Use Your Illusion I

di EdenGuns
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Axl ***
Capitolo 2: *** Eden ***
Capitolo 3: *** Amy ***
Capitolo 4: *** Duff ***
Capitolo 5: *** Axl, Pt. I ***
Capitolo 6: *** Axl, Pt. II ***



Capitolo 1
*** Axl ***


1. Axl

 

« Not bad kids, just stupid ones
Yeah, thought we'd own the world
An' gettin' used was havin' fun»
Right next door to hell, GN'R

 

Presi tra le mani il viso di Eden e la baciai, sentendo le lacrime pungermi gli occhi. Aveva accettato, sarebbe diventata mia moglie. Non mi importava del resto del mondo, della stampa che si sarebbe scatenata sulla nostra unione. Non mi importava di nulla che non fosse lei, il suo sorriso.
Non sarebbe stato un evento mondano, solo una cosa intima per pochi amici e i parenti più stretti. Custodivo il nostro amore gelosamente e non ero disposto a darlo in pasto ai media.
« Ti amo, William.»
Strinsi il suo morbido e caldo corpo tra le braccia, inebriandomi del suo profumo.
« Ti amo anch'io, Eden.»

Scattai seduto, passandomi una mano tra i capelli.

Un sogno, soltanto un sogno.

Il posto nel letto accanto a me era vuoto, come al solito, e la stanza era buia. Lanciai uno sguardo alla sveglia: quattro e trentatré.

Tornai a stendermi, sospirando.

Però Eden si sarebbe sposata, davvero. Con Duff.

Mi veniva quasi da ridere. Era da tempo ormai che la conoscevamo; da quattro anni e sette mesi, per la precisione. Ed io ero ancora innamorato di lei, forse lo sarei stato per sempre.

Idiota.

Le aveva chiesto la mano qualche ora prima. Mentre eravamo al ristorante, in una delle rare occasioni in cui passavamo la serata con attività salubri.

Il locale era stato chiuso al pubblico e tutto era stato svolto nella massima riservatezza. La nostra fama era alle stelle, e sarebbe stato un suicidio anche solo uscire per buttare la spazzatura senza guardie del corpo.

Stavamo cenando tranquillamente tutti insieme con la band e il tour manager, quando Duff si era inginocchiato davanti ad Eden, che lo guardava sorpresa con un sorriso da occhio a occhio.

Matt, che aveva sostituito Steven quando avevamo dovuto allontanarlo, incitava sommessamente McKagan, con cui aveva stretto un rapporto più profondo rispetto agli altri membri.

Dopo una dichiarazione che traboccava d'amore, aveva mostrato una scatoletta contenente un anello in oro bianco incastonato di decine di piccoli diamanti. Le aveva chiesto di sposarlo, ed Eden aveva risposto quasi subito.

In quegli interminabili secondi che ci separavano dal responso, avevo pensato e soppesato ogni piccola speranza di interrompere quello scambio di sguardi innamorati.

Il di Eden era stato poco più che un sussurro, ma allo stesso tempo sicuro come poche parole avevo sentito uscire dalle sue labbra.

Duff si era alzato e con un sorriso dolce le aveva infilato l'anello all'anulare sinistro, con delicatezza infinita. Lei gli aveva gettato le braccia al collo, aggrappandosi a lui con forza.

Si erano detti che si amavano più di ogni altra cosa al mondo; il bacio che era seguito forse fu il più bello e romantico che mai avrei visto.

Il mio cuore si era disintegrato in milioni di effimeri pezzi che volteggiavano nell'aria piena d'amore, dissolvendosi al contrasto della mia delusione e della loro felicità.

Era finita.

Non avevo mai fatto nulla per farla mia, il momento era passato.
Serrai gli occhi, ricacciando dentro le ennesime lacrime che già nella notte avevano bagnato il mio cuscino.

In pochi secondi mi riaddormentai, con la vana speranza di rifare quel sogno, che ormai era l'unico sfogo che avrei potuto dare al mio segreto e masochista amore.

 

St. Louis non era una città che mi faceva impazzire; mi era semplicemente indifferente.

Stare troppo con Jeff mi sta facendo male?

Il concerto che dovevamo tenere la sera non mi eccitava più di tanto, ma il pensiero di Eden e Duff mi tormentava.
Non riesco a farmene una ragione da quattro anni, perché dovrei rassegnarmi ora?

« Will, ho una cosa per te!»

Mi voltai ed incontrai il viso della ragazza. In mano aveva un paio di pantaloni fatti a bandiera americana, di un tessuto stretto e fasciante.

« Provali.»

Li presi e li posizionai sulle gambe per vedere grossolanamente se potevano andarmi bene; arrivavano appena sopra le ginocchia e mi iniziavano a piacere un sacco.

« Dove gli hai trovati?» chiesi, guardandola.

Lei sorrise, arrossendo leggermente.

« Piccolo regalo, non fare troppe domande.»

Mi avvicinai a lei e la presi tra le braccia, affondando il viso tra i suoi capelli e respirando il suo profumo.

Se solo la sua stretta sapesse di qualcosa di più che amicizia...

« Grazie, piccola.»

Lei sciolse l'abbraccio per guardarmi in viso: « Di niente. Sei pur sempre il mio migliore amico, no?»

Mi diede un bacio sulla guancia e tornò ad affondare il viso nel mio petto.

Puoi sentire il mio cuore battere così forte?

Rimanemmo così per dei secondi interminabili, soli nel mio camerino, con in sottofondo i Queen.

« Posso farti una domanda?» mi chiese, improvvisamente.

Annuii, andando a prendere il mio pacchetto semivuoto di Marlboro.

« Allora stavi tentando di comprarmi» dissi, ridacchiando mentre poggiavo con cura i pantaloni sullo schienale della sedia.

« Beh, forse» ribatté, servendosi della sigaretta che le offrivo.

Gliela accesi con l'accendino, passando la fiamma successivamente sull'estremità della mia.

« Ma è un pensiero che ti avrei fatto comunque. Li ho comprati a Dicembre, ma per Natale avevo già pronto l'altro regalo, così te li ho dati ora.»

Annuii, tirando una boccata: « Dimmi, allora.»

Lei sembrò prendere un grande respiro, con la sigaretta tra l'indice e il medio a mezz'aria.

« Ti andrebbe di accompagnarmi all'altare?»

Lo disse in modo talmente veloce e di botto che ne afferrai il senso solo poco dopo.

« Solo se ti va, eh. Non sei obbligato» si affrettò a dire, gesticolando rossa in viso.

La guardai.

Il suo vero e amato padre era morto quando lei aveva dodici anni, e l'uomo che affiancava sua madre la picchiava fin dal suo arrivo in quella maledetta casa che odiava. Eden era cresciuta tra percosse e tentativi di stupro, fino a quando, all'età di diciassette anni, non era scappata, andando a vivere con Michelle. Ora che anche lei se n'era andata, rimaneva completamente sola, se non fosse stato per noi. I ragazzi l'amavano come fosse una sorella minore, mentre io e Duff provavamo qualcosa di più.

Molto di più.

Lei aveva scelto McKagan sin dall'inizio, preferendomi come amico. Speciale, sì, ma sempre e solo visto come un fratello.

In quel momento mi guardava respirando piano, con gli occhi lucidi d'aspettativa. Le iridi azzurre diventavano quasi più vivide del solito sotto quella luce al neon.

Voleva sul serio me, per delegarmi quell'importante compito? Mi voleva così tanto bene, si fidava così tanto di questo ragazzo difficile?
Poche persone sarebbero mai riuscite a capirmi totalmente, e lei era una di queste.

Mi sentivo davvero me stesso con Eden, e sapevo di essere pronto anche a dare la vita per quella ragazza bisognosa di affetto. Faceva fatica a fidarsi, ma puntualmente si abbandonava agli altri.

Non avrebbe mai imparato ad essere cattiva, non era nella sua natura.

Accompagnarti all'altare quando vorrei essere quello che ti aspetta per giurarti amore eterno? No, forse non ne sarei capace.

« Sai cosa? Va bene, ti tengo stretta a me finché non arriviamo da McKagan.»

Lei si alzò di scatto e mi corse incontro, con una lacrima che scendeva sulla guancia.

« Grazie, Will. Ti voglio bene ed è molto importante per me questo particolare, lo sai bene. E se ho scelto te è perché sei la persona che ritengo più degna cui essere affidata» mi sussurrò, mentre mi abbracciava.

La strinsi di nuovo, inondato da tutto il bene del mondo.

« Ne sono onorato, piccola.»

 

Il palco era di medie dimensioni, la folla infinita.

Mi stavo dimenando per tutta la piattaforma, per sfogare anche tutti miei pensieri.

Mi scambiai un segno d'intesa con Matt che iniziò Rocket Queen. Amavo particolarmente quella canzone, mi rendeva selvaggio.

« If I say I don't need anyone
I can say these things to you
'Cause I can turn on anyone
Just like I've turned on you
I've got a tongue like a razor
A sweet switchblade knife
And I can do you favors
But then you'll do whatever I like»

Il giubbotto di piume nere che mi avvolgeva nell'afoso Luglio si appiccicava alla mia pelle sudata, provocandomi un fastidioso prurito, che dovevo puntualmente ignorare.

E poi lo vidi, quel tizio con in mano una macchina fotografica.

Infastidito da mille altri problemi, non potei fare altro che urlargli al microfono di buttarla via.

Quello rispose con un insulto, ed io non ci vidi più.

In un batter d'occhio ero in mezzo al pubblico, animato da una rabbia cieca, mollando fendenti a destra e a manca.

Riuscii a sbattergli l'aggeggio per terra, poi tornai sul palco, aiutato da Duff.

Annunciai che me ne sarei andato, grazie a quei figli di puttana di quelli della sicurezza, che non avevano mosso un dito.

Vietavamo l'introduzione di macchine fotografiche e videoregistratori, eppure quello era riuscito a portarne dentro una.

Ero talmente furioso che neanche quando incontrai Eden sulla mia strada verso il bus mi fermai.

Tutta la band mi seguì, e non mancarono mormorii infastiditi.

Ma in quel momento non mi importava nulla. Eravamo io e la mia rabbia a fare i conti, e di solito vinceva sempre lei.

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Capitolo 2
*** Eden ***


Ragazze mie!
Questo capitolo è stato sofferto, scritto e riscritto, ma alla fine è arrivato. Perdonatemi il ritardo, spero di non dovervi fare attendere ancora così tanto per i prossimi! (Colpa dell'ispirazione, eh)
Comunque, eccoci qui. Non ne sono neanche troppo sicura, e ve lo do in pasto. Non siate troppo cattive ç-ç
Ah, assolutamente un MEA CULPA da fare: nel capitolo di Axl, ho scritto che l'episodio di St. Louis è avvenuto a Gennaio. Sono un'eretica, lo so :') Ho modificato la parte, perché in realtà la vicenda si è svolta il 2 Luglio, e io mi sono confusa col Rock in Rio. (Testa di cetra, che sono)
Bene, non penso ci sia altro, quindi la smetto con questi vaneggiamenti e vi auguro buona lettura, mie care

P.s. Grazie mille a chi recensisce/legge/segue/preferisce, per me è un grande onore avere voi lettrici, sappiatelo.

 

2. Eden

 

« He lost his mind today
He left it out on the highway
On “65”»
Dust N' Bones, GN'R

 

La cosa che mi fece svegliare, più che lo squillo del telefono, fu la mancanza delle sue braccia calde attorno al mio corpo.
Ero dipendente da quel contatto fisico, e sapevo che non sarei mai più stata capace di farne a meno.

« Dai, torna a letto» dissi, guardandolo mentre alzava la cornetta.

Mi fece l'occhiolino e se la portò all'orecchio.

« Risponde la segreteria telefonica di Duff e Eden McKagan, ora non siamo in casa, lasciate un messaggio.»

Scoppiai a ridere e cercai di soffocare i rumori nel cuscino.
Quando riemersi dalla federa profumata tornai a coprirmi con il lenzuolo, rannicchiandomi su un fianco per poterlo guardare.
Era davvero l'uomo della mia vita, sì. Quello che amavo e che avrei amato per tutta l'esistenza. Mi ritenevo la donna più fortunata al mondo, ad averlo trovato. Non riuscivo bene a scorgerne il viso nella penombra della stanza, ma conoscevo a memoria ogni piccolo particolare della sua fisionomia.

« Arrivi?» chiesi, invitante e sensuale, vedendo che non si schiodava dal telefono.

Mise giù la cornetta e si insinuò tra le coperte, attirandomi tra le sue braccia. Felice di poter tornare a crogiolarmi nel suo tepore, mi feci stringere.

« Come mai ci hai messo tanto?» chiesi, chiudendo gli occhi.

Duff rimase in silenzio, mentre mi accarezzava dolcemente.

« Uh?» riprovai.

« Eden, era tua sorella al telefono.»

Aprii di scatto gli occhi, scostandomi dal suo petto per guardarlo in viso.

Non sentivo Amy da anni. Partendo per il tour avevo letteralmente tagliato i ponti con il resto dell'umanità, per mettere al primo posto i ragazzi e Michelle.
Dire che mi manca sarebbe un eufemismo.

« Cos'è successo?»

« Tua madre ha avuto un infarto.»

Il mio cuore fu artigliato da mille sensazioni nello stesso momento e se non fosse stato per il corpo di Duff sarei crollata senza ritegno in un giramento di testa.

« Eden!»

Mi prese il viso, facendomi aria con la mano.

« Un calo di zuccheri» mugugnai, scioccata ancora dalla notizia.

Da bambina avevo vissuto in una famiglia piena d'amore.
Uno dei ricordi più vividi della mia infanzia era un'immagine, una
scena, di un pranzo di Natale. Eravamo riuniti tutti nel salotto, avevo circa otto anni, mentre mia sorella sei. Rammentavo perfettamente il bel sorriso sul viso della mia giovane mamma, e l'amore negli occhi di papà quando ci carezzava con lo sguardo.
Avevo ben impresso anche il profumo della torta alle fragole, e il vinile dei Beatles che andava in sottofondo.
Quel giorno era stato uno dei più sereni della mia vita.
Papà si era poi alzato dalla sedia e aveva portato i regali. Il mio era un enorme scatola foderata da carta luccicante, che lacerai con emozione tra risolini e urletti.
Quando vidi sbucare il manico corredato di quattro splendide e tese corde, il mio cuore era quasi scoppiato di gioia. Non era un basso qualunque, era il
suo. Quello con cui aveva conquistato palchi e infranto cuori. Gli avevo gettato le braccia al collo, stringendo con le mie piccole mani la sua immensa schiena.
L'avevo sempre considerato come un gigante buono, con quell'aria calma e i lunghi capelli neri da hippie.
Poi, si era ammalato. Un subdolo cancro se l'era portato via quando io avevo sì e no undici anni. L'anno dopo mia madre aveva portato in casa un altro uomo.
Per principio non lo volevo accettare ed ero riluttante all'idea di doverlo chiamare
papà. Da quel momento, la mia vita cambiò radicalmente.
Più volte quell'essere usò violenza contro di me, con cui sembrava essersi particolarmente accanito. Mia sorella veniva picchiata sporadicamente, quando magari io non ero in casa. Ma Dean, così si chiamava, sembrava essere interessato principalmente alla mia innocenza.
Una notte si intrufolò in camera mia mentre dormivo, e tentò di violentarmi. Riuscii a sfuggirgli per pochissimo, grazie ai miei urli che svegliarono tutto il vicinato. Per qualche motivo a me sconosciuto, riusciva sempre a farla franca.
Mia madre credeva più a lui che a me, così il nostro rapporto si ridusse a semplice convivenza.
Amy invece era a conoscenza di tutto, ma per quanto tentasse di proteggermi, alla fine l'aveva vinta sempre Dean.
A diciassette anni ero scappata di casa, facendo credere di essere stata rapita o roba del genere. Poco mi importava, e più passava il tempo più ritenevo la scelta che avevo fatto la migliore della mia vita. Allontanarmi da quella situazione era diventata la mia priorità.
E Michelle mi aveva accolta senza farmi pesare quell'orribile passato.
Ma se n'era andata anche lei, e probabilmente non avrei mai perdonato Hudson per averle dato la ragione di fare quel doloroso gesto.
« Tutto bene, amore?»
Duff mi accarezzava il viso imperlato da gocce sudore, con lo sguardo preoccupato.
Annuii, mettendomi a sedere.
Presi alcuni respiri, terrorizzata.
« Ma... è
morta?» chiesi, con un groppo in gola.

Lui scosse la testa: « No, ma tua sorella ha detto che chiede in continuazione di te. Vuole parlarti, dice che non c'è tempo.»

La tensione che mi intorpidiva lo stomaco sembrò quasi sciogliersi, ma all'idea di rivederla mi si strinse il cuore.
« L'hanno fatta tornare a casa, ma la sua situazione non è delle migliori. Come
ultimo desiderio, anche se non è in pericolo di vita a quanto ho capito, è di averti lì per qualche giorno.»

« E il tour?» mormorai, sgranando gli occhi lucidi di pianto.

Duff ridacchiò dolcemente: « Non nasconderti dietro il tour. Siamo in pausa per ora, fino all'otto, quindi hai tutto il tempo per passare qualche giorno con lei. Dipende tutto da te.»

Mi tormentai le mani, lasciandomi cadere con la testa sul cuscino.

« Non so.»

L'unica cosa che mi tratteneva era il pensiero di rivedere Dean.

« E' una scelta tua, amore. Non sentirti obbligata, ma non fare cose di cui poi potresti pentirti.»

Mi diede un bacio sul naso e si stese accanto a me, sul fianco, con la testa appoggiata sulla mano e il gomito a fare leva tra lui e il materasso.

Lo guardai un attimo.
No, non mi dovevo più nascondere. Avevo ventitré anni ed era ora di riscattarmi.
« Verresti con me? Tu e Will. Ne ho davvero bisogno, e lo sai. Ho ancora paura di quell'uomo, ma con voi due al mio fianco tutto sarà più facile.»

Lui fece un mezzo sorriso, annuendo.

« Cos'è quella faccia?» chiesi flebilmente, disarmata.

Scosse la testa, sbattendo più volte le palpebre: « Niente. E' che sembra che debba sposare te e Axl insieme. Vorrei averti tutta per me e non doverti dividere con lui.»

Rimasi spiazzata dalle sue parole.

Dove vuole andare a parare?

« E' il mio migliore amico» dissi, poco più che un sussurro.

Duff si aprì in un amaro sorriso.

« Eden, io sono buono ma non scemo. Vedo come ti guarda.»

...Will?

« Sono fesserie, dai.»

Lui scosse la testa, desolato.

« Spero solo che tu non ricambi.»

« Ma cosa ti salta in testa?!» mi affrettai a dire, sgomenta.

Gli presi il mento, obbligandolo a guardarmi negli occhi.

« Se amassi lui, perché sarei qui?»

Gli diedi un bacio, con una strana sensazione nello stomaco.

« Vorrei sperare! Diventerai mia moglie, non è poco.»

« Vorrei sperare! Ah, signor McKagan, non ti ho detto di sì per i diamanti. Ti amerei anche se tu fossi un barbone. E nulla cambierà mai i miei sentimenti per te, capito?»

Lui annuì, sorridendo mentre cercava le mie labbra. Mi aggrappai alla sua schiena, infilando le mani sotto la maglietta sulla sua pelle calda e nuda.
Ricadde su di me, e continuammo a baciarci in un improvviso impeto di passione. Sentivo che in quel contatto c'era la sua disperata ricerca di una conferma delle mie parole.
Ma io non mentivo, lo amavo davvero, e niente mi avrebbe fatto cambiare idea. Nemmeno il
presunto interessamento di Will, che era una delle persone cui volevo più bene al mondo.

Non mi accorsi neanche che mi aveva già sfilato la sottoveste, tanto ero presa dalle mie riflessioni.
Rimasi in intimo sotto il mio futuro marito -
dio, che strano dirlo- in preda alle sue mani esperte e a scosse di desiderio.
Se prima il mio corpo era intorpidito dal sonno, in quel momento si era svegliato egregiamente, rispondendo agli stimoli di Duff con partecipazione. Intrecciai le dita ai suoi capelli, mentre con le labbra scendeva al seno.

Ormai era inutile tirarmi indietro; non sarei stata capace di allontanarmi dalla sua presa per nulla al mondo.

 

« Ci sono tutti i bagagli?»

Annuii, chiudendo la portiera.

Al volante c'era Will, ed eravamo in partenza per la mia vecchia casa. Si trovava esattamente nella parte di Los Angeles opposta a quella dove si trovava la nuova dimora.

Io e Duff condividevamo con Iz la nostra villa, che avremmo successivamente cambiato da sposati lasciandola a lui.

Quando mi aveva fatto la proposta ero rimasta sbalordita. Per un attimo non mi ero resa conto di cosa stesse succedendo. Poi avevo incrociato il suo sguardo, capendo che non avrei potuto dirgli altro che sì.

« Metto i Floyd?» chiese Will, con un sorriso sornione.

Mi allungai per dargli un bacio sulla guancia.

« Tu sì che mi conosci!»

Rise e infilò nell'apposita apertura la cassetta.

Le prime note di Wish your were here inondarono il veicolo, ed io poggiai il capo alla spalla di Duff, lasciandomi trasportare dalla fantastica melodia. Sentii le sue labbra lasciarmi un indelebile segno in fronte e poi la sua testa sulla mia.

Will partì sgommando, con la promessa di non andare troppo veloce. Conoscevo bene la sua guida e l'avevo pregato più volte di regolarsi quando c'ero su anch'io.

Alla prima curva azzardatamente percorsa stile pirata della strada, mi vidi passare davanti agli occhi tutta la vita. Lanciai un'occhiataccia al guidatore, che mi sbirciava dallo specchietto retrovisore e tornai all'abbraccio di Duff.
«
How I wish, how I wish you were here
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year
Running over the same old ground
What have we found? The same old fear
Wish you were here.
»

 

La mia vecchia casa era una villetta posta su due piani, recintata e con un bel giardino sul retro. Scesi dalla macchina e presi un bel respiro. Al secondo piano vidi la tendina in pizzo di una finestra scostarsi, e la figura di mia sorella sparire veloce.
E' inutile che indugi. Prendi i tuoi cazzo di bagagli e entra.

Perché la mia mente doveva sempre prendermi a parole?

Afferrai la mia valigia per il manico e seguii i due ragazzi -molto più sicuri di me, per la cronaca- verso la porta in legno di ciliegio.

L'aveva costruito tutto mio padre quel rifugio d'amore, dove andare a vivere con la giovane moglie incinta di me.

« Tutto bene?» chiese Duff, facendomi un occhiolino come per dirmi di prendere coraggio.

Annuii vagamente, col cuore che martellava contro la gola.
Will premette il dito sul campanello e io deglutii rumorosamente.

Ancora pochissimo, e poi farò i conti con il mio passato.

Vidi la maniglia abbassarsi e la porta che si apriva come al rallentatore.

Un leggero giramento di testa come quello della notte prima e quasi non mi cedettero le gambe.

Will mi lanciò un'occhiata preoccupata, poi apparve mia sorella.

« Eden...»

Rimase un attimo sbalordita davanti alle due presenze che mi accompagnavano e ciò mi diede il tempo di notare la sua maglietta.

Guns N' Roses.

Se non fosse stata per tutta la tensione che mi si arrovellava nelle viscere probabilmente sarei scoppiata a ridere.

« Ho un po' di cose da raccontarti» mugugnai, seguendo con la coda dell'occhio gli sguardi divertiti che quei due si scambiavano.

 

Davanti a una tazza di the le spiegai bene tutta la storia, mentre Will e Duff sistemavano le loro cose in taverna.

« Li ho portati con me perché sono le due persone più importanti della mia vita, ecco.»

« Non ti devi giustificare, ma vedi» e tirò un lembo della sua maglietta con un sorriso imbarazzato « sono una fan. E se la situazione non fosse di questo genere probabilmente starei urlando per tutta casa come impazzita, sai? Insomma, il tuo migliore amico è Axl Rose e sposerai Duff McKagan! Cazzo, Eden.»

Sorrisi a mia volta, stringendo tra le mani la tazza di the.

« Li ho conosciuti prima di tutto questo delirio, Amy. Per me più che Duff e Axl sono Michael e Will. E lo chiamo Duff solo perché il suo vero nome mi suona troppo formale. Amo la loro persona, non la rock star acclamata in tutto il mondo. Sono felice che abbiano raggiunto questi livelli, ma andare in tour con loro non è tutto rose e fiori.»

« No, hai ragione. E' tutto Guns N' Roses

Scoppiammo a ridere, anche se la pseudo battuta era davverp terribile.

« Questa è stata pessima, Amy!»

« Mi è venuta spontanea, scusami» rispose, ridacchiando.

Scossi la testa.

In fondo mi era mancata, e anche tanto.

In un attacco di tenerezza mi allungai verso di lei e la abbracciai. Amy rimase un attimo immobile, indecisa su cosa fare, poi strinse le braccia attorno alla mia vita.

Nonostante la poca differenza d'età non avevamo mai avuto un rapporto particolarmente stretto, ma ci volevamo bene.

Davvero tanto.

« Bene, ti porto da mamma, che ne dici? E' su in camera sua “a riposo per un po'”, così ha detto il medico.»

Annuii, titubante.

« Aspetta che vado a chiamare Will e Duff.»

Senza lasciarle il tempo di pronunciare un'altra parola, uscii dalla cucina e corsi giù per le scale.

I due ragazzi si voltarono, sorridendomi.

« Come va?» chiese Duff, venendomi incontro.

Feci una smorfia: « Sono nervosa. Venite con me su da mia madre? Così vi presento e mi date un po' di coraggio.»

« Certo, cara» disse Will, apparendo al mio fianco e prendendomi a braccetto.

« Conducici dove vuoi» rincarò l'altro, dandomi un bacio.

Sorrisi rassicurata dalla loro presenza e li guidai verso mia sorella, che ci aspettava un po' emozionata ai piedi di un'altra rampa di scale.

« Anche loro?» mi sussurrò, stupita.

Annuii decisa e strinsi la presa attorno alle loro braccia.

Non li avrei lasciati per nulla al mondo.

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Capitolo 3
*** Amy ***


3. Amy

 

« What does it matter to ya?
When ya got a job to do
Ya got to do it well
You got to give the other fella hell»
Live and let die, GN'R

 

Non vedevo mia sorella da quasi cinque anni. E a spiarla così dalla finestra, nascosta dalla tendina, mi sentivo come una ladra di frammenti di vita; ma avevo bisogno di un po' di tempo per fare le mie considerazioni senza dover interagire con qualcuno.
Stava in piedi a pochi centimetri da una lussuosa macchina nera, alle sue spalle due sconosciuti armeggiavano con presumibili valigie nel bagagliaio. Non riuscivo a scorgere che le gambe dei due uomini.

Era cambiata moltissimo, e quando l'avevo vista scendere dalla macchina quasi non l'avevo riconosciuta. Il suo corpo si era definitivamente modellato, lasciando delle curve che non ricordavo di aver mai visto su di lei. I capelli erano più lunghi, mossi, scuri quasi quanto quelli corvini di papà; alcune ciocche le ricadevano sul seno prosperoso, incorniciando il viso fine con dolcezza nella loro irrefrenabile discesa. La canottiera dei New York Dolls che portava le andava larga, così la teneva legata in un nodo sul fianco. Gli shorts in jeans lasciavano scoperte le gambe dalla pelle chiara e liscia, e ai piedi portava un paio di vecchi e sdruciti Dr. Marten's.

Rimasi a guardarla come incantata; era sempre stata graziosa, sin da piccola. Ma era diventata davvero bella, più di quanto potessi immaginare.

Fissava la casa con un'espressione preoccupata.

Non vorrebbe essere qui.

Nonostante fosse cambiata nell'aspetto esteriore, la conoscevo ancora come le mie tasche. Non avevamo mai avuto un rapporto stretto, ma riuscivamo a capirci con uno sguardo sin da quando eravamo piccolissime, e nulla avrebbe mai cambiato quel particolare.

Notai che stava guardando nella mia direzione e lasciai cadere la tendina, come mi fossi scottata.

« Mamma, svegliati.»

La scossi per la spalla con la mano, per farla riprendere dal sonno in cui era caduta poco prima.
Lei sbatté più volte le palpebre, poi tentò di mettersi seduta soffocando un gemito per il corpo indolenzito.

Dopo l'infarto il dottore l'aveva costretta a letto, succube di farmaci per controllare il cuore.

Si riavviò i capelli biondi con una mano mentre con l'altra si stropicciava gli occhi.

« E' arrivata Eden» le dissi, avviandomi verso la porta della sua stanza.

Feci in tempo solo a vederla sorridere genuinamente per la prima volta dopo tanto tempo.

Il suono del campanello mi fece sussultare, così corsi ancora più veloce all'entrata, col cuore che giocava a martellare contro le mie tonsille.

Una volta davanti all'uscio, presi un gran respiro.

Forza Amy, è solo la tua perfetta sorella.

Strinsi le dita attorno al freddo metallo della maniglia e aprii.

« Eden...»

Le parole mi morirono in gola, davanti a quella vista.

« Ho un po' di cose da raccontarti» biascicò, in evidente difficoltà.

 

Il mio cuore continuava a battere all'impazzata ed un'improvvisa voglia di urlare e piangere istericamente si era impossessata di me.
Lanciai uno sguardo alla mia incriminante maglietta.

Perspicace.

Scossi la testa e riavviai i miei capelli, facendoli ricadere su di una spalla.

Avevo appena realizzato -o meglio, ero venuta a sapere, perché ci sarebbero volute ore prima di crederci sul serio- che mia sorella si sarebbe sposata con il bassista della mia band preferita. E che il suo migliore amico era Axl Rose.

Tremai da capo a piedi per l'ennesima volta al pensiero.

Il rumore di passi affrettati sulle scale mi fece riemergere dai miei urletti eccitati interiori e tornai a prestare attenzione al presente.

Calma e dissoluta. Non far vedere che sei una fanatica.

Fosse facile. Dentro di me si stava scatenando l'inferno.

Eden emerse dalle scale con un sorriso rassicurato dalle due avvenenti presenze al suo fianco.

Quando capii quali erano le sue intenzioni, rimasi un attimo spiazzata: « Anche loro?»

Annuì decisa.

Feci spallucce ostentando indifferenza, nonostante sentissi tutte le cellule del mio corpo urlare come milioni di fan impazzite.

Okay, Amy, non inciampare. Non ora. Fallo per il resto della tua vita, ma non...

Presa com'ero dalle mie seghe mentali, incespicai nei miei piedi e per poco non caddi faccia a terra sugli scalini. I due ragazzi sembrarono non notarlo, intenti a guardare Eden che stava parlando loro.

Gesticolava cautamente con un lieve rossore che le colorava le gote pallide.

Non le è mai piaciuto stare al centro dell'attenzione.

Axl annuiva serio e Duff la guardava dritto negli occhi, con la mano posata sul fianco di lei, come per tranquillizzarla.

Eden parlava a bassa voce a pochissimo da entrambi.

Rimasi a guardare il viso dei due ragazzi, studiandone i lineamenti per la prima incredibile volta da vicino.

Duff aveva un fisionomia dolce e delicata; la pelle chiara era pulita, genuina. Gli occhi dal taglio felino avevano un indefinibile e affascinante miscuglio di verde e marrone a colorarne le iridi.
I suoi capelli erano una cascata di rivoli biondi, mossi come le onde del mare, che gli carezzavano le spalle e la parte superiore della schiena. La lieve ricrescita scura determinava una certa trascuratezza nelle cose superficiali.
Il suo sguardo era sicuro e pieno d'amore. Rimasi incantata davanti a quella scena, e capii tutto. Ogni singola cosa sul perché si amassero tanto, senza che nessuno me lo spiegasse. Era chiaro come il sole.

Risplendeva nei loro occhi a contatto, come fusi in una cosa sola.

Axl era notoriamente bello, ma da vicino, se fosse possibile, lo era ancora di più. Il viso aveva lineamenti armoniosi, gli occhi verdi erano dei più particolari avessi mai visto, le labbra perfettamente disegnate. I capelli rossi scivolavano irrequieti lungo le gote, cadendo scompigliati sulle spalle possenti.
Un particolare disarmante: il suo sguardo.
Vedevo tutto ciò che avevo notato in quello di Duff; amore.

Incondizionato, segreto.

« Okay, portaci da mamma» disse Eden, risvegliandomi dalle mie incredule riflessioni.

Annuii, cercando di non pensare più a quella specie di triangolo amoroso.

« Tutto bene?» chiese Duff, fissandomi.

Deglutii e cercai di respirare.

Non voglio fare la fanatica, ma... cazzo, cazzo, cazzo, mi ha appena parlato! E non devo neanche fargli capire cosa ho appena scoperto.

« Sì, perché?»

Feci finta di essere disinvolta, rossa in viso.

« Hai una faccia strana.»

Sorrisi nervosa e mi voltai per nascondere loro la mia espressione, guidandoli su per le scale.

Senza fare altre domande cui io non avrei avuto la forza per rispondere, mi seguirono silenziosi.

« Amy, aspetta» poco prima di raggiungere la porta, sentii una presa attorno al mio polso.

Mi voltai e incontrai il viso preoccupato di Eden.

« Io ti volevo chiedere di Dean

Scossi la testa, sorridendole: « L'ha cacciato, tempo fa. Poi ti spiegherà lei.»

Sembrò trattenere il fiato, poi si rilassò, allentando la presa.

Cercando di ricambiare il mio sorriso, le uscì una smorfia tesa.

« Dai, sorellina, non ti mangia mica.»

Ridacchiò nervosamente, raggiungendo Axl e Duff.

Bussai alla porta, poi aprii.

« Avanti» disse flebilmente una voce.

Entrai, seguita dai tre.

Vidi mia madre tendere le braccia e i suoi occhi luccicare di commozione.

« Piccola mia.»

Eden si avvicinò al letto cautamente, per poi rifugiarsi nel suo abbraccio, come fosse ancora una bambina.

Mi si strinse il cuore a guardare quella scena.

Poi lei si distaccò, tornando ad affiancare i due ragazzi, che si guardavano attorno, smarriti.

« Sei diventata bellissima, tesoro.»

Arrossì fino alla punta dei capelli, ma tentò di mantenere un certo risentimento: « Sono cambiate molte cose, mamma, come sono cambiata io.»

Vidi il sorriso sul volto di nostra madre attenuarsi, fino a spegnersi.

« Mi spiace così tanto, Eden. Sono stata cieca per troppi anni, ma spero ci sia ancora tempo per rimediare...»

« Non si può rimediare, solo ricominciare.»

Rimasi stupita dalle parole di Axl, tanto quanto il resto dei presenti.

« Io sono William, il migliore amico di sua figlia. E in quanto tale, posso permettermi di darle un consiglio?»

Nostra madre annuì, guardandolo curiosa.

« Non chieda scusa, quello che è stato è stato. E non cerchi di rimediare. Oserei suggerirle di dimenticare, sa? Nessuno ha bisogno di rivangare un passato doloroso, io lo so bene, mi creda. Quindi, si riprenda gli attimi perduti e riconquisti la fiducia di sua figlia, che ha cresciuto come una persona meravigliosa.»

Riprese fiato un attimo e si avvicinò a Eden.

« Scusami, piccola, ma dovevo farlo. Ora tocca a te, giuro che non interverrò più.»

Le posò un bacio sulla fronte con estrema dolcezza, mentre lei lo tratteneva per i fianchi. Scosse leggermente la testa, sorridendogli.

« Spero che la tua graziosa sorella sia così gentile da portarmi a fare un giro della casa, in modo che voi tre possiate parlare» continuò, voltandosi verso di me.

Mi sentii come trafitta dai suoi indomabili occhi e per poco non mi cedettero le gambe.

« Sì, certo» farfugliai, fiondandomi alla porta.

« Arrivederci, signora.»

Fece un occhiolino d'incoraggiamento ad Eden e uscì con me.

 

L'aria era calda, ma sotto le fronde del più bell'albero del nostro giardino ci si poteva rilassare al relativo fresco.

« Non ho mai visto un ciliegio a Los Angeles» disse Axl, ingoiando uno dei suoi rossi e succosi frutti.

« Papà lo piantò alla nascita di Eden, sai?»

Lui voltò il capo verso di me, sorridendo stupito.

« Sul serio?»

Annuii, posizionandomi meglio con la schiena contro la corteccia.

« Quando papà morì io avevo nove, dieci anni. Era lui a prendersene cura, come se stesse trattando la figlia stessa cui l'aveva dedicato. Alla sua morte rischiò di appassire, chiudendosi in se stesso. Appena Eden riuscì a capire le dinamiche di questo particolare albero, iniziò a curarlo. Si riprese, come in una nuova vita. Quando anche lei se ne andò, il ciliegio sembrò morire di nuovo. Neanche le attenzioni di mamma riuscirono a risanarlo. Finché non iniziai ad interessarmi io.»

Axl sembrava completamente rapito dal mio racconto, e mi guardava con gli occhi spalancati, sdraiato su un fianco. Ogni tanto portava alle labbra una ciliegia, per poi sputarne il nocciolo lontano.

« E' come se accettasse solo i discendenti di vostro padre, è una cosa incredibile.»

« Secondo me questo albero ha dei sentimenti, e dei pensieri propri. Lo so che può sembrare stupido...»

Lui scosse la testa, sorridendo: « No, non è stupida come cosa. Io la vedo in modo molto poetico, invece. Solo sangue del sangue dell'uomo che gli ha dato vita.»

Lo guardai assorta, poi lui rimase con lo sguardo perso lontano, ed io non potei trattenermi: « Ti piace Eden, non è vero?»

Il silenzio calò improvvisamente e sembrò che anche il resto del mondo si fosse fermato.

Mi maledissi per aver aperto bocca e abbassai il capo.

« A me non piace Eden.»

Alzai lo sguardo e lo vidi ancora intento a guardare nel vuoto.

« Io la amo.»

Quelle parole erano intrise di un dolore così profondo che mi fecero mancare l'aria.

Sembrò riscuotersi e si alzò in piedi, battendosi sui pantaloni con le mani per far scendere la polvere.

« Ma che te ne parlo a fare? Non mi conosci e di certo non avrai voglia di sentirmi blaterare su quanto io mi senta dilaniato davanti a quei due. Di quanto invidi Duff, perché lui può accarezzarla e baciarla come io posso fare solo nei sogni. Di quanto soffra perché lei mi vede solo come un amico. Posso essere Axl Rose, ma rimango pur sempre un patetico uomo innamorato della persona sbagliata.»

Mi alzai a mia volta, fermandolo.

« Non sei patetico, e forse neanche innamorato della persona sbagliata. Magari lo è lei! Magari Duff non è quello giusto» tentai, sofferente nel vederlo in quello stato.

Lui scosse la testa, sorridendo amaramente.

« No, sono perfetti l'uno per l'altra. Sono io che me ne devo fare una ragione, questo è stato chiaro fin dall'inizio.»

Gli afferrai un braccio in un impeto di coraggio, per impedirgli di andarsene.

« Axl, mi spiace, davvero.»

Mi guardò, e per la prima volta venni come risucchiata da quelle seducenti iridi verdi.

E' profondamente vero che gli occhi sono lo specchio dell'anima; e la sua era dannatamente complicata e ferita. Sembrava come essersi creato una barriera intorno e non riuscii ad arrivare oltre alla superficie danneggiata del suo spirito.

Discostò lo sguardo e ritornai alla realtà, scossa.

Le prime note di So far away dei Dire Straits iniziarono a risuonare, provenienti dalla cantina.

« Sono i vinili di Eden, devono aver sicuramente finito di parlare. Nessuno li tocca da anni.»

Axl sorrise leggermente, poi mi tese la mano.

« E' stato un piacere, però, parlare con te. Ho passato un'ora indimenticabile, grazie per aver condiviso i tuoi ricordi con me.»

Mi chiesi se mi stesse prendendo in giro, ma decisi di ignorare la parte scettica di me. Afferrai la sua mano e ci scambiammo una stretta amichevole, in cui sentii un colpo al cuore.

Quella pelle...

« Andiamo?»

Annuii, scuotendo il capo per allontanare i miei pensieri e lo guidai all'interno della casa.

 

Scendemmo in taverna, dove la voce Mark Knopfler intonava il ritornello della canzone.

Eden e Duff stavano ballando. In realtà erano stretti l'uno all'altra in un abbraccio, e si muovevano lentamente, pochi passi a disegnare un piccolo cerchio.

Axl mi lanciò uno sguardo come per farmi di notare come le sue parole rappresentassero la realtà.

« Ehi» disse lui, facendo voltare anche Eden.

Lei sorrise, alla nostra vista.

« Com'è andata? Ti ha trattata bene, vero?»

Ridacchiai: « Tutto bene, tranquilla.»

Axl le si avvicinò facendole un buffetto sulla guancia.

« Cos'è tutto questo scetticismo?»

Eden avvolse la sua vita con le braccia, poggiando il capo sulla sua spalla. Lui ricambiò l'abbraccio, e vidi Duff distogliere lo sguardo avvicinandosi al giradischi.

Si stavano parlando, anzi sussurrando.

Non riuscivo a sentire dalla mia posizione, ma captai alcune parole, deducendo che si trattasse di ringraziamenti da parte di lei per averle dato la spinta con nostra madre.

« Allora ti piacciono i Dire Straits, uh? Non me l'avevi mai detto.»

Si erano staccati e Axl aveva posto il quesito ad alta voce, per rendere partecipi anche me e Duff.

« Io amo i Dire Straits, quasi quanto i Pink Floyd. Non l'ho mai detto a voi due perché ascoltarli mi ricorda il passato, ma ora che sono qui, non vedo perché no. Mi mancavano i miei vinili.»

Pronunciando l'ultima frase, andò ad accarezzare la sua preziosa collezione, ancora allineata come l'aveva lasciata lei anni prima. Mia madre non permetteva a nessuno di toccare le cose di Eden, anche la sua camera era perfettamente intatta.

« Amy, hai già conosciuto Will, ma ti voglio presentare anche Duff di persona.»

Mi prese la mano, accompagnandomi dal ragazzo.

« Vedi, è lui l'uomo che amo.»

McKagan sorrise, così dolcemente com'era nella sua natura che mi si sciolse il cuore. Ci scambiammo un saluto amichevole.

« E lei è la mia cara sorella, che mi è mancata moltissimo.»

Mi abbracciò stretta, ed io ricambiai, commossa.

« Oh, Eden, anche a me sei mancata tantissimo.»

Come poter sostenere il contrario?

 

_______________________________
Carissime, vorrei riuscire a pubblicare meno sporadicamente, ma i miei impegni tra scuola e amici non me lo permettono.
Tornando alla storia, Amy sarà un personaggio molto importante, soprattutto per Will. Per ora però dovremo metterla un po' in disparte, perché nell'Illusion I sarà in primo piano il triangolo Duff/Eden/Axl. Vi saranno delle belle, sappiatelo!
Ora la pianto di fare spoiler e torno a scrivere. Spero vi sia piaciuto!
Ah, un immancabile ringraziamento ai meravigliosi Dire Straits che mi hanno ispirato e accompagnato per tutto il capitolo.
Solo buona lettura e lasciatemi il vostro pensiero.
Un bacio,

Eden

P.s. Grazie di cuore a tutte le stupende ragazze che lasciano il loro commento, per me immancabile e sacro.

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Capitolo 4
*** Duff ***


4. Duff

 

« Talk to me softly
There's something in your eyes
Don't hang your head in sorrow
And please, don't cry
I know how you feel inside
I've been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know»
Don't cry, GN'R

 

La stanza era arredata in modo molto classico, col letto matrimoniale di legno e le tendine in pizzo alle finestre. L'aria era afosa, gravida di profumo al gelsomino; in sottofondo la voce di Janis Joplin accompagnava una dolce melodia.

Sua madre ci guardava emozionata, con le iridi azzurri luccicanti di lacrime.

In comune con lei, Eden aveva solo quelle e il fisico. Socchiusi gli occhi per vedere meglio nella penombra.
I capelli biondi ricadevano disordinatamente sulle spalle minute, spenti. Il viso era scarno e segnato dalle occhiaie, ma rivelava che un tempo vi era presidiata una certa bellezza, ormai come sfiorita.
« Avvicinatevi, per favore.»

Guardai Eden che stava annuendo. Forse non lo voleva dare a vedere, ma la conoscevo a fondo e non mi ci volle molto per notare il suo nervosismo. Lo capii da come si mordeva il labbro inferiore, spostandosi i lunghi capelli da una spalla all'altra.

Le presi la piccola mano, nascondendola nella mia.
Lei sorrise dolcemente, lanciandomi uno sguardo pieno d'amore.

Mi condusse al letto dove stava sua madre e mi invitò ad imitarla mentre vi si sedeva sul bordo. Un po' imbarazzato mi appollaiai, con le mie chilometriche gambe stese in una scomodissima posizione.

« E' il tuo ragazzo, non è vero?» chiese, sorridendo maternamente anche a me.

Eden annuì, mostrando l'anello di fidanzamento.

« E diventerò sua moglie.»

Gli occhi di sua madre si riempirono di lacrime ed io rimasi spiazzato.

Sono così terribile da sposare?

« Scusate, davvero» si affrettò a dire, asciugandosi con il dorso della mano le guance.

Eden le si fece più vicina, preoccupata.

« E' che mi sei mancata così tanto, ho perso le tappe più importanti della tua vita... Ed ora che sei qui scopro di non conoscere neppure l'uomo che ti accompagnerà nel lungo cammino che ancora ti aspetta.»

Mi sentii di troppo, in quel momento.
« Quando sei sparita mi è crollato il mondo addosso. Pensavo ti avessero rapita, o che fossi morta. Ho passato mesi di angoscia, finché Amelìe non ha parlato. Ho capito però che l'unica soluzione era quella di lasciarti andare, continuavo a ripetermi che saresti tornata. Poi ho scoperto di Dean; quello che ha tentato di farti, le botte che ti infliggeva. Sono stata una stupida cieca e le mie parole non saranno mai abbastanza per descrivere il mio rimorso. L'ho cacciato. Poco tempo fa ho avuto un infarto, come ti ha detto tua sorella, e mi sono resa che se fossi morta non avrei neanche potuto riabbracciarti, o chiederti scusa.»

Rimase un attimo in silenzio, come per lasciare ad Eden il tempo di digerire quelle parole.

Io mi ero fermato a Dean.

Desideravo ardentemente spaccargli la faccia, per tutto ciò che le aveva fatto.
Alla mia Eden.
Sentii la rabbia montare inevitabilmente. Avevo quasi sperato di incontrarlo per fargliela pagare con gli interessi.

« Non importa più, mamma.»

Mi riscossi dai miei sadici progetti e la vidi sorridere tirata.

Le importava, eccome. Ma non voleva rivangare quei momenti per lei dolorosi, né finire per odiare sua madre.

« Lui è Michael, comunque» disse, prendendomi la mano.

Alzai lo sguardo ed incontrai quello ancora lucido della donna.

« Salve, signora.»

« Mi fa piacere conoscerti, Michael. Come vi siete conosciuti?»

Sorrisi al ricordo di quando la vedevo passare davanti a noi ragazzi ancora anonimi, senza degnarci di uno sguardo. Quella notte, Michelle che aveva fatto da cupido.
Ed ora eccoci, quasi marito e moglie a parlare con sua madre.

La amavo più della mia vita, e l'avrei ripetuto all'infinito.

« Un'amica in comune.»

« Vero, ma io la conoscevo già di vista. Ne ero rimasto talmente folgorato da farmi prendere in giro dai miei amici per la mia cotta. Che poi si è trasformata in amore, ricambiato spero.»

« Certo, sennò non ti sposerei!» esclamò Eden.

Sua madre ci guardava sorridendo felice, mentre ci scambiavamo tenerezze.

« Si vede lontano un miglio che vi amate.»

Le diedi un bacio sulla fronte e la strinsi a me, annuendo verso la donna.

« Tanto.»

« E quando vi sposereste?»

« A marzo dell'anno prossimo.»

Sua madre sorrise, guardandoci coinvolta: « Hai già preso il vestito?»

Eden scosse la testa, arrossendo.

« Mi piacerebbe però se mi accompagnassi anche tu, quando lo sceglierò» disse, torcendosi le mani dal nervosismo.

La donna si aprì in un sorriso enorme, accarezzando il volto alla figlia.

« Speravo me lo chiedessi, tesoro. Ne sarei più che felice.»

Senza dire nulla mi alzai cautamente e uscii dalla stanza, lasciandole sole.

Sapevo che era giusto così. Io ero davvero di troppo in quel momento così intimo.

Camminando per il corridoio avanti e indietro mentre la aspettavo, notai una porta in legno chiaro. Inciso sopra vi era un nome.

Eden.

Non potei resistere alla tentazione ed entrai, abbassando la maniglia.

La camera era poco più grande di quella di sua madre. Il letto ad una piazza e mezza era posizionato in un angolo, contro il muro e un grande armadio coperto da decine di foto occupava la parete opposta.

Mi avvicinai.

La maggior parte raffiguravano varie band o artisti, ma quelle più grandi ritraevano lei e suo padre.

Una in particolare mi colpì. Eden sorrideva all'età di tre anni in spalla a lui, con le manine a coprire gli occhi del papà; avevano un'aria felice.

Una felicità che non le avevo mai visto negli occhi.
E' quella spensierata che solo da piccoli si può provare.

Distolsi lo sguardo, con un senso di profonda tristezza nel cuore.

Notai una portafinestra che dava su di un balconcino e uscii all'aria aperta, per pensare ad altro.

Mi accesi una sigaretta e la infilai tra le labbra, tirando una lunga boccata.

Poggiai i gomiti sulla ringhiera del balcone e mi sporsi a guardare il giardino.

Era una distesa verde puntellata di colori di fiori e alberi, tra cui un ciliegio che sporgeva con i suoi rami carichi di frutti a poco da me.

Sentii un mormorio indistinto e tesi le orecchie, curioso. Qualcuno stava parlando. Riconobbi la voce di Rose, e ne percepii una femminile, che dedussi fosse quella di Amy.

« Ti piace Eden, non è vero?»

Il mio cuore mancò un colpo, e per poco non mi cadde la sigaretta dalle dita.

Rimasi in ascolto di un silenzio surreale, facendo attenzione anche a respirare per paura di essere scoperto.

Sentii Axl fare un sospiro prima di rispondere e il mio cuore accelerò.

« Che fai qui, amore?»

Le braccia di Eden mi avvolsero la vita da dietro e quasi non saltai via dallo spavento.

Spensi la sigaretta lasciandola sul pavimento e sorprendendola con una specie di bacio la portai all'interno della camera, per paura che potesse sentire la risposta di Axl.

Rise, cercando di liberarsi dalla mia presa.

« Ehi, calmo!»

Contrappose le braccia al mio petto per guardarmi negli occhi e sorrise.

« Com'è andata?» chiesi, prendendole il viso tra le mani dolcemente.

« Bene, penso. Stiamo qui per due o tre giorni.»

Annuii, lasciandole un bacio sulle labbra.

Non volevo sentisse quello che aveva da dire Rose, qualunque cosa fosse.

« Andiamo in taverna che ti faccio vedere la mia collezione di vinili?»

« Tanto non batterà mai la mia» dissi, ridendo.

Lei mi fece un buffetto sul fianco e mi prese la mano, guidandomi fuori dalla sua stanza.

« Comunque sia la porterò a casa nostra, e la aggiungeremo alla tua. Alcuni pezzi di sicuro non ce li avrai.»

Scossi la testa, sicuro: « Vedremo.»

 

« Come diamine fai a possedere questo bootleg?!»

Eden mi aveva almeno mostrato quattro dischi di cui non conoscevo l'esistenza.
E la mia collezione era rifornitissima di rarità, sopratutto dopo le maggiori entrate di soldi e la popolarità.

Sorrise divertita: « Mio padre conosceva quelli giusti. E ha lasciato a me tutte le sue perle.»

Accarezzò con lo sguardo lucido i vinili e ne prese uno in mano.

« Brothers in arms, uh? Dire Straits, interessante.»

Lo posizionò sul giradischi e vi si mise a maneggiare.

Le prime note di So far away riecheggiarono nell'aria, riempendo la taverna.

Si alzò e venne verso di me, avvolgendomi la vita con le braccia.

« Ho una cotta per Mark Knopfler» disse, arrossendo.

Risi.

« Sono geloso, eh.»

Iniziammo a muovere qualche passo, come in cerchio, mentre parlavamo guardandoci negli occhi.

« Da quando ho conosciuto i Dire Straits, sai? La sua voce, cosa riesce a fare con la chitarra...»

Sentii la gelosia brontolarmi nello stomaco.

« La voce, eh? Vediamo se ti piace anche la mia.»

Mi chinai fino ad arrivare al suo orecchio.

« If I could only live my life
You could see the difference you make to me
I'd look right up at night
And all I'd see was darkness
Now I see the stars alright
I wanna reach right up and grap one for you
When the lights went down in your house
»

Mi fermai, notando la pelle d'oca che le era venuta.

« Ho i brividi, Duff» sussurrò, stringendosi di più a me.

Ricominciammo a fare piccoli passi in quel personale ballo.

« Che canzone era?»

« So fine. L'ho scritta un mesetto fa, non ricordo.»

Appoggiò la guancia al mio petto, con l'orecchio premuto sul mio cuore.

« E' bella.»

Le posai un bacio sui capelli.

« Pensavo a te mentre buttavo giù quella parte» confessai.

Rimase un attimo in silenzio, carezzandomi la schiena con la mano.

« Prenderesti davvero una stella per illuminare la mia vita?» chiese infine, guardandomi negli occhi.

Incredibile come avesse capito al volo il senso figurato delle mie parole al primo ascolto.
« Qualunque cosa, pur di farti felice.»

Tornò a poggiare il viso al mio petto: « Allora mi basti tu.»

Sorrisi in pace col mondo, stringendola ancora di più a me.

Sentivo un gran senso di pienezza nello cuore, tenendola lì tra le mie braccia.

Poi vidi due paia di gambe apparire dalle scale e, un po' triste, dedussi che quel momento tra noi due fosse finito.
Sentivo come se mi avessero rubato l'intimità di quella nostra danza.

« Ehi» dissi senza tono, alla vista di Axl e Amy.

« Com'è andata? Ti ha trattata bene, vero?» chiese Eden.

« Tutto bene, tranquilla.»

Axl le si avvicinò facendole un buffetto sulla guancia con un sorriso dolce.

« Cos'è tutto questo scetticismo?»

Si abbracciarono ed io mi voltai, distogliendo lo sguardo.

Conoscevo bene i sentimenti che provava per lei; erano gli stessi che sentivo io.

Sentii che si stavano parlando, così feci finta di essere molto interessato al giradischi.

Mi faceva male vederli così in simbiosi, ma non potevo farci nulla. Lei gli voleva un bene indescrivibile ed io non avevo il diritto di farla soffrire dividendola dal suo migliore amico.

Magari sono solo mie paranoie.

Molto concrete, però.

« Allora ti piacciono i Dire Straits, uh? Non me l'avevi mai detto.»

Tornai a guardarli, mentre si staccavano l'uno dall'altra.

« Io amo i Dire Straits, quasi quanto i Pink Floyd. Non l'ho mai detto a voi due perché ascoltarli mi ricorda il passato, ma ora che sono qui, non vedo perché no. Mi mancavano i miei vinili.»

Sorrisi nel vederla così serena dopo tempo.

« Amy, hai già conosciuto Will, ma ti voglio presentare anche Duff di persona» disse improvvisamente, prendendo sua sorella per mano.

La condusse da me, entusiasta.

« Vedi, è lui l'uomo che amo.»

Il mio cuore si sciolse davanti a quelle parole.

Quale presentazione migliore?

Scambiai una stretta di mano con la ragazza, sorridendo.

« E lei è la mia cara sorella, che mi è mancata moltissimo.»

Si abbracciarono, mentre Axl mi lanciava uno sguardo.

Non riuscii ad interpretarlo appieno, ma mi fece provare una sensazione strana.

Un presentimento.

 

« Tocca a te.»

Avevamo appena finito di mangiare, ed io e Axl sedevamo sul divano a guardare svogliatamente la televisione. Eden apparì accanto a me.

« A fare cosa?» le chiesi, spiazzato.

« Io ho detto a mia madre che tra un po' diventerò la signora McKagan, ora devi dirlo tu ai tuoi.»

La accolsi tra le mie braccia, un po' confuso.

« Ora

Annuì.

« E come faccio?» ridacchiai.

Lei si allungò fino ad afferrare la cornetta del telefono e me la porse.

« Chiamali. Com'è il numero?»

Glielo dissi e lei lo compose velocemente.

Okay...

La linea risultò libera, mentre il mio cuore andava in sincrono con gli squilli a vuoto.

« Pronto?» rispose la voce burbera di mio padre.

« Ciao, papà» dissi, con tono strozzato.

Eden si accoccolò a me, iniziando ad accarezzarmi il petto per tranquillizzarmi.

« Michael?»

Deglutii. I miei avevano notizie di me solo grazie ai giornali scandalistici.
E i reporter non dicevano nulla di buono su di noi.

« Come state a casa?»

« Bene, figliolo. Cosa combini?»

Feci un mezzo sorriso, immaginando la sua reazione alla risposta che stavo per dargli: « Mi sposo.»

Il silenzio regnò per alcuni secondi interminabili, tanto da farmi pensare che fosse caduta la linea.

Poi il rumore di una porta che si chiudeva.

« Senti, Michael, dimmi la verità.»

« Perché stai sussurrando?» chiesi, stupito.

Si sentì un sospiro dall'altro capo della cornetta.

« L'hai messa incinta?»

Lanciai uno sguardo a Eden che stava guardando la televisione ignara di tutto, senza smettere di accarezzarmi.

« No, non credo. Perché?» feci, con un groppo in gola.

« Ah, allora la ami.»

Trattenni una risata.

« Avevi dubbi, papà?»

Rise anche lui; un suono forte e gutturale che mi aveva accompagnato sin dalla nascita.

« Alcuni, conoscendoti.»

« Sono cambiato, molto.»

Da quando ho conosciuto lei.

Rimasi a guardare Eden, sorridendo dolcemente.

« E quando la porti a farcela conoscere?»

« Non so, appena siamo in pausa dal tour. Forse per Natale.»

Emise un grugnito d'assenso.

Continuammo a parlare per un po', mentre giocherellavo con le ciocche scure e morbide di Eden.

Quando le consegnai la cornetta, mi guardò con aspettativa.

« Allora?»

Sorrisi: « Vogliono conoscerti. Natale lo passiamo a Seattle, ti va?»

Lei annuì, dandomi un bacio.

« Certo che mi va, Duffy

Ridemmo per quel soprannome.

Axl ostentava indifferenza, ma notavo benissimo gli sguardi addolorati che ci lanciava.

Mi chiedo perché non riesca a provare un minimo di pena per lui...

Ah sì, era innamorato di mia moglie.

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Capitolo 5
*** Axl, Pt. I ***


5. Axl

 

« Keep the demons down
And drag the skeletons out
I got a blind man followin' me in chains
I said he's fun to watch
When the world has stopped»
Perfect Crime, GN'R

 

Pt. I

Serrai la mascella, tentando di contenere il mio entusiasmo.

Non sarebbe opportuno.

« Quindi è deciso, no?»

Eden annuì, sorridendo.

« Starò a casa di Will finché non torni.»

Duff fece una strana smorfia con la bocca, per poi abbracciarla da dietro poggiando il mento sulla sua spalla.

Diffidente.

Non potei fare a meno di sorridere tra me e me, sentendo un moto d'eccitazione scorrermi sotto pelle.

« Mi mancherai.»

« Anche a me, tantissimo.»

Duff le lasciò un bacio sul collo e raggiunse il pacchetto di sigarette posato sul tavolo.

« Vado a fumare, torno tra poco.»

Annuii insieme a lei, guardandolo uscire. Eden si sedette accanto a me sul divano di casa sua, dove soggiornavamo ancora.

« Vedrai che ci divertiremo» dissi, prendendole la mano.

Lei mi sorrise dolcemente, lasciando che giocassi con le sue dita.

« Non sei contenta?» chiesi, sfiorando l'anello di fidanzamento che portava all'anulare sinistro.

« Certo che lo sono. Ma è la prima volta che sto lontana da lui per così tanto tempo, e la cosa mi spaventa.»

Il mio cuore si tuffò nel vuoto, lasciandomi dolorante nell'animo.

« E' solo una settimana e mezza, Ed» cercai di dire.

E se fossi io a mancare per un po'?
« Will, mi fai male.»

Non mi ero nemmeno accorto di averle stretto la mano così forte.

« Scusami, piccola» mi affrettai a dire, portandomela alle labbra per posarvi un bacio.

Sorrise, scuotendo la testa.

« E poi avremo tanto tempo da passare come migliori amici. Possiamo fare un sacco di cose, sai?»

Ridacchiò, riavviandosi i capelli: « Tipo?»

Feci finta di pensarci, sempre tenendo la sua piccola mano tra le mie.

« Uhm, possiamo fare il bagno in piscina, scrivere canzoni e mangiare tutto ciò che cucinerai.»

Scosse la testa, ridendo.

« Okay, mi arrendo» disse. « Vado a salutare mia madre e mia sorella prima di tornare a casa. E tra qualche giorno sarò da te. Mi prepari la stanza degli ospiti?»

Annuii.

McKagan e Hudson avrebbero trascorso una settimana e mezza a San Diego in compagnia di Iggy Pop, per parlare del suo nuovo album e di una possibile collaborazione.
E per tutto quel lasso di tempo Eden sarebbe rimasta sola con me.

Conoscevo i miei limiti e li rispettavo, ma l'idea mi eccitava terribilmente.
Rendendomi euforico.

 

« Mi verrai spesso a trovare, vero tesoro?»

Eden annuì, allontanandosi dall'abbraccio di sua madre.

« Anche tu e Amy potreste venire da noi, qualche volta» rincarò, abbracciando sua sorella.

Quella sorrise, affondando il viso nei suoi capelli scuri.

« Mi mancherai» disse, con una nota di sincera tristezza nella voce.

« Ehi, abito dall'altra parte della città, mica in Cina!»

Risero.

Il piccolo salotto profumava di tenerezza, immerso in quell'aria di saluti che sapevano di addio.
Nessuno di noi le avrebbe riviste per mesi; il nostro lavoro non lo permetteva.

« Ciao Axl, mi ha fatto piacere conoscerti.»

Alzai lo sguardo e incontrai quello lucido di Amy.

« Anche a me.»

Ci scambiammo le solite convenevolezze, ma appena sfiorai la sua guancia con le labbra mi pervase una strana sensazione che non riuscii a riconoscere.

Mi allontanai lentamente, mentre lei mi sfuggiva per salutare anche Duff.

Era una bella ragazza, con lunghi e ricci capelli biondo scuro, un viso ovale, occhi tendenti al verde. Assomigliava vagamente ad Eden e ciò mi bastava per ritenerla carina.

Aveva però un'aria più pura.

Forse non ha fatto tutte le sue esperienze.

Feci spallucce, scrollando il capo, e andai a salutare la madre di Eden.

« Salve signora.»

Lei mi sorrise dolcemente, stringendomi la mano.

« Dammi del tu, William. Ho solo quarantatré anni!»

Sorrisi timidamente, sorpreso.

« A quanti anni hai avuto Eden?» chiesi.

« A venti.»

« Molto giovane» sussurrai, sfiorando con la coda dell'occhio sua figlia, che stava parlando con Amy.

Annuì, sospirando con un sorriso.

« Ma è stata la mia gioia più grande, sai? Erano tempi difficili. Provenivo da una famiglia molto religiosa; quando seppero che avrei mollato tutto per sposare un hippie di cui ero incinta per poco non mi uccisero. Ma io lo amavo così tanto... E lei era il nostro piccolo grande dono, tutto ciò per cui avevamo lottato. Il nostro paradiso. Ecco perché l'abbiamo chiamata così.»

Quella dichiarazione d'amore materno mi sciolse il cuore, ma la mia mente venne improvvisamente invasa da dolorosi ricordi. La mia infanzia infelice a Lafayette, la paura, le percosse.

« Tutto bene, ragazzo?» mi chiese, allungando una mano verso di me.

« Will?»

Eden si pose davanti a me, sfiorando con la punta delle dita il mio viso.

Scossi la testa, mettendo a fuoco quegli occhi azzurri che tanto amavo.

« Pensieri. Va tutto bene, davvero.»

Avevo convinto tutti tranne lei, ma la sua vicinanza bastava per tranquillizzare il mio animo in tumulto.

« Allora noi andiamo.»

« Arrivederci ragazzi, fatevi sentire.»

 

Erano passati alcuni giorni dal nostro ritorno a casa e Eden sarebbe arrivata a momenti.

Il maggiordomo, Keith, le aveva preparato la stanza degli ospiti in modo impeccabile, ma speravo decidesse di dormire con me.

La speranza è l'ultima a morire, no?

Il campanello suonò, facendomi sussultare. Accorsi alla porta e aprii, trovandomi davanti Eden e Duff carichi di valigie.

« Ehi, Rose.»

Mi spostai per farli entrare, aiutando lei con i bagagli.

« Starai una settimana e mezza, Eden, non tre mesi» dissi, alludendo alle molteplici borse.

Rise.

« La maggior parte sono vinili, Will, e giusto il necessario di vestiti. Dovresti conoscermi ormai!»

« Hai ragione, dovrei conoscerti ormai

Portammo tutte le sue cose nella stanza degli ospiti, che profumava di mughetto fresco.

« Cazzo, Will!» esclamò, sorpresa.

Keith si era davvero impegnato. Il letto a baldacchino aveva le coperte perfettamente tirate, la moquette era senza un acaro di polvere e i mobili in legno risplendevano di cera.

« Ti piace?»

« Se dicessi che mi piace sarebbe riduttivo, sul serio. E' perfetta

Sorrisi compiaciuto e mi appoggiai allo stipite della porta, guardandola girare su se stessa lentamente per godere appieno della vista che le proponeva la stanza.

« Eden, io ora dovrei andare.»

Si girò verso Duff, con occhi improvvisamente tristi.

« Per forza?»

Sorrise amaramente mentre lei si rifugiava tra le sue braccia.

« Mi manchi già» disse Eden, con voce strozzata.

Duff la strinse di più a sé, sospirando.

Non riuscii a distogliere lo sguardo da quella scena, neanche quando lui le prese il mento per baciarla con passione. Sentii le lacrime riempirmi gli occhi, ma non potei fare a meno di rimanere a fissare le loro labbra che si muovevano complici.

« Ciao, piccola» le sussurrò, strofinando il naso contro il suo per farla sorridere.

« Ti accompagno alla porta?» mi offrii, con malcelata impazienza.

Duff mi lanciò un lungo sguardo denso di silenziosi avvertimenti.

Era a conoscenza dei sentimenti che provavo per lei, e sapeva anche di quello di cui ero capace per arrivare ai miei scopi.

Non ho paura di te, McKagan.

« Andiamo.»

Raggiungemmo l'entrata insieme, fermandoci proprio davanti alla porta di legno massiccio.

« Ti chiamo, va bene?»
Lei annuì, con un sorriso tirato.

« Ehi, non fare quella faccia. Mi fai stare ancora più male» disse.

Eden tirò su col naso, passandosi velocemente la manica della felpa sulla guancia per asciugarsi una lacrima che le era sfuggita.

« Hai ragione, scusa» mugugnò.

Le prese il viso tra le mani portandolo a un soffio dal suo.

« Ti amo, uh?»

Eden annullò quell'effimera distanza e congiunse le loro labbra, allacciando le braccia attorno al suo collo. Duff fece scivolare le mani sulla sua schiena, facendo aderire i loro corpi.

« Anch'io, uh?»

Lui rise, lasciandole un'ultima carezza sul viso; poi avvolse le dita attorno al pomello e fece scattare la serratura.

« Ci vediamo, Rose! Mi raccomando

Sorrisi malizioso e posai una mano sulla spalla di Eden, traendola leggermente verso di me.
Serrò la mascella, fissandomi compunto.

O forse sei tu ad avere paura di me, eh?
Lei gli sfiorò con la punta delle dita il braccio, per farlo girare verso di sé.

« Ciao, amore» disse, raddolcito, facendole un occhiolino.

« Ciao» sussurrò di rimando, guardando la porta chiudersi e Duff sparire.

Mi voltai verso di lei, che respirava piano.
Non voglio vederti triste.

Un'idea baluginò nella mia mente. Sorrisi pregustando la sua reazione e la presi in braccio, mettendomela su di una spalla manco fosse un sacco di patate.

« Ehi!»

Si divincolava, ridendo e tempestandomi di innocui pugni la schiena.

« Will, mettimi giù!»

La tenni stretta mentre mi dirigevo verso la porta finestra, ridacchiando.

« Ti va di fare un bagno?»

Lei capì subito le mie intenzioni e si divincolò più forte.

« Non ci provare! WILLIAM!»

Nonostante ce la mettesse tutta per liberarsi dalla mia presa, riuscii senza difficoltà a trattenerla.

Raggiunsi il bordo della piscina, che risplendeva sotto il sole cocente.

« Ti scongiuro, non farlo» tentò di nuovo, aggrappandosi ai miei fianchi a testa in giù.

Risi, cercando di allentare la sua presa, inutilmente.

« Okay, Ed» dissi, minaccioso.

Lei strinse con forza le braccia attorno a me, decisa a non lasciarmi.

« Vorrà dire che faremo il bagno insieme.»

Detto ciò mi lanciai in piscina, tra le sue urla e le mie risate divertite.

Amavo l'acqua, in tutte le sue forme. Mi sentivo in pace col mondo immerso in quel liquido cristallino.

Leggero, senza pensieri.

Come se tutti i problemi si ridimensionassero e sembrassero improvvisamente più facili da affrontare.

Sentii qualcuno tirarmi per la mano e riemersi, senza respiro.

« Dio, Will, mi hai fatto prendere uno spavento assurdo. Non risalivi più» disse, boccheggiando.

La guardai, perdendomi nelle sue labbra imperlate di gocce d'acqua. Non riuscii a resistere e mi maledissi per quello che stavo per fare.

Annullai le distanze e la strinsi a me, sentendo sul mio petto il suo seno bagnato. Venni scosso da un disperato bisogno di averla, e per la prima volta nel suo sguardo notai un sentimento che differiva dalla semplice amicizia.

Lo senti anche tu, non è vero?

Inclinai leggermente il capo e posai le labbra sulle sue, prima che la ragione riuscisse a prevalere sul cuore.

 

____________________________________
Carissime,
chi non muore si rivede, uh? Beh, io sono ancora viva e vegeta (per ora) quindi dovrete sorbirvi i miei aggiornamenti :3
Per chi non l'avesse ancora intuito il capitolo del nostro caro Rose si dividerà in più parti -quante ancora devo decidere- perché denso di avvenimenti.
Si accettano scommesse sul comportamento di Eden dopo questo colpo di scena finale!
Grazie di cuore a chi recensisce/segue/preferisce/ricorda o, semplicemente, legge. Siete la mia gioia e il mio orgoglio, non mi stancherò mai di dirlo!
Un bacio e lasciate il vostro pensiero
*evapora*

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Capitolo 6
*** Axl, Pt. II ***


Pt. II

Le sue dita artigliarono la mia schiena in una reazione stupita, ma lei non si mosse.
Non provai neanche ad approfondire il bacio, consapevole del suo inevitabile rifiuto. Così mi scostai lentamente, tenendola però ancora stretta tra le braccia.

« Perché l'hai fatto?» sussurrò, guardandomi negli occhi.

Rimasi in silenzio, senza distogliere lo sguardo dal suo.

« Non lo so.»

Portò una mano al mio viso e prese ad accarezzarlo lentamente: « Non è una motivazione valida, e lo sai.»

La sua profonda dolcezza riusciva sempre a scaldarmi il cuore, ma la serietà nei suoi occhi mi fece rimanere interdetto.

« Eden, io...»

Scosse la testa, liberandosi dalla mia presa.

« Will, non sarebbe giusto» disse, con voce tremante.

Mi morsi violentemente un labbro, impedendo al mio cuore di spezzarsi ulteriormente guardandola allontanarsi.

« Ti prego» mormorai, cercando di prenderle la mano.

Sfuggì alla mia presa, raggiungendo il bordo; fece leva con le braccia e uscì, grondante d'acqua.

Nuotai per arrivare ai suoi piedi.

« Lascia che ti dica tutto quello che provo» mormorai, allungando la mano per sfiorarle la gamba lasciata nuda dai pantaloncini corti.
Mi guardò con occhi pieni di lacrime: « Non mettermi dubbi che non ho mai avuto.»

Poi si voltò e prese a camminare verso casa, senza voltarsi.

 

Erano passati due giorni da quel pomeriggio; due notti in cui non riuscivo ad addormentarmi se non ad orari allucinanti e due giornate in cui Eden faceva di tutto pur di evitarmi. Mi sentivo male ogni volta che ci pensavo e quella situazione mi straziava.

Sempre il solito idiota impulsivo e combina guai.

La mia mente non mancava occasione di infierire sul mio stato d'animo.
Eppure non riuscivo a pentirmi di ciò che avevo fatto. Ricordavo benissimo il desiderio fuso a timore nei suoi occhi, il suo corpo stretto al mio.
Mi voltai su di un fianco, fissando con palpebre pesanti la sveglia.

Due e ventidue.

Con l'idea di bermi un bicchiere di latte mi alzai, stropicciandomi gli occhi.

Il sonno mi aveva definitivamente abbandonato e la prospettiva di una bevanda calda e fumante mi allettava molto.

Uscii dalla mia stanza e percorsi il corridoio velocemente, diretto in cucina. Arrivato in salotto vidi la televisione ancora accesa e, stupito, andai a spegnerla.

Mi voltai ed incontrai con lo sguardo la figura addormentata di Eden. Sorrisi dolcemente e mi avvicinai al divano, sul quale era rannicchiata.

« Piccola, vai a letto» mormorai, chinandomi per accarezzarle il braccio.

Lei emise uno strano verso contrariato, mugugnando.

« Vado tra poco, lasciami dormire...»

Risi, scuotendola delicatamente.

« Ti verrà un mal di schiena allucinante se dormi qui.»

Lei aprì un occhio assonnato, guardandomi male.

« Non mi muovo, stavo dormendo» disse, imbronciata.

Sorrisi, scuotendo la testa.

« Vorrà dire che ci penserò io.»

Passai un braccio sotto la sua schiena e l'altro per la piega delle sua ginocchia, prendendola in braccio.

« Ma ti diverti così tanto a sollevarmi?» mugugnò, allacciando le mani dietro il mio collo.

Le diedi un bacio sulla fronte, felice di non aver riscontrato distacco nelle suo parole, fino a quel momento.

« Un po'» ammisi, ridendo.
Iniziai a camminare verso la sua stanza, che si trovava dall'altra parte della casa.

« Will, ti prego mettimi giù ovunque, ma lasciami dormire» mugugnò, accoccolata al mio petto.

« Senti, ti lascio dormire in camera mia, uh? Vado io in quella degli ospiti» provai, deviando il percorso.

Entrammo insieme, e la posai delicatamente sul letto.

« Buonanotte, Ed» sussurrai, dandole un bacio sulla guancia.

Feci per alzarmi da lei, ma la sua mano afferrò un lembo della mia maglietta, trattenendomi.

« Non voglio sfrattarti» disse, ad occhi chiusi.

Tirò e fece in modo che mi sdraiassi, avvolgendola con le braccia.

« Mi spiace di averti ignorato» continuò, sempre più addormentata.

Sospirai mentre lei si accoccolava a me.

« Tranquilla.»

Presi ad accarezzarle i capelli, finché non sentii il suo respiro diventare regolare e calmo.

« Mi senti?»

Lei non rispose, continuando a sognare.

« Eden, ci conosciamo da quasi cinque anni, sai? Ti ricordi quando Duff ti ha presentata a noi per la prima volta? Ecco, è stato in quel momento che ho capito che non saresti mai potuta essere soltanto la ragazza di un mio amico.
Sweet child o' mine è tua, e non te l'ho mai detto. Mi hai talmente colpito che sono stato capace di scrivere un testo del genere poco dopo averti conosciuta. Quella notte, la prima che hai passato a casa nostra. Immagino che la ricordi.»

Un sorriso amaro arricciò le mie labbra.

« Ma non voglio parlare di te e Duff. Voglio parlare di noi due.»

Le carezzai la guancia con la punta delle dita, sicuro che stesse dormendo.

« Io ti amo, Eden, e lo farò per sempre. Ecco perché ti ho baciata in piscina, ecco perché ti guardo in quel modo, ecco perché desidererei essere Duff.»

Ripresi un attimo fiato, deglutendo.

« E nel profondo lo sapevi già, dolce bambina mia» sussurrai, chiudendo gli occhi a mia volta e addormentandomi con lei.

 

Mi svegliai solo nel letto.

Dove sei?

Scivolai fino a toccare coi piedi il pavimento e, passandomi una mano tra i capelli, uscii dalla stanza.

Sentivo un leggero sottofondo musicale e riconobbi Hotel California.
Eden amava quella canzone, ma la ascoltava raramente, perché le metteva tristezza.

Raggiunsi il salotto e la trovai seduta a gambe incrociate sul tappeto, a leggere un libro.

Prima che potessi proferire parola lei alzò lo sguardo, inchiodandomi con i suoi meravigliosi occhi azzurri.

« Non possiamo andare avanti così» disse, mordendosi l'interno del labbro.

Rimasi in piedi in silenzio, col cuore che batteva dannatamente forte.

« Questa notte hai detto delle cose» mormorò, chiudendo il libro e posandolo per terra accanto a sé.

Il mio cuore mancò un colpo.

Pensavo dormissi.
« Le pensi davvero?» continuò, alzandosi.

Deglutii impercettibilmente, guardandola avvicinarsi. Poi annuii, incapace di parlare.

« Will» sussurrò, spostandomi con una carezza un ciuffo di capelli dal viso.

Non lo dire, ti prego.

« Diventerò sua moglie, capisci?»

Rabbia e lacrime lottavano alla pari dentro di me.

« Non potevo tenertelo nascosto ancora» dissi, stringendo i pugni.

Lei mi posò una mano sul petto, dove batteva il mio cuore ferito.

« Will, sei il mio migliore amico» tentò.

Sospirai, allontanandomi dal suo tocco.

« Non sono mai stato solo quello, e lo sai. In piscina, quando ti ho baciata, l'ho visto nei tuoi occhi.»

Le sue gote si colorarono di un timido rosso, mentre lei si affrettava a scuotere la testa.

« Non è vero» mentì, con sguardo lucido.

Risi amaramente: « Ah no? Non hai sentito niente?»

Mi fissò, sull'orlo di un pianto.

« No, non ho sentito niente» disse, con voce spezzata.

Bugiarda.

« Non mentirmi, Eden. Ti conosco troppo bene.»

« Io non ti amo.»

La rabbia si impossessò del mio corpo, della mia mente.
Del mio cuore.

La presi tra le braccia e, tenendole con un mano la nuca, la baciai.

Non si divincolò dalla mia stretta violenta, neanche quando insinuai la lingua tra le sue labbra, strappandole quel bacio; rimase inerme, senza muovere un muscolo. Il contatto fu obbligato e non trovai un minimo di piacere in quello che stavo facendo.

« Non puoi dirmi che non senti niente!» urlai, lasciandola libera.

Lei mi guardò con occhi pieni di lacrime.

« Sono Axl Rose, cristo! Migliaia di ragazzine desidererebbero di essere al tuo posto, perché non lo capisci? Posso avere tutto e tutti, e tu non fai eccezione!»

Preso da una rabbia cieca respiravo a fatica, con lo sguardo appannato dal dolore e la mente offuscata.

La vidi avvicinarsi lentamente, posarmi una mano sul fianco e sorridere tristemente.

« Tu non sei Axl Rose. Tu sei Will, il mio Will» mormorò, guardandomi negli occhi.

In quel momento capii quello che le avevo appena fatto e serrai la mascella, odiandomi.

Mi ero ripromesso di non toccarla se lei non avesse voluto.

« Perdonami, piccola.»

La abbracciai, e lei si lasciò stringere affondando il viso nel mio petto singhiozzando silenziosamente.

« E' sbagliato, Will» disse, tremando.

Scossi la testa, poggiando il mento sul suo capo.

« L'amore non è mai sbagliato.»

Alzò il viso e incatenò i nostri sguardi.

« Ma io sto con lui» mormorò, con un doloroso senso di colpa negli occhi.

« Lo so. Ma dimmi, ora, davvero non hai sentito niente quando ti ho baciata?»

Sfuggì alla mia presa e si allontanò, passandosi sul viso una manica per asciugarsi le lacrime.

« E anche se avessi sentito qualcosa?» sbottò infine, voltandosi verso di me.

La guardai, col cuore che accelerava i battiti ad ogni suo respiro.
«
When I look into your eyes
I can see a love restrained
» cantai, avvicinandomi a lei.

Sorrise dolcemente, lasciando che le prendessi la mano.

« But, darlin, when I hold you
Don't you know I feel the same
» continuò, intrecciando le dita alle mie.

Le sorrisi a mia volta, portandomi la sua mano al cuore.

« Batte per te, Eden; batterà sempre e solo per te.»

Chiuse gli occhi, respirando forte.

« Si possono amare due persone, Will?» chiese, senza aprirli.

Non dissi nulla e la baciai, chinandomi su di lei. Sentii le sue dita affondare nei miei capelli e le sue labbra schiudersi, lasciandomi approfondire quel contatto.

Gioii dentro di me, impossessandomi di quel suo pentimento e annullandolo.

Dimenticalo un attimo, ti prego.

Ma sapevo che si stava odiando per i sentimenti che provava per me e per quello che stava facendo. Avrei voluto dirle di non preoccuparsi, eppure non lo feci. Sentivo anch'io quel retrogusto amaro insieme al denso piacere che mi procuravano le sue labbra.

Si staccò, allontanandosi da me.

« Non posso, davvero» sussurrò, abbassando lo sguardo.

« Lo so, Eden. So che non puoi. Ma tu lo vuoi

Scosse la testa, prendendosela tra le mani.

« Non cambia nulla, Will. E dimmi una cosa: manderesti tutta la band a puttane solo per me

Non riuscirai a farmi pentire di quello che ho fatto.

« Sì.»

Scrutò nei miei occhi alla vana ricerca di una menzogna.

« Perché devi essere sempre così dannatamente sincero?»

Feci un sorriso sghembo, passandomi una mano tra i capelli.

« Me lo dicono tutti.»

Rise flebilmente, stropicciandosi gli occhi.

« Sono confusa» ammise.

Mi avvicinai, carezzandole il viso col dorso della mano.

« Eden, è una tua scelta. Non ti obbligherò a fare nulla, prenditi tutto il tempo che vuoi.»

Annuì, sospirando.

« Io lo amo più della mia vita, capisci? Non ho mai avuto dubbi su di lui, ma ora non riesco ad essere più sicura di nulla.»

No, non capisco, ma lo so.

La puntina del giradischi che raschiava il vinile ci riscosse da quella conversazione come sospesa nel tempo e nello spazio.

Andò a porre fine a quello stridio, dandomi il tempo di riassettare le idee.

Ora non si torna più indietro, William.

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