si stese al suo fianco, mugolando per la piacevole
sensazione del letto sotto di lui: - Mancano ancora dieci giorni e poi sarai di nuovo libera come l'aria... E comunque, credimi, farei volentieri a cambio con te! Il tuo
fiorentino deve essere impazzito. Ci sta uccidendo… Letteralmente!
–
-
Lui non è il mio fiorentino. È un fiorentino! – gli assestò una
gomitata tra le costole che, tuttavia, non sembrò portare all’effetto desiderato
poiché il moro scoppiò nuovamente a ridere – Dovresti soffrire, non ridere della
mia debolezza villico! –
Jack
le passò un braccio intorno alle spalle, se la strinse contro prima di
scompigliarle i capelli e ridere della faccia sconvolta dell’amica: - Non fare
la melodrammatica. Non ti si addice! -
-
Piantala! – sbottò la rossa, infastidita dal comportamento dell’amico, Giacomo
non poteva capire il suo stato d’animo e tutta quell’allegria la stava
decisamente irritando - Non hai idea di quanto possa essere frustrante restare
qui dentro, isolata dal mondo, come se fossi un’appestata! -
Il
moro le baciò la fronte e le accarezzò una spalla nel tentativo di rilassarla.
Non poteva credere che Marte avesse resistito per tutto quel tempo, lei che non
restava ferma neanche con le braccia legate dietro la schiena ed una pietra
legata alla caviglia, la tentazione di uscire e muoversi anche solo all’interno
della villa doveva intensificarsi di giorno in giorno: - Leggi qualcosa e non
rompere. Ti è sempre piaciuto leggere no? –
-
Leggo per rilassarmi, non per passare il tempo! – spiegò lei restando in
silenzio per qualche istante, prima di indicare la pila di tomi già presente sul
suo comodino ed il resto dei libri ammonticchiati qua e là per la stanza - E poi
ho letto ogni libro che c’è in questa stanza. Non ho nemmeno più lo svago della
lettura! -
-
Ti direi di fare un salto in biblioteca ma tuo padre potrebbe decidere di
mettermi alla gogna… - quella frase fece scoppiare entrambi a ridere, l’immagine
di Luca in veste di “capo altamente inferocito” non era un bello spettacolo ma
in quel frangente entrambi la trovarono assolutamente esilarante - Non so te ma
io la verdura la preferisco in un piatto e non sulla mia faccia!
-
Qualcuno
bussò alla porta.
La
testa di Giorgio fece capolino nella stanza e i due, improvvisamente, smisero di
ridere: - Scusate l’interruzione ma devo controllare come vanno le due ferite. -
-
Si può dire che per oggi l’orario di visita è chiuso… Spiacente Giacomo, dovrete
rimandare le vostre chiacchiere ad un altro momento. - alle spalle del medico,
niente meno che Ezio Auditore, come se non bastasse sul suo volto, si era appena
materializzata un’espressione incredibilmente infastidita che convinse entrambi
a sciogliere quell’abbraccio.
-
Che ci fa lui qui? – domandò la rossa, alzando gli occhi al cielo, infastidita
dall’atteggiamento del fiorentino.
Ezio,
dal canto suo, deviò facilmente l’attenzione del suo gesto affermando l’ovvio: -
Non mi è concesso venire a trovare la mia allieva? –
-
Non se questo implica guardare male il mio amico. – spiegò Marte con tono
sarcastico, rivolgendogli un’occhiata tagliente, che avrebbe fatto tentennare
chiunque.
-
Lascia stare… - Giacomo scrollò le spalle, fin troppo abituato all’atteggiamento
scontroso del fiorentino nei suoi confronti, sapeva che ne avrebbe pagato le
conseguenze durante gli allenamenti ma non sarebbe rimasto in silenzio; testò
l’autocontrollo dell’Auditore dando un bacio sulla guancia alla rossa, sapeva
fin troppo bene che lui non poteva concedersi un simile atteggiamento quindi gli
riservò uno sguardo divertito prima di uscire - Tornerò più tardi, sempre che
qualcuno non voglia affidarmi qualche improbabile recupero in
notturna. –
-
Che sfacciato. – sbottò Ezio infastidito, accomodandosi sulla sedia più vicina
al suo letto, incrociando le braccia lungo lo schienale.
-
Sfacciato lui?! – esclamò esasperata Marte, indicò la porta con fervore ed
evidenziò l’ovvio, cosa che evidentemente sfuggiva al suo maestro – Lo hai
praticamente minacciato con uno sguardo! –
-
Non sa reggere un po’ di pressione? Per la cronaca, credo che tu e lui passiate
troppo tempo insieme. - replicò lui a sua volta, come se quell’affermazione
fosse sufficiente a discolparlo da qualunque accusa stesse intentando contro di
lui la rossa.
-
Credo che tu ti stia allargando troppo. – replicò lei inviperita, il
comportamento di Ezio stava raggiungendo livelli inauditi e trovò strano il
fatto che Giorgio non fosse intervenuto per interromperli – Non sei né mio padre
né il mio promesso sposo quindi piantala con tutta questa pantomima, rasenta il
ridicolo, te l’ho già detto una volta! –
-
E guarda com’è andata a finire! Il tuo infinito orgoglio ti ha trascinato
direttamente nella tana del lupo proprio perché non mi hai voluto dare retta… –
lo urlò quasi, indicando con un gesto più che eloquente il suo corpo ancora
parzialmente bendato e in via di guarigione, come se bastasse ad avvalorare la
sua tesi agli occhi di chiunque – Non permetterò che un simile errore ricapiti
una seconda volta, non perché sei stata così ingenua da ignorare i miei
insegnamenti! -
Marte
rispose alla sua provocazione con un’amara risata, lo guardò negli occhi con
sfida, incapace di trattenere oltre la rabbia che in quel momento sembrava
invaderla in tutto il corpo: - Devo averla dimenticata… L’argomento “come
affrontare una tortura senza impazzire” è stato ampiamente affrontato durante la
nostra prima lezione. –
Ezio
sospirò, non voleva ottenere quel tipo di reazione da lei ma forse gli era
ancora possibile salvare qualcosa, prima che la rossa lo mandasse ampiamente a
quel paese e gli scaricasse addosso qualche decina di libri, com’era già
successo tra l’altro: - Ti abbiamo salvato. È questo l’importante.
–
-
Ho dovuto ucciderlo… Gli ho fracassato la testa con un sasso. Ho ucciso lo
stesso uomo che per giorni mi ha nutrito e torturato mentre aspettavo
che qualcuno, chiunque, venisse a liberarmi. – era finalmente arrivato il
momento in cui qualcun altro, a parte lei, sapesse della verità; non aveva certo
previsto che sarebbe successo durante un litigio con Ezio ma era ora che lui la
piantasse di rinfacciarle la sua decisione, aveva completato la missione con
successo, anche se il “dopo” era diventato un enorme problema - Non avete idea di cosa abbia voluto dire… Sentire la sua
disgustosa saliva sulla mia pelle, le sue mani sul mio corpo, le minacce di
altro dolore sussurrate come promesse… Voi non mi avete salvato. Mi avete
raccattato quando ormai era troppo tardi per salvare qualcosa della vecchia me!
-
|
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Capitolo 12 *** Letture Proibite e Discorsi Imbarazzanti ***
<< NOVA
LUX >>
Dopo quello sfogo che si era concessa in presenza di Giorgio ed
Ezio, oltre ad aver preteso che quest’ultimo non mettesse più piede nelle sue
stanze fino alla conclusione della sua “riabilitazione”, si era chiusa in un
inesorabile quanto fastidioso mutismo.
Marte aveva ampiamente approfittato del “divieto di accesso” che
Luca aveva imposto a ogni singolo membro della confraternita per allenare
braccia e gambe sicura che, una volta terminati i quaranta giorni, Ezio
l’avrebbe nuovamente spronata a dare il meglio di
se.
E poi, a voler essere del tutto onesti, Marte stava preparando un
ritorno in grande stile… Insomma, un’entrata degna del suo
nome.
Le ferite si erano rimarginate correttamente e, nonostante la
febbre dei primi giorni, non si erano presentate nuove
complicazioni.
Giorgio le aveva
raccomandato di andarci piano almeno per i primi giorni ma lei, di testa sua
ovviamente, aveva stabilito che trenta giorni di “dolce far niente” erano più
che sufficienti a riottenere una salute di ferro... Anche se, a giudicare dalle
fitte che ogni tanto le mandava la spalla, era più facile aspirare ad una salute
assolutamente nella norma almeno per qualche mese.
Stava bene, sia fisicamente che mentalmente, a dire di Giorgio.
Dopo quello sfogo carico di ansia e rabbia, avvenuto qualche giorno prima, era
riuscita a raccontargli cosa le fosse accaduto in quei fatidici cinque giorni di
tortura… In sede del tutto privata e lontana da orecchie indiscrete, sia
chiaro.
Approfittando dell’ora di pranzo, in cui tutti i membri della
confraternita si chiudevano in mensa, sgattaiolò fuori dalla sua
stanza.
In meno di cinque minuti aveva raggiunto l’armeria, recuperato
arco e frecce e si era diretta al campo di
addestramento.
Dopo più di un quarto d’ora, si era resa conto del fatto che
qualcosa nella sua vista era cambiato e in peggio. Non era un problema colpire
un bersaglio da ottanta piedi ma una volta superati i centodieci, i suoi tiri
iniziavano a perdere efficacia, allontanandosi dal centro in maniera più che
evidente.
Imprecò tra se e se avvicinandosi al bersaglio per recuperare le
frecce andate a vuoto, s’interrogò a lungo su cosa avesse provocato quegli
errori quindi iniziò a fare ipotesi…
Banalmente,
poteva essere colpa del vento, lei era riparata dalla corrente ma il bersaglio
era totalmente esposto. Legò la bandana che aveva al collo a una lancia, che si
premurò a impiantare saldamente nel terreno, poi tornò alla sua
postazione.
Regolò
il tiro in base alla forza del vento, prese la mira e un paio di secondi dopo il
dardo tracciò una traiettoria perfetta per poi andare a conficcarsi nel
bersaglio di legno, mancò di qualche millimetro il centro
perfetto.
-
Molto meglio. – si congratulò lei, tra se e se, prima di sentire qualcuno alle
sue spalle applaudire. Marte non restò sorpresa nel trovarsi Ezio a qualche
metro di distanza, aveva il solito sorriso divertito sulle labbra e sembrava
parecchio soddisfatto dalla sua performance.
-
Da quanto hai ricominciato gli allenamenti? – il moro attese qualche secondo, in
attesa di una risposta che ovviamente non arrivò. Ezio alzò gli occhi al cielo
pensando che, se quella situazione tra loro non si fosse presto sbloccata, non
ci avrebbe pensato un secondo di più a mandare tutto a quel paese – Per quanto
ancora intendi tenermi il muso? L’hai fatta tu la scenata, dovrei essere io
quello offeso! –
Marte
si sgranchì le spalle, estrasse l’ennesima freccia dalla faretra e la lanciò
contro il bersaglio. Sbuffò notando con la coda dell’occhio la figura del moro
comparire quasi al suo fianco, aveva le spalle al muro e non le toglieva gli
occhi di dosso: - Speravo di essermi finalmente liberata di te. -
-
E invece guarda: sono ancora qui, più bello e muscoloso di prima. – il
fiorentino fece un giro su se stesso, si esibì un sorrisetto accattivante e
ridacchiò notando l’espressione confusa sul volto della rossa – Lo sai? Ci sono
ragazze che darebbero un braccio per passare anche solo due minuti in mia
compagnia… Qui sono io a cercare te. Dovresti sentirti onorata.
–
L’espressione
di Marte mutò radicalmente, adesso era lei quella divertita, lo squadrò dalla
testa ai piedi e scoccò la freccia, centrando perfettamente il bersaglio sotto
lo sguardo sbigottito del fiorentino: - Credici Auditore… Se vuoi un consiglio,
vai al “Down Town”. Chiedi di Savannah e dille che ti mando io. Sono certa che
la loro accoglienza ti piacerà. -
*****************
Marte
si recò nello studio del padre, probabilmente anche lui era a pranzo, approfittò
della solitudine per cercare qualche nuovo libro con cui arricchire le sue
ultime giornate di prigionia.
Prese
un volume a caso, spalancò gli occhi per la sorpresa ritrovandosi tra le mani il
De Amore di Cappellano e l’Ars Amatoria di Ovidio… Continuò a vagare in quella
particolare zona della libreria e vi trovò molti altri volumi “sui generis”.
Le
era capitato, qualche anno prima, di sfogliare pagine simili presso la famiglia
di un’amica di nobili origini: Nadia poteva vantare nella propria collezione più
di duecento volumi, alcuni dei quali di provenienza estera.
Imparò
l’inglese e il francese così, sfogliando libri sull’amor cortese insieme alla
sua vecchia amica d’infanzia, di nascosto dai cattolicissimi occhi dei genitori
di lei e dalla indole protettiva di Luca che, se lo avesse scoperto, sarebbe
stato probabilmente colto da un infarto plurimo.
Aveva
fatto tesoro di quelle nozioni, ripensandoci le erano tornate parecchio utili in
passato, aveva ormai imparato a destreggiarsi tra quelle lingue e ad usarle per
il proprio tornaconto. Dapprima solo per trattare con alcuni contrabbandieri e
poi, quando la sua passione per le antiche leggende di Re Artù era quasi
diventate un’ossessione, le aveva sfruttate per stringere amicizia con i
cantastorie inglesi che di tanto in tanto venivano nella capitale per allietare
le serate della gente.
-
Cosa ci fai fuori dal letto? – la voce di suo padre la colse di sorpresa, per
poco non perse il segno sul volume che teneva tra le mani, alzò lo sguardo e si
ritrovò faccia a faccia con suo padre che teneva le braccia incrociate sullo
schienale dietro alle sue spalle.
-
La domanda giusta è: perché hai dei libri come questi tra i tuoi volumi privati?
– indicò la pila di libri davanti a lei e riservò al padre uno sguardo ironico e
divertito - Credevo di essere io la donna in famiglia. –
Luca
sbuffò alzando gli occhi al cielo, le scompigliò la frangia com’era suo solito e
prese posto dal lato opposto della scrivania: - È roba di Marta. Sai bene quanto
le piacciano queste cose sull’amore impossibile. –
-
Provane un’altra… - fu sarcastica, in risposta ottenne uno sguardo confuso, a
quel punto non le restò che ridere apertamente della menzogna appena raccontata
da suo padre - Marta non sa leggere papà! –
L’uomo
si finse indaffarato a riordinare le carte davanti a lui ma era sicuro, visto lo
sguardo furbo di sua figlia, che il rossore sulle sue guancie fosse più che
evidente: - Si beh… Io li tengo soltanto. –
-
Credo che me ne porterò un paio in camera. – spiegò la rossa, indicando ancora
una volta i cinque volumi prescelti, riportando la propria attenzione sul libro
che aveva davanti - Devo proprio capire come questa donna possa trovare sollievo
semplicemente abbracciando l’uomo cui decanta il suo amore a gran voce.
–
-
Che hai preso, di grazia? – gli domandò Luca, abbassandosi nel tentativo di
intravedere il titolo sulla copertina, fu facilitato poco dopo dalle azioni
della rossa che alzò il tomo quel tanto che bastava a colmare il suo dubbio –
Oh… Adesso capisco. -
Sul
volto di Marte comparve un sorriso soddisfatto, Luca si schiarì la voce a
disagio ma la ragazza sembrò intendere quel segno in tutt’altra maniera, al che
si prodigò in una spiegazione più dettagliata di ciò che stava “succedendo”: -
La cosa inizia a farsi interessante… La cara duchessa, a quanto pare, mira a
qualcosa di ben più intimo di un abbraccio: “Quando potrò avervi completamente
in mio potere? Per giacere accanto a voi una sera, e coprirvi di baci pieni di
passione”. -
L’uomo
si passò stancamente le dita sulle tempie, maledetto il giorno in cui gli era
passato per la mente di darle un libro tra le mani per tenerla buona, quella
situazione stava diventando ridicola: - Che ne dici di continuare altrove? Non
sono pronto a sapere ciò che pensi di questa roba. –
-
Suvvia padre… Non crederete sul serio che sia rimasta ferma alla cicogna, vero?
– notando lo sguardo allibito di suo padre, non le restò che sospirare e
chiudere il libro, a quanto pare era finalmente giunto il momento di mettere le
carte in tavola e chiarire la situazione - Le donne di città non si sono fatte
remore a raccontarmi come si accontenta un uomo, credetemi, so più di quanto
vorrei in merito… C’è inoltre da considerare che, come avete sottolineato più
volte nell’ultimo anno, sono in età da marito e dovrò pur sapere qualcosa prima
di arrivare all’altare. –
-
Non è il genere di discorso che mi piacerebbe intrattenere con te. – borbottò
l’uomo sospirando affranto, negli ultimi tempi aveva avuto modo di ricordare, il
pensiero che sua figlia fosse cresciuta così in fretta lo spaventava oltre modo
ma era evidente che Marte non fosse intenzionata ad aspettare oltre per
affrontare quel discorso così delicato.
- Allora con chi dovrei parlarne? – sbuffò la rossa alzando gli
occhi al cielo, incrociò le braccia al petto e con tono sarcastico tornò
all’attacco, nel tentativo di spronare suo padre a darle una risposta decente –
Dovrei chiedere agli uomini alla Notte Senza Luna? Forse è meglio che chieda al
fiorentino… Sembra saperne parecchio sull’argomento.
–
Luca sgranò gli occhi per la sorpresa: che Marte stesse crescendo
era ormai un dato di fatto. Qualcuno, prima o poi, si sarebbe fatto avanti per
chiederla in sposa ma l’ipotesi di una loro unione, entro breve e con il moro
appena menzionato, era un’ipotesi da non scartare: - Perché tra tutti proprio
lui? –
- Poco fa si vantava del proprio fascino… Come se me ne importasse
qualcosa. - la sua spiegazione fu spiccia, sembrava quasi che il discorso stesso
la infastidisse ma ben presto tornò ai vecchi ed ironici canoni che da sempre
l’avevano contraddistinta - L’ho spedito al Down Town per scaricare la
“tensione”… Magari un po’ di movimento tra le lenzuola riuscirà a fargli
scaricare un po’ di stress. E non guardarmi così: vivere in una confraternita di
soli uomini aiuta a capire certi discorsi, sai? – quindi si
congedò.
Lo stato emotivo di Luca fluttuò tra l’allibito e l’affranto per
un paio di ore: aveva parecchio su cui riflettere ora che Marte gli aveva fatto
intendere di sapere qualcosa, a parer suo sin troppo, sulla vita di
letto.
*****************
La
notte calò prima di quanto avesse preventivato.
Sara
le aveva portato la cena e suo padre, come di routine, era passato a controllare
che avesse mangiato tutto.
Le
letture che aveva recuperato quel pomeriggio si erano rivelate migliori di
quanto avesse auspicato. Si era immaginata poemetti ricchi di frasi smielate e
fuorvianti, totalmente incompatibili con la realtà e invece, si era sorpresa nel
constatarlo, erano ricche di messaggi sottintesi: - Hai capito la “casta” vita
di corte… C’è del materiale buono ad alimentare la fantasia di ogni uomo, del
regno e oltre, in queste pagine! –
Quando
era ormai certa del fatto che non ci fosse più nessuno in giro, Marte abbandonò
la sua stanza per rifugiarsi in cucina dove si preparò un’abbondante tazza di
latte caldo con qualche biscotto.
Andò
sul tetto della casa, una coperta sulle spalle e la tazza di latte caldo tra le
mani mentre, sopra di lei, una notte senza nuvole le concedeva la vista di un
magnifico cielo stellato. Le ore si susseguirono, una tenue foschia invase i
campi di grano sottostanti mentre Saetta, il gatto di Riccardo, si divertiva a
spaventare qualche incauto topolino.
Un
vento tiepido le accarezzò le spalle, scompigliandole i capelli ormai liberi
dall’imponente treccia che la sua balia aveva insistito per farle, una tenue
luce oltre le colline annunciava l’alba di un nuovo giorno e solo in quel
momento decise di tornare nelle sue stanze.
La
concezione della natura sovrana, fu l’ultimo pensiero a balenarle per la testa
prima che il sonno la facesse sprofondare tra le braccia di Morfeo… E per la
prima volta, da molti giorni ormai, quella fu una notte senza
incubi.
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Capitolo 13 *** Cani Da Guardia & Giuramenti ***
<< NOVA
LUX >>
Il giorno dopo Marte si svegliò con una strana sensazione in
corpo. Si sentì in dovere di cercare qualcuno, anche se non le era chiaro dove
trovarlo o chi fosse il suo obiettivo, il che era abbastanza bizzarro.
Aveva fatto un sogno strano quella notte, ne ricordava solo i
contorni vaghi e sfumati, probabilmente ciò che andava trovato era già perso nei
meandri della sua memoria.
Tuttavia non volle lasciare la questione in sospeso quindi,
sorseggiando la sua solita tazza di latte mattutina, annunciò le sue intenzioni
al padre senza distogliere lo sguardo dal libro che aveva davanti: - Oggi andrò
in città. –
- Credi sia saggio nelle tue condizioni? – fu la pacata replica di
Luca, intento a riordinare la mole di libri sparsi in giro per la stanza della
figlia, mentre quest’ultima finiva di fare
colazione…
La rossa ridacchiò tra se e se notando il padre massaggiarsi la
schiena dolorante, sollevare tutti quei libri non era certo salutare per un uomo
della sua età e non mancò di farglielo notare: - Dovresti lasciare questo genere
di lavori alle reclute… Non hai più l’età per certe cose.
–
- Non sono così vecchio! - Luca le rivolse un’occhiata risentita
prima di sedersi sul bordo del suo letto, ponderò accuratamente le parole della
figlia e decise di seguire il suo consiglio – Tuttavia credo che nelle tue
parole ci sia un fondo di verità. Credo userò il tuo disordine a mio vantaggio:
non c’è punizione peggiore del restare chiusi in una stanza quando fuori c’è il
sole. -
- Vedo che almeno su una cosa siamo d’accordo… Niente mi tratterrà
dall’abbandonare questa stanza ora che la mia convalescenza è conclusa. – spiegò
lei, stiracchiandosi tra le lenzuola, sorridente come mai lo era stata nelle
ultime tre settimane. Cinque minuti dopo era pronta per
uscire.
Nella tracolla aveva riposto con cura un taccuino, una mappa della
città e qualunque altro oggetto le sarebbe servito nella fantomatica ricerca del
“soggetto x” infine, prima di abbandonare la stanza, diede al padre un bacio
sulla guancia – Sta tranquillo papà… Starò attenta. Promesso.
–
*****************
Marte era seduta sul bordo della fontana di Trevi, la matita tra
le labbra mentre scrutava con attenzione la mappa pensando al successivo luogo
in cui cercare l’uomo del suo sogno, era certa di averlo già visto a Roma ma
proprio non ricordava dove…
- Credevo che conoscessi questa città come le tue tasche.
–
Marte riconobbe istantaneamente quella voce e, senza distogliere
lo sguardo dalla mappa, tracciò un cerchio intorno al suo prossimo obiettivo
prima di riporre la mappa all’interno della sua borsa: - Ezio… Perché trovarti
qui, non mi sorprende? –
- Non ti stavo seguendo. Ero di passaggio. – spiegò il fiorentino,
occupando il posto accanto a lei, cercando ci capire dagli appunti sparsi
tutt’attorno cosa stesse cercando la rossa.
- Interessante… – borbottò lei, dimostrando ben poco interesse sei
suoi confronti, Marte raccolse il resto dei suoi appunti prima che Ezio potesse
ficcare ulteriormente il naso nei suoi affari quindi gli voltò le spalle,
imboccando la via più vicina per raggiungere le terme - Scusa ma ho un paio di
cose da fare. –
Sapeva che il moro avrebbe tentato di seguirla…
Tuttavia c’era una cosa che forse a Ezio era sfuggita: tra romani
ci si aiutava sempre. Entrò alla Giovane Lupa, l’ennesima taverna di cui
conosceva i proprietari e chiese a Galvano(l’oste), di poter usare l’uscita
posteriore.
Questa dava direttamente sul mercato del giovedì: era difficile
che Ezio riuscisse a riconoscerla in mezzo a quel mare di folla… Tuttavia decise
di nascondere i capelli rossi con un cappello e di camuffare gli abiti
semplicemente coprendoli con un lungo mantello blu.
Una volta raggiunte le porte delle antiche terme, tolse mantello e
cappello, per riottenere una certa mobilità ed
entrò.
Dal principio fu solo silenzio…
Poi, d’improvviso, degli ululati distrussero quella quiete e una
ventina di uomini dal capo celato, con pellicce di lupo, la
accerchiarono.
Un sorriso si
materializzò istantaneamente sulle sue labbra: li aveva
trovati.
*****************
Ezio fu costretto ad ammettere con se stesso quanto Marte fosse
stata furba: per un po’ era riuscito a seguirla in quel mare di vie strette e
impraticabili ma, dopo la taverna, ne aveva perso completamente le tracce, come
se si fosse smaterializzata nel nulla tra la folla del
mercato.
L’unico modo che aveva per trovarla, era ricordare l’ultimo punto
che le aveva visto segnare sulla mappa… Gli ci volle qualche secondo per
ricordare il disordinato schema che la rossa sembrava aver seguito per tutta la
mattina.
Poi ricordò un dettaglio e la meta gli fu chiara: le terme.
Corse come un pazzo per raggiungerla nel minor tempo possibile e
quando la raggiunse la vide intenta a levarsi un berretto e un mantello scuro:
ecco spiegato il perché, di punto in bianco, l’avesse vista
sparire.
Si avvicinò con cautela, non voleva certo farsi scoprire da lei
ora che era così vicino e aveva ancora un paio di domande irrisolte che gli
ronzavano per la testa, prima tra tutte "cosa" l’avesse portata in quel
luogo.
La vide camminare per qualche metro, lo sguardo che vagava curioso
tutt’intorno prima che un gruppo di uomini la
circondasse.
Contrariamente alle sue previsioni la vide sorridere, come se sin
dal principio si aspettasse di assistere esattamente a quella reazione.
La vide poi
incrociare le braccia al petto, l’aria vagamente annoiata e uno sguardo di sfida
rivolto agli avventori… Anzi, ora che ci faceva caso, sembravaavercela con uno
in particolare.
*****************
- Sei venuta a giocare nel posto sbagliato ragazzina. – fu la
divertita affermazione dell’uomo di fronte a lei.
Marte
non si lasciò intimorire, soltanto un mese prima aveva affrontato qualcosa di
peggiore di venti uomini armati, aveva già pronto un piano d’azione nel caso in
cui le cose fossero andate storte: - Sto cercando
Ivan.
–
-
Come conosci il suo nome? – domandò incuriosito un altro dei lupi, a giudicare
dal suo volto, un giovane ragazzo sulla ventina.
Decise
di spiegare, seppur grossolanamente, la situazione ai presenti sperando che non
la mandassero direttamente a quel paese: - Il nostro incontro è stato predetto
dagli Dei. –
Un
altro, sentendola parlare, scoppiò a ridere prima di puntarle la spada sotto il
mento: - Purtroppo per te bambina, abbiamo abbandonato il sentiero spirituale da
tempo. –
-
Non chiamarmi mai più bambina. – approfittando della sorpresa dell’altro, calciò
via la spada disarmandolo in pochi istanti sotto lo sguardo sconcertato dei
presenti, poi riassumere la compostezza di qualche attimo prima – Statemi bene a
sentire cani rabbiosi, non ho tempo da perdere con voi quindi avete due
possibilità: portarmi da lui senza remore o farvi prendere a calci nel culo da
una donna sino a quando non mi supplicherete di darvi ascolto.
–
-
Non credo tu sia nella posizione di poterci minacciare. – replicò un altro degli
uomini, riferendosi all’evidente superiorità numerica del suo gruppo rispetto a
ciò che poteva fare lei, da sola.
- Questo è ciò che credi tu… Sarà divertente prendervi a calci. –
e detto questo fece scattare la lama celata, con l’ennesimo balzo era atterrata
sul petto di uno dei lupi e gli tagliò la gola di netto.
Approfittando della lentezza dei suoi avversari, falciò le gambe a
un paio di uomini che crollarono l’uno sull’altro e recuperando una spada li
trafisse entrambi in un sol colpo.
Un altro lupo, capendo le sue intenzioni, bloccò il suo colpo e
tentò di attaccarla con un’accetta comparsa da chissà dove; Marte ringraziò la
sua prontezza di riflessi che le permise di evitare l’attacco e con uno scatto
laterale lo ferì mortalmente alla gola.
Estrasse la daga dallo stivale e, pur sapendo che in quel modo
avrebbe radicalmente ridotto la potenza dei suoi attacchi, riuscì a distrarre i
due di fronte a lei quel tanto che le bastava per finirli con la lama nascosta…
E così fu: i due, concentrati unicamente sulla lama maggiore, si erano lasciati
sopraffare dai suoi “salti da grillo” ed erano stati disarmati in meno di un
paio di secondi.
- Basta così. –
Marte voltò le spalle ai due uomini, la lama si ritrasse e lei
allargò le braccia, come a sottolineare quanto tutto quel teatrino iniziasse a
darle noia: - Era ora! Volevi un invito scritto per caso?
-
- Cosa ci fai qui Luce? – gli domandò Ivan incuriosito, prima di
rendersi conto dello scempio di cadaveri tutt’attorno, imprecò ad alta voce
prima di rivolgerle uno sguardo infastidito - Era necessario ridurli in questo
stato? –
L’altra gli riservò uno sguardo annoiato, pulì la lama dal sangue
nemico sulla pelliccia di uno dei caduti quindi riservò al resto dei lupi uno
sguardo poco rassicurante: - Dovresti spiegare ai tuoi cuccioli come si tratta
una donna. -
Ivan rise riservandole un’occhiata ironica, dall’ultima volta che
si erano visti Marte era cambiata parecchio, sia fisicamente sia mentalmente ma
non aveva ancora perso la sua lingua tagliente: - Sarcastica come sempre… Ancora
niente marito, vero? –
- Neanche tu hai perso il tuo senso dell’umorismo. – sul suo volto
comparve un sorriso divertito, fece scattare la lama celata e rassettandosi i
vestiti diede uno sguardo all’ambiente circostante – Quale delle sei entrate ho
trovato, di grazia? -
Il capo dei Seguaci di Romolo fece un segno di diniego con la
testa, solo qualche secondo prima era stato avvertito della presenza di un
estraneo, oltre a Marte, nella zona e voleva vederci chiaro: - Non ora e non
qui… C’è un tizio di cui devo prima occuparmi prima.
-
La rossa sospirò, quindi non era riuscita a sbarazzarsi di Ezio,
si ripromise di migliorare nei travestimenti quindi spiegò a Ivan la situazione:
- Liberalo. Quello zuccone deve avermi seguito fin qui ma non è intenzionato a
nuocervi in alcun modo. –
- Lo conosci abbastanza da garantire per lui? – l’alfa incrociò le
braccia al petto e le rivolse un’occhiata sospettosa: da ciò che ricordava, non
era solita ergersi a paladina della giustizia con chi non le andava
particolarmente a genio quindi… Doveva esserci qualcosa sotto. Più tardi, lui e
la rossa, avrebbero parlato anche di questo.
Marte sbuffò alzando gli occhi al cielo: Ezio gliel’avrebbe
pagata.
Esporsi tanto con i lupi non era una cosa da prendere alla
leggera, nemmeno per lei che conosceva il “capo” da tempo e proprio per questo
sapeva di non potersi permettere errori di alcun tipo: - Lo giuro sul mio
orgoglio… E adesso liberalo. -
Il fiorentino fu lanciato con poca grazia ai piedi della rossa
che, a braccia conserte e con un cipiglio ben poco rassicurante in volto, lo
salutò glaciale.
- Prima che inizi a inveirmi contro, sappi che volevo soltanto
assicurarmi che non ti cacciassi nei guai! – poi si guardò intorno, vide i
cadaveri a qualche metro da se e gli uomini armati che lo circondavano, le
rivolse un’occhiata severa e la rimproverò - Ma è evidente che tu attiri
disgrazie nel raggio di cinquanta chilometri! –
- Ho te al mio fianco e sei a meno di cinquanta chilometri… Hai
ragione: attiro disgrazie. – Marte s’inginocchiò davanti a lui, gli sorrise
divertita e gli tirò un pugno degno di un lottatore professionista che lo fece
mugolare dolorante per qualche secondo - Adesso che la pulce è sotto tiro,
possiamo andare in un posto più tranquillo e parlare in santa pace?
–
Ivan scoppiò a ridere sentendo la sua richiesta, non avrebbe mai
acconsentito a portare uno straniero tra i cunicoli segreti della città eterna:
- Se credi che te lo farò portare, sei in errore. –
- Poche cazzate
Ivan. – stavolta fu il turno della rossa di ridere, lo guardò con supponenza e
mise mano ai pugnali da lancio legati alla cintura quindi gli rivolse uno
sguardo serio - Lui verrà con noi. È il mio cagnolino da guardia e non lo
lascerò qui: tu hai i tuoi cuccioli cui badare, io ho il mio… E ora andiamo.
–
|
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Capitolo 14 *** Passato e Presente ***
<< NOVA
LUX >>
- Per quale motivo hai deciso di seguirmi? Dovevi tornartene a
casa! – lo rimproverò la rossa, aiutandolo a rialzarsi mentre il resto dei lupi
li precedeva – Hai rischiato di mandare tutto in fumo lo sai?
-
- Ero preoccupato per te! – sbottò l’altro, ripulendosi gli abiti
dalla polvere rimasta, quindi le rivolse un’occhiata preoccupata - Sarai anche
guarita ma non sei ancora tornata del tutto in forze.
–
- Ricordami chi tra noi due è stato catturato… – si beffò di lui,
divertita dalla magra figura che aveva fatto poco prima e si incamminò seguendo
Ivan, a qualche metro da loro.
Ezio la ignorò, l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento
era sentire la sua allieva che gli diceva di stare più attento a ciò che faceva,
questo si che era davvero ironico: - Si può sapere chi sono questi uomini?
–
- In città li conoscono come i Seguaci di Romolo… - spiegò lei,
osservando quattro lupi arrampicarsi lungo le rovine e attivare i meccanismi di
quattro fontane che fecero crollare il pavimento, molto probabilmente l’avevano
fatto per nascondergli la via più breve ma non si lamentò - Ti dice niente? –
- Lavorano per i Borgia! – per poco Ezio non lo urlò e attirò
l’attenzione di Ivan e di un altro paio di lupi che gli riservarono delle
occhiate divertite.
Marte gli tirò una gomitata sulle costole e sorrise gioviale a
Ivan che, in risposta, scoppiò a ridere prima di tuffarsi. Rivolse al fiorentino
uno sguardo infastidito e gli spiegò la situazione a grandi linee: - Lavorano
per chi li paga meglio e i Borgia, almeno sotto l’aspetto economico non se la
passano per niente male... –
Si tuffarono entrambi, il primo a uscire fu Ezio che le porse la
mano per aiutarla a uscire ma non fu l’unico ad avere la stessa idea, al suo
fianco infatti c’era Ivan. Per non fare un torto a nessuno, Marte si fece
aiutare a entrambi e prima di riprendere il lungo viaggio verso il
santuario.
Una volta fuori dall’acqua, si premurò di strizzare gli abiti
completamente fradici accorgendosi soltanto dopo un paio di secondi che nessuno
degli uomini presenti sembrava intenzionato a distogliere lo sguardo: - Devo
cavarvi gli occhi personalmente o è troppo sperare che capiate da voi che questo
non è uno spettacolo di cabaret? –
Finalmente riottenuto un minimo di privacy, Marte si tolse la
maglietta e la strizzò, non ci teneva proprio a riammalarsi e in quel posto il
vento la faceva da padrone…
Affiancò il fiorentino e fece cenno a Ivan di
proseguire.
Approfittando del fatto che i lupi si erano messi a parlare tra di
loro, Ezio si sporse verso di lei e mantenendo il tono appena udibile le chiese
se i Seguaci di Romolo fossero dei mercenari.
- Diciamo che, con le loro imprese, si avvicinano molto al
concetto comune del termine “mercenari”… - a quel punto, stufa delle continue
domande del moro, accelerò il passo tentando di distanziarlo il più possibile -
Adesso che i tuoi dubbi adolescenziali sono stati risolti, puoi evitare di farti
ammazzare o ti è così difficile tenere la bocca chiusa?
–
- Perché hai ucciso quegli uomini? Non hai mostrato la minima
esitazione. – la afferrò per il polso e la costrinse nuovamente a guardarlo ma
quasi si rammaricò della sua scelta. Non si sarebbe mai aspettato di rivedere lo
stesso sguardo di qualche settimana prima: era impaurito e freddo al contempo e
sul suo volto, sempre così allegro e spensierato, era incredibilmente
spaventoso.
- Dicono che il primo omicidio si ricordi per sempre, gli altri
sono solo un numero… - mai come quel momento gli sembrò una frase appropriata,
uccidendo quelle persone non aveva provato niente più che fastidio, il solo
pensiero delle azioni che avevano commesso in passato le era bastato a mettere a
tacere il suo senso di colpa - Credimi: nessuno li rimpiangerebbe, sono uomini
della peggior specie quelli che camminano al nostro fianco… Per di più sono
tutti facilmente rimpiazzabili. -
Uno dei seguaci aveva improvvisamente arrestato la sua camminata,
aveva messo mano all’elsa della sua spada e si era avvicinato alla rossa con
rabbia: - Stai parlando troppo mocciosa. –
- Dovresti cucirti la bocca, randagio… - la rossa sembrava essere
del tutto a proprio agio in quella situazione, come se fosse del tutto certa che
qualunque azione avesse compiuto l’uomo davanti a lei, niente avrebbe potuto
scalfirla o ferirla in alcun modo - Le voci che girano sul vostro conto non sono
un esempio di rispettabilità e, come hai potuto vedere, non ci penserei due
secondi a porre fine alle vostre inutili vite. –
- Come ti permetti! – esclamò quello, imbestialito
dall’atteggiamento schernitore con cui la ragazza stava parlando di lui e dei
suoi fratelli.
Marte non attese oltre, fece scattare la lama celata e le puntò
alla gola del lupo davanti a lei, divertita dal timore che aveva visto nello
sguardo dell’uomo davanti a lei: - Credi che stia scherzando? Preferiresti una
dimostrazione pratica di ciò che ho detto? –
- Dovresti smetterla di terrorizzare i miei uomini. – da quando
avevano messo piede nella tana, quella era la prima volta che Ivan interveniva
direttamente, fece cenno al compagno di precederlo e si avvicinò ai due - Non
hanno colpe per ciò che non conoscono. Dovresti prendertela con me: non mi sono
mai preoccupato di informarli sul tuo conto. –
- È da molto che vi conoscete? – domandò a quel punto Ezio,
incuriosito dallo strano scambio di sguardi intercorso tra i due e dallo sbuffo
rassegnato della rossa al suo fianco che s’incamminò, seguendo l’uomo che
l’aveva quasi convinta a usare nuovamente la lama
celata.
- Abbiamo trascorso gran parte della nostra infanzia insieme. -
spiegò Ivan, guardando la rossa con ammirazione notando con quanta agilità
riuscisse a stare dietro ai suoi uomini, aveva sentito una voce che la dava
ormai per spacciata ma a giudicare dalla fluidità dei suoi movimenti si era
ripresa perfettamente - I nostri padri si conoscevano da tempo e abitando nella
stessa zona della città, era facile incontrarsi. Non era poi così difficile
restare in contatto tra noi. –
- Quindi siete amici. – il fiorentino parlò senza staccare lo
sguardo dalla rossa, Marte si trovava in cima a una colonna a più di dieci metri
dal terreno e sembrava pronta a spiccare un bel salto, l’unico modo per
raggiungere l’apertura che dava sulla stanza
adiacente.
- Vero soltanto per
metà… - notando che Ezio era pronto a seguire gli stessi passi della rossa, lo
fermò e gli indicò una via alternativa, sicuramente più pratica e comoda di
quella che avevano seguito gli altri - I miei ragazzi vogliono fare il giro
difficile. Credo stiano cercando di vendicarsi per ciò che ha detto prima ma non
hanno idea delle sue capacità. –
Il fiorentino annuì appena, capendo le intenzioni di rivalsa che i
lupi provavano nei confronti della rossa, non era facile per nessuno accettare
di essere sconfitti da una donna ma poi, la sua mente, tornò alle parole del
biondo al suo fianco: - Credo di essermi perso qualche passaggio.
–
Ivan sospirò tra se e se, come se il ricordo gli provocasse un
netto rimpianto, poi decise di spiegargli la situazione: - Prima che io
diventassi il capo sei Seguaci di Romolo, io e lei avevamo un rapporto
totalmente diverso dall’amicizia. –
A quel punto sul volto di Ezio si materializzò un’affermazione
confusa, il suo sguardo seguiva ancora l’agile figura di Marte che si apprestava
proprio in quel momento a tornare “con i piedi per terra”, cercò di non essere
troppo invadente ma ormai la curiosità lo stava divorando: - Credo di non capire
ciò che intendi… Se non eravate amici, qual era la natura del vostro rapporto?
–
Ivan sorrise divertito notando che i suoi uomini avevano il fiatone mentre Marte era fresca come una rosa. La vide saltare giù dal cornicione e atterrare con l’eleganza di una Dea incantatrice quindi, si voltò nuovamente verso il
fiorentino e mostrando un’impassibilità che fino a quel momento non gli era
appartenuta, rispose.
- Marte era la mia
promessa sposa. –
*****************
-
Mi aspettavo qualcosa di più dai tuoi uomini. - Marte indicò gli uomini alle sue
spalle, erano visibilmente affaticati e non si risparmiarono delle occhiate
malevole nei suoi confronti notando l’ilarità con cui si beffava di loro – È
evidente che ho sopravvalutato i Seguaci di Romolo. Posso sapere che cosa gli
hai detto? Sembra sconvolto! –
L’espressione
di Ezio era a dir poco allibita.
Iniziando
quell’avventura nel sottosuolo della città eterna si sarebbe aspettato di tutto
ma incontrare il futuro sposo della ragazza per cui spasimava, non rientrava
certo nei suoi programmi.
-
Rispondevo a un paio di domande. – Ivan scrollò le spalle con noncuranza, in un
certo senso si era aspettato una simile reazione da parte del fiorentino, a
giudicare dagli sguardi che aveva rivolto a Marte per tutto il tempo, era
evidente il fatto che nutrisse un vivo interesse nei suoi confronti - Sul nostro
passato insieme. –
Marte
gli rivolse un’occhiata malevola.
Nemmeno
quando Ezio l’aveva colta in preda ad uno dei suoi lapsus notturni, aveva visto
comparire sul suo volto un’espressione così sorpresa, arrivati a quel punto
c’era una sola spiegazione plausibile e si sarebbe premurata di rimbeccare
entrambi.
-
Vedi di levarti quell’espressione sconvolta dalla faccia Auditore. L’idea che
qualcuno possa aver pensato di unirsi in matrimonio con me ti sconvolge tanto? –
guardò entrambi con rabbia e rammarico, quello sguardo li convinse entrambi a
indietreggiare inconsciamente, era evidente che entrambi volessero mettere
quanta più distanza possibile tra loro e la furia rossa - E tu,
non avevi alcun diritto di riportare a galla la storia del matrimonio combinato…
con lui poi! Per quale motivo l’hai fatto? –
Ivan
alzò le mani in segno di resa, se c’era una cosa che non aveva scordato, era
quanto Marte potesse diventare manesca da arrabbiata e non rientrava nelle sue
priorità farsi malmenare davanti ai suoi uomini: - Me l’ha chiesto lui!
–
Marte
lo guardò negli occhi per qualche istante, colse una luce furbetta nel suo
sguardo, non mentiva ma non raccontava neanche la verità.
Probabilmente
Ezio era stato coinvolto in qualche tranello mentale, Ivan doveva averlo portato
esattamente dove voleva, la cosa meno chiara in tutta quella faccenda era la
reazione del fiorentino: - Mah. Ci credo poco… A differenza sua, ti conosco come
le mie tasche, non fai mai niente per niente. E comunque questa storia è morta e
sepolta, parliamoci chiaro, non ha senso tirarla fuori dopo tutti questi anni.
–
-
C’è ancora tempo… Per il matrimonio intendo. – fu la divertita risposta del
biondo che, senza mezzi termini, le rivolse un’occhiata maliziosa passandole
delicatamente una mano sulla schiena – Siamo giovani e in forze dopotutto.
-
Marte
lo afferrò per il polso e gli torse il braccio dietro la schiena, vide alcuni
dei lupi voltarsi in sua direzione, pronti a mettere mano alle armi se
necessario, quindi gli sussurrò all’orecchio una frase divertita: - Quando mio
padre ti taglierà la gola, sapendo che sei in combutta con i Borgia, sarò felice
di far incidere sulla tua lapide ciò che penso di te. – quindi lo liberò dalla
sua presa e sogghignò notando l’espressione dolorante comparsa sul suo volto.
Ivan
si massaggiò la spalla indolenzita ma preferì non ribattere, in un certo senso
era sicuro di essersi meritato una simile reazione da parte della rossa ma non
era per niente d’accordo su ciò che aveva detto riguardo a Luca: - Tuo padre non
mi ucciderà. Ricorderai da te ciò che ha detto sul mio conto anni fa: sono il
figlio che non ha mai avuto. –
-
Questo prima che ti dessi alla macchia… - replicò Marte
inacidita ma preferì non rivangare oltre nel passato, lui conosceva le sue colpe
e non era il caso di renderle note anche al fiorentino – Sai bene quanto me che
non è stata una grande mossa, la tua. -
Il peso delle sue colpe gli gravava ancora sulle spalle ma non
avrebbe dato un’altra soddisfazione alla rossa. Ivan incrociò le braccia dietro
la nuca, ignorò la frecciatina della rossa e gli rispose ostentando una calma
che, ne era certo, in quel momento proprio non gli apparteneva: - Gli parlerò e
risolveremo la situazione… Vedrai che capirà. –
- Se ne sei convinto. – preferì non continuare oltre quella
discussione, ne avevano parlato fin troppo ed era giunto il momento di arrivare
al nocciolo della questione – Adesso possiamo parlare o devo scalare qualche
muro per arrivare al tuo ufficio? –
Ivan sospirò, gli era ormai fin troppo chiaro che quella non
sarebbe stata una visita di cortesia, tanto valeva tagliare la testa al toro e
porre fine a quella patetica sceneggiata: - È più che evidente che la mia sola
presenza ti da sui nervi quindi… Spiegami cosa ti ha condotto qui.
-
- Non parlerò davanti ai tuoi uomini. – fu l’eloquente risposta
della rossa che, nel corso delle ultime due ora, aveva ampiamente dimostrato
quanto disapprovasse lo stile di vita dei suoi
uomini.
- Come desideri. – Ivan fece un cenno ai suoi uomini, i Seguaci di
Romolo si dispersero velocemente negli infiniti tunnel su cui era stata
costruita la città eterna e gli concessero la dovuta privacy mentre
raggiungevano il suo studio.
Ma neanche quel tipo di approccio sembrò piacere alla rossa,
questa incrociò le braccia al petto innervosita e gli riservò l’ennesima
occhiata fulminante: - Smettila con tutta questa accondiscendenza: mi dai sui
nervi! –
Marte se lo ritrovò a un palmo dal naso, era stato veloce, più di
quanto si aspettasse e sgranò gli occhi per la sorpresa sentendolo
parlare.
- Muovi il culo, rossa… Non ho tempo da perdere con le tue
cazzate. –
Sul
volto di Marte si aprì un sorriso sinceramente divertito, gli diede una pacca
sulla spalla e lo precedette all’interno della stanza, ridendo della sua
espressione infuriata: - Molto meglio Ivan.
-
|
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Capitolo 15 *** Realtà Simulata ***
<< NOVA
LUX >>
Ivan congiunse le mani davanti al volto, dall’altra parte
la rossa era visibilmente spazientita, non fece altro che rivolgerle uno sguardo
stremato prima di risponderle: - Possiamo parlarne quanto vuoi Marte. La loro
offerta è troppo allettante perché decida di rifiutarla. –
-
Ti rendi conto di ciò che potrebbe significare per l’intero paese finire sotto
il dominio dei Borgia? – sbottò lei, sbattendo le mani sulla scrivania, non
riusciva a credere che proprio lui non riuscisse a capire la gravità della
situazione - E tu li aiuti, come se non te ne fregasse nulla!
-
-
Quanto la fai lunga… - sbuffò lui mettendosi più comodo sulla sua poltrona,
quella conversazione non li avrebbe portati da nessuna parte, ne era certo - I
tuoi amichetti incappucciati risolveranno la situazione e a noi toccherà cercare
qualche altro idiota disposto a pagarci. -
-
Hanno tra le mani qualcosa che potrebbe ucciderci tutti quanti in un colpo solo
l’idea gli solleticasse la mente. – il riferimento alla Mela fu velato ma colse
il fiorentino di sorpresa, Marte gli rivolse uno sguardo che sembrò voler dire
“ti spiegherò dopo” quindi riprese la sua arringa contro il capo dei lupi -
Posso procurarmi anch’io dell’oro, i soldi non sono certo un problema ma tu sei
disposto a rischiare la tua vita e quella dei tuoi uomini perché non hai voluto
darmi retta? –
Ivan
tornò improvvisamente serio.
La
piega che aveva preso il discorso lo aveva colpito, non si trattava dunque di un
capriccio della rossa ma di una situazione incredibilmente seria che andava
affrontata con solennità: - Perché mai dovrebbero uccidervi? Tu in particolare,
cosa potresti mai aver fatto per attirare la loro attenzione, sbaglio o sei nel
giro solo da un mese? –
Marte
distolse lo sguardo, il solo ricordo dei giorni passati in quella tremenda
prigione fu in grado di rattristarla, un sorriso amaro le comparve sul volto: -
Diciamo che gli ho dato l’occasione di guardarmi in faccia più del dovuto… Non
hai niente da mangiare qui sotto? Inizio ad avere fame. –
-
Non ci provare! Non te ne andrai così facilmente! – replicò il biondo,
bloccandola sul posto con uno sguardo prima che Marte riuscisse a muovere un
passo verso la porta, infine sospirò e cedette - Hai vinto, riparleremo della
faccenda tra noi e i Borgia ma voglio ora capirci qualcosa anch’io.
–
-
Chiedi a Ezio, conosce la storia meglio di me e ci sono cose che nemmeno io so…
Magari sarai più fortunato. – scrollò le spalle liquidando la faccenda in un
paio di secondi, quindi cacciò la testa fuori dalla porta e si guardò in torno
nella speranza di capire dove quei pazzoidi tenessero il cibo ma da lì non
vedeva altro che porte e corridoi - Hai il miglior sistema di refrigerazione
della città e non lo sfrutti? Che spreco! –
-
Non ho idea di cosa tu stia parlando. – stavolta fu Ivan a liquidarla, voleva
vederci chiaro in quella situazione e capire se gli sarebbe toccato davvero
schierarsi in prima linea con il resto dei suoi sottoposti contro i Borgia –
Segui il tuo naso, non sarà difficile trovare le nostre scorte.
–
- Se sentite qualcuno imprecare sono io che mi sono persa.
Non mi è ancora del tutto chiaro il perché ma ogni volta che mi ritrovo a vagare
per questi cunicoli il mio senso dell’orientamento va a farsi benedire… - prima
di allontanarsi Marte raccolse le sue carte e nel caos generale recuperò anche
più del dovuto, sperò che nessuno si fosse accorto dei suoi movimenti e per
distrarli ulteriormente, diede a entrambi un bacio sulla guancia prima di
dileguarsi - Questo non avrei dovuto dirlo davanti a te. Oh beh, ormai il danno
è fatto ed io inizio ad avere fame, ci si vede ragazzi! –
*****************
Ezio
spiegò a Ivan l’intera situazione in poco meno di un’ora.
Più
volte fu interrotto dalle domande del biondo che, senza nascondere un certo
nervosismo in tal proposito, non riusciva proprio a comprendere la decisione di
Luca: il fiorentino aveva ragione, Marte era ancora inesperta sotto molti punti
di vista e quella missione avrebbe potuto ucciderla.
-
Nonostante le evidenti complicazioni, Marte è riuscita a compiere la sua
missione e ha rimarcato il concetto più volte durante la convalescenza. – Ezio
restò in silenzio per qualche secondo, rifletté a lungo sui cambiamenti che le
aveva visto fare in quei quaranta giorni e, per quanto gli sembrasse illogico
fare quei pensieri, si ritrovò a esporre i dubbi che lo assillavano da qualche
tempo a Ivan – Non so nemmeno come spiegarlo. È come se… Avesse il perenne
terrore di essere scartata e sostituita con qualcun altro.
–
-
Ci credi se ti dico che c’è stato un tempo in cui Marte non era altro che una
timida ragazzetta di provincia? - il biondo ricordò i tempi andati con un debole
sorriso sulle labbra, in un certo senso gli mancava avere Marte al suo fianco,
ne avevano fatte di cotte e di crude fino a qualche anno prima - Aveva
perennemente le guancie arrossate per l’imbarazzo. Non faceva mai nulla che
potesse contraddire suo padre e non si cacciava mai nei guai, o meglio, non di
sua volontà. –
Al
fiorentino sfuggì una risata, immaginare la rossa nei panni di una tenera
ragazzina indifesa e facilmente impressionabile gli era praticamente
impossibile. Gli capitava spesso di ripensare al loro primo combattimento, quel
gioco sleale gli era costato ben più di un paio di bagni freddi, doveva
ammetterlo almeno con se stesso: - Scusa ma mi risulta abbastanza difficile da
immaginare… La ragazza con cui ho a che fare tutti i giorni, è l’esatto opposto
della persona che hai appena descritto. –
-
Ti credo sulla parola, soltanto cinque anni fa l’idea di entrare nella tana dei
Figli di Romolo non l’avrebbe neanche sfiorata. – Ivan ricordò improvvisamente
un altro fatto che alla vecchia Marte non sarebbe mai capitato di sottovalutare,
la ragazza che ricordava era solita prendersi cura degli orfani e dei randagi di
Roma, mai si sarebbe immaginato di trovarsela davanti con le mani insanguinate -
Lei era quella che piangeva per la morte di un uccellino caduto dal nido…
Vederla uccidere quattro uomini a sangue freddo mi ha lasciato senza parole.
–
-
A questo punto credo di essere io quello che la conosce meglio. – sul volto di
Ezio si materializzò un ghigno soddisfatto. Forse era vero, Ivan e Marte avevano
condiviso l’infanzia, tuttavia a conti fatti era lui che l’aveva vista
trasformarsi in qualcosa di nuovo e sconosciuto.
-
Forse hai ragione tu Auditore… Tuttavia non mi sembra proprio che la tua conoscenza su di lei ti stia
facilitando il compito. – fu il suo turno di sogghignare, aveva perfettamente
capito le intenzioni del fiorentino e a giudicare dagli sguardi che si erano
rivolti negli ultimi dieci minuti non gli avrebbe reso il compito facile - Marte
è furba, l’avrà capito da un pezzo cosa stai cercando di fare, eppure ancora non
hai rinunciato. –
Le
nocche di Ezio sbiancarono sotto la sua ferrea presa, doveva aspettarsi una
simile risposta da parte sua, decise di ignorare l’ultima frecciatina di Ivan
cercando invece di capirci qualcosa: - Cosa mi dici di te invece? Lei non
sembrava felice di vederti. –
-
Eppure mi ha cercato. - replicò immediatamente il biondo puntando le iridi
chiare in quelle dell’uomo seduto dinanzi a lui, Ezio era bravo a parole, sapeva
bene quali tasti toccare per provocare una reazione ma non gli era ancora chiaro
quale fosse il suo limite - So cosa stai per dire: l’ha fatto solo per via della
mia posizione e te lo concedo. Tuttavia avrebbe potuto semplicemente farmi
arrivare il messaggio senza presentarsi qui. -
Ezio
liquidò la faccenda con una banale alzata di spalle, si godette l’espressione
confusa sul volto di Ivan e replicò: - Non le piace delegare. Nemmeno questa è
una grande novità. –
-
Avete finito di fare gossip sorseggiando the? Credevo fosse chiaro il motivo che
mi ha spinto a lasciavi soli! - la rossa, appena comparsa dalla porta con un
panino al prosciutto tra le mani, ricevette in risposta due sguardi confusi;
Marte non riuscì a trattenersi, sbuffò esasperata ed alzò gli occhi al cielo, a
quel punto le fu fin troppo evidente che era stato inutile sperare nelle facoltà
intellettive dei due - Avreste dovuto parlare di piani d’azione, eventuali
alleanze e metodi per impedire ai Borgia di spadroneggiare! Avrete tempo per le
chiacchiere dopo che tutta questa
faccenda sarà conclusa, ok? –
*****************
15 Ottobre 2012 – Abstergo, soggetto 18
Quando
l’Abstergo mi ha trovato, ero ridotta sul lastrico, non avevo un lavoro e
nessuno mi avrebbe cercato.
Ero
un fantasma che vagava per le strade di Los Angeles.
La
gente poteva guardarmi in faccia per ore eppure, nel giro di un paio di minuti,
il mio volto non era altro che un’ombra nei loro ricordi.
Sono
troppo anonima, troppo comune se si escludono i miei capelli rossi, ho
semplicemente una predilezione per i computer e le lingue
morte.
E
il cacciarmi nei guai ovviamente.
Sono
a Roma da due settimane… credo. Restando chiusi qui dentro si perde un po’ il
senso dello scorrere del tempo, soprattutto con tutti questi “salti” che mi
scombussolano la mente.
Non
ci ho ancora capito un gran che di tutta questa storia ma almeno ho un tetto
sopra la testa, il resto non conta.
-
I valori sono fuori scala. - da quando Lucy si era data alla macchia
trascinandosi dietro una delle cavie, il caso del soggetto diciotto era stato
affidato alla supervisione di Simon, un tipetto occhialuto sempre preoccupato di
dire la parola sbagliata – Credo che dovremmo interrompere signore.
–
-
Alexis? – una seconda voce, più decisa e meno balbettante la riscosse dal ricordo
in cui era bloccata fino a qualche istante prima - Puoi continuare?
-
-
Il mal di testa inizia a farsi sentire Doc. - borbottò la rossa senza aprire gli
occhi, sapendo fin troppo bene che quelle luci al neon sarebbero state in grado
di peggiorare il suo malessere; percepì una nota nervosa nel tono di Vidic,
ordinò a Simon di staccarla dalle macchine e se ne chiese il motivo - Ci sono
problemi? –
-
Nessun problema Alexis. Per oggi hai fatto abbastanza. – Vidic scosse la testa nel
tentativo di rassicurarla, Alex lesse impazienza nel suo sguardo ma preferì non
indagare, l’uomo la scortò gentilmente fino alla porta prima di liquidarla -
Mangia qualcosa e riposati: domani sarà una giornata molto impegnativa per tutti
noi. –
Credevo
che donare il mio “corpo alla scienza” sarebbe stato molto più strano e invece,
mal di testa a parte, era come passare intere giornate a sognare. Non che
qualcuno si fosse mai degnato di spiegarmi l’intera faccenda.
Io
sono una cavia, uno strumento, un progetto a termine…
Alcuni
mi avevano definito così, convinti di essere soli e che non ci fosse nessuno a
portata d’orecchio.
Non
mi piace avere a che fare con situazioni a me sconosciute e più di una volta,
all’inizio della sperimentazione, ho mosso qualche remora: sdraiarmi su quella
poltrona da dentisti per giocare all’assassina che uccidere lo stronzo di turno
mi andava bene ma volevo capirci qualcosa.
In
pratica raccolgo informazioni, sono una 007 al femminile a cui deve essere
ancora assegnata l’ultima missione. Sono quella che deve capire con chi o con
cosa ha a che fare.
Giocare
con l’Animus non è facile: c’è sempre una forza superiore che spinge il mio
personaggio verso una meta ben precisa e sarò onesta, per essere un simulatore
virtuale è piuttosto… Realistico.
Quando
Marte è stata catturata e rinchiusa in quella lurida cella ho patito le pene
dell’inferno, potevo sentire il dolore provocato dai tizzoni ardenti, come se
scorressero direttamente sulla mia pelle.
E
non mi è piaciuto.
Stanno
giocando con la mia mente e questo non era nei patti.
Forse
dovrei seguire l’esempio di Lucy: mandare tutti a quel paese e scappare il più
lontano possibile…
Ma
prima devo capirci
qualcosa.
Note(ovvero “ciò che non importa a nessuno”) :
Siccome
la febbre mi fa delirare, riempiendomi la testa di strambe idee, ho deciso di
provare qualcosa di nuovo che credo tutti abbiate notato a questo punto.
Spero
che non sembri semplicemente un “allungare il brodo”…
In
caso fatemelo sapere: la storia si scrive un po’ per volta, non sarà un problema
tornare ai vecchi canoni, spacciando tutto questo per un capitolo di passaggio.
;)
Alla
prossima,
Calamity_Shadow
|
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Capitolo 16 *** Dubbi & Questioni Irrisolte ***
<< NOVA
LUX >>
Di
giorno mi è permesso restare nei limiti della proprietà, non un metro oltre i
cancelli, quasi temessero una mia fuga… Ma dove altro potrei
andare?
E
poi non è tanto male stare qui.
Mi
viziano come se fossi la figlia prediletta ma al contempo mi tengono a distanza,
come un animale raro, e a me sta bene.
Ci
pensavo giusto un paio di giorni fa: il fatto che mi abbiano scelto dovrà pur
significare qualcosa; non riesco proprio a trovare un motivo valido che possa
spingere una multinazionale a raccattare randagi per la
strada.
Le
parole di chi lavora qui dentro sembrano nascondere un doppio fine e, maledetta
sia la mia curiosità, sono intenzionata a capirne il motivo: quali incredibili
segreti può nascondere un’azienda del genere?
Stasera
non c’è nessuno a sorvegliare la mia porta.
Nell’ultimo
mese sembrano aver allento un po’ le redini, è evidente che non mi ritengono una
minaccia ma non posso che dargli ragione: a differenza di Marte, se usassi un
pugnale, è più probabile l’ipotesi che mi faccia male da sola… Non che l’idea mi
piaccia ovviamente.
È
scoccata la mezzanotte.
Questo
vuol dire che in questo preciso istante non c’è nessuna guardia in giro e che
per dieci minuti tutte le finestre si tranquillamente aprire.
In
ogni caso questo non rende la mia “evasione” più semplice: sono al quinto piano,
il palazzo più vicino dista almeno tre metri ed io sono fuori allenamento da
parecchio tempo ormai.
Posso
solo sperare di non finire indegnamente sfracellata al
suolo.
Ho
trovato (non so dove, sia chiaro) il coraggio di saltare e ci sono riuscita… In
parte per lo meno. Sono appesa al cornicione e non ho idea di come
muovermi.
Come
diavolo fa a sembrare tutto così dannatamente semplice quando sono dentro
l’Animus?!
Se
riesco a sopravvivere prometto di andare in palestra…
Cerco
di far scivolare la mano lungo il bordo, nel tentativo di spostarmi più in là e
lo ammetto: per un attimo mi sembra di aver fatto la più grande cazzata della
mia vita.
Eppure,
spinta da non so quale istinto, il mio corpo sembra muoversi automaticamente e
nel giro di trenta secondi, ho raggiunto le scale antincendio che fino a poco fa
mi sembravano lontane chilometri.
Le
mie mani sono ricoperte da tagli e graffi che non avevo preventivato, sento le
gambe tremare per l’adrenalina, il mio cuore sembra pronto a esplodere… Non
posso crederci: ce l’ho fatta davvero o sto sognando?
-
Che. Figata. -
Mi concedo un attimo di gloria… Mai avrei pensato di riuscire a
compiere un’impresa simile!
Quando l’adrenalina cala, mi ricordo qual è la priorità di questa
notte.
Scendo le scale accendendomi una sigaretta, per scaricare
definitivamente la tensione mentre rifletto su ciò che devo fare: capire se per
le mappe dell’Animus si sono ispirati alle vecchie cripte
romane.
Perché?
Non ne ho idea ma
c’è qualcosa che mi spinge in quella direziona.
Sono alle rovine delle Terme di
Traiano.Se non sbaglio
questo è l’ultimo posto dove Marte ha cercato Ivan…
Dovrei ricordare la strada abbastanza bene ma, al contrario del mio personaggio,
io non sono molto pratica di questi cunicoli e spero vivamente di non
perdermi.
Entro dalla botola che ho usato meno di cinque ore fa e resto
sorpresa: è incredibile come a distanza di secoli niente sia cambiato qui
sotto.
Il buco che i Seguaci di Romolo hanno aperto nel pavimento è
ancora presente, mi chiedo come mai nessuno abbia mai provveduto a restaurare
questa zona della città…
Prima di buttarmi nel vuoto per non so quanti metri, verifico che
ci sia ancora acqua nel pozzo, lancio un masso nella cavità e dopo un sonoro
“splash”, decido scendere a mia volta senza pensarci
troppo.
Il mio istinto di autoconservazione stasera è definitivamente in
sciopero.
Si prospetta una nottata piena di arrampicate…
Poi ricordo un dettaglio: né Ezio né Ivan ci hanno seguito una
volta entrarti nelle cripte.
Arrivati a questo punto, voglio sperare seriamente che le mappe
del gioco corrispondano a quelle della realtà altrimenti resterò sul serio
bloccata qui sotto e la cosa, francamente, non mi piace per
niente.
Mi guardo intorno in cerca di un’altra strada, meno travagliata e
sicuramente più praticabile, mi basterebbe scavalcare quel vecchio cancello
arrugginito per arrivare dall’altra parte… S’intravede un’enorme statua e mi
concedo un sospiro di sollievo: almeno sto andando dalla parte giusta.
Mi avvicino, questa recinzione non sembra particolarmente solida,
la ruggine ha ormai corroso totalmente le guide e gran parte dell’intera
struttura.
Con un paio di calci potrebbe addirittura crollare ed evitarmi
un’antitetanica fuori programma.
E infatti è così… Anche se, ormai, il mio udito è andato
completamente a farsi friggere per il frastuono provocato dalla
caduta.
È tutto così identico che non posso più pensare a blande
coincidenze: dove nell’Animus ho visto del fuoco, ora c’è una macchia scura,
residuo del combustibile usato all’epoca per impedire a Marte il raggiungimento
dell’ultima sala.
Da qui posso vedere la balconata da cui Ezio e Ivan hanno
osservato l’arrampicata del mio alter-ego e lateralmente ci sono delle scale in
rovina che decido di percorrerle.
Sono nella sala dei bottini… Il fatto che io conosca questo posto,
pur non essendoci mai stata fisicamente, mi dà parecchio su cui
pensare.
Non è più come vestire i panni di Marte.
E di punto in bianco mi ritrovo avvolta in ricordi sicuramente non
miei.
È come se riconoscessi l’odore d’incenso ed erbe aromatiche che
impregnano queste antiche pareti, come se potessi elencare a memoria i libri
presenti nella libreria dello studio di Ivan, come se tutto avesse più senso in
ciò che faccio ogni giorno.
Mi sento proiettata in un passato lontano, fatto di sette segrete
e nemici sconosciuti, pronti a colpirmi alle spalle. Marte combatteva contro i
Templari per la pace e la libertà degli uomini ma… C’è un “ma”, è come se le sue
gesta avessero un fine più alto che ancora non ho scoperto.
Un ultimo interrogativo mi riscuote mentre torno all’aria
aperta.
Perché
all’Abstergo è interessato a questa roba?
*****************
DENTRO L’ANIMUS - ROMA
I
due Assassini abbandonarono il covo dei Seguaci di Romolo dopo una lunga e
inconcludente discussione. Marte ne era uscita con un principio di esaurimento
nervoso mente Ezio era stato colto da uno dei più pesanti attacchi di sonno
della storia.
Le
avevano provate tutte per convincere Ivan ad allearsi con loro ma non avevano
avuto successo. L’unica nota positiva stava nel fatto che i Seguaci di Romolo
non avrebbero più supportato i Borgia e, almeno per un po’, Roma sarebbe rimasta
un luogo tranquillo e libero dalle loro malefatte.
Mentre
camminavano per le strade della città eterna, Ezio s’immobilizzò attirando
l’attenzione della rossa su di se, indicò una via laterale e spiegò le sue
intenzioni: - Tra poco devo incontrare Machiavelli. –
-
Negli ultimi tempi ti piace proprio chiacchierare. – sul volto di Marte comparve
un’espressione sarcastica, incrociò le braccia dietro la nuca e gli rivolse
un’occhiata divertita - Credevo fosse una prerogativa tutta al femminile e
invece… Mi stai aprendo gli occhi su un nuovo mondo Auditore.
-
Il
moro alzò gli occhi al cielo sospirando, gli diede un colpetto sulla fronte e
notando l’espressione allibita che seguì il suo gesto, scoppiò a ridere: -
Spiritosa come sempre vedo. Devo consegnargli una lettera importante, non vado
mica lì per prendere il the con i pasticcini! –
Marte
si massaggiò la fronte dolorante e gli riservò un’occhiata malevola.
La
rossa si avvicinò al banco della frutta, prese una mela e lanciò una moneta al
ragazzo dietro il banco che le sorrise, quasi ammaliato: - Devo essere proprio
io a ricordartelo? Tutto è importante quando ci siamo noi di mezzo! -
-
Dove ti posso trovare? – gli domandò lui, di punto in bianco, ottenendo in
risposta uno sguardo decisamente confuso da parte della rossa – Non crederai sul
serio che non abbia delle domande da farti vero? –
-
Primo: sono io che trovo te, non il contrario. – fu la risposta della rossa,
divertita dall’evidente sorpresa che la sua provocazione aveva causato nel moro,
quindi continuò a elencare le sue ragioni senza lasciargli il tempo di replicare
- Secondo: mi prenderò la libertà di glissare sulle domande scomode, sappilo.
–
Ezio
sbuffò, l’orologio della piazza segnava ormai le due del pomeriggio, era fin
troppo in ritardo per i suoi standard: - C’è un terzo punto o posso andare da
Machiavelli? –
-
Visto che mi ci fai pensare, un terzo punto c’è eccome: smettila di trattarmi
come se fossi un incompetente. – lei gli puntò un indice al petto, aveva gli
occhi ridotti a due fessure e niente in lei sembrava rassicurante in quel
momento - Hai la mia parola Ezio, sei a tanto così dal prenderti un pugno in
faccia. –
Ezio alzò le mani in segno di resa e indietreggiò, un
sorriso divertito sulle labbra e la faccia di chi sa di essere nei guai, le
voltò le spalle e si allontanò salutando: - Capito, non sei in vena… A più
tardi. –
*****************
Marte
si rintanò per un paio di ore nella biblioteca dei Frati Minori. Era certa di
poter trovare, tra quegli antichissimi tomi, qualche informazione su dove
conducessero i cunicoli sotto Roma.
Con
la mappa trafugata, seppure fosse ancora da verificare la sua autenticità, era
certa di poter raggiungere i poli opposti della città in 1/3 del tempo che l’era
normalmente richiesto saltellando da una casa all’altra… Che poi, detto
francamente, i tetti di Roma diventano parecchio scivolosi d’inverno e restare
in equilibrio non è un’impresa così semplice!
Ringraziò
fratello Matteo per averla aiutata nella ricerca: senza il suo intervento,
probabilmente, sarebbe stata ancora in alto mare cercando informazioni nella
sezione sbagliata.
Ricordò
le parole del fiorentino.
Probabilmente
Machiavelli aveva le sue stesse intenzioni: cercare nuovi alleati per la
causa.
Tuttavia,
se da un lato lei aveva informato gli abitanti del mondo di sotto, a loro
sarebbero toccate altre possibilità. Forse qualcuno di più noto e in vista dei
Seguaci di Romolo… Sbuffò. Capì fin troppo in fretta chi avessero
intenzione di coinvolgersi.
*****************
La
rossa arrivò sul tetto della Rosa in Fiore in meno di mezz’ora, per sua fortuna
nessuna guardia si era interessata a lei più del dovuto e nessuna tegola
scivolosa aveva interrotto la sua corsa.
Si
affacciò verso il basso e notò sulla balconata due donne dall’aria nobile alle
prese con una strana conversazione con tre delle prostitute di madonna Solari,
erano tutte così prese dalle loro chiacchiere da non accorgersi dell’arrivo di
Ezio.
Stava
per chiamare il moro, nel tentativo di attirarne l’attenzione ma le parole di
Ezio la incuriosirono al punto da convincerla a non proferire verbo. Marte si
limitò ad accucciarsi lungo il cornicione per ascoltare l’intera conversazione,
certa di essere “invisibile” ad altri da quel posto, in modo da non
interromperli.
-
Madre… Sorella? – lo vide incespicare sulle parole, un evento più unico che
raro, vista la sua indole particolarmente spavalda e non riuscì a reprimere un
sorriso divertito.
La donna più anziana si voltò e con un sorriso in volto si
avvicinò a lui di qualche passo: - Ezio! Sir Machiavelli ci ha detto che
potevamo trovarti qui. –
Marte
non riuscì a trattenere uno sbuffo: - Dire a una madre che può trovare il
proprio figlio in un bordello… Ma dai! Non sta bene! –
-
Che cosa fate a Roma? Firenze è stata attaccata? – nel tono del fiorentino c’era
una chiara nota di preoccupazione, per quello che ne sapeva, i Borgia potevano
aver tentato un attacco.
-
No… O meglio, non lo so! - Claudia, così gli pareva si chiamasse, si premurò di
spiegargli la situazione nel tentativo di calmarlo, l’irrequietezza del fratello
era quasi palpabile - Non siamo andate a Firenze. –
Cappuccio
o meno, non era difficile capire quale espressione avesse in volto Ezio, era
confuso e s’intuì anche dal tono della sua voce: - Perché?
-
Claudia
spalancò le braccia, in un gesto ugualmente aggraziato che sembrò tuttavia voler
enfatizzare un concetto ovvio: - Ezio, vogliamo aiutarti. –
-
Io stavo cercando di aiutare voi mandandovi a Firenze. – rispose sbrigativo il
moro, rimasto spiazzato dalle parole della sorella.
Di
punto in bianco, il tenero quadretto familiare, fu interrotto dalla domanda di
una delle prostitute presenti che si voltò in direzione di Ezio visibilmente
preoccupata: - Dov’è madonna Solari? –
-
È morta. –
-
Quando è successo?! – per poco Marte non lo urlò, sorpresa quanto il resto dei
presenti per la notizia appena giunta. Ripensò all’ultima volta in cui aveva
visto la matrona, era a una festa e sembrava essere in ottima forma nonostante
l’età.
-
Buon Dio. – borbottò Lucia, senza nascondere la preoccupazione che
quell’improvvisa consapevolezza le aveva causato.
-
E adesso? – domandò un’altra che, se la vista non la ingannava, doveva proprio
essere Silvia.
Gaia
non cercò di indorare la pillola, si fece avanti guardando in direzione del
moro: - Ci toccherà chiudere. –
-
Non potete chiudere: mi serve il vostro aiuto. – Ezio escluse a priori
quell’eventualità, aveva bisogno di quelle donne e avrebbe fatto qualunque cosa
per ottenere i loro favori.
-
Oh messere… Senza una matrona esperta siamo spacciate. – spiegò nuovamente Gaia,
probabilmente la ragazza più assennata dell’intera casa, scuotendo il capo
dolente.
Di
punto in bianco, Claudia si fece avanti e si offrì volontaria per ricoprire
quella carica: - Ci sono io. -
-
Questo non è posto per te Claudia! – era più che evidente quanto al moro
l’eventualità non fosse gradita.
-
Forse non è pronto proprio a tutto. – sul volto della rossa comparve un sorriso
divertito; riconobbe in quell’atteggiamento il fare tipico di un fratello
maggiore e vederlo in quelle vesti fu una piacevole novità.
Luca
le aveva rivelato che il senso di colpa aveva spinto Ezio convincersi che le
sorti dei membri restati della sua famiglia fossero una conseguenza della vita
che aveva intrapreso… Evidentemente la semplice idea di vedere sua sorella alle
prese con l’amministrazione di un noto bordello nel pieno centro di Roma non era
una delle eventualità cui si era preparato.
-
So come gestire un’attività, ho seguito gli affari dello zio per anni! – Claudia
non sembrò voler sentire ragioni, era decisa a vincere quella piccola battaglia
tra fratelli e non avrebbe ceduto facilmente sulle proprie
intenzioni.
-
Questa è tutt’altra cosa! – sbottò lui, avvicinandosi maggiormente alla sorella,
forse nel tentativo di farle sentire l’incombenza della sua
figura…
Eppure
la risposta definitiva arrivò dalla madre dei due litiganti: - Quali alternative
potresti avere Ezio? -
Ezio
puntò due dita verso sua sorella, parlò con tono solenne, quasi le stesse
facendo una promessa: - Se lo fai Claudia… Dovrai cavartela da sola.
–
La
mora incrociò le braccia al petto e con tono di superiorità si rivolse al
fratello, era certa di averlo ormai in pugno e si premurò di farglielo notare
adeguatamente: - Per vent’anni me la sono cavata da sola.
–
-
Sta bene. – arrivati a quel punto Ezio non poté che accettare quella situazione,
per quanto gli desse fastidio ammetterlo, forse Claudia era la più idonea a
ricoprire quel ruolo al momento; tuttavia fu perentorio su alcuni punti che
riguardavano la nuova gestione della Rosa in Fiore - Voglio ristrutturare il
bordello, questo posto è una stamberga. Inoltre voglio che le tue cortigiane
trovino Caterina Sforza. –
Con
un ultimo sguardo impassibile, Claudia congedò il fratello, assicurandogli una
piena alleanza: - Puoi contare su di noi. –
Ezio
sparì dalla sua visuale, probabilmente era intenzionato a mettersi in contatto
con l’architetto già da quel momento, ridurre i tempi di lavoro sulla Rosa era
la priorità…
Tuttavia
c’era una domanda che le martellava la testa da qualche secondo e che proprio
non voleva lasciarla in pace: - Chi diavolo è Caterina Sforza?!
-
|
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Capitolo 17 *** Succo di Ribes ***
<< NOVA
LUX >>
- Benvenuto
alla Rosa in Fiore. - Claudia lo accolse, sorrideva come sempre e sembrava essere
totalmente soddisfatta dell’opera compiuta – Come puoi vedere siamo il bordello
più popolare di Roma. -
Quando Ezio superò il patio, restò visibilmente sorpreso, i lavori
erano ormai ultimati e gli sembrò di entrare in un posto totalmente differente
da quello che aveva visto qualche giorno prima: - Ho investito bene il mio
denaro. -
Claudia gli indicò una lavagna appesa alla parete più vicina,
guardò il fratello negli occhi e gli spiegò la sua funzione: - Ecco una lista
delle arti imparate dalle mie ragazze. –
Ezio occhieggiò appena la lista, erano trascorsi quasi dieci
giorni da quando avevano deciso di collaborare ma non restò soddisfatto di ciò
che vedeva: - Non gli hai insegnato molto. -
- Sapresti fare di meglio? - fu la secca risposta della mora,
Claudia gli rivolse uno sguardo sarcastico e lo sfidò a
replicare.
Ezio prese le parole della sorella come una mina alla sua autorità
e non riuscì a trattenere una replica stizzita: - Senza alcun dubbio!
-
Maria Auditore si premurò di interrompere l’ennesimo litigio tra i
suoi figli, gli sembrava che fossero ancora due bambini capricciosi e non riuscì
a trattenere un sospiro affranto: - Ezio, i Borgia continuano a tormentare le
ragazze di Claudia, ci sono diversi modi in cui potresti aiutarle.
-
- Vedrò di tenerlo a mente. - replicò il moro senza distogliere lo
sguardo dalla sorella che, a qualche passo da lui, non represse un sorriso
soddisfatto nel notare che la madre si era schierata dalla sua parte - C’è
dell’altro? -
- Hey Claudia, sono riuscita a trovare il libro di cui
ti parlavo, sono sicura che scoppierai a ridere soltanto leggendo la prefazione! - Marte
si affacciò dalla ringhiera del piano superiore e cercò lo sguardo della
nuova compagna di letture, contro ogni aspettativa si scontrò con gli occhi
sorpresi del suo maestro - Ezio? Che ci fai tu qui? -
- Questo è il tipo di domanda che dovrei rivolgerti io. - replicò
il fiorentino rivolgendole un’occhiata indagatrice, la presenza della rossa in
quel posto lo fece sentire a disagio.
Fu Maria a spiegare la situazione. Non voleva certo che suo figlio
iniziasse un nuovo battibecco con quella ragazza così gentile e premurosa: -
Marte ci aiuta a tenere buoni i clienti troppo espansivi… Il suo aiuto è stato
prezioso negli ultimi giorni. -
Lo sguardo di Ezio passò dal volto della madre a quello della
rossa.
Non restò sorpreso dal fatto che Marte si fosse offerta di menare
le mani senza nessun motivo in particolare, quanto più dall’idea che
quest’ultima conoscesse la sua famiglia. Improvvisamente Ezio si sentì invadere
dalla confusione: - Perché non ne sapevo niente? –
- Nell’ultimo periodo sei stato molto impegnato, non
ci sembrava il caso di disturbarti per queste piccolezze. - stavolta fu Claudia a
parlare, rivolse alla nuova amica uno sguardo sorridente e implicitamente concordò
con lei una “versione dei fatti” abbastanza mite da poter accontentare il fratello -
Non preoccuparti, Marte si è dimostrata una degna alleata e non ha causato
problemi a nessuno. Te lo concedo: negli ultimi mesi hai saputo ricoprire
degnamente il tuo ruolo di maestro. -
- Sogno o son desto? Madre, l’avete sentita anche voi,
quello era un complimento! - sul volto di Ezio si materializzò un sorriso divertito,
per poco non fu sul punto di scoppiare a ridere ma quell’innaturale gentilezza
da parte di entrambe lo insospettì a sufficienza - E dopo questo evento, più unico
che raro, sono certo che voi due tramiate alle mie spalle.
-
- Per quanto possa risultare complesso per la mente di un uomo,
una donna non trama bensì pianifica! – esclamò Claudia con ovvietà, mettendosi
al fianco dell’amica dai capelli di fuoco, cui sorrise semplicemente con fare
cospiratorio - A differenza tua, noi abbiamo delle priorità e non ci sono
concesse distrazioni. -
Negli ultimi tempi le due giovani sembravano aver raggiunto il
controllo di una nuova quanto sorprendente abilità condivisa, bastava loro uno
sguardo per intendersi alla perfezione, un sorriso appena per volgere la
conversazione esattamente dove volevano.
E quella fu una perfetta dimostrazione
d’intesa.
- In tal proposito Ezio, posso sapere chi è Caterina Sforza? –
domandò la rossa senza nascondere un’espressione confusa, da almeno un paio di
giorni la risposta a quella domanda la incuriosiva ma non l’era mai passato per
la mente di chiedere ai due fratelli - È un nome che non conosco. Si tratta
forse di un nuovo alleato della causa? -
- Mio fratello non te l’ha detto… La cosa non mi sorprende. - sul
volto di Claudia si dipinse un’espressione ironica e al contempo furba,
quest’ultima non si trattenne dal rivolgere al fratello un’occhiata
divertita.
Maria decise di intervenire, conosceva bene la tempra di entrambi
i suoi figli e comprese che, se Ezio non aveva fatto parola di quella
“situazione” con la rossa, doveva esserci un motivo: - Frena la lingua Claudia
Auditore. -
- Dovrà dirglielo prima o poi… Sappi che la duchessa è
finita nelle mani dei Borgia. - la mora si sentì improvvisamente amareggiata per
l’intromissione della madre, il fatto che suo fratello non avesse parlato della
sua amante con Marte la infastidiva, si sentiva in parte complice di quella
verità negata - Non so dirti in quale ala del palazzo sia ma con l’aiuto di
Marte non sarà difficile trovarla e portarla in un posto sicuro. -
Marte prese il silenzio di Ezio come un consenso. Lo vide pensoso,
più di quanto lo fosse mai stato dal suo arrivo in città ma decise di lasciarlo
alle sue elucubrazioni.
Dopo qualche minuto di silenzio, il piano d’azione aveva preso
forma nella sua mente, doveva ancora sistemare i dettagli ma in quei due giorni
avrebbe perfezionato il tutto: - Se tutto va come ho previsto, Caterina Sforza
sarà lontana dalle grinfie dei Borgia in due giorni… Mi basterà recuperare
qualche informazione sulla sua ubicazione e il gioco è fatto.
-
- Cosa vi avevo detto madre? Questa ragazza è brillante! - la
elogiò Claudia, posandole un braccio sulla spalla in segno d’affetto, ottenendo
in risposta un sorriso appena accennato.
Marte la ringraziò con un cenno del capo prima di allontanarsi, si
sentiva a disagio con Ezio nei paraggi, quasi un’intrusa nel quadro famigliare
che aveva davanti: - Perdonate la mia maleducazione ma ora devo congedarmi. -
Sul volto di Claudia si materializzò un’espressione dispiaciuta.
Quando poco prima lei e la rossa avevano parlato del più e del
meno, questa non aveva accennato al minimo impegno e dopo aver trascorso qualche
giorno in sua compagnia, era arrivata a credere che l’amica fosse più che
propensa alle fughe strategiche: - Davvero? Che peccato… E quel libro di cui mi
parlavi? Sembrava interessante. -
- Te l’ho
lasciato nello studio. Tornerò tra qualche giorno per sapere la tua opinione ma
adesso devo proprio andare. - sperò che l’amica comprendesse il suo disagio, che non la
costringesse a rimanere tra loro più del dovuto, non era abituata ad avere a che
fare con le premure di una madre ma vedere Maria interagire con i suoi figli era
la cosa che più amava, era il sapere di non appartenere a quella realtà che più
la tormentava - Auguro a tutti voi una buona giornata. -
*****************
Marte si rintanò
alla Notte Senza Luna, erano passati mesi dall’ultima volta che vi aveva messo
piede e fu accolta a festa dai frequentatori abituali della taverna.Rosa la abbracciò
e la riempì di domande prima di trascinarla sino al bancone, dove le versò
un’abbondante pinta di birra, senza smettere per un solo istante di parlare.
Chiacchierando con Domenico, il cuoco, scoprì che quasi tutte le taverne della
cittadella avevano saputo della sua disavventura e che, in mancanza
d’informazioni certe, c’era stato qualcuno che aveva fatto circolare la notizia
della sua prematura morte.Biagio, vedendola seduta al bancone, aveva quasi rovesciato due
bottiglie di vino e dopo aver messo in salvo vivande, l’era saltato in grembo
facendola crollare al suolo.
E fu così che, in preda all’euforia generale, la proprietaria
della taverna si sentì in dovere di offrire da bere a tutti sino all’orario di
chiusura… Per celebrare la sua “non dipartita”, così aveva
detto.
Marte era tornata alla confraternita alle prime luci
dell’alba, con una ghirlanda di margherite tra i capelli e un paio di ragazzi
a sorreggerla.
Uno spettacolo alquanto singolare nel complesso…
Spettacolo che, per fortuna o sfortuna che dir si voglia, fu
accolto da niente meno che Ezio Auditore. Il giovane in questione si trovava a
pochi passi dalle stalle, aveva le braccia incrociate al petto e uno sguardo
notevolmente contrariato: - Alla buon ora! Ho fatto i salti mortali per coprire
la tua assenza. Che diavolo ti è saltato in mente?!
-
Marte scoppiò a ridere senza ritegno. Abbandonò la presa salda dei
due giovani e li congedò con un rumoroso saluto.
Si aggrappò alla staccionata alle sue spalle, come se si trattasse
della sua personale ancora di salvezza, bevve un lungo sorso dalla bottiglia
stretta nella sua mano e si sentì in dovere di replicare: - Evviva! C’è il mio
fiorentino preferito… Un’accoglienza perfetta! -
Ezio le posò una mano sulla bocca, dopo tutta la fatica che aveva
fatto per evitare che qualcuno si svegliasse sarebbe stato ridicolo mandare
tutto in fumo per l’ebbrezza della rossa: - Smettila di gridare! Sveglierai
tutti! -
Marte si liberò dalla presa del moro.
- Con tutte le volte che sono stata svegliata dai loro conati e
borbottii deliranti… Sono tutti in debito con me! – rise, una punta di amarezza
nella voce, come se dire quelle parole le costasse fatica e non le fosse mai
stato concesso prima - La metà di loro l’ho cresciuta io. Credi qualcuno mi
abbia mai detto grazie? “Tanto c’è Marte”, “se ne occuperà lei”, “la rossa sa
tutto”… Lo ripetevano in continuazione! –
Il fiorentino sospirò affranto, quel tono così stizzito e
amareggiato stonava incredibilmente con il fare estroverso e solare che
gliel’aveva fatta amare.
Da quando aveva messo piede a Roma, mai l’aveva vista in quello
stato. Sembrava preda della rabbia, come se ne fosse totalmente succube e che
non le restasse altro da fare che sfogare quel fiume in piena di rammarico e
disperazione cui non aveva mai ceduto: - È l’alcol a parlare, lo sai anche tu.
Scaricare la rabbia sui tuoi fratelli non ti aiuterà.
-
Marte scoppiò nuovamente a ridere.
Appoggiò le spalle alla staccionata e si lasciò scivolare, finendo
sul suolo umido di rugiada; il suo sguardo puntò verso il cielo, le ultime
stelle continuavano ostinatamente a brillare mentre oltre le colline, il sole
illuminava l’alba di un nuovo giorno: - L’idea di chiamarli in quel modo non mi
ha mai sfiorato… Per loro ero una madre, quella con la risposta pronta, in grado
di colmare ogni dubbio. Gli ho insegnato a muovere i primi passi nel mondo degli
Assassini ma proprio a causa del mio atteggiamento, nessuno era mai riuscito a
vedermi come una possibile compagna d’armi… Ed è buffo se ci pensi: io che sono
cresciuta allo sbaraglio, senza nessuno che si prendesse cura di me, ero la
prima a preoccuparsi per la sorte di quei ragazzi semisconosciuti.
-
Ezio la vide portarsi la bottiglia alle labbra, in un gesto quasi
disperato che sperò di non rivedere mai più dopo quella notte. La cosa che più
lo incuriosiva, arrivati a quel punto, era scoprire la risposta dell’unica
domanda che gli martellava la testa da ormai dieci minuti: - Perché mi stai
raccontando il tuo passato? -
- Chi può dirlo… Forse sento la mancanza di me stessa. E
poi sembravi così curioso, dopo l’incontro con Ivan, di conoscere la vecchia me. -
Marte lo guardò, non disse una parola, ne osservò semplicemente i tratti del
volto e si soffermò a lungo sulla cicatrice che aveva su labbro; si domandò come
se la fosse procurata e magari un giorno glielo avrebbe anche chiesto ma in quel
momento percepiva soltanto il bisogno di sfogare quel mare di parole che l’aveva
posseduta e che in quel preciso istante smaniava la libertà - A dodici anni il
mio scopo era accogliere i figli di nessuno. Volevo dargli una casa, qualcosa in
cui credere e uno scopo da perseguire, lo stesso che a me era stato precluso… Li
ho cresciuti bene, forse troppo perché si ricordassero di me, stranamente mi
andava bene così: quello era sempre stato il mio ruolo e non avevo la forza per
cambiare la situazione. Ero così intimorita dall’idea stessa del cambiamento da
impedire a me stessa di seguire il minimo barlume di speranza. -
Ezio si sentiva come se dinanzi ai suoi occhi si fosse compiuto un
incantesimo prodigioso e la razionalità non gli permettesse assolutamente di
credere a ciò che aveva appena visto. Il fiorentino aveva gli occhi sgranati, la
bocca lievemente aperta e un cipiglio sbalordito totalmente evidente: - Non
riesco proprio a immaginarti così arrendevole… Che cosa è successo poi? Perché
hai deciso di cambiare? -
- Dopo la morte dei suoi genitori, Ivan scappò e m’incolparono, mi dissero che
non avevo prestato sufficiente attenzione alle sue esigenze. È stato quello
il momento in cui ho capito la realtà dei fatti: fino a quando non sei tu a
dire basta, il mondo si sentirà in diritto di trattarti come vuole, senza
farsi remore… Quindi eccomi qui: mi sono reinventata. - spiegò la rossa, senza
distogliere lo sguardo dalle colline; Marte sapeva che in quel momento non
avrebbe retto un contatto visivo con Ezio, era totalmente preda dei suoi ricordi
quindi non tentò nemmeno di capire quale potesse essere la reazione del moro
seduto al suo fianco - All’inizio
ero un po' come un gatto randagio: scapestrata, libera ed orgogliosa.
In
un paio di occasioni ho davvero fatto incazzare gli anziani ma è stato allora
che gli altri hanno iniziato a vedermi come una loro pari: mi guardavano con
orgoglio, come se finalmente mi riconoscessero e non avessero più a che fare con
la persona che li aveva cresciuti. -
Ezio le coprì le spalle con il suo mantello, erano pur sempre ai
primi di Ottobre ed era certo che dopo una nottata del genere, la rossa avrebbe
ben presto iniziato a tremare per il freddo. Senza nemmeno farci caso si ritrovò ad annuire comprensivo,
ripensò agli eventi che lo avevano condotto sino a Roma, a ciò che lo aveva
spinto ad accettare quella vita: - Alla morte di mio padre e dei miei fratelli
non cercavo altro che la vendetta. Mi sono detto che era giunto il momento di
crescere, di abbandonare le ragazzate per seguire il credo dell’uomo che mi
aveva cresciuto… Forse è stata proprio l’idea di perseguire il suo scopo a
trasformarmi nell’uomo che sono oggi. -
- Direi che la tua è stata una scelta azzardata quanto giusta: sei
un leader nato, praticamente tutto in te ispira fiducia e rispetto… - la rossa
si accorse soltanto in quell’istante di ciò che aveva appena detto, voltandosi
notò il sorriso divertito di Ezio e non riuscì a reprimere uno sbuffo
spazientito - Ti avverto Auditore, prova ad usare queste parole contro di me e
non mi farò problemi a prenderti a calci nel culo.
-
- La finezza fatta persona… - il moro non riuscì a trattenere una
risata riconoscendo sotto quella velata minaccia, che di velato aveva ben poco
in effetti, la ragazza che gli piaceva. Amava quella parte un po’ scorbutica ma
a suo modo adorabile e non l’avrebbe cambiata per niente al
mondo.
Tornò a concentrarsi sulla ragazza al suo fianco e si accorse che,
per l’ennesima volta, la rossa era intenta a sorseggiare quel liquido ambrato.
Tentò di levarle il fiasco dalle mani ma, nonostante le sue
aspettative, i riflessi della rossa furono abbastanza pronti da impedirgli di
mandare a buon fine il proprio intento: - Dovresti piantarla con quella
bottiglia, hai bevuto a sufficienza per oggi, non ti pare?
-
- Te lo farò sapere quando questa sarà vuota… Fatto sta che dopo
tutti quei problemi avevo finalmente raggiunto il mio equilibrio: seppur non in
via ufficiale avevo raggiunto il mio scopo, ero nella confraternita ma potevo
ancora vivere senza l’obbligo di rispettare tutti gli oneri e gli obblighi che
la causa impone. – nelle sue parole c’era un lieve velo di rimpianto che non
sfuggì al moro.
Per ciò che dovevano aver spiegato a Ezio sul suo conto, Marte non
faticò a comprendere la confusione sul suo volto, una simile reazione da una che
professava di aver sempre voluto far parte della confraternita doveva risultare
quanto mai strana.
Eppure non sarebbe stata quell’ultima frase a rimanere
probabilmente nella memoria del fiorentino, c’era ben altro con cui sorprenderlo
ed era pronta a rivelargli il suo più grande segreto: - Poi sei arrivato tu, con
quello stupidissimo sorriso beffardo che mi ha fatto sentire un idiota dal
nostro primo incontro. È stato poi il turno della tua gelosia, ho fatto di tutto
per convincerti a desistere ma tu hai continuato per la tua strada ed io ho
rinunciato a negare ma tutto è andato a puttane. Ho iniziato a sperare che ci
fosse qualcosa di buono in me e ho creduto nelle mie possibilità… In cambio ho
ottenuto fiaschi e rimproveri, proprio come se niente fosse cambiato e gli
ultimi anni fossero stati soltanto una mera illusione della mia mente. -
Ezio spalancò gli occhi. Quel fiume di parole l’aveva travolto in
pieno lasciandolo boccheggiante e confuso per qualche istante, non seppe come
replicare ma non avrebbe certo lasciato l’ultima parola alla rossa. Poi realizzò
cosa lei gli avesse detto prima di perdere quell’ultimo barlume di euforia,
pensò a un inganno del suo udito ma decise ugualmente di chiedere conferma alla
diretta interessata: - Cos’è che hai detto sul mio sorriso?
-
-
Il tuo ego smisurato. È questo che odio di te… O meglio, questa è una delle
dieci cose che odio di te e potrei elencarle tutte solo guardandoti. – rise
notando lo sguardo sorpreso del moro, Ezio non aveva smesso un solo istante di
guardarla negli occhi, come se temesse di vederla svanire da un momento
all’altro – Odio quando
mi fissi in questo modo. Odio i sorrisi che fai quando pensi che non ti guardi.
Odio il fatto che tu abbia sempre ragione. Odio il tuo fascino da Don Giovanni.
Odio il fatto che tu riesca sempre a spuntarla contro di me. Odio quando
mi sottovaluti. Odio quando mi fai ridere… Ma la cosa che odio di più è il
fatto che io non ti odio. Non ci riesco, neanche un pochino, anche se dovrei. -
Fu
strano, diverso da come se l’erano immaginato entrambi, fu come un’esplosione
d’energia e Marte sentì distintamente tutta la rabbia accumulata fluire via dal
suo corpo per lasciarla in balia della pace tanto agognata sino a quel
momento.
Il
profumo di Ezio, la sua barba appena accennata, la pelle incredibilmente morbida
della nuca e i capelli che ricordavano un antico aroma… La rossa si aggrappò
alle sue braccia, come se temesse di cadere nell’oblio, dritta al punto di non
ritorno.
Poi
tutto finì, veloce com’era iniziato e quando Marte riaprì gli occhi, che nemmeno
si era accorta di aver chiuso presa dalla “foga” del momento, si trovò faccia a
faccia con il miglior ghigno divertito dell’Auditore: - Bimba… Queste sono soltanto nove cose che odi di me.
-
- Odio il fatto
che tu sia
così dannatamente puntiglioso da aver rovinato un momento del genere. - gli rivolse
un’occhiata indispettita prima di calargli il cappuccio sugli occhi
e fuggire via, impedendo al moro di mandare a segno un secondo agguato, si
voltò verso di lui un’ultima volta alzando la bottiglia ancora stretta tra
le sue dita - Per la cronaca… Soltanto uno stupido non si sarebbe accorto che questo è
semplice succo di ribes! -
Note della ritardataria:
Sto aggiornando da un pc non mio, in una casa non mia,
con la proprietaria del portatile accanto che non ha la più pallida idea di
cosa stia combinando e non credo voglia sapperlo…Il mio router si è suicidato domenica mattina (Requiescat in pace Routh, ti volevo bene!) e ci vorranno un paio di settimane prima che
qualche anima pia venga a sistemarlo o, anche peggio, sostituirlo.
D:
Continuerò ad abusare della
pazienza di questa mia amica e della sua connessione ad internet a tempo
indeterminato ma non metto la mano sul fuoco per quanto riguarda la puntualità
nei prossimi aggiornamenti!
Spero che vi sia piaciuto! xD
Calamity_Shadow
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Capitolo 18 *** Se Una Cosa Funziona, Non Si Cambia ***
<< NOVA
LUX >>
Ezio era stato convocato nell’ufficio di Luca. Aveva dormito poco
e male, presentandosi mal volentieri dal capo della gilda cui riservò uno
sguardo tutt’altro che rispettoso.
Luca decise di ignorare l’espressione funerea del moro dinanzi a
lui e, in preda ad un evidente nervosismo, aveva piazzato davanti al fiorentino
un foglio che recava la firma della figlia: - Posso sapere per quale motivo ha
chiesto di interrompere l’apprendistato? -
Ezio si lanciò a peso morto sulla poltrona di fronte alla
scrivania, si passò stancamente le dita sulle tempie e cercò mentalmente le
parole adatte a spiegare la situazione: - Prima che tu decida di appendermi per
le palle alla torre di San Pietro, voglio spiegarti la situazione come si deve.
–
L’uomo incrociò le mani sotto il mento, sporgendosi lievemente
verso il fiorentino, un cipiglio severo ma al contempo incuriosito gli solcò il
volto: - So già che questa storia non mi piacerà… Cos’è successo, sentiamo. –
- È possibile che io abbia approfittato di una sua ipotetica
situazione di svantaggio per baciarla… Aveva alzato un po’ il gomito, era
evidente ma non è stato quello a farmi cedere. – Ezio puntò lo sguardo sul volto
dell’uomo di fronte a lui, in attesa di un segno qualunque che lo convincesse a
parlare, Luca sbuffò appena esortandolo a continuare - Se solo avessi ascoltato
le sue parole. Era colma di odio e delusione ma poi qualcosa è cambiato: è
diventata più spontanea. Riesci a crederlo? Ha detto persino che sono un leader
nato… E che mi avrebbe preso a calci se le avessi ricordato queste parole in
futuro. -
Sul volto di Luca si materializzò un sorriso divertito, in quelle
parole riconobbe perfettamente l’atteggiamento della figlia e nel vedere
l’espressione ansiosa sul volto del fiorentino, tentò di riacquistare un
espressione quantomeno neutra: - Non riesco a credere a ciò che sto per dire.
Quindi? Perché l’hai baciata? -
Ezio incespicò sulle parole, non aveva idea di come spiegare la
situazione senza che Luca fraintendesse ma poi ricordò le parole di Marte, un
sorriso comparve sulle sue labbra e tutto gli sembrò più semplice.
- Ho sempre pensato che tua figlia fosse il tipo di ragazza che
ama le dichiarazioni d’amore classiche. Ero fermamente convinto che da un
momento all’altro recitasse qualche sonetto… O, nella peggiore delle ipotesi,
che mi vomitasse addosso visto il modo in cui l’ho trovata. – rise tra se e se
ricordando le guance di lei arrossate dall’alcol, la treccia ormai disfatta e il
suo abituale profumo coperto da un’altra fragranza incredibilmente dolce che,
ripensandoci a mente fredda, non poteva essere assolutamente vino - Mi ha detto
che ci sono i dieci motivi per cui sarebbe più semplice odiarmi ma che,
nonostante tutto, non riesce ad odiarmi… È stato quello a farmi capire che non
ci sarebbero state altre occasioni. E c’era questo strano “qualcosa”,
all’altezza dello stomaco che non avevo mai percepito prima. È come se entrambi
l’avessimo percepito nell’aria, era come se i nostri sguardi si stessero
cercando da sempre… E mi sento un idiota a raccontarlo ma è così che mi sono
sentito due giorni fa. -
- In questo momento mi sembra di essere lo spettatore
inconsapevole di un romanzo cortese… - l’uomo aveva un ghigno appena accennato
sulle labbra, l’aveva nascosto abilmente con le mani incrociate davanti al
volto, si ripromise di scrivere quelle parole da qualche parte non appena il
fiorentino se ne fosse andato; era sulla via della pensione e senza un hobby si
sarebbe sicuramente annoiato negli anni a venire, la scrittura poi lo rilassava
incredibilmente e quei ricordi, per quanto riguardanti sua figlia, erano buon
materiale per i suoi poemetti - Quindi si è dichiarata. A modo suo ovviamente ma
Marte l’ha fatto consapevolmente. È un risultato sorprendente ragazzo mio:
dovresti ritenerti fortunato. -
- Fortunato, certo come no! – sbottò a quel punto l’Auditore, era
quasi infastidito da ciò che avrebbe rivelato da lì a poco, si riteneva ferito
nell’orgoglio dopo le ultime parole della rossa - Mi ha piantato in asso subito
dopo, dandomi dell’idiota. -
- Non c’entra niente il succo di ribes, vero? – notando
l’espressione sul volto del fiorentino Luca non riuscì a trattenere
ulteriormente le risate. Era ormai certo del fatto che sua figlia si divertisse
incredibilmente a ripetere quella scenetta, propinandola a nuove e ignare
vittime che proprio come il moro dinanzi a lui tendevano a cascarci con tutte le
scarpe - Non ci posso credere, l’ha fatto di nuovo!
-
Ezio si passò stancamente una mano sugli occhi, si senti un
emerito stupido per aver davvero creduto alle parole della rossa, aveva già
capito che Marte non era una preda facile ma mai avrebbe creduto di dover patire
tutte quelle pene per l’amore di una donna: - Grazie… Ora sì che mi sento un
vero idiota. -
- Non crucciarti inutilmente: Marte è un’ottima attrice e nessuno
è mai sfuggito a lei e al suo fascino, quando entra in modalità “confidenziale” è
praticamente micidiale. - replicò l’uomo nel tentativo di tirare su il morale a
Ezio che, tuttavia, preferì indossare una maschera d’indifferenza; non ottenendo
nessuna risposta significativa, Luca decise di continuare il discorso, più per
ottenere una qualunque reazione che per reale spirito di compassione nei suoi
confronti - Immagina il mio imbarazzo quando gli sfortunati del caso, dopo due
moine e qualche carezza, si sono presentati alla mia porta chiedendola in
moglie! -
A quel punto Ezio s’irrigidì
visibilmente.
Non era una novità che la rossa fosse popolare, il suo nome e la
sua fama di benefattrice erano noti ai più sotto lo pseudonimo di “Luce”, in
tutta la città chiunque sarebbe stato in grado di attribuirle almeno un’azione
valorosa ma scoprire di punto in bianco che Marte aveva effettivamente degli
ammiratori, l’aveva in qualche modo disturbato: - Ce n’è stato più di uno in
passato? -
- L’ultimo risale a martedì scorso. - rispose Luca, scrollando
appena le spalle, cui non fuggì la crescente sorpresa sul volto del moro.
Entrambi sapevano che la rossa, sino a qualche giorno prima, era costretta a
letto in convalescenza e ciò che proprio non riusciva a spiegarsi Ezio era come,
quest’ammiratore, avesse fatto ad avvicinarla - Il fatto che lei non saltelli
più per i tetti della città non impedisce ai suoi ammiratori di farsi avanti…
Speravi di essere il solo in tutta Roma a trovarla interessante?
–
*****************
Il giorno dopo, come stabilito in precedenza, Ezio e Marte
avrebbero liberato Caterina Sforza dalle grinfie dei Borgia. Nonostante le buone intenzioni, per Marte, l’idea di abbandonare
il tepore delle sue coperte era un insulto alla decenza. Sapendo di non avere nessun incarico particolare da svolgere
nell’immediato, decise di dedicarsi alle tanto amate scartoffie di suo padre per
occupare il resto della mattinata.
Un paio d’ore più tardi, qualcuno aveva bussato alla sua porta,
salvandola probabilmente dall’idea peggiore che le fosse venuta in mente negli
ultimi tre mesi: - Avanti! -
- Sei ancora in camicia da notte? Sei diventata una
pigrona… - Giacomo entrò nella stanza rivolgendole uno sguardo insospettito, tra
le mani aveva una tazza di latte fumante e un sacchetto pieno di biscotti al
miele che furono prontamente arraffati dalla rossa - Siamo sicuri che
quell’Auditore ti stia allenando? A me sembra che tu non faccia altro che
poltrire dalla mattina alla sera. -
A Marte sfuggì una risata, liberò un angolo della scrivania e vi
posò le leccornie che le erano appena state recapitate, infine replicò divertita
alle parole dell’amico: - Non è che abbia avuto molte occasioni, specie nell'ultimo periodo, di dedicarmi alla vita mondana sai?
–
- Sese... Piuttosto, quale mistica forza ti ha spinto a sistemare i documenti di tuo
padre? – le domandò il moro sinceramente incuriosito, da quando si erano
incontrati più di nove anni prima, non gli era mai capitato di vederla riempire
cartacce burocratiche volontariamente - Rettifico la mia precedente
affermazione: non sei una pigrona, sei decisamente masochista. –
- Per colpa tua e di questi biscotti deliziosi mi toccherà
abbandonare i lavori. – come risposta alle sue parole, Marte ricevette uno
sguardo carico di disappunto, sbuffò alzando gli occhi al cielo e spostò lo
sguardo sulle dita intorpidite - E va bene. Ma mi aiuterai! La mano destra ha
ricominciato a fare i capricci… -
- Secondo me dovresti semplicemente prenderti una pausa. – Giacomo
strinse la mano in questione tra le sue, le fece un massaggio per qualche minuto
nel tentativo di rilassare i tendini mentre quella finiva di fare
colazione.
- Sei un angelo… Come farei senza di te? - la rossa abbandonò le
cure premurose dell’amico e si avvicinò alla finestra, puntò lo sguardo sulle
reclute che si stavano allenando e di punto in bianco domandò all’amico: - Da
quando salviamo donzelle in difficoltà? –
Giacomo restò spiazzato. La sua mano tremò appena, un paio di
gocce d’inchiostro crollarono inesorabilmente sulla pergamena davanti a lui
rendendogli impossibile comprendere non una ma ben cinque
parole.
A quel punto, si sentì autorizzato a tirare un paio d’imprecazioni
mentre tentava di porre rimedio al danno: - Claudia non ti ha accennato niente?
Per quanto ne so questa donzella in particolare, è niente meno che l’ex amante
del tuo maestro. –
Le spalle di Marte s’irrigidirono visibilmente.
Nei giorni precedenti Claudia le aveva accennato qualcosa sul
rapporto che legava Ezio a Caterina ma lei, troppo preoccupata ad organizzare un
piano di fuga più che perfetto, aveva sempre preferito relegare le chiacchiere
della mora sotto la dicitura di “pettegolezzi”…
Ripensandoci, avrebbe fatto meglio a non sottovalutare le sue
parole, anche solo per evitare a Giacomo la sua espressione allibita: - Stai
dicendo che mi è toccato davvero rincorrere le guardie, chiedere favori a destra
e a manca per tutta la città e pagare decine d’informatori… Soltanto per
liberare la scalda letto di Ezio?! -
- C’est la vie… Che vuoi farci: è un lavoro ingrato il nostro. A
proposito, da quando lo chiami per nome? – il giovane le rivolse uno sguardo
incuriosito, notando il lieve rossore appena comparso sulle guancie dell’amica,
intuì il fattaccio e volle assolutamente indagare sulla questione, prima che
l’amica trovasse qualche assurda scusa per distrarlo - Non dirmi che…
-
Marte sbuffò sonoramente.
L’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era sentire i
non troppo velati tentativi di Giacomo di curiosare nei suoi fiaschi emotivi,
aveva vent’anni e già ne aveva piene le scatole delle faccende di cuore: - Calma
i tuoi istinti da comare repressa e levati quel sorriso soddisfatto dalla
faccia: non è successo niente. –
- Colgo una nota di rabbia nelle tue parole… - fu la replica
incredibilmente divertita del moro, le scoccò un’occhiata ricca di significato,
in pratica la sfidò a dimostrargli il contrario ma quella preferì limitarsi a
uno sguardo infastidito - Puntarmi contro quel biscotto non ti farà sembrare
minacciosa. –
- Non hai proprio niente di meglio da fare?! – domandò spazientita
la rossa, ottenendo un gesto di diniego piuttosto evidente come risposta, che le
fece alzare gli occhi al cielo.
Il sorriso sul volto di Jack non fece altro che aprirsi
ulteriormente quando capì di averla portata finalmente allo sfinimento, la rossa
avrebbe parlato… E lo avrebbe preso a calci ma soltanto in un secondo momento.
Marte cercò di ignorare lo sguardo del moro, ancora fisso su di
lei ma dopo altri due minuti passati nel silenzio più totale, cedette e lo
accontentò: - Credeva che fossi ubriaca e ne ha approfittato. Fine della storia.
–
- Dimmi qualcosa che non so donna. È palese che vi siate baciati!
- l’altro sbuffò annoiato, accomodandosi più comodamente sulla poltrona che
aveva occupato negli ultimi venti minuti, afferrò una pila di fogli e iniziò a
leggerne il contenuto - Sarai lieta di sapere che dopo la tua confessione
Stefano mi deve un bel po’ di grana… Non guardarmi così: è dalla tua performance
nel recinto che si formulano ipotesi su una vostra eventuale relazione!
–
- Inizio a odiare questo posto. -
|
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Capitolo 19 *** Questione di Priorità ***
<< NOVA
LUX >>
Luca restò
sorpreso notando la testa di Giacomo fare capolino oltre la porta, con un cenno
della mano gli diede il permesso di entrare e gli domandò cosa l’avesse condotto
in quell’ala della casa.
- Volevo soltanto
comunicarle che è tutto pronto per il recupero di Caterina Sforza… - il tono che
usò fu particolarmente impassibile ma quando si accorse della presenza di Ezio,
a qualche metro da lui, si materializzò sul suo volto un espressione dispiaciuta
- Marte è tremendamente arrabbiata con te. -
Il fiorentino
alzò gli occhi al cielo: ultimamente la rossa non faceva altro che prendersela
con lui.
Sospirò,
rivolgendo un’occhiata annoiata al giovane, in attesa di scoprire cosa avesse
indispettito la sua allieva questa volta: - E sentiamo, cosa ha portato Marte
Petri a sviluppare questi nuovi sentimenti così nefandi nei confronti del
sottoscritto? -
- Potrei
accidentalmente aver confermato il tuo passato coinvolgimento emotivo con la
Duchessa di Forlì. – sul volto di Jack si dipinse un espressione tremendamente
colpevole e dispiaciuta. Tra se e se il ragazzo fu costretto ad ammettere che,
nonostante gli attriti tra loro, non poteva certo biasimare le passate sfuriate
del fiorentino e che quella non era stata certo una “vendetta volontaria”, sperò
soltanto che anche l’altro lo capisse - Mi dispiace! Lo giuro: non volevo
assolutamente metterti nei guai! Mi è sfuggito di bocca, stavamo parlando di
tutt’altro e ancora prima che potessi rendermene conto, l’ho detto!
-
Ezio si passò
stancamente una mano tra i capelli.
Non che il
fiorentino non si fosse preparato mentalmente all’idea che la rossa venisse a
conoscenza dei fatti, anzi, aveva previsto l’eventualità che sua sorella
rivelasse il fattaccio a Marte già da qualche giorno ma tra il dire e il fare…
Insomma, nuovi problemi all’orizzonte.
E per una volta
non si stava affatto riferendo ai Borgia.
Ezio rivolse uno
sguardo annoiato a Giacomo, aveva capito dal primo istante quanto il giovane
fosse dispiaciuto ma ormai il danno era fatto, tanto valeva preoccuparsi di
arginare il problema: - Avrò a che fare con il suo sarcasmo per tutto il giorno?
-
- Hem… Non
esattamente. – notando gli sguardi dei due mentori puntati su sé stesso, a Jack
non restò altro che spiegare cosa avesse effettivamente architettato Marte ad
insaputa dei due, forse nella speranza che questi riuscissero a farla ragionare
e sistemassero la questione prima che questa diventasse un problema più grande
del dovuto - Ha chiesto alle ragazze di tua sorella di farvi da scorta.
–
A quel punto
Luca, nonostante i buoni propositi iniziali, si ritrovò a ridere come non
accadeva da tempo.
Ritrovandosi a
guardare le espressioni confuse dei due al suo cospetto, l’uomo si ritrovò a
spiegare tra i sogghigni cosa l’aveva portato a quella reazione così esagerata:
- Mia figlia vuole spacciare la duchessa di Forlì per una prostituta… Solo io
trovo la faccenda estremamente divertente? -
Giacomo riservò a
Luca uno sguardo poco convinto, anche se la cosa non l’aveva sorpreso si era
ritrovato a sperare in un minimo di serietà in più da parte dell’uomo: - Senza
offesa signore ma lei e sua figlia avete un concetto di “divertimento” che non
rientra nella normalità. -
A quel punto sul
volto di Ezio si materializzò un’espressione inviperita.
Il fiorentino
ritenne di aver tollerato a sufficienza le angherie della rossa e, con
quell’ultima bravata, si riservò il diritto di giocare la carta dell’immaturità
con la sua allieva: - Come le è saltato in mente di pensare ad una soluzione del
genere?! –
- Se ci pensi,
non è un’idea poi così scadente e quantomeno puoi fare leva sull’effetto
sorpresa. – Luca si sentì in dovere di difendere la figlia, non gli era
difficile credere che agli occhi del moro quella risultasse un’azione di
semplice follia irrazionale ma c’era di più dietro le sue azioni; Marte aveva
sempre dimostrato di possedere una certa attitudine al “pensare fuori dagli
schemi”, quella non era una novità per nessuno, sarebbe stato da sciocchi non
pensare all’impensabile – Pensaci bene Ezio: la duchessa è praticamente mezza
nuda, farla allontanare in altri modi avrebbe attirato l’attenzione delle
guardie… Inoltre, chi mai si aspetterebbe di vedere Caterina Sforza mescolata a
delle prostitute? –
*****************
L’ora
X era arrivata.
Ezio
e Marte si erano evitati come la peste, avevano comunicato per tutto il tempo
facendo fare la spola al povero Riccardo tra loro, mettendosi d’accordo
semplicemente sul luogo in cui si sarebbero incontrati per “scambiarsi il pacco”
alias Caterina.
Il
piano di Marte era semplice: doveva semplicemente far saltare la porta ovest di
Castel Sant’Angelo, quella più distante dalla cella in cui Caterina era stata
imprigionata e con l’aiuto di qualche vecchio amico avrebbe trattenuto le
guardie.
Alcune
sentinelle avevano avuto da ridire sul sospetto contenuto dei barili che stavano
trasportando, la polvere da sparo non era facile da camuffare ma erano bastati
un doppio fondo e qualche carineria per risolvere la situazione… Non restava
altro che scaricare il tutto e comunicare a Gilbèrt che il “rendevouz”
era ormai prossimo.
La
festa poteva cominciare.
Nel
giro di cinque minuti la piazza si era trasformata in un campo di battaglia: lo
scoppio era stato fragoroso ed erano accorse più pattuglie di quanto avesse
previsto. Fortunatamente, grazie alle sue sventure passate, Marte aveva previsto
delle squadre di appoggio che non esitarono un secondo ad entrare in
azione.
Si
era appena liberata da un paio di guardie, le frecce per la sua balestra erano
ormai agli sgoccioli e nonostante i suoi fossero in vantaggio, il numero di
guardie era in aumento; Marte
sparò a uno dei due soldati appena comparsi nella piazza e mentre il secondo si
abbassava su quello colpito, caricò di nuovo la balestra e colpì una seconda
volta.
Lanciò
la balestra tra la polvere e recuperò dalle tasche alcuni pugnali da lancio:
sarebbero stati meno efficaci sulle lunghe distanze ma non poteva fare
altrimenti, non aveva contato di restare così a lungo sul campo di battaglia e
ormai non mancava molto allo scambio.
Si
distrasse appena un secondo, il tempo di guardare l’ora sull’enorme campanile
alle loro spalle che qualcosa la colpì ad una tempia; si sbilanciò e cadde al
suolo, qualche secondo dopo a malapena riusciva a vedere dall’occhio destro
tanto era il sangue che sgorgava dalla ferita.
A
questo non aveva pensato.
Vide
un’ombra avventarsi su di lei.
Tra
le mani stringeva una mazza, avrebbe approfittato del considerevole peso
dell’arma e del possibile sbilanciamento del suo possessore per attaccarlo e
porre fine allo scontro.
Rotolò
di lato evitando l’attacco, la polvere le finì negli occhi ma non ebbe tempo per
esitare: si affidò all’istinto, arrivò alle spalle della guardia e gli tagliò la
gola con uno dei pugnali, lasciandolo cadere.
-
Vivere o morire bell’imbusto. Dovrebbero insegnarvi questo all’accademia. –
borbottò quella ripulendosi il volto dal sangue, finalmente le campane
suonarono, non dovette dare l’ordine poiché la ritirata era già
cominciata.
Proprio
come avevano decretato in principio.
Si
nascose in uno dei cortili chiusi sfuggendo alle guardie con abilità.
Si
cambiò gli abiti e tentò nuovamente di tamponare la ferita dirigendosi al Buio
Pece, l’ennesima taverna sparsa per la città davanti alla quale si sarebbe
incontrata con Ezio e la famigerata Sforza.
Li
vide da lontano.
Gettò
gli stracci ormai impregnati del suo sangue in un vicolo e li raggiunse,
indicando alla duchessa le ragazze di Claudia.
-
Dobbiamo fare in fretta. – Marte afferrò la duchessa per un polso e la trascinò
per qualche metro, sentendola fare resistenza alle sue spalle mentre Ezio
tentava di capire che diavolo fosse successo negli ultimi dieci secondi – E tu
vatti a nascondere prima che ti riconoscano, idiota!
-
Caterina
rivolse al gruppo delle cortigiane uno sguardo critico che non sfuggì a nessuna
delle ragazze, Marte udì chiaramente Sara fare una battuta su quanto fosse
scontata la reazione della nobile, ignorando le parole alle sue spalle
quest’ultima si voltò sbigottita in direzione del fiorentino: - È una burla per
caso? Io non mi nasconderò in mezzo a delle cortigiane! Sono una…
-
La
rossa alzò gli occhi al cielo e ricominciò
a trascinarsela dietro, sul serio, non avevano tempo per assistere alla
messinscena della Sforza e si premurò di renderglielo più che noto: - Sisi, come
ti pare, avrai il tempo di lamentati con il mio capo più tardi boriosetta!
-
-
Come osi rivolgerti a me con questo tono?! – quella si liberò con uno strattone
e tentò di darle uno schiaffo sul viso incurante della situazione e della gente
che aveva iniziato a guardarle con interesse.
-
Fai sul serio?! – sbottò infastidita Marte, evitando lo schiaffo appena in
tempo, sentì la testa pulsare in prossimità della ferita e decise di controllare
se questa avesse ricominciato a sanguinare – Non mi interessa il tuo stato
sociale ok? Quindi chiudi il becco e muovi il culo! -
Sul
volto della Sforza si materializzò un’espressione
oltraggiata.
Mai
prima di quel momento qualcuno si era permesso di rivolgersi a lei in quel modo,
figurarsi puoi una sconosciuta dalle dubbie origini che nemmeno aveva avuto la
decenza di trattarla con il dovuto rispetto: - Ezio, tu permetti a questa…
persona di parlarmi in questo modo? -
-
Risolverete le vostre beghe coniugali dopo! - la rossa era sull’orlo di una
crisi di nervi, credeva che la parte più complessa del piano fosse attirare le
guardie e sopravvivere il tempo necessario a concedergli la fuga e invece quella
maledetta nobildonna le stava causando non pochi problemi - Ascoltami bene
Caterina Sforza perché non intendo ripeterlo una seconda volta: non hai potere
decisionale nella mia città, il tuo titolo nobiliare conta meno di niente quindi
vedi di non sfrangiarmi le palle perché, giuro su Dio, ti tiro una mazzata in
testa e ti faccio trascinare per i capelli! -
Qualche secondo
dopo Caterina si era avvicinata alle ragazze di Claudia e senza muovere
ulteriori remore, non prima di scoccarle un ultimo sguardo altezzoso, si era
allontanata con le altre.
Ezio la raggiunse
e le porse un fazzoletto umido.
Non comprendendo
il motivo delle sue azioni, Marte gli rivolse uno sguardo confuso, il fiorentino
si avvicinò ulteriormente a lei e controllò la
ferita pulendola con cura: - Hai il volto coperto di sangue. E le tue non
sembravano decisamente parole a vuoto… Per un attimo anche io ho avuto
paura di te. -
- Quella deve
rivedere le sue priorità. -
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Capitolo 20 *** Alla Luce Del Tramonto ***
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LUX >>
Marte
era nelle cucine, dove Maria le stava accuratamente controllando e pulendo la
ferita sulla fronte.
Sul
volto della donna si materializzò un’espressione malinconica, Marte poteva
percepire sotto i suoi tocchi materni, la nostalgia dei ricordi di un passato
ormai lontano: - C’è stato un tempo in cui Ezio non era molto portato per la
corsa sui tetti. I primi tempi lui e Federico, il mio primogenito, tornavano a
casa con almeno un ginocchio sbucciato… –
-
Non deve farlo… - la rossa si sentì in colpa per aver inconsciamente costretto
Maria a medicarla, le afferrò le mani interrompendola, e le rivolse uno sguardo
dispiaciuto; aveva compreso troppo tardi che, quel gesto così banale, aveva
probabilmente riportando a galla i ricordi della donna - Se non se la sente,
posso sempre farlo da sola. –
La
donna alzò gli occhi al cielo, le diede un buffetto sul naso e le sorrise
dolcemente tornando a occuparsi della ferita, vi passò con cura un batuffolo di
cotone imbevuto con dell’unguento di origano e timo: - Questa poi… Ti ho forse
dato l’impressione di essere una vecchia signora incompetente?
–
-
Non fraintendetemi madonna Auditore ma vedo la nostalgia nei vostri occhi e la
malinconia nei vostri gesti. – rispose quella cercando di esprimere al contempo
la gratitudine per quella premura e il dispiacere per ciò che sapeva essere
successo alla famiglia Auditore in passato - Non volevo certo obbligarvi ad un
doloroso rivangare nel passato. –
-
Sarò franca Marte: c’è qualcosa in te e nei tuoi modi di fare che mi ricorda il
mio amato Petruccio. – Maria sorrise accarezzandole una guancia con fare
materno, si accorse dell’espressione confusa della ragazza e non riuscì a
trattenere una risata divertita – Non fraintendermi, il fatto è che sei sempre
così… Piena di vita ed euforia. Sei come una bambina che vuole scoprire il mondo
tutto insieme e non c’è stato un solo istante da quando ti ho incontrata in cui
ho visto il dispiacere sul tuo volto. Il mio bambino era così e tu riporti a
galla il suo dolce ricordo con una facilità disarmante. –
-
Io… Sono confusa. So già che me ne pentirò ma devo chiederle la sua opinione. –
Marte, di punto in bianco, si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e
indietro per la cucina sotto lo sguardo attento di Maria che non si perse una
sua mossa. La donna era in attesa, quasi trepidante, di capire cosa avesse
convinto la rossa a manifestare proprio a lei i suoi dubbi e non riuscì a
trattenere la sorpresa nel sentire le parole di Marte: - Suo figlio non fa altro
che rimproverarmi! Dice che agisco d’istinto, che non penso alle conseguenze che
sono una bambina immatura… -
-
Ma la tua non è affatto immaturità tesoro. – la replica di Maria fu quasi
istantanea, si sistemò di fronte alla rossa e le afferrò entrambe le mani prima
di stringerle tra le sue e guardarla con un’intensità disarmante: - Tu sei
soltanto curiosa ed è la tua curiosità a renderti speciale.
-
Marte
alzò gli occhi al cielo, a stento riuscì a trattenere uno sbuffo spazientito al
ricordo di ciò che lei ed Ezio erano soliti dirsi in fase di allenamento: - Ezio
direbbe che la mia curiosità porta soltanto guai… -
Sul
volto della donna si materializzò un sorriso divertito, le diede un buffetto sul
naso e si allontanò. Qualche minuto dopo Maria ricomparve con un fiasco di vino
e un po’ di cibo dall’aria invitante cui la rossa non resistette, entrambe si
accomodarono intorno al tavolo e la donna si premurò in breve di spiegarle cosa
pensava dell’intera faccenda: - Non dare retta a tutto quello che dice. Per
quanto tutto questo possa sembrarti inverosimile, ha un debole per te… Non guardarmi
così! Anche se non sempre te lo dimostra, è un fatto universalmente
riconosciuto, figurati, le ragazze della Rosa in Fiore hanno addirittura
iniziato a scommetterci sopra! –
Marte
scoppiò a ridere: in pratica la situazione tra lei ed Ezio era diventata oggetto
di parecchie puntate… Era proprio venuto il momento di trovare qualcosa di nuovo
per impegnare la routine degli altri.
-
Parlavate di me? –
Dal
nulla era comparve Ezio, le rubò di mano il panino che aveva preparato e prima
ancora che potesse fare qualcosa, si era messo fuori dalla sua portata.
Marte
gli rifilò uno sguardo malevolo ma, ritenendo la situazione una causa persa,
rinunciò e ne preparò un altro.
-
In realtà parlavamo del fornaio. – fu la divertita replica di Maria che scambiò
uno sguardo complice con la rossa; l’espressione innervosita di Ezio non sfuggì
a nessuna delle due che, arrivate a quel punto, erano curiose di scoprire quale
potesse essere la reazione del moro - L’ho sentito parlare di Marte: dovevi
vedere in quanti erano intorno a lui, pronti a tessere le lodi della tua
allieva… Non sapevo che avessi tutti questi ammiratori! –
Marte
scoppiò a ridere.
Dopo
il bacio tra lei ed Ezio non c’era stato altro che un continuo nascondersi, era
palese quanto entrambi stessero cercando di evitarsi, persino vederli nella
stessa stanza era stato impossibile negli ultimi giorni. Era ovvio che,
specialmente negli ultimi giorni, la rossa si fosse ritrovata circondata dai
suoi “fantomatici” ammiratori: - Una cosa è certa: sono più di quelli che potrei
gestirne in una vita sola! –
-
Nessuno di loro t’interessa? – domandò a quel punto Maria, incuriosita
dall’intera faccenda, non che fosse nelle sue corde l’impicciarsi nei fatti
altrui ma era da qualche tempo che non le capitava una sana dose di
pettegolezzi.
-
Dipende da cosa intendi per “interesse”. C’è stato qualcuno che mi ha
incuriosito all’inizio. – pensandoci meglio, Marte fu costretta ad ammettere di
aver avuto qualche storiella, seppur di poco conto ma tra quella che era stata
la sua storia e gli aneddoti ascoltati delle altre ragazze di città c’era una
differenza sostanziale – Tuttavia nessuno di loro è stato in grado di farmi
battere il cuore… Si dice così no? -
Quel
discorso, per quanto non gli piacesse, aveva incuriosito Ezio oltre ogni modo.
Per quello che lo riguardava, era certo di aver maturato dell’esperienza in
campo amatorio ma la vita sentimentale di Marte gli era tutt’ora incognita…
Se
con quella bizzarra conversazione fosse riuscito a scoprire almeno qualche
dettaglio in più su quando “in là” si fosse spinta Marte, beh, tanto meglio: -
La dichiarazione che ti ha sorpreso di più? –
-
Qualcuno che mi ha sorpreso… - di punto in bianco sul volto della rossa si
materializzò un sorriso divertito, immediatamente seguito da una delle risate
più sguaiate che Ezio le avesse mai sentito fare da quando l’aveva incontrata,
arrivò quasi ad avere le lacrime agli occhi - Oh sì, come dimenticarla! La
contessa di Viterbo! –
Ci
fu un attimo di silenzio in cui nessuno fiatò; quella, tra tutte, fu una
rivelazione a dir poco disarmante.
-
Come prego? – fu la confusa domanda di Maria che, forse anche meno di suo
figlio, si era spettata una simile sentenza da parte della rossa. Una cosa era
certa: i tempi erano cambiati notevolmente da quando lei era una giovane dama in
età da marito.
Sul
volto di Marte si era materializzato un sorriso divertito.
Forse
aveva fatto male a parlare proprio di quell’occasione, era più che logico che
persone come Maria fossero poco avvezze a simili “novità”; volle spiegare la
dinamica degli eventi, prima che qualcuno potesse fraintendere l’intera
situazione: - Sarò franca con voi: non parteggio per quella “squadra” e non
credo succederà mai che io cambi idea. Capirete da voi il mio disagio nel
rifiutare la proposta della contessa. Non nego la bellezza di Chiara ma mai come
in quel momento mi sono sentita così… A disagio! -
Sul
volto di Ezio si materializzò un sorriso divertito, per lo meno ora aveva la
certezza dei limiti della rossa, era certo di aver eliminato metà della
popolazione di Roma dalla lista dei possibili avversari.
Restava solo un interrogativo irrisolto: se non era per
interesse, per quale altro motivo la rossa sembrava così in confidenza con
l’ambiente tipico dei bordelli della città eterna?
*****************
I
due non fecero in tempo a scortare Caterina all’interno della casa che, dopo un
breve colloquio tra lei e il capo della gilda, Luca li aveva già convocati nel
suo studio: - Abbiamo un problema. –
Marte
alzò gli occhi al cielo, sbuffò e si lanciò a peso morto sulla poltrona più
vicina, afferrando alcuni biscotti dal porta vivande sul tavolo del padre: -
Come se fosse una novità! –
-
Non c’è da scherzarci sopra, la questione è piuttosto seria… Caterina mi ha
appena rivelato che stava trasportando degli importanti documenti quando è stata
catturata. – l’uomo spiegò la realtà dei fatti con una semplicità disarmante,
riservò a entrambi uno sguardo severo che riuscì finalmente a placare un po’
della baldanza della rossa e attirò definitivamente l’attenzione del fiorentino
su ciò che questo avrebbe potuto significare - Se questi documenti finissero
nelle mani degli alleati dei Borgia, Forlì sarebbe perduta per sempre.
–
-
Siamo davvero messi male se recuperare quattro fogli di carta è diventato un
problema di stato. - Ezio borbottò scettico tra sé e sé, si sporse maggiormente
sulla scrivania di Luca nel tentativo di scoprire se tra le infinte carte che
aveva davanti ci fosse qualche indizio su quale fosse il contenuto di quei
documenti ma non trovandone decise di porre la fatidica domanda – Qual è il
piano? -
-
Bisogna partire immediatamente per rintracciare i messaggeri dei Borgia. –
spiegò Luca prima di indicare un punto specifico sulla cartina di fronte a sé,
entrambi si sporsero per vedere meglio la zona in questione e attesero che
l’uomo terminasse il discorso - Sappiamo da fonti certe che passeranno la notte
in una taverna appena fuori città. -
Sul
volto della rossa si materializzò un’espressione sorpresa, guardò il padre e
notandone il disagio sul volto scoppiò letteralmente a ridere attirando
l’attenzione di Ezio che le riservò un’occhiata confusa: - Ma non mi dire… La
fonte affidabile sarebbe nostra cugina? È un pezzo che non la vedo!
–
Luca
le riservò uno sguardo sdegnato, memore degli ultimi incontri avvenuti tra Sarah
e Marte era ben poco propenso a un nuovo incontro tra le due, non si premurò di
tenerlo nascosto a sua figlia: - E per quanto mi riguarda, scorrerà ancora molta
acqua sotto i ponti prima che questo succeda di nuovo. –
-
Non si fiderà mai di un viandante qualunque che passa per caso dicendo di
conoscerti! - fu la sdegnata replica della rossa, inviperita per la scarsa
considerazione che suo padre aveva di sua cugina che come tutti aveva una
dignità. Poteva accettare la reticenza di Luca nell’affidarsi a lei, sapeva
quanto poco gli andassero bene le scelte che Sarah aveva compiuto in passato ma
non per questo era meno meritevole di altri - Sei un ipocrita! Non esitavi un
solo istante a lasciarmi nelle sue mani quando dovevi andare in missione!
-
Ogni
volta che quei due litigavano Ezio si sentiva un pesce fuor d’acqua, era quasi
sul punto di andarsene quando Luca decise di prendere
posizione.
L’uomo
colpì con una violenza spaventosa la scrivania, un vaso crollò andando in
frantumi mentre sul suo volto si materializzava un’espressione assolutamente
inviperita: - Se non ti fosse ancora del tutto chiaro, sono io a capo di questa
gilda, le decisioni spettano a me e a nessun altro! Andranno Giacomo ed Ezio, la
questione è chiusa… Se non ti sta bene, quella è la porta!
-
Detto,
fatto.
Marte,
dopo un ultimo sguardo inviperito rivolto a entrambi, se n’era andata
sbattendosi la porta alle spalle.
*****************
Giacomo
era nelle cucine prendere qualche provvista, il viaggio non era lungo ma i suoi
attacchi di fame improvvisa erano sempre stati un
problema.
Una
volta riempita la bisaccia, aveva raggiunto il fiorentino nelle stalle ed erano
partiti.
Dopo
circa tre ore di viaggio avevano raggiunto il punto indicatogli da
Luca…
Entrando
i due si scontrarono con un gruppo di ragazzini non più che quindicenni ma
entrambi vi prestarono poca attenzione.
L’unico
realmente sorpreso dalla presenza di Marte, seduta al tavolo con qualche ragazzo
dall’aria burbera, fu Ezio. Giacomo salutò il resto dei presenti con qualche
pacca amichevole e si accomodò al tavolo con gli altri, ordinando all’oste
un’altra pinta di vino.
-
Si può sapere cosa diavolo ci fai tu qui?! - il fiorentino, sbattendo le mani
sul tavolo, si avvicinò al volto alla rossa a una velocità spaventosa
trattenendo a stento l’irritazione.
Quella,
senza nemmeno rendersene conto, gli aveva puntato un coltello alla gola
esercitando una debole pressione che lo aveva ferito lievemente: - Ma sei
scemo?! Potevo ucciderti! -
-
Conosci davvero questo stizzoso damerino da due soldi? - sbottò uno dei giovani,
pronto a venire alle mani mentre gli altri al suo fianco erano pronti a dargli
man forte.
Sotto
lo sguardo vigile dell’oste, che non li aveva persi di vista un secondo da
quando erano entrati, gli animi furono placati dall’arrivo di una donna bionda e
dal fascino nordico.
Questa
afferrò le orecchie di due ragazzi a caso, li costrinse a risedersi sulla panca
con i volti arrossati per l’umiliazione e li rimbeccò tutti all’unisono
attribuendo la colpa alla “novità” della serata: - Non posso lasciarti sola con
quattro uomini che nel giro di dieci minuti me li ritrovo allo stato brado! Ma
che gli fai tu agli uomini Mars?! -
-
Non è colpa mia Sarah! Com’è arrivato lui, sono iniziati i casini! - sbottò
quella, indicando con un improvviso moto di puerilità, l’ultimo arrivato; tutti
al tavolo si accorsero del rossore comparso sulle sue guancie ma nessuno se la
sentì di attribuire all’imbarazzo quell’improvvisa sfumatura cremisi comparsa
sul suo volto. Era già abbastanza pericoloso avere a che fare con
Sarah…
-
Deduco dalla foga della mia adorata cugina che tu sia niente meno che il famoso
Ezio Auditore. – la bionda si avvicinò, concedendo al fiorentino un breve
inchino prima di stringergli con leggiadria la mano Ancora prima di rendersi
conto di cosa stava facendo, Ezio vi aveva posato un casto bacio, rapito
dall’eleganza con cui si muoveva quella donna all’apparenza così affabile -
Lieta di fare la tua conoscenza, sono Sarah Petri in arte Saphira! Perdona la
franchezza ma davvero non ti aspettavi di vedere qui la mia dolce Mars? -
Il
moro, riacquistato un minimo di contegno, si schiarì la voce e riservò
all’allieva uno sguardo severo prima di riportare la propria attenzione su
Sarah: - Servirebbe a qualcosa dire che la speranza è l’ultima a morire?
-
L’altra
si sciolse in una risata.
Sarah
recuperò un paio di sedie, vi fece accomodare il fiorentino e gli pulì la ferita
sul collo con delicatezza, sotto lo sguardo incuriosito dei presenti che ancora
non avevano compreso quell’improvviso scoppio d’ilarità: - La speranza è a un
ciarlatano che c’inganna nell’attesa messere, non ve l’ha insegnato il vostro
insegnante privato? -
Marte
sbuffò per l’evidente civetteria della cugina.
Gli
anni erano passati ma quell’inconscio amoreggiare di Sarah non si era ancora
spento del tutto, agitò una mano e riservò a Giacomo ed Ezio uno sguardo
annoiato: - Certo, certo… Tutto questo ciarlare è davvero amabile e credetemi,
mi piange il cuore a interrompere quest’amabile teatrino ma questi due hanno
delle questioni importanti di cui parlare. -
-
Sta tranquilla cuore, non lo tocca nessuno il tuo uomo. - ridacchiò la bionda
tra sé e sé, leggendo un pizzico di gelosia sotto la solita espressione
impassibile di Marte, le posò un delicato bacio tra i capelli prima di
allontanarsi - Per quanto riguarda ciò che ci siamo dette prima…
–
La
rossa sorrise gioviale, facendo un occhiolino alla cugina, poco prima di
stiracchiarsi sulle comode poltrone imbottite della taverna: - Sai bene che non
ti direi mai di no. -
La
bionda abbracciò di slancio la cugina, mosse un paio di passi in direzione della
cucina ma sembrò cambiare idea, si voltò e indicò Ezio e Giacomo: - Un’ultima
cosa: credo che entrambi siate stati scippati Voglio darvi un consiglio:
controllate più spesso ciò che portate alla cintola. -
In
quel preciso istante, tra le risate generali, i due si accorsero di non avere
più nessun sacco di monete appeso alla cintura.
*****************
Il
sole era da poco tramontato.
I
due avevano seguito i due messaggeri dei Borgia sin dentro ad una taverna
dall’aria bizzarra, avevano preso posto in un angolo poco illuminato della
stanza da cui potevano tuttavia tenere sott’occhio i due obbiettivi ed avevano
discusso il da farsi.
Di
Marte non c’era traccia.
-
Starà parlando con sua cugina… Non vedo altri motivi che giustifichino la sua
improvvisa scomparsa. - suggerì Giacomo, scrollando le spalle, attirato dallo
strano arredamento della taverna.
Ezio
sussultò: non ci aveva pensato.
Era
plausibile ma perché allontanarsi così all’improvviso?
Cos’aveva
da discutere di così importante?
E
perché non aspettare la mattina?
Serrò
inconsapevolmente la mascella: non gli piaceva la piega degli
eventi.
Per
di più ora erano senza un soldo, dovevano pagare i conti della taverna, le
consumazioni che avrebbero fatto in quel posto e comprare qualche provvista
prima di rimettersi in viaggio.
Una
ragazza ben poco vestita ammiccò in loro direzione prima di sparire oltre un
tendone rosso circondato da enormi torce: - Si nascondono in un bordello?
–
-
Un bordello in un paese così anonimo? Saprei dove ritirarmi per la vecchiaia! –
Giacomo occhieggiò la ragazza appena uscita da “dietro le quinte” e, a giudicare
dai lineamenti e dal colore della pelle, doveva essere ispanica. Non si
trattenne dall’esprimere il proprio apprezzamento con un sonoro fischio ed un
occhiolino.
Una
cameriera, vestita con un abito ai limiti storici della decenza, si avvicinò a
loro per prendere i loro ordini.
Approfittando
del buio della sala, Giacomo aveva arraffato al volo la borsa dell’uomo ubriaco
seduto al tavolo accanto e non aveva badato a spese, ordinando per
entrambi.
Qualche
secondo dopo era comparsa Sarah, pardon, Saphira che aveva annunciato l’arrivo
di una nuova e promettente ballerina: - Godetevela signori perché non resterà a
lungo Lei è Cher e stasera vi farà perdere la testa! –
Un
uomo, seduto nell’angolo con il resto dei musicisti, aveva iniziato a suonare la
chitarra: la musica aveva un che d’intrigante e misterioso allo stesso tempo e
poco dopo, una ragazza aveva iniziato a cantare rendendo l’atmosfera ancora più
frizzante ed energica, esortando il pubblico a battere le mani insieme a lei per
tenere il ritmo.
Né
Giacomo né Ezio si sarebbero mai aspettati di scoprire che, nel giro di dieci
minuti, Marte gli avrebbe procurato trecento monete d’oro… Mance
escluse.
Di
lei, ancora in ombra si notava ben poco, a parte la chioma rossa imbrigliata in
un elegante chignon in cui era intrecciata perfettamente una rosa. Per poco il
fiorentino non rischiò il soffocamento: Marte indossava un aderente corpetto
nero e bianco che terminava con una gonna corta e spudorata, il trucco scuro la
rendeva quasi irriconoscibile
Il
tutto contribuiva a farla sembrare una creatura tentatrice e non la mite
compagna di viaggio che i due avevano imparato a
conoscere.
La
rossa si accarezzò dolcemente i fianchi a ritmo della
musica.
I
primi fischi d’apprezzamento giunsero dalla folla, le sue mani risalirono
sfiorando il collo e di nuovo giù, lungo il seno sino a raggiungere il ventre.
Sempre mantenendo una camminata lenta e sensuale adocchiò un palo nell’angolo,
sorrise accattivante e vi si aggrappò, si girò a testa in giù reggendosi solo
con le mani prima di aprire le gambe in una spaccata.
Ezio
per poco non si soffocò con una patatina nel notare che, sotto quello straccetto
bianco e nero, Marte portava un capo di biancheria intima altrettanto osceno.
La
rossa scivolò a terra gattonando verso le prime file.
Non
si trattenne e rivolse sguardi che promettevano peccati d’ogni genere a chiunque
stesse posando lo sguardo su di lei
La
musica tornò ad accompagnarla e lei, agile come sempre, saltò su uno dei
tavolini lasciando a bocca aperta i due proprietari, rimasti totalmente
affascinati da lei e dalla sua figura sinuosa che aveva ricominciato quel
balletto peccaminoso a poca distanza da loro.
Marte
slacciò il nodo anteriore del corpetto e lasciò che il pubblico la ammirasse,
solo in quel momento notò i due compagni tra il pubblico, rivolse a entrambi un
occhiolino divertito nel notare le loro espressioni ebeti.
Scivolò
in loro direzione, sempre seguita dagli sguardi di tutti, un passo elegante ed
ancheggiante usato soltanto per accontentare le aspettative di chi la guardava
quasi con ammirazione.
Raggiunse
il tavolino dei due: erano pietrificati.
Marte
si abbassò piano, si puntellò sulle ginocchia di Ezio che stava ormai incollato
allo schienale e inarcò il corpo, il seno in bella vista e i bacini che si
sfioravano appena…
Decise
di osare: si trovò seduta su di lui e si mosse in maniera inequivocabile. Gli
passò le mani tra i capelli e si strusciò su di lui, ammiccante come sempre, un
sorriso furbo sul volto.
Approfittando
del momento di vicinanza, gli sussurrò un paio di frasi sperando che non fosse
rimbambito del tutto vedendola conciata in quel modo: - Ho recuperato i
documenti… E racimolato un po’ di grana. Partiamo domattina all’alba. Ci vediamo
alla chiusura. –
Si
tirò indietro di scatto e passò a Giacomo esibendosi in un’impeccabile danza
del ventre a pochi centimetri dal suo volto accaldato.
Le
sembrò quasi che stesse trattenendo il fiato e, per evitare un collasso al suo
migliore amico, lo lasciò stare e si concentrò su un altro ragazzo del pubblico.
Gli passò alle spalle e si strusciò contro di lui come se fosse desiderosa di
spogliarlo.
Quando
ormai era certa di averlo illuso a sufficienza, si allontanò tornando verso il
palco, recuperò una sedia e incrociò le braccia lungo lo schienale, dando un
bacio ammiccante alla folla che esplose in fischi, applausi ed esclamazioni
entusiaste.
Attese
che “Il Forestiero Nottambulo” si svuotasse per riscuotere i frutti delle sue
fatiche e ignorò gli ubriachi in mezzo alla sala pronti a dare il via ad una
rissa con i controfiocchi.
Erano
quasi le quattro del mattino, era distrutta ma si fermò ugualmente a chiedere
qualcosa da bere al bancone. Ottenuta la sua meritata pinta di birra, si sedette
accanto ai due che sussultarono nel vedersela comparire accanto con gli abiti di
sempre: dei vecchi e logori pantaloni, una maglietta di flanella e i capelli
incastrati alla bell’è meglio in un cappello di feltro.
Per
un attimo rimase immobile senza sapere bene come comportarsi, Ezio e Giacomo
erano ancora immobili e non sembravano intenzionati a smettere.
-
Smettetela di guardarmi così. È una cosa che ho imparato stando qui… Papà ha
sospettato qualcosa, per questo era così reticente a mandarmi con voi. – ma i
due ancora non ne volevano sapere di muovere un dito, terminò la sua birra in
un'unica sorsata, posò la pinta ormai vuota sul tavolo e alzò gli occhi al cielo
assestando a entrambi una poderosa pappina sulla nuca – E chiudete quelle bocche
per Dio! Ci vuole così poco a scandalizzarvi? Mah… Restate pure qui a vegetare, io vado a dormire.
–
|
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Capitolo 21 *** Un Morto Che Cammina ***
Note
della Sfigata:
Piccola
parentesi prima del nuovo capitolo.
Dopo
qualche pensiero notturno di troppo, ho realizzato che il nome "Hana" per la
controparte di Marte non mi convinceva del
tutto quindi... Si beh, senza giri di parole, l'ho cambiato!
Quando
d'ora in poi leggerete di Alexis, in realtà mi sto riferendo alla Hana degli
scorsi capitoli, chiedo venia per la confusione. (Ho già sistemato il nome nei vecchi capitoli in ogni caso)
*Sono
una scema e me ne rendo conto ma sono fatta così!*
Grazie
mille per chi segue/recensice/ha messo la storia tra i
preferiti.
Un
cordiale saluto dalla vostra, lunatica, Calamity_Shadow!
;)
<< NOVA
LUX >>
Marte si era fatta preparare una tinozza di acqua calda: si
era goduta per qualche minuto il tepore del bagno, lavandosi accuratamente con
del sapone alla lavanda, il trucco ormai sbavato e sbiadito era stato rimosso
con un panno umido e soltanto in quel momento la rossa riuscì a riconoscersi nel
riflesso dello specchio.
Avrebbe
indossato una delle sottovesti di seta della cugina per dormire… Non che avesse
altra scelta: la partenza improvvisa le aveva impedito di preparare dei bagagli
adeguati.
Soltanto
dopo qualche minuto comprese che, grazie a sua cugina, si era aggiudicata la
stanza più calda dell’intera taverna: pur essendo a piedi nudi e avvolta da quel
unico microscopico abito non percepiva affatto il freddo di quella
notte.
Si
sdraiò a letto puntando il suo sguardo sul soffitto.
Balzò
in piedi e si avvicinò il più possibile alle enormi travi in quercia, per poco non scoppiò a
ridere riconoscendo quel piccolo segno notato quasi per caso: era il suo
marchio, appena visibile tra le venature scure del legno, una lancia tra le
fiamme che terminava con le sue iniziali.
Quella
era la stessa stanza che, tanti anni prima, l’aveva ospitata…
Ricordandosi
dell’asse mobile sotto il letto, decise di nascondervi i documenti con cura, per
evitare che qualcun altro se ne appropriasse.
La
stanchezza iniziò a farsi sentire, aveva i piedi doloranti e le spalle
indolenzite ma non
fece in tempo a mettersi sotto le coperte, che qualcuno bussò alla sua
porta.
Ezio
era davanti a lei, gli occhi ancora fuori dalle orbite e l’espressione di chi
non sa nemmeno cosa sta facendo. Aveva il respiro affannoso, come se avesse
appena terminato una maratona, il volto era accaldato ma anche in quello stato
non riusciva a perdere il suo fascino.
-
Ma che cavolo… -
-
Non ho mai conosciuto una femmina peggiore di te! – Ezio iniziò a parlare a
ruota libera, sembrava quasi che quel fiume di parole fosse fuori dal suo
controllo, spinse la porta pretendendo di entrare sotto lo sguardo allucinato di
Marte che non aveva idea di come reagire a quelle parole così sfrontate - Sei
manesca, esaltata, psicolabile, sciatta e quando ti ci metti sei peggio di uno
scaricatore di porto! Ma la cosa peggiore è che sembra che tu lo faccia apposta!
Non solo hai disubbidito agli ordini di Luca, il capo della gilda e chi ti ha
cresciuto come se fossi figlia sua ma hai addirittura pensato bene di far
scoprire la tua identità a quei due! –
-
La mia faccia era l’ultima delle loro preoccupazioni. – sbuffò quella
richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo, troppo infastidita dalle parole
del fiorentino per curarsi degli ammonimenti che avrebbe sicuramente ricevuto
dall’oste l’indomani per il rumore - Dovresti sapere bene cosa guarda un uomo
quando si rintana in posti del genere. -
-
Potevi essere catturata! - sbottò il moro con sdegno, avvicinandosi a lei a una
velocità spaventosa che la fece barcollare all’indietro per la sorpresa, sul suo
volto si era appena materializzata un’espressione a dir poco
imbestialita.
Marte
era preoccupata dall’eccessiva reazione del moro, quell’improvviso scatto d’ira
non aveva basi abbastanza forti da renderlo efficace, non era la prima volta che
agiva d’impulso aggirando o addirittura ignorando gli ordini - Qual è il tuo
fottuto problema?! –
-
Potevo perderti Marte! E mi sarei sentito impotente sapendo di non poter fare
nulla per rimediare… Di nuovo! – Ezio la afferrò per le spalle, avvicinò i loro
volti ignorando l’intensità dei propri movimenti e la sorpresa nascente sul suo
volto che, forse, aveva intuito cosa realmente l’avesse portato a quel punto -
Non ti rendi conto di quanto il vederti tra le braccia di qualcun altro mi mandi
in bestia? Non ti accorgi mai di quanto mi renda nervoso sentirti parlare di
tutti quelli che avrebbero potuto averti al posto mio? Ti diverte vedermi
debole? –
Ci
fu silenzio per qualche istante.
Poi
qualcosa cambiò e sul volto della rossa si materializzò un’espressione carica di
comprensione, ora ne era certa, quella era una delle manifestazioni emotive più
palesi che gli avesse visto fare da quando si erano incontrati: - Questo sarebbe
il tuo modo malato per farmi capire che sei geloso? -
-
No. Non… Anche se fosse? Cosa c’è di sbagliato! - le
mani di Ezio corrosero lungo le sue braccia salendo verso le spalle, la sentì
rabbrividire sotto il suo tocco ma notò che non stava facendo nulla per
fermarlo; la spinse all’indietro, troppo egoista per lasciarla fuggire ed
incastrò i loro corpi in un abbraccio sensuale.
Si
ritrovarono vicino alla finestra, il corpo di Marte era premuto contro l’enorme
vetrata trasparente alle sue spalle, la vide stringere le dita nella sua
maglietta, come se temesse che di punto in bianco lui potesse volontariamente
distoglierla da quella dolce tortura.
Ezio
le baciò il collo, leggero e insistente mormorandole un poema d’amore con un
tono basso e vibrante che espresse tutta la sua passione
repressa.
Marte
inclinò istintivamente il collo da un lato, lo sentì respirare a fatica e gli
diede più accesso senza ripensamenti: si sentì stordita, letteralmente ubriaca
di quelle attenzioni che, di secondo in secondo, la fecero ansimare con maggior
passione e frenesia.
Sentì
le labbra del fiorentino scendere sino alle clavicole prima di tornare a
torturarle il collo con quei delicati ma sensuali morsi. Non riuscì a smorzare
il gemito che le salì alle labbra infrangendosi nell’orecchio di Ezio, come un
invito irresistibile a continuare.
Le
mani di Ezio le accarezzano lo stomaco, in una lenta salita verso il seno
morbido e invitante. La sensazione del suo torace sul petto le solleticò i
sensi, il lieve sfiorarsi dei suoi vestiti sulla pelle nuda delle gambe,
stuzzicava la sua fantasia come mai prima d’ora altri avevano fatto.
Marte
si strusciò contro di lui, eccitandolo inconsapevolmente, sentì la sua presa
rafforzarsi intorno alla sua vita mentre con un'unica mossa entrambi si
ritrovarono sul letto avvolti in un groviglio di braccia e gambe che si
confondeva tra le coperte del letto già sfatto.
Marte
aprì gli occhi e lo guardò fra le ciglia scure, fissò le sue labbra semiaperte
con gli occhi offuscati dal piacere…
Poi
di punto in bianco la magia si ruppe.
Ezio
si scostò da lei dolorante, ci mancò poco che crollasse al suolo, giù dal letto
su cui fino a poco prima stava per compiersi il tutto.
Marte
si sedette voltandosi verso il moro, sul suo volto si era materializzata
istantaneamente un’espressione confusa. Non se ne intendeva molto di quelle cose
ma, da ciò che le avevano spiegato, almeno fino a quel momento non erano andati
poi tanto male: - Ok… Mi sono persa qualcosa? –
-
Mi è venuto un crampo... - borbottò Ezio, visibilmente imbarazzato per
quell’interruzione assolutamente non programmata e non richiesta, che aveva
probabilmente stroncato il poco romanticismo appena nato tra
loro.
La
rossa restò impassibile per qualche istante.
Di
tutte le cose che le erano passate per la testa, quando l’aveva visto
allontanarsi all’improvviso dopo quello scoppio di passione, l’ipotesi di un
banale crampo notturno era l’ultima che si sarebbe aspettata di sentire dal suo
mentore…
-
Fai sul serio? –
-
Ti sembra che stia scherzando?! – replicò Ezio massaggiandosi la gamba sotto lo
sguardo, ormai divertito, della rossa che non si era persa un suo movimento da
quell’interruzione - Giuro che ti soffoco con il cuscino se inizi a ridere!
-
Ma
era già troppo tardi… Marte non aveva trattenuto oltre le risate. Aveva le
lacrime agli occhi e la pancia che le doleva da un pezzo.
Ezio,
finalmente ripresosi dal crampo, aveva deciso di mantenere la parola data e
aveva iniziato a prenderla a cuscinate: - Così impari a ridere delle disgrazie
altrui! -
-
Tecnicamente rido soltanto delle tue figuracce. Poche ma estremamente
esilaranti, dovrebbero diventare un evento settimanale, solo tu riesci a farmi
ridere così per delle simili cazzate! – Marte
si ritrovò intrappolata sotto il corpo di Ezio, approfittò della sua temporanea
esitazione per afferrargli il volto e premere con forza le labbra sulle sue, si
perse per qualche secondo nel profumo del moro ma una volta riacquistata la
lucidità, lo liberò e se lo trascinò accanto prima di recuperare le
coperte
– Ora che sei tornato "normale" finalmente possiamo dormire… Non guardarmi così:
ormai l’atmosfera è morta! –
*****************
18 Ottobre 2012 – Abstergo, soggetto 18
-
Patti chiari e amicizia lunga Sam: se proprio vuoi guardarti un porno, puoi
farlo nel tuo tempo libero e, soprattutto, evitando di usare me come tramite! –
sbottò Alex senza nascondere un certo nervosismo; quell’intera sequenza le aveva
ormai reso chiaro che non si trattasse per niente della sperimentazione di
qualche banale videogioco, all’Abstergo stavano cercando qualcosa, qualcosa che
potevano trovare soltanto usando lei e gli altri pochi eletti come tramite – Non
c’era bisogno di assistere all’intera scena… Devo iniziare a credere che sei uno
strano incrocio tra un pervertito e un nerd? -
Lui
la scollegò dalla macchina senza trattenere uno sbuffo infastidito. Lavoravano
insieme da più di tre settimane, a stretto contatto per più di otto ore al
giorno eppure lei non si era ancora degnata di imparare il suo nome: - Mi chiamo
Simon, non Sam! E comunque Vidic ha detto che non dobbiamo perderci niente di
niente, se hai qualche problema, vatti a lamentare don lui. –
Alex
alzò gli occhi al cielo, quel ragazzo era proprio impossibile, mai una volta che
riuscisse a vedere le priorità. Si allontanò dall’Animus con un’espressione di
totale indifferenza sul volto, diede due pacche sulla testa al povero Simon e
uscì dalla stanza ridacchiando tra se e se: - Come ti pare Shaggy… E ricordati
le mie parole! -
-
È Simon! SIMON! – il biondo aveva raggiunto il limite, lanciò gli occhiali sulla
scrivania affollata di fogli e si lanciò al suo inseguimento, deciso a porre
fine a quello snervante teatrino – Ho visto i risultati dei tuoi test
attitudinali: sei in grado di assimilare informazioni ben più complesse del mio
nome quindi, per l’amor del cielo, usalo come fanno tutti!
–
-
Intendi dire come fate tu e i tuoi amichetti con me quando vi chiudete in
laboratorio? – sbottò Alex voltandosi di botto, se lo ritrovò a meno di un palmo
dal naso ma ignorò la loro vicinanza e gli mostrò quando l’intera situazione
l’avesse fatta imbestialire - Sei soltanto uno stronzo ipocrita.
–
Fece
per allontanarsi, diretta all’armeria dove l’attendeva un’intensa sessione di
allenamento con le armi da fuoco, pregustava già la sensazione del grilletto
sotto l’indice quando Simon la afferrò per un polso costringendola a
voltarsi.
-
Cosa ci facevi tu vicino ai laboratori a quell’ora? -
Sul
suo volto si materializzò un’espressione sarcastica.
Si
liberò dalla debole presa dell’altro e con un abile movimento riuscì a
bloccargli il braccio in una dolorosa presa, Simon si ritrovò a cadere in
ginocchio davanti ai suoi piedi: - L’insonnia è il minimo che ti aspetti quando
uno studente neolaureato usa il tuo cervello come una playstation… E non ti
azzardare a toccarmi mai più. -
-
Prenditi un calmante! – sbottò quello massaggiandosi l’articolazione dolorante
sotto lo sguardo noncurante di Alex che aveva portato la sua attenzione su un
gruppo di stagisti, abbassò il tono avvicinandosi nuovamente a lei per chiarire
quella situazione - Non facciamo niente di male, chiacchieriamo e basta, puoi
biasimarci? -
-
Parlare della “diciotto” che rischia di morire ogni giorno è sicuramente una
degna argomentazione notturna. – la mora rise dell’espressione sorpresa del
biondo, forse Simon credeva davvero che si fosse buttata in quella situazione
senza conoscere i rischi a cui andava incontro ma la realtà dei fatti era di
tutt’altro genere - Credevi che non sapessi come funzionava la sperimentazione?
Non sono così ingenua. -
L’altro
si mosse a disagio: c’era qualcosa, nell’intero atteggiamento di Alexis, che
sapeva metterlo in difficoltà. La mora non faceva niente di particolare,
rispondeva alle sue domande con noncuranza ma nascosto dietro quel sorriso furbo
e ammaliante, c’era chiaramente una nota di rancore: - Perché hai accettato?
–
-
Per me la sola alternativa all’Abstergo era la morte in un vicolo puzzolente di
Los Angeles… A quanto pare non ci sono guardiani celesti a vegliare sugli orfani
oggi giorno. – Alex si stiracchiò i muscoli, iniziava a sentire le spalle
intorpidite e non poteva permetterselo, si allontanò dal biondo sorridendo
appena - Non dimenticare topolino: riversare la vostra rabbia repressa su un
morto che cammina, rivela ben poco orgoglio e un’abbondante dose di codardia.
-
|
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Capitolo 22 *** Un Soffio Di Gelida Realtà ***
<< NOVA
LUX >>
Mi piace stare in armeria.
Tyler, il responsabile, mi lascia restare per tutto il tempo che
voglio e non fa storie sul coprifuoco. Secondo lui, per il carattere che mi
ritrovo, l’Abstergo dovrebbe ritenersi fortunato ad avere ancora un tetto sopra
la testa…
Ogni tanto penso a cosa mai possano aver scritto nel mio
fascicolo: tutte quelle occhiate incuriosite che scattano in automatico quando
mi muovo non sono esattamente il massimo.
La mia vita prima dell’Abstergo deve aver occupato almeno la metà
del mio dossier… Forse è proprio quella la parte
interessante.
A scuola me la cavavo abbastanza
bene.
Se mai un giorno avessi deciso di frequentare un college non avrei
dovuto sborsare un centesimo: negli anni avevo accumulato più candidature per
varie borse di studio, quasi tutte in ambiti differenti.
I miei genitori erano orgogliosi della loro bimba prodigio. Questa
rosea situazione non era destinata a durare
ancora.
Mia madre morì in un incidente d’auto il 12 gennaio del 2008 e mio
padre diventò un alcolizzato. Prese il vizio di sparire per ore e, quando
tornava, mi usava come un sacco da box.
Il motivo?
Gli dava fastidio vedere il volto di mamma su qualcuno che non
fosse lei. Altro momento “clue” della mia esistenza: il licenziamento del
vecchio.
I debiti si accumularono in fretta.
Fui costretta a trovarmi un lavoro e a vedere la
macchina.
Dovetti abbandonare anche l’ultima cosa che mi aveva tenuto a
galla sino a quel momento: la scuola.
La nostra vicina di casa tentò di aiutarmi in ogni
modo.
Mi spiegò cosa vendere e m’insegnò, per filo e per segno, i
segreti della programmazione informatica… Con quello, un paio d’anni dopo,
riuscii a trovarmi un lavoro degno di questo nome.
Imparai a gestire i conti in banca dei
miei.
Scoprii che mio padre era riuscito a sputtanare i risparmi di una
vita in alcool e scommesse nel giro di tre
mesi.
Avevo fallito, nonostante tutto quello che avevo fatto fino a quel
momento, eravamo in banca rotta.
Il 7 marzo del 2008, alle 11:13 del mattino, la polizia aveva
trovato il cadavere di mio padre in un vicolo sulla
quattordicesima.
Ero ufficialmente orfana.
Mi spedirono da alcuni zii che non avevo mai sentito nominare.
Loro vendettero la casa e la mia macchina: di quei soldi non vidi
mai un centesimo. Dopo altri tre mesi decisi di scappare, mi sentivo Harry
Potter intrappolato a casa dei Dursley.
Vendetti la roba di valore per pagarmi il
viaggio.
Non mi dispiacque: quel casino era soltanto colpa
sua.
Mi spostai da una parte all’altra del paese in cerca di un lavoro
e, finalmente arrivata a Los Angeles, trovai un lavoro come
barista.
Per qualche mese andò bene poi l’affitto
aumentò.
Fui costretta a vendere i gioielli di mamma… Di lei mi è rimasto
soltanto un vecchio ciondolo da cui non mi separo
mai.
Non nego di essere finita a fare la
spogliarellista.
Per Marte sarà anche stato un hobby occasionale ma per me era
diventato un lavoro. La paga era ottima ma quell’ambiente, se preso nel modo
sbagliato, ti rovina. Come se non bastasse, un paio di ragazze che lavoravano
con me, furono trovate morte in un cassonetto vicino al locale: overdose. Decisi
di lasciar perdere.
Mi stavo trasformando in qualcosa che non volevo e, lentamente, il
quartiere si stava riempiendo di teste di cazzo dalla fama poco
raccomandabile.
Non sarei stata l’ennesima Jane Doe di qualche obitorio di
periferia.
Abbandonai il lavoro e fui ospitata da alcuni amici.
Due settimane dopo James e Sarah furono assunti da una grande
compagnia di New York. Impacchettai la mia roba, gli feci le congratulazioni e
li salutai per l’ultima volta.
La mano di qualcuno si posò sulla mia spalla e, lo ammetto, mi
sono spaventata. Non nego la mia sorpresa quando mi ritrovai faccia a faccia con
Simon: tra le mani reggeva un piatto.
La cena forse?
- Pace? -
Alex gli riservò uno sguardo confuso, scaricò l’arma e inserì la
sicura prima di levarsi le cuffie e voltarsi verso il biondo: - Per cosa devi
farti perdonare? -
Simon si mosse a disagio, un vago rossore si materializzò sul suo
volto mentre oscillava, spostando il peso da una gamba all’altra, sotto lo
sguardo attento della rossa: - Ciò che hai sentito giù in laboratorio non è
stato esattamente piacevole… Volevo farti le mie scuse.
-
- E tu speri di comprarmi con un’insalata? - ridacchiò quella,
indicando divertita la ciotola tra le mani del
ragazzo.
- Veramente questa è per Tyler. Sua moglie l’ha messo a dieta… Tu
ed io abbiamo due pizze fumanti in arrivo. – fu il turno di Simon per ridere;
sul volto di Alex si era appena materializzata un’espressione ai limiti della
sorpresa, erano mesi che non mangiava una pizza… Simon aveva appena scalato la
sua top 5 dei dipendenti simpatici. Uscendo dal gabbiotto di Tyler, Simon si era
fatto pensoso per qualche istante, poi le chiese: - La margherita ti piace con
doppia mozzarella, giusto? -
Stupore. Meraviglia.
Sbigottimento.
- Sai come mi piace la pizza? – domandò la rossa prima di
ristamparsi in faccia la sua solita espressione diffidente, la sua mente ci
impiegò due secondi a rispondere per Simon, era ovvio che tutte quelle piccole
informazioni fossero racchiuse nel suo dossier – Prima o poi mi deciderò sul
serio ad eliminare ogni copia del mio fascicolo. –
L’altro ridacchiò incrociando braccia dietro la
nuca.
Entrambi salutarono River, la guardia del turno di notte, con un
cenno prima di dirigersi al deposito dove la rossa sistemò la roba che aveva
usato con cura e si voltò in direzione del biondo: - Racconta topolino, che hai
fatto di bello nelle ultime due ore? -
- Ti fa proprio schifo il mio nome, vero? – ridacchiò Simon tra sé
e sé; soltanto dopo qualche istante si accorse dell’espressione di Alexis che,
da rilassata qual era, si era fatta improvvisamente più
tesa.
Non durò molto, nel giro di pochi secondi era tornata a sorridere,
come se niente fosse e scrollando le spalle gli aveva risposto: - Ti si addice
di più “topolino”. -
*****************
DENTRO
L’ANIMUS - ROMA
- Ti avevo chiesto di lasciare che fossero loro a completare
questa missione, perché non mi dai mai retta?! – Luca era visibilmente
“incazzato nero” con sua figlia, una volte che lei e gli altri due erano
rientrati dalla missione di recupero si era occupato personalmente del recupero
di Marte e l’aveva trascinata praticamente di peso nel suo ufficio,
sottoponendola ad una dolente e quanto mai classica sfuriata da genitore
infuriato - È così difficile capire le mie parole o devo iniziare a pensare che
tu abbia qualche problema mentale che ti impedisce di elaborare correttamente un
ordine! -
La rossa restò in silenzio.
Subì la sfuriata di Luca sino a quando, giunta al culmine della
sua pazienza, si ritrovò a sbattere le mani sull’imponente scrivania prima di
ribattere a tono: - È mai possibile che tu abbia sempre qualcosa da ridire? È
andato tutto bene, nessuno si è fatto male e i due messaggeri non mi hanno
neanche visto in faccia. Non c’è motivo di rimproverarmi!
–
- Fino a quando non smetterai di comportarti come una bambina
viziata mi riserverò il diritto di trattarti come accidenti mi pare! Essere
Assassini significa muoversi nell’ombra, essere agili e veloci. Abili nel
combattimento, maestri nel mimetismo, conoscitori della dissimulazione e
dell’inganno. Siamo d’ovunque e in nessun luogo… – replicò l’uomo riservandole
un’occhiata severa che, tuttavia, provocò soltanto uno sbuffo risentito da parte
della ragazza; la rossa, impettita, si risedette sulla poltrona incrociando le
braccia al petto in attesa di sentire cos’altro le avrebbe detto suo padre prima
di lasciarla finalmente andare - Ricordati che teatralità e inganno sono
strumenti potenti. Devi apparire più che umano agli occhi dei tuoi avversari… E
non credere che quello spettacolino cui hai preso parte ieri sera rientri nei
doveri di un Assassino! -
Marte gli riservò uno sguardo di sfida, poteva tirare fuori
qualunque argomentazione per avvalorare la sua tesi ma dire che la sua non fosse
stata una mossa quantomeno furba era un insulto: - Quello “spettacolino” ci ha
permesso di raggiungere i documenti e di riportarli qui senza dare ai due nessun
indizio che riportasse alla confraternita! -
- E dov’era in quel momento il tuo credo di Assassino?! Sembra
quasi che tu non abbia capito niente di cosa voglia essere una di noi! - sbottò
Luca rosso in volto per l’agitazione; era ormai evidente per entrambi che non
sarebbero arrivati da nessuna parte con quel discorso, erano entrambi troppo
orgogliosi per cedere e raggiungere un compromesso, non gli restava altro che
scoprire le carte in tavola e vedere chi avrebbe chinato il capo per primo - Sei
indisciplinata, caotica, priva di autocontrollo, quasi incapace di gestire le
tue emozioni! Per essere assassini bisogna avere un enorme autocontrollo, Altair
ne è la prova vivente, pagò un alto prezzo per i suoi errori e tu non sei
neanche in grado di rispettare un fottuto ordine! –
Senza nemmeno rendersi conto delle proprie azioni Marte si era
ritrovata in piedi, dietro di lei la poltrona giaceva ormai ribaltata al suolo,
mentre nell’aria si era ormai perso il suono dello schiaffo con cui aveva
colpito il volto di Luca prima di abbandonare la
stanza.
*****************
Luca
era stato convocato con urgenza dagli anziani: la sua
presenza
era richiesta a Perugia dove gli alleati dei
Borgia si erano riuniti per decidere le
sorti del frutto dell’Eden.
Nel
tentativo di ottenere informazioni, entrambe le fazioni si erano scontrate su
più fronti, causando molteplici vittime.
Marte
era stata più volte sul punto di abbandonare la casa.
La
voglia di scendere sul campo, al fianco di suo padre, la riempì di energie ma
gli Assassini di Roma erano in allerta.
Fu
particolarmente difficile superare le difese dei suoi compagni.
Quando
ormai le sue speranze cominciarono a vacillare,
la
truppa di suo padre finalmente rientrò.
*****************
- Ascolta, c’è un’ultima cosa che devi fare per me. - Luca guardò
la figlia per qualche istante, la leggerezza con cui di solito procedevano le
loro conversazioni era stata improvvisamente sostituita da uno sguardo
solenne.
- Non puoi impedirmi di ubriacarmi. - replicò la rossa fintamente
seria, forse nel tentativo di ridirigere quella conversazione lontano da un
qualcosa che istintivamente l’aveva preoccupata.
L’uomo represse un sorriso divertito.
Luca si guardò in torno, il clima era stranamente mite nonostante
fossero ormai ai primi di novembre, riportò il suo sguardo sul volto della
figlia e con rammarico disse: - Devi perdonare te stessa per tutto quello che è
successo negli ultimi giorni. -
- Sei così noioso. -
Luca scoppiò a ridere: - Già. -
Marte sentì un brivido correre lungo il collo, come se qualcosa
d’inspiegabile l’avesse improvvisamente colpita, senza lasciarle il tempo di
reagire in alcun modo.
I suoi occhi si portarono immediatamente sul volto di Luca, era
pronta a rivolgergli un’occhiata di disappunto ma, non appena si rese conto del
sorriso ancora presente sul volto dell’uomo, ogni sua intenzione
s’infranse.
- Ok. - fu l’unica parola che riuscì a dire Marte, si ritrovò
quasi ad annaspare la risposta, forse una delle poche volte in cui si era
davvero ritrovata senza fiato - Che strano… Non hai portato il tuo quaderno?
Dove scriverai le scene che ti guizzeranno per la testa stando in mezzo alla
folla urlante? -
- Scrivere cosa? -
Un soffio di vento gelido le scompigliò i capelli nell’istante in
cui Ezio si materializzò alle sue spalle, cogliendola di sorpresa, come spesso
era accaduto negli ultimi tempi.
Marte si voltò e notò con sorpresa che il fiorentino aveva
abbandonato la divisa da assassino per indossare qualcosa di ben più formale: -
Lo sai no? Gli innocenti flirt tra nobili e dame da compagnia, qualche bacio
rubato oltre le siepi… Quello che ci si aspetta da una festa di periferia.
-
La confusione si materializzò sul volto di
Ezio.
Il moro sembrò valutare con attenzione le sue parole, Marte giurò
di aver visto un lampo di preoccupazione materializzarsi sul volto del suo
maestro, lo vide prendere un lungo respiro prima di avvicinarsi di un paio di
passi: - Dove credi che siamo in questo momento? -
Marte si voltò verso Luca, sperando che trovasse qualche buona
parola con cui replicare allo strano tono usato dal moro, solo per notare che
non c’era più traccia di suo padre nei dintorni.
Intorno a lei c’erano file infinite di alberi che correvano lungo
la strada, meticolosamente allineati lungo entrambi i lati, c’erano lapidi di
varie dimensioni e angeli di pietra che si stagliavano sul terreno come enormi
barriere.
In un istante, tutto sembrò crollarle addosso. Marte si ritrovò
schiacciata e sconfitta dalla realtà dei fatti. La sua mente aveva tentato per
giorni di oscurarle ciò che era successo.
Era ormai venuto il momento di confrontarsi con ciò che era
successo.
Si ritrovò a guardare il cielo, sul suo volto si materializzò
un’espressione carica di dolore e rammarico. Non c’era altro cui
appellarsi.
Ricacciò indietro le lacrime prima che Ezio la
raggiungesse.
La rossa si mise le mani in tasca e camminò sul prato
verdeggiante, ignorò le lapidi di chi se n’era andato da tempo o di chi era
stato semplicemente dimenticato, sino a raggiungere un’ultima lapide su cui
c’era scritto il nome di suo padre.
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