Yusaku & Yukiko' Story

di Yuki Delleran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giallista e l'attrice ***
Capitolo 2: *** Tentato omicidio, sicure conseguenze ***
Capitolo 3: *** Un anno dopo: il nostro numero uno ***



Capitolo 1
*** Il giallista e l'attrice ***


Yukiko & Yusaku Story 1 Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © Gosho Aoyama tranne Yoshie e Saya Sakaguchi che comunque non hanno un ruolo importante.

YUSAKU & YUKIKO’ STORY

di Yuki Delleran


Prima Parte

Il giallista e l’attrice

Il programma del pomeriggio prevedeva un’intervita alla radio, uno special televisivo e se fosse avanzato tempo, cosa di cui dubitava fortemente, anche un servizio fotografico. La ragazza sospirò appoggiandosi pesantemente al parapetto e alzò lo sguardo verso il cielo chiaro. Amava il suo lavoro e ci metteva tutta la passione necessaria, ma a volte avrebbe preferito non essere Yukiko Fujimine, appena premiata come miglior attrice del Giappone. Una vita fatta di lezioni all’università e uscite con le amiche sarebbe stata più adatta a una ragazza della sua età.
«Yuki-chan! »
Una voce conosciuta e il cigolio di una porta che si apriva interruppero i suoi pensieri e una ragazza avanzò sulla terrazza.
«Ti ho cercata dappertutto, cosa ci fai sul tetto? Bhè, non importa. Le lezioni del mattino sono finite, se vuoi che ti accompagni alla radio sono tutta per te! »
Yukiko le sorrise riconoscente.
«Grazie Eri-chan! »
Eri Kisaki, studentessa del primo anno della facoltà di giurisprudenza, era anche la sua migliore amica e vicina di casa. Quel giorno, a causa di un improvviso raffreddore della sua manager, si era offerta di scortarla durante i suoi impegni. Eri non era il tipo da venire affascinata dal mondo dello spettacolo, così come capitava sempre più raramente che Yukiko riuscisse a trovare il tempo frequentare l’università, ma le due erano rimaste amiche per la pelle e più che disposte ad aiutarsi a vicenda.
Riuscirono ad uscire dal campus senza troppi problemi poiché gli studenti erano abituati alla presenza di Yukiko, ma prendere il treno senza farsi notare si dimostrò più difficoltoso. La ragazza finì per raccogliere i lunghi riccioli sotto un berretto e abbassare la visiera sugli occhi con la speranza che nessuno facesse troppo caso a lei. Al suo fianco Eri chiacchierava allegramente dell’ultima lezione a cui aveva assistito.
«Il diritto civile sarà anche interessante, » diceva mentre gli occhi le brillavano per l’entusiasmo. «ma il diritto processuale penale è quanto di più fantastico abbia mai sentito! »
«Questa tua propensione ad avere a che fare con i criminali mi preoccupa, Eri-chan. » commentò Yukiko.
«Io non intendo ‘averci a che fare’, voglio semplicemente provare la soddisfazione di farli condannare. Ah, la nostra fermata! »
Le due ragazze si avviarono alle porte e quando il treno si fermò con un leggero scossone, si mossero per scendere. Avevano appena messo piede sulla banchina quando qualcosa urtò Yukiko alle spalle sbilanciandola in avanti e facendo cadere il berretto. La chioma fluente della ragazza le ricadde sulle spalle e voltandosi vide un giovane che si massaggiava la fronte imbarazzato.
«Ehi, perché non guardi dove vai? » lo rimproverò Eri.
«Mi dispiace, ero distratto. Non ti sei fatta male, vero? » disse quello gentilmente. La stava fissando, un po’ più intensamente del dovuto in realtà, e Yukiko si preparò al solito assalto da fan. Ora che il suo travestimento era andato in fumo, anche se si era affrettata a ripristinarlo, quel ragazzo si sarebbe sicuramente messo a fare chiasso.
Come accorgendosi del suo disappunto, il giovane si affrettò ad abbassare gli occhi. «Scusa se ti sto fissando in questo modo, non vorrei sembrarti scortese, ma mi sono caduti gli occhiali e senza non ci vedo bene. » si giustificò guardandosi attorno sul pavimento della stazione.
Yukiko notò che le lenti erano finite ai suoi piedi e le raccolse porgendogliele insieme al libro che il ragazzo stava leggendo. “A Study in Scarlet” di Arthur Conan Doyle. Letteratura inglese in lingua originale, notò con apprezzamento.
«Ti ringrazio e scusami ancora. » disse il ragazzo infilandosi gli occhiali, poi tornò a fissarla.
«Ecco, adesso che ci vede bene mi riconosce di sicuro. Che guaio! Devo andare, ti saluto! » esclamò Yukiko rispondendo alle pressanti richieste di Eri che la tirava per una manica.
«Aspetta! Non ti ho già vista da qualche parte? »
«Lo sapevo! »
«Ti starai sicuramente sbagliando! » intervenne Eri seccamente. Sapeva quanto Yukiko fosse infastidita e imbarazzata dalle persone che in quel periodo la fermavano persino per strada.
«Anche tu! Ma sì, adesso mi ricordo. Frequentate tutte e due l’università Teitan. Tu sei nel corso di diritto » disse rivolto a Eri. «e tu in quello di lettere europee anche se frequenti poco. » continuò sorridendo a Yukiko. «Sono iscritto anch’io lì, magari ci ricapiterà di incrociarci. Allora ciao! »
Così dicendo si voltò e riaprendo il proprio libro si immerse di nuovo nella lettura avviandosi in direzione opposta alla loro.
Yukiko ed Eri si incamminarono in direzione degli studi radiofonici, poco distanti dalla stazione e lungo il tragitto la ragazza esternò la propria perplessità. «Non ha fatto una piega, ci sono quasi rimasta male. »
«Questo perché ti stai abituando ad essere rincorsa dai fans, piccola presuntuosa. » la prese in giro Eri. «A parte gli scherzi, è sembrato anche a me di averlo già visto in giro. E’ un tipo con il naso perennemente nei libri. Niente di eclatante. »
«Non essere cattiva, dai, in fondo era carino. »
«Il topo di biblioteca non è il mio tipo, preferisco l’uomo d’azione, lo sai. »
Yukiko scoppiò a ridere a quell’affermazione. Eri si atteggiava tanto a dura ma lei sapeva bene che era un’inguaribile romantica, le mancava solo di incontrare la persona giusta.
La registrazione alla radio non riservò particolari sorprese, ricalcò in tutto e per tutto decine d’altre fatte in precedenza. Sempre le solite domande. Sempre le solite risposte. Lo special per la Toho TV invece si rivelò più impegnativo. Era la presentazione di un nuovo programma che avrebbe seguito il lancio dello sceneggiato per cui era stata da poco scritturata, “La pericolosa donna poliziotto”. Proprio per questo motivo alla trasmissione che avrebbe seguito ogni episodio sarebbero intervenuti personaggi più o meno importanti nell’ambito delle indagini criminali: avvocati, questori, semplici poliziotti, psicologi, giallisti, periti della scientifica etc… Yukiko si sentiva leggermente a disagio, poliziotta solo nella finzione, a dover incontrare persone che avevano a che fare con delitti reali. Eri invece non stava più nella pelle e dopo l’intervento di un giovane avvocato rampante chiese di partecipare come spettatrice a tutte le puntate.
«I tutori della legge sono grandi! » commentò mentre tornavano a casa. «Che prestanza! Che spirito! Non so cosa darei per avere un ragazzo così! »
«Io invece non credo che riuscirei a sopportare di stare con una persona costantemente in pericolo.» obiettò Yukiko. «Preferisco qualcuno che mi dia più tranquillità e sicurezza. »
Il sorriso sornione di Eri la raggiunse del tutto inaspettato.
«Non dirmi che stai ancora pensando al tipo della stazione? Yuki-chan si è presa una cotta per il Topo di Biblioteca! »
«Oh, falla finita! »

Restare fuori attardandosi fino a prendere al volo l’ultimo treno non era stata una bella pensata. Si era fatto buio da un pezzo, stava morendo di fame e sicuramente il suo coinquilino gli avrebbe fatto l’ennesima ramanzina. Sospirando di rassegnazione, il ragazzo si decise a suonare il campanello dell’appartamento al secondo piano della palazzina occupata quasi interamente da studenti. Ancora prima che riuscisse a staccare il dito dalla parete, la porta si spalancò con violenza e un fiume di parole lo investì.
«SI PUO’ SAPERE CHE FINE HAI FATTO RAZZA DI PAZZO INCOSCIENTE E’ QUASI MEZZANOTTE POTEVI SPRECARTI A FARE ALMENO UNA TELEFONATA SE NON HAI UNA SCUSA PIU’ CHE VALIDA QUESTA VOLTA NON RISPONDO PIU’ DI ME!!! »
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri incerto su cosa rispondere per non irritare ancora di più il giovane davanti a lui.
«Ehm… puoi suggerirmi tu quale scusa sarebbe valida, Doc? »
«Yusakun! »
Hiroshi Agasa si coprì il volto con le mani nella parodia di un gesto disperato e si spostò dall’ingresso lasciandolo entrare. Dopo che ebbero chiuso la porta, riattaccò con la solita tiritera che intavolava ogni volta che il coinquilino era assente ingiustificato.
«L’unica scusa valida è che tu fossi con una ragazza, ma…»
«Ehm… acqua…»
«Appunto. La biblioteca dell’università? »
«Fuochino…»
«Oh, no! Di nuovo la libreria del centro aperta fino a mezzanotte? »
«Bingo! » esclamò Yusaku ignorando lo sbuffo infastidito dell’altro. «Doc, sto morendo di fame. Vero che mi hai lasciato qualcosa per cena? Vero? »
Davanti a quel sorriso accattivante, Agasa capitolò.
«Sì, sì, ma dovrai accontentarti di ramen istantanei considerando che ultimamente sei quasi interamente a mio carico e il mio ultimo stipendio non si è ancora fatto vedere. »
«Caritatevole come sempre, Doc. »
Yusaku si accomodò al tavolo della piccola cucina osservando l’amico che armeggiava con il bollitore per scaldare l’acqua. Praticamente era grazie ad Agasa se ora si trovava lì. Era stato lui a convincere i suoi genitori a lasciarlo andare via di casa per frequentare l’università e a prenderlo come suo coinquilino. Era una persona molto gentile e gli dispiaceva dover pesare sulle sue spalle a quel modo, in fondo lo stipendio di un assistente professore della facoltà di ingegneria non sempre era sufficiente a mantenere due persone. Se solo il suo progetto fosse andato in porto, non avrebbero avuto problemi di soldi almeno per un po’.
«Come procede il lavoro? » si informò Agasa appoggiandogli davanti la scodella di ramen. «Visto che fai spesso così tardi spero sia a buon punto. »
«Non c’è male. Il personaggio principale è ormai completamente delineato, alla trama mancano ancora alcuni passaggi ma farò sicuramente in tempo a consegnare per la data stabilita. »
Agasa ridacchiò.
«Quando l’anno scorso te ne sei andato di casa dicendo che volevi fare lo scrittore, non avrei mai pensato che dicessi sul serio. Invece eccoti qui: hai vinto il concorso letterario indetto dalla facoltà di letteratura e stai per partecipare a un bando televisivo! Ancora qualche anno e potrò vantarmi di aver conosciuto e mantenuto il famoso romanziere Yusaku Kudo! »
«Magari fosse possibile! » sospirò Yusaku. «A un concorso televisivo partecipa un sacco di gente. Sarà già un miracolo se supererò le selezioni. Ma non demordo! Un vero eroe non si arrende mai! »
«Già, peccato che ti manchi un fattore indispensabile per rappresentare l’eroe classico. »
«Sarebbe? »
«L’eroina! Non si vive di carta e inchiostro, Yusakun! »
Detto questo il giovane andò a dormire lasciando solo in cucina Yusaku che appoggiò gli occhiali sul tavolo e si stiracchiò allungandosi sulla sedia.
Una ragazza… come se lui avesse tempo per pensare a queste cose! Certo, se fosse stata una creatura affascinante e intelligente come la bella Irene Adler, unico amore del suo stimato Sherlock Holmes… ma questo non era possibile, persone del genere esistevano solo nella fantasia dei romanzieri e se lui voleva eguagliare i suoi grandi maestri doveva darsi da fare.
La mattina dopo di buon’ora quando si alzò, Agasa lo trovò raggomitolato sull’unica poltrona della casa, gli occhiali storti sul naso e decine di fogli scarabocchiati sparsi intorno. Profondamente addormentato. Agasa rimase ad osservarlo per qualche istante. Incredibile come nel poco tempo che lo conosceva fosse diventato il suo migliore amico. Quando l’aveva preso a vivere con sé era convinto che in capo a pochi mesi l’avrebbe visto tornarsene a casa con la coda tra le gambe, ma quel ragazzo allegro e dallo sguardo intelligente non aveva mollato ed aveva continuato a perseguire i suoi sogni. Si era iscritto alla facoltà di lettere europee, frequentava assiduamente biblioteche e librerie e gli aveva riempito la casa di libri. Ogni angolo della camera da letto che condividevano traboccava di romanzi, saggi, biografie e raccolte di racconti: sulle mensole, nell’armadio, sopra e sotto il letto. Per mancanza di spazio ultimamente si limitava a impilarli sul pavimento. Yusaku Kudo aveva talento, Hiroshi Agasa lo sapeva bene. L’entusiasmo che metteva nello scrivere non era quello di un semplice dilettante, sotto i capelli scuri perennemente spettinati si trovava un cervello di tutto rispetto.
Rendendosi conto dell’ora che si stava facendo tarda, Agasa appoggiò una mano sulla spalla dell’amico con l’intenzione di risvegliarlo non troppo bruscamente, ma Yusaku saltò su come se si fosse scottato.
«Aaaah! Oh… per fortuna sei tu, Doc. Che spavento… »
«Sognavi di essere inseguito da un’orda di editori infuriati? » lo prese in giro Agasa. «No, mi aggiravo in un magazzino buio alla ricerca di un assassino… decisamente inquietante ma…» L’espressione di Yusaku si fece assorta per un attimo. «… niente male come ambientazione per la scena finale del racconto! »
Il suo volto venne illuminato da un ampio sorriso.
«L’agguato nel buio è un classico ma in questo caso le parti saranno invertite e il cacciatore diventerà la preda! »
Agasa ascoltava affascinato, del tutto dimentico delle lezioni a cui entrambi dovevano partecipare.
«Ovviamente dopo lo scontro, finalmente l’abile detective riuscirà a catturare l’assassino, vero? » chiese.
«Certo che no! » rispose Yusaku risoluto. «Il Barone della Notte è un antagonista troppo grande per essere eliminato nel primo racconto che scrivo su di lui. Un genio del crimine, la crudeltà personificata, colui che tramando nell’ombra tira le fila dell’intera malavita! Il personaggio ideale per un gran numero di racconti seriali! Però far finire male il detective mi secca… dovrò trovare una soluzione… A proposito, Doc, che ore sono? »
Agasa lanciò uno sguardo all’orologio e ridacchiò imbarazzato.
«Ehm… troppo tardi per l’inizio della prima lezione del mattino, temo… »

Non era sua abitudine svegliarsi tardi, ma il lavoro del giorno prima era stato davvero impegnativo e quella mattina non aveva proprio sentito la sveglia. A questa ed altre scuse del genere pensava Yukiko mentre correva trafelata verso l’aula dove si teneva la lezione di letteratura europea. L’ingresso del corridoio era proprio davanti a lei, aveva solo dieci minuti di ritardo, poteva farcela. Ce l’avrebbe fatta sicuramente! Poi… un colpo improvviso, un forte dolore alla testa e si sentì scaraventare indietro sul pavimento. Quando si azzardò ad aprire gli occhi notò che di fronte a lei, seduto per terra in un mare di fogli, si trovava un ragazzo.
«Mi dispia…» iniziarono contemporaneamente.
Si zittirono entrambi rimanendo a fissarsi per alcuni istanti poi ripresero.
«Scusami tanto, non…»
«Sono spiacente, io…»
La situazione stava sfiorando il ridicolo, pensò Yukiko alzandosi, raccogliendo i suoi libri e una parte dei fogli del ragazzo.
«Ti ringrazio. Ti sei fatta male? » chiese lui gentilmente.
«Tutto a posto… Oh! Ma tu sei il tipo di ieri! » esclamò Yukiko riconoscendo il giovane con gli occhiali che le era andato addosso alla stazione.
«Ma guarda! Quella che non frequenta il corso di letteratura! A quanto pare i nostri incontri sono destinati ad essere scontri. »
Yukiko valutò velocemente la situazione: ormai i dieci minuti erano diventati un quarto d’ora, presentandosi nella grande aula silenziosa nel bel mezzo di una lezione e per di più accompagnata da un ragazzo sarebbe stato decisamente imbarazzante.
«D’accordo! » decise. «Mariniamo insieme, ti va? »
Il ragazzo sembrò valutare la proposta con espressione pensierosa.
«La lezione di oggi era incentrata sugli scrittori inglesi del ‘900 e considerando che avrei potuto tenerla tranquillamente io, direi che ci sto! »
Yukiko sorrise e fece per avviarsi verso il piccolo bar dell’università quando il ragazzo la fermò.
«Potrei almeno sapere il nome della mia compagna di fuga? »
Yukiko tornò sui suoi passi incerta se essere seccata o divertita. Ma questo dove viveva?
«Mi stai prendendo in giro o cosa? »
L’espressione sconcertata che le giunse come risposta la convinse della sincerità della persona che aveva di fronte. Per quanto sembrasse assurdo e quasi impossibile, non la conosceva davvero.
«Mi chiamo Yukiko Fujimine. » si presentò con un sorriso. Forse era la volta buona che sarebbe riuscita a stringere una nuova amicizia che non si basasse sulla sua fama.
«Piacere, io sono Kudo. Yusaku Kudo. » le rispose lui stringendole la mano.
Dopo una breve sosta al bar dove entrambi si ristorarono con un caffè che contribuì anche a svegliarli un poco dopo la levataccia, uscirono nell’ampio parco del campus. L’aria fresca del mattino era riscaldata dai raggi del sole che annunciavano l’imminente arrivo dell’estate. Si sedettero sull’erba all’ombra di un albero e Yukiko si appoggiò al tronco stiracchiandosi. La maggior parte degli studenti era a lezione e solo pochi ragazzi si attardavano qua e là con grossi tomi tra le mani. La tranquillità regnava sovrana e quell’atmosfera era davvero rilassante. Quello era uno degli unici posti dove riusciva a non pensare al lavoro e si sentiva in pace con sé stessa.
«Tu di cosa ti occupi? »
La voce di Yusaku giunse a spezzare l’idillio.
«Cosa…? » mormorò Yukiko aprendo gli occhi che aveva inconsapevolmente chiuso.
«Mi chiedevo cosa fai oltre a frequentare saltuariamente le lezioni. Sono molti gli studenti che hanno un lavoro part-time e anch’io ho una sorta di occupazione alternativa. »
Per l’ennesima volta Yukiko rimase stupita e per evitare di rovinare il clima di complicità che si stava creando, rispose in modo controllato.
«Diciamo che ho a che fare con il mondo dello spettacolo. Tu invece? Qual è la tua ‘sorta di occupazione alternativa’, Kudo-kun? »
«Lo scrittore! » esclamò Yusaku con sincero entusiasmo. «O almeno ci provo. Adoro tutto ciò che è legato alla letteratura e ai libri. »
Ecco spiegato l’arcano, si disse Yukiko. Da bravo Topo di Biblioteca era completamente a digiuno di tutte le frivolezze che concernevano il suo lavoro.
«Il mio obiettivo sarebbe quello di raggiungere il livello dei miei idoli. » continuava intanto Yusaku. «Arthur Conan Doyle, Agatha Christie, Edogawa Ranpo, Ellery Queen… ma non voglio essere solo una pallida imitazione, intendo scrivere romanzi originali dove la vera protagonista sarà l’intelligenza. Niente splatter e spargimenti di sangue gratuiti ma uno scontro di grandi cervelli. L’intuito dell’investigatore contro la scaltrezza della mente criminale… ehm… parlo troppo, non è vero? » si interruppe.
Yukiko, che era rimasta ad ascoltarlo imbambolata, si riscosse.
«Eh? No, scusa, mi ero incantata. Così ti piacciono i gialli, eh? » disse rendendosi conto di quanto quell’affermazione suonasse banale.
«Già! » esclamò Yusaku con un sorriso che andava da un orecchio all’altro. «Li adoro! »
La compagnia di quel ragazzo era piacevole, nonostante le sue stranezze e fu quasi con dispiacere che poco dopo Yukiko si avviò alla lezione successiva. Le avrebbe fatto piacere vederlo di nuovo e si ripromise di frequentare più assiduamente il corso di letteratura europea.
Più tardi, quando si incontrò con Eri durante la pausa pranzo, le raccontò quella piacevole esperienza.
«Oh, mamma! Yuki-chan si è persa una cotta per il Topo! » commentò l’amica.
«Stai diventando ripetitiva Eri-chan. » la rimbeccò Yukiko. «E poi smettila di chiamarlo Topo, Kudo-kun sarà anche un po’ strano ma è una persona rilassante. »
«Permettimi di esprimere la mia perplessità riguardo all’aggettivo ‘rilassante’ inteso come complimento nei confronti di un ragazzo…»
«Perdoni l’uso improprio del vocabolario, signora maestra. » la prese in giro Yukiko. «Significa che siccome non sa chi sono, mentre ero con lui mi sentivo insolitamente tranquilla. »
«Il che effettivamente non è un sintomo da cotta. Oh, esisterà in qualche angolo remoto di questo o di qualunque altro universo l’uomo adatto a noi? » sospirò Eri.
«Sempre la solita melodrammatica! Avresti dovuto studiare recitazione con me, altro che giurisprudenza! »
Nel pomeriggio Eri tornò a lezione e Yukiko si preparò, un po’ a malincuore, per la seduta fotografica che il giorno prima era saltata a causa della mancanza di tempo. Un simile stato d’animo non le era familiare, di solito era entusiasta del suo lavoro, ma quel giorno avrebbe voluto passare più tempo in università.
«Forse se riesco a sbrigarmela velocemente potrò fare un salto in biblioteca prima che chiuda…» si trovò a pensare senza rendersene conto. «Un attimo… In biblioteca? Ma se ci avrò messo piede sì e no due volte in tutta la mia vita…»
In realtà, senza volerlo ammettere neanche a sé stessa, non vedeva l’ora di rivedere un certo ragazzo con limpidi occhi azzurri nascosti da enormi occhiali che la faceva sentire così bene.

Le lezioni del pomeriggio si erano protratte più del solito ma Yusaku non si sentiva per niente affaticato. Infatti nei primi dieci minuti del corso di inglese gli era venuta una brillante idea per salvare la pelle al detective del suo racconto e l’aveva prontamente messa in pratica scrivendo per le due ore successive. Quando rientrò a casa il blocco originariamente adibito agli appunti delle lezioni e su cui aveva continuato a scribacchiare durante il tragitto in treno, era per una buona metà ricoperto di idee espresse con una fitta calligrafia inclinata e che lasciavano presagire un happy end per il protagonista.
«Doc, ho fame! » fu la prima cosa che esclamò non appena oltrepassata la soglia.
«Ma guarda, lo scrittore squattrinato che vive a sbafo sulle spalle degli altri si è degnato di farsi vivo e pretende la cena! » brontolò Agasa già affaccendato in cucina.
Yusaku si sedette al tavolo allungando le gambe su una sedia davanti a sé con espressione beata.
«Non ti rispondo nemmeno, sono troppo di buon umore per raccogliere certe provocazioni. » sentenziò.
Qualche minuto dopo Agasa portò in tavola due tazze di zuppa di miso e si sedette di fronte all’amico.
«Allora, che novità ci sono? Perché tutta questa euforia? Aspetta, fammi indovinare! Ti sei finalmente presentato alla giovane assistente del professore di chimica come ti dicevo di fare da mesi! »
Yusaku soffiò sulla zuppa e scosse la testa.
«Molto meglio! Ho trovato il modo per risolvere il problema del finale del racconto! » Sorseggiò il brodo e continuò: «Il detective abbandona lo scontro con il Barone della Notte per salvare la ragazza presa in ostaggio. Il Barone ne approfitterà per scomparire, ma il detective arriverà comunque troppo tardi per salvare la ragazza. Un fantastico espediente per alimentare il suo rancore verso il rivale! »
Agasa si infilò in bocca un’alga e masticò con aria poco convinta.
«Era la sua ragazza? Del detective, intendo. »
«Bhè, in realtà non si erano mai dichiarati ma in pratica sì. »
«Allora pensi davvero che una persona sana di mente perderebbe tempo in uno scontro quando la donna che ama è in pericolo? Così faresti passare dalla parte del torto il protagonista. »
«Ma il senso di giustizia… lo spirito di sacrificio… »
«Tutte balle che non valgono quando c’è di mezzo l’amore! Yusakun, tu hai bisogno di una ragazza! »
Yusaku finì di sorseggiare la zuppa e si allungò sulla sedia.
«In realtà oggi ne ho conosciuta una. Cosa c’è d’altro di buono? A giudicare dal profumo si direbbe tempura di verdure. »
Agasa per poco non si strozzò con l’ultimo sorso di zuppa e cominciò a tossire.
«Chi se ne frega della tempura! » esclamò quando si riprese. «Hai conosciuto una ragazza? Dove? Come? »
«Parlerò solamente a pancia piena. » disse Yusaku solennemente dettando l’improrogabile condizione.
Solo dopo aver ripulito il piatto ed essersi accomodato sulla poltrona, cedette alle insistenti occhiate curiose del coinquilino e spiegò come aveva incontrato Yukiko quella mattina.
«Sembra simpatica, anche se non ha parlato molto di sé… No, Doc, frequenta lettere, non la incontreresti mai, per così dire, ‘per caso’. » concluse anticipando la domanda dell’amico.
«Le hai almeno chiesto come si chiama? »
«Certo, si chiama Fujimine-san. »
«Fujimine-san? Sta’ a vedere che hai conosciuto Yukiko Fujimine! » esclamò Agasa scoppiando a ridere come se avesse detto la più grande assurdità possibile.
Yusaku invece rimase serio non capendo il motivo dell’ilarità dell’altro. «Il suo nome è proprio quello. Yukiko Fujimine-san. Fa così ridere? »
L’urlo di Agasa venne sentito probabilmente da tutti gli abitanti dell’isolato ed ebbe come immediata conseguenza un colpo violento al soffitto da parte dell’inquilino del piano di sopra e uno, anche se meno convinto, dall’appartamento a fianco.
«Intendi farti sentire da tutta la città? Qual è il problema, Doc? »
«Qual è il problema?! ‘Qual è il problema’ dice lui! Con quel faccino innocente! Mi stai prendendo in giro?! »
Agasa era decisamente su di giri, almeno quanto Yusaku si sentiva confuso. Nessuno dei due però riuscì ad aggiungere altro perché vennero interrotti da minacciosi colpi alla porta. Yusaku aprì e si trovò davanti l’inquilino dell’appartamento accanto che lo fissava torvo.
«Buonasera. Cosa posso… »
«Fare silenzio! » lo interruppe quello senza nemmeno lasciargli finire la frase. «Qui c’è qualcuno che sta cercando di studiare! Se voi non avete proprio niente da fare almeno cercate di non seccare con il vostro chiasso chi domani deve dare un esame vitale! »
Detto questo girò sui tacchi e si sbatté alle spalle la porta del suo appartamento lasciando Yusaku imbambolato nell’ingresso.
«Che tipo! » commentò il ragazzo rientrando. «Dovrebbe darsi una regolata quel Nakamori-kun. Solo perché frequenta l’accademia di polizia si crede chissà chi. »
«E’ solo geloso perché hai più intuito di lui. Oh, adesso non cambiare discorso! Cos’è questa storia che conosci Yukiko Fujimine? » riprese Agasa. «Sapevo che frequentava la nostra università ma non ho mai incontrato nessuno che fosse riuscito ad avvicinarla. »
«Sembra che tu stia parlando di una specie di celebrità. Cos’è, Miss Teitan o qualcosa del genere? »
«Si vede che hai occhi solo per i tuoi stupidi libri! » saltò su Agasa imporporandosi. «Yukiko Fujimine ha vinto il premio come miglior attrice del Giappone! »
Yusaku rimase leggermente shockato da quella notizia. La ragazza che aveva conosciuto era una famosa attrice. Ecco spiegato il motivo del travestimento il giorno prima sul treno. Si rendeva conto dello sguardo di Agasa fisso su di lui in attesa di una qualunque reazione, ma in tutta sincerità non avrebbe saputo cosa dire. L’unica differenza che gli appariva rispetto a prima era che ora gli erano chiari i motivi delle ripetute assenze della ragazza. Rimase in silenzio pensieroso per qualche istante nonostante le occhiate impazienti di Agasa, poi il sul suo volto si aprì un sorriso che l’amico aveva ormai imparato a conoscere e che significava una cosa sola.
«Fantastico! Ho trovato una preziosa fonte di informazioni! » esclamò infatti. «La ragazza del detective è un’attrice e mi ero impantanato in certe scene perché non sapevo come descrivere al meglio il suo lavoro. »
Agasa si portò una mano alla fronte e rinunciò a qualunque tentativo di discussione. Se neanche una notizia del genere riusciva a smuovere quel fissato, probabilmente niente al mondo ci sarebbe riuscito.
«Almeno me lo fai fare un autografo? » chiese rassegnato.
«Non se ne parla nemmeno! E’ una persona, non un fenomeno da baraccone! »
«C’era da aspettarselo. Sei un egoista. Vuoi tenertela tutta per te, vero? »
I due rimasero a fissarsi imbronciati ma non riuscirono a resistere neanche cinque secondi che scoppiarono in una risata contagiosa.

Yukiko si sentiva piuttosto inquieta. In quel periodo il carico di lavoro si era fatto più pesante del solito e per diversi giorni non era riuscita a frequentare le lezioni. Non aveva nemmeno avuto un momento libero per fare quel famoso salto in biblioteca che si era ripromessa. Cercò di convincersi che a seccarla fosse l’idea di perdere le spiegazioni ma non risultò particolarmente credibile neanche per sé stessa. L’unica persona che vedeva con una certa regolarità era Eri, grazie alle registrazioni della trasmissione che seguiva il suo sceneggiato, ma anche lei sembrava particolarmente assente. Durante l’ultima puntata aveva rincontrato un suo amico d’infanzia, ora neo poliziotto, e non aveva occhi che per lui. Però quel giorno, al termine delle riprese, l’aveva avvicinata con una strana espressione.
«E’ successo qualcosa? »chiese Yukiko cominciando a togliersi la divisa da poliziotta e a cambiarsi. «Hai l’aria di un rospo che ha appena inghiottito una mosca. Spero non si tratti ancora di quel Mori-san. »
«Kogoro non c’entra. Non indovineresti mai chi ho incontrato oggi! »
Yukiko finì di allacciare la camicetta e prese a spazzolarsi i capelli senza troppo interesse.
«Vediamo… un altro giovane avvocato? O un cosiddetto brillante investigatore? Oppure uno di quei barbosissimi scrittori over cinquanta? »
«Quasi. » rispose Eri con un sorrisetto. «Ci sei andata vicina con il ‘brillante investigatore’ e il ‘barbosissimo scrittore’, ma sei caduta sull’ ‘over cinquanta’, mi dispiace. »
La spazzola cadde sul pavimento con un tonfo sordo quando la ragazza si voltò a guardare l’amica con uno sguardo carico di aspettativa.
«Felice di essere riuscita a catturare il tuo interesse. » commentò Eri. «Ebbene sì, ho incontrato il tuo Topo. »
«Davvero? E cosa… Ehi! Non è affatto il mio Topo! » protestò Yukiko.
«Già, e dev’essere per quello che ti brillano gli occhi. Comunque, a dire la verità, è venuto lui a cercarmi. Quasi non ci credevo quando me l’ha detto, ma voleva tue notizie. »
Il viso di Yukiko si illuminò.
«Sul serio? »
«Già. Era preoccupato perché non ti fai vedere da un po’ e mi ha pregato di farti avere le copie dei suoi appunti delle lezioni. »
Yukiko era senza parole: nessun ragazzo era mai stato così gentile con lei senza un secondo fine.
«Non è finita. Mi ha anche chiesto di darti questo non appena ti avessi vista. » continuò Eri. «E’ il suo numero. Vorrebbe che lo chiamassi al più presto perché ha urgenza di parlarti. »
«Vuole parlare con me?! » esclamò Yukiko balzando in piedi, le guance arrossate e il cuore che batteva almeno tre volte più velocemente del normale.
Era fantastico che la sua voglia di vederlo venisse così prontamente ricambiata. Se fosse dipeso da lei lo avrebbe chiamato subito.
«Scusa se ti parlo in questo modo, Yuki-chan, ma non ci spererei troppo. » disse Eri consapevole che le sue parole avrebbero avuto l’effetto di una doccia fredda. «Mi sono informata un po’ su di lui. E’ un tipo piuttosto sveglio, ha vinto anche un concorso letterario e alle superiori era la punta di diamante del giornalino d’istituto. Pare divida l’appartamento con l’assistente di un professore della facoltà di ingegneria, tale Hiroshi Agasa. L’ho intravisto qualche volta, un tipo insignificante. Nonostante sia una matricola, il tuo Topo è abbastanza conosciuto, soprattutto per aver avuto spesso a che fare con la polizia. L’hanno consultato diverse volte e grazie a questo si è fatto la fama di poter risolvere qualunque caso. Ma a parte queste dubbie doti, pare che con le ragazze non ci sappia proprio fare, anzi di solito dopo due minuti di conversazione con lui tendono a scappare. Insomma, tutto questo discorso per dirti di non farti troppe illusioni. Non è il tipo da imbarcarsi in storie d’amore. »
Yukiko era rimasta senza parole.
«Tu… » balbettò alla fine del resoconto. «Tu hai indagato su di lui! Ti sei impicciata della vita privata di un’altra persona! »
«Pensa che c’è chi si fa pagare per questo. Io in vece per te sono disposta a farlo gratis. »
Yukiko non sapeva se essere infastidita o divertita, comunque sia non vedeva l’ora di chiamare Yusaku. Magari non le avrebbe chiesto subito un appuntamento, ma almeno aveva fatto il primo passo.
Durante quella giornata ebbe a malapena il tempo di respirare e quando rientrò a casa, attorno a mezzanotte, era talmente esausta da non avere la forza di sollevare la cornetta. Il giorno successivo si svolse nello stesso modo e Yukiko si rese conto che se avesse aspettato che fossero gli altri a concederle del tempo libero senza che fosse lei a imporsi, non avrebbe combinato niente. Quindi informò senza mezzi termini la sua manager che quella sera intendeva rientrare a un orario decente che non superasse l’ora di cena e con qualche insistenza e un po’ a fatica riuscì a spuntarla.
Quando si trovò in camera sua, sola davanti al telefono, si accorse che le tremavano le mani. Dandosi della sciocca, prese un bel respiro per farsi coraggio e compose il numero scarabocchiato sul foglietto che le aveva dato Eri.
«Pronto? Casa Agasa. » rispose una voce sconosciuta dopo un paio di squilli.
«Agasa. Il coinquilino. » fece mente locale Yukiko. «Buonasera… ehm… mi chiamo Fujimine. »
Dall’altra parte del filo ci fu un improvviso silenzio.
«Ehm… mi sente? »
«Fuji… mine…? Sei Yukiko Fujimine? Oh, cielo! Io… ehm… mi chiamo Hiroshi Agasa. E’ un piacere! Un onore! Davvero! Sono un tuo grande ammiratore… »
Un trambusto interruppe quello strano farfugliare e una nuova voce si intromise nella conversazione.
«Doc, cosa cavolo stai facendo? Molla! Fujimine-san, sei tu? »
«Kudo-kun? » mormorò Yukiko arrossendo involontariamente.
«Sì, sono io. Ciao! Scusa per il mio coinquilino, è fuori di testa. Ahia! No… scherzavo! Doc, te ne vuoi andare? E’ una conversazione privata! Scusami ancora… »
«Figurati, ci sono abituata. » rispose Yukiko. Yusaku aveva detto che si trattava di una conversazione privata e questo la faceva ben sperare. «Di cosa mi dovevi parlare? »
«Ehm… sì. Scusa se ho chiesto a te di chiamare ma non avevo il tuo numero e non volevo sembrare troppo invadente. Ho assolutamente bisogno di un consulto. »
«Un consulto? »
Yukiko era perplessa. Forse avrebbe fatto meglio a dare ascolto ad Eri e non sperare troppo.
«Ehm… sì. Vedi, il fatto è che la ragazza dell’investigatore è un’attrice però io non so niente di queste cose. Pensavo che, siccome tu lavori nel mondo dello spettacolo, potessi darmi una mano. Insomma, almeno quando parla del suo lavoro saprei come trattare la situazione. »
Un discorso del genere era aperto a libera interpretazione e una qualunque altra persona avrebbe potuto pensare che Yusaku avesse intenzione di provarci con la fidanzata di un amico investigatore. Yukiko però ricordava il discorso fattole dall’amica.
«Stai parlando del tuo romanzo? »
«Certo. » rispose Yusaku come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «E’ un problema per te darmi qualche informazione? Cioè, se ti da fastidio io… »
Yukiko tentennò per un attimo. In effetti si sentiva un po’ sciocca per aver sperato che le intenzioni di Yusaku fossero altre. In fondo anche lui l’aveva cercata per via del suo lavoro. Prese la sua decisione in una frazione di secondo. Era un’attrice famosa, e allora? Qualcosa le impediva di sfruttare la sua situazione per trascorrere qualche innocuo momento piacevole?
«In questo periodo sono abbastanza occupata però se tu avessi un po’ di tempo libero, avrei una mezza idea per farti avere tutto il materiale che vuoi. Faccio parte dello staff che sta girando uno sceneggiato poliziesco. Se ti va puoi venire sul set. »
«Venire sul set con te? Veramente non saprei. Non vorrei essere di disturbo. »
Si sentì una porta sbattere e la voce di Agasa echeggiò nell’orecchio di Yukiko.
«Yukiko Fujimine ti invita e tu rifiuti? Sei pazzo?! Potessi andarci io! Fujimine-san, vengo io al posto di questo scemo! »
«Doc, falla finita! »
Di nuovo una porta che sbatteva e colpi ripetuti.
«L’ho chiuso a chiave nel bagno. Scusami ancora. Vengo volentieri, cercherò di starti tra i piedi il meno possibile. »
Yukiko sorrise sollevata.
«Puoi starmi tra i piedi fin che vuoi. A proposito, grazie mille per gli appunti. »
La telefonata proseguì su toni leggeri per un’altra mezz’ora, in cui chiacchierarono di lezioni, professori e del romanzo di Yusaku interrotti periodicamente da Agasa che pregava di poter uscire dal bagno. Quando riappese la cornetta e andò finalmente a dormire, Yukiko pregustava già l’appuntamento per l’indomani.
«Chi ha detto che dopo due minuti di conversazione con lui le ragazze scappano? »

Frequentare un set televisivo si era rivelato piuttosto diverso da come se lo aspettava. Credeva che nessuno avrebbe avuto il tempo di dargli retta, invece durante le pause tra una ripresa e l’altra cameraman e addetti ai lavori si erano dimostrati più che disponibili a chiacchierare con lui. Con gli attori invece era diverso, la maggior parte tendeva a stare sulle sue. Forse, a causa del suo continuo appuntarsi qualunque cosa, lo avevano scambiato per un giornalista. Fatto sta’ che in capo a tre settimane Yusaku aveva raccolto abbastanza materiale per scrivere non uno ma almeno due libri e trascorso con Yukiko più ore di qualunque altro ragazzo da anni. All’inizio erano stati incontri saltuari, ma presto avevano iniziato a vedersi tutti i giorni e lo staff aveva accettato la sua presenza costante. Per contro Agasa era diventato un tormento, lo sfiniva in continuazione con battutine e allusioni tanto che il tempo che non trascorreva agli studi, Yusaku aveva preso a passarlo chiuso nella biblioteca dell’università a revisionare i suoi scritti lontano da lingue indiscrete. Proprio durante una di queste sedute si rese conto di avere un problema.
«Come sarebbe che non verrai più? »
Alla fine, non riuscendo a venirne a capo, aveva preso la drastica decisione di non frequentare più il set e l’aveva comunicato a Yukiko il prima possibile. Si erano incontrati nel parco del campus durante la pausa pranzo e la ragazza sembrava dispiaciuta da quella scelta anzi, a giudicare dalla sua espressione, addirittura addolorata.
«Il fatto è che il racconto è praticamente finito e ho bisogno di un po’ di tempo per sistemare le ultime cose. E’ saltato fuori un grosso problema e devo assolutamente risolverlo. » tentò di giustificarsi.
«Che genere di problema? » fece Yukiko.
«Di… ehm… logistica nel finale. »
«Logistica? » Yusaku non sapeva spiegare a parole la brutta sensazione che ora gli trasmetteva il finale che aveva deciso. Poco tempo prima lo aveva trovato geniale e ora invece gli sembrava di non aver mai letto niente di più orribile. La cosa peggiore però era che non riusciva in nessun modo a inventare nulla di alternativo. La sua vena creativa era sprofondata nel buio più completo e questo lo gettava nello sconforto. Quello era l’unico modo che aveva trovato per tentare di levarsi dalla mente l’idea che da un po’ di tempo la occupava completamente. Purtroppo non era affatto sicuro che servisse a qualcosa.
Lasciò Yukiko senza una spiegazione convincente e si avviò verso il bar della facoltà di ingegneria per pranzare con Agasa. Quando lo vide arrivare, il giovane constatò che la situazione non era affatto migliorata.
«Se potessi esprimermi in gergo letterario, definirei la tua espressione ‘tormentata’. » commentò. «Va davvero così male? »
«Ho detto a Fujimine-san che non andrò più agli studi. » disse Yusaku.
Agasa annuì per una volta senza fare battute.
«Non ho più molto tempo, Doc. La consegna del lavoro è la prossima settimana. Se non ne vengo a capo impazzisco! »
«Cerca di non farti prendere dall’ansia. » tentò di tranquillizzarlo Agasa sfoderando un’espressione paterna mai vista prima. «E’ il classico blocco dello scrittore, se ti distrai un po’ vedrai che le idee torneranno. »
«A me non era mai successo! »
«C’è sempre una prima volta. »
«Non per me! Non in questo caso! »
Agasa lo scrutò con sguardo sospettoso.
«Cosa mi stai nascondendo, Yusakun? »
Yusaku arrossì leggermente e si voltò dall’altra parte.
«Sono già in crisi di mio, non tormentarmi! » sbottò.
Rimase distratto per tutta la giornata e non riuscì a buttare giù mezza idea nemmeno durante una lezione particolarmente noiosa di storia della letteratura giapponese. Quella sera rientrò addirittura prima di Agasa senza fermarsi in nessuna libreria. Quando il suo coinquilino rincasò a sua volta, lo trovò rannicchiato sulla poltrona che aveva spostato davanti al televisore. Stavano trasmettendo “La pericolosa donna poliziotto” e Yusaku aveva l’espressione più triste che gli avesse mai visto. Terminata la trasmissione, poiché il ragazzo non accennava a muoversi, Agasa prese una sedia e si accomodò accanto alla poltrona.
«Illuminami. » disse solamente.
Yusaku scosse la testa con aria sconsolata.
«Dimmi almeno se è davvero per il racconto o c’è anche dell’altro. » insistette Agasa e dal suo tono si capiva che stava iniziando a preoccuparsi seriamente. Non aveva mai visto l’amico in quello stato.
«E’ un disastro… » mormorò Yusaku. «Il finale è un disastro. Non riesco… Oh, è un disastro e basta! »
Non riusciva a spiegare nemmeno a sé stesso il suo esatto stato d’animo, l’unica cosa che sapeva era che si sentiva insoddisfatto e quella sensazione non gli piaceva.
«Ok, visto che la cosa ti deprime tanto, cerchiamo di trovare una soluzione. » esclamò Agasa. «Mi leggeresti la bozza del passo dove l’investigatore trova il cadavere della sua ragazza? »
Yusaku allungò un braccio e pescò il blocco degli appunti dallo zaino abbandonato ai piedi della poltrona.
«Dunque… ‘Nella fitta oscurità che lo circondava, i suoi passi affrettati risuonavano come i rintocchi di una campana che segnava una sentenza inappellabile. L’angoscia che lo attanagliava gli impediva quasi il respiro. Fu con il cuore in gola che raggiunse la stanza dove sapeva che lei avrebbe dovuto trovarsi. Pregò di non essere giunto troppo tardi, ma come un presagio funesto, ancora prima di aprire la porta, nella sua mente si disegnò la scena che più di ogni altra temeva di vedere.’ Doc, mi stai ascoltando? »
Agasa si era alzato e cercava qualcosa nella propria borsa.
«Certo che ti sto ascoltando. Vai avanti. »
«Dicevo… ‘la scena che più di ogni altra temeva di vedere. Il corpo esile riverso al suolo immobile, i lunghi riccioli ramati sparsi nella polvere, gli splendidi occhi azzurri che non si sarebbero più illuminati posando il loro sguardo su di lui…’ »
Yusaku si interruppe bruscamente perché Agasa gli aveva fatto scivolare davanti agli occhi una rivista coprendo il blocco.
«Cosa significa? »
Agasa indicò con un sogghigno la copertina dove troneggiava un primo piano di Yukiko.
«Lunghi riccioli ramati, splendidi occhi azzurri… devo continuare? Inoltre la tua fanciulla è un’attrice. Sarà un caso? »
«Che c’entra? Anche Irene Adler era un’attrice! » fece Yusaku indispettito arrossendo suo malgrado.
«E Sherlock Holmes era un investigatore. »
«Ti avevo chiesto di non infierire. »
«Non intendo farlo, dico solo la verità. » rispose Agasa con un largo sorriso, poi tornò serio. «Il tuo problema è chiaro come il sole: chiunque si sentirebbe male a descrivere la morte della ragazza che gli piace. »
Yusaku saltò sulla poltrona rosso come un peperone. Il blocco gli sfuggì di mano e i preziosi appunti si sparsero tutto intorno.
Agasa non batté ciglio.
«Guardati. Hai il coraggio di dire che Yukiko Fujimine non ti piace? »
Yusaku tentennò guardando altrove.
«Non è che non mi piaccia… è stata molto gentile ed è una buona amica… »
«Balle! Espedienti da mangaka fallito per allungare la storia di un centinaio di volumi. I tentennamenti non hanno mai fatto bene alle trame. Guarda quel tuo povero investigatore che non si è mai dichiarato. La soluzione è una sola, te lo dico io! Piantare in asso il suo grande rivale insieme a tutte le idee astruse sul senso di giustizia e arrivare in tempo dalla sua bella. Happy end con dichiarazione d’amore. Vedrai che poi ti sentirai meglio. »
Yusaku sospirò intuendo l’analogia.
«Non è detto che lei lo accetti. Dopotutto è un’attrice famosa mentre lui è solo un detective squattrinato e con la testa tra le nuvole. »
«Non dovrei essere io a dirtelo ma spesso i detective con la testa tra le nuvole sono quelli che hanno più successo. » Agasa sospirò drammaticamente. «Sarà un duro colpo per il giovane assistente universitario, fan della bella attrice, ma è un ragazzo forte e sopravviverà. »

Una settimana. Una settimana era decisamente troppo. E lei che aveva anche litigato con la manager per poter frequentare più assiduamente le lezioni! Quando Eri la raggiunse alla caffetteria, Yukiko aveva un diavolo per capello. La ragazza invece appariva radiosa come se avesse ricevuto la più bella notizia della sua vita.
«Indovina! » cinguettò. «Kogoro si è finalmente deciso a chiedermi un appuntamento. Erano settimane che aspettavo! »
Yukiko la squadrò: non sembrava più nemmeno la Eri che conosceva, l’amica che da sempre si atteggiava a cinica e disillusa solo perché non aveva ancora incontrato la persona giusta. Aveva un sorriso estatico stampato in faccia, le guance rosee e gli occhi che brillavano. Non che prima non fosse carina, ma si capiva subito quando una ragazza era innamorata e felice. Sospirò seccata. Innamorata e felice, come no? Proprio l’esatto contrario di lei.
«Tu che mi dici invece? » chiese Eri come intuendo i suoi pensieri. «Che ne è stato del novello Ellery Queen? »
«Ellery che? » «Queen… lasciamo perdere. Intendevo il tuo Topo. »
La porta d’ingresso alle sue spalle tintinnò ma Yukiko la ignorò. Il solo sentir nominare Yusaku la irritava ancora di più.
«Non ne ho la più pallida idea! » esclamò secca. «Una volta che ha ottenuto quello che voleva è sparito nel nulla e senza nemmeno degnarsi di accampare una scusa decente. ‘Non verrò più agli studi.’ Punto. Problema logistico, l’ha chiamato! Ti sembra normale? »
Eri non tentò nemmeno di rispondere. Aveva lo sguardo fisso di fronte a sé e Yukiko, che aveva ormai preso il via, continuò a sfogarsi.
«Sono veramente stufa! Non ne posso più di quello scribacchino da strapazzo! Ha approfittato di me e poi quando ha ottenuto le informazioni per il suo stupido libro, si è defilato! Esattamente come tutti gli altri! Spero di non vederlo più! Insomma, che cos’hai? »
L’espressione di Eri si era fatta allarmata e questo indusse Yukiko a voltarsi. Quando si rese conto che Yusaku era in piedi alle sue spalle si sentì sprofondare. Il ragazzo era terribilmente pallido e stringeva un raccoglitore tra le mani che tremavano leggermente.
«Kudo-kun… io… »
Yusaku abbozzò un sorriso tirato. «Mi dispiace… interrompervi. Fujimine-san, volevo dirti che ho concluso il racconto. Te l’avevo portato ma… non ha importanza. Grazie del tuo aiuto e scusami. Allora ciao. »
Senza aggiungere altro si voltò e uscì dalla caffetteria.
Yukiko rimase immobile con gli occhi sbarrati, realizzando a poco a poco quello che era successo.
«Oddio, Eri-chan, cos’ho detto? » mormorò.
«Cosa fai ancora qui? Vai, devi seguirlo! » esclamò Eri mentre Yukiko già balzava in piedi.
Si precipitò fuori e si guardò attorno ansiosa. Era stata crudele. Aveva detto quelle cose spinta solo dalla frustrazione perché voleva vederlo e lui non si era più fatto vivo. Inoltre invidiava Eri. Non era assolutamente vero che lo considerava uno scribacchino da strapazzo, aveva visto quanto impegno ci metteva e non vedeva l’ora di leggere la sua opera. Non pensava affatto che fosse come tutti gli altri, né tantomeno desiderava non vederlo più. Era stata una sciocca, appena l’avesse trovato gli avrebbe chiesto scusa un centinaio di volte. Ma dove si era cacciato? Nello spiazzo della caffetteria non c’era traccia di lui e Yukiko trascorse l’ora successiva a setacciare i posti dove supponeva potesse trovarsi, primo tra tutti la biblioteca. Si spinse addirittura al reparto di ingegneria dove chiese di Agasa, che quando se la trovò davanti sembrò sul punto di avere un mezzo infarto, ma non riuscì a trovarlo. Del resto se era uscito dal campus aveva ben poche possibilità di rintracciarlo. Abbandonato suo malgrado quel proposito, raggiunse Eri all’uscita dall’ennesima lezione di diritto, con espressione demoralizzata.
«Guarda il lato positivo! » tentò di risollevarla l’amica. «Quando se n’è andato aveva un’espressione sconvolta. »
«Questo non è il lato positivo! » strillò Yukiko sull’orlo delle lacrime. «Dubito che l’avere mortalmente offeso il ragazzo che mi piace abbia dei lati positivi! »
Si bloccò. L’aveva detto. Per la prima volta lo aveva ammesso e le faceva uno strano effetto. Come se ora quel sentimento confuso fosse diventato improvvisamente chiaro e reale.
«Era ora. » sorrise Eri. «Comunque il lato positivo c’è eccome. Se ci è rimasto male significa che lui a te ci tiene almeno un po’. »
Era vero, ma non per questo la situazione migliorava. Avrebbe potuto telefonargli quella sera stessa ma solo all’idea le mancava il coraggio. Lui era sempre stato così gentile. Era persino corso a portarle una copia del suo racconto finito e si beccava quelle crudeltà come ringraziamento. Doveva trovare il modo per fargli sapere che le dispiaceva. Mentre tentava di fare mente locale vide una macchina conosciuta fermarsi nello spiazzo centrale del campus e la sua manager scendere con aria risoluta.
«Santo cielo! » esclamò ricordandosi improvvisamente degli impegni del pomeriggio. «Devo andare! Ho lezione con Kuroba-sensei! Sharon si infurierà se arrivo in ritardo. » Rivolse uno sguardo implorante all’amica. «Eri-chan… »
«D’accordo, mi inventerò qualcosa. » acconsentì quella. «Cerca di stare tranquilla, non è brutta come sembra. »
Invece la situazione era decisamente brutta. La relazione che fece Eri all’amica quella sera la lasciò piuttosto sconfortata. Nemmeno lei era riuscita a rintracciare Yusaku, quindi aveva a sua volta cercato Agasa. Quest’ultimo, dopo un paio di battute, si era reso conto della serietà della situazione e le aveva confermato che Yusaku era andato da lei animato dalle migliori intenzioni. A parte questo non aveva saputo esserle d’aiuto.
Yukiko si diede mentalmente della stupida, per una volta che le interessava un bravo ragazzo, era riuscita a rovinare tutto.

CONTINUA…



Buongiorno a tutti, sono tornata! Allora, cosa ne pensate di questa prima parte? E’ la prima volta che mi cimento con Detective Conan, nonché la primissima in cui sperimento il genere giallo (a causa di una mia recente e insana passione per i romanzi di Ellery Queen…:-P). Chiedo scusa in anticipo per la semplicità della trama (che in realtà è più rosa che gialla, ma che volete…), con tutta la buona volontà, non sono proprio riuscita a prendere spunto da nessun libro (cosa che generalmente dovrebbe fare comodo ma che a me questa volta non veniva proprio). In compenso mi sono lasciata prendere la mano dalla storia della giovinezza dei genitori di Shinichi, aggiungendo alcune situazione del tutto inventate (come il fatto che Yusaku e Agasa fossero coinquilini, la prima professione del dottore, la conoscenza con Nakamori, o che Yukiko ed Eri fossero amiche da tempo) e alcuni spoiler che nella serie originale ancora non sono stati menzionati (come il fatto che Yukiko andasse a lezione di travestimento dal padre di Kaito Kid e fosse amica di Sharon Vineyar alias Vermuth, anche se non sono comunque importanti ai fini della storia). Spero comunque che non vi dispiaccia e che mi lasciate qualche commentino ^_^. Intanto un grandissimo grazie va a VampiraSix che mi sta dando un aiuto enorme con l’html! Tata, sono contenta di diventare la tua Beta! Per ora è tutto, ci risentiamo nella seconda parte! Un bacio a tutti!
YUKI-CHAN

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Capitolo 2
*** Tentato omicidio, sicure conseguenze ***


Yukiko & Yusaku Story 1 Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © Gosho Aoyama tranne Yoshie e Saya Sakaguchi che comunque non hanno un ruolo importante.

YUSAKU & YUKIKO’ STORY

di Yuki Delleran


Seconda Parte

Tentato omicidio, sicure conseguenze

Il ragazzo si chiuse la porta della biblioteca alle spalle con un sospiro. Anche quel giorno aveva faticato a prestare attenzione alle lezioni, sia per il caldo dell’estate ormai iniziata che per le idee moleste che affollavano la sua testa. Accolse con piacere la fresca penombra dell’ampio ambiente che gli permetteva di rilassarsi e si avviò verso il tavolo dove era solito prendere posto.
«Buongiorno, Kudo-kun. » lo salutò la bibliotecaria con un sorriso. «Anche oggi impegnato con i tuoi racconti? »
Yusaku rispose con una smorfia stiracchiata che del sorriso aveva ben poco.
«No, sono venuto solo a leggere un po’ al fresco. Ultimamente non riesco a scrivere come vorrei. »
Si accomodò davanti allo scaffale dei libri gialli, allungò il braccio e ne pescò un paio. Impilò “Omicidio sull’Orient Express”, “Il mastino dei Baskerville” e “La poltrona n°30”, dopodiché aprì “C’è un cadavere in biblioteca” e si immerse nella lettura. Quasi non si accorse della persona che si sedette davanti a lui dopo un po’.
«Mmm… Christie, Doyle, Queen… i grandi classici. Li avrai letti minimo dieci volte ognuno. » commentò la voce di Agasa.
«Distraggono la mente e alleggeriscono lo spirito. » rispose Yusaku alzando a malapena lo sguardo.
«Già, ne hai decisamente bisogno. Se non sbaglio ormai sono quasi due settimane che non frequenti più il corso di letteratura europea. Che intenzioni hai? »
«Solo ritrovare l’ispirazione per scrivere qualcosa di decente. Seguire lettere europee non mi serve, ne so più io del professore. »
Tentò di mantenere un tono di voce fermo ma aveva la netta impressione che Agasa avesse chiarissimo il motivo della sua diserzione dal corso. Sperava solo che avesse la delicatezza di non ritirare fuori l’argomento.
«Ti lascio questo, magari può esserti d’aiuto. » disse Agasa appoggiando sul tavolo il quotidiano che veniva loro recapitato a casa ogni giorno.
Yusaku gli lanciò solo un’occhiata distratta e tornò al proprio libro.
«A proposito, stamattina insieme alle bollette è arrivata questa busta per te. »
«Sarà pubblicità… »
«Io non credo… »
Il sorriso sornione di Agasa mentre spingeva la busta verso di lui, attirò l’attenzione di Yusaku. Era gialla e al posto dell’intestazione aveva il marchio della Toho TV.
«Oh, cielo! Oh, mamma! Oh, Doc… » balbettò Yusaku. «E’ quello che penso io? »
«Oh, Yusakun! Non lo saprai mai se non la apri. » gli fece il verso Agasa, ma si vedeva che era impaziente quanto lui.
Il ragazzo iniziò a sollevare il lembo superiore della busta, ma un attimo dopo l’aveva completante strappata e stringava tra le mani il foglio che vi era contenuto.
Era vero, pensò mentre un’ondata di eccitazione lo attraversava, era successo davvero!
«HO PASSATO LE SELEZIONI!! DOC! » esclamò a voce alta dimenticandosi completamente il luogo in cui si trovava.
«Grandioso! Grande Yusakun! » gli fece eco Agasa balzando in piedi.
La bibliotecaria lanciò loro un’occhiata indulgente e mormorò un «Congratulazioni. » che fece aprire l’espressione di Yusaku in un sorriso. Il primo vero sorriso da due settimane. Improvvisamente il cielo gli sembrava più luminoso, forse il motivo per cui si sentiva così giù non era così importante. Qualcuno aveva riconosciuto il suo talento e questo gli dava una sferzata di energia che gli sembrava di non sentire da tantissimo tempo.
«Doc, ho voglia di scrivere! Dammi quel giornale! »
Prima di aspettare la risposta dell’amico, prese il quotidiano e cominciò a sfogliarlo alla ricerca di qualcosa che stuzzicasse la sua ispirazione. Un ipotetico rapimento? No, banale. Intrighi politici? Chi se ne importa. I Tokyo Spirits hanno vinto il campionato di calcio? Possibile che non ci fosse una notizia decente? Kaito 1412 colpisce ancora. Lo sguardo di Yusaku tornò indietro automaticamente e si fermò sull’articolo. Il famoso Ladro Fantasma 1412 aveva fatto la sua ennesima comparsa mettendo a segno un nuovo furto. Il titolo era corredato dalla foto in lontananza di un uomo con quello che sembrava un mantello bianco svolazzante. Il cervello di Yusaku si mise subito in moto. Kaito 1412. Il Ladro Fantasma. Proprio quello che ci voleva!
«Doc, per caso sai qualcosa a proposito di… » iniziò prima di rendersi conto di essere solo e che davanti a lui non c’era nessuno. Sorrise tra sé. Evidentemente la sua concentrazione stava tornando a livelli ottimali.
«Fantastico! » si disse reimmergendosi nello studio dell’articolo.
Quando la bibliotecaria andò ad avvertirlo che stavano per chiudere, lo trovò circondato da ogni tipo di materiale. Davanti a sé aveva impilato i gialli classici che aveva scelto all’inizio, alla sua destra diversi romanzi che trattavano di furti e ladri e alla sua sinistra tutti i giornali che era riuscito a trovare dove erano riportati articoli su Kaito 1412. Per tutto il resto del tavolo erano sparpagliati fogli coperti dalla solita calligrafia sottile e inclinata. In quel momento stava picchiettando con la penna sull’angolo di una pagina strappata, dove si era divertito a spostare le linee che componevano i numeri 1412. Ridacchiando tracciò l’ultimo segno della strana sequenza ottenendo la combinazione |< | |>_.
«Niente male. » si disse. «Almeno è simpatico e penso gli si adatti. »
Sulla via del ritorno, in treno, continuò ad appuntarsi le idee che gli venivano man mano e una volta giunto a casa il soggetto del suo nuovo racconto era già quasi del tutto completato.

Quello che poteva l’aveva fatto. Più che cercarlo per tutto il campus e telefonargli almeno una volta al giorno, non se la sentiva di fare. Erano passate tre settimane da quando Yusaku aveva cominciato a disertare il corso di letteratura e a farsi negare al telefono. A questo punto Yukiko aveva perso le speranze e a malincuore aveva deciso di lasciar perdere. «Chi è causa del suo mal pianga sé stesso.» era stata la sua conclusione quindi, per evitare di macerarsi ulteriormente in un inutile senso di colpa, decise di buttarsi nel lavoro. Le sue giornate erano occupate da interviste, servizi fotografici e registrazioni. Mai come in quel periodo si rese conto si rese conto di essere l’attrice più ammirata e premiata del Giappone. Questo le dava un’incredibile carica di energia quando si trovava sotto i riflettori, ma si rendeva conto anche di perdere molto sul piano umano. Non solo Yusaku, ma ora anche Eri era sparita. Da quando si era messa con quel Kogoro Mori era tutta presa da lui e dalle sue indagini di polizia quindi si faceva viva sempre più raramente. Aveva perso completamente i contatti anche con l’unica amica di infanzia che le era rimasta, Hiromi Yabuchi, con cui prima almeno scambiava qualche telefonata. L’unica persone che le era rimasta per chiacchierare era la collega attrice Sharon Vineyard durante le saltuarie lezioni di travestimento presso l’illusionista Toichi Kuroba. Persino la sua manager Yoshie in quell’ultimo periodo era diventata nervosa e scostante nei suoi confronti. Yukiko non sapeva spiegarsene il motivo e poteva solo attribuire quel cambiamento allo stress.
Fu in quest’atmosfera non proprio rilassata che giunse la registrazione dell’ennesimo episodio della trasmissione annessa allo sceneggiato. La puntata collegata trattava di furti e abili ladri e tra gli ospiti sarebbero intervenuti un ispettore di polizia e il vincitore del concorso indetto dalla rete televisiva. Yukiko non si era mai interessata alla cosa fino a quando Yoshie non le aveva spiegato che si trattava di un concorso letterario che richiedeva la stesura di un racconto giallo scaduto tre settimane prima. Allora prese ad agitarsi. Tre settimane prima. Un giallo. Non poteva essere una coincidenza!
Quando si trovò davanti all’ospite, ci mancò poco che si lasciasse sfuggire un urlo.
«Kudo-kun! »
Il ragazzo, tutto preso dal vano tentativo di sistemare la chioma ribelle, appena sentì la sua voce si voltò di scatto.
«Fujimine-san… »
Rimasero a fissarsi in silenzio per alcuni istanti, poi Yukiko trovò il coraggio di parlare.
«Così era questo il concorso a cui hai partecipato. Sei riuscito addirittura a vincerlo. »
«Già. A quanto pare questo scribacchino da strapazzo riesce anche a combinare qualcosa di buono.»
Yukiko rimase colpita da quelle parole che suonavano così amare.
«Senti… mi dispiace… »
«No, scusami tu. Ho parlato prima di pensare. Non volevo essere sarcastico. »
«Se l’hai detto senza riflettere significa che è quello che senti davvero ed è tutta colpa mia. No, lasciami parlare. » disse Yukiko notando che tentava di interromperla. «Mi sono arrabbiata e ho detto un sacco di cattiverie gratuite di cui non pensavo nemmeno una virgola, solo perché ci ero rimasta male. Pensavo che fossi sparito come tutti gli altri una volta ottenuto quello che volevi. Invece non era così. In realtà non vedevo l’ora di leggere il tuo racconto, non ti ho mai e poi mai considerato uno scribacchino!... E nemmeno uno come tutti gli altri… »
Ora che era riuscita finalmente a dirgli quello che si teneva dentro da tanti giorni, Yukiko si sentì più leggera. Yusaku avrebbe potuto avere qualunque reazione, ma almeno lei aveva la coscienza a posto. Lo sbirciò di sottecchi e le sembrò piacevolmente sorpreso. Stava per dire qualcosa quando un saluto pronunciato con voce squillante lo interruppe.
«Buongiorno, Yukiko-chan! »
La ragazza si voltò suo malgrado sforzandosi di sorridere all’involontaria intrusa.
«Ciao, Saya-chan, come stai? »
Saya Sakaguchi era una collega attrice e una sorta di senpai per Yukiko. Avevano fatto diversi provini insieme, compreso quello per lo sceneggiato dove Yukiko aveva ottenuto il ruolo da protagonista e Saya quello di un comprimario importante. Era stato stabilito che lei e il protagonista maschile della serie quel giorno mettessero in scena uno spezzone tratto dal racconto vincitore del concorso. Quando Yukiko lo spiegò a Yusaku, lo vide impallidire. Evidentemente nessuno lo aveva ancora informato.
«Lei è Kudo-san, il vincitore? » intervenne Saya. «Non si preoccupi, farò del mio meglio in quella scena. Accidenti, è davvero agitato. Su, non faccia così, si rilassi. Vuole una mentina? »
Così dicendo estrasse dalla borsa una scatoletta metallica rotonda e offrì una caramella sia a lui che a Yukiko, poi si allontanò per preparasi alla diretta.
Rimasta sola con Yusaku, la ragazza non sapeva come riprendere il discorso precedente, imbarazzata dalle ultime parole che si era lasciata sfuggire.
«Nemmeno tu sei come tutte le altre. » sentì dire dalla voce di Yusaku come se non ci fosse stata nessuna interruzione.
Quando realizzò quelle parole e alzò lo sguardo, si accorse che lui le dava le spalle e si stava allontanando richiamato da un assistente di scena. Non ebbe il tempo di inseguirlo perché Yoshie venne a chiamarla, tra pochi istanti sarebbe partita la trasmissione.
Così, quasi senza rendersene conto, e per la prima volta con la testa completamente altrove, Yukiko si trovò seduta nel consueto elegante salottino televisivo, in compagnia del presentatore, dell’ispettore Samezaki della polizia metropolitana di Tokyo e di un inedito Yusaku Kudo tirato a lucido con fatica dalle mani esperte di una truccatrice. I tre avevano già avviato il dibattito sull’argomento della serata, ma lei non aveva seguito una parola. Non le importava un bel niente discutere di furti quando appena poco prima Yusaku le aveva detto quella cosa. Quella volta non si trattava di una frase fraintendibile, a meno che non avesse voluto farle uno strano complimento, e la sua speranza si era irrimediabilmente riaccesa. Anche se un po’ si sentiva sciocca per questo, non vedeva l’ora di avere di nuovo la possibilità di parlare a quattr’occhi con lui.
«… non trova, Fujimine-san? »
La voce del presentatore che pronunciava il suo nome la riscosse e Yukiko arrossì vistosamente. Non aveva la più pallida idea di cosa le avesse chiesto.
«Se mi permettete, non sono d’accordo. » intervenne Yusaku salvandola in extremis. «Trovo che tra il ladro della vostra fiction e Kaito 1412 ci siano delle enormi differenze. »
Ecco di cose stavano parlando. Gli inviò mentalmente un grandissimo “grazie” e prese a sua volta la parola.
«Penso che quello che dice Kudo-ku… ehm, Kudo-san sia vero. Dopotutto il ladro inseguito dal mio personaggio compie dei furti fini a sé stessi, mentre Kaito 1412 è avvolto da un velo di mistero che lo rende affascinante come nessun personaggio fittizio potrà mai essere. »
«Ha centrato in pieno il mio pensiero, Fujimine-san! » esclamò Yusaku. «E’ esattamente quello che volevo dire. Sembra che dietro ai suoi furti nasconda un secondo fine ed è stato verificato che quasi sempre questo va a vantaggio di qualcuno che stava per subire o aveva appena subito un sopruso. Per contro, il nostro ladro in guanti bianchi sfugge alla polizia con la leggerezza di un bambino che gioca a guardie e ladri. Trovo entusiasmante dal punto di vista investigativo che esista una creatura enigmatica e misteriosa come Kaito Kid! »
Gli occhi di tutti i presenti, degli ospiti come del pubblico, si puntarono su di lui interrogativi.
«Oh, scusatemi! » esclamò Yusaku scompigliandosi i capelli imbarazzato. «E’ un nomignolo che ho ricavato dai numeri del suo nome in codice. Volevo usarlo per il personaggio del mio prossimo romanzo ma lo trovo così adatto all’originale che non posso fare a meno di chiamarlo così! »
Il pubblico applaudì divertito e dalla regia segnalarono uno stacco pubblicitario.
Appena le telecamere si spensero, Yukiko si abbandonò sul divanetto con un sospiro. Ancora una mezz’oretta e la trasmissione sarebbe finita dopodiché avrebbe potuto finalmente parlare con Yusaku.

C’era qualcosa di strano. Non avrebbe saputo dire esattamente cosa, ma sentiva una sorta di atmosfera fastidiosa.
Durante la pausa pubblicitaria tutti ne approfittarono per rilassarsi un attimo, chi chiedendo un bicchiere d’acqua, chi un ritocco del trucco. Yusaku stava per avvicinarsi a Yukiko quando la sua attenzione venne attirata dalla voce seccata di una ragazza.
«Insomma, si può sapere dove diavolo sono finite le mie mentine? » stava dicendo un’infuriata Saya Sakaguchi a una donna che doveva essere la sua manager. «Sai che ne mangio sempre una prima di andare in scena! »
«Le avrai lasciate in camerino. » temporeggiò la donna.
«Non è possibile, ne ha offerta una a noi poco prima che iniziasse la diretta. » pensò tra sé Yusaku registrando mentalmente l’informazione. Fare caso ai particolari era diventata per lui un’abitudine, anche quando questi non erano di nessuna importanza. Vide la manager Yoshie portare a Yukiko un bicchiere d’acqua, il presentatore allontanarsi dal salotto e due uomini avvicinarsi dietro le telecamere. Uno indossava un completo blu scuro e un mantello e in mano portava un cilindro dello stesso colore. L’altro vestiva un lungo impermeabile grigio. Yusaku li riconobbe all’istante: erano il Barone della Notte e l’investigatore del suo racconto. Vedere i suoi personaggi prendere vita gli dava un’emozione che non credeva di poter provare.
«Mi sembri soddisfatto, Kudo-kun. » disse una voce dietro di lui.
Yusaku si voltò e vide Yoshie.
«Sono Kozaburo Hijikata e Joji Kirishima, due tra gli attori più in voga del momento. Li ho consigliati personalmente al regista dopo aver letto il copione della scena. Vedrai che faranno un buon lavoro. »
«Quale sequenza verrà riprodotta? » chiese Yusaku, mentre sentiva ancora Saya Sakaguchi lamentarsi.
«Naturalmente la scena finale del salvataggio. » rispose Yoshie con un sorriso malizioso.
Yusaku sentì di stare per arrossire mentre gli tornavano in mente le parole di Agasa: «Happy end con dichiarazione d’amore. Vedrai che dopo ti sentirai meglio. »
Se solo Yukiko avesse saputo com’era nato quel finale…
«Insomma vai a cercarle! »strillò in quel momento Saya facendo voltare mezzo studio.
Yusaku iniziava a trovarla irritante. La donna schizzò via e Yoshie gli appoggiò una mano su una spalla.
«State per tornare in onda. Non preoccuparti e goditi lo spettacolo. »
Sorrise e si allontanò.
Yusaku tornò a sedersi e dopo pochi istanti le luci delle telecamere tornarono ad accendersi. Sperava di riportare il discorso sulle sue teorie su Kaito Kid, ma il presentatore annunciò quasi subito la scena tratta dal suo racconto. Vide i due attori che interpretavano il Barone e l’investigatore apprestarsi ad entrare in scena e con la coda dell’occhio notò che la manager Yoshie si avvicinava a Saya Sakaguchi e le passava qualcosa. L’attrice sorrideva poi si preparava a sua volta alla sua entrata. La scenografia venne rapidamente cambiata e davanti agli occhi di Yusaku si svolse il duello finale tra i due personaggi chiave del suo racconto. L’epico scontro tra il bene e il male prese vita nella persona dei due attori e il ragazzo si trovò inconsciamente a ripetere a mezza voce le battute. Non pensava davvero di emozionarsi tanto e con grande piacere vide che anche Yukiko sembrava molto presa. Quando il detective abbandonò lo scontro per correre dalla ragazza, la vide spalancare gli occhi.
«Non so che farmene di uno stupido senso di giustizia quando perdendo tempo metto in pericolo l’unico amore della mia vita! » declamò l’attore.
Yusaku si accorse che Yukiko lo stava fissando e arrossì vistosamente distogliendo lo sguardo. Se avesse saputo che quella scena sarebbe stata recitata, non avrebbe mai accettato il consiglio di Agasa di aggiungere una battuta del genere. In quel momento avrebbe voluto avere tra le mani il collo del suo coinquilino.
Sulla scena il detective spalancò la porta della stanza dove era rinchiusa la ragazza e prese tra le braccia il suo corpo esanime.
A Yusaku prese un colpo: Saya Sakaguchi da lontano e con la parrucca ramata che indossava, assomigliava proprio a Yukiko. La sua descrizione scritta doveva essere stata davvero dettagliata, probabilmente ora era universalmente noto a chi si era ispirato. Sentì lo stomaco annodarsi e fare una strana capriola.
«Rika, sono qui! » esclamò in tono drammatico Kirishima. «Sono qui e non ti lascerò mai più! Apri gli occhi! Ti amo. Ti ho sempre amata. Non mi lasciare! Ti prego, apri gli occhi e rispondimi! »
Yusaku si sentiva le guance in fiamme ed era talmente inorridito da avere la tentazione di nascondersi sotto il divanetto. Non appena fuori di lì avrebbe riscritto quel terribile finale e avrebbe fatto ingoiare ad Agasa il suo happy end con dichiarazione d’amore. Altro che “ti sentirai meglio”! Non si era mai vergognato tanto in vita sua!
«Rika! Rispondimi, Rika! » Il tono di Joji Kirishima si era fatto allarmato. «Sakaguchi-san! Oh, santo cielo! Qualcuno chiami un’ambulanza! »
Yusaku balzò in piedi pensando istintivamente: «Ecco, lo sapevo! »
Si precipitò verso i due attori imitato dalla maggior parte delle persone presenti. La manager della giovane, pallida come un cencio, prese a scuoterla ripetutamente esclamando: «Saya-san! Cos’è successo? Rispondi! »
Yusaku la afferrò per un braccio e la allontanò senza tanti complimenti.
«La smetta! Potrebbe peggiorare la situazione! E voi, non affollatevi tutti intorno. Lasciatela respirare. »
Detto questo si chinò sulla ragazza mentre Joji Kirishima ripeteva incessantemente: «Pensavo fingesse. Non capisco cosa sia potuto succedere… »
La giovane attrice era mortalmente pallida e respirava a malapena. Sotto le dita di Yusaku, i muscoli del collo e del viso erano innaturalmente rigidi.
«Oh, Dio… non è possibile… Non sono un medico ma temo di tratti di avvelenamento… » mormorò.
Tutti iniziarono ad agitarsi e a parlare contemporaneamente, chi commentando, chi giustificandosi o facendosi prendere dal panico.
«FATE SILENZIO! » gridò Yusaku rabbiosamente. «OGNI SECONDO E’ PREZIOSO! ALLORA, QUEST’AMBULANZA? »
Alzò gli occhi e vide Yukiko correre affannata verso di lui.
«L’ho chiamata, sarà qui a momenti! »
In quel momento provò l’irresistibile impulso di abbracciarla.

«Avvelenamento da alcaloide che ha provocato un sovraccarico del sistema nervoso. Questo è quello che ci è appena stato comunicato dall’ospedale. La vittima è in gravissime condizioni. »
L’ispettore Samezaki, ospite della trasmissione, aveva preso subito in mano le redini della situazione con l’aiuto di un agente suo collega presente tra il pubblico, Yuzo Megure.
«Bravo, ragazzo, hai avuto prontezza di spirito. » disse rivolgendosi a Yusaku, mentre Megure assumeva un’espressione sorpresa.
«Quando ho accettato di partecipare alla trasmissione non avrei mai immaginato che il vincitore del concorso fossi tu, Kudo-kun. Comunque è stato un bene che ti trovassi qui! »
Yukiko osservava la scena da lontano. Sembrava che Yusaku fosse una vecchia conoscenza di quell’agente. Ancora non riusciva a capacitarsi che la sua amica Saya fosse stata avvelenata. Cosa significava tutto questo? La polizia intendeva forse dire che si trattava di tentato omicidio? Chi poteva aver fatto una cosa del genere? Saya non aveva mai fatto del male a nessuno. Certo, a volte poteva risultare irritante con le sue pretese, ma non era una persona cattiva. Chi poteva aver commesso un atto tanto orribile?
Si sentiva girare la testa. Si sedette su uno dei divanetti desiderando che Yusaku si avvicinasse almeno un attimo per confortarla, ma lui sembrava tutto preso da una discussione con l’ispettore. Accanto a lei, sentì il regista bisbigliare ad un cameraman di riprendere tutto. Trasmettere un omicidio vero e le relative indagini in diretta avrebbe fatto salire gli ascolti alle stelle. Yukiko era disgustata.
In quel momento l’agente Megure intimò a tutti i presenti di non lasciare lo studio e l’ispettore Samezaki si preparò ad esporre il punto della situazione dopo aver ricevuto una nuova chiamata sul cellulare.
«Come vi dicevo, la vittima ha ingerito del veleno che ha provocato delle convulsioni e colpito il sistema nervoso. »
«Stricnina. » intervenne Yusaku con voce sicura. «E’ un eccitante che può essere facilmente letale. Ora, vista la sua azione rapida, mi permetto di restringere la cerchia dei sospetti alle ultime persone che sono entrate in contatto con Sakaguchi-san oggi. »
«Ehm… »
L’ispettore sembrava perplesso da quel ragazzo che aveva usurpato il suo ruolo, ma l’agente Megure gli consigliò di lasciarlo parlare. Non era mai capitato che Yusaku Kudo sbagliasse una deduzione e sarebbe sicuramente stato loro d’aiuto.
Intanto il giovane continuava: «Da quando Sakaguchi-san è arrivata, gli unici che le si sono avvicinati siamo stati Fujimine-san ed io, la manager Kumiko-san, gli attori Hijikata-san e Kirishima-san e la manager Yoshie-san. Inoltre la vittima aveva smarrito le sue caramelle, che sarebbero state un veicolo ideale per il veleno. »
«Mi dispiace smentirti, Kudo-kun, » lo interruppe Megure. «ma non sono state trovate tracce di veleno nelle mentine e se ne avessero avvelenata solo una non sarebbero stato possibile prevedere quale avrebbe mangiato. »
«Senti, ragazzino, che ci dici dei truccatori e degli addetti al guardaroba? Dei cameraman e del resto del personale? » lo aggredì con voce seccata Kozaburo Hijikata. «Come ti permetti di sputare sentenze al posto della polizia? »
Yukiko provò l’impulso di alzarsi e dargli uno schiaffo. Come si premetteva lui di parlare in quel modo? Una ragazza era stata quasi uccisa!
«Non è mia abitudine sputare sentenze, come dice lei. » rispose Yusaku ostentando freddezza. «Non ho preso in considerazione il resto del personale perché, data l’immediatezza del veleno, non era possibile che fosse stato somministrato in precedenza come durante il trucco o la prova costume. Questo esclude anche me e Fujimine-san. »
Yukiko non avrebbe saputo dire perché, ma quel modo di fare distaccato e freddo la spaventava. Non sembrava nemmeno la persona che conosceva. Lo scrittore vivace ed entusiasta che le faceva battere il cuore.
«Ammetto che l’idea che ci fosse veleno nelle mentine era solo un’ipotesi scontata. » continuò Yusaku. «Il fatto che non fosse presente ridimensiona la faccenda. »
Si accomodò sul divanetto accanto a Yukiko senza però degnarla di uno sguardo, con il mento appoggiato sulle mani.
«Devo pensare. »
L’ispettore Samezaki cominciò ad interrogare singolarmente i presenti e Yukiko tentò di parlare con il ragazzo.
«E’ terribile… non capisco come possa essere successo. Povera Saya-chan… Ehm, tu pensi davvero che il colpevole sia tra noi? Insomma, la conoscevano tutti e… »
Yusaku si voltò di scatto e le lanciò un’occhiata di ghiaccio.
«Sto-cercando-di-pensare. SILENZIO! »
Yukiko si ritrasse con espressione ferita, ma subito Yusaku cambiò atteggiamento.
«No… scusami, non volevo. Hai ragione, è terribile. Però ho una mezza idea, anche se sinceramente spero di sbagliarmi. »
Così dicendo si alzò e si diresse verso l’agente Megure. Confabulò con lui per un po’, poi Megure prese il cellulare e telefonò. Quando tornò a rivolgersi a Yusaku aveva un’espressione perplessa. Yusaku invece appariva molto preoccupato. Yukiko non poté fare a meno di notarlo e spaventarsi. Il ragazzo prese a camminare su e giù per lo studio con aria tormentata. Cosa stava succedendo? Forse aveva capito come erano andate le cose, ma allora perché non parlava?
Gli interrogatori proseguirono per buona parte della serata ma la polizia non era venuta a capo di molto. Le impronte sulla scatola delle mentine, oltre a quelle della vittima, erano quelle della manager Kumiko, quelle della manager Yoshie e quelle di Joji Kirishima. Così i sospetti erano ridotti a tre ma non era comunque un gran passo avanti.
Tutti i presenti iniziavano ad essere decisamente nervosi e sfuggivano lo sguardo di Yusaku come se lui avesse potuto accusarli da un momento all’altro.
«Insomma, si tratta di veleno! Come pensi che ci siamo potuti procurare una sostanza del genere?! » strillò improvvisamente Kumino senza che nessuno le avesse chiesto niente.
«Kumiko-san, la prego di mantenere il controllo.. » tentò di tranquillizzarla l’agente Megure mentre Yusaku, ignorando lo sfogo, rispose tranquillamente alla domanda.
«Non è poi così complicato come crede. La stricnina è un alcaloide che si può tranquillamente trovare ad esempio nei topicidi. Quindi si tratta di una sostanza di cui chiunque può facilmente entrare in possesso. »
Detto questo tornò a immergersi nel suo mondo camminando avanti e indietro. Dopo qualche minuto, Yukiko lo vide avvicinarsi di nuovo all’ispettore Samezaki e colse le parole “impronte” e “coperchio”. Quando si resero conto che li stava osservando, abbassarono la voce e le voltarono le spalle. Yusaku sembrava sempre più preoccupato. Ora Yukiko avrebbe potuto scommettere che sapeva chi era il colpevole. Il ragazzo si voltò verso di lei e le lanciò uno sguardo carico di tristezza, poi mormorò qualcosa all’orecchio di Samezaki e si ritrasse. L’ispettore annuì e dopo aver richiesto l’attenzione di tutti, invitò i cinque sospetti a seguirlo in una saletta appartata insieme a Yusaku e all’agente Megure. Joji Kirishima, Kozaburo Hijikata, la manager Kumiko, la manager Yoshie e Yukiko non poterono far altro che obbedire.
«Questo è stato chiaramente un tentativo di omicidio. » esordì Yusaku non appena la porta si fu chiusa. «Io so chi è il colpevole e ora vi spiegherò come sono andati i fatti. »
Tutti gli occhi erano puntati su di lui, alcuni con espressioni scettiche, altri con aperta ostilità. Yukiko aveva la spiacevole sensazione che quel discorso avrebbe coinvolto anche lei.
«Come sapete tutti, Sakaguchi-san è stata avvelenata ed è chiaro che il veicolo sono state le mentine poiché sono state l’unica cosa che abbia ingerito. Il veleno non si trovava nelle caramelle, come pensavo all’inizio. In questo modo l’assassino rischiava di fare vittime accidentali come me o Fujimine-san. Bensì sul lato della scatola dove si afferra il coperchio per svitarlo. Toccando poi la caramella e mangiandola, la vittima si è avvelenata. Sul contenitore sono state trovate tre serie di impronte, oltre a quelle della vittima. Due sull’intera superficie e una serie solo sulla parte superiore e quella inferiore. Le impronte della persona che ha tenuto la scatola appoggiando le dita solo sulla base e sul coperchio sono quelle dell’assassino. Sa che sto parlando di lei, non è vero, Yoshie-san?»
Yukiko sgranò gli occhi e ancora prima che la sua manager potesse proferire parola, scattò in piedi.
«Non è vero! E’ impossibile! Ti starai sicuramente sbagliando! »
Yusaku le rivolse uno sguardo addolorato, come scusandosi per aver scoperto quella scomoda verità.
«Purtroppo non ci sono errori. » disse l’ispettore Samezaki. «Le impronte anomale sono proprio quelle di Yoshie-san, che è stata anche l’ultima a toccare la scatola per restituirla alla vittima. »
«Ma… ma no… sarà stata una coincidenza… »
«Le coincidenze non esistono. Una volta escluse tutte le tesi impossibili ciò che resta è solo la verità. »
Quell’affermazione di Yusaku, che alle sue orecchie assomigliava troppo ad un rimprovero, le fece perdere la pazienza.
«Smettila! Ti dico che è impossibile! Io non… »
«Invece è così. »
L’ammissione della manager fece piombare il silenzio nella stanza.
Yukiko si sentì agghiacciare mentre si voltava verso di lei. Com’era possibile che la persona che le era stata così vicina in quegl’anni fosse un’assassina? C’era sicuramente qualcosa che non andava. Non poteva essere vero.
Improvvisamente si sentì afferrare per le spalle e appoggiare qualcosa di freddo sulla tempia. Vide tutti i presenti indietreggiare di scatto. Yusaku era mortalmente pallido e nei suoi occhi si leggeva qualcosa di simile al terrore. Un’espressione che lei non aveva mai visto.

«Invece è così. »
Yoshie strinse Yukiko con un braccio e le puntò una pistola alla tempia. Yusaku per un attimo non capì più niente. Se l’ispettore non l’avesse saldamente trattenuto per un braccio, si sarebbe precipitato contro di lei rischiando di aggravare la situazione.
«A quanto pare il piccolo detective mi ha scoperto, ma non è riuscito a indovinare il motivo di tutto ciò. » continuò Yoshie con un’espressione di cattiveria che la faceva sembrare una persona totalmente diversa dalla gentile manager di poco prima. «Poco male, non mi impedirà comunque di portare a termine il mio progetto. »
Iniziò ad avanzare verso la porta della saletta e quando Megure e Samezaki fecero per muoversi, si rivoltò loro contro rabbiosamente.
«Non fate un passo o l’ammazzo seduta stante! »
Yukiko, che doveva aver finalmente realizzato la verità delle cose, sembrava che dovesse svenire da un momento all’altro. Era pallidissima, le sue labbra tremavano e lo sguardo terrorizzato era fisso su Yusaku. Una muta, disperata richiesta d’aiuto.
«Almeno ci dica perché! » buttò lì il ragazzo nella speranza di prendere tempo. Nel frattempo doveva riuscire a farsi venire in mente qualcosa.
Yoshie abbassò leggermente lo sguardo ma non la pistola.
«L’ho fatto per Miko. Era mia sorella ed è morta per colpa loro! Di Saya e Yukiko! »
Yukiko tentò di protestare ma Yoshie la strinse più forte impedendole di parlare.
«Sì, è tutta colpa loro. Miko era un’attrice molto preparata ma è sempre stata sfortunata con i provini. Io sapevo che aveva grandi capacità e aspettavo solo che facesse il suo debutto per diventare la sua manager. Lei era una ragazza molto sensibile e aveva bisogno del mio sostegno, tendeva a rinchiudersi in sé stessa quando riceveva un rifiuto. »
Mentre Yoshie parlava, il cervello di Yusaku lavorava furiosamente. Doveva trovare una soluzione e in fretta. C’era in gioco la vita di Yukiko. Come un flash gli tornarono in mente le parole di Agasa: «Pensi davvero che una persona sana di mente perderebbe tempo in uno scontro quando la donna che ama è in pericolo? » Era terribilmente vero, ma non sapeva cosa fare. Non riusciva a ragionare lucidamente e stava iniziando a rendersi dolorosamente conto di cosa significasse davvero il mestiere di detective. Mentre si tormentava in questo modo, Yoshie continuava il suo racconto.
«Finalmente arrivò la grande occasione, i provini per “La pericolosa donna poliziotto” a cui però partecipavano anche Yukiko e Saya. Miko era molto nervosa, aveva stabilito che quell’audizione avrebbe deciso tutto. Ero riuscita a malapena a tranquillizzarla, ma appena prima del provino Saya le disse che non aveva la minima speranza perché le selezioni erano già state decise. Miko finse di non crederci, ma quando scoprì che i giudici erano davvero corrotti e i ruoli risultavano quelli previsti, per lei fu un colpo troppo duro. Si convinse che le parole di Saya erano vere, che non valeva niente e che comunque in un mondo sporco come questo non avrebbe avuto mai nessuna possibilità. Mia sorella si buttò dal tetto di questo palazzo. Ho trovato il suo diario solo un mese fa e non ho potuto perdonare chi ha causato questo gesto! Saya ha già pagato, ora tocca a questa piccola strega che ingenuamente credevo di conoscere! »
Così dicendo prese di nuovo a trascinare Yukiko che aveva cominciato a piangere. «Non è vero! Non ho mai corrotto nessuno! Yoshie-san, lasciami andare… ti prego… »
La donna la trascinò fuori dalla stanza, verso la scala che portava al tetto, tenendo lontano gli altri con la pistola.
Appena sparì dalla loro vista, Yusaku scattò in avanti. Cosa voleva fare quella pazza? Qualunque fosse la responsabilità delle due attrici, reale o ipotetica, niente giustificava un duplice omicidio. Insieme all’ispettore e all’agente raggiunse la porta in cima alla scala che dava sul tetto.
«E’ chiusa! » ringhiò Samezaki. «Megure, procurati la chiave! »
L’agente fece per schizzare giù dalle scale ma Yusaku lo fermò.
«Non c’è tempo! » gridò gettandosi di peso contro la porta.
Nonostante la spalla dolorante, tentò una seconda volta e alla terza finalmente la serratura cedette e si ritrovò sul pavimento oltre la soglia. Appena si alzò, l’unica cosa che il suo occhio registrò fu Yoshie che teneva Yukiko in bilico sull’orlo del tetto.
«YUSAKU! » gridò la ragazza terrorizzata.
Di nuovo Samezaki tentò di trattenerlo ma Yusaku si liberò con uno strattone e si costrinse ad avanzare lentamente.
«Yoshie-san, questo gesto non ha senso. » disse. «La sua situazione può solo peggiorare. La prego, la lasci andare… »
Yoshie salì in piedi sul parapetto sempre tenendo stretta Yukiko.
«E’ vero, piccolo detective, ormai la mia situazione è definitivamente compromessa. Non ho saputo proteggere Miko, ma farò in modo che non sia più sola. »
La scena si svolse come al rallentatore davanti agli occhi di Yusaku. Vide Yoshie sbilanciarsi all’indietro e il grido disperato della ragazza gli riempì le orecchie.
«NO! YUKIKO!! »
Istintivamente si gettò in avanti oltre il parapetto e la afferrò appena in tempo. Solo il dolore del contraccolpo alla spalla lo fece tornare alla realtà. In quel momento si rese conto della situazione terrificante in cui si trovava: solo un misero muretto separava lui e l’unica ragazza di cui si fosse mai innamorato dal baratro. Fortunatamente Samezaki e Megure li raggiunsero subito e li trassero in salvo entrambi.
Appena appoggiarono i piedi sul pavimento solido, Yusaku la strinse tra la braccia e Yukiko si rannicchiò contro di lui. Tremava convulsamente ma almeno era salva.
«Oh, Dio! Ho temuto di perderti! » mormorò sempre tenendola stretta. «Se non fossi arrivato in tempo, io… Yukiko… ti amo… davvero… »
La ragazza sollevò su di lui gli occhi azzurri resi lucidi e brillanti dalle lacrime e abbozzò un debole sorriso.
«Mi hai chiamata per nome… Anch’io, sai? Anch’io mi sono innamorata di te… Grazie… »
Yusaku fece appena in tempo a sentire il calore delle labbra di lei sulle sue prima che Yukiko perdesse i sensi.

Il risveglio fu lento e graduale. Sentiva tutto il corpo intorpidito e non riusciva a tenere gli occhi aperti. C’era troppa luce. Ovunque fosse il luogo in cui si trovava, era troppo bianco perché i suoi sensi storditi riuscissero a sopportarlo. C’era qualcuno vicino a lei. Una voce familiare ma che non riusciva a identificare stava bisbigliando qualcosa.
«Resterò qui ancora un po’… No, no, io sto bene. Solo una piccola slogatura alla spalla. E’ Yukiko, sono preoccupato. Si può sapere cos’hai da sghignazzare, Doc? Abbiamo seriamente rischiato la pelle, non fa ridere! Cosa? Ma sì, lo so… ti ho detto che lo so, smettila di scusarti. Ok, ci vediamo più tardi. Ciao. »
La voce si spense e si sentì il fruscio di una porta che veniva aperta e richiusa silenziosamente. Chissà chi era quella persona? Di cosa stava parlando? Si sentiva la testa confusa, i pensieri annebbiati non ne volevano sapere di mettersi a fuoco. Rinunciando momentaneamente a riflettere, scivolò di nuovo nel dormiveglia. Quando riprese coscienza le sembrò di aver dormito per giorni, ma nonostante questo si sentiva stanca.
«Devo smetterla di fare tardi per le registrazioni o finirà che mi prenderò un malanno…»
Ma aveva davvero registrato la sera prima? Bhè, agli studi c’era andata… Le sembrava di aver fatto uno strano sogno in cui qualcuno le diceva che era innamorato di lei… Possibile? Non era tutto qui, c’era dell’altro…
Tentò di muoversi ma si accorse di un peso accanto a lei. Quando aprì gli occhi scoprì di trovarsi a pochi centimetri dal viso di un ragazzo, le lunghe ciglia abbassate e i capelli scuri che ricadevano in ciocche scomposte sulla fronte. Yusaku si era pacificamente addormentato appoggiato al letto. Il suo primo impulso fu quello di allontanarsi di scatto arrossendo, ma poi si rese conto che un suo movimento brusco l’avrebbe sicuramente svegliato. Aveva un’aria così innocente quando dormiva, senza gli occhiali sembrava quasi un bambino. Completamente diverso dal freddo detective che aveva inequivocabilmente accusato una delle persone più importanti della sua vita.
Di colpo le tornò in mente tutto: la trasmissione, il tentato omicidio, le accuse, l’ammissione, l’essere presa come ostaggio, il vuoto che si apriva sotto di lei e la mano salda di Yusaku che la afferrava all’ultimo momento. Gli occhi le si riempirono di lacrime e non riuscì a trattenere un singhiozzo.
Accanto a lei, Yusaku si mosse leggermente, sollevò le palpebre e la fissò con gli occhi azzurri assonnati.
«Ben svegliata. » mormorò evidentemente ancora mezzo addormentato.
Si sollevò su un gomito e le posò un veloce bacio sulle labbra poi, strofinandosi gli occhi, si guardò attorno e individuati gli occhiali finiti sul pavimento, si chinò a raccoglierli. Quel movimento gli strappò un lamento e portandosi la mano sinistra alla spalla mugugnò un: «Ahio… accidenti… »
Sotto la camicia aperta si intravedeva una fasciatura.
Quando Yusaku tornò a guardarla, sembrò rendersi conto della situazione e abbassò lo sguardo imbarazzato.
«Ehm… scusa. Come ti senti? »
La sua testa era piena di pensieri che si rincorrevano mettendola in agitazione. Voleva sapere un sacco di cose ma non aveva il coraggio di chiederle. Voleva alzarsi subito ma il suo corpo si sentiva così stanco che non si sarebbe retto in piedi. Tutto questo però le sembrava troppo complicato da spiegare in quel momento.
«Così così. » rispose Yukiko. «Dove siamo? »
«All’ospedale di Beika. Dopo che sei svenuta ti abbiamo portata qui per accertamenti. Ti hanno dato un sedativo e hai dormito tutto il giorno. »
Yusaku indicò la finestra della stanza da cui filtrava la luce dorata del tramonto.
«I tuoi genitori sono stati qui fino a poco fa, o almeno credo. Quando mi sono addormentato erano ancora qui. » Ridacchiò imbarazzato. «Avranno pensato malissimo di me… »
Yukiko non riuscì più a frenare la domanda che le premeva più di tutte.
«Yoshie-san e Saya-chan? »
Vide l’espressione di Yusaku incupirsi e sentì il gelo scendere dentro di lei.
«Sakaguchi-san è fuori pericolo. » disse il ragazzo. «Non si è ancora ripresa e ne avrà per un po’ ma non è in pericolo di vita. L’ambulanza è arrivata appena in tempo e questo è merito tuo che non hai perso la testa. Yoshie-san, invece… mi dispiace… »
Yusaku chinò il capo non riuscendo a guardarla negli occhi.
«E’ precipitata, non siamo riusciti a salvarla. Io… non so come scusarmi… è tutta colpa mia… »
Yukiko cominciò a piangere silenziosamente. Yoshie, la gentile Yoshie che in tutti quegli anni l’aveva guidata nel mondo dello spettacolo, non c’era più. Era morta tentando di portarla con sé, detestandola per una colpa che non aveva commesso. Era troppo triste per essere sopportato in silenzio.
Ai suoi singhiozzi, Yusaku chinò ancora di più il capo fino a sfiorare con la fronte le lenzuola candide.
«Ti chiedo perdono. Con le mie parole, il mio atteggiamento, ti ho messa in pericolo e ti ho privata di una persona importante. Avrei dovuto essere più prudente, per te e per Yoshie-san. » mormorò.
Yukiko si rese conto lentamente di quelle parole che superavano gradualmente gli strati di dolore che l’avevano ricoperta. Allungò una mano e gli accarezzò una guancia facendolo alzare.
«Non hai niente di cui scusarti. Mi hai salvato la vita. Anch’io ho un grande rammarico, quello di non essere riuscita a spiegare a Yoshie-san la verità. Non so cos’abbia sentito sua sorella da Saya-chan, ma io posso giurare di non aver corrotto nessun giudice. »
Mentre le lacrime ricominciavano a scorrere, sentì un braccio circondarle le spalle e appoggiò la testa contro il petto di Yusaku. Stava così bene, anche in una situazione triste come quella, il suo abbraccio era così rassicurante.
A interrompere l’idillio giunsero due discreti colpi alla porta e senza attendere risposta Eri Kisaki si affacciò nella stanza.
«Finalmente mi hanno permesso di vederti… Eh? Il Topo?! »
Yusaku e Yukiko si allontanarono di scatto e la ragazza arrossì.
«Eri-chan! » esclamò in tono di rimprovero mentre Yusaku le lanciava un’occhiata interrogativa.
«Piuttosto! Ho visto il telegiornale, mi è preso un colpo, Yuki-chan! Come stai adesso? »
Eri si avvicinò all’amica spingendo da parte Yusaku senza tanti complimenti.
«Io sto bene. » sorrise Yukiko nonostante gli occhi ancora lucidi. «E’ Yusaku che si è fatto male per salvarmi. »
Eri si voltò e lo fissò con sguardo indagatore.
«Bhè, almeno sei stato un Topo utile. » sentenziò.
«Non maltrattarlo! » la sgridò Yukiko. «E’ solo grazie a lui se sono qui. »
L’espressione di Yusaku tornò triste come poco prima.
«Invece fa bene a maltrattarmi, non ho nessun merito. Un detective che incastra il colpevole spingendolo al suicidio non è migliore di un assassino…» mormorò.
Si voltò e appoggiò la mano sulla maniglia della porta per andarsene, ma Yukiko lo fermò. Gli corse incontro e lo abbracciò da dietro circondandogli la vita con le braccia.
«Non dire così! » esclamò. «Non è vero, non lo dire! Hai fatto tantissimo. Mi hai salvato la vita. Non potevi fare di più, quindi non incolparti di qualcosa che comunque non avresti potuto evitare. »
Sentì le dita di Yusaku stringere le sue e la sua voce sussurrare un: «Grazie. » appena percettibile.
Quando si sciolsero dall’abbraccio, il ragazzo salutò le due amiche, ma questa volta fu Eri a fermarlo.
«Topo… ehm… Kudo-kun, io non lo farei. » disse con un sorrisetto enigmatico. «Come ti ho detto, ho visto il telegiornale e non sono di sicuro l’unica. Inoltre credo che a Yuki-chan faccia piacere la tua presenza. »
Aveva un’espressione maliziosa che Yukiko conosceva bene e che sicuramente sottintendeva qualcosa. Nonostante il brutto presentimento però era contenta che Yusaku restasse ancora con lei.

Si era fatto buio. Avevano chiacchierato di argomenti futili, ma alla fine involontariamente il discorso era finito di nuovo sul provino truccato.
«L’ispettore Samezaki mi ha assicurato che approfondirà questa storia. » disse Yusaku. «Una volta che sarà chiarita si potrà archiviare il caso. »
«Che sciocchezza! » esclamò bruscamente Eri facendolo sobbalzare. «Si tratta di uno sforzo inutile, non scoprirà un bel niente e sai perché? Perché Yuki-chan non ha truccato nessun provino. Non ne ha bisogno. E’ troppo brava! »
La risata di Yukiko spezzò la tensione che si stava formando e Yusaku tirò un sospiro di sollievo. Era meraviglioso che riuscisse già a ridere in quel modo, lui non ce la faceva. Continuava a sentirsi in colpa e il fatto che fosse a sua volta convinto dell’innocenza della ragazza, non lo aiutava molto. Doveva fare qualcosa di concreto. Yukiko non era il tipo da corrompere qualcuno, ma di Saya Sakaguchi non sapeva niente. Quando sarebbe tornato a casa, avrebbe dormito qualche ora poi sarebbe corso dall’ispettore ad offrire il suo aiuto per l’indagine.
«Accidenti, però! » continuò Eri. «Questa è stata l’unica puntata a cui non ho partecipato e guarda che caos! Al di là del delitto però mi sarebbe piaciuto assistere alle indagini. Per fortuna avevo puntato il videoregistratore. »
«Eri-chan, sicuramente la trasmissione è stata interrotta. » obiettò Yukiko. «Possono aver registrato solo fino a un certo punto. »
«Sì, bhè… ehm… eh, già… »
Questa volta anche Yusaku notò il sorrisino compiaciuto di chi nasconde qualcosa, poi Eri tornò seria.
«Se mi permetti un’obiezione, Kudo-kun, io comunque non penso che Yoshie-san fosse davvero intenzionata ad uccidere Yuki-chan. Non all’inizio almeno. »
Yusaku annuì. L’aveva pensato anche lui.
«L’impressione che ho avuto io è stata che il delitto fosse stato organizzato in modo troppo frettoloso. O era molto distratta o non le importava lasciare prove evidenti. Credo che in fondo Yoshie-san volesse essere scoperta e fosse disposta a pagare per il suo crimine… Non posso immaginare cosa sia scattato nella sua testa dopo. Non era un’assassina spietata, era solo una persona disperata… Una persona che non sono riuscito a salvare… »
«Basta, Yusaku! » lo sgridò Yukiko. «Smettila di incolparti! »
Il ragazzo arrossì leggermente. L’aveva chiamato di nuovo per nome, a voce alta davanti a un’altra persona: gli faceva uno strano effetto, come un brivido di gioia che correva lungo la schiena. Tentò di sorridere per rassicurarla.
«Mi passerà. Ci vorrà… solo un po’ di tempo. »
A quel punto Yukiko guardò l’amica e assumendo l’espressione supplichevole di un cucciolo smarrito disse: «Ho tanta sete, Eri-chan. Andresti a prendermi qualcosa al distributore? »
La ragazza si alzò e dopo averla fissata per un attimo, le strizzò l’occhio e uscì. Dopo qualche secondo di perplessità, Yusaku scosse la testa.
«Contro l’astuzia femminile non c’è detective che tenga. » commentò.
Yukiko sorrise e annuì.
«Si sta facendo davvero tardi e Agasa-san sarà in ansia per te. Prima che tu vada però volevo accertarmi che non fosse stato un sogno… »
Yusaku la vide avvicinarsi e circondarlo con le braccia.
«E’ vero? » sussurrò. «L’ho sperato così tanto per tutto questo tempo… »
La abbracciò a sua volta e le sollevò il viso per baciarla.
«E’ vero. Ti amo. »
Quando uscì dalla stanza era ancora frastornato e si sentiva le guance insolitamente calde. Doveva essere rosso come un peperone e il fatto che Eri si avvicinasse con quel sorrisetto ironico confermava in pieno la sua ipotesi. Ma invece della battuta sarcastica che si aspettava gli giunse una frase completamente diversa.
«Ehi, Topo, non uscire dall’ingresso principale. Ho chiesto all’infermiera di chiamarti un taxi, ti aspetta nel parcheggio sul retro. »
Sapendo che era stata ricoverata una famosa star, probabilmente l’ingresso era assediato dai giornalisti, pensò Yusaku.
«Grazie, Kisaki-san, sei stata molto gentile. »
«Figurati. Posso fare solo questo, per il resto dovrai vedertela tu. » fu l’enigmatica risposta.
Ne capì il significato quando giunse in vista di casa. La palazzina dove si trovava il suo appartamento era completamente circondata da una folla di persone armate di macchine fotografiche, telecamere e microfoni. A differenza dell’ospedale però casa sua non era dotata di un ingresso sul retro. L’unico modo per raggiungerla era salire la scala che portava alla ringhiera su cui si aprivano le porte degli appartamenti.
«E’ il colmo! A tutto c’è un limite! » si disse Yusaku scendendo dal taxi e avviandosi risolutamente verso la palazzina.
Tutto filò liscio fino quasi alla scala. Evidentemente quei giornalisti erano rimasti lì tutto il giorno e la loro attenzione era progressivamente calata. Ora, con la sola scarsa illuminazione di un lampione stradale, non lo notarono finché uno di loro non si voltò accidentalmente ed esclamò: «Ehi, sta rientrando qualcuno! »
«E’ Kudo-san, lo scrittore detective! » gridò un secondo.
Un attimo dopo si trovò circondato da una folla che tendeva verso di lui una decina di microfoni. Yusaku sospirò. Gli era già capitato di avere a che fare con dei giornalisti dopo un paio di collaborazioni con la polizia, ma appostarsi sotto casa sua gli sembrava esagerato. Specialmente ora che aveva solo voglia di farsi una sana dormita.
«Il caso non è ancora stato archiviato quindi non posso rilasciare dichiarazioni. » disse prevenendo ogni domanda.
«Caso? Quale caso? » obiettò una donna vestita di rosa shocking lasciandolo senza parole. «Ah, allude all’omicidio. »
«Veramente non c’è stato nessun omicidio. Sakaguchi-san sta bene e… »
«Quali sono le condizioni di Fujimine-san? » lo interruppe un uomo con un’improponibile cravatta a pallini. «Sarà rimasta shockata. E’ stato con lei fin adesso? Come sta? »
«Bhè… bene… ma… »
«Da quanto dura questa storia? Cosa farete ora? »
«Da quanto dura? Bhè… la sorella di… »
Yusaku era sempre più confuso. Che razza di domande erano quelle? Di solito gli chiedevano particolari sull’indagine o sul colpevole. Questi invece sembravano addirittura ignorare i fatti.
Improvvisamente lo schianto di una porta che sbatteva li fece voltare tutti e un giovane infuriato si affacciò al ballatoio.
«State di nuovo facendo casino di notte! » strillò. «Kudo! Non appena ne avrò l’autorità ti arresterò per disturbo della quiete pubblica! »
«Nakamori-kun… »
Yusaku approfittò della momentanea distrazione per defilarsi facendo i gradini a due a due. Raggiunse il proprio appartamento con un balzo, armeggiò per un attimo con la serratura e finalmente riuscì ad entrare chiudendosi la porta alle spalle con un sospiro esausto.
«Yusakun! »
Alzò gli occhi e si trovò davanti Agasa con un’espressione sbalordita che subito si mutò in un ampio sorriso.
«Vedo che stai bene! » esclamò il giovane abbracciando l’amico. «Non hai idea di quanto mi sia preoccupato! Tutti quegli scocciatori qui davanti... E’ tutto il giorno che tormentano gli inquilini. Oh, ma chi se ne importa! L’importante è che tu e Fujimine-san stiate bene! »
«Sì… ehm… ahi! Non stringere, Doc, la spalla mi fa male. A proposito, cosa ci fa qui tutta quella gente? Non sembrano i soliti giornalisti. »
«Quindi tu non…? Oh! Oh, oh, oh! »
Con un sorriso che non prometteva niente di buono, si avvicinò al televisore.
«Ho chiesto in prestito il videoregistratore a Nakamori-kun. Abbiamo visto la trasmissione insieme e l’abbiamo registrata. Tutta. »
Il suo sorriso si fece ancora più largo sotto gli occhi di un perplesso Yusaku. Attivò il videoregistratore e…
«Oh, Dio! Ho temuto di perderti! Se non fossi arrivato in tempo, io… Yukiko… ti amo… davvero…»
Yusaku sbiancò e se Agasa non fosse stato lesto a spostare una sedia, sarebbe crollato sul pavimento.
Sullo schermo si stavano susseguendo le immagini del salvataggio di Yukiko e della loro reciproca dichiarazione.
«Questo… questo… » balbettò sentendosi incapace di articolare qualsiasi suono coerente.
Agasa annuì con espressione fintamente grave.
«Diretta nazionale, amico mio. » sentenziò.
Yusaku si sentì gelare. Ecco perché Agasa sghignazzava al telefono la sera prima. Ecco il perché del contegno ironico di Eri, del suo alludere al telegiornale e dei giornalisti davanti all’ospedale. Quei disgraziati della Toho TV, pur di fare audience, avevano registrato e mandato in onda il tentato omicidio, le indagini, il salvataggio e la sua dichiarazione. La sua preziosa dichiarazione. In diretta nazionale! Riuscivano a venirgli in mente solo implicazioni catastrofiche.
Si alzò e fece per afferrare il telefono, ma Agasa lo fermò.
«Se stai per fare quello che immagino, te lo sconsiglio. L’agente Megure ha chiamato poco fa immaginando che saresti tornato e mi ha pregato di riferirti che non solo rinunciano al tuo aiuto nelle indagini ma anche che ti vietano di avvicinarti alla stazione di polizia per almeno un paio di mesi. »
La mano di Yusaku, tesa verso il ricevitore, ricadde lungo il fianco.
«Non posso andare al comando… non potrò farmi vedere nemmeno in università… figuriamoci in ospedale da Yukiko… Dovrò rimanere chiuso in casa… Non uscirò mai più! » Come ricordandosi qualcosa si voltò di scatto verso il coinquilino. «E tu… TU HAI VISTO TUTTO QUESTO CON NAKAMORI-KUN?! »
«Come potevo saperlo? » si giustificò Agasa alzando le mani.
Yusaku si prese la testa tra le mani.
«E’ un guaio! Un guaio! Un guaio! »
La sua disperazione venne interrotta dallo squillo del telefono.
«Casa Agasa, sono Kudo. » rispose Yusaku con una voce che sembrava uscita da una tomba.
«Sono Yukiko. Io… ho visto il telegiornale… »
Yusaku si sentì sprofondare. Ora dieci a uno lo avrebbe scaricato. Invece dall’altra parte del filo echeggiò la risata cristallina della ragazza.
«Mi sono un po’ spaventata, ma va tutto bene. Pensavo fossi preoccupato. Yusaku… stai tranquillo.»
«Preoccupato? Ehm… in effetti… »
Non era arrabbiata. Respirò più liberamente.
«Passerà presto. Yusaku… » Gli sembrava di percepire il suo sorriso. Un sorriso dolce e pieno di calore. «… Ti amo. »

CONTINUA…




NOTICINA DI YUKI
Et voilà, ecco la seconda parte e il famigerato tentato omicidio con relative conseguenze. Spero vi sia piaciuta almeno un po' nonostante l'estrema semplicità del caso... Un ringraziamento particolare a chi ha recensito la prima parte!
Fredryck: grazie, sei davvero gentile, anche se non penso che la mia piccola storia sia una delle più belle. Ad esempio ne sto seguendo una di questa stessa sezione che trovo strutturata e scritta bene al punto da farmi quasi vergognare della semplicità della mia... Comunque sia ti ringrazio tento, mio primo recensore!
tigre: grazie anche a te. L'idea di inserire anche altri personaggi che compaiono nella serie originale come personaggi di contorno nella mia storia mi sembrava carina, giusto per far sapere che già esistevano anche loro e potevano aver avuto a che fare con Yusaku&Yukiko (un po' come Kaito Kid in questa seconda parte... in fondo Agasa dice che il nomignolo gli è stato dato da un giovane scrittore di gialli...)
Akemichan: i tuoi complimenti mi hanno fatto tanto piacere! Lo so che la struttura di base della storia è qualcosa di già visto, infatti non ho mai avuto la pretesa che fosse qualcosa di assolutamente originale, più che altro si è trattato di un esperimento e sono felice che risulti una piacevole lettura! In realtà torvo affascinante la figura dello scrittore con la testa tra le nuvole che tende a perdersi nel suo modo (forse perchè un po' mi rispecchia...), se poi è anche un abile detective tanto meglio, ma non si può essere perfetti in tutto e così se in campo affettivo risulta essere un po' imbranato lo trovo ancora più tenero (un po' come Ellery in "La salma inquieta" ^_^). Con il tuo commento sulla convivenza mi hai colto alla sprovvista, infatti si è trattato di un particolare che avevo stabilito ancora prima di iniziare a leggere gialli e quindi un riferimento del tutto involontario, però hai ragione e l'analogia Yusaku/Ellery e Agasa/ispettore Queen è davvero carina!
Anche per questa volta è tutto! Un bacio e ci sentiamo domenica prossima con l'epilogo!
YUKI-CHAN

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Capitolo 3
*** Un anno dopo: il nostro numero uno ***


Yukiko & Yusaku Story 3 Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © Gosho Aoyama tranne Yoshie e Saya Sakaguchi che comunque non hanno un ruolo importante.

YUSAKU & YUKIKO’ STORY

di Yuki Delleran


Epilogo

Un anno dopo: il nostro numero uno

Nella stazione di polizia di Beika regnava un’insolita calma. L’ispettore Samezaki era chiuso nel suo ufficio ad esaminare un nuovo caso appena giunto e la maggior parte degli impiegati era fuori. Solo da una scrivania in un angolo giungevano le voci concitate di due persone che discutevano.
«Non posso lasciarti frugare negli archivi, te l’ho già detto un sacco di volte. » stava dicendo l’agente Megure a un giovane dall’aria accigliata in piedi davanti a lui.
«Ah, bhè, se per te la tua fidanzata conta così poco… » commentò quello con noncuranza. «Temo che non riuscirò proprio a procurarmi l’ultimo romanzo del Barone della Notte autografato da Yusaku Kudo. Dovrai aspettare che esca in libreria, ma dopotutto si tratta solo di qualche settimana massimo un mese. »
«Tra un mese il compleanno di Midori sarà già passato! » protestò Megure. «Kudo-kun… »
«A cosa sta lavorando l’ispettore? » chiese Yusaku.
«Un caso piuttosto brutto, non posso dirti altro. Fai il bravo, dai… »
«Forse si tratta di questo? » fece Yusaku sfilando da una pila di incartamenti un fascicolo con l’intestazione “Riservato”.
«Kudo-kun, per quanto riguarda il libro… »
«Senti, Megure-san, ho gli editori col fiato sul collo e mi serve l’ispirazione per un nuovo romanzo. Facciamo il solito patto: lasciami curiosare un po’ in giro e avrai tutti i volumi autografati che vorrai. »
Davanti a quella proposta il povero agente capitolò. La sua fidanzata era una grande fan del Barone della Notte e più volte grazie a Yusaku aveva fatto bella figura con lei regalandole copie autografe ancora introvabili sul mercato. Ogni regalo però era cosato un piccolo favore e anche se in questo modo contribuiva alla creazione dei capolavori del giallista più apprezzato del momento, Megure sperava che l’ispettore Samezaki lo venisse a sapere il più tardi possibile.
«Traffico di stupefacenti! » esclamò Yusaku che intanto si era immerso nella lettura del fascicolo. «Traffico d’armi, sospetta implicazione in sequestro di persona, concorso in omicidio di vario genere. Unico indizio: il colore nero. Roba grossa. »
«Già. Troppo grossa per un dilettante. Non ficcanasare o rischi di trovarti in guai seri. Ispirati finché vuoi ma lascia perdere le indagini. » disse Megure. «Senza contare che se l’ispettore lo viene a sapere è la mia fine. »
Yusaku trascinò una poltroncina accanto alla scrivania e vi si allungò.
«Non temere. Editori a parte, tra poco sarà l’anniversario mio e di Yukiko quindi ho altro per la testa… »
Megure notò lo sguardo preoccupato dietro le lenti del giovane.
«Qualche problema? » si informò.
«Non lo so. Non ne sono sicuro. » rispose Yusaku, dopodiché sprofondò di nuovo nella lettura del fascicolo e per parecchio tempo non disse più una parola.

Yukiko camminava nervosamente su e giù per il salotto di casa guardando ripetutamente l’orologio. Era in ritardo di venti minuti. Possibile che quella sottospecie di ragazzo che si trovava non era nemmeno capace di darle un appuntamento e arrivare puntuale? La sua pazienza stava per raggiungere un punto di rottura quando finalmente il campanello suonò. Avviandosi alla porta immaginò di trovarsi davanti uno Yusaku scompigliato dalla corsa e con un’espressione desolata sul volto, questo bastò a farle tornare il sorriso. Era così carino quando si scusava che lei non riusciva a tenere il broncio per più di cinque minuti. La sue aspettative vennero deluse quando all’ingresso trovò ad attenderla Eri Kisaki.
«Dalla tua espressione deduco che aspettavi qualcun altro. » commentò la ragazza vedendo il sorriso spegnersi sul volto dell’amica. «Fammi indovinare, quel disgraziato del Topo ti ha dato buca un’altra volta. »
Yukiko lanciò l’ennesima occhiata all’orologio.
«Penso che ormai non verrà più, e se verrà non mi troverà. » disse. «Che ne dici di un’uscita tra ragazze? E’ un po’ che non ci vediamo e abbiamo diverse cose di cui parlare. »
«Ero venuta proprio per questo. » acconsentì Eri con entusiasmo.
Le due amiche trascorsero la serata chiacchierando tranquillamente in un grazioso locale poco lontano, aggiornandosi reciprocamente sugli ultimi pettegolezzi e sui pregi e difetti dei rispettivi fidanzati.
«Kogoro è talmente pigro che non ci crederesti. » si lamentò Eri. «A volte è capace di passare un’intera giornata sdraiato sul divano. »
«Yusaku invece ha sempre la testa tra le nuvole. Spesso, nel bel mezzo di un discorso, invece di rispondermi tira fuori un’agendina e si mette a scrivere. » disse Yukiko. «Magari l’ultima frase che ho detto gli è piaciuta, oppure gli è venuta un’idea che deve assolutamente appuntarsi e che di solito non c’entra niente con quello di cui stavamo parlando. Questo naturalmente quando non sta indagando su qualche delitto, in quel caso posso essere sicura che non mi ascolta nemmeno. »
«Insomma, ti trascura? » chiese Eri con espressione preoccupata. «Direi che ci siamo lamentate abbastanza, adesso parliamo seriamente. Come vanno le cose tra voi? »
Yukiko si concesse una pausa durante la quale sorseggiò il suo analcolico. Non era sicura neanche lei di come fosse la situazione con Yusaku.
«E’ disordinato, confusionario, ritardatario cronico, smemorato e imbranato ma gli voglio bene. » sospirò. «Non riesco più a immaginare la mia vita senza di lui. Anche se in questo periodo è diventato più strano del solito. Ho l’impressione che mi stia nascondendo qualcosa e questo mi spaventa perché… »
Non finì la frase e si strinse le mani in grembo, gesto che non sfuggì allo sguardo acuto di Eri.
«Yuki-chan, non è che anche tu gli stai nascondendo…qualcosa? »
Le guance di Yukiko si colorarono leggermente.
«Non lo so. Però vorrei che fosse un po’ più presente. Per esempio tra poco è il nostro anniversario, però non mi ha detto niente. Temo se lo sia dimenticato. »
«Cioè è già passato un anno dalla vostra strepitosa dichiarazione in diretta nazionale? Come passa il tempo! Comunque dubito che una cosa del genere si possa dimenticare. »
«E’ vero, è stata un’esperienza pazzesca. » ricordò Yukiko concedendosi un sorriso. «Magari organizzerà qualcosa a casa sua per ricordare l’evento. Da quando Agasa-san si è trasferito e gli ha lasciato l’appartamento, ci vediamo spesso da lui. »
«Spero che riusciate a chiarirvi. » disse Eri.
«Lo spero anch’io. Almeno gli parlerò della decisione che ho preso. Spero che capisca… »

Era mezzanotte passata e nonostante la temperatura mite Yusaku cominciava ad avere i brividi. Del resto non aveva nessun diritto di lamentarsi, era arrivato con un’ora di ritardo e Yukiko se n’era andata. Così non gli era rimasto altro da fare che aspettare davanti a casa che rientrasse. Stava quasi per andarsene, rassegnato a scusarsi in un secondo momento, quando la vide arrivare in compagnia di Eri.
«Yukiko! » esclamò correndole incontro. «Mi dispiace tanto! Sono uno stupido! Ero andato alla stazione di polizia a cercare un po’ di materiale e ho perso tempo a stuzzicare Megure-san. Poi ho trovato un fascicolo su un caso che mi sembrava un buono spunto e mi sono messo a leggere. Non mi ero accorto che fosse così tardi! Davvero! Non volevo piantarti in asso, sono imperdonabile! »
Yukiko alzò una mano per interromperlo.
«D’accordo, d’accordo, di’ solo quello che mi vuoi dire. »
Yusaku la fissò negli occhi.
«Scusami. »
Vide la sua espressione aprirsi in un sorriso dolce, poi la ragazza si avvicinò e lo baciò.
«Va bene, ti perdono. » mormorò.
Yusaku notò che l’espressione di Eri, alle spalle di Yukiko, non prometteva niente di buono. Probabilmente aveva parlato male di lui per tutto il tempo. Per evitare ritorsioni, sfoderò subito la sua seconda arma segreta che, dopo le scuse, sperava sortisse un effetto benefico sulla fidanzata abbandonata.
«Tra due giorni è il nostro anniversario. » sussurrò all’orecchio di Yukiko. «Beika Center Building, ristorante con vista panoramica, alle otto. Non mancare. »
Lo sguardo di Yukiko si illuminò e lei gli gettò le braccia al collo.
«Oh, tesoro! Era un sacco di tempo che volevo andarci! Dicono che sia meraviglioso e che dalle sue vetrate si goda un panorama stupendo fino alla baia di Tokyo.»
Le sue ultime parole fecero scattare qualcosa nella mente di Yusaku.
Il luogo dell’omicidio… il covo dei sequestratori… la base dei trafficanti… Quando aveva controllato la loro ubicazione sulla cartina gli era sembrato che ci fosse qualcosa di strano e ora finalmente aveva capito. Tutti quei luoghi erano praticamente equidistanti da un punto preciso. Sarebbe bastato far convergere le linee e…
«Ma certo! E’ chiaro! La baia di Tokyo! » esclamò.
Lasciò andare Yukiko, si voltò e corse via.
Mentre si allontanava gli giunse una frase che la ragazza rivolgeva all’amica.
«Ecco, che ti avevo detto? »

La serata risplendeva delle mille luci della capitale d’estate. Una serata romantica. Suggestiva. Perfetta. Il giorno era giusto e quello che si innalzava alle sue spalle era indubbiamente il Beika Center Building. Erano le otto e dieci minuti.
«Allora perché quello stupido non si vede? » pensò tra sé Yukiko che iniziava a seccarsi. «Yusaku Kudo, non osare piantarmi in asso il giorno del nostro anniversario o giuro che non ti rivolgerò mai più la parola! »
Abbassò lo sguardo lasciandosi prendere per un attimo dallo sconforto. Doveva parlargli di cose importanti e lui non si faceva vedere. Possibile che non avesse capito la situazione? Di solito al suo sguardo acuto non sfuggiva nulla, specialmente quando si trattava di lei, ma questa volta non aveva detto niente. Forse per delicatezza, forse per incertezza o forse perché sperava che non fosse vero. Si passò una mano sulla fronte scostando la frangia. No, così non andava bene. Una volta presa la sua decisione doveva andare avanti, non poteva continuare a rimuginare chiedendosi se fosse meglio tornare sui suoi passi.
Voltandosi con sguardo deciso, si avviò nell’atrio del grattacielo e prese l’ascensore che la portò all’ultimo piano dove si trovava il ristorante panoramico. Scoprì che almeno la prenotazione a nome “Kudo” esisteva, ridacchiando tra sé al pensiero della pessima figura che avrebbe fatto se non ci fosse stata. Si era appena accomodata al tavolo, quando vide Yusaku fare irruzione nell’atrio, con il fiatone e l’aria stravolta per la corsa. Raramente lo aveva visto in giacca e cravatta e quella visione le strappò un sorriso. In mano aveva un mazzo di rose rosse, in realtà un po’ sgualcite ma comunque splendide. Quando la vide, si avvicinò al tavolo con espressione desolata.
«Ero appena arrivato quando ti ho vista entrare. Siccome hai preso l’ascensore, io ho preso le scale ma dopo dieci piani… »
«Oh, sta’ zitto e dammi un bacio. » lo interruppe Yukiko facendolo arrossire.
Nonostante fosse passato un anno si imbarazzava ancora davanti ad affermazioni del genere. Le porse le rose e si chinò su di lei.
«Buon anniversario, amore mio. »
Il cameriere si era appena allontanato con le loro ordinazioni quando Yukiko decise che era giunto il momento di affrontare la questione che le stava a cuore. «Devo dirti una cosa importante, Yusaku. » esordì.
Lo vide irrigidirsi leggermente poi sforzarsi di sorridere.
«Sì, te ne devo dire una anch’io, ma prima le signore. »
Yukiko trasse un sospiro per farsi coraggio e disse tutto d’un fiato: «Ho deciso di lasciare il mondo dello spettacolo. »
Yusaku rimase sbalordito. Era evidente che non se l’aspettava.
«Cosa? Ma perché? »
Quella domanda invece Yukiko se l’aspettava eccome e c’erano una miriade di risposte. Forse troppe per essere riassunte in una sola, ma ci provò lo stesso.
«Dopo la morte di Yoshie-san è diventato sempre più difficile. Il lavoro non manca ma sono io che non me la sento di portarlo avanti. Ho passato metà della mia vita sotto i riflettori recitando ogni sorta di ruolo e vincendo tutto quello che si poteva vincere. Adesso sento l’esigenza di qualcosa di diverso. Voglio essere Yukiko e basta. Quindi porterò a termine i progetti in corso poi darò il mio addio. »
Sospirò di nuovo. Aveva tentato di esprimersi al meglio e sperava che Yusaku avesse capito. La sua espressione attonita le lasciava qualche dubbio.
«Ora tocca a te. » lo incoraggiò sperando in cuor suo che non si trattasse di niente di preoccupante.
«Bhè… io… » tentennò Yusaku incerto, poi sembrò decidersi. «Ho deciso di traslocare. L’appartamento comincia a starmi stretto così ho già dato la caparra per una casetta indipendente che stanno costruendo. »
«Fantastico! » esclamò Yukiko entusiasta. «Dove si trova? Avrai sborsato un capitale per una casa indipendente! »
In quel momento nell’atrio del ristorante echeggiò un grido. Buona parte dei clienti in sala , Yusaku per primo, si voltarono in quella direzione.
«Fai silenzio! » intimò il capocameriere alla ragazza che aveva gridato.
«Ma… hai detto che… quell’uomo con la pistola… al piano di sotto… »
«Non dobbiamo allarmare i clienti. » la ammonì l’uomo e la ragazza tornò al lavoro a testa bassa.
Yukiko notò che lo sguardo di Yusaku era rimasto puntato in quella direzione un attimo di troppo.
«Sei curioso? » chiese.
«Oh, no. Assolutamente. » rispose il giovane fin troppo prontamente. «Questa sera niente indagini. Cosa stavo dicendo? Ah, il nuovo indirizzo. Beika, 2-chome numero 21. Proprio di fianco alla casa del Doc. E’ stato lui a dirmi che il terreno era in vendita. »
La signora che si era alzata dal tavolo accanto al loro, rientrò e tornò a sedersi.
«Pare che al piano di sotto ci sia stato un omicidio. » bisbigliò al marito. «Una delle cameriere dice di aver sentito lo sparo… »
«Il terreno… ehm… » continuò Yusaku. «Sì, c’è abbastanza terra per fare un bel giardino. Non mi è costato poi tanto e visto che i proventi dell’ultimo libro sono stati superiori al previsto, ho pensato che si potesse fare. »
«La polizia è già arrivata. » sussurrò la signora. «Stanno interrogando tutti. »
«La casa… bhè… non è grande, ma si potrà ampliare col tempo. Sarà bellissima. La farò diventare ‘Villa Kudo’! »
«Yusaku… » lo interruppe Yukiko con un sospiro. «Vai. »
«Cosa? »
«Avanti, vai. Si vede lontano un miglio che muori dalla voglia di fiondarti al piano di sotto. Non ho intenzione di legarti alla sedia. »
L’espressione di Yusaku si illuminò per un attimo.
«Davvero? Voglio dire… tu non… »
«No, stai tranquillo. Non sono arrabbiata e non ho intenzione di andarmene. » Yukiko sorrise. «Tu sei così, mi piaceresti di meno se fossi diverso. Vai, ti aspetto qui.»
Yusaku balzò in piedi.
«Darò solo un’occhiata. Ti prometto che tornerò subito! »
Era già a metà della sala quando l’esclamazione di Yukiko lo fermò.
«Yusaku! »
Il giovane si voltò.
«Non cacciarti nei guai. »
In risposta le giunsero un pollice alzato e un sorriso smagliante poi sparì dalla sua vista.

Il sangue non si fermava. Accidenti! Maledizione! E faceva male. Terribilmente male. L’aveva immaginato ma non fino a questo punto. L’unica cosa che aveva per tentare di fermarlo era un fazzoletto ormai completamente inzuppato.
«Sono uno stupido! » si disse Yusaku premendo una mano sulla ferita che bruciava come il fuoco.
Mentre l’ispettore Samezaki gli accennava a grandi linee l’accaduto, si era reso conto di uno strano particolare: anche il Beika Center Building era equidistante dalla baia di Tokyo come gli altri luoghi in cui erano avvenuti i misfatti legati alla misteriosa organizzazione. Già di per sé quello era strano. Durante gli interrogatori i suoi sospetti si erano focalizzati su un individuo e con un paio di domande ben mirate era riuscito a portare a galla la verità facendolo arrestare. Mentre lo conducevano via però aveva notato uno strano ragazzo che si allontanava alla chetichella. Lo aveva visto solo di spalle ma due particolare non gli erano sfuggiti: aveva i capelli biondi e vestiva completamente di nero. Questo era bastato ad innescare i suoi sospetti e a far sì che lo seguisse. Quel tipo però doveva essersi accorto di lui perché l’aveva attirato in un vicolo e non aveva esitato a sparargli, per poi defilarsi su un’auto a sua volta nera.
Per fortuna il proiettile l’aveva colpito solo di striscio a un fianco, ma il sangue non accennava a fermarsi e ora si trovava seduto per terra in un vicolo a chiedersi perché i gialli non si limitava a scriverli e perché si era ostinato in quella caccia quando una creatura meravigliosa che gli faceva l’onore di essere la sua ragazza lo stava ancora aspettando. Doveva ancora dirle la cosa più importante, per quale assurdo motivo si era alzato da quel tavolo?! Doveva tornare subito o, per quanto dicesse, questa volta non lo avrebbe perdonato.
Quasi non si rese conto dell’agente Megure che lo aveva raggiunto con espressione allarmata e lo aveva sollevato quasi di peso.
«Ti avevo detto di non ficcanasare in questa storia, Kudo-kun! Vuoi farti ammazzare? » lo sgridò caricandolo a forza su una volante e premendogli un fazzoletto pulito sulla ferita.
Yusaku sussultò riscuotendosi con un leggero capogiro.
«Dove stiamo andando? » chiese preoccupato vedendo il Beika Center Building allontanarsi alle sue spalle, chiudendo gli occhi subito dopo.
«Al pronto soccorso, mi sembra ovvio. » rispose Megure. «Ti gira la testa? La ferita non sembra grave ma stai perdendo un sacco di sangue. Stai tranquillo, ci siamo quasi. »
Yusaku si abbandonò contro lo schienale pensando che avrebbe potuto perdere i sensi se non gli avesse fatto così male.
«Megure-san, di’ all’ispettore di battere palmo a palmo la baia di Tokyo. » mormorò.
«Ancora con questa storia? Lascia perdere, ora pensa solo a stare tranquillo. »
«E di’ a Yukiko che mi dispiace… »
Megure sorrise suo malgrado.
«Che sciocco, quello puoi dirglielo tu. Per nulla la mondo sarei disposto a sorbirmi la sua sfuriata al tuo posto. »

Yukiko sbirciò l’orologio. Ultimamente le sembrava di non fare altro. Era passato un sacco di tempo e Yusaku ancora non tornava. Iniziava ad essere preoccupata: dopotutto era andato sul luogo di un omicidio, poteva essergli successo di tutto.
«Stai calma. » si disse. «E’ Yusaku, non può capitargli niente di male e poi ha detto che non si sarebbe cacciato nei guai. »
Questo però, proprio perché si trattava di lui, non la rassicurava per niente.
Quando arrivò il cameriere a presentarle per la terza volta la carta dei dolci nella speranza che si decidesse a ordinare, la trovò talmente nervosa che si sentì quasi in dovere di tranquillizzarla.
«Se vuole, ripasso tra poco. Non si preoccupi, vedrà che il suo fidanzato tornerà presto. »
Yukiko sorrise grata all’uomo, sperando che avesse ragione.
Voltandosi verso la vetrata, si perse nella contemplazione del panorama notturno. Le luci cittadine, seppure artificiali, viste da lassù erano così suggestive. In lontananza si scorgeva anche lo scintillio del mare in prossimità della baia. La baia… I riferimenti che aveva fatto Yusaku a quel luogo la facevano stare in pensiero. Già lo immaginava alla ricerca del covo di qualche spietato assassino o mentre veniva aggredito da un killer in un vicolo buio. Scosse la testa. Forse aveva letto troppo i suoi libri. Yusaku non si sarebbe mai lanciato allo sbaraglio da solo a caccia del colpevole. O sì? In realtà sapeva bene che era capace di tutto.
«Oddio, Yusaku, torna presto… » mormorò abbassando la testa sulle braccia.
Erano passati solo pochi minuti quando sentì una mano leggera posarsi sulla spalla. Alzò la testa di scatto e riconoscendo proprio Yusaku, balzò in piedi e gli gettò le braccia al collo d’impulso.
«Sei qui… sei qui… menomale… » mormorò stringendolo a sé. «Ero preoccupata. Avevo un brutto presentimento. »
Quando lo lasciò notò la smorfia di dolore che il giovane non era riuscito a nascondere in tempo.
«Cosa c’è? Cos’hai fatto? » esclamò Yukiko allarmata vedendo concretizzarsi i suoi timori.
«Niente, non preoccuparti. E’ solo un graffio. » si giustificò Yusaku sistemandosi gli occhiali e prendendo posto di fronte a lei. «Ordiniamo il dolce? Temo che ormai il ristorante stia per chiudere.»
«Un graffio? » continuò imperterrita Yukiko ignorando le parole successive. «Come te lo sei fatto?»
Come un flash le tornarono in mente le parole della cameriera e della signora del tavolo accanto.
«Quell’uomo con la pistola… »
«… Una delle cameriere dice di aver sentito lo sparo… »

«Ti hanno sparato? » chiese sbiancando.
Yusaku se ne accorse e strinse tra le sue le mani che avevano iniziato a tremare.
«Non è niente. Davvero. Stai tranquilla. »
«Ti hanno sparato davvero? » insisté Yukiko.
Ora le tremava anche la voce.
«Mi ha preso di striscio. Mi hanno dato qualche punto, per questo ci ho messo tanto. Yukiko… » Le accarezzò la guancia pallida. «Yukiko, sto bene. Ti giuro che non farò mai più una cosa del genere. Non voglio farti stare male in questo modo con il rischio di aspettarmi invano. Non ti lascerò più sola. »
Sempre stringendole le mani, si alzò dalla sedia e si inginocchiò faticosamente davanti a lei.
A quel gesto Yukiko arrossì vistosamente. Cosa stava succedendo? Tutto questo non era possibile. Anche Yusaku sembrava molto imbarazzato mentre frugava freneticamente nella tasca interna della giacca. Finalmente trovò quello che cercava e aprì davanti ai suoi occhi una scatolina contenente un delizioso anello d’argento con un piccolo brillante a forma di cuore.
«Vuoi sposarmi? »
L’unica cosa di cui si rese conto Yukiko furono le lacrime che le inumidirono gli occhi, poi quando si riprese si accorse di essere a sua volta in ginocchio sul pavimento, le braccia intorno al collo di Yusaku e le labbra sulle sue.
«Sì… » mormorò dopo un attimo.
Stavano per abbandonarsi a un nuovo abbraccio quando un applauso risuonò alle loro spalle. Le poche persone rimaste nella sala si stavano congratulando vivamente con loro per quell’eclatante proposta. Dopo qualche secondo scattò anche il flash di una macchina fotografica.
«Scusa, non mi ero reso conto… » mormorò Yusaku imbarazzato.
Yukiko lo abbracciò ridendo.
«Oh, non preoccuparti! Dopo la dichiarazione di un anno fa era ora che fornissimo un altro po' di materiale alla stampa! »
Si rivolse al giornalista ammiccando.
«Fotografa questo. » disse, poi prese il viso di Yusaku tra le mani e lo baciò di nuovo.
«Ti amo. »

Quando lasciarono il ristorante era già notte inoltrata. Yusaku si offrì di accompagnare a casa Yukiko ma lei preferì fare prima una passeggiata. L’aria era tiepida e dolce, il cielo terso e stellato. Sarebbe stato un peccato sprecare anche un solo attimo di quella serata magica.
«Siamo in un bel guaio, sai? » esordì Yusaku mentre attraversavano il parco del campus universitario. «I miei genitori, i tuoi, tutti verranno a sapere che ci sposiamo dai giornali di domani. Ci troveremo alla porta una schiera di parenti e amici offesi. »
Yukiko ridacchiò.
«E’ molto probabile. Già immagino la mamma che mi addita come figlia degenere che agisce alle sue spalle. »
«Vedrai che le passerà quando saprà che diventerai la signora di Villa Kudo. » rise Yusaku. «Sempre se non rimarrà offesa perché non le hai comunicato anche l’altra notizia. »
Vide Yukiko sgranare gli occhi.
«Allora, adesso me lo vuoi dire? » continuò Yusaku. «La decisione che mi hai annunciato al ristorante era solo una delle cose che dovevi dirmi, giusto? »
Yukiko rimase con lo sguardo basso, rivolto nella direzione opposta. Sembrava quasi intimorita e Yusaku accentuò la stretta sulla mano per darle coraggio.
«Io… » mormorò infine. «… aspetto un bambino… »
Yusaku si fermò di botto. Allora era vero! Yukiko non lo guardava, rimaneva ostinatamente con gli occhi rivolti verso terra. Era davvero preoccupata, realizzò Yusaku. Temeva che lui prendesse male la notizia. Intenerito a quell’idea, l’abbracciò stretta.
«Era ora che ti decidessi a dirmelo. » mormorò. «Cominciavo a pensare di essermi sbagliato. »
Yukiko lo allontanò da sé sgranando gli occhi, questa volta per lo stupore.
«Lo sapevi? Ma come… »
«Bhè, ho notato diversi particolari. Innanzi tutti in questo periodo hai smesso di portare scarpe col tacco, inoltre non bevi alcolici. Né stasera, né l’altra sera quando sei uscita con Kisaki-san. Me ne sono accorto quando mi hai baciato. In più stringi spesso le mani in grembo, un gesto che non ti ho mai visto fare prima. La mia comunque finora è rimasta solo un’ipotesi. »
«E… sei contento che si sia rivelata vera? »
Era così carina con quell’espressione ansiosa che Yusaku non potè fare a meno di abbracciarla di nuovo.
«Un bambino nostro… mio e tuo… è una cosa meravigliosa. Un miracolo! »
Non poteva dire di essere stato preso alla sprovvista, ma negare il panico che inizialmente lo aveva colto quando aveva cominciato a nutrire dei sospetti avrebbe significato mentire spudoratamente. Tuttavia ora che si trovava di fronte alla conferma, non riusciva a contenere la gioia. Questa volta le sue deduzioni avevano portato a una verità di felicità invece che a quella tristezza e disperazione che aveva imparato a vedere anche dietro lo sguardo gelido del più spietato assassino.
«Con dei genitori come noi, questo bambino sarà molto fortunato! » esclamò. «Gli farò conoscere tutti i migliori scrittori di gialli, diventerà un esperto nel campo! »
«Non cominciare a contagiarlo con le tue manie. » lo sgridò Yukiko. «Non voglio che mio figlio si cacci nei guai come fa suo padre! »
«Diventerà un ragazzo meraviglioso. » continuò Yusaku ormai perso nelle sue fantasie. «Se sarà affascinate come sua madre e avrà il cervello di suo padre, allora sarà sicuramente il numero uno! »
Yukiko aggrottò le sopracciglia pensierosa.
«Il numero uno… uno… ichi… Shinichi! »
«Cosa? »
«Sì, sarà il nostro numero uno. Il nostro Shinichi! »




NOTICINA DI YUKI
Ecco qui l'epilogo! La scena iniziale è ripresa da "Ellery e la salma inquieta", mi era piaciuta troppo e mi sembrava azzeccatissima per il "mio" Yusaku (fan di Ellery non vogliatemene) e il finale al ristorante...bhè, ci voleva dopo la pulce nell'orecchio che mette Shinichi nella puntata "Omicidio guastafeste" (quanto ho penato in quell'episodio! Io sì che avrei legato Shin alla sedia!). Piccola precisazione: in giapponese l'ideogramma "ichi" significa "uno" e il nome di Shinichi lo contiene (come viene spiegato nel film "The 14th target/L'asso di picche"). Ora veniamo ai ringraziamenti:
Ginny85: CHECCARINAAAAA!!!! ^____^ Questa è stata la prima cosa che ho pensato quando ho letto la tua recensione! Grazie, mi ha fatto tantissimo piacere! Spero che il secondo capitolo e questo epilogo ti siamo piaciuti altrettanto!
Akemichan: Anche tu sei stata troppo gentile! ^__^ Avevo capito che mi stavi facendo un complimento, forse sono stata io ad esprimermi in modo che sembrasse il contrario... Sono stata davvero contenta di questa tua seconda recensione! Cosa ne dici delle citazioni di Ellery all'inizio di questo capitolo? (più che una citazione è un'intera scena...) Spero di trovare di nuovo un tuo commento! ^_^
Anche questa storia è finita, comunque tranquilli perchè tornerò presto ad assillarvi con i miei racconti strampalati scritti a seconda delle manie del momento. Un bacio a tutti!
YUKI-CHAN


PICCOLA PUBBLICITA':
Coming Soon (se riesco a districarmi da un piccolo blocco dello scrittore): L'altra metà dell'anima (Yu-Gi-Oh!)

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