Frammenti

di Shainareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Condivisione ***
Capitolo 2: *** Re ***
Capitolo 3: *** Proposta ***
Capitolo 4: *** Tormento ***
Capitolo 5: *** Forbici ***
Capitolo 6: *** Incontro ***
Capitolo 7: *** Incubi ***
Capitolo 8: *** Dicotomia ***
Capitolo 9: *** Fuoco ***
Capitolo 10: *** Separazione ***
Capitolo 11: *** Testamento ***



Capitolo 1
*** Condivisione ***







CONDIVISIONE




Si guardava attorno con gli spaventati occhi verdi, ruotandoli a destra e a manca con fare nervoso, le manine strette al petto, i piedi nudi pronti a scattare al primo segnale di pericolo. Wynne stirò le labbra pallide in un’espressione preoccupata. Il Primo Incantatore le aveva detto che quella bambina era un caso delicato, e che solo lei poteva occuparsene. Alla donna sembrava quasi di essere stata presa in giro. Ma la realtà era un’altra, e Wynne sapeva che probabilmente Irving aveva ragione: avevano bisogno l’una dell’altra.

   Aveva perciò mandato via i templari che, senza molto successo, avevano accudito la bambina fino a quel momento, e che l’avevano accompagnata nel suo studio. La prima cosa da fare era cominciare a conoscerla meglio. E a capirla.

   «Come ti chiami?»

   Quella domanda non ricevette risposta. Wynne osservò meglio la piccola: aveva i capelli raccolti in due treccine spettinate, ed il suo abitino era sbiadito, sporco e rattoppato in alcuni punti. Il visetto, bianco latte per la paura, era anch’esso poco pulito. L’Incantatrice si chiese se fosse orfana o comunque sola al mondo.

   Fece un passo avanti, ma lei sobbalzò, lanciando uno strillo soffocato e tirandosi indietro. Quella reazione mise la donna in allarme: quante violenze aveva visto o, peggio, subito, quella bambina?

   «Non ti farò alcun male», provò a rassicurarla. Con Aneirin aveva fallito, anni addietro, ma con lei doveva riuscire. Altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato, altrimenti quella piccina avrebbe sofferto ancora di più. «Qui non si fanno distinzioni fra umani ed elfi. Siamo tutti uguali. Io e te siamo uguali.»

   Vide lo sguardo di lei indugiare sul suo volto, e benché per un attimo ebbe l’impressione di sbagliarsi a causa dello strabismo che affliggeva l’occhio destro della giovanissima apprendista, Wynne concluse che questa si era soffermata a scrutare un particolare ben preciso della sua figura.

   Sorrise. «Anche se le mie orecchie sono arrotondate, noi siamo uguali. E sai perché?» Dopo una lunga esitazione, la bimba scosse le treccine color paglia. «Perché ridiamo e piangiamo allo stesso modo», le spiegò allora Wynne, lieta di essere per lo meno ascoltata.

   Si voltò verso lo scrittoio davanti al quale sostava in piedi, non osando muoversi da lì per timore di far allarmare la sua ospite, e prese la scatola di latta in cui conservava i dolcetti che divorava durante i periodi di fame nervosa, dovuta allo stress lavorativo o alle sue crisi ormonali di donna di mezz’età.

   «Vuoi mangiare qualcosa? Vuoi un biscotto?»

   L’altra si ostinò ancora al silenzio, ma lei non si scoraggiò ed aprì comunque il cofanetto, portandosi un frollino alla bocca nella speranza di farle venire fame.

   «Il Primo Incantatore ti ha detto come sono finita qui?» La piccola mosse di nuovo la testa. «Ho dato fuoco ad un ragazzino.»

   Sgranò gli occhi più di prima e schiuse le labbra per parlare, ma poi ci ripensò e rimase zitta, fissando Wynne con curiosità crescente.

   «Mi hanno raccontato che tu hai fatto qualcosa di simile, è vero?» Questa volta annuì, quasi subito. La donna le porse la scatola, invitandola ancora a mangiare. «Lo vedi, allora, che siamo uguali? Come ti chiami?»

   «Nimue», pigolò la bimba, strusciando il dorso di un piedino sul polpaccio dell’altra gamba, mentre con le manine aveva iniziato a torturarsi l’orlo della gonna.

   «È un nome delizioso», commentò Wynne, cercando di farle coraggio. «Quanti anni hai?»

   «Cinque», rispose ancora l’apprendista.

   La sua nuova insegnante rimase stupita, credendola più giovane. Ma quel cucciolo di elfo, più minuto rispetto agli altri della sua età, aveva comunque sviluppato la magia davvero molto presto. «Sai far altro, a parte creare il fuoco?» Nimue fece segno di no per la terza volta. «E quello lo sai ricreare?»

   Confusa, aggrottò le sottili sopracciglia chiare. «Ero arrabbiata», provò a spiegare, timida.

   La donna le sorrise di nuovo. «Oh, lo ero anch’io.» Agitò la mano sinistra per scuotere i dolcetti nel loro contenitore, ed il rumore da essi provocato attirò l’attenzione della piccola. «Se vuoi, puoi mangiarli. Non tutti, però, o ti verrà male alla pancia.»

   «Non ho niente da darvi in cambio», si sentì rispondere sorprendentemente.

   «Non occorre che tu mi dia qualcosa», la rassicurò.

   «La mamma dice che bisogna sempre ricambiare con qualcosa.»

   Dunque Nimue aveva una madre, ed era stata anche educata alle buone maniere. Forse non era un caso perso. «Ti sto facendo un regalo», le fece presente Wynne. «Ma se proprio vuoi, puoi ricambiare con un sorriso.»

   Quel suo tentativo, tuttavia, non ebbe l’effetto sperato, perché la bambina iniziò a piangere, dapprima silenziosamente, poi coprendosi il viso con le mani quando i singhiozzi ebbero la meglio. L’Incantatrice lasciò immediatamente i biscotti sullo scrittoio e si precipitò da lei, che non si sottrasse solo perché le lacrime le impedivano la vista.

   «Buona, buona», cominciò Wynne, tirando fuori dalla tasca della tunica un fazzoletto. «Perché piangi, tesoro? Ho detto qualcosa di cattivo? Non volevo, sai? Scusami tanto.» Le accarezzò i capelli con fare impacciato, temendo di spaventarla e di peggiorare la situazione, ma di nuovo Nimue la lasciò fare. Prese sicurezza, allora, la circondò con le braccia ed iniziò a cullarla, sentendola tremare e piangere con fare disperato. «Di che hai bisogno, stellina? Eh? Me lo dici? Se me lo dici, forse potrò aiutarti.»

   «Voglio tornare da mamma», furono le parole che, fra un singulto e l’altro, le strinsero il cuore.

   Come avrebbe fatto a spiegarle che non era possibile? Come avrebbe fatto a farla calmare? Capiva il suo dolore, e capiva ancora meglio quello della donna che l’aveva data alla luce perché era madre a sua volta. Suo figlio chiedeva mai di lei come faceva Nimue? Perché lei pensava a lui ogni ora del giorno e della notte. Eppure non poteva fare niente per ritrovarlo, per averlo indietro: la legge della Chiesa le toglieva ogni speranza, e Wynne era costretta a vivere da anni in quella perenne, struggente rassegnazione, che l’aveva resa più forte e più fragile allo stesso tempo.

   «Potrai rivederla, sai?», disse quindi. La bambina cominciò lentamente ad acquietarsi, e lei ne approfittò per scostarle le manine fradice di lacrime e per asciugargliele insieme al visetto. «Prima però dovrai imparare a controllare la tua magia. È per questo che ti hanno portata qui, perché altrimenti potresti correre il rischio di far del male a qualcuno senza volerlo, magari proprio alla tua mamma», la istruì. «Vuoi fare del male alla tua mamma?» Nimue tornò a far cenno di no con la testolina. Tutto sommato, si congratulò Wynne con se stessa, stava andando meglio di quanto avesse sperato all’inizio. «Soffia col nasino», le disse, pulendole anche quello con fare affettuoso. Si rialzò sulle gambe e, tenendola per mano, la condusse allo scrittoio per regalarle un frollino, che questa volta lei accettò, pur con timore.

   «Facciamo un patto», propose l’Incantatrice, mentre la piccina levava lo sguardo su di lei. «Quando avrai voglia di piangere, vienimi a cercare: ti abbraccerò sempre», promise. «In cambio, però, voglio che tu venga da me anche quando vuoi sorridere.»

   Accortasi dei suoi occhi arrossati, Nimue annuì in silenzio, il biscotto mangiucchiato fra i denti, e strinse le dita in quelle di lei. Non si fidava degli umani, non dopo quello che avevano fatto a sua sorella Niniane e a lei, che era stata strappata dal petto della mamma senza pietà. Quella signora però cominciava a piacerle, se non altro perché le aveva dato una cosa che nessuno mai aveva pensato di regalarle da quando aveva lasciato l’enclave di Altura Perenne, due settimane prima: la condivisione. Wynne aveva pianto con lei per la sua sofferenza, e questo per Nimue valeva molto più dell’ottimo cibo che assaggiava solo adesso per la prima volta in vita sua.













Mi sono resa conto che, più scrivo, più il legame fra Nimue e Wynne risulta importante all'interno della mia long, per cui giorni fa mi è venuto in mente di mettere nero su bianco questo loro primo incontro. Non so se sono riuscita a rendere l'idea di quanto importante sia stato, spero solo di aver avuto quantomeno la sensibilità di trasmettere qualcosa a chi legge.
Avverto subito che questa settimana non aggiornerò Nimue perché non ho avuto modo di procedere con la stesura dei capitoli a venire. Per questo mi scuso con i lettori, promettendo per lo meno, a chi fosse interessato, di dedicarmi a questi racconti brevi.
Grazie alla mia beta Atlantislux e ad Erecose che mi incoraggiano sempre.
Shainareth





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Capitolo 2
*** Re ***







RE




Re Maric era morto.

   Quando apprese questa notizia, durante il tragitto fra il dormitorio femminile e la sala in cui si recava per fare colazione con tutti gli altri, rimase senza parole. Non lo aveva mai conosciuto né visto da lontano, ma la consapevolezza che lui non ci fosse più, le fece perdere un solido punto di riferimento: da che aveva memoria, Maric Theirin c’era sempre stato. Era strano, adesso, pensare che il Salvatore del Ferelden non avrebbe accompagnato i suoi amati sudditi negli anni a venire.

   «Chi te lo ha detto?», chiese dopo un po’.

   Winifred scosse le spalle. «L’ho sentito dire ad uno degli Incantatori anziani poco fa.»

   «E non è possibile che si sia sbagliato?»

   Non ebbe risposta, poiché un trafelato Jowan comparve davanti a loro, così di colpo che fece sobbalzare entrambe. «Lo avete saputo?»

   «Di Re Maric?»

   «Allora è vero», biascicò, mordendosi il labbro inferiore con espressione preoccupata. Scambiò uno sguardo con Nimue e lei gli passò un braccio dietro la schiena, riprendendo a camminare stringendosi a lui, che subito ricambiò il gesto. «Non riesco a crederci.»

   «Non dirmelo», mormorò Winifred affiancandoli per proseguire insieme a loro verso la sala mensa.

   «Che succederà adesso? Non dovremo temere un’altra guerra con Orlais, vero?»

   «Dubito che il Principe Cailan si metta in testa di mandare a monte tutto il lavoro fatto da suo padre», rispose l’elfo, accoccolandosi contro il petto dell’amico. Erano entrambi di indole nervosa, piuttosto insicuri e tanto, tanto soli. Avevano perciò instaurato un rapporto di fraterna simbiosi, riuscendo a capirsi subito con una sola occhiata. «Non avrebbe senso.»

   «Teyrn Loghain però odia Orlais, è risaputo», le fece presente Jowan, più scettico. «Magari potrebbe istigarlo a dare fastidio ai nostri vicini.»

   «Non essere sciocco», lo rimproverò Winifred, piantando due pupille contrariate su di lui. «Teyrn Loghain, Re Maric e la Regina Rowan si sono quasi fatti ammazzare per mettere fine alla precedente guerra, sarebbe oltremodo stupido ricominciare tutto daccapo. E da solo, per di più.»

   «Non è da solo, ha il Principe Cailan», le fece presente l’altro.

   «Re Cailan», lo corresse Nimue. Fra i tre rimaneva la più silenziosa, ancora intenta ad assimilare quella notizia, tanto che il pronunciare insieme quelle due parole le fece grande impressione. Si chiese se l’annuncio del tragico lutto che aveva colpito tutti loro avesse già fatto il giro dell’intero Ferelden e se fosse giunto anche ad Altura Perenne. Certo che sì, si convinse poi: era più vicina a Denerim rispetto a Kinloch Hold. Sua madre e Niniane avevano quindi già saputo? Come avevano reagito? Persino nelle enclavi non si parlava male di Re Maric, e, anzi, le avevano detto che da quando l’Usurpatore di Orlais era stato deposto ed il trono riconsegnato nelle mani della dinastia Theirin, le condizioni degli elfi erano migliorate sensibilmente. D’altra parte, un re ha le mani legate dalla politica, e pertanto può fare ben poco di propria iniziativa.

   «Suona bene», esordì d’un tratto Jowan, quando varcarono la soglia della sala comune. Le due ragazze gli rivolsero uno sguardo interrogativo. «Re Cailan, intendo. Ha un bel suono. No?» Sorrise, cominciando a trovare la cosa affascinante. «Re Cailan è il nuovo sovrano del Ferelden. Mi piace.»

   Winifred sospirò, ma evitò di replicare, precedendolo di poco nella ricerca di un posto libero per consumare la colazione. Nimue invece rimase ferma sulle gambe, lasciando che i suoi amici si accomodassero con gli altri loro compagni senza di lei. Alzò gli occhi all’alto soffitto, fissando il nulla, mentre le sue sensibili orecchie da elfo iniziavano a captare commenti d’ogni genere sulla tragedia appena avvenuta. Quello che diceva Jowan non era sbagliato: adesso avevano un altro re. Un uomo che, supponeva Nimue, in quel momento non stava affatto gioendo per il nuovo, prestigioso ruolo da lui ora rivestito. E come si poteva essere felici per la morte del proprio padre? Il suo era scomparso poco prima che lei nascesse, ma era certa che, se fosse stato vivo, sarebbe stato preziosissimo. Sua madre lo era, dopotutto.

   Sentì Jowan chiamarla con fare vivace e, riscossasi dai suoi pensieri, si avviò nella sua direzione con la consapevolezza che, in fin dei conti, per quanto belle fossero le parole di Wynne, non tutti provavano dolore allo stesso modo.













Ci credete che mentre scrivevo la presente shot, neanche per un attimo ho pensato che Maric era anche padre di Alistair? XD Ohi, ohi... o la vecchiaia avanza (Ma anche no! Ho solo diciassette anni!) oppure sono proprio scema (Che è l'ipotesi più attendibile). Insomma, pur non volendo, faccio un sacco di torti al povero Alistair... Va beh.
Ringrazio tutti quelli che hanno accolto questa raccolta con entusiasmo: vi ho nel cuore, dal primo all'ultimo. In ordine alfabetico (per non far torto a nessuno), mando un bacio a: Ashar, Atlantislux, BgmnhOO, Erecose, Evertine, Lara e The Mad Hatter. Sia per le recensioni, sia perché si sono presi semplicemente la briga di leggere. ^^
Ah, piccola nota prima di salutarvi: le shot non seguiranno un ordine cronologico ben preciso, poiché le scrivo a seconda delle idee che mi vengono in testa e perciò può essere che prossimamente io torni a parlare dell'infanzia di Nimue.
Un bacio a tutti e buona serata!
Shainareth





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Capitolo 3
*** Proposta ***







PROPOSTA




Eadric prese coraggio. «Mi chiedevo… se ti andasse di stare un po’ con me.»

   «Jowan mi ha chiesto di aiutarlo a ripassare quell’incantesimo che oggi non è proprio riuscito a fare durante l’ultima ora di lezione», gli fece sapere lei, riponendo uno dei volumi che portava fra le braccia in uno degli scaffali della biblioteca.

   Il giovane non si perse d’animo. Spostò il peso del corpo da un piede all’altro e, spolverandosi la tunica scura con il dorso delle dita, sorrise. «E non puoi rimandare a più tardi?», le chiese, ammiccando per farle capire dove volesse andare a parare.

   Nel chiuso mondo dei maghi, era piuttosto usuale farsi compagnia a vicenda senza necessariamente ritrovarsi coinvolti in una relazione di tipo amoroso, tanto che, fuori dalle mura di un Circolo, la prima reazione che aveva la gente che si imbatteva in questo genere di proposte era quella di sbigottimento. C’era ovviamente chi se ne approfittava subito, specie se la profferta veniva da una bella signora o da una ragazza, ma c’era anche chi rimaneva profondamente turbato da tali atteggiamenti, ritenuti spesso persino più audaci e spregiudicati di quelli delle donne di strada. A Kinloch Hold, però, situazioni del genere rientravano nell’assoluta normalità, e nessuno avrebbe mai gridato allo scandalo.

   Il problema di Eadric, tuttavia, era che aveva fatto un grosso, grossissimo errore, puntando la persona sbagliata per poter sfogare i propri istinti.

   «Ormai ho promesso», disse infatti Nimue, molto più interessata a leggere il titolo sbiadito del manoscritto che aveva tra le mani che ai segnali che l’altro le mandava. Non che la fanciulla cercasse di liberarsi di lui in modo cosciente. «Secondo te questa è una E o una F

   Sospirando, il giovane si curvò su di lei per dare uno sguardo. «Forse una F», rispose. «Il punto è che tra elfi ci si intende meglio, non credi?», continuò poi nel suo discorso, provando a risvegliare la sua attenzione.

   Lei scosse le spalle. «Dipende dal carattere della gente. La razza non c’entra nulla.»

   Di certo, si convinse Eadric erroneamente, Nimue era una piuttosto complicata. Gli era già capitato con un’altra ragazza di avere difficoltà nel convincerla ad appartarsi un po’ con lui, perciò decise di non disperare ed allungò una mano per intrappolare la punta della sua treccia fra pollice ed indice, iniziando a giocherellarci. «Davvero non ti va?», domandò in modo più sfacciato, mentre la sua compagna arrestava le proprie azioni per non farsi strappare via i capelli. Benché quel contatto la mettesse a disagio, tra loro due c’erano sempre stati buoni rapporti, anche perché con lei Eadric si comportava bene, mostrandosi amichevole e gentile. Se però Jowan o Winifred erano presenti, il giovane mutava atteggiamento, specialmente nei confronti di questi ultimi. Nimue sospettava che avesse qualche problema con gli umani. «Ci metteremo poco. O magari tanto. Dipende da te», proseguì lui, cercando di stuzzicare la sua fantasia.

   A quel punto la fanciulla perse la pazienza. «Ma a far cosa?»

   Quella domanda rimase sospesa nell’aria, ed Eadric lasciò la presa sulla sua chioma, scrutando l’altra apprendista con espressione assai perplessa. Davvero non aveva capito? O era solo un pretesto per fargli intuire che non era interessata? E se non lo era, perché non dirlo chiaramente? Se lo era, perché non mandare al diavolo quell’umano e seguire invece lui?

   «Conosco un posto piuttosto appartato, al terzo piano», provò allora a spiegarle con un sorriso stentato. «Io ci vado spesso.»

   Nimue si morse nervosamente l’interno della bocca, non avendo la più pallida idea di cosa passasse per la testa del compagno più anziano. Quell’informazione doveva forse interessarle? «Ah, sì?», mormorò. «Fico.»

   Eadric si umettò le labbra con la punta della lingua. «Quindi, se ti va, possiamo andare lì.»

   Lei si portò una mano alla fronte, scostando la frangia dagli occhi tanto per avere qualcosa da fare e per apparire naturale. «Intendi con Jowan?» Dopotutto provare incantesimi in luoghi affollati poteva risultare pericoloso. Se si riferiva a quello.

   L’altro sbiancò. «No!», esclamò a voce alta, facendo voltare gli altri apprendisti che, sparpagliati attorno ai vari tavoli della grande biblioteca, erano impegnati in ricerche di vario genere. Alcuni reclamarono il silenzio. Eadric si schiarì la gola ed abbassò il tono. «Perché deve esserci Jowan?»

   «Perché è il mio migliore amico», fu l’ovvia risposta che ricevette.

   Non sapendo cosa diamine pensare di tutta quella storia, su di lui l’ebbe vinta una morbosa curiosità: «Sei abituata a farlo con lui?»

   Di nuovo Nimue fece spallucce. «Quando ha bisogno, sì.»

   «Anche insieme ad altri?»

   «Se capita.»

   Appresa quella tragica confessione, Eadric ci mise un attimo per immagazzinarla a dovere – attimo che passò appoggiandosi alla mensola di una libreria. «Capisco», biascicò fiaccamente. «L’idea non mi attira per niente.»

   Lei aggrottò le sopracciglia, continuando a non seguire i suoi ragionamenti. «Quindi?»

   Il giovane ci pensò su. Non che Nimue gli piacesse particolarmente, ma verso gli umani provava un sentimento ostile. Oltretutto di elfi femmina all’interno del Circolo ce n’erano davvero pochi, e ancor meno erano quelli che potessero andar bene per età. Cosa doveva fare? Rinunciare o accettare l’idea di assecondare i fantasiosi e discutibili capricci di quella ragazzina?

   Scorse Jowan varcare la soglia della biblioteca ed aggirarsi fra tavoli e scaffali con la sua andatura assai sgraziata – rispetto a quella degli elfi – e quella visione diede risposta alla voce della sua coscienza: non ce l’avrebbe mai fatta a sopportarlo.

   «Senti, mi sono ricordato che avevo già un impegno. Facciamo un’altra volta?»

   Nimue lo fissò sempre più confusa. «Oh… Sì, va bene», farfugliò, lieta per lo meno di mettere fine a quella stramba conversazione.

   «Allora ci vediamo in giro», la salutò Eadric, quasi scappando nella direzione opposta a quella dalla quale proveniva Jowan.

   Quest’ultimo si avvicinò alla compagna, seguendo con gli occhi la fuga del giovane. «Aveva fretta?»

   «Può darsi…» Accortosi del carico di libri che pesavano fra le braccia dell’amica, li prese, sistemandoli però alla rinfusa nel primo spazio libero che trovò negli scaffali. «No!», protestò Nimue, dandogli uno schiaffo su una spalla. «Li stavo rimettendo in ordine!»

   «Chi vuoi che se ne accorga?», la derise affettuosamente Jowan. «E comunque almeno così terremo impegnati gli Adepti della Calma, che, rassettandoli, potranno vivere un’emozionante avventura.»

   «Sei un vero cretino», gli inveì stancamente contro la ragazza, lasciando perdere. Ne aveva abbastanza di discutere con i pazzi per quel giorno.

   «Allora, andiamo?»

   «Sì, ma prima ti spiace se raggiungiamo Eadric? Mi sono dimenticata di chiedergli dov’è quel posto appartato di cui mi stava parlando poco fa.»

   Jowan la fissò stranito. «Un posto appartato?»

   «Mi ha detto che è al terzo piano, lui ci va spesso.»

   Si allisciò il mento con fare pensoso, osservando l’elfo con le palpebre socchiuse. «Ti aveva invitata lì?»

   Nimue annuì. «Per provare in modo sicuro gli incantesimi», gli rivelò. «Almeno credo», aggiunse in un sussurro.

   L’altro ruotò le pupille al cielo e le passò un braccio dietro le spalle, guidandola lentamente fuori dalla biblioteca. «Vieni. Dobbiamo fare due chiacchiere. Può darsi che oggi sia io a spiegare qualcosa a te, anziché il contrario.»













Ecco (anche) perché Nimue è uscita intonsa da quel posto. Ora, le cose sono due: o scoraggiava tutti quelli che l'avvicinavano, anche chi poteva vagamente interessarle, oppure Eadric aveva sparso la voce sulle sue strane fantasie, e la nomea di Nimue era peggiore di quella delle altre maghe. XD Poverina... E povero Alistair! O_O;
Va beh, va beh, sono cose che capitano...
Dunque, vi informo che ho già scritto anche la quarta shot, e che sono andata un po' avanti con la long, quindi è probabile che per domenica io riesca ad aggiornare. Lo spero, per lo meno. Una cosa è certa: ODIO Orzammar. +_+
Grazie a tutti i lettori, ai recensori e a coloro che hanno inserito questa raccolta fra le storie preferite o fra quelle seguite. ^^
Shainareth





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Capitolo 4
*** Tormento ***







TORMENTO




Winifred le aveva regalato un abbraccio e un sorriso, rassicurandola che tutto sarebbe andato per il meglio. Ma quando Nimue aveva incrociato lo sguardo di Wynne, chiamata d’urgenza da Irving in cima alla Torre insieme ad altri Incantatori anziani, non c’era stato bisogno di chiederle niente: non era andata affatto bene. Anzi.

   Stravolta dal dolore provocato dalla consapevolezza di non poter più rivedere la sua amica, Nimue era quindi scappata verso la cappella, inseguita subito da Jowan che l’aveva stretta a sé e aveva pianto con lei fin quasi a rimanere senza fiato.

   Ecco cosa significava essere maghi: diventare reietti fino a che altri non avessero decretato che eri pronto per vivere in mezzo a loro, nonostante i tuoi poteri. Come se un infermo guarisse da una malattia contagiosa e ne portasse tuttavia ancora i segni. Malattia della quale si poteva anche morire se non si riusciva a superare la fase critica: il Tormento.

   Avevano già vissuto indirettamente quell’esperienza, ma mai così da vicino. Quella mattina, invece, il Primo Incantatore, accompagnato dal Comandante Greagoir e da alcuni altri soldati, era venuto a scortare Winifred fino alla cima della Torre del Circolo perché ritenuta ormai pronta per affrontare la prova finale del suo corso di studi. Erano stati talmente sicuri del buon esito del suo Tormento che avevano persino fatto venire tre apprendisti templari fino a Kinloch Hold per dare loro la possibilità di assistere all’esame.

   Nimue sapeva che la sua compagna più grande era stata una degli studenti più brillanti, e lei stessa si era sorpresa nel desiderio di volerla emulare. E ora non avrebbe più potuto farlo.

   Quando i suoi singhiozzi si placarono per lasciarla respirare, udì la porta della cappella aprirsi con uno schianto, un’imprecazione e poi il clangore di qualcosa di metallico che cadeva a terra, come se fosse stato gettato via con forza. Tra il velo di lacrime che le offuscava la vista, seguì la figura distorta di un templare che avanzava dritto verso la statua di Andraste e crollava in ginocchio nella semioscurità della sala, le mani giunte. L’elfo si asciugò gli occhi con la punta delle dita e abbassò lo sguardo sul pavimento, dove scorse un elmo e una spada dalla lama insanguinata.

   «È uno di quelli che hanno ammazzato Winifred», sottolineò Jowan con la voce distrutta dal dolore e dalla rabbia.

   Nimue tirò su col naso e non rispose. Si chiedeva se fosse davvero giusto avercela con quell’uomo: dopotutto egli aveva soltanto compiuto il proprio dovere, evitando conseguenze peggiori per tutti. E, a giudicare dal modo in cui le sue spalle tremavano, era facile intuire che anche lui stava soffrendo per quel che era stato costretto a fare. Non riusciva a vederlo in faccia, ma era quasi certa che stesse piangendo esattamente come loro.

   «Prima o poi toccherà anche a noi», mormorò Jowan, accanto a lei, fissando la spada abbandonata non molto distante dal punto in cui si trovavano, in fondo alla cappella.

   Neanche stavolta Nimue proferì parola, preferendo rispettare il silenzio di quel luogo e il dolore di chi, pur agendo nel bene, forse poteva correre il rischio di odiare se stesso perché colpevole di aver appena spezzato una vita innocente.













Questa avrà un seguito, anche perché non si può trattare in modo così poco approfondito ciò che Nimue pensa davvero dei templari. Tanto riesumerò presto Cullen, e allora mi sfizierò. <3
Intanto volevo precisare che ho voluto giocare sul titolo della shot e sulla situazione dei due ragazzi e del templare, che non riescono a guardarsi in faccia, per una ragione ben precisa: a conti fatti, quel templare potrebbe essere Alistair.
Vi spiego il perché.
Durante la partita di Origins, Alistair racconta che ha assistito al Tormento di una ragazza, ma che questa non è sopravvissuta. Ed è stato in quel momento che egli ha capito che non voleva diventare un templare, perché non voleva fare ancora del male a persone innocenti. Inoltre, se ci pensate, per aver assistito ad un Tormento, Alistair deve necessariamente essere passato per la Torre del Circolo.
Ad ogni modo, quel templare potrebbe anche non essere Alistair, benché io abbia scritto che al Tormento di Winifred c'erano ben tre apprendisti. Lascio al lettore la scelta della sua identità, poiché io stessa non ho voluto indagare mentre scrivevo. ^^ (Suona da dementi, ma è così.)
A presto e grazie a tutti quelli che leggono e commentano!
Shainareth





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Capitolo 5
*** Forbici ***







FORBICI




Seduta su di uno sgabello, si era rifiutata di volgere lo sguardo allo specchio per non piangere. Serrò le palpebre non appena udì la prima forbiciata. Alla seconda, strinse i pugni attorno alla stoffa della gonna. Sapeva che sarebbero ricresciuti, ma lo reputava comunque un peccato.

   «Al posto tuo gli infilerei una sanguisuga nelle mutande», provò a consolarla Winifred, accortasi del suo stato d’animo. Anche lei amava portare i capelli lunghi, perciò la capiva perfettamente.

   «Non l’ha certo fatto apposta», mormorò Nimue, rassegnandosi pian piano a dire addio alla sua bella treccia. E tutto perché Jowan, pur essendo tanto avanti con gli studi, durante le lezioni mattutine era riuscito nella mirabile impresa di dar fuoco anche alla chioma della sua amica oltre che al proprio ceppo.

   Winifred sorrise. «Dici così perché c’è mancato poco che tu facessi la stessa cosa con Keili», osservò. «Me ne sono accorta, sai?»

   Nimue si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore. Sapeva di essere brava, tuttavia col fuoco aveva davvero problemi di controllo. Non perché non sapesse come fare, quanto perché l’energia che sprigionava usando quel tipo di potere era troppa, e lei, pur impegnandosi, non riusciva a dominarla del tutto.

   «Sai cosa facciamo?», ricominciò Winifred, continuando nel suo lavoro con pettine e forbici. «Dopo proviamo a vedere se troviamo qualche bel nastro con cui acconciarli.»

   L’altra sospirò. «No, lascia perdere. Non mi starebbe bene.» Non le piaceva agghindarsi in modo troppo appariscente, poiché era convinta che un elfo dovesse mantenere un aspetto sobrio per non risaltare maggiormente all’occhio.

   «Non potremo saperlo se prima non proviamo», la contraddisse la maggiore. Che arrestò le proprie azioni quando arrivò in prossimità delle lunghe appendici auricolari della sua compagna. Storse la bocca in una smorfia, la fronte aggrottata: come avrebbe fatto a tagliarle per bene i capelli senza rischiare di affettarle un orecchio? Avrebbe potuto spostargliene uno, ma sapeva che erano molto delicate e non voleva crearle problemi.

   «Hai già finito?», le chiese Nimue.

   «Non ancora», rispose lei. «È che…»

   La porta si aprì di colpo, e Jowan poco si curò delle proteste delle altre ragazze, stufe delle sempre più sfacciate intrusioni dei maschi nel dormitorio femminile. «Vado via subito», garantì lui con fare scocciato, dirigendosi in fretta verso il punto in cui erano le sue amiche.

   «Si usa bussare», lo rimproverò Winifred, le mani sulle anche.

   «Perdonami», disse il giovane. Ma non a lei.

   Nimue gli sorrise. «Se non lo facessi, sarei una vera ipocrita», lo rassicurò. «Mi meraviglia piuttosto com’è che tu abbia commesso un errore simile. Col fuoco sei più bravo di me.»

   Jowan si accomodò a terra davanti a lei, le gambe incrociate, i gomiti sulle ginocchia. «È colpa di Winifred», ebbe il coraggio di affermare.

   Allibita, la maggiore strabuzzò gli occhi. «Mia? E perché mai?»

   Lui sghignazzò, ma rimase in silenzio. Avrebbe tenuto quel segreto per sé, anche per non rischiare di coinvolgere la bella apprendista sacerdotessa che era arrivata appena due giorni prima al Circolo e che subito gli aveva fatto girare la testa. La colpa di Winifred, infatti, se così poteva chiamarsi, stava nell’aver nominato Lily proprio quando Jowan stava per lanciare il proprio incantesimo. E se da un lato il risultato era stato disastroso perché aveva incendiato la treccia di Nimue, dall’altro era stato provvidenziale perché aveva evitato che l’elfo appiccasse il fuoco a mezza classe, e non solo a Keili.

   «Sempre ad addossare i tuoi guai agli altri», sbuffò Winifred, ricominciando a pettinare la chioma dell’amica e a pensare a come fare per sistemarle i capelli vicino alle orecchie. «Nimue, dagli meno confidenza possibile», disse poi per ripicca, facendola ridere. «E rinnovo il mio consiglio di infilargli una sanguisuga nelle mutande.»

   Jowan si costrinse a tacere una battuta sconcia, limitandosi a fare il broncio come un bambino. «Ricorri a questi mezzucci perché non sei capace di vendicarti con la magia?»

   «Lo sai che sono molto più brava di te, stupido», ribatté la maggiore. «Non voglio richiamare l’attenzione dei templari, altrimenti ti darei una sonora lezione, credimi.»

   L’altro spostò gli occhi scuri su Nimue. «Che dici, la provoco ancora? Così magari interviene il tuo spasimante.»

   Lei aggrottò un sopracciglio. «Di chi parli?»

   «Di Cullen.»

   Arrossì, distogliendo lo sguardo. «Scemo.»

   Divertito, Jowan tornò a rivolgersi a Winifred. «L’altro giorno ha rifiutato Eadric per lui», le confidò, condendo la storia di dettagli fasulli.

   «Jowan!», lo richiamò Nimue, imbarazzata ed infastidita.

   «Senti, hai poco di che lamentarti», replicò lui. «È quello che hai fatto. Forse non per Cullen, è vero», ammise, «ma lo hai rifiutato. E tutto perché non avevi capito cosa volesse da te.»

   L’elfo si morse nuovamente un labbro, mortificata a causa del proprio scarso acume. «E già non aveva capito cosa volesse da lei Gavin, l’anno scorso», spettegolò Winifred, allegra.

   «Oh, Creatore!», esclamò Jowan, alzando le braccia al soffitto con fare esasperato. «Cosa diamine pensi che possa volere un maschio da una femmina, Nimue?»

   Ormai a disagio per via dell’attenzione che sempre più compagne stavano rivolgendo loro, a mo’ di giustifica la ragazza farfugliò un appena percettibile: «Ma tu non mi hai mai chiesto niente… Credo.»

   Inteneriti da quell’aggiunta finale, i suoi amici risero e si sporsero verso di lei per baciarle il viso contemporaneamente. «A te ci tengo troppo, sciocca», la informò allora Jowan. Il quale, decisosi finalmente a sloggiare dal dormitorio delle ragazze, puntò un dito su Winifred e annunciò: «Per cui, se provi a tagliarle un orecchio, giuro che brucio anche i tuoi capelli.»

   Dopo di che, fu costretto a scappare fin quasi sulla soglia degli alloggi dei templari per sfuggire alle forbici che lei serrava nel pugno.













Eh, sì, stavolta niente scarabocchio, proprio non mi veniva fuori. :( L'altro giorno però sono riuscita a fare uno schizzo di Nimue davvero caruccio, tanto che ho deciso di colorarlo! <3
Intanto ringrazio tutti i lettori, la mia beta Atlantislux, la mia generosissima Lara, il mio "incoraggiatore" personale (XD) Erecose, Evertine e The Mad Hatter che sono venuti a scovarmi anche su DeviantArt, ashar (A cui ricordo che la maga è Nimue e non io, anche perché COL CAVOLO che io avrei affrontato il Tormento! XD), The Warden Archivist (Bentornata, cara! :D) e BgmnhOO (Che ha inserito questa raccolta fra le storie preferite).
Ah, e quanto al templare della scorsa shot, visto che il parere è stato pressoché unanime, direi che possiamo dargli davvero un'identità adesso, no? ;)
Bacio e buona serata!
Shainareth
P.S. Aggiornerò la long a breve. ^^





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Capitolo 6
*** Incontro ***







INCONTRO




Era lì da poco più di una settimana e ancora faticava ad ambientarsi. La presenza di tutti quei maghi lo metteva a disagio, lo innervosiva. Non che li odiasse, e anzi il Primo Incantatore gli pareva davvero una persona a posto; semplicemente, gli sembrava di stare perennemente in tensione a causa di ciò che sarebbe potuto accadere da un momento all’altro nel qual caso uno di loro fosse di colpo impazzito o avesse tentato di liberarsi dalla prigionia di quel luogo. Per molti templari Kinloch Hold era una sorta di manicomio, per i maghi soltanto una gabbia. Lui invece stava ancora cercando di farsene un’idea propria.

   I suoi occhi scuri seguirono i movimenti di una coppia di apprendisti che attraversava il corridoio, diretta verso il piano superiore. Si chiese se quei due avrebbero mai passato il Tormento. Sperava di sì, perché erano davvero molto giovani, e falciare le loro vite così presto sarebbe davvero stato un peccato. Durante gli anni trascorsi sotto l’ala protettiva della Chiesa, gli era stato insegnato che i maghi erano creature molto più vicine ai demoni dell’Oblio che agli umani veri e propri, ma anche su questo Cullen aveva ancora le idee confuse. Alla fine aveva preso i voti convinto di ciò che stava facendo, e neanche una volta, in quei tre anni, si era pentito di quella scelta: essere un templare significava vigilare costantemente sulla sicurezza dei comuni cittadini. Essere un templare a Kinloch Hold, tuttavia, era un compito assai più gravoso, poiché adesso gli toccava tenere costantemente sott’occhio ogni abitante della Torre del Circolo, tutti potenziali mostri – e al contempo vittime. Si sentiva perciò onorato di essere stato chiamato lì dal Comandante Greagoir in persona, e si era ripromesso di non deluderlo.

   Quel suo proposito, comunque, risultava piuttosto difficile da mantenere allo stato attuale dei fatti proprio a causa del nervosismo. Temeva di sbagliare qualcosa, temeva di essere troppo duro con i maghi del Circolo o forse troppo accondiscendente. Un suo compagno più anziano, che si era accorto della cosa, lo aveva rassicurato. «Imparerete a farci l’abitudine», gli aveva detto. «Voi però cercate di non affezionarvi a nessuno di loro.»

   Perché mai avrebbe dovuto farlo?, si era domandato Cullen. Non aveva esposto quel suo dubbio ad alta voce e adesso cominciava a chiedersi se non fosse stato invece il caso di farlo. Sapeva del Tormento che avrebbe portato via da lì forse la metà di quelle giovani vite che mettevano piede alla Torre per imparare a usare la magia, e nonostante questo molti dei suoi colleghi si divertivano a spaventare gli apprendisti. Trovava la cosa piuttosto disdicevole, non la approvava neanche un po’ perché riteneva ingiusto approfittarsi in quel modo infantile dei propri poteri.

   «Oggi è davvero una giornata morta», gli stava dicendo il templare a cui stava dando il cambio all’entrata della biblioteca. «Meglio così. Nessun Tormento prima di un mese, pare», aggiunse soddisfatto l’uomo, sfregandosi le mani coperte dai pesanti guanti di maglia dell’armatura. «Avete già pranzato?»

   «Sì, mezz’ora fa», rispose Cullen, fermandosi sulla soglia della sala letture. «Andate pure a riposare, ci penso io qui.»

   L’altro però non si mosse e dopo qualche istante esordì con: «È da un po’ che vi osservo.» Lui aggrottò le sopracciglia, confuso. «Oh, perdonatemi. È solo che sono qui da parecchi anni, sapete, e mi è capitato di vedere diversi giovani come voi. Molti arrivano con aria smarrita, spaventata. Altri invece sono talmente pieni di sé, convinti di essere onnipotenti solo perché hanno la capacità di avere la meglio su di un mago, che verrebbe voglia di prenderli a schiaffi.»

   Incuriosito, Cullen chiese: «A quale categoria apparterrei, secondo voi?»

   «Alla prima», gli rispose quello. «Ma non del tutto.»

   «In che senso?»

   Il templare più anziano si guardò attorno, tamburellando le dita della mano sinistra sull’elsa della spada appesa al fianco con fare quasi divertito. «Mi è parso di capire che il trovarvi qui, in mezzo a tutti questi maghi, vi faccia stare sulle spine. Eppure siete comunque abbastanza forte da mantenere un certo contegno, senza reagire come fanno alcuni per vincere questo vostro stesso stato.»

   «E cioè?»

   «Per vincere il nervosismo, si ricorre al suo esatto opposto», rivelò, tornando a guardarlo. «Ma, lasciatemelo dire, la troppa sicurezza in sé porta soltanto guai. E si finirebbe per uniformarsi a quegli sciocchi che arrivano qui convinti di essere onnipotenti, come vi dicevo prima.»

   «Non mi piace quando i templari spaventano i ragazzini senza motivo», ribatté Cullen per prendere le distanze da quegli individui.

   L’altro si fece una breve risata. «Non sembrate il tipo da fare cose del genere», lo tranquillizzò battendogli affettuosamente una mano sul braccio. «Tenete però conto delle mie parole, perché a volte questo processo avviene inconsciamente», lo avvisò poi, facendosi serio. «Non abbassate mai la guardia. Non solo con i maghi, ma anche con voi stesso.»

   Se l’intento di quell’uomo era di farlo mettere a proprio agio... beh, non ci era riuscito. Cullen adesso si sentiva ancora più nervoso di prima per via della possibilità di diventare un orco. Pur rimanendo sulla soglia della biblioteca, si mosse verso destra, spostando il peso del corpo da un piede all’altro. «Per voi com’è stato?», volle sapere.

   Il suo collega scrollò le spalle. «Più o meno come per voi. Ecco perché mi sono permesso di darvi qualche consiglio. Spero solo di non avervi offeso.»

   «No, affatto», assicurò il più giovane, sbilanciandosi stavolta verso sinistra, a testimonianza che l’ansia cominciava davvero a divorarlo. «Anzi, lasciate che vi ringrazi per i vostri avvertimenti. Ne farò tesoro.»

   «Bene», annuì l’altro. E vedendolo muoversi di nuovo sulla destra, non riuscì a fare a meno di domandare: «Dovete andare in bagno?»

   «Cosa?»

   «Se avete bisogno, resto altri cinque minuti in attesa che torniate.»

   «Oh, no, no. Non occorre.»

   «Sicuro? Non mi pesa, state tranquillo. E poi non ho tutta questa fretta di andare a mangiare, stamattina ho fatto una colazione molto abbondante.»

   Imbarazzato, Cullen si dondolò ancora sul posto, questa volta con molta meno grazia, finendo col dare una spallata a un ragazzo che stava uscendo dalla biblioteca e che barcollò per il colpo ricevuto. «Sono desolato!», esclamò Cullen, arretrando d’istinto.

   Un tonfo alle sue spalle lo indusse a voltarsi, e solo allora si accorse di aver combinato un altro guaio: tra alcuni libri sparpagliati ai suoi piedi, sul pavimento giaceva anche una bambina elfo. L’aveva travolta e neanche se ne era accorto.

   Si chinò su di lei per assicurarsi che stesse bene e per aiutarla a rialzarsi, così precipitosamente che ella si lasciò scappare un urlo. Spaventato egli stesso da quella reazione, Cullen si sfilò l’elmo dal capo per farle capire che non aveva niente da temere. «Voglio solo scusarmi», le giurò, inginocchiandosi davanti a lei.

   La fanciulla indugiò un attimo prima di trovare il coraggio di incrociare il suo sguardo. Lo reputò buono, per cui accettò la sua mano e tornò a raddrizzarsi sulle gambe. «Mi avete fatto prendere un colpo», lo accusò poi, seppur blandamente, sentendo il cuore che batteva forte in petto per la paura. Non tanto per il fatto che un templare si stesse avventando contro di lei, quanto perché si trattava di un umano. E di un uomo, per di più.

   Le dita ancora chiuse attorno alle sue, Cullen non riuscì a fare a meno di fissarla a bocca aperta: non era una bambina, era soltanto un elfo dalla corporatura piuttosto minuta. «Io... Io sono mortificato», iniziò allora a scusarsi goffamente. «Spero di non avervi fatto male.»

   «No, sto bene», rispose lei, passandosi una mano sulla fronte per scostare la frangia che le impediva in parte la vista. Il giovane notò subito il piccolo difetto delle sue iridi non perfettamente allineate, eppure non poté fare a meno di pensare che fossero davvero belle. Non conosceva molti elfi, per cui ogni volta gli capitava di rimanere affascinato dal colore vivo e quasi irreale dei loro occhi. «Potete lasciarmi la mano, ora.»

   Come riscosso da un sogno, Cullen mollò la presa come se la pelle di lei fosse diventata di colpo incandescente. Quindi, sempre più goffo nei suoi movimenti, tornò a calarsi sulle ginocchia per raccogliere da terra i libri della ragazzina, caduti a causa sua.

   «Me ne occupo io, se volete», si fece avanti il suo compagno più anziano, imitato dall’altro apprendista.

   «Non occorre», rispose lui. «È successo tutto per una mia disattenzione, quindi tocca a me rimediare.»

   L’elfo fece per aprire bocca, ma l’altro templare la anticipò. «Non dovevate andare in bagno?»

   Cullen arrossì fino alla punta delle orecchie e balbettò: «N-No, vi ho detto che non ne ho bisogno.»

   «A-Andate pure», si affrettò a dire la maga, abbassandosi lei stessa per prendere la piuma e i due rotoli di pergamena che erano finiti sul pavimento insieme ai volumi presi in prestito in biblioteca. «Sul serio, posso fare da sola.»

   «Ma no, io...»

   «C’è anche Jowan ad aiutarmi.» Cullen spostò la propria attenzione sul giovanotto che aveva travolto per primo, chiedendosi inaspettatamente se fosse il suo innamorato.

   «Dovete scusarla», prese a dire lui con aria divertita, sentendosi chiamato in causa dal suo sguardo. «Nimue è parecchio imbranata.»

   «Jowan!», protestò lei, sentendo il sangue salirle alle guance. «Non fate caso a lui, è uno sciocco», ci tenne a far sapere al templare senza elmo. Infine, riuscita a rimettere insieme tutte le sue cose, si rialzò, e con un mezzo inchino ringraziò e si allontanò insieme al suo amico verso un’altra studentessa più grande che, in fondo al corridoio, aveva assistito alla scena da lontano con i pugni pressati sulle anche e un’espressione piuttosto rassegnata in volto.

   «Riesci a far danni anche ai templari», iniziò Winifred quando i due la raggiunsero. Sospirò e allungò una mano per ricevere uno dei libri che le avevano portato. «Ti sei fatta male?»

   Nimue strinse le labbra con aria mortificata. «No», biascicò. Si vergognava a dirlo, ma in realtà quel giovane non l’aveva neanche toccata. Semplicemente era caduta da sola, quando, colta alla sprovvista dall’indietreggiare di lui, aveva fatto una mossa falsa, finendo col far scivolare una pergamena dalla pila di roba che aveva fra le braccia; e il gesto istintivo fatto per recuperarla prima che toccasse terra le aveva poi fatto perdere l’equilibrio. Si sentiva in colpa verso quel pover’uomo che aveva visto solo quel giorno per la prima volta; ma era anche lieta di sapere che a conti fatti uno dei nuovi templari mandati al Circolo non era né severo, né maleducato, né tanto meno dispettoso come lo erano molti altri.

   Girò il capo indietro, e da sopra la propria spalla si accorse che lui la stava ancora guardando. Abbozzarono entrambi un sorriso e solo quando il collega più anziano glielo fece notare, Cullen si accorse di aver persino alzato il palmo in cenno di saluto. Il suo compagno gli batté una pacca sulla spalla. «Fate davvero tesoro di quel che vi ho detto», riprese a raccomandargli, cominciando ad avviarsi per consumare finalmente il pranzo, seppur con quasi un’ora di ritardo rispetto a tutti gli altri. «E, se posso permettermi un ultimo avvertimento, non affezionatevi a nessuno di loro: un giorno potreste ritrovarvi a dover mettere fine alla loro vita.»













E dopo aver analizzato il templare della shot sul Tormento (tale Alistair Theirin, a quanto pare... :P), non ho potuto non analizzare anche Cullen, che a conti fatti ha inciso molto di più nell'adolescenza di Nimue.
Mi ero ripromessa di non postare questa shot prima di domani o sabato, ma dal momento che anche la successiva è pronta... Solo che adesso dovrò chiedervi di pazientare un po', almeno per quel che riguarda la long, poiché, impegni personali a parte, mi ritrovo anche con un grosso problema che mi impedisce di procedere celermente. ^^; Almeno ho chiuso il ciclo dei Dalish, quindi quando ripartirò con la long, si parlerà già di Orzammar. A ben guardare, credo di essere giunta a circa metà del lavoro. Per lo meno, voglio sperarlo!
Saluto e ringrazio tutti, dalla mia beta Atlantislux al mio "fan più accanito" Erecose, che riesce sempre, sempre, sempre a leggere anche ciò che ho in testa ma che non scrivo (secondo me o mi legge nel pensiero oppure è un alieno e di notte mi rapisce per vivisezionarmi il neurone). In più un bacino bavoso è d'obbligo anche a The Mad Hatter (Non ho idea di come sia una sanguisuga nelle mutande, ma suppongo sia dolorosa. XD), Lara (Shippameli anche qui e ti picchio! XD), Evertine (Sempre dolcissima! ♥), Salice, ashar e BgmnhOO. ^^
Shainareth
P.S. Ah, già. Il disegno... Va beh, se riuscirò a scarabocchiare qualcosa, la posterò poi su DeviantArt. ^^; Se vi interessa, comunque, quello di Nimue poi l'ho colorato (da cani) e l'ho inserito nel mio profilo qui su EFP.





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Capitolo 7
*** Incubi ***







INCUBI




A quelle urla, tutto il dormitorio si svegliò e subito mandarono a chiamare Wynne. Quella bambina era di sua competenza, dopotutto, e già più volte avevano dovuto ricorrere a lei nelle ultime settimane. Qualcuno era anche andato a lamentarsi col Primo Incantatore, ma l’unica cosa che aveva ottenuto era stata un’esortazione a pazientare e ad aiutare piuttosto che a mostrarsi insofferente davanti a una situazione tanto delicata. Con gli elfi era spesso così, c’era poco da fare. Era difficile riuscire a vincere la loro diffidenza nei confronti degli umani, anche perché molti di quelli che giungevano a Kinloch Hold erano abbastanza grandi da aver vissuto appieno, anche se non direttamente, le umiliazioni a cui erano costretti quelli della loro razza.

   Pur con i capelli arruffati, gli occhi cisposi e la vestaglia infilata frettolosamente sulla lunga camicia da notte, Wynne si precipitò nella camerata delle ragazze, dirigendosi dritta verso uno dei letti in fondo. Si inginocchiò accanto ad esso e poggiò il palmo della mano sul fagotto nascosto sotto le coperte. «Ha avuto un altro incubo?» domandò quando, a quel semplice contatto, tutt’intorno calò il silenzio, con buona pace soprattutto degli studenti.

   «Non lo so», rispose Lia, una delle apprendiste più grandi che per prima era accorsa nel tentativo di calmare la bambina. «Abbiamo provato a chiederglielo, ma non la finiva di strillare.»

   «Ci penso io, ora», disse la donna in tono pratico. «Grazie, tornate pure tutte a dormire.» Quando la situazione parve rasserenarsi, Wynne spostò di nuovo la propria attenzione sul letto. «Nimue?» chiamò piano. Il fagotto si mosse appena. L’Incantatrice scostò lentamente le coperte, rivelando la figura quasi appallottolata della piccola, che si coprì il visetto con le mani. «Hai fatto un brutto sogno?» Annuì. «Vuoi dormire con me?» Un occhio verde sbirciò nella sua direzione, e Wynne si lasciò scappare un sorriso. «Vieni, allora», le disse, incoraggiandola a uscire dal suo rifugio.

   La bambina non si lasciò pregare e subito si allungò verso di lei, avviticchiandosi al suo collo con le braccia e circondandole la vita con le gambe, la testa piegata contro la sua spalla. Wynne si rimise in piedi appoggiando il peso del corpo al proprio bastone, la cui cima emanava una pallida luce che l’aveva aiutata ad arrivare fin lì senza avvalersi di lampade e candele. Quindi, facendo il meno rumore possibile per non disturbare le altre, si allontanò dagli alloggi degli apprendisti con quel piccolo fardello dalle orecchie a punta, abbarbicato a lei come una scimmietta con la sua mamma.

   Wynne non era solita viziare in quel modo i propri studenti, ma con quelli così giovani a volte non si poteva fare altrimenti. In più, benché si rendesse perfettamente conto di rischiare di cadere nell’eccesso opposto, non voleva assolutamente rimpiangere di nuovo la perdita di uno dei suoi allievi, così com’era stato con Aneirin, e pertanto sempre più volentieri si lasciava vincere dal rimorso e dalla tenerezza. Sorrise fra sé, riflettendo su come e quanto gli anni di insegnamento la stessero cambiando, trasformandola pian piano in una donna sempre meno intransigente e sempre più materna.

   Richiuse la porta della propria stanza alle loro spalle, non senza qualche difficoltà nei movimenti, e accese il lume ad olio sul comodino, così da poter abbandonare il bastone in un angolo per dedicarsi soltanto alla bambina. Sedette sul letto, lasciandosela scivolare sulle ginocchia. Nimue finalmente mollò la presa sulla sua nuca, afferrando però fra le dita i lembi dell’ampio collo della vestaglia della sua salvatrice.

   «Mi spiace», mormorò mortificata.

   «Per cosa?» le chiese Wynne, passandole una carezza sulla testa per scostarle i capelli fini dagli occhi e asciugandole la pelle del viso, bagnata a causa delle lacrime che adesso aveva smesso di piangere.

   «Per aver di nuovo svegliato tutti», rispose la piccola.

   «Allora dovremmo cercare di spaventarci di meno dei brutti sogni, non sei d’accordo?» le suggerì l’Incantatrice. L’altra annuì silenziosa. «Dopotutto, non possono farci del male.»

   «Ma Niniane piangeva», farfugliò con voce tremula.

   Quando era stata condotta lì alla Torre, i templari avevano raccontato che Nimue aveva dato fuoco a due umani mentre assisteva impotente allo stupro di sua sorella maggiore. Non c’era da scherzare o da prenderla alla leggera, era una faccenda davvero delicata, più o meno quanto quella delle apprendiste che giungevano lì dopo aver subito sulla propria pelle i desideri carnali di uomini senza onore.

   «Lei adesso sta bene», disse Wynne, cercando di tranquillizzare la bimba.

   «Ethan dice che, quando sogniamo, siamo nell’Oblio, e che lì ci sono gli spiriti cattivi.»

   «Ethan è uno sciocco, vuole solo spaventarti», le assicurò ancora. «Nell’Oblio ci sono anche molti spiriti buoni. E i sogni sono solo sogni. L’importante è sapere che, riaprendo gli occhi, tutto tornerà come prima.» Era troppo presto per spiegarle l’esistenza e l’importanza delle premonizioni che avvenivano durante i viaggi onirici, anche perché i maghi capaci di fare ciò erano davvero una rarità. «Tu sai distinguere i sogni dalla realtà, vero?» Nimue annuì di nuovo, attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno alla punta di un dito. «Ora dormiamo, va bene?»

    «Posso… Per favore, posso avere un po’ d’acqua, prima?»

   Wynne l’adagiò sul letto, e mentre la piccola gattonava sul materasso già pronta a scegliere il cantuccio in cui riposare, lei si adoperò per riempire un bicchiere dalla brocca che sistemava sul comodino tutte le sere. Glielo porse e, aspettando che lei finisse di bere, volle chiarire: «Stanotte resti qui, ma devi promettermi che la prossima volta che avrai un incubo ti sforzerai di ripensare alle mie parole: non c’è niente di vero in quei brutti sogni. D’accordo?»

   Per la terza volta la bimba fece segno di sì con la testa, pur continuando a centellinare l’acqua, tanto da farsene cadere addosso qualche goccia. Wynne sospirò, armata di pazienza; e quando lei finì e la ringraziò, si sorprese ad asciugarle la bocca e il mento con le dita di una mano: esattamente come avrebbe fatto la sua mamma.

   «Infilati sotto le coperte, ora», le ordinò, togliendosi la vestaglia e stendendosi accanto a lei.

   «Wynne?» sentì quasi in un sussurro, quando la luce fu spenta. «Anche se mi avete detto che quello che vediamo nei sogni non è la realtà… i ragni esistono davvero.»

   Corrucciò la fronte. «Quali ragni?»

   «Quelli brutti e grossi che hanno fatto piangere Niniane.»

   «Ah», balbettò. Dunque, era questo l’incubo che aveva tenuto sveglia metà degli abitanti della Torre, quella notte?

   «Avevano anche le ginocchia.»

   «I ragni non hanno le ginocchia, Nimue.»

   «Facevano schifo.»

   Ridacchiò per il disgusto che la piccola non riusciva a nascondere in alcun modo. «Alcuni sì, è vero», ammise, voltandosi verso di lei per rimboccarle le coperte. La sentì muoversi e un attimo dopo la ritrovò di nuovo aggrappata alla sua camicia da notte.

   «Posso dormire qui anche domani?»

   Era un colpo basso, quello. «No, tesoro», si costrinse a risponderle. «Non sarebbe giusto nei confronti di tutti gli altri bambini», le spiegò con sincerità. «E poi, se sapesse che alla tua età dormi ancora con qualcuno, Ethan ti prenderà in giro.»

   Disturbata da quell’idea, Nimue lasciò andare gli indumenti di lei, sistemandosi meglio nella sua porzione di letto e infilando le manine tra la guancia e il cuscino. «Allora domani non piangerò», promise. «Tanto i sogni sono finti», ragionò infine con fare serio; più che altro per convincere se stessa, disperatamente in cerca di un coraggio che sapeva di non possedere. E poi, se pure avesse avuto un altro incubo, c’era sempre la buona Lia a cui chiedere protezione contro i ragni, giusto?













Si nota che mi piacciono i bimbi? XD
Ad ogni modo, di questa devo fare un disegno, assolutamente. Ora non ne ho il tempo, ma quando ci riuscirò, lo posterò su DeviantArt, promesso. è_é
Facendo un passo indietro, e quindi tornando alla scorsa shot, sono davvero lieta di sapere che vi aggrada il modo in cui sto dipingendo l'una e l'altra faccia della Torre del Circolo, e cioé maghi e templari. Ovviamente non finisce qui, tornerò ancora sull'argomento, anche perché mi interessa particolarmente esplorare questo mondo in tutte le sue sfaccettature. Mi chiedo però cosa avrei saputo scrivere se anziché una maga mi fossi creata una guerriera (mio prossimo pg)... Boh, lo scoprirò quando deciderò di finire Awakening con Nimue. :D
Ringrazio tutti coloro che seguono questa raccolta, la mia santissima beta Atlantislux, lo psicologo personale di Nimue Erecose, Lara, Evertine, ashar e The Mad Hatter. ^^
A prestissimo,
Shainareth
P.S. Due parole per la long: al momento sono ferma per causa di forza maggiore, ma prometto di riprendere a scrivere/pubblicare quanto prima. :D





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Capitolo 8
*** Dicotomia ***







DICOTOMIA




«Oh, avete… avete cambiato peli.» Nimue lo fissò interdetta, sperando di aver capito male. «Intendevo capelli!» si affrettò a correggersi lui, sentendo un’improvvisa voglia di prendersi a pugni. «Acconciatura», precisò ulteriormente, cominciando a deprimersi. Sospirò. «Perdonatemi», mugugnò abbassando gli occhi.

   La ragazza si morse l’interno della bocca per non ridere. «Non avete nulla da farvi perdonare, Cullen», lo rassicurò. «E comunque sì, ho cambiato acconciatura. Siete stato gentile a notarlo.» Non che fosse difficile accorgersene, visto che Winifred era stata costretta a tagliarle quasi mezzo metro di treccia.

   Il templare riacquistò un po’ di coraggio, tornando a guardarla e ad abbozzare un sorriso. «Beh… Vi… Vi dona.»

   «Sul serio?» volle sapere Nimue, intimamente felice per quel complimento.

   Si era davvero disperata davanti alla sua nuova immagine riflessa allo specchio, benché tutti le assicurassero che Winifred aveva fatto un ottimo lavoro; e il sentire adesso quelle parole da Cullen non poteva che farle piacere. In realtà, sapendo che quel giorno il giovane sarebbe stato di turno nei pressi del magazzino, aveva tentato di evitare di gironzolare per il secondo piano della Torre per paura di incontrarlo, e invece alla fine era stata convocata da uno dei suoi insegnanti, e se lo era ritrovato davanti a metà delle scale. Non riuscendo a far finta di non vederlo, pur con una voglia matta di scappare, lo aveva salutato in modo educato come suo solito; se non che lui, gli occhi pieni di meraviglia, si era imbambolato sui gradini impedendole di proseguire e costringendola a fermarsi per scambiare due chiacchiere.

   «Non credete siano troppo corti?» domandò con fare timido. Per colpa di tutte le prese in giro di Jowan, ormai le era diventato impossibile ignorare la simpatia che, era palese, Cullen provava nei suoi confronti. Era troppo modesta per credere che quel templare fosse interessato a lei in quel senso, tanto più che sarebbe stato sconveniente e persino immorale: Cullen non aveva forse preso i voti?

   Il giovanotto scosse il capo con decisione, sentendosi di colpo importante: lei stava chiedendo il suo parere. Significava che le interessava di lui, giusto? «Assolutamente. Siete perfetta.» La vide calare le ciglia sul viso, che adesso iniziava ad imporporarsi, e subito gli venne il dubbio di essersi spinto troppo oltre. «Voglio dire…» Si fermò, schiarendosi la gola. Quindi, formulato un pensiero di senso compiuto che gli pareva potesse andar bene, disse: «Vi fa sembrare grande.»

   Sembrare?

   Alla sua età Nimue aveva ben diritto di pensare di esserlo, dal momento che ormai stava uscendo dall’adolescenza. Quelle parole, che Cullen aveva pronunciato in preda allo stato emotivo e non certo per convinzione, tornarono a farla sentire tremendamente vulnerabile. «Oh», biascicò, sforzandosi di sorridere, «grazie.»

   Inorgoglito dall’esserle stato d’aiuto, il templare osò prolungare quell’incontro fortuito. «State andando da qualche parte?» volle sapere, senza minimamente pensare al fatto che era assai improbabile che qualcuno decidesse di accamparsi sulle scale.

   «Ehm… sì», rispose l’elfo, evitando di fargli notare l’ovvietà della sua domanda. «Per la verità uno degli insegnanti mi ha mandata a chiamare, per cui…»

   «Ci sono problemi?» s’interessò Cullen, temendo che i suoi studi non procedessero bene. Se Nimue non fosse stata in grado di affrontare il Tormento, per lui sarebbe stato terribile esattamente come per lei.

   «Non che io sappia», lo tranquillizzò la ragazza. «Ad ogni modo, stavo per l’appunto andando a chiedere.»

   «Oh, sì, giusto», mormorò lui, svegliandosi dal torpore mentale in cui era piombato non appena l’aveva vista e riprendendo lentamente padronanza di sé. «Io… vi sto ostacolando il cammino, vogliate perdonarmi.»

   «Spero di non aver rubato troppo tempo ai vostri doveri.»

   «Niente affatto», le assicurò con entusiasmo. «Io… Voi potete… potete parlarmi tutte le volte che volete.» Sarebbe andato un po’ a stridere con il regolamento dei templari di Kinloch Hold, forse, ma in fin dei conti non faceva nulla di male a scambiare due chiacchiere con un’apprendista, giusto? Si trattava di dialogare, non di intrattenere chissà quale tipo di rapporto.

   Ben sapendo già l’impossibilità di veder realizzato quel suo desiderio, si chiese comunque se non gli avessero per lo meno concesso di diventare suo amico. Era l’unica cosa a cui poteva aspirare, dopotutto, per quanto alle volte, soprattutto durante le ore notturne, la parte più umana di lui chiedesse ben altro. E si sentiva anche in colpa per questo: nei confronti del suo ordine, del Creatore, della Chiesa, dei voti presi, di lei. Viveva in quel dannato dissidio interiore ormai da tempo, stupendosi egli stesso di riuscire a resistere alla tentazione di confessare a quella fanciulla i suoi sentimenti.

   «Sarete sempre la benvenuta», concluse con l’espressione del volto velata dalla rassegnazione.

   Spostandosi quindi di lato, la vide scivolare silenziosamente via, gli occhi che ancora cercavano di catturare ogni parte di lei. Quando fu sparita alla sua vista, si portò una mano alla fronte, abbandonandosi contro la parete alle sue spalle.

   «Non affezionarti a nessuno di loro», ripeté a fior di labbra, cercando di recuperare la lucidità mentale. Se quell’elfo fosse stato un uomo, non avrebbe avuto grandi difficoltà a rispettare quell’insegnamento. E invece…

   Scosse il capo con forza, fece un grosso respiro e si rimise dritto con la schiena, la fronte alta e lo sguardo deciso. Qualunque cosa fosse successa, per quanto potesse trarre piacere dalla presenza o anche solo dal pensiero di quella o di qualunque altra donna, non avrebbe commesso peccato. Aveva giurato davanti al Creatore. Non sarebbe finito preda dei demoni dell’Oblio per colpa di quella passione proibita.

   «Cullen?» Sobbalzò, preso alla sprovvista dal suo stesso nome. Alzò gli occhi e scorse Nimue sporgersi dalla cima della scalinata. «Se… Se vi fa piacere, allora parlerò volentieri con voi anche la prossima volta.» Era tornata indietro perché dispiaciuta di non avergli dato una risposta. Non c’era malizia in lei, Cullen lo sapeva. Era solo estremamente gentile. E sciocca. Perché non si rendeva conto di quanto danno facesse in quel modo.

   Eppure lui non riusciva a odiarla. «Ne sarei felice, sì», le disse, il cuore stretto in una doppia morsa, quella della fedeltà ai propri principi e quella dell’amore. Ma avrebbe resistito, si ripromise stringendo un pugno al petto. Era la sola cosa che poteva fare per lei: avrebbe continuato a vigilare sulla Torre e sugli altri maghi, affinché nessun maledetto Abominio le facesse del male.













Odio dover scrivere che un mio OC è l'oggetto del desiderio di qualcuno. Giuro, me lo fa apparire come una Mary Sue o un Gary Stu. Ma con Dragon Age si hanno le mani legate, quindi portate pazienza. ¬_¬
Ho scritto questa shot più per Cullen che per Nimue. A ben guardare, al posto di Nimue ci sarebbe potuta essere qualunque altra maga, anche una obesa, brutta e decrepita: Cullen l'avrebbe amata comunque! <3 ('Sto ragazzo ha seri problemi...)
Ovviamente, da brava ebete, a furia di scrivere queste shot, mi sono affezionata anche a personaggi che prima non mi piacevano, come appunto Cullen e Jowan (su cui verterà la prossima shot): sono un'imbecille! ç_ç È che siccome odio fare bashing, per scrivere comunque anche di quei personaggi che non mi aggradano, cerco di studiarmeli, di entrare nella loro testa e di comprenderli meglio. E questo è il risultato. E logicamente poi mi lamento, perché sono riuscita a farmi piacere (MA SOLO QUANDO SCRIVO SU DI LORO!) anche Shizuru di Mai-HiME e Mai-Otome (Al rogo! Al rogo!) e Meyrin di Gundam SEED Destiny (che non odio, ma mi urta un po' i nervi). Se continuo così, un giorno potrei riuscire persino ad adorare Arle Howe. XD
Va bene, la pianto qui. Mi scuso per non aver ancora aggiornato la long, ma mi manca il tempo per scrivere, abbiate pazienza. ç_ç Ho comunque tre capitoli pronti per essere postati, quindi non disperate!
Buona domenica, e grazie di cuore a tutti voi che recensite o anche solo che perdete tempo a leggere. ^^
Shainareth
P.S. Miracolosamente ieri ho fatto uno schizzo decente, magari colorerò anche questo. Lo trovate su DeviantArt come al solito. :D





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Capitolo 9
*** Fuoco ***







FUOCO




«Come... Come diavolo hai fatto?» le chiese, stravolto da quell’incanto.

   Lei scosse le spalle. «Sai, a volte succede che arrivi a un punto in cui certe cose le fai e basta», gli spiegò serafica. «Specie se qualcuno si è preso la briga di insegnartelo per diversi anni.»

   L’altro non riuscì a ridere o a sentirsi stizzito per quell’affondo, gli occhi ancora strabuzzati che fissavano la piccola fiamma all’interno della bolla di vetro. «Sì, ma che tu riesca a fare certe cose con il fuoco... se permetti mi sorprende.»

   Nimue si lasciò scappare un sospiro e ruotò gli occhi al cielo. «Alla mia età avrò ben imparato, no?» Sentì Jowan sogghignare. «Cosa?»

   «Niente.»

   «Bugiardo.»

   «È che l’hai fatta maschio.»

   Sul suo viso comparve un’espressione assai scettica. «Non è vero.»

   «Guarda, allora.»

   Si curvò sulla lampada magica che aveva appena acceso e si mise ad osservare attentamente la piccola salamandra che aveva fatto comparire dal nulla. «Io non vedo niente.»

   «Io sì», disse Jowan, puntando l’indice contro la superficie trasparente della boccia. «Quel cosino lì lo hai fatto tu.» Nimue arrossì così vistosamente che non gli riuscì di trattenere un’altra risata. «Questa devo proprio raccontarla in giro.»

   «Non azzardarti!» lo ammonì la ragazza, indignata e imbarazzata, tornando ad alzare gli occhi su di lui.

   «Stavi pensando a Cullen, mentre la creavi?» infierì ancora il suo amico.

   Essendo una signora, l’elfo evitò di replicare in modo volgare. Si limitò quindi a ricordargli che: «Sono più rapida di te a lanciare gli incantesimi d’attacco.»

   «Solo perché hai una fifa matta che altri li scaglino per primi.»

   «Ciò non sminuisce il mio talento.»

   «È sorprendente come tu riesca a riconoscere le tue eccellenti doti magiche unicamente quando sei punta nell’orgoglio», ragionò Jowan seriamente, iniziando a picchiettare il dito contro il vetro.

   Stupita ella stessa da quell’affermazione, che, se ne accorgeva ora, rispondeva alla verità, Nimue rimase in silenzio. Da quando era diventata orgogliosa? Era pur certa di non esserlo mai stata. O forse lo era e non se ne accorgeva?

   «Comunque quel coso lì sarà lungo almeno quanto uno spillo», continuò il suo compagno, imperterrito. In realtà il globo infuocato creato dalla ragazza era talmente piccino e luminoso che era impossibile distinguerne l’esatta forma o eventuali dettagli. A Jowan, però, piaceva da morire prenderla in giro, e, pur sapendolo, Nimue finiva spesso per cadere vittima dei suoi scherzi. Si chinò di nuovo sulla bolla, infatti, sforzandosi in tutti i modi di vedere qualcosa. Lui la fissò attraverso il vetro, trovandola concentratissima nell’osservare il proprio lavoro. «Se hai tutto questo desiderio, perché non glielo dici?»

   L’elfo si ritirò di scatto, facendo mezzo passo indietro, il viso imbronciato e arrossito. «Ti sbagli», gli assicurò, torcendosi le mani all’altezza del petto. «E se anche avessi ragione, cosa diavolo potrei farci? È un templare.»

   Il giovane raddrizzò anche lui la schiena, scrutando la boccia illuminata con sguardo assorto. «Già… Che ci puoi fare?» mormorò fra sé. Da più di un anno era innamorato della bella Lily, l’apprendista sacerdotessa della cappella del Circolo, e se anche era riuscito a trovare il coraggio di confessarsi a lei, era ovviamente stato respinto. Non perché Lily avesse messo un muro fra loro, quanto perché, gli aveva spiegato, non c’era modo di cambiare le cose: fare voto di castità era un giuramento solenne davanti al Creatore, e lei non poteva in alcun modo cedere all’amore per un uomo. Per mesi si era ingegnato a trovare una soluzione, e l’unica che gli si era affacciata alla mente era la più pericolosa di tutte.

   La Magia del Sangue.

   Si era detto che mai avrebbe commesso una tale empietà, eppure stava male e non sapeva come uscire da quella dannata situazione. Avrebbe voluto confidare le sue sofferenze a qualcuno, ma le uniche persone di cui si fidava appieno erano Winifred e Nimue. La prima, tuttavia, aveva perso la vita qualche tempo prima, durante il suo Tormento, mentre la seconda… Eh, la seconda. Detto in modo spiccio, Nimue dormiva in piedi. Non le capitava mai di accorgersi di essere l’oggetto del desiderio o anche solo del pensiero di qualcuno. Era ingenua e modesta, e pretendeva che la simpatia per una persona del sesso opposto al suo fosse priva di malizia, sempre e comunque. Jowan sapeva del trauma che aveva vissuto da bambina, perciò evitava di forzarla ad avvicinarsi troppo a quell’universo a lei sconosciuto; eppure la situazione in cui si trovava non gli lasciava scampo, e con l’animo martoriato dalla fede, dall’amore e dall’amicizia, finiva sempre con lo scaricare su di lei i suoi problemi, cercando inconsciamente di spingerla fra le braccia di un templare per avere qualcun altro con cui condividere il proprio dolore. Se Nimue si fosse innamorata di Cullen, sarebbe riuscita a capire meglio il sentimento autodistruttivo che univa Jowan a Lily. Era una soluzione egoistica, ma forse inevitabile.

   Un gruppo di maghi passò di lì, e una dei loro insegnanti si soffermò a osservare i due attraverso una delle grate che separava lo spazio in cui si trovavano i ragazzi dal resto del corridoio. Lanciò un’occhiata all’elfo, quasi preoccupata, ma quando la fanciulla le sorrise, Wynne tornò a rilassarsi e li raggiunse. «Cosa state combinando?»

   «Ci stavamo esercitando», le spiegò Nimue contenta, additando la bolla di vetro. «Guardate… Sono riuscita a creare un’illusione piuttosto credibile, non vi pare?»

   La donna si curvò sul ripiano su cui era poggiata la boccia, e subito rimase ammirata. «Una salamandra? Per il Creatore, non avevo idea che foste diventata tanto brava», l’applaudì. Il rapporto che c’era fra loro era mutato nel corso degli anni, poiché, man mano che passava il tempo, Nimue aveva iniziato a fidarsi di nuovo degli esseri umani e Wynne a lasciarla andare, dandole così l’opportunità di scoprire il mondo da sola, senza legarla ulteriormente a sé. Era stato un processo graduale al quale entrambe erano riuscite ad abituarsi senza grossi problemi, anche perché all’elfo la cosa era diventata evidente solo quando l’Incantatrice anziana aveva smesso di darle del tu, cominciando a trattarla come una persona adulta allorquando la ragazzina aveva avuto il menarca.

   «Wynne…» Questa alzò lo sguardo sulla sua protetta, in attesa che continuasse a parlare. «Notate qualcosa di strano nella mia salamandra?»

   Tornò a fissare il piccolo globo infuocato. «No, non mi pare. Perché lo chiedete?»

   «Per sicurezza», rispose, fulminando Jowan con gli occhi non appena lo sentì scoppiare a ridere. «Finirai fra gli spiriti maligni dell’Oblio», sibilò con stizza nella sua direzione.

   «Scema tu che ci hai creduto», la canzonò ancora lui.

   «Credo proprio che, se continuerete in questo modo, nel giro di alcuni mesi o un anno, sarete pronta», annunciò Wynne, fingendo di non udire il loro screzio.

   Nimue impallidì, Jowan si lasciò scappare un’esclamazione di stupore. «Fantastico!» La sua amica lo fissò atterrita: cosa c’era di fantastico nel rischiare la vita? E se fosse finita come Winifred? «Anch’io affronterò presto il Tormento?» volle sapere il giovane, entusiasta. Magari, si disse, una volta finiti gli studi avrebbe potuto andar via di lì insieme a Lily.

   La loro insegnante strinse le labbra. «Siete capace di creare un’illusione come questa?» gli chiese, tirandosi su e indicando la salamandra.

   Jowan corrucciò le sopracciglia. «No, ma… ho iniziato a frequentare i corsi prima di Nimue.»

   «Questo non conta», lo informò l’altra con pazienza. E vedendolo rabbuiarsi, accennò un sorriso. «Continuate con le vostre esercitazioni», lo incoraggiò, battendogli qualche delicato colpetto sulla spalla. «Sono certa che anche voi andrete presto incontro al vostro futuro.»













Dopo questa ho smesso di odiare Jowan. Sì, perché anche se non è corretto ciò che ha fatto, mi sono messa nei suoi panni e ho capito tutta la sua disperazione. Argh.
Bon, sparatemi un colpo quando scriverò sulle ragioni di Arle Howe, davvero.
Prima di chiudere vi informo che, dal momento che domenica partirò per altri lidi per qualche settimana, domani ho in programma di aggiornare la long.
Ringrazio come sempre chi legge e chi commenta, con un occhio di riguardo alla mia santa beta Atlantislux.
Shainareth
P.S. Sono riuscita nel miracolo di riprendere a disegnare in modo più o meno assiduo. Per chi fosse interessato: http://shainareth.deviantart.com





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Capitolo 10
*** Separazione ***







SEPARAZIONE


Pur essendo da lungo tempo una degli Incantatori Anziani della Torre, aveva già rifiutato il posto di successore di Irving quando era stato fatto il suo nome durante una delle ultime riunioni tenute dai più stretti collaboratori del Primo Incantatore. Non era quello a cui auspicava lei. Era sempre stata una donna autoritaria, combattiva, e solo gli anni avevano addolcito il suo carattere, rendendola saggia e quindi spesso indispensabile allo stesso Irving.
   Wynne, però, era di vitale importanza anche per qualcun altro. E se pure il Primo Incantatore aveva infine accettato la sua decisione, difficilmente l’avrebbe fatto quella ragazza che, dal basso dei suoi cinque piedi scarsi, affrettava il passo lungo le scale e i corridoi. Le era arrivata voce che Wynne sarebbe partita per la guerra. Assurdo! No, no, non poteva crederci. Perché, se fosse stato vero, Wynne glielo avrebbe detto, no? Eppure la serietà con cui Jowan glielo aveva raccontato – e Nimue ancora si chiedeva come dannazione avesse fatto a saperlo prima di lei – non lasciava adito a dubbi.
   Di guardia al piano in cui risiedevano gli Incantatori Anziani, Cullen la vide sfrecciare davanti a sé. Subito si tolse l’elmo, sorrise e fece per chiamarla; ma quella scheggia dalle orecchie a punta passò oltre senza neanche dar segno di averlo visto. Il soldato rimase fermo – e un po’ deluso – a fissarla mentre batteva il piccolo pugno contro la porta di una delle camere. L’uscio si schiuse, e la maga scomparve subito alla sua vista, come risucchiata dall’interno della stanza. Cullen grugnì sotto gli occhi divertiti di un gruppetto di apprendisti che si erano soffermati lì in attesa di un loro insegnante. Tornò a infilarsi nuovamente l’elmo e sbuffò: così non andava bene, altroché. Doveva togliersela dalla testa, o avrebbe finito per diventare matto e rendersi ridicolo davanti a tutti. Per lo meno, si disse schiarendosi la gola, c’era di buono che Nimue aveva bussato alla porta di Wynne, e non di un Incantatore – maschio. Un pensiero idiota e sconveniente, Cullen se ne rendeva conto mentre arrossiva; eppure, dopo tutto quel tempo, ancora non riusciva a venire a capo del proprio dilemma interiore.
   Anche l’oggetto dei suoi desideri ne stava vivendo uno, benché molto diverso. Quando Wynne le aveva aperto la porta, Nimue le si era gettata al petto, stringendola come non aveva più fatto da quando era bambina. Stupita da quel gesto, la donna ci mise un attimo prima di tornare padrona di sé e di ricambiare l’abbraccio. «Cos’è che vi porta qui?» Solo in quel momento la ragazza si riebbe, e chiese scusa per quel suo modo poco educato di invaderle la camera. Wynne rise. «Se fossero tutti così, gli studenti maleducati, ne vorrei a migliaia, credetemi.»
   Quindi le voleva ancora molto bene, si convinse Nimue. Non che avesse mai davvero dubitato dell’affetto della donna, solo che, dopo quanto aveva sentito, non sapeva più che pensare e le veniva spontaneo sragionare, come sempre le accadeva durante i suoi attacchi d’ansia. «È vero che partirete?» le domandò allora a bruciapelo, evitando di girarci troppo attorno per non farsi stupide illusioni.
   L’espressione di Wynne si fece più seria, e il suo sorriso perse di allegria. «Sì», ammise, pur sapendo di darle uno schiaffo. «Ve lo avrei detto più tardi. Mi si è presentata quest’opportunità, non posso rifiutare.»
   «Ma… Ma la spedizione del Re è pericolosa», obiettò Nimue, cominciando a sentire il naso pizzicare per il pianto.
   «È vero», le concesse l’Incantatrice, decisa a non nasconderle niente. «Bisogna però tener conto del fatto che Re Cailan, il suo esercito e i Custodi Grigi stanno lottando per tutti noi. Sarebbe egoistico non aiutarli se ne abbiamo l’opportunità, vi pare? E io non ho alcuna intenzione di rimanere immobile a letto con la coperta tirata fino al mento, in attesa che la morte mi reclami.» L’elfo avrebbe voluto ribattere, ma non trovando le parole per farlo, si limitò a stringere le labbra in una smorfia involontaria e disperata. Wynne sospirò. «Nimue», riprese con tono più dolce, cingendole il volto con le mani. «Prima o poi le nostre strade si sarebbero divise comunque.»
   «Questo non è detto», annaspò lei, con voce tremula.
   «Siete cresciuta abbastanza perché io possa affermarlo con una certa sicurezza», si sentì contraddire, suo malgrado. «Il mio unico rimpianto sarà quello di non potervi assistere durante il vostro Tormento.» Tanto bastò per paralizzare del tutto la fanciulla, che sgranò gli occhi pieni di lacrime, in preda al terrore. Ma non avrebbe pianto, no: se lo avesse fatto, le avrebbe dato un grande dispiacere, rendendole tutto molto più difficile. Wynne le lisciò viso con i pollici e le sorrise maternamente. «Ce la farete», le assicurò, talmente convinta che l’altra fu davvero tentata di crederle. «C’è molto talento in voi, e nessuno ha dubbi sull’esito della vostra prova, nemmeno il Primo Incantatore.»
   Avevano detto così anche per Winifred, pensò Nimue in un attimo di sconforto, sentendo il cuore stringersi in petto fino a fare male. Eppure lei non ce l’aveva fatta. «Tornerete?» si limitò tuttavia a chiedere all’anziana maestra. Sapeva quanto fosse testarda e quanto fosse difficile tentare di farle cambiare idea dopo che aveva preso la sua decisione.
   Per l’ennesima volta Wynne fu commossa dall’affetto dimostrato da quel piccolo elfo che aveva cresciuto quasi con lo stesso amore di una madre. Le baciò la fronte nuda. «Se il Creatore vorrà.» E tuttavia non se la sentiva di lasciarla così, in preda unicamente all’ansia e al dolore provocato da quella separazione che gravava sul loro rapporto così simile a quello che nasce fra genitore e figlio. «Voi però dovrete promettermi di continuare la vostra vita nel migliore dei modi: applicatevi sui libri con profitto e non trascurate mai le vostre amicizie.»
   Quanto alla prima cosa non c’era pericolo: Nimue si era sempre impegnata nello studio a causa del terrore che le incutevano il Tormento e i templari. Abbozzò un sorriso, consolata in parte dalla promessa che, se tutto fosse andato per il meglio durante la guerra, ogni cosa sarebbe tornata come prima. «È difficile scrollarsi Jowan di dosso.»
   Wynne avrebbe voluto ridere per quella battuta, ma dovette limitarsi a schiudere le labbra e ad inarcarle appena verso l’alto. «Lo immagino», commentò con un sospiro, passandole una carezza fra i corti capelli chiari. Non l’avrebbe lasciata con il dispiacere di farle sapere che nell’ultimo periodo il suo più caro amico era entrato nelle mire dei templari perché sospettato di interessarsi alla Magia del Sangue. Non dopo che Nimue aveva già perso Winifred. Di lei si fidava, e sapeva che, per indole, se anche Jowan avesse cercato di renderla partecipe del proprio segreto, la fanciulla avrebbe rifiutato con decisione di prendere parte a quei complotti maledetti. «Cercate di relazionarvi anche con gli altri, però», si sentì perciò in dovere di raccomandarle Wynne. Se Nimue avesse avuto qualcun altro su cui appoggiarsi, avrebbe di certo sofferto meno. «Magari potreste trovare qualche bravo giovanotto che…» L’elfo non la fece finire di parlare, perché il suo volto si contorse in una nuova smorfia dovuta all’imbarazzo. La donna questa volta rise di cuore. «Oh, avete ragione. Ogni cosa a suo tempo, anche se i vostri sono decisamente lunghi.»
   L’apprendista incassò stoicamente; dopotutto, era abituata a quelle battute da parte di Jowan. «Mi scriverete?»
   «Avete la mia parola.»
   «Vi voglio bene, Wynne.»
   «Ed io ne voglio a voi. Non immaginate quanto», le giurò, stringendola di nuovo al petto. E questa volta Nimue perse la battaglia contro se stessa, cedendo alle lacrime e ai singhiozzi. Cominciò allora a scusarsi per la sua debolezza, non potendo sapere che anche la sua Wynne aveva gli occhi umidi e che se non le aveva detto della partenza era stato soltanto perché temeva di ritrovarsi a piangere davanti a lei.












Oh, Creatore! Temo di essermi dimenticata come si postano le fanfiction su questo sito. XD Oh, e no, non temete, la presente shot non è un miraggio: è solo dovuta all'ispirazione arrivata così, all'improvviso. E finalmente, oserei aggiungere. Non ho mai voluto abbandonare quella sciocca della mia maga, e spero solo di riuscire a riprendere la long quanto prima, perché comunque ormai sono a buon punto (più della metà) e sarebbe stupido lasciare tutto in sospeso dopo la faticaccia che ho fatto per scrivere di Orzammar! @_@
In questa shot vi sono ben due citazioni: la prima la riconoscerete senz'altro, ed è quella che la stessa Wynne dice all'interno del videogioco; quanto alla seconda (a dire il vero involontaria), forse ci arriveranno soltanto coloro che hanno potuto leggere i romanzi di Gaider.
Detto questo, ringrazio quanti hanno avuto la pazienza di aspettare, e in particolar modo la mia amica e beta Atlantislux che, poveraccia, continua a subire le mie storie pur non conoscendo il fandom. XD
Shainareth



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Capitolo 11
*** Testamento ***







TESTAMENTO




L’espressione seria che aveva inalberato divertì Jowan, che subito si allungò nella sua direzione per pungolarle la guancia con la punta di un dito. Nimue lo scacciò con la mano, sottraendosi a quel fastidioso contatto. «Che vuoi?»
   «Eri così assorta… A che stavi pensando?»
   L’elfo abbassò lo sguardo e passò un polpastrello sul titolo di uno dei volumi che avevano sparpagliato alla rinfusa su uno dei banchi della biblioteca per studiare. «A tutto e a niente», rispose dopo un attimo. Era entrata al Circolo quando aveva solo cinque anni e da allora erano cambiate così tante cose che spesso faticava a crederci. La sua cara amica Winifred era morta ormai da parecchi mesi, e a volte Nimue non poteva fare a meno di ripensare con una dolorosa stretta allo stomaco non soltanto alla nostalgia che provava nei confronti della ragazza, ma anche a quei poveri templari che erano stati costretti a ucciderla pur non volendo. Inoltre, altri loro compagni avevano finito i loro giorni nella sala del Tormento nello stesso modo, e altri ancora, ritenuti troppo deboli o pericolosi, erano stati privati di ogni emozione, diventando Adepti della Calma. Infine, Wynne era partita da poco per unirsi a Re Cailan, al suo esercito e ai Custodi Grigi per affrontare l’orda di Prole Oscura che si stava facendo largo a sud del regno; non c’era alcuna certezza che la sua maestra di sempre sarebbe tornata viva, e Nimue non era affatto sicura di riuscire a reggere la notizia della sua morte.
   Rimanevano lei e Jowan. Beh, non che fossero davvero soli, lì al Circolo, tuttavia succedeva spesso che la fanciulla avesse una sensazione del genere. Qualche tempo prima di andarsene, Wynne le aveva detto che presto sarebbe stata in grado di affrontare il Tormento; ma era sul serio così? Ogni qual volta ci pensava, Nimue avvertiva un fastidiosissimo spasmo allo stomaco.
   «Forse dovrei scrivere un testamento», stabilì di colpo, inducendo Jowan a fissarla come se avesse bestemmiato in una lingua sconosciuta. Faticava spesso, il giovane, a stare dietro al corso dei suoi pensieri, perché, una volta preso il via, essi viaggiavano verso lidi sconosciuti e irraggiungibili – oltre che incomprensibili. «Sai, nel qual caso morissi durante il Tormento», gli spiegò l’elfo, convinta. Avrebbe anche dovuto scrivere una lunga lettera a sua madre e a sua sorella, s’appuntò mentalmente la fanciulla, benché non avesse idea di come poter affrontare con loro un argomento delicato come quello. Non le vedeva da così tanti anni che Nimue temeva di aver dimenticato come fossero realmente i loro volti, per conservare delle due soltanto dei ritratti offuscati dal tempo e distorti dall’affetto e dall’immaginazione.
   Jowan si sforzò di rimanere serio e si passò una mano su una guancia, massaggiandosela e grattandosela al contempo, prima di nascondere la bocca dietro le dita. «Va bene», disse dopo qualche istante, decidendo di assecondarla. «Io cosa erediterei?»
   L’altra inarcò le sottili sopracciglia bionde con fare sorpreso: già, cos’avrebbe potuto lasciare al suo migliore amico? La cosa più sconvolgente, per lei, fu scoprire che, a ben guardare, non possedeva nulla di proprio; tutto ciò che aveva glielo aveva fornito il Circolo, a cominciare dagli indumenti che indossava per finire al materiale per lo studio. Non aveva neanche dei soldi propri, a parte un piccolo gruzzolo racimolato facendo dei lavoretti per la comunità presso cui viveva da tanti, troppi anni.
   «Non… Non lo so…» si vide costretta a rispondere in un balbettio, confusa e a disagio.
   Jowan si intenerì e si allungò di nuovo verso di lei per regalarle un affettuoso buffetto sul viso. «Dammi una ciocca dei tuoi capelli», le propose. Nimue alzò su di lui due occhi sospettosi che gli fecero scappare un risolino. «Stai imparando, vedo», constatò con una certa soddisfazione nel tono della voce. Dopotutto lui e Winifred avevano cercato a più riprese di renderla più smaliziata per affrontare meglio situazioni potenzialmente pericolose. «Giuro però che non c’era alcun secondo fine in questa richiesta», le garantì, visto che lo scambio di ciocche di capelli era per lo più usanza degli innamorati.
   Lei ci pensò un po’ su, prendendo a torturarsi con una mano il caschetto biondo che le scendeva attorno al capo. L’ultima volta che aveva avuto bisogno di tagliarsi la chioma l’aveva aiutata Winifred, e Nimue davvero non se la sentiva di farlo da sola. Per questa ragione stava molto attenta ad avvalersi di alcuni unguenti miracolosi per evitare le doppie punte e altri spiacevoli problemi del genere.
   «Un’unghia va bene comunque?»
   Vide il volto di Jowan contorcersi in una smorfia disgustata. «Creatore, preferirei di no», non si trattenne dal ribattere il mago, pur ridendo per quell’assurdità. «Se poi preferisci regalare i tuoi capelli a Cullen…» proseguì con fare vago, agitando una mano a mezz’aria.
   Nimue arrossì e borbottò con fare stizzito: «No, affatto. È solo che non voglio tagliarli.»
   «Allora non morire», la pregò Jowan, prendendole una mano fra le sue e tornando serio. «Non andartene anche tu come ha fatto Winifred.» La sua voce vacillò sul nome dell’amica defunta e lui tacque, senza però abbassare gli occhi lucidi.
   Davanti a quella richiesta, quelli dell’elfo si riempirono immediatamente di lacrime e lei, stringendo le dita del giovane fra le sue che lui si chinò a baciarle, si lasciò sfuggire un singhiozzo insonoro, presagio di un pianto che le avrebbe consentito di dare finalmente sfogo a quel dannato groviglio di negatività che le si era annodato alla bocca dello stomaco quando aveva compreso che di lì a poco avrebbe dovuto affrontare la tanto temuta prova finale del suo corso di studi.













Sono viva, cosa credevate? è_é; È solo che nell'ultimo periodo l'ispirazione per Dragon Age: Origins (il secondo dubito lo giocherò mai) era emigrata non so dove - insieme a quella per le fanfiction in genere. A parte ciò, però, mi piacerebbe davvero molto poterla ritrovare, di tanto in tanto, soprattutto perché per la long avevo tanti di quei progetti... Va beh, magari riuscirò a portarla avanti, seppur non con lo stesso ritmo di un capitolo a settimana con cui postavo un anno e mezzo fa. (Oh, Creatore! Come facevo a scrivere tanto?! O_O;;; Impressionante! XD *Si invidia da sola, ché mo s'è impigrita tantissimo*)
La presente shot è, chiaramente, un raccontino senza pretese, ma almeno sono riuscita nell'impresa di scrivere di nuovo sulla mia piccola (di statura) Nimue Surana. (*Prende pennarello e scrive sul suo faccino, venendo abbrustolita un secondo dopo*) A tratti mi manca, 'sta zitellona acida. Che poi zitellona non è, ma va beh, a volte sembra lo sia comunque. XD
Ringrazio di cuore Atlantislux e Ike_, che mi hanno aiutato con il betaggio~♥
A presto, voglio sperare!
Shainareth





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