Il Demone e l'Agnello

di Raika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ali Nere ***
Capitolo 3: *** Un'Offerta Sospetta ***
Capitolo 4: *** L'Honmaru ***
Capitolo 5: *** La Gora Kadan ***
Capitolo 6: *** Appuntamento.. Con il Gatto ***
Capitolo 7: *** L'Agnello ***
Capitolo 8: *** L'Incontro - Parte Prima ***
Capitolo 9: *** L'Incontro - Parte Seconda ***
Capitolo 10: *** Jin Kazama ***
Capitolo 11: *** "Regali" e Regali ***
Capitolo 12: *** The Power of Darkness ***
Capitolo 13: *** Candore ***
Capitolo 14: *** Inquire After ***
Capitolo 15: *** Security Level 6 ***
Capitolo 16: *** Il Compleanno ***
Capitolo 17: *** The Mishima's Blood ***
Capitolo 18: *** La Famiglia Kazama ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Ho scoperto che a volte i sogni rispecchiano davvero il nostro destino..
Non sono mai stata una ragazza che crede nei fatalismi o nel soprannaturale, sono sempre stata convinta che siamo noi a scrivere il nostro destino, a scegliere quale strada intraprendere e non mistiche forze cosmiche. Eppure mi sbagliavo.
E’ dura dover ammettere che tutte le convinzioni di una vita sono tremendamente sbagliate, ma la cosa più difficile in assoluto sicuramente è convincersi che davvero mirabolanti forze soprannaturali giocano con le nostre vite spingendoci in quella o in quell’altra direzione. Eppure è così..
Mai avrei creduto che un semplice sogno potesse cambiare così la mia vita, che il mio destino fosse legato e condizionato da quello di un perfetto estraneo e che proprio quello sconosciuto sarebbe diventato la mia unica ragione di vita.
Il mio nome è Charlotte Elena Hellenton, ma potete chiamarmi Charlie, e questa è la mia storia...

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Capitolo 2
*** Ali Nere ***


Ali Nere

Delle possenti e lucenti ali nere.. Soffici e scure piume corvine come una notte senza stelle.. Un volto delicato su cui si apre un malinconico sorriso.. Ancora quelle affascinanti e oscure ali aperte su una schiena muscolosa e bianca che prendono il volo.. Una cascata di piume del colore del buio e tra di loro uno spiraglio di luce candido e delicato.. E poi un volto.. Un volto dolce e bellissimo, dai profondi occhi castani.
<< Proteggili. Proteggili entrambi >>
E infine un calore, un calore così intenso..
<< Charlotte! >> esplose un’impaziente voce femminile spazzando via in un soffio quell’ipnotizzante sogno.
<< Mmh.. >> protestò il soffocato suono di qualcuno da sotto il soffice piumoncino di seta pervinca.
<< Oh andiamo Charlotte! Non fare la bambina e alzati! >>
<< Altri cinque minuti. >>
<< Charlie non farmi venire lì >> la minacciò la paffuta governante guardando torva la sagoma nascosta sotto le lenzuola, senza però ottenere il risultato desiderato. Così esasperata si avvicinò al letto e prendendo saldamente tra le mani il pregiato tessuto tirò scoprendo completamente la giovane nascosta sotto, che per l’improvviso fresco si rannicchiò ancora di più, nascondendo il volto sotto il cuscino.
<< Charlotte insomma! Non hai più dici anni! >> esplose alla fine Amalia strappandole di mano anche il cuscino e costringendola ad alzarsi. << Su alzati, vado a prepararti il bagno e quando torno voglio vederti fuori da quel letto. >>
<< Mmh.. Che ore sono? >>
<< Le undici e mezza >> rispose la donna avviandosi verso la zona bagno, per poi aggiungere prima di sparirvi. << E non azzardarti a rimetterti a dormire, capito signorinella? >>
Charlotte guardò sparire la morbida figura oltre la porta, poi sbuffando si decise ad alzarsi andando dritta verso il cassettone per recuperare la nuova essenza a base di Delphiniium Incanum che la madre le aveva ordinato dall’India.
<< Autenticity. Sviluppa la capacità d’esprimersi, la comunicazione verbale, il senso estetico, il piacere e la bellezza e bla bla bal. Un mucchio di cavolate >> disse la ragazza leggendo le sue proprietà.
Sua madre era maledettamente fissata con tutta quella roba assurda dei Chakra e la spiritualità che non faceva altro che riempire lei e sua sorella di quelle stupide essenze dalle proprietà magiche. Ma per favore! Su via, siamo seri, come era possibile che uno stramaledettissimo fiore o un insulsa pietra riuscisse a guarire l’ansia, le malattie o i traumi della vita?! Suo padre si era condannato facendo quella vacanza in India.
<< E’ pronto Charlie >> la informò la governante uscendo dal bagno e iniziando a rifare il letto.
<< Grazie Amalia >> disse la giovane chiudendosi alle spalle la porta e spogliandosi della finissima camicia da notte di raso per poi immergersi nella calda acqua profumata.
Una volta dentro la vasca Charlotte chiuse i grandi occhi color pervinca poggiando la testa sul bordo sospirando. Anche quella notte aveva sognato quelle ali nere, così splendide e possenti da incutere quasi timore, era ormai la terza volta in quella settimana che le vedeva e stavano iniziando a darle sui nervi. Per quale accidentaccio di motivo le apparivano in sogno delle stupidissime ali di piccione?!
“Non di piccione.. D’angelo” le sussurrò una timida voce dentro di sé.
<< E che differenza fa?! >> esclamò la ragazza stizzita ad alta voce.
<< Hai detto qualcosa Charlie? >> domandò Amalia dalla stanza adiacente.
<< No >> rispose lei, poi abbassando la voce aggiunse << Oh andiamo Charlie adesso parli anche da sola?! Che ti importa di quello stupido sogno? Infondo non ti piacciono neanche i piccioni? >>
“Angeli”
<< Si va bé angeli. >>
Eppure ogni volta che le vedeva, quelle splendide ali scure come due pozze senza fondo, la ipnotizzavano, esercitavano su di lei un fascino quasi magnetico che le impedivano di staccargli gli occhi di dosso. E poi c’era quella voce.. Era la prima volta che la sentiva, o almeno credeva, era una voce così dolce e melodiosa che era impossibile dirle di no. Le aveva chiesto di proteggerli, proteggerli entrambi, ma da che diavolo doveva proteggerli? E soprattutto, chi?!
<< Che assurdità.. >> sussurrò Charlotte immergendosi sott’acqua.
Lei non credeva affatto a tutta quella roba da medium, trovava ridicolo anche solo il pensiero che i sogni potessero mandare dei messaggi, sapevano tutti che essi erano la rielaborazione di ciò che l’inconscio e nient’altro. Non era assolutamente possibile che quelle stupidissime ali o quella voce avessero voluto dire qualcosa ed era solo un caso che il sogno si fosse ripetuto, probabilmente era successo perché ci pensava troppo. Si sicuramente era così e per evitare che accadesse di nuovo avrebbe smesso di pensarci.
Con quella decisione Charlie riemerse finendo di lavarsi e poi uscì.
Una volta pettinati e asciugati i lunghi capelli color caramello tornò in camera e solo per far contenta sua madre utilizzò l’essenza che le aveva regalato, tutto sommato, anche se non serviva praticamente a niente, aveva un buon profumo.
<< Stai usando l’essenza di tua madre? >>
<< Già, incredibile vero? >>
<< Non credevo credessi a queste cose. >>
<< Infatti, l’ho messo solo per farla stare buona >> disse la ragazza avviandosi verso l’armadio e prendendo la prima cosa che le capitò a tiro.
Una volta vestita e truccata Charlotte recuperò un leggero soprabito bianco, poi dopo aver salutato Amalia scese in cucina recuperando un bicchiere di succo d’arancia e una male, infine si diresse nella serra.
<< Mamma? >>
<< Sono qui. >>
La giovane seguì il suono della voce fino alla parte più ad est del locale, dove sua madre, con i lunghi capelli color miele raccolti in una comoda treccia e spessi guanti da giardiniere, che indosso a lei sembravano elegantissimi, stava piantando rose dalle modeste dimensioni di colore.. Nero?!
<< Mamma che stai facendo?! >> esclamò Charlotte guardando sbalordita i fiori.
<< Oh tesoro buongiorno. Ti piacciono? >> chiese la donna dando un lieve bacio sulla guancia della figlia.
<< Che cosa sono? >>
<< Sono pregiatissime Chinensis Louis XIV°, ibride rose cinesi. Non sono bellissime? >>
<< Ma sono.. Nere.. >>
La donna rise. << No tesoro, guarda meglio, sono rosso scuro. Le rose nere non esistono in natura, in realtà sono rose bianche imbottite di coloranti. >>
Ora che glielo faceva notare, sua madre aveva ragione,  guardando meglio i fiori erano di un rosso scurissimo che così a prima vista l’avevano ingannata.
<< Per un attimo ho temuto che volessi darti alla magia nera, mamma. >>
<< Non credo possa fare per me, preferisco la pacifica e benevola liberazione dei Chakra all’ingannevole magia ciarlatana. E a proposito di Chakra, è Delphiniium Incanum quello che sento? >>
<< Si.. >>
<< Oh tesoro, sono felice che tu lo abbia utilizzato. Sei molto più radiosa è bella del solito, inoltre sono sicura ti aiuterà molto quest’oggi. >>
<< Ah si? E come mai? >>
<< Tuo padre vuole vedere sia te che tua sorella a pranzo. E anche Emily. L’auto è già pronta, le passerete a prendere e vi porterà a pranzo. >>
<< E papà per caso ti ha detto perché ci vuole con lui? >>
La donna sorrise maliziosa, poi aggiunse << Lo scoprirai presto, però credo faresti meglio a indossare qualcosa di più elegante. >>
Charlotte alzò gli occhi al cielo, pensava di sapere già cosa avesse in mente suo padre, poi dopo aver dato un bacio sulla guancia di sua madre tornò in camera sua per cambiarsi.
<< Tesoro aspetta. >>
<< Si mamma. >>
<< Quel pacchetto sul mobile è per te. >>
Charlie lo prese, conteneva uno splendida catenina con un ciondolo di tanzanite a forma di rosa.
<< E’ bellissima. >>
<< L’ho vista ieri in centro e ho pensato si intonasse bene con i tuoi occhi e poi ha la forma del mio fiore preferito. >>
<< Grazie mamma, mi piace tantissimo >> disse la ragazza abbracciando la donna, quella donna il cui nome era Rosalie “Rose” Hellenton e che non poteva avere nome che meglio la rappresentasse.

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Capitolo 3
*** Un'Offerta Sospetta ***


Un’offerta Sospetta

Come abitudine di Diego, uno egli autisti personali della famiglia Hellenton, Charlotte arrivò di fronte alla scuola superiore di Osaka con un quarto d’ora buono di anticipo. Suo padre si era premurato di affidare alla più piccola delle figlie un autista che si assicurasse che arrivasse sempre puntuale, perché se c’era una cosa che Adam Hellenton aveva insegnato alle sue figlie, ancor prima del parlare o del camminare, era essere sempre puntuali. Per lui quella era una caratteristica fondamentale come la lealtà o l’intelligenza e Diego si assicurava sempre che venisse rispettata.
<< Siamo un po’ in anticipo signorina Hellenton. >>
<< Non fa niente >> rispose la ragazza fissando fuori dal finestrino oscurato.
“Ali nere come la notte.. Una cascata di piume scure con al centro una bianca.. Quel volto.. Quelle parole..”
<< Maledizione basta! >> imprecò a denti stretti la giovane. Ma che diavolo le stava prendendo?!
<< Va tutto bene signorina Hellenton? >> chiese l’autista abbassando il divisore della limousine.
<< Si Diego, grazie. Credo che uscirò a prendere una boccata d’aria. >>
<< Come desidera >> rispose l’uomo sbloccando la portiera.
Una volta all’aria aperta Charlie si sentì molto meglio, probabilmente era il profumo dolciastro dell’essenza che aveva usato ad annebbiarle la mente, così si ripromise di non utilizzarla più.
“Stupida robaccia indù. Questa è l’ultima volta che mia madre mi frega con queste cavolate” pensò la ragazza innervosendosi e poggiandosi all’automobile.
Annoiata Charlie guardò l’orologio, non erano passati neanche cinque minuti da quando erano arrivati, così sbuffando si mise ad osservare la strada. Non era male come posto, circondato da numerosi alberi di ciliegio che dovevano dare un bello spettacolo in primavera, ma a parte quello era particolarmente anonimo come luogo. Non capiva proprio come due personalità così eccentriche e tremendamente capricciose come Lili e Maxi  avessero potuto scegliere un liceo così anonimo come quello. Probabilmente si sarebbero trovate più a loro agio allo stesso istituto privato che aveva frequentato lei, in cui anche la polvere era lussuosa e loro sarebbero state trattate come si addice a signorine del loro calibro, invece avevano scelto di andare lì e la cosa più strana era che i loro genitori avevano accettato. Quando aveva tentato lei di convincere suo padre a farle frequentare un liceo normale come tutte le ragazze della sua età aveva ricevuto solo un secco no e una manfrina infinita sul perché avrebbe dovuto frequentare le superiori che lui le aveva scelto e un sacco di altre storie sul fatto che l’azienda di famiglia pesava sulle sue spalle, tutti argomenti che non importavano un fico secco ad una quattordicenne arrabbiata, mentre quelle due sbattendo un po’ i loro occhioni chiari avevano ottenuto in nemmeno due giorni ciò che volevano, era davvero incredibile! Il solo pensiero la faceva innervosire ancora di più, fortuna che a distrarla da quell’irritante riflessione intervenne il suo secondo cellulare avvisandola dell’arrivo di una chiamata.
Numero sconosciuto, ma Charlie non si preoccupò, sapeva esattamente chi era.
<< Si? >>
<< Lunedì. 23.30. La parola d’ordine è Black Wings. >>
La chiamata terminò.
Ali Nere. Non poteva crederci, era impossibile. Quelle maledettissime ali da piccione la stavano tormentando sul serio!
“No, calma Charlie, non dare in escandescenza. E’ solo un caso.”
Allora perché era così nervosa? Insomma non faceva altro che vedere quelle cose piumate e il loro colore da tutte le parti, che stesse diventando pazza? Doveva smetterla di bere quel tè cinese di sua madre, era allucinogeno e le provocava dei seri danni alla salute mentale.
Finalmente dopo quello che sembrò un tempo infinito, un suono di campanella in lontananza segnò la fine delle lezioni e gli studenti iniziarono a riversarsi nella strada principale per tornare a casa.
Tra di loro, una in particolare attirò l’attenzione di Charlotte: una minuta ragazzina dai liscissimi capelli neri pettinati in due code sbarazzine. Così a prima vista non era niente di speciale, certo era carina, ma rientrava perfettamente nella norma della maggior parte delle ragazze giapponesi, se non fosse stato per l’enorme panda dai bracciali rosa shocking che camminava placidamente al suo fianco.
<< Wow. Questa si che è bella >> sussurrò la giovane guardandola sbalordita e ripromettendosi di chiedere chi fosse a sua sorella.
Una miriade di studenti sfrecciò di fronte a lei fissando a bocca aperta la lussuosissima limousine e la bella ragazza lì di fianco, ma delle due attese ospiti non c’era neanche l’ombra.
<< Oh ma dove sono?! >> domandò Charlie impaziente. << Eppure lo sa che papà è fissato con la puntualità. >>
Poi finalmente Lili e Maxi apparvero, circondate da una piccola cerchia di seguaci, neanche fossero state due principesse.
<< Ci diamo una mossa?! >> esclamò la giovane richiamando la loro attenzione, che dopo aver salutato la loro piccola “corte”, corsero verso di lei salutandola con un coro di << Ciao Charlie. >>
<< Alla buon ora. Lo sai che papà odia aspettare. >>
<< Si scusa >> rispose sua sorella. << Ma, Matthew McConaughey mi ha appena invitato ad uscire! >>
<< Oh.. Wow >> disse la bionda senza entusiasmo.
<< Oh non  puoi capire Charlie. E’ il ragazzo più carino della scuola! Quarterback, capitano della squadra di nuoto, miglior studente dell’anno.. >>
<< E non dimenticare: primo classificato a mister Osaka dell’anno scorso >> aggiunse Lili. << Una vera leggenda. >>
<< Di più! >> urlò la più piccola delle Hellenton. << Un angelo. >>
Sentendo le ultime parole la giovane dagli occhi color pervinca si rabbuiò, di nuovo quegli esseri con le ali da piccione. Ma cosa prendeva a tutti? Erano diventati una mania!
<< Su andiamo. >>
Le due nuove arrivate annuirono salendo in auto. Erano quasi pronti a partire quando Maxi esclamò << Aspetta! Ho dimenticato il libro in classe. >>
<< Non puoi prenderlo domani? >>
<< No >> rispose la ragazzina con radioso sorriso che le illuminava il bel viso, messo in risalto da un leggero trucco intorno agli occhi color smeraldo.
<< Oh Maxi! Su fai presto. Io chiamo papà e lo avverto. >>
Le sorelle Hellenton scesero dall’auto e Charlotte, osservando la longilinea figura della ragazzina dai capelli color miele, prese il suo primo cellulare chiamando il padre.
<< Pronto >> rispose la voce di Adam Hellenton.
<< Papà sono Charlotte. Arriviamo con cinque minuti di ritardo, Maxi ha dimenticato un libro in classe ed è tornata indietro a prenderlo. >>
<< Va bene Charlie >> concluse l’uomo, particolarmente di buon umore.
<< Okay. A tra poco. >>
<< A tra poco. >>
La ragazza si stupì dell’accondiscendenza che il padre aveva dimostrato, era strano che fosse così allegro anche dopo averlo informato che avrebbero infranto una delle sue regole d’oro. Cosa aveva in mente?
Sospirando Charlotte fece per tornare in auto, ma un volto attirò la sua attenzione.. No, non poteva essere.. Non poteva essere la donna del suo sogno! O forse si? Sbalordita e agitata allo stesso tempo guardò meglio e.. si stava sbagliando, il volto che aveva attirato la sua attenzione era quello di una brunetta dai vividi occhi castani, certo era molto simile alla ragazza del suo sogno, ma non era lei. Insomma, come avrebbe mai potuto essere lei? Era solo un sogno! Era impossibile che quella donna esistesse davvero o che la incontrasse quello stesso giorno. Stava diventando paranoica e non era affatto un buon segno, aveva bisogno di rilassarsi e per farlo avrebbe chiesto a sua madre di prenotarle in uno di quei centri benessere in cui ti riempiono di oli e pietre rilassanti che a lei piacevano tanto.
Finalmente Maxi tornò, aveva il volto accalorato e sicuramente non per la corsa, così Charlotte, dopo averla fatta entrare in auto disse << Ci sei davvero affezionata al libro vedo. >>
<< Già >> rispose la ragazzina sorridendo e guardandola con gli occhietti furbi, per poi lanciare un velocissimo sguardo d’intesa verso la cugina. Sguardo che non sfuggì a Charlie e le fece scuotere la testa sconsolata, sua sorella non sarebbe mai cambiata, credeva di essere furba, ma non si accorgeva di quanto risultasse un libro aperto per tutti, o almeno per tutti quelli che la conoscevano un minimo.
Come previsto arrivarono al ristorante scelto dal padre con cinque minuti di ritardo. Il locale era situato all’ultimo piano di una struttura contenente una galleria di lussuosi negozi, in cui necessitava avere il reddito di un direttore di banca per poter comprare anche solo una passata per capelli, il genere di posto che Lili e Maxi adoravano.
Non appena entrarono un attraente cameriere, nella sua perfetta divisa, le accolse chiedendo << Ben venute al Fitzerman Boutique Restourant. Avete una prenotazione? >>
<< Siamo attese dal signor Hellenton >> disse la più grande delle tre.
<< Vi porto subito da lui, se volete seguirmi >> concluse il ragazzo con un rispettoso inchino guidandole fino ad un tavolo situato di fronte all’ampia vetrata, da cui era possibile osservare il panorama e che, conoscendo Adam Hellenton, doveva essere il migliore.
<< Ecco qua. Buona permanenza >> disse il giovane congedandosi.
<< Eccole qua le mie ragazze >> esclamò mister Hellenton alzandosi dal suo posto di capotavola e andandole ad abbracciare una ad una. << Bene arrivate. >>
<< Ciao papà >> risposero le figlie baciandolo su una guancia, per poi fare la stessa cosa con lo zio.
 Adam Hellenton era un elegante e ricco uomo sui cinquant’anni a capo di una potente azienda produttrice di armi e ricerche sulla biogenetica. Era di bell’aspetto e nonostante non fosse più un ragazzino il suo fisico era sempre tonico e in forma, tanto che persino le giovani ventenni si voltavano a guardarlo. Era dotato di grande fascino, dovuto dai suoi magnetici occhi blu e i corti capelli brizzolati, che gli davano un’aria da divo del cinema, a cui veniva aggiunta una forte dose di carisma, dando vita così ad un perfetto leader e a un padre un po‘ meno perfetto.
Allo sesso tavolo del capo della Hellenton Corporation, erano seduti Claudius  Rochefort, il padre di Lili e fratello della signora Hellenton, a cui somigliava moltissimo, e altri tre uomini.
<< Queste signori sono le mie due splendide figlie: Charlotte Elena e Maria Ximena. E lei è la mia favolosa nipote Emily. >>
<< Zio sei sempre così gentile. >>
<< Dico semplicemente la verità. Venite sedetevi. >>
Le tre presero posto e Hellenton riprese a parlare finendo le presentazioni. Per primo indicò un uomo ben piazzato dai fluenti capelli castani palesemente tinti dicendo << Lui è George Van der Vak, il dirigente di una nota azienda produttrice di robot. Il giovanotto di fianco invece è suo figlio Maximilian. >> Un bel ragazzo dagli stessi capelli bruni del padre, ma dal fisico molto più atletico. << E infine abbiamo Mr. Lee Chaolan, il possessore dell’azienda che ho citato prima e di tutte le sue azioni. >>
Quest’ultimo uomo attirò particolarmente l’attenzione di Charlie, aveva un fisico robusto di chi ha passato buona parte della sua vita a lottare, i suoi capelli erano argentei e i suoi sprezzanti occhi castani. Aveva  uno snervante atteggiamento di superiorità da cui trapelava solo arroganza, atteggiamento che diede subito sui nervi alla ragazza, tanto che cercò di evitare per tutto il tempo il suo sguardo indagatore.
<< Bene, visto che le presentazioni sono state fatte, possiamo anche iniziare a mangiare. >>
Tutti annuirono alla proposta di Hellenton e pochi minuti dopo le pietanze ordinate, e cucinate in modo eccellente dagli chef, vennero servite al tavolo.
Il pranzo procedette tranquillo e tutti si comportarono in modo talmente affabile che alla giovane dai capelli color caramello venne quasi la nausea. Odiava quei pranzi pieni di falsi sorrisi e ipocrite gentilezze fatte solo per un secondo fine, odiava tutti quei giochi di potere e odiava farne parte, ma la cosa che odiava di più era la consapevolezza che una volata giunta l’età della pensione di suo padre, tutto quel baraccone sarebbe passato a lei e a quel punto sarebbe stato suo compito tirare le redini del gioco con spietata e calcolata freddezza, troppo prima di quanto lei potesse mai augurarsi sarebbe diventata la burattinai di tutto quel teatrino. E suo padre lo sapeva, era per questo che la richiedeva sempre più spesso al suo fianco, per prepararla a succedergli come sua erede designata alla direzione dell’azienda di famiglia.
<< Pranzo davvero eccellente >> disse alla fine Adam Hellenton.
<< Già. Devo venirci più spesso. Van der Vak, segnati il nome e passalo alla mia segretaria >> esclamò Lee, con il suo tono arrogante.
<< Si signor Chaolan. >>
<< Sono lieto che sia di suo gradimento. Vado particolarmente fiero di questo posto e pensare che lo ho scoperto per caso. Da allora è diventato uno dei miei preferiti e ci vengo a pranzare per le occasioni speciali >> rispose fiero e allusivo Hellenton.
Lee sorrise malizioso. << Allora perché fare uno strappo alla regola? Non si possono certo spezzare le trazioni, porta molta sfortuna e a tal proposito credo di sapere come rendere questo pranzo davvero.. Eccellente. >>
<< La situazione si fa estremamente interessante Mr. Chaolan. Perché non ne andiamo a parlare in terrazza, bevendo magari un buon calice di champagne. >>
<< Con molto piacere >> rispose l’azionista, facendo un cenno al suo direttore d’azienda.
<< Charlotte verresti a farci compagnia? >>
<< Certamente papà >> rispose la ragazza sorridendo affabile.
<< Maria Ximena, Emily, vi andrebbe di intrattenere il giovane Maximillian? Sono sicuro lo troverete molto interessante. >>
<< Con immenso piacere >> rispose Maxi.
Esattamente come la sorella, anche la secondogenita di Mr. Hellenton era stata addestrata a dovere, Maxi infatti, ragazzina molto affascinante ed estremamente provocante, nonostante i suoi soli sedici anni di età, aveva il compito di accalappiarsi i favori dei giovani pargoli dei ricchi imprenditori con cui il padre trattava, in modo da piegare ai suoi scopi anche i più titubanti. Adam Hellenton non lasciava mai niente al caso, quando voleva qualcosa riusciva sempre ad ottenerlo e per farlo aveva plasmato le sue figlie come due spietate macchine da conquista, che poteva starne certo, non fallivano mai.
Quando i cinque giunsero sulla favolosa terrazza, trovarono già pronta una bottiglia di costosissimo champagne, adagiata nel suo letto di ghiaccio, con accanto cinque finissimi bicchieri, probabilmente di cristallo.
<< Davvero efficienti >> commentò con approvazione Van der Vak, non doveva essere particolarmente sveglio e dall’occhiata che il suo superiore gli lanciò Charlie ne ebbe la conferma.
I quattro uomini si sedettero ai due lati del tavolo, mentre la ragazza, con un mezzo sorrisetto, prese il suo calice e si poggiò alla ringhiera, osservando il direttore e Chaolan, che non le tolse per un attimo gli occhi di dosso . A quanto pare capelli d’argento aveva in mente qualcos’altro che i noiosi discorsi aziendali.
<< Allora signor Chaolan, passando a fatti concreti, mi illustri la sua proposta >> disse Hellenton, guardando soddisfatto lo sguardo con cui lui indugiava su sua figlia. Un altro pesce che aveva abboccato all’amo.
<< Tempo fa, sono per caso venuto a conoscenza dei suoi studi per la creazione di super soldati attraverso la manipolazione genetica >> rispose Lee, andando a dedicare la sua attenzione all’uomo, ma non perdendo mai di vista la ragazza. << E devo dire che li trovo davvero molto interessanti. Mi piacerebbe molto poter vedere i suoi progetti e ancora di più entrarne a far parte, ed è qui che entra in gioco la mia proposta. Io ho, come dire, dei particolari interessi verso una nota compagnia che sicuramente tutti voi conoscete, ma di cui non farò il nome e vorrei impossessarmene. Purtroppo però ho un rivale che gioca particolarmente sporco e io gradirei molto se mi appoggiaste signor Hellenton. In cambio finanzierei le vostre ricerche con un  considerevole contributo, nel capo biotecnologico. Sapete che costruisco robot e mi piacerebbe che sperimentaste le vostre scoperte sulle mie creazioni, in modo che io possa avere un esercito di sofisticatissime armi. >>
Mr. Hellenton ascoltò tutto con molta attenzione, sorseggiando di tanto in tanto il liquido dal suo bicchiere, poi dopo averci riflettuto per qualche minuto chiese << E di quanto sarebbe il suo generoso contributo? >>
Chaolan sorrise, poi prendendo un pezzo di carta e una penna vi scrisse sopra la cifra passandola all’uomo che inarcando le sopracciglia annuì.
<< E’ davvero una considerevole offerta. Tu Claudius che ne pensi? >>
Rochefort lesse i numeri sul cartoncino, poi i suoi penetranti occhi verdi si posarono sull’azionista dicendo << E’ un’offerta considerevole e questo mi fa riflettere. Perché un costruttore di robot, a capo di una famosa azienda come la sua, che può permettersi i migliori ingegneri e scienziati, viene a chiedere l’appoggio di una compagnia come questa? Mi fa dedurre che non ci sia niente di legale o etico nei suoi programmi futuri Mr. Chaolan. Ma chi sono io per giudicare? Nonostante questo però, la mia esperienza mi ha insegnato a non fermarsi mai alla prima scoperta, magari andando avanti potresti trovare qualcosa di molto più ricco, non credi Adam? >>
Il cognato annuì. << Sono perfettamente d’accordo con te Claudius. Tu Charlotte invece che ne dici? >>
Charlie guardò i magnetici occhi blu del padre, qualcosa non lo convinceva in tutto ciò e anche lei era della sua stessa opinion. Non le piaceva Chaolan, era arrogante e sprezzante e sicuramente anche senza scrupoli, non pensava fosse molto saggio mettere delle tecniche così altamente avanzate e pericolose nelle mani di uno tipo del genere. C’era il rischio che potesse perdere il cervello e fare chi sa cosa, inoltre ripensando a quello che aveva detto suo zio anche a lei sembrava molto strano che si fosse rivolto ad una agenzia specializzata in manipolazione genetica, quando poteva pagare degli scienziati. C’era qualcosa che non la convinceva..
<< Io papà sono d’accordo con lo zio. Non penso sia saggio accettare subito la prima offerta fatta, potrebbero esserci altre compagnie interessate alle nostre ricerche, inoltre non credo che potrebbero essere trasferite su androidi. I nostri studi riguardano manipolazioni genetiche per migliorare le abilità e i sensi di esseri viventi, nei robot non c’è niente su cui lavorare quindi almeno per il momento io accantonerei quella via. Trovo la proposta del signor Chaolan interessante e generosa, però non è il nostro campo e dato che le ricerche stanno andando piuttosto bene continuerei per questa strada. Il massimo che possiamo fare per lui è vendergli le nostre armi di ultima generazione. >>
Hellenton annuì soddisfatto, aveva intravisto nello sguardo pervinca della figlia i suoi stessi dubbi su quell’uomo. Così tornando a dedicare la sua attenzione all’azionista disse << Suppongo signor Chaolan.. >>
Adam aveva appena iniziato a parlare quando dallo schermo al plasma situato sotto il gazebo sulla terrazza arrivò una frase che lasciò tutti a bocca aperta:
<< A circa un mese dalla morte di Heihachi Mishima nella misteriosa esplosione al tempio di Honmaru, la Mishima Zaibatsu ha indetto la quinta edizione dell’ormai leggendario King of Iron First Tourment. La potente compagnia non ha lasciato dichiarazioni su chi vi sia alla dirigenza, inoltre non si hanno ancora notizie certe sul presunto ritrovamento del cadavere di Mishima e la Tekken Force ha occupato l‘Honmaru impedendo alle autorità locali di svolgere le indagini.. >>
Honmaru.. Perché quel nome suonava così familiare a Charlie? Eppure era sicura di non averlo mai sentito. Come poteva suonarle familiare qualcosa di cui non conosceva neanche l’esistenza? Era davvero strano..
<< Il quinto torneo?! >> esclamò Lee furioso. << Che ci sia Kazuya dietro? Maledetto.. Sempre ad intralciare i miei piani! >>
Gli altri si voltarono verso di lui, tutti tranne la giovane, che spaesata osservava lo schermo senza realmente vedere le immagini.
Honmaru.. Quel nome le risuonava nella testa come un lontano ricordo, come una vecchia melodia che sappiamo di conoscere, ma di cui non ricordiamo né il ritmo né il suono.
Honmaru.. Honmaru.. Honmaru.. Poi come in un lontano sogno un calore intenso le salì da dentro il corpo, lo stesso calore che aveva provato sentendo quella candida voce chiederle di proteggerli, quello stesso calore che emanava quell’unica piuma bianca in mezzo a quel mare nero.
<< Di nuovo.. >> sussurrò Charlie. Di nuovo quelle ali nere..Stavano diventando un tormento ormai, un’ossessione che non era più possibile definire semplice casualità. Doveva capire cosa diavolo le stava succedendo e, ne era certa, era proprio all’Honmaru che avrebbe trovato le risposte che cercava.
<< Devo andare, è stato un piacere signor Chaolan >> disse la ragazza, poi dando un live bacio sulla guancia del padre aggiunse << Ci vediamo a cena. >>
Senza neanche lasciare il tempo all’uomo di protestare la giovane scappò dirigendosi verso l’uscita dell’edificio, dove dopo aver fermato un taxi vi salì.
<< All’Honmaru per favore. >>
<< La zona è sorvegliata dalla Tekken Force, non credo sia possibile entrarvi >> disse l’autista guardandola dallo specchietto retrovisore.
Charlotte sorrise e aprendo la borsetta vi tirò fuori una banconota da 10000 Yen, che porse al conducente. << All’Honmaru, grazie. >>
L’uomo la guardò a bocca aperta, poi prendendo i soldi esclamò << E Honmaru sia. >>

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Capitolo 4
*** L'Honmaru ***


L’Honmaru

Come le era stato detto dal taxista tutta la zona dell’Honmaru era sotto sorveglianza della Tekken Force, infatti, non appena arrivarono nei pressi del tempio vennero fermati da una pattuglia con la richiesta di tornare indietro.
L’uomo alla guida del veicolo annuì tornando sui suoi passi, lui lo aveva detto a quella ragazza che non gli avrebbero fatti passare, peggio per lei se aveva voluto sborsare tutti quei soldi per fare un viaggio a vuoto. Ma Charlie non era certo tipo da darsi per vinta, infatti, non appena furono fuori dalla vista dei  soldati, fermò il conducente e scese. Voleva raggiungere quel dannatissimo tempio e in un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta.
<< Grazie. >>
<< Desidera che l’aspetti? >>
<< No, vada pure. >>
<< Come desidera. Buona giornata. >>
<< Anche a lei >> rispose la giovane voltandogli le spalle e dirigendosi verso il posto di blocco, dove non appena i due uomini la videro arrivare le intimarono di fermarsi.
Charlie si portò di fronte a loro e sorridendo disse << Vorrei poter accedere all’area per favore. >>
<< E’ impossibile. Tutta lo zona è sotto custodia della Tekken Force. >>
<< Questo lo so, ma vorrei dare solo un’occhiata veloce, niente di sospetto o illegale >> rispose lei sbattendo innocentemente le ciglia, riuscendo ad ammorbidire uno dei due soldati.
<< Bé se fa una cosa veloce.. >>
<< Neanche per idea >> lo interruppe l’altro. << Abbiamo degli ordini da rispettare e poi, quale interesse potrebbe mai avere una civile per un tempio esploso? >>
<< Semplice curiosità. >>
<< O interesse? Molti giornali pagherebbero ingenti somme per qualche foto dell’Honmaru. >>
La giovane sorrise. Poi aprendo la borsetta vi tirò fuori quattro banconote da 10000 Yen che porse ai due uomini dicendo << Crede davvero che abbia bisogno di qualche foto per fare soldi? >>
I soldati la guardarono a bocca aperta, erano un sacco di soldi!
<< Adesso posso passare? >>
<< Ce..Certo >> balbettò uno dei due.
<< Grazie >> rispose Charlie sorridendo e passando tra i due uomini per poi incamminarsi verso il luogo dell’esplosione.
Esattamente come ci si aspetta da un disastro di quella portata, tutta l’area circostante era in condizioni disastrose. Nonostante fosse passato ormai un mese dal fatto, era ancora percepibile nell’aria la carica elettrica dovuta all’esplosione, ma non fu questo che colpì la ragazza. A colpirla fu più che altro la strana sensazione che quel luogo le dava, un opprimente senso di qualcosa di oscuro, ma soprattutto un irragionevole sensazione di paura. Paura del tutto insensata dato che probabilmente non c’era essere umano o animale vivo, al di fuori dei soldati della Tekken Force, nell’arco di almeno un kilometro.
Charlotte continuò a camminare verso il centro di quel disastro sentendo la sensazione di malessere aumentare e più si avvicinava al cento più la consapevolezza di conoscere quel posto, nonostante fosse la prima volta che lo vedeva, aumentava. O meglio, la prima volta dal vivo, dato che in sogno ci era già stata più volte. Ormai ne era quasi certa, quello era il tempi in cui ogni notte vedeva quelle splendide ali nere prendere il volo. Doveva solo trovare la prova per esserne sicura e se l’avesse trovata, beh, allora si sarebbe iniziata a preoccupare sul serio.
Con molta cautela la ragazza iniziò ad esplorare il terreno annerito dallo scoppio. In un certo senso aveva quasi paura di trovare ciò che cercava, infondo se avesse avuto successo tutto ciò che aveva sempre creduto, tutte le sue certezze le sarebbero crollate di fronte come un castello di carta. Era davvero pronta? Ovviamente no, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. 
Lentamente percorse il terreno osservandolo attentamente. Con cautela spostò ogni ramoscello o pietra che sembrava nascondere qualcosa di scuro, senza mai trovare niente. O almeno, senza mai trovare niente fino a che non raggiunse il centro di quelle macerie. Lì infatti tra pezzi di antico legno annerito una piccola ombra scura attirò la sua attenzione.
Charlotte spostò a fatica le macerie permettendo al sole di illuminare il piccolo spiazzo di terra che fino a quel momento era rimasta nascosto e dove, adagiata come se non aspettasse altro che essere trovata, stava una piuma nera.
<< Non è possibile.. >> sussurrò la giovane portandosi una mano davanti alla bocca. << E’ del tutto illogico.. >>
“Ok” pensò. “Sto diventando pazza!”
Si, quella era l’unica spiegazione, stava dando di matto. Non era assolutamente possibile che quella piuma si trovasse lì e soprattutto non poteva esistere davvero. Era solo un maledettissimo sogno! I sogni non sono la realtà e quella penna di piccione non poteva essere vera.
<< E’ solo un brutto sogno.. >> sussurrò la giovane, senza però avere il coraggio di toccarla. << Andiamo Charlie, non può essere vero. E’ solo la tua immaginazione. >>
Era del tutto illogico e lei lo sapeva. Nonostante questo però, non poté fare a meno di allungare una mani e prendere con delicatezza la piuma nera.
Non appena la penna fu tra le sue mani, essa iniziò a fumare, come se qualcosa di corrosivo l’avesse colpita. Contemporaneamente Charlotte sentì un forte calore sostituirsi alla sensazione di malessere che fino a quel momento l’aveva oppressa. Fu una sensazione così improvvisa e inaspettata che ella fece fatica ad affrontare, tanto che improvvisamente le forze le vennero meno e lei svenne.
Una schiena possente sormontata da lucenti ali nere.
Un sorriso malinconico e appena accennato.
Le oscure ali che spiccano il volo, allontanandosi nel buio della notte.
E infine quel volto. Quel bellissimo volto di donna che insistentemente le ripeteva quelle parole: << Proteggili. Proteggili entrambi. >>
E poi quel calore.. Quel calore intenso e rassicurante.


Quando Charlotte riaprì gli occhi probabilmente, dal buio che la circondava, dovevano essere passate varie ore. Lentamente si mise a sede ed aspettando che gli occhi si abituassero alla poco luce, si portò una mano alla testa per massaggiarsi le tempie. Nel farlo sentì qualcosa strattonarle il polso e preoccupata lo guardò: intorno alla sua pelle era legata una stretta cinghia collegata ad un lettino
<< Ma cosa..?! >> esclamò la giovane cercando di forzare il laccio, ma con poco successo. Di nuovo provò a strattonare la cinghia, ma esso non cedette, così presa dal panico iniziò ad urlare << Aiuto! Qualcuno mi aiuti! >>
Per vari minuti nessuno arrivò in suo soccorso, poi all’improvviso la luce nella stana si accese illuminandola di colpo e qualcuno entrò.
Charlotte si schermò gli occhi, poi quando si furono abituati fissò il nuovo arrivato. Era un uomo alto dai capelli castani e gli occhi scuri con indosso una tuta nera e rossa come quella che aveva visto addosso a quei due soldati che aveva pagato per entrare. Bene, quindi quel tizio era della Tekken Force. Oh oh, non prometteva niente di buono.
<< Senta mi dispiace aver pagato quei soldati, io.. >>
<< Silenzio! >> urlò l’uomo. 
La giovane sussultò ubbidendo e lui soddisfatto iniziò a girarle intorno con un passo lento e snervante. 
<< Chi sei? >> le chiese il soldato.
<< Mi chiamo Charlotte Hellenton. >>
<< Hellenton? >> chiese l’uomo.
Lei annuì, cosa di cui il suo aguzzino non fu molto contento, infatti, infuriato esclamò << Sati mentendo! >>
<< Cosa?! Non è vero! >>
<< Si invece! Chi sei veramente?! >>
<< Glielo ho detto sono Charlotte Hellenton! >>
<< Bugiarda! >> gridò lui sbattendo le mani sul lettino dove Charlie era seduta, facendola sussultare spaventata. << Non ti conviene fare la furba con me ragazzina. >>
La giovane annuì trattenendo il respiro.
<< Bene >> continuò lui. << Adesso ci riproviamo. Chi sei? E voglio la verità questa volta. >>
<< Che lei ci creda o meno, mi chiamo Charlotte Hellenton. >>
L’uomo urlò di rabbia. << Adesso mi hai stancato! Ora ti faccio vedere io cosa succede a mentire! >>
Charlotte a quelle parole dette con tutta quella cattiveria impallidì. Senza riuscire a muovere neanche un muscolo rimase immobile a fissare la mano del soldato alzarsi per caricare e poi dirigersi verso il suo volto con forza. Immediatamente chiuse gli occhi, non ricordava quando era stata l’ultima volta che suo padre le aveva dato uno schiaffo, e quando credette che il colpo stesse per abbattersi su di lei la porta si aprì di nuovo e una voce maschile esclamò << Soldato! >>
L’uomo si bloccò all’improvviso e scattando sull’attenti esclamò << Si signore. >>
<< Sai con chi stai parlano? >>
<< Non ancora capitano. >>
<< Allora te lo dico io: il suo nome è Charlotte Elena Hellenton. >>
Il soldato a quelle parole impallidì. La ragazza era la figlia di uno degli uomini più potenti del paese. 
<< Adesso liberala e restituiscile i suoi averi >> concluse il capitano.
<< Si signore. >>
<< E sergente, noi non picchiamo le donne, men che meno se sono signorine di rispettabili famiglie. >>
Il sottoposto abbassò lo sguardo annuendo e a testa bassa slacciò il polso di Charlie, che una volta scesa dal lettino si massaggiò la parte indolenzita.
<< Signorina Hellenton. Se vuole seguirmi >> disse il capitano.
La ragazza annuì voltandosi verso di lui e guardandolo per la prima volta con attenzione. Il suo salvatore era un uomo dalla discreta prestanza fisica, con ritti capelli color sabbia e gli occhi azzurri. Charlotte notò che doveva essere piuttosto giovane per essere un capitano, oltre ad essere anche piuttosto di bell’aspetto.
La ragazza lo seguì fuori dalla stanza e una volta fuori il capitano disse << Adesso dovremo bendarla signorina Hellenton, ma non appena saremo fuori dalla struttura gliela toglierò. >>
<< Okay >> rispose lei chiudendo gli occhi.
Quando tutto divenne bui Charlotte sentì qualcuno prenderla delicatamente per un braccio e insieme si avviarono verso l’uscita di quel posto sconosciuto.
Passarono vari minuti prima che le permettessero di togliersi la bende e quando avvenne la giovane si trovava in una costosissima berlina dagli spessi vetri oscurati in compagnia dell’ufficiale dai capelli color sabbia.
<< Tenga >> disse lui porgendole la sua borsa.
<< Grazie >> rispose la ragazza prendendola.
<< Mi dispiace moltissimo per l’inconveniente signorina Hellenton. >>
<< Non si preoccupi capitano. Vorrei solo sapere come mai mi trovavo.. Ovunque mi trovavo e dove. >>
<< Allora prima dovrò chiederle cosa ci faceva in un’area sotto custodia della Tekken Force. >>
<< Io.. Ero curiosa. >>
<< Curiosa? >>
<< Si, volevo vedere il luogo dell’esplosione. >>
<< E perché? >>
Charlie si aspettava quella domanda, però nonostante sapesse che prima o poi sarebbe arrivata non aveva ancora pensato ad una risposta. Non poteva certo dirgli di essere andata lì perché aveva visto in sogno un tizio con le ali da piccione prendervi il volo e una voce le aveva detto di proteggere chi sa chi. L’avrebbe sicuramente presa per pazza, così cercando di trovare la scusa più credibile possibile disse << Bé perché.. Se ne è sentito così tanto parlare e volevo vedere con i miei stessi occhi cosa c’era di così interessante da far muovere la stampa di tutto il paese. >>
Il capitano la guardò intensamente senza dire niente e la giovane per un attimo ebbe paura che percepisse la sua bugia, così a disagio cambiò numerose volte posizione.  Alla fine dopo quella che sembrò un eternità l’uomo annuì concludendo << Se non foste la figlia di  un rispettabilissimo uomo in vista come il signor Hellenton stenterei a credere ad una scusa così scarsa, però date le circostanze non la metto in dubbio. >>
Charlotte tirò un sospiro di sollievo, non la faceva particolarmente impazzire essere trattata con più riguardo solo per il nome che portava, ma in quel momento ringraziò silenziosamente suo padre di essere quello che era e in silenzio si voltò fissando il suo riflesso nel vetro oscurato.
Tra i due cadde il silenzio e la giovane si ritrovò ad osservare il profilo del bel volto del capitano dal vetro. Quando se ne accorse l’uomo sorrideva divertito e lei distolse immediatamente lo sguardo imbarazzata.
“Charlie ma che diavolo fai?!”  pensò. “Da quando in qua ti metti a fissare gli uomini e per di più ti fai anche sorprendere?!”
<< Allora non vuole sapere perché eravate in una delle basi della Tekken Force? >>
<< Come? >> chiese lei colta alla sprovvista.
<< Non ho ancora risposto alla domanda che mi ha fatto, non le interessa? >>
<< Ah si, certo. >>
<< La zona come sa è sotto la custodia della Tekken Force e non è permesso a nessuno l’accesso, soprattutto ai civili. I nostri artificieri stanno analizzando la zona alla ricerca di prove su chi sia l’artefice dell’attentato, quindi trovandola lì abbiamo pensato fosse qualche agente incaricato di sabotare le prove e l’abbiamo arrestata per interrogarla. >>
<< Capisco.. >> disse Charlie riflettendo. << Ma perché qualcuno vorrebbe far saltare un tempio? >>
<< Sicuramente come avrà sentito dai giornali la notte dell’esplosione Heihachi Mishima si trovava lì.. >>
<< Ed essendo a capo della Mishima Zaibatsu qualcuno ha pensato bene di farlo saltare in aria e sbarazzarsi così di lui. >>
L’uomo annuì sorridendo. << E’ una ragazza sveglia. >>
<< Sono abituata ai giochi di potere.. Ma chi potrebbe essere stato? >>
<< Non le viene in mente nessuno? >>
Charlotte ci pensò un po’ su. Il primo pensiero corse a Lee Chaolan, ma cosa ci avrebbe guadagnato a disfarsi del vecchio facendo un bel polverone se non fosse stato sicuro di ottenere la Zaibatsu? No, non poteva certo essere stato lui. Non le sembrava il tipo che facesse cose del genere, le sembrava più un subdolo e sadico vendicativo. Allora forse poteva essere stato il figlio di Heihachi: Kazuya Mishima. Anche lui però non avrebbe avuto motivo di un’azione del genere senza avere nessuna garanzia di successo, e poi se fosse stato lui sicuramente non avrebbe tenuto nascosto il suo successo rimanendo nell’ombra. Allora chi? Chi era stato?
Improvvisamente le tornò in mente una vecchia conversazione tra suo padre e suo zio:
“La Mishima Zaibatsu e la G-Corporation sono le agenzie più potenti al mondo Claudius. Spera che non si decidano a dichiararsi guerra aperta, altrimenti per il mondo sarebbe la fine.”
<< La G-Corporation.. >> sussurrò la ragazza.
<< E’ ciò che pensiamo anche noi >> disse il capitano, poi aggiunse << Come mai ha pensato subito alla G? >> 
Charlie stava per rispondere, ma poi ci ripensò << Cos’è un interrogatorio per caso? >>
Il soldato rise. << No, mi interessa solo sapere il suo pensiero. Ha un buon cervello, credo farebbe carriera tra i nostri strateghi. >>
La giovane lo fissò inarcando le sopracciglia, chi sa perché ma qui furbi occhi azzurri non la convincevano affatto. << Mmm.. Sa capitano, ora che ci penso, mio padre mi ha sempre detto di non parlare di cose strettamente confidenziali con gli sconosciuti. >>
<< Ma non stiamo parlando di questioni private >> disse l’uomo ridendo.
<< Vero, però è pur sempre uno sconosciuto. >>
<< A questo possiamo rimediare subito, il mio nome è Lars Alexandersson >> rispose lui porgendole la mano.
Charlie la strinse rispondendo << Piacere, ma ciò non toglie che lei è ancora un estraneo per me. >>
Lars rise nuovamente. << Oltre che intelligente è anche testarda vedo. >>
<< Non è il primo che me lo dice. >>
<< A buon ragione. >>
Charlotte sorrise e quando l’uomo stette per dirle qualcosa l’auto si fermò e la voce del conducente si sparse nell’abitacolo dicendo << Siamo arrivato capitano. >>
<< Si grazie >> rispose lui, poi rivolgendosi alla giovane aggiunse << Sarò anche uno sconosciuto, ma non può dire che non  mi sono comportato da cavaliere. >>
Charlotte rise, poi accettando l’aiuto di Lars per scendere dall’auto disse << Kazuya Mishima non si nasconderebbe se avesse ottenuto il comando della Zaibatsu e Lee Chaolan non arriverebbe a tanto se non fosse sicuro di ottenere il comando. Per il resto non mi viene in  mente nessun altro che possa organizzare un attentato di quella portata. >>
Lars Alexandersson la guardò sorpreso e soddisfatto allo stesso tempo. << Osservazioni pressoché esatte, ma si sta dimenticando di una persona: Jin Kazama. >>
<< Jin Kazama? >>
<< Anche lui voleva la morte di Heihachi Mishima, anche se per motivi diversi. >>
Charlotte ascoltò quelle parole in silenzio, anche quel nome, come l’Honmaru, le dava una strana sensazione.
<< Buona notte miss Hellenton, è stato un piacere. >>
<< Buona notte.. >> sussurrò la ragazza stringendo la mano che Lars le porgeva. << Ah, capitano, grazie. >>
<< E’ mio dovere >> concluse l’uomo chiudendo la portiera e partendo.
La giovane rimase per alcuni attimi a fissare l’auto allontanarsi, poi quando i fari sparirono oltre il cancello di Villa Hellenton si diresse verso casa.
Ad attenderla trovò uno dei maggiordomi di servizio che vedendola entrare esclamò << Signorina Hellenton, ben tornata. >>
<< Grazie Armand. Mio padre e mia madre sono già a letto? >>
<< Si signorina, i signori si sono ritirati poco fa. Vuole che glieli vada a chiamare? >>
<< No, non importa, grazie. >>
<< Come desidera. La signora Hellenton le ha fatto lasciare la cena nel forno, vuole che chieda alla cuoca di scaldargliela? >>
<< No, non ho molta fame. Penso che prenderò un arancio e andrò a letto. >>
<< Come desidera. Buona notte allora.>>
<< Buona notte Armand >> rispose la ragazza dirigendosi in cucina dove prese un arancio ed una bottiglietta d’acqua. Poi si ritirò in camera sua.
Una volta al sicuro nelle sue stanze Charlie si lasciò finalmente andare. Per prima cosa si tolse quei maledettissimi tacchi che le stavano martoriando i piedi, poi si tolse il soprabito e infine lasciò cadere ai suoi piedi il vestito.
<< Casa dolce casa >> sussurrò saltando sul letto.
Era stata una giornata davvero stressante, prima l’incontro con quel viscido di Chaolan, poi l’Honmaru con quelle strane sensazioni, il sogno, la prigione, il risveglio tutt’altro che tranquillo, il dialogo con Lara Alexandersson e infine quel nome: Jin Kazama.
Era sicurissima che fosse la prima volta che lo sentiva nominare, eppure aveva come la sensazione di averlo già sentito, magari molto tempo prima senza farci molto caso, oppure da sua sorella. Chi sa, forse era un suo compagno di scuola e aveva sentito il suo nome da Maxi e Lili, cosa molto probabile, soprattutto se era carino, ma che legame poteva avere con Heihachi Mishima? 
<< Oh ma chi se ne importa! >> esclamò infine Charlotte. 
Quegli stupidi sogni sul piccione la stavano facendo diventare paranoica. Che accidenti le importava se un vecchio riccone era morto assassinato e nessuno sapeva chi era stato?! Sicuramente, visto la fine che aveva fatto, non doveva essere una persona molto per bene. E poi non era certo un problema suo. Così, dopo aver indossato la camicia da notte, entrò nel letto e pazientemente attese che il sonno la portasse con sé.

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Capitolo 5
*** La Gora Kadan ***


La Gora Kadan

<< Mi fa davvero piacere che tu mi abbai chiesto di organizzare questo week-end alla Gora Kadan. Non credevo ti piacessero i luoghi come quello >> disse Rosalie Hellenton rivolgendosi alla figlia, che però, immersa com’era nei suoi pensieri, non aveva sentito neanche una parola.
La donna se ne accorse e dolcemente chiamò la ragazza << Charlotte? >> 
<< Mmh? >> mugolò Charlie voltandosi verso la madre.
<< Mi stai ascoltando? >>
<< Si Charlie, stai ascoltando?! >> ripeté stizzita Maxi, la quale era stata costretta a seguire le due donne rinunciando così al suo appuntamento da favola con Matthew McConaughey. Cosa che l’aveva messa di cattivissimo umore.
<< Si scusa.. Ero distratta.. >>
<< Ho notato >> disse la signora Hellenton. << C’è qualcosa che ti preoccupa? >>
<< No, no. Stavo solo pensando ad una persona. >>
A quelle parole gli occhi di Maria Ximena si illuminarono e come per incanto il cattivo umore sparì, lasciando il posto ad una vivace curiosità. Charlotte Hellenton che pensava ad una persona?! Questo era davvero uno scoop! Charlie non pensava mai così intensamente da non essere attenta e vigile a qualcuno, non era una cosa da Charlie quella. Al massimo i pensieri della ragazza potevano essere leggermente disturbati da un individuo, ma mai così occupati.
<< E chi è il fortunato? E’ carino? >> si informò subito la più piccola.
<< E chi ti dice che è un ragazzo? >>
<< Non lo è? >>
<< Beh.. Si.. Ma.. >>
<< Allora racconta! >> esclamò eccitata Maxi. << Nome, cognome, età, aspetto fisico, dove l’hai conosciuto, quando lo vedi.. Cose così, insomma! >>
Charlotte guardò con sguardo supplichevole la madre, sperando che mettesse un freno a quella macchina da gossip di sua sorella, ma la donna sembrava altrettanto desiderosa  di sapere il più possibile sul misterioso sconosciuto, tanto che la giovane fu costretta a rispondere << Ad essere sincera non lo so.. >>
L’esaltazione di Maxi calò e accigliata chiese << Cosa non sai? Quando lo rivedrai? >>
<< Anche.. Faccio prima a dirti cosa so ad essere sincera. >>
A quella affermazione l’interesse della ragazzina cedette del tutto e annoiata tornò a poggiarsi scomposta allo schienale, ricevendo però un’occhiataccia dalla madre che le fece assumere una posa più dignitosa.
<< Dicci cosa sai allora >> la incoraggiò la signora Hellenton.
<< Il suo nome: Jin Kazama. >>
<< Jin Kazama hai detto? >> chiese Maxi.
<< Si! Lo conosci?! >>
<< No. Però è un bel nome, suona bene. >>
Charlotte guardò sua sorella di traverso, per un attimo aveva sperato di potersi dare una spiegazione razionale sul perché le sembrava di averlo già sento e invece anche stavolta tutto era a favore del suo principio di pazzia nascente  in lei.
“Accidenti Charlie! Stai davvero impazzendo! Ora oltre a sognare situazioni realmente accadute in luoghi esistenti, ti metti anche a ricordare nomi di sconosciuti?!”
Il viaggio verso la SPA procedette tranquillo, almeno per le altre due esponenti del gentil sesso di casa Hellenton e terminò verso mezzogiorno con l’arrivo al lussuosissimo centro benessere.
Nel vederlo gli occhi di Maria Ximena si illuminarono, ovviamente era il tipo di posto che faceva per lei: gigantesco, costosissimo e lussuosissimo.
Forse, forse non era stato poi un gran  male rinunciare a  Matthew McConaughey, lui sicuramente non l’avrebbe mai portata in un posto come quello.
Non appena entrarono una donna dai lisci capelli neri le accolse con un profondo inchino dicendo << Signora Hellenton, ben arrivata. >>
<< Grazie Aiko >> rispose la donna inchinandosi a sua volta.
<< E’ in compagnia quest’oggi. >>
<< Già. Queste sono le mie due figlie. >>
<< Onorata signorine >> disse la donna ripetendo l’omaggio che aveva fatto alla loro madre.
Charlotte ogni volta si stupiva di quanto i giapponesi tenessero alle formalità di quel genere. Da quando si era trasferita nel paese del Sol Levante gli inchini e gli ossequi erano all’ordine del giorno, in Inghilterra e a Monaco un trattamento del genere se lo sognava. Non che ci tenesse particolarmente, tutt’altro, odiava tutte quelle moine  obbligatorie, aveva persino imposto ai suoi domestici di eliminarle nei suoi confronti. I giapponesi però avevano l’innata capacità di far sembrare quelle stantie tradizioni così naturali, tanto da apparire quasi normali.
<< Venite vi accompagno al vostro alloggio >> disse la donna, battendo poi le mai e ordinando qualcosa in uno stretto dialetto ai due giovani ragazzi accorsi al richiamo, i quali si caricarono in spalla le valige e si incamminarono.
L’alloggio destinato alle signore Hellenton era un vero e proprio appartamento situato nella parte est dell’edificio. Esso comprendeva due diverse camere da letto - una matrimoniale e una doppia - un salottino e una sala da bagno degna di una regina. Il tutto finemente arredato in stile orientale.
La cosa che fece  impazzire più in assoluto Maxi però non fu la località, la camera, il lusso o l’arredamento, ciò che mandò su di giri la ragazzina fu il kimono che trovò steso sul letto e che la fece catapultare nella stanza urlando di gioia.
<< Maxi.. >> sussurrò Charlotte esasperata.
Aiko sorrise, probabilmente doveva trovarla piuttosto stupida, ma le rigide regole imposte dal contratto lavorativo e le cifre esorbitanti pagate dagli ospiti non le permettevano di esprimere quel pensiero apertamente, così dopo essersi voltata verso Rosalie disse << Desidera che il pranzo le venga servito in camera? >>
<< No niente pranzo. >>
<< Cosa?! >> sussultò Maxi. << Come niente pranzo?! >>
<< Prenderemo il tè più tardi. E poi digiunare purifica il corpo. >>
<< Vi accompagno subito alla Thalasso Therapy allora >> concluse Aiko inchinandosi e attendendo fuori.
Rose sorrise. << Sarà rilassante. >>
<< Sarà sfiancante >> sussurrò Charlie andando ad indossare il costume da bagno.
<< Ehm ragazze >> disse la donna allungando le belle e curate mani. << I cellulari. Emettono vibrazioni negative che vanno a disturbare i Chakra provocando lo stress. >>
<< Stai scherzando spero. >>
Rosalie scosse la testa e quando le figlie eseguirono l’ordine sorrise soddisfatta.
<< Charlotte, anche l’altro. >>
Charlie alzò gli occhi al cielo ed esasperata le affidò anche il suo secondo cellulare. Si prospettavano due giorni da incubo, o come preferiva dire la signora Hellenton: da paradiso.

<< Vedrai che sarà rilassante. Ti piacerà >> aveva detto Rosalie Hellenton sorridendo maliziosa e sparendo nella sala per la Thalasso Therapy con Maxi, lasciando sola la sua primogenita in attesa di Aiko.
Charlie si stava già pentendo di aver chiesto alla madre di organizzare quel week-end, ma che diavolo le era venuto in mente?! Eppure lo sapeva che ogni volta che aveva a che fare con stramberie orientali non ne ricavava niente di buono e invece di stargli lontana cosa faceva? Gli andava pure incontro.
“Ma brava Charlie!” pensò la giovane indispettita con se stessa. “Qualsiasi cosa ti aspetta, ti sta bene! Così impari!”
I pensieri della giovane furono interrotti dall’arrivo di Aiko che inchinandosi disse << Signorina Hellenton venga l’accompagno al suo appuntamento. >>
Charlotte la guardò non molto convinta e sospirando annuì seguendo la donna fino ad una stanza - arredata ovviamente alla maniera orientale - dove al centro stava un lettino per massaggi, destinato a lei.
<< Vada pure ad accomodarsi. Se ha bisogno di cambiarsi troverà un separé là in fondo >> concluse la donna chiudendosi poi la porta alle spalle, senza lasciare alla giovane il tempo di replicare.
Charlotte sospirò, perfetto era in trappola. Così rassegnatasi al suo destino si tolse l’abito rimanendo in costume da bagno e andando a sdraiarsi sulla sua postazione. 
I minuti passarono senza novità, poi quando Charlie stava per tranquillizzarsi del tutto, una rilassante musica orientale si espanse nella stanza, facendola sussultare.
<< Oh no.. >> sussurrò. << Non promette niente di buono. >>
La porta alle sue spalle si aprì e qualcuno entrò facendo voltare la ragazza stupita. Il novo arrivato, infatti, era un giovane uomo dai capelli scuri e gli occhi chiari, che nel vedere il suo sguardo sorrise dicendo << Lei deve essere la signorina Hellenton. >>
<< Charlotte. >>
<< Piacere Charlotte. Il mio nome è Michael. >>
<< Piacere. >>
<< Bene, adesso sdraiati. Posso darti del tu? >>
<< Si certo >> rispose Charlie obbedendo.
Non appena la ragazza si fu stesa le calde mani di Michael iniziarono a massaggiarla. Aveva un tocco così delicato e rassicurante che Charlie, dopo un primo momento di rigidezza si sciolse lasciandosi completamente andare a quelle carezze così sensuali.
Il giovane continuò a sfiorarla per svariati minuti, poi dopo averle sciolto la chiusura del reggiseno le cosparse il corpo con oli profumati eseguendo sulla sua schiena una serie di disegni ripetuti.
<< Come ti senti? >> 
<< Molto meglio. >>
<< Bene. Adesso chiudi gli occhi e non pensare a niente. Rilassati completamente. >>
Charlotte fece come le era stato ordinato. Subito distolse la mente da ogni pensiero vagando in una totale assenza di preoccupazioni e immediatamente si rilassò.
Era in uno stato di completa atarassia quando un familiare calore iniziò a percorrerle il corpo.

<< Proteggili. Proteggili entrambi. >>
La calda voce esplose nella mente della giovane come una supplichevole melodia. Charlie avrebbe voluto aprire gli occhi e riprendersi da quello stato di trance, ma più ci provava più non ci riusciva.
Un sorriso malinconico.
Delle possenti ali nere aperte su una muscolosa schiena.
Il volo.
Una cascata di piume nere che dolcemente scendono al suolo e tra di esse un unico spiraglio di luce.. Una piuma bianca..

<< Basta! >> esclamò Charlotte scattando a sedere.
Aveva il respiro affaticato e il corpo percorso da brividi a causa della scomparsa del calore.  << Basta.. >>
Michael la guardò perplesso. << Va tutto bene? >>
<< Io.. >> sussurrò lei tenendosi la testa con una mano. << Devo andare.. >>
<< Sei sicura di sentirti bene? >>
<< Si >> rispose la giovane rivestendosi in tutta fretta. Nel farlo però l’occhio le cadde verso una delle finestre che illuminavano la stanza, dove una donna con una maschera da gatto bianca la stava fissando.
<< Ma che diavolo..?! >> esclamò lei catapultandosi letteralmente fuori dalla stanza, non trovando però niente, o meglio, niente che assomigliasse ad una donna con una stramba maschera da felino.
Sotto il tetto dell’Edificio Tre della Gora Kadan, infatti, stava solo un tenero micino bianco, che guardando la giovane con i grandi occhioni celesti miagolò infastidito per l’improvvisa apparizione.
Charlotte osservò sorpresa l’animale, allora ciò che aveva visto era il suo musetto, non una guardona sconosciuta in maschera.
<< Non è possibile.. >> sussurrò. Era assolutamente sicura che lì fuori ci fosse qualcuno e che quel qualcuno la stesse fissando.
Insomma, non aveva mai dubitato della sua salute visiva, quella era assolutamente sicura di averla apposto, cosa che non si poteva dire della sua salute mentale. A quanto pareva, infatti, stava davvero dando di matto!
“Accidenti Charlie! Stai andando in escandescenza! Datti una calmata!” pensò lei massaggiandosi le tempi.
“Eppure.. Eppure un corno! Adesso Basta Charlotte! Non c’era nessuna donna che ti fissava da fuori la finestra! Era solo un gatto! Datti una calmata okay?!”
Indispettita la ragazza fece per andarsene da quello stramaledetto padiglione e nel voltarsi finì proprio addosso a Michael, il quale l’afferrò per la vita impedendole di cadere.
<< Ehi.. Mi sembri un po’ nervosa sai? >>
<< Cosa?! Io non sono affatto nervosa. >>
<< Ah no? >> domandò il ragazzo ridendo. << La scenata di poco prima diceva tutto il contrario sai? >>
A quelle parole Charlotte arrossì violentemente, ma che diavolo le prendeva? Ultimamente si era trovata fin troppo spesso in imbarazzo di fronte ad un uomo, non era affatto da lei. Non era così che suo padre l’aveva “addestrata”. Il suo compito era mostrarsi sempre attenta e vigile, ma con un pizzico di malizia e charm. Doveva diventare la dirigente di un’importante azienda globale e come tale non poteva certo permettersi “debolezze”.
<< E va bene >> acconsentì alla fine la giovane. << Forse sono un po’ stressata. >>
<< Un po’?! >>
<< Ehi, ma non ti pagano per fare massaggi e non commentare? >>
<< A dire la verità in questo caso sono stato pagato per farti rilassare e questo prevede, se necessario, anche conversare.. >>
<< Beh >> commentò indispettita Charlie liberandosi dalla sua prese. << Allora caro mio, mi sa che non ci sei riuscito affatto. >>
Michael osservò ridendo la figura imbronciata della bella biondina, non era solito lavorare oltre orario, ma per lei poteva fare un’eccezione, era sicuro che ne sarebbe valsa la pena.
<< Quel che giusto è giusto. Allora perché non mi dai l’opportunità di riprovarci? Sono certo che dopo qualche altra ora passata con me non saprai neanche più cosa significa la parola stress. >>
Charlie lo guardò inarcando le sopracciglia, ecco che stavano ritornando gli insegnamenti di quando era bambina: “Malizia, un pizzico di ingenuità e charme. Ecco quello che fa di una donna una grande donna”
<< Però, ci diamo un po’ troppe arie, non credi? >>
<< Io penso di no. Provare per credere >> rispose lui incrociando le braccia al petto.
La giovane fece la stessa cosa e dopo averci pensato un po’ su, rispose << Ma si, perché no. Vediamo cosa sai fare. >>
<< Perfetto >> rispose il ragazzo e tirando fuori dalla tasca un foglio vi scrisse sopra qualcosa, porgendolo poi all’altra. << Ecco a te. Ci vediamo stasera allora. >>
Charlie lesse il nome sul biglietto e sorridendo con quel pizzico di malizia rispose  << A stasera Michael. >> 
Poi se ne andò, sentendo su di sé lo sguardo di un altro pesce che aveva abboccato all’amo. Adam Hellenton sarebbe stato molto soddisfatto.

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Capitolo 6
*** Appuntamento.. Con il Gatto ***


Appuntamento.. Con il gatto

Quella stessa sera Charlotte sdraiata sul letto di camera sua ignorava volutamente le suppliche di Maxi, facendo finta di osservare interessata il quadro posizionato sopra di lei.
<< E dai Charlie! Per favore! Andiamo! >>
La ragazza non rispose continuando nel suo operato e suscitando nella sorella ancora più irritazione di quanta già non ne provasse.  
Maria, infatti, piazzandosi di fronte all’altra esclamò << E’ inutile che fai finta di interessarti a quel coso.. >>
<< Si chiama quadro Maxi. >>
<< E chi se ne importa! Tanto lo sappiamo tutti che non ti interessa. >>
<< E chi te lo ha detto? >>
<< Il buon senso. >>
<< Solo perché tu sei allergica all’arte non significa che tutti lo siano. >>
Maria Ximena a quel punto piantò le mani sui fianchi e con tono da saputella esclamò << Tutti no, ma tu hai gli stessi miei geni perciò non ti importa un fico secco di insulsi disegni. >>
Charlotte sospirò esasperata e tirandosi su a sedere disse << Se mai sei tu ad avere gli stessi geni miei dato che la maggiore sono io.. >>
<< Mmh.. Come siamo critiche questa sera! >>
<< E poi.. >> continuò la giovane ignorandola. << Un senso sicuramente lo hanno.. Per gli autori almeno.. >>
<< Ma non per te >> concluse l’altra soddisfatta.
Se uno sguardo avesse potuto uccidere probabilmente Maxi sarebbe morta in una maniera molto lenta e dolorosa, ma fortunatamente per lei gli occhi possono solo esprimere emozioni e quelli di Charlotte facevano trapelare soltanto esasperazione.
<< Lo sai che sei davvero insopportabile?! >>
<< E tu lo sai che sei noiosa?! >>
<< E tu.. >> fece per rispondere la ragazza, venendo però interrotta dalla voce di Rosalie che dall’altra stanza esclamò << E voi lo sapete che state disturbando la mia meditazione? >>
Le due giovani si guardarono, poi ridendo risposero << Scusa mamma. >>
Rose apparve sulla porta. << Volete spiegarmi quale è il problema? >>
<< Il problema >> si affrettò a dire Maxi. << E’ che Charlie non vuole mai fare niente. Questa sera ha un appuntamento e non vuole andarci! >>
 << Non vedo perché dovrebbe essere un problema che riguarda te allora. >>
<< Beh perché, l’appuntamento è in un locale strepitoso! >>
La donna inarcò le sopracciglia aggiungendo << Continuo a non vedere il nesso con te. >>
Maria Ximena sbuffò. << Ma mamma, mi sembra ovvio che voglia andarlo a vedere. E’ un locale strepitoso! Musica, bei ragazzi, alcool, che ovviamente non berrò.. >>
<< Capisco, tutte azioni che disturbano la pace interiore. >>
<< Oh andiamo mamma! Mi sono rilassata abbastanza! E poi non penso proprio che un paio d’ore di divertimento possano andare ad intaccare la mia “pace interiore”, anzi penso proprio che le possa fare bene. >>
<< Io invece penso che un paio d’ore di meditazione ti possa fare molto meglio. >>
La ragazzina guardò la sorella con uno sguardo tra il supplichevole e il furioso, e sibilando disse << Charlie! Fa qualcosa! >>
Charlotte ci pensò un po’ su, ad essere sincere non le dispiaceva godersi lo spettacolo di sua sorella obbligata in ginocchio a meditare per almeno le due ore successive, però, riflettendoci bene, le conseguenza di quella piccola rivincita sarebbero state tragiche. No, non era decisamente pronta per sentirla lamentarsi per i successivi trent’anni, così sbuffando disse << E va bene, andiamo. Ma non torniamo tardi. >>
<< Si certo! >> esclamò Maxi eccitata correndo verso il bagno e chiudendosi la porta alle spalle.
Perfetto, il proposito di Charlie di rientrare alla Spa il prima possibile era appena sfumato, sua sorella si era chiusa in bagno per grandi preparativi e non avrebbe certo permesso che tutto il suo lavoro di un’ora e mezzo servisse solo per alcune misere ore. No signore, era in programma una lunga serata!

Un’ora e mezzo dopo le due ragazze salirono su un taxi dirette al locale che Michael aveva indicato a Charlie: il Red Dragon.
Già dal nome non prometteva niente di buono, inoltre a peggiorare la situazione si aggiunse, alla già scarsa voglia di Charlotte, uno strano presentimento. Era una strana sensazione, che faceva sentire la ragazza inquieta. In condizioni normali non le avrebbe dato molto peso, ma dati gli avvenimenti dell’ultimo periodo non era più sicura di niente.
<< Red Dragon.. >> sussurrò Charlie leggendo nuovamente l’ordinata calligrafia del ragazzo. << Sei sicura che sia un bel posto Maxi? >>
<< Bo! E chi lo ha mai visto >> ripose la giovane alzando le spalle e sorridendo innocentemente.
<< Cosa?! Come sarebbe a dire che non lo sai?! >>
<< Che non lo so. Su andiamo Charlie usa il cervello. E si che dicono che sei tanto intelligente.. A volte hai delle uscite che mi fanno venire dei seri dubbi. >>
La primogenita di casa Hellenton la guardò con sguardo omicida dicendo << Invece tu hai sempre delle uscite che mi fanno venire seri dubbi sul tuo quoziente intellettivo Maxi. >>
Maria Ximena per niente turbata dall’offesa la ignorò, voltandosi verso il finestrino del vicolo e specchiandosi nel vetro per sistemarsi i capelli biondi già perfettamente acconciati.
Charlie osservò il riflesso irritata, poi dopo l’ennesimo ciuffo platinato tolto e ricacciato nelle prese di una molletta, sbottò << Mi spieghi allora per quale maledettissimo motivo ci stiamo andando?! >>
<< Beh, perché tu hai un’un appuntamento. >>
<< E’ ovvio che non ti importa niente del mio appuntamento. Tu non fai mai niente senza un tornaconto. >>
<< Sai che quasi quasi mi offendo? >>
<< Maxi! >>
<< E va bene >> sbuffò la ragazzina. << Visto che venendo qui perdevo l’appuntamento con Matthew McConaughey ho pensato di far conciliare entrambe le cose invitandolo al Red Dragon. Dì la verità, sono perspicace?! >>
<< Io Maxi a volte.. >> iniziò a dire Charlie sempre più arrabbiata, venendo però interrotta dal taxista, che timidamente disse << Ehm.. Mi dispiace interrompervi, però siamo arrivati. >>
<< Si grazie >> rispose la secondogenita di casa Hellenton. << Su sorellina paga. >>
Charlotte provò il violento desiderio di strozzarla, oltre ad averla trascinata in quel maledetto posto contro la sua volontà doveva anche sborsare! Questa gliela avrebbe fatta pagare, quant’era vero che il suo nome era Charlotte Hellenton.
Il Red Dragon era un locale situato in una struttura in stile nipponico, contornato da numerose decorazioni che richiamavano il nome. L’interno invece era tutta un’altra cosa, il volto del locale infatti cambiava drasticamente assumendo un accento quasi medievale.  
<< Carino..  commentò Charlie per niente convinta del luogo.
<< Carino?! E’ una bomba! >> esclamò invece Maxi poco prima di individuare il suo tanto atteso ospite e sparire nella folla. << Ci vediamo più tardi! >>
<< Maxi! Tieni il cellulare a portata di mano! >>
<< Si! >> disse la ragazzina con un cenno che però faceva intendere che avrebbe fatto tutto tranne quello che la sorella le aveva detto.
Una volta rimasta sola Charlotte si sentì persa, quello non era il genere di posti che era abituata a frequentare, non che non le piacessero, solo che le sue amiche erano troppo altezzosamente chic per andare in locali del genere, quindi era raro che gli frequentasse.
“Maledettissima Maxi!” pensò la giovane cercando di farsi strada tra le numerose persone già presenti nella stanza.
Perfetto, si trovava da sola in un posto sconosciuto alla ricerca di un tizio che aveva visto una volta sola e che per di più non sapeva neanche come rintracciare. Ottimo no, tutto faceva prospettare una serata da favola!  
“Accidenti a me! Ma perché diavolo gli ho detto di si?! Come minimo sarà uno di quei palloni gonfiati a cui piace darsi tante arie.. Uno di quelli che parla parla, ma poi non conclude mai niente.”
<< Signorina Hellenton >> chiamò all’improvviso una voce maschile dietro di lei facendola sussultare.
Charlie si voltò spaventata, trovandosi faccia a faccia con il bel volto di Michael, che sorridendo aggiunse << Ormai pensavo non saresti venuta. >>
<< Non è poi così tardi. >>
Il giovane rise. << Hai ragione. Vieni troviamo  un posto a sedere. >>
La ragazza si lasciò guidare verso la parte del locale dove probabilmente erano soliti risiedere i “vip” del posto, infatti, là i tavoli erano tutti posizionati su piccoli piedistalli e contrassegnati da cartellini con i nomi degli occupanti.
<< Un tavolo privato addirittura. Non badi proprio a spese vedo. >> disse Charlie accomodandosi al posto indicato.
<< E’ il minimo per un’ospite di riguardo come te >> rispose Michael sedendosi al suo fianco. << Beviamo qualcosa? >>
<< Volentieri. >>
Il ragazzo annuì e con un  cenno richiamò l’attenzione di una cameriera.  
<< Il solito Jody. >>
La ragazza annuì tornando poco dopo con una bottiglia di champagne che Michael servì in due calici.
<< Vuoi davvero farmi credere che questo >> disse Charlotte indicando la costosa bottiglia. << E’ il tuo “solito”? >>
<< Certo. >>
Lei lo guardò scettica, quello non era certo un posto dove erano soliti servire champagne e inoltre il giovane non le sembrava proprio il tipo da poterselo permettere tutte le sere.
Michael vedendo il suo sguardo rise, poi disse << Su sentiamo allora, per quale motivo miss Hellenton pensa che io non possa permettermi champagne? >>
<< Non ho detto questo. >>
<< Però lo hai pensato. >>
La ragazza fece per ribattere, ma vedendo il bel sorriso di lui ci ripensò dicendo << E va bene. Perché penso tu non possa permettertelo è? Diciamo che questo non è il genere di posto dove si serve champagne. >>
<< L’apparenza inganna. >>
<< Giusto. Però è molto costoso. >>
<< Mi pagano bene. >>
<< Mmm.. Allora devo pensare che tu sia implicato in azioni poco legali.. >>
<< Non sia mai >> disse il giovane alzando le mani come a voler dimostrare la sua innocenza. << Sono solo un onesto massaggiatore. >>
Charlie rise. << Allora dove è il trucco? >>
La risposta arrivò da una ragazza dai lunghi capelli scuri e gli occhi chiari, la quale con in mano un vassoio colmo di bicchieri disse, fermandosi al loro tavolo << Quella hai intenzione di pagarmela Mike o sarà come sempre un prestito a fondo perduto?! >>
Il giovane rise e voltandosi verso Charlie disse << Ecco qua il trucco. Signorina Hellenton vi presento  Katherine Heigl, proprietaria del Red Dragon, nonché mia sorella. >>
<< E dispensatrice di favori gratuiti >> aggiunse Katherine porgendo la mano alla ragazza.
Charlotte la strinse, poi ridendo disse << Ora si chiariscono molte cose. >>
<< Dia retta me, non ci perda tempo con questo fannullone >> disse la giovane.
<< Kate così mi fai passare male. >>  
<< Dico solo la verità >> rispose la sorella sorridendo, poi andandosene aggiunse << Buona serata. >>   
La Hellenton rise divertita e voltandosi verso Michael, che la stava guardando senza dire niente, chiese << Che c’è? >>
<< Mi piace quando ridi. >>
La giovane abbassò leggermente lo sguardo, con quel misto di malizia mista a dolcezza, poi sorrise.
<< Beh, ti ho fatta venire qui per rilassarti giusto? Che ne dici di provvedere subito allora? >>
<< Con piacere, ma non vedo come sia possibile. >>  
<< Per un Heigl tutto è possibile >> disse il ragazzo prendendole la mano. << Vieni. >>
Charlotte si lasciò guidare verso la seconda parte dell’edificio dove erano situati dei privè destinati a facoltosi clienti che volevano divertirsi lontano dagli occhi di tutti.
<< Sai qual è il bello di essere il fratello della proprietaria? >>
La ragazza scosse la testa.
<< E’ che puoi avere il miglior privè di tutto il locale >> rispose lui spingendola gentilmente nella stanza dedicata a loro.
Charlotte osservò la sala con attenzione. Era di modeste dimensioni ed arredata con colori caldi che ricordavano molto il deserto. Al centro era posizionato un tavolo con sopra un’altra bottiglia di champagne, questa però più economica della prima. Al lato, sotto una finestra seminascosta da tende color cioccolato, stava un morbido divanetto dove lei si sedette ascoltando distrattamente la rilassante musica proveniente da delle casse situate in punti strategici del soffitto.
<< Allora? Che ne pensa miss Hellenton? >> chiese Michel avvicinandosi con due bicchieri colmi di vino.
<< Non male.. Ah Michael, non riempire mai il bicchiere di una donna fino all‘orlo, potrebbe pensare che tu voglia farla ubriacare. >>
Il giovane osservò il calice poi annuendo glielo porse. << Non hai ancora visto la parte migliore della stanza. >>
<< Ah si? >>
<< Già, guarda fuori. >>
Charlotte fece come le era stato consigliato ed il panorama la lasciò a bocca aperta. La stanza, infatti, dava su uno splendido giardino zen dai favolosi alberi di ciliegio, accompagnati da un piccolo laghetto nel quale si tuffava un’elegante cascata proveniente dal corso d’acqua che saliva verso i monti.
<< E’.. E’ magnifico.. >>
<< Dovresti vederlo in primavera quando i ciliegi sono in fiore, il lago si tinge di rosa e sembra di essere in una fiaba.. >>  sussurrò Michel scansandole i lunghi capelli color caramello dalla schiena e iniziando a massaggiarle le spalle.
Charlie chiuse gli occhi, farsi sfiorare da mani così esperte era estremamente rilassante. Su una cosa doveva dare ragione a sua madre, i massaggi erano davvero lo strumento per sentirsi più vicini agli dei.  
Michael inoltre era così abile da far volare la giovane in uno stato di completa assenza di preoccupazione e stress. Infatti, ogni volta che le dita di lui le sfioravano la pelle ella non  poteva fare a meno di distendere ulteriormente la mente allontanandosi da qualsiasi turbamento terreno che fino a quel momento l’aveva afflitta.
Neanche quando le labbra di lui si posarono sul suo collo quel completo stato di atarassia terminò, era come trovarsi in un piacevole e distensivo trance.
Charlie era calma.. Tranquilla come mai era stata nell’ultimo periodo.. Charlie era..
<< Proteggili. Proteggili entrambi. >>
E poi quel magnifico stato venne interrotto da quelle calde parole, a cui immancabilmente seguì il consueto calore che ogni volta emanavano.
<< No! >> urlò la ragazza aprendo di scatto gli occhi.
<< Che c’è? >> domandò Michael  preoccupato.
<< Apri la finestra. Ho bisogno d’aria.. >>
Il ragazzo eseguì l’ordine osservandola sempre più turbato, mentre Charlie cercava di riacquistare la tranquillità perduta.
<< Basta… >> sussurrò. << Non ne posso più.. >>
<< Di cosa non ne puoi più? Non capisco.. Che sta succedendo Charlotte? >>
La giovane non rispose limitandosi a guardare un indistinto punto fisso nell’illuminato giardino di fronte a sé. Poi all’improvviso qualcosa attirò la sua attenzione. Ella osservò meglio mettendo a fuoco l’immagine per essere sicura di non sbagliare e quando i suoi occhi schiarirono la figura il cuore iniziò a batterle all’impazzata.
<< Non è possibile! >> esclamò Charlotte scattando in piedi.
<< Cosa?! >>
<< Adesso basta! E’ ora di farla finita! >> urlò la giovane salendo sul divano ed usandolo per gettarsi fuori dalla finestra.
<< Charlotte aspetta! >> urlò Michael, ma la ragazza lo ignorò.
Charlie, infatti, partì a corsa verso la zona in ombra in cui aveva visto quella donna gatto fissarla. Quella stessa sconosciuta con la maschera da felino che aveva sorpreso nel pomeriggio durante la seduta massaggi e che adesso era sicura di non essersi immaginata.
“Adesso mi hai stufata Cat Woman dei miei stivali!”  pensò la giovane. “Vedrai quando ti prendo!”
Ma, quando arrivò all’albero di ciliegio a cui la sua Cat Woman era appoggiata non trovò nessuno, o meglio nessuna donna con una maschera da gatto. Al suo posto, infatti, Charlie trovò ad attenderla un micio bianco dai grandi occhioni azzurri che nel vederla miagolò indispettito, a quanto pareva non gradiva molto le sue improvvise entrate di scena.
<< Ancora tu?! >>
<< Miao >> fu la risposta del gattino, che ondeggiando la sua peloso coda si andò a strusciare alle gambe di lei.
<< E’ inutile che cerchi di accalappiarti il mio favore sia?! Non mi sei per niente simpatico. >>
<< Miao. >>
<< Miao?! Non sai dire altro?! >>
<< E’ un gatto, cos’altro dovrebbe dire? >> disse Michel poggiando le mani alle ginocchia per riprendere fiato. << Mi spieghi che diavolo ti prende?! >>
<< Io.. Ho visto una cosa.. >>
<< Cosa?! Ti sembra normale saltare fuori da una finestra come una pazza?! >>
<< Beh.. Senti un po’ ma che diavolo ti importa di quel che faccio?! >>
<< Niente. Ma non è certo da sani di mente dare di matto così! >>
Charlotte lo guardo per un attimo, poi alzando il mento con fare leggermente troppo altezzoso per i suoi gusti aggiunse << E allora? Magari sono davvero pazza. >>
Il ragazzo la guardò sbalordito, poi ridendo disse << Eh no. Lo so a che gioco stai giocando e non  ci casco. >>
<< Io non sto giocando a nessun gioco. >>
<< Si certo. Su sentiamo allora, cosa avresti visto da farti dare in escandescenza? >>
<< Ho visto.. >> iniziò a dire la giovane fermandosi però a metà frase. Non poteva certo confessargli di aver visto una tizia con una maschera da gatto che la stava spiando, l’avrebbe sicuramente presa per pazza, ma infondo la considerava già fuori di testa, quindi tanto valeva dire la verità.
<< Ho visto una donna. Con una maschera da gatto che mi stava fissando. Non è la prima volta che succede. Anche questo pomeriggio durante il massaggio l’ho vista. >>
<< Una donna gatto? >> domandò lui serio. Il suo tono non era ironico né scherzoso, non la stava affatto prendendo in giro, anzi sembrava piuttosto preoccupato.
<< Si.. >>
Il gattino ai piedi di Charlotte miagolò e lei distogliendo lo sguardo dagli occhi chiari del giovane esclamò << Che accidenti vuoi tu?! >>
<< Miao. >>
<< Sai che ti dico?! Visto che hai l’abitudine di pedinarmi adesso te ne vieni a casa con me! >> disse la giovane afferrando il micetto e prendendolo tra le braccia, dove lui si accoccolò beato.
<< Non è possibile >> sbottò alla fine Michael. << Nessuno se ne va in giro con una maschera da gatto bianca a fissare la gente. Probabilmente l’avrai confuso con il gatto. >>  
Charlie intenta a coccolare la palla di pelo tra le sue braccia si fermò. Non sapeva di preciso perché, però c’era qualcosa che non andava nelle parole di lui, qualcosa di troppo che non avrebbe dovuto esserci.
“Nessuno se ne va in giro con  una maschera da gatto bianca..”
Lei non aveva mai parlato del colore della maschera. Come diavolo faceva a sapere che era bianca?!
Involontariamente la giovane fece un passo indietro. Michael se ne accorse e avvicinandosi chiese << Charlotte che.. >>
Il micio tra le braccia della ragazza soffiò, non gli piaceva quel tipo e voleva tenerlo lontano dalla sua nuova padrona.
<< Io.. >>  disse Charlie. << Devo andare. Grazie per la serata >> concluse lei andandosene con passo tutt’altro che rilassato da lì.
Quando fu sicura di aver messo più distanza possibile tra lei e il ragazzo tirò fuori il cellulare, compose il numero e attese.
<< Pronto. >>
<< Andiamo a casa. Muoviti! >>
Meno di cinque minuti dopo Charlotte Elena e Maria Ximena Hellenton erano su un taxi dirette alla Spa. 

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Capitolo 7
*** L'Agnello ***


 L’Agnello

<< Mi spieghi che diavolo ti è preso?! Ci stavamo divertendo! >> esclamò Maxi entrando nel loro appartamento alla Gora Kadan e sbattendo la porta.
<< Tu ti stavi divertendo! E fai piano, non vorrai svegliare la mamma?! >>
<< Non preoccuparti Charlie sono già sveglia >> disse Rose apparendo dal bagno come un fantasma con in dosso solo una leggera e svolazzante tunica di seta.
Il micetto nel vederla soffiò spaventato, sembrava quasi uno spirito appena tornato dall’aldilà con quella sua pelle candida e i lunghi capelli color miele sciolti sulla schiena.
Per chi non conosceva Rosalie Hellenton probabilmente sarebbe apparso strano vederla svegli a quell’ora della notte, ma per chi, come Charlie e Maxi, ci conviveva da una vita non era affatto una novità, probabilmente sua madre era impegnata in qualche strana usanza buddista o indù o di chi sa quale altra spiritualissima religione che l’avrebbe tenuta svegli ancora per molto.
<< Ti abbiamo disturbata? >> domandò Charlotte accarezzando il micio per farlo calmare.
<< Oh no, avevo appena finito >> disse Rosalie, poi avvicinandosi al gattino chiese << E questo chi è? >>
<< Miao. >>  
La ragazza osservò il felino alzando gli occhi al cielo, poi grattandogli il musetto rispose << E’ un piccolo orfanello con manie da stalker. >>
La madre la guardò stranita e lei facendo cenno di lasciar perdere continuò << Io vado a letto. >>
<< Come scusa?! Eh no cara! Adesso ti fermi >> esclamò Maria Ximena inviperita. << Tu non hai idea di cosa hai combinato! >>
<< Buona notte Maxi >> tagliò corto la bionda sparendo in camera sua.
Una volta sola, Charlotte lasciò che il gattino le scendesse dalle braccia con un’elegante salto, restandolo a guardare mentre, ondeggiando la sua pelosa coda, andava ad accoccolarsi sul suo letto.
A Charlie piacevano i gatti, erano belli ed eleganti, ricordava che da piccola ne era rimasta affascinata durante una lezione di storia sull’antico Egitto, dove essi venivano venerati per essere portatori di fortuna e protettori delle persone a cui erano legati. Con il crescere però anche quell’affascinante credenza aveva finito per risultarle senza senso come le favole, la fatina dei denti, Babbo Natele e così via. Forse non era un caso che le fosse tornata in  mente proprio in quel momento, dopo tutto quello che le stava succedendo.
<< Quindi sei un gatto criminale è.. >> sussurrò alla fine al ragazza andando verso il letto e sedendosi al fianco del micetto che infastidito miagolò.
Charlie alzò gli occhi al cielo sbuffando, lo aveva adottato da nemmeno un’ora e già faceva il padrone. No, non avrebbero mai potuto andare d’accordo.
<< Lo sai che sei noioso? >>
<<  Miao. >>
<< E pure ripetitivo. >>
Gli occhioni celesti del gatto la fissarono strafottenti, come a volerle far capire che non gli importava niente del suo giudizio, poi alzandosi zampettò fino al cuscino dove dopo, essersi stiracchiato per bene, si acciambellò voltando le spalle alla ragazza.
Charlotte osservò sbalordita il gatto prendere possesso del suo letto. Non era stata affatto una buona idea adottare quell’animale, e poi per quale motivo lo aveva fatto?! Sperava che così quella donna gatto non sarebbe più apparsa? Si, forse era così, ma ad essere sincera non ci credeva neanche un po’.
La donna gatto.. Davvero non l’aveva solo immaginata? No, era impossibile, non poteva essersela inventata, non due volte nell’arco di una giornata. Doveva esserci per forza, altrimenti Michael come avrebbe fatto a sapere che aveva una maschera bianca? Non si spiegava altrimenti, anzi non si spiegava nemmeno così. Lei non aveva parlato di colori eppure lui lo sapeva. Come accidenti era possibile?! Chi diavolo era in realtà quel tizio?!
“Ah domande, domande e ancora domande!” pesò Charlotte. “E per di più neanche una risposta.”
Charlie odiava sentirsi così impotente, odiava non capire. Era una delle cose che non sopportava di più al mondo e ultimamente si sentiva così fin troppo spesso.
<< Oh accidenti! >>
<< Miao >> protestò il micio.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Era mai possibile sentire un gatto lamentarsi sentendo parlare?!
<< Questo è davvero il colmo.. >>
La testolina bianca si alzò dal cuscino pronta a miagolare nuovamente, ma Charlotte battendolo sul tempo esclamò <>

Un sorriso malinconico.
Delle possenti ali nere che spiccano il volo.
Una donna.. Un bellissimo e delicato volto di donna..
<< Proteggili. Proteggili entrambi. >>
Quella dolce voce.. E poi il calore.. Un rassicurante e piacevole calore..
<< Ra. >>
Il suono di una voce sconosciuta arrivò nella mente di Charlie. Era come un suono in lontananza, un suono appena sussurrato e condotto dal vento.
Chi sa da dove proveniva realmente?
Charlotte si stupì di quanto i suoi sogni sembrassero reali, perché stava sognando, vero?
Ma si, senza ombra di dubbio era solo un sogno. Aveva visto le ali nere e il volto di donna, tutto ciò succedeva quando era incosciente, quindi di conseguenza stava per forza dormendo.
Eppure.. Eppure aveva come la sensazione di non essere nel bel mezzo di un sogno. Si sentiva come sospesa tra sogno e realtà, in uno stato di assurdo dormiveglia. Un dormiveglia più complesso però.. Nel dormiveglia, infatti, l’irreale si mischia al reale creando delle situazioni paradossali in cui si è coscienti di non essere realmente svegli. Lì invece era come essere nel sogno di un sogno.
Charlie sapeva di essere sveglia, sapeva di non dormire, eppure non riusciva a rendersi completamente conto di ciò che la circondava, dello spazio fisico che le stava intorno. Era una sensazione bruttissima.. Le sembrava quasi si essere un fantasma..
“Forse è così che ci si sente quando si muore..” pensò la ragazza. “Oh Charlie! Ma che diavolo vai a pensare?!”
<< Ne sei sicura? >> chiese improvvisamente con un sussurro una voce femminile proveniente da chi sa dove. Forse lontano.. Forse vicino..
<< Si >> fu la risposta che giunse alla mente della ragazza. Era stata la stessa voce iniziale a parlare.
“Sto sognando.. E’ sicuramente un sogno..”
Sicura?" chiese all’improvviso una vocina dentro di lei. "Sicura che sia un sogno? Andiamo Charlie pensaci.. I sogni hanno immagini, non suoni..”
Immagini.. Non c’era nessuna immagine nel suo stato di semi-incoscienza, solo parole insensate ed echi lontani.. Suoni, ma non immagini.
<< Kunimitsu dobbiamo esserne certe, non passiamo rischiare di sbagliare. >>
<< Sta tranquilla. È lei. >>
<< Ma.. >>
<< Ho detto che è lei, Aiko. >>
Aiko?! La commessa della Spa?! Cosa accidenti ci faceva nel sogno di Charlie?!
“Ah è assurdo!”
<< Sai chi è suo padre, non possiamo sbagliare. >>
<< E infatti non sbaglieremo >> disse Kunimitsu. << Ra! >>
Ancora quella sillaba: Ra. Chi sa cosa significava?
La prima cosa a cui Charlotte pensò fu al dio del sole egizio. Ra, il Dio-Sole di Eliopoli conosciuto anche come Amon-Ra, il quale, secondo le leggende, poteva assumere numerose forme, una delle quali era quella di gatto.
<< Miao. >>
Gatto. Era stato un gatto a miagolare e Charlotte era sicura fosse il micio che aveva adottato. Che diavolo ci faceva pure lui nel suo sogno?!
“E se non fosse un sogno?” Domandò la vocina dentro di lei.
<< O ki, Ra. O ki Kuzu deyil. >>
<< Miao. >>
Charlotte stava letteralmente dando di matto, o meglio, la sua mente lo stava facendo dato che in quel momento solo il suo cervello era cosciente, o semicosciente.
“Che diavolo sta succedendo?!”
<< Credi che basterà? >> domandò Aiko.
<< Finché lui non farà la sua prima mossa si. >>
<< Kunimitsu.. >>
<< Fidati Aiko, lei è ki Kuzu.. >>
Ki Kuzu.. Ki Kuzu.. Ki Kuzu.. Quelle parole iniziarono a risuonare nella mente di Charlotte in modo basso e persistente, era come se nella sua testa ci fosse una piccola orchestra di tamburi, che come in un rituale scandiva a suon di percussioni quell’unica parola.. Ki Kuzu..
Lei è ki Kuzu.. Tu sei ki Kuzu..

Quando Charlotte aprì gli occhi il sole illuminava già buona parte della stanza, segno che sicuramente era mezzogiorno o poco più.
<< Accidenti.. >> sussurrò la ragazza schermandosi gli occhi. Maxi doveva aver tirato le tende per vendicarsi della sera prima, era davvero impossibile.
Lentamente si alzò dal letto stirandosi i muscoli intorpiditi, poi recuperando un asciugamano e i saponi si diresse verso il bagno. Aveva proprio bisogno di una bella doccia rilassante.
Charlie aveva sempre amato sentire la calda acqua accarezzarle la pelle con quel suo getto continuo, le piaceva così tanto che quando era piccola, e a volte tutt’ora, ci passava ore intere osservando poi divertita le sue mani avvizzite per la troppa esposizione all’acqua. Quello era uno di quei momenti e ci sarebbe rimasta molto volentieri sotto il getto caldo e rilassante della doccia, se non fosse stato per il suo cellulare, che finalmente sua madre si era decisa a ridarle.
<< Ah che noia.. >> borbottò la ragazza recuperando l’accappatoio e uscendo dalla cabina dove, seduto con i grandi occhi celesti che la fissavano trovò il suo gatto.
Charlotte sussultò spaventata.  << Ra! Che accidenti ci fai nel bagno?! >>
Ra.
All’improvviso il sogno di quella notte le tornò in mente, appena si era svegliata non se lo ricordava, ma adesso che aveva visto il micio ogni singola parola riaffiorò nella sua memoria come un ricordo lontano.
<< Ki Kuzu.. >> sussurrò la ragazza fissando il gatto, che come se avesse capito abbassò la testolina bianca.
Allora non era stato un sogno.. Era  successo davvero.
<< Charlie! >> urlò improvvisamente la soave voce di Maria Ximena riportandola drasticamente alla realtà. << Vuoi rispondere?! >>
<< Eh?! Si arrivo! >> esclamò la giovane correndo nell’altra stanza  e trovando sua sorella sulla porta.
<< Buongiorno eh. >>
<< Dov’è il cellulare? >>
Maxi le porse l’apparecchio dicendo << Ero io che ti chiamavo., la mamma ha detto di prepararsi, partiamo. >>
Charlie annuì tornando in camera, dove dopo aver riunito il suo bagaglio si vestì. Aveva appena finito di pettinare i lunghi capelli color caramello quando le parole del suo sogno-non sogno le tornarono in mente.
Ho detto che è lei, Aiko.
Aiko, la commessa della Spa. Se quello non era stato un sogno allora significava che lei e quella Kunimitsu erano fuori dalla sua finestra quella notte. Perché?! Che diavolo stava succedendo? E cosa accidenti voleva dire ki Kuzu?
<< Charlie! >> urlò Maxi.
<< Arrivo! >> rispose lei osservando per alcuni attimi la finestra, le cui ante erano leggermente accostate. << Io le avevo.. >>
<< Charlie! >>
La giovane alzò gli occhi al cielo e dopo aver dato una leggera spinto al vetro lo chiuse. Non era stato un sogno.
<< Ra >> chiamò Charlotte una volta nel salone. << Andiamo. >>
Il micio arrivò zampettando elegantemente al suo fianco.
<< Hai deciso di adottarlo allora? >>
<< Già. >>
Maxi annuì. << Però gli hai dato davvero un nome strano. >>
<< E’ il suo nome >> rispose la ragazza uscendo.
Maria Ximena osservò la sorella senza capire realmente l’ultima frase, poi facendo spallucce la seguì. Il gatto era suo e poteva chiamarlo come le pareva.

All’entrata della Gora Kadan la limousine di casa Hellenton era già parcheggiata e carica di bagagli, gli unici che mancavano erano quelli di Charlotte, che non appena arrivò, furono presi da Batista, l’autista personale della signora Hellenton.
<< Charlie, Maxi, finalmente >> le chiamò Rosalie facendogli cenno di avvicinarsi.
Le due obbedirono e Charlie notò che a chiacchierare amabilmente con la madre, stava proprio Aiko.
<< Signorine >> le salutò la commessa.
<< Salve >> risposero le ragazze.
<< Spero abbiate trovato il vostro soggiorno presso la nostra Spa di vostro gradimento, Saremmo molto felici di vedervi tornare in compagnia di vostra madre. >>
<< Sicuramente >> disse Maxi. Era incredibile come riuscisse a fingere, quella era una mastra della bugia.
<< Voi signorina Charlotte invece? >>
<< Si.. Certo.. >> borbottò l’interpellata, poi sorridendo disse << Sai Aiko, questa notte ho fatto un sogno e c’eri anche tu. >>
<< Davvero signorina Hellenton? Mi stupisce. >>
<< Anche a me mi ha lasciato piuttosto perplessa, anche se.. Nel sogno veniva ripetuta spesso una parola strana, forse tu sai cosa significa? >>
<< Può darsi, qual è questa parola? >>
Charlotte la guardò dritta negli occhi, poi dopo alcuni attimi di silenzio rispose << Ki Kuzu. >>
Aiko osservò gli occhi chiari della ragazza senza mai abbassare lo sguardo, poi con assoluta tranquillità disse << No, mi dispiace. >>
<< Peccato >> rispose Charlie delusa. Aveva sperato di poter vedere qualche reazione in quei particolari occhi scuri e invece era rimasta del tutto impassibile.
Il silenzio cadde pesante tra le quattro donne, poi Maxi, stanca di non poter sentire la sua fantastica voce esclamò << E va bene, direi che adesso possiamo anche andare, no? >>
Rosalie distogliendo lo sguardo dalla figlia maggiore annuì e dopo aver salutato Aiko entrò in macchina, seguita da Maria.
<< Arrivederci signorina Hellenton. >>
<< Arrivederci >> rispose Charlotte, poi rivolgendosi al gatto, che per tutto il tempo era rimasto ai suoi piedi, ordinò << Ra sali in auto. >>
<< Miao. >>
<< Non vorrai mica che ti ci porti in collo spero! >> esclamò la ragazza fissando torva il micio, che imperterrito la guardava con aria di sfida.
Aiko rise e accucciandosi prese in collo l’animale adagiandolo delicatamente nell’abitacolo. << Ecco fatto. E’ davvero un micio particolare. >>
<< Già. Grazie >> rispose Charlie sorridendole, nel farlo notò dietro le spalle dell’orientale una familiare figura maschile, che sorridendo la fissava poggiato allo stipite di una della porta d’entrata. Era Michael.
<< Charlotte andiamo >> chiamò Rosalie.
<< Arrivo subito >> disse la ragazza chiudendo la portiera e incamminandosi verso il massaggiatore. << Ehi. >>
<< Avevo pensato che te ne saresti andata senza salutarmi.>>
<< Se non ti avessi trovato lo avrei fatto. >>
<< Così mi ferisci >> scherzò il giovane. << Ed io che volevo soddisfare una tua curiosità.. >>
La primogenita di casa Hellenton osservò incuriosita il bel volto di lui. << In che senso? >>
<< Vuoi sapere cosa significa ki Kuzu, giusto? >>
<< Si, ma.. >>
<< Io lo so. E’ una paralo di un antico dialetto egizio che significa Agnello. >>
<< Agnello? >>
<< Già, ki Kuzu. >>
<< Come.. Come fai a saperlo? >>
Michael sorrise facendo spallucce, poi porgendo alla ragazza un foglietto di carta disse << E’ il mio numero, se mai avrai bisogno di qualcosa, chiamami. >>
<< Grazie >> rispose Charlie osservando il pezzo di carta. Poi dopo averlo salutato ritornò verso l’automobile.
<< Possiamo partire signora? >> domandò l’autista.
<< Si Batista. >>
La vettura si mosse e Charlotte osservò il paesaggio scorrere con progressiva velocità fuori dal suo finestrino.
Ra le si adagiò in collo, poggiando la testolina bianca sulla mano in cui era stretto il foglietto di carta. La giovane osservò gli occhioni celesti del micio, i quali sembravano trasmettere disappunto, a lui non era mai piaciuto Michael e ad essere sincera nemmeno Charlie si fidava più di tanto. Quel ragazzo le dava una strana sensazione, così senza neanche rendersene conto accartocciò il numero e aprendo il finestrino lo gettò fuori.
Adesso si sentiva più tranquilla.

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Capitolo 8
*** L'Incontro - Parte Prima ***


L’Incontro
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Parte Prima
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<< Siamo arrivati signorina Hellenton >> disse la voce dell’autista dall’altoparlante che collegava lo scompartimento del passeggero a quello del guidatore nella limousine della primogenita di casa Hellenton.
<< Grazie Ricardo >> rispose Charlie attendendo che la portiera venisse aperta dall’uomo, che l’aiutò a scendere.
<< A che ore  devo tornarla a prendere? >>
<< Verso le quattro. >>
<< Come desidera >> rispose l’autista inclinando la testa in avanti in segno di rispetto e salendo nuovamente in auto.
Charlotte osservò alcuni attimi la limousine nera allontanarsi, poi portando la borsetta davanti a sé entrò al ristorante Rosanjin.
I ristornati Rosanjin facevano parte di una catena di boutique sparse in tutto il mondo, in cui i clienti, ovviamente tutti ricchissimi, potevano intrattenere il loro tempo in una vasta quantità di negozi di lusso prima di andare a pranzare.
Non appena entrò Charlotte andrò dritta verso l’ultimo piano, non era lì per fare e shopping e ad essere sincera non la faceva neanche impazzire l’idea di girare per ore e ore in negozi tutti uguali, quella era più un’attività da Maxi e Lili.
Senza esitare si diresse all’ultimo piano, dove una cameriera l’accolse facendola accomodare ad uno dei tavoli che davano sull’ampia vetrata dalla quale era possibile vedere la città sottostante. La ragazza guardò la vita scorrere sotto di lei e senza sapere perché ripensò al numero che il giorno precedente aveva accartocciato. Aveva davvero fatto bene a non fidarsi di Michael? Lui sapeva qualcosa e forse se l’avesse chiamato le avrebbe chiarito qualche dubbio, però.. Il suo sesto senso le diceva che qualcosa non andava in lui e Charlie si era sempre fidata delle sue impressioni, perché non farlo neanche questa volta? Si, senza dubbio aveva fatto bene, ma nonostante ne fosse certa una leggera punta di incertezza la pizzicava nel profondo lasciandole quell’alono di insicurezza, come una lontana nuvola nera in un cielo sereno.
<< Charlotte! >> esclamò improvvisamente una squillante voce femminile facendo sussultare la ragazza. << Scusa il ritardo. >>
La giovane sorrise guardando la nuova arrivata dirigersi verso di lei insieme ad almeno dieci buste provenienti dalle lussuose boutique dei piani inferiori. << Non preoccuparti Camila, non sei poi così in ritardo. >>
<< Oh per fortuna >> rispose lei sedendosi e ordinando all’uomo che l’aveva scortata di portare le borse nell’automobile.
Camila Toledo, eccentrica ragazza dai fluenti ricci color mogano e secondogenita di un ricco politico discendente da un’antica casata nobiliare spagnola, osservò il suo dipendente allontanarsi con i suoi averi assicurandosi che venissero trattati con dovere, poi si voltò verso Charlotte esclamando << Allora? Che ordiniamo? >>
Charlie sorrise, ogni volta che la vedeva non poteva fare a meno di chiedersi come aveva fatto a diventare amica di una persona così opposta a lei come Camila.
<< Io prendo un caffè. >>  
<< Un caffè? Sai che fa invecchiare la pelle? >>
<< Camila, non iniziamo. >>
<< Okay, okay >> rispose la ragazza richiamando poi l’attenzione di un cameriere e ordinando un caffè e un succo di melograno. << Io lo dicevo per te. >>
<< Non ti preoccupare, ci pensa già mia madre. >>
<< Oh, la cara Rosalie, come sta? >>
<< Una favola, siamo tornate proprio ieri dalla sua Spa preferita. >>
<< Come? Ho sentito bene? Tornate hai detto? >> domandò Camila ridendo, ovviamente sapeva che l’amica odiava quel genere di posti.
<< Si >> rispose Charlie in tono lugubre.
<< Non credo alle mie orecchie! Come ha fatto a convincerti? >>
Charlotte la fulminò con lo sguardo facendola di nuovo scoppiare a ridere.
<< Avrei dato qualsiasi cosa per vederti! >>
<< Ah, ah, molto simpatica. >>
<< Su via Charlie, non sarà mica stata la fine del mondo farsi coccolare da bei maschioni muscolosi. >>
La bionda non rispose limitandosi a girare il caffè bollente appena ricevuto in modo da far sciogliere lo zucchero. No che non era stato rilassante, quella breve vacanza l’aveva stressata ancor più di quanto lo era prima, facendole guadagnare una presuntuosa palla di pelo bianca che ogni notte si impossessava del suo cuscino.
<< Comunque, credo che mio fratello voglia dichiararsi a te durante la festa di compleanno di tua sorella >> disse la giovane cambiando discorso di punto in bianco.
Charlotte storse la bocca, non che non le piacesse Raul Toledo, infondo era un ragazzo piuttosto bello, l’unico problema stava nel suo ego smisurato, continuamente pompato dalla fortuna di appartenere ad una delle più antiche dinastie della nobiltà spagnola.
<< Ne sei sicura? >>
Camila annuì. << Da quel che so ha recentemente visitato le gioiellerie di mezzo Giappone alla ricerca del regalo perfetto. >>
<< Allora fa sul serio. >>
<< Già. Sei una preda ambita Charlotte, gli Hellenton hanno potere e prestigio, ogni rampollo di qualsiasi famiglia che può permetterselo cerca di entrare nelle tue grazie. >>
Charlie sospirò, purtroppo era proprio così. Essere la primogenita del ricco e influente casato degli Hellenton l’aveva resa oggetto del desiderio di molti rampolli, le cui famiglie aspiravano ad aumentare il loro prestigio cercando di accattivarsi il suo favore. In quei momenti Charlotte odiava suo padre, odiava il fatto di essere ciò che era e avrebbe dato qualsiasi cosa per essere solo una semplice ragazza come tante altre, una ragazza libera di innamorarsi, sbagliare, vivere.. Una sconosciuta ragazza comune con la possibilità di scegliere chi diventare.
<< Non preoccuparti >> disse alla fine Camila, sorseggiando elegantemente il suo salutare succo al melograno. << Non me la prendo se decidi di rifiutare, anzi te ne sarei davvero grata. Raul è un pallone gonfiato, si merita proprio una lezione. >>
La bionda osservò incerta il volto dell’amica, la quale sorridendo continuò << E poi non sarebbe divertente se tu acconsentissi subito, non trovi? >>
Charlotte rise, probabilmente Camila aveva ragione, sarebbe stato molto più divertente vedere l’ego di Don Toledo sgonfiarsi lentamente per i suoi rifiuti. Il solo pensiero le faceva quasi apprezzare la situazione.
<< Sai, vista sotto questo aspetto.. >> iniziò a dire la giovane Hellenton venendo però interrotta dall’arrivo di un nuovo ospite, il quale si catapultò senza tanti complimenti al fianco delle due ragazze esclamando << Signore, sareste così gentili da aiutare un povero forestiero? >>
Charlotte e Camila lo guardarono con un misto di stupore e divertimento, poi quando lo sbraitare di un paio di agenti della security arrivò alle loro orecchie la Toledo chiese << Ce l’anno con te? >>
Il nuovo arrivato, che Charlie notò essere un bel ragazzo dai tratti orientali, annuì sorridendo quasi imbarazzato e Camila, divertita da tutta quella situazione ordinò << Charlotte cappotto e sciarpa. >>
La bionda annuì e in un attimo l’ospite inatteso si ritrovò con addosso un fine soprabito bianco, un pregiato foulard color pervinca e un bel cappellino marrone.
<< Sai che come ragazza sei pure carina >> disse la rossa ridendo.
Lo sconosciuto le fece un occhiolino malizioso e quando gli agenti della sicurezza si avvicinarono abbassò veloce la testa per nascondere il volto. Il movimento però non sfuggì ad uno dei gendarmi, che insospettito si avvicinò al loro tavolo chiedendo << Ragazze avete per caso visto passare un giovane orientale dai capelli rossi, alto circa un metro e ottanta e dal fisico ben allenato? >>
Il diretto interessato si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto e Charlie intravedendolo gli pestò un piede rispondendo << No agente. Tu Cami? >>
La Toledo scosse la testa, guardando il gendarme così innocentemente da far insospettire ancora di più l’uomo, il quale per niente convinto da quelle due facce angelicamente diaboliche continuò << E lei signorina? >>
A quelle parole probabilmente chiunque sarebbe entrato nel panico di fronte ad un esponente delle forze dell’ordine, ma non loro, Camila, infatti, mantenendo il suo tono tranquillo e il suo sguardo innocente sussurrò << Non capisce, non parla la nostra lingua. >>
<< Ah si? E che lingua parla? >> domandò il poliziotto palesemente irritato.
<<  Beh, provenendo dalla Spagna, mi sembra più che ovvio no? Lo spagnolo. No es cierto, mi primo? >>
<< E’ sua cugina, è venuta qui in vacanza >> spiegò Charlotte.
L’uomo a quell’ultima frase sbottò, quelle ragazzine si stavano apertamente prendendo gioco di lui. << Allora, perché non ci mostra il suo viso la sua cara cugina?! >>
<< Beh, perché.. Purtroppo ha un brutto brufolo.. >> inventò la Hellenton, venendo poi aiutata dall’amica che sorridendo aggiunse <>
<< Adesso basta! >> sbraitò l’agente. << Forse non avete ben chiaro chi avete di fronte. >>
<< No! >> esclamò Camila. << Forse non ha chiaro lei con chi sta parlando. Ha per caso la più pallida idea di chi sia io?! >>
<< Sa che potrei arrestarla per oltraggio a pubblico ufficiale? >>
<< Lei sa invece che potrei farla licenziare in tronco facendo una semplice chiamata?! Non penso voglia rischiare il posto di lavoro per aver messo in dubbio le parole di una Toledo! >>
<< Io le darei retta se fossi in lei >> si intromise Charlie.
<< Se ancora non lo ha capito il mio nome è Camila Cateyna Pilar Toledo, figlia dell’ambasciatore spagnolo Delmar Garcia Toledo, futuro duca d’Alba e d’Arjona. La signorina qui presente invece è mia cugina Margherita Alvarez, marchesa di Algaba >> aggiunse poi la rossa. << E anzi, cedo proprio che farò una telefonata a mio padre. >>
A quelle parole un secondo agente, arrivato pochi attimi prima, mise una mano sulla spalla del collega e trascinandolo via disse << Andiamo Dean, non ne vale la pena. >>
Dean guardò in cagnesco le due ragazze, poi sconfitto dal potere dei signori dell’economia se ne andò lasciando l’amico a scusarsi.
<< Perdonate l’inconveniente signorina Toledo, vi prego anche di scusarci con sua cugina. Arrivederci e buona giornata. >>
<< Lo farò sicuramente. Buona giornata a lei agente >> rispose Camila innocentemente osservando i poliziotti allontanarsi uno ad uno.
Nei pochi attimi che seguirono l’uscita di scena della squadra della security nessuno al tavolo parlò, generando quell’innaturale silenzio in cui si fa fatica a star seri e immancabilmente qualche sorrisetto trattenuto prende forma, nell’attesa di poter essere liberato.
Attesa che per il trio durò appena un paio di minuti, infatti, non appena anche l’ultimo poliziotto fu uscito dalla sala i tre scoppiarono a ridere, attirando su di loro gli sguardi curiosi e forse un po’ infastiditi degli altri clienti.
<< Questa è stata davvero bella! >> esclamò divertito il ragazzo iniziando a togliersi il travestimento improvvisato. << Forse non ha presente lei con chi sta parlando! Io sono Camila Cateyna Pilar Toledo!  Sei un’attrice nata ragazza! Ma come ti è venuta? >>
Camila e Charlotte osservarono il giovane inarcando le sopracciglia, sul serio quel tipo credeva che scherzasse? Insomma era piuttosto scontato che un ristorante come quello venisse frequentato da persone altolocate.
<< Che c’è? >> domandò lui, notando i loro sguardi.
<< Non stavo scherzando, io sono davvero la figlia del futuro duca d’Alba. >>
Il rosso scoppiò nuovamente a ridere. << Si, e la biondina chi è? La regina d’Inghilterra? >>
<< No, però sono l’erede dell’impero finanziario degli Hellenton. >>
A quell’ultima affermazione il ragazzo si fece improvvisamente serio, la Hellenton corpration era una compagnia molto conosciuta, quasi a livello della Mishima Zaibatsu o della G-corporation.
<< Sul serio? >>
<< Già, ma la domanda migliore adesso è chi sei tu? >>  disse Charlie insospettita dall’improvviso cambio d’umore del rosso, il quale assumendo un espressione maledettamente strafottente rispose << Non vedo proprio il motivo per cui dovrei dirlo a te biondina. >>
<< Perché la biondina, come la chiami tu, ha contribuito ha salvarti la pelle >> esclamò Camila, improvvisamente irritata da quel tizio, che fino a pochi attimi prima aveva trovato divertente.
<< Non per questo però vi devo rispondere. >>
<< Io invece credo di si, a meno che >> disse Charlie richiamando l’attenzione di un cameriere. << Mi scusi, potrebbe chiamarmi un agente della security? >>
<< Ehi aspetta! Diamoci una calmata okay? >> disse il ragazzo innervosendosi. << Non c’è bisogno di farli tornare. >>
<< Allora rispondi >> incalzò la Toledo.
Charlotte osservò il volto del rosso scurirsi, non gli stava piacendo per niente quella situazione e ad essere sinceri nemmeno a lei. Non amava particolarmente abusare della sua posizione sociale o del suo denaro per ottenere ciò che desiderava, la faceva sentire meschina, però a volta le circostanze lo richiedevano ed era proprio in quei momenti che si rendeva conto quanto potere realmente avesse tra le mani.
<< Puoi scegliere: nome o polizia >> rincarò Charlie.
<< Questo è ricatto! >>
<< Questa è la situazione. >>
<< Vatti a fidare dei ricchi >> imprecò il giovane. << Hwoarang. >>
<< Hwoarang >> ripeté Camila. << Mi piace. >>
Il ragazzo la fissò non molto convinto, probabilmente pensava lo stesse prendendo in giro, poi si voltò verso la Hellenton, la quale avendo però perso ogni interesse per lui fissava il vuoto al di fuori dell’ampia vetrata.
<< Contente adesso? >>
<< Mmm.. Si, direi di si >> rispose la Toledo con non curanza, facendo sorridere l’amica.
Hwoarang borbottò qualcosa contrariato, poi alzandosi in piedi informò << Bene, credo proprio sia arrivato il momento di svignarmela. >>
<< Cosa? E non ci offri niente? >>
<<  Neanche per sogno! Siete entrambe ricche sfondate, pagatevelo da sole il conto. Ci si vede >> concluse lui andandosene, facendo così sbuffare Camila che contrariata disse << Che taccagno, lo salviamo e non ci offre neanche un succo di frutta. Però è carino, non trovi Charlie? >>
<< Non è esattamente il mio tipo, ma non è male. >>
<< Giusto, mi ero dimentica che tu cerchi il principe azzurro.. >>
Charlotte rise. << Ma smettila, cerco solo qualcuno che voglia stare con me per come sono e non per il cognome che porto.. >>
Camila sorrise amaramente, anche lei, come Charlie, doveva fare i conti con il cognome che aveva. << Sarebbe bello.. E vedrai che succederà prima o poi. >>  
L’altra annuì e tra le due cadde il silenzio, quello era un argomento sempre delicato per le ragazze come loro.
<< Stasera c’è la prima di Antonio e Cleopatra, mi accompagni? >> chiese improvvisamente la Toledo.
<< Scusa, stasera non posso. >>
<< Non fa niente, andrò da sola >> disse Camila con  un largo sorriso, non si sarebbe mai persa il debutto di Alexander Gensberg, l’uomo che l’amava solo per ciò che era.
<< Al prossimo ti accompagno, promesso. >>
<< Voglio farti conoscere Alex, sono sicura che ti piacerà. >>
<< Perché non lo porti al compleanno di mia sorella? Posso convincere Maxi a dire che è stata una sua idea. >>
<< No, non è il tipo, ma grazie lo stesso. >>
<< Come vuoi.. >> rispose Charlotte venendo però interrotta da un annuncio proveniente dalla tv al plasma poco lontana dal  loro tavolo.
<< Questa notte i vigili del fuoco hanno estinto un incendio scoppiato in un locale di Himeji, radendolo al suolo: il Red Dragon. Le cause non sono state accertate, ma si pensa che l’origine sia dolosa.
  << Lo scoppio è avvenuto durante l’orario di chiusura, ma sfortunatamente la proprietaria Katherine Heigl e suo fratello Michael Heigl erano ancora nella struttura. I cadaveri dei due sono stati ritrovati quasi completamente carbonizzati. La polizia di Himeji si sta occupando delle indagini.
 << Adesso passiamo alla politica.. >>
<< Oh mio Dio.. >> sussurrò Charlie portandosi una mano alle labbra.
<< Li conoscevi? >>  
<< Si.. Michael era un massaggiatore della Gora Kadan.. la spa dove sono stata. >>
<< Capisco.. Mi dispiace moltissimo Charlie.. >>
La ragazza scosse la testa e lentamente si alzò da tavolo. << Scusa.. Devo andare.. >>
<< Vai, non preoccuparti >> rispose Camila.
<< Ci vediamo al compleanno di Maxi.. >>> rispose la ragazza lasciando i soldi per il caffè e uscendo dal locale nello stesso momento in cui la foto delle due vittime apparve sullo schermo: un uomo e una donna dai capelli biondi.

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Capitolo 9
*** L'Incontro - Parte Seconda ***


L'Incontro
- Parte Seconda -


Per tutto il resto della giornata Charlotte rimase scossa dall’improvviso annuncio della morte di Michael e sua sorella. Anche se non si fidava molto del ragazzo era rimasta fortemente colpita dall’accaduto, non si sarebbe mai aspettata una tragedia del genere, né gliela avrebbe mai augurata.
<< Poveracci.. >> sussurrò la ragazza fissando il soffitto di camera sua. << Morire bruciati deve essere bruttissimo.. Non vorrei mai che succedesse così.. >>
Sul davanzale della finestra Ra, sdraiati beatamente, alzò placidamente la testa e fissandola quasi annoiato miagolò in risposta.
<< Sai che sei davvero un gatto antipatico! >> esclamò la ragazza lanciandoli un cuscino, che però venne evitato dal gatto con un agile salto.
Il mici miagolò offeso e sventolando altezzosamente la pelosa coda si diresse verso la porta della camera, trovandola però chiusa e iniziando così a protestare animatamente.
Charlie sbuffò, ma per quale maledettissimo motivo l’aveva adottato?! Era davvero un rompiscatole!
<< Va bene! Va bene! Ti apro >> disse la giovane alzandosi per far uscire l’animale, il quale dopo averla fissata con i grandi occhioni celesti arrabbiati se ne andò, lasciandola finalmente sola. << Stupido gatto. >>
Da dietro la porta Ra miagolò protestando per l’offesa ricevuta e lei alzando gli occhi al cielo rispose << E va bene, scusa! >>. A volte quell’animale era davvero permaloso.
Quando fu sicura che il mici si fosse allontanato la giovane tornò a sedersi sul letto fissando l’orologio, mancava ancora mezz’ora all’orario della sua partenza, così per ammazzare il tempo decise di consultare il notiaziario online per accertarsi se ci fossero novità sull’incendio al Red Dragon.
Lentamente accese il suo computer portatile, poi quando fu pronto entrò in internet accedendo al sito del telegiornale nazionale.
La pagina si aprì  e Charlotte iniziò a leggere le varie notizie, fino a che dopo circa un quarto d’ora trovò l’articolo che le interessava. Sospirando lo aprì e velocemente lo scorse, non c’era niente di nuovo rispetto al pomeriggio, così fece scendere la pagina fino in fondo dove erano state caricate le fote delle due vitime: un uomo e una donna dai capelli biondi.
<< Cosa?! >> esclamò la ragazza. << Non è possibile.. >>
Charlie si ricordava perfettamente il viso di Michel Heigl, era un virile volto dai profondi occhi azzurri e i capelli neri. Neri non biondi.
<< Che accidenti.. >> sussurrò.
Come era possibile che il defunto Michael Heigl avesse i capelli chiari, lei lo aveva conosciuto e il Michael Heigl con cui era stata al Red Dragon aveva i capelli scuri.
Ma se, il vero Michael Heigl aveva i capelli color dell’oro, allora chi era l’uomo che aveva conosciuto? Chi era il ragazzo con cui aveva passato il sabato sera e che le aveva lasciato il numero di cellulare?
<< Chi accidenti sei? >> sussurrò Charlotte fissando lo sconosciuto volto sullo schermo del suo computer.
Improvvisamente il suo secondo cellulare suonò e lei si lasciò sfuggire un gridolino spaventata, era così concentrata sulla foto da essersi completamente dimenticata di aver rimesso la sveglia per non rischiare di fare tardi.
Imprecando contro l’apparecchio spense la suoneria e dopo aver dato un’ultima occhiata all’immagine arrestò il sistema, poi scese in garage, dove Ricardo la stava spettando.

Come previsto arrivò al luogo desiderato alle 23e30, come sempre era in perfetto orario e non appena l’auto si fermò Charlotte scese.
Dietro di lei Ricardo ripartì immediatamente, quegli incontri andavano avanti da svariati mesi orma e il suo autista aveva imparato la prassi: accompagnare miss Hellenton al luogo concordato e andarla a riprendere alla sua chiamata.
Come sempre la ragazza attese alcuni attimi, poi si avviò decisa per uno stretto vicolo secondario, sporco e poco illuminato.
I primi tempi in cui suo padre la mandava al fight club di Tyler Durden, Charlie rabbrividiva all’idea di dover camminare da sola in quel vicolo quasi buio, ora invece non le faceva più nessun effetto, aveva imparato che non c’era niente di più spaventoso della semplice idea di aver paura e col tempo aveva imparato a gestirla, diventandone, almeno apparentemente, quasi immune.
Il luogo in cui si svolgevano gli incontri clandestini era protetto da una vecchia porta dalla cadente vernice blu dove uno scagnozzo di mister Durden era sempre di guardia. Conoscere il luogo però non bastava a garantire l’accesso, per potervi entrare era necessaria una parola d’ordine che a Charlotte veniva comunicata attraverso telefonate anonime, come quella che aveva ricevuto alcuni giorni prima.
<< Parola d’ordine? >> domandò la roca voce di un uomo, una volta che la giovane ebbe bussato.
<< Black Wings. >>
La porta si aprì e la ragazza entrò in un angusto corridoio in cui probabilmente non venivano fatte le pulizie da almeno cinquanta anni. La sentinella vedendola la riconobbe e facendole un cenno disse << La strada la sai. >>
<< Non affaticarti troppo per indicarmela. >>
<< Non mi pagano per questo. >>
<< Fanno anche bene direi. >>
Il tizio grugni qualcosa, poi tornando alla sua mansione girò le spalle a Charlie, la quale scuotendo la testa iniziò a scendere per una lunga scalinata diretta nel seminterrato.
 Al contrario di ciò che ci si potrebbe aspettare, quella parte della struttura era in condizioni molto migliori rispetto alla precedente, in quanto era lì che si svolgevano gli incontri. Il luogo, infatti, era stato predisposto come un’arena romana: con il campo da combattimento al centro e gli spettatori posizionati tutti intorno. Nella parte più a nord della sala inoltre, su una pedana leggermente rialzata e in ombra rispetto al resto, era stato posizionato un divano in pelle nera accompagnato a ad un tavolo in vetro sul quale erano adagiati un vassoio con dei cocktail, era quello il luogo in cui era solito sedersi il boss o, come nella maggior parte dei casi, Alexis Durden, sua figlia.  
Nonostante l’ora il figth club era già al completo e Charlotte, dirigendosi alla sua solita postazione, poté notare varie facce nuove che con sorpresa guardarono lei. Probabilmente si chiedevano cosa ci facesse una così giovane ragazza in un postaccio come quello e a volta anche Charlie se lo chiedeva, ma il dovere era dovere e se suo padre le ordinava di partecipare a quegli incontri per trovare soggetti idonei alle loro ricerche sulla biogenetica, lei lo faceva. Adam Hellenton non era certo un tipo da accettare rifiuti, inoltre riteneva che sua figlia, in quanto futura presidentessa della Hellenton Corporation, dovesse conoscere in prima persona i loro alleati, anche quando si trattava di pericolosi signori del crimine come Tyler Durden.
Charlotte arrivò al luogo dove era solita sedere e salendo sulla pedana notò la presenza di un giovane ragazzo dai capelli biondi tirati all’indietro.
<< Charlie >> la salutò.
<< Steve. Anche oggi nel ring? >>
<< Già. A quanto pare nessuno è ancora è all’altezza dell’ex campione del mondo dei pesi medi. >>
La giovane si voltò verso di lui e sorridendo disse << Che arie da presuntuoso che ci diamo. >>
Steve rise. << Presuntuoso o meno, è la verità. >>
<< Può darsi. Sai già chi è il tuo avversario stasera? >>
<< No, Alexis ha voluto mantenere il segreto. >>
Charlotte scosse la testa, era proprio da Alexis, lei adorava il mistero. << E’ già arrivata? >>
<< Non l’ho vista, ma credo di si. >>
La giovane annuì, probabilmente si stava preparando per qualche entrata teatrale tipica del suo stile, come figlia del boss doveva mantenere l’attenzione viva sul faigth club e quale modo migliore di sfruttare la sua avvenenza? Alexis, infatti, era solita mantenere alto l’interesse dei suoi spettatori con scenografiche entrate in scena che ad ogni incontro si svolgevano in maniera diversa, facendo da preludio al combattimento e lasciando tutti a bocca aperta.
Improvvisamente le luci si abbassarono e una musica orientale si espanse nel seminterrato: era arrivato il momento dell’entrata di miss Durden.
Alexis arrivò seduta su un antico trono in legno sostenuto da quattro sacerdoti, i quali la condussero fino all’arena al centro della sala. Una volta di fronte al ring gli uomini si fermarono permettendo alla ragazza di scendere con un agile salto e atterrare sinuosa al centro della padana dove incrociando le mani al petto attese. Dietro di lei i sacerdoti adagiarono il seggio sul pavimento, poi si posizionarono dietro Alexis porgendole due lunghi bastoni, che lei afferrò.
Tutto intorno il silenzio era assoluto e quando la giovane scosse le due aste accendendole su entrambi i lati un boato esplose nella stanza.
Alexis per niente impressionata continuò a guardare fisso di fronte a sé oltre la rete del suo cappellino, poi quando raggiunse l’attacco della musica iniziò a far volteggiare i due scettri in perfetto stile majorette. Lo spettacolo durò circa un minuto e dopo una quantità incredibile di giravolte, lanci e passi di danza la giovane incrociò le torce sopra la sua testa e prendendo una breve rincorsa fece una verticale scendendo poi con un elegante spaccata. Alle sue spalle i quattro uomini si posizionarono davanti al fuoco delle torce e insieme lasciarono cadere della polvere azzurra, che a contatto con le fiamme scoppiò circondando tutto il ring con del fumo celestino che lentamente si disperse mostrando la snella figura di Alexis al centro del palco.
<< Ben venuti signori! >> disse la ragazza con un leggero inchino, scansando leggermente il velo che le scendeva dal fiore applicato al suo fianco.
Ogni volta che la vedeva Charlie si stupiva della naturalezza con cui ella indossava quei mini abiti che era solita mettere per quelle occasioni. Era incredibile come riuscisse a sentirsi a suo agio con indosso solo quella specie di salopette di raso accompagnata da lunghi guanti e vertiginosi stivali, non provava vergogna di fronte a tutti quegli uomini che palesemente indugiavano sul suo scollo sproporzionato o sul suo fondoschiena, si muoveva con naturalezza e Charlotte provò un po’ di invidia per la sua disinibizione, lei non ci sarebbe mai riuscita.
<< Questa sera >> continuò Alexis. << Vedremo l’ormai pluricampione del ring, Steve Fox contro un nuovo avversario: Miguel Caballero Rojo! >>
Urla euforiche invasero il seminterrato, poi quando si furono calmate la ragazza continuò << Riuscirà questo focoso matador ispanico a detronizzare l’ex campione mondiale dei pesi medi? Le scommesse sono aperte signori! >>
Nuovamente grida eccitate esplosero nella stanza.
<< Steve, Miguel fatevi avanti >> ordinò la giovane facendo un cenno ai due combattenti che seri si portarono l’uno di fronte all’altro. << Le regole le sapete: si combatte per neutralizzare l’avversario, non per ucciderlo. Niente colpi scorretti, non ci sono limiti di tempo e vince chi dei due riesce a rimanere in piedi.
  << Buona fortuna ad entrambi e che l’incontro abbia inizio! >>
Charlotte osservò i due atleti fronteggiarsi muovendosi in cerchio per studiarsi a vicenda, sembravano come due leoni in gabbia. Poi quando Alexis si sedette al suo fianco disse << Entrata particolarmente teatrale questa sera. >>
<< Le vittorie di Steve sono ormai quasi scontate e l’attenzione degli spettatori sta calando, così come le scommesse, serviva qualcosa che gli rianimasse un po’ >> spiegò tranquilla la ragazza prendendo due bicchieri da cocktail e riempiendoli di Whisky irlandese, Vermouth rosso dolce e Angostura, per poi porgerne uno alla compagna. << Indovina? >>
La giovane sorseggiò delicatamente il liquido rossastro e dopo averlo assaporato rispose << Manhattan. >>
<< Eccellente >> disse Alexis sorridendo. << Stai diventando brava. >>
<< Ho una buona maestra. >>  
Charlotte e miss Durden, infatti, erano solite intrattenersi con quel piccolo giochino iniziato così per caso, ma che ormai era diventata una specie di rituale pre-incontro.
<< Cosa ne pensi di Rojo? >> domandò Alexis togliendosi il cappellino e portandosi una ciocca di lisci capelli neri dietro l’orecchio.
<< Non male. Buona prestanza fisica, buone capacita atletiche, stile un po’ rozzo, sarebbe da affinare >> rispose Charlie raccogliendo dati sul suo Notebook. << Da migliorare l’agilità dei movimenti, la notevole massa muscolare e l’altezza li penalizza molto. Credo comunque che Steve ne spunterà vincitore anche questa volta. >>
<< Lo penso anche io. La prossima volta devo trovare qualcuno di più forte. >>
<< Ti serve un combattente ben bilanciato in velocità e forza, qualcuno che possa contrastare la sua resistenza da pugile. Ti sei stancata di Steve? >>
<< Niente affatto >> disse Alexis guardando il giovane con l’accenno di un sorriso. << Voglio solo farlo uscire da questo giro, prima che sia mio padre a stancarsi di lui. >>
<< Capisco >> rispose la bionda. Quando mister Durden decideva di averne abbastanza del suo momentaneo campione lo liquidava e per assicurarsi che non ci fossero lamentele da parte del licenziato si preoccupava di renderlo inoffensivo con una fredda pallottola alla testa. Infondo, come diceva sempre lui, erano solo pedine e come tali, sacrificabili. << Hai già in mente chi sarà il prossimo avversario? >>
La mora alzò le spalle, poi dopo essersi guardata alcuni attimi intorno disse, indicando un uomo dai corti capelli bianchi << Forse lui. >>
<< Chi è? >>
<< Si chiama Bryan Fury. >>
<< Bryan Fury?! >>
<< Si, lo conosci? >>
<< Non esattamente.. Tempo fa vidi per caso una cartella con il suo nome nell’ufficio di mio padre. >>
<< Ha rapporti con la Hellenton Corporation? Interessante.. >>
<< Già.. Se non mi sbaglio era firmata dal dottor Boskonovitch >> rifletté la ragazza.
Alexis fece spallucce e osservando l’amica chiese << E’ un particolare importante? >>
<< Boskonovitch lavora come scienziato nella compagnia di mio padre, sviluppa biotecnologie e ricerche sulle modificazioni genetiche, se Fury è passato dalle sue mani sicuramente non è più un essere umano normale.. >> rispose Charlotte fissando l’uomo, il quale come se avesse percepito il suo sguardo si voltò verso di lei con un sorriso macabro che le fece gelare il sangue.  << Oh merda.. >>
<< Che c’è? >>   
<< Sta guardando verso di noi.. >> sussurrò la bionda distogliendo lo sguardo.
Alexis con noncuranza guardò verso Bryan, il quale effettivamente le stava fissando con un’espressione che metteva quasi i brividi, espressione che però durò solo un attimo, in quanto l’uomo si voltò allontanandosi con tranquillità tra la folla.
<< Se ne sta andando. >>
<< Lo vedo >> rispose Charlotte facendo per alzarsi, ma venendo fermata dalla compagna che preoccupata chiese << Cosa stai facendo? >>
<< Voglio seguirlo. >>  
<< Lo vedo, ma perché? >>
<< Voglio vedere se la mia intuizione è giusta.. >>
<< E se lo è? Cosa pensi di fare? >>
<< Non lo so.. Improvviserò. >>
Alexis scosse la testa con disappunto, poi facendo un cenno a due uomini mischiati tra la folla disse, una volta giunti al suo fianco << Seguitela, ma state attenti che l’uomo che sta pedinando non si accorga di voi. >>
I due annuirono e Charlotte dopo averla ringraziata iniziò l’inseguimento di Bryan Fury.
Inizialmente sembrò che l’uomo fosse letteralmente svanito nel nulla, cosa che fece irritare non poco la giovane, la quale non voleva certo darsi per vinta, poi dopo un’altra attenta e approfondita ricerca individuò i corti capelli bianchi dal taglio militare sparire per la rampa di scale che portava al piano superiore.
Stando attenta a non farsi notare lo seguì ripercorrendo a ritroso la strada che aveva fatto per arrivare allo scantinato e senza rendersene immediatamente conto si ritrovò fuori dall’edificio, diretta in una delle vie adiacenti alla principale.
Bryan procedette a lungo per la sua strada, continuando a camminare imperterrito per diverso tempo, a quanto pareva sembrava non essersi accorto di essere pedinato, poi all’improvviso si fermò voltandosi di scatto e incrociando lo sguardo di Charlie, la quale colta in fragrante sussultò senza riuscire a dire niente.
<< E così tu sei la figlia di Hellenton. >>  
Charlotte deglutì, non le piaceva affatto il tono con cui le parlava e neanche gli occhi con cui la guardava, le mettevano ansia i suoi modi di fare, ansia e inquietudine.
<< Suppongo che paparino non ti abbia fatto leggere il dossier stilato da Boskonovitch. >>
<< E anche se fosse?! >>
<< Se lo avesse fatto, adesso non saresti qui tutta sola. >>
<< E chi ti dice che lo sono? >> domandò la ragazza.
Alle sue parole uno degli uomini che Alexis le aveva affidato uscì allo scoperto posizionandosi in guardi di fronte a lei. Bryan guardò divertito prima il nuovo arrivato, poi la giovane e scuotendo la testa esclamò << Ragazzina stupida, paparino non ti ha insegnato a sceglierti con attenzione i tuoi nemici?! >>
Come una furia Fury si avventò sul suo avversario assestandogli un poderose pugno allo stomaco e alla mandibola, spedendolo a terra dolorante, probabilmente dalla forza con cui aveva caricato, doveva avergli rotto l’osso.
Dal suo nascondiglio l’altra guardia del corpo della giovane Hellenton sparò un colpo di pistola che andò a colpire la spalla dell’uomo dai capelli candidi, il quale dopo aver guardato per un solo attimo la ferita si voltò verso il suo novo avversario fissandolo con uno sguardo che fece gelare il sangue nelle vene a Charlie: era uno sguardo pieno di odio e di rabbia..  Uno sguardo di fredda cattiveria..  uno sguardo folle.
<< Oh mio Dio >> sussurrò la ragazza vedendo Bryan partire come un’animale verso l’uomo, il quale per tentare di difendersi sparò nuovamente. Questa volta però la pallottola mancò il bersaglio e Fury poté così raggiungere il suo obiettivo, che disarmò con un agile calcio, per poi iniziare a tempestare di pugni al torace.
<< Così lo ammazzi! >> esclamò Charlotte portandosi inorridita una mano alle labbra, non aveva mai visto così tanta furia.
Sentendo quelle parole Bryan rise, si divertiva a vedere la paura negli occhi delle sue vittime, e aumentando l’intensità continuò a colpire il suo avversario, fino a che non sentì le sue costole incrinarsi sotto i suoi pugni. Solo allora si fermò guardando soddisfatto il suo operato per poi dedicarsi finalmente alla ragazzina degli Hellenton, adesso era il suo turno.
Charlie sapeva che adesso toccava a lei, glielo aveva letto negli occhi quando l’aveva sorpresa a seguirlo e un forte senso di nausea le attanagliò lo stomaco, era paura e lui lo sapeva.
<< E ora.. >> iniziò a dire Fury, venendo però interrotto dalla ragazza, la quale veloce afferrò la pistola sfuggita dalle mani dell’uomo di Alexis e puntandola verso di lui ordinò << Non muoverti o sparo. >>
Bryan rise con una risata così fredda che fece accapponare la pelle alla giovane, la quale tremante continuò comunque a puntargli contro l’arma.
<< Spara! Spara pure se ci riesci! >>
<< Non sfidarmi. >>
<< Fallo. Sono qui! >> esclamò lui portandosi di fronte alla ragazza e poggiando il suo petto sulla canna della pistola. << Spara .>>
Charlotte provò il forte impulso di premere quel grilletto, se lo avesse fatto non lo avrebbe mancato, avrebbe colpito dritto al cuore così a brucia pelo e lui sarebbe morto, nessuno sarebbe mai venuto a saperlo e se fosse venuto a galla avrebbe potuto giustificarsi di averlo fatto per legittima difesa, infondo non c’erano testimoni che avrebbero potuto dimostrare il contrario. Nonostante però l’impulso fosse così forte non riuscì far partire il colpo, lei non era un’assassina, non sarebbe mai riuscita ad ammazzare così una persona a brucia pelo, lei non era come lui.
Di fronte a lei Bryan lesse l’incertezza nei suoi occhi ed una risata senza allegria gli ingrossò con piacere il cuore. Oh quanto lo divertiva vedere la debolezza negli sguardi altrui, quella stupida e candida debolezza che rendeva le persone così indifese.
<< Avresti dovuto leggere il mio dossier >> disse Fury facendole volare via l’arma e chiudendo la sua mano intorno al collo di lei.
Charlotte sentì le dita dell’uomo serrarsi intorno alla sua gola, la sua presa era come una morsa che le impediva di respirare e senza poter far niente per impedirglielo si ritrovò sollevata ad almeno mezzo metro da terra, l’avrebbe strangolata.
Con disperazione Charlie provò a liberarsi, ma più cercava di allentare la presa delle mani di lui, più questi la stringeva togliendole il già scarso respiro. Doveva fare qualcosa, doveva trovare un modo per liberarsi, se non lo avesse fatto quel pazzo l’avrebbe uccisa.
Pensa Charlie! Pensa!” si disse la ragazza, ma non era così facile riflettere con un  omicida sclerotico che cercava di strangolarla, le capacità intellettive ne risentivano alquanto.  
Il bisogno d’aria si stava facendo sempre più impellente, doveva respirare, doveva assolutamente farlo per restare lucida, per non soffocare, ma la mano di Bryan era serrata sul suo collo come un artiglio e non aveva intenzione di lasciarla. Charlie sentiva ormai i suoi sensi cedere, stava svenendo, stava per morire.. Tutto intorno a lei stava diventando sempre più sfuocato.. Tutto stava diventando lontano.. Simile a un sogno.. E come in un modo irreale improvvisamente una voce arrivò da chi sa dove dicendo con estrema tranquillità << Io la lascerei andare. >>
Charlotte sentì Bryan ridere, poi la presa sul suo collo si allentò e lei venne scaraventata con violenza a terra. Riprendendo finalmente a respirare e con lunghi e dolorosi sospiri si portò le mani alla gola indolenzita senza capire cosa realmente fosse successo. Intorno a lei tutto era poco nitido, la mancanza di ossigeno nel suo organismo aveva attivato la lipotimia come mezzo di difesa e ormai non le restava che aspettare l’arrivo della perdita dei sensi. Con quel poco di lucidità che le restava provò a guardarsi intorno, ma ciò che vide fu solo una larga schiena, poi fu il nulla.

<< Proteggili. Proteggili entrambi. >> 

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Capitolo 10
*** Jin Kazama ***


Jin Kazama

Un tempio. Un lussureggiante e antico tempio..
Un giovane.. Un giovane incatenato con degli strani tatuaggi tribali sul petto..

Una voce.. E poi un uomo.. Un uomo che emanava un intenso senso di potere.. Potere oscuro.
<< Proteggili. Proteggili entrambi >> pregò la candida voce femminile.
Poi un volto.. Un volto demoniaco dagli spaventosi occhi bianchi..
<< So cosa sei Charlotte.. >> sussurrò. << E non ci riuscirai.. >>
Una risata fredda.. Fredda come ghiaccio tagliente.. Un enorme potere.. Una forza così oscura da distruggere qualsiasi sensazione di calore..
Un nuovo volto.. Anche questo demoniaco, ma con incandescenti occhi rossi..
Potere.. Immenso potere.. Oscuro e spaventoso come una notte senza stelle..
<< Proteggili. Proteggili entrambi >> chiese nuovamente la voce di donna, poi i due volti demoniaci si sovrapposero e Charlie si sentì sopraffatta.
<< Proteggili. >>
Charlotte aprì gli occhi trovandosi improvvisamente di fronte ad un’altra sé, una sé dai caldi occhi gialli che sorridendo la guardava.. Improvvisamente sparì e l’altra sé divenne il suo riflesso.

<< No! >> esclamò la ragazza svegliandosi di colpo con un inquietante senso di terrore. << No.. >> Il sole era già alto nel cielo e i raggi, filtrati da candide tende, illuminavano tenuemente la stanza in cui la giovane si trovava. Delicatamente Charlie si portò a sedere lasciando cadere le coperte che la ricoprivano e notando di indossare ancora gli abiti della sera precedente. La sera precedente.. Non ricordava molto di ciò che era realmente successo, ricordava di aver seguito Bryan, di essere stata quasi strangolata e poi il nulla.. Il vuoto più assoluto circondava la sua mente e questo la inquietava, la innervosiva ancor di più di non sapere dove si trovasse e soprattutto come ci era arrivata.
Guardandosi intorno Charlotte notò di essere in una spoglia camera di un appartamento probabilmente non molto costoso. La stanza in cui era stata adagiata era piuttosto anonima, infatti, a parte qualche vestito, non conteneva niente che potesse far presagire a chi appartenesse.
Lentamente si alzò dal letto e cercando di far il meno rumore possibile si diresse nella stanza adiacente: il salotto. Anche quella parte di casa era decisamente impersonale e a Charlie sembrò quasi di essere in casa di un fantasma.
<< C’è nessuno? >> chiese, cercando di attirare l’attenzione del proprietario e probabilmente del suo salvatore.
Nessuna risposta arrivò, così la ragazza guardandosi intorno iniziò a percorrere la stanza alla ricerca di qualche indizio che potesse aiutarla a chiarirle le idee. Osservò con attenzione ogni mobile, parete e arredamento, senza però trovare niente che le permettesse di ricordare, fino a che nel suo procedere non finì contro un mobiletto facendo cadere il portafoto che vi stava sopra.
Imprecando la giovane recuperò la cornice percorrendo con dita delicate il contorno per assicurarsi che non si fosse rotto, poi quando ne fu certa osservò la foto al suo intero e ciò che vide la lasciò a bocca aperta: una giovane donna dal candido volto incorniciato da corti capelli castani la guardava con dolci occhi nocciola, occhi che Charlie aveva già visto.. Occhi che fin troppo spesso le apparivano in sogno.

<< Proteggili. Proteggili entrambi. >>
Quella melodiosa frase riecheggio nella mente della ragazza, come l’eco di un sogno lontano, come un’eco persistente.. Persistente ed estremamente confuso.
<< Chi.. >> sussurrò Charlie. << Chi devo proteggere? >>
Come in risposta alla sua domanda la porta d’ingresso si aprì mostrando un giovane ragazzo dai profondi occhi castani, che guardandola sorpreso disse << Sei sveglia. >>
Charlotte osservò quel volto dai lisci capelli neri così inspiegabilmente familiare, lo guardò con attenzione soffermandosi sul suo profilo scolpito..

Che improvvisamente mutò.. Freddi occhi di ghiaccio.. Sorriso tagliente e maligno.. Tatuaggi tribali che gli ricoprivano la fronte, con una specie di rossa pietra incastonata centralmente nella pelle.. E poi una parola, un’unica parola appena sibilata: Charlotte..
Charlie sentì uno schiacciante senso di terrore soffocarla, la stessa terribile sensazione che aveva sentito durante il sogno e che in quel momento le faceva mancare l’aria. Involontariamente si portò le mani al petto e con forza le strinse a pugno, come se con quel gesto potesse estirpare da sé ciò che provava.
Il portafoto che aveva in mano le scivolò cadendo a terra, il vetro all’interno della cornice si ruppe, così come qualcosa all’interno della ragazza, la quale si lasciò andare giù.

Un candido volto di donna dai profondi occhi castani..
 << Proteggili. Proteggili entrambi. >>
 E poi un rassicurante e lucente calore.
Charlotte cadde, o almeno fu quello che credette tenendo gli occhi chiusi.
Quando gli riaprì pochi attimi dopo, infatti, si ritrovò stretta tra due forti braccia, le quali l’avevano afferrata impedendole di poggiare le mani sui vetri sparsi sul pavimento.
Con stupore la ragazza si voltò incrociando i suoi occhi chiari in quelli castani di lui e lentamente la calda sensazione di calore si disperse, passando in qualche modo da Charlie al giovane, facendo così assopire la schiacciante e fredda percezione di malessere che provava.
Il silenzio regnò sovrano per una quantità di tempo indefinito, fino a quando la ragazza riprendendosi da quello strano specie di sogno sussurrò << Scusa.. L’ho rotta. >>
A quelle parole anche il giovane riprese il controllo su di sé e lentamente, quasi come se facesse fatica a separarsi da lei, la lasciò andare, porgendole poi una mano per aiutarla ad alzarsi.
Charlotte accettò tornando finalmente sui suoi piedi. Si sentiva stordita, stordita e spaventata allo stesso tempo, si sentiva come se si fosse appena risvegliata da un brutto sogno, da un incubo improvvisamente trasformatosi in un bel sogno.
<< Mi dispiace per la foto.. >> disse lei.  
<< Non importa >> rispose il giovane inginocchiandosi per ripulire i vetri.  
La ragazza lo osservò darle le spalle, inconsciamente sapeva che non era vero, quella foto era l’unico segno lasciato da lui in quella casa, l’unico oggetto che rendesse quelle stanze anonime realmente sue.  
Lentamente si avvicinò al ragazzo e inginocchiandosi al suo fianco lo aiutò a sistemare il danno che aveva combinato, con cautela riunì i vetri più grossi, finendo però per tagliarsi.
Charlotte osservò il sangue scorrerle dalla piccola ferita alla mano, goccia dopo goccia percorse il suo palmo fino a cadere sulla pelle del giovane, che non appena l’aveva sentita sussultare le aveva afferrato il polso. Lei sentì lo sconosciuto irrigidirsi, o almeno fu quello che percepì, infatti, esattamente come era arrivata quella sensazione sparì e lo sconosciuto, con assoluta tranquillità la fece sedere sul divano lì vicino sparendo poi in bagno, per ritornare poco dopo con del cotone e delle bende.
La giovane osservò quello splendido ragazzo prenderle con delicatezza la mano e medicala con altrettanta premura, lei non si sarebbe mai aspettata tanta finezza nei gesti di un individuo così muscoloso, si aspettava più un tocco rude, forte, quasi impacciato, invece non era così e con sua sorpresa si ritrovò a fissarlo trattenendo il respiro.
<< Che c’è? >> domandò lui notando la sua espressione.
Charlie distolse immediatamente lo sguardo e imbarazzata rispose << No, niente.. Cioè.. Grazie. >>
Il giovane puntò i suoi occhi scuri in quelli chiari di lei e a Charlie sembrò quasi che stesse trattenendo il respiro, poi tornando improvvisamente ad occuparsi della sua mano disse << Figurati. >>
Egli non era di molte parole e questo diede il tempo alla ragazza di riflettere su qualcosa da dire, la imbarazzava trovarsi in quella situazione con tutto quel silenzio, nonostante però pensasse e ripensasse, per la prima volta nella sua vita non le venne in mente niente da dire, così semplicemente asserì << Charlie. >>
Il giovane inarcò un sopracciglio e lei continuò << Mi chiamo Charlie.. Cioè, Charlotte, però preferisco Charlie. >>
<< Jin >> rispose lui lasciandole andare la mano ormai fasciata.
<< Jin Kazama? >> sussurrò involontariamente Charlotte. Sentendo quel nome le era tornata in mente la conversazione avuta con quel comandante della Tekken Force che l’aveva aiutata.
Sussurro che però non sfuggì a al ragazzo, il quale voltandosi verso di lei chiese << Che hai detto? >>
Charlie sussultò e sul  momento inventò << Che.. È un bel nome.. È scritto con il kanji di carità e umanità, in cinese significa oro, mentre in giapponese bontà, virtù o, metaforicamente, persona che comunque risplende per qualcosa. >>
Jin la osservò senza fiatare con i suoi profondi occhi scuri e per la prima volta Charlotte si sentì a disagio sotto lo sguardo di un uomo, era abituata ad essere osservata dal sesso opposto, le era stato insegnato sin da piccola che la sua avvenenza era un arma ed era abituata ad usarla come tale, con lui però era diverso, Jin non la guardava  con desiderio, non si soffermava sul suo corpo o sul suo volto, la guardava dritto negli occhi, come se stesse cercando di scrutarle all’interno, di capirla, come se il suo aspetto non influisse minimamente su di lui.
Per l’ennesima volta un opprimente silenzio scese tra di loro, silenzio che venne poi interrotto da un specie di gorgoglio, che fece abbassare imbarazzata lo sguardo di Charlie sulla sua pancia.
<< Credo sia il mio stomaco.. >> spiegò lei poggiandovi le mani sopra.
Jin la guardò sorridendo e facendole cenno di seguirlo, disse << Andiamo a fare colazione. >>

La colazione di Charlotte però durò appena dieci minuti, infatti, poco dopo essersi seduti ad uno dei tavoli di un modesto bar poco lontano dall’appartamento del giovane, il cellulare della ragazza suonò e suo padre le chiese di raggiungerlo ai palazzi della Hellenton Corporation.
<< Arrivo >> disse Charlie chiudendo la chiamata e voltandosi poi verso Jin, il quale guardava fuori di finestra con le braccia incrociate al petto. << Devo andare.. >>
Il ragazzo annuì e lei, quasi offesa da quel comportamento apatico aggiunse << Grazie per la colazione, non ho il portafoglio, ma ti farò riavere il prima possibile i soldi spesi. >>
Jin scosse il capo. << Ci vediamo. >>  
<< Ciao.. >> rispose Charlotte sorridendo e uscendo poi dal locale.
Una volta fuori la giovane chiamò un taxi e una volta indicatogli l’indirizzo recuperò il suo cellulare digitando il numero del suo autista personale.
<< Signorina Hellenton >> rispose Ricardo all’altro capo del telefono.
<< Ricardo fatti dare da Amalia i miei vestiti, poi vai da miss Durden a recuperare il mio notebook, io ti raggiungo lì. >>
<< Si signorina Hellenton. >>
Il viaggio fino alla dimora di Alexis durò appena un quarto d’ora, nonostante questo però il suo autista personale era già lì, con il suo computer e i vestiti che aveva richiesto.
<< Ben arrivata signorina >> la salutò l’uomo.
<< Grazie Ricardo e buongiorno. Paga il taxista per cortesia, non ho il portafoglio con me. >>
<< Come desidera. >>
Charlotte salì in auto, osservando con la coda dell’occhio il suo autista svolgere l’ordine affidatogli senza protestare, era questo che ella adorava di lui, Ricardo non si faceva mai problemi ad eseguire un incarico, né faceva troppe domande, lo svolgeva e basta, inoltre in modo davvero eccellente. Come per Maxi, infatti, Adam Hellenton si era assicurato di affidare alla sua primogenita un’autista perfetto per le sue esigenze: in gamba, riservato e avvezzo agli ordini. Come sempre miste Hellenton non aveva lascito niente al caso.
<< Dove la porto? >> domandò Ricardo una volta tornato in auto.
<< Da mio padre. >>
L’uomo annuì e dopo aver sistemato lo specchietto retrovisore in modo da non vedere la ragazza partì. Charlotte si cambiò i vestiti senza fretta, ci sarebbe voluto almeno un mezz’oretta per arrivare ai palazzi della Hellenton Corporation, così quando ebbe finito poggiò stancamente la testa al finestrino, portando scompostamente le gambe sul seggiolino in pelle. Nonostante avesse dormito tutta la notte, si sentiva stanca, probabilmente aveva riposato male a causa di quei maledettissimi sogni che non facevano altro che tormentarla.  L’incubo di quella notte poi era stato particolarmente inquietante, al solo pensiero, infatti, un brivido le percorreva la schiena, per non parlare della sensazione di fredda negatività che le trasmetteva, era davvero orribile.
Scuotendo le spalle per scacciare quell’orrenda percezione chiuse gli occhi, cadendo in uno stato di snervante dormiveglia, dormiveglia che però durò fin troppo poco, o almeno fu quello che le sembrò.
<< Siamo arrivati signorina Hellenton >> disse il suo autista fermando l’automobile.
Charlotte aprì nuovamente gli occhi, stropicciandoseli per scacciare i residui di sonno mancato, poi indossando le scarpe attese che Ricardo le aprisse la portiera e scese.
<< Desidera che l’aspetti? >>
<< Si grazie, però non so quanto tempo ci metterò. >>
<< Non si preoccupi. Mi troverà nel parcheggio >> rispose l’uomo salendo nuovamente in auto e ripartendo.
La giovane osservò per alcuni attimi il veicolo allontanarsi, poi sbadigliando assonnata salì la lunga rampa di scale per i palazzi della Hellenton Corporation, dove una volta nella hall si diresse agli ascensori salutando i vari impiegati e membri della security, che riconoscendola la lasciarono passare.
Quando ebbe superato le pratiche di sicurezza salì sull’ascensore, dirigendosi poi all’ultimo piano, dove erano situati gli uffici della dirigenza.
<< Benvenuta signorina Hellenton >> la salutò un‘avvenente donna castana seduta ad una scrivania. << Il signor Hellenton la sta aspettando. >>
<< Grazie Amanda >> rispose Charlie salutando la segretaria e dirigendosi verso l’ufficio di suo padre, dove dopo aver bussato entrò.
L’ufficio di Adam Hellenton era un’enorme stanza dalle ampie finestre, dalle quali era possibile osservare il paesaggio di cemento sottostante. Fin da quando era piccola Charlotte, aveva sempre provato un senso di disagio in quell’immenso locale, si era sempre sentita minuscola di fronte a quello spazio vuoto, come una piccola piastrella in un immenso mosaico e il solo pensiero che un giorno vi avrebbe passato buona parte della sua giornata la faceva sentire male. L’unica parte che le era sempre piaciuta di quel posto erano le immense vetrate, adorava osservare di notte le luci della città illuminare lo spazio sottostante, la faceva sentire come se si trovasse in mezzo alle stelle.
<< Charlie >> la salutò suo padre distogliendo lo sguardo dal suo computer. << Buongiorno. >>
<< Buongiorno papà >> rispose lei dandogli un lieve bacio sulla guancia.
<< Allora? Come è andata ieri sera? >>
La ragazza estrasse il suo notebook dalla borsa, poi connettendolo al pc di suo padre spiegò << Il combattente si chiamava Miguel Caballero Rojo e non era niente male.. >>
<< Fisicamente o strategicamente? >>  
<< Papà! >> esclamò la giovane scuotendo la testa alle risate divertite dell’uomo, che alzando le spalle disse << Era tanto per chiedere.. >>
<< Bé, non si domandano queste cose ad una figlia. >>  
Adam Hellenton rise facendole cenno di continuare e Charlie, digitando alcuni tasti per inviare il resoconto al computer centrale, aggiunse << Buone capacità di attacco e discrete di difesa, nonostante il suo stile sia incentrato principalmente sull’offensiva. Ottima prestanza fisica, massa muscolare molto sviluppata, altezza intorno al metro e novanta. >>
<< Esito dell’incontro? >>
<< Vittoria di Steve >> lesse la ragazza. Fortuna che Alexis si era presa la briga di finire di stilare il rapporto al posto suo.
<< Conclusioni? >>
<< Il potenziale d’attacco viene ostacolato dalla struttura fisica e non lo rende un combattente ben bilanciato. A mio parere riducendo la massa, ma mantenendo ugualmente la forza si potrebbero ottenere soldati adatti all’assalto, anche se resterebbe comunque da aumentare l’agilità. >>
<< Riducendo la massa l’agilità aumenta. >>
<< Si, ma non abbastanza da compensare la perdita della difesa che risulterebbe come conseguenza. >>
Adam Hellenton rifletté battendo con ritmo lento e regolato l’indici sul tavolo, egli era solito usare quella pratica per schiarirsi le idee, il ticchettio dell’arto a contatto con la superficie, a differenza di molti, lo aiutava a distendere la mente e a pensare con freddezza.
<< Quindi non facciamo progressi >> concluse alla fine.
<< Forse unendo la forza di Rojo alla velocità di Steve potremmo ottenere dei buoni risultati. >>
<< Ma noi non dobbiamo ottenere buoni risultati, dobbiamo averne di ottimi. >>
Charlie alzò le spalle. << Allora non facciamo progressi. >>
Hellenton sospirò e alzandosi per mettere le mani sulle spalle della figlia disse << Non fa niente, troveremo la combinazione giusta. Il prossimo incontro? >>
<< Non mi è ancora stato comunicato. >>
<< Okay, continuerai comunque ad assistervi. >>
La ragazza annuì portandosi una ciocca di capelli color caramello dietro l’orecchio, nel farlo però si scoprì il collo, dove un livido violaceo deturpava il candido colorito della sua pelle.
<< Che ti è successo? >> domandò preoccupato suo padre notando l’ematoma.
<< Come? >>
<< Che hai fatto al collo? >>
Charlotte si portò istintivamente una mano alla parte indicata, senza capire. Da quando si era svegliata non aveva ancora visto il suo riflesso, così portandosi davanti alla webcam si osservò, notando delle preoccupanti macchie violacee che, se toccate, le provocavano dolore.
<< Chi ti ha fatto questo? >>
La giovane sospirò ripensando alla sera precedente e, sfiorandosi il collo proprio nei punti in cui le dita di Bryan si erano chiuse, rispose << Bryan Fury. >>
<< Fury?! >> esclamò l’uomo. << Credevo fosse.. >>
Hellenton si interruppe, insospettendo la figlia, che decisa a scoprire il più possibile su quell’uomo domandò << Credevi fosse? >>
<< Niente, credevo fosse niente. >>
<< Come è possibile? Il dottor Boskonovitch ha stilato una cartella clinica su di lui.. >>
A quelle parole lo sguardo glaciale dell’uomo si puntò sulla figlia, scrutandola attentamente.
<< Cosa sai su Fury? >>
<< Niente ad essere sincera, solo che possiedi un rapporto redatto dal dottor Boskonovitch e che quindi mi fa supporre sia passato tra le sua mani. >>
<< E’ già abbastanza. >>
<< Per quale motivo Boskonovitch si è occupato di lui? >>
<< Non sono informazioni che devono interessarti per ora. >>
La giovane abbassò la testa non molto convinta, cosa le stava nascondendo suo padre? Ma soprattutto, perché?
<< Charlie, non costringermi a spostare il dossier ad un livello di sicurezza maggiore. >>
<< Non capisco perché tu voglia nascondermelo. >>
<< A tempo debito ti sarà tutto più chiaro, vedrai. >>
Lei annuì scettica, non sarebbe finita lì e suo padre lo sapeva, così per evitare qualsiasi altra sua protesta le chiese << Come è successo? >>
Charlie riassunse brevemente gli avvenimenti che l’avevano portata faccia a faccia con Fury, descrivendo frettolosamente il loro piccolo scontro e narrando come fosse stata salvata. Suo padre ascoltò con attenzione, senza tradire nessuna emozione, cosa che non diede affatto fastidio alla ragazza, ormai era abituata alla sua impassibilità, aveva smesso da molto tempo di aspettarsi scenate da padre apprensivo, Adam Hellenton non era così, era un calcolatore e un freddo uomo d’affari e come tale la sua indole si palesava anche nella sfera provata.
<< Di Fury che ne è stato? >> domandò l’uomo alla fine del racconto.
<< Non lo so, ho perso i sensi poco dopo essere stata salvata. >>
Hellenton premette un tasto sul telefono che collegava il suo ufficio a quello della segretaria e quando lei rispose orinò << Amanda, invia la squadra Alpha alla ricerca di Bryan Fury, lo voglio vivo. >>
<< Si signor Hellenton. >>
<< Papà.. >>
<< La pagherà. >>
<< Non sottovalutarlo, è un pazzo e non sa controllare la rabbia. >>
<< Non preoccuparti, so quel che faccio. Adesso parlami del tuo salvatore. >>
<< E’ un ragazzo sui vent’anni, tratti orientali, fisico scolpito. >>
<< Dovrò ringraziarlo a dovere allora, nome? >>
<< Si chiama Jin Kazama. >>
Sentendo quel nome ogni singolo muscolo del presidente della Hellenton Corporation si irrigidì e cercando di non darlo a vedere estrasse dalla tasca interna del suo elegante completo un blocchetto per gli assegni, scrivendovi sopra una cifra.
<< Che fai? >>
<< Compilo un assegno. >>
<< Lo vedo, perché? >>
<< Per ringraziare il signor Kazama per averti salvato la vita. >>
La giovane annuì, suo padre non amava essere contraddetto e lei non lo fece, però, senza sapere realmente perché, era più che sicura che non avrebbe mai accettato.
<< Posso portarglielo io >> si offrì Charlie, una volta che il foglio fu firmato. << Devo anche ripagarli una cornice.. >>
<< No! >>  esclamò con troppa enfasi l’uomo, lasciando la figlia allibita.
Charlotte osservò frastornata il volto di suo padre, non era certo da lui avere reazioni  di quel genere, ed egli accorgendosene aggiunse << Preferisco portarglielo di persona. >>
<< Come vuoi >> rispose la ragazza. << Papà, va tutto bene? >>
<< Certo. >>
Lei annuì senza dire altro, era inutile continuare a fare domando quando la risposta era già stata data.  
<< Charlie, passa da tua madre, voleva vederti. >>
<< Lo  farò. >>
<< Non dirle di Fury, sai com’è, inizierebbe a farsi paranoie inutili. >>
<< Certo. Ci vediamo a casa >> salutò Charlotte uscendo dall’ufficio.
Adam Hellenton guardò sua figlia chiudersi la porta alle spalle e un sospiro preoccupato gli sfuggì lasciandoli scaricare tutta la tensione accumulati in quei pochi minuti. E così alla fine quella vecchia aveva ragione..
  ..La sua memoria tornò a vent’anni prima, quando lui e sua moglie, all’epoca incinta di Charlotte, si erano recati in vacanza in Egitto. Là, nella terra dei Faraoni, avevano visitato un piccolo villaggio confinante con Karnak, sulle sponde del Nilo, dove viveva una piccola tribù dedita ad un’antica e strana religione. Sua moglie ovviamente non poté che rimanerne affascinata e, nonostante la sua disapprovazione e quella della guida, si fece condurre dall’anziana del villaggio, la quale non appena li vide arrivare fece accomodare Rosalie di fronte a sé.  
La vecchia iniziò ad armeggiare con uno strano liquido che si spalmò sulle dita e con cui disegnò dei simboli sulle sue mani, dopo quella pratica andò a posare i suoi palmi sul ventre di sua moglie e chiudendo gli occhi esclamò: << təmiz deyil.. biz saxlanılır! >>
<< E’ pura.. Siamo salvi >> tradusse la guida.
<< Salvi da cosa? >> domandò Rose.
<< Da Stelle maligne.. >> rispose la vecchia. << Şeytan və övladlari. >>
<< Dalla progenie del Demone. >>
Adam Hellenton capì solo molto tempo dopo cosa significassero quelle parole, solo quando conobbe Heihachi Mishima e con lui la sua stirpe dal sangue maledetto.
<< Amanda >> disse l’uomo chiamando la sua segretaria.
<< Si signor Hellenton? >>
<< Mettimi Burton in linea. >>
<< Subito signore. >>
Egli attese e poco dopo una famigliare voce rispose << Signor Hellenton. >>
<< Burton, vieni nel mio ufficio. Ho un incarico per te. >>
<< Certo signore. >>
Hellenton annuì chiudendo la comunicazione, Charlie non doveva incontrare mai più Jin Kazama, imporglielo però sarebbe equivalso a motivarla, il miglior modo era quindi fare in modo e maniera da intervenire al momento opportuno.
Sua figlia non sarebbe diventata la salvezza dalla progenie del Demone.

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Capitolo 11
*** "Regali" e Regali ***


“Regali” e Regali  
 
Quando Charlotte aveva detto a Jin Kazama che gli avrebbe fatto riavere i soldi spesi per la sua colazione era sincera. Nella sua mente, infatti, era intenzionata a riconsegnarglieli prossimamente, ma il proposito si rivelò molto più difficile del previsto da attuare.
Suo padre, infatti, si mostrò particolarmente esigente e nei giorni successivi ricoprì Charlie di così tanti incarichi che la ragazza a stento riusciva a trovare anche il tempo per semplicemente dormire. Inoltre ad aumentare lo stress in tutta quella situazione c’era l’imminente arrivo del “giorno x”, l’approssimarsi dell’ultimo giorno che Charlotte avrebbe mai voluto che arrivasse: il compleanno di Maria Ximena, per il quale non aveva ancora né comprato un regalo, né l’abito (con i relativi accessori) da indossare.
Tutt’altra situazione invece stava vivendo Jin Kazama, il quale di tempo ne aveva fin troppo nell’ultimo periodo, infatti, dopo l’ennesimo licenziamento le sue giornate erano piene di ore da impiegare nelle più svariate attività, che nel suo caso, si riassumevano tutte in: allenamenti.
Era, infatti, da una sfiancante corsa di un’ora e mezzo che Jin stava tornando quando nel suo appartamento trovò l’ultima persona che avrebbe mai immaginato potesse andargli a fare visita.
Quando il ragazzo tornò al condominio in cui abitava il sole, nonostante fossero le otto passate, illuminava sempre il cielo, segno che l’estate stava arrivando e, cosa ancora più importante, almeno per Jin, che avrebbe dovuto pagare bollette della luce meno care, in quanto avrebbe potuto ridurre al minimo il suo utilizzo.
Visto il modesto affitto che chiedeva il padrone di casa, la struttura non possedeva un ascensore e probabilmente, date le condizioni disastrate del palazzo era stata una scelta saggia non costruirlo, così si avviò verso il suo appartamento a piedi. Dopo una bella corsa, tre rampe di ripide scale erano proprio l’ideale.
Una volta al terzo piano Jin estrasse dalle tasche della tuta le chiavi di casa e stancamente le infilò nella toppa, accorgendosi però che non giravano: segno che qualcuno la aveva già aperta.
<< Che diavolo.. >> sussurrò Jin spingendo la lastra di legno.
L’appartamento era immerso nel buio e il ragazzo, posizionandosi in posizione d’attacco, entrò lentamente all’interno. Con cautela avanzò nella stanza fino a raggiungere l’interruttore, che con un colpo secco accese guardandosi poi intorno alla ricerca dell’intruso.
Immediatamente lo individuò e ciò che vide, lo lasciò perplesso: seduto sul suo divano, con alle spalle una guardia del corpo, stava un distinto uomo di mezza età, con i fini capelli brizzolati pettinati all’indietro e un elegante completo che li dava un’aria affascinante.
<< Signor Kazama, ben tornato >> lo salutò lo sconosciuto.
Jin lo guardò con sospetto e rimanendo a distanza di sicurezza chiese << Come diavolo ha fatto ad entrare nel mio appartamento? >>
L’uomo rise. << Non si può certo dire che tu viva in un bunker di massima sicurezza, cosa che trovo molto avventata data la tua identità, ma questo è un mio modesto parere. Adesso ti prego, accomodati. Posso darti del tu vero? >>
Il ragazzo annuì e facendo come gli era stato proposto, si sedette sul basso tavolino al centro della sala  aggiungendo << Si può sapere con chi ho il piacere di parlare? >>
<< Il mio nome è Adam Hellenton, presidente e proprietario della Hellenton Corporation, non che padre di Charlotte. >>
Charlotte.
Sentendo il nome della ragazza a Jin tornò in mente la strana sensazione che aveva provato quando il suo sangue gli era scivolato sulla mano e, senza sapere perché, si ritrovò a trattenere il fiato.
La reazione del giovane non sfuggì al signor Hellenton, il quale disse << Bene, vedo che l’hai presente e come darti torto, mia figlia è una ragazza avvenente dopotutto. >>
<< Non è certo quello che mi ha spinto ad aiutarla >> rispose Jin quasi offeso. Non era andato in suo soccorso perché era carina, ma perché.. Perché.. Perché cosa?  
Non sapeva neanche lui il reale motivo per cui aveva deciso di salvarla, certo principalmente perché era nelle grinfie di un pazzo, ma non solo per quello, c’era qualcos’altro sotto la sua scelta, qualcosa di più sottile, qualcosa di..
<< E’ stato quasi un dovere per te.. >> disse l’uomo, come se gli stesse leggendo nel pensiero.
Già, era stato come un obbligo, come se qualcosa gli avesse imposto di salvarla perché doveva farlo. Perché era stato già deciso. Perché così doveva essere.
<< Dove vuole arrivare? >> domandò Jin riflettendo sull’ultima affermazione.
Il volto di Adam Hellenton si scurì improvvisamente e senza dire niente si alzò, dirigendosi lentamente verso la finestra, dove il sole stava iniziando a tramontare.
<< Conosco la tua famiglia da molto tempo ormai >> disse. << Conobbi Heihachi Mishima molti anni fa, così come suo figlio Kazuya. Strana famiglia, mi lasciò subito sorpreso, così piena d’astio, di rancore, di rabbia.. D’odio. L’odio era così forte che era quasi possibile toccarlo con mano.
   << Ma l’odio è una brutta bestia, corrode le persone e le consuma.. Le trasforma in Demoni. >>
All’ultima parola Jin s’irrigidì e dentro di sé sentì una forza ribollire, come se cercasse di trovare l’energia per prendere il sopravvento e così liberarsi. Con estrema fatica il ragazzo cercò di placare se stesso e molto lentamente disse << Non capisco dove sta cercando di arrivare. >>
<< Sto cercando di dirti >> esclamò Hellenton, voltandosi di scatto verso Jin e fissandolo nei suoi occhi scuri. << Che so cosa sei! Conosco il segreto della tua famiglia! Una famiglia dal sangue maledetto! >>
Quell’ultima frase fece scattare il giovane in piedi, la forza dentro di sé si stava ribellando al suo controllo, acquistando sempre più forza, come se si fosse sentita chiamata in causa.
Immediatamente il soldato si posizionò di fronte al suo capo puntando la sua arma dritto al cuore di Jin, pronto a sparare al primo accenno di aggressività.
<< Lei non sa niente! >> urlò Kazama.
<< E’ qui che ti sbagli ragazzo. Io so, grazie a tuo nonno so tutto. So del demone che ti porti dentro e di come questi ti consuma. Di come ti corrode dall’interno. Del potere che ha su di te, di come riesce a manovrarti e a farti perdere il controllo. >>
Il giovane rise, ma non c’era gioia nella sua voce, solo sarcasmo e rassegnazione.
<< Lei crede di sapere come mi sento, vero? Crede di conoscere la situazione solo perché un vecchio consumato dall’invidia e dal desiderio di potere gli ha raccontato qualche storiella?!
   << Glielo ripeto, lei non sa niente. Non ha idea di cosa significhi, nessuno lo sa! >>
<< Una cosa però la so >> esclamò Hellenton, spostando la sua guardia del corpo e sbattendo le mani sul bordo del divano. << Hai un potere immenso e se non controllato, pericoloso! >>
<< E quindi?! Non è certo un suo problema! >>
<< Oh si invece, lo è diventato nel momento in cui hai salvato mia figlia. >>
Il giovane lo guardò confuso, aveva aiutato la figlia evitandole la morte certa e lui veniva lì nel suo appartamento con una guardia del corpo armata a fargli la paternale da santo protettore dell’umanità. Non poteva semplicemente essergli riconoscente e lasciarlo in pace?!
Poi un dubbio si insinuò nella sua mente, che quella ragazzina gli avesse raccontato una versione dell’avvenimento in cui era lui il mostro cattivo? Ora tornava tutto, chi sa che accidenti aveva raccontato al padre per giustificare il mancato ritorno a casa! Eppure non le era sembrata così piccola da dover chiedere il permesso al papino per passare la notte fuori.
<< Senta >> disse Jin calmandosi leggermente. << Qualunque cosa sua figlia le abbia raccontato, le posso assicurare che io non l’ho sfiorata. L’ho trovata in quel vicolo con quel pazzo che cercava di strangolarla e l’ho salvata, poi l’ho portata qui visto che aveva perso i sensi, ma niente di più. Non l’ho toccata, lo giuro. Se si è inventata qualsiasi altra scusa per giustificare il non esser rientrata a casa quella notte, le assicuro che non è vero. >>
Adam Hellenton sembrò stupito nel sentire quelle parole. Che accidenti aveva capito quel ragazzo?
<< Non sfiorerei mai una ragazza incosciente, men che meno minorenne, non sono quel tipo d’uomo >> continuò Jin, preparandosi mentalmente altre arringhe difensive nel caso non gli avesse creduto.
Ma più il giovane parlava, più Hellenton capiva che Jin aveva frainteso tutto. Non era certo andato lì perché Charlie gli aveva rifilato qualche patetica scusa dell’uomo cattivo per giustificare il fatto di non essere tornata a casa per la notte, a vent’anni non aveva certo bisogno del suo permesso per rincasare a l’ora che voleva.
<< Credo che tu abbia frainteso >> disse. << Non sono qui perché Charlotte mi ha raccontato chi sa quale storia su uno stupratore, so che non l’hai sfiorata, non ancora almeno.. >>
Il giovane alzò le sopracciglia sorpreso e tornado sulle difensive chiese << Allora che diavolo vuole? >>
<< E’ molto semplice >> rispose Hellenton avvicinandosi al basso tavolino di fronte a sé e poggiandovi un foglietto rettangolare. << Voglio che tu non abbia più contatti con mia figlia, mai più. >>
Jin osservò perplesso l’uomo. Tutto qui? E lui che si era aspettato chi sa quale improponibile richiesta. Poi notando il piccolo pezzo di carta lo afferrò, leggendovi ciò che vi era scritto e sgranando gli occhi per lo stupore: era un assegno, un assegno a cinque zeri.
<< Un piccolo incentivo per renderti questo compito meno, come posso dire.. Gravoso >> disse Hellenton notando l’espressione del giovane. << Cosa ne dici, puoi farlo? >>
Il ragazzo era senza parole, tutto quel denaro solo per stare lontano da una ragazza che aveva incontrato per un fortuito caso un’unica volta? Era un’assurdità, ma ovvio che ci stava!
Jin non era mai stato particolarmente attaccato ai soldi, anzi ad esser sincero non gli importavano proprio, ma in quel momento, dopo il quindicesimo licenziamento e le ultime due rate di bollette da pagare, quell’assegno era proprio una manna dal cielo e non fu difficile per lui accettarlo.  Il difficile, anche se ancora non lo sapeva, sarebbe stato eseguire il compito per cui gli era stato donato. Egli, infatti, non aveva idea del legame che lo legava a Charlotte e di come questo lo avrebbe tentato.
<< Ottimo >> approvò Adam Hellenton porgendogli la mano. << E’ stato un piacere signor Kazama. >>
<< Vorrei dire lo stesso. Arrivederci. >>
L’uomo rise e facendo un cenno alla sua guardia del corpo disse, uscendo dall’appartamento << No, Addio. >>

<< Ecco a lei signorina >> disse gentilmente la commessa porgendo la sgargiante busta con gli acquisti a Camila, che eccitata esclamò << Perfetto e adesso il prossimo. >>
<< Ancora?! Non pensi di aver comprato abbastanza? È la decima boutique in cui entriamo >> disse Charlotte avvilita, non sarebbe riuscita a reggere un’altra ora di prove vestiti.
<< No, non credo. Gli esperti dicono che quest’anno andrà di moda il rosso corallo e nel mio armadio non c’è niente di quel colore, devo rimediare. >>
<< Non ci sarà niente di rosso corallo, ma hai almeno trenta sfumature di rosso diverso. >>
<< Ma niente corallo, quindi al prossimo negozio. E poi tu devi sempre trovare l’abito per il compleanno di Maxi e un regalo se non ricordo male. >>
Charlie sbuffò, lo scopo di quell’uscita, infatti, era proprio quello di acquistare un nuovo vestito e un dono per la sua incontentabile sorellina, anche se fino a quel momento niente di tutto ciò si era avverato.
<< Non mi sembra che fino ad esso tu abbia trovato niente >> le fece notare l’amica.
<< Lo so, non c’è bisogno che tu me lo ricordi. >>
Camila rise, la divertiva un mondo vedere Charlie immergersi nel tanto odiato mondo dello shopping. Succedeva raramente che la primogenita di casa Hellenton si avventurasse in dieci diverse boutique nello stesso giorno, ma ogni volta che accadeva era uno spettacolo da non perdere.
<< Lo so che ti stai divertendo come una matta, ma giuro che te la farò pagare Cami. >>
<< Certo, certo >> rispose lei ridendo. << Ma prima il prossimo negozio. >>
Charlie sbuffò. Fortuna che i compleanni venivano solo una volta l’anno.
Come avevano fatto per le quattro ore precedenti le due ragazze attraversarono la sfarzosa entrata di un delle numerose boutique di lusso che occupavano la galleria dei centri commerciali Izarawa ed  esattamente come ogni volta precedente Charlotte sospirò alla vista di tutti quegli scaffali che lei e Camila avrebbero dovuto esplorare.
<< E’ davvero necessario? >> domandò esasperata la bionda.
<< Sta tranquilla Charlie, vedrai che qui troverai l’abito giusto per te. >>
<< Ho come la sensazione di averla già sentita >> disse ironica la ragazza. << Giusto, hai detto la stessa cosa per le ultime dieci boutique! >>
Camila alzo le spalle poi prendendo per un braccio l’amica la trascinò verso il primo immenso scaffale dove con delicatezza iniziò ad esplorare la mercanzia.
<< Sai qual è il tuo problema Charlie? Non riesci ad apprezzare a pieno la rilassante arte dello shopping. Lo vedi con troppa negatività e non ne assapori i lati divertenti e leggeri. Lasciati andare al suo richiamo, ascolta.. >>
Sentendo quella smielata manfrina Charlotte per poco non scoppiò a ridere, le parole di Camila erano così spirituali e appassionate da farle sembrare il frutto dell‘illuminata mente di qualche santone indù.
<< E questa dove l’hai sentita? Ad un corso di yoga di seconda categoria? >>
<< Per tua informazione cara, la sottoscritta non frequenta corsi di seconda categoria. E adesso fila nel camerino a provarti questi >> ordinò la rossa sbattendo letteralmente in braccio alla compagna una pila infinita di abiti in ogni sorta di colore.
Dopo aver provato e riprovato e provato ancora una quantità di vestiti inimmaginabili finalmente la primogenita di casa Hellenton riuscì a trovare quello fatto per lei, optando per un mini abito color avorio senza maniche e ricoperto da un fine strato di trina bianca lavorata.
<< Incantevole >> sentenziò la giovane Toledo osservandola con sincera ammirazione.
<< Si, questo può andare. >>
<< Perfetto. Io se fossi in te prenderei anche quello rosso corallo. >>
<< Cami. >>
La giovane alzò le spalle. << Che c’è? Te l’ho detto che quest’anno andrà quel colore, lo dico per te. >>
Charlie rise, quella ragazza era proprio impossibile.
<< E’ stato proprio un ottimo affare >> disse Camila uscendo dalla boutique e incamminandosi con le sue borse per la galleria. << Andiamo a mangiare? Poi cerchiamo il regalo per Maxi. >>
La bionda annuì senza darle molto peso, l’idea di passare il resto della giornata alla ricerca di un dono per sua sorella non la faceva particolarmente impazzire, sapeva già che sarebbe stato  pressoché impossibile trovare qualcosa che la soddisfacesse.
<< Conoscendo Maxi qualsiasi cosa le comprerò non sarà all’altezza della sua regale persona.. >> sbuffò.
<< Bé, come si dice l’importante è il pensiero. Anche se una bella borsa non guasterebbe.. >>
Charlie la guardò di traverso e nel farlo notò dietro l’amica una piccola vetrina dai colori e le immagini scintillanti.
<< La cornice >> esclamò la ragazza, dirigendosi spedita verso il negozio.
<< Vuoi comprare a Maxi una cornice? Davvero vuoi sentirla lamentare per i prossimi otto anni? >>
<< Certo che no, non è per Maxi, non sono una masochista autolesionista. >>
<< Allora per chi è? >>
<< Per un amico. >>
Camila osservò senza capire la compagna, da quel che ne sapeva lei per nessuno dei suoi amici, che tra l’altro erano anche i suoi, avrebbe mai comprato una cornice. Inoltre da quando conosceva la ragazza non l’aveva mai vista comprare un dono per qualche rappresentante del sesso opposto, Charlotte Hellenton in quanto sostenitrice della più romantica e orami un po’ superata idea della cavalleria era più il tipo che se li faceva fare i regali.
<< Vuoi spiegarmi per chi sarebbe? >> domandò la giovane Toledo vedendo riapparire l’amica con in mano una graziosa bustina blu.
<< Te l’ho detto, per un amico. >>
<< Ho capito, ma che amico? Frequentiamo le stesse persone e non mi viene in mente nessuno a cui tu faresti un regalo qualsiasi, figuriamoci una cornice placcata in argento. >>
<< Non lo conosci. >>
<< Oh ora è tutto chiaro >> rispose maliziosa la rossa. << E’ “un amico” di quel genere. . >>
<< Che?! Quale genere? >> chiese Charlotte fissando perplessa l’occhiolino che Camila le faceva.
<< Del genere più che amico. Andiamo ti si legge negli occhi che ti piace, altrimenti perché gli compreresti un regalo? Certo un po’ strano, ma pur sempre un regalo.. >>
<< Perché >> puntualizzò la bionda. << Gli ho rotto una cornice a cui teneva molto e mi sembra giusto ricomprargliela, tutto qui. >>
Camila guardò l’amica scettica. << E tu pensi che me la beva? >>
<< Si, perché è così. >>
<< Charlie >> disse la rossa cingendole le spalle con un braccio. << Da quant’è che ci conosciamo? Cinque, sei anni?  Pensi davvero che dopo tutto questo tempo non ti abbia imparato a conoscere? Tu non fai mai e sottolineo mai regali ad un ragazzo, figuriamoci uno così costoso. >>
<< Gliela ho comprata solo perché gliela ho rotta. >>
<< Anche a Corbin Milton rompesti il naso, ma non gli hai regalato una rinoplastica. >>
<< Non è la stessa cosa e poi se lo è rotto da solo il naso >> rispose Charlotte offesa, avviandosi verso uno dei migliori ristoranti italiani della galleria.  
<< Gli hai tirato un dizionario in piena faccia. >>
<< Era un’enciclopedia. >>
<< E cosa cambia? >>
<< Il numero di pagine. Se gli avessi tirato un dizionario avrebbe avuto bisogno di una plastica facciale. >>
Per tutta l’ora successiva, che comprese un delizioso pranzo a base di prelibatezze italiane, Camila e Charlotte continuarono a discutere sul perché la bionda avesse deciso di comprare quella cornice, azione di cui tra l’altro si era già pentita. Il ripensamento però non era dovuto tanto all’azione stessa, quanto al fatto di averla fatta di fronte all’amica, avrebbe dovuto immaginare quale sarebbe stata la reazione di Camila, era più che ovvio che sarebbe subito saltata alle conclusioni sbagliate. Dire, infatti, che a lei Jin Kazama piacesse sarebbe stato un errore, non era certo quel tipo di ragazza che credeva nell’amore a prima vita; un errore sarebbe stato però anche affermare che Jin le fosse del tutto indifferente, il ragazzo infatti le aveva lasciato fin dall’inizio una strana sensazione addosso, non sapeva come spiegarlo, ma da quando si era allontanata da lui aveva provato come la necessità di ritrovarlo. Non c’era assolutamente niente di logico in tutto quello, ma era esattamente ciò che aveva provato.
<< Perfetto, anche il regalo per Maxi è fatto >> concluse soddisfatta Camila osservando il bel pacchetto contenente un paio di decolté blu elettrico con piccoli zaffiri incastonati.
<< Queste dovrebbero soddisfarla per le prime cinque o sei ore >> disse Charlie soppesando la scatola.  
<< Io dico che le piaceranno. >>
<< Certo, per le prime sei ore. >>
La giovane Toledo rise. << Adesso? >>
<< Adesso direi basta shopping, abbiamo comprato abbastanza per oggi >> rispose la bionda guardando l’orologio.
Erano le sei. Chi sa, forse se si sbrigava poteva riuscire a portare al destinatario la cornice comprata e tornare a casa in perfetto orario per la cena.
Camila sorrise maliziosa e sbattendo le ciglia disse << Vuoi andare da lui? >>
<< Mmh? >>
<< Ti si legge negli occhi. Su vai a portargli il tuo regalo >> rispose la ragazza sorridendo. << Non me la prendo. >>
Charlie guardò per un attimo il pacchetto blu tra le sue mani e con delicatezza ne accarezzò la superficie. Doveva andare?  Bé, non che la possibilità non la tentasse, ma era davvero una buona idea? Insomma, aveva incontrato Jin solo una volta e a dirla tutta non era molto sicura che lui avrebbe apprezzato il suo gesto, nonostante fosse fatto con le migliori intenzioni.
<< Allora? Ti decidi ad andare o no? Non vorrai mica dirmi che ti è venuta voglia di visitare qualche altra boutique insieme a me.. >> scherzò Camila.
Charlotte rise, se avesse messo piede in un altro negozio sarebbe morta di disperazione. << No, non ci penso proprio. >>
<< Vai allora >> le disse la ragazza, spingendola gentilmente verso la direzione dell’uscita. << Ciao, ciao! Tienimi informata. >>
La giovane osservò l’amica allontanarsi e scuotendo la testa scoppiò nuovamente a ridere, guadagnandosi occhiatacce sospettose dai passanti.
Perfetto, aveva appena fatto la figura della pazza che si mette a sghignazzare per conto proprio senza un’apparente motivo, forse era meglio andarsene da lì.
Riuscendo miracolosamente a non far cadere nessuna delle borse che teneva in mano estrasse il suo cellulare dalla tasca e veloce compose il numero del suo autista.
<< Ricardo, ho bisogno che tu mi accompagni in un posto. >> 

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Capitolo 12
*** The Power of Darkness ***


The Power of  Darkness

<< Siamo arrivati signorina Hellenton >> la informò Ricardo, scendendo dall’auto per aprirle la portiera.
Charlotte uscì dal veicolo accettando l’aiuto dell’uomo, poi guardandosi intorno disse << Aspettami qui, non ci vorrà molto. >>
<< Come desidera. >>
La giovane attese che il suo autista avesse ripreso la sua posizione al posto di guida, poi si diresse verso il malconcio edificio di fronte a sé.
La porta d’ingresso, per sua fortuna, era stata lasciata accostata e questo le permise di entrare evitandole un’imbarazzante spiegazione per la sua visita al citofono.
L’interno dell’edificio, esattamente come l’esterno, era piuttosto spoglio, privo di qualsiasi decorazione: con pareti di un bianco sporco e malconce cassette della posta. In fondo alla stanza era situata una massiccia rampa di scale, l’unico modo per accedere ai piani superiori in quanto la struttura era priva di ascensore.
Se la memoria non la ingannava l’appartamento si trovava al terzo piano e fu lì infatti che si diresse. Per tutto il tragitto il suo unico compagno di viaggio fu il silenzio, quella struttura oltre ad essere povera apparentemente lo era anche realmente.
Nessun rumore, nessun suono, nessuno scricchiolio intaccava l’assoluto muro di silenzio che vi regnava, dando all’atmosfera un’aria innaturale, quasi spettrale.
Sentendo i brividi percorrerle la spina dorsale, salì di corsa l’ultima rampa di scale ed una volta raggiunto il piano cercò con gli occhi la porta desiderata.
Appartamento 21.
Ascoltando i suoi passi percorse il corridoio e quando arrivò di fronte alla porta sospirò, per poi bussare. O meglio, bussare è ciò che avrebbe voluto fare.
Il suo pugno, infatti, si fermò a mezz’aria poco prima di sfiorare la liscia superficie mal concia della porta di fronte a sé.
Ma che diavolo le era venuto in mente? Non sapeva neanche se era in casa e qual’ora lo fosse, cosa gli avrebbe detto?  
Un rumore di passi alla sua sinistra attirò la sua attenzione, facendola sussultare. Era così immersa nei suoi pensieri che non si era accorta che qualcuno stava arrivando.
Curiosa di vedere chi fosse i nuovo arrivato si voltò: era Jin.
 << Ciao.. >> sussurrò Charlotte, sentendo l’agitazioni farsi avanti.
“Oh andiamo Charlie! Ma che diavolo ti prende?!”
<< Che ci fai qui? >> domandò brusco il ragazzo.
Il suo volto, fino a pochi attimi prima, rilassato si scurì nel vedere il delicato profilo della giovane e il nervosismo si impadronì di lui.
Una sua visita era l’ultima cosa che si aspettava.
<< Sono venuta a portarti questo >> rispose Charlie mettendo in bella mostra il pacchetto che teneva tra le mani.  
Jin fu sorpreso da quel gesto e sconcertato fissò per alcuni attimi la lucente carta blu del regalo.
<< Perché? >> domandò alla fine.
<< Bé, mi hai aiutata con quel pazzo.. Mi sembra il minimo che possa fare.. >>
<< Hai già fatto abbastanza >> rispose freddo lui, estraendo dalla tasca le chiavi e aprendo la porta.
Charlotte, stupita di quella sua reazione, rimase immobile di fronte all’entrata.
Che diavolo significava: “Hai già fatto abbastanza”?! Non aveva ancora fatto niente, non gli aveva nemmeno ridato i soldi spesi per la colazione..
<< Vuoi rimanere lì impalata ancora a lungo? >>
<< Come? >>
<< Entra. E chiudi la porta. >>
Lei fece come le era stato ordinato e quando fu dentro un’irrazionale nervosismo la colse.
<< Non lo apri? >> domandò porgendo il pacchetto al ragazzo, il quale lo fissò poco convinto. << Non morde, sai.. >>
<< Non ne dubito >> rispose lui accettando finalmente il regalo.
Con estrema attenzione scartò il dono e quando la fine cornice in argento ne emerse, sul suo volto si dipinse sincero stupore. Doveva essere davvero molto costosa.
<< Per sostituire quella che ti ho rotto >> disse Charlotte.
<< Perché? >>
<< Te l’ho detto, perché l’ho rotta io.. >>
<< No, intendo perché una cornice così. L’avrei pagata molti soldi. >>
La ragazza alzò le spalle, fortunatamente per lei il denaro non era un problema.
<< Era solo una foto.. >>
<< E’ l’unico oggetto che rende tua questa casa. >>
Il giovane alzò un sopracciglio scettico. E lei cosa ne sapeva? Per caso oltre ad essere un’ereditiera ricca sfondata procura guai, faceva pure la psicologa part-time?
<< Cosa sei, una strizza cervelli? >>
<< No, un‘indovina >> rispose ironica la ragazza. << Comunque non ci vuole un genio per capirlo, sai? >>
Jin, suo malgrado, sorrise e senza ben capire perché si trovò a fissare quei grandi occhi pervinca, senza però riuscire a dire niente.
Il silenzio tra i due sembrò durare un’eternità. I loro sguardi così opposti, ma al contempo più simili di quanto potessero immaginare, rimasero intrecciati e il tempo sembrò fermarsi.
Più Jin si immergeva in quegli occhi pervinca, più sentiva il demone dentro di sé assopirsi. Più si perdeva in quell’azzurro-viola più la sua maledizione sembrava essere lontana.. Come se non esistesse.. Più la guardava, più sentiva di essere.. Normale.  
Ma la normalità non faceva parte della vita di un Mishima, tanto meno del loro sangue maledetto e il suo demone ruggì per ricordarglielo.
Il ragazzo sentì la presenza dentro di sé acquistare forza e con orrore si rese conto che voleva liberarsi.
Doveva mantenere il controllo.. Doveva dominarlo.. Lui non doveva prevalere..
Con rabbia strinse i pugni, reazione che però non sfuggì a Charlie.
<< Va tutto bene? >> domandò, infatti.
<< Ti prendo qualcosa >> ripose Jin bruscamente, sparendo in cucina.
Perché diavolo non le aveva detto di andarsene?! La sua presenza lì non faceva che peggiorare le cose. Non solo non stava rispettando l’accordo preso con il padre di lei, ma stava anche mettendo in pericolo la sua vita. Jin, infatti, percepiva l’Essere dentro di sé agitarsi, era come se Lui volesse liberarsene, come se la vedesse come una minaccia.
Con forza strinse il bordo del tavolo, facendo lunghi e profondi respiri.
Doveva assolutamente calmarsi.   
Continuando a ispirare e espirare si diresse verso la credenza afferrando uno dei pochi bicchieri che conteneva.
Sentì la ragazza muoversi nell’altra stanza e una dolorosa fitta lo colse.
Stava perdendo la concentrazione. Stava perdendo il controllo.  
La vista gli si appannò, fu solo per un attimo, ma lui di riflesso strinse con violenza il bicchiere, che si frantumò tra le sue dita.
<< Merda >> imprecò Jin aprendo lentamente la mano.
<< Tutto bene? >> domandò Charlie, dalla stanza adiacente.  
<< Si. >>
<< Sicuro? >>
Jin non rispose iniziando ad estrarre i pezzi di vetro conficcatisi nel suo palmo e gettandoli con rabbia nel lavandino.
<< Anche tu non hai un bel rapporto con il vetro, vedo >> disse la ragazza, portandosi al suo fianco. << Lascia che ti aiuti. >>
<< Posso fare da solo. >>
Charlotte lo ignorò e delicatamente gli prese la mano tra le sue, riprendendo da dove lui era rimasto pochi attimi prima.
Il contatto con lei fece provare nuovamente a Jin quella sensazione di tranquillità, il suo tocco emanava come del calore, calore che assopiva il Demone. Esattamente come prima però l’Essere si agitò, riprendendo a lottare con maggior forza, per prevalere sulla sua coscienza.
Jin percepì una nuova fitta spaccagli il petto e di riflesso ritirò bruscamente la mano. Sentì il tribale sulla sua spalla iniziare a scaldarsi e i canini dolergli.
Stava perdendo il controllo.
<< Vattene >> ordinò brusco Jin.
<< Come? >> chiese Charlotte confusa.
<< Va via. >>
La ragazza fissò il giovane senza capire: certo fin da quando era arrivata, l’accoglienza di Jin non era proprio stata delle migliori, ma cambiare così repentinamente umore le sembrava davvero del tutto illogico.
<< Sei stupida o cosa?! >> ringhiò lui. << Ho detto vattene! >>
<< Tu non stai bene! >> esclamò Charlie. E non tanto per la sua più che insensata reazione, che faceva presupporre un serio problema di sdoppiamento di personalità, ma per il suo improvviso pallore. << Che ti succede? Stai impallidendo.. >>
Sentendo quelle parole Jin la osservò incredulo. Le aveva appena urlato contro e l’unica cosa che lei riusciva a notare era il suo sbiancare?! Era assurdo!
Come accidenti faceva a preoccuparsi per lui, dopo che la stava trattando in quel modo? Perché sentiva quel calore fluire da lei?
Una nuova fitta, più forte delle precedenti, lo colse spaccandogli il petto in due.
L’Essere pretendeva di liberarsi.
Con forza Jin afferrò il braccio di lei. Era così fragile sotto la sua presa e per un attimo si sentì come un gigante che afferra una piccola farfalla, ma fu solo un attimo. L’Essere si agitò soddisfatto, aveva poco tempo, la ragazza doveva andarsene.
<< Vattene. Ora >> sibilò Kazama.
Quando la mano di Jin si strinse intorno al suo braccio Charlotte trattenne il respiro. Una frastornante serie di emozioni la colse, ma una in particolare si impose su tutte le altre: una pungente e schiacciante sensazione di malessere.
<< Jin.. >> sussurrò la giovane.
<< Via! >> esclamò lui puntando con freddezza lo sguardo nel suo.
Charlie impietrì spaventata: i suoi occhi erano diventati di ghiaccio. Glaciali e maligni occhi bianchi.. Occhi che aveva già visto..
Una fredda sensazione di malessere si stava impadronendo di lei, era come se qualcosa di oscuro stesse scivolando via da Jin e le risalisse lentamente il braccio dritto al suo cuore, mettendole i brividi.
Spaventata si scostò bruscamente da lui e per un attimo le sembrò di leggere dolore nel suo sguardo.
<< Vattene.. Ora! >> la supplicò.
Fu quel tono a colpire Charlie e a permetterle di muoversi. Lui la stava implorando. Non c’era cattiveria nelle sue parole, solo disperazione.
Non sapeva spiegarsi perché, ma sapeva che lui stava cercando di proteggerla.
Per un’ultima volta guardò quei glaciali occhi bianchi, poi se ne andò.   
Charlotte corse a perdifiato, scendendo rapidamente i ripidi gradini. Non si guardò mai indietro, anche se avrebbe tanto voluto farlo e quando fu fuori dall’edificio, nonostante sapesse che quegli occhi di ghiaccio la stavano osservando, non alzò lo sguardo.
Entrò in auto e chiudendo gli occhi ordinò a Ricardo di partire. Tremante si portò una mano sul cuore ed il calore l’avvolse.
L’ormai familiare e delicato volto di donna le sorrise.

All’interno dell’appartamento numero 21 un’accecante luce blu - viola esplose.
L’Essere si era liberato.




..Spazio Autrice..
Ok, ehm.. Salve a tutti!
E' la prima volta che utilizzo questo spazio all'interno di Il Demone e l'Agnello, solitamente non ne usufluisco mai, ma questa volta penso sia doveroso.
Alla fine siamo arrivati al dodicesimo capitolo e devo dire che mi sorprendo sempre nel vedere quante persono stanno leggendo questa storia.. Grazie! Grazie davvero!!! *.*
Non voglio tirarla tanto per le lunghe, voglio solo ringraziare di cuore tutte quelle persone che stanno seguendo questa storia, che l'hanno inserita nelle seguite, ricordate o preferite e tutti quelli che hanno lasciato un loro commento.
Grazie davvero, ve ne sono molto grata! <3
Su questo capitolo c'è da dire poco, non sono molto soddisfatta ad essere sincera, ma dopo averlo scritto e cancellato almeno dieci volte ho deciso di lasciarlo così.. tanto non sarei riuscita a tirar fuori niente di meglio -.-"
Beh, che altro dire, grazie ancora!
Raika

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Capitolo 13
*** Candore ***


Candore

Rabbia.. Ira.. Collera.. Odio..
Quella ragazza..
Quella maledettissima bambina..   
Cosa pensava di fare?
Credeva di poterlo sconfiggere? Di poter placare la sua forza?
Stupida ragazzina.. Povera illusa..
Charlotte.
Solo il suono del suo nome gli dava la nausea.
Quel calore poi.. Come riusciva ad emanarlo?
Chi diavolo era in realtà?!
Quel patetico volto candido.. Quegli enormi occhi bluastri.. Quei capelli biondicci..
Il suo solo pensiero lo faceva imbestialire!
Eppure.. Eppure l’Altro sembrava essere affascinato da quel candore.. Quasi attratto..
Gridò.
Un rabbioso urlo gutturale scaturì dal profondo della sua gola.
Quella dannata ragazza!
Era una minaccia per lui.. Se l’Altro avesse ceduto alla sua purezza.. Se si fosse lasciato contaminare allora la sua forza sarebbe venuta meno..
NO!  
Non lo avrebbe permesso!
La ragazza andava eliminata.
Un sadico sorriso soddisfatto gli si dipinse sulle labbra.
Lei doveva morire e doveva morire adesso.
Con una potente sferzata d’ali si fermò, stabilizzandosi a mezz’aria.
Poteva ancora percepire il disgustoso pallore emanato dalla sua presenza. Gli sarebbe bastato seguirlo e poi..

<< E’ entrata in contatto con Lui >> disse una sensuale voce femminile.
<< Nei sei certa? >> domandò preoccupata Aiko.  
Lei annuì.
<< Sapevamo che sarebbe successo, era solo questione di tempo >> rispose pacatamente Kunimitsu.
<< Ma non così presto.. Lei non sa.. >> continuò Aiko, dal suo tono trapelavano ansia e disperazione. << Non è ancora in grado di controllarlo. >>
Kunimitsu le fece un cenno infastidita, come a voler scacciare una mosca. << Presto o tardi non ha importanza ormai. Dovrà imparare da sola e in fretta, se vuole sopravvivere. >>
<< Quella non è una cosa che si “può imparare in fretta”! >> sbottò l’orientale. << Ci vogliono anni per riuscire a controllare l‘esorcismo, figuriamoci un dono simile. >>
<< Jun Kazama non ci ha messo molto >> le fece notare irritata la rossa, il suo atteggiamento negativo la stava spazientendo.
<< Jun Kazama sapeva di cosa era capace. Lei non è neanche consapevole delle sue capacità! Come pretendi possa riuscire a sfruttarle se non ne è a conoscenza?! >>
<< Imparerà, altrimenti Devil la ucciderà. >>
<< La stiamo mandando al macello, quindi?! >>
<< Le facciamo fare esperienza sul campo. Il miglior modo per imparare è la pratica, dovresti saperlo bene Aiko, oppure hai dimenticato come sei diventata ciò che sei? >>
Aiko la fulminò con i suoi grandi occhi a mandorla, si ricordava bene il suo passato, come dimenticarlo, ma non era la stessa cosa. Non poteva certo paragonare ciò che aveva dovuto affrontare lei con quello che aspettava Charlotte.
<< Non è la stessa cosa.. >> iniziò a dire la donna, venendo però interrotta da Kunimitsu la quale voltandosi verso la terza presenza chiese << Come sta? >>
La giovane, seduta a gambe incrociate su una morbida pila di cuscini, chiuse gli occhi. Aiko la osservò portare le braccia ai fianchi, con i palmi rivolti verso l’altro all’altezza delle spalle. Poi reclinò la testa all’indietro, i setosi capelli neri le scivolarono sulle spalle e con uno scatto improvviso congiunse i palmi di fronte a sé, come in preghiera.  
Lentamente il volto tornò nella posizione originale e lei, con un unico ed elegante gesto alzò le palpebre. I suoi occhi, fino a pochi attimi prima di un marrone così scuro da avvicinarsi al nero, erano diventati azzurri e guardavano di fronte a sé senza realmente vedere niente, o meglio niente che si trovasse in quella stanza.
La donna, infatti, pur trovandosi fisicamente su quei cuscini, non era Aiko e Kunimitsu che osservava, il suo sguardo era lontano, molto distante da lì, in una stanza buia:
La tenue luce lunare filtrava tra le fini tende cobalto.
La stanza era grande, molto grande.
Le ombre numerose, ma nessuna abbastanza da oscurare quel lucente candore che irradiava l’ambiente.
Con un salto scese dal suo piccolo giaciglio sul davanzale della finestra, poi raggiunse il grande letto da cui proveniva il bagliore.
Con un’elegante balzo vi salì sopra: tra morbidi cuscini stava la ragazza.
I suoi lunghi capelli caramello erano adagiati scompostamente tutt’intorno al suo volto, quasi come un’aureola; i grandi occhi pervinca erano chiusi, ma sotto le palpebre le pupille si muovevano convulsamente; il volto era contratto dall’ansia. Stava sognando, o meglio, stava avendo un incubo.
Lentamente si mosse verso di lei e con delicatezza poggiò una grande zampa bianca sul suo cuore.
<< Sta affrontando i suoi incubi >> disse la giovane sbattendo le palpebre: i suoi occhi erano tornati scuri. << Ne avrà molti. >>
<< Possiamo fare qualcosa per attenuarli? >> chiese speranzosa Aiko.
<< No. Deve combatterli se vuole capire. Solo così diventerà consapevole >> rispose la sacerdotessa.
L’orientale abbasso la testa afflitta. << E adesso? Che facciamo? >>
<< Aspettiamo >> rispose Kunimitsu.
<< Cosa? >>
<< La sua prossima mossa. >>

Jin aprì gli occhi.
Tutto intorno a lui era buio e la fredda aria notturna gli sferzava il volto.
Non aveva idea di dove si trovasse, né come ci fosse arrivato. L’unica cosa che rammentava era una serie di immagini frammentarie, confuse come tanti pezzi di un puzzle tutto da ricostruire.
Il suo appartamento.. Charlotte.. La cornice.. La rabbia dell’Essere.. Quel calore.. L’Essere.. Il volto spaventato della ragazza.. Poi il nulla.
Lentamente si portò a sedere passandosi una mano sul volto.
Quella ragazza..   
Una fitta gli perforò le tempie, facendolo imprecare per il dolore e improvvisamente una serie di pensieri non suoi gli attraversarono la mente.
Era una minaccia..
Se l’altro avesse ceduto..
Se si fosse lasciato contaminare..
Non lo avrebbe permesso..
Andava eliminata!
<< No! >> urlò Jin portandosi le mani alle tempie.
Sapeva a chi appartenevano quei pensieri: erano riflessioni del suo Demone, riflessioni su Charlotte.
Lui la voleva morta e la voleva morta al più presto.
Jin strinse i pugni.
Non avrebbe permesso che le facesse del male, non avrebbe permesso che Lui la sfiorasse. Non sapeva perché l’Essere fosse così spaventato da lei da volerla addirittura eliminare, ma Jin glielo avrebbe impedito.
Ora più che mai sarebbe stato necessario rispettare l’accordo, anche se quello avrebbe significato non rivedere mai più quei magnetici occhi color pervinca.
Ma sei davvero pronto a questo sacrificio, Jin? 

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Capitolo 14
*** Inquire After ***


Inquire After

Il giorno tanto atteso era alle porte e Maxi non stava più nella pelle per l’imminente arrivo del suo compleanno.  Quella di Maria Ximena Hellenton, infatti, si prospettava la festa più spettacolare di tutti i tempi, con tanto di cena allo Zuma Aureo di Katsushika Kanagawa e dopo cena nell’area privata del club, appositamente prenotata con un assegno da molti zeri da papà Hellenton, il quale in quel modo aveva reso la figlia la ragazza più felice del mondo, oltre a cogliere l’opportunità per invitare importanti pezzi grossi del mondo politico giapponese.

<< Sarà un compleanno favoloso, anche migliore di quello di Perry Edwards! >> esclamò Maxi gesticolando freneticamente rischiando di far cadere il telecomando della tv, che teneva in mano. << Se ne parlerà per settimane, anzi no, per mesi! Così vedrà Perry chi tra le due conta di più. Solo perché suo padre possiede un piccolo giacimento di petrolio chi sa dove, crede di essere il centro dell’universo! >>
<< Peccato che sul petrolio si basa tutta l’economia mondiale>> fece notare con noncuranza Charlie, fissando annoiata lo schermo trasmettere uno stupidissimo reality show.
Sinceramente non le importava niente quale dei due compleanni sarebbe stato il migliore, aveva ben altri pensieri per la testa.
Maria Ximena invece sembrò non notare l’affermazione della sorella, o meglio la ignorò volontariamente, ed eccitata continuò << Si mangerà tutte quelle sue unghiette laccate! Muoio dalla voglia di vederla rodere per l’invidia. >>
Charlotte alzò gli occhi al cielo, Maxi era davvero superficiale, oltre a non avere la minima concezione del denaro. Era riuscita a spendere, solo per quel compleanno, la stessa cifra che aveva speso Charlie per i suoi ultimi tre; e avrebbe compito soltanto diciassette anni.
<< A proposito >> continuò la più piccola di casa Hellenton. << Spero che il tuo regalo sia migliore di quello dell’anno scorso Charlie. >>
<< Se non ti piace lo butterai in un angolo della tua stanza insieme alla stragrande maggioranza dei regali di domani sera. >>
<< Sei la sorella della festeggiata, non puoi sfigurare. >>
La ragazza sbuffò. << Sai una cosa? L’anno prossimo ti carico 200mila Yen* sulla carta di credito così ti compri cosa vuoi, okay?! >>
<< Solo? >> protestò indignata Maxi. << Se quella è la cifra che hai speso mi toccherà un regalo mediocre anche stavolta. >>
Se un’occhiataccia avesse potuto uccidere in quel momento la sedicenne, ancora per poche ore, sarebbe morta in modo molto doloroso, ma per sua fortuna ciò non poteva accadere e Charlotte si ritrovò semplicemente a fare lunghi e profondi respiri per non urlarle contro.
<< Va bene, vorrà dire che per il tuo compleanno ti comprerò qualcosa di seconda mano. >>
<< Per quel che me ne importa.. >> rispose Charlie guardando l’orologio.
Mancava ancora un paio d’ore all’inizio dell’incontro al Figth Club di Tyler Durden e lei non aveva certo intenzione di passarle ad ascoltare Maxi parlare del suo strepitosissimo e favolosissimo compleanno.  
Annoiata si alzò dal divano, stirando i muscoli intorpiditi a casa della posizione scomposta, che avrebbe fatto inorridire la sua insegnate di portamento al liceo.
Sua sorella invece iniziò a fare zapping e senza neanche voltarsi le chiese << Esci? >>
<< Più tardi.. >> iniziò a dire Charlie, venendo però interrotta da un servizio del telegiornale, su uno dei canali nazionali. << Ferma! >>
<< Che?! >> esclamò la ragazzina schiacciando di riflesso il cambio canale.
<< Torna indietro! >>
Maxi obbedì e sullo schermo comparve una giovane reporter, la quale con molta più enfasi del dovuto stava dicendo << Manca davvero poco ormai all’apertura della quinta edizione dell’ormai storico King of Iron Fist Tournament e la Mishima Zaibatsu non ha ancora rilasciato notizie ufficiali sul suo organizzatore. L’ipotesi più accreditata per il momento vede lo stesso Heihachi Mishima, di cui tutt’ora non è ancora stato ritrovato il cadavere, ancora al vertice; secondo altre invece è il figlio Kazuya a detenere lo scettro del comando, ma sono soltanto ipotesi, nessuna per il momento è stata avvalorata.
  <>
Dopo quelle parole la minuta figura della giornalista venne sostituta da quella tonica e muscolosa dell’uomo, il quale senza troppe cerimonie rispose << Non abbiamo niente da dire a riguardo. Il torneo inizierà a breve e come di consueto il premio per il vincitore sarà una grossa somma di denaro, la più grande mai offerta fin’ora. La lista dei partecipanti è pubblicata sul sito ufficiale dell’Iron Fist e viene aggiornata giornalmente. A chiunque intendesse iscriversi raccomando di farlo il prima possibile, perché il tempo a disposizione sta per concludersi. Grazie. >>
Charlie osservò stupita il capitano Alexandersson scomparire dallo schermo e improvvisamente la loro conversazione avvenuta tempo prima le tornò alla mente. Era da quel giorno all’Honmaru che non ci pensava, all’ora non aveva dato molto peso alle sue parole, ma adesso dopo tutto quello che era successo ogni sua singola frase le sembrava acquistare un significato diverso.
<< Dove vai? >> chiese Maxi.
<< In camera. >>
<< Perché? >>
<< Perché si. Da quando ti interessa cosa faccio, Maxi? >>
<< Era tanto per fare conversazione.. >> rispose la ragazzina facendo spallucce, tornando poi a dedicare la sua attenzione alla tv.
Charlie alzò un sopracciglio scettica, sua sorella che si informava su di lei per fare conversazione? Non ci credeva proprio.
<< Se hai bisogno di me, sono di sopra >> disse alla fine.
<< Lo so. >>
Una volta in camera il consueto “Miao” di Ra la accolse, ma lei ignorandolo andò a sedersi alla sua scrivania, accendendo il computer.
Con la coda dell’occhio vide l’animale voltarle le spalle indispettito; era davvero un gatto strano.
Quando il PC ebbe caricato la ragazza aprì il browser internet e su google digitò: Iron Fist Tournament.
Il motore di ricerca si mise in azione dandole come risultato una quantità esorbitante di link, tra cui scelse il primo della lista.
La pagina ufficiale del torneo si materializzò sullo schermo, mostrandole l’annuncio pubblicitario che da settimane ormai invadeva la rete e le tv.
Ignorandolo cercò con lo sguardo ciò che desiderava e quando lo trovò entrò nella sezione dedicata ai partecipanti. Velocemente scorse l’enorme quantità di nomi e uno in particolare le saltò agli occhi: Steve Fox.
<< Steve? >> sussurrò stupita.
Non penava che il ragazzo avesse a che fare con la  Mishima Zaibatsu, anche se doveva ammettere che la grossa somma di denaro offerta poteva fargli gola, soprattutto visto che si guadagnava da vivere combattendo.
Pensierosa continuò a scorrere la lista, individuando altri combattenti conosciuti come Bryan Fury o Kazuya Mishima, fino a che, giunta quasi in fondo alla pagina l’ultimo nome che avrebbe mai voluto leggere le comparve davanti: Jin Kazama.
Il solo pensiero le fece percorrere la schiena da un brivido.
Non aveva più incontrato Jin da quel giorno a casa sua né era più riuscita a vederlo. Non che non ci avesse provato, per giorni aveva percorso avanti e indietro quella strada, ma mai lui le aveva permesso di avvicinarsi, mai le aveva concesso una spiegazione. Sembrava quasi che avesse paura di lei, come se temesse in qualche modo di esser contagiato da qualche strana malattia. L’aveva allontanata esattamente come si faceva con un appestato.
Charlie stentava a crederlo, ma ciò l’aveva ferita incredibilmente.
Con rabbia sbatté le mani sulla tastiera del suo PC e la pagina sullo schermo cambiò improvvisamente mostrando un secondo elenco di nomi sotto la scritta: Iron First   Tournament 4.
Incuriosita iniziò a leggere e con stupore si accorse che buona parte dei partecipante dell’attuale edizione del torneo avevano preso parte anche alla precedente, Steve e Jin compresi.
“Se entrambi hanno partecipato al Tekken 4 allora forse si conoscono..” pensò Charlotte tamburellando le dita sul pregiato legno della sua scrivani. “E forse Steve può dirmi qualcosa su di lui..”
Quel pensiero la lasciò interdetta, per quale maledettissimo motivo continuava ad interessarsi a quel ragazzo dopo il modo in cui la stava trattando?  Era un’assurdità, eppure sapere che forse il pugile poteva chiarirle un po’ le idee su Jin non fece che migliorare leggermente il suo umore.
“Oh andiamo Charlie! E’ una cosa infantile!” si disse. “Neanche alle elementari andavi a chiedere informazioni sul ragazzo che ti piaceva!”
Piaceva?!
Aveva davvero pensato quello?!
Sul serio Jin Kazama le piaceva?!
Oh che assurdità! Si stava davvero comportando da bambina!
Eppure nonostante ne fosse cosciente non poteva fare a meno di sentirsi come se fosse alla sua prima cotta: era insicura, incerta e titubante.  
Era così diversa dalla sua solita sé e questo la spiazzava.
“Stupido Kazama” pensò irritata, lasciando cadere lo sguardo sull’ora.
Erano appena le dieci e mezzo e mancava ancora davvero molto tempo all’incontro al Fight Club, certo poteva recarsi là all’ora che preferiva, ma passare più di un’ora in compagnia di quegli energumeni fissati con la lotta e il sesso non era proprio la miglior prospettiva, così decise passare il tempo optando per un bel bagno caldo.
Non c’era niente meglio delle coccole della profumata acqua fumante.



*Circa 2000 euro



..Spazio Autrice..
21/12/2012 volete sapere perchè è la fine del mondo? Perchè dopo 4465436564164 anni finalmente pubblico un nuovo capitolo! ahahha
Lo so sono davvero pessima, aggiorno a distanza di miliardi di anni e me ne scuso, ma la signora Ispirazione mi abbandona sempre nei momenti del bisogno e mi trovo a vagare nel buio più totale senza nemmeno un'idea.. Scusatemi tanto!
Cosa dire, ringrazio tutti colotro che continuano a seguire questa storia nonostante tutto.
Davvero Grazie!!!
Al prossimo capitolo, che questa vola giuro non sarà tra 200 anni!
Raika

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Capitolo 15
*** Security Level 6 ***


Security Level 6

Il bagno durò molto più di quanto Charlie avesse previsto e se non fosse stato per la sveglia del cellulare probabilmente sarebbe rimasta in acqua ancora per un bel po’.
Accorgendosi di essere in ritardo, per la prima volta a causa sua in tutta la sua vita, si vestì velocemente e dopo essersi truccata e asciugata i capelli in tutta fretta, corse verso il garage dove Ricardo la stava aspettando.
<< Lo so, sono in ritardo >> disse, salendo velocemente in auto.
<< Arriverà puntuale, non si preoccupi >> rispose l’autista.
La guida dell’uomo, nonostante rasentasse i 100 kilometri orari, fu sicura e pulita. Ricardo era un pilota straordinario e come promesso riuscì a portarla al Figh Club in tempo per l’inizio dell’incontro.
Come di consueto attraversò la cadente via di periferia che custodiva l’entrata al Club, ma quella volta uno schiacciante senso di pericolo le attanagliava lo stomaco, riportandola alla prima volta che aveva percorso quel vicolo. Era la prima volta che partecipava ad uno degli incontri organizzati da Tyler Durden da quando era stata aggredita da Fury e purtroppo non aveva pensato alla carica emotiva che quel luogo potesse causargli.
Stringendosi di  più nel soprabito affrettò il passo per raggiungere la porta e soltanto quando si trovò all’interno della catapecchia si sentì, se non al sicuro, almeno più tranquilla.
<< Qual è il tuo problema?! >> le chiese brusco l’usciere notando che Charlie si attardava a scendere.
<< Sempre così gentile eh? >> rispose ironica la ragazza.
L’uomo le scoccò un’occhiataccia, imprecando tra sé e sé. L’unica cosa che gli impediva di attaccare briga con lei era il suo illustre cognome, se non fosse stato per quello, e per il fatto che il suo capo gliela avrebbe fatta pagare cara se le fosse successo qualcosa, non ci avrebbe pensato due volte ad insegnarle il rispetto.
Ignorando le parole poche gentili che quell’energumeno stava rivolgendo al genere femminile Charlotte scese nel seminterrato dove la folla attendeva trepidante l’inizio dell’incontro.
Senza difficoltà raggiunse la sua postazione e dopo aver estratto dalla borsa il suo tablet - aveva deciso di sostituirlo al portatile più ingombrante e meno veloce nella raccolta dati - si accomodò con le gambe accavallate sul divano, attendendo l’arrivo di Alexis o ancor meglio di Steve.
La solitudine di Charlie non durò molto, ma a farle compagnia non furono miss Durden o il pugile, bensì un giovane ragazzo di fiammanti capelli rossi, che la ragazza aveva già avuto il piacere di conoscere poco tempo prima.
<< Ma non mi dire >> disse sorpreso Hwoarang, portandosi vicino alla pedana rialzata. << Claretta, dico bene? >>
La ragazza si voltò verso il nuovo arrivato e inarcando un sopracciglio rispose << Charlotte. >>
Il rosso fece spallucce. << Ci sono andato vicino. >>
<< No, non direi. >>
<< Come siamo fiscali.. >> protestò lui sbuffando. << Dimmi, Charlotte, cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo? >>
Lei sorrise e sfoderando quel pizzico di malizia che suo padre le suggeriva sempre di usare con gli uomini, rispose << Potrei farti la stessa domanda. >>
<< Io non ho un ricco e illustre papino come il tuo, uno come me li frequenta posti come questi. >>
<< Vede che, a differenza del mio nome, il mio cognome ti è rimasto impresso. >>
<< Hellenton non è certo un cognome che si dimentica facilmente >> si giustificò il ragazzo. << E poi.. >>
<< Ehi amico, stai importunando la signorina con i tuoi soliti discorsi insensati? >> esclamò un’allegra voce maschile attirando l’attenzione dei due.
<< Veramente quello che fa discorsi insensati sei tu, Steve >> rispose Hwoarang ridendo.
Il pugile rise a sua volta e salendo sulla pedana salutò Charlie andandosi a sedere al suo fianco.
<< Steve. >>
<< Ti ha infastidita parecchio? >> domandò lui facendo un cenno verso l’amico.
<< Nah, non più di tanto >> rispose lei sorridendo.
<< Ti è andata bene Hwoarang, altrimenti avrei dovuto sbatterti fuori a calci in culo. >>
Il rosso inarcò un sopracciglio scettico. << Non credo ci riusciresti. >>
<< Non mi tentare. >>
I due si fissarono con un accanito sguardo di sfida, poi scoppiarono a ridere di gusto facendo scuotere, divertita, la testa a Charlie.
Uomini.
<< Allora, tra quanto inizia lo show? >> chiese dopo pochi minuti il rosso. Non doveva essere una persona molto paziente.
<< Un paio di minuti >> rispose il pugile.
<< Che rottura. >>
<< Non starti sempre a lamentare. >>
<< La pazienza è la virtù dei forti >> si intromise la ragazza.
<< Parli bene tu biondina, seduta su quel morbido divanetto. >>
Lei sorrise. << Avere un ricco e influente papino come il mio ha i suoi vantaggi: quelle come me se ne stanno comodamente sedute su morbidi divanetti. >>
Hwoarang alzò gli occhi al cielo borbottando qualcosa, mentre Steve divertito rincarò << Mi sa che ti ha fregato. >>
<< Tu sta zitto. Sei seduto lì solo perché sei il cocco della figlia del boss! >>
<< Ti correggo: sono seduto qui perché sono il campione del ring >> precisò soddisfatto il pugile, scatenando un’ulteriore replica dell’amico, la quale però fu interrotta da Charlie. Ne aveva abbastanza del loro battibecco, inoltre aveva delle informazioni da chiedere al biondo e quel continuo botta e risposta glielo stavano impedendo.
<< Contro chi lotterai oggi? >> domandò la ragazza, ignorando le proteste del rosso.
<< Non scendo sul ring. >>
Charlotte lo guardò incuriosita, così il giovane spiegò << I miei incontri fruttano bene e il boss ha deciso di guadagnarci al meglio organizzando una serie di piccoli tornei. I vincitori riceveranno 110842 yen* e dovranno affrontare una seconda selezione battendosi tra di loro. I primi tre classificati lotteranno contro di me. >>
<< Wow. Immagino che le scommesse arriveranno alle stelle. >>
<< Già. >>
<< Non pensi di partecipare ad un po’ troppi tornei ultimamente, Steve? >> domandò con noncuranza la Hellenton.
A quelle parole sia il biondo che Hwoarang si voltarono verso di lei, la quale sorridendo innocentemente aggiunse << L’Iron Fist Tournament è piuttosto impegnativo da quel che ho sentito dire. >>
<< Non pensavo fossi interessata al Tekken >> rispose il pugile.
<< Neanche io a dire la verità.. >>
<< Cos’è che ti ha fatto cambiare idea allora? L’Iron Fist è pericoloso, non dovresti occupartene.. >>
Charlie abbassò appena lo sguardo. Cosa le aveva fatto cambiare idea? Uno sconosciuto che dopo averle salvato la vita l’aveva sbattuta fuori dalla sua senza spiegazioni né scuse, ecco cosa l’aveva spinta verso quel torneo. Uno sconosciuto il cui nome era: << Jin Kazama. >>
<< Mhm? >>
<< Puoi dirmi qualcosa su Jin Kazama, Steve? >>
La giovane vide il biondo cercare con lo sguardo di Hwoarang, il quale aveva iniziato ad innervosirsi.
<< Allora?! >> domandò nuovamente lei.
<< Niente che tu suppongo non sappia già: figlio di Kazuya Mishima e nipote di Heihachi; pessimi rapporti con la famiglia, cercano sempre di farsi fuori a vicenda ad ogni torneo; ragazzo strano e niente di più. >>
<< Aggiungici brutto bastardo e figlio di.. >> intervenne il rosso, interrompendosi però accorgendosi di avere gli occhi pervinca della ragazza puntati addosso. << Abbiamo un vecchio conto in sospeso. >>
<< Quindi lo conosci bene? >>
<< Diciamo che lo conosco quanto basta per prenderlo a calci in culo alla prima occasione. >>
Charlie avrebbe voluto  insistere con altre domande, ma la sua curiosità dovette essere frenata a causa dell’abbassamento improvviso delle luci sul ring: Alexis Durden stava per entrare in scena.
<< Si comincia >> sussurrò Steve, riportando l’attenzione dei due sul palco.
La giovane annuì poggiandosi allo schienale e scivolando fino al bordo della poltrona assumendo una postura tutt’altro che elegante. Ricordava di aver passato tre giorni in punizione quando frequentava il lice proprio a causa di quel modo di sedersi.
L’entrata di Alexis per quella sera iniziò con un’ipnotica musica araba che la vide protagonista di una sensuale e provocante danza del ventre, accompagnata da altre due ballerine ugualmente poco vestite.
Charlotte solitamente osservava sempre con curiosità quel piccolo rituale, stupendosi ogni volta della sicurezza con cui l’amica si muoveva di fronte a tutti quegli uomini urlanti; quella sera invece i suoi pensieri volarono altrove, dove erano sempre stati nelle ultime settimane, senza però mai trovare risposte.
“Dannato Jin..” pensò. “Perché diavolo continuo a pensarti?!”
Senza rendersene realmente conto allungò una mano verso il tavolino di fronte a sé e afferrando il tablet che vi aveva posato sopra, lo posizionò sulle sue gambe. Distrattamente accedette ai database della Hellenton Corporation e avviando una ricerca digitò: Jin Kazama.
Il programma partì e dopo pochi secondi annunciò un risultato.
Charlie si irrigidì di colpo, per quale motivo nei database della compagnia era presente un file sul ragazzo?
Delicatamente sfiorò lo schermo del tablet e ciò che lesse la lasciò ancora più sconcertata:
Permesso Negato
<< Cosa?! >> sussurrò. << Cosa significa permesso negato?! >>
Indispettita tentò di accedere nuovamente al file, ma di nuovo esso le negò l’accesso:
Livello di sicurezza 6.
Accesso Negato.
“Livello di sicurezza 6?!” pensò. “Da quando abbiamo un livello di sicurezza 6?! E perché non posso accedervi?!”
Questa le giungeva davvero nuova, non era al corrente dell’esistenza di un livello di sicurezza così elevato e per di più il suo account non era abilitato ad accedervi. Non le piaceva affatto tutta quella storia, odiava essere tagliata fuori da ciò che riguardava la sua futura azienda, soprattutto quando lei per essa faceva tutto ciò che suo padre le ordinava.
C’erano troppi segreti su cui era all’oscuro.
Adam Hellenton le doveva delle spiegazioni.
E in un modo o nell’altro le avrebbe avute questa volta.




*circa 1000 euro




..Spazio Autrice..
Come promesso non sono passati 2000 anni dall'ultimo aggiornameto xD Mi meravglio di me stessa!
Ma comunque.. Dato che questo è l'ultimo capitolo che aggiungo nel 2012 volevo augurarvi Buon Anno!
Grazie a tutti coloro che continano a seguire la storia!
All'anno Prossimo!
Raika

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Capitolo 16
*** Il Compleanno ***


Il Compleanno

Nonostante lo Zuma Aureo fosse di per sé uno dei locali più spettacolari di tutto il Giappone, il giorno del compleanno di Maria Ximena assunse un nuovo livello di straordinarietà. La giovane Hellenton infatti si era assicurata che tutto fosse estremamente perfetto e luccicante: la sua doveva essere la festa più invidiata dell’anno e a giudicare dalla quantità di ospiti e dalla qualità del locale, senza ombra di dubbio sarebbe riuscita nel suo intento.
Se Maxi era eccitata come una bambina il giorno di natale, Charlotte aveva invece il livello di entusiasmo sotto zero. La ragazza, infatti, trovava tutto quello sfarzo e quella magnificenza, così curata nei minimi dettagli dalla sorella, dannatamente eccessiva, infondo era solo uno stupido compleanno, che bisogno c’era di organizzare tutta quella mascherata?!
A peggiorare ulteriormente l’umore della ragazza inoltre ci si era messa il suo stupidissimo gatto, che due giorni prima della festa aveva avuto la brillante idea di farsi le unghie sul suo vestito facendo un enorme e vistosissimo buco nel fine tessuto lavorato che lo ricopriva e costringendola a girare, per la seconda volta, una quantità esorbitante di negozi alla ricerca di un sostituto.
<< Stupido compleanno! Stupida Maxi! E stupido gatto! >> imprecò Charlotte osservandosi allo specchio per niente soddisfatta nel suo aderente e luccicante abito nero.
<< Secondo me ti sta benissimo, inoltre >> le disse Camila facendola voltare e indicando la sua schiena, dove il tessuto diventava pizzo ricamato con rose. << Questo è molto sexy. >>
La Hellenton osservò il suo riflesso per niente convinta, poi facendo una smorfia andò ad indossare i tacchi: almeno quelli, neri e con un cinturini ricoperto di pietre preziose, erano di suo gradimento.
<< Detesto questo vestito, è troppo appariscente! >>
Camila alzò gli occhi al cielo sbuffando, ma era mai possibile che la sua amica non desiderasse mai mettersi un minimo in mostra? Insomma, era una ragazza molto bella, chiunque al suo posto avrebbe sbandierato la propria avvenenza ai quattro venti.
<< Charlie, non è affatto appariscente, forse un pochino la schiena, ma per il resto no. Hai le braccia coperte, uno scollo per niente profondo, inoltre è in velluto e non c’è niente di meno trasparente del velluto. >>
<< Sono ricoperta di brillantini da capo a piedi, mi sembra di essere una Winx! >>
<< Quante storie Charlie! Sei una favola, adesso andiamo >> ordinò la rossa prendendo per un braccio la ragazza e trascinandola verso il garage, dove Ricardo le stava aspettando.
<< Facciamo a cambio, tu indossi il mio e io il tuo >> propose la bionda facendo un cenno verso l’abito nero in pizzo e raso dell’altra.
<< Ti sto ignorando >> cantilenò Camila salendo in auto e facendo sbuffare l’amica.
Quando giunsero al localo la maggior parte degli ospiti era già arrivata e le due non poterono certo passare inosservate, cosa che, Charlie ne era sicura, avrebbe fatto infuriare Maria Ximena, dato che secondo il suo punto di vista era inammissibile che la sorella della festeggiata arrivasse in ritardo “rubandole” il centro della scena.
<< Maxi ci ammazzerà, lo sai vero? >> disse la Hellenton scendendo dall’auto.
<< Non mi preoccuperei più di tanto, non rischierà di sporcarsi il suo luccicante vestito >> rispose Camila, salutando con un accattivante sorriso un gruppo di ragazzi in fila per entrare nel locale. << Saluta Charlie, hai degli ammiratori. >>
La ragazza alzò gli occhi al cielo prendendo l’amica per un braccio e trascinandola verso l’ingresso riservato o, come amava chiamarlo Maxi, VIP.
<< Guastafeste! >> protestò la Toledo, facendo un cenno con le dita ai giovani, per poi scoppiare a ridere una volta dentro, dove un addetto prese in consegna i loro soprabiti.
L’interno del locale era stato addobbato in pieno stile Maria Ximena: vistoso, luccicante e dannatamente esagerato.
<< Non posso sopravvivere a questa serata.. >> sussurrò Charlotte vedendo l’esorbitante quantità di ospiti.
<< Oh si che ce la farai >> le rispose Camila, spingendola verso la sala dove si sarebbe tenuto l’aperitivo.
Non appena entrarono nella stanza buona parte degli sguardi dei presenti si posarono incuriositi su di loro, permettendo a Charlie di individuare molte facce conosciute, che salutò con un incerto sorriso di scuse, sorriso che si trasformò in una smorfia quando dal fondo della sala incrociò lo sguardo omicida di Maxi.
<< Sei ancora sicura che non ci ucciderà? >> domandò la ragazza facendo un cenno verso la sorella.
<< Bé.. >> rispose Camila facendo spallucce. << Sicuramente non lo farà adesso. Andiamo, ho visto tua madre. >>
Scivolando veloci tra la folla, fermandosi ogni qual volta qualcuno degli ospiti le tratteneva per un saluto, raggiunsero la signora Hellenton, la quale vedendole tirò un sospiro di sollievo.
<< Rose, questo abito le sta d’incanto >> si complimentò sinceramente la Toledo.
<< Grazie cara, ma ciò non toglie che siete terribilmente in ritardo. >>
<< Lo so, è colpa mia >> disse Charlotte. << Ho avuto problemi con il vestito. >>
<< Cos’ha che non va? >> chiese la donna osservandola. << A me sembra perfetto. >>
<< Niente, solo che originariamente non dovevo indossare questo, tutto qui. >>
<< Io trovo che ti stia molto bene e da come ti sta mangiando con gli occhi suppongo che anche Raul la pensi come me. >>
Camila rise voltandosi appena verso il fratello, mentre Charlie fece roteare gli occhi: Raul mangiava con gli occhi qualsiasi ragazza indossasse un mini abito aderente.
<< Ad ogni modo, suppongo te lo dirà lui stesso >> concluse la donna.
<< Cosa?! >>
<< Rose, siete incantevole questa sera >> si complimentò il ragazzo baciandole galantemente la mano, poi voltandosi verso le due giovani continuò << Sorellina, Charlotte, ci stavamo tutti chiedendo quando sareste arrivate. >>
<> disse la bionda. << Ho avuto un piccolo contrattempo che ci ha trattenute più a lungo del previsto. >>
<< Non fa niente, gli uomini adorano le donne che si fanno desiderare. Soprattutto quando la loro bellezza vale l’attesa. >>
Charlie sorrise mascherando con la cortesia l’irritazione: quanto detestava quel suo scontato repertorio di frasi fatte a cui attingeva ogni qual volta doveva abbordare una ragazza.
<< Camila >> intervenne Rose. << So che sei un’appassionata di teatro, suppongo quindi tu conosca la signora Fung. >>
<< Solo di fama, le sue opere sono davvero meravigliose, sono una sua grande ammiratrice. >>
<< Allora devo proprio presentartela. Ragazzi vi dispiace se ci assentiamo un attimo? >>
Raul sorrise affabile e comprensivo rispose << Certamente no, conosco la passione di mia sorella e non mi permetterei mai di farle sfumare l’opportunità di conoscere il suo idolo. >>
La donna annuì compiaciuta e con la giovane Toledo si congedò, lanciando una loquace occhiata alla figlia, che fece finta di ignorare.
Una volta rimasti soli il ragazzo sfoderò il sorriso più affascinante che riuscisse a fare e sicuro di sé chiese << Posso offrirti qualcosa? >>
<< Anche se tecnicamente, essendo mio padre che paga, sono io che offro, direi di si. >>
<< Sempre precisa e tagliente, non sei cambiata affatto Charlie. >>
<< Allora dovresti già sapere come andrà a finire, Raul >> rispose la ragazza guardandolo dritto nei suoi magnetici occhi verdi.
Lui sorrise, mascherando un moto di frustrazione al ricordo di come lo aveva palesemente scaricato diversi anni prima, quando per una semplice ripicca aveva cercato di conquistarla.
<< Ciò comunque non mi impedisce di riprovare >> le disse accattivante porgendole un calice di champagne.
Charlotte lo accettò brindando con lui, per poi aggiungere << Se godi nell’essere masochista. >>
<< Solitamente preferisco altre pratiche, ma se è così che ti piace per te posso fare un’eccezione. >>
La ragazza lo fulminò con lo sguardo pronta a ribattere alle sue provocazioni, ma il suo tagliente discorso dovette essere rimandato a causa di Maxi, la quale richiamando l’attenzione di tutti per mezzo di un microfono in stile anni ‘50, uscito chi sa da dove, esclamò << Buona sera a tutti. Sono davvero onorata di avervi come ospiti questa sera per festeggiare il mio favoloso compleanno, per cui devo ringraziare il mio adorato padre. Spero che l’aperitivo sia stato di vostro gradimento e adesso vorrei invitarvi ad accomodarvi nella sala accanto per dare il via alla festa vera e propria. Grazie. >>
Il discorso di Maria Ximena si concluse con un fragoroso applauso, a cui seguì lo spostarsi di tutti gli invitati nella sala indicata dalla ragazzina. Charlotte attese che buona parte dei presenti fosse passata, non l’allettava proprio la prospettiva di buttarsi nella folla, soprattutto con quei vertiginosi tacchi che aveva indossato, poi andò a prendere posto.
Ad attenderla al suo tavolo trovò Maxi, la quale incenerendola con un occhiataccia sibilò << Sei arrivata in ritardo alla mia festa. >>
<< E’ per questo che ti ho comprato un regalo >> rispose la ragazza sedendosi.
<< Spero per te che sia favoloso, altrimenti mi lamenterò per i prossimi sette mesi >> la minacciò la festeggiata andandosene indispettita verso il suo posto.
Charlie fece spallucce per niente impressionata: tanto lo avrebbe fatto comunque.
E quando tutti si sedettero la festa poté finalmente iniziare.

Sorvolando il fatto che Charlotte avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto tranne che lì, la cena fu piuttosto tranquilla e piacevole. Maria Ximena si rivelò essere una “padrona di casa” eccellente, dedicando un po’ del suo tempo a tutti gli invitati con modi affabili ed eleganti che lasciarono estremamente soddisfatta Rosalie Hellenton; e la serata trascorse senza nessun imprevisto o evento indesiderato. Tanto che, ancor prima di quanto avesse sperato, Charlie si ritrovò al post-party organizzato nell’attico a sorseggiare dell’ottima Sangria de Cava  in compagnia del ministro dell’economia giapponese, che la intrattenne parlando di azioni e spread.
<> si congedò la ragazza, mescolandosi tra gli altri invitati. Discutere di produttività e denaro con un esperto del settore era davvero estenuante, soprattutto se alla passione si aggiungeva il fanatico patriottismo cha caratterizzava il politico.
“Perché diavolo non sono andata a ballare con Maxi?” si domandò, dopo aver saltato da un dirigente d’azienda a magnati della finanza per almeno una decina di minuti.
Maria Ximena, infatti, per rendere ancora più indimenticabile la sua festa aveva progettato un fine serata nella discoteca del club per i più giovani e un post-party per i meno, di modo che suo padre potesse accattivarsi o mantenere saldo il favore degli invitati accuratamente scelti.
<< Eppure avrei giurato che una tipa come te fosse più una da discoteca che da barbosissimo post-party >> disse una fin troppo familiare voce maschile richiamando la sua attenzione.
<< Devo per caso chiamare la sicurezza e denunciare un imbucato? >> domandò la giovane voltandosi verso l’origine del suono, dove un finto risentito Hwoarang  esclamò << Così mi offendi Charlotte, sono stato invitato. >>
<< Mi stupisci >> rispose sinceramente la Hellenton. << Credevo fossi più un tipo da strip club. >>
<< Effettivamente lo sono, ma non si può certo rifiutare un invito di papi Hellenton, dico bene? >>
Lei annuì, mascherando con un sorriso il suo stupore: sul serio era stato suo padre ad invitarlo? Se era vero, era davvero molto strano.
<< Allora, che si fa per divertirsi in posti come questi? >> chiese il coreano guardandosi intorno.
<< Bé, si chiacchiera di sport, finanza, musica, teatro, arte, design o moda. E se conosci le persone giuste puoi anche scoprire qualche pettegolezzo piccante >> commentò ironica la giovane. << Oppure, come nel mio caso, si cerca di evitare scocciatori indesiderati affogando il fastidio nell’alcool. >>
Hwoarang inarcò le sopracciglia  per niente soddisfatto. << E’ una rottura di coglioni colossale, quindi. >>
<< La parte in cui affoghi il fastidio nell’alcool dopo un po’ diventa divertente >> rise Charlie.
<< Bé >> acconsentì alzando le spalle il giovane. << Che alcool sia, allora. >>
Raggiunsero il bancone riuscendo ad evitando ogni ricco magnate dell’industria o le loro pettegoli mogli, ma cosa ancor più piacevole per Charlie, non c’era traccia di Raul. La ragazza, infatti, non aveva dimenticato la sua possibile dichiarazione annunciatale da Camila qualche tempo prima, e ad esserne sincera volevo proprio evitarla.
<< Due tequila con ghiaccio >> ordinò il rosso, con un ammaliante sorriso alla barista.
Charlotte sorrise scuotendo divertita la testa, anche se, osservandolo bene il giovane coreano non era niente male, soprattutto con indosso quell’elegante completo nero con tanto di giacca, sotto la quale si potevano intravedere i suoi tonici pettorali messi  in risalto da un’aderente maglietta grigia.
<< Che guardi biondina? >> domandò il coreano con un sorriso malizioso.
<< Ho notato che finalmente ti sei deciso a indossare qualcosa che possa definirsi abito. >>
<< Perché, cos’hanno i miei vestiti abituali? >>
<< Cos’hanno? Stai scherzando vero? Vogliamo parlare di quei cosi da cowboy che spacci per jeans o di quella sotto specie di gilet? >>
<< Le ragazze li trovano molto sexy. >>
<< Io per niente. >>
<< Tsé >> la prese in giro lui con finta aria di superiorità. << Dovevo aspettarmelo da una che non si sa divertire. >>
<< E chi ti dice che non lo sappia fare? >>
<< Che sei qui invece che là >> rispose Hwoarang indicando il soffitto, per intendere la discoteca al piano superiore.
<< Touché >> si dichiarò sconfitta la bionda.
<< Una di queste sere ti farò vedere come ci si diverte dalle mie parti. >>
<< Per caso mi stai chiedendo un appuntamento? >> domandò sorridendo lei.
Il coreano avrebbe voluto rispondere con una frase ad effetto, ma fu costretto a trattenersi per l’arrivo di Adam Hellenton, accompagnato da un secondo uomo leggermente più basso ma comunque elegante  e ben piazzato fisicamente.
<< Charlotte, vedo che hai già conosciuto Hwoarang >> le disse suo padre facendo poi un cenno verso il suo compagno. << Ti presento allora Beak Doo San, suo maestro e mio vecchio amico. >>
<< E’ un piacere signor Doo San >> salutò la giovane porgendogli la mano.
<< Lo è anche per me. Spero che il mio allievo sia stato una compagnia piacevole. >>
<< Molto, è davvero un ottimo intrattenitore. >>
Beak annuì soddisfatto, poi Adam facendo cenno verso alcuni divanetti liberi propose << Perché non ci sediamo? >>
Tutti accettarono di buon grado e una volta accomodatisi Charlotte domandò << Lei di cosa si occupa signor Doo San? >>
<< Sono un maestro di Tae Kwon Do per conto dell’esercito coreano. >>
<< Interessante. Mi stupisce papà che tu abbia come vecchi amico un maestro di arti marziali dell’esercito, come vi siete conosciuti? >>
<< All’epoca Beck non era un militare, diciamo che lavorava in proprio >> spiegò Hellenton senza scendere troppo nei dettagli, cosa che lasciò perplessa la figlia. Nell’ultimo periodo suo padre troppo spesso non scendeva nei dettagli.
<< Capisco. E cosa vi porta qui dalla Corea? Ho sentito dire che l’esercito là è molto rigido, raramente concede licenze >> continuò la giovane.
<< Bé, il mio servizio militare è finito qualche settimana fa >> intervenne Hwoarang, mentre il suo maestro aggiunse << Siamo qui per partecipare all’Iron First Tournament, suppongo tu ne abbia sentito parlare. >>
L’Iron First Tournament.
Certo che ne aveva sentito parlare, anzi ultimamente se ne era interessata anche fin troppo.
Immediatamente i suoi pensieri corsero a Jin Kazama ed irritata gli scacciò, adesso non era proprio il momento, poi con non curanza rispose << Vagamente, non me ne sono mai interessata più di tanto. >>  
Per un attimo Charlie pensò che suo padre percepisse la sua menzogna, ma quando l’uomo non diede nessun segno che potesse far pensare che l’avesse scoperta, tirò un sospiro di sollievo tranquillizzandosi. Non che ci fosse niente di male nell’occuparsi del Tekken, infondo erano sempre alla ricerca di buoni combattenti e al torneo partecipavano solo i migliori, soltanto che sbandierarlo ai quattro venti avrebbe senza dubbio scatenato un lungo interrogatorio sul perché di questo suo novo interesse e Charlotte non voleva certo confessargli che era dovuto a Jin, soprattutto dopo la reazione di suo padre al solo sentire il nome del ragazzo.
Continuarono a chiacchierare ancora per diversi minuti, Beak era un oratore eccellente e anche Hwoarang nonostante la sua improvvisa serietà, probabilmente dovuta al capostipite della famiglia Hellenton, intervenne con qualche battuta.
La ragazza pensò che tutto sommato non era stata una cattiva idea evitare la discoteca: stava passando una discreta serate e non c’erano tracce di Raul, o almeno non fino a quel momento. Fu per puro caso, infatti, che intravide tra le numerose persone presenti quell’irritante e perfetto volto dai gelatinanti cappelli scuri del giovane Toledo, che le fece roteare gli occhi nervosamente. Okay, era arrivato il momento di sparire velocemente e senza dare nell’occhio, l’ultima cosa che voleva era che lo spagnolo si accorgesse di lei e decidesse di iniziare con la sua bella dichiarazione, magari  pure davanti a suo padre: anzi sicuramente l’avrebbe fatta con Adam Helenton lì presente, quel subdolo sapeva che in quel modo lei non avrebbe mai potuto rifiutarlo.
<< Volete scusarmi? Ho visto mia madre e vorrei andarle a farle compagnia >> si congedò la ragazza.
<< Certamente, è stato un piacere conoscerti >> la salutò Beak.
<< Anche per me, arrivederci. >>
Sorridendo agli ospiti appena lasciati Charlie si mescolò tra i vari invitati, stando ben attenta a mettere più distanza possibile con Raul. Saltò per almeno une decina di minuti da un conoscente all’altro fino a che finalmente raggiunse l’ampia terrazza attraverso la quale si poteva scendere nei giardini. Assicurandosi che nessuno la vedesse scese i gradini ed una volta nel cortile si incamminò verso la piscina: almeno lì forse sarebbe potuta stare tranquilla.
Decisa a passare in quel luogo il resto della serata si sedette su una delle sdraie ad osservare il cielo: era di un blu così intenso da lasciare senza fiato, sarebbe potuta stare ad ore ad osservare qui piccoli puntini luminosi e probabilmente lo avrebbe anche fatti se qualcosa non le avesse toccato la spalla facendola sussultare.
Spaventata si voltò verso ciò che l’aveva aggredita, pronta a urlare, ma quando quel qualcosa entrò nel suo campo visivo ciò che vide la lasciò a bocca aperta: era Jin Kazama.
<< Jin?! >> sussurrò lei portandosi una mano al cuore. << Mi hai spaventa morte! Che ci fai qui?! Come.. Come hai fatto a superare la sicurezza?! >>
<< Non qui >> le disse lui facendole segno di seguirlo. << Non dovrei essere qui.. >>
Charlotte seguì il ragazzo fin sotto il piccolo gazebo posizionato al lato della piscina: da lì nessuno all’interno dell’edificio avrebbe potuto vederli, nel caso in cui qualcuno si fosse affacciato, infatti, avrebbe soltanto intravisto il tettuccio di vimini della struttura.
<< Perché sei qui? >> domandò Charlie, una volta che si furono fermati.
Jin si voltò verso di lei, ed immediatamente un misto di sensazione contrastanti l’avvolsero lasciandola completamente spiazzata.
<< So che non dovrei essere qui. Mi rendo conto che sto facendo un grandissimo errore, oltre a non rispettare l’accordo preso con tuo padre, ma.. >>
<< Hai un accordo con mio padre?! >> lo interruppe lei, venendo però ignorata da Jin, il quale continuò << ma non posso starti lontano.. So che dovrei farlo per proteggerti e lo vorrei davvero, ma.. Non ci riesco.
   << Non so spiegarti perché. Io vorrei starti lontano, ma.. C’è qualcosa, non so cosa, ma mi spinge verso di te. Lo so che sembra assurdo, ma io finisco sempre per cercare te.. Sei come una calamita, mi attrai a te e nonostante provi ad oppormi, non riesco a farlo.
   << Come la notte in cui ti ho salvata: non so perché ero lì, non ero mai stato in quella via. Però quella sera qualcosa mi spinse a uscire e a raggiungerti.. Sapevo esattamente dove ti trovavi, sapevo che eri in pericolo e che dovevo aiutarti. >>
Charlotte ascoltò ogni singola parola trattenendo il fiato, aveva la mente in tumulto e il cuore le batteva all’impazzata.
Qualsiasi persona sana di mente sicuramente si sarebbe spaventata di fronte ad una rivelazione del genere, reputandolo un maniaco psicotico, ma non lei. Dentro di sé Charlie sapeva che non aveva niente da temere, nel suo profondo sentiva quella stessa inspiegabile attrazione che la spingeva verso di lui.
<< Ti sembrerò un pazzo, ma ti assicuro che.. >> iniziò a dire Jin, ma la giovane non lo ascoltò.
D’impeto Charlotte si gettò tra le sue braccia e per un attimo Kazama rimase immobile, senza sapere cosa fare: era passato molto tempo dall’ultima volta che qualcuno l’aveva abbracciato. Poi lentamente fece scivolare le sue braccia intorno alla vita di lei, sorprendendosi di quanto gli risultasse facile stringere a sé quella perfetta sconosciuta, di come sembrasse che le sue braccia fossero fatte per aderire perfettamente intorno a lei, di come quel contatto gli provocasse un piacere inteso.
E come già una volta era successo Jin percepì quel candido calore avvolgerlo. Per un attimo temette che l’Essere dentro di sé potesse liberarsi, ma egli non si mosse, quasi fosse rimasto stordito, come se fosse assopito.
E per la seconda volta nella sua vita Jin Kazama si sentì normale.
Normale come qualsiasi altra persona al mondo. 

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Capitolo 17
*** The Mishima's Blood ***


The Mishima’s Blood

Al suo risveglio, il giorno successivo, Charlotte si sentì riposata e tranquilla come non le capitava ormai da tempo.
Tutte le sue preoccupazioni e ansie sembravano essere sparite come polvere al vento e la giovane aveva la sensazione che il merito fosse tutto di Jin Kazama.
Ancora stentava a crederlo, ma quel ragazzo riusciva ad influenzarla così tanto che al solo pensiero della notte appena trascorsa un sorriso le increspava le labbra, un sorriso del tutto insensato, se ci pensava bene, dal momento che non era successo niente di eclatante o incredibile, eppure ogni volta che il ricordo riaffiorava non riusciva a trattenersi.
Il bussare alla porta la riportò drasticamente con i piedi per terra e lei e a malincuore scese dal letto per andare ad aprire.
<< Amalia, buongiorno >> la salutò Charlotte stropicciandosi gli occhi.
<< Santo cielo Charlie >> esclamò contrariata la governante. << Sei ancora a letto?! Sai che ore sono? >>
La ragazza scosse la testa sbadigliando, facendo alzare gli occhi al cielo alla donna, la quale aggiunse << Sono quasi le dodici e trenta! Non sta bene che una signorina rimanga a dormire fino a quest’ora.
   << Forza, fila a farti un bagno. Subito! >>
Charlie sbuffò rientrando nella stanza e dirigendosi verso il bagno dove, con molta calma, riempì la vasca d’acqua e sapone, ascoltando distrattamente Amalia chiacchierare.
<< Come è stata la festa di Maxi? >>
<< Interessante >> rispose lei sorridendo.
<< Interessante? Strano modo di definire una festa. Soprattutto se si stratta del compleanno di Maria Ximena. >>
La giovane rise, immergendosi tra la schiuma profumata e tornando inevitabilmente alla sera precedente:
Sembrò passare un’eternità, poi Charlie si sciolse dall’abbraccio di Jin sentendo il cuore batterle all’impazzata. Gli occhi di lui incrociarono i suoi e la giovane era sicura che se avesse ascoltato attentamente avrebbe sentito anche il suo cuore fremere.
<< Credevo non volessi più incontrarmi >> gli sussurrò.
<< E’ così. >>
<< Però sei qui. >>
<< Non posso farne a meno. >>
Charlotte trattenne il respiro assaporando il piacere che quelle parole le provocavano, era stupido, ma si sentiva come un’adolescente al suo primo amore. Lentamente portò una mano al suo cuore, ed immediatamente il familiare calore che durante i suoi sogni l’avvolgeva comparve fluendo verso di lui, il quale chiuse gli occhi poggiano la sua mano su quella di lei, sospirando.
Charlie osservò il volto di Jin: sembrava rilassato, non c’era traccia della costante inquietudine che lo incupiva e la giovane si trovò a pensare che fosse davvero molto bello.
<< Non hai idea di come tu mi faccia sentire >> le disse improvvisamente.
<< Spiegamelo >> sussurrò la ragazza avvicinandosi di qualche passo.
Di riflesso anche Jin si mosse verso di lei e i due si trovarono così vicini da poter sentire l’uno il respiro dell’altra. Charlie alzò il volto incrociando i suoi occhi pervinca in quelli nocciola di lui e sorridendo sussurrò << E adesso? >>
Le labbra del ragazzo si incresparono avvicinandosi poi al suo volto. Charlotte trattenne il respiro nell’attesa che le lebbra di lui toccassero le sue ed il suo cuore per poco non si infranse quando con delicatezza Jin l’allontanò da sé.
<< Prima devi sapere.. >> le disse. << Potresti cambiare idea poi.. >>
<< Cosa? >>
Il giovane si guardò intorno, poi rispose << Non ora, non qui.. >>
Charlie sentì la mano di lui stringere appena la sua, per poi lasciarla andare e allontanarsi.
<< Questa volta non scomparirai, vero? >> gli chiese con apprensione.
<< No, se tu non lo vorrai. >>
E Charlotte era sicura, senza ben sapere come, che non lo avrebbe mai desiderato.
<< Charlie mi stai ascoltando? >> esclamò Amalia dalla stanza adiacente, riportando la ragazza drasticamente alla realtà.
<< Si, certo.. >>
Charlie non poteva vederla, ma era più che sicura che la donna avesse appena alzato gli occhi al cielo, conscia di essere stata completamente ignorata.
<< Scusa, ero distratta >> aggiunse quindi la giovane, uscendo dalla vasca e tornando in camera.
<< Me ne sono accorta, è da quando ti sei svegliata che hai la testa tra le nuvole. E’ successo qualcosa che dovrei sapere? >>  
<< Cosa? No! >> si affrettò a rispondere la Hellenton, facendo ridere la governante che aggiunse << C’entra per caso un ragazzo? >>
<< Bé, veramente.. >> iniziò a dire la ragazza, mordendosi però il labbro quando si rese conto di non aver nessuna convincente risposta da dare.
<< Come immaginavo. E deve essere anche speciale per farti questo effetto, dimmi, chi è? >>
Charlotte sospirò, arrendendosi, era inutile tentare di mentire ad Amalia, era la sua governante praticamente da sempre e la conosceva meglio di chiunque altro.
<< Nessuno di cui ti abbia mai parlato. >>
<< Interessante. E com’è? >>
<< Lui è.. È diverso.. Speciale >> rispose lei giocherellando con la biancheria nel suo cassetto.
A quelle parole Amalia smise di rassettare il letto voltandosi verso la giovane, era la prima volta che la sentiva parlare di qualcuno così, in modo dolce, quasi nostalgico.
<< Ad ogni modo >> esclamò improvvisamente Charlotte. << E’ meglio che mi prepari o farò tardi per pranzo. >>
Velocemente si vestì, poi dopo aver recuperato una borsa e avervi messo dentro portafoglio, cellulari e chiavi, uscì dirigendosi verso il garage.
Durante il tragitto incontrò Armand a cui chiese di informare sua madre che sarebbe uscita, poi raggiunta la destinazione accese le luci osservando le numerose automobili parcheggiate nel locale: una delle svariate passioni di Adam Hellenton erano, infatti, le auto sportive.
Dopo averle studiate una ad una la sua scelta ricadde sulla Mercedes Guardian e dopo aver mandato un sms a suo padre per informarlo partì, diretta verso la mal messa palazzina di Jin Kazama.
Pur non amando particolarmente la velocità, soprattutto se al posto di guida c’era lei, viaggiò rasentando i 100 kilometri orari e una volta a destinazione sperò che il ragazzo non avesse già iniziato a pranzare, data l’ora.
Dopo aver parcheggiato raggiunse l’entrata che, anche quella volta, trovò aperta ed una volta al terzo piano bussò all’appartamento numero 21.
Passarono pochi minuti e la porta si aprì lasciando la ragazza senza fiato: Jin aveva addosso soltanto un asciugamano legato in vita.
<< Charlie >> la salutò lui sorpreso.
<< Ehi.. >> rispose la giovane riprendendo a respirare.
Un imbarazzante silenzio scese tra i due, i quali distolsero lo sguardo l’uno dall’altra senza sapere cosa dire, infine Kazama domandò << Ti va di entrare? >>
<< Si, volentieri. >>  
Una volta dentro il primo particolare che saltò agli occhi di lei fu la cornice in argento che gli aveva regalato, poggiata sul basso tavolino nel salotto e che nuovamente conteneva la foto della donna.
<< Scusami, ero sotto la doccia >> le disse Jin dirigendosi verso la camera. << Non mi aspettavo visite. >>
<< E‘ colpa mia >> rispose lei, avvicinandosi al piccolo tavolo. << Avrei dovuto avvisare. >>
<< Non fa niente. Solo che non ho niente da offrirti, devo ancora passare dal supermercato. >>
<< Meglio così, tanto avevo intenzione di andare a pranzare fuori >> lo informò la giovane, osservando il volto della figura nella foto.
Più guardava quella donna, più quel familiare e piacevole calore l’avvolgeva facendole provare una sensazione di benessere che in nessun altro modo riusciva a provare.
<< A pranzo fuori? E’ parecchio che non vado in un ristorante >> disse il ragazzo uscendo dalla camera e fermandosi ad osservare Charlotte sfiorare delicatamente il vetro della cornice.
Sentendo la voce di Kazama la giovane alzò il volto incrociando gli occhi scuri di lui, il quale sorridendo aggiunse << Era un peccato non usare un regalo così bello. >>
Le labbra di Charlie si incurvarono appena, continuando ad osservare quel delicato profilo che fin troppo spesso aveva visto nei suoi sogni, poi quasi incerta chiese << Posso farti una domanda? >>
Lui annuì.
<< Chi è questa donna? >>
Jin le si avvicinò prendendole la cornice dalle mani ed accarezzando con dolcezza il vetro rispose << Mia madre, Kazama Jun. >>
Jun Kazama.
Tutto d’un tratto Charlie si sentì come se avesse ritrovato una vecchia amica, inspiegabilmente quel nome le dava la una sensazione di familiarità, come se da molto tempo lo conoscesse, ma fino ad allora fosse rimasto sepolto nella sua memoria.
<< Perché me lo chiedi? >> domandò poi il ragazzo.
<< Io.. >> iniziò a dire la Hellenton senza sapere cosa rispondere.
Cosa gli avrebbe detto? Che negli ultimi due mesi sua madre le era apparsa in sogno chiedendole di proteggerlo da chi sa cosa? Che ogni volta che qualcosa la metteva in pericolo lei le sussurrava quelle parole melodiose inondandola di un calore sovrannaturale?! Certo, poteva anche farlo, se voleva passare per pazza psicotica quello era proprio il modo giusto.
Non poteva raccontargli la verità, non adesso almeno. Non sapeva abbastanza di Jin per prevenire una sua eventuale reazione, inoltre, dopo tutta la fatica che aveva fatto per avvicinarsi a lui non poteva permettersi di mandare tutto all’aria, non ora.
Così Charlotte scosse semplicemente la testa e facendo spallucce rispose << Le somigli molto. >>
<< Credi? Lei diceva sempre che assomigliavo a mio padre >> disse con amarezza lui, rimettendo la cornice al suo posto.
<< Ed è vero? >>
<< Mi piace credere che non lo sia. >>
La ragazza osservò il volto di Jin: c’era risentimento nei suoi occhi e rabbia. Quasi come incolpasse se stesse per essere figlio di suo padre, quasi come fosse responsabile dei suoi natali, quasi come credesse di non aver fatto abbastanza per cambiare le cose.
Charlotte gli poggiò una mano sul braccio facendolo voltare verso di lei e per la seconda volta nel giro di poche ore si trovarono così vicini da poter sentire l’uno il respiro dell’altra.
Era una bella sensazione trovarsi a così poco dal volto di lei, Jin adorava perdersi in quei profondi occhi color pervinca e delicatamente le sfiorò la guancia con le dita, accarezzandole poi il labbro inferiore ed osservandolo incurvarsi ad ogni suo tocco.
<< Sai >> gli sussurrò Charlie. << Adesso dovresti baciarmi.. >>
Kazama sorrise, scuotendo appena la testa.
In altre circostanze l’avrebbe senza dubbio fatto, se fosse stato un ragazzo normale non avrebbe avuto nessun problema a stringerla tra le braccia e darle ciò che gli chiedeva, ma lui non era un ragazzo normale e non poteva permettersi il lusso di comportarsi come tale. Soprattutto non con l’Essere che da dentro di lui premeva costantemente per fuoriuscire.
Aveva già messo abbastanza in pericolo la ragazza: era andata a cercarla pur sapendo che non avrebbe mai più dovuto vederla; aveva iniziato a frequentarla consapevole del rischio che le faceva correre con il suo Demone; aveva ceduto alla tentazione che come un ossessione lo chiamava, perché incapace di dominarla. Non avrebbe messo a repentaglio la sua sicurezza ancora una volta, lasciandosi andare alle debolezze della carne, non adesso almeno, non finché non fosse stato sicuro di poterlo controllarlo.
Così, anche se con molta fatica, Jin le poggiò le labbra sulla fronte, accennando un leggero bacio e separandosi da lei.
Charlie sbuffò, pur sentendo il cuore batterle a mille: desiderava qualcosa di più, di più intenso, ma per il momento a quanto pareva doveva accontentarsi di quello.  
<< Non dovevamo andare a pranzo? >> le chiese poi lui ridendo.
La giovane alzò gli occhi al cielo sorridendo e dopo aver recuperato la sua borsa rispose << Ti piace il cibo italiano Jin Kazama? >>
Lui annuì.
In sua compagnia avrebbe mangiato qualsiasi tipo di cibo straniero.


Sebbene Jin non amasse particolarmente la cucina estera, trovò il cibo italiano davvero delizioso, così come lo svolgersi del pranzo. Charlie era una compagnia eccezionale e nonostante lui non fu mai di molte parole, la ragazza non sembrò infastidita, ma continuò a parlare del più e del meno senza problemi, arrivando fin troppo presto alla fine del pranzo.
<< Adesso che facciamo? >> domandò la giovane una volta fuori dal ristorante.
<< Dovresti riprendere i soldi che mi ha dato tuo padre >> insistette Jin per l’ennesima volta.
Da quando erano partiti, infatti, il ragazzo aveva tentato in tutti i modi di restituire l’assegno che Adam Hellenton gli aveva dato in cambio della sua promessa di stare lontano da Charlie, con scarso successo.
<< Jin ne abbiamo già parlato, non lo voglio >> rispose lei, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa da fare.
Secondo Charlotte, infatti, era inutile riavere indietro il denaro dal momento che non avrebbe mai potuto restituirlo al padre senza farlo insospettire, era quindi meglio che lo tenesse lui e lo utilizzasse a suo piacimento senza farsi tanti problemi. Dal canto suo invece Jin pensava che non fosse giusto poter beneficiare di quella somma dal momento che non stava rispettando l’accordo preso.
<< Devi riprenderlo. Tuo padre me lo ha dato a patto che ti stessi lontano e non lo sto facendo >> continuò lui porgendole il pezzo di carta.
<< Non lo voglio. >>
<< Ma sono un sacco di soldi per qualcosa che non sto facendo. >>
<< E allora? >> sbuffò la ragazza. << La mia famiglia non ha problemi finanziari, quindi tieni quei soldi e facci ciò che vuoi. >>
Kazama la guardò, non aveva intenzione di darsi per vinto, così afferrandola per un braccio la portò di fronte a sé e fissandola dritto negli occhi, ignorando il familiare brivido percorrerli la schiena, le ordinò << Prendilo. >>
Charlie spostò lo sguardo dall’assegno al volto del giovane, poi poggiando la mano sul suo petto disse << Senti, non so perché mio padre voglia che tu mi stia lontano e non mi importa,  fatto sta che lui te li ha dati perciò sono tuoi. Quindi adesso metti nel portafoglio quell’assegno e non parliamone più, se può aiutarti prendilo come un ringraziamento per avermi salvata. >>
<< Ma.. >>
<< Non parliamone più. Adesso vieni, so dove possiamo andare >> concluse lei dirigendosi verso l’automobile.
Jin osservò stupito la ragazza allontanarsi, era davvero incredibile. Non solo non aveva voluto indietro l’enorme somma di denaro, ma non si era neanche fermata un attimo a pensare per quale motivo suo padre voleva tenerla lontana da lui.  
Non la sfiorava minimamente la possibilità che lo stesse facendo per il suo bene, che lui potesse essere un mostro. Stava lì con quel suo favoloso sorriso come se si trovasse davanti un qualsiasi normale ragazzo, senza neanche immaginare cosa in realtà lui fosse.
<< Che fai non vieni? >> lo chiamò lei.
Jin annuì raggiungendola e quando fece per salire al posto del passeggero lei lo fermò porgendogli le chiavi.
<< Ti va di guidare? >>
<< Non so dove dobbiamo andare. >>
<< Non preoccuparti, ti farò da navigatore. >>
Il ragazzo fece spallucce ed afferrando le chiavi mise in moto, verso la loro destinazione.

Come Jin scoprì durante il viaggio, la loro meta era Osaka e più precisamente un edificio in particolare della città, che la ragazza però non rivelò finché non lo raggiunsero.
Charlotte, infatti, aveva deciso di continuare l’appuntamento, se così si voleva chiamare, all’insegna delle sorprese e a Kazama sembrava non dispiacere affatto quel modo di procedere.
<< Parcheggia lì >> ordinò Charlie indicando un punto poco distante da loro.
Lui obbedì e una volta scesi la giovane esclamò << Ben venuto alla Cosmo Tower Observatory! >>
Jin osservò l’immenso grattacielo di fronte a sé stupendosi della scelta fatta dalla sua compagna, viveva in Giappone praticamente da sempre, ma non era mai entrato alla Cosmo Tower.
<< Andiamo? >> chiese lei incamminandosi verso l’entrata.
L’interno dell’edificio, alto 840 piedi, ospitava una quantità incredibile di negozi, musei, ristoranti, sale conferenze ed altro, ma non fu in nessuno di essi, ad eccezione di una breve sosta ad uno Starbucks caffè, che si fermarono.
La meta di Charlie era infatti l’osservatorio in cima alla torre che raggiunsero grazie ad uno dei velocissimi ascensori in appena ottanta secondi. Lei non aveva mai amato particolarmente trovarsi in posti così altri, ma sin da piccola aveva sempre adorato quel luogo, anche se era del tutto illogico. In particolar modo ad affascinarla erano le enormi vetrate attraverso le quali era possibile ammirare la città sottostante, la quale con il calare del sole si illuminava di scintillanti e colorate luci, creando uno spettacolo mozzafiato.
<< Adoro questo osservatorio >> disse Charlotte avvicinandosi ad una delle ringhiere posizionate davanti alle finestre.
<< Non ero mai salito fin qua su. >>
La giovane si voltò sorpresa verso di lui, ogni bambino era stato almeno una volta su quella torre, era quasi un obbligo per i genitori portarcelo.
<< Davvero? >>   
Jin annuì poggiandosi al parapetto.
<< E’ davvero bellissimo. >>
<< Se adesso ti sembra bello, dovresti vedere di notte quando la città è illuminata. >>
<< Allora dovremmo tornarci una sera, non pensi? >>
Charlotte sorrise poggiando una mano sulla sua e in quel momento tutto intorno a loro sembrò sparire. Tutto ciò che gli circondava, le persone, i suoni, il chiacchiericcio, non aveva nessuna importanza, c’erano solo loro.
 Jin si perse osservando quei profondi occhi color pervinca così rassicuranti e inconsciamente si trovò a pensare che forse avrebbe potuto raccontarle tutta la verità, senza ben sapere come, era sicuro che lei avrebbe capito, che non lo avrebbe giudicato né considerato un mostro.
<< Charlie.. >> iniziò a dire, senza però sapere come continuare.
<< Si? >>
<< Io.. C’è qualcosa che devi sapere. >>
La ragazza lo guardò confusa, senza però interromperlo, così lui guidandola in un punto più in disparte rispetto ai numerosi visitatori continuò << Io so perché tuo padre vuole che ti stia lontano ed ha ragione, io.. Sono un mostro.. >>
<< Jin, non è assolutamente.. >> iniziò a dire Charlie, venendo però interrotta dall’altro che abbassando lo sguardo continuò << Aspetta a dirlo, potresti cambiare idea una volta che avrò finito. >>
 << Non succederà. >>
<< Ascolta prima di esserne così certa >> rispose Kazama con un velo di malinconia nella voce. << Il mio sangue proviene da una stirpe maledetta.. La mia famiglia, o meglio, quella di mio padre  possiede un gene che ci dona forza, potenza, capacità sovrannaturali, ma ci tramuta in mostri. In esseri spietati, assetati di sangue e vendetta.. >>
Più le parole fluivano dalle sue labbra, più Jin sentiva l’Essere dentro di sé gioire soddisfatto.
<< Mio nonno, mio padre, io.. La nostra linea di sangue è maledetta, così come la nostra progenie.
   << Siamo mostri che distruggono tutto ciò con cui vengono a contatto. Siamo feroci, spietati e senza controllo.. >>
L’Essere dentro di lui rise soddisfatto e con terrore il ragazzo lo sentì agitarsi desideroso di fuoriuscire.
Jin.
Lo chiamò con quella sua voce melliflua.
So cosa credi di fare. Non te lo permetterò.
Nuovamente l’Essere rise ed il giovane serrò la mascella, doveva mantenere il controllo, non poteva permettergli di prendere il sopravvento, non lì.. Non con tutte quelle persone presenti, ma soprattutto non con Charlotte al suo fianco.
<< Devo andare. >>
<< Aspetta.. >> lo fermò Charlie prendendogli la mani.
Con il suo tocco Jin percepì un forte calore fluire verso il suo Demone, il quale con rabbia ruggì, facendolo allontanare di scatto da lei.
<< Jin.. >> sussurrò la Hellenton.
<< Devo andare.. Tu.. Io sono un pericolo per te.. >>
La presa dell’Essere si fece sempre più salda, come una morsa di ghiaccio intorno al suo cuore pulsante che lentamente, ma inesorabilmente lo schiacciava, lo opprimeva.
<< No, non lo sei. >>
<< Si, invece! >> esclamò il ragazzo, notando gli sguardi dei presenti spostarsi su di loro. << Tu non capisci.. Io.. Non hai idea di cosa sono capace.. Potrei perdere il controllo.. Sono un pericolo.. >>
Charlotte percepì, come già in passato le era successo, un freddo malessere crescere da dentro Jin ed immediatamente le tornarono alla mente quei maligni occhi bianchi che con tanto disprezzo la guardavano durante i suoi sogni.
Vide il ragazzo stringere i pugni e fare lunghi respiri per controllarsi, lo sentì irrigidirsi più volte e gemere di doloro, mentre lo schiacciante e spaventoso freddo cresceva quasi soffocandola.
Ma più quella sensazione oscura aumentava, più dentro di sé il tenue, ma brillante calore si faceva spazio aumentando poco a poco di intensità.
Charlotte.
Una delicata voce la chiamò, era dolce, ma ferma allo stesso tempo e proprio quelle note la fecero riscuotere dal suo torpore.
La ragazza, infatti, afferrò la mano di Jin ed ignorando le sue proteste lo trascinò con sé. Raggiunsero di corsa uno degli ascensori entrando prima che chiunque altro potesse precederli, poi schiacciò per il piano terra.
Al suo fianco il giovane si poggiò alla parte e la disperazione si impadronì di lui: perché lo aveva portato li? Perché era rimasta con lui?! Stava rischiando, non sarebbe riuscito a mantenere il controllo ancora a lungo e a quel punto cosa sarebbe successo?
Vide la giovane premere uno dei tasti sulla griglia ed improvvisamente l’ascensore si fermò, la vide voltarsi verso di lui e sentì il suo tocco delicato.
Ma più le mani di Charlie gli trasmettevano quel piacevole calore, più l’Essere dentro di sé acquistava forza, lottando freneticamente.
No!
Lui rise, risalendo con più velocità dal baratro interiore in cui Jin cercava di rilegarlo.
Deve essere distrutta.
Kazama si lasciò scivolare a terra portandosi una mano alla testa.
E’ una minaccia.
Sentì come qualcosa spaccarsi dentro di sé.
Non riusciva a vedere la ragazza, ma immaginava che lo stesse guardando con orrore e questa consapevolezza lo ferì, tanto da rafforzare la presa del Demone su di lui.
Deve essere eliminata.
Senza riuscire a frenarsi Jin allungò una mano verso di lei, sul volto tenuto basso si aprì un ghigno che non gli apparteneva, ma che Lui lo aveva costretto ad assumere.
Sperò con tutto se stesso che non l’afferrasse, che gli stesse lontano, cercò di lottare contro la forza che lo intrappolava, invano e quando le fredde dita di lei sfiorarono le sue il Demone gioì soddisfatto.
Charlotte, infatti, sentì come un richiamo spingerla verso quella mano protesa verso di lei, sapeva che era pericoloso, ma non le importava. Era sicura di se stessa, immersa in quel dolce calore che, adesso lo sapeva, Jun le mandava e senza timore incrociò le dita in quelle di lui.
Immediatamente esse si serrarono intorno al suo polso e il giovane la trascinò a terra a pochi centimetri dal suo viso, sul quale una smorfia di sadica soddisfazione era dipinta. Ma Charlie non vi badò, si concentrò su quegli occhi di ghiaccio che con freddezza la scrutavano ed attraverso i quali riusciva a vedere la malinconia dello sguardo nocciola di Jin.
<< Jin >> lo chiamò.
Il ragazzo si agitò allentando la presa sul polso di lei, la quale però non si allontanò. Charlotte infatti prese con mani tremanti il volto del giovane e guardandolo dritto negli occhi gli sussurrò << Jin.. Devi essere forte.. So che puoi farcela. Tu non sei così, non sei un mostro. >>
<< Charlie.. >>
<< Sei buono, Jin. Io lo so. >>
Di riflesso l’Essere le afferrò i polsi stringendogli con forza, ma la razza non lo lasciò andare, continuando a sussurrargli parole di conforto, parole incoraggianti.
In lotta con se stesso Jin sentiva in lontananza la voce di Charlotte chiamarlo e quel delicato suono in qualche modo, a lui sconosciuto, riuscì a schiacciare la presenza del Demone, il quale quasi disgustato allentò la presa.
Forte di quel cedimento il ragazzo combatté con tutte le sue energie per riprendere possesso della sua volontà, mentre la voce della ragazza continuava a scaldarlo.
Charlotte vide gli occhi di Jin cambiare progressivamente colore, tornando ad assumere quella profonda tonalità nocciola ed un sorriso le increspò le labbra quando lui, sbattendo le palpebre tornò a metterla a fuoco.
<< Jin >> gli sussurrò accarezzandogli le guancie.
Il ragazzo la guardò con timore, ma nei suoi occhi non vide niente di tutto ciò che si era aspettato, c’era solo sollievo, un sollievo disarmante.
<< Mi dispiace.. >> disse lui sentendo la sua voce incrinarsi.
Charlotte scosse la testa e d’impeto lo abbracciò, accogliendo il volto di lui sul suo petto ed accarezzandogli i capelli.
<< Mi dispiace.. Mi dispiace.. >> ripeté Jin stringendosi alla giovane.
La ragazza lo sentì piangere silenziosamente e delicatamente gli poggiò le labbra sulla testa, continuando a tenerlo contro di sé.
Rimasero così, in silenzio per chi sa quanto tempo, l’uno tra le braccia dell’altra, immersi in quel torpore che la compagnia reciproca gli causava, protetti da quel calore che lei emanava.
<< Questo è il sangue maledetto dei Mishima >> disse infine Jin.
Ma a Charlotte non importava.
In quel momento c’era solo il cuore di Jin in sincronia con il suo e nient’altro poteva interessarle.







..Spazio Autrice..
Hola bella gente! Come va? Aperte le uova di pasqua?  
Io si e proprio in questo momento mi sto mangiando un bel pezzo di cioccolata, alla faccia della line xD
Ma comunque, parliamo di cose serie.
Ogni tanto sbuco nuovamente con qualche aggiornamento che spero sempre stuzzichi un po' la vostra attenzione.
Vi dirò, per questo capitolo ho avuto davvero parecchi problemi e tutt'ora, nonostante sia più che sicura di non poter fare di meglio, ho ancora qualche dubbio. Ho notato infatti che le cose tra Charlie e Jin stanno procedendo un tantino velocemente (soprattutto secondo i miei standard), però non so se questo sia un male o un bene, voi che ne pensate?
Sono alquanto perplessa, ho proprio bisogno di qualche consiglio..
Così tanto per curiosità: la Mercedes Guardian citata nella prima parte del capitolo, se qualcuno se lo stesse chiededno, è l'automobile di Bella in Breaking Dawn xD
Cosa altro aggiungere, un enorme grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storia, spero non vi deluda.
A presto!  
Raika <3

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Capitolo 18
*** La Famiglia Kazama ***


La Famiglia Kazama

Livello di sicurezza 6.
Accesso Negato.
Charlotte sbuffò innervosita.
Detestava quel dannato livello di sicurezza e ancora di più non potervi accedere.
Indispettita fissò lo schermo del computer, dove le parole “Jun Kazama” si stagliavano a caratteri cubitali, come a deridere il suo misero account non autorizzato e sempre più irritata chiuse il portatile, sbattendolo con poca cura.
Aveva i nervi a fior di pelle, non solo aveva scoperto che, senza alcun motivo logico, nei database della compagnia c’erano file su Jin e tutta la sua famiglia, ma adesso che voleva consultarli non poteva farlo perché nel suo stupido account non era previsto l’accesso al livello sei.
Il miagolio di Ra irritò ulteriormente la ragazza, la quale cercò di ignorarlo. Quel gatto era stata una condanna, più ci pensava più si convinceva dell’errore fatto nel portarlo a casa.
« Ra sta un po’ zitto!» esclamò esasperata Charlie.
Doveva riflettere e l’insistente ed esasperante miagolio non l’aiutava affatto.
Il micio la fissò offeso e per vendetta saltò sulla libreria facendo cadere tutto ciò che c’era sopra.
« Ra!» urlò Charlotte scattando in piedi, mentre l’animale si sistemò soddisfatto in cima al mobile. « Stupido gatto!»
Imprecando silenziosamente riunì i vari libri e oggetti a terra e tra di essi trovò qualcosa che le diede un’idea su come trovare le informazioni che le servivano.
« Per questa volta ti è andata bene» disse a mo’ di minaccia alzando gli occhi verso il micio, per poi recuperare il suo cellulare.
Ci mise un po’ prima di comporre il numero desiderato, infondo era da molto tempo che non lo faceva e dal modo in cui si erano conclusi i loro rapporti non era molto sicura di volerlo sentire nuovamente. Però che altra scelta aveva? Se davvero voleva qualche informazione su Jun Kazama l’unica cosa da fare, sorvolando l’improponibile opzione di domandare al figlio, era chiedere aiuto a Jimmy Fong.
Charlie sospirò e lentamente compose il numero.
Il cellulare all’altro capo squillò per molto tempo, anche più del dovuto probabilmente, e quando la giovane si convinse che nessuno ormai le avrebbe risposto, una calda voce che fin troppo bene conosceva disse « Pronto.»
« Ciao Jimmy, sono Charlie.»
Per diversi attimi il ragazzo all’altro capo del telefono rimase in silenzio, poi dopo quella che alla giovane sembrò un’eternità, rispose « Charlotte.»
« Come stai?»
« Che ti serve?» chiese lui di rimando.
« Perché pensi che mi serva qualcosa?» domandò ferita lei, davvero credeva che lo avrebbe chiamato soltanto per necessita? Anche se effettivamente era per il suo aiuto che lo aveva cercato, questo non significava certo che si ricordava di lui soltanto nel momento del bisogno.
« Andiamo Charlie» disse Jim e alla ragazza sembrò quasi di sentirlo sorridere. « Sono passati quattro anni dall’ultima volta.»
« Lo so,  mi dispiace.. Io ho..»
« Risparmiami patetiche scuse come: “ho avuto da fare” o “sono stata impegnata”.»
« Mi dispiace, scusami.»
Jimmy sospirò, dispiaceva anche a lui.
« Dai Charlie, che ti serve?»
« Lavori ancora per l’Interpool?»
« Si..»
« Puoi procurarmi informazioni su Jun Kazama?»
« Si, certo. Per quando ti servono?»
« Il prima possibile.»
« Okay, ti farò sapere in questi giorni.»
« Grazie Jim.»
« Di niente.»
Per alcuni attimi nessuno dei due parlò, incapaci di aggiungere altro o semplicemente attaccare, poi rassegnatosi il ragazzo concluse « Ci sentiamo presto.»
« Si. Ciao Jim.»
« Ciao Charlotte.»

Come Jimmy le aveva promesso, nel giro di pochi giorni trovò le informazioni richieste e in un caldo pomeriggio Charlie si trovò seduta nello stesso caffè in cui più di quattro anni prima aveva incontrato la giovane recluta Jimmy Fong.

Era un assolato pomeriggio di inizio autunno e Charlotte, al limite della sua pausa pomeridiana stava tornando verso il suo istituto, per affrontare l’interminabile lezione di economia aziendale, la quale, data la vivace tonalità funebre della docente, richiedeva una dose doppia di caffè per essere superata.
La ragazza camminava con deliberata lentezza, pensando ad almeno un centinaio di modi in cui avrebbe preferito passare quel pomeriggio, ma a cui doveva rinunciare per quella noiosa lezione.
Charlie detestava profondamente economia aziendale e non solo perché la vivacità della professoressa era pari a quella di un bradipo in fin di vita, ma perché per due lunghissime ore avrebbe dovuto affrontare noiosissimi calcoli di bilanci e leggi giuridiche in chiave economica, che ad una sedicenne interessavano ben poco.
“Stupido Teorema della Ragnatela” pensò la giovane, immaginando il tono strascicato con cui la sua professoressa l’avrebbe pronunciato.
Facendo una smorfia al solo pensiero la ragazza guardò l’orologio, aveva ancora tre minuti per arrivare in orario e.. Bum!
« Brucia! Brucia! Brucia!» imprecò Charlotte gettando a terra il bicchiere che, prima che finisse sulla sua camicetta, conteneva il suo caffè.
« Oh Dio! Scusami! Scusami tanto! Io andavo di fretta e non ti ho vista, scusami davvero. Stai bene?» chiese qualcuno mettendole una mano sulla spalla.
Charlie alzò lo sguardo incontrando il volto di un giovane ragazzo dai gentili occhi celesti, il quale le sorrise dispiaciuto.
« Scusami davvero. Ti sei fatta male?»
Lei scosse la testa, ma quando il ragazzo abbassò lo sguardo sulla camicetta macchiata esclamò « Mi dispiace tantissimo, è rovinata.»
« Non fa niente, posso sempre lavarla.»
Lui annuì, poi togliendosi la sciarpa aggiunse « Prendi questa, puoi nascondere la macchi almeno.»
« Grazie» rispose Charlie permettendogli mettergliela.
« Perfetto» disse soddisfatto. « Adesso scusa, ma devo scappare sono in tremendo ritardo.»
« Si, anche io» annuì la giovane. « Ehi aspetta, ma come farò a restituirtela?»
Il giovane fece spallucce. « Credo proprio che dovremo rivederci.»
Charlotte sorrise. « Si, penso anche io. Domani?»
« Qui?»
« Si.»
« Allora a domani.. Scusa, ma non ho afferrato il tuo nome.»  
« Charlotte..»
« Io sono Jimmy.
»

« Sei in anticipo» disse una calda voce riportandola al presente. « Di nuovo.»
« No, sei tu che sei in ritardo anche questa volta.»
I loro occhi si incontrarono e un sorriso malinconico si aprì sulle loro labbra: si erano detti le stesse frasi di all’ora.
Per alcuni attimi nessuno dei due parlò, scrutandosi a vicenda: lui portava i capelli più corti, il suo fisico era più tonico e al suo anulare sinistro stava una fedina; lei aveva i capelli più lunghi, il suo volto si era affinato e il suo stile nel vestire era diventato più elegante, ma i suoi occhi non erano cambiati, oggi come all’ora erano di una luminosità disarmante.
« Jim io..» iniziò a dire Charlie, venendo però interrotta da un cenno del ragazzo: non era lì per rivangare sul passato.
« Lascia stare..»
« No invece, io ti devo delle scuse.»
« Charlie sono passati quattro anni ormai..»
« E’ proprio per questo che te le devo.. Io.. Avrei voluto richiamarti Jim, davvero. Non hai idea di quanto avrei voluto farlo, ma avevo paura del tuo giudizio, di quello che avresti pensato di me..»
Jimmy sospirò, sapeva che era una pessima idea rincontrarla, ma non era mai stato capace di dirle di no, anche se quello significava riaprire vecchie ferite.
« Avevo diciassette anni, Jim. Ero una ragazzina.. Avevo paura che se ti avessi detto che mio padre era uno degli uomini che disprezzavi tanto, avresti odiato anche me.. Io.. Adesso mi rendo conto quanto sono stata stupida, ma all’ora mi sembrava giusto così..»
« Charlie» le disse lui allungando una mano per sfiorare quella di lei. « L’ho superata orami.»
La giovane annuì sorridendo tristemente, mentre Jim abbassò lo sguardo.
In realtà lui non aveva mai superato davvero tutta quella storia, la verità era che non si era mai perdonato per non averla mai più ricercata, per non averle detto che infondo non gli importava niente di chi fosse suo padre, la verità era che tutt’ora si pentiva di non averla riportata indietro quando ne aveva avuto l’occasione. Ma questo non poteva dirglielo, questo lei non l’avrebbe mai saputo, perché quattro anni erano molti e troppe cose orami erano cambiate, loro erano cambiati.
Il silenzio cadde su di loro e nessuno dei due trovò niente da dire per interromperlo: troppi ricordi aleggiavano tra di loro, troppe frasi non dette gli separava, troppi rimorsi gli corrodeva e troppi rimpianti gli agognava.
Soltanto quando la cameriera venne a prendere le ordinazioni e tornò con due caffè, si decisero a parlare.
« Ciò che mi hai chiesto» disse Jimmy porgendole una busta.
La ragazza sorrise aprendola ed estraendo un fascicolo interamente dedicato a Jun Kazama.
« Grazie, Jim.»
L’agente Fong la osservò leggere attentamente le informazioni che lui le aveva consegnato e un insensata angoscia lo pervase: non era stato per niente facile arrivare a quel file, aveva dovuto accedere a database secretati e a livelli di sicurezza estremamente alti.
« Charlie» chiese improvvisamente. « In che guaio ti stai cacciando questa volta?»
Charlotte alzò appena lo sguardo dal fascicolo e inarcando un sopracciglio rispose « In nessun guaio.»
Lui alzò gli occhi al cielo.
« Charlie sai dove ho preso quel fascicolo?»
La ragazza fece spallucce e Jim continuò « Era nei database dell’Interpool, ma è stato preso hackerando i sistemi della Mishima Zaibatsu. Hai idea di cosa significa?»
« Che se i Mishima se ne accorgono siete nei guai?»
« Che ti stai cacciando in qualcosa di molto pericoloso, tutto ciò che ha a che vedere con quella famiglia porta solo guai.»
« Hai sempre avuto la tendenza a vedere le cose peggiori di quello che realmente sono, Jim.» rispose lei con fina noncuranza.
Jimmy alzò gli occhi al cielo esasperato, poi esclamò « Charlie sono serio!»
Lei fece spallucce, sapeva benissimo che mettersi sulla strada dei Mishima non era raccomandabile, ma non le interessava. Al ragazzo invece bastò guardarla negli occhi per capire che avrebbe comunque continuato quel percorso, pericoli o meno e questo non poteva permetterlo.
« Perché non mi ascolti mai?! Perché devi essere così maledettamente testarda!» esclamò il ragazzo sbattendo le mani di fronte a sé. « E’ stato un errore portarti quel fascicolo, forza dammelo.»
Charlotte sussultò, stringendo a sé i fogli. « No.»
« Charlie dammi il dossier.»
« Non lo farò.»
« Non costringermi a denunciarti all’Interpool.»
« Fallo pure, ma cosa pensi diranno i tuoi superiori quando gli dirò che sei stato tu a consegnarmelo?» rispose la Hellenton.
Per diversi attimi nessuno dei due parlò, gli occhi fissi in quelli dell’altro, sfidandosi con lo sguardo, entrambi forti delle loro convinzioni, entrambi decisi a non cedere.
Sembrò passare un’eternità senza che nessuno battesse ciglio, poi a rompere quel silenzio carico di tensione fu il cellulare di Jim.
« Fong» rispose il ragazzo, senza staccare gli occhi da Charlie.
Charlotte osservò il giovane annuire alle parole del suo interlocutore misterioso e rispondere di tanto in tanto con informazioni del tutto irrilevanti per lei, fino a che la chiamata non si concluse.
« Si, tra un attimo sono da te» rispose Jim buttando giù.
« Lavoro?» domandò lei.
Il ragazzo annuì, poi sospirando sconfitto aggiunse « Charlie, ti prego, in qualsiasi cosa tu ti stia buttando, ti scongiuro, lascia perdere.»
« Non posso Jim.»
« Perché?» chiese esasperato lui.
Perché?
Forse perché quella donna di cui lui gli aveva dato informazioni le appariva continuamente in sogno? Perché lei le chiedeva continuamente di proteggere suo figlio? Perché non aveva la più pallida idea da cosa dovesse proteggerlo? Perché tutta quella situazione stava rischiando di mandarla fuori di testa e l’unico modo per capirci qualcosa era conoscerla meglio?
« Perché devo.»
Jimmy scosse la testa afflitto. Sapeva fin dall’inizio che incontrarla di nuovo sarebbe stata una pessima idea, che farlo avrebbe riaperto vecchie ferite e vecchi legami, ma non immaginava quanto ancora forte potesse essere ciò che lo legava a lei.
« Ti prego, promettimi che starai attenta» chiese alla fine, sfiorandole la mano.
« Te lo prometto. Fidati di me.»
Per l’ennesima volta i loro sguardi si incrociarono, dicendo per loro tutto ciò che non riuscivano a parole.
« Fidati di me» insistette lei, sorridendo.
Jim scosse la testa. « So già che me ne pentirò.»
E con quel sorriso ancora impresso nella mente Jimmy Fong uscì dal locale.
« Alla buon ora!» esclamò il suo collega una volta che lui salì in auto. « Ce ne hai messo di tempo, che accidenti stavi facendo là dentro?»
« Niente» tagliò corto il ragazzo.
Lei Wulong lavorava fianco a fianco con lui da diversi anni ormai e aveva imparato a conoscere così bene il suo collega che bastava un semplice sguardo per capire come stava e in quel momento Jimmy Fong non stava affatto bene.
« E’ tutto okay?»
« Si, grazie.»
« Sicuro?»
« Si. Parti.»
Lei annuì, sapeva che il suo amico si sarebbe aperto non appena si fosse sentito pronto, anche se non immaginava che lo avrebbe fatto così presto: infondo era pur sempre Jim.
« Lei, posso chiederti un favore? Un favore da amico.»
« Certo» rispose il detective, confuso.
« Potresti tenere d’occhio una persona per me?»
« Sicuramente» rispose il poliziotto, poi incuriosito aggiunse « Posso chiedere perché non te ne occupi tu?»
Jimmy non era mai stato il tipo che scaricava i suoi problemi agli altri, quando c’era qualcosa di cui occuparsi, volente o nolente, lo faceva e basta.
« Perché sono troppo coinvolto. Allora, puoi farlo?»
« Si, certo. Dimmi il nome.»
Jim sospirò.
« Charlotte Hellenton.»

Esattamente come Jimmy Fong poco prima, anche Charlotte lasciò il locale per salire sulla sua auto e partire per qualche angolo del paese.
Come aveva letto nel fascicolo la famiglia Kazama era proprietaria di un dojo ad un paio d’ore d’auto da lì e la ragazza, pur constatando che lo avrebbe raggiunto in molto meno tempo se avesse aspettato il giorno successivo e fosse partita da casa sua, diede ordine a Ricardo di mettersi in viaggio.
Per tutto il tragitto Charlie lesse e rilesse il dossier fino ad impararlo quasi a memoria, scoprì così, che Jun Kazama nacque in un piccolo villaggio immerso nella natura e che proprio grazie alle sue origini entrò nella Polizia Ambientale; partecipò al secondo Iron Fist Tournament, dove conobbe Kazuya Mishima, dal quale ebbe un figlio. Scomparve in circostanze misteriose quindici anni dopo e da allora non si avevano più sue notizie.
Il fascicolo custodito alla Mishima Zaibatsu però, oltre a racchiudere informazioni sul passato della ragazza faceva anche riferimento ad alcune strane capacità che lei sembrava avere. Erano tutte informazioni appena accennate, niente di particolarmente approfondito, ma il solo fatto che ci fossero fecero supporre a Charlotte che fossero vere.
Raggiunsero il dojo nel tempo prestabilito e quando Charlie scese dall’auto, aiutata dal suo autista personale il caldo asfissiante l’accolse, facendole rimpiangere di  non aver rimandato la visita ad un orario più fresco.
« Grazie Ricardo. Va pure, ti chiamerò quando sarò pronta.»
L’uomo annuì e salendo in automobile ripartì.
Una volta rimasta sola Charlotte si guardò intorno: si trovava in una piccola e tranquilla cittadina, piuttosto carina tutto sommato, molto diversa dalle caotiche metropoli che era abituata a frequentare, ma a suo modo affascinante. Di fronte a lei si estendeva una maestosa struttura in stile giapponese che si rivelò essere il dojo della famiglia Kazama.
Senza pensare minimamente a come si sarebbe presentata, né a come avrebbe spiegato le sue bizzarre richieste Charlie entrò nella struttura dove venne accolta da un’atmosfera di calma e tranquillità.
Calma e tranquillità che però vennero rotte pochi secondi dopo da tre uomini, tutti elegantemente vestiti,  che trafelati se la stavano dando letteralmente a gambe.
« Ma che accidenti..?»
« E questo è tutto!» esclamò poi una voce femminile proveniente dalla stanza adiacente, seguita dalla comparsa di un quarto uomo, anch’egli elegantemente imbellettato, letteralmente lanciato nell’atrio. « E non azzardatevi a tornare!»
Il malcapitato si alzò frettolosamente in piedi e senza neanche recuperare le sue cose corse a rotta di collo verso l’uscita.
Charlotte osservò la scena a bocca aperta e con cautela raggiunse l’entrata che conduceva alla seconda sala.
La porta la condusse in un’enorme stanza colma di attrezzi da allenamento, all’interno della quale due giovani ragazze stavano parlando tra loro.
« Sai forse hai un pochino esagerato Asuka» disse una giovane dai lunghi codini neri.
« Esagerato un corno! E’ stato il minimo!» esordì l’altra come una furia.
Charlotte si schiarì la voce ed esitante chiese « E’ permesso?»
Immediatamente le due figure si voltarono verso di lei, lasciandola di stucco: per un attimo ebbe come l’impressione di trovarsi di fronte Jun Kazama.
« Chi accidenti è lei? Cosa vuole?» esclamò quella che doveva chiamarsi Asuka. « Se è qui per acquistare la struttura ho già spiegato ai suoi colleghi che non sono interessata!»
« No, no, non sono qui per questo» rispose Charlie, immaginando che lei si riferisse ai tizi in giacca e cravatta che aveva visto scappare appena arrivata. « Sto cercando il signor Kazama.»
Asuka incrociò le braccia al petto squadrando Charlie, poi rispose « Non c’è.»
« Capisco. Sa dove posso trovarlo? O quando?»
« E’ in ospedale.»
« Mi dispiace molto, io non..»
« Ma per qualsiasi cosa può rivolgersi a me, sono sua figlia» disse la ragazza.
« Si, grazie» rispose la Hellenton osservando il suo volto, era incredibile quanto fosse simile a Jun.
Asuka ricambiò il suo sguardo inarcando un sopracciglio perplessa, poi facendo spallucce si voltò verso la compagna dicendo « Dove eravamo rimaste?»
« Al compito di economia di domani e che devo dare da mangiare a Panda.»
« Si giusto il compito..» sbuffò Asuka. « Ma quel panda non si stanca mai di mangiare?»
« Tu che dici?» rispose la ragazza coi codini andando a recuperare la sua borsa. « Forza andiamo che dobbiamo studiare.»
« Non me lo ricordare.. Devo assolutamente farlo bene quel test.»
« A chi lo dici! L’anno scorso sono riuscita a raggiungere la media minima per un soffio.»
Charlotte osservò le due ragazze allontanarsi verso un’uscita secondaria, senza degnarla di uno sguardo, quasi come non esistesse e senza sapere che fare si chiarì la voce per richiamare la loro attenzione.
Entrambe si voltarono verso di lei e Asuka, inarcando un sopracciglio, chiese « Si?»
« Mi dispiace disturbarvi, ma vorrei parlare con il signor Kazama di una questione che a me preme molto e..»
« Le ho già detto che mio padre è in ospedale e al momento non può ricevere visite» la interruppe la giovane.
« Capisco, magari allora potrei parlarne con lei.»
Asuka inarcò le sopracciglia osservandola infastidita, quella tipa era davvero insistente, ed annuendo la invitò a seguirla.
Charlotte seguì le due ragazze verso l’uscita posteriore della struttura che le condusse in un modesto giardino, dove vennero accolte da un enorme panda dai bracciali colorati.
« Si sieda pure» disse la Kazama indicando un piccolo tavolo situato sotto un gazebo.
« Grazie, ma mi dia del tu, siamo quasi coetanee» rispose Charlie accomodandosi.
« Lo stesso vale per te» annuì lei.  
« Ti ringrazio molto.»
Un silenzio imbarazzante cadde tra di loro e venne interrotto soltanto alcuni minuti dopo dall’animale che con un sonoro sbadiglio richiamò la loro attenzione.
« Accidenti Panda, arrivo!» esclamò la giovane con i codini. « Scusate.»
Charlotte osservò la mora allontanarsi con un ramo di bambù in mano, sotto lo sguardo di Asuka, che sempre più perplessa la scrutava. La Kazama, infatti, più guardava quella bella e raffinata ragazza meno riusciva ad immaginare cosa potesse volere da suo padre, cosa mai poteva fare lei per una tipa i quali vestiti probabilmente costavano quanto la struttura del suo dojo? Insomma, quella biondina non aveva certo l’aspetto di una interessata alle arti marziali, quindi che diavolo poteva volere da suo padre?
« Non per passare per quella scorbutica, ma possiamo arrivare direttamente al dunque?» chiese Asuka.
« Hai perfettamente ragione e ti chiedo scusa per essermi dilungata così inutilmente» rispose Charlie, sconcertando ancora di più la sua ascoltatrice. « Vorrei che mi parlassi di tua zia, Jun Kazama.»
A quelle parole la giovane con i codini si voltò di scatto, mentre l’altra facendo spallucce rispose « E morta diversi anni fa, o se vogliamo attenerci alla versione di mio padre è misteriosamente scomparsa e prima o poi tornerà. Ma secondo me è semplicemente morta.»
Charlotte fu palesemente delusa da quella risposta sommaria, si era aspettata qualcosa di più, così senza darsi per vinta aggiunse « Si, sono a conoscenza del suo decesso, però quello che intendevo era se potresti raccontarmi qualcosa di lei, sai passioni, aspirazioni, qualche dote particolare..»
Asuka rifletté un attimo, poi scuotendo la testa rispose « Non so, non l’ho mai conosciuta e mio padre non parla mai di lei. Tutto ciò che so, dipartita a parte, è che ha un figlio, magari puoi chiedere a lui.»
« Si.. Magri farò così..»
La Kazama osservò il volto deluso della sua ospite, poi facendo spallucce si alzò facendole così capire che era giunto il momento di andarsene. Charlotte la imitò ringraziandola per il suo aiuto e porgendole la mano, che l’altra strinse, ma non appena le due furono in contatto tutto intorno alla Hellenton  iniziò a vorticare e il buio l‘avvolse.

Charlie aprì gli occhi.
Tutto intorno a lei regnava un calma sconcertante.
Alzò il volto cercando di capire dove si trovasse, ma ciò che le saltò subito agli occhi fu una figura.
Jun Kazama.
Jun si voltò verso di lei, facendole cenno di avvicinarsi.
Senza sapere come Charlie fu al suo fianco. La donna le sorrise, ma non fu un sorriso normale, avevano un che di inquietante quelle labbra incurvate.
Lentamente l’espressione della donna cambiò, assumendo una smorfia di malvagia soddisfazione.
Intorno a loro tutto si fece scuro e Jun abbassa il volto.
Un violaceo liquido viscoso l’avvolse e quando nuovamente alzò il viso esso era completamente mutato: i capelli erano diventati neri come la notte, il suo sorriso maligno ed i suoi occhi, prima di un castano caloroso, adesso erano di un giallo d’orato inquietante.
Charlotte avrebbe voluto fuggire, ma i suoi muscoli le impedivano di muoversi.
La nuova Jun allungò un braccio verso di lei e quello strano liquido iniziò ad avvolgerla.
Charlie chiuse gli occhi, incapace di lottare.
Sentì il freddo penetrarle dentro, soffocando quel calore naturale presente dentro di sé. Sentì il terrore sparire lentamente, lasciando il posto a qualcosa di diverso e di spaventosamente sbagliato,
Qualcosa le impose di aprire gli occhi e di fronte a lei Jun la guardò soddisfatta.
Si fissarono per alcuni attimi, poi la donna di fronte a lei mutò mostrandole una giovane dai crudeli occhi gialli.
Charlie gridò.
Quello era il suo riflesso.



 


 



 
 


 

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